Grice e Vecchio: la ragione
conversazionale -- il kantismo contro il positivismo di neo-Trasimaco –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Bologna). Filosofo italiano. Essential Italian philosopher. Interessi
principali: Etica, filosofia del diritto, filosofia politica. Influenzato a BOBBIO.
Eminente filosofo italiano del diritto. Tra gl’altri, ha influenzato BOBBIO. Famoso
per il suo saggio “Giustizia.” Insegna a Ferrara, Sassari, Messina, Bologna e
Roma. Rettore a Roma. Aderito al FASCISMO, come molti filosofi del diritto in
Italia -- anche se lui stesso rimosso dal l'ideologia fascista nella fase
iniziale. Perde la sua cattedra per due volte e per ragioni opposte. Per mano
dei fascisti, perché e un ebreo. Per mano di anti-fascisti, perché è accusato
di simpatizzare con il fascismo all'inizio della sua carriera. Reintegrato
nell'insegnamento durante la seconda guerra mondiale, lavora con il Secolo
d'Italia e la rivista Pages libero, pubblicazione regia di Panucci. Fa parte
del comitato organizzatore di INSPE, un Istituto di ricerca che negli anni
Cinquanta e Sessanta si è opposto alla cultura marxista, la promozione di
conferenze internazionali e pubblicazioni. Fondatore e direttore del giornale
internazionale di Filosofia del Diritto. Considerato tra i maggiori interpreti
del kantismo. Criticato il positivismo, affermando che il concetto di ‘ius’ non
può essere derivata dall'osservazione dei fenomeni giuridici. A questo
proposito, le sue convinzioni concordarono con una vertenza che si svolge in
Germania tra filosofia, sociologia e legale Teoria generale che sembra di
ridefinire la "filosofia del diritto" a cui Vecchio ha attribuito
questi tre compiti: compito logico:
costruire il concetto di ‘legge’ -- compito fenomenologico: lo studio del
diritto come fenomeno sociale. Compito ontologico: la natura del ‘giusto’ -- o l'essenza del diritto come – dovere -- dovrebbe
essere. Saggi: “Senso giuridico: presupposti del concetto di legge, Il concetto
di legge, Il concetto di natura e il principio di diritto, Sui principi
generali della legge, Giurisprudenza, Lezioni Filosofia del diritto, La crisi della
scienza del diritto, Storia della Filosofia del diritto, Mutevolezza ed
Eternità della legge, Gli studi sul diritto. Treccani. “Principi generali del
diritto.” Vechio: essential Italian philosopher. Grice: “Note that it is
DelVecchio.” SCOPO DELLO STATO È ATTUARE LA GIUSTIZIA LUG 25, 2022 Giorgio Del Vecchio in una foto d'epoca In
anni di incontrastato positivismo, la pubblicazione in successione di tre opere
di Giorgio Del Vecchio, I presupposti filosofici della nozione del diritto
(1905), Il concetto del diritto (1906), Il concetto della natura e il principio
del diritto (1908), sconvolse il mondo degli studi filosofico-giuridici
italiani. Al suo interno fermenti antipositivistici covavano, ma non trovavano
la via per svilupparsi, mentre molti positivisti si risvegliarono da quello che
si potrebbe chiamare kantianamente il loro sonno dogmatico. Ebbe inizio in
Italia – così come in Germania con R. Stammler – quel capovolgimento
dell’impostazione del problema filosofico del diritto, che vedrà quest’ultimo
osservato non dalla parte dell’oggetto, come fenomeno che il pensiero
passivamente conosce, bensì dalla parte del soggetto. 1. Giorgio Del Vecchio è rimasto sempre
legato a Bologna, dove è nato il 26 agosto 1878, fino alla morte avvenuta nel
1970, tanto da interessarsi da ultimo anche della storia cittadina. Il
trasferimento a Genova del padre – docente di statistica –, lo porta a
laurearsi e a vivere in questa città, dove nel 1902 pubblica su Il Convito e
sulla Rivista ligure di scienze lettere ed arti. Nello stesso periodo si dedica
a due saggi scientifici, uno “L’evoluzione della ospitalità”, apparso sulla
Rivista italiana di sociologia, e l’altro, “Il sentimento giuridico”, sulla
Rivista italiana per le scienze giuridiche. Insegna Filosofia del diritto nel
1903 all’Università di Ferrara e pubblica Le dichiarazioni dei diritti
dell’uomo e del cittadino nella rivoluzione francese[1] . Nel frattempo avvia alcune delle relazioni
internazionali che caratterizzeranno la sua attività scientifica, frequentando
l’Università di Berlino, dove conosce Lasson, Kohler e Paulsen[2]. Nel 1906
viene chiamato presso l’Università di Sassari e successivamente, nel 1909, in
quella di Messina; diventato ordinario, si trasferisce dall’Università di
Messina a quella di Bologna, e nel 1920 a Roma. Nel 1905 scrive I presupposti
filosofici della nozione del diritto, nel 1906 Il concetto del diritto e nel
1908 Il concetto della natura e il principio del diritto, raccolte
successivamente nell’opera Presupposti, concetto e principio del diritto,
denominata Trilogia nel 1959, apparsa in America già nel 1914 con il titolo
unitario The formal bases of law, per la Boston Book Company, inserita nel 1921
nella The modern legal philosophy series.
Presupposti, concetto e principio del dirittorappresenta a pieno titolo
il pensiero filosofico-giuridico di Del Vecchio: in esso egli definisce il
diritto come «la coordinazione obiettiva delle azioni possibili tra più
soggetti, secondo un principio etico che le determina, escludendone
l’impedimento». Gli studi su Kant e le riflessioni in un orizzonte di
proiezione universale lo portano ad approfondire e ad avvicinare i neokantiani,
che in Italia vede studiosi come Petrone, Bartolomei e Ravà. Il suo lavoro, in
realtà, si muove tra idealità e prassi del diritto, nella ricerca costante di
un’armonia che chiarifichi le distonie; l’ispirazione a Kant lo fa assimilare
alla Scuola di Marburgo, mentre l’attenzione all’idealismo tedesco lo porta a
criticare, in modo metodico, sia il positivismo filosofico che quello
giuridico. 2. Alla filosofia del diritto
Del Vecchio pone un problema preliminare: quello della possibilità della
determinazione del concetto del diritto. È questa la prima delle tre ricerche
proprie, come già avevano ritenuto Vanni e Petrone, della filosofia del
diritto, la ricerca logica, quella fenomenologica, e quella deontologica. Alla ricerca logica devono accompagnarsi
secondo Del Vecchio quelle fenomenologica e deontologica. La ricerca
fenomenologica, studio misto di filosofia della storia del diritto e di
sociologia giuridica, non è fra gli aspetti più significativi del suo pensiero:
essa dovrebbe consistere nella determinazione delle linee generali dello
svolgimento storico del diritto, che dimostrerebbero la tendenza degli
ordinamenti giuridici positivi a una progressiva adeguazione all’ideale della
giustizia, in quanto nel corso del tempo emergerebbero, sarebbero riconosciute,
e a poco a poco si attuerebbero le prerogative essenziali della persona
umana[3]. Questo fine che Del Vecchio
riconosce nello svolgimento storico del diritto – o piuttosto assegna a esso –
indica quale sia la sua prospettiva riguardo al problema «deontologico», ossia
di ciò che il diritto dovrebbe essere: in altre parole, al problema della
giustizia. In questa materia, da un’iniziale posizione kantiana Del Vecchio via
via si avvicina a quella del giusnaturalismo cattolico: mediante l’attribuzione
di un significato sempre meno formale e più contenutistico del concetto di
persona. Del Vecchio dichiara «legge etica fondamentale» il dovere di operare
«non come mezzo o veicolo delle forze della natura, ma come essere autonomo,
avente la qualità di principio e fine…, non come individuo empirico (homo
phaenomenon), determinato da passioni e affezioni fisiche, ma come io razionale
(homo noumenon), indipendente da esse»[4]. Il concetto, e la stessa
terminologia, sono kantiani, e del resto il richiamo al Kant è esplicito. 3. Nel campo dell’«etica oggettiva», ossia
del diritto, da questa concezione della natura (nel senso di essenza)
dell’uomo, discende logicamente il diritto soggettivo a non essere costretto ad
accettare un rapporto con altri che non dipenda anche dalla propria
determinazione; e questo diritto soggettivo costituisce il «principio, o
idea-limite, di un diritto proprio universalmente della persona, insito in essa
e non esauribile mai in alcun rapporto concreto di convivenza»[5]. Del Vecchio non esita a chiamare tale diritto
«diritto naturale», considerandolo «anteriore ad ogni applicazione e ad ogni
rapporto sociale» – di cui esso è anzi la legge[6] –, ed indipendentemente dal
rispetto che un ordinamento giuridico positivo ne compia. Del Vecchio sostenne
sempre, seguendo un giusnaturalismo che da quello kantiano andò avvicinandosi a
quello tomistico, il limite al potere dello Stato costituito dai diritti
naturali dell’individuo (o della «persona»).
