L'attenzione di Dante viene attirata da due anime -- Paolo Malatesta e Francesca -- che si muovono in fila, ma che, al contrario delle altre, sono affiancate l'una all'altra e sembrano leggère nel vento, quindi chiede a Virgilio di poter parlare con loro.
Virgilio acconsente e consiglia Dante di chieder loro di fermarsi quando il vento le porterà più vicino.
Dante allora si rivolge a Paolo Malatesta e Francesca:
O anime affannate
venite a noi parlar, s'altri (cioè Dio) nol niega.
Allora esse uscirono dalla schiera
dei morti per amore (dov'era Didone)
come le colombe che si alzano insieme per volare al nido.
Le anime giungono così dal cielo infernale,
grazie alla richiesta pietosa del Poeta.
Parla Francesca:
"Oh persona gentile e buona che visiti nell'oscuro
inferno le anime di noi che tingemmo la terra di rosso sangue,
se Dio fosse nostro amico, noi lo pregheremmo raccomandandoti a lui,
perché hai avuto pietà di noi peccati perversi.
Dicci cosa vuoi sapere e noi parleremo con te, finché il vento ci permette di riposare.
La città dove nacqui si trova dove il Po
trova la pace, sfociando nel
mare coi suoi affluenti: Ravenna.
L'amore che attecchisce velocemente nei cuori gentili fece invaghire lui (Paolo Malatesta) della mia bella presenza, che oggi non ho più.
"Il modo mi offende ancora"
Verso ambiguo:
Francesca intende che è ancora soggiogata dall'intensità (dal modo) dell'amore di Paolo, oppure che il modo in cui le fu tolta la sua bella persona (cioè il suo corpo) la urta ancora,
alludendo all'omicidio?
Per parallelismo con la terzina successiva in genere
si preferisce la prima interpretazione.
amor che a nullo amato amar perdona
mi prese del costui piacer sì forte.
Dunque, l'amore non esonera nessuna persona amata dall'amare a sua volta.
Alighieri qui richiama esplicitamente la teologia cristiana secondo la quale tutto l'amore che ciascuno dona agli altri, tornerà indietro parimenti, anche se non nello stesso tempo o forma.
Infine Francesca rappresenta un'eroina romantica, infatti in lei abbiamo la contraddizione tra ideale e realtà: lei realizza il suo sogno, ma riceve la massima punizione.
Queste furono le parole che
essi dissero (sebbene parli solo Francesca).
Alighieri china il viso pensoso,
finché Virgilio lo sprona chiedendogli "A che pensi?"
Alighieri non dà una vera e propria risposta ma sembra proseguire ad alta voce
i suoi pensieri:
Che bei pensieri amorosi, quanto
desiderio reciproco portò queste anime alla dannazione.
Poi, rivolgendosi di nuovo a loro:
"Francesca, le tue pene mi fanno diventare triste e pio,
al punto di aver voglia di piangere.
Ma dimmi, con
quali fatti e come
siete passati dai dolci sospiri
alla passione che porta tanti dubbiosi desideri?
Ed Francesca rispose:
Niente è peggiore per me che ricordare i tempi felici ora che sono in questa misera condizione, e lo sa bene il tuo dottore.
Ma se proprio vuoi sapere
l'origine del nostro amore,
te lo racconterò tra le lacrime -- come colui che piange e dice.
Un giorno stavamo
leggendo per passatempo
dell'amore di Lancillotto del Lago per la regina Ginevra, moglie del re Artu.
Eravamo soli
e non sospettavamo niente.
Più volte quella lettura ci
spinse a guardarci e
ci fece sbiancare temendo
di affrontare l'amore.
Ma fu in un PUNTO preciso
che fu vinta la nostra volontà.
Quando leggemmo il bacio tra
Lancillotto e Ginevra,
Paolo Malatesta, che da me non verrà mai diviso,
la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse.
Quel giorno non andammo più avanti nella lettura.
Mentre Francesca diceva questo, Paolo piangeva in modo talmente pietoso, che mi sentii morire e caddi per terra come cade un corpo morto.
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Queste sono le due anime di Paolo Malatesta e di Francesca da Polenta che furono travolte dalla passione.
Francesca e Paolo vennero sorpresi da Gianciotto Malatesta, rispettivamente fratello di Paolo e marito di Francesca e trucidati a tradimento, nel 1284, al castel di Gradara.
Francesca commossa dalla pietà mostrata da Alighieri gli racconta di quella passione così forte che li ha uniti sia nella vita che nella morte dal momento in cui i due si resero conto del loro amore reciproco.
Durante tutto il racconto lo spirito di Paolo Malatesta singhiozza.
Alighieri infine vinto dall'emozione perde i sensi e cade a terra.
