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Saturday, February 25, 2012

Si ridesti il leon -- libretto

Speranza

"Ernani: dramma lirico in quattro atti". Musica di Giuseppe Verdi. Libretto di Francesco Paria Piave. Tratto da Vittore Ugo, Ernani, o l'onore castigliano.

PERSONAGGI.

"Ernani", il Duca
Don Giovanni d'Aragona,
il bandito . . . tenore ---- C. Guasco.

Don Carlo, re di Spagna ...... baritono
Don Ruy Gomez de Silva, grande di Spagna, .... basso
Elvira de Silva, sua nipote e fidanzata, .... soprano
Giovanna, di lei nutrice, .... mezzosoprano
Don Riccardo, scudiero del re, .... tenore
Jago, scudiero di Don Ruy Gomez, ..... basso
Banditi,
Cavalieri,
Vassalli,
Cortigiani,
Principi elettori,
Paggi e
Dame di Corte

Luogo:

Atto I: Scena 1: le montagne d'Aragona; Scena 2-5: il castello del Duca Don Ruy Gomez de Silva

Atto II, nello stesso castello del Duca Don Ruy Gomez de Silva

Atto III: cattedrale d'Aquisgrana, tomba di Carlomagno.

Atto IV, castello di Don Giovanni d'Aragona, a Saragozza

Epoca: 1519.

**********

ATTO I

***********


SCENA I


Le montagne dell'Aragona.

Vedesi in lontananza il moresco castello del Duca Don
Ruy Gomez de Silva.

È presso il tramonto.

Coro di ribelli montanari
e banditi.

Mangiano e bevono.

Parte gioca, e parte assetta le armi.

TUTTI:

Evviva, beviamo
nel vino cerchiamo
almeno un piacer
che resta al bandito
da tutti sfuggito
se manca il bicchier.
Giuochiamo ché l'oro
è vano tesoro
qual viene sen va
giuochiam se la vita
non fa più gradita
ridente beltà
per boschi e pendici
abbiam soli amici
moschetto e pugnal
quand'esce la notte
nell'orride grotte
ne forman guancial.
Allegri!
Beviamo, beviam
Nel vino cerchiam
almeno un piacer

ATTO I, SCENA II

Ernani che mesto si mostra da una vetta, e banditi.

TUTTI:

Ernani pensoso
perché o valoroso,
sul volto hai pallor
Comune abbiam sorte
in vita ed in morte
son tuoi braccio e cor
qual freccia scagliata
la meta segnata
sapremo colpir
non avvi mortale
che il piombo o il pugnale
non possa ferir.
Allegri
Beviamo, beviam
Nel vino cerchiam
almeno un piacer

ERNANI:

RECIT.
--->

---->

Mercè, diletti amici
o tanto amor, mercè
udite or tutti del mio cor gli affanni
e se voi negherete il vostro aiuto
forse per sempre Ernani fia perduto.

ARIA:

--->

Come rugiada al cespite
d'un appassito fiore
d'aragonese vergine
scendeami voce al core
fu quello il primo palpito
d'amor che mi beò
il vecchio Silva stendere
osa su lei la mano
domani trarla al talamo
confida l'inumano
ah s'ella m'è tolta ah misero
d'affanno morirò
Si rapisca

BANDITI:

Sia rapita
ma in seguirci sarà ardita

ERNANI:

Me'l giurò.

BANDITI:

Dunque verremo
al castel ti seguiremo
quando notte il cielo copra
tu ne avrai compagni all'opra
dagli sgherri d'un rivale
ti fia scudo ogni pugnale
vieni, Ernani, la tua bella
de' banditi fia la stella
saran premio al tuo valore
le dolcezze dell'amor.

ERNANI:

Dell'esiglio nel dolore
angiol fia consolator.

---

O tu che l'alma adora --------------- a
vien la mia vita infiora ------------ a
per noi d'ogni altro bene ----------- b
il loco amor terrà ------------------ c
purché sul tuo bel viso ------------- d
vegga brillare il riso -------------- d
gli stenti suoi, le pene ------------ b
Ernani scorderà --------------------- c

(S'avviano al castello)

**************************

SCENA III

Ricche stanze d'Elvira de Silva nel castello del Duca Don Ruy Gomez de Silva. È notte.

Elvira è sola.

ELVIRA:

Surta è la notte e Silva non ritorna
ah, non tornasse ei più
questo odiato veglio
che quale immondo spettro ognor m'insegue
col favellar d'amore
più sempre Ernani mi configge in core

ARIA:

---->

Ernani, Ernani, involami
all'abborrito amplesso.
Fuggiam se teco vivere
mi sia d'amor concesso
per antri e lande inospiti
ti seguirà il mio piè
un eden di delizia
saran quegli antri a me.

SCENA IV

Elvira ed Ancelle, che entrano portando ricchi doni di nozze.

ANCELLE:

Quante d'Iberia giovani
te invidieran signora
quante ambirien il talamo
di Silva che t'adora
Questi monili splendidi
lo sposo ti destina
tu sembrerai regina
per gemme e per beltà.
Sposa domani in giubilio
te ognun saluterà.

ELVIRA:

M'è dolce il volto ingenuo
che il vostro cor mi fa.


ARIA:

Tutto sprezzo che d'Ernani
non favella a questo core
non v'ha gemma che in amore
possa l'odio tramutar
Vola, o tempo, e presto reca
di mia fuga il lieto istante
Vola o tempo al core amante
è supplizio l'indugiar

ANCELLE:

Sarà sposa, non amante
se non mostra giubilar

Partono.

Entra Don Carlo, re di Spagna, seguito da Giovanna.

----

SCENA V

Carlo e Giovanna

CARLO:

Fa che a me venga e tosto.

GIOVANNA:

Signor, da lunghi giorni
pensosa ognora, ogni consorzio evita
è Silva assente.

