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Sunday, May 17, 2015

ARIOSTIANA -- Haydn

Speranza

1782
Haydn

“ORLANDO PALADINO”
melodramma eroicomico in tre atti su libretto di Nunziato Porta, tratto dall’“Orlando Furioso” d’Ariosto

 

 



PERSONAGGI:

 Orlando, paladino
Pasquale, Scudiero d’Orlando

Medoro
RODOMONTE, re di Barbaria

Licone, Pastore

ANGELICA, regina del Catai, amante di Medoro.

Eurilla, Pastorella

LA MAGA ALCINA , Maga

Licone, Pastore

Pastori, Pastorelle, Ombre, Selvaggi, Saraceni

EURILLA (in un campo libero, con vista su un vecchio castello in lontananza. Montuosa nevicata. Eurilla seduta,altre pastorelle lavorano. Poi Licone, e RODOMONTE, re di Barbaria  con seguito di Saraceni): Il lavorar l’è pur la brutta cosa; e lavorar bisogna tutto il giorno. Questa vita mi sembra assai noiosa, vedermi sempre, a questi colli intorno. Pur chi sà, com’anderà. (In questo momento viene interrotta da Licone,

che ansima.)

LICONE: Figlia cara, ch’ho veduto!  EURILLA: Cosa mai?

LICONE: Aiuto, aiuto! Scappa, fuggi!  EURILLA: Che sarà?

LICONE: Mira là per la collina quel guerrier che s’avvicina.   EURILLA: Ah! fuggiam!

LICONE: Ma dove?   EURILLA: Oh dio ...

EURILLA, LICONE: Evitarlo non poss’io. Ah, di noi che mai sarà?

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Alto là! Nessun si muova; sono offeso, e son sdegnato; sfido gli astri, e sfido il fato a volermi contrastar.

EURILLA, LICONE: Son rimasto (rimasta) senza fiato, e non posso più parlar.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Zitti tutti, e rispondete a quel tanto che dirò; e se il vero non direte, ambedue v’ucciderò.

EURILLA, LICONE: Che spavento! che timore! Gela il sangue, batte il core, e mi vieta il respirar.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Già lo sdegno nel mio core vieppiù accresce il mio furore e mi fa prevaricar. Presto rispondi, indegno; è qui passato un paladin di Francia? O ti do cento calci nella pancia.

LICONE Sappiate…

EURILLA …che qui giunser poc’anzi, raminghi e fuggitivi…

LICONE …due personaggi illustri…

RODOMONTE, RE DI BARBARIA  Palesate chi sono.

EURILLA Mio signor, non vorrei…

RODOMONTE, RE DI BARBARIA  Chi son costoro?   EURILLA ANGELICA, regina del Catai e Medoro.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA  ANGELICA, regina del Catai dov’è? Che fa? Che dice? Che pensa? Che ragiona?

LICONE Ridirvi non saprei.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA  A consolarla io vado.

EURILLA Fermatevi. Il sol Medoro è l’unico pensier della regina. Passa seco li giorni in tenerezza, e le si scopre in viso l’allegrezza. Ah se dire io vi potessi l’occhiatine e i dolci amplessi, certi sguardi amorosetti, che fan proprio innamorar. Oh caretti quei vezzetti quelle smanie,

quei sospiri, quelle smorfie, quei deliri mi fan proprio giubilar.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Non perdiamo più tempo. Si vada a ritrovar; tu mi precedi. Io la difendo ognora dall’ingiusto furor del conte Orlando col mio natio valore e col mio brando.

LICONE Signor, rider mi fate.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA  Olà, poltrone osi così parlar? Ah non mi curo nel tuo seno macchiar questa mia spada. Potrebbe il bellicoso RODOMONTE, re di Barbaria  mandarti con un soffio all’Acheronte. Temerario! senti e trema: Sono il re di Barbaria, e il valor dell’alma mia s’ode ovunque rimbombar.

Mostri orribili e gigantic fatto ho a pezzi come offelle più che in ciel non vi son stelle o vi sono arene in mar.

 

http://old.pimemilano.com/files/BIB/recensioni/thumb/Catai.jpg

 

ANGELICA, REGINA DEL CATAI (all’interno di una torre): Palpita ad ogni istante Il povero mio cor. Ora diviene amante, or pieno di furor Anime innamorate,

questo che mai sarà? Voi che l’amor provate, ditelo per pietà. Poco di me mi cal, ma per Medoro. Si tenti di salvarlo. In mia balia ho un libro del comando. Aprasi: adesso io voglio per virtù di magia tentar d’alleggerir la pena mia. (Al suono di un breve, spaventoso intermezzo

dell’orchestra, appare LA MAGA ALCINA .)

LA MAGA ALCINA : Che brami dalla fata?

