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Monday, June 4, 2012

Tasso: melodramma all'italiana: Aminta, Rinaldo, Tancredi

Speranza Aaron Hill, "Rinaldo" (G. Rossi), musicato da Handel. Torquato Tasso (Sorrento, 11 marzo 1544 – Roma, 25 aprile 1595) è stato un drammaturgo italiano. La sua opera più importante e conosciuta è la Gerusalemme liberata (1575), in cui vengono descritti gli scontri tra cristiani e musulmani alla fine della prima crociata, durante l'assedio di Gerusalemme. Tasso macque a Sorrento l'11 marzo 1544. Il padre Bernardo Tasso era un letterato e cortigiano bergamasco al servizio del principe di Salerno Ferrante Sanseverino del vicereame di Napoli,[1] mentre la madre Porzia de' Rossi era una nobildonna pistoiese[2]. Pochi anni dopo il principe fu bandito dal regno e Bernardo seguì il suo padrone, trascorrendo la vecchiaia tra occupazioni di corte faticose e poco remunerative.[1] All'età di 6 anni Torquato si recò in Sicilia e negli anni seguenti a Napoli, dove venne educato dai Gesuiti e conobbe Ettore Thesorieri con il quale restò in corrispondenza epistolare. Egli rimase fino ai dieci anni a Napoli con la madre, poi seguì il padre prima alla corte di Urbino, quindi a Venezia; nel frattempo gli morì la madre, rimasta a Napoli, probabilmente avvelenata dai suoi fratelli per motivi d'interesse.[1] Tra il 1560 ed il 1565, Tasso compì i suoi studi a Padova e a Bologna, centri di studio di cultura aristotelica.[1] Nella prestigiosa Università di Padova studiò prima diritto, poi letteratura e filosofia. Proprio a Padova Tasso gettò le basi della propria cultura filosofica, grazie soprattutto alla conoscenza di Sperone Speroni. Si legò all'Accademia degli Infiammati ed in seguito a quella degli Eterei. Nel 1562, all'età di diciotto anni, pubblicò con successo il poema epico cavalleresco Rinaldo,[1] incentrato sulle avventure del cugino di Orlando e si cimentò anche nella lirica amorosa[1] con versi dedicati a Laura Peperara, conosciuta a Mantova, e a Lucrezia Bendidio, dama di Eleonora d'Este.[3] Nel 1565 giunse a Ferrara in occasione delle nozze del duca Alfonso II d'Este[4], al servizio del cardinale Luigi d'Este, fratello del duca, e dal 1570 passò al servizio del duca stesso.[1] Questo fu il periodo più felice della vita di Tasso, in cui il poeta visse apprezzato dalle dame e dai gentiluomini per le sue doti poetiche e per l'eleganza mondana. La ricchezza culturale della corte estense costituì per lui un importante stimolo; ebbe infatti modo di conoscere Battista Guarini, Giovan Battista Pigna ed altri intellettuali dell'epoca. Per il divertimento della corte fece rappresentare nell'estate del 1573 il dramma pastorale Aminta. In questo periodo riprese il poema sulla prima crociata, iniziato nel 1559, dandogli il nome di Gottifredo; il poema venne ultimato tra il 1570 e l'aprile del 1575 e presentato a corte nell'estate di quell'anno. Ad esso seguì la stesura del Discorso sull'Arte Poetica, un trattato teorico. Tasso sottopose il suo poema al giudizio di cinque autorevoli letterati romani. Egli condivise in parte gli scrupoli degli illustri letterati, che gli avevano rivolto critiche di stampo moralistico. In replica a questo giudizio il poeta scrisse, nel 1576, Allegoria. Agli scrupoli letterari si unirono ben presto quelli religiosi, che assunsero la forma di vere e proprie manie di persecuzione. Per mettere alla prova la propria ortodossia nella fede cristiana si sottopose spontaneamente al giudizio dell'Inquisizione di Ferrara, che lo assolse. Le manie di persecuzioni divennero sempre più evidenti: un giorno, ritenendosi spiato da un servo, gli scagliò contro un coltello. Il duca Alfonso lo fece rinchiudere nel convento di San Francesco ma egli ne fuggì e, nel 1578, si recò