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Thursday, July 4, 2024

Grice d Fabiani

 

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garbarti College Hòxav^ 

OIKT OF THE 

DANTE SOCIETY 



CAMBRIDGE. MASS. 

H Ivo, l>i 0. 



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IL PENSIERO FILOSOFICO ITALIANO 



X)A X)ANT£ AI TSMtPX NOSTKX 



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RAVENNA 

TIPOGRAFIA DI C. ZIRARDINI 
1890 



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/ oSeni^fto ^^Uolt 



Oliando in questo scorcio del secolo nostra io trovo la 
mente acuta e profonda dell' On, BoviOy gigante del moderno 
pensiero filosofico italiano ali* Università di ^N^apoli, chiamare 
t dimostrare il nostro T)ante il primo dei protestanti e V uU 
timo dei cattolici ( Vedi Bovio — Saggio Critico del Diritto 
Penale, pag, i2j ); 

Quando trovo un Ministro italiano della Pubblica h 
stru^ione, V On. Voselli, che osa, con %,. Decreto // 7)e- 
cemhre iSSp, fondare un laboratorio di psicologia sperimentale 
presso V Università di Roma; 

Quando vedo il giovine imperatore di Germania Gugliel- 
mo IL che annusando la nuova aura e il nuovo sole d' Eu- 
ropa e del mondo civile, mira arditamente a Prometeo in- 



— 4 — 

colume e trovasi novello Fetonte^ nel voler destra e genero- 
samente prendere le redini del movimento ascendente, per 
non esserne travolto; 

Quando infine, e proprio di questi giorni^ rilevo il 
primo filosofo d' Inghilterra, il rappresentante attuale del 
positivismo filosofico inglese, V illustre Herbert Spencer essere 
pervenuto^ nelle sue ultime pubblicazioni sociologiche, alla 
conseguenza della collettività della terra; 

Quando, dico, in questo secolo che muore, questi quattro 
fatti e criteri importantissimi nel mondo del moderno pen- 
siero filosofico io considero^ mi sento incoraggiato a superare 
e rompere in parte, con la presente pubblicazione ^ quel na- 
turale riserbo e quella peritanza, che ^finora m' impose la 
coscienza della mia pochezza» 

Mi sia adunque concesso e perdonato l'osare che ora 
faccio, pubblicando la conferenza circa il pensiero ftlosofteo 
italiano da Dante fino ai tempi nostri, che io avea già 
apparecchiato, sebbene non potesse poi aver più luogo, in occasione 
delle feste dantesche del passato Maggio qui in Ravenna. 

Questa mia pubblicazione poi intendo di fare a favore 
del primo fondo per il testé costituito Patronato di soc- 
corso in vesti e calzature, per gli scolari poveri delle 
scuole elementari di questo Comune, specie dei sobborghi, aven- 
do potuto nel passato anno scolastico toccare con mano 
V impellente hiso<^no di così nobile e benefica istituzione per 
i figli del popolo, nelV importante ufficio, già conferitomi 
da questa Onorevole Rappresentanza 3^unicipale, di Sopra- 
intendente Scolastico. E ciò faccio di buon grado adesso 
specialmente che s' avvicina la fredda stagione. 

Vegga ora il benigno lettore, in grazia anche dello sco- 



pò, se e quanto giusti i miei g{udi:{ii, se e quanto logiche le mie 
argomenta:(ioni e dedu/^ioni, se e quanto ra:^ìonali le mie 
proposte, nella seconda parte., riguardo a qualche lato della 
complesssa questione sociale: giudi/^ii, deduT^ioni e proposte a 
cui solo tengo, finché una critica sciolta e scevra da preven- 
:(ioni diffonda nuova e pia chiara luce nel campo sconfinato 
delle sciente sociologiche e polìtiche le quali ormai imprendono 
nuovo e più sicuro indirÌ7i7^o. 

Così sarà in parte appagato ora anche il desiderio di 
quegli amici che videro annun^iiata quella mia conferenza 
per le feste dantesche del passato Maggio. 

Ravenna 15 Ottobre 1890. 



U AUTORE 



IL PENSIERO FILOSOFICO ITALIANO 
DA DANTE Al TEMPI NOSTRI 

F*arte prima o storica 



Veramente il tema che mi sono proposto di trattare 
innanzi a voi, gentili uditori, non sarebbe argomento di 
una conferenza esclusivamente dantésca, come sarebbe 
stato il tema dapprima propostomi: Dante e la filosofia 
scolastica. 

Ma considerando poi 1' aridità della scolastica stessa , 
per tediare meno che per me si possa il benevolo uditorio, 
ho scelto un tema troppo vasto forse per una conferenza, 
pur accennando di partenza la filosofia scolastica in Dante. 

Ma qui non mi dissimulo d' altra parte il ne sutor ul- 
tra crepidam , che giustamente può essermi apposto. Con 
(}ual titolo in fatti^ con c^ual competenza un ten^a di fìlg- 



-. 8 - 

sofia per conferenza, da parte di un insegnante qualunque 
di ginnasio inferiore ! ? 

Ecco la spiegazione , gentili uditori . Ho chiesto un 
giorno a passeggio parere e consiglio all' illustre professo- 
re di filosofia del locale Liceo, Cav. Bravi, della cui ami- 
cizia altamente mi onoro, il quale, essendo appunto presi- 
dente della Commissione per le feste dantesche, mi fu 
largo di approvazione ed incoraggiamento. 

Del resto, se debbo giustificarmi, dichiaro che come 
dilettante, e per quanto ho potuto, ho sempre coltivato al- 
cun poco per naturale inclinazione lo studio della filosofia ; 
a cui confesso pure d' essere debitore di qualche conforto 
e consolazione, in più duri casi occorsimi; dappoiché la 
vita nostra è lotta pur troppo più o meno per tutti. Se 
r obbligo di leva non mi avesse troncato lo studio, quan- 
do non era permesso, come ora, il dilazionare il servizio 
militare a studi ultimati, certo avrei potuto dedicarmivì 
ex professo, meglio che per diletto soltanto. Cosi avviene 
pur troppo che la forza maggiore, la necessità delle cose 
decide spesso del nostro avvenire, spingendoci per xHe di- 
verse e talora opposte alla stessa vocazione. 

Ma quello che specialmente m' ha determinato alla 
scelta del tema propostomi, è stata l'idea di cogliere qui 
occasione per ispingere ed eccitare la nostra gioventù, che 
s'affaccia agli studi filosofici e speculativi d'ogni maniera, 
a dedicarvisi con serio impegno. Il mio precipuo scopo è 
quindi di incoraggiare i giovani allo studio della filosofia 
e perchè ne traggano proprio conforto nelle inevitabili lot- 
te della vita, e perchè tengano ancora alto alla loro vol- 
ta in Italia questo nobilissimo genere di studi, onde tanto 
rifulse nelle passate età la P^tri ji nostra . Dall' Itali;^ infami 



— 9 — 

ti trassero lame e civiltà le altre nazioni d' Europa, che 
ora di tanto ci passano innanzi in ogni ramo di umano 
progresso, studiando il nostro classico passato; mentre noi 
in tanta penuria e disprezzo d' oggigiorno de* filosofici 
studi, troppo ci avvolgiamo nel bisantinismo d' ogni fatta . 
Se voi, o giovani diletti, speranze della Patria, vi de- 
dicherete agli studi filosofici, a quella filosofia cioè, che 
non è setta o sistema particolare di negazione , ma scien- 
za perenne che afferma, che coordina ed universalizza, 
. voi vi metterete nel centro eminente dello scibile umano . 
Da questo punto vi sarà dato di rassegnare, con mente 
divinatrice e sicura, la fuga della stessa umanità e con 
la vostra ragione, mercè un processo intuitivo d' analisi e 
di sintesi, sorprenderete nude e trasparenti tutte le civiltà 
e rispettive religioni predenti e passate, tutte le scienze 
empiriche e speculative, tutte le letterature eie arti,, e vi 
darete chiara e soddisfacente ragione del loro esplicarsi , 
crescere, fiorire e declinare con alterna vicenda ed incal- 
zante successione. E cosi in voi, o diietti giovani, si e- 
spliclieranno quelle tempre d* acciaio che formano i carat- 
teri energici, fieri, dignitosi, tenaci e perseveranti nelle 
vie dell'onestà, della giustizia, della rettitudine, e della 
costanza. Anche voi vi sentirete un giorno ispirati da 
quella vera filosofia, da quella vera sapienza, onde sorgo- 
no gli uomini di genio, che onorano la patria, che ono- 
rano r umanità additando nuovi orizzonti . 

I. 

Ciò premesso, o signori, in grazia del propostomi 
scopo quale insegnante, domando venia e compatimento 
§e, come dilettante seniplicemente, e secondo le debql^ 



— IO — 

mie forze, m'accingo a svolgere un tema di filosofia forse 
alquanto arduo per me^ ed in troppo disadorno stile al 
paragone dei valenti oratori che mi hanno preceduto in 
questo nobile arringo. 

Il dire degnamente del pensiero filosofico italinao da 
Dante a nostri tempi, non sarebbe proprio d' una con- 
ferenza soltanto. 

Lo svolgimento d' un tema cosi vasto non può essere 
che assai relativo, anche riferito alla sola e semplice evo- 
luzione del pensiero filosofico italiano. Però premetto che 
io non mi occuperò gran che della filosofia teoretica con 
tutti i vari sistemi speculativi controversi, ma solo conside- 
rerò la filosofia in rapporto alla vita comune; tratterò as- 
sai brevemente della sola parte etica e politica, della filo- 
sofia pratica e sociale. E poiché la scienza in generale 
non ha confine di nazione alcuna, ma è mondiale e co- 
smopolita, è patrimonio di tutto T uman genere, accenne- 
rò nella mia discorsa anche al movimento filosofico stra- 
niero per quanto ha stretta attinenza col nostro. Già è mio 
stile di sintetizzare e ridurre a più facile e piana espres- 
sione gli stessi problemi sociali di maggiore rilievo, la cui 
profonda pertrattazione richiederebbe per ciascuno non pic- 
coli volumi. Cosi feci già altre volte nel mio opuscolo 
dei futuri destini d' Italia. 

Ed in vero, come ben disse e tuonò T on. Bovio da 
questo maggiore teatro non è molto, « gran parte della 
democrazia — che non è partito, ma il pensiero de* nuo- 
vi tempi — nata a fare , non ha modo di leggere vo- 
lumi . » 

Noi faremo dunque una cavalchina attraverso i secoli 
inseguendo ed infilando il pensiero filosofico nazionale, 



— II — 

raggiungendolo col treno lampo nelle maggiori stazioni, 
lasciando da parte tutte le vie alquanto torte e sinuose 
che impediscono il celere trasporto ai centri più importanti. 

Vi dipingerò, se cosi mi permettete di esprimermi, 
vi dipingerò, S. Antonio con poche linee, con quattro 
pennellate; e se avrete la bontà e la pazienza di seguirmi 
lo vedrete forse non troppo lontano dal vero. 

Dante riassume nella sua Commedia^ cui i cultori delle 
lettere nostre giustamente appellarono poi divina ^ tutto lo 
scibile de' suoi tem:n sintentizzato nella filosofìa cristiana 
detta scolastica. Quella filosofia dalla Chiesa, ove erasi 
chiamata patristica y era appunto passata alle scuole, nei 
pubblici studi che, sotto papa Innocenzo 3. , sul cadere del 
secolo 12. aveano incominciato a chiamarsi Università 
(Universitas); col qual nome s'intendeva dapprima l'insie- 
me degli scolari e dei maestri della scuola palatina di 
Parigi, già istituita da Carlo Magno. 

La filosofia scolastica, o dei Dottori della Chiesa, 
erasi sviluppata in Occidente , e quale suo centro dalla 
scuola palatina di Parigi, detta più tardi, cioè fin dal se- 
colo 13. ed anche oggidì, della Sorbona da Roberto di 
^snr^^rin w^ i' j f f > ^^^1^f Hi^ll' A r - fi tl^r"ìn-d^i , ^0 i fnm i^ rt d tv La 
filosofia patristica invece, o dei Padri della Chiesa, erasi 
sviluppata m Oriente da due centri rivali, Alessandria ed 
Antiochia. 

La patristica, incominciata col Cristianesimo, fissò la 
parte dogmatica della cristiana religione , e giunge fino a 
S. Agostino , morto il 450 dell' era volgare. 

Di S. Agostino è celebre il modo strano d'accordare 
assieme nell' uomo il libero arbitrio e la predestinazione , 
mercè la grazia divina. 



— 12 — 

Ma qui m'accorgo che a meglio dilucidare il nostro 
punto di partenza convien pure rif^irci un pochino addie- 
tro, per intuire almeno d'un tratto il lungo cammino per- 
corso dalla filosofia prima di Dante. 

Tutta la filosofia anteriore al mondo cristiano si può 
dividere in quattro grandi epoche, i. La filosofia orientale 
che ebbe sua culla tra i primi popoli civili, che la storia 
ricordi, quali i Fenici, gli Assiri, i Medi e gli Egiziani: 
Feticismo in religione. 2. La filosofia italo-greca incomin- 
ciata con Pitagora a Cotrone nella Magna Grecia od Italia 
meridionale: Sabeismo e metempsicosi in religione. 3. La fi- 
losofia greca che conta tre immensi giganti del pensiero , 
luminari di tutte le nazioni e di tutti i tempi, e questi sono 
Socrate, Platone ed Aristotele, i quali senza dubbio si pos- 
sono considerare siccome primi e più remoti fondatori del* 
la civiltà cristiana stessa: Politeismo ed antropomorfismo 
in religione. 4. La filosofia romana; ma in quest' epoca 
non abbiamo veramente alcuna nuova scuola filosofica di- 
v/ersa dalU greca. La filosofia romana non è perciò ori- 
ginale, ma pratica, politica, eclettica e giuridica sopra 
tutto. Segui in parte la scuola epicurea, ma più e meglio 
la scuola stoica di Zenone che poneva il fine (iell'uomo 
nell'onestà e nella virtù; di qui la meravigliosa sapienza 
della romana giurisprudenza, nobile vanto del mondo ro- 
mano. A capo della filosofia romana è posto Cicerone, 
celebre oratore e filosofo eclettico per eccellenza: Pantei- 
smo e scetticismo in religione. 

