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Saturday, May 24, 2014

LOEB IS ALL YOU NEED -- PETRONIO -- SATYRICON

Speranza

.
Satyricon
Titolo originaleSatyricon libri
Petronius Arbiter.jpg
Frontespizio di un'edizione del 1709 di Satyricon
AutorePetronio Arbitro
1ª ed. originale60 ca.
Genereromanzo
Sottogenerepastiche, satira, avventura, erotico
Lingua originalelatino
AmbientazionePozzuoli, Crotone
ProtagonistiEncolpio
CoprotagonistiGitone, Eumolpo, Ascilto
Altri personaggiTrimalchione, Quartilla, Lica, Trifena, Circe, Criside, Proseleno, Enotea, Abinna, Ermenote, Fortunata, Agamennone, Nicerote
« Encolpio e Ascilto sono due studenti metà vitelloni, metà capelloni che passano da un'avventura all'altra, anche la più sciagurata, con l'innocente naturalezza e la splendida vitalità di due giovani animali. »
(Federico Fellini)


Il Satyricon è un romanzo in prosimetro della letteratura latina attribuito a Petronio Arbitro (I secolo d.C.).

La frammentarietà e la lacunosità del testo pervenuto in età moderna hanno compromesso una comprensione più precisa dell'opera.

I manoscritti che tramandano l'opera sono discordanti riguardo al titolo, riportandone diversi:

-- Satiricon
-- Satyricon
-- Satirici, o
-- Satyrici (libri),
-- Satyri fragmenta,
-- Satirarum libri.

È consuetudine, però, riferirsi all’opera di Petronio con il titolo di Satyricon, da intendersi probabilmente come genitivo plurale di forma greca (dov’è sottinteso libri), analogamente ad opere del periodo classico (come le Georgiche di Virgilio).

I codici, tuttavia, tramandano come titolo dell'opera anche Saturae, termine interpretabile in due modi: "libri satirici" e "libri di cose da satiri", cioè "racconti satireschi", perché connessi alla figura del satiro. Entrambe le accezioni del titolo concorrono a meglio definire il genere dell'opera come comico-satirico di contenuto licenzioso.

L'identità dell'autore dell'opera non è certa, dal momento che il testo non fornisce riferimenti precisi per riconoscerlo in modo inequivocabile.

L'indicazione fornita dai manoscritti è, infatti, limitata al solo nomen dell'autore, ovvero Petronio, senza alcuna altra indispensabile specificazione.

Se nel passato furono elaborate ipotesi divergenti, attualmente s'è piuttosto concordi nell'ascrivere l'opera a Tito Petronio Nigro (detto arbiter elegantiae), personaggio in vista della corte di Nerone ma improvvisamente caduto in disgrazia presso l'imperatore e condannato al suicidio nel 66.

Di lui parla Tacito nei suoi Annales (Ann. 16, 18-19).

Se tale identificazione fosse corretta, costituirebbe un'ulteriore prova a sostegno di una datazione dell'opera al I secolo, attorno al 60 d.C., che, nonostante alcune opposizioni, trova conferma anche nelle numerose allusioni a fatti e persone dell'epoca di Nerone, e in altri dati di natura linguistica.

Anche se nel romanzio non ci sono elementi diretti per dare una precisa datazione, la discussione tra Encolpio e Ascilto sul declino dell'eloquenza fa supporre che l'opera sia del I sec dC in quanto questo tema fu affrontato anche da Seneca il Vecchio e Quintiliano.

Inoltre Eumolpo, dopo il naufragio della nave di Lica, recita un "Bellum Civile" che si ricollega all'opera di Lucano.


 
Il festino di Trimalchione (disegno del 1909)


L'opera è frammentaria e lacunosa.

Stando ai codici, il Satyricon originariamente era molto ampio.

Le parti a noi giunte appartengono soltanto ai libri XIV, XVI pervenuteci in gran parte e per intero il XV libro dello scritto, scoperto nel 1654 in una biblioteca di Traù, in Dalmazia, contenente la celeberrima Cena Trimalchionis ("La cena di Trimalchione").

