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Saturday, May 24, 2014

LOEB IS ALL YOU NEED -- APULEIO -- L'asino d'oro

Speranza

   
Le metamorfosi
Titolo originaleMetamorphoseon libri
Altri titoliL'asino d'oro
ApuleiusFrontispiece.jpg
Rappresentazione di Apuleio e di Panfila per un'edizione postuma della Metamorfosi
AutoreLucio Apuleio
1ª ed. originaleII secolo
Genereromanzo
Sottogenereformazione, avventura, epica, satira, biografico
Lingua originalelatino
AmbientazioneHypata, Corinto
ProtagonistiLucio
(LA)
« Lector, intende: laetaberis »
(IT)
« Lettore, presta attenzione: ti divertirai »
(Apuleio, Le metamorfosi, I)


Le metamorfosi, o L'asino d'oro è un'opera della letteratura latina di Lucio Apuleio (II secolo d.C.).

Il secondo titolo deriva dal De civitate Dei (XVlll, 18) di sant'Agostino.

È l'unico romanzo antico in latino pervenuto interamente ad oggi; e insieme al Satyricon di Petronio, pervenutoci solo parzialmente, costituisce l'unica testimonianza del romanzo antico in lingua latina.

Essendo centrale a tutta l'opera il tema della magia e non essendo citata questa nell'Apologia, che riporta il discorso difensivo dell'autore coinvolto nel 158 in un processo per magia, si desume che la stesura del romanzo sia posteriore a quella data.

Il testo, tuttavia, potrebbe costituire una rielaborazione di un'opera spuria di Luciano di Samosata (pseudolucianea), Lucio o l'asino.

Inoltre, secondo il patriarca Fozio, la storia di Lucio potrebbe derivare da un romanzo a noi perduto, attribuito da Fozio a Lucio di Patre.

Il patriarca, infatti, fa intendere dell'esistenza di tre romanzi, l'uno di Lucio di Patre, di cui dice aver letto diversi λόγοι, un altro di Luciano di Samosata e l'ultimo di Apuleio.

Il dibattito tra gli studiosi verte attorno alla possibilità che l'opera di Apuleio possa essere derivata da questa fonte comune, costituita dal romanzo dello sconosciuto Lucio di Patre (il cui nome potrebbe essere anche il frutto di un malinteso dello stesso Fozio, che avrebbe confuso il nome del protagonista con quello dell'autore), oppure dal rimaneggiamento, pseudolucianeo, rappresentato dal Lucio ovvero l'asino.

 


Miniatura (1345) di Bartolomeo de' Bartoli Lucio riprende la forma umana


Il libro è costituito da un soggetto principale, Lucio, e della sua metamorfosi in un asino a seguito di un esperimento non andato a buon fine.

È questo l'episodio-chiave del romanzo, che muove il resto dell'intreccio.

Il secondo livello narrativo è costituito dalle peripezie dell'asino che, nell'attesa di riassumere le sembianze umane, si vede passare di mano in mano, mantenendo però raziocinio umano e riportando le sue molteplici disavventure.

La narrazione è inoltre spesso interrotta da digressioni di varia lunghezza, che riferiscono vicende degne di nota o di curiosità, relative alle vicende del protagonista o raccontate da altri personaggi.

Una di queste, la favola di Amore e Psiche, occupa più libri tanto da costituire un piano narrativo a sé e da essere la chiave di lettura del romanzo.

Le altre digressioni inserite nell'intreccio principale sono costituite da vicende di vario tipo, ove il magico (primi tre libri) si alterna con l'epico (storie dei briganti), col tragico, col comico, in una sperimentazione di generi diversi che trova corrispondenza nello sperimentalismo linguistico, con la sola eccezione del libro XI, dove la componente mistica ha il sopravvento e la forma animale di Lucio ha perduto quasi totalmente importanza, mentre nel corso del romanzo proprio la presenza costante delle riflessioni dell'asino crea un effetto di continuità che forma i due livelli di lettura, e scandisce il senso complessivo della vicenda come iter progressivo verso la sapienza.

 

Degli undici libri, i primi tre sono occupati dalle avventure del protagonista, Lucio (omonimo dell'autore, a cui forse proprio dal protagonista venne attribuito tale nome) prima e dopo il suo arrivo a Hypata in Tessaglia (tradizionalmente terra di maghi).

Coinvolto già durante il viaggio nell'atmosfera carica di mistero che circonda il luogo, Lucio manifesta subito il tratto distintivo fondamentale del suo carattere, la curiosità, che lo conduce ad incappare nelle trame sempre più fitte di sortilegi che animano la vita della città.

