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Wednesday, August 13, 2025

GRICE E VACCARINO

  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   Giuseppe Giordano  GIUSEPPE VACCARINO:  UNO STORICO DELLA FILOSOFIA ANOMALO  ABSTRACT. Giuseppe Vaccarino è stato un pensatore originale, collocabile all’interno della  “Scuola Operativa Italiana”. Il lavoro prende in esame alcuni giudizi di Vaccarino sui filosofi  del passato – principalmente Idealisti e Neoidealisti – che permettono, proprio attraverso il  confronto storiografico, di chiarire meglio le posizioni filosofiche del pensatore siciliano.  ABSTRACT. Giuseppe Vaccarino was an original philosopher of the “Scuola Operativa  Italiana”. The essay analyses how Vaccarino judged other philosophers – e.g. German  and  Italian Idealists. Through an historiographical comparison, these judgements explain and  clarify the positions of the Sicilian philosopher.  Giuseppe Vaccarino è stato un punto di riferimento della Scuola Operativa  Italiana, un filosofo a pieno titolo, con un pensiero ricco di spunti originali1. Ma  nella sua attività è capitato si facesse pure “storico della filosofia”, anche se  certamente in maniera un po’ anomala. Infatti, tutto si può dire di Vaccarino, ma  non che sia uno storico della filosofia. Eppure, neanche questo è vero.  Due premesse: 1. la storia della filosofia è storia particolare, storia non di  “fatti”, ma di idee; essa non può essere proposta senza la guida di un “problema  filosofico”; 2. tutti i pensatori originali hanno sentito la necessità di porre il  1Già questo giustificherebbe l’interesse storiografico per il suo pensiero; ma il 2016 è stato  l’anno della scomparsa di Vaccarino, e ha segnato anche il quarantaquattresimo anno  dell’istituzione dell’insegnamento di Filosofia della scienza presso la Facoltà di Lettere e  Filosofia (ora Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne) dell’Università di Messina;  insegnamento voluto dal filosofo crociano Raffaello Franchini proprio per Giuseppe  Vaccarino, che lo avrebbe tenuto poi fino al pensionamento.   40  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   proprio pensiero al banco di prova del passato per segnare la propria  innovazione teoretica e illuminarla nel confronto con i precedenti, in una  versione storiografica dello spinoziano omnis determinatio est negatio.  Vaccarino non si sottrae a tutto ciò; anzi, la sua originalità filosofica, il suo  sforzo di pensiero, emerge ancor più quando si confronta con i filosofi del  passato, quando si fa, in certa misura, storico della filosofia. Ovviamente, le  pagine di Vaccarino in cui il pensatore si confronta con la storia della filosofia  occidentale non costituiscono, a rigore, vera storiografia filosofica, sono delle  carrellate, dei giudizi concisi e argomentati, rapidi ancorché puntuali. Piuttosto –  si parva licet componere magnis –, come Husserl nelle pagine della Crisi delle  scienze europee, Vaccarino storico della filosofia guarda il passato alla luce  esclusiva del suo problema e della sua soluzione.   Vaccarino ritiene la filosofia tradizionale giunta a un punto di non ritorno,  incapace di dare risposte valide di carattere universale; e questo perché è  convinto che il compito della filosofia sia, come la scienza tradizionale, di  fornire soluzioni universali e definitive agli interrogativi che l’uomo pone.  Il cuore del problema è la questione della conoscenza, che va trattata e  affrontata alla radice. La scelta di Vaccarino – che segue in ciò l’orientamento  41  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   della Scuola Operativa Italiana – è quella di un nuovo approccio: «Sono  convinto che per uscire dalle difficoltà bisogna sostituire un punto di vista  operazionistico-costruttivistico a quello che presuppone la ricezione da parte  dell’uomo di entità che sarebbero già per conto loro presenti in un mondo  precostituito»2.  