Grice e Vignoli: la ragione conversazionale della etologia
filosofica – della legge fondamentale dell’intelligenza nel regno animale –
filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The
Swimming-Pool Library (Rosignano
Marittimo). Essential Italian
philosopher. Filosofo italiano. Grice: “I spent quite some time observing a
species of pirot: the squarrel – mainly I was in search of what Vignoli calls
‘la legge fondamentale dell’intelligenza nel regno animale” – his ‘saggio,’ he
says, is in ‘psicologia comparata,’ but since it is vintage, I might just as well
refer to is as being one in ‘philosophical ethology’!” -- Si trasfere a Milano.
Insegna antropologia presso la Reale
Accademia di Scienze e Lettere. Direttore del Museo di storia naturale. I suoi saggi apparvero su “Il Politecnico” e
sulla “Rivista di filosofia scientifica”. Due sue saggi hanno risonanza: “Della
legge fondamentale dell'intelligenza nel regno animale: saggio di psicologia
comparata” -- e “Mito e scienza”. Nel
1863 io terminava il mio saggio in-
iiorno ad una Dottrina razionale del Progresso, inserito con una serie di articoli nel Poli- tecnico a Milano , diretto già da Carlo
Cat- taneo , e poi ristampato a parte ,
con queste parole e in queste sentenze,
risultato di tutti gli studi e argomenti
anteriori: « Quésta libertà del
pensiero cresce ^*B 9 terello, soqo antiche e> costanti nella
mia mente. Onde due anni or sono
terminava la mia prolusione ad un corso
di Antropologia generale gratuito nella
R. Accademia scien- tifico-letteraria di
Milano, al quale venni in- vitato dall'
illustre professore Ascoli , gloria
della glottologia italiana — allora Preside di • quel chiaro istituto. « Siamo nuovi ancora si può dire nei
mo- «• derni studi, se volgiamo lo
sguardo alle « altre nazioni che ci
superarono , ma i ri- « sultati ottenuti
e che si vanno conqui- « stando, sono
augurio che sapremo perve- « nire a
quella gloria che un giorno sì chia- \
ramente ci segnalò tra le genti. Ma molti
RBPAZioini e per rispetto del
pubblico ; e che infine fui sempre
consentaneo con i miei principi, come
tutti possono toccare con mano dalla lettura dei brani sopra trascritti, e stesi a
lunghi intervalli e dal presente mio
opùscolo stesso. Che se V ingegno è
tapino , e il sapere non così vasto come
vorrei, e come dovrebbe es- sere, la
colpa non è mia, né della mia vo- lontà
: poiché tra i tanti difetti , che in me
possono annidare, l'ozio certo, e l'ignavia non vi si trovano:, perchè li sfuggii sempre,
come la peste più oscena, brut a e nefanda
di tutte, e la più dannosa ai privati ed
alle nazioni. Milano. Sitixa;25Ìoiie« Posta la nostra società odierna tra due
sette te- merarie e procaccianti)
diverse d'origine, ma identi- che di
propositi nefandi e distruttori, i retrivi cleri- cali, e i demagoghi incendiarli, non mai
soverchia riuscirà la solerzia, la
virtù, la virilità di atti e di concetti
ad allontanare e vincere i mali, sociali, mo-
rali e materiali a cui esse mirano con tenacità for- midabile. Che se Tuna vorrebbe ridotto il
mondo a un cenobio e a una triste
tebaide, l'altra procaccia che gli
uomini ritornino alla selvatichezza preistorica, e alla squisitezza sociale delle caverne.
Certamente le magnanime speranze di
questi tristi non si avve- reranno,
poiché la mentalità umana, la libertà civile
e le suppellettili industriali tanto cresciute e potenti non lo concedono, e in Italia specialmente,
ove l'in- dole, gl'istinti, il senno
proprio della razza, e le necessità storielle assolutamente vi si oppongono ;
ma tuttavìa è d'uopo avvisare ai
pericoli^ e alle sciagure parziali^
addottrinati dall'esempio miserando di altre
nazioni. I retrìvi e demagoghi sono gli estremi fa- ziosi e a cosi dire l'oscena e perversa
caricatura dei due legittimi fattori
della vita civile dei popoli, e del loro
intrinseco progresso, i conservatori cioè e gl'in- novatori, necessarii entrambi al perfetto e
mobile equi- librio delle forze, e al
loro dinamico esplicamento : in quella
guisa che nella compagine oi^anica, e nel-
l'esercizio delle sue funzioni, trovansi nervi modera- tori, e stimolanti, onde resulti quella
armonia di ef- fetti che vita si
appella. Imperocché come in questa si
arresterebbe immoto il circolo animatore se l'ener- gia del freno prevalesse, e tanto si
accelererebbe da distruggere sé medésimo
quando quella contraria ec- cedesse :
parimente una nazione perirebbe, se V uno
l'altro dei fattori accennati rimanesse vincitore nella lotta, che l'uno la renderebbe mummia o
cristallo^ mentre il secondo la
dileguerebbe in vapore. La sa^ pienza e
la scienza civile consistono quindi nel prov-
vedere che un equo temperamento intervenga fra le due forze rivali, o a disporre le cose in
guisa che l'una a vicenda con l'altra
serva all'incremento del bene sociale, e
al sempre più largo, e sincero eser-
cizio della libertà civile e politica
Ma a raggiungere questo arduo e nobile scopo l'in- tenzione e il desiderio non bastano: vuoisi
non solò perizia grande d'uomini e di
negozj, animo pronto, profonda
conoscenza dei fatti e leggi "Bociali, risolu- tezza impavida nelle difficili prove, onestà
costante di mezzi, magnanimo sprezzo
d'insulti e guerre volgari; ma rìohiedesi altresì vasta e chiara dottrina
sto* rica, e quel senso sicuro dei
bisogni^ dell'indole^ delle ^piraadoni
legittime. del popolo^ e limpida intuizione
Clelia legge che regola i moti delle genti europee in generale; e di quella italiana in
particolare* Or qui in Italia ì, caduti
principati lasciarono copiosa eredità di
elementi conservatori e retrivi, fatti più rabbiosi •dal prevalere delle istituzioni ed istinti
democratici^ a^vviticchiàntisi con
disperato amplesso al papato, che i loro
rammarichi, ire, convinzioni, speranze rese dom- ina religioso, ultimo strumento alla assoluta
sua si- gnoria vacillante ; méntre d'altra
parte le inveterate abitudini
cospiratrici, l'intempestive brame di utopie
facilmente nascenti in popoli non assuefati a libertà, gli antagonismi regionali superstiti alla
unificazione dei varii Stati, le bieche
e torbide imitazioni demagogi- che
d'altri paesi, e l'arruffio anche di tristi, tengono la nazione incerta, rinfocolano odii di
parte, e la spin- gono soverchiamente
nelle avventure : e quindi tanto più
difficile riesce l'impemare stabilmente lo Stato, e condurlo sapientemente. Tra queste due forze rivali, ostacolo al
retto an- damento della cosa pubblica,
rimane poderósa za- vorra, la
maggioranza della nazione, la quale, aliena
in parte dai mutamenti radicali, intenta alle private faccende, e guidata dal senso positivo delle
cose, e dagli interessi domestici,
mantiene a cosi dire un mec- canico
equilibrio nelle loro lotte, e fece si che sino
ad ora né l'una, ne l'altra prevalesse : e la nazione perciò stette, e vinse prove che sbalordirono
il mondo, e procacciò ai reggitori una
gloria, che in fondo e in parte derivava
dalla sua consapevole inerzia. Né si creda che io voglia, concludere non aver
ben meritato della patria coloro^ che
per vari v anni stet- tero al timone
della Bua nave.^ e che questa se noa
pericolò e. si sommerse nelle tempeste ove fu più di lina fiata travolta^ debba soltanto la
propria salute alla indifferenza^ o agli
istinti conservatori delle mol- titudini
: imperocché i fatti mi sbugiarderebbero, e
non conoscerei affatto, o confusamente la nostra sto- ria contemporanea. Certamente Emilio
Visconti- Ve- nosta che a più riprese
diresse e in condizioni so- vente ardue
e perigliose i nostri rapporti con gli stra-
nieri, seppe schivare con tatto fino, e con squisitezza^ di modi, non disgiunti da dignitosa fermezza,
i rischi che ci minacciarono, sia di
lusinghe subdole, di al- tere brame, o
di tenebrose cospirazioni del Vaticano.
E potrei pure ricordare con encomio altri, che con zelo ed onestà, si adoperarono a prò della
nazione. Né si vuole poi dimenticare il
grande partito libe- rale, erede degli
intendimenti di Camillo CavQur, il quale
nei giornali, dalle cattedre, nelle concioni, nel parlamento con costanza segui in parte quelle
caute e forti norme, che ci condussero
sino ai tempi pre- senti. Ma tutti
questi saggi consigli e propositi, edi
fatti che vi corrisposero, non avrebbero certamente salvato dai perigli la nazione, se la
maggioranza de- gli italiani col suo
contegno fermo, l'indole non ec-
citabile, e col veto, a cosi dire, della passività, non avesse resi vani i proponimenti, sventate le
trame sotterranee, e lasciati in secco
gli apostoli del di- sordine e del
dispotismo : che anzi il più delle volte
scossa da evidente rischio, segnò col desiderio espresso virilmente in mille guise, la via da tenersi
dai reggitoli, e si può dire in un certo modo, che Ella fu che governò il paese, con senno suo proprio,
e con quegli spiriti liberali che
seppero infonderle molti va- lenti
predecessori, e il grande intelletto del più grande ministro del secolo. E Cavour potè essere concreatore di un popolo,, perchè nella vasta mente raunò a
cosi dire tutti i pensieri, le idee, i
concetti, e nell'animo i de- siderii, i
sentimenti, gl'istinti magnanimi di tutta la
nazione che in lui si confidò : associandosi senza tema, o gelosa inquietudine, in momenti solenni,
nell'impresa unificatrice a Garibaldi,
che, quale soldato della libertà, fu a
cosi dire la popolare poesia del nostro
riscatto : egli fu grande perchè conscio dell'in- dole moderna dei popoli non si argomentò di
rendere libera e indipendente la patria
con mezzi termini, con sussidii di una o
altra casta e fazione esclu- siva, ma si
armonizzando in un solo pensiero, e ad
un solo e generoso scopo tutti i ceti, tutti i par- titi, tutte le forze vive della nazione, non
pauroso di sette, o queste trasformando
in leve poderose ad inalzare dal
servaggio l' Italia : insomma ei fu grande
e riusci, perchè senti tutti gl'influssi, vasti e potenti di un popolo intero: che sarà sempre, come
per il passato r«/n hoc signo mnces!^ di
coloro, che fecero e faranno opere
generose ed immortali nel mondo. Morto
Cavour rimase al governo il partito che avevalo
ajutato in gran parte nell'opra santissima della reden- zione della patria, il quale si propose e si
argomentò di seguire quella via, che
dischiuse la mente e l'o- perosità del
grande uomo, onde si compissero i fati
della nazione, e si raggiungesse il fine desiderato. Ma se il concetto
politico e Tindìrizzo del maestro fu com-
preso, e seguito all'ingrosso dai successori, e la na- zione si dispose ad effettuare i suoi
disegni, nessuno però dei reggitori ebbe
l'ingegno l'animo e lo spirito del sommo
cittadino, e comecché mandassimo ad ef-
fetto difficili imprese, e si conseguisse il massimo scopo della indipendenza e unità della patria, pure
alla lunga si manifestò a poco a poco
nel governo, e nel vasto partito, d'onde
visceralmente egli usciva, il difetto di
comprensione potente ed intera, e di quel senso ge- neroso di libertà piena ed operosa, ove si
mostrò l'ec- cellenza del primo. Ne io*
offendo l'amor proprio di alcuno di
quelli che mano mano vennero impugnando
le redini dello Stato, con l'asserire che non raggiunse l'ingegno, la perizia e l'animo suo, poiché è
cosa evi- dente di per sé stessa, e
l'esemplare troppo noto e cospicuo. Ed
in vero uno degli uomini che maggior-
mente fecero parlare di sé più frequentemente e sedette in scranna al governo dello Stato, e si
segnalò per varie vicende, fu Marco
Minghetti, conosciuto moltissimo
eziandio dagli stranieri. Or bene, chi non scorge a prima vista quanto ei sia inferiore per molti
versi al Cavour? Per quanto io possa
avere dei contraddittori non mi perito
dire che il Minghetti è un mediocre uomo
di Stato, in quanto gli manca ogni nota che
distingue coloro che nacquero a tanto ufficio. Mente lucida e simmetrica, ma non acuta e profonda;
bel parlatore, ma più facondo che
eloquente, animo più ostinato, che
tenace, scrittore sensato e forbito, ma
privo di nerbo e di vena inventrice ; ambizioso, certo nobilmente, d'aura popolare, ma incapace a
raggiun- gerla : ondeggiante tra le
diverse parti, non abile 3f dominarle:
non q;ristocraticp per proposito o arte
di governo, ma inclinato a riceverne di riverbero \^ fosforescenza : e non facile a sentire i
fecondi in? flussi del popolo. Che se
per ora pronunziò raggiun^iQ il
pareggio, e gli fu attribuito come cosa sua, quando non una legge di finanza gli è propria, e la
longa- nimità e sofferenza invece del
popolo italiano ne è il più grande
fattore, la freddezza e indifferenza con
che accolse il paese questa notizia, che pure doveva riempirlo di fervida letizia, è la miglior
prova di quanto riserbo si senta per le
cose sue nell'animo degli italiani, e
come egli non abbia veramente radici nella
fede delle moltitudini. Si badi però che io parlando si schiettamente del Minghetti, come Ministro
e scrit- tore, solo sindacabili in paese
libero e dalla stampa onesta, faccio e
rendo omaggio alla sua vita priv^)t^,
a.lla nobiltà dell'animo e delFingegno — e in altra oc- casione ne feci testimonianza — e al
disinteresse per- sonale, che spiccò
sempre anche posto al governo della
cratica, osservata e giudicata con occhio scevro da prevenzioni, e con animo non travolto da
passioni o dA interessi parziali. Né
facciano illusione all^ intel- letto
alcune singole pretese, o desiderii in paesi ove da poco la legge livellatrice
civile tolse i privilegi d'ordini
vecchi: imperocché tali avanzi archeologici
di tempi irremissibilmente passati^ sono a cosi dire piante morte, alle quali s' inaridiscono le
radici, e che fra i nuovi còlti, e
rampolli rimangono in piedi senza vita e
finitti, sinché cadano per intrinseco e na-
turale sfacelo. Nella sola Inghilterra, e meno altrove, alcuni privilegi territoriaU o ereditarii
mantengono un ordine nello Stato, ma già
ne vennero scrollate le basi, e tra non
molto anche colà, se ne sono veduti i
sintomi, e i desiderii legalmente espressi testé, si dilegueranno del tutto. Quando nelle nazioni
Tegua- lità civile dei ceti si ottenne,
e tutti vengono rappre- sentati in
parlamenti elettivi, e la stampa è libera,
la necessità della democrazia è già posta, e non può tardare a vincere in un avvenire più o meno
pros- simo, a seconda dell'indole, dei
costumi, e delle ra- gioni storiche
delle nazioni. GHi ordini nelle società
una volta spenti, o trasformati non si restaurano, e mal si oppongono coloro che carezzano Tidea
di un ritorno al passato in ogni genere
di istituzioni privi- legiate ; solo
provano che non sanno la storia, né com-
prendono i itempi che corrono, né antivedono quelli avvenire. Che se nella caduta del romano
imperio e per le invasioni delleif.orde
settentrionali, il sorgere poi del
feudalismo si considera come un ritorno ad
un patriziato ereditario, oltreché il paragone non regge, poiché nella storia non si ripetono mai
esattamente le vicende e gli istituti
d'altra età, or sarebbe anche quel fatto
assolutamente impossibile, dacché mancano
inteme ed esteme condizioni ad awerarlo^E chi sup- ponesse che a ciò potesse bastare Tinflìisso
in^retto^ o la invasipne dei Russi; solo
popolo che si accampi formidabile di
fronte all'Europa mediana e occiden-
tale, non conoscerebbe affatto le condizioni civili in cui versa la Russia. Imperocché per
l'autocrazia di per sé stessa sempre
livellatrice, lo Czar attuale anche per
intendimenti di civiltà tolse in gran parte i resti di privilegi con Temancipazione, e la franchigia
dei servi, eguagliando) le persone
dinanzi alla legge, e quindi rese
impossibili una aristocrazia dominatrice. I Russi se invadesserc una
parte d'Europa limitrofa al vasto impero,
recherebbero per costumi e idee piuttosto principj comu- nistici, propri in alcune parti del loro
organamento municipale, ampliati e resi
più forti per le sette che formiolano
nel suo seno, e che la rodono con mani-
festo danno. Onde é vano sperare anche stando ai calcili meramente empirici, e
all'osservazione super- ficiae, che in
Europa possa avvenire una restaura-
zioiB del patriziato, come ordine distinto per dritti dal resto della nazione. E ducimi che qua e
là in Itala ed altrove in special modo
tra giovani ram- poli dejle vecchie, o
più moderne famiglie gentilizie, riesca
in alcuni un certo spasimo e languore perle
anicaglie, e si tenti quasi con amminìl^i araldici, dJricostituire un ceto a parte, separandosi
con ridi- cio anacronismo dal resto del
popolo. La quale ubbia aguisce una
ignoranza profonda della epoca nostra,
ci una nullità prodigiosa nei nuovi, cxdtori dei ca- selli in rovina : Ut nomine Toagnifieo segne
otium tlaret! per dirla con Tacito.
