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Wednesday, May 20, 2015

MEDORO

Speranza

Questo, un dramma, e volle trarlo pure dall’Ariosto , onde prese per soggetto MEDORO.

Dopo composto, seguitando il suo genio , lo seppelli in un cassettino, e restò sepolto per tredici o quattordici anni. Finalmente essendo io nella sua casa , dove mi _fermai molti ‘giorni , ed avendo avuto sentore da uno de‘Signori suoi fratelli di quel Dramma , tanto lo pregai , che me lo lasciò vedere. Io lo lessi più volte, e sempre con più gusto; e mi parve di conoscere, che egli avesse abilità per le Tragedie, onde lo persuasi vivamente e allora‘ colla voce , e poi dopo molte volte con lettere , ad applicarsi a quel genere di poesia svegliando soggetti più grandi del MEDORO, e col trarli dall’ Istoria , ch’ é quella che comanda con impero , che si creda ciò che il Poeta descrive, onde si muovono più gli affetti negli accidenti veri, che nei favolosi : e lo persuasi pur’ anche , se non ad astenersi in tutto dalla rima ; fuor che nei Cori , a servirsene più parcamente , poiché IL MEDORO è rimato assai , mentre lo fece essendo giovane; e in quella età si gode più delle cose più fiorite. Sag. Credete voi, che importi molto l’astencrsi dalla rima ?

Per. Alcuni hanno creduto, che si debba
astenersene totalmente; sopra di che ha scritto il Corradino. Alcuni altri vogliono , che sia meglio valersene; e a favore di questa opinione ha scritto il Pallavicino. Abbiamo esempii per una parte , e per l’ altra ; e il Chiabrera parlando sopra i Drammi dice , che si può far bene in un modo , e nell’ altro: g mi è piaciuto , che egli che ha composto più Tragedie , sia camminato per l’ una , e per l’ altra strada : ma se io dovessi farne una sola, eleggerei piuttosto il tralasciare la rima ; parendomi , che meglio si sostenga quella gravità ch’ e propria della Tragedia ; della quale fu. detto : _ _ Omne genus scripta‘ gravitate T ragadia vincit. ( Ovid. ) Grim. Ma pare a voi, che IL MEDORO debba intitolarsi Tragedia, o Tragicomniedia? Pers. Questo è un dubbio che è caduto nella mente dello st‘esso Autore, e volle onorarmi col rimettere la decisione a me, e io lo dichiarai Tragedia. Non parlo del fine lieto , poiché so , che ad alcuno di voi non cade in pensiero, che nasca il dubbio per questo capo , mentre avete letto le Tragedie di fine lieto che sono in Euripide , e sapete , che


Aristotile di ciò parlando ha detto: Illi quidem decipiuntur ob idipsum, quo
Euripidem damnant, quia Tragmdia-_
rum saarum plure: in felicitatem terminentur; id .quod omnino ex arte est. Il riflesso cadeva piuttosto per essere in quel Dramma Cori di Pastori, e di Pa
storelle , e qualche altra cosa che muo:- _
ve dubitazione; tuttavia non trovando io fra i Tragici Greci ricevuto il nome di Tragicommedia , che non si trova se non in Plauto , e mentre anche il Ciclope di Euripide , che ha molto del Comico , ha ricevuto il nome di Tragedia , e levando l’ agnizione in Medoro la opposizione , quanto a lui, fui di parere , che dovesse intitolarsi Tragedia, ‘ onde se in ciò vi è errore , l’ errore é mio. Grim. Alla sentenza di così gran giudice ciascuno deve acquetarsi , e l‘ agnizione in Medoro a ciò serve molto, e mi è
piaciuta anche per altri risguardi , per-_
ché con essa si osserva il costume , ed il decoro in Angelica , mentre il Poeta dee sempre procurare , che _ il costume sia buono ; ch’ è una delle quattro leggi che ha posto Aristotile sopra il costume , volendo egli , che sia buono , conveniente , simile , ed eguale.
Sug. Giacché avete toccato questo punto,


ditemi per grazia, che cosa credete che Aristotile abbia inteso , quando ha detto , che il costume deve avere quelle quattro condizioni. _
Grim. La risposta non è facile , mentre per quello che appartiene particolarmen_ te alla bontà del costume ,‘ adhuc sub _judice li: est. Non si può dire , che ‘Aristotile abbia voluto dire , che il (‘ostume sia buono in tutte le persone della Tragedia , perchè questo repugna alle Tragedie ch’ egli ha letto. Medea , che uccide i proprii figliuoli , Atreo , che fa mangiare i figliuoli al fratello , non si può mai dire , che sieno di costume buono : e molti altri esempii potrei sopra di ciò addurre: nè in questa parte può , ,nè deve il Poeta prendersi libertà di mutare. Alcuni hanno creduto , che Aristotile intenda di prescrivere , che il costume sia buono in quella persona della Tragedia sopra la quale cade principalmente‘ la commiserazione : ma questo pure non si accorda con quel
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lo che abbiamo nella Poetica di Aristo- ~
tile , nè colle Tragedie da lui vedute. lo tengo , che la parola di hanno voglia dire la perfezione , e quasi l’ Idea di quel costume che si rappresenta un Tiranno , si trovi l’ Idea della Tirannide,


se un superbo l’ Idea della Superbia , e cosi negli altri affetti o buoni , o rei. Serve a questa opinione mirabilmente un passo di Aristotile stesso, che dice così: Poeta iracundos , desidesque dum imitatur , hujusmodique alia circa more: habentes, probitatis quidem, atque iracundiaz ex6mplum proponere debet. Ogni costume dunque ritiene i gradi proprii della sua natura , o della sua cfligie, e chi saprà trovarli , potrà dire di avere adempito secondo questa opinione la prima regola di Aristotile.
Pers. A me non dispiace questa interpetrazione; ma per verità più me ne piace un’ altra , che anderò spiegando. Aristotile vuole , che il Poeta aggrandisca l’ azione con cose inventate da lui , e questa è‘la parte Episodica: ed io credo , che egli dicendo , che il costume deve esser buono , abbia voluto intendere di quei costumi che introduce il Poeta , e ch’ è in sua libertà d’ introdurli o buoni , o cattivi ; e non già che muti i costumi di Medea , né di Atrco. Panni , che Aristotile abbia spicgato ; questa essere la sua intenzione , assai chiaramente , dove riprende Euripide , perché nella Tragedia dell’ Oreste abbia posto cattivo costume in Menelao
senza necessità , e queste sono le sue parole: Exemplum improbi moris , sed alioqui minime necessarium , in Ore.slc Menelaus. Si consideri in Euripide la costituzione , o la condotta di quel soggetto , e si vedrà , che volendolo condurre con quelle azioni , ed invenzioni colle quali lo ha condotto, gli conveniva necess‘ariamente rappresentare Menelao persecutore del nipote, ed in conseguenza reo , mentre Tindaro senza l’aiuto di Menelao non avrebbe potuto condurre Oreste in pericolo di morte: e Aristotile non lo riprende , perché avendo libertà di condurre il soggetto in altro modo , e senza far apparire Menelao di cattivo costume , non l’ abbia fatto : e spiega in un altro luogo della sua Poetica intorno a ciò la sua intenzione : Recte increpatur, cum nulla necessitate cogente, prceter rationem aliquo qui: ufatur, sicut Euripides Egistlu‘ neqùilìa , et in Oreste, Menelai. Il costume adunque ch’ è in nostra podestà , dobbiamo introdurlo buono; e se alcuna volta s’ inventa, o si narra qualche azione cattiva , come nel Medoro è quella che si racconta di Artabano, il fine dcve essere per dimostrare l’ infelicità , e la pena della scelleraggine ; mentre chi

