Luigi Speranza -- Grice e Galvano: la
ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale dell’arte naturale – filosofia
torinese – scuola di Torino – filosofia piemontese -- filosofia italiana –
Luigi Speranza (Torino).
Filosofo
torinese. Filosofo piemontese. Filosofo Italiano. Torino, Piemonte. Grice: “I
like Galvano; he has philosophised on aesthetics, on ‘spirit and blood,’ and on
polytheism, citing Sallust!” Frequenta la scuola a via Galliari, animata da Casorati. Fonda L'Unione Culturale di Torino. Promuove
il “Movimento Arte Concreta” – cf. Arte Astratta Insegna all’Accademia Albertina.
Dizionario Biografico degl’Italiani. FONDAZIONE
GIORGIO AMENDOLA E ASSOCIAZIONE LUCANA LEVI Mantovani Motto G.
Fare, pensare, vivere la pittura"i Pmm gr s m dz de
2zpA—A_t} PA "o Saggi di MANTOVANI MOTTO BOTTA OLIVIERI G. Fare,
pensare, vivere la pittura Aver puntato il senso della propria vita sui
segni e sui colori sarà stata magari una puntata inutile ma non elusiva e
non insincera G.] FONDAZIONE AMENDOLA AssociaziIoNE LUCANA IN
PieMONTE Carto LEVI MOSTRA D'ARTE DI G. Torino presso la Sala
Mostre dell’Associazione Lucana Levi e della Fondazione Amendola
Con il Patrocinio di Con la collaborazione di REGIONE CONSIGLIO wc I
GALLERIA TORINO olii MIN FEONIE DEL PIEMONTE att Sen DEL
PIEMONTE Quello è stato un biennio segnato dalle notevoli difficoltà
imposte dalla pandemia da Covid-19. Alla luce delle molte restrizioni, la
Fondazione Amendola ha cercato, nel limite del possibile, di proseguire
con le proprie attività di divulgazione e promozione culturale
adattando spazi e metodologie alle esigenze del periodo, rispondendo
all'emergenza coronavirus con iniziative dinamiche e creative, passando
per la fruizione digitale per permettere agli utenti di restare a casa,
come le disposizioni prescrivono, senza perdersi dei contenuti
culturali. Sotto questa prospettiva e, nonostante le molteplici
difficoltà, il lavoro svolto per ricordare l'artista torinese G. è stato
importante. La Fondazione Amendola ha ritenuto opportuno offrire alla
città di Torino e non solo, la possibilità di accedere gratuitamente
all'incontro con l’opera artistica e intellettuale di una delle figure di
spicco del panorama artistico italiano della seconda metà del novecento.
L'iniziativa, di rilievo nazionale, ha permesso di raccogliere artisti e
intellettuali di tutta Italia che hanno collaborato con G. e che tuttora
ricoprono un ruolo fondamentale nella produzione culturale del nostro Paese. Cerabona
Presidente della Fondazione Amendola Studi, Convegni, Ricerche della
Fondazione Amendola e dell’Associazione Lucana Levi Presidente
Fotografie delle opere PROSPERO CERABONA CORONGI Curatore mostra e
catalogo Direttore Responsabile MANTOVANI CERABONA Scritti di
Redazione MANTOVANI, MOTTO, BOTTA, ADRIANO OLIVIERI DOMENICO CERABONA,
FERRARI Progetto ed allestimento MANTOVANI MOTTO, IL RINNOVAMENTO Fotocomposizione EDITRICE
IL RINNOVAMENTO Ente promotore Fondazione Amendola VIDEOIMPAGINAZIONE
GRAFICA DI TESTI E IMMAGINI Associazione Lucana in Piemonte Levi VIA
TOLLEGNO TORINO Si ringraziano per il prestito delle opere e la collaborazione:
Galleria del Ponte (Torino), Civica Galleria d'Arte Contemporanea Filippo
Scroppo (Torre Pellice), Stefania e Testa, Liliana Dematteis, la famiglia
Maggiorotto e tutti gli altri prestatori che hanno preferito restare anonimi.
Si ringrazia Barzan per la realizzazione delle docu-interviste. G. e la
pittura Mantovani G.: la fedeltà alla pittura Motto Da discepolo a
interprete. G. e Casorati Botta Gli occhi fervidi e il sapore di
cenere. G.: Decadentismo, Simbolismo, Art Nouveau Olivieri Opere esposte ARTE
DI VENEZIA GATMAZH TEAOZ GANATOZ XXVI: ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE D
G. BIENNALE Foto Giacomelli - Venezia FOTOTECA
ASA. G. e la pittura. Mantovani Da pittore, G. pone tre
livelli d’indagine; come qualsiasi artista intelligente, se non fosse
che, nel caso suo e di non molti altri, i tre livelli si presentano
specialmente complessi e coltivati con consapevole separatezza e problematica
interconnessione: Il primo livello comporta chiedersi che
pittore G. sia stato e, ovviamente, interrogarsi sulla specie e
sulla qualità della pittura (delle pitture) che ha messo in opera nel
lungo percorso, sicuro e tortuoso, che lo ha impegnato pressoché
ininterrottamente. Il secondo livello comporta mettere a fuoco la
concezione (le concezioni) ch'egli ha elaborato della pittura, in quanto
da critico (e autocritico: nella sua scrittura, l’autoritrattoè un vero e
proprio genere!) si è occupato dell’arte, in particolare della pittura,
conuna intensità, una pervicacia, una curiosità sempre sveglia,
direi aggressiva, in un'epoca provocatoria e insieme minacciata dalla
condiscendente banalizzazione. Ma, forse, il nodo più difficile da
sciogliere è quale rapporto ci sia tra il praticante pittura (è questa
l’arte scrive di sé della quale
ab- biamo, bene o male, una qualche esperienza vissuta e non
crediamo se non ai discorsi che nascono da questa esperienza”, dove si
radica anche la militanza del critico) e il teorico che usa gli strumenti
del filosofo, dell’antropologo, dello psicanalista, dello storico (da
competente, eppure mai imprigionato dallo specialismo? e anche meno
dall’appartenenza) Si può daffermare che ogni suo scritto è occasione per
una autoanalisi. Come, d'altra parte, che l'autobiografia non è mai cronaca
contingente, invece occasione per andare oltre la cosiddetta evidenza dei
fatti, per indagarne radici e proiezioni. G., La pittura, lo spirito e il
sangue, in “Tendenza” Torino, in G., La pittura, lo spirito e il sangue,
a cura di Mantovani, Il Quadrante, Torino; G., Diagnosi del moderno, a
cura di Ruffino, Aragno editore Torino. Gallino, in AG., Atti del
Convegno, Torino a cura di Pinottini. Bulzoni editore, Roma: "Se
l’eclettismo diventa una condizio- ne dell'esercizio dell’arte, è anche
la qualificazione dello status dell’intellettuale, che, in ogni specifico
ambito d'indagine, è sollecitato a non perdere di vista la visione d'insieme
dei problemi. La polemica di G. contro la specializzazione, quale
esclusiva procedura del sapere, risponde a tale regola metodologica.
In- dubbiamente, in ogni attività culturale, è necessaria una
partico- lare competenza, ma, al di là del suo confine, s'impone l'esigenza
del controllo unitario dei suoi esiti e delle sue
interpretazioni”. Ruffino, (Com)plessi galvanici, introduzione a Diagnosi
del moderno, cit.,: “Contro lo specialismo, ... G. sferra una controffensiva
senza tregua e a tutto campo: sul piano pratico, opponendo al tecnicismo la
tèchne (nel suo caso quella pittorica); sul piano morale, opponendo alla
provvisorietà della posa il rigore della presa di posizione (ma mai
irrigidita in partito preso); sul piano estetico, opponendo ai miraggi di
progresso illi- mitato espressi dal Funzionale le ragioni dell’Organico,
capace di suscitare creazioni vive. Interessato “da una parte all'eredità
del tardo romantici- A. G. con Mariacarla e Pino Mantovani, Racconigi per
affrontare la pittura, alla quale riconosce una singolare
centralità. Tutti questi temi mi hanno per decenni accompagnato e
sollecitato. I miei primi interventi su G. pittore risalgono, la
presentazione ad una personale presso la Maggiorotto di
Cavallermaggiore, seconda di una serie dedi- cata ai protagonisti del MAC
torinese; ma già nel marzo dello stesso anno avevo tracciato, con
la collaborazione dei miei allievi in Accademia, un quadro della
pittura degli anni Cinquanta a Torino nel Museo Civico di Casa Cavassa a
Saluzzo’, sulla falsariga delle indicazioni che Galvano aveva for-
nito a T. Sauvage? per una storia ancora regionale dell’arte italiana nel
Dopoguerra; e sul catalogo della mostra Arte a Torino, nel smo e del
decadentismo: Mallarmé e Bergson, ‘esoteristi e filosofi della vita’,
psicanalisi ed esistenzialismo, dall'altra alla severità dello storicismo
crociano e all'esempio del rigoroso metodo critico negli studi di storia
dell’arte Lettore di Klages, di Jung o di Guénon, ma anche studioso di
Kant e di Hegel (G., Perché non possiamo non dirci crociani, in “Numero. Attento
a Freud come a Jung. Curioso delle storie, nel tempo e nello spazio,
pronto a coglierne, nella comune umanità, le differenze e le istruttive
potenzialità. 5 Pittura a Torino, a cura di G. Mantovani, catalogo
della mostra, Museo Civico di Casa Cavassa, Saluzzo. Sauvage (pseudonimo
di Schwarz) Pittura italiana del Dopoguerra; Ed. Schwarz, Milano, il
testo fu ripubblicato con integrazioni e il titolo La pittura a Torino in
“Letteratura”, Torino, successivamente in A. G., La pittura; e G.,
Diagnosi. Arte a Torino, a cura di Bandini, Mantovani, Poli, catalogo
della mostra, Torino salone d’onore
dell’Accademia Albertina, dedicavo a G. l’intervento, anche oltre gli
anni definiti nel titolo. Mi trovo, pertanto, a incrociare in queste
pagine scritti pubblicati in un arco di tempo di circa quarant'anni, con
il proposito, spero non solo narcisistico, di organizzare in di-
scorso unitario contributi sparpagliati e spesso di non facile
reperimento. Proprio dalla presentazione Maggiorotto poi variamente
elaborata per occasioni ulteriori dedicate appunto al MAC, come il
catalogo per la esposizione del MAC torinese sempre curata dalla
Maggiorotto alla Expo Arte Fiera Internazionale di Arte Contemporanea di
Bari, la presentazione del catalogo Albino Galvano, Proferio Grossi,
Luiso Sturla, Artecentro, Milano, fino al saggio sul movimen- to
torinese nel volume per la mostra MAC/ESPACE TORINO È VIa S. GIULIA
TORINO Pre. PARISOT |F. SCROPPO Bollettino «Arte
Concreta. all’Acquario di Roma—mi parlogico cominciare, non
tanto perché uno dei primi approcci al tema
allora potevo anche contare sul rapporto diretto con Galvano, ma
devo dire che la sua disponibilità non era invasiva e tanto meno arcigna
rispetto alle inter- pretazioni che venissero proposte del suo impegno
quanto perché vi si pongono i fondamenti del mio interesse per l'artista
/critico / filosofo. L'incipit che sceglievo allora mi pare sia ancora il
migliore possibile; non mio, intendiamoci, invece proprio di Albino
che Il saggio e rielaborato come prefazione a G., La
pittura, lo spirito e il sangue, cit. Mantovani, Pittori concreti a
Torino, in MAC-ESPACE - Arte concreta in Italia e in Francia, a cura di Canani
e Genova, catalogo della mostra, l'Acquario Romano, Roma, ed Bora,
Bologna. così aveva concluso un asterisco sul Bollettino “Arte
Concreta; “E scopriremo che è un programma [quello del MAC le
cui premesse erano già nei romanzi dei tempi della nonna? Tanto meglio,
almeno avremo evitato l'equivoco più antipatico che grava sull'arte
astratta: che si tratti di cosa moderna 0, peggio, d'avanguardia.
Una fulminante risposta al nemico Borgese che sul Corriere della Sera,
aveva definito A’ rebours di Huysmans, un romanzo, fonte peraltro
di tuttele velleità estetiste dell'avanguardia: fornendo unovvio spunto
polemico non saprei quanto consapevole, nel caso addirittura masochistico
a chi da anni si occupava del rapporto tra le cosiddette
“avanguardie” ela linea dal Romanticismo al Simboli- smo; ma anche agli
amici di Milano che si riconoscevano nel programma di Sintesi delle Arti
pubblicato nello H | FIL sintesi allo
studio b 24 dal 21-2 al i: se ? i fi
5 5! È s7 A. G. riproduzione di Verso
Occidente, Biennale di Venezia stesso Bollettino, che prevedeva “il diretto
concorso di tecnici e artisti, sul piano della stretta collabora-
zione, per il raggiungimento finale d’un concreto il quale aderisca alla
funzione in armonia di colleganza fra il mondo della forma, lo spazio e
l'applicazione pratica dell’opera collettiva”! viva il design, la
grafica e l'estetico diffuso, dunque. Come non bastasse, G. conclude
l'asterisco citato rigettando qualsiasi attualismo:” Che bel giorno
quello in cui potremo lavorare in pace al compito che la storia ci ha
affidato, certi che nonè sulla misura della contingente
attualità L'asterisco, cioè l'osservazione, la messa a punto
marginale è il contributo che Galvano sceglie per intervenire
criticamente liberamente sui Bollettini del MAC (e altrove).
11 E Passoni, Le arti e la tecnica, Arte Concreta, ried.
anastatica, a cura della galleria Spriano, Omegna. che il nostro lavoro verrà
giudicato! Il fatto è che G. non intende escludere tutta la
complessità di rimandi e proiezioni, soggettivi ed oggettivi, che i
linguaggi dell'immagine specialmente quando non siano troppo condizionati
da tecniche o ideologiche motivazioni si portano dietro e dentro, e che,
del resto, la cultura moderna indaga con particolare impegno e
analizza con rinnovata strumentazione, mentre altri linguaggi
dell’immaginario—la poesia, la narrativa, lamusica stanno sperimentando a
tentoni forme “nuove” (o vecchie !? o antiche, al punto d’essere originarie.
Neppure, d'altra parte, egli intende abbandonare la pittura come linguaggio
specifico, proprio quella tradizionale (tela, carta o qualunque
supporto piano, disegnoe colore, gesti e tracce a formar figure); per
quanto metta in conto uno spostamento dall’iconico all’aniconico, dal
descrittivo all’evocativo, dall’allusivo all’emblematico, dal geometrico
al rit- mico al gestuale; ciò che non precluderebbe peraltro “la
possibilità di uno scambio e di una penetrazione sempre possibili
nell'esercizio di una lettura figurativa per elementi, segno, colore,
movimento, materia ecc. Confessiamo di essere segretamente d'accordo con
Borgese [quando invita a rileggere A’ rebours]. Perché l'essere agli
antipodi [delle scelte di Huysmans e delle preferenze in pittura del suo
eroe Des Esseintes] è troppo vitalmente legato a ciò che rifiuta per non
riprenderlo su di un piano meno esterno: e le citazioni dalla Blavatzky e da
Steiner del Kandinsky della ‘Geistige’, l'appartenenza a circoli
teosofici di Mondrian giovane, il fatto che uno dei primi scritti
italiani sull'arte astratta sia di J. Evola sono ben significativi di un
rapporto ambivalente — di rifiuto per la ca- rica letteraria, moralistica
o immoralistica, del simbolismo speso alla spicciola nell’allusività
delle immagini e della messa in scena, e insieme di accettazione di quel
gusto di allusioni e suggestioni, di segrete corrispondenze tra immagini
e speculazioni che nelle sue due facce: sensualmente umbratile l'una,
simbolicamente intellettuale l’altra hanno ostinatamente tentato di aprirsi
una strada — sia pure affidandosi alla romantica barca ‘ebbra’- dalle varie
forme di resa alla prosasticità del realismo”. Ancora dall'asterisco
citato di G. in “Arte concreta”. Azzardo un'ipotesi (certo suggestionato dal
recente catalogo della mostra La regione delle Madri. I paesaggi di
Osvaldo Licini, Elec- ta, Milano, in particolare dal saggio di
Bracalente, Licini oltre la geometria: una primordiale genesi del mondo):
che Galvano non abbia ignorato “Valori primordiali”, e in particolare
l’opera di F. Celiberti, anche lui proveniente da studi di storia delle
religioni, tanto importante per Licini proiettato dalla fine degli anni
Trenta oltre la geometria, specialmente nell’incrocio tra teosofia,
esisten- zialismo e fenomenologia (Paci e Banfi), e per comuni interessi
per Spengler, Klages, Guénon ... e per l'alta poesia romantica.
Dipingere con colori e pennelli ... è stata una costante del mio lavoro
nei suoi vari cicli, anche quando come spettatore ho pregiato e difeso
esperienze varie e opposte. Ma è certo che, se è venuto via via
recuperando alla mia pittura quell’attaccamento alle gidiane nourritures
terrestres che confessa- vo in un altro mio scritto, nei quadri qui
presentati esse hanno perso ogni ghiottoneria che non sia quella
dell'occhio contemplan- te: in bocca è solo sapore di cenere. Ciottoli,
fossili: l'eco della vita in ciò che non ha vita o non l’ha più. G.,
Autopresenta- zione della Personale, Piemonte Artistico Culturale,
Torino). Libretto di iscrizione a magistero. non diversi da
quelli che consentono la valutazione di ogni buona pittura”! Perfino le
‘’ giuste ragioni” concesse ai concretisti milanesi sembrano far parte
di un gioco alquanto provocatorio, portando il discorso dal livello
tecnico a quello culturale ed etico, di una eticità sempre esposta, in un
certo senso negativa (“demoniaca”, nella cultura occidentale, di
radice inevitabilmente cristiana anche nella più spinta laicità). Firmando
con Biglione, Parisot e Scroppo quello che a ragione o a torto è
considerato il manifesto del movimento torinese, G. aggira gli
ottimistici programmi dei milanesi, espressi nei manifesti dell’ Arte
Organica, del Macchinismo, del Disintegrismo, dell'Arte Totale!’
che sanno ancora tanto di Futurismo, e dichiara che carattere essenziale
nella scelta dei nuovi adepti è la “responsabilità liberamente assunta
sul limite più impegnativo ... di lotta contro ogni conformismo e
pigrizia intellettuale” nel campo della pittura come in diversa
applicazione estetica e pratica, senza compromessi e “senza pudore”. Il fatto è
che G. (e G., presentazione della collettiva, Bordoni, G., Jarema,
Parisot, Scroppo, Galleria del Fiore, Milano Cfr. “Arte Concreta L'unico
atteggiamento ragionevole è quello di lavorare attendendo colla sincerità di
chi sa che lo spirito ama le posizioni estreme ed attive, non i
compromessi”. (G., L'evasione, in “Il Selvaggio”, 15 gennaio 1940,
ripubblicato in G., Diagnosi del moderno (cur. Ruffino). con lui Parisot,
Scroppo, Montalcini, Biglione e Carol Rama, per nominare tutti i torinesi
che aderiscono più o meno convinti al MAC)ha dietro le spalle una ventina
abbondante d’anni di lavoro non ovviamente mirato allo sbocco astratto.
Basta pensare alla frequenza orgogliosamente esibita fino
all'ultimo della scuola di Casorati (sul quale elabora un importante
saggio che punta non poco sulla stagione simbolista sull'argomento si
rimanda all'intervento in questo catalogo di Botta), al rapporto
con il neoimpressionismo dei Sei, in va- riante espressionista; al fatto
che egli medita, continua a meditare sul significato e sul valore della
scelta moderna”, essenziale, inevitabile, ma problematica nelle
ragioni, nei modi, negli obiettivi; infine, che ha una formazione teorica
e storica — aggiungerei una struttura psicologica ed una educazione — che
non gli consentono di utilizzare a cuor leggero la strategia del
manifesto, di ascendenza futurista, e in genere le dichiarazioni
programmatiche!8: una questione di carattere e di stile oltre che di
metodo e di cultura. Del resto, G. affronta il tema in testi
antecedenti di alcuni anni, ne utilizzo uno in particolare: La pittura,
lo spirito e il sangue”, che uscì nel 1946 sul primo ed unico numero
della rivista “Tendenza”, nell’ambiziosa prospettiva dei direttori
responsabili — lo stesso G. ed Oriani — Rivista mensile di Arti figurative. Certo
esistono di G. saggi più importanti come quelli che elenco
innota?°, dove il tema è affrontato con argomentazioni analitiche e
storicamente complesse, ma continuo a trovare snodo esemplare nella
vicenda dell'artista il brevesaggio citato. Anche la data è importante, a
guer- Il dubbio, lo scetticismo, l'ambiguità come tensione fra op-
posti sono fondamenti del suo metodo, che non è irrazionale, invece di un
razionalismo critico che mai cede allo schema ideolo- gico o alla rigida
consequenzialità. Nonacaso ho scelto il titolo del saggio come titolo per
la citata Antologia di G., edita dal Quadrante, Torino. Diversi saggi di
grande respiro, G. pubblica negli anni immediatamente successivi alla
seconda Guerra mondiale. Elenco in ordine cronologico quelli ripubblicati
sull’Antologia citata, consenziente l’autore: Aspetti del problema
estetico dell’esistenzialismo, Atti del Congresso internazionale di Filosofia,
Castellani e C ed., Roma;
L'esistenzialismo, a cur. Castelli ZUBIENA (si veda), Milano; Storicità e
significato dell’arte “astratta”, in Archivio di filosofia”, Milano, “Galleria di Lettere ed Arti;
Medioevo e Romanticismo, “Questioni” n. 2, 1955; Vita e forma in alcune
ricerche di estetica contemporanea, Atti del IIl Congresso In-
ternazionale di Estetica, Venezia 1956, edito dalla “Rivista di Esteti-
ca”, Torino 1957; Le poetiche del simbolismo e l'origine dell’Astrattismo
figurativo, Studi in onore di L. Venturi, Roma. All'elenco si aggiungono
i saggi pubblicati in successive occasioni: in partico- lare sul catalogo
della Antologica postuma: Omaggio a G., a cura di Fossati, Garimoldi, M. C.
Mundici, catalogo della mostra, Circolo degli Artisti, Torino e, con
scelta assai più ampia ma ancora lontana dalla completezza, sulla recente
antologia: A. Galvano, Diagnosi del moderno, cit. ra appena finita;
come significative le collaborazioni, che elenco per segnalare la
ricchezza e la varietà dei contributi, intesi a coprire in tutta la loro
estensione le cosiddette Arti figurative: C. Mollino e U. Mastro-
ianni, Monumento ai Caduti per la liberazione d'Italia; R. Chicco, ... et
le tableau quittè nous tourmente et nous suit; I. Cremona, Dal cannone
alla Secessione; A. Dragone, Disegni, acqueforti e acquerelli di Bozzetti;
Oriani, Costa; Mollino, Gusto dell’Architettura organica; O. Navarro Il
messaggio della cultura; ancora G.,
Woyzeck di Biùchner, Oriani, Breve discorso su due films di Cocteau.
Aggiungo e non è un dato secondario—dopo una pagina redazionale,
quindi d’Oriani che proviene dall'esperienza futurista” e dello stesso
Albino “che proviene dal purismo casoratiano e dal neoimpressionismo
venturiano”, dove si rivendica, dalle due parti inconciliabili (ma
l’inconciliabilità è segno di forza, di utile tensione) la gratuità
dell'atto creativo rispetto alla riflessione critica, e l'autonomia del
giudizio critico rispetto alle generalizzazioni dell'estetica, in un
tempo storico che minaccia di deludere chi aveva sperato che la fine
del regime politico e culturale comportasse il recupero pieno della
libertà e la sua pratica esplosiva. L'avvio del saggio è forte, al solito
compromesso, e ancora una volta lo propongo. L'appello della pit-
LA PITTURA, LO SPIRITO E IL SANGUE L'appello della pittura risuona dal
profondu del nostro sangue ancora
con quell’urgenza — come nei quindici anni quando sostituiva in camuff:imenti
impegnati sino alle estreme ragioni della possibile azione, gli slanci
religiosi o i presentimenti sessuuli. Ma le vie dell'Eden sono perdute, e
sarà vano lo sforzo di ricostruire un itinerarioche approdi al- l’innocenza
d'allora, che vi riscatti la sin troppv chiara coscienza del carattere
composito e compro. messo di ogni atto umano che non sia di
rinunzia: il peccato fondamentale dell’arte. Invano da anni
l'estetica crociana, non per nulla irritata coll’uomo pascoliano troppo chiaramente
preanunciante le scoperte freudiane {e contro Freud i erociani si
armeranno della più ipocrita in- comprensione) cerca di riprendere e di
legittimare, con la sterilizzata convinzione del carattere « teore.
tico» dell’arte, il troppo scoperto alibi kantiano del « bello come simbolo del
bene morale. Credo siu venuto il momento di confessare schiettamente che
il bello, proprio questo bello artistico che ci brucia sin dalla
giovinezza ogni possibilità di rassegnazione e di conformismo, è
piuttosto il simbolo del male morale. Tanto, anche eticamente. dla questa
franchezza non perderemo nulla. Soltanto Nietsche ha insistito con
sufficiente chiarezza su questo carattere, profondamente vitale e perciò
profondamente « immorale » dell'attività artistica: contro il quale assai
poco mi paiono va- lere le due obiezioni che implicitamente o
esplici- tamente vengono mosse dagli idealisti e dagli spiritualisti. Se
per i crociani ma credo che in GENTILE (si veda) l'implicita ammissione,
inevitabile data l’identificazione di arte e sentimento e
l’inseparabilità dell'agire dal conoscere, di quanto sì è detto,
fosse più che sospettata dall'autore anche se la reto. rica di cui
sempre fu ammalato gli impedì di ammetterlo in termini chiari; che tuttavia non
mancano nei più diversi fra i suoi seguaci o avversari- seguaci: dal
primissimo ABBAGNANO (si veda) disciogliente tatto il reale in
irrazionalità, appunto con una reductio ad absurdum dell’attualismo, ad EVOLA
(si veda), a SPIRITO (si veda) se per i crociani, si diceva, la
scappatoia di ridurre l’arte a pura conoscenza, giocando sul doppio ruolo
confuso insieme del- l’« intuizione » permette di evitare lo spinoso problema,
i recenti spiritualisti ma anche fra di. loro Stefanini, ad esempio,
ammettendo una insufficienza dell’arte alla vita pur nella auto- ì enza
in ordine al proprio valore peculiare, finisce collo svalutare moralmente
l’arte candidamente invece sermoneggiano sulle comuni radici del bello e
del buono (nel secolo scorso queste niaiseries di solito avvenivano su di
uno sfondo ontologistico vagamente giobertiano, oggi lo gnoseologismo
idealistico generalmente è rispettato anche dagli spiritualisti che
dell’idealismo dovrebbero esser avversari) e ci avvertono che il tormento
dell'urtistu che insegue con il diuturno lavoro il fan- tasma che sempre
gli sfugge è profondamente morale! ; Dio volesse che fosse
veramente così. E che si potesse sul serio sperare che all'artista, dopo
la conquista su cui ha tutto giocato, della propria immagine, fosse
anche riservato per soprappiù il paradiso delle religioni e delle
etiche! Sarà meglio invece guardarci chiaramente in faccia e
chiederci se veramente per il puradiso provvi. sorio della bellezza non
giochiamo la salvezza della nostra anima
ammesso che «questa espressione abbia un senso: quello cristiano,
+ quello di una etica laica ma generalmente è cripto-cristiana
anch'essa riconoscere per che cosa abbiamo scommesso; chè le conseguenze
del nostro pari atiche se lo avremo
perduto non diventerunno duv- vero peggiori per quest’atto di
franchezza. Rimane inteso che su questa rivista, che non è
dedicata a studi filosofici, non potremo farlo che sotto l'angolo della
pittura; ma poichè è questa arte della quale abbiamo, bene 0 male. una
qual che esperienza vissuta e poichè d'altra parte non crediamo se
non ai discorsi che nascono da questa specie d'esperienza, la cosa non
sarà fuori posto. La coscienza rimane inquieta. E poichè
sente che tutto nel problema implica la discussione delle RAMA
Disegno Da «Tendenza, disegno di Rama. tura risuona dal profondo del
nostro sangue ancora con quell’urgenza
come nei quindici anni quando sostituiva in camuffamenti impegnati
sino alle estre- me ragioni della possibile azione, gli slanci
religiosi o i presentimenti sessuali”. Geniale, perché collega
direttamente, intimamente la pittura (ma in genere i linguaggi creativi)
alla natura, al sangue appunto, affermando “il carattere profondamente
immorale dell'attività artistica” già sostenuto da Nietzsche,
negato o perlomeno arginato invece da Idealisti e Spiritualisti; e
insistendo sulla presenza di una volontà non risolta nella pura
contemplazione, né risolvibile, dato ilsuo orientamento verso l’immagine.
