Monday, June 4, 2012
L'"Aminta" di Cavalieri, il "Tancredi" di Monteverdi, il "Rinaldo" di Rossi-Handel
Speranza
CAVALIERI EMILIO, compositore italiano (Roma prima del 1550 - 11 III 1602)
Alla luce degli accertamenti di G. Papini nella Vita di
Michelangelo, appartenne a nobile famiglia romana ed ebbe per padre
Tommaso del Cavaliere (1512 - Roma 1587), architetto insigne che
ispirò alcune delle più perfette liriche del Buonarroti.
Tommaso ebbe due figli: Mario, pure musicista, che secondo D.
Alaleona fra il 1568-1572 si occupò delle polifonie quaresimali
all'oratorio del Crocifisso di San Marcello, a Roma; ed Emilio, il geniale
innovatore.
Anche se non si hanno notizie precise sulla sua gioventù, è noto che la
passione per la musica fece parte delle aspirazioni familiari, benché
professionalmente non risulta che egli fosse mai chiamato maestro dai
contemporanei, che lo nominano sempre come del Cavaliere.
Seguendo l'esempio del fratello, fra il 1578 ed il 1584 il giovane Emilio
occupò notorietà nell'organizzazione a promuovere le manifestazioni
musicali in San Marcello: questa sua attività ebbe inizio con
l'allestimento scenico delle laudi spirituali con il concorso di musiche
polifoniche, affidandone le parti a solisti con l'accompagnamento di
strumenti.
Maturò così in lui il gusto per i procedimenti del nuovo stile vocale, che, grazie ai suoi suggerimenti, doveva trovare la sua pratica realizzazione in Firenze nell'ambiente umanistico della Camerata de'
Bardi.
La corte Medicea costituiva, infatti, un centro di richiamo artistico e non stupisce che de' Cavalieri sia stato indotto, anche tramite le conoscenze del padre Tommaso, a trasferirsi con la famiglia nel 1584 a Firenze, attratto dalla possibilità di tradurre in atto i suoi talenti teatrali.
Alla morte del granduca, gli succedeva il fratello cardinale Ferdinando de' Medici che nel settembre del 1588 nominava de' Cavalieri, che aveva conosciuto probabilmente a Roma,
"Sovrintendente per l'arte, i costumi, le feste ed il teatro",
nonché per
"tutta la cappella e la musica, così di voci come d'ogni sorta d'instromenti".
Tale nomina fu fatta in opposizione all'influenza esercitata, sino allora nelle feste di corte da Giovanni de' Bardi, inviso al granduca per antagonismo politico, tanto che una presa di posizione di de' Cavalieri,
uomo nuovo ed abile organizzatore artistico, appare dimostrata dalla
precisa contabilità da lui fornita per l'ingente costo degli intermedi del
1589, realizzati con eccessivo sfarzo da G. de' Bardi.
De' Cavalieri partecipò come compositore a detti intermedi per le nozze di Ferdinando I de' Medici con Cristina di Lorena con il madrigale "Godi turba immortal" ed il ballo finale (coreografia compresa) detto "di Firenze", rimasto celebre.
Vi collaborò pure la poetessa L. Guidiccioni da Lucca, iniziando una feconda attività con il musicista per lo sviluppo di un genere di spettacolo pastorale, gradito al granduca ed influenzato dall'"Aminta" di Torquato Tasso, il quale venne a Firenze nel 1590 su invito di J. Corsi.
Nell'inverno del 1590-1591 furono rappresentate le due pastorali
musicate Il Satiro e la Disperazione di Fileno, frutto dell'intima
cooperazione poetico-musicale della Guidiccioni con de' Cavalieri,
seguite dal Gioco della cieca a palazzo Pitti nel 1595, tratto dal Pastor
fido di B. Guarini.
Malgrado le musiche siano perdute, si conserva la documentazione delle
stanze per le Maschere di Bergere, balletto eseguito a corte nel 1590,
cantato da L. Caccini, moglie di Giulio Romano, a indicarci già la
maniera del canto monodico, praticata ancora sperimentalmente da G. R.
Caccini e da de' Cavalieri.
Lo spirito di ricerca che animava de' Cavalieri lo indusse alla
costruzione, nel 1592, di un organo speciale i cui toni dovevano essere
ugualmente divisi in dieci canoni, cioè ugualmente temperati, in
collaborazione con Luzzasco Luzzaschi di Ferrara, che morì prima di
poter realizzare l'esperimento.