non ha mira ncllo scrivere ali’ utilità de’ viventi , e de’ posteri , merita ogni gflstigo.
Gag. Mi piace la ponderazione; e se sopra la bontà del costume non avete da dir altro , seguitate , Signor Grimaldi , il discorso sopra l’altre condizione pur dci costume.
Grim. La seconda qualità del_costumc è , che sia conveniente. Questa parte non è difficile da intendere; ed Orazio ce la ‘s iega chiaramente in questi versi: 6ui didicil patria; quid debeat , et
quid amicis ;
Quo si! amore partns , quo fraler
‘amandus , et hospes ;
Quod si! conscripli, quod indici: oflr‘-Y
6ium ; qua: Parte: in bellum mini Ducis; ille pro/‘celo Reddert persona; scit couvenientia: cui que. Saprà dunque bene usare la convenienza nel costume quel Poeta che saprà ben’intendere , e ben considerare la qualità , il paese , ed ogni‘ altra condizione del personaggio che egli introduce , poiché in tal modo saprà rendere e benevolo , e odioso qualsisia personaggio : Respicere e:vemplar vitae , morunque jubebo

Doctum imitaforum ., et vera: hinc Jucere voces. ‘ La terza condizione del costume è , che egli sia simile; e ciò riguarda le persone che si tolgono dall’ istoria , o dalla favola nota , le quali bisogna dipingere, come le troviamo, onde non ci è lecito mutare i loro noti costumi; di che pure abbiamo il precetto chiaro in Orazio, dove dice : Si fi)rle reponis Achillem ; Impz‘ger, iracundus, ine.rorabilis, acer', Fara neg‘el sibi nata , ni/lil non arroget armis. Sit Medea ferox, invictaque , flebilis [no , ‘ Perfida: J:cion , Io vaga , tristi: Orgstes. ’ Se vorremo formare una Tragedia con descrivere in essa Ercole timoroso , o Ulisse imprudente , Romani lollent equile8, peditesque cachinnumî La quarta condizione è quella della egualità , la quale ci obbliga al conservare i personaggi che sono introdotti da noi nel Dramma , in quel grado di costume nel quale si sono posti nel Principio ; sopra di che ci ha detto Orazio : Srrvefur ad imam Quali: ab inceplo processerit, e! sibi constet.

E vero però , che alcune volte l’ incgualità è propria , quando s’ introduce qualche persona per natura leggiera , 0 incostante , o che per altro muti propriamente i pensieri , e Aristotile ci dice , che tale inegualità è uguale. Egli ci porta l’ esempio della ‘inegualità del costume nella Ifigenia in Aulide di Euripide: Inoequabilis Ifigenia in Aulide, ut cui posterior supplicatio priori‘ non consonal.
Sag. Veramente chi legge quella Trag:dia, osserva una inegualità di costume che molto ditlicilrnente. può ritrovar difesa ; poiché ci dimostra Euripide _Ifigenia , quando sa di dover essere sagrificata , tutta mesta e languente , e con amaris
sime lagrime supplica il Padre a non
volere la sua morte , raccordandogli ,
che ella è la sua primogenita , e gli
rammemora le tenerezze passate , ed in somma dice quanto sa per intenerirlo ;
e pochi momenti dopo ella mostra di
non temere la morte, e si dichiara pron«
tissima al morire : consola ella stessa la madre , e dimostra una eroica , ‘e inimitabile costanza; nè si comprende la causa di tale mutazione. Esempio , che
insegna , che è diilicile il__non peccare nel costume, poichè è parte che. ricerca molto giudizio , ed il giudizio è un seme sparso dal Cielo so ira la terra con tanta rarità , che que li che hanno potuto raccoglierne un poco , possono chiamarsi sommamente fortunati. Ma del costume si è detto quanto basta , ed anoo del Medoro. Passiamo alla Lucrezia, soggetto che egli scelse giudicandolo nobile , e grande , ma che scelse pure per inserirvi il glorioso martirio , come ha fatto con pochi , ma efficaci versi , della Marchesa Lucrezia moglie del Signor Marchese Pio Enea degli Ohizzi‘, la quale , com’ è noto , provò la fierezza di un’ empio non dissimile a quella di Sesto , e da quel barbaro fu trucidata , 4;’ perché non volle‘macchiare il letto maritale; onde con ragione la Città di Padova le ha innalzato per pubblico De.creto con un glorioso Elogio un nobile Sepolcro : ma più nobili , e più ferme sono le statue e einnalzano gli scrittori. Pers. Egli mi disse , che nel tessere. quel~gifi,la_ Tragedia aveva incontrato in qualche "Îfg;~r‘ diflibgltà sopra l’ introdurre in essa il ’ ‘ Re_,‘a.v~arquinio, padre di Sesto, mentre l’istoria non lo fa per alcun modo partecipe di quell’ azione , ben conoscendo
egli , che senza qualche aggiustata in- ‘
venzione avrebbe urtato nella censura di Aristotile , il quale dice , che quella parte del Dramma che può levarsi senza guastare il tutto , non è sua parte ; ma si levò le‘ diflicoltà col prodigio del serpente , tratto pure dall’ istoria : poichè , sbben’ è cosa che era lecito l’ in
~ ventarla , l’ abbiamo in Tito Liviov nei tempi dello stesso Re Tarquinio, il quale palesando a Sesto le voci proferitc dall’ Ombra di Tullio , e nascendo da quella notizia in Sesto la risoluzione o di superare la castità di ‘Lucrezia , o di ucciderla , diviene in tal modo il Re Tarquinio parte dell’ azione.
Grim. Qucsto~cammina bene ; ma non so ‘perchè egli non abbia terminata quella Tra‘fedia colla morte di Lucrezia , che vuoi dire nella ottava scena del quinto atto. l
Pere. Se in ciò avesse errato , ‘io sono il reo , e lo dico ingenuamente. Egli la terminò appunto coli’ ottava scena del quinto atto , ma disse a me , che era. stato molto dubbioso sopra l’aggiugnere quelle poche , e breve scene che ha poi aggiunte , e mi chiese il mio parere. lo presi tempo a rispondere ,3 e lessi più

