Grice e Sabellio:
escatologia -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. He struggles with the problem
brought by the Galileans – from Galilea, not followers of the Florentine
astronomer -- about the trinità. He argues that the three dimensions of the
so-called ‘trinità’ should be understood as three modes of one single being,
rather than as three separate persons. The theory, which he dubs ‘modalism,’ is
soon condemned as heretical, as is he.
Sabinillio: l’accademia romana – Roma – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo romano. A
senator, who counts Plotino as his tutor, and whose doctrines he follows.
Grice e Sacchi: i lombardi e la filosofia -- filosofia
longobarda – filosofia italiana -- Luigi Speranza (Casa Matta di Siziano). Filosofo italiano. La sua saggistica
e molto abbondante e abbraccia i campi più diversi della filosofia. A
differenza di altri poligrafi del tempo la sua filosofia si basa su una solida
formazione e un sapere quasi enciclopedico, per cui i suoi saggi, pur
influenzati -soprattutto nella forma- dalle mode culturali del tempo,
mantengono anche oggi un indubbio valore. A Pavia conduce i suoi studi, che
dapprincipio si indirizzarono alla filosofia. Tra i suoi maestri vi e Romagnosi.
Corrispondente di Fauriel e Gioia. Si trasfere a Milano. Collabora a varie
riviste. Dirige «Cosmorama pittorico». Socio della Reale Accademia delle Scienze
di Torino. Saggi: “La Storia della
filosofia greca” (Pavia, Capelli) La Collezione dei Classici Metafisici, Mascheroni”
(Pavia, Bizzoni); “I Lambertazzi e i
Geremei, o le fazione di Bologna – cronaca di un trovatore” (Milano, Stella); “La
pianta dei sospiri” (Milano, Silvestri); Le Antichità romaniiche d'Italia, Diritto
pubblico universale, o sia Diritto di Natura e delle Genti, Biblioteca Scelta
di opere dal latino); “Uomini Utili e Benefattori del Genere Umano” (Milano,
Silvestri); I voti dell'Italia. I. Cesare, "L'Omnibus Pittoresco", La mia vita
(Pavia, Bizzoni); Filosofia (Milano, Cisalpino); Elogio del sensismo, Pavia, Bizzoni,
Della filosofia di Socrate” Pavia, Bizzoni, I trovatori e le galanterie nel Medio evo,
Milano, Ripamonti Carpano, Oriele o Lettere di due amanti” (Pavia, Bizzoni); “Lodi
Orcesi, Milano, Silvestri, Biblioteca Braidense
Marcellina, C. Béchet, Geltrude. Romanzo italiano con note storiche,
Milano, Bettoni, Diritto pubblico universale di Gio. Maria Lampredi
volgarizzato, Milano, Silvestri); “I fregi simbolici di San Michele in
Pavia", Antichita romantiche [romaniche] d'Italia, e Giu Milano, Stella);
“Della condizione economica, morale e politica degli italiani nei bassi tempi”;
“Saggio intorno all'architettura simbolica, civile e militare in Italia”’
“Saggio intorno all'origine de' Longobardi, alla loro dominazione in Italia,
alla divisione dei due popoli ed ai loro usi, culto e costume” (Milano, Stella);
“Della condizione economica, morale e politica degli Italiani ne' tempi
municipali”; “Sulle feste, e sull'origine, stato e decadenza de' municipii
italiani nel Medioevo” (Milano, Stella); “Annali universali di statistica
economia pubblica, storia, viaggi e commercio; “Sull’'indole della letteratura
italiana; ossia della letteratura civile, con un'appendice intorno alla poesia
eroica, sacra e alle belle arti” (Pavia, Landoni); “ Intorno alle dighe
marmoree o murazzi alla laguna di Venezia ed alla istituzione del porto franco”
(Milano, Editori degli Annali Universali delle Scienze e dell'Industria, Miscellanea
di lettere ed arti, Pavia, Bizzoni); “L'arca di Sant'Agostino: monumento in
marmoora esistente nella chiesa cattedrale di Pavia, colle illustrazionii” (Pavia,
Fusi); “Intorno alle costumanze, alle arti, agli uomini e alle donne illustri
d'Italia” (Milano, Stella); “Intorno alla pasta, alla smania musicale del
secolo, a Volta e a' progetti pel monumento da erigersegli in Como ed a qualche
buona o cattiva moda della capitale: lettera inutile” (Milano, Stella); “Cose inutile”
(Milano, Visaj); “Teodote: storia” (Milano, Nervetti); “Le belle arti in Milano,
Nuovo Raccoglitore, Questioni sull'architettura rituale in relazione alle
opinioni del conte Cordero di San Quintino e dell'avvocato Robolini", in
Annali Universali di Statistica”; “Le arti e l'industria in Lombardia” (Milano,
Visaj); “Del bello” (Milano, Silvestri); Instituti di beneficenza a Torino
(relazione), Milano, a Società degli editori degli annali universali delle scienze
e dell'industria, Lezioni d'un parroco sul cholera” (Milano, Bravetta, Gli
asili dell'infanzia: loro utilità ed ordinamento. Memorie popolari italiane” (Milano,
Manini); “Novelle e racconti, Milano, Manini); “L' Arco della Pace a Milano
descritto e illustrato e pubblicato per la fausta inaugurazione fatta da
S.M.I.R.A. Ferdinando 1, Milano, Manini; B. Luino, Cosmorama pittorico, Le
streghe. Dono del folletto alle signore, Milano, Manini); “Amori e vicende dei
quattro sommi poeti italiani: Dante, Petrarca, Ariosto e Tasso. Studi
storici-biografici” (Milano, Vallardi). Dizionario biografico degli italiani,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Defendente
Sacchi. Sacchi. Keywords: Lombardi, longobardi, filosofia lombarda – pagenismo
Lombardo – lingua lombarda – simbolo Lombardo --. Refs.: Luigi Speranza, “Grice
e Sacchi” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Sacchi: gastro-filosofia -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Piadena). Filosofo italiano Il Platina.
Garin. Detto il Plàtina. Muore a Roma. Umanista e gastronomo
italiano. Nacque a questo paese vicino a Cremona chiamato, in
latino, Platina, da cui prese il soprannome. Della sua giovinezza si conosce
poco: intraprese la carriera delle armi militando al servizio di Sforza e
Piccinino come mercenario, ma presto si trasferì a Mantova per avviarsi agli
studi umanistici. Nella città dei Gonzaga e discepolo di Ognibene da Lonigo,
che aveva assunto la guida della Casa Gioiosa dopo Iacopo da San Cassiano,
succeduto a Vittorino da Feltre morto. Cominciò la sua carriera come precettore
del figlio di Ludovico III Gonzaga. Al marchese dedicò il primo scritto di cui
abbiamo notizia: il Bartholomaei Platinensis Divi Ludovici marchionis Mantuae
somnium, un'operetta sotto forma di dialogo in lode delle cure prestate da
Ludovico nella trascrizione delle opere di Virgilio. Secondo l'uso
umanistico Sacchi scelse come nom de plume quello della propria città natale,
cambiandolo presto da Platinensis a Platina. Per quanto ottenesse dal duca di
Milano Francesco Sforza – tramite l'intercessione della moglie di Ludovico
Barbara di Brandeburgo – un salvacondotto per andare in Grecia a perfezionare
le proprie conoscenze del greco antico e dell'antichità classica, mutò parere
quando seppe che Giovanni Argiropulo, celebre umanista di orientamento
platonico, sarebbe venuto a Firenze in qualità di docente di filosofia,
preferendo stabilirsi nella città medicea. Si recò quindi a Firenze per
ascoltare le lezioni dell'Argiropulo, entrando a far parte dell'ambiente
culturale locale e stringendo amicizia con celebri umanisti quali FICINO,
Bracciolini, Filelfo, LANDINO, ALBERTI (si veda), PICO (si veda), e molti
altri. Divenne inoltre precettore presso la famiglia Medici pur legandosi alla
famiglia Capponi, di parte repubblicana. Di Neri Capponi tradusse i Commentari
aggiungendo una nota biografica probabilmente più tarda. Degli autori
antichi predilesse in particolare Virgilio, che studiò molto approfonditamente,
curando tra l'altro una raccolta, perduta, dei modi di dire greci presenti nei
testi dell'autore mantovano. A Ludovico III Gonzaga spedì un codice delle
Georgiche e una copia miniata delle opere virgiliane, incitandolo a far erigere
in città un monumento al suo poeta più noto.[4] Il Platina tenne l'orazione
funebre di Gonzaga. Non fu solo educatore, ma anche umanista, studioso di
letteratura e tradizioni popolari. Si trasferì a Roma al servizio del giovane
cardinale Francesco Gonzaga, in qualità di suo segretario; divenne abbreviatore
dei papi Pio II e Paolo II con alterne fortune. Venne infatti IMPRIGIONATO e
sottoposto a tortura, con l'accusa di congiura contro il papa, e, assieme ad
altri abbreviatori, di avere idee pagane. Per vendetta ritrasse in modo
sfavorevole la personalità di Paolo II nella biografia scritta un decennio
dopo. Uscito prosciolto dal processo, vide salire le proprie fortune
sotto il papato di Sisto IV, che lo nominò direttore della Biblioteca Vaticana
dove scrive il Liber de vita Christi ac omnium pontificum, una raccolta delle
biografie dei pontefici vissuti sino ad allora. Negli stessi anni pubblicò il
De principe, il De vera nobilitate e il De falso et vero et bono.
De honesta voluptate et valetudine Il suo lavoro principale resta
tuttavia un breve trattato di gastronomia, il De honesta voluptate et
valetudine. Il De honesta voluptate et valetudine fu stampato una prima volta a
Roma da Han, anonimo e senza note tipografiche, e subito dopo a Venezia
(Platine de honesta voluptate et valetudine, Venetiis: Laurentius de Aquila, con
indicazione di autore e note tipografiche. L'edizione più corretta, fra le
antiche, secondo l'italianista Faccioli, rimane quella pubblicata a Cividale
del Friuli, stampata da Gerardo da Fiandra. In quest'opera, S. trascrive in
latino tutte le ricette - originariamente scritte in lingua volgare - di
Maestro Martino, celebre, di cui S. loda l'inventiva, il talento, la cultura.
La forza iconoclasta di Martino, spinge S. su inedite, quanto avveniristiche,
analisi sulla gastronomia, sulla dieta, sul valore del cosiddetto "cibo
del territorio" e persino sull'utilità di una regolare attività fisica. Morì
a Roma, forse a causa della peste. Fu sepolto nella basilica di Santa Maria
Maggiore. Altri sagi: Divi Ludovici Marchionis Mantovae somnium, cura di
Portioli, Mantova, Oratio de laudibus illustris ac divi Ludovici Marchionis
Mantovae, in F. Amadei, Cronaca universale della città di Mantova, cur. Amadei,
Marani, Praticò, Mantova, Vita Nerii Capponi, in Rerum Italicarum scriptores, Milano,
Commentariolus de vita Victorini Feltrensis, in Il pensiero pedagogico dello
Umanesimo, a cura di E. Garin, Firenze, Oratio de laudibus bonarum artium, in
Vairani, Cremonensium monumenta Romae extantia, vol. I, Roma, Vita Pii
Pontificis Maximi, cur. Zimolo, in Rerum Italicarum scriptores, Bologna, Dialogus
de flosculis quibusdam linguae Latinae, cur. Filelfo, Milano, De honesta
voluptate e valitudine, De honesta voluptate et valetudine, Venezia, Benali, Il
piacere onesto e la buona cucina, cur. Faccioli, Collana NUE, Einaudi, Torino,
I a De honesta voluptate et valitudine. Un trattato sui piaceri della tavola e
la buona salute. Nuova edizione commentata con testo latino a fronte, cur.
Schianca, B.A.R. Olschki, Firenze, Historia urbis Mantovae Gonziacaeque
familiae, cur. Lambeck, Rerum Italicarum scriptores, Milano, Tractatus de
laudibus pacis, in Benziger, Zur Theorie von Krieg und Frieden in der
italienischen Renaissance, Frankfurt, Oratio de pace Italiae confirmanda et
bello Thurcis indicendo, cur. Benziger, Panegyricus in laudem amplissimi patris
Bessarionis, in Patrologia Graeca, De principe, cur. Ferraù, Palermo, De falso
et vero bono, dedicato a Sisto IV, Collana Edizione nazionale testi umanistici,
Storia e Letteratura, Roma, Liber de vita Christi ac omnium pontificum, prima
edizione Venezia; edizione critica: Gaida, in Rerum Italicarum, scriptores,
Castello; in latino, Lives of the Popes, cur. Elia, Cambridge, Mass.; edizione
in latino della vita di Paolo II: S., Paul
II. An
Intermediate Reader of Renaissance Latin, cur. Hendrickson et al. Oxford (OH) De optimo cive, cur. Battaglia,
Bologna; Un trattato o lettera polemica contro Giudici; perduto, ma
parzialmente citato in una replica successiva in Giudici, Apologia Iudaeorum;
Invectiva contra S., cur. Quaglioni, Roma, Plutarco, De ira sedanda, tradotto
da S., in Vairani, Cremonensium monumenta. Vita amplissimi patris Ioannis
Melini, cur. Blasio, Roma, Lettere: S. custodia detenti epistulae, a cura di
Vairani, Cremonensium monumenta; edizione critica: Lettere, cur. Vecchia, Roma,
cur. di S.: Flavio, Historiarum libri
numero VII, Roma, Practica, traduzione e commento di Capparoni, Istituto di
Storia della Medicina, Roma, Manoscritti Libri Tres de Principe,
manoscritto, Milano, Biblioteca Ambrosiana, Fondo manoscritti Vocabula
Bucolicorum, Vocabula Georgicorum, MS Berlin, Staatsbibliothek, Lat. Liber
privilegiorum, MS Archivio segreto Vaticano, A.A. Arm. Epitome ex primo, PINIO De
naturali historia, e. g. MS Siena, Biblioteca comunale, De vera nobilitate, in S.,
Hystoria de vitis pontificum, Venezia, foll. C5v-D3v. Dialogus de falso ac vero
bono, dedicato a Paolo II, e.g. Milan, Biblioteca Trivulziana, Mss., Dialogus
contra amores, de amore, in S., Hystoria de vitis pontificum, Venezia, cur.
Mitarotondo, Messina, Libri Tres de Principe, Milano, Biblioteca Ambrosiana,
Fondo manoscritti. Per una biografia dettagliata cfr. Bauer, The Censorship and
Fortuna of S.’s Lives of the Popes, Turnhout, Brepols, Su Iacopo vedi Alessandro
e Napolitani, Archimede Latino. Iacopo da San Cassiano e il corpus archimedeo, Paris,
Les Belles Lettres, Faccioli, Notizie biobibliografiche, in S., Il piacere
onesto e la buona salute, Torino, Einaudi, Faccioli, Simon, Gonzaga. Storia e
segreti, Ariccia, Di questa edizione è
stata presentata una bella riproduzione in facsimile a cura dalla Società
filologica friulana. Voci correlate Sisto IV nomina S. prefetto della
biblioteca Vaticana. Plàtina, Il, su Treccani – Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, S., detto il-, su sapere.it, Agostini. Bauer, S., Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, S. u open MLOL,
Horizons Unlimited srl., S., su Open Library, Internet Archive. su S., su Les
Archives de littérature du Moyen Âge. S., in Catholic Encyclopedia, Appleton,
S. - Relations with Leto, Repertorium Pomponianum, Roma nel Rinascimento Bauer,
Quod adhuc extat. Le relazioni tra testo e monumento nella biografia papale del
Rinascimento, QFIAB, Bauer, The Censorship and Fortuna of S.'s "Lives of
the Popes,” Turnhout, Brepols, Predecessore Bibliotecario della Biblioteca
Apostolica Vaticana Successore Emblem Holy See.svg Giovanni Andrea Bussi Zanobi
Acciaiuoli. Portale Biografie Portale Letteratura Categorie: Umanisti
italiani Gastronomi italiani Italiani Nati a PiadenaMorti a Roma Storia della
cucinaUmanisti alla corte dei Gonzaga Scrittori di gastronomia italiani[altre].
Grice: “Wikipedia
doesn’t have it as FILOSOFI ITALIANI, but gastronomist – so one has to be
careful. We include him here just as a nod to Garin. There are gaps about
FILOSOFI ROMANI, too, which has to be taken into account. Bartolomeo Sacchi. Keywords: guerra/pace, Plinio.
Sacchi.
Grice e Sacheli: all’isola -- implicatura axio-fenomenista
dei parnasesi – filosofia siciliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Canicattì). Filosofo italiano. Studia a Caltanissetta.
Iniziato in massoneria nella loggia Cavallotti di Girgenti. Si laurea a Palermo
sotto Colozza e Guastella. Insegna a Bologna, Girgenti, Caltanissetta, Bressanone,
Genova, Cagliari e Messina. Con i suoi saggi da un apporto all'approfondimento all'interpretazione
della filosofia di AQUINO. "La carità del natio loco" lo spinge a
scrivere sulle tradizioni, i miti e le leggende di Canicattì, collaborando con
Sicania e pubblicando i risultati delle sue ricerche nelle Linee di folklore
canicattinese, Acireale, Popolare. Altri saggi: Indagini etiche: i criteri, il
problema dell'etica, Milano, Sandron; Atto e valore, Firenze, Sansoni – cf. H.
P. GRICE, THE CONCEPTION OF VALUE, ACTIONS AND EVENTS --; Ragion pratica:
preliminari critici, Firenze, Sansoni; Crisi della pedagogia, Roma, Perrella; Concetto
di didattica, Messina, Anna; Ottaviano, Sophia: rassegna critica di filosofia e
storia della filosofia, MILANI, Gnocchini, “L'Italia dei Liberi Muratori”. Erasmo,
Ferrante, Calogero. Angelo Sacheli. Sacheli. Keywords: membro dei parnasensi,
parnaso di canicatti, massoneria, liberi muratori, folklore canicattinese,
filosofia siciliana, loggia felice cavallotti di Girgenti, implicatura
fenomenista, fenomenismo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Sacheli” – The
Swimming-Pool Library.
Grice e Saitta: all’isola -- l’animo – filosofia
fascista – la romanitas di Tertuliano -- il ventennio fascista -- filosofia
italiana – Luigi Speranza (Castelferrato).
Filosofo italiano. Allievo di GENTILE, seguace e interprete del suo idealismo
attuale. Studia a Nicosia, Monreale, e Palermo. Frequentando le lezioni di GENTILE,
si accosta al suo idealismo. Si laurea in filosofia. Insegna a Terranova, Lucera,
Cagliari, Sassari, Fano, Faenza, Bologna, Firenze, e Pisa. Dirigge “Vita Nuova”
a Bologna, cura la rubrica Noi e gl’altri Spunto polemico, firmando i suoi
interventi con lo pseudonimo di "Rustico", distinguendosi per i toni
accesi e le posizioni anti-clericali e anti-concordatarie, che lo portarono a
scontrarsi con cattolici. Adere infatti a una concezione movimentistica e
rivoluzionaria del regime fascista, che interpreta come il compimento del valore
romantico del risorgimento, intendendo la nazione italiana in senso hegeliano
quale sintesi tra cittadino italiano individuale e l’universale della romanita.
Col suo attivismo riusce a esercitare una forte capacità d’attrazione. Così si
sviluppa quella tendenza a preferire la sua scuola di storia della filosofia
dove la preparazione di tipo scolastico e le esigenze tecniche sono minori, ma
dove si sente un calore ideale, una passione filosofica, un fervore per la italianita,
e una forza di convinzione spesso dura, e più che dura, ma più vicina a quei
sentimenti e a quelle esigenze fasciste, una decisione innovatrice suggestiva e
che sembra offrire un orientamento vitale per la soluzione di quei problemi. Accogliendo
la concezione gentiliana dell'atto come perenne auto-creazione dello spirito
italiano che tutto comprende, sviluppa una visione attualistica dell'idealismo
non riducibile a una teoria statica, bensì intesa come azione e continuo
dinamismo. Questo lo porta a esaltare la libertà creativa della ragione umana
contro ogni forma di oggettività e di dogmatismo. Da qui la sua accentuazione
della polemica anti-religiosa, e la riscoperta, nel solco delle tesi formulate
da SPAVENTA e dallo stesso GENTILE, della corrente immanentistica della
filosofia rinascimentale italiana che egli pone a fondamento della genesi
dell'idealismo moderno. Questo immanentismo, per il quale il divino si esprime
nell'attività dello spirito umano, è un reale umanismo che rende possibile la
libertà dell'individuo, nella quale consiste la coscienza illuministica, da lui
contrapposta a quella tradizionale, oppressiva e decadente, della
trascendenza. Per difendere la libertà
del soggetto da ogni autoritarismo e sopraffazione, si è schierato tuttavia non
solo contro il dualismo dell’accademia, la teologia di impianto aquinistico e
la neo-scolastica, ma in parte anche contro lo stesso idealismo di Hegel che
finisce per oggettivare la ragione facendone un sistema assoluto da lui
ritenuto all'origine dello schiavismo. Persino nell'attualismo di GENTILE e rimasto
un retaggio del trascendente, quando esso attribuisce lo spirito ad un io
assoluto anziché ai singoli individui. Sono costoro i veri creatori di valori
spirituali, coloro cioè in cui va identificato il soggetto trascendentale. In
tal modo intende preservare la portata stessa dell'atto creativo dello spirito dell'idealismo
gentiliano, rivestendolo di significati empirici, positivistici, contigenti. Altre
saggi: Lo spirito come eticità, (Bologna, Zanichelli; La coscienza
illuministica, Genova, Orfini; Libertà ed esistenza, Firenze, Sansoni; L’immanenza,
Bologna, Zuffi; La scolastica e la politica dei gesuiti, Torino, Bocca; Le
origini dell’aquinismo, Bari, Laterza; Gioberti, Messina, Principato); Ficino
(Messina, Principato); “L'educazione dell'umanesimo in Italia (Venezia, La
Nuova Italia); “Filosofia italiana ed umanesimo (Venezia, La Nuova Italia); “AQUINO”
(Firenze, Sansoni); “La teoria dell'amore e l'educazione del Rinascimento
(Bologna, U.P.E.B.); “L'illuminismo della sofistica” (Milano, Bocca) Il
pensiero italiano nell'Umanesimo e nel Rinascimento (Bologna, Zuffi); “L’Umanesimo
italiano” (Bologna, Tamari). Centineo, Ricordo, Giornale critico della
filosofia italiana, Firenze, Sansoni, Sorbelli, L'Archi-ginnasio: bollettino della
Biblioteca comunale di Bologna, direzione di F. Bergonzoni, Regia tipografia
dei fratelli Merlani, Università degli studi di Firenze, S. Salustri,
L'Università fascista di Bologna: un modello di Accademia per il regime?, in
Accademie e scuole: istituzioni, luoghi, personaggi, immagini della cultura e
del potere” (Milano, Giuffrè); Pisani, Paideia, Casa Paideia, Pertici, Storia
della storiografia, Jaca, Mangoni, “L'interventismo
della cultura. Intellettuali e riviste del fascismo” (Bari, Laterza). Cantimori
ricorda con commozione l'irrequietezza spirituale della sua scuola e la sua
attenzione volta ad argomenti quasi ignorati dalla cultura Italiana – Bandini,
Storia e storiografia: studi su Cantimori. Atti del convegno tenuto a Russi,
Riuniti). Cit. in Pertici, Storia della
storiografia, “Forse meglio di ogni altro, intese dell'attualismo l'istanza
realmente umanistica, e di un "reale umanismo” “E questa appunto volle
sotto-lineare e difendere contro ogni mistificazione. Così lo vediamo ridurre
tutta la dialettica gentiliana a lotta sempre risorgente fra ragione umana
liberatrice e costruttrice di una società di uomini liberi, e la coscienza tradizionale
cristallizzata nelle oppressioni di strutture portatrici di una filosofia di
morte. Ricordo. La filosofia come
celebrazione della soggettività è quasi tutta sbozzata con Ficino. Con lui,
anziché col Campanella, come da altri è stato frequentemente ripetuto, s'inizia
la conoscenza illuministica, Centineo, Ricordo, Giornale critico della
filosofia italiana», Firenze, Sansoni, Morra, L'immanentismo assoluto, Giornale
critico della filosofia italiana», Garin, “Cronache di filosofia italiana” (Bari,
Laterza); Melchiorre, Storiografi italiani (Villalba di Guidonia, Aletti). Attualismo,
Filosofia rinascimentale, Idealismo italiano, Cantimori, Gentile Ricordo. Giuseppe Saitta. Saitta. Keywords: romanitas
-- filosofia fascista, l’universita fascista di Bologna, le reviste filosofiche
fasciste, Vita Nuova, immanenza e non trascendenza, lo spirito italiano,
l’universale dell’italianita, l’universale della romanita, l’amore di Ficino,
Campanella, Cantimori, contro la scolastica, animo, l’animo, vita nuova,
contratto sociale, Rousseau, Firenze. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Saitta” –
The Swimming-Pool Library.
Grice e Saliceto: il diritto bellico – la guerra è la guerra -- filosofia
italiana – Luigi Speranza (Balsamo). Filosofo Italiano. Grice: “Since Sua Eccellenza
Verri-Visconti calls himself a hyphenated philosopher, I who amn’t, shall list
him under Visconti!” Esential Italian philosopher. Like Grice, he wrote on
‘happiness.’ Like Grice, he writes on ‘pleasure.’ Like Grice, he was a very
clubbable man. Ritratto
tagliato Barone di Rho. Consorte
Marietta Castiglioni Vincenza Melzi d'Eril. Figli Teresa, Alessandro (da
Marietta Castiglioni). Filosofo. Considerato tra i massimi esponenti
dell'illuminismo, è altresì ritenuto il fondatore della scuola illuministica
milanese. Nasce dal conte Gabriele Verri-Visconti, magistrato e politico
conservatore, della nobiltà milanese. Avviati gli studi nel collegio dei
gesuiti di Brera, e uno dei trasformati. Si arruola nell'esercito e prende
parte alla Guerra dei VII Anni. Fermatosi a Vienna, intraprende la redazione
delle Considerazioni sul commercio nello Stato di Milano, che gli varranno il
primo incarico di funzionario. Pubblica le Meditazioni sulla felicità. Devienne
a Milano uno dei pugni, nucleo redazionale del caffè, destinato a diventare il
punto di riferimento del riformismo illuministico. Tra i suoi saggi più
importanti per Il Caffè si ricordano
Elementi del commercio; Commedia; “Medicina”; “I parolai”. Ha rapporto
epistolari anche con gl’enciclopedisti. d'Alembert visita i pugni.
Parallelamente all'impresa editoriale, intraprende la scalata del governo
d’Austria allo scopo di mettere in prattica le riforme propugnate nel
“Caffe”.Membro della Giunta per la revisione della "ferma" (appalto
delle imposte ai privati) del Supremo Consiglio dell'Economia. Fonda la Società
patriottica. “Meditazioni sull'economia politica”. Il discorso sull'indole
del piacere -- e del dolore”; “i Ricordi” e le “Osservazioni sulla tortura”. Il
suo è uno stile asciutto e libero, pieno di trattenuto vigore. Con
Giuseppe II al trono d'Austria, gli spazi per i riformisti milanesi si
riducono, e lascia ogni incarico pubblico, assumendo un atteggiamento sempre
più critico. Pubblica la “Storia di Milano.” All'arrivo di Napoleone, prende
parte alla fondazione della Repubblica Cisalpina, culla del tricolore italiano.
Muore durante una seduta notturna della municipalità. Grazie a lui Milano
divenne il più importante centro degl’illuministi. L'ipotesi di civiltà che
scature da lui e forse troppo avanzata per poter essere adeguatamente raccolta
dalla nostra cultura; e comunque lo colloca a pieno titolo tra le espressioni
più alte degl’illuministi. Il suo grande merito e aver creato in Lombardia un
centro di aggregazione illuminista: Il Caffè dei pugni, Ciò che desta curiosità
rimane il titolo con cui lui scelse di intitolare la sua testata, dovuta al
rilevante fenomeno della diffusione di caffè (bar), come luoghi dove poter
intraprendere un libero e attuale dibattito culturale, politico e sociale. Con
i suoi articoli sul dolore e il piacere, sottoscrive la dottrina di Helvétius,
nonché il sensismo di Condillac, fondando sulla ricerca della felicità e del
piacere l'attività degl’uomini. Gl’uomini tendeno a sé stessi al piacere e sono
pervasi dal dolore. I suoi piaceri non sono altro che momentanee interruzioni
del dolore. La felicità degl’uomini non è quella personale o soggetiva, ma
quella a cui partecipa il “collettivo,” quasi eutimia o atarassia. Per quanto
riguarda la politica e l'economia, lui è controverso. Per quanto riguarda
l'ambito economico, negli Elementi del Commercio e nella sua più grande opera
economica Meditazioni sull'economia politica, enuncia (anche, per primo, in
forma matematica) la legge di domanda e offerta, spiega il ruolo della moneta
come merce universale, appoggia il libero scambio e sostenne che l'equilibrio
nella bilancia dei pagamenti è assicurato da aggiustamenti del prodotto interno
lordo (quantità) e non del tasso di cambio (prezzo). Di conseguenza, può essere
visto come un marginalista. Si nota, però, come assuma atteggiamenti di difesa
del concetto di proprietà privata e del mercantilismo. S. ritiene che solo la
libera concorrenza tra eguali possa distribuire la proprietà private. Tuttavia
pare favorevole principalmente alla piccola proprietà, per evitare il risorgere
delle disuguaglianze. S. con le Osservazioni sulla tortura esprime la sua
contrarietà all'uso della tortura. Define ingiusto e antistorico un modello
così efferato di giurisprudenza e auspicando l'abolizione di questi metodi. Non
pubblica l’opuscolo per non inimicarsi, con le pesanti critiche alla
magistratura in esso contenute, il senato di Milano (tribunale) presso cui si
sta decidendo dell'eredità del padre. “Dei delitti e delle pene” di
Beccaria prende in gran parte le mosse proprio dalle bozze delle osservazioni
sulla tortura, oltre che dagli articoli de Il Caffè. E proprio a causa di
questo furto di idee che i due pugni arrivano al più acceso scontro. Nella
versione definitiva e aggiornata dell’Osservazioni, che sono in conclusione un
invito ai magistrati a seguire la dottrina illuminista invece di irrigidirsi
sulle posizioni conservatrici, la sua dialettica è cruda e basilare. La tortura
è una crudeltà. Se la vittima è innocente, subisce sofferenze non necessarie.
Se la vittima e colpisce un colpevole presumibile rischia di martoriare il
corpo di un possibile innocente. L’accusato rinuncia nella tortura alla sua
difesa naturale istintiva. Viola la legge di natura. Apre il suo saggio
con la ricostruzione del processo agl’untori, presentandolo sia come documento
dell'ignoranza di un secolo non guidato dai lumi, sia come emblema del modo in
cui una legge sbagliata porta a una evidente ingiustizia. Questa ricostruzione
forne la base per la Storia della colonna infame di Manzoni, che però la
presenta come testimonianza di ciò che accade quando uomini ingiusti detenneno
un grande potere, come all'epoca era quello del senato milanese. Il saggio non
arrivea mai ad avere il successo che invece ebbe Dei delitti e delle pene, vuoi
perché la maggior parte delle osservazioni in essa sviluppate erano già
contenute nell'opera di Beccaria, vuoi per via del suo stile, dotto e di difficile comprensione,
che rendeva di per sé ardua la diffusione della sua filosofia, che pure conteneva
molti ulteriori spunti rispetto all'opera del collega. La Borlanda
impasticciata con la concia, e trappola de sorci composta per estro, e dedicata
per bizzaria alla nobile curiosita di teste salate dall'incognito d'Eritrea
Pedsol riconosciuto, festosamente raccolta, e fatta dare in luce dall'abitatore
disabitato accademico bontempista, Adorna di varii poetici encomii, ed
accresciuta di opportune annotazioni per opera di varii suoi co-accademici
amici; “Il Gran Zoroastro ossia Astrologiche Predizioni”; “Il Mal di Milza,
Diario militare,” Elementi del commercio”; “Sul tributo del sale nello Stato di
Milano”; “Sulla grandezza e decadenza del commercio di Milano”; “Fronimo e
Simplicio; ovvero, sul disordine delle monete nello Stato di Milano”; Considerazioni
sul commercio nello Stato di Milano”; “Orazione panegirica sula giurisprudenza
Milanese”; “Meditazioni sulla felicità colletiva” – cfr. Grice, Notes on
happiness –; “Bilancio del commercio dello stato di Milano, Il Caffè,
Sull’innesto del vajuolo, Memorie storiche sulla economia pubblica dello stato
di Milano, Riflessioni sulle leggi vincolanti il commercio dei grani,
Meditazioni sulla economia politica con annotazioni, Consulta su la riforma
delle monete dello Stato di Milano, Osservazioni sulla tortura, Ricordi a mia
figlia, Considerazioni sul commercio nello Stato di Milano – “Sull'indole del
piacere e del dolore” -- Manoscritto da leggersi dalla mia cara figlia Teresa
Verri per cui sola lo scrissi, Storia di Milano, Piano di organizzazione del Consiglio
governativo ed istruzioni per il medesimo, “Precetti di Caligola e Claudio”;
“Memoria cronologica dei cambiamenti pubblici dello stato di Milano”; “Delle
nozioni tendenti alla pubblica felicità” – felicita pubblica – felicita private
--; “Pensieri di un buon vecchio che non è letterato, Carteggio di Pietro e di
Alessandro Verri; L'Edizione Nazionale delle Opere, Ministero per i beni
e le attività culturali ha deciso di avallare un'Edizione nazionale delle sui
saggi. Il comitato, finanziato pubblicamente, dalla Fondazione Cariplo e da
Banca Intesa Sanpaolo, è presieduto da C. Capra e composto da una ventina di
studiosi e si basa sull'Archivio donato da S. alla Fondazione Per La Storia Del
Pensiero Economico. Bartolo, Gli Scritti di argomento familiare e
autobiografico; Rivista di storia della filosofia. (Firenze: Nuova Italia).
Carteggio di Pietro e Alessandro Verri Cfr.
Ricuperati, Il genere della biografia, Società e storia. (Milano: F.
Angeli, "Il Caffè",
Introduzione. Giordanetti, Piero, a cura di, “Sul piacere e sul dolore”. Kant
discute Visconti (Milano, Unicopli); “Giordanetti, “Le arti belle. Sulla
fortuna di Visconti, Visconti e il suo tempo, Capra, Bologna, Cisalpino); Renzo
Villata, Gigliola, Il processo agli untori di manzioniana memoria e la
testimonianza (ovvero... due volti dell'umana giustizia), Acta Histriae Storia
di Milano, Cronologia della vita di S., su storiadimilano. S., Enciclopedia
Treccani, su treccani. Ricordi a mia figlia, su classicitaliani. Catalogo Sellerio,
su Sellerio. Salerno editrice. Scheda del libro: Delle nozioni tendenti alla
pubblica felicita, su salerno editrice. Pensieri di un buon vecchio che non è
letterato, su classic italiani. Capra, Risultati e prospettive, in Rivista di
storia della filosofia, Scritti di economia, finanza e amministrazione, I
Discorsi e altri scritti degli, Storia di Milano, Scritti di argomento
familiare e autobiografico, Scritti politici, Carteggio di Pietro e Alessandro.
Caffè. In Venezia, Pizzolato); “Mediazioni sulla economia politica con
annotazioni, Venezia, Giovanni Battista Pasquali); “Meditazioni sulla economia
politica” (Livorno, Stamperia dell'Enciclopedia Livorno); “Sull'indole del
piacere e del dolore” (Milano, Marelli); “Storia di Milano” (Milano, Società
tipografica de' classici italiani); “Carteggio di Novati, Giulini, Greppi, Seregni, Milano,
Cogliati, Milesi e figli, Giuffrè); “Viaggio a Parigi e Londra. Carteggio di
Pietro ed Alessandro Verri, Gianmarco Gaspari, Milano, Adelphi); “Appunti di
diritto bellico” (Benvenuti, Roma, Benedetto, “Visconti repubblicano:
gl’articoli, Poesia, letteratura e politica, Alessandria, Edizioni dell'Orso,
A. Cavanna, Da Maria Teresa a Bonaparte: il lungo viaggio, Capra, I progressi
della ragione” (Bologna, Il Mulino); “Meditazioni sulla felicità, Pavia-Como,
Ibis); “Discorso sull'indole del piacere e del dolore, Spada, Londra,
Traettiana, Diario Militar, Milano, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,. Filosofico. Storia
di Milano. Sua Eccellenza il conte Pietro Verri Visconti di Saliceto. Keywords:
diritto bellico. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Saliceto – “Grice e Visconti: il
piacere” per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice,
Liguria, Italia. #visconti. Saliceto.
Grice e Sallustio: EMPEDOCLEA – Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Roma). Filosofo italiano. He assembles
a collection of materials by and about Empedocle di Girgenti. Empedoclea.
Grice e Sallustio: Roma – la storia della filosofia romana come fonte
d’essempli morali – chè cosa fa un saggio ‘romano’? -- filosofia italiana –
Luigi Speranza. (Amiterno).
Filosofo italiano. Storico. Può anche darsi che adere la setta dei crotonesi. Tribuno
della plebe e senatore, espulso dal senato per motivi morali, e probabilmente
perchè fautore di GIULIO Cesare, che lo nomina questore, pretore nella guerra
africana e pro-console della Numidia. Dopo la morte di GIULIO Cesare abbandona
la vita pubblica per dedicarsi completamente agli studi -- La congiura di
Catilina, La guerra giugurtina, Le Storie. A lui venne rivolta l’accusa di
essere stato complice dei sacrilegi di NIGIDIO (si veda) Figulo. Certamente lui
spesso insiste nei suoi saggi sulla opposizione di anima e corpo. Parla di un
nume divino che veglia sulla condotta dei mortali e accenna a sanzioni
nell’oltretomba. È quindi probabile che allo storico debba essere
identificato quel Sallustio che scrive un "Empedoclea" per esporre le
dottrine del filosofo da Girgenti, tutte colorate di Pitagorismo. Cicero's letter to his brother
Quintus is best known for containing the sole explicit contemporary reference
to Lucretius's “De rerum natura.” But it is also notable as the source of the
only extant reference of any kind to another presumably philosophical didactic
poem, Sallustius's “Empedoclea” (Q. fr. 2.10(9).3= SB 14): “Lucretii poemata,
ut scribis, ita sunt: multis luminibus ingenii, multae tamen artis. sed, cum
ueneris. uirum te putabo, si Sallusti “Empedoclea” legeris; hominem non
putabo.” “Lucretius' poems are just as you write: they show many flashes of
inspiration, but many of skill too. But more of that when you come. I shall
think you a man, if you read Sallustius' Empedoclea; I shan't think you a human
being.” In addition to the vexed but separate question as to whether the
Sallustius in question is to be identified with the historian, with Cicero's
friend Cn. Sallustius, or some other figure bearing that nomen, the meaning of
the barbed comment on his poem has been almost as fiercely debated.The
antithesis between “uir” and “homo” has been thought problematic, a difficulty
formulated with characteristic brusqueness by Housman. “If one is not a human
being, one cannot be a stout-hearted man nor a man of any sort; one is either
above or below humanity, a god or a beast; and “uir” is not Latin for a
stout-hearted god nor for a stout-hearted beast.” Housman's proposal of a
lacuna following “uirum te putabo”, where a different protasis corresponding to
that apodosis has dropped out, earned a place in Bailey's apparatus and a
'fort. rect.' in Watt's, but has otherwise found little favour. Most critics
have been more or less satisfied that the strict illogicality should not stand
in the way of the joke, though several share Housman's related feeling that
“homo” would stand in more natural antithesis with god or beast. It is worth
stressing that Housman is, on the question of Latinity at least, quite right
that one cannot be a “uir” if one is not a “homo” (though the reverse is of
course quite possible). Even the vast resources provided by concordances, the
TLL, and now searchable electronic databases such as the PHI CD-Rom or the
Bibliotheca Teubneriana Latina merely corroborate the accuracy of his Latinity.
The juxtaposition of “uir” and “homo” is indeed a common one, and particularly
so in Cicero. In many instances, the same person is (usually) praised using
both nouns, each qualified with an adjective which in some cases may partially
reflect the distinction between qualities appropriate to a Roman male and the
more humane attributes of a Mensch (e.g. hominem honestissimum, uirum
fortissimum, Font. 41; forti uiro et sapienti homini, Leg. Man.), but in others
(the majority) the contrast is often so hard to draw that the words feel almost
like synonymous doublets (e.g. consulari homini clarissimo uiro, Verr.). When
the two words are set in antithesis, it is always clear, and indeed the point
of the antithesis or a fortiori argument generally depends on the fact, that to
be a “homo” is a lesser attainment than to be a “uir.” Thus the gold ring which
Verres gave to a scriba proved not that the latter was a brave man, but merely
that he was a rich fellow (“neque ... uirum fortem, sed hominem locupletem esse
declarat, Verr.), the diminution of a proconsul's province should be guarded
against not only in the case of a man of the highest standing, but even in that
of a middling fellow (“neque solum summo in uiro, sed etiam mediocri in homine
<ne> accidat prouidendum, Prov. cons.), and Lucius' and Patron's proto-Hobbesian
philosophy describes not a good man but a cunning fellow (“se de callido homine
loqui, non de bono uiro -- Att. 7.2.4 = SB 125). Taking the opposite
trajectory, from mere “homo” up to “uir,” Cicero often self-consciously
corrects himself, promoting his subject from the former to the latter category,
as with Cato at Brut. 293 (magnum mercule hominem uel potius summum et
singularem uirum) or Epicurus at Tusc. 2.44 (homo minime malus uel potius uir
opti-mus). From this it is at least implicit that to be a homo is a necessary
but not sufficient condition for being a uir, but that uiri are a subset of
homines is absolutely clear when Cicero writes of injustices which would seem
intolerable not only to a good man but more broadly to a free human being (ut non
modo uiro bono, uerum omnino homini lib-ero ideatur non fuisse toleranda. Inv.
rhet. 2.84).? Perhaps the closest Cicero comes to a clear distinction is in his
consolatio to the exiled Sittius, where he urges him to remember that he is
both things (et hominem te et uirum esse, Fam. 5.17.3 = SB 23), a homo because
he is subject to the vicissitudes of all humanity, a uir because he ought to
bear those vicissitudes with fortitude. Here there is no fusion or explicit
overlapping of the categories; each has its specific and discrete associations.
However, neither is there anything here to contradict the evidence of all the
other instances or to suggest that even Sittius could be a uir but not a homo.
Even with the benefit of searchable databases, it can be seen that Housman's
judgement on Latinity and logic is sound. It may be, however, that the
confounding of logic (and perhaps of Latinity) is the essence of humour, and so
we must ask ourselves whether Cicero's transmitted judgement on Sallustius,
since it isn't quite Latin, is actually funny. Even those who defend the
paradosis seem vaguely apologetic about the joke which they are determined to
preserve. Shackleton Bailey, in refuting Housman, writes that 'Cicero says
these two things in the same breath ... because he thought it mildly amusing',
and in his shorter commentary remarks, almost shame-facedly, that 'the
juxtaposition is mildly funny' Of course, whether the reason lies in cultural
contingency or in transhistorical unfunniness, no one who has read any quantity
of Ciceronian 'jokes' would consider a failure to provoke uproarious laughter
as grounds for emendation. Yet the problem with this joke is not so much that
it is at best 'mildly amusing', but rather that it seems oddly arbitrary and
lacking the pointedness or relevance to its context which we might expect in
even the feeblest witticism. '° It is certainly possible for humour to be
generated from the antithesis of uir and homo. At Terence, Hecyra 523-4,
Phidippus calls to his wife Myrrina, and when she responds with an
interrogative mihine, mi uir? ('Is it me you're talking to, my husband?'), he
replies in turn uir ego tuos sim? tu uirum me aut hominem deputas adeo esse?
('Is it your husband I am? Do you consider me to be a husband/man or even a human
being?') This is, if anything, an even clearer proof that uiri are a subset of
homines, as the adeo shows, and it is on this normative relationship of the two
words (in contrast to the anomalous one at Q. fr. 2.10(9).3) that the joke
partly depends: if Myrrina does not consider Phidippus a homo, then a fortiori
she cannot consider him a uir. However, the reference to this standard notion
that one must be a homo to be a uir would have no particular point were it not
wittily combined with the context-specific wordplay on uir as 'husband' (as
Myrrina uses it) and 'man' ('Man? I'm not even treated like a human
being!')"' To turn from the humorous potential of the uir/homo antithesis
to Cicero's comedic practice elsewhere in his correspondence, it can be seen
that he does make literary jokes which, however amusing or otherwise we might
subjectively find them, are unquestionably pointed and tailored to the
specifics of their context and subject-matter. One example is his witty and
context-specific use of the poeta auctor conceit to depict Tigellius as being
actually 'sold at auction' (addictum) by Calvus' mimetic lampoon, in the act of
doing which he picks up and even elaborates Calvus' own conceit 'of writing a
poem in the form of an auction announcement ... in which he himself took the
part of the auctioneer and offered Tigellius for sale'. 2 Equally witty and
pointed, and with an added touch of doctrina, is his play on the double status
of Quintus' Erigona as bothtragedy and woman, mock-lamenting that she was lost
on the road through Gaul despite owning a fine dog, a learned allusion to the
faithful Mera who led her mistress to Icarius' body, as well as a jibe at the
ineffectual Oppius. 3 The letters are also full of witty and pointed
philosophical jokes and allusions, as Miriam Griffin has shown. 14 To cite but
one example, Griffin argues that Cicero's ironic concern to come to see
Trebatius 'before [he] flows completely from [his] mind' (antequam plane ex
animo tuo effluo) subtly alludes to the Epicurean doctrine of sense-perception
by means of eisha. 5 In our passage, on the other hand, we might wonder why the
(dubious) antithesis of “uir” and “homo” even arises when discussing
Sallustius' “Empedoclea.” There is no obvious reason why such a poem, whether
as a poem or as an instantiation of Empedoclean philosophy, would suggest a
play on the antithesis of 'man' and "human', let alone one which is
unparalleled in extant Latin, where, as has been shown, one cannot be a “uir” without
also being a “homo.” If an emendation could provide an antithesis which
preserved and perhaps even enhanced the humour, but removed Housman's
illogicality, and had a clear connection with the topic under discussion, it
would have a good deal to recommend it. We have already noted how one of the
more obvious antitheses of homo is 'god'. Among the most famous, or notorious,
aspects of Empedocles's doctrine was his claim to be a god and no longer a
mortal. The claim is most clearly preserved in the proem to the Katharmoi (DK
B112.4-6): ¿ya & juv BEos duBpoTos, ouKéTI OUnTóS MOREQUAL MET TOOI
TETILÉVOS, GTEP ¿OLKA, TOIVIOIS TE TEPIOTETTOS OTÉPEGiV TE DaREiOIS. “I come to
you as an immortal god, no longer a mortal, honoured among all, as is fitting,
garlanded with fillets and festive garlands”. That this doctrine was familiar
in Rome is clear from Horace's explicit comment and partial translation at the
climax of the “Ars Poetica” -- while Empedocles wanted to be considered an
immortal god', deus immortalis haberi dum cupit Empedocles) and Lucretius's all-but-explicit
reference to the poems of Empedocles "divine breast' (diuini pectoris) so
that he 'seemed created from scarcely human stock' (“uix humana ideatur stirpe creates”).
Noting this connection, Murley suggests 'a jest at the expense of Empedocles as
well as Sallust and unpacks the implications of “homo” as ""But if,
in the few days before your return, you shall have read Sallust's “Empedoclea”,
I shall regard you as a hero – but, like Empedocles, *not* a human being.” Murley's
interpretation is attractive, but the secondary, implicit antithesis between
'human' and 'god' sits uneasily with the explicit and problematic antithesis
between 'human' and 'man'. The most economical solution would be to remove the
latter antithesis and the make the former explicit. One solution which would
satisfy all the requirements which we have set so far would be to emend the
paradosis irum to a word meaning god, most probably either “deum” or “dium.”
The juxtaposition of forms of “deus” and “homo” is extremely common in Latin,
and occurs eighteen times in Cicero, albeit more frequently in the plural. Of
course, for a double entendre to work, there must be a primary as well as a
secondary meaning. The playful allusion to Empedocleian doctrine would be clear.
But there must still be an independently comprehensible way in which Marcus can
call Quintus a 'god', even if the allusion grants him a degree of licence to
stretch common usage a little. Curiously, “dius” does not seem to have been
used metaphorically of mortals with superhuman qualities, despite, or perhaps
because of, its specific connotations of a deified mortal or an intermediate
being between god and mortal, and of course its later use as the designation
par excellence of apotheosised principes. There is far more evidence for the
use of “deus” in this way, 'de homine ... virtute aliqua praedito', including
numerous examples in Cicero's speeches, letters, rhetorical and philosophical
works. Of particular relevance to our passage is the assertion by Cicero's
Crassus that the godlike orator is one who does not merely use correct Latin
but speaks ornate (De or.). “Si est aliter, irrident, neque eum oratorem
tantummodo sed hominem non putant; quem deum, ut ita dicam, inter homines
putant?” -- But if it is otherwise [than that he speaks correct Latin], they
laugh at him and think him not only not an orator but not even a human being;
who do they think, so to speak, a god among mortals?') Even with the qualifying
ut ita dicam, it is clear from this passage (and others where there is no such
qualification) that Cicero could use deus to designate a human who excels in
some field or other, and did so on occasion in antithesis with homo.? As
suggested above, the allusion to Empedocles (and to Sallustius) and the
humorous context would help to justify a slight extension of the usage whereby
the act of reading a poem ironically reflects superhuman qualities, whether of
endurance or discernment. It might even be possible that a rare use of “diuus”
in this metaphorical sense could be justified by a verbal echo of S., but
Ciceronian and other Republican usage would tend to point towards “deus”. As
for how such a corruption could have come about, a misreading of “dium” as “uirum”
might seem easier than that of “deum”, but forms of “d” and “u” are not
normally alike, and the cause here is far more likely to be psychological. The
form could have been assimilated to the nearby “hominem”, or we might see the
metamorphosis of god into man as an instance of polar error, where a scribe
writes the opposite of the word he is copying. This type of corruption is not
uncommon in Ciceronian manuscripts. Cicero's plea at Rosc. Am. 12 that the
presiding praetor Fannius 'avenge the misdeeds with all zeal' (ut quam acerrime
maleficia indecetis) became, in Naples IV B 17, a paradoxical desire that no
good deed should go unpunished., as the scribe wrote beneficia for maleficia.
Likewise at Mur. 73, according to the copyist of Venice, Marc. lat., the public
attributes Sulpicius laying of charges against Murena for having escorts and
giving voters meals and spectacles, not to his excessive zeal (in tuam nimiam
diligentiam) but to his lack thereof (neglegentiam). That a copyist could
likewise write “uirum” for “deum” is entirely feasible. Alternatively, with
either “deus” or “dius”, a devout Christian scribe might - consciously or
unconsciously - have baulked at Cicero's apotheosis of his brother in such a
context and - again consciously or unconsciously - emended the offence away. There
remains the question of whether Cicero is alluding to Empedocles alone or to
Sallustius poetic depiction of him. As noted above, Murley sees the joke as
being 'at the expense of Empedocles as well as Sallust'. It is certainly
possible that the play on god and man is an allusion directly back to the “Katharmoi”.
