Grice
e Martinetti: l’implicatura conversazionale -- i veliani e l’amore alcibiadico –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Pont Canavese).
Filosofo italiano. Grice: “I like
Martinetti; he wrote about eros, or as the Italians call it, ‘amore,’ – a
different root from cupidus, too! He edited a platonic anthology.” “He also has
a strange treatise on ‘the number’ which post-dates Frege!” -- «Di sé soleva
dire di essere un neoplatonico trasmigrato troppo presto nel nostro
secolo» (Cesare Goretti). Professore di filosofia, si distinse per essere
stato l'unico filosofo che rifiutò di prestare il giuramento di fedeltà al
Fascismo. Fu il primo dei quattro figli (tre maschi e una femmina, senza
contare una bambina che morì piccolissima) dell'avvocato Francesco Martinetti e
di Rosalia Bertogliatti. Studi Dopo aver frequentato il Liceo classico Carlo
Botta di Ivrea, si iscrisse a Torino, dove ebbe come insegnanti Allievo, Bobba, Ercole, Flechia e Graf, laureandosi
con una tesi, “Il Sistema Sankhya: un Studio sulla filosofia nell’India”
discussa con Ercole, docente di filosofia teoretica, pubblicata a Torino da
Lattes e, grazie all'interessamento di Allievo,
risulta vincitrice del Premio Gautieri. Dopo la laurea Martinetti fece un
soggiorno di due semestri presso l'Lipsia, dove poté venire a conoscenza del
fondamentale studio di Garbe sulla filosofia Sāṃkhya da poco pubblicato. Si può
dunque "ipotizzare che tra gli scopi del viaggio vi fosse anzitutto quello
di approfondire gli studi dell’India, iniziati a Torino con Flechia e 'Ercole." L'insegnamento
Martinetti insegnò dapprima filosofia nei licei di Avellino, Correggio,
Vigevano, Ivrea, e per finire al Liceo Alfieri di Torino. Compone la
monumentale “Introduzione alla metafisica” e “Teoria della conoscenza”, ch
edopo che consegue la libera docenza in
Filosofia teoretica all'Torino gli valse di vincere il concorso per le cattedre
di filosofia teoretica e morale dell'Accademia scientifico-letteraria di Milano
(che diventa Regia Università degli Studî) nella quale insegna. Divenne socio
corrispondente della classe di Scienze morali dell'Istituto lombardo di scienze
e lettere, fondato da Napoleone sul modello dell'Institut de France.
Il rifiuto della politica e la critica della guerra Martinetti fu una singolare
figura di intellettuale indipendente, estraneo alla tradizione cattolica come
ai contrasti politici che viziarono il suo tempo, non aderì né al Manifesto
degli intellettuali fascisti di Gentile né al Manifesto degli intellettuali
antifascisti di Croce. Fu uno dei rari intellettuali che criticarono la prima
guerra mondiale; scrisse infatti che la guerra è «sovvertitrice degli ordini
sociali pratici ed un'inversione di tutti i valori morali dà un primato
effettivo alla casta militare che è sia intellettualmente sia moralmente
l'ultima di tutte subordinando ad essa le parti migliori della nazione strappa
gli uomini ai loro focolari e li getta in mezzo ad una vita fatta di ozio, di
violenze e di dissolutezze. In seguito a quelle che qualifica di circostanze
pesantissime -- la marcia su Roma e la successiva nomina di MUSSOLINI a
presidente del Consiglio -- rifiuta la nomina a socio corrispondente dei reali
lincei. Mentre nelle sue lezioni sviluppa un sistema di filosofia della
religione, inaugura a Milano una Società di studi filosofici, formata da un
gruppo di amici in piena e perfetta indipendenza da ogni vincolo dogmatico dove
si riunirono autorevoli intellettuali del panorama filosofico e in cui
organizzò una serie di conferenze. Le prime conferenze furono tenute da Banfi e
da Fossati oltre che, naturalmente, da Martinetti, le cui tre relazioni,
riunite sotto il titolo comune di “Il compito della filosofia nell'ora
presente” segnano la sua rottura con Gentile. In seguito ad una denuncia per vilipendio
della eucaristia» presentata a Mangiagalli, dove sottoscrivere un memoriale in
difesa dei propri corsi sulla filosofia della religione. Incaricato dalla
Società filosofica italiana, organizza e presiedette il congresso di filosofia.
L'evento e sospeso dopo solo due giorni da Mangiagalli a causa di
agitator. Il congresso e poi chiuso
d'imperio dal questore. Da un lato incise l'opposizione di A. Gemelli,
fondatore dell'Università Cattolica, che fac parte del Comitato organizzatore
(quale rappresentante dell'Università Cattolica) ma che, per scelta di Martinetti,
non era tra i relatori. Dall'altro lato la partecipazione, fortemente voluta da
M., di Buonaiuti, scomunicato "expresse vitandus" dal Sant'Uffizio,
dette ai filosofi cattolici neoscolastici la scusa per ritirarsi dal congress. Le
minute cronache del congresso hanno già messo in luce come M. nell'assolvere al
compito di organizzatore dell'incontro, assunto con una apparente riluttanza,
operasse assai poco da ingenuo filosofo fuori dal mondo. Al contrario,
ricorrendo a una certa qual abile ruse egli mise assieme un programma che
costituiva quanto di più ostico potesse risultare ai palati dei cattolici
fascisti sia dei filosofi di regime. Martinetti firma con Goretti (segretario
del Congresso) una lettera di protesta al rettore Mangiagalli: «Compiamo
il dovere d'informarla che conforme al suo ordine il congresso si è sciolto
senza incidenti. Sciogliendosi ha votato all'unanimità il seguente ordine del
giorno di protesta: Il Congresso della Società filosofica italiana riunito in
Milano: avuta comunicazione che è stato rivolto alla Presidenza un invito
superiore achiudere i lavori del Congresso. Protesta in nome della libertà
degli studi e della tradizione italiana contro un atto di violenza che
impedisce l'esercizio della discussione filosofica ed invano pretende di
vincolare la vita del pensiero.» M. fu il direttore della Rivista di
filosofia, ma per prudenza il suo nome non vi comparve mai come tale. Tra i
collaboratori della rivista vi furono: Ennio Carando, Bobbio, Geymonat, Fossati (che ufficialmente ne era il direttore
responsabile), Solari, Levi, Grasselli, e Goretti.. Quando il ministro dell'educazione
Giuliano impose ai professori il
Giuramento di fedeltà al Fascismo, Martinetti fu uno dei pochi a rifiutare fin
dal primo momento: “Eccellenza! Ieri sono stato chiamato dal Rettore di
questa Università che mi ha comunicato le Sue cortesi parole, e vi ha aggiunto,
con squisita gentilezza, le considerazioni più persuasive. Sono addolorato di
non poter rispondere con un atto di obbedienza. Per prestare il giuramento
richiesto dovrei tenere in nessun conto o la lealtà del giuramento o le mie
convinzioni morali più profonde: due cose per me egualmente sacre. Ho prestato
il giuramento richiesto quattro anni or sono, perché esso vincolava solo la mia
condotta di funzionario: non posso prestare quello che oggi mi si chiede,
perché esso vincolerebbe e lederebbe la mia coscienza. Ho sempre diretta
la mia attività filosofica secondo le esigenze della mia coscienza, e non ho
mai preso in considerazione, neppure per un momento, la possibilità di subordinare
queste esigenze a direttive di qualsivoglia altro genere. Così ho sempre
insegnato che la sola luce, la sola direzione ed anche il solo conforto che
l'uomo può avere nella vita è la propria coscienza; e che il subordinarla a
qualsiasi altra considerazione, per quanto elevata essa sia, è un sacrilegio.
