Nel 1863 io terminava il mio saggio in-
iiorno ad una Dottrina razionale del Progresso, inserito con una serie di articoli nel Poli- tecnico a Milano , diretto già da Carlo Cat- taneo , e poi ristampato a parte , con queste parole e in queste sentenze, risultato di tutti gli studi e argomenti anteriori: « Quésta libertà del pensiero cresce ^< ed opera nelle moltitudini con quasi inco- sciente progresso, e le generazioni succes- sive trovatisi psicologicamente più libere, ^ senza che avvertano questo progresso me- desinio. Ma al di sopra dell'incosciente pro- gresso delle moltitudini, c'è il conscio pro- gresso deir ingegno e della scienza , che sèmpre anticipano nelle loro meditazioni le future condizioni dell'umanità, e ne pub- Al (Ji « .*( *u vi 4 PREFAZIONE « blicano il vaticinio con le scoperte , e col « magnanimo esempio. Così nella razza no- « stra dai suoi primordi sino a questo giorno^ « due moti cospiranti sostanzialmente al me^ ^ desimo esito , spinsero ed affrettarono il « progresso umano : il moto spontaneo dei « popoli, che con lento lavoro sorgono a li- e berta psicologica, e quindi alle altre li-- « berta : e il moto riflesso degli ingegni che « quel progresso anticiparono e sollecitarono- « .con l'esempio e. le dottrine. Anche i mar- ^< tiri del pensiero si contano a mille : ma la: '< loro chiesa è già costituita, ed ora inco- mincia nel mondo il suo corso trionfale. m « Ed in verità il pensiero, servo a molte- superstizioni popolari e scientifiche, se ne ^^ emancipò in gran parte, e va emancipan- ^< dosene radicalmente : servo alla tirannide « politica, con la pubblica libertà, è la libera- << stampa divenne signore di sé , e impune- < mente potè far guerra al dispotismo : seryo « ad una scienza tradizionale, sorretta e pro- ^< tetta dalle cupide, maligne e stolte arti di ^^ una moltiforme prepotenza sociale, per la « vittoria del libero esame e della indipen- « denza dello spirito, procede ora sicuro e- « sciolto da ogni artificiale ostacolo alla ve- ci \.i PRBPAZIONB •* rità: servo alli dominazione teologica di « un moltiforme dispotismo religioso , dopo «« tanti martini , torture , prigioni ,, esilii e <f roghi infami pervenne a discutere con si- -a curo animo i dommi medesimi, altro arbi- - tro non riconoscendo alla scienza che la « verità liberamente amata e trovata. Quindi « il pensiefro scosse in parte ogni servitù : « ed ora dai pochi si diffonde il suo divino « influsso nei molti, ed è leva potente a sol- « levare ,a più alti e gloriosi e degni fati « tutte le genti europee, che dovranno ripo- « polare la terra. Né questo moto può arre* «t starsi: poiché la libertà a cui é giunto il « pensiero é stimolo ad avanzare, è vita prò* ^ fonda di questo moto. Libertà del pensiero, « libertà morale, libertà civile, libertà poli- « tica, libertà nazionale, ecco le grandi con- •« quiste della nostra razza specialmente, nel ^i mondo : ecco il prodotto del moto psicolo- -« gico umano, e della civiltà tutta quanta. « La libertà del pensiero , formidabile pò- « tenza oramai costituitasi, è un'arra di tutte ^ le altre: tra le genti europee non è più M possibile un lungo periodo di servitù mo- ^ rale, politica e nazionale. Per quanto il ^ dispotismo moltiforme tenti, si argomenti 6 PREFAZIOKB « infuriando contro questi santi principj, ^i « dee cedere il campo : ogni sua traccia soom- « parire, ogni vestigio di oppressione stra- di niera dileguarsi. Noi nascemmo per la li- « berta , per la libertà sempre pugnammo^. € alla libertà del pensiero oramai nella scienza « pervenimmo, quindi fatale è , che a tutte < le altre si pervenga. Libertà pef libertà — « ecco il destino e la divisa della razza aria. « Ma la libertà per libertà è forse lo scopo- « ultimo della nostra umanità?... La libertà • per la libertà è il potènte argomento, è « mezzo a conseguire un bene più degno, e • che in sé racchiude ogni bene, cioè la. scienza^. € il Vero ; e la virtù, il Buono ; il Vero che- < è il paradiso delle . intelligence , il BuonO' « che è^il paradiso del cuore : verità ed « amore, ecco la felicità umana ; eflfetto del « grande principio^ libertà per la libertà. Poi- « che anch^ l'acquistata e (X)nquist8i5ta indi- « pendenza dèlie varie genti ^npn è scopo ul- ^ timo al loro mpto sociale ? libere , libera- « mente -ciascuna coopererà al' bene di tutte < perfezionandosi a vicenda ; liberamente di- estinte in famiglie si accomuneranno nel. « più vasto concetto della stiijpe comune, e « libere tuttìe, là libertà di tutte si argomen- PUEFAZIOKB « teramio di far prevalere. L'individuo alla « famiglia, la famiglia alla gente, la gente « alla stirpe armonicamente associa ed unisce « la libertài « Al Vero ed al Buono, prodotto d^Ua li- ce berta, e della comune cooperazione di gran « parte dell'umanità, ecco dove si termina- « rono sulla terra quei moti eterni , quelle « trasformaziom continue deUe cose , che si ^< contemplstrono dalle genej'azioni ed evolu- « zioni siderali sino a quelle organiche nel « doppio giro vegetale ed animale, che met- « tevano capo per ultimo nella razza nostra « indo-europea. Libero, e in molte parti for^ « tuito sviluppo di forme è di vita , tutto « quanto l'infinito ordine delle esistenze, ha « leggi certe di evoluzione ai suoi mòti y e « alle sue trasformazioni: e queste leggi sono « razionali perchè sono intelligibili dalla no- « stra mente, che in sé medesima è ragione « e intelletto. In questo eterno e continuo « moto è progresso, e progresso di forme « estrinseche ed intrinseche ; e questo moto « per ultimo, sempre più spontaneo divenendo, «• mette foce come volontario nell'uomo, e iij « esso diviene ragione e libertà , ed effettua «allora un ordine di atti singolari e sociali 8 PRBFAZIOKB « d'onde prorompe la coscienza del Vero, e e il sentimento del Buono che fanno la di* « gnità, e faranno la felicità della specie. « Quindi la dottrina del progresso non solo « è possibile razionalmente, ma è un fatto : « e siccome questo fatto riposa sovra l'eterno <t moto delle cose tutte quante, così è conti- « nuo e incoercibile e indefinito : e l' uomo « perciò è perfettibile, e lo diviene maggior- «L mente perfezionandosi. » Così io conchiudeva, riepilogando, quel mio lavoro nel 1863 ; e gli avvenimenti poste- riori affermarono sempre e maggiormente la mia dottrina: poiché la patria nostra compi l'unità sua, e potè in Roma papale stabilire la &ua politica metropoli: Germania si uni- ficò e più larghi spiriti di libertà informarono le sue istituzioni; Spagna respinse dinastie devote al dispotismo e all'ignot^anza ; Francia ridivenne e stabilmente, se politicamente sarà saggia come grandissima fu nel suo risorgi- mento economico e nazionale, repubblicana, ed . ogni Stato più o meno avanzò nella libertà civile, pubblica e religiosa. E ciò non dico a vana jattanza d'orgoglio, ma a riprova mo^ desta delle verità enunciate, e perchè si veda che le cose che sarò per dire in questo scrit*- PIlBFAZIO>*B 9 terello, soqo antiche e> costanti nella mia mente. Onde due anni or sono terminava la mia prolusione ad un corso di Antropologia generale gratuito nella R. Accademia scien- tifico-letteraria di Milano, al quale venni in- vitato dall' illustre professore Ascoli , gloria della glottologia italiana — allora Preside di • quel chiaro istituto. « Siamo nuovi ancora si può dire nei mo- «• derni studi, se volgiamo lo sguardo alle « altre nazioni che ci superarono , ma i ri- « sultati ottenuti e che si vanno conqui- « stando, sono augurio che sapremo perve- « nire a quella gloria che un giorno sì chia- \ ramente ci segnalò tra le genti. Ma molti < ostacoli è d'uopo vincere; da prima Tigna- ci via e l'ozio che ancor sterilmente consu- « mano tanta parte eletta di gioventù , che * per nascita, per censo, per felici coadizioni «t domestiche dovrebbe esser la prima a cor- ai rere con virile proposito e forte lena a que- « sta altissima meta. Oramai, o signori, (e «t questo per me è il segno più bello della «• potenza dell'attuale incivilimento del mondo) « • oramai una* voce imperiosa e continua sorge X dalle viscere della società moderna, che a t ciascuno grida con l'autorità di una divina 10 PREPAZXONB « legge : Che cosa sai ? — Che cosa fai ? — « Né questa voce diverrà fioca, o si spegnerà: « che anzi sempre più intensa e minacciosa « si diflEondOTà, sinché sieno travolti nel nulla « gl'inerti, e resi tutti capaci che il primo « dovere dell'uomo, è l'onesto, assiduo e fe« « condo lavoro... E colui che non risponde a « seconda di questa alta preordinazione di « cosej, in proporzione delle attitudini , dei « mezzi, delle sue condizioni speciali, è col- « pevole dinanzi a sé, alla* natura, agli uo- « mini, alla patria; ed intellettualmente e « moralmente si evira, rimanendo uno sterile « e viscido tronco senza frutto e posterità in « mezzo al rigoglio di una flora feconda. » iL'indirizzo politico e amministrativo che in questi giorni si manifestò in Italia, certa- mente da tempo previsto da chi aveva occhic all'andamento della cosa pubblica, assunse ad un tratto un carattere si importante e deci- sivo per la caduta del Ministero Minghetti, che mi sono creduto in dovere, nel modesto giro delle mie forze, di anticipare una parte di un mio lavoro che aveva maggiore atti- nenza con le vicissitudini attuali, e di pro- porre qualche rimedio ai mali che ci minac- ciano. Né verrò, spero, tacciato di presunzione PREFÀS!;iONB li e d'impancarmi a maestro in sì grande con- troversia, . quando è stretto obbligo d'ogni cit- tadino onesto di soccorrere in quel modo che può, sia pure tenue e -di poco momento, alla patria comune. Non appartenendo a nessuna setta, o copventieolo, non legato ad alcun par- tito, né avendo mai percepito propine di qual- siasi specie dallo Stato (onde sono egualmente lontano anche dall'apparenza d'ingrato, o adu- latore) ed uso a pensare sempre con la mia testa, quale ella si sia, credo di essere in con- dizione se non di cogliere sempre il vero, al- meno di dirlo, quando mi rifulge alla mente, con libera ed impavida parola. Quindi confido ehe rispettando sempre le persone , né mai alludendo ad alcuno, lo dico apertamente, ma lodando o biasimando le istituzioni, o l'indi- rizzo comune, non farò cosa inutile, nò discara : e il cielo mi concedesse che anche in tenuis- sima parte, valessi a giovare al paese. Ma il Uttore" può essere certissimo, né dubiterà chi mi ha conosciuto, dell'onestà costante de' miei intendimenti ; che nessuno influsso sia dal- l'alto sia dal basso deviò di una linea il mio pensiero, e i miei sentimenti , quando aveva fede nella loro verità ; che prima di scrivere studiai e riflettei molto per la mia dignità. 12 >RBPAZioini e per rispetto del pubblico ; e che infine fui sempre consentaneo con i miei principi, come tutti possono toccare con mano dalla lettura dei brani sopra trascritti, e stesi a lunghi intervalli e dal presente mio opùscolo stesso. Che se V ingegno è tapino , e il sapere non così vasto come vorrei, e come dovrebbe es- sere, la colpa non è mia, né della mia vo- lontà : poiché tra i tanti difetti , che in me possono annidare, l'ozio certo, e l'ignavia non vi si trovano:, perchè li sfuggii sempre, come la peste più oscena, brut a e nefanda di tutte, e la più dannosa ai privati ed alle nazioni. Milano, 12 aprile. CAPITOLO PRIMO Sitixa;25Ìoiie« Posta la nostra società odierna tra due sette te- merarie e procaccianti) diverse d'origine, ma identi- che di propositi nefandi e distruttori, i retrivi cleri- cali, e i demagoghi incendiarli, non mai soverchia riuscirà la solerzia, la virtù, la virilità di atti e di concetti ad allontanare e vincere i mali, sociali, mo- rali e materiali a cui esse mirano con tenacità for- midabile. Che se Tuna vorrebbe ridotto il mondo a un cenobio e a una triste tebaide, l'altra procaccia che gli uomini ritornino alla selvatichezza preistorica, e alla squisitezza sociale delle caverne. Certamente le magnanime speranze di questi tristi non si avve- reranno, poiché la mentalità umana, la libertà civile e le suppellettili industriali tanto cresciute e potenti non lo concedono, e in Italia specialmente, ove l'in- dole, gl'istinti, il senno proprio della razza, e le ne- 14 CAPITOLO PRIMO cessità storielle assolutamente vi si oppongono ; ma tuttavìa è d'uopo avvisare ai pericoli^ e alle sciagure parziali^ addottrinati dall'esempio miserando di altre nazioni. I retrìvi e demagoghi sono gli estremi fa- ziosi e a cosi dire l'oscena e perversa caricatura dei due legittimi fattori della vita civile dei popoli, e del loro intrinseco progresso, i conservatori cioè e gl'in- novatori, necessarii entrambi al perfetto e mobile equi- librio delle forze, e al loro dinamico esplicamento : in quella guisa che nella compagine oi^anica, e nel- l'esercizio delle sue funzioni, trovansi nervi modera- tori, e stimolanti, onde resulti quella armonia di ef- fetti che vita si appella. Imperocché come in questa si arresterebbe immoto il circolo animatore se l'ener- gia del freno prevalesse, e tanto si accelererebbe da distruggere sé medésimo quando quella contraria ec- cedesse : parimente una nazione perirebbe, se V uno l'altro dei fattori accennati rimanesse vincitore nella lotta, che l'uno la renderebbe mummia o cristallo^ mentre il secondo la dileguerebbe in vapore. La sa^ pienza e la scienza civile consistono quindi nel prov- vedere che un equo temperamento intervenga fra le due forze rivali, o a disporre le cose in guisa che l'una a vicenda con l'altra serva all'incremento del bene sociale, e al sempre più largo, e sincero eser- cizio della libertà civile e politica Ma a raggiungere questo arduo e nobile scopo l'in- tenzione e il desiderio non bastano: vuoisi non solò perizia grande d'uomini e di negozj, animo pronto, profonda conoscenza dei fatti e leggi "Bociali, risolu- tezza impavida nelle difficili prove, onestà costante di mezzi, magnanimo sprezzo d'insulti e guerre voi- SITUAZIONE 15 gari; ma rìohiedesi altresì vasta e chiara dottrina sto* rica, e quel senso sicuro dei bisogni^ dell'indole^ delle ^piraadoni legittime. del popolo^ e limpida intuizione Clelia legge che regola i moti delle genti europee in generale; e di quella italiana in particolare* Or qui in Italia ì, caduti principati lasciarono copiosa eredità di elementi conservatori e retrivi, fatti più rabbiosi •dal prevalere delle istituzioni ed istinti democratici^ a^vviticchiàntisi con disperato amplesso al papato, che i loro rammarichi, ire, convinzioni, speranze rese dom- ina religioso, ultimo strumento alla assoluta sua si- gnoria vacillante ; méntre d'altra parte le inveterate abitudini cospiratrici, l'intempestive brame di utopie facilmente nascenti in popoli non assuefati a libertà, gli antagonismi regionali superstiti alla unificazione dei varii Stati, le bieche e torbide imitazioni demagogi- che d'altri paesi, e l'arruffio anche di tristi, tengono la nazione incerta, rinfocolano odii di parte, e la spin- gono soverchiamente nelle avventure : e quindi tanto più difficile riesce l'impemare stabilmente lo Stato, e condurlo sapientemente. Tra queste due forze rivali, ostacolo al retto an- damento della cosa pubblica, rimane poderósa za- vorra, la maggioranza della nazione, la quale, aliena in parte dai mutamenti radicali, intenta alle private faccende, e guidata dal senso positivo delle cose, e dagli interessi domestici, mantiene a cosi dire un mec- canico equilibrio nelle loro lotte, e fece si che sino ad ora né l'una, ne l'altra prevalesse : e la nazione perciò stette, e vinse prove che sbalordirono il mondo, e procacciò ai reggitori una gloria, che in fondo e in parte derivava dalla sua consapevole inerzia. 16 CAPITOLO PRIMO Né si creda che io voglia, concludere non aver ben meritato della patria coloro^ che per vari v anni stet- tero al timone della Bua nave.^ e che questa se noa pericolò e. si sommerse nelle tempeste ove fu più di lina fiata travolta^ debba soltanto la propria salute alla indifferenza^ o agli istinti conservatori delle mol- titudini : imperocché i fatti mi sbugiarderebbero, e non conoscerei affatto, o confusamente la nostra sto- ria contemporanea. Certamente Emilio Visconti- Ve- nosta che a più riprese diresse e in condizioni so- vente ardue e perigliose i nostri rapporti con gli stra- nieri, seppe schivare con tatto fino, e con squisitezza^ di modi, non disgiunti da dignitosa fermezza, i rischi che ci minacciarono, sia di lusinghe subdole, di al- tere brame, o di tenebrose cospirazioni del Vaticano. E potrei pure ricordare con encomio altri, che con zelo ed onestà, si adoperarono a prò della nazione. Né si vuole poi dimenticare il grande partito libe- rale, erede degli intendimenti di Camillo CavQur, il quale nei giornali, dalle cattedre, nelle concioni, nel parlamento con costanza segui in parte quelle caute e forti norme, che ci condussero sino ai tempi pre- senti. Ma tutti questi saggi consigli e propositi, edi fatti che vi corrisposero, non avrebbero certamente salvato dai perigli la nazione, se la maggioranza de- gli italiani col suo contegno fermo, l'indole non ec- citabile, e col veto, a cosi dire, della passività, non avesse resi vani i proponimenti, sventate le trame sotterranee, e lasciati in secco gli apostoli del di- sordine e del dispotismo : che anzi il più delle volte scossa da evidente rischio, segnò col desiderio espresso virilmente in mille guise, la via da tenersi dai reg- SITUAZIONE 17 gitoli, e si può dire in un certo modo, che Ella fu che governò il paese, con senno suo proprio, e con quegli spiriti liberali che seppero infonderle molti va- lenti predecessori, e il grande intelletto del più grande ministro del secolo. E Camillo Cavour potè essere concreatore di un popolo,, perchè nella vasta mente raunò a cosi dire tutti i pensieri, le idee, i concetti, e nell'animo i de- siderii, i sentimenti, gl'istinti magnanimi di tutta la nazione che in lui si confidò : associandosi senza tema, o gelosa inquietudine, in momenti solenni, nell'impresa unificatrice a Giuseppe Garibaldi, che, quale soldato della libertà, fu a cosi dire la popolare poesia del nostro riscatto : egli fu grande perchè conscio dell'in- dole moderna dei popoli non si argomentò di rendere libera e indipendente la patria con mezzi termini, con sussidii di una o altra casta e fazione esclu- siva, ma si armonizzando in un solo pensiero, e ad un solo e generoso scopo tutti i ceti, tutti i par- titi, tutte le forze vive della nazione, non pauroso di sette, o queste trasformando in leve poderose ad inalzare dal servaggio l' Italia : insomma ei fu grande e riusci, perchè senti tutti gl'influssi, vasti e potenti di un popolo intero: che sarà sempre, come per il passato r«/n hoc signo mnces!^ di coloro, che fecero e faranno opere generose ed immortali nel mondo. Morto Cavour rimase al governo il partito che avevalo ajutato in gran parte nell'opra santissima della reden- zione della patria, il quale si propose e si argomentò di seguire quella via, che dischiuse la mente e l'o- perosità del grande uomo, onde si compissero i fati della nazione, e si raggiungesse il fine desiderato. Ma i 18 CAPITOLO PRIMO se il concetto politico e Tindìrizzo del maestro fu com- preso, e seguito all'ingrosso dai successori, e la na- zione si dispose ad effettuare i suoi disegni, nessuno però dei reggitori ebbe l'ingegno l'animo e lo spirito del sommo cittadino, e comecché mandassimo ad ef- fetto difficili imprese, e si conseguisse il massimo scopo della indipendenza e unità della patria, pure alla lunga si manifestò a poco a poco nel governo, e nel vasto partito, d'onde visceralmente egli usciva, il difetto di comprensione potente ed intera, e di quel senso ge- neroso di libertà piena ed operosa, ove si mostrò l'ec- cellenza del primo. Ne io* offendo l'amor proprio di alcuno di quelli che mano mano vennero impugnando le redini dello Stato, con l'asserire che non raggiunse l'ingegno, la perizia e l'animo suo, poiché è cosa evi- dente di per sé stessa, e l'esemplare troppo noto e cospicuo. Ed in vero uno degli uomini che maggior- mente fecero parlare di sé più frequentemente e sedette in scranna al governo dello Stato, e si segnalò per varie vicende, fu Marco Minghetti, conosciuto moltissimo eziandio dagli stranieri. Or bene, chi non scorge a prima vista quanto ei sia inferiore per molti versi al Cavour? Per quanto io possa avere dei contraddittori non mi perito dire che il Minghetti è un mediocre uomo di Stato, in quanto gli manca ogni nota che distingue coloro che nacquero a tanto ufficio. Mente lucida e simmetrica, ma non acuta e profonda; bel parlatore, ma più facondo che eloquente, animo più ostinato, che tenace, scrittore sensato e forbito, ma privo di nerbo e di vena inventrice ; ambizioso, certo nobilmente, d'aura popolare, ma incapace a raggiun- gerla : ondeggiante tra le diverse parti, non abile SITUAZIONE 19 3f dominarle: non q;ristocraticp per proposito o arte di governo, ma inclinato a riceverne di riverbero \^ fosforescenza : e non facile a sentire i fecondi in? flussi del popolo. Che se per ora pronunziò raggiun^iQ il pareggio, e gli fu attribuito come cosa sua, quando non una legge di finanza gli è propria, e la longa- nimità e sofferenza invece del popolo italiano ne è il più grande fattore, la freddezza e indifferenza con che accolse il paese questa notizia, che pure doveva riempirlo di fervida letizia, è la miglior prova di quanto riserbo si senta per le cose sue nell'animo degli italiani, e come egli non abbia veramente radici nella fede delle moltitudini. Si badi però che io parlando si schiettamente del Minghetti, come Ministro e scrit- tore, solo sindacabili in paese libero e dalla stampa onesta, faccio e rendo omaggio alla sua vita priv^)t^, a.lla nobiltà dell'animo e delFingegno — e in altra oc- casione ne feci testimonianza — e al disinteresse per- sonale, che spiccò sempre anche posto al governo della <ìosa pubblica. Ma non so capacitarmi, esaminando gli atti del suo ministero, che egli sia, ne possa essere mai statista insigne: poiché mal si saprebbe farsi un con- cetto chiaro dei suoi intendimenti, abile in spedienti piccoli, e di giorno in giorno, privo di quel largo con- <ìepire, e sentire, che sono in una parola, il riflesso di tutto un popolo, e nei quali tutto un popolo si ravvisa, nelle sue più belle speranze, e forte volere. Il suo governo fu sempre fiacco, timido talvolta con le sette avverse, o nemici di polso sino a piegare, o temerario a scatti quando il remore di fazioni riso- lute spronano o incalzano. Non verrei certamente in campo adesso con un giudizio che per quanto ri^pet- 20 CAPITOLO PRIMO toso, può sembrare acerbo ; se non credessi perni- cioso al paese la reputazione soverchia d'ingegno e di dottrina di un uomo, che quanto può riuscire utile alla cosa pubblica ed alla scienza in ufficii, meno ar- dui ed importanti, tanto può essere dannoso, quando si stimi atto a condurre oggi lo Stato, o a dirigere da maestro potente le discipline economiche. Nel mio giu- dizio non entra passione, né ira, né parziali affetti, poiché queste non capono nell'animo mio, e non ne avrei poi alcuna ragione: egli é dettato dal solo amore per la mia patria. Mi fermai alquanto intorno al genuino valore di questo Ministro, perchè, ragguagliata ogni cosa, rie- piloga quello degli altri, fatte poche eccezioni, ed a mostrare quanto in complesso si dilungassero daUe eminenti qualità di Cavour. Che se l'Italia compi nul- ladimeno imprese memorande, e potemmo conseguire lo scopo per tanti secoli desiderato, il merito ne è per la maggior parte di tutto il popolo italiano: il quale per la sua indole nativa pratica e positiva, per la prontezza a cogliere 1' alata occasione, e la costanza a non disperare, infrenò sette e fazioni, e scìiivò con la risoluta signoria di se, non pochi perigli, rattenne spinse il governo a seconda degli eventi e si servi di tutto e di tutti pei* raggiungere la meta ; moltipli- cità di doti, e d'istinti che tutti una sol volta si ri- fletterono nel vasto animo di Cavour, e che solo per questo potè in parte compire il grande disegno: coa- diuvati entrambi popolo e Ministro, é d'uopo dirlo per reverenza alla verità, dalla onestà ferma di Re Vittorio Emanuele, che resterà chiaro nella storia, poiché nello schietto e virile animo suo più che la SITUAZIONE 21 gretta voluttà volgare del dispotismo^ senti la gloriosa epopea, di un popolo che risorge, Compiuta Tunificazione patria il difetto nel partito che ne diresse le vicissitudini e Tintreccio, di senso popolare, e d'indirizzo schiettamente democratico (non «^intenda, come si suol fare, repubblicano) si fé tosto palese; e maggiormente si procacciò di serrare le fila dei correligionarii, di continuare sempre' dagli stessi, il governo, reso mano mano eredità di pochi, e di eternare in sé il reggimento della cosa pubblica, scartando ansiosamente ogni nuovo elemento che va- lesse a infondergli nuova vita, e avvicinarlo a quelle classi che sono la feconda radice della nazione, il succo suo produttore, e la sua base naturale ed am- plissima. Quindi da tepide come fu per. lo innanzi, se si faccia astrazione dagli stimoli popolari che di quando in quando la eccitarono imperiosamente, di- venne quasi gelido, e passata la virilità si avvia ora alla vecchiezza, e, come tutti i vecchi, lodatore soltanto dei tempi andati, soltanto esso operatore di eccellenti cose; tenace a ritenere con forza disperata Fimperio che sfugge. E in conseguenza intanto dell'età avanzata, deirindole troppo dottrinale, e per bisogno di quieto e sicuro vivere, divenne cittadino grasso, come chia- mavano la borghesia soddisfatta i nostri antichi : cioè amante del riposo, dei comodi privati, di un certo lusso appariscente, trattando con calma mercantile i pro- pri negozi di banca, di fondaco, di bottega, eccitato talvolta da subiti guadagni ; e preparandosi il regno dei cieli a buon mercato, andando alla messa in car- rozza, e al cimitero a tiro a quattro : sovente osten- tando caricature signorili, ribenedicendo vecchiumi 22 CAPITOLO PRIMO blasonici, e parlando del popolo con una certa bene- vole pietà, e sussiego misericordioso. E quando io parlo di questo genio borghese non credasi che io accenni solo a quel ceto esclusivo che éi designa con questo nome, e che quando è avvi- vato e rinnovato da spiriti popolari, e dalla assimi- lazione delle plebi operose, è il solo ceto che or guida le sorti del mondo — parlo in genere del ceto agiata e desideroso godere dei suoi beni onestamente, ma non si dà molta cura della patria; del quale per istinti, per abitudini, per necessità sóciaK fanno parte Blolti ricchi recenti ed antichi, popolani o patrizj. Questo genio borghese nel senso largo or definito pre- vale più o meno nell'indirizzo delle cose nostre da alcuni anni, ed or poi giunse al colmo e ài rivela nel modo più esplicito. In fondo agli intendimenti di co- testoro, e certo in un modo incosciente, trovasi la massima di star bene, arricchire, andare da buoni cristiani in paradiso, e pagare. E non è meraviglia quindi se ogni vincolo civile si allenta, se il sentimento del dovere privato e pubblico si ottunde, se la sete del godimento tìaateriale va ci^cendo, se. la cupidìtà del denaro infierisce, se le lettere scadono, se il sapere scema, se le classi agiate si beano nell'ozio e nell' i- gnoranza, se l'affetto alla patria .svigorisce, làe i forti e magnanimi esempj ogni giorno si fanno più rari, se un cinismo volgare, intempestivo, ridicolo distrugge corpo ed .aninta di molta parte della, gioventù; e quindi hon è meraviglia se ad ogni ora esempj nefandi dì fede pubblica o privata tradita vehgòiio a rattristate l'animo dei buòni, ed una oscena immoralità sia. eretta da alcuni quasi à codice della vita. Tùtpi condidsiò^ SITUAZIONE 23 sociali; e che farebbero disperare dell'avvenire della patria, se al di sotto di questo bulicame non vives- sero e a poco a poco sormontassero 1q moltitudini oneste. E si badi che non intendo affermare che questi mali sociali e morali sieno voluti di proposito da co- loro che tennero in mano le sorti del paese, o del vasto partito onde uscirono, che asserirei cosa stolta e maligna, e non vera : ma essi provennero in un modo affatto incoscente, dalla soverchia esclusività e stagnazione del partito medesimo, dopoché perdette quegli spiriti primi larghi e nazionali di libertà, e non intese più il genio essenzialmente democratico dei tempi nostri, o lo confusero affatto col demagogico : errore in cui facilmente cadono i governi di con- cetti ristretti, e per cui caddero gli orleanesi, e gli stessi napoleonidi in Francia. Né quando io — si abbia sempre presente — redarguo questo genio borghese, intendo di menomare la stima che si debbe alle singole persone, tra cui si manifesta; eccellenti privatamente per virtù, ed onestà di vita, ed io mi glorio di annoverare parecchi amici tra essi; parlo solo in generale, accenno alla tendenza, al tempera- mento, agli effetti di una data situazione sociale. Im- perocché nell'ordine morale sono leggi fisse e immu- tabili di evoluzione, come in quello della natura. La società moderna tende indubitabilmente a de- mocrazia, ed ò in sé medesima d'indole e di sensi de- iXK>cratica, osservata e giudicata con occhio scevro da prevenzioni, e con animo non travolto da passioni o dA interessi parziali. Né facciano illusione all^ intel- letto alcune singole pretese, o desiderii in paesi ove 24 CAPITOLO PRIMO da poco la legge livellatrice civile tolse i privilegi d'ordini vecchi: imperocché tali avanzi archeologici di tempi irremissibilmente passati^ sono a cosi dire piante morte, alle quali s' inaridiscono le radici, e che fra i nuovi còlti, e rampolli rimangono in piedi senza vita e finitti, sinché cadano per intrinseco e na- turale sfacelo. Nella sola Inghilterra, e meno altrove, alcuni privilegi territoriaU