Grice
e Liguori: l’implicatura conversazionale -- implicatura critica – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Grice: “Personally, my favourite of
Liguori’s metaphors is ‘the abyss of reason,’ since Speranza has elaborated on
this: it’s Gide’s ‘mise-en-abyme’ no less, which breaks my principle of
‘conversational perspicuity’ – a mise-en-abyme text is just untextable!” -- Grice:
“Liguori has studied the metamorphosis
of language in one of his philosophical noble ancestors!” “I like Liguori: he
has the gift of the gab for metaphor: ‘i baratri della ragione,” “la fucina del
filosofo,” “l’alambicco dell’anima,” “la condizione del senso” ‘il razionale
dello irrazionale” o “le ragione dell’irrazionale” “le ambiguita della
ragione,” “Trasimaco ha ragione” “Giustizia e carita” Ritratto. Frequenta il
liceo classico presso i padri gesuiti dell’Istituto Massimo di Roma. Studia
alla Sapienza. “Scherzi della memoria.” Si laurea con la tesi “Lo scetticismo
giuridico.” Insegna a Lecce ed Ostuni. Si dedica alla storia della filosofia.
Insegna a Bari, Urbino, Ferrara, Trento, Salento, Torino, Firenze, Lecce,
Cassino, Napoli, e Noceto. Con “E il vero baratro della ragione umana” – cf. H.
P. Grice, “Mise-en-abyme conversazionale” -- viene riconosciuto come uno studioso di Kant,
Graf, Leopardi, e Cartesio. Tratta Positivismo
di Sergi, Lombroso, Morselli e Vignoli;
dello scetticismo di Rensi ponendolo in critica relazione tra Leopardi e
Pirandello; ha scritto di de' Liguori e di Benedictis, detto l'Aletino.
Collabora con l'Istituto Italiano per gli Studi filosofici di Napoli. Ha tenuto
rapporti epistolari con Garin, Bobbio, Augias, Binni, Donini, Ferrarotti e
Timpanaro. Fonda ad Ostuni (BR) il Circolo Culturale “Sic et Non”, cui
aderiscono e collaborano note personalità della politica e della cultura quali
Donini, Fiore, Radice, matematico e fondatore e direttore di
“Riforma della scuola” e docenti delle Bari, Roma e Lecce. “Sic et Non” si
impegna in complesse battaglie civili come quella per un dialogo tra marxisti e
cattolici, ed altre incombenti questioni sociali come la campagna per il
divorzio. Stringe intese, oltre che con moti uomini politici e studiosi di
chiara fama, con il gruppo dei cattolici del Gallo di Genova e coi fiorentini
seguaci di Giorgio La Pira, i quali si riunivano intorno alla rivista “Testimonianze”
diretta da Balducci e Zolo, nonché con i ragazzi della Scuola di Barbiana,
diretta da Don Lorenzo Milani. Manifesto editoriale del "Sic et Non"
è la rivista Presenza, da lui diretta, che testimonia questa attività politica
allora pionieristica per una piccola provincia del Sud Italia. I sette numeri pubblicati
della rivista Presenza, e altra documentazione di tale impegno politico, sono
attualmente depositati presso la Biblioteca Comunale di Ostuni (BR) intitolata
a Francesco Trinchera e comunque ampiamente documentati nell'unico libro
autobiografico dello stesso autore. Critica e commenti sull'opera di L. Carteggio
con illustri studiosi Bobbio: Il libro mi pare di grande interesse, per
l’ampiezza e la serietà della ricerca su un tema, se non sbaglio, mai
scandagliato a fondo, eppure importante nell'ambito più vasto della storia
della filosofia positiva, della critica letteraria e della cultura torinese
(argomento a me particolarmente caro). Sono convinto che si tratta di un lavoro
di prim'ordine, che rende giustizia a uno studioso e a uno scrittore (e poeta)
che è stato sì, ricordato più volte dai suoi discepoli, ma è stato poi
dimenticato dagli storici. Credo che questo libro sia un effettivo contributo
alla migliore di quel periodo della nostra storia che la cultura idealistica
aveva disdegnato: un contributo di cui soprattutto noi piemontesi dobbiamo essere
grati». Sebastiano Timpanaro: «Mi sembra, e non lo dico per adulazione, ma con
piena sincerità, un'opera di livello davvero eccezionalmente alto, per la
caratterizzazione del protagonista e di tutto il suo ambiente, per tutto ciò
che finora ignoto essa porta alla luce. E’ venuto fuori cosi un lavoro che
molto di rado accade di leggere». Ambrogio Donini: “Mi pare, ad un primo esame,
fondamentale per la conoscenza del periodo ancora poco conosciuto. Apprezzo
moltissimo tale metodo di indagine e la serietà della documentazione. Uno
studio di questo genere è certamente costato decenni di intensa documentazione».
Guido Oldrini: ho letto subito il volume su Graf così ricco e con non poco
profitto. Quando l’autore, in un punto se la prende con gli storici della
filosofia italiana che trascurano Graf, anzi noni menzionano affatto, mi sento in
colpa; e tanto più in quanto io, studioso della cultura napoletana, mi son
lasciato sfuggire quei nessi di Graf con Napoli che il volume di L. illustra
con tanta passione». Contorbia: “poche volte accade di fare i conti con un
libro così fatto, stratificato, totalizzante; ad apertura di pagina si avverte
l’impegno, il grado di coinvolgimento appassionato con cui lei ha condotto
avanti negli anni una così impegnativa ricerca peculiare, quasi il centro della
sua esistenza intellettuale, il punto di arrivo (e a un tempo di partenza) di
un confronto che è culturale ma anche morale e politico.La qualità di un tale
lavoro, mi pare, fuori dell’ordinario». Donato Valli: «L’autore ha consegnato
alla critica e alla conoscenza uno studio così complesso da poter essere
considerato un esaustivo panorama della cultura del secondo Ottocento italiano
e non solo italiano]». Recensioni di illustri studiosi Paolo Rossi, “L'autore…
ha fatto emergere un quadro ricco e articolato dove accanto alle ombre brillano
alcune luci importanti». Recensione sulla rivista «Panorama» riguardante
il di de Liguori Materialismo inquieto,
edito da Laterza. Cosmacini, «Il lavoro di L. è largamente meritorio oltreché
ampiamente documentato». Recensione uscita su «Il Corriere della sera»
riguardante il di L. Materialismo
inquieto, edito da Laterza. Marti::Dalle appassionate e diuturne indagini
dell’autore su Graf e il suo tempo è venuto fuori il ponderoso, massiccio
volume, che ho ricevuto come caro e preziosissimo dono. Davvero lusinghiera la
“presentazione” di un grande Maestro come Garin, e accattivante e simpatica
l’”Avvertenza”. Tutto il resto è da leggere». Recensione al volume di L. su
Graf, uscita sul «Giornale storico della letteratura italiana». Corrado Augias:
«Quella di De Liguori è infatti una storia meridionale che parte da una
finzione narrativa di gusto classico ma così classico da poterla ritrovare in
alcuni capolavori tanto celebri che non vale nemmeno la pena di citarli. Saggi:
“Trasimaco ha ragione” (La Rassegna pugliese); “Giustizia e carità” “fra filosofia
e vita” Ivi “Lo scetticismo giuridico di Rensi” (Rivista di Filosofia del diritto);
“Una moderna enciclopedia del sapere, «La Rassegna pugliese», II“Efirov e la
filosofia italiana, «Problemi», “Un Leopardi anti-progressivo” (Dimensioni); In
tema di materialismo comunista, Ivi, “Gioberti e la filosofia leopardiana -- momenti
del conflitto tra l’ideologia cattolico borghese e la protesta leopardiana” (Problemi);
“Un episodio di solitudine. Rassegna di studi su Graf,” Ivi “Leopardi e i
gesuiti -- appunti per la storia della censura leopardiana, «La Rassegna della
Letteratura italiana», Quel povero “Diavolo” di Graf, «Giornale critico della
Filosofia italiana», Le «Scandalose razzie». Scienza, politica, fede in Graf
Ivi, Scetticismo e religiosità in una rivista militante: «Pietre» in, La
filosofia italiana attraverso le riviste, A. Verri, Micella, Lecce, “La condizione del senso”; “Per una
riconsiderazione della lettura grafiana di Leopardi” «La Rassegna della Lett.