CARLO:

Intendo
or m'obbedisci.

GIOVANNA:

Sia.

(Giovanna parte)

-----

SCENA VI

CARLO:

Perché Elvira rapì la pace mia?

Io l'amo e il mio potere l'amor mio
ella non cura ed io
preferito mi veggo
un nemico giurato, un masnadiero
quel cor tentiam una sol volta ancora.

----

SCENA VII

Don Carlo, re di Spagna, ed Elvira de Silva.

ELVIRA:

Sire, fia ver, voi stesso, ed a quest'ora.

CARLO:

Qui mi trasse amor possente.

ELVIRA:

Non m'amate, voi mentite.

CARLO:

Che favelli?
Un re non mente.

ELVIRA:

Da qui dunque ora partite.

CARLO:

Vieni meco.

ELVIRA:

Tolga Iddio.

CARLO:

Vien, mi segui, ben vedrai
quant'io t'ami.

ELVIRA:

E l'onor mio?

CARLO:

Di mia Corte onor sarai.

ELVIRA:

No, cessate.

CARLO:

E un masnadiero
fai superbo del tuo cor?

ELVIRA:

Ogni cor serba un mistero.

CARLO:

Quello ascolta del mio cor.
Da quel dì che t'ho veduta
bella come un primo amore
la mia pace fu perduta
tuo fu il palpito del core.
Cedi, Elvira, a' voti miei,
puro amor desio da te,
ah gioia e vita essere tu dÍi
del tuo amante del tuo re.

ELVIRA:

Fiero sangue d'Aragona
nelle vene a me trascorre
lo splendor d'una corona
leggi al cor non puote imporre
aspirar non deggio al trono
né i favor vogl'io d'un re
l'amor vostro o Sire è un dono
troppo grande o vil per me.

CARLO:

Cedi, Elvira, a' voti miei.
(afferrandole un braccio)
Non t'ascolto, mia sarai,
vien, mi segui.

ELVIRA: (fieramente dignitosa)

Il re dov'è?
Nol ravviso.

CARLO:

Lo saprai.

ELVIRA:

(strappandogli dal fianco il pugnale )

So che questo basta a me.
Mi lasciate o d'ambo il core
disperata ferirò.

CARLO:

Ho i miei fidi.

ELVIRA:

Quale orrore.

----

SCENA VIII

Carlo, Elvira ed il bandito Ernani che viene da un uscio segreto e va a porsi tra loro.

ERNANI:

--->

Fra quei fidi io pur qui sto.

CARLO:

Tu se' Ernani, mel dice lo sdegno
che in vederti quest'anima invade,
tu se' Ernani, il bandito, l'indegno
turbatore di queste contrade
a un mio cenno perduto saresti
va ti sprezzo pietade ho di te
pria che l'ira in me tutta si desti
fuggi, o stolto, I'offeso tuo re.

ERNANI:

Me conosci, tu dunque saprai
con qual odio t'abborra il mio core.
beni, onori rapito tu m'hai
dal tuo morto fu il mio genitore
perché l'ira s'accresca ambi amiamo
questa donna insidiata da te.
In odiarci e in amor pari siamo
vieni adunque, disfidoti, o re.

ELVIRA entra disperata fra loro col pugnale sguainato.

ELVIRA:


No, crudeli, d'amor non m'è pegno
l'ira estrema che v'arde nel core
Perché al mondo di scherno far segno
di sua casa, d'Elvira l'onore?
S'anco un gesto vi sfugga, un accento
qui trafitta cadrò al vostro piè
no, quest'alma in sì fiero momento
non conosce l'amante né il re.

CARLO:

Fuggi o stolto, l'offeso tuo re.
Stolto, va, va, pietade ho di te.
a un mio cenno perduto saresti, ecc.

**************

SCENA IX

**************

Ernani, Don Carlo, Elvira, ed il Duca Don Ruy Gomez de Silva, seguito poscia dai suoi Cavalieri e da Giovanna con le Ancelle.

Don Carlo, re di Spagna, starà in modo da non essere facilmente riconosciuto da Silva.

Elvira cerca di ricomporsi, e cela il pugnale.

SILVA:

--->

Che mai vegg'io, nel penetral più sacro
di mia magione presso a lei che sposa
esser dovrà d'un Silva
due seduttori io scorgo
entrate, olà, miei fidi cavalieri.

(Entrano cavalieri e famigli, Giovanna ed Ancelle)

Sia ognun testimon del disonore,
dell'onta che si reca al suo signore.

Infelice e tuo credevi
sì bel giglio immacolato
del tuo crine fra le nevi
piomba invece il disonor.
Ah, perché l'etade in seno
giovin core m'ha serbato
Mi dovevan gli anni almeno
far di gelo ancora il cor.
L'offeso onor, signori,
inulto non andrà.
scudieri, I'azza a me, la spada mia
l'antico Silva vuol vendetta, e tosto
infin che un brando vindice
resta al vegliardo ancora
saprà l'infamia tergere
o vinto al suol cadrà
me fa tremante il subito
sdegno che mi divora
cercando il sen del perfido
la man non tremerà.

CORO:

Lo sdegno suo reprimere
quel nobil cor non sa.

SILVA:

Uscite.

ERNANI:

Ma, signore.

SILVA:

Non un detto ov'io parlo.

CARLO:

Signor duca.

SILVA:

Favelleran le spade, uscite, o vili.
e tu per primo vieni.

*********

SCENA X

*********


Elvira, Ernani, Don Carlo, Sivla, Jago e Don Riccardo.

JAGO:

Il regale scudiero Don Riccardo.

SILVA:

Ben venga, spettator di mia vendetta.

RICCARDO:

Sol fedeltate e omaggio al re si spetta.
Giovanna, Silva, Jago, servitori
Oh cielo! è desso il re.

ELVIRA E ERNANI:

Io tremo, sol per te,
Riccardo
omaggio al re.