La cosaè particolarmente evidente nelle arti figu- rative e la multiforme
e aperta a direzioni divergenti attività ne è il paradigma. Ed è appunto
ciò che è sfuggito all’idealismo, a causa della artificiosa
distinzione di teoretico e di pratico, come al confusionismo attualistico che
confinando l’arte nella sfera dell’immediato sentimento cade di fatto in
un troppo semplicistico naturalismo. La distinzione fra teoretica e
pratica è certo valida, ma all’interno di ogni singolo atto spirituale
nella sua integrità, ché la vita spirituale presenta questi due aspetti
come facce sempre distinte, sì, ma sempre inseparabili.
Conclude G. (e in questa direzione trova sostegno nella
fenomenologia di Alain?!, ne “L'Immaculée Conception” dei surrealisti e in
Breton, più che nella poetica di Valery, almeno quando troppo
insiste sul pieno controllo cosciente dell'artista nell’elabora-
zione dell’opera): ‘Qui bisogna pensare ad una volontà tutta inconscia,
individuante e non ancora individuata (come Schopenhauer presente) e
ad unopposto momento rappresentativo che solo giustifi- ca il
valore estetico dell'immagine raggiunta negando nel sogno l’ebbrezza del
movimento fisiologico. Con un salto di parecchi anni, de La
pittura, lo spirito e il sangue ad una autopresentazione Utilissimal’ampia
citazione in proposito da uno saggio inedito di G., riportata da Garimoldi G.:
progetto di una nuova cultura, in Omaggio a G. In Alain ovvero Chartier]
l'accento cade molto più che nell’estetica idealistica, sul momento del
fare che su quello del conoscere, e sulla resistenza del mezzo sentita
come condizio- ne positiva ed essenziale al sorgere del fantasma
artistico, fanta- sma che non sarà più un'immagine al tutto congiunta a
priori ad una materiale estensione che la traduce, ma che sorgerà
insieme all'atto di esecuzione e che soltanto a posteriori rispetto a
que- sto avrà la sua concretezza. L'opera non nasce nella testa o
nel cuore, nell’intelletto o nel sentimento, per poi essere realizzata
nella pietra o sulla tela, ma, direi, nel vivo pulsare del sangue al
polso quando questo gioca le resistenze e le tensioni, gli scatti e le
flessioni del pollice e della mano nell’urto con il resistente ma-
teriale. La scultura e la pittura sono meno la realizzazione visiva di
un'immagine mentale che la materiale traccia lasciata da un gioco di
ritmi fisiologici. È in particolare Merleau-Ponty (AUSTIN HATED HIM – GRICE –
after Royamount_ a sviluppare il tema, per esempio negli studi dedicati a
Cézanne. lino Vieeate colla (o crlize pus (olenda,
cuni (aza sr net&uk' a fr suina und la gut rin % NAM (dA Pene
più 0 me0 Ara la rr tn he Ut forata ME TISHOI: RE Peas LA LALA
Les al caso TU fi e fa dii Lo val poco comi pila
est; ua dn AA Prima pagina della lettera di A. G. a Adriano
Villata. — scritta a mano “quasi si trattasse di una lettera
destinata solo all'amico [il “Caro Villata”, gallerista], nella quale ci
si può confidare e divagare come l'umore o la nostalgia suggeriscono” —,
G/ ritorna sul rapporto fra il concepire e il fare, tra il fare e
il decodificare il senso in più o meno risolutive lettere; ancora una
volta mettendosi in gioco, ma senza alcuna intenzione di assumere valore
esemplare o chiedere scusa 0 simpatia, esponendosi in tutto lo
spessore di sensibilità e intelligenza, di impossibilità (a meno
che non si scelga o si accetti la rinuncia) di sottrarsi all'impulso
profondo. E anche senza compiacimento narcisistico: ci si esprime non per
coltivare l'emozione ma per darne testimonianza e, per quanto
possibile, esporla a sé e ad una analisi non priva di crudeltà,
comunque oggettiva. È interessante seguire il filo del discorso, che
nella scelta del tono dimesso non è meno teso del solito. Prima
motivazione del movimento pendolare tra pittura e scrittura, così esposto
al giudizio e all’ironia dei colleghi dell'una e dell'altra banda:
l'appartenenza “ad una generazione [quella di Cremona, di Maccari,
di Mollino, per restare tra amici] e ad un ambiente Ripubblicata in G., La
pittura, lo spirito e il sangue.; e in G.,
Diagnosi del moderno, cit., All'inaugurazione di una sua personale.
in cui questo male, se male, era quasi una ragione d’orgoglio. Era la
generazione dei nati all’inizio del secolo, che raccoglieva dai
protagonisti del rinnovamento dell’arte (secessionista o avanguardistico,
rappresentato per Albino, in primo luogo e per sempre, dal maestro Felice
Casorati), una eredità che era non meno di esperienza materiale che di
elaborazione intellettuale, un atteggiamento aperto, anzi tentato
da molteplici contraddittorie curiosità e linguaggi espressivi (ma il
quasi suggerisce l’affacciarsi di qual- che incrinatura nella certezza
adamantina esibita dai predecessori, forse anche per il confronto
inevitabile con una generazione successiva che tornerà a proporre
arroccamenti specialistici). Seconda motivazione. Tutto quantohai
odiato o amato nei giochi e nella noia dell'infanzia alimenterà
peruna vita quanto produrrai, buono o meno chesial. I nutrimenti terreni
avranno un bel essere filtrati in parole, in segni e colori, in note, in
spettacolo, il loro repertorio non muta, non lo hai scelto, ma ne
sei stato scelto, e tu sei quello che essi ti hanno fatto, la tua libertà
non può consistere che nell'essere loro fedele sino alla fine, libertà di
adesione non di ripudio, e libertà nella misura in cui con il tuo
ripensamento e il tuo scavo li trasformi da passivo esser fatto in
attivo assecondamento della sorte che essi ti hanno assegnato, in
obbiettivazione in cui il loro oscuro sgorgo, la loro inconscia matrice,
si chiarisce nell'opera, nel segno formato e consegnato all'oggetto che
ti rivela agli altri e in cui assumi responsabilità di confessione e
di 10 proposta”. Insomma, è proprio il rilancio dal
fare al pensare e dal pensare al fare che definisce una identità
intuita come destino e accettata come scelta. Ma se rimane “ovvio”
il rapporto fra i nutri- menti terreni e ciò che uno diviene e fa nel
tempo, è anche vero che “una immagine retrospettiva di sé è sempre
un’interpretazione che porta il peso della mutata identità
dell’interrogante, del penoso carico di nostalgie, ricordi, rimpianti e
rimorsi e ogni interpretazione, specialmente nell'impegno
auto-biografico, è anche una falsificazione”, per quanto cerchi di
evitare tanto l’apologia ideologica quanto la “disgustosa e mimetica”
confessione personale. Giusto nel mezzo, fra le due citazioni (è il caso di ricordare che è il tempo
della svolta neodada e pop che mette in crisi e addirittura annichilisce
alcuni dei pittori più convinti), G. mostra d’avere di questo destino
ironica e malinconica ma anche dura consapevolezza. Del fallimento egli
tesse un sistema, secondo i miti di Prometeo e Sisifo, riscoperti
come”moderni” dal Romanticismo all’Esistenzialismo. “Finis
picturae? Il punto si identifica con questo estremo di coscienza
contraddetta e irritata: la certezza che la via senza uscita dell’arte
oggi non ha nemmeno l'alibi della professione, del successo, del
guadagno, ma soltanto il fascino senza illusioni di una fedeltà a
un impegno individuale, quasi di una scommessa con la propria
intelligenza e con la possibilità e i limiti del nostro stesso
temperamento!”. Diventano così esemplari l’ultima e penultima
produzione di G. pittore, alla quale viene dedi- cata in questa mostra
una intera sezione con i ciottoli le foglie i frutti, i relitti,
proseguita con “i paesaggi (rocce, alberi, isole), i nudi, le
macchie[|...]”:esemplare neltentare una trascrizione di archetipi,
congelati inluoghi comuni della pittura, tipi, generi e maniere (il
fascino baudeleriano dei luoghi comuni! Ma già muovevano nella stessa
direzione ireos e cespugli d'iniziotracce che regrediscono
attraverso lamemoria nella gesticolazione elementare e prima i segni
asemantici, prima ancora (siamo nella seconda metà dei ‘60) le bandiere,
i nastri, i nodi e così via: tutte figure emblematiche, primarie e
coltissime, che niente hanno a che fare con la semplificazione, la
banalizzazione pop. La pittura ivi coincide con la costruzione delle im-
magininominabili (nona caso varianti dell'icona della cosa, anzi del
frantume, astratta da qualsiasi contesto, su un fondo bianco che è il
segno di una definitiva separazione dallo scorrere fenomenico), e insieme
la pittura è automatismo oggettivo, registrazione fredda della
emozione costruttiva (se non creativa): infatti presentata tipicamente
come nodo, descrizione dell’a- G., La pittura a Torino, cit.
»m®) da cor. 4 È ut me rematori E ua Br su :
Pa ù LE a Con Gorza a Palazzo Te, Mantova
zione dell’annodare, avvolgere, intricare-intrigare, 0 dello sciogliere e
liberare (vedi la bellissima immagine scattata, credo, alla galleria
Martano). Ma è tutta la vicenda di G. pittore e critico che
val la pena di ripercorrere in mostra, sia pure per cenni e con
discutibili tagli. Danotarel’uso ch'egli fa dell’insegnamento
casora- tiano: del maestro, G. non assume passivamente il
platonismo, consapevole che il rapporto di Felice con la pittura è dal
principio e resta nel tempo un rapporto decadente, che diventa eticamente
sano e formalmente classico solo per un atto di volontà tanto mirabile
quanto falsificante; sarebbe meglio dire critico, con vettore opposto,
sia pure, a quella che sarà la scelta di G.. Che il travestimentosia
storicamente giustificato su un modello rispettabilissimo come
quello gobettiano, non vuol dire che la sua sostanza più vera non
debba essere riconosciuta nonostante, attraverso la corazza ideologica e
formale ritrovando il nucleo profondo, ’malato”ma straordinariamente
vitale. Di G. è da approfondire l’espressionismo che del
resto condivi- de con altri della sua generazione: Nella
Marchesini, Montalcini, Martina, Cremona, Rama. In tal senso ci si
potrebbe chiedere che peso abbia avuto, localmente, Spazzapan che
esaltava l'ispirazione e deprecava l'istinto (viene in mente la
teoria di Klages, che insiste sulla attrazione magnetica traimmagine e
“anima”, ben distinta, l’anima ispirata e creativa, dall’istinto che è
del corpo, come dalla volontà decidente e dotata di facoltà riflessiva
che è dello spirito”); e anche Levi, l’unico dei Sei che partecipi
intimamente all’espressionismo europeo, e, fuori sede, i romani, Scipione
in particolare al quale Albino dedicò una bellissima recensione, che
è lo stesso anno della prima edizione del Casorati. In un saggio
intitolato Perché non possiamo non dirci crociani, in “Numero G.
sottolinea che la sua generazione “decadente” deve a Croce specialmente
questo: d'essere stata messa nella condizione di “accettare senza
malafede e senza rimorsi i dati di quella cultura di tardo
romanticismo che, così feconda quanto a ricchezza e sottile
sensibi- lità di ricerche particolari, tanto si è dimostrata incapace di
una sistemazione totale... [insomma di poter essere] decadente malgrado
Croce, grazie proprio al riscatto che il metodo crociano offriva”. Che è
un modo ottimo anche per comprendere come coerenza di sistema e
incoerenza pragmatica siano in G. strettamente congiunte in dialettica
tensione: la coerenza consistendo nella allarmata coscienza critica,
nella responsabilità che non può consentirsi “nessuna comoda complicità”,
l’incoerenza nell'essere ogni scelta un esito che, per quanto imperfetto,
è sempre compromesso e rappresentativo. Come a dire che la vitalità
della ricerca costituisce un valore, non meno che l'aspirazione ad una
sistemazione che finalmente rappresenti una “identità”, forse meglio “la
libertà di essere identici al proprio destino”. Perciò G. non
intende, tanto meno come pittore, tagliare i ponti col passato (il suo
passato, oltre che la storia); invece semina il cammino di tracce, di
residui, vorrei quasi dire fisiologici, di lapsus, così che in ogni
momento il cammino sia ripercorribile o almeno riconoscibile, ma
anche sostituibile. Egli, in effetti, sa che nulla va distrutto e non
consuma sacrifici liberatori. Per lui in particolare (adatto il titolo di
un importante saggio), La sublimazione astrattista non liquida
l'erotismo del Liberty, semmai ne prende le distanze, per poterlo rimettere
in circolo, come in un processo alchemico in perenne rinnovamento.
Così G. passa necessariamente da un con- cretismo geometrizzante,
che di fatto ironizza ma non banalizza - la geometria come privilegiata
ma- G., Per un'armatura, Lattes, Torino
nifestazione della razionalità e della chiarezza, ad un
concretismo informale che libera la possibilità di una pittura scritta
usando il campo come tabula rasa 0 pagina intonsa, dove il gesto può
scorrere ed intricarsi, e/o come dimensione praticabile in tutto il
suo spessore magmatico, a sua volta ironizzato dalla scoperta di una
ritmica, di una metrica essenziale. Come adire che è nella pittura
nell'arte chesi realizza, assumendo evidenza di mito visivo, feticcio
laico, l'unico progetto possibile senza illusioni razionaliste e
moralismi ideologici. Un momento certamente fondamentale,
sarei tentato di dire il perno sul quale ruota il resto è quello: quando
la natura del gesto s'incontra felicemente conlo schema, generando una
concrezione araldica, l'intenzione simbolica con il simbolo ricono-
sciuto nella memoria collettiva; ennesima variante della tradizione
dell’ornato, raccolta e riavviata dal Liberty: insieme puro gesto e
automatismo assolutamente impuro. In questa mostra, il momento avrà
adeguata evidenza. Ma è anche vero che Galvano si guarda bene dal
protrarre artificiosamente quel momento (diciamolo pure, straordinario,
quasi senza confronto in Italia), tanto che si prenderà negli anni
immediatamente successivi una pausa di riflessione che produrrà anziché
pittura saggi teorici che culminano in Artemis Efesia, per
riprendere il filo (la matassa) della pittura con proposte (in apparenza)
assai differenti: le bandiere, i nastri, 1 padiglioni, gli anelli di
Moebius. Che cos'è la pittura per G., allora? Scrive di lui l’amico /
avversario Argan, che ha scommesso sul progetto ideologico, vincente almeno per
un certo periodo storico: “Egli non risponde una volta per sempre, con
una definizione filosofica: infatti ciò che vuol sapere è che cosa
sia la pittura in questa precisa condizione della cultura, della
coscienza, dell’esistenza, e quale sia il suo grado di vitalità, quali le
sue possibilità di sopravvivere in uno spazio ogni giorno più
ristretto. Non gli si potrebbe dar torto, se non fosse che
proprio l’opera e ciò che la sottende, l’opera come atto critico, questo
è appunto il suo contributo filosofico, e anche la sua testimonianza
sapienziale, che trascrivo da una autopresentazione: Dunque la
pittura, una meditazione sulla morte imminente o il recupero della gioia
ottica nello spazio ripercorso in termini di colore e di luce, sia
pure della luce irreale della memoria e del sogno? O la scenografia di
ambigue emersioni dall’inconscio? Davvero non saprei dirlo, e, forse, è
inutile porsi le domande. Forse anche soltanto la monotona
iterazione Argan, in catalogo della personale, Galleria Unimedia,
Genova G., Autopresentazione, in catalogo della mostra, Piemonte
Artistico Culturale, Torino di una passione per il dipingere, che ripercorre
con insistenza sigle che non è più capace di vivificare colla
curiosità e il gusto avventuroso della giovinezza”. Tante pitture,
allora, e però tutte mirate ad essere presenza di pittura e non
illustrazione di concetti. Pittore concettoso, a volte, mai concettuale
nel senso di illustratore di concetti: aggiungo, nel segno di una
ineludibile, per quanto mascherata vocazione poetica.” Si deve citare,
almeno una volta, Sanguineti, allievo e amico, grande estimatore di G. Mi trovo
forzato a pensare che, alle radici del lavoro di G., come artista e come
studioso, stia un'immagine è la parola giusta che accenna all'uomo
come animale che è capace di immagine. E dunque un’antropologia fondata
sopra la facoltà della visione, In formula perfetta, a conclusione
di Storicità e significato dell’arte astratta, G. precisa. L'opposizione
affermata da Mallarmé tra la concretezza della vue e l’allusività delle
visions, l'affermazione di Alain che il poeta è l'opposto del
visionario perché sa di non vedere sino a che la mano non abbia realmente
costruito nello spazio l'oggetto che la passione progettava, sono
divenute nella co- scienza del pittore concreto l'imperativo di una
scelta tra il peso della memoria e la libertà pericolosa di una
iniziativa tutta affidata al risultato”. Garimoldi, nel saggio più volte
citato, sottolinea che G. pone come centro dell’arte l’insoluto rapporto
fra espressione ed enigma” (che cosa di più chiaramente collocato
sulla linea romanticismo-simbolismo come la vede Albino?), citando una
autopresentazione del La seconda parte di questo scritto elabora
liberamente tre testi: in ordine cronologico, Témoignage de notre dignité,
in Figure d'Arte, artisti a Torino, cur. Balzola, Cavallo, Ghinassi, Mantovani,
Alberti ed., Pescara; A proposito del pittore Albino Galvano, in
Attraverso il Novecento. G. a cura di Pinottini,
Bulzoni ed., Roma; G. pittore, catalogo della mostra, Galleria del Ponte,
Torino Sanguineti, Contro la ragione, “La Stampa Un saggio singolare, dove Sanguineti
è figura nodale nella messa in circolo della linea liberty; linea che
Casorati, Cremona, Mollino e G. avevano mantenu- ta viva con originali
apporti nella prima metà del secolo, è L'altra faccia della luna Origini
del neoliberty a Torino di Elvio Manganaro, Libria ed., Melfi. Al saggio
citato si deve la conoscenza di un testo di G.: Processo alla pittura in “Il
Selvaggio, che dà originale contributo alla interpretazione della vicenda
artistica della sua generazione, che “si gioca tutto nello spazio che
separa le Uova da quelle, o tra l’”Icaro senza ali e le ali senza volo
del Sogno, di Casorati naturalmente, perché proprio Casorati è appartenuto
paradigmaticamente ai due mondi quello della figlia di Iorio e quello
della Jeune Parque. Manganaro, L'altra faccia della luna. G., Storicità Garimoldi,
G Progetto di una nuova cultura, in Omaggio. Si dà arte solo quando il non
differente operare a fini strumentali o di puro edonismo è impedito
e stravolto dai sedimenti di una vicenda individuale che
s'insinuano e dominano dove pretendeva condurre il gioco la razionalità
del progetto decisionale. A questa condizione in ogni tempo si è cercato di
opporre la dignità dell’autocontrollo, certo vanamente, ma anche
proficuamente perché la possibilità di coinvolgere gli altri non consiste
se non nel pun- tualizzato istante di tensione in cui lascia
materiale traccia di segno o di tocco quel gioco d’insidie;
l'istante in cui l’inspiegata vicenda interiore si fa immagine ed EMBLEMA
Con Bartoli a Palazzo Te, Mantova, La discutibile scelta di privilegiare la
pittura come via di accesso alle molteplici attività di G. obbliga a
segnalare gli autori che affrontano il caso con particolare intelligenza e
puntuale CULTURA FILOSOFICA. Sanguineti, in catalogo Antologica; Tessari,
nello stesso catalogo, e G. e il mito, in Figure d'Arte, Carchia,
Prefazione a Artemis Efesia, nella riedizione, cit.; Fossati, Autopresentazione, mostra personale,
Galleria Weber, Torino Garimoldi, M.C. Mundici (a cura di), catalogo
della mostra al Circolo degli Artisti; A. Balzola, G. e D'Adda:
l'immagine matrice, in Figure d'Arte; Gallino, e Salza, G. e Jung, in G. Ruffino,
Introduzione in G. Diagnosi del moderno, A parte, segnalo il “ritratto”
che ne fa Fossati, presentando Omaggio a G.; e le memorie che in circa
trent'anni di colloqui non di rado centrati su Casorati, Cremona e G. si puo
raccogliere da Gorza, l'unico artista di generazione successiva che per
cultura e gusto potesse essere accostato a G.. È proprio Gino a volere
una mostra comune con il significativo titolo di Sincronie a
Mantova in Palazzo Te; riannodando il filo della presentazione che Albino
gli aveva dedicato dieci anni prima, per l’Antologica nello stesso
luogo. Si ricorda all’inaugurazionela presenza di Bartoli,
documentata anchein una fotografia dove il geniale interprete di Licini
sembra inchinarsi al geniale interprete di Artaud. Più recentemente,
sempre al Te, una giornata di studio dedicata a Bartoli è stata
anche l'occasione per rievocare la figura di G. con Tessari. Anche
Tessari è mancato. Prova di ritratto e un Uomo riservatissimo,
comea volte chi non si neghi alla mondanità, anzi se la imponga come
esercizio. La leggendaria disponibilità, senza ombra di debolezza, realizza
una delle forme più aristocratiche dell'etica, per discrezione in
maschera di rigore professionale. Essenziale un fondo di malinconia, come
misura di una perdita irreparabile, e di nostalgia per una totalità
irreversibilmente frantumata. Tra distacco soggettivo e oggettiva
commozione scorre l’impurità di un continuare a vivere, si scrive
in tracce stenografiche il diario di un sedotto e di un seduttore
per forza di un gentiluomo piemontese. Sensualissimo lettore;
scrittore capace di costruire macchine logiche come trebbie di tortura, e
di avvolgere in sontuose inestricabili ragnatele (costante una
specie di dolcezza, cui tanto meno resistono rigidi baluardi):
trascurabile vi è l'inganno, perché la circonvenzione è ignobile,
specialmente d'incapace. Come un dovere coltiva il diletto: su
questo piano potrebbe essere magistrale se non fosse troppo fine e
pericoloso un tal modello. Nel suo sistema, la pittura rappresenta il
concreto. Distratto semmai da irridu- cibile curiosità, non è mai
astratto. Ireos, sassi e conchiglie sigillano una storia sostanzialmente
coerente, perché osano confronto con il principio e la fine: così su una
pietra tombale si posano cose e il tempo vissuto, relitti nudi, epifanie
senza velo. Omaggio a G. Catalogo mostra antologica, Palazzo Chiablese,
Torino Catalogo mostra antologica, Circolo degli Artisti, Torino. Atti
del convegno, a cura di M. Pinottini, Torino Antologia di scritti di A. G., a
cura di A. Ruffino, Aragno Electa Piemonte G. cur. Pinottini
BIBLIOTECA DI CULTURA BULZONI G.: la fedeltà alla pittura
Motto Il magistero casoratiano e la prima figurazione Galvano
nacque a Torino l’anno d'esecuzione delle Demoiselles d'Avignon di
Picasso che segnò l’imporsi e il susseguirsi delle avanguardie: « che nel
bene e nel male problematico doveno caratterizzare, inconcomitanza
concrisi umane, politiche e sociali ben più gravi, ilnostro secolo
sino a porre oggi il problema della morte dell’arte qualunque cosa si intenda
sottolineare con questo termine apocalittico. G. pur muovendosi nel
solco della modernità, affondava le sue radici in una meditata e
personalissima assimilazione di riferimenti pittorici dell'Ottocento e
del primo Novecento, ben lontano dalla reazione e dall’inattualità.