volte la Tragedia , e poi lo consigliati ad aggiugnerlfr. ‘
Gl‘im. So , ch’ è temerità ‘ il non cedere alla vostra sola opinione senza chiederne le ragioni : ma perché a prima vista a me pare , che la caduta dei 'l‘arquixiii sia un'altra azione, vi prego a spiegarle.
Pers. Sopra l’ unità dell’ azione vi sarebbero da dire varie cose, ma per ora dirò solamente, che la catastrofe dei Tarquinii è cosa tanto dipendente dalla morte di Lucrezia, dalla quale nacque; che non può dirsi propriamente azione separata , nè tutte le Tragedie antiche terminano colla morte della persona principale : e Sofocle nell’ Aiace fa un’ atto intero dopo la morte di Aiace.
Grim. Io cedo all’ autorità; ma giurerei ,_ cozwsccndo il vostro 'giustissimo animo ., che quando avete dato quel voto , eravate sdegnato contro i Tarquinii , onde gli avresti voluti vedere impiccati.
Pera. Certo è , che mi piaceva , che con quelle scene si dimostrasse , che il Cielo
sa punire gli empi, e che la fortuna è finalmente inimica dei superbi; onde restai molto soddisfatto nel veder terminata quella Tragedia con quella moralità colla quale termina.
Sag. Mi accorgo , che il Sig. Grimaldi
‘‘\‘‘. l
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tace per rispetto, ma che non è. del tutto vinto. Io non saprei decidere questo punto , se non col dire , che quelli ai quali piace , che termini la Tragedia colla morte di Lucrezia , la ieggono solamente insino ali’ ottava scena, e lascino il resto per quelli che sono ‘dell’ altra opinione. Ma se non avete da dir altro sopra la Lucrezia , passiamo alla
Cleopatra. Pers. Nello scegliere per soggetto la Cleo
patra ha considerato , che la caduta dell’ [mperio dell’ Egitto‘, e con esso di una Regina descritta dalle istorie (l’ altissimo spirito , la rovina , e la morte di Mare‘ Antonio , e il dono che può dirsi, che ha fatto in quel tempo la fortuna ad Augusto dell’ Imperia del Mondo , sono materie aggiustate al Pocma Tragico. Ha inventato diverse cose , ma senza violare l’ istoria, la quale non resta violata nè coli’ aggiugner cosa che non si oppongano alla istoria stessa, ne coll‘alterare qualche circostanza che non muti la sostanza del successo. Abbiamo
_' dalle istorie , che Augusto trattasse con
Cleopatra in modo che poteva dare a lei occasione di sperare di sostituirlo ad Anionio, e ch’clla poi giudicandosi ingan‘ nata , corresse con precipizio alla morte col mezzo degli Aspidi , che gli storici non sanno affermare come gli avesse , mentre dicono in ciò varie cose. La promessa di Augusto di prenderla per Moglie è invenzione , ma non altera punto il successo; e mentre a lui complim il tacere gli ardori patiti , e la promesse stessa , potevano gli storici o non averla saputa , o non averla voluta scrivere; 0 molto proprio modo di aggiungere alla istoria è appunto il dir cose che gli storici potevano o non saperle , o non averle volute scrivere , e che possono star unite con quelle che hanno scritto; e in questa parte la libertà del Poeta é certo amplissima , come pur’anche (li mutar qualche cosa; e perciò Aristotile ha detto : Non omnino qua:rendun est, ut uulgatce fabuloe in quibus Tragwdiw sunt , ad unguem relineanlur.

Sag. Ma se la memoria non m’ inganna , non fu dato ad Ottaviano il nome di Augusto , se non in Roma dopo ritornato dall’ Egitto. _
Pers. E per questa cagione egli volendosi valere di quel nome, come più nobile , e più aggiustato al verso , ha detto con lecita mutazione, che le schiere gli diedero il nome di Augusto in Egitto. Mi è pur’ anche piaciuto il vedere, che «dentro allo spazio di un giorno , senza l’aiuto neppur della notte , Cleopatra assa con verisimilitudimf dall’ inlèlicità alla felicità , e dalla felicità al precepizio con doppia catastrofe : e mi sono piaciuti pure quegli Episodii , con dmtrine sottilissime, e con chiarezza spiegate. Sag‘. Ma vi sono alcuni_che dicono , che gli Episodii che escono dall’ azione , non sieno proprìi , e che non sieno proporzionate alla scena le materie scientifiche;

e sopra di ciò sentirò con molto gusto il parere dell’ uno , e dell’ altro di voi. Pel'5. Dirò il mio; ma per dirlo bisogna, che spieghi brevemente la materiadegli Episodii. È cosa certa, che nelle Tragedie Greche si dava il nome di Episodio a quella parte di Tragedia ch’è dopo il primo Coro insino al fine dell’ ultimo ; che sarebbe presso di noi dal fine del primo atto insino al principio del quinto ; mentre nel quarto atto terminano ordinariamente i Cori : e se in alcune Tragedie anche antiche si vede il Coro nel fixie del quinto Atto , sarà di pochi versi , e non s’ intende Coro intero. Gli .antichi chiamavano Prologo quella parte di Tragedia ch’ è avanti il primo Coro, ed è parte necessaria del Dramma, ami
è come il capo , c volevano, che contcnesse la sostanza dell’ azione , cosicchè fosse in esso alme‘no accennata ogni cosa, ed ogni persona principale della Tragedia; il che però non è sempre stato da loro osservato.~ Nell’ ultima parte , ‘che chiamavano Esodo, e che a noi _è il quinto atto, mettevano lo scioglimento, e il fine dell’ azione: e nelle parti di mezzo , che sono in tre atti , e dagli antichi chiamate Epi'sodiche, metteva il Poeta tutte le cose che giudicava proprie per arrivare allo scioglimento; ed era
~ come un riempimento dell’ azione. Ari
stotile nella sua Poetica, nella quale egli si è molto applicato ad insegnare le regole della Tragedia , riceve l’ Episodio in questo senso. È però vero , che in alcuni luoghi lo riceve in senso diverso, mentre alcuna volta lo prende per quelle cose che sono accadute avanti all’azione , e che si raccontano nel Dramma per ‘dilucidare , e per‘ riempiere : e tale è nella Cleopatra la narrativa che Augusto fa ad Agrippa delle sue vittorie sopra l’ Egitto , e della caduta , e della morte di Mare’ Antonio ; con che non solo riempie , ma si dimostra lo stato delle cose allora presenti. Prende pur’anche Aristotile alcuna. volta 1’ Episodio per quelle cose che sono accennate nel tempo dell’ azione , ma in luogo distante , e che si ‘l‘anno raccontare da qualche persona , o messo : ed alcuna volta finalmente egli chiama Episodio le aggiunte del Poeta al fatto. Ora per dire se nel tessere della Tragedia le parti , sia lecita qualche digressione, che nasca però propriamente, c non fuori di proposito per trattare qualche nobile materia , parmi , che gli antichi maestri lo insegnino chiaramente. Euripide nella sua Tragedia intitolata le Supplici , l’ azione della quale non consiste in altro , che nelle pwghiere fatte a Testo da Adrasto Re degli Argivi , e dalle madri degli estinti nella guerra di Tebe , perché sforzasse Creonte a conceder a’ loro cadaveri. la sepoltura; in quella Tragedia, dico, egli introduce un’ Araldo che viene da Tebe. Mentre egli dimanda , chi sia il. dominatore di Atene , Teseo risponde , che Atene non ha dominatore, ma ch’i: Città libera , in cui l’lmperio è del Popolo ; e da ciò fa nascere un’ Episodio , nel quale si discorre , se sia migliore il governo Democratico , o il Monarchico, e dice molte belle cose per l’una parte, e per l’ altra ; Episodio , che non è stato giudicate da Euripide improprio, nè si trova , che da Aristotile sia stato ripreso. Potrei portar altri esempii , ma lo credo superfluo. Dirò bensì, che nella Tragedia tali Episodii debbono essere di materie peregrine e nobili; mentre chi non fuggirai nelle Tragedie le materie umili, non potrà certo sperare molfa lode: ed una delle principali cagioni per le quali é stato conceduto :a Sofocle il primo luogo fra i Tragici Greci , è certo perché egli più di ogni altro ha tratto fuori dalle Tragedie le fievolezze, e le bassezze. Che poi le dottrine filosofiche non sieno proprie , non credo , che si possa dire , mentre della Poesia in generale non si può dire certamente, essendo i più celebrati versi di Virgilio quelli del sesto dell’ Eneide , dove con alta filosofia dice .
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Principio coelmn , ac terra: , campo.fque liquenles ,
Lucentemque globum Luna: , T ilaniaqua astra 4 Spirilus inlus ali! ; con quel che siegue. Non entro a parlare di Lucrezio, nè. di Manilio , perchè mi potrebbe esser det
‘to, che debbono chiamarsi piuttosto
Versil'icatori , che poeti ; mentre anche Àristotile dice , parlando di Empedoclc,
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che scrisse molto cose filosofiche inversi , Physicus potins , qaanz Poeta merito vucnndlls est. Ma entrando nelle Tragedie , e lasciando da parte i passi filosofici che si trovano sparsi per le Tragedie antiche , dirò solamente , che Aristotile dove parla del costume , riprende Euripide , perché in una delle sue Tragedie , che è tra quelle che si sono perdute , fa , che Mcnalippe , giovinetta non ammaestrata negli studii_ filosofici , dice cose tratte dalla più profonda filosofia ; dal che si vede chiaro esser mente di Aristotile, che le dottrine filosofiche~ sien0 prolirite da persone capaci , e non di eseluderle dalla Tragedia , mentre riprende Euripide , perché abbia peccato nella convenienza del costume; e perciò in quel tocco filosofico so ra l’ anima universale detto da. Ergondî nella terza scena del primo at1:o il nostro amico , giacchè si è principiato a nominarlo così , ha voluto , eh’ ella si dichiari, ch’ era dottrina di suo padre, oh’ era stato , com’ella. dice, tra i più dotti dell’ Egitto. 1o però tengo , che anche le Donne ammaestrate nelle Corti , o per altro virtuose ,‘pOssano dire qualche cosa non volgare. E sopra il punto delle dottrine dirò pure, mnnooo sonar ‘ che ‘Quintiliano loda per questo capo ‘ Euripide ; e queste sono le sue parole : _ ó‘enlenlii: densus, et in ii: qua a Sapienlibus tradita sant , pena ipsis par. Ben’ è vero , che bisogna , che le dottrine sieno spiegate con chiarezza.