It.», Il mito e la storia” – “Le ragioni dell’irrazionale in Graf, «Problemi»,
Quella «dubitante religiosità». Graf e il modernismo, «Giornale cr. della fil.
It.», Doria tra platonismo e riformismo, «GCFI», Il sodalizio Labriola-Graf negli
anni della loro formazione «Studi Piemontesi»,
Un anti-cartesiano di Terra d’Otranto: Benedictis, in, Miscellanea di
Storia Ligure, Genova); “Materialismo e positivism -- questioni di metodo” (Facoltà
di Filosofia, Bari); “Aletino e le polemiche anti-cartesiane a Napoli” (Rivista
di storia della filosofia); “L’araba fenice: ossia la filosofia nella
secondaria, «Idee», “E il vero baratro della ragione umana” – “Graf e la
cultura” Prefazione di E. Garin, Lacaita, Manduria, “Le ambiguità della ragione” – cf. Grice:
‘the equi-vocality of ‘reason’ Grice: “Liguori has a taste for unnecessary
plurals: the abysses – the ambiguities -- ” -- «Idee», “Per la storia della
psico-fisica in Italia”; “Il materialismo psico-fisico e il dibattito sulle
teorie parallelistiche in Italia -- Masci e Faggi «Teorie e modelli», “Di una
rinnovata attenzione al materialism” (Idee); “Mito e scienza nell’antropologia
e nella storiografia del positivismo italiano”; “La filosofia tra tecnica e
mito, Atti del Convegno della SFI, Assisi, Porziuncola); Dimensioni», Livorno, Materialismo
inquieto. Vicende dello scientismo in Italia nell’età del positivism” (Laterza
Bari); “Tommasi e la filosofia zoologica di Siciliani, Rileggere Siciliani, G.
Invitto e N. Paparella, Capone, LecceI Presupposti epistemologici e immagine
della scienza in Morselli e Graf, Filosofia e politica a Genova nell’età del
positivismo, Atti del Conv. dell’Associazione filosofica Ligure-- Cofrancesco,
Compagnia dei Librai, Genova, pMaterialismo e scienze dell’uomo; Kant e
la religiosità filosofica di Martinetti, iA partire da Kant; L’eredità della
“Critica della ragion pura”, A. Fabris e L. Baccelli. Introduzione di Marcucci,
Angeli, Milano, Materialismo e scienze dell’uomo -- Il dibattito su scienze e
filosofia, Lacaita, Manduria, La fondazione razionale della fede in Martinetti,
Dimensioni, Livorno, Darwinismo e teorie dell’evoluzione nella prospettiva
monistica di Morselli, Il nucleo
filosofico della scienza, Cimino, Congedo, Galatina, L’immagine della donna nel paradigma positivistico
della degenerazione, Morelli. Emancipazione e democrazia, G. Conti Odorisio,
Scientif. Ital., Napoli, La cultura filosofica in Torino, Rivista di filosofia»,
Presupposti torinesi della singolarità filosofica di Martinetti, «Studi
Piemontesi», E’ possibile la storia
dello scetticismo?, “Segni e comprensione»”; “ filosofi delle bancarelle». Per
la critica della storiografia filosofica, «Lavoro critico», Il sentiero dei perplessi -- scetticismo,
nichilismo e critica della religione in Italia da Nietzsche a Pirandello, La
città del Sole, Napoli, La reazione a Cartesio in Napoli, Giovambattista De
Benedictis, «GCFI», La revisione della storiografia sul mezzogiorno, «Segni e comprensione»,
Positivismo e letteratura. Antologia di testi, con Introd. e note, Graphis
Bari, La lezione scettica di Rensi, Critica liberale,- La psicofisica in
Italia, La psicologia in Italia, a cura
di Cimino e Dazzi, Led, Milano, Vignoli e la psicologia animale e comparata,
Ivi, Pensatori dell’area torinese --Percorsi», Quaderni del Centro Frassati,
Torino, Il ritorno di Stratone. Per la collocazione del materialismo
leopardiano, in Biscuso e Gallo, Leopardi anti-italiano, Manifesto libri, Roma,
Kant e le scienze della natura -- in margine alle lezioni kantiane di Geografia
fisica, in Filosofia, Lecce, Lacaita Manduria, Cattaneo, Psicologia delle menti
associate, G. de L., Riuniti, Roma, Antropologia, psicologia comparata e
scienze naturali in Vignoli, «Teorie e modelli», Geymonat, Treccani. Antropologia e tassonomia
in Kant. Da Blumembach a Buffon, Atti del Convegno sulla Geo-fisica kantiana,
Congedo Lecce, Antropologia, psicologia comparata e scienze naturali in Vignoli,
«Teorie e modelli», Cronache di
filosofia del diritto in Italia. Sforza e i suoi corrispondenti, in «Quaderni
di Storia dell’Torino», Per Mucciarelli:
positivismo psicologia e storia, «Segni e comprensione», Geymonat e il
“materialismo verso il basso”, GCFI, Il materialismo di Timpanaro, «Critica
liberale», Lettere di Timpanaro a Liguori,
in Il Ponte, Da Teofrasto a Stratone. L’itinerario filosofico di Leopardi,
«Quaderni materialisti», Labriola e Graf -- Principio e fine di un sodalizio di
vita e di pensiero, in Labriola e la sua università. Mostra documentaria per
settecento anni della “Sapienza” Aracne, Roma, A. Graf, Memorie, Introduzione,
commento e cura, “Gli Arsilli”, Edizioni dell’Orso, Alessandria Un catalogo per
Labriola, «Critica Sociologica», Utilità dell’inutile. Dalla elaborazione
concettuale alla programmazione e alla costruzione di un catalogo, «Itinerari»,
I Gesuiti. Le polemiche sui riti confuciani tra l’Aletino e i missionari
domenicani, «Studi filosofici»,Le «imbrogliate bestemmie germaniche». Moleschott
e la medicina materialistica, «Physis», La fucina del filosofo. «Segni e
comprensione», Filosofia teologia e fisica di Cartesio nella Difesa della Terza
lettera apologetica dell’Aletino, «Il Cannocchiale», Liguori e la filosofia del
suo tempo: Spinoza, Bayle, Hobbes e Locke, «Rivista di Storia della Filosofia»,
“Libido Sciendi”. Immagini dell’empietà nell’apologetica cattolica tra Sei e
Settecento (da Magalotti a Valsecchi), GCFI, Scherzi della memoria. Mappa di un
itinerario non turistico tra politica e cultura in una provincia del Sud, Prefazione
di Ferrarotti; Postafazione di Cumis, Salvatore Sciascia, Medicina e filosofia
in Italia tra evoluzionismo e scientismo. Da Tommasi a Morse, «Il cannocchiale»,, L’ ”il lambicco dell’anima”.
Note sul Mind body problem in Italia nell’età del positivismo, in Anima, mente
e cervello. Alle origini del problema mente-corpo, P. Quintili, Unicopoli, L’ateo smascherato. Immagini dell’ateismo e
del materialismo nell’apologetica cattolica da Cartesio a Kant, Le Monnier
/Università, Le sorelle Vadalà. Quattro storie più una, Romanzo con pefazione
di C. Augias Movimedia, Lecce, Pensatori dell’area torinese tra i due secoli,
in Quaderni Noce, Marco, Lungro di Cosenza, Ateismo e filosofia.
