Speranza
Che dir gli piaccia de che gente sia.
18 Rugiero incominciò, dal primo sdegno
Che ebbero e Greci, la prima cagione
Che adusse in guerra l’uno e l’altro regno,
Quel de Priamo e quel di Agamenòne;
E ’l tradimento del caval di legno,
Come il condusse il perfido Sinone,
E dopo molte angoscie e molti affanni
Fo Troia presa ed arsa con inganni.
19 E come e Greci poi sol per sua boria
Fierno un pensier spietato ed inumano,
Tra lor deliberando che memoria
Non se trovasse del sangue troiano.
Usando crudelmente la vittoria,
Tutti e pregion scanarno a mano a mano,
Ed avanti a la matre per più pena
Ferno svenar la bella Polissena.
20 E cercando Astianatte in ogni parte,
Che era di Ettorre un figlio piccolino,
La matre lo scampò con cotale arte:
Che in braccio prese un altro fanciullino,
E fuggette con esso a la disparte.
Cercando i Greci per ogni confino,
La ritrovarno col fanciullo in braccio,
E a l’uno e a l’altro dier di morte spaccio.
21 Ma il vero figlio, Astïanatte dico,
Era nascoso in una sepoltura,
Sotto ad un sasso grande e molto antico,
Posto nel mezo de una selva oscura.
Seco era un cavallier del patre amico,
Che se pose con esso in aventura,
Passando il mare; e de uno in altro loco
Pervenne in fine alla Isola del Foco.
22 Così Sicilia se appellava avante,
Per la fiamma che getta Mongibello.
Or crebbe il giovanetto, ed aiutante
Fu di persona a meraviglia e bello;
E in poco tempo fie’ prodezze tante,
Che Argo e Corinto pose in gran flagello;
Ma fu nel fine occiso a modo tristo
Da un falso Greco, nominato Egisto.
23 Ma prima che morisse, ebbe a Misina
(De la qual terra lui n’era segnore)
Una dama gentile e pellegrina,
Che la vinse in battaglia per amore.
Costei de Saragosa era regina,
Ed un gigante chiamato Agranore,
Re de Agrigento, la oltraggiava a torto;
Ma da Astianatte fu nel campo morto.
24 Prese per moglie poscia la donzella,
E fece contra e Greci il suo passaggio,
Insin che Egisto, la persona fella,
Lo occise a tradimento in quel rivaggio.
Non era gionta ancora la novella
De la sconfitta e di tanto dannaggio,
Che e Greci con potente e grande armata
Ebber Misina intorno assedïata.
25 Gravida era la dama de sei mesi,
Quando alla terra fu posto lo assedio,
Ma a patti se renderno e Misinesi,
Per non soffrir di guerra tanto tedio.
Poco o nïente valse essersi resi,
Ché tutti morti fôr senza rimedio,
Poi che promesso a’ Greci avean per patto
Dar loro la dama, e non l’aveano fatto.
26 Ma essa, quella notte, sola sola
Sopra ad una barchetta piccolina
Passò nel stretto, ove è l’onda che vola
E fa tremare e monti alla ruina;
Né si potrebbe odire una parola,
Tant’alto è quel furor de la marina;
Ma la dama, vargando come un vento,
A Regio se ricolse a salvamento.
27 E Greci la seguirno, e a lor non valse
Pigliar la volta che è senza periglio,
Perché un’aspra fortuna a l’onde salse
Sumerse ed ispezzò tutto il naviglio,
E fôr punite le sue voglie false.
Ora la dama a tempo ebbe un bel figlio,
Che rilucente e bionde avia le chiome,
Chiamato Polidoro a dritto nome.
28 Di questo Polidoro un Polidante
Nacque da poi, e Flovïan di quello.
Questo di Roma si fece abitante
Ed ebbe duo filioli, ogniun più bello,
L’un Clodovaco, l’altro fu Constante,
E fu diviso quel sangue gemello;
Due geste illustre da questo discesero,
Che poi con tempo molta fama apresero.
