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Wednesday, May 30, 2012

Marco Coltellini, librettista della "Antigona" di Traetta, San Pietroburgo, Teatro Imperiale, 1772

Speranza ANTIGONA: tragedia per musica in tre atti. Libretto di Marco Coltellini, musicata da Tommaso Traetta Prima esecuzione: 11 novembre 1772, Teatro Imperiale, San Pietroburgo. P E R S O N A G G I ANTIGONA principessa di Tebe .......... SOPRANO ISMENE sua sorella .......... SOPRANO CREONTE loro zio materno .......... TENORE EMONE suo figlio .......... CONTRALTO ADRASTO magnate tebano .......... TENORE Coro di Argivi, coro di Tebani, coro di Donzelle del séguito d'Antigona, coro di Sacerdoti. Personaggi pantomimi: ----------------------------------- Eteocle, Polinice, figli d'Edipo. ----------------------------------- Argomento Dopo l'infausta morte d'Edipo re di Tebe, i suoi due figli Eteocle, e Polinice convennero d'occupare a vicenda, un anno ciascuno il regno paterno. Ma Eteocle, che la sorte avea scelto a montar il primo sul trono, volle contro la fede dei giurati patti escluderne perpetuamente Polinice. Polinice, a sostenere i suoi dritti alla corona levò una poderosa armata d'argivi, e portò contro la patria una guerra ostinata, e crudele, a terminar la quale fu stabilito di comune accordo, che la sorte dell'armi in un combattimento a corpo a corpo de' due fratelli rivali decidesse la lor contesa. Restarono ambedue estinti sul campo, e Creonte loro zio materno succedendo al trono di Tebe, per conciliarsi l'amore dei cittadini con un tratto di zelo verso la patria comune, ordinò, che il cadavere di Polinice, che aveva mosso l'armi contro di lei, fosse privo degli onori del sepolcro, il che secondo gli antichi costumi di quella gente era il massimo dei castighi, e il più ignominioso. Antigona, l'infelice germana degli estinti, e amante riamata d'Emone figlio di Creonte, non sofferse simile obbrobrio. Antigona osò, contro il rigoroso divieto, dare onorata sepoltura a Polinice, incorrendo così la pena di morte intimata a' trasgressori di quella barbara legge. Ecco il soggetto del presente dramma, il medesimo, che ha dato luogo alla famosa tragedia di Sofocle, che porta l'istesso titolo, ma con quei cambiamenti tanto nella condotta, che nella catastrofe, che si sono giudicati più opportuni alle leggi del teatro musico, e alla delicatezza dei principali spettatori, per cui fu destinata. A T T O P R I M O Scena prima Veduta esterna della città di Tebe, e del campo degli argivi. In mezzo, ampio steccato con doppio ingresso, destinato al combattimento dei due fratelli rivali, e da una parte palco magnifico per i giudici del duello. S'apre lo spettacolo con una danza pirrica di Guerrieri argivi, e tebani, che introducono per i due cancelli opposti nello steccato i Combattenti, in mezzo al doppio coro del Popolo tebano affollato alla porta, e sulle mura della città, e dei Soldati argivi dal campo, in tempo della quale Creonte, e Adrasto, e gli altri due Giudici dalla parte degli argivi montano sul palco. CORO DI SOLDATI ARGIVI (dal campo) Giusti numi, ah voi rendete la corona al vero erede. CORO DEL POPOLO TEBANO (dalla città) Dèi di Tebe, ah proteggete della patria il difensor. Insieme CORO DI SOLDATI ARGIVI (dal campo) Voi del trono arbitri siete, e difesa in voi non hanno un tiranno. Proteggete... CORO DEL POPOLO TEBANO (dalla città) Voi del trono arbitri siete, e difesa in voi non hanno un traditor. Proteggete... www.librettidopera.it 5 / 41 Atto primo Antigona Si sospende per un momento la danza guerriera, e trovansi in mezzo alle loro scorte Eteocle, e Polinìce. Eteocle depone la corona, e lo scettro in mano d'un Araldo, che esce a posarla in un luogo a ciò destinato a piè del palco dei Giudici. Dopo di che ripresa per un poco la danza alla replica della prima strofa del Coro, escono i Guerrieri dallo steccato, restando soli Eteocle e Polinice, che attaccano una fiera zuffa, cadendo finalmente ambedue morti sul campo, mentre i vari successi del combattimento danno luogo al seguente coro: Insieme CORO DI SOLDATI ARGIVI (dal campo) Proteggete, giusti numi, proteggete. Versa il tiranno il sangue, cade il ribelle estinto, ah Polinice ha vinto, ha vinto. CORO DEL POPOLO TEBANO (dalla città) Proteggete, dèi di Tebe, proteggete. Versa il tiranno il sangue, cade il ribelle estinto. Eteocle è vincitor, è vincitor. CREONTE E ADRASTO (alzandosi sulla tribuna, verso il popolo) No: d'ambi il corpo esangue copre l'infame arena. TUTTO IL CORO O trista, infausta scena di lacrime, e d'orror. In tempo di questo coro scendono i Giudici dal palco, e si dispongono in mezzo alla Moltitudine sul davanti del teatro, mentre una parte dei Soldati sta disfacendo lo steccato, e recando due bare per trasportare i cadaveri. CREONTE Popoli, amici, a' nostri voti il cielo la lungamente sospirata pace accorda alfin, ma costa prezzo di sangue, e di delitti; estinti con parricidio atroce i tristi avanzi della stirpe reale, e vuoto il trono, è troppo caro a questo prezzo il dono. (ai capi degli argivi) Voi, giusta i sacri patti, che giuraste agli dèi, volgete altrove, guerrieri eroi, l'armi nemiche. Continua nella pagina seguente. 