Parimente quattro sono le principali epoche 4clla fi- 
losofia dell' èra cristiana, i. La filosofia patrìstica seguace 
in buona parte della filosofia di Platone o della A^cade- 
(pia, per quanto poteva condursi al dogma crispano. I p^t 



- ij - 

dri fissarono dapprima il gran caposaldo della cristiana re- 
ligione col dogma della creazione divina fino dal 325 del- 
l' èra volgare, nel celebre concilio ecumenico di Nicea, 
indetto dall' imperatore Costantino. In quel concilio ed in 
altri parecchi stabilirono successivamente i padri della Chie- 
sa le basi dogmatiche della cristiana dottrina: Monoteismo 
cristiano in religione. 2. La filosofia scolastica o dei Dottori 
di scuola, seguaci specialmente d'Aristotele o del Peripato, 
principe dei quali S. Tommaso d* Aquino, che mitigò la 
teoria della grazia di S. Agostino, onde V apotegma teolo- 
gico: Àngustiìius egei Thoma interprete. Ma in questo lungo 
periodo, che giunge fino alla Riforma, la filosofia già cir- 
coscritta dalla dottrina dogmatica della patristica, è ormai 
ancella della teologia; laonde il pensiero filosofico è chiuso 
in un ristretto campo trincerato da anatemi. 3. La filosofia 
della Riforma religiosa in Germania e del cosi detto Ri- 
sorgimento in Italia. É questo periodo il più fecondo di splen- 
didi ingegni e di illustri filosofi e pensatori in Italia e 
nelle nazioni civili d' Europa. Il pensiero filosofico emanci- 
pato dà per reazione la scalata al cielo e giunge trionfante 
per evoluzione e per irruzione fino a nostri tempi, sfondan- 
do le dogmatiche barriere di Bisanzio. 4. La filosofia del 
Rinnovamento sarebbe quella della 4. epoca dell' era cri- 
stiana, e sarebbe quella appunto de nostri giorni, divisa 
in due campi opposti; cioè dell* affermazione in un nuovo 
mondo soprannaturale o nel già posto da una parte, e 
della negazione più o meno esplicita dall'altra. 

Quest' ultima nel cammino dell' umanità caratterizza 
sempre un periodo di transizione a nuove riforme o co- 
struzioni. Delineate cosi brevemente le grandi tappe della 
filosofia pagana e della filosofia cristiana patristica, noi e i 



— 14 — 

vedremo ora meglio rischiarato il cammino passando dalla 
filosofia scolastica a quella della Riforma e del Risorgi- 
mento e quindi alla filosofia odierna del Rinnovamento. 

II. 

Nella esplicazione della vita dei popoli accade quel- 
lo stesso che noi osserviamo nella vita dell'uomo in- 
dividuo. Le potenze dell' animo una volta educate un po' 
a lungo, pare si sveglino, chiaro appare ciò che innanzi 
era oscuro, si ordina nel pensiero quanto si ha imparato, 
si ripensano le cose apprese, se ne parla, se ne ragiona 
e si passa quindi all'azione con tenace operosità. Cosi 
avviene nei popoli quando la civiltà loro e la precedente 
educazione sieno giunte a poco a poco alla portata dei 
più : questi provano insieme la stessa necessità di pensiero 
e la corrispondente esplicazione, ed il moto si propaga 
irresistibilmente nelle moltitudini. Tale vigore si palesò 
appunto nel popolo italiano, uscito già dalle tenebre del 
medio evo e dal paventato finimondo, nel secolo dodice- 
simo e giunse al colmo nel secolo decimo terzo in ogni 
maniera del vivere civile, nella letteratura e nelle arti, 
mentre fioriva la filosofia scolastica. Col secolo decimo terzo 
noi siamo all'apice della nostra rinascenza ed alle porte 
dell' umanesimo; onde più tardi l' Europa da noi ridesta 
trarrà lume ed energia a risveglio ancor maggiore con la 
Riforma religiosa e politica. Dante è il principe di questa 
nostra rinascenza. La sua filosofia è quella di S. Tom- 
maso il Dottore Angelico, autore delle due Somme, una 
contro i Gentili e l' altra detta Teologica, sebbene non 
ultimata. In queste due Somme si adunano ed ordinano 
le dottrine precedenti dei Padri e Dottori, quali special- 



— 15 — 

•mente Sant' Agostino, Sant'Anselmo, Pier Lombardo, Al- 
berto Magno, San Bonaventura e gli altri, con la scorta 
di Aristotele. Tutte le opere di Dante, quale sommo lette- 
rato, teologo e filosofo, hanno non piccola importanza nel- 
la storia della filosofia, procedendo gradatamente dalla 
Vita nuova, dalle poche Lettere .scoperte e pubblicate dal 
prof. Carlo Witte in Germania verso il primo quarto di 
questo secolo, dalla Monarchia^ dall' Eloquio volgare e dal 
Convito fino alla Divina Commedia. 

La filosofia di S. Tommaso e di Dante si può distin- 
guere, come nei precedenti filosofi Socratici, e come in 
Cicerone ed in Sant'Agostino, in due parti distinte; Tuna 
che sale agli universali, V altra che scende alle conseguen- 
ze. Però mentre la prima parte muove dall'esame de' fatti 
interiori , Dante in essa non esclude talora il dubbio al- 
meno inquisitivo, quale mezzo di ricerca del vero. 

Cosi nella 3. cantica al canto 4. del Paradiso, dove 
egli si fa guidare da Beatrice , che rappresenta la filosofia 
cristiana, e dove con mano maestra tratta profonde tosi 
teologiche e filosofiche, egli dice a proposito del nostro 
naturale desiderio di sapere: 

^Hjdsce a ^uisa di rampollo 

tAppiè del vero il dubbio; ed è natura , 
Che al sommo pinge noi di collo in collo. 

Quivi Dante , per quanto serrato nella filosofia scola- 
stica mancipia della teologia, parrebbe furiere del dubbio 
sistematico inquisitivo del Cartesio. 

Ma per me dove giunge al colmo la valentia filosofi- 
ca ed insieme teologica di Dante i al canto 17. del Para- 
diso, dove egli tocca e circoscrive la sempre scottante 
questione speculativa e trascendentale dell' umana libertà 



— i6 — 

e responsabilità conciliata con la predestinazione, nella 
prescienza ed onniveggenza divina, mercè le due semplici 
quanto stupende terzine, che vi riassumono S. Agostino 
e S. Tommaso: 

La contiti gen^ia, che fuor del quaderno 
Della vostra materia non si stende. 
Tutta è dipinta nel cospetto eterno. 
Necessità pero quindi non prende. 

Se non come dal viso in che si specchia 
Nave che per corrente giù discende. 
La fede, la religione è per Dante, come per tutti gli 
uomini di genio e veramente grandi, una esigenza della 
stessa ragione; e questo in lui appare luminosamente al 
canto 3. del Purgatonio, là dove dice: 
Matto è chi spera che nostra ragione 
Tossa trascorrer la infinita via 
Che tiene una sustan^^a in tre persone. 
State contenti, umana gente^ al quia; 
Che se potuto aveste veder tutto, 
ihCestier non era portorir Diaria. 
Cosi egli ragiona del dogma della Trinità introdotto 
nella nostra religione durante T impero di Teodosio i. sul 
cadere del secolo 4. La qual Trinità del resto, come è 
noto, è una imitazione, un plagio religioso tolto dalle pre- 
cedenti religioni orientali, e più specialmente dalla Tri- 
murti di Bralima, Visnù e Siva nelle Indie Orientali. 

IIL 

Avendo fin qui accennato della filosofia teoreticamen- 
te scolastica di Dante, consideriamone ora alcun poco la 
filosofia pratica e politica. 



-17- 

Intendimento primario e scopo finale della Divins Com- 
media è certamente la Rigenerazione morale, mediante 
una grande riforma politica, per la quale nella mente ^1 
poeta dovea farsi luogo ad una monarchia nniversale con 
un solo Dio, un solo papa preposto al semplice governo 
spirituale ed un solo imperatore pel governo civile e po- 
litico. Per lui il Guelfismo è disordine necessario, solo Tim- 
pero conduce il mondo a virtù , come apparisce datla stessa 
sua Monarchia e dal Convito. Nobile utopia d' universa- 
lismo questa di Dante, come ben disse l* On. Bovio, la 
quale però non cessa di far capolino nella storia. Perciò 
quanto Dante è filosofo scolastico, reverente e devoto al 
papa, come vicario di Cristo e capo della Chiesa univer- 
sale, altrettanto è allo stesso avverso, come principe tem- 
porale. E poiché uscendo dalle tenebre del medio evo, la 
Chiesa romana avea trovato forse comodo per il proprio 
diritto acquisito, di ripetere da Costantino stesso, già sa«- 
tificato presso la Chiesa Ortodossa d'Oriente, la donarzione 
del dominio temporale; il nostro Dante accetta la tradi- 
zione popolare del suo tempo, senza beneficio d'inventario 
storico , e riprende sdegnosamente queir imperatore nel 
canto 19. dell' Inferno dicendo: 

Ahi , Cotitantitty di quanto mal fu matre, 
^on la tua conversion, ma quella date 
Che da te prese il primo ricco patre, 
cioè il papa Silvestro. 

Ma qui, come ben avvertì T illustre Bovio, la tradi- 
zione popolare, allora forse messa innanzi a meglio rasso- 
dare il dominio ten>porale della Chiesa, fa a pugni affatto 
con la storia, che più tardi giunse a galla. Ed in vero è 
risaputo da tutti che solo nel secolo ottavo comfinciarono 



- j8 — 

in Roma i pontefici ad emanciparsi dalla soggezione verso 
gli Imperatori di Costantinopoli» in seguito al dissidio in- 
sorto fra r imperatore Leone Isaurico, detto l'Iconoclasta, 
e papa Gregorio II , per il culto delle imagini. È risaputo 
che fino allora, come qui rammentò 1* esimio prof. Rava, 
gli stessi esarchi di Ravenna , d' ordine dell' Imperatore 
d'oriente, poteano opporre il veto all' elezione del pontefice, 
che si faceva in Roma dal clero e dal popolo. È parimente 
risaputo che, mentre i Longobardi divenuti cattolici ed 
italianizzati stavano per unire in un sol regno potente 
tutta r Italia, i Carolingi, cioè Carlo Martello, Pipino e 
Carlo Magno, invocati dai pontefici contro i Longobardi 
stessi costituirono in Italia solo sul cadere dell' 8. secolo 
e sul pricinpio del 9. il dominio temporale dei papi. Ed è 
appunto contro questo cosi detto Patrimonio di S. Pietro 
e contro gli scandali ed i vizii della curia papale, che 
tanto tuonò Dante qua e là nella sua Divina Commedia, 
servendosi pur talvolta di simjjoli e figure allegoriche con 
evidente allusione. E fu per questo che, come opportuna- 
mente rammentò V illustre rappresentante di questo Mu- 
nicipio Avv. Conte Tulio Corradini nella nobile presenta- 
zione al pubblico ravennate dell' On. Bovio, il cardinale 
Poggetto, per ordine del papa, ne ricercava qui le ossa 
per maledirle e disperderle. Ma questa postuma e frivola 
vendetta, contro il noto aforisma della romana giurispru- 
denza ptirce sepulto, non potea avere in sé alcuna buona 
ragione giustificativa, né anche in tempi posteriori. 

In fatti, non il solo Dante ripeteva la massima parte 
dei vizii e dei mali d' Italia e della Chiesa dalla corruttela 
della curia romana e della corte ponteficia; ma uomini 
santissimi altresì prima di lui e con lui insorsero contro 



- 19 - 

la vita irreligiosa ed il mal costume dei maggiori prelati e 
del clero di quei tempi. E primo tra questi va citato il 
ravennate S. Pier Damiano, egregio filosofo dello studio di 
Ravenna e poi vescovo di Ostia, meritamente a voi rammen- 
tato dal suUodato Prof. Rava e daUProf. Regoli; quindi un 
S. Bernardo di Chiaravalle, una Santa Caterina da Siena, 
lo stesso Petrarca ed altri parecchi; dagli scritti dei quali 
chiaro apparisce come non sia il caso di meraviglia alcuna 
per tanto meno che di quella potestà ecclesiastica ne disse 
il nostro poeta, considerandola nel riguardo civile e politico. 
La pazza misura del cardinal Poggetto, non avea quindi om- 
bra di giustificazione contro i resti mortali di Dante. 

Ed io penso ancora, per gli effetti moraH e psicologici 
in me provati dallo studio e dalla lettura della Divina 
Commedia fino da studente , che V incremento dato in 
tutta Italia, in questa seconda metà del secolo nostro, allo 
studio accurato di questo insigne monumento della nostra 
letteratura, abbia potentemente contribuito alla emancipa- 
zione degli spiriti) e quindi alla stessa unificazione della 
patria nostra. 

In fatti, con un crescendo di immagini odiose e dì 
vibrate riprovazioni il poeta giunge al colmo alla fine del 
canto 32. del* Purgatorio, designando la romana curia ed il 
papa, quale principe temporale, con termini cosi obbro- 
briosi e di tanto vitupero , che io ben mi riguardo dal ri- 
petere quivi. 

Lo stesso Lutero, io credo, a cui nella rinascenza 
Dante preluse, non giunse a tal segno di esecrazione per 
il papa e per la curia romana. 

Ed ecco perchè io penso ed aflfermo che quel maggiore 
culto per la Divina Commedia pia estesamente ci additò la 



'^ 



— lo 

vera sede cancrenosa, la vera fonte dei mali d' Italia ripe- 
tutamente confermata dalla storia fiiió a nostri tempi, fino 
al 1848-49; e ci ridestò meglio lo spirito di nazionalità ed 
il desiderio di vedere V Italia nostra ancora una volta co- 
munque unita e padrona di sé. 