L'inizio e la fine della storia narrata sono di fatto impossibili da ricostruire in modo soddisfacente. Gli studiosi hanno suddiviso i frammenti tramandati in 141 capitoli.

La mutilazione dell'opera è attribuibile alla licenziosità dell'argomento e al realismo degli ambienti descritti, che producono un'immagine moralmente disdicevole della Roma imperiale e poco edificante per il lettore.


 
Il dio Priapo, causa degli insuccessi erotici di Encolpio.


L'opera racconta le vicissitudini di Encolpio, il gprotagonista, di Gitone, il suo amato efebo, e dell'infido amico-nemico Ascilto.

L'antefatto, soltanto deducibile, racconta di un oltraggio commesso da Encolpio nei confronti della divinità fallica Priapo, che da lì in poi lo perseguita provocando al protagonista una serie di insuccessi erotici.

La narrazione tràdita si apre con una discussione tra Encolpio e il retore Agamennone sul tema della decadenza dell'eloquenza.

Il protagonista poi s'allontana per cercare il suo convivente Ascilto, che ritrova in lupanare.

Qui i due sono forse coinvolti in un'orgia.

Riusciti a venirne fuori, Encolpio apprende che Ascilto s'è unito col suo amato Gitone.

Da qui la rivalità dei due personaggi che, separatisi, intraprendono due percorsi diversi, per poi ricongiungersi in breve tempo.

I due vanno in una Graeca urbs della Campania, forse Napoli o Pozzuoli o Cuma, dove fanno i conti col sacrilegio commesso nel tempio di Priapo: la sacerdotessa, Quartilla, interrotta durante il rito, costringe Encolpio e Ascilto ad un'orgia come metodo di redenzione.

In questa è coinvolto anche Gitone, che poi viene spinto ad unirsi con la settenne Pannichide.

Terminata la vicenda, ritornano tutti a casa.

Il racconto da qui si sposta a casa di Trimalchione, un liberto arricchitosi immensamente attraverso l'attività commerciale.

Qui s'apre la scena della "cena".

Occupando quasi metà dell'intero scritto pervenutoci, l'episodio costituisce la parte centrale dell'opera.

Al convivio sono ospiti, oltre ai tre giovani, anche vari personaggi dello stesso rango di Trimalchione.

La portata del cibo è spettacolare e altamente coreografica, accompagnata da giochi acrobatici dei servi del padrone di casa e da racconti tra i commensali.

I convitati intrattengono poi una lunga conversazione, che tocca i più svariati argomenti: la ricchezza e gli affari di Trimalchione, l'inopportunità dei bagni, la funzione del funerale, le condizioni climatiche e l'agricoltura, la religione e i giovani, i giochi pubblici, i disturbi intestinali, il valore del vetro, il destino, i monumenti funebri, i diritti umani degli schiavi.

Tutto offre uno spaccato vivace e colorato, non senza punte di chiara volgarità, della vita di quel ceto sociale.

In seguito, Encolpio, allontanatosi dagli altri due compagni, incontra Eumolpo, un vecchio letterato che, notato l'interesse di Encolpio per un quadro raffigurante la presa di Troia, gliene declama in versi il resoconto (è la celebre Troiae halosis).

I due diventano quindi compagni di viaggio, rivali in amore a causa di Gitone e dopo una serie di avventure, che li vedono viaggiare per mare e rischiare anche la vita, si ritrovano insieme nella città di Crotone, dove Eumolpo si finge un vecchio danaroso e senza figli, ed Encolpio e Gitone si fanno passare per i suoi servi: così essi scroccano pranzi e regali dai cacciatori di eredità.

Nei frammenti successivi, Eumolpo recita un brano epico, in cui viene descritto il Bellum civile ("La guerra civile") fra Cesare e Pompeo, e successivamente si legge di Encolpio che, per l'ira di Priapo, diventato impotente, è vittima di una ricca amante che si crede disprezzata da lui e lo perseguita. Eumolpo, invece, scrive il suo testamento dove specifica che gli eredi avranno diritto alle sue ricchezze solo se faranno a pezzi il suo corpo e se ne ciberanno in presenza del popolo.