CARLO:

*****************

Io sono il re!

*****************


CARLO:

Vedi come il buon vegliardo
or del cor l'ira depone
lo ritorna alla ragione
la presenza del suo re.

RICCARDO:

Più feroce a Silva in petto
de' gelosi avvampa il foco,
ma dell'ira or prende loco
il rispetto pel suo re.

SILVA:

Ah! dagl'occhi un vel mi cade,
credo appena a' sensi miei,
sospettare io non potei
la presenza del mio re.

ELVIRA E ERNANI:

Io tremo sol per te.

Giovanna, Jago, servitori:

Ben di Silva mostra il volto
l'aspra guerra che ha nel core
pure ei frena tal furore
in presenza del suo re.

Ernani:

M'odi, Elvira al nuovo sole
saprò tòrti a tanto affanno
ma resisti al tuo tiranno,
serba a Ernani la tua fe'.

Elvira:

Tua per sempre o questo ferro
può salvarmi dai tiranni
m'è conforto negli affanni
la costanza di mia fe'.

SILVA:

Sospettare io non potei
la presenza del mio re.

Riccardo, Carlo, Giovanna, servitori:

Lo ritorna alla ragione
la presenza del suo re.

JAGO:

Ah, pure ei frena tal furore,
in presenza del suo re.

Silva:

Mio signor, dolente io sono.

CARLO:

Sorgi, amico, io ti perdono.

SILVA:

Questo incognito serbato.

CARLO:

Ben lo veggo, t'ha ingannato.

Morte colse l'avo augusto
or si pensa al successore
La tua fe' conosco e il core
vo' i consigli d'un fedel.

SILVA:

Mi fia onore, onor supremo...

CARLO:

Se ti piace, il tuo castel
questa notte occuperemo.

SILVA:

Sire, esulto.

Elvira ed Ernani:

Che mai sento.

Carlo:

Vo' salvarti sul momento
questo fido partirà.

Elvira:

Sentì il ciel di me pietà.

ERNANI:

Io tuo fido, il sarò a tutte l'ore
come spettro che cerca vendetta.
Dal tuo ucciso il mio padre l'aspetta
l'ombra irata placare saprò
l'odio inulto che m'arde nel core,
tutto spegnere alfine potrò.

Elvira:

Fuggi, Ernani, ti serba al mio amore.
fuggi, fuggi quest'aura funesta
qui, lo vedi, qui ognun ti detesta
va'... un accento tradire ti può
come tutto possiedi il mio core
la mia fede serbarti saprò.

Ernani:

L'ombra irata placare saprò.

CARLO:

Più d'ogni astro vagheggio il fulgore
di che splende cesarea corona
se al mio capo il destino la dona
d'essa degno mostrarmi saprò.
La clemente giustizia e il valore,
meco ascendere in trono farò.

Silva e Riccardo:

Nel tuo dritto confida, o signore,
è d'ogni altro più sacro e più giusto.
No, giammai sovra capo più augusto,
mai de' Cesari il lauro posò.
Chi d'Iberia possiede l'amore,
quello tutto del mondo mertò.

Giovanna ed Ancelle:

Perché mai dell'etade in sul fiore,
perché Elvira smarrita ed oppressa,
or che il giomo di nozze s'appressa
non di gioia un sorriso mostrò?
Ben si vede... l'ingenuo suo core,
simulare gli affetti non può.

Jago e Cavalieri:

Silva in gioia cangiato ha il furore:
tutta lieta or si vede quell'alma,
come in mare ritoma la calma
quando l'ira de' venti passò.
La dimora del re, nuovo onore
al castello di Silva apportò.

Elvira:

Come tutto possiedi il mio core,
la mia fede serbarti saprò.

Ernani:

L'odio inulto che m'arde nel core
tutto spegnere alfine potrò.

***************************************

ATTO SECONDO

SCENA I

Magnifica sala nel palazzo di Don Ruy Gomez de Silva.

Porte che mettono a vari appartamenti.

Intorno alle pareti veggonsi disposti entro ricche cornici, sormontate da corone ducali e stemmi dorati, i ritratti della famiglia di Silva.

Presso ciascun ritratto vedesi collocata una completa armatura equestre, corrispondente all'epoca in cui il dipinto personaggio viveva.

Avvi pure una ricca tavola con presso un seggiolone ducale di quercia.

Cavalieri e Paggi di Don Ruy, Dame, Damigelle di Elvira riccamente abbigliate.

TUTTI:

Esultiamo, letizia ne innondi,
tutto arrida di Silva al castello
no, di questo mai giorno più bello
dalla balza d'oriente spuntò.
Esultiamo, esultiam.

DAME:

Quale fior che le aiuole giocondi
olezzando dal vergine stelo
cui la terra vagheggia ed il cielo
è d'Elvira la rara beltà.

CAVALIERI:

Tale fior sarà colto, adorato,
dal più bello e gentil cavaliere,
ch'ora vince in consiglio e sapere
quanti un dì col valore eclissò.

TUTTI:

Sia il connubio, qual merta, beato,
e se lieto esser possa di prole,
come in onda ripetesi il sole,
de' parenti abbia senno e beltà.
Esultiamo! Esultiam!

***********

SCENA II

***********


Detti, Jago, e Silva, che pomposamente vestito da grande di Spagna, va a sedersi sul seggiolone ducale.

SILVA:

Jago, qui tosto il pellegrin adduci.

Jago esce, e tosto compare Ernani sulla porta vestito da pellegrino

ERNANI:

--->

Sorrida il cielo a voi.

SILVA:

T'appressa, o pellegrin, chiedi, che brami?

ERNANI:

Chieggo ospitalità.

SILVA:

Fu sempre sacra a' Silva, e lo sarà.
Qual tu sia, donde venga,
io già saper non voglio.
Ospite mio sei tu, ti manda Iddio...
disponi.