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Per Medoro mi struggo d’un sviscerato amore. Arde per me il garzon d’eguale ardore. Orlando paladin, guerrier feroce, furente già divenne per me. Per sfuggir l’ira sua la reggia abbandonai, e con Medoro qui mi ricoverai.

LA MAGA ALCINA : Non paventar. In tua difesa io veglio, bella regina.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI Palesa il nome tuo.

LA MAGA ALCINA : Io sono LA MAGA ALCINA . Ad un guardo, a un cenno solo si sconvolge il nero abisso; freme il mar, vacilla il suolo, s’ode il fulmine scoppiar. Sol di me la Parca avara tiene un gelido timore; e Minosse a mio favore suole spesso giudicar.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI D’LA MAGA ALCINA  i detti mi consolano il cuore.

MEDORO (entrando) ANGELICA, regina del Catai!  ANGELICA, REGINA DEL CATAI Ah Medoro! …

MEDORO Di qui non lungi io vidi un guerriero venir.  ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Numi!

MEDORO Mi fei coraggio; gli domandai chi fosse. Mi rispose tremando: “Io son scudier del cavalier Orlando”.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI Trova un asilo, asconditi ai viventi.

MEDORO Dove? E come? Ah dei!  ANGELICA, REGINA DEL CATAI Ah tu paventi?

MEDORO Parto. Ma, oh dio, non posso. Resto. No, vil mi rendo. Povero cor, t’intendo; è giunto il tuo penar. Più strane vicende di sdegno, d’amore, non credo ch’un core mai possa provar.

PASQUALE (in un boschetto, indossa una vecchia armatura e canta la seguente aria) La mia bella m’ha detto di nò quando dire doveva di sì. Per dispetto io qui morirò se la dura un gran pezzo così. Io mi sento tralalala, e non posso tralalala. Pasquale disgraziato, con questo mio padron si mangia poco. Solo parla d’amore, e di passione, di morte, di velen, disperazione. Almeno qui ci fosse un’osteria, vorrei subitamente andare un poco a divertir il dente.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Cavaliero, che fai? Fuori quel ferro!   PASQUALE: Adagio, mio signore, io non son matto, non ho niente con voi, e non mi batto.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA  Ti faro quattro sfregi sulla faccia, se non vieni al cimento.  PASQUALE Fatemene anche cento.

EURILLA: Il conte Orlando da per tutto, signor, vi sta cercando.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Ecco venuto il tempo della gloria; andiam presto alla zuffa, alla vittoria.

PASQUALE: Deh soccorrete un povero affamato.  EURILLA: Ma voi chi siete?

PASQUALE: Un guerriero son io. Al mio paese da tutti ero stimato.  EURILLA Perché?

PASQUALE: Perché ho viaggiato per tutto l’emisfero, ove stimato fui gran cavaliero. Ho viaggiato in Francia, in Spagna, ho girato l’Alemagna, la Sassonia e la Turchia; ma vi giuro in fede mia che ho una fame da crepar. Ho espugnato Varadino, sono stato nel Pechino,

vidi ancor la Tartaria: ma vi giuro in fede mia che ho una fame da crepar. Sono stato nel Giappone, in Croazia, in Bressanone, nella Puglia ed in Soria; ma vi giuro in fede mia che ho una fame da crepar. In Marocco ed in Algieri vinsi cento cavalieri, fui signor di Valacchia; ma vi giuro in fede mia che ho una fame da crepar. Solo voi, ragazza bella, mi potere rinfrescar.

 

http://www.topofart.com/images/artists/Francois_Boucher/paintings/boucher084.jpg

 

Medoro ed ANGELICA, regina del Catai – Metropolitan Museum of Art.

 

MEDORO (in un delizioso giardino con fontana, con ANGELICA, regina del Catai): Sì, regina, ho deciso, e il mio disegno fido a te sola: all’oscurar del giorno voglio quindi partir.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Ed hai corraggio di lasciarmi così? E tenti abbandonarmi? No, no, seguirti io voglio o perdermi con te.

MEDORO: Non voglio, oh cara.

https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIzNlTJmJDKr4rB8OR6iAQVimYC0nHrfJtICiSrcMnwPOBhxPGThgqV_GNuE16Tzx4K7OB5IiJmMz0qwM2xXcJweq0uM_Bd9N4zgUMLCDv0et0wNTxh4rP83rpGTylpnQNuDozWHZOf7s/s1600/Michele_Rocca_-_Angelica_and_Medoro_-_Walters_37414.jpg

Medoro ed ANGELICA, regina del Catai.

 

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: A sai d’Orlando qual sia l’arte guerriera, quale il poter?

MEDORO: Sì, ma compagno in campo so ch’avrò meco amore; e i fidi suoi so ch’amor quando vuol cangia in eroi.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Bella mercé mi rendi in ver di tanto amor, di tanti palpiti, affani, e pianti sostenuti finora sparsi per te! Costa al tuo amor ben poco il perdermi, oh crudel?