Dal 1597 al 1602 Cavalieri fu spessissimo a Roma come inviato di affari
del duca di Firenze e ne approfittò per frequentare la Chiesa Nuova,
sicché venne infine chiamato ad attuare per l'oratorio della Vallicella le
sue idee innovatrici per uno spettacolo musicale (ambiente adatto ad
accoglierlo, modo di cantare e gestire, strumenti musicali invisibili al
pubblico, ecc.), precetti contenuti nella prefazione della
Rappresentazione di anima e di corpo e già enunciati nel 1598 in un
trattato pubblico a Ferrara da M. A. Ingegneri.
Questa rappresentazione spirituale su testo del padre A. Manni, eseguita
nel febbraio del 1600 alla Vallicella con grande successo, mostra
l'importanza della collaborazione musicale di D. Isorelli, parmigiano,
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virtuoso di viola alla corte medicea, nel realizzare con Cavalieri la
monodia accompagnata.
Così pure sono in parte di de' Cavalieri le musiche per Lamentazioni di
Geremia, esistenti in un manoscritto vallicelliano e composte attorno al
Seicento.
In una scritta si indica come esecutore "a solo" di alcuni Jerusalem a 6
voci la signora Vittoria, (la famosa cantante Vittoria Archilei).
Il de' Cavalieri si recò quindi a Firenze dove partecipò all'esecuzione
della Dafne di Iacopo Peri e dove vide rappresentato il Dialogo di
Giunone e Minerva su testo di G. B. Guarini, la cui musica è andata
perduta.
Nello sviluppo storico degli avvenimenti che contribuirono alla creazione
del melodramma in Firenze, sta di fatto che de' Cavalieri fu l'animatore
del movimento musicale nel penultimo decennio (1585-1595),
nominandosi la "Camerata del signor Emilio de' Cavalieri" (lettera di C.
Guidiccioni al figlio Ippolito).
Se per ragioni di screzio od invidia P. Bardi e G. R. Caccini non lo
ricordano nei loro scritti postumi non stupisce; occorre desumere la
priorità di de' Cavalieri nelle testimonianze degli artisti appartenenti alla
cerchia di casa Corsi, di Iacopo Peri, che nella prefazione all'Euridice
così scrisse: "Benché del sig. E. de' Cavalieri prima che da ogni altro
ch'io sappia, con meravigliosa invenzione ci fosse fatto udire la vostra
musica sulle scene", a Pietro della Valle (Discorso della musica dell'età
nostra) che riconosce, malgrado che Caccini fosse stato a Roma a far
sentire i propri madrigali monodici del nuovo stile, che "in Roma se ne
seppe mai novella, infinché dalla buona scuola di Firenze non la portò ne'
suoi ultimi anni il signor E. de' Cavalieri".
Anche G. B. Doni sostiene la sua priorità nel far cantare "tutte le azioni
sceniche per intero", ma la sua esperienza drammatico-musicale si
concreterà dopo l'attività nell'ambiente fiorentino nel clima spirituale
dell'oratorio. Infatti, dalle fonti musicali sue che ancora si sono
conservate, risulta che l'applicazione dei principi monodici al dramma
scenico da lui certamente iniziato si trova unicamente nel campo della
sua attività spirituale.
La rappresentazione di anima di corpo è erroneamente considerata un
oratorio, bensì trattasi di una rappresentazione spirituale al di fuori della
tradizione della Vallicella, in opposizione al teatro musicale che già
distraeva l'attenzione dei fedeli e della gioventù dalle sacre devozioni dei
180
filippini.
Il suo contenuto è perciò moralistico con figurazioni e simboli mondani
ad uso dell'interesse popolare e si differenzia del tutto dagli aspetti biblici
della lauda drammatica, la sola forma musicale che si trasformerà in
seguito in oratorio.
Lo stile recitativo della Rappresentazione di anima di corpo, il cui testo
probabilmente appare rifatto da una lauda filippina di A. Manni, pur
apparentando alla maniera dei Fiorentini, rivela una particolare ricerca
nell'espressione ritmica del testo poetico, tramite l'arditezza degli
intervalli melodici e la pur semplice varietà vocale, mentre ancora alla
base della composizione permangono i valori della polifonia popolaresca
cinquecentesca, derivati dalla canzonetta a più voci. Maggior intensità
d'espressione si riscontra invece nelle Lamentationes, dove forse anche la
collaborazione di D. Isorelli contribuì alla creazione di un'atmosfera di
mistica tristezza in un alternarsi di parti monodiche e polifoniche.
Tanto de' Cavalieri quanto Isorelli occupano un posto di primo piano
assieme ai Fiorentini nell'avvento della monodia accompagnata, e un più
attento studio delle musiche di quest'ultimo apporterà maggior
conoscenza alla formazione stilistica del "recitar cantando".
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