Lungi da me il pen- iero di menomare il
lustro, il decoro, la fama di tÉinte
famiglie storiche nostre : sono anzi il primo a
riverire un lungo ordine di discendenti che ai segnalarono con la mente,
o con le armi: questo è pa- trimonio
privato inviolabile } quanto altra mai prò*
prietà, e fanno bene a tenersi care e onorate le memorie d'avi illustri, quando furono
veramente il- lustri, e vorrei che un
tal culto fosse sprone ad emu- larli
nella eccellenza delle opere. Né la querela può
venire oramai da invidia, e da astio, quatdo ordini distinti non esistono più, e tanto vale di
&ccia alla legge e alla nazione
rispetto ai diritti, un ciabat- tino che
un principe. Onde la gara tra patrizj e ple-
bei non può più rinascere, in quanto > tutti aono po- polo: e se si parla di volgo, il volgo adesso
può tro- varsi in tutti i ceti, unica
norma alla stima sociale, essendo, la
Dio mercè, il valore personale. Parlo sol-
tanto di quelli, e certamente son pochi, che invece di adoperare le loro forze, i loro ozj, le
loro ricclezze ad egregio scopo sia
nelle arti, nella scienza, ielle armi,
in ogni argomento di progresso civile, si tra-
stullano con le ferraglie del medio-evo, sciupano tenpo e decoro, e si preparano una vita squallida,
vana fu- nerea di mezzo a quella fervida
che già erompe dslle viscere della nazione,
che farà cerna dei forti e nu)vi
rampolli, disperdendo, non col ferro, col sangue, o al- tre nequizie, come gridano a squarciagola i
pusila- nimi gli astuti, ma con la
ferrea necessità di la- tura e della sua
legge di selezione, i neghittosi, e ca-
boU di mente e di volontà. E tanto più desta meur viglia questa vanagloria di festuche
blasoniche in 4- cuni, in quanto la
eletta parte del patriziato italian die
largo tributo di sussidj, di sapere, di sangue A, nostro risorgimento, e si segnalò per
generosa cariti di patria: ed anche oggi
molti tra essi onorano TI- t^a e gli avi loro con operose virtù
cittadine, e qual*- cheduno con gU
scritti e l'ingegno. Si ricordi che i
tre più grandi poeti della nostra epoca, animati da fieri e virili spiriti di libertà, Alfieri,
Niccolini e Leo- pardi uscirono dalle
loro fila; e del loro ceto fu pure il
più grande, e liberale Ministro della età nostra (!)• Altri s'immagina che la democrazia sia
irrazionale mente livellatrice, e la confondono
con le utopie co- munistiche,
impossibili ad effettuarsi, e non mai ef-
fettuate : onde rimpiangono i tempi passati, ove tutto era ordine e casta distinta, e già mirano le
genti* eu- ropee in un non lontano
avvenire, o mummificate ed immote in una
sterile eguaglianza assoluta; ovverà
scatenate in passioni furibonde spargere dappertutto fiamme, mine, stragi, ed avverarsi il
finimondo. Tali piagnoai, o gufi di
cattivo augurio, provano una cosa sola,
ehe non intendono nulla; prendono l'accidente
per li legge, il particolare pel generale, il deviare di una jetta pel costume dell'universale, e i
loro sogni per i&altà. Certamente se
questi conservatori dirigessero le sirti
dei popoli, le tristi scene e nefarie che non a (1)11 patrizio Piola, seguendo Tesempio
della egr^ia e chiara famiglia, dio alla
luce neirannò scorso un libro di
eeoDmia, che certamente merita di essere segnalato. Che se al- cuil non potrà condividere tutte le idee, o
ascriversi assolutamente ai luoi
principj, trovansi nel suo trattato cose ottime, e ricerche fate con lungo studio ed amore : e fanno
onore a chi le scrisse. Or be^e nessuno
intraprese a parlarne, eziandio criticandolo. Questo si- bilo non é buon segno : V esempio era
eccellente anche per Tori- fiée e il
ceto dello scrittore: nò doveva trascurarsene ropportunità^ .nche civile. guari inorriditi vedemmo in
altri paesi; inevitabil- mente
accadrebbero, e con sempre più frequente ri-
petizione; ma governandoci con altri intendimenti e con più larghi e generosi propositi, quei
mali diver- ranno sempre più rari, e
impossibili. Del resto a nessuno che
abbia fior di senno verrà in mente mai, o cre-
derà, che nelle cose umane possa affatto il male evi- tarsi, quando lo scopo a cui deve intendere
ognuno, si è il procacciare di sminuirlo
con costante operosità. L'età d'oro e di
ogni bene, i miti e i poeti la posero al
principio, o alla fine del mondo; e ragionevol-
mente, perchè dell'una non ci ricordiamo,^ all'altra non siamo ancora pervenuti. La democrazia, intesa come vedremo, tra
poco, mentre suscita tutte le forze vive
della nazione, pone in moto tutti i
valori, fa con rapidità ricircolare nel
corpo sociale i beni avvivatori, e tiene desta la mente di tutti nella universale concorrenza a
vantag^o poi di tutti, non livella
matematicamente le rjmsse, come con
eleganza di eloquio, e con dignità cristiana chia- mano il popolo : poiché nella libera attività
di i cia- scuno, sorge una
disuguaglianza proporzionale, 6 l'a-
ristocrazia legittima, cioè dell'ingegno e del valor per- sonale ; ed appunto perchè personale non la
perpetua con violenza alla verità e alla
giustizia, nei succes- sori. Onde i
timidi del livello si rassicurino ; se lunno
mente, vigore, volontà possono saUre nelle società de- mocratiche, con più decoro, al sommo della
glorii, o del legittimo potere, quanto
ai tempi dei paladin: di Carlo Magno. Se
una cosa hanno da temere, temtno di
quelle dottrine, che frapponendo violenti ostacoU alla libera esplicazione delle potenze e
attività uman^^ raccolgono legna agli incendii futuri, e preparano le bufere sanguinose delle rivoluzioni delle
plebi maneg- giate allora dagli
arruffoni e dai demagoghi. La vittoria
della democrazia, e il suo regno du-
raturo nelle nazioni civili, dipende dalla natura me- desima del principio che la informa, che è un
por- tato necessario della evoluzione
sociale, e la distingue dalle democrazie
antiche , e da quelle che sussegui- rono
al rinascimento dei comuni nella età media di
Europa. La democrazia moderna è l'effetto di leggi non solamente sociali, morali, economiche
ìiella signi- ficazione loro ordinaria ,
ma di leggi antropologiche, che s'innestano,
e s'immedesimano a quelle naturali, che
governano l'evoluzione intera delle cose che sono. £ questo nesso, questa identità analogica
della espli- cazione delle razze e
istituzioni umane, con le leggi che
signoreggiano la dinamica universale degU esseri fii da tempo avvertita, e nella Grran
Bretagna, Ger- mania, Francia, Bussia
stessa ed America ha validi campioni che
la sostengono, e sarà certo la scienza
sociale avvenire. Coloro, che adesso sequestrano e di- vidono i fatti sociali, morali, storici dalla
generale forma evolutiva dei varii
fenomeni, nei quali, a dirla col grande
Poeta, si squaderna la vita dell'Universo,
come se consistessero impomati in sé medesimi, e se- parati dal mondo, non se ne intendono; e mal
com- prendono l'alto e nuovo valore
della scienza attuale, e vìvono ancora
della vita postuma dei nostri arca-
voli^ E si badi che io non ripongo tra i cultori dei nuovi metodi storici, e della nuova scuola
dinamica, i vaporosi filosofi egeliani,
od affini, che sbalordi- rono per poco
il mondo con le loro teoriche sperticaie e temerarie^ e lo stomacarono poi
negli stessi paesi ove nacque : teoriche
si disformi dall'indole delle menti
italiane^ e piuttosto delirii,. che scienza; ma si bene io intendo parlare di quelli, che
mediante norme osservatrici e
sperimentali, e con la sovrana leva del-
l'induzione, virilmente applicati (secondo gli esempii ed i canoni del divino Galileo, che primo nei
moderni tempi ruppe non solo nelle
scienze fisiche, ma per analogia in
quelle organiche e morali stesse, i clau-
stri e i ceppi scolastici del pensiero, e le arbitrarie quisquilie a priori) seppero, io dissi,
ricondurre la mente alla realtà delle
cose in ogni ordine della scienza, e
dare base solida alla enciclopedia, che deve essere l'interprete, e lo specchio sincero, e
intellettivo della jiatura. E certo alcuno non sarà si tracotante da
negare gli splendidi effetti e le
portentose applicazioni che tali me-
todi in ogni ramo d'arte, di industrie, di scienze produs- sero, e quanto se ne avvantaggiarono eziandio
quelle di- scipline che sembrano agli
uomini superficiali maggior- mente
aliene à^ quei procedimenti : poiché tutto il bene materiale e morale e la stessa vittoria della
libertà ci- vile e politica nei presenti
tempi, è dovuta per chi ha fior di
senno, a questo sovrano e indipendente indi-
rizzo della ragione. Io so che molti, che si dicono con sorridente compiacenza di sé medesimi ,
positivi , e fanno professione di arguto
realismo, e canzonano co- loro che non
partecipano alla loro innata divinazione,
trattano quasi da allucinati , e di spiriti perduti nel vano delle sottili astrazioni, quelli che dai
fatti ri- salgono alle leggi, dalla
norma sensata degli atti so- ciali ai
principii che ne governano l'esplicamento ,
daUa esperienza giomaUera dei negozii privati e pub^ blici, alle profonde ragioni che li rendono
inevitabili. Ma di tali Tersiti della
scienza^ la scienza ha fatto giustizia^
e non ne possono certamente arrestare il
corso trionfale. Quando ci mostreranno che la scienza^ qualunque sia il proprio obbietto, è una
raccolta inor- ganica di fatterelli, e
di qualche regoluccia metodica : che le
varie discipline non abbiano tra loro alcun
rapporto, e sieno disposte una dopo Taltra, senza in- trinseco legame, come le pietre migliari,
avranno ra- gione : e allora confesserò
contrito che il manuale che accatasta,
equilibrandoli, sciolti materiali, ne sa più
di Archimede e di Newton. Ma
ritornando al nostro argomento della natura
della democrazia moderna, ripeto che ella si disforma da quelle che con tal nome si ebbero pel
passato. Nell'antichità stavano in
generale di fronte due or- dini di
cittadini, ordini più o meno distinti, gli ottimati e le plebi: e il valore di
queste si argomen- tava nella lotta
contro i primi, che resistevano ad una
eguaglianza di diritti in parte civili, in parte pub- blici, ereditarli nella loro classe per lungo
corso di tempo: e, condizione sociale
rilevantissima, viveva al di sotto di
esse, un immane numero di schiavi, i
quali attendevano, mere macchine animah, alla pro- duzione delle cose necessarie, utili e
