Grice
e Mazzini: l’implicatura conversazionale – la giovine italia – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Genova). Filosofo italiano. Grice:
“Of course it is difficult for an Italian philosopher to approach the
philosophy of Mazzini cooly; it would be like me approaching the philosophy of
Horatio Nelson!” – Grice: “I’ve found ‘Il pensiero filosofico di Giuseppe
Mazzini’ quite helpful – the equivalent would be the pretentious sounding, “The
philosophical thought of Sir Winston Churchill,’ say!” -- Grice: “Luigi Speranza loves to cherish the
fact that an old street in Woolwich, of all places, is named after him, in a
way ‘Speranza,’ just because Garibaldi visited!” Grice: “Luigi Speranza also
cherishes the fact that Lady Wilde preferred ‘Speranza’ just to defend
Mazzini!” Esponente di punta del patriottismo risorgimentale, le sue idee e la
sua azione politica contribusceno in maniera decisiva alla nascita dello STATO
UNITARIO ITALIANO. Le condanne subite in diversi tribunali d'Italia lo costringeno
però alla latitanza fino alla morte. Le teorie mazziniane sono di grande
importanza nella definizione dei moderni movimenti europei per l'affermazione
della democrazia attraverso la forma repubblicana dello stato. Nacque a Genova,
allora capoluogo dell'omonimo dipartimento francese costituito da parte del
regime di Bonaparte. Il padre, Giacomo, e medico e docente universitario
d'anatomia originario di Chiavari, una cittadina del Tigullio all'epoca
capoluogo del dipartimento francese degli Appennini, successivamente parte
della provincia di Genova, figura politicamente attiva nella scena pubblica
locale, sia durante l'epoca della precedente repubblica ligure, sia, in tempi
successivi, dell'Impero napoleonico. Alla madre, Maria Drago, una fervente
giansenista originaria di Pegli, un comune autonomo, accorpato nel comune di
Genova, fu molto legato per tutta la vita. Affettuosamente chiamato
"Pippo" dalla famiglia, una volta terminati gli studi superiori
presso il cittadino Liceo classico Cristoforo Colombo, si iscrisse a Genova. Si
segnala per la sua ribellione ai regolamenti di stampo religioso che imponeno
di andare a messa e di confessarsi. E arrestato perché, proprio in chiesa, si
rifiuta di lasciare il posto a un generale austriaco. Lo appassiona la
letteratura: si innamorò delle letture di Goethe, Shakespeare e Foscolo (pur
senza condividerne la filosofia materialista), restando così colpito dalle
Ultime lettere di Jacopo Ortis da volersi vestire sempre di nero, in segno di
lutto per la patria oppressa. La passione per la letteratura, insieme a
quella per la musica (e un abile suonatore di chitarra), la ha per tutta la vita: oltre agli autori citati,
lesse Dante, Schiller, Alfieri, i grandi poeti romantici come Byron, Shelley,
Keats, Wordsworth, Coleridge e i narratori come Dumas padre e le sorelle
Brontë. Ha il suo trauma rivelatore. Al passaggio a Genova dei federati
piemontesi reduci dal loro tentativo di rivolta, si affacciò in lui il pensiero
che si puo, e quindi si deve, lottare per la libertà della patria. Cominciò ad
esercitare la professione nello studio di un avvocato, ma l'attività che lo
impegnava era quella di giornalista presso l'Indicatore genovese, sul quale
inizia a pubblicare recensioni di saggi patriottici. La censura lascia fare per
un po', ma poi soppresse il giornale. Compone il saggio, “Dell'amor patrio
d’Aligheri”. Ottenne la laurea “in utroque iure”. Entra nella carboneria, della
quale divenne segretario in Valtellina. Ho a lottare con il più grande
dei soldati, Napoleone. Giunsi a mettere d'accordo tra loro imperatori, re e
papi. Nessuno mi dette maggiori fastidi di un brigante italiano: magro,
pallido, cencioso, ma eloquente come la tempesta, ardente come un apostolo, astuto
come un ladro, disinvolto come un commediante, infaticabile come un innamorato,
il quale ha nome: Giuseppe M.. (Klemens von Metternich, Memorie ed. Bonacci). Per
la sua attività cospirativa e arrestato su ordine di Felice di Savoia e
detenuto a Savona nella Fortezza del Priamar. Durante la detenzione idea e
formula il programma di un nuovo movimento politico chiamato “Giovine Italia” che,
dopo essere stato liberato per mancanza di prove, presenta e organizzò a
Marsiglia dove e costretto a rifugiarsi in esilio. I motti dell'associazione
erano Dio e popolo e unione, forza e libertà e il suo scopo era l'unione degli
stati italiani in un'unica repubblica con un governo centrale quale sola
condizione possibile per la liberazione del popolo italiano dagli invasori
stranieri. Il progetto federalista infatti, poiché senza unità non c'è forza,
ha fatto dell'Italia una nazione debole, naturalmente destinata a essere
soggetta ai potenti stati unitari a lei vicini. Il federalismo inoltre avrebbe
reso inefficace il progetto risorgimentale, facendo rinascere quelle rivalità
municipali, ancora vive, che avevano caratterizzato la peggiore storia dell'Italia
medioevale. L'obiettivo repubblicano e unitario avrebbe dovuto essere
raggiunto con un'insurrezione popolare condotta attraverso una guerra per
bande. Durante l'esilio in Francia, ha una relazione con la nobildonna repubblicana
Giuditta Bellerio Sidoli, vedova di Giovanni Sidoli, ricco patriota di
Montecchio Emilia. Giuditta aveva condiviso con il marito la fede politica che,
portandolo a cospirare contro la corte estense, aveva costretto la coppia a
esiliare in Svizzera. Colpito da una grave malattia polmonare, muore a
Montpellier. Poiché la vedova non aveva ricevuto alcuna condanna, ritorna
a Reggio Emilia presso la famiglia del marito con i suoi quattro figli: Maria,
Elvira, Corinna e Achille. Dopo il fallimento dei moti dove fuggire in Francia
dove conobbe Mazzini a cui si legò sentimentalmente. Dopo il vano tentativo del
1831 di portare dalla parte liberale il nuovo re Carlo Alberto di Savoia con la
celebre lettera firmata "un italiano", il 26 ottobre 1833, insieme a Berghini
e Barberis, M. fu condannato in contumacia a "morte ignominiosa" dal
Consiglio Divisionario di Guerra, presieduto dal maggior generale Saluzzo
Lamanta. La condanna venne poi revocata nel 1848, quando Carlo Alberto decise
di concedere un'amnistia generale. Rifugiatosi nella cittadina svizzera di Grenchen, nel
canton Soletta, vi rimase sino a quando fu arrestato dalla polizia cantonale
che gli ingiunse di lasciare la Confederazione entro 24 ore. Per impedirne
l'allontanamento l'assemblea dei cittadini di Grenchen conferì al giovane
profugo la cittadinanza con 122 voti a favore e 22 contrari, invalidata però
dal governo cantonale. Mazzini, nascostosi nel frattempo, fu scoperto e dovette
lasciare la Svizzera assieme ad altri esuli, tra i quali Agostino e Giovanni
Ruffini. Comincia il lungo soggiorno a Londra, dove Mazzini raccolse
attorno a sé esuli italiani e persone favorevoli al repubblicanesimo in Italia,
dedicandosi, per vivere, all'attività di insegnante dei figli degli italiani;
qui conobbe e frequentò anche diverse personalità inglesi, tra cui Mary Shelley
(vedova del poeta P.B. Shelley), Anne Isabella Milbanke (vedova di Lord Byron,
idolo di gioventù di M.), il filosofo ed economista John Stuart Mill, Thomas
Carlyle e sua moglie Jane Welsh, lo scrittore Charles Dickens, che finanziò la
sua scuola. Il poeta decadente Algernon Swinburne gli dedicò Ode a Mazzini.
Nello stesso quartiere di M. visse anche Karl Marx. Durante il soggiorno
londinese Mazzini ebbe una lunga relazione di amicizia con la famiglia
Craufurd, documentata da copiosa corrispondenza epistolare. Sempre a Londra
ebbe rapporti con la famiglia di William Henry Ashurst e con il genero di
questi, il politico britannico James Stansfeld, la cui consorte Caroline
Ashurst Stansfeld era sostenitrice della società "Society of the Friends
of Italy". Per la causa dell'unificazione italiana M. collaborò anche con
il secolarista George Holyoake. Fondò poi altri movimenti politici per la
liberazione e l'unificazione di vari stati europei: la Giovine Germania, la
Giovine Polonia e infine la Giovine Europa. Quest'ultima, fondata a Berna in
accordo con altri rivoluzionari stranieri, aveva tra i suoi principi ispiratori
la costituzione degli Stati Uniti d'Europa. In questa occasione Mazzini estese
dunque il desiderio di libertà del popolo italiano (che si sarebbe attuato con
la repubblica) a tutte le nazioni europee. L'associazione rivoluzionaria
europea aveva come scopo specifico l'agire dal basso in modo comune e, usando
strumenti insurrezionali e democratici, realizzare nei singoli stati una
coscienza nazionale e rivoluzionaria. Sulla scia della Giovine Europa Mazzini
nel 1866 fonda anche l'Alleanza Repubblicana Universale. Il movimento
della Giovine Europa ebbe anche un forte ruolo di promozione dei diritti della
donna, come testimonia l'opera di numerose mazziniane, tra cui la citata
Bellerio Sidoli, ma anche Cristina Trivulzio di Belgiojoso e Giorgina Saffi, la
moglie di Aurelio Saffi, uno dei più stretti collaboratori di Mazzini e suo
erede per quanto riguarda il mazzinianesimo politico. M. continuò a perseguire
il suo obiettivo dall'esilio e tra le avversità con inflessibile costanza,
convinto che questo fosse il destino dell'Italia e che nessuno avrebbe potuto
cambiarlo. Tuttavia, nonostante la sua perseveranza, l'importanza delle sue azioni
fu più ideologica che pratica. Dopo il fallimento dei moti del 1848,
durante i quali M. era stato a capo della breve Repubblica Romana insieme ad
Aurelio Saffi e Carlo Armellini, i nazionalisti italiani cominciarono a vedere
nel re del Regno di Sardegna e nel suo Primo Ministro Camillo Benso conte di
Cavour le guide del movimento di riunificazione. Ciò volle dire separare
l'unificazione dell'Italia dalla riforma sociale e politica invocata da
Mazzini. Cavour fu abile nello stringere un'alleanza con la Francia e nel
condurre una serie di guerre che portarono alla nascita dello STATO ITALIANO ma
la natura politica della nuova compagine statale era ben lontana dalla
repubblica mazziniana. A Londra, nel 1850, per reagire alla caduta della
Repubblica Romana e in continuità con essa, Mazzini fondò il Comitato Centrale
Democratico Europeo e il Comitato Nazionale Italiano, lanciando il Prestito
Nazionale Italiano, le cui cartelle portavano appunto lo stemma della
Repubblica romana del 1849 e l'intitolazione del prestito «diretto unicamente
ad affrettare l'indipendenza e l'unità d'Italia». A garanzia del prestito le
cartelle recavano la firma degli ex triumviri Mazzini, Saffi e, in assenza
dell'irreperibile Armellini, Mattia Montecchi. La diffusione delle cartelle nel
Lombardo-Veneto ebbe come immediata conseguenza la ripresa dell'attività
cospirativa e rivoluzionaria, soprattutto a Mantova.. Messina fu chiamata
al voto per eleggere i suoi deputati al nuovo parlamento di Firenze. Mazzini
era candidato, nel secondo collegio, ma non poté fare campagna elettorale
perché esule a Londra. Pendevano sul suo capo due condanne a morte: una
inflitta dal tribunale di Genova per i moti (in primo grado e in appello);
un'analoga condanna a morte era stata inflitta dal tribunale di Parigi per
complicità in un attentato contro Napoleone III. Inaspettatamente, Mazzini
vinse con larga messe di voti (446). Il 24 marzo, dopo due giorni di
discussione, la Camera annullava l'elezione in virtù delle condanne
precedenti. Il letto di morte di M., distrutto dagli aerei degli
Stati Uniti durante il bombardamento di Pisa del 1943 Maschera mortuaria
di M., gesso, Domus Mazziniana, Pisa Due mesi dopo gli elettori del secondo
collegio di Messina tornarono alle urne: vinse di nuovo Mazzini. La Camera,
dopo una nuova discussione, il 18 giugno riannullò l'elezione. IM. viene
rieletto una terza volta; dalla Camera, questa volta, arrivò la convalida.