Apparteneva all'ambiente casoratiano e alla sua scuola «divenuta il
centro di un'opposizione cortese, tacita che non esclude, la cosa è molto
torinese, rapporti amichevoli o per lo meno corretti con gl’avversari. Venne
segnata la temperie di una Torino moderna (tuttavia non futurista) di
seguito enunciata in pochi assunti utili a comprendere l’ambiente
artistico nel quale G. s'introduce: la comparsa di FCasorati alla
Promotrice come artista rivoluzionario e di rottura; la breve
esistenza di Gobetti e il suo cenacolo antifascista; le polemiche e la
reazione dell'ambiente cittadino alle scelte di gusto antinovecentiste
di Venturi rivolte all'arte di nuovi primitivi, gl’impressionisti;
il fugace percorso del gruppo dei sei di Torino (coagulato e promosso dal
duo Persico e Venturi) che rinunciarono a Roma madre per Parigi
amica; e la vitalistica apertura culturale europea del finanziere,
collezionista e mecenate Gualino. Dopo un precoce apprendistato con il
pittore Pisano e il maestro di disegno Vannini, l'educazione di G. all'arte
contemporanea si svi- luppò suriviste di settore (in
particolare”“Emporium” e “L'art vivant”) e attraverso la frequentazione
delle Biennali veneziane. Alla rassegna G. puo osservare dal vivo
la pittura di Felice Casorati che rappresentò «la scoperta del mondo
nuovo e spre- giudicato che si apriva alla nostra cultura:
l'ingresso del mondo “moderno. Ai iscrisse alla Scuola Libera di
Pittura di Casorati (sorta a Torino e strutturatasi maggiormente dnella nuova
sede di via Galliari, antistante l'abitazione di Riccardo Gualino. Il suo
magistero, lontano da G., Autobiografia, in Pizzetti e Givone (cur.), G., catalogo della mostra,
Palazzo Chiablese, Regione Piemonte, Torino Galvano, Torino e i «Secondi
futuristi», in G., Diagnosi del moderno. Scritti scelti cur. di Ruffino,
Aragno, Torino G. (al centro, seduto) e (da sinistra, in piedi, tra gli
altri) Scroppo, Maugham, Galvano, Cremona, Casorati, Rama, Bertolè, Valpellice. Ogni
sistematicità d'accademia, non è solamente estetico ma anche pregno
dell'eredità etica e politica gobettiana: un debito verso quel «fanciullo
puro» che esigeva «fedeltà e non lacrime»®. Per Galvano il punto
fondamentale della sua formazione fu il trovarsi par- tecipe di un
ambiente che lo salvò «tanto dal rischio di un'adesione acritica al
regime imperante [...] e da quello ben più grave [...] di un'immersione o
som- mersione nella Torino di quel tipo di borghesia che amava in
pittura Giacomo Grosso». L'insegnamento del «platonico» Casorati, pervaso
«d’una signorile severità», verteva su l’«insieme» e il «tono». Dal
saggio Casorati di G. (Hoepli, Milano) si legge che il Maestro
consigliava agli allievi di «imparare a vedere il più semplicemente
possibile la forma di quella determinata massa tonale, di quella
determinata massa chiaroscurale, non la forma dell'oggetto. La forma
serve qui a distruggere la linea ed a passare al colore [...]»*.
Il clima della scuola di via Galliari fu efficacemente narrato da
Lalla Romano ne Una giovinezza inventata: «Verso sera venivano sovente
visite: Rossi, Soldati, Levi. Levi ridacchia con lei sull'indirizzo
classicistico della scuola, dove gl’allievi più ambiziosi preparano un bozzetto
per il quadro. Ride ma affettuosamente. C'è UNA BASE CULTURALE COMUNE: IL
DISPREZZO PEL FASCISMO. I nomi citati sono solo una parte delle
personalità con cui G., all’inizio degli anni Trenta, instaurò un
duraturo rapporto amicale sulla via del confronto artistico, tra gli
altri: Montalcini, Bonfantini, Chicco, Cremona, i sei e Gobetti,
Iniziative d'arte a Torino, in “L'Ordine Nuovo Casorati, in “Il Mondo”, G.,
Autobiografia G., Casorati, L. Romano, Un invento, Einaudi, Torino Argan,
ma anche Mollino, Mila, Ginzburg ed Antonicelli. La pittura
postimpressionista di G. si orienta in un contraddittorio intento di tenere
insieme i valor plastici di Casorati e quelli dei Sei» il cui risultato
«pesante e impastato» fu autocriticamente espresso dall'artista
stesso. Anche una certa l’arte d'oltralpe praticata da stranieri fascina
G. (Vlaminck, Terechkovitch, Krog), mentre i rimandi nostrani furono
indirizzati alchiarismo lombardo eai tonalisti romani. Quei loro mezzi
misi sfasciano ed intorbidivano tra le mani, rimanendo parentele
d’accatto o esperimenti di lettura, ed enorme riusciva la dispersione e
la perdita di tempo. Un repertorio antinovecentista di temi iconografici
ricorrenti segnò quel periodo: pesci, molluschi, conchiglie, vecchi libri
accartocciati, crocefissi e acquasantiere barocchi, nudi tortili come
molluschi e paesaggi incerti tra quegli andamenti sinuosi e un
modesto cezannismo che era nell’aria, G. s’inserì nel circuito espositivo nell’anno
in cui le arti si avviavano verso la loro FASCISTIZZAZIONE di forma con
l'istituzione del SINDACATO FASCISTA a cui venne affidato il compito di gestire
le manifestazioni espositive periodiche sul territorio nazionale.
Il rapporto con la società artistica di un Novecento sarfattiano (a un
passo dallo smantella- mento definitivo) e della retorica celebrativa di
Stato era destinato tuttavia a un sostanziale fallimento. A
Torino G. esordì nell'alveo casoratiano in due mostre della scuola. Sono regolari
le sue presenze alle espo- sizioni annuali della Promotrice di Belle Arti
con più sporadiche puntate alla Società degli Amici dell’arte. Il
filosofo ZANZI (si veda), in una recensione riguardante un'esposizione di
vendita torinese del 1934, sagomava i tratti pittorici di G.: sfuggito
anzitempo alla disciplina rigorosa della scuola di Casorati. Il Galvano
in certe composizioni di nature in silenzio ricorda la chiara e sapiente
pittura del Maestro, in altri quadroni ricerca l’effetto della
pennellatona agile ed abile, cara passione di qualche
post-impressionista»". Alle rassegne di carattere nazionale
Galvano prese parte alla I e alla Il Quadriennale romana dove vi fu una
discreta rappresentanza torine- se e piemontese: Felice Casorati e il suo
discepolato (Paola Levi Montalcini, Nella Marchesini, Sergio
Bonfantini, Emilio Sobrero), Daphne Maugham, G., Autobiografia G., in
catalogo della mostra, Galleria La Giostra, Asti Zanzi, in “La Gazzetta
del popolo G. e Scroppo alla I Mostra Internazionale dell'Art Club,
Palazzo Carignano, Torino. parte dei sei ( Levi, Menzio,
Paulucci), Milano, Mastroianni, ICremona. Alla Biennale di Venezia G.
presenzia con un’opera nella stessa sala di Casorati e allievi, mentre
nell'edizione espose isolato (a Chessa venne dedicata un'ampia
retrospettiva, Menzio e Paulucci comparivano attigui). In
questo periodo sono da indagare infine le par- tecipazioni alle quattro
edizioni del Premio Bergamo. Fuuna manifestazione, insieme al Premio
Cremona, che svelò la dialettica artistica italiana: due componenti
antitetiche dello stesso volto del regime. Il primo (promosso da Bottai),
più elitario, «si riallacciava a un versante dell’arte italiana
colto, internazionale e post-impressionista»!* suscitando polemiche
nell’ala più intransigente del fascismo; il secondo (voluto da Roberto
Farinacci) era sintonizzato sull'onda delle mostre hitleriane.
AII Premio Bergamo del 1939 (in giuria Casorati, Funi, Longhi e
Argan) il terzo riconoscimento venne suddiviso tra cinque concorrenti: si
evidenziava la presenza romana di Capogrossi e quella piemontese
con Menzio, Paulucci, G. e Martina (è presente anche Galante, non
premiato). Al secondo Premio Bergamo G. riceve una particolare menzione e il
suo dipinto fu acquistato dal Ministero dell'Educazione Nazionale.
Galvano espose anche alla terza e alla quarta edizione (vincitore
l’intimista Menzio), la rassegna scandalo della Crocifissione di
Guttuso, reinterprete drammatico e rabbioso di un’iconografia
mutuata dal sacro: anticipazione in chiave cubista della militanza
postbellica. Il ventennio Trenta-Quaranta contrassegnò
inol- AA.VV, Gli anni del Premio Bergamo: arte in I talia intorno
agli anni Trenta, catalogo della mostra, Bergamo, Electa, Milano tre il
compimento della formazione intellettuale di G. che si laurea (con GAMBARO
(si veda) ed ABBAGNANO (si veda) con una tesi sulla pedagogia della
religione: atto dell’approfondito confronto con le tematiche spiritualiste,
antropologiche e filosofiche, in primis l'influenza di CROCE (si veda) e
Bergson. Tra le sue prime prove di critica d’arte si possono
menzionare il saggio su Spadini in “L'Arte” diretta da Venturi; il saggio su Spazzapan
in “Orsa”; le collaborazioni con il periodico milanese “Le arti plastiche
e la redazione delle cronache d’arte torinese per Emporium. Si ricordano inoltre
i volumi (per l'editore fiorentino
Nemi) L'arte egiziana antica, L'arte dell'Asia occidentale e centrale,
L'arte dell'Asia orientale; il saggio Casorati edita da Hoepli (uscirà
una seconda edizione) e Tre nature morte: Casorati, Menzio, Paulucci
pubblicato a Torino. È assistente alla Cattedra di pittura di Paulucci
all'Accademia Albertina di Belle Arti di Torino ed insegna storia FILOSOFIA
negli istituti liceali. Tra gl’allievi con i quali mantenne profondi
legami si ricorda Sanguineti.
Dalla fase espressionista verso l'astrattismo, al termine del conflitto bellico
per Galvano e gli artisti della sua generazione s'impose il confronto
con l'avanguardia, l'Europa e il moderno. «Moderna non è soltanto
l’arte prodotta nel periodo in cui viviamo, ma quella che di voler essere
moderna ha programmatica intenzione! [ Che assume come categoria
predicativa l'affermazione di novità rispetto ad una situazione di
cultura storicamente conclusa. Il concetto di moderno si chiarisce, così
come un concetto etico per cui
l'avversario non è un modesto o nullo artista, ma il traditore di una
causa totale, il reazionario che non merita pietà e al quale non
giova la buona fede». Queste lucide affermazioni di G. aiutano a
delineare un settore della sua linea di pensiero che contribuì ad animare
il vivace dibattito degli intellettuali torinesi, fautori di quel
compatto blocco culturale che tentò una ricostruzione «morale e civile»
della società. La posizione politica di G. dopo la Liberazione è
abbastanza distante dall’ideologia estetica del fronte comunista. L'urto
non è tanto fra tradizione e innovazione, anche meno tra astratto (o
concreto) e figurativo ma tra militanza costruttiva ed autonomia
critica. G., Moderno, in Enciclopedia Universale dell'Arte, vol. IX,
Fondazione Cini, Roma-Venezia Mantovani, Il malessere dell'arte, in G., La
pittura, lo spirito e il sangue, a cura di G. Mantovani, Quadrante,
E; Negli anni postbellici il complesso confronto-
scontro con Croce è ineludibile e la posizione di G. (sviluppata in anni
più tardi nel fondamen- tale scritto Perché non possiamo non dirci
crociani) merita qui qualche breve accenno. L'intuizione pura, come
atto teoretico astorico, non poteva prescindere dalla soggettività
dell’«opera manuale». La polarità non sussisteva tra il bello crociano,
simbolo del bene morale e il suo opposto, quanto tra lo «spirito»
(il momento razionale - contemplativo) e il sangue (il principio
vitale inconscio che in ultimo concretizza l’opera con il linguaggio
scelto). Scriveva Galvano nel numero unico del periodico “Tendenza”
(coideato con Oriani): Questo bisogno del sangue che ignora l’astratto
spirito e gli anatemi e le accuse di naturalismo degl’idealisti o quelle
d’immoralità degli spiritualisti è essenziale all'opera di pittura. Essa
cade o sussiste con il sangue non con lospirito»!. L'attività di critico
d’arte seguitò in quegli anni anche su quotidiani come La Nuova Stampa e
Mondo Nuovo. La pittura di G. si apre ad una fase espressionista slargandosi
e semplifi- candosi in campiture bidimensionali dai contorni
lineari marcati e attraverso l’uso di un cromatismo timbrico. In un testo
di autopresentazione l'artista esplica. Così quando, Guttuso guardando a
Picasso, Birolli e quelli di “Corrente” sbirciando l’espressionismo,
diedero altro indirizzo alla pittura italiana, mi trovai in ritardo
rispetto a quei coetanei e ai loro discepoli molto più giovani di me,
e con un bilancio piuttosto negativo. Tentavo così una soluzione in
un breve periodo di esasperazione “espressionistica” del segno, dove
l’“illusivo” si trasforma in “allusivo” IMPLICATURA COME ALLUSIONE ED
ILLUSIONE) a quelle immagini che puo considerare suoi. G.
puntualizzava inoltre di essere stato tentato verso «esperienze varie di
carattere cultu- ralistico, fra cui un primo richiamo al liberty
che allora fu aspramente rimproverato da certi critici (Podestà) come
incomprensibilmente anacronistico ma che almeno come recupero critico,
rappresentava un'anticipazione di interessi e recuperi diventati di
moda un ventennio più tardi. Nella Torino della Ricostruzione gli
spazi espositivi sono esigui; molto spesso sorgevano in simbiosi con una
libreria come per esempio la Faber, dove G. partecipa ad una Antologica di Maestri
contemporanei. Alla personale di G. presso la Libreria del Bosco «ci troviamo
di fronte ad un artista dalle varie esperienze», denota Torino G., La
pittura, lo spirito e il sangue, in “Tendenza” G., Galleria la Giostra G., Autobiografia
Gatto su “L'Unità”, e proseguiva: «riesce spesso a lievitare le
acquisizioni culturali ed a tradurle in efficienti risultati creativi».
Il molteplice approccio stilistico, confessato dallo stesso G. nell’auto- presentazione, è qui confermato:
«leggero impressionismo, decorativismo un po’ orientale, motivi che
tendono a risolversi in figurazioni quasi astratte». La fase pittorica
più recente, concludeva Gatto, «pare indirizzarsi verso una pittura
dominata da una volontà ed un’ansia di sintetismo formale»?.
Alla Biennale di Venezia del 1948 (la prima edi- zione al termine
del ventennio fascista nella quale emersero le linee essenziali degli
sviluppi dell’arte moderna europea) Galvano partecipò su invito con
cinque opere (nudi e nature morte del 1947-48) in sala con Martina e
Paulucci. In quell’edizione fu parecchio vasta la partecipazione di
artisti torinesi sulla via dell’astratto: Sandro Cherchi, Mario Davico,
Garelli, Gorza, Montalcini, Mastroianni, Moreni, Parisot, Rama, FScroppo.
All’edizione, nuovamente su invito, G. è presente con tre opere (in sala
con Birolli, Corpora, Moreni, Morlotti, Turcato, Vedova, Zigaina). Si
registrarono nume- rose partecipazioni dell'artista a rassegne nazionali
di verifica diretta degli sviluppi artistici contemporanei, tra cui
la Quadriennale romana e la mostra
collettiva Arteastratta e concreta presso la Galleria Nazio- nale d’arte
moderna di Roma (il comitato esecutivo era composto da Joseph Jarema, Palma
Bucarelli e Giulio Carlo Argan). Il testo di Galvano in catalogo
analizzava la ricerca concretista propria e dei torinesi verso una
direzione lontana dal «formalismo astratto» insenso stretto e intesa attraverso
la «‘“proiezione” nelle strutture dell'oggetto stesso di una carica
emotiva, che asua volta presuppone la totalità spirituale
dell'artista impegnato, ed impegnato “responsabilmente”, in una
prospettiva, in una scelta, in una “Weltanshaung”, cioè in ultima analisi
in un punto di vista etico e metafisico. Non può perciò stupire che anche a
Torino siano proprio gli artisti più responsabili di fronte a un
loro mondo interiore a volgersi a questa pittura. Superfluo cercar
nel dato estrinseco del gusto un’unità “munici- pale” o di gruppo: se mai
l’unità “torinese” di questi pittori è nella condizione di cultura cui lo
stesso schivo etalvolta un poco scontroso raccoglimento della città
in cui essi lavorano, è, per taluna delle ragioni accennate,
propizia»”!. Rilevanti furono inoltre le sortite extranazionali. In
occasione della mostra nizzarda, Peintres de Turin, Galvano definì forme
e colori delle sue com- Gatto, Mostra d’arte. Galvano al Bosco, in
“L'Unità”. G., in Arte astratta e concreta, catalogo della
mostra, Galleria Nazionale d’arte moderna, Roma. Con Paulucci, G. e
Scroppo. Conferenza al Circolo degli Artisti, Torino. posizioni
come «feticci laici», «costanti di sentimenti e impulsi» che non
necessitavano di riportarlo a una rappresentazione esteriore e imitativa.
La topografia spirituale di questo mondo che non è né meccanica né
architettonica, ma piuttosto organica e determinata soprattutto dalla
tensione tra le forze elementarie vitali pressanti, da una parte, e
l'aspirazione religiosa o me- tafisica dall'altra, che vuole dominarle e
oggettivarle nello spirito delle tradizioni filosofiche e religiose
alle quali nei miei quadri faccio a volte allusione anche
attraverso i titoli stessi. Al Premio Parigi (itinerante anche a
Cortina d'Ampezzo) il critico Luigi Carluccio seguita di rimando:
L'artista si è portato sempre su posi- zioni di ricerca mantenendo
tuttavia vivo il dialogo fra i suoi istinti pittorici e le sue
meditazioni. Il temine feticcio
laico annota con felice incidenza che all'origine degli impulsi e dei
sentimenti è sempre vivo lo stesso dibattito tra la pressione vitale di
forze elementari, naturali, e l'aspirazione ad ordinarle in una
ragione metafisica. Il rivolgersi all'arte d'oltralpe (già a
partire dalla mostra Arte francese d'oggi, Roma e Torino) ebbe
degli echi a Torino con le sei edizioni della rassegna Pittori d'Oggi
Francia- Italia promosse da Carluccio e alle quali Galvano partecipò alla
prima e alla terza, così come figurava ai due Premi Saint Vincent messi
in piedi dalla fronda democristiana capeggiata da Carluccio in
re-Carluccio, in Mostra Nazionale del Premio Parigi catalogo della mostra,
Cortina d'Ampezzo e Parigi Con Chessa e Matteis. azione al Premio
Torino, troppo polarizzato a sinistra secondo il critico. È
di vitale importanza ricordare infine il ruolo di G. come animatore
culturale nel clima di fermento postbellico, dapprima impegnato
attivamente come promotore dell’Unione Culturale (raccolse intellettuali
antifascisti tra cui Einaudi, Mila, Antonicelli, Venturi e tra gli
artisti Casorati, Menzio, Levi) e come propugnatore di due rassegne
artistiche: la I Mostra Internazionale dell'Art Club a Torino e la Mostra
d’arte contemporanea di Torre Pellice. La prima con presidente Casorati e
segretario Scroppo, organizzata dalla sede torinese dell'Art Club,
un'associazione apartitica internazionale — mirava a presentare le nuove
voci artistiche italiane e di diversi stati esteri. La seconda, aveva
sede a Torre Pellice, che «pur nella modestia delle proprie
possibilità, possiede, come centro delle Valli Valde- si, una secolare
tradizione di cultura che ha i suoi particolari caratteri di pensiero e
di ispirazione. È stata ideata insieme a Scroppo, artista e critico
valdese, (nativo della Sicilia ma inseritosi dalla metà degli anni Trenta
nell'ambiente cittadino) e da Bertolè notaio e illuminato collezio-
nista di moderno. La Mostra d’arte contemporanea appuntamento estivo annuale
protrattosi per un Mostra d'arte italiana contemporanea, catalogo della
mostra, Collegio Valdese, Torre Pellice quarantennio al quale G. espone
assiduamente—trasformòla cittadina della provincia torinese in un polo
culturale aggiornatissimo sulle ricerche artistiche nazionali e con
qualche non rara puntata internazionale. Il Movimento Arte
Concreta Il confuso ribollire di tendenze astratteggianti, che impera anda
delineandosi verso l’elusione dell’astrazione su base mimetica in
favore del concretismo. Una lucida definizione della corrente venne
offerta da Dorfles in un saggio, il così detto manifesto del Movimento
Arte Concreta fondato a Milano insieme a Munari, Monnet e Soldati. Dorfles
precisa il concetto di concreto che non cerca di creare delle opere d’arte
togliendo lo spunto o il pretesto dal mondo esterno e astraendone
una successiva immagine pittorica, ma che anzi andava alla ricerca
di forme pure, primordiali, da porre alla base del dipinto senza che la
loro possibile analogia con alcunché di naturale avesse la minima
importanza. L'adesione formale al MAC di G. e un gruppo di
giovani torinesi — Biglione, Parisot, FScroppo e in seguito Rama e
Montalcini — avvenne. A Torino il coagulo del Movimento rappresentò una
sfaccettata unione di poe- tiche, abbastanza distante dal rigore
costruttivista delle soluzioni compositive lombarde che fondava le sue
basi nell’Astrattismo storico internazionale e locale degli anni
Trenta. In questa sede non è possibile analizzare la presa di coscienza
sulle radici dell'avanguardia delle personalità torinesi e ci si limita
al solo caso di G.. 1] distacco di G. dal comitato promo- tore del
Premio Torino (la prima manifestazione locale di arte attuale italiana
dopola fine della guerra)non avven- ne solo per posizioni politiche. Come
chiariva Giuliano Martano, nel catalogo della mostra Arte concreta a
Torino, per una parte di artisti si trattava di una scelta di «lettura in
quelle matrici dell'avanguardia europea quasi in contrapposizione alle
matrici trovate allora in un neonaturalismo e del Fronte nuovo delle arti.
Per G. e il discepolato della scuola di Casorati, alla quale
riconoscevano la creazione di «una terra concimata pronta a recepire,
stratificazione di cultura altezzosase vogliamo, ma attenta. Aveva
purelasciato ineredità una figurazione latente, una scansione
dell’og- getto che verrà dai torinesi lentamente e sofferentemente
decantata»°. Uno smarcamento, dunque, in totale buona Sauvage, Pittura italiana del dopoguerra,
edizioni Schwarz, Milano. Dorfles, Manifesto del MAC, ora in Arte concreta a Torino catalogo
della mostra, Sala Bolaffi, Torino Martano, in Arte concreta a Torino pace del
Maestro, che anche G. intraprese: la via verso l’astrattismo ben
circoscritta e lineare. La sua poetica, tra i torinesi, era la più
distante dal concretismo «proprio perché non è mai d'origine sperimentale
ma la sua avanguardia si pone sempre come una verifica dello
sperimentalismo. Si pone insomma come contrasto immediato fra una realtà
esterna ed una realtà interna quasi avida di controllare im- mediatamente
sul terreno stesso dell’accadimento, la validità dell’accadere, e di
controllarlo appunto in via sperimentale»? Gli aspetti
strettamente contenutistici della pittura di G. sono in diretto contatto
con i suoi interessi in quanto studioso di filosofia e FILOSOFO e storia
delle religioni. Griseri nota che gli entusiasmi per Kandinskij
volto all’astratto e per il primo Kupka giungevano a una presa di
posizione nell’ambito dell’arte non figurativa, chiarita in numerosi saggi,
in cui G.lumeggia la derivazione dalla secessione di Klimt di molta arte
contemporanea in una interpretazione nuova dei rapporti art
nouveau- Liberty e astrattismo. Degli scritti galvaniani degli anni
Cinquanta ai quali Griseri si riferisce citiamo almeno: Storicità e
significato dell’arte “astratta, Dal simbolismo all’astrattismo, Le
poetiche del Simbolismo e l'origine dell’Astrattismo figurativo. Gl’intendimenti
del manifesto del MAC torinese sono piuttosto netti. Più in generale
erano incontrapposizione con il dibattito dilagante in quegli anni
che scindeva gli artisti tra formalisti e realisti, con- tro il
neopicassismo ed estranei al «pudore» del compromesso dell’astratto-concreto di
Venturi. A livello localelalororicerca era indirizzata all'emancipazione
dall’orbita casoratiana, dal neoimpressionismo dei Sei e dal secondo
futurismo con il quale condividevano lo spirito avanguardistico, ma
certamente non gli in- tenti. Biglione, Galvano, Parisot e Scroppo
firmarono il testo programmatico, con la responsabilità di «lotta
contro ogni conformismo pigrizia intellettuale». «Se il nome stesso di
arte concreta sta a significare il desiderio di rigore di chi ha rotto
ogni ponte con tradizioni storicamente esaurite per sostituire la
loro ricerca d'una diretta presentazione d’oggetti in cui si vengano
obiettivando i bisogni spirituali dell’uomo, come negli strumenti del suo
lavoro quo- tidiano si proiettano i suoi bisogni materiali. G., pur
immerso in una personalissima ricerca non figurativa, nel periodo che all'incirca
si estende, sviluppò una maggior Griseri, G., in Dizionario
Enciclopedico, Utet, Torino Biglione, A. Galvano, A. Parisot, F. Scroppo,
in “Arte con- creta” Caramel, Mac Movimento Arte Concreta Electa,
Milano adesione al MAC. Lo spazio dei suoi dipinti, asciugato
dall'andamento curvilineo delle partiture, si popolò di forme squadrate
dalla linearità spigolosa. Tutta- via, la freddezza costruttivista e il
rigore logico del concretismo erano solo apparenti; l'artista
puntava al contrario «ad un'arte che preservi il dialogo tra gli
schemi astratto-geometrici e quelli compositivamente più liberi, moduli
grafici e forme archetipiche non direttamente razionalizzate.
Un precoce avvicinamento ai concretisti lombardi lo si data. G. èpresente
a Milano in due collettive: con Scroppo (presentati da Monnet) presso la
Libreria Il Salto, cenacolo della pittura concreta milanese e alla
mostra di pittura astratta italiana. Astrattisti milanesi e torinesi
allestita alla Bompiani dove esponevano i piemontesi Costa, Davico,
Mastroianni, Parisot, Scroppo, Spazzapan). I maggiori rappresentanti della
corrente di entrambe le regioni figuravano, G. compreso, anche alla
II e III Mostra d’arte contemporanea di Torre Pellice.
L'allineamento al MAC di G. fu palesato anche dalla sua presenza ad
esposizioni promosse dal gruppo. La sortita d'esordio dei torinesi
(Biglione, G., Parisot, Scroppo ai quali si aggiunsero anche Davico, Merz
eGiannattasio) avvenne alla Saletta Gissi di Torino con la mostra
Pittori astratto-concreti di Milano e Torino. Non fu però la prima
presenza organica del concretismo in città poiché presso Il Grifo
si affacciarono alcuni esponenti milanesi così come alla Quadriennale
Nazionale d’Arte di Torino dove comparve una nutrita schiera di
astrattisti tra cui anche G.. Commentando la mostra presso Gissi,
sul bollettino Arte concreta G, esibe la profonda sicurezza di una non
superficiale accoglienza nell'ambiente cittadino e rilevava la
sfaccettatura di posizioni della compagine torinese che collimavano in
una base comune di principi. Principi che possono riassumersi in una
profonda fiducia nella capacità dell’uomo ad esprimersi e a
comunicare con gli altri uomini, attraverso il puro linguaggio delle
forme, attraverso l’organicità e la coerenza ch’esso sa imprimere ad un
discorso i cui vocaboli non hanno bisogno di essere immagini e
finzioni per legarsi a una sintassi espressiva e, nei casi più felici,
poetica. La politica espositiva del gruppo torinese non
Mulatero, in P. Mantovani, I. Mulatero (a cura di), Lucide inquietudini.