Nella prospettiva ideale di uno «Stato di giustizia» la cui ragione
prima è la tutela di tali diritti, egli respinge ogni teoria che ponga lo Stato
al di sopra o al di fuori del limite giuridico costituito dalla sua intima
ragione d’essere, l’attuazione della giustizia, in quanto solo da questa sua
missione esso trae la propria autorità[7]; anzi, di uno Stato che agisca in
contrasto con la giustizia Del Vecchio giunge a parlare come di «Stato
delinquente»[8] . La giustizia è da lui affermata perciò «valida ed efficace
anche contro un sistema giuridico positivamente vigente» quando questo
contrasti irreparabilmente con le esigenze elementari della giustizia che sono
le ragioni della sua validità: è legittima allora «la rivendicazione del
diritto naturale contro il positivo che lo rinneghi»[9]. Daniele Onori
[1] Del Vecchio, La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
nella rivoluzione francese. Tra le sue opere: Il sentimento giuridico, 1902;
L’etica evoluzionista, 1902; Diritto e personalità umana, 1904; I presupposti
filosofici della nozione del diritto, 1905; Su la teoria del contratto sociale,
1906; Il concetto del diritto, 1906; Il concetto della natura e i principio del
diritto, 1908; Sull’idea di una scienza del diritto universale comparato, 1908;
Il fenomeno della guerra e l’idea della pace, 1909; Sulla positività come
carattere del diritto, 1911; Sui principi generali del diritto, 1921; Sulla
statualità del diritto, 1929; Stato e società degli Stati, 1932; La crisi della
scienza del diritto, 1933; La crisi dello Stato, 1933; Il problema delle fonti
del diritto positivo, 1934; Individuo, Stato e corporazione, 1934; Etica,
diritto e Stato, 1934; Diritto ed economia, 1935; L’homo juridicus e
l’insufficienza del diritto come regola della vita, 1936; Sulla involuzione nel
diritto, 1938; Sul fondamento della giustizia penale, 1945; Verità e inganno
nella morale e nel diritto, 1945; Dispute e conclusioni sul diritto naturale,
1948. [2] R. Orecchia, Bibliografia di
Giorgio Del Vecchio, p. 11 [3] Del
Vecchio, Lezioni di filosofia del diritto, pp. 350-351 della 13 a ediz.,
Milano, 1965 [4] Del Vecchio, Il
concetto della natura e il principio del diritto, p. 72, Torino, 1908 [5] Ivi, p.85
[6] Ivi, p. 86 [7] Del Vecchio,
Etica, diritto e Stato, nel vol. Saggi intorno allo Stato, Roma, 1935, pp.
168-169. Nello stesso volume, nel saggio Individuo, Stato e corporazione, v. il
tentativo di fare rientrare nel concetto di Stato di diritto lo «Stato
corporativo» fascista (p. 134 ss.). [8]
Del Vecchio, Lo Stato delinquente (1962)
[9] Del Vecchio, La giustizia, pp. 121-124 della 6 a ediz., Roma, 1959.
Ma le idee di Del Vecchio circa il diritto naturale appaiono in numerosi suoi
scritti: fra quelli dedicati espressamente a tale argomento v. Dispute e
conclusioni sul diritto naturale (1948), Essenza del diritto naturale (1952), e
Mutabilità ed eternità del diritto naturale (1952), gli ultimi due ora in Studi
sul diritto, I e II.Giorgio Del Vecchio. DelVecchio. Vecchio. Keywords:
neo-Trasimaco, Hart, ius, kantismo, positivism, giustizia, il giusto, fascismo,
Bobbio. Refs.: The H. P. Grice Papers, Bancroft, MS – Luigi Speranza, “Grice,
Hart, e Vecchio: il kantianismo dell’ ‘ius.’”
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