1782
Haydn
“ORLANDO PALADINO”
melodramma eroicomico in tre atti su libretto di Nunziato Porta, tratto dall’“Orlando Furioso” d’Ariosto
PERSONAGGI:
Pasquale, Scudiero d’Orlando
Medoro
RODOMONTE, re di Barbaria
Licone, Pastore
ANGELICA, regina
del Catai,
amante di Medoro.
Eurilla, Pastorella
LA MAGA ALCINA ,
Maga
Licone, Pastore
EURILLA (in un campo
libero, con vista su un vecchio castello in lontananza. Montuosa nevicata. Eurilla
seduta,altre pastorelle lavorano. Poi Licone, e RODOMONTE, re di Barbaria con seguito di Saraceni): Il lavorar l’è
pur la brutta cosa; e lavorar bisogna tutto il giorno. Questa
vita mi sembra assai noiosa, vedermi sempre, a questi colli intorno. Pur
chi sà, com’anderà. (In questo momento viene interrotta da Licone,
che ansima.)
LICONE: Figlia cara, ch’ho
veduto! EURILLA: Cosa mai?
LICONE: Aiuto, aiuto! Scappa,
fuggi! EURILLA: Che sarà?
LICONE: Mira là per la collina quel
guerrier che s’avvicina. EURILLA: Ah!
fuggiam!
LICONE: Ma dove? EURILLA: Oh dio ...
EURILLA, LICONE: Evitarlo non
poss’io. Ah, di noi che mai sarà?
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Alto
là! Nessun si muova; sono offeso, e son sdegnato; sfido gli astri, e sfido il
fato a volermi contrastar.
EURILLA, LICONE: Son rimasto
(rimasta) senza fiato, e non posso più parlar.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Zitti
tutti, e rispondete a quel tanto che dirò; e se il vero non direte, ambedue
v’ucciderò.
EURILLA, LICONE: Che spavento!
che timore! Gela il sangue, batte il core, e mi vieta il respirar.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Già
lo sdegno nel mio core vieppiù accresce il mio furore e mi fa prevaricar. Presto
rispondi, indegno; è qui passato un paladin di Francia? O ti do cento calci
nella pancia.
LICONE Sappiate…
EURILLA …che qui giunser
poc’anzi, raminghi e fuggitivi…
LICONE …due personaggi illustri…
RODOMONTE, RE DI BARBARIA Palesate chi sono.
EURILLA Mio signor, non vorrei…
RODOMONTE, RE DI BARBARIA Chi son costoro? EURILLA ANGELICA, regina del Catai e Medoro.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA ANGELICA, regina del Catai dov’è? Che fa? Che
dice? Che pensa? Che ragiona?
LICONE Ridirvi non saprei.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA A consolarla io vado.
EURILLA Fermatevi. Il sol Medoro
è l’unico pensier della regina. Passa seco li giorni in tenerezza, e le si
scopre in viso l’allegrezza. Ah se dire io vi potessi l’occhiatine e i dolci
amplessi, certi sguardi amorosetti, che fan proprio innamorar. Oh caretti quei
vezzetti quelle smanie,
quei sospiri, quelle smorfie, quei
deliri mi fan proprio giubilar.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Non
perdiamo più tempo. Si vada a ritrovar; tu mi precedi. Io la difendo ognora dall’ingiusto
furor del conte Orlando col mio natio valore e col mio brando.
LICONE Signor, rider mi fate.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA Olà, poltrone osi così parlar? Ah non mi curo
nel tuo seno macchiar questa mia spada. Potrebbe il bellicoso RODOMONTE, re di
Barbaria mandarti con un soffio
all’Acheronte. Temerario! senti e trema: Sono il re di Barbaria, e il valor
dell’alma mia s’ode ovunque rimbombar.
Mostri orribili e gigantic fatto
ho a pezzi come offelle più che in ciel non vi son stelle o vi sono arene in
mar.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI
(all’interno di una torre): Palpita ad ogni istante Il povero mio cor. Ora diviene
amante, or pieno di furor Anime innamorate,
questo che mai sarà? Voi che
l’amor provate, ditelo per pietà. Poco di me mi cal, ma per Medoro. Si tenti di
salvarlo. In mia balia ho un libro del comando. Aprasi: adesso io voglio per
virtù di magia tentar d’alleggerir la pena mia. (Al suono di un breve,
spaventoso intermezzo
dell’orchestra,
appare LA MAGA ALCINA .)
LA MAGA ALCINA : Che brami dalla
fata?
ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Per
Medoro mi struggo d’un sviscerato amore. Arde per me il garzon d’eguale ardore.
Orlando paladin, guerrier feroce, furente già divenne per me. Per sfuggir l’ira
sua la reggia abbandonai, e con Medoro qui mi ricoverai.
LA MAGA ALCINA : Non paventar. In
tua difesa io veglio, bella regina.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI Palesa
il nome tuo.