Storie singolari dell’astratto-concreto, Civico Museo d’arte Contemporanea
di Calasetta, Calasetta G., Mostra di pittori concreti di Milano e Torino
alla Saletta Gissi, in Arte concreta n. 9 cit., ora in L. Caramel,
Mac Movimento Arte Concreta Con un'opera dalla serie i Nastri.
ebbe seguito se non l’anno successivo alla Galleria 5. Matteo di
Genova. L'eccezione è rappresentata da G. che figurò in svariate mostre
organizzate dal MAC, si ricordano qui le principali: Pitture di G.
in un esperimento di sintesi, presso lo Studio b24 di Milano (valla pena
rimandare agl’asterischi galvaniani di quel periodo, quasi privati
manifesti sui bollettini Arte concreta che chiariscono la sua posizione
all’interno del movimento) e lo stesso anno a Torino da Gissi
esposero pittori concretisti italiani e francesi (G. presenta collages
polimaterici di ascendenza prampoliniana); sempre al Torino l’anno
successivo G. è presente ad una mostra allestita dallo Studio b 24
in occasione del Salone dell'Automobile. Si menziona a parte la
collettiva presso la Galleria il Fiore di Milano dove G. espone
insieme a Bordoni, Jarema, Parisot e Scroppo. Nello scritto introduttivo
al catalogo elaborò stringenti analisi nei riguardi di un’«arte
figurativa che non ripeta ma continui la natura», invitando il
visitatore a riflettere «che l'apparente chiusura ad una più ovvia
comunicazione di queste opere nulla intende precludere alla possibilità
di uno scambio e di una penetrazione sempre possibili nell'esercizio di
una lettura figurativa per elementi, segno colore, movimento, materia,
ecc., non differenti da quelli che consentono la valutazione di ogni
buona pittura. Non sono da dimenticare infine le presenze
alle Biennali veneziane con la sua produzione concretista e la
ripresa espositiva alle rassegne della Società Promotrice di Belle Arti
di Torino. Dall'Informale al neoliberty floreale, il logico
passaggio all’astrattismo di G. culmina in una fase di tensione tra impaginatura
attenta alle squadrature neoplastiche e colore tonale impastato. La
vibrazione cromatica delle campiture, ottenuta attraverso una libera
stesura di pennellate, lo portò a un lento e graduale sfaldamento delle
sue strutture geometrico-architettoniche a favore dell’indipendenza
dell'immagine e al protagonismo di una componente espressiva. Sul piano
formale il gesto pittorico si faceva emancipato e l’organicità
della materia riprendeva vigore. Si segnò qui il definitivo
passaggio di G. all’Informale, lontano dall’interpretazione del
neona- turalismo propugnata dal duo Carluccio-Arcangeli (è proprio che
sono presentati a Torino l’artisti informali presso La Bussola
nell'esposizione Niente di nuovo sotto il sole, titolo che rivelava la
volontà di mantenere una continuità con il passato e la natura.
L'evoluzione del concretismo impose a G. (e alla compagine torinese
del MAC) un binario doppio di direzioni che nonsiindirizzò
all’antipittura quanto piuttosto alla scelta di rimanere dentro la
pittura nell’opzione di un astrattismo lirico che lo condurrà verso
l’Informale. Un Informale, sosteneva G., affine alla declinazione di un LINGUAGGIO
ASEMANTICO in cui tuttavia potessero trovare esito quelle ALLUSIONI O
IMPLICATURE PRAMMATICHE SIMBOLLISTICHE che hanno un posto ben rivelato
dai titoli dei suoi quadri del periodo astratto-concreto Rica pe
Una delle prime esposizioni che offrirono un G. smarcato
dall’astrattismo di matrice con- creta fu la personale alla
Biennale di Venezia mirabilmente introdotta d’Argan. La radice comune
della sua pittura è la distinzione netta tra i concetti di forma e
immagine. L'idea di forma è inseparabile dall'idea di arte come
rappresentazione, implica sempre un contenuto di nozioni, un riferimento
alla natura, un G., in Bordoni, G., Jarema, Parisot e Scroppo,
catalogo della mostra, Galleria Il Fiore, Milano G., Autobiografia G., in Bordoni, Galvano,
Jarema, Parisot e Scroppo G., Autobiografia processo dioggettivazione. L'idea
diimmagine supera ildualismo dioggetto e soggetto, la relatività
costante di quod significat e quod significatur; mira a designare
un assoluto valore d’esistenza, a sostituire alla rap-presentazione
un'immediata semantica. Segue Argan. La sua è la ricerca di un'immagine
che non abbia determinazioni dirette o indirette nel mondo esterno,
che non si manifesti per via di similitudini o allegorie, che dichiari
esplicitamente le sue origini e le sue ragioni esclusivamente umane, che
si ponga ad un tempo come noumeno e come fenomeno. Così la materia,
non la forma, diventa mito ed immagine; e la materia è il colore, ma
anche IL SEGNO, la linea, il punto. G. venne invitato da Ragghianti per
una personale alla Strozzina di Firenze. Nell’autopresentazione l'artista
tenne a ribadire ancora una volta le convinzioni e la coerenza del suo
percorso pittorico che lo avevano condotto all’Informale. La formazione
spirituale si ècompiuta, esplica G., attraverso la sua adesione
alle correnti non figurative, a quell'inversione del simbolismo
nell’astrattismo che ho cercato di spiegare storicamente in sede critica.
Perciò a Kandinskij e al Kupka agli americani Pollock e Tobey, ai
polimaterici di Prampolini. L'unico germe di “manifesto” è quello sul
feticcio laico. Feticcio cioè metafisica, ma laico cioè antimetafisica.
Crede si possa essere antimetafisici solo nella misura in cui si è contro
le false metafisiche. Nel caso dell’arte contro la falsa ispirazione,
l'evasione sentimentale. Il mezzo informale di G. vira verso
accezioni neoliberty. La copertura totale della tela della prima fase si
distillò per mezzo di uno sfondo neutro solcato da grafismi pittorici
orientati sempre meno verso un'immagine quanto in direzione di
archetipi floreali e calligrammidi scrittura gestuale. Galvano
recuperava, seppur allusivamente, attraverso una nuova definizione di
immagini, la figuratività «trasformando o meglio puntualizzando i
feticci laici in emblemi esplicitati in forme larvali di iris, i
fiori paradigmatici del Simbolismo. Oltre alle regolari presenze alle
Promotrici torinesi e alle mostre annuali di Torre Pellice, si segnalano
la puntata alla collettiva berlinese presso la Maison de France, le
partecipazioni al Premio Bergamo, ai Premi Arezz e Fiorino.
(Firenze) e alla Quadriennale romana. Di particolare rilevanza in quel
periodo furono Argan, in catalogo della Biennale di Venezia, Venezia
G., in catalogo della mostra, Galleria La Strozzina, Firenze G.,
Autobiografia Due mostre. La personale presso Il Canale di Venezia
presentata da Edoardo Sanguineti che così ultimava il suo scritto: «I
fiori Mallarmé ci costringono anche a riguardare di nuovo in faccia
la posizione dell'artista las que la vie étiole, portando cosìla pittura
ad assolvere a un compito, molto forte e molto importante, di
smascheramento dell'avanguardia, nella forma, secondo le possibilità
“moderne” di uno estraniamento. Nella collettiva (G., Scroppo e
Montalcini) al Quadrante di Firenze, Dorfles, accogliendo gl’enunciati di
Sanguineti, alluse altresì ad un significato orientaleggiante delle
pitture di G. che avevano: accolto nella loro matrice compositiva
quasi il vuoto il sunyata di certa arte zenista, purrimanendo lige a una
composta scansione di ritmi dell’Abendland. Pittore dunque in
senso tradizionale si define G. che ricusava le forme antipittoriche,
schiuse alla strada dell’arte-oggetto (della quale si interessò in
sede teorica), per abbracciare una «simulazione d'avanguardia». Un
profondo disagio lo conduce a compiere una pausa dalla pittura causata
probabilmente dal cortocircuito innescato a causa di intendimenti
antitetici perseguiti dal parallelo mestiere di critico e di artista.
Come rimarcava Argan: Sanguineti, in catalogo della mostra, Il
Canale, Venezia, Dorfles, Tre pittori torinesi, in G., Montalcini,
Scroppo, catalogo della mostra, Il Quadrante, Firenze, G., Autobiografia Con
Scroppo. la confluenza dei due percorsi di pensiero (e la sua
pittura è tutta pensiero) sono difficili e interiormente sofferte.
Assumono infine un ruolo fondamentale nella produzione saggistica
di Galvano i due volumi pubblicati in quel periodo: Per un’Armatura
(Lattes) e Artemis Efesia. Il significato del politeismo greco (Adelphi).
Sono opere difficilmente classificabili che attingono alla filosofia,
alla storia delle religioni, alla psicoanalisi e all’antropologia. I due
studi affron- tano il problema dell’interpretazione sia culturale
che psicologica di un passato che ci coinvolge direttamente e sono
al tempo stesso processo di autoanalisi in merito al rapporto tra una
figura-feticcio un’armatura
tardomedievale e un idolo greco e l’area
psichica della coscienza. È certamente per G. la fase
più feconda di collaborazione con periodici e riviste tra cui le torinesi
Sigma, Cratilo”e come redattore di Questioni(Galleria di Arti e Lettere”)
con Ciaffi, Lattese e Navarro per Lattes. Una menzione a parte merita il Argan,
in catalogo della mostra, Unimedia, Genova Roberto, G., Dizionario
biografico degli italiani, Treccani, Milano contributo Le tigriimpagliate
per il primo numero d’Azimuth fondata da Manzoni e Castellani. Per
“Letteratura” nG. pubblicò La pittura a Torino, un lucidissi-
mosaggio che inquadra, da testimone diretto, l’arte torinese del
dopoguerra. Successivi furono i notevoli contributi sulla situazione
artistica cittadina tra cui: Per lo studio dell'Art Nouveau a Torino,
Torino e i “secondi futuristi” e La pittura a
Torino. Bandiere, Nastri, Griffonages e SEGNI ASEMANTICI. Con l'esposizione
Erbe e Bandiere, presso la Galleria Botero di Torino, Galvano sentì «il
bisogno di affiancare e poi sostituire gli emblemi ispirati alla
natura con quelli di carattere artificiale più spogli e tendenti in
qualche modo a una nuova astrazione». In mostra le forme organiche dai
tratti guizzanti dell'ultimo Informale di G. sono accostate, in un
felice trait d'union, con la nuova produzione attraverso la serie delle
Bandiere. In uno scritto critico perla suddetta mostra Chepes sottolinea.
Le sue erbe alghe, le sue flammulae, più che bandiere, sembrano, ad
analizzarle, vive, agitate da sentimenti, da spasimi da aneliti, da
desideri. L'artista perseverò nella coerenza linguistica della sua
ricerca che ancora una volta, nei più nuovi risvolti, non si collocò in
un'immediata e netta inserzione in correnti o gruppi operativi. Gli
estesi panneggiamenti svolazzanti dai colori accesi che si stagliavano su
fon- di neutri riecheggiavano quasi un'antica tradizione araldica.
I riferimenti pittorici non erano di certo estranei al linearismo
sensuale del Liberty, anche nella sua declinazione decorativa,
rammentando inoltre suggestioni neobarocche. Un commento di Mollino,
riguardante un'architettura baroccheggiante di Galvano dipinta degli anni
Quaranta, potrebbe restituire puntualmente le atmosfere delle
recenti Bandiere espresse in uno: «scenario di questo tempo
immobile nella chiara decisione di un arabesco che non si placa che in un
ordine senza indulgenza, ma vivo di un amore disincantato»? Furono
ancora le Bandiere ad essere esposte nel 1968 per una personale a Cremona
alla Galleria d’arte I Portici. Gli stendardi svolazzanti davano la prova
di una profonda conoscenza degli allora attuali linguaggi pop e
forniscono anche un «grave riverbero di anti- chità» rendendo l’immagine
«imminente e insieme assente che par scelta e fabbricata per un
pubblico Tutti gli scritti qui citati sono reperibili in G., Diagnosi del
moderno, G., Autobiografia Chepes, in “Borsa Arte Mollino, in S. Cairola, Arte
italiana del nostro tempo, senza tempo e d’ogni tempo Proprio per questo
è significante perché carica di intenzioni contrad- dittorie e fortemente
drammatiche, nella dialettica che stabiliscono tra l’esperienza passata e
l'avvento, e la necessità del presente. G. si rivolse alla nuova serie
pittorica dei Nastri mantenendo una viva tangenza allo sviluppo
formale del periodo MAC. L'oggettivazione del dato geometrico si sostituì
con una figurazione elementare di armonica tridimensionalità sull’estensione
della tela. Le masse sventolanti e libere, nelle quali si evidenzia
una ben nota propensione per l’ellissi e il semicerchio, proseguivano
l'indagine sullo spazio volumetrico. Giuliano Martano asseriva appunto di
un'astrazione intellettuale, in cui i segni, i ghirigori, sono veri e
propri simboli codicillari, incognite d’equazione, libertà della memoria.
Nastri che si dipanano nel quadro senza né capo né coda e sono le
bandiere di prima rese a brandelli, sono una forma chiusa che si apre,
che da circonlocuzione diventa INTER-LOCUZIONE. Presso la Saletta d'Arte
contemporanea di Cu- neo, nel 1972, Galvano presentò questa
figurazione elementare di volute concave e convesse di recente
produzione, che si palesavano, secondo Giorgio Brizio, «dall’uso parco e
strettamente pensato delle timbrici- tà cromatiche. Basandosi su toni
primari, operando esclusivamente sulla opacità della parte in
ombra, Galvano può, in una suddivisione doraziana dell’in- fluenza
tonale, usare la direttrice cinetica del timbro per equilibrare il
dinamismo globale della partitura spazio-occupato, spazio-vuoto. La
personale alla Galleria Martano di Torino assunse il significato di una
ricapitolazione, dal MAC al presente, in cui gli elementi nastriformi
si erano evoluti, in forme dall’aspetto cellulare e in moduli verticali e
curvilinei. Tracce realizzate a carboncino, impreziosite da lievi
velature scariche di colore, campeggiavano solitarie sulla tela; la
dimensione gestuale fu affiancata dall'espressione intellettiva dell'atto
primario del dipingere. Questi moduli nella linea filogenetica della sua
pittura non- figurativa «appaiono anche maggiormente legati ai
dettami grafici di una cultura passata attraverso quell’inversione del
simbolismo nell’astrattismo che riaffiora con l’organicità delle sue forme
così tese ed essenziali, rispondenti ancora una volta a quella
logica interiore che resta come la matrice vera di ogni opera di G. Una
sala personale della Mostra d'arte di Torre Pellice venne dedicata a
Fezzi, in catalogo della mostra, Galleria d’arte I Portici,
Cremona Martano, G., in “Pianeta Brizio, in catalogo della mostra, Saletta
d'arte, Cuneo Dragone in Stampa sera, G. che vi espone una ventina di opere.
L'artista presentò efficacemente al pubblico la sua recente svolta
pittorica: sente il bisogno di logorare la forma, di intercettarne la
presunzione di organicità, sgranandone il supporto disegnativo in pochi cenni
grafici su cui il colore nonagisse più come elemento qualificante
ma soltanto come sottolineatura allusiva. Come nel ritmo stesso delle
vicende vitali, a una stagione di estroversa aggressione della percezione
dello spettatore si avvicendava una fase di ripiegamento sulla
discrezione, sulla riserva, sultono contenuto. Coevi furono i Griffonages
e i Segni dell'alfabeto asemantico lavori con scritte quasi illeggibili
rese «come puro segno e gioco lineare non senza un, fra ironico e
intenerito, strizzar l'occhio al concettualismo. Si ha la personale
genovese alla Galleria Unimedia per la quale Saguineti imple- mentò
la troppo riduttiva definizione del G. doppio, critico e pittore,
trascendendo anche nella saggistica e nella FILOSOFIA e invitando a
vedere con totale persuasione la forza della sua lezione rispecchiata,
con eguale fedeltà, nelle sue pagine e sopra le sue tele». Il discorso si
reiterava anche nello scritto critico di Argan che chiudeva con un
interro- gativo dal quale G. non si discostò mai: Che cos'è la
pittura? Ciò che vuol sapere è che cosa sia la pittura in questa precisa
condizione della cultura, della coscienza, dell’esistenza, e quale il suo
grado di vitalità, quali le sue possibilità di sopravvivere in uno
spazio ogni giorno più ristretto. Tra la ripresa dopo l'interruzione
pittorica e si ricordano infine le puntuali presenze a collettive
con cadenza annuale come la Promotrice delle Belle Arti e le mostre del
Piemonte Artistico e culturale di Torino; le rassegne estive di Torre
Pellice e due edizioni dell’Incontro di artisti piemontesi e liguri
a Bordighera Si reimpose per G. un nuovo approccio rivolto alle forme
naturali: la ripresa di una figurazione espressionista pervasa d’un
realismo quasi visionario e il fascino recuperato, come confessò lo
stesso artista, per le gidiane nourritures terrestes. G. sembra
sentirsi quasi responsabile d'un tradimento verso la pittura
allorché, per coerenza, operò una sintesi tra l’elemento naturale e il non
figurativo che gli consentì G., Personale di G., in mostra d’arte
contemporanea, catalogo della mostra, Scuole comunali, Torre Pellice G.,
Autobiografia Sanguineti, in catalogo della mostra, Unimedia, Genova Argan,
in catalogo della mostra, Unimedia, SZ Nella bottega
dell'antiquario. un'impaginazione astratta servendosi di forme non
inventate, non di natura cerebrale ma veramente esistenti, Riemerse,
con la serie dei Cespugli, la fascinazione per i cespi di iris, tema
dominante di inizio anni Sessanta, ma questa volta non più giocato con la
«gestualità irruente» del colore spremuto direttamente sulla tela,
eredità del linguaggio informale, ma attraverso un sedimen- tato
approccio di sottili velature di pittura a olio utilizzata come gouache
che si rifaceva alle delicate tinte dei moduli di qualche anno
precedenti. Gli sfondi bianchi svuotati erano percorsi esplicita-
mente da segni grafici e scritte che sembrarono dischiudere uno spiraglio
perfino alla poesia visiva. Fu Galvano stesso, riferendosi a questi la-
vori — esposti in una personale presso la Weber di Torino a parlare d’archetipo
floreale dove il fiore dell’iris scandisce l’intrico dei segni, grafismi
di parole o di immagini, altre volte rigidamente modulari o, almeno non
anco- ra piegati all’allusione significativa. ‘Cespugli Spinardi, in
catalogo della mostra, Piemonte Artistico e Culturale, Torino perciò in
contrapposizione ai glifi dell’”alfabetico asemantico” e dei griffonages
che li avevano preceduti. Segue la serie dei Motivi vegetali (Ciottoli, Foglie,
Frutti, Relitti). La riappropriazione di una rappresentazione
ottica- mente realistica fu solo apparente; il candore neutro dei
fondiesaltava una suggestione di tridimensionalità attraverso la
scansione prospettica degli oggetti. Tali elementi solitari erano
estraniati dal loro contesto naturale e inseriti negli spazi illusori di
questa pittura d’assenza. Sul cadere diogni riferimento a
contenuti simbolici o anche solo sentimentali della pittura di G., ne
scrive Guasco nel saggio che introduce lagrande mostra retrospettiva
dell'artista organizzata a Torino dalla Regione Piemonte. Tali
opere, per Guasco, non sono più emblemi né simboli che rimandano a
un ulteriore significato. Per essi si può forse parlare di sospensione di
senso”(per usare un termine di Barthes), di un muto stupore di fronte
alla vita e alla natura. Le foglie morte e i relitti di G.
rifiutano il significato, e quindi ogni commento, o spiegazione. Il
cespuglio spezzato è solo un cespuglio spezzato; le foglie, anche se
rosse, autunnali, non sono les feuilles mortes. Con avvio del
decennio Ottanta ne i Paesaggi (Rocce, Alberi, Isole) vi fu il riutilizzo
di una stesura cromatica che spesso occupava l’intera tela con un
conseguente recupero dell'effetto tonale. Gli spazi desolati, le muse
inquietanti, che G. propose in questa fase suggerirono a Fossati richiami
alla pittura metafisica. Luoghi, intanto, vuoti, svuotati di
allotrie presenze, come è giusto siano le radure vuote e silenti, per il
camminante che vi si ferma a pensare e meditare. Luoghi di pensiero e di
inconsci sofismi: con i relativi feticci oppure archetipi, teste in
gesso di eroi, manichini nel pictor optimus; rami sassi acque per G.. L'artista,
con le serie di guazzi su carta di Nudi e Macchie sperimenta infine, una
pittura liquida fatta di segni colantiin un'inversione di «sgor- bi
cromatici di netta matrice informale. Confessa ai lettori del catalogo della
Micrò. Ancora una volta ho voltato gabbana e me ne scuso a chi può dare
fastidio, G., in catalogo della mostra, Weber, Torino, Guasco, in N.
Pizzetti e G. Givone (a cura di), G. cit., Fossati, Per un omaggio a G., in P.
Fossati, F. Garimol- di e Mundici (cur.), Omaggio a Albino Galvano,
catalogo della mostra, Circolo degl’artisti, Torino, Electa, Milano .G.,
in catalogo della mostra, Micrò, Torino ma vuole ricordare che vi è stata
una sua stagione d’eriffonages che a questi fogli ultimi molto si
apparenta, anche se là il segno prevaleva, monocromo. Perciò dico a mia difesa
il diritto di difendersi è sempre riconosciuto ai colpevoli —
versatilità, capricciosità sì, incoerenza no. Molti furono gli spazi espositivi
torinesi che accolsero le personali di G. inquadrando la sua fase
pittorica, tra cui: laWeber, il Piemonte Artistico e Culturale, la
Cittadella e la Micrò. Occasioni
extracittadine rilevanti furono presso la Morone di Milano, la
Villata a Cerrina Monferrato e la bipersonale insieme a Gorza
presso Palazzo Te a Mantova. Si rammentano poi l’antologica presso la
La Cittadella di Torino; la vasta esposizione organizzata dalla
Regione Piemonte presso Palazzo Chiablese di Torino che esplora l’intera
carriera dell'artista (corredata da un notevole apparato critico in
catalogo) e le mostre retrospettive all’Accademia di Torino. Costanti
furono inoltre le partecipazioni a collet- tive come alla Promotrice
torinese, alla Galleria Martano e all'esposizione Torino tra le due
guerre presso la Galleria d’arte moderna di Torino. Infine, nell’ambito
della rinnovata attenzione perlostoricizzato Movimento Arte Concreta,
Galvano figurò in svariate mostre a: Cavallermaggiore, Torre
Pellice, Gallarate, Aosta. G. muore a Torino. La dichiarazione conclusiva
sugli intendimenti di una pratica pittorica perseguita per l'arco di
una vita intera è affidata a Galvano stesso e permette di afferrare
almeno un aspetto di questa multiforme e primaria figura di artista,
critico e intellettuale italiano del Novecento. «Di una sola coerenza
credo di poter- mi vantare, ma è coerenza che in qualche modo mi
sequestra al di fuori di tanta arte contemporanea: la fedeltà alla tela,
al colore ai pennelli. In parole povere ho sperimentato molto, forse
troppo e troppo disper- sivamente, ma non mi sono mai sentito vicino
alle ricerche di chi avevarifiutato o cercato un'alternativa ai
mezzi tecnici che poi vuol dire anche espressivi di una tradizione che va
dal Cinquecento agl’impressionisti, ai fauves, agl’espressionisti. Fedeltà o
incapacità di uscire dalla routine? Non sta a me deciderlo. Ne
rivendico la responsabilità o il merito. G., in catalogo della mostra, Palazzo
Te, Mantova Alla presentazione del volume "La pittura, lo spirito e
il sangue, Da discepolo a interprete. G. e Casorati Botta
Quando mi presentai alla scuola di via Galliari, cioè allo studio
di Casorati, ha dietro le incerte aspirazioni dettate da una pretesa mia
attitudine al disegno. Poco, ma abbastanza, insieme alla passione per la storia
dell’arte, perché seguissi con attenzione sulle riviste (specialmente Emporium)
le Biennali veneziane che mi educarono al gusto per l’arte. Con
queste parole G. apre la sua auto-biografia scritta per una mostra
retrospettiva torinese, definendo sin da subito le proprie origini di
formazione e circostanze di aggiornamento. Nato nell’anno in cui, con le
Demoiselles di Picasso, l’arte occidentale vede chiudersi il ciclo
iniziatosi alla fine del duecento, si iscrive al liceo classico Cavour
insie-me ad ARGAN (son vicini di banco), e presto interrompe gli studi per
dedicarsi interamente alla pittura, seguendo inizialmente le indicazioni
di artisti intercettati attraverso le conoscenze familiari. Un temperamento
vivo e curioso, il suo, che più che seguire le letture e gli studi che il
percorso scolastico gli impongono, preferisce accrescere le proprie
conoscenze con una formazione isolata, fatta di letture personalissime.
Si seppelle cinque-sei ore al giorno in biblioteca sostiene in
un'intervista. Lì incomincia a leggere La Critica. Legge Bergson. Nell’atteggiamento
che caratterizza l’artista, concentrato ad inseguire le proprie passioni
piuttosto che le strade già battute, si può forse leggere una continuità
nella scelta di rivolgersi a Casorati come maestro, una decisione non
così scontata in una Torino dove gl’orientamenti estetici sono ancora
influenzati dall’ingombrante figura di Grosso e dall’insegna- mento della
paludata Accademia Albertina. G. ha una fascinazione improvvisa
verso l'artista torinese, arrivata attraverso l'osservazione di- G.,
Autobiografia, PizzETTI, Givone (cur.), G., catalogo della mostra (Torino,
Palazzo Chiablese), Regione Piemonte, Torino ARGAN, G. [presentazione],
in XXVIII Bien- nale di Venezia, catalogo della mostra (Venezia), Alfieri
Editore, Venezia. Non sono tra i primi della classe. Troppe cose c'interessano,
che non hanno nulla a che fare col programma, e ne discutevamo per interi
pomeriggi, dimenticando le versioni di latino e i problemi di matematica.
Forse quell’amicizia di ragazzi ci costa qualche esame ma, almeno per lui,
non è un'esperienza inutile. G. parla d’un apprendistato presso Vannini,
maestro di disegno a cui è stato indirizzato dal pittore Pisano amico di
famiglia, che ha spesso occasione di veder al cavalletto G.,
Autobiografia Intervista di Lanzardo ad G., in Fossati, GarmoLpi, Munpici (cur.),
Omaggio a G., catalogo della mostra (Torino, Circolo degli Artisti),
Electa Piemonte, G. alla mostra personale di Palazzo Chiablese, Torino.