L’operazionismo italiano non ha nulla a che vedere con quello del fisico  Percy W. Bridgman3, per il quale il concetto va “semplicemente” tradotto in  operazioni di misura4, in quanto questo operazionismo non ha interessi per una  semantica fondamentale, per la ricerca cioè della costituzione, dai fondamenti,  della conoscenza. L’approccio operativo di Vaccarino è invece proprio una  semantica che deve occuparsi dell’analisi delle operazioni mentali costitutive dei  significati: «La semantica, nel senso da me inteso, è la scienza che analizza le  operazioni costitutive dei significati ed in particolare quelle mentali. Essa perciò  ha il compito di occuparsi delle singole parole e delle loro correlazioni, ma deve  2G. VACCARINO, La nascita della filosofia, Società Stampa Sportiva, Roma 1996, p. 5.   3Cfr. P. W. BRIDGMAN, La logica della fisica moderna [1927], introduzione e trad. di V.  Somenzi [1965], Boringhieri, Torino 1984.   4Riandando alle vicende del primo incontro con l’operazionismo di Bridgman e come Silvio  Ceccato subito sgombrasse il campo dall’equivoco di una identità di vedute, Vaccarino  ricorda come «l’impegno operazionista, nel senso della Scuola Italiana, impone, giusto  all’opposto [delle tesi di Bridgman o di quelle del Wittgenstein delle Ricerche Filosofiche] la  ricerca delle operazioni costitutive di tutti i significati, distinguendo, tra l’altro, i mentali, dai  fisici e dagli psichici» (G. VACCARINO, Analisi dei significati, Armando, Roma 1981, p. 10).   42  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   anche intervenire in specifici campi, ad esempio quelli della logica, della  matematica, ecc., quando ci si occupa dei cosiddetti “fondamenti”. Infatti si  tratta in tutti i casi di significati da analizzare con un metodo che deve essere  univoco se effettivamente in grado di descrivere come si svolge l’attività  mentale»5.  Comincia già a intravedersi un distacco netto da tutta la precedente  tradizione filosofica, segnata dal non avere capito in che cosa deve consistere e  di che cosa si deve occupare la ricerca. I filosofi hanno sbagliato perché non  hanno colto lo scopo delle loro indagini: «Si tratta di analizzare cosa fa la nostra  mente […] quando costituiamo i significati corrispondenti ai significanti delle  espressioni linguistiche invece di identificarli con pretesi oggetti o concetti per  conto loro presenti nella realtà. In questo senso parlo di “errore dei filosofi”»6.  Quello che viene qui segnalato è quell’errore dei filosofi – a cui Vaccarino  dedicherà un volumetto sul quale ci soffermeremo più avanti7 – definito da  Silvio Ceccato il “raddoppio conoscitivo”8. «In sostanza» – dice Vaccarino – «si  5G. VACCARINO, Analisi dei significati, cit., p. 7.   6G. VACCARINO, La nascita della filosofia, cit., p. 5.   7Cfr. G. VACCARINO, L’errore dei filosofi, D’Anna, Messina-Firenze 1974.   8 Cfr. S. CECCATO, Un tecnico fra i filosofi, vol. I: Come filosofare; vol. II: Come non  filosofare, Marsilio, Padova 1964 e 1966. Sull’errore del “raddoppio conoscitivo” e sul suo  43  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   pensa che quando si vede, ad esempio, un foglio posto davanti, i fogli siano due,  l’originale nella “realtà” fisica e una copia nella mente. Avremmo una diretta  cognizione della copia che è dentro di noi e da essa verremmo a “conoscere”  come è fatto l’originale»9.  La filosofia tradizionale si è sempre posta nella prospettiva di un conoscere  che fosse, con declinazioni diverse, una adæquatio rei et intellectus.  L’operazionismo, invece, costituisce un punto di vista che si pone «in netta  opposizione con quello di gran parte della filosofia tradizionale, che già a partire  dal mondo greco ha assunto alcuni o tutti i significati come manifestazione di  una “realtà”, di cui l’uomo sarebbe passivo spettatore»10.  I nomi non appartengono naturaliter alle cose; «bisogna partire dall’analisi  dei significati per rendersi conto di come sono costituiti e quindi passare da essi  alle parole»11. Il filosofo semanticista, allora, «deve trovare come costruiamo i  significato oggi, alla luce, ad esempio, di teorie come quelle sui neuroni-specchio, si veda S.  