LA MAGA ALCINA : Io sono LA MAGA
ALCINA . Ad un guardo, a un cenno solo si sconvolge il nero abisso; freme il
mar, vacilla il suolo, s’ode il fulmine scoppiar. Sol di me la Parca avara tiene
un gelido timore; e Minosse a mio favore suole spesso giudicar.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI D’LA
MAGA ALCINA i detti mi consolano il
cuore.
MEDORO (entrando) ANGELICA,
regina del Catai! ANGELICA,
REGINA DEL CATAI Ah Medoro! …
MEDORO Di qui non lungi io vidi
un guerriero venir. ANGELICA, REGINA DEL
CATAI: Numi!
MEDORO Mi fei coraggio; gli
domandai chi fosse. Mi rispose tremando: “Io son scudier del cavalier Orlando”.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI Trova
un asilo, asconditi ai viventi.
MEDORO Dove? E come? Ah dei! ANGELICA, REGINA DEL CATAI Ah tu paventi?
MEDORO Parto. Ma, oh dio, non
posso. Resto. No, vil mi rendo. Povero cor, t’intendo; è giunto il tuo penar. Più
strane vicende di sdegno, d’amore, non credo ch’un core mai possa provar.
PASQUALE (in un boschetto, indossa
una vecchia armatura e canta la seguente aria) La mia bella m’ha detto di
nò quando dire doveva di sì. Per dispetto io qui morirò se
la dura un gran pezzo così. Io mi sento tralalala, e non posso
tralalala. Pasquale disgraziato, con questo mio padron si mangia
poco. Solo parla d’amore, e di passione, di morte, di velen,
disperazione. Almeno qui ci fosse un’osteria, vorrei subitamente
andare un poco a divertir il dente.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Cavaliero,
che fai? Fuori quel ferro! PASQUALE: Adagio,
mio signore, io non son matto, non ho niente con voi, e non mi batto.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA Ti faro quattro sfregi sulla faccia, se non
vieni al cimento. PASQUALE Fatemene
anche cento.
EURILLA: Il conte Orlando da per
tutto, signor, vi sta cercando.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Ecco
venuto il tempo della gloria; andiam presto alla zuffa, alla vittoria.
PASQUALE: Deh soccorrete un
povero affamato. EURILLA: Ma voi chi
siete?
PASQUALE: Un guerriero son io. Al
mio paese da tutti ero stimato. EURILLA Perché?
PASQUALE: Perché ho viaggiato per
tutto l’emisfero, ove stimato fui gran cavaliero. Ho viaggiato in Francia, in
Spagna, ho girato l’Alemagna, la Sassonia e la Turchia; ma vi giuro in fede mia
che ho una fame da crepar. Ho espugnato Varadino, sono stato nel Pechino,
vidi ancor la Tartaria: ma vi
giuro in fede mia che ho una fame da crepar. Sono stato nel Giappone, in
Croazia, in Bressanone, nella Puglia ed in Soria; ma vi giuro in fede mia che
ho una fame da crepar. In Marocco ed in Algieri vinsi cento cavalieri, fui
signor di Valacchia; ma vi giuro in fede mia che ho una fame da crepar. Solo
voi, ragazza bella, mi potere rinfrescar.
Medoro
ed ANGELICA, regina del Catai – Metropolitan Museum of Art.
MEDORO (in un delizioso
giardino con fontana, con ANGELICA, regina del Catai): Sì, regina, ho
deciso, e il mio disegno fido a te sola: all’oscurar del giorno
voglio quindi partir.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Ed
hai corraggio di lasciarmi così? E tenti abbandonarmi? No, no, seguirti io
voglio o perdermi con te.
MEDORO: Non voglio, oh cara.
Medoro
ed ANGELICA, regina del Catai.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI: A sai
d’Orlando qual sia l’arte guerriera, quale il poter?
MEDORO: Sì, ma compagno in campo so
ch’avrò meco amore; e i fidi suoi so ch’amor quando vuol cangia in eroi.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Bella
mercé mi rendi in ver di tanto amor, di tanti palpiti, affani, e pianti
sostenuti finora sparsi per te! Costa al tuo amor ben poco il perdermi, oh
crudel?
MEDORO: Quel che mi costa non
curar di saper; troppo è funesto lo stato, oh dio, di chi crudel tu chiami.
Tiepolo, “Medoro ed ANGELICA, regina del
Catai” – dall’“Orlando furioso” d’Ariosto
ANGELICA, REGINA DEL CATAI: No,
tu mai non m’amasti, o più non m’ami. Non partir, mia bella face, resta, o
caro, in queste arene; se mi lasci, amato bene,
morirò senza di te. Già m’opprime
un fier dolore, delle luci sgorga il pianto, tanta smania io provo al core che
soffrir non posso, oimè! Ma tu pensi, e non rispondi; volgi a me quel ciglio
mesto… Giusto ciel, che giorno è questo, che crudel, che fier martire! A non
posso, oh dio, soffrire Così ria fatalità.