Encolpio protagonista e narratore della vicenda si definisce "mitomane", in quanto paragona eventi del proprio vissuto a storie del mito.

Questo comportamento è legato all'educazione dei giovani basato su pirati, avventure, ...tutti eventi poco realistici.

Encolpio, abbandonato da Gitone, sulla spiaggia ripensa al proprio vissuto proprio come Achille all'inizio dell'Iliade e medita sangue e strage, per vendetta.

Il suo combattimento è subito annichilito dall'incontro di un soldato che gli chiede di quale legione sia, ma i suoi scarponcini bianchi sono una spia di una bugia di Encolpio.

Giunto in una pinacoteca, osserva i quadri e proprio come Enea sbarcato a Cartagine vede scene che gli ricordano la distruzione di Troia, così Encolpio si ricorda della propria delusione amorosa, e come nell'Eneide giunge un nuovo personaggio, quale Didone, così giunge Eumolpo.

Figura interessante del romanzo, rappresenta la figura dell'arricchito, o parvenus.

Figura eccentrica, bizzarra, che ama ostentare la propria ricchezza e vestire in modo stravagante.

Allo stesso tempo vuole anche mostrare di avere cultura.

Afferma ad Agamennone che ha tre biblioteche, solo che in seguito continua dicendo che una è di greco e una di latino.

Crede che sia Cassandra ad aver ucciso i propri figli e non Medea, afferma che Dedalo ha rinchiuso Niobe nel cavallo di Troia, crede in un poeta, Mopso Trace, confondendo il poeta Mopso con Orfeo di Tracia, e sbaglia del tutto la trama dell'Iliade:(Diomede e Ganimede erano fratelli, fratelli di Elena. Agamennone la rapì e le sostituì una cerva in onore di Diana. Vinse e dette in moglie ad Achille Ifigenia e per questo Aiace impazzisce.)

Sia la Graeca Urbs sia la cena Trimalchionis che la nave di Lica sembrano richiamare un labirinto.
Encolpio si perde all'interno della città magnogreca, si muove e gli sembra di ritornare nel medesimo punto.

Alla fine incontra una vecchia, alla quale domanda "dove sto di casa", domanda stupida, che dimostra la sua imperizia del mondo fuori da un ambito scolastico.

La donna interpreta queste parole e lo trascina in un lupanare, dove incontra Ascilto che pure lui si era perso.

Nella cena invece la casa stessa è un labirinto, dal quale i protagonisti non riescono a uscire, e così pure la lunghezza e il numero delle portate della cena, che non fanno altro che suscitare un sentimento di attesa e disattesa.

Infatti una pietanza non è mai ciò che apparentemente sembra.

Inoltre proprio il cuoco si chiama Dedalo.

Forse meno suggestiva è la nave di Lica, sorvegliata da un marinaio, in quanto se c'è chi sorveglia non è proprio un labirinto.

Questa è comunque la tesi espressa da Fedeli.

All'interno dell'opera sono presenti cinque novelle, digressioni che ben si inseriscono all'interno del contesto:

-- la matrona di Efeso[2],
-- la novella del lupo mannaro[3],
-- la novella del vetro infrangibile[4],
-- la novella delle streghe[5],
-- la novella dell'efebo di Pergamo[6].


 
Una scena di sesso anale in un affresco di un edificio di Pompei

Il "Satyricon" di Petronio non rientra in un unico genere letterario codificato: è combinazione di generi molto diversi tra loro.

È per questo definito, pastiche letterario.

L'opera è sicuramente formata sul modello della satira menippea, da cui trae la tecnica della fusione di parti in prosa e parti in poesia, dal taglio satirico pungente e moraleggiante.

Come deducibile dal titolo stesso, il "Satyricon" è anche ispirato al genere della satira.