dalla sorella a Sorrento, annunciandole la propria morte, così da vedere la sua reazione: le svelò la sua vera identità solo dopo aver osservato la reazione realmente addolorata della donna. Anche quest'episodio sottolinea le turbe psichiche dell'autore, che mostrava evidenti segni di insicurezza e soprattutto di follia. Nel 1579 ritornò a Ferrara; poiché non trovò a corte l'accoglienza calorosa sperata, diede in escandescenze durante le terze nozze di Alfonso II con Margherita Gonzaga, figlia del duca di Mantova Guglielmo. Il duca Alfonso II lo rinchiuse quindi nell'Ospedale Sant'Anna, nella celebre cella detta poi "del Tasso", dove rimase per sette anni. Qui, alle manie di persecuzione, si aggiunsero tendenze autopunitive. Scrisse comunque ininterrottamente a principi, prelati, signori ed intellettuali pregandoli di liberarlo e difendere la propria persona. Nel 1580, durante la prigionia, venne pubblicata a Venezia, senza il suo consenso, la prima edizione del poema iniziato all'età di quindici anni, con il nome di "Goffredo", composto di 14 canti. L'opera ebbe un grande successo. Il poeta decise allora di pubblicare a Ferrara nel 1581 "La Gerusalemme Liberata". Nel 1586 fu liberato per intercessione di Guglielmo Gonzaga, che lo volle alla sua corte di Mantova, dove conobbe e divenne amico di Ascanio de' Mori da Ceno. Nel marzo del 1588 Tasso, ripreso il frenetico peregrinare tra le corti e le città italiane, ritornò a Napoli per risolvere a proprio favore le cause contro i parenti per il recupero della dote paterna. Benché potesse contare sui parenti e sulle conoscenze altolocate partenopee, i Carafa di Nocera Inferiore, i Gesualdo, i Caracciolo di Avellino, i Manso, preferì accettare l'ospitalità di un convento di frati. In questa occasione scrisse il poemetto, rimasto incompiuto, Monte Oliveto, in riferimento al convento in cui sorgeva il complesso monastico che attualmente ospita la caserma dei carabinieri (resta visitabile la chiesa Sant'Anna dei Lombardi). Anche questo periodo napoletano si rivelò problematico per Tasso, a causa delle sue precarie condizioni di salute e delle ristrettezze economiche, a cui si aggiunsero anche nuove polemiche letterarie e religiose sulla Gerusalemme liberata. Spostatosi a Bisaccia, Tasso poté vivere un periodo di maggiore tranquillità. Dai contatti con il conte di Bisaccia nacque anche l'ispirazione per il dialogo Il messaggiero, in cui è descritto uno spirito amoroso che appare a Tasso sotto la figura di un giovanetto dagli occhi azzurri, simili a quelli che Omero alla dea d'Atene attribuisce. Tasso morì a Roma nel 1595 a 51 anni, poco prima di ricevere la laurea poetica promessagli dal papa Clemente VIII. Venne sepolto nella Chiesa di Sant'Onofrio al Gianicolo, il cui convento aveva ospitato il poeta in cerca di sollievo spirituale nell'ultimo periodo della sua vita. Torquato Tasso compose un gran numero di poesie liriche, lungo l'arco di tutta la sua vita. Le prime furono pubblicate nel 1567 col titolo di Rime degli Accademici Eterei. Nel 1581 uscirono Rime e prose. Tasso lavorò fino al 1593 ad un riordino complessivo dei testi, distinguendo rime amorose e rime encomiastiche. Previde poi una terza sezione, dedicata alle rime religiose ed una quarta di rime per musica, ma non realizzò il progetto. Nelle Rime amorose è ben riconoscibile l'influenza della poesia petrarchesca e della vasta produzione petrarchistica del Quattrocento e Cinquecento; contemporaneamente, però, il gusto per le preziosità linguistiche e l'intensa sensualità rivelano l'evoluzione verso un linguaggio nuovo che maturerà nel Seicento. L'uso frequente di forme metriche poco usate dai poeti precedenti, come il madrigale, e la raffinata musicalità dei versi fecero sì che molti di essi fossero