29 Da Constante discese Costantino,
Poi Fiovo e ’l re Fiorello, il campïone,
E Fioravante e giù sino a Pipino,
Regal stirpe di Francia, e il re Carlone.
E fu l’altro lignaggio anco più fino:
Di Clodovaco scese Gianbarone,
E di questo Rugier, paladin novo,
E sua gentil ischiatta insino a Bovo.
30 Poi se partitte di questa colona
La nobil gesta, in due parte divisa;
Ed una di esse rimase in Antona,
E l’altra a Regio, che se noma Risa.
Questa citade, come se ragiona,
Se resse a bon governo e bona guisa,
Sin che il duca Rampaldo e’ soi figlioli
A tradimento fôr morti con dôli.
31 La voglia di Beltramo traditore
Contra del patre se fece rubella;
E questo fu per scelerato amore
Che egli avea posto alla Galacïella;
Quando Agolante con tanto furore,
Con tanti armati in nave e ne la sella,
Coperse sì di gente insino in Puglia,
Che al vòto non capea ponto de aguglia.
32 Così parlava verso Bradamante
Rugier, narrando ben tutta la istoria,
Ed oltra a questo ancor seguiva avante,
Dicendo: - Ciò non toglio a vanagloria,
Ma de altra stirpe di prodezze tante,
Che sia nel mondo, non se ne ha memoria;
E, come se ragiona per il vero,
Sono io di questi e nacqui di Rugiero.
33 Lui de Rampaldo nacque, e in quel lignaggio
Che avesse cotal nome fu secondo;
Ma fu tra gli altri di virtute un raggio,
De ogni prodezza più compiuto a tondo.
Morto fu poscia con estremo oltraggio,
Né maggior tradimento vidde il mondo,
Perché Beltramo, il perfido inumano,
Traditte il patre e il suo franco germano.
34 Risa la terra andò tutta a ruina,
Arse le case, e fu morta la gente;
La moglie di Rugier, trista, tapina,
Galacïella, dico, la valente,
Se pose disperata alla marina,
E gionta sendo al termine dolente
Che più il fanciullo in corpo non si porta,
Me parturitte, e lei rimase morta.
35 Quindi mi prese un negromante antico,
Qual di medolle de leoni e nerbi
Sol me nutritte, e vero è quel ch’io dico.
Lui con incanti orribili ed acerbi
Andava intorno a quel diserto ostìco,
Pigliando serpe e draghi più superbi,
E tutti gli inchiudeva a una serraglia;
Poi me ponea con quelli alla battaglia.
36 Vero è che prima ei gli cacciava il foco
E tutti e denti fuor de la mascella:
Questo fo il mio diletto e il primo gioco
Che io presi in quell’etate tenerella;
Ma quando io parvi a lui cresciuto un poco,
Non me volse tenir più chiuso in cella,
E per l’aspre foreste e solitarie
Me conducea, tra bestie orrende e varie.
37 Là me facea seguir sempre la traccia
Di fiere istrane e diversi animali;
E mi ricorda già che io presi in caccia
Grifoni e pegasei, benché abbiano ali.
Ma temo ormai che a te forse non spiaccia
Sì lunga diceria de tanti mali:
E, per satisfar tosto a tua richiesta,
Rugier sono io; da Troia è la mia gesta. -
38 Non avea tratto Bradamante un fiato,
Mentre che ragionava a lei Rugiero,
E mille volte lo avea riguardato
Giù dalle staffe fin suso al cimero;
E tanto gli parea bene intagliato,
Che ad altra cosa non avea il pensiero:
Ma disiava più vederli il viso
Che di vedere aperto il paradiso.
39 E stando così tacita e sospesa,
Rugier sogionse a lei: - Franco barone,
Volentier saprebbi io, se non ti pesa,
Il nome tuo e la tua nazïone. -
Friday, May 15, 2015
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