superflue, ed an- che alle arti, e agli
uffici indispensabili alla civile
convivenza. Nella età media le lotte dei borghesi e dei castellani sotto altra forma è vero, ma
lotte di potenza, eguaglianza e
sopreminenza politica si rin.- novarono,
e se schiavi nel significato antico non c'e-
rano, rimanevano però i vassalU e i servi della gleba : ed U lavoro stesso nelle città libere veniva
in ogni maniera vincolato dalle
maestranze e dalle corpora- zioni
artificiali dei travagliatori. In tali società cer- tamente non esisteva esplicito un principio
che in- volgesse la necessità di una
vittoria definitiva della democrazia^ e
dì una forma civile di evoluzione della
operosità di tutti^ e dello Stato medesimo. Non vi ha dubbio che fin da quelle epoche lontane il
principio generatore della democrazia
moderna non operasse ; e le condizioni
intermedie non fossero per cosi dire
anelli e spire per le quali andasse svolgendosi con irresistibile moto. Or quasi dappertutto in
Europa quelle condizioni cambiarono: gli
ordini distinti si ruppero, e si fusero
in quello unico dello Stato: le arti, le
professioni divennero libere e comuni: il pa-
triziato perdette i suoi privilegi, come fu costretto a svestirsene il clero, ed una uguaglianza
perfetta e vir- tuale dinanzi alla legge
si estese dai sommi agli imi, dal ricco
al povero, dal dotto all'ignorante, dal ma-
nuale sino ai maggiori uffizii di Stato. Quindi nessun ordine di cittadini potendo consistere e
perpetuarsi per via di privilegi, e
tutti dovendo personalmente bastare a se
stessi, privi di appoggio artificiale che in
qualunque evento ne garantisse il possesso, rimane che runico principio che informa e mantiene
la so- cietà moderna nella eguaglianza
legale assoluta dei cittadini, è il
lavoro nella indefinita molteplicità delle
sue forme: il lavoro, etemo generatore di tutte le cose, spirito vivificatore del mondo, arte
divina che tutte le cose produce, e
produsse, e le spinge, le evolve a
sempre nuovi e splendidi effetti: il lavoro,
il quale elevò alla loro altezza morale e intellettuale Tuomo e la società, e li redense: conforto e
premio nel tempo stesso; causa ed
effetto della democrazia moderna, e
garanzia perpetua della sua durata, e dei
suoi progressi. Le lotte contro
gli ordini- privilegiati, del popolo, e
delle plebi serve con Teguaglianza civile cessate, a poter vivere e durare rimane a tutti e inevitabile
il lavoro : e poiché questo è libero,
chi non vede , che per la inesorabile
legge della selezione naturale, il neghit-
toso dee alla lunga scomparire, anche per la radicale divisione dei beni tra i figli, e lasciare il
posto agli operosi : provvidenziale
magisterio del mondo, che una legge
fisica e organica, si trasmuti socialmente in una giustizia morale! La democrazia moderna è
invinci- bile per* questo appunto che
tutta quanta s' impema e vive nel
lavoro, reso formidabile e irresistibile nei
suoi effetti dalla eguaglianza di tutte le classi; onde ogni specifica distinzione anteriore delle
diverse forme di Stati nel loro interno
componimento sparisce, e ri- mane
splendida per tutti, chiara e nobilissima quella di popolo, che tutti comprende, tutti inalza,
tutti re- dime in un alto e dignitoso
nome : in quella guisa. che uno pure ne
resta il principio vivificatore, premio ai
buoni, minaccia ai tristi e agli ignavi che lo dispre- giano, il lavoro. A questa conclusione di
fatti e di ragioni storiche e sociali
provenne la razza nostra per una lenta
evoluzione delle sue potenze, governata
da leggi fisse organiche e morali, che poi tutte in una si convertono, nella costante esplicazione
delle forze in ogni ordine di fenomeni
dalla genesi siderale sino alla
costituzione della città moderna. Or vedasi quanto fanno mostra di avvedimento, di senno, di
sapere coloro che si argomentano e sperano di ricondurre le società presenti alla forma di quelle
passate, sia va- gheggiando le antiche
repubbliche, o più tristi le mi- serande
anticaglie del medio evo. Arrestare il corso
dei firmamenti, la produttività della natura, mutar le sue leggi, sembra a tutti impossibile, e concetto
di mente stravolta: orbene, altrettanto
impossibile ò il far re- trócedere la
umana società, e rifare il cammino per-
corso, e ritornare don^de partimQio. La legge del moto sociale è invitta ed etema ; Tonda
trasformatrice della vita passa e non
rinverte — Spingete, o retrogradi, pure
rocchio d'intorno : nessuna orda selva^a, o po-
polo rozzo, che possa, invadendo, ripristinare le squi- sitezze feudali: all'interno con F
eguaglianza assoluta e col lavoro che la
nutre e la difende, nessun modo di
elevarsi a casta dominatrice : poichà se > lo tentassero, sarebbero dispersi in pochi giorni dal genio
libero e insofferente di privilegi
moderno : genio non sorto da condizioni
speciali o da particolari necessità in un
breve giro di mura, di provincia, di popolo, ma ef- fetto e compimento di una legge eterna, in
tutta la razza nostra. Quindi sono vaghe
lusinghe, sperpero di fanta- sia, sogno
sterile, e che uccide miseramente il sogna-
tore ; poiché mentre ei si travaglia in un lavoro impro- duttivo e chimerico, altri si inalza con
quello maschio e fecondo, e rovescia chi
perdeva il tempo a insidiarlo. Alcuno
potrà credere forse che in altri paesi d'Eu-
ropa la legge che noi abbiamo formulato non valga, o sia lontana ancora dal compimento come da
noi latine nazioni, avvenne più o meno
perfettamente. S'inganna! Della più
lontana jRussia parlammo, e vedemmo che
ivi pure oramai l'eguaglianza si effettuava, e con la eman■ \U 4à'"fe. iSX
I Ideet dello Stato. Definita liella sua natura^ nel suo valore
storico y e per la sua genesi la moderna
demoera^a^ e fatti certi ohe ella
consiste e si fonda sulla eguaglianza
assoluta dei diritti ciyili « politici di tuttì^ e sul la- voro libero, indipendente e affatto personde,
vedia- mo quale sia la forma genkulna e
necessaria dello stato che visceralmente
ne germo^a, e quale l'idea che del
medesimo se ne svolga, e si disegni. Trala
pevsonate egualmente. Quindi il diritto di proprietà è ìmplicitameiite
contenuto, e identificato a cosi dire
nel diritto al libero esercizio delle personali potenze, poiché il lavoro, che è la condizione
assoluta della vita e della libertà
delle società moderne, non si con- suma
soltanto nel suo atto presente, ma si continua
negli effetti suoi, giacché in essi restarono scolpiti inerenti, consustanziati gli atti successivi
via via delle potenze che li produssero.
Imperocché se prodotto un oggetto, od
attuato un fatto qualunque economico ,
materiale o intellettivo, cessa il lavoro della facoltà, e dell'arte nostra a produrlo, egli è perciò
ancora una emanazione della nostra
persona, fa parte della me- desima, nò
potrebbe essermi tolto gratuitamente, e di
forza, senza che venga io stesso violato in una apparte- nenza della mia propria persona : ed è
appunto per questo che TeguagUanza vera,
e la condizione sua, il lavoro, fattori
della libertà privata e pubblica, presuppongono
la proprietà, e la proprietà dei prodotti: onde nel la- voro libero, abbiamo non solo un principio
economico, ma giuridico. Ed in vero se
la proprietà, prodotto del lavoro, o la
possibilità di possedere stabilmente
secondo i canoni della legge di eguaglianza, non fosse un fatto, un diritto d'ogni singolo,
eguaglianza e la- voro sarebbero nomi
vani, e la proprietà come fu du- rante
secoli molti un privilegio di pochi, e di caste. Quindi i comunisti e socialisti che
distruggono o vio- lano per arbitrarie
teoriche il diritto pieno di pro-
prietà, distruggono a un tempo eguaglianza, libertà e lavoro, annichilando gU effetti della
evoluzione ge- nerale della società
umana, *e spegnerebbero ogni progresso. Ma
l'uomo vive di libertà, e a libertà si
muovono le genti, e con la libertà alla dignità morale e intellettiva:
senza eguaglianza di diritto^ che
piresuppone lavoro, e virtualmente proprietà, libertà e benessere non sussistono: il principio loro
quindi riinane sempre economico, in cui
implicitamente è contenuto e connaturato
il giuridico. Le attitudini umane sono
svariatissime e molte> plici:'le
indoli diverse, dissimiU i desiderii, le aspi-
razioni, gli scopi, come distinte le condizioni econo- miclie di ciascheduno ; onde nasce e pullula
una infi*- nita varietà di lavori, di
atti, di esercizio, di prodòtti, di gara
che avvivano, rimutano, conunovono e corro-
borano la società, ove lìberamente possono effettuarsi. Ma per la ragione appunto per cui tutte
queste atti- tudini e facoltà debbono
pel libero lavoro esplicarsi^ ed operare
in una società d'uomini eguali virtual-
mente in ogni diritto fra loro, sorge la necessità di rispettare reciprocamente il lavoro, e il suo
prodotto in ciascheduno: il che implica
nel diritto il dovere^ e la ragione
reciproca loro. Imperocché sarebbe af-
fatto vana illusione l'eguaglianza^ e con essa la libertà del lavoro, e la proprietà dei
prodotti, che indi risultano, se a tutti
vicendevolmente si conce- desse di
violare Tesercizio degli ^ altri ; ed- illusione sarebbe pure l'effetto della legge di
evoluzione sto- rica, che in quella
eguaglianza di diritti si conchiu- deva,
e sciaguratamente inutili tanti sacrificj, tanto sangue, tante violenze sofferte € superate
dai dere- litti lungo i secoli, per
conquistarla. Quindi come nel fette
economico del lavoro, era implicito, inchiuso,
consustanziato quello giuridico, cosi c'è pure involuto fu la forza, 3 l'utilità immediata
reciproca. E si badi che io sono lontano
dall'affermare — e come npl sa- rei, se
il sipposto è ridicolo? — che questa forza,
questa utiltà, causa e tutela delle prime aggregazioni, foss3 voluta per
deliberato proposito e cosciente degli
sciani rozzi a selvatichi : che nulla nelle ori- gini umaae avviene per esplicito divisamente
, ma tutto pet spontanea evoluzione
delle potenze nostre nella coitorrenza e
operosità loro, secondo ragioni di
luogo, di tempo, di razza. Verità che non dee mai dimenticarsi, e canone storico da non mai
trascurare da tutti,!che desiderano
raggiungere con certezza le reali ori(ini
d'ogni umana istituzione e credenza.