o ereditarii mantengono un ordine nello Stato, ma già ne vennero scrollate le basi, e tra non molto anche colà, se ne sono veduti i sintomi, e i desiderii legalmente espressi testé, si dilegueranno del tutto. Quando nelle nazioni Tegua- lità civile dei ceti si ottenne, e tutti vengono rappre- sentati in parlamenti elettivi, e la stampa è libera, la necessità della democrazia è già posta, e non può tardare a vincere in un avvenire più o meno pros- simo, a seconda dell'indole, dei costumi, e delle ra- gioni storiche delle nazioni. GHi ordini nelle società una volta spenti, o trasformati non si restaurano, e mal si oppongono coloro che carezzano Tidea di un ritorno al passato in ogni genere di istituzioni privi- legiate ; solo provano che non sanno la storia, né com- prendono i itempi che corrono, né antivedono quelli avvenire. Che se nella caduta del romano imperio e per le invasioni delleif.orde settentrionali, il sorgere poi del feudalismo si considera come un ritorno ad un patriziato ereditario, oltreché il paragone non regge, poiché nella storia non si ripetono mai esattamente le vicende e gli istituti d'altra età, or sarebbe anche quel fatto assolutamente impossibile, dacché mancano inteme ed esteme condizioni ad awerarlo^E chi sup- ponesse che a ciò potesse bastare Tinflìisso in^retto^ SITUAZIONE 25 o la invasipne dei Russi; solo popolo che si accampi formidabile di fronte all'Europa mediana e occiden- tale, non conoscerebbe affatto le condizioni civili in cui versa la Russia. Imperocché per l'autocrazia di per sé stessa sempre livellatrice, lo Czar attuale anche per intendimenti di civiltà tolse in gran parte i resti di privilegi con Temancipazione, e la franchigia dei servi, eguagliando) le persone dinanzi alla legge, e quindi rese impossibili una aristocrazia dominatrice. I Russi se in- vadesserc una parte d'Europa limitrofa al vasto impero, recherebbero per costumi e idee piuttosto principj comu- nistici, propri in alcune parti del loro organamento municipale, ampliati e resi più forti per le sette che formiolano nel suo seno, e che la rodono con mani- festo danno. Onde é vano sperare anche stando ai calcili meramente empirici, e all'osservazione super- ficiae, che in Europa possa avvenire una restaura- zioiB del patriziato, come ordine distinto per dritti dal resto della nazione. E ducimi che qua e là in Itala ed altrove in special modo tra giovani ram- poli dejle vecchie, o più moderne famiglie gentilizie, riesca in alcuni un certo spasimo e languore perle anicaglie, e si tenti quasi con amminìl^i araldici, dJricostituire un ceto a parte, separandosi con ridi- cio anacronismo dal resto del popolo. La quale ubbia aguisce una ignoranza profonda della epoca nostra, ci una nullità prodigiosa nei nuovi, cxdtori dei ca- selli in rovina : Ut nomine Toagnifieo segne otium tlaret! per dirla con Tacito. Lungi da me il pen- iero di menomare il lustro, il decoro, la fama di tÉinte famiglie storiche nostre : sono anzi il primo a riverire un lungo ordine di discendenti che ai se- 26 CAPITOLO PRIMO gnalarono con la mente, o con le armi: questo è pa- trimonio privato inviolabile } quanto altra mai prò* prietà, e fanno bene a tenersi care e onorate le memorie d'avi illustri, quando furono veramente il- lustri, e vorrei che un tal culto fosse sprone ad emu- larli nella eccellenza delle opere. Né la querela può venire oramai da invidia, e da astio, quatdo ordini distinti non esistono più, e tanto vale di &ccia alla legge e alla nazione rispetto ai diritti, un ciabat- tino che un principe. Onde la gara tra patrizj e ple- bei non può più rinascere, in quanto > tutti aono po- polo: e se si parla di volgo, il volgo adesso può tro- varsi in tutti i ceti, unica norma alla stima sociale, essendo, la Dio mercè, il valore personale. Parlo sol- tanto di quelli, e certamente son pochi, che invece di adoperare le loro forze, i loro ozj, le loro ricclezze ad egregio scopo sia nelle arti, nella scienza, ielle armi, in ogni argomento di progresso civile, si tra- stullano con le ferraglie del medio-evo, sciupano tenpo e decoro, e si preparano una vita squallida, vana fu- nerea di mezzo a quella fervida che già erompe dslle viscere della nazione, che farà cerna dei forti e nu)vi rampolli, disperdendo, non col ferro, col sangue, o al- tre nequizie, come gridano a squarciagola i pusila- nimi gli astuti, ma con la ferrea necessità di la- tura e della sua legge di selezione, i neghittosi, e ca- boU di mente e di volontà. E tanto più desta meur viglia questa vanagloria di festuche blasoniche in 4- cuni, in quanto la eletta parte del patriziato italian die largo tributo di sussidj, di sapere, di sangue A, nostro risorgimento, e si segnalò per generosa cariti di patria: ed anche oggi molti tra essi onorano TI- SITUAZIONE 27 t^a e gli avi loro con operose virtù cittadine, e qual*- cheduno con gU scritti e l'ingegno. Si ricordi che i tre più grandi poeti della nostra epoca, animati da fieri e virili spiriti di libertà, Alfieri, Niccolini e Leo- pardi uscirono dalle loro fila; e del loro ceto fu pure il più grande, e liberale Ministro della età nostra (!)• Altri s'immagina che la democrazia sia irrazionale mente livellatrice, e la confondono con le utopie co- munistiche, impossibili ad effettuarsi, e non mai ef- fettuate : onde rimpiangono i tempi passati, ove tutto era ordine e casta distinta, e già mirano le genti* eu- ropee in un non lontano avvenire, o mummificate ed immote in una sterile eguaglianza assoluta; ovverà scatenate in passioni furibonde spargere dappertutto fiamme, mine, stragi, ed avverarsi il finimondo. Tali piagnoai, o gufi di cattivo augurio, provano una cosa sola, ehe non intendono nulla; prendono l'accidente per li legge, il particolare pel generale, il deviare di una jetta pel costume dell'universale, e i loro sogni per i&altà. Certamente se questi conservatori dirigessero le sirti dei popoli, le tristi scene e nefarie che non a (1)11 giovane patrizio Alessandro Piola, seguendo Tesempio della egr^ia e chiara famiglia, dio alla luce neirannò scorso un libro di eeoDmia, che certamente merita di essere segnalato. Che se al- cuil non potrà condividere tutte le idee, o ascriversi assolutamente ai luoi principj, trovansi nel suo trattato cose ottime, e ricerche fate con lungo studio ed amore : e fanno onore a chi le scrisse. Or be^e nessuno intraprese a parlarne, eziandio criticandolo. Questo si- bilo non é buon segno : V esempio era eccellente anche per Tori- fiée e il ceto dello scrittore: nò doveva trascurarsene ropportunità^ .nche civile. 28 CAPITOLO PRIMO guari inorriditi vedemmo in altri paesi; inevitabil- mente accadrebbero, e con sempre più frequente ri- petizione; ma governandoci con altri intendimenti e con più larghi e generosi propositi, quei mali diver- ranno sempre più rari, e impossibili. Del resto a nessuno che abbia fior di senno verrà in mente mai, o cre- derà, che nelle cose umane possa affatto il male evi- tarsi, quando lo scopo a cui deve intendere ognuno, si è il procacciare di sminuirlo con costante operosità. L'età d'oro e di ogni bene, i miti e i poeti la posero al principio, o alla fine del mondo; e ragionevol- mente, perchè dell'una non ci ricordiamo,^ all'altra non siamo ancora pervenuti. La democrazia, intesa come vedremo, tra poco, mentre suscita tutte le forze vive della nazione, pone in moto tutti i valori, fa con rapidità ricircolare nel corpo sociale i beni avvivatori, e tiene desta la mente di tutti nella universale concorrenza a vantag^o poi di tutti, non livella matematicamente le rjmsse, come con eleganza di eloquio, e con dignità cristiana chia- mano il popolo : poiché nella libera attività di i cia- scuno, sorge una disuguaglianza proporzionale, 6 l'a- ristocrazia legittima, cioè dell'ingegno e del valor per- sonale ; ed appunto perchè personale non la perpetua con violenza alla verità e alla giustizia, nei succes- sori. Onde i timidi del livello si rassicurino ; se lunno mente, vigore, volontà possono saUre nelle società de- mocratiche, con più decoro, al sommo della glorii, o del legittimo potere, quanto ai tempi dei paladin: di Carlo Magno. Se una cosa hanno da temere, temtno di quelle dottrine, che frapponendo violenti ostacoU alla libera esplicazione delle potenze e attività uman^^ SITUAZIONE 29 raccolgono legna agli incendii futuri, e preparano le bufere sanguinose delle rivoluzioni delle plebi maneg- giate allora dagli arruffoni e dai demagoghi. La vittoria della democrazia, e il suo regno du- raturo nelle nazioni civili, dipende dalla natura me- desima del principio che la informa, che è un por- tato necessario della evoluzione sociale, e la distingue dalle democrazie antiche , e da quelle che sussegui- rono al rinascimento dei comuni nella età media di Europa. La democrazia moderna è l'effetto di leggi non solamente sociali, morali, economiche ìiella signi- ficazione loro ordinaria , ma di leggi antropologiche, che s'innestano, e s'immedesimano a quelle naturali, che governano l'evoluzione intera delle cose che sono. £ questo nesso, questa identità analogica della espli- cazione delle razze e istituzioni umane, con le leggi che signoreggiano la dinamica universale degU esseri fii da tempo avvertita, e nella Grran Bretagna, Ger- mania, Francia, Bussia stessa ed America ha validi campioni che la sostengono, e sarà certo la scienza sociale avvenire. Coloro, che adesso sequestrano e di- vidono i fatti sociali, morali, storici dalla generale forma evolutiva dei varii fenomeni, nei quali, a dirla col grande Poeta, si squaderna la vita dell'Universo, come se consistessero impomati in sé medesimi, e se- parati dal mondo, non se ne intendono; e mal com- prendono l'alto e nuovo valore della scienza attuale, e vìvono ancora della vita postuma dei nostri arca- voli^ E si badi che io non ripongo tra i cultori dei nuovi metodi storici, e della nuova scuola dinamica, i vaporosi filosofi egeliani, od affini, che sbalordi- rono per poco il mondo con le loro teoriche sperti- 30 CAPITOLO PRIMO caie e temerarie^ e lo stomacarono poi negli stessi paesi ove nacque : teoriche si disformi dall'indole delle menti italiane^ e piuttosto delirii,. che scienza; ma si bene io intendo parlare di quelli, che mediante norme osservatrici e sperimentali, e con la sovrana leva del- l'induzione, virilmente applicati (secondo gli esempii ed i canoni del divino Galileo, che primo nei moderni tempi ruppe non solo nelle scienze fisiche, ma per analogia in quelle organiche e morali stesse, i clau- stri e i ceppi scolastici del pensiero, e le arbitrarie quisquilie a priori) seppero, io dissi, ricondurre la mente alla realtà delle cose in ogni ordine della scienza, e dare base solida alla enciclopedia, che deve essere l'interprete, e lo specchio sincero, e intellettivo della jiatura. E certo alcuno non sarà si tracotante da negare gli splendidi effetti e le portentose applicazioni che tali me- todi in ogni ramo d'arte, di industrie, di scienze produs- sero, e quanto se ne avvantaggiarono eziandio quelle di- scipline che sembrano agli uomini superficiali maggior- mente aliene à^ quei procedimenti : poiché tutto il bene materiale e morale e la stessa vittoria della libertà ci- vile e politica nei presenti tempi, è dovuta per chi ha fior di senno, a questo sovrano e indipendente indi- rizzo della ragione. Io so che molti, che si dicono con sorridente compiacenza di sé medesimi , positivi , e fanno professione di arguto realismo, e canzonano co- loro che non partecipano alla loro innata divinazione, trattano quasi da allucinati , e di spiriti perduti nel vano delle sottili astrazioni, quelli che dai fatti ri- salgono alle leggi, dalla norma sensata degli atti so- ciali ai principii che ne governano l'esplicamento , SITUAZIONE 31 daUa esperienza giomaUera dei negozii privati e pub^ blici, alle profonde ragioni che li rendono inevitabili. Ma di tali Tersiti della scienza^ la scienza ha fatto giustizia^ e non ne possono certamente arrestare il corso trionfale. Quando ci mostreranno che la scienza^ qualunque sia il proprio obbietto, è una raccolta inor- ganica di fatterelli, e di qualche regoluccia metodica : che le varie discipline non abbiano tra loro alcun rapporto, e sieno disposte una dopo Taltra, senza in- trinseco legame, come le pietre migliari, avranno ra- gione : e allora confesserò contrito che il manuale che accatasta, equilibrandoli, sciolti materiali, ne sa più di Archimede e di Newton. Ma ritornando al nostro argomento della natura della democrazia moderna, ripeto che ella si disforma da quelle che con tal nome si ebbero pel passato. Nell'antichità stavano in generale di fronte due or- dini di cittadini, ordini più o meno distinti, gli ot- timati e le plebi: e il valore di queste si argomen- tava nella lotta contro i primi, che resistevano ad una eguaglianza di diritti in parte civili, in parte pub- blici, ereditarli nella loro classe per lungo corso di tempo: e, condizione sociale rilevantissima, viveva al di sotto di esse, un immane numero di schiavi, i quali attendevano, mere macchine animah, alla pro- duzione delle cose necessarie, utili e superflue, ed an- che alle arti, e agli uffici indispensabili alla civile convivenza. Nella età media le lotte dei borghesi e dei castellani sotto altra forma è vero, ma lotte di potenza, eguaglianza e sopreminenza politica si rin.- novarono, e se schiavi nel significato antico non c'e- rano, rimanevano però i vassalU e i servi della gleba : 32 CAPITOLO PRIMO ed U lavoro stesso nelle città libere veniva in ogni maniera vincolato dalle maestranze e dalle corpora- zioni artificiali dei travagliatori. In tali società cer- tamente non esisteva esplicito un principio che in- volgesse la necessità di una vittoria definitiva della democrazia^ e dì una forma civile di evoluzione della operosità di tutti^ e dello Stato medesimo. Non vi ha dubbio che fin da quelle epoche lontane il principio generatore della democrazia moderna non operasse ; e le condizioni intermedie non fossero per cosi dire anelli e spire per le quali andasse svolgendosi con irresistibile moto. Or quasi dappertutto in Europa quelle condizioni cambiarono: gli ordini distinti si ruppero, e si fusero in quello unico dello Stato: le arti, le professioni divennero libere e comuni: il pa- triziato perdette i suoi privilegi, come fu costretto a svestirsene il clero, ed una uguaglianza perfetta e vir- tuale dinanzi alla legge si estese dai sommi agli imi, dal ricco al povero, dal dotto all'ignorante, dal ma- nuale sino ai maggiori uffizii di Stato. Quindi nessun ordine di cittadini potendo consistere e perpetuarsi per via di privilegi, e tutti dovendo personalmente bastare a se stessi, privi di appoggio artificiale che in qualunque evento ne garantisse il possesso, rimane che runico principio che informa e mantiene la so- cietà moderna nella eguaglianza legale assoluta dei cittadini, è il lavoro nella indefinita molteplicità delle sue forme: il lavoro, etemo generatore di tutte le cose, spirito vivificatore del mondo, arte divina che tutte le cose produce, e produsse, e le spinge, le evolve a sempre nuovi e splendidi effetti: il lavoro, il quale elevò alla loro altezza morale e intellettuale SITUAZIONE 33 Tuomo e la società, e li redense: conforto e premio nel tempo stesso; causa ed effetto della democrazia moderna, e garanzia perpetua della sua durata, e dei suoi progressi. Le lotte contro gli ordini- privilegiati, del popolo, e delle plebi serve con Teguaglianza civile cessate, a poter vivere e durare rimane a tutti e inevitabile il lavoro : e poiché questo è libero, chi non vede , che per la inesorabile legge della selezione naturale, il neghit- toso dee alla lunga scomparire, anche per la radicale divisione dei beni tra i figli, e lasciare il posto agli operosi : provvidenziale magisterio del mondo, che una legge fisica e organica, si trasmuti socialmente in una giustizia morale! La democrazia moderna è invinci- bile per* questo appunto che tutta quanta s' impema e vive nel lavoro, reso formidabile e irresistibile nei suoi effetti dalla eguaglianza di tutte le classi; onde ogni specifica distinzione anteriore delle diverse forme di Stati nel loro interno componimento sparisce, e ri- mane splendida per tutti, chiara e nobilissima quella di popolo, che tutti comprende, tutti inalza, tutti re- dime in un alto e dignitoso nome : in quella guisa. che uno pure ne resta il principio vivificatore, premio ai buoni, minaccia ai tristi e agli ignavi che lo dispre- giano, il lavoro. A questa conclusione di fatti e di ragioni storiche e sociali provenne la razza nostra per una lenta evoluzione delle sue potenze, governata da leggi fisse organiche e morali, che poi tutte in una si convertono, nella costante esplicazione delle forze in ogni ordine di fenomeni dalla genesi siderale sino alla costituzione della città moderna. Or vedasi quanto fanno mostra di avvedimento, di senno, di sapere co- 3 34 CAPITOLO PRIMO loro che si argomentano e sperano di ricondurre le società presenti alla forma di quelle passate, sia va- gheggiando le antiche repubbliche, o più tristi le mi- serande anticaglie del medio evo. Arrestare il corso dei firmamenti, la produttività della natura, mutar le sue leggi, sembra a tutti impossibile, e concetto di mente stravolta: orbene, altrettanto impossibile ò il far re- trócedere la umana società, e rifare il cammino per- corso, e ritornare don^de partimQio. La legge del moto sociale è invitta ed etema ; Tonda trasformatrice della vita passa e non rinverte — Spingete, o retrogradi, pure rocchio d'intorno : nessuna orda selva^a, o po- polo rozzo, che possa, invadendo, ripristinare le squi- sitezze feudali: all'interno con F eguaglianza assoluta e col lavoro che la nutre e la difende, nessun modo di elevarsi a casta dominatrice : poichà se > lo tentassero, sarebbero dispersi in pochi giorni dal genio libero e insofferente di privilegi moderno : genio non sorto da condizioni speciali o da particolari necessità in un breve giro di mura, di provincia, di popolo, ma ef- fetto e compimento di una legge eterna, in tutta la razza nostra. Quindi sono vaghe lusinghe, sperpero di fanta- sia, sogno sterile, e che uccide miseramente il sogna- tore ; poiché mentre ei si travaglia in un lavoro impro- duttivo e chimerico, altri si inalza con quello maschio e fecondo, e rovescia chi perdeva il tempo a insidiarlo. Alcuno potrà credere forse che in altri paesi d'Eu- ropa la legge che noi abbiamo formulato non valga, o sia lontana ancora dal compimento come da noi latine nazioni, avvenne più o meno perfettamente. S'inganna! — Della più lontana jRussia parlammo, e vedemmo che ivi pure oramai l'eguaglianza si ef- SITUAZIONE 35 fettuava, e con la eman<;ipàzi'one dei servì la ne- cessità del lavoro, diveniva più potente leva a nuovf progressi civiK. Se ad alcuno sorridesàe il pensiero di' t-eder vincitore nelle razze tetttoniclie un ordine aristo- cratico, o più forte resistere al fato moderno civile, non tìonosce il paese. In Q-erniania e Stati affini il sapere è vasto, largo, diffuso, comune , e le società non solo democratiche , ma socialistiche vi sono numerose , e procaccianti in modo che lo stesso governo dell'impero fortissimo teme, e si argomenta a porvi riparo: e la stessa dittatura morale deirimplacabile Cancelliere, è cagione di comune ISvellaiiiento, e vittoria definitiva della democrazia: parlando soltanto con i eriterii vol- gari dette condizioni civili di quel paese. Ma la legge ehe spinse noi e gli altri, e fece trionfante la demo- crazia, milita per la Gtermania, poiché essa pure fa parte di quella grande famiglia indo-europea, la quale •come ebbe unica la origine, sebbene si scinda per note secondarie in varie membra, è identica in sé mede- sima, ed ha preposti nella sua totalità psico-organica gli stessi fati alla sua storia. Quindi anche per que- sto lato le speranze sono vane: se non si lusingas- sero forse che vengano loro in ajuto i Mongoli o le più graziose e formidabili orde dei negri d'Africa e d'Au- stralia. Dalle cose discorse, spero, ristringendomi agli ar- gomenti essenziali per l'indole dello scritto presente, aver provato e definito il valore della democrazìa mo- derna, la sua vittoria necessaria , e 1' alta significa- zione morale e civile del principio che la informa. Donde più chiaramente si scorge quanto bene prov- vedano in Italia alla salute jdella patria ed al rego- 36 CAPITOLO PRIMO lare suo ayanzamento quelK, che ripongono il mas- simo decoro e forza del governo, nelFetemare quel sistema floBcio e moralmente sterile sin qui stato in onore, e adesso divenuto ristretto d'idee, povero di spirito, amante dei comodi materiali, e di una quiete deprimente : mentre s'intisichiscono di fatto i comuni e le Provincie, si rendono clorotiche le industrie, s'i- naridiscono le sorgenti della pubblica ricchezza, e si allontanano le plebi civili da ogni indiretta ingerenza, gelosi d'ogni moto che non sorga dal proprio seno. Se una tale deviazione dalla legge che governa la civiltà moderna, e dal predominio equo e moderata della democrazia non debba poi suscitare malumori che ingrossano tutti i giorni e preparare catastrofi nel- l'avvenire, neghi chi può. Le leggi naturali non si violano mai impunemente, e la storia e la scienza do- vrebbero oramai illuminare tutte le menti, in specie quelle preposte al reggimento della cosa pubblica. Io non dico (quante volte dovrò ripeterlo?) che a ciò il partito signoreggiante sia pervenuto con animo con- scio e deliberato, ma senza volerlo, operarono da ul- timo in guisa, che tali effetti sono inevitabili. Ed è appunto per questa cagione che or cadde miseramente, poiché l'istinto del popolo italiano, che sente la legge che lo informa e lo stimola, non s'ingannò: favori, ubbidì, pagò sinché questi non si allontanava di troppo dallaf via che ha dischiuso dinanzi ogni popolo civile; ma quando la sua longanimità fu stanca, e capi che esso più non rispondeva ai suoi bisogni, e s'incamminava ad una tisi morale, ad un ozio distruggitore, ad un regime bizantino, si scosse e rovesciò in un giorno legalmente gli ostacoli. Altri con ingenua semplicità si maravi- SITUAZIONE 37 glia perchè allora appunto che il ministero Minghetti ■proclamava dall'alto di Monte Citorio , il pareggio , ' meta per cui il paese operò prodigi di pazienza e di sacrifizii^ venisse abbandonato dal Parlamento: e giù a trovare d'ogni sorta ragioni per ispiegare questo trionfo, come dicono acutamente, della sinistra, e si misero in campo perfidie, coalizioni interessate, e mi- sere gelosie di campanile ! — Ma andiamo una volta al fondo delle cose, e non sfarfalliamo alla superficie. !Non fu la sinistra che vinse, non fu la coalizione che s'impose improvvidamente, non furono gare munici- pali: chi vinse, fu il popolo italiano, nel quale è fuso sinistra, dissidenti, tutti: la nazione che senti per quella abilità sensata che mostrò sempre, che era- vamo fuori di strada, e che più non si rispondeva ai 6uoi fati: la nazione che da un pezzo soffriva mali materiali e morali — ed i giornaK anche moderatis- simi lo dicevano allora — che respirava un'aria grave e deleteria, e sentiva a poco a poco invase le membra da maligna paralisi, e intorpiditi gli spiriti. Questi fu il vincitore, che spinse e incuorò i dissidenti, inspi- randoli della sua aura potente, ed animò più del con- sueto l'opposizione: e. fu vincitore generoso che non immemore del bene che per il passato gli derivò dal partito caduto, né ingiusto verso le virtù private di molti, non inbaldanzi della vittoria. Chi ne dubitasse osservi il popolo italiano in questo mutamento d'uo- mini al governo dello Stato. Qualche anno fa sem- brava il finimondo pensare soltanto alla' possibilità di un Ministero di sinistra: or bene un tale spaurac- chio divenne realtà : e il popolo non si commosse, e ^ la rendita non ribassò, nò si arricciarono le chiome / 88 CAPITOLO PRIMO di spavento agli stranieri, ed il Re, sempre retto ed onesto osservatore della le^e, tranquillamente com- mise al capo di quel partito la composizione incon* dizionata del Ministero novello. Se nelle condizioni in fm si trova l'Italia questo modo di caduta di un partito, deUa comparsa di un altro al potere si possa dire capriccio/ o effetto di spuria coalizione, o di altre (Cause altrettanto grette e meschine, lasciò giudice cui non offuscò la passione o il pregiudizio. Per me in questo ultimo fatto si vedono due cose chiarissime: la calma perspicacia del popolo italiano,, come esti- matore del suo governo, e la rettitudine del Re, che virilmente si conforma ai suoi desiderìi. Come poi il nuovo Ministero, su cui pesano si grandi doveri,, sia per condursi è un'altra cosa, e lo vedremo ajLl'o- pe^a. Anche a lui diremo francamente la verità, e quali siano gli obblighi che, adempiuti, lo rendano degno dell'atto mandato, e dell'aspettativa della na- zione. Ma da prima, onde sieno più efacaci e oppor- tune le nostre proposjie, è d'u(^o definire Jo stato mo- derno, e sotto qual forma egli si evolve dalla mo- derna democrazia. .-< . .-u f^y-. _!.-•*" '*T^ . . >■ \U 4à'"fe. iSX I \ \ CAPITOLO n. Ideet dello Stato. Definita liella sua natura^ nel suo valore storico y e per la sua genesi la moderna demoera^a^ e fatti certi ohe ella consiste e si fonda sulla eguaglianza assoluta dei diritti ciyili « politici di tuttì^ e sul la- voro libero, indipendente e affatto personde, vedia- mo quale sia la forma genkulna e necessaria dello stato che visceralmente ne germo^a, e quale l'idea che del medesimo se ne svolga, e si disegni. Trala<^ aoiando un tale studio, ttè indagando quale principio organatore prorompe spontaneo dalle condizioni so- ^ eiali pitesentì, mal si saprebbero stabilire norme sicure pel governo proprio delle medesime, e fornire criterii a giudicare e antivedere la possibilità dd futuro. È vezzo comune di trattare gli ardui pròMemi sociali , che richiedono vasto aapene, e pronto ed misào inge- gno, ^ bingo tirocinio, alla leggera, e scioriiwe appf- tegmi politici, battagliando e intorbidaado per ukioi^o ogni cosa, a scapito del vero ordine delle cosq. Gke 40 CAPITOLO II • • • se in ogni arte, in ogni scienza, e certo in ogni me- stiere, vuoisi largo studio ed esercizio a diventare esperto, e competente nei medesimi, tanto, più corre l'obbligo nella più difficile arte di condurre gli Stati, o nel proporre le opportune riforme: poiché se in ogni altra disciplina, o negozio Terrore può condurre a danni parziali, e di pronto rimedio, in quelli so- ciali e civili sono ben altri i danni possibili. Il che dovrebbe rendere più saggi e cauti coloro che si as- sumono il periglioso incarico di guidare la pubblica opinione, o prepararvisi con più virili propositi e scienza maggiormente adeguata. Dalla quale perfe- zione noi ci sentiamo certamente lontani, e rivolgiamo a noi stessi la perorazione presente: ma a giustifi- care almeno in parte il nostro forse altero divisa- mente di discorrere di cose sociali, vogliamo appunto svolgere la teorica dello St^to moderno secondo una propria dottrina, onde si veda che se parliamo, avemmo però innanzi di scrivere già da lunghi anni un chiaro concetto di tutto il complesso dei fatti, e di tutti gli elementi, onde si compone, e sì organa lo Stato: frutto di assidui e coscienziosi studi. Lo svolgimento sto- rico della idea dello Stato, richiederebbe un volume : io qui e presentemente non posso che accennarlo per sommi capi: e spero che coloro che sanno, vorranno essere meco indulgenti per la natura di questo mio scritto presente. Poiché Tultimo effetto in cui s'impersonava tutta la evoluzione storica sociale anteriore fra noi, fu ed è l'eguaglianza d'ogni diritto nei singoli, ed il lavoro come sua condizione; e poiché questi fatti si avvera- rono iu virtù del legittimo ordine civile, onde ven- IDEA. DELLO STATO 41 nero consacrati e resi inviolabili^ ÌdÌb consegue che Tautorità pubblica^ nella quale si riassume il valore e la custodia dei diritti di tutti^ ha per suprèmo do- vere la tutela continua di questa eguaglianza, e il minimo arbitrio che la offendesse, sarebbe atto tiran- nico, che violerebbe la legge fondamentale onde la società umana sussiste. Arrogo che F autorità pub- blica in forza della eguaglianza stessa legale dei cit- tadini, tra cui nessuno ordine privilegiato non può sussistere, altro non è che una delegazione^ e in con- seguenza una emanazione diretta di tutto il popolo, come vedremo meglio in progresso. Ma Teguaglianza non può avverarsi o continuare nella totalità dei cit- tadini, se non in virtù dell'altro principio ed effetto sociale, cioè il libero lavoro, in quanto rimane Tunico fulcro, runico ajuto, l'unico modo possibile di vita tra i medesimi, poiché Teguaglianza, essendo il con- trario del privilegio, e nessuna classe di cittadini po- tendo alla lunga — e questo è F immenso beneficio del moderno inciviUmento — continuare a vivere senza il lavoro, è chiaro che l'unico principio gene- ratore dello Stato moderno, è il lavoro, tutelato e ne- cessitato dalla eguaglianza dei diritti, in cui poi si risolve, e dalla autorità pubblica, la quale a sua volta è una diretta emanazione d'entrambi. Quindi il fatto fondamentale degU Stati moderni, è un fatto econo- mico; onde tutto il tirocinio della politica e dell'or- dine pubblico si riduce a togliere tutti gli ostacoli noti, e che via via possono venire conosciuti, al pieno sviluppo del lavoro produttivo nella moltiplicità svaria- tissima delle sue forme fisiche, meccaniche, artistiche e scientifiche, onde si arricchisce, si abbella, si forti- 42 CAPITOLO U fica^ e a cosi dire s'inciela ima nazione. Cbstituire r inyìolabiiità materiale e morale d'ogni siagoio uomo, parre a fondamento di durata, yalore^ condizione di yita^ il lavoro^ tutelare queste due santissime poten/ze dalla pubblica