Medoro ed ANGELICA, regina del Catai – Metropolitan
Museum of Art.
MEDORO: In odio al mio bel nume,
no, viver non poss’io. Ma chi s’appressa? io son perduto.
Medoro
ed ANGELICA, regina del Catai
ORLANDO: ANGELICA, regina del
Catai, mio ben, mio sol, mia vita, ove ti celi mai? Ove t’aggiri? Lungi da te
mi viene a noia il giorno, odio il piacer, ho le mie glorie a scorno; avido di
morir bestemmio il fato. Intanto, finché venga RODOMONTE, re di Barbaria , rinfrescarmi
voglio a questa fonte. Oimè, su queste piante qual oggetto si para a me
davante? L’odiato nome del felice rivale inciso or veggo, e ancor su queste
piante inciso è il suo nome d’ANGELICA, regina del Catai amante. Oimè, che
fiero duolo! Ite, crudeli, a terra, itene al suolo. (Snuda la spada, e
atterra la fontana, le statue e le piante.) Non sono contento
appieno, se questa spada, io non l’immergo in seno. D’ANGELICA, regina del
Catai il nome! Ma quando, ma come, ma dove sarà? “Medoro felice!” Che diavolo
dice? “ANGELICA, regina del Catai amante!” Ah barbare piante! Che strano timore
assedia il mio core, tremare mi fa.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA (in un boschetto) Ove si cela il furibondo
Orlando? PASQUALE: È un pezzo, signor, che il vo’cercando.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : A
ritrovar si vada, il varco aprir saprò con questa spada. PASQUALE Che imbroglio
è questo mai?
ORLANDO: Poltron, tu qui che fai?
Vieni meco a pugnar, vien all’invito.
PASQUALE: Per dirla, signor,
tengo appetito. EURILLA Dove sarà Medoro?)
ORLANDO: Che cerchi? EURILLA: Niente…
volea…
ORLANDO: Parla, o sei morta qui.
EURILLA: Ohimè, ch’affanno!
ORLANDO: Presto rispondi,
indegna. Con Medoro quell’ingrata, quella femmina spietata forse qui facea
all’amor?
EURILLA: No per certo, mio
signor. Qui sen stavan discorrendo.
ORLANDO: Tutta già ben io
comprendo. Ed inoltre? EURILLA: Ed
inoltre più non so.
ORLANDO: Parla, o ch’io
t’ucciderò. EURILLA: Gli spiegava con diletto,
PASQUALE: con affetto graziosetto
quell’amor che la ferì.
ORLANDO: A Medoro? EURILLA: Signor, sì.
ORLANDO: Stelle! numi! cielo!
fato! Tutto il mondo sconquassato vo’ vedere in questo dì.
EURILLA, PASQUALE: Me infelice!
che spavento! Dal timore già mi sento che mi balza in seno il cor.
ORLANDO: Giuro sopra questo
brando, ch’io non sono il conte Orlando, se non faccio mille pezzi del rivale
traditor.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI (in un
delizioso giardino): Sento nel seno, oh dio, un tetro orror di morte. L’ombra
dell’idol mio veggo dinanzi a me. Presagio sì funesto voi cancellate, oh dei! Numi,
che giorno è questo, che barbaro dolor!
PASQUALE Presto, presto, signora,
fuggite. Già s’avanza, ripien di furore… EURILLA: Ecco Orlando! Mi palpita il
core, tremo tutta, non reggomi in piè.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Il
mio bene!
PASQUALE: Di grazia, partite. ANGELICA,
REGINA DEL CATAI: Ah, si fugga. EURILLA: Un asilo cercate.
PASQUALE: Presto, viene. EURILLA:
Ma che mai tardate?
EURILLA, PASQUALE: Più soccorso,
più scampo non v’è.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Fra
il partir e il restar mi confondo. Infelice non ho più consiglio. Stelle! numi!
In sì strano periglio chi soccorso, chi aita mi dà?
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Dove si
cela mai il cavalier ardito, che di pugnar l’invito poc’anzi mi mandò? Venga,
che a brani a brani gli svellerò quel core, e del suo gran valore così mi
riderò.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI,
EURILLA, PASQUALE: Fuggite, fuggite il gran cimento.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA :
Fuggire un RODOMONTE, re di Barbaria ! Di cento squadre a fronte tremato mai
non ho.
MEDORO: Chi mi salva o tien
nascoso, or ch’è giunto il mio destino! Sventurato, poverino, è per me finita
già.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Chi
soccorre un’infelice? Ah ch’io moro e vengo meno; già non batte il core in
seno. Che giornata è questa qua!