Considerazioni sull’ateismo latente nel pensiero moderno e sul rapporto tra
fede e ragione, «Il Cannocchiale», Le metamorfosi del linguaggio nella
controversistica e nella pratica missionaria, Le metamorfosi dei linguaggi, Borghero
e Loretelli, Edizioni di Storia e
letteratura, Roma, Dannazione e redenzione dell'Eros. Soggetti e figure
dell'emarginazione: la donna come oggetto determinante nella invenzione
cattolica del peccato di lussuria in «Bollettino della Società filosofica
italiana», Le cose che non sono, in
«Critica Liberale», Prefazione di E. Garin, Manduria (TA), Bari,
Roma, Lacaita, Gemoynat Treccani, Le Carteggio privato (corrispondenza
autografa) tra L. e i singoli autori citati
Rossi, Viaggio nel Positivismo, in Panorama, Arnoldo Mondadori, L., Materialismo
inquieto. Vicende dello scientismo in Italia nell’età del positivism, Bari,
Roma, Laterza, Giorgio Cosmacini, Povero medico condannato al materialismo, in
Corriere della Sera, Marti, Recensione a
I baratri della ragione in Giornale storico
della letteratura italiana, Le sorelle Vadalà. Quattro storie più una, [Romanzo],
Prefazione di Augias, Lecce, Movimedia. Dannazione e redenzione
dell’eros. Soggetti e figure dell’emarginazione: la donna come oggetto
determinante nell’invenzione cattolica del “peccato” di lussuria di Girolamo de
Liguori Il Cristianesimo ha maledetto la carne, ha infamato l’amore. L’atto
vario e molteplice nei modi, ma uno nel principio, per il quale le creature si
riproducono e a cui gli antichi avevano preposta una della maggiori fra le
divinità dell’Olimpo, è, agli occhi del cristiano, essenzialmente malvagio e
turpe e la malvagità e turpitudine sua possono a mala pena, nella progenitura
d’Adamo, essere emendate dal sacramento. Il celibato è pel cristiano, se non
altro in teoria, condizione di vita assai più pregevole e degna che non il
coniugio e la continenza è virtù che va tra le maggiori. A. Graf1 Abstract The
paper examines the story of Eros, from ancient Greece to the age of
Enlightenment, and tries to underline relevant connections with other events of
thought and religious traditions as well as European popular customs. The
ideological conflict with Christian ethics and Catholic church is particularly
highlighted thanks to a specific textu- al analysis, particularly during 17th
and 18th centuries. Keywords: Subjects and Figures of Marginalization, Woman
Condi- tion, Ethics and Christianity, St. Alphonsus M. de’ Liguori. 1 A. Graf,
Il Diavolo, (nuova ed. con apparato critico, dopo l’originale, Treves 1889, in
sedicesimo) a cura di C. Perrone, introduzione di L. Firpo, Salerno editrice,
Roma. Avverto l’eventuale lettore che lo scritto che segue ha natura meramente
divulgativa e di mera indicazione didattica nei confronti dei docenti di
discipline storico-filosofiche. Nasce dall’assemblaggio di appunti per il
canovaccio di uno spettacolo tenutosi a Parma al Teatro del Vicolo, dal titolo
Eros e Poesia. M’è d’obbligo infine rimandare sull’argomento che qui espongo,
agli interventi di alta e corretta divulgazione, curati per Rai Educational, di
Simona Argentieri, Umberto Curi e Sergio Moravia, in Enciclopedia Multimediale
delle Scienze Filosofiche. Raccolta e catalogazione dei materiali Non partiamo
dalla consueta e abusata presunzione ontologica; non di- ciamo che le cose
sono, piuttosto ci limitiamo, cartesianamente, a scoprire in noi il pensiero e,
col pensiero il corpo e la sua capacità di rapportarci ad altri corpi
attraverso quelli che chiamiamo i sensi. Ci hanno preceduto i sensi sti:
nulla è dentro la nostra mente che non ci viene fornito dai sensi. E così la
fantasia, la logica, la ragione, la fede altro non sono che gli strumenti più
raffinati di un corpo tra i corpi (materia) che, come l’infima creatura che
emette pseudopodi, procede dal coacervato all’ameba e arriva all’uo- mo,
cuspide di presunzione, anelito più che sensata pregnanza di vita.. Non
lasciamoci impressionare dai prodotti di questo strumentario intellettuale:
arti, religioni, presenze invisibili, futurologie improbabili, paradisi perduti
o escatologici disegni, virtualità effimere come sogni, denunciate già dal fol-
le di Danimarca una volta per tutte. Sono sirene lusingatrici di contro al cui
canto ammaliante hanno ancora buona validità i tappi di cera nelle orecchie
usati da Odisseo, navigante curioso, per escludere i suoi compagni2. Qualcuno
sostiene che le cose non sono se non create. Qui noi non soste- niamo
l’inesistenza delle cose: in tal caso dovremmo postulare e ammettere la
trascendenza, laddove noi riteniamo l’oltre una autonoma creazione (se vogliamo
mantenere il termine) del nostro pensiero. Abbiamo raggiunto (a livello di
pensiero puro, non certo di pensiero soggettivo) un tale grado di evoluzione da
creare dal niente, come aveva, in termini tutti romanti- ci, spiegato Fichte
enunciando i tre celebri principi della sua dottrina della scienza! Ma gli
sviluppi delle neuroscienze, in particolare, hanno reso sterili tali tentativi
di esplicazione del reale. Idealismo e religione fanno a gara a rincorrersi
nella loro foga di raggiungere la verità eterna! Meglio perciò rinchiudere i
filosofi nel trittico che si sono costruiti con secolare pazienza della
Metafisica, Teodicea e Ontologia. Che farnetichino in eterno sull’ori- gine
dell’anima, sul rapporto col corpo e sul destino futuro della umanità. Si
potrà, una volta sgombrato il terreno dalla zavorra, procedere in modo più
lineare, ordinato ed onesto alla diagnosi del male di vivere: del nascere e
morire. Tolta di mezzo la pretesa razionalità e la scientificità teologica (e
teleologica) con la sua saccenteria, gli strumenti dei sensi come la fantasia,
la fede, la ragione potranno riprendere legittimamente la loro funzione di
guida o di orientamento. Se partiamo dalla nostra “condizione umana” (senza
scomodare Mal- reau) vera e concreta, viene prepotente in ballo, la nostra
sensualità, prima ancora che la nostra sensitività. Avvertiti da Freud, che va
ascoltato con la 2 Vedi quanto scrive, F. Berto, L’esistenza non è logica. Dal
quadrato rotondo ai mondi impossibili, Laterza, Roma. 30 dovuta prudenza
filosofica, ci accorgiamo facilmente che è l’eros la molla privilegiata delle
nostre azioni o inazioni. Tanto è vero che sul terreno della storia è con
l’eros che il Cristianesimo ha ingaggiato fin dalle sue prime origini la sua
battaglia aperta, dagli erotici furori degli anacoreti fino ai ra- ziocinanti
dogmatismi teologici dei nostri giorni. Conviene delinearne un breve profilo.
2. Profilo storico dell’Eros in Occidente. Dal mito di Venere a Maria Vergine È
proprio nel mondo romano, e in quella che gli storici designano come età
tardo-antica, che si compie una storica metamorfosi della mitologia pa- gana:
il suo graduale trasferimento da religione delle classi colte e dominanti a
religione dei campi (pagi = pagani), della plebe rurale. Indicativo tra tutti
il passaggio di Venere, dea della bellezza, dell’amore e della fecondità, da un
canto, a quella di Demonio, Lucifero (portatore di luce), stella del mattino,
per i suoi referenti legati alla sessualità, e, dall’altro, a quella della
Vergine Maria, madre di Gesù Bisogna ricordare che mentre avanza il
Cristianesimo, il mito di Roma non solo permane ma, sotto mutate spoglie,
cresce e si svolge fino ai nostri giorni. Perde la sua valenza politica, la sua
forza sugli eventi immediati ma guadagna nell’immaginario. Entra a far parte
del grande patrimonio del- la memoria collettiva. Ma in tale processo, se perde
i suoi caratteri storici, obbiettivi, acquista una rinnovata immagine
fantastica, rispondente alle esigenze delle masse. Soprattutto il Medioevo
trasforma Roma, i suoi dei, la sua cultura in nuova mitologia sincretica, mista
di elementi tradiziona- li e di apporti nuovi conferiti dalle differenti
popolazioni d’Europa, attinti soprattutto alla nuova fede cristiana che diventa
l’amalgama di germane- simo, usanze barbariche, romanità, orientalismi, ecc.
Roma continuava ad avere un suo primato nell’immaginario o mondo incantato dei
miti e delle leggende3, come l’aveva avuto in quello, storico, politico
culturale e civile. Ricordiamo l’accorato rimpianto di Rutilio Namaziano
Fecisti patriam diversis gentibus unam. Urbem fecisti quae prius orbis erat
Nella cultura illuministica, tra Settecento e Ottocento, il mito di Roma si
veste di forme neo classiche. Goethe, Winkelmann, e Byron che 3 Cfr. F. Denis,
Le monde enchanté,. Cosmographie et histoire naturelle fantastiques du Moyen
Âge, richiamato da Graf, Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, 2 voll.,
Loe- scher, Torino. Ma vedi, dello stesso, Roma nella memoria e nelle
immaginazioni del Medio evo, 2 voll., Loescher, Torino ne fa la patria ideale delle genti Oh Rome! My
country! City of the soul! The orphans of th heart must turne to thee, Lon
mother of dead impires! Tale trasformazione della mitologia classica, porta con
sé naturalmente un radicale cambiamento della maniera di concepire l’amore e di
vivere l’e- ros. L’amore tra uomo e donna acquista differenti valenze e si
prepara quella teorizzazione dell’amore tutto spirituale che verrà dommatizzato
e praticato per tutto il Medioevo e, nella forma più angelicata e sublime, da
Dante al Petrarca, ...quel dolce di Calliope labbro che amore nudo in Grecia e
nudo in Roma, d’un velo candidissimo adornando, rendeva in grembo a Venere
celeste. Dilagheranno per tutta Europa fenomeni di sessuofobia completamente
ignoti alla società greca e latina, quale ad es. il fenomeno dell’ascetismo.