Mazzini, tuttavia, anche nel caso fosse giunta un'amnistia o una grazia, decise
di rifiutare la carica per non dover giurare fedeltà allo Statuto Albertino, la
costituzione dei monarchi sabaudi. Egli infatti non accettò mai la monarchia e
continuò a lottare per gli ideali repubblicani. Lascia Londra e si
stabilì in Svizzera, a Lugano. Due anni dopo furono amnistiate le due condanne
a morte inflitte al tempo del Regno di Sardegna: Mazzini quindi poté rientrare
in Italia e, una volta tornato, si dedicò subito all'organizzazione di moti
popolari in appoggio alla conquista dello Stato Pontificio. L'11 agosto partì
in nave per la Sicilia, ma il 14, all'arrivo nel porto di Palermo, fu tratto in
arresto (la quarta volta nella sua vita) e recluso nel carcere militare di
Gaeta. Partito da Basilea e in viaggio nel passo del San Gottardo, conobbe
in una carrozza Friedrich Nietzsche, allora poco conosciuto filologo e docente.
Questo incontro sarà testimoniato dallo stesso Nietzsche anni dopo.
Costretto di nuovo all'esilio, riuscì a rientrare in Italia sotto il falso nome
di Giorgio Brown (forse un riferimento a John Brown) a Pisa. Qui, malato già da
tempo, visse nascosto nell'abitazione di Pellegrino Rosselli, antenato dei
fratelli Rosselli e zio della moglie di Ernesto Nathan, fino al giorno della
sua morte, avvenuta il 10 marzo dello stesso anno, quando la polizia stava
ormai per arrestarlo nuovamente. Traversie della salma Mazzini
morente, Silvestro Lega La notizia della sua morte si diffuse rapidamente,
commuovendo l'Italia; il suo corpo fu imbalsamato dallo scienziato Paolo
Gorini, appositamente fatto accorrere da Lodi su incarico di Agostino Bertani:
Gorini disinfettò la salma per permettere l'esposizione. Una folla immensa
partecipò ai funerali, svoltisi nella città toscana il pomeriggio del 14 marzo,
accompagnando il feretro al treno in partenza per Genova, dove venne sepolto al
Cimitero monumentale di Staglieno. Le esequie furono accompagnate dalla
musica della storica Filarmonica Sestrese C. Corradi G. Secondo.
Successivamente Gorini ricominciò a lavorare sul corpo di Mazzini, onde
pietrificarlo secondo la sua tecnica di mummificazione; terminò il lavoro
qualche anno dopo. Avvenne la ricognizione della mummia, che fu sistemata ed
esposta al pubblico in occasione della nascita della Repubblica Italiana[26]:
da allora riposa nuovamente nel sarcofago del mausoleo. Mausoleo Benché
sia incerta l'affiliazione di Mazzini alla Massoneria fu l'associazione stessa
a commissionare il mausoleo all'architetto mazziniano Gaetano Vittorino Grasso
che lo realizzò in stile neoclassico adornandolo con alcuni simboli
massonici. Il sepolcro reca all'esterno la scritta "Giuseppe
Mazzini" e all'interno sono presenti numerose bandiere tricolori
repubblicane e iscrizioni lasciate da gruppi mazziniani o da personalità come Carducci.
Sulla lapide è scolpita la scritta "M.. Un Italiano" che era la firma
da lui apposta nella lettera a Carlo Alberto, e l'epitaffio: «Il corpo a
Genova, il nome ai secoli, l'anima all'umanità. Testimonianze di alcuni
personaggi storici e una corrispondenza dello stesso M., citati nell'opera dello
studioso Luigi Polo Friz fanno ritenere che verosimilmente Mazzini, a
differenza di altri celebri personaggi dell'epoca, come Garibaldi, non sia mai
stato affiliato alla massoneria, anche se questa ha ripreso molti degli ideali
mazziniani, simili ai suoi. La principale obbedienza italiana, l'unica
attiva all'epoca di Mazzini in Italia, il Grande Oriente d'Italia, afferma
l'impossibilità di provare l'appartenenza di Mazzini, che pure ebbe influenza
nella società, anche se non partecipò mai alla vita dell'associazione, occupato
com'era nella causa della "sua" società segreta, la Giovine Italia.
In effetti Mazzini fu carbonaro, ma la Carboneria fu presto distinta dalla
massoneria.[30] Indro Montanelli afferma invece che probabilmente Mazzini
fu massone. Dello stesso parere è Massimo Della Campa, che in una "Nota su
Mazzini" fa riferimento al libro dell'ex-Gran Maestro del grande Oriente
d'Italia Giordano Gamberini, Mille volti di massoni (Ed. Erasmo, Roma), che
a119 scrive a proposito di Mazzini: «Iniziato nel 1834 a Genova, secondo G.
Fazzari e F. Borsari (Luce e concordia). Ricevette dal Fr. Passano il 32° grado
del R.S.A.A., necessario per corrispondere in Carboneria al livello di Vendita
Suprema, nelle carceri di Savona. Con decreto del S. C. di Palermo ricevette
l'aumento di luce al 33° grado e la qualifica di membro onorario del medesimo
Supremo Consiglio. Fu membro onorario delle LL. Lincoln di Lodi e Stella
d'Italia di Genova. Scrivendo a Logge, Corpi rituali e Fratelli usò sempre i
segni massonici. Nessun contemporaneo mise mai in dubbio l'appartenenza di M.
alla Massoneria.» M. stesso sembrerebbe però smentire la sua
partecipazione all'associazione in una lettera al massone Campanella, Sovrano
Gran Commendatore del Supremo Consiglio del Rito scozzese antico ed accettato
di Palermo, in cui, restituendogli le carte che questi gli aveva fatto
recapitare scriveva. La Massoneria accettando da anni e anni ogni uomo, senza
dichiarazioni d'opinioni politiche, s'è fatta assolutamente inutile a ogni
scopo nazionale. Per farne qualche cosa bisognerebbe prima una misura
d'eliminazione ed una di revisione delle file, poi una formula nazionale o
politica per l'iniziazione... Chi vuol intendere intenda. La patria è la casa
dell'uomo, non dello schiavo» (Giuseppe Mazzini, Ai giovani d'Italia) Per
comprendere a pieno la dottrina politica di Mazzini bisogna rifarsi al pensiero
religioso che ispira il periodo della Restaurazione seguito alla caduta
dell'impero napoleonico. Nasce allora una nuova concezione della storia che
smentiva quella degli illuministi basata sulla capacità degli uomini di costruire
e guidare la storia con la ragione. Le vicende della Rivoluzione francese e il
periodo napoleonico avevano dimostrato che gli uomini si propongono di
perseguire alti e nobili fini che s'infrangono dinanzi alla realtà storica. Il
secolo dei lumi era infatti tramontato nelle stragi del Terrore e il sogno di
libertà nella tirannide napoleonica che, mirando alla realizzazione di
un'Europa al di sopra delle singole nazioni, aveva determinato invece la
ribellione dei singoli popoli proprio in nome del loro sentimento di
nazionalità. Secondo questa visione romantica dunque la storia non è
guidata dagli uomini ma è Dio che agisce nella storia; esisterebbe dunque una
Provvidenza divina che s'incarica di perseguire fini al di là di quelli che gli
uomini si propongono di conseguire con la loro meschina ragione. Da questa
concezione romantica della storia, intesa come opera della volontà divina si
promanano due visioni contrapposte: una è la prospettiva reazionaria che vede
nell'intervento di Dio nella storia una sorta di avvento di un'apocalisse che
metta fine alla storia degli uomini. Napoleone I è stato, con le sue
continue guerre, l'Anticristo di questa apocalisse: Dio segnerà la fine della
storia malvagia e falsamente progressiva e allora agli uomini non rimarrà che
volgersi al passato per preservare e conservare quanto di buono era stato
realizzato. Si cercherà dunque in ogni modo di cancellare tutto ciò che è
accaduto dalla Rivoluzione a Napoleone restaurando il passato. La
concezione reazionaria contro cui Mazzini combatté strenuamente assume un
aspetto politico-religioso che troviamo nel pensiero di François-René de
Chateaubriand che nel Génie du christianisme (Genio del Cristianesimo)
attaccava le dottrine illuministiche prendendo le difese del cristianesimo e
soprattutto nell'ideologia mistica teocratica di Joseph de Maistre, che arriva
nell'opera Du pape (Il papa) al punto di
auspicare un ritorno dell'alleanza tra il trono e l'altare riproponendo il
modello delle comunità medioevali protette dalla religione tradizionale contro
le insidie del liberalismo e del razionalismo. Un'altra prospettiva, che nasce
paradossalmente dalla stessa concezione della storia guidata dalla divinità, è
quella che potremo definire liberale che vede nell'azione divina una volontà
diretta, nonostante tutto, al bene degli uomini escludendo che nei tempi nuovi
ci sia una sorta di vendetta di Dio che voglia far espiare agli uomini la loro
presunzione di creatori di storia. È questa una visione provvidenziale,
dinamica della storia che troviamo in Saint Simon con la concezione di un nuovo
cristianesimo per una nuova società o in Lamennais che vede nel cattolicesimo
una forza rigeneratrice della vita sociale. Una concezione progressiva quindi
che è presente in Italia nell'opera letteraria di Manzoni e nel pensiero
politico di Gioberti con il progetto neoguelfo e nell'ideologia
mazziniana. Concezione mazziniana «Costituire l'Italia in Nazione Una,
Indipendente, Libera, Repubblicana» (G. Mazzini, Istruzione generale per
gli affratellati nella Giovine Italia) Magnifying glass icon mgx2.svgMazzinianesimo.