LEONARDI, Il raddoppio conoscitivo, in www.mind-consciousness-language.com (2009).   9G. VACCARINO, Analisi dei significati, cit., p. 22.   10 G. VACCARINO, La nascita della filosofia, cit., p. 8.   11 G. VACCARINO, Analisi dei significati, cit., p. 16.   44  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   significati operando mentalmente e non già considerare come essi possano  provenire da pretese relazioni che li precedano»12.  L’analisi dei significati si pone a un livello basilare, di costituzione “pura”,  universale, che solo poi avrà concretizzazione in parole; siamo quindi a un  livello unitario al di sopra delle singole lingue. È per questa via che, secondo  Vaccarino, si può fare una “scienza della filosofia”13, universale e non  condizionata in maniera contingente. Si tratta, ovviamente, di un “sogno della  ragione”, di una forma sofisticata di riduzionismo (fatto che deve essere tenuto  presente, leggendo poi certi giudizi sui filosofi del passato). È infatti  convinzione di Vaccarino che, «passando da una lingua all’altra si riscontra che:  a) la maggior parte delle parole hanno un corrispettivo univoco […]; b) in  generale i termini linguistici hanno un significato corrispondente passando da  una lingua all’altra […]; c) di conseguenza risulta inaccettabile l’ipotesi di  Sapir-Whorf secondo la quale ogni lingua sarebbe caratterizzata da una  metafisica interiore già al livello del significato delle singole parole e perciò  comporterebbe una visione del mondo peculiare»14.  12 Ivi, p. 15.   13 Egli osserva infatti che, per rendere efficace e concreta la filosofia, «quel che occorre non è  una “filosofia della scienza”, ma una “scienza della filosofia”» (ivi, p. 21).   45  14 Ivi, p. 18.   «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   L’approccio operativista di Vaccarino – che ha avuto riconoscimenti anche  presso studiosi non italiani15 – si colloca quindi in un orizzonte di senso  antistoricista16 e, soprattutto, radicalmente riduzionista. Se è vero, infatti, che il  filosofo di Pace del Mela vuole «fornire un’alternativa costruttivista al  tradizionale realismo, sia esso fisicalista che ontologico»17, è anche vero che egli  vuole “costruire” uno schema universale e definitivo delle modalità costitutive  della semantica del conoscere18.  In un libro degli anni Novanta del secolo scorso, La nascita della filosofia,  Vaccarino fa una dichiarazione importante ai fini del suo rivolgersi alla storia  della filosofia. Scrive: «Avverto di non essere uno storico e che mi occupo  15 Cfr., ad esempio, H. VON FOERSTER–E. VON GLASERSFELD, Come ci si inventa. Storie,  buone ragioni ed entusiasmi di due responsabili dell’eresia costruttivista [1999], trad. di T.  Lelgemann, Odradek, Roma 2001, in particolare p. 36.   16 Vaccarino arriva a scrivere: «Non considero infatti il passato madre e nutrice del presente,  ma ad esso mi rivolgo solo in quanto mi porta a contatto con autori le cui vedute hanno ancora  interesse. Altrimenti non ci sarebbe alcun motivo per riesumare il loro pensiero» (G.  VACCARINO, La nascita della filosofia, cit., p. 6).   17 Ibidem.   18 Per un’idea più chiara delle tesi di Vaccarino, oltre ai testi citati, rinvio a: La mente vista in  operazioni, D’Anna, Messina-Firenze 1974; La chimica della mente, Carbone, Messina 1977;  Scienza e semantica costruttivista, Clup, Milano 1988; Prolegomeni, voll. I e II, Società  Stampa Sportiva, Roma 1998 e 2000; Scienza e semantica, Melquiades, Milano 2006. Per  l’elenco completo delle opere di Vaccarino rimando al Supplemento n. 2 a “Illuminazioni” n.  14 (ottobre-dicembre 2010), pp. 153-156, consultabile al sito http: //compu.unime.it.   46  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   dell’ermeneutica degli antichi testi solo alla luce di quanto da essi può essere  ricavato alla luce della mia semantica»19.  