autorità, delegazione di tutto il pepalo: e quindi ridurre ogni dottrina sana, rera^ feconda rispetto alla nati:ffa dello Stato e della umana <son7Ì- venza, ad un problema economico, e cosi nobilitaore Fumana natura, togliendo ogni irrazionale privilegio, e redimere servi, scbiavi e plebi, sollevandoli tutti al degno ufficio di fattori delllncivilimento , ecco il re- sultamento stupendo e veramente divino della evo- luzione sociale! Qìi economisti^ che esclusivamente specularono in- torno alia produzione e distrìbimone delle ricchezze nelle nazioni, dopo molte disquisizioni e controversie vennero, mercè specialmente di Adamo Smith nella sentenza, vera ed irrepugnabile, <5he il principio ge- neratore delle medesime, è il lavoro. H quale prfaa- ^pio ridusse veramente a scienza e ne predispose i perfezionamenti, quelle ricerche anteriori, e si elevò alla l^ge, meglio poi intesa nella complessività d^i suoi elementi, che governa l'operosità umana nella crear zione degli utili. Quindi non vi può essere oramai uomo sensato e capace d'intendere i fattì economici, ohe ponga in dubbio quel principio. Ma perchè questo sia veramente attuata, e porti tuttì i frutti onde è fecondo, e divenga vsa verità, necessaria è Tegua- gliasLza nei diritti di tutti : poiché laddove qualunque ineguaglianza per privilegio sussistesse, ed i cingoli non fossero tuttì adsohitamente ìkherì ndla «cdta dell'esercizio, e varietà stessa -del lavoro, quel principio IDSA DBLLO STATO 43 non potrebbe prodtirre.i iiuoi effetti, « quindi il lar yoro sarebbe soltanto una frazione della liccheasza pubblica, la quale poi non potrebbe essere generale, ma parziale e difettiva. Laonde è chiaro ed evidente che tolta Teguaglianza totale dei cittadÌBi, il lavoro non può assumersi come unico fattore né della pro- duzione sociale prettamente economica, né della vita complessiva generale deUo Stato. Il principio «cono- mioo vero della produzione della ricchezza nasionale, presuppone il principio civile e pubblico deUa egua- glianza, e del diritto comune e della legge che lo tuteli : onde ambedue in uno finabuente si risolvono, e Teconomia pubblica altro non è, che la ricerca di -quelle cause, di quelle condizioni, che rendono più. produttivo, utile, benefuco il libero lavoro, che per sé stesso é il fatto singolare e sociale generatore di tutto l'ordine privato e pubblico, onde consta lo Stato. Dal che resulta che Teconomia é scienza sussidiaria della politica e sociologia; e che il problema degli Stati moderni, è un problema economico. Il diritto infatti risguarda sempre un esercizio, o il prodotto di un esercizio, e quindi un lavoro: im- perocché un diritto senza obietto, od obietto non effetto di un esercizio, o di lavoro, é una chimera : sebbene pur troppo alle chimere sia stato applicato il diritto. La persona umana é inviolabile nella totalità delle sue potenze psico-organiche, perché tutte e singole pos- sano esplicarsi ed esercitarsi liberamente, e pervenire a quella perfezione relativa, limitata solo daMa ìntrin- sec^a insufficiensa, dalle <)ondizioni proprie sociaK, o dal libero esercizio di quelle che sono in altri im*> pevsonate egualmente. Quindi il diritto di proprietà 44 CAPITOLO II è ìmplicitameiite contenuto, e identificato a cosi dire nel diritto al libero esercizio delle personali potenze, poiché il lavoro, che è la condizione assoluta della vita e della libertà delle società moderne, non si con- suma soltanto nel suo atto presente, ma si continua negli effetti suoi, giacché in essi restarono scolpiti inerenti, consustanziati gli atti successivi via via delle potenze che li produssero. Imperocché se prodotto un oggetto, od attuato un fatto qualunque economico , materiale o intellettivo, cessa il lavoro della facoltà, e dell'arte nostra a produrlo, egli è perciò ancora una emanazione della nostra persona, fa parte della me- desima, nò potrebbe essermi tolto gratuitamente, e di forza, senza che venga io stesso violato in una apparte- nenza della mia propria persona : ed è appunto per questo che TeguagUanza vera, e la condizione sua, il lavoro, fattori della libertà privata e pubblica, presuppongono la proprietà, e la proprietà dei prodotti: onde nel la- voro libero, abbiamo non solo un principio economico, ma giuridico. Ed in vero se la proprietà, prodotto del lavoro, o la possibilità di possedere stabilmente secondo i canoni della legge di eguaglianza, non fosse un fatto, un diritto d'ogni singolo, eguaglianza e la- voro sarebbero nomi vani, e la proprietà come fu du- rante secoli molti un privilegio di pochi, e di caste. Quindi i comunisti e socialisti che distruggono o vio- lano per arbitrarie teoriche il diritto pieno di pro- prietà, distruggono a un tempo eguaglianza, libertà e lavoro, annichilando gU effetti della evoluzione ge- nerale della società umana, *e spegnerebbero ogni progresso. Ma l'uomo vive di libertà, e a libertà si muovono le genti, e con la libertà alla dignità mo- IDEA DELLO STATO 45 rale e intellettiva: senza eguaglianza di diritto^ che piresuppone lavoro, e virtualmente proprietà, libertà e benessere non sussistono: il principio loro quindi riinane sempre economico, in cui implicitamente è contenuto e connaturato il giuridico. Le attitudini umane sono svariatissime e molte> plici:'le indoli diverse, dissimiU i desiderii, le aspi- razioni, gli scopi, come distinte le condizioni econo- miclie di ciascheduno ; onde nasce e pullula una infi*- nita varietà di lavori, di atti, di esercizio, di prodòtti, di gara che avvivano, rimutano, conunovono e corro- borano la società, ove lìberamente possono effettuarsi. Ma per la ragione appunto per cui tutte queste atti- tudini e facoltà debbono pel libero lavoro esplicarsi^ ed operare in una società d'uomini eguali virtual- mente in ogni diritto fra loro, sorge la necessità di rispettare reciprocamente il lavoro, e il suo prodotto in ciascheduno: il che implica nel diritto il dovere^ e la ragione reciproca loro. Imperocché sarebbe af- fatto vana illusione l'eguaglianza^ e con essa la libertà del lavoro, e la proprietà dei prodotti, che indi risultano, se a tutti vicendevolmente si conce- desse di violare Tesercizio degli ^ altri ; ed- illusione sarebbe pure l'effetto della legge di evoluzione sto- rica, che in quella eguaglianza di diritti si conchiu- deva, e sciaguratamente inutili tanti sacrificj, tanto sangue, tante violenze sofferte € superate dai dere- litti lungo i secoli, per conquistarla. Quindi come nel fette economico del lavoro, era implicito, inchiuso, consustanziato quello giuridico, cosi c'è pure involuto <juello morale: poiché diritto e dovere essendo idee correlative come destra e sinistra, alto e basso e via 46 CAPITOLO n discojrreiido^ cosi in tanto si compremde logicamente il diiritto in quanto è contrapposto al dovere, e vi- cendevolmente : avendo una ragione reciproca di sns- sistenza. La morale perciò, intorno a cui tanto si di- scorse, e chiaccherò a nome di mille priijicipj diversi, è un fatto, una necessità sociale, come lo sono il di- ritto e il lavoro : e viene nelle molteplici attinenze e correlazioni a svolgersi e perfezionarsi come tutti gli ordini e rapporti sociali, come dimostrai in altro mio scritto. Dunque nel libero lavoro, fonte delia libertà e civiltà, trovasi implimto anche il principio giuridico e morale, che insieme poi si raunano in potente ipo- stacà, e si risolvono nel principio economico genera- tore degli Stati moderni: e tutto questo magisterio di principi!, di leggi, di fatti sono poi etfetto e causa insieme della moderna democrazia. Ascendiamo più in alto. Dalla eguaglianza assoluta dei cittadini nell' esercizio personale dei loro diritti , che si risolvono nel libero lavorò, emana nella ge- neralità sua comprensiva dì varie specie subordinate di modi, l'autorità pubblica, che ne tutela e ne garantisca V effettuazione e la permanenza. Ora questa autorità nelle varie branche , nelle quali si ramifica, non può essere nella democrazia che una delegazione, una emanazione cioè volontaria, espli- cita, libera del popolo, ove prende pubblica forma. Ed in vero se le forze che compongono la società, sono singole persone, nelle quali si radica individual- mente il diritto al lìbero esplicamento delle loro po- tenze, e al lavoro proprio di ciascheduna, e queste singole persone sono le sole generatrici, e i fattori primitivi della convivenza sociale, non da diversa IDEA DBLLO STATO 47 sorgente può derit^are Tautorità pubblica della mede- sima e degli ujSioi che vi corriìspQadoQO nell' orga- namento gerarcUco in cui si diversifix^a e si disbranioa ; poiché ripugna alla indole ed essenza della egua- glianza sociale y riconosciuta come forma ottima e giusta della convivenza medesima^ che 1' autorità la quale djebba tutelarla provenga da fonti estrinseche a so medesima^ e che offendano quel principio di personali diritti^ onde consiste e s'informa. Ne a que- sta dottrina si opponga, come sovente si fece e si £st la favola del contratto sociale^ funesta allucinazione ^ o l'altra non meno priva di ragione e di fondamento di una legge superiore, a priori, categorica che go- velali e formi la società, quasi l'autorità pubblica fosse delegazione estranaturale, piuttosto che emanazione diretta del popolo. Coloro che timorati e timidi so^ stengono una tale tesi piuttosto con argomenti teolo- gici, che scientifici, paventano della loro ombra, e si immaginano che la società, considerata in se stessa, e destituita di aiuti estrinseci, e miticamente supe- riori, non abbia leggi proprie ed inviolabili , che la sostengano in biUco, e possa a capriccio suo avan- zare o arretrarsi, 4^struggersi o inmiortalarsi. Or questi candidi creatori di leggi sopranaturali mo- strano a parer mio una cosa sola evidente o che non compresero mai, se la lessero, la storia^ o giudicano ai nostri giorni delle società umane e delle leggi che le regolano nelle varie razze onde si compone l'umana stirpe, secondo i canoni dei teologi d'ogni paese, e dei tempi di Gregorio Settimo. H vero si è per contrario che l'evoluzione sociale viene regolata da leggi fisse ed indefettibili come quelle tutte dell'ordine cosmico, 48 CAPITOLO n e comecché le volontà amane e gli accidenti d'ogni maniera y possano modificare, perturbare in parte ^ deviare in menoma quantità il corso fatale delie tras- formazioni storiali, non pervengono mai ad arrestarle, o distruggerle ; come le orbite di ciascun pianeta nei moti reciproci intomo al centro splendido del proprio sole, si compiono inevitabilmente, comecché perle vicen- devoli attrazionr, le eUssi sideree non sieno geometrica- mente perfette. Quindi se le minoranze ribelli, riottose, faziose e fanatiche possono travolgere e perturbare l'or- dine naturale e morale della società, e bandire prin- cipii anarchici e vandalici, non perverranno mai però a svellere i cardini ove si aggira la società tutta quanta. E d'altra parte tali teoriche, tali fatti nefajii avvennero sempre e sono avvenuti eziandio ai nostri giorni, ,di mezzo a maggioranze immense che profes- sano dottrine identiche a quelle dei pubblicisti timo- rati e religiosi: e ad onta anzi di questi, ciò che prova che quei tristi accidenti non sono il portato di un popolo privo di fede. Ma si rassicurino , e impa- rino da noi figli del secolo , e ìielle sue dottrine e verità fidenti, che la vera causa che salvò e salverà la società, è questa: che il turbamentp cioè, sempre è un accidente, i perturbatori una frazione, che ognora restano vinti dalla totale resistenza del popolo, nel quale la giusta legge di evoluzione si compie, e per- chè la moltitudine nella universalità sua è ognora conservatrice ; e che solo lentamente procede ai fati prestabiliti. Cosi mentre le minoranze migUori, in cui prima che nelle maggioranze della nazione si svolge il sentimento del bene, e si manifesta la luce del progresso sociale, prevalgono, e a poco a poco per- IDEA DELLO STATO 49 suadono^ spingono e informano di sé i moltissimi restii e lenti ; le minoranze faziose e torbide^ se valgono accidentalmente a recar danni parziali , vengono re- presse e schiacciate sotto il peso delle moltitudini conservatrici : e questo perchè il loro conato colpe- vole è una violazione non una anticipazione dell'av- venire. Quindi il principio da noi posto che Fautorità pubblica ematii dal popolo, e sia una sua delegazione, ed in questo fatto essa acquisti il valore morale e giuridico, come un effetto legittimo della democrazia, che si fónda sulla generale eguaglianza , è 1' unica fonte sana di ogni autorità sociale ; poiché se ella emana immediatamente dalla volontà dei singoli, com- ponente la nazione , ha una origine mediata nella costituzione naturale della società umana, ed è una legge del mondo : il che basta , mi pare , non solo alla sua nobiltà e dignità , ma alla sicurezza della sanzione che indi proviene. Se, procedendo nel nostro ragionamento, Tautorità pubblica è veramente una delegazione del popolo' nelle condizioni sempre sovra accennate, gli ordini in cui via via si accentra ed opera, non, sono, né debbono dirsi poteri. Potere, e poteri, parlando il linguaggio comune odierno, avevano, se non di diritto, almeno di fatto sussistenza, quando gli ordini varii dell'organamento di un popolo erano privilegiati ed oligarchici, cioè si esercitavano per virtù di una fin- zione legale in quanto riponevano in sé stessi V ori- gine propria, né si sognava neppure il nome di dele- gazione in questo senso nelle società laicali ; o si veramente, il che tornava al medesimo, se gli ordini dovevano considerarsi come effetti di delegazione, il 4 50 CAPITOLO II delegante era mai sempre autocrate^ e riceveva da mano sovraterrena il poter suo e Y investitura, e il delegato veniva scelto d'altra parte, in una classe di per se stessa privilegiata di fronte alle moltitudini sottoposte. In questo caso, e solo in questo caso deb- bono denominarsi i vani ordini di ufficii sociali,' po- teri : ma questo nome non ha più significato proprio nelle società democratiche, ove la delegazione popo- lare è legge fondamentale. In siffatta società gli or- dini, gli antichi poteri à3i^ più umili ai più alti sono funzioni sociali , e nulla più : il cittadino delegato ad esercitarlo, non s' identifica mai nel diritto del- l' ufficio particolare , ma solo esercita una funzione, già definita dalla legge. Alla base della società demo- cratica la persona singolare è tutto; al di sopra via via nei diversi uflSci sociali , a cui viene delegato, la persona scompare, e sol resta l'ufficio: la persona rimane solamente in quanto è sindacabile se violò la legge nel suo esercizio, e precisamente se sostitid, anche in minima parte , la sua persona all' ufficio. Nella democrazia e in virtù del principio di egua- glianza che tutta la informa, la delegazione è sempre rappresentativa , cioè non personifica l' ufficio, ma rappresenta la funzione legale a cui quell'ufficio ap- partiene da una parte, e dall'altra la facoltà del po- polo che a quello delegò il cittadino : onde in nessun modo la persona s'identifica con 1' ufficio. E questa distinzione, che è capitalissima, e che deve radicarsi nella opinione universale a poco a poco a maggior garanzia dei diritti di ciascheduno, e della nazione, è un portato speciale della democrazia moderna; poi- ché in quelle imperfette , che con tal nome nell' an- IDEA DBLLO STATO 51 ticbità vennero appellate^ oltre alla coesistenza nel loro seno di poteri privilegiati in alcune funzioni dello Stato^ la delegazione agli u£ficii aveva ^cai^ttere più personale^ e discretivo; facoltà che non può as- solutamente aver luogo in quelle moderne , ove V e- ^uaglianza di diritti esclude qualsiasi privilegio di maggioranza personale. Dal seno del popolo emanano dunque fanzioni civili, le quali comprendono il com- plesso degK uffici proprii di una data specie di eser- cizio legale, come le varie amministrazioni, la pub- ica sicurezza, i tribunali, le armi e via discorrendo ; •e gli ufficii che le compongono sono particolarmente esercitati dallo singole persone. I varii uffici quindi formano le funzioni, e le persone delegate esercitano questi uffici : onde nelle società democratiche esistono di fatto funzioni ed uffici, come organi legali dello Stato, e le persone delegate ad attuarli sono mere \ rappresentanze rispetto alla nazione, e solo valgono \ individualmente in quanto con, scrupolo, S£^geaza , onestà, esercitano l'ufficio a cui furono preposte. Non occorre aggiungere che ogni ufficio è impos- sibile che emani direttamente dal popolo per imme- diata delegazione ; sarebbe cosa ridicola il supporlo : ma^ resta fermo però e irrepugnabile che ogni facoltà di qualsiasi funzione, ogni esercizio di qualunque ufficio, emana, benché mediatamente, dal popolo stesso: poiché la facoltà di quelli che negli uffici supremi nominano agli uffici subalterni neir ampio giro della universale funzione dello Stato , é una delegazione della nazione. Ma oltre gli uffici e le funzioni dalle più umili alle più elevate che riguardano il magi- fiterio della applicazione delle leggi, delle norme, dei 52 CAPITOLO n regolamenti già promulgati e ordinati^ e che compon- gono a cosi dire la statica sociale^ e che comprende naturalmente il maneggio supremo dei Ministeri nella direzione esecutiva di tutte le altre, c'è la funzione superiore della creazione e definizione delle nuove leggi; che rappresenta la dinamica sociale , e il suo- continuo progresso e miglioramento. A più forte ra- gione quindi essa deve scaturire direttamente dal popolo e dovrebbe farsi da tutti i cittadini abili ad espri- mere legalmente il loro voto, essendo una necessità 4ella eguaglianza a cui tutti partecipano. Che se le condizioni di fatto rendono qualche volta impossibile l'universalità assoluta del voto, a questo però deve intendere la saggezza dei governi, i quali ponendovi incautamente ostacoli, e non procacciandone la più sollecita effettuazione , contrasterebbero con danna certo ad una fatalità storica della democrazia moderna,^ la quale in esso ha il suo naturale compimento. Ed in vero se la condizione attuale della società, ed anzi la forma assoluta sua, consiste e riposa tutta essen- zialmente nella eguaglianza di tutti, quale ne sia la forma pubblica, e se da questa prorompe spontanea- mente la delegazione ad ogni ufficio, ad ogni funzione,, egli è inevitabile che la più eccelsa, quella da cui dipendono sostanzialmente la salute, reccellenza, il. progresso della umana convivenza, la legislativa, sia una emanazione diretta del popolo e di tutto il popolo» Poiché l'autorità di ufficio e di funzione in ciascuno» dei gradi, onde consta il pieno assetto dello Stato ^ non può più provenire dai poteri superiori al popolo stesso, ed il supporlo sarebbe o rinvertire agU ordini antichi privilegiati, od ai canoni delle dottrine teolo- IDEA DELLO STATO 53 giche, ed ogni popolo è autonomo moralmente, social- mente e politicamente, una tale autorità non può che da lui medesimo derivare, onde abbia piena virtù di legge e di sanzione. Se oggi la critica storica e antro- pologica, secondo le norme dei nuovi metodi d'inve- stigazione, coadiuvati da tutte quante le sòienze, ha ^stabilito con certezza un fatto, egli è questo: che le ^ società umane a poco a poco dalle condizioni semi- animali cominciarono per ascendere e ingradarsi mano mano a queUe più civili, passando per tutti gli Stati intermedii, di cui restano le memorie , o ancor si vedono nelle varie stirpi più o meno rozze, e sparse per i continenti e le isole. Chi ne dubitasse darebbe prova di appartenere ad altro millennio, o di non <5onoscere affatto i resultati positivi delle scienze antro- pologiche: neUe quali (e parlo di quei studi scrii fatti da unenti elette, fornite di varia ed ampia dottrina), nelle quali potrà trovarsi discrepanza intorno al modo delle origini prime, o rudimenti sociali, o al Qorso* tenuto nel loro esplicamento, ma non si accoglie alcun dubbio e le discrepanze svaniscono rispetto, al cominciamento sil- vestre, ed eslege delle varie genti. Quindi è giuoco- forza ammettere che nessuna legge morale, o civile a priori, comunicata per intuito alle intelligenze informi in quelle epoche remotissime, od insegnata per rive- lazione superiore, fosse preposta sin da principio ai primi nuclei delle umane società, onde alle norme di quel lume, o di quei canoni sovraumani si andasse moralmente e civilmente svolgendo la convivenza. E se questo fu il reale stato di quegli uomini primitivi, come certamente era necessario che fosse, V autorità qualunque che die principio ad uno stabile ordina- 54 CAPITOLO II ^ mento y il più sempEoe possibile ^ dal seno di loro stesse proveniva, e sì andava poi svolgendo, e nelle razze isteriche depurandosi e migliorando sino a che nelle condizioni attuali pervenissero. Onde essendo tutlo tjuesto intemo lavoro, proprio della umana na^ tura, e nel caso nostro, della razza a cui apparte- niamo, ed esplicamento spontaneo, è chiaro che la legge sociale, e Tautorità che la rende inviolabile e sacra, è un prodotto della generale operosità della intelligenza, e del popolo ove si manifesta: e poiché una tal legge comprende le franchigie sempre più vaste del lavoro nelle sue molteplici e più ampie forme, onde resulta la più grande felicità, dignità, e morale libertà umana, essa è un eflfetto delle condi* zioni cosmico-intellettuali dell'uomo, essa acquista una virtù assoluta, in quanto è una legge appartenente a quelle, che insieme formano la vita e la continuità dell'ordine universale delle esistenze; e quindi si com- pie, e a così dire, s'india nella necessità della ragione, ohe è funzione e simbolo del bene assoluto, perchè è condizione della vita stessa del mondo. E ee a più alti principii che non sieno mere fantasie umane si possa legittimamente ascendere , non so : quello che so si è che questo è l'archeo altissimo a cui s'inalza liberamente la intelligenza, e che sarà la fede di tutti. Fu notato da altri, ed in specie dal Bùkle , qhe molte fiate s' incontrano nel corso istorico di un po- polo, giunto a mezzana civiltà, alcuni principii raffi- natissimi di morale, e preposti coipe divini oracoli^ o come aforismi di saggi, che mal poi corrispondono alla indole dei codici, delle leggi, dei costumi di quei IDEA BELLO STATO 55 popoU stesai. Ne ciò dee far meraviglia, poiché i dettati morali, come speculazione di intelligenze elette, e forma teorica dì alcuni rapporti sociali, possono certamente preesìstere alla condizione generale della moralità dei singoli uomini ed alle leggi positive ed ai costumi : e la China, e lo stesso Israele, nella an- tica sua storia, e la Grecia pure per tacere di altri molti ne fanno testimonianza : come eziandio si rin- vengono costumi in aperta contraddizione con la civiltà e moralità relativa in altri popoli, rimasti superstiti, l'incesto obbligatorio in certi casi, per esempio, nelle antiche dinastie egiziane. Questo fatto dimostra evi- dentemente che il vero progresso civile di una gente non consiste in massime teoriche, trovati e proposti dagli ingegni eletti, ma sibbene nelF esercizio pratico di tali principii del maggior numero, perchè divenuto principio giuridico ed economico ; o in altri termini quando dal campo ristretto e subiettivo della specu- lazione, divenne forma giuridica degli atti dei singoli nella umana convivenza : quando si esercita come un diritto a cui corrisponde un dovere giuridico. La ci- viltà vera, la di cui forma sociale perfetta non può essere che democratica, nel sens^ largo e fecondo di questa parola, consiste quindi nel rendere giuridico Tatto morale, vale a - dire che quella moralità che gli ingegni grandi e generosi prepongono come norma ed arte del vivere, e che sta come precetto teorico il più delle volte inefficace dinanzi alla mente, o se ne recita periodicamente il contenuto ad ora fissa , divenga poi per Tesplicazione sociale della operosità reciproca umana, atto giuridico, esercizio cioè di di- ritti e doveri sanzionati dalla opinione e dalla auto- 56 CAPITOLO II rità poi civile del popolo stesso. Sovente, e il più delle volte anzi, pel maggior numero dei credenti in qualsivoglia fede antica e moderna la perfezione della morale vita si conchiude e si risolve negli atti me- ramente di rito e di culto, o nelle pratiche religiose : mentre e al contrario la perfezione della morale sta riposta nella trasformazione della medesima in un atto giuridico sia privato sia pubblico. Si percorra la storia e si comf)renderà chiaramente che il pro- gl'esso reale di un popolo, non fu in ragione della eccellenza dei suoi precetti morali stessi in un dato ordine di rapporti, ma si nello sviluppo giuridico del medesimo. La quasi perfetta morale di Confncio non segnò ai suoi tempi, e nei successivi, la perfezione dei costumi, delle leggi, deUe procedure dei Chinesi, come Tegregie massime tradizionali dei savii della Grecia, e le teoriche dei suoi filosofi moralisti coesi- sterono e perdurarono insieme ai privilegi delle caste, alla schiavitù , a costumi impuri e dissoluti : mentre l'attività giuridica economico-morale dei popoli, di- strusse e privilegi e schiavitù : e la moralità identi- ficata nel fatto giuridico parve poi cosa quasi primi- tiva e congenita ; non avvertendo più nella pratica civile recceUenza di una vittoria morale. A dimostrazione maggiore della verità delle cose esposte, e della legge che governa la stpria , e Te- splicamento giuridico ed economico della civiltà., è mestieri considerare quale sia stata la geriesi , e il valor discorsivo della idea dello Stato : la quale , se veri sono i principj che abbiamo determinati, e reale il moto sociale che alla moderna democrazia generale messe capo, dee consuonare con i medesimi, ed es- IDBA DELLO STATO 57 Berne a così dire la controprova : poiché i due pro- cedimenti storici devono identificarsi , esseìido V uno causa ed effetto insieme dell'altro. Io non posso qui che tratteggiar brevemente un tale vastissimo tema^ riserbandomi a completarlo degnamente in altro e speciale lavoro e, prego quindi venia al lettore. Tralasciando i gradi probabili primitivi per dove gli uomini s'ircamminarono a socievole comunità^ egli è certo che la prima cagione dell'aggregarsi in più stabile convitto, e della permanenza del medesimo^ > fu la forza, 3 l'utilità immediata reciproca. E si badi che io sono lontano dall'affermare — e come npl sa- rei, se il sipposto è ridicolo? — che questa forza, questa utiltà, causa e tutela delle prime aggrega- zioni, foss3 voluta per deliberato proposito e cosciente degli sciani rozzi a selvatichi : che nulla nelle ori- gini umaae avviene per esplicito divisamente , ma tutto pet spontanea evoluzione delle potenze nostre nella coitorrenza e operosità loro, secondo ragioni di luogo, di tempo, di razza. Verità che non dee mai dimenticarsi, e canone storico da non mai trascurare da tutti,!che desiderano raggiungere con certezza le reali ori(ini d'ogni umana istituzione e credenza. Quandoinvero le intelligenze dei singoli uomini pri- mitivi fano si umili, e sì nel senso implicate, e le volontèrsì poco esplicite per razionale valutazione di motivi e mentre le necessità di natura, d'altra parte, appar^nen ti tutte alla conservazione individuale gli spingv^a ad aggregarsi, nessun altro stimolo, oltre la legg< nativa sociale che a loro insaputa li governava, era possibile che quello della propria utilità; nessun alt> legame che quello della forza sia di uno o di 58 CAPITOLO II più a norma dei varii modi di ordinarsi valeva a te- nerne stretta la convivenza. In quel primo stadio, in quella prima forma se possa cosi chiamarsi, di stato, nessun principio teocratico, mitico, simbolico era sorto , dappoiché le intelligeme erano ancora troppo chiuse, e involute e non pote-^ano sollevarsi a quelle idee, proprie d'altre età, e coniizioni psicolo- giche successive. In questo stadio gF Stinti animali prevalevano, e la mente sordamente <^erando, non usciva dai termini di giudizj particola^ e concreti, spettanti solo alla conquista del necessario a soddi- sfare i bisogni corporei, e alla conservatone di sé medesimi : quindi come giungere al colletto d' or- dine, di leggi, o di miti morali? — E eie una tale condizione sociale non sia 4ina mera fanta^a, oltre i risultati di una induzione legittima che si fonda sui fatti, e sull'essenza della natura umana n^desima, oltre i sussidi che le arreca la linguistica cì^ seppe risalire al significato primitivo delle parob, affatto materiale, e sensato, non mancano esempi anche at- tuali di popoli rozzi che si approssimano Sk queUo posto da noi, e che ne testimoniano la raltà. Lo Stato quindi nascente e nei primordi social non fu, e non poteva essere che una aggregazione mossa e stimolata dalla utilità immediata, retta e mntenuta dalla forza nei prevale^iti. Nessuna idea di iritto, e di dovere propriamente detti, nessun principi tipico di ordinamento sociale, nessuna idea esplicita dlegge. L'idea dello Stato non* esisteva: tutto riposa^ sul sentimento di una utilità relativa, e di una <)otto- missione inevitabile. Tale è l'origine delle uma^ì so- cietà sulla terra, tale è la prima forma, e il coqjin- ciamento degli Stati. IDEA DELLO STATO 59 Ma in questa forma per quanto essa fosse disar- monica e rozza, occasionata dalla forza, dagli istinti, dai bisogni, erano già i germi di quelle successive : poiché i congregati, e parlo specialmente di razze storiche, possedevano in sé implicitamente la virtù del progresso intellettivo, e quindi morale e giuri- dico , secondo la quale anche la forma ulteriore dello Stato dovea trasformarsi. Or la condizione della intelligenza quando dal mero e bruto senso della realtà del fenomeno, in quanto stimola od appaga un bisogno organico , sorge a un primo concetto , è il mito : o la personificazione e deificazione delle foraie della