Grice e Massari: l’implicatura
conversazionale -- l’implicatura logistica di Petrarca e Boccaccio – filosofia italiana
-- Luigi Speranza (Seminara). Filosofo italiano. Bernardo Massari --
calabro -- Barlaam: -- Grice: “Should it be under B – Barlam, under Seminara,
like Occam?” Barlaam Calabro – di
Calabria – Scrive di aritmetica, musica e acustica. E uno dei più convinti
fautori della riunificazione fra le Chiese d'oriente e occidente. È considerato
insieme ai suoi due allievi Leonzio Pilato e Boccaccio uno dei padri
dell'Umanesimo. Studia in Galatro, Calabria. Pare che il suo successo come
filosofo (un suo trattato sull'etica degli stoici è preservato) e ragione di
gelosia da parte di N. Gregorio. Nell'ambito delle trattative per la ri-unificazione
tra le due Chiese di Oriente e di Occidente, a lui venne affidata la difesa
delle ragioni greche; in tale occasione sviluppa le sue critiche verso
l'esicasmo e a sottolineare la differenza di valore tra la teologia scolastica
e la contemplazione mistica. E protagonista di una violenta polemica contro i
metodi ascetici e mistici di alcuni monaci dell'Athos e del loro sostenitore G.
Palamas. Il dibattito divenne sempre più acceso fino a culminare in un concilio
generale alla fine del quale venne costretto a sospendere ogni futuro attacco verso
l'esicasmo. Epigrafe a Gerace, tutore di Petrarca e Boccaccio, inviato
dall'imperatore Andronico III Paleologo in missione diplomatica a Napoli,
Avignone e Parigi per sollecitare le corti europee ad una crociata contro i turchi.
In quell'occasione costrue delle relazioni e una rete di amicizie su cui puo
fare conto quando, in seguito alla decisione conciliare, decise di aderire alla
Chiesa d'Occidente. Ad Avignone conosce Petrarca, a cui iniziò ad insegna il
greco. Petrarca si adoperò per fargli assegnare la diocesi di Gerace, così e nominato
vescovo di Clemente. La bolla relativa alla sua elezione al vescovato di Gerace
riporta, Monachus monasteri Sancti Heliae de Capasino Ordinis Sancti Basilii
Militensis Diocesis, in sacerdotio constitutum. Tutore di Petrarca e Boccaccio
che da un importante contributo, attraverso la riscoperta dei testi antichi,
anche a tutto ciò che non molto tempo dopo svilupa il movimento umanista. È
proprio Manetti il primo a menzionarlo nella sua biografia del Petrarca. Venne
inviato in missione diplomatica da Clemente in un rinnovato tentativo
ecumenico. Data la grande influenza di Palamas il tentativo, ancora una volta,
si risolse in un insuccesso. Fa ritorno ad Avignone dove muore. Saggi: Si
occupa anche di matematica lasciandoci una “Logistica” in cui spiega le regole
di calcolo con interi, frazioni generiche e frazioni sessagesimali. D. Mandaglio,
Barlaam Calabro: una vocazione unionista. C. Nanni Editore (Maggio). Salvatore
Impellizzeri, Calabro, Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto
dell'Enciclopedia italiana Treccani. Mercati, Calabro, Enciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia italiana Treccani. Dizionario biografico degli italiani,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Ratisbona. Simone Atomano. Barlaam Calabro
di Seminara. BARLAAM Calabro. - Nacque a Seminara (Reggio di Calabria) sul
finire del sec. XIII, probabilmente verso il 1290. Il nome Barlaam par che sia
quello assunto in religione, ma non è documentato che il nome di battesimo
fosse Bernardo, come si ripete sulle orme dell'Ughelli (Italia Sacra). Mancano
notizie sulla sua formazione spirituale e culturale e sulla sua attività in
Italia fino al suo passaggio a Bisanzio. La bolla di Clemente VI (Reg.Vat.),
che lo elevò al seggio episcopale di Gerace, ci informa soltanto che B. si
preparò al monacato e al sacerdozio nel monastero basiliano di Sant'Elia di
Capasino (Gàlatro), nella diocesi di Mileto. Certo è ormai, dopo gli studi
recenti (Schirò, Jugie, Giannelli), che B. nacque e fu educato nella fede
dissidente della Chiesa di Costantinopoli, cui molti continuavano ad aderire
nell'Italia meridionale di quell'età, nonostante l'unione alla Chiesa cattolica