ERNANI:

A te, signor, mercè.

SILVA:

Non cale, qui l'ospite è signor.

----

SCENA III

-----

S'apre la porta dell'appartamento di Elvira, ed ella entra in ricco abbigliamento nuziale, seguita dai giovani Paggi ed Ancelle.

SILVA:

Vedi? La sposa mia s'appressa.

ERNANI:

Sposa?

SILVA:

Fra un'ora.

A che d'anello e di ducal corona,
non t'adornasti, Elvira?

ERNANI:

Sposa? Fra un'ora? Adunque
di nozze il dono io voglio offrirti, o duca.

SILVA:

Tu?

ERNANI:

Sì.

ELVIRA:

Che intendo.

SILVA:

E quale?

ERNANI:

----------------

Il capo mio.

----------------


ELVIRA:

Ernani egli è,
gran Dio.

ERNANI:

--->

Oro, quant'oro ogni avido
puote saziar desìo,
a tutti v'offro, abbiatelo
prezzo del sangue mio.

Mille guerrier m'inseguono,
siccome belva i cani...
---> sono il bandito Ernani,
odio me stesso e il dì.

ELVIRA:

Ohimè, ohimè, si perde il misero.

Don RUY Silva:

Smarrita ha la ragione.

ERNANI:

I miei dispersi fuggono,
vostro son io prigione,
al re mi date, e premio.

SILVA:

Ciò non sarà, lo giuro;

rimanti qui sicuro.
Silva giammai tradì.

ELVIRA:

Ohimè, si perde il misero, ohimè!, ecc.

ERNANI:

Al re mi date, mi date al re.

SILVA:

In queste mura ogn'ospite
ha i dritti d'un fratello.
Olà, miei fidi, s'armino
le torri del castello.

Seguitemi.

Silva accenna ad Elvira di entrar nelle sue stanze con le Ancelle, e seguito da' suoi parte.

***************

SCENA IV

Elvira, partito Silva, fa alcuni passi per seguire le Ancelle, indi si ferma e, uscite quelle, torna ansiosa ad Ernani, che sdegnosamente la respinge.

ERNANI:

Tu, perfida,
come fissarmi ardisci?

ELVIRA:

A te il mio sen,
ferisci, ma fui
e son fedel, sì.
Fama te spento credere,
fece dovunque.

ERNANI:

Spento,
io vivo ancora.

Elvira:

Memore del fatto giuramento,
sull'ara stessa estinguere
me di pugnal volea, ah
non sono rea come tu sei crudel.

ERNANI:

Tergi il pianto,
mi perdona, fu delirio,
t'amo, sì, t'amo ancor.

ELVIRA:

Caro accento,
al cor mi suona
più potente del dolor.

Elvira e Ernani:
(a due)

********************

Ah, morir, potessi adesso,
o mio Ernani (mia Elvira), sul tuo petto.
Preverrebbe questo amplesso
la celeste voluttà.
Solo affanni il nostro affetto
sulla terra a noi darà.

**********************

SCENA V

Silva, che vedendoli abbracciati si scaglia furibondo tra loro,col pugnale alla mano, e detti.

SILVA:

Scellerati, il mio furore
non ha posa, non ha freno
strapperò l'ingrato core
vendicarmi saprò almeno.

SCENA VI

Jago frettoloso, e detti.

JAGO:

Alla porta del castello
giunse il re con un drappello.
Vuole ingresso.

SILVA:

S'apra al re.

Jago parte.

SCENA VII

Silva, Elvira ed Ernani.

Ernani:

Morte invoco or io da te.

SILVA:

No, vendetta più tremenda
vo' serbata alla mia mano
vien, ti cela, ognuno invano
rinvenirti tenterà.
A punir l'infamia orrenda
Silva solo basterà.

Elvira e Ernani:

La vendetta più tremenda,
su me compia la tua mano,
ma con lui/lei ti serba umano,
abbi un'aura di pietade.
L'ira tua su me sol penda;
colpa in lui/lei no giuro non v'ha.

SILVA:

A punir l'infamia orrenda
Silva solo basterà.

Ernani entra in un nascondiglio apertogli da Silva dietro il proprio ritratto.

Elvira si ritira nelle sue stanze.

************
SCENA VIII
************


Silva, Don Carlo, Don Riccardo con seguito di Cavalieri.

CARLO:

Cugino, a che munito il tuo castel ritrovo?
Rispondimi.

SILVA:

Signore.

CARLO:

Intendo, di ribellione l'idra,
miseri conti e duchi, ridestate
ma veglio anch'io, e ne' merlati covi
quest'idre tutte soffocar saprò,
e covi e difensori abbatterò.
Parla.

SILVA:

Signore, i Silva son leali.

CARLO:

Vedremo de' ribelli
l'ultima torma, vinta, fu dispersa;
il capo lor bandito,
Ernani, al tuo castello ebbe ricetto.
Tu me'l consegna, o il foco, ti prometto,
qui tutto s'appianerà!
S'io fede attenga, tu saper ben puoi.

SILVA:

Nol niego, è ver
tra noi un pellegrino giunse,
ed ospitalità chiese per Dio;
tradirlo non degg'io.

CARLO:

Sciagurato!
E il tuo re tradir vuoi tu?

SILVA:

Non tradiscono i Silva.

CARLO:

Il capo tuo,
o quel d'Ernani io voglio.
Intendi?

SILVA:

Abbiate il mio.

CARLO:

Tu, Don Riccardo,
a lui togli la spada.
Voi, del castello,
ogni angolo cercate,
scoprite il traditore.

SILVA:

Fida è la rocca come il suo signore.

Parte de' Cavalieri escono.

*************

SCENA IX

*************

Don Carlo, Silva, Don Riccardo e parte de' Cavalieri.