Quandoinvero le intelligenze dei singoli uomini pri- mitivi fano si umili, e sì nel senso
implicate, e le volontèrsì poco
esplicite per razionale valutazione di
motivi e mentre le necessità di natura, d'altra parte, appar^nen ti tutte alla conservazione
individuale gli spingv^a ad aggregarsi,
nessun altro stimolo, oltre la legg
legame che quello della forza sia di uno o di più a norma dei varii modi di
ordinarsi valeva a te- nerne stretta la
convivenza. In quel primo stadio, in
quella prima forma se possa cosi chiamarsi, di
stato, nessun principio teocratico, mitico, simbolico era sorto , dappoiché le intelligeme erano
ancora troppo chiuse, e involute e non pote-^ano
sollevarsi a quelle idee, proprie
d'altre età, e coniizioni psicolo- giche
successive. In questo stadio gF Stinti animali
prevalevano, e la mente sordamente
in quando tra essi sorgono ingegni che o per senso di umanità^ o per ambizione personale, o sete
di glo- ria si fanno campioni di più
giuste leggi^ e preparano i rirolgimenti
sociali. Al di sotto di questi ordini su-
periori^ altri minori stanno sinché si giunga alle plebi, le quaU benché non serve, pure non
usufruiscono di tutti i diritti dei
primi, e per ultimo vive una mol-
titudine di servi, cose e non uomini. Or tutto questo immenso numero di meno privilegiati, e di
servi, men- tre è materia infiammabile
per chi nacque in alto, e vuole per
buono o malvagio fine adoprarla, essa stessa
é spontanea artefice d' insurrezioni o rivoluzioni so- ciali, che conducono in ultimo alla
eguaglianza delle persone e dei cet^. E
ciascuno sa, come sempre in un modo
nell' altro , continuamente ciò avvenne , per
lungo corso di Secoli : fatti che predispongono ed av- viano lo Stato alla terza sua forma, la
simbolica. In questa novella forma in
cui si risolve l'idea dello Stato
antecedente, i diversi ordini e poteri, co-
mecché permangano ancora nominalmente, cangiono però d'origine e d'indole propria per la
comune egua- glianza che quasi si
raggiunse, sancita dai nuovi co- dici e
dagli Statuti. L'investitura divina del supremo
potere, la quale a sua volta istituiva ordini, e dele- gava uffici in virtù di questa sublime
prerogativa cessò quasi, rimanendo
ancora, qualunque sia il nome del
governo, soltanto come fede pubblica, nella ele- zione continua ed ereditaria delle famiglie
regnanti non solo per volontà nazionale
, ma si per la divina grazia. Il quale
presupposto teologico però per l'in-
cremento della mentalità, ed il progresso intellettivo della cittadinanza , ed un sentimento
implicito nelle classi inferiori della ' eguaglianza civilei anche quando e dove non si rese universale , divenne
piuttosto un simbolo sociale^ . che una
fede positiva ad un fatto re- ligioso^
come per il passato. In qualunque confessione
religiosa tra i popoli civili , l'adagio che ogni potere viene da Dio, come ogni evento è
signoreggiato dal medesimo, resta nella
fede e nella abitudine generale degli
spiriti eziandio allora che il pensiero tanto si aflfòrzò, ed emancipò da dileguare ogni
mitica rappre- sentazione, -e valutare
più razionalmente le leggi della natura
e quelle che reggono i moti del mondo sociale,
dove veracemente il principio etemo si matdfesta. Onde Tidea di un influsso divino , e di un
regime provvidenziale immediato negli
ordini politici perdura nel nuovo
concetto della vita dei popoli, e cinge per
cosi dire di una aureola religiosa le persone che eser- citano le più alte funzioni dello Stato:
benché a que- ste non presiedano più ,
tranne la famiglia domina- trice, classi
privilegiate, che ne ereditano gli ufficii.
La quale discrepanza tra le idee e le cose , tra gU ufficii e le persone , tra la costituzione
razionale , a dir così, dello Stato , e
le abitùdini degli spiriti nel supporlo
preordinazioni divine, dà vita appunto alla
forma simbolica, di cui discorriamo. Le leggi razio- nalmente sono discusse e ordinate, i poteri
dello Stato si esercitano in forza di
queste leggi, le persone che gli
rappresentano non sono più identificate con I me- desimi, il sentimento della libertà umana è
profondo, e quello della eguaglianza dei
cittadini dinanzi alla legge, diviene
una verità sempre più chiara, amata e
voluta; ma pure ogni grado pel quale sì ascende
dalle funzioni infime alle supreme, è vivificato da una rappresentazione
simbolica ^ ove continua sotto una certa
forma fantastica e incoscente, la mitica e teecratica natura dei poteri della
fase anteriore. Cosi la grazia divina
pei principi, Temanazione della giustizia persoi^ale, la permanenza legale, se
non privile- giato, dell'ordine
patrizio, e la facoltà di aggiungere
membri al medesimo con titoli vecchi, la costituzione dei diversi poteri come entità sostanziali, e
via discor- rendo, sono tutti simboli
sociali a cui si attribuisce un valore
pubblico, mentre in sostanza le* condizioni
civili e intellettuali del popolo ripugnano a queste credenze.
Questa forma simbolica della idea dello Stato per- chè si effettui e si manifesti, è d'uopo che
l'egua- glianza dei cittadini nel giure
civile, se non in quello politico, sia
raggiunta: poiché il simbolo sottentra ap-
punto alla personificazióne effettiva di una emana- zione o delegazione divina neUe famiglie, o
ceti pre- posti al potere, e con esso
quindi identificate : perchè il
sentimento della eguaglianza comune già esplicito nelle moltitudini, e legittimamente stabilito
nei rispetti civili, scassina, abbatte,
ruina l'idolo teocratico che dianzi
regnava: onde la forma simbolica dello Stato
è propria di quelle nazioni civili che avanzarono nella democrazia, e preposero agli ordini e ai moti
sociali del medesimo un principio
affatto razionale: come si vede , a modo
di esempio , in quasi tutti gli odierni
Stati d'Europa. E quindi mentre gl'intendimenti più esplicitamente manifesti, verso
l'eguaglianza, là libertà^ la
rappresentanza nazionale prevalgono nel governo
della cosa pubblica, e nella formazione delle leggi, contemporaneamente perdurano formolo, fatti,
istituti che con quelli intendimenti sono in contraddizione^ e che solo hanno ragione transitoria di vita,
in quanto sono meri simboli di più
antiche credenze , dommi , costumi. Cosi
molte formule di diritto e di procedura,
d'investitura agli ufficii, e via discorrendo, come crea- zione di nobiltà nuova, distribuzione di
titoli, ordini cavallereschi, le quali
cose tutte non avendo oramai alcun
valore reale e positivo, restano come meri sim-
boli nella costituzione dello Stato. Se, come dimo- streremo, cagione e fonte di questa terza
forma, fu il principio di eguaglianza
civile, ed un sentimento più esplicito
della libertà morale e giuridica, che di-
struggevano gli antichi idoli, egli è un vero progresso di fronte alle forme antecedenti, ed una
ultima pre- parazione alla forma pura e
razionale deUa democra- zia futura, o a
quella che i^oi appellammo funzione: e
già ne delineammo per sommi capi la natura, e
l'organamento. In questa ultima forma che è quella verso cui corrono le società moderne, per adagiarvisi completamente, effettuandone in ogni singola
parte il principio generatore, i simboli
cadono, come cadde la forza, ed il mito,
e la saldezza dello Stato dipende e
rampolla da una legge naturale di esplicamento ne- cessario delle società umane, intrecciantesi
con tutte le altre che armonicamente
compongono e reggono r ordine
universale. La quale legge riassumendo in
sé stessa tutto il valore morale, giuridico, economico della operosità singolare dell'uomo
consociato in politico e civile ordinaùiento, possiede di fronte alla ra- gione particolare e sociale quella assoluta
autorità, che per l'innanzi fondavasi in
finzioni legali, o nella forza.
Imperocché nella democrazia moderna ogni potere emana legittimamente dal
popolo, chiamato nei suoi liberi comizi,
come ogni delegazione di nfficii deriva
da lui direttamente o indirettamente: quindi
nella quarta forma dello Stato, ogni potere rampol- lando dal fette concreto del suflfragio
comune, ed ogni delegazione agli ufficii
per essere legittima ed auto- revole per
diretto o indiretto fecendosi dal medesimo ;
e i varii ufficii costituendo le funzioni che via via s'in- gradano a sempre più alto valore, a comporre
nell'in- sieme loro il vivo organamento
della nazione, non vi ha più luogo a
qualsiasi finzione, e cade pure la pe-
ricolosa nozione dello Stato , come astrazione legale : la quale fu più volte cagione d'errori , di
sventure , di tirannide mostruosa.
Imperocché rese possibile Tin- camazione
dello Stato in una persona, secondo la vana
e stolta sentenza del più fastoso e pernicioso dei de- spoti francesi; e die e dà occasione alle
teoriche e conati impossibili e
micidiali della civiltà, dei comu- nisti
e socialisti di tutte le epoche storiche.
Or se riflettasi e s'indaghi quale sia stato il prin- cipio trasformatore della costituzione dello
Stato per il lungo corso della storia in
queste quattro forme che assunse ,
vedremo di nuovo mostrarsi il senti-
mento, il concetto, la vittoria mano mano della egua- glianza morale, civile e politica tra gli
uomini, che a poco a poco ridussero e
spensero la prevalenza della forza,
distrussero gli ordini e i poteri privilegiati, dis- sipano i simboli che ancor rimangono ad offuscare
la pura razionalità civile, e preparano
la vittoria della libertà e della legge
in tutte le classi dei cittadini. Onde,
abbattuta ogni finzione, autorità arbitraria, mito, simbolo, privilegio, resta a sussidio unico
di esistenza. IDBA. DELLO STATO di
progresso economico, intellettivo, e di libertà, il la- voro libero, che come provammo fin da
principio, è il cardine e lo spirito
creatore delle società moderne: e quindi
seguendo il corso della evoluaione storica
dello Stato in Europa, e nelle razze che la popolano,* e che via via si allargano a vivificare le
altre parti del mondo, si pervenne alla
medesima conclusione , cioè che il
sentimento del^a eguaglianza che ha per
strumento il lavoro fisico-intellettuale, e la sua estrin- secazione in un fatto giuridico , è il
resultato, come è il fattore di tutta la
storia antecedente: e la de- mocrazia,
forma attuale e necessaria delle società mo-
derne, è l'effetto per una parte , e il principio per l'altra, del generale incivilimento. Noi
dicemmo che le nazioni moderne riposano
tutte sopra un fatto e un principio
economico , poiché riposano inevitabil-
mente e s'impemano nel lavoro , ed in questo si ri- solve tutto quanto il valore e l'ordine della
attuale iTOLo ni metterebbe Fatto della più violenta
tirannide, e la democrazia civile non
sarebbe phe una turpe copia di quei
sistemi d'intolleranza, cui ella combatte da
secoli. Quindi ove l'eguaglianza giuridica del cit- tadino è un fatto, e la democrazia prevalse,
la li- bertà di coscienza, o la
inviolabilità del foro inte- riore, è
una condizione della sua legge, è la sua es-
senza medesima. Noi abbiamo
adunque in Italia nemico alla unità
nostra, alla indipendenza, alla libertà, il Papato, che da pertutto d'altronde si pone come tale di
fronte alle nazioni, e al pensiero : e
poiché il Papato è una istituzione
rehgiosa, la forma di un sistema spirituale
di credenze, una fede, così per lo Stato importa, come sentimento individuale, una inviolabilità
assoluta pel principio della libertà di
coscienza, condizione impre- teribile
della vera democrazia. Quindi a combatterlo
abbisognano armi adeguate alla smisurata potenza, e che non oflFendano i diritti dei cittadini.
L'unico stru- mento, l'unico modo di
lottare, e di vincere, è la.di- visione
assoluta, ma veramente assoluta dello Stato
dalla Chiesa: non ce n'è altro, né vi può essere, che tutti si romperebbero dinanzi alla sua forza.
Le per- secuzioni, le minaccie,
l'intromettersi ad ogni ora nelle cose
attinenti strettamente alla Chiesa, non lo
debilita, lo invigorisce, perchè la fede della maggio- ranza ingigantisce nella fantasia il castigo,
e lo tra- sforma in martirio, e tronca i
nervi allo Stato. Ogni ingerenza di
questo sia a favorire una parte del clero,
per abbatterne un' altra , è seme di futuro danno, è un intricarsi in un dedalo senza uscita, è
un ap- poggio indiretto alla istituzione
che vuoisi conibattere. Lo Stato^ nella democrazia moderna, appunto perchè sorto e informato da questa, dovendo
tutelare con forza e scrupolo la libertà
di coscienza, dee es- sere indifferente
alle varie forme di fede, di culto:
tutte sono eguali dinanzi a lui: e la sua operosità e ingerenza in queste materie dee solo
versare nel- r impedire che i varii
culti con fatti si cozzino, e si
osteggino, ed offendano cosi la generale libertà di co- scienza. GHi ordini e gli atti religiosi e
civili pos- sono nello Stato moderno
vivere insieme, ma assolu- tamente
distinti, senza mai confondersi, senza mai ,
come erroneamente si crede, a vicenda rafforzarsi; essi sono indipendenti l'uno dall'altro. La
vita civile è una cosa, quella religiosa
un'altra: la loro confu- sione è
dispotismo inevitabile,, e il più tristo e il più feroce. H matrimonio civile, i riti funebri
estrinseci, r insegnamento,
l'educazione, la libera espressione del
pensiero, la costituzione delle leggi, il governo della cosa pubbKca, sono diritti propri dello Stato
e della società laicale: né si dee
permettere che tra queste facoltà, e le
correlative religiose vi sia mischianza, e
confusione mai: quantunque sia lecito alla diverse confessioni religiose risguardare quegl'atti
dal proprio e spirituale punto di vista,
ed ai cittadini il confor- marvisi,
quando non ledano l'ordine pubblico. La
Chiesa nell'esercizio dei suoi riti, del suo culto, nel- r insegnamento religioso, in tutto ciò, in
una parola, che spetta alla sua indole
interna spirituale, è libera, e deve
essere, dall'intromissione dello Stato, quando
non assalga apertamente le sue istituzioni, e non of- fenda i suoi diritti: ma l'insegnamento
pubbKco dei cittadini, popolare,
secondario, superiore, tutto, dee ni
essere esclusivamente per quanto concerne i gradi^ i diplomi, i diritti che ne provengono di
pertinenza as- soluta dello Stato, e sotto
la di lai unica e sola di- rezione. Come
tutti i cittadini sono eguali dinanzi
alla legge, tutte le istituzioni civili dallo Stato di- pendono: e quindi il clero in quanto alle
persone fa parte del diritto comune:
nessun privilegio sostenen- dolo ove
egli infranga le leggi : il codice e la proce-
dura penale colpiscono il sacerdote, come il laico sia nelle transazioni civili, come in quelle
d'ordine pub- blico. La giustizia
perfetta richiederebbe che lo Stato non
s' ingerisse affatto nelle rendite dei diversi culti, ne spendesse una lira a mantenerli : poiché
in un po- polo essendo diverse le
confessioni , se lo Stato ne sussidii
una sola, ne sc'ende la mostruosa consegueìiza
che taluni, come contribuenti, paghino pel culto non proprio, e che anzi ripudiano. Ogni culto
dovrebbe sostenersi "dalla libera
concorrenza e cooperazione dei propri
credenti, e lo Stato non avrebbe sulla pro-
prietà di ciascuno altro sindacato che la tutela delle medesime, sciolte da qualunque vincolo
arbitrario , sottoposte alle medesime
leggi, e agli stessi tributi. Questa
condizione civile dei culti è V unica giusta ,
e lo Stato dee intendere ad affrettarne il compimento. La divisione
della Chiesa dallo Stato nei termini
accennati è necessaria al vercJ progresso delle nazioni, ed è l'unico modo della sconfitta del Papato,
come ostacolo alla libertà civile dei
popoli. H fondamento alla
secolarizzazione dello Stato consiste principal- mente nella direzione esclusiva delle scuole
, nelle quali non dovrebbero
immischiarsi legalmente i chie- rici, né
compartirvi nelle medesime alcun insegnamento positivo delle religioni, essendo
tutte queste fuori della cerchia delle
attribuzioni dirette del go- verno.