Perciocché come noi vedemmo lo stesso Machiavelli 
approvare ed encomiare più tardi il famigerato Valentino 
Borgia, perché in lui potea ripromettersene V unificatóre 
d* Italia ; Dante pure alla sua volta , pur di vedere la pa- 
tria politicamente riunita , non esitava d' invocare all' Italia 
per fino un principe straniero , V imperatore Arrigo 7. di 
Lussemburgo. E quell'imperatore accattò l'invito dei ghi- 
billini e di Dante, ma mori il 13/3 in Toscana a BuoncoU' 
vento, avvelenato, dicesi, d'un' ostia sacrata. Cosi sebbene 
Dante e poi Machiavelli fossero cresciuti in libero reggi- 
mento democratico, non dubitavano di accettare e di prefe- 
rire quel principato qualunque che avesse lor dato speran- 
za di voler raccogliere in un sol corpo le sparse membra 
d' Italia. Ed un tale ammaestramento della nostra storia 
non dovea andar più a lungo perduto. Noi abbiamo ve- 
duto a' nostri giorni Mazzini e Garibaldi, innanzi al più 
alto iaeàle della patria da costituirsi ad unità, sacrificare 
in silenzio od apertamente, almeno prò tempore^ al loro no- 
bile ideale repubblicano, di cui erano pur stati 1' uno la 
mente direttrice e 1' altro il braccio possente. 

Dante dunque non é solo altamente benemerito della 
patria, quale principe dell'italica letteratura, ma lo é al- 
tresì è davvantàggio per averci appresa e divinata la sor- 
gente perenne de' nostri danni politici , e per averci inse- 
gnato à voler l' Italia tutta unità in un sol corpo ad ogni 
costò, additandocene h via col solo additarci il maggiore 



— ai — 

E poiché dalla nostra rinascenza e quindi da Dante 
che solo basta a rappresentamela , quasi tutta V Europa fu 
desta più tardi a vita libera e civile , ben sorga qui a Ra- 
venna, che ne custodisce le sacre ossa , un degno mau- 
soleo e nazionale ed internazionale, un tempio sacro per 
noi Italiani, che rapresenti come ben disse il mio collega 
ed amico Prof. Regoli a nome del Comitato, il simbolo 
della conseguita nostra unità ed indipendenza. 

Ed ora per esser breve, o gentili uditori, noi faremo 
come vi ho promesso una corsa vertiginosa fino a' tempi 
nostri, inseguendo per le sole maggiori vette il pensiero 
filosofico italiano. 

IV. 

Non molto dopo la morte di Dante Alighieri (1321) 
la fisolofia scolastica cominciò a dissolversi con Guglielmo 
Occam d'Inghilterra, con Michele di Cesena, con Buona 
Grazia di Bergamo e con Marsilio di Padova. La rinascen- 
za avea avvivato un movimento intellettuale che più 
o meno apertamente rifmtava a poco a poco ogni appog- 
gio e difesa al dogma. Si cominciò a sostenere che il con- 
tenuto della fede non era razionale, ed in appresso si 
cominciò a distinguere la verità di fede dalla verità di 
ragione. Per ultimo sofisticando si asseriva che in buona 
fede ed in buona coscienza si poteva benissimo con la 
ragione intendere in un modo, e con la fede credere in 
un altro. 

Con questo movimento del pensiero filosofico noi 
giungiamo fino all' epoca della Riforma o della Prote- 
sta in Germania nel secolo XVI. contemporanea al nostro 
Risorgimento letterario e scientifico , tra la fine della sco- 
lastica e r inizio del moderno pensiero filosofico. 



— 22 — 

Essen io stato fino allora doppio il giogo delle menti, 
il dogma e la scuola, contro quello insorge la Germania, 
contro questa V Italia; coli protestando contro Roma pa- 
pale , qua rinnovando ed instaurando gli studi classici ed 
umani. Aristotele il gran campione del Cristianesimo con 
la scolastica, fu tosto proscritto di qua e di là dall' Alpe. 
Però gli umanisti d* Italia, mentre si scagliavano pure 
contro le istituzioni della Chiesa non meno che contro la 
barbarie della scuola, non intaccarono il dogma. L' Italia 
contentavasi di rinnovare la scienza, auspici gli stessi pon- 
tefici i quali ne reggevano il movimento destramente, da 
Nicolò V. (1450 circa) a Leone X. ^^521) che, non ostante 
il distacco per lui avvenuto della Germanta dalla Chiesa 
romana, diede il suo nome al secolo per la magnificen- 
za e per lo splendore del suo pontificato , sebbene cosi 
rovinoso alla Chiesa cattolica. Ma se l'Italia rinnovava 
la scienza, la Germania rinnovava la coscienza, protestan- 
do appunto contro le indulgenze messe a mercimonio, 
contro la giustificazione per mezzo delle opere, contro la 
costituzione gerarchia della Chiesa ed altro. 

La filosofia che con la patristica e la scolastica era 

passata dal naturalismo alla teologia, ora incomincia per 

r Eurcpa occidentale un processo inverso; dalla teolagia 

ritorna al naturalismo. 

Le verità di fede e di ragione non più si conciliano 

negli intelletti colti, ma si escludono. Non è più permes- 
so in buona fede con la mente intendere in modo e con 

la religione credere in altro. 

In questo stato del pensiero filosofico scoppia in Italia 

una fiera controversia sulla natura dell'anima umana, 

specialmente nelle università di Padova e di Balogna. Si 



- a3 - 

impugna da una parte e si difende dall'altra la stessa im- 
mortalità deir anima . 

Chi formulò e mise in chiaro la presente situazione fu 
il mantovano Pietro Pomponazzi o Pomponaccio, nato il 
1462 e morto 1524, con una pleiade di seguaci ed opposi- 
tori. Il Pomponaccio avea menato gran rumore col libro 

de immortalitate anitnae. 

Il primo periodo del nostro Risorgimento avea mirato 

a scristianeggiare Platone ed Aristotele; il secondo incomin- 
cia con Bernardino Telesio di Cosenza a ricostruire, filoso- 
fando non più secondo principii teologici né aristorelici, ma 
secondo principii propri, accedendo al naturalismo. A questo 
secondo periodo appartengono Francesco Patrizzi, Pietro 
Ramo, Giordano Bruno e Tommaso Campanella. 

Di questi due ultimi almeno, ecco un breve cenno. 

Giordano Bruno nacque a Nola il 1548. Questo sven- 
turato ingegno, come ormai tutti sanno, fu bruciato vivo 
a Roma il 17 febbraic 1600 per aver osato filosofare fran- 
camente. 

Tolse da Copernico il sistema eliocentrico pel quale 
Galileo Galilei più tardi fu pure ammonito, processato, con- 
dannato dal Santo Ufficio di Roma, relegato ad Arcetri, e 
dicesi fin anco torturato. Ammise inoltre il Nolano nella 
astronomia una innumerevole moltitudine di sistemi plane- 
tari simili al nostro. 

Il perno della sua dottrina filosofica è l'infinità della 
natura contro la teoria aristotelica e teologica. Nella spiega- 
zione delle comete provò come nel cielo pure sempre qual- 
che cosa di nuovo si generi, in contraddizione alla dottrina 
d* Aristotele sulla incorruttibilità dei cieli. Ammise inoltre 
nel sole dei movimenti di rotazione e di rivoluzione, benché 



— «4 — 

poco sensìbili; di che il padre Denza, direttore dell'Osser- 
vatorio romano e successore del celebre astronomo^ il gesui- 
ta padre Secchi, in un manuale intitolato Le *Artnonie dei 
Cieliy gli fa merito insigne insieme a Copernico. E questo 
fo ed è ancora di grande sorpresa per me, come certo lo 
sarà anche per voi, o benigni uditori, considerando da una 
parte la più fervente devozione cattolica del padre Denza, 
come apparisce luminosamente dalla stessa lettura di quel 
libro, e dall' altra la generale alzata di scudi e le tante 
pastorali al clero italiano per esecrare dagli altari sotto ogni 
aspetto, il nome del Nolano. Ma il padre Denza forse 
non avea preveduto, nel pubblicare quel libro, né l'apoteo- 
si dei monumento in Campo di Fiore, né il conseguente 
putiferio della diffamazione. 

Molto sarebbe ancora a dire delle altre filosofiche spe- 
culazioni del Bruno, ma la via lunga incalza. Passiamo al 

Campanella. 

Tommaso Campanella, nato a Stilo in Calabria il 1568 

e morto il 1639 a Parigi, fu pure avversario di Aristotele 
e seguace del naturalismo di Telesio. Al pari del Bruno 
appartenne all'Ordine domenicano; ma fattosi promotore 
di una cospirazione contro il pessimo Governo spagnuolo, 
fu incarcerato per ben 27 anni, cioè dal 1599 al 1626. 

Col Bruno e col Campanella si chiude il nostro Risor- 
gimento, e si chiude con lo scetticismo e razionalismo di 
Lucilio Vanini, altro filosofo italiano, bruciato vivo a To- 
losa di Francia, sotto Taccusa d'ateismo, il 1629. In Ger- 
mania invece, ove ernsi iniziato il libero esame con la 
nuova Riforma, si diffuse ben presto il misticismo, del qua- 
le non sono in vero ammiratore. Ma questo fatto a me 
prova della bontà dell'Evangelio e della Cristiana Rteligio- 



— 25 — 

ne, una volta spoglia e sciolta della infarcita suppel- 
lettile cottolica nella parte dogmatica. Noi pure fummo 
testimoni di due nuovi dogmi proclamati durante il pon- 
teficato dello stesso Pio IX. 

V. 

La filosofia moderna dell'Europa, continuazione del- 
l' epoca che dicemmo della Riforma, incomincia coli' in- 
glese Francesco Bacone nato il 1561,6 col francese Car- 
tesio o Renato Des Cartes nato il 1596. Entrambi criticano 
il passato ponendo nel dubbio il loro criterio di ricerca 
filosofica; ma Bacone dubita per giungere al vero ed alla 
scienza mediante l* esperienza, Cartesio dubita per raggiun- 
gere uguale scopo mediante il puro pensiero. Bacone fonda 
il Realismo che continua poi in Inghilterra ed in Francia; 
Cartesio fonda l' Idealismo che si trapianta in Olanda ed 
in Germania. Il Realismo segue la via dell'induzione, l'Idea- 
lismo quella della deduzione. 

Cosi restano segnati i due sistemi e i due metodi che 
si incontreranno più tardi nella Critica della ragione pura 
di Emanuele Kant. 

Ciò premesso riguardo al movimento generale della 
filosofia moderna europea, noi seguiamo ora il pensiero 
italiano in Giambattista Vico. Nato a Napoli il 1668 e morto 
il 1744, il Vico nella storia della filosofia merita un po- 
sto distinto specialmente per la sua opera d'incontestato va- 
lore intitolata: / principii di Scien^^a Nuova. Egli critica il 
cogito cartesiano, perchè, dice, nelle ricerche non si muove 
dal verOj ma dal certo: il vero è conseguito solo all'ultimo 
quale risultato finale del processo logico di ricerca. Il certo 



— 26 — 

poi non si ottiene nella coscienza singola, ma nel senso 
comune. 

Per il Vico il fare 6 condizione indispensabile del 
sapere, e la sua Scienza Nuova è una storia delle umane 
idee. 

L'ordine delle idee procede secondo l' ordine delle cose, 
e r ordine delle cose umane ebbe per lui il seguente pro- 
cesso: Prima le selve, dopo i tuguri, quindi i villaggi, 
appresso le città e finalmente le accademie. 

Cosi il Vico e lo stesso nostro Galileo Galilei di Pi- 
sa (n. 1564 m. 1642) celebre fisico, astronomo, letterato 
e filosofo, onore d'Italia e del mondo — di cui ho già fatto 
cenno altrove a proposito dell' impostagli abiura, sulla 
scoperta scientifica del sistema eliocentrico — integrano e 
compiono il metodo induttivo di Francesco Bacone. 

Ed ora, o Signori, fino al più grande filosofo moder- 
no di Germania Emanuele Kant, nato a Kònisberg il 
1724 e morto il 1804, vi sarebbe da enumerare e consi- 
derare una lunga serie di sistemi filosofici sorti in Iq- 
ghilterra, in Francia ed in Germania, ma per essere brevi 
noi li sorvoleremo. Solo su Kant credo necessario soffer- 
marci alquanto, essendo esso meritamente considerato 
nella filosofia, quale il moderno Aristotele. Egli è V autore, 
tra molti altri lavori filosofici, della cosi detta Critica della 

ragione pura. 

Con quest' opera egli ammette la conoscenza mate- 
matica mercè le intuizioni pure, e la conoscenza fisica 
mercè i concetti puri, e questo è 1' ufficio positivo della 
sua critica; ma chiarisce V impossibilità della conoscenza 
metafisica, cioè di oggetti che trascendono il tempo e lo 
spazio e sono fuori dell' esperienza, e questo ne è 1' uffi- 



— 27 — 

ciò negativo. Il suo processo logico è veramente rigoroso 
e senza grinze; ma V ufficio negativo suddetto fa tabula 
rasa del mondo psicologico e morale; la metafisica cade 
interamente demolita, V uomo è ridotto nella più semplice 
espressione di misero mortale, terrestre il suo destino . Di 
fronte alla sua critica della ragione pura, Kant, che si era 
proposto il semplice problema della conoscenza, avea poscia 
veduto sfasciarsi ogni umana trascendenza d'oltre tomba; 
onde avvisò tosto al bisogno di riparo, e die mano a rico- 
struire il demolito, mediante una seconda critica, la Critica 
della ragione pratica, in cui si propose il problema della mo- 
ralità. In questa il suo celebre imperativo categorico della 
legge morale, sciolta per lui d' ogni egoismo, è il seguen- 
te: Opera in modo che la massima della tua volontà pos- 
sa valere come principio d'una legislazione universale. 
Cosi nella prima Critica Kant, che si era proposto il pro- 
blema della conoscenza, raggiunge un ideale teoretico; e 
nella seconda, in cui si era proposto il problema della mo- 
ralità, raggiunge un' esigenza, un postulato pratico della 
slessa ragione pura; né logicamente parlando, può essere 

tacciato d' Incoerenza nelle due Critiche. 

