Grice
e Marchesini: l’implicatura conversazionale dell’educazione del soldato – l’implicatura del
capitano – e l’amore sessuale – la società eugenica – filosofia italiana – Luigi Speranza (Noventa
Vicentina). Filosofo italiano. Grice: “Cassatta has unearthed some opinions by
Marchesini which are revolutionary!” Esponente del positivismo. Alievo di Ardigò, insegna filosofia a Padova.
Direttore della Rivista di Filosofia.Diresse, anche, un Dizionario delle
scienze pedagogiche, edito dalla Società Editrice Libraria di Milano. Tradusse,
inoltre, un testo di Locke Pensieri, edito da Sansoni. Opere: “La vita,” –
Grie: “Sounds promising: a treatise on life! Cf. my ‘Philosophy of Life’”). Montagnana,
Tip. di A. Spighi, “Saggio sulla naturale unità del pensiero,” Firenze,
Sansoni, “Elementi di Psicologia tratti dalle opere filosofiche di Ardigò,” Firenze,
Sansoni, “ Elementi di logica” -- secondo le opere di R. Ardigò, St. Mill, A. Bain
ecc., prefazione di Ardigò, Firenze, Sansoni,” Grice: “A fascinating little
book: it reminded me of Strawson’s Introduction to Logical Theory! Only
Strawson would rather die than axe me to foreword it!” –[ whereas Marchesini
commissioned his tutor to drop a word “or two””].—Grice: “Marchesini shouldn’t
be so reverential towards Ardigo.” Grice: “I count Marchesini’s oeuvre as being
by Marchesini; if I want to read Ardigo, I read Ardigo!” – “Elementi di morale,
ad uso anche dei licei, secondo le opere degli scienziati moderni, prefazione
di Ardigò, Firenze, Sansoni, “Il positivismo e il problema filosofico, Torino,
F.lli Bocca, “Le amicizie di collegio” – Grice: “I should note that Marchesini
uses ‘amecizia’ in quotes! So it doesn’t really apply to my Clifton days!” -- (con prefazione di E. Morselli e in
collaborazione con Obici), Roma, Società Ed. "Dante Alighieri ", “Elementi
di pedagogia: Con un'appendice di cento scelte citazioni, Firenze, Sansoni, Doveri
e diritti: ad uso delle scuole tecniche e complementari, Milano-Palermo, R.
Sandron, “La teoria dell'utile,” principi etici fondamentali e applicazioni, Milano-Palermo,
R. Sandron, “ Il Simbolismo nella conoscenza e nella morale, Torino, Fratelli
Bocca Editori, “ Il dominio dello spirito, ossia Il problema della personalità
e il diritto all'orgoglio, Torino, F.lli Bocca, Pedagogia, Torino, Paravia, Il
principio della indissolubilità del matrimonio e il divorzio, Pakdova-Verona,
Fratelli Drucker, “Elementi di logica,” ed. interamente rifusa, -- Grice: “This
makes me laugh! It’s like saying: my previous, Ardigo-based stuff, was
nonsense!” -- Firenze, Sansoni, Disegno storico delle dottrine pedagogiche,
Roma, Athenaeum, “La dottrina positiva delle idealità,” Roma, Athenaeum, “L'educazione
morale, Milano, F. Vallardi, “I problemi fondamentali della educazione,”
Torino, Paravia, “I problemi dell'Emilio” di G. G. Rousseau, Firenze, R. Bemporad
e Figlio, “La finzione dell'educazione o la pedagogia del Come se,” Torino,
Paravia, “L'educazione del soldato, con 50 problemi per esercitazioni,” Firenze,
Ed. La Voce, “Il problema della scienza nella storia delle scienze: per i licei
scientifici, Milano, Signorelli, “Dizionario delle scienze pedagogiche: opera
di consultazione pratica con un indice sistematico, direttore Marchesini,
collaboratori: Antonio Aliotta, Giuseppe Aliprandi e altri, Milano, Soc. Edit.