Crinu. lo sono dell’istcsso parere in tutto: ma se volevano gli antichi , che quella parte di Tragedia clfièavanti al primo C0ro , contenessc i fi>ndamenti (lèll’ azione , e se dopo il primo Cono si entrava nella parte Episodica, pare, che ne nasca ; che non abbiano luogo gli Episodii nel primo atto.
Pere. Crederci, che potesse sciogliersi questa difficoltà colla differenza nella lunghezza del primo atto da noi agli antichi , mentre si osserverà nelle Tragedie, antiche molto breve quella parte, ed in molte Tragedie di una scena sola ; onde in quella brevità non potevano , nèdovevano aver luogo le digressioni: ma mentre noi estendiamo il primo atto con molte scene , e lunghe , non ho per inconvcni‘nte alcuno , che quando non si tralasci di soddisfare ali’ obbligo già discorso , s’introduca anche in esso propriamente qualche Episodio.
541g‘. È tempo , che passiamo al Crcso , ah"e quelle delle Tragedie del nostro
amico , che a me piace sopra le altre , c ch’ è quella che ha composto con risoluzione , che sia l’ ultima. È vero , che il Creso , benchè sia corso un‘ anno è mezzo dopo che lo ha composto, non è ancora mai uscito dal suo gabinetto, dove io l’ ho letto; e perciò non avemclo ‘sentita ancora l’ opinione di altri ,_ non so se nel compiacimento straordinario che ho ricevuto nel. leggerlo, io mi ssa essere ingannato. ‘ Grim. L’ ho letto io pure; e se dicessi di essermi portato a‘ questo efletto in quella Città dove egli_ordinariamente dimora non direi bugizn Pera E io non.‘ avendo potuto per le mie indisposizionh andar a‘ ritrovarla , non l’ ho veduto; onde siccome sono stato pronto a discorrere sopra l’ altre sue Tragedie da‘ me lette, così sopra il (Ireso farò la parte di nditore. Sag. Ma che dite voi , Signor Grintalcli ,
circa la mia opinione della superiorità
che tiene il Creso sopra l’altre sue Tra- ‘
gedie ? Grirn. Io dico, che nel costume, e nella ‘ sentenza , colla proporzione dovuta alle materie , mi paiano tutte uguali ma nell’ invenzione panni , che il Creso sia superiore , c non poco, essendo una tes»

situra di più fila che si congiungono insieme in modo, che la diversità delle azioni non può essere ragionevolmente 0pp05ta.
SagwMa giacchè avete toccato il punto dell’ unità dell’azione , desidero, che ne parliamo un poco , essendo a‘ parer mio " una delle più essenziali, e forse delle meno intese regole della Tragedia, e del
=.‘‘ la quale Ari_stotile ne_ha parlato molto oscuramente.
Grirn. Si contenti di spiegare in qual modo sia da lei inteso questo punto del1’ unità. ‘
6'ag. Noi troviamo in Tragedie antiche più azioni, e alle volte anco non hanno quella dipendenza, e unione che pare si richieda: e ciò pure si osserva nella Tragioommedia del Cavalier Guarini , nella quale non si trova , come dipendano l'una dall’ altra , e si uniscano insieme le azioni di Dorinda con Silvio, e di Amarilli con Mirtillo ; della quale
’ libertà non voglio discorrere, perché io credo facilmente precetti anco quelle cose , che paiano errori negli uomini che
_ coi loro scritti il
hanno saputo vincere tempo, e l’ invidia. 1Èà se Aristotile ha
detto , che la favola deve essere una , non avrebbe detto così , quando fosse
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~ ~ in alcun’ altra:
‘; duce , mentre avendo egli vedute le Tra-
proprio 1’ inserire in una Tragedia due azioni , 1’ una _ delle quali si‘ potesse le‘ Vare , senza gùastar punto l’ altra. Non è né purè stato creduto da eruditiespositori della sua Poetica , ch‘ egli abbia volato astrignere il Poeta così rigidamente ad una azione~1 che non possa entrare e ciò tanto più si de
gedie Greche , in molte delle quali si
trovi un azione ,‘ non le ha per‘
questo vèa‘po riprese. Per dilucidare ma.
glio questa materia , ne porterò un’ - ‘ ‘pio. Fra le molte Tragedie di Emi 1*‘
abbiamo quella di Ercole Forsennato,
traportata pur anche nella lingua latina da Seneca; le Tragedie del quale, €(IÎIQ è noto ,~ sono vin Euripide, o in Sofoéifi, o in Eschilosfia‘quella Tragedia , altri è‘ laziqne‘d’i Ercole, quandovccide Lieo.in vendetta della ingiurit dalui fatta a Mega.rgmoglie dell’ istesso Ercole, ed altra è*‘l' azione pur d’ Ercole , quando infuriato per ope‘rafli Giunone uccide la propria moglie , e i proprii ii;gliuoli ; onde ‘non e in quella Tragedia la singolarità d’azione, che pare richieda Aristotile , mentre sono. due azioni che non dipendono nè pure \’ una dal
k