musicati da grandi autori come Claudio Monteverdi e Gesualdo da Venosa. Più solenni e classicheggianti le Rime encomiastiche, dedicate alle figure ed alle famiglie signorili che ebbero rilievo nella vita del poeta. Per la loro creazione si ispira a Pindaro, Orazio e al celebre Monsignor della Casa. Fra tutte, la più famosa è la Canzone al Metauro, intessuta di fitti elementi autobiografici. Le Rime religiose sono caratterizzate dal tono cupo e plumbeo, forse dovuto al fatto che le scrisse negli ultimi anni di vita. L'Aminta non è un dramma pastorale e neppure un dramma. Sotto nomi pastorali e sotto forma drammatica è un poemetto lirico, narrazione drammatizzata, anzi che vera rappresentazione, com'erano le tragedie e le commedie e i così detti drammi pastorali in Italia. Essa è in fondo una novella allargata a commedia, di quel carattere romanzesco che dominava nell'immaginazione italiana, aggiuntavi la parte del buffone, che è il Ruffo, la cui volgarità fa contrasto con la natura cavalleresca de' due protagonisti, Virginia e il principe di Salerno. Gli avvenimenti più strani si accavallano con magica rapidità, appena abbozzati, e quasi semplice occasione a monologhi e capitoli, dove paion fuori i sentimenti dei personaggi misti alla narrazione. L'Aminta è un'azione fuori del teatro, narrata da testimoni o da partecipi con le impressioni e le passioni in loro suscitate. L'interesse è tutto nella narrazione sviluppata liricamente e intramessa di cori, il cui concetto è l'apoteosi della vita pastorale e dell'amore: "s'ei piace, ei lice". Il motivo è lirico, sviluppo di sentimenti idillici, anzi che di caratteri e di avvenimenti. Abbondano descrizioni vivaci, soliloqui, comparazioni, sentenze, movimenti appassionati. Vi penetra una mollezza musicale, piena di grazia e delicatezza, che rende voluttuosa anche la lacrima. Semplicità molta è nell'ordito, e anche nello stile, che senza perder di eleganza guadagna di naturalezza, con una sprezzatura che pare negligenza ed è artificio finissimo. Ed è perciò semplicità meccanica e manifatturata, che dà un'apparenza pastorale a un mondo tutto vezzi e tutto concetti. È un mondo raffinato, e la stessa semplicità è un raffinamento. A' contemporanei parve un miracolo di perfezione, e certo non ci è opera d'arte così finamente lavorata. » (Francesco De Sanctis) L'Aminta è una favola pastorale composta nel 1573 e pubblicata nel 1580 ca. (musicata da Emilio de' Cavalieri, Firenze). Presenta un prologo, 5 atti, un coro. Ogni canto si conclude a lieto fine. L'Aminta di Tasso ispirato la composizione della favola pastorale Flori di Maddalena Campiglia lodata per questo dallo stesso Torquato Tasso Intorno al 1573-1574 Tasso scrisse una tragedia, Galealto re di Norvegia, che però interruppe alla quarta scena del secondo atto. Tasso la riprese e la completò negli anni successivi alla liberazione dall'Ospedale di Sant'Anna cambiando però il titolo, diventato "Re Torrismondo", ed il nome dei personaggi. L'ambientazione è nordica: in essa sono frequenti le immagini di distese boschive. In questo, il Tasso mostra la sua forte curiosità per le leggende nordiche, come ad esempio mostra la lettura dell' "Historia de gentibus septentrionalibus" di Olao Magno. Torrismondo è intimamente segnato dal conflitto tra amore e amicizia. Il re Torrismondo ama Alvida, che a causa di un debito passato (Germondo aveva salvato la vita a Torrismondo) deve sposarsi con l'amico Germondo, re di Svezia, regno nemico a quello di Alvida poiché Germondo stesso era stato accusato di omicidio del fratello di Alvida. Germondo dunque non può sposarsi con la donna amata poiché il padre di quest'ultima lo odia. Germondo decide allora che Torrismondo per sdebitarsi avrebbe dovuto chiedere la mano di Alvida e al