Sedley has convincingly argued that the proem of Lucretius's De rerum natura
not only imitates Empedocles's proem but is meant to be recognised as so doing,
and thus assumes familiarity with the latter among late Republican litterati. Even
Sedley, however (incidentally using the letter as his principal evidence),
allows that such familiarity could come either through direct acquaintance or
through Latin translations and imitations’s -- including S.. None of Cicero's
allusions to Empedocles in the philosophical works are noticeably oblique or
seem to assume much prior knowledge, though the reference of his Laelius to “a
certain learned man of Agrigentum” (“Agrigentinum doctum quendam uirum”) could
conceivably be taken as allusive as well as faux naif. In considering Cicero's
allusive practice in the letters, we might compare the witty allusion to
Quintus's Erigona which cannot possibly have referred directly to the text of a
tragedy which Marcus never had the chance to read, and hence must look to the
original myth (and possibly the wrong myth at that), perhaps as narrated in
Eratosthenes' epyllion. However, in the case of the letter, where we are
dealing not with a lost text but one with which both correspondents have some
familiarity, it is surely more likely that Cicero is alluding not - or not only
- to Empedocles directly, but to S.’s poetic rendering of his doctrines and
perhaps even his poetry. If S.’s “Empedoclea” included a Latin version of DK B1
12.4-6, it is not improbable that it might have occurred as early in the poem
as those lines are in the “Katharmoi,” and hence be recognizable even by those
who had not read it in its entirety. It is also quite likely that “evntos”
would have been translated as “homo” (though “mortalis” is an obvious
alternative possibility) and theós by either deus or dius. In favour of diuus,
we might note its strict distinction from deus as referring to a minor deity
(equivalent to the Soiucv which Empedocles elsewhere claimed to be) or even
more specifically to a deified mortal. On the other hand, the phrase deus
immortalis is not only an obvious way to render “0eos außpotos,” and far easier
to fit into hexameters than diuus immortalis, with its initial cretic in the
nominative and tendency to elision or hiatus in other cases, but nicely
corresponds to the existing common Latin unctura, “di immortalis”, of which
incidentally Cicero is particularly fond. “deus immortalis” is also the phrase
used at Ars P. to render “0eos äußpotos” and it is tempting to speculate that
Horace too is alluding not only to Empedocles, but to S.’s Empedocleian poem.
This, of course, can only be speculation in the absence of any other trace of
the poem. But it is far from improbable. Corte arguez for the influence of S.’s
“Empedoclea” on the speech of Pythagoras in Metamorphoses. If OVIDIO could
integrate such allusions into his depiction of a different philosopher, albeit
one with some doctrines in common, it is hardly less likely that ORAZIO could
allude to S. when referring to Empedocles himself. If Horace is indeed alluding
to S., this might constitute one further argument in favour of Cicero's writing
deum when also alluding to the Empedoclea. However, the argument does not stand
or fall on the issue of Horatian allusion. To sum up, one may suggest that
Cicero wrote to Quintus deum (or possibly diuum) te putabo, si Sallusti
Empedoclea legeris; hominem non putabo. In doing so, he would certainly have
alluded – via implicature -- wittily to Empedocles's claim to be a god and no
longer a mortal at DK B112.4-6, and probably to S.'s own Latin rendering of
that claim. Emended thus, the antithesis does not require the special pleading
which has been made for uir/ homo and it has specific and pointed relevance to
the poem under discussion. It is a matter of taste, of course, but it might
also be a little more than mildly amusing. The dominant quality of S.'s moral
philosophy as articulated in the preface to the Bellum Catilinae is gloria:
this preoccupies much of S.’s discussion, particularly in the opening two
chapters of the monograph. The text begins with an emphatic statement of the
goal of life, which according to S. is
to avoid passing through life without leaving a record of one's existence: omnis
homines qui sese student praestare ceteris animalibus summa ope niti decet ne
vitam silentio transeant veluti pecora, quae natura prona atque ventri
oboedientia finxit: "for all men who set themselves to exceed the other
animals, it is right to struggle with the highest effort, lest they pass
through life in silence like beasts, whom nature has made supine and subject to
their appetites. To this end, S. continues, man is comprised of a dual nature,
body (held in common with the beasts) and mind (in common with the gods); we
should make use of the resources of the mind (animus) to seek gloria.
For", S. continues "the gloria of riches and beauty is variable and
fragile; virtus is held to be splendid and lasting", nam divitiarum et
formae gloria fluxa atque fragilis est, virtus clara aeterna habetur. The
separation between mind and body, according to S., is not absolute: each
requires the assistance of the other, because the mind is required to plan
actions, and the body to carry them out. Gaio Sallustio Crispo, Empedoclea. Sallustio.
Grice e Salustio: il divino e i divini – Roma – filosofia italiana –
Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. The author,
according to some, of Salutio’s ‘On the gods and the world order,’ dedicated to
Giuliano. Accademia. Flavio
Salustio.
Grice e Salustio: il pitagorico che corresponde con Giuliano – Roma –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Ricerca (latino: Saturninus Secundus
Salustius o Salutius. Politico e filosofo romano di età imperiale appartenente
ai neoplatonici. Epigrafe in latino trovata ad Amorgos e riproducente una
lettera (CIL III, 459) dell'imperatore romano Giuliano a S. (Museo epigrafico
di Atene) Amico dell'imperatore romano Giuliano, ne condivise il programma di
restaurazione della religione romana, ma fu così equilibrato che fu prefetto
del pretoriod'Oriente sotto quattro imperatori. Di una famiglia della
Gallia, forse dell'Aquitania, è probabilmente un homo novus, in quanto i suoi
due primi incarichi furono non senatoriali; S. è infatti, probabilmente sotto
l'imperatore Costante, praeses provinciae Aquitanicae, magister memoriae, comes
ordinis primi, proconsole d'Africa e comes ordinis primi intra consistorium et
quaestor, come attesta l'iscrizione posta sotta la sua statua d'oro eretta nel
Foro di Traiano. È inviato dall'imperatore Costanzo II, fratello del defunto
Costante, al cugino e cesare d'Occidente Giuliano, come consigliere, quando era
ormai già avanti con gli anni. Costanzo si insospettì dei successi di Giuliano e,
attribuendoli a S., lo richiama, separandolo dal cesare di cui era divenuto
amico. Giuliano venne acclamato imperatore e l'anno successivo Costanzo
II morì. Giuliano, giunto a Costantinopoli, nominò S. prefetto del pretoriod'Oriente e presidente
del tribunale che a Calcedonia processò i funzionari di Costanzo. Lascia
Costantinopoli per raggiungere Giuliano ad Antiochia, da dove l'imperatore
aveva intenzione di far partire la sua campagna sasanide. Qui Salustio
sconsigliò a Giuliano di perseguitare i cristiani: per dargli un esempio,
torturò un certo Teodoro per tutto un giorno, dimostrandogli che ne avrebbe
fatto un martire. Da rifugio al vescovo di Aretusa, Marco, che aveva suscitato
la rabbia di Giuliano e, pare, torturò dei pagani per vedere se la loro
resistenza era comparabile a quella dei cristiani. Fu poi incaricato di
preparare le forniture per l'esercito e la flotta; quando un ufficiale non
riuscì a portare gli approvvigionamenti dovuti a Circesium lo fece giustiziare.
Giuliano morì durante la campagna, in uno scontro con i Sasanidi (363), durante
il quale anche Salustio rischiò la vita. In seguito fu scelto dai generali
romani come successore del suo amico, ma declinò l'offerta, adducendo la
cattiva salute e l'età avanzata, e al suo posto venne eletto il cristiano
Gioviano. Sotto Gioviano rimase in carica come prefetto: il nuovo imperatore lo
inviò a trattare con i Sasanidi. Dopo la morte di Gioviano sostenne
l'elezione di Valentiniano I. Quando Valentiniano cadde ammalato, S. nega che
la malattia fosse stata provocata da un maleficio preparato dai sostenitori di
Giuliano. Venne deposto dall'imperatore, che invitò chiunque a presentargli
accuse contro Salustio, ma fu poi rimesso al suo posto dopo poco tempo.
Continua al suo posto sotto l'imperatore Valente, che il fratello Valentiniano
associò all'impero; ha Callisto come assessor (assistente), e Eanzio. Venne
sostituito da Nebridio, principalmente a causa dell'azione del patricius e
suocero dell'imperatore Petronio, ma quando, sempre quell'anno, Nebridio venne
catturato dall'usurpatore Procopio, S. venne re-integrato. Venne
definitivamente congedato comunque a causa degli intrighi di Clearco. Riceve il
titolo di patricius dopo il congedo. Giuliano e amico di S., cui dedica la
Consolazione a sé stesso, scritta dopo la forzata separazione in Gallia da S.,
e il suo inno al Re Helios. S. legge e approva anche un'altra opera
dell'imperatore, I Cesari. Libanio lo loda come funzionario
incorruttibile, Imerio gli indirizza un'orazione in cui lo definiva vero
reggitore dello stato, mentre persino i galilei ne lodavano l'equilibrio. S. è
uno studioso di letteratura e FILOSOFIA, che addirittura trascura talvolta i
propri uffici per coltivare i propri studi. A S. è attribuita il saggio “Περὶ
θεῶν καὶ κόσμου”, una sorta di manuale di religione romana voluta dal Giuliano.
La maggior parte delle idee esposte nel saggio non sono originali ma sono
derivate da altri filosofi dell’accademia, come pure dalle orazioni di
Giuliano, anche se S. sembra avere meno dimestichezza con Giamblico,
considerando la sua demonologia meno sviluppata. In alcuni punti, tuttavia,
l'autore sostiene alcune tesi inconsuete. Per esempio riguardo all'origine del
male, S. afferma che nulla è male per sua natura, ma diviene male per le azioni
degl’ uomini, o meglio, di alcuni uomini. Inoltre, il male non è commesso dagl’uomini
per sé, ma perché si presenta falsamente sotto l'apparenza di un BENE – cf. H.
P. GRICE, INCONTINENZA --, come ha già esposto in certa misura Socrate. Il male
– ill-will, H. P. GRICE -- nasce sempre e solo a causa di una falsa valutazione
del bene, in quanto, alla fine, è mancanza di esso. Ma come si spiega il
male nel mondo se il divino e buono e compi ogni cosa? In primo luogo bisogna
precisare che, se il divino e buono e compi ogni cosa, il male non ha una
esistenza effettiva ma nasce per assenza di bene, come l'ombra non ha esistenza
ma ha origine dall'assenza di luce. -- S. Gli dei e il mondo. Il suo nome è
riportato come Saturnino Secondo nelle iscrizioni, Secondus Salutius in Ammiano
Marcellino, Secondo in Libanio (Lettere), Filostorgio e Sozomeno, e infine
Salutius, Salustius o Sallustius altrove. Sivan, Hagith, Ausonius of Bordeaux:
Genesis of a Gallic Aristocracy, Routledge, Costanzo dubita della lealtà di
Giuliano, in quanto ne uccide il padre Giulio Costanzo e il fratellastro
Costanzo Gallo. Ammiano Marcellino. Lungo la strada, ad Ancira (moderna Ankara)
fa incidere l'iscrizione CIL. Socrate Scolastico; Sozomeno, Ammiano Marcellino,
che però lo chiama semplicemente "prefetto". Socrate Scolastico. Passio
SS. Bonosii et Maximiliani, Libanio, Orazioni Ammiano Marcellino Ammiano
Marcellino. Zosimo. Ammiano Marcellino; Zosimo riporta anche l'offerta della
porpora al figlio di S., respinta sulla base della sua giovane età. Libanio,
Orazioni, Imerio, Orazioni, Gregorio Nazianzeno, Orazioni, Azize, The
Phoenician Solar Theology, Smith, Rowland, Julian's Gods: Religion and
Philosophy in the Thought and Action of Julian the Apostate, Routledge, Ammiano
Marcellino, Res gestae Filostorgio, Storia ecclesiastica Libanio, Lettere e
Orazioni Socrate Scolastico, Storia ecclesiastica Sozomeno, Storia
ecclesiastica Zosimo, Storia nuova Fonti secondarie modifica Jones, Arnold Hugh
Martin, John Robert Martindale, John Morris, The Prosopography of the Later
Roman Empire, Cambridge University Press, Edizioni delle sue opere; Salustio,
Sugli dèi e il mondo, cur. Giuseppe, Adelphi, Salustio, Gli Dei e il Mondo, cur.
Vacanti, Il Leone Verde, S. neoplatonico, su Treccani, Enciclopedie, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Calogero, S. neoplatonico, in Enciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,
Portale Antica Roma Portale Biografie Portale Filosofia
Arinteo generale romano Nebridio generale romano Eusebio (praepositus sacri
cubiculi) alto funzionario dell'Impero roman. Saturnino Secondo Salustio.
Saluzio. Secondo Sallustio. Salustio. Keywords: il divino, i divini, l’ordine
del mondo. Salustio.
Grice e Salutati: Ercole al bivio – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Stignano).
Filosofo italiano. Vedo che ignori
quanto sia dolce l'amor di patria. Se ciò fosse utile alla difesa e
all'ampliamento della patria, non ti sembrerebbe un crimine penoso, nè un
delitto scellerato, il fracassare con la scure il capo del proprio padre, o
ammazzare i fratelli, o cavare con la spada dal grembo della moglie il figlio
prematuro. Ad Andrea di Conte. Cancelliere di Firenze, figura culturale di
riferimento dell'umanesimo a Firenze, in qualità di discepolo del BOCCACCIO e
precettore di BRACCIOLINI e BRUNI.
Considerato uno dei più importanti uomini di governo, S. come cancelliere della
repubblica di Firenze, svolge un importantissimo ruolo diplomatico nel frenare
le ambizioni del duca di Milano VISCONTI, intenzionato a creare uno stato
comprendente l'Italia centro-settentrionale. Nel contesto di questa lotta
elabora la sua dottrina della “libertas fiorentina”. Oltre all'impegno
politico, svolge un importante ruolo nella diffusione dell'umanesimo
petrarchesco (PETRARCA – si veda) e boccacciano, divenendone l'esponente più
importante e il praeceptor della prima generazione degl’umanisti. Il suo
lascito più importante presso i posteri è la codificazione civile dell'umanesimo,
cioè l'uso dello spirito e dei valori dell'antichità classica all'interno
dell'agone politico internazionale. Grazie a S. -- autore tra l'altro di un
vastissimo epistolario e di trattati politici, filosofici e letterari -- difatti,
il mito della florentina libertas, cioè di quel complesso di valori ispirati
alla libertà promosso dall'ordinamento politico fiorentino, si rafforza
enormemente sotto il suo cancellierato, ed e utilizzato quale strumento
diplomatico per accrescere il prestigio di Firenze presso gl’altri stati d’Italia. Costretto,
a pochi mesi dalla sua nascita, ad abbandonare il luogo natìo per raggiungere
il padre Piero (detto dal Villani di buoni costumi e di prudenzia laudabile)
a Bologna, ove il genitore serve il signore della città Pepoli, che a sua volta
garantiva protezione alla famiglia. Nella città felsinea compe per volontà
paterna -- ma più probabilmente di Pepoli che, morto Piero, prende sotto la sua
protezione la famiglia e il giovane Coluccio in particolare --, studi, benché
fosse maggiormente interessato alle discipline letterarie, e segue le lezioni
di logica e di grammatica di Moglio. Lascia Bologna a causa anche della
caduta di Pepoli e ritorna a Stignano, dove un rogito testimonia la sua
presenza. Gl’anni successivi all'allontanamento da Bologna, gli videro esercitare il mestiere di notaio in
vari centri toscani -- specialmente in Valdinievole – coltivando lo studio dei
classici, come dimostra la lettera a Gianfigliazzi, colto politico fiorentino
col quale discute su Valerio Massimo e altri autori antichi. Nel
frattempo, la sua carriera amministrativa lo spinse ad intraprendere anche la
carriera politica: cancelliere del Comune di Todi prima, della Repubblica di
Lucca poi, ed infine, dopo essere giunto a Firenze ed avervi esercitato
per breve periodo l'incarico di scriba omnium scrutinorum, Cancelliere di
quella città, tenne, pertanto, nelle sue mani la carica più importante della
diplomazia della repubblica fiorentina, divenendo un personaggio di spicco
della politica italiana. Costantemente rieletto e confermato con le stesse
ingerenze, lo stesso stipendio e i soliti privilegi, lascia nell'ufficio un
numero grande di minutari e registri, di lettere e istruzioni, per lo più di
sua mano, e solo in parte de' suoi coadiutori, che non sembrano molti. Da
questi libri e da altri della cancelleria, apparisce com'egli fosse
costantemente in palazzo, presente a innumerevoli atti del comune, dei consigli,
degli uffici più svariati. La frattura in seno alla chiesa cattolica spinse Urbano
VI a firmare la pace coi fiorentini. Le relazioni tra santa sede all'epoca ad
Avignone e la repubblica fiorentina degenerarono rapidamente a causa della
volontà di Gregorio XI di ritornare a Roma e ripristinarvi l'autorità della chiesa.
La paura che si formasse, nel centro Italia, un forte stato ecclesiastico
allarma sia Firenze (intimorita di essere inglobata nel nuovo stato) che le
città degli Stati Pontifici, che a causa della lontananza del Papato avevano
acquisito una grande forza ed indipendenza. La guerra finì frettolosamente a
causa della scissione interna alla Chiesa stessa tra cardinali, fatto che porta
alla nascita del gravoso Scisma d'Occidente. Urbano VI assolve Firenze dalla
scomunica per avere alleati contro Clemente VII. Tra gli scomunicati, c'e
anche lui, in quanto figura chiave della politica dell'epoca. Coluccium Pieri
de Florentia, excellentissimum cancellarium comuni Florentie, riceve
l'assoluzione da parte del Papa tramite i legati S. Pagani, vescovo di
Volterra, e F. d'Orvieto, frate appartenente all'ordine degli Eremitani. Firenze,
mentre stava stipulando la pace con Urbano VI, fu sconvolta dalla rivolta del
popolo minuto che, già soggiogato e perseguitato dalla prepotenza
politico-economica del popolo grasso, fu sobillato dagli operai salariati (i
ciompi) a rivoltarsi. Si ebbero i primi scontri e i ciompi, risultati
vincitori, imposero Lando quale gonfaloniere di Giustizia e riformatore della
Signoria in senso democratico. L'animosità degli sconfitti si fece sentire
molto presto: dopo aver chiuso gli opifici riducendo alla fame gli operai, la
grande borghesia e l'aristocrazia riuscirono a trarre dalla loro parte Lando
che, dopo aver disperso i capi dei ciompi, si dimise dalla carica di
gonfaloniere e ridando il potere ai magnati, tra i quali primeggiarono gli
Albizi che instaureranno un regime oligarchico durato fino alla venuta di
Cosimo de' Medici. Dall'epistolario di Coluccio, sappiamo che egli informò D. Bandini
di Arezzo dei tumulti avvenuti in città e stimando gli uomini assurti al potere
quali degni e pieni di considerazione. L'atteggiamento emerso in
quest'epistola, datata il mese d'agosto, si rivelerà contrario a quanto
Coluccio in realtà pensasse del nuovo governo. Cirillo ci descrive lo stato
d'animo del Cancelliere e la sua scelta di rimanere in tale carica nonostante
l'avversione per i Ciompi. Dalle lettere di S. si evince come il cancelliere
non fosse soddisfatto del governo instaurato dal Popolo Minuto, ed è probabile
che il cancelliere conoscesse anche i “piani politici” di chi voleva ritornare
al potere. Questo ci permette di ipotizzare che, la decisione di ritornare al
proprio ufficio si legava sia alle necessità familiari dell'umanista, sia
all'amore che egli nutriva per il proprio lavoro ma anche, alla conoscenza
dell'imminente ritorno del Popolo Grasso al potere, unito alla convinzione
della mancanza di conoscenze politiche adeguate per governare una
città come Firenze da parte dei Ciompi stessi (Cirillo) Ha un ruolo
decisamente più attivo ed importante nell'animare Firenze perché si difendesse
dalle ambizioni di conquista di Visconti, duca di Milano, desideroso di
sottomettere l'intera Penisola al suo controllo schiacciando le resistenze
delle Signorie dell'Italia Settentrionale. Visconti sposta infatti le sue
attenzioni sulla Repubblica di Firenze, e S. giocò un ruolo importante in
questa situazione spronando il popolo fiorentino a difendere la sua
tradizionale libertà (la florentina libertas) e rispondendo egli stesso dalle
accuse dei nemici attraverso l'opera Invectiva in Antonium Loscum. La
situazione per i fiorentini, all'inizio del conflitto, era alquanto drammatica,
in quanto si ritrovarono praticamente circondati dai domini di Visconti e solo
l'ausilio di bande mercenarie, guidate da Acuto, riuscirono a frenare i piani
di dominio del Visconti. La guerra, che riprese dopo una momentanea tregua, vide
la formazione di una vasta coalizione antiviscontea di cui fecero parte tutti
gli stati italiani del centro-nord, tenuti assieme dalla politica estera
fiorentina e da quella veneziana. Nonostante gli alleati fossero stati
gravemente surclassati dalle forze milanesi, i fiorentini riuscirono a salvare
la loro indipendenza resistendo a dodici anni di guerra, cioè fino alla morte
improvvisa di Visconti a causa della peste, lasciando Firenze in una posizione
di potenza nell'Italia centro-settentrionale. S. trascorse gli ultimi
anni della sua vita terrena celebrato sia per la sua posizione di guida
dell'umanesimo, sia per l'abilità politica dimostrata contro il Visconti, ma
anche in grandi amarezze a causa dei lutti (morte della seconda moglie e la
morte di alcuni dei suoi figli in occasione della pestilenza). Quando poi morì,
la Signoria, il giorno successive, gli fece celebrare funerali solenni in Santa
Maria del Fiore, ponendo sulla sua bara una ghirlanda d'alloro per le sue virtù
poetiche. I suoi discepoli Bruni suo successore, Bracciolini, futuro
cancelliere e Vergerio lo piansero amaramente, ricordandolo come un padre e
come il più grande decoro di Firenze. Coluccio umanista La guida dell'umanesimo
italiano e per trent'anni, dopo la morte del Petrarca e del Boccaccio, il più
autorevole umanista italiano, unico erede di quei grandi (Dionisotti)
Miniatura che ritrae proveniente da un codice della Biblioteca Laurenziana a
Firenze. Alla morte del Boccaccio, sia per ragioni anagrafiche (era di una
generazione sita tra quella di Petrarca e Boccaccio e la successiva degli
umanisti), sia per la propria grandezza letteraria e filosofica, fu il
principale esponente dell'umanesimo italiano, come ricorda infatti Dionisotti e
altri studiosi, quel «trait d'union tra la generazione che aveva vissuto in
prima linea il rinnovamento petrarchesco e quella dei nuovi umanisti già pienamente
quattrocenteschi» Salutati ebbe, sia per il ruolo istituzionale sia per quello
culturale, rapporti anche con i Paesi europei: tenne corrispondenza con un
colto cortigiano di Carlo VI di Francia, Montreuil, e con l'arcivescovo di
Canterbury Arundel, conosciuto mentre il presule inglese si trovava a Firenze. Fecondo
scrittore, apologeta "diplomatico" della classicità contro gli
attacchi degli aristotelici e di alcuni ecclesiastici ostili all'antropologia
umanista, S. alterna il suo magistero culturale con quello politico, difendendo
la libertà repubblicana di Firenze adottando lo stile e il genere degli antichi
trattatisti. Nonostante Lino avesse preso definitivamente l'attività
notarile, come testimonia il suo primo rogito effettuato nella nativa Stignano,
l'amore per la cultura e la letteratura non venne meno. Anzi, a partire dalla
fine degli anni sessanta, S. divenne il segretario di Bruni, amico a sua volta
di Petrarca; inizia, come esposto dalla Senile un rapporto epistolare a
distanza, che permise a S. di avvicinarsi alle proposte umanistiche di Aretino.
Nel periodo che intercorse tra questa prima epistola e la morte del Petrarca, S.
entra sempre più nella mentalità classicista del maestro, grazie anche ai
contatti che egli ha con l'altro grande umanista e allievo del Petrarca stesso,
Boccaccio, quest'ultimo animatore del circolo umanista di Santo Spirito a
Firenze. Seguendo la scia del maestro Boccaccio, sinceramente pianto da S. al
momento del trapasso, il Cancelliere della Repubblica continua il suo magistero
a Santo Spirito, tenendovi lezioni cui partecipavano umanisti non solo
fiorentini -- si ricordano, tra i più importanti, Niccoli, Bruni e Bracciolini
-- ma anche di altre regioni italiane -- quali il vicentino Loschi e Vergerio. Nel
convento degli agostiniani S., aiutato nel suo magistero culturale dal
coltissimo frate Marsili, non si fa soltanto portavoce degli ideali
dell'umanesimo classicista petrarchesco, ma continua a tenere in alta
considerazione ALIGHIERI (si veda), deprecato da una cerchia dei umanisti in
quanto filosofo volgare e pessimo latinista. Oltre al suo compito di formazione
dei umanisti che andranno a diffondere la filosofia presso gli altri centri
italiani, S. ha il merito non solo di affidare le cattedre tradizionali dello studium
fiorentino ad umanisti discepoli di Petrarca, quali Malpaghini, ma soprattutto
quello di far rifiorire in Italia il greco. Grazie all'incontro avvenuto a
Venezia tra i umanisti Rossi e Scarperia e i due colti bizantini Crisolora e Cidone,
inizia, usufruendo dei poteri di Cancelliere, ad intessere rapporti con
Crisolora per invitarlo ufficialmente a Firenze quale docente di greco nello studio.
Questi, giunto nell'Europa Occidentale per conto dell'imperatore Manuele II
Paleologo per cercare alleanze contro i turchi ottomani, cerca di instaurare
rapporti di amicizia con gli stati che visita trasmettendo la conoscenza del
greco ai circoli umanistici, edotti di latino ma non della lingua di Omero. Crisolora
accetta l'offerta di S., rimanendo nella città toscana e lasciando in eredità
ai suoi discepoli e amici fiorentini gl’Erotematà, compendi linguistici di
greco caratterizzati da una sinossi COLLA GRAMMATICA LATINA. L'umanesimo
incontra durante la sua diffusione, il sospetto e l'ostilità di alcuni ambienti
a causa della libertà e responsabilità etica del singolo uomo che S. anda insegnando,
e del suo progetto di conciliare la natura della cultura classica colle
dottrine dei galilei.. I principali antagonisti dell'umanesimo fiorentino, il
camaldolese Giovanni di San Miniato e il domenicano Giovanni Dominici -- quest'ultimo
poi cardinale -- intendevano sostanzialmente mantenere l'istruzione e la morale
rigidamente nelle mani della gerarchia, rifiutando la ventilata autonomia
spirituale dei pagani e riaffermando la loro interpretazione allegorica. Le
humanae litterae – litterae humaniores -- non sono anti-tetiche agli studia
divinitatis (littera divinae), S., davanti a questi attacchi, sostenne la
necessità, anche da parte dei laici, di avere coscienza di ciò che dicono
e professano nella vita attiva, ribadendo il valore positivo di questo modello
di vita e combattendo il vuoto nominalismo tomista che la cultura ecclesiastica
ufficiale difende strenuamente quest'ultimo visto come nocivo perché, avendo
ormai intriso la stessa Bibbia di sillogismi filosofici, allontana dalla verità
gl’uomini. Senza la capacità di intendere in fondo i termini, la lingua, non si
dà conoscenza della scrittura, della parola del divino. Ogni conoscenza seria è
comunicazione. In tal modo, gli studia humanitatis come mezzo per ritrovare
nella lettera l'inseparabile spirto, nel corpo l'anima indisgiungibile, sono
strettamente connessi con gli studia divinitatis. La disputa sulla verità
teologica della poesia, genere privilegiato nella conoscenza del divino, è
quello che gli impegna maggiormente. Seguendo il tracciato delle Genealogie
deorum gentilium del maestro Boccaccio, risponde alle accuse dell'immoralità
della poesia a G. di San Miniato, in una lettera affermando non solo che ogni
verità proviene da Dio stesso, ma anche che Dio ha usufruito della poesia
attraverso i salmisti, Giobbe e Geremia: per cui la poesia è il genere
letterario più vicino a Dio. Tale tesi verrà poi ulteriormente rinforzata
nell'incompiuto De laboribus Herculis, in cui si arriva a sostenere una vera e
propria poesia teologica, per cui anche gl’antichi poeti pagani, con le loro
opere, si avvicinavano al divino. Il poema epico di Petrarca, per la sua
incompletezza e il latino ancora un po' rozzo, suscita delusione nei
simpatizzanti dell'umanesimo. Forma, impiegando gran parte delle sue
retribuzioni, una biblioteca di più di 100 volumi, collezione molto grande per
l'epoca e simbolo del suo fervore culturale. Possedetun manoscritto delle
tragedie di Seneca ricopiato ottimamente di suo pugno con l'aggiunta dell'Ecerinide
del pre-umanista padovano Mussato, ma anche esemplari di autori quali Tibullo e
Catullo ed una rarissima copia delle Ad familiares di CICERONE, coperta
dall'amico e cancelliere milanese Capelli a Vercelli. A questa scoperta in
terra di Lombardia, si aggiunse anche le Epistole ad Atticum, rendendolo il
primo dopo secoli a possedere entrambe le raccolte di lettere di Cicerone. Sabbadini
riporta che, nella sua biblioteca, e il primo a possedere il “De agricultura” di
CATONE, il Centimeter di SERVIO, il commento di POMPEO all'Ars maior di DONATO,
le Elegie di Massimiano e le DIFFERENTIAE pseudo-ciceroniane, mentre Tateo
continua elencando i Dialoghi di Gregorio Magno e l'esame dei vari manoscritti
di Cicerone, di Lattanzio, di Agostino, di Seneca, di OVIDIO e di STAZIO in suo
possesso. Nonostante questa passione da bibliofilo, che rese la sua biblioteca
la più significativa dopo quella di Petrarca, non sfoggia mai eccellenti doti
filologiche, al contrario di Petrarca stesso o del suo discepolo Bruni. Cerca,
inoltre, di avere da parte di Lombardo della Seta, fedele discepolo di
Petrarca, una copia dell'Africa perché fosse poi pubblicata. I suoi sforzi e
dei umanisti risultarono sempre più insistenti. Lombardo ha timore a pubblicare
un'opera rimasta in un testo incompiuto ed incerto, rischiando così di oscurare
la gloria di Petrarca. Quando poi giunge a Firenze il sospirato poema epico d’Aretino,
è afflitto dalle sospensioni, dalle lacune e certamente anche dalla pesantezza
d'ala del poema tanto vantato e sognato. La delusione, trasmessa in una lettera
a Brossano, spinselo a non farsi più editore e commentatore dell'opera. Intervenne
anche nel campo della paleografia. Nel vivo studio dei classici, fa
un'introduzione fondamentale: dopo aver adottato, per gran parte della sua
vita, una scrittura cancelleresca e una libraria semi-gotica, legge e trascrive
un codice delle Lettere di PLINIO MINORE contenente nessi e legature che si
erano persi. L’uso di -s diritta in fine di parola, i nessi e le legature ae, ę
e &, di cui si e persa memoria. Con questo esperimento inizia la storia
della scrittura umanistica. L’epistolario di S., documento fondamentale di
questa lunga ed efficace opera di rinnovamento culturale, tratta dei temi più
disparati. Organicamente, la raccolta si divide in due filoni: le lettere
private, indirizzate ad amici e conoscenti, e quelle pubbliche, scritte a nome
della Repubblica di Firenze. Stilisticamente, l'epistolario di S. spicca per
l'uso di uno stile che si allontana da quello delle lettere medioevali, fitte
della retorica della ars dictandi, per lasciare il posto ad una serenità
cordiale e del Portico che si richiama alle Familiares di CICERONE e al
repertorio lessicale degl’altri autori classici, determinando così quello che è
stato definito latino misto. Nella prima categoria, le lettere scritte a nome
dell'umanista S. mettono in mostra le tendenze socio-culturali dell’umanesimo. Da
un lato, la percezione del divario cronologico tra i contemporanei e gl’antichi,
eredità diretta della sensibilità petrarchesca; dall'altro, l'esposizione in
più punti del suo pensiero, dalla rivendicazione del valore della vita attiva
contro i monaci e quegli ecclesiastici che sottolineano invece l'eccellenza
della vita claustrale al valore della poesia. Immancabile è la tematica
politica, esposta nella lunga lettera a Durazzo e ritenuta essere il sunto del
pensiero politico dell’umanesimo. Le lettere dell’Epistoloario pubblico, scritte
in qualità di cancelliere della Repubblica, sono di carattere puramente
politico, in quanto rivolte a contrastare l'azione egemonica di Visconti.
Riprendendo i modelli dei classici latini -- Seneca, SALLUSTIO, CICERONE --, S.
addita Visconti quale tiranno in contrasto con la florentina libertas. Il tono
di queste lettere dove essere così grave e tagliente che, secondo la
tradizione, il duca di Milano risponde che un'epistola di S. e più deleteria di
una sconfitta militare di Milano in campo aperto. Dal punto di vista più
tecnico, il saggio svolto presso la
cancelleria di Firenze ha reso S. uno dei più noti cancellieri. Tale notorietà
si deve al metodo di lavoro che egli adotta nel tempo in cui ha ricoperto tale
carica. Effettivamente, i cambiamenti che S. apporta, soprattutto nel campo
dell'epistolografia politica, pur non essendo certo radicali, ha una notevole
influenza su molte corti. La letteratura sull'argomento è unanime
nell'affermare che, S., pur utilizzando la formula prevista dall'epistolografia
cancelleresca, che prevede: la “Salutatio”, il Proverbium, la Narratio, la
Petitio e la Conclusio; ha modo di personalizzare ogni fase dell'epistola in
base alle proprie esigenze narrative. È frequente perciò trovare nelle sue
lettere una “salutatio” piuttosto breve ed un Proverbium soprattutto quando
egli esprime teorie politiche piuttosto lungo. Epistola a Zabarella, filosofo
padovano, il “De Tyranno” basato sull'omonimo trattato di Bartolo da
Sassoferrato e sul “Polycraticus” di Giovanni di Salisbury, riflette sulla
nascita della tirannide e sulla liceità dell'assassinio del tiranno stesso.
Indotto a fare questa riflessione su spunto di A. dell'Aquila, che gli chiede la
liceità dell'assassinio di GIULIO CESARE e dalla volontà di difendere la scelta
dantesca di porre Bruto e Cassio nelle fauci di Lucifero, ammette la liceità di
un tale gesto nei confronti di un despota, ma negandola però al generale
romano, in quanto e un benemerito capo di stato, che e tradito dagli stessi
uomini che sono stati da lui beneficiate. L’Invectiva contro Loschi,
cancelliere dell'ormai defunto Visconti e autore di una “Invectiva in
florentinos”, ha un tono più concreto rispetto al teorico “De Tyranno”. Nell'”Invectiva”,
mostra la partigianeria repubblicana sostenitrice della “florentina libertas”,
emula dell'Atene di Pericle fautrice della concordia partium tra lei e i suoi
alleati. Gli ricorda come Firenze sia nel giusto perché è sottoposta alle
leggi, che non possono essere violate, MENTRE A MILANO IL DIRITTO E STRUMENTO
ARBITRARIO NELLE MANI DI UN VERO E PROPRIO TIRANNO, CHE STA AL DI SOPRA DELLA
LEGGE. “De seculo et religione”, epistola all’amico Lapo si articola in due parti.
Gl’invia una lettera d'accompagnamento insieme al testo da lui realizzato. Tratta
di una esortazione assai fervida alla vita claustrale. Rivendica anche la
validità della vita quale laico, in quanto strada valida nell'ambito gerarchico
delle occupazioni umane, a cui egli rimane ancora legato. L'opera, esaltante la
vita ritirata prendendo spunto anche da CICERONE, LIVIO, MACROBIO, e Omero, tratta
anche della condanna morale di cui è afflitta Roma, dai papi fino ai
predicatori. Nell’epistola “De fato et fortuna” espone l'argomento del
libero arbitrio e del rapporto che esiste tra quest'ultimo e gli avvenimenti
che possono ostacolarne i progetti. La tematica, assai complessa ed erede di
una lunga tradizione filosofica -- i modelli sono Alberto Magno, AQUINO e il “De
bona fortuna” di Aristotele -- si sviluppa nel tentativo di dimostrare come
l'esistenza umana si inquadri in una causa prima, il divino la quale opera in
comunione, talvolta incontrandosi, talvolta scontrandosi, con la volontà
dell'uomo. In “De Nobilitate legum et medicine” propone una gerarchia del sapere,
proponendo la legge come valore supremo sulla medicina, intesa come mera tecnica.
Come l'anima è superiore al corpo, così la legge (che si rifanno al campo della
volonta dello spirito) e superiori alla medicina, che fa parte della meccanica.
La legge, infatti, regola la vita sociale, determina il con-vivere civile,
stabilisce l'ordine e deve essere ottima perché puo produrre uomini migliori. Continua
affermando che la legge, dal momento che appartengono alla sfera dello spiritualo
e quindi celeste, e legate direttamente al divino. Gl’uomini, perciò, possono
collaborare con Dio nella costruzione perfetta della società grazie al fatto
che ogni uomo e ispirato dalla divinità medesima. Il “De Laboribus Herculis,” opera
di grande impegno intellettuale, e un vasto saggio di poesia. Intende
continuare il progetto culturale di Boccaccio della genealogia, vale a dire una
difesa della poesia a livello universale basata sulle vicende terrene dell'eroe
mitologico Ercole, re-interpretate in senso allegorico e indirizzate verso la
via della virtù. Si basa su Ercole per la radice etimologica del nome greco,
risalente ad “ερος κλερος”, cioè uomo forte e glorioso. Come già scrive a
Giovanni di San Miniato, infatti, la poesia ha un valore universale in quanto
il senso interpretativo supera la dimensione culturale in cui è stato scritto.
Per cui la opera di un pagano, se piene di valori positivi, non devono essere
rigettate, ma accolte in quanto provenienti dal divino stesso. “Carmen de
morte Francisci Petrarce” e un carme commemorativo del Petrarca e accennato in
varie epistole al conte di Battifolle, a Imola e a Brossano, del quale è quasi
dubbio il completamento. “De verecundia” e un trattarello in forma epistolare
indirizzato a Baruffaldi sulla natura positiva o negativa della verecundia, cioè
il rispetto. Grazie agli studi genealogici di Novati, si puo ricostruire
l'ascendenza e la discendenza del cancelliere fiorentino. Coluccio Ignota,
figlia di un tal Lino Piero Lino Coluccio; Piera di Simone Riccomi, A.Corrado, Giovanni
Sorella ignota, sposata a uno dei Giovannini di Stignano sposata ad uno dei
Dreucci di Pistoia Piero morto di peste,
Andrea morto di peste, Bonifazio - Monna Checca de' Baldovinetti Arrigo Margherita d'Andrea de' Medici Antonio, Duccia
di Guernieri de' Rossi; Filippo, Lionardo, chierico Salutato, chierico Lorenzo.
A lungo si è ritenuta corretta la data, Campana Martelli, Nuzzo, e altri studiosi dimostrano che
la data corretta è Villani, S. XXVII racconta l'ascesa politica ad una delle
più prestigiose cariche politiche fiorentine. Nominato segretario grazie
all'influenza del Gonfaloniere Serragli, e eletto Cancelliere in sostituzione
di N. Monaci, uomo politico con cui il Serragli fu in disputa. Si veda Epistolario per le addolorate missive
inviate dal Bruni e da Poggio all'amico in comune N. Niccoli, ‘tali parente’
nell'epistola di Bruni; ‘patris nostri’ in quella di Poggio). In Ivi, l'istriano P. Vergerio, in una lettera a F.
Zabarella, lo descrive come il primo e straordinario decoro di Firenze -- urbis
illius primum atque precipuum decus, Linum Colucium Salutatum -- Della stessa
opinione anche: Cappelli, in cui si ricorda, al momento dei funerali, il
commosso addio dell'allievo Vergerio, che lo chiama communis omnium magister -- maestro comune di
tutti noi. Luogo significativo per continuare le riunioni dei nuovi umanisti,
in quanto vi viveva quel fra' Martino da Signa erede universale degli scritti
del Boccaccio. Boccaccio dispose per testamento di lasciare la sua biblioteca
all'agostiniano Signa con l'indicazione che alla morte del frate i volumi
fossero negli armaria del convento fiorentino di Santo Spirito. Così avvenne. La
grandezza di Alighieri, ma anche di Petrarca e dello stesso Boccaccio, sono
messi in discussione dal più acceso degl’umanisti classicisti, Niccoli,
all'interno dei Dialogi ad Petrum Histrum di Bruni. L'accusa principale
consiste nella barbaria del loro latino e nel, caso di Alighieri, nel FRA-INTENDIMENTO
DEL SENSO di alcuni passi di VIRGILIO. Solamente il suo intervento riesce a
capovolgere la situazione, salvando Alighieri dalle accuse feroci del Niccoli. Come
anche risulta da un dialogo del Bruni, che di quella polemica anti-dantesca è
il documento principe, il suo intervento riusce ad assicurare la continuità,
proporzionata all'età nuova, della tradizione dantesca a Firenze. I contatti
tra Costantinopoli e Firenze sono facilitati dalla presenza, nella capitale
bizantina, di G. da Scarperia, che decide di riaccompagnare Crisolora in patria
per apprendere greco da lui stesso. La visione laica dell'umanesimo non si deve
confondere con la proposta laicista, dal punto di vista etico e antropologico.
Mantenendo sempre un'attenzione ossequiosa verso la Roma e una sincera
devozione verso le verità romana, intende nel contempo esaltare e rivendicare
la responsabilità umana al di fuori di qualsiasi determinismo meccanicista e
ponendo in valore la libertà personale del singolo (Cappelli). Abbagnano
sintetizza in modo più stringente il rapporto tra libero arbitrio e volontà
divina, affermando che il primo e conciliabile con l'infallibile ordine del
mondo stabilito dal divino. Si è
condensato, in questi due punti, l'attacco generale del mondo contro
l'umanesimo. La questione sul valore della poesia riguarda la disputa con
Giovanni di San Miniato (cfr. Epistolario, Fratri Johanni de Angelis; quella
con Dominici riguarda il valore positivo dell'umanesimo (cfr. Epistolario, Il
codice fa parte della sua biblioteca entra nelle mani del cancelliere fiorentino
igrazie alle pressioni che esercita su G. de Broaspini. Della stessa opinione
anche Francesco Novati che, in Epistolario, giunge alla stessa conclusione del
Sabbadini in quanto vi trova delle suoi postille autografe del Salutati.
L'epistola è importante perché, dopo l'elogio di Carlo per la fortunata impresa
militare della conquista del Regno di Napoli e il paragone con gl’eroi antichi,
enumera i doveri di un buon sovrano: cercare l'unità sacra; gestire con
moderazione il potere e imparare a gestire le proprie emozioni -- incipe prius
tibi quam aliis imperare; rege te ipsum, noli regendorum subditorum studium
tuimet derelinquere moderamen -- per evitare di cadere nei vizi e di essere
classificato come un tiranno. Esaltandolo alla virtù, alla temperanza e alla
giustizia, insomma tratteggia il modello del sovrano ideale, cavalleresco, formato
sull'esempio dei classici -- continua è la comparazione con gli antichi
statisti e sovrani) e timorato del divino. Le informazioni, ricavate attraverso
una minuziosissima ricerca d'archivio da parte del Novati, sono prese in ordine
sparso da; Epistolario, Tavole genealogiche ove vengono fornite indicazioni
biografiche sui nonni, genitori e figli. Per consultare le informazioni sui
fratelli del cancelliere, si consulti sempre Epistolario, Riferimenti Dionisotti. Villani. E avviato agli
studî giuridici, inameni a lui che era pierius -- così foggia il suo
patronimico: figlio di Pietro, e devoto alle pieridi, le muse. Eloquentissimo
legum doctori domino Loygio de Gianfigliaziis. Reverendo patri et domino domino
Bruni de Florentia summi pontificis secretario, domino suo, si lamenta
della sua mansione di cancelliere nella cittadina umbra. Vero è che invalse
l'uso di chiamare Cancelleria Fiorentina l'ufficio del quale era capo il
Dettatore, che aveva la particolare ingerenza di scrivere le lettere e di
trattare le faccende della politica esterna. Unum dicam, quod emerserunt et ad tante sunt
reipublice gubernacula sublimati, quos oportuit pro salute cunctorum. Dirò una
cosa, cioè che al governo di una così grande repubblica emersero e vi sono
uomini, i quali bisognò vi sono per la salvezza di tutti. E così favorevole al
governo in quanto fu uno dei pochissimi a non essere proscritto dalle cariche
istituzionali. Siena si sottomise a Visconti
in funzione anti-fiorentina, mentre il signore di Milano, duca per investitura
imperiale, si allea con Lucca e altre città umbro-marchigiane. La prima
epistola riportata dal Novati in cui S. risponde ad una missiva del Certaldese
cfr. Epistolario Facundissimo domino Iohanni Boccacci de Certaldo ma i toni
sono troppo famigliari per essere la prima epistola scambiata tra i due. Inclyte
cur vates, humili sermone locutus, de te pertransis? te vulgo mille labores
percelebrem faciunt: etas te nulla silebit. Perché, o celebre poeta, che hai
cantato nel volgare idioma, avanzi nel corso del tempo? Mille fatiche ti
rendono celebre presso il volgo: nessuna epoca tacerà sul tuo conto. Egrigio
viro Franciscolo de Brossano domini Francisci Petrarce genero, Ep. ove piange
sia la scomparsa del Petrarca, ma annuncia anche quella del Boccaccio. Fallebar
enim, et dum Franciscum fleo, dum suis laudibus intentus decantantes, novo
commento, veterum pene dimissa sententia, depingo Camenas, ecce nove lacrime
nobis merore novi funeris occurrerunt, incepti cursum operis reprimentes.
Vigesima quidem prima die decembris Boccaccius noster interiit. Infatti ero
ingannato, e mentre piango Francesco e mentre, attento alle sue lodi, adorno le
Camene con un nuovo commento, quasi tralasciata la sentenza degl’antichi, ecco
che nuove lacrime si aggiunsero a noi con il dolore di una nuova morte,
frenando il corso di un'opera che inizia. Il nostro Boccaccio spira. Tateo. Cappelli, ricorda anche che e solito mettere a
disposizione dei suoi allievi la sua stessa biblioteca personale. Pertanto, i
luoghi di incontro erano due: Santo Spirito e l'abitazione del Cancelliere. Gl’animatori
di questi incontri, il Salutati e il Marsili, l'uno nella propria casa, l'altro
nella sua cella di Santo Spirito, ricevano i nobili fiorentini, e li iniziavano
al gusto delle lettere antiche. Sabbadini riporta che l'erudito greco era già a
Firenze. Garin sintetizza, prendendo spunto dal De saeculo et religione e
dall'Epistolario, l'ideale di vita attiva propria dell'essere umano inteso come
cittadino del mondo. Terrestre è la vocazione umana. L'impegno nostro è nella
costruzione della città terrena, nella società. Insiste sul valore della
educazione. Essa insegna a ritrovare sub corticem il valore intenzionale dei
termini, smarrito nella consuetudo, penetrando l'espressione nel suo
significato intimo come direzione spirituale. Parola e cosa non possono
disgiungersi. Noli, venerabilis in Christo frater, sic austere me ab honestis
studiis revocare. Noli putare quod, cum vel in poetis vel aliis Gentilium
libris veritas queritur, in vias Domini non eatur. Omnis enim veritas a Deo
est, imo, quo rectius loquar, aliquid est Dei. Non volere, o venerabile
fratello in Cristo, allontanarmi in modo così austero da studi degni di
ammirazione. Non voler ritenere che, quando si cerca la verità o nei poeti o in
altri libri degli scrittori pagani, non si cammini lungo le vie del Signore. Ogni
verità, infatti, proviene da Dio e, per parlare fino in fondo rettamente,
alcuna cosa è propria di Dio. Nullum enim dicendi genus maius habet cum divinis
eloquiis et ipsa divinitate commertium quam eloquium poetarum. Nessun
genere letterario, infatti, ha un maggior legame con le parole divine e con la
stessa divinità quanto la parola dei poeti. Il manoscritto di Vercelli fu alla
fine portato a Firenze, ove rimane, unica copia carolingia esistente delle
Epistole di CICERONE. Gargan ritiene che la sua filologia non fu di altissima
classe. Billanovica. Fitta la corrispondenza con Seta, come testimonia la prima
lettera inviata dal cancelliere fiorentino. Insigni viri Lombardo...optimo civi
patavino, Cappelli Cesareo. Epistola Coluci Salutati florentina ad Carolum
regem Neapolitanum. Villani riporta la veemenza con cui fulmina Gian Galeazzo
con le sue lettere, riportando tra l'altro la testimonianza di E. Piccolomini cui quest'aneddoto è attribuita la
paternità. Sia la citazione che il contesto in cui fu scritto il De Tyranno
sono esposti in Canfora. In altri termini, se Cesare, pur giunto al potere in
modo tirannico o violento, seppe poi legittimare tale potere attraverso un
esercizio virtuoso di esso (ex parte exercitii) in grado di suscitare
l'approvazione popolare, la sua uccisione non fu legittima. Lo e quella di un
tiranno che esercita come tale. Per la figura di Loschi, si rimanda alla voce
biografica Viti. Canfora ipotizza l'aiuto
di Bruni nello sviluppare il paragone Firenze-Atene, in quanto non e molto esperto di quella lingua e di quella
cultura. Così rivolgendosi al cancelliere milanese A. Loschi, nella Invectiva
in Antonium Luschum, dopo aver contrapposto i guasti del regime tirannico
milanese ai vantaggi di quello libero e repubblicano di Firenze, glorifica la
sua città come "fiore d'Italia" e come esempio di vita serena e
armoniosa. Si riporta interamente il breve messaggio d'accompagnamento. Mitto
tibi munusculum istis paucis noctibus correctionis studio lucubratum. In quo si
quid proficies tu vel alii, laus sit omnium conditori Deo, cui placeat me in
tuis sanctis orationibus commendare. Vale felix et diu. S. tuus. Ti mando un
piccolo pensiero composto in queste poche notti dopo un'opera di revisione.
Attraverso questo trattato, se tu o altri ne trarrete giovamento, la lode di
tutti voi sia per lodare Dio, al quale è piaciuto che io mi affidi alle tue
sante orazioni. Sta felice a lungo. Il tuo Coluccio. Nel De Nobilitate ribade,
attraverso un discorso più ampio e articolato, la distinzione della medicina, designate
come arte meccanica, ossia tecnica, dalla giurisprudenza, considerata scienza
della vita spirituale e quindi superiore all'altra. La legge e veramente un
sigillo divino, con cui dopo il primo peccato Dio ha offerto alle comunità degl’uomini
la vita per riconquistare il bene. Ispirate dal divino agli uomini, inscritte
nell'anima umana, la legge ha un'altra superiorità, rispetto alla legge
meccanica naturale. La legge inter-soggetiva puo essere conosciuta nella sua
pienezza integrale, con una certezza che non si trova mai nella scienze della
natura. Si riporta, come testimonianza, quanto scritto nell'epistolario in cui
annuncia a B. Imola il suo Progetto. Sed ut ad Franciscum nostrum redeam,
opusculum metricum de ipsius funere iam incepi. Ma per ritornare al nostro
Francesco, inizio a stendere un opuscolo metrico sulla cerimonia funeraria
dello stesso. Antiche Filippo Villani, Le vite d'uomini illustri fiorentini,
Mazzuchelli, Venezia, Pasquali, Moderne; Abbagnano, “La filosofia del
Rinascimento” in Abbagnano, Storia della filosofia, Milano, TEA); Billanovich,
Gl’inizi della fortuna di Petrarca” (Roma, Storia e Letteratura); Bischoff, “Paleografia
latina. Antichità e Medioevo, Stefano Zamponi, Padova, Antenore, Bosisio, Il
Basso Medioevo, in Curato, Storia Universale,
Novara, Istituto geografico De Agostini, Branca, Boccaccio: profilo biografico,
Firenze, Sansoni, Campana, Lettera del cardinale padovano (Bartolomeo Uliari). Canfora,
Prima di Machiavelli. Politica e cultura in età umanistica, Roma, Laterza, Cappelli,
“L'Umanesimo italiano da Petrarca a Valla” (Roma, Carocci); Cesareo, “L'Epistolario
ed il carteggio con Francesco Petrarca come esempio di latino umanistico: una
ricerca filologico-letteraria, G. Contini, Letteratura italiana delle origini”
(Firenze, Sansoni); Carrara, Lino Coluccio di Piero, in Enciclopedia
Italiana, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, Rosa, Dizionario biografico degli italiani, Roma,
Istituto dell' Enciclopedia Italiana, Chines, Forni, G. Ledda, Dalle Origini al
Cinquecento, in Ezio Raimondi, La letteratura italiana” (Milano, Mondadori); Dionisotti,
Enciclopedia Dantesca, Roma, Istituto dell' Enciclopedia Italiana, Luciano
Gargan, Gli umanisti e la biblioteca pubblica, in Guglielmo Cavallo, Le
biblioteche, Bari, Laterza, Eugenio Garin, L'umanesimo italiano, Roma-Bari,
Laterza,Martelli, Schede per S. in Interpres, Demetrio Marzi, La cancelleria
della repubblica fiorentina, Rocca San Casciano, Cappelli, Nuzzo, Coluccio Salutati. Epistole di Stato.