Sorgerà la figura, del tutto nuova e inconcepibile per il mondo classico,
dell’anacoreta e, d’altro canto, l’immagine del peccato prenderà aspetto dia-
bolico orripilante, venendo a popolare tutta una nuova mitologia di presen- ze
infernali che accompagnano e turbano la vita degli uomini del Medioevo. Molte e
varie le rappresentazioni tipiche della diabolicità mostruosa, frutto, in
particolare, del peccato di lussuria, quali il mosaico nel Battistero di Fi-
renze, opera popolaresca di Coppo di Marcovaldo che tanto impressionò Dante
fanciullo, il poema predantesco di Bonvesin della Riva, Il libro delle tre
scritture o il De Babilonia di Giacomino da Verona e i vari “precursori” di
Dante, fino alle allucinate raffigurazioni de il Giardino delle delizie di
Bosch al Museo del Prado4. Ma che accadeva? Venere, scacciata, veniva
ugualmente a tentare gli sciagurati che volevano sfuggirle, quali monaci ed
asceti; e, come ci ricorda sempre Graf, «invadeva le loro celle ugualmente,
immagine vagheggiata e detestata a un tempo». Siamo nell’epoca delle
tentazioni. Ecco l’autorevolis- sima testimonianza di San Girolamo, il grande
dottore della Chiesa, autore indiscutibile della Volgata, l’edizione ufficiale
della Sacra Scrittura, in una sua lettera alla vergine Eustochia: 4 Si ricordi,
Villari, Alcune leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia,
«Annali delle Univ. Toscane», Pisa. Soprattutto, A. D’Ancona, I precursori di
Dante, Sansoni, Firenze. Per ulteriori e dettagliati riferimenti, cfr. il mio,
I baratri della ragione. A. Graf e la cultura del secondo Ottocento, prefazione
di Garin, Lacaita, Manduria. Oh quante volte, essendo io nel deserto, in quella
vasta solitudine arsa dal sole, che porge ai monaci orrenda abitazione,
immaginavo d’essere tra le de- lizie di Roma! Sedeva solo, piena l’anima
d’amarezza, vestito di turpe sacco e fatto nelle carni simile a un Etiope. Non
passava giorno, senza lagrime, senza gemiti e quando mi vinceva, mio malgrado,
il sonno, m’era letto la nuda terra. E quell’io, che per timor dell’inferno
m’era dannato a tal vita e a non avere altra compagnia che di scorpioni e di
fiere, spesso m’im- maginava d’essere in mezzo a schiere di fanciulle danzanti.
Il mio volto era fatto pallido dai digiuni, ma nel frigido corpo l’anima ardeva
di desideri e nell’uomo, quanto alla carne già morto, divampavano gli incendi
della libidine5. E qui l’iconografia sacra ha lavorato sul santo, riempiendo di
San Giro- lami, atteggiati in guise diverse, tele, altari, absidi, pale, trittici
per tutto il medioevo e il Rinascimento. Da Dürer a Caravaggio, da Cima da
Conegliano a Masolino, da Masaccio a Tiziano, dalle tentazioni di Giovanni
Girolamo Savoldo al Perugino, fino alla compostezza gotico-geometrica di
Antonello, ecc.Si assiste ad una evoluzione storica dell’eros, che si
arricchisce, per così dire, dell’idea stessa del peccato. Simboleggiato dal
frutto proibito, l’atto carnale tra Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre viene
stigmatizzato come “peccato originale”, una sorta di marchio che da quel
momento in poi mac- chierà ogni creatura. Homo vulneratus est naturaliter,
sanziona definitiva- mente San Paolo! Anche se la dottrina della chiesa troverà
il modo di recu- perare in positivo quella ferita, quella malattia
costituzionale, con il concet- to dell’agape, nel quale l’eros si diluisce in
amicizia includente la mediazione del Cristo. Ma la cosa più sorprendente è che
Venere, simbolo dell’amore carnale, cantata da Lucrezio, poeta epicureo, come
colei che presiede alla bellezza della fecondazione sia di piante che di
animali, e perciò come voluttà d’uo- mini e di dei, subisce nel corso della
storia differenti e impensabili metamor- fosi. Da un canto, come quasi tutte le
divinità pagane, trapassa a popolare la mitologia cristiana di nuove figure
positive e negative, arrivando a iden- tificarsi dapprima con il Demonio in
persona, poi con la stella portatrice di luce, (Lucifero, angelo caduto e
stella del mattino); infine, fattasi mite e mise- ricordiosa, gradualmente
perdendo i suoi più accesi caratteri erotici di beltà voluttuosa, assurge
addirittura al ruolo di Maria Vergine, concepita senza peccato, Madre di Gesù,
figlio unigenito di Dio! Siamo di fronte a un feno- meno storico noto agli
storici e agli antropologi come sincretismo religioso 5 Trad. fedele di Graf da
S. Gerolamo, Epistolae, in Patrologia latina, a cura di J.-P. Migne, Parigi. Cfr.
A. Graf, Il Diavolo, cit.,per cui le divinità pagane continuano una loro vita,
si direbbe più dimessa e quasi nascosta, nei pagi, nelle campagne tra la povera
gente, trasformandosi, e sovente confondendosi, coi santi e le divinità della
nuova religione cristia- na. Ne è un esempio la favola di Tanhäuser, il
cavaliere francone di cui la dea Venere si innamora6. È nel mondo romano in
sfacelo che gli dei di Roma si avviano alla loro metamorfosi (quello che non
era accaduto agli dei ellenici). Da un canto si rintanano nei pagi, nei campi,
tra la povera gente di campagna e ne conti- nuano a propiziare raccolti, a
combattere carestie ad aiutare la gente misera nelle quotidiane disgrazie che
affliggevano gli umili e gli indifesi; dall’altro lato, in questa storica
trasformazione, raccolgono in loro tutto il male ese- crabile del mondo antico:
il turpe, il diabolico, l’illecito, il peccaminoso del mondo romano di origine
greca. Soprattutto l’osceno (ciò che è dietro alla scena e, pertanto, non è
visibile) e il sensuale nei rapporti amorosi. Gli dei pagani si trasformano
così in demoni. Si passa dalla celebrazione dell’amore fisico, cantato dai
poeti, da OVIDIO (si veda), Catullo (i neoteroi) a LUCREZIO (si veda), che lo
inserisce nel fluire e divenire dei fenomeni naturali, alla definitiva
divaricazione della sessualità dall’amore spirituale, come aspetti di una pas-
sionalità di differente e contrapposta natura. Si ricordi l’inno a Venere di
Lucrezio: Aeneadum gentirix, hominum divomquae voluptas, Alma Venus, caeli
subter labentia signa quae mare navigerum, quae terras frugiferentes,
concelebras, per te quoniam genus omne animantum concipitur visitqae exortum
lumina solis; Ma ecco come espone Arturo Graf, storico dei miti romani nel
Medio- evo, la sottile trasformazione degli dei di Roma (quelli stessi che
Virgilio, guida di Dante, aveva chiamati, falsi e bugiardi) in divinità o
potenze demo- niache cristiane: I numi che avevano avuto altari e templi non
muoiono, non dileguano, ma si trasformano in demoni, perdendo alcuni l’antica
formosità seduttrice, ser- bando tutti la gravità antica, accrescendola. Giove,
Giunone, Diana, Apollo, Mercurio, Nettuno, Vulcano, Cerbero e fauni e satiri
sopravvivono al cul- to che loro era reso, ricompaiono fra le tenebre
dell’inferno cristiano, in- gombrano di strani terrori le menti, provocano
fantasie e leggende paurose. Diana, mutata in demonio meridiano, invaderà i
disaccorti troppo obliosi di lor salute, e la notte, pei silenzi dei cieli
stellati, si trarrà dietro a volo le 6 G. Paris, Legendes du Moyen Age,
Hachette, Paris 1903, dove esamina la storia e la dif- fusione della leggenda
(La légende de Tanuhäuser). Fonte delle varianti della stessa leggenda resta
Guglielmo di Malmesbury (XII secolo). Vedi Graf, Il Diavolo. 34 squadre
delle maliarde, istruite da lei. Venere sempre accesa d’amore, non meno bella
demonio che dea, userà negli uomini l’arti antiche, inspirerà ardori
inestinguibili, usurperà il letto alle spose, si trarrà fra le braccia, sot-
terra, il cavaliere Tanhäuser, ebbro di desiderio, non più curante di Cristo,
avido di dannazione7. 3. Scienza, filosofia e fantasia: il pensiero femminile e
la ”teoria e pratica della dimenticanza”. Il rapporto latente tra il sapere e
il credere Ogni proposta gnoseologica parte opportunamente da quelle ben note
premesse che Galileo autorevolmente chiamava le “sensate esperienze”, an- che
se le poneva in relazione con le “certe dimostrazioni”. Così, prudente- mente
procedendo, ogni teoria della conoscenza, pur restando legata alla dimensione
esperienziale, per così dire, non escludeva né poteva escludere l’elaborazione
successiva di ipotesi con l’ausilio della fantasia, della fede, dell’intuizione
oltre che della facoltà razionale con la quale da sempre la mente umana ha provato
ad elaborare i portati sensoriali, di volta in volta vari e complicati.