EURILLA, PASQUALE, ANGELICA,
REGINA DEL CATAI, MEDORO: Tanti affanni, tante pene, tutti a un punto, a un
tempo stesso! Resta il core in seno oppresso, e lo fanno vacillar.
LA MAGA ALCINA : Van timore il
cor ti muove, se t’assiste amore e fato, contro cui nemmen di Giove ponno i
fulmini cozzar.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI,
EURILLA, MEDORO, PASQUALE: Per pietade!
LA MAGA ALCINA , RODOMONTE, RE DI
BARBARIA : Cosa dite?
ANGELICA, REGINA DEL CATAI,
EURILLA, MEDORO, PASQUALE: Ci salvate!
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Vi
difende il mio valor.
EURILLA, PASQUALE: Pian pianino,
da questo loco ce n’andremo a poco a poco un asilo a ritrovar.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Giuro
a tutti i dei d’Averno che sarò nemico eterno, sarò vostro difensor.
LA MAGA ALCINA : La tua forza non
prevale, e il valor d’un uomo mortale non lo puote soggiogar.
EURILLA (tornando): Su
presto! Che fate? Fuggi, badate, ch’Orlando infierito geloso
impazzito con orrida faccia borbotta, minaccia, vi cerca
per tutto, e adesso vien qua.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI,
MEDORO: Si dà più di questo, più barbaro fato, destino spietato, maggior
crudeltà!
PASQUALE: Son tutto sudore. Oimè,
che terrore! Orlando il padrone con quel suo spadone s’avanza
a gran passo. Ch’orribil fracasso,
che strage, che morte, che diavol
sarà!
ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Mio
bene!
MEDORO: Mia vita!
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Tacete!
EURILLA: È finita.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA :
Vedrete fra poco smorzare quel foco, quel fasto, l’orgoglio. Vedere io voglio
sommesso ed umile cercare pietà.
LA MAGA ALCINA : Scacciate la
tema, vi giubili il core; LA MAGA ALCINA v’assiste, è vano il timore.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Lo
sdegno m’accende. PASQUALE: Fermate, ché viene.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Un
fiume di sangue, vigliacco, vedrai. PASQUALE: Oimè, ci son guai.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA :
…d’orecchi di nasi. EURILLA, PASQUALE: Già siam persuasi.
MEDORO: S’avanza. ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Ma dove?
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Accostati.
LA MAGA ALCINA : Olà! (RODOMONTE,
re di Barbaria resta trasformato d’LA
MAGA ALCINA )
ORLANDO (con la spade sguainata):
Ferma, ferma Belzebù! Dov’è ANGELICA, regina del Catai? dov’è? Chi è costei, e
chi sei tu? Parla, parla, rispondi a me.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI,
EURILLA, MEDORO, PASQUALE: Che terribile sembiante! La paura m’ha colpito. Di
soppiattoda quel matto
vo’ tentare di scappar.
ORLANDO: Alto là, Medoro indegno.
EURILLA: Io, signore, Eurilla sono.
ORLANDO: Tu sei forse il mio
rivale? PASQUALE: No, signor, io son Pasquale.
ORLANDO: Satanasso, se ti coglio…
PASQUALE: Or ci sono nell’imbroglio.
ORLANDO: Quell’ingrata dove sta? ANGELICA,
REGINA DEL CATAI: Ravvisar più non mi sa.
ORLANDO: La mia bella? PASQUALE: Non son quella.
ORLANDO: Dov’è andata?:EURILLA: Non
so niente.
ORLANDO: Traditor! PASQUALE: Sono
innocente.
ORLANDO: Dove, dove mai sarà? Tu
il palesa, o quest’acciaro…
LA MAGA ALCINA : Forsennato,
fermo là! (Orlando viene imprigionato in una gabbia di ferro al cenno
d’LA MAGA ALCINA .)
TUTTI TRANNE ORLANDO ED LA MAGA
ALCINA : Cosa vedo! Qual portento!
TUTTI: In un mare pien di scogli
al soffiar dell’aquilone senza bussola e timone vengo il porto ad afferrar. ORLANDO
son costretto al naufragar.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA (in un boschetto): Stringi tosto quel brando;
e al paragon si vegga, s’uguale alla tua fama è il tuo valore.
ORLANDO: Forsennato! (Di
fuggir con Medoro in questo punto ANGELICA, regina del Catai
s’affretta.)
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Mille
lampi d’accese faville viberà questo bellico acciaro, e a quel perfido senza
riparo a passar vado il barbaro cor. Del valore de’ franchi lo scempio molte
volte formò questa mano formidabile ancor da lontano RODOMONTE, re di Barbaria fu sempre finor.
MEDORO (in una vasta campagna con
mare) In questo solitario orrido luogo celarmi almen potrò senza timore. Ma
dove? Oh dio! Qui tutto spira orrore. Deserta è la campagna, da questa parte il
mare. Qual asilo potrò meschin cercare?