Ma, come ognun vede, l'edificio della ragione pratica 

pur troppo mal si regge sui ruderi arenosi lasciatile a 
fondamento dal tremendo conquasso della Critica della 
ragione pura. Questo filosofare, a mio debole giudizio, fa 
degno riscontro alla dissoluzione della Scolastica, quando 
in essa era permesso pensare ed intendere in un modo, e 
credere e governarsi in un altro, per salvare capra e ca- 
voli; cioè per salvare allora la ragione e la fede, ed ora 
per salvare l' esigenza dell' intelletto ed insieme V esigen- 
za dell'animo e del sentimento, a tutela della compagine 



— as- 
sociale. Molto sarebbe a dire di Fichte, Schelling, Hegel, 
Herbart, Schopenhauer e d' altri seguaci ed oppositori di 
Kant in Germania, ma il tema noi comporta. 

VI. 

Però trovo necessario di dare un più breve cenno an- 
che di Augusto Comte, altro celebre capo-scuola della 
moderna filosofia positiva francese; non che di Herbert 
Spencer, capo-scuola ancor più celebre del moderno posi- 
tivismo inglese; e quindi passeremo senza più ai nostri 
ultimi filosofi italiani, per summa capita. 

La filosofia positava di Augusto Comte trae lasuadop- 
pia origine e dalla scuola fisiologica del Broussais e dalla 
socialistica del Saint-Simon , di cui fu prima collaboratore. 

Nacque il Comte a Montpellier il 1798 e mori il 1857. 

Staccossi dalle dottrine sansimoniane, con la mira di 
promuovere una riforma sociale. Il suo positivismo si fon- 
da sulla famosa legge de' tre stati dell' uomo, cioè dello 
stato teologico, metafisico e positivo^ seguendo il cammi- 
no deir umanità dalle selve alle accademie. 

Prima in fatti di conoscere il legame degli effetti 
fisici tra loro, niente vi ebbe di più naturale ne' tempi 
eroici , che di supporli prodotti da esseri intelligenti , 
simili a noi. Tutto ciò che succedeva di. arcano tra gli 
uomini, senza che essi vi avessero parte, ebbe il suo Dio. 
Questo lo stato teologico. 

Passiamo ora al secondo , allo stato metafisico. Quan- 
doi filosofi riconobbero V assurdità di queste favole mitolo* 
giche, non avendo tuttavia acquistato veri lumi sulla sto- 
ria naturale, immaginarono di spiegare le cause dei feno- 
meni per via di espressioni astratte, comt essenze e facoltà; 



- 39 - 

espressioni che intanto rton ispiegavano, nulla e di cui 
si ragionava come se fossero state degli esseri, delle nuo- 
ve divinità sostituite alle antiche — tali i dogmi. 

Ed ora passiamo al terzo, allo stato positivo. L'uomo 
per ultimo, osservando V azione meccanica che i corpi hanno 
gli uni sugli altri, ne ricavò ben altre ipotesi, che le mate- 
matiche assodano per realtà , e V esperienza verifica via 
via — tale V umanesimo. 

Questa legge dei tre stati, è certo molto specios.a ed 
attraente. Bovio la riassume ancor più conciso: Gli Del, 
r uomo-Dio , r uomo . Il Comte ne sviluppa V ultimo sta- 
to, il positivo, 1' uomo. 

Va da sé che egli detesta la teologia e la metefisica 

per le quali l'uomo è già passato e passa nei primi due 

stati. Bisogna ora giungere alla cognizione positiva con le 

scienze positive appunto, quali la Matematica, l'Astronomia, 

ìa Fisica, la Chimica, la Biologia e la Sociologia, divisa 

in Statica e Dinanlica; di cui la' prima tratta dell' ordine 

sociale, dello Stato; l'altra del progresso. 

Ed ora diamo uno sguardo al positivismo inglese. Il 

più grande rappresentante della filosofia contemporanea in- 
glese è certamente Herbert Spencer. Però va notato che il 
positivismo inglese è alquanto diverso dal francese. 

Il positivismo francese non si propone punto un pro- 
blema filosofico^ l'inglese si. Il primo esamina il legame 
delle scienze positive sopra accenr.atc, passando dalle più 
generali alle più particolari, rispetto al loro oggetto di 
studiò, per giungere fino all' oggetto-uomo; il secondo, 
l'inglese, esamina nelle scienze stesse l'origine ed il va- 
lore della loro conoscenza, e questa trattazione soltanto 
è d'indole veramente filosofica. 



- 30 — 

Inoltre lo Spencer non accetta la legge de* tre stati 
surriferita, né la gerarchia delle scienze, perchè egli non 
ammette figliazione tra scienza e scienza , ma solo una 
scambievole influenza. Contro il positivismo del Comte egli 
ammette ancora V analisi psicologica ed una causa prima 
quale fondamento di ogni religione . Inoltre vuole V attivi- 
tà individuale sciolta il più possibile dalla subordinazione 
assorbente nella vita sociale, sciolta dal collettivismo e dal- 
le pastoie dello Stato, in cui il Comte pone invece la per- 
fezione del Governo. 

Nella dottrina dello Spencer distinguonsi poi tre ma- 
niere di sapere: il saper non unificato, formato dalla più 

semplice conoscenza; il saper parzialmente tfliificato, for- 
mato dalla scienza; ed il sapere completamente unificato 
formato dalla filosofia. Però egli njctte iu dubbio che pos- 
sa conseguirsi la perfetta unificazione del sapere: rimarrà 
sempre, ci dice, qualche cosa di assolutamente inconoscibile , 
dove si spazierà il sentimento religioso. 

n perno poi in cui tutta s' aggira la filosofia dello 
Spencer è Tevolazione; che anzi tutto l'universo in lui 
evolve, ed ammette nella natura una triplice evoluzione; 
organica, supero:ganica ed inorganica. Delle prime due 
estesamente egli tratta nella sua Biologia , Psicologia, So- 
ciologia e Morale; ed ha solo accennato all'evoluzione i- 
norganica nella Astronomia, nella Cosmologia e nella Geo- 
logia. Nella teorica dell' evoluzione ha quindi molti punti 
di contatto col non meno celebre scienziato naturalista 
il suo connazionale Carlo Darwin, circa specialmente le 
esigenze della natura organica e superorganica nella sele 
zione, mentre afferma n a poter l'uomo, per suo avviso, 
concepire e meno conoscere il processo reale delle cose 



- 31 - 

che si presentano fuori dell'ambito della sua coscienza. 
Nello Spencer va inoltre segnalata, in così vasta dot- 
trina, una rara modestia: nessuna baldanza dommatica 
neir affermare , nessuna nel negare. 

VII. 

Finalmente eccoci anche a' nostri moderni filosofi . 

L'Italia meridionale è sempre stata la parte più fe- 
conda d' ingegni speculativi della nostra patria. Questo 
fatto è addimostrato dalla storia della filosofia a partire 
dai tempi della Magna Grecia con la scuola di Pitagora, 
fino ai nostri . 

Il clima più dolce, il cielo più sereno, i colli uber- 
tosi e ricchi di viti e di agrumi, le mirabili e piacevoli 
marine, in fine la vita facile e gaia nei più copiosi beni 
di natura, tutto questo forse meglio contribuisce ad ecci- 
tare di preferenza in quei nostri connazionali lo spirito del- 
le filosofiche ricerche e meditazioni . 

Mentre a Napoli insegnva ancora Giambattista Vico, 
di cui sopra accennai, nella stessa università professava 
filosofia e saliva in gran fama Antonio Genovesi. Egli 
nacque a Castiglione di Salerno il 17x2 e mori a Napoi 
il 1769. Sebbene naturalmente inclinato alla libera filosofia 
il padre lo volle prete, malgrado di lui. Pubblicò molti 
lavori filosofici di merito in italiano, sostenendo che una 
nazione che non abbia libri di scienza, scritti nella pro- 
pria lingua, meglio che civile va chiamata barbara. A que- 
sta novità egli teneva anche dalla cattedra, a cui traeva 
in folla la città; come pure ad un'altra d'insegnarvi per 
primo nel corso di filosofia l'etica e la politica. 

Per consiglio di lui Bartolomeo Intieri istituì del prò- 



~ }2_ 

prjO Beli* U::;Ter5:ti d: Xapc*^ ima csneiri Ji comiDcrcìo, 
a :;9 .i^.one cbi ri si l^>^^ii^*>^ in hu'::::;© e tì:^3 Ìdss^ 
Tiia'i c:r j irrita a frid. Q.i^ni: T Inrleri on^nn* d^ re Car- 
lo UL che lasse ca::irii2 T>^r r>rirD3 a'.'. 3 si^sso G^^aoresi . 
QatHa cvat^ÌTZ fj ina-ogorata il 1754, rem' anni primi 
C'^t salisse in tanta faaia il filasofj ed cjonanijstj scozze- 
\>^ \tzzno Smiih col sao celebre li^ro d^ccanooiia poSi- 
tica, d^l.a quale scienza oggidì s: can>idera padre e fon- 
datore. 

♦ Studiate il mondo, coltivate le lìngue e le matema- 
tiche, pensate un poco meglio agli uomini che alle cose 
che sono sopra di noi, lasciate gli arz:i::»go:ì metaà^ici ai 
frati *; tali erano i franchi consigli del Genove<;ì agli a- 
mici e talvolta a^li studenti . Se ne Iacea a Xa;>o]ì un i;raQ 
rumore; ma egli godeva la protezione di Tanacci, cel»rbre 
ministro liberale e riformatore, com- tutti sanno. 

Però il suo vero pensiero filosofico appare meglio 
dalle lettere {amigliari e private, che da* sui lavori ufficia- 
li; ì quali non ostante le maggiori precauzioni e la prote- 
zione della corte, gli fruturono non piccole molestie. Per 
quanto riservato egli prenunziava gii la famosa Critica 
Kantiana. 

Altro illustre filosofo napoletano fu Gaetano Filangeri, 

sebbene morto a soli 58 anni il 17SS. 

Ma i' grande riformatore delia filosofia italiana è il ca- 
labrese Pasquale Galluppi. Egli nacque a Tropea il 1770 e 
mori a Napoli il 1846. Scrisse moltissime opere, di cii le 
principali sono: Saggio filosofico sulla critica ddla c^nosctn^ùj 
;;li EUnunti di filosofia^ Lettere filosoficbt sulle vicende del- 
la filosofia da Cartesio fino a Kant, Legioni di logica e 
metafisica» Fisolofia della volontà ecc: senza gli opascoli 



sulla libertà di srampa ecc. 

Djal ^.82^ CQjfiiin^ì^ il QV*€ggiO; tt^ Gajlwppi ^RjO$mi- 
ni , forge ii du(5 primi filosofi italiani della prima metà di 
qui^sto secolo. , 

Il Qomis del Galljappi si diffuse in Europa, ed il i&^&, 
a proposta del Cousin , fu nominato socio corrispondente 
dell'^ Accadjemia disile scienze in Francia,, in concorrenza 
dell' Hamiiion ; ed il L841, dietro proposta di Guizot , fu 
insignito della croce della legion d'onore. La sua filoso- 
fia è dieir esperienza , mediante i rapporti soggettivi 4' iden- 
tità e di differenza. Ma quantunque il Galluppi abbia sem- 
pre disconosciuto la parentela della sua filosofia con Kant, 
vi apparisce l'inftusso del Criticismo. Per questa attinen- 
za la dottrina del Galluppi fu combattuta da Vincenzo 
de Grazia e da Ottavio Goleccbi , pure meridionali , seb- 
bene, almeno per me, un po' parenti del filosofo Camea- 
de, vi^) ?.enso m.a.Moniano . Meritano quindi distinta men- 
zione ^a^dpjnenico Romagnosi di Salso Maggiore e Mei- 
cbi^r^ GÌ0Ì4 dii Pi^c^nza, ambi seguaci in parte più o 
meno loptana ^Ua filosofia di Condijilac che insegnò a 
Parma per un decennio, e si considera quale capo deUa 
scuola sensualista. 

Ma accanto al Galluppi per valore filosofico va posto 
Aji^?ii<(?i R,Oftisuoi-Séx:ba,ti , che nacque a Rov^redo il 1797 
e Qiffri a Stresa il I&55. Ingegno fecondissimo pubblicò 
nvcilite Qpere di fiilo^ofta. !^el ^uùvo Saggio. sulVx>rigine delle 
idee, si jffiQ^Q^^ U problema della conoscenza, ricercando 
il ppni(9 4aMe s.eoisibtiUtà ed intelletto si congiungono per 
pcodutla. É però dubbio se egli abbia raggiunto il compi- 
to pjcapQ&tosi: le sue soluzioni in questa e nelle altre aue 



— 54 — 

opere farono impegnate dal Gioberti, ingegno non meno 
acato. 

Dopo il Nuovo Saggio suiderto, si hanno di lai il 
RinfUK' amento della niosona italiani, i FnnsiTti della filo- 
sofia morale, la S:-W-2 c:*k7S'':::j: iti sistemi relativi al 
principio della morale, V ^nt^cpcls^ìjy I-i fi.Ji.yfj (Ul TH* 
ritto, la TsL:ck;:j, li Lc^^^a e la Tisssjzs, opera postuma. 

Però ia tutte queste pabblicazioai egli tenne d'occhio 
dapprima alla Critica Kantiana, poi alla costruzione dialet- 
tica dell'Hegel. 

È poi risapuco il dissidio insorto, or non è molto, 
tra i Rosminiani da una parte e tra ì Tomisti dalP altra 
nel clero italiano; dissidio terminato con la vittoria dei 
Tomisti, e<^sendc5Ì in loro favore nronunciato l'oracolo di 
Roma, n Rosmini venne proscritto senz' altro con molto 
disgusto dei molti ecclesiastici, iìnora ammiratori e segua- 
ci della dottrina rosminiana. 

Cosi i seminari e gli istituti gesuitici ed attinenti 
ripigliano a ritroso la rigida Scolastica di S. Tommaso, la 
Scolastica del secolo XIII.; non curando 1' aura de* nuovi 
tempi e le nuove esigenze della mente umana , in tanto 
progresso della scienza. 

vm. 

Chiude la gloriosa schiera dei nostri filosofi il torinese 
Vincenzo Gioberti ; per non parlare dei non pochi illu- 
stri viventi e degli ultimi mancati > su cui non si è per 
anco pronunciata la serena imparzialità della storia. 

Il Gioberti è altamente benemerito della nazione ita- 
liana , non meno che della filosofia. Egli merita davvero 
on posto d' onore ed un culto d' ammirazione nella mente 



; V. V-SP 



— 35 - 

e nel cuore d' ogni buon italiano , come filosofo politico 
e patriota. Chiunque di noi abbia cara la nostra patria , 
deve nutrire in cuore un senso di rispetto e di venerazio- 
ne al nome ed alla memoria di tant' uomo. 

Vincenzo Gioberti nacque a Torino il i8oi^ di mo- 
desta condizione; abbracciò il sacerdozio e fu cappellano 
di corte. Esiliato il 1833 per opinioni politiche, visse in 
Francia e nel Belgio fino ah 1848. Rimpatriò in gran 
trionfo e fu ministro di Carlo Alberto , appena data la 
costituzione. Caduta la fortuna d'Italia tornò a Parigi, 
dove pubblicò V ultimo suo lavoro di molto polso, T)el 
Rinnovamento Civile d' Italia, e poco dopo mòri (1852) 
povero e glorioso. Ecco segnate le tappe della sua vita 
breve ed immortale ; ma a dire degnamente di lui troppo 
qui ora ci vorrebbe , troppo mi sento inferiore al compito. 

La filosofia del Gioberti non si limita al problema 
della conoscenza come nel Galluppi specialmente, ed an- 
cora nel Rosmini. 

Essa gira^più largo ^ e campeggia nella politica che 
ne è la mira costante , e dalla genesi della conoscenza si 
dilata alla genesi delle cose. Là polemica del Gioberti 
contro Rosmini si limita a cercare se alla genesi della 
nostra conoscenza basti la forma dell' essere ideale. Ne- 
gava Gioberti ed affermava Rosmini; solo più tardi quest'ul- 
timo parve capacitarsi delle difficoltà del suo formidabile 
avversario. 

Ma le opere di Gioberti vanno considerate e studiate 
nel riguardo "pratico, politico e nazionale anche là dove me- 
no traspare questo nobile ideale. Per ampiezza ed acutezza 
d' ingegno filosofico sarebbe potuto forse divenire il Pla- 
tone o 1* Aristotele d'Italia, ma egli più che al titolo 



j 



-3«- 

di informatore éelk^ filosofia volle ambire a quello' ji 
Pater patria. 

Egli volle farsi il bailo della Nazione italiana, e ben lo fu. 

La vita civile ed intelletiivar dei popoli , come la 
vita fisica e morale degli individui , corre per tre distinte 
età che sono: la puerizia- , la gioventù e la maturezza o 
virilità. Ebbene, le opere del Gioberti in soli dieci anni 
circa, dal 1840 al 1850, percorrono T inrero ciclo , destan- 
do l' Italia fino a spingerla a resurrezione politica, alla guer- 
ra d'indipendenza. Il suo intento fallito materialmente e 
temporaneamente nel 1848-49, era già raggiunto moral- 
mente , che nel volere d* un popolo mai manca il volere 
di Dio. 

Le sue opere tutte , verso k fine di quel decennio, 
erano divenute la Bibbia degli Italiani da un capo all'altra 
d' Italia; ma più spezialmente quelle d' indole pohtica di- 
retta, qualt Tkl Primato morale e civik thgli Italiani^ I 
Prolegomeni al Primato, Il Gesuita moderno. Il suo ideale 
politico era trasfuso nella Nazione, era diventato un 
bisogno imperioso universalmente sentito-, ed il suo nome 
velava benedetto dalle Alpi al Boeo. Lo st-esso Pio IX., 
sperando di governare il movimento nazionale, benedisse 
dapprima all'impresa ed alla guerra d'indipendenza, tra* 
scfi^iifato diAa forza irresistibile dell' opinione pubblica in 
Italia; riservandosi coi primi rovesci a maledire. Però a 
discolpa va notato che il papa allora non era per anco in 
fallibile . 

Fallifta r impresa nazionale, cadde il favore popolare 
del Gioberti, ed alquanto freddamente fu accolta ormai 
r tritima sua opera suddetta Del rinnovamento civile d' Ita- 
lia del 185 1, un anno prima della sua morte. Ma con 



-37- 

qaest* opera ponderosa, onde forse rimase fisicamente e- 
saorito, egli compie e 'finisce la sua missione politica, per 
r Italia, k quale è destinata a sorgere senz'altro ad uni- 
tà ed indipendenza. 

E qui piacerai, a proposilo di questo VJnnovamento del 
Gioberti, riportare il commento e la chiosa che ne fa per 
•siiitesi PAusonio ^Franchi ntìlk celebre sua Ultima Critica, 
in cui bruscamenre «e solennemente disdice al suo passato 
di scettico e razionalista, per ritornare in Cattolicismo con 
'S. Tommaso, in quel Cattcdicismo che aveva prima sfolgo- 
rato con logica irrefragabile. 

Nel Rinnovamento del Gioberti, dice il Franchi, ri- 
mane ancora qualche cosa di cattolico e di monarchico , 
ma coperto e soverchiato da dottrine affatto razionalistiche 
e democratiche, e continua: « Non è più l' Italia che de- 
ve acconciare la sua esistenza al reggimento della Chiesa 
e del Principato, ma tocca a loro di adattare i loro isti- 
»tuti a servizio d'Italia. Se no, peggio è per loro; che d'ora in- 
nanzi nell'ordine teoretico il principio e criterio d'ogni vero 
si è la sovranità della ragione, e nell* ordine pratico la re- 
gola e misura d' ogni bene si è la sovranità della nazione. 
Laonde o la Chiesa si piega a rendere razionale il suo in- 
segnamento, ed il principato a rendere nazionale il suo 
governo ; e allora troveranno l' una e l' altro in Italia una 
èra nuova di potenza. e di gloria. O invece prosegue Tu- 
na a deprimere la ragione con credenze da fanciulli, e l'al- 
tro ad opprimere la nazione con leggi da barbari; ed al- 
lora tutti e due avranno finito di regnare e d' esistere in 
Italia. » 

Fin qui il commento del Franchi resipiscente. 

Ed ecco come, maturata l'educazione .politica del pò- 



à 



-38- 

polo italiano, il Gioberti con franco e libero linguaggio si 
rivolge ai rettori della Chiesa e dello Stato per patrocina- 
re la causa del popolo stesso, per abilitare V Italia a sor- 
gere a libera Nazione. 

Possa il suo esempio d' amor indomato per il paese 
nativo ispirare sempre la gioventù nostra a nobili e ge- 
nerosi sentimenti adeguati; possa il suo esempio vivificare 
la presente e le future generazioni italiane. 

Tutto ciò, parlando del Gioberti, sia detto natural- 
mente senza punto detrarre ai meriti eminenti di tanti 
altri nostri pensatori e campioni che più o meno imme- 
diatamente contribuirono con lui e. dietro lui alla nostra 
unificazione e libertà; pur militando con lo stesso propo- 
sito in campo diverso, quali specialm.entc tra i più illustri 
Mazzini e Garibaldi. 

Cosi, o Signori, restra fin qui alia meglio abbozzato 
il nostro Sant' Antonio; ma rimane ancora a dire qualche 
cosa della quarta ed ultima epoca della filosofia cristiana, 
della filosofia che ho chiamato del Rinnovamento. 

Fin qui la parte oggettiva ed accademica: ora la 
parte soggettiva o meglio pratica e politica. 

Seguitemi per qualche altro tratto, e voi vi scorgerete 
un contorno del quadro forse abbastanza originale e più 
attraente. 

PA.RTE II. 

O PRATICA E POLITICA 

I. 

È ancor dubbio}se V epoca del Rinnovamento filoso- 
fico sia ancora incominciata; non crederei lecito né affer- 
marlo né negarlo. 



— 39 — 

■ Egli è però certo che^ dopo tante contraddizioni e 
dopo tanto sfacelo morale di sistemi filosofici in alterna 
demolizione, è generalmente sentito il bisogno di nuove 
costruzioni filosofiche a più razionale soddisfazione delle 
esigenze della mente e del cuore. 

Tutti i yari sistemi filosofici, che ora tengono il 
campo, si possono dividere in due grandi schiere: V una 
che prescinde affatto dalla metafiisica, da ogni idea tra- 
scendentale e costruisce, per mio avviso, suU' arena, se 
pure avvertendo già al lavoro di Sisifo si cura di costrui- 
re più oltre: V altra che tende alla riforma della metafi- 
sica e vi prova nuove costruzioni; ovvero, come V ostrica 
aggrappata allo scoglio, resta immobile nella metafisica 
già posta. 

In una parola tutta la sequela dei diversi sistemi 
filosofici, con tutte le rispettive gradazioni e sfumature, 
si può ormai dividere in due campi troppo ben distinti; 
r uno dei pensatori credenti, e V altro dei pensatori non 
credenti. 

I primi sono ispirati e guidati dalla mente e dal 
cuore, dalla ragione e dal sentimento; i secondi solo dalla 
mente, solo dalla ragione. 

Per lo passato trattavasi di credere in un modo 
piuttosto che in un altro, di accettare o non accettare 
questa o quella parta di religione monoteista o cristiana, 
questa o quella parte di metafisica in filosofia. Oggidì la 
differenza è ben più marcata: credere o non credere nel 
mondo d' oltre tomba, nel mondo dello spirito. 

Ma infine anche la dogmatica, sebbene fuori del cam- 
po filosofico, non è che una rigida esigenza della stessa 
filosofia che aflFerma. 






I 



I liógmi religlMi fi&ii sodò cìA Iti ^r^du%iòtA simbo- 
lica delle afferma'Mtìfl! della filosofia sA 'dio delle «firbe 
che rifuggono dalla fredda ^ectìlaiiohe della ràgltitìè, e 
s'appassionano fn^e^e della '|)Sedia ^ 'di ^^a'àfò edipee 
l' immaginazione ed il ■seflfiiri'ehtft. 

Abbattiamo ^ufé 'Ogni tngtiJera 'di - sdpemfeionì e 
pregiudizi, di cui iloi ìtiiliìtni e 'ih 'ba^^O'e iti alto^'h^ìtoo 
troppo famosi -^ ~i\ito che nulla credehti ! 'Abbassò pure 
ogni tnaniera di rozzo "feticismo è 'd'Idolatria; iiia lò^n- 
So e francamente sostengo che il berte dell'umanità e 
quello stésso del nostro paese, della nòstra -patria, recla- 
maiio Vivamente la vittoria, la rii^0^ti<utìòne nel campo 
dei cfedetitì, e precìsairientè iti qUiélla {Jartc cHe V'agita 
per la nuova riforma. Questo il terreno, per Iftifc, 'certo 
'riservato alhi filòsdlia 'del RinnbvameWò. 

tè varie confessioni della religióne ■^ristian'a '^tìno 
liecèssariimthfé destinate a fdhdersi in Un'a comune e 
'piii fa'zidnàle esigenza d'ossequio rispetto SI 'mòde^nò'pto- 
gresso della mente umana, sotto pena dì sfumar'e 'è s'jia- 
rire tiif te 'insieme per d'ir luogo, cÒn 'Uii salto 'nel buio 
al pib schietto unianesiiho. E dico avvertìtafnénte cUti un 
salto nel buio, perchè finora la sroria hóti ci dà esempi 
'di po[koIi civili ilei semplice 'e più schiètto ' utiidnesimo. 
Inoltre Io stesso seiitithento religioso è 'iiatiiralè, 'è "iìitin- 
tivo ilei popolo, è provvidenziale, 'ed 11 ■Solére ' strapparlo 
è opera non meiio vana 'che insana. Nbh Tiìso^'a per- 
ciò dispreg?arìò, ma beile 'ed u'diforrtjemente 'ttidirizzarlo 
nell'interesse della stéssa^ociéifà, della patria e tìlèit'u- 
manità. Prendiamo eseiti^Ib dai tlostri maggiori, 'dai Ro- 
mini che at>punto -per 'la IbrO ^piénfa 'e tollét'ihzla in 
questo terreno, divennero pot tanto grattai é'^ot^tì. 



— 4^ — 

l^a, ^e io tódo -e tWriro assai cdmttwnàévdtè dicro- 
ismo dèlta ritirata di Cristoforo Bonàvitto, 4jella filosofia 
AHi^òii^to Frtfbctó, non 1' approvò nfè k) -itgìiìtb mai tillo 
scolto 4o^^è egli hn riparato. Tb siò per la ikortruifdne 
nfdlìa nuòVa Riforma che raccògjtrerà tutte !fe ^nfessioni 
d^llà religiótie dfistiafiii, titortiaiido per ^tónto possile 
atta primitiva dottrina evacifgelica;, che 46 ravviso più cbn- 
fa<:5ente ai tfeihpi moderni >ed allo stèsso idéjflc 3' an?vfer- 
salisnoR). -Per nife ^i ^égu^ci di Cripto 'llèvonò essfei'e pure 
in Cristo tutfti fratelli davvero; altrittfeiiti la ^bubna no 
velia é ifrtra itegli effetti prtttiicJi della ^tesjJa sua efnun- 
ciaz Iòne, 'fitto 'nella prima sua -tóse, con coi pfocTama 
gli 'Ul5mitìi tutti »ti1i 'fóro eguali, tutti 'tra loro fratèlli, tutti 
©gUrflmente fi'j^li xli ©fo; Qjafestò 41 Véro GaHttlici^tno 
•deir avvehire. 

L'ideale cristiano, con Cristo principe del socialismo, 
cfeve an<iora ràziònalmfenie ^evòlversi, eqtrtnfénte^éòmpletar- 
si/nora appunto 'Con una ricostru^iorte della «Gfttà dipòlo di 
Sant' Agostino, in 'cui sia f^tto pósto còmtftfe % tiitti indi- 
stintamente 'i 's^tfàd della dottrina WtttigeHca, 'Séh^a più 
distinzione di cUltb -dàttolicb, Igrecó^rtoiiosso, 'protestàiiie 
anglicano ecc. Per quailtò {Mia tó^ufdò, io 'àfferfno che 
r ideale di Cristo procede a tealizzarsi 'òfmiì fclhto più, 
quanto metto è creduto 'idaUeturtie non più ^incósdénti 
r Olimpo lii Cratb. 

•Ma^ui 'sarà betae che io spieghi à^trarilo'il^ifaio 
concetto. 

Per me il sbciallismo'moderHb, ^jnelsoéialistìio che ha 

la sua ba-se e ragibile nella stessa 'dòttfln^ crìstiató, per 

nie, dfxtb, è Ma religione dell' avtertire,^'è*iin*dlter!Ofe^espli- 

'Caiitttfe yé1!a'«é^a'tièllgitìtfe^<iH^iàifa. Ife'^afpKtfazidile che 



— 4^ - 

non porterà già, come pretendono gli oppositori, la teoria 
del socialismo fino alle estreme conseguenze, fino alle ul- 
time e più assurde applicazioni dei grandi principii umani- 
tari di libetà, uguaglianza e fratellanza. Il socialismo, che 
in sé racchiude e comprende la progressiva ed indefinita 
soluzione del gran problema sociale, percorrerà naturai* 
mente la sua via segnata da ciò che, nella teoria delle 
forze meccaniche divergenti, chiamasi media risultante. 

Una tale esplicazione del socialismo cristiano avrà il 
suo corso fatale fin dove non confinirà con V assurdo, fin 
dove troverà sempre suo alleato il senso comune od il 
comune buon senso, ed abbatterà necessariamente a poco 
a poco le dighe, schianterà le pastoje che V aristocrazia, 
il clero e la borghesia d' ogni Stato e Nazione mettono 
e metteranno innanzi per opporsi via via al suo fatale 
irrompere . 

Come la religione cristiana dei primi secoli demolì la 
civiltà pagana basata sul privilegio di casta, non. ostante 
le più sanguinose e continuate persecuzioni; non altrimenti 
la nuova religione del socialismo, non ostante le maggiori 
persecuzioni della parte privilegiata nel diritto illimitato 
di proprietà, troverà nell' ambito cristiano — in un ambito 
cristiano che ne riunirà tutte insieme le varie confessioni 
ancora una volta — troverà, dico, una ulteriore e più ra- 
zionale esplicazione sebbene non assoluta, giusta i principii 
appunto umanitari ed i'^.sieme cristiani di libertà, di ugua- 
glianza e di fratellanza universale. 

È ormai vana ogni resistenza della forza e della pre- 
potenza contro questa nuova religione delle turbe d* ogni 
nazione. Queste turbe novelle, mentre crescono più o meno 
profane ed indiflFer^nti ai postulati del sentimentalismo, del- 



— 43 — 

lo spiritualismo e dello stesso materialismo, si sentono in- 
vece irresisiibilmente attratte ai postulati del socialismo. 
Esse ormai mercé lo spirito di associazione e solidarietà 
che si diffonde rapidamente oltre i confini degli stati e del- 
le nazioni, s' incamminano di conserva alla propria reden- 
zione, neir ulteriore applicazione appunto del gran principio 
cristiano. Il socialismo è ormai respirato nell' aria, come 
era respirato nell' aria un tempo il cristianésimo, quando 
diventava vana ogni ulteriore persecuzione. 

A questo movimento ineluttabile dovrebbero bene av- 
vertire i supremi rettori degli stati e delle nazioni per eli- 
minare ogni dissidio interno ed esterno , e per appianare 
la via al fatale andare. Appigliandosi anch'essi di conser- 
va alla Pace ed all' Arbitrato Internazionale, dovrebbero 
saper prevenire ogni maniera di reazioni ed irruzioni in- 
terne che su questo terreno hanno la loro genesi sponta- 
nea nella inconsulta oppressione e nella vana ed intem- 
pestiva repressione. 

Ecco la religione dell' avvenire: cieco chi don la 
vede. Ecco la nuova fase dell' Evangelio cristiano, in osse- 
quio al quale è ormai troppo ovvio e giusto lo stendere la 
mano fraterna al proletariato che s' avanza reclamando alla 
sua volta equità e giustizia; come la borghesia del secolo 
passato insorse contro i privilegi dell' aristocrazia e del 
clero. Per carità, facciamo largo e stendiamo la mano ge- 
nerosa al proletariato cosciente che reclama il suo posto 
nel banchetto della vita sociale. Accettiamo volentieri il 
nuovo Evangelio della comune libertà, uguaglianza e fra- 
tellanza per la comune salvezza; facciamo omaggio al diritto 
comune all' esistenza, facciamo largo al quarto stato, e 
salviamo la civiltà prevenendo la selvaggia violenza della 



> 



i 



— 44 — 

rivoluzione sociale con graduali riforme, -per ispontanea 
evoluzione. Ecco il nuovo ideale cristiano. 

n. 

Il Cattolidsmo Vizioso attuale ha per gli Italiani il torto 
gmvbsimo, già consegnato nella storia troppe volte ed a 
caratteri indelebili, d'aver sempre osteggiato per lunghi se- 
coli, cioè fino dal reame longobardo, T unificazione e 
r indipendenza della patria -nostra. E ciò a semplice tutela 
del dominio temporale, puntellato per ultimo dalla infalli- 
bilità pontificia, senza smettere ancora ogni maniera d' osti- 
lità al presente stato di cose; in onta -alla vantata Provvi- 
denza che per ultimo ci volle uniti e liberi, malgrado il 
sedicente Cattolicismo stesso. 

Sebbene la retta applicazione della dottrina evangeli- 
ca, negli ordin^rmenti sociali dei popoli cristiani, sia pur 
troppo ancor di là dal venire , per sé stessa e bene inter- 
pretata la religiose cristiana è certamente la religione del- 
la civiltà e del progresso. 

Considerata ne' suoi effetti pratici, élla può dirsi san- 
tissima ed è veramente di sommo confono all' umanità sof- 
ferente, nei mali materiali e morali ineluttabili della vita 
preseilte. 

Cristo còl suo eroico sacrificio pose tra gli uomini la 

postuma sanzione e spezzò ed infranse per primo l' orrtbi- 

*le catena della schiavitù, sciogliendo un problema sociale 

coltro cui emsi -fiaccata tutta la sapienza antica, con a 

dapo lo stesso Aristotele. 

Ma agli Italiani che vedono piùlà della semplice • buc- 
cia e sentono e provano amor di patria, per necessità di 

iHMi può -a iftieno di destare, -massime a tempi 'nostri. 



un senso, di nausea; e di ripugnanaa il soddisfare catoU^ 
camente a' doveri religiosi accedendo nella Chiesa ai di- 
vini uffici. 

— E perchè mai ciò ? 

Perchè vi fungono sacerdoti che, in ossec^uio al ponte- 
fice non più re, più che della, stessa loro missione religio- 
sa, sono preoccupati della loro missione politica, e rim- 
piangendo il passato della terra der morti, maledicono più 
o meno ecclesiasticamente alla patria unità. -^ Perchè I- 
talia, Nazione, Patria, libertà ed unità politica da una 
parte, e Cattolicismo e Religione dall' altra, si escludono 
per dir poco necessariamente. 

Cosi stando le cose, se mai mi fòsse permesso di dir 
franco il mio pensiero, per me io credo che^arebbe tem- 
po di troncare il dissidio in Italia tra Chiesa e Stato, e 
di tagliar corto orni ai da pame del Governo nazionale. 

Sarebbe ti^mpo che cessasse la conseguente demolizione 
religiosa e odorarle,, la cui responsabilità, per le mondane 
nair^ delle somme chiavi, è certo assai maggiore nella Chie- 
sa stessa^ a contronto dello Stata Sarebbe tempo in una 
parola che gli italiani iniziassero un movimento di ensr- 
gica $, decisiva- secessione dal Cattolicismo^ per essew. più 
credenti ^ più cristiani nei limiti e nelle misure de^i cti- 
stiani e della Germania e dell' Inghilterra e della Svizzera 
in parte, non che dell'Olanda e della Danimarca e della 
Svezia e della Norvegia e della stessa Russia in Europa, 
come ahrave in Oriente ed in America. 

Tale secessione può effettuarsi pel bene del popolo e 
della Nazione italiana, con quei secerdoti, che non man- 
cano, i quali coscienti del divino loro mandato, si spoglia- 
no francamente^ e sostenuti dal Governo e dal popolo me- 



glio si spoglierebbero, d' ogni veste politica antinazionale, 
per occuparsi serena ed esclusivamente della sola loro 
missione religiosa. 

Cesserebbe cosi in Italia la perenne incompatibilità tra 
Cattolicismo e Patriottismo; ed inoltre questo sarebbe il 
primo passo alla necessaria fusione di tutti i popoli cristia- 
ni, in una sola e comune dottrina dogmatica, di cui noi 
avremmo il merito dell' iniziativa. 

Ed in vero , non è egli assurdo che i cristiani catto- 
lici insegnino e pretendano che Cristo morendo, solamente 
per loro abbia meritato il premio della vita celeste, il pre- 
mio del Paradiso, luogo di quasi uguaglianza ? Non è egli 
assurdo che altrettanto si ascrivano e sostengano per loro 
conto i cristiani protestanti^ con pari accanimento; non che 
alla loro volta gli stessi cristiani d' oriente greco-ortodossi, 
con tutte le divisioni e suddivisioni di questi e di quelli? 

Non è ben più logico, civile ed umanitario V aflfer- 
mare invece che Cristo meritò^ come volle meritare, il pre- 
mio d' una vita tutura ben più felice della vita presente a 
tutti indistintamente i suoi seguaci che da Lui prendono 
nome, a tutti indistintamente i buoni Cristiani ? 

Questa nuova affermazione cristiana è per me tanto 
evidente e necessaria che io non dubito che, come i po- 
poli cristiani un giorno non lontano s'accorderanno in- 
sieme direttamente e fraternamente a comune soddisfa- 
zione de' comuni bisogni economici e politici; s' accorde- 
ranno altresì direttamente e con razionale unitormità per 
soddisfare fraternamente a lor biso^^fni relimoii e cristiani. 
E ciò senza ulteriori esclusivismi, fonti d' odii e dissidii 
politici bene spesso, senza ulteriori reciproci anatemi che 
fanno a' pugni con la progredita civiltà e col buon senso 
de' tempi nostri. 



— 47 — 

La dotrina cristiana in fatti, e precisamente la cat- 
tolica viene pur troppo male inférpfetata dal clero che ne 
fa una palestra politici in odio segnatamente all' ideale 
d'autonomia ed unità degli Italiani. Ed è parimente avver- 
sata dal moderno socialismo — non ostante la teoria sociali- 
sta collimi eminentemente con la dottrina cristiana stessa e 
quasi ne promani — perchè il clero torcendone il senso ed 
interpretandola a rovescio, ne fa strumento quasi di polizia 
a tutela della proprietà illipiitata e del capitale proprio 
ed altrui, contro il precetto cristiano: Quod superest, date 
pauperibus. Ma per sé la religione cristiana è immune af- 
fatto da queste macchie, onde il clero la rende abborrita. 
Tutto questo è cosi chiaro che splende di luce meridiana, 
e prova una volte di più il bisogno d'una comune Rifor- 
ma tra i popoli civili, la quale purghi e scevri la Religione 
Cristiana da queste mende, estranee al patrimonio della fe- 
de, come da ogni ulteriore feticismo nel culto. 

III. 

Ma qui forse da taluni mi si opporrà: Meglio stare o 
passare nel campo de' non credenti; meglio attenersi al- 
l' umanesimo: basta cristianesimo; basta religione. 

Però, dico io, bisogna pure rilevare e misurare per 
tempo le serie e gravi conseguenze che fatalmente ci si 
affaccerebbero per tal via. 

Ed in fatti, levata al popolo la vita dell' anima senza 
premio e senza pena in una vita fatara, ogni promessa 
d'alleviamento de' suoi travagli e delle sue miserie è de- 
risoria e vana. Una volta indotto a rinunciare alla felicità 
futura per la felicità presente, il popolo giustamente la 
pretenderà di presente. Se la felicità umana consiste tutta 



ì 



e sola nei beial dì fortuna, nei godimonU 4eli 3^,9^ il po- 
polo senz* altro vorr^, ed a ragione, qq^^tj be^ni; ^ vajrrà 
per sé 1q ricchezze ch^. appiiuto ^ono fon^ e n^^zso. e con- 
dizione di tali beni. 

Il popolo ha pure diritto inplpr^ dj, l^VjOraire. q^^lchQ 
ora di meno, di guadagnare qualchj^ lira d^ piìi> di ni>in- 
giare, di abitare c^ di vestire un po' meno n^jsQramepte; e 
su 'questo noi tutti d'accordo, m^ basterà questo a f.irIo 
ricco e felice ? E come potr4 lin^it^rQ le ^w aspi.ra;sÌQQÌ, se 
non gli resta altra speranza che la felicità della ricchezza, 
né altra legge che la soddisfazione dei suoi desideri, né 
altro fine che 1' ebbrezza dei piaceri ? 

Non. mi par necessario addurre altre considerazioni 
e ragionamenti per dimostrare, o benigni uditori, come 
in questo campo , tra le diverse condizioni sociali , npn vi 
pos^a essere 2\ltrsi equazione possibile, che una liquidazio- 
ne universale della civiltà non solo, ma anche della so- 
cietà stessa. Del resto il popolo stesso queste cose vede, 
misura, intuisce e saggiamente scongiura, se i rettori non 
sono da menp. 

Per contrario, T istintivo sentimento religioso nel po- 
polo, se bene indirizzato^ é il più saldo fondamento d'p|;pi or- 
dine sociale, la più alta espressione del i^pado un^anp, la 
consacrazione della dignità individuale , la fonte delle virtù 
private o pubbliche, V ispiratore de* più granai specifici e 
degli stessi eroismi, si particolari che collettivi. 

Ecco perché nel nostro dissidio tra Chiesa e S,ta»to, 
io penso che commette un vero sacrilegio chi da una fV* 
te, per sostenere il dominio temporale, lo f^ elemento 
essenziale della religione ,perturbando le cos^cienze; e com? 
mette grave imprudenza pure chi dall' altra parte , pier op- 
pugnare quel potere, attacca la religione. 



-49- 

f titìùóM lo Stato ha il diritto >4*ìftéì(Flné il dovere 
di tené'^' cónto del sétiiimétiiq fcti^ìósò , hiit è 
te defia nióratità é della rèttitààfòé é jptlvàtà ' e pìi^^^^ 
col diflFonderlq e coj pfoteggérlo"; tìè p\i8 dìsitìtét^sàarsi 
decita moralità pùbblica. 