MEDORO: Quel che mi costa non curar di saper; troppo è funesto lo stato, oh dio, di chi crudel tu chiami.

 

 

http://www.backtoclassics.com/images/pics/giovannibattistatiepolo/giovannibattistatiepolo_angelica_carving_medoros_name_on_a_tree.jpg

       Tiepolo, “Medoro ed ANGELICA, regina del Catai” – dall’“Orlando furioso” d’Ariosto

 

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: No, tu mai non m’amasti, o più non m’ami. Non partir, mia bella face, resta, o caro, in queste arene; se mi lasci, amato bene,

morirò senza di te. Già m’opprime un fier dolore, delle luci sgorga il pianto, tanta smania io provo al core che soffrir non posso, oimè! Ma tu pensi, e non rispondi; volgi a me quel ciglio mesto… Giusto ciel, che giorno è questo, che crudel, che fier martire! A non posso, oh dio, soffrire Così ria fatalità.

http://images.metmuseum.org/CRDImages/ep/original/DT236857.jpg

 

Medoro ed ANGELICA, regina del Catai – Metropolitan Museum of Art.

 

MEDORO: In odio al mio bel nume, no, viver non poss’io. Ma chi s’appressa? io son perduto.

 

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Medoro ed ANGELICA, regina del Catai

 

ORLANDO: ANGELICA, regina del Catai, mio ben, mio sol, mia vita, ove ti celi mai? Ove t’aggiri? Lungi da te mi viene a noia il giorno, odio il piacer, ho le mie glorie a scorno; avido di morir bestemmio il fato. Intanto, finché venga RODOMONTE, re di Barbaria , rinfrescarmi voglio a questa fonte. Oimè, su queste piante qual oggetto si para a me davante? L’odiato nome del felice rivale inciso or veggo, e ancor su queste piante inciso è il suo nome d’ANGELICA, regina del Catai amante. Oimè, che fiero duolo! Ite, crudeli, a terra, itene al suolo. (Snuda la spada, e atterra la fontana, le statue e le piante.) Non sono contento appieno, se questa spada, io non l’immergo in seno. D’ANGELICA, regina del Catai il nome! Ma quando, ma come, ma dove sarà? “Medoro felice!” Che diavolo dice? “ANGELICA, regina del Catai amante!” Ah barbare piante! Che strano timore assedia il mio core, tremare mi fa.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA  (in un boschetto) Ove si cela il furibondo Orlando? PASQUALE: È un pezzo, signor, che il vo’cercando.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : A ritrovar si vada, il varco aprir saprò con questa spada. PASQUALE Che imbroglio è questo mai?

ORLANDO: Poltron, tu qui che fai? Vieni meco a pugnar, vien all’invito.

PASQUALE: Per dirla, signor, tengo appetito. EURILLA Dove sarà Medoro?)

ORLANDO: Che cerchi? EURILLA: Niente… volea…

ORLANDO: Parla, o sei morta qui. EURILLA: Ohimè, ch’affanno!

ORLANDO: Presto rispondi, indegna. Con Medoro quell’ingrata, quella femmina spietata forse qui facea all’amor?

EURILLA: No per certo, mio signor. Qui sen stavan discorrendo.

ORLANDO: Tutta già ben io comprendo. Ed inoltre?  EURILLA: Ed inoltre più non so.

ORLANDO: Parla, o ch’io t’ucciderò.   EURILLA:  Gli spiegava con diletto,

PASQUALE: con affetto graziosetto quell’amor che la ferì.

ORLANDO: A Medoro?  EURILLA: Signor, sì.

ORLANDO: Stelle! numi! cielo! fato! Tutto il mondo sconquassato vo’ vedere in questo dì.

EURILLA, PASQUALE: Me infelice! che spavento! Dal timore già mi sento che mi balza in seno il cor.

ORLANDO: Giuro sopra questo brando, ch’io non sono il conte Orlando, se non faccio mille pezzi del rivale traditor.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI (in un delizioso giardino): Sento nel seno, oh dio, un tetro orror di morte. L’ombra dell’idol mio veggo dinanzi a me. Presagio sì funesto voi cancellate, oh dei! Numi, che giorno è questo, che barbaro dolor!

PASQUALE Presto, presto, signora, fuggite. Già s’avanza, ripien di furore… EURILLA: Ecco Orlando! Mi palpita il core, tremo tutta, non reggomi in piè.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Il mio bene!

PASQUALE: Di grazia, partite. ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Ah, si fugga. EURILLA: Un asilo cercate.

PASQUALE: Presto, viene. EURILLA: Ma che mai tardate?