Primo contributo all’edizione: Epistole in Letteratura Italiana Antica, Manlio
Pastore Stocchi, Pagine di storia dell'Umanesimo, Milano, Angeli; Petoletti, “Boccaccio
e i classici latini” in Teresa De Robertis, C. Monti, Marco Petoletti et alii,
Boccaccio autore e copista, Firenze, Mandragora, Petrarca, Lettere Senili, Fracassetti,
Firenze, Le Monnier, S., Epistolario,
Novati, Roma, Forzani e C. tipografi del Senato, Si sono consultati:
Epistolario,. Epistolario, Epistolario, Epistolario, Epistolario, Sabbadini, “Le
scoperte dei codici latini”, Firenze, G.C. Sansoni, Achille Tartaro e Francesco
Tateo, Il Quattrocento. L'età dell'umanesimo, in Muscetta, La letteratura
italiana, Bari, Laterza, Si sono presi in considerazione: Tateo, La cultura
umanistica e i suoi centri, Wilkins, Vita di Petrarca, Rossi e Ceserani,
Milano, Feltrinelli, Life of Petrarch,
Chicago; Vasoli, Le filosofie del Rinascimento, Pissavino, Milano, Mondadori, Viti,
Loschi, Antonio, in Dizionario Biografico degl’italiani, Roma, Istituto della
Enciclopedia italiana, Palazzo Salutati Petrarca Boccaccio Umanesimo Repubblica
di Bruni. Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, Cirillo, “Il
tiranno in S., umanista,” Biblioteca dei Classici italiani di Bonghi. Lino
Coluccio Salutati. Coluccio Salutati. Salutati. Keywords: i duodici fatiche
d’Ercole, gl’antichi, la legge non-naturale, la legge naturale, della buona
fortuna, libero arbitrio, la vita sociale, la con-vivenza, Bruto e Cassio
nell’inferno, la morte di Cesare, l’assassinio di Cesare, tirano, la libertas
fiorentina, stato fiorentino, la repubblica fiorentina, la fiore d’Italia,
Boccaccio, Petrarca, Aligheri, I primi umanisti, l’umanesimo laico, basato
contro il determinismo ecclesiastico, la biblioteca di Salutati, Livio,
Cicerone, autori latini, la lingua Latina, difesa della lingua Latina,
l’interpretazione di Virgilio da Aligheri, difesa della filosofia pagana, il
valore permanente della filosofia degl’antichi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Salutati” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Salutio: il divino ed i divini – l’ordine el mondo -- Roma –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo
italiano. A close fiend of Giuliano. He is offered the emperorship on
Giuliano’s death, but he declines on account of his ‘rather poor health.’ He leads
an active political life and is regarded as morally incorruptible. Known to
have been well-versed in philosophy, he is the author of ‘On the gods and the
world order’ – which some however attribute to Salustio. The treatise is,
unsurprisingly, dedicated to Giuliano. Those who argue that it us not written
by Salutio claim it is the work of one contemporary of Giuliano, a Flavio
Salustio. Accademia. Saturnino
Secondo Salutio.
Grice e Salviano: il portico – Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Roma). Filosofo italiano. He moves
from Rome to what is now known as The Galliae – and writes a ‘saggio’ in which
he tries to explain why there is so much suffering in that area of the world.
He takes an approach that is not only philosophical – along the lines of the
Porch – but historical as well.
Grice e Sanctis: lo stile filosofico
– filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). Filosofo
Italiano. Essential philosopher. He considers philosophy as a branch of the
belles lettres and his field of expertise is when stylists stop using an
artificial Roman, and turned to ‘Italian.’ Grice: “I really do not like de
Sanctis; when an author becomes philosophical, he says that he has been
infested of the philosophical pest!” -- Refs.: Luigi Speranza, "Grice e de
Sanctis," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa
Grice, Liguria, Italia. Sanctis. Keywords: storia della filosofia, il saggio
filosofico, il poema filosofico, il tema filosofico. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Sanctis” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Sanseverino: il segno naturale -- la
logica scolastica -- filosofia italiana –
Luigi Speranza (Napoli). Filosofo
italiano. Considerato uno fra i massimi precursori del neo-tomismo (AQUINO, si
veda). Si trasfere a Nola per frequentare la scuola dove suo zio è rettore. Studia
filosofia con l'intento di confrontare i vari sistemi filosofici, fra cui gode
particolare credito in Italia, all'epoca, quello razionalista. Lo studio
comparato dei vari sistemi gli permite una conoscenza più approfondita della scolastica,
soprattutto d’AQUINO, e del legame intimo tra la scolastica e la [atristica. Restaura
la filosofia scolastica. Insegna a Napoli. Venne incaricato da Ferdinando II di
preparare un manuale ufficiale per le scuole del regno delle due Sicilie. Scrive
allo scopo il manuale "I principali sistemi della filosofia del criterio”.
Profondo conoscitore di AQUINO da alle stampe interessanti saggi sui filosofi
moderni. Inizia ad occuparsi più specificamente di AQUINO con “L’origine del
potere e il diritto di resistenza, cui fa seguito “In difesa dell'angeologia
contro i sofismi”. Esce il ponderoso “I principali sistemi della filosofia del
criterio” un'ampia e dottissima disquisizione sulla filosofia illuminista e su
quella a lui contemporanea -- fra cui quella dello stesso GIOBERTI -- confutata
sulla base della logica. Il suo capolavoro. Si tratta del celebre saggio, “Philosophia
antiqua” che ha per oggetto la storia della logica. “In compendium redacta ad
usum scholarum clericalium. Venne pubblicata a Napoli “Elementa”, “Antropologia”,
“Teologia. Altre saggi: “Sopra alcune
questioni le più importanti della filosofia” (Napoli); “Il razionalismo”
(Napoli); “I razionalisti” (Napoli); “L'origine del potere e il diritto di
resistenza, (Napoli, Giannini); “In difesa dell'angeologia contro i sofismi”
(Napoli, Manfredi); “Elementa philosophiae theoreticae” (Napoli, Manfredi); “Philosophia
antiqua” (Napoli, Manfredi); “Institutiones seu Elementa philosophiae antiquae”
(Napoli, Manfredi); “In compendium redacta ad usum scholarum” (Napoli,
Manfredi); “Le dottrine de' filosofi antichi” (Napoli); Dovere, Tentativo di
ricostruzione, in Doctor communis, P. Naddeo, Le origini del aquinismo” (Società
italiana, Torino); Orlando, Aquino a Napoli e S., in Asprenas, Orlando, Vita e
opere di S. secondo i documenti, in Aquinas, Orlando, L'Accademia d’Aquino a
Napoli, storia e filosofia, in Saggi sulla rinascita d’Aquino, Roma, Ed. Pontificia
Accademia teologica romana, Matarazzo, Per una rivoluzione del cuore. La
visione dell'umano in Leopardi nella lettura critica di S. tra antropologia e
istanze pastorali (Polidoro, Napoli). Dizionario biografico degl’italiani,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Gaetano Sanseverino. Sanseverino. Keywords:
segno naturale, Boezio, Aquino. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Sanseverino” –
The Swimming-Pool Library.
Grice e Santilli – dal soggettivo
all’inter-soggettivo – filosofia italiana – Luigi Speranza (Sant’Elia Fiume Rapido). Filosofo italiano. Segue
il corso liceale presso la Scuola di Murro a Napoli. Discepolo di GALLUPPI, e
amico -- fra gli’altri – di SETTEMBRINI, FIORELLI, e SANCTIS. Si laurea in
filosofia. Apre una scuola di diritto morale e costituzionale. Fervente
giobertiano – GIOBERTI (si veda) , e attivo propugnatore, nei circoli culturali
napoletani, di un'Italia federate. A frequenti rapporti epistolari con MAMIANI,
GIZZI, e COUSIN. Quest'ultimo lo introduce nel giro culturale del socialismo
utopistico ma modula il suo socialismo secondo i propri valori umanitari,
rifiutando la logica della lotta di classe. Ha comunque a scrivere che nel
regno di Napoli occorre una savia distribuzione della ricchezza. Presidente
della società dantesca (ALIGHERI – si veda) -- e prolifico filosofo. Fonda "L'Enciclopedico"
in cui vivacemente sostene che occorreva occuparsi della piaga della povertà. La
nazione italiana vuole pane e lo dimanda incessantemente, lo chiede nel pianto
dell'indigenza, tra le sciagure della desolazione, lo chiede non a titolo di
preghiera, ma diritto necessario, assoluto. Il popolo italiano non capisce la
speculativa astrazione di alcune verità filosofica, non sa i titoli di libertà,
di costituzione, di uguaglianza. Una riforma che dimentica affatto la fisica
prosperità del popolo italiano non è che riforma di solo nome. “Le idee" e
testo di studio nelle scuole di Toscana; "Sul realizzamento del
pensiero"; "Sviluppo filosofico dell'autorità"; "Cenno
psicologico sull'attività dello spirito"; "Individuo e Società";
"Princìpi dell'imanità razionale"; "Il socialismo in
economia" e "Lavoro, industria e capitale". Si batté
politicamente per l'ottenimento della Costituzione da parte di re Ferdinando II.
Malvisto e considerato individuo pericoloso dalla polizia e ucciso a
baionettate da soldati che fanno irruzione nella sua abitazione in Largo Monte-Oliveto,
accanto a Palazzo Gravina. Venne ucciso a seguito della delazione di una donna,
che lo indica come il predicatore alla soldataglia. Lo ricordano due epigrafi:
una sulla facciata della sua casa natia e una sulla facciata della sua palazzina
in Largo Monteoliveto. Di lui scriveno SANCTIS, PEPE, SETTEMBRINI, VANNUCCI,
MASSARI, GROSSI, GUZZARDELLA, e MANDALARI -- che volle raccogliere i suoi saggi
in "Memorie e Saggi” (Roma). Peruta. “Il Giornalismo Italiano del
Risorgimento”; Ghiron, Peruta, “Storia del quindici maggio in Napoli; Settembrini
"Memorie e saggi”; Mandalari, Memorie, Roma. Guzzardella, “Martire del
Risorgimento” Milano, Ghiron, Il valore italiano, Tip. nazionale degli editori
Ghione e Lovesio, Peruta, Il Giornalismo Italiano del Risorgimento, Angeli, Mambro,
in Sant'Elia Fiume Rapido, il Sannio, Casinum e dintorni Roccasecca, Settembrini,
Ricordanze della mia vita, Morano. Angelo Santilli. Santilli. Keywords: dal
soggettivo all’inter-soggetivo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Santilli” – The
Swimming-Pool Library.
Grice e Santorio: il pendolo di Santorio -- filosofia
italiana – Luigi Speranza (Capodistria).
Filosofo italiano. Padre della fisiologia sperimentale. Il primo a comprendere
l'importanza dell'esperimento e dell'adozione dei parametri quantitativi per valutare
i quali inventa alcuni dispositivi tra cui il termometro e il tachimetro. Studia
sperimentalmente la struttura della materia, di cui descrisse la struttura
corpusculare e meccanica, anticipando le ricerche di GALILEI. Studia a Padova.
A Venezia fa amicizia con SARPI, SAGREDO e GALILEI. Adatta il pendolo alla pratica,
precedendo gli esperimenti condotti da Galilei con i pendoli. Poniere
nell'impiego delle misurazioni fisiche in medicina; il suo dispositivo più
famoso fu una grande bilancia usata per studiare l'equilibrio omeostatico e le
trasformazioni metaboliche Tra i soggetti che si prestarono alla
sperimentazione vi fu anche GALILEI. Insegna a Padova. Pubblica descrizioni di
congegni termo-metrici e di precisione che divennero di largo uso nella pratica
medica. Pioniere nell'impiego delle misurazioni fisiche. Il suo dispositivo più
famoso fu una grande bilancia – la stadera medica -- usata per studiare le
trasformazioni meta-boliche in soggetti sperimentali tra i quali vi fu lo
stesso GALILEI. Pioniere nell'uso del metodo sperimentale di cui comprese
l'importanza e la necessità replicando i suoi esperimentil Considerato a torto
il fondatore della iatro-meccanica, ne e uttavia ispiratore con i suoi
importanti studi sul meta-bolismo e sulla termo-regolazione umana. È il primo a
quantificare la perspiratio insensibilis e ad usare il termometro clinico che
egli stesso idea. S. inventa anche altri
strumenti – il pulsilogio, l’igrometro, il "letto artificioso", l’"eolopila
medica", ed il "termometro lunare" -- intesi a tradurre in
numero e determinare con esattezza matematica i para-metri vitali umani. I suoi
saggi hanno numerose edizioni, diffusione europea e ampia popolarità. Classico
il “De statica medica” -- uno dei saggi più importanti della storia della
fisiologia; “Methodi vitandorum errorum omnium qui in arte medica contingunt
liNunc primum ccessit eiusdem authoris De inventione remediorum liber (Aubert);
“Ars de statica” (Leida, Haro); “Commentaria in artem Galeni”; “Nova pulsuum
praxis morborum omnium diagnosim prognosim et medendi aegrotis rationem statuens,
sine eorum relatione”; “Commentaria in primam fen primi libri canonis
Auicennae”; “Commentaria in primam sectionem aphorismorum Hippocratis”; “Societate
si politica”. Galilei -- Storia della Scienza di Firenze. Castiglioni, “Storia
della Medicina” (Mondadori, Milano); Pazzini, “Storia della Medicina” (Libraria,
Milano); Premuda, “Storia della Medicina” (Milani, Padova); Premuda, “Storia
della fisiologia” (Del Bianco, Udine). Treccani Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Santorio Santorio. Santorio.
Keywords: il pendolo, il pulsi-logio, l’igro-metro, l’eolo-pila. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Santorio” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Santucci: idealismo – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma).
Grice e Sanzo: natura ed artificio – la
filosofia lizia -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo. Insegna a Brindisi, Milano, e Salento.
Fonda “Apollo Licio” o Lizio. Sube il fascino dell’esistenzialismo e il orazionalismo.
Rivolve la propria attenzione ai rapporti tra filosofia, scienza e società. Si
occupa di filosofi quali Becquerel, Boutruox, Corbino, Couturate Curie, Enriques,
Fermi, Frola, GEYMONAT, PEANO, VAILATI. Sui fondamenti della geometria” (Brescia, La Scuola, Collana "Il Pensiero");
“L’artificio della lingua, -- Grice: “I like that: it’s my Gricese, a language
I invent and which makes me the master; there’s the arbitrary and there’s the
artificial, and Sanzo, reconstructing Peano’s project, fails to distinguish
this” -- Milano, Angeli, Collana di Epistemologia, Cimino; Sava, Il nucleo
filosofico della scienza, Galatina, Congedo, Collana di Filosofia, Scritti di fisica-matematica,
Torino, POMBA, I Classici della Scienza, Poincaré e i filosofi” (Lecce, Milella);
Corbino, Scienza e società, Saggi raccolti e commentati, Manduria, Barbieri,
Collana di Filosofia Hermes/Hestia, Scritti di fisica-matematica” (Milano,
Mondadori, "I Classici del pensiero", Unione Tipografico, Torino,
Scientia, Rivista di sintesi scientifica, “Apollo Licio”, Museo Galilei,
Firenze. Ubaldo Sanzo. Sanzo. Keywords: apollo licio, trovato al ginnasio liceo
di Atene, figgurante il dio in atto di riposo dopo un gran sforzo. natura ed
artificio, l’artificio della lingua, convenzionalismo, filosofia della lingua. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Sanzo” – The
Swimming-Pool Library.
Grice e Sarapione: il portico romano – Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Roma). Filosofo italiano. A
philosopher of the Porch imprisoned by the Romans, Grice: “for no other reason
than the Romans deeply detesting the Porch!" Sarapione
Grice e Sarlo: idealismo -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). De Sarlo.
Grice e Sarno: sentire – filosofia italiana –
Luigi Speranza (Napoli). Filosofo
italiano. Interprete di BRUNO e CAMPANELLA. Collabora al “Giornale critico
della filosofia italiana” con saggi su BRUNO, CAMPANELLA, e VICO. Medita sulla
violenza. Si suicida con un colpo di rivoltella. Si interessa a BRUNO e CAMPANELLA.
Il suo punto di partenza è l’opposizione tra un sentimento sempre identico a se
stesso, essenzialmente interiore -- sensus sui -- ed un sentire esteriore, che
si tramuta nelle cose di cui ha esperienza, che si presta e si dona tutt’intero
alle cose, affinché esse vivano in lui. Atre saggi: Pensiero e poesia (Laterza,
Bari); Filosofia poetica (Laterza, Bari); Filosofia del sentire (Pescara,
Tracce); Sulla violenza (Bari, Laterza); M. Perniola, “L’enigma” (Costa, Genova); A. Marroni, Filosofo del farsi altro.
Angelo, L'estetica italiana” (Laterza, Bari); Marroni, La passione per il
presente in “Filosofie dell'intensità. un maestro occulto della filosofia
italiana” (Mimesis, Milano); Marroni, "I carmina in foliis volitantia"
in Agalma, Giornale Critico di Filosofia Italiana. Antonio Sarno. Sarno.
Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Sarno” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Sarpi: la meta-fisica del
fenice, o l’arte del bien conversar -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Venezia). Filosofo Italiano. Very
important Italian philosopher. Definito
d’Acquapendente come oracolo, autore della celebre Istoria del Concilio
tridentino, subito messa all'indice. Fermo oppositore del centralismo
monarchico di Roma, difendendo le prerogative della repubblica veneziana,
colpita dall'interdetto emanato da Paolo V. Rifiuta di presentarsi di fronte
all'inquisizione romana che intende processarlo e sube un grave attentato che
si sospetta sta organizzato dalla curia romana, "agnosco stilum Curiae
romanae", che nega tuttavia ogni responsabilità. L'infanzia e una
ritiratezza in sé medesimo, un sembiante sempre penseroso, e più tosto
malinconico che serio, un silenzio quasi continuato anco co' coetanei, una
quiete totale, senza alcun di quei giuochi, a' quali pare che la natura stessa
ineschi i fanciulli, acciò che col moto corroborino la complessione: cosa
notabile che mai fosse veduto in alcuno. Poi, così serve in tutta la sua vita,
et all'occasioni dice non poter capir il gusto e trattenimento di chi giuoca,
se non fosse affetto d'avarizia. Un'alienazione da ogni gusto, nissuna avidità
de' cibi, de' quali si nutre così poco, che restava meraviglia come stasse vivo.
Nell'anno in cui proseguivano le sedute del Concilio di Trento, Carlo V e in
guerra con i prìncipi protestanti tedeschi e il Parlamento inglese adotta un
Libro di preghiere d'ispirazione luterana. Figlio di Francesco di Pietro S., di
famiglia di lontane origini friulane -- precisamente di San Vito al Tagliamento
-- e mercante a Venezia eppure, scrive Micanzio, per la sua indole violenta più
dedito all'armi ch'alla mercatura. La madre, veneziana, d'aspetto umile e mite
e Isabella Morelli. Rimasta vedova, fu accolta con il suo figlio e l'altra
figlia Elisabetta nella casa del fratello A. Morelli, prete della collegiata di
Sant'Ermagora. Con lo zio, uomo d'antica severità di costumi, molto
erudito nelle lettere d'umanità addottrinando nella grammatica e retorica molti
fanciulli della nobiltà, fa i primi studi, imparando presto e con facilità. A
dodici anni, nell’anno dell'istituzione, dopo la chiusura del Concilio,
dell'Indice dei libri proibititra i tanti, vi finirono il Talmud e il Corano,
il De Monarchia di Dante e le opere di Rabelais, Folengo, TELESIO, MACHIAVELLI,
ed Erasmo, passa alla scuola di Capella, dell'Ordine dei Servi di Maria,
seguace delle dottrine di Scoto. Capella gli insegna logica, filosofia e
teologia, finché il ragazzo fece così rapidi progressi che il maestro istesso
confessa non aver più che insegnargli. Con altri maestri veneziani apprese la
matematica, la lingua greca e l'ebraica. Con la familiarità e co' studii
entra Panco in desiderio di ricevere l'abito de' servi, o perché gli paresse
vita conforme alla sua inclinazione ritirata e contemplativa, o perché vi fosse
allettato dal suo maestro, malgrado l'opposizione della madre e dello zio che
lo voleva prete nella sua chiesa, entra nel monastero veneziano dei servi di
Maria. Continua ancora a studiare con il Capella, rimanendo alieno dalle
distrazioni proprie della sua età finché in occasione della riunione a Mantova
del capitolo generale dell'Ordine servita,
mandato in quella città «ad onorar il congresso e far vedere che
gl'ordini non sono oziosi, ma spendono il tempo in sante e lodevoli operazioni,
difendendo 318 delle più difficili proposizioni della filosofia naturale. Il
qual carico con che felicità lo sostenesse e con che giubilo e stupore di
quella venerabile corona, si può dall'evento argomentare. Essersi così distinto
agli valse la nomina a teologo da parte del duca di Mantova. Prencipe di
grandissimo ingegno, così profondamente erudito nello scienze, che
difficilmente si discerne qual fosse maggiore, o la prudenza di governare, o
l'erudizione di tutte le scienze et arti, sino nella musica, mentre il Boldrino
gli affida la cattedra. Stabilito nel convento di San Barnaba, perfeziona la
conoscenza della lingua ebraica e inizia, col puntiglio consueto, ad applicarsi
agli studi storici. E certo a motivo di quest'interesse che a Mantova
frequenta Olivo, già segretario di Gonzaga, cardinale e legato pontificio nelle
ultime sessioni del concilio di Trento, la cui caduta in disgrazia presso Pio
IV coinvolse anche l'Olivo che fu dagl’inquisitori molto travagliato, col
tenerlo longamente in carcere dopo la morte del cardinale suo signore, ma che
ora, dopo la morte del pontefice, vive privatamente in Mantova. Il gusto
principale che riceva in conversare con lui e perché lo trovava d'una
moderazione singolare, erudito, e che, per esser stato col cardinale a Trento, ha
gran maneggio in quelle azioni e sa tutte le particolarità de' negozii più
secreti, et ha anco molte memorie, nell'intendere le quali riceve molto piacere.
Sono gli anni in cui in Italia continua con vigore la repressione
inquisitoriale di Pio V. P. CARNESECCHI venne decapitato. Gl’brei sono espulsi
dallo stato pontificio tranne che da Roma e da Ancona, nei ghetti delle quali
vennero costretti a risiederee. E impiccato l'umanista A. Paleario. Il papa
scomunica Elisabetta d'Inghilterra, oorganizzò la Lega contro i turchi, ottenendo
la vittoria navale di Lepanto e a Parigi, a migliaia di ugonotti sono
massacrati. Fa la sua professione, entrando ufficialmente nell'Ordine servita.
Anche di lui l'Inquisizione si occupa seguito della denuncia di un confratello che
lo accusa di sostenere che dal primo capitolo del Genesi non si può ricavare
l'articolo di fede della trinità. Ma, poiché effettivamente di trinità divina
non vi è traccia nel vecchio testamento, l'inquisizione gli diede ragione,
archiviando il caso. Dopo aver ricevuto nel convento mantovano il titolo
di baccelliere, e invitato a Milano da Borromeo il quale, dopo aver ottenuto
dalle autorità contro la volontà del Senato, il riconoscimento del tribunale e
della polizia diocesana, avvia un processo di riforma del clero. Ottenne di
essere trasferito nel convento dell'Ordine servita di Venezia, dove e
incaricato dell'insegnamento della FILOSOFIA e continua i suoi studi
scientifici. Nella grande epidemia di peste, che imperversa a Venezia, facendo 50.000 vittime tra le quali Tiziano frimase
immune dal contagio. Dopo essersi addottorato a Padova, e nominato reggente del
convento di Venezia e priore della provincia veneta. Durante il Capitolo a
Parma, nel quale venne rieletto priore G. Tavanti, tenne una dissertazione di
fronte ai cardinali protettori dell'Ordine, Farnese e Santori. Uno dei tre
saggi, insieme con Franco e Giani, incaricati di preparare una riforma della
regola. Il carico suo speziale e d'accommodare quella parte che tocca i sacri
canoni, le riforme del concilio di Trento, allora nuove, e la forma de'
giudizii quella parte tutta ove si tratta de' giudizii accommodatamente allo
stato claustrale. Lascia in questo carico in Roma fama di gran sapere e di
molta prudenza, non solo nelle corti de' due cardinali suddetti, co' quali, per
ordine contenuto in un breve apostolico di Gregorio XIII, conviene conferire ogni
legge che si fa, ma anco e necessario molte volte trattar col pontefice
medesimo. Sbrigato da quale peso ritorna al suo governo. Si tenne a Bologna il
nuovo Capitolo dell'Ordine servita e viene eletto procuratore generale, la
suprema dignità di quell'ordine dopo il generale il carico porta seco di
difender in Roma tutte le liti e controversie che vengono promosse in tutta la
religione. Dove pertanto trasferirsi a Roma dove conobbe e prende strettissima
familiarità col padre Bellarmino poi cardinale, e dura l'amicizia sin al fine
della vita, grazie al quale forse puo prendere visione di diversa
documentazione relativa alle istruzioni date ai legati pontifici durante il
Concilio di Trento. Conosce anche il dottor Navarro, teologo difensore
dell'arcivescovo di Toledo, B. Carranza, accusato di eresia, il gesuita
Bobadilla e il cardinale Castagna, poi Urbano VII. Ha occasione di passare a
Napoli per presiedere Capitoli e conversare con quel famoso ingegno Porta, il
quale, anco nelle sue opere mandate in luce, fa onorata menzione del padre
Paolo come di non ordinario personaggio. Scaduto il periodo di carica a
procuratore generale dell'Ordine servita, ritorna a Venezia, frequentandovi i
circoli intellettuali che si riunivano nella bottega di Sechini e nella casa
del nobile veneziano A. Morosini, dove conobbe anche BRUNO. A Padova frequenta
la casa di Pinelli, il ricetto delle muse e l'academia di tutte le virtù in
quei tempi, dove iincontrare Galileo e Bruno, il quale s'intrattenne a Padova
più di tre mesi, poco prima di essere arrestato a Venezia. Si dove
scegliere il generale dell'Ordine servita, e fra i due principali candidati,
Baglioni e Dardano, si espresse a favore del primo. Il rancore spinse Dardano a
denunciarlo al Sant'Uffizio, accusandolo di negare efficacia allo Spirito
Santo, di avere rapporti sospetti con ebrei e allegando una lettera che fgli scrive
da Roma, nella quale sono contenute alcune parole in discredito della corte,
come che in quella si viene alle dignità con male arti, e di tenerne esso poco
conto, anzi abominarla. Senza nemmeno essere chiamato a Roma per discolparsi, e
subito prosciolto da ogni accusa. Ma il cardinale di Santa Severina, G.
Santori, protettore dell'Ordine e capo del S. Uffizio, mostrò però implacabile
indignazione autilizzando tutta la sua autorità per escludere gli amici dalli
gradi et onori con maniere così strane e fini così bassi, ch'io non ardisco
poner i casi che mi sono stati dati in nota, perché troppo gran scandalo
arrecherebbono al mondo. Continua i suoi studi mentre non cessano le rivalità
nell'Ordine servita, del quale venne eletto priore, Montorsoli, che morì tre anni dopo,
succedendogli così, Dardano, accanito avversario del S.. Questi, deciso a
uscire dall'Ordine per sottrarsi all'inimicizia dalla quale si sentiva
circondato, cerca di ottenere un vescovato, prima a Caorle e poi a Nona, in
Dalmazia, che però gli vengono rifiutati a causa delle negative informazioni
che di lui il Dardano e Gagliardi, preposito della casa veneziana dei gesuiti,
diedero al papa. Esse ssente mormorare alle volte che egli con alcuni facci una
scoletta piena d'errori. Non solo: nel Capitolo, Dardano l’accusa di portare una berretta in
capo contra una forma che sino sotto Gregorio XIV disse esser proscritta; che
portasse le pianelle incavate alla francese, allegando falsamente esserci
decreto contrario, con privazioni divote; che nel fine della messa non recita lo
Salve Regina. E assolto anche da queste accuse. La Repubblica veneziana,
stretta a nord dall'Impero, in Italia dalla prevalenza spagnola e papale, in
Oriente dalla potenza turca, e ormai avviata a quel lungo declino politico ed
economico che a la sua sanzione. Alla prudente politica dei patrizi, rasseglla
compromissione con l'Impero e il papato, si sostituì quella degli innovatori, i
cosiddetti «Giovani», decisi a sottrarre la Serenissima all'invadenza
ecclesiastica nell'interno e a rilanciarne le fortune commerciali
nell'Adriatico, compromesse dal controllo dei porti esercitato dallo Stato
pontificio e dalle azioni degli Uscocchi, i pirati cristiani croati appoggiati
dall'Impero. Iil Senato veneziano proibì la fondazione di ospedali gestiti
da ecclesiastici, di monasteri, chiese e altri luoghi di culto senza
autorizzazione preventiva della Signoria. Un'altra legge proibiva l'alienazione
di beni immobili dai laici agli ecclesiastici, già proprietari, pur essendo
solo un centesimo della popolazione, di quasi la metà dei beni fondiari della
Repubblica, e limita le competenze del foro ecclesiastico, prevedendo il
deferimento ai tribunali civili degli ecclesiastici responsabili di reati di
particolare gravità. Avvenne che il canonico vicentino S. Saraceno, colpevole
di molestie a una nobile parente, e l'aristocratico abate di Nervesa, Brandolini,
reo di omicidi e di stupri, sono incarcerati. Paolo V emana due brevi
richiedenti l'abrogazione delle due leggi e la consegna al nunzio pontificio
dei due ecclesiastici, affinché secondo il diritto canonico fossero giudicati da
un tribunale ecclesiastico. Il nuovo doge Donà fece esaminare i due brevi
da giuristi e teologi, fra i quali S., affinché trovassero modo di
controbattere alle richieste della Santa Sede. Venne nominato teologo canonista
proprio S. e lo stesso giorno il suo scritto: Consiglio in difesa di due
ordinazioni della Serenissima Repubblica, venne inviato al Papa. Difese le
ragioni della Repubblica con numerosi saggi. Sono di questi mesi la scrittura
sopra la forza e validità delle scomuniche, il consiglio sul giudicar le colpe
di persone ecclesiastiche, la scrittura intorno all'appellazione al concilio,
la scrittura sull'alienazione dei beni laici agli ecclesiastici e altri ancora,
poi raccolti nella sua successiva “Istoria dell'interdetto”. In quell saggio è
contenuta anche un saggio sulla validità della scomunica, attaccato da
BELLARMINO, al quale rispose allora con l'Apologia per le opposizioni do Bellarmino. Mentre
Micanziosuo inizia a collaborare dopo che Paolo V scomunica il consiglio
veneziano e fulminato con l'interdetto lo Ssato veneto, pubblica il protesto
del monitorio del pontefice, nel quale il breve papale Superioribus mensibus è
definito nullo e di nessun valore, mentre impede la pubblicazione della bolla
pontificia. Obbedendo alle disposizioni del papa, i gesuiti rifiutano di
celebrare le messe a Venezia e la Repubblica reage espellendoli insieme con
cappuccini e teatini. Parteno la sera alle doi di notte, ciascuno con un Cristo
al collo, per mostrare che Cristo parte con loro. Concorse moltitudine di
populo e quando il preposto, che ultimo entra in barca, dimanda la benedizione
al vicario patriarcale si leva una voce in tutto il populo, che in lingua
veneziana grida loro dicendo "Andé in malora!". A Roma si spera che
l'interdetto provocasse una sollevazione contro i governanti veneziani ma i gesuiti
scacciati, li cappuccini e teatini licenziati, nissun altro ordine parteno, li
divini uffizi sono celebrati secondo il consueto il senato e unitissimo nelle
deliberazioni e le città e populi si conservano quietissimi nell'obbedienza. Venezia
era alleata, in funzione anti-spagnola, con la Francia, ed era in buoni
rapporti con l'Inghilterra e con la Turchia. Fingendosi veneziani, soldati
spagnoli, per provocare la rottura delle relazioni turco-veneziane, sbarcano
Durazzo, saccheggiandola, ma la provocazione e facilmente scoperta e i turchi
offreno a Venezia l'appoggio della loro flotta contro il papa. L'Inquisizione l’intima
di presentarsi a Roma per giustificare le molte cose temerarie, calunniose,
scandalose, sediziose, scismatiche, erronee ed eretiche contenute nei suoi saggi
ma naturalmente si rifiuta. Invano il papa che scomunica Sarpi e Micanziosi
dichiara favorevole a portare guerra a Venezia. La sua unica alleata, la
Spagna, minacciata da Francia, Inghilterra e Turchia, non puo sostenerla in
quest'impresa e si giunse così alle trattative diplomatiche, favorite dalla
mediazione del cardinale Joyeuse. Venezia rilascia i due ecclesiastici
incarcerati e ritira il suo protesto al papa in cambio della revoca
dell'interdetto, mentre le leggi promulgate dal Senato veneziano restarono in
vigore e i gesuiti non possono rientrare nella Repubblica. Riceve Schoppe,
molto intimo dei segreti affari della curia romana, il quale gli confide che il
papa, come gran prencipe, ha longhe le mani, e che per tenersi da lui
gravemente offeso non puo succedergli se non male, e che se sino a quell'ora
avesse voluto farlo ammazzare, non gli mancavano mezzi. Ma che il pensiero del
papa e averlo vivo nelle mani e farlo levare sin a Venezia e condurlo a Roma,
offerendosi egli, quando volesse, di trattare la sua riconciliazione, e con
qual onore avesse saputo desiderare. Asserendo d'aver in carico anco molte
trattazioni co' prencipi alemanni protestanti e la loro conversione». Schoppe,
ambiguo provocatore, intende convincerlo a mettersi nelle mani dell'inquisizione come
miglior partito che puo prendere, tanto parvero strane le due proposte di far
ammazzare o prender vivo il padre. I disegni omicidi sono reali. Circa le 23
ore, ritornando al suo convento di San Marco a Santa Fosca, nel calare la parte
del ponte verso le fondamenta, e assaltato da V assassini, parte facendo scorta
e parte l'essecuzione, e resta l'innocente
ferito di tre stilettate, due nel collo et una nella faccia, ch'entrava
all'orecchia destra et usciva per apunto a quella vallicella ch'è tra il naso e
la destra guancia, non avendo potuto l'assassino cavar fuori lo stillo per aver
passato l'osso, il quale restò piantato e molto storto. I sicari, fuggendo,
trovano rifugio nella casa del nunzio pontificio e la sera s'imbarcano per
Ravenna, da dove proseguirono per Ancona e di qui raggiunsero Roma. Si
conoscono i loro nomi: l'esecutore materiale dell'attentato e Poma, già
mercante veneziano, poi trasferitosi a Napoli e di qui a Roma, dove divenne
intimo del cardinale segretario di Stato S. Caffarelli-Borghese e dello stesso
Paolo V. E co-adiuvato da tre uomini d'arme, tali A. Parrasio, Giovanni da
Firenze e Bitonto, mentre «a spia, o guida e Viti, solito offiziare in S. Trinità
di Venezia, che non lascia dubitare quanti mesi precedessero questo bel effetto
prima che fosse mandato alla luce. Poi che Viti la quadragesima antecedente,
sotto specie d'aver gusto delle predicazioni del padre maestro Fulgenzio, anda ogni
mattina in convento de' servi alla porta del pulpito, che risponde alla parte
di dentro, e cortesemente tratta con lui, ricercandolo anco di qualche dubbio
di coscienza. E continua di poi sempre a salutarlo et anco andar in convento a visitarlo,
parlandogli sempre di cose spettanti all'anima. Il pugnale non ha tuttavia leso
organi vitali e riusce a sopravvivere. Il chirurgo Acquapendente, che l'opera,
dice di non aver mai medicato una ferita più strana, rispondendo allora con la
famosa espressione. Eppure il mondo vuole che sia data stilo Romanae Curiae. Le
conseguenze furono la rottura della mascella e vistose cicatrici nel volto. Il
Senato, dichiarandolo persona di prestante dottrina, di gran valore e virtù gli
concede una casa in piazza San Marco ove possa risiedere con il Micanzio e
altri frati, e una sovvenzione affinché possa acquistare una barca e provvedere
alla sua sicurezza personale. Rifiuta la casa ma si servì da allora di una
barca che gli evita si pericolosi tragitti a piedi per le calli veneziane. Poco
più di un anno dopo, e sventato un secondo attentato, ordito, sembra su mandato
di Margotti, d’Antonio da Viterbo, i quali, fatta una copia della chiave della sua
camera vuoleno secretamente introdurre nel monasterio due o più sicarii e la
notte trucidare l'innocente. Inizia a corrispondere con personalità soprattutto
di fede calvinista o gallicana. Fra questi ultimi, Leschassier e Gillot, che
pubblica gli Actes du concile de Trente, dimostrando le pressioni papali sui
vescovi riuniti a concilio, e fra gli altri l'italiano Castrino, i francesi Villiers, Casaubon,
Thou, Mornay, i tedeschi Achatius e Dohna. Attraverso il dialogo diretto con
gli intellettuali acquiesce quella
straordinaria ampiezza di orizzonti e di interessi, quella solida conoscenza
dei problemi dello stato che gli permite di arricchire la sua cultura storica,
giuridica e scientifica e lo conduce a incidere sulla sua posizione filosofica,
ad approfondirne la crisi, risolvendola poi con l'accoglimento di nuove
prospettive e di nuove idealità; spalancandogli un mondo nuovo, che gli fac sentire
più soffocante, più viziata, la vita italiana. Incontra a Venezia Bedell, che
rifere di lui e del Micanzio come essi sono completamente dalla nostra parte
nella sostanza della religione e, Dohna inviato da Cristiano I di
Anhalt-Bernburg, e Diodati, per valutare la possibilità di introdurre a Venezia
la Riforma. La traduzione in lingua italiana del nuovo testamento, viene
diffusa a Venezia proprio in questo periodo. Altre polemiche suscitano, le
prediche quaresimali di Micanzio che vengono interpretate a Roma come un
attacco alla fede cattolica. -- è anche preoccupato per la tregua stipulata tra
la Spagna e i Paesi Bassi, perché vede in essa un indebolimento di questi
ultimi che, o prima o dopo, resteranno sopraffatti dalle arti spagnole, mentre
gli spagnoli ne potrebbero trarre beneficio anche in vista del loro dominio in
Italia. Spera in un'alleanza generale di Francia, Inghilterra, principi
protestanti, Paesi Bassi, Savoia e Venezia che portasse alla guerra contro
l'Impero cattolico ispano-tedesco e cancellasse il dominio papale e spagnolo in
Italia. Se sarà guerra in Italia, va bene per la religione; e questo Roma teme.
L’inquisizione cessa e l'Evangelio ha corso. E ha bene anche per le libertà
civili di Venezia: qui, anche se il giogo ecclesiastico è assai più mite che
nel rimanente d'Italia, in quella parte nondimeno che tocca la stampa è
l'istesso appunto che negli altri luoghi. Nessuna cosa si può stampare se non
veduta e approvata dall'Inquisizione. Dove si ragiona di alcun papa, non
permettono che si dica alcuna di disonore, se bene vera e notoria. Non
permettono che alcuno separato dalla Chiesa romana sia lodato di qualsivoglia
virtù, né nominato se non con vituperio. Secondo la versione ufficiale, sebbene
sfinito, volle alzarsi per il mattutino, come al solito, e celebrare la Messa. Fatto
chiamare il priore del convento, lo prega che lo raccomandasse alle preghiere
dei confratelli e che gli portasse il Viatico. Gli consegna tutte le cose
concesse a suo uso. Si fa vestire, si confessa e passò il resto del mattino
facendosi leggere da fra Fulgenzio e da Fra Marco i Salmi e la Passione di
Cristo narrata dagli Evangelisti. Gli e quindi amministrato dal priore, alla
presenza della Comunità, il Viatico. E visitato dal medico che gli dice che ha
poche ore di vita. Sorridendo, rispose: Sia benedetto Dio. A me piace ciò che a
Lui piace. Col suo aiuto faremo bene anche quest'ultima azione -- quella di
morire. E udito ripetere più volte, con soddisfazione: Orsù, andiamo dove Dio
ci chiama. Secondo alcuni le sue ultime parole sarebbero state. Esto perpetua,
riferendosi a Venezia (v. Bianchi-Giovini, Esistono tuttavia altre versioni
della sua morte che lo fanno apparire più vicino al culto
protestante. Figura assai complessa di filosofo, occupa indubbiamente un
posto di primo piano nella storia della filosofia italiana. Fu uno dei più
grandi filosofi. La sua prosa è una delle più maschie ed efficaci di tutta la filosofia
nostra, che non conosce lenocini né fronzoli, che scolpisce le figure con raro
risalto, che ha un magnifico potere ri-evocatore allorché descrive dispute e
contrasti, ch'è impareggiabile nel sarcasmo, tutto contenuto in un'unica
espressione, tre o quattro parole. G. Papini, parlando della Istoria del
Concilio di Trento, la define un modello di lucidità narrative e di prosa
semplice, esatta e rapida. Lascia orme indelebili nella filosofia, nella
matematica, nell'ottica, nell'astronomia, nella medicina ecc. Galilei e suo
grande amico, e non disdegna di appellarlo: Mio Maestro. Dinanzi al primo
avvertimento a Galilei, lui, che non visse abbastanza a lungo per assistere
alla condanna scrive. Verrà il giorno, e ne sono quasi certo, che gl’uomini, da
studi resi migliori, deploreranno la disgrazia di Galileo e l'ingiustizia resa
a sì grande uomo. Scopre la dilatabilità della pupilla sotto l'azione della
luce e le valvole delle vene. I suoi biografi parlano anche di scoperte nel
campo dell'anatomia, dell'ottica, ecc. L'invenzione del telescopio dice
Bianchi-Giovini il Galilei la dovette per certo ai lumi somministratigli da lui,
se pure questi non ne fu il primo inventore, come pensano alcuni. Sopra la sua
sapienza matematica si cita l'autorevole giudizio di Galilei. Galilei non esita
a dire della ‘fenice’: del quale posso senza iperbole alcuna affermare che
niuno l'avanza in Italia in cognizione di queste scienze matematiche contro
alle calunnie ed imposture diCapra, in ediz. naz., Firenze, La teoria di GALILEI
delle maree, successivamente dimostratasi erronea, riprende le sue idee, esposte
nei Pensieri naturali, metafisici e matematici. Porta, dopo aver dichiarato di
avere appreso alcune cose da lui, lo proclama splendore ed ornamento non solo
della città di Venezia e dell'Italia, ma di tutto il mondo. (Magia naturalis). Passionei gli define dottissimo oltre ogni
espressione. In uno studio il cui intento era quello di misurare il Q.I. di 300
personaggi famosi. si posiziona al quinto posto, al pari del più noto
matematico Pascal. Alla grande intelligenza unì anchecome riconosciutagli da
tuttiun'esemplare integrità di vita.
Jemolo, dopo essersi rivolto varie domande intorno alla sua ortodossia,
da questa risposta. Gli elementi ci mancano per una risposta perentoria: noi
non possiamo dissipare l'alone di mistero che lo circonda. Questo non
c'impedisce di ammirare l'uomo e l'opera. Fondamentalmente lo scontro con la
Curia romana e legato ad un progetto politico volto a contenere il potere di
Roma in ambito esclusivamente spirituale e a pro-muovere un'alleanza tra
Venezia e la Francia in un'ottica anti-imperiale. Per questo intrattenne
contatti con i riformati. Inoltre la sua visione di Roma e un vago ritorno
verso la chiesa primitive. Egli quindi e indotto a condannare il potere
temporale, il processo di mondanizzazione del clero, la superiorità del papa sul
Concilio. Stringe amicizia con Dominis, arcivescovo di Spalato, che tende all'apostasia.
La sua Istoria del Concilio Tridentino costituisce il suo capolavoro storico ed
offre la prima imponente ricostruzione del Concilio di Trento. L’opera e ondannata
dalla Congregazione dell'Indice e quindi posta all'Indice dei libri proibiti. Sono
intercettate dal nunzio pontificio a Parigi Ubaldini compromettenti carteggi di
lui con l'ambasciatore veneziano Foscarini e con l'ugonotto Castrino; carteggi
ben presto inviati a Roma per essere messi a disposizione del Sant'Uffizio, ma
anche da utilizzare per far ammettere una buona volta al governo veneziano
quanto da tempo da Roma si viene denunciando, che lui che si proclamava più
cattolico del Papa e come tale difeso ufficialmente dai responsabili politici
veneziani. Altri non era che un protestante, al servizio delle forze ereticali
europee. Dunque infedele e ipocrita. Una taccia di ipocrisia che non da tregua
alla sua figura lungo i secoli, come stanno a provare innumerevoli esempi, da Aleandro,
che ricevuta da Peiresc la sua Istoria dell'Interdetto appena edita risponde
all'illustre erudito francese con fare perentorio che lui e nero ministro
del diavolo che si dice esser padre delle menzogna, se ben egli veramente non
credeva né nel diavolo né in Dio, al
prelato friulano G. Fontanini con la sua velenosa Storia arcana della sua vita a
Passionei, che crede di avere le carte per dimostrare che l'idea del furfante e
di introdurre il calvinismo in Venezia, come ancora ricorda A. Mercati. Un
parere analogo si trova anche nella recente Storia della Chiesa di Hertling e
Bulla, dove viene definite un ipocrita che fino all'ultimo fa la parte del
religioso, sebbene nel suo intimo si fosse da tempo allontanato dalla Chiesa. Saggi:
“Trattato dell'interdetto di Paolo V nel quale si dimostra che non è
legittimamente pubblicato”; “Apologia per le opposizioni fatte da Bellarmino ai
trattati et risolutioni di G. Gersone sopra la validità delle scomuniche; Considerationi
sopra le censure della santità di Paolo V contra la Serenissima Repubblica di Venezia,
Istoria del Concilio Tridentino, Il
trattato dell'immunità delle chiese (De iure asylorum), Discorso dell'origine,
forma, leggi ed uso dell'Uffizio dell'Inquisizione nella città e dominio di
Venezia, Trattato delle materie beneficiarie, Opinione di Servita, come debba
governarsi la Repubblica Veneziana per havere il perpetuo dominio, Venezia, La
storiografia recente attribuisce lo scritto al patriziato veneziano medesimo. Scritti
giurisdizionalistici, Istoria del Concilio Tridentino (Geneua, Aubert); Pagnoni
Editore, Milano, Gambarin, Scrittori d'Italia, Bari, Laterza, G. Gambarin, IScrittori
d'Italia, Bari, Laterza, Gambarin, Scrittori d'Italia Bari, Laterza, Istoria
del Concilio Tridentino, testo critico di Giovanni Gambarin, introduzione di Pecchioli,
Collana Biblioteca, Sansoni, Firenze, Lettere a Simone Contarini ambasciatore
veneto in Roma, pubblicate dagli autografi, Monumenti storici pubblicati dalla
R. Deputazione veneta di storia patria. Miscellanea, Venezia, Fratelli
Visentini, Pagine scelte, Arturo Carlo Jemolo, Vallecchi, Firenze, Lettere ai
protestanti, Scrittori d'Italia, 1, Bari, Laterza, Lettere ai protestanti, Scrittori d'Italia, Bari,
Laterza, Antologia degli scritti politici e storici. Roffarè, MILANI, Padova, “Istoria
dell'Interdetto e altri scritti editi e inedita” (Scrittori d'Italia Bari,
Laterza); Amerio, “Scritti filosofici e teologici” (Scrittori d'Italia, Bari,
Laterza); “Pensieri naturali, metafisici e matematici. anoscritto dell'iride e
del calore; Arte di ben pensare, Pensieri medico-morali, Pensieri sulla
religione, Fabula e Massime e altri scritti. Edizione integrale commentate, L.
Sosio, Ricciardi, Milano-Napoli, Scritti giurisdizionalistici” (Scrittori
d'Italia, Bari, Laterza); “Lettere ai Gallicani, B/ Ulianich, Wiesbaden, F.
Steiner, La Repubblica di Venezia la
casa d'Austria e gli Uscocchi, Bari, Laterza, Scritti scelti: Istoria
dell'Interdetto, Consulti, Lettere, Pozzo, Collezione di Classici Italiani, POMBA,
Torino); Storici, Politici, e Moralisti, G. Cozzi, Collana La Letteratura
Italiana. Storia e Testi, Milano-Napoli,
Ricciardi, Istoria del Concilio Tridentino seguita dalla Vita, Corrado Vivanti,
Collana NUE Einaudi, Torino, Collana Piccola Biblioteca. Einaudi, Torino, “Pensieri”
Gaetano e Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Torino, “Considerazioni sopra le
censure di Paolo V contro la Repubblica di Venezia e altri scritti
sull'Interdetto”, G. Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Einaudi, Torino, “Lettere
a Gallicani e Protestanti, Relazione dello Stato della Relazione, Trattato
delle Materie Beneficiarie. Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Einaudi, Torino,
Gli ultimi consulti. G. Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Einaudi, Torino, Dai
Consulti, il carteggio con l'ambasciatore inglese Carleston. Cozzi, Collana
Classici Ricciardi, Einaudi, Torino, Dal Trattato di pace et accomodamento e
altri scritti sulla pace d'Italia. Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Einaudi,
Torino, Consulti, Corrado Pin, Pisa, Poligrafici, Letteratura e vita civile.
Collana I Classici del Pensiero Italiano; Della potestà de' prencipi; Collana I
Giorni, Marsilio, Venezia, Scritti filosofici inedita, tratti da un manoscritto
della Marciana”; Papini, Collana Cultura dell'anima, R. Carabba, Lanciano, Manoscritti
Consulti: in Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Fondo manoscritti, Ceretti,
Cinque pugnali non bastano a troncare la sua parola, in Historia, Touring club
italiano, F. Micanzio, Vita, in «Istoria
del Concilio tridentino, Torino F. Micanzio. Scrive tra l'altro nella lettera. E
che volete ch'io speri in Roma, ove li soli ruffiani, cenedi et altri ministri
di piaceri o di guadagni hanno ventura? I cenedi sono gl’uomini che si prostituiscono.
Micanzio, cit. G, Cozzi, Sarpi, F. Micanzio, Istoria dell'interdetto e altri
scritti editi e inediti, F. Micanzio, dove stilo può significare sia stile che
stiletto Ivi Cozzi, Lettere a Groslot de l'Isle, in
«Lettere ai protestanti», Lettera a Francesco Castrino, Lettere ai protestanti,
Citato in C. Rizza, Peiresc e l'Italia, Torino, Giappichelli, Pin, Senza
maschera: l'avvio della lotta politica dopo l'Interdetto; L. Hertling e A.
Bulla, Storia della seconda Roma La penetrazione dello spazio umano ad opera
del cristianesimo” (Città Nuova, Borgna Romain, Lucien, Micanzio, Vita, dell'ordine de' Servi e theologo della
serenissima republ. di Venetia, Leida, in “Istoria del Concilio tridentino” (Torino,
Einaudi); Griselini, “Memorie anedote spettanti alla vita ed agli studj del
sommo filosofo e giureconsulto” (Losanna, Bousquet); Griselini, “Del suo genio
in ogni facolta scientifica e nelle dottrine ortodosse tendenti alla difesa
dell'originario diritto de' sovrani né loro rispettivi dominj ad intento che
colle leggi dell'ordine vi rifiorisca la pubblica prosperita” (Venezia,
Basaglia); Zerletti, “Storia arcana della vita servita da Fontanini in partibus e documenti relative (Venezia);
“Cassani, Le scienze matematiche naturali” (Venezia; Bianchi-Giovini, Basilea, Morghen,
Getto, Firenze, Olschki; Gliozzi Relazioni scientifiche con Porta, Cozzi, Tra
Venezia e l'Europa” (Collana Piccola Biblioteca, Torino, Einaudi); Frajese, “Scettico.