6 / 41 www.librettidopera.it M. Coltellini / T. Traetta, 1772 Atto primo CREONTE (ai tebani) E voi fedeli a vostri giuramenti, al sangue de' vostri re, grati agli dèi, scegliete tebani, a riempir l'antica sede e di Cadmo, e di Lajo, un degno erede. ADRASTO Ah chi di te più degno, chi più grande di te? (va a prender la corona, e presentandola a Creonte, che modestamente la ricusa, fino all'approvazione del popolo) ADRASTO Tu germe illustre della stirpe real, tu della patria il più fido sostegno, l'ornamento maggior. Del comun voto, interprete fedel, sulla tua fronte depongo il regal serto. Il pegno fia del pubblico riposo, della pubblica speme. Al tuo gran figlio stringa Antigona bella il fausto nodo che l'amor già dispose, e si rinnovi, con più felici auguri de' nostri re la prole a' dì futuri. TUTTO IL CORO Regna lunghi anni felici stringi il nodo fortunato, ch'è brama d'ogni cuor. Tu sarai nel nuovo stato il terror de' tuoi nemici, e de' sudditi l'amor. www.librettidopera.it 7 / 41 Atto primo Antigona CREONTE (riceve la Corona, e se la pone sul capo) Cedo al publico voto, e ascendo un trono che ancor gronda di sangue. Almen s'estingua in quel sangue infelice la vendetta de' numi. Dopo i funebri onor, la tomba accolga venerata degli avi il cener sacro d'Eteocle ei che fedele per la patria pugnò; l'altro che mosse l'ingiusta guerra incontro a lei, rimanga inonorato al campo, e ognun lo veda detestato, insepolto, ai corvi in preda. TUTTO IL CORO Così finiscano, così periscano per sempre i perfidi, i traditor. E l'ombre pallide, nude insepolte sul nero margine di Lete accolte copra di tenebre l'eterno orror. Scena seconda In tempo che il Popolo si dispone a portare altrove i due cadaveri, escono scarmigliate e affannose dalla porta della città, col séguito delle loro Donzelle, facendosi strada tra la folla del Popolo, che al loro arrivo si dispone rispettoso ai due lati della scena Antigona, e Ismene. ANTIGONA Fermatevi, crudeli. Almen lasciate, che il cadavere esangue lavi col pianto mio. ISMENE Lasciate almeno, ch'abbian gli ultimi amplessi i germani da noi. 8 / 41 www.librettidopera.it M. Coltellini / T. Traetta, 1772 Atto primo ANTIGONA Prole infelice d'una infausta famiglia, ecco adempito d'Edipo disperato l'oracolo crudele. ISMENE E con l'orrore del più atroce delitto. ANTIGONA O scelerata sete di regno! O crudi implacabili dèi! Saziate alfine contro un sangue aborrito, la vostra ira crudele. Ancor vi resta novo oggetto alla strage, alla vendetta. CREONTE Si compia il cenno mio. (alle guardie, che senza più badare ad Antigona portan via i due cadaveri) ANTIGONA Barbaro! aspetta. Che manca al tuo desio? L'orrida guerra opra è dell'arti tue. Tu fomentasti le fraterne contese; è tuo progetto la scellerata pugna; il vero erede, per te, non ha più il trono, più germani io non ho. Tu regni alfine, non hai più che bramar. Ma il corpo esangue degli estinti germani almen permetti, ch'abbia il comun tributo del pubblico dolor, poi si racchiuda nella tomba degli avi. Agl'infelici questi almen son dovuti ultimi uffici. ANTIGONA Ah de' tuoi re, tiranno almen le spoglie onora. ISMENE Contro gli estinti ancora perché infierir, perché? CREONTE Compiango il vostro affanno, all'ire tue perdono. Ceder vorrei, ma sono pria cittadin, che re. ANTIGONA E ISMENE Crudel, barbaro vanto! ANTIGONA Giacché gli usurpi il trono non gl'invidiar la pace, degli avi all'ombre accanto. CREONTE Ribelle, e contumace degno d'onor, di pianto un traditor non è. www.librettidopera.it 9 / 41 Atto primo Antigona ANTIGONA E ISMENE Ah di pietà capace, quell'empio cor non è. CREONTE Resti in riva all'Acheronte, segno all'ira, alla vendetta, detestata ombra negletta i ribelli a sbigottir. ANTIGONA No, crudel; lo speri invano. CREONTE Sai qual pena il fallo aspetta. ANTIGONA Sì, la morte empio, inumano, ma non fammi impallidir. CREONTE Pensa incauta... ANTIGONA Il colpo affretta, sfido tutto il tuo furore. Insieme ANTIGONA E ISMENE Troppo è barbaro rigore sugli estinti incrudelir. CREONTE E CORO È giustissimo rigore co' ribelli incrudelir. (parte Creonte, con tutto il séguito de' tebani) Scena terza Antigona, e Ismene colle Donzelle. ANTIGONA Ah di'; rimane ancora all'ira degli dèi qualche nascosa di sciagure, e di guai fonte funesta, a versar su di noi? No, non le resta. Le più tragiche morti, le colpe le più atroci, e insieme con esse l'ignominia, il rossor, tutto ci oppresse. Era poco in un dì piangere estinti per la man l'un dell'altro i tristi avanzi del nostro infausto sangue; oltre la tomba vuol che ancor lo persegua questo pubblico obbrobrio il suo tiranno. Ah questo sol mancava al nostro affanno! 