EURILLA, PASQUALE: Più soccorso, più scampo non v’è.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Fra il partir e il restar mi confondo. Infelice non ho più consiglio. Stelle! numi! In sì strano periglio chi soccorso, chi aita mi dà?

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Dove si cela mai il cavalier ardito, che di pugnar l’invito poc’anzi mi mandò? Venga, che a brani a brani gli svellerò quel core, e del suo gran valore così mi riderò.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI, EURILLA, PASQUALE: Fuggite, fuggite il gran cimento.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Fuggire un RODOMONTE, re di Barbaria ! Di cento squadre a fronte tremato mai non ho.

MEDORO: Chi mi salva o tien nascoso, or ch’è giunto il mio destino! Sventurato, poverino, è per me finita già.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Chi soccorre un’infelice? Ah ch’io moro e vengo meno; già non batte il core in seno. Che giornata è questa qua!

EURILLA, PASQUALE, ANGELICA, REGINA DEL CATAI, MEDORO: Tanti affanni, tante pene, tutti a un punto, a un tempo stesso! Resta il core in seno oppresso, e lo fanno vacillar.

LA MAGA ALCINA : Van timore il cor ti muove, se t’assiste amore e fato, contro cui nemmen di Giove ponno i fulmini cozzar.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI, EURILLA, MEDORO, PASQUALE: Per pietade!

LA MAGA ALCINA , RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Cosa dite?

ANGELICA, REGINA DEL CATAI, EURILLA, MEDORO, PASQUALE: Ci salvate!

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Vi difende il mio valor.

EURILLA, PASQUALE: Pian pianino, da questo loco ce n’andremo a poco a poco un asilo a ritrovar.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Giuro a tutti i dei d’Averno che sarò nemico eterno, sarò vostro difensor.

LA MAGA ALCINA : La tua forza non prevale, e il valor d’un uomo mortale non lo puote soggiogar.

EURILLA (tornando): Su presto! Che fate? Fuggi, badate, ch’Orlando infierito geloso impazzito con orrida faccia borbotta, minaccia, vi cerca per tutto, e adesso vien qua.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI, MEDORO: Si dà più di questo, più barbaro fato, destino spietato, maggior crudeltà!

PASQUALE: Son tutto sudore. Oimè, che terrore! Orlando il padrone con quel suo spadone s’avanza a gran passo. Ch’orribil fracasso,

che strage, che morte, che diavol sarà!

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Mio bene!

MEDORO: Mia vita!

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Tacete!

EURILLA: È finita.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Vedrete fra poco smorzare quel foco, quel fasto, l’orgoglio. Vedere io voglio sommesso ed umile cercare pietà.

LA MAGA ALCINA : Scacciate la tema, vi giubili il core; LA MAGA ALCINA  v’assiste, è vano il timore.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Lo sdegno m’accende. PASQUALE: Fermate, ché viene.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Un fiume di sangue, vigliacco, vedrai. PASQUALE: Oimè, ci son guai.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : …d’orecchi di nasi. EURILLA, PASQUALE: Già siam persuasi.

MEDORO: S’avanza.   ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Ma dove?

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Accostati.

LA MAGA ALCINA : Olà! (RODOMONTE, re di Barbaria  resta trasformato d’LA MAGA ALCINA )

ORLANDO (con la spade sguainata): Ferma, ferma Belzebù! Dov’è ANGELICA, regina del Catai? dov’è? Chi è costei, e chi sei tu? Parla, parla, rispondi a me.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI, EURILLA, MEDORO, PASQUALE: Che terribile sembiante! La paura m’ha colpito. Di soppiattoda quel matto

vo’ tentare di scappar.

ORLANDO: Alto là, Medoro indegno. EURILLA: Io, signore, Eurilla sono.

ORLANDO: Tu sei forse il mio rivale? PASQUALE: No, signor, io son Pasquale.

ORLANDO: Satanasso, se ti coglio… PASQUALE: Or ci sono nell’imbroglio.

ORLANDO: Quell’ingrata dove sta? ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Ravvisar più non mi sa.

ORLANDO: La mia bella?  PASQUALE: Non son quella.

ORLANDO: Dov’è andata?:EURILLA: Non so niente.

ORLANDO: Traditor! PASQUALE: Sono innocente.

ORLANDO: Dove, dove mai sarà? Tu il palesa, o quest’acciaro…

LA MAGA ALCINA : Forsennato, fermo là! (Orlando viene imprigionato in una gabbia di ferro al cenno d’LA MAGA ALCINA .)

TUTTI TRANNE ORLANDO ED LA MAGA ALCINA : Cosa vedo! Qual portento!

TUTTI: In un mare pien di scogli al soffiar dell’aquilone senza bussola e timone vengo il porto ad afferrar. ORLANDO son costretto al naufragar.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA  (in un boschetto): Stringi tosto quel brando; e al paragon si vegga, s’uguale alla tua fama è il tuo valore.