natura, e di quelle non ordinarie degli uomini stessi. Quando gU uomini primitivi tanto avanzarono da congregarsi in più stabili convivenze , il linguag- gio, per quanto abbozzato, era già nato : e questo, mediante la memoria e la tradizione orale, perpe- tuava l'immagine dei fatti passati, e collegava le ge^ nerazioni che fisicamente si continuavano in una me- desima aggregazione. Laonde il linguaggio sussidiato dalla memoria, e la necessità deU' esplicamento delle potenze native, ne rendevano possibile, anzi inevita- bile il progresso. L'intelligenza implicita che viene dagli interni sti- moli, e da quelli dell' esterno mondo , mossa a svi- lupparsi, e ad esercitare più» esplicitamente le sue potenze, posta dinanzi, come ella è, delle forze e dei fenomeni straordinarii e ordinarii della natura, e al moto che sempre informa i medesimi , e agli eflFetti che neU'uomo sempre producono , obiettiva sé mede- sima, e umaniz2?a a cosi dire tutte le cose, tutti i fenomeni, e gli stati loro diversi. Onde al di sopra ^0 CAPITOLO U del puro fetto percepito, e in quanto soddisfa i bi- sogniy minaccia l'esistenza, travede una inten2done, un potere, un volere più o meno vasto e poderoso, quanto esprimono i fenoi^ieni distinti , e osservati : quindi le immagini, i costrutti fantastici delle virtù presenti della natura, benefiche o maligne : i primi concetti religiosi che lentamente, poiché la specie umana è antichissima, tutto comprendendo e abbrac- ciando, dai fenomeni e £a,tti fisici, vengono applicati ai fenomeni e fatti sociali, ed eziandio alle persone, che in virtù di forza bruta o astuzia prevalente , li dominavano. Ciò che trasforma poi Y idea primitiva dello Stato : dalla forza bruta cioè, irrazionale , in quella più conforme a umanità, mitica o teocratica. E questo concepimento, questa idea seconda dello Stato, ebbe pure una lunghissima vita, lento e vario svolgimento, e traversò epoche operose e grandi, e in alcuni popoli tuttora sussiste. In questa nuova condizione lo Stato, come è retto da persone, caste, o ordini che dai superiori numi discendono, e si fondavano suir assoluto privilegio di- vino della discendenza, così è ordinato, tutelato, te- nuto in briglia dalle potenze celesti, a seconda dei vani Olimpi dei popoli, ove si manifesta. E un tal principio perdura anche in tempi, ove la cultura, la civiltà, la democrazia parziarle rifulsero , come nelle famiglie dei Caranidi, dei Giulii, in China, in Egitto, e si può dire in ogni luogo e nazione civile. Tanto è difficile il districarsi dai pregiudizj nativi, resi po- steriormente abituali delle nienti, e sostenuti in se- guito dagli interessi, e daUe credenze del volgo. In questa seconda forma adunque lo Stato è una preor- IDEA DELLO STATO 61 dinazione divina, nacque, ^sta, continua per benepla- cito degli Dei : l'ineguaglianza della forza di quella anteriore divenne nativa preminenza di famiglie, d'or- dini, d'istituti; ed il privilegio e la servitù, precetto e regola non solo civile, ma religiosa: le distribuisioni degli uffici e delle funzioni sociali già nati e svolti^ destinati a ceti fissi, e identificati quelli e queste con le persone che Fesercitavano, come se in loro fontal- mente quel diritto preesistesse. Gli assetti e gli in- temi organamenti di questa seconda forma dello Stato furono molteplici, e svariatissime le orditure , come ognuno che abbia famigliarità con la storia generale può vederlo : poiché in alcuni la potenza teocratica più o meno signoreggia lo Stato, in altre prevale quella laicale , benché per alcuni rispetti sottostia sempre alla prima, in altri si contempera , e via di- scorrendo : ma il principio rimane sempr e lo stesso : il concetto mitico e religioso che legittima i privi- legi. In tali condizioni la disuguaglianza primitiva di forze fisiche, e di astuzie dei prevalenti sono riba- dite, e meglio ordinate, e fatte stabili dalla sanzione, e origine celeste, e dall'arte riflessa di governo, men- tre la massima parte dei deboli langue in servitù, ed i liberi s' ingradano via via in una scala di condi- zioni privilegiate, che * ne perpetuano la durata» Ma d'altronde in virtù di questi oMini stabiliti, le mi- noranze privilegiate possono per la sicurezza e ric- chezza onde sono tutelati, darsi ad una maggiore at- tività intellettiva, che dissipa poi dalla mente molti pregiudizj ed errori, nascono sentimenti più gentili,, si scoprono maggiormente i rapporti reali delle cose^ spiccano meglio alcune inique distinzioni, e di quandi> 02 CAPITOLO H v. \ in quando tra essi sorgono ingegni che o per senso di umanità^ o per ambizione personale, o sete di glo- ria si fanno campioni di più giuste leggi^ e preparano i rirolgimenti sociali. Al di sotto di questi ordini su- periori^ altri minori stanno sinché si giunga alle plebi, le quaU benché non serve, pure non usufruiscono di tutti i diritti dei primi, e per ultimo vive una mol- titudine di servi, cose e non uomini. Or tutto questo immenso numero di meno privilegiati, e di servi, men- tre è materia infiammabile per chi nacque in alto, e vuole per buono o malvagio fine adoprarla, essa stessa é spontanea artefice d' insurrezioni o rivoluzioni so- ciali, che conducono in ultimo alla eguaglianza delle persone e dei cet^. E ciascuno sa, come sempre in un modo nell' altro , continuamente ciò avvenne , per lungo corso di Secoli : fatti che predispongono ed av- viano lo Stato alla terza sua forma, la simbolica. In questa novella forma in cui si risolve l'idea dello Stato antecedente, i diversi ordini e poteri, co- mecché permangano ancora nominalmente, cangiono però d'origine e d'indole propria per la comune egua- glianza che quasi si raggiunse, sancita dai nuovi co- dici e dagli Statuti. L'investitura divina del supremo potere, la quale a sua volta istituiva ordini, e dele- gava uffici in virtù di questa sublime prerogativa cessò quasi, rimanendo ancora, qualunque sia il nome del governo, soltanto come fede pubblica, nella ele- zione continua ed ereditaria delle famiglie regnanti non solo per volontà nazionale , ma si per la divina grazia. Il quale presupposto teologico però per l'in- cremento della mentalità, ed il progresso intellettivo della cittadinanza , ed un sentimento implicito nelle IDEA DELLO STATO 63 classi inferiori della ' eguaglianza civilei anche quando e dove non si rese universale , divenne piuttosto un simbolo sociale^ . che una fede positiva ad un fatto re- ligioso^ come per il passato. In qualunque confessione religiosa tra i popoli civili , l'adagio che ogni potere viene da Dio, come ogni evento è signoreggiato dal medesimo, resta nella fede e nella abitudine generale degli spiriti eziandio allora che il pensiero tanto si aflfòrzò, ed emancipò da dileguare ogni mitica rappre- sentazione, -e valutare più razionalmente le leggi della natura e quelle che reggono i moti del mondo sociale, dove veracemente il principio etemo si matdfesta. Onde Tidea di un influsso divino , e di un regime provvidenziale immediato negli ordini politici perdura nel nuovo concetto della vita dei popoli, e cinge per cosi dire di una aureola religiosa le persone che eser- citano le più alte funzioni dello Stato: benché a que- ste non presiedano più , tranne la famiglia domina- trice, classi privilegiate, che ne ereditano gli ufficii. La quale discrepanza tra le idee e le cose , tra gU ufficii e le persone , tra la costituzione razionale , a dir così, dello Stato , e le abitùdini degli spiriti nel supporlo preordinazioni divine, dà vita appunto alla forma simbolica, di cui discorriamo. Le leggi razio- nalmente sono discusse e ordinate, i poteri dello Stato si esercitano in forza di queste leggi, le persone che gli rappresentano non sono più identificate con I me- desimi, il sentimento della libertà umana è profondo, e quello della eguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, diviene una verità sempre più chiara, amata e voluta; ma pure ogni grado pel quale sì ascende dalle funzioni infime alle supreme, è vivificato da una 64 CAPITOLO U rappresentazione simbolica ^ ove continua sotto una certa forma fantastica e incoscente, la mitica e tee- cratica natura dei poteri della fase anteriore. Cosi la grazia divina pei principi, Temanazione della giusti- zia persoi^ale, la permanenza legale, se non privile- giato, dell'ordine patrizio, e la facoltà di aggiungere membri al medesimo con titoli vecchi, la costituzione dei diversi poteri come entità sostanziali, e via discor- rendo, sono tutti simboli sociali a cui si attribuisce un valore pubblico, mentre in sostanza le* condizioni civili e intellettuali del popolo ripugnano a queste credenze. Questa forma simbolica della idea dello Stato per- chè si effettui e si manifesti, è d'uopo che l'egua- glianza dei cittadini nel giure civile, se non in quello politico, sia raggiunta: poiché il simbolo sottentra ap- punto alla personificazióne effettiva di una emana- zione o delegazione divina neUe famiglie, o ceti pre- posti al potere, e con esso quindi identificate : perchè il sentimento della eguaglianza comune già esplicito nelle moltitudini, e legittimamente stabilito nei rispetti civili, scassina, abbatte, ruina l'idolo teocratico che dianzi regnava: onde la forma simbolica dello Stato è propria di quelle nazioni civili che avanzarono nella democrazia, e preposero agli ordini e ai moti sociali del medesimo un principio affatto razionale: come si vede , a modo di esempio , in quasi tutti gli odierni Stati d'Europa. E quindi mentre gl'intendimenti più esplicitamente manifesti, verso l'eguaglianza, là libertà^ la rappresentanza nazionale prevalgono nel governo della cosa pubblica, e nella formazione delle leggi, contemporaneamente perdurano formolo, fatti, istituti IDEA DBLLO STATO 65 che con quelli intendimenti sono in contraddizione^ e che solo hanno ragione transitoria di vita, in quanto sono meri simboli di più antiche credenze , dommi , costumi. Cosi molte formule di diritto e di procedura, d'investitura agli ufficii, e via discorrendo, come crea- zione di nobiltà nuova, distribuzione di titoli, ordini cavallereschi, le quali cose tutte non avendo oramai alcun valore reale e positivo, restano come meri sim- boli nella costituzione dello Stato. Se, come dimo- streremo, cagione e fonte di questa terza forma, fu il principio di eguaglianza civile, ed un sentimento più esplicito della libertà morale e giuridica, che di- struggevano gli antichi idoli, egli è un vero progresso di fronte alle forme antecedenti, ed una ultima pre- parazione alla forma pura e razionale deUa democra- zia futura, o a quella che i^oi appellammo funzione: e già ne delineammo per sommi capi la natura, e l'organamento. In questa ultima forma che è quella verso cui corrono le società moderne, per adagiarvisi completamente, effettuandone in ogni singola parte il principio generatore, i simboli cadono, come cadde la forza, ed il mito, e la saldezza dello Stato dipende e rampolla da una legge naturale di esplicamento ne- cessario delle società umane, intrecciantesi con tutte le altre che armonicamente compongono e reggono r ordine universale. La quale legge riassumendo in sé stessa tutto il valore morale, giuridico, economico della operosità singolare dell'uomo consociato in poli- tico e civile ordinaùiento, possiede di fronte alla ra- gione particolare e sociale quella assoluta autorità, che per l'innanzi fondavasi in finzioni legali, o nella forza. Imperocché nella democrazia moderna ogni po- 5 66 CAPITOLO n tere emana legittimamente dal popolo, chiamato nei suoi liberi comizi, come ogni delegazione di nfficii deriva da lui direttamente o indirettamente: quindi nella quarta forma dello Stato, ogni potere rampol- lando dal fette concreto del suflfragio comune, ed ogni delegazione agli ufficii per essere legittima ed auto- revole per diretto o indiretto fecendosi dal medesimo ; e i varii ufficii costituendo le funzioni che via via s'in- gradano a sempre più alto valore, a comporre nell'in- sieme loro il vivo organamento della nazione, non vi ha più luogo a qualsiasi finzione, e cade pure la pe- ricolosa nozione dello Stato , come astrazione legale : la quale fu più volte cagione d'errori , di sventure , di tirannide mostruosa. Imperocché rese possibile Tin- camazione dello Stato in una persona, secondo la vana e stolta sentenza del più fastoso e pernicioso dei de- spoti francesi; e die e dà occasione alle teoriche e conati impossibili e micidiali della civiltà, dei comu- nisti e socialisti di tutte le epoche storiche. Or se riflettasi e s'indaghi quale sia stato il prin- cipio trasformatore della costituzione dello Stato per il lungo corso della storia in queste quattro forme che assunse , vedremo di nuovo mostrarsi il senti- mento, il concetto, la vittoria mano mano della egua- glianza morale, civile e politica tra gli uomini, che a poco a poco ridussero e spensero la prevalenza della forza, distrussero gli ordini e i poteri privilegiati, dis- sipano i simboli che ancor rimangono ad offuscare la pura razionalità civile, e preparano la vittoria della libertà e della legge in tutte le classi dei cittadini. Onde, abbattuta ogni finzione, autorità arbitraria, mito, simbolo, privilegio, resta a sussidio unico di esistenza. IDBA. DELLO STATO 67 di progresso economico, intellettivo, e di libertà, il la- voro libero, che come provammo fin da principio, è il cardine e lo spirito creatore delle società moderne: e quindi seguendo il corso della evoluaione storica dello Stato in Europa, e nelle razze che la popolano,* e che via via si allargano a vivificare le altre parti del mondo, si pervenne alla medesima conclusione , cioè che il sentimento del^a eguaglianza che ha per strumento il lavoro fisico-intellettuale, e la sua estrin- secazione in un fatto giuridico , è il resultato, come è il fattore di tutta la storia antecedente: e la de- mocrazia, forma attuale e necessaria delle società mo- derne, è l'effetto per una parte , e il principio per l'altra, del generale incivilimento. Noi dicemmo che le nazioni moderne riposano tutte sopra un fatto e un principio economico , poiché riposano inevitabil- mente e s'impemano nel lavoro , ed in questo si ri- solve tutto quanto il valore e l'ordine della attuale <5iviltà del mondo. Ed infatti tolti per sempre, e an- dando togliendo con sempre più tenace proposito, ogni ostacolo alla libera attività economica di tutti ^ ster- pando ogni vincolo artificiale ai trapassi della pro- prietà sia mobile o immobile , aperta la universale concorrenza ad ogni prodotto, ad ogni ufficio, ad ogni funzione, rafforzandosi d'altronde tutto giorno il sen- timento della dignità personale in quanto l'uomo è l'artefice della sua fortuna, e la mantiene con l'inces- sante sua attività; crescendo il dispregio per i neghit- tosi, gl'infingardi, e l'imbozzacchite nullità per quanto specioso il nome che ereditarono , è impossibile che altri possa durare lungamente, come individuo, o come famiglia, se non esercita le sue potenze in un lavoro «8 CAPITOLO n qualsiasi^ ed in questo non reputi oonsistere la sua salute: imperocchà la delegazione dei proprii interessi^ porta in generale sempre la ruina^ a chi, oziando, confida in altrui. Ed è per questo appunto che la yìttoria definitiva della democrazia moderna, ò una vittoria morale, economica, giuridica e civile : poiché Tunica disuguaglianza legittima, e vera, sta nella pro- porzione del lavoro rispettivo tra le persone: disugua- glianza che non distrugge, ma puntella l'eguaglianza civile. Con queste norme, con questi principii, che sono quelli che governano oramai l'incivilimento dei popoli europei, consideriamo quali sieno i doveri del governo itàhano presente, qualunque sia la parte vit*- toriosa, nell'indirizzo della cosa pubblica. CAPITOLO m. I*r opos te. A costituirsi pienamente , e all' assetto definitivo della democrazia moderna in ItaKa^ secondo le leggi intrinseche che la governano, due naturalmente sono i nemici e gli ostacoli, ambedue potenti, l'uno perchè in Italia ha il centro autoritativo , l' altro perchè si associa alle sette più attive esteme, la fazione retriva, cioè e la demagogia : le quali fazioni, come si avverti sin da principio, sono le sciagurate esagerazioni di due forze in sé stesse necessarie al moto e all'equi- librio sociale, i conservatori e ì progressisti : bilico e concerto che si rinviene in ogni sistema dinamico, in ogni organismo e da per tutto. I retrivi hanno in Italia ajuti e sussidii diretti e indiretti, che andremo <5onsiderando in ogni loro parte, perchè se ne intenda più adeguatamente il valore, e se ne schivino i mali e i pericoli. Le fazióni retrive, che bisogna distinguere dai con- servatori naturali, si appuntano, si radicano, s'iden- 70 CAPITOLO m tificano a cosi dire ora col Papato, che ha la sede^ il governo, l'indirizzo nel cuore della penisola. II Papato, astraendo dal valore puramente religioso che rappresenta, com'è praticamente costituito, fu il ri- sultato di una lunga evoluzione storica di una isti- tuzione, che mistica tutta e morale da principio, per gl'influssi di Boma imperiale, pel genio latino di con- centramento, ove e pel quale si svolse, per molte ne- cessità politiche interne ed esterne, a poco a poco di- venne una autorità civile, la quale parlando a nome di un'idea eterna ed infinita, ravvolse e comprese tutti gli Stati, ed i popoli, ne informò le istituzioni, se ne arrogò 1' indirizzo, e fece la terra e la società laicale una propedeutica pel cielo, in quanto lo spi- rito signoreggia il corpo , la Chiesa lo Stato , Dio il mondo. Come egli si assunse il potere, per diritto anteriore all'universo .medesimo, derivante dalla sopraeminenza dell'Ente assoluto, di condurre per mezzo della fede, dei- riti, del culto, delle dottrine , di pene purifica- trici le anime al cielo, cosi si persuase di condurre secondo i suoi canoni di sottomissione assoluta, la so- cietà, gli Stati, l'umanità alla giustizia, all'ordine ci- vile, agli assetti politici ; ubbidienza cieca quindi,, ordine meccanico, passività del pensiero , mistica va- porosa del sentimento : dimenticando che un tal si- stema arbitrario, stretto, geometrico, oppressore, è in aperta contraddizione con l'indole larga, pratica, sciolta, viva, di sentimento piuttosto che di dottrina, del fon- datore del cristianesimo in Palestina : nelle quali pure e fraterne aspirazioni morali a redimere il gè- nere umano prossimo .a perire , mal sapresti ravvi PROPOSTE 71 sare la poderosa^ regia^ ricca e mondana potenza dei Pontefici, e del loro autocratico dispotismo non solo spirituale, ma civile, perfezionato da quello presente. Che se le sue nuove dottrine sociali potessero mai prevalere, il genere umano diverrebbe la greggia più triste e lugubre di quante comparvero sopra la terra. Imperocché la forza veramente, divina nel mondo es- sendo il pensiero, apice e vita di tutto il moto tra- sformatore della natura, e coscienza meravigliosa della essenza sua, spento nel ludibrio di una servitù sa- crilega, altro non rimarrebbe delFuomo che una squal- lida larva. Immaginate che il Sillabo divenga una realtà civile e intellettuale, che Y infallibilità papale sia accettata come dogma indiscutibile ^nei termini ove è stata posta modernamente , e se vi basta Ta- nimo e la fantasia, credete ancora al decoro, alla di- gnità, e allo splendore della civiltà umana. Che se il Papato abbe nei primi secoli, come moderatore mo- rale, efficacia d'ordine e di spiriti gentili in mezzo alla tempesta della risoluzione delFimpero romano, e al cozzo delle armi e prepotenze barbariche, trasfor- mato in seguito in ambizioso conato del dominio del mondo, divenne quello che ora è , V ostacolo il più formidabile alla civiltà e libertà umana, e il fomite per contraccolpo della demagogia sfrenata. Imperocché i nefandi propositi, e le ire d' orde incendiarie ed anarchiche, per spaventosa licenza d'ogni legge, d'o- gni ordine, d'ogni norma, hanno riscontro solo nel dispotico assolutismo del Papato, e con l'annienta- mento d'ogni libertà del pensiero. Ad un eccesso, altro eccesso risponde : ed il mondo tra queste due forze deleterie e procaccianti perirebbe, se di mezzo 72 CAPITOLO m non sorgessero, invincibili, la verità e la Ubertày egualmente nemiche della licenza e della servitù. Airindole pervicace e dispotica civilmente del Pa- pato, considerato in sé stesso, s'aggiùngono, a raffor- zarne l'efficacia e gl'influssi, tutti gli elementi ultra- conservativi, che rimasero vinti, ma non dispersi, lungo il corso della democratica trasformazione degli Stati moderni. Ed invero tutta quella frazione delle classi, degU ordini privilegiati un tempo, che non si fusero nella nuova forma sociale costituentesi, tenace- mente e naturalmente si appoggiarono, identificando i loro fati, al Papato, e in lui solo trovarono fonda- mento a sussistere, o speranza a riprendere quando che sia l'antico potere; come si vede in quei principi che ancor s'incaponiscono nel diritto divino di ele- zione, o nei patriziati vecchi che una eguale origine pretendono ai loro privilegi. Tutti questi e varii membri di una società spenta, superstiti, riescono di ajuto con le opere, con la mano, con i sussidii, con gl'influssi d'ogni maniera,- alla, assoluta autocrazia pa- pale in quanto risguarda le condizioni civili dei po- poli, e formano un sistema organato, compatto, molti- forme, diffuso per tutti i ceti, le classi; e stringen- dole con trepido amplesso di sentimenti, d'idee, di fantasmi, soffocherebbe irreparabilmente la civiltà moderna, se il principio vitale che la informa, deri- vando da una legge eterna, non fosse capace di vin- cere con erculeo vigore l'idra che la minaccia. E questo immane gigante del Papato che si ac- campa si poderoso dinanzi e in seno della civiltà no- stra, trae indirettamente succhio propizio alla sua durata e al suo regno, anche dall'indole troppo ri- PREPOSTE 73 messa e comoda di una grande parte della nazione; non certo per deliberato proposito, che gli uomini che la capitaneggiano sono alieni da tale divisamente, ma per xin necessario e incosciente risultato di lunghi anni di riposo, per l'animo fievole in generale, e l'ignavia delle classi agiate, che nella pace e sicu- rezza dei beni loro , ripongono V apice della civile virtù, per l'ozio della gioventù non stimolata oramai a prove magnanime, e in quel tepido, molle, elegante e sorridente cinismo , che smidolla ed evira i corpi, come le intelligenze. Ponete da un lato una vasta so- cietà teocratica armata di tutti gli argomenti i più for- ^ midabili, operosa, alacre, da per tutto e continuamente presente, che ì timidi spaventa, i più destri lusinga, che parla a nome di Dio, che minaccia distruzione a chi a lei si ribella, additando trionfante le ruine fu- manti della demagogia, che ogni di predica il fini- mondo e tenta sollevare crociate, ponetela di fronte e in mezzo alla nazione, ove in generale la parte ricca è soddisfatta di sé e desiderosa di placidi giorni, e poi ditemi se questa non sosterrà indirettamente la prima, anche credendo talvolta combatterla. Che se l'errore non è volontario nel gran numero e resta in- colume l'onoratezza delle persone, non minore però è il danno e il pericolo che ne derivano alla cosa pub- blica, poiché, tralasciando per ora altre e gravi con- siderazioni, riesce un tale temperamento di animi poderoso puntello alla leva del partito retrivo, come troppo molle di fronte al nemico, e facile in parte a sentirne gì' influssi. Or di fronte ad un tale nemico, quale debbe essere il compito di un governo che abbia spiriti più vige- 74 CAPITOLO III rosi e che risponda meglio alle necessità del presente e qnale quello della nazione? Ardua questione! A sci(^lierla è d'uopo andar cauti e previdenti. Chi si avvisasse che il Papato sia una istitu2done da rovesciarsi con una legge, un moto, un decreto, un articolo di giornale, proverebbe che non conosce l'indole del medesimo, la sua storia^ le condizioni reali dei tempi nostri, la natura stessa dello spirito umano, e il carattere della nostra razza in partico- lare. Una istituzione che vive da diciotto secoli, che si appoggia ad argomenti storici, sociali, civili, alla intrinseca natura nostra, bisognosa di definizioni reali al sentimento religioso, che profondamente l'avviva, la involge, e la fa tiepida o speranzosa; una istitu- zione che è gran parte della storia italiana, oltre ad essere mondiale, non si dissolve né si sterndna a colpi di bacchetta, e può trasformarsi, assumere qua e là altri aspetti, ma non cedere o cadere improvvisamente. Uno degli errori funesti in cui incappano facilmente i leggieri discorritori di cose politiche, più- caldi e sinceri che assennati e profondi, si è quello di cre- dere alla prossima fine, e allo sfacelo imminente del cattolicismo, eziandio come religione o sistema spiri- tuale di credenze. Questo abbaglio comune a molti è causa di sconfitte continue, poiché uno dei mezzi che conducono più probabilmente alla vittoria; non é quello di spregiare soverchiamente il nemico, di tenerlo per vile e prossimo a dare l'ultimo fiato, ma si di saperne valutare il numero, il vigore, la forza. Adoprandoci, come usiamo inconsi^ratamente, si viene ad affievo- lire noi stessi, perchè non si avvisano tutti gli argo- menti necessari a debellare l'oste che ci sta di fronte, PROPOSTB 75 »i rischia di venire ad ogni ora sorpresi nella ingenua fidanza delle nostre forze^ e si dà campo all'avversario di sempre più stringerci da vicino, e di progredire sicuro nei suoi disegni di distruzione. Ora, è tempo di dirlo apertamente e senza ambagi a prò della pa- tria, ed a salute della civiltà tutta quanta, ora una istituzione che può nel suo capo, di mezzo al vasto agitarsi della democrazia europea, ed all'irrompere della demagogia sotto mille forme contro di essa, di- nanzi alFatteggiamento nemico delle più grandi po- tenze del mondo, dirette anche da uomini ferrei ed implacabili come in Grermania, imbaldanziti da recenti e strepitose vittorie; nel tumulto di tanti interessi, sentimenti, aspirazioni che a cosi dire s'infuturano con la baldanza di chi ha fede incrollabile nel suo diritto, una istituzione, io diceva, che può nel suo capo, a cui ubbidisce una schiera disciplinata ed im- mensa, sparsa in tutta la terra, personificarsi, e con impavida voce, a cui rispondono immediatamente gli atti della* moltitudine militante, imprecare a tutto ciò che or gli uomini credono virtù civile, libertà del pensiero, affetto di patria, divinità della scienza, com- battere contro popoli e re , e nonostante rimanersi salda e imperterrita, consolandosi delle sconfitte par- ziali con la lunga speranza della vittoria, non è ne- mico da pigliarsi a gabbo, da combattersi alla sca- pata, da dileggiare pon orgoglio infantile, con armi materiali e meccaniche, le quali sempre si spuntano quando la causa che agita l' inimico è un sentimento, tanto più potente quanto più indefinito. Ed arrogé che a puntellare ancor più moralmente tale istituzione^ giovano anche per un numero grande di fedeli onesti^ 76 CARTOLO m e ìstroitì, ^ eaempi pii ed evangriici di molta parte di ckio, che ripndia e rimpiange in sé stesso le esor- bitanze d'oigoglio e di protervia della parte fiEiàosa e £uiaticay come della scaltra abilità affihtto mondana dei capi; esempi che natoralmente conciliano riverenza alla istituzione mentre se ne deplorano gli eccessi. Si abbia rocchio sempre a queste yerità ovvie e facil- mente palesi a tatti, si ricordino le testimonianze della storia, si stadi l'indole dello spirito amano, che muta forme estrinseche, ma rimane identico nei suoi istinti nativi pel maggior nomerò. Lasciandoci governare da altri principi, e cullandoci in quotidiane illusioni, né procacciando di pervenire ad una chiara ed adequata idea del papato moderno, si corrono scrii e lacrime- voli rischi, e si dà vinta al medesimo. La prima con- dizione della vittoria in qualsiasi lotta, è di combat- tere virilmente, di proporzionare le armi alla sua forza, di scegliere fira queste quelle che più sono atte a scon- figgerio, e di rivolgere alla grandezza dei fatti e alla elezione dei propositi, quella energia che si dis- perde in contumelie, in declamazioni vuote, in sempre improvvidi e non mai avverati vaticinii. La quale potenza e terribilità del Papato è resa anche più forte dalla grandissima maggioranza dei cattolici, i quali, per ignoranza della storia,, per in- gentdtà di credenze, e per nativa bontà dì animo do- cile, e Junga consuetudine per tanti secoli resa eredi- taria, o per profonde convinzioni di dottrine teolo^che in altri, sono sinceramente uniti in quella fede, ed in lei ripongono le lusinghe, i conforti del presente, e le immortali speranze dell'avvenire. Molti fra coloro che si ascrivono e nacquero in questo sistema religioso, PROPOSTE 77 certamente lo puntellano e lo sussidiano per mondani interessi e personali ambizioni^ cupidità di signoria e brama di riprendere il perduto; i più però seguona ingenuamente l'antica credenza, e si oflfendono di qua- lunque attacco od insulto alla medesima; e quanta sia la facilità di venire illuso od abbindolato da chi, più astuto, ne sfrutta il candore, lo vediamo sciagurata- mente ogni giorno; che nelle cose d'istinti e di sen- timenti non si vuol credere neppure ai propri occhi, e quanto più i racconti e le novèlle sono marchiane ed impossibili, e tanto più vi si presta fede con vo- luttuosa testardaggine. Quindi è facile scorgere quanto un tale ingenuo fervore, un tale zelo innocente, questa fede puerile, rechino aiuto e sostegno al Papato a cui tutti gli occhi si volgono, per cui i cuori si scaldano, le fantasie si accendono, e i furori di parte si accen- trano, e sono da una volontà unica governati e diretti. E v'ha di più, e per noi di maggiore importanza. La democrazia riposa tutta quanta e si risolve nella