EURILLA Mi muove a compassion.
Fatevi cuore, la vostra sorte alfin si cangerà.
MEDORO: Ah, non lo spero. Dille,
che un infelice, un sventurato amante, in mezzo a queste piante il misero perì.
Dille che il misero perì. Ah non le dir così. Dille che m’ami. Ah, mio bene,
dove sei? Vieni a chi t’adora, del mio duol, de’ mali miei se pietade senti
ancora … Ma a chi parlo? A chi ragiono? Son furente, disperato; non ho più chi
mi consiglia. D’un crudele avverso fato chi provò si fier rigor.
PASQUALE (armato, galoppando un
cavallo): Vittoria, vittoria! Trombette suonate, le glorie cantate del grande
Pasqual.
EURILLA: Vuò divertimenti adesso col
fargli un po’ spavento.
PASQUALE Aiuto per pieta. EURILLA: Perché tu ti sgomenti?
PASQUALE: Non so che sia timore; è
noto a queste selve il mio valore.
EURILLA: Addio, ch’ho fretta.
PASQUALE: Ascolta un pochettin, Se
ti sposassi, potrei venir con te?
EURILLA: Con me?
PASQUALE: Sì, se ti sposso. EURILLA: Matto!
PASQUALE: Furbetta! EURILLA: Se dicessi d’aver, forse potrei …
PASQUALE: Parla con libertà, mio
bel visino. EURILLA: Vieni, vieni con
me dentro il castello.
PASQUALE: Vengo senza tardar,
visetto bello.
EURILLA: Quel tuo visetto amabile
proprio mi fa languir. Sento nel petto un spasimo che non lo so ridir. Ma tu furbetto
sì graziosetto ben lo comprendi; meglio l’intendi che voglio dir.
PASQUALE: Ah! EURILLA: Tu
sospiri! PASQUALE: Eh! EURILLA: Tu miri!: PASQUALE: Ih!: EURILLA: Mi vuoi bene?
PASQUALE: Oh! EURILLA: Non
tardar.
PASQUALE: Il cavallo ed il
padrone per amore in conclusione non si possono frenar.
EURILLA: Più mi sento ad
infiammar.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Aure
chete, verdi allori, placid’onde, amici orrori, a me dite, ov’è mio ben. Eco
sol con flebil tuono chetamente mi risponde,
che Medoro all’aure, all’onde ricercare
non convien. Me infelice, ove m’aggiro? Io qui piango, qui sospiro, e dolente,
abbandonata,
disperata ho da penar.
LA MAGA ALCINA : Inutili saran
del paladino le minaccie e i furori. D’ ANGELICA, regina del Catai gl’ amori renderò
fortunati; e mentre disperata andrà a gittarsi in grembo al mare spumante, si
ritrovi vicina al caro amante.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Fra
queste selve invan, invan cerco il mio bene. Ah, più non vive! Forse in
quest’onde di vivere cessò; forse una fiera con le zanne crudeli il petto gli
squarciò. È morto l’idol mio. Vivere un sol momento or non degg’io. Onde
tranquille, ch’ascoltate i miei pianti, nel
vostro seno accoglietemi voi. Con
spiriro si vada ad incontrar la morte. Da quel macigno mi getterò da forte. (Sale
su la rupe.) Saprà quell’inumano, qual core in me s’anida. Sì, si mora.
Nell’ ondeggiante flutto d’ANGELICA, regina del Catai si perda la memoria, ed
a’posteri sia dolente istoria.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI
(mentre vuol gittarsi in mare, si trova presso di Medoro): Medoro!
MEDORO: Idolo mio! ANGELICA,
REGINA DEL CATAI: Tu vivo?
MEDORO: Tu respiri! ANGELICA,
REGINA DEL CATAI: Qual nume amico ti salvò, ti difese dal tuo penoso fato?
MEDORO: D’Eurilla la pietà sol
m’ha salvato. Qual contento io provo in seno, quanto è dolce il sospirar.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Non
fia mai, che venga meno un sì lieto vaneggiar.
MEDORO: Qual momento a un core
amante! ANGELICA, REGINA DEL CATAI
Qual piacere in questo istante!
ANGELICA, REGINA DEL CATAI E
MEDORO: Deh, conservi il dio d’amore così bella fedeltà.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Partiam
giacché n’aride propizio il cielo.
MEDORO: Fuggiam! ANGELICA, REGINA
DEL CATAI: Andiamcene a goder d’un dolce amore.
MEDORO: Son teco, vita mia. Mi
trema il core. ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Ah, ferma per pietade, il colpo
arresta.
ORLANDO: Dal seno imbelle voglio
svellerti il core. ANGELICA, REGINA DEL CATAI: E non senti Pietà
del nostro amore?
ORLANDO: Dentro il mio petto non
s’annida pietà, ma sol vi regna odio, sdegno, furore. Mori, fellon!