Poiché se fosse concessa l'istruzione intomo ad
una sola nelle scuole, sia pure la più prevalente, i cittadini che appartengono ad altre religioni
verreb- bero lesi nei loro diritti, in
quanto e difetterebbero di uno speciale
insegnamento, pel quale pure pagano il
loro tributo, o sarebbero costretti ad assistere a definizioni dommatiche che non approvano ;
onde ver- rebbe in parte lesa quella
eguaglianza che è l'anima d'ogni Stato
che voglia essere civile. L'insegnamento
religioso poi affidato a laici non può riuscire che vano, e incompleto, destituito pel fatto stesso
delle persone, di autorità, e di
competenza: quindi si rischia, tenuto
conto delle varie opinioni dei docenti, che riesca più di danno che di profitto. La dottrina
elementare dom- matìca meglio si imparte
nel seno delle famiglie , l'autorità
patema e* materna essendo più viva e sen-
tita che quella di estranei ; e più propriamente nella Chiesa, per bocca di coloro che a ciò sono
superior- mente ordinati; ove Uberamente
e con efficacia si professa. Nelle
scuole dovrebbesi diffondere, rinforzare
ad ogni occasione quel sentimento di civile onestà , ove consiste ogni dignità morale, comune a
tutti gli nomini, a qualunque fede
appartengano. Che se, come altri notò,
il rimuovere dalle scuole l'insegnamento
religioso per mezzo dei chierici, o il toglierlo affatto, temesi occasione di allontanamento dalle
medesime di grande copia di alunni, è
questo uno dei soliti timori, prodotti
da fatti particolari innalzati dalle fantasie e
dagli interessi di vario genere, a legge, e che produ- cono inevitabilmente questo effetto solo,
cioè di non osare mai avanzare, avendo paura della propria om- bra. Quando a nessuna professione, a nessun
tiroci- nio, a nessuno utile esercizio
sociale non si potesse pervenire, od
essere legalmente abilitato a goderne i
vantaggi, se non frequentando le scuole dello Stato, sottomesso ai loro esami, e ai diritti che ne
ram- pollano , Tallontanamento non
sarebbe di lunga du- rata, e dopo
qualche oscillazione, o ricalcitranza ,
tutti volentieri e senza ombra di scrupolo vi inter- veprrebbero. Ben poco conosce gli uomini e.i
tempi nostri colui che dubiterebbe di
una tal verità: gli esempi che la
testimoniano in altri ordini di fajtti,
non m^cano tutti i giorni. Certamente, e questa è la condizione assoluta della riuscita, il
governo dee curare con assidua e
scrupolosa attenzione, e ferma volontà
che le scuole dello Stato sieno le migliori di
tutte quelle che sotto altro nome possano sorgere, e quindi i maestri dai gradi infimi ai supremi
sieno degi^ dell'alto magisterio a cui
si consacrano senza cerna partigiana, e
che gli stipendi si accrescano, onde
onestamente possano vivere e con quejla dignità
e decoro atti ad infondere eziandio per sé stessi nelle giovani menti il sentimento di autorità:
poiché pur troppo lo squallore, la
miseria, gli stenti palesi , de- gni di
altissimo rispetto, quando sieno virtuosamente
sopportati , non sempre accrescono per la fralezza e vanità umana, merito in chi ne è vittima
immerite- vole. Finché risolutamente non
si porrà mano ad un tale riordinamento
radicale dell'insegnamento, e non verrà
divisa la Chiesa dallo Stato nelle pertinenze
civili, vano é lo sperare di vincere grinflussi faziosi clericali, e la continua intromittenza loro
nelle facende laicali* Non oso sperare^ tanta e la nostra fiac- chezza^ un si gran bene^ e si necessario^
prontamente, benché sia Tunieo modo di
vincere. Ma quello di cbe sono
certissimo; si è che dovrà farsi^ quando che sia, perchè è Funico argomento per combattere il
pertinace iiiimico. Alcuni sottilmente sillogizzando potrebbero
opporre a queste nostre dottrine
l'obiezione, dimandando il perchè lo
Stato solo e nella democrazia prevalente,
può foggiare la forma interna di sé medesimo, secondo il canone del giure civile esclusivamente ,
negando questa facoltà a quello
ecclesiastico, che si radica pa- rimente
nella inviolabilità personale dei cittadini. Alla quale speciosa obiezione facile è la risposta
: poiché Fattuazione organica delle
funzioni e delle leggi onde risulta poi
la nazione legalmente costituita, dipende
e si evolve da quelle facoltà e potenze individuali che spettano all'esercizio d'atti esteriori,
di fatti eco- nonùci, di procedure
eflfettive, riguardano fini essen-
zialmente terreni ed eudemonici, i di cui profitti e uti- Utà sono per sé medesimi così definiti e
certi che acquistano spontaneamente
l'assenso dell'universale : mentre il
sentimento religioso, e le formolo onde obiet-
tivamente si veste, variando da persona a persona, e riguardando interessi, e speranze che
effettivamente qui BuUa terra non hanno
compimento, se dovessero dar forma a
così dire civile, ed estrinsecarsi in un
ordine pubblico di popolo, recherebbero confusione e anarchia , o prevalendo il più forte,
ritornerebbe a galla lo stato
teocratico, che è la più bieca e turpe
tirannide. Quindi mentre il sentimento religioso che nella democrazia vera dee risolversi nella
assoluta liberta di coscienza^ viene tutelato come diritto inalie- nabile dallo Stato, non può^ come il fatto
meramente giuridico, assumersi a
principio organatore della so- cietà
medesima, come qualunque altro sentimento del-
l'animo umano. Ma alcuno , e ce ne sono molti , più appassionato amatore,, che fidente nei
benefici effetti della libertà ,
insorgerà a ripetere ciò , che si andò
ripetendo dai dottori in politica soventi volte , che^ concessa questa separazione dello Stato in
tutti i suoi ordini dalla Chiesa,
basterà poi a contrapporsi vitto-
riosamente al gigante che ci sovrasta, e agli influssi perniciosi del medesimo verso la civiltà in
generale, e la libertà della nazione in
particolare? Una potenza cosi
formidabile verrà poi sconfitta, in quanto agli
effetti civili, con un tale metodo, e non userà invece della libertà sconfinata che le concediamo, a
schiac- ciarci più prontamente? Vane
paure! Se il papato conta una vita di
diciotto secoli , se la sua efficacia
penetra da per tutto, se sotto gli ordini suoi milita una moltiforme schiera di sudditi operosi e
ubbidienti, e formolo adesso nel sillabo
la teorica^ del dispotismo teocratico,
l'umanità e la razza nostra europea nu-
mera d'altra parte, ben più secoli di vita: crebbe e si emancipò con lotte continue e pertinaci
d'onde uscivano più vive scintille di
luce intellettiva, pro- rompevano più
fervidi desiderii di libertà ; si raffor-
zarono propositi più civili di vittorie futurp, che an- davano animando mille e mille e poi milioni di
adepti, che poi si dilatavano baldi e
procaci su tutta la terra^ recandovi non
solo germi di verità e libertà, ma isti-
tuzioni imperiture, Ed ora non solamente nel suo va- sto e onnipotente pensiero agita tutte le
genti euro- PROPOSTE 85 ^eO; ma ravviva metà del nuovo mondo j
fascia le bollenti terre dell'Africa,
signoreggia l'Asia, ripopola l'Oceania,
e stende la mano minacciosa già sul Giap-
pone e la China, che eccita a nuovi fati, o li tras- forma a sua immagine :£ già nell'animo e nell'intel- ligenza sua stanno indelebili,
consustanziati, e immor- iali
l'eguaglianza civile, politica e la libertà del pensiero : tre libertà che non
si spengono , tre soli che non vedranno
tramonto, e che bastano di per sé col
tempo a sconfiggere qualunque potenza. Al sillabo noi opponiamo il codice del libero esame, e
l'immenso jcumulo delle conquiste della
natura , che sono stru- menti poderosi
non di servitù, ma di libertà, ed eman-
jcipazione: al servaggio delle menti, la vittoria vivi- £catrice della scienza moderna, al mito il
vero, alle jsquallide e lugubri letane
dei mistici, lo splendido e stridente
carro dell'incivilimento. Chi dubita della
finale vittoria, chi crede di fronte alla civiltà moderna ultrapotente il Papato, non intese la storia,
o non comprese la legge indefettibile
della nostra intrinseca evoluzione, e
non sentì nell'anima quella voce divina
che grida alla nostra umanità. Sorgi e cammina ! Che se vuoisi opporre all'esito favorevole della
lotta, anche la enorme virtù della unità del Papato, come forza direttrice, tenacemente nelle sue
compagini co- stituita, e presente per
tutto, si pensi che adèsso la nostra
razza omogenea e identica nei tratti suoi prin-
cipali, e animata degli stessi sentimenti, è parimente diffusa e organizzata nel mondo, e che la sua
unità morale si va compiendo ogni
giorno. Perchè per i tro- vati
meravigliosi della scienza e dell'arte, che assog- gettarono alla volontà umana le potenti
energie della natura^ il pensiero che da prima esemplò sé stesso e^ scolpì nelle pietre; nei bronzi^ nelle
pergamene dei popoli separati^ o
inimici^ or non solo con la stampa si
moltiplicò con la velocità quasi del concepimento in innumerevoli copie, ma identificandosi con
l'immane rapidità deirelettrico in un istante,
e in un punto raccoglie tutto ciò che
avviene su tutta la superficie del mondo
: e le merci, gli uomini , le dottrine , travalicano con l'impeto della
ijieteora nejla espansione del vapore,
immensi spazi di terre, perforano mon-
tagne, e sorvolano^- emulando i venti, gli oceani, ae- oumunando prodotti materiali e intellettivi
in breve giro di giorni: onde, per la
originaria parentela e indole della
stirpe or dominatrice, tutte insieme le
forze domate della natura, van componendo l'unità di pensiero^ di scopo, di istituzioni per ogni
dove : contrapponendo ai concili! jeratici, le splendide e prov- vide mostre dell'industria e del sapere
universale. La quale unità, perchè
effetto della spontanea e nativa
evoluzione della specie, non meccanico sistema di ar- tificiale organismo, è assai più potente di
quella pon- tificale: ed ha nella legge
che la governa, e negli effetti che
naturalmente ne rampollano , la necessità
d'infuturarsi, e la inevitabilità della vittoria. ' Di fronte alla cattolicità dommatica e ufficiale, la
cattolicità delia- stirpe, del pensiero,
delle istituzioni, della Civiltà va
costituendosi, e poderosa si accampa, libera signora di sé medesima. Pongasi mente a questo fatto
inne- gabile, e veggasi se le paure
soverchie di chi nulla osa tentare,
sieno giustificate dalle condizioni generali
del mondo. Ma si rassicurino i timorati e i timorosi,, il sentimento ingenuo e nobile religioso non
verrk Spento^ ma non verrà spenta
neppure quella luce pu- rìssima di
verità, quel calore di bene, quel fuoco di
libertà che crebbero, e trionfarono a costo di lacriimè, di sangue, di stragi, di roghi infami e
scellerati. Sia libera la Chiesa, ma
libero lo Stato e autonomo in ogni
ordine di sé medesimo , e sieno libere tutte le
religioni che in esso convivono : non temete, il resul- tato finale non è dubbio, trionfo della
libertà da una parte, ed epurazione daJU
altra. Altri forse può dubitare, pur
riconoscendo l'impos- sibilità della
vittoria del sillabo nel mondo, che parzial-
mente i popoli rischino secondo le proprie condizioni civili diverse, soccombere, ed in ispecie Y
Italia ove il Papato ha la visibile
sede, e regna il Pontefice. Vero è che
non tutte le nazioni avanzarono siffatta-
mente da superare e non temere gl'influssi perniciosi del Papato, e sarebbe follia il negarlo. Ma
oltre gli aiuti che vengono loro dal di
fuori per la continua efficacia del
generale incivilimento, che da per tutto
penetra e si diffonde, ciascuno di questi popoli, ap- punto perchè affine alla comune razza
europea, ha in sé medesimo la necessità
della emancipazione, la quale può
parzialmente ritardare ad effettuarsi, ma deve in ultimo avverarsi per le ragioni discorse. In
quanto poi all' Italia in particolare,
non conosce l' indole del popolo nostro
chi crede alla sua etema e congenita
servilità religiosa tramutantesi in quella civile; chi crede che a questa posponga i suoi affetti e
i suoi interessi; che rinunzi alla terra
ed ai suoi leciti go- dimenti; voglia,
parlo dell'universale, porre in non cale
la nazione , rinunziare all' indipendenza ed alla libertà per vivere una squallida vita di
chiostro, e salire per lugubre scala al paradiso. L'italiano è con- servativo, non retrivo, per indole, e non
inerte nel pensiero; e altrettanto
rapido' ad afferrare il lato giu- sto,
positivo delle dottrine, valutare con abilità in- genita gli avvenimenti e considerare ed
estimare le sue condizioni; aperta una
via, sorto un barlume di vero alla sua
mente, vi s'innoltra con prudenza si^ ma
virilmente, e con tenacità la segue. Conosco, gra- zie al cielo, il mio paese, e a palmo a palmo
io posso dire; conversai con tutti i
ceti, in tutte le parti della penisola,
ed ho una chiara idea delle loro condizioni
morali; e certamente in alcune provincie tali condi- zioni non sono liete e normali, e richiedono
tutta la sollecitudine provvida e saggia
dei governanti; ma non si illuda
l'osservatore superficiale, anche fra loro,
come dappertutto, l'agitazione operosa nazionale sotto mille forme si propagò; l'idea del riscatto
politico, il sentimento di libertà, una
forma migliore e più degna di vita,
traversarono, mossero quelle menti e quegli
animi, ed all'occorrenza saprebbe deludere le cieche mene dei retrogradi e dei demagoghi. Cosi dunque non temasi in Italia della
libertà con- cessa alla chiesa e alle
chiese, e si proceda con riso- lutezza;
si armi dei suoi diritti naturali lo Stato, e
si lasci il clero esercitare il suo ufficio, e di fare e disfare in casa propria in quelle cose che
strettamente si attengono al suo
ministerio. Contro la fazione cle-
ricale, non v'ha altra politica possibile; ogni aggres- sione è vana, ogni minaccia non rintuzza ma
fortifica l'avversario, ed ogni
ingerenza dello Stato nelle cose interne
delle chiese, riesce poi di danno a sé stesso.