La prospettiva che si dischiude è allora quella di una lettura della filosofia  passata sulla base esclusiva della constatazione della sua erroneità rispetto alle  proposte costruttiviste e operazioniste del nostro.  Ritorniamo così all’errore dei filosofi, a cui Vaccarino ha dedicato, come si  diceva, un breve ma denso lavoro. È a questo libro che adesso mi affiderò,  cercando di seguirne l’argomentazione e analizzarne alcuni passaggi relativi alla  filosofia moderna e contemporanea, segnatamente all’Idealismo tedesco e al  Neoidealismo italiano.  Il punto di partenza è la denuncia, appunto, di un generale “errore  filosofico”, cioè «la credenza che in una metaforica “realtà” si trovi presente  quanto proviene dall’attività mentale costitutiva»20. La storia della filosofia  sarebbe segnata dal perpetuarsi di questo errore e dall’avvertire il disagio del  “raddoppio conoscitivo”, senza peraltro proporre il giusto rimedio: l’analisi della  semantica costitutiva. Scrive Vaccarino: «La filosofia, in quanto prende per  oggetto di studio l’attività mentale od un particolare pensiero, si trova  19 G. VACCARINO, La nascita della filosofia, cit., p. 5.   20 G. VACCARINO, L’errore dei filosofi, cit., p. 7.   47  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   costantemente nella necessità di dover giustificare od aggirare l’errore. Ne segue  che, se da una parte la mettiamo sotto accusa, dall’altra dobbiamo riconoscere  che è stata l’unica disciplina ad averne avuto sentore costituendo i precedenti  storici cui collegare l’analisi dell’attività mentale. Non suoni perciò irriverente  la domanda: “I filosofi commisero un errore?”. Senza le loro geniali ricerche,  oggi non saremmo in grado di proporre una scienza del pensiero»21.  La filosofia nasce, dunque, segnata dal fardello della contraddizione interna  del raddoppio conoscitivo; cioè quella contraddizione che «comporta che il  contenuto del “conoscere” anteceda il “conoscere” da cui proviene»22. E il  problema della conoscenza è uno dei primi a sorgere in ambito filosofico proprio  per le difficoltà avvertite a causa del raddoppio conoscitivo23. Sorgono le  questioni sul significato dei termini (si pensi a “verità” o “conoscere”), che  finiscono per essere adoperati metaforicamente anziché “operativamente”24; fino  21 Ibidem.   22 Ivi, p. 9.   23 Cfr. ibidem.   24 Osserva Vaccarino: «Ad esempio, si intese con “verità” l’adeguazione del percepito interno  a quello esterno, mentre correntemente questa parola significa solo che, ripetendo un certo  operare, i risultati ottenuti sono uguali ai precedenti. L’equivoco si ha già per il termine  “conoscere”. Nel linguaggio corrente esso indica semplicemente che si è in grado di fare una  cosa in quanto già fatta e ricordata, cioè che la stessa attività si rende ripetibile nel tempo. Si  dice in questo senso che si “conosce” il latino, si “conosce” Parigi, si “conosce” il signor  Rossi, ecc. Invece nell’uso filosofico il “conoscere” venne a designare il contraddittorio  48  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   ad arrivare, al culmine della filosofia moderna, ad esempio con Kant, a tentare,  per contrastare la contraddittorietà del “raddoppio”, «di sostituire alla “realtà”  data l’attività della mente o di un suo surrogato. […] Ci si limitò ad attaccare la  datità del fisico per sostituirla con qualcosa di mentale, che perciò veniva  necessariamente distorto, facendo intervenire metafore irriducibili»25.  Prima  di passare ai giudizi di Vaccarino sui filosofi Idealisti e Neoidealisti – caso esemplare che voglio riportare – è opportuno vedere le vesti assunte  dall’errore filosofico. Detto in altri termini, Vaccarino individua le fattispecie  dei fraintendimenti che la filosofia ha compiuto dell’attività mentale costitutiva  (dei significati), mostrando le erronee posizioni che ne derivano. Le tre forme  principali di filosofia frutto dell’“errore” sono il realismo, lo spiritualismo e  l’ontologismo26, i quali (a seconda che si riconducano alla sfera fisica, psichica o  mentale) generano e si presentano come: realismo, fisicalismo,  rapporto tra il percepito interno e l’esterno, tra il cognito e l’incognito. Si parla di  “adeguazione” ma il confronto tra un termine presente e uno assente è ineseguibile. I filosofi,  adoperando la parola “conoscere”, hanno preteso di approfondire il suo significato corrente,  invece l’hanno resa irriducibilmente metaforica» (ivi, pp. 10-11).   