Proviamo a valutare, ad esempio, non le nostre idee, o i nostri elaborati
razionali ma alcuni particolari sentimenti o pulsioni come l’amore, l’eroti-
smo, o, addirittura, la poesia con cui ci accostiamo ad una persona o ad uno
scenario naturale quale, che so? la volta celeste di kantiana memoria. Gli eroi
greci per comprendere una verità nascosta, scendevano nell’Ade, entravano nel
regno imperscrutabile delle ombre. Da altra prospettiva, sub specie feminae, da
quel che oggi chiamiamo «pensiero femminile», ci viene incontro, spalancandoci
una diversa rinnovata visuale, un modo solitamen- te desueto di scrutare
l’imperscrutabile. Abbiamo davanti un continente dissepolto, il nostro Ade,
tutto da esplorare. È così che – s’è detto e sostenuto da parte delle donne –
«le poesie vivono delle voci narranti che, appassiona- tamente, riflettono su
un passato da abbandonare»:8 Quel che sembrava finito Era nascosto entro i
luoghi del cuore... Da tale prospettiva, in conclusione, «per giungere a tanto
bisognava scen- dere all’Ade», come fa il viaggiatore Odisseo: «provare i
dolori più cupi e le delusioni più cocenti a cui seguono le esperienze».
S’entra così nell’universo del senso fantastico senza ripudiare la possibilità
razionale di elaborare non 7 A. Graf, Il Diavolo, riedizione cit., pp. 52-53. 8
Utilizzo in questo paragrafo, frammettendone brani a mie riflessioni e
commenti, il testo originale inedito, cortesemente messo a mia disposizione, dalla
filosofa della mente G. Bussolati, Teoria e pratica della dimenticanza.
35 più ciò che è nei sensi ma quanto ribolle nella fantasia. Un esempio
potrebbe fornircelo il Leopardi dell’infinito laddove dalla esperienza
sensibile (la sie- pe, il vento, lo stormir delle foglie) che non si lascia
elaborare razionalmente, sale, quasi spinozianamente, ad un sapere più
complesso: una sorta d’amor dei intellectualis che s’apre al mistero sia della
poesia che dell’amore... ...E come il vento odo stormir tra queste piante, io
quello infinito silenzio e questa voce vo comparando e mi sovviene l’eterno e
le morte stagioni e la presente e viva e il suon di lei.... E, ancora, entrando
nel campo intricato del male di vivere, addirittu- ra nelle patologie del
comportamento, delle ossessioni, delle schizofrenie, laddove ci siamo chiesti,
con l’angoscia nel cuore, se questo è un uomo, pro- viamo a proporre la teoria
e pratica della dimenticanza: l’obliviologia. È cer- to come un lavoro di
scavo; ma non abbiamo da riportare al celeste raggio nessuna sepolta Pompei;
non procediamo, in senso freudiano, a rimestare nella memoria, nel sogno,
recuperando oggetti rimossi, tutt’altro. L’oggetto è diventato uno scheletro
che va dimenticato, ritenuto per non posto: mai esistito. La dimenticanza è
dapprima una sola pratica; quasi l’abitudine a dimenticare le chiavi di casa.
Poi assurge a tecnica e, infine a teoria e pratica dell’oblio. Corre, in un
certo senso, parallela alla terapia farmacologica del sonno, indotto da dosi
opportune di psicofarmaci. Si tratta di togliere le fissazioni tramite la
dimenticanza: di riportare il conosciuto agli elementi puri ma allo scopo di
favorire un intervento di maggior forza ectoplasmica sugli oggetti e sugli
eventi esterni, e per eliminare il noto processo di invec- chiamento e, infine,
di morte mentale. Scendendo al piano sperimentale, abbiamo cancellato i
sovraccarichi delle impressioni mnemonizzatrici e fatto sparire le figure
retoriche fanta- smatiche, i “mostri” o “giganti” che si fissano e si ripetono
continuamente, oberando la mente affralita. Dimenticare diventa così l’ausilio
migliore del vivere senza alcun sforzo il presente. Non è la panacea, non si
raggiunge il Nirvana; non si recuperano paradi- si perduti. Si vive
riconquistando un più corretto rapporto col corpo, i sensi, la natura. La
memoria deve servirci, non turbarci. Se è una soffitta ingombra rischia di
confonderci nel suo disordine; dobbiamo far pulizia perché la vita va vissuta
non sopportata E arriviamo infine a una considerazione alquanto complessa ma di
facile comprensione. Quella stessa nostra propensione che chiamiamo fede altro
non è, finanche nella sua forma più umile, che sempre e soltanto costruzio-
36 ne della ragione, in quanto ogni fede presuppone sempre un giudizio
della ragione. Da tale considerazione deriva la plateale conseguenza che la
fede non è altro, alla fin fine, che la nostra visione più o meno razionale
della realtà; pertanto quella fede nel numinoso e nel fantastico che è la fede
re- ligiosa dei fedeli e che alla nostra razionalità più sofisticata ripugna, è
solo un puro e semplice equivoco, imposto dall’educazione, dalle convenzioni e
mai può derivare dalla nostra libera scelta intelligente che in tal modo si
contraddirebbe9. Credere, altro non è che atto razionale; in quanto, rigoro-
samente, non c’è fede senza il sostegno della ragione. Ma, ci si chiede, fino a
che punto? Il limite è il sano buon senso. Oltre c’è la follia e l’assurdo; ma
follia, sempre ed esclusivamente della ragione stessa, unico vero soggetto di
quanto chiamiamo fede! 4. Emarginazione femminile e non. La donna da oggetto a
soggetto di pensiero Da differente angolatura l’oggetto del mistero che
chiamano la verità, si svela gradatamente, di sotto il velame delli versi
strani. Del resto, a ben pensare, quando penso, penso al maschile, ho sempre
pensato al maschile. La storia, la civiltà tutta, occidentale e orientale,
hanno pensato soltanto al maschile. Non solo: per secoli, il vero, il bene, il
bello sono stati visti, si al maschile, ma ancora nella implicita
insignificanza oltre che della donna, di altre figure sociali di grande
rilevanza: del bambino, del disadattato o del diseredato o escluso dalla
comunità, dell’alienato o del demente. Interi uni- versi come continenti
inesplorati si sono schiusi appena abbiamo provato a visitarli. Erano emersi,
nella dannazione dell’inferno dantesco, nei mosaici e negli affreschi
allucinati di Coppo, nei battisteri, nelle chiese medioevali, nelle
allucinazioni di raffiguratori fantasiosi fino al paradosso come in Bo- sch o
in Goja, nei racconti favolosi delle mitiche origini di intere popolazio- 9
Cfr. P. Martinetti, Scritti di metafisica e di filosofia della religione, a
cura di Agazzi, Ed. di Comunità, Milano, dove tra l’altro si legge: «Anche LA
FILOSOFIA è sotto certi rispetti una fede; in quanto essa è uno sforzo verso
l’unità sistematica che in ogni grado raggiunto si pone come una visione
definitiva della realtà; ciò che non può fare che trasformandosi in una fede
razionale; la fede nella dottrina kantiana. D’altra parte la fede comune non è
assolutamente irrazionale; è una razionalità adatta alla mente comune, ma è una
forma di razionalità; non v’è sistema di dogmi così assurdo che non tenti
subito una razionalizzazione. Ogni esposizione d’un sistema di filosofia è,
sotto questo riguardo, l’esposizione di una fede. Non ha quindi ragion d’essere
la contrapposizione della ragione e della fede (come qualcosa di irrazionale):
la fede è l’espressione stessa di una formazione razionale; ogni grado della
vita razionale in quanto si esprime, si fissa e diventa una realtà operante, è
una fede». Più analitica esposizione della questione si trova nel mio, Ateismo
e filosofia. Considerazioni sull’ateismo latente nel pensiero moderno e
contempora- neo e sul conflitto tra la fede e la ragione, «Il
Cannocchiale», ni, tramandate oralmente
nei miti e nelle leggende che correvano per l’Eu- ropa come fiumi carsici,
uscendo di tanto in tanto al “celeste raggio”, dove l’oblio di secoli li aveva
segregati....Soltanto oggi cominciamo a prenderne consapevolezza, filosofica e
scientifica: scopriamo un nuovo continente speculativo, il pensiero al
femminile come rinnovato modo di guardare la vita, la storia, la natura.