Ora col giuramento che mi è richiesto io verrei a smentire queste mie
convinzioni ed a smentire con esse tutta la mia vita; l'E.V. riconoscerà che
questo non è possibile. Con questo non intendo affatto declinare
qualunque eventuale conseguenza della mia decisione: soltanto sono lieto che
l'E.V. mi abbia dato la possibilità di mettere in chiaro che essa procede non
da una disposizione ribelle e proterva, ma dalla impossibilità morale di andare
contro ai principî che hanno retto tutta la mia vita. Dell'E.V. dev.mo
Dr.” In una lettera a Guido Cagnola scrive: «Ella ora saprà che io sono
uno degli undici (su 1225 professori universitari! ne arrossisco ancora) che
hanno rifiutato il giuramento di fedeltà e che perciò sono stati o saranno fra
breve espulsi dall'università. Mi consolo d'essere in buona compagnia: Ruffini,
Carrara, De Sanctis, Vida, Volterra, Buonaiuti e qualche altro. Mi rincresce
non tanto la cosa, quanto il modo: e mi rincresce che si sia fatto e si faccia
rumore intorno al mio nome. Ma come fare? Giurare per me era tanto impossibile
quanto una impossibilità fisica: sarei morto d'avvilimento. E in un'altra
lettera ad Adelchi Baratono. Io non ho voluto giurare (e così credo molti degli
undici) per un motivo religioso, per non subordinare le cose di Dio alle cose
della terra: dove sta per andare il rispetto della coscienza? Ciò è triste e
annuncia oscuramente un avvenire triste per tutti, anche per i
persecutori.» Come scrive al proposito Minazzi: «Martinetti ha
infine opposto un netto rifiuto a sottostare al giuramento preteso e voluto
dalla dittatura da tutti i docenti universitari italiani. Giustamente occorre
sempre sottrarre, criticamente, questo straordinario gesto martinettiano,
invero assai emblematico, da ogni ottundente e vacua retorica antifascista,
onde comprenderlo in tutta la sua genesi specifica. Nel caso di M. non può
allora essere certamente negato, in sintonia con Alessio, il carattere
dichiaratamente religioso di questa sua scelta che, non per nulla, lo ha infine
indotto ad essere l'unico filosofo italiano universitario che ha avuto
l'incredibile capacità critica di sottrarsi nettamente e senza compromessi all'imposizione
del regime. In questa prospettiva M. non ha giurato proprio perché nutriva una
particolare percezione critica dello stesso "giuramento" in
connessione con i suoi più profondi convincimenti morali che avevano peraltro
guidato tutta la sua attività di filosofo. Tuttavia, nel riconoscere questa
precisa matrice religiosa della sua scelta, non deve essere neppure negato il
suo specifico valore e il suo preciso significato civile, culturale e anche
filosofico.» Scrive in proposito Amedeo Vigorelli. Una certaretorica
resistenziale si è impadronita anche di M. , impedendo un approfondimento più
serio e radicale dei tratti originali del suo antifascism0. L'atto di M. non era cioè solo un monito
contro l'oppressione totalitaria e antidemocratica, ma contro ogni forma di
politica compromissoria e concordataria, contro l'ambiguo connubio fra
religione e politica, sintomo di una profonda immaturità religiosa e premessa di
forme più o meno larvate di condizionamento della libertà di coscienza, non
sempre si ama ricordare che l'avversione di M. al fascismo era innanzi tutto
avversione a ogni forma di retorica nazionalistica, ma anche all'esaltazione
demagogica delle masse popolari. Prima che della dittatura, Martinetti fu
critico altrettanto risoluto del socialismo marxista e della democrazia, di cui
colse gli aspetti degenerativi dell'affarismo e
dell'ultraparlamentarismo» In seguito a questo suo rifiuto, M. venne messo
in pensione d'autorità e si dedicò
unicamente agli studi personali di filosofia, ritirandosi nella villa di
Spineto, frazione di Castellamonte, vicino al suo paese di nascita. In questo
lasso di tempo tradusse i suoi classici preferiti (Kant, Schopenhauer), studiò
approfonditamente Spinoza e ultimò la trilogia (iniziata con la Introduzione
alla metafisica e continuata con La
libertà) scrivendo Gesù Cristo e il Cristianesimo, Il Vangelo è del 1936;
Ragione e fede. M. propose come suoi successori a Milano Baratono e Banfi. Lontano da ogni forma di impegno
politico e critico severo sia nei confronti del socialismo marxista che delle
degenerazioni del parlamentarismo, prese ad annotare minuziosamente sul suo
diario gli episodi di corruzione e di violenza in cui erano coinvolti esponenti
fascisti. così ad esempio a fronte di una serie di scandali annotava "è
dunque l'associaz[ione] dei malviventi d'Italia!" Come persuadersi che uno
stato senza leggi, senza traccia di onestà pubblica, sostenuto soltanto dal
terrore che desta nel popolo inerme un'organizzazione di ribaldi messa al
servizio del despota, odiata da tutte le rette coscienze, disprezzata dagli intelligenti
possa resistere, senza condurre il popolo che lo soffre all'estrema rovina? Si
scagliava nei suoi appunti contro il dispotismo che accomunava socialismo
marxista e fascismo: "Tutto deve servire alla propaganda e alla educazione
di stato. Non vi è più libertà di pensiero, non vi è più pensiero". A
questo proposito Vigorelli evidenzia «il
valore pedagogico, di educazione alla libertà, che l'esempio morale di M. ebbe
per quella generazione di intellettuali antifacisti, che trovò negli anni
Trenta un decisivo punto di riferimento nella “Rivista di filosofia”, da lui
informalmente diretta» L'arresto e il carcere Martinetti fu arrestato in
casa di Gioele Solari, dov'era ospite, in seguito a una delazione fatta da
Pitigrilli (Dino Segre), agente dell'OVRA (delazione che porterà all'arresto e
alla condanna al confino di Antonicelli, Einaudi, Foa, Giua, Levi, Mila, Monti, Pavese, Zini e di due studenti,
Cavallera e Perelli, e all'ammonizione di Bobbio), e fu incarcerato a Torino per
sospetta connivenza con gli attivisti antifascisti di Giustizia e Libertà,
benché fosse del tutto estraneo alla congiura antifascista degli intellettuali
che facevano riferimento alla casa editrice Einaudi. Al momento dell'arresto, a
detta della signora Solari, M. disse una frase che aveva già sentito
pronunciargli più volte: "Io sono un cittadino europeo, nato per combinazione
in Italia". Il suo declino fisico cominciò in seguito a una trombosi che
menomò le sue capacità mentali, consecutiva ad una caduta accidentale da un
pero nella tenuta di Spineto. Alla fine ubì una prima operazione alla prostata.
La sorella Teresa scriveva a Cagnola: "Il Professore è da oltre un mese
degente in quest'ospedale, ove venne d'urgenza trasportato ed operato in
seguito ad intossicamento urico grave. L'intervento chirurgico avviene in
questo caso in due tempi: operazione preliminare alla vescica, per ovviare
immediatamente alla causa diretta dell'intossicamento, e susseguente operazione
alla prostata che ne è la causa originale. La prima operazione già venne
effettuata e con buon esito, e l'operatore non attende che il tempo opportuno
per procedere alla seconda."[ Martinetti fu ricoverato all'ospedale
Molinette di Torino, sfollato a Cuorgnè, dove morì, dopo aver disposto che nessun prete
intervenisse con alcun segno sul suo corpo. Nonostante "l'invito del
parroco di Spineto di non dare onore alla salma dell'eretico, ateo e scandaloso
anche nella morte perché aveva disposto di essere cremato" una decina di
persone seguirono l'autofurgone che portò il corpo di M. alla stazione, da dove
partì in treno per Torino, per la cremazione. In prossimità della morte M.
lascia la sua biblioteca in legato a Nina Ruffini (nipote di F. Ruffini), G.