proclamata dal concilio di Bari del 1098. È B. stesso a dirlo in uno degli
opuscoli contro la processione dello Spirito Santo a Patre Filioque (punto
fondamentale di dissenso tra le due Chiese: gli ortodossi credono che lo
Spirito Santo proceda e Patre solo): "Tale è la mia fede e la mia
religione riguardo alla Trinità, fede nella quale io fui allevato fin
dall'infanzia e nella quale sono vissuto sin qui" (cod. Parisinus
graecus). Problematica è invece la ricostruzione della sua formazione
culturale. Appare infatti evidente che le conoscenze del monaco calabrese, le
quali non si limitano a filosofi greci, quali Platone e Aristotele, ma si
mostrano invece profonde anche riguardo al pensiero di Tommaso d'Aquino e agli
ultimi sviluppi nominalistici della Scolastica occidentale, esorbitano dalla
tradizione culturale dei monasteri italo-greci di Calabria e presuppongono
contatti più o meno prolungati di B. con scuole filosofiche e teologiche
dell'Italia meridionale e centrale. Quando il potere imperiale passò da
Andronico II ad Andronico III, troviamo B. a Costantinopoli, dove egli era
giunto dopo essersi trattenuto prima ad Arta, in Etolia, e a Tessalonica. Nella
capitale bizantina incontrò il favore della corte: vi dominava allora Anna di
Savoia, figlia di Amedeo V, sposata nel 1326 ad Andronico III, favorevole ai
Latini e all'unione delle Chiese. Presto ottenne larga fama di dotto e di
filosofo e divenne abate (igumeno) di uno dei più importanti conventi, quello
di S. Salvatore. Si diffondevano a Bisanzio i suoi scritti di logica e di
astronomia e il gran domestico Cantacuzeno gli affidava una cattedra
nell'università della capitale. Ma la sua fama crescente doveva presto urtarsi
contro il tradizionale nazionalismo latinofobo dei Bizantini. Il primo scontro
avvenne col più cospicuo rappresentante dell'umanesimo bizantino, Niceforo
Gregoras, che teneva cattedra nel monastero di Cora. In una sfida accademica,
che dovette aver luogo verso il 1331, i due dotti più in vista della capitale
si trovarono di fronte a discuteresui campi più vari dello scibile, astronomia,
grammatica, retorica, poetica, fisica, dialettica, logica. Di questa tenzone
noi sappiamo soltanto attraverso un libello del Gregoras 02,OpiVrLO9 ~ 7rEpì
GOCPL'2q (Jahn, Archiv für Philologie und Pddagogik, Supplementband). Il
libello, una specie di dialogo mitico di imitazione platonica, o meglio
lucianea, naturalmente tendenzioso, asserisce che l'agone si concluse con la
completa sconfitta del dotto calabrese, che dimostrò di avere soltanto qualche
conoscenza di fisica e di dialettica aristotelica e una certa superficiale
infarinatura di logica. Ma nella persona di B., Niceforo Gregoras vuol mettere
in ridicolo tutta la scienza occidentale limitata a poche nozioni aristoteliche
e del tutto ignara di matematica, fisica e astronomia, scienze in grande onore
allora a Bisanzio. Secondo il Gregoras, inoltre, in seguito a questa sconfitta,
B. avrebbe abbandonato Costantinopoli per rifugiarsi a Tessalonica. Par più
probabile invece che egli facesse la spola tra i due massimi centri culturali
dell'impero. A Tessalonica comunque il suo insegnamento continuava con successo
e tra i suoi allievi si contavano personalità di spicco come Acindino, Cavasila,
e Cidone. Ma nemmeno presso la corte e gli ambienti ecclesiastici della
capitale il prestigio di B. dovette subire un offuscamento, se proprio lui fu
scelto dal patriarca Caleca, come portavoce della Chiesa ortodossa, quando
giunsero a Bisanzio i due domenicani Francesco da Camerino, arcivescovo di
Vosprum (Ker~-'), e Riccardo, vescovo di Cherson, incaricati dal papa Giovanni
XXII di rimuovere gli ostacoli dottrinali che si frapponevano alla
riconciliazione delle Chiese. La discussione tra i prelati latini e il
monaco calabrese si svolse ad un alto livello teologico-filosofico. M. cercava
di abbattere la barriera dogmatica della processione dello Spirito Santo
ricorrendo a un tipico argomento nominalistico: egli si opponeva alla pretesa
di poter conoscere Dio e di poter dimostrare apoditticamente le cose divine.