25 Ivi, p. 11.   26 Cfr. ivi, p. 22.   49  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   comportamentismo; spiritualismo, antropomorfismo, psicologismo-empirismo positivismo; ontologismo, idealismo, fenomenologia27.  Sulla base di questo schema, Vaccarino percorre tutta la storia della  filosofia28, segnalando, da una parte, il perdurare dell’errore, ma sottolineando,  dall’altra, i meriti di certi filosofi, come ad esempio Cartesio, che avrebbe capito  che il raddoppio conoscitivo «non può aversi per il pensiero, perché di esso  siamo “introspettivamente” consapevoli»29; o Berkeley, che arriverebbe quasi a  eliminare il raddoppio conoscitivo, ma non riesce a riconoscere l’attività  costitutiva del mentale (a prescindere da come lo chiami)30.  Vaccarino – per tornare o andare finalmente ai giudizi sull’Idealismo  tedesco e il Neoidealismo italiano – asserisce che l’idealismo, come riduzione  del fisico al mentale, ha le sue radici sì in Kant31, ma anche nel razionalismo e  27 Cfr. ivi, pp. 22-23.   28 Mostra una particolare attenzione, però, al pensiero antico, forse perché è attraverso  l’insegnamento della filosofia antica che è entrato, tardivamente, nei ranghi universitari, e alla  filosofia antica dedica, come già ricordato, il volume La nascita della filosofia. Per delle  notizie sulle vicende biografiche di Vaccarino rinvio a C. MENGA, Introduzione a G.  VACCARINO, Prolegomeni, vol. I, cit., e a F. ACCAME, Prefazione a G. VACCARINO, Scienza e  semantica, cit.   29 G. VACCARINO, L’errore dei filosofi, cit., p. 78.   30 Cfr. ivi, p. 85.   31 Cfr. ivi, p. 77.   50  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   nell’empirismo precedenti, ai suoi occhi vere e proprie forme di idealismo.  Rileva infatti che, se «in senso etimologico idealismo è ogni soluzione filosofica  che attribuisce la datità alle “idee”», allora idealismo è «quello che cerca nella  mente le “idee”, considerandole innate, cioè come datità, per così dire “interne”.  Si tratta della strada tentata da Cartesio, Leibniz ecc., che correttamente si  definisce razionalismo». Ma idealismo è anche «quello che cerca sì le “idee”  nella mente, ma ritiene che si formino in essa in seguito alle sensazioni. Si tratta  dell’empirismo psicologistico di Locke, Berkeley, Hume ecc.»32.  Kant ha avuto il grande merito di avere compreso che l’attività mentale può  essere analizzata in modo specifico33, ma «non si libera […] del pregiudizio  dell’empirismo che il contenuto della conoscenza ci venga dato esclusivamente  dai sensi»34. La “cosa in sé” è del resto, in questa prospettiva, pesante indicatore  della presenza di un, pleonastico, raddoppio conoscitivo.  È qui che si innestano i giudizi sugli Idealisti “classici”. La posizione di  Fichte, ad esempio, è quella di «un idealismo soggettivistico, che si differenzia  da quello di Berkeley in quanto, auspice Kant, attribuisce la priorità al mentale  32 Ivi, pp. 76-77.   33 Cfr. ivi, p. 96.   34 Ivi, p. 97.   51  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   invece che allo psichico»35. Vaccarino rileva che non importa che Fichte parli di  “io” anziché di “mentale”; il suo difetto sarebbe, piuttosto, di non mostrare  attenzione alle modalità operative dell’estrinsecarsi dell’ “io”36, cioè di non  prendere in considerazione l’attività costitutiva del mentale nel suo effettivo  operare.  Schelling e Hegel, poi, vengono accomunati dal fatto di ritenere che uno  Spirito sia artefice di tutto, in uno svolgimento dialettico articolato; ma proprio  l’attenzione a questo svolgersi farebbe trascurare loro le operazioni mentali  costitutive37.  