10 / 41 www.librettidopera.it M. Coltellini / T. Traetta, 1772 Atto primo ISMENE Misero Polinice! Ecco il tuo regno, il tuo retaggio. Un nudo campo; e un solo fra tanti non avrai, ch'osi raccorre le tue ceneri almen, che almen ricopra di poca polve il corpo estinto. ANTIGONA Ah pria tutti i fulmin di Giove piombin sovra il mio Capo. Andiamo. ISMENE E dove? ANTIGONA A tentarlo, e perir. www.librettidopera.it 11 / 41 Atto primo Antigona ANTIGONA D'una misera famiglia tutta sai l'istoria amara e la vita t'è sì cara, e paventi di morir? Ah qual sorte, ingrata figlia, puoi sperar fra tanti orrori, che a' germani, a' genitori di poterti riunir? Ombre care, ombre dolenti, io sarò contenta appieno, se con voi m'è dato almeno di confondere i lamenti, di dividere i sospir. Se d'un figlio al vostro affetto manca ancor l'ombra infelice, non temete, io già m'affretto a condurvela, e perir. (parte colle donzelle) Scena quarta Ismene sola. ISMENE Rimproveri crudeli! O giusti numi, che vedete il mio cuor; voi lo sapete, s'è di pietà difetto la debolezza mia; se del germano non compiango il destin, se non vorrei a quell'ombra dolente dell'eterno riposo al varco estremo, il passo aprir col sangue mio; ma tremo e manca all'amor mio la costanza, e l'ardir, non il desìo. Ma... la cara germana... Oh dio!... Si perde, e si prepara intanto la sorgente per me di nuovo pianto. ISMENE Ah giunto invan credei il fin delle mie pene; piangere ancor conviene anco a tremar mi resta, germana, o dio, per te. 12 / 41 www.librettidopera.it M. Coltellini / T. Traetta, 1772 Atto primo Scena quinta Emone, Ismene. EMONE Grazie a pietosi dèi, pur ti ritrovo, Ismene; chi ti trattiene in questa scena d'orror, perché? Tebe il germano onora, e tu qui piangi intanto, e al mesto rogo accanto Antigona non è. ISMENE Ah di dolor, di pianto nuova cagion funesta Antigona è per me. EMONE Come? ISMENE Morir mi sento. EMONE Parla, mi strazia il core. ISMENE Corre a morir. EMONE Che orrore! ISMENE E EMONE Che giorno di spavento è questo mai per me! EMONE Misero me! che ascolto: ah tu gelar mi fai. Scoprimi almeno questa scena d'orror; parla. ISMENE T'è noto il decreto crudel, che a Polinice vieta il sepolcro, e d'una morte atroce minaccia il trasgressor? Di questa ad onta barbara legge, ella a prestar s'affretta questi al germano estinto pietosi uffici, e impavida, e sicura sfida il tiranno, e il suo morir non cura. La più intatta virtù non ha difesa, contro il voto d'un re. Se vedi oppresso sì spesso il mondo da' tiranni, è solo, perché d'adulatori ognor funesta turba vile, insidiosa il trono infesta. www.librettidopera.it 13 / 41 Atto primo Antigona EMONE No, ti fida; è il pianto estremo quel che versi ora dal ciglio; Giove irato al tuo periglio no, più fulmini non ha. ISMENE Ah vorrei sperar, ma tremo; troppo avvezzo è questo cuore alle stragi, ed all'orrore per sognar felicità. EMONE Sai che cambia alfin la sorte. ISMENE La provai sempre tiranna. EMONE La germana... ISMENE Ah corre a morte. EMONE Van timore oh dio t'affanna. ISMENE Ah di rado il cuor s'inganna, nel temer calamità. ISMENE E EMONE Sommi dèi, d'un innocente non v'offenda il puro zelo. Siete giusti, e so che in cielo non è colpa la pietà. 14 / 41 www.librettidopera.it M. Coltellini / T. Traetta, 1772 Atto secondo AT T O S E C O N D O Scena prima Vasta deserta campagna alle falde di nude montagne, colla veduta in distanza d'una parte della città. La scena è in tempo di notte, se non quanto è illuminata dalle fiamme d'un rogo acceso, su di cui arde il cadavere di Polinice. Antigona col séguito delle sue Donzelle vi stanno gettando sopra i profumi, e le cose più care, implorando dagli dèi inferi pace, e riposo all'ombra di lui, intrecciando a una grave danza solenne il seguente lugubre CORO Ascolta il nostro pianto, i gemiti, i sospiri, ombra, che qui t'aggiri al mesto rogo accanto, e passa poi felice d'eterna pace in sen. ANTIGONA Misero Polinice! CORO O voi dell'Erebo, pietosi numi, se non vi placano doni, e profumi, le nostre lacrime per l'infelice plachinvi almen. ANTIGONA Ah Polinice! Secondo il rito tagliandosi una ciocca di capelli, e gettandola sul rogo, dopo di che le Donzelle gettano sullo stesso dell'acqua lustrale per estinguerlo, ritirarne l'urna, ed estrarne le ceneri. www.librettidopera.it 15 / 41 Atto secondo Antigona ANTIGONA Ombra cara, amorosa, ah perché mai tu corri al tuo riposo, ed io qui resto? Tu tranquilla godrai nelle sedi beate, ove non giunge né sdegno, né dolor; dove ricopre ogni cura mortale eterno oblio; né più rammenterai fra gli amplessi paterni il pianto mio, né questo di dolor soggiorno infesto; ombra cara, amorosa, ah perché mai tu corri al tuo riposo, ed io qui resto? ANTIGONA Io resto sempre a piangere, dove mi guida ognor, d'uno in un altro orror, la cruda sorte. E a terminar le lacrime pietosa al mio dolor, ahi che non giunge ancor per me la morte. Le Donzelle raccolte le ceneri di Polinice le chiudono in un'urna preziosa col nome di lui, e le presentano ad Antigona. CORO Oh folle orgoglio umano! Dura necessità ogni cosa quaggiù... strugge, e dissolve. Di tanto fasto insano, di tante vanità, altro non resta più... che poca polve. 