Ora, se Dio èinconoscibile, che valore potevano avere discussioni sulla
processione dello Spirito Santo basate sui sillogismi apodittici? Sia i Latini,
sia i Greci, quindi, in questioni di questo genere non potevano rifarsi che ai
Padri della Chiesa, la cui fonte di scienza è la rivelazione e l'illuminazione
divina. Ma poiché i Padri non sono sufficientemente espliciti riguardo alla
processione dello Spirito Santo, non restava che assegnare alle divergenti
dottrine un posto nelle opinioni teologiche particolari, senza fame un ostacolo
per l'unione. La posizione di M. è in netto contrasto col realismo di s.
Tommaso, assunto quale atteggiamento ufficiale dalla teologia cattolica: essa
si inserisce chiaramente nel movimento volontaristico contemporaneo a B., che
ebbe i suoi maggiori rappresentanti in Duns Scoto e in Guglielmo d'Occam, teso
a porre un netto confine di separazione tra i campi della ragione e della fede.
Non è un caso che B. avesse consacrato il suo insegnamento universitario dalla
cattedra di Costantinopoli all'esegesi dello Pseudo-Dionigi l'Areopagita, il rappresentante
più coerente della dottrina "apofatica", della inconoscibilità, cioè,
del divino, la cui autorità era riconosciuta in Oriente e in Occidente.
Le trattative non approdarono a nulla: le tesi di B. difficilmente potevano
essere accettate dai legati latini, esponenti dell'ordine stesso cui
apparteneva anche AQUINO e inviati dal papa Giovanni XXII, che, elevando agli
onori dell'altare Tommaso, aveva fatto propria della Chiesa di Roma la sua
dottrina. Ma l'agnosticismo nominalistico di M. doveva anche urtare le
concezioni mistiche bizantine, rappresentate allora specialmente dal
monachesimo atonita. A campione di tale misticismo si ergeva Gregorio Palamas,
un monaco dell'Athos, che aveva già scritto due Discorsi apodittici contro la
processione dello Spirito Santo Filioque. Egli attaccava il metodo di
discussione tenuto dal calabrese dinanzi ai legati latini, dichiarando
perfettamente dimostrabile la posizione ortodossa in virtù della grazia
illuminante che al cristiano discende dall'incamazione, per cui la conoscenza
soprannaturale è eminentemente reale, più di qualunque conoscenza
filosofica. Intanto M. veniva a conoscenza delle pratiche mistiche dei
monaci atoniti, che si isolavano per abbandonarsi ad una quiete contemplativa
Tali pratiche consistevano nel ripetere indefinitamente la preghiera:
"Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me!", trattenendo
il fiato, col mento appoggiato al petto e guardando l'ombelico, fino a
raggiungere la visione corporea della luce divina vista dagli Apostoli sul
Tabor, nel giorno della trasfigurazione. Questa concezione psico-fisica della
divinità e, soprattutto, il metodo di preghiera degli esicasti (così si
chiamavano i seguaci di tal metodo) provocarono gli attacchi ironici di M., che
vedeva nell'esicasmo una grossolana superstizione, i cui seguaci designò con lo
sprezzante appellativo di ??? (umbilicanimi). Ma la controversia ben presto si
allargò sul piano filosofico-teologico. M., coerentemente alla sua formazione
nominalistica, non poteva ammettere contaminazione tra il divino e l'umano, tra
l'etemo e il temporale. La luce del Tabor, per esser vista nell'ascesi,
dovrebbe essere etema e coincidere con la divinità stessa, che sola è eterna e
immutabile. Ma poiché la divinità è invisibile, invisibile è anche la luce
taborica. Gregorio Palamas oppose una sottile dottrina emanazionistica di
derivazione neoplatonica, che distingueva una sostanza divina trascendente
(oùaía) e delle energie divine (gvp-'pyztcxt o Suváp.rLq), operazioni eterne di
Dio, che per esse agisce nel mondo degli uomini. E appunto la luce taborica
visibile agli asceti, come l'amore, la sapienza e la grazia di Dio, è una
energia divina operante come intermediaria tra Dio e gli uomini, un ponte tra
l'etemo e il transeunte. Tra le due opposte tesi non poteva essere