La favola dell'asino in un mosaico bizantino

Ospite del ricco Milone e di sua moglie Pànfile, esperta di magia, riesce a conquistarsi i favori della servetta Fotide e la convince a farlo assistere di nascosto a una delle trasformazioni cui si sottopone la padrona.

Alla vista di Pànfile che, grazie a un unguento, si muta in gufo, Lucio prega Fotide che lo aiuti a sperimentare su di sé tale metamorfosi.

Fotide accetta, ma sbaglia unguento, e Lucio diventa asino, pur mantenendo facoltà raziocinanti umane.

Lucio apprende da Fotide che, per riacquistare sembianze umane, dovrà cibarsi di rose: via di scampo che, subito cercata, è rimandata sino alla fine del romanzo da una lunga serie di peripezie che l'asino incontra.

Infine, giunto a Corinto Lucio apprende in sogno che l'indomani ci sarebbe stata una solenne festa in onore di Iside.

Nel corso della cerimonia mangia le rose che adornavano il sistro di un sacerdote, riprendendo così forma umana.

In segno di riconoscenza si consacra devotamente alla dea, entrando nel ristretto numero di adepti al culto dei misteri isiaci.

Una seconda sezione del romanzo comprende le vicende dell'asino in rapporto a un gruppo di briganti che lo hanno rapito, il suo trasferimento nella caverna montana che essi abitano, un tentativo di fuga insieme a una fanciulla loro prigioniera, Càrite, e la liberazione finale dei due ad opera del fidanzato di lei che, fingendosi brigante, riesce a ingannare la banda.

Il racconto principale diviene cornice di un secondo racconto, ossia della celebre favola di Amore e Psiche narrata a Càrite dalla vecchia sorvegliante.

Nei libri successivi, ad esclusione dell'ultimo, riprendono le tragicomiche peripezie dell'asino, che passa dalle mani di sedicenti sacerdoti della dea Siria, dediti a pratiche lascive, a quelle di un mugnaio che è ucciso dalla moglie, a quelle di un ortolano poverissimo, di un soldato romano, di due fratelli, l'uno cuoco e l'altro pasticciere.

Ovunque l'asino osserva e registra azioni e intenzioni con la sua mente di uomo, spinto sia dalla curiosità, sia dal desiderio di trovare le rose che lo liberino dal sortilegio.

Della sua natura ambivalente si avvedono per primi il cuoco e il pasticciere, scoperta che mette in moto la peripezia finale.

Informato della stranezza, il padrone dei due artigiani, divertito, compra l'asino per farne mostra agli amici.

In un crescendo di esibizioni, Lucio riesce a sfuggire, a Corinto, dall'arena in cui è stato destinato a congiungersi con una condannata a morte, e nella fuga raggiunge una spiaggia deserta dove si addormenta.

Il brusco risveglio di Lucio nel cuore della notte apre l'ultimo libro.

La purificazione rituale che segue e la preghiera alla Luna preparano il clima mistico che domina la parte conclusive.

Lucio riprende forma umana il giorno seguente, mangiando le rose di una corona recata da un sacerdote alla sacra processione in onore di Iside, secondo quanto la stessa dea gli aveva prescritto, apparendogli sulla spiaggia.

Grato alla dea, Lucio si fa iniziare al culto di Iside a Corinto, stabilitosi a Roma, per volere di Osiride, si dedica a patrocinare le cause nel foro.

 

Le Metamorfosi sono caratterizzate da uno stile narrativo che nell’antichità mancava di una fisionomia definite.

Appaiono quindi come una contaminazione di generi diversi (epica, biografia, satira menippea, racconto mitologico, ecc.).

Nel caso specifico è problematico il rapporto con le fabulae Milesiae (racconti licenziosi che ispirarono anche Petronio), a cui lo stesso autore riconduce l'opera, ma la perdita pressoché totale della traduzione che Cornelio Sisenna (12067 a.C.) fece delle originali fabulae Milesiae di Aristide di Mileto (II secolo a.C.) ne rende oscure le origini.

Un romanzo pervenuto nel corpus delle opere di Luciano di Samosata, un testo oggi totalmente perduto, sviluppa lo stesso intreccio del romanzo latino, col titolo di Lucio o l'asino, in lingua greca e in forma nettamente più concisa rispetto a quella di Apuleio; ma non sono chiari i rapporti relativi e la priorità dell'uno o dell'altro dei due scritti e se abbiano avuto una fonte comune, inoltre quest'opera è una ripresa in chiave burlesca di un romanzo di Lucio di Patre a noi giunto frammentario.
È certo che il finale, con l'apparizione di Iside e le successive iniziazioni ai misteri di Iside e di Osiride, appartiene ad Apuleio; anche perché il protagonista, un giovane che si definisce greco in tutto il romanzo, in questo libro, inopinatamente, diventa Madauriensis, sovrapponendo l'io–scrivente all'io-narrante.