16 / 41 www.librettidopera.it M. Coltellini / T. Traetta, 1772 Atto secondo ANTIGONA (prendendo l'urna, ove son raccolte le ceneri di Polinice) O reliquie funeste, preziose al mio dolor, ceneri amate, che dell'ira celeste la memoria dolente a me serbate; lasciate, o dio, lasciate, ch'io vi sparga di pianto, e se non posso nella tomba real, vi chiuda almeno, care ceneri amate, entro al mio seno. Tutto è compito, amiche, rendiam grazie agli dèi. Rechinsi altrove i sacri vasi e l'ara, e del pietoso dolente sacrifizio orma non resti. Scena seconda Emone affannato, e detta. EMONE Antigona, mia vita, ah che facesti? Come io tremo per te! Fuggi, t'invola, salvati per pietà. ANTIGONA Da chi? EMONE Dall'ira d'un implacabil re. Dalle minacce d'un popolo crudele. Ah tu non sai, che invan piansi, e pregai; che l'empia legge rivocarsi non può; che se si scuopre col primo albor, che già comincia, ad onta del decreto inumano, a Polinice reso il funebre onor, tutti i sospetti dovran cader sopra di te. Che abbiamo tutto a temer da un barbaro rigore. ANTIGONA Temo gli dèi, né sento altro timore. EMONE Misera! e se la legge ti condanna a morir? ANTIGONA Finirò il corso, che mi stanca ogni dì. www.librettidopera.it 17 / 41 Atto secondo Antigona EMONE Tolgan gli dèi il presagio crudel. Pensa, che a questa orribile sciagura io non saprei sopravvivere un dì. Serbati, o cara, a fortuna miglior, dell'amor mio, alle speranze, a' voti d'un popolo fedel. Celati almeno, nascondi ad ogni sguardo cotesta urna ferale; fidala a me, la deporrò, io giuro, nella tomba degli avi. Almen si tolga a' giudici severi ogni prova, ogni indizio... ANTIGONA E vuoi, ch'io speri? EMONE Ah sì; da te dipende la tua, la mia speranza. Merta la mia costanza mercé dal tuo bel cor. D'un sol dover pietoso la gloria a te non basti, e se il german salvasti, salva lo sposo ancor. (guardando spaventato dentro la scena) Ma lasso me! Che vedo? Stuol di custodi... Oh dio! Cedi mio ben. ANTIGONA Ti cedo, prendi. (porcendogli l'urna) EMONE Sì, fuggiam. ANTIGONA Tu sei l'arbitro del cuor mio. Antigona e Emone ah proteggete oh dèi un innocente amor. (fuggono con tutto il séguito delle donzelle, ma da diverse parti) 18 / 41 www.librettidopera.it M. Coltellini / T. Traetta, 1772 Atto secondo Scena terza Adrasto seguìto da alcune Guardie, con faci, e lanterne, non essendo ancora ben chiaro il giorno. ADRASTO Non v'è dubbio, amici; ecco gli avanzi dell'arso rogo: in questo loco appunto fu il cadavere esposto, e invan d'intorno si cercano i custodi, cui l'oro avrà sedotti. È trasgredito il pubblico divieto, e il re schernito. Oh Tebe! A nuovo lutto gli occhi prepara. Ancor ti resta a piangere sul sangue de' tuoi re. Persegue il cielo fin negli ultimi germi così d'Edipo i falli, e chiedon tutta dall'ultima radice questa strugger gli dèi pianta infelice. ADRASTO Chi può dir: sono innocente? Chi può dir: sarò felice? Se del padre delinquente va ne' figli l'ira ultrice a punir la reità? Se d'un fato inesorabile a serbar l'ordin prescritto la pietà divien delitto, e il fallir necessità? (parte colle guardie) www.librettidopera.it 19 / 41 Atto secondo Antigona Scena quarta Tempio magnifico di Giove pacificatore superbamente adornato, per celebrarvi la festa della pace. Un lieto coro di Giovani, e di Donzelle con dei rami d'Ulivo in mano stanno cantando in mezzo a un'allegra danza un inno festivo, mentre i Sacerdoti amministrano un sacrifizio propiziatorio dinanzi alla statua del nume. Danza. Creonte, Ismene, Guardie, e Popolo. CORO Se più non s'accende di guerra la face, se un giorno risplende sereno di pace, è don di tua mano, gran nume de' re. Tu siedi sul trono tra il folgore e il tuono, e giace legato il fato al tuo piè. CREONTE E ISMENE Se Tebe non vede da ferro inumano il regno distrutto, deserto il suo piano, di pianto, di lutto se sede non è, è don di tua mano gran nume de' re. (in tempo di questa ripresa del coro, Creonte va a seder in un luogo elevato, che resta sul davanti da un lato del tempio) CORO Tu siedi sul trono tra il folgore e il tuono, e giace legato il fato al tuo piè. 20 / 41 www.librettidopera.it M. Coltellini / T. Traetta, 1772 Atto secondo ISMENE Quante lacrime versò madre afflitta e sposa amante lacerando il crine e il petto sovra il pallido sembiante dell'amato giovinetto, che la morte le involò. CORO DELLE FANCIULLE Quante strida al ciel mandò, quando il misero cultore vide il ferro, e il fuoco ostile, che sua speme e suo sudore ricca messe, e ricco ovile gli distrusse, gl'incendiò. CORO Ma più non s'accende di guerra la face, e un giorno di pace risplende per te, gran padre de' numi gran nume de' re. Tu siedi sul trono tra il folgore e il tuono, e giace legato il fato al tuo piè. (Creonte scende dal luogo elevato, e s'accosta verso l'ara, deposta pria la corona reale) CREONTE Sommo, provido nume, arbitro eterno della terra, e del ciel, tu che dilegui il fosco nembo, onde fu Tebe involta, serba i tuoi doni, e i nostri voti ascolta. A te festivo e sacro questo solenne dì viva fra noi; de' benefici tuoi, del nostro pianto la memoria rinnovi, e all'empio autore della guerra crudel l'odio, e l'orrore. Continua nella pagina seguente. www.librettidopera.it 21 / 41 Atto secondo Antigona CREONTE Resti il nome aborrito, eterno oggetto d'esecrazione e d'ira; e sull'infame insepolto cadavere si sfoghi tutta l'ira de' numi: ah, se giammai di Tebe un figlio al nome odiato osasse, o all'infauste reliquie un'ombra, un segno mostrar d'onore, o di pietà; la morte, ma la più ignominiosa, e più funesta, giuro sull'are tue... (avanzandosi verso l'ara) Scena quinta Adrasto frettoloso trattenendolo, e detti. ADRASTO Signor t'arresta. Il fatal giuramento sospendi per