momento delle nozze avrebbe dovuto scambiare la sposa. Ottenuta da Torrismondo la mano di Alvida i due consumano l'amore. La storia prenderà un'altra china quando Torrismondo scoprirà che la donna amata non è altri che la sorella, la situazione culminerà nel suicidio dei due. La tragedia del "Re Torrismondo" è molto importante perché anticipa le tragedie barocche, nelle quali si riprendono alcune caratteristiche fondamentali delle tragedie senecane: la meditatio mortis (il Memento mori) e il gusto dell'orrido. Nel Tasso, però, ciò che compare fortemente e caratterizza le sue tragedie è il conflitto intimo che dilania l'animo dei personaggi. L'uomo si sente intrappolato dal fato, poiché impossibilitato all'agire, a modificare il corso degli eventi ormai già predisposti. All’età di diciotto anni Tasso riprese la materia del romanzo cavalleresco e nel 1562 pubblicò il “Rinaldo”, che narra in dodici canti la giovinezza del paladino della tradizione carolingia e le sue imprese di armi e di amori. Nella prefazione al poema Tasso dichiara di voler imitare in parte gli “antichi” (Omero e Virgilio), in parte i “moderni” (Ariosto). Si concentra però su un unico protagonista, secondo le esigenze di unità proposte dall’aristotelismo. Si tratta di un’opera tipicamente giovanile, ancora priva di originalità, ma compaiono già alcuni temi e toni fondamentali che caratterizzeranno il Tasso maturo e formato culturalmente. "La Gerusalemme liberata" è considerata il capolavoro del Tasso. Il poema tratta di un avvenimento realmente accaduto, ossia la prima crociata. Tasso iniziò a scrivere l'opera con il titolo di Gierusalemme nel 1559 durante il soggiorno a Venezia e la concluse nel 1575. L'opera fu pubblicata integralmente nel 1581 con il titolo di Gerusalemme liberata. In seguito alla pubblicazione del poema il poeta rimise mano all'opera e la riscrisse eliminando tutte le scene amorose ed accentuando il tono religioso ed epico della trama. Cambiò anche il titolo in Gerusalemme Conquistata. In realtà la Conquistata fu immediatamente dimenticata e la redazione che continuò ad avere grande successo e ad essere ristampata, in Italia e nei paesi stranieri, fu la Liberata. Goffredo di Buglione nel sesto anno di guerra raduna i crociati, viene eletto comandante supremo e stringe d'assedio Gerusalemme. Uno dei guerrieri musulmani decide di sfidare a duello il crociato Tancredi. Chi vince il duello vince la guerra. Il duello però viene sospeso per il sopraggiungere della notte e rinviato. I diavoli decidono di aiutare i musulmani a vincere la guerra. Uno strumento di Satana è la maga Armida che con uno stratagemma riesce a rinchiudere tutti i migliori eroi cristiani, tra cui Tancredi, in un castello incantato. L'eroe Rinaldo per aver ucciso un altro crociato che lo aveva offeso fu cacciato via dal campo. Il giorno del duello arriva e poiché Tancredi è scomparso viene sostituito da un altro crociato aiutato da un angelo. I diavoli aiutano il musulmano e trasformano il duello in battaglia generale. I crociati sembrano perdere la guerra quando arrivano gli eroi imprigionati liberati da Rinaldo che rovesciano la situazione e fanno vincere la battaglia ai cristiani. Goffredo ordina ai suoi di costruire una torre per dare l'assalto a Gerusalemme ma Argante e Clorinda (di cui Tancredi è innamorato) la incendiano di notte. Clorinda non riesce a entrare nelle mura e viene uccisa in duello proprio da colui che l'ama, Tancredi, che non l'aveva riconosciuta. Tancredi è addolorato per aver ucciso la donna che amava e solo l'apparizione in sogno di Clorinda gli impedisce di suicidarsi. Il mago Ismeno lancia un incantesimo sul bosco in modo che i crociati non possano ricostruire la torre. L'unico in grado di spezzare l'incantesimo è Rinaldo, prigioniero