Hegel, secondo Vaccarino, avverte la necessità di studiare l’attività  mentale, ma rimane invischiato nella metaforicità dello schema dialettico38. Si  rende conto dell’errore del raddoppio conoscitivo, rimasto nel pensiero di Kant,  che separa il soggetto dalle cose, interponendo il pensiero39. Infatti, con grande  acume Hegel rileva che «il carattere contraddittorio del raddoppio conoscitivo  rimane anche quando, come duplicato, si assume la cosa in sé, destinata a restare  35 Ivi, p. 113.   36 Cfr. ivi, p. 114.   37 Cfr. ivi, p. 119.   38 Cfr. ivi, p. 122.   39 Cfr. ibidem.   52  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   al di là dei contenuti del nostro conoscere»40. È la soluzione che, per Vaccarino,  non funziona; il ritenere, cioè, che il raddoppio conoscitivo si elimini con il  «trasferire nell’in sé uno “spirito” creatore, attribuendo ad esso la costituzione di  tutte le cose»41.  Hegel avrebbe di fatto operato una ontologizzazione di tutto il mentale42,  considerando lo spirito una “supermente cosmica” che costituisce tutto43. Agli  occhi di Vaccarino, l’avere Hegel “mentalizzato” la realtà costringe il filosofo a  farsi storicista; cioè secondo il Nostro, «mancando quale oggetto di ricerca il  pensiero come attività, ci si rivolge al pensato, che, in quanto si riscontra già  fatto prima, viene considerato storico»44. Quello che è sembrato a molti  interpreti il merito di Hegel – avere congiunto ragione e storia – è indice, per  Vaccarino, del fatto che Hegel consegnerebbe la filosofia all’inutilità: «Se Hegel  avesse ragione, la filosofia si ridurrebbe alla riesumazione di un errore, quello  del raddoppio conoscitivo, e perciò giustamente meriterebbe l’indifferenza, in  cui oggi spesso viene tenuta. Ma se ha torto, come siamo convinti, si può fare  40 Ibidem.   41 Ibidem.   42 Cfr. ivi, p. 123.   43 Cfr. ivi, p. 124.   44 Ivi, p. 127.   53  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   tesoro della consapevolezza di quest’errore, per introdurre finalmente lo studio  scientifico del pensiero. Non bisogna allora dimenticare che alla storia  appartiene l’irripetibile per i momenti temporali con cui è collegato; alla scienza  il ripetibile, che consente la riprova e l’univocità delle soluzioni»45.  È l’idea di filosofia che è diversa: per Hegel, essa è la comprensione per via  di ragione di ciò che lo spirito ha fatto, la filosofia «è il tempo di essa appreso in  pensieri»46; per Vaccarino deve farsi “scienza” (in senso classico) di  acquisizioni universali, statiche e ripetibili. Ecco allora contrapporsi gli  Operazionisti, che vogliono ottenere un vocabolario e una grammatica per  descrivere le operazioni costitutive della mente, e Hegel, che invece vuole una  enciclopedia che racchiuda tutti i contenuti secondo la logica dialettica47.  Secondo Vaccarino, Hegel ha un merito palese: quello di volere ricondurre  nel “mentale” categorizzazioni come “spazio”, “tempo”, ecc., che gli empiristi  attribuiscono, sulla scia della scienza galileiana, agli “osservati”48.  Naturalmente, nella prospettiva del filosofo operazionista, del “chimico della  45 Ibidem.   46 G. W. F. HEGEL, Lineamenti di filosofia del diritto [1821], a cura di G. Marini, Laterza,  Roma-Bari 1990, p. 15.   47 Cfr. G. VACCARINO, L’errore dei filosofi, cit., p. 128.   48 Cfr. ivi, pp. 132-133.   54  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   mente”, «che le sue analisi siano sbagliate è un fatto, ma che si tratti di categorie  mentali e non di risultati di ricerche naturalistiche, è un punto sul quale ha  perfettamente ragione»49.  Anche nei confronti degli Idealisti tedeschi Vaccarino procede  riconoscendo loro il merito di avere percepito la presenza dell’“errore dei  filosofi”, del raddoppio conoscitivo, ma accusandoli di avere sempre sbagliato la  soluzione proposta al problema. A conti fatti, agli Idealisti «manca la  concezione della mente come attività costitutiva»50.  