totale e completa inviolabilità della persona umana, e nel libero svolgimento di tutte e quante le potenze, senza limite alcuno, tranne quello che reciprocamente è posto dalla inviolabilità delle altre persone, che vi- vono normalmente alle leggi. Or tra le più intime, delicate, profonde e assolutamente personali facoltà, intendimenti, bisogni, è la forma intema del senti- mento religioso, o la personale risoluzione del pro- blema della vita presente e avvenire, sia come una fede positiva, sia come convinzione razionale. La li- bertà sarebbe un vano nome, una illusione, uno scherno se non abbracciasse nel giro del suo esercizio invio- labile la libertà di coscienza, e chi vi attentasse com- 78 CJLt>iTOLo ni metterebbe Fatto della più violenta tirannide, e la democrazia civile non sarebbe phe una turpe copia di quei sistemi d'intolleranza, cui ella combatte da secoli. Quindi ove l'eguaglianza giuridica del cit- tadino è un fatto, e la democrazia prevalse, la li- bertà di coscienza, o la inviolabilità del foro inte- riore, è una condizione della sua legge, è la sua es- senza medesima. Noi abbiamo adunque in Italia nemico alla unità nostra, alla indipendenza, alla libertà, il Papato, che da pertutto d'altronde si pone come tale di fronte alle nazioni, e al pensiero : e poiché il Papato è una istituzione rehgiosa, la forma di un sistema spirituale di credenze, una fede, così per lo Stato importa, come sentimento individuale, una inviolabilità assoluta pel principio della libertà di coscienza, condizione impre- teribile della vera democrazia. Quindi a combatterlo abbisognano armi adeguate alla smisurata potenza, e che non oflFendano i diritti dei cittadini. L'unico stru- mento, l'unico modo di lottare, e di vincere, è la.di- visione assoluta, ma veramente assoluta dello Stato dalla Chiesa: non ce n'è altro, né vi può essere, che tutti si romperebbero dinanzi alla sua forza. Le per- secuzioni, le minaccie, l'intromettersi ad ogni ora nelle cose attinenti strettamente alla Chiesa, non lo debilita, lo invigorisce, perchè la fede della maggio- ranza ingigantisce nella fantasia il castigo, e lo tra- sforma in martirio, e tronca i nervi allo Stato. Ogni ingerenza di questo sia a favorire una parte del clero, per abbatterne un' altra , è seme di futuro danno, è un intricarsi in un dedalo senza uscita, è un ap- poggio indiretto alla istituzione che vuoisi conibat- PROPOSTE 79 tere. Lo Stato^ nella democrazia moderna, appunto perchè sorto e informato da questa, dovendo tutelare con forza e scrupolo la libertà di coscienza, dee es- sere indifferente alle varie forme di fede, di culto: tutte sono eguali dinanzi a lui: e la sua operosità e ingerenza in queste materie dee solo versare nel- r impedire che i varii culti con fatti si cozzino, e si osteggino, ed offendano cosi la generale libertà di co- scienza. GHi ordini e gli atti religiosi e civili pos- sono nello Stato moderno vivere insieme, ma assolu- tamente distinti, senza mai confondersi, senza mai , come erroneamente si crede, a vicenda rafforzarsi; essi sono indipendenti l'uno dall'altro. La vita civile è una cosa, quella religiosa un'altra: la loro confu- sione è dispotismo inevitabile,, e il più tristo e il più feroce. H matrimonio civile, i riti funebri estrinseci, r insegnamento, l'educazione, la libera espressione del pensiero, la costituzione delle leggi, il governo della cosa pubbKca, sono diritti propri dello Stato e della società laicale: né si dee permettere che tra queste facoltà, e le correlative religiose vi sia mischianza, e confusione mai: quantunque sia lecito alla diverse confessioni religiose risguardare quegl'atti dal proprio e spirituale punto di vista, ed ai cittadini il confor- marvisi, quando non ledano l'ordine pubblico. La Chiesa nell'esercizio dei suoi riti, del suo culto, nel- r insegnamento religioso, in tutto ciò, in una parola, che spetta alla sua indole interna spirituale, è libera, e deve essere, dall'intromissione dello Stato, quando non assalga apertamente le sue istituzioni, e non of- fenda i suoi diritti: ma l'insegnamento pubbKco dei cittadini, popolare, secondario, superiore, tutto, dee 80 CAPITOLO ni essere esclusivamente per quanto concerne i gradi^ i diplomi, i diritti che ne provengono di pertinenza as- soluta dello Stato, e sotto la di lai unica e sola di- rezione. Come tutti i cittadini sono eguali dinanzi alla legge, tutte le istituzioni civili dallo Stato di- pendono: e quindi il clero in quanto alle persone fa parte del diritto comune: nessun privilegio sostenen- dolo ove egli infranga le leggi : il codice e la proce- dura penale colpiscono il sacerdote, come il laico sia nelle transazioni civili, come in quelle d'ordine pub- blico. La giustizia perfetta richiederebbe che lo Stato non s' ingerisse affatto nelle rendite dei diversi culti, ne spendesse una lira a mantenerli : poiché in un po- polo essendo diverse le confessioni , se lo Stato ne sussidii una sola, ne sc'ende la mostruosa consegueìiza che taluni, come contribuenti, paghino pel culto non proprio, e che anzi ripudiano. Ogni culto dovrebbe sostenersi "dalla libera concorrenza e cooperazione dei propri credenti, e lo Stato non avrebbe sulla pro- prietà di ciascuno altro sindacato che la tutela delle medesime, sciolte da qualunque vincolo arbitrario , sottoposte alle medesime leggi, e agli stessi tributi. Questa condizione civile dei culti è V unica giusta , e lo Stato dee intendere ad affrettarne il compimento. La divisione della Chiesa dallo Stato nei termini accennati è necessaria al vercJ progresso delle nazioni, ed è l'unico modo della sconfitta del Papato, come ostacolo alla libertà civile dei popoli. H fondamento alla secolarizzazione dello Stato consiste principal- mente nella direzione esclusiva delle scuole , nelle quali non dovrebbero immischiarsi legalmente i chie- rici, né compartirvi nelle medesime alcun insegna- PROPOSTE 81 mento positivo delle religioni, essendo tutte queste fuori della cerchia delle attribuzioni dirette del go- verno. Poiché se fosse concessa l'istruzione intomo ad una sola nelle scuole, sia pure la più prevalente, i cittadini che appartengono ad altre religioni verreb- bero lesi nei loro diritti, in quanto e difetterebbero di uno speciale insegnamento, pel quale pure pagano il loro tributo, o sarebbero costretti ad assistere a definizioni dommatiche che non approvano ; onde ver- rebbe in parte lesa quella eguaglianza che è l'anima d'ogni Stato che voglia essere civile. L'insegnamento religioso poi affidato a laici non può riuscire che vano, e incompleto, destituito pel fatto stesso delle persone, di autorità, e di competenza: quindi si rischia, tenuto conto delle varie opinioni dei docenti, che riesca più di danno che di profitto. La dottrina elementare dom- matìca meglio si imparte nel seno delle famiglie , l'autorità patema e* materna essendo più viva e sen- tita che quella di estranei ; e più propriamente nella Chiesa, per bocca di coloro che a ciò sono superior- mente ordinati; ove Uberamente e con efficacia si professa. Nelle scuole dovrebbesi diffondere, rinforzare ad ogni occasione quel sentimento di civile onestà , ove consiste ogni dignità morale, comune a tutti gli nomini, a qualunque fede appartengano. Che se, come altri notò, il rimuovere dalle scuole l'insegnamento religioso per mezzo dei chierici, o il toglierlo affatto, temesi occasione di allontanamento dalle medesime di grande copia di alunni, è questo uno dei soliti timori, prodotti da fatti particolari innalzati dalle fantasie e dagli interessi di vario genere, a legge, e che produ- cono inevitabilmente questo effetto solo, cioè di non 6 82 CA.FITOLO III osare mai avanzare, avendo paura della propria om- bra. Quando a nessuna professione, a nessun tiroci- nio, a nessuno utile esercizio sociale non si potesse pervenire, od essere legalmente abilitato a goderne i vantaggi, se non frequentando le scuole dello Stato, sottomesso ai loro esami, e ai diritti che ne ram- pollano , Tallontanamento non sarebbe di lunga du- rata, e dopo qualche oscillazione, o ricalcitranza , tutti volentieri e senza ombra di scrupolo vi inter- veprrebbero. Ben poco conosce gli uomini e.i tempi nostri colui che dubiterebbe di una tal verità: gli esempi che la testimoniano in altri ordini di fajtti, non m^cano tutti i giorni. Certamente, e questa è la condizione assoluta della riuscita, il governo dee curare con assidua e scrupolosa attenzione, e ferma volontà che le scuole dello Stato sieno le migliori di tutte quelle che sotto altro nome possano sorgere, e quindi i maestri dai gradi infimi ai supremi sieno degi^ dell'alto magisterio a cui si consacrano senza cerna partigiana, e che gli stipendi si accrescano, onde onestamente possano vivere e con quejla dignità e decoro atti ad infondere eziandio per sé stessi nelle giovani menti il sentimento di autorità: poiché pur troppo lo squallore, la miseria, gli stenti palesi , de- gni di altissimo rispetto, quando sieno virtuosamente sopportati , non sempre accrescono per la fralezza e vanità umana, merito in chi ne è vittima immerite- vole. Finché risolutamente non si porrà mano ad un tale riordinamento radicale dell'insegnamento, e non verrà divisa la Chiesa dallo Stato nelle pertinenze civili, vano é lo sperare di vincere grinflussi faziosi clericali, e la continua intromittenza loro nelle fac- PROPOSTE 83 «ende laicali* Non oso sperare^ tanta e la nostra fiac- chezza^ un si gran bene^ e si necessario^ prontamente, benché sia Tunieo modo di vincere. Ma quello di cbe sono certissimo; si è che dovrà farsi^ quando che sia, perchè è Funico argomento per combattere il pertinace iiiimico. Alcuni sottilmente sillogizzando potrebbero opporre a queste nostre dottrine l'obiezione, dimandando il perchè lo Stato solo e nella democrazia prevalente, può foggiare la forma interna di sé medesimo, secondo il canone del giure civile esclusivamente , negando questa facoltà a quello ecclesiastico, che si radica pa- rimente nella inviolabilità personale dei cittadini. Alla quale speciosa obiezione facile è la risposta : poiché Fattuazione organica delle funzioni e delle leggi onde risulta poi la nazione legalmente costituita, dipende e si evolve da quelle facoltà e potenze individuali che spettano all'esercizio d'atti esteriori, di fatti eco- nonùci, di procedure eflfettive, riguardano fini essen- zialmente terreni ed eudemonici, i di cui profitti e uti- Utà sono per sé medesimi così definiti e certi che acquistano spontaneamente l'assenso dell'universale : mentre il sentimento religioso, e le formolo onde obiet- tivamente si veste, variando da persona a persona, e riguardando interessi, e speranze che effettivamente qui BuUa terra non hanno compimento, se dovessero dar forma a così dire civile, ed estrinsecarsi in un ordine pubblico di popolo, recherebbero confusione e anarchia , o prevalendo il più forte, ritornerebbe a galla lo stato teocratico, che è la più bieca e turpe tirannide. Quindi mentre il sentimento religioso che nella democrazia vera dee risolversi nella assoluta li' 84 CAPITOLO m berta di coscienza^ viene tutelato come diritto inalie- nabile dallo Stato, non può^ come il fatto meramente giuridico, assumersi a principio organatore della so- cietà medesima, come qualunque altro sentimento del- l'animo umano. Ma alcuno , e ce ne sono molti , più appassionato amatore,, che fidente nei benefici effetti della libertà , insorgerà a ripetere ciò , che si andò ripetendo dai dottori in politica soventi volte , che^ concessa questa separazione dello Stato in tutti i suoi ordini dalla Chiesa, basterà poi a contrapporsi vitto- riosamente al gigante che ci sovrasta, e agli influssi perniciosi del medesimo verso la civiltà in generale, e la libertà della nazione in particolare? Una potenza cosi formidabile verrà poi sconfitta, in quanto agli effetti civili, con un tale metodo, e non userà invece della libertà sconfinata che le concediamo, a schiac- ciarci più prontamente? Vane paure! Se il papato conta una vita di diciotto secoli , se la sua efficacia penetra da per tutto, se sotto gli ordini suoi milita una moltiforme schiera di sudditi operosi e ubbidienti, e formolo adesso nel sillabo la teorica^ del dispotismo teocratico, l'umanità e la razza nostra europea nu- mera d'altra parte, ben più secoli di vita: crebbe e si emancipò con lotte continue e pertinaci d'onde uscivano più vive scintille di luce intellettiva, pro- rompevano più fervidi desiderii di libertà ; si raffor- zarono propositi più civili di vittorie futurp, che an- davano animando mille e mille e poi milioni di adepti, che poi si dilatavano baldi e procaci su tutta la terra^ recandovi non solo germi di verità e libertà, ma isti- tuzioni imperiture, Ed ora non solamente nel suo va- sto e onnipotente pensiero agita tutte le genti euro- PROPOSTE 85 ^eO; ma ravviva metà del nuovo mondo j fascia le bollenti terre dell'Africa, signoreggia l'Asia, ripopola l'Oceania, e stende la mano minacciosa già sul Giap- pone e la China, che eccita a nuovi fati, o li tras- forma a sua immagine :£ già nell'animo e nell'intel- ligenza sua stanno indelebili, consustanziati, e immor- iali l'eguaglianza civile, politica e la libertà del pen- siero : tre libertà che non si spengono , tre soli che non vedranno tramonto, e che bastano di per sé col tempo a sconfiggere qualunque potenza. Al sillabo noi opponiamo il codice del libero esame, e l'immenso jcumulo delle conquiste della natura , che sono stru- menti poderosi non di servitù, ma di libertà, ed eman- jcipazione: al servaggio delle menti, la vittoria vivi- £catrice della scienza moderna, al mito il vero, alle jsquallide e lugubri letane dei mistici, lo splendido e stridente carro dell'incivilimento. Chi dubita della finale vittoria, chi crede di fronte alla civiltà moderna ultrapotente il Papato, non intese la storia, o non comprese la legge indefettibile della nostra intrinseca evoluzione, e non sentì nell'anima quella voce divina che grida alla nostra umanità. Sorgi e cammina ! Che se vuoisi opporre all'esito favorevole della lotta, an- che la enorme virtù della unità del Papato, come forza direttrice, tenacemente nelle sue compagini co- stituita, e presente per tutto, si pensi che adèsso la nostra razza omogenea e identica nei tratti suoi prin- cipali, e animata degli stessi sentimenti, è parimente diffusa e organizzata nel mondo, e che la sua unità morale si va compiendo ogni giorno. Perchè per i tro- vati meravigliosi della scienza e dell'arte, che assog- gettarono alla volontà umana le potenti energie della ■•*«• 86 CAPITOLO III natura^ il pensiero che da prima esemplò sé stesso e^ scolpì nelle pietre; nei bronzi^ nelle pergamene dei popoli separati^ o inimici^ or non solo con la stampa si moltiplicò con la velocità quasi del concepimento in innumerevoli copie, ma identificandosi con l'immane rapidità deirelettrico in un istante, e in un punto raccoglie tutto ciò che avviene su tutta la superficie del mondo : e le merci, gli uomini , le dottrine , tra- valicano con l'impeto della ijieteora nejla espansione del vapore, immensi spazi di terre, perforano mon- tagne, e sorvolano^- emulando i venti, gli oceani, ae- oumunando prodotti materiali e intellettivi in breve giro di giorni: onde, per la originaria parentela e indole della stirpe or dominatrice, tutte insieme le forze domate della natura, van componendo l'unità di pensiero^ di scopo, di istituzioni per ogni dove : con- trapponendo ai concili! jeratici, le splendide e prov- vide mostre dell'industria e del sapere universale. La quale unità, perchè effetto della spontanea e nativa evoluzione della specie, non meccanico sistema di ar- tificiale organismo, è assai più potente di quella pon- tificale: ed ha nella legge che la governa, e negli effetti che naturalmente ne rampollano , la necessità d'infuturarsi, e la inevitabilità della vittoria. ' Di fronte alla cattolicità dommatica e ufficiale, la cattolicità delia- stirpe, del pensiero, delle istituzioni, della Civiltà va costituendosi, e poderosa si accampa, libera signora di sé medesima. Pongasi mente a questo fatto inne- gabile, e veggasi se le paure soverchie di chi nulla osa tentare, sieno giustificate dalle condizioni generali del mondo. Ma si rassicurino i timorati e i timorosi,, il sentimento ingenuo e nobile religioso non verrk PROPOSTE 87 Spento^ ma non verrà spenta neppure quella luce pu- rìssima di verità, quel calore di bene, quel fuoco di libertà che crebbero, e trionfarono a costo di lacriimè, di sangue, di stragi, di roghi infami e scellerati. Sia libera la Chiesa, ma libero lo Stato e autonomo in ogni ordine di sé medesimo , e sieno libere tutte le religioni che in esso convivono : non temete, il resul- tato finale non è dubbio, trionfo della libertà da una parte, ed epurazione daJU altra. Altri forse può dubitare, pur riconoscendo l'impos- sibilità della vittoria del sillabo nel mondo, che parzial- mente i popoli rischino secondo le proprie condizioni civili diverse, soccombere, ed in ispecie Y Italia ove il Papato ha la visibile sede, e regna il Pontefice. Vero è che non tutte le nazioni avanzarono siffatta- mente da superare e non temere gl'influssi perniciosi del Papato, e sarebbe follia il negarlo. Ma oltre gli aiuti che vengono loro dal di fuori per la continua efficacia del generale incivilimento, che da per tutto penetra e si diffonde, ciascuno di questi popoli, ap- punto perchè affine alla comune razza europea, ha in sé medesimo la necessità della emancipazione, la quale può parzialmente ritardare ad effettuarsi, ma deve in ultimo avverarsi per le ragioni discorse. In quanto poi all' Italia in particolare, non conosce l' indole del popolo nostro chi crede alla sua etema e congenita servilità religiosa tramutantesi in quella civile; chi crede che a questa posponga i suoi affetti e i suoi interessi; che rinunzi alla terra ed ai suoi leciti go- dimenti; voglia, parlo dell'universale, porre in non cale la nazione , rinunziare all' indipendenza ed alla libertà per vivere una squallida vita di chiostro, e 88 CAPITOLO m salire per lugubre scala al paradiso. L'italiano è con- servativo, non retrivo, per indole, e non inerte nel pensiero; e altrettanto rapido' ad afferrare il lato giu- sto, positivo delle dottrine, valutare con abilità in- genita gli avvenimenti e considerare ed estimare le sue condizioni; aperta una via, sorto un barlume di vero alla sua mente, vi s'innoltra con prudenza si^ ma virilmente, e con tenacità la segue. Conosco, gra- zie al cielo, il mio paese, e a palmo a palmo io posso dire; conversai con tutti i ceti, in tutte le parti della penisola, ed ho una chiara idea delle loro condizioni morali; e certamente in alcune provincie tali condi- zioni non sono liete e normali, e richiedono tutta la sollecitudine provvida e saggia dei governanti; ma non si illuda l'osservatore superficiale, anche fra loro, come dappertutto, l'agitazione operosa nazionale sotto mille forme si propagò; l'idea del riscatto politico, il sentimento di libertà, una forma migliore e più degna di vita, traversarono, mossero quelle menti e quegli animi, ed all'occorrenza saprebbe deludere le cieche mene dei retrogradi e dei demagoghi. Cosi dunque non temasi in Italia della libertà con- cessa alla chiesa e alle chiese, e si proceda con riso- lutezza; si armi dei suoi diritti naturali lo Stato, e si lasci il clero esercitare il suo ufficio, e di fare e disfare in casa propria in quelle cose che strettamente si attengono al suo ministerio. Contro la fazione cle- ricale, non v'ha altra politica possibile; ogni aggres- sione è vana, ogni minaccia non rintuzza ma fortifica l'avversario, ed ogni ingerenza dello Stato nelle cose interne delle chiese, riesce poi di danno a sé stesso. I clericali, e parlo della fazione politica loro, ben N PROPOSTE 89 sanno del resto^ (gli abili e che hanno il mestolo in mano) che senza lo Stato e il suo appoggio , le loro forze sono monche e sfatate ; imperocché il giorno nel quale in Italia^ per una ipotesi impossibile^ avessimo un parlamento del loro colore e spirito, e quindi un governo uscito dalle loro viscere, sarebbe l'ultima ora * della loro fazione , poiché nessun popolo di Europa vorrebbe e potrebbe mantenere rapporti col nero e ' funesto governo, mentre una riscossa di tutte le gra- dazioni dei partiti liberali della penisola fora inevi- tabile o spaventosa. Questa i clericali sanno, e quindi non tentano, né tenteranno l'ultima prova, e solo pro- cacceranno di tenere Ymo zampino ed un addentellato nel giure pubblico della nazione, perché lo Stato da sé medesimo, per gli errori servili o erroneamente aggressivi, si procuri una certa rovina. Quindi, qua- lunque sia il governo che resti al timone della no- stra patria, non devii dalle norme che ora tracciammo ; ogni altra politica sarebbe funesta; con l'apparenza • della forza e della libertà troncherebbe i nervi a sé stesso. Adoperandoci di questa guisa, noi renderemo a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che é di Pia, secondo il detto profonda del Nazzareno ; e men- tre daremo saldi fondamenti alla libertà ed al suo incrementa, faremo un bene eziandio alla chiesa, poi- ché, toltole ogni speranza d' ingerenza nelle cose civili, e richiamata al suo morale ministerio, abbraccerà nella carità religiosa anche la patria ; come sanno molti buoni fra loro, i quali sentono che per conquistare, secondo la loro fede, la'^patria celeste, bisogna amare e difendere quella terrena. L'altra fazione che tenta* e vorrebbe sconvolgere 90 CAPITOLO m Fattuale ordine di cose civili, quali vennero prodotte dal lento moto della evoluzione sociale, è la dema- gogia anarchica e selva^ia, avente gradazioni diverse, come diversi propositi, diffusa da per tutto,^e stretta da vincoli, patti, associazioni, e guidate da uomini risoluti. E da prima è d'uopo , per giusta ed equa estimazione d'uomini e di cose, distinguere ed asso- lutamente separare da una tale fazione il partito re- pubblicano che si agita anch'esso da per tutto, e che in varie parti del mondo ha vita effettiva e legale riconoscimento. Vero è che una tale distinzione sa- rebbe superflua e stolta, se pur troppo lo zelo im- provvido o l'ignoranza, non spingesse molti a con- fondere cose insociabili, e a far tutto un mazzo, sieno buoni o rei, di quelli che a puntino non partecipano al grado presente del loro liberalismo. Il partito re- pubblicano, quando come in generale si mostra, segue la legge sana della democrazia moderna, riposa sui medesimi fondamenti giuridici e éivili dei popoli retti a monarchia rappresentativa; mantiene saldi i principj * • di proprietà, di famiglia, d'ordine, senza cui convi- venza umana non è possibile, ed è una naturale e necessaria evoluzione sociale. Quindi è d'uopo non fraintendersi, né recare violentemente e con palese in- giustizia le colpe, i danni, i pericoli alla forma repubbli- cana, che sono propri esclusivamente della demagogia. Dispregiare con puerile sussiego questa torbida fa- zione, è follia; la fidanza di sterminarla con le sole armi, è concetto che non può capire che in un cer- vello da Don Chisciotte ; combatterFa con palliativi o discorsi, è troppo ingenua bredulità. A mali morali, profondi, tenaci, universali come quelli di cui trat- PROPOSTE 91 tìatnO; si può ovviare soltanto con serii e virili pro- positi, e Còli rimedi adeguati alla forza che li produce* IEj prima condizione a sapersi schermire da un tale nemico, è quella al solito di non farsi illusione alcuna intorno alla sua potenza, indagarne l'origine, e non attenuarne il pericolo. E questo si farà per noi il più brevemente possibile, onde premunirsi in Italia anti- cipatamente dagli influssi e danni di questo malanno, perchè la libertà sana e la civiltà non ne soffrano detrimento. La demagogia o l'insurrezione anarchica delle classi povere e proletarie non è nuova, e si può dire che i germi sbocciarono col costituirsi delle società pri- mitive; imperocché di fronte ai più potenti, ai più agiati e felici, stettero sempre i derelitti dalla for- tuna, i deboli, i miseri, qualunque ne fossero le ca- gioni. Ma se il sentimento , il mobile , lo scopo si mantenne identico di mezzo alle trasformazioni sociali, la forma della demagogia cambiò, e i suoi seguaci e proseliti crebbero spaventosamente di numero. Quindi nell'età nostra, per quanto si estende la civiltà eu- ropea sopra la terra, assunse una forma consuonante con quella naturale del progresso sociale, delle con- dizioni economiche presenti, e con l'immenso accre- scimento della popolazione. Or noi si vide che il fon- damento, il fatto che costituiva l'indole propria della società moderna e dell'incivilimento stesso, è un fatto economico, il lavoro, reso libero, scevro di qualsiasi privilegio od ostacolo, e sostegno unico dei singoli associati, nella moltiforme sua natura, e nella immensa varietà dei suoi atti, dal rozzo manuale al più alto intelletto, H sentimento di questa feconda e santa '92 CAPITOLO m T-erità, pel naturale svolgimento che in tutti lo pro- dusse e lo suscitò; nacque nell'animo di tutte le classi^ vagamente le eccitò, spingendole di un salto con Tim- maginativa agli effetti ultimi e salutari di questo principio, valicandone i necessari intervalli per igno- ranza da una parte , e per impeto di bisogno dal- l'altra. Indi la foga pertinace, perseverante, ma più calma, o Torrido assalto ^subitaneo di selvaggie ire contro quei medesimi sostegni, quelle istituzioni che Bono anzi i mezzi di giungete gradatamente ad una condizione migliore di tutti. Cosi nacquero per un verso le associazioni della cosi detta intemazionale, o le improvvise ruine della comune. Ma nel tempo stesso che noi dobbiamo combattere le funeste teo- riche di queste sette, e soffocarne con pronta energia i delirii nefandi, non bisogna, lo ripeto, fanciullesca- mente cullarsi nella idea, che fatti cosi universali, e che in un modo o nell'altro si mostrano per quanto fii stende il campo civile delle nazioni, sia un mero capriccio momentaneo d' ebbre moltitudini, vapore di idioti, e fenomeno che non abbia fondamento di sorta nella storia; né in se, in mezzo al profondo errore che l'offusca, e lo insozza, un raggio e un filo di vero. E noi vedemmo già che la demagogia ha la sua sto- ria, antica quanto il mondo , e svolgentesi e sgomi- tolandosi con i secoli parallela alla trasformazione fiociale della nostra stirpe. Ed il vero, che questa fa- zione nelle sue teòriche micidiali racchiude è questo: che ad ogni uomo, ad ogni cittadino, sia qualunque la nascita, l'economica condizione, incombe egualmente l'obbligo salutare del lavoro, ed è compartecipe di tutti i doveri che stringono autorevolmente tutti i consociati a prò di tatti con reoiprocft operosità; im- perocché l'ozio infecondo , e soltanto consumatore & cormttore, è oramai agli occhi di tutti il più tristo, squallido e vituperevole vizio sociale, la causa e il fomite di ogni disordine e , d' (^ni ruina. Ma questo vero, che or comincia, rispetto al suo valore sociale, a risplendere alle menti di tutti, e che mano mano che la società progredisce, sempre più palese si farà, e che dee divenire la fede comune , nelle sette de- magogiche si trasformò in ribellione ad ogni sano principio, e divenne piuttosto sorgente di miserie e di lutti, che fonte di prosperità per gli stessi che si Intano in suo nome. Quindi la fallacia nella cre- denza di poter sterminare ogni sentimento religioso^ come quello che secondo essi sostiene i perni della . società attuale; la puerile fidanza del condividere i beni fra tutti, e ritornare, per essere felici e mirabili, alle delizie animalesche delle prime orde umane. II sentimento religioso in sé , astraendo dalle forme dommatiche che può rivestire , è in quella vece sì connaturato all'uomo, appena gli balenò un ra^io di intelligente attività nella mente, è un. bisogno cosi profondo, che il supporlo nell'universale temporario periturio, riesce un errore sì madornale, quanto il credere che possa miù cessare il sentimento del bello, del buono, dell'utile, e così via discorrendo. Un tal sentimento muterà forma, materia, simbolo, a sempre più puro e razionale aere s'innalzerà, ma rimarrà^ e quando anche in tutti si trasmutasse in effettiva intellezione dell'ordine infinito del mondo, e dell'e- terna energia che lo vivifica, e continua, avrà sempre una efficacia potente negli animi umani , e una au- 94 CAPITOLO III torità suprema nei loro atti. Quindi, sicc^ome è vano l'assunto, è assurdo il crederlo effettuabile ; e di questo si persuadano coloro che eccitano a simili fantaami le moltitudini. In quanto poi alla proprietà e alla fami- glia, sarebbe con esse distrutto l'ordine civile, ogni spe- ranza di miglioramento, ogni libertà. Poiché l'ultimo fatto sociale a cui" pervenne il moto evolutivo umano è Tuniversale libero lavoro, questo senza la proprietà non può sussistere, in quanto mancherebbe di sussidi, e dei giusti stimoli ad esercitarsi. Che se il lavoro è un dovere, un godimento, una dignità, la sola nobiltà possibile oramai nel mondo, oltre avere un effetto che giova alla generale convivenza nella reciprocanza di ragioni e d'influssi che l'anima, è pure un modo di rendere più lieta, agiata e amabile la vita; poiché colui che vuole rendere l'uomo misticamente perfetto, e che tutto versi e si travagli nella carità, e non senta e non provi gli onesti piaceri, e rinunzi ai co- modi, agli agi, agli utili personali, non solo disconosce la umana natura, ma annienta la storia. Laonde la proprietà ed in conseguenza la famiglia, sono condi- zioni indispensabili del lavoro, e con esso della civiltà tutta quanta, e della libertà che a tutti è si cara, e desiderata. Questi sono i veri contro cui infuriano i propositi dell'intemazionale, i quali se venissero ad effetto, ogni bene sarebbe distrutto; sono errori in cui cadono e caddero non una sola volta, quelli che, vi- vificati da un sentimento giusto e da un vero che balena incerto e confuso nelle loro menti, credono raggiungere la meta sterminando gli argomenti che vi conducono. Egli è certo però che tali sette sono or formida- PROPOSTE 95 bili e sparse da per tutto: hanno associazioni, pecu- nia, giornali, conventicole e cattedre: e gl'iniziati si mescolano in tutti gli ordini della vita, e gli arruf- foni ne sfruttano la credulità, o ne inveleniscono, rin- fuocano le ire: pericolo tanto più tremendo, quanto più è avvalorato da un sentimento giusto di una ve- rità male intesa. Or che contrapporrete a questa fiu- mana? — La Forza? — fu tentato, ma l'idra rina- sce: oltre, che la forza contro il sentimento e il nu- mero non prevale, e senza un principio che la sostenga, è vano amminicolo. Combatterlo con principii con- trarii? — si sperimentò, risorse, e sempre più sì estende. Con gl'influssi" religiosi? — Ma ella imper- versò maggiormente ove le genti erano guidate e ispirate dal clero, e si agita nei paesi, ove la fede è più viva, poniamo che non sia la cattolica, tralasciando anche che alcune tendenze, ire, dispetti clericali sono fomite a queste sette, e piuttosto che attutarle, le attizzano. Forse pej: mezzo delle esortazioni, le per« suasioni, i libri, e i giornali? — Certamente questi modi, e argomenii quando sieno bene appropriati e condotti, hanno un grande valore, e maggior della forza, e degli influssi religiosi, perchè vanno a poco a poco componendo una opinione favorevole ai suoi principj, e l'opinione oggi è regina, e può molto: ma la sua efficacia è in parte frustrata dai giornali, dalle associazioni della setta, onde è lento e stentato il be- nefico risultamento. Dunque non hawi rimedio? — I rimedii opportuni, i soli efficaci, e che, spero, sa- ranno riconosciuti tali a poco a poco da tutti, se vo- gliamo salvare la civiltà, sono di due sorta, privati e pubblici: e ne discorreremo partitamente le loro ragioni. 