Proviamo a riandare di qualche secolo addietro. Le cosiddette scienze umane ci
si erano accostate per via di quel loro par- ticolare porsi dalla prospettiva
del diverso, ma solo l’assurgere di quell’og- getto alla dignità di soggetto
pensante e determinante trasforma del tutto la prospettiva. La partecipazione
del femminile come quella del diverso, del disadattato alla ricerca della
verità completa veramente il mondo storico della cultura portandolo al suo
stadio più alto, fuori da ogni gilepposo pa- ternalismo o indulgente
concessione caritatevole. Del tutto trascurati o stipati alla rinfusa nella
soffitta anodina della eru- dizione, alcuni sprazzi di consapevole
disponibilità al diverso erano emersi già nel passato, in ambito borghese
progressista, presso spiriti particolar- mente sensibili. Ma restava un fatto
isolato che non ha vissuto significanza o storicità. Sentite questa: siamo nel
1898: E dei disadattati all’ambiente non è giusto parlar con tanto disprezzo.
Ol- trecché esercitano alcune funzioni non esercitate dagli altri, essi sono un
lievito sociale utile e necessario; tengon viva nell’organismo collettivo
un’inquietezza nemica delle stagnazioni prolungate, e non avvien mutazio- ne
alla quale in qualche maniera non cooperino che se i geni fossero pazzi davvero
bisognerebbe riconoscereche i più disadattati fra i disa- dattati, quali son
per l’appunto i pazzi, resero alla misera umanità più di un buon servigio. Da
altra banda è da considerare che un perfetto adattamento all’ambiente farebbe
gli uomini supinamente contenti e tranquilli e porte- rebbe fine al moto della
storia, per la ragione potentissima che chi sta bene non si muove. Lo direi il
vademecum per l’onest’uomo del nostro tempo! Ma molto an- cora resta da fare: e
questa è la vergogna del nostro tempo. La chiesa cat- tolica ad es., che ha
chiesto, solo di recente, con un pontefice tormentato e disponibile al dialogo,
perdono al mondo islamico, ha ancora da chiedere scusa alle donne, ai bambini,
alle coppie di fatto, agli omosessuali, agli atei, agli agnostici, agli
scienziati onesti e laici che dalle dottrine e dai dogmi della chiesa vengono
quotidianamente offesi, respinti e vilipesi. I libri proibiti e il rapporto
sessuale come “peccato” contro il sesto precetto del Decalogo Tra i compiti
primari che si assunsero al loro tempo gli apologisti catto- lici e i
controversisti, figura subito in primo piano quello della lotta ai libri
proibiti, che è come dire a tutta la prodizione libraria moderna. Prendo an-
cora ad es. emblematico il santo teologo moralista e dottore autorevole della
Chiesa: Alfonso de Liguori. Ne La vera sposa di Gesù Cristo10, a dimostrazio-
ne di quanto possa essere pericolosa la lettura in genere, sconsiglia alle Mo-
nache addirittura lo studio sia della Teologia Morale che di quella Mistica.
Parimenti libri inutili ordinariamente sono, ed alle volte anche nocivi per le
Religiose, i libri di Teologia Morale, poiché ivi facilmente possono inquietarsi
con la coscienza oppure apprendere ciò che lor giova non sapere. An- che nociva
può essere a taluna la lettura dei libri di Teologia Mistica, giacché può
essere che ella si invogli dell’orazion soprannaturale, e così lascerà la via
ordinaria della sua orazione solita, in meditare e fare affetti, e così resterà
digiuna dell’una e dell’altra. Vige, come una sentenza inappellabile, il motto
lapidario di San Paolo: Sapienza carnis inimica est Deo. L’amore del sapere
viene paragonato ad un vizio, alla libidine sessuale: libido sciendi11. Circa i
classici del pensiero che pur contengono delle verità, si domanda con San
Girolamo: «Che bisogno hai di andar cercando un poco d’oro in mezzo a tanto
fango, quando puoi leggere i libri devoti, dove troverai tutt’o- ro senza
fango?». La lettura è importante, fondamentale anche alla via della salute, ma
ha dei rigorosi limiti. Quanto è nociva la lettura de’libri cattivi,
altrettanto è profittevole quella de’buoni. Il primo autore de’libri devoti è
lo Spirito di Dio; ma de’li- bri perniciosi l’autore n’è lo spirito del
Demonio, il quale spesso usa l’arte con alcune persone di nascondere il veleno,
che v’è in tali suoi libri, sotto il pretesto di apprendersi ivi il modo di ben
parlare, e la scienza delle cose del mondo per ben governarsi, o almeno di
passare il tempo senza tedio. Con determinate categorie di persone,
l’esclusione si fa radicale. Alle suore scrive così: Ma che danno fanno i
romanzi e le poesie profane, dove non sono parole 10 Cito dall’ed. Remondini,
Bassano, Vedi l’uso di tale espressione nella denuncia controversistica
cattolica (aristotelica) della filosofia cartesiana e moderna nel saggio di chi
scrive, «Libido sciendi». Immagini dell’empietà nell’apologetica cattolica tra
Sei e Settecento (Dal Magalotti al padre Valsecchi), «Giornale critico della
filosofia italiana», immodeste? Che
danno voi dite? Eccolo: ivi si accende la concupiscenza de’ sensi, si svegliano
specialmente le passioni, e queste poi facilmente si gua- dagnano la volontà, o
almeno la rendono così debole, che venendo appresso l’occasione di qualche
affezione non pura verso qualche persona, il Demo- nio trova l’anima già
disposta per farla precipitare12. Contro il risveglio delle passioni e contro
“la concupiscenza dei sensi”, i controversisti scagliano i loro dardi infuocati
e avviano le loro sottili disqui- zioni teologiche su quanto vada considerato
peccato mortale. Ed è questo un fardello che la chiesa si porta dietro così
come uno ster- corale si rotola la sua palla di escrementi. L’ossessione del
sesso: la cura me- ticolosa con cui si prova da secoli a disciplinarlo,
legittimarlo, canalizzarlo, evirandolo della sua essenza: la ricerca del
piacere e costringendolo alla sola funzione riproduttiva. Ci serviremo non di
un semplice scrittore di opere di pietà ma di un autorevole moralista della
chiesa cattolica, santo per giunta, dottore della chiesa, uomo di grande pietà
e d’erudizione: che Croce defini- va il più santo dei napoletani, il più
napoletano dei santi. Ecco cosa scrive il nostro moralista sul sesto precetto
del Decalogo e in che modo espone le sue precauzioni con cui anticipa una
minuziosa tratta- zione di quanto potremo chiamare la fattispecie del peccato
mortale. Il peccato contro questo precetto è la materia più ordinaria delle
Confessio- ni, ed è quel vizio che riempie d’Anime l’Inferno; onde su questo
precetto parleremo delle cose più minutamente; e le diremo in latino, affinché
non si leggano facilmente da altri che dai confessori, o da quei sacerdoti che
in- tendano abilitarsi a prendere la Confessione; e preghiamo costoro a non
leg- gere né in questo né in altro libro di quella materia (che colla sola
lezione o discorso infetta la mente) se non dopo tutti gli altri trattati e
quando ormai sono prossimi ad amministrare il Sacramento della Penitenza13.