Solari e Cesare Goretti. La Biblioteca verrà poi conferita dai rispettivi eredi
alla "Fondazione M. per gli studi
di storia filosofica e religiosa" di Torino; oggi è posta nel palazzo del
Rettorato alla Biblioteca della Facoltà di
Filosofia. La sua casa di Spineto
è attualmente sede della "Fondazione Casa e Archivio Piero
Martinetti", che intende promuovere la diffusione del suo pensiero e della
sua operae. FiLa filosofia di M. è un'interpretazione originale
dell'idealismo post-kantiano, nella linea dell'idealismo razionalistico
trascendente che va da Platone a Kant, nel senso di un dualismo panteista
trascendente, un'interpretazione che lo avvicina a quel post-kantiano atipico
che fu Spir, il quale (ancor più di Kant, Schopenhauer o Spinoza) fu il
filosofo preferito di M., quello a cui fu più particolarmente legato, sulquale
scrisse molti studi e un denso saggio monografico e al quale fece consacrare il terzo numero della
Rivista di filosofia, filosofo che fu come lui profondamente inattuale. Professò
una altissima stima per l'opera di questo solitario filosofo, tanto da
considerarla "immortale: in essa infatti vede un tentativo d'un
rinnovamento speculativo-religioso di tutta la filosofia. Il carattere speculativo dell'interpretazione
d iMartinetti dipese da particolarissime circostanze. La speculazione di Spir
esercitò sul pensiero suo un influsso profondo sin dagli inizi; e anche nella
costruzione dell'idealismo trascendente di M. la speculazione di A. Spir
rivestì un peso pressoché decisivo. Oltre che in Kant, in Schopenhauer e in
Spinoza, le radici e la linfa dell'idealismo di M. si trovano nella
speculazione di A. Spir. In nessun altro pensatore A. Spir occupò tanto spazio
ed ebbe un pari rilievo. D'altra parte, senza perdere la configurazione sua
propria, il pensiero di Spir viene trasposto da M. entro la sua propria
filosofia, riferito in modo diretto al suo proprio pensiero, così intimamente
consonante con quello di Spir e cresciuto, per così dire, anche su di esso.
Proprio questo condusseMartinetti a penetrare e nell'atto stesso a svolgere in
armonia con il proprio il pensiero di A. Spir e questo si trova come penetrato
e attraversato da quello di M. In nessun altro pensatore A. Spir fu tanto
intimamente valorizzato e, in qualche misura, continuato in ciò che della sua
speculazione parve propriamente essenziale. La lettura di M. insiste sul nucleo
metafisico di Spir, che gli pare incarnare "la forma pura della visione
religiosa". L'affermazione fondamentale, in cui per Martinetti si riassume
tutta la filosofia dello Spir, è quella della dualità fondamentale tra il vero
esserel'Unità incondizionata, assoluta e trascendente in cui si esprime il
divinoe l'essere apparente e molteplice rivelato dal mondo dell'esperienza.
L'approccio alla rivelazione di tale realtà dualista mediante la teoria della
conoscenza (l'idealismo gnoseologico di Spir) non è che premessa e introduzione
all'autentico nucleo metafisico della sua filosofia, consistente in una forma
di dualismo acosmista. Il dualismo di realtà e apparenza è in effetti esso
stesso apparente: "non è fra due effettive realtà, ma fra un'unica realtà
assoluta e l'irrealtà in cui il mondo sprofonda."» Si può così dire
che in Martinetti: «il motivo desunto probabilmente da Spir, il contrasto tra
"anormale" (il mondo dell'esperienza empirico e molteplice) e
"norma" (il principio d'identità, rivelazione incoativa del divino in
noi) si spoglia qui dell'originario aspetto dualista per confluire in una
visione coerentemente monista dell'esperienza di coscienza. Monismo
coscienzialista, quello martinettiano, che non sfocia però in una forma di panteismo,
in quanto il termine finale di questa unificazione formale rimane trascendente.
L'unica realtà metafisica assolutasi afferma in conclusioneè l'"Unità
formale assoluta", che trascende l'intero processo dell'esperienza, che di
tale unità è solo un'espressione simbolica.» Della filosofia di Spir,
Martinetti mantenne sostanzialmente inalterata la morale, di derivazione
kantiana, aveva d'altronde dichiarato che dopo Kant nessun filosofo serio può non
essere in Etica "kantiano. L'intero percorso del pensiero martinettiano
parte dal suo anticlericalismo", e aggiunge: "la natura del suo
anticlericalismo lo portava a detestare la Massoneria. Ripetutamente mi disse
di non essere mai stato massone, di essere anzi assolutamente contrario a
questa Chiesa cattolica di segno rovesciato." Questo suo anticlericalismo
l'ha portato ad un antimarxismo, il marxismo essendo "secondo i termini in
cui egli si sarebbe espresso, la massima secolarizzazione concepibile della
religione". E Del Noce conclude: "Ora a mio giudizio il pensiero di
Martinetti si situa appunto come momento conclusivo del pessimismo religioso e
come la sua posizione più coerente e rigorosa. L'antologia Il Vangeloscrive
Martinetti «lasciando da parte l'elemento leggendario e dogmatico, cerca di
disporre il materiale evangelico nell'ordine logicamente più appropriato. Tutto
quello che i vangeli contengono di essenziale per la nostra coscienza religiosa
è stato qui conservato.» Il risultato di questo ordinamento logico è
l'espunzionein quanto elaborazione teologica successiva ai lòghia di Gesù o
ancora propria all'ebraismo da cui Gesù stesso non è immunedel Vangelo di
Giovanni, degli Atti degli Apostoli, delle Lettere (anche le Lettere di Paolo)
e dell'Apocalisse. Gesù di Nazaret, e non di Betlemme, è un profeta ebraico,
l'ultimo e il più grande dei profeti. Non quindi Figlio di Dio, nemmeno
resuscitato dalla morte, né apparso realmente ai suoi, Gesù in quanto Messia
annuncia un regno messianico a cui succederebbe escatologicamente il regno dei
cieli, quello di Dio. Tuttavia non chiarendo tale avvento escatologico, di
fatto Gesù è soprattutto un maestro di dottrina morale che esorta a rinunciare
al mondo per unirsi spiritualmente e interiormente a Dio, il bene supremo,
amando il prossimo. Per Martinetti bisogna aspirare ad una "Chiesa
invisibile", in cui si possano compendiare i valori moralmente più elevati
di tutte le culture religiose, dando vita così ad una società universale
fraternamenteunita, egli scrive: «In tutti i tempi, ma specialmente nelle
età come la nostra, la vera Chiesa non risiede in alcuna delle chiese visibili
che ci offrono il triste spettacolo dei loro dissensi, ma nell'unione
invisibile di tutte le anime sincere che si sono purificate dall'egoismo
naturale e nel culto della carità e della giustizia hanno avuto la rivelazione
della verità e la promessa della vita eterna» Gesù Cristo e il
Cristianesimo fu messo sotto sequestro dalla Prefettura non appena stampato, come M. scrive a Cagnola: «Il mio libro
venne terminato di stampare il 2 agosto e in tale giorno furono mandati i 3
es.[emplari] al Prefetto. Il 3 di mattina venne il permesso; alle 17 dello
stesso giorno esso era ritirato. Per quali influenze? Io non lo so. Così il
libro stette due mesi in sospeso: il 10 ottobre giunse (da Roma) il decreto
definitivo di sequestro.» Con decreto, “Gesù Cristo e il Cristianesimo,
Il Vangelo” e Ragione e fede furono messi all'Indice dei libri proibiti della
Chiesa cattolica. La rinascita del pensiero filosofico-religioso martinettiano
scaturisce alla fine degli anni novanta del secolo scorso in virtù della
rinnovata proposta ermeneutica di Chiara che cura l'inedito L'Amore, Il Vangelo
(Genova) e Pietà verso gli animali (Genova); in particolare l'interpretazione
elaborata da Chiara mette in luce gli aspetti gnostici della filosofia della
religione martinettiana per poi proporne una rilettura in chiave kantiana anche
attraverso un confronto con alcune sette separatiste vicine alla tradizione spirituale
dei quaccheri. Capitini rese visita a Martinetti, che a proposito della