l’ altra , onde si sarehhono potute anche fare di esse , due separato Tragedie. Sopra questo punto diflicile so , che alcuni hanno creduto, che l’ unità nella Tragedia, o sia di lieto, o sia di mesto fine, consista nell’ unità del pericolo nel quale cade la persona principale , e che se vi sono più pericoli, ella dall’ uno cada nell’altro per necessità , mentre in tal modo non termina l’ azione col fine del primo pericolo; ma questa opinione non si accorda cogli esempii di alcune Tragedie antiche. Altri hanno detto , che l’ unità dell’ azione perfetta , ma che questa può essere aiutata da altre
azioni imperlètte; ma pure abbiamo dei
Drammi accreditati che hanno più di una azione , con principio , mezzo , e fine. Il Castelvetro dice una cosa che a me piace in questo proposito, ed è, che nella Tragedia non sono improprie più azioni, perché ella per sua natura non le ammetta , ma perchè essendo obbli‘ ata al giro di un Sole, ed a strettezza
i luogo , molto difficilmente possono spiegarsi con proprietà più azioni ; anzi bene spesso non si può spiegare un'azione interase è molto lunga; ed egli tiene, che Aristotile abbia avuto riguardo a quello che si può fare più propria
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mente , e tanto più , quanto che tali sono per lo più le ‘Tragedie antiche; D1 questo si deduce , che qurl Poeta che saprà inserire propriamente in una stessa Tragedia più azioni, meriterà più lode. Per me dun‘iue direi , che la 'l‘ragedia debba contenere o un’azione sola, o , se _ne contiene più di una , debba una essere la principale , e contenere la catastrofe più insigne; e che quando vi sono più azioni, debbano avei=c dipendenza , o connessione tale l’ una coll’altra , che non possa levarsene una senza ofl‘esa dtll’ altra ; e benchè a questa seconda parte si oppongano alcuni esempii, e particolarmente quello del bellissimo Pastorfido , io tuttavia tengo , che questa sia la vera intelligenza dell'unità. dell’ azione. ‘
Per‘. lo sono dell' islessa opinione.
Grim. Cosi ore io per appunto; ma circa l’ unita del luogo ho sentito alcuni a pretendere , che srossurvi rigidamente, e il nostro amico l’ ha osservata con rigore nella Cleopatra , ma non nelle altre sue Tragedie. a
Sag. Nè da Orazio, né da Aristotile, che sono quei soli tra gli antichi che ci hanno lasciato ‘precetti per la composizione de’ Drammi , abbiamo regola. intorno al» luogo. Alcuno potrebbe olire , che avendo Aristntile veduto , Che i Tragici la osservavano rigorosamente , ha supposto , che la regola sia nota ; ma se_vulrsse questa ragione , egli non
‘ _avrebbe nè pure pa"lato della unità del
giorno , che era dai '41‘ ragici Greci 05servata , e tuttavia ne ha parlato. Altri hanno creduto, che mentre ha Prescrittoil tempo , abbia egli inteso , che possa il Poeta valersi ance di quei luoghi nei quali senza inverisxmilitudine pussano essere, o andare le persone in quel tempo; ma questa sarebbe regola troppo larga , mentre nel giro di un Sole, uno
uò essere e in Venezia , e in Padova , ed in luoghi anco più lontani ,, se andesse per le poste; ed in porre le scene parte in una Città, e parte in un’altra, a me pare troppo larg ezza. Gli antichi ponevano la scena ~in una piazza, e non avevano per inconvenÎente , che i Re , e le Regine , e le Principesse andassero a parlare anno di cose guavi, e che rî
‘ chiedevano segretezza , su la piazza. In
Oltre mettevano in piazza il Coro , nè partiva mai , e suppliva al difetto degli attori , mentre mancando questi, parlava il Coro ~, e si dava tempo ad un’ al
-trodcgli attori a poter comparire su la
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_ iii ‘T‘iiAfiiiiiiii‘i’ 4:‘ iazza. Di più si ha da considerare‘, che Elccvano poche scene‘ per ogni atto,‘ _è Si veggono molti atti di una scena sola ,‘ e r la‘ più inserivano pochi ‘accidenti
nei loro Drammi: onde con queste coi:
dizioni non era punto diflicile ,‘ che la scena sempre fosse in un luogo. Da noi per l’ opposto si dubiterebbe del riso de’ lettori , o degli spettatori , se si facesse venire una Regina‘, o una Pl‘ìnèb: pessa a parlare in pia‘ìza,‘qiiandoî k\àt-x che precisa, e ragionevole ca‘gììînè ‘Il la spingesse in quel luogo; e‘iju‘an‘dîfisi conceda che sia proprio , che stiano nei loro palazzi, bisogna concedere la diversità dei luoghi , o perdere bellissimi so‘ggetti, per attaccarsi a quei solameiiti che permettano , che gli attori stiano sempre in un luogo. Noi non ci serviamo del Coro per aiuto; noi‘usiarno le scene in molto numero: cose tutte che
_gagliardamente eomhattano la rigorosa
unità del luogo.‘ Se si dovesse sopra questa‘ unità di luogo porre una regola, io direi , che una Città potesse intendersi proporzionata unità di luogo per la Trasedia , cosicché si rapprcsentassero nel. Teatro non tutti i luoghi , ma quelli che fossero ricercati dalla diversità delle persone che‘ parla‘xx‘o ,‘ e delle‘ cose che si rappresentano: e se si ha da u:cire della Città; sia poca la distanza ; mentre nulla rileva , che una scena sia di qua, e l'altra di là di un muro. E così appunto succede nella Tragedia del Creso , nella quai_e Sardi si ritrova circondata dall’ esercito di Ciro. Ma giacchè siamo su le unità , mi dicano per grazia il loro parere sopra la unità del giorno. P6rs. Dica , Signor Cavaiier Grimardi. Grirn. Aristotiie in ciò ha lasciata la regola , dove dice: Tragedia quidem inlra unius polissimum Solis, vel Paullo ‘plus , minusve periodum actio est. Sopra questo giro di un Sole è nata _ uistione , volendo‘altri , che s’ intenda~ a un Sole all’ altro , onde sia compresa anche la notte : e "olendo altri , che s’intenda lo spazio 5010 nel quale il Sole

suole vedersi , e l’ hanno prescritto alle ‘
dodici ore; _e di questa opinione è‘ il Casteivctro. E cosa certa , che Euripide si vale in qualche Tragedia e dei giorno , e deiia notte. Tale è frà l’ altre la sua Elettra , Tragedia che ha il principio nefia notte , come dimoslrano le prime parole della stesso Elettra , che _ dice : ‘
0 no: atra, aureorum allria: u‘derurn.

E dopo una buona parte della Tragedia , dice il Coro : ’
Venisli, venisti, o dia ea:speelata dies. Onde‘chiaramente si vede, che in quella Tragedia entra il giorno, e la notte, e non la notte sola , come nel Reso , che comincia di notte ,‘ e negli ultimi versi solamente il Coro dice :
_ Tempus est , lueeseit em‘rn jam.
‘ onde si comprende , ch’ egli ha voluto terminare quella Tragedia su l’ Alba. vero , che si potrebbe dire, che purché non si eecedano dodici ore, non importa , che sia di giorno, o di notte; ma
‘ però Euripide ha ecceduto le dodici ore; e io tengo , che abbia il tempo da preseriversi nelle xientiquattro ore ;‘ onde il giro di un,Sole s’ intenda da un Sole all’ altro ; concedendosi ‘ anche , se lo richiede il bisogno , qualche ora_di più ; come accenna lo stesso‘Aristotile. Vi sono delle Azioni per le quali ~bastano dodici ore; e così è tra le Tragedie del nostro amico la Cleopatra , e il Creso , il quale bcne'hè contenga molte cose, e molto grandi, termina in un gior
_ no senza notte , e , se non m’ inganno, senza inverisimilitudine. Alcune altre hanno bisogno e del giorno, e della net» te; e tali sono il Medoro , e la Lucre<