Questo è, però, realizzato attraverso un lucido distacco, privo quindi del forte intento moralistico degli autori satirici precedenti.

Allo stesso modo, il "Satyricon" fu influenzato dal mimo, rappresentazione teatrale dal forte realismo descrittivo.

In ultima, sebbene molto più limitatamente, il rimando alla fabula milesia, dalla quale prende spunto per gli episodi macabri o licenziosi (come quello della Matrona di Efeso).

In più è anche riscontrabile nell'utilizzo della prima persona e dell'ambientazione ionica.

Esiste infine un'ipotesi più suggestiva, tuttavia non condivisa all'unanimità dagli studiosi, che accomuna il "Satyricon" al modello del romanzo ellenistico.

Con esso l'opera condivide diversi aspetti:

-- la struttura complessa
-- il rapporto amoroso fra i protagonisti e
-- le disavventure che essi devono affrontare.

Tuttavia, considerando le evidenti differenze con cui gli stessi temi del romanzo ellenistico sono trattati da Petronio, alcuni critici, per primo Heinze, hanno sostenuto la tesi di un solo intento parodistico di Petronio verso questo genere ben conosciuto e popolare.


 
Un pagina del Satyricon disegnata e tradotta da Georges-Antoine Rochegrosse

All'estrema varietà di generi del "Satyricon", s'aggiunge la grande componente parodica.

Lo Heinze suppose nell'ultimo '800, come precedentemente detto, che il Satyricon fosse sistematica parodia del romanzo erotico greco.

Alla coppia di sposi casti e fedeli, subentra una coppia omosessuale di infedeli cronici.

In comune vi è il tema della separazione e del ricongiungimento.

Questo genere parodico è strettamente legato ad una tradizione letteraria già presente nella stessa Grecia e attestata nel Romanzo di Iolao, di recente ritrovamento.

Il Satyricon ne modifica, però, l'ambientazione: Mediterraneo Occidentale, invece del Mediterraneo Orientale.

Il Satyricon è, altrettanto evidentemente, parodia dell'Odissea di Omero, romanzo di viaggio per eccellenza.

L'opera di Petronio riprende, infatti, il tema del viaggio, della persecuzione del dio (per Ulisse: Nettuno, per Encolpio: Priapo), del naufragio e di particolari minori, quali l'avventura tra Encolpio-Polieno e Circe.

Allo stesso modo, si può intravedere la parodia dell'Eneide di Virgilio, di alcuni episodi in particolare.

Questo conferma l'intento parodistico rivolto a tutta la letteratura epica in generale.

A tutto ciò si sommano parodie verso molti altri generi letterari, quali l'elegia, la tragedia, ma anche i Vangeli.

Anche per quanto riguarda lo stile possiamo parlare di pastiche perché egli usa un latino popolare e talora scorretto tipico dei liberti, mantenendo toni bassi e un lessico ricco di volgarismi.

 
« Perché guardate me con fronte aggricciata, o Catoni,
e censurate un'opera di inedita schiettezza?
Qui ride la grazia ilare d'un parlar puro,
e la lingua verace riporta quello che fa il popolo. »
(Petronio, Satyricon, CXXXII, 15)
Il carattere realistico del Satyricon interessa tutti i livelli descrittivi: degli ambienti, dei personaggi e del loro sistema dei valori.

Lo stesso Petronio dichiara apertamente la sua tecnica narrativa al capitolo 132 dell'opera: rappresentare con linguaggio schietto e distante da moralismi tutti gli aspetti della vita quotidiana del ceto medio-basso.

L'esempio emblematico è costituito dalla Cena, dove il realismo descrittivo ha il suo culmine con la rappresentazione del comportamento e dello stile di vita dei liberti ospiti di Trimalchione.


La scena della Matrona d'Efeso


Il filologo tedesco Erich Auerbach osserva che il realismo descrittivo di Petronio non è da intendersi nel senso moderno di analisi criticamente fondata della società dei propri tempi.