96 CAPITOLO III Odesi tutto giorno dalle persone di ogni ordine e d'ogni ceto, tra quelli più agiati^ lamenti e querimonie rispetto ai pericoli che ci sovrastano da parte della demagogia universale^ e si paventa^ si trema^ s'im- preca^ o si pronostica il finimondo. Ma sciaguratamente tutto questo tumulto dì sgomenti^ predizioni^ spasimi si risolve in parole, in chiacchere, in vaniloquio ef- fervescente, e nessuno, parlo in generale, fa nulla, o aspetta da un arcangelo la spada salvatrice, o grida contro il governo e i governi che non uccidono a soffocano nella culla il mostro divoratore. E mi fanno la figura di chi, appreso lentamente il fuoco in un canto della propria casa, corra in piazza a gemere^ a piangere la imminente ruina delle sue mura, im- precando perchè il sindaco non distrugga i zolfanelli, causa immediata del danno, invece di provvedere to- sto e virilmente al pericolo, tenue da principio, con la propria persona, o con gli ajuti che ai forti e vo- lonterosi non mancano mai. Cosi presso a poco va la faccenda per tutti coloro, e sono innumerevoli, che presentendo l'avvento della cosi detta questione so- ciale, credono rimediare al male col vociferare ai quattro venti il prossimo diluvio, o volendo che altri gli soccorra con modi, che neppure essi sanno in che veramente consistono. Ma in tale maniera l'acqua arriva alla gola, e senza rimedio, perchè il neghittoso è spia- cevole a tutti, utile a nessuno. Egli è oramai tempo di mutare registro, e se veramente stanno a cuore gli averi, i diritti, la giustizia, non fosse che rispetta ai privati vantaggi, bisogna persuadersi, perdio! che il tempo è venuto, ove chi non opera, e fortemente vuole e lavora, verrà travolto non solo dalla fiumana PROPOSTE 97 impura ch^ paventano^ ma dalla indole della civiltà presìHite, nella quale il volontarìp infingardo nozi può trovare modo durevole di vita. E innanzi tutto la so- * cietà è solidale d'ogni bene^ d'ogni male, e chi non sente q^uesto alto dovere, è indegno di chiamarsi uomo civile: e quindi ognuno è strettamente tenuto a coo- perare al maggior benessere possibile della nazione. E si badi che questa, di cui parlo, non è mica una carità estrinseca e contingente, che possa a volontà con minore o maggiore zelo esercitarsi, come avviene in altri fatti di pubblica o privata beneficenza, ma è una necessità intrinseca, senza la quale la società minerebbe. La quale cosa si fa a tutti palese anche materialmente, se riflettono ajla solidarietà, sempre più stretta e generale che nasce fra tutti gì' interessi, sia per associazioni a scopi diversi di utilità perso- nale, o di prodotti, sia per la dipendenza d'ogni or- dine di fatti economici fra loro, sia nel più vasto e universale credito dello Stsito, da cui dipendono una immensa varietà di fortune particolari. Quindi il la- voro libero, ma cooperativo dei singoli, onde si con- servino intatte e abbondanti le fonti .di ricchezza e di sussistenza nazionale, anche per questo lato, è la- voro necessario: che se egli allentasse, svigorisse., o venisse meno, il popolo perirebbe senza rimedio. Adunque tra i rimedii privati che possono contra- stare all' ampliarsi delle sette demagogiche a danno di tutti, è l'operosità di tutti, e in specie di quelli che più avrebbero a perdere, e nei quali quanto è più grande la ricchezza e l'agio, tanto più cresce e ingigantisce il dovere dell'opera. Si persuadano che nelle moltitudini adesso il prestigio solo delle ric- 7 98 CAPITOLO HI chezze, o del nome; o del fasto è scemato, e va sce- mando, grazie al cielo, rapidamente, e invano si at- * teggerk a pavone , chi sotto le splendide penne , e r iridiscente folgore delle piume , cela miseramente una cornacchia. D popolo non dispregia- né nomi , né fasto, quando coloro che li portano, o V esercitano senza jattanza , sono degni della civiltà nostra , la quale consiste tutta nel lavoro, utile e generoso. Bi- sogna adunque che coloro a <5ui premono gli averi, si adoperino sia a migliorare , e fecondare gli averi stessi , vantaggiando Tagricoltura , poppa maggiore della nazione, sia a favorire per non subiti, e tal- volta turpi guadagni , le industrie native del paese , sia a risplendere nelle arti, nelle scienze , o nell' a- moroso e modesto patrocinio della miseria , non soc- correndo soltanto quando incontra di osservarla, ma òol prevenirla, che é , la carità più squisita e magna- nima di tutte. E qui mi giova riflettere, che rispetto ai lasciti di beneficenza, mentre in altri paesi si abbonda in legati per diflfondere V istruzione , le in- dustrie, la scienza, da noi per la più grande parte si pensa a spedali, ricoveri di mendici, e via discor- rendo, i quali sono certamente benefizi necessarii, ma che se lo scemano, non prevengono il male della miseria. Perché non ricordarsi che la scuola nelle sue svariate e molteplici forme, é la fonte più bella ed efficace per incivilire e educare le plebi bisognose, sollevarle, procacciare pane e decoro 5 in specie quelle scuole preposte all'insegnamento d'utili professioni di arti e mestieri dei due sessi ? — Perché non abbon- dare generosamente in questo campo dove l' Italia è veramente più squallida e sterile d'altre nazioni? — i PROPOWE ' 99 n benefizio che preTiene il male , che dischiude vie oneste di utile lavoro , che apre e solleva le menti ^ che prepara generazioni migliori alla patria^ è il più santo di tutti ; poiché la grandezza morale umana non consiste tutta nel raggirarsi con generosi propo* siti tra lo squallore^ la sordidezza^ la lugubre mostra 4egli effetti della miseria^ come è costume dei mistici superlativi ; ma di scorgere gioventù balda^ ilare^ che speranzosa si asside sui banchi della scuola, si aggira per le officine, seme di operosa prosperità alla nazione. Quindi invece di smidollarsi, liquefacendosi in sterili nenie é femminili ululati contro V internazionale de- magogica, si armino, i querelanti, di ferrea volontà, lavorino, lavorino, lavorino, e sbugiardino con i fatti le teoriche tristi dell'inimico ; e procaccino di meri- tarsi amore e rispetto dalle moltitudini, non col di- spregio e il sussiego verso le medesime, ma con l'af- fetto operoso, e colla reverenza che tutti sentire dob- biamo verso chi non ebbe da fortuna, sovente cieca e assurda, il superfluo. Tali sono i rimedii, ma veri ed efficaci che i privati possono adoperare contro i mali che temono. Che se invece d'intendere Y epoca nostra, e di convertirsi alla sua religione sociale , il lavoro, continueranno nell'ozio o nel fasto infecondo, nella noncuranza del domani, pure imprecando alle sette, non è d'uopo provare loro che corrono inevi- tabilmente alla ruina, e che il giorno, in cui vorranno resistere, né sapranno, né potrebbero più. Ed uno dei modi più speditivi e potenti a calmare Tonda irrompente e che già mormora da lontano*, si è per le classi agiate specialmente l'esempio dell' o- nesto governo di sé medesimo. Più triste, volgare e ^98378 100 CAPITOLO m nauseabondo spettacolo non può figurarsi del ricco ozioso e msàoBOj che nulla cura restìmasione pubblica^ e come se la sua condizione fortuita, della quale non ha merito alcuno, concedesse impunità di azioni , di- spregia con stupida alterezza ogni riguardo, e si rende cospicuo e celebre soltanto per gesta^ di cui l'ultimo ciabattino si vergoguerebbe. Ma badino, e parlo agE sciagurati che cadessero in questi fialli, badino che il popolo è conservatore per eccellenza, ed aj^unto per quei^ non perdette, nò perde quel senso di eonve- nien^, decoro e bontà dbe vennero talvolta ottuse in classi più alte, e quindi sa valuftàre a rigore il pregiò dei paladini del vìzio. Senza onestà di propo* siti, di atti, di modi non c'è vita possibile privata^ né pubblica, e qual popolo cadde nella licenza dei costumi peri miseramente, poiché la garanzia della vita generale delle nazioni, consiste nel sentimeiito dell'onestà più che nelle carceri, e la forza, o nel boja,. secondo la peregrina e spiritosa sentenza di Giuseppe De-Maistre. Onde si provveda da tutti noi a dare il buon esempio, con che disarmeremo molte ire, molte invidie, e scongiureremo molti pericoli. Né io pretendo che gli uomini debbano essere santi, e il miondo di- venire un concistoro di arcangeli : lasciamo queste innocenti aspirazioni ai bacchettoni, ai piagnoni, ai baciapile, che sovente sono poi più diseoli e disonesti dell'aperto e franco rompicollo. Io parlo dell' onestà seria e civile : che non esclude il piacere il riso /O l'allegra agitazione della vita : che i cieli non sareb- bere stati sì larghi e generosi d' ogni bellezza , né avrebbero infuso così vivo istinto di bene negli uomini ^e dovessimo ridurre il mondo ad una confraternita. PROPOSTE " 101 Ji trappisti. E non soho di quei brontoloni^ secondo il vezzo dei vecehi, che tutto scorgono in nero rispetto ^i costami presenti^ « rimpiangono il roseo di quelli trascorsi : anzi credo fermamente che i nostri sono in generale di gran lunga migliori per la sola ragione, se ne mancassero altre, che trionfando la democraEsia, cioè l'eguaglianza dì tutte le classi, una copiosa messe di yizii nei ricchi^ si rende di più difficile germo- glio, non più sorretta dal privilegio, e sindacabile senza tema dalFuniversale dei cittadini. E la neces- sità deUa purificazione dei costumi nella società odierna scaturisce sempre dagli influssi di quella legge civile che via via trasformò la convivenza umana alla forma presente. Che se fossero giustificate le querimonie e le nenie dei moltissimi di buona, o mala fede, sulla tomba d'ogni onestà é moralità, lungo le età succes- sive della storia, essendo il cantico fonebre nelle me- morie della razza nostra incominciato con le arringhe del buon vecchio Nestore, e continuato senza inter- ruzione ogni secolo sino ai di nostri, non so a che 43arebbe giunto il mondo a quest'ora : se pure il mondo delle nazioni non fosse spento del tutto. Ma, fatta questa considerazione , egli è certo che i mutati o cresciuti rapporti sociali ad ogni epoca, mutano le condizioni stesse deUa convivenza, e le forme estrin^ ;seche della moralità umana: e quindi nella' eguaglianza -presente, nel regno oramai effettivo della democrazia, e nella immensa varietà dei rapporti nuovi fra tutti i ceti, e i pericoli lontani 6 prossimi che ci sovra- stano, è d'uopo che ogni uomo, e tanto più, quanto ò socialmente più in alto, dia opera a fornire buoni «sempi di vita, e rassodare da per* tutto e fra tutti 102^ CAPITOLO «I quei sentimenti di onestà civile, che sono una garan- zia contro i mali possibili, e i modi opportuni per- la educazione delle plebi risorte. So che vi saranno taluni che forse sorrìderanno a queste mie proposte di rimedii privati ai mali so- ciali, di cui discorriamo, e diranno a pubblici danni dee provvedere il pubblico potere , o il governo : e. che i privati pagando gravi tributi d' ogni maniera, hanno diritto di venir tutelati dallo Stato medesimo,, e che per ultimo il pretendere che i cittadini da sa stessi procaccino di salvarsi, è un frantendere T or- dine sociale, e dar segno di non bene comprendere la scienza della politica, o della polizia generale. Nà mi meraviglio di queste profonde e sottili obiezioni^ le quali mostrano soltanto in chi le accampa una ignoranza supina della civiltà moderna, e un abban- dono d'ogni dignità personale. L'errore del resto non è nuovo, né ha certamente del peregrino : e dipende da quella idolatria, da quel feticismo primitivo e dan- noso dello Stato , nel quale tutto si rifondeva e con- fondeva quando la personalità umana non si era svolta e individuata in tutte le classi col vigore , e chia- rezza come al di d'oggi in tutte le nazioni civili, le- gittimata dal giure intemo , e sul quale riposa 1^ vera e soda democrazia: idolatria che conduceva poi,, e può condurre alla identificazione dello Stato con una classe, o con una persona e al più obbrobrioso dispo- tismo. Contro la quale fallacia non si griderà mai troppo da chi tiene a cuore il vero bene e la dignità di tutti, e specialmente delle plebi ignare, cui ten- tano gli astuti subillare con quella falsa idea della Stato. • PROPOSTE 103 A dileguare quelle obiezioni basti il pensare che costituito Io Stato nelle sue forme pubbliche e legali^ la società naturale non cessa^ ma continua^ vive^ s'a- gita al di fuori della cerchia dello Stato medesimo : che se fosse altrimenti lo Stato sarebbe il sepolcro della attività umana nativa: anzi essendo necessità del progresso civile, che il governo mano mano dimi- ntusca la sua ingerenza' negli affari dei cittadini, To- perosìtà privata sempre maggiore diventa, e indipen- dente dagli influssi diretti governativi. Credere che a tutto debba pensare il governo j a tutto provve- dere, tutto concludere, è un voler la pappa scudel- lata, e pronta come i fanciulli, o farsi sorreggere sulle dande come nei primi e incerti passi di quella età bisognosa d*ogni soccorso. H quale concetto quanto sia giusto, decoroso, virile applicato agli adulti, e ad un popolo, lascio pensare a chi ha fior di senno, e sangue nelle arterie. Invece e al contrario darà tanto più splendido segno di civiltà, senno e libertà quel popolo, che più. in sé medesimo confida , nella sua operosità propria, e non attende in tutto la miinna dall'alto. Che se nello Stato, la società naturale e il diritto d'operare primitivo a scopo giusto, non cessa, egli è evidente che una tale società tanto più sarà forte, quanto più individualmente e privatamente operosa ; e come ogni singolo uomo, comecché lo Stato lo tuteli in generale, pure dee sapersi difendere da per sé in molti casi particolari, in ogni ordine di rapporti o di rischi privati ; cosi ha il dovere di pre- munirsi, operando, oltre gli ajuti che vengono dal governo, contro i mali sociali stessi, com'è il caso di quelli in discorso. Onde non che essere una esorta- 104 CAPITOLO ni zione vana^ e quasi una orazione retorica o quarèsi- malO; lo atimolare alla vita attira^ ai negozi ntili e benefici^ e alla onestà dei costnnd le classi special- mente agiate^ ove più facile è il detiare ^ contn> là crescente onda delle mene demagogidie , è una ne- cessità delle stesse condizioni civili deUe nazioni mo- derne, un diritto e un dovere. ' Dichiarati brevemente i rimedi privati, conside- riamo quali sieno ,o possano essere quelU pubblici, o di pertinenza dello Stato, e del suo governo. Questi a divisarli compiutamente si disbrancano in lare or- dini, e possono essere quindi di tre specie: mo^?ali, amministrativi e poUtìci. . Un grande rimedio aU'er- rore, al vizio e alle miserie, è certamente V istruzione diffusa, e più tra quelle classi che di per sé mal sa- prebbero provvedervi, e alle quali manc^ lo stimolo proprio ad avanzare, vale a dire alle plebi della città e delle campagne. Che questo sia precipuo ed asso- luto dovere di ogni governo civile, è chiaro, e sarebbe anche più chiaro, se non fossero ancora alcuni, e non. son pochi, nei quali si mantiene la dignitosa e gene- rosa ctedenza, che T ignoranza delle moltitudini la- voratrici, è un ingrediente e un sussidio nòbilissimo di governo, e si affidano nella loro maraVigliosa atti- tudine, di contrastare ad ogni male, puntellati all'arte provvida di pochi, e all'uni vergfale e servile asinag- gine. E tatLto più stupore arreca una tale saggia sen- tenza, in qitanto di preferenza è sostenuta da quelli — non parlo certamente di tutti — che bazzicano frequentemente per le chiese, e fanno pompa di cri- stiana pietà. Brutta e ridicola contraddizione, la quale se ingenuamente* professata, indica in essi una igno- PROPOSTE 105 ranza proporzionata al grottesco proposito; se ad afte pensata, è iniqua e degna deff universale dispregia. Jn ciasctm uomo come sono eguali potenzialmente i diritti e i doveri, sono eguali i bisogni e la necessità deiihi dignità della vita; ora in tutti in quella guisa <5lie vive e &i esercita il senso, vive e si esercita la intel^enza, ed ognuno ha il diritto e il dovere di pervenire, nel giro delle sue forze, al vero ed al bene, ^ ehi ne defirauda una classe o un individuo per de- Kber'ato divisamente, non può essere che un empio o un idiota. Certamente non tutti per le condizioni dis- simili sociali in cui versano, per attitudini varie, per istinti, per ingegno, per volontà discordanti, sono idonei e contemperati a salire le ardue cime; ma una società bene organata e libera, un governo prov- vido e giusto dee non solo tentare di togliere gli ostacoli a quelli che sono degni e si argomentano di a,scendervi, ma fare in guisa che vi sieno stimolati. Né si tema, come ogni giorno si brontola, che tutti vogliano divenire sapienti e dottori, o che si disertino le utili arti e le professioni meccaniche; tutti questi timori, tutti questi languori, sono strumenti e ubbìe vecchi di falsa e triviale politica, e di chi non ha fede nella ef&cacia della libertà in ogni ramo di ne- gozi e d'idee. I diversi bisogni, ripeto, le varie atti- tudini, gli interessi moltiformi e via discorrendo, sono ostacoli naturali a che non si confonda ogni cosa, o si trasmuti ad una forma unica di attività intellet- tiva, é tali ostacoli naturali sono le vere e legittime dighe a mantenere varia Toperosità umana, che altri vorrebbe rinvenire in una violenta e trista ignoranza. Né vale il dire còme e più frequentemente si piange, 106 CAPITOLO III che i modi più focili e alla mano per tutti d' istru- zione^ «postano le condizioni sociali, agglomerano copia prodigiosa di pretendenti non soddis&tti, aizzano de- sideri impossibili ad efltettuarsi, creano bisogni artifi- ciali, riempiono di pericolosi agitatori lo Stato, e im- bastardiscono i vari ceti sociali. Al solito, questo è uno di quei tanti pregiudizi di cui non si spogliano anche i più assennati, e che vanno riposti tra i vec- chiumi delle superbe arti di governo. E basta a dis- solverlo il riflettere che il progresso sociale fu un continuo spostamento: che i servi si spostarono dive- nendo liberi; i liberi civilmente si spostarono dive- nendo uguali ai privilegiati dì un tempo, e i pensa- tori più grandi sòrti a torme anche dalla infima plebe, si spostarono emancipando col divino ingegno il pen- siero, innalzando e focendo gentili gli animi con le arti, proclamando regolatrice della vita la ragione, producendo i trovati, intraprendendo le scoperte della scienza, e le applicazioni infinite alle industrie, che rendono si potente T incivilimento moderno. Molti di questi apostoli del vero, del bello, del buono, erano originariamente intrusi^ e si spostarono ; ma senza di essi Tuomo sarebbe ancora alla squisita civiltà dei tempi degli orsi delle caverne, o alle caste dell'India; senza gli spostati, il progresso sarebbe ancora di là da venire. Che se molti mali sorgono appunto da que- sto vario atteggiarsi delle società umane, e dallavala-' ere concorrenza a migliorare la natia condizione, è d'uopo ricordarsi che il bene è unito al suo contra- rio, e che la sapienza consiste ad accrescere il primo, e diminuire il secondo; per cui il dovere di diffon- dere r istruzione e *di schiudere a tutti le vie che PROPOSTE 107 conducono a ciò ohe è onesto^ e lecito^ e utile^ è uno di quelli che sarebbe non solo colpa, ma viltà il tra- SQurare. Ma l'istruzione popolare, alla quale ora abbiamo peculiarmente risguardo, affinchè non sia vana, giac- ché non conduce l'alunno che ai primi elementi del sapere, non debbo disgiungersi dall'educazione delFa- nimo, ed anzi in questa educazione consiste massi- mamente il sua tirocinio. Ed in vero, eccetto gli in- telletti grandi che come è avvenuto in tutti i secoli, per gli umili stimoli dei primi rudimenti del sapere, sentironsi spuntare le ali a più eccelso ed ampio volo, r istruzione primaria necessaria a tutta la nazione, di poco solleva le menti, nella generalità mediocri, e sol- tanto offre loro gl'istrumenti atti a condurre con maggior senno ed arte l'economia domestica , intro- mettersi in affari privati, e ad i meglio disposti, come si diceva, a dischiudere la luce prima dell'intelletto. Onde, se qui rimanessero i suoi effetti, di poco si vantaggerebbe la maggioranza del popolo. Indi è ne- cessario che a queste primissime linee e germinazione del sapere, venga congiunta la provvida educazione^ dell'animo, e posti criteri sani pel governo di sé me- desimo, nello Stato. Né pei maestri e maestre degni del gentile e grave uffizio loro affidato, é difficile assunto : poiché si tratta insomma di ispirar loro l'a- more del bene e della patria, senza alcuna tinta di setta, avvezzandoli virilmente a considerare l'onesto operare come lo scopo precipuo della vita in qua- lunque posizione l'uomo si trovi, persuadendoli che il retto vivere riesce in definitiva il più utile e profitte- vole; poiché — vogliano o'non vogliano i puritani mistici }08 CAPITOLO ni 4«Ua moriJìtà per sé stessa — ' ronestìi. non eoatraata all'ntìlitarìsm^ nudo e crudo. L'utile e Ton^sto noa 43ono discordi; né contraddittori^ come una scuola sa- porosa eccessivamente vorrebbe far credere; nella re- ciproca onestà degli atti e delle vicendevoli transa- 2Ìoni private^ scaturisce di per sa, cosie effetto, usa utilità generale; in quella guisa che dagli utili riea- Tati con modi leciti da ciascuno, se ne awanta^ia ^andio la moralità privata e pubblica, diminuendo in media quelle miserie che sono male comdgliere di atti colpevoli e brutti. Quindi nelle scuole, ai fEtnciuUi affidati come germi di bene o di male futuro, (terri- bile responsione ai maestri), devesi, oltre ristruzioìae elementare indispensabile a tutti, aver sempre preseskte di scaldare il cuore di nobili affetti. Né viene super- fluo di ricordare insistendo, che ad ottenere un tale intento è d'uopo pensare seriamente a porre i maestri in uno stato economico sopportabile; poiché adesso è, in generale, un vero miracolo se approdano a felice porto; sì tenue il più delle volte e scarsa è la retri- buzione loro concessa ; cosicché, a petto 6i questi mi- seri, il guadagno di un facchino é la fortuna di un milionario. Lercia e stomachevole lesinerìa, quando un «ol momento si rifletta che ella é rivolta a marto- riare e a porre a repentaglio l'onestà di coloro a cui sono confidate quasi tutte le giovani generazioni del popolo. Che se i comuni sovente non possono aumen- tare il minimo assegnato dello stipendio, provveda la provincia e il governo, o come in Svezia, si uniscano in consorzio comuni piccoli e prossimi, metodo, dbie colà die frutti eccellenti. Il denaro pubbEeo^ che si dipende nel sollevare dalla ignoranza e dalla ceoitò PROPOSTE 10^ xcLOTBle le giorasti menti, è quello che più profitta^ ed a krgbeggbre in questa bisogna non è difficile ,66rcare economie ia altre parti degli uffici pubblici^ ore al neeessarìo si unisce spesso il soverebio ed il bisso. Un govemo che seriamente non ponesse tutta la cura a questo nobile magisterio dell' insegnamento- ed educandone nazionale, sarebbe indegno dei tempi <$ome quello che attenta alla eguaglianza dei citta- dini, e ncn prepara^ pronta a lattare contro ogni ti- rannide, la gioventù, E di suprema importanza ò pure la onestà palese e da toccare con mano d' atti e d' intendimenti del governo stesso, come govemo, e delle persone che da lui dipendono in tutti gli uffici e funzioni dello Stato. NeUe nazioni ove la democrazia à il fondamento e la coaidizione generale civile, come nel nostro, la mani- festa onestà dei propositi e dei fatti in tutti gli uffici dagli infimi ai più alti, è il principale argomento e sostegno dell'autorità del governo e delle persone che lo esercitano; poiché in questi Stati, difettando feli- ceaoaente lo strumento della forza, ed emancipati gra- datamente dal prestigio del mito, e quasi del simbolo che s'incarnavano in un ordine di persone, altro non resta al salutare impero della legge, ed agli influssi del buon governo sociale, che l'autorità pura e ra- zionale della moralità degli atti e degli. intendimenti. La quale è eertamente più poderosa di qualunque altro àmminicolo scaduto, in quanto corrisponde, dirò cosi, agli imperativi della coscienza pubblica, che ri- schiarata e temprata da tanti secoli di perfeziona-» mento morale, si inchina volonterosamente al buono, e spontaneamente porge omaggio e reverenza a tutta 110 CAPITOLO III ciò che vi si conforma. Questo rispetto alla onestà dei reggitori, base incrollabile di ogni ordine e di- sciplina civile, scevro di qualunque omaggio servile, è un felice portato della democrazia moderna, in quanto riposando affatto sul valore individuale, é sui pregi ottenuti dal sapere, e daUe lotte contro le pas- sioni, ad altri non può inchinarsi che a quello clie tali qualità manifesta in ogni ordine di fatti, si pri- vati che pubblici. E come per legge intrinseca delle società umane tanto il bene che il male discendono prontamente, cosi l'esempio di chi sta in alto, triste od onesto, brutto o preclaro, informa a poco a poco 1 universale, e conduce gli Stati a gloria e felicità, o li travolge nel vituperio e nella ruina. Perciò, coloro che sono preposti alla cosa pubblica e che tengono in gran parte in mano le sorti supreme dei popoli, sarebbero indegni dell'augusto ufficio e micidiali del popolo stesso, se oltre alla capacità e l'ingegno atto a si difficile prova, non sentissero profondamente che se non è lecito discostarsi dalla onesta via tra i pri- vati senza colpa e vergogna, nelle cose pubbliche non può avvenire — e spero non avverrà mai — senza infamia e delitto. In quanto riguarda i rimedii d'indole amministra- tiva sono molti,^ e da molti indicati o consigliati re- plicatamente : ma giova ora fermarsi intorno a due che io reputo i principali. H primo è la semplicità, e il numero minimo delle leggi e dei regolamenti : già Tacito col suo fiero piglio romano aveva detto : cor- ' rì/^tÌ88ima repttòlica, plu/rìmce leges ; verità sacrosanta, sempre dimenticata anche dagli onesti, ma furibondi sciorinatori di regolamenti, di circolari, di note e via PROPOSTJE 111 discorrendo, che /ormano poi con la selva selvaggia dell'immane numero degrimpiegati, quella babelica e vasta mole, che si chiama burocrazia, con parola ele- gante quanto la cosa significata. La quale còme in- caglia, imbroglia, protrae gli aiBFari dei cittadini, cosi pei denari che CQSta, il tempo che sciupa, il fastidio che infonde, l'operosità dei privati che strozza, e la confusione che spande nei più, afliigge, intisichisce, ruina lo Stato e lo manderebbe a rotoli, se la pa- zienza altrui quando si tratta dei proprii interèssi non fosse più grande e tenace di qualunque nemico. Percorrete le città, i borghi, le provincie, le campa- gne e da per tutto udrete in coro il lamento costante, continuo, implacabile della complicazione degli ordini amministrativi in ogni ramo di pubblici ufficii, di lun- gaggini, di difficoltà di forme, di etichette, di sover- chio numero d'impiegati, e quindi d'ozio infecondo, e l'aspettazione viya che venga una volta chi renda più spedita, larga, facile e diritta la via. Che se questi lamenti i più non li sentono, forse dipende dal duro orecchio, o dal protratto sonno della loro vita. Pochi sieno e ben definiti i regolamenti e saldi : non con- tinuamente chiosati, rabberciati, cincischiati, o rin- novati d'tin fiato : poche e spedite ruote alla gran mole, pochi ben rimunerati, alacri gl'impiegati ; e so- vra a tutto vegliante con occhio attento, animo im- parziale, e mano risoluta, il governo : questi sono i canoni, e solo questi di una buona, pronta e vigile amministrazione. La quale tanto è importante che sola, come altri notò, salvava forse altrove l'unità della patria, e la sostenne in piedi ed incolume nello sfacelo di tutti gli altri suoi ordini. In Italia in que- 112 CAPITOLO ni stp abldamid molto da (^tiy poiché^ 4Ì€iiaHio]a senza oompOimenti, aJ^biamo lia poco tutti la marna di far^ 6 disfare, di anjuaucchiare