nonviolenza gli disse: "Forse se discutessi con lei mi convincerei, ma ora
come ora le assicuro che se mi fosse detto che con l'uccisione di diecimila
persone si estirperebbe il male che c'è in Europa, firmerei la sentenza senza
esitazione." Negli scritti La
psiche degli animali e Pietà verso gli animali, Martinetti sostiene che gli
animali, così come gli esseri umani, possiedono intelletto e coscienza, quindi
l'etica non deve limitarsi alla regolazione dei rapporti infraumani, ma deve
estendersi a ricercare il benessere e la felicità anche per tutte quelle forme
di vita senzienti (cioè provviste di un sistema nervoso) che come l'uomo sono
in grado di provare gioia e dolore: «Nella relazione sulla psiche degli
animali M. tra l'altro affronta il problema dello scandalo morale suscitato
dall'indifferenza delle grandi religioni positive occidentali di fronte
all'inaudita sofferenza degli animali provocata dagli uomini: gli animali hanno
una forma dell'intelligenza e della ragione, sono esseri affini a noi, possiamo
leggere nei loro occhi l'unità profonda che ad essi ci lega. M. cita le prove di intelligenza che sanno
dare animali come cani e cavalli, ma anche la stupefacente capacità
organizzativa delle formiche e di altri piccoli insetti, che l'uomo ha il
dovere di rispettare, prestando attenzione a non distruggere ciò che la natura
costruisce. Nel proprio testamento dispose che una somma significativa
fosse versata alla Società Protettrice degli Animali; egli personalmente
nutriva per gli animali una profonda pietà e tale sentimento lo aveva persuaso
a darsi al vegetarismo, una scelta che assumeva per lui quasi il carattere di
un valore religioso. Scrive al proposito Vigorelli: «La scelta del
vegetarianesimo non era "generica simpatia, e neppure un ideale politico,
bensì meditato atteggiamento filosofico", da porsi in relazione sia con la
sua profonda conoscenza della filosofia indiana sia con convinzioni radicate in
una personale metafisica, sulla "unicità" della sostanza vivente e
sul destino di "perennità" dello spirito.» La scelta della
cremazione M. fu un fautore della cremazione e una testimonianza "ci dice
come M. portasse sempre con sé, in una busta, le ceneri di sua madre."Secondo
Paviolo, per i M. la cremazione era una specie di tradizione familiare e la
cosa appare strana in quei tempi nei quali, specie nei piccoli centri era
pressoché ignota a tutti, e oggetto di scandalo per il gran rumore che, in
questi casi, ne facevano i parroci. Non è però da escludere, nel caso preciso
di M., che questa scelta, come quella del vegetarianesimo, avesse anche una
relazione con il suo interesse per la filosofia indiana, e dunque un valore
filosofico e religioso. I suoi resti sono tumulati nel cimitero di
Castellamonte in provincia di Torino. Opere: Una "
martinettiana" C. Ferronato si trova nel fascicolo speciale della
Rivista di Filosofia Pietro Rossi: nel cinquantenario della morte, Dopo questa
data, di M. sono stati pubblicati. “Ragione e fede, Italo Sciuto, Gallone,
Milano, Luca Natali, Morcelliana, Brescia,. Il Vangelo, Alessandro Di Chiara, il
nuovo melangolo, Genova, L'amore,
Alessandro Di Chiara, Il nuovo melangolo, Genova, “Pietà verso gli animali” Alessandro
Di Chiara, Il nuovo melangolo, Genova, “La religione di Spinoza” Amedeo Vigorelli, Ghibli, Milano, “La Libertà” Aragno, Torino, Schopenhauer,
Mirko Fontemaggi, Il nuovo Melangolo, Genova, “Breviario spiritual” Anacleto
Verrecchia, POMBA, Torino, “L'educazione della volontà” Domenico Dario
Curtotti, Edizioni clandestine, Marina di Massa, “Conoscenza in Kant” Luca Natali, Franco Angeli, Milano, Pier
Giorgio Zunino, Piero Martinetti, “Lettere”, Firenze, Olschki, “Gesù Cristo e
il Cristianesimo” Castelvecchi, Roma,; edizione critica Luca Natali,
introduzione di Giovanni Filoramo, Morcelliana, Brescia, “Il Vangelo:
un'interpretazione” Castelvecchi, Roma,
“Spinoza, Etica, esposizione e comment”, Castelvecchi, Roma,. Il numero,
introduzione di Argentieri, Castelvecchi, Roma,
Luca Natali, Le carte di Piero Martinetti, Firenze, Olschki, “Spinoza” Festa,
Castelvecchi, Roma,. Riconoscimenti Nella seduta del Senato Accademico
dell’Università degli Studi di Milano del 19 settembre, è stata approvata
ufficialmente la decisione del Dipartimento di Filosofia di intitolarsi alla figura
di M.. La città di Roma gli ha intitolato una piazza, nel Giorno della Memoria.
A Milano Martinetti figura tra i nuovi Giusti che saranno onorati al Monte
Stella dal " nel Giardino dei Giusti di tutto il mondo. Cesare Goretti, “M”,
Archivio della Cultura Italiana. Fiori, I professori che dissero "NO"
al Duce, in La Repubblica, «Ebbe molta
influenza sulla scelta che Martinetti fece di iscriversi alla facoltà di
Filosofia, fu suo professore, ma non un Maestro. Scrisse di lui Martinetti:
"Era un uomo; quando andai a visitarlo l'ultima volta, pochi giorni prima
della sua morte, mi disse di avere un'unica certezza, che dopo questa vita non
c'è nulla. Le mie idee erano assolutamente opposte alle sue, su questo come su
tutti gli altri punti. Ma non potei non ammirare la fermezza delle sue
convinzioni"»: Paviolo. «che morì
proprio durante l'iter scolastico di Martinetti ma che ebbe con lui, forse per
la comune origine canavesana, un particolare rapporto»: Paviolo 2 «Di una reale
affinità tra Martinetti e i suoi maestri torinesi si può parlare forse solo in
un caso: quello di Arturo Graf, del cui dualismo e pessimismo si può trovare
qualche traccia nel pensiero del Nostro e alla cui poesia, piena di dolente (e
a tratti cupa) riflessività filosofica, Martinetti tornerà anche negli anni
maturi, come a una sorgente di ispirazione e conforto spirituale. Più
documentata è l'influenza sul giovane Martinetti di un'altra singolare figura
di poeta-filosofo: quel Pietro Ceretti da Intra (noto anche con lo pseudonimo
poetico di Alessandro Goreni e con quello di Theophilo Eleuthero), alla cui
postuma riscoperta si adoperarono intensamente Ercole e Alemanni, nell'ultimo
decennio del secolo scorso e ai primi del nostro. Nel breve verbale relativo
all'esame di laurea (qui il laureando è indicato come Pietro Martinetti) si
dice semplicemente che il candidato ha sostenuto durante quaranta minuti
innanzi alla commissione la disputa prescritta, sopra la dissertazione da lui
presentata e sopra le tesi annesse alla medesima; e ha sostenuto anche la prova
pratica assegnatagli dalla Commissione. La tesi ottenne la votazione di 99/110.
Il lavoro di tesi non ebbe, come noto, il riconoscimento che meritavaanche a
motivo di certe resistenze accademiche nel settore filologico della Torino e
forse per questo lo studioso sentì il bisogno di attingere direttamente alle
fonti dell'erudizione tedesca, fuori dal chiuso ambiente provinciale. Del resto
il suo intent e più filosofico che
filologico, e la prima suggestione a interessarsi del “Samkhya” poté venirgli,
piuttosto che dalle lezioni di Flechia, dalla conversazione con Ercole. Proprio
del Samkhya, Ercole si era interessato alcuni anni primi in una breve Memoria
uscita sulla Rivista Italiana di Filosofia diretta da Ferr. Di suo interesse
costante per la filosofia indiana testimonia il corso di lezioni tenuto a
Milano e pubblicato a Milano da Celuc, “La sapienza indiana. Corredata da
un'antologia di testi Indù e Buddhisti. Ma è antefatto significativo, giacché
lascia intravedere ancora una volta, questa volta sotto il rispetto particolare
dei suoi primi contatti coi testi di A. Spir, l'importanza della permanenza a
Lipsia nella sua formazione filosofica. Nella Lipsia conosciuta da lui
sopravvive Drobitsch, lil maestro herbartiano di Spir e dalla sua Lipsia si
diffondevano le edizioni di A. Spir entro il moto allora nascente in Germania
dell'interesse per la filosofia sua. Il pensiero di Spir, Torino, Albert Meynier.