Stato e Chiesa a Venezia, Bologna, Il Mulino); Cacciavillani, I consulti sulla
Vangadizza, Padova, MILANI, Cacciavillani, Venezia, Fiore, Cacciavillani, S.. La guerre delle scritture de la nascita
della nuova Europa, Venezia, Fiore, Cacciavillani, S. giurista, Padova, Pin, Ri-pensando
S., Venezia, Ateneo veneto, Concilio di Trento, Micanzio. Dizionario di storia,
Dizionario biografico degl’italiani. Paolo
Sarpi. Sarpi. Keywords: l’arte del bien pensar, Locke, impression, reflection,
metaphysics, Bibioteca Marciana, pensieri, pensiero, logica, bien pensare,
galilei, hobbes, metodo, sensismo, il fenice di Venezia, scritti filosofici
inedita. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Sarpi” – peri il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
Grice e Sasso: da Crotone a Velia – la potenza
e il atto in Gentile – Gentile megarico -- Lucrezio e Machiavelli – allegoria e
simbolo in Vico -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo. Studia a Roma. Si laurea sotto ANTONI e CHABOD con Machiavelli.
Studia con CARABELLESE, RUGGIERO, SCARAVELLI, NARDI, PETTAZZONI, SAPEGNO,
GABETTI, PERROTTA, E SANCTIS. Insegna ad Urbino e Roma. Studia l’idealismo
italiano (CROCE) e MACHIAVELLI. Si occupa di ontologia, ALIGHERI, Platone,
Polibio, LUCREZIO, GUICCIARDINI, Shakespeare e Mann. Presidente della
"Fondazione GENTILE", Lincei. Altri saggi: “Machiavelli e Borgia.
Storia di un giudizio” (Roma, Ateneo); “Machiavelli” (Napoli, Morano); “La storia
della filosofia” (Bari, Laterza); “La ricerca della dialettica” (Napoli, Morano);
“Lucrezio: progresso e morte” (Bologna, Mulino); “L'illusione della dialettica”
(Roma, Ateneo); “Guicciardini” (Istituto Storico Italiano per il Medio Evo,
Roma); “Essere e negazione, Napoli, Morano); “Machiavelli e gl’antichi” (Milano,
Ricciardi); “Tramonto di un mito: l'idea di progresso” (Bologna, Mulino); Per
invigilare me stesso. I Taccuini di lavoro di Croce, Bologna, Mulino); “L'essere
e le differenze nel "Sofista” (Bologna, Il Mulino); “Variazioni sulla
storia di una rivista italiana: "La Cultura"; Mulino); “Machiavelli,
Bologna, Il Mulino, Comprende: Il pensiero politico, Napoli, IISS, Bologna,
Mulino, Premio Viareggio di Saggistica, La storiografia. La fedeltà e
l'esperimento, Scarpelli, Trincia e Visentin interrogano S. (Bologna, Mulino); Filosofia
e idealismo, Napoli, Bibliopolis, Comprende: Croce, Gentile, Ruggiero,
Calogero, Scaravelli, Paralipomeni, Secondi paralipomeni, Ultimi paralipomeni, Tempo,
evento, divenire” (Bologna, Il Mulino); “Gentile: La potenza e l'atto” (Firenze,
La Nuova Italia); Le due Italie di Gentile, Bologna, Il Mulino); “La verità,
l'opinione, Bologna, Il Mulino, Martino fra religione e filosofia, Napoli, Bibliopolis);
Il guardiano della storiografia. Profilo di Chabod (Bologna, Il Mulino [Napoli,
Guida, del Profilo di Chabod, Bari, Laterza); Dante. L'imperatore e Aristotele,
Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo); Fondamento e giudizio. Un
duplice tramonto?, Napoli, Bibliopolis); Il principio, le cose, Torino, Aragno,
Delio Cantimori. Filosofia e
storiografia, Pisa, Edizioni della Scuola Normale Superiore); “Dante, Guido e
Francesca, Roma, Viella); “Le autobiografie di Dante, Napoli, Bibliopolis, Discorsi
di Palazzo Filomarino, raccolti da Herling, premessa di Irti, Napoli, IISS, Il
logo, la morte, Napoli, Bibliopolis); “Ulisse e il desiderio. Il canto XXVI
dell'Inferno, Roma, Viella); “La voce dei ricordi, Napoli, Bibliopolis); “Decadenza”
(Roma, Viella); “Machiavelli: I corrotti e gli inetti” (Milano, Bompiani);
“Allegoria e simbolo” (Torino, Aragno); “La lingua, la Bibbia, la storia. Su
"De vulgari eloquentia" (Roma, Viella); Su Machiavelli. Ultimi
scritti, Roma, Carocci, Croce. “Storia d'Italia” Napoli, Bibliopolis, La 'Storia d'Italia' di Croce. Napoli, Bibliopolis. "Forti cose a pensar
mettere in versi". Studi su Dante, Torino, Aragno, Purgatorio e Anti-purgatorio.
Un'indagine dantesca, Roma, Viella,. Croce e le letterature, Napoli,
Bibliopolis, Biografia e storia. Saggi e variazioni, Roma, Viella,. Mulino Riviste
La Cultura, su mulino. Premio letterario Viareggio-Rèpaci, Croce. Dibattito, Il
Cannocchiale, Arnaldi, Calabrò, Jannazzo, S., Stella, F. Valentini, Visentin. Arnaldi,
S.: uno specialista di più specialità, in Id., Conoscenza storica e mestiere di
storico, il Mulino, IISS-Napoli, A. Bellocci, Verità e doxa: la questione dello
sguardo e della relazione ne Il logo, la morte; Bellocci, Laicismo della
verità, della doxa e tolleranza; Leussein, Bellocci, L'impossibilità della
differenza e i paradossi dell'identità; Archivio di filosofia, Bellocci, Il
problema della 'non' relazione ne Il principio, le cose, Giornale critico della
filosofia italiana, Bellocci, La verità, l'opinione. Lo ''specchio'' della
verità e l'eterna opinione metafisica, Filosofia italiana, R. Berutti, Annotazioni critiche sull’essere ovvero
sul non essere essere del discorso che lo concerne. Il problema dell'ontologia,,
Pólemos, Capati, Paragone. Letteratura, Cardenas,
L'auto-noema. Il giudizio tra attualismo e neo-eleatismo, Filosofia italiana, Cesa, “S. interprete di Gentile”, Archivio di
storia della cultura, Vicentiis, Storiografia e pensiero politico nelle
"Istorie fiorentine" di Machiavelli: Bullettino dell'Istituto Storico
Italiano per il Medio Evo, F. Fronterotta, L'essere e le differenze. In margine
al Sofista, Novecento, Herling Reale, Storia, filosofia e letteratura. Studi in
onore Bibliopolis, Napoli, G. Inglese,
Machiavelli: una storia del suo pensiero politico, Bullettino dell'Istituto
Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano, Enciclopedia
machiavelliana, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, Roma, Enciclopedia
filosofica (a cura del Centro Studi Filosofici di Gallarate), Milano, Maschietti,
Dire l'incontrovertibile. Intorno all'analisi filosofica, Giornale di
filosofia, Mignini, Essere e negazione. Giornale critico della filosofia
italiana, Crisi e critica" dello storicismo. Filosofia e storiografia, Novecento,
Filosofia e storia della filosofia, Filosofia italiana, Parise, Sulla
relazione. Critica della metafisica, L. Passerino Editore, Gaeta. Parise,
Figure della scissione. A proposito di Allegoria e simbolo, filosofia, Parise, L’aporia del nulla, Filosofia
italiana, Perazzoli, Il concetto di laicità. in G. Perazzoli, Miligi, Laicità e
filosofia, Mimesis, Milano Udine, Pietroforte, Problema del nulla e principio
di non contraddizione. Intorno a "Essere e negazione" Novecento, Salina, Neoparmenidismo e teorie della verità,
Filosofia italiana, F. Scarpelli, Nulla, anamnesi, riflessivita (Il Cannocchiale,
Tessitore, interprete di Croce, in Id., La ricerca dello storicismo. Mulino, IISS-Napoli,
Vander, Critica della filosofia italiana
contemporanea. Dialettica e ontologia: i termini di una contrapposizione,
Marietti, Genova; Visentin, Tempo e giudizio. La Cultura, Visentin,
Sull'identità e sull'essenza del laicismo italiano. A proposito del "Le
due Italie di Gentile", Giornale critico della filosofia italiana, Visentin,
Il parmenidismo (VELIA). Considerazioni intorno alla verità, l'opinione', in
Id., Il neo-parmenidismo italiano. Dal neoidealismo al neoparmenidismo, Bibliopolis,
Napoli, Visentin, Aletheia e doxa oltre
Parmenide, in Id., Onto-Logica: sull'essere e il senso della verità, Bibliopolis,
Napoi, Zanetti, Critiche al divenire. Filosofia italiana, X S. Zurletti, Lo
specchio di Perseo, Chaos Kosmos, Vico e il simbolo», «Atti dell’Accademia
Nazionale dei Lincei. Memorie della Classe di Scienze morali, storiche e
filologiche», costituzione mista, Croce, Dante, Discorsi sopra la prima deca di
Livio, eternità del mondo, Sanctis, Lucrezio in Machiavelli, in Enciclopedia
machiavelliana, Sasso, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani, Roma Dalla
concordia discors alla polemica: filosofia e psicologia di una vicenda,
Ripensando la Storia d'Europa, Ripensando la Storia d'Italia, in Croce e
Gentile, la cultura italiana e europea, Ciliberto. Gennaro Sasso. Sasso.
Keywords: Potenza ed atto in Gentile – Lucrezio in Macchiavelli, Lucrezio, simbolo
ed allegoria in Vico, la scuola di Velia, veliati, veliani, parmenide, scuola
di Crotone. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Sasso” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Saturnino: il probabile – Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza. (Roma). Filosofo
Italiano. Seguace di Sesto Empirico, della scesi pirroniana e medico, non si
ricordano sue dottrine particolari, ma si può supporre che accettasse quelle
fondamentali del maestro che, negando la possibilità di una scienza razionale
che pretendesse di cogliere le cause nascoste delle cose, ammette la
legittimità d’arti -- prima fra esse la medicina -- che si limitano a
constatare empiricamente coincidenze e successioni di fenomeni per fondare
così previsioni probabili per il futuro. Diogene Laerzio dice che è
soprannominato Kuthenas o Cythenas. La parola è incomprensibile, ma forse
indica un’origine greca. Given that Sesto teaches at Rome, we may assume Cythenas, albeit his
esoteric name, is a Roman! Luigi
Speranza, “Grice e Saturnino,” per il gruppo di gioco di H. P. Grice, The
Swmming-Pool Library, Villa Speranza.
Grice e Saufeio: l’orto romano -- Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Praeneste). Filosofo italiano. He comes
from a rich and privileged family. He is
a close friend of Tito POMPONIO (si
veda) detto l’Attico, who intervenes to save his property from confiscation. S.
us elsewhere at the time, idly studying the doctrines of the Garden. Lucio Saufeio. Luigi Speranza, “Grice e
Saufeio,” per il grupo di gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library,
Villa Speranza.
Grice e Sava: il dovere ed i doveri – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Belpasso). Filosofo. Enciclopedia Popolare
Italiana. Saggi:“Sui pregi”, “Doveri dei medici”, A. Prezzavento. Roberto Sava.
Sava. Keywords. Refs.: dovere, i doveri – pregi. Luigi Speranza, “Grice e Sava”
– The Swimming-Pool Library.
Grice e Scala: il gusto per l’antico -- filosofia
italiana – filosofia siciliana – Luigi Speranza (Noto). Filosofo italiano. Membro di la commissione creata
da Gregorio XIII per la riforma del calendario. Insegna a Padova. Saggi: “L'Efemeridi
di S. Siciliano, per anni dodici, le quali cominciano dall'anno di Christo
nostro Sig. e finiscono nel fine di
dicembre dell'anno. Alle quali sono aggiunti i canoni, ò introduttioni
dell'efemeridi, ridotto all'uso delle presenti efemeridi (Venezia, Giunti); Ephemerides
Iosephi S. Siculi Noetini ad annos duodecim, incipientes ab anno Domini. Vnà
cum introductionibus ephemeridum ab eodem d. Iosepho S., ad vsum suarum,
restitutis” (Venezia, Giunta). Col suo nome è oggi chiamato il Gruppo Astrofili
di Noto Santi Correnti, Quello che la
Sicilia ha dato all'Italia. Biografia degli uomini illustri di Sicilia ornata
de' loro rispettivi ritratti, Napoli, Corrado Spataro, L'astronomo netino e la
nuova scienza. Calendario gregoriano. Giuseppe Scala. Scala. Keywords:
calendario gregoriano. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Scala” – The
Swimming-Pool Library.
Grice e Scalea: il gusto per l’antico –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Morano Calabro). Filosofo italiano. Studia sotto CALOPRESE. Divulga il
razionalismo, difende alcuni colleghi, anche loro seguaci di Cartesio, ed ha un'accesa
polemica con DORIA su Spinoza. Saggi: “Della filosofia degl’antichi” (Mosca,
Napoli); “De origine mali”; “De bono”; Dizionario di filosofia, riferimenti in Mirto,
Calabria letteraria, Lomonaco, Vita, e studj scritta da lui medesimo in una
Lettera (Melangolo, Genova). Treccani Dizionario biografico degl’italiani,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Principe di Scalea, marchese di Misuraca e
barone di Morano. Francesco Maria Spinelli, principe di Scalea, Scalea. Keywords:
bonum, ‘il bono’ the good, filosofia degl’antichi, vico, doria, la filosofia
degl’antichi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Scalea” – The Swimming-Pool
Library.
Grice e Scalfari: l’implicatura di Teseo – Roma
fascista -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Civitavecchia). Filosofo italiano. Considerato, anche dai suoi
avversari, uno dei più grandi filosofi italiani. Professore, contribuì, con
altri, a fondare il settimanale “L’Espresso” ed è fondatore del quotidiano “La
Repubblica.” I campi principali dell'analisi di S. sono l'economia e la
politica. La sua ispirazione politica è socialista liberale, azionista e
radicale. Punti forti dei suoi articoli recenti sono la laicità, la questione
morale, la filosofia. Frequenta il liceo Mamiani di Roma -- è a Sanremo
(dove la famiglia, di origini calabresi, si era trasferita temporaneamente,
essendo il padre direttore artistico del casinò) che completa gli studi
liceali, al liceo classico Cassini, avendo come compagno di banco CALVINO. Sentimentalmente
legato a S. Rossetti, già segretaria di redazione de L'Espresso (e poi di
Repubblica), che sposerà dopo la scomparsa della moglie Simonetta. -- è
ateo. Tra le suoi esperienze c'è “Roma Fascista” -- organo del Gruppo
Fascista. Collabora con riviste e periodici legati al fascismo, come “Nuovo Occidente”.
Nominato caporedattore di “Roma Fascista”, pubblica una serie di corsivi sulla
prima pagina in cui lancia generiche accuse verso speculazioni da parte di
gerarchi del Partito Nazionale Fascista sulla costruzione dell'EUR. Questi saggi
portarono alla sua espulsione dai GUF. Di fronte al gerarca, intenzionato a
perseguire gli speculatori, aveva ammesso come i suoi corsivi fossero basati su
voci generiche. Si l’accusa poi di essere un imboscato, e lo prese
materialmente per il ero strappandogli le mostrine dalla divisa del
partito. Dopo la fine della seconda guerra mondiale entra in contatto con
il Partito Liberale Italiano. Diventa collaboratore a Il Mondo e L'Europeo, di PANNUNZIO
e BENEDETTI. Licenziato dalla BNL per una serie di articoli sulla Federconsorzi
non graditi alla direzione. Partecipa all'atto di fondazione del Partito
Radicale. Nello stesso anno nasce il settimanale L'Espresso: è direttore
amministrativo e scrive articoli di economia. Somma la carica di
direttore responsabile de L'Espresso a quella di direttore amministrativo. Il
settimanale arriva in cinque anni a superare il milione di copie vendute. Il
successo giornalistico si fuse con il piglio imprenditoriale, dato che continuò a gestire anche la parte
organizzativa e amministrativa. Pubblica insieme l'inchiesta sul SIFAR che fa conoscere il
tentativo di colpo di stato chiamato piano Solo. Lorenzo li querela e i due
giornalisti vengono condannati rispettivamente a 15 e a 14 mesi di reclusione,
malgrado la richiesta di assoluzione fatta da V. Occorsio, che era riuscito a
leggere gli incartamenti integrali prima che il governo ponesse il segreto di
Stato. Lui e Jannuzzi evitano il carcere grazie all'immunità parlamentare
loro offerta dal Partito Socialista Italiano: alle elezioni politiche viene
eletto deputato, come indipendente, nelle liste del PSI, segreteria Mancini,
mentre Jannuzzi diviene senatore. Eletto sia nella circoscrizione di Torino che
in quella di Milano, opta per la seconda e aderisce al gruppo del PSI. Resta deputato.
Dopo la candidatura al Parlamento, aveva lasciato la direzione de
L'Espresso. Sottoscrive la lettera aperta a L'Espresso contro il
commissario Calabresi. Nel, dopo 45 anni, ammette che "quella firma era
stata un errore. In quegli anni critica accanitamente le manovre di
Cefis, prima presidente dell'ENI e poi di Montedison, appoggiando spesso chi
gli si opponeva; tra questi vi fu Sindona nel suo scontro con Mediobanca per il
controllo di Bastogi. Soprattutto contro Cefis è indirizzato il celebre
libro-inchiesta pubblicato da Scalfari e da Turani, Razza padrona.
Fondazione e direzione de la Repubblica. Dopo aver già tentato inutilmente di
varare un quotidiano insieme a Montanelli, che aveva respinto la proposta
definendola piuttosto azzardata, fonda il quotidiano la Repubblica, che debutta
nelle edicole il 14 gennaio di quell'anno. L'operazione, attuata con il Gruppo
L'Espresso e la Mondadori, apre una nuova pagina del giornalismo. Il quotidiano
romano, sotto la sua direzione, compie in pochissimi anni una scalata
imponente, diventando per lungo tempo il principale giornale italiano per
tiratura. L'assetto proprietario registra negli anni ottanta
consolidamenti della posizione dello stesso S. e l'ingresso di Benedetti,
nonché un vano tentativo di acquisizione da parte di Berlusconi in occasione della
scalata del titolo Mondadori Editore, finito con il lodo Mondadori, resosi
necessario a causa del fatto che (come accertato dalla magistratura in seguito)
Berlusconi, a capo della Fininvest, aveva corrotto uno dei tre giudici per
averelusione, malgrado la richiesta di assoluzione fatta da Occorsio, che era
riuscito a leggere gli incartamenti integrali prima che il governo ponesse il
segreto di stato. S. e Jannuzzi evitano il carcere grazie all'immunità
parlamentare loro offerta dal Partito Socialista : alle elezioni politiche S.
viene eletto deputato, come indipendente, nelle liste del PSI, segreteria
Mancini, mentre Jannuzzi diviene senatore. Stato eletto sia nella
circoscrizione di Torino che in quella di Milano, opta per la seconda e
aderisce al gruppo del PSI. Resta deputato. Dopo la candidatura al Parlamento,
aveva lasciato la direzione de L'Espresso. Sottoscrive la lettera aperta a
L'Espresso contro il commissario Calabresi. Ammette che "quella firma era
stata un errore". In quegli anni critica accanitamente le manovre di
Cefis, prima presidente dell'ENI e poi di Montedison, appoggiando spesso chi
gli si opponeva; tra questi vi fu Sindona nel suo scontro con Mediobanca per il
controllo di Bastogi. Soprattutto contro Cefis è indirizzato il celebre
libro-inchiesta pubblicato da S. e da Turani, “Razza padrona”. Fondazione e
direzione de la Repubblica. Dopo aver già tentato inutilmente di varare un
quotidiano insieme a Montanelli, che aveva respinto la proposta definendola
piuttosto azzardata, Scalfari fonda il quotidiano la Repubblica, che debutta
nelle edicole. L'operazione, attuata con il Gruppo L'Espresso e la
Mondadori apre una nuova pagina del
giornalismo italiano. Il quotidiano romano, sotto la sua direzione, compie in
pochissimi anni una scalata imponente, diventando per lungo tempo il principale
giornale italiano per tiratura. L'assetto proprietario registra negli
anni ottanta consolidamenti della posizione dello stesso S. e l'ingresso di
Benedetti, nonché un vano tentativo di acquisizione da parte di Berlusconi in
occasione della "scalata" del titolo Mondadori, finito con il
"lodo Mondadori", resosi necessario a causa del fatto che (come
accertato dalla magistratura in seguito) Berlusconi, a capo della Fininvest, aveva
corrotto uno dei tre giudici per avereun pronunciamento favorevole nella
disputa con Benedetti per il controllo della Mondadori: tale accordo fu
fortemente voluto daAndreotti, grazie all'intermediazione di Ciarrapico. Sotto
la guida di S. "Repubblica" apre il filone investigativo sul caso
Enimont, che dopo due anni verrà in buona parte confermato dall'inchiesta di
"Mani pulite". Contro Craxi, a differenza che con Spadolini e
Mita, S. s'era speso sin dall'inizio del decennio precedente, considerandolo
l'archetipo della questione morale contro cui si scagliava l'anima della
sinistra rappresentata da Berlinguer. Di questi invece elogiò lo
"strappo" con l'Unione Sovietica in occasione del golpe polacco, pur
restando essenzialmente estraneo alla tradizione comunista e rimanendo su
posizioni legate all'intellettualità laica e alla tecnocrazia. In tal senso
vanno lette alcune sue importanti iniziative, tutte sostenute per il tramite di
"Repubblica": sponsorizza il "governo del Presidente",
candidandovi il governatore della Banca d'Italia Ciampi; indica al presidente
Scalfaro il commissario PSI a Milano Amato come viatico per la sua scelta a
premier. Apprezza Rossi come commissario delle aziende travolte nel turbine di
Tangentopoli. incomincia, dapprima in solitaria, la sua ventennale battaglia
contro Berlusconi. Sconfitto Sgarbi, è il primo a percepire e ad avvertire il
pubblico circa la potenziale pericolosità di Grillo -- è il primo a preconizzare una possibile,
futura alleanza fra Renzi e Salvini. Ritiro dalla direzione de la
Repubblica Scalfari, padre del quotidiano la Repubblica e della sua ascesa
editoriale e politico-culturale, abbandona il ruolo di direttore, dopo che già
da tempo aveva ceduto, insieme a Caracciolo, la proprietà a Benedetti; gli
subentra Mauro. Non scompare dalla testata del giornale, poiché continua a
svolgere il ruolo di editorialista dell'edizione domenicale. I suoi editoriali
sono entrati oramai nella consuetudine del giornale, tanto da essere
soprannominatianche per la loro lunghezza"la messa cantata della
domenica" Cura altresì una rubrica su L'Espresso (Il vetro soffiato).
Venerdì di Repubblica annuncia di voler abbandonare dopo l'estate la sua
storica rubrica Scalfari risponde, ringraziando i lettori per l'affetto
ricevuto e gli stimoli da loro pervenuti per le sue riflessioni. Gli subentra
Michele Serra. Su RaiSat Extra è andato in onda per qualche tempo, ogni
giovedì, un programma dal titolo La Scalfittura, in cui Scalfari teneva
colloqui politici. Le sue "interviste" con Francesco hanno causato
per due volte la smentita da parte della sala stampa vaticana in relazione alle
parole attribuite da al Pontefice. S. ha ribattuto di aver scritto virgolettati
come se fossero usciti dalla bocca del Papa, senza aver preso appunti o
registrato durante i colloqui, sostenendo che quello era stato il suo metodo di
lavoro per quasi cinquant'anni. il Vaticano ha smentito un’altra intervista di
S. a papa Francesco, a seguito della pubblicazione di un suo articolo su
Repubblica, negando che Francesco l’avesse rilasciato un’intervista sostenendo
che il contenuto dell’articolo fosse il frutto di una sua ricostruzione. Ciononostante,
Francesco continua periodicamente a concederegli interviste esclusive. Riceve varie
onorificenze. Premio Trento per "Una vita dedicata al giornalismo",
il "Premio Ischia" alla carriera, il Premio Guidarello al giornalismo
d'autore e, di recente, il Premio Saint-Vincent -- è stato nominato Cavaliere
di gran croce dal presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro mentre ha ricevuto una delle più prestigiose
onorificenze della Repubblica francese diventando Cavaliere della Legione
d'onore (successivamente è stato promosso ufficiale). Premio Viareggio. Altri saggi:
Petrolio in gabbia (Bari, Laterza), I padroni della città (Bari, Laterza); “Le
baronie elettriche” (Bari, Laterza); “Rapporto sul capitalismo, Bari, Laterza, Il
potere economico, Bari, Laterza); “Storia segreta dell'industria elettrica,
Bari, Laterza); “L'autunno della Repubblica. La mappa del potere in Italia,
Milano, Etas Kompass, Il caso Mattei. Un
corsaro al servizio della repubblica, Bologna, Cappelli, Razza padrona. Storia
della borghesia di Stato, Milano, Feltrinelli, Interviste ai potenti, Milano, Mondadori,
Come andremo a incominciare?, Milano, Rizzoli, L'anno di Craxi o di Berlinguer?,
Milano, Mondadori, La sera andavamo in Via Veneto. Storia di un gruppo dal
Mondo alla Repubblica, Milano, Mondadori Collana Super ET, Torino, Einaudi, Incontro
con Io, Milano, Rizzoli, Collana ET Scrittori, Torino, Einaudi, Diderot, Il
sogno di d'Alembert seguito da Il sogno di una rosa, Collana La memoria,
Palermo, Sellerio; Alla ricerca della morale perduta, Milano, Rizzoli, Collana
ET Scrittori, Torino, Einaudi; “Il labirinto, Milano, Rizzoli, Collana
Supercoralli, Torino, Einaudi; “L’Illuminismo”, Roma, Laterza, La ruga sulla
fronte, Milano, Rizzoli, Collana ET Scrittori, Torino, Einaudi, Roma, la Repubblica, Dibattito sul laicismo, Roma, La Biblioteca di
Repubblica, L'uomo che non crede in Dio,
Collana Supercoralli, Torino, Einaudi, Per l'alto mare aperto. La modernità e
il pensiero danzante, Collana Supercoralli, Torino, Einaudi, Scuote l'anima mia
Eros, Collana Supercoralli, Torino, Einaudi, Berlinguer, La questione morale.
La storica intervista, Reggio Emilia, Aliberti, Prefazione di Luca Telese,
Aliberti,. Vito Mancuso-S., Conversazioni con Carlo Maria Martini, Collana
Campo dei fiori, Roma, Fazi, La passione dell'etica. Cannatà, Collezione I
Meridiani, Milano, Mondadori, Francesco-S., Dialogo tra credenti e non credenti”
(Torino, Einaudi); L'amore, la sfida, il destino. Il tavolo dove si gioca il
senso della vita, Collana Supercoralli, Torino, Einaudi, Racconto
autobigrafico, Collana Passaggi, Torino, Einaudi, L'allegria, il pianto, la
vita, Collana Supercoralli, Torino, Einaudi, L'ora del blu, Torino Einaudi, Il
Dio unico e la società moderna. Incontri con Francesco e Martini, Torino, Einaudi,
libero quotidiano, libero quotidiano news commenti-e-opinioni Vittorio feltri ritratto
fuori classe_re giornalisti diversi.html. ilfoglio, il foglio uffa news
benvenuti al-grand-hotel-scalfari-splendida-vista sul secolo-di-carta- la7,
la7/dimartedi/video/ da-montanelli-e-scalfari-ho-imparato-che-bisogna-scrivere-per-farsi-capire-marco-travaglio
Angelo Cannatà, S. e il suo tempo, Mimesis, diviso in quattro capitoli: la
Politica, l'Arte, la Religione, LA FILOSOFIA.
Scheda sul storico della Camera
dei deputati, su storia.camera. Sull'amicizia tra Scalfari e Calvino leggiamo. Caro
Eugenio, le tue lettere sono come manate sulla schiena e io ne ho bisogno di
manate sulla schiena, specie di questi tempi. Mi viene l'acquolina in bocca
pensando alle ghiotte discussioni che faremo quando ci ritroveremo
insieme", cfr. Cannatà “S. e il suo tempo", Mimesis, Guzzanti, Guzzanti vs De Benedetti. Faccia a
faccia fra un gran editore e un giornalista scomodo, Aliberti. Cfr. Corriere
della Sera, La Repubblica: Serri, I
redenti. Gli intellettuali che vissero due volte, Milano, Corbaccio, “Ero
fascista e felice”, intervista, Il Foglio, pasqualericcio. Nel corso
dell'inchiesta riferisce di un colloquio avuto conAurigo. Mi disse che gli
ordini (le disposizioni relative al 'Piano Solo') contemplavano anche l'ipotesi
di una eventuale resistenza da parte del prefetto (gli ordini dicevano che
bisognava mettere il prefetto, qualora avesse resistito a questa iniziativa dei
carabinieri, in condizioni di non nuocere". Fonte: A. Cannatà, Mimesis,
Calabresi e quella firma, su repubblica. Tamburini, Un siciliano a Milano,
Longanesi, da ultimo citato da Bortoli su corriere della sera attacchi corriere
F. Recanatesi, La mattina andavamo in piazza Indipendenza, Milano, Cairo, e Mazzuca, Penne al vetriolo, Bologna,
Minerva, Nei cui confronti Caracciolo e
Benedetti dicono che ebbe un innamoramento, in seguito non più condiviso dallo
stesso editore della Repubblica che ormai non lo considerava "un grande
politico": intervista alla Stampa. Scrive S.: Gelli è Belfagor, il
messaggero del diavolo; ma il diavolo, cioè Belzebù, chi è? Belzebù è, in una
certa misura, lo stesso partito socialista, elemento importante di quel quadro
politico e di quella inamovibilità". Cannatà, Mimesis, Caro Craxi tu lo
sai chi è Belzebù, Repubblica le
invasioni barbariche Voto Renzi perché l'avversario è Grillo, you tube.com, youtube
Rep, su rep.repubblica. Mauro dal pulpito di Repubblica officia la democrazia e
aspira a diventare papa, Panorama. "Le interviste vanno comunque
reinterpretate", su youtube.com. ll
Vaticano ha smentito un’altra intervista di S. a papa Francesco, sIl Vaticano
smentisce S. che fa dire al Papa che l'inferno non esiste, su il messaggero.
Rep, su rep.repubblica. 1º marzo. Premio
Viareggio, su repubblica Dettaglio Sito del Quirinale: dettaglio decorato.,
Quirinale: C. Mauri, Il cittadino, Milano,
SugarCo, G. Perna, una vita per il potere, Milano, Leonardo, Cannatà, S. e il
suo tempo, Milano-Udine, Mimesis, Bucci,
L'intellettuale dilettante, Roma, Dante Alighieri, Pansa, La Repubblica di
Barbapapà, Milano, Rcs Libri, Valentini, La Repubblica tradita, Roma, Paper First,
Recanatesi, La mattina andavamo in
piazza Indipendenza, Milano, Cairo Editore, Mazzuca, Penne al vetriolo. I
grandi giornalisti raccontano la Prima Repubblica, Bologna, Minerva, La
Repubblica Treccani Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
L'Espresso. Eugenio Scalfari. Scalfari. Keywords: l’implicatura di Teseo, il
labirinto, la filosofia. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Scalfari” – The
Swimming-Pool Library.
Grice e Scarano: l’implicatura del scenofilace
– filosofia italiana – Luigi Speranza (Brindisi). Filosofo italiano. Studia a Bologna, Padova e a Venezia. Fonda
l’Accademia a Venezia. Scrive il saggio “Scenophylax” (Venezia), nel quale
tratta della convenienza di restituire alla tragedia e alla commedia la lingua
del lazio. P. Camassa, Brindisini illustri, Brindisi, A. Sordo, Ritratti
brindisini. Scarano. Keywords: scenofilace – il tragico – il comico –
scenofilace, custode, sacristano, custode dei vasi -- siria. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Scarano” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Scaravelli: tra critica e meta-fisica –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Firenze). Filosofo italiano. Si laurea a Pissa sotto CARLINI. Insegna a
Roma, e Firenze. Profondo conoscitore di Kant, approfondisce nei suoi studi
pubblicati con molta riluttanza e quasi solo per esigenze concorsuali in
particolare i temi relativi ai rapporti tra la filosofia kantiana e la fisica,
i problemi relativi alla critica del giudizio ed anche i temi
dell'idealismo. Biblioteca personale, Villa
Mirafiori. Saggi: “Critica del capire”, Firenze, Sansoni, Saggio sulla
categoria kantiana della realta (Firenze, Monnier); La prima meditazione di
Cartesio (Firenze, Nuova Italia); “La critica del giudizio” (Pisa, Normale); Corsi,
“Critica del capire”; “L'analitica trascendentale” (Firenze, Nuova Italia); “La
Biblioteca”; “L' attualità Mirri, Napoli, Sientifiche); Visentin, “Le categorie
e la realtà” (Firenze, Le lettere); Sasso, L’idealismo, Napoli, Bibliopolis; La
storia come metodo, Convegno a Roma); “Il problema del giudizio storico); Mannelli,
Rubbettino, pensatore europeo, Biscuso e Gembillo, Messina, Siciliano, Sasso, il
giudizio, in Filosofia e idealismo. Paralipomeni, Napoli, Bibliopolis, Palermo, Tra critica e metafisica. Lettore di
Kant, Pisa, ETS, Treccani Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Biscuso, La
completa dei suoi scritti, su giornale di filosofia. Luigi Scaravelli.
Scaravelli. Keywords: paralipomena, la storia della filosofia di Scaravelli, criticismo,
critica del capire, giudizio storico, storia come metodo. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Scaravelli” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Scarpelli: filosofia fascista – Gentile
e il fascismo giuridico – Soleri -- il
tropico, il clistico, il neustico, ed il frastico – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Vicenza). Filosofo
Italiano. Studioso di analisi del linguaggio. Uno dei massimi esponenti della
filosofia analitica, insegnando in varie università italiane anche teoria
generale del diritto, dottrine dello stato romano, filosofia morale e filosofia
della politica ed occupandosi di problemi di etica e politica. La sua filosofia
può essere raccolto attorno a due grandi temi: la semiotica del linguaggio
prescrittivo e il metodo. Contribuisce in misura fondamentale alla cosiddetta
svolta prescrittivistica in campo semiotico ed è fautore di una giustificazione
etico-politica del positivismo giuridico. Oltre ad approfondire lo studio del
metodo del ragionamento morale, si impegna attivamente in relazione a questioni
di etica e bio-etica quali per esempio l'aborto e l'eutanasia. Compiute inoltre
studi sulla democrazia e i concetti di libertà politica e di partecipazione
politica. Da una famiglia pugliese trasferitasi poi in Lucchesia, figlio
di un magistrate, frequenta il liceo. Studia a Torino. La sua formazione è
all'insegna dell’idealismo dominante in Italia e fondata, tra gli altri, su CROCE
e GENTILE. Durante gli anni universitari, desta il suo interesse ALLARA, della
scuola civilistica torinese, e la filosofia del diritto. Segue le lezioni del
corso di filosofia del diritto di BOBBIO. Si laurea sotto SOLARI con “Il
concetto di persona”. Già in questo lavoro lo ricorda BOBBIO nel ritratto
dell'allievo rivela un orientamento critico verso le versioni organicistiche
della filosofia al tempo in auge. Risale a questo anno la pubblicazione
nella Rivista del diritto commerciale di un saggio intitolato “Scienza
giuridica e analisi del linguaggio”. In questo saggio precorre il celebre saggio
di BOBBIO che porta lo stesso titolo e che è considerato il manifesto della
scuola analitica italiana. Prende le distanze dalle correnti filosofiche
idealistiche, organicistiche ed attualistiche accreditate sul continente per
accostarsi al positivismo logico e, più in generale, alla filosofia analitica e
agli studi di semiotica. È tra i primi a proporne una applicazione in campo
giuridico e ad evidenziare la rilevanza della analisi del linguaggio per la
teoria e la dogmatica giuridica. Assistente di BOBBIO; in seguito, collabora
con BOBBIO in seminari, “La giustizia nel materialismo storico” e L’interpretazione
giuridica. La giustizia e il marxismo sono temi a cui dedica il saggio
intitolato “Esistenzialismo e marxismo” (Taylor, Torino) il quale reca come
sottotitolo “sulla giustizia”. Sostene che la filosofia e mondana, legata esclusivamente
a ciò che gli uomini sono e fanno al mondo. La scelta e l’impegno sono la basi
della esistenza di ciascun uomo. Insegna a Milano un seminario, “La dottrina
dello stato italiano”, al fianco di TREVES. Si dedica al “Contributo alla
semantica del linguaggio normativo, Accademia delle Scienze, Torino. Insegna a Perugia,
Pavia, Torino. Sviluppa “La teoria generale del diritto”, dettagliata fino alla
scansione dei paragrafi. Tra i saggi, “La mia meta-etica e la mia esperienza
etica” dove ricercar la razionalità interna dell'etica e quella della sua
fondazione. Ricopre numerose cariche in istituzioni dedite alla ricerca e
partecipa a numerosi convegni, incontri di studio e simposi di rilievo
nazionale ed internazionale. Membro del Centro di studi metodologici di Torino
e socio corrispondente dell'Accademia delle scienze di Torino e socio
dell'Istituto lombardo Accademia delle scienze e delle lettere. Direttore
dell'Istituto per la Scienza per la amministrazione pubblica. Ha fatto parte
dei consigli direttivi della Rivista di filosofia del diritto e di Sociologia
del diritto. Entra a far parte del comitato di redazione della Rivista di
filosofia di cui cura numeri monografici dedicati al concetto di libertà, alla
logica deontica e alla bioetica. È stato condirettore della collana diritto e
cultura moderna e direttore della collana Luoghi critici per le edizioni di
Comunità. Presidente della Società italiana di filosofia giuridica e politica è
stato vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica ed è stato nominato
presidente onorario della Società italiana di filosofia analitica. Contribuisce
alla nascita, dovuta all'iniziativa soprattutto di GEYMONAT, del Centro Studi
metodologici di Torino. In qualità di affiliato, riceve il compito di fare una
relazione sulla Enciclopedia delle scienze unificate; lavoro a cui fanno
seguito negli anni Cinquanta alcuni contributi sulla analisi del linguaggio
così come concepita dal movimento del positivismo logico. In questi anni S. si
avvicina sempre di più alla filosofia anglosassone e in particolare agli studi
oxoniensi sul linguaggio della morale e della politica, partecipando anche ad
incontri di studio ad Oxford. Seguendo inizialmente le ricerche di Morris,
è fra i protagonisti della cosiddetta svolta linguistica della filosofia
italiana. Studia Hare. A Hare – L’IMPLICATURA CONVERSAZIONALE DI GRICE -- dedica
alcuni lavori; sono da ricordare anzitutto le note, che in realtà sono ampi
saggi di analisi del linguaggio normativo e contributi di meta-etica, ai due
saggi di Hare. Intraprende un vivace dibattito sul concetto di libertà politica
che porta alla stesura di vari lavori; tra essi, si può ricordare anzitutto il
saggio dal titolo Libertà come fatto e come valore ed il volume La libertà politica. Si
devono a Scarpelli i primi studi in Italia sulla analisi del linguaggio
giuridico in cui v'è una sistematica applicazione degli strumenti della
semiotica ai suoi tre livelli: la sintattica (lo studio dei rapporti tra i
segni), la semantica (lo studio dei rapporti tra i segni e i significati), la
pragmatica (lo studio dei rapporti tra i segni e i loro utenti). Tutta la
speculazione e la produzione scientifica di S. è basata sulla tesi della grande
distinzione tra linguaggio descrittivo e linguaggio prescrittivo; ma negli anni
si evolve progressivamente il livello a cui è individuato il tratto
differenziale tra l'uno e l'altro, individuato dapprima sul piano pragmatico e
poi sul piano semantico. L'esposizione compiuta del pensiero scarpelliano sulla
significanza del linguaggio prescrittivo si ha nell'opera del Semantica, morale
e diritto, trasfusa nella voce Semantica giuridica. L'idea che il linguaggio
prescrittivo (le norme, i comandi, gli ordini, le preghiere, ecc.) abbiano significato
trae origine dalla distinzione tra il principio di significanza e il principio
di verificazione. Alcuni spunti in tal senso sono rintracciabili già nel
Contributo alla semantica del linguaggio normativo il cui nucleo concettuale
ancora vicino al positivismo logico sta nell'intuizione che gli enunciati
normativi, quantunque non possano essere verificati o falsificati, debbano
nondimeno riferirsi alla realtà. Questa idea è alla base anche del libro Cos'è il
positivismo giuridico in cui propone una giustificazione etico-politica del
positivismo giuridico, criticando sia la versione bobbiana del positivismo
giuridico come approach sia la versione proposta da Hart. Altri saggi: Guastini,
Variazioni su temi , Con un'appendice bibliografica, in «Materiali per una
storia della cultura giuridica italiana». “Filosofia analitica”, Donatelli e
Floridi (Lithos, Roma), con anche l'indicazione delle note sul “Monitore dei
Tribunali” e dei saggi comparsi su alcuni giornali, quotidiani e periodici:
“L'Opinione”, “Panorama”, “Il Sole 24 Ore”, “Il Mondo economico”); Jori,
i«Rivista idi filosofia del diritto», Bobbio, La mia Italia, Polito, Passigli,
Firenze, Semantica del linguaggio
normativo, in Filosofia del diritto (Lucia), Cortina, Milana. Altri saggi: “Filosofia
analitica e giurisprudenza” (Istituto Cisalpino, Milano); “Il problema della
definizione e il concetto di diritto” (Istituto Cisalpino, Milano); “Filosofia
analitica, norme e valori” (Comunità, Milano); “Validità, legittimità,
effettività del diritto, e positivismo giuridico” (Cluep, Perugia); “Cos'è il
positivismo giuridico” (Comunità, Milano); “Diritto e analisi del linguaggio” (Comunità,
Milano); “Letture filosofiche e politiche. Introduzione agli studi politici” (Cisalpino-Goliardica,
Milano); “Linguaggio e legge naturale. Il tempo e la pena” (Giuffrè, Milano); “L'etica
senza verità” (Mulino, Bologna); “La teoria generale del diritto. Problemi e
tendenze attuali. Studi dedicati a BOBBIO”
(Comunità, Milano); “Il linguaggio del diritto” (Led, Milano); “Bioetica Laica”
(Mori, Milano); “Scienza del diritto e analisi del linguaggio” (“Rivista del diritto
commerciale”); “Giurisprudenza italiana”; “L'Unità della scienza”; Rivista di
filosofia, Il giudice e la legge, Occidente; “Il potere giurisdizionale nello
stato e in particolare nella costituzione italiana”; “Liberalismo e democrazia
nella Costituzione italiana”; “Occidente. Rivista di studi politici”; “Elementi
di analisi della proposizione giuridica”. Jus, Congresso di studi metodologici
promosso dal Centro di Studi metodologici, Ramella, Torino); “Diritto naturale
vigente” Occidente. Rivista di studi politici, “Alcuni problemi della teoria
analitica del valore” Rivista di filosofia); “Linguaggio valutativo e prescrittivo”
(Jus); “La Filosofia di Gentile” (Ramella, Torino); Responsabilità del
magistrato, Occidente. Rivista di studi politici); “Behaviourism, positivismo
logico e fascismo” (Rivista di cultura e di politica); “Il grande cambiamento”,
Rivista di cultura e di politica, Etica e linguaggio, Rivista di filosofia, “Società
e natura” (Rivista idi filosofia del diritto); “Il concetto di SEGNO” (Rivista
di filosofia); “L’analisi del linguaggio, Rivista di filosofia, La natura della
metodologia giuridica, Rivista di filosofia del diritto (incluso anche in
Filosofia e scienza del diritto. Atti del II Congresso nazionale di filosofia
del diritto (Giuffrè, Milano), La «Filosofia del diritto» di Sforza, Rivista di
diritto civile, I compiti della filosofia del diritto, in La ricerca filosofica
nella coscienza delle nuove generazioni, Carlo Arata e altri, Mulino, Bologna, I
fondamenti e il metodo della analisi del linguaggio, in Il pensiero contemporaneo.
Filosofia, epistemologia, logica, Rossi-Landi, Comunità, Milano, Retribuzione
(Enciclopedia Filosofica, Sansoni, Firenze);
La definizione nel diritto, Jus); “Imperativi e asserzioni (Grice: “Or
is it indicatives and imperatives?”) Rivista di filosofia, La libertà, la
democrazia e il magistrato, Monitore dei Tribunali, Relazione, in Dibattito bolognese sui valori,
Edizioni di Filosofia, Torino, Libertà,
ragione e giustizia, Rivista di filosofia, Marxismo, sociologia
neopositivistica e lotta delle classi, Quaderni di Sociologia, Il permesso, il
dovere e la completezza degli ordinamenti normativi (a proposito di un libro di
Amedeo G. Conte), Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, La
dimensione normativa della libertà, Rivista di filosofia, 1Positivismo logico e
società contemporanea, Rivista di filosofia, Libertà come fatto e come valore, Rivista
di filosofia, Illuminismo e legislazione, La Magistratura, La proposizione giuridica
come precetto re-iterato, Rivista di filosofia del diritto, Quaderni della
Rivista “Il politico”; Il positivismo giuridico (Pavia), Milano, Giuffrè, L'educazione
del giurista, Rivista di diritto processuale, Semantica giuridica, voce del
Novissimo digesto italiano, POMBA, Torino (Semantica, morale e diritto,
Giappichelli, Torino); Problemi e idee circa l'insegnamento del diritto; Gruppo
di lavoro per il diritto, Pugliese, in Le scienze dell'uomo e la riforma universitaria,
Laterza, Bari, I magistrati e le tre
democrazie, Rivista di diritto processuale, Le argomentazioni dei giudici:
prospettive di analisi, Il Foro italiano, suppl. ai Quaderni. La formazione
extralegislativa del diritto nell'esperienza italiana. Atti delle giornate di
studio di Ancona, “Moore in Italia,” (cf. Luigi Speranza, “Grice in Italia”), Rivista
di filosofia, La grande divisione e la filosofia
della politica, introduzione a Oppenheim, Etica e filosofia politica (Mulino,
Bologna); Il metodo giuridico, Rivista di diritto processuale (riedito come voce della Enciclopedia Feltrinelli-Fisher.
Diritto, Crifò, Feltrinelli, Milano); Dovere morale, obbligo giuridico, impegno
politico, Rivista di filosofia, Studi sassaresi, Giuffrè, Milano); Impegno
politico e conoscenza sociologica, Quaderni di Sociologia, Il diritto nella
società industriale: una strategia di accostamento, Rivista di diritto processuale;
Il diritto della società industriale. Obbligazione politica e libertà di
coscienza. Convegno, Società italiana di Filosofia giuridica e politica
(Pergia), Giuffrè, Milano, Dizionario di filosofia, Mondadori, Milano, La
facoltà di scienze politiche di Milano e il potere negativo, Politica del
diritto, Autonomia e diritto di resistenza, Studi sassaresi, Giuffrè, Milano, Insegnamento
del diritto, filosofia del diritto e società in trasformazione, Rivista di
diritto pubblico, L'educazione giuridica, Libreria Universitaria, Perugia, Per una sociologia del diritto come scienza,
Sociologia del diritto, La sociologia del diritto: un dibattito, Giuffrè,
Milano, e in Diritto e trasformazione sociale, Laterza, Bari, La conoscenza
sociologica, Sociologia del diritto, Etica, linguaggio e ragione, Convegno
Nazionale di Filosofia (Pavia), Società filosofica italiana, Roma, Democrazie e
competenze, Amministrare (Giuffrè, Milano); Introduzione. La Filosofia. La
filosofia dell'etica. La filosofia del diritto di indirizzo analitico in Italia
e Introduzione all'analisi delle argomentazioni dei giudici, in Diritto e
analisi del linguaggio, Milano, Comunità); Il sistema giuridico, Sociologia del
diritto, Etica, linguaggio e ragione, Rivista di filosofia, Convegno del PSI di
Milano, in I socialisti e la cultura. Materiali e contributi per una politica
culturale alternativa (Marsilio, Venezia); Le condizioni meta-giuridiche della
partecipazione, Convegno di Studi di Scienza dell'amministrazione, Giuffrè,
Milano L’entità strane dette norme” ed i
guastini di Guastini, Sociologia del diritto, Romano, teorico conservatore,
teorico progressista, in Le dottrine giuridiche di oggi e l'insegnamento di
Romano, Biscaretti di Ruffìa, Giuffrè, Milano, La partecipazione popolare nella Costituzione
repubblicana: prevenzione sociale e controllo della criminalità. Convegno di Senigallia,
Giustizia e Costituzione, IDizionario di sociologia, in Milano, Sala del
Grechetto, pubblicata in POMBA Panorama di Lettere e Scienze, Hobbes e
l'obbligazione politica come obbligazione in coscienza” (Giuffrè, Milano); Idea
dell'università e diritto allo studio, Il diritto allo studio nel quadro dei
rapporti fra Università e Regione, Quaderni della Regione Lombardia, Teoria
formale o teoria strutturale del diritto. Per la dissoluzione della metafora
formalistica” (Giuffrè, Milano); La partecipazione politica, Sociologia del
diritto, La meta-etica e la sua rilevanza etica, Rivista di filosofia, Intervento in Giudici separati? Magistratura,
società e istituzioni, Convegno Emilio Alessandrini (Senigallia), Giustizia e
Costituzione, La critica analitica a Kelsen, Rivista di filosofia (La cultura
filosofico-giuridica del novecento, Roehrssen, Istituto delle Enciclopedia
italiana, Roma); La responsabilità politica, Società Italiana di Filosofia
giuridica e politica. Pavia (Giuffrè, Milano); Responsabilità politica o virtù
repubblicana, in Garanzie processuali o responsabilità del giudice, Angeli,
Milano, Riflessioni sulla responsabilità politica. Responsabilità, libertà,
visione dell'uomo, Rivista internazionale di filosofia del diritto, Interventi
(pubblicati senza essere rivisti dall'autore) nella giornata di studi su Le
ragioni della libertà: degenerazione dello stato burocratico e risposte
neoliberali per l'Italia, Einaudinotiziecircolare ai soci della Fondazione Einaudi,
Il tempo e la pena, in Piacere e felicità: fortuna e declino. Atti del Convegno
di studiosi di Filosofia morale (Chiavari-S. Margherita Ligure), Crippa,
Liviana, Padova, Filosofia e diritto, in La cultura filosofica italiana nelle
sue relazioni con altri campi del sapere. Atti del convegno di Anacapri, Guida
Editori, Napoli, Leoni e l'analisi del
linguaggio, Il politico. Rivista italiana di Scienze politiche, La democrazia e il segreto, in Il segreto
nella realtà giuridica italiana. Atti del convegno nazionale, Roma, Milani,
Padova, La teoria generale del diritto: prospettive per un trattato, in La
teoria generale del diritto. Problemi e tendenze attuali. Studi dedicati a Bobbio,
S. Comunità, Milano, L'interpretazione
premesse alla teoria dell'interpretazione giuridica, in Società norme e valori”
(Giuffrè, Milano); “Auctoritas non veritas facit legem, in Linguaggio persuasione
verità: atti del Congresso nazionale di filosofia tenutosi in Verona, Milani,
Padova (anche in Rivista di filosofia, Intervento in Il Welfare State possibile.
Saggi e interventi di Barone, prefazione di Enrico Mattei, Le Monnier, 1
Scienze dell'uomo e potere sull'uomo: oltre la libertà e la dignità, in
Baudrillard e altri, Sapere e potere, I, Viviana Conti, Multhipla edizioni,
Milano, Un filosofo a disagio, Bollettino della Società Filosofica italiana.