LA MAGA ALCINA : Che tenti,
forsennato?
ORLANDO Chi sei tu? Qual ardir,
qual tracotanza! LA MAGA ALCINA : Conoscermi dovresti ora abbastanza.
ORLANDO: Ai detti di costei perdo
il valore. LA MAGA ALCINA : Ti lascio, ma sovvengati di non seguir gl’amanti;
ORLANDO: Non so chi sia. Parlar non
sento al cor che l’ira mia. (Comparisce un mostro.) Oimè, qual tetro
oggetto! Qual mostro dell’Averno Mi si presenta innante! Altrove adesso io
volgerò le piante. (come sopra) Omnipotenti dei! Idra feroce mi vieta il
proseguir, un fier dragone erutta fiamme ardenti. Ove sono? Vaneggio? Opur son
desto? Non vidi mai spettacolo più funesto. Cosa vedo! Cosa sento? Ah, le furie
co’i serpenti con le faci, co’i tormenti mi si vogliono avventar. Il cervello
in confusion par la ruota d’Issione, e nel core un avvoltare non si può mai
satollar.
PASQUALE (alla camera nel
castello): Madama, al vostro bello di quel grugno o sia faccia di diamante m’
inchino, anzi m’ ossequio con un inchino assai sprofondatissimo, e vi dico di
cor; servo umilissimo. Ti piace il complimento?
EURILLA: Parli molto elegante; si
vede ch’ hai studiato.
PASQUALE: E come! Ed a Parigi! Oh
caro, oh bel paese! Me n’andaco sovente ogni mattino cento belle a incantar col
mio violino. Ecco spiano. Ecco il mio trillo, non la cedo a nessun grillo, al
fagotto e all’ oboe. Come arpeggio! Che staccate, che staccate! Senta queste
sincopate, il furioso, l’ andantino, e ancor questo gruppettino, contrattempi,
l’ obbligato. Ah che un musico castrato come me non canta affè.
Che ne dice, che le pare? Torno
l’ arco a impegolare ed il resto suonerò, che biscrome! Che terzine! Oh che
belle volatine! Oh che acuto! Oh che basso! che passaggio, che fracasso! Che ne
dice, che le pare? Questo è il modo di suonare. La saluto, e me ne vo.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : ANGELICA,
regina del Catai dov’è? Dove n’è andata? Invano fu da me sinor cercata. LA MAGA
ALCINA : In salvo son gl’amanti; io li difesi.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA Ove son? LA MAGA ALCINA : Lo saprai. Tutti
voglio presenti al spettacol funesto. V’aspetto entrambi nella grotta mia.
Nella
vicina rupe si trova la caverna.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Verrò.
RODOMONTE, re di Barbaria lo giura. È
viltà ch’un eroe abbia paura.
LA MAGA ALCINA : Spero d’Orlando,
benché difficil sia, ammorzar la passion, che lo molesta, ch’esser potrebbe un
dì a lui funesta.
ORLANDO: Nel solitario speco, ove
ha ricetto LA MAGA ALCINA , porto lo sdegno meco, la rabbia ed il furor.
PASQUALE: Caro padron mio bello,
pietà d’un pover uomo. Io sono un galantuomo ripieno di timor.
ORLANDO: Taci, vigliacco, taci e
segui per or li passi miei. LA MAGA ALCINA , vieni avanti! Orlando a te
l’impone.
PASQUALE: Ah no, signor padrone.
ORLANDO: Ne vuoi tacer? PASQUALE:
Oimè! LA MAGA ALCINA : Eccomi, cosa vuoi?
ORLANDO: D’Averno furia ultrice?
PASQUALE: Il mio padron lo dice.
ORLANDO: Megera cruda, Aletto!
PASQUALE: Il mio padron l’ha detto!
ORLANDO: Odiosa all’iman genere!
PASQUALE: Per me siete una Venere.
ORLANDO: Se il perfido Medoro
ognor con tue malie difendere vorrai ... LA MAGA ALCINA : Basta cosi! Ho
tollerato assai.
ORLANDO: A te d’appresso io
voglio. LA MAGA ALCINA : Fermati, arresta il passo, o divenire io ti farò di
sasso.
ORLANDO: Del tuo furor mi
rido. Nell’infernal magione assalirei Plutone, e qual
nuovo Teseo, Ercole invitto, porterei stragi e morte
fin dentro là, alla tartare
porte.
LA MAGA ALCINA : Non t’appressar.
ORLANDO: T’accheta! Il nio furore
ora devi provar. LA MAGA ALCINA : Vieni, s’hai core.
ORLANDO: Cerbero! ... furie! ...
inferno. LA MAGA ALCINA : Cosi vendica LA MAGA ALCINA il proprio scherno.(Orlando viene
trasformate in pietra d’LA MAGA ALCINA .)