Anno che fu per lui particolarmente duro,
vedi Lettere ai famigliari dalla Siberia dell'Italia meridionale", Minazzi,
Il Protagora, Lettere. Prima che della dittatura fascista, e critico
altrettanto risoluto del comunismo e della democrazia, di cui colse gli aspetti
degenerativi dell'affarismo e dell'ultraparlamentarismo. Non si vede in chi e
in che cosa un uomo come lui che, per sua scelta culturale ma anche per
disposizione personale, agiva in modo disgiunto da ogni partito, movimento,
gruppo avrebbe pouto trovare un legame per immettersi in un flusso di attivo
anti-fascismo. Tra dittatura e inquisizione negli anni del Fascismo", in Lettere,
Firenze. Ringrazio la S.V. Ill.ma della cortese partecipazione e la prego di
esprimere la mia profonda gratitudine ai membri di codesta R. Accademia che
hanno voluto conferirmi un sì ambito onore. Ma circostanze pesantissime, sulle
quali non è il caso di [parola illeggibile] mi vietano nel modo più reciso
di poterlo accettare»: Lettera al presidente dei Lincei, e a L. Mangiagalli. Il
Congresso non ha altro fine che di essere una manifestazione della filosofia
italiana in quanto libera e appartata da ogni contingenza del momento: come
deve essere in qualunque tempo la filosofia. A T. Scotti. Che accusò
Martinetti, ricambiato, di disonestà intellettuale nel riguardo della filosofia
scolastica, cf. H. Goetz, Il giuramento rifiutato. I docenti universitari e il
regime fascista, Firenze. Per M.. Padre Gemelli è tutto fuorché un filosofo. Varisco,
in: Lettere 33. H. Goetz, Il giuramento rifiutato. I docenti
universitari e il regime fascista, Firenze, Il congresso di filosofia. Tutto
l'affare è una montatura (come del resto anche il ritiro dei cattolici dal
Congresso), la quale ha la sua origine nel fatto che io non ho permesso a Gemelli
di spadroneggiare nel Congresso e di prepararvi qualcuna delle sue
rappresentazioni ciarlatanesche. A B. Varisco, a C. Goretti a L. Mangiagalli. Quando
M., con il rifiuto del giuramento di fedeltà al fascismo, abbandona
l'insegnamento non rinuncia a quegli incarichi o a quelle adesioni che non
erano a tale giuramento connesse: guarda di non compromettere quella sua
creatura che era diventata La Rivista di Filosofia e non ne volle la direzione
effettiva ma continua l'intensa e puntuale collaborazione redazionale sino a
che le sue condizioni di salute glielo permisero. Giuliano, Cagnola,
Baratono, Assael, Alle origini della Scuola di Milano: Barié, Banfi, Milano.
Ella già saprà certamente che io, in seguito all'affare del negato giuramento,
sono stato collocato a riposo. Non appartengo quindi più all'Milano e non posso
più esserle utile che indirettamente»: a C. Gadda, in: Lettere 114. «del resto io sono perfettamente sereno come
chi ha fatto ciò che doveva fare: e non mi sarà discaro poter d'ora innanzi
applicare tutto il mio tempo ai miei studi, cioè agli studi veramente miei, fatti
per mè, per la mia personalità e la mia vita»: Lettera M. a Alfieri, Sulla cui
porta fece mettere un'indicazione che diceva: "M. agricoltore": Paviolo «Perciò appunto non
ho dimenticato i tuoi interessi e sarei lieto che fossi tu a succedermi. In
questo senso ho scritto, "richiesto da Castiglioni stesso", che ora è
preside, a Castiglioni. Ho consigliato lui e con lui la facoltà ad accaparrarsi
te per la F.[ilosofia] e Banfi per la Storia della Filosofia. A A. Baratono, Nel registro di
entrata delle Carceri Nuove di Torino egli è l'unico che nella scheda personale
si faccia registrare, nell'apposita voce, come "ateo", mentre tutti
gli altri non di religione israelitica (ossia Bobbio, Einaudi, Pavese,
Antonicelli, Salvatorelli e così via) si dichiarano "cattolici"alcune
schede, peraltro, tra cui quella di Mila, sono andate perse (il registro è
conservato all'Archivio di Stato di Torino, sezioni riunite, Casa circondariale
di Torino, Registro matricole)", in: Lettere. "M. veniva rinchiuso in una cella sulla
cui porta veniva apposto il cartellino "Politico: sorveglianza
particolare". Il giorno successivo cominciavano gli interrogatori che si
ripetevano finché dopo alcuni giorni d'arresto M. veniva finalmente
scarcerato.", Giorda, M., Castellamonte, «Devo darle una notizia
terrificante, relativamente. Lunedì passato 8 corrente sono caduto malamente da
una pianta, per fortuna senza gravi conseguenze di nessuna specie, salvo un
leggero tramortimento durato qualche ora»: Lettera, M. a Nina Ruffini, in:
Lettere 2Cit. in: Lettere. «Si può comunque, in base a testimonianze diverse,
ritenere che Martinetti sia deceduto all'Ospedale Molinette sfollato a Cuorgnè,
ove si tentò inutilmente di salvarlo e che il corpo sia stato immediatamente
trasferito (abitudine che rimase in uso per decenni in circostanze analoghe)
alla casa d'abitazione, per evitare lungaggini burocratiche e maggiori spese
funerarie. L'atto di morte recita:
" il g alle ore quattro e minuti zero, nella casa posta in frazione
Spineto n. 106 è morto Martinetti Piero, anni 70, residente in Torino,
professore pensionato"»: Paviolo.
Paviolo. "Per ultimo
desidero di essere cremato e che le mie ceneri riposino nel Camposanto di
Castellamonte", frase finale del testament, Paviolo. Il testamento di
Martinetti, da lui riscritto, "in una grafia incerta e in una forma in cui
non si trova lo stile abituale del nostro filosofo"(Paviolo) fu
considerato da sua sorella Teresa come estorto: "Le opere che al tempo del
decesso di Piero erano ancora solo allo stato di manoscritto vennero devolute
ai beneficiari della biblioteca, la quale, a dirtelo in assoluta confidenza,
cadde in mano a tre estranei alla famiglia, per un testamento fatto fare a
nostra insaputa a Piero, a oltre un anno da che era stato colpito da un insulto
di trombosi al cervello la preziosa biblioteca, che per volontà recisa,
assoluta di Piero a me da Lui ripetutamente espressa alcuni mesi prima che
fosse colpito dalla trombosi, doveva andare all'Milano, prese altre vie e e sta
presentemente ancora peregrinando in attesa di destinazione definitiva."
Lettera di Teresa Martinetti al cugino Bertogliatti, in: Paviolo Fondazione
Casa e Archivio. Allo Spir, un singolare pensatore solitario, al quale mi
legano tante affinità e tante simpatie, sarà dedicato il fascic. 3 della
"Riv. di Filosofia", che non mancherò di spedirle a suo tempo. Quante
dottrine dello Spir, specialmente nel rapporto morale e religioso, sembrano
pensate per il nostro tempo! Ma esse passeranno, come passarono, inavvertite.
La lucequesto passo del quarto Vangelo lo Spir volle inciso sul suo
sepolcrovolle penetrare le tenebre, ma le tenebre non l'accolsero»: Lettera, M.