Nuova Serie, Voci: Diritto, Interpretazione, Istituzione, Norma, Validità, in
Gli strumenti del sapere contemporaneo, Le discipline e I concetti (POMBA, Torino); Le porte della
stalla, Quadrimestre. Rivista di diritto privato, Gli orizzonti della
giustificazione, Rivista di filosofia; Etica e diritto (Laterza, Roma); Scienza,
sapere, sapienza, Rivista internazionale di filosofia del diritto, Di alcune
difficoltà culturali e di una tentazione perversa inerenti ai “diritti degli
animali”, in “I diritti degli animali”. Atti del convegno nazionale Genova, Castignone
e Battaglia, Centro di Bioetica, Genova, La filosofia nella Facoltà di
Giurisprudenza, Rivista di filosofia, La bioetica. Alla ricerca dei principi,
in Biblioteca della libertà, Un modello di ragione giuridica: il diritto reale
razionale, Faralli e Pattaro (Giuffrè, Milano); Dalla legge al codice, dal
codice ai principi” (Accademia delle Scienze di Torino. Classe di Scienze
Morali, Storiche e Filologiche (Rivista di filosofia). La Camera di consiglio
come scuola, Quadrimestre. Rivista di diritto privato, Cosmo e universo, in
Corpo e cosmo nell'esperienza morale. Atti del Convegno tra studiosi di
Filosofia morale (Pietrasanta), Romeo Crippa, Padeia, Brescia, Eutanasia. Intervista, Hospital, Il concetto di libertà politica in Entreves,
Rivista di filosofia del diritto, Amministrazione della giustizia, rapporti
umani e funzioni del diritto, in Amministrazione della giustizia e rapporti
umani. Convegno di Sassari, Maggioli, Rimini, BECCARIA e l'Italia civile,
L'Indice penale, Classi logiche e discriminazione fra i sessi, Lavoro e
diritto, Hobbes e lo stato totalitario, Bollettino della Società Filosofica
italiana. Nuova Serie (intervento nella Tavola Rotonda su Attualità e presenza
di Hobbes, in Hobbes oggi, A. Napoli, FrancoAngeli, Milano, Introduzione ai
lavori in Interpretazione e decisione. Diritto ed economia. Atti del XVI
Congresso nazionale della Società italiana di Filosofia giuridica e politica
(Padova), F. Gentile, Giuffrè, Milano, Intervento
in Diritto di sciopero, autonomia collettiva ed intervento del legislatore
(Viareggio), Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, Il
diritto pubblico italiano di S. Romano, Materiali per una storia della cultura
giuridica, Il positivismo giuridico
rivisitato, Rivista di filosofia, La
bioetica: alla ricerca dei principi” (Giuffrè, Milano); Bioetica: prospettive e
principi fondamentali, in La bioetica. Questioni morali e politiche per il
futuro dell'uomo, Convegno, Roma, Bibliotechne, Milano, I compiti dell'etica
laica nella cultura italiana di oggi, Notizie di Politeia, Relazione su Stevenson, ‘Ethics and Language', in Il neo-illuminismo
italiano. Cronache di filosofia, Pasini e Rolando, Il Saggiatore, Milano, Diritti positivi, diritti naturali: un'analisi
semiotica, in Diritti umani e civiltà giuridica. Convegno a Perugia, Caprioli e
Treggiari, Stabilimento Tipografico Pliniana Perugia, Etica della libertà,
Bioetica. Rivista interdisciplinare, Filosofia del diritto, in La Filosofia, Le filosofie speciali, diretta da Pietro Rossi,
Torino, POMBA, Il linguaggio giuridico: un ideale illuministico, in Nomografia.
Linguaggio e redazione delle leggi. Contributi al seminario promosso dalla
Banca d'Italia e dalla prima cattedra di filosofia del diritto dell'Milano, Di
Lucia (Giuffrè, Milano); La mia meta-etica e la mia esperienza etica, in
Scritti per S., Gianformaggio e Jori, Giuffrè, Milano, Il linguaggio e la
politica dei giuristi, Notizie di Politeia, Sui compiti della filosofia del
diritto, Notizie di Politeia, Formanti, dSentenza del Tribunale di Milano, soc.
Acc. Compra Vendita immobili S.A.C.V.I. c. Della Beffa, su Locazione di cose, Locazione
di immobili urbani, Proroga ecc., in Giurisprudenza, Nota a sentenza Degli effetti dell'abolizione
del commissariato alloggi e di una possibile applicazione dell'azione surrogatoria,
Il Foro Padano, Note bibliografiche a Renato Scognamiglio, Contributo alla
teoria del negozio giuridico, Jovene, Napoli, Carattere della prestazione e
carattere dell'interesse, Rivista del diritto commerciale, Tacita riconduzione
e novazione, Rivista del diritto commerciale, Il cosiddetto conflitto tra
diritti personali di godimento e l'art. del codice civile, Rivista trimestrale
di diritto e procedura civile, I discorsi politici, Roma,in Quaderni di
Sociologia, Recensione a Bellezza, L'esistenzialismo positivo di GENTILE,
Firenze, Rivista di filosofia, Piovesan, Analisi filosofica e fenomenologia
linguistica, Padova, e Lumia, Empirismo logico e positivismo giuridico, Milano,
in Rivista di filosofia. Pasquinelli, Nuovi principi di epistemologia,
Milano, in Rivista di filosofia, Introduzione alla semantica, Bari, in Rivista
di filosofia, Recensione a Antiseri, Dopo Wittgenstein: dove va la filosofia
analitica, Roma, in Rivista di filosofia, Nuovi libri: Orecchia, La filosofia
del diritto nelle università italiane: Saggio di bibliografia, Milano, in Rivista di filosofia, Logica simbolica e
diritto, Milano, in Rivista di filosofia. Rivista di filosofia, Recensione a
FannSymposium on L. J. Austin, London, Rivista di filosofia, Recensione a
Gulotta, Trattato di psicologia giudiziaria nel sistema penale, Milano. Uberto
Scarpelli. Scarpelli. Keywords: fascismo, la filosofia di Giovanni Gentile – la
difensa di Scarpelli contro Solari, “Behaviourism, positivism logico e
fascismo” nell “Mulino”, Hare, Stevenson, Grice -- Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Scarpelli” – The Swimming-Pool
Library.
Grice e Scevola: pontefice – divisione – dal portico? -- la nascita
della giurisprudenza come rama della filosofia politca -- Roma – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Roma).
Filosofo italiano. Questore, tribuno della plebe, pretore, console, proconsole
d’Asia e si attira, per la sua giustizia e il suo disinteresse, l'affetto dei
provinciali e l’odio dei cavalieri romani, che accusarono il suo legato Rutilio
Rufo, che egli difese. Pontefice massimo. Cadde vittima delle lotte
civili. Giurista insigne. Compose libri XVIII juris civilis, in cui per la
prima volta tenta una trattazione sistematica dell’argomento, e un’opera
intitolata "Horoi," che contiene definizioni di concetti e di
rapporti giuridici. E molto ricercato il suo insegnamento di diritto. Insegna,
derivandola, pare, da Panezio di Rodi, la distinzione di tre teologie, ripresa
da Varrone: teologia poetica (falsa), teologia ufficiale (falsa) e teologia
naturale (vera). Console. Giuristi romani e politici romani. Console della
Repubblica romana. Gens: Mucia. Tribuno della plebe, pretore, consolae Pontificato
max. Filosofo del portico, giurista e politico romano. Me ad pontificem
Scaevolam contuli, quem unum nostrae civitatis et ingenio et iustitia
praestantissimum audeo dicere.” Mi sono recato da Scevola pontefice, che oso
dire superiore per ingegno e rettitudine a tutti i nostri concittadini. -- CICERONE,
Laelius de amicitia. Appartenente alla gens Mucia, è considerato uno dei più
grandi giuristi della storia del diritto romano e in parte l'artefice
dell'introduzione, nella giurisprudenza romana, del metodo dialettico e
diairetico, mutuato dalla filosofia. Questore, tribuno della plebe, pretore, console
- insieme a Lucio Licinio Crasso, pro-console e pontefice massimo. Durante il
consolato promulga la “lex Licinia Mucia”, che fissa dei rigidi limiti al
conseguimento della cittadinanza da parte degl’italici. Fra le sue opere
letterarie si ricordano gl’ “Horoi,” titolo in greco che corrisponde al latino definitiones,
e i Libri XVIII iuris civilis. Quest'ultima opera può considerarsi il primo
manuale sistematico di diritto civile basato sull'impiego delle categorie liceali
di genus e species, preso a base di trattazioni civilistiche posteriori che ne
seguivano la sistematica – il cosedetto “sistema muciano”), i cosedetti “libri
ad Quintum Mucium”, tanto che e il più antico giurista compendiato nei “Digesta
del Corpus iuris civilis” e il primo in ordine di apparizione nell'Index
Florentinus. Ce ne fornisce notizia il
giurista Sesto Pomponio in un brano dell'opera “Enchiridion” conservatoci dal
Digesto giustinianeo: Post hos Quintus Mucius Publii filius pontifex maximus
ius civile primus constituit generatim in libros XVIII redigendo”. Sempre
Pomponio annovera tra i discepoli di S. illustri giuristi romani: Aquilio
Gallo, Lucio Lucilio Balbo, Sesto Papirio, Gaio Giuvenzio, e Servio Sulpicio.
Venne soprannominato "Il pontefice" per distinguerlo dal cugino, S. detto
l'"Augure". Morì sotto il
consolato di Gneo Papirio Carbone e Gaio Mario il Giovane, ucciso nel tempio di
Vesta dai seguaci di quest'ultimo. Digesto, Pomponius libro singulari enchiridia.
S. su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. S. su PHI Latin
Texts, Packard Humanities Institute. Predecessore Console romano Successore Gaio
Cassio Longino e Gneo Domizio Enobarbo con Lucio Licinio Crasso Gaio Celio
Caldo e Lucio Domizio Enobarbo Predecessore Pontefice massimo Successore Gneo
Domizio Enobarbo Quinto Cecilio Metello Pio Portale Antica Roma Portale Biografie Portale Diritto Categorie: Giuristi romani Politici
romani Giuristi Consoli repubblicani romani Mucii Pontefici massimi. MUZIO. There are at least III philosophical
jurists by the family name of MUZIO. The most prominent among them is S., a
pontifes maximus who is consul. He is an outstanding jurist. His treatise on
ius civile (DEFINITIONES) is the most important juristic work written under the
republic. It is the first attempt of a systematic presentation of law and is
commented on by later jurists (Gaius, Pomponius). The SISTEMA MUZIANO is
adopted by several writers on ius civile. His predecessors are S., consul, ALSO
a pontefice massimo, and S., consul, an AUGUR and teacher of law -- Cicerone
attended his lectures. As jurists they are of lesser importance in the history
of Roman jurisprudence, but as philosophical jurists, the augur’s utterance
shines bright! Kübler e Münzer, RE, Orestano, NDI, Lepointe, “S.” Paris, Bruck,
Sem., Kreller, ZSS on S: Münzer; on S. the
augur: Münzer . About the method of dividing the material into kinds, the
excerpt from Pomponius's Handbook in Digest tells us that MUZIO becomes the
first man to divide the civil law into kinds by arranging it in XVIII books.
The result would eventually be - as Schiavone put it – a metaphysics of social
relations, reduced to a defined number of archetypal models. Here, Pomponius'
account appears reliable enough. Elsewhere examples of S.’s divisions survive.
In Gaius' Teaching Manual, Lenel. S.’s division of kinds of tutela is
preserved. From this it can be seen how many kinds of TUTELA there are. Some,
like S., have said that there are V kinds. Others, like Servio, that there are III.
Others, like Labeo, II . In Digest, from Paulus, On the Edict, Lenel, S.’s
division with regard to the legal notion of “possessio” has been preserved,
albeit in a hostile version. Paolo: “What S. includes among the kinds of
possession is truly absurd – not just absurd.” Quinto Muzio Scevola. Keywords:
sistema muziano. Scevola.
Grice e Scevola: l’augure -- MIHI AGMINA MILITVM QVIBVS
CVRIAM CIRCVMSEDISTI LICET MORTEM IDENTIDEM MINITERIS NVMQVAM TAMEN EFFICIES VT
PROPTER EXIGVVM SENILEMQVE SANGVINEM MEVM MARIVM A QVO VRBS ET ITALIA
CONSERVATA EST HOSTEM IVDICEM – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza.
Filosofo italiano. Console della repubblica
romana. Augure. Gens: Mucia. Edile, tribuno della plebe, pretore, console. Politico
romano vissuto durante il periodo della repubblica ed un esperto di diritto
romano. Da non confondere col pontifice, autore degl’ “Annales Maximi.” Venne
educato in legge dal padre e in filosofia da Panezio di Rodi, filosofo del
portico. Venne eletto tribune, edile, e pretore. Inviato come governatore nelle
province dell'Asia ,inore. Tornato a Roma, dove difendersi da un'accusa di
estorsione rivoltagli da Tito Albucio da cui riusce a difendersi. Venne eletto
console. S. ha grande interesse per la legge e gl’affari all'interno di Roma.
Trasmitte la sua conoscenza del diritto romano ad alcuni dei più famosi oratori
di quei tempi, tra cui Cicerone e Attico. Difende Gaio Mario dalla mozione di
Silla che lo vuole rendere nemico del popolo, asserendo che mai avrebbe
approvato un tale disonore per un uomo che aveva salvato Roma. Cicerone
utilizza la figura del suo maestro come interlocutore in tre opere: “De
oratore”, “De amicitia”, e “De re publica”. S., su sapere.it, De Agostini.
S. su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Predecessore Console
romano Successore Marco Porcio Catone e Quinto Marcio Re con Lucio Cecilio
Metello Diademato Quinto Fabio Massimo Eburno e Gaio Licinio Geta. Portale
Antica Roma Portale Biografie Categorie: Politici romani Consoli
repubblicani romani Mucii Auguri Governatori romani dell'Asia. Gaio Mario. Se stai cercando il figlio di Gaio
Mario, vedi Gaio Mario il Giovane. Considerata la caratura del personaggio e
l'abbondanza di fonti, il numero di riferimenti puntuali inseriti nel testo è
particolarmente desolante Sebbene vi siano una bibliografia e/o dei
collegamenti esterni, manca la contestualizzazione delle fonti con note a piè
di pagina o altri riferimenti precisi che indichino puntualmente la provenienza
delle informazioni. Puoi migliorare questa voce citando le fonti più
precisamente. Gaio Mario, Console della Repubblica romana. Presunto busto di
Gaio Mario, Gliptoteca di Monaco. Morte: Roma. Figlio: Gaio Mario il Giovane
Gens: Maria Tribunato della plebe, Pretura, Legatus legionis, Consolato, Proconsolato
in Africa. Nasce a Cereatae. Etnia: Romano. Dati militari Paese servito: Repubblica
Romana Forza armata: Esercito romano Arma: Fanteria Grado: Imperator, Dux
ovvero comandante in capo Guerre: Guerre cimbriche Guerra giugurtina Guerra
sociale Guerre mitridatiche Guerra civile tra Mario e Silla. Battaglie: Battaglia
di Aquae Sextiae Battaglia dei Campi Raudii Assedio di Numanzia Altre cariche: Console
della Repubblica romana voci di militari;
C·MARIVS·C·F·C·N. Generale e politico romano, per VII volte console
della Repubblica romana. Lo storico Plutarco gli dedicò una delle sue
Vite parallele, raffrontandolo al re d'Epiro Pirro. È comunemente noto per la
rivalità con Lucio Cornelio Silla. La carriera di Gaio Mario è
particolarmente emblematica della situazione sociopolitica della tarda repubblica
romana, in quanto si sviluppa attraverso fatti e circostanze che, in seguito,
porteranno alla caduta della stessa. Mario era un homo novus, cioè proveniente
da una famiglia italica che non faceva parte della nobiltà romana, e seppe
distinguersi e giungere alla ribalta della vita pubblica di Roma per merito
della propria competenza militare. L'oligarchia dominante fu perciò costretta,
suo malgrado, a cooptarlo nel proprio sistema di potere. A causa del
verificarsi di una situazione di grande pericolo per la minaccia di invasioni
su larga scala, gli si dovette concedere un potere militare senza precedenti
nella storia di Roma, e questo a scapito del rispetto delle leggi e delle
tradizioni vigenti, che dovettero essere adattate alla nuova situazione di
emergenza. Alla fine fu varata una profonda riforma della leva militare, che in
passato raccoglieva solamente proprietari terrieri, e che da allora fu aperta
anche a cittadini provenienti dalle classi dei nullatenenti. Nel lungo termine
questa riforma ebbe l'effetto di cambiare in modo radicale e irreversibile la
natura dei rapporti fra l'esercito e lo Stato. Gaio Mario nacque ad
Arpinum, precisamente nella zona che ancora oggi porta il suo nome, Casamari --
in una zona chiamata Cereatae, nell'attuale comune di Veroli. La città,
d'antica origine volsca, era stata conquistata dai Romani verso la fine del VI
secolo a.C., e aveva ricevuto la cittadinanza romana senza diritto di voto -- civitas
sine suffragio -- e soltanto nel 188 a.C. le vennero concessi i pieni diritti
civili. Plutarco riferisce che il padre era un manovale, ma la notizia non è
confermata da altre fonti, e tutto lascia pensare che sia falsa. Infatti i
Marii intrattenevano importanti relazioni con gli ambienti della nobiltà
romana, partecipavano da protagonisti alla vita politica della loro cittadina e
appartenevano all'ordine equestre. Le difficoltà che incontrò agli esordi della
sua carriera a Roma dimostrano semmai quanto fosse arduo per un homo novus
affermarsi nel novero dell'alta società romana dell'epoca. Si distinse
per le notevoli attitudini militari dimostrate in occasione dell'assedio di
Numanzia, in Spagna, tanto da farsi notare da Publio Cornelio Scipione Emiliano,
soprannominato Africano Minore. Non è dato sapere con certezza se venne in
Spagna al seguito dell'esercito di Scipione, oppure se si trovasse già in
precedenza a servire nel contingente che, con scarso successo, da tempo cingeva
d'assedio Numanzia. Sta di fatto che Mario parve fin dall'inizio molto
interessato a far carriera politica in Roma stessa. Infatti si candidò per la
carica di tribuno militare di una delle 4 prime legioni -- in tutto i tribuni
elettivi sono XXIV, mentre tutti gl’altri venneno nominati dai magistrati
preposti agli arruolamenti. Lo storico Sallustio ci informa che il suo nome era
del tutto sconosciuto agli elettori, ma che alla fine i rappresentanti delle
tribù lo elessero per merito del suo eccellente stato di servizio e su
raccomandazione di Scipione Emiliano. Successivamente si ha notizia di una sua
candidatura alla carica di questore ad Arpino. È probabile che egli utilizzasse
le posizioni di comando ad Arpino per raccogliere dietro di sé un consistente
numero di clienti su cui fare affidamento per le successive mosse che aveva in
animo di compiere. Tuttavia sono solo congetture in quanto nulla si conosce della
sua attività come questore. Nel 120 a.C. Mario fu eletto tribuno della plebe. A
quanto sembra si era già candidato alla carica, ma senza successo. Un ruolo
determinante ebbe, nell'occasione, il sostegno della potente famiglia dei
Cecilii Metelli, verso i quali probabilmente aveva un rapporto di clientela.
Durante il suo tribunato Mario perseguì una linea vicina alla fazione dei popolari,
facendo in modo che venisse approvata, fra l'altro, una legge che limitava
l'influenza delle persone di censo elevato nelle elezioni. Infatti, era stato
introdotto il metodo del ballottaggio scritto nelle elezioni per le nomine dei
magistrati, per l'approvazione delle leggi e per l'emanazione delle sentenze
legali, in sostituzione del metodo tradizionale di votazione orale. Poiché i
nobiles cercavano sistematicamente di influenzare l'esito dei ballottaggi con
la minaccia di controlli e ispezioni: Mario fa approvare un'apposita legge
tabellaria – “Lex Maria de suffragiis ferendis” -- per restringere i ponti sui
quali passavano gli elettori per votare, in modo che non si potesse controllare
la loro scheda di voto: fece costruire uno stretto corridoio da cui i votanti
dovevano passare per depositare il proprio voto nell'urna, in modo che fossero
al riparo dagli sguardi indiscreti degli astanti e dagli eventuali tentativi di
manipolazione. Questa sua azione provocò il deteriorarsi dei rapporti tra Mario
e la potente famiglia dei Metelli, di cui gli esponenti della famiglia di Mario
erano clientes per tradizione. Successivamente Mario si candidò per la carica
di edile plebeo, ma senza successo. Riusce, di stretta misura, a farsi eleggere
pretore per l'anno successivo (a quanto pare si classificò solo al sesto posto
su sei), e fu immediatamente accusato di brogli elettorali -- il termine latino
è ambitus. Riuscito a malapena a farsi assolvere da questa accusa, esercitò la
carica senza che si verificassero avvenimenti degni di particolare menzione.
Terminato il mandato ricevette il governatorato della Spagna ulteriore, dove fu
necessario intraprendere alcune campagne militari contro le popolazioni
celtiberiche mai del tutto sottomesse. Il governatorato e le guerre gli
fruttarono ingenti ricchezze personali, come sempre accadeva ai comandanti
romani. Le vittorie ottenute gli permisero, tornato a Roma, di richiedere e
ottenere il trionfo. La carriera di Mario non sembrava destinata a grandi
successi. Gli è proposto un matrimonio con una giovane esponente
dell'aristocrazia, Giulia Maggiore, sorella del senatore Gaio Giulio Cesare il
vecchio e futura zia di Giulio Cesare. Mario accetta, divorziando dalla sua
prima moglie Grania di Pozzuoli. La gens Iulia era una famiglia patrizia di
antichissime origini -- fa risalire la propria discendenza a Iulo, figlio di ENEA,
e Venere, dea della bellezza --, ma, nonostante ciò, i suoi appartenenti
avevano, per ragioni finanziarie, notevoli difficoltà a ricoprire cariche più
elevate di quella di pretore (solamente una volta, nel 157 a.C. un Giulio
Cesare era stato console). Il matrimonio permise alla famiglia patrizia di
rimettere in sesto le proprie finanze e diede a Mario la legittimità per
candidarsi al consolato. Il figlio che ne nacque e Gaio Mario il Giovane. Legato
di Metello. Moneta raffigurante Giugurta, il re numida, nemico di Roma. La
famiglia di Mario era per tradizione cliente dei Metelli, e Cecilio Metello
aveva appoggiato la campagna elettorale di Mario per il tribunato. Sebbene i
rapporti con i Metelli si fossero in seguito deteriorati, la rottura non
dovette essere definitiva, tanto è vero che Q. Cecilio Metello, console., prese
con sé Mario come suo legato nella campagna militare contro Giugurta. I legati
erano originariamente semplici rappresentanti del Senato, ma, gradualmente, era
invalso l'uso di adibirli a compiti di comando alle dipendenze dei comandanti
generali. Quindi, molto probabilmente; Metello ottenne che il Senato nominasse
Mario legato, in modo che potesse servire alle sue dipendenze nella spedizione
che si accingeva a compiere in Numidia. Nel lungo e dettagliato racconto che
Sallustio ci fa di questa campagna militare, non si fa menzione di altri
legati, e ciò lascia pensare che Mario fosse quello di rango più elevato,
nonché braccio destro dello stesso Metello. Questo rapporto conveniva a
entrambi, in quanto, mentre Metello si avvantaggiava dell'esperienza militare
di Mario, questi rafforzava le sue possibilità di aspirare in seguito al
consolato. Va osservato che, se la gravità della rottura con Metello., alla
luce di quanto avvenne in seguito, fu probabilmente riferita in modo esagerato,
quella che si determinò riguardo alla condotta della guerra in Numidia fu
invece molto più seria e foriera di conseguenze. Mario si convinse che i tempi
fossero maturi per candidarsi alla carica di console. A quanto pare chiese a
Metello il permesso di recarsi a Roma per portare a termine il proprio
proposito, ma Metello gli raccomandò di astenersi, e probabilmente gli consigliò
di aspettare il tempo necessario per potersi candidare insieme con il figlio
ventenne dello stesso Metello, cosa che avrebbe rimandato tutto di almeno venti
anni. Mario fu costretto a fare buon viso a cattivo gioco, ma nel frattempo,
durante tutta l'estate del 108, fece in modo di guadagnarsi il favore della
truppa, allentando notevolmente la rigida disciplina militare, e di
accattivarsi anche i commercianti italici del posto, ansiosi di intraprendere i
propri lucrosi traffici, assicurando a tutti che, se avesse avuto mano libera,
avrebbe potuto, in pochi giorni e con la metà delle forze a disposizione di
Metello, concludere vittoriosamente la campagna con la cattura di
Giugurta. Entrambi questi influenti gruppi si affrettarono a inviare a
Roma messaggi in appoggio di Mario, con cui si suggeriva di affidargli il
comando, e si criticava Metello per il modo lento e inconcludente con cui stava
conducendo la campagna militare. In effetti la strategia di Metello prevedeva
una lenta, metodica e capillare sottomissione di tutto il territorio. Alla fine
Metello dovette cedere, rendendosi conto, a ragione, che non gli conveniva
mettersi contro un subordinato tanto influente e vendicativo. In queste
circostanze è facile immaginare il modo trionfale con cui Mario, alla fine del
108, fu eletto console per l'anno successivo. La sua campagna elettorale fece
leva sull'accusa, rivolta a Metello, di scarsa risolutezza nel condurre la
guerra contro Giugurta. Viste le ripetute sconfitte militari subite,
nonché le accuse di spudorata corruzione rivolte a molti esponenti
dell'oligarchia dominante, è facile comprendere come l'onesto uomo fattosi da
sé, e affermatosi percorrendo faticosamente tutti i gradini della carriera, fu
eletto a furor di popolo, essendo visto come l'unica alternativa a una nobiltà
divenuta corrotta e incapace. Tuttavia il Senato aveva ancora un asso nella
manica. Infatti, la lex Sempronia de provinciis consularibus stabiliva che il
Senato aveva facoltà di decidere ogni anno quali province dovessero essere
affidate ai consoli per l'anno successivo. Alla fine dell'anno, e appena prima
delle elezioni, il Senato decise di sospendere le operazioni contro Giugurta e
di prorogare a Metello il comando in Numidia. Mario non si perse d'animo e si
servì di un espediente già sperimentato. Si era stati, infatti, in disaccordo
su chi avrebbe dovuto comandare la guerra contro Aristonico in Asia, e un
tribuno aveva fatto approvare una legge che autorizzava un'apposita elezione
per decidere a chi affidare il comando (per la verità c'era stato un altro
precedente in occasione della seconda guerra punica). Mario fece approvare una
legge simile, risultando eletto a grande maggioranza. Metello ne fu
profondamente offeso, tanto che, al suo ritorno, non volle nemmeno incontrarsi
con Mario, dovendosi accontentare del trionfo e del titolo di Numidico che gli
vennero generosamente concessi. Moderna ricostruzione di un centurione
romano. Mario riformò l'esercito dell'epoca allargando il reclutamento a tutti
i cittadini romani. Lo stesso argomento in dettaglio: Riforma mariana
dell'esercito romano, Esercito romano e Legione romana. Mario aveva un estremo
bisogno di raccogliere truppe fresche e, a questo scopo, introdusse una
profonda riforma del sistema di reclutamento, foriera di conseguenze di
un'importanza di cui lui stesso, al momento, probabilmente non comprese la
portata. Tutte le riforme agrarie attuate dai Gracchi si basavano sul
tradizionale principio secondo cui erano esclusi dal servizio di leva i
cittadini il cui reddito era inferiore a quello stabilito per la quinta classe
di censo. I Gracchi, con le loro riforme, avevano cercato di favorire i piccoli
proprietari terrieri, che da sempre avevano costituito il nerbo degli eserciti
romani, in modo da fare aumentare il numero di quelli che avevano i requisiti
per essere arruolati. Nonostante i loro sforzi, tuttavia, la riforma agraria
non risolse la crisi del sistema di arruolamento, che aveva avuto lontana
origine dalle sanguinose guerre puniche del secolo precedente. Si cercò quindi
di trovare una soluzione semplicemente abbassando la soglia minima di reddito
per appartenere alla quinta classe da 11.000 a 3.000 sesterzi, ma nemmeno
questo fu sufficiente, tanto che i consoli erano stati costretti a derogare
dalle restrizioni sugli arruolamenti imposte dalle leggi graccane. Mario ruppe
ogni indugio e decise di arruolare senza alcuna restrizione riguardo al censo e
alle proprietà fondiarie del potenziale soldato. Da quel momento in poi le
legioni di Roma furono composte prevalentemente da cittadini poveri, il cui
futuro, al termine del servizio, dipendeva unicamente dai successi conseguiti
dal proprio comandante, che era solito loro assegnare parte delle terre frutto
delle vittorie riportate. Di conseguenza i soldati avevano il massimo interesse
ad appoggiare il proprio comandante, anche quando si scontrava con i voleri del
Senato, composto dai rappresentanti dell'oligarchia dominante, e anche quando
andava contro il pubblico interesse, che, a quell'epoca, veniva di fatto
impersonato dal Senato stesso. Va notato che Mario, persona fondamentalmente
corretta e fedele alle tradizioni, non si avvalse mai di questa potenziale
enorme fonte di potere, ma passeranno meno di vent'anni che il suo ex questore
Silla, lo farà per imporsi contro il Senato e contro lo stesso Mario. Altri
30-40 anni e il suo esempio sarà seguito da Giulio Cesare, nipote acquisito di
Mario. Cartina della Numidia all'epoca di Giugurta. Lo stesso
argomento in dettaglio: Guerre contro Giugurta e Bellum Iugurthinum. Ben presto
Mario si rese conto che concludere la guerra non era così facile come egli
stesso si era in precedenza vantato di poter fare. Dopo essere sbarcato in
Africa verso la fine del 107 a.C. costrinse Giugurta a ritirarsi in direzione
sud-ovest verso la Mauritania. Nel 107 suo questore era stato nominato Lucio
Cornelio Silla[4], rampollo di una nobile famiglia patrizia caduta
economicamente in disgrazia. A quanto pare Mario non fu contento di avere alle
proprie dipendenze un simile giovane dissoluto, ma, inaspettatamente, Silla
dimostrò sul campo di possedere grandi qualità di comandante militare. Nel 105
a.C. Bocco, re di Mauritania e suocero di Giugurta, nonché suo riluttante
alleato, si trovò di fronte l'esercito romano in avanzata. I romani gli fecero
sapere di essere disponibili a una pace separata e Bocco invitò Silla nella sua
capitale per condurvi le trattative. Anche in questa circostanza Silla si
dimostrò particolarmente abile e coraggioso; in effetti, Bocco rimase a lungo
dubbioso se consegnare Silla a Giugurta oppure, come poi avvenne, Giugurta a
Silla. Alla fine, Bocco fu convinto a tradire Giugurta, che fu subito
consegnato nelle mani dello stesso Silla. La guerra era così conclusa. Poiché
Mario era il comandante dotato di imperium e Silla militava alle sue dirette
dipendenze, l'onore della cattura di Giugurta spettava interamente a Mario, ma
era chiaro che gran parte del merito andava riconosciuto personalmente a Silla,
tanto che gli fu consegnato un anello con un sigillo commemorativo dell'evento.
Al momento la cosa non fece particolarmente scalpore, ma in seguito Silla si
vanterà di essere stato il vero artefice della conclusione vittoriosa della
guerra. Mario, intanto, si guadagnava fama di eroe del momento. Il suo valore
stava per essere messo alla prova da un'altra grave emergenza che incombeva su
Roma e sull'Italia. L'arrivo in Gallia del popolo germanico dei Cimbri, quasi
immediatamente seguito dalla loro schiacciante vittoria sulle truppe di Marco
Giunio Silano, il cui esercito venne infatti del tutto sbaragliato dall'orda
nemica, aveva indotto ad un ammutinamento a catena delle tribù galliche delle
regioni meridionali recentemente assoggettate dai Romani. Il console Lucio
Cassio Longino venne completamente sconfitto da una tribù gallica transalpina,
e l'ufficiale di grado più elevato fra quelli sopravvissuti (Gaio Popilio
Lenate), figlio del console dell'anno 132, riuscì a mettere in salvo quanto
restava delle forze romane solo dopo aver ceduto metà degli equipaggiamenti e
aver subito l'umiliazione di far marciare il proprio esercito sotto il giogo,
in mezzo allo scherno dei vincitori. L'anno successivo un altro console, Quinto
Servilio Cepione, marciò contro le tribù stanziate nella zona di Tolosa, che si
erano ribellate a Roma, e si impossessò di un'enorme somma di denaro custodita
nei santuari dei templi -- il cosiddetto Oro di Tolosa. La maggior parte di
questo tesoro sparì misteriosamente durante il trasporto verso Marsiglia e,
molto probabilmente, fu lo stesso Cepione che ordinò il finto furto per
impossessarsi dell'oro. Cepione fu confermato nel comando anche per l'anno
successivo, mentre uno dei nuovi consoli, Gneo Mallio Massimo, si unì a lui
nelle operazioni in Gallia meridionale. Al pari di Mario, anche Mallio era un
uomo nuovo, e la collaborazione fra lui e Cepione si dimostrò subito
impossibile. I Cimbri e i Teutoni erano entrambi composti da tribù di ceppo
germanico che, nel corso delle proprie migrazioni, erano apparse sul corso del
fiume Rodano proprio mentre l'esercito di Mallio si trovava nella stessa zona.
Cepione, che era accampato sulla riva opposta del fiume, si rifiutò in un primo
momento di venire in soccorso del collega minacciato, decidendosi ad
attraversare il fiume solo dopo che il Senato gli aveva ordinato di cooperare
con Mallio. Tuttavia egli si rifiutò di unire le forze dei due eserciti, e si
mantenne a debita distanza dal collega. I Germani approfittarono della
situazione e, dopo aver sbaragliato Cepione, distrussero anche l'esercito di
Mallio il 6 ottobre del 105 a.C. presso la città di Arausio. I Romani dovettero
combattere con il fiume alle spalle che li impediva la ritirata, e, stando alle
cronache, furono uccisi 80.000 soldati e 40.000 ausiliari. Le perdite subite
nel decennio precedente erano state molto gravi, ma questa sconfitta, provocata
soprattutto dall'arroganza della nobiltà che si rifiutava di collaborare con i
più capaci capi militari di rango non nobiliare, fu la goccia che fece
traboccare il vaso. Non soltanto le perdite umane erano state enormi, ma
l'Italia stessa era ormai esposta all'invasione delle orde barbariche. Il
malcontento del popolo contro l'oligarchia aveva raggiunto ormai
l'esasperazione. Busto di Gaio Mario (Museo Chiaramonti). Mentre si
trovava ancora in Africa, Mario fu rieletto console. L'elezione in absentia era
una cosa abbastanza rara, e inoltre una legge successiva all'anno 152 a.C.
imponeva un intervallo di almeno 10 anni fra due consolati successivi, mentre
una del 135 a.C. sembra che proibisse addirittura che questa carica potesse
essere rivestita per due volte dalla stessa persona. La grave minaccia
incombente dal nord fece tuttavia passare sopra a ogni legge e consuetudine, e
Mario, ritenuto il più abile comandante disponibile, fu rieletto console per
ben 5 volte consecutive, cosa mai avvenuta in precedenza. Al suo ritorno
a Roma, vi celebrò il trionfo su Giugurta, che prima fu portato come un trofeo
in processione, e infine morì nel Carcere Mamertino. Nel frattempo i Cimbri si
erano diretti verso la Spagna, mentre i Teutoni vagavano senza una meta precisa
nella Gallia settentrionale, lasciando a Mario il tempo di approntare il proprio
esercito, curandone in modo molto attento l'addestramento e la disciplina. Uno
dei suoi legati era ancora L. Cornelio Silla, e questo dimostra che in quel
momento i rapporti fra i due non si erano ancora deteriorati. Sebbene avesse
potuto continuare a comandare l'esercito in qualità di proconsole, Mario
preferì farsi rieleggere console fino all'anno 100, in quanto questa posizione
lo metteva al riparo da eventuali attacchi di altri consoli in carica.
L'influenza di Mario divenne in quel periodo talmente grande che era
addirittura in grado di influenzare la scelta dei consoli che in ogni anno
dovevano essere eletti insieme con lui, e pare che egli facesse in modo che
venissero scelti quelli che riteneva più malleabili. I Germani indugiavano
ancora nelle proprie scorribande in Spagna e in Gallia, e questo fatto, insieme
con la morte del console collega Lucio Aurelio Oreste, consentì a Mario, che
stava già marciando verso nord, di rientrare a Roma per venirvi confermato console
per l'anno 102, insieme con un nuovo collega. Francesco Saverio Altamura,
Mario vincitore dei Cimbri. I Cimbri dalla Spagna tornarono in Gallia, e,
insieme con i Teutoni, decisero di invadere l'Italia. Questi ultimi avrebbero
dovuto puntare a sud dirigendosi verso le coste del Mediterraneo, mentre i
Cimbri dovevano penetrare nell'Italia settentrionale da nord-est attraversando
il passo del Brennero – “per alpes Rhaeticas”. Infine i Tigurini, la tribù
celtica loro alleata che aveva sconfitto Longino pensavano di attraversare le
Alpi provenendo da nord-ovest. La decisione di dividere in questo modo le loro
forze si sarebbe dimostrata fatale, poiché diede ai Romani, avvantaggiati anche
dalle linee di approvvigionamento molto più corte, la possibilità di affrontare
separatamente i vari contingenti, concentrando le proprie forze laddove era di
volta in volta necessario. Nel frattempo Mario aveva organizzato nel
migliore dei modi la propria armata. I soldati erano stati sottoposti a un
addestramento che mai in precedenza si era visto, ed erano abituati a
sopportare senza lamentarsi le fatiche delle lunghe marce di avvicinamento,
dell'allestimento degli accampamenti e delle macchine da guerra, tanto da
meritarsi il soprannome di muli di Mario. Dapprima decise di affrontare i
Teutoni, che si trovavano in quel momento nella provincia della Gallia
Narbonense e si stavano dirigendo verso le Alpi. In un primo momento rifiutò lo
scontro, preferendo arretrare fino ad Aix en Provence, un insediamento fondato
da Gaio Sestio Calvo, console nel 109 a.C., in modo da sbarrare loro il
cammino. Alcuni contingenti di Ambroni, avanguardia dell'esercito dei Germani,
si lanciarono avventatamente all'attacco delle posizioni romane, senza
aspettare l'arrivo di rinforzi, e 30.000 di essi rimasero uccisi. Mario schierò
poi un contingente di 30.000 uomini per tendere un'imboscata al grosso
dell'esercito dei Germani, che presi alle spalle e attaccati frontalmente,
furono completamente sterminati e persero 100.000 uomini,[6] e quasi
altrettanti ne furono catturati. Il suo nome è ancor oggi ricordato non
solo nell'etimologia della località, allora arpinate, di nascita, Casamari
(Casa Marii, per l'appunto), ma persino nell'etimologia della regione francese
della Camargue (Caii Marii Ager), come sostenuto dallo storico francese Louis-Pierre
Anquetil nella sua opera "Histoire de France". La tradizione orale
della città di Arpino sostiene che Mario, dopo aver sconfitto i Germani ad Aix-en-Provence
e nella battaglia dei Campi Raudii, all'apogeo della sua gloria, non
dimenticasse la sua patria d'origine e, disponendo della Gallia transalpina
come terra di conquista, donasse ad Arpino quei territori, le cui rendite
servirono a mantenere i templi e gli edifici pubblici della città. Il
collega di Mario Quinto Lutazio Càtulo, console, non ebbe altrettanta fortuna,
non riuscendo a impedire che i Cimbri forzassero il passo del Brennero
avanzando nell'Italia settentrionale Mario apprese la notizia mentre si trovava
a Roma, dove fu rieletto console per l'anno 101 a.C. Il senato gli accordò il
trionfo ma lui rifiutò perché ne voleva fare partecipe anche l'esercito, quindi
lo posticipò a una vittoria contro i Cimbri. Immediatamente si mise in marcia
per ricongiungersi con Catulo, il cui comando fu prorogato anche per il 101.
Infine, nell'estate di quell'anno, a Vercelli, nella Gallia cisalpina, in una
località allora chiamata Campi Raudii, ebbe luogo lo scontro decisivo.
Ancora una volta la ferrea disciplina dei Romani ebbe la meglio sull'impeto dei
barbari, e almeno 65.000 di loro (o forse 100.000) perirono, mentre tutti i
sopravvissuti furono ridotti in schiavitù. I Tigurini, a questo punto,
rinunciarono al loro proposito di penetrare in Italia da nord-ovest e
rientrarono nelle proprie sedi. Catulo e Mario, come consoli in carica,
celebrarono insieme uno splendido trionfo, ma, nell'opinione popolare, tutto il
merito venne attribuito a Mario. In seguito Catulo si trovò in contrasto con
Mario, divenendone uno dei più acerrimi rivali. Come ricompensa per avere
sventato il pericolo dell'invasione barbarica, Mario venne rieletto console
anche per l'anno 100 a.C. Gli avvenimenti di quell'anno, tuttavia, non gli
furono propizi. Sesto consolato (100 a.C.) Il mondo romano, al
termine della seconda guerra punica (in verde), e poi attorno al 100 a.C. (arancione).
Nel corso di questo anno il tribuno della plebe Lucio Appuleio Saturnino
richiese con forza che si varassero riforme simili a quelle per cui si erano in
passato battuti i Gracchi. Propose quindi una legge per l'assegnazione di terre
ai veterani della guerra appena conclusasi e per la distribuzione da parte
dello stato di grano a prezzo inferiore a quello di mercato. Il senato si
oppose a queste misure, provocando così lo scoppio di violente proteste, che
presto sfociarono in una vera e propria rivolta popolare, e a Mario, come
console in carica, fu chiesto di reprimerla. Sebbene egli fosse vicino al
partito popolare, il supremo interesse della repubblica e l'alta magistratura
da lui rivestita gli imposero di assolvere, sebbene riluttante, a questo compito.
Dopodiché lasciò ogni carica pubblica e partì per un viaggio in Oriente.
Guerra sociale (95-88 a.C.) Busto di Lucio Cornelio Silla, il rivale di
Mario. Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra sociale. Durante gli anni
di assenza di Mario da Roma, e subito dopo il suo ritorno, Roma conobbe alcuni
anni di relativa tranquillità. Nel 95 a.C., tuttavia, venne approvata una legge
che decretava che tutti coloro che non fossero cittadini romani, cioè coloro
che provenivano da altre città italiche, dovessero essere espulsi da Roma.
Marco Livio Druso fu eletto tribuno e propose una grande distribuzione di terre
appartenenti allo Stato, l'allargamento del Senato e la concessione della
cittadinanza romana a tutti gli uomini liberi di tutte le città italiche. Il successivo
assassinio di Druso provocò l'immediata insurrezione delle città-Stato italiche
contro Roma, e la Guerra sociale -- da socii, gli alleati italici. Mario e
chiamato ad assumere, insieme con Silla, il comando degli eserciti chiamati a
sedare la pericolosa rivolta. Finita la guerra in Italia si aprì un nuovo
fronte in Asia, dove Mitridate, re del Ponto, nel tentativo di allargare verso
occidente i confini del suo regno, invase la Grecia. Posto di fronte alla
scelta se affidare il comando dell'inevitabile guerra contro Mitridate a Silla
o Mario, il Senato, in un primo momento, scelse Silla. In seguito, tuttavia,
quando il tribuno della plebe Publio Sulpicio Rufo, appoggiato da Mario, cercò
di far passare una legge per distribuire gli alleati italici nelle tribù
cittadine, in modo da influenzare con il loro voto i comizi, nacque uno scontro
nel quale il figlio del console Quinto Pompeo Rufo trovò la morte. Silla,
sfuggito alla confusione, si rifugiò nella casa dello stesso Mario. Intanto la
legge venne approvata e le tribù che adesso contenevano anche i nuovi cittadini
fecero passare una legge secondo la quale veniva affidata a Mario la guerra
contro Mitridate. Intanto nell'88 a.C. Silla aveva già raggiunto l'esercito a
Nola e Mario fece mandare due tribuni per riportarlo a Roma. Ma l'esercito
uccise i tribuni e Silla con esso marciò alla volta di Roma. Mario, dichiarato
nemico pubblico da Silla, all'arrivo di questi abbandonò precipitosamente
l'Urbe, rifugiandosi in un primo tempo tra le paludi di Minturnae. I magistrati
locali decretarono la sua morte per mano di uno schiavo cimbro, il quale, però,
mosso a compassione o intimorito per la sua fama, non diede corso
all'esecuzione. Plutarco, in Marium, scrisse che i Minturnesi, mossi a
compassione, lo aiutarono a imbarcarsi sulla nave di Beleo, diretta in
l'Africa, ove visse per un po' di tempo in esilio. Data l'assenza di Mario,
Gneo Ottavio e Lucio Cornelio Cinna furono eletti consoli nell'87 a.C., mentre
Silla, nominato proconsole, si mise in marcia verso oriente con
l'esercito. Mentre Silla conduceva la sua campagna militare in Grecia, a
Roma il confronto fra la fazione conservatrice di Ottavio, rimasto fedele a
Silla, e quella popolare e radicale di Cinna si inasprì sfociando in aperto
scontro. A questo punto, nel tentativo di avere la meglio su Ottavio, Mario,
insieme con il figlio, rientrò dall'Africa con un esercito ivi raccolto e unì
le proprie forze a quelle di Cinna, che aveva radunato truppe filomariane
ancora impegnate in Campania contro gli ultimi socii ribelli. Gli eserciti
alleati entrarono in Roma, di modo che Cinna fu eletto console per la seconda
volta e Mario per la settima. Seguì una feroce repressione contro gli esponenti
del partito conservatore: Silla fu proscritto, le sue case distrutte e i suoi
beni confiscati. Tuttavia nel primo mese del suo mandato, Mario muore. Dopo la
morte di quest'ultimo Cinna divenne di fatto il padrone della repubblica e
mantenne il consolato per altri due anni di seguito per poi morire, vittima di
un ammutinamento, mentre si dirigeva con l'esercito verso la Grecia. L'armata
di Silla, dopo aver concluso vittoriosamente la campagna nel Ponto, rientrò in
Italia sbarcando a Brindisi., e sconfisse il figlio di Mario, Gaio Mario il
Giovane, che muore in combattimento a Praeneste, a circa 50 chilometri da Roma.
Gaio Giulio Cesare, nipote della moglie di Mario, sposa una delle figlie di
Cinna. Dopo il ritorno di Silla a Roma si instaurò un regime di restaurazione
che perpetrò le più feroci repressioni, tanto che Giulio Cesare fu costretto a
fuggire in Cilicia, dove rimase fino alla morte di Silla nel 78 a.C. Il busto
bronzeo di Gaio Mario si trova collocato attualmente nel Municipio di Minturno.
Lo storico greco riferisce anche che Gaio Mario ebbe una relazione di lunga data
con un comandante che era al contempo un erudito intellettuale spiccatamente
filoellenico, che gli dedicò vari epigrammi molto raffinati e a carattere
omoerotico. Il praenomen "Gaio" è forma corretta rispetto al pur
comune "Caio". La forma "Caio", infatti, si è diffusa a
seguito di un'errata interpretazione dell'abbreviazione epigrafica
"C." (vedi, tra gli altri, Gian Biagio Conte, Emilio Pianezzola,
Giuliano Ranucci, Dizionario della lingua latina, Firenze, Monnier, 2000, sub
voce Gaius: «il fraintendimento dell'abbr., in cui la G si scriveva, per
conservazione di grafia arcaica, C., ha generato la forma "Caio"»).
Encyclopædia Britannica: Gaius Marius, Roman general., su britannica.com. Che è diffusa convinzione sul posto che derivi
dall'espressione latina Casa Marii.[senza fonte] Velleio Patercolo,
Historiae Romanae ad M. Vinicium consulem libri duo, Sesto Giulio Frontino,
Strategemata, 150.000 uomini secondo altre fonti, vedi Velleio Patercolo,
Historiae Romanae ad M. Vinicium consulem libri duo, II, 12. Filmato audio
Marina Mattei e Maddalena Crippa, Luce sull'archeologia - Le idi di marzo a
Largo Argentina - Incontro, su Marina Mattei (Sovrintenza ai Musei Capitolini),
You tube, Roma, Teatro di Roma, Appiano di Alessandria, Historia Romana Ῥωμαϊκά
Internet Archive.). Aulo Gellio, Noctes Atticae. (testo latino e
traduzione inglese). Cesare, Commentarii de bello Gallico. Progetto Ovidio. Dione
Cassio, Storia romana. Floro, Epitoma de LIVIO (si veda) bellorum omnium
annorum DCC libri duo. Frontino, Strategemata. (testo latino e traduzione
inglese). Plutarco, Vite parallele, "Gaio Mario", "Silla" e
"Giulio Cesare". Sallustio, Bellum Iugurthinum. Svetonio, De vita
Caesarum libri VIII. Tacito, De origine et situ Germanorum. Progetto Ovidio. Tacito, Annales. Tacito,
Historiae. (testo latino ; traduzione italiana ; traduzione inglese qui e
qui). Velleio Patercolo, Historiae Romanae ad M. Vinicium consulem libri duo.
(testo latino e traduzione inglese qui e qui ). Fonti storiografiche
moderne Giuseppe Antonelli, Gaio Mario, Roma Carcopino, Silla, Milano 1981.
Luciano Canfora, Giulio Cesare. Il dittatore democratico, Laterza, 1Carcopino,
Giulio Cesare, traduzione di Anna Rosso Cattabiani, Rusconi Libri, Piganiol
André, Le conquiste dei romani, Milano, Il Saggiatore, Scullard, Storia del
mondo romano. Dalla fondazione di Roma alla morte di Nerone, Milano, BUR,
Consoli repubblicani romani Gens Maria Mario, Gaio, in Dizionario di storia,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Màrio, Gàio, su sapere.it, De Agostini. Dacre
Balsdon, Gaius Marius, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica,
Inc. Opere di Gaio Mario, su open MLOL, Horizons Unlimited srl. Gaio Mario, su
Goodreads. Portale turistico di Minturno Scauri - Minturnae, su minturnoscauri.
it. Mario e Silla, su janusquirinus.org. La vita di Gaio Mario, su jerryfielden
Predecessore Console romano Successore Servio Sulpicio Galba e Lucio
Ortensio107 a.C. con Lucio Cassio LonginoQuinto Servilio Cepione e Gaio Atilio
SerranoI Gneo Mallio Massimo e Publio Rutilio Rufo con Gaio Flavio FimbriaLucio
Aurelio Oreste e Gaio Mario IIIII Gaio Mario II e Gaio Flavio Fimbria con Lucio
Aurelio OresteGaio Mario IV e Quinto Lutazio CatuloIII Lucio Aurelio Oreste e
Gaio Mario III con Quinto Lutazio CatuloManlio Aquillio e Gaio Mario VIV Quinto
Lutazio Catulo e Gaio Mario IV con Manlio AquillioLucio Valerio Flacco e Gaio
Mario VIV Manio Aquilio e Gaio Mario V con Lucio Valerio FlaccoAulo Postumio
Albino, Marco Antonio OratoreVI Lucio Cornelio Cinna I e Gneo Ottavio con Lucio
Cornelio Cinna IILucio Cornelio Cinna III e Gneo Papirio CarboneVII V · D · M
Gaio Giulio Cesare V · D · M Marco Tullio Cicerone V · D · M Plutarco Portale
Antica Roma Portale Biografie Categorie: Generali romaniPolitici
romani del II secolo a.C.Politici romani Generali del II secolo a.C.Generali
Nati ad ArpinoMorti a Roma Gaio Mario Condottieri romani antichi Consoli
repubblicani romani Marii Auguri. Our concern is with the debate in the Senate on the
“hostis” declaration proposed by SULLA, who presumably presided over the
meeting in his capacity as consul and framed and put the “relatio.” VALERIO
MASSIMO gives a graphic description of S.'s part in the proceedings. SULLA
coerces the senate into adjudging Mario a “hostis”. No one ventures to oppose
him except S. who, on being asked for his opinion, refuses to say anything.