L'arte antica si attiene, infatti, alla regola della separazione degli stili, che prevedeva una rappresentazione caricaturale e grottesca degli uomini umili, della loro vita e delle loro situazioni.

È per questo che Auerbach definisce la tecnica narrativa di Petronio come realismo comico.

Questo s'applica con tono ironico e divertito anche su argomenti seri e gravi, quali la morte.[7]

Il latinista Luca Canali descrive il realismo di Petronio come "realismo del distacco".

Questa caratteristica s'esplicherebbe nel rifiuto di un tono moraleggiante e invettivo contro la degradazione della morale e culturale della società.[7]

 (IT)
« [Petronio] più di qualsiasi altro grande musicista, sinora fu il maestro del «presto» nelle invenzioni, nelle idee, nelle espressioni! - Che cosa può importarci alla fine di tutto il fango di questo mondo ammalato, cattivo, ed anche del mondo «antico», quando si possiede, al pari di lui, le ali ai piedi, il respiro, lo scherno liberatore d'un vento, che mantiene sana la gente, perché la fa correre! »
(Friedrich Nietzsche, Al di là del Bene e del Male, 2, 28)
Il ritmo narrativo dell'opera di Petronio è svelto e incalzante.

Questo s'alterna, tuttavia, con momenti di riflessione dei personaggi, dove la fabula del racconto non procedono. Il ritmo è consono alla situazione dei protagonisti: quando l'azione si fa più movimentata, il ritmo accelera, quando giunge un momento di tregua e requie, il ritmo s'interrompe.

Il realismo descrittivo di Petronio interessa, in modo quasi unico nella letteratura classica, anche il linguaggio.

L'autore corrisponde allo status sociale del personaggio un determinato registro linguistico.

Così, il colto Eumolpo utilizza un registro più alto, l'umile ma non infimo Encolpio un registro medio-basso (sermo familiaris), mentre, per ultimi, gli ospiti di Trimalchione uno ancora inferiore (sermo plebeius) a cui si somma l'uso di espressioni tipiche popolari.

Per questo Petronio sa amministrare con saggezza il linguaggio e sa adoperarlo con maestria nei suoi personaggi.

Il Satyricon è spesso considerato come il primo esempio di quello che sarebbe poi diventato, nel tempo, il romanzo moderno.

Non esiste una filiazione diretta fra il romanzo antico e il romanzo moderno, tuttavia la riscoperta dei frammenti superstiti di quest'opera ebbe, dopo il Rinascimento, un considerevole impatto sulla narrativa occidentale.

Il contenuto dell'opera, incentrato sull'erotismo, la promiscuità sessuale e il culto di Priapo, motiva la sua limitata trascrizione, e quindi la diffusione, specialmente in epoca cristiana.

In età moderna, l'opera viene tuttavia rivalorizzata.

Riceve l'attenzione della critica e viene popolarizzata da alcuni lavori cinematografici (in particolare Fellini Satyricon).

Il filologo tedesco Erwin Preuschen avanzò delle ipotesi concernenti possibili legami fra il Vangelo di Marco e il Satyricon di Petronio, scritto fra il 64 e il 65 d.C., riferendosi in particolare all'episodio della matrona efesina[8].

Diverse sarebbero le analogie riscontrate.

Oltre all'episodio della crocifissione contenuto nella novella della matrona di Efeso, agli accenni alla resurrezione e all'eucarestia sparsi nel testo, spicca fra gli altri il legame fra l'unzione di Betania e l'unzione compiuta con un'ampolla di nardo da parte di Trimalcione, uno dei protagonisti dell'opera di Petronio.

In particolare, lo strano carattere funebre che la cena di Trimalcione a un certo punto assume, rivelerebbe un intento parodistico che si inquadrerebbe nel clima persecutorio nei confronti dei cristiani, tipico degli anni di composizione del Satyricon, che sono gli stessi in cui si verifica la persecuzione di Nerone (di cui Petronio è consigliere)[8].


Il regista Federico Fellini


L'opera di Petronio fu ripresa tre volte nella cultura cinematografica.

La trasposizione filmica più famosa è quella di Federico Fellini nel 1969: il Fellini Satyricon.

Il film vede il cognome del regista stesso nel titolo perché è appunto una libera versione tratta dall'opera originale di Petronio.

Infatti sebbene i paletti della storia di Encolpio, Ascilto e Gitone siano quelli del Satyricon originale, in questa versione cinematografica ci sono molti episodi diversi inseriti dal regista per pura invenzione assieme allo sceneggiatore Bernardino Zapponi.

Le tecniche di ripresa e perfino i colori accessi e scuri dell'ambientazione romana sono particolarmente accesi, quasi onirici.

Anche il comportamento dei personaggi, specialmente dei protagonisti, è molto impudente e rozzo.

Specialmente le scene di violenza e di amore sono assai vivide, così tanto che il film infatti all'epoca fu vietato ai minori di 18 anni.

Le scene aggiunte dal regista già compaiono dall'inizio del film.

Encolpio vede scomparso il suo giovane amante Gitone e così se la prende con l'amico Ascilto, che gli dice di aver venduto l'efebo al capocomico Vernacchio.

Costui è un attore rozzo, che inscena insulsi spettacoli con un'ignorante sceneggiatura e organizzazione dei personaggi che prevede soltanto peti e plagi dai versi di Omero o Virgilio.

Gitone è stato scelto come Cupido, che impersonerà anche un amante di Vernacchio, il capocomico-poeta declamatore.


Franco Franchi e Ciccio Ingrassia (Franco & Ciccio): i protagonisti di una parodia del Satyricon: il film Satiricosissimo (1970)


Una seconda scena non presente nel Satyricon di Petronio è ambientata dopo il banchetto volgare di Trimalcione in cui Encolpio viene violentato dal capitano di una nave romana che lo cattura come schiavo.

Infine costui decide addirittura di rinunciare alla propria moglie e di celebrare una cerimonia nuziale per sposare Encolpio, il quale a malincuore è costretto ad accettare.

Per fortuna una nave nemica di quella romana giunge e il suo capitano, intenzionato a rubare tutte le provviste, decapita il comandante corrotto.

Altre due scene importanti aggiunte nel film di Fellini sono quella in cui Encolpio scopre di essere impotente da parte di una grassa veggente nera, che comunica con il dio Priapo, simbolo della fecondità sulla Terra. L'ultima è ambientata prima in una grande magione romana dove sia il padrone che i suoi liberti se la spassano in giochi e in piaceri sessuali, poi in un'arena. Encolpio, che vede desolazione e disgusto in tutto quello che vede, si trova costretto a fronteggiare un gladiatore nelle vesti del celebre Minotauro che cerca di ucciderlo. Di conseguenza Encolpio scoppia in lacrime e così il gladiatore, mosso da un amore improvviso per quel fanciullo, lo abbraccia e poi lo bacia passionalmente sulla labbra.
La seconda versione cinematografica dell'opera di Petronio è il Satyricon di Gian Luigi Polidoro (uscito nella stessa data di produzione del film di Fellini), con Ugo Tognazzi che impersona il rozzo Trimalcione.

Anche questo film come il precedente è ambientato nella Roma di Nerone e possiede allo stesso modo notevoli modifiche. Ad esempio in questa versione i protagonisti si trovano alle prese con una magione lasciata loro in eredità da un lontano parente. Tuttavia gli elementi principali della trama del Satyricon originale sono sempre presenti nella pellicola.
L'ultima versione cinematografica del Satyricon è una parodia del film di Federico Fellini: il Satiricosissimo di Mariano Laurenti (1970).

I protagonisti sono il celeberrimo duo comico Franco Franchi e Ciccio Ingrassia (Franco & Ciccio) che si trovano nella Roma del presente. Sulla Via Appia Franco e Ciccio lavorano per un noto ristorante romano che, dopo l'uscita del film di Fellini, ha cambiato gestione, mettendo in mostra un arredamento ed un servizio che rievoca gli antichi costumi della Roma ai tempi di Nerone. Perfino i gestori e i camerieri del locale hanno l'obbligo di parlare latino con i clienti: perlopiù imprenditori e cafoni arricchiti che ricordano molto Trimalcione.

 Durante una sera Franco e Ciccio, in vesti di servitori, rompono una grossa brocca di vino ritenuto "risalente al 57 a.C.".

Vengono cacciati a frustate e i due, finiti in un bosco, si addormentano esausti. Il giorno dopo i due si risvegliano in un prato con dei palazzi e dei templi che ricordano la Roma Imperiali. Infatti Franco e Ciccio sono esattamente tornati indietro nel tempo e vengono arrestati subito da due guardie che li conducono nella villa di Petronio Arbitro che li accoglie come propri schiavi. Franco, completamente ignorante, non sa come comportarsi in quell'epoca così avversa a lui, mentre Ciccio, appassionato lettore del Satyricon nella "sua" epoca, sa esattamente come muoversi in quel campo minato. Ora il compito dei due personaggi e di Petronio è quello di salvare l'imperatore Nerone da ripetute congiure che gli vengono ordite contro da Pisone e da Tigellino. Infatti Nerone crede che sua madre Agrippina sia l'origine di tutti gli attacchi che gli vengono perpetrati contro, così ordina a Petronio e ai due schiavi Franco e Ciccio di diventare i suoi "agenti segreti".

Note

  1. ^ V. K. F. Rose, The author of the Satyricon, in «Latomus» 1961, pp. 820-825, mentre sul problema del praenomen cfr. G. Brugnoli, L'intitulatio del Satyricon, in «Rivista di cultura classica e medievale» 1961, pp. 317-331
  2. ^ Petron. 111-2
  3. ^ Petron. 62
  4. ^ Petron. 51
  5. ^ Petron. 63
  6. ^ Petron. 85-7
  7. ^ a b Angelo Roncoroni, Roberto Gazich, Elio Marinoni e Elena Sada, Documenta Humanitatis - Autori, generi e temi della letteratura latina, 4ª ed., Varese, Signorelli Scuola. ISBN 978-88-434-1159-7.
  8. ^ a b (EN) Ramelli Ilaria, The Ancient Novels and the New Testament: possible contacts.(Critical essay), 01-01-2007 su Highbeam Research

Bibliografia[modifica | modifica sorgente]

Testi di riferimento[modifica | modifica sorgente]

  • Angelo Roncoroni, Roberto Gazich, Elio Marinoni e Elena Sada, Documenta Humanitatis - Autori, generi e temi della letteratura latina, 4ª ed., Varese, Signorelli Scuola. ISBN 978-88-434-1159-7.

Letture d'approfondimento[modifica | modifica sorgente]

  • Maria Grazia Cavalca Schiroli, I grecismi nel Satyricon di Petronio, Patron, 2001. ISBN 978-88-555-2597-8.
  • Vittorio De Simone, Petronio Arbitro: Riflessioni e Commenti Sul Satyricon. ISBN 978-0-554-83921-9.
  • John Patrick Sullivan, Il "Satyricon" di Petronio: uno studio letterario, La Nuova Italia, 1977. ISBN 978-88-221-1936-0.
  • Vincenzo Ciaffi, Struttura del Satyricon, Torino, Einaudi, 1955.
  • Gian Biagio Conte, L'autore nascosto: un'interpretazione del Satyricon, 2ª ed., Bologna, Edizioni della Normale, 1997. ISBN 978-88-7642-238-6.
  • Fedeli, Il tema del labirinto nel Satyricon di Petronio in Atti del Convegno Internazionale "Letterature Classiche e Narratologia": Selva di Fasano (Brindisi), 6-8 ottobre 1980, Perugia, Università, 1981, p. 161.
  • Giulio Vannini, Petronius 1975-2005: bilancio critico e nuove proposte, Göttingen, Vandenhoeck und Ruprecht, 2007 (= Lustrum 49). ISBN 978-3-525-80203-8.

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