I clericali, e parlo della fazione politica loro, ben sanno del resto^ (gli abili e che hanno il
mestolo in mano) che senza lo Stato e il
suo appoggio , le loro forze sono monche
e sfatate ; imperocché il giorno nel
quale in Italia^ per una ipotesi impossibile^ avessimo un parlamento del loro colore e spirito, e
quindi un governo uscito dalle loro viscere,
sarebbe l'ultima ora * della loro
fazione , poiché nessun popolo di Europa
vorrebbe e potrebbe mantenere rapporti col nero e ' funesto governo, mentre una riscossa di
tutte le gra- dazioni dei partiti
liberali della penisola fora inevitabile o spaventosa. Questa i clericali
sanno, e quindi non tentano, né
tenteranno l'ultima prova, e solo pro-
cacceranno di tenere Ymo zampino ed un addentellato nel giure pubblico della nazione, perché lo
Stato da sé medesimo, per gli errori
servili o erroneamente aggressivi, si
procuri una certa rovina. Quindi, qualunque sia il governo che resti al timone
della no- stra patria, non devii dalle
norme che ora tracciammo ; ogni altra
politica sarebbe funesta; con l'apparenza
• della forza e della libertà troncherebbe i nervi a sé stesso. Adoperandoci di questa guisa, noi
renderemo a Cesare quel che è di Cesare,
a Dio quel che é di Pia, secondo il
detto profonda del Nazzareno ; e men-
tre daremo saldi fondamenti alla libertà ed al suo incrementa, faremo un bene eziandio alla
chiesa, poi- ché, toltole ogni speranza
d' ingerenza nelle cose civili, e
richiamata al suo morale ministerio, abbraccerà nella carità religiosa anche la patria ; come sanno
molti buoni fra loro, i quali sentono
che per conquistare, secondo la loro
fede, la'^patria celeste, bisogna amare
e difendere quella terrena.
L'altra fazione che tenta* e vorrebbe sconvolgere m
Fattuale ordine di cose civili, quali vennero prodotte dal lento moto della evoluzione sociale, è la
dema- gogia anarchica e selva^ia, avente
gradazioni diverse, come diversi
propositi, diffusa da per tutto,^e stretta
da vincoli, patti, associazioni, e guidate da uomini risoluti. E da prima è d'uopo , per giusta ed
equa estimazione d'uomini e di cose,
distinguere ed asso- lutamente separare
da una tale fazione il partito re-
pubblicano che si agita anch'esso da per tutto, e che in varie parti del mondo ha vita effettiva e
legale riconoscimento. Vero è che una
tale distinzione sa- rebbe superflua e
stolta, se pur troppo lo zelo im-
provvido o l'ignoranza, non spingesse molti a con- fondere cose insociabili, e a far tutto un
mazzo, sieno buoni o rei, di quelli che
a puntino non partecipano al grado
presente del loro liberalismo. Il partito re-
pubblicano, quando come in generale si mostra, segue la legge sana della democrazia moderna,
riposa sui medesimi fondamenti giuridici
e éivili dei popoli retti a monarchia
rappresentativa; mantiene saldi i principj *
• di proprietà, di famiglia, d'ordine, senza cui convi- venza umana non è possibile, ed è una
naturale e necessaria evoluzione
sociale. Quindi è d'uopo non
fraintendersi, né recare violentemente e con palese in- giustizia le colpe, i danni, i pericoli alla
forma repubbli- cana, che sono propri
esclusivamente della demagogia.
Dispregiare con puerile sussiego questa torbida fa- zione, è follia; la fidanza di sterminarla
con le sole armi, è concetto che non può
capire che in un cer- vello da Don
Chisciotte ; combatterFa con palliativi o
discorsi, è troppo ingenua bredulità. A mali morali, profondi, tenaci, universali come quelli di
cui trattìatnO; si può ovviare soltanto con serii e virili pro- positi, e Còli rimedi adeguati alla forza che
li produce* IEj prima condizione a
sapersi schermire da un tale nemico, è
quella al solito di non farsi illusione alcuna
intorno alla sua potenza, indagarne l'origine, e non attenuarne il pericolo. E questo si farà per
noi il più brevemente possibile, onde
premunirsi in Italia anti- cipatamente
dagli influssi e danni di questo malanno,
perchè la libertà sana e la civiltà non ne soffrano detrimento.
La demagogia o l'insurrezione anarchica delle classi povere e proletarie non è nuova, e si può
dire che i germi sbocciarono col costituirsi
delle società pri- mitive; imperocché di
fronte ai più potenti, ai più agiati e
felici, stettero sempre i derelitti dalla for-
tuna, i deboli, i miseri, qualunque ne fossero le ca- gioni. Ma se il sentimento , il mobile , lo
scopo si mantenne identico di mezzo alle
trasformazioni sociali, la forma della
demagogia cambiò, e i suoi seguaci e
proseliti crebbero spaventosamente di numero. Quindi nell'età nostra, per quanto si estende la
civiltà eu- ropea sopra la terra,
assunse una forma consuonante con quella
naturale del progresso sociale, delle con-
dizioni economiche presenti, e con l'immenso accre- scimento della popolazione. Or noi si vide
che il fon- damento, il fatto che
costituiva l'indole propria della
società moderna e dell'incivilimento stesso, è un fatto economico, il lavoro, reso libero, scevro di
qualsiasi privilegio od ostacolo, e
sostegno unico dei singoli associati,
nella moltiforme sua natura, e nella immensa
varietà dei suoi atti, dal rozzo manuale al più alto intelletto, H sentimento di questa feconda e
santa m
T-erità, pel naturale svolgimento che in tutti lo pro- dusse e lo suscitò; nacque nell'animo di
tutte le classi^ vagamente le eccitò,
spingendole di un salto con Tim-
maginativa agli effetti ultimi e salutari di questo principio, valicandone i necessari intervalli
per igno- ranza da una parte , e per
impeto di bisogno dal- l'altra. Indi la
foga pertinace, perseverante, ma più
calma, o Torrido assalto ^subitaneo di selvaggie ire contro quei medesimi sostegni, quelle
istituzioni che Bono anzi i mezzi di
giungete gradatamente ad una condizione
migliore di tutti. Cosi nacquero per un
verso le associazioni della cosi detta intemazionale, o le improvvise ruine della comune. Ma nel
tempo stesso che noi dobbiamo combattere
le funeste teo- riche di queste sette, e
soffocarne con pronta energia i delirii
nefandi, non bisogna, lo ripeto, fanciullesca-
mente cullarsi nella idea, che fatti cosi universali, e che in un modo o nell'altro si mostrano per
quanto fii stende il campo civile delle
nazioni, sia un mero capriccio
momentaneo d' ebbre moltitudini, vapore di
idioti, e fenomeno che non abbia fondamento di sorta nella storia; né in se, in mezzo al profondo
errore che l'offusca, e lo insozza, un
raggio e un filo di vero. E noi vedemmo
già che la demagogia ha la sua sto- ria,
antica quanto il mondo , e svolgentesi e sgomi-
tolandosi con i secoli parallela alla trasformazione fiociale della nostra stirpe. Ed il vero, che
questa fa- zione nelle sue teòriche
micidiali racchiude è questo: che ad
ogni uomo, ad ogni cittadino, sia qualunque
la nascita, l'economica condizione, incombe egualmente l'obbligo salutare del lavoro, ed è
compartecipe di tutti i doveri che
stringono autorevolmente tutti i consociati a prò di tatti con reoiprocft
operosità; im- perocché l'ozio infecondo
, e soltanto consumatore &
cormttore, è oramai agli occhi di tutti il più tristo, squallido e vituperevole vizio sociale, la
causa e il fomite di ogni disordine e ,
d' (^ni ruina. Ma questo vero, che or
comincia, rispetto al suo valore sociale,
a risplendere alle menti di tutti, e che mano mano che la società progredisce, sempre più palese
si farà, e che dee divenire la fede
comune , nelle sette de- magogiche si
trasformò in ribellione ad ogni sano
principio, e divenne piuttosto sorgente di miserie e di lutti, che fonte di prosperità per gli
stessi che si Intano in suo nome. Quindi
la fallacia nella cre- denza di poter
sterminare ogni sentimento religioso^
come quello che secondo essi sostiene i perni della . società attuale; la puerile fidanza del
condividere i beni fra tutti, e
ritornare, per essere felici e mirabili,
alle delizie animalesche delle prime orde umane. II sentimento religioso in sé , astraendo dalle
forme dommatiche che può rivestire , è
in quella vece sì connaturato all'uomo,
appena gli balenò un ra^io di
intelligente attività nella mente, è un. bisogno cosi profondo, che il supporlo nell'universale
temporario periturio, riesce un errore
sì madornale, quanto il credere che
possa miù cessare il sentimento del bello,
del buono, dell'utile, e così via discorrendo. Un tal sentimento muterà forma, materia, simbolo, a
sempre più puro e razionale aere
s'innalzerà, ma rimarrà^ e quando anche
in tutti si trasmutasse in effettiva
intellezione dell'ordine infinito del mondo, e dell'e- terna energia che lo vivifica, e continua,
avrà sempre una efficacia potente negli
animi umani , e una autorità suprema nei loro atti. Quindi, sicc^ome è
vano l'assunto, è assurdo il crederlo
effettuabile ; e di questo si persuadano
coloro che eccitano a simili fantaami le
moltitudini. In quanto poi alla proprietà e alla fami- glia, sarebbe con esse distrutto l'ordine
civile, ogni spe- ranza di miglioramento,
ogni libertà. Poiché l'ultimo fatto
sociale a cui" pervenne il moto evolutivo umano è Tuniversale libero lavoro, questo senza la
proprietà non può sussistere, in quanto
mancherebbe di sussidi, e dei giusti
stimoli ad esercitarsi. Che se il lavoro è
un dovere, un godimento, una dignità, la sola nobiltà possibile oramai nel mondo, oltre avere un
effetto che giova alla generale
convivenza nella reciprocanza di ragioni
e d'influssi che l'anima, è pure un modo di
rendere più lieta, agiata e amabile la vita; poiché colui che vuole rendere l'uomo misticamente
perfetto, e che tutto versi e si
travagli nella carità, e non senta e non
provi gli onesti piaceri, e rinunzi ai co-
modi, agli agi, agli utili personali, non solo disconosce la umana natura, ma annienta la storia.
Laonde la proprietà ed in conseguenza la
famiglia, sono condi- zioni
indispensabili del lavoro, e con esso della civiltà tutta quanta, e della libertà che a tutti è
si cara, e desiderata. Questi sono i
veri contro cui infuriano i propositi
dell'intemazionale, i quali se venissero ad
effetto, ogni bene sarebbe distrutto; sono errori in cui cadono e caddero non una sola volta, quelli
che, vi- vificati da un sentimento
giusto e da un vero che balena incerto e
confuso nelle loro menti, credono
raggiungere la meta sterminando gli argomenti che vi conducono.
Egli è certo però che tali sette sono or formidabili e sparse da per
tutto: hanno associazioni, pecu- nia,
giornali, conventicole e cattedre: e gl'iniziati si mescolano in tutti gli ordini della vita, e
gli arruf- foni ne sfruttano la
credulità, o ne inveleniscono, rin-
fuocano le ire: pericolo tanto più tremendo, quanto più è avvalorato da un sentimento giusto di
una ve- rità male intesa. Or che
contrapporrete a questa fiu- mana? — La
Forza? — fu tentato, ma l'idra rina-
sce: oltre, che la forza contro il sentimento e il nu- mero non prevale, e senza un principio che la
sostenga, è vano amminicolo. Combatterlo
con principii con- trarii? — si
sperimentò, risorse, e sempre più sì estende.