Libraria, Vedi Treccani L'Enciclopedia Italiana. Ultima ristampa: Firenze,
Sansoni, 1968. Mariantonella, Marchesini
e la «Rivista di filosofia e scienze affini». La crisi del positivismo
italiano, Collana di filosofia, Franco Angeli, Treccani L'Enciclopedia
Italiana. A proposito dei sofismi di parole ricorderemo ancora quel
capitano che avendo conchiuso col nemico
una tregua di dieci giorni, si credette lecito attaccarlo di notte. E
ricorderemo i seguenti sofismi di Eutidemo: Qualcuno che si trova
in Sicilia e vede in questo momento, col pensiero, il porto
d’Atene, vede egli le due triremi che vi si trovano? E se non vede
le dne triremi, come può egli vedere il porto d'Atene? Quelli che
imparano sono essi sapienti o ignoranti? Se sono gli igno- ranti che
imparano, devono apprendere ciò che non sanno; ma come si può imparare
quando non si sa neppure ciò che si devo imparare? E se Clinia risponde
che sono i sapienti che imparano, la difficoltà resta la medesima: come
possono i sapienti imparare dal momento che sanno? — Chi Ba qualche cosa
possiede il sa- pere, eli’ 6 tutto: dunque chi sa qualche cosa sa
tutto. Origine ed evoluzione del linguaggio. La questione del linguaggio è
ancora un po’ oscura, ma fra le ipotesi cbe su tale questione si proposero,
si può stabilire quale è la più legittima. Si esclude innanzi tutto l
ipotesi che il linguaggio sia stato inventato da un uomo più
intelligente, e adottato dagli altri in virtù d’nna convenzione -- ipotesi
attribuita a Democrito. Si esclude altresi che il linguaggio sia
stato l’opera di una rivelazione, o di un miracolo. Due filologi
contemporanei, Renan e Muller, attribuirono l’origine del linguaggio a una
specie d’istinto. Nell’umanità primitiva ogni idea avrebbe suggerito
per sé stessa una parola, e la medesima parola a tutti gli spiriti. Questo
istinto, col tempo, si sarebbe atrofizzato. A proposito di questa ipotesi
si osserva ch’essa non spiega nulla, essendo questo istinto per sé
medesimo inesplicabile, ed esscudo esso stesso, per cosi dire, un miracolo. È
strano infatti che quei 400 o 500 tipi fonetici, a cui il Muller
riduce le parole delle varie lingue, aspettino, a manifestarsi, le idee
rispettive. Il linguaggio, dice Humboldt, è il prodotto necessario dello
svolgimento dello spirito umano. E sta bene. Ma questo svolgimento
non è spiegato dall’istinto di Réuan o Muller, mentre importa appunto
stabilire come il linguaggio si produca. Whitney, nella “Vita
del linguaggio”, dice che l’origine del linguaggio è dovuta al
concorso di tre cause, che s’ incontrano nella specie umana: 1° la
facoltà di emettere un’infinità di suoni e di riprodurli a volontà; 2°: il
desiderio, determinato da un bisogno di socialità superiore, di
comunicare le idee per mezzo di segni; 3: la facoltà di generalizzare, di
giudicare, di concepire dei concetti e di percepirne i rapporti. E queste sono
infatti le condizioni del sorgere e svilupparsi del linguaggio, ma come
effettivamente il linguaggio sia sorto e si sia sviluppato, Whitney non
dicono. Si paragonò l’origine del linguaggio nelle razze all’origine del
linguaggio nel bambino. Il bambino, per attività puramente riflessa, emette un
grido che manifesta in lui un dolore, un bisogno. Al grido accorre la
nutrice, e accorre ogni volta che il grido si ripete. Cosi, si va fissando
un’ associazione mentale tral’atto dell’ emettere il grido e il successivo
accorrere della nutrice, onde, a chiamar questa, finuli j^ uXr ri-
peterà, ma coscientemente, intenzionalmente, il'^-WyoHl il grido assume
un significato. Più tardi, altri suoni esprimeranno il pensiero del
bambino, come quando il bambino indica gl’oggetti imitandone in qualche
modo l’impressione sensibile che ne riceve. Dice ad esempio “Jcolcò”
per indicare il pollo; “mìàou” per indicare il gatto. Il bambino produce un
dato sensibile, nel nostro caso uditivo, a cui si associeranno altri dati
sensibili, come quelli visivi. Da prima il bambino designa con questo
suono non soltanto gli oggetti dai quali l’ udì, ma anche altri oggetti
consimili, che hanno in comune, oltre a quelle, altre qualità sensibili. Con
lo stesso suono e ad esempio dal bambino indicato, da prima, ogni
uccello. Le distinzioni di linguaggio verranno piti tardi, mano mano
che si distingueranno e aumenteranno nel bambino le percezioni. Questa è,
a larghi tratti, la formazione e lo svolgimento del linguaggio, nel bambino, a
cui contibuiscono in modo particolare gli ammaestramenti speciali che il