pietà. CREONTE Perché? ADRASTO Trall'ombre della passata notte, arder sul rogo vi fu chi osò di Polinice estinto il cadavere esposto, indi riporre il cenere raccolto nella tomba real. CREONTE Numi! che ascolto? E il delinquente? ADRASTO Oh dio! Non curar di saperlo. Oblia, rivoca una legge crudel, che coprirebbe Tebe d'eterno lutto. A noi conserva il più caro, signor, l'unico oggetto delle nostre speranze del tenero amor tuo... CREONTE No; cada oppresso quando fosse il mio figlio. ADRASTO È il figlio istesso. CREONTE Che dici? Oh dio! ISMENE (Misero prence.) ADRASTO Il fallo dissimular non giova, ecco il reo fra' custodi; ecco la prova. (accennando Emone, che sopraggiunge, e presentando a Creonte l'urna delle ceneri) 22 / 41 www.librettidopera.it M. Coltellini / T. Traetta, 1772 Atto secondo Scena sesta Emone fra le Guardie, e detti. CREONTE Quest'urna?... ADRASTO Era in sua mano. Entro la tomba di Lajo ei la chiudèa, quando arrestato si trovò da' custodi. CREONTE O figlio ingrato! È questo dunque il frutto dell'amor mio, delle mie cure? Al trono la via t'apro, e l'onor del trono il primo a calpestar tu sei; del re, del padre, il primo i cenni a violar; né basta a trattenerti, incauto, la tua patria, il mio onore, il tuo periglio, reo doppiamente, o cittadino, o figlio. Chi ti sedusse mai? Quale speranza, qual fin ti lusingò? Parla, favella, scusa almen la tua colpa. EMONE È troppo bella. CREONTE Non lusingarti, ingrato, d'impunità, e perdono; son giudice, son re. Il leso onor del trono chiede del reo lo scempio, né importa il grand'esempio, che si cominci in te. (in atto di partire è trattenuto dal coro) CORO Ah serba il figlio amato, serba la speme al regno; no di pietade indegno il fallo suo non è. www.librettidopera.it 23 / 41 Atto secondo Antigona CREONTE Ah tacete Tebani; invan si tenta sedurmi il cuor; troppo funesto esempio è pe 'l pubblico bene l'impunità de' falli, e non s'attende questo esempio da me. No, non cominci da una tal debolezza il regno mio; muora il figlio s'è reo. Scena settima Antigona con séguito di Donzelle, e detti. ANTIGONA La rea son io. ISMENE Ah Germana. EMONE Ah mia vita, a che vieni? ANTIGONA A sottrarti a un ingiusto supplizio, e a raccor tutto di mia pietà, di mia virtude, il frutto. ISMENE (Incauta!) EMONE Ah non udirla! Non crederle, signor... ANTIGONA Taci; anche lieve la menzogna è delitto, e non si compra a tal prezzo l'onor. T'inganna il figlio, signor, se reo lo credi. Io fui, che resi a Polinice estinto gli ultimi onor funebri. Io sola osai trasgredir la tua legge; ei per salvarmi quell'urna m'involò, che del germano le ceneri chiudèa; ma in me cada la pena, io son la rea. CREONTE E in te cadrà. Nella spelonca infausta, tomba orribil de' rei, costei si chiuda, pria sepolta ch'estinta, e non funesti Tebe col sangue suo di nuovo orrore. 24 / 41 www.librettidopera.it M. Coltellini / T. Traetta, 1772 Atto secondo EMONE Ah no; (gettandosi a piè dì Creonte) padre pietà. ISMENE (facendo l'istesso) Pietà signore. EMONE Eccomi a' piedi tuoi. Salva, perdona, rendimi l'idol mio. ISMENE Donala a' voti d'un popolo fedel. EMONE Per questo pianto, per quel paterno affetto che negarmi non sai. CREONTE Se mi scordo il tuo fallo impetri assai. EMONE Ah piuttosto, crudel, confondi, aggrava la sua colpa, e la mia; chiudici entrambi nell'infausta caverna, e il fiato estremo fa' ch'io spiri, inumano, almen su' labbri suoi CREONTE Lo speri invano. CREONTE Non è il rigor tiranno, non è furor lo sdegno, devo un esempio al regno, una vendetta a me. (parte infuriato colle guardie, e popolo) ISMENE Fermo, crudele, e aspetta. EMONE Strappami il cuor dal seno. ISMENE E EMONE E a incenerirmi almeno un fulmine non v'è. Scena ottava Antigona, Ismene, Emone, parte delle Guardie, e delle Donzelle. ANTIGONA All'ombre amate del genitor, degli avi a riunirmi andrò; l'ira de' numi estinguerà il mio sangue, e fia che un giorno, da' cittadini ingrati esiga almeno qualche stilla di pianto il caso mio. www.librettidopera.it 25 / 41 Atto secondo Antigona ISMENE Ah mia Germana! EMONE Ah mia speranza! ANTIGONA Addio. ANTIGONA Finito è il mio tormento, vado innocente a morte, vo dell'ingrata sorte a trionfar così. D'amore, e di contento un raggio anch'io sperai, ma chiudo al lume i rai, allor che spunta il dì. ISMENE E EMONE Quando di duol, d'affanno più lunga serie amara l'ira del ciel tiranno all'altrui danno unì? 26 / 41 www.librettidopera.it M. Coltellini / T. Traetta, 1772 Atto terzo AT T O T E R Z O Scena prima Campagna in prospetto d'un alto dirupato monte, alle falde del quale s'apre la funesta spelonca, ove chiudevansi i delinquenti, e sull'alto piccola fessura a cui s'ascende per angusto scosceso sentiero. Da una parte sul davanti del teatro, sedile elevato per il re, e dall'altra verso il fondo tempietto di Mercurio, con ara davanti all'ingresso. Al suono d'una lugubre sinfonia entra, preceduto dalle sue Guardie Creonte, che va ad assidersi sul palco; indi al séguito di un folto Popolo, e in mezzo alle velate Donzelle piangenti, Antigona. CORO DI TEBANI Piangi, o Tebe, ancor t'ingombra la funesta ombra di morte. Non è sazia ancor la sorte o di lagrime, o d'orror. CORO DI