When Sulla begins pressing him ever more menacingly Scevola says: “You can make
a display of the troops whom you have thrown around the curia, you can threaten
me with death as often as you like, but you shall never force me, old and weak
as I am, to adjudge Mario, the saviour of Rome and Italy, a hostis.' - Sulla
... senatum armatus coegerat ac summa cupiditate ferebatur ut C. Marius quam
celerrime hostis iudicaretur. cuius voluntati nullo obviam ire audente solus
Scaevola de hac re interrogatus sententiam dicere noluit. quin etiam
truculentius sibi instanti Sullae 'licet' inquit MIHI AGNIMA MILITVM QVIBVS
CVRIAM CIRCVMSEDISTI LICET MORTEM IDENTIDEM MINITERIS NVMQVAM TAMEN EFFICIES VT
PROPTER EXIGVVM SENILEMQVE SANGVINEM MEVM MARIVM A QVO VRBS ET ITALIA
CONSERVATA EST HOSTEM IVDICEM. 'mihi
agmina militum, quibus curiam circumsedisti, ostentes, licet mortem identidem
miniteris, numquam tamen efficies ut propter exiguum senilemque sanguinem meum
Marium, a quo urbs et Italia conservata est, hostem iudicem.' S. is making two
points. The first, and more obvious, is a declaration of friendship for Mario
and a reminder to his audience that they are dealing with the man who had saved
Italy from the Cimbri. The statement that S. stood alone against Sulla may be
an exaggeration, but other names are hard to come by. The one that we should
most like to know about is Q. Scevola Pontifex. At this point we merely note
the highly relevant fact that of the X known names on Sulla's list, no less
than V are of *non*-Roman origin, thus confirming that the focal point of the
crisis was the rights of new citizens. It can be inferred that the augur stood
with Mario on that issue; where the Pontifex stood remains to be seen. No one
else comes into the reckoning: Crasso is dead; and M. Acilius Glabrio, the
Augur's grandson and future president of the court which tried Verres, is too
young. The *other* point made by Scevola
is a conceptual, philosoophical point of law or jurisprudence. It depends on
the words, S. DE HAC RE INTERROGATVS SENTENTIAM DICERE NOLUIT. The words mean
exactly what they say: S., being asked about this matter, refused to express an
opinion. VALERIO MASSIMO is telling us that S. did not vote for or against the
motion. He refuses to vote at all. The reason is that, as S. sees it, the
clause in GRACCO’s law – NE DE CAPITE CIVIVM INIUSSV VESTRO INDICARETVR – means
that any capital adjudication on a citizen *without* the authority of the
people is prohibited, irrespective of whether it is a vote for condemnation or
for acquittal. This may not have been the intention of the framers of the
“hostis” declaration, for the theory behind that decree is that the “hostis”
forfeits his citizenship retro-actively to the time of his treasonable act. But
once there is talk of adjudication – HOSTIS INDICARETVR, HOSTEM IVDICEM --, in
S.’s view there is a danger of the LEX SEMPRONIA being contravened. S. is not
alone in this view. CICERONE observes that a number of populares stays away
from the Catilinarian debate for the same reason as that which prompts S. to
abstain from voting. VIDEO DE
ISTIS QVI SE POPVLARIS HABERI VOLVNT ABESSE NON NEMINEN NE DE CAPITE VIDELICET
CIVIVM ROMANORVM SENTENTIAM FERAT. S. is the first to detect this conceptual difficulty –
philosophical puzzle -- in the application of the law, and he does so ex tempore,
the moment the very first “hostis” declaration is proposed. It is clear that S.
has this area of law at his fingertips. Our confidence in his ability to have
assisted Mario with the special wording of the s. c. ultimum of C is greatly
increased. Was there anything else that S. could have done to block Sulla's
relatio? In particular, could S. have
used his office as an augur for which he was so famous that it was almost a
cognomen? The obvious way would have been by announcing auspices unfavourable
to the convention of the senate. But the question is whether that body's
sessions need the taking of auspices. In Mommsen's opinion, “auspicatio” is
required. But, in historical times, “auspicatio” is carried out by haruspices
and pullari and the augur is only called in where there was some doubt. There
is no record of acts of signal bravery by haruspices or pullarii, and it must
be concluded that S. is not able to function officially in the matter. There
is, however, a broader issue, and that is whether his augural skills are ever
enlisted on behalf of his friend Mario. The reason for raising this is that his
grandson, the S. who was tribune of the plebs, is an augur, was consulted by GIULIO
CESARE on whether a praetor could conduct consular elections, and undoubtedly
rules that he can. Caesar's uncle may have needed augural assistance in another
matter connected with the consulship, namely his election for a second term and
in absentia and the augur could have done some research then, which not only
helped Mario but laid the foundation for a favourable ruling for Caesar. For
all we know, GIULIO CESARE might have consulted the grandson on Bibulus'
obstructive tactics. There will have been much material reflecting the augur's
views in the family archives. Keywords:
il concetto di stato nel diritto romano, Cicerone, Mario, Silla. He thought there were three
theologies: that of the poets – fanciful and false – that of the philosophers –
true but unsuitable to the masses – and that of the politicians – beneficial. Quinto Muzio Scevola.
Grice e Sciacca: all’isola -- l’idea della
libertà – fondamento della coscienza etico-politica – filosofia siciliana --
filosofia italiana – Luigi Speranza (Messina). Filosofo Italiano. Studia a Palermo sotto RENDA. Insegna a
Palermo. Volge il suo interesse verso il criticismo, a cui dedica “La funzione
della libertà nella formazione del sistema kantiano” a cui fece seguito, “La libertà
come fondamento della coscienza etico-politica” (Palumbo, Palermo), che reproduce
la memoria in appendice. Società filosofica italiana Altri saggi: “Filosofi che
si confessano” (Anna, Messina); “La steresis nella filosofia dell'azione” (Accademia
di Scienze, Lettere ed Arti, Palermo); “Il concetto di tiranno, dagl’antichi
italici a SALUTATI” (Manfredi, Palermo); La visione della vita nell'Umanesimo
di SALUTATI” (Palermo); “Politica e vita spirituale” (Palumbo, Palermo); “Gli
Dei in Protagora” (Palumbo); “Esistenza e realtà” (Palumbo, Palermo); “Scetticismo”
(Palumbo, Palermo); Ritorno alla saggezza” (Palumbo, Palermo); “L'uomo senza
Adamo” (Palumbo); “Sapere e alienazione” (Palumbo, Palermo); “Il segno -- quel
Segno” (Cappelli, Bologna); Reale accademia di lettere scienze e arti",
«La filosofia per cambiare il mondo», La Repubblica. Bono, Rocca, M. K. N., la tradizione del
criticisimo, in Giovanni, Le avanguardie della filosofia italiana, Angeli, Società
Filosofica Italiana", Plebe, Giovanni. Giuseppe Maria Sciacca. Sciacca.
Keywords: Grice, ‘Negation and Privation’, negation, privation, negatio,
privatio, the use of ~ to stand for both negatio and privatio – privatio as
mere negatio (~), plus implicatum -- steresis, l’idea della libertà –
fondamento della coscienza etico-politica -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Sciacca” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Sciacca: anti-filosofia e
contra-implicatura – filosofia fascista – il ventennio fascista -- filosofia
italiana – Luigi Speranza (Giarre).
Filosofo italiano. La filosofia non
asciuga lacrime né dispensa sorrisi, ma dice la sua parola sulla verità delle
lacrime e dei sorrisi. Dopo gli studi liceali classici si trasfere a Napoli, dove
si laurea sotto ALIOTTA. Insegna a Napoli, Pavia, e Genova. Fonda Il Giornale
di Metafisica. Molto intenso e il suo rapporto filosofico e di stima reciproca
con il filosofo fascista GENTILE, un sodalizio testimoniato dalla fitta
corrispondenza tra i due filosofi, da cui però ben presto S. si allontana, in
particolare dal filone idealista, per condurre la sua propria ricerca
filosofica in modo più ampio, tanto da condurlo a studiare per un certo
periodo, grazie alle sue conoscenze pure in campo teologico, sia la corrente
del misticismo che quella dello spiritualismo. Accademia di studi
italo-tedeschi, Merano. Profondo conoscitore di SERBATI, promotore della
fondazione del centro di studi dedicato a Serbati a Stresa. Una delle
principali figure dello spiritualismo, a cui pervenne dopo i primi interessi
per l'attualismo ed i successivi, più impegnativi studi sullo spiritualismo,
anche interpretandolo in modo originale, delineando un particolare percorso di
continuità che, rifferendo alla metafisica classica, perviene a concepire
un'apertura del soggetto personale come creatur averso l'attualità assoluta
dell'essere nell’integralità. E ricordato principalmente attraverso Ottonello.
Saggi: “Agostino” (Morcelliana, Brescia); “L'Anima” (Morcelliana, Brescia); “Filosofia
morale” (Bocca, Torino); Atto ed essere (Bocca, Torino); Interpretazioni
rosminiane Marzorati, Milano); “Come si vince a Waterloo” (Marzorati, Milano);
“La filosofia e la scienza nel loro sviluppo storico. Per i licei” (Cremonese,
Roma); “Platone” (Marzorati, Milano); Filosofia e anti-filosofia (Marzorati,
Milano); Chiesa e civiltà (Marzorati,
Milano); Critica letteraria (Marzorati, Milano); L'oscuramento
dell'intelligenza (Marzorati, Milano); Studi sulla filosofia antica. Con
un'appendice sulla filosofia medioevale (Marzorati, Milano); Ontologia triadica
e trinitaria. Discorso metafisico-teologico Marzorati, Milano. L'Insegnamento
della filosofia: atti del Convegno di studi, Messina (Peloritana, Messina); Ontologia
triadica e trinitaria (Epos, Palermo); Atto ed essere (Epos, Palermo); Il magnifico
oggi (Epos, Palermo); In Spirito e Verità (Epos, Palermo); La clessidra (Epos,
Palermo); L'ora di Cristo (Epos, Palermo). Centro di Studi Filosofici di
Gallarate, Dizionario dei Filosofi, Firenze, G. C. Sansoni; Dizionario dei
Filosofi (Firenze, Sansoni); Schiavone, L'idealismo, Negri, “Dall'atto all'integralità”
(Forlì, Ethica); Pignologni, Genesi e
sviluppo del rosminianesimo, (Milano, Marzorati); Bologna, Quaderni del
Giornale di Metafisica, Stresa, Rivista Rosminiana, Incontrare S., Venezia,
Marsilio, Ottonello, “L'anticonformismo costruttivo” (Venezia, Marsilio); Shiavone,
L'idealismo, Collana di studi filosofici rosminiani, Domodossola; Milano,
Sodalitas, Ospitato su Bontadini e la metafisica. Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Michele Federico Sciacca.
Sciacca. Keywords: il veintennio fascista. Refs.: Grice e Sciacca” – The
Swimming-Pool Library.
Grice e Scipione: il circolo degli Scipioni – Roma – filosofia italiana
– Luigi Speranza (Roma).
Filosofo italiano. Si trova al centro del più antico portico romano. Console,
distrugge Cartagine, ottenne la censura, dirige un’ambasciata in Oriente, e di
nuovo console, distrugge Numanzia. È un appassionato lettore della
"Ciropedia" di Senofonte e ha tendenza del Portico. Forse, anche per
questo motivo, da alle sue orazioni contenuto morale e vi dipinta la
corruzione. A
statesman, military leader, and scholar. More a patron of philosophers than a
philosopher himself, he is particularly close to Panezio. Cicerone regards him
sufficiently highly to include him as character of some of his philosophical
works. He is much admired for his courage and moral integrity. C UM in Africani
veniftem, M. Manilio z Confuti ad quartam legionem Tribunus , ut fcitis,
mili- tum ; nihil mihi potiusfuit, quam ut $ Mafmif- fam
convenirem, regem farri il \x noftrsejuftis decauflis amicìfllmum * Ad
quem ut veni, complexus me (enex collacrymavit : aliquantoque polì
(ulpexit in calum , Grate* (inquic) tibi ago, furarne Sol, vobifque,
4 rel qui Caelites ; quod, antequam ex bac vita migro, confpicio in
meo regno & histe&is P. Cornelium Sci* pionem, cujus egO nomine
ipfo recreor .* ita numquam ex animo meo difcedit illius Optimi atque
invitìiffìmi viri memoria, Deinde ego illum de fuo regno , illemd
denofìra Repub. percontatus eft : multifque verbis ut- tro citroque
habitis, i 1 le nobis confumptus eli dies « Poftautem regio apparatu
accepti, fermcnemin mul- tata nodem produximns; cumfenex nìtiil nifi de
Afri- cano loqueretur, omnìaque eius non fafta folnm, fed ttiam
di&a m^miniflet; deinde, ut cubitum difcedi. mus, me & de via fefl'um, & qui ad multam
noflem vi- t Seipio . Figliuola di Lucia Emilio Paolo
Macedonico , adot- tato da Scipittne figliuolo dell* Affici cano il
maggiore , che di- flrutfe Cartagine e Numanzla nell'anno 609 Or
etto nella dif- puta di Repubblica follenea coti- tra l' oppln Ione
di Filo, che tan- to era falfo non poterli lenza commettere
inglnftiiie la Repub- blica governare, che anzi dicea non poterli
reggere Lina una » fornirla gluftizia Sant* Agoftino di clb ragiona
nel libro il cap. 21. de Civltate D I, a' cui tem- pi quelli libri
di Rtpubl. fi leg- geano , come pare , ed andavano attorno .
1 Confuti ...... tribunus militum . Ulata maniera , nort
Confuti . Diccafi fimilmente Ir* gatus confuti non confuti .
I Maftnifj'am . Re d' una pat- te d' Affrica . Solleone in prima 11
partito de* Cariaginelì contra i Romani , nell' anno di Roma 541.
Ma quattro anni apprelfo , avendo Scipione niello in rotta l'armata
d'Afdrubale , rimandò fé u za prezzo di rifcatto 11 nipo- te a
MalTìnilfa ; per tale eciiero- fo ano sì ptefo e per taf modo fu
quello principe , che poi fu fempre cffezionjiiflimo a' Roma- ni .
Con erti congluofe l lue forze , e nell'anno 55I. di Ro- ma lì trovb
alla battaglia , che quelli guadagnarono contro d' Digitized
by Google .V IL SOGNO DI SCIPIONE. 57*
N SCIPIONE PARLA,- / K . E Sfendomi portato in Affrica,
militar tribuno, co» me fapete, alla quarta legione fotte il Confole
Manio Manilio; non ebbi cofa, che piò a cuor mi folle, quanto il
far vifita a Maflìniffa re per giu» Hi titoli aftezionatiflìmo alla
noftra cafa* Al qua! co- me fui giunto, il vecchio abbracciatomi, versò
lacri- me : ed alquanto appreflo levò, gli occhi al cielo, e, Grazie
, difTe o fommo Sole, ti rendo , ed a voi al* tri, celefti Dii, che,
prima di pa (Tare di quella vita, nel mio reame veggio, ed in quelli
foggiorni Pubblio Cornelio Scipione, pel cui nome i He ITo prendo
riftoro: s\e per tal modo dall’animo mio non fi diparte giam- mai
la memoriadi quell’ottimo , ed invittiffimo uomo • Apprelìò io gli
feciftudiofe ricerche del reaméluo, ed egli Culla Repubblica noftra .
Accolti pofeia in reai trat- tamento, menammo per la lunga irragionar
lioftro fino a gran pezza di notte; conciofoffèchè il vecchio non
avelie alla lingua altro che 1* Africano, è ricor- dane non folamente
tutte le azioni di lui, mà i detti altresì: come ci fummo fu levati per
andare a letto, e per efier dal viaggio fianco , e perché io vegliato
ayea fino a notte molto inoltrata, mi prefe cm Tonno più ferrato,
che nonfolea. In quefto a me (credo ve- ramente da ciò procedeffe , di
che avevacn parlato ; • O o a che Afdrubale , e dì
Si face . Dopo, la pace conci «fa tra.* Romani ed i Carraginifi
ebbe la fovfanirà di diverfe provincle d* Affrica , e vide Tempre
amico de* Romani . Morì di qo. anni , e lafciò 44. figliuoli di di
vetfe conferii . Di- cefi che nell’ ultima malartia pregafle Mal Ho
generale dcll'ar- mata Romana, ad Inviargli il giovane Scipione ,
affine d* aver la conio lezione di morire nelle Tue braccia , e per
dargli gli op* portunLordioi , che offcrvati vo- lea fui
rìpaftimento del fuo re- gno .\E da quella contezza per, avventura
s* accatta I* occalìone data al fogno . 4 Reìt^ui Calìtes .
Accenna la luna e gli altri pianeti e del- le del elei fu premo ,
annoverate dalla pift parte degli ‘ Antichi tra gli Dei. Di che
Lattanzio ragiona nel libro III. cap. 5. de Fal/a Religione .
Platone nel Cratilo deride sì beftiaJe oppi- mene • /
* r Digitized by Google \
* t 580 MARCO TULLIO CICERONE vigilaflem,
ar&ior, quam folebat ; fomnuscomplexus eft. Hic mihi (credo equidem
ex hoc» quod eiamus Jocuti : 1 fit enim fere, ut cogitationes fermonefque
noflri parfant aliquid in fonino tale, 2 quale de Ho- mero fcribit
Ennius, de quo videlicetj faepifTime vigì- Jans folebat cogitare &
loqyi) Àfricanus fe oftendit il- la forma , qua: mihi 3 ex imagine ejm ,
4 quam ex ipfo, erat notior. Quem ut agnovi , equidem cohor- rui.
Sed ille, Ades, inquit, animo ; & orni tee timo- rem , Scipio ; &
, quae dicam , trade memori* . IL V Idefne ilfamurbem, qu* parere
Pop. Roro. eoa da per me, renovat priftina bella , nec poteft quiefee-
re (oftendebat aurem Carthaginem 5 de excelfo , & pieno
flellarum , illuftri , & darò quodaro loco) ad quam tu oppugnandam
nunc veois piene miles? hanc hoc 6 biennio Conful evertes : 7 eritque
cognomen id tibi per te partum , quod habes a nobis adhuc heredi-
ta- x Fit enim fere iti cogita- iiona <y c . Socrate
appretto Pla- tone nel 1 bro 9. de Repub. di quelle cagio.ù , il
fognar generanti, va nobilmente filoso- fando . a Squali de
Homero fcribit Bnrtiuf . Leggendo Ennio % e meditando 1 verfi d*
Omero e fluitandone con premura Pihri- taiiene , fognò <1*
effere dive- nu'O O nero , e che l’ anima di colui (offe pattata m
etto gia- lla il Pitagorico domina . A ciò allude Orai. uell’Epift.
, Ennius & f api Citi , for «* tis (5 f alter Homerus .
ÌJt Critici dicunt , leviier curare vìdetur . Ut pronti fa
cadant , <y fo» mai* Pytbagorea w v Oc. nel Luculìo cita
un etrffU- cMo del luogo , dove Ennio >1 fuò fogno
narrava . Fifus Homr. rus adejfe poeta . j Ex imagine ejus &c.
Allu- de a que* ritratti degli antenati, che fottenuto a reano
curut ma* gittrato,oche tener fi folcano appetì uell* atrio.
4 Quam ex ipfo . Vuole 11 Sigonio che nell' anno , che trapafsò 1*
avolo Scipione Af- focano il Maggiore , venitte a htee il nipote
adottivo 1' Affo- cano il Minore , cioè nel 571. fotto 1 confoli
Apjlo Claudio Pulcro , e Marco Sempronio Tuditano . Altri però lo
fanno nato due anni prima : e* pare che ciò piò confuoni
all'efpref* fumé , che nel prefeme luogo fi adopera . 5 De
exctlf» . 1/ Affocano parlava dal cerchio ^ della via Latea ,
gremita di piccole ttel* le , come dicono Ariftoti- le
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ordinario fuccede che ipenfamenti e difcorfi no* Ari generano un non fo
che di Tinnii nel Tonno , come Ennio Tcri ve a lui Tu d’Omero avvenire,
del qual fo- vente Tolea nel Vero penfar vegliando e parlarne) in
quello, dilli, a me mi fi fe l’ Affocano vedere in quel iembiante ,
che più dal ritratto di lui , che da elio medefimo, m’era noto* Cui come
ravviato l’ebbi , fen- tii del ribrezzo. Ma egli dà qua mente, prefe a
di* re, o Scipione, e caccia via il timore; ed a memo- ria manda
quel, che dirò* Q Uella città vedi tu, cheper opera mia cofirettaa
predare ubbidienza al popolo Romano, le guerre prilline rinnovella
, nè può racchetarli (ed ad- ditava Cartagine da un certo alto lungo , e
pien di flelie, illuminato, ed arioTo) a cui oppugnare ora tt| ne
vieni quali faldato? quella tu interinine di due an- ni con podellà
conlolare diroccherai: e ti avrai quel cognome per tua opera procacciato
, che d^noi fina do* ra pofliedi ereditario. Quando avrai poi fllrtag'n
di* firutto, menato trionfo , e Tara illato Cenfore, e lega- to avrai
cerco attorno T Egitto, la Siria, .T Alia , e la Grecia , Tarai di nuovo
eletto Confole Tenza cohcorre. re, e recherai a fine una poderofiffi ma
guerra, rovine* O 0 ì rat ^ } Eritrite càgnomin &c. Di-
te 1* Affricano il Maggiore ; t* acq unterai per tue valorofe
Opere II cognome d* Africano , che firtadora da me avolo tuo 1*
hai ereditarlo . Ottervano che 1* A Africano il Maggiore fu il
primiero -tra* Romani comandan- ti , dopo terminata la feconda,
guerra Punica , che fregiato forte del ritolo formato da na-
tiorte foggìogata da lui . Su tal prorofi'o Liv. nel fine del llb.
3CXX. riflette . Exemplo fèittdg hujus , tìffHaquàm V'&ori*
p*-, tei •> infignes , imaginum tiiulot tlaraque cognomina f
amili* fi* cin • le e Toìommeó , la qUale pef coiai
fimiglianza od apparen- za , che ha col ìatte , fa da Greci detta
a (• Sva- riate furono le oppiniont del- la cagione di cotal
comparfa , ma la piA naturai pare « quel color fifultare dalla
moltttu- din folta di quelle piccole «elle .. 6 Biennio
tonfai . Ottervà il Slgonio che 1* Affrica no fu ben confole due
anni appretto , ma pattaron tre anni prima di com- pier r imprefa ,
e la città di- tteutte In carattere di proconso- le , come egli
dimoftra ue* com- mentar j de' ratti . 582 MARCO TULLIO
CICERONE . tanurn , Cum aurem Carthaginecn deleveris, trium- phum
egeris , Ceniorque fueris , & i obieris legatus Egyptum , Syriam ,
Afìam, Grgciam, deligere iterum conful x abfens, bellumque maximum
conficies » Nu- mantiam exfcindes: fed , cum eri* curru Capitolium
inve&us , offencles Renripub. perturbatane confiliis $ nepotis
mei • 4 Hic tu, Africane, oflendas opcrtebit patri» lumen animi , ingemì
, confiliique tui . Sed ejus temporis aneipitem video quafi fatorum viam
• Nam , cut» aetas tua feptenos otììes 5 t Solis anfratìus,
reditufque converterit ; duoque .hi numeri (quorum utetque plequs ,
alter altera de caufla habetur) cir- cuicu naturali fummam tibi fatalem
confeceriot ; in te unum , atque in tuuic nomen , fe tota con verter
civiras : te Senatus, te omnes boni , te focii , te La- tini
intuebuntur : tu eris unus, in quo mtatur civi- tatis falus: ac, ne
multa, 6 diélator Rempub. confti. tuas oportet | fi impias propinquorum
manus effugerìs . 7 Hic cum exclamafTet Laelius > ingemuiflentque
cete- ri vehementius , leniter arridens Scipio . Qn^fo, io* quit ,
ne me e fonino excitetis ; 8 pax ; audite ce* tera. W *
1 Oliar is legatus . Scrive Giuntino nel ìib. j8« che per
esplorare gli animi de* re , e de* comuni fu mandato legato
^con Spurio Mummio , e Lu- cio Metello . Oc. però dice nel
I.ucullo che quella lega, rione feguì prima della efer- ■ cirata
ceuftira , e così pur fen- te il Sigouio . Che qui poi prima fi
accenni la ce n fura , fi P u h cib riportare al cumino, do della
efpouzione , alla quale tornava piti in acconcio il mct. terla
prima . z Abfens . Giulia la manie- ra , d-: Ila qual parla
fovente .Livio, quando fi ragioni dell* elezione de* magiftrad 1* ai»
fetts importa 11 non concor- rervi ed il non proiettarli can-
• IH. didato coll'andare in quel mi- merò nel campo
Marzo • Glb ben ritrae fi dal conte fio di molti luoghi degl*
lftorici , ed olcraccib il comprova la pro- pria forza di abejj* ,
il qual verbo importa non l'efier lon- tano , ma il non efier pre-
fente . ? Nepotis mei . Intende Ti. berlo Gracco, figliuoi
di Cor- nelia figliuola dell* lAiTrjcano il Maggiore , il quale ,
colla legge agraria taflarsu i 5 0. ju« ger! di poflefTo, voleva
abbat- tere lo fiato già corroborato de- gli ottimati *11 fatto t
coìrti Iti- nio nella llorfa Romana , del quale abtiam già fatto
pai vol- te ricordo. 4 Hic tu , Africane , Vuole . s ui
Digitized by Google IL SOGNO DI SCIPIONE. 58?
rai Numanzia; ma quando in cocchio farai condito al Campidoglio,
troverai la Repubblica fcompigliau per le màcchine del nipote mio . Qui
converrà che tu, o AfFricano, facci alla patria vedere il la^reddl*
animo, ingegno ed accorgimento tuo . Ma di quel tempo io veggio
ambigua effer quafi la traccia de’ fa. ti . Imperciocché quando la età
tua voltato avrà per otto volte fette tortuofi giri e ritorni del Sole :
e queRi due numeri (che amendue per pieni tengonfi qual per una
cagione e qual per altra) come con pe- riodo naturale t* avranno compiuta
renduto la fatai fomnru : tutta la città in te folo rivolgeralTì , ed a|
tuo nome: in te Afferà lo (guardo il fenato, in te tut- ti i buoni,
in te gli alleati, ed i Latini: tu farai 1* unico, nel quale la fai vezza
della città foflerraffi: e, per non farla più lunga , d’uopo è che tu
dittatore metti in buon ordine la Repubblica , fe ti verrà fatto di
fcanfare 1 * empie mani de’ tuoi parenti ♦ In quello avendo Lelio levato
alto la voce, e dato aceefi gemiti gli altri , Scipione per maniera piacevole
(or? ridendo , deh , difTe , non mi rifcotcte dal foono : fiate
chieti : fentite il refìo . qui il Sigonio accennato il fac-
to di Cajo Carbone tribuno della plebe , quando condii fle
fu’roftri Scipione, ed il coftrin- fe a dire , che gli parerle
dell* uccisone di Tiberio Graccp, al J [uale egli con franchezza
rifpo- e , eum [iti fare cafum videri . 5 Soli* anfratti* s . Cosi
no- mina i giri del Sole per la obli- quità del' Zodiaco , per cui
vi- gore il fole or piega a fetten- trione ed ora a meriggio . Cosi
pur chiamanti le curve e finuo- fe vie de* fiumi e de* lidi con
rutta proprietà latina . 8 Dittator rempub. Significa , che
fenza fallo farebbe ft.uo dittator creato , per acchetare gli
fcompigU della Repubblica , te non folle flato tolto di vita da*
parenti con infidie , ed in O 0 4 HL Affetto fu trovato
morto fui fuo letto . 7 Hic cum exclamafjet . Si fin- ge che
nella leena del fogno v* Intervenirle Lelio e gli altri perfonagoj
accennati di fopra , che deputavano di Repubblica. Or qui Cic.
l’erba il carattere dccorofo di Scipione . Percioc- ché mentre
alPafcoltarfi de* fu- turi rifichi di lui gli alcolcnnci dimoftrano
conimozion d* ani- mo: folo l’eroe, a cui appar- tengono , ferba
intrepidezza e cofanza . % Pa* . Voce da* Latini conci- ci
ufata ad accennare filenzio . Terenz, Eavtont. 4. j* Unus eiì dits
, dum argentarti eripio , pax , ni AH amplia s . U fai la pur
Plauto . 584 MARCO TULLIO CICERONE. C*ED;
quo fis, Africane, alacrior adtotandamRem- ò pub. fic habetoi omnibuJ,
qui patriam conferva- rint, adjuveriot, auxerint, certum effe incacio ac
de- finitum locum , ubi beati aevo ftmpiterno fruantur . Ni- hil
eft enim illi principi Deo , qui omnero hunc mun. dum regie, quod quidem
interrii fiat , acceptius, «pian» concilia caetulque hominum ajure
lodati, qu* civita- tesappellantur : harum redloresS confervatores ahinc
profefti, huc revertuntur. Hic ego, etfi eram perter. ritus non
tatti metu mortis, quam infidiarum a meis, quaefivi tamen, viveretne
ìpfejPauIlus pater, salii, • quosnos extinflos arbitraremur . Imo vero,
inquit , 11 »ivunt, qui 4 exeorporum vinculis, tamquam e car- cere
evolaverunt . Veftra vero , qua; dicitur vita , mori eft . Quin tu
afpictas ad te venientem Paullum patrem . Quem ut vidi, equidem vim
lacryroarum profudi. Jl- le autem me amplexus, atque ofculans Aere
proh.be- bat Atque ego ut primum ftetu repreflo loqui polle 1 cce-
t 1 Jure focidti . Si accennano tutte le raguuanie
, che risulta- no dal conienio ed offervauza di legpl . Dà buon
lume all* ef- prcllìone un luogo di Macro- lio . Servili s quondam
, die* egli f & gladiatoria manus con- cilia , CcBtufque
hominum fue - runt , fed non jure {odati . JUa autem fola eli jufia
multitudo , cujus vnitfrjitas in legum tonfentit otfequium . E
quella definizione conviene con quella » che Platone ci da della
legitti- ma moltitudine ne' J'hfl della Repubblica , ed Ariflotile
nel ljb. II. de* Poikic* . I Bine profetili Già nel llb.
de'Senec Spiegammo la fenten- za Platonica Sulla origin di ti-
ra delle anime , ammetta pure da Cic. Qui aggiungo in con-
ferma un patto tratto dal V. l* b » delle Tufculane .
Bumanus ani-f ntus decerptur ex mente divi- i *4, cum alio nullo ,
nifi cum \ tpfo Deo % fi hoc fas e fi diflu , \ comparar i potefi .
Or in quello luogo Spezialmente attribuisce il ritorno in Cielo a
quegli Spiri- ti , che /landò in quella vita , dirittamence
prefederono alle Repubbliche . 3 Vaullus . Che fu naturai
padre di Scipione Affricano il Minore , il quale foftiene il So-
gno . Quegli chiamoflì Lucio E- milio Paolo , che Soggiogò Per-
feo Re di Macedonia . L* adot- tivo fu Pubblio Scipione fi-
gliuolo dell* Affricano il Mag* giore : quello Affricano ha da-
to principio all* iftruzione del , fogno ; la quale è fiata Inter.
rotta da Paolo . 4 Ex cor forum vitteulis Ella
1 Digitized by Google IL SOGNO DI SCIPIONE .
585 . v IU. M A, oAflfrictno, acciocché pibcoraggiofofii a
fo- fìcner la Repubblica , Tappi, che a tutti coloro , i quali
confervatohan la patria, aiutata, e vantaggiata , v’ha in cielo uo fitto
e determinato luogo, dove go- dan beati un eterna vita. Imperciocché a
quelprinci- pale Dio, che tutto queir univerfo governa, di quello,
che fi opera almen nel mondo, nulla v’ha di pih accet- tevole , che
le ragunanze ed i ceti degli uomini per leggi aflTociati, che città fi
appellano : i reggitori, e confervatori di quelle quinci partiti, quafsh
fan ritor- no. In quello io, febbene mi trovava (paventato, non
tanto dal timor della morte, quanto dall’ infidie, che
m’ordirebbono i miei, ricercai tuttavia Te vi veflfe l’iftef- fo
mio padre Paolo , ed altri , cui noi cedevamo e- flinti • Che anzi, loggiunfe,
e(Ti vivono, i quali da’ corporali legami, come da carcere, fono via
volati • La voftra poi, che vita dicefi, ella è morte. Che an- zi
volgiti a vedere il padre Paolo, chea te ne viene. Il qual come veduto
ebbi, verfai veramente gran copia di lacrime, Maegli abbracciatomi , ed
imprimendo ba- ci, il piangere mi vietava. Maio come prima, ripref-
fo il pianto, cominciai a poter parlare, deh, dilli , o fintiamo,
ed ottimo padre, poiché quello egli é vive- re (come lento dire all’
Affricano) che fio a fare nel mondo? perchè non m* affretto a venire da
voi quaf. sii ? Non va così la faccenda , replicò egli. Se quel Dio,
del quale è tutto quello profpetto, che vedi, non t'avrà dal
corporal carcere liberato, non ti fi può aprire ac- ceffo
Ella è dottrina ed efpreltìone Socratica . Nei Fedone di Pla-
tone Sando Socrate per ber la cicuta, tra le altre cofc , cui
viene introdotto a dire full* a- nlma , prefenti 1 difcepoli; af-
ferma il corpo efierc una car- cere dello fpirlto , che ivi con
violenza dimora come legato , il di lui naturai luogo, e plft
puro elTere 11 cielo , e la mor- te altro non elTere che un di-
fcloglinienro da quello carcere , ed un ritorno alla maggion
celefte . E coerentemente nd ' Fedone , nel Ostilo , ed in altri
dialogì di Platone il cor- po chiamali « 7 a vi»» cui a animi , e
lèCfduvnpiOf career . Che ami alcuni vo- gliono che ìsutui corpus
trag- ga Parlino logica origine da Ai? f/os , coltcch<è Ha come
Vinculum animi , ed al corpo li a 0Uìlihp&vn 'luXt! colli »
gatus animus . 5*6 MARCO TULLIO CICERONE capi, Quasfo,
inquam , pater fan&iflìme atque optime , quando hasc eft vita ( ut
Africana m audio dicerc ) quid - luoror in terris? quia huc ad vos venire
propero ì Noti eft ita, inquitille. NifiOc*usis, i cujus hoc templum eft omne, quod
confpicis, iftis te corporis cuftodiis Jif beraverit, huc tibi aditus
patere non poteft . Homines cairn funt hac lege generati, qui tuerentur
ilium glo- bunri , quem 2 in hoc tempio medium vides, quae terra
dicitur . Hifque animus datus eft ex illis lempiternis ignibu9,
quas 5 fiderà & ftellas vocatis ; 4quae globo» fae & rotundae,
divi nis animata^ mentibus, circos fuos orbefque confìciunt celeritate
mirabili. Quare& tibi, Publi. , & piis omnibus retinendus eft
animus in cufto- dia corporis: nec injuftu ejus, a quo ilie eft vobis da*
tus, ex hominum vita migrandum eft ; ne munus hu* manti m
aflìgnatum a Deo, defugifte videamini. Sedfic, Scipio, ut avus h*ic tuus, ut ego, qui ce genui , ju-
ftitiam cole & pi età te m ; quas cum fit magna in paren- tibus
& propinqui, tum in patria maxima eft . Ea vi* ta via eft in caelum,
& in hunc ccetum eorum , qui jam vixerunt, & corpore iaxati illum
incolunt locum, quem vides (erat autem is fplendidiflìmo candore in»
t ter ffommas circuseluceni ) quem vos, ut aGrajisac- cepìftis, $
orbem la&eum nuncupatis. Ex quo omnia mihb contemplanti preclara
cetera & mirabilia vide» bantur. Erant autem eae ftellas, quas
numquam ex hoc loco vidimus; & eae magnitudinesomnium, quas erte
numquam fufpicati fumus . Exquibus erat ili* minima , qua ultima
cacio, citima terris, luce lucebat aliena. Stellarum autem globi terrae
magitudinem facile vin* cebant . Jam ipfa terra ita mihi parva vifà eft,
ut me 1 Cu fui hot templum e fi o* mnt , Tutto il ciclo
dicefi t*m~ plum con proporzione , cbe I • luoghi rilevati , per
tenere le Kf elioni degli auguri , dicean* v tempi a % che viene a.
Tigniti* care laogo , che da ogni par- te ha profpetto c veduta .
D* onde nato è il verbo tontem» flavi . Così pure Terenzio chia-
ma 11 cielo tempia nell* atto HI. dell'Eunuco • v*;:
-1 . *' • Ai quem Dtum , qui lem • pia cali fumma fonitte
coifcutit . 1 In toc tempio medium . Cioè la terra , che da
ogni parte dal cielo è circondata , come punto da fmifurara cir-
conferenza tujvs templi di que- llo hnmenfo profpetto. ì
Sidera . Propriaménte fo- no 1 fegni celefti componi di più Itelle
, quali fono T Arie- te IL SOGNO DI SCIPIONE. 587
ceffo quafsà . Imperciocché fono gli uomini con quella condizion
generati , che quel globo guardino, cui col* locatovedi nel mezzo di
quello profpetto , il qual globo r dicefi terra. Ed a quelli è flato dato
lo fpirito da quei fem- piterni fuochi , cui voi codellazioni e delle
chiamate ; le quali eflendo globofe e rotonde, e da divine menti anima-
te, i cerchi e i giri Tuoi compifconocon mirabileceleri- tà •
Laonde ed a te , o Pubblio, ed a tutte le pie pedo- ne dee lo fpirito
rimanere nel carcere corporale : nèfen- za il beneplacito di colui, da!
quale vi fu compartito, non fi deedalla vita, che menan gliuomini,
diloggia* re; per non parere di volere sfuggitela umana incom- benza
da Dio afTegnata, Ma in quefla condizione, o Scipione, come fatto ha
quello tuo avolo, ed io, che t* ho generato, la giudizia pratica e la
pietà ; la qua. le ficcome ne* genitori efercitata e ne’ parenti è di
gran pregio, così verfo la patria è d* eflìmazione grandini* ma.
Queftotenor di vita firada è pel cielo, ed in que- llo ceto di coloro,
che viffergià, e dal corpo difciol- ti, quel luogo abitan, cui tu vedi
(ed era quello un cerchio tra le fiamme lucente d’un candore rifplenden-
tifTimo) il qual voi, come avete da’Greci apprefo , il chiamate la
via lattea. Dal quale io ogni oggetto con* tempiando , nobililTimemi
fembravan le altrecofee ma. ravigliofe. Erano poi quelle flelle, le quali
nonabbiam giammai da quedo luogo veduto ; e di effe tutte tali le
grandezze, quali non le ci damo immaginategiam- mai * Infra le qua ! i
quella era di minor grandezza , che nell’ ultimo cielo , e pih vicina
alla terra , rifplendeadi luce accattata . Ma' i globi delle delle la
grandezza della terra vinceano lenza fallo. Orla terra mededma co.
tc , l’Andromeda , 11 Leone ec. 4 . J£ud globofd . Crede
Ari. dotile che le ftelle fieno di forma sferica , sì perchè In
qualunque lor progre filone noti ci dinioftran couiparfa d* alcra
figura , sì ancora , perchè , fie- come la luna , che annoverar
fi dee tra le ftelle , è di for- ma sferica , egli è arresi vo-
rifimilc , che le altre ftelle pu- re portin P Iftdfa figura . Ol-
tracciò gli Stoici appretto Cic. nel lib. II. de Nat. Deorum
furon d* avvita aver le ftelle la forma e figura ìftetta dell*
Uni verfo , perciocché quefta è la pi fi bella, la piA univerfale,
che le altre comprende, ina fen* za 1 difetti . 5 Orbem
laHeum . Della via httea già parlammo di (opra » Per dottrina degl]
antichi filo, fofi quella era deftinato feggio de* beati {pirici •
588 MARCO TULLIO CICERONE imperii nofì ri , quo quali
punftum ejusattingimus, pae* niteret • IV. Q
Uam cum magis intuerer, quacfo, inquit Africa- nus, quoufque humi defixa
tuamenserit? Nonne aipicis, quae in tempia veneris? i Novem cibi orbi*
bus , vel potius globis, connexa lune omnia, quorum unus eft
cfleftis extimus, qui reliquoSvOmnes compie- élitur, 2 lummus ipfeDeus,
arcens& continens cete* ros; in quo infixi funt illi, qui volvuntur,
ftellarum curfus fempiterni ,• cui fubjeéli funt feptem , qui ver.
fantur retro, $ contrario morti , acque Cglum, ex qui* bus unum
globum pofTidetilIa, 4 quam in terris Satur- niam nominane; deinde eft
hominum generi profperus & falutaris i Ile 5 fulgor, qui dicitur
Jovis ; tum ruti- Jus horribilifque terris, quem Martem dicitisi dein-
de 6 fubtermediam fere regionem Sol obtinet, dux& princeps ,
& moderator luminum reliquorum , mens mundi & 7 temperano, tanta
magnitudine, ut cunéta (uà 1 Movent tìii orbi bus . 1 cer-
chi Tono nove , comprefa la terra , la nual non fi muove : 1*
uno e 1’ altro è giuda 1* oppìnion degli Antichi . Sicché fopra I*
-ottavo cerchio celefte altro non ne poneano, e quel- lo {limavano
che tatti gli al- tri comprendere e deiTe Ior confiftcma , come Oc.
viene qui dichiarando . 1 Summus ipfe Devi . Quefta. fuprema
ed . ultima sfera rego- latrice delle altre chiamai» Dio per ecce
llema , come Cic. ta. lora cotal titolo attribuire ad uomini
fingolarmente valenti in alcun genere . V. G. nel Ut. I. de Orat.
Te fetnper in dicendo putavì Deum . Ad Art. IV. 15. Feci idem ,
qvod in Tolitia fu a Detti 'tilt nofler Fla- to . Altri interpreti
poi credo- no ( ed è il plfi verifimile ) che qui Oc. parli
fecondo l'op- pìnione non tua . ma di molti Antichi , che I*
Onlverfo , 11 Cielo e le Stelle riputavano divinità . Nel llb. I.
de* Nat. Deor. efponendo Clc. la fem tema fu di cib di Platone co-
sì feri ve . Idem in Timeo Jrcit in legiius fy murtdum Deum effe
, & célum , & 4- Jira , fV terram , animo t . Nell' iftetfa
opplnione fu Seno- crate , e Cleame , come ivi ri- porta fi poco
appretto. j Contrario motu atquè Ca 0 lum . U atqtte è particola
cor- relativa di contrario , polla li» cambio di quam . 4
jQuam in tetris Saturni dm , La della di Saturno » la piil alta
delie erranti : chiamata é da' Greci QctiVCùV j Uccome quel-
* IL SOGNO DI SCIPIONE $8? così piccola mi fembrò,
che (enea mi malcontento del noftro imperio, nel quale ne tocchiam come
un punto di quella. IV. L A quale io vie maggiormente
riguardando, deh, l’ Af- fricati foggiunfe, e fino a quando farà la tua
men- te in terra fida? E non vedi tu in che profpetti fei venuto?
ogni cola ti viene concatenata in nove giri . o piuttofto globi, de 1
quali l’uno è il celefte nell’ulti- ma efterior parte, che tutti gli
altri contiene, in sé fommo Dio, che tutti gli altri lega e comprende :
nei quale fermati fono que’ (empitemi corfi di delle, che fi vanno
aggirando; al quale fot topofìi fono i fette glo- bi, che indietro fi
volgono, con moto contrario a quello ; che fa il cielo, de* quali un ne
poftiede quella della, che nel mondo chiaman Saturnia; fuccede ap-
pretto quel fulgore profperoe (aiutare all'uman genere, che
chiamali Giove; quindi ne viene il rodeggiante pianeta, fpaventevole al
mondo,. cui dicono Marte ; il Sole occupa pofeia la regione, colà intorno
a lotto mezzocielo, guida, e capo, e direttore degli altri lu-
minari , fpirito, e temperamento dell’univerfo, di sì fmifurata
grandezza, che colla luce illumina, ecora- pie ogni cola. Tengono a quedo
dietro, comecompa- gni, l’uno il camino di Venere, e l’altro di Mercu-
quella il Mercurio c/ h/?àtv • voci latinamente per Aufonio
adoperate . Tempori qua StiU von volvat , qua facula Pia. i
io* . Queita ftclla crederi mandare influenze gelide e tor- pide :
oude fu rlpurato iL^la- ncta de* vecchi,* che però ueno tantalici e
fartidiori . Com- pie il Tuo cerchio iu anni ig. f iorii! 1 6t. ed
ore iz. Cic. pel uo tardo procreilo nel lib. II. de Nat. Deor.
vuole che così chiamili quod •fdturrtur attui s . li Ricciolio
peri» nell* Alme- girto dà al dì lei corfo ip. an- ni c ipo. giorni
• 5 Fulgor , qui dieitur Jo* v'tt . Quanto alla difporizion
rio; grammaticale , o Jovis i ge- nie. retto da fulgor ,
ovvero è nomin. giufta 1* ufo , nel qual era nell* antichi (limo
La- zio . Quefta rttlla fu da* Gre- ci detta (pctttitùv da /«- •
cto , ardto . Da Latini fu detto Jupittr Jovis da j uvando , at-
teri gi’influflì fuol temperati e falutarl : onde da Cic. chia-
mali profperus (gf f alutaris . 6 Subttrmediam . Vocfe ot-
tima , ma pure dal Calepino riformato non ricordata punto nè popo .
* 7 T tmperat io . Perchè il So- le col calor fuo comcmpera il
deio e la terra. ; • / /
Digitized by Google eoo MARCO TULLIO CICERONE fua luce
iUuIIrer & compleat. Hunc ut cornice» conte» quuntur alter i Veneris,
alter a Mercurii curfus ; in infirooque orbe Luna radiis Solis accenta
convertitur infra autem jam nihil ed > nifi mortale & caducum ,
praster animos generi hominum munere Deorum datos» fupra Lunam funt
aeterna omnia. Nam ea , quae media & nona tellus, j neque movetur :
infima eli , in eam feruntur omnia 4 nutu luo podera . V.
Q xjk cum intuererflupens , utmerecepi, Quishic, inquarti , quis
ed, qui complet aures meas tantu$ & tam dulcis fonus < Hic eft ,
inquic ille , qui intervallisconjunfìusimparibus, fed tameng prò rata
parte ratione diftin&is, ó impulfu & motu ipforum or» r
bium t Veneris . Quello pianeta fi difttngue per la fua
lucidezza , e biancheria « onde avatua tut* tl gli altri pianeti »
ed è si notabile , che in un ofcuro luogo fpòrge ombra fenfibìle •
11 fuo luogo e tra la terra e Mercurio . Egli accompagna
collantemente 11 Sole, e mai non fene dilunge più di 47.
gradi . Quando quella ftcjla va innanzi al Sole , che fi leva 9
dicefi Fosforo , Lucifero o Ilei- la mattutina t c quando gli tien
• dietro , e che tramonta dopo di lui, chiamali Efpero , o Vef*
per , o ftella Vefpertlna . 1 Mercurii . Il piò piccolo de*
pianerf inferiori ,< ed il piò vicino al Sole . La mezzana
diltanza di mercurio dal Sole per rispetto a quella della ter* i;a
al Sole tiene la proporzio- ne di 387. a I00O. Giulia il fentimento
di Neuton , fonda- to fulle prefe efperienze per mezzo d* un
termometro , il calore del Sole fulla fuperficle di Mercurio < 7
volte più In* tenfo , che fulìa fuperficle del- la • terra .
La rivolnzion di Mercurio attorno al Sole , ov- vero il fuo anno
compie fi in 87. giorni e 17. ore * La ri- voluzione diurna poi ,
ovvero la lunghezza del fuo giorno non è ancora determinata . Per
iò altre contezze vedi gli A* ronoml . ì Neque movetur , Fa
oppi* ninne comun degli Antichi che la terra non fi mo velie , cd
anche univerfal de* moderni , Ma non fono mancati filofoli e
ne* vetulll tempi , e ne' mo- derni , che ne folteneflero il fuo
continuo moto , e fpezlal* mente al prefcntc . Furon tra* Filofofi
' antichi Filolao Pitta- gorico ed Eraclide Pontico ec. ed Ecfanto
pur pittagorico , Clc. ' nel Lucullo riporta I*op- plnione di
Niceta da'Siracufa con quelle parole . Nicetas Si • racupus , ut
aìt T beophrafius % c eel urti , folem , lunam , f ìellas % fupera
dentque omnia (tare ten - fet t neque pr^ter ieh*m , rem ul-
«• IL SOGNO DI SCIPIONE. 5*1 , rio; e nell*
infimo cerchio la Luna da* raggi del Solé accefa raggirali: di foteo poi
nulla pili altro v’è, it toon mortale, t cadevole, dalle anime in fuori ,
pet grazia degli Dii all’uman genere compartite; foprala Luna le
fòftanze tutte fono immortali. Che quanto aU la terra, eli 5 è in mezzo
ed è la noni, nè muovefi t élla è 1* infima, e verfò di ella viene ogni
pefo per propria inclinazione portato. V. I Quali
oggetti io attonito rimirando, come in me fui ritornato, che è egli n a*,
dirti, quello sì grati* dee sii foave fuono, che m’empie le orecchie )
Quello, ti loggiunfe, è quel fuoho, che da intervalli dilpari
venendo a un tempo, ma con avvedimento però diflin* ti fecondo la
debita proporzione, per impullo e moto delle orbite illelTe fi forma; il
qual fuonoagli acuti tuoni co* gravi contemperando, proporzionatamente
for- ma fvariati lonori concerti. Imperciocché movimenti di tanta
mole non poflòn ertère chetamente incitati ; e itìlam in mundo
mtverì : qud tum circa axem jumma fe et - licitate -tonvertat ,
torqueat , tadem effici omnia , qua , fi fi ante terra , cdlum
movéretur , Àtque hoc ttiam Platonem in Timeo dicere quidam
arbitran - tur. Sed pattilo obfcwìus . Ma «toppo pift foro i
moderni, il ■Copernico il Galileo ec. Di quella fi fica controversa
, qua- li che fieno quinci e quindi i fondamenti il certo fi ^ ,
che ogni vero ed ubbidiente catto- lico dee contenerli a norma
delle ordinazioni dalla Roma- na chiefa emanate, ciò* che il
moto della terra foftenere 1- ppteticamente fi pofiTa , in
quanto , fe tale fikppofizion fi faccia * fi fpicgherebfcutio age-
volmente molli fenomeni del- la natura : ma cl vieta il fo-
ftener ciò , come tefi . Ma por- Ì3;0 voglia che
alenili non fac- ciali pafiaggio dalPjpotcfi a di- fender la tefi 1
4. Nutu fuo . Importa indi- nazion , tendenza , ed affézion naturale.
E’ di frequente ufo in Cic. 5 Pro rata parìe fattone , Col
Gronóvlo riconofeo . quella lezione non punto fconciata ,
perciocché ben confuona con tutto il cancello del fentimen-
to . E viene a dire che quelli difpari intervalli delle sfere ,
che ne* loro moti rendon fuo- 110 , fono proporzionati a* di-
ve r fi gradi de* tuoni , che for- mano : né fono quelle diflanze
fatte a cafo , ma catione con avvedimento , come appunto ri-
cerca la natura di quello con- certo armonico . 6 ìmpulfu &
mota . Ancor Platone ammife quell 1 armonia dello s9
2 MARCO TULLIO GICERONE biuro conficitur; qui acuta cum gravibus
temperans , variòs^quabiliter concentus efficit . Nec enim filentio
tanti motus incitari poffunt ; & natura fert , ut excre- ma ex
altera parte graviter, ex altera auteni acute fo. nent. Quam ob cauflam
funimus ille ftelliferi Cfli cur- fus, cujus converfio ed concitatior ,
acuto & excita- to movetur fono, graviamo autem hic lunaris arque
indmus Nam terra nona imobilis manens , ima fede femper haeret
complexa medium mundi locum . Il ! ì au- tem o&ocurfus, inquibus
eadem vis ed deorum i Mer- curii, & Veneris, feptem efficiunt
didintìos ìntervallis fonos: qui numerus rerum omnium fere nodus ed .