della maga Armida. Due guerrieri vengono inviati da Goffredo per cercarlo e alla fine lo trovano e lo liberano. Rinaldo vince gli incantesimi della selva e permette ai crociati di assalire e conquistare Gerusalemme. Le sette giornate del mondo creato, È un poema in endecasillabi sciolti, composto tra il 1592 e il 1594, accanto ad altre opere di contenuto religioso di impronta chiaramente controriformistica. Il poema venne pubblicato postumo nel 1607. Si fonda sul racconto biblico della creazione ed è suddiviso in sette parti, corrispondenti come dice il titolo ai sette giorni nei quali Dio creò il mondo, e presenta una continua esaltazione della grandezza divina della quale la realtà terrena è un pallido riflesso. Influenze culturali [modifica] La figura del Tasso, anche per la sua pazzia, divenne subito popolare. La lucidità delle opere scritte durante il periodo di prigionia nell'Ospedale di Sant'Anna fece diffondere la leggenda secondo cui il poeta non era veramente pazzo ma fu fatto passare per tale dal duca che voleva punirlo per aver avuto una relazione con sua sorella, imprigionandolo. Questa leggenda si diffuse rapidamente e rese popolare la figura del Tasso, fino a ispirare a Goethe il dramma Torquato Tasso (1790). In età romantica il poeta divenne il simbolo del conflitto individuo-società, del genio incompreso e perseguitato da tutti coloro che non sono in grado di comprendere il suo genio. In particolare il poeta Giacomo Leopardi lo considerava come un fratello spirituale, ricordandolo in numerosi passi delle sue opere tra cui ricordiamo il Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare (facente parte delle Operette morali). Il poeta vicentino ottocentesco Jacopo Cabianca ha dedicato al Tasso un poema in dodici canti intitolato appunto Il Torquato Tasso. Onori [modifica] Nel 2009 Alitalia gli ha dedicato uno dei suoi Airbus A320-216 (EI-DTH). La scuola media ferrarese "Tasso-Boiardo" (oggi "M. M. Boiardo e T. Tasso") porta il suo nome. La scuola sorrentina secondaria di I grado "Torquato Tasso" porta il suo nome. Onorificenze [modifica] Laurea poetica (postuma) — Roma, 1595 Bibliografia essenziale [modifica] Biografie [modifica] Giovan Pietro D’Alessandro, Vita di Torquato Tasso (1604), ed. da C. Gigante, in «Giornale storico della Letteratura Italiana», CLXXVII 2000, pp. 59–70 Giovan Battista Manso, Vita di Torquato Tasso (1621), a cura di B. Basile, Roma, Salerno Editrice, 1995 P. A. Serassi, La vita di Torquato Tasso, Bergamo, Stamp. Locatelli, 1790², 2 to. Angelo Solerti, Vita di Torquato Tasso, Torino-Roma, Loescher, 1895, 3 voll. Capitoli di storie letterarie [modifica] Ettore Bonora, in «Storia della letteratura italiana», dir. E. Cecchi e N. Sapegno, Milano, Garzanti, 1966, vol. IV, pp. 713–811 M. Guglielminetti, in «Storia della civiltà letteraria italiana», dir. G. Barberi Squarotti, Torino, Utet, 1990, vol. III, pp. 303–355 Guido Baldassarri, in «Storia generale della letteratura italiana», a cura di N. Borsellino e W. Pedullà, vol. V. L’età della Controriforma. Il tardo Cinquecento, Milano, Motta, 1999, pp. 281–446. Monografie critiche [modifica] Eugenio Donadoni, Tasso, Venezia, La Nuova Italia, 1928². Giovanni Getto, Interpretazione del Tasso, Napoli, ESI, 1966. Arnaldo Di Benedetto, Con e intorno a Torquato Tasso, Napoli, Liguori, 19963. Claudio Gigante, Tasso, Roma, Salerno Editrice, 2006. Edizioni [modifica] Aminta, a cura di B. T. Sozzi, in T. Tasso, Opere, Torino, UTET, 1974. Appendice alle opere in prosa, a cura di A. Solerti, Firenze, Successori Le Monnier, 1892. Dialoghi, a cura di E. Raimondi, Firenze, Sansoni («Autori classici e Documenti di lingua pubblicati dall’Accademia della Crusca»), 1958, 3 voll. (4 tomi). Discorsi dell’arte poetica e del