DONZELLE Ahi come presto, o misera, nel fior di verde età... morte t'invola! Ahi, che di tante lacrime l'inutile pietà... non ti consola. ANTIGONA O Tebe, o cittadini, o voi vicine sacre ombrose foreste, e voi di Dirce pure sorgenti, addio. Son giunta al fine del mio corso mortal; la notte eterna m'invola, e il sol ch'io miro, agli occhi miei non splenderà mai più. Continua nella pagina seguente. www.librettidopera.it 27 / 41 Atto terzo Antigona ANTIGONA Questo, o tebani, è il talamo nuzial, queste le faci, e i canti d'Imeneo, che il vostro amore oggi mi destinò? Viva mi chiudo entro un'orrida tomba, e viva scendo del funesto Acheronte sul margine fatal; non so s'io dica fra gli estinti, o fra vivi, anzi piuttosto barbaramente del commercio priva de' vivi, e degli estinti, estinta, o viva. CORO Da te ripete, o misera d'Edipo sventurato l'antica reità, dura necessità d'avverso fato. ANTIGONA Ah quale acerba piaga riaprite crudeli! Oh dio, qual sangue mi diè la vita, e a quale atroce sorte mi serbava il destino! O madre! o nozze incestuose, orrende! O spettatrici del funesto Imeneo furie d'Averno! Chi per pietà m'invola agli occhi dei viventi, alla vendetta del ciel, che mi persegue? 28 / 41 www.librettidopera.it M. Coltellini / T. Traetta, 1772 Atto terzo Scena seconda Ismene scarmigliata, e affannosa trattenendola, e detti. ISMENE Ah ferma, aspetta! In quell'antro funesto non andrai senza me. La notte eterna teco m'accoglierà, teco vogl'io unirmi per sempre al sangue mio. ANTIGONA (in atto d'abbracciarla) Ah Germana... ISMENE (staccandosi dalle braccia d'Antigona, e correndo presso al re) Signor, da te non vengo a dimandar pietà. Chiedo una morte, chiedo l'istessa pena di divider con lei. ANTIGONA Ma di qual fallo ti punirà il tiranno? Ah non rammenti, ch'io ti vidi tremar, quando... ISMENE Ah risparmia al mio onore, al mio nome un indegna viltà, che mi dispera, che m'empie di rossor. Deh non divida due germane infelici il supplizio, signor; non è il suo fallo, che la guida a perir. Persegue il cielo Edipo ne' suoi figli, e più non resta dell'infesta radice, che quest'ultimo germe, e il più infelice. Distruggilo, signor; dispergi un seme de' pubblici disastri innocente cagion; svena, presenta in un supplizio istesso due vittime agli dèi. www.librettidopera.it 29 / 41 Atto terzo Antigona CREONTE Non è permesso. Non confonde la legge i rei co' gli infelici. Arbitri adoro del destin de' mortali i sommi dèi, ma sol la colpa sua punisco in lei. ISMENE Crudel, neghi una morte, perché il darla è pietà. Ma speri invano dividermi da lei. Fra queste braccia così la stringerò; vedrò chi ardisce strapparmela dal sen. CREONTE (alle guardie, che separano a forza le due sorelle) Custodi, a forza quindi si tragga, e l'importuno affanno vada a sfogare altrove. ISMENE Empi... tiranno. ISMENE Ah lasciami morir, misera! Che farò? Che più soffrir non ho, né più mi può rapir l'avversa sorte. Germana, ah non partir, ah non lasciarmi, no. Che parlo, o dio, che fo? Almeno il mio martir mi dia la morte. (parte in mezzo ad alcune guardie) ANTIGONA O germana! O tebani. Almen s'affretti il fin di mie sciagure. Ogni momento accresce il mio supplizio, e indebolisce la mia costanza. Addio. Moro innocente senza colpa, o rimorso; ah mai non chieda da voi ragione il cielo dell'ingiusta mia morte. Continua nella pagina seguente. 30 / 41 www.librettidopera.it M. Coltellini / T. Traetta, 1772 Atto terzo ANTIGONA (trovandosi presso al tempietto di Mercurio) O tu dell'ombre pietoso condottier, guida i miei passi nel sentier tenebroso, amico nume, e assisti, allorché fia sciolta dal frale impaccio, all'ombra mia. E tu speco funesto, sepolcro de' viventi, unico asilo contro l'ira de' numi, or tu sarai la mia dimora eterna. Ah tu m'accogli nel pietoso tuo seno; in te ritrovi il fin di tanti mali la mia vita infelice, e in te riposi, freddo avanzo di morte, il cener mio. O patria! O Tebe! O cittadini, addio. ANTIGONA Non piangete i casi miei, non v'affanni il mio tormento, questo è l'unico momento della mia felicità. Fur sì barbari gli dèi, fu sì avversa a me la sorte, che riguardo la mia morte come un segno di pietà. (s'avanza verso la spelonca, v'entra dentro con un gesto di disperazione, e le guardie ne chiudono l'ingresso con delle pietre, mentre si canta il seguente) CORO Piangi, o Tebe, ancor t'ingombra la funesta ombra di morte. Piangi, o Tebe, non è sazia ancor la sorte o di lacrime o d'orror. Scena terza Adrasto frettoloso, e affannato, e detti. ADRASTO Ah t'affretta, signor; perduto è il figlio. www.librettidopera.it 31 / 41 Atto terzo Antigona CREONTE Santi numi del ciel! che dici? ADRASTO O giorno di lacrime, e d'orror! CREONTE Parla. ADRASTO Nel loco, ove da' tuoi custodi si tenea prigionier, torbido, e muto lungo tempo ei restò, con tutti in volto i caratteri espressi d'un dolor disperato. Ecco annunziando d'Antigona il supplizio, in mezzo a' tuoi, pallida, semiviva, con dolorose strida. Ismene arriva. Immagina, signor, folgor, che scoppi dalla squarciata nube, o fra gli opposti atterrati ripari rovinoso torrente. Alzarsi, un ferro strappare ad un de' tuoi, due de' più arditi stender con esso al suolo, ed