Carlo:

Lo vedremo, veglio audace,
se resistermi potrai,
se tranquillo sfiderai,
la vendetta del tuo re.
Essa rugge sul tuo capo;
pensa pria che tutto scenda,
più feroce, più tremenda
d'una folgore su te.

SILVA:

No, de' Silva il disonore
non vorrà d'Iberia un re.

CARLO:

Il tuo capo, o il traditore,
altro scampo, no, non v'è.

***********
SCENA X
***********


Cavalieri che rientrano portando fasci d'armi, e detti.

Coro:

Fu esplorata del castello
ogni latebra più occulta
tutto invano, del ribello
nulla traccia si scoprì.
Fur le scolte disarmate
l'ira tua non andrà inulta,
ascoltar non dÍi pietade
per chi fede, onor tradì.

CARLO:

Fra tormenti parleranno,
il bandito additeranno.

************
SCENA XI.
************


Elvira che esce precipitosamente dalle sue stanze seguita da Giovanna e Ancelle, e detti.

Elvira:

Deh, cessate... in regal core
non sia muta la pietà.

CARLO:

Tu me'l chiedi? Ogni rancore
per Elvira tacerà.
Della tua fede statico,
questa donzella sia.
Mi segua... o del colpevole...

SILVA:
No, no; ciò mai non fia.
Deh, sire, in mezzo all'anima
non mi voler ferir...
Io l'amo... al vecchio misero
solo conforto è in terra...
non mi volerla togliere...
pria questo capo atterra...

CARLO:

Adunque, Ernani?

SILVA:

Seguati,
la fè non vo' tradir.

Coro:

Ogni pietade è inutile,
t'è forza l'obbedir.

Carlo:

Vieni meco, sol di rose
intrecciarti ti vo' la vita;
vieni meco, ore penose
per te il tempo non avrà.
Tergi il pianto, o giovinetta,
dalla guancia scolorita;
pensa al gaudio che t'aspetta,
che felice ti farà.

Giovanna e Ancelle:
Ciò la morte a Silva affretta
più che i danni dell'età.

Riccardo e Cavalieri:

Credi, il gaudio che t'aspetta
te felice renderà.

SILVA:

Sete ardente di vendetta,
Silva appien ti appagherà.

ELVIRA:

Ah, la sorte che m'aspetta
il mio duolo eternerà.

CARLO:

Ah, vieni meco, sol di rose.

Il Re parte col suo seguito, seco traendo Elvira appoggiata al braccio di Giovanna.

Le Ancelle entrano nelle stanze della loro signora.

***********
SCENA XII
***********


Silva:

Vigili pure il ciel sempre su te.
L'odio vivrà in cor mio pur sempre, o re.

Silva corre alle armature che sono presso i ritratti, ne trae due spade, e va quindi ad aprire il nascondiglio di Ernani.

************

SCENA XIII

************

Ernani e Silva.

SILVA:

Esci a te scegli seguimi.

ERNANI:

Seguirti, dove?

SILVA:

Al campo.

ERNANI:

Nol vo', nol deggio.

SILVA:

Misero!
Di questo acciaro al lampo
impallidisci?... Seguimi.

ERNANI:

Mel vietan gli anni tuoi.

SILVA:

Vien, ti disfido, o giovane;
uno di noi morrà.

ERNANI:

Tu m'hai salvato, uccidimi,
Ma ascolta, per pietà.

SILVA:

Morrai.

ERNANI:

Morrò, ma pria
l'ultima prece mia.

SILVA:

Volgerla a Dio tu puoi.

ERNANI:

No, la rivolgo a te.

SILVA:

Parla, ho l'inferno in me.

ERNANI:

Ah, una sol volta, un'ultima
fa ch'io la vegga.

SILVA:

Chi?

ERNANI:

Elvira.

SILVA:

Or, or partì,
seco la trasse il re.

ERNANI:

Vecchio, che mai facesti?
Nostro rivale egli è.

SILVA:

Oh, rabbia, il ver dicesti?

ERNANI:

L'ama.

Silva:

Vassalli, all'armi!

ERNANI:

A parte dêi chiamarmi
di tua vendetta.

SILVA:

No.

Te prima ucciderò.

ERNANI:

Teco la voglio compiere,
poscia m'ucciderai.

SILVA:

La fè mi serberai?

ERNANI:
************************************

(Gli consegna un corno da caccia)

*************************************

--->

*****************************

---->

Ecco il pegno: nel momento
in che Ernani vorrai spento
se uno squillo intenderà
tosto Ernani morirà.

******************************


SILVA:

A me la destra giuralo.

ERNANI:

Pel padre mio lo giuro.

Ernani e Silva:

Iddio n'ascolti, e vindice
punisca lo spergiuro
l'aura, la luce manchino,
sia infamia al mentitor.

[Finale ampliato con aria e cabaletta di Ernani]

***********

SCENA XIV

************

I cavalieri di Silva entrano frettolosamente

Cavalieri:

Salvi ne vedi, e liberi
a' cenni tuoi, signor.

SILVA:

L'ira mi torna giovane,
s'insegua il rapitor.

Ernani e Silva:

In arcione, cavalieri;
armi, sangue, vendetta.

Cavalieri:

Pronti vedi li tuoi cavalieri,
per te spirano sangue, vendetta.

Ernani e Silva:

Sangue, sangue, vendetta, vendetta;
Silva stesso ti guida, v'affretta,
premio degno egli darvi saprà.

Cavalieri:

Sangue, sangue, vendetta, vendetta;
se di Silva la voce gli affretta,
più gagliardo ciascuno sarà!

Ernani e Silva, Cavalieri:

Questi brandi, di morte forieri,
d'ogni cor troveranno la strada.
Chi resister s'attenti, pria cada,
fia delitto il sentire pietà.

Finale comprendente aria e cabaletta di Ernani, scritto da Verdi per il tenore Nicolai Ivanov - Parma, 1845.