ORLANDO: Forsennato! (Di fuggir con Medoro in questo punto ANGELICA, regina del Catai s’affretta.)

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Mille lampi d’accese faville viberà questo bellico acciaro, e a quel perfido senza riparo a passar vado il barbaro cor. Del valore de’ franchi lo scempio molte volte formò questa mano formidabile ancor da lontano RODOMONTE, re di Barbaria  fu sempre finor.

MEDORO (in una vasta campagna con mare) In questo solitario orrido luogo celarmi almen potrò senza timore. Ma dove? Oh dio! Qui tutto spira orrore. Deserta è la campagna, da questa parte il mare. Qual asilo potrò meschin cercare?

EURILLA Mi muove a compassion. Fatevi cuore, la vostra sorte alfin si cangerà.

MEDORO: Ah, non lo spero. Dille, che un infelice, un sventurato amante, in mezzo a queste piante il misero perì. Dille che il misero perì. Ah non le dir così. Dille che m’ami. Ah, mio bene, dove sei? Vieni a chi t’adora, del mio duol, de’ mali miei se pietade senti ancora … Ma a chi parlo? A chi ragiono? Son furente, disperato; non ho più chi mi consiglia. D’un crudele avverso fato chi provò si fier rigor.

PASQUALE (armato, galoppando un cavallo): Vittoria, vittoria! Trombette suonate, le glorie cantate del grande Pasqual.

EURILLA: Vuò divertimenti adesso col fargli un po’ spavento.

PASQUALE Aiuto per pieta.   EURILLA: Perché tu ti sgomenti?

PASQUALE: Non so che sia timore; è noto a queste selve il mio valore.   EURILLA: Addio, ch’ho fretta.

PASQUALE: Ascolta un pochettin, Se ti sposassi, potrei venir con te?   EURILLA: Con me?

PASQUALE: Sì, se ti sposso.  EURILLA: Matto!

PASQUALE: Furbetta!   EURILLA: Se dicessi d’aver, forse potrei …

PASQUALE: Parla con libertà, mio bel visino.   EURILLA: Vieni, vieni con me dentro il castello.

PASQUALE: Vengo senza tardar, visetto bello.

EURILLA: Quel tuo visetto amabile proprio mi fa languir. Sento nel petto un spasimo che non lo so ridir. Ma tu furbetto sì graziosetto ben lo comprendi; meglio l’intendi che voglio dir.

PASQUALE: Ah! EURILLA: Tu sospiri! PASQUALE: Eh! EURILLA: Tu miri!: PASQUALE: Ih!: EURILLA: Mi vuoi bene?

PASQUALE: Oh! EURILLA: Non tardar.

PASQUALE: Il cavallo ed il padrone per amore in conclusione non si possono frenar.

EURILLA: Più mi sento ad infiammar.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Aure chete, verdi allori, placid’onde, amici orrori, a me dite, ov’è mio ben. Eco sol con flebil tuono chetamente mi risponde,

che Medoro all’aure, all’onde ricercare non convien. Me infelice, ove m’aggiro? Io qui piango, qui sospiro, e dolente, abbandonata,

disperata ho da penar.

LA MAGA ALCINA : Inutili saran del paladino le minaccie e i furori. D’ ANGELICA, regina del Catai gl’ amori renderò fortunati; e mentre disperata andrà a gittarsi in grembo al mare spumante, si ritrovi vicina al caro amante.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Fra queste selve invan, invan cerco il mio bene. Ah, più non vive! Forse in quest’onde di vivere cessò; forse una fiera con le zanne crudeli il petto gli squarciò. È morto l’idol mio. Vivere un sol momento or non degg’io. Onde tranquille, ch’ascoltate i miei pianti, nel

vostro seno accoglietemi voi. Con spiriro si vada ad incontrar la morte. Da quel macigno mi getterò da forte. (Sale su la rupe.) Saprà quell’inumano, qual core in me s’anida. Sì, si mora. Nell’ ondeggiante flutto d’ANGELICA, regina del Catai si perda la memoria, ed a’posteri sia dolente istoria.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI (mentre vuol gittarsi in mare, si trova presso di Medoro):  Medoro!

MEDORO: Idolo mio! ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Tu vivo?

MEDORO: Tu respiri! ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Qual nume amico ti salvò, ti difese dal tuo penoso fato?

MEDORO: D’Eurilla la pietà sol m’ha salvato. Qual contento io provo in seno, quanto è dolce il sospirar.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Non fia mai, che venga meno un sì lieto vaneggiar.

MEDORO: Qual momento a un core amante! ANGELICA, REGINA DEL CATAI

Qual piacere in questo istante!

ANGELICA, REGINA DEL CATAI E MEDORO: Deh, conservi il dio d’amore così bella fedeltà.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Partiam giacché n’aride propizio il cielo.