Affronta perciò subito lo scabroso tema della fornicazione, e dei rapporti
carnali con l’altro sesso con minuta casistica sessuofobica: de tactibus, de
muliebre permittente se tangere, an puella oppressa teneatur clamare, an pos-
sit unquam permittere sua violationem, de aspectis, de verbis, de audientibus
verba turpie, ecc. Ma non manca di precisare: Ante omnia advertendum, quod in
materia luxuriae (quidquid alii dicant de levi attrectatione manus foeminae,
vel de in torsione digiti) non datur par- vitas materiae; ita uti omnis
delectaio carnalis, cum plena advertentia, et consensu capta, mortale peccatum
est. 12 La vera Sposa di G.C., A. M. de Liguori, Istruzione e pratica per li
Confessori, Giuseppe Di Domenico, Napo- li, e sgg., anche per le citaz.
successive. 40 Il pio moralista, scaltrito nella casistica giuridica, sa
che bisogna scende- re nei minimi particolari per trovare la situazione
peccaminosa: se grave o lieve o poco rilevante o, addirittura, del tutto inesistente;
perciò distingue gli atti sessuali compiuti nel matrimonio o extra matrimonium.
In situazio- ne extra coniugale, tutti i toccamenti, oscula et amplexus ob
delectatione, mortale sunt. Vi sono numerosi casi dubbi da esplicitare: ne va
di mezzo la salute delle anime, calate in situazioni mondane sempre diverse e
comunque sempre a stretto contatto con le tentazioni della carne. Ad es., la
donna o il fanciullo non peccano se si fanno toccare secondo la consueta
pudicizia dettata dalla simpatia o dalla buona affettuosa disposizione; peccano
invece se non si op- pongono a contatti impudichi, o a baci insistenti
(morosis) e furtivi. E anco- ra: la fanciulla aggredita allo scopo di usarne
violenza è tenuta a urlare ad se liberandam a turpitudine? Nel caso non invocasse
aiuto con la dovuta forza e insistenza lo stupro si cambierebbe facilmente in
consenso peccaminoso. Ma la questione resta controversa se debba ritenersi
consenso il non aver gridato o invocato aiuto, secondo un’antica sentenza per
la quale, praesume- batur puella non clamans consentiente. Perviene infine a
definizioni accurate degli atti turpi, differenziando quelli compiuti
naturalmente da quelli innaturalmente. Ecco la definizione di fornicazione e di
concubinaggio, quali peccati mortali: Fornicatio est coitus intersolutos ex
mutuo consensu. Concubinatus autem non est aliud quam continuata fornicatio,
habita uxorio modo in eadem vel alia domo; [e quella di stupro, come:]
defloratio virginis ipsa invita, et ideo praeter fornicationis malitiam habet
etiam injustitiae. Attraverso una minuziosa casistica quasi boccaccesca, buona
– si direb- be - ad arricchire la documentazione erotica di un romanziere
libertino, il moralista passa in rassegna le svariate forme di rapporti
sessuali, da quelle legittime a quelle addirittura più strane e peregrine, come
l’accoppiarsi in luogo sacro, quali una chiesa, il cimitero, l’oratorio, il
monastero, ecc. Pone addirittura questioni dubbie sulle maniere e le condizioni
in cui tale rap- porto potrebbe verificarsi. Pur ammettendosi il peccato, sorge
la questio se si tratti o meno di sacrilegio. Ad es. «an copula maritalis, aut
occulta abita in Ecclesia, sit sacrilegium?» Vi si potrebbero emanare tre
sentenze differenti: una che ritiene irrilevante la condizione di coniugi,
un’altra la situazione occulta (che l’abbiano fatto di nascosto) e una terza
che ritiene essere sacri- lego l’atto in ogni caso. Addirittura se si tratta di
marito e moglie, secondo alcuni teologi, l’atto consumato in chiesa potrebbe
essere scusato, si ipsi sint in morali necessitate coeundi, puta si ipsi in
pericolo continentitiae, vel si diu in Ecclesia permanere debeant. 41 Il
lettore ne trae l’impressione che l’autore (più che dietro suggerimenti
letterari coevi) vada ad estirpare direttamente dalla vita, dalle lussuriose
esperienze dei peccatori, dalle situazione più impensabili, apprese nelle lun-
ghe ore passate al confessionale ad ascoltare ed a sollecitare le confessioni
più intime dei fedeli, tutte le forme, i modi che la secolare ricerca del
piacere ha suggerito di epoca in epoca all’uomo, dalle più rozze e volgari
maniere di accoppiamento fino alle più raffinate arti di amare e trarre
godimento che proprio I LIBERTINI andano perfezionando e praticando in forme
sempre più sofisticate. La stessa lingua latina – ma qui dovrebbe- ro dirla i
linguisti – si fa molto particolare fino all’uso di neologismi non presenti nei
classici. Parlando della sodomia distingue quella propriamente detta da quella
impropria ed eterosessuale coitum viri in vase praepostero mulieris esse
sodomiam imperfectam, specie distinctam a perfecta. Si quis autem se pollueret
inter crura aut brachia mu- lieres, duo peccata diversa committeret, unum
fornicationis inchoatae, alterum contra naturam. An pollutio in ore fit diverse
speciei? Affirmant aliqui, vocantque hoc peccatum irrumantionem, dicentes quod
sempre ac sit pollutio in alio vase quan naturali, speciem mutat. Sed
probabilius sentiunt quod si pollutio viri sit in ore maris est sodomia; si in
ore feminae, sit fornicatio inchoata, et in super peccatum contra naturam ut
mox diximus... Arriva addirittura ad ipotizzare il coito cum femina morta, che
non rien- trerebbe nella fattispecie dei rapporti bestiali ma nella polluzione
e in quella che Alfonso chiama fornicatio affective. Dalla sessuofobia
all’erotismo peccaminoso: Cortigiane poetesse e libertini filosofi. L’Eros
redento Prendiamo due secoli di storia molto emblematici: il Cinquecento e il
Settecento. Dall’Italia delle corti signorili alla Francia della grande
rivoluzione. Due secoli in cui l’eros vive una sua storia illustre, tra
cortigiane raffinate poetesse e abati filosofi e libertini. A dirla franca alla
sua maniera sull’eros e a dargli veste poetica disinibita, ci pensa subito
Pietro Aretino: ma sempre da una angolatura tutta maschile. Nonostante si salvi
la dignità della partner che qui giuoca un ruolo attivo di co-protagonista del
rapporto amoroso, in cui l’atto sessuale si trasforma in una sticomitia
drammatica non priva di poetica oscenità. Soltanto nel petrarcheggiare delle
cortigiane, come la soave Franco che riceve sotto le sue lenzuola di tela
d’Olanda finanche Enrico III di Valois, la donna trova finalmente il suo primo
vero riscatto sul maschio, con un suo modo raffinato (di alto erotismo) di
42 pilotare la barca dell’Amorosa Dea; ad esse, tra principi, sovrani,
alti prela- ti, pontefici gaudenti, spetta il compito di riscattare dall’eterna
dannazione l’Eros e fargli recuperare il valore perduto col trionfo del
Cristianesimo. Un recupero, tutto al femminile, del paradiso perduto. Così
canta il suo ufficio amoroso, guidato da Apollo, la dolce Veronica. Febo che
serve a l’ amorosa Dea E in dolce guiderdon da lei ottiene Quel che via più che
l’esser Dio il bea, A rilevar nel mio pensier ne viene Quei modi che con lui
Venere adopra Mentre in soavi abbracciamenti il tiene. Ond’io instrutta a
questi so dar opra, Si ben nel letto, che d’Apollo all’arte Questa ne va
d’assai spazio di sopra E il mio cantar e ‘l mio scrivere in carte S’oblia in
chi mi prova in quella guisa Ch’a suoi seguaci Venere comparte. Nel Settecento,
cui ora vogliam far cenno, sia pur per sommi capi, le cose stavano in modo ben
differente da come ce le hanno rappresentate quando a scuola ci hanno spiegato
quel periodo. I libri del Marchese de Sade rap- presentano, ad es., una nuova
filosofia morale e non sono la pura e semplice invenzione di tecniche erotiche
pervertite, come comunemente si crede. I recenti studi hanno sfatato quella