I versi 100-105
-- Amor che al cor gentil ratto s'apprende [...] Amor che a nullo amato amar perdona"
-- sono un riferimento evidente ai princìpi dell'amore cortese che Alighieri condanna in base alla morale cristiana.
I princìpi dell'amore cortese erano stati codificati nel trattato De amore di Andrea Cappellano.
Già i primi lettori scorsero nell'episodio una condanna delle letture dei romanzi cortesi.
Ma essi si basavano sul fatto specifico che, secondo il racconto di Alighieri, i due cognati furono indotti al peccato dalla LETTURA di uno di quei romanzi -- il romanzo di Lancillotto e la sua regina Ginevra, moglie del re Artu (Chretien de Troyes, 1071 -- folklore).
In verità la condanna di Alighieri va ben oltre.
La condanna di Alighieri implica il ripensamento di quell'idealizzazione
e giustificazione dell'amore che era propria di tutta la tradizione
letteraria anteriore a lui, dai romanzi cortesi alla letteratura trovadorica
sino alla stilnovistica, della quale Aligheri stesso era stato partecipe.
L'incontro con Paolo e Francesca è il primo di tutta "La Divina Commedia" nel quale Alighieri parli con un dannato vero e proprio -- escludendo infatti i poeti del Limbo.
Inoltre per la prima volta in
assoluto viene ricordato un
personaggio contemporaneo -- PAOLO MALATESTA A FIRENZE -- conformemente al principio che Alighieri stesso ricorderà in Paradiso XXVII di ricordare di preferenza le anime di fama note perché più persuasive per il lettore dell'epoca -- fatto senza precedenti nella poesia impegnata e per molto tempo senza seguito, come ebbe modo di far notare Ugo Foscolo.
Paolo e Francesca si trovano nella
schiera dei "morti per amore", e
il loro avvicinarsi è descritto da ben
tre similitudini che richiamano il volo
degli uccelli, riprese in parte dall'Eneide.
Tutto l'episodio ha come motivo conduttore quello della pietà.
La pietà affettuosa percepita dai
due dannati quando vengono chiamati -- tanto da far dire a Francesca un paradossale desiderio di pregare per lui, detto da un'anima infernale -- oppure la pietà che traspare dalla meditazione che Alighieri ha dopo la prima confessione di Francesca,
quando resta in silenzio, infine
il culmine finale quando Alighieri cade svenuto (di pietade / io venni men così com'io morisse).
Per questo Alighieri è molto indulgente nella rappresentazione dei due amanti.
Francesca e Paolo non vengono descritti con severità intransigente o sprezzante (per esempio come è descritta freddamente poco prima Semiramide), ma il poeta mette alcune scusanti al loro peccato -- sia pure solo sul piano umano (non mette in dubbio per esempio la gravità del peccato, essendo ferme le sue convinzioni religiose).
Francesca appare così una creatura gentile intesa come di metodi cortesi cioè di corte.
Altre immagini [modifica]
- I lussuriosi, immaginati da William Blake
- John Flaxman, E caddi come corpo morto cade (Paolo e Francesca), 1802
- Gustave Doré, Paolo e Francesca
- Gustave Doré, Il racconto di Francesca
- Giovanni Stradano, Canto V, 1587
- Il bacio di Rodin, inizialmente intitolato Francesca da Rimini
- Paolo e Francesca, versione cinematografica de L'Inferno del 1911
Note
^ cfr. Al cor gentile rempaira sempre amore, la poesia di Guido Guinizzelli
^
Virgilio che impersonifica la ragione?
O Boezio dal quale sembra tratto il verso precedente ("in omni adversitate fortunae infelicissimum est genus infortunii fuisse felicem", De consolatione philosophiae II, IV 2)?
Per Galeotto s'intende il personaggio di Galehaut, siniscalco della Regina che, nell'amore tra Lancillotto del Lago e la sua regina Ginevra, moglie di Artu, che spinge il cavaliere a baciare la donna e, soprattutto, fa da testimone all'amore tra i due.
Secondo le regole dell'amor cortese il bacio della dama era infatti una vera e propria investitura che accoglieva il cavaliere al servizio della donna, per cui aveva bisogno di essere formalizzato dalla presenza di testimoni, come gli altri rituali di stampo feudale.
- ^ La Divina Commedia, Inferno, di U. Bosco e G. Reggio, Le Monnier
Bibliografia [modifica]
- Vittorio Sermonti, Inferno, Rizzoli 2001.
- Umberto Bosco e Giovanni Reggio, La Divina Commedia - Inferno, Le Monnier 1988.
Voci correlate [modifica]
- Paolo e Francesca, per il ruolo dell'episodio all'interno del poema
- Vuolsi così colà dove si puote
- Galeotto fu il libro
Collegamenti esterni [modifica]
Altri progetti [modifica]
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