MEDORO: Fuggiam! ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Andiamcene a goder d’un dolce amore.

MEDORO: Son teco, vita mia. Mi trema il core. ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Ah, ferma per pietade, il colpo arresta.

ORLANDO: Dal seno imbelle voglio svellerti il core. ANGELICA, REGINA DEL CATAI: E non senti Pietà del nostro amore?

ORLANDO: Dentro il mio petto non s’annida pietà, ma sol vi regna odio, sdegno, furore. Mori, fellon!

LA MAGA ALCINA : Che tenti, forsennato?

ORLANDO Chi sei tu? Qual ardir, qual tracotanza! LA MAGA ALCINA : Conoscermi dovresti ora abbastanza.

ORLANDO: Ai detti di costei perdo il valore. LA MAGA ALCINA : Ti lascio, ma sovvengati di non seguir gl’amanti;

ORLANDO: Non so chi sia. Parlar non sento al cor che l’ira mia. (Comparisce un mostro.) Oimè, qual tetro oggetto! Qual mostro dell’Averno Mi si presenta innante! Altrove adesso io volgerò le piante. (come sopra) Omnipotenti dei! Idra feroce mi vieta il proseguir, un fier dragone erutta fiamme ardenti. Ove sono? Vaneggio? Opur son desto? Non vidi mai spettacolo più funesto. Cosa vedo! Cosa sento? Ah, le furie co’i serpenti con le faci, co’i tormenti mi si vogliono avventar. Il cervello in confusion par la ruota d’Issione, e nel core un avvoltare non si può mai satollar.

PASQUALE (alla camera nel castello): Madama, al vostro bello di quel grugno o sia faccia di diamante m’ inchino, anzi m’ ossequio con un inchino assai sprofondatissimo, e vi dico di cor; servo umilissimo. Ti piace il complimento?

EURILLA: Parli molto elegante; si vede ch’ hai studiato.

PASQUALE: E come! Ed a Parigi! Oh caro, oh bel paese! Me n’andaco sovente ogni mattino cento belle a incantar col mio violino. Ecco spiano. Ecco il mio trillo, non la cedo a nessun grillo, al fagotto e all’ oboe. Come arpeggio! Che staccate, che staccate! Senta queste sincopate, il furioso, l’ andantino, e ancor questo gruppettino, contrattempi, l’ obbligato. Ah che un musico castrato come me non canta affè.

Che ne dice, che le pare? Torno l’ arco a impegolare ed il resto suonerò, che biscrome! Che terzine! Oh che belle volatine! Oh che acuto! Oh che basso! che passaggio, che fracasso! Che ne dice, che le pare? Questo è il modo di suonare. La saluto, e me ne vo.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : ANGELICA, regina del Catai dov’è? Dove n’è andata? Invano fu da me sinor cercata. LA MAGA ALCINA : In salvo son gl’amanti; io li difesi.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA  Ove son? LA MAGA ALCINA : Lo saprai. Tutti voglio presenti al spettacol funesto. V’aspetto entrambi nella grotta mia. Nella

vicina rupe si trova la caverna.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Verrò. RODOMONTE, re di Barbaria  lo giura. È viltà ch’un eroe abbia paura.

LA MAGA ALCINA : Spero d’Orlando, benché difficil sia, ammorzar la passion, che lo molesta, ch’esser potrebbe un dì a lui funesta.

ORLANDO: Nel solitario speco, ove ha ricetto LA MAGA ALCINA , porto lo sdegno meco, la rabbia ed il furor.

PASQUALE: Caro padron mio bello, pietà d’un pover uomo. Io sono un galantuomo ripieno di timor.

ORLANDO: Taci, vigliacco, taci e segui per or li passi miei. LA MAGA ALCINA , vieni avanti! Orlando a te l’impone.

PASQUALE: Ah no, signor padrone.

ORLANDO: Ne vuoi tacer? PASQUALE: Oimè! LA MAGA ALCINA : Eccomi, cosa vuoi?

ORLANDO: D’Averno furia ultrice? PASQUALE: Il mio padron lo dice.

ORLANDO: Megera cruda, Aletto! PASQUALE: Il mio padron l’ha detto!

ORLANDO: Odiosa all’iman genere! PASQUALE: Per me siete una Venere.

ORLANDO: Se il perfido Medoro ognor con tue malie difendere vorrai ... LA MAGA ALCINA : Basta cosi! Ho tollerato assai.

ORLANDO: A te d’appresso io voglio. LA MAGA ALCINA : Fermati, arresta il passo, o divenire io ti farò di sasso.

ORLANDO: Del tuo furor mi rido. Nell’infernal magione assalirei Plutone, e qual nuovo Teseo, Ercole invitto, porterei stragi e morte

fin dentro là, alla tartare porte.

LA MAGA ALCINA : Non t’appressar.

