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Tuesday, April 30, 2013

LE DANAIDI -- Di Salieri

Speranza

Antefatto [modifica]
Nella mitologia greca, Danao ed Egitto erano fratelli gemelli, figli di Belo, re di un mitico regno di Egitto, e genitori essi stessi, rispettivamente, di cinquanta figlie (le Danaidi) e di cinquanta figli (gli Egiziadi). Danao era stato costretto a fuggire nella sua patria originaria di Argo a seguito dell'usurpazione e della persecuzione subite da parte del fratello. L'opera inizia alla morte di questi, quando, su invito di Danao, si celebra la rappacificazione tra i due rami della famiglia, da sancire mediante il matrimonio incrociato tra Danaidi ed Egiziadi, ridotti nel libretto al numero complessivo di trentadue (anziché cento, come nel mito originario).

Atto I [modifica]

Danao e Linceo, erede del defunto Egitto, giurano di soffocare tutti i risentimenti che hanno diviso i due rami della famiglia, e Danao invita le figlie ad unire le loro mani agli Egiziadi, sotto la guida dei due primogeniti, Linceo, appunto, ed Ipermestra, i quali, nella seconda scena, si rallegrano per la sorte loro toccata, in quanto già legati da un segreto rapporto d'amore.

Atto II [modifica]

Di fronte all'altare della dea Nemesi, Danao, che teme per un oracolo che ha predetto la sua morte par mano della discendenza di Egitto, rivela falsamente alle figlie che gli Egiziadi intendono portare a compimento gli odiosi disegni del loro padre e che pertanto si propongono di trucidarle, insieme a lui stesso, al momento delle nozze; chiede quindi loro di prevenirli e di giurare di ucciderli con i pugnali che egli fornisce a ciascuna. Ipermestra trema, ma non si unisce al giuramento. Nella seconda scena, Danao, accortosi del comportamento tenuto dalla figlia, la investe con la sua ira, chiedendole di rispettare ed onorare la volontà del genitore e, siccome ella rifiuta, Danao minaccia di morte immediata sia lei sia l'amante, nel caso che ella lasci trapelare alcunché degli intendimenti paterni. La terza scena è una sorta di scena della pazzia in cui Ipermestra, rimasta sola, esterna la propria disperazione.

Atto III [modifica]

La festa del matrimonio ha inizio tra danze, canti e brindisi a Bacco, ma, quando Linceo offre a Ipermestra una coppa di vino, questa dà segni di terrore nel dubbio che lo stesso possa essere avvelenato, e lascia così interdetto il suo promesso sposo, inducendo contemporaneamente suo padre ad intromettersi, nel timore che ella possa rivelare qualcosa, e a rinnovarle quindi, di sottecchi, le sue minacce di morte. Di nuovo in preda alla disperazione, Ipermestra abbandona la scena seguita da Pelago, cui Danao ha dato il compito di sorvegliarla. Le ultime due scene sono occupate da un balletto-pantomima che rappresenta le Danaidi che blandiscono ed ubriacano i loro sposi, e poi le coppie che vengono condotte verso la camere nuziali.

Atto IV [modifica]

Dopo aver tentato invano, un'ultima volta, di convincere il padre a desistere dai suoi delittuosi propositi di vendetta (scena prima), Ipermestra si rivolge agli dèi pregandoli perché allontanino in qualche modo Linceo da quella reggia di morte (scena seconda). Quando questi entra, Ipermestra lo scongiura in tutti i modi di partire, ma rifiuta tuttavia di rivelargli il perché; ciò induce il giovane a concepire sospetti di infedeltà, che si disperdono però di fronte alla disperata minaccia della donna di trafiggersi con quello stesso pugnale che era in effetti destinato a lui (scena terza). La scena quarta vede prima l'ingresso di Pelago che, tradendo Danao, invita Linceo a seguirlo, poi la straziata rivelazione, da parte di Ipermestra, che le sue sorelle stanno sgozzando gli Egiziadi. Linceo rifiuta di fuggire e corre invece in soccorso dei fratelli, le cui grida disperate invadono la scena, mentre la donna cade priva di sensi.

Atto V [modifica]

Nella prima scena, Ipermestra rinviene e, pensando che il suo sposo sia stato ucciso, inveisce contro la crudeltà del genitore, ma, quanto questi entra con violenza (scena seconda) e, non vedendo il cadavere di Linceo, gliene chiede conto, la donna capisce che il suo sposo si è salvato, ringrazia gli dèi e sfida sprezzantemente la vendetta del padre, lasciando la sala. Danao si rallegra comunque all'idea che Linceo non abbia potuto sicuramente abbandonare il palazzo, e si affretta quindi alla sua ricerca per ucciderlo (scena terza). La quarta scena è occupata da Plancippe e dal coro delle Danaidi che invadono il palcoscenico con i pugnali insanguinati, in preda ai fumi dell'alcool, e si danno a selvaggi canti di gioia, finché non sono raggiunte dal padre (scena quinta), il quale le informa del tradimento di Ipermestra e le incita a scovare il sopravvissuto Linceo, che deve trovarsi ancora nascosto da qualche parte nel palazzo, e a trucidarlo. Rimasto solo (scena sesta), Danao inveisce contro gli dèi che sembrano voler riservare solo a se stessi il dolce piacere della vendetta. Le quattro scene successive vedono prima l'ingresso di due ufficiali della guardia che annunciano a Danao che Linceo sta assalendo il palazzo con i suoi soldati dopo aver trucidato le invasate Danaidi ed aver così vendicato i fratelli. Successivamente viene condotta in scena Ipermestra sulla quale il padre vorrebbe ora sfogare la sua ira vendicatrice, ma un terzo ufficiale gli annuncia che ormai tutto è finito per lui perché anche i suoi seguaci, disgustati, si sono uniti a Linceo, e, quando egli sta per trafiggere la figlia, irrompe in scena il suo ex comandante della guardia, Pelago (seguito da Linceo e dal popolo), il quale lo previene uccidendolo a sua volta, nonostante la disperata richiesta di pietà avanzata da Ipermestra al suo sposo. L'undicesima scena rappresenta Linceo ed il popolo che, inorriditi da quanto è successo, si apprestano a fuggire da un luogo funesto che verrà presto inghiottito dall'inferno, ed a condurre Ipermestra nel regno di Linceo, da loro definito "felice impero di Iside". L'ultima scena è di grande effetto: il palazzo, spezzato dalla folgore e divorato dalle fiamme, sprofonda e scompare nel Tartaro, dove un silente Danao e le piangenti e disperate figlie sono fatti oggetto dei castighi più crudeli. Queste implorano i demoni di far cessare le loro pene, ma essi, implacabili, dichiarano che tale pene dureranno in eterno.

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