ma ; mentre la tavola di quello‘porta , che l‘ azione di Medoro Per trovare il cadavero del suo Re , segua la‘ notte , e che Angelica lo ritrovi ferito nel bosco di giorno : e la istori'a della Lucrezia dimostra , che fu assalita da Sesto nella notte; onde se non si fossero t0ssuti i dis
_ sua Tragedia intitolata le Supplici , e
così ad Eschilo nell’ Agamennone. Alchni dicono , che la regola a‘nco di ventiquattro ore è tiranni_ca; ma io però così non dico , perchè essendo il Poema Tragico imitazione , se in tre , o quattro ore di tempo , nelle quali si rappresenta una 'I‘ragedia , si volesse far vedere le cose accadute in mesi, ed in anni , non resterebbe soddisfatto l’ intelletto ; onde bisogna rcstringersi al verisimile , quanto più si può , ma non coli ‘ta‘nta severità , che si abbiano per troppo rigore da perdere bellissimi soggetti; o da storpiarli. ‘
Sag. Ma come vi è piaciuta quell‘ agni» zione che è nel Crcso?
Grim. L’ agnizione , secondo Aristotile , e uno dei principali ornamenti, e delle più apprezzabili bellezze della Tragedia; e perchè i’ agnizione contenuta nel Creso richiede , che si dicano sopra di esse alcune cose per ben discernere la sua qualità , mi allargherò un poco, e dirò qualche cosa sopra la diversità delle agnizioni , prima che entri a parlare ‘precisamente sopra di essa. agnizione quando si conosce il fatto, e non si eonosce la persona , o se si conosce , non si sa tutto di lei. Si sapeva il matrimonio di Edipo, e di Giocasta , ed era reputato giusto ; ma s’ ignorava , che Edipo fosse figliuolo, e Giocasta madre, e nella riconoscenza di ciò ,.~ il fatto che pareva prima gii_isto , divenne ingiusto, ed abborribile. E agnizione pur’ anco , per l’ opposto , quando s’ ignora il fatto , e si conoscano interamente le persone, le quali per l’ ignoranza del fatto sono reputate giuste. L’ esempio di ciò si vede nella Canace, Tragedia composta dall’ erudito Speroni. Si sapeva , che Maeare’o , e Canaèe erano fratelli, ed erano reputati giusti, ma non si sapeva il congiungimento loro ineestuoso;

e quando fu riconosciuto il fatto, furono giudicati ingiusti , e meritevoli di ogni maggior gastigo. In oltre l’ agnialone alle volte avviene dopo l’orribilità dell’ accidente accaduto; e allora la Trasedia è di mesto fine , come si vede pure nella riconoscenza di Edipo , e di Giocasta seguita dopo l’ incesto. Alle volte nasce l’agnizione prima , che succede il caso orribile che era imminente; è allora la Tragedia è di lieto fine; ciò si vede null’ Ifigenia in Tauris di Euripide, poiché Oreste ed Ifi5tmia non si conoscevano , e stava la sorella per sagrificare il fratello , ev l’ agnìzio‘ne lo impedi. Simile agnizione si legge n ll' Jone dello stesso Euripide , dove il‘figliuolo riconobbe la madre nel punto che voleva ueciderla ; e così pure nella Merope ( Tragedia che ora non si trova, ma si ‘trovava ai tempi di Aristotile ) la madre conobbe il figliuolo , mentre aveva la scure in mano‘ per torgli la vita _; o in tali agnizioni tanto è mag;iore ‘I’ allegrezza, quanto è più vicino il caso funesto che doveva succedere. L’ agnizione si distingue pure in principale, ed in accessoria. Principale s’intendequella che è cagione principale della catastrofe; eome_fu la riconoscenza di Edipo ;e di
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_ Giocasta , che li rese di felici infelicissi
mi. Agnizione accessoria _è quella che
_ non è cagione immediata della catastro
fe ,_ ma che serve di aiuto per arrivare alla mutazione di fortuna; tale è la riconoscenza di Elettra con Oreste nella Elettra di Euripide , e così in quella di Sofocle ;mentre hanno composto l’istessa Tragedia cl’ uno , e l’ altro; e le abbiamo ambedue ;_ e da esse si cava chiaramente la libertà.‘ che _tieuîe ‘fl~= Poeta d’ inventare imezzi per arrivare all’azio-~ ne principale, e che , come accenna Aristotile , sap vano che non erano obbligati a più , che a fare , che Clitenncstra non fosse uccisa da altri, che dal proprio figliuolo ; e perciò con diversissimi mezzi Sofocle , ed Euripide arrivano alla uccisione di Clitennestra , fatta da Oreste , ed insieme alla morte di Egisto. Di più deve considerarsi, che la riconoscenza alcune volte è scmplic:,
~ ed alcune volte la doppia. Semplice s’in
tende quandod’ una delle persone conosce, e l’ altra non conosce. Tale è l’agnizione dell’ Elettra , poichè Oreste cono-v scava la sorella , ma ella non conosceva lui. Doppia s’ intende l’ agnizione quando cosi l’ una , come l’ altra persona fra loro non si conoscono _; e tale è lia