Archivio Storico della Città di Torino, fondo Gazzetta del Popolo. retta
di alcuni suoi dipinti presenti nelle collezioni del museo cittadino:
“Alla Galleria di Torino — sostiene egli stesso nell’autobiografia gli sono
cioè piaciuti piuttosto i bianchi di tempera con il rosso dei coralli o il
cielo spugnoso del bozzetto per il ritratto della signora Wolf che il neo-quattrocentismo
del Ritratto della sorella. Indicazioni sintomatiche di un interessamento
che si rafforza man mano e che è destinato a diventare decisivo per
il suo ingresso nella scuola dopo la visita alla Biennale
veneziana, nella quale Casorati espone,” oltre ad otto dipinti, anche due
statue destinate al proscenio per il teatro Gualino. Galvano è colpito,
in questa occasione, ‘“[dal]l’azzurro o il paglierino di stoffe e legni
in Daphne che le pose ricercate dei nudi. G., [autobiografia], in Albino
Galvano, catalogo della mostra (Asti, Galleria La Giostra, 1952), Asti;
relativamente ai dipinti di Casorati citati si veda il catalogo generale
dell'artista BERTOLINO, F. PoLi, Felice Casorati. Catalogo generale. I
dipinti Allemandi et C., Torino. Da qui in poi citato come (Bertolino, Poli G. autobiografia
Relativamente alla Biennale scrive: Quella volli visitarla di persona e
vi fui impressionato specialmente da Felice Casorati, sicché decisi,
scoperto che abitava a Torino, di iscrivermi alla sua scuola.” (Ip.,
Autobiografia; in quell’occasione, oltre al Ritratto di Daphne Ber-tolino,
Poli, Casorati espone l’opera Ragazze dormenti o Mozart, ricordata da G. nel
suo racconto autobiografico. L'ingresso alla scuola lo vede
inserirsi in un ambiente già consolidato, accresciuto notevolmente d’iscritti
rispetto al nucleo fondante di stretto discepolato del suo studio che
sta tra l'accademia e il monastero. La scuola libera di pittura,
inaugurata in via Galliari, è ormai una realtà pubblica, che riunisce
maestro e allievi e li vede impegnati come fronte coeso nelle
esposizioni cittadine e nazionali. La serietà e la dedizione alla pittura sono
le caratteristiche fondamentali che danno l’accesso alla scuola: lo si
rica dalle impressioni che risuonano con continuità tra i commenti e i
ricordi degl’allievi che in tempi diversi affrontano l’alunnato
casoratia- no.! G. non fa eccezione: “L'accoglienza fu, come era
nel suo stile, di una signorile severità”.! Ma, al di là delle incertezze
iniziali, il maestro sem- bra essere più colpito dalla spiccata vivacità
intel- lettuale del giovane allievo piuttosto che dalle sue
capacità pittoriche: “credo che — sottolinea Galvano raccontando di se
stesso — abbia avuto subito per l’uomo la simpatia e la stima che poi
sempre mi di- mostrò, forse assai più scarsa la fiducia nelle mie
possibilità di pittore, il che mi fu ottimo stimolo a intestardirmi e ad
impegnarmi a fondo. Lo scolaro “intelligente ma noioso, predicatorio,
secondo il ricordo di Romano, anche lei discepola di Casorati, presenta
le sue opere per la prima volta con il gruppo di allievi all’Esposizione
d’arte allestita nello studio di via Galliari. L'esposizione intima, alla
sua seconda edizione, è aperta al pubblico di interessati (a visitarla, sono
perlopiù personalità del milieu intellettuale ANTI-FASCISTA cittadino) e
vuol essere una raccolta dei lavori più notevoli eseguiti dagli
allievi nello scorso anno. La prova generale della scuola non
sembra però garantire a G. l’accesso all’im- G. fissa la sua presenza
nella scuola G., Autobiografia GOBETTI, Felice Casorati pittore, Torino
Per uno studio sulla scuola di Casorati e sulle vicende espositive della stessa
si veda Cavallaro, La scuola di Casorati, tesi di laurea, Facoltà di
filosofia, Torino, relatore: Rovati; Poi, Cavallaro (cur.), La scuola di
Casorati ed Cefaly, catalogo della mostra (Catanzaro, Complesso
monumentale di San Giovanni), Rubettino, Soveria Mannelli testimonianze e
memorie dei suoi discepoli, in Pianciola (cur.), Il critico e il pittore.
Gobetti, Casorati e la sua scuola, Aras Edizioni, Fano G., Autobiografia
Romano, Un invento, Einaudi, Torino, PauLuccCI, Cronache torinesi. Scuola di
Casorati, in “Le Arti Plastiche Su questo argomento si veda A.
BOTTA, Felice Casorati nelle. minente esposizione alla Galleria Valle di
Genova organizzata probabilmente da tempo che vuol essere l’occasio- ne
per riunire una selezione più stretta degli allievi. Dove attendere ancora
qualche mese, in primavera, prima di assistere alla presentazione di un
suo dipinto (accolto per accettazione dalla Giuria) alla Biennale. Riuniti
attorno al maestro, gl’allievi di Casorati occupano la sala 30, attigua
alla fortunata e discussa retrospettiva di MODIGLIANI (si veda) ordinata
da Venturi, che non manca di far nascere alcune corrispondenze e
letture parallele con le opere dei ca- soratiani. Da questo
momento in poi G. incomincia ad essere presente con continuità alle mostre
della scuola. Una conferma che arriva già a poche settimane di distanza
con la partecipazione alla 88° esposizione della Società Promotrice delle
Belle Arti con ben quattro dipinti. Ancora alla fine dell’anno il suo
nome si registra tra gli allievi presenti alla III Esposizione d’arte di
via Galliari,' mentre viene segnalato come uno dei casoratiani che espongono -
questa volta senza il maestro alla mostra torinese degl’Amici dell’
Arte. Se fino a questo momento le opere di Galvano non sembrano
sollecitare più di tanto l'interesse della critica forse perché il
modello del maestro è troppo riconoscibile nella sua pittura, l'occasione
della I Quadriennale d'Arte Nazionale di Roma apre ad un interessamento che
coinvolgerà da lì in poi anche il giovane artista torinese, presente con
il dipinto Estate, riprodotto per l'occasione sulla nota rivista milanese
La casa bella. G., ancora coeso al gruppo almeno fino al marzo di
quell’anno (la sua presenza è confermata in una mostra di “scuola”
allestita alla galleria Milano, Esposizione dei pittori Casorati, Bay,
Bionda, Bonfantini, Marchesini, Maugham, Mori, prefazione di G. Pacchioni,
catalogo della mostra Genova, Galleria Valle), Genova Sitratta del
dipinto Paese con un ponte; cfr. Catalogo XVII Espo- sizione Biennale
Internazionale d'Arte catalogo della mostra (Venezia) Venezia Pautucci,
Cronache torinesi. Scuola di Casorati, in “Le arti plastiche ZANZI,
Cronache torinesi. La mostra degli “Amici dell’Ar- te Emporium, Torriano,
Cronache d’arte. Note alla I Quadriennale, in “La casa bella”, marzo
1931, p. 57. Relativamente alla partecipazione degli artisti piemontesi
alla rassegna romana si veda L. IAMURRI, Levi, Paulucci e gli altri.
Presenza torinesi alla Quadriennale, in M. Cossu, C. MicHELLI (a cura
di), Cultura artistica torinese e politiche nazionali, catalogo della
mostra (Roma, Galleria Nazionale d'Arte), Electa, Milano Cfr. Bay,
Bionda, Bonfantini, Casorati, Chicco, Cremona, Donati, G., Levi, Maugham,
Marchesini, Mennyey, Mori, catalogo del- la mostra (Milano, Galleria
Milano), Milano Copertina del catalogo della mostra alla Galleria Milano,
Milano incomincia a dar segni di cedimento rispetto allo sta- tuto
casoratiano e nei confronti della scuola. Un di- Stacco progressivo che
si rende evidente nell'esercizio Stesso della pittura, che lo vede
ricercare una propria indipendenza e nuove vie di espressione. La
Promotrice diventa per lui un terreno di confronto nel quale presentare
le più recenti ricerche, filtrate at- traverso nuovi modelli nel
frattempo subentrati e maturati, chiariti con lucidità — a distanza di anni
dallo stesso artista. Mi affascina il tentativo di ricostruzione
formale del mio maestro e, contemporaneamente e contraddittoriamente, gl’esiti
dell’impressionismo e postimpressionismo, sia nelle loro accezioni originali
sia nelle riprese locali dei sei e, in genere, la pittura di colore e di
tocco, ovviamente legata a una visione naturalistica. Nel duplice e, in
certo senso, contraddittorio intento di tener Insieme i valori plastici
di Casorati e quelli cromatici dei Sei il risultato diveniva naturalmente
pesante, impasta- to, anche perché subivo fortemente l'influenza di
una certa pittura francese, o meglio di una pittura che si faceva
in Francia spesso da stranieri, che allora agli inizi degli anni trenta
mi affascinava dalle pagine dell’Art Vivant. Assente il maestro, G. è presente
con tre opere. La Composizione con figura, in particolare, riprodotta G.,
Autobiografia sia in catalogo che sulla rivista Emporium, mostra gli
esiti dell'aggiornamento condotto sugli esempi dei post-impressionisti
francesi e sulle proposte figurative dei sei (sciolti ufficialmente, come
gruppo), che si riconosceno nella linea di rinnovamento dell’arte
contemporanea tracciata da
Venturi. Il passaggio, da questo momento in poi, è
breve. Complice un disfacimento generalizzato della scuola stessa,
il pittore, alla mostra degl’Amici dell'Arte allestita nell'autunno del
medesimo anno, è considerato già da tutti un ex allievo. Ma la sua
fedeltà al maestro e l'amicizia che li lega lo vedranno partecipare
ancora ad una mostra di scuola, allestita nel teatro di Pavia. Accanto
agli ex compagni, G. diventa una presenza eccentrica. Le sue opere, che
spaziano tra i generi (dalla natura morta al paesaggio), mostrano la sua
indecisione circa la strada da intraprendere, alla luce delle più recenti
scoperte, passando dall’espressionismo all'impressionismo senza un attimo
d’esitazione. La rottura con Casorati o presunta tale, coincide con il
suo esordio di critico e con il suo avvicinamento a Venturi, al quale viene
introdotto dal suo compagno di studi Argan G. pubblica un saggio sull’illustre
rivista trimestrale L'Arte, che vede Lionello impegnato nella
condirezione accanto al padre Adolfo. La presenza del figlio, professore
a Torino, apre il periodico al dibattito sulle arti contemporanee, fino a quel
momento escluso dai contenuti tradizionali della rivista. Il saggio
Armando Spadini e il gusto degli impressionisti? mostra l'avvicinamento
di G. alla critica venturiana, già evidente nel titolo del contributo, che
riecheggia il più celebre volume, e che si conferma nei contenuti e nel
soggetto stesso dell'articolo. ZANzZI, Cronache torinesi. L'Esposizione
Interregionale della Promotrice di B. A., Emporium Rossi sulle pagine dell'Italia
letteraria sottolinea come G. sia ormai “teso a tutt'uomo alla ricerca di
costru- zioni personali Rossi, Una mostra interregionale, in
L'Italia letteraria, mentre Zanzi, sulla Gazzetta del Popolo, rileva come
la distanza tra allievo e maestro sia ormai sensibile sia da un punto di
vista cromatico che formale: G. - fa notare - sta liberandosi dai grigi e
dalle tristezze casoratiane e ora si esperimenta, con accortezza e
con gusto, nelle esperienze di Matisse e di Friesz Zanzil], L'arte
al Valentino. Mostra regionale del Sindacato delle Belle Arti, Gazzetta
del Popolo, Cfr.e.z. [E. Zanzi], Agli “Amici dell'Arte” pittori, scultori,
ar- chitetti, decoratori. La mensa degli avieri ideata da Balbo, Gazzetta
del Popolo Sornini, Alla mostra Casorati II, in “Il Popolo di Pavia Cfr. G.,
Autobiografia Spadini e il gusto degl’impressionisti, L'Arte VENTURI, Il gusto
dei primitivi, Zanichelli, Bologna Accanto all'impegno pittorico, piuttosto in
crisi in questo periodo (“per una dozzina d'anni, mi mossi un poco
a casaccio”), G. intraprende gli studi universitari presso la Facoltà di
magistero. Una scelta che è dettata non tanto dalla sua ben nota passione
per le materie filosofiche o dalla sua curiosità innata, ma più
semplicemente da problemi economici che lo obbligano in fretta e furia a
prendere una laurea e ad iniziare l'insegnamento in istituti. La fine del
suo percorso di studi, che si conclude con una tesi sulla pedagogia della
religione discussa con GAMBARO (si vda) ed ABBAGNANO (si veda), coincide
con la ripresa dell'attività di critico ma anche di saggista, che si fa
particolarmente intensa e che lo vede collaborare con le riviste Il
Selvaggio ed Emporium. Al di là dell'abbandono della scuola di Via
Gal- liari, Casorati resta per Galvano un solido punto di
riferimento, non tanto come esempio figurativo o di pratica pittorica da
seguire, ma come rappresentate di un modello culturale autorevole e
indipendente pre- sente in città. L'amicizia tra i due, avviata e
riconfermata in più occasioni, sembra in questo giro di anni
intensificarsi ulteriormente, antici- pando il sodalizio che porterà alla
pubblicazione della monografia per la collana “Arte Moderna Italiana”
di Scheiwiller nel 1940, dedicata integralmente al maestro. Incomincia
a collaborare con Emporium occupandosi di curare la sezione Cronache
torinesi del mensile. Questo nascente incarico gli permette di affrontare
e commentare l’attività artistica piemontese, confrontandosi con un universo
legato ad una rivista nota ed ampiamente diffusa e discussa. Casorati è
sempre presente nei suoi articoli: viene seguito passo passo da G. sia
nelle vesti di pittore che di organizzatore culturale, offrendo in
special modo la propria attenzione all'impresa della galle- G.,
autobiografia Intervista di Lanzardo a G. Da ascriversi sempre al rapporto con
Venturi sono i tre volumi di G., apparsi per Nemi di Firenze (L'arte
egiziana antica; L'arte dell'Asia occidentale e centrale; L'arte
dell'Asia orientale), pubblicati nella collana “Novissima enciclopedia
monografica illustrata”. Casorati sa rispettare la personalità
dell'allievo anche quando non era affatto d'accordo sulla visione
dell’allievo. Infatti quei pochi che sono venuti fuori tra i molti che ci sono Bonfantini,
Chicco, Montalcini, ed io, ci siamo subito allontanati da Casorati pur
restando suoi amici, pur essendo sem- pre aiutati da lui sul piano
pratico per mostre ed esposizioni. [Ma Montalcini ed io siamo passati
all’astrattismo, poi all’informale, tutte cose che Casorati ma non ci ha
mai tolto né la sua amicizia né la sua protezione. In questo è veramente un
grandissimo signore, Intervista di Lanzardo a G. G., Casorati, Arte
moderna italiana Serie Pittori Hoepli, Milano ria “La Zecca, avviata dal
maestro a Torino insieme a Paulucci in via Verdi Se appare piuttosto
chiaro come G. tenti con i mezzi a sua disposizione di promuovere e sostenere
l’amico Casorati nelle sue molteplici attività, il maestro, dal canto
suo, cerca di aiutare il suo ex-allievo nel suo percorso di pittore. È lo
stesso G. a dichiarare apertamente, molti anni più tardi, come la sua
affermazione al premio Bergamo sia in realtà frutto di un aiuto arrivato
dallo stesso maestro: “Casorati è molto potente mi fa accettare al Premio
Bergamo, mi fa sempre dare qualche premio, per cui mi trovai agganciato.
Presente con continuità G. si aggiudica per ben tre anni i premi in denaro del
concorso. Solo nella seconda edizione non compare tra i vincitori, ma la sua
opera viene acquistata dal ministero dell'educazione nazionale a
titolo di incoraggiamento. È data alle stampe il saggio “Casorati” scritto
da G., apparsa per Hoepli di Milano. Il saggio si inserisce all’interno
dell’ambiziosa collana Arte Italiana inaugurata e coordinata da Scheiwiller,
immaginata per raccogliere uno
dopo l’altro gli artisti italiani più noti del tempo, attraverso piccole
monografie illustrate, introdotte da un testo critico che viene di volta
in volta scelto dall'editore o dall'artista protagonista del
volume. In questo caso, è infatti Casorati a suggerire il nome del
giovane critico a Scheiwiller, incaricandolo di aggiornare radicalmente
la precedente edizione di Giolli, ormai vecchia di quindici anni. Il
saggio di G. non si colloca, all’epoca, come una novità di genere nella
letteratura artistica del pittore, ma rientra in un panorama già
piuttosto sedimentato di studi sul maestro, che si occupano di fornire uno
sguardo complessivo sull'intera produzione raggiunta sino a quel momento.
Il volume La collezione Della Ragione, in “Emporium, Torino.
Maccari alla Zecca, Emporium, Torino. Mostre alla “Zecca”, in “Emporium, Torino.
Mostre alla Zecca, Emporium, Intervista
di Lanzardo a G. G., Felice Casorati, cit. Per uno studio sulla mono-
grafia si veda Botta, G. e Casorati. La mongrafia per la collana Arte Italiana
di Scheiwiller, tesi di specializzazione, Università degli Studi di
Udine, relatore: Fergonzi. Giotty, Casorati, Arte italiana, Serie
Pittori, Hoepli, Milano. lo studio di Giolli, infatti, limitava
necessariamente l'indagine sull'artista. di Gobetti, che si propone come una
rico- struzione cronologica del percorso artistico (nonostan- te la
limitatezza della produzione casoratiana) apre la strada a numerosi
tentativi di interpretazione e ordi- namento dell’opera del maestro, non
limitati alle pubblicazioni di carattere monografico (il caso successivo
— come si è detto — è quello di Giolli) ma rintracciabili anche
all’interno di contributi meno estesi che, a partire dal saggio di Venturi
uscito su Dedalo, diventano sempre più frequenti nei tempi a venire,
anche sotto forma di presentazioni nei catalo- ghi delle esposizioni. La
critica contemporanea studia la produzione di Casorati secondo principi e
approcci molto differenti che, verso la metà degli anni Venti, tendono a
farla rientrare in quel processo di costituzione di un'arte
nazionale ufficiale: un’annessione ai pittori non pienamente condivisa
dall'artista che è esplicitata nel saggio di Sarfatti apparso sulla
Rivista Illustrata del Popolo d’Italia e che contribuirà a determinare una
lettura della pittura di Casorati divisa “tra estetica e lettera-
tura”, destinata a rimanere ancora per molto tempo identificativa del suo
lavoro. Intorno agli anni Trenta il lavoro di Casorati rientra già
nell'ottica di una ricostruzione storica più ampia dell’arte italiana ed internazionale:
le pubblicazioni di Sarfatti, di Guzzi, di Costantini, di Brizio e di Nebbia, esaminano Casorati secondo una
prospettiva generale (con le inevitabili ed ulteriori opinioni
contraddittorie), ma sono tutte piuttosto concordi a identi- Gost,
Casorati pittore, VENTURI, Il pittore Casorati, Dedalo Mostra individuale di
Casorati, Esposizione d'Arte, Venezia, catalogo della mostra, Venezia,
Ferrari, Venezia PACCHIONI, Casorati, in Exposition d'’artistes italiens
contemporains, catalogo della mostra (Ginevra, Musée Rath), Foa, Torino, Rossi,
Felice Casorati, in Artistes Italiens, exposition, catalogo della mostra
(Ginevra, Galerie Moos), Richter, Ginevra BERNARDI, 25 opere di
Felice Casorati nel salone de La Stampa, catalogo della mostra (Torino),
La Stampa”, Torino. Per una ricognizione sulla fortuna critica
Casoratiana si veda P. THeA, La critica e Casorati: profilo e antologia,
in LAMBERTI, Fossati, Casorati, catalogo della mostra (Torino, Accademia
Albertina), Fabbri, MilanoSARFATTI, Pittori. Felice Casorati, in Rivista
illustrata del Popolo d’Italia In. Storia della pittura moderna,
Cremonese, Roma; Guzzi, Pittura italiana contemporanea. Origini e
aspet- il, Bestetti et Tumminelli, Treves, Roma-Milano; COSTANTINI,
Pittura italiana, Ulri- co Hoepli, Milano; Brizio, Ottocento Novecento,
Utet, Torino NEBBIA, La pittura, Società editrice libraria, Milano
ARTE MODERNA ITALIANA G. CASORATI HOEPLI.
MILANO EDITORE Casorati, Ulrico Hoepli, Milano ficare nell'opera del
medesimo una tendenza interna e personalissima alla corrente
novecentista. Le difficoltà nel rintracciare una linea condivisa per la
sua arte era già stata evidenziata da Debenedetti (filosofo torinese, come
Gobetti, prestato anche lui alla critica d’arte) con l'articolo Casorati
e la critica d'arte, nel quale sottolineava come L'arte di Casorati pare
fatta apposta per isconcertare gli schemi che la più scientifica critica d'arte
s'è data come sicuri oramai ed incontrovertibili, evidenziando nelle
conclusioni tutte le contraddizioni di una generazione: “Linea, dunque,
no: forma plastica, no: colore, no: o quanto meno né la linea, né la
forma, né il colore intesi come schemi esclusivi ed esaurienti,
nell'accezione data dai critici, che di quegli schemi si sono fatti, non
pure gli interpreti, ma i banditori. E questa è l’involontaria polemica
del Casorati contro la critica d’arte. Davanti a questo
insieme di opinioni e approcci differenti, G. si dimostra sin da subito
molto perplesso verso i suoi predecessori, affermando in maniera
categorica come Ciò che è mancato più ad una critica concludente su
Casorati è appunto una comprensiva ‘lettura’ delle sue pitture, e
sintetizzan- DEBENEDETTI, Casorati e la critica d'arte, L'Italia
letteraria G., Casorati do poi, nelle prime pagine della monografia, i
termini di questa fortuna critica che è anche incomprensione sedimentata
verso l’artista, almeno fino alla metà degli anni Venti: Casorati ha
goduto di un momento di fortuna quando la sua pittura, forse proprio
perché meno urtante a prima vista di quella di altri pittori di
avanguardia, ebbe tutti i suffragi e specialmente a quelli della critica
che voleva essere alla pagina, ma salvando il rispetto per la
tradi- zione [...] Erano i tempi in cui la pittura del novecento
appariva come uno sforzo neoclassico in polemica con l’arte futurista da
una parte, con l’aneddotismo elegante dall'altra, la pittura di Casorati
ha una sua funzione in Italia per liberare il medio pubblico dagli
en- tusiasmi per Grosso, per Sartorio, per Dall’Oca Bianca. Rispetto ai
precedenti studi la posizione di G. è fin da subito ben chiara: risiede
nell'approccio preferenziale con cui affronta l’opera di Casorati,
total- mente inedito sino a quel momento, che viene ribadito in più
punti della monografia. In apertura del volume il critico-pittore
sottolinea come la sua analisi non si circoscriva a una rilettura
analitica e distaccata della produzione casoratiana, ma si sviluppi
attraverso una consapevolezza fondata sul ricordo della propria
formazione: Casorati pittore scrive richiamandosi ai suoi rapporti col
maestro è stato per molti della mia generazione una esperienza di
importanza capitale in ordine alla formazione del gusto e
all'orientamento di una cultura non soltanto limitata a fatti di specie
figurativa. La pratica di di- scepolato presso di lui e la frequente
consuetudine di Casorati uomo, hanno valso ad alcuni di noi come
un'esperienza fra le più profonde e decisive anche per quanto riguarda la
vita morale. L'insegnamento di Casorati, oltre a fornire una solida
base di rudimenti pittorici insieme agli stru- menti per uno sviluppo
individuale delle personalità artistiche, è la chiave sempre secondo G.
per la comprensione stessa dell’opera del maestro, chiarita metaforicamente
in un passaggio del testo. Casorati è uno di quei pochissimi artisti che
dopo il rapimento delle muse non rimangono incoscienti di quanto in loro
è avvenuto; lo capiscono ed aiutano a capirlo agl’altri. Un concetto che
viene ribadito, in maniera ancora più chiara, verso la fine del suo lungo
contributo per Scheiwiller. Non molti di noi allievi hanno saputo da
quelle parole imparare a dipingere decentemente, ma certo tutti a leggere i
suoi quadri un poco meglio. Con queste premesse G. vuole
dimostrare come la vicinanza al maestro gli permetta di avere una visione
privilegiata, lucida e fedele del suo lavoro, elevando la lettura delle
opere ad un’originalità vicina alle intenzioni del maestro, più di quanto
gli altri possano avere. Al di là degli schieramenti e dei tentativi di
categorizzazione che, a più riprese, hanno interessato il lavoro di Casorati
tra assimilazione al gruppo novecentista, ascendenza neoclassica o, ancora,
appartenenza alla poetica metafisica, G. sceglie il sostantivo platonismo
per riassumere gli esiti figurativi ottenuti dall'artista, un’indicazione che
gli permette di liberarsi da ingombranti etichette sino a quel momento
attribuite all'opera del pittore. È un'affermazione di Casorati a
suggerire a G. le basi per un'interpretazione platonica delle sue opere:
il critico recupera esplicitamente una dichiarazione del maestro espressa a
margine di un catalogo della Galleria Pesaro, nella quale chiarisce le
proprie intenzioni quasi programmatiche di esercizio pittorico. Dipingere
la verità, dimenticando la realtà superficiale. Un concetto che viene
successivamente ribadito da Casorati, spogliato delle sue implicazioni
categoriche (rinnegate in un secondo tempo dallo stesso pittore) in una
successiva dichiarazione, riportata nel catalogo della prima
Quadriennale romana, con la quale l’ar- tista sottolinea ancora una volta
come il suo distacco dalla realtà dei soggetti sia prerogativa fondante
del suo lavoro: la mia pittura è staccata dalla vita. La posizione platonica
di G. pone il lavoro di Casorati in netto contrasto con la pittura degli
Impressionisti (che godono invece di una notevole for- tuna, verso gli
anni Trenta, a Torino), collocando il movimento francese e il maestro torinese
su due fronti opposti sia da un punto di vista lirico che tecnico: un sto
di Casorati preferiremmo ad ognuna quella di platonismo. Casorati,
[Dichiarazione], in Arte italiana contemporanea, catalogo della mostra
(Milano, Galleria Pesaro), Alfieri et Lacroix, Milano Scritti interviste
lettere, cura di Pontiggia, Abscondita, Milano Scrissi allora nel catalogo
alcune parole per spiegazione del mio lavoro e quasi per contrappormi
all'arte di quel tempo: affermavo di voler dipingere la verità,
dimenticando la realtà apparente; di voler indulgere agli errori che
spesso sono la sola ragione dell’opera d’arte. Queste parole furono
definite un’eresia estetica; in fondo, però, esse volevano spiegare il
carattere di immobilità, di impassibilità dei contorni decisi di forma,
in con- trapposto al più o meno degenere impressionismo di
sfarfalleg- giamenti colorati, di indecisione ottica, di ricerca del
movimento nel vibrare continuo della luce CASORATI, in G. MascHERPa
[a cura di], Casorati e il religioso, catalogo della mostra
[Milano, Galleria San Fedele, Milano, Milano CASORATI, Presentazione, Arte
nazionale, catalogo della mostra (Roma, Palazzo delle esposizioni), Pinci, Roma
Scritti interviste lettere, E infatti se dovessimo trovare una parola per
definire il gu- IN rifiuto che è categorico e si muove sulla
falsariga delle indicazioni già enunciate dall'artista nella citata
presentazione: “non ho mai capito il movimento qui déplace les lignes’, e
adoro invece le forme statiche la mia pittura nasce, per così dire, dall'interno
e mai trova origine dalla mutevole ‘impressione’ }° consi-
derazioni che vengono caricate di significati filosofici, anche in questo
caso, da G.: Al protagorico impressionismo per cui misura di tutte
le cose è l'uomo individuale, si contrappone dunque il platonico Casorati
richiamandoci all'ordine di una pittura dove le cose appaiono reali in
quanto hanno la maneg- giabilità di ciò che dal flusso delle sensazioni è
ritagliato per opera dell'intelletto. Scodelle o uova, teste o seni varranno
come categoria. Al degenere impressionismo Casorati contrappone, secondo G., i
suoi caratteri di immobilità, di impassibilità, di contorni decisi, di
forma. Alle premesse teoriche fanno seguito le prime verifiche sulle
opere che, a differenza dei precedenti Studi, non seguono uno sviluppo
strettamente cronologico ed organico della produzione casoratiana, ma si
Muovono più liberamente, procedendo secondo l’andamento del discorso. Come
nelle antecedenti occasioni di studio, l’ini- z10 dell'attività pittorica
viene fatta coincidere con le Opere che gli valgono le prime attenzioni
da parte della critica alla Biennale di Venezia ed alla moStra degl’Amatori
e Cultori di Roma. Le considerazioni che investono il dipinto Le vecchie e La
cugina sottolineano nelle ricerche di Casorati un senso drammatico della
vita teso in un’acuta analisi psico- logica in cui non manca una punta di
sensualità, Ma temperata in una specie di serenità letteraria, Motivi che
si pongono in continuità con le formulazioNi espresse in precedenza sia da
Gobetti che da Ventu- Il, attenti entrambi a rilevare l’attenzione
psicologica ed il senso letterario di queste prime composizioni. Il salto
a questo punto si fa subito brusco: l’esclu- Silone di tutta la
produzione degl’anni della guerra, che coincide con il suicidio del padre di
Casorati e con le nuove responsabilità di capofamiglia verso le due sorelle
e la madre, è in linea con le volontà dell'artista, che sceglie di non
conservare le opere di quel periodo, contraddistinte da un simbolismo e
sintetismo decorativo piuttosto anomalo. G., Casorati, (Bertolino, Poli G.,
Felice Casorati, Cfr. Gobetti, Casorati pittore, VENTURI, Mostra di
Casorati, Esposizione d'Arte della Città
di Venezia, cUn passaggio su Le signorine, che libero questa volta da
preoccupazioni di ordine realistico ed orientato verso una completa
subordinazione alla composizione, permette a Galvano di transitare
direttamente su Tiro al bersaglio, anticipando i problemi di annullamento
della terza dimensione già evidenti nel dipinto. Per G. Tiro al
bersaglio rappresenta un’opera cruciale, da cui parte tutta la produzione
più celebrata dell'artista, quella del periodo immediatamente
sucCESSIVO: l’opera significativa Tiro al bersaglio. In essa il
colore e la linea collo scomparire di ogni ricerca della terza dimensione
assumono per la prima volta una organicità che è davvero il segno
dell’impostarsi nella pittura di Casorati dei problemi di cui anche oggi
essa si nutre. Ridotto il qua- dro, colla completa scomparsa delle
ricerche chiaroscurali e mancando ancora l'ulteriore ricerca spaziale, ad
un semplice tappeto di tinte piatte, si comprende facilmente come linea e
colore divengano funzione l'uno dell'altro, tendendo a uno stato in cui
la visione inquietante del pittore raggiunge uno dei più intensi suoi momenti Il
dipinto, in realtà, aveva sino a quel momento goduto di una fortuna
alterna: tacciato di futurismo nella prima presentazione pubblica è
per Gobetti un’opera dai rapporti formali indecisi ancora legata alla
produzione dalla prima metà degli anni Dieci, un lavoro insomma, che
Casorati realizza come prova per testimoniare a se stesso la fine
del suo estetismo e la sua incapacità di fermarsi ormai all'episodio.
La rivalutazione di Tiro al bersaglio, nei fatti trova, prima di G., un
precedente mol- to prossimo all'uscita della monografia
Scheiwiller: Cremona (anch’egli vicino a Casorati, pur non essendo
mai stato allievo della sua scuola), in maniera analoga a G. ragiona
sull’importanza del colore e sul principio di astrazione presente nel dipinto,
che anticipa le opere più compiute e celebrate degli anni
Venti: sottrarre le cose dai variabili accidenti della luce per penetrare
invece il colore secondo un processo di intelli- gente astrazione. In
quella curiosa vetrina di oggetti vivono infatti quei bianchi spettrali,
quei colori —finti-, che sovente ritroveremo nell'aria rarefatta dove respirano
le sue figure, anche quelle delle parate familiari che Casorati ha
sovente composto con sincera affettuosità ma che appaiono pur sempre affacciate
a una ribalta, in uno scenario freddamente preordinato, sul mondo
dal quale l’artista le ha volontariamente allontanate. Bertolino, Poli
Bertolino, Poli G., Casorati, GOBETTI, Casorati pittore, CREMONA, Felice
Casorati, in “Primato. Lettere e arti d’Ita- La rivalutazione del
dipinto si pone verosimil- mente in linea con le volontà dello stesso
Casorati: l’o-pera, che trova collocazione stabile nell’abitazione
dell'artista, è ripresentata ad una mostra degli allievi e riprodotta per
volere dello stesso mae- stro come prima tavola nella monografia
Scheiwiller. Un interessamento che viene letto da G. come un segno
che una pittura senza volume ed una pittura di colore sembra ancora a
Casorati rivelatrice del senso profondo della sua arte. Le opere
aprono la discussione sulla funzione e l’importanza del colore per
Casorati, che viene ampiamente discussa nel testo e che caratterizza da
qui in poi tutta la monografia come lettura univoca del decennio
successivo. Accanto ad una premessa platonica, che si confronta
nuovamente con le opere Meriggio, Lo studio e Concerto, allontanandole da
facili letture estetiche, G. vede in quegli slarghi formali di pittura un
anticipo d’un’esperienza di tono che è chiarissima. Contrapponendosi alle
interpretazioni che vede- vano nella linea e nella forma plastica le
caratteristiche fondanti dell’opera di Casorati G. valuta la pittura del
maestro come una pittura essenzialmente di colore,” spingendosi a
verificare le intenzioni dell’artista e giustificare la scelta di determinati
soggetti e forme piuttosto che altre, proprio in funzione del colore: Vi
sono dei quadri di Casorati, e talvolta proprio i più formali a prima
vista, come Daphne che non si afferrano in tutto il loro valore se non
riferendoli al colore. Casorati ama le forme semplici perché sono quelle
che permettono al colore di stendersi con la sua migliore ampiezza. È strano
come questa semplice verità sia stata tanto spesso fraintesa, non
mancando del resto di contribuirvi la stessa interpretazione che il
pittore ha dato della propria opera”. Una sensibilità tonale che
porta il critico ad accostare come esempio di ‘“straordi- lia”, è quanto
mai significativo a questo proposito il fatto che il pittore abbia tenuto
in tempi recenti non lontani ad esporre, ad introduzione e quasi chiave
di sue opere più recenti, quel ‘Tiro a segno’ piatto e ritagliato fra
tutti che volle anche ad inizio di queste riproduzioni G., Casorati, Il
nudo e gl’analoghi Concerto, Meriggio, Studio, ci presentano un mondo che
si presta ad essere interpretato in modo equivoco, come estetistico, da
chi non tenga presente che per Casorati quelle platoniche accolte di figure
femminili ignude, anche se esse presentano molta eleganza, non hanno
veramente valore per questa eleganza ma solo per lo snodarsi ritmico dei
volumi Cfr. (Bertolino, Poli G., Felice Casorati, La forma serve a distruggere
la linea ed a passare al colore: essa è, se si vuole, il punto di
partenza, ma è proprio il colore è il punto di arrivo Bertolino, Poli. G.,
Casorati, ARTE MODERNA ITALIANA CASORATI II ed. del volume Casorati,
Ulrico Hoepli, Milano. nario pre-casoratismo” l’opera di Vermeer e diTour
piuttosto che quella di Ingres, riferita dallo stesso pittore come
modello di riferimento alla propria pittura nel “Referendum sul quadro
storico. A sostegno di questa sua tesi sul colore G. recupera ancora una
volta i ricordi dell’insegnamento del maestro, affrontando questioni di
metodo e di pratica pittorica vissuta nello studio dell'artista, dove
l’osservazione dei modelli veniva condotta non tanto sulla forma degli oggetti,
ma sui valori tonali dei medesimi: ci limiteremo a notare come quanto
resti nel ricordo di chi è stato alla scuola di Casorati verta
essenzialmente su due punti: l'insieme e il tono. E soprattutto l’insieme
come forma il più sintetica possibile in funzione del tono. La forma
intellettualistica di un oggetto, proprio ciò che interessa di più al
pittore formale o classico, è ciò che Casorati consiglia all'allievo di
disimparare, la for- ma che l'allievo deve imparare a vedere il più
semplice- mente possibile è la forma di quella determinata massa
tonale, di quella determinata massa chiaroscurale, non la forma
dell'oggetto. CASORATI, [Risposta al referendum sul quadro storico Le arti
plastiche; Scritti interviste lettere, .G., Casorati, cit., p. 14.
Analoghe impressioni sì ritrovano in L. RoMAnO, La scuola di Casorati, in
L'Arte La discussione sul colore offre a G. il punto di partenza per
affrontare le influenze cézanniane che, secondo una critica assodata
ormai da tempo, avrebbero avuto un ruolo capitale nell'evoluzione del
lessico pittorico casoratiano, soprattutto per il genere della natura
morta. È Venturi a offrire per primo quest'interpretazione, individuando
nell'esperienza diretta di Casorati alla Biennale, dove, su dipinti
di Cézanne presenti, sono ben sette le nature morte, il passaggio di svolta tra Le uova sul tappeto
verde e Le uova sul cassettone: Le uova sono un motivo di bianco su verde, le
uova sono un motivo di forma geometrica solida e chiara sopra un volume
scuro. Per G., l'avvicinamento al maestro di Aix è da intendersi come
esperienza più morale che pittorica, nella quale l'evoluzione delle sue
natu- re morte rappresenta un processo interno alla pittura stessa
piuttosto che il risultato di quest’incontro. Uova sul cassettone non si spiega
con un riferimento al costruire tonale del Provenzale nella sua essenza
stilistica, puntualizza G., ma solo col metterlo In relazione a quello
che la pittura di Casorati fu prima d'allora Secondo il critico, più che
un precedente stilistico, la lezione di Cézanne offre la verifica di
nuove possibilità espressive; un punto di vista che trova conferma più
tardi nelle stesse dichiarazioni del pittore, che ripercorrono l’incontro
con i dipinti alla Biennale: Tutta la grandezza del Maestro di Aix mi si
manifesta improvvisa. L'emozione che ne provai fu enorme e non fu
un'emozione di sbalordimento o di stupore, che anzi mi sentii preso da
quel senso di calma, di fermezza, di equilibrio, che solo le opere dei grandi
può dare. Equilibrio! Compresi che nella sua pittura trovava il giusto
equilibrio il problema posto e sviluppato in un senso
dell'Impressioni- smo e il grande opposto risolto da tutta la tradizione;
compresi l'aberrazione di una certa critica che non si staccava di
insistere sui problemi di Cézanne: capii che proprio, che Specialmente in
quei difetti è il germe della sua grandez- Relativamente a questo genere
si vedano Fossati, Nature morte di Casorati, LamBERTI (a cur.), Casorati.
Mostra antologica, catalogo della mostra (Milano, Palazzo Reale, Electa,
Milano BERTOLINO, Dal repertorio di oggetti alle prime nature morte PoLI
(cur.), La natura morta nella pittura di Casorati, catalogo della mostra (Iseo
[Brescia], Sale dell’ Arsenale, Electa, Milano VENTURI, Il pittore Felice
Casorati, Dedalo, Bertolino, Poli; relativamente alle opere si veda In
particolare LAMBERTI, Scherzo: uova (o Le uova sul tappeto verde) e Le
uova sul cassettone, Fossati, Casorati VENTURI, Il pittore Casorati, Dedalo G.,
Casorati za. Compresi che Cézanne è il pittore della rinuncia e che
la rinuncia è la forza della pittura. Non cambiai modo di
dipingere, ero troppo inconsciamente orgoglioso per tentare un
cambiamento di rotta che non avrei potuto fare in alcun modo. Credetti allora
di approfittare della grande lezione di Cézanne proprio irrigidendomi
sulle mie posizioni e cercando solo in profondità. La monografia
Scheiwiller, pensata per aggiornare la precedente di Giolli, in realtà affronta
solo marginalmente la più recente produzione del maestro, sostenendo per le
opere più prossime la piena attuazione del proposito coloristico în nuce
già nei primi anni Venti. Ai ricordi della Biennale, e soprattutto
a quella, G. contrappone le opere esposte nei primi anni Trenta: per La
lezione, Susanna e Lo straniero pone l'accento su come prevalgano in
questi dipinti certe note di rossi improvvisi, il taglio in controluce,
il gusto, almeno nei due primi, di accostare il nudo ad una figura
maschile vestita, un desiderio di atmosfera serena che suggerisce
lontananze chiare e assolate. Motivi pittorici che, spogliati degli
elementi accessori (come la copertina del Selvaggio nella Lezione o,
ancora, le pantofole rosse di Susanna), trovano un'ulteriore compiutezza
in Daphne e Ragazza in collina” delle collezioni dei Musei Civici
di Torino, soluzioni più aneddoticamente umane dove il motivo del
controluce sulla finestra aperta so- stituisce figure familiari o
umilmente umane ai mani- chini, mentre il paesaggio si fa sereno [...]
ricavato da quei campi di Pavarolo ormai cari all’artista”. Come
già sottolineato da Maria Mimita Lamberti, l'apporto di G. si dimostra
poi piuttosto illuminante nell'individuare nel tema del nudo una possibile
linea di lettura della sua produzione, sino a quel momento trascurata
rispetto al genere più discusso della natura morta. Il passo è riportato
in Caruccio, Casorati, quaderni d'arte del Centro Culturale Olivetti,
Ivrea, All'insegna del pesce d'oro, Milano Noi veniamo dall'esperienza
della generazione per cui i quadri rappresentarono lo scandalo che
ancora confonde la classicità coll’accademismo e che scorgeva in quei
quadtri, visti alle esposizioni colla famiglia deplorante o pronta al
riso di fronte alle stranezze dell'arte moderna, pur qualche cosa di inquietante
e di tentatore che non si poteva dimenticare i quadri della biennale rappresentarono invece la scoperta del
mondo nuovo e spregiudicato che si apriva alla nostra cultura G.,
Casorati, Bertolino, Poli, Erroneamente G. attribuisce il titolo Lo studio al
dipinto La lezione esposto alla Biennale. L’opera verrà distrutta nell'incendio
del Glaspalast di Monaco. G., Casorati (Bertolino, Poli). G. indica il
secondo dipinto con il titolo Estate. Cfr. A. G., Felice Casorati, LAMBERTI, I
nudi nello studio, in (cur.), Casorati. Mostra antologica, G. vi riconosce
una traccia di continuità che, a partire dalle Signorine, opera che,
secondo il critico, non è d’intendersi come gruppo SINTAGMA (cf. I
LOTTATORI della TRIBUNA di Firenze) ma come insieme di figure isolate),
arriva sino alla Venere bionda, punto di arrivo e di dissoluzione di
quello che si potrebbe chiamare il tonalismo di Casorati secondo G. il
motivo del NUDO in Casorati si presenta come figura essenziale, come una
forma elementare, categorica, simile a quelle delle scodelle, delle uova,
dei libri”, caratteristiche che, alla pari dei semplici oggetti che popolano i
suoi dipinti, permettono quegli slarghi formali di pittura, oltre alla
possibilità di un tono uniforme capaci di confermare la sua sensibilità
di colorista. Il saggio di G. su Casorati viene ristampata, aggiornato
in alcune sue parti e rivista totalmente per quanto concerne l'apparato
iconografico. Tra la prima uscita e la riedizione, l’interessamento che il
discepolo dimostra nei confronti del maestro è continuo e si attesta con
modalità simili a quelle che avevano contraddistinto il suo precedente
impegno sulle riviste nazionali. Vi si affiancano però nuove prospettive
lavorative. Accanto alla sua attività di pittore e di critico che in
questi anni, oltre alla corrispondenza per Emporium e alla collaborazione per
Il Selvaggio, si amplia con due contributi sulla rivista Le Arti, G. è
impegnato nella nuova veste di assistente alla cattedra di pittura di
Paulucci presso l’accademia Albertina di Torino, assegnata
contestualmente anche a Casorati per l'insegnamento di composizione
pittorica. Incarichi che vengono entrambi costituiti ad personam dal ministero
dell'istruzione nel contesto dei provvedimenti avviati da Bottai a
favore dell’accademie artistiche. Sono questi, inoltre, gli anni
nei quali G consolida una sicurezza economica stabile tanto auspicata
grazie all'insegnamento nelle scuole: prima come professore di figura
disegnata nei licei artistici piemontesi e poi, come docente di FILOSOFIA
nei licei classici. La mostra Casorati Menzio Paulucci, inaugurata
alla Galleria Cigala di Torino, è l’oc- casione per tornare a parlare di
Casorati sulle pagine di G., Casorati,
cfr. (Bertolino, Poli). sa: Casorati, Arte moderna italiana, Serie Pittori,
Hoepli, Milano. Cfr. Darmasso, Casorati e l'Accademia Albertina, in LAMBERTI,
Fossati, Casorati Copertina e pagine del volume Tre nature morte. Casorati
Menzio Paulucci, Carlo Accame, Torino. Emporium”, presente in questa
circostanza con due pittori torinesi protagonisti della scena artistica
cittadina (reduci entrambi dall'esperienza del gruppo dei sei, sicuramente
vicini a Casorati ma mai allievi diretti del maestro: Menzio e Paulucci,
con il quale Casorati intraprende da tempo un rapporto di stretta
collaborazione. Il sodalizio dei tre artisti, che non vuol essere
un principio di ricerca comune ma piuttosto un impegno di politica
culturale condivisa, si ripropone più tardi, in modo analogo, con una
mostra allestita alla Galleria Genova del capoluogo ligure. La
circostanza è anticipata da una pubblicazione autonoma di G., intitolata Tre
nature morte e stampata dalla tipografia Accame di Torino (che pubblica,
nello G., Casorati, Menzio, Paulucci, Emporium”, la monografia su
Casorati di Cremona), in un elegante edizione in folio che riporta come
Sottotitolo i nomi dei tre pittori torinesi. In questa occasione che si propone
di presentare sinteticamente tre opere dei rispettivi pittori, con tanto
di riproduzioni a colori G. sceglie la natura morta come genere
esemplificativo della produzione degli stessi. Un'operazione che
nell’introduzione viene definita come didattica e che si pone in aperta
polemica nei confronti della tendenza a considerare questo genere
come motivo poco adatto alla pittura moderna: ad Ogni esposizione abbiamo
sentito deplorare l'eccessiva presenza di nature morte o esaltare per il
loro scomparire di fronte ai quadri di figura. Una difesa per l'autonomia
e dignità del genere pittorico, che non si risparmia nel chiamare in campo
i precedenti noti di Cézanne, Manet ed ancora Renoir. La questione non
è nuova, ma prende le mosse da un pensiero espresso dal maestro anni
prima, che rappresenta verosimilmente il pretesto per il contributo di G.,
che mostra questo taglio così inaspettato. Sulle pagine del quotidiano
torinese La Stampa, Casorati lamentava nell’artico- lo La crisi delle
arti figurative i medesimi problemi di accettazione della natura morta da
parte di pubblico € critica, con presupposti che sembravano essere
gli stessi avanzati ora da G. nella sua introduzione: Ho sentito
dire ed ho letto purtroppo parecchie volte questa frase: troppe nature
morte, troppe mele, troppi aranci, troppi pomodori ecc. poveri oggetti,
vo1 siete i modelli più docili e più esigenti degli artisti Nei momenti
più disperati della mia vita di arti- Sta, io ho potuto riconciliarmi con
la pittura dipingendo umilmente una scodella, un uovo, una pera. La scelta
della natura morta casoratiana
verosImilmente selezionata da G. ricade su Le pere verdi,
presentata probabilmente per la prima volta in questa sede: un’opera che
gli permette di riba- dire il principio coloristico sostenuto nella
monografia, che viene qui chiarito con un'attenta analisi Tre nature
morte. Casorati Menzio Paulucci, Carlo Accame, Torino La presentazione di
Nature morte, dovute a tre fra i più autentici pittori operanti oggi a
Torino, potrà anche apparire, ed essere criticata, come una iniziativa a
carattere tendenzioso e polemico. Non sarà forse il caso di affermare che essa
ha piuttosto un intento didattico? E proprio di educazione del pubblico:
degli intelligenti (almeno in potenza, chè degli ostinati per
limitazione Naturale di possibilità, per passione di parte o per
difficoltà di Sclogliersi da presupposti culturali privi di validità non
occorre Hr a comprendere le ragioni per cui, su di una falsa impo-
azione di presupposti, può passare per atteggiamento polemico, peggio, di
conventicola, il semplice intento di chiarificazione Intellettuale e
critica” (Ivi, p.n.n.). i CASORATI, La crisi delle arti figurative, La
Stampa, Scritti interviste lettere, cit., Bertolino, Poli. CY della
sua pittura (non priva di tecnicismi del mestiere), che si concentra sui valori
tonali e sugli accordi cromatici presenti nel dipinto, che sottendono
sempre secondo G. a problemi ed equilibri di natura
compositiva: Sul fondo rosa e paglia un accordo di due verdi:
crudo e spento, e le chiazze rugginose e calde della putredine che
intacca i frutti; solo dal colore prende realtà il fascino di questa
natura morta, eppure il colore qui non evocherà a nessuno la categoria
della forma aperta o la scioltezza di un pittoricismo abbandonato: chè
Casorati è anche ora il pittore delle forme assolute e degli elementari
geometrici, ma il colore ne rivela, per distinguersi dei campi continui
e dilatati, la purezza, anzi il purismo, di impaginazione e ce ne
propone la più castigata presenza. i colori si subordinano ad una ragione
compositiva a priori in essa si giustifica quel disporsi graduale
di intensità pittorica che può far apparire persino sordo (e tale
veramente sarebbe se non servisse a concentrare ogni attenzione
sull’interno ordinarsi del gruppo centrale, ma pretendesse di disporsi
sul medesimo piano di bel colore dei toni vicini) il colore locale; necessario
a staccare nel castigato e serrato gioco compositivo della frutta
ritagliati sul fondo chiaro, dove più i toni non si distinguono
nella vibrante luminosità, la bruciata profilatura delle foglie. Di
respiro ben diverso, invece, è il contributo Casorati e i torinesi apparso
sulla rivista Pattuglia di Forlì. Nel numero dedicato interamente alle arti
figurative e curato da Testori, G. traccia un bilancio della situazione
artistica torinese: accanto a considerazioni su Casorati in linea con la
monografia Hoepli, abbandona i ricordi della scuola di via Galliari
proponendo una lettura totalmente rinnovata, alla luce dei più recenti
sviluppi espositivi. Menzio e Paulucci rappresentano qui (insieme agli
altri sei, che però non vengono nominati) i pittori che si sono
stretti intorno a Casorati e che, seppur non direttamente allievi
dell'artista, non rinnegano il debito contratto col primo ideale maestro,
né sono da lui sconfessati. Anzi la stima, l'amicizia e la valutazione
dei diversi ed ugualmente validi risultati, da parte del più anziano
rimanevano intatti od accresciuti. Una G,, Tre nature morte. Casorati
Menzio Paulucci, Casorati e i torinesi, Pattuglia. La rivista, mensile del Guf
di Forlì, viene inaugurata e riporta nel sottotitolo la dicitura mensile
di politica, arti e lettere. Il saggio di G. viene pubblicato nell'ultimo
numero della rivista, curato Testori e intitolato “Omaggio alla pittura”, che
si proponeva di fornire un bilancio dell’ARTE ITALIANA. LA RIVISTA VIENE
INTERROTTA E SEQUESTRATA DA MUSSOLINI per i suoi contenuti non in linea con
le direttive in campo figurativo imposte dal regime. 07 ee
(E I TORINESI) E condizioni che determinarono a To- : sei anni
dopo l'altra polemica fra rino l'orientarsi della pittura degna L.
Venturi, a proposito del di quest'ultimo, di eu- proposito del
valore positivo tentici pittori. Condizioni in cui la eri. tivo delle
influenze parigine sull'arte tica ai pose di per se stessa come po-
ita'iana non ha significato diverso. Ora lemica: © in cui da polemica fu
l'one- Gobetti e Venturi sono appunto stà stessa della critica. La guerra
del tra | primi ad esaltare l'opera di Ca
è terminata. Lo stile libe- sorati. A dispetto danque delle av ty
» in architettura, il neo-pre-ralfuel- versioni del borghese e delle
ammira lismo tipo In arte libertas da cui zioni dell'aggiornato, che
esalta insie pure avevano mosso î primi passi pit- e Carrà 0 © Casorati,
l'e tori validi come Modigliani e Spadini figurativa di quest uveva
esaurita ogni pretesa alla forma- —srebbe un significato diverso, e in
certo zione di una coscienza figurativa nella senso opposto, n quello in
cui si è banalità di un'acquiescenza in cui i svolta la comune esperienza
della più fermenti di possibilità che più tard' vi viva pittura italiana?
In parte si deve scoprirà l'accorto senso del « perver- rispondere
affermativamente pEr eg sai 16 gin lettuale per quello
Hgurativo sano ogni evasione dal fatto pittorico, E che sioo al 1928 la
pittura di Casorati quanto per queste esperienze avveniva anche nelle
punte di estrema avanguar- ordine a le possibilità della linea cur-.ija
come in certi distrutti. di- me di questo è quel complesso frea- —pinti,
n quanto si dice. sotto l'influenza F. Casorati: “Ragazza,. diano avveniva, in
modo anche più vol- gel gusto di Kandiski, cerca i proprii gare è fatuo,
mancati Sant'Elia e Boocio riferimenti non in un mondo mediterra- : ma in
uno nordico {quasi a fedeltà i H È È;
i figurativo di Martino Span- Torino poi: Thover seguitava a
eredere viti e di Defendente Ferrari che guard Memet o di
Bestlovea, a confeadero assai più che quello, volto verso il l'eleganza
lineare di MODIGLIANI (si veda) con di Gaudenzio), non in un'umanità
l'imperizia del bambino (e se mai si assertrice di proporzionata statura
mul sarebbe dovuto rimproverargli un'ele- rondo det orizzonte, ma
nel panza sin troppo vicina preoccupazio- tormento di sentirai oppressa
da È ni ostetistiche e contenutistiche simili amine mirror quelle
che limitavano fl eritico) inau- ciò di dramma per la propria persona,
guraodo quella tradizione di contenu- in quanto finita, Il sottile linguaggio
tismo ad oltranza e di cauto e garbato, formale, la ricerca d'equilibrio
compo- ma fondamentalmente deciso, fin de sitivo, l'astratto rigore della
sintesi po- non recevoie » mel riguardi di una vi- Loveno sì! suggerire,
insieme @ certo conda pittoricamente valide a cui si at- codenze
illustrative (i libri aperti, i tiene con un'ostinazione che ha per io
csrtigli) o agli accorgimenti ‘tecnici, meno 2 merito della
consequenzialità come l'uso della tempera verniciata, ri- quel poco di
csi valga la pena di rorimenti al quattrocento, mostro. sn menzione della
critica d'arte del quo- non poteva sfuggire ad ‘una tidiani oggi ancora a
Torino. più accorta l'assoluta continuità spi- Un panorama, come si vede,
sostan- rituale che legava il mondo d'allusioni rialmente simile a quello
del resto crepuscolari è le eleganze cstotizzanti d'Italia, in cui tuttavia,
in quegli delle « Vecchie» o delle Signorine anni dell'immediato
dopoguerra, Tori. attraverso 1 paradossi pseudo-formali ba ipo ipa
delle Scodelle è delle Uova nella
maniera particolare e gerto senso, doppia redazione, a tappeto ed s vo-
fispetto al resto d'Italia, polemica, su tume. a questo muovo mondo di non
di un doppio piano, intellettuale e figu: 1meno quintessenziate definizioni
umane Rene a pi o spaziali, anche se nel silenzio di IO) essere
esemplificata PO quelle quinte prospettiche ora quei pro- sizioni
reciproche de La Ronda fili proponessero le loro cadenze non di rivoluzione
liberale. Cinscuno più per la via analitica dei compisci vede quanto
diversi gli orientamenti menti particoleristici, ma per quella umani e
culturali. Ma è tipico che pro? delle sintesi ellittiche. prio fra
Cardareti un'occe. Eppure una così diversa afferma- sione polemica, su Leopardi,
porta a zione in ordine a scoperte pittoriche, una discussione do andava
ben una tanto dialettica decisione nel de- oltre i termini della
cortesia. Siamo nel finire il proprio mondo indipendente. Casorati: “ Bambina.
Casorati e i torinesi, Pattuglia, lettura della scena artistica cittadina che
esclude totalmente i primi discepoli dell'artista che continuano nel
frattempo a dipingere ed esporre, non solo a Torino preferendo invece
soffermarsi poi sull’anomalie figurative intese rispetto al tracciato
casoratiano proposte da Spazzapan e
Cremona. Il rapporto tra allievo e maestro, che è innanzitutto di
amicizia, rimane solido negli anni a seguire, nonostante le scelte di G.
si avviino, nel frattempo, verso un fronte non figurativo della pittura, che
lo vedono abbracciare l’astrazione ed aderire al “Movimento Arte
Concreta”, fondando insieme ad Biglione, Montalcini, Parisot, Rama e
Scroppo la sezione torinese del gruppo. Accanto alla sua attività di
critico militante, più orientata verso le verifiche nel frattempo
ottenute con- testualmente in pittura, tornerà solo raramente ad
interessarsi di Casorati, soprattutto in occasione di letture complessive
e bilanci di un'epoca, che sembra ormai essere lontana nel tempo
Cfr. G., Casorati, CAIROLA (cur.), ARTE ITALIANA del nostro tempo,
Istituto Italiano d’Arti Grafiche, Bergamo, La pittura a Torino, Letteratura.
Rivista di lettere e di arte contemporanea, La pittura, lo spirito e
mente da ricerche solo per certi riguar- questi sforzi d’uomini della cultura
mona, Anch'egli amico di Casorati: ma pre riuscito a cogliere il momento
di di parallele, grazie all'autenticità della universitaria e in
tutt'altra la lezione che ne ha appreso. spontanen concretezza pittorica.
Senza realizzazione figurativa è della schiet ritorno! Un rigore,
un'incisività, un'analitica nì- che del resto questo gli abbia impedito
tezza di linguaggio fantastico da essa Nasce così il gruppo dei sei: tidenza di
segno, una predilizione per quell'accorta coscienza teorica della po-
presupposia, s'inseriva nel dialogo della Menzio, Chessa, Levi, Paolucci,
Galanta quei profili nettissimi che gli permettono sizione di gusto in cui il
suo mondo fi- italiana di quegli anni con una © Jessie Boswell., Fntro e
fuari le vidi dare evidenza allucinante d’inganno gurativo sì determina e del
rapporti di validità di proporzioni che tuttavia man. cende del gruppo,
Francesco Menzio isivo alla riproduzione dei i og- esso col movimento
surrealista, di tiene integro il valore dell'esperienza risulta allora e
tale si mantiene, come i: distribuiti poi questi in un ardine cui, per una
curiosa e significativa a della la personalità più dotata che fosse ap-
di fantasia di rara coerenza suggest vicenda gli interessi destati a
Torino memoria 0 più rigorosa- parsa, da Casorati in qua, fra i pit-
rispondere a furono proprio nella cerchia dei col monte impegnata in un
bilanelo della tori torinesi. Un mondo di compiaci- più profondamente che gene-
laboratori dell'originariamente pittura. Tutti da Fanciullo ad- menti delicati, d’edonismo
controllato rano l'inquietante mondo delle ansocia» sano Seleaggio, per
brev'ora torinese dormentato allo Studio
del © schivo, sceglie usa sun umanità d'ele- i oniriche e dei senza si
ppunto, sino alle recenti realizzazioni, al Concerto »ne henno zione in volti
di donne 0 di gnilicato, dei soprasensi di cui non si itettoniche, nella sede
della società nti i risultati più vivi. Poi el si bambini. Da questo
punto di partenza dà lettura, ma cl
Ippica di Mollino) che tatti 1 suoli hnocorse che i valori di tono e di
ero appena le due esperienze opposte, ma frata» per via di quegli emblemi pit-
lettori conoscono, ma erano pur utilizzabili în assai più concordanti
nella dissoluzione di ogni e- torici in cui però Cremona è quasi sem- G.
concreto discorso di quanto non si lamento estrinsecamente
contenutistico, facesse dagli epigoni del peggior otto- del rigoriamo
formale casoratiano in- cento. Si afferma che i Macchiaioli tu-, e del
fervore cromatico de rono fra gli artisti autentici della no- gl’impressionisti
per- stra tradizione; si riconobbe che un ar- misero a Menzio di
scontare in puro tista ostile o almeno appartato di fron- sollecitazioni
pittoriche quei dati del te a ricerche futuriste, metafisiche ©
sentimento, si defini una visione tanto neoclassiche era un grande pit-
personale quanto coerente dove la mu i si riscopri l'im- sicalità del
colore e la freschezza del pressionismo. Îl necclassiciamo,
nel È È «po vecento » milanese, che qualcuno git si che
delicati non impedirono, anzi fa- definiva nooromantico, sì innestava,
con vorirono lo spiegarsi di una confes- Tosi, in una tradizione di
pittura a- sione umana piena di melanconica no- perta. Soffici non più
cubista predica biltà nel reiterato e come ansiosamento ed esemplificava
un ritorno alla natura interrogato indagare intorno alla con- in cui
l'esperienza di Cézaane non eselu- sistenza pittorica di quelle persone di
deva quella di Fattori: a Torino, do- drumma, così sottilmente lirico e
di ve già intorno a Casorati una scuola cosi pausate parole, che si
muovona tendeva a ridurre a grammatica il sua nelle composizioni
famigliari di Menzio. figurativo, attraverso l’inse- Tanto Casorati che
Menzio del resto guamento universitario, Îl mecenatiamo qutt'altro che
paghi o chiusi nell'au di un collezionista, i più rapidi con-
tosoddisfazione: anzi entrambi sempre tatti con Parigi, rapporti col
gruppo sofferenti dei limiti o della milanese di Persico anch'esso
partito contiagenti stanchezze che potessero cc- in battaglia contro il
neoclassicismo, appannare il gelido speo- la lezione degli impressionisti
è at- chio di formalismi eidetici del primo, tinta direttamente ai grandi
modelli: © Manet, Renoir, Cézanne, in un preciso pida dell'altro.
inquietudine che ci spie senso importante due notevoli carollari). ga il
piegare verso più riscntite ao Paolacei: Piazza Navona l'affermazione che
Cèzanne non meno nitide pro- veva reagito all'impressioniamo, ma lo
filature lineari di Casorati, veva continuato e che perciò la tradi- come
le | ritorni, e, meno zione più viva di movimento an-, da monotonia le
ripetizioni dava proprio cercata in quel discorso 1delle cose meno valide
di Menzio. ln rapido ed atmosferico si, ma tutt'al. modo assai diverso,
ina con accanita tro che occasionale e vedutistico che è commovente
dedizione ad un'ideale stato proprio dei pittori che abbiamo di pura
pittura che esclude tanto citato piuttosto che dei Monet, dei Pis- ogni
intrusione intellettualistica quento surro, di Sisley. Secondo: che
quel- ogni dispersione decorativa Pao l'adesione all'impressionisno non
po. Iucci è venuto sempre più approfon teva che importare, da una parte,
con- dendo una visione grata © improvvisa, Gogh al più libero fsuvinmo,
rivivere il gusto degli impros- che-dn qualche modo e sia pure unilate;
sionisti, proprio di questa fase della ralmente, il linguaggio di Cizanne
ave- pittura torinese, possono essere riat- ivano continuato, Gli strilli
dei varii taccati, in senso diverto, Mar- Ojetti per i salti in lunghezza
da tina, temperamento delicato di colorista Giorgione n Braque naturalmente
non eu cui è stata decisiva l'influenza di si contarono! Ma intanto
quello che te nf gie gi importava fu che la esemplificazione cento
personale una trepida, © vitale dei frutti di quest'esperienza cul- come
smorzata, elaborazione di ogni da- turale fosse data proprio da quei gio-
to tonale degli oggetti, e Spazzavani pittori che sì erano stretti intorno pan
la cui origine è le cui esperienze è Casorati, pur non più così ragazzi
istriano diedero ad una veramente pro da diventar suoi allievi nel senso
sco- digiosa capacità di trasfigurare |pit- lastico della parola, © che
ora nell'inì-1toricamente, attraverso la rapidità della ziare un lavoro
diversamente orientato, acchia e del segno, ogni dato ogget- e vano il
debito contratto col tivo una truculenza cspressionistica re- primo
ideale macatro, nè sono da Jui mota dal raccoglimento degli altri to-
sconfessati: anzi la stima, l'amicizia rincsi e dalla pacata visione
dell'im- © la valutazione dei diveral ed ugual pressioniamo. È di questo
suo pecu- mente validi risultati, da parte del liare atteggiamento ci
restano molti mo- più anziano rimanevano intatti od ec- menti
d'espressione mirabile, speci cootrapporre ai della mano facile è
dell'illustra incomprensioni fra chi incegue un me- tone
occasionale. desio sforzo d'arte, ala pur attra- Opposta invece, per
intento e per ri verso divergenti esperionze di gusto. È
all'impressionismo l'esperienza i sultato, altrettanto si può dire
dell'attenzione a Dittorica inieressantiesima di Italo Cre- Menzio: Ritratto Alla scomparsa del pittore, G.
traccerà un ricordo del maestro, a margine del catalogo della mostra d'arte
contemporanea di Torre Pellice. Non più il colore o il tono, ma quei valori
umani e di rispetto per le diversità appresi durante gli anni di
via Galliari animeranno, in conclusione, questo suo omaggio di discepolo:
poiché è anche la coscienza di questa libertà, prima ancora morale che
estetica, che da Casorati alcuni di noi ricevettero come l’insegnamento
più prezioso, ci è caro chiudere col richiamo ad esso questo saluto al maestro.
Chè le sue opere parlano, per il rimanente, senza bisogno di commento. il
sangue, cur. Mantovani, Quadrante, Torino G., Omaggio a Casorati, mostra
d'arte, catalogo della mostra (Torre Pellice, Collegio Valdese), Tipografia
Subalpina, Torre Pellice. Gli occhi fervidi e il sapore di cenere G.:
Decadentismo, Simbolismo, Art Nouveau Olivieri Approssimarsi
all'opera letteraria di un uomo di cospicua cultura quale è G.,
significa penetrare in una eletta densità speculativa sorpren-
dente se commisurata a un intellettuale defilato in vita e ricorrente
oggi nella ferma e attenta riflessione di pochi storici. Come ebbe a
dichiarare G. stesso In una autopresentazione, non gli si perdona
l'ambiguità di essere scrittore e pittore aggravata dalle stigmate
dell’intellettuale, categoria in cui finì suo malgrado per vocazionale
passione per la cultura. Proprio nell’ambiguità, nel marcare un
confine ideologico sottile, ordinandosi orgogliosamente in disparte insieme
alla generazione degli eclettici Cremona, Mollino e Maccari, ci pare che G. trova
un eccentrico terreno di appartenenza sul quale edificare una propria
filosofia personale sistematicamente relata all’erudizione antropologica,
filosofica, religiosa e pedagogica. Formazione altresì integrata
agli interessi misteriosofici G. stesso ebbe a definire le proprie opere
evocazioni esoteriche vagamente connessi alla cultura torinese d’inizio
secolo e, in modo maggiormente probante, con lo studio di Casorati in via
Galliari dove conosce Daphne Maugham che, dopo avere respirato l’aria
mistica della parigina Académie Ranson, si è trasferita a Torino
dove la sorella con Salice, e Markman si dilettavano già, oltre che
di danza, di teosofia. Redattore e pubblicista prolifico, G. che
inizia ad interessarsi a Steiner e Madame Blavatsky batté gl’argomenti
indigesti alla cultura del suo tempo facendo di sé un intellettuale
atipico che, come ricorda Sanguineti, ispira idee ereticali nei propri
allievi. Autore di pochi saggi, che punteggiarono una carriera meno
prodiga di quella del compagno di studi liceali Argan, conosce Venturi
che lo accolse come collaboratore dell’Arte facendogli inoltre
pubblicare alcuni saggi sulle civiltà extra-europee. L'equivocità tra
critica militante e pratica pittorica fu un banco di prova sul quale verificare,
tra continui rilanci e azzardi, la reciproca tenuta delle parti. In
questo assiduo riversarsi delle specificità discipli- nari consiste per G.
il senso estremo della sua Pittura, votata alla vanità dell'atto privato,
smagata d’ogni velleità economica e promozionale ma cro- S!uolo
rovente dal quale estrarre i concentrati succhi di un'urgenza creativa.
L'incessante ritorno all'arte. ni n G., La pittura a Torino, Letteratura, La
pittura, lo spirito e il sangue, P.MAN- ia cur., Il Quadrante, Torino, G.,
Diagnosi del moderno. Scritti scelti, UFFINO (cur.), Aragno, Torino, L'arte
egiziana antica, Firenze; L'arte dell'Asia occidentale centrale, Firenze;
L'arte dell'Asia orientale, Firenze è, Al Gioberti di Torino dA EdO
a ad. come artificio, come fare in sé autosufficiente, è per G.
un difettivo rimedio all’insanabile scissura della natura umana divisa
tra spirito e materia, tra razionalità e intuizione, e un’imperfetta
occasione di confronto tra individui sul piano partecipabile ed
empirico dell'immagine che, pur sempre aderente alla condizione fabrile,
trova la propria natura più autentica nell'essere essa stessa divisa tra
creazione e imitazione. L'attività poietica, l'agire sulla materia
intesa sui presupposti estetici gettati da Alain (pen- satore scomunicato
da Croce), sottrae il discorso di G. dall’osservanza teoretica
idealistica come dall'impegno etico esistenzialista e, abrogando di
fatto la condanna platonica dell’arte, accetta il va- lore estetico come
simbolo del male. L'arte trova allora la propria eretica ragion d'essere
nella forma materiata, così come l’idolo o il feticcio sarebbero la
divinità in presenza e non l’ipostasi divina. Per questo la pittura per
Galvano rappresenta enigmaticamente il dio visto di spalle. Quando Mosè
chiede al Signore di mostrargli la sua gloria il Signore gli risponde:
Farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio
nome. Soggiunse: Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun
uomo può vedermi e restare vivo. Tu starai sopra la rupe: quando
passerà la mia gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò
con la mano finché sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie
spalle, ma il mio volto non lo si può vedere. L'espediente divino
narrato nell’Esodo biblico, fatto laicamente La Sacra Bibbia Saccaggi,
Alma Natura, Ave!, pastello su carta applicata su tela, 68x125 cm., GAM
Torino. reagire con esperienze disposte alle proiezioni, tra cui
l’idea del dio pagano che non tace non parla ma accenna, sarebbe da
intendersi per G. che si era
laureato presso la facoltà di magistero di Torino discutendo con Gambaro
e ABBAGNANO (si veda) una tesi sulla pedagogia della religione” come
metafora dell'immagine (il “dio visto di spalle” appunto),
quale unica possibilità mondana di riconquistare l’unità primigenia
dell’uomo. L'azione esercitata dall'artista nelle condizioni oggettive
della materia è, più di una tecnica operativa, un’alchimia ai filosofi G.
preferisce Helmont e Della Riviera che permette il verificarsi di
un'unione tra l'esperienza concreta bloccata nell'immagine e
l’'epifania del dio inteso non in senso devozionale. Sì tratta in
sostanza dell’allontanamento dall'idea crociana di un'arte che
esisterebbe autenticamente solo nell’intuizione e non nella funzione
estrinsecante della materia. L'arte sfugge così al concetto di
rappresentazione candidandosi come opportunità che contemporaneamente
apre allo sguardo rinserrandosi nell’enigma, nella manifestazione del
trascendente. G. percorre incessantemente questa terra di
frontiera: COME FILOSOFO, come storico, come pittore. Prodromo del
percorso pittorico è l’alunnato presso Casorati, scelto peril linguaggio
sufficientemente decantato, sintetizzato e affrancato dal
dato naturalistico per mezzo di un'operazione intellettuale capace
di conferire un ordine platonico agli oggetti dispensati dalla
polverizzazione cromatica impressionistica. Una lezione estetica essenziale
quanto l’austero contesto della scuola. Esemplarità che si concretizza
inunalto profilo morale e umano che Galvano ritiene in dissolvimento
nell'arte moderna con la quale si conclude un ciclo plurisecolare
aprendosene un altro, tumultuoso nel bene ma anche nel male, dal quale
si sentì definitivamente estraneo. Il mondo del secondo dopoguerra
sarebbe affetto da una crisi di moralità alla quale potrebbe
unicamente fare fronte una presa di responsabilità politica, artistica,
religiosa, speculativamente limpida ed esente da posizioni compromissorie
e accomodanti come quelle sostenute dagli artisti che vogliono
salvare i valori della tradizione pur dichiarandosi
moderni. L'intera modernità e l’idea stessa di progresso tecnico a G.
risultano ree di edificare, intorno a un fulcro di ragioni economiche
(Marx) e sessuali (Freud), un presente depauperato dall’opportunità della
variazione imprevista. A una totalità di costruzione legata alla forma,
tipica del Medioevo, si avvicenda insomma una totalità d'impiego legata
allo scopo, decisamente avvilente come comproverebbe per inverso il
moderno carattere apologetico della narrazione tecnica e scientifica.
Giudizio estendibile al fatto estetico per cui all'arte come atto
fabrile, tipico del Medioevo, si avvicenda l’arte come atto
intellettuale, peculiare del Rinascimento. Segue il periodo
reazionario e tradizionalista del romanticismo, caratterizzato dal
recupero programmatico degl’archetipi (Jung) medievali ma rivissuti Per
un'armatura, Lattes, Torino. Senza il contesto sociale entro il quale
quegli ideali si erano formati. La spontaneità medievale diviene nel
Romanticismo programma culturale e come tale è ereditata dal decadentismo
e dal simbolismo, il soggettivismo dei quali impronterà di sé l'espressionismo.
Le avanguardie appaiono dominate dalla pulsione oppositiva alla tradizione
elevando a sistema l'efficienza produttiva di un nuovo codificato
come autoreferenziale, programmatico e inintelligibile ma incapace
di emanciparsi dal dato naturale nonostante esaurirsi dell'esperienza
storica dell’arte illusiva. Gl’epigoni dell’astrazione storica, i concretisti, sono
nvece esonerati da questa soggezione insieme alle retoriche idealistiche
riuscendo, in piena ricostruzione etica e umana, a calarsi completamente
nel dato residuale figurativo, ossia all'evidenza del fatto pittorico. È l’esperienza
che G. intraprende con l'adesione alla branca torinese del MAC, esauritasi
per lui nella spontanea affermazione delle forme curvilinee tipiche del
Liberty su quelle rette e Spigolose dell’astrazione concretistica. In
una sorta di personale contropartita agl’intelessi spiritualistici e
antropologici, G. pensa a Artemis Efesia, Adelphi, Milano. un'arte
come luogo del verificarsi del mito capace di portare a definitiva
decantazione la sua inclinazione espressionistica (rubricata dal
Pallucchini) estraendo- ne la forza panica trasfigurata in una rinnovata
spinta metafisica. Sein ambito artistico risulta evidente come egli
ha risolto insé l’apprendistato casoratiano non assorbendone che un clima d'insieme,
metabolizzando l'aspetto decadentistico della pittura del maestro
celata sotto la rigorosa adesione a una norma di cristallina
evidenza estetica ed etica, sul piano dell'esercizio critico volle
incrinare dialetticamente il sapere con- solidato al fine di cogliere
unitariamente il senso più autentico della modernità. Accostandosi ai
testi suoi maggiori, nei quali dispiega un cospicuo sforzo storico
ma editati in un periodo a loro sfavorevole Per una armatura e Arthemis
Efesia, si ha la sensazione di essere dinanzi a un affascinate
quanto indefinibile prodotto letterario saggio, DISQUISIZIONE FILOSOFICA,
colta divagazione, eccentrico soliloquio, introspezione analitica che,
pensando alla continua permutazione tra scrittura e pittura, indurrebbe
a pensare a una creazione letteraria con statuto indipen-
denteecreativo rifiutato da Galvano incline, viceversa, a una critica
intesa come emanazione di un'attività immanente all'atto creativo.
Permane tuttavia l’eco dell'idea crociana della storiografia e della
critica che, pur non aggiungendo nulla all'opera ma limitandosi a
sancirne la validità poetica secondo l’idea del philo-
sophusadditusartifici- contrapposta all'idea dell’artifex additus
artifici sostenuta da Annunzio e Conti sulla scorta di Ruskin e Pater,
attribuisce facoltà filosofiche e artistiche alla soggettiva sensibilità
intuitiva dello storico. Coscienza temuta e avversata Croce è,
per G., un'autorità intellettuale che in cambio di una piattaforma
teoretica esige la partecipata condanna delle opere che, passate al
vaglio di un accurato approccio metodologico, risultino prive di
valore poetico. Nell’acido corrosivo dell'ironia e dialettizzando gli
argomenti con lo storicismo, Croce condanna il decadentismo nell’accezioni
mistiche, estetizzanti, irrazionalistiche e in quella che crede
inconsistenza filosofica e spirituale, includendo in quel termine tutto
ciò che tende a sviluppi formali astratti e condannando di fatto la fitta
rete culturale e relazionale della modernità. Nonostante ciò Croce ha
il merito di avere reso accessibile e ripercorribile questa fitta topografia
anche nella declinazione contraddittoria e fragilmente raffinata del
vituperato decadentismo. Accettando la condanna crociana, G.
confessa la propria passione per decadenti, esotici, erotici e apostoli
misteriosofici, ponendosi scientemente in una giurisdizione infernale
come critico e come artista nato dalla linea evolutiva del simbolismo.