bambino riceve da chi gli apprende la lingua. Si puo inferirne che
l’origine e lo sviluppo del linguaggio d’una razza, avviene come nel
bambino. Con tale inferenza si dimenticherebbe un fatto importantissimo, ch’è
fondamento d’una netta distinzione. Il fatto che il fanciullo nascendo porta
anche per il linguaggio delle disposizioni funzionali organiche-psichiche,
diverse da quelle che potevano avere gl’uomini primitive. Il paragone
adunque, e l’ inferenza, non reggono. L’ipotesi piu accreditata intorno
all’origine del linguaggio è quella di Darwin, illustrata particolarmente
da Spencer, per cui il linguaggio è opera dell’evoluzione, come ogni altro
fatto naturale ed umano. Originariamente gl’uomini si servivano di un
gesto, indicativo o imitative. Poi, provveduti, per evoluzione organica,
di organi capaci di mandar suoni articolati, accompagnarono questi al
gesto, ed espressero cosi le proprie sensazioni e i propri bisogni, e
designarono gl’oggetti. Tale espressione e tale designazione avevano da
prima carattere essenzialmente imitativo, conservatosi, quanto al suono
articolato, nell 'onomatopeici, ed erano piuttosto istintive. In progresso di
tempo, i movimenti del gesto e dell’ articolazione si utilizzarono più
largamente, e venne cosi a sostituirsi al linguaggio naturale un linguaggio
convenzionale. Cominciato per evoluzione, il linguaggio di un Popolo, come
quello dell’individuo, continuò a svolgersi pure per legge evolutiva,
mediante i rapporti sempre più ampi e riflessi che si stabilirono
successivamente tra i segni e la cosa significata. Si ebbero cosi
nel linguaggio la forma mimica, l’ideografica, e la fonetica, e la parola
divenne per ultimo il linguaggio per eccellenza. Presso certe tribù selvage,
la parola non può comprendersi senza il gesto. Anche presso gli antichi, la
mimica aveva la massima importanza, come presso i sordo-muti, che devouo
esprimere il pensiero col gesto proprio, naturale e artificiale. La
l'orma ideografica, che troviamo presso gl’egiziani, i chinesi e
altri popoli, è un disegno abbreviato e più o meno convenzionale,
in cui ogni carattere esprime direttamente un'idea. I popoli ocei- [Innumerevoli
sono le forme che la parola assunse presso i vari popoli o razze, poiché
ogni popolo o razza ha la sua lingua. Tuttavia si riuscì a
ricondurre tutte le lingue a un piccolo numero di tipi, che sembrano
corrispondere agli stadi successivi dell evoluzione della parola. 1° Tipo:
Lingue monosillabiche (es. la chinese). Sono composte di sillabe che
costituiscono ciascuna una parola rappresentante un’idea astratta e
generale. Secondo l’ordine nel quale i monosillabi si dispongono, si
esprimono le diverse combinazioni e modificazioni delle idee. 2°
Tipo: lingue agglutinanti o poli-sintetiche (es. le lingue delle tribù
americane). Sono composte di radici di cui le une esprimono le idee più
importanti, le altre le idee accessorie: messe insieme, cosi
dal costituire spesso una parola straordinariamente lunga e complessa,
esprimono sia le modificazioni d’un idea principale, sia una combinazione
più o meno complessa di idee principali e accessorie. 3° Tipo: lingue a
flessione: (es. le lingue semitiche, e indo-europee). Sono composte di
parole ciascuna delle quali esprime un’idea principale modificata da
una accessoria. Le diverse modificazioni dell’idea principale si esprimono per
il modificarsi, per l’inflettersi, della terminazione delle parole stesse]
dentali non se ne servono più se non per certi usi (cifre, segni algebrici
eoe.). Usano invece della scrittura fonetico, in cui ciascun carattere è
il seguo non d'nu idea uia di un suono. Di questi tre tipi, il secondo
sarebbe derivato dal primo, per l’addizione delle radici accessorie alle
radici principali; e le lingue a flessione sarebbero derivate da lingue
agglutinanti piu antiche, per la fusione delle radici accessorie con le radici
principali. Con le parole non comunichiamo soltanto delle idee, ma anche
delle credenze, dei fatti. E poiché le nostre credenze, le nostre
rappresentazioni dei fatti, e la interpretazione di questi, mutano,
mutano anche i significati delle parole. Una mutazione che si può
ritenere primitiva, quanto è costante, l' abbiamo nella trasformazione del
senso di una parola, da proprio a traslato -- ciò avviene per
quella certa somiglianza che si riconosce tra il significato proprio (Sidonio:
EX-PLICATVRA), o etimologico, e quello traslato (IM-PLICATVRA). Una casa
grande e sontuosa oggi si chiama impropriamente “pallazzo,” parola che indica