gnizione d"lfigenia in Tauris , dove non conosceva‘ nè Oreste lfigenia , nè Ifìgenia Oreste ;_ e cosi quclla‘ d’ Ione con Creusagsua iiradre. Nel Greso cadono due agnizio‘ni sopra una_persona stessa , e in ‘un punto stesso , ‘l’ una delle quali è "semplice, poichè la ignoranza e solamente‘ in una persona, e l’ altra è doppia_, mentre ambedue ignorano , e per arrivare a quello agnizioni ‘sono state necessarie molte invenzioni.
Sag. Sopra quell’ agnizione ho pensato ad una opposizione , o piuttosto considerazione , che potrebbe esser fatta, che presso‘ di me però non ha forza ; ma desidero sapere il parere di voi, che l’ avrete ben’ osservata ; rinci‘escendomi , che il Signor Pcrs non l’ abbia letta , onde potesse dirlo egli ancora. La considerazione è questa. Nell‘agnizione l’ autore si serve di due segni, uno è nel‘corpo della persona conosciuta , e l’ altro è fuori: e Aristotile dice, che l’ agnizione che nasce da’ segni , è la meno artificio‘sa. Sopra di ciò, che dite?
Grim. lo dico prima ,‘che sebbene Aristotile dice ‘, che è la meno artificiosa, non però la proibisce , ed Omero se n’è servito nell’ agnizione di Ulisse : onde a oonceder tutto, non vi sarebbe alcun’er
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11)“ _f'_ ‘ ‘
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_ LE‘ ‘m~wnnm. "‘ ,.;~ rore; ma «iii‘ò‘poi ,1 che io credo ,‘che Aristotile abbia voluto“dire , che sono meno artifi‘iose quelle agnizioni che nascono da soli segni senza aleun’altra invenzione del Poeta: ma non è tale quel- . =_ la del Creso, la qu‘ale si può dire, che ‘ è fatta anche senza quéi segni, esi ve- \ de, che è prodotto dalla ‘costituzione 4, delle parti inventate. nell’ azione , e da cose ordinate ad altro fine ;‘ che sono quelle condizioni che sono nelle ~agnizioni le più‘lodate : ‘e mi disse l’ autore , , che non ha messi quei segni per altro , che per istàbilire la certezza subita ,“e indubitata nel padre della persona sopra _di‘euihcade l’ agn_izîone , onde non gli restasse dubbio alcuno , "’nè vi fosse bi» sogno di più lunghi_discorsi; e mentre ' nei segni portano una subita estrema " a lcgrezza ‘nel padre , la quale muove in chi legge , o almeno ha mosso in‘ esso , una gran tenerezza , non si sarebbe conseguito tale‘intento così facilmente , e così presto senza quei segni ; e l’ ester- “ no , che serve al nome , non bastava , perché é cosa certa , che poteva esser ' passata la medaglia da una mano all‘al- \'vfi , tra. Non si può nè pur dire, che quell i%earne purpurea colla fopnn, o_jjguJ v 7.‘_»?._
I
chiama rosa una macchia simile ;
ra di stella sia cosa fuori del naturale, poiché. è _uno de’ segni che nomina Aristotile nella sua Poetica: e il Boccaccio e SI
sa quanti corpi nascono con segni di
‘varie figure , che sono chiamate co‘mu
nemente voglie.
Sag. Qu‘esti riflessi ho fatto io ancora;
C
ma rispondetemi ad un‘ altra considera-
zione sopra un’ altro punto. Lo sciogli-
mento pare , 0118 abbia un non so che
di miracoloso in riguardo a quel muto
che parla, e a quella nuvola improv_
vìsa. Credete , che sopra di ciò i super-
sfiziosi potessero dire qualche cosa?
rim. Anche sopra di questo dirò prima ,
che abbiamo in Euripide molti esempii
di scioglimenti col mezzo di Deità , o
di cose miracolose : e Seneca , che avea
pur veduto Aristòtile, ha seguitato Eu-
ripide nella Medea; onde bisogna cre-
deve , che non abbia fatto gran caso di
nel suo raccordo ; tuttavia io non lo-
3o gli scioglimenti per macchine, quan-
do si possa comprendere , che il Poeta
non_sapesse, come uscire dagli invilup-
pi senza l’ aiuto di cose miracolose; ma
non mi pare , che siamo nel caso. Ab-
biamo in Erodoto , che il mulo parli;
in quel giorno, e abbiamo in lui pure
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la nuvola , dove racconta gli accidenti di Creso: nè credo , che si ossa riprendere il Poeta , perchè ab ia seguitato l’ istoria: e se è vero , che non è lecito al Poeta l’ alterarla in cose essenziali , quanto più sarà vero‘, che gli è lecito il dire quello che ha detto i’ istorico: e se , come dice Aristotile , non si può mettere in dubbio , se sia verisimile un fatto che è succeduto; e benché fossero false , è certamente lecito al Poeta di valersenè come di cose vere. Potrei dire un’ altra cosa , ed è , che lo scioglimento per miracolo è bello , come ben’ ha osservato il Gastelvetro , quando si operava per comandamento divino , e porta l’ esempio del sagrificio d’ Ifigenia: e nel Greso siamo per appunto nell’ istesso caso , onde con proprietà l’ aiuto viene dal Cielo. Ma si osservi bene, come egli porta quelle due cose , e si conoscerà , che non le porta per bisogno , e che ha voluto , che si. conosca , ch’ egli po‘ teva sciogliere senza il parlar del muto, col lasciar di dire quella parola dell’Ora00l0 , e senza la nuvola , mentre con poca fatica egli poteva non dire , che la fiamma fosse tanto ad alto arrivata. Egli mi ha detto , e da questo si potr_à comprendere, se ha preso quelle due cose per povertà d’iuvenzione ) che prima aveva pensato di far dire all’0racolo parole oscure , e che potessero interpetx‘arsi solamente dopo l’ agnizione , le quali significassero , che dovesse restar libero Creso dopo fatto quel riconoscimento , ma che ha giudicato per molte ‘ragioni migliore quest’ altra strada , per la quale resta aggiunta tutta quella parte tanto patetica , e tanto esemplare che è dopo l’ agnizionc.

Sag. Non me ne dite più , che quanto a me, avete superato il bisogno. Ma vor‘ rei sapere‘, se vi siete ricordato di chiedere all’ autore una cosa che io non mi
, ricordai di chiedcrgliela , ed è , perché abbia dato il nome di Ati al muto , mentre Erodoto‘dice , che il nome di Ati era in un’ altro figlio di Crcso, premorto e non dice qual nome avesse il muto.
Grim. Mi ha detto , che Solino dice, che ‘il muto avesse nome Ati ,_ e che non avendo trovato in alcun’ altro istorico il nome del muto , fuorché in Solino , ha seguitato quello: e quanto agli altri nomi , dove non ha trovato i proprii , ne ha posti degli usati in quel paese ; ma queste sono cose frivole , e nell’essenziale egli ha certo ben’osscrvato gl’lsto
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rici , e scguitando Senofonte nella Ciropcdia , ha formato Giro quasi l’Idea del Monarca: e perchè egli non poteva acbordare colla clemenza di Ciro la severa condanna di Creso al rogo , che scrive Erodoto, e che forse per questo riguardo Senofonte non dice, conoscendo, che quella parte era necessaria nella Tragedia per la catastrofe , ha trovato modo di far seguire la condanna di Creso alla morte, e di salvare la clemenza di Ciro.
Sag. E vcrissimo; ed è un modo che forse non era facile da trovarsi. Ma ditemi, se giudicate, che alcuno potesse dire , che trovandosi Creso assediato dal-l’ esercito di Ciro , e per conseguenza agitato dal grave pericolo , il discorso di Solone nella prima scena del primo atto sia troppo lungo, e forse non proprio.
Grim. Se la Città fosse stata in quel tempo combattuta , la opposizione sarebbe forte , ma in Città solamente circondata dai nemici, alla quale allora non era alcuna apparenza , che Ciro fosse per dar l’ assalto in quel giorno , e ch’ era munita con numerose schiere, io credo, che non si possa opporre ragionevolmente: e mentre il rispetto doveva essere piuttosto dalla parte di Solone, il Po?fa , ‘che lo ha compreso, ha voluto , che il Re dica esser avido di sentire quelle ragioni le quali versavano sopra