immagine del divin marchese. “La filo- sofia deve dire tutto”, egli ha
affermato: tutto senza ipocrisie e fingimenti. Egli non fu né il primo né il
solo a sostenere i diritti della carne, che grida la sua legittima
soddisfazione contro le assurde costrizioni della cosiddetta civiltà. Il
celeberrimo sadismo: ricerca del piacere attraverso il godimento per la sofferenza
del partner, ha ben altre origini che le sole discendenze da Sade. Bisognerebbe
intanto rifarsi alle meticolese ricerche di Skipp, di Leeds, che ha schedato
tutti i testi erotici inglesi scoprendovi come l’uso educativo della frusta e
le sculacciate a pelle nuda sui ragazzi, era praticato dai gesuiti in chiave
educativa e correttiva, ma finiva per confinare molto spesso con l’erotismo
portando addirittura all’orgasmo vero e proprio. Nacque un termine:
“orbinolismo” che vuol dire “smania di frustare” (Cfr. Rodez, Memorie storiche
sull’orbinolismo). Né si dimentichi, oltre la pratica, anche l’elogio
cattolico, presso non solo l’ordine dei gesuiti ma anche di Scolopi e
Salesiani, fatto in termini pedagogici della frusta e della sua frequente
pratica a scopi educativi e correttivi: virga tua et baculus tuus salus mea
fuerunt!.... A tali osservazioni sul costume del secolo va aggiunto che la
proverbia- le sporcizia che caratterizzava il ménage domestico dell’epoca anche
tra le famiglie nobili e abbienti, non era poi così generalizzata. Soprattutto
le donne avevano introdotto l’uso davvero innovativo dell’erotico bidet (che ha
la forma di violino e, al tempo stesso, quella dei fianchi femminili) che
permetteva loro di mantenere igiene e pulizia in quelle parti del corpo che ne
avevano più bisogno. A tal proposito restano molto istruttive le pagine dei
romanzi erotici e libertini, tra i quali spicca Restif de La Breton con il suo
Anti Justine dove si nota l’uso frequente e generalizzato di tale strumento da
toilette, prima e dopo gli incontri amorosi.. Perciò, una volta sfatata
l’immagine stereotipata del Settecento illumi- nistico, astrattamente
razionalista, irreligioso e dai costumi depravati, pro- viamo a riguardare
sotto diversa luce e angolatura, libere da pregiudizi e remore moralistiche e
confessionali, la letteratura erotica e d’amore di quel secolo che, oltre
tutto, fu di Mozart, di Kant, di Bach, oltre che di Voltaire, di Rousseau e di
Goethe e ci lasciò in eredità non soltanto la grande rivoluzione dell’89 ma
anche quella che fu la più colossale e universale summa di sapere moderno:
l’Enciclopedia, ovverosia dizionario ragionato di tutte le scienze, le arti e i
mestieri contro la quale pullularono subito una serie di Anti-Enciclo- pedie
anche da noi in Italia per porre un argine all’avanzata di quelle idee di
libertà e di progresso civile. Il ricordare LEOPARDI è qui d’obbligo: Così ti
spiacque il vero, dell’aspra sorte e del depresso loco che natura ci diè, per
questo il tergo vigliaccamente rivolgesti al lume che il fe palese... Insomma
lo zelo sessuofobico, la guerra dichiarata all’istinto sessuale porta il
sacerdote, il ministro del culto cattolico, il confessore a scendere nei
particolari della vita sessuale singola e della coppia, sia entro che fuori del
matrimonio: a scoprire i più segreti momenti dell’intimità delle coppie fino a
scrutare e distinguere, entro le fantasie erotiche più raffinate, i comporta-
menti più o meno peccaminosi, cioè conformi a canoni tutti da verificare di
volta in volta (casistica). Una sorta di filo invisibile lega pertanto il pio
cen- sore al libertino e al peccatore o la peccatrice (lo denuncia la stessa
corrente espressione possessiva: il” mio” confessore!) tanto da diventare
complemen- tari, avvincersi in un legame indissolubile fino a non poter più
fare a meno l’uno dell’altro14. Ma il legame tra religiosità e libertinismo,
così come tra l’erotismo e la religione cattolica in particolare, si fa sempre
più stretto fino a dipendere l’uno dall’altro: come, in regime capitalistico,
domanda e offerta. Il cattoli- 14 Cfr., infine, “L’Asino” di Podrecca a
Galantara e le critiche positivistiche e anticlericali alla morale alfonsiana,
Feltrinelli, Milano] cesimo deve disciplinare a suo modo il sesso e, in genere,
tutta l’attività e la fantasia umane; l’eros deve trovare entro una nuova
coscienza storica la sua rinnovata voluttà. Ecco allora il piacere stesso
trovar vie differenti rispetto al piacere degli antichi, allor quando quella
ricerca non veniva combattuta, non era un tabù, anzi era apprezzata come uno
dei più ambiti doni della na- tura. Vengono a far parte del piacere anche i
marchingegni e i sotterfugi per eludere le prescrizioni correnti e i limiti che
le norme religiose impongono dall’esterno. Finanche i pregiudizi siano di
ispirazione cattolica o meno - diventano materia di raffinato erotismo.
L’esecrabile peccato della lussu- ria, prodotto tipico del Cristianesimo,
diventa perciò stesso fonte di piacere (la Jouissance illuministica), proprio
perché vietato e esecrato: soprattutto quando l’atto viene compiuto di
nascosto, cogliendo quello che è diventato, dopo la mitica cacciata dal
Paradiso terrestre, il frutto proibito, il godimen- to raggiunto di soppiatto e
contro la legge o la morale corrente perciò più seducente e ricercato per la
sua illegtittimità! La letteratura è piena zeppa di esempi e finisce per
produrre un genere di scrittura narrativa particolare che chiamiamo “erotica” o
“pornografica”: di libri che s’han «da leggere con una mano sola», un genere
che non si spiegherebbe prima del cristianesimo e della dannazione dell’eros e
del piacere e che va dai canti carnascialeschi al Decamerone, al Ruzante, all’ARETINO,
ai poeti dialettali: da BAFFO, veneziano, al grandissimo BELLI, romanesco, al
dimenticato TEMPIO, siciliano, nato a Catania, per arrivare alla letteratura
erotica del romanzo libertino francese in cui confluiscono le innumerevoli
forme e modi di estraniazione, di sogno, di fuga dalla realtà che delineano
l’universo fantastico che sarà la base della letteratura romantica europea e
soprattutto del romanzo e della grande narrativa ottocentesca e contemporanea,
da Balzac a Flaubert, a Hugo a Dumas, dal romanzo russo al nostro MANZONI, a
Zola, a VERGA alla miriade dei narratori dei nostri giorni. In conclusio-ne, ma
in una maniera tutta nuova, possiamo ritenere avesse davvero visto giusto il
grande saggio napoletano CROCE quando affermò che non possiamo non dirci cristiani.
Se persino l’erotismo è stato, malgré lui, influenzato e raffinato dal
cristianesimo. Se ne stanno accorgendo anche in Francia dove nasce la
letteratura libertina e la illuminata filosofia del piacere: dal materialista
La Mettrie all’esecrato marchese De Sade16. 15 Emblematico, per quanto qui si
va rilevando, il romanzo libertino, non ancora tradot- to, D.A.F. de SADE,
Alina et Valcour, ovvero il romanzo filosofico. Cfr., la Mostra: BNF, L’Enfer
de la Biblioteque Nazionale. Eros au secret, Paris, 2 Ricco di titoli, è venuto
alla luce un significativo numero di opere e autori soltanto ad opera di specialisti che li vanno pubblicando
e illustrando. Intanto segnalo l’originale antologia da Mettrie e Diderot,
curata da Quintili, L’Arte di godere. Testi dei filosofi libertini, Manifesto libri,
Roma. Girolamo de Liguori. Liguori. Keyword: “Associazione Filosofica Ligure” –
Keywords: implicature critica, ‘… is the true abyss of human reason” – “il
baratro della ragione conversazionale” – l’anima distilata – il lambicco
dell’anima”, redenzione dell’eros, la lussuria, la degenerazione, la
metamorfosi dei linguaggi – The Swimming-Pool Library.
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