poema eroico, a cura di L. Poma, Bari, Laterza («Scrittori d’Italia»), 1964. Gerusalemme conquistata, a cura di L. Bonfigli, Bari, Laterza («Scrittori d’Italia»), 1934, 2 voll. Gerusalemme conquistata. Ms. Vind. Lat. 72 della Biblioteca Nazionale di Napoli, a cura di C. Gigante, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2010. Gerusalemme liberata, a cura di L. Caretti, Milano, Mondadori («I Meridiani»), 1979. Giudicio sovra la ‘Gerusalemme’ riformata, a cura di C. Gigante, Roma, Salerno Editrice («Testi e documenti di letteratura e di lingua», XX), 2000. Il Gierusalemme, a cura di L. Caretti, Parma, Zara («Le parole ritrovate», 8), 1993. Il Monte Oliveto, a cura di A. M. Lagomarzini, in «Studi tassiani», XI 1961, pp. 5–67. Il Re Torrismondo, a cura di V. Martignoni, Parma-[Milano], Guanda-Fondazione Pietro Bembo («Biblioteca di scrittori italiani»), 1993. Intrichi d’amore, a cura di E. Malato, Roma, Salerno Editrice («Testi e documenti di letteratura e di lingua», I), 1976. Le Lettere di T. T. disposte per ordine di tempo ed illustrate da C. Guasti, Firenze, Le Monnier, 1852-1855, 5 voll. Le prose diverse, a cura di C. Guasti, 2 voll., Firenze, Le Monnier, 1875. Le Rime, a cura di B. Basile, 2 voll., Roma, Salerno Editrice, 1994. Le Rime, edizione critica su i manoscritti e le antiche stampe a cura di A. Solerti, Bologna, Romagnoli-Dall’Acqua, 1898-1902, 4 voll. Lettere poetiche, a cura di C. Molinari, Parma-[Milano], Guanda-Fondazione Pietro Bembo («Biblioteca di scrittori italiani»), 1995. Mondo creato, a cura di G. Petrocchi, Firenze, Le Monnier, 1951. Opere minori in versi, a cura di A. Solerti, Bologna, Zanichelli, 1891, 2 voll. Prose, a cura di E. Mazzali, Milano-Napoli, Ricciardi, 1959, pp. 410–85. Rinaldo, a cura di L. Bonfigli, Bari, Laterza («Scrittori d’Italia»), 1936. Risposta di Roma a Plutarco, a cura di E. Russo, commento di E. Russo e C. Gigante, Torino, RES, 2007. Teatro, a cura di M. Guglielminetti, Milano, Garzanti, 1990. Studi critici [modifica] Anderson Magalhães, «Uno scrittore di cose secrete»: la fortuna de Il Secretario di Torquato Tasso fra Italia e Francia, in «Il Segretario è come un angelo». Trattati, raccolte epistolari, vite paradigmatiche, ovvero come essere un buon segretario nel Rinascimento, Atti del XIV Convegno Internazionale di Studio organizzato dal Gruppo di Studio sul Cinquecento francese, Verona 25-27 maggio 2006, a cura di Rosanna Gorris Camos, Fasano, Schena, 2008, pp. 109-142. Note [modifica] 1.^ a b c d e f g Guido Armellini, Adriano Colombo, Torquato Tasso - L'uomo in Letteratura italiana - Guida storica: Dal Duecento al Cinquecento, Zanichelli Editore [2000], 2009. ISBN 8808197328 2.^ Luperini, Cataldi, Marchiani, La scrittura e l'interpretazione, Palumbo, 1997, vol.3, pag.91 3.^ Luperini, Cataldi, Marchiani, La scrittura e l'interpretazione, Palumbo, 1997, vol.3, pag.96 4.^ Baldi, Giusso, Razetti, Zaccaria, Dal testo alla storia. Dalla storia al testo, Milano: Paravia, 1994, vol. 2/1, p. 653 Voci correlate [modifica] Torquato Tasso, commedia goldoniana Torquato Tasso, dramma di Goethe (1790) Torquato Tasso, opera di Gaetano Donizetti Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare, dalle Operette morali di Giacomo Leopardi Bernardino Pino da Cagli Thurn und Taxis, ramo tedesco della famiglia Tasso di Bergamo, fondatori delle prime poste europee Museo tassiano, museo dedicato a Torquato Tasso Accademia dei Catenati Altri progetti [modifica] Wikisource contiene opere originali di o su Torquato Tasso Commons contiene file multimediali su Torquato Tasso Wikiquote contiene citazioni di o su Torquato Tasso Collegamenti esterni [modifica] Torquato Tasso Testi completi e cronologia delle opere. 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