Il tono non cambia quando Vaccarino affronta gli Idealisti italiani, Croce e  Gentile.   Benedetto Croce si rende conto dei limiti di una dialettica che fagocita  nella razionalità filosofica tutto il reale, «perciò» – dice Vaccarino –  «ridimensiona le pretese dell’idealismo tedesco, ma contemporaneamente lo  impoverisce»51.  Come è noto, Croce sostituisce alla visione cuspidale hegeliana quella del  circolo dei distinti; egli cioè contrappone all’unità logico-filosofica dello spirito  49 Ivi, p. 133.   50 Ivi, p. 136.   51 Ibidem.   55  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   hegeliano, la complessità articolata di uno spirito che è logica, estetica, morale e  utilità. Questa volta, allora, l’obiezione di Vaccarino rivela nettamente la sua  impostazione, in un certo senso, kantiana, nel ritenere cioè la mente unitaria e  definita rigidamente nelle sue strutture. Osserva infatti: «Come questa partizione  si possa conciliare con la personalità unitaria degli uomini non è chiaro»52.  In tale prospettiva diventa erroneo collocare la scienza e i suoi concetti  nella sfera pratica, frutto, secondo Vaccarino, del fatto che il mondo  naturalistico era rimasto fuori dall’attività spirituale, e tuttavia Croce «non vuole  neanche abbandonare completamente la tesi idealista dello “spirito”  onnicomprensivo»53. Così Croce finisce con l’essere, agli occhi di Vaccarino  (come di larga parte della cultura italiana) un antiscientista radicale54.  Torniamo, però, alla critica di Croce a Hegel. Quello che Vaccarino  sottolinea, dal suo punto di vista, è che nel passaggio dai momenti contraddittori  52 Ibidem.   53 Ibidem.   54 La questione del posto delle scienze nella filosofia crociana è ormai viziata da ondate di  luoghi comuni, che hanno scagliato e continuano a scagliare, per questo tema, “anatemi” sul  filosofo napoletano. Vaccarino, con argomenti propri, si colloca sul versante dei critici di  Croce. Per un quadro storiograficamente fondato e una ricostruzione intellettualmente onesta  del posto delle scienze nella visione di Croce rinvio al fondamentale studio di G. GEMBILLO,  Filosofia e scienze nel pensiero di Croce. Genesi di una distinzione, Giannini, Napoli 1984,  ma anche a G. GIORDANO, Ancora sulla svalutazione crociana delle scienze, in “Diacritica”,  anno II, 2016, fasc. 1 (7), 25 febbraio 2016, pp. 29-40 (consultabile al sito http://diacritica.it/).   56  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   di Hegel ai distinti, se vi è una “correzione” del filosofo tedesco, che faceva  sparire la diversità delle forme dello spirito, vi è però un impoverimento, perché  sembrerebbe scomparire totalmente l’attività costitutiva55: lo spirito si  muoverebbe tra i suoi momenti, ma non se ne vedrebbe la ragione profonda.  Il raddoppio conoscitivo, poi, rientra in Croce attraverso il suo storicismo.  Osserva Vaccarino: «Lo “spirito” di Croce è caratterizzato anch’esso da  un’interpretazione storicista. Egli attinge oltre che alla tematica hegeliana anche  alla Scienza Nuova di Vico. La storia, a suo avviso, diviene depositaria della  teoresi. Per sfuggire all’inevitabile antinomia, vuole distinguere la “storia” quale  “realtà” operante, dalla “storiografia” fatta dallo storico. Ma così cade nel  raddoppio conoscitivo, distinguendo la vera storia da quella degli storici»56.  La distinzione tra storia come pensiero e storia come azione, anziché  proporre il circolo vitale di conoscenza e prassi, metterebbe allora in evidenza  ancora una volta la presenza erronea del raddoppio conoscitivo.  La critica si fa ancora più incalzante e serrata con il motivare la mancanza  del mentale (o spirituale) costitutivo in Croce. Quando il filosofo napoletano  parla di intuizione o concetti che non possono essere non espressi, mostra –  55 Cfr. G. VACCARINO, L’errore dei filosofi, cit., p. 137.   56 Ibidem.   