Quod 2 dodi homines nervis imitati acque cantibus , aperuere fibi reditum
ad hunc locum; ficut alii, qui f traedantibus ingeniis in vita humana
divina fludìaca- uerunt. Hocfonitu oppletae aures hominum obfurdue- runt; nec ed ullus
hebetior fenfus in vobisjficut, ubi Ni. delle sfere celelH , colicchè nel lib. X.
de Repub. deputò a tutte le eelefti orbite ciafcuna firena , che
fopra dj effe dan- doli giraffe con quelle , accon> pugnandone
col canto loro la rivoluzione . Altri poi appref- fo Aridotile nel
lib. 11. de Carlo cap. 9 . c di Plin. nell* Iftor. Nat. II. 3 .
vollero que- llo fuono non procedere dalle celeftl orbite , ma
dalle (Ielle medefime in quelle fide , che . nelle orbite fanno
loro ri vo- ltinone . Quindi è che i Pla- tonici filofofi
credettero che il uiov imeneo de* corpi celefli una vera ed
effettiva armonia formaffe s al qual errore drè luogo la feutenza
de* Pittago- ricl , i quali per formare giu- dizio de* tuoni ad_
altro non aveati riguardo che alle ragio- ni delle proporzioni
efatte , che perfette appari van ne* nu- meri , i quali furon 1 *
ìdolo di Pittagora , fenza punto atten- dere al giudìzio
dell' orecchiò • Ma quella oppinione ne* con» feguenti tempi , a
proporzione che abbracciata era la dottri- ua Platonica , fece i
Cuoi pro- gredì . Quindi è che Filone Ebreo , i>. Agoftino , S
Am- brogio , S. lddoro , Boezio 9 ed altri molti furono molto
impegnati per quella celcfte armonia , cui attribuivano al-
le varie proporzionate impref- fioni de* globi celefti , che fan 1
* un fopra l'altro t le quali comu- nicate per certi giudi
intervalli formano cotale armonia . Non ut> far , dicon* efli ,
che sì erminar! corpi con tanta ra- pidità movendoli , cheti (fie-
no ed In filentio . Ed all* In- contro 1 ' atmosfera di conti-
nuo da que' corpi fofpinta dee produrre una ferie di fuoni
proporzionati alle itnpulfioni » che la riceve : e per confeguen-
te , conciodìachè tutti i globi ce ledi non facciano la medefr-
ma « Digitized by Google w-
* H< ' ~rt.. . 4 *- « IL
SOGNO Dì SCIPIONE. m perù il altura 1 ordine delle cofe, che gli eftremi
fi et* * dall* una parte rendano grave Tuono, dall’ altra poi il
rendano acuto. Per la qaale cagione i! Tu premo corio del cielo
ftellifero, la cui rivoluzione è più concitata , vien molto con acuto ed
elevato (uono, c con gravif- fimo quefto lunare ed infimo corfo . Che
quanto alla terra, nona d’ordine', ilandofi immobile, rimanfi Tem-
pre nel feggio infimo , occupando il luogo di* mezzo nell 5
univerfo. Quegli otto corfi poi , infra i quali il tuono de* due Mercurio
e Venere fi èd’un tenore me. defimo, formano Tette fuoni difpari per
intervalli di- verfi: il qual numero fi è, quali come il legamedi tut- te
le cole. Cotal concerto i dotti uomini colle corde da Tuono avendo
imitato, e co 5 canti, fiaperfero il ri- torno a quello luogo ; ficcome
altri , che per loro ec- cellenti ingegni nella umana vita coltivarono
divini ftudj. Diquefio ftrepito ingombrate le umane orecchie fi
fono aflordite ; nè vi è in voi alcun feotimento più ottufo : a quella
guila che, dove il Nilo in quelle par- ti, cheCatadupe fi appellano, da
altiffimi monti pre- cipita , quella gente , che intorno a quei luogo
abita) P p per ma rivoluzione , né colla me- desima
velocità, 1 tuoni diffe- renti t che provengono dalla di- versità
de* moti , dall* Altif- fimo Indirizzati , formano tm ammirabile
musicale concerto • Il difeorfo par ragionevole r ma noni effondo
foftenuco dall* efperienza delle nostre orec- chie , che pur
parrebbe dovcSTe- ro averne alcun femore , cosi concludo il mio
debole fen ti- mento fu di tale oppfnione • Quell* armonia de*
cieli fe ri- dur SI voglia a muftcal tuono è una bella e fpeciofa
favola degli antichi fi Io Toft , che pre- tendeano alle oppinlonl
loro dare aria e fembiania di ma- ravlgliofe . Ma quefta celaste
muSica ed armoniofo concerto altro non è veramente che le
proporzioni , cui I dotti mo- derni astronomi han riprovato nelle
mifure e quantità , che fo- co portano i movimenti di que- sti
oeleSli corpi ; i Mer curii (f Ventri s . I quali pianeti
accompagnando il Sole , fi comprendono elfere dell* IfteSfo fuono t
ficchè gli otto globi formano fette diversi fuoni . z DoRi
hominet . Ritrovato- ri 'dell* eptacordo , cioè dei mnltcale
iftrumento di fette corde , annoverati perciò tra » Semidei .
Macrobio e Severi- no furono in opinione che co- storo col numero
ferteunarlo di queftè corde IntendeSTero d* imitare il moto
armonlofo de* fette pianeti . L* Affrlcano pe- rò qui intende da
costoro imi- tato il. fuono delle, otto orbi- te già divlf.ite. Su
di costoro non vo* tralafciare 1* oppiato- ne , che n: portò
Quintiliano usi *1 Digitized by Google
594 MARCO TULLIO CICERONE Nilusad illa, qu^e | Catadripa
nominantur, prscipitat CI altiflimirThontibus, ea gens» quae illum Iocura
ag- colie propter magnitudi bear fonitus > fenfu audiendi caret.
Hic vero cantu* eft totius mundi incitati rti ma, converfioneionitus, ut
euoi aures bominum capere noti portine: ficut intuerì folem nequitis
adverfum , ejufque radiis acies vedrà (enfufque vi nei tur- Hate ego
admì- fans » referebam tamen oculos ad te&rain ideutidem.
» V T UM Africanus , Sentio , inquit, te fedem
etiarn dune bominum ac domum contemplali: qusefiti- bi parva, ut
et!, ita videtur, haeccaeleftia femper (pe- lato, illa Humana contemnito.
Tu enim quam cele-, britatem fermonis hominum, aut 2 quam expetendam
gloriam confequi pote$> Vides hab tari iti terra rana &
anguftis in !oci$, & in ipfis quali maculis, ubi ha- - bjtatur,
vaftas folitudines incerje&as; hofque, qui in-, colunt terram,»non
modo interruptos ita erte, utnihil incer Jpfos ab aliis ad alios manare
portìt ; led par. tim£ obliquos, partim 4 averfos, parcim etiam 5 ad-
verfos flare vobis ; a quibus expeéhre gloriam certe nullam
poteftis. Cernis autem terram eamdem, quali 1 quibufdam redimitami
circumdatam òcingulis, equi» ' ‘ * bus * • t nel
lib. I. io. Claror dòmini fapitnt'ue viros rtemo dubita* Vtrit
Jìudtofor tnuficis fuifft tum * Vytb agoras , dtque tum fittiti
acce pt am fitte dubio an « tiquituf opittionem vulgati* itint f
mundum ipfum tjm ra - fiotti ifit rompo jltum , quam Pojlta fit
lyra imitata . Quin- di cred* io che procedcfie la cftimation
grande J od anzi la venerazione , che gli antichi Greci Nerbavano
per, |a molici! che però I mutici dic^nfi pare tatts e fapitttttsi
e T^fepiilhcle effendi» inesperto in toccar la cetera , gli folte
imputato a di- fetto d* imperizia . ' * Catadupa . Le cataratte
fono del Nilo dette da Xaf<T«J ovvric* dt or furti cado,
2 fhfdm txptttttdam glor*am . Cic. ne* lib? ! della Repubblica
fu di, parere , che dovefle chi maneggia la Repubblica effe re
fomentato , ed eccitato alle ge- nerofe imprefe colla gloria , e
credc'a che ciò folle alla Re- pubblica vantaggio^» , - rifle Alo-
ne t che altresì de* Romani fece S Agoftino nel Uh. V- c*.- ij. de
Cl. Ir. Dei . Or coerentemente 1 # Atfricano non condanna del
•tU'to 1' appetito della . lori a , ma vuole a quello rlufcire ,
che qualunque umana gloria i pef enrro ad auguttl tifimi con-
fini rirtretta , e non pur non e ter- 1
Digitized by Google IL SOGNO DI SCIPIONE. 5 p* per U
grandezza dello flrepito, priva è d’udito. fVfa quello Crepito di tutto
l’utiiverfo con rapidiffima rivo- luzione è di tenore sì fatto > che
le umane orecchie noi poffon comprendere: ficcome non potete fiflar gii
occhi del Sole 5 quando Ila di rincontro, e da’raggidì lui l’acume
voftro e’1 (enti mento del, vedereè lover. chuto. Quelle cofeie con
ammirazione afcoltando, ri* volge» pure di tanto in tanto gli occhi alla
terra. Vi. . » . ^ ^ # i A Llora T AfFricano , ben
m’ accorgo, logp^iunfe, che tu anche al prefente il faggio contempli e
l’abita- zione degli uomini; la quale fé piccola ti pare, com’è
ineffetto, tieni (empre rivolto l’occhio a quelle cele- fti
magioni, e quelle non curare, che umane fono • Im* perciocché tu qual mai
confeguir pool ftrepitofa fama dell’uman ragionare, o qual gloria, che da
appetir (la ? Vedi che nel mondo abitazioni fono in rari ed retti
luoghi , ed infra quelli medefimi, come fparfe macchie, dove fi
abita valle folitudini vi fono interpone; e co- li oro , che abitan la
terea , non pure edere per tal ma- niera feparati, che tra elTì nulla
dagli uni polla trape- lare agli altri; ma parte rifpetto a voi dare a
fgem- bo, parte alle (palle, e parte ancora di rinccntroal di fotto
; da* quali certamente fperar non potete veruna gloria. Vedi poi la
medefima terra , come coronata di certe zone ed intorniata, delle quali
due fommamente tra 1 or* dittanti* e quinci equjndt fugli fletti celefli
po* P p a li eterna , cria neppur durevole lun- go
tempo. Quelli rifletti peri» a chi per la evangelica Fede cre- de
una eterna immortai vita , in elei prometta a chi dirittamente
opera , debbono eflere podetofi incitamenti a . non curare la
umana gloria dei tutto , ed a prendere àccefi ttimoli per ri-
volgere ogni aiion noltra a pro- muovere la gloria divina I
Obliquo * . Qaefti fur detti da* Greci 9rfpi oi xf f * 4
/ìdterfos . Coloro fono che tfgaafd;in diverfo polo , e di- coivi»
* vvoixOt . Quelli fono , :hc abitano nella cont rapporta na
temperata fotto il rontrap- pcflto paralello, ma nell* Irte fio'
fenutircolo meridiano. 5 Adterfos . Sono gli antipo- di ,
così de^ti per li piedi o veftigj , che fi rifpondono di rincontro
. t)i qoett! termini vedine fplegazioite pift ampia appretto gl/ A
Urologi 'ed I Geo- grafi. 6 Cittguljs . Divifa le di,* ode
zòne , delle qual! le po- rtreme frigidi ttìme fono, la aie# dia
caldi Éfi ma . 4 / ’ % ■> •
MARCO TULLIO CICERONE *. bus duos maxime intet fe diverfos, & iceji
«ertici* bus ipfis ex utraque parte fubnixos obnguiffe pruina
vides: medium autem lllum & maximum folis ara?'"® torreri.
a Duo funt habitabiles, quorum a udrai is «Ile tin quo qui infiftunt, 3
adveria vobis urgent veft.gia) 4 nihil ad veftrum genus . Hic autem alter
(ubieflus Aquiloni , quecn incolitis , cerne, 5 quam tenui vospar-
te contingat • Oronis enim terra, quac coli tur a vo* bis, 6 anguQa
verticibus, 7 laterìbus latior , 8 parva quaedam infoia eft; circumfufa
ilio mari, quod Atlan- ticum , quod Magnum , quod Oceanum appellatis m
terris: quitamen tanto nomine, quam fit parvus , vi» des. Ex his
ipfis cultis notifque terris, nutnaut tuum , aut cojufquam noftrum nomen
, vel Caucafum nunc, quem cernì* , trascendere pctuit , vel illum Gangem
tranfnare? Qui* in reliquis orienti*, aut abeuntis folis ultimi*,
aut. Aquilonis* Aufirive partibus tuum nomen audiet^ Quibus amputatis,
cet ni s profeto, quanti* in .anguftiis veflragloria fedilatari velie •
IpOautem, qui de nobis loquuntur, quamdiu loquentur ? ' * Y va ; .
' , Q Uinctiam fi cupiat prole* illa futurorum hominum deincep^
laudes uniufcujSque noftrum apatribus acceptas pofteris prodere, tamen
prepter eluvio- nes exuftitionefque terrarum, qua* accidere tempore
certo necefle eft , non modo aeternam , fod ne diu tur- nam quidem
gloriano affequi poffumus. Quid autem in ter- t
% Cai* Virtìcibur. Ai p»U . 1 Duo furtt Jbabit abile s . Vie*
tic efponendo le due zone temperate intermedie quinci e quindi
da' lati t auftrale l* una boreale 1* altra* $ Adverfa vobis .
Perciocché dimorano dall* altra parte dell* - cccliptica folare .
4. Niktl' ad vefitum genus . Perciocché «è voi a loro nè
efli a voi trapalano . 5 JQuàm tenui vos parte , Vedi quanto
fi a piccolo fpaxio quello ) dove fi aggirano le Volbe
glorie . . 6 Angui a vertieibus * ' In brevi parole accenna la
latitu- dine della terra fottopofta a’ Romani , la quale coi. fitte
nel- la dittatila d * un luogo dall* Equatore ed un arco del meri-
diano , comprefo tra *1 Zenit h del luogo, e l'Equatore. (Quin-
di la latitudine dlctfi efiere • fettcRtrionaie 0 meridionale ,
fecondo che li luogo del qual fi parla è fett^ntrionale , 0 me-
ridionale . Or 4a parola wr- ticibus fignifica i poli Artica
* Afr Digitized by Google IL SOGNO DI SCIPIONE.; fp 7
ii pofàndo, vediefTere per la brina irrigidite ♦ equeila di mezzo»
e la più ampia edere dal folare ardore av- vampata* D.ie le abitabili
fono, delle quali l’audrale ( dove chi dà (opra imprimon veftigj di
rincontro a noi ) alla vodra fpecie non appartiene . Di queO” altra
poi all* Aquilon foggetta , cui abitate , guar- da come tenue parte a voi
ne tocchi * Imperciocché tutta quella parte di terra , che da voi fi
abita , da ver- tici rifìretta, più diflefa da fianchi, è come una picco-
la ifola; bagnata intorno da quel mare, che in terra chiamate
Atlantico, Magno, ed Oceano: il qual però comecché di si gran nome, pur
vedi quanto picco! fia . Da quelle idede coltivate e note regioni o*l nome
tuo, ovvero il nome d* alcun de’ nodri potette egli forfè o
queft’Oceano valicare, cui tu vedi, o traghetfarequel Gange? Chi
mai i]\nome tuo afctìlrerà o nelle altre parti del nafcente fole, o
nefl’eftreme del medefimo tramontate, ovvero nelle parti dell’Aquilone,
edell* Au- lirò? Le quali regioni edendo feparate, certamente fcor*
gi in che augufli fpazi la vodra gloria alpi ri ad ed'er didefa.
Quelli poi, che di noi ragionano, finoaquan* do il faranno? Vii. :
G HE anzi fe quella gènéraxìone di futuri uomini bràa mera
fuceeflìvamente di trafmetterea’poderi legio- ne di ciafcun di noi da*
padri loro fentite , tuttavia ber le inondazioni, e divampamenti
de'paefi, i quali Fora* è che in determinati tempo fuccedano, nonpoflìa-
mò acquiflar gloria, non che fempiterna, ma neppuf lungamente
durevole. Or che mónta che da colorò, i quali nafceran dappoi, fu di
tefìterran difcorfi* men- Pp - j tre fe Aritattlco t che
fono 4 ter, mini , per cui rapporto fi mi. fura r eftenfione della
latitu- dine • ' Ì Ut tribù s f Attor. Viene ef- pretta la
longitudine dell* Impe- rio Romano , cioè 1* eftenfio- ne , che
area da Ponerite a Le- vante fecondo la direzione dell' Èquatore .
E quindi fi vie- te a concludere che maggior nc forte ia
longitudine che la la tir udinè • 8 Par va quaJatn ihfulA
efb &c- Dal Cielo additando l'im* perfo Romano lo dlmoftra come
una piccola ifola conirtefa e bagnata dall* Oceano. Ma que-
lla è una mani fetta efagerazld<* ne per efprimerne la piccolez-
za , chfe dal cielo all* Affrica* no appariva . Aulì , a dir ve-
ro, non fi potea ncppor chia- mar ifola . r
59S MARCO TULLIO CICERONE tereft ab iis, qui poftea nafcentur,
fermonem fore de te, cum ab iis nuilus fuerit, qui ante nati fint ; qui nec
pauciores , & trerte 1 meliores fueruntviri? cam pradertim apud eos
ipfos, a quibus a udiri nemen no. flrum poteft, nemo uniusanni memoriam
confequi pof. fit . Homines eoiro populariter annum tantummedo So-
Jis, ideft unius aftri rHitu metiuntur ; cum autem ad idem, unde
femel profeta funt, cun£te aftra redierint, eamdemque tetius cadi
deferiptionem longis interva!- Jis retuleriot , tum ille 2 verevertens
annusappellari poteft; in quo vix dicere audeo, quam multa incula,
bominum teneantur- Nacnque, $ ut olimdeficereSoi •bominibus
extinguique vìfus eft , cumRomuIi animus baec ipfa in tempia penetravi;
ita quardoque eadem parte So^ , eedemque tempore iterum defecerit , tum
fi- bus ad idem principium ftellifquerevocatis , ex«
1 Meliores fuerunt , I coftu- mi degli Antichi, la fede, gli
andamenti ec. univerfalmente dagli fcrittori commendane :
quello è vezzo comune anche a eh! è vecchio, deferitto da
Orazio con quelle parole. Lau- dai or tempori s afri . Onde que-
llo giudizio non Tempre al ver corrifponde . 1 Vere verterti
annus . Que- lle maniere verterti annus , verterti menfis fono
pagamen- te prefe per un anno , .per un mele trafeorfo . Altri
parcirlp j n'arreco di voce attiva in for- za partiva alla nota 7.
nella vi- ta d* Agelìlao apprettò Nipote. Qui però mi 'pare pift
coturno- da V interpretazione in forza attiva , actefe tutte le
parole ed il contefto. Or qui li parla •* dell' anno grande , che\
ebte più e dlvcrfi titoli . Fu chiama- to , or ma gnu s , or
fidereus , quando mundanus , tal Hata Platonìcus , e comprende
tutta l’efteulion di tempo, ovvero il perìodo di tanti anni ,
quanti li richiedono perchè i corpi ce- lefti torniti tutti
a Quella poli» zion primiera , nella quale fu- rono al principio
del mondo • Cic. acconciamente il divlfa nel lib, 11. cap. de Nat.
Deo-. rum . Maxime vero funt ad*n i- r abile s mot us earum
quinqete jtellarum , qua falfo vocantttr errante s $ nihil enìm
trat , quod in omni eetemitate conferva progreffus , regrejjus t
reli- quofque motus confante s (jf ra- tos .... jQuatum ex dijpn-
ribus Motiombur magnurn an- riunì mai he mutici nominate-
runt , qui tum efficitur , tum folis fy lume , & quinque er-
rarti ium ad earrtdem itJer fé zompar ationem.y tonfi fòt) 0 nt-
niuru fpatiis , ejl fatta conver- go . Pare che qui nel coffo
di que(|' anno inetta in confi- de razione i Ioli pianeti . Ma
gli alt» i fcrìttoti, e Cic. iftef- lb nel prefen.t fogno palla .di
tu^tc le ftellc u*b ver Talmente -\ Quale poi lia il numero precifo
degli auul ella è controverfìa non \ 1
V * i $. * .
Digitized by Googls * \ IL
SOGNO DI SC1PTONE . m tre nonfen’è fatto pur parola da quelli , che negli
ante- • riori tempi vennero a luce; i qua!» nè furono in mirtor
numero, e certamente uomini furono più valenti ? maf- fime che
apprerto quegli flerti, da’ quali fi può il nome noftro afcoltare; niiino
ne può la ricordanza ottenere d'un fole anno. Imperciocché g li uomini
giulia J’efti- mazion popolare dal rirorno (oltanfo del Sóle mifuran
l’anno, cioè d’una fola (Iella : quando poi faran tutte le (Ielle
al punto medefimo ritornate, onde una volta fi modero ; ed avranno ne*
lunghi loro intervalli ripor. tato il drvifamento medefimo di tutto il
Cielo, allora quello fi può veramente appellare anno , che opera rivo,
lozione: nel quale appena d’efprimer ro* attento quan. ti fecoli
umani fieno comprefi. Imperciocché, ficcome una volta agli uomini parve
che il Sole foftenedè ec. elidi , e fi ammorzarti;, quando l’anima di
Romolo pe- netrò in quelli (ledi profpetti ; coslallor quando il So-
le nella parte medefima, e nel tempo irteffo da capo avrà (ottenuto
ecclirtì, allora ertendo tutti i celetti cor* pi, etutte le (Ielle al lor
principio medefimo richiama, re, terrai l’anno erter compiuto . E Tappi
chedftjueft* anno non n’ è per anche la‘- vigefima parte trafeoria %
Che però (e difpenerai di far ritorno in quello luogo, ; ... y a r
P p 4 nel non per anche decffa . Clc. Iftetfo parlando di
quella rivo» In z. ione foggi agile appreflb .. jQuaquam longa fit
, 'magna quelito ejl , ejfe Viro cirtam defintiam necejfe eji . Si
cita perb un frammento dell* Opera intitolata l'Orccnfm , dove
chia- ramente efprime il fuo Tenti, mento. 1s eft magnai & Vi-
rus annus , quod i aderti pofìtìo cali fiderumque cum maxima
ifi , rurfum exijigt j ifque an- nui horutn , quoi tocamui , an-
norum Xll. M DCCCC1V. com- pie Bit ur 9 cioè dodici mila no-
vecento quatir' anni . In. cib fono fvariatiifime le eppinioni
degli altri-, che ci danno ar- gomento ad affermar con cer-
teira non effor ancora 1* agro- nomia pervenata a tanto, eh»
pocefle fame probabile decifìo. ne. Sicché quel, che fi foggiti,
gne pift innanzi in quello ci- po , hu)us anni nondum vieeji-
matn partem itfi cot/Virj'am , fb. vuol prendere per piccolo , c
fcarfo tempo, non per determi- nata mifura trafeorfa . Ovvero
fe Clc. ha pretefo di far dire * all* Affricano il preclfo fpazio
del trapalato tempo , non fi vuole attendere in cofa cotanto
incerta . j Ut olim. Ferma il principiò dell* anno grande dalla
morte di Romolo , cu! dicono che moriffe nelPecliffe del fole . Per
altro da ogni punto di tempo fi pub dare cominciamento al computo
di quello anno Platonico. \ \
Digltized by Google I 6 oo MARCO TULLIO
CICERONE Qxpietum aonum habeco. Hujus quidem anni nóndulft
vicefimam partem fcitoeffe converfam. Quocirca fire- ditum iit hunc
locum deiperaveris , in quo omnia fune magnis & praeflantibus viris ;
quanti tandem eft ifta ho- minuui gloria, quae pertinere vix ad unius
anni par* temexiguam poteft ? Igitur alte (pelare fi voles,. a tque
hanc fedem & aeternam domum contueri , neque te fermonibus
vulgi „ dederis , nec in praemiis humanis fpem pofueris rerum tuarum ;
fuis te oportet iilece* brìs ipfa virtus trahat àd verum decus, Qui
detealiì loquantur, ipfi videant, fed loquentur tamen. Serma autem
omnis ilie, & augufliis cingitur iis regionum, quas vides, nec umquam
de ullo perennis fuit ; & obruitur hominum inceritu , & oblivione
pofteritatis extinguitur. V 1 1 L Q UiE cumdixiflet,
Ego vero, inquam, oAfricatie* fiquidem bene mentis de patria, i quali
limes ad cali aditum patet, quamquam a pueritia vedi* giis
ingreflus patriis & tuis, decori vefìro non defui; nunc tamen, tanto
praemiopropolìto, enitar multo vi* gilantius. Ét ille : Tu vero enitere ,
fitfic habeto, non effe te mortalem , fed corpus hoc: 2 necenim i9
es, quem forma irta declarat ; fed mens cujufque, is eft quifque,*
non ea figura, qua? digito demonOrari po* teli. 1 Deum te igitur
fcitoeffe; fìquidem 4 Deused , qui viget, qui fentit, qui meminit , qui
provider , qui tam regie & moderatur & movet id corpus, cui
P**- 1 lima. Sono propr la- nterne le ftrade , che
fervono di’ cfivifionc alle campagne, e per confeguente fono od
hanno an- che T. varchi per enrrare né * campì . Quindi fi accatta
la me- tafora , e fi trafpórca al cielo . a Nec e» im is es , quem
&C. Qucfii rifleffì e dottrine con aU tre , che fieguono , fono
Plato- niche. Socrate appretfb del di- vi» filofofo dìmoftra al fuo
Alcibiade che I* uomo noli £ il foto corpo , ne il corpo
colla mente , ma ta fola men- te . E nell* Affoco cosi ferivi
Hgeif uiV yip tVjuiv * «d tf VOtOZfV y tv •Sl'l/- <7»
xat$HpyfjisvGÌr Qpoupta • Imperciocché noi pani lene V 44 stinta ,
immortale animale , rat • eh tufo in mortai cufiodia . SI-
niigliantc fu 'il fenthnento d* Arnobio e di Lattanti©. ^ '
3 Deum te igitur jtito effe . Gli Stoici definivano 1* nomo animai
rationale mortale , e Diù t Digitized by
Google t IL SOGNO DI SCIPIONE. 6o i hel quale
per li grandi ed eccellenti uomini v'è ogn * bene ; alla fin fine corefta
gloria degli uomini a che valore monca , la quale appena comprender fi
può in una parte piccola d' un folo anno? Se vorrai pertanto fi
(Tare l'occhio dell’intelletto in alto, e quefto feg- gio rimirare , e
quella eterna magione , non ti farai fervente a’ parlari del volgo, nè
Tulle ricoropenle u- mane la fperanza riporrai delle imprefe tbe ;
convie- ne , che la virtù medefima cogli allettativi fuoi ai decoro
vero ti tragga . A quello, che gli altri fieno per parlare di te , ci
penfino erti , ma pur parleran- no . Ma ogni lor difcoirere e vien
compralo tra le anguftie delle regioni, cui vedi, nè fu d’alcun fog-
getto fu perenne giammai; e riman fepolto dal mori- re degli
uomini, e nellaoblivione della pofterità vien meno . * « o - t è
»*’ 1 a* . Y* ~ l * i 1 » VHI. • % - * * * r ' , * ! * •
L E quali contezze avendomi efpofto , or io , fog. giunfi , o
Africano, giacché a’ foggetti) bene me- fiti della patria è come quafi
aperto il varco all' in- greflo del cielo , febbene fin dalla puerizia
mefTomi ìu i paterni vefiigj e fu de’ tuoi , non ho al decoro
voftro mancato j pur nondimeno al prefence , portomi avanti cotanto
premio, con troppo maggior vigilanza farò miei sforzi . Ed ei replicò :
Metti pur tuoi sfor- zi ; e pervaditi, cbfc tu non fei mortale, ma quello
corpo fibbene * che non fei dello , cui la fembianza tua dimoftra;
ma Io fpirito di cialcuno è quello, che fi è ciafcuno ; non è tal la
figura f che accennar fi polla col dito * Sappi adunque che tu lei Dio:
poiché Dio è chi ha vivacità , fentimento, memoria, prov- videnza ,
e che tanto regge , e modera , e muove quello corpo, cui è a governar
deputato, quanto quel principale Dio queil* univerfo; e ficcome l'iddio
eter- no Dio animai rationalt immorta - ìe . Sicché
giuda la loro dot* trina 1* uomo per quella pondo* ne di fc , ond’è
immortale , non farà da Dio differente k 4 Ùeus e fi qui Iftitulfce
la parità tra Dio e I* 'uomo e la ragione , onde provati l*
immortalità deirefTema divina, l’eftende a provare rìnynorta-
lità dell'anima , eziandio ante- riore. *. t
V . s* % 601 MARCO TULLIO
CICERONE prstpofitus ed , quam hunc tnuodum princeps ille Deus:
& ut mundum exquadam parte mortalem ipfe Deus asterifus, fic fragile
corpus animus fempirernus nrovet. Nam i quod femper movetur, «ternani eft:
: quod autem motum affert alicui , quodque ipfum a. gitatur
aliunde, quando finem habet motus, vìvendi *|faemUiabe*t neceflè eft.
Solum igitur quod iefe mo* •vèt , quia 1 numquam deferitur a fé , numquam
ne moverì quidem definii : quin etiam ceteris, qu« mo- ventur, hic
fons, hoc principium eft movendi. Prin- cipio autem nulla eft origo: nam
ex principio oriun- tur omnia ; ipfum autem nulla ex re : nec enim id
efl’et principium , quod gigneretur aliunde . Quod fi numquam
oritur, uè occidit quidem umquam • Nam principium extinàum , nec ipfum ab
alio renafcefur, nec ex fe aliud.creabit: a fiquidem neceffe eft a
princi* pio oriri omnia. Ita fit , ut motus principium ex eo fit ,
quod ipfam a fe^ roovetnr ; ìd autem nec calci poteft nec mori : v *el
concidat omne caelum, om- nifque natura confiftat necefl'e eft ; nec vira
ullam nancifcatur, qua prime impulfu moveatur. IX.
( * C UM pateat igitur , aeternum id effe , quod a fe
ipfo moveatur; quiseft, qui hanc naturai» arii- mis effe tributam
neget ? Inanimum eft enim omne, quod pulfu agitatur externo. Quod autem
animai eft, id mota cietur interiore & fuo. Nam haec eft natura
propria animi atque vis*; quae fi eft una ex omnibus , quae fefe
moveant , oeque nata eft certe , & atterri* eft. Hanc tu exerce in'
optimis rebu 9 . Sunt autem hae opti ma? cura? de falute patriae , quibus
agitatus & exercitatus animus, i velocius in nano fedem & do-
mum fuam pervolabit . Iraque ocyus faciet , fi iam tu, cum erit inclufus in corpore,
croincbit foras; & ea , - i jQuotì femper
movetur tye. Quefto
argomento lo efpóne quafi colle iftefle parole nelle Tumulane 1. 2
$. Latta mio . v ancora .lo tratta con principi ancor
più forti nel lib, VII. cap. 8. 2 Yel tonciÀAt omne tàtìum
&c. $ \ IL SOGNO DI SC? PIGNE . 60*
no Dio T univerlo muove per alcuna parte cadevole, così 1’ immortale
fpirito muove il fragile corpo. lm* perciocché eterno è quello , che
Tempre muovei : quello poi , che communica moto ad altra cofa, e che
pure impulfion foftiene da altra cagione , quando il moto ha fine,
egli è di neceffieà , che al fin perven- ga del viver Tuo . Quel foio
adunque , che le Hello muove, perciocché non è mai da sé abbandonato ,
nep* pur cella giammai di muoverli ; che anzi alle, altre cole
àncora , che muovonfi , egli è origine , egli -è principio di moto. Ma il
principio non riconofce o- rtgine i che dal principio tutte le cole
traggono lor nalcirrienio ;.e(To poi da ninna il trae ; imperciocché
non farebbe principi® quello, che generato folle d’ai* tronde . Che
fe giammai non nalce , neppur muore giammai . Concioflìachè il principio
edendo venuto meno, nè eflo da un altro rinalcerebbe , nè di sé po-
trà creare un’ altro ;* poiché egli è forza che tutto nafea da un
principio . Per tale maniera n’avviene, che il princìpio del moto da
quello fi a , che da le lleflb fi muove ; or quello nè nafeer può nè
morire : ovvero di necelfìtà è che rovini giù tutto il cielo , e
l’univerfa natura fi arrefti ; nè trovi alcun vigore, onde colla
impulfion primiera fi muova. IX. E Sfendo pertanto manifeflo quel
lo effere eterno 9 che da le ftelfo fi muove , chi negar potrà che
quella naturai proprietà fia fiata alle anime conceda» ta ? I
mperciocchè- inanimato è tutto ciò, che foftien moto da impullo eflerno .
Quello poi , che è anima* Te , viene per interiore e proprio moto
rifeoffo . Im-, perciocché quella è la natura propria e la virtù dell*
anima ; che fe P una é infra tutte quelle nature, che fe ftcflfe
muovono, non ha certamente avuto prin- ci- &c. Il
fentimento e le parole 1* anima più facilmente da fe altresj, fono di
Platone nel - fcocerà il mortale e torpido Tedro. ' ' pefo del còrpo , e
pift fpedita- ; V elotius fife. Con quello niente voleranne alla celeitc
ma* cfcrdifo e moto d' ojcraiìonl gione.*. }
éo 4 MARCO TULLIO CICERONE ea, quae extra erunt, contemplans, quam
maxime (e a Corpore abftrahet . Nam eorum animi , qui (e cor- poris
voluptatibus dediderunt, earumque (e quafi mi* ni (Ir os praebuerunt ,
impuifuque libidinum voluptati* bus obedientiurti * Deorum & hominum
jsra violavo* runt , corporibus elapfi i circum terram ipfam volo,
tantur, noe in hunc locum, nifi multis exagitati (ae- culis,
revercuntur « Iile diiceffìt : ego (ornilo folutus fum. i
Circum terrdm ipfdm . Que- lla 6 oppiatone dì Socrate , da Platon f
ragionata nel Fedone * dove dice che le anime de* malvagi
rimaugonfi In terra condannate a divagare intorno a* fepolcri ,
dave pagan le pe« ne della vita malvagiamente menata . £d
alla fatta oppi* ninne dà pure alcuna compatta di fondamento • 1*
apparire ta« lora in si fatti luoghi fpcttrf cd ombre «
Digitized by Google I . IL SOGNO DI
SCIPIONE. 60$ cipio dì nafci mento, ed eterna è. Quella tu eiercita
in ottime operazioni . Ed ottime lono le premure fall* falvezza
della patria, {ielle quali Panima meda in moto ed efercìrata, piò
velocemente a quello leg- gio e magion (ua ne volerà • E ciò pib
fpeditamente farà , Te già fin d* allora , quando farà nel corpo rac-
cbiufa , fi loileverà fuori di sè, e contemplando que- gli oggetti
, che eftranei faranno , fi difiorrà, quanto può mai , dal corpo.
Imperciocché le anime di colo, ro, che fi fono a corporali piaceri dati,
e fi rendette- v ro quafi minidri di quelli , e che , per impulfo
delle didemperate padroni a* piaceri fatti obbedienti, le leg- gi
ruppero e degli Dii e degli uomini, da' corpi ufci- te fi vanno intorno
alia terra medefima ravvolgendo, nè io queflo luogo , fe non dopo d* edere
(late tribo** late molti fecoli, fan ritorno. Egli dipartirti; edio
mi difcoHi dai fonno. Publio
Cornelio Scipione Emiliano Africano Minore. Keywords: Silio, il sogno di
Scipione.
Grice ed Sclavione: il lizio di Padova – filosofia
italiana – Luigi Speranza
(Abano). Filosofo
italiano. Grice: “I like Abano; he is from my wife’s favourite part of Italy –
Veneto – actually provincial di Padova – which has Gaspirated p!” – Grice: “My
favourite Abano is the logician or philosopher of the lingo – Grice: “As a
classicist, I can expand on Lycaeum – the weirdest word I ever came across – We
don’t call them peripatetics at Oxford: we call them members of that
gentlemen’s club – the Lycaeum – neutre. What does it stand for – it stands for
a statue, of a seated god – Apollo --. The Italian evolution of the sound
‘lyc-’ is lizio. At Oxford, it has become a code word for “Aritotelian” –
without the fallacy ad hominem! Melodramma. Filosofo, insegnante di filosofia e a
Parigi e Padova. Inoltre è considerato il primo rappresentante dell LIZIO
padovano. Amico di Marco Polo, vive a lungo a Costantinopoli per imparare
il greco, studiando in originale i testi di Galeno. È autore anche di varie
traduzioni di saggi filosofici greci in latino: i “Problemata” di Aristotele --
ai quali aggiunse un commentario, l’ “Expositio Problematum Aristotelis”), i
Problemata di Alessandro di Afrodisia, vari scritti di Galeno e Dioscoride. Si
guadagna una grande fama come autore Conciliator Differentiarum, quæ inter
Philosophos et Medicos Versantur. S. ispira a Giotto il complesso – e per
molti versi misterioso – ciclo pittorico che orna il palazzo della ragione di
Padova, andato perso in un incendio e rifatto da alcuni pittori minori seguendo
lo stesso schema iconografico. Il ciclo di affreschi è suddiviso in CCC
riquadri, si svolge su III fasce sovrapposte, ed è uno dei rarissimi cicli
astrologici. È considerato uno dei più colti ingegni, la sua dottrina lo fa
passare per un negromante. Accusato III volte dal tribunale
dell'inquisizione di magia, eresia e ateismo è prosciolto le prime II volte.
L'ultima volta muore in prigione a causa delle torture subite. A seguito della
condanna il suo cadavere è dissotterrato per essere arso sul rogo. Ad A.
esplicitamente si rifa, per alcuni argomenti, come l'embriologia, il filosofo
Forlì [si veda]. Nel Conciliator Differentiarum, quæ inter Philosophos et
Medicos Versantur A. rifere di avere parlato con Marco Polo di quello che ha
osservato nella volta celeste durante i suoi viaggi. Marco racconta che durante
il suo viaggio di ritorno nel mar cinese avvista quella che descrive in un
disegno come una stella a forma di sacco – “ut saccoc”, on una grande coda –
“magna habet caudam.” A. interpreta questa informazione come una conferma della
sua teoria secondo cui nell'emisfero sud si puo osservare una stella analoga
alla stella polare, ma si tratta con ogni probabilità di una cometa.
Gl’astronomi sono concordi nell'affermare che non ci furono comete avvistate in
Europa, ma ci sono testimonianze che una cometa venne avvistata in Cina. Questa
circostanza non compare nel Milione. A. conserva il disegno nel suo
“Conciliator differentiarum quæ inter philosophos et medicos versantur.” Sempre
nello stesso saggio, si riporta la descrizione di un animale di grossa stazza
con un corno sul muso, identificato con il rinoceronte. A. non riferisce un
nome particolare assegnato da Marco a questo animale. Si pensa invece che è Rustichello
a identificarlo con l'unicorno nel Milione. Questa testimonianza è stata
ripresa da Jensen, quando venne messa pesantemente in dubbio la veridicità del
Milione di Marco Polo. Sempre nel Conciliator Differentiarum, A. menziona
la spedizione d’Ugolino e Vadino Vivaldi genovesi verso le Indie per via
mare. "Parum ante ista tempora Januenses II paravere omnibus
necessariis munitas galeas, qui per Gades Herculis in fine Hispania situatas
transiere. Quid autem illis contigerit, jam spatio fère XXX ignoratur anno.
Transitus tamen nunc patens est per magnos Tartaros eundo versus aquilonem,
deinde se in orientem et meridiem congirando. Riconoscimenti Il Teatro
Congressi di Abano Terme -- già "Cinema Teatro delle Terme" -- è a
lui dedicato, come pure l'IPSSAR A. (Istituto Professionale di Stato per i
Servizi Alberghieri e della Ristorazione) poco distante, e altrettanto il
Centro Studi Termali A., ente di ricerca del territorio Euganeo. È
rappresentato a Padova in una delle LXXVIII statue di Prato della Valle e
nell'alto-rilievo al di sopra di una delle IV porte d'entrata di palazzo della
ragione. Ad Abano Terme a lui sono dedicati una statua nell'omonima piazza
e il bassorilievo sul lato Est dello gnomone della meridiana monumentale in
piazza del Sole e della Pace. Dizionario di filosofia. M. Guidi, Caratteri
e modi della cultura araba, Real Accademia d'Italia. A Padova, specialmente,
ferve lo studio degl’arabi, poiché A. – il quale si è servito non solo del
greco, ma anche dell'arabo che è andato a studiare a Costantinopoli per poter
rettificare gl’inevitabili errori delle versioni del tempo – fa della sua
scuola il centro di quello che fu poi detto l'«Arabismo medico».». Ventura, Translating,
commenting, re-translating: some considerations on the Latin translations of
the Pseudo-Aristotelian Problemata and their readers, in Goyens, Leemans e A.
Smets, Science Translated: Latin and Vernacular Translations of Scientific Treatises
in Medieval Europe, Leuven; A., su galeno latino. Vico, Per una storia dell'embriologia, Guerini,
Napoli, Jensen, The World's most diligent observer, Asiatische Studien, Bottin,
A., Marco Polo e Giovanni da Montecorvino, in Medicina nei Secoli, Tiraboschi,
Storia della letteratura italiana” (Firenze, Molini e Landi); “Conciliator
differentiarum philosophorum et precipue medicorum.” Pazzini, A., in Dizionario
Letterario” (Milano, Bompiani); Cadden, "Sciences/silences: the nature and
languages of sodomy in A.'s problemata commentary,” in Lochrie, McCracken e
Schultz, “Constructing sexualities” (University of Minnesota press, Minneapolis
& London); “Médicine, astrologie et magie: autour de A.”, Boudet, Collard e
Weill-Parot (Firenze, Sismel - Edizioni del Galluzzo, Società internazionale
per lo studio del medio-evo latino); Trattati di Astronomia, Lucidator
dubitabilium astronomiae, De motu octavae sphaerae e altre opere, cur. Vescovini,
Padova: Editoriale Programma, Loris Premuda, «Pietro d'Abano». In: Dizionario critico della letteratura
italiana, Torino: POMBA L. Norpoth, Zur Bio-Bibliographie und
Wissenschaftslehre des Pietro d'Abano, Mediziners, Philosophen und Astronomen
in Padua, Kyklos, Lynn Thorndike, A history of magic and experimental science,
Vol. II: During the first thirteen centuries of our era. New York: Columbia
university press, Sante Ferrari, I tempi, la vita, le dottrine di S.: saggio
storico-filosofico, Genova: Tipografia R. Istituto Sordomuti, Pietro d'Abano,
Conciliator differentiarum philosophorum et precipue medicorum, Gregorio Piaia,
Pietro d'Abano. Filosofo medico e astrologo europeo, Milano, FrancoAngeli,
Francesco Aldo Barcaro, L'eretico Pietro d'Abano (medico o mago?), Nuova
Grafica, Vigorovea (Sant'Angelo di Piove di Sacco, PD), Voci correlate Storia
della scienza Aristotelismo Taddeo Alderotti Mondino dei Liuzzi Sefer Raziel
HaMalakh. Treccani – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana.Guido Calogero, Pietro d'Abano, in Enciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana.Pietro d'Abano, su Enciclopedia Britannica,
Encyclopædia Britannica, Inc.Iolanda Ventura, Pietro d'Abano, in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Opere di Pietro
d'Abano, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.(FR) Bibliografia su S. Les
Archives de littérature du Moyen Âge.Marta Cristiani, Pietro d'Abano, in
Enciclopedia dantesca, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Pietro d'Abano, in
Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. He is possibly the first
alphabetical philosopher. But there are more! Important
Italian philosopher. From Abano-Terme. “If Occam is called Occam, I should be
called Harborne.”Grice. “He was an exacting editor, if ever there was onebut he
failed at one thing, “Problemata physica” was never written by
Aristotle!”Grice. S. nasce
nella città italiana da cui prende il nome, ora Abano Terme. Guadagna la fama
scrivendo "Conciliatore Differentiarum, quae tra Philosophos et Medicos
Versantur." Finalmente è stato accusato di eresia e l'ateismo, ed è venuto
prima della Inquisizione. Muore in carcere prima della fine del suo
processo. Vive in Grecia per un periodo di tempo prima che si è trasferito
e ha iniziato i suoi studi a lungo a Costantinopoli. Si trasferisce a Parigi,
dove è stato promosso ai gradi di dottore in filosofia, nella pratica di cui
era un grande successo, ma i suoi costi sono notevolmente alta. A Parigi
divenne noto come "il grande lombarda". Si stabilì a Padov ed è stato
accusato di praticare la magia: le accuse specifiche è che è tornato, con
l'aiuto del diavolo, tutti i soldi che ha pagato di distanza, e che possede la
pietra filosofale. Naudé, nel suo "antiquitate scholae Medicae
Parisiensis," dà il seguente resoconto di lui. "Cerchiamo di prossima
produciamo S. chiamato il riconciliatore, a causa del famoso saggio che ha
pubblicato durante il suo soggiorno nella vostra università. E 'certo che
fisica laici sepolto in Italia, scarsa noto a nessuno, incolto e disadorno,
fino alla sua genio tutelare, un abitante del villaggio di Apona-Terme,
destinata a liberare l'Italia dalla sua barbarie e l'ignoranza, come Camillo
volta liberato Roma dall'assedio del Galli, ha fatto un'indagine diligente in
quale parte del mondo della letteratura cortese è stato felicemente coltivata,
la filosofia più astuzia gestito, e fisico ha insegnato con la massima solidità
e la purezza; e di essere certi che sola Parigi rivendicò questo onore, là vola
attualmente; dando se stesso interamente alla sua tutela, si applicò con
diligenza per i misteri della filosofia e della medicina; ottenuto un grado e
l'alloro in entrambi; e poi entrambi insegnato con grande applauso: e dopo un
soggiorno di molti anni, loaden con la ricchezza acquisita in mezzo a voi, e,
dopo essere stato il più famoso filosofo del suo tempo, torna al suo paese,
dove, a giudizio del giudizioso Scardeon, è stato il primo restauratore della
vera filosofia. Gratitudine, quindi, invita a riconoscere i vostri obblighi a
causa di Blondus, di Roma, che nell'ultimo impegno secolo di pubblicare
il Conciliationes Physiognomicæ del proprio Aponensian, e trovando erano state
composte a Parigi, e nella vostra università, ha scelto di pubblicarli nel
nome, e con il patrocinio, della vostra società. Portava le sue indagini
finora nelle scienze occulte della natura astruso e nascosta, che, dopo aver
dato più ampie prove, dai suoi scritti in materia di fisionomia, geomanzia, e
chiromanzia, si è trasferito sulla allo studio della filosofia; che studi hanno
dimostrato in modo vantaggioso per lui, che, per non parlare dei due prima, che
lo presentò a tutti i papi del suo tempo, e lo ha acquisito una reputazione tra
i dotti, è certo che era un grande maestro in quest'ultimo, che appare non solo
dalle cifre astronomiche che aveva dipinto nella grande sala del palazzo di
Padova, e le traduzioni fece dei libri del rabbino dottissimo Abraham Aben
Ezra, aggiunto a quelli che si ricompose nei giorni critici, e il miglioramento
di astronomia, ma dalla testimonianza del celebre matematico Regiomontano, che
ha fatto un bel panegirico su di lui, in qualità di un astrologo, nell'orazione
ha pronunciato pubblicamente a Padova quando ha spiegato c'è il libro di
Alfragano. Steepto scritti Conciliatore differentiarum
philosophorum et precipue medicorum Nei suoi scritti egli espone e difende i sistemi
medici e filosofici di Averroè, Avicenna, ed altri scrittori. I suoi saggi più
noti sono il Conciliatore differentiarum quae tra philosophos et medicos
versantur e De venenis eorumque remediis, entrambi i quali sono ancora
esistente in decine di manoscritti e varie edizioni a stampa. Il primo
tentativo di riconciliare apparenti contraddizioni tra teoria medica e la
filosofia del LIZIO, ed è stato considerato autorevole in ritardo quanto XVI
secolo. E 'stato affermato che S.
anche scrive un saggio di magia chiamato "Heptameron," un manuale
conciso di riti magici rituali che si occupano di evocare gli angeli specifici
per i VI giorni della settimana -- da qui il titolo. Egli è anche accreditato
con la scrittura De venenis eorumque remediis, che ha esposto sulle teorie
arabi in materia di superstizioni, veleni e contagi. l'Inquisizione
Generico ritratto di Petr [noi] da Abano conciliatore, <la rovesciata 'c' è
un'abbreviazione corrente latina per il prefisso 'con -'> xilografia dalla
Cronaca di Norimberga, E 'stato due volte portato in giudizio da parte
dell'Inquisizione; per la prima volta è stato assolto, e muore prima che il
secondo processo è stato completato. E 'stato trovato colpevole, però, e il suo
corpo è stato ordinato di essere riesumato e bruciato; ma un amico aveva
segretamente rimosso, e l'Inquisizione doveva quindi accontentarsi con la
proclamazione pubblica della sua frase e la combustione di S. in effigie.
Secondo Naude: L'opinione generale di quasi tutti gli autori è, che e il
più grande mago del suo tempo; che per mezzo di sette spiriti, familiari, che
tenne chiuso dell'articolo in chrystal, ha acquisito la conoscenza delle VII arti
liberali, e che ha l'arte di causare il denaro che aveva fatto uso di tornare
ancora in tasca. È accusato di magia e muore prima che il suo processo e finito.
E stato condannato, come riporta Castellan, al fuoco; e che un fascio di paglia
o vimini, che rappresenta la sua persona, è stata pubblicamente bruciato a
Padova; che così rigoroso un esempio, e dalla paura di incorrere in una
sanzione, come, potrebbero sopprimere la lettura dei tre saggi che ha composto
su questo argomento: il primo dei quali è la nota Heptameron, o elementi magici
di S, filosofo, ora esistente, e stampato alla fine di Agrippa opere s'; il
secondo, quello che Trithemius chiama Elucidarium Necromanticum Petri da Abano;
e un terzo, chiamato dallo stesso autore Liber experimentorum mirabilium de
Annulis secundem, 28 Mansiom Lunae. Abside con il suo sarcofago. Barrett si
riferisce al parere che non era sul punteggio di magia che l'Inquisizione ha
condannato Pietro d'Abano-Terme a morte, ma perché ha cercato di spiegare i
meravigliosi effetti nella natura dalle influenze dei corpi celesti, non
attribuendole agli angeli o demoni; in modo che l'eresia, piuttosto che la
magia, sotto forma di opposizione alla dottrina degli esseri spirituali, sembra
aver portato alla sua persecuzione. Per citare Barrett: Il suo corpo, prese
privatamente dalla sua tomba dai suoi amici, sfuggito alla vigilanza degli
inquisitori, che avrebbero condannato a essere bruciato. E 'stato rimosso da un
luogo all'altro, e finalmente depositato nella Chiesa di St. Augustin, senza
epitaffio, o qualsiasi altro segno di onore. I suoi accusatori attribuiti
opinioni incoerenti a lui; lo accusato di essere un mago, e tuttavia con negare
l'esistenza degli spiriti. Aveva una tale antipatia per il latte, che vedendo
chiunque prendere lo faceva vomitare.Altro lettura Francis Barrett, The Magus,
J. Cadden, "Scienze / silenzi: la natura e le lingue di" sodomia
"in Pietro d'Abano Problemata Commento". In: K. Lochrie e McCracken
& J. Schultz, Costruire sessualità medievali, University of Minnesota
Press, Minneapolis & London; L. Premuda, Dizionario della biografia
scientifica. New York: Charles Scribner Sons. L’Heptameron. IONI APOLLO
Ni Giuseppe PIETRO R ADANO
MELODRAMMA SERIO IN 3 ATTI PER
MUSICA ESPRESSAMENTE COMPOSTO maestro
da rappresentarsi SULLE SCENE DEL
GRAN TEATRO LA FENICE mIIcu iene»
t)i/ Gauwv. e< 1855-56 veniezu
CO* TIPI DI TERESA GATTE! La
proprietà del presente Melodramma e della relativa
Musica, essendo esclusiva del Maestro Giu¬
seppe Apolloni egli la pone sotto la
salvaguardia delle leggi vigenti. MUSIC
LIBRARY UNC-CHAPEL HILL PERSONAGGI
ARTISTI PIETRO DA REGGIO, giudice de!
Tribunale Supremo . . Cornago Gio.
Batta ARNOLDO, suo nepote . Pàncani Emilio
PIETRO d* ABANO, medico, a-
stronomo, riputato mago . . Cresci
Francesco LUISA, sua figlia . Cortesi
Adelaide MARIA, sua moglie . Zambelli
Carolina LANDÒ, confidente di Pietro da
Reggio . Ghini Marco LUCIO, famiglio
di P. d’Abano. Galletti Antonio
Discepoli — Scherani — Montanari —
Anacoreti — Cavalieri — Guerrieri —
Menestrelli — Giullari — Po¬ polo —
Giudici, ecc. L’azione nei due primi
atti ha luogo parie in Bologna e
parte sull ’ Appenino j il resto in
Padova. Epoca
il principio del secolo XIV. /
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Archive in 2019 with funding from
University of North Carolina at Chapel
Hill https://archive.org/details/pietrodabanomeloOOboni
SCENA PRIMA. Cortile
di uno Studio in Bologna. Entrano
due Incogniti in brune cappe. Un
INCOGNITO (all’altro) Scorto in Bologna
ei venne or fa una luna ;
Qui forse, ove s’aduna Più de’
giovan Io stuolo, a me fìa dato
Di rinvenir quel misero traviato ;
Ma a confortare questo cor che
geme Breve un raggio balena sol
di speme, (si odono da an lato acclamazioni
, e batter di palme, indi: )
Coro Quai dell’ umano scibile Sveli
prodigi arcani, Maestro sapientissimo,
Quai dubbi or tu ne appiani?!