Il sentiménto refi^osp, quando Ì forte, pv^fo e bène 
applicato, forma la poteìjizà è la grandezza delle nazióni. 

Ma ciò cbe pìii lo combatóé é lo stésso divorzio dei- 
la Chiesa e del saceMòzio cattolico dal sapere , dal movi- 
merito del progresso umano in tutte le parti dello scibile, 
ih una parola il divorzio cattolico dall' evoluzione del pen- 
siero moderno. Divorzio che, còme accennai, lamentava 
già il Griobéiti net Rinnovamento, e che in seguito fino a 
noi più s* accrebbe; noa potendo più oltre assoggettarsi 
gli studiosi ali* inteftettUalé evirazione. A ìquesto s* aggiun- 
ge r accennato a^anhai'^i degli ecclesiastici stéssi, pi& cne 
pet glMnteres^ spirìtriali, pei ìnàtèrìali vantàggi dégfi in- 
dividui e délìi Casta; non cÉle il lóf'o disconoscere "qùéflo 
che è pure nobilissimo sentimento deir animo umai^o^ l'a- 
tnof di patriiy pigliaùdo in tutto questo il mal esempio 
daH* alto ; 

La storia d^ ogni popolo e d* ogni tempo ci aiiUQa,e- 
stfà icfae la fede, l'a religione è un bisógno in^vid^aàle e 
sociale. Lo stesso Voltaire afferma, dietro il pròprio roTÌ- 
tìlo, che se Dio non fbsse, bisognerebbe inventariò. Ma 
è altre'sì uiì bisógno individuale e sodiate il progresso ci- 
vile, economico e scientifico, anzi un bisognò più imme- 
diato e sensibile • 

Ora, cótne ognun vedé^ è necessario che le soddis^a- 
ziohf d? questi due bisógni, del sentimento e delT^ ihtéllet- 
to, per lo meno Dòn si'esdudàiioV Sé la storia ci dice: 



Guaì alla Società civile che opprime e distrugge la pro- 
pria fede religiosa! essa ci dice pure: Guai a quella so- 
cietà religiosa che rinnega il progresso della civiltà ed in- 
sulta alle conquiste della scienza! 

Per tanto è per il benessere sociale che in Italia tra 
Chiesa e Stato vuoisi eliminare ogni dissidio, come ogni 
vincolo d'alleanza. Solo richiedonsi libertà, rispetto e tol- 
leranza reciproca per ciascuno dei due Istituti, giusta la 
formola cavouriana: Libera Chiesa^ in libero Stato. Ma 
se non è più possibile uscire dal diuturno dissidio, dal 
conflitto attuale e passare alla formola cavouriana; se chi 
regge le coscienze, non curando il conseguente sfacelo mo- 
rale, non cessa mai di rimpiangere e di imprecare per ri- 
vendicazioni che offendono il senso patrio degli Italiani; 
io penso che ormai lo Stato à diritto ed insieme dovere 
di provvedere ad un tale stato di cose, senza più oltre 
disinteressarsene; ha diritto e dovere di provvedere e ri- 
parare ormai alla presente demolizione morale e religiosa, 
mercè la secessione ricosiruttrice , di cui accennai. 

Per tutte le ragioni fin qui addotte, io non esito, co- 
me dissi, nella duplice schiera in cui si possono divide- 
re i moderni sistemi filosofici, di attenermi alla schiera 
dell' a^rmazione ^ alla schiera dei credenti; e precisamen- 
te a quella pa,rte di credenti che nella loro affermazione mira- 
no ad una nuova Riforma, ad una nuova ricostruzione che in- 
sieme abbracci tutti i seguaci della cristiana religione. Co- 
si se il mio concetto è in proposito assai ardito, il mio 
linguaggio non sarà per questo meno franco. Per me la 
parola orale o scritta non è fatta mai per mentire il pen- 
siero, né mi piacciono quelle circonlocuzioni e quegli eu- 
femismi che lo coprono o peggio lo travisano . 



— 5^ — 

IV. 

Ecco perchè altrove, ne* ftiieì Problemi Sociali^ men- 
tre parea venisse a cessare in Italia o per lo meno si mi- 
tigasse il conflitto tra Chiesa e Stato; mi sono augurato 
in Leone XIII. il ristoratore e riparatore dei danni gravis- 
simi recati all'ovile di Cristo, dai troppo superbi ed in- 
cauti suoi predecessori omonimi, Leone III. e Leone X.; 
onde il distacco da Roma della Chiesa d' oriente col pri* 
mo, e la Riforma Protestante nella Chiesa d'occidente 
col secondo. 

Ma più dotto che sapiente Leone XIII , che di quei 
fatali Leoni riunisce addizionalmente gli ordinativi, pare 
ormai ne riunisca fatalmente anche gli esiziali difètti. 

Tuttavia V ideale di questa fusione , di questo univer- 
salismo cristiano , è un bisogno inlperioso dell' età moder- 
na , la quale più non tollera privilegi , differenze , mono- 
polii ed esclusivismi di alcuna guisa. 

Laonde la realizzazione ne avverrà/ io non dubito, 
quando i presenti popoli cristiani, insieme meglio affratel- 
lati, fra non molto avranno imparato — sui dettami d'u- 
na giustizia arbitrale che esclude ogni prepotenza partico- 
lare od oligarchica — a comporsi tra loro e per sempli- 
ce loro conto le gravi questioni proprie ed iaternazioiuli 
non solo economiche, ma anche civili, politiche ed etno- 
grafiche , e quindi morali e religiose. E ciò senza intervento 
delle rispettive autorità politiche ed ecclesiastiche, e ma- 
gari loro malgrado. 

Finora la storia ci ha sempre rappresetitati i governi 
degli stati e delle nazioni sempre pronti a guerreggiitirsi 
materialmente e moralmente, mossi da particolari interest 
si di espansione, di conquista e di predominio esterno ^ o 



-- ja — 

da panicolari e dinastiche nlecessità di equilibrio e di ap 
CfnbafUmo int^riiO. Per t«l guisa y^c^mim qu^ sempre 
Mila storia y da inccigbi e da sa^tì^ dj private a$9Jl^zioiPii 
arbi^ariaoieQite gipc^arsi e n^?ie^^r$i a rey^fildagUo gli iai^- 
re^i generali j e I0 stes^jp %vvmm dei popoli e delle na- 
zioliL 

Ma ormai esultUaio., oaaimiama ed allelajàflio pare» 
chfe l'umamt^. sta per uscire di questo brutto circolo vi- 
aiojSO di fiinoata tutela in cui i popoli fratelli sono ai^sati 
ed avventati a combattersi in :onsciamente gli uni contro 
gjyi alt^i, per ]!agk>m e mire particolari . La stioria ci ap.e 
ora una b^Ua 9 gloriosa pagina; incomincia quest' airao 
una nuota. tea di mtaa^una civiltà cristiana;, i popoli or- 
mal s'intendono ffa loro, e dt^ sé provvedono fraterna- 
noiite aUe loro Usc^nc. 

Così s'^Ttsicinà ormai il .gkncno del nnu) vo Eyas^elìo » 
in cui le Nazioni e gU Stati uditi d'Husopa, non pi& te- 
ntiti a balk, regéletanao armonica e direttamonte le cose 
loro, anch^ senza e contro, i mpetcrvì goverm, finché nan 
siénó meglio trab tonnati a base democratica « 

0ià nelle due Americhe il reggimento repubblicano, 
fi^mdo io^ion viso alla propaganda per la Pace e per V Ar- 
JHttxtD Imarnazionale — a cui ormai formalmente aderì- 
arcuo ^atà quégli Stati^ in numero di ben diciotto, unici 
tnttt iofiieme in> una potentissima lega — h^ ora saggia- 
mente resi inuttli tutti i dispendi per la guerra e per gli 
eserciti. É ciò sebbene non tutti quegli Stati vadano sem- 
pre immuni da qualche interno turbamento* Gii in Eu* 
nq)» pure, la propaganda per la Pace e per V Arbitrato ha 
pitt»Uàzato in pochi anni. la politica armigera ed aggressi- 
va degU Stati pia potenti. Già nella stessa opinione pub- 



— 5J — 

blica europea si fai strada ognor fìh V ideale ddl* Aclmra- 
to, e gli stessi eserciti permanenti vengono nniversaimen* 
te considerati quali inndli sanguisughe e vampir delle 
stremate nazioni . in onta al reg^pmento monarchico ed «• 
rìstocratico. E mentre il nuovo continente di leziose al 
vecchio y noi vediamo ora i governi eorcpei — sempre in- 
tenti con inauditi sforzi ad accumular armi ed armati per 
meglio aggredirsi o difendersi -^ costretti meritamente da 
imperioso quanto sovrano volere dei popoli^ a scambiarsi 
cortesemente le destre. 

La gran pagina della nuova storia, la nuova èraglo» 
rìosa è stata inaugurata nei due continenti il primo Ma^o 
1890. Tutti i popoli civili del mondo cristiano, nella no» 
merosa classe che li rappresenta, cioè negli operai del la- 
vero sudato, s'accordano insieme per festeggiare il loro 
lavoro in un giorno convenuto, il i. Maggio. Questo gror- 
no tutti concorrono per discutere e per regolare insième 
ed internazionalmente a tempo e luogo la rispc:tl/a qui- 
stione economica, la questione del lavoro, quale primo 
avviamento alla graduale soluzione della complessa que- 
stione sociale* 

Per me è questo un fatto grandissimo, è questo il 
gran prodromo, T inizio della nuova èra, in cui i popoli 
rappresentati più direttamente nelle classi operaie « gra- 
datamente tra loro stabiliranno non solo gli interessi im» 
terìali ed economici, ma eziandio gli interessi civili, poli* 
tici, emc^rafici, religiosi e morali, come ripeio; taglian- 
do fuori e riducendo all' impotenza i Governi ,coi formida* 
bili loro eserciti, ormai non più formidabili, ma inutili. 

Ed ecco come i popoli affiratellati fonderanno pure in 
una sola e più razionale confessione cristiana i aspettivi 



— 54 — 

bisogni religiosi è morali, come sopra accennai. E ciò in 
onta alle attuali diverse confessioni in lotta ed anatema 
tra loro, vantando ciascuna per sé il monopolio del vero e 
sacro patrimonio della dottrina di Cristo, a mezzo di in- 
consulti corifei affatto esclusivisti. 

V. 

Quind' innanzi i popoli civili meglio educati al giusto 
concetto ed all' uso moderato della libertà — il sommo 
tra i beni morali individuali e colletti vi, la massima con- 
quista della civiltà moderna — imporranno agli stessi go- 
vernanti i propri voleri, a semplice soddisfazione dei propri 
bisogni. E questo essi faranno per mezzo di imponenti quan- 
to misurate dimostrazioni pubbliche, con solenni e popo- 
lari imperativi categorici, senza uscire dai limiti legalitari 
con atto alcuno di vandalismo o di sedizione, senza torce- 
re altrui un capello. Né paia questa un'utopia . 

Noi vedemmo testé a Londra, e precisamente la festa 
del lavoro , il i. del passato Maggio, uno spettacolo nuo- 
vo e quasi incredibile del più equilibrato uso della libertà, 
in mezzo ad un immenso popolo di parecchie centinaia di 
migliaia di dimostranti. Si é calcolato che tutti quegli o- 
perat, con interminabili processioni di migliaia e migliaia 
di associazioni, precedute da bandiere e stendardi d'ogni 
maniera e gradazione, oltrepassassero il mezzo milione; né 
la cifra può sorprendere per chi sappia che Londra conta 
circa quattro milioni d'abitanti. Tutte le principali e più 
contigue piazze ne rimasero letteralmente stipate, mentre 
centinaia di oratori saliti sopra improvvisate tribune, arrin- 
gavano ad un tempo in diversi luoghi e da' punti princi- 
pali quell'interminabile folla. 



J 



— 55 — 

Ebbene, in mezzo a tanta moltitndine di dimostranti, 
tra quali certo chi sa mai quanti allora affamati e digiuni, 
niente di sedizioso, ordine perfetto; contenti e paghi qoe» 
gli operai che il Governo prendesse atto delle loro doman* 
de a soddis&zione dei loro bisogni, votando i loro deside* 
rati con immensi urri, e &cendoU alle competenti aatoriti 
da apposite commissioni presentare. 

Questo solenne esempio di franca concessione di po- 
polari libertà da una parte, e di moderato uso delle stesse 
dall' altra, quanto non dà di che pensare ed arrossire agli 
altri popoli del continente europeo; ed a noi Italiani in par- 
ticolare! Quanta distanza di contegno nelle popolari adu- 
nanze per noi, troppo nuovi ed inesperti del modico e ret- 
to uso della libertà, ma quanta restrizione ancora in alto, 
neiraccórdaré e nell* interpretare le stesse libertà statutarie. 

Ci pensino a tempo^ ci pensino i paladini delle isti- 
tuzioni in Italia al timone dello Stato; che anche il nostro 
popolo , come V inglese, ha bisogno di educarsi al sacer^ 
dozio della libertà. 

Pensino che è sempre fresco d'attualità il celebre afo- 
risma di Ovidio, in proposito: Nitimur in vetitum semper^ 
cupimusque negata. 

Pensino che accanto alla soppressione ed all'oppressio- 
ne germoglia appunto rigogliosa e fiera la reazione, quanto 
spontanea e naturale. Certe situazioni vogliono essere fran- 
camente affrontate, quando non torni punto corretto il sop* 
primerle o lo spostarle. 

Coii il popolo Stesso viene poi educato all'onesto uso 
della libertà; che se ne sarà tenuto lontano, non . sopra 
tanto apprezzarla da valersene rettamente e contenersi al- 
l' occorrenza. 



j I 



Si dÌ3&e e si va ogni giorno diceQ4o q proclatnando 
-r^ sfc^it dz cbi mira al potere ^ vi s'aggrappa o tende 
a riaggrapparvi^i -n- ch^ la monarchia k il nostro unica 
t^Us^na^p,, la sola tavola ^i salv^^^a per la conservazione 
delia nostra upità, come lo f^ già per il conseguimento 
d^lla nostra um^azione. 