57  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   secondo Vaccarino – di non distinguere «l’attività mentale dalla sua  semantizzazione»57. Eppure, in Croce c’è un presentimento dell’attività primaria  costitutiva, e risiederebbe nell’idea crociana di “universale-concreto”, che  sembrerebbe mostrare «l’intuizione che le categorie devono prima essere  ottenute per potere essere applicate»58. Ovviamente, questo è valido se non  cogliamo che “universale-concreto” non è una unione in scansione di  successione temporale, ma un vincolo reciproco in unità, per dirla con Edgar  Morin, una unitas multiplex.  Se Croce appariva antiscientista, nel quadro di Vaccarino Gentile è  anticonoscitivista59. Da Hegel a Gentile l’Idealismo ha chiuso la sua parabola. Il  filosofo siciliano si avvede della presenza del raddoppio conoscitivo nel  postulare un pensiero concreto e un pensato astratto. È per questo che Gentile  «sostiene che il pensante deve essere ricondotto a semplice “atto”, che non  riporti a sé alcun contenuto, cioè a un “atto puro” (“attualismo”). Il soggetto può  essere concreto solo nell’atto di porsi, perché altrimenti si avrebbe la  trascendenza del contenuto a cui si rivolge. In questo senso, a suo avviso, ogni  57 Ivi, p. 138.   58 Ibidem.   59 Cfr. ibidem.   58  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   pensato si degrada in astrazioni. Bisogna decidere, per così dire, se il pensiero  debba essere tutto o nulla. Hegel lo vuole come tutto, artefice oltre che del  mentale anche del fisico. Gentile, consapevole forse dell’inevitabile naufragio  dell’idealismo, se tenta di spiegare i fenomeni fisici, in quanto non dipendono da  chi li osserva, inclina a considerarlo nulla, cioè un “atto puro”»60.  Con Gentile finisce la filosofia del conoscere. E Vaccarino afferma che  «l’idealismo costituisce l’ultimo tentativo della filosofia tradizionale di  esorcizzare il raddoppio conoscitivo, illudendosi di potere eliminare la cosa in  sé»61.  Il grande merito di Gentile è, allora, avere portato all’estremo l’idealismo,  mostrando di fatto che la radice dell’errore del raddoppio conoscitivo è nel  problema stesso del conoscere, come è stato posto sin dall’inizio della storia  della filosofia62. Avere fatto emergere ciò è anche il segno della possibilità di  prendere la “retta via”, perché – è la conclusione di Vaccarino – «se i filosofi  hanno commesso un errore, possono però anche correggerlo»63.  60 Ivi, p. 139.   61 Ivi, pp. 139-140.   62 Cfr. ivi, p. 140.   63 Ibidem.   59  «AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016   Arrivati alla fine del nostro percorso, alcune brevi considerazioni.  Vaccarino è un pensatore di sconfinate letture, ma non uno storico della filosofia  (in senso professionale). Si sarà notato che i giudizi da lui formulati sono stati  presentati, ma poco o nulla commentati. Questo perché la sua lente teoretica è  molto distorcente e forza la lettura nella sua specifica direzione. Sarebbe stato  inutile discutere i giudizi in chiave storico-filosofica; mentre è illuminante  leggerli per capire, e contrariis, il suo pensiero.  In Vaccarino, in fondo, manca (volutamente) proprio il senso della  prospettiva storica; ma è presente l’ansia di un ricercatore innovativo che vuole  ben marcare la sua pretesa di originalità in un confronto con il passato.  Quella che emerge è, dunque, la prospettiva teoretica e, come dicevo  all’inizio, anche la storia della filosofia, per avere un senso, deve essere  ricostruita alla luce di una problematizzazione filosofica. Altrimenti essa non è  che una “filastrocca di opinioni”. Tutto si potrà dire delle pagine in cui  Vaccarino ripercorre, dal suo punto di vista, la storia del pensiero occidentale,  ma non che si tratti di un mero accostamento materiale di “medaglioni”, di una,  appunto, “filastrocca di opinioni”. Tali pagine sono, piuttosto, un esempio di  filosofia militante che per affermarsi non può non fare, con grande onestà  intellettuale, i conti con il passato.  

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