prima costruzione dei Romani più antichi, eretta in onore della dea “Pale,”
nel monte Palatino. La parola “palazzo” sopravvive, ma con significato
diverso dal primitivo. “Pagano” significa propriamente l’abitante
del “pagus”. Poi, significò l’idolatra, l’adoratore di una divinità esoterica,
perché a Roma, mentre gl’abitanti delle città erano i primi a render
colto a Marte, gl’abitanti non-romani della campagna sono gl’ultimi. “Villano”
si dice propriamente chi e soggetto a minori oneri, ed e, per
conseguenza, oggetto di disprezzo da parte dell’ aristocrazia militare. Al
villano si attribusce, con qualche esagerazione, i vizi e delitti. Per
implicatura, ‘villano’ divenne perciò una qualifica ingiuriosa. Il significato
adunque di questi tre termini -- palazzo, pagano, villano -- si trasforma
generalizzandosi, come si trasformarono generalizzandosi., per citare ancora
due esempi, il termine “sale,” che propriamente designa il cloruro di sodio, e
il termine “olio” che propriamente indica soltanto l’olio d’oliva. Nella
trasformazione della parola si ha pure un processo inverso, di
specializzazione. Cosi il termine “vitriolo,” da “vitruni,” propriamente
significa ogni corpo cristallino, poi si attribui a una specie
particolare. Il termine “oppio” (da ònòg succo) propriamente vuole dire
un i succo qualunque, ora indica per implicatura soltanto il succo del
pa- J pavero. E il termine “fecula” (da foex, feccia) proprio a
significare ogni materia che si depositi spontaneamente in un liquido,
poi lo si applica per implicatura al1’ amido che si deposita quando si agita,
nell’acqua, della farina di frumento. E il significato di “fecula” si
specifica per implicatura poi ancor più, venendo a indicare un principio
vegetale particolare che, come l’amido, è insolubile nell’acqua fredda,
ma è completamente solubile nell’acqua bollente, con la quale forma
una soluzione gelatinosa. Il cocchiere chiamai suoi cavalli “le mie
bestie”. Un cacciatore può intendere per “uuccelli” le pernici. V’ è
adunque nel significato di una parola una transizione, della quale, nel suo
uso, devesi tener conto. Si consideri, ad esempio, il vario significato
della parola “lettera” (propriamente, lettera dell’alfabeto, per implicatura: lettera
missiva, letteratura) e della parola “gusto” (sentimento estetico, e
facoltà di distinguere il bello). E quanto alla *metafora*, si consideri, ad
esempio, il significato che la parola “luce” acquista quando si applica
all’istruzione, e la parola “fuoco” applicata alla collera e allo zelo. E
si considerino le parole “nascere” e “morire”, che si usano in un senso
molto piu largo che non sia quello propriamente e strettamente
biologico. A tale varietà di significato in una medesima parola,
contribuiscono anche la *metonimia* (es. “corona” per re- (/no), i
suffissi (es. pre-giudizio, di-fetto, il-limitato), le perifrasi (es. padre
della storia), la composizione (es. strada-ferrata, acquavite
ecc.). Vediamo adunque come, o per circostanze accidentali, o per bisogni
veri, si trasformi il significato di una parola, cosicché non sarebbe né
possibile né utile restar fedeli al significato proprio primitivo. E ciò
dicasi sia del linguaggio tecnico di una scienza, che si muta col
progredire e con lo trasformarsi di questa, sia del linguaggio
familiare. Non possiamo pertanto accontentarci del dizionario, dove il
senso di una parola è spesso piuttosto indicato che non esattamente precisato.
La precisione del significato deriva dall’uso, nel quale pertanto
trovasi il migliore ammaestramento. Chi tenesse a sola guida il
dizionario, non riconoscerebbe somiglianze e differenze, e anche semplici
sfumature di significato, di cui il dizionario non tiene conto. Come avvertiamo
facilmente in chi parla una lingua di cui non ha il più sicuro e largo
possesso. Giovanni Marchesini. Keywords: “L’educazione del soldato” --. Marchesini.
Keywords: l’educazione del soldato, con il capitano Ercole Meoli, la Societa di
Genetica e Eugenica SIGE – Societa Italiana diGeneica ed Eugenica – il
simbolismo – la dottrina del simbolismo – I simbolisti – I filosofi simbolisti
– I artisti simbolisti – Welby, Ogden, Grice, ‘il simbolo del simbolo’ -- il
cammino del cavaliere, codigo cavalleresco, cavalleria, cavallo, equites romano
– tutii questi appartneno all’altro Marchesini – questo Marchesini e
tradizionale --. Resf.: Luigi Speranza,
“Grice e Marchesini” – The Swimming-Pool Library.
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