avventarsi a noi, fu un punto solo. Pur si prevenne, e s'ebbe il tempo appena d'opporgli in sull'ingresso la ferrea porta. Egli smaniando, il guardo gira bieco d'intorno, ed altra strada alla fuga non vede, che un aperto balcon; v'affretta il passo, su vi monta d'un salto, e piomba al basso. CREONTE Stelle! È morto? ADRASTO No 'l so. Del mortal salto troppo tardi m'accorsi dalle strida, e dal colpo, e a te me n' corsi. CREONTE Ahimè! Qual nera benda mi si squarcia sul ciglio, e m'apre il guardo a una scena d'orror. Lacero, infranto sulla sanguigna arena qui abbraccio il figlio, e il riconosco appena. Lì la madre infelice accusa il mio rigor. Qui il cuor mi gela il gemito dolente d'Antigona, che muor. Là d'Ismene innocente le strida, ed il dolor. Continua nella pagina seguente. 32 / 41 www.librettidopera.it M. Coltellini / T. Traetta, 1772 Atto terzo CREONTE Piango or vedovo il trono, or desolata la mia famiglia, ed ora il popolo tutto mesto, in lacrime, in lutto. Ah come mai tante unì un giorno solo al nostro danno colpe, stragi, terror, morti, e ruine? Barbari dèi, sarete sazi alfine. CREONTE Ah no, non son gli dèi cagion di tanto affanno. È il mio rigor tiranno, è la mia crudeltà. Da una fatal grandezza son per mia colpa oppresso. Ho fabbricato io stesso la mia calamità. (parte smaniando, con tutto il séguito) CORO Ah quando avrà mai fine per noi del ciel lo sdegno? Di questo afflitto regno, numi, che mai sarà? (partono tutti, con gesti di dolore) Scena quarta Adrasto, solo. ADRASTO Infelice! Ecco il frutto d'un'ambita grandezza, d'un rigore ostinato. Il caro figlio unica, e dolce cura di tutti i suoi pensier morte gl'invola, e dopo la sciagura vien tardi il pentimento, e non consola. Scena quinta Emone scarmigliato, e furioso, e detto. EMONE Adrasto! www.librettidopera.it 33 / 41 Atto terzo Antigona ADRASTO Oh dio! Che miro? Signor, tu qui... tu salvo?... EMONE Odi; pietoso in quell'antro funesto m'apre il cielo una via. Così mi lasci tanto di vita ancor, ch'io possa almeno riveder l'idol mio, abbracciarlo, e morir. De' nostri casi se una tarda pietà Tebe risveglia dal letargo fatal, che l'incatena al giogo d'un tiranno, ah fa che accolga a quelle del mio bene le mie ceneri unite un'urna istessa. Questo è l'unico dono, che dalla patria imploro, e le perdono. ADRASTO Signor, che dici?... Ah non sia ver... (in atto di voler trattenerlo) EMONE T'arresta. Il mio morir affretta chi pensa di salvarmi, e in questo stato periglioso è il soccorso a un disperato. ADRASTO Ma Tebe in pianto... il genitor... EMONE Da lui ogni dover mi scioglie. Ei mi diè questa vita, ei me la toglie. EMONE Ah se lo vedi piangere sovra il mio corpo esangue, dì che le amare lacrime son poche a tanto sangue, che il suo furor versò. Che infesta ombra seguace m'avrà sempre d'intorno, che nuova furia orribile co' serpi, e colla face i suoi riposi, e il giorno, a funestar verrò. Che il suo rigor non temo, che il primo affetto obliò, che al caro idolo mio a dar l'amplesso estremo a suo dispetto andrò. (parte infuriato, arrampicandosi sul monte) 34 / 41 www.librettidopera.it M. Coltellini / T. Traetta, 1772 Atto terzo ADRASTO (vedendolo precipitarsi dall'alto nell'interno del monte) Ma senti, aspetta... Oh dio, che fiero colpo atroce! Né moto più, né voce a tanto orror non ho. (parte sbalordito con smania) Scena sesta Interno dell'orrida tenebrosa caverna debolmente rischiarato da un barlume, che vien dall'alto. Antigona sola. ANTIGONA Misera, ove m'inoltro? Il corpo stanco all'eterno riposo par che già s'abbandoni. Oh come presto nel sentier della morte si stanca il piè. (abbandonandosi a sedere sopra un masso) L'aer nebbioso, e denso par che gli occhi m'aggravi; un freddo vento scuote l'ampia caverna, e al fioco, incerto, torbido lume, che rischiara appena questa notte d'orror, quali di morte immagini funeste m'offre l'orrenda tomba! O tristi avanzi dell'infelice umanità, qual gelo m'ispirate nel cor! Ben tosto anch'io tal diverrò; mista a poche ossa ignude fredda, putrida polve. Ahimè. Ma quanti lunghi miseri istanti di stento, e di dolor precederanno la mia misera morte? Ah morte atroce! Scena settima Emone di dentro, e detta. EMONE (di dentro alla scena) Antigona, ove sei? ANTIGONA (alzandosi spaventata) Stelle! Qual voce! www.librettidopera.it 35 / 41 Atto terzo Antigona ANTIGONA È quella del mio bene; la riconosco, oh dio! Ah mi prevenne, e viene, ombra diletta, almeno a riunirsi a me. EMONE (escendo, e abbracciandola) Ah stringimi al tuo seno, lo sposo tuo son io. Non piango or più, non peno, or che, bell'idol mio, posso morir con te. ANTIGONA E EMONE Ah vi ringrazio, o dèi. Ah si cambiò la sorte. Or più per me la morte terribile non è. ANTIGONA Che dissi? Oh me infelice! Tu vivi, oh dio! Tu vieni a perderti per me? EMONE Come potrei sopravviverti un dì? Due volte, o cara, cercai la morte, e per due volte il cielo, pietoso a' voti miei, serbommi in vita, per riunirmi a te. ANTIGONA Ma chi t'aperse in quest'antro la via? EMONE Dal foro angusto onde al fioco baglior che ci rischiara, s'apre il varco sul monte, precipitar mi volli. Ah non sperai così propizio il salto. I vepri, i sassi, che ingombrano il