PASQUALE: Ah povero Pasquale!
Adesso mi vien male, mi sento traballar.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Per
quest’orridi sentieri timorosa inoltro il passo ove il sol co’suoi destrieri
mai non giunse a penetrar.
EURILLA: Tremo tutta poverina. Chi
sa dove quest’LA MAGA ALCINA rimpiattata
si sarà.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Spettri,
larve, ombre vaganti, che d’intorno a me girate, RODOMONTE, re di Barbaria rispettate, o pentirvene farà.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Che
vedo! EURILLA: Pasquale! PASQUALE: Eurilla! RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Medoro!
PASQUALE: Oimè che mi moro.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI,
EURILLA, PASQUALE E RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Che cosa sarà?
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Parla,
perché qui sei?
PASQUALE: Dirò … signori miei Perché
… la cosa è chiara … Io venni … no … qui sono … La prego di perdono, se torno a
principiar.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Perdo
la sofferenza.
PASQUALE: Un poco di pazienza,
l’affare è d’importanza. Io son … No, non son quello … cioè … ma sul più bello
non posso seguitar …
RODOMONTE, RE DI BARBARIA :
Perché, poltrone, il passo movesti sino qua?
PASQUALE: Il mio pardon di sasso
per me ve lo dirà.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI,
EURILLA, MEDORO, PASQUALE E
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Che
caso spietato, che fiero accidente! Qual nume possente tal cosa operò?
LA MAGA ALCINA : Olà non tremate,
timor non abbiate; Orlando in un sasso da me si cangiò.
PASQUALE: È vero, verissimo! Son servo umilissimo, pian
piano pianissimo di qua me n’andrò. LA MAGA ALCINA : Rimanti!
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Qui
resta.
PASQUALE: Oimè che timore, oimè
che timore.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI,
EURILLA E MEDORO: Mi palpita il cuore, mi sento gelar.
LA MAGA ALCINA : Se brami di nuovo
in vita l’indegno, con solo mio segno da me si può far.
PASQUALE: Ho gusto, di pietra
rimanga il padrone, perché col bastone mai più mi darà.
LA MAGA ALCINA : Risolvi; che
pensi?
ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Vendetta
non voglio, fa ciò che ti par. EURILLA, LA MAGA ALCINA E PASQUALE: Oh, questo è un imbroglio da farci
tremar.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Del
perfido voglio l’ardire ammorzar.
LA MAGA ALCINA : Fian paghi i
desiri. Orlando si miri di nuovo animar. (Orlando viene transmutato nel suo
essere
ANGELICA, REGINA DEL CATAI,
EURILLA, MEDORO, PASQUALE E RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Che vedo! Oh, portento!
Un tal cambiamento stordire mi fa.
ORLANDO: Dove son? Qual densa nube
tutta offusca i pensier miei? Che vi feci, ingiusti dei, perchè tanta crudeltà!
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Or
che tornasti in vita, guardami in volto e trema.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Par
che minacci e frema col pristino furor.
ORLANDO: Sì, ti ravviso, indegno!
Tutti tremar dovete. Perfidi non godrete d’un vilipeso amor.
LA MAGA ALCINA : Rammenta tu chi
sei; modera i detti tuoi; se adesso tu non vuoi macigno diventar.
ORLANDO: D’un fulmine scagliato
dall’ira di Giove, d’un flutto agitato da fiera procella, d’un vento, d’un
lampo, d’un turbin, d’un tuono,
peggiore già sono, mi vuò
vendicar. (Orlando segue LA MAGA ALCINA nell’inferno, e improvvisamente rovina
parte del suddetto, e lo rinserra.)
ANGELICA, REGINA DEL CATAI,
EURILLA, MEDORO, PASQUALE E RODOMONTE, RE DI BARBARIA : A poco a poco entro il
mio core torna la calma, fugge il timore,
comincia l’alma a respirar. Si
cangia in un baleno Dubbio, timor, sospetto, e sento nel mio seno la gioia a
ritornar.
LA MAGA ALCINA : A poco a poco nel
vostro core torni la calma, fugga il timore, cominci l’alma a respirar. Si
cangi in un baleno Dubbio, timor, sospetto, e a ognun si vegga in seno la gioia
a ritornar.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI,
EURILLA, LA MAGA ALCINA , MEDORO, PASQUALE E RODOMONTE, RE DI BARBARIA : I
vostri plausi lieti a noi ripete l’eco, e fa codesto speco d’evviva risuonar.
CARONTE (in un bosco ombroso
con veduta del fiume Lete, e campi elisi. Orlando dorme su una roccia, nella
sua barca): Ombre insepolte, di qua partite; il passo a Dite
dar non si può.
LA MAGA ALCINA : Però con
l’oblivione ti comando, Caronte, d’aspergerli la fronte. Ed in virtù di quel
torbido flutto si dimentichi ANGELICA, regina del Catai del tutto.