***********
SCENA XIV
**********


Jago, Silva

JAGO:

D'Ernani i fidi chiedono
parlare al duca lor.

SILVA:

Or ben. Fa che avanzino
Infiamma il loro ardor.

***********
SCENA XV
**********


ERNANI:

--->

Padre, con essi intrepido
m'avrai vendicator
odi il voto, o grande Iddio
che al tuo soglio un cor ti porta
deh, ti piaccia il brando mio
di quel sangue dissetar.
Nell'angoscia del mio core
questo è sol che mi conforta
del trafitto genitore
l'ombra inulta alfin placar.

************
SCENA XVI
************


Ernani, Banditi

Coro di banditi:

Vieni, con te dividere
vogliamo gioie e pene;
imponi, e come folgori
teco saprem pugnar.

ERNANI:

Verrete voi, Giuratelo.

Coro di banditi:

Giuriam sul nostro acciar.

ERNANI:

Ah!

--->

Sprezzo la vita: né più m'alletta
che per la speme della vendetta
gioia del forte che non rifiuta
per lei morir.

Coro:

È la vendetta gioia del forte
per la vendetta bello è il morir.

Tutti partono.

*************************

ATTO TERZO: ACQUISGRANA.

************************

SCENA I

Sotterranei sepolcrali che rinserrano
la tomba di Carlomagno in Acquisgrana.

A destra dello spettatore avvi lo stesso monumento
con porta di bronzo, sopra la quale
leggesi in lettere cubitali l'iscrizione

"Carlomagno".

In fondo scalea che mette alla maggior porta
del sotterraneo, nel quale si vedranno altri minori sepolcri.

Sul piano della scena altre porte che conducono ad altri sotterranei.

Due lampade pendenti dal mezzo spandono una fioca luce su quegli avelli.

Don Carlo e Don Riccardo avvolti in ampi mantelli oscuri entrano guardinghi dalla porta principale.

Don Riccardo precede con una fiaccola.

Carlo, Riccardo

CARLO:

È questo il loco?

Riccardo:

Sì.

CARLO:

È l'ora?

Riccardo:

È questa.
Qui s'aduna la lega.

CARLO:

Che contro me cospira
degli assassini al guardo
l'avel mi celerà di Carlomagno.
E gli elettor?

Riccardo:

Raccolti,
cribrano i dritti a cui spetti del mondo
la più bella corona, il lauro invitto
de' Cesari decoro.

CARLO:

Lo so. Mi lascia...

Riccardo va per partire.

Ascolta:
se mai prescelto io sia,
tre volte il bronzo ignivomo
dalla gran torre tuoni.
Tu poscia scendi a me; qui guida Elvira.

Riccardo:

E vorreste?

CARLO:

Non più fra questi avelli
converserò co' morti
e scoprirò i ribelli.

Don Riccardo parte.

***************

ATTO III, SCENA 2

*****************

DON CARLO, re di Spagna:

Gran Dio! costor sui sepolcrali marmi
affilano il pugnal per trucidarmi.
Scettri, dovizie, onori,
bellezza, gioventù, che siete voi?
Cimbe natanti sovra il mar degl'anni,
cui l'onda batte d'incessanti affanni,
finchÈ giunto allo scoglio della tomba
con voi nel nulla il nome vostro piomba!
Oh, de' verd'anni miei
sogni e bugiarde larve,
se troppo vi credei,
l'incanto ora disparve.
S'ora chiamato sono,
al più sublime trono,
della virtù com'aquila
sui vanni m'alzerò, ah,
e vincitor de' secoli
il nome mio farò.

Don Carlo Apre con chiave la porta del monumento di Carlomagno e vi entra.

ATTO III, SCENA 3

Schiudonsi le porte minori del sotterraneo, e vi entrano guardinghi ed avvolti in grandi mantelli i Personaggi della Lega portando fiaccole.

Coro I:

Ad augusta!

Coro II:

Chi va là?

Coro I:

Per angusta.

Coro II:

Bene sta.

Tutti:

Per la lega santo ardor
l'alme invada, accenda i cor.


SCENA IV

Detti, Silva, Ernani e Jago vestiti come i primi.

Silva, Ernani e Jago: (a tre)
Ad augusta!

Coro:

Per angusta!

Silva, Ernani e Jago: (a tre)

Per la lega.

Coro:

Santa e giusta.

Tutti:

Dalle tombe parlerà
del destin la volontà.

Silva:

All'invito manca alcuno?

Lega:

Qui codardo havvi nessuno.

SILVA:

Dunque svelisi il mistero
Carlo aspira al sacro impero.

Jago e Coro:

Spento pria qual face cada.
Dell'iberica contrada
Franse i dritti... s'armerà
ogni destra che qui sta.

SILVA:

Una basti... la sua morte
ad un sol fidi la sorte.

Ognuno trae dal seno una tavoletta, v'incide col pugnale la propria cifra, e la getta in un avello scoperchiato.

Coro:

È ognun pronto in ogni evento
a ferire od esser spento.

Silva si appressa lentamente all'avello, ne cava una tavoletta.

Tutti ansiosi lo circondano.

Qual si noma?

SILVA:

Ernani.

Jago e Lega:

È desso.

Ernani:

Oh, qual gaudio m'è concesso,
padre, ah, padre,

Jago e Coro:

Se cadrai,
vendicato ben sarai.

Silva:

L'opra, o giovine, mi cedi.

ERNANI:

Me sì vile, o vecchio, credi?

SILVA:

La tua vita, gli aver miei
io ti dono.

ERNANI:

No.

Silva:

Potrei
ora astringerti a morir.

ERNANI:

No, no, vorrei prima ferir.

SILVA:

Dunque, o giovane, t'aspetta
la più orribile vendetta.

Tutti:

Noi fratelli in tal momento
stringa un patto, un giuramento.

Tutti si abbracciano, e nella massima agitazione traendo le spade prorompono nel seguente "inno".