Evviva a Pietro d’ Abano —
Gli INC. ( con orrore) Oh plausi
profani, , Un noni là si feste
crcrjji o o Nemico degli aitar!
(e protendendo minacciosi la destra •
) Ma stanco è il nume, o
reprobo, • Ei ti saetta ornai !
— ( arcanamente . — snona la squilla,
che segna il termine alle lezioni,
esco¬ no da tutte bande i discepoli,
gli incogniti dopo di avere cercato inutilmente
fra i sopravvenuti si ritirano. —
vari discepoli usciranno ripetendo : Evviva
a Pietro d’Abano.) 6 Altki
(venendo loro incontro scherzosi) Evviva
pur 1’ angelica Sua figlia! 1
bella ? 5 i assai. ( qui
Lucio attraversa il Cortile — ascolta
un istante i loro discorsi , ma
vedendosi osservato parte.) Hi. E
come, e quando scorgerla Poteste ?
LY. e dove mai? il. Oh
ben curiosi! — uditeci . . . L Vi
stiamo ad ascoltar. il. A chiaro
di luna — con agii bacchetto Vogando
sul Reno — così per diletto, Si
fea l’altra notte — d’armonici suoni,
Di liete canzoni — il cielo
echeggiar. Quand’ ecco a un romito
— balcone si mostra Leggiadra fanciulla
... — S Che gioja la vostra?!
li. Mai tanto il suo core —
a vista d’ un faro Sentì
marinaro — di gioja balzar. Ma
a noi di mirarla — fu breve
concesso. Gilè ratto le viene —
Pier d’ Abano appresso Con fiero cipiglio,
— con aspro sermone, Ond’essa ai
verone — si toglie, e sen va;
Che rondine imita Dal falco atterrita.
— I. Oh misera! II. Amici,
— che fare or ci spetta? I.
l\e chiama a vendetta — l’oppressa
beltà. Tutti. « A chiaro di
luna — con agii bacchetto Vogando sul
Pieno — così per diletto, La
notte vegnente — empire di suoni,
Di liete canzoni — * il ciel si
dovrà, E a rabbia, e dispetto —
del vecchio oppressore Quell’ angiol
d’amore — un cantico avrà, (partono)
SCENA II. Pietro d’ Abaino e
Lucio. Piet. Tu m’arrechi sgomento!
hai favellato Il ver ? di que’
discepoli argomento Fu a’ motteggi la
figlia? Si, messere. Dunque al
destili che padre un dì mi volle
Forse imprecar dovrei Or che furo
delusi i voti miei ? ! —
Come vergine sacrata D’ una chiostra
intemerata Fosse ignota al mondo intero
Io desiai la figlia ognor. Ma
svelato fu 1’ arcano . . . Ahi!
mi coglie ui^ rio pensiero: Pur
sovr’ essa è !’ odio umano, Che
percuote il genitor. Qual presagio di
sventura Nello spirito lassale, Sol
pensate che immortale Fra i sapienti
andrete ognor. PlET. ( rasserenandosi )
Ben mi colga il crudo fato
Sulla terra a me serbato, Se
alla patria si matura Per me un
lauro di splendor. Culla del sommo
genio, Godi, mio suol natio,
Lue. Piet. Lue. 8 Su
cui volea riflettere Più la sua luce
Iddio; Se di procella un secolo
Ti serberanno i fati, Pe’ saggi tuoi,
pei vati Sarai pur grande ognor.
SCENA III. Orto attiguo alla
casa ove abita Pietro d’ Abano fuor
della cit¬ tà — annotta — nel
mezzo ombreggiata da salici una capanna
con torricella ad uso di specola —
in fondo mura diroccata con ampia
apertura a volto, il cui sogliare è
ingombro d’ el- lera e d’erbe parassite,
d’ onde si veggono inargentate dalla
luna nascente le acque d’ un piccolo
fiume — tutto è silenzio. —
Luisa, venendo agitala e guardinga .
Lui. Vacilla il pie’, di mille
sensi il core L’ardua tenzone a
sopportar non regge! — I tuoi padri
abbandoni, Alma feroce ! . >. a
te perdoni Iddio La colpa inaudita . .
. (un rumore la atterrisce ) SCENA
iV. * Pietro d’Abàno venendo da
parie opposta a quella ove si
finge la casa e Detta. Lui.
padre mio. Benedici alla figlia . . .
( confusa e piangendo si prò- stra
a lui d' innanzi) a che di.
pianto Cospersa è la tua gota
?... ahi I ben comprendo ! La
miserànda prole Di tal se’ tu, cui
l’ire sanguinose PlET. 9
Perseguono dell’ idra, Che umanità si
appella: ecco il mio premio De lunghi
studi, onde al supremo fato Vorrei
fosse involato Ogni mortale ! — o
povera infelice, Per la mia destra
Iddio ti benedice. — Ma l’aura
imbruna, e al prego consueto Appo
la dolce madre io già t’attendo
Fra poco _ (parte) SCENA V.
Luisa sola. Lui. ciel, che
intendo 1 — Come soave all’anima
Scese il paterno accento, A
quai dilette immagini. Rapita ancor
mi sento... Mai non verrà che
profuga Dal patrio foco io mova;
% E Dio, che in me
rinnova Di figlia il santo amor. (
move alla volta del¬ la casa —
in questo punto di lontano si leva
una melanconi¬ ca canzone — Luisa quale
estatica si ferma.) 7 oce lontana.
Di cupo oceano — m’agita l’onda.
Sola è una vela — che tragge
a sponda, E sola un’oasi — che
in rio cammino Dal sol difende —
me peregrino. Deserto, oceano — son
la mia vita, Sei tu la vela,
— l’oasi romita; Sei tu il
bell’angelo — che ni* innamora, * Te
solo il core, — te solo adora !
— Lui. ( fremendo ) Ogni fibra
il suo flebile sospiro Dolce e
fatai m’ investe ; Oh rio martiro!
oh voluttà celeste! (la canzone a
poco a poco andrà morendo, e se
ne sperderà dolce¬ mente la eco per V
aure della notte — Luisa prorompe-)
l Vieni, il rimorso orribile
Spegni deH’alma mia, De' baci tuoi s’innebrii
Quest’ empia a te fedel. Vieni, o
diletto, involami; Sparsa è di fior
la via, Pel cui profumo gli
angeli Farien deserto il ciel. (cava
un piego si¬ gillato, e lo reca
entro alla capanna.) SCENA VI.
Passano varii istanti — poi sì
vede approdare alla porta diroccata della
mura una navicella , da cui scende
una persona chiusa in bujo mantello ,
e dalla riva entra neir orto —
è Arnoldo — indi Luisa. ArX.
(chiamando a voce sommessa :) Luisa
! fili, (uscendo agitala dalla capanna
, fra sè :) o ciel m’aita!
Arn. anima mia, Presto fuggiamo:
entrambo ne poiria Perdere un solo
istante : ornai la queta Onda
rischiara il placido pianeta Amico degli
amanti, e spira amore Tutto d’intorno...
Lui. ah ! taci, (esitando, e
con voce Ove a’ sublimi studi il
genitore tremante.) li Intende, or
lì nella capanna io fui, E,
qual m’attorniasse Un àer di loco santo,
M’ebbi un prego sul labbro, al
ciglio il pianto... I padri miei
lasciar no, non poss’io... ABX ( con
disperazione) Ho udito il ver? !
Eoi. perdona, idolo mio! — (si gena
nelle di lui braccia — gli
amanti rimangono atteggiali in amplesso , e
piangendo silenziosi alcun tempo , indi :)
Ar\. Quando il tuo labbro angelico
A me giurava amore Estinto ogni
altro palpito Io ti credeva in core
; Ma de’ tuoi padri il bacio
All’ amor mio preponi ; Tu,
cruda, or m’abbandoni... D’ angoscia io
morirò. Lui. (fra sè) Ab ! dal
suo labbro angelico Qual mai traspira
amore, 0 cielo, ed incolpevole Vuoi
d’una donna il core?! Miei padri,
addio !! — trafiggenti L’idea del
vostro pianto. Ma l’alma a tale
incanto Resistere non può. (e risoluta
soggiunge:) Or eh’ io li segua —
vuol la mia sorte, Ar\. IVemmen
dividerci — potrà la morte, Lui.
(con amoroso delirio ) Se ancora
estinta — esser dovrei, Al tuo
lamento — risorgerei. Arv. Giuralo, o
cara. — Lui. Pel nostro amor!!
Arx. E tale è il voto —
di questo cor. A due. Vieni,
foggiani, beU’angelo, 12 Nel più
deserto loco, Ove a’ mortali
incognito Avvampi il nostro foco. Per
noi l’Eliso appresta Un antro, una
foresta, Delle procelle il fremito
Dolce armonia sarà, Se a te d’
accanto vivere i \i Il tuo
r- ' ( montano sulla navicella La
tua 6 6 P°tia' e fungono
rapidamente.) SCENA VII. Comparisce
indi sulla riva del fiume una squadra
di Scherani, i quali circospetti s
internano iteli orto. Coro (sommessamente)
Ben fu saggio il comando supremo) Qui
protetti dall’ ombre notturne Sul maliardo
piombare or dovremo Come spettri evocati
dall’ urne. Di tumulto scintilla
saria Trarlo in ferri alla luce
del sol, Che dell’empio rapito in
balia Va un fanatico e giovine stuol.
(s' odono in distanza suoni e voci
festive) Qual concento ! ALCUNI
ScHER. ( uscendo alla riva) dall’ una
all’altra sponda Tutta di barche ricoperta
è l’onda, Ver qui son volte...
Gli altri ( che sono nell’orlo)
Zitti, del maliardo Si schiude la
magion. Tutti d’ognuno al guardo
Per or si fugga, e ascosi dalle
fronde Non veduti osserviam. — (si
appiattano fra le mac¬ chie e le
ruine della mura.) SCENA Vili.
13 Pietro cì'A bàno, Maria, Lucio, e
fa migliori con lumi . PlET. ( chiamando
) figlia? — risponde L eco
soltanto, e dove è mai?... ( rimarca
aperta la capanna — entra.)
Mar. nel core Arcano un senso
io provo di terrore! — PlET. (
esce pallido in volto — et tiene fra
mani il piego che fu lasciato da
Luisa , e con voce tremante favella
alla moglie -.) Aprire or deggio?...
un orrido velame •. Dischiudo io
forse . .. ( frange con mano convulsa il
sigillo del foglio , e leggendo al
chiarore d'una face , esclama .) Ella
fuggia ! , l’ infame Pietade implora...
ahi!, sorte inesorata, Qual mai
strale, qual onta è a noi serbata!!
— ( prorompe in un sordo gemito ,
e cade come tramortito — Maria e
gli altri rimangono atteggiati del più
amaro cordoglio. — In questo punto
dalla parte del fumé si alza un
allegro pre¬ ludio di musica, e la
seguente:) Serenata: Coro Come
l’opale prezioso. Che ha dell’ iride
i color, Fra le rupi sei
nascoso, 0 bell’angelo d’ amor. Per
segreta via profonda Ti scendesse almeno
in cor, Serpeggiando al par di
un’onda La canzone dell' amor. Mar.
Lue. Qual mai cantica giuliva Or
che sangue geme il cor?! PlET. (
scuotendosi , e come trasogìiato con
istrazio:) \ E per lei, che
fuggitiva Si diè in braccio a
turpe amor. ( ricade in letargo — il
duolo ammutisce i circostanti.) 14
La serenata continua : Ma T
Eliso, ove t’ ascondi, A scoprir
ne guida Amor; Dal profumo che diffondi
Sei tradito, o vergili fior. Se
di Gerico in fragranza È la rosa
a te minor, Di qual giglio mai
t’avanza, 0 bell’ angelo, il candor?
— PlBT.^ ( rinvenendo , come sopra:)
Quali accenti ! oh truce scherno Pel
tradito genitori — Empia figlia,
dell’Eterno Ti persegua l’ira ognor.
(il Coro della sere¬ nata andrà
allontanandosi , e sempre col ritornello 0
bell’iride d’amor, 0 bel giglio di
candor. Piet. Mar. Ah! quell’ iri di
speranza Più non brilla a questo
cor. Tutti ( con gemito) E
svanita la fragranza Di quel giglio
e il suo candor !! — SCENA
ULTIMA. Dal ripostiglio escono gli
Scherani e detti * • i
Coro 0 Pier d’Abano, mago incolpato,
Del tuo arresto comando ne diè
La suprema Giustizia . . . Mar. Lue.
% Rio fato!... Piet. Altre folgori
il cielo ha per me ?! (viene
trascinato dagli Scherani — Maria cade
tramortita nelle braccia di Lucio.)
Fine dell’ atto I. SCENA PRIMA.
L’interno d’un rustico casolare di
poveri montanari sulFApenni* no — al
chiarore di lumicini che pendono da
un solajo as¬ sidono raccolte a
veglia varie donne intente a filare sulla
rocca — Montanari di varie età, quali
occupati in lavori d’in¬ taglio, quali
conversano fra loro e colle donne.
S’ode al di fuori lo scroscio
della piova e il sibilare dei venti
. Coro Che diluvio! orrenda serale
Mugge irato l’Aquilone! — Ma che
importa una bufera, Se la pace
in cor ne sta? Forse accade più
sovente Che de’ cor sia la tenzone,
Quando il cielo è pur ridente,
Nelle splendide città. ( verranno bussati
più colpì all’uscio di strada.)
Parte del Coro (con sorpresa)
Or chi è là? Voci al di
fuori: pietosa gente, Due vegliardi
ricovrate, Che del turbine fremente
Son percossi dal furor. 16
SCENA II. I montanari aprono , ed entrano
coperti di neve e molli per la
pioggia i due misteriosi in brune
cap¬ pe — sono Pietro da Reggio,
e Landò il suo con¬ fidente. Detti.
PlET. D. R. PlET. "
PlET. D. R ( depongono Coro.
Se di canna offrirvi un tetto
Sol possiamo, perdonate... Piet. d.
R. Landò. Sì il tugurio è
benedetto Che una reggia dal Signor,
t mantelli , che vengono raccolti dai
montanari.) Ove il giogo d* A pennino E
più sterile e sublime Sol chi cerchi
, o peregrino , Rinvenir da te
si può. Un Romito in tali
accenti 'avviava a queste cime, Ed
un raggio fra gli stenti Di conforto
a me brillò. La mia speme, il
voto mio Compia alfin benigno Iddio,
Che a sfidare gli elementi Per
quel voto mi chiamò. (e volgendo S:
al Coro ) Dite, un giovane albergato
Qu iveniva?... Sì, da un anno.
Mio nepote è il disgraziato, Che una
perfida ammaliò. CORO ( rimangono sorpresi
e soggiungono .-) Disperata ella s’
è uccisa, 17 E lui strugge
orrendo affanno... ( s’ode nelVinterno un
lamento . ) Ab! Coro I’
udite ? Voce interna mia Luisa
! Coro La sua mente il duol
turbò. PiET. D. R. (con dolore)
Che intendo ! — Arnoldo mio
!... (move verso rinterno, chiamando
ad alta voce.) SCENA III. Si
spalanca di prospetto un uscio, e
comparisce Arnoldo pallido, dimesso nelle
vesti, e detti. * Arn. Da
quai labbra nomato ora son io? (nel
ravvisare l'avo si atteggia di
estrema sorpresa.) Piet. D. R. Sì,
tu sei desso, ti rinvenni a Mi
ne, Ma in qual misero stato!...
Arn. Vittima io son del più tremendo
fato. A me ramingo ed orfano,
Affranto dal dolore, Una beltade
angelica Giurava eterno amore, E di
cotale un giubilo Quest’ anima beò,
Che nell’ Empireo un fremito Di
gelosia destò. Quando, fatai memoria!!.
Smarrita un dì la mente, Colei
mi fugge e affogasi IVell’acque d’un
torrente... (e ad un tratto rasserenandosi
, esclama come in delirio .•)
1S Ma all'amoroso palpito Destarla
io ben saprò, Che al pianto mio
rivivere Quell' angelo giurò. PlET.
I). R. E in lui destò sì
orribile, Inverecondo amore La figlia
di Pier d’Àbano... Lo. Un
maliardo . . . Coro orrore!. ..
Un reprobo, che ai demoni Lo
spirilo donò ? ! Piet. d. R.
Ma sterminar quell1 empio Un
giorno io ben saprò. Ovunque al
fiero eccidio moverai Di quell’ uomo
infelice, Trema, o crudel, della mia
spada ultrice. Quel vile accento
sperdasi Di sangue e di vendetta,
Fiamma novella, indomita S’ accende
nel mio cor. Il padre tuo
difendere, Luisa, a me s’aspetta...
Del brando mio paventino [ barbari
oppressor. JPiF/r. b. E. Lo. e
Coro % E folle, insano il
misero, Perverso è ornai quel cor!!
— Piet. d. R. Nel sangue di
Pier d’Abano Si spenga il mio furor!!
— {Arnoldo impetuosamente , indarno ratlenuto,
si spinge fuor i dell'abituro — tutti
inorriditi lo inseguono.) SCENA IV.
19 Luogo solitario — Notte —
in fondo torreggia una città — da
un lato scalea, che mette al
vestibolo d' un tempio, a cui attiguo
sorge di prospetto antico edilizio
sostenuto da ampie gotiche volte, da
cui a traverso cancelli si vede
schiaralo fiocamente dalla luna un campo
sacro ai defonti — Tutto è silenzio.
Reagendosi a stento inoltra una donna
pallida , ema¬ ciata , con vesti e
chiome discinte — è Luisa. Lui.
Ecco Bologna ! — le paterne mura
Vicine io scorgo I — o soglia
venerata, Varcare io ti potrò?? —
la dispietata, Che in abisso d’
infamia e di sventura Spigneva i
padri suoi, forse io non sono?..
Pur m’avviva una speme di perdono.
Va, mi disse il pietoso eremita,
Che salvommi dai gorghi dell’onda,
E tuo simbolo l’agna smarrita,
Che de’ padri s’attende alTovil.
Dio benigno, se è vero che il
ciglio Or di pianto sincero mi
gronda, Al perdono del prodigo figlio
Deh ! rinnova portento simìl. E
Arnoldo ? !. . . essere estinta Deggio
per lui !! — « solenne voto al
cielo » Io ne sciogliea ; così
l’orrendo crime » Anco espiar si
possa, onde, perduta » La fè, la
speme del perdon di Dio, »
Pieci dere io tentava il viver mio.
Tal in’ impose il vecchiardo eremita,
Che salvommi dai gorghi dell’onda ;
Or mio simbolo è l’agna smarrita,
Che de’ padri s’attende oìPovil. 20
Dio pietoso, se vero è die il
ciglio Or di pianto sincero ini
gronda, Al perdono del prodigo figlio
Deh ! rinnova portento simìl. ($*
inginocchia sui gradini della scalea , e
trafelata cade in sopore.) ì oci
confuse nel tempio : Va, fuggi, t’
invola, — maliardo aborrito, Il truce
tuo viso — contamina il rito! —
SCENA V Pietro d’Abaino in cima
alla gradinala del tempio, e detta.
PlET. (con ira ) Anime inique,
un’adorata salma Ch’io posi nell’avello a
me impedite?! Dalle soglie del nume
io son rejetto... Un eretico or
sono, un maledetto?! — Indarno
adunque V innocenza mia Proclamò il
vaticano?, onde, «l’orrendo » Carcere a
me dischiuso, un più solenne »
Trionfo io m’ebbi che a Lutezia un
giorno! . . . » E Padoa forse fra
lo stuol docente Me non chiama suo
figlio sapiente?... Come a spiaggia
desiata, sì il mio spirto Anelando
veleggia A te, natia cittade! —
eppur ch’io deggia D’un rio livor
soccombervi alla guerra Cupo, fatai
presagio il cor mi serra! — (discende
c intoppando nella figlia) Chi è
là?... una mendica... — Ed. (si scuote
, lo ravvisa , c con isgomento fra
sè :) mio padre, gran Dio!...
Piet. Chi se’ tu, infelice?...- — Lei.
(si prostra, e con voce tremola, e
piang.) tua t fig|,*a son j0
21 ( orrore , indignazione di Pietro ,
c/ie Za misura di un guardo terribile
, e wia/e frenandosi simula di non
riconoscerla j» Lui. Pentita ritorno ... —
non m’ hai ravvisata ?... PlET.
(con singulto) Non sei tu mia
prole ! — t’arretra, insensata !... A
due poveretti — per gli anni
languenti Rendea, sì, una figlia — i
giorni ridenti, Fu lampo, fu sogno
— del vergine fior L’olezzo, e
pel fango — ne sparve il candor...
De’ padri alle soglie — non mova
l’indegna... Per essa l’infamia, — la
morte vi regna!... Lui. ( prorompe
con disperazione .) 0 santo eremita,
— l’ovile paterno Ripudia la prole!... —
Piet. Va, mostro d’inferno!! —
Lui. E in te così muta —
1’ umana pietà ?... Non cruda
cotanto — la madre sarà. — (
Luisa è in atto di partire —
Pietro V arresta e mette un sordo
gemito — in questo punto nell ’
interno dell' edifizio s' ode una lugubre
salmodia , e si vede attraversare
lentamente il fune¬ bre campo uno
stuolo di anacoreti con ceri , indi
una bara e popolo a capo chino.
) Coro Eterna requie all’ anima
Che abbandonò la terra, A cui
del vero giubilo La speme or si
disserra ; Del bacio tuo santissimo
Confortala, o Signor, E nel perpetuo
secolo La irraggi il tuo splendor.
PlET. ( trascinando la figlia atterrila
ai cancelli.) Tetro baglior, funereo Rischiara
il cimitero, 22 Per chi moria
si mormora Un cantico severo !...
Or vedi tu quel feretro? . . .
E lì tua madre estinta, Che
venne al die novissimo Da te, o
crudel, sospinta . . . Del suo
tremendo anatema Per me ti colga il
ciel ! ! — Dui. ( con g rido
disperato , angoscioso -.) Gran dio !
! — me stessa invadere Possa di
morte il gel ! ! — ( cade
tramor¬ tita. Pietro rimane immobile
insensato contemplando la figlia , che dopo
vari istanti rinvenendo esclama come in
delirio :) 0 tu, che sei fra
gli angeli Fuggito al duol terreno,
Scendi, o materno spirito, Del
genitore in seno, Per te fia
dato estinguere Del suo corruccio il
foco ... ( e stringendo al
padre le ginocchia , e additandogli il
cielo . ) Per essa, per queir
angelo, 0 padre mio, t’ invoco . .
. Perdona, e questa misera Dal
ciel perdono avrà ! — Pi ET. (
soggiunge e quale forsennato va ripetendo
:) j\è Iddio, nè il padre, o
reprobo, Perdono a te darai! (
momento di terribile silenzio; riprenderà
internamente il salmeggiare degli anacoreti:)
Coro Un cor contrito ed umile
Da te non sia rejetto, Su me
l’issopo aspergasi, O nume benedetto,
E immacolato, niveo Lo spirto mio
sarà. — 23 Perdona, e inspira
agli uomini Peli' ofìensor pietà. (
tutto ritorna in silenzio — Pietro
avrà ascoltato attentamente la salmodia —
contempla nuovamente la figlia — una
lagri¬ ma gli spunta sul ciglio —
e prostrandosi in atio di preghie¬
ra, mal suo grado :) Piet. A
che mi commosse — quel flebile canto?
Perchè le mie ciglia — son
molli di pianto? Quai mistici sensi —
or provo!* Lui. È il Signore,
Che a te la pietade — infonde
nel core... PlET. ( piangendo ) 0
salmi pietosi, — o sacro concento
!... Lui. (con anima crescente-.)
Dall’ urna materna — pur esce
un accento, Che all’alma d’ un padre
— perdono consiglia!... Ascoltalo. .. Pi
et. figlia... — Lui. (c. s.)
perdona... PlET. ( schiudendole l'amplesso)
Mia figlia!!.. . Lui. Gran dio,
forse è vero?! — Piet. È spento
il furor... Qual io ti perdono
— perdoni il Signor!! — A DUE (
prostrati e con espansione :) Oh! sia
benedetto — pur sempre l’Eterno, Che all’
uomo soccorre — nel dì del dolor.
sposa, 0|. |jeata — ne] cje]0
superno madre, Ognor de’ tuoi cari —
favella al Signor ! ! — P I ET.
( sorgendo esclama:) a 11 volgo io
derido — che un empio mi crede,
» Non più m’atterrisce- — dell’uomo
il furor, » Se ancora una
figlia — Iddio mi concede, » E
un tempo m’aspetta — di gloria e
splendor!!» Fune dell’ atto II. h
SCENA PRIMA Padova — il Prato
della Valle — baracche d’ ogni sorta —
da un lato padiglione all’ ingresso
di magnifico recinto apparato per un
torneo — accorre d’ ognidove immensa
folla di popolo. — CoRo.TTripudio e
baldoria! — esultino i cori! Sia
gaja, sia splendida — la Festa dei
fiori ! — Dell’ aureo carroccio
— la nobil difesa, La giostra
del Satiro — rammenta un'Impresa, Che
somma pei secoli, — ed inclita andrà
Ne’ fasti che annovera — 1’ Euganea
Città. (varii banditori di storie
dispensano fra il popolo delle pergame¬
ne — chi legge su quelle, chi
ascolta ) Parte del CORO (
leggendo : ) Pel Sire di Svevia
— in Padoa regnava Un Conte Pagano
— un’ anima prava, Di vampa
amorosa — lo ardea Speronella, Ed
esso, l’infame!, — rapì la donzella;
Con prodi seguaci — allor Dalesmanno
Ritolse la figlia, — sconfisse il
tiranno ! — Tutti. Tripudio e
baldoria ! — esultino i cori !
Sia gaja, sia splendida — la Festa
dei fiori! — Varii del popolo
(osservando all’ interno .) Oh come
s’avanza — leggiadro il Silvano,
Fedele sembianza — del Conte Pagano
! — (intanto varie persone
ammantellale si ragunano fra loro , e
gua¬ tando sdegnose alla folla baccante ,
dicono sommessamente : Or qui si
tripudia, — e ali’ alba vegnente Fia
spento, fia cenere — di Padoa il
sapiente ! Salvarlo, o l’ infamia —
di tale empietà Col sangue de’
giudici — scontar si dovrà. (
si disperdono ) SCENA II. Suono
fragoroso di trombe — preceduti da
alfieri colle Insegne di loro casato
diffilano i Cavalieri della Marca
splendidamente ar¬ mati — indi viene
il carroccio* sormontato da un padiglione
di porpora con in cima un’ antenna
riccamente guernita di frange d’oro, e
avente l’arme della Città ( drago verde
a due teste) — turbine di fiori
lanciati da giovani nobili, che figu¬
rano così 1’ assalto del carroccio, a
cui oppongono resistenza) con armi eguali
leggiadre fanciulle, che ne stanno alla
difesa sotto al padiglione — paggi
con ceste di fiori da apprestarsi
agli assalitori continuamente — dietro il
carro nuova schiera di Cavalieri, indi
coll’Insegna del Satiro una squadra di
ar¬ mati in nera assisa — Scudieri,
valletti, giullari, popolo. — Lieta marcia
, e Coro Tripudio, e baldoria!
— esultino i cori! Sia gaja,
sia splendida — la Festa dei fiori
! — Dell’ aureo carroccio — la
nobil difesa, La giostra del Satiro
— rammenta un’ Impresa, Che somma pei
secoli — ed inclita andrà Ne’
fasti che annovera — 1' Euganea
Città. — ( arrivato lo splendido
Corteo all* ingresso dello steccato , tutti
si fermano — discendono dal carroccio
ì due consoli in ampio rob- bone
di velluto rosso, e le dodici
donzelle coronate di gigli e di rose.
— Terminato il Coro , si udrà nell ’
interno la voce d' un trovatore, che
accompagnata mestamente da un liuto, canta
. ) Di cupo oceano — m’
agita 1’ onda. Nessuna vela —
mi tragge a sponda, Non veggo
un’ oasi, — che in rio cammino
Dal sol difenda — me peregrino;
Cor. Qual fiebil melodia Dell’ anima
ne infesta or l’allegria?! — 26
Voce interna Deserto, oceano —
son la mia vita, Perì la vela,
— Y oasi è svanita ! Ben
crudo è 1’ angelo — che m’ innamora,
Se al giuramento — infido è ancora
! ! — SCENA III. Il
menestrello comparirà cantando gli ultimi
versi esso è Arnoldo. Coro.
Sospendi, o menestrello, il tuo lamento
; In tal giorno di giubilo e
contento Ali’ Antenoree sponde il
trovatore Sol move a celebrar virtude
e amore. — Ballata Arn. Del
trovador la cetra è voluttuosa, La
sua canzone è tenera, amorosa ; Che
vai, se a lui deserto e afflitto
il core Gema per sangue intanto e
per dolore? Con un sorriso, che
il suo labbro infiora, E ad
allegria ne finge il viso, ognora
Sull’ arpa ei canterà: Beato il core.
Cui solo è vita il palpito
d’amore! \ E melodia divina in
ciel rapita Quando la donna al
bacio suo t’ invita. E pur
supplizio Amor, se avverso fato Da te
divide 1’ angelo adorato ! Ma
sia delizia Amore o sia martiro, Per
la sua vampa io sol vivo, respiro,
E sempre canterò : beato il
core, Cui solo è vita il
palpito d’ amore. $7 Coro Ben
canti, o trovador, felice il core,
Cui solo è vita il palpito
d’amore. — Tutti Tripudio e
baldoria! — esultino i cori' Sia
gaja, sia splendida — la Festa dei
fiori. — ec. ec. ec. POPOLO e
Giullari ( scherzando attorno l’insegna del
Satiro) Oli! come innamori, — leggiadro
Silvano... Fedele sembianza del conte
Pagano ! ! — ( tutti entrano
nello steccato — intanto che la folla
va diradan¬ dosi , e s ’ allontana il
suono della musica , le persone ammantel¬
late si ragunano di nuovo , e c.
s.) Or qui si tripudia — e all’
alba vegnente Fia spento, fia cenere
— • di Padoa il sapiente ! — S
tlvarlo ! , o l’ infamia — di tale
empietà Col sangue de’ giudici — scontar
si dovrà! ( partono ) SCENA
IV. Cella solitaria — le pareti
e la volta ne son piate di
immagini a fresco — scarsa luce di
una lampada. — Racchiuso in ampia
Umica di colore violetto s’ avan¬ za
un vecchio — è Pietro da Reggio.
Piet. Nell’orgie ancor, nel futile
tripudio Immersa è la cittade ; indi
fra poco Insensata del pari e curiosa
A ben altro spettacolo La folla
accorrerà: di Pietro d’ Abano Al supplizio.
— Di te 1’ alta facondia Ove ne
andò, maliardo?., oh ben caduchi Fur
gli osceni trionfi, onde più volte I
giudici hai schernito, Sacrilego,
aborrito!! — Prepotente un destili
sull’ orme tue 28 Mi trasse
ognora, e giudice di morte Essere a
te giurava allor eli’ io seppi Di
mio nepote infame ammaliadrice La prole
tua; io ti raggiunsi, il mio
Corruccio alfin ti coglie al suol
natio!! SCENA Y. Laindo e
detto. » Piet. d. R. Che
rechi?... Laiv. Arnoldo . . . Piet.
d. R. ( con interesse) R misero
Ritrovo alfin?... Lan. L’indegno
Sotto sembianza in Padova Giugnea di
trovador. Piet. d. R. Che parli!
Lan. Pietro d’Abano Salvare è
suo disegno... Piet. d. R. Stolto!
Lain. Con lui cospirano Ben altri. .
. Piet. d. R. Oh mio furor
! ! Maledetti, alla congiura Qual
delirio vi trascina?! Non per essa
men secura La vendetta mia sarà.
Il mio foco è struggitore Come
folgore divina . . . Ben dei roghi
Io splendore Luce e gloria a me darà.
Lan. Sì, dei roghi lo splendore
Luce e gloria a te darà.
SCENA VI. 29 La Piazza di
Padova — è il crepuscolo mattutino —
al mesto rin¬ tocco di lugubre
campana per varie bande convengono i
po¬ polani — Squadre di armigeri
occupano lo sbocco di ogni con¬ trada
— Di lì a qualche istante dal
Palazzo della Ragione, preceduto da pietose
fraternità, dallo stuolo dei giudici, cir¬
condato da sgherri comparisce Pietro d"
Abano — due uomini vestiti a bruno
ne sorreggono la persona affranta per
la tor¬ tura — Pietro da Reggio
con a lato il suo confidente è
fra i giudici. Durante questa funerea
processione, che move lentamente al luogo
del supplizio, che si figura nello
interno, si canta il seguente Coro :
Pietà, Signor del misero, Che
impenitente muore, Che sol devota a
Satana Ebbe la mente e il core;
Pria che del dì terribile A lui
si squarci il vel. Converti a
te quell’ anima, Possente re del
ciel ! Pi ET. ( arrivato nel
mezzo della piazza , si ferma e con
voce fie¬ vole, ma secura : )
Qui al cospetto degli uomini, di
Dio Altamente proclamo iniqua e stolta
La mia condanna ; agl’ invidi nemici
Io muoio perdonando ; e al mondo
invoco Un tempo illuminato, ove s’ apprenda
Esser divina l’anima dell’uomo, Onde
ai portenti per la scienza mia Sol
giunsi, che opra d’ infernal malia Estima
il volgo folle ed insensato .... (/a
parola gli muore sul labbro —
lo copre un pallore dì morte. )
Egli bestemmia ! Coro. 30
SCENA VII. Picchio di spade al
di fuori , voci tumultuose , confusio¬ ne
a un angolo della piazza — Luisa
come forsennata, facendosi largo tra la
folla , arriva a suo padre. Lui.
padre sventurato! 1 PlET. ( apre
languidamente gli occhi , e a lei
mesto sorride ) Ch’io ti serri al
mio sen pria di morire Iddio concede
!... Voci interne evviva Pietro d’
Abano ! . PlET. ( sorgendo )
Viva il suo genio ! ( indi con
voce manchevole •) i ferri declinate,
Per una salma or voi sol guerreggiate
. . . ( ricade . — Il tumulto
andrà cessando ) PlET. D. R. (con
derisione) Repressa è la congiura. .
. (e osservando Pietro ' d’ Abano
morente ) ma, oh furore ! ,
Del supplizio al dolore Lui sottragge
la morte ! . . Piet. « sìj
sentendo » I funerei suoi vanni . .
. ella . . a me viene . . .
» Dolce amica . . il tuo boccio
... ed il sorriso » Di più. . .
splendida vita .... » SCENA ULTIMA
Impetuoso , con ispada alla mano ,
indarno rattenulo , Ap^noldo s innoltra , e
scorgendo Luisa : Arw. (con grido
di gioia ) li paradiso Si schiude?!
31 Lui. ( sorpresa , e sgomentata
estremamente ) Arnoldo ! ? .
Arn. « del tuo fido al pianto
» Risorgi alfine ? . . Piet. d.
R. orrendo, novo incanto » Questo
è dell’ empio, un’ alma trapassata »
Ei rivoca ! ! . . (orrore generale).
Lui. dai vortici dell’ onde » Mi
salvava un Romito . . . Ar:v. Alfin
ti stringo » Ombra, o donna, al
mio seno . . . » Ma . . . tu
sei dessa . . . parla a me d’amore. Te
mia sposa consacri il genitore. Lui.
( inorridita lo respinge, e accenna il
padre assorto in agonia) Tutti
Lui. In quest’ ora di morte
tremenda Chiudi il labbro all’ accento
d’amore, Sul passato un velame si
stenda, Lunghi giorni il mio viver
non ha. Fra i silenzi! di
chiostra romita, Ove un giuro la
chiama al Signore, Or quest’ orfana,
grama, pentita Per te all’ ara pur
supplice andrà. Arx. ( disperato )
Va, de’ morti la prece m’ intuona Or
che spento hai la fiamma d’ amore
! — Empia lei, che il suo fido
abbandona. Mai la pace dell’ anima avrà 1 1
Pur fra 1’ ombre del claustro
silente, Ove un Dio ti rapisce
al mio core, 32 Del mio
spirito 1’ ombra dolente Le tue
gioie a turbare verrà ! ! PlET.
( come invaso da sublime apparizione ,
raccogliendo tutte r estreme sue forze,
e sorgendo atteggiato di splendido sorriso
: ) Del mio genio sui vanni
rapita Sento io T alma alle
sfere lucenti . . . Ei Venezia ... la
grande nv addita . . . Salve,
salve immortale . . . città ! ! . . .
Poi Fiorenza, e . . . in arcane
. . . parole Mille e mille predice sapienti
. . . Son quei sommi, onde .. .
splender . .. qual sole Sovra... il
mondo la pa...tria dovrà!! — PlET.
D. R. ( fra sè confuso:) Qual
mai lampo balena sul viso A
quel gratide nell’ora di morte?!...
Oh ! qual lampo; il mio spirto è conquiso
. Nella polve piombare mi fa. Coro
Egli muore ! — dell’ erebo ardente
Si disserran le orribili porte . .
Santo giudice, nume clemente, Di quell’alma proterva pietà!! — (Pietro d'Abano
è spirato — Luisa volge un ultimo
sguardo al cadavere del padre, e ad
Arnoldo in atto di estremo conge¬ do
— uno stuolo di Suore velate a
sè la accoglie — Pietro da Reggio
trae seco il ncpote desolato. — Stupore
, atteggia¬ mento di tristezza generale.). F I N E. Refs.: Luigi Speranza, “The reception of
pseudo-Aristotle via Abano’s edition”. Abano. Keywords: filosofia del
linguaggio. Refs.: Luigi Speranza, "Grice ed Abano," per il Club
Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
Grice ed Abano #Abano. Sclavione.
Grice e Scupoli: la lotta coll’angelo – la lotta dell’angelo e il
demonio -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Otranto).
Filosofo Italiano. Very important Italian philosopher. Entra nell'ordine dei teatini per ricevere gli ordini
sacri. Discepolo di Avellino, appartenente al suo stesso ordine. Risale
l'accusa di violazione della regola, per cui èarrestato per un anno e sospeso a
divinis. Per la sua assoluzione dove attendere quasi la morte. Intanto, sopporta
l'ingiusta accusa e la pena conseguente con umiltà e umanità. Il
combattimento spirituale. Con l’orazione porrai la spada in mano al divino,
perché combatta e vinca per te. La preghiera è dunque l’arma di tutte le
vittorie. Essa è la debolezza del divino e la forza dell’uomo perché il cuore
del Padre non sa negare nulla di buono ai suoi figli. “Il combattimento
spirituale – I V mezzi per raggiungere la perfezione” è un trattato di
strategia spirituale che conduce l'uomo alla perfezione. Scupoli indica *cinque*
mezzi per raggiungere la perfezione spirituale: sfiducia in sé, pienissima
confidenza in Dio, combattimento e uso metodico delle facoltà per correggere i
propri difetti, quindi per trionfare del demonio e per conquistare le virtù. Preghiera
e meditazione. Comunione. Spiritualità.
Scupoli. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Scupoli," per il
Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
Grice e Sebasmio: la classe romana – Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Roma). Filosofo italiano. Sebasmio is
a philosopher mentioned on a list of philosophers belonging to the Roman
aristocracy. SEBASMIO.
Grice e Secondo: la gnosi romana – Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Roma). Filosofo italiano. According to
Ippolito di Roma, a gnostic who believes that the world is divided into light
and darkness. Secondo.
Grice e Secondo: il cinargo romano – Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Roma) Filosofo
italiano. Tacito. A
Pythagorean, he acquires the nickname on account of a vow of silence he takes.
Although some regard him as a Pythagorean, he appears to have led the life of the
Cinargo. Even Adriano can not get to break his vow – although S. may have
provided written answers to some of the philosophical questions Adriano poses.
Grice e Selinunzio: la scuola di Reggio – Roma – filosofia italiana –
Luigi Speranza (Reggio). Filosofo
italiano. Pythagorean. Giamblico.
Grice e Sellio: l’allievo di Filone – Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Roma). Filosofo
italiano. Gaio Sellio. Pupil of Filo at Rome. Gaio Sellio.
Grice e Sellio: il fratello – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Pupil of Filone at Rome – possibly Gaio Sellio’s
brother. Lucio Sellio.
Grice Selvatico: estense – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. S. Estense.
Grice e Semerari: il principio del dialogo in
Socrate – filosofia italiana – Luigi Speranza (Taranto). Filosofo Italiano. Grice: “Whereas it would be
considered in bad taste at Oxford, the Italians pun on names – and there is an
essay on the ‘seme’ of ‘semerari’ Witty!” -- Grice: “Perhaps Semerari is right
and the philosopher MUST metaphorise. What better title to an essay on Carabellese
than ‘La sabbia e la roccia”?” -- Grice: “I like Semerari: His ‘principio del
dialogo in Socrate” is reprinted in his invaluable collection on “Dialogo.”” –
Grice: “In a way, we may say that Calogero, Semerari, and myself, belong to the
school of the philosophy of conversation – not to mention Apel!”. Si laurea a Roma sotto CARABELLESE. Insegna a Bari.
Collabora ad Aut Aut, Critica storica, Giornale critico della filosofia
italiana, Clizia, Historica, Rivista di filosofia del diritto, Rivista di
filosofia, Il pensiero, Archivio di filosofia e altre riviste specialistiche. Fonda
Paradigmi. Si dedica per lo più a Spinoza, a Schelling, alla fenomenologia di
Husserl e Merleau-Ponty e al materialismo storico di Marx. Altri saggi: Lo spinozismo,Vecchi,
Trani; Storia e storicismo: saggio sul problema della storia in CARABELLESEC, Vecchi,
Trani; Storicismo e ontologismo, Lacaita, Manduria, Dialogo, storia, valori: studi
di filosofia, Ciranna, Siracusa; Interpretazione di Schelling, Libreria
scientifica, Napoli; Esistenzialismo
italiano (Grice: “This reminds me of parochial Warnock and his “English
philosophy,” or Sorley for that matter!” -- Cressati, Bari; “Questioni di etica,
Adriatica, Bari; Responsabilità e comunità umana. Ricerche etiche, Lacaita,
Manduria; La filosofia come relazione, Quaderni di cultura, Sapri; Natale, Guerini,
Milano; “Scienza nuova e ragione, Lacaita, Manduria; S., Guerini, Milano; Da
Schelling a Merleau-Ponty; Cappelli, Bologna; La lotta per la scienza, Silva,
Milano; Valerio, premessa di Papi, Guerini, Milano, Spinoza, Marzorati, Milano;
Esperienze, Argalia, Urbino; La filosofia dell'esistenza in Kant, Adriatica,
Bari; Introduzione a Schelling” (Laterza,
Bari); Filosofia e potere (Dedalo, Bari); Civiltà dei mezzi, civiltà dei fini.
Per un razionalismo filosofico-politico, Bertani, Verona; La scienza come problema: dai modelli teorici
alla produzione di tecnologie” (Donato, Bari); “Insecuritas. Tecniche e
paradigmi della salvezza, Spirali, Milano); “La sabbia e la roccia. L'ontologia
critica di CARABELLESE” (Dedalo, Bari); “Dentro la storiografia filosofica” (Dedalo,
Bari); Sartre. Teoria, scrittura, impegno” (Sud, Bari); Novecento filosofico
italiano. Situazioni e problemi, Guida, Napoli; “Scesi. Studi husserliani” (Dedalo,
Bari); Filosofia Guerini, Milano Confronti con Heidegger (Dedalo, Bari); La
filosofia come scienza rigorosa, Laterza, Bari, Frammenti di diario; l'anno di
Istanbul, Schena, Fasano. “La cosa stessa.” Seminari fenomenologici (Dedalo,
Bari); “Dommatismo e criticismo”, “Deduzione del diritto naturale” (Laterza,
Bari); Pensiero e narrazioni. Modelli di storiografia filosofica” (Dedalo, Bari);
Frammenti di diario; l'anno del Messico, Schena, Fasano); “Fenomenologia delle
relazioni, Palomar, Bari); “Ragione e storia. Studi in memoria” Tateo, Schena,
Fasano; Dalla materia alla coscienza.
Studi su Schelling in ricordo, Tatasciore, Guerini, Milano; ‘La certezza
incerta” Scritti su Semerari con due inediti dell'autore, S., Guerini, Milano; Ponzio,
Il significato della filosofia per S., in "BariSera", Niro, S.. Il
problema morale, Atheneum, Firenze, Silvestri, Il seme umanissimo della
filosofia. Sul pensiero di S. (Mimesis, Milano). Treccani Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giuseppe
Semerari. Semerari. Keywords: fascismo, Gentile, neo-idealismo come
intrinseccamente fascista, Croce, Vico, intersoggetivo, io-tu, dialogo, dialogo
autentico, comunita, valore comunitario, comunita umana, vico. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Semerari” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Semmola: filosofia come istituzione –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). Filosofo
italiano. Grice: “I find it difficult to decide if Semmola endorses formalism
or informalism in his monumental “Logica.”” Grice: “While Ayer never liked it,
metaphysics is very popular in Italy, as Semmola’s monumental “Metafisica”
testifies.” Grice: “It’s good to see philosophy as an institution, in the
Italian way of using this word, as per Semmola, “Istituzione di Filosofia.” Uno dei più grandi esponenti della scuola napoletana.
Partecipa ai moti di Marigliano. Saggi: “Istituzioni di Filosofia,” “Logica,” “Metafisica”,
Biblioteca, Napoli. Mente divinatrice ardente spirito investigatore che nello
studio della natura morbosa dell'uomo produsse miracoli di arte e di scienza scolare
e presto emulo del suo gran più ai giovann conchiuse alla novità delle dottrine
una sapienza antica procacciandosi fama in patria e fuori di sommo maestro in
medicina ne rifulse lo ingegno incomparabile dalla cattedra nell'università
napoletana nelle accademie e negli ospedali nei consessi legislativi e nei
congressi scientifici nella parola negli scritti membro della commissione legislativa
riunita in Firenze principale autore di un codice sanitario italiano inviato
unico plenipotenziario alla conferenza sanitaria internazionale di Vienna deputato
e poi senatore nel patrio parlamento onorato due volte di medaglia d'oro dal
proprio governo per le cure ai colerosi da quello del Brasile per la guarigione
del suo imperatore Socio di gran numero di accademie italiane e straniere
Insignito di molti tra i maggiori gradi cavallereschi. Muore nella fede
catolica avita. Questo marmo per voce del comune Si fa eco della pubblica
solenne onoranza cittadina. Le spoglie mortali riposano nella cappella
mortuaria di famiglia ove le vollero la vedova ed i figliuoli a rendere vieppiù
paghi la loro pietà ed il riconoscente affetto. Mariano Semmola. Semmola.
Keywords: istituzioni di filosofia, l’istituzione della logica, l’istituzione
della metafisica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Semmola” – The Swimming-Pool
Library.
Grice e Senea: la scuola di Caulonia – Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Caulonia). Filosofo
italiano. A Pythagorian cited by Giamblico.
Grice e Senocrate: la scuola di Metaponto – Roma – filosofia italiana –
Luigi Speranza (Metaponto).
Filosofo italiano. Pythagorean. Giamblico.
Grice e Senofante: la scuola di Metaponto – Roma – filosofia italiana –
Luigi Speranza (Metaponto).
Filosofo italiano. Pythagorean – Giamblico.
Grice e Serbati: il divino nella filosofia italiana –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Rovereto).
Filosofo italiano. Important Italian
philosopher. Frequenta l’imperial regio ginnasio.
Studia a Padova. A questo proposito i famigliari raccontavano come, fin dalla
più tenera età, legge alla luce della sua aureola. E in occasione della
venuta a Rovereto del vescovo di Chioggia per consacrare le chiese di S. Maria
del Carmine e di S. Croce, appartenente all'omonimo monastero, che, prendendo
parte alla cerimonia, ottenne il diaconato. Mostra una profonda inclinazione
per la FILOSOFIA, incoraggiato in tal senso da Pio VII. Si trasfere a
Milano dove strinse un profondo rapporto d'amicizia con Manzoni che di lui ebbe
a dire -- è una delle sei o sette intelligenze che più onorano l'umanità. Manzoni
assistette S. sul letto di morte, da cui trasse il testamento spirituale
"Adorare, Tacere, Gioire". La sua filosofia destarono l'ammirazione,
tra gli altri, anche di Stefani, Tommaseo e Gioberti dei quali pure divenne
amico. Dopo aver dovuto lasciare il Trentino, per motivi di forte ostilità
per le sue posizioni incontrati da parte del vescovo di Trento fonda al Sacro
Monte Calvario di Domodossola la congregazione religiosa dell'Istituto della
Carità, detta dei "Rosminiani". Le Costituzioni della nuova famiglia
religiosa, contenute in un libro che cura per tutta la vita, sono approvate da
Gregorio XVI. A Borgomanero svolge la sua attività di insegnamento e di guida
spirituale in un collegio rosminiano, il "Collegio Rosmini", regolato
dalla Congregazione della Provvidenza Rosminiane. Svolge una missione
diplomatica per conto del Re di Sardegna Carlo Alberto presso la Santa
Sede. E presidente dell'Accademia Roveretana degl’Agiati ed il suo posto,
anni dopo la sua morte fu assunto da Paoli, suo segretario ed esecutore delle
volontà, già direttore di Casa S.. Tra le sue volontà del vi e anche quella di
donare a Rovereto un terreno nell'attuale zona di S. Maria per costruirvi
l'ospedale cittadino, e Paoli onora tale decisione. Porta avanti tesi
filosofiche tese a contrastare sia l'illuminismo che il sensismo. Sottolineando
l'inalienabilità dei diritti naturali della persona, fra i quali quello della
proprietà privata, entrò in polemica con il socialismo e il comunismo,
postulando uno Stato il cui intervento fosse ridotto ai minimi termini. Nelle
sue teorie il filosofo seguì le concezioni di Agostino e AQUINO, rifacendosi
anche a Platone. I suoi esordi filosofici si ricollegano a GALLUPPI, sia
pure polemicamente, in quanto S. avverte con ogni chiarezza come risulti
insostenibile una posizione di integrale sensismo gnoseologico. La
necessità di concepire una funzione ordinatrice dell'esperienza, e a questa
precedente, porta S. a guardare con interesse la filosofia di Kant. Tuttavia
non è soddisfatto di ciò che lui chiama l'innatismo kantiano, legato ad una
pluralità imbarazzante e precaria di categorie. Le quali, d'altra parte, gli
sembrano fallire lo scopo di far conoscere il reale quale esso è, per la
necessaria introduzione di modifiche soggettive nell'atto stesso del
conoscere. Il problema filosofico di S. si configurava perciò come quello
di garantire oggettività alla conoscenza. La soluzione non potrà essere
trovata, stante il rifiuto della trascendentalità kantiana e dei connessi
sviluppi, se non in una ricerca ontologica, in un principio oggettivo di verità,
che riesca ad illuminare l'intelligenza in quanto le si proponga con immediata
evidenza, universalità e immutabilità. Questo principio è per S. l'idea
dell'essere possibile, che da indeterminato contenuto dell'intelligenza, quale
originariamente è, si fa determinato allorché viene applicato ai dati forniti
dal senso. Essa precede e informa di sé tutti i giudizi con cui affermiamo che
qualche cosa particolare esiste. L'idea dell'essere, dunque, costituisce
l'unico contenuto della mente che non abbia origine dai sensi, ed è perciò
innata (“Saggio sull'origine delle idee”). Ma qui i problemi del
kantismo, che sembrano superati o almeno messi da parte, si riaffacciano con
urgenza: di fronte al mero ricevere dati, di cui parlava il sensismo, ha
chiarito che la mente umana nel suo uso conoscitivo formula giudizi, in cui
l'idea dell'essere ha funzