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Thursday, August 25, 2011

Opera del risorgimento

Luigi Speranza

Evviva, dunque Garibaldi.

Per Dio è un uomo veramente da inginocchiarsi davanti!

Fin che resti a Genova dammi frequenti notizie delle cose di Sicilia che m'interessano assai".

Scriveva così, il 27 maggio 1860, Giuseppe Verdi all' amico e direttore d' orchestra Angelo Mariani.

Da tempo Verdi aveva iniziato a frequentare Genova, nei suoi brevi soggiorni alloggiava all' Hotel Croce di Malta.

Sette anni dopo avrebbe preso in affitto un appartamento a Palazzo Sauli in Carignano dove viveva Angelo Mariani.

L' insigne direttore, bacchetta stabile al Teatro della Opera, Carlo Felice, lo teneva informato su quanto avveniva in città.

E qualche giorno prima, il 5 maggio, da Quarto (Riviera di Levante) Giuseppe Garibaldi era salpato con i suoi intrepidi patrioti alla volta della Sicilia:

"Come vanno le crome e biscrome di Cialdini, Persano, Garibaldi? - si legge in un' altra missiva verdiana del 7 ottobre 1860 - Quelli son Maestri! E che opere e che finali! A colpi di cannone!"

La missione dell' Eroe aveva elettrizzato l' ambiente cittadino.

Se ne parlava da mesi.

L' 11 febbraio 1860 Michele Novaro aveva organizzato al Teatro della opera, Carlo Felice, un concerto vocale e strumentale "in vantaggio della patriottica soscrizione ad un milione di fucili promossa da Garibaldi".

Alla serata avevano preso parte, come si legge sulla "Gazzetta di Genova", "l' intera compagnia di canto diversi distinti artisti e dilettanti, la Civica Orchestra, quattro Bande Musicali, il Corpo Coristico e la Scuola di Canto degli Operai.

La Direzione del Gaz accorderà l' illuminazione gratis".

Il palcoscenico era adorno di bandiere italiane e francesi:

"Fu eseguito anche da quattrocenti parti l' Inno di Mameli~si domandò con frenetici applausi la replica della strofa: Son giunchi che piegano le spade vendute e l' aquila d' Austria le penne ha perdute~". Michele Novaro, genovese, nel 1847 era stato il creatore del

"Canto degli Italiani"

su versi dell' altro genovese,

Goffredo Mameli, morto a soli 22 anni a difesa della Repubblica Romana.

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Due anni dopo l' impresa dei Mille, nel 1862,

Verdi componendo l' "Inno delle Nazioni" su

testo di Arrigo Boito, avrebbe inserito

accanto alla Marsigliese e a "God save the Queen",

la pagina di Novaro e di Mameli

come simbolo del Risorgimento italiano, additandolo con decenni d' anticipo quale inno nazionale.

Novaro era tra l' altro imparentato con Garibaldi, se pur alla lontana.

Suo cugino Stefano Canzio (figlio dello zio Michele, celebre scenografo e impresario del Carlo Felice) era

****uno dei Mille******,

nel 1861 avrebbe sposato

Teresa Garibaldi,

figlia di Garibaldi e nel 1867 avrebbe architettato la fuga da Caprera dell' Eroe.

Le iniziative musicali intorno a Garibaldi

si intensificarono nei giorni

della spedizione dei Mille.



Il 25 giugno Novaro promosse un' altra manifestazione benefica al teatro Paganini.

Nell' occasione Mariani diresse un nuovo

"Inno di guerra"

di Novaro su versi di Mameli.

Ma era il Teatro Carlo Felice il vero punto di riferimento sociale per i genovesi.

Lì, nel settembre 1848, era stato offerto un banchetto ai reduci dalla guerra.

Lì, nel 1900, si sarebbe concentrata la classe operaia dopo il primo grande sciopero regionale.

E lì nel 1851 si era reso protagonista di un colorito incidente, un fidato collaboratore di Garibaldi, Nino Bixio.

Nel gennaio di quell' anno cantava in

"Luisa Miller" la celebre Sofia Crivelli,

grande artista austriaca che aveva imposto nel cast la sorella più giovane e inesperta.

Il pubblico non la gradì e fischiò suscitando le ire della diva che svenne in scena.

Ne seguirono tumulti e proteste con l' intervento della polizia che arrestò qualche contestatore: fra i più agitati, appunto Bixio.

Le lettere di Verdi riportate in apertura fanno parte di una raccolta custodita nella Biblioteca Berio.

Ed insieme ad altre sono oggi consultabili su computer nell' Archivio Storico del Comune a Palazzo Ducale.

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