Identifica anzi quello straordinario momento storico come un estremo
malinconico balenio della civiltà al crepuscolo, un'epoca di
transizione divisa tra spirito e carne, abitata da alcuni tra i più
eletti spiriti dell'umanità capaci di creazioni difformi ma compiute e
che lo sperimentalismo modernista delle avanguardie esaurirà. In una
sorta di ribellione alla figura paterna, G. trasgredisce la
raccomandazione crociana di non leggere Rimbaud, Mallarmé, Valéry e
riscopre, anteriormente a Cremona, il modernismo e la linfa vitale del decadentismo
attraverso il quadro metodologico del filosofo abruzzese inclusivo di
fatti estetici anche diametralmente opposti alle sue idee. G., come
alla sua generazione, fu quindi impossibile non dirsi crociano proprio per
l'opportunità G., Perché non possiamo non dirci crociani, in Numero Arte
e letteratura”, Omaggio a G.”, catalogo della mostra, Circolo degli’artisti,
Torino, Fossati, GARIMOLDI, Munpici (cur.), Electa, G., “Diagnosi del moderno CREMONA, Il tempo
dell'Art Nouveau, Firenze, che quella metodologia offriva nel
sistematizzare l’intera storia. Quello che invece depose fu lo
spirito conciliante dell'estetica di Croce buona, al più, a banalizzarsi
nell’idea d’un museo immaginario. Quando ha il proposito di
approfondire l’immagine cultuale e psicologica dell’efesina Arte-
mide, partì dalla fascinazione prodotta su di lui da un pastello di
Cesare Saccaggi, “Alma Natura, Ave!” (1898), opera collocabile allora,
quando uscì il libro, e tuttora, in un filone di gusto piuttosto
sospetto. Con una serie di pubblicazioni’, si renderà così protago-
nista, a partire dagli anni Cinquanta, del rinnovato interesse per l’arte
Liberty dalla quale trarrà ben più diuna semplice ragione di studio
quanto invece, nella pratica pittorica, una viva permutazione in
allusioni enigmatiche irriducibili a ogni interpretazione, quali il
fiore di iris, destituite dal ruolo di metafore e sim- boli. Questa
continuità formale si chiarisce anche come continuità semantica quando si
consideri come G. e Cremona abbiano ricondotto l’arte astratta in
un comune svolgimento con il Simbolismo e con il Liberty che, di
quest’ultimo, ful’espressione impiegata sul piano della fabbricazione. Da
cui il transitare di G. dalla fase concretistica a quella informale
e, più in là negli anni, a quella araldica di nastri e bandiere per
giungere appunto agli iris. Trascorrere stilistico da non leggersi come
eclettismo quanto piut- tosto come legittimo susseguirsi tra la carica
allusiva assegnata ai reticoli cromatici astratti e la sensibilità
decorativa trasformata in materia fermentata fino alla disgregazione
dalla quale estrarre infine nuovamente il ritmo danzante delle forme
arabescate. Il simbolismo gli consente di riversare il misticismo nella
propria opera di pensatore e, soprattutto, di pittore. L'arte
assume quindi un valore emersivo di forze morali (leggi spirito) del bene
nel momento crociano, del male più tardi in modo nietzschiano prima
ancora che estetiche (leggi sangue); diade debitrice al suo filosofo di
riferimento Klages, altro intellettuale trascurato in ITALIA quanto sospettato
di avere incubato l'ideologia autoritaria tedesca quando invece più
coerentemente dovrebbe essere pensato come un epigono del romanticismo
intuizionista. L'arte tenta un'indiretta conciliazione tra spiritualità e
artificio consegnando alla storia un’estrinsecazione autentica-
mente creatrice e non solo la copia di una copia; non una
rappresentazione ma un esserci immanente. La volontà di accogliere quel
male come necessario gli viene dalla presa coscienza di un'’artisticità,
che arde G., Dal simbolismo all'astrattismo, in “Galleria di lettere
ed arti; Le poetiche del simbolismo e 1‘origine dell'astrattismo
figurativo, Studi in onore di Venturi. Articoli specifici ai quali aggiungere:
L'erotismo del liberty e la sublimazione astrattista, Cratilo, Gabetti
Isola, Casa di Erasmo, Torino. inlui, radicata proprio nelle opere Create
nelle elaborazioni più irrazionalistiche. Come quella immoralità sia
aperta a fertili risultati lo si comprende appoggiandosi all’in-
terpretazione che Galvano offre delle Artemis: bianca come simbolo
coadiuvante di perfezione conchiusa ma Statica, nera come simbolo avverso
di imperfezione e INCompiutezza ma dinamica e che in potenza può
Jenerativamente aprirsi a una riserva di possibilità eventualmente
immanifeste. Per traslato, quindi, la hegatività del Simbolismo si apre a
una plenitudine di risultati. Permane tuttavia il concetto di fondo che
la pittura, come prodotto di una volontà impossibilitata a
realizzarsi nell’ideale, sia il risultato di una caduta la Cul spoglia
materiale sarebbe prova di vanità e disviamento. Come s'accennava sopra, G. si
smarca dall'idea di un'arte quale esempio del bello estetico e del
bene morale, per lui non più coincidenti, ma accetta la disperata
affermazione dell'immagine
come a l Me. È È n IS la
t LI è ® î unico possibile risultato dell'impulso
proiettivo delle aspirazioni individuali o sociali. Pittura che in
ultima istanza è anche piacere sensoriale, vocazionale istinto a
testimoniare (Baudelaire), “vizio assurdo”, vanitas; pittura come atto
cultuale che mantiene in gioco la proiezione degli archetipi, la
ricchezza delle imma- gini aderenti al mistero, almeno per quel poco che
la contemporaneità consente, poiché ilmondo nega ogni giorno più
spazio alla pittura mentre il pensiero bor- ghese, incapace di slanci
estetici e metafisici, permette che in questa duplice assenza si innesti
la tecnica, la pianificazione, la sterile sistematicità. Per G. la
nostra epoca è irrimediabilmente scissa dal significato più autentifico
della vita, dalla sua forza feticistica poiché ha fatto di quel mondo, in
cui la presenza del divino è costante, una favola bella l'iconografia
della quale non è che una lontana immagine idealizzata priva, per i
moderni, di ogni accenno oracolare. Queste ragioni filosofiche, di estremo
interesse, doveno apparire perlomeno eterodosse all'atto della loro
formulazione, divise tra esistenzialismo e fenomenologia e affacciate
all’abisso del mondo preclassico, alle profondità eraclitee. Scostatosi
dall’irrazionalismo di Klages, G. non intende fare di sé un
anti-razionale quanto piuttosto un convinto a-razionale, come indica la
personale concezione d’arte in equilibrio tra ragionevolezza e vaticinio,
secondo un fare né pienamente consapevole poiché eroticamente privo
di volontà intellettiva, né tantomeno completamente incosciente poiché
contemplativo. Pertanto l'ipotesi di G. è più aderente alla poetica di
Mallarmé piuttosto che al pensiero di Valery, perché dove il primo
disidratando e affinando la parola poetica pone le condizioni per un
superamento del modello simbolistico aprendo di fatto alle avanguardie,
il secondo immagina la creatività come un processo logico
ricondotto alla piena luce della razionalità, alla consapevolezza
dell'atto. Esaltando cartesianamente l’intelletto e la coscienza, il
processo creativo per Valery è un'attività spiegabile analiticamente senza
ricorrere a misticismo, vitalismo e spiritualismo. Carnalità,
sessualità e sensualità – CROCE (si ved) aveva biasimato la sensualità
nell'opera di Mallarmé come priva d’anelito d’innalzamento sono invece le
pulsioni vitali del SIMBOLISMO che interessano G. e che la
razionalità, in un prolifico ripiegamento autoanaliti- co, dovrebbe
avocare a sé integrandole senza ripulse pregiudiziali. Speculazione
intellettuale e artistica che rivela tutta l’enigmaticità di G. che
oscilla tra i termini affermati da Mallarmé, e ripresi da Alain,
di “vision”, intesacome vaghezza di ispirazione, e “vue”, intesa
come concretezza dell'oggetto in sé risolto. Se da una parte,
sull'esempio di Mallarmé — il quale pre- cipitò le parole nell’assoluta
perentorietà delle pure idee aspirando infine a una “poésie sans les
mots”, G. pare decidersi per la “vue” aderendo al concretismo astratto
come pars construens dalla quale pretendere risposte formali di esito
certo, dall'altra, per mezzo del multiforme divenire della sua pittura,
apre obliquamente alla possibilità allusiva dell’apparire, accettando di fatto
unesito provvisorio prossimo al concetto di “vision”. L'oscillazione
dalla vaghezza creativa all'evidenza intellettuale di forme e colori
è l’unica risposta contingente possibile per G. che decide di non
decidere tra i termini antitetici asseriti, approfondendolo sguardo
nell'oscurità della creazione e della vita. Medesimamente il G. scrittore
affronta il passato eludendo la descrizione analitica delle epoche storiche
portandone bensì all’emersione CROCE, Poesia e non poesia, Laterza, Bari,
MALLARMÉ, Divagations, Bibliothèque-Charpentier, Fasquelle, Parigi i reconditi
meccanismi, le contraddittorie spinte pul- sionali; un’organica prassi
opportuna a increspare la ricerca storica attraverso una molteplicità di
punti di vista culturali posti in reciproco dialogo e liberamente
sollecitati. Il rischio nell’approcciare oggi la figura di G. è
quello di appiattirne il pensiero, come avverte Sanguineti. L'illustre allievo
aveva compreso come il decadentismo pittorico di un Moreau o letterario
di un Huysmans fossero considerati dal maestro un indispensabile momento
storico. G. mostra insomma un’idiosincrasia per quelle
“mortificazioni crepuscolarmente schifiltose” che impedeno ai CAMPANA
(si veda), agli ONOFRI (si veda), agli UNGARETTI (si veda) e ai MONTALE (si
veda) di superare, senza rifiutarne la carica panica e mitica, il
naturalismo panteistico dell’Alcyone dannunziano. InItalia, l'assenza del
dissolutivo lavacro simbolista si era in sostanza ripercosso nella
crociana deplorazione categoriale per l’arte moderna insieme
all’illusione di potere produrre un'opera estetica autenticamente
nuo- vaeludendo il peccato originario del Decadentismo. Il
tentativo di emanciparsi dal prestigio delle autoritates latine che aveva
tentato D'Annunzio richiamandosi ai romantici tedeschi, apriva gli occhi
di G. ai pre-socratici e alla filosofia moderna (dall’irrazionalismo alla
scuola ermeneutica) che del classicismo aveva assunto il senso
vitalistico, indefinibile e misterioso di una natura come rivelazione del
divino. Da cui l’idea di una suprema ragion d'essere trascendente
alla quale l’arte, per G., dovrebbe aprirsi ma che invece nelle
enunciazioni contemporanee gli pare, con buona pace di Eco, rinserrarsi
in un'opera chiusa. Con un piglio da lettura sociale dell’arte, G.
scrive dell’esaurimento dei rapporti storici tra committenti e artisti e
di come ciò abbia mutato l'originaria destinazione d'uso delle opere,
ridotte così a gratuite provocazioni. Conseguentemente proponeva le
dimissioni delle categorie di giudizio elaborate perle arti visive del
passato da sostituirsi con un equivalente delle letture psicanalitiche
tentate da Sartre su Baudelaire e da Lacan su Poe. Restato sempre
un pittore tradizionalista, G. si dichiara disinteressato a certi sviluppi
artistici lasciando intendere come il problema dell'effimerità dell’arte
compreso l'amato astrattismo geometrico sia anche un problema della
storia dell’arte come disciplina. Su come debba essere poi questa
storiografia G. non si pronuncia se non dichiarando che il problema
della storia dell’arte debba essere anche e SANGUINETI, Contro la
ragione, in La Stampa, G., catalogo della mostra, Palazzo Chiablese, Torino,
soprattutto il problema dell’uomo! Sovvengono le parole destinate a
grande fortuna critica che scrive Belting nei pamphlet intitolati “La
fine della storia dell’arte o la libertà dell’arte e nel successivo
Das Ende der Kunstgeschichte. Eine Revision nach zehn Jahren nei quali
auspica la fine della storiografia artistica tradizionale a favore
di proposte olistiche e antropologiche avvedute delle mutate circostanze
sociopolitiche, del rimescolamento di cultura alta e bassa, della suggestione
determinata dai linguaggi mediali, dell’emergere di realtà
culturali prima marginalizzate, dell’obsolescenza della funzione
assegnata al lavoro manuale, dell’alterato ruolo di musei e gallerie
d’arte. La prospettiva delineata da G. si tinge di accenti acri quando
denuncia la pacifica cittadinanza ottenuta dagli ismi ridotti alla
non nocenza di prodotti da supermarket immersi in una rete di opportunità
economiche e di complicità professionali. Un terreno culturale desolante
che assume una disillusa trasposizione nella sua pittura ultima,
nei paesaggi desertificati, nella scelta estrema del silenzio creativo
come opzione possibile nonché parzialmente intrapresa. Facendosi
anticipatore di posizioni storiografiche di superamento della canonica
divisione tra antico e moderno e concentrando il periodo rivoluzionario
dell’arte d'avanguardia, in una sorta di personale à rebours G. esprime
l'opinione secondo cui i movimenti artistici successivi si sarebbero
attestati su posizioni di assimilazione manieristica piuttosto che di
irriverente Sovversione peculiare degli ismi nei riguardi della
tradizione rappresentativa. Delinea unastoria dell’arte moderna parallela più
complessa e connettiva come avrebbero potuto scriverla gli artisti ai
quali infine delega idealmente il compito futuro di creare un'ar-
te che, restando nell’ambito non figurativo e senza Impossibili riflussi,
riesca coerentemente a ristorare i Valori artistici e umani del passato.
G. insomma invoca il diritto anon essere moderno, o peggio ancora d
avanguardia, evitando di lavorare sulla contingenza e rifiutando
l'egemonia della critica per privilegiare, In senso dichiaratamente
anticrociano, la poetica degli artisti che al lavoro intellettuale uniscono
la prassi. Insieme alla proposta per un rinnovamento della
Storiografia artistica G. ne affianca un’altra di Natura conservativa
consistente nell’idea di salvaguar- dare le opere minori del modern
style, perlomeno gli Oggetti e gli arredi non ancora distrutti (di Cometti
Per esempio). Immagina la documentazione degli edifici Liberty finendo
per invocare l'allestimento di Una retrospettiva sull’Art Nouveau
internazionale, ma ù G., Cosa nostra, Sigma, Omaggio a G., Diagnosi del
moderno”, avveduta del caso italiano e
piemontese nel dettaglio, da allestirsi nella rinata Galleria di Arte
Moderna di Torino. Caduta nel vuoto la proposta sarà proprio G. a
scrivere un articolo sull’Art Nouveau a Torino e poi, insieme a Balmas e
Guasco, a curare al foyer del Piccolo Regio una mostra dedicata alla
pittura torinese. Sorta di doveroso omaggio a uno stile di vita prima
ancora che d’arte nel quale confluirono la vita delle forme collettive e
l’individualità creativa. Dissentendo da CROCE (si veda), l'interesse di
G. per gl’oggetti si approssima alle idee espresse da GENTILE (si veda) nella
prolusione al corso universitario di storia della ceramica pronunciato
nel Palazzo Comunale di Faenza nel quale il filosofo, saldando arte
e vita, rivendica la dignità estetica dei prodotti artigianali e
industriali di qualità. Si consuma qui l'ennesima contraddizione di un
crociano affine alle idee di GENTILE (si veda) che pur biasima per
densità retorica. Sensibile alle arti dei periodi di transizione e
avveduto della caducità dei giudizi, compresi i propri, per G. ogni
critica obiettiva deve essere sempre un’autocritica. Augurandosi
l'avvento di un esegeta capace di rileggere l’arte tra i due secoli, così
come Sanguineti seppe fare con la letteratura, G. rammenta come la
sua generazione abbia vergato parole sferzanti su Bistolfi fino a pochi
anni addietro valutato un artista di statura europea. Ma fu anche
la generazione di quei giovani i quali, raggiunti gl’anni quando
dovetteroimmaginare una ribellione la fantasticarono conle parole di
Rimbaud, Gide, Lawrence e Huysmans il cui Des Esseintes sembra essere
allora il prototipo di un esteta come MOLLINO (si veda). Dell’amico,
stimato oltre che come professionista di genio anche come
dilettante d'eccezione, G. ammira la capacità di governare con la
formazione culturale crociana (CROCE (si veda)) e il rigore razionale
tipico della sua professione, gl’umori sensuali, avventurosi e ambigui
del suo animo capace di ri-evocare il ritmo aperto e biologico del
Liberty restituendolo nella voluttà degli interni arredati, nell'armonia
architettonica dei pieni e dei vuoti, nella eterogenea e immaginosa
commistione di elementi organici e funzionali. Un'omogeneità che il
termine “surreale” illustra solo parzialmente e che trova una segreta
corrispondenza nelle opere di Cremona come nei molluschi, nelle
conchiglie, negli antichi libri accartocciati e nelle acquasantiere
barocche che G. dipinge. L'identità autopoietica generata da Torino si
manifesta nella condivisione spirituale prodotta da G., Per lo studio
dell'Art Nouveau a Torino, Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e
Belle Arti] questa generazione d’eccentrici intelletti, nella speci- fica
formazione di un genius loci come G. e nel progetto della Bottega d’Erasmo
che Gabetti e Isola disegnano in forme intellettualistiche neo-liberty.
Proprio in quell’anno, “A Rebours” di Huysmans diverrà per G. il pretesto
per puntualizzare le proprie posizioni all’interno del Mac e più in
generale nel modo di intendere il Decadentismo! Quando Borgese consiglia
agl’astrattisti concreti, in chiusura della recensione alla mostra di G.
allestita presso lo Studio di Milano, di rileggersi il celebre romanzo di
Huysmans nel quale, a suo parere, ci sarebbe stato il necessario per
decodificare la loro poetica, gl’aderenti al gruppo accolsero
l'esortazione come una blasfemia da respingersi integralmente. G. ritenne
legittima la protesta dei compagni astrattisti apparendogli chiaro come
Borgese incaricasse l’ipocondriaca, solitaria ed estetizzante vita
del protagonista narrato nel romanzo, di esprimere un'epidermica quota d’edonismo
e di sensualismo ribelle ai disvalori della società positivistica
industrializzata e scientifica, votata al profitto, al commercio, al
nuovo capitale borghese. Dopo di che G., confessando di aderire
parzialmente al pensiero del capitano della brigata anti-astrattista
Borgese, s'inalvea in una lettura sorprendentemente sincretica aperta al
riconoscimento dell’ambivalenza del rapporto tra astrazione e SIMBOLISMO
(SEGNO ASEMANTICO). Al rifiuto delle suggestioni emotive del SIMBOLISMO, l’astrattismo,
secondo G., ne intellettualizza le allusioni ele corrispondenze, termine
apertamente rimontante a Baudelaire, come strumento oppositivo al
dilagare prosastico del realismo. L'astrattismo del dopoguerra ridurrebbe
quindi ai minimi termini la carica letteraria aumentando quella
metafisica, riscattando la tradizione dei padri nobili dell’astrazione e
tesaurizzando nel contempo (sulla scorta della ricostruzione
filogenetica di Pevsner) la lezione di Toorop, Gauguin, Munch e
Klimt insieme a quella degli antesignani Runge, Blake, ANTONELLI (si veda),
Ciurlionis, Kupka; in sostanza dei precursori che evocarono ancora le
leggi del mondo fisico consentendo agli evoluti linguaggi non
figurativi di divincolarsi più recisamente dalla mimesi. Tra le due
guerre, sull'onda della fenomenologia e della psicologia della forma, si
assista a un aurorale revisionismo storiografico dell'Art Nouveau,
anche Persico ha in animo di scriverne una storia! G. (asterisco di) in,
Pitture di G. in un esperimento di sintesi (testo anonimo), Milano
Studio, Arte Concreta, bollettino Poi in Fossati, “Il movimento
arte concreta. Materiali e documenti”, Martano, Torino, BorcEse,
“Corriere della Sera, Pica, Revisione del Liberty, Emporium, ma sarà con gli
anni Sessanta e Settanta che diverrà condivisa acquisizione la carica
anticipatoria ricoperta da Mackmurdo e dalla cultura figurativa a partire
da Blake. Anima nera del concretismo, Galvano assume un ruolo
sovversivo nel movimento proponendo ine- dite e intelligenti aperture di
senso che tuttavia non giungeranno a ispirare un prolifico dibattito
all’interno del gruppo infragilito dalle difformità tra la
posizione intellettuale rigorosamente metodica dei milanesi e gli
arrovellamenti sulla materia fortemente allusiva espressi dalla linea
torinese. Risalendo alle sorgenti dell’arte astratta, G. riannoda, in
antitesi alle letture formalistiche, le affinità con le fonti spiritualiste
di decadentismo e SIMBOLISMO e pensando alla densità mistica
nell'opera di Huysmans sfogata in occultismo e cattolicesimo con le
citazioni della Blavatsky e di Steiner scritte da Kandinsky, con la
prossimità di Mondrian ai circoli teosofici, con il lirismo magico di segni
e colori dell’orfismo di Kupka e, non ultimo, con uno dei primi testi
dedicati all’astrazione scritto d’EVOLA (si veda). Dandy auto-ironico
votato alla marginalità, G. dissemina il proprio percorso di tracce sulle
quali indugiare, trascorrendo liquidamente da una disciplina
all'altra in modo stupefacente per un intellettuale animato da pura vocazione
pedagogica ma riottoso alla metodicità dello studio scolastico.
Attribuire un senso univoco al suo pensiero equivarrebbe a fraintenderne
la filosofia e l’idea stessa di un'arte come autosufficiente e
spontaneistico operare nella ferita aperta tra vitalismo e intelletto che
l’atto artistico non riesce tuttavia a cicatrizzare. La civiltà intera
corrisponde per lui alla fenomenicità delle immagini da essa prodotte
che, in sostanza, aprirebbero al mistero quale autentico evento
metafisico. Intendendo come piani dell’emersione archetipica i segni
dell’arte della quale l’idealismo si limiterebbe a coglierne l'aspetto
teoretico, Alain quello pratico e l’Esistenzialismo quello etico è
troppo semplicistico archiviare la passione di G. per decadentismo, SIMBOLISMO
e modern style, come l'infatuazione culturale per un'epoca vesperale.
Egli si sente invece custode ed erede di quella lacerante
contraddizione, di quella genesi oppositiva, di quella disperata tensione
verso uno spirituale fatalmente arreso alle forme dell’estetismo, di
quella magnifica e perduta sfida, tanto da riversarne la forza vitale nella
personale proteiforme pittura così come nelle progressive illuminazioni della
sua letteratura filosofica e artistica. Opere esposte Lettrice sdraiata
olio su tela 63,5x81 cm Autoritratto olio su tela 23,5x18
cm Astrazione olio su tela 50x60 cm et adi Il giorno olio su
tela 100x80 cm Pacato olio su tela 90x110 cm Composizione in nero
olio su tela 90x110 cm SENZA TITOLO olio su carta 34x48 cm Ercole ed
Anteros olio su tela 85x115 cm Omaggio a Van De Velde olio su tela 80x90
cm 10 Ir1s olio su tela 105x95 cm 10Y1olio su tela 95x110
cm Calligramma olio su tela 100x85 cm Fiori di lago olio su tela
100x120 cm Le jardin de cet astre olio su tela 132x116 cm Ireos olio
su tela 130x115 cm Proposta olio su tela 135x122 cm Pavese olio su
tela 120x110 cm Farfarello e Malambruno olio su tela 80x60
cm Gonfaloni olio su tela 95x80 cm Nastro olio su tela 90x80
cm Nastri olio su tela 60x50 cm Nastri colorati olio su tela 110x100
cm Nastri olio su tela 60x50 cm Nastri olio su tela 60x50 cm
MALI Nastri 60x50 cm ter» IG MOFBEE sie
Tre ir" Saitta SEGNO ASEMANTICO Segni asemantici (dittico) olio
su tela 110x90 cm pari #1 =$ Re |a te n ; 26 SEGNO
ASEMANTICO Segni asemantici (dittico) olio su tela 110x90 cm Artemis olio
su tela120x110 cm Maioresque cadunt olio su tela 90x80 cm
TITO sal olio su tela 70x50 cm SENSA TITOLO olio e carboncino
su tela 80x60 cm Ireos olio su tela 70x60 cm Iris acquarello su
carta 40x30 cm Sa Cespu glio acquarello su carta 40x30 cm Glotre du lon g
desir idees acquarello su carta 40x30 cm Fiori acquarello su carta 40x30
cm VRREET L6 LL AIA USD GOG VE o VERDE IL I BEILET DART DIG SPARI DIO RR
pia I I LITIO ODE LIL Fiori acquarello su carta 40x30 cm Une Fleur
olio su tela 70x70 cm Scrittura acquarello su carta 60x50 cm Sassi e
foglie olio su tela 80x80 cm Foglie morte olio su tela 80x80 cm Ciottoli
acquarello su carta 40x30 cm Labrit, © di DASIO LT R EDLI u
DILODIAT Ciottoli e rocce acquarello su carta 48x35 cm Ciottoli acquarello
su carta 48x35 cm hu ro iiriiRRRE Rocce e ciottoli olio su tela
80x80 cm Rocce e sassi olio su tela 80x80 cm Rocce e sassi olio su
tela 80x80 cm Rocce e sassi olio su tela 80x80 cm Opere in
mostra Lettrice sdraiata olio su tela 63,5x81 cm Autoritratto olio su
tela 23,5x18 cm Astrazione olio su tela 50x60 cm Il giorno olio su
tela 100x80 cm Pacato olio su tela 90x110 cm Composizione in nero
olio su tela 90x110 cm s.t. SENSA TITOLO olio su carta 34x48
cm Ercole ed Anteros olio su tela 85x115 cm Omaggio a Van De Velde
olio su tela 80x90 cm Iris olio su tela 105x95 cm Fiori olio su tela 95x110 cm Calligramma olio
su tela 100x85 cm Fiori di lago olio su tela 100x120 cm Le jardin de
cet astre olio su tela 132x116 cm Ireos olio su tela 130x115 cm
Proposta olio su tela 135x122 cm Pavese olio su tela 120x110 cm
Farfarello e Malambruno olio su tela 80x60 cm Gonfaloni olio su tela
95x80 cm Nastro olio su tela 90x80 cm Nastriolio su tela 60x50
cm Nastri colorati110x100 cm Nastri olio su tela 60x50 cm Nastri
olio su tela 60x50 cm Nastri olio su tela 60x50 cm SEGNO ASEMANTICO
Segni asemantici (dittico) olio su tela 110x90 cm Artemis olio su tela
120x110 cm Matoresque cadunt olio su tela 90x80 cm SENSA
TITOLO olio su tela 70x50 cm SENSA TITOLO olio e carboncino su tela 80x60
cm Ireos olio su tela 70x60 cm Iris acquarello su carta 40x30
cm Cespuglio acquarello su carta 40x30 cm Gloire du long desir idees
acquarello su carta 40x30 cm Fiori acquarello su carta 40x30
cm Fiori acquarello su carta 40x30 cm Une Fleur olio su tela 70x70
cm Scrittura acquarello su carta 60x50 cm Sassi e foglie olio su tela
80x80 cm Foglie morte olio su tela 80x80 cm Ciottoli acquarello su
carta 40x30 cm Ciottoli e rocce acquarello su carta 48x35 cm Ciottoli
acquarello su carta 48x35 cm Rocce
e ciottoli olio su tela 80x80 cm Rocce e sassi olio su tela 80x80 cm Rocce e sassi olio su tela
80x80 cm Rocce e sassi olio su
tela 80x80 cm GARABELLO ARTEGRAFICA, SAN MAURO TORINESE. Grice: “I don’t see why
Italians are obsessed with art, but Speranza is Italian, so let it be. Speranza
thinks conceptual artists are the only ones – such as Keith Arnatt – worth
analysing. In his more snobbish ways, he thinks to mould the male body was Pliny’s
idea of art – bronze statuary of the ‘nudo maschile’ – Painting comes only
second or third, and only because of the desegno – i.e . the line of beauty,
which is – as shape, where ‘kallon’ resided for the Greeks!” -- Albino Galvano. Galvano. Keywords: arte naturale, Gallupi,
Peirce, Grice. By uttering x (gestus), U means that p” gesto, gestus, Grice’s
use of gesture. il concreto, l’astratto, Sraffa’s gesture. Il gesto di Sraffa, l’implicatura di
Sraffa. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Galvano: implicatura concreta”– The
Swimming-Pool Library. Luigi Speranza, “Grice e Galvano”.


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