Coro:

********************************

--------------- I

Si ridesti il Leon di Castiglia ------------ a
e d'Iberia ogni monte, ogni lito ----------- b
eco formi al tremendo ruggito -------------- b
come un dì contro i Mori oppressor --------- c
Siamo tutti una sola famiglia -------------- a
pugnerem colle braccia, co' petti ---------- d
schiavi inulti più a lungo e negletti ------ d
non sarem finché vita abbia il cor --------- c

--------------- II

Morte colga o n'arrida vittoria ------------ a
pugnerem, ed il sangue de' spenti ---------- b
nuovo ardir ai figliuoli viventi ----------- b
forze nuove al pugnare darà ---------------- c
Sorga alfine radiante di gloria ------------ a
sorga un giomo a brillare su noi ----------- d
sarà Iberia feconda d'eroi ----------------- d
dal servaggio redenta sarà ----------------- c

[Alternate lyrics in Piave's letter to his Roman friend, librettist, Ferretti: three lines changed, 'with the blood, the children will write, here freedom must reign']

********
SCENA V
*********

Don Carlo alla porta del monumento di Carlomagno, ed Ernani e Silva.

S'ode un colpo di cannone.

CORO:

Qual rumore!!

Altro colpo di cannone, e la porta del monumento di Carlomagno si apre.

Che sarà?

Il destin si compirà.

Terzo colpo di cannone, e Don Carlo si mostra sulla soglia.

Carlomagno imperator!

CARLO picchia tre volte col pomo del pugnale sulla porticella di bronzo, poi esclama con terribile voce:

CARLO:

Carlo Quinto
o traditor.

***********
SCENA VI
**********


S'apre la gran porta del sotterraneo, e allo squillar delle trombe entrano sei Elettori vestiti di broccato d'oro seguiti da Paggi che portano sovra cuscini di velluto lo scettro, la corona e le altre insegne imperiali.

Ricco corteo di Gentiluomini e Dame Alemanne e Spagnole circonda l'imperatore.

Fra le ultime vedesi Elvira seguita da Giovanna.

Nel fondo saranno spiegate le bandiere dell'impero, e molte fiaccole portate da soldati illumineranno la scena.

Don Riccardo è alla testa del corteggio.

Riccardo:

L'elettoral consesso v'acclamava
augusto imperatore
e le cesaree insegne
o Sire, ora v'invia.

CARLO:

La volontà del ciel sarà la mia.
Questi ribaldi contro me cospirano.

Tremate, o vili, adesso?
E tardi!... tutti in mano mia qui siete
la mano stringerò, tutti cadrete.
Dal volgo si divida

solo chi è conte o duca,
prigion sia il volgo, ai nobili la scure.

ERNANI:

Decreta dunque, o re, morte a me pure.


**************************

Io son conte, duca sono
di Segorbia, di Cardona...
Don Giovanni d'Aragona
riconosca ognun in me.

**************************

Or di patria e genitore
mi sperai vendicatore.
non t'uccisi, t'abbandono
questo capo, il tronca, o re.

CARLO:

Sì, cadrà... con altri appresso.

Elvira:

Ah signor se t'è concesso
il maggiore d'ogni trono
questa polvere negletta
or confondi col perdono
sia lo sprezzo tua vendetta
che il rimorso compirà.

CARLO:

Taci, o donna.

ELVIRA:

Ah no, non sia.
Parlò il ciel per voce mia,
virtù augusta è la pietà.

CARLO:

O sommo Carlo, più del tuo nome
le tue virtudi aver vogl'io,
sarò, lo giuro a te ed a Dio,
delle tue gesta imitator.
Perdono a tutti
mie brame ho dome,
sposi voi siate, v'amate ognor.
A Carlomagno, sia gloria e onor.

Tutti:

Sia lode eterna, Carlo, al tuo nome.
Tu, re clemente, somigli a Dio,
perché l'offesa, coprì l'oblio,
perché perdoni, agli offensor.
Il lauro augusto sulle tue chiome
acquista insolito divin fulgor.
A Carlo Quinto sia gloria e onor.

SILVA:

Oh mie speranze vinte, non dome,
tutte appagarvi saprò ben io;
per la vendetta, per l'odio mio
avrà sol vita in seno il cor.
Canute gli anni mi fer le chiome;
ma inestinguibile è il mio livor...
Vendetta gridami l'offeso onor.

CARLO:

Sarò, lo giuro - a te ed a Dio,
delle tue gesta - imitator.
A Carlomagno - sia gloria e onor!

*******************

ATTO QUARTO: Terrazzo nel palazzo di Don Giovanni d'Aragona in Saragozza.

A destra ed a manca sonvi porte che mettono a vari appartamenti.

Il fondo è chiuso da cancelli, attraverso i quali vedonsi i giardini del palazzo illuminati e parte di Saragozza.

Nel fondo a destra dello spettatore avvi una grande scalea che va nei giardini.

Da una scala a sinistra di chi guarda odesi la lieta musica delle danze.

Gentiluomini, Dama, Maschere, Paggi ed Ancelle vanno e vengono gaiamente tra loro discorrendo.

Scena 1:

Tutti:

Oh, come felici gioiscon gli sposi
saranno quai fiori cresciuti a uno stel.
Cessò la bufera dei dì procellosi;
sorrider sovr'essi vorrà sempre il ciel.

SCENA II

Comparisce una Maschera tutta chiusa in nero domino, che guarda impaziente d'intorno, come chi cerca con premura alcuno.

Coro:

Chi è costui che qui s'aggira
vagolando in nero ammanto?
Sembra spettro che un incanto
dalle tombe rivocò.
Par celare a stento l'ira.
Ha per occhi brage ardenti.
Vada, fugga dai contenti,
che il suo aspetto funestò.