a Ruffini, in: Lettere 155.. «io sono
sempre stato un filosofo inattuale»: Lettera, M. a Giorgio Borsa, in: Lettere Emilio Agazzi, La filosofia di
Piero Martinetti, Milano, Unicopli. Ma è stato Alessio a dimostrare
l'importanza e l'anteriorità, rispetto ad altri autori, della lettura di Spir
per la maturazione della metafisica martinettiana»: Vigorelli, Alessio,
Vigorelli Vigorelli, M., Breviario spirituale, Bresci, Torino, Lettera M. a Cagnola, Lettere. Sulla riflessione
religiosa di Martinetti vedi Franco Alessio, L'idealismo religioso di M.,
Brescia, Morcelliana, (Tesi di Pavia: relatore Michele Federico Sciacca) Paviolo Paviolo Amedeo Vigorelli, "Martinetti e Capitini:
attualità di un confronto", in: Vigorelli, La nostra inquietudine. M.,
Banfi, Rebora, Cantoni, Paci, De Martino, Rensi, Untersteiner, Dal Pra, Segre,
Capitini, Mondadori, Milano. E si conversa a lungo della inumazione e della
cremazione (aveva fatto cremare il cadavere della mamma, per avere vicine le
sue ceneri)" Capitini, Antifascismo, Célèbes Trapani, Paviolo Paviolo. L'eretico Martinetti,
italiano per caso", Recensione di Raffaele Liucci su Il fatto quotidiano, Libera
cittadinanza Il Dipartimento di
Filosofia "M. a Milano, Battista, "Le vie dedicate ai razzisti
spettano ai professori eroi che dissero no al fascismo", Corriere della
Sera, S. Chiale, "Dall'attivista curda al pioniere green I nuovi Giusti
del Monte Stella", Corriere della Sera, Cronaca di Milano13. "Monte Stella I nuovi Giusti in diretta
su Facebook", Corriere della Sera, 7 marzo, Cronaca di Milano9. ,
Commemorazione dTorino, Accademia delle Scienze, Giornata Martinettiana,
Torino, Edizioni di "Filosofia", Rivista di Filosofia, Agazzi,
"La storiografia filosofica", Rivista critica di storia della filosofia,
E. Agazzi, Sandro Mancini, Vigorelli e Zanantoni, Unicopli, Milano, Alessio,
L'idealismo religioso, Brescia, Morcelliana, Alessio, introduzione Il
pensiero di Africano Spir, Torino, Meynier, Assael, Alle origini della
Scuola di Milano: Martinetti, Barié, Banfi, Milano, Guerrini, Banfi, M. e il
razionalismo religioso", in: Filosofi contemporanei, Firenze, Parenti, Bersellini
Rivoli, Il fondamento eleatico della filosofia -- Milano, Saggiatore, Guido
Bersellini Rivoli, La fede laica, Appunti sul confronto religioso e politico
(in Italia e nel villaggio globale), Lecce, Manni, Rivoli, Appunti sulla
questione ebraica. Da Nello Rosselli a Piero Martinetti, Milano, Angeli, Giorgio
Boatti, Preferirei di no, Le storie dei dodici professori che si opposero a
Mussolini, Torino, Einaudi, B. Bonghi,
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Mimesis, Minazzi, Sulla filosofia italiana, Prospettive, figure e problemi,
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"minoritarie" in Italia tra le due guerre Ceravolo, Roma, Aracne, Remo
Cantoni, "L'illuminismo religioso” in: Studi filosofici, G. Colombo, La
filosofia come soteriologia. L'avventura spirituale e intellettuale di Milano,
Vita e Pensiero, E. Colorni, La malattia della metafisica. Scritti autobiografici
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della religione civile", in:, Le due Torino. Primato della religione o
primato della politica?, Gianluca Cuozzo e Giuseppe Riconda, Trauben, Torino, Spir,
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fascismo, Treccani Enciclopedie, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. siusa. archivi.beniculturali, Sistema
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della Fondazione M., Torino. Fondazione Casa e Archivio M., su Fondazione piero
martinetti. D. Fusaro sul sito Filosofico.net.
G. Colombo, La filosofia come
soteriologia. A) La prima forma di comunione fra esseri, quella che fonda
le prime forme di società, quella che sussiste anche in quei gradi della vita
animale onde è esclusa ogni altra forma di socievo lezza, è l’amore. Che cosa
non è stato detto e iscritto in ogni tempo intorno all’amore? Io non intendo
qui certamente aggiun gere su questo argomento nuove ed inutili speculazioni :
voglio solamente trattarne in quanto aneli’esso è nella vita umana una
sorgente di importanti doveri. L’amore, qualunque possano essere le
complicazioni senti mentali che ne mutano profondamente la natura e possono
dargli finalità più elevate, non ha originariamente altro fine che la (pro
pagazione Astica della specie. L’unione fisica di due individui di sesso
diverso ha per effetto l’estensione della vita organica nel tempo : per essa
l’individualità effimera si sottrae in un certo modo alla morte e celebra
l’eternità sua confondendosi per un istante con la serie delle generazioni
venture. La voluttà fisica non è che una forma di quel piacere che accompagna
ogni esten sione dell’individualità, ogni fusione delle coscienze singole in
un tutto capace d’una vita più alita e più larga. Sotto questo aspetto la
voluttà riveste un carattere ideale e direi quasi sacro : e tutta la poesia
dell’amore non è che la poesia del primo, del più universale ideale umano. Ma
il desiderio antico che in questo senso trae tutti i mortali è diventato
attraverso le innu merevoli generazioni mn istinto : e l ’ uomo avendo volto
lo sguardo verso forme più alte di unità e di vita si è abituato a'Vedere in
questo dovere della propagazione della vita solo il compimento d’una funzione
organica e nella voluttà un .semplice fremito del senso che non deve
interessare la personalità superiore e che anzi può essere per la medesima un
ostacolo ed un arresto. Di qui il duplice carattere dell’amore e della voluttà
: da un lato essi sono la secreta aspirazione d’ogmi vivente, il movente di una
gran parte delle attività umane; dall’altro appariscono come una debolezza, una
vittoria dell’essere inferiore sull’es sere superiore e veramente umano. Nel
pudore che accompagna l’unione dei due .sessi e tutto ciò che la riflette vi è
qualche cosa della riverenza che impone un sacro mistero e della vergogna che
desta l’esercizio di tutto ciò ohe è vita puramente animale. Il complesso delle
attività e delle facoltà che si riferiscono a questa funzione costituisce,
forse in modo più marcato che iper ogni altra funzione umana, un tutto ben
distinto, che si - 116- stacca nella personalità complessiva come
una personalità mi nore e subordinata : vi è in ogni individuo umano una perso
nalità sessuale che, per quanto non sempre chiaramente co sciente, ha la sua
sfera di visione, la sua vita, le sue oscure tendenze e spesso influisce in
misura non indifferente sopra lo svolgimento e il destino di tutta la persona.
Questa personalità sessuale è già in un certo senso, per l’individualità
organica bruta chiusa, nel suo egoismo repulsivo, un essere ideale : l’in
dividualità atta all’amore appare come qualche cosa di deside rabile e di
bello : ed è precisamente in questo carattere di idea lità che circonfonde
tutto ciò che all’amore serve, che ha avuto origine il senso umano della
bellezza. Il « tipo » estetico che le donne in genere e molti uomini cercano di
realizzare con tutti i mezzi che l’arte e la moda suggeriscono non è altro che la
presentazione della personalità sessuale : questa costituisce per molti l’apice
di tutte le aspirazioni e di tutti gli ideali. D’altra parte la vita non si
arresta all’amore e vi sono ideali più alti che la perpetuazione fisica, della
specie : quindi di fron te alla personalità morale ed all’umanità vera la
personalità sessuale appare come qualche cosa di inferiore e di miserabile.
Quando perciò essa si svolge in noi senza alcun legame od in opposizione con i
nostri sentimenti più elevati, noi possiamo bensì cedere per un istante al suo
fascino, ma la sua vita resta pure sempre per noi qualche cosa di straniero che
più tardi rigettiamo con vergogna e con disprezzo. Non è però affatto
necessario che la vita sessuale si svolga nell’uomo senza alcuna continuità e
senza accordo con le sfere più alte della vita interiore. Nello stesso mondo
animale essa svolge nella maternità e nella famiglia una vera attività di
ordine morale che la compie e la nobilita : e nell’uomo tutta la storia
dell’evoluzione della famiglia che altro è se non il moralizzamento progressivo
della funzione sessuale? Così puri ficato ed elevato, il desiderio del senso
si intreccia con i più nobili e delicati sentimenti della vita morale, con i.1
sentimento della, protezione e della carità, dell’amicizia, della solidarietà,
della fedeltà; anzi, intellettualizzandosi vieppiù e collegandosi con le
aspirazioni più elevate, diventa comunione di vita inte riore, di gioie alte e
pure : l’amore animale e sensuale si tra sforma nelle forme più nobili
dell’amore umano. Certo il fattore sensuale non scompare mai : l’amore
platonico non esiste o, se esiste, non è una forma viva e sana dell’amore. Ma
anch’esso si raffina e si assimila : il piacere medesimo del possesso di
venta, per la confusione della spiritualità di due esseri elevati, più delicato
e più profondo. Sopra tutto poi esso elimina gra dualmente da sè tutto ciò che
urna viva sensibilità estetica e morale giudica o ignobile o incompatibile con
le tendenze della personalità superiore : così sorgono le virtù dell'amore, la
leal tà, la fedeltà, la castità. L’ amore sensuale vive del piacere
dell’istante e cerca nell’oggetto suo soltanto il soddisfacimento del suo
ardore : esso non è che il contatto superficiale e momen taneo di due
personalità sessuali che si avvincono e si confon dono mentre le anime restano
straniere l’una all’altra diffi denti, sordamente ostili. L’amore veramente
umano si completa con l’unione delle volontà, che esige urna reciproca
dedizione intiera, leale, duratura ed esclude come cose indegne la men zogna,
l'ingiustizia e tutto ciò che diminuisce questa perfetta comunione di vita.