accordo. La controversia filosoficoteologica ebbe anche implicazioni politiche,
come sempre avveniva a Bisanzio. M. allora mosse accusa di eresia contro il
Palamas dinanzi al patriarca Giovanni Caleca, presentando il suo scritto Kwrà
MoccrcrocXtocvCùv (Contro i Massaliani) in cui la dottrina del Palamas veniva
assimilata a precedenti eresie. Il Palamas riuscì a ottenere una dichiarazione,
favorevole alla fede esicasta, sottoscritta dai monaci più importanti
dell'Athos ('0 &ytopsvrtxòq -ró[Log), mentre il patriarcato e il governo
imperiale, pur non favorevoli al palamismo, preoccupati com'erano di mantenere
la pace religiosa tra i pericoli incombenti dall'estemo, desideravano evitare
una controversia dogmatica e cercavano di far giungere le due opposte parti a
una conciliazione. Si giunse così alla riunione di un concilio in Santa Sofia, presieduto
dall'imperatore Andronico III in persona. La sera dello stesso giorno il
concilio si chiudeva con un discorso dell'imperatore che celebrava la
riconciliazione generale. Ma in realtà fu il Palamas a trionfare: la dottrina
di B. venne formalmente condannata e il monaco calabrese dovette fare pubblica
ammenda agli esicasti e promettere di non dar loro più molestia. Il patriarca
pubblicava un'encicláca con cui condannava "ciò che il monaco M ha detto
contro i santi esicasti" e imponeva a tutti gli abitanti di Costantinopoli
e delle altre città di consegnare alle autorità gli scritti di M. perché
fossero pubblicamente distrutti. Questa scottante umiliazione e la morte di
Andronico III, avvenuta subito dopo indussero M. a lasciare Costantinopoli e a
ritornare in Occidente. A tal decisione forse non erano state estranee le
impressioni riportate nel viaggio in Occidente, fatto nel 1339, e le conoscenze
che aveva avuto occasione di fare (forse aveva conosciuto anche il Petrarca).
Nel vivo della lotta esicasta, M. era stato richiamato da Andronico III, da
Tessalonica, per un'importante missione diplomatica. Urgeva che l'Occidente
facesse una spedizione per allontanare da Costantinopoli l'avanzata dei Turchi
ottomani. Pare che allora B. avesse preparato un nuovo progetto di unione, che
aveva sottoposto al sinodo di Costantinopoli, in cui ribadiva le posizioni
teologiche che aveva sostenuto cinque anni prima, nelle discussioni coi legati
latini del papa. Il progetto non dovette soddisfare il sinodo e d'altra parte un
senso realistico della situazione politica doveva consigliare di evitare lunghe
quanto inutili dispute teologiche. B. accompagnato da un esperto militare, il
veneziano Stefano Dandolo, si era recato presso Roberto d'Angiò e Filippo VI di
Valois per chiedere aiuti militari dal Regno di Napoli e dalla Francia, e
infine presso la Curia di Avignone per ottenere il consenso papale alla
crociata. Al papa aveva presentato dei memoriali in cui, facendo presenti i
pericoli che sovrastavano alla cristianità tutta per l'incombenza della
minaccia turca, chiedeva che i Latini, mettendo da parte i tradizionali odi,
mandassero subito aiuti in Oriente per la guerra contro gli infedeli; dopo,
ottenuta la vittoria, si sarebbe riunito un concilio ecumenico che avrebbe
trattato dell'unione. La missione di B. era fallita sia perché il papa
pretendeva la realizzazione dell'unione prima di affrontare uno sforzo
militare, sia perché le condizioni politiche dell'Occidente (relazioni tese tra
Filippo VI ed Edoardo III d'Inghilterra) difficilmente avrebbero permesso
l'organizzazione di una crociata. M. torna in Calabria e prosegue il suo
viaggio fino a Napoli, dove aiutò, per la parte greca, l'umanista Paolo da
Perugia nella compilazione della sua opera sulla mitologia dei pagani
(Collectiones) e nell'ordinamento dei manoscritti greci della libreria
angioina, che era in rapida espansione. Poi, nell'agosto, passò alla Curia
avignonese, dove a Benedetto XII era successo Clemente VI. In questo periodo