‘ un punto a Creso molto importante.
Sag. Resto soddisfatto; ma passo ad un un’ altro simile riflesso, ed è sopra quella scena del quarto Atto, cheprcdo sia la seconda , nella quale la Regina Jade dice a Solone , che era già presa una
‘ torre della Città , e prevedendo la cadata della medesima , si lagna; e con proprietà : ma il mio riflesso cade , se
‘ la consolazione , che con molte parole
‘ Solone si sforza di portarle , sia aggiu
‘ stata a quel tempo , e se Ella fosse capace di udirla. _
Grim. Se Solone , che si descrive filosofo vecchio, ed inerme, e se la Regina fossero stati abili al combattere , o se fosse stato proprio , che la Regina uscisse dal palagio reale , si potrebbe dir qualche cosa ; ma se Ella non doveva uscire da quelle stanze , e se‘Solone non
teva , nè doveva far~altra parte che quella del consolarla , io non veggo alcuna improprietà , perchè egli si con‘ soli , nè perché una Regina ascolti la consolazione di un’ uomo di tanto cre_dito , e che era da desiderarsi appunto _in così grave occasione. Potrei aggiugnen, che non sapeva la Regina,
se la Città presa del tutto , onde benchè per la salita de’ nemici sulla torre ella temeva il precipizio , non doveva tuttavia restare il suo animo senza qualche reliquia di speranza. Onde per molte ragioni non era incapace di ascoltare, mentre ascoltano , e rispondono alle persone gravi anche quelli che hanno la testa sotto la scure ; e si comprende , che il Poeta è stato sopra di ciò molto attento, poiché quando la Regina sente, o le
al‘ di sentire , strepito nella reggia , subito ella tronca il discorso , e si ritira alla immagine della Dea , imitando Virgilio , che fa correre Eeuba all’ altare , ma non la fa già correre , se non quando il ferro Greco era nel palagio reale , come dimostrano quei versi che dicono :
Urbis ubi captre casum, convulmque vide! Limina teetorum , et medium in penetralibus hostem. Sug. In ciò io pure resto pago , ma che ‘ vi pare del Greso intorno allo stile? Grim. Parmi , ch’ egli abbia qualche van
taggio sopra le altre sue Tragedie ;‘ e ciò sarà nato , perché , come egli mi disse , ha voluto avere nel comporlo un poco piùdi_pazienu di quella. chela potuto sostenere nelle altre; confcssan_do egli di essere tra quelli , ‘ Quos.o_fl‘endit limae labor, et mora.(0raz.) Sa . Ma giacché siamo entrati a parlare ' elio stile , e mentre voi, Signor Pers , per non aver letto il Creso , avete per molto spazio taciuto , dite per grazia , \ quale credete , che sia lo stile aggiustato alla Tragedia ? Pers. Dirò per ubbidire.‘ Lo stile è una delle quattro parti principali della Tragedia, e secondo Aristotile è la quarta , mentre egli dà il primo luogo al soggetlo , il secondo al costume, il terzo alla sentenza , ed è quell’ aria della locuzione , che si vede negl’ingegni cosi diversa , come la fisonomia , nelle faccie. L’ istesso Aristo‘tile parlando della Tra_ gedia , stabilisce , quale abbia da essere la locuzione, e dice così: Dictionis virtus ut perspicua sit, non tamen humù lis. Ho pesato molto questo suo (letto , e mentre egli non è, solito a parlare inconsideratamente , ho creduto, che studiosamente abbia detto non hurnilis , piuttosto che grandi: , perché sapendo egli , che l’ altezza ‘ cade facilmente nel turgido , e nell’oscuro, e volendo , che la virtù_principale della locuzione sia~la chiarezza , ha stimato meglio il _dar per

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legge , che si fugga la basseua , che‘ il comandare l’altcz‘za , e per me credo , eh’ egli voglia dire , che quella locuzio‘ ne sarà nobile , ‘che avrà in se meglio unite l’ altezza , e la chiarezza ;‘ ma che ‘ la chiarezza abbia da essere il primo scopo; cosicchò sia minor male l’ abbassarsi un poco , e conservare la chiarezza , che l’ urtare nell’ oscurità , per voler innalzarsi molto. Dove poi debba il Poeta innalzare lo stile più e meno, è cosa che dipende bensì anche da regole , ma in gran parte dal giudicio; e così sente _Aristotile , che dice: Magni negoliz‘ est, in supradictìs singulis a decenti non discedere : e soggiugne , che in ciò si ricerca un’ ingegno versatile. Le qualità delle cose che cadono sotto il ragionamento, le qualità degli effetti, e le qualità pur’ anco delle persone che parlano, sono le distinzionisopra le quali deve reggersi chi compone; onde stando fuori della bassezza , sia il carattere più e meno figurato , più e meno sublime; nè bisogna scordarsi di quella natura_lezza che molto importa nè componimenti Drammatici.
Sug. Molto bene ; ma sopra il Créso , Signor Grimaldi , avete fatto altri riflessi oltre quelli che abbiamo discorso?

Gripz. Nè sopra il Creso , nè sopra le altre Tragedie saprci , che altro dire.
Pers. Né io pure sopra le tre che ho veduto. ‘
«Sag. Se così è , può dire quel nostro amico , quando anche le opposizioni discorse non fossero ben’ cvacuate ,
Hoc pecca! solum si men Musa,bene est».
Gn‘m. Può ben’ essere , che da altri sieno fatte riflessioni maggiori delle nostre , ,e
in molto più numero , mentre siamo in ‘
una età che ha il gusto assai dilleato , e della quale si può dire quello che diceva Aristotile della sua: Ad traxandos Poeta: haec alas tantum prona est.
Pers. Farmi, che in ciò tutte le età sieno state simili. Ovidio , ed0razio si dolevano egualmente delle loro, e così pure altri Poeti de’ loro tempi ; e sappiamo quante opposizioni sono state fatte al Guarini , e quante al Tasso.
Sag. Io che conosco molto bene l’ animo di quel nostro amico , e cheso , che egli ha scritto, e scrive per sola‘ ricreazione , e senza pretensione di lode , so certo , che poco fastidio gli darebbero le opposizioni , e che sarebbe cosa molto facile , che si accordasse cogli oppositori coll’ approvarle. Ma entrano in questo giardino alcuni Signori ; e men
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tre richiede la convenienza , che andiamo a complire , resterà per ora terminato il nostro discorso.
Fine del Dialogo. ch
G.
._ ~

0 ‘
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MEDORO, figlio di Arbace, re della China
CLOBIDANO amico, e compagno di Medoro.
ANGELICA Regina del Catai.
ZERBINO figlio del Re di Scozia.
ERMENE, creduto padre di Medoro
RUGGIERO paladino
OTTONE paladino
NICANDRO Pastore
NEBINA moglie di Nicandro
CORO di Cavalieri, del Seguito di Zerbino. CORO di’ Sacerdoti
CORO di Soldati
CORO di Pastori
CORO di Pastorelle.

La Scena è nelle campagne intorno alla città di Parigi.

raomeo.
M\M
AMORE
wurro l’0ccaso, e quanto 1’ Orto vede, Quanto arde il Cancro, e quanto l’Orsa.
a=v hia la 11 mio gran regno abbracci; ,Dg ,F ’ E al mio scettro di foco il Ciel pur cede. Che non può la mia forza , _ Se ad abitar la terra i Nomi sforza? Al ~Rettor della luce , al biondo Dio Si chieda , se per me segui gli armenti,
_ E se più fere il di lui strale, o il mio.
Delle belliche schiere
Il Domator possente ì0 pur’ ho vinto ,
E‘ lo feci cadere
Con ris‘o degli Dei tra reti avvinto.
Dc’ fulmini il gran Fabbro
Tocco da questa face ,
sovra il fulmineo foc0
‘Scopri tenére il mio non dubbia palma,
Mentre egli solo inceherir può l’ alma. La Dea del fosco mondo, ‘ 0cchio del primo ciel , Sole secondo,

Del carro suo stellato
Diè le briglie ad Apollo ,
‘ A più gran giro, a‘maggior corso avvezzo,
Per giro in seno a Endimionc aniato.
L’ alato Messaggiero ,
Il nipote d’ Atlante, ‘
Dì nunzio fatto amante ,
Obbliando di Giove il sommo impero Un’aureo crin, due guancic vagh ‘, e belle Apprezzò più che il Sole, e l’aurc stelle. La bella Madre mia , la Dea_più vaga , Nel bianco son sovente
Ih_lla mia face_ ardente
Senti la fiamma , e del mio stral la piaga :
Il suo sereno cielo ad antri opachi
Quante volte pospnse ,
E‘_i dolci furti in verdi selve ascose l
Maquanto spesso , e quanto cruda guerra
Al g‘ran Tonante ho fatto!
Dalla reggia del ciel scese alla terra
Spinto dal foco mio , ~
E ponendo in obblio fama , e decoro ,
Aquila , Cigno , e Toro ‘
Ei formò di se stesso.
E perché chi d‘Amor la piaga ha in seno
Ogni’ altra cosa lascia , e nulla cura ,
Talor del mondo abbandonò la cura.
Sin là nei ciechi regni _
Ove deposti i fregi
Misti a povera turba


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