Così è possibile un amore che sorge non dal senso, ma da tutta la personalità;
un amore che purifica e no bilita, che ispira ad alte cose e ¡santifica la
voluttà stessa. Questo concetto dell’amore traccia ad ogni uomo la via che deve
seguire se egli sinceramente sdegni di degradare sè stesso ; essa, è del resto
anche la via più saggia sotto l’aspetto della felicità. Certo può sembrare
un’ingenuità chiedere alla ragione consigli contro una passione che si mde
della ragione : mentre l’eperienza quotidiana ci mostra con mille esempi come
essa sconvolga talora le menti più equilibrate, soffochi i sentimenti più sacri,
precipiti nell turbamento e spesso nella più irrepa rabile rovina esistenze,
che l’educazione, l’intelligenza, i vincoli sociali e morali sembravano
assicurare contro la prevalenza di ignobili tendenze. Tanta è del resto la
potenza di questo «niver i-sale e profondo istinto che esso è il movente
secreto o palese di gran parte dell’attiviità umana : la massima parte dei
ritrovi, delle feste, dei divertimenti sociali, la moda e per molti ri spetti
anche l’arte non hanno altra ragione d’essere; e i vizi che esso alimenta danno
origine ad un vero pubblico mercato e ad industrie fiorenti. Come sperare
dunque che la ragione possa qualche cosa contro una volontà oscura e ribelle
che sembra avere la violenza e la regolarità delle forze di natura? La mo rale
predica contro questa passione quasi soltanto come per sod disfare un debito :
la giovinezza, la fantasia e l’arte la rivestono dei più brillanti colori e si
ridono della morale : ed anche i predicatori più severi del resto non sanno,
tra un sermone e l’altro, esimersi da un sentimento che sta fra il compatimento
e la malrepressa invidia. Io non credo tuttavia che qui la riflessione sia del
tutto mutile. L ’ esperienza della vita insegna (e ciascuno lo ricono scerà in
stesso) che vi sono nella vita interiore dei momenti decisivi nei quali una
parola, un pensiero che sono caduti un giorno nell’anima indifferente, si
risvegliano e fortificano una nobile ispirazione, soffocano una passione
nascente, provocano un deciso cambiamento d’indirizzo. Questo è vero anche
della pas sione dell’amore. Certo è inutile invocar la ragione quando la
passione è ingigantita e il vizio è inveterato : ma questo non vale egualmente
di tutte le passioni? La ragione non può di struggere l’istinto, ma può
dirigerlo : e può dirigerlo se, come un medico accorto, cura il male nei suoi
inizi. Ora l’origine del male sta, come già videro i saggi antichi, nelle
illusioni che noi ci formiamo circa la realtà. L ’ uomo, sopratutto nella giovi
nezza, non si precipita verso i piaceri che l’amore promette se non perchè la
sua fantasia presenta al desiderio le immagini più allettatrici e riveste ila
¡realtà delle forme più ¡belle e più desi derabili. Lo spirito soggiace allora
ad una specie di limita zione del proprio orizzonte : esso si chiude
nei propri sogni e diventa cieco all’aspetto del vero essere delle cose. In
questo appùnto può intervenire efficacemente la ragione. Lo sforzo che si deve
e si può compiere in quel momento in cui sorgono le prime illusioni, è di
dissipare1queste visioni ingannevoli col tenere viva e presente diinnanzi al
pensiero la realtà che esse nascondono, col rievocare le esperienze dolorose,
col ravvivare le intuizioni profonde che ci svelano l’intima e vera natura
delle cose. In fondo a tutte le cose sta la tristezza, ha detto Amici : e
veramente l’aspetto ultimo delle cose è triste, mia anche fecondo di salutare
saggezza. L’aspetto supeSiciale della realtà è lieto, vario e giocondo come
l’aspetto d’una folla che popola le vie d’una città in un giorno di festa. Ma
quante cose sordide e tristi non nascondono anche qui le varie e splendide
apparenze! Ora in nessuna parte la fantasia è tanto fertile d’in ganni quanto
nelle cose dell'amore : ed in nessuna parte l’in- gànno è così lusinghiero ed
ostinato. Tanto anzi che qualcuno hai voluto vedere nell’amore una specie
d’inganno della natura ; che si serve dell’individuo per la propagazione e lo
sacrifica, viìttimn volontaria, alla specie. Ma la natura non è in questo caso
che la nostra natura inferiore ; noi soggiacciamo all’inganno solo perchè
l’istinto ci oscura l’intelligenza e noi non sappiamo più vedere che con gli
occhi della sensualità. Questa ci dipinge la via tutta sparsa di dolci
desiderii e di soavi ebbrezze; l’amore ci si offre dinnanzi come un palazzo incantato
pieno di misteri e di delizie. Bisogna invece che l’intelletto nastro si sforzi
di mantenere sempre a sé presente questa prima, considerazione : che
l’illusione sessuale ci mostra sotto un solo aspetto un es sere che
freddamente considerato ¡nella sua 'realtà, è il più delle volte tutt’altro che
desideratile. La personalità sessuale non è che un aspetto, uno stato della-
persona; è una specie di trasfi gurazione di tutto l ’ essere che in fondo
rimane così straniera alla persona come se fosse veramente un’altra
personalità. Per ciò quando la persona amata non è per sè stessa degna di
sti- una e d’amore, l’illusione sessuale è seguita inevitabilmente
da una profonda delusione : soddisfatto il desiderio l’immagine ideale, oggetto
d’un’adorazione appassionata, isi risolve in un essere prosaico e volgare che
ci 'meravigliamo d’avere deside rato. Bisogna, in .secondo luogo tener
presente quest’altra, consi derazione : che la «tessa personalità sessuale,
dato che in noi potesse persistere lo stato passionale corrispondente, è ben
lun gi dall’essere una sorgente di gioie pure ed immutabili : la sen sualità
è, come ogni passione, un fuoco che consuma se stesso. Un amore puramente
sensuale, non potrebbe lessero che un triste ed insaziato ardore : la vita
dominata dalla lussuria ap pare, freddamente considerata, dolorosa ed ignobile
nello stesso tempo. L ’ amore d’ una donna non rende beati che quando può
trasformarsi in un sentimento più alto, come accade nella fa miglia, od
associarsi la sentimenti ideali e diventare una co munione morale ed
intellettuale di due nobili spiriti. Anzi, nelle persone di più profondo
sentire l’attrazione sessuale maschera quasi sempre un’oscura aspirazione
spirituale, il bisogno d’una comunione di vita, che riempia l’anima loro, la
elevi e la consoli ; è un vago presentimento ideale sperduto nella sfera
sessuale. Perciò quando esse non riconoscono la vera natura del senti mento
che le attrae e, nella loro cecità, ne cercano la soddisfa zione nel senso, la
loro illusione finisce, il più delle volte, in una tragedia dolorosa. Bisogna
in terzo luogo ancora aver presente che, mentre per ogni animo 'ben nato vi
sono nella vita aspira zioni e soddisfazioni 'ben più alte che quelle
dell’amore, l’amore è spesso l'impedimento più forte a questa vita superiore.
La donna, come puro .essere sensuale, è la nemica naturale degli interessi
ideali dell’uomo; essa non vive che per sè stessa e per i suoi istinti : la
volontà sua egoistica è tutta tesa verso il piacere, il lusso, i godimenti della
vanità. In cambio della vo luttà l’uomo deve il più delle volte sacrificare
alla sua vanitosa ed insignificante persona il suo lavoro, il suo benessere, il
suo valore spirituale e disperdere in una vita di agitazioni vane í
quelle preziose qualità che potevano servire ad un ben più no bile
scopo. Quante nobili esistenze non ha /perduto il fuoco oscuro della
sensualità! Quante volte l’influenza funesta della donna non è stata causa dei
più gravi turbamenti nella vita dell’uomo; della decadenza della volontà, della
rinunzia ai fini più alti, e infine della completa rovina morale! Sopratutto
quindi è necessario, per resistere a queste sollecitazioni della vita
inferiore, suscitare e tener vivo nello spirito qualche alto e degno amore che
lo ©levi sopra la sfera della bellezza sensi bile. La passione ardente ohe
travolge qualunque considera zione e saggezza puramente umana, s’arresta
dinanzi alle vo lontà più aJlte dello spirito, che aprono all’uomo una realtà
d ’ un valore infinitamente superiore. E ’ vero che non sempre noi possiamo
rivolgere il nostro pensiero verso queste realità idea, li con tanta fermezza
che non possa essere vinto degli ardori del senso : ma la contemplazione e
¡l’amore delle cose ideali tra sforma sempre il nostro modo di vivere ed apre
i nostri occhi ad una luce che non va più .perduta. Quindi anche quando questo
amore non è per sé abbastanza forte, esso favorisce lo svolgersi della
riflessione critica e induce nell’anitmo una disposizione abituale in cui il
germe della passione non trova un terreno fa vorevole e viene soffocato prima
di svolgersi. Inoltre la con suetudine con una sfera più alta di vita crea un
sano e salutare orgoglio che respinge da sè, senza esitare, ogni ibassezza.