ordiiu e chiaccherey e di mòltiidicare gli exxti mutili, ma dispendiosi. Da que- sta caosideraziooDbe è facile i^ passo a quanto concerne il decentramento» Pairehbe cosa impassibile, se il fatto non gridasse il cQ^ktrario : mentre l'indole degli italiani, la loro isto^ ria, e la condizione nativa della operosità loro, gli spille amministrativamente al governo di se mede- simi nel eomune, e nella provincia, sens$a pericolo al- ^uno adesso del sentimento della imita politica, (poi^ che le diverse città e regioni ne diedero ripetutamente splendidi esempi, qualche eccezione in fuori, le que- stioni di campanile tanto strombazzate non valicando i termini amministrativi :) mentre la democrazia, (e il nostro stato è essenzialmente democratico, non si dimentichi) reca con se la necessità di diminuire l'in- centramento, in quanto Fattività dei singoli ne è la base e la condizione ; e questa non può liberamente (attuarsi quando ad ogni ora debba in qualsiasi cosa minima rivolgersi per lunga trafila d'intermezzi ncgosi al centro governativo : appunto adesso, io di- ceva, abbia infuriato in alcuni governanti e statisti lo spasimo dell'incentramento, e si adori l'onnipotenza, dello Stato, invescandosi di tal modo in un errore sto- rico, teorico e pratico. Vero è che in tutte le cose umane, e nei negozj specialmente che vertono intomo a fatti, e istituti sociali, non vi sono regole assolute,, ma relative, e sono necessari sempre nelL'attuare ri- forme, e in qualunque innovazione quei temperamenti sagj^i di adattamento momentaneo, che sono arra di PROPOSTE 113 riuacita^ e il metodo stesso della natura in tutte le sue organiche trasformazioni. Ma Tindirizzso però^ il principio, quando è sano, e in sé stesso di una evi- denza assoluta, non dee mai perdersi di vista, e se nel porlo in pratica via Tia richiedesi una tal quale prudenza, bisogna intendervi con costante sforzo per non guastare ogni cosa, e correre a ritroso, come i gamberi, delle leggi sociali manifeste. Ora sé v'ha una teorica certa e palese nell'indirizzo civile ed eco- nomico, si è quella della decrescente ingerenza dello Stato negli affari e nella operosità legale dei citta- dini, il decentramento quindi anuJainistrativo, perchè il tempo non sia perduto, che è prezioso tesoro, e i negozj meglio si disbrigano dal consapevole interesse proprio del comune e della provincia ; e la libertà economica in fine che lascia i varchi aperti alla fe- conda concorrenza generale intema, e alla ricirco- lante ricchezza e prodotti da nazione a nazione. Tutta l'evoluzione storica antecedente della civiltà* nostra giuridica ed economica, in virtù della legge stessa che la governava al perfezionamento successivo di sé medesima, mise capo nel fatto economico sovraesposto/ del libero e personale lavoro, che è l'unico perno ora- mai su cui si aggirano, l'uniche guide su cui cor- rono i popoli: la quale nuova condizione sociale im- porta appunto l'affievolimento e la successiva dimi- nuzione dello Stato, considerato come potenza diret- trice. Quindi non so capacitarmi come statisti valenti ed arguti possano ritornare con tenace intendimento all'idea stantica dello Stato dei nostri arcavoli, ed all'errore pratico che ne deriva in tutte le faccende civili. Ma bisogna star saldi : non lasciarsi illudere 8 114 CAPITOLO III \ da speciose ragioni, da possibili vantaggi, che in fondo sono chimerici, e perdere in poco tempo tutti quei beni, che la democrazia e la libertà, con tante pene e lotte aquistarono. Lo Stato ripristinato nella sua simbolica forma, spiana la Via al dispotismo cesareo, a quello dei comunisti, e sette affini e perniciose. L'unico modo di avanzare, è il culto della libertà e la fede nella sua efficacia in tutti gli ordini della con- vivenza, come in tutti i negozj, sia privati, sia pub- blici, sia intemazionali. Che se tal fiata, come si notò, giovano i temperamenti, non bisogna rinnegare il prin- cipio, che è Tanima stessa del particolare e generale incivilimento delle nazioni. Lo scopo a cui dee mi- rare con perseverante conato il moderno uomo poli- tico e il legislatore, si è di rendere vie più esplicito e indipendente, libero il lavoro individuale, nella sua moltiforme natura, perchè Toperosità Umana non ab- bia, né possa avere altro sussidio, altro appoggio che in sé medesima. Una tale necessità di provvedere di- gnitosamente a sé stesso del cittadino moderno, e il nobile sentimento di tutto dovere alla sua attività, é garanzia di libertà, come pure é fonte perenne di maggiore e generale ricchezza, sia negli ordini ma- teriali, come morali e intellettivi. Trascurando que- ste norme, violando questo magisterio sociale, in cui si risolvette Tanteriore moto civile, si andrebbe con- tro ad una legge fissa di eterno consiglio^ s'indietreg- gerebbe, e si guasterebbe ogni cosa. Che scaltri te- messe che un tale indirizzo ingenerasse un egoismo universale, o supponesse che l'uomo cosi troverebbesi privo di ogni ajuto, e un gran numero dovesse perire per una quantità molteplice di accidenti, andrebbe PROPOSTE 115 lungi dal rero^ né si sarebbe fatta mai una idea pre- cisa e completa della fecondità del principio delle nuove condizioni iiociali. Il rimedio a questo ipotetico e fantastico male, la società moderna lo trova in sé stessa, nel lavoro affatto libero e personale, e nella pienezza giuridica della libertà dell'individuo. Poi- ché all'antico sostegno di artificiali è irrazionali or- dini diversi in cui politicamente, e religiosamente si disbrancavano le ramerà dello Stato, succede ora il diritto alla libera associazione delle forze, la quale riunendo in consorzi d'ogni genere i deboli conati dei singoli, e rifondendo nella comunione degli assiociati gl'interessi di tutti con straordinario aumento di po- tenza, viene a garantire il godimento, l'accrescimento del benessere di ciascuno; e razionalmente e libera- mente compone un organismo privato di gran lunga superiore in efficacia, certo in diritto e in dignità, a quelle privilegiate caste, che credevano per lo innanzi sopperire al difetto dell'individuo, e soccorrere la mi- seria, sovente neghittosa e colpevole, mantenendo po- vera la nazione. Quanto più lìbero l'uomo, quanto meno sostenuto da artificiali puntelli, quanto più uni- versale il lavoro, tanto più per conseguenza crescente il bisogno e il desiderio di associarsi in ima molti- plicità di scopi, e in varie, forme : e quindi tanto mi- nore l'ingerenza dello Stato, tanto più indipendente la vita dei cittadini: poiché le associazionf non solo si istituiscono per intendimenti affatto privati, e per moltiplicare i mezzi altrui ai bisogni d'arti, mestieri, industrie, reciproca sussistenza, e cosi di seguito, ma si bene a scopi di pubblica utilità ed ufficii, che da prima si esercitavano esclusivamente dallo Stato, come 116 CAPITOLO m proprietà e condotta di canali, di navigazione, di fer- rovie, telegrafi : le quali aUorchè non vengono insi- diate da interessi male intesi dello Stato, e questi solo per mezzo dei ministri ne tutela e ne invigila i doveri e gU obblighi contratti, sono a mille doppi me- glio, e con maggiore vantaggio amministrate e dirette.. A ciò pongano mente gli uomini che presiedono alla- cosa pubblica, e via via si sforzino di concedere sem- pre più largo esercizio di poteri alla provincia, sem- pre più vasta indipendenza al lavoro, sempre mag- giore libertà ai commerci, spogliandosi di tutto ciò, che non è strettamente necessario all'unità della pa- tria, alla tutela dell'ordine pubblico, e alla difesa del territorio; lasciando che l'associazione spontanea, frutto inestimabile della libertà giuridica moderna, compia l'opera sua. Ogni tentativo in contrario è vano, è fu- nesto : e se per poco violentemente potesse riuscire, di subito ritornerebbe e di nuovo a galla, la spontanea ope- rosità .dei cittadini. Che se fosse lecito ad uno stra- niero intromettersi nelle cose altrui, recherei ad esem- pio l'attuale sforzo titanico del grande cancelliere del- l'impero germanico a incentrare, e fare onnipotente lo Stato : sforzo che io reputo non solo vano, ma dan- noso al libero sviluppo di quella grande e nobile na- zione. La quale non è a dubitare che appena scosso il potere tutto personale del colosso che la dirige,, con più foga e tenacità farà ritorno al particolarismo congenito, pur non ripudiando la grande unità nazio- nale. Né credo andare errato aflfermando che se co- stituito l'impero, unificate pò liticamente le varie sue parti, si lasciava al popolo germanico stesso, libero lo sviluppo dei suoi istinti, e delle sue particolari isti- PROPOSTE 117 luzioni nazionali, meglio avrebbe e più presto rag* ^unto la meta a cui aspira, spontaneamente modifi- <!aiido le opinioni diverse e i sentimenti, conciliando ì partiti, accmnunando gFinteressi^ libero da soverchia pressione : e i fattì avvenire non sbugiarderanno la modesta mia previsione. Quindi non incappiamo, men- tre si può, negli errori in cui apertamente vanno in- tricandosi gU altri. Kesta ora a discorrere dei rimedi d'ordine pubblico, o quelli che si possono rinvenire nelle istituzioni pro- priamente politiche, che reggono lo Stato. E da quello, -come il più importante di tutte, il suffragio dei cit- tadini. So che m'innoltro per un terreno ardente, e dove tumultuano adesso trepide, tenaci e contraddit- torie lotte e opinioni, e mi accingo a dibattere una vertenza di vive speranze agU uni, di spavento agli altri, ma che pure debbe risolversi prontamente, se vuoisi con senno antiveggente provvedere al decoro e alla sicurezza della patria comune. Aristotile nell'antichità, il quale per la perizia e pratica delle faccende umane aveva autorità quanto il più arguto pei contemporanei; e Niccolò Macchia- velli più a noi vicino, che ragguagUata ogni cosa, e fatta stima dei tempi , aveva ragioni da vendere a molti dei moderni politici, lodano entrambi il senno <^ostante delle moltitudini nelle questioni generali; e quest'ultimo, nel primo libro dei discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, e al Gap. LVlll — La móltitvdine è piìi, savia e piU costante di v/n principe — esce in queste sentenze: « Io non so se mi pren- ce derò una provincia dura e piena di tanta difficoltà ^ che mi convenga o abbandonarla con vergogna, o 118 CAPITOLO HI * « seguirla con carico ; volendo difendere una cosa^ la. « quale^ come ho detto^ da tutti gU scrittori è accu- se sata. Ma^ comunque si sia, io non giudico né giudi- « cherò mai essere, difetto difendere alcune opinioni con « le ragioni, senza volervi usare o Fautorità, o la forza- « Dico, adunque, come di quello difetto di cui accusano « gli scrittori la moltitudine, se ne possono accusare « tutti gU uomini particolarmente, e massime i principi^ « perchè ciascuno che non sia regolato da leggi, fa- « rebbe quelli medesimi errori che la moltitudine « sciolta... E si troverà essere in lei quella medesima « bontà che noi veggiamo essere in quelli, e viedrassì « questa ne superbamente dominare, né umilmente « servire, come era il popolo romano, il quale, mentre^ « durò la repubblica incorrotta, non ser\d mai umil- « mente, ne mai dominò superbamente ; anzi, con gli « ordini suoi e magistrati, tenne il grado suo ono- « revolmente... E in tante centinaia di anni, in tante « elezioni di consoli e di tribuni , non fece quattro « elezioni di che quello si avesse a pentire. » E cosi seguita da par suo a sostenere l'assunto principio. Quindi io, lontano le mille miglia dalla eccellenza dell'ingegno e della dottrina di quel sommo,^ mi propongo però di sostenere onestamente e con profonda convinzione, ri- spetto all'età moderna, e nelle diverse condizioni in cui si trova la società civile, che le moltitudini dif- ficilmente si tergono dalla diritta via, quando legal- mente esercitano i loro diritti, e che la salute della patria e della civiltà è riposta nel temperamento che Tuniversalità dei cittadini sa porre alle opinioni estreme,, e gli ostacoli insuperabili che le medesime contrappon- gono al dispotismo o alla licenza, quando fanno sen^ tire i loro influssi nello Stato. PROPOSTA 1 19 Nel caso nostro però jebbe trattarsi del suffragio rispetto ai due scopi a cui è diretto attualmente: ad avvivare cioè per una parte la vita pubblica, impedire un ristagno morale perniciosissimo; e daU'altra a met- tere un freno salutare alle teoriche sovversive e ai disordini della demagogia latente. In Italia adesso il suffragio è ristretto in Unuti an- gustissimiy e il più ristretto di quello di tutte le altre nazioni; egli invece debbe essere fra noi il più largo possibile. Quando il suffragio si esercita da un nu- mero relativamente scarso di elettori, molto più facile è U broglio, la corruzione, gli influssi d'ogni genere di quella parte della cittadinanza che tenta e vuole rimanere alla direzione degli affari ; la quale, avendo appunto perchè scarso il numero, molti modi potenti di disporre dei voti, si rende a poco a poco esclusiva signora delle urne e della nazione politicamente, re- spingendo quantità di pretendenti, e gettandoli quindi in una agitazione pericolosa e illegale. Noi vedemmo in questi ultimi quindici anni come uomini da bene certamente, e animati in generale da carità di patria, padroni delle urne, si risolvessero in un partito co- stantemente dominatore, e ingenerassero per una parte l'astensione dal suffragio, e indi V indifferenza politica nei più, dall'altra le ire, le rampogne, l'agitazione di quelli che non poteano pervenire al governo. Questi due fatti erano un pericolo permanente in Italia e per le sue istituzioni, poiché T indifferentismo politico e l'agitazione sorda e illegale, sono due mali che alla lunga conducono a certa mina; Il dire come alcuni non rifiniscono di gridare che il suffragio era anche troppo largo, in quanto non tutti gli elettori correvano 120 CAPITOLO III airuma, è , una tale ingenuità e innocenza di giudizio^ che non accresce fama di acume agU oppositori. Il cittadino perfetto, onesto, che sente la dignità propria, dà il suffragio puntualmente per dovere, e per eser- citare il diritto più nobile che lo privilegia; i più certamente vanno per un sentimento d'interesse, né conoscerebbe la natura umana chi credesse il con- trario. Ora, nel ristretto numero degli elettori, per la loro qualità, per le loro idee, per le loro speranze, i più erano animati, parlo in generale, dagli stessi sen- timenti, e sapevano, tranne alcuni casi di più viva lotta, per intuito e per istinto abituale, che dal mag- gior numero dei votanti sarebbero sempre, raggua- gliata ogni cosa, usciti i nomi che più consuonavano con i principj del partito al governo, e perciò né si curavano né credevano necessario concorrere al voto. A che prò ? il risultato nel loro animo era già certo : i nostri governeranno. Di qui la scarsezza dei votanti, di qui la noncuranza del suffragio come diritto po- litico, di qui la nascente abitudine d'animo e di mente a riporre i loro interessi nelle stesse mani, e il peri- colo di scivolare a poco a poco nel vi pensi chi disve; trista massima degli ignavi ; e il credere che fatto, come dicono, il paese, ogni cosa vada da sé. Ma po- nete che allargato il suffragio, sorga il pericolo che altri di opposti principj sociali e politici, e forse per- turbatore nella fantasia eccitata , ' possa pei voti dei molti ascritti a scegliere, venire eletto, e vedrete con quale fretta concorreranno coloro che da prima si sta- vano neghittosi ad aspettare il vecchio pastore uscente dall'urna. E V indifferenza é già dileguata. Basta una tale semplice riflessione, basta l'evidenza di questa PROPOSTE 121 verità a mostrare che rallargamento del yoto^ per la trepidazione negli aaitìchi elettori e nei conservatori d'abitadìne, riesca di eccitamento vitale politico nel paese^ e impedisca che Fozio del voto degeneri in fra- cida indifFerenza alla libertà ed alla patria. Che se per ipotesi la ragione della astensione non fosse quella da noi ora accennata, non so quale onore farebbe al partito che per tanti anni ebbe in mano il governo degli italiani, riuscendo al risultato di spegnere o non avvivare almeno l'operosità civile e politica del popolo confidato alle sue cure. Io non ho mai contestato e negato che gli uomini che presiedettero alle sorti della patria in questi tre ultimi lustri, abbiano mandato ad effetto opere egregie, e superate molte difficoltà e pericoli, ma se nel tempo stesso e per colpa loro, (e sarebbe certamente colpa innegabile) la vita pubblica si fosse allentata e affievolita, il pregio diminuirebbe di gran lunga, imperocché, primo dovere ed arte pre- cipua di un libero governo, sieno quelli di avvivare e propagare l'attività civile nella nazione. Tutti sanno che anche il governo assoluto tutela e mantiene Tor- dine pubblico, può tenere in fiore le industrie, attuare, e ristabilire se guasto, un buon sistema di finanze, ed entro certi limiti suoi, glorificarsi di luce letteraria ed anche scientifica in ciò che riguarda gli utili e le discipline naturali; e senza andar lungi da noi, in Italia stessa prima del risorgimento politico, non man- carono esempi in proposito. Ma ciò non basta ad un popolo che nell'acquisto della indipendenza e di un regime liberate, non intende soltanto all'ordine, al materiale benessere, e ad un certo lustro di lettere o di scienze, ma alla dignità e decoro di cittadino, alla 132 CAPITOLO m vita operosa pubblica/ alla stabilità delle sue istitu- zioniy all'espUcamento delle sue più belle e magnanime potenze e alla civiltà progressiva^ beni tutti che non germinano e si perpetuano che con la libertà, e nel continuo moto politico della universalità dei cittadini. Quando ad un popolo , sia pure in minima propor- zione, si appiglia T indifferenza ai diritti più nobili della sua vita pubblica, e il torpore e l'accidia della medesima , è bruttissimo e terribile sintomo , poiché indica un morbo che inqidna e guasta il fomite stesso della sua vita, e lo minaccia, come libero, di morte ; e non sarà mai dagli uomini onesti e di cuore provveduto .e operato abbastanza per porvi riparo. Or r indifferenza era tale da noi, che tutti i partiti, i moderatissimi anche, nei discorsi privati e pubblici e nei loro giornali, se ne lamentavano a cielo; ed è per' questo massimamente , oltre le varie ragioni da noi accennate, che la parte più viva della nazione si scosse, e tentò Fardua prova di un mutamento d'in- dirizzo governativo. In im popolo nel quale virtual^nente ciascuno è fornito di eguali diritti eziandio politici, non è possi- bile senza violare il giure pubblico che lo informa, come presso di noi e in quasi tutte le nazioni civili, ristringere soverchiamente . V esercizio del suffragio, stabilire, senza volerlo, un privilegio contrario all' in- dole della democrazia, e quindi un ritomo agli arti- ficiali ordini spenti. Il censo, l'istruzione superiore, le condizioni professionali, non militano certamente, quando difettino, come ostacolo, all'esercizio legale di tutti i diritti civili e privati ; tutti possono e vendere, comprare, obbligarsi reciprocamente in mille guise, I PROPOSTE 123 trattare affari d'ogni maniera, associarsi ad ogni scopo materiale e morale, contrarre matrimonio, divenir capo dì famiglia, attendere alla economia domestica, edu- care i figUuoH, perchè in for^a appunto della demo- crazia prevalente nelle le^i, ciascuno virtualmente o in atto potè e potrebbe godere di taU diritti, che pure sono di una importanza massima socialmente, pel retto e ordinato vivere delle nazioni. Laonde mal si sa- prebbe escludere il maggior numero dal diritto del voto, quando ad esercitarlo non si richiede migliore acume e prudenza che negli affari molteplici privati, diritto che scaturisce spontaneo e in virtù della egua- gUanza civile, sancita solennemente dagli statuti. In generale, il possedere qualche Kra di più, e talvolta milioni di lire, non infonde nelle teste umane né una sapienza maravigliosa, né una operosità eroica, né una abilità straordinaria. Quando vediamo tutti i giorni il contrario : poiché vi sono degU analfabeti, e mol- tissimi tra loro, che danno il vantaggio in materia di sagacia e dì discernimento , a quantità di infarinati di lettere; come vi sono di quelli che nulla possie- dono, ma valgono a mille doppi molti cresi del nostro tempo. Che se vuoisi affermare che gli agiati meglio tutelano gli interessi comuni dovendo tutelare i pro- pri, è d'uopo provare dapprima che gli agiati pel fatto solo dei loro averi, intendano chiaramente quali siano gli interessi veri della nazione, dovendo eleggere opportunamente gli uomini a ciò ; del che mi sarà lecito dubitare, osservando che or l'agiatezza produsse piuttosto in generale V indifferenza, che l'alacre vigi- lanza del pubblico bene ; fientre poi gli interessi per- sonali possono parere spesso contrari, per soverchio 124 Capitolo hi «more di sé o per miseria di cervello , a quelli co- muni. Ma uno degU argomenti achillei dei fautori del suffragio parziale e che tanto e si clamorosamente si diffonde, è queUo che si basa sidla quantità in Italia degli analfabeti e ignoranti. Io non ho potuto mai, confesso^ e poi mai comprendere e sentire il valore di questo argomento; dipenderà da corta apprensiva e dall'essere troppo al di sotto dei grandi uomini del mio paese, del che non ho colpa veruna, e facilmente verrò scusato scorgendo quanto essi sieno scarsi. Con- cedete, dicono, il voto quando almeno si sappia leg- gere e scrivere. In verità, se chi studia da v.ero i suoi simili e s'intromise seriamente di storia, non fosse avvezzo a taU squisitezze di senno, non si cre- derebbe possibile un tale strafalcione. Comprendo quelli, e sono molti, che assolutamente negano il suf- fragio più largo come inopportuno ed inutile, ma non comprendo le ragioni dei primi. Ma, in nome del cielo, colui che giunse a leggere e scrivere, ed io vi aggiungerò generosamente a far di conti, è divenuto perciò ipsofacto una cima, un Catone, un Richelieu, un Cavour? Il compitare un giornale, l'apporre una firma leggibile a pie di una carta, o il tener la Usta di pochi attrezzi, di pochi quattrini venuti od usciti, ci pone forse di un salto nella condizione degli apo- stoli, sui quali improvvisamente fliu dal cielo l'eterea fiamma dello spirito e divennero sommi? E che il saper leggere e scrivere non alzi la maggior parte degU uomini e le moltitudini al di sopra di quelle intellettuali condizioni dianzi accennate, è cosi mani- festo che io farei torto ad insistere credendo troppo menni i lettori. Porre il censo avito o il leggere e PROPOSTE 125 scrivere come somma arte politica e fondamento al- Fesercizio del voto nella elezione dei deputati al par- lamento, è tanto savio, giusto e corretto tagionamento, quanto il dire il tale è dovizioso o il tal altro sa di allabeto, dunque sono galantuomini ; o, ciò che calza meglio al nostro argomento, sono due genii capaci di condurre la patria alla gloria terrena e celeste. Il vero al contrario si è, e per fortuna dell'uman ge- nere, che Fonestà e il ragionar rettamente non di- pende soltanto dalle ricchezze, né s'impara esclusiva- mente con la irta e faticosa logica delle scuole; chà trovansi nel cuore umano e nelle moltitudini analfisb- bete, semi nativi fecondati da lunghi secoli di morale eredità, di virtù, come s'agita nelle loro menti, e si attua la logica spontanea della intelUgenza, avvalorata dalla esperienza propria e tradizionale, e che prorompe viva dal cozzo giornaliero dei fatti, come la scintilla dall'urto della selce e del ferro. E questa^ probità e questa logica non sottilizzate e discusse pel contrasto di varie teoriche, e meno distratte dal sapere super- ficiale e pretenzioso del volgo dei saccenti, nel circo- scritto giro delle idee tra cui si esplicano, riescono più tenaci, diritte, sicure, di quelle di molti pettoruti maestri. Se il lettore avrà frequentemente bazzicata e si sarà aggirato per le campagne, per le officine, tra quel volgo onesto che lavora assiduo e animoso^ non guasto e sobillato dagli apostoli in zimarra nera o scarlatta, e avrà amorosamente conversato con essi^ mi darà perfettamente ragione; avrà imparato anche molto dallo scatto improvviso di certe loro idee ri- piene di quel senifo ed acume proprio dì una mente ingenua, che versa continuamente nella realtà delle 126 CAFrraLO iii cose; ciò che basta a colpire all'occorrenza rispetto agli interessi della vita pratica^ nel segno. Non parlo eerto^ e nessuno sarà cosi candido da affibbiarmi, spero, un tale sproposito, non parlo delle alte specu- lazioni o delle dottrine faticose della scienza in ge- nere, per le quali, oltre un ingegno non comune, ri- chiedesi lungo e sudato tirocinio di studii e ampia messe di cognizioni, ma di quel senno sensato e pra- tico che è frutto dell'attività degli spiriti comunicanti col mondo e esercitantisi fra loro, del quale le mol- titudini in generale sono fomite; astraendo da quelle superstizioni e fantasie dove si scapriccia la loro immaginazione, ma che .non offusca nei giudizi reaU il loro intelletto. Corrono per lunga tradizione e per un certo ereditario sussiego e schifiltà aristocratica d'altri tempi, o per boria di letterato, molti pre- giudizi intomo alle plebi; errore che svanirebbe se in luogo d'usufruttare semplicemente da lontano il prodotto dei loro sudori, si vedessero più da vicino, e si apprendesse a giudicarle di persona tanto nel bene come nel male. Certamente, e noi lungamente se ne discorse, dovere del governo, e dovere santis- simo, è quello d' innalzare le plebi e il volgo di tutti i ceti, alla intellettuale dignità del vero e del citta- dino, a diffondere le arti elementari del sapere, onde abbiano in mano lo strumento di giungere, chi abbia ala da ciò, alle più alte cime della scienza, dell'arte, >dello stato, e migliorare le loro condizioni economiche; ma parlandosi di suffragio fermarsi alle porte del sal- terio e dell'abbaco, è tale stravaganza che la maggiore non si può immaginare; si crede d'essere' del nostro' secolo, e viviamo delle idee dei bisarcavoli! ^PROPOSTE 12T Cicerone assennatamente dicera essere gF ignoranti capaci di verità^ poiché T ignoranza ^ cioè la mente primitiva^ non ingombra da sfumature; e il più delle volte arruffata da un sapere rachitico, entrato a spruzzi anarchici nel celabro, è tutt'altro che chiusa alle ve- rità pratiche della vita ; che anzi quando queste ver- tono intomo a positive questioni d' interessi generali, ma consuonanti o influenti con e su quelli particolari della famiglia, del comune, della provincia, sono pronte a colpirne il nocciolo principale, e a scegliere le per- sone più idonee a risolverle secondo le necessità del momento. Se non fosse così, se noi attendessimo ad allargare il diritto di suff'ragio che virtualmente è di tutti, quando tutti fossero dotti, ed uomini di stato almeno in cacchioni, io credo che si aspetterebbe in- darno quel giorno, e si aprirebbero le universali urne dei trapassati allo squillo finale dell'arcangelo, più presto che quelle generali del popolo pel comune sufeagio. Ma ribadiscono gli oppositori : voi desiderate esten- dere il diritto di suffragio mentre ^ nessuno, o da pochi si chiede : attendete che il desiderio nasca, si diffonda, giunga legalmente al parlamento, e allora si aprirà la mano, ma sempre con prudente riserva. E cosi, soggiungerò io, noi liberi cittadini di libero Stato, e un governo che dalla libertà è sorto, e a que- sta deve intendere con tenaci propositi, saremo meno generosi, meno magnanimi dei governi dispotici ? In questi sovente, e la storia anche contemporanea è piena di esempj, il governo costringe spontaneamente le moltitudini riluttanti a incivilirsi, e con violenta mano le sforza ad accettare .riforme civili, ammini- 128 CAPITOLO ni stratìve, economiofae : noi BEtremo il contrario: in nome delia libertà, teleremo lontani dalle riforme utili e ne- cessarie quelle moltitudini chC; secondo il ^iblime concetto, persistono nella ignoranza, o nella indiffe- renza politica. Un governo onesto di libero popola dee spingere al meglio di proprio impulso le genti confidate al suo senno : nò dee nelle leggi fondamen- tali attendere che altri domandi, ma generosamente anticipare opportune riforme. Ma se del resto tuUi non chiedono o vogliono il diritto di suffi*agio, questi è sorto nella coscienza dei più, emana spontanear- mente dal nostro giure pubblico, è una necessità dei tempi, è un dovere civile. Che se un tale dovere, per ipotesi impossibile, non* si sentisse, o si dissimulasse, p^r durare in un certo grado matematicamente mi- surato, e fisso di libertà, a prò di minoranze qua< lunque sieno, allora io direi con dolore, ma aperta- mente, la nostra libertà ò ipocrisia. La libertà non si arresta per calcoli, estranei alla totale e feconda vita dei popoli, non si sfrutta a vantaggio dì mino- ranze, qualunque' colore abbiano, non s'inceppa per ubbie, paure, interessi : essa ò lo scopo di tutti, il di- ritto di tutti. Quando si accampassero sgomenti di troppo e rapido moto, di lotte soverchiamente vive, di agitazioni più vaste, risponderei con le generose parole, che un giorno udii da Camillo Cavour; la li- bertà non si acquista che con lotte e battaglie virili, non si custodisce e mantiene, che con lotte continue, non si perpetua ed accresce che sempre lottando : il regno della libertà non ò quello degli infiingardi, dei timidi, e degli egoisti, ò il regno degli animosi, dei magnanimi, degli operosi: ed è per questo che è . grande, bello, utile e fecondo. PROPOSTE 129 Ma vi sono rugioni attuali per la estensione del suffiragio ben più profonde^ e importanti di quelle ora discorse ! In seno ajle società europee, in Bussia, in Germania; la Tranciai in Inghilterra, e fra noi pure^ e più o meno da per tutto, si agitano, come notammo, ai di fìiori dei partiti politici praticamente possibili, &zioni