ORLANDO: T’accheta! Il nio furore ora devi provar. LA MAGA ALCINA : Vieni, s’hai core.

ORLANDO: Cerbero! ... furie! ... inferno. LA MAGA ALCINA : Cosi vendica LA MAGA ALCINA  il proprio scherno.(Orlando viene trasformate in pietra d’LA MAGA ALCINA .)

PASQUALE: Ah povero Pasquale! Adesso mi vien male, mi sento traballar.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Per quest’orridi sentieri timorosa inoltro il passo ove il sol co’suoi destrieri mai non giunse a penetrar.

EURILLA: Tremo tutta poverina. Chi sa dove quest’LA MAGA ALCINA  rimpiattata si sarà.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Spettri, larve, ombre vaganti, che d’intorno a me girate, RODOMONTE, re di Barbaria  rispettate, o pentirvene farà.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Che vedo! EURILLA: Pasquale! PASQUALE: Eurilla! RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Medoro!

PASQUALE: Oimè che mi moro.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI, EURILLA, PASQUALE E RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Che cosa sarà?

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Parla, perché qui sei?

PASQUALE: Dirò … signori miei Perché … la cosa è chiara … Io venni … no … qui sono … La prego di perdono, se torno a principiar.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Perdo la sofferenza.

PASQUALE: Un poco di pazienza, l’affare è d’importanza. Io son … No, non son quello … cioè … ma sul più bello non posso seguitar …

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Perché, poltrone, il passo movesti sino qua?

PASQUALE: Il mio pardon di sasso per me ve lo dirà.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI, EURILLA, MEDORO, PASQUALE E

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Che caso spietato, che fiero accidente! Qual nume possente tal cosa operò?

LA MAGA ALCINA : Olà non tremate, timor non abbiate; Orlando in un sasso da me si cangiò.

PASQUALE: È vero, verissimo! Son servo umilissimo, pian piano pianissimo di qua me n’andrò. LA MAGA ALCINA : Rimanti!

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Qui resta.

PASQUALE: Oimè che timore, oimè che timore.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI, EURILLA E MEDORO: Mi palpita il cuore, mi sento gelar.

LA MAGA ALCINA : Se brami di nuovo in vita l’indegno, con solo mio segno da me si può far.

PASQUALE: Ho gusto, di pietra rimanga il padrone, perché col bastone mai più mi darà.

LA MAGA ALCINA : Risolvi; che pensi?

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Vendetta non voglio, fa ciò che ti par. EURILLA, LA MAGA ALCINA  E PASQUALE: Oh, questo è un imbroglio da farci tremar.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Del perfido voglio l’ardire ammorzar.

LA MAGA ALCINA : Fian paghi i desiri. Orlando si miri di nuovo animar. (Orlando viene transmutato nel suo essere

ANGELICA, REGINA DEL CATAI, EURILLA, MEDORO, PASQUALE E RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Che vedo! Oh, portento! Un tal cambiamento stordire mi fa.

ORLANDO: Dove son? Qual densa nube tutta offusca i pensier miei? Che vi feci, ingiusti dei, perchè tanta crudeltà!

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Or che tornasti in vita, guardami in volto e trema.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Par che minacci e frema col pristino furor.

ORLANDO: Sì, ti ravviso, indegno! Tutti tremar dovete. Perfidi non godrete d’un vilipeso amor.

LA MAGA ALCINA : Rammenta tu chi sei; modera i detti tuoi; se adesso tu non vuoi macigno diventar.

ORLANDO: D’un fulmine scagliato dall’ira di Giove, d’un flutto agitato da fiera procella, d’un vento, d’un lampo, d’un turbin, d’un tuono,

peggiore già sono, mi vuò vendicar. (Orlando segue LA MAGA ALCINA  nell’inferno, e improvvisamente rovina parte del suddetto, e lo rinserra.)

ANGELICA, REGINA DEL CATAI, EURILLA, MEDORO, PASQUALE E RODOMONTE, RE DI BARBARIA : A poco a poco entro il mio core torna la calma, fugge il timore,

comincia l’alma a respirar. Si cangia in un baleno Dubbio, timor, sospetto, e sento nel mio seno la gioia a ritornar.

LA MAGA ALCINA : A poco a poco nel vostro core torni la calma, fugga il timore, cominci l’alma a respirar. Si cangi in un baleno Dubbio, timor, sospetto, e a ognun si vegga in seno la gioia a ritornar.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI, EURILLA, LA MAGA ALCINA , MEDORO, PASQUALE E RODOMONTE, RE DI BARBARIA : I vostri plausi lieti a noi ripete l’eco, e fa codesto speco d’evviva risuonar.

CARONTE (in un bosco ombroso con veduta del fiume Lete, e campi elisi. Orlando dorme su una roccia, nella sua barca): Ombre insepolte, di qua partite; il passo a Dite dar non si può.