Dio e popolo «Noi cademmo come partito politico. Dobbiamo risorgere come
partito religioso. L'elemento religioso è universale, immortale: universalizza
e collega. Ogni grande rivoluzione ne serba impronta, e lo rivela nella propria
origine o nel fine che si propone. Per esso si fonda l'associazione. Iniziatori
d'un nuovo mondo, noi dobbiamo fondare l'unità morale, il cattolicismo Umanitario.
Il pensiero politico mazziniano deve dunque essere collocato in questa temperie
di romanticismo politico-religioso che dominò in Europa dopo la rivoluzione del
1830 ma che era già presente nei contrasti al Congresso di Vienna tra gli
ideologi che proponevano un puro e semplice ritorno al passato
prerivoluzionario e i cosiddetti politici che pensavano che bisognasse operare
un compromesso con l'età trascorsa. Alcuni storici hanno fatto risalire
la concezione religiosa di M. all'educazione ricevuta dalla madre fervente
giansenista (almeno fino agli anni '40 fa spesso riferimenti biblici ed
evangelici) o ad una vicinanza ideale col protestantesimo e le chiese riformate
ma, secondo altri, la visione religiosa di Mazzini non coinciderebbe con quella
di nessuna religione rivelata. Il personale concetto mazziniano di Dio, che per
alcuni tratti è avvicinabile al deismo settecentesco, con evidenti influssi
della religiosità civica e preromantica di Rousseau, per altri versi al Dio panteistico
degli stoici, è alla base di una religiosità che tuttavia esige la laicità
dello Stato (questo nonostante la dichiarata contraddizione poiché se, come
egli crede, politica e religione coincidono, non avrebbe senso separare la sua
concezione teologica da quella politica)[40] e l'assenza di intermediari tra
Dio e il popolo. Per ciò e per il ruolo avuto nella storia umana e italiana,
define il papato la base d'ogni autorità tirannica. Un altro influsso sulla sua
concezione religiosa è stato visto nella considerazione che ha per la religione
CIVILE di ispirazione ROMANA e per l'ammirazione verso la prima Roma, antica e
pagana, che passando per la seconda Roma, cristiana e medievale, prepara il
campo alla terza Roma future. Un mito questo, romantico-neoclassico, che e
fatto proprio da Carducci e poi dal fascismo, con il filosofo Ricci -- e dalla
massoneria con l'esoterista Reghini e avvicina il mazzinianesimo anche al culto
massonico del Grande Architetto dell'Universo. In realtà rifiuta non solo
l'ateismo (è questa una delle divisioni ideologico-teoriche che egli ebbe con
altri repubblicani come Pisacane) e il materialismo («...L'ateismo, il
materialismo non hanno, sopprimendo Dio, una legge morale superiore per tutti e
sorgente del Dovere per tutti...»), ma anche il trascendente, in favore
dell'immanente: egli crede nella reincarnazione, per poter migliorare di
continuo il mondo e migliorare sé stessi. Una concezione questa tratta
probabilmente da Platone o dalle religioni orientali come l'induismo e il
buddismo, religioni alle quali Mazzini si era interessato. Come altri patrioti,
letterati, rivoluzionari delle società segrete francesi, inglesi e italiane
Mazzini vide nell'abate calabrese Gioacchino da Fiore, l'autore di una profezia
riguardante l'avvento della Terza Età o Età dello Spirito Santo quando sarebbe
sorta la Terza Italia che sarebbe rinata, libera dalle dominazioni straniere,
come la nazione che avrebbe esercitato un primato sulle altre per la presenza
della Chiesa cattolica: tema questo poi ripreso da Vincenzo Gioberti nel suo
Primato morale e civile degli Italiani. M. ebbe grande interesse per
Gioacchino tanto da volergli dedicare un trattato rimasto inedito Joachino,
appunti per uno studio storico sull'abate Gioacchino], che considerava un suo
precursore per gli ideali sociali e politici da realizzare tramite un'unità
spirituale e storica. Religione civile La sua è stata anche definita una
religione civile dove la politica svolgeva il ruolo della fede e dove la
divinità si incarna in modo panteista nell'Universo e nell'Umanità stessa, che
attua la Legge che nel Progresso si rivela. Egli afferma di credere che Dio è
Dio, e l'Umanità è il suo Profeta, che il popolo romano è immagine di Dio sulla
terra e vi è«un Dio solo, autore di quanto esiste, Pensiero vivente, assoluto,
del quale il nostro mondo è raggio e l'Universo una incarnazione».[38] Per lui
non conta che la sua intima credenza sia razionale o no, come il Dio di
Voltaire e Newton che è invocato come la causa prima dell'ordine naturale,
poiché «Dio esiste. Noi non dobbiamo né vogliamo provarvelo: tentarlo, ci
sembrerebbe bestemmia, come negarlo, follia. Dio esiste, perché noi esistiamo»
anche se, specifica, «l'universo lo manifesta con l'ordine, con l'armonia, con
l'intelligenza dei suoi moti e delle sue leggi. E altresì convinto che fosse
ormai presente nella storia un nuovo ordinamento divino nel quale la lotta per
raggiungere l'unità nazionale assumeva un significato provvidenziale. «Operare
nel mondo significava per il Mazzini collaborare all'azione che Dio svolgeva,
riconoscere ed accettare la missione che uomini e popoli ricevono da Dio. Per
questo bisogna «mettere al centro della propria vita il dovere, senza speranza
di premio, senza calcoli di utilità. Quello di Mazzini era un progetto
politico, ma mosso da un imperativo religioso che nessuna sconfitta, nessuna
avversità avrebbe potuto indebolire. «Raggiunta questa tensione di fede,
l'ordine logico e comune degli avvenimenti veniva capovolto; la disfatta non
provocava l'abbattimento, il successo degli avversari non si consolidava in
ordine stabile.». La storia dell'umanità dunque sarebbe una progressiva
rivelazione della Provvidenza divina che, di tappa in tappa, si dirige verso la
meta predisposta da Dio. Esaurito il compito del Cristianesimo, chiusasi
l'era della Rivoluzione francese ora occorreva che i popoli prendessero
l'iniziativa per «procedere concordi verso la meta fissata al progresso umano».
Ogni singolo individuo, come la collettività, tutti devono attuare la missione
che Dio ha loro affidato e che attraverso la formazione ed educazione del
popolo stesso, reso consapevole della sua missione, si realizzerà attraverso
due fasi: Patria e Umanità. Patria e umanità Targa in onore di M.
sulla casa londinese Senza una patria libera nessun popolo può realizzarsi né
compiere la missione che Dio gli ha affidato; il secondo obiettivo sarà
l'Umanità che si realizzerà nell'associazione dei liberi popoli sulla base
della comune civiltà europea attraverso quello che Mazzini chiama il banchetto
delle Nazioni sorelle. Un obiettivo dunque ben diverso da quella confederazione
europea immaginata da Napoleone dove la Francia avrebbe esercitato il suo
primato egemonico di Grande Nation. La futura unità europea non si
realizzerà attraverso una gara di nazionalismi ma attraverso una nobile
emulazione dei liberi popoli per costruire una nuova libertà. Il processo di
costruzione europea, secondo Mazzini, doveva svolgersi prima di tutto
attraverso l'affermazione delle nazionalità oppresse, come quelle facenti parte
dell'Impero asburgico, e poi anche di quelle che non avevano ancora raggiunto
la loro unità nazionale. Iniziativa italiana In questo processo unitario
europeo spetta all'Italia un'alta missione: quella di riaprire, conquistando la
sua libertà, la via al processo evolutivo dell'Umanità: la redenzione nazionale
italiana apparirà improvvisa come una creazione divina al di fuori di ogni
inutile e inefficace metodo graduale politico diplomatico di tipo cavouriano.
L'iniziativa italiana che avverrà sulla base della fraternità tra i popoli e
non rivendicando alcuna egemonia, come aveva fatto la Francia, consisterà
quindi nel dare l'esempio per una lotta che porterà alla sconfitta delle due
colonne portanti della reazione, di quella politica dell'Impero Asburgico e di
quella spirituale della Chiesa cattolica. Raggiunti gli obiettivi primari
dell'unità e della Repubblica attraverso l'educazione e l'insurrezione del
popolo, espressi dalla formula di Pensiero ed azione, l'Italia darà quindi il
via a questo processo di unificazione sempre più vasta per la creazione di una
terza civiltà formata dall'associazione di liberi popoli. Funzione della
politica Il mausoleo di Giuseppe Mazzini nel cimitero monumentale di Staglieno,
realizzato dall'architetto mazziniano Grasso. La politica è scontro tra libertà
e dispotismo e tra queste due forze non è possibile trovare un
compromesso: si sta svolgendo una guerra di principi che non ammette
transazioni; Mazzini esorta la popolazione a non accontentarsi delle riforme
che erano degli accomodamenti gestiti dall'alto: non radicavano, cioè, nello
spirito del tempo quella libertà e quell'uguaglianza di cui il popolo aveva
bisogno. La logica della politica è logica di democrazia e libertà, non
accettabili dalle forze reazionarie; contro di esse è necessaria una brusca
rottura rivoluzionaria: alla testa del popolo vi dovrà essere la classe colta
(che non può più sopportare il giogo dell'oppressione) e i giovani (che non
possono più accettare le anticaglie dell'antico regime). Questa rivoluzione
deve portare alla Repubblica, la quale garantirà l'istruzione popolare.