sovversive d'ogni ordine sociale, che strette fra loro, e unite per propositi, e scopi conformi, in vaste associazioni, uunacciano sordamente, e si esten- dono con perseverante audacia, guidate da capi so- lerti, intraprendenti , scevri di 8cruip6U e tempera- menti, e da per tutto si insinuano : ed anche laddove associazioni affini si governano con altri principi, e sconfessano solidarietà colpevoli, cova però un pe- ricolo, se non manifesto e momentaneo, però possibile, quando ad un tratto vengano dirette, ed eccitate da altri e diversi agitatori. Una tale minaccia è sentita, affermata, temuta da tutti : ma quale rimedio apporvi d'ordine pubblico, e più pronto e più efficace di quelli privati, che passammo in rassegna ? Quale sarà l'argine incrollabile a questi fiotti irrompenti ? Quale ordine stabile al loro impeto ? £ il tempo canunina, né si può pramai sperare di governarsi con le len- tezze di questo, e lusingarsi di distogliere gradata- mente e bel bello la bufera rumoreggiante. Se altri crede il contrario, e stima potersi attendere Teffica- cia di farmachi palliativi e in poltrona, sonnacchiando, s 'inganna : ei non valutò mai e misurò la nuova pro- porzione dei moti sociali moderni col tempo. Si per- suadano i governi, se vogliono salvare la società da prove terribili : non è più questione oramai di lento svolgimento e graduale di fatti : il moto incalza più 9 130 CAPITOLO in veloce adéssO; e TEuropa non è lontana da crisi po- litiche e sociali gravissime. Se. il rimedio s'immagina nella fede monarchica, in quella fede che nelle passate età stava come diga in- superabile, appunto come fede, alle agitazioni faziose^ mal ci si apporrebbe. La monarchia venne troppo di- scussa alla nostra epoca, troppo sbattuta, offesa, fa ludibrio anche in molte occasioni, poiché conservi, ove ella regna, quel prestigio religioso e potente, che la rendeva intangibile come sacra cosa, e articolo di credo politico : il diritto divino scadde, e i popoli vi- dero ripetutamente come si creino, o si disfacciano i regni. Oramai la monarchia resta in molte parti, o come opportuna necessità sociale, o convenienza po- litica, o come forma riflessiva di reggimento, o come emanazione della volontà nazionale, forte talvolta del- l'affetto e gratitudine delle genti, òome ella è in Ita- lia : ma di per sé non potrebbe e non potrà più va- lere come fprza a resistere a commovimenti profondi : e gli esempj non sono lontani, ne pochi : che anche gli eserciti numerosi, onesti, fedeli in alcune circo- stanze non bastano : fermi e valenti, se rotti, ubbi- discono poi alle nuove nece^ssità della patria, come siamo stati testimoni testé, e siamo presentemente in qualche nazione. Se la monarchia non basta di per sé a tutelare la salvezza delle società dalle rivoluzioni di Dfiinoranze audaci, o dallo sfacelo anarchico, quale ordine può mai invocarsi ? — Il patriziato ? — Ma questo più non vive in generale come ordine costi- tutivo dello Stato, rifusi tutti i ceti felicemente in un solo, nella nazione, per la vittoria della democra- zia moderna : e quindi sopravvivendo di nome e di PROPOSTE 131 memorie, ma in fatto cittadino operoso fra tutti, e legato con tutti, mal potrìa, come per il passato, quando 'Cra membro politico privilegiato, e temuto, resistere alla piena. E che io dica il vero nessuno oserebbe ne- gare : il fatto non ha bisogno di prove. La religione come potere dello Stato più non sussiste, e per ciò non vaie come pubblico rimedio a contenere i faziosi. Tutto appianò la democrazia, e nel suo seno ordini conservatori potenti per loro natura, efficacia, e stretta -compagine di diritti , più non esistono. Oramai non c'è, che l'operoso agitarsi dei singoli conforme alla legge; e rispettato e forte soltanto chi ha meriti e valor personale. Or bene il principio conservatore che non si può sperare in altri ordini da soli, o che più non sussi- stono, la democrazia lo possiede in* sé stessa : Tatto il fatto pubblico per cui ella è e tale divenne, è quello stesso che la conserva : poiché nel libero eser- cizio di tutte le forze è riposta la legge, onde esse debbano perpetuare, raggiunto un certo grado di li- bertà e civiltà. Abbandonati a sé stessi, nel libero esplicamento delle loro virtualità, gli uomini nella moltiplicità loro, debbono in media attenersi e fer- marsi a quegli atti che rendono possibile l'esistenza, la società, le soddisfazioni dei bisogni morali ed eco- nomici. La legge delle medie, la sanno tutti coloro che son familiari ai calcoli d'ogni specie, agli studi fisici, alle statistiche d'ogni maniera, governano si può dire il mondo materiale, organico e sociale, e sono certissime, come quelle dal cui complesso di- pende la conservazione dell'equilibrio dell' universo. Ora una tale legge governa eziandio la vita morale 132 CAPITOLO ITI degli uomini^ e il regno delle opinioni^ quando è re- fluitante di un grande numero di soggetti e di fatti^ e si agita in seno di vastissime aggregazioni. In media quindi immancabile^ ragguagliata ogni cosa^ necessa- riamente il bene al male prevale^ il temperamento al disordine, la conservazione^ allo sfacelo, l'opinione mi- gliore alla contraria, Futile al danno nell'ampio seno^ delle moltitudini, specialmente quando queste possono affermare direttamente la loro volontà, o i loro sen- timenti. E per la legge appunto delle medie tanto più il resultato sarà migliore, quanto maggiore il nu- mero, ove si manifesta. Ed in vero per effetto della umana natura, della legge del progresso dell'intelletto,^ della comprensione del nuovo, scarseggiando sempre i grandi ingegni, e la mediocrità essendo l'appannag- gio dei più, i sentimenti della maggioranza di un po- polo riescono e si mantengono conservativi ; con disa- gio e fatica mutano obietto e si trasformano. Ciò che muta, spinge, innova, mira al futuro e lo idealizza,, è e fa sempre una minoranza : la quale in prima per- suade, incalza, trascina i pochi, che diventano poi i molti, restando però sempre alla base della nazione un grandissimo numero fisso e stabile nelle sue idee, di poco modificandole. Una tale verità non solo è palese ne' negog e principii politici, ma anche e forse più in quelli religiosi : e si fattamente che ancora ai giorni nostri dopo diciotto secoli di fede comune cri- stiana, a chi ben penetri sotto la corteccia delle genti in specie villereccie, o anche nelle plebi' più basse della città, continua rivestito solo di tenue simbolo nuovo, l'antico mito pagano. Quindi allorché tutti do- vessero esprimere i loro pensieri, contro o a favore PROPOSTE 133 di qualche nuovo problema sociale, religioso o poli- tico, egli è certo che il resultato fora sempre pel man- tenimento dell'antico, aborrendo da ogni innovazione -che toccasse l'intrinseòo valore delle loro credenze od affetti. Si noti che una tale verità solo allora può per le leggi accennate manifestarsi, quando numerosa sia la moltitudine interrogata, poiché se il problema si agitasse tra pochi, il valor delle medie non appa- rirebbe, sarebbe modificato da influssi estranei al libero esplicarsi di una tal legge. Ma siccome nella totalità di un popolo e tra gl'istinti conservativi della moltitudine, s'agitano i sentimenti e le idee delle mi- . noranze, simultaneamente varie d'indole e di prin- cipj, e tenzonano fra loro, cosi la maggioranza con- servativa, viene scemata, modificata in molte parti, in specie nelle città popolose , trafficanti , e indu- striali molto più progressive, e i resultamenti della espressione pubblica per mezzi legali nel voto, rie- scono appunto a quelle medie proporzionali testé in- dicate, con prevalenza sempre ed in fondo di ele- menti conservativi. E poiché non tutti i popoli civili, né a tutte le epoche storiche loro, (e adesso l'epoca consiste di pochi lustri) i principj conservativi nel loro insieme religioso e politico si rassomigUano, ma mutano, e a poco a poco anch'essi vanno assumendo forme più razionali : nella stessa guisa il valor dellaì media, rispetto a quei principj medesimi, muterà in proporzione dell'avanzare della universale opinione. Onde, benché la media rimanga sempre, ed abbia va- lore di temperamento e solida moderazione alle inno- vazioni repentine, e più specialmente pericolose, pure consuonerà col nuovo ordine di cose, cui la minoranza 134 CAPITOLO III più moderata procacciò di far prevalere. Ecco perchè la democrazia quando liberamente può partecipare alla vita pubblica, trova in se stessa il rimedia e V osta- colo, onde non si trascenda a fatti distruttivi e mi- cidiali della società umana, e alla rovina di se me- desima. E per quanto si voglia negare una tal ve- rità, e chiuder gli occhi alla luce, altra via oramai non c'è di tutela delle sane dottrine sociali, e del- l'ordine degli Stati moderni, che questa, perchè è quella cui produsse Tevoluzione naturale della razza nostra. Chi vorrà opporvisi, metterà a repentagUo e società e patria, ed in ultimo passando per terribili sconvolgimenti, dovrà ricorrervi ed effettuarla. Che se altri, né io me ne maraviglierò, taccerà questa dottrina sociale di teorica astratta, di utopia ingenua, o elucubrazione innocente, e mi terrà quasi per un mistico vaporoso, e sorriderà, nella sua alta sapienza, di compassione, risponderò con la calma serena di chi sente esser nel vero, e d'esser pervenuto a ciò non coi facili discorsi accademici, o in poltrona, o in chiac- chere di crocchi giocondi, ma per - lunghi, . ostinati e laboriosi studi, risponderò, io diceva, di rassegnarmi volentieri a questa nota di visionario, quando mi sì proverà sodamente che la politica e la sociologia è una rifrittura empirica di fatterelli scippiti, e una os- servazione superficiale di fenomeni senza ordine pre- stabilito, come molti che si credono sommi vanno in fine in fine divulgando, se si abbia l'occhio al fondo dei loro pronunciati, o al modo facile dei loro studj : quando tutto governandosi per leggi, soltanto faccia eccezione nella vita dell'universo, questa complessiva e organica delle società umane, e basti a dirigerle PROPOSTE 135 una elegante disinvoltura di spirito, o una destrezza di momentanei ripieghi : quando le leggi delle medie si manifestano in ogni sorta di sociali accidenti e. persino nel numero annuo delle lettere impostate senza indirizzo in una città vastissima come Londra. A forza di credersi giganti perchè si striscia terra terra, a forza d'incaponirsi in una certa positività stremen- zita, a forza di adorare il fatto presente, e fugace : a forza di spregiare ogni dottrina, ogni scienza, ogni teorica in politica, e in sociologia, si abbandona la vera potenza direttrice, che è la mente interprete delle grandi leggi, si scende al di sotto del fatto stesso, e allora se ne patisce il dominio e si diventa inqui- lini di un mondo che oramai spari senza ritorno. La teorica senza la pratica, e la viva riprova della spe- rienzai e dei fatti, e il senno che sa discernere il mo- mento opportuno, e afferrare l'alata occasione, certa- mente è speculazione vana, e poco fruttuosa ; ma la pratica senza alcuna teorica, è un folle e gretto em- pirismo, che può fruttare l'astrologia nel campo dei cieli, l'alchimia in quello degli intimi fenomeni dei corpi, l'orrore del vuoto nella fisica, e via discorrendo, ma che non produrrà mai un Newton, un Lavoisier, un GaUleo. Per le cose discorse io non mi perito di sostenere che è tempo oramai di allargare quanto si può più il suffragio in Italia, ripudiando tutte quelle ristrizioni artificiali,, tutte quelle ricette di esclusioni che quasi peggiorano le condizioni dell'antico modo di eserci- tarlo, e sono ridicole. Non mi perito d'invocarlo, come debito sacro di governo liberale, come stimolo e ec- citamento alla vita pubblica, massima necessità per 136 CA.PITOLO m una zmsione^ come l'unico ostacolo alle furie delle fazioni) ed ai perìcoli dell'anarcbóa. Se noi seguiremo altra via, noi Stato nuovo e sorto per fede generosa di principe, ma per virtù e volere di popolò, mentre tutte le nazioni avanzano nel grande moto trasforma- tore moderno, per paure, pregiudizj vieti e fuor di stagione, resteremo ajla coda di quelle civili. Se vi ha Stato, ove l'attuare largo suffragio, come richiedono le condizioni della patria e dei tempi, si possa senza pericolo, anzi con ogni vantaggio adesso, è il nostro; perchè le moltitudini temperate, il senso della realtà vivo, la monarchia accettata si può dire dall'univer- sale, e l'ordine caro a ciascuno. Ed appunto per que- ste sue doti conspicue, eminentemente civili, il po- polo italiano dee concorrere nel numero maggiore alla elezione dei suoi rappresentanti, poichà altrimenti e in virtù degU stessi pregi, perchè positivo, rischie- rebbe di cadere nella indifferenza totale politica, nel languore dell'egoismo, nel temperamento troppo mer- cantile, e potrebbe o facilmente perdere le sue li- bertà, venire sconvolto, soprafatto, preso alla sprov- vista, dagli urti sovvertitori. Né si ricanti che i voti si comprano, e ohe i governi dirigono se vogliono i suffragi; forse ciò è vero di quello ristretto, in parte forse anche di quello generale; ma in parte, perchè né si possono comprare tutti^ né tutti si vendono, quando trattasi di milioni di voti. Resta ora a dileguare due altre obiezioni contro una tale proposta, consistente Tuna nel vaticinare al- l'Italia il trionfo del cesarismo, della fazione cleri- cale l'altra. In quanto alla seconda noi le abbiamo già risposto: gli stessi clericali non vorrebbero un PROPOSTB 137 governo e un parlamento esclusivamente tinto del loro colore^ perchè sanno^ gli abili che dirigono^ che* in quel giorno sarebbero per sempre perduti, per la guerra del di fuori, e per Fimpeto liberale del di den- tro : e sarebbe una caduta senza riparo. Del resto nel maggióre concorso dei votanti la legge delle me- die apparirebbe indubitabilmente, e in Italia oramai^ checché ne paventino i meticolosi, non sarà mai di colore oscuro, o affatto clericale. E> quando anche, per ipotesi, ciò avvenisse, Teffetto sólo che produr- rebbe, fora certamente una'^pìù grande e viva ope- rosità nei partiti liberali, e una agitazione legale più intensa, le quali riuscirebbero in fine a risolvere più presto e ricisamente una tale questione interna, e scongiurare più virilmente i pericoli, onde è gravida per la nazione. Altro benefizio che recherebbe seco la partecipazione, larga del popolo al Suffragio, sa- rebbe quello di stimolare, (essendo più vasto il sin- dacato, e le possibili peripezie del voto), e costrin- gere i- deputati ad intervenire scrupolosamente al par- lamento^ e smettere il brutto sciopero in cui sono ca- duti molti ripetutamente, e in modo da far credere cronico il morbo pernicioso, che gl'infesta, e li rende colpevoli dinanzi alla nazione. Più e più volte gli atti e le discussioni del parlamento, d'importanza ca- pitale per la prosperità e ordine del paese, non po- terono aver termine necessario, o sanzione legale, per Io scarso numero degli intervenuti, e ancKe quando giungevano alla cifra prestabilita, di fronte alla to- talità dei rappresentanti, erano si può dire al disotto del decoro del parlamento.' Se coloro che pur brigano, e fauno chiasso per essei'c assunti al grave incarico, V IdS CAPITOLO m e rappresentano ciò che v'ha di più vivo nella na* ssioney e la funzione più eccelsa di un popolo, che è quella 4'essere il legislatore di sa medesimo^ danno un si tristo esempio di trascuranza agli alti doveri, e di abbandono alla alacrità civile della vita pubblica, B0^ è da atupire, se gli aitai alla base imitano nel laìiguote, nella cascarne, nella dimenticanza dei di- ritti e doveri civili, i loro rappresentanti ; e «'inge- neri nella na2doDe quell'ozio politico, che è la lue più deleteria, e corruttrice delle viscere della mede- sima; sintomo, se i rimedii non intervengono pronti ed energici, di inevitabile morte. O non cercare, de- siderare r^lezioùe e intromettersi in ogni maniera per ottenerla, o ottenuta, attendere con lealtà e perseve- ranza al proprio mandato, ^d esercitarlo costantemente, risparmiando cosi un malo esempio al popolò \ intero, un acerbo e giusto rimprovero a sé medesimi; la- sciando aperto il corso ai più degni, e più operosi, e non ocisasionando cosi la morale decadenza dell'auto- rità del parlamento, come pur troppo fra noi già per moltissimi accadeva : e che io dica il vero faccio ap- pello alla stampa quotidiana di tutti i colori piena so- vente di acuti, e meritati riinbrotti ai neghittosi le- gislatori. Bispetto al pericolo del cesarismo, che secondo altri sarebbe il mostro che uscirebbe dal voto generale, come quei fantocci deformi e strani, che scattano al* Timprowiso dalla scatola magica, a stupose e terrore dei nostri fanciulli, temerlo da senno in Italia, è cosa che non Val la pena di confutare. Il cesarismo è solo possibile in un paese, sconvolto ^à , sconquas' fiato, disordinato a più riprese, e dove la furia PROPOSTE 139 delle fazioni anaik^hicbe^ o le gare di pretendenti più meno apocrifi, tanto scrollarono le fondamenta d'o* gni ordine, e tanto impaurirono le maggiorante, che, conservatrici sempre, si appigliano di iiecessità all'u- nico modo di salvezza che si presenta, sia pute Tau- tonta irra:dónaie della sciabola, o la potenza moi'ale di un nome: poiché ove è questione di anarchia di forze brute tenzonanti , il popolo si rivolge a quella che ha maggiore probabilità di vittoria, e di ristabi- lire quindi la pace, e la cancordia nel caos informe sociale. Ma un tal voto," quando è generale, se ma- nifestasi sostenitore di una forma dittatoriale in un dato momento^ ove egli è necessario, apparisce anche come fondatore di repubblica, quando una tal forma di reggimento ad un dato momento, sia Tunica arra di durevole ordine, come intervenne in Francia : nella quale, nonostante la lunga cospirazione della caduta assemblea, e del suo governo, retrogrado e monar- chico, e tutto rìmmienso arrabbattarsi dei clericali, e dei funzionari governativi, sorse testé la repubblica da quelle Urne rurali^ che secondo i giusti estimatori del senno delle moltitudiiii, dovevano imporre alla Francia il -^èsaitfismo na^Kileonico^ o il lugubre spettro della rameica tirannide legittimista. Che se invece avvenne il contrario della comune aspettativa, si deve solo a ciò, che tra i varii e funesti pretendenti al trono francese, e delle loro ingenerose e tristi fazioni, il popolo senti, che runico governo d'ordine, era il rejpubblicano, che ta- gliava a tutti la cresta, e li poneva fuori dell'astioso e cupido combattimento, e per la repubblica votò. In Italia non vi sono affatto elementi per un cesarismo possi- bile, e mancano condizioni antecedenti per un tal ri- 140 CAPITOLO ni Bultato; qui non sfacelo, qui non anarchia^ qui non odii; rancori^ ambizioni^ rafforzati dal sangue sparso^ da vendette nefande, da rappresaglie inique ; qui nes- sun bisogno di salvatore, o d'incoronare col servag- gio del popolo, un fortunato vincitore di eroiche bat- taglie. Da noi le istituzioni, grazie al cielo, possono per poco affievolirsi , o venire in meglio modificate, ma legalmente operano , e sono fisse nella coscienza pubblica, né alcuno anche dei partiti possibili più risoluti, e accentuati, pensa a rovesciarle, perchè in Italia c'è senso in tutti della realtà, né ci si sca- priccia in utopie senza pratico costrutto: in Italia la dinastia regnante è politicamente insigne pel ri- spetto alle leggi, né vi attenta, né vi corrìe rischio, (quando esercita il suo mandato, come ora fa) di v^e- nire rejetta, e inimicata dalla nazione^ e F esercito nostro, quanto valoroso, fedele^ onesto, e nel quale in bella armonia si fusero tutti gli elementi fortf della nazione, sia patrizi, sia popolani, se è tutela delle leggi, dell'ordine, della integrità della patria , non è una accolta di pretoriani, e conosce a prova quali sieno i suoi doveri di soldato leale e devoto e quelli di cittadino. Indi il timore e lo spauracchio di Cesari possibili in Italia è affatto chimerico, e non conosce certo il popolo nostro, né le nostre condizioni civili interno in tutti i loro elementi , chi paventa di un tale babau, E dico adunque che si dee proporre legalmente e stabilire una tal forma di suffragio, senza indugio^ poiché la libertà lo richiede, la dignità della nazione lo esige, la prudenza Io consiglia. Le moltitudini eleg- gono, non governano; immenso ' divario ; ed esse in PROPOSTE 141 media secondo tempi, luoghi, e coadisiom sociali soel- gono' seeipmi pia opportuni ai bisogni presenti. Io 80 a rn^AA dito tatto quello che poseono rispondere , e obiettAi^é coloro ohe sono di contrario avviso : e m'in- vitératino ad inchieste del come si fanno e si fecero le elezioni' in varie provincie della penisola, sia per brogli, tàsir per persone e mi sopraffaranno di una quai^tità enorme di fatti , e' di aneddoti ; ma queste cose^ e questi riposti archivi! ,li conosciamo: ed è ap- punto perchè U conosciamo, che invochiamo la ri- forma del voto. Poiché il ragionamento dì alcuni fra gli awersarii consiste a dire: il voto, nella guisa che ora si esercita, è vero, non dà buoni restdtati, dunque.... Voi* attendete una conclusione necessaria: ohibò! la logica loro è più stupènda: dunque conser- viamolo! Altri potrebbe opporre : concesso che la moltitudine, la gt»nde maggioranza delle nazioni sieno di fatto e sempre conservatrici, perchè allora prevalsero via via, e vinsero le rivoluzioni , effettuando ad onta di quel freno costante, mutamenti radicali nel costume e nelle idee dei popoli? La ragione e la spiegazione di un tale fette è ovvia a trovarsi; poiché per una parte le moltitudini, perchè conservatrici, e lontane e abor- renti per le loro faccende, dal moto e dall'agitazione delle minoranze, che vivono in special modo di pen- sieiV)^ e di abitudini innovatrici, nulla iniziano spon- taneamente, e rimangono estranee agli influssi delle novelle idee; e dall'altra non chiamate a manifestare legalmente i loro sentimenti, non possono arrestare, moderare o piegare il corso degli avvenimenti, o mo^- dificame i resultamenti sociali. Le moltitudini vivono 142 CAPITOLO m sciolte y guardando ciascuno ai propri negozii^ e non possono congregarsi facilmente in assemblee, in comi- tati, in conventicole, come è facile alle minoranze ap- punto perchè minoranze. Ma una tale inerzia, una tale paziente annegazione, non rimane senza effetto col tempo; inquanto se le minoranze si spinsero oltre certi confini morali e civili e vollero trionfanti prin- cipii che offendono il sentimento ereditario della mol- titudine, cadono poi in seguito le loro esagerazioni stesse, non nutrite e sostenute dall'universale, e solo resta il progresso possibile, pratico, buono, il quale, comechè nuovo, pure non perturbando le coscienze e abitudini della maggioranza nazionale, viene a poco a poco a consustanziarsi con le medesime: e cosi i po- poli camminano e vanno perfezionandosi. E che ciò sia vero, oltre la testimonianza palese di tutte le sto- rie, basta fermarsi a considerare il corso delle rivo- luzioni moderne di tutti gli Stati, perchè la realità della dottrina nostra salti agli occhi ai più miopi. Affine dunque che le moltitudini non per lunga e sempre faticosa efficacia, come freni conservativi, ope- ranti spontaneamente e fuori del giure positivo, rie- scano immediatamente salutari all'equabile e fruttuoso progresso dei popoli civili, è d'uopo renderle partecipi della vita pubblica, chiamandole alla elezione di co- loro che sono poi i legislatori della nazione, è deb- bono guidarla alla libertà e ai beni che essa racchiude^ con ordine e operosità. Così facendo, con quei tem- peramenti richiesti dalla moralità e dignità stessa del voto, si otterrà una maggiore attività politica ; la na- zione non sonnecchierà mai, né ristagnerà; i partiti che pervengono al governo dello Stato, nella vicenda PROPOSTE 143 continua di nuovi biefogni^ non crìstalUzzeranno^ e ri- poseranno in una beata e grassa quiete^ ringipvaniti e stimolati sempre dal voto popolare^ donde tutto nelle democrazie fluisce e sorge ^ e viene legittimato; si avrà sempre una benefica remora alle intemperanze delle fazioni, e quello che più importa , un ostacolo, e, si radichi bene nella mente , V unico ostacolo al- l' imperversare della furibonda demagogia. Io non aspiro alla divina prerogativa della infallibilità, e lascio ad altri senza rammarico questa modesta ed umile virtù ; ma per quello che io valgo a discernere dopo lungo studio e lungo amore pel pubblico bene, crèdo fermamente alla efficacia, necessità, utilità delle mie proposte, come sono certo che quadrano a capello con le norme positive di una scienza sociale, vera- mente degna di questo nome. ' Tali sono le proposte, che coscienziosamente e dopo maturo e scrupoloso esame, e modestia, venni svol- gendo in questo mio scritto ; tali le riforme che credo indispensabili per la durata, la esplicazione naturale e la salute delle nostre istituzioni, e pel decoro e la prosperità della patria. Certamente non si possono tutte e subito attuare , e Roma non fii fatta in un giorno; ma necessario è che gli uomini a qualunque partito nazionale appartengano, proposti al governo della cosa pubblica, vi si accingano con tenace pro- posito, e vi aspirino costantemente. Un sentimento di malessere indefinito occasionò la crisi presente, e la nazione sta raccolta attendendo che i diversi ordini dello Stato meglio rispondano all'indole loro e dei tempi, e si ritemperi a vita più robusta e libera la fibra dei cittadini; e tale è il compito di coloro che 144 CAPITOLO m / ora salirono; è giudicheremo dai fatti se sono da tanto. Quelli che caddero ^ il partito cioè che fino ad o^ resse i destini d' Italia^ operò cèrto molte cose buotie^ e condusse a termine, stimolato però dalla piÙL viva ' e impaziente parte della nazione e laicamente eoa;* diuvato da questa, Tunità territoriale e politica della patria^ protetto da fortuna propizia e da eventi in- sperati, trasmutanti in vittoria eziandio la sconfitta; ma a poco a poco, ritirandosi in sé medesimo e chiuso troppo forse agli influssi sempre salutari della mag- gioranza del popolo, si aflSevoll ed obbliò le origini sue, e la natura essenzialmente democratica degli Stati moderni. L'Italia oramai è giunta a quel tem- peramento civile ehe esclude la violenza e T illegale intromissione di fazioni perturbatrici, ma vuole ed esige che si avanzi e che si cammini di pari alle na- zioni più civili; che gli uomini che la capitaneggiano si governino con le idee nuove, e si lascino i metodi troppo curialeschi e scolastici nell' indirizzo della cosa pubblica. Or non è più tempo, e tra poco lo vedranno anche i più restii e ostinati, di grette abilità e di pic- coli e scuciti mezzi, giorno per giorno, di reggere gli Stati ; tutte le questioni sono larghe e grandi, e non si risolvono che con intendimenti e principj larghi e generosi; in ogni vertenza è conflata, a cosi dire, la vita di tutto un popolo, anche per i rapporti che essa ha o può avere con tutte le nazioni civili. Iso- larsi, fetcendo i suoi affari alla guisa di un agente di fattoria, è impossibile, dannoso e indecoroso; la ne- cessità presente spinge i popoli europa all'unità mo- rale della razza loro, ed all'equilibrio econoiiiicO civile e politico di tutte le membra ; ciò che non importa- PROPOSTE 145 ima yi^ota cosmopQlitia alla maniera dei politici mi- stici: m ogoji inombro e nazione vive deUa sua vita particolare; ma ^n conserto di vincoli si stretti, e una reciprocità di r^oni che costringono tutti ad avan- z^ure perire ; poiché la selezione naturale governa anche 1^* vita dei pppoli. Né valga il dire, come da molti si ripete^ che il governo è, od era assai più liberale della na:pione, e quindi ogni spinta o riforma riuscire inutile , o inopportuna; poiché, oltre essere questo in generale vero per tutti i governi, in quanto sono al di sopra del sapere e del civile temperamento delle moltitudini, suscita spontaneamente questo di- lemma: o il governo, in uno Stato libero, possiede minori spiriti liberi del popolo, e quindi dee, in virtù della legge fondamentale di un libero Stato, ritirarsi, perchè violatore moralmente della medesima; o si confessa più liberale del paese, e allora piuttosto che ristarsi e mantenere il grado fisso del valore civile del medesimo, dee spingerlo innanzi e trasformarlo alla sua immagine; che se sta, non procacciando di eccitarlo alla riforma, è indegno dell'alto loco che oc- cupa. Queste teoriche di accomodamenti pratici non sono più d'uso, e solo argomentano una profonda im- perizia del come si dirigano le società moderne, e dei doveri effettivi dei governanti. Sciolto da qualunque legame di disciplina, come di- cesi, di partiti, perchè uomo affatto privato ed oscuro, e al di sopra di questi, come debbo essere lo scrittore im- parziale, non consigliandomi con altre norme che con quella che io credo il giusto , scevro da qualunque am- bizione personale, né stimolato da ire o passioni di parte, liberamente dissi , comecché sempre con rispetto 146 CAPITOLO in olle persone, ciò che stimava opportuno ed utile, devoto in tutta la mia vita ad una cosa sola, ma quella gran- dissima e santa, la verità. Se altri mi provi che io mi ingannai, sarò ancora felice quando il contrario di ciò che credetti, profitti alla mia patria. In ogni modo, nel piccolo giro delle mie facoltà, avrò soddisfatto al- l'obbligo di cittadino ; ciascuno dovendo servire la pa- tria in quel modo che gli è concesso. Solo una cosa detesto in questo ordine di fatti: la petulante vanità dei neghittosi. FINE. DELLO STESSO AUTORE S^Uo ai ierehi: DELLK CONDIZIONI INTELLETTUALI D.' ITALIA ITm preparmziùHe ì SELLA LEGGE FONDAMENTALE DELLA INTELLIGENZA ffCL RC6II0 ANIMALC S t'Udii di Psicologia compartita. Se- ■ rv;. ■ft-
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