sentier, l'impeto forse tolsero alla caduta. Io sol restai sbalordito dal colpo, pochi istanti sul suol di senso privo, mi svegliò il tuo dolor, t'abbraccio, e vivo. 36 / 41 www.librettidopera.it M. Coltellini / T. Traetta, 1772 Atto terzo ANTIGONA Com'è facile l'amore a fingersi contenti! Odi, e misura il tuo coraggio, e il mio. Dovrem fra poco mirarci, o dio, scambievolmente in viso, d'una stentata morte tutto l'orror; la disperata fame, la magrezza, il pallor; frenare invano della natura oppressa fra gli spasimi atroci i gemiti importuni, i mesti sguardi che la luce smarrita van ricercando appena... EMONE Ah no, mia vita, vedi qual dono il ciel mi conservò. (mostrandole il pugnale) Con questo il lungo strazio d'una morte crudel paventi invano. Mira; il fatal momento è in nostra mano! ANTIGONA Ah sì, mio ben, si mora; l'immergi in questo seno, finisci il mio dolor. EMONE Ah pochi istanti ancora, cara, concedi almeno a un infelice amor! ANTIGONA Caro... EMONE Mio ben. ANTIGONA ...che barbaro conforto! EMONE ...che misero contento... ANTIGONA E EMONE ...in sì crudel momento di lacrime, e d'orror! EMONE Ma quai colpi improvvisi scuotono la caverna? Ah par, che crolli dalle radici il monte. ANTIGONA Osserva, osserva e faci, e armate squadre alla bocca dell'antro. www.librettidopera.it 37 / 41 Atto terzo Antigona EMONE Oh numi! Il padre? Crudel, forse pretende strapparmiti dal sen? ANTIGONA Sì cedi, o caro, lascia... EMONE Lasciarti? Ah così vil non sono. Guarda... (in atto di ferirsi è trattenuto da Antigona, e dalle parole di Creonte) Scena ottava Creonte, Ismene, Adrasto, con Guardie, Popolo, e detti. CREONTE Ah serbala, e vivi; io la perdono; voi perdonate al mio rigor. Venite fra queste braccia, o figli. Un Fasto insano m'acciecò, mi sedusse, in me soppresse le voci di natura. Ah poiché il cielo vi conservò pietoso, e mi risparmia un eterno rimorso, il fausto giorno coroni il vostro amor. Fuggiam da questo giorno di dolor. Tebe risuoni di cantici festivi, e dopo tanti giorni di pianti, e lutto, un dì sereno di gioia e di piacer faccia ritorno. EMONE O padre, o sposa. ANTIGONA E EMONE Oh fausto evento! ANTIGONA O giorno! 38 / 41 www.librettidopera.it M. Coltellini / T. Traetta, 1772 Atto terzo Festa che termina lo spettacolo La scena rappresenta una deliziosa contigua alla reggia pomposamente illuminata in tempo di prima sera. Un coro di festose Vergini portano l'ara nuziale dinanzi alla statua d'Amore e d'Imeneo, che si vede eretta nel fondo; adornano di ghirlande e l'idolo, e l'ara, e preparano le corone di rose per inghirlandarne gli sposi. Entrano questi, preceduti dai Paraninfi vestiti di candide stole, e con fiaccole in mano di pino odoroso, e seguiti da un folto Popolo, che intreccia a una lieta festiva danza il seguente coro nuziale: CORO Sorgi di Venere propizia stella, e il cielo illumina col tuo splendor. La viva accendano pura facella, inestinguibile Imene, e Amor. In tempo di questo coro Antigona, ed Emone in mezzo a Creonte, Ismene, e Adrasto, e ad alcuni Sacerdoti si fermano dinanzi all'ara, dove sono incoronati di rose, e porgendosi scambievolmente la destra si giurano eterna fedeltà; dopo di che, avanzandosi verso gli spettatori cantano la seguente strofa: ANTIGONA E EMONE Oh come presto obliasi, nel seno dell'amor, ogni tormento. Fuggon le nere immagini, e in rammentarlo allor, fino il passato orror, divien contento. www.librettidopera.it 39 / 41 Indice Antigona I N D I C E Personaggi...............................................3 Argomento..............................................4 Atto primo...............................................5 Scena prima........................................5 Scena seconda....................................8 Scena terza........................................10 Scena quarta.....................................11 Scena quinta.....................................12 Atto secondo..........................................14 Scena prima......................................14 Scena seconda...................................16 Scena terza........................................18 Scena quarta.....................................19 Scena quinta.....................................21 Scena sesta.......................................22 Scena settima....................................23 Scena ottava......................................24 Atto terzo..............................................26 Scena prima......................................26 Scena seconda..................................28 Scena terza.......................................30 Scena quarta.....................................32 Scena quinta.....................................32 Scena sesta.......................................34 Scena settima....................................34 Scena ottava......................................37 Festa che termina lo spettacolo........38 40 / 41 www.librettidopera.it M. Coltellini / T. Traetta, 1772 Brani significativi B R A N I S I G N I F I C AT I V I Ombra cara, amorosa .................................................................................................. 15

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