Con gl'influssi" religiosi? — Ma ella imper- versò maggiormente ove le genti erano guidate
e ispirate dal clero, e si agita nei
paesi, ove la fede è più viva, poniamo
che non sia la cattolica, tralasciando
anche che alcune tendenze, ire, dispetti clericali sono fomite a queste sette, e piuttosto che
attutarle, le attizzano. Forse pej:
mezzo delle esortazioni, le per«
suasioni, i libri, e i giornali? — Certamente questi modi, e argomenii quando sieno bene
appropriati e condotti, hanno un grande
valore, e maggior della forza, e degli
influssi religiosi, perchè vanno a poco
a poco componendo una opinione favorevole ai suoi principj, e l'opinione oggi è regina, e può
molto: ma la sua efficacia è in parte
frustrata dai giornali, dalle
associazioni della setta, onde è lento e stentato il be- nefico risultamento. Dunque non hawi rimedio?
— I rimedii opportuni, i soli efficaci,
e che, spero, sa- ranno riconosciuti
tali a poco a poco da tutti, se vo-
gliamo salvare la civiltà, sono di due sorta, privati e pubblici: e ne discorreremo partitamente le
loro ragioni. Odesi tutto giorno
dalle persone di ogni ordine e d'ogni
ceto, tra quelli più agiati^ lamenti e querimonie rispetto ai pericoli che ci sovrastano da
parte della demagogia universale^ e si
paventa^ si trema^ s'im- preca^ o si
pronostica il finimondo. Ma sciaguratamente
tutto questo tumulto dì sgomenti^ predizioni^ spasimi si risolve in parole, in chiacchere, in
vaniloquio ef- fervescente, e nessuno,
parlo in generale, fa nulla, o aspetta
da un arcangelo la spada salvatrice, o grida
contro il governo e i governi che non uccidono a soffocano nella culla il mostro divoratore. E
mi fanno la figura di chi, appreso
lentamente il fuoco in un canto della
propria casa, corra in piazza a gemere^
a piangere la imminente ruina delle sue mura, im- precando perchè il sindaco non distrugga i
zolfanelli, causa immediata del danno,
invece di provvedere to- sto e
virilmente al pericolo, tenue da principio, con
la propria persona, o con gli ajuti che ai forti e volonterosi non
mancano mai. Cosi presso a poco va la
faccenda per tutti coloro, e sono innumerevoli, che presentendo l'avvento della cosi detta
questione so- ciale, credono rimediare
al male col vociferare ai quattro venti
il prossimo diluvio, o volendo che altri
gli soccorra con modi, che neppure essi sanno in che veramente consistono. Ma in tale maniera
l'acqua arriva alla gola, e senza
rimedio, perchè il neghittoso è spia- cevole
a tutti, utile a nessuno. Egli è oramai tempo
di mutare registro, e se veramente stanno a cuore gli averi, i diritti, la giustizia, non fosse
che rispetta ai privati vantaggi,
bisogna persuadersi, perdio! che il
tempo è venuto, ove chi non opera, e fortemente
vuole e lavora, verrà travolto non solo dalla fiumana impura ch^ paventano^ ma dalla indole della
civiltà presìHite, nella quale il
volontarìp infingardo nozi può trovare
modo durevole di vita. E innanzi tutto la so- *
cietà è solidale d'ogni bene^ d'ogni male, e chi non sente q^uesto alto dovere, è indegno di
chiamarsi uomo civile: e quindi ognuno è
strettamente tenuto a coo- perare al
maggior benessere possibile della nazione.
E si badi che questa, di cui parlo, non è mica una carità estrinseca e contingente, che possa a
volontà con minore o maggiore zelo
esercitarsi, come avviene in altri fatti
di pubblica o privata beneficenza, ma è
una necessità intrinseca, senza la quale la società minerebbe. La quale cosa si fa a tutti palese
anche materialmente, se riflettono ajla
solidarietà, sempre più stretta e
generale che nasce fra tutti gì' interessi,
sia per associazioni a scopi diversi di utilità perso- nale, o di prodotti, sia per la dipendenza
d'ogni or- dine di fatti economici fra
loro, sia nel più vasto e universale
credito dello Stsito, da cui dipendono una
immensa varietà di fortune particolari. Quindi il lavoro libero, ma
cooperativo dei singoli, onde si con-
servino intatte e abbondanti le fonti .di ricchezza e di sussistenza nazionale, anche per questo
lato, è la- voro necessario: che se egli
allentasse, svigorisse., o venisse meno,
il popolo perirebbe senza rimedio.
Adunque tra i rimedii privati che possono contra- stare all' ampliarsi delle sette demagogiche
a danno di tutti, è l'operosità di
tutti, e in specie di quelli che più avrebbero
a perdere, e nei quali quanto è più
grande la ricchezza e l'agio, tanto più cresce e ingigantisce il dovere dell'opera. Si
persuadano che nelle moltitudini adesso
il prestigio solo delle ricchezze, o del nome; o del fasto è scemato, e va
sce- mando, grazie al cielo,
rapidamente, e invano si at- * teggerk a
pavone , chi sotto le splendide penne , e
r iridiscente folgore delle piume , cela miseramente una cornacchia. D popolo non dispregia- né
nomi , né fasto, quando coloro che li portano,
o V esercitano senza jattanza , sono
degni della civiltà nostra , la quale
consiste tutta nel lavoro, utile e generoso. Bi- sogna adunque che coloro a là
crescente onda delle mene demagogidie , è una ne- cessità delle stesse condizioni civili deUe
nazioni moderne, un diritto e un dovere. '
Dichiarati brevemente i rimedi privati, conside- riamo quali sieno ,o possano essere quelU
pubblici, o di pertinenza dello Stato, e
del suo governo. Questi a divisarli
compiutamente si disbrancano in lare or-
dini, e possono essere quindi di tre specie: mo^?ali, amministrativi e poUtìci. . Un grande rimedio
aU'er- rore, al vizio e alle miserie, è
certamente V istruzione diffusa, e più
tra quelle classi che di per sé mal sa-
prebbero provvedervi, e alle quali manc^ lo stimolo proprio ad avanzare, vale a dire alle plebi
della città e delle campagne. Che questo
sia precipuo ed asso- luto dovere di
ogni governo civile, è chiaro, e sarebbe
anche più chiaro, se non fossero ancora alcuni, e non. son pochi, nei quali si mantiene la dignitosa
e gene- rosa ctedenza, che T ignoranza
delle moltitudini la- voratrici, è un
ingrediente e un sussidio nòbilissimo di
governo, e si affidano nella loro maraVigliosa atti- tudine, di contrastare ad ogni male,
puntellati all'arte provvida di pochi, e
all'uni vergfale e servile asinag- gine.
E tatLto più stupore arreca una tale saggia sen- tenza, in qitanto di preferenza è sostenuta
da quelli — non parlo certamente di
tutti — che bazzicano frequentemente per
le chiese, e fanno pompa di cri- stiana
pietà. Brutta e ridicola contraddizione, la quale se ingenuamente* professata, indica in essi
una igno- 105
ranza proporzionata al grottesco proposito; se ad afte pensata, è iniqua e degna deff universale
dispregia. Jn ciasctm uomo come sono
eguali potenzialmente i diritti e i
doveri, sono eguali i bisogni e la necessità
deiihi dignità della vita; ora in tutti in quella guisa dello stato, e migliorare le loro condizioni
economiche; ma parlandosi di suffragio
fermarsi alle porte del sal- terio e
dell'abbaco, è tale stravaganza che la maggiore
non si può immaginare; si crede d'essere' del nostro' secolo, e viviamo delle idee dei
bisarcavoli! ^P 12T Cicerone assennatamente dicera essere gF
ignoranti capaci di verità^ poiché T
ignoranza ^ cioè la mente primitiva^ non
ingombra da sfumature; e il più delle
volte arruffata da un sapere rachitico, entrato a spruzzi anarchici nel celabro, è tutt'altro che
chiusa alle ve- rità pratiche della vita
; che anzi quando queste ver- tono
intomo a positive questioni d' interessi generali, ma consuonanti o influenti con e su quelli
particolari della famiglia, del comune,
della provincia, sono pronte a colpirne
il nocciolo principale, e a scegliere le per-
sone più idonee a risolverle secondo le necessità del momento. Se non fosse così, se noi
attendessimo ad allargare il diritto di
suff'ragio che virtualmente è di tutti,
quando tutti fossero dotti, ed uomini di stato
almeno in cacchioni, io credo che si aspetterebbe in- darno quel giorno, e si aprirebbero le
universali urne dei trapassati allo
squillo finale dell'arcangelo, più
presto che quelle generali del popolo pel comune sufeagio.
Ma ribadiscono gli oppositori : voi desiderate esten- dere il diritto di suffragio mentre ^
nessuno, o da pochi si chiede :
attendete che il desiderio nasca, si
diffonda, giunga legalmente al parlamento, e allora si aprirà la mano, ma sempre con prudente
riserva. E cosi, soggiungerò io, noi
liberi cittadini di libero Stato, e un
governo che dalla libertà è sorto, e a que-
sta deve intendere con tenaci propositi, saremo meno generosi, meno magnanimi dei governi
dispotici ? In questi sovente, e la
storia anche contemporanea è piena di
esempj, il governo costringe spontaneamente
le moltitudini riluttanti a incivilirsi, e con violenta mano le sforza ad accettare .riforme civili,
ammini- ni stratìve, economiofae : noi BEtremo il
contrario: in nome delia libertà,
teleremo lontani dalle riforme utili e ne-
cessarie quelle moltitudini chC; secondo il ^iblime concetto, persistono nella ignoranza, o nella
indiffe- renza politica. Un governo
onesto di libero popola dee spingere al
meglio di proprio impulso le genti
confidate al suo senno : nò dee nelle leggi fondamen- tali attendere che altri domandi, ma
generosamente anticipare opportune
riforme. Ma se del resto tuUi non
chiedono o vogliono il diritto di suffi*agio, questi è sorto nella coscienza dei più, emana
spontanear- mente dal nostro giure
pubblico, è una necessità dei tempi, è
un dovere civile. Che se un tale dovere, per
ipotesi impossibile, non* si sentisse, o si dissimulasse, p^r durare in un certo grado matematicamente
mi- surato, e fisso di libertà, a prò di
minoranze qua quando anche, per ipotesi,
ciò avvenisse, Teffetto sólo che produr-
rebbe, fora certamente una'^pìù grande e viva ope- rosità nei partiti liberali, e una agitazione
legale più intensa, le quali
riuscirebbero in fine a risolvere più
presto e ricisamente una tale questione interna, e scongiurare più virilmente i pericoli, onde è
gravida per la nazione. Altro benefizio
che recherebbe seco la partecipazione,
larga del popolo al Suffragio, sa- rebbe
quello di stimolare, (essendo più vasto il sin-
dacato, e le possibili peripezie del voto), e costrin- gere i- deputati ad intervenire
scrupolosamente al par- lamento^ e
smettere il brutto sciopero in cui sono ca-
duti molti ripetutamente, e in modo da far credere cronico il morbo pernicioso, che gl'infesta,
e li rende colpevoli dinanzi alla
nazione. Più e più volte gli atti e le
discussioni del parlamento, d'importanza ca-
pitale per la prosperità e ordine del paese, non po- terono aver termine necessario, o sanzione
legale, per Io scarso numero degli
intervenuti, e ancKe quando giungevano
alla cifra prestabilita, di fronte alla to-
talità dei rappresentanti, erano si può dire al disotto del decoro del parlamento.' Se coloro che pur
brigano, e fauno chiasso per essei'c
assunti al grave incarico, V IdS m
e rappresentano ciò che v'ha di più vivo nella na* ssioney e la funzione più eccelsa di un
popolo, che è quella 4'essere il legislatore
di sa medesimo^ danno un si tristo
esempio di trascuranza agli alti doveri, e
di abbandono alla alacrità civile della vita pubblica, B0^ è da atupire, se gli aitai alla base
imitano nel laìiguote, nella cascarne,
nella dimenticanza dei di- ritti e
doveri civili, i loro rappresentanti ; e «'ingeneri nella na2doDe quell'ozio
politico, che è la lue più deleteria, e
corruttrice delle viscere della medesima; sintomo, se i rimedii non
intervengono pronti ed energici, di
inevitabile morte. O non cercare, de-
siderare r^lezioùe e intromettersi in ogni maniera per ottenerla, o ottenuta, attendere con lealtà e
perseveranza al proprio mandato, ^d esercitarlo costantemente, risparmiando cosi un malo esempio al popolò \
intero, un acerbo e giusto rimprovero a
sé medesimi; la- sciando aperto il corso
ai più degni, e più operosi, e non
ocisasionando cosi la morale decadenza dell'auto- rità del parlamento, come pur troppo fra noi
già per moltissimi accadeva : e che io
dica il vero faccio ap- pello alla
stampa quotidiana di tutti i colori piena so-
vente di acuti, e meritati riinbrotti ai neghittosi le- gislatori.