Sono comunque differenti il significato complessivo e il tono del racconto: infatti, il testo pseudolucianeo, rivela l'intenzione di una narrativa di puro intrattenimento, priva di qualsiasi proposito moralistico, mentre le Metamorfosi di Apuleio - sotto l'apparenza di una lettura di puro svago, intessuta di episodi umoristici e licenziosi - assume in realtà i caratteri del romanzo di formazione.

Lucio il protagonista è caratterizzato dalla "curiositas", la quale risulta un elemento positivo entro determinati limiti, che egli non rispetta facendo scattare così la punizione: metamorfosi in asino, animale considerato stupido ed utile solo nel trasporto di grandi carichi. Lucio però mantiene l'intelletto umano, e per questa ragione nel titolo è definito l'asino d'oro, e possiede comunque un punto di vista privilegiato perché osserva gli uomini nei lori gesti quotidiani.

Il romanzo rappresenta anche una denuncia alla società perché corrotta, ed infatti nel libro sono rappresentati: imbroglioni, prostitute ed adulteri. Il percorso che dunque Lucio si trova ad affrontare è di espiazione, in quanto passa dalle mani di briganti e mugnai alle esibizioni circensi. Il protagonista rappresenta l'uomo che pecca, e che solo dopo l'espiazione dei suoi peccati si può salvare, sino ad arrivare alla conversione al culto di Iside diventandone sacerdote.

 

 
Amore e Psiche, dipinto di Jacques-Louis David

A conferma del fatto che questa è una chiave di lettura suggerita dall'autore, alcuni episodi minori dell'intreccio trovano corrispondenze precise con la vicenda di Lucio, anticipandola o rispecchiandola. Emblematico è il caso della favola di Amore e Psiche che, grazie al rilievo derivante dalla posizione centrale e dalla lunga estensione, assume valore prefigurante nei confronti del destino di Lucio.

La trama rispecchia tradizioni favolistiche note in tutti i tempi: la figlia minore di un re, a causa della sua straordinaria bellezza, suscita l'invidia di Venere, la quale manda suo figlio Cupido affinché la faccia innamorare dell'uomo più brutto della terra, ma il giovane, vedendola, se ne innamora e la porta con sé in un castello. Alla fanciulla, che ignora l'identità del dio, è negata la vista dell'amato, pena l'immediata separazione da lui. Tuttavia, istigata dalle due sorelle invidiose, Psiche non resiste al divieto e spia Amore mentre dorme: il giovane dio, svegliato da una goccia della candela che Psiche teneva in mano mentre l' osservava, fugge per non far più ritorno, ma quando Psiche lacerata dal dolore per la perdita dell' amato si getta da una rupe, un attimo prima che tocchi terra, Amore la prende fra le sue braccia così salvandola. La novella si conclude con le nozze e gli onori tributati a Psiche, assunta a dea.

La favola di Amore e Psiche svolge nella struttura del romanzo una precisa funzione letteraria.

Riproduce in scala ridotta l'intero racconto e impone ad esso la giusta chiave di lettura.

Tocca al racconto secondario, contenuto nel corpo del romanzo, rendere più complessa la prima lettura attivando una seconda linea tematica (quella religiosa), che si sovrappone alla prima linea tematica (quella dell'avventura) per conferirle un contenuto iniziatico.

Le vicende di Lucio possono essere lette come le prove cui è sottoposto un essere che, dopo un tempo d'alienazione e di errabonde peripezie, è fin dall'inizio promesso alla salvezza voluta dalla dea signora delle trasformazioni. Senza l'inserzione della favola di Amore e Psiche, Apuleio non avrebbe potuto dirigere gli avvenimenti narrati verso la giusta lettura, per fare del romanzo la storia di una redenzione. L'evidente significato allegorico nulla toglie alla leggerezza del racconto che segue felicemente la tradizione favolistica.

Note[modifica | modifica sorgente]

  1. ^ A. Roncoroni, R. Gazich, E. Marinoni, E. Sada, Documenta humanitatis, C. Signorelli Scuola, 2007, vol. 3B, pag. 25 ISBN 978-88-434-1159-7

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