La rivoluzione, che è anche pedagogico strumento di formazione di virtù
personali e collettive, deve iniziare per ondate, accendendo focolai di rivolta
che incitino il popolo inconsapevole a prendere le armi. Una volta scoppiata la
rivoluzione si dovrà costituire un potere dittatoriale (inteso come potere
straordinario alla maniera dell'Antica Roma, non come tirannide) che gestisca
temporaneamente la fase post-rivoluzionaria. Il governo verrà restituito al
popolo non appena il fine della rivoluzione verrà raggiunto, il prima
possibile. La Giovane Italia deve educare alla gestione della cosa
pubblica, ad essere buoni cittadini, non è, perciò, esclusivamente uno strumento
di organizzazione rivoluzionaria. Il popolo deve avere diritti e doveri, mentre
la Rivoluzione Francese si è concentrata esclusivamente sui diritti
individuali: fermandosi ai diritti dell'individuo aveva dato vita ad una
società egoista; l'utile per una società non va mai considerato secondo il bene
di un singolo soggetto ma secondo il bene collettivo. Non crede
nell'eguaglianza predicata dal marxismo e al sogno della proprietà comune
sostituisce il principio dell'associazionismo, che è comunque un superamento
dell'egoismo individuale.Questione sociale Mazzini affrontò la questione
sociale negli scritti più tardi, ad esempio nei Doveri dell'uomo Rifiuta il
marxismo, convinto com'è che per spingere il popolo alla rivoluzione sia
prioritario indicargli l'obiettivo dell'unità, della repubblica e della
democrazia. Mazzini fu tra i primi a considerare la grave questione sociale
presente che era soprattutto in Italia la questione contadina, come gli indica Pisacane,
ma egli pensava che questa dovesse essere affrontata e risolta solo dopo il
raggiungimento dell'unità nazionale e non attraverso lo scontro delle classi,
ma con una loro collaborazione (interclassismo), da raggiungersi però
organizzando l'associazionismo e il mutualismo fra gli operai, il soggetto più
debole. Un programma il suo di solidarietà nazionale che se non contemplava
l'autonomia culturale e politica del proletariato non si rivolse solo al ceto
medio cittadino, agli intellettuali, agli studenti, fra i quali raccolse i
consensi più ampi, ma anche agli artigiani e ai settori più consapevoli dei
propri diritti fra gli operai. Mazzini criticò il marxismo e fu da Marx
biasimato per gli aspetti dottrinali idealistici e per gli atteggiamenti
profetici che egli assumeva nel suo ruolo di educatore religioso e politico del
popolo. Marx, risentito per gli attacchi di Mazzini al comunismo, da lui
definito col termine inglese «dictatorship» (cioè «dittatura»), lo definì in
alcuni articoli teopompo, cioè «inviato di Dio e papa della chiesa democratica,
dandogli anche sprezzantemente del «vecchio somaro» e paragonandolo a Pietro
l'Eremita. Forte sarà il contrasto tra Marx e l'inviato personale di M. (oltre
che con Garibaldi che ne prese le difese) alla Prima Internazionale. Critica i
socialisti per il proclamato internazionalismo dei loro tempi, venato di
anarchismo e di forte negazionismo, per l'attenzione da essi rivolta verso gli
interessi di una sola classe: il proletariato. Inoltre egli definiva arbitrario
e impossibile a pretendere l'abolizione della proprietà privata: così si
sarebbe dato un colpo mortale all'economia che non avrebbe premiato più i
migliori. La critica maggiore era rivolta contro il rischio che le ideologie
socialiste estremistiche portassero a un totalitarismo: egli previde con
lungimiranza quello che avverrà con la Rivoluzione d'ottobre del 1917 in
Russia, cioè la formazione di una nuova classe di padroni politici e lo schiacciamento
dell'individuo nella macchina industriale del socialismo reale. Da queste
critiche ne venne la valutazione negativa di Mazzini sulla rivolta che portò
alla Comune di Parigi. Mentre per Marx e Michail Bakunin quello della Comune
era stato un primo tentativo di distruggere lo stato accentratore borghese
realizzando dal basso un nuovo tipo di stato, Mazzini, legato al concetto di
Stato-nazione romantico, invece criticò la Comune vedendo in essa la fine della
nazione, la minaccia di uno smembramento della Francia. Per salvaguardare
l'economia e allo stesso tempo per tutelare i più poveri, Mazzini punta su una
forma di lavoro cooperativo: l'operaio dovrà guardare oltre una lotta basata
solo sul salario ma promuovere spazi via via crescenti di economia sociale con
elementi di «piena responsabilità e proprietà sull'impresa». M. punta sul
superamento in senso sociale e democratico del capitalismo imprenditoriale
classico, anticipando in questo sia le teorie distribuzioniste sia le teorie
che esaltano il valore dell'associazione fra i produttori. In Doveri dell'uomo
scrisse: «Non bisogna abolire la proprietà perché oggi è di pochi; bisogna
aprire la via perché i molti possano acquistarla. Bisogna richiamarla al
principio che la renda legittima, facendo sì che solo il lavoro possa produrla.
La sua influenza sulla prima fase del
movimento operaio fu per questo molto importante e anche il fascismo, in
particolare la sua corrente repubblicana e socializzatrice, si ispirerà al
pensiero economico mazziniano come terza via corporativa tra il modello
capitalista e quello marxista. Cospirazioni e fallimento dei moti
mazziniani M. in una fotografia con autografo scattata da Domenico Lama I
moti mazziniani, ispirati ad un'ideologia repubblicana e antimonarchica furono
considerati sovversivi e quindi perseguiti da tutte le monarchie italiane
dell'epoca. Per i governi costituiti i mazziniani altro non erano che
terroristi e come tali furono sempre condannati. «Trovai tutti persuasi
che la Giovine Italia era pazzia; pazzia le sette, pazzie il cospirare, pazzie
le rivoluzioncine fatte sino a quel giorno, senza capo né coda» (Massimo
d'Azeglio, Degli ultimi casi di Romagna) Giovine Italia «Su queste classi [...] così fortemente
interessate al mantenimento dell'ordine sociale le dottrine sovversive della
Giovine Italia non hanno presa. Perciò ad eccezione dei giovani presso i quali
l'esperienza non ha ancora modificate le dottrine assorbite nell'atmosfera
eccitante della scuola, si può affermare che non esiste in Italia se non un
piccolissimo numero di persone seriamente disposte a mettere in pratica i
principi esaltati di una setta inasprita dalla sventura.» (Camillo Benso
conte di Cavour). M. si trova a Marsiglia in esilio dopo l'arresto e il
processo subito l'anno prima in Piemonte a causa della sua affiliazione alla
Carboneria. Non potendosi provare la sua colpevolezza infatti la polizia
sabauda lo costrinse a scegliere tra il confino in un paesino del Piemonte e
l'esilio. Mazzini preferì affrontare l'esilio e passa in Svizzera, da qui a
Lione e infine a Marsiglia. Qui entrò in contatto con i gruppi di Filippo
Buonarroti e col movimento sainsimoniano allora diffuso in Francia. Con
questi si avviò un'analisi del fallimento dei moti nei ducati e nelle Legazioni
pontificie. Si concordò sul fatto che le sette carbonare avevano fallito
innanzitutto per la contraddittorietà dei loro programmi e per l'eterogeneità
delle classi che ne facevano parte. Non si era riusciti poi a mettere in atto
un collegamento più ampio delle insurrezioni per le ristrettezze provinciali
dei progetti politici, com'era accaduto nei moti di Torino quand'era fallito
ogni tentativo di collegamento con i fratelli lombardi. Infine bisognava
desistere dal ricercare l'appoggio dei principi e, come nei moti del '30-31,
dei francesi. Con la fondazione della Giovine Italia nel 1831 il
movimento insurrezionale andava organizzato su precisi obiettivi politici:
indipendenza, unità, libertà. Occorreva poi una grande mobilitazione popolare
poiché la liberazione italiana non si poteva conseguire attraverso l'azione di
pochi settari ma con la partecipazione delle masse. Rinunciare infine ad ogni
concorso esterno per la rivoluzione: «La Giovine Italia è decisa a giovarsi
degli eventi stranieri, ma non a farne dipendere l'ora e il carattere
dell'insurrezione. Gli strumenti per raggiungere queste mete erano l'educazione
e l'insurrezione. Quindi bisognava che la Giovane Italia perdesse il più
possibile il carattere di segretezza, conservando quanto necessario a
difendersi dalle polizie, ma acquistasse quello di società di propaganda,
un'«associazione tendente anzitutto a uno scopo di insurrezione, ma
essenzialmente educatrice fino a quel giorno e dopo quel giorno anche
attraverso il giornale La Giovine Italia, fondato nel 1832del messaggio
politico della indipendenza, dell'unità e della repubblica. Durante il
periodo dei processi in Piemonte e il fallimento della spedizione di Savoia,
l'associazione scomparve per quattro anni, ricomparendo solo in Inghilterra.
Dieci anni dopo, il 5 maggio 1848, l'associazione fu definitivamente sciolta da
M., che fondò al suo posto l'Associazione Nazionale Italiana. Entusiastiche
adesioni al programma della Giovane Italia si ebbero soprattutto tra i giovani
in Liguria, in Piemonte, in Emilia e in Toscana che si misero subito alla prova
organizzando una serie di insurrezioni che si conclusero tutte con arresti,
carcere e condanne a morte. Oganizza il suo primo tentativo insurrezionale che
aveva come focolai rivoluzionari Chambéry, Torino, Alessandria e Genova dove
contava vaste adesioni nell'ambiente militare. Prima ancora che
l'insurrezione iniziasse la polizia sabauda a causa di una rissa avvenuta fra i
soldati in Savoia, scoprì e arrestò molti dei congiurati, che furono duramente
perseguiti poiché appartenenti a quell'esercito sulla cui fedeltà Carlo Alberto
aveva fondato la sicurezza del suo potere. Fra i condannati figuravano i
fratelli Giovanni e Jacopo Ruffini, amico personale di Mazzini e capo della
Giovine Italia di Genova, l'avvocato Andrea Vochieri e l'abate torinese
Vincenzo Gioberti. Tutti subirono un processo dal tribunale militare, e dodici
furono condan morte, fra questi anche il Vochieri, mentre Jacopo Ruffini pur di
non tradire si uccise in carcere mentre altri riuscirono a salvarsi con la
fuga. Tentativo d'invasione della Savoia e moto di Genova. L'incontro di
Mazzini con Garibaldi nella sede della Giovine Italia Il fallimento del primo
moto non fermò M., convinto che era il momento opportuno e che il popolo lo
avrebbe seguito. Si trovava a Ginevra, quando assieme ad altri italiani e
alcuni polacchi, organizzava un'azione militare contro lo stato dei Savoia. A
capo della rivolta aveva messo il generale Ramorino, che aveva già preso parte
ai moti, questa scelta però si rivelò un fallimento, perché il Ramorino si era
giocato i soldi raccolti per l'insurrezione e di conseguenza rimandava
continuamente la spedizione, tanto che quando si decise a passare con le sue
truppe il confine con la Savoia, la polizia, ormai allertata da tempo, disperse
i volontari con molta facilità. Nello stesso tempo doveva scoppiare una
rivolta a Genova, sotto la guida di Giuseppe Garibaldi, che si era arruolato
nella marina da guerra sarda per svolgere propaganda rivoluzionaria tra gli
equipaggi. Quando giunse sul luogo dove avrebbe dovuto iniziare l'insurrezione
però, non trovò nessuno, e così rimasto solo, dovette fuggire. Fece appena in
tempo a salvarsi dalla condanna a morte emanata contro di lui, salendo su una
nave in partenza per l'America del Sud dove continuerà a combattere per la
libertà dei popoli. Mazzini, invece, poiché aveva personalmente preso
parte alla spedizione con Ramorino, fu espulso dalla Svizzera e dovette cercare
rifugio in Inghilterra. Lì continuò la propria azione politica attraverso
discorsi pubblici, lettere e scritti su giornali e riviste, aiutando a distanza
gli italiani a mantenere il desiderio di unità e indipendenza. Anche se
l'insuccesso dei moti fu assoluto, dopo questi eventi la linea politica di
Carlo Alberto mutò, temendo che reazioni eccessive potessero diventare
pericolose per la monarchia. La vita mi pesa, ma credo sia debito di
ciascun uomo di non gettarla, se non virilmente o in modo che rechi
testimonianza della propria credenza.» (M., lettera di risposta ad Angelo
Usiglio, Londra. Altri tentativi pure falliti si ebbero a Palermo, in Abruzzo,
nella Lombardia austriaca, in Toscana. Il fallimento di tanti generosi sforzi e
l'altissimo prezzo di sangue pagato fecero attraversare a Mazzini quella che
egli chiamò la tempesta del dubbio, una fase di depressione, in cui, come in
gioventù, come ricorda nelle Note autobiografiche, pensò anche al suicidio, da
cui uscì religiosamente convinto ancora una volta della validità dei propri
ideali politici e morali. Dall'esilio di Londra, dopo essere stato espulso dalla Svizzera,
riprese quindi il suo apostolato insurrezionale. Nello stesso periodo esce il
saggio La filosofia della musica sulla rivista L'italiano pubblicata a Parigi. Fratelli
Bandiera. Esecuzione dei fratelli Bandiera a Cosenza Nobili, figli
dell'ammiraglio Francesco Bandiera e, a loro volta, ufficiali della Marina da
guerra austriaca, aderirono alle idee mazziniane e fondarono una loro società
segreta, l'Esperia[63] e con essa tentarono di effettuare una sollevazione
popolare nel Sud Italia. I fratelli Emilio e Attilio Bandiera parteno da
Corfù (dove avevano una base allestita con l'ausilio del barese Vito Infante)
alla volta della Calabria seguiti da 17 compagni, dal brigante calabrese
Giuseppe Meluso e dal corso Pietro Boccheciampe. Era loro giunta infatti la
notizia dello scoppio di una rivolta a Cosenza che essi credevano condotta nel
nome di M.. In realtà non solo la ribellione non aveva alcuna motivazione
patriottica ma era già stata domata dall'esercito borbonico. Quando
sbarcarono alla foce del fiume Neto, vicino a Crotone, appresero che la rivolta
era già stata repressa nel sangue e al momento non era in corso alcuna
ribellione all'autorità del re. Il Boccheciampe, appresa la notizia che non
c'era alcuna sommossa a cui partecipare, sparì e andò al posto di polizia di
Crotone per denunciare i compagni. I due fratelli vollero lo stesso continuare
l'impresa e partirono per la Sila. Subito iniziarono le ricerche dei
rivoltosi ad opera delle guardie civiche borboniche, aiutate da comuni
cittadini che credevano i mazziniani dei briganti; dopo alcuni scontri a fuoco,
vennero catturati (meno il brigante Giuseppe Meluso, buon conoscitore dei
luoghi, che riuscì a sfuggire alla cattura) e portati a Cosenza, dove i
fratelli Bandiera con altri 7 compagni vennero fucilati nel Vallone di Rovito. Il re Ferdinando II ringraziò la popolazione
locale per il grande attaccamento dimostrato alla Corona e la premiò concedendo
medaglie d'oro e d'argento e pensioni generose. «Mazzini, colpito da tanta
fermezza e da tanta sventura, restò commosso da quell'efferata barbarie e
celebrò la memoria di quei martiri in un opuscolo uscito a Parigi. Vdendo nel
loro sacrificio la realizzazione dei propri ideali così scriveva in un opuscolo
a loro dedicato: «Il martirio non è sterile mai. Il martirio per un'Idea è la
più alta formula che l'Io umano possa raggiungere per esprimere la propria
missione; e quando un giusto sorge di mezzo a' suoi fratelli giacenti ed
esclamaecco: questo è il vero, e io, morendo, l'adorouno spirito di nuova vita
si trasfonde per tutta l'umanità. I sagrificati di Cosenza hanno insegnato a
noi tutti che l'uomo deve vivere e morire per le proprie credenze: hanno
provato al mondo che gl'Italiani sanno morire: hanno convalidato per tutta
l'Europa l'opinione che una Italia sarà. Voi potete uccidere pochi uomini, ma
non l'Idea. l'Idea è immortale. Dopo i moti e capo, con Aurelio Saffi e Carlo
Armellini della Repubblica Romana, soppressa dalla reazione francese. Fu
l'ultima rivolta a cui M. prese parte direttamente. Moto di Milano e sollevazione in Valtellina. Ispirato al
mazzinianesimo e alle ideologie socialiste fu il moto di Milano, a cui tuttavia
Mazzini non prese parte, e che fallì; analoga sorte ebbe la rivolta in
Valtellina dell'anno seguente. Nel moto milanese si mise in luce Felice Orsini,
che di lì a poco avrebbe rotto con Mazzini e organizzato l'attentato a
Napoleone III, fermamente condannato dal genovese poiché risoltosi in una
strage di cittadini innocenti. Spedizione di Sapri. Pisacane Il
piano originale, secondo il metodo insurrezionale mazziniano, prevedeva di
accendere un focolaio di rivolta in Sicilia dove era molto diffuso il
malcontento contro i Borboni, e da lì estenderla a tutto il Mezzogiorno
d'Italia. Successivamente invece si pensò più opportuno partendo dal porto di
Genova di sbarcare a Ponza per liberare alcuni prigionieri politici lì
rinchiusi, per rinforzare le file della spedizione e infine dirigersi a Sapri,
che posta al confine tra Campania e Basilicata, era ritenuta un punto
strategico ideale per attendere dei rinforzi e marciare su Napoli.
Pisacane s'imbarca con altri ventiquattro sovversivi, tra cui Nicotera e
Falcone, sul piroscafo di linea Cagliari, della Società Rubattino, diretto a
Tunisi. Sbarca a Ponza dove, sventolando il tricolore, riuscì agevolmente a
liberare 323 detenuti, poche decine dei quali per reati politici per il resto
delinquenti comuni, aggregandoli quasi tutti alla spedizione. Il 28, il
Cagliari ripartì carico di detenuti comuni e delle armi sottratte al presidio
borbonico. La sera i congiurati sbarcarono a Sapri, ma non trovarono ad
accoglierli quelle masse rivoltose che si attendevano. Anzi furono affrontati
dalle falci dei contadini ai quali le autorità borboniche avevano per tempo annunziato
lo sbarco di una banda di ergastolani evasi dall'isola di Ponza. Il 1º
luglio, a Padula vennero circondati e 25 di loro furono massacrati dai
contadini. Gli altri, per un totale di 150, vennero catturati e consegi
gendarmi. Pisacane, con Nicotera, Falcone e gli ultimi superstiti, riuscirono a
fuggire a Sanza dove furono ancora aggrediti dalla popolazione: perirono in 83;
Pisacane e Falcone si suicidarono con le loro pistole, mentre quelli scampati
all'ira popolare furono poi processati nel gennaio del 1858. Condan morte,
furono graziati dal Re, che tramutò la pena in ergastolo. Senso
dell'impresa Pur essendo quella di Sapri un'impresa tipicamente mazziniana,
condotta «senza speranza di premio», in effetti essa rispondeva alle idee
politiche di Pisacane che si era allontanato dalla dottrina del Maestro per
accostarsi a un socialismo libertario espresso dalla formula "Libertà e
associazione". Contrariamente a Mazzini che riguardo alla questione
sociale proponeva una soluzione interclassista solo dopo aver risolto il
problema unitario, Pisacane pensava infatti che per arrivare ad una rivoluzione
patriottica unitaria e nazionale occorresse prima risolvere la questione
contadina che era quella della riforma agraria. Come lasciò scritto nel suo
testamento politico in appendice al Saggio sulla rivoluzione, «profonda mia
convinzione di essere la propaganda dell'idea una chimera e l'istruzione
popolare un'assurdità. Le idee nascono dai fatti e non questi da quelle, ed il
popolo non sarà libero perché sarà istrutto, ma sarà ben tosto istrutto quando
sarà libero». Vicino agli ideali mazziniani era Pisacane invece quando
aggiungeva nello stesso scritto che quand'anche la rivolta fallisse «ogni mia
ricompensa io la troverò nel fondo della mia coscienza e nell'animo di questi
cari e generosi amici... che se il nostro sacrificio non apporta alcun bene
all'Italia, sarà almeno una gloria per essa aver prodotto figli che vollero
immolarsi al suo avvenire»[66]. La spedizione fallita ebbe in effetti il merito
di riproporre all'opinione pubblica italiana la questione napoletana, la
liberazione cioè del Mezzogiorno italiano dal malgoverno borbonico che il
politico inglese Gladstone definiva «negazione di Dio eretta a sistema di
governo». Infine il tentativo di Pisacane sembrava riproporre la possibilità di
un'alternativa democratico-popolare come soluzione al problema italiano: era un
segnale d'allarme che costituì per il governo di Vittorio Emanuele II uno
stimolo ad affrettare i tempi dell'azione per realizzare la soluzione
diplomatico militare dell'unità italiana. Appoggio a Garibaldi e ultimi
tentativi M. appoggiò moralmente la spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi,
che egli considerava una valida opposizione a Cavour. Dopo l'Unità riprese la
lotta repubblicana, ma le persecuzioni della polizia sabauda e le condizioni di
salute limitarono i suoi ultimi tentativi. Controversie Stampa
raffigurante Mazzini con l'epitaffio della tomba a Staglieno Conflitto con
Cavour M., che dopo la sua attività cospirativa fu esiliato dal governo
piemontese a Ginevra, fu uno strenuo oppositore della guerra di Crimea, che
costò un'ingente perdita di soldati al regno sardo. Egli rivolse un appello ai
militari in partenza per il conflitto: «Quindicimila tra voi stanno per essere
deportati in Crimea. Non uno forse tra voi rivedrà la propria famiglia. Voi non
avrete onore di battaglie. Morrete, senza gloria, senza aureola, di splendidi
fatti da tramandarsi per voi, conforto ultimo ai vostri cari. Morrete per colpa
di governi e capi stranieri. Per servire un falso disegno straniero, l'ossa
vostre biancheggeranno calpestate dal cavallo del cosacco, su terre lontane, né
alcuno dei vostri potrà raccoglierle e piangervi sopra. Per questo io vi chiamo,
col dolore dell'anima, "deportati". Quando Napoleone III scampò
all'attentato teso da Felice Orsini e Giovanni Andrea Pieri, il governo di
Torino incolpò M. (Cavour lo avrebbe definito "il capo di un'orda di
fanatici assassini" oltreché "un nemico pericoloso quanto
l'Austria"), poiché i due attentatori avevano militato nel suo Partito
d'Azione. Secondo Denis Mack Smith, Cavour aveva in passato finanziato i due
rivoluzionari a causa della loro rottura con M. e, dopo l'attentato a Napoleone
III e la conseguente condanna dei due, alla vedova di Orsini fu assicurata una
pensione. Cavour al riguardo fece anche pressioni politiche sulla magistratura
per far giudicare e condannare la stampa radicale. Egli, inoltre, favorì
l'agenzia Stefani con fondi segreti sebbene lo Statuto vietasse privilegi e
monopoli ai privati. Così l'agenzia Stefani, forte delle solide relazioni con
Cavour divenne, secondo il saggista Gigi Di Fiore, un fondamentale strumento
governativo per il controllo mediatico nel Regno di Sardegna. M., intanto,
oltre ad aver condannato il gesto di Orsini e Pieri, espose un attacco nei
confronti del primo ministro, pubblicato sul giornale Italia del popolo: «Voi
avete inaugurato in Piemonte un fatale dualismo, avete corrotto la nostra
gioventù, sostituendo una politica di menzogne e di artifici alla serena
politica di colui che desidera risorgere. Tra voi e noi, signore, un abisso ci
separa. Noi rappresentiamo l'Italia, voi la vecchia sospettosa ambizione
monarchica. Noi desideriamo soprattutto l'unità nazionale, voi l'ingrandimento
territoriale» (M.]) Timori di M. per la cessione della Sardegna
Estratto di articolo di giornale inglese Mazzini temeva che Cavour, dopo
la cessione della Savoia e di Nizza, potesse cedere anche la Sardegna, una
delle cosiddette “tre Irlande”, sulla base di altri supposti accordi segreti di
Cavour con la Francia, in cambio di una definitiva unificazione italiana,
accordi che preoccupavano anche l’Inghilterra, la quale era intervenuta presso
Cavour per avere rassicurazioni sul fatto che non sarebbe stato ceduto altro
territorio italiano alla Francia. Russell commenta a Hudson, in Torino, di dire
al Conte di Cavour, che il Governo inglese, informato di un disegno per la
cessione della Sardegna alla Francia, protestava e chiedeva promessa formale di
non cedere territorio italiano. Il dispaccio era comunicato il 26 a Cavour.»
(da Scritti editi e inediti di M., per cura della Commissione editrice degli
scritti di Giuseppe Mazzini, Roma]) Riguardo alla cessione della Sardegna alla
Francia, M. affermava anche. L’opposizione minacciosa dell’Inghilterra e la
nostra, possono renderlo praticamente impossibile.» (da Scritti editi ed
inediti di Giuseppe Mazzini, per cura della Commissione editrice degli scritti
di M., Roma) Alcune affermazioni di Giovanni Battista Tuveri, esponente del
cattolicesimo federalista, deputato per due volte al Parlamento Subalpino e
amico di M., confermano la possibilità di accordi segreti relativi alla
cessione della Sardegna alla Francia per una definitiva unificazione del resto
della penisola: «Vicino a M. ed a Cattaneo, ma con una propria originalità di
pensiero, il Tuveri fu sempre fedele alle sue convinzioni federaliste o, in
mancanza di meglio, autonomiste, né esitò ad impegnarsi nell'azione pratica
quando circolò insistente la voce che Cavour, dopo Nizza e la Savoia,
intendesse cedere alla Francia anche la Sardegna» Anche il giornale
britannico "The Illustrated London News" citava l'inopportunità di cedere la Sardegna
alla Francia, commento che aveva suscitato reazioni nella stampa francese e
fatto suggerire altre ipotesi. Mazzini suscita continuamente energie, affascinò
per quarant'anni ogni ondata di gioventù e intanto gli anziani gli sfuggivano. Quasi
tutti i grandi personaggi del Risorgimento aderirono al mazzinianesimo ma pochi
vi restarono. Il contenuto religioso profetico del pensiero del Maestro, in un
certo modo rivelatore di una nuova fede, imbrigliava l'azione politica. M.
infatti non aveva «la duttilità e la mutevolezza necessaria per dominare e
imprigionare razionalmente le forze». Per questo occorreva una capacità di
compromesso politico propria dell'uomo di governo come fu Cavour. Il compito di
Mazzini fu invece quello di creare l’animus. Quando sembrava che il problema
italiano non avesse via d'uscita «ecco per opera sua la gioventù italiana
sacrificarsi in una suprema protesta. I sacrifici parevano sterili», ma invece
risvegliavano l'opinione pubblica italiana e europea. La tragedia della Giovine
Italia «impose il problema italiano a una sempre più vasta sfera d'Italiani:
che reagì sì con un programma più moderato ma infine entrò in azione e quegli
stessi ex mazziniani che avevano rinnegato il Maestro aderendo al moderatismo
riformista alla fine dovettero abbandonare ogni progetto federalista e
acconsentire all'entusiasmo popolare suscitato dalle idee mazziniane di un
riordinamento unitario italiano. Le idee politiche di Mazzini furono alla base
della nascita del Partito Repubblicano Italiano nel 1895. Tramite la
Costituzione della Repubblica Romana, ispirata al mazzinianesimo e considerata
un modello per molto tempo, fu uno dei pensatori le cui idee furono alla base
della Costituzione Italiana del 1948. Inoltre ebbe una grande influenza anche
fuori dall'Italia: politici occidentali come Wilson (con i suoi Quattordici
Punti) e Lloyd George e molti leader post-coloniali tra i quali Gandhi, Meir,
David Ben-Gurion, Nehru e Sun Yat-sen consideravano Mazzini il proprio maestro
e il testo mazziniano Dei doveri dell'uomo come la propria "Bibbia"
morale, etica e politica. Mazzini conteso tra fascismo e antifascismo M.
sul letto di morte L'eredità ideale e politica del pensiero di Giuseppe Mazzini
è stata a lungo oggetto di dibattito tra opposte interpretazioni, in
particolare durante il Fascismo e la Resistenza. Già nel settembre 1922, prima
dell'avvento del fascismo, il cinquantenario della sua morte fu celebrato con
una serie di francobolli. In seguito, nel Ventennio fascista M. fu oggetto di
citazioni in libri, articoli, discorsi, fino al punto d'essere considerato una
sorta di precursore del regime di Mussolini. Secondo un appunto diaristico
(intitolato "Ripresa mazziniana") di Giuseppe Bottai, però,
l'utilizzo che ne fece Mussolini fu sempre strumentale. La popolarità di
M. durante il periodo fascista è dovuta anche ai numerosi repubblicani che
confluirono nei Fasci di combattimento, iniziando il loro percorso di
avvicinamento a Mussolini durante la battaglia interventista, soprattutto nelle
aree dove maggiore era la presenza del PRI, cioè in Romagna e nelle Marche. Sulle
pagine de L'Iniziativa, l'organo di stampa del PRI, si guardava a Mussolini
come al «magnifico bardo del nostro interventismo». Particolare fu il caso di
Bologna, città in cui i repubblicani Pietro Nenni, Guido e Mario Bergamo
presero parte attivamente nel 1919 alla fondazione del primo Fascio di
combattimento emiliano per poi abbandonarlo poco dopo diventando avversari del
fascismo. Tra i più famosi repubblicani che aderirono al fascismo vi furono Balbo
(che si era laureato con una tesi su "Il pensiero economico e sociale di
Mazzini" e del quale lo storico Claudio Segrè ha scritto: «Balbo, prima di
aderire al Fascismo nel '21, esitò a lasciare i repubblicani fino all'ultimo
momento e considerò la possibilità di mantenere la doppia iscrizione»), Curzio
Malaparte e Berto Ricci, che nel fascismo vedeva la perfetta sintesi fra «la
Monarchia di Dante e il Concilio di M. L'intellettuale mazziniano Delio
Cantimori, nella prima fase del suo percorso politico che lo portò prima ad
aderire al fascismo poi al comunismo, considerava il fascismo «compimento della
rivoluzione nazionale iniziatasi con il Risorgimento, che doveva riuscire dove
il processo risorgimentale e il cinquantennio successivo avevano fallito:
nell'inserimento e nell'integrazione delle masse nello stato nazionale, nella
creazione di una più vera democrazia, ben diversa dal
"parlamentarismo" e lontana dall'"affarismo", dal
"particolarismo", dall'"inerzia" che avevano caratterizzato
l'Italia liberale». Inizialmente la tesi delle origini risorgimentali del
fascismo fu fatta propria anche dai comunisti. Togliatti, polemizzando con il
movimento Giustizia e Libertà e il suo fondatore Rosselli, in un articolo su Lo Stato operaio
critica il Risorgimento e indicò in Mazzini un precursore del fascismo. La
tradizione del Risorgimento vive quindi nel fascismo, ed è stata da esso
sviluppata fino all'estremo. Mazzini, se fosse vivo, plaudirebbe alle dottrine
corporative, né ripudierebbe i discorsi di Mussolini sulla funzione dell'Italia
nel mondo. La rivoluzione antifascista non potrà essere che una rivoluzione
"contro il Risorgimento", contro la sua ideologia, contro la sua
politica, contro la soluzione che esso ha dato al problema della unità dello
Stato e a tutti i problemi della vita nazionale. La stessa posizione fu assunta
d’Amendola, durante il confino a Ponza, nel primo di due corsi sul Risorgimento
tenuti per i confinati, per poi rivedere tale impostazione nel secondo corso,
dopo la svolta unitaria del 1934 (che segnò l'inizio della politica del fronte
popolare con la conclusione di un "patto d'unità d'azione" con i
socialisti), allorché insistette sulle origini risorgimentali del movimento
operaio. I fascisti, inoltre, rivendicavano una continuità con il pensiero
mazziniano anche riguardo l'idea di “patria”, la concezione spirituale della
vita, l'importanza dell'educazione di come strumento per creare un uomo nuovo e
una dottrina economica ispirata alla collaborazione tra le classi sociali. Baioni
scrive a proposito della contemporanea celebrazione nell’anniversario della
morte di Garibaldi e del decennale della Marcia su Roma che le principali
manifestazioni sembrano confermare il nesso tra il bisogno di presentare il
fascismo come erede delle migliori tradizioni nazionali e la volontà non meno
forte ad enfatizzarne le componenti moderne, che avrebbero dovuto distinguerlo
come originale esperimento politico e sociale. Negli anni della Resistenza la
situazione si complica maggiormente: il fascismo della repubblica sociale
italiana intensifica naturalmente i richiami a Mazzini. Ad esempio la data del
giuramento della guardia nazionale repubblicana venne fissata il 9 febbraio,
giorno della proclamazione, quasi un secolo prima, della repubblica romana che
aveva avuto alla sua testa il triumviro Mazzini. Ma anche gli anti-fascisti, in
particolare i partigiani di Giustizia e Libertà di Rosselli, iniziano a
richiamarsi sempre più apertamente al rivoluzionario genovese. Proprio Rosselli
scrisse che agiamo nello spirito di Mazzini, e sentiamo profondamente la
continuità ideale fra la lotta dei nostri ante-nati per la libertà e quella di
oggi. A seguito della caduta del fascismo e dell'armistizio di Cassibile, la
lotta contro il nazi-fascismo vide la partecipazione dei repubblicani (il cui
partito era stato sciolto dal Regime) anche attraverso la formazione di proprie
unità partigiane denominate Brigate M.. Anche un comandante partigiano,
proposto per la medaglia d'oro al valor militare, Manrico Ducceschi, ispirò la
sua azione all'ideologia mazziniana adottando in onore di Mazzini il nome di
battaglia di "Pippo", lo stesso pseudonimo usato dal patriota
genovese. Altri saggi: Atto di fratellanza della Giovane Europa in Giuseppe
Mazzini, Edizione nazionale degli scritti., Imola, s.e., 1Dei doveri dell'uomo
Fede ed avvenire Editore Mursia Doveri
dell'Uomo Editori Riuniti university
pressRoma Pensieri sulla democrazia in
Europa, trad. Mastellone, Feltrinelli, Milano, Andrea Tugnoli, La pittura
moderna in Italia, Bologna, CLUEB, Antologia di scritti Dal Risorgimento all'Europa
Mursia Periodici diretti da Giuseppe
Mazzini L'apostolato popolare Il nuovo conciliatore L'educatore Le Proscrit.
Journal de la République Universelle Il tribunoNote La Civiltà cattolica, Volume 2; Volume 18, La
Civiltà Cattolica, «La politica acquista pathos religioso, e sempre più
col procedere del secolo... la nazione diventa patria: e la patria la nuova
divinità del mondo moderno. Nuova divinità e come tale sacra.» in F. Chabod,
L'idea di nazione, Laterza, Bari); Da Dei doveri dell'uomoFede e avvenire,
Paolo Rossi, Mursia, Milano; L'uomo nuovo in Montanelli, L'Italia giacobina e carbonara,
Rizzoli, Milano, Schmid, Michael Rossington, The Reception of P.B. Shelley in
Europe Citato nell'Edizione nazionale
degli Scritti di Giuseppe Mazzini a cura della Commissione per l'edizione
nazionale degli Scritti di Giuseppe Mazzini, Cooperativa
tipografico-editriceGaleati; per la citazione vedi anche: Memoriale M.-Domus
Mazziniana; Introduzione a Jessie White Mario, Vita di Giuseppe Mazzini su
Castelvecchi Editore; Giuseppe Santonastaso, Edgar Quinet e la religione della
libertà, pag. 156, edizioni Dedalo, 1968; Francesco Felis, Italia unità o
disunità? Interrogativi sul federalismo, Armando editore,, pag. 7. Comune di Savona Liguria magazine Archiviato il 25
gennaio in. Gilles Pécout, Il lungo Risorgimento: la
nascita dell'Italia contemporanea Pearson Italia S.p.a., 01 Patria, nazione e stato tra unità e federalismo.
Mazzini, Cattaneo e Tuveri, CUEC, University Press-Ricerche storiche, La tesi
del figlio sicuramente di Mazzini è sostenuta in Bruno Gatta, Mazzini una vita
per un sogno, Guida Editori, Il dubbio invece che si trattasse veramente di un
figlio di Mazzini è espresso in Luigi Ambrosoli (Giuseppe Mazzini: una vita per
l'unità d'Italia, ed.Lacaita): «Ma proprio il ritardo con cui venne comunicata
a Mazzini la notizia della morte di Adolphe fa sorgere qualche dubbio sulla
supposizione, per le altre ragioni accennate ben fondata, che si trattasse di
suo figlio». Dubbi simili vengono riportati in Mastellone, M. e la
"Giovine Italia", Domus
Mazziniana, («D'altra parte, è da aggiungere che nelle lettere inedite a
Ollivier, che pubblichiamo, Mazzini, pur parlando di Giuditta come della
propria amica, se accenna ad Adolphe come figlio di Giuditta, non allude al
bambino come proprio figlio:...») Domenico
Barberis, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. M. a
Londra È l'autrice del romanzo gotico
Frankenstein (Frankenstein: or, The Modern Prometheus). Curò le edizioni delle
poesie del marito Percy Bysshe Shelley, poeta romantico e filosofo. Era figlia
della filosofa Mary Wollstonecraft, antesignana del femminismo, e del filosofo
e politico William Godwin. Susanne
Schmid, Michael Rossington, The Reception of P.B. Shelley in Europe Seymour, Mary Shelley, M., il cospiratore
senza segreti Lettere di Mazzini ad
Aurelio Saffi e alla famiglia Crauford Giuseppe Mazzatinti Soc. Ed. Dante
Alighieri1906 Politica e storia Buonarroti
e altri studidi Pia Onnis Rosa Edizioni di storia e letteratura Roma M.
«pavese» e l'Unità d'Europa Quando M.
scatenò il patatrac sognando la Repubblica pbmstoria. Legnago a Giuseppe
Mazzini, Grafiche Stella, S. Pietro di Legnago (Verona) Scarpelli, La scimmia,
l'uomo e il superuomo. Nietzsche: evoluzioni e involuzioni Pensiero di M., brigantaggio. net 1946: la Repubblica nasce nel nome di
Mazzini, su pri.Carducci scrisse una famosa lirica intitolata Mazzini i cui
versi finali sono rimasti nella storia: «E un popol morto dietro a lui si mise.
/ Esule antico, al ciel mite e severo / Leva ora il volto che giammai non rise,
/Tu solpensandoo ideal, sei vero». La
stessa semplice scritta volle Giovanni Spadolini, politico e storico
repubblicano, sulla propria tomba a Firenze
Luigi Polo Friz, La massoneria italiana nel decennio post unitario:
Lodovico Frapolli, Franco Angeli, Storia della Massoneria in Italia.
L'influenza di M. nella Massoneria Italiana Archiviato il 7 gennaio in. La
stanza di Montanelli L' unità d' Italia e la Massoneria M. massone?
A.Desideri, Storia e storiografia, IEd. D'Anna, Messina. Gli
sconvolgimenti operati dalla Rivoluzione francese avevano fatto dubitare a
molti uomini della razionalità della storia, così altamente proclamata nel
secolo precedente. L'unica alternativa allo scetticismo parve allora la fede in
una forza arcana operante provvidenzialmente nella storia» in A. Desideri,
Ibidem «S'identificò la storia della
civiltà con la storia della religione, e si scorse una forza provvidenziale non
solo nelle monarchie, ma sin nel carnefice, che non potrebbe sorgere e operare
nella sua sinistra funzione se non lo suscitasse, a tutela della giustizia,
Iddio: tanto è lungi dall'essere operatore e costruttore di storia l'arbitrio individuale
e il raziocino logico». Adolfo Omodeo, L'età del Risorgimento italiano, Napoli.
Così il genere umano è in gran parte naturalmente servo e non può essere tolto
da questo stato altro che soprannaturalmente... senza il cristianesimo, niente
libertà generale. e senza il papa non si dà vero cristianesimo operoso,
potente, convertitore, rigeneratore, conquistatore, perfezionante.» (cfr.