E sia purè: io qui uol contesterò; m^. non posso a 
tf^nf^ ii const^;i,re che $i f^ prmaii in omaggio alla forma, 
troppo fipre9P d^Ua stessa sostanza. 

E4 ìa v^rci^ se ci. è proprio necessaria la iorma per la 
nostrfi cpesipx^e,, perchè tanta profusione d' armi e di arma- 
t;i e di pi^licp deiv^ro per su0òlcQrla? Non sarebbe .g4i 
questp in vece un vero compronpt^tterla e minarla? 

In fatti.» un biMncio di me:^zo miliardo annuo circa 
per U Qu^rra e per la Marina, un ben quattordici milioni 
an^ui per la Usta civili^, la n^aggiore in Europa se non 
,^rrp, e tuqre le amqynistr^ipai e le liberta stesse statuta^ 
rie subprdin^te a qi^es^o ^cces$prio di forma; via, non pc^ 
corre dissimularlo, tutto questo è un lussp da una pa^fte. e 
\;i,i;i, sa^ri^cìo 4^11* Altra, che diventano ognor più iiisop- 
ports^bili a,Ì popolo italiano; ^ giova in buona fede pro^ 
clamarlo altamente, perchè sia meglio avvertito T abisso e 
P^r tempo provveduto. 

Che se si continua alla forma immolare siffattamente 
Ut sostanza^ v^gg^^no i nocchieri che un qualche giorno 
un' irjrompente volontà 4i popolo ridesto non trovi più lo- 
gico di sacrificare la forma stessa alla sostanza» anche sup 
.tn^lgca^P ^4 a malincuore. 1\ Brasile \ì informi; che di- 
versamente, fatto il loro tempo» anche gli dei conviene se 
ne vadaAPi daj mercato degji interpreti e sacerdoti ini^nzi 
al popolo una volta compromessi. 



- 57 — 

Kè giova Taddurte T esempio diegH zhriSV^tiifmt^ùtxh 
nestare la mala via; noi dok V'amo seaz'altfo.i^qu»Ubrttre' i 
bilanci pubblici coi mezzi e coi bisogni de ll}|l!ili^on^;40b<»^ 
biaipo ;proc€dere per la nostra via a ^me: aitta. e.siorena, 
sena?, timorie e seifi za. minacce. Ur . voj^a «niti^taMo ci 
basta; ad ógni evento, eoo la coscienza dclrnostro bùon/dt-* 
ritto ed itisieme della nostra forza, potremo s^mpre^isridatce 
col ruggito del nostro terribile Veode, a.popola •Guai, a chi 
ci tocca. Ni sarà mai invano. Viviamo adrniquc.ttaaqiiittì 
e fidiènti: non preoccopiamoci tmppo e ocnsa rogiocie dtk^ 
l'avvenire. Ad ogni modo la nostra^telta, sorta cagli a u^ 
spicii dell' Europa e dietro l' incalzare de' nuovi tethjri, boa 
paò essere ecclissata che da noi stessi^ ^eappobto purtrop- 
po zelo in armi non saremo a^ >jstanza saVii. e ignardìa^ 
ghi in vece inribus nnitis. 

VI. 

Ed anche qui, dove ci vengono ,n\e^o i tpezzi 6nffir 
ziari, è proprio il casp di prendere e^snp^pio <lalj[' op,u^nu 
Albione. 

Gli Inglesi} gente praiit.i e {lositiva. per eccejl^p;;^^ 
s'attengono in generale alle loro istitu^oni^ pe;rdiè .puensà- 
no e sostengono che la prop;:ta moi^arcbia costituj^^)nale 
debba loro costare assai meno di qjualjanfime alfra formale 
qumdÀ prescindono dalla forma stessa, di |;overAO^ addolcen- 
do a confronto le maggiori bro liberai. P^flaitenf Ip^o in 
proposito, quando vi capiti, e U udrete cpq^lqde|;c per. ^plifi^ 
come dissi, riportandovene ip cifre prove ài (atp. ììons gi$ 
che io trovi tutto prp ip fatto di econq^iia politica e &0-; 
ciale tra gli Inglesi; che anzi, altrovp, propo^^naudo P idjc^ 
le dplla lip^mione^ dei beni immpbili fondiari;^ e^ \^ cofi*- 



-S8- 

trìbazioni dirette progressive in Italia » disapprovai come 
ancor disapprovo T ordinamento quasi feudale della pro< 
prìetàin Inghilterra. 

Tale ordinamento^ come è noto, vi produce 1' accumu- 
iazione 4elle più sterminate ricchezze in pochi fortunati 
mortali, a scapito ed a spese della più squallida e della 
più estesa miseria nelle grandi masse popolari diseredate. 

Ma qui osservo che noi troppo a torto soliamo pro- 
verbiare la grettezza nello spendere della regina d' Inghil- 
terra*, dacché venne più volte a soggiornare in Italia. Quan- 
to non sarebbe da imparare in vece anche di qui, per noi 
Italici 

La. vedova regina Vittoria ha una lista civile se non 
sono male informato, relativamente assai limitata, né può 
disporre senza controllo delle Camere che di sole 60 mila 
sterline, un milione e mezzo di franchi. Essendo madre 
di molti figli, qual meraviglia per noi^ se la regina d' In- 
ghilterra va misurata 'celle ^pese voluttuarie 1 Perchè a- 
Scriverle a viltà e bassezza, anzi che a merito, l' uso mo- 
dico del denaro pubblico che a' contribuenti costa sempre 
quando privazioni^ quando sudori di sangue e quando 
ancora amare lagrime 1 

Su questo terreno taccio punto, che ogni ulterióre 
commento è un hior d'opera. 

Ma ritornando a noi, se alla conservazione della no- 
stra unità ed indipendenza ci è necessa.ia davvero la 
presente monarchia, per carità di patria, se ne faccia me- 
no lusso; non la si lasci andare in uggia alla nazione 
che si sfibra, riscontrandola troppo costosa e spendereccia. 
Per altre piaggte per altri porti si giunge a riva. Vuoisi 
corar meglio P istruzione e Y educazione popolare negli 



— 59 — 

insegnanti finora troppo negletti e abbandonati alla lotta 
per r esistenza, in balia per giunta sovente all' imperante 
reazione clerico-comunale. Bisogna senz' altro finirla anche 
per questo lato e capovolgere, seura indugio, il nostro 
ordinamento interno, mettendo in prima linea a latti,, ciò 
che finora sciaguratamente a fatti è stato lasciato nell'ul- 
tima; quasi per non derogare dai precedenti reggimenti 
in Italia, i quali nell' ignoranza e nella superstizione dèi 
popolo, collocavano il loro primo mezzo e strumento di 
governo. 

Più che preoccuparci tanto negli armamenti, dovrem- 
mo arrossire del continuo analfabetismo nelle nostre 
nuove generazioni, perdurante ancora quasi quale nelle 
passate. Qui il nostro marcio, qui la nostra piaga, qui 
dove siamo scoperti ai nemici dentro e fuori; e qui urgo- 
no le vere provvidenze del Governo naziona.e, e qui 
vuol essere la vera cura radicale senza perder tempo, se 
il trono non è sgabello all' altare che maledice. 

Per me la nazione milit "mente più forte è quella che 
è più forte nella propria educazione e politica e morale; 
e dico espressamente educazione, non istruzione, che sola 
questa non basta. Informino la Gè .nania a tempi nostri, 
e la stessa nostra Roma in tempi pagani, senza citare 
p!ù a lungo la storia. 

Di circa un trentennio noi conseguimmo gii la no- 
stra redenzione politica, ma finora ci siamo aggirati in 
un circolo vizioso senza ancora incominciare a fatti la 
vera redenzione d* un popolo risorto, la nostra redtnziore 
morale. '*u 

L' Italia è fatta, or bisogna fare gli iriliani, diceva 
Massimo d'Azeglio nei primordi <* Ila nostra rivenàicazionc;^ 



•■li 



— 60- 

9Ì ora, possiamo dire che l'Italia è fatta già da una ge- 
QeJra^ioMi ma gli italiani restano pur troppo ancora da 
fafsij oel $an$o di quell'illustre campione della nuova 

Brov vediamo , m^eglio alla nostra educazione politica 
e morale -sotto l'egida della maggiore libertà, ed avremo 
iMgliip provveduto alla nostra integrità nazionale e resa 
meglio incolume la patria» pur mirando alla parte irre- 
djenta, s^nsa il Ipsso continuato e crescente d' prn:l e 
d' armati, che ci impoverisce e ci dissangua al punto da 
rttderfi all' occorrenza meno atti al compito marziale. 
Badiamo, per carità, che awirndoci vìp via per la seconda 
decina di miHard; di debiti, uu giorno i posteri non ci 
accusino d^ aver pazzamente scambiata V Italia per il ppe- 
se di Cuccagna. 

Se r avviamento europeo all' Arbitrato Internazionale 
non ancora ci affida, noi dobbiamo decisivamente compor- 
ci a Nazione Armata, come già sostenni altrove di pro- 
posito, spendendo assai meno nelle caserme ed assai più 
nei. tiri a segno nazinnaii, per renderli accessibili a tutti 
ed ins«^me interessanti e popolari: e ciò senza più oltre 
dì^dare delle libertà cittadine. L' Austria stessa ci dà am- 
maestramento, di simili tiri a segno già da molti anni 
nel nostro vicino Tirolo, sebbene ne renda irrito l' inten- 
to r universalismo stesso del secolo cadente, che aleggia 
da per tatto nei popoli. Tale universalismo traspare e si 
accentiu nello spirito d'unità politica e di nazionalità, 
che a prova di bomba regge a qualunque maniera e for« 
ma di contrario politico reggimento; ed ora viene meglio 
affermandosi nella stessa Trento, con un monumento di 
pura^ italianità a Da^ite Alighieri. 



E quando to spiriso di' lainotà |)o^ki» e di niaàlonaUtSi 
avrà preso forma e corpo d' uiùter^ilitft per simUeguirà^ 
come io m' augaro presto» in ogni a;Itro> Itmbo d^ Italia 
irredenta; la patria nostra, in un tempo piii niella loa-^ 
tano, sarà fatalmente quanto pacificamente integr^^ta^ in 
tutta la sua pienezza geografica^ ed etnografico» imptrcioc- 
che, giova ripeterlo, ciò che una nas^ione, ciò cheati pò* 
polo intero vuole, Dio stesso lo vuole sena*a.kro. 

Ed ecco come e perchè io vorrei conciliata td solu- 
zione del nostro scottante problema economico e militn <k 
ad un tempo, nel modo accennato. Meno, quartieri occupati 
e più armi a sostenere ed a tutelare al bìsoìgiia le pp{Jò- 
lari e nazionali libertà, d ntro e fu^ri; ed intanto si lasci- 
no più numerose e più valide braccia» ed inskmie : più 
forti e più pronte intelligenze alla troppo d^^cente nostra 
agricoltura^ e ad ogni altro ramo d' indiistria e commerciò; 
ondo il benessere economico e puliblico e privato. Da Un 
tale stato di cose soltanto lo Stato, potrà avere maggiori 
entrate e minori uscite, in ragione afetto inversa ali* aititta- 
le rovinosa nostra situazione economica, in cai ìé uscite 
non solo eccedono le entrate , ma eziandio le assottigita- 
no e riducono, in grazia del danno emergiente e dd Indro 
cessante, prima nelle famiglie e poi nello stesso St^to, per 
necessaria conseguenza. 

Ed eccoci giunti alla fine della n.>stra peregrinatliofte, 
dopo il lungo e vorticoso viaggio accademica-poUti<?^ -at- 
traverso il mare sconfinato e profondò della medievale e 
moderna filosofia, la scienza che studia e scruta nei^ secoli 
tutta insieme l'umanità. 

Ecco attraversato il vasto campo della fiìos^a ^da 
Dante ai tempi nostri, e doppiamente dipinto ancora il no* 
Siro Sant'Antonio. ^ 



£ 



?.ll 



— 62 - 

,.; Ma avendo noi fin qui riguardato più da vicino alla 
ì'atria nostia, abbiamo ad un tempo sorpreso i^ program- 
ma di più sicuro e più splendido avvenire politico^ morale 
ed economico, sotto L blando quanto sciolto e franco im- 
peco della dea Lf&er^ai, la più nobile e geniale deirempireo. 

Ed ecco finalmente dim:straro come e con quale in* 
dirizzo — senza alcun pericolo di incorrere nella licenza 
o nella sedizione anche da noi, come nella suddetta 
Inghilterra, potrà via via accordarsi maggiore larghezza 
d* interpre :azione ad ogni maniera di libertà statutaria. 

La libertà sola costituisce il pregio più grande ed il 
il più gran bene dell' uomo individuo non solo, ma ezian- 
dio di qualunque popolo veramente civile e saggiamente 
ordinato nella più assoluta autonomia. 

Queste e consimili idee altrove esposte, non mie ma 
da me colte e sorprese nel tempo, s' impongono da sé, 
alla lor volta ed ognor più ineluttabili, come il fato che 
evolve e trascina l'umanità nella storia. Chi vi\rà vedrà, 
ed esulterà de' tempi migliori e più umani. 

Ma intanto è compito degli uomini di genio , che pre- 
siedono, se mai, ai destini degli Stati e delle Nazicni, 
d' accompagnarsi di concerto e per tempo a madama Evo- 
lu:(tone ancor gentile, nel suo cammino anche nuovo ed 
impervio; prima che negletta e delusa ella degeneri più 
tardi in Megera sdegnosa, e ù rifaccia del tempo perduto 
indossando il vessillo dell' irrompente Rivolu:(ione. 

Finisco citando per ultimo un pensiero, che più m'ha 
colpito in Dante fin dalle panche della scuola, e dico che 
ben può gridare all' occorrenza col nostro poeta ogni no- 
mo, come ogni popolo: 

I ib ttà vo cc'nn^. che i sì c^r.j 
Comi sa chi. ^ùt là viui rifiuta 



Frezzo Cent. SS 



(A heneficio del Patrotialo di Soccorso, in vesti 
•: calzati' •>'., per yli scolari poveri delle Scuole Ele- 
mentari dri Gomi'--e di Ravenna.) 



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Mm I.'^i'">'; 



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lllllililii 



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