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Saturday, May 16, 2015

LA MORTE DI RUGGIERO

Speranza

Le due città per lui d' affetto accese,
Liete van di suo fausto nascimento,
Che nel dì ottavo fu del nono mese
Ventisei anni pria del cinquecento.
Lieto pur io che son del bel paese,
Che ne festeggia il centenario evento,
Oso alle feste sue di mescolarmi
Coi disadorni ed umili miei carmi.
Cantore eccelso della gran pazzia,
Deh non averli disdegnoso a schifo:
Dopo te ed altri sommi poesia
È per l' Italia come quasi un tifo;
Ma i campi a scorrer della fantasia
Dammi da cavalcar quel tuo IPPOGRIFO
con cui RUGGIERO, mercè di Bradamante, 
Liberar si potè dal mago Atalante.
Di quella Bradamante e quel RUGGIERIO
che lo stipite fur di Casa d'ESTE,
Presso la quale, o ferrarese Omero,
Ore in vita passasti or liete or meste;
E che col tuo poema cavaliero
Ne celebrasti sì le chiare geste,
Che non ha per tua tuba singolare
Gli Enea, gli Achilli, e gli Ettori a invidiare.
Tu laudatore dell'Erculea prole,
Del giusto Alfonso e Ippolito benigno,
Ombra onorata, forse ancor ti duole
Che questi già accogliesse con un ghigno
Tue rime, che stimava pazze fole,
E si cangiasse verso te in maligno
Sol perchè tua famiglia t'impedia
Di seguitar sua corte in Ungheria,
Ma se della sua grazia ei ti privava,
E di averti in dispetto ti die' segni,
Il fratel Duca Alfonso riparava
Ad essi tanto ingiusti quanto indegni;
E di molto estimarti dimostrava,
Ei buono estimator degli alti ingegni,
Mandandoti con sua veste sovrana
A governar per lui la Garfagnana.
Ei già del tuo saper s' era valuto
In più di una difficile occasione:
Spediati a papa Giulio per aiuto
Contro il potente veneto Leone;
Quindi a placarlo in grand' ira venuto,
Perchè contro lo stesso il tuo padrone
Stava col Gallo, mentre ch' ei bramava
Lo straniero cacciar, che pria chiamava.

Ei sapea che non sol rime stupende
Sapevi maneggiar da gran maestro,
Ma che in private e in pubbliche faccende
Eri ad un tempo assai valente e destro;
E di uffici trovandoti in vicende
Frenar sapevi il tuo poetic' estro,
Chè male si confà col positivo,
Che si richiede in uom governativo.
Ben più del protettore porporato,
Al tuo gran merto render seppe omaggio
Quel capo masnadier da te incontrato
Per tua commesseria facendo il viaggio.
Dalla fama di te fu disarmato,
Tanto puote anche in animo selvaggio
Una rara virtù, sicchè ben tosto
Te riverì sapendoti l' Ariosto.
La tua mission colà bene compisti,
Benchè difficil molto e perigliosa,
Poichè in quella provincia eranvi tristi,
Che vita conducean ladra e faziosa;
E che fra Santi, fra Madonne, e Cristi
Nelle chiese e sagrati obbrobriosa
Salvezza ritrovavano e difesa,
Che ben tu vana ad essi avresti resa,

Se il tuo Signore avesseti permesso
Di distrugger col ferro e con il fuoco
Gli asili e i preti, che i banditi appresso
Tenevansi nel loro immune loco;
Ma i tuoi non eran tempi di progresso,
Ed a toccare i preti era un mal gioco:
Pur col farti stimare, amar, temere
Ben adempier sapesti al tuo dovere.
Mentre là ti mostravi abil reggente,
Di andare ambasciator ti fu proposto
Del Duca presso il Settimo Clemente;
Ma sapesti schermirti da quel posto,
Poichè tu desiavi ardentemente,
Sciolto dal grave incarco, tornar tosto
In patria di tua Musa al dolce amore,
Che in te poteva più d'ogni alt' onore.
per ver che potevi tu sperare
Dal nuovo Papa, se Leon, che affetto
Parea mostrarti, mai fe' seguitare
Alle di lui promesse alcun effetto?
Mentre ch' esso arricchia più d'un giullare,
Tu non solo da lui fosti negletto,
Ma fin pagar sua Bolla ti facea
Per l' edizione della tua epopea.

Quel Papa che il suo nome al secol dava
E ch' aureo venne detto, perchè d' oro
In opere di artisti largheggiava,
E di scrittori, e più verso coloro -
Che più il coprian di adulatrice bava,
Ebbe per te serrato il suo Tesoro,
Forse perchè a ruggir sol l' eccitasti
Contro i lupi stranier, nè l'adulasti.
Il tuo cuore oltre a questo, rifuggia
Da quanto era di sozzo e inverecondo
Nella romana corte e in sagristia,
Ove tutto esser dee di vizi mondo;
E forse perciò ancor l' ambascieria
Tu rifiutasti, e preferisti in fondo
Il vivere tranquillo e riposato
Nella Ferrara tua, dov' eri amato.
Le tue virtudi ed i servizi resi
Fer sì che il tuo signor t'avesse caro,
E teco usasse modi i più cortesi,
Nè mai ti fosse di sue grazie avaro;
Nè gli altri molti d'itali paesi,
Anzi d'Europa, in ciò lo superaro:
Chè ovunque avevi ammiratori e amici
Fra gl'ingegni d' allora i più felici.

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