egli si legò di amicizia col Petrarca, a cui insegnò i primi rudimenti di
greco, da lui acquistando familiarità con la lingua latina, nella quale, per la
sua educazione prevalentemente greca e per la lunga dimora in Oriente, provava
difficoltà ad esprimersi (Petrarca, Famil.). Allora passò anche alla fede
cattolica e fu utilizzato dalla Curia per un insegnamento di greco, fino a che,
pare per intercessione del Petrarca, non fu elevato al seggio episcopale di
Gerace e consacrato da Poggetto. Oscuri e duri furono gli anni dell'episcopato
nella piccola diocesi calabrese a causa di aspre dispute con la curia
metropolitana di Reggio. Ma nel 1346 gli veniva affidata la sua ultima
missione diplomatica, questa volta da parte di Clemente VI, per condurre
trattative unioniste con l'imperatrice Anna di Savoia, reggente l'impero di
Bisanzio in nome del figlio Giovanni V. La situazione a Bisanzio rendeva però
ogni trattativa impossibile. Un sinodo aveva deposto il patriarca Giovanni
Caleca, divenuto avversario dichiarato del movimento esicasta, in conseguenza
dell'evoluzione della situazione politica dopo la morte di Andronico III (nel
1343 aveva fatto arrestare il Palamas e l'anno successivo aveva fatto
pronunciare contro di lui la scomunica da un sinodo patriarcale), e aveva
confermato la condanna di M.. La stessa sera Cantacuzeno, favorevole agl’esicasti,
entrava nella capitale e costringeva Anna ad accoglierlo come coimperatore
accanto al figlio. A B., considerato eresiarca, non restava che la via del
ritorno, per lasciare ad altri la ripresa delle trattative. Rientra ad Avignone.
Infatti la bolla di nomina del suo successore, Simone Atumano, nella sede
episcopale di Gerace è del 23 giugno di quell'anno e afferma come recente la
morte di Barlaam. (Archivio segreto vaticano, Reg. Clem.). Scrive molto.
Quantunque una parte della sua opera sia andata perduta, tuttavia si conservano
ancora di lui un buon numero di opuscoli di vario contenuto, in genere brevi,
ma densi di pensiero. La maggior parte di essi sono ancora inediti. Un elenco
coi titoli e gli incipit si trova in Fabricius, Bibliotheca Graeca, Hamburgi
1808, pp. 462-470 (riprodotto in Migne, Patr. Graeca, CLI, coll. 1247-1256). I
più numerosi sono quelli di carattere teologico e riguardano l'attività
unionista del monaco calabrese: 3 contro la processione dello Spirito Santo
Filioque, e sul primato del papa. Tali opuscoli si trovano in un gran numero di
manoscritti. Ne contiene 20 (escluso uno sul primato del papa) il cod.
Parisinus 1278 del sec. XV (ff. 30 r-167 v). Di essi uno solo sul primato dei
papa, è stato pubblicato prima da Luyd, con traduzione latina, Oxford, e poi
dal Salmasius, in greco, Hannover 1608 (riprodotto in Migne, Patr. Graeca, CLI,
Coll. 1255-1280). Due discorsi greci sull'unione delle Chiese sono stati
pubblicati e illustrati da Giannelli, Un progetto di Barlaam Calabro Per
l'unione delle chiese, in Miscellanea Giovanni Mercati, III, Città del Vaticano
1946, pp. 157-208. Il primo di essi contiene il progetto di unione elaborato da
B. prima della sua missione diplomatica ad Avignone e presentato al sinodo di
Costantinopoli; il secondo, pronunciato probabilmente dinanzi al sinodo stesso,
doveva illustrare il progetto contenuto nel primo. Di tenore diverso sono
tuttavia i due discorsi latini recitati, o piuttosto presentati in forma di
memoriali, in quell'occasione, al pontefice Benedetto XII. Essi furono editi
per la prima volta da L. Allacci, De Ecclesiae Occidentalis atque Orientalis
perpetua consensione...,Coloniae Agrippinae 1648, coll. 789-794 e 796-798,
donde furono riprodotti dal Migne, Patr. Graeca, CLI, e poi dal Raynaldi,
Annales Ecclesiastici. Alla sua attività apologetica in favore della Chiesa
cattolica svolta dopo la conversione si riferiscono varie lettere ed opuscoli,
di cui cinque, in latino, si trovano in Migne, Patr.Graeca, C LI, coll. 1255-1330.