LA MAGA ALCINA : Però con l’oblivione ti comando, Caronte, d’aspergerli la fronte. Ed in virtù di quel torbido flutto si dimentichi ANGELICA, regina del Catai del tutto.

CARONTE: I cenni tuoi a me legge saranno.

LA MAGA ALCINA : Il fin compir mi resta.

ORLANDO: Sogno? Veglio? Cos’è? Qual luogo è questo? ANGELICA, regina del Catai, Medoro, RODOMONTE, re di Barbaria  eran pure con me nell’antro cupo! Dagli occhi miei qual baleno spari. Credei sepolto restar tra le rovine. E sol qui mi ritrovo ... (S’alza) Come qui la mia spada, l’elmo, lo scudo appeso a un arboscello! Si confonde, se perde il mio cervello ... Chi è quel folto barbone? Ai fuggitivi vanni Sembra il signor degl’anni. All’incurvato remo io ravviso il nocchier del guado estremo ... Ah ch’io mi sento a un tratto trasferier nella reggia di Morfeo. Un profondo sopor di già m’appiglia le stanche luci e l’aggravate ciglia. Miei pensieri, dove siete? Quest’è il regno del silenzio; muto è il vento, e l’aure chete,

tutto invita a riposar.

CARONTE: L’irremeabil onda infonda nel tuo core il senno che perdesti.   ORLANDO: Ah fier dolore!

MEDORO (in un Bosco, vede ANGELICA, regina del Catai inseguita da selvaggi. Si battono.): Oimè, già il sangue in più parti sortisce.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Spietati ... oimè! Non posso, eccolo ucciso.

ORLANDO: Alla mia spada si deve la vittoria.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : A me pure si deve una tal gloria.

ORLANDO, RODOMONTE, RE DI BARBARIA : All’armi, all’armi! (Segue zuffa, e si disviano combattendo.)

ANGELICA, REGINA DEL CATAI (in un cortile adornato di logge): Implacabili numi! Alfin contenti una volta sarete? Ecco compita la scena rea di mia dolente vita. Ch’orror! Per colpa mia dunque, idol mio, morrai? ANGELICA, regina del Catai crudele, e tu vivrai? Ah no, ti seguirò! Fermati, aspetta, ombra cara e diletta. Uomini, numi! Un ferro, un fulmine, un veleno vi chiedo per pietà. Dov’è il mio bene? Barbari! Ah involaro agl’occhi miei. Tutto per me fini, tutto perdei. Rendetemi, rendetemi Medoro! E a chi ragiono? Chi mi chiama? Io deliro ... E dove io sono? Dell’estreme sue voci dolente odo il suon che d’intorno mi freme. Il mio bene già palpita esangue; già si tinge quel suolo di sangue. Ah, fermate! Fra tanti tormenti chi m’uccide? La morte dov’è? Empia sorte, perverso destino! Drudo amore, spietato tiranno!

Tanta smania, tal duol, l’affanno questo core non può sopportar.

LA MAGA ALCINA : Non tormentarti più. ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Ah, non sai che Medoro ...

LA MAGA ALCINA : Tutto so, e a tutto ha riparato. Il tuo Medoro fu già risanato. ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Ma dovè? Perchè tarda?

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Gli altri già furon da Orlando debellati; con lui poc’anzi amistà tornati.

LA MAGA ALCINA : Cess’ il vostro stupore, Orlando era si acceso nell’amore che per renderlo sano io fui costretta di condurlo a bagnar nel fiume Lete.

MEDORO: Adorato mio ben. ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Caro Medoro, quanto per te penai.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Prendi la destra in segno del mio amore.

MEDORO: Vagheggiarti potrò senza timore.

ORLANDO: Voi m’amaste? Non so; ma se v’ho amata, ogni torto, ogni ingiuria ho già obliata. Son confuso e stupefatto. Donne belle, vel protesto, nel veder che l’uom sia matto, per la vostra crudeltà.

EURILLA: E pur sembra in conclusion che in amore gl’augeletti di noi abbian più ragione e maggiore umanità.

RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Niuna tigre nè pantera non ho visto in Barbaria, che in amor fosse severa nè sentisse almen pietà.

LA MAGA ALCINA : Dunque ognun contento sia di goder tranquillo in pace, e in virtù della magia ciascun lieto sen vivrà.

MEDORO: Se in amor serbai costanza, fu l’amor di ciò cagione; il mio amor vince ed avanza fin la stessa fedeltà.

ANGELICA, REGINA DEL CATAI: La colomba insegna i baci, e la fida tortorella negli affetti suoi tenaci mostra a noi la fedeltà.

TUTTI: Se volete esser felici, riamate ognor chi v’ama con candor senz’artifici, e contento il cor sarà.

 

FINE

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