Un’i stintiva fierezza, permette al selvaggio di sopportare con viso
impassibile i più aspri tormenti : un uomo che sopporterebbe la povertà, la
fame e qualunque strazio per il suo dovere ed il suo onore, vorrà diventare lo
zimbello dei suoi istinti e sacri ficare tutto quello che di grande e di safro
ha per lui la vita per il possesso d’una donna? Da queste considerazioni
discende anzitutto la condanna di ogni degenerazione ignobile dell’amore.
L’istinto che tende ciecamente verso la sua isoddisfazione è soggetto a
singolari aberrazioni : e l’istinto sessuale umano può essere anche
aiutato in queste sue deviazioni dal ritorno atavico della associazione
sua con altri istinti ed altre tendenze; per es. coll’impulso alla crudeltà.
Anzi anche dall’associazione con sentimenti superiori non ignobili : come è
avvenuto' per es. nell’amore omosessuale greco. La cura estrema con la quale
queste tendenze vengono tenute segrete le fa apparire come eccezioni : ma
coloro che se ne occupano per dovere professionale sanno che esse sono
tutt’altro che rare, anche fra individui delle classi elevate. Esporre i
pericoli e le vergogne a cui queste degenerazioni con ducono è cosa inutile :
coloro stessi che vi soggiaccione li cono scono. Ogni animo non ignobile deve
del resto essere trattenuto sull’orlo di questo abisso dal rispetto di sè
stesso. Ma se ciò noni bastesse, egli deve rappresentare a sè chiaramente che,
degradando la sua vita in queste turpitudini, sacrifichereb be a misere,
bestiali voluttà tutto ciò che di migliore e di desi derabile può offrire la
vita dell’ uomo. L ’ atto dell’ uomo non è qualche cosa che si possa isolare
dalla natura sua e se ne stacchi, appena compiuto, come il frutto che cade
dall’albero : esso ri mane anche dopo e non si cancella. Seguire l’istinto
nelle sue depravazioni vuole dire rassegnarsi a diventare un essere be
stialmente istintivo : non bisogna illudersi di potere dopo ciò conservare in
sè qualche cosa di veramente elevato. E vuole dire quindi anche abbandonare la
propria vita a tutte le mi serie dolorose che accompagnano la vita d’un essere
tutto con finato nella sua animalità. Ma vi sono anche altre forme ddl’amore
in apparenza più normali ed elevate che vengono coinvolte in questa condanna.
Non parlo dell’amore prettamente mercenario, che è anch’esiso una forma di degenerazione
: parlo dell’amore vago che, pure fuggendo ogni attaccamento saldo, circonda il
godimento d’una parvenza di sentimentalità che sembra 'redimerlo e nobilitarlo
: è l’amore per l’amore, l’amore libero che comincia generalmente fra le rosee
illusioni e finisce quasi sempre nella vergogna e nel pianto. Non vi è uomo
quasi che non abbia- lasciato fra- le sue spine qualche illusione di
giovinezza insieme con qualche brandello di felicità e di onore, che, se avesse
la magica arte dello ^scrittore, non potrebbe scrivere anch’egli, come romanzo,
una pagina della 'sua vita e dedicarla a suo figlio «quando avrà vent’aoani».
Non vi è da illudersi quindi che la saggezza degli altri possa sostituire
totalmente l’esperienza vissuta; ma essa potrà, se non altro, aiutare a
formarsi rapidamente questa esperienza e a non consumare dolorosamente anni
preziosi ad inseguire un vano fantasma che ci allontana dalia felicità vera e
durevole. L’amore tende per sua natura, in ogni animo ele vato, a stringere
un’unione indissolubile; quindi il correre ap presso ad un amore che noi già
sappiamo non poter condurre ad una simile unione è un preparare a sè stesso, a
scadenza più o meno lunga, una sicura infelicità. Vero amore è soltanto l’a
more che è legato da un senso profondo di pietà e di respon sabilità : e
questo senso impone all’uomo di rimanere sino alla fine della vita al fianco
della donna che gli si è data e di non ab bandonarla in balia dell’incerto
destino. Perciò ogni abbandono, ogni mutamento lascia amari rimpianti e rimorsi
: la slealtà e l’ingiustizia che l’uomo addossa alla propria coscienza, quando
viene meno alle ¡menzognere promesse, è una bassezza che avvi lisce chi la
commette. Del resto già sappiamo che un amore pu raímente fìsico è sempre
deluso : di qui ]’universale ed infrenabile desiderio degli uomini attratti
verso le donne non ancora cono sciute. Ma anche questo errare, dato che
potesse sempre avere soddisfazione, non sarebbe che un passare continuo di
delusione in delusione, di rimpianto in rimpianto. Non vi è quindi in realtà
vita più triste di quella passata nei facili amori : vita che è inseparabile
dal sentimento della propria degradazione, perchè l’amore che non termina in
altro, che non isi associa con i senti menti più elevati della natura umana, è
un ben misero fine : esso non è in ultimo, se lo si spoglia di tutti i fronzoli
sentimen tali, che pretta e pura sensualità. La ricerca affannosa della donna
11011 è che la ricerca di una donna : l’amore vago e libero è la
conquista, attraverso molte amare esperienze, di questa semplice verità : che
non vi può essere amore veramente felice se non nel nobile sentimento che lega
l’uomo con una sola donna per tutta la vita. Ohe l’amore pertanto, io direi al
giovane dinnanzi a cui si apre questo mondo di vaghe lusinghe, non si disisoci
mai in te, dai nobili principi d’urna coscienza retta e pura! Anche at
traverso le passioni e gli errori, sii un uomo onesto! Non acqui stare il
piacere d’un’ora a prezzo della rovina d’un povero essere debole e indifeso :
questo sarebbe un tradimento vile che nes suna riparazione pecuniarda
cancellerebbe dalla tua vita. Pensa che nessuna violenza di passione può
scusare la disonestà di chi non esita, per soddisfare un desiderio, a gettare
la vergogna e la disperazione in una famiglia : sebbene la leggerezza del mondo
biasimi l ’ adulterio quasi sorridendo, non vi è dinnanzi alla retta coscienza
morale infamia più bassa. E sopratutto pensa alla condizione di quelli che la
viltà dei loro genitori ha lasciato in abbandono e che una fredda carità cresce
agli stenti, alle tristezze, alle umiliazioni di all’esistenza miserabile. Se
vi è un pensiero che valga a farci vergognare dei bassi amori, questo è bene il
sospetto che forse ora in qualche parte del mondo vi sia qualcuno che deve a
noi la vita e che ha ragione di impre care, in mezzo alle sue miserie, al
nostro egoismo inumano. Sii dunque casto : la castità è la virtù dell’amore.
Essere casti non vuol dire andare in cerca d’una virtù soprannaturale, ma saper
rinunciare a ciò che è al di sotto della nostra natura, alle soddisfazioni dei
sensi che sono ignobili ed ingiuste. Essere casti vuole dire anzitutto dunque
essere forti, saper tenere lon tano da sè i vizi vergognosi che minano ila
salute e corrompono la, delicatezza e la dignità del carattere : vuole dire
inoltre essere giusti e pietosi e non cercare ili nostro piacere a prezzo del
disonore e della rovina di altri. Se tu vuoi che l’amore non sia per te fonte
di infelicità e di rimorsi, fa sì che esso sia l’armo, nia di due volontà
nobili e pure, per le quali l’amore non è che l’inizio d’una comunione più alta
di vita. Piero Martinetti. Martinetti. Keywords: l’amore velia, antologia
platonica, amore socratico, sezione sull’Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Martinetti” – The Swimming-Pool Library.
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