Poco ci resta degli scritti contro gli esicasti, che furono condannati alla
distruzione, dopo il concilio, dalla enciclica del patriarca Giovanni Caleta
(Synodicae Constitutiones, XXII, in Migne, Patr.Graeca,CLII, COI.). L'opera
principale, più volte rimaneggiata, che portava il titolo KotTà
Mocaaa?,tocvi""v (Contro i Massaliani) da un'antìca setta ereticale a
cui B. polemicamente assimilava gli esicasti, ci è nota soltanto attraverso le
citazioni degli avversari. Di notevole importanza sono quindi le otto lettere
pubblicate con ampia introduzione da Schirò: Barlaam Calabro, Epistole greche.
I primordi episodici e dottrinari delle lotte esicaste, Palermo, che rivelano i
primi sviluppi della controversia. Ma se più nota è l'attività teologica
di B., di non minore importanza, anche se finora meno studiata, è quella
filosofica e scientifica. Nell'operetta latina in due libri, Ethica secundum
Stoicos ex pluribus voluminibus eorumdem Stoicorum sub compendio
composita,edita per la prima volta da Canisius, Ingolstadt 1604, riprodotta in
Migne, Patr. Graeca,CLI, coll., B. dà una chiara esposizione della morale
stoica e mostra ampia conoscenza di Platone. Inedita è ancora un'altra opera di
carattere fìlosofico, Le soluzioni dei dubbi proposti da Giorgio Lapita (A~astq
siq T&q è7rsvsy,0d'aocq ocù-ré,-,) &7rop(otq 7rocpì ro,3 ]Pe⟨,)pytou roú Aa7r'tOou,
contenuta in vari codici, di cui il più noto il Vatic. Graer. Di matematica
trattano l'Arithmetica demonstratio eorum quae in secundo libro elementorum
sunt in lineis et figuris planis demonstrata,corfimentario al secondo libro di
Euclide, edito nell'euclide di C. Dasypodius con traduzione latina,
Argentorati, e riprodotto, nel solo testo greco, nell'edizione di Euclide
curata dallo Heiberg, V, Lipsiae (Teubner); e la Aoytcr-rtx~ sive arithmeticae,
algebricae libri VI, edita per la prima volta,dallo stesso Dasypodius con
traduzione latina, Argentorati, e poi, con un commento, da Chamberus, Logistica
nunc primum latine reddita et scholiis illustrata, Parisiis 1600, trattato di
calcolo con frazioni ordinarie e sessagesimali con applicazioni
all'astronomia. Inedite sono due opere di astronomia: un commentario alla
teoria dell'ecclissi solare dell'ahnagesto tolemaico, contenuto in parecchi
manoscritti, in duplice redazione, e una regola per la datazione della
Pasqua. B. si occupò anche di acustica e di musica. Abbiamo di lui la
confutazione al rifacimento degli 'AptovLx& tolemaici di Gregoras,
pubblicata da Franz, De musicis graecis commentatio, Berlin. Difficile è
esprimere un giudizio preciso che illumini di piena luce la personalità di B.,
sia perché moltissimi dei suoi scritti sono ancora inediti, sia perché
l'attenzione degli studiosi si è concentrata particolarmente sulla sua attività
teologica e diplomatica, che fu occasionale, lasciando nell'ombra la sua opera
di filosofo, di scienziato e di umanista, che rispondeva alla sua vera
vocazione. Sufficientemente chiara è ormai la posizione del monaco
calabrese verso le due Chiese. E sincero credente nella fede ortodossa fino a
quando non passò al cattolicesimo, ad Avignone, in seguito alla condanna
espressa dal concilio. E fu sincero unionista, anche se le sue posizioni
teologico-filosofiche non dovevano contribuire alla chiarificazione dei