CARONTE: I cenni tuoi a me legge
saranno.
LA MAGA ALCINA : Il fin compir mi
resta.
ORLANDO: Sogno? Veglio? Cos’è?
Qual luogo è questo? ANGELICA, regina del Catai, Medoro, RODOMONTE, re di
Barbaria eran pure con me nell’antro
cupo! Dagli occhi miei qual baleno spari. Credei sepolto restar tra le rovine.
E sol qui mi ritrovo ... (S’alza) Come qui la mia spada, l’elmo, lo
scudo appeso a un arboscello! Si confonde, se perde il mio cervello ... Chi è
quel folto barbone? Ai fuggitivi vanni Sembra il signor degl’anni. All’incurvato
remo io ravviso il nocchier del guado estremo ... Ah ch’io mi sento a un tratto
trasferier nella reggia di Morfeo. Un profondo sopor di già m’appiglia le
stanche luci e l’aggravate ciglia. Miei pensieri, dove siete? Quest’è il regno
del silenzio; muto è il vento, e l’aure chete,
tutto invita a riposar.
CARONTE: L’irremeabil onda
infonda nel tuo core il senno che perdesti.
ORLANDO: Ah fier dolore!
MEDORO (in un Bosco, vede ANGELICA,
regina del Catai inseguita da selvaggi. Si battono.): Oimè, già il sangue
in più parti sortisce.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Spietati
... oimè! Non posso, eccolo ucciso.
ORLANDO: Alla mia spada si deve
la vittoria.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : A me
pure si deve una tal gloria.
ORLANDO, RODOMONTE, RE DI
BARBARIA : All’armi, all’armi! (Segue zuffa, e si disviano combattendo.)
ANGELICA, REGINA DEL CATAI (in un
cortile adornato di logge): Implacabili numi! Alfin contenti una volta sarete? Ecco
compita la scena rea di mia dolente vita. Ch’orror! Per colpa mia dunque, idol
mio, morrai? ANGELICA, regina del Catai crudele, e tu vivrai? Ah no, ti
seguirò! Fermati, aspetta, ombra cara e diletta. Uomini, numi! Un ferro, un
fulmine, un veleno vi chiedo per pietà. Dov’è il mio bene? Barbari! Ah involaro
agl’occhi miei. Tutto per me fini, tutto perdei. Rendetemi, rendetemi Medoro! E
a chi ragiono? Chi mi chiama? Io deliro ... E dove io sono? Dell’estreme sue
voci dolente odo il suon che d’intorno mi freme. Il mio bene già palpita
esangue; già si tinge quel suolo di sangue. Ah, fermate! Fra tanti tormenti chi
m’uccide? La morte dov’è? Empia sorte, perverso destino! Drudo amore, spietato
tiranno!
Tanta smania, tal duol, l’affanno
questo core non può sopportar.
LA MAGA ALCINA : Non tormentarti
più. ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Ah, non sai che Medoro ...
LA MAGA ALCINA : Tutto so, e a
tutto ha riparato. Il tuo Medoro fu già risanato. ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Ma
dovè? Perchè tarda?
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Gli
altri già furon da Orlando debellati; con lui poc’anzi amistà tornati.
LA MAGA ALCINA : Cess’ il vostro
stupore, Orlando era si acceso nell’amore che per renderlo sano io fui
costretta di condurlo a bagnar nel fiume Lete.
MEDORO: Adorato mio ben. ANGELICA,
REGINA DEL CATAI: Caro Medoro, quanto per te penai.
ANGELICA, REGINA DEL CATAI: Prendi
la destra in segno del mio amore.
MEDORO: Vagheggiarti potrò senza
timore.
ORLANDO: Voi m’amaste? Non so; ma
se v’ho amata, ogni torto, ogni ingiuria ho già obliata. Son confuso e
stupefatto. Donne belle, vel protesto, nel veder che l’uom sia matto, per la
vostra crudeltà.
EURILLA: E pur sembra in conclusion
che in amore gl’augeletti di noi abbian più ragione e maggiore umanità.
RODOMONTE, RE DI BARBARIA : Niuna
tigre nè pantera non ho visto in Barbaria, che in amor fosse severa nè sentisse
almen pietà.
LA MAGA ALCINA : Dunque ognun
contento sia di goder tranquillo in pace, e in virtù della magia ciascun lieto
sen vivrà.
MEDORO: Se in amor serbai
costanza, fu l’amor di ciò cagione; il mio amor vince ed avanza fin la stessa
fedeltà.
ANGELICA,
REGINA DEL CATAI:
La colomba insegna i baci, e la fida tortorella negli affetti suoi tenaci mostra
a noi la fedeltà.
TUTTI: Se volete
esser felici, riamate ognor chi v’ama con candor senz’artifici, e contento il
cor sarà.
FINE
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