Bispetto al pericolo del cesarismo, che secondo altri sarebbe il mostro che uscirebbe dal voto
generale, come quei fantocci deformi e
strani, che scattano al* Timprowiso
dalla scatola magica, a stupose e terrore
dei nostri fanciulli, temerlo da senno in Italia, è cosa che non Val la pena di confutare. Il
cesarismo è solo possibile in un paese,
sconvolto ^à , sconquas' fiato,
disordinato a più riprese, e dove la furia delle fazioni anaik^hicbe^ o le gare
di pretendenti più meno apocrifi, tanto
scrollarono le fondamenta d'o* gni
ordine, e tanto impaurirono le maggiorante, che, conservatrici sempre, si appigliano di
iiecessità all'u- nico modo di salvezza
che si presenta, sia pute Tau- tonta
irra:dónaie della sciabola, o la potenza moi'ale di un nome: poiché ove è questione di
anarchia di forze brute tenzonanti , il
popolo si rivolge a quella che ha
maggiore probabilità di vittoria, e di ristabi-
lire quindi la pace, e la cancordia nel caos informe sociale. Ma un tal voto," quando è
generale, se ma- nifestasi sostenitore
di una forma dittatoriale in un dato
momento^ ove egli è necessario, apparisce anche
come fondatore di repubblica, quando una tal forma di reggimento ad un dato momento, sia Tunica
arra di durevole ordine, come intervenne
in Francia : nella quale, nonostante la
lunga cospirazione della caduta
assemblea, e del suo governo, retrogrado e monar- chico, e tutto rìmmienso arrabbattarsi dei
clericali, e dei funzionari governativi,
sorse testé la repubblica da quelle Urne
rurali^ che secondo i giusti estimatori del
senno delle moltitudiiii, dovevano imporre alla Francia il -^èsaitfismo na^Kileonico^ o il lugubre
spettro della rameica tirannide
legittimista. Che se invece avvenne il
contrario della comune aspettativa, si deve solo a ciò, che tra i varii e funesti pretendenti al
trono francese, e delle loro ingenerose
e tristi fazioni, il popolo senti, che
runico governo d'ordine, era il rejpubblicano, che ta- gliava a tutti la cresta, e li poneva fuori
dell'astioso e cupido combattimento, e
per la repubblica votò. In Italia non vi
sono affatto elementi per un cesarismo possi-
bile, e mancano condizioni antecedenti per un tal ri- ni
Bultato; qui non sfacelo, qui non anarchia^ qui non odii; rancori^ ambizioni^ rafforzati dal
sangue sparso^ da vendette nefande, da
rappresaglie inique ; qui nes- sun
bisogno di salvatore, o d'incoronare col servag- gio del popolo, un fortunato vincitore di
eroiche bat- taglie. Da noi le
istituzioni, grazie al cielo, possono
per poco affievolirsi , o venire in meglio modificate, ma legalmente operano , e sono fisse nella
coscienza pubblica, né alcuno anche dei
partiti possibili più risoluti, e
accentuati, pensa a rovesciarle, perchè in
Italia c'è senso in tutti della realtà, né ci si sca- priccia in utopie senza pratico costrutto: in
Italia la dinastia regnante è
politicamente insigne pel ri- spetto
alle leggi, né vi attenta, né vi corrìe rischio, (quando esercita il suo mandato, come ora fa)
di v^e- nire rejetta, e inimicata dalla
nazione^ e F esercito nostro, quanto
valoroso, fedele^ onesto, e nel quale in
bella armonia si fusero tutti gli elementi fortf della nazione, sia patrizi, sia popolani, se
è tutela delle leggi, dell'ordine, della
integrità della patria , non è una
accolta di pretoriani, e conosce a prova quali sieno i suoi doveri di soldato leale e devoto e
quelli di cittadino. Indi il timore e lo
spauracchio di Cesari possibili in
Italia è affatto chimerico, e non conosce
certo il popolo nostro, né le nostre condizioni civili interno in tutti i loro elementi , chi
paventa di un tale babau, E dico adunque che si dee proporre
legalmente e stabilire una tal forma di
suffragio, senza indugio^ poiché la
libertà lo richiede, la dignità della nazione
lo esige, la prudenza Io consiglia. Le moltitudini eleg- gono, non governano; immenso ' divario ; ed
esse in media secondo tempi, luoghi, e
coadisiom sociali soel- gono' seeipmi
pia opportuni ai bisogni presenti. Io 80
a rn^AA dito tatto quello che poseono rispondere , e obiettAi^é coloro ohe sono di contrario
avviso : e m'in- vitératino ad inchieste
del come si fanno e si fecero le
elezioni' in varie provincie della penisola, sia per brogli, tàsir per persone e mi sopraffaranno
di una quai^tità enorme di fatti , e' di
aneddoti ; ma queste cose^ e questi
riposti archivi! ,li conosciamo: ed è ap-
punto perchè U conosciamo, che invochiamo la ri- forma del voto. Poiché il ragionamento dì
alcuni fra gli awersarii consiste a
dire: il voto, nella guisa che ora si
esercita, è vero, non dà buoni restdtati,
dunque.... Voi* attendete una conclusione necessaria: ohibò! la logica loro è più stupènda: dunque
conser- viamolo! Altri potrebbe opporre : concesso che la
moltitudine, la gt»nde maggioranza delle
nazioni sieno di fatto e sempre
conservatrici, perchè allora prevalsero via via, e vinsero le rivoluzioni , effettuando ad
onta di quel freno costante, mutamenti
radicali nel costume e nelle idee dei
popoli? La ragione e la spiegazione di un
tale fette è ovvia a trovarsi; poiché per una parte le moltitudini, perchè conservatrici, e
lontane e abor- renti per le loro
faccende, dal moto e dall'agitazione
delle minoranze, che vivono in special modo di pen- sieiV)^ e di abitudini innovatrici, nulla
iniziano spon- taneamente, e rimangono
estranee agli influssi delle novelle
idee; e dall'altra non chiamate a manifestare
legalmente i loro sentimenti, non possono arrestare, moderare o piegare il corso degli
avvenimenti, o mo^- dificame i resultamenti
sociali. Le moltitudini vivono m sciolte
y guardando ciascuno ai propri negozii^ e non
possono congregarsi facilmente in assemblee, in comitati, in
conventicole, come è facile alle minoranze ap-
punto perchè minoranze. Ma una tale inerzia, una tale paziente annegazione, non rimane senza
effetto col tempo; inquanto se le
minoranze si spinsero oltre certi
confini morali e civili e vollero trionfanti prin- cipii che offendono il sentimento ereditario
della mol- titudine, cadono poi in
seguito le loro esagerazioni stesse, non
nutrite e sostenute dall'universale, e solo
resta il progresso possibile, pratico, buono, il quale, comechè nuovo, pure non perturbando le
coscienze e abitudini della maggioranza
nazionale, viene a poco a poco a
consustanziarsi con le medesime: e cosi i po-
poli camminano e vanno perfezionandosi. E che ciò sia vero, oltre la testimonianza palese di
tutte le sto- rie, basta fermarsi a
considerare il corso delle rivo- luzioni
moderne di tutti gli Stati, perchè la realità
della dottrina nostra salti agli occhi ai più miopi. Affine dunque che
le moltitudini non per lunga e sempre
faticosa efficacia, come freni conservativi, operanti spontaneamente e fuori
del giure positivo, riescano immediatamente salutari all'equabile e
fruttuoso progresso dei popoli civili, è
d'uopo renderle partecipi della vita
pubblica, chiamandole alla elezione di co-
loro che sono poi i legislatori della nazione, è debbono guidarla alla
libertà e ai beni che essa racchiude^
con ordine e operosità. Così facendo, con quei tem- peramenti richiesti dalla moralità e dignità
stessa del voto, si otterrà una maggiore
attività politica ; la na- zione non
sonnecchierà mai, né ristagnerà; i partiti
che pervengono al governo dello Stato, nella vicenda continua di nuovi
biefogni^ non crìstalUzzeranno^ e ri-
poseranno in una beata e grassa quiete^ ringipvaniti e stimolati sempre dal voto popolare^ donde
tutto nelle democrazie fluisce e sorge ^
e viene legittimato; si avrà sempre una
benefica remora alle intemperanze delle
fazioni, e quello che più importa , un ostacolo, e, si radichi bene nella mente , V unico
ostacolo all' imperversare della furibonda demagogia. Io non aspiro alla divina prerogativa della
infallibilità, e lascio ad altri senza
rammarico questa modesta ed umile virtù
; ma per quello che io valgo a discernere
dopo lungo studio e lungo amore pel pubblico bene, crèdo fermamente alla efficacia, necessità,
utilità delle mie proposte, come sono
certo che quadrano a capello con le
norme positive di una scienza sociale, vera-
mente degna di questo nome. '
Tali sono le proposte, che coscienziosamente e dopo maturo e scrupoloso esame, e modestia, venni
svol- gendo in questo mio scritto ; tali
le riforme che credo indispensabili per
la durata, la esplicazione naturale e la
salute delle nostre istituzioni, e pel decoro e la prosperità della patria. Certamente non si
possono tutte e subito attuare , e Roma
non fii fatta in un giorno; ma
necessario è che gli uomini a qualunque
partito nazionale appartengano, proposti al governo della cosa pubblica, vi si accingano con
tenace pro- posito, e vi aspirino costantemente.
Un sentimento di malessere indefinito
occasionò la crisi presente, e la
nazione sta raccolta attendendo che i diversi ordini dello Stato meglio rispondano all'indole loro
e dei tempi, e si ritemperi a vita più
robusta e libera la fibra dei cittadini;
e tale è il compito di coloro che m
/ ora salirono; è giudicheremo
dai fatti se sono da tanto. Quelli che
caddero ^ il partito cioè che fino ad o^
resse i destini d' Italia^ operò cèrto molte cose buotie^ e condusse a termine, stimolato però dalla
piÙL viva ' e impaziente parte della
nazione e laicamente eoa;* diuvato da
questa, Tunità territoriale e politica della
patria^ protetto da fortuna propizia e da eventi in- sperati, trasmutanti in vittoria eziandio la
sconfitta; ma a poco a poco, ritirandosi
in sé medesimo e chiuso troppo forse
agli influssi sempre salutari della maggioranza del popolo, si aflSevoll ed
obbliò le origini sue, e la natura
essenzialmente democratica degli Stati
moderni. L'Italia oramai è giunta a quel tem-
peramento civile ehe esclude la violenza e T illegale intromissione di fazioni perturbatrici, ma
vuole ed esige che si avanzi e che si cammini
di pari alle na- zioni più civili; che
gli uomini che la capitaneggiano si
governino con le idee nuove, e si lascino i metodi troppo curialeschi e scolastici nell'
indirizzo della cosa pubblica. Or non è
più tempo, e tra poco lo vedranno anche
i più restii e ostinati, di grette abilità e di pic- coli e scuciti mezzi, giorno per giorno, di
reggere gli Stati ; tutte le questioni
sono larghe e grandi, e non si risolvono
che con intendimenti e principj larghi e
generosi; in ogni vertenza è conflata, a cosi dire, la vita di tutto un popolo, anche per i rapporti
che essa ha o può avere con tutte le
nazioni civili. Iso- larsi, fetcendo i
suoi affari alla guisa di un agente di
fattoria, è impossibile, dannoso e indecoroso; la ne- cessità presente spinge i popoli europa
all'unità mo- rale della razza loro, ed
all'equilibrio econoiiiicO civile e
politico di tutte le membra ; ciò che non importa ima yi^ota cosmopQlitia alla
maniera dei politici mi- stici: m ogoji
inombro e nazione vive della sua vita
particolare; ma in conserto di vincoli si stretti, e una reciprocità di r^oni che costringono tutti ad
avan- z^ure perire ; poiché la selezione
naturale governa anche 1^* vita dei
pppoli. Né valga il dire, come da molti
si ripete^ che il governo è, od era assai più
liberale della na:pione, e quindi ogni spinta o riforma riuscire inutile , o inopportuna; poiché,
oltre essere questo in generale vero per
tutti i governi, in quanto sono al di
sopra del sapere e del civile temperamento
delle moltitudini, suscita spontaneamente questo dilemma: o il governo,
in uno Stato libero, possiede minori
spiriti liberi del popolo, e quindi dee, in virtù della legge fondamentale di un libero Stato,
ritirarsi, perchè violatore moralmente
della medesima; o si confessa più
liberale del paese, e allora piuttosto che
ristarsi e mantenere il grado fisso del valore civile del medesimo, dee spingerlo innanzi e
trasformarlo alla sua immagine; che se
sta, non procacciando di eccitarlo alla
riforma, è indegno dell'alto loco che occupa. Queste teoriche di accomodamenti
pratici non sono più d'uso, e solo
argomentano una profonda imperizia del come si dirigano le società moderne, e
dei doveri effettivi dei governanti. Sciolto
da qualunque legame di disciplina, come di-
cesi, di partiti, perchè uomo affatto privato ed oscuro, e al di sopra di questi, come debbo essere lo
scrittore im- parziale, non
consigliandomi con altre norme che con
quella che io credo il giusto , scevro da qualunque am- bizione personale, né stimolato da ire o
passioni di parte, liberamente dissi ,
comecché sempre con rispetto in olle
persone, ciò che stimava opportuno ed utile, devoto in tutta la mia vita ad una cosa sola, ma
quella grandissima e santa, la verità. Se altri mi provi che io mi ingannai, sarò ancora felice quando il
contrario di ciò che credetti, profitti
alla mia patria. In ogni modo, nel
piccolo giro delle mie facoltà, avrò soddisfatto al- l'obbligo di cittadino ; ciascuno dovendo
servire la pa- tria in quel modo che gli
è concesso. Solo una cosa detesto in
questo ordine di fatti: la petulante vanità
dei neghittosi. Altri saggi:
S^Uo ai ierehi: DELLK CONDIZIONI INTELLETTUALI D.' ITALIA ITm preparmziùHe ì SELLA LEGGE FONDAMENTALE
DELLA INTELLIGENZA ffCL RC6II0 ANIMALC S
t'Udii di Psicologia compartita. Se- ■
rv;.■ft- Tito Vignoli. Vignoli. Keywords: squirrel, squarrel, psicologia
comparata, etologica filosofica, una legge della intelligenza degl’animali –
mito e scienza – mitos e logos – animale, legge, legge della psicologia,
psicologia comparata, etologia comparata, evoluzione. Refs.: The H. P. Grice
Papers, Bancroft MS, Luigi Speranza, “Grice e Vignoli” – “La etologia
filosofica di Grice e Vignoli” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza,
Liguria.
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