rapporti tra le due Chiese. A Bisanzio porta lo spirito nuovo delle più
avanzate speculazioni filosofiche dell'Occidente, che preludevano all'umanesimo
e alla Rinascita. Non facilmente valutabile è invece il peso che egli ebbe
nell'introduzione del greco nel mondo occidentale. Certo è che, oltre alle sue
lezioni avignonesi, iniziò alla cultura ellenica Paolo da Perugia e il
Petrarca. I suoi interessi per matematica, astronomia, fisica e musica,
oltre che per teologia e filosofia, gli assegnano un posto eminente nella
storia della cultura e lo fanno apparire uno degli spiriti più versatili della
sua età. Fonti e Bibl.: N. Gregoras, Byzantina Historia, a cura di
L. Schopen, I. XI, c. 10, in Corpus scriptorum historiae Byzantinae, Bormae,
Cantacuzeno, Historiartum libri, a cura di Schopen, AYLOQEVILZò1; Tó~10(; in
Migne, Patr. Graeca, Filoteo, Gregorii
Palamae encomium, CLI, Contra Gregoram, XII; i:uvobL>còg rópo; (Atti dei
concilio Bénolt XII, Lettres closes, patentes... se rapportant à la France, a
cura di G. Daumet, Paris; Taccone-Gallucci, Regesti dei romani pontefici per le
chiese della Calabria, Roma, Schaefer, Die Ausgaben der apostolischen Kammern
unter Benedikt XII, Klemens VI und Innocenz VI, Paderborn; Petrarca, Famil.,
I.XVIII, ep. 2, a cura di Rossi, Firenze, BOCCACCIO, Genealogia deorum
gentilium, a cura di Romano, Bari; Mandalari, Fra Barlaamo Calabrese, maestro di
PETRARCA, Roma; Gay, Le Pape Clément VI et les affaires d'Orient, Paris; Parco,
Petrarca e B., Reggio Calabria; Gl’ultimi oscuri anni di B. e la verità storica
sullo studio del greco di PETRARCA, Napoli, GENTILE, Le traduzioni medievali di
Platone e PETRARCA, in Studi sul Rinascimento, Firenze; Jugie, Barlaam de
Seminaria, in Dict.d'Hist. et de Géogr. Ecclés., Barlaam est-il né catholique?,
in Echos d'Orient; Schirò, Un documento inedito sulla fede di B. C., in
Arch.stor. per la Calabria e la Lucania, Sarton, Introduction to the history of
science, III, Baltimorem Weiss, The Greek culture of South Italy in the later
MiddIe Ages, in Proceedings of the British Academy, Meyendorff, Les débuts de
la controverse hésychaste,in Byzantion, L'origine de la controverse palamite:
la première lettre de Palamas à Akindynos, in OEoloyca; Un mauvais théologien
de l'Unité: Barlaam le Calabrais, in L'Eglise et les Eglises. Etudes et travaux
offerts à Dom Lambert Beauduin, II, Chévetogne, Introduction à l'étude de
Palamas, Paris; St. Grégoire Palamas et la mystique ortodoxe, Paris; Giannelli,
Petrarca o un altro Francesco, e quale, il destinatario del "De Primatu
Papae" di Barlaam Calabro?, in Studi in onore di Funaioli, Roma, Setton,
The Byzantine background to the Italian Renaissance, in The Proceedings of the
American Philosophical Society, Loenertz, Note sur la correspondance de
Barlaam, évéque de Gerace, avec ses amis de Grèce, in Orientalia Christ.
Periodica, Beck, Kirche und theologische Literatur im byzantinischen Reich,
München, Schmitt, Un pape réformateur... Bénoft XII, Quaracchi-Florence; Pertusi.
La scoperta di Euripide nel primo Umanesimo, in Italia Medievale e Umanistica. Bernardo Massari.
Massari. Keywords: implicatura, logistica, Petrarca, Boccaccio, Gentile – il
latino, il volgare – e il greco! Accademia, Platone, Rinascimento italiano,
Firenze.
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