La Maschera, dopo qualche atto di minacciosa collera, s'invola alla comune curiosità, scendendo ne' giardini.

SCENA III

Sopraggiungono altre Maschere dalla sala da ballo.

Tutti:

Sol gaudio, sol festa - qui tutto risuoni,
palesi ogni labbro - la gioia del cor!
Qui solo di nozze - il canto s'intuoni...
un nume fe' paghe - le brame d'amor.

Tutti partono, la musica delle danze tace.

Si spengono le faci e tutto resta in un profondo silenzio.

**********

SCENA IV

***********


Elvira ed Ernani vengono dalla sala da ballo, avviandosi alla destra dello spettatore, ov'è la stanza nuziale.

ERNANI:

Cessaro i suoni, disparì ogni face,
di silenzii e mistero amor si piace.
Ve' come gli astri stessi, Elvira mia,
sorrider sembrano al felice imene.

ELVIRA:

Così brillar vedeali
di Silva dal castello, allor che mesta
io ti attendeva... e all'impaziente core
secoli eterni rassembravan l'ore.
Or meco alfin sei tu.

ERNANI:

E per sempre.

ELVIRA:

O gioia.

ERNANI:

Sì, sì, per sempre tuo.

Elvira e Ernani

Fino al sospiro estremo
un solo core avremo.

*******************************

(S'ode un lontano suon di corno)

********************************

ERNANI:

Maledizion di Dio.

ELVIRA:

Il riso del tuo volto fa ch'io veda.

********************

(S'ode altro suono)

ERNANI:

Ah, la tigre domanda la sua preda.

Elvira:

Cielo, che hai tu, che affanni.

Ernani:

Non vedi, Elvira, un infernal sogghigno,
che me, tra l'ombre, corruscante irride?
È il vecchio, il vecchio, mira.

ELVIRA:

Ohimè, smarrisci i sensi!

ERNANI:

Egli mi vuole! Ascolta, o dolce Elvira.
solo ora m'ange una ferita antica.
Va tosto per un farmaco, o diletta.

ELVIRA:

Ma tu, signor.

ERNANI:

Se m'ami, va, t'affretta.

Elvira va nelle stanze nuziali.

SCENA V

ERNANI:

--->

Tutto ora tace intorno
forse fu vana illusion la mia
il cor, non uso ad esser beato
sognò forse le angosce del passato.
Andiam.

Ernani va per seguire Elvira.

SCENA VI

Ernani e Silva mascherato.

Silva:

T'arresta.

Ernani:

È desso.
Viene il mirto a cangiarmi col cipresso.

Silva:

Ecco il pegno: nel momento
in che Ernani vorrai spento,
se uno squillo intenderà
tosto Ernani morirà.
Sarai tu mentitor?

ERNANI:

Ascolta un detto ancor.
Solingo, errante, misero,
fin da' prim'anni miei,
d'affanni amaro un calice,
tutto ingoiar dovei.
Ora che alfine arridere
mi veggo il ciel sereno,
lascia ch'io libi almeno
la tazza dell'amor.

SILVA:

Ecco la tazza scegliere,
ma tosto, io ti concedo.

ERNANI:

Gran Dio.

SILVA:

Se tardi od esiti.

ERNANI:

Ferro e velen qui vedo,
Duca, rifugge l'anima.

SILVA:

Dov'è l'ispano onore,
spergiuro, mentitore?

ERNANI:

Ebben, porgi, morrò!

Scena VII:

Ernani, Silva, ed Elvira dalle stanze nuziali.

Elvira:

Ferma, crudele, estinguere
perché vuoi tu due vite?
Quale d'Averno demone
ha tali trame ordite?
Presso al sepolcro mediti,
compisci tal vendetta!...
La morte che t'aspetta,
o vecchio, affretterò.
Ah, ma che diss'io? perdonami...
L'angoscia in me parlò.

SILVA:

È vano, o donna, il piangere...
È vano... io non perdono.

ERNANI:

La furia è inesorabile.

Elvira:

Figlia d'un Silva io sono.
Io l'amo... indissolubile
nodo mi stringe a lui.

Silva:

L'ami!... morrà costui,
per tale amor morrà.

ELVIRA:

Per queste amare lagrime
di me, di lui pietà.

ERNANI:

Quel pianto, Elvira, ascondimi...
ho d'uopo di costanza...

ELVIRA:

Pietà!

ERNANI:

L'affanno di quest'anima
ogni dolore avanza...

ELVIRA:

Di lui, di me pietade.

ERNANI:

Un giuramento orribile
ora mi danna a morte.

ELVIRA:

Pietà!

SILVA:

No.

ERNANI:

Fu scherno della sorte
la mia felicità.

ELVIRA:

Di lui, di me pietà!

SILVA:

Morrà, morrà, per tale amor morrà!
È vano, o donna, il piangere...
è vano, io no, non perdono.
Sì, per tale amor morrà!

ERNANI:

Non ebbe di noi miseri,
non ebbe il ciel pietà.

SILVA:

"Se uno squillo intenderà
tosto Ernani morirà."

ERNANI:

Intendo, intendo, compiasi
il mio destin fatale.

**********************************
(Si pianta il pugnale nel petto)
**********************************

ELVIRA:

Che mai facesti, ahi misero?
Ch'io mora, a me il pugnale.

SILVA:

No, sciagurata... arrestati,
il delirar non vale...

ERNANI:

Elvira, Elvira.

ELVIRA:

Attendimi,
Sol te seguir desio...

ERNANI:

Vivi, d'amarmi e vivere...
cara... t'impongo... addio.

Elvira e Ernani:

Per noi d'amore il talamo
di morte fu l'altar.

SILVA:

Delle vendette il demone
qui venga ad esultar.

ERNANI:

Elvira, Elvira, addio.

ELVIRA:

Attendimi.

SILVA:

Qui venga.

Ernani spira ed Elvira sviene.

FINE

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