Maistre, Il Papa, trad. di T. Casini, Firenze)
G. Mazzini, Fede e avvenire, M., Fede e avvenire. Ha una visione
utopica, romantica e anche sincretistica della religione, che egli considerava
come il contributo, in termini di princìpi universali, delle varie confessioni
e fedi alla storia collettiva.» SenatoDoveri dell'uomo, M., Dei doveri
dell'uomo Fusatoshi Fujisawa, La terza
Roma. Dal Risorgimento al Fascismo, Tokyo, Mazzini il patriota scomodo Arturo Reghini a metà strada tra fascismo e
massoneria «Noi dissentivamo su diversi
punti: sulle idee religiose, ch'ei non guardava, errore comune al più, se non
attraverso le credenze consunte e perciò tiranniche dell'oggi; sul cosiddetto
socialismo, che riducevasi a una mera questione di parole dacché i sistemi
esclusivi, assurdi, immorali delle sétte francesi erano ad uno ad uno da lui
respinti e sulla vasta idea sociale fatta oggimai inseparabile in tutte le
menti d'Europa dal moto politico io andava forse più in là di lui: sopra una o
due cose delle minori spettanti all'ordinamento della futura milizia; e talora
sul modo d'intendere l'obbligo che abbiamo tutti di serbar fede al Vero. Ma il
differire di tempo in tempo sui modi d'antivedere l'avvenire non ci toglieva
d'essere intesi sulle condizioni presenti e sulla scelta dei rimedi» (M. su Pisacane) Lettera a Ernesto Forte Londra. Noi crediamo
in una serie infinita di reincarnazioni dell'anima, di vita in vita, di mondo
in mondo, ciascuna delle quali rappresenta un miglioramento ulteriore…»
(Mazzini, in Bratina). La vita d'un'anima è sacra, in ogni suo periodo: nel
periodo terreno come negli altri che seguiranno; bensì, ogni periodo dev'esser
preparazione all'altro, ogni sviluppo temporale deve giovare allo sviluppo
continuo ascendente della vita immortale che Dio trasfuse in ciascuno di noi e
nella umanità complessiva che cresce con l'opera di ciascuno di noi» (Dei
doveri dell'uomo). Leggeva Dumas e i
testi buddisti Il volto inaspettato di Mazzini
Il Foscolo, che scriveva di aver visto da giovinetto a Venezia un
"libercolo" attribuito a Gioacchino, in cui erano indicati i papi
futuri, affermava che la fama dell'abate era "santissima" fin dalla
fine del sec. XVI, tanto che Montaigne, desiderava di poter vedere questa
meraviglia: «le livre de Calabrois, qui prédisait tous les papes futurs, leurs
noms et formes» G. da Fiore, Concordia
Veteris et Novi testamenti, B. Rosa, Gli appunti manoscritti di Mazzini,
Impronta, Torino, Sarti, M. La politica come religione civile, con postfazione
di Mattarelli, Roma-Bari, Laterza, A.Omodeo, Introduzione a M., Scritti scelti,
Mondadori, Milano, «L'Italia trionferà
quando il contadino cambierà spontaneamente la marra con il fucile». in C.
Pisacane, Saggio sulla rivoluzione, ed. Universale Economica, Milano; M.:
comunismo vuol dire dittatura Il
"Manifesto" di Marx? Scritto contro Mazzini Doveri dell'uomo, capitolo XI, punto 3° G. Mazzini, Doveri dell'uomo, cap.XI (in Baravelli,
L'Italia liberale, ArchetipoLibri, A.
Gacino-Canina, Economisti del Risorgimento, Torino, POMBA, 1G. Mazzini,
Istruzione generale per gli affiliati nella Giovine Italia in Scritti editi e
inediti, II, Imola, M., op. cit. Nome
col quale i greci indicavano l'Italia antica
L. Stefanoni, G. M.: notizie storiche, Presso Barbini, Ricordi dei
fratelli Bandiera e dei loro compagni di martirio in Cosenza Documentati colla loro corrispondenza, Dai
torchi della Signora Lacombe, Pisacane. Volantino pubblicato su "Italia
del popolo", G. Cataldo, Chi ha paura di M.?, in la stampa. D. Smith,
Mazzini, Rizzoli, Milano, D. Smith, Contro-storia dell'unità d'Italia: fatti e
misfatti del Risorgimento, Milano, Gigi Di Fiore, A. Cappa, Cavour, Laterza, definizione
di Cavour riportata da The Morning Post. We have three Irelands, in Sardinia,
Genoa and Savoy La terza Irlanda, Gli
scritti sulla Sardegna di C. Cattaneo e Mazzini, Carlo Cattaneo, Giuseppe
Mazzini, Francesco Cheratzu, 8pagg. M. La Sardegna Tip. A. Debatte Livorno, Risorgimento
Rassegna The Illustrated London News In A. Saitta, Antologia di critica storica,
Laterza, Le citazioni sono tratte da A. Omodeo, Introduzione a M., Scritti scelti,
Mondatori, Milano, (Fusaro); Benedetti “M. in Camicia nera” edito della
Fondazione 'Ugo La Malfa'; Dal diario di G. Bottai. Spesso, all'uscita dei
cento e più volumi dell'edizione nazionale di M. trovo il Duce, a palazzo
Venezia, immerso nelle folte pagine. O meglio, v'immergeva, a ferire di
pugnale, il suo metallico tagliacarte: e ne tirava fuori brandelli di Mazzini.
A quando a quando il brandello anti-francese, anti-illuminista, anti-nglese,
anti-socialista, etc. etc. Brandelli, mai tutt'intero, nella sua viva,
molteplice e pur varia personalità; S. Luzzatto, Riprese mazziniane, Mestiere
di storico: rivista della Società italiana per lo studio della storia
contemporanea (Roma: Viella, ); P. Benedetti "Mazzini nell'ideologia del
fascismo" G. Belardelli, “Camerata
M., presente!” Gentile, Balbo, Rocco, Bottai: tutti i fascisti tentarono di
arruolarlo, Corriere della Sera; “Manifesto realista” pubblicato sulla rivista
L'Universale Cromohs Pertici Mazzinianesimo, fascismo, comunismo: l'itinerario
politico di D. Cantimori, R. Pertici,
Mazzinianesimo, Fascismo, Comunismo: L'itinerario politico di Cantimori
Cromohs, La memoria e le interpretazioni del Risorgimento, Guerra e fascismo da
150anni. Togliatti, Sul movimento di «Giustizia e Libertà», in Lo Stato
operaio, antologia F. Ferri, Roma, Riuniti); Fatica, Amendola, Giorgio, in
Dizionario biografico degli italiani,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Mieli, "L'Italia
impossibile di Mazzini un fallito di genio", Corriere della Sera, M.
Baioni, Il Risorgimento in camicia nera, Carocci, Roma; Corriere della Sera in
Arianna editrice Mario Ragionieri Salò e
l'Italia nella guerra civile, Ibiskos, P. Mieli, art. cit. Treccani Enciclopedie, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Associazione Nazionale Partigiani d'Italia.
“Saggi”, A. Saffi e di E. Nathan, Roma, “Lettere a Saffi e alla
famiglia Craufurd, Società Dante Alighieri di Albrighi, Segati, Roma); “La
democrazia in Europa, trad. a cura di S. Mastellone, Feltrinelli, Milano, V. Marchi,
Ricostruzione della filosofia religiosa, in Dio e Popolo, Marchi, Camerino Joseph
de Maistre, Il Papa, Firenze, A. Omodeo (Milano, Mondadori); A. Codignola (Torino,
POMBA); Omodeo, “Il ri-sorgimento italiano, Napoli, ESI, Chabod, L'idea di
nazione, Bari, Laterza, Monsagrati (Milano, Adelphi); Batini, Album di Pisa,
Firenze, La Nazione, F. Peruta, I rivoluzionari italiani: il partito d'azione, Milano,
Feltrinelli, Il processo a Vochieri, Alessandria, Lions; Albertini, Il
Risorgimento e l'unità europea, Napoli, Guida, Smith (Milano, Rizzoli); S.
Mastellone, Il progetto politico di Mazzini: Italia-Europa, Firenze, Olschki); Desideri,
Storia e storiografia, Messina, Anna); R. Sarti, La politica come religione
civile (Roma, Laterza, Mattarelli, Dialogo sui doveri (Venezia, Marsilio); P.
Galletto, Nella vita e nella storia” (Battagin); N. Erba, Unità nazionale e Critica storica,
Grasso , Padova. N. Erba, Il Contributo italiano alla storia del pensiero Ottava
Appendice. Storia e politica, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, Dear
Kate. Lettere inedite di M. a Katherine Hill, A. Bezzi e altri italiani a
Londra, Rubbettino; Saggio sulla rivoluzione, Universale Economica, Milano); I
sistemi e la democrazia. Pensieri Con una Appendice su La religione di M. scelta
di pagine dall'Opuscolo Dal Concilio a Dio, V. Gueglio (note al testo,
repertorio dei nomi e saggio introduttivo) Milano, Greco); Giuseppe Mazzini verifiche
e incontri Atti del Convegno Nazionale di Studi, Genova, Gammarò, Tufarulo, G,M.-
L'Iniziatore, l'iniziato, Dio e popolo. La tempesta mazziniana nella
rivoluzione del pensiero Cultura e Prospettive, Filmografia Viva l'Italia di R.
Rossellini. Film incentrato sulla spedizione dei Mille. M., sceneggiato RAI, regia
di P. Passalacqua, Il generale, sceneggiato RAI, regia di Magni. M. è interpretato da Bucci. Noi credevamo di M.
Martone. Mazzini è interpretato da T. Servillo. Garibaldi, miniserie di Rai 1 ;
interpretato da Alessandro Lombardo. L'alba della libertà, cortometraggio,
regia di Emanuela Morozzi, Associazione Mazziniana Italiana Domus Mazziniana
Doveri dell'uomo Mazzinianesimo Monumento a Giuseppe Mazzini (Firenze) Museo
del Risorgimento e istituto mazziniano Pensieri sulla democrazia in Europa Risorgimento.
su Treccani Enciclopedie, Istituto
dell'Enciclopedia. Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario di storia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana,. su sapere,
De Agostini. hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera. Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, storia.camera,
Camera dei deputati. Istituto Mazziniano
a Genova; Rai Tv: "La Storia siamo noi": una certa idea dell'Italia,
su la storia siamo noi.rai. 3Mazzini e le frontiere d'Italia su viacialdini.
Pagine mazziniane: "il pensiero e l'azione", dal sito della
Biblioteca Nazionale di Napoli, su vecchiosito bnn Domus Mazziniana di Pisa, su
domusmazziniana. Associazione Mazziniana Italiana, Scritti Prose politiche, Cenni
e documenti intorno all'insurrezione lombarda e alla guerra regia, Scritti
editi e inedit, Celebrazioni mazziniane Mazzini, Triumviro della Repubblica
Romana, A. Saliceti Aurelio Saliceti. Giuseppe Mazzini. Mazzini. Keywords: la
giovine italia, la tesi di laurea di Benedetti su Mazzini nella ideologia
fascista, ideologia fascista, gentile, bobbio, garibaldi, nazione italiana,
stato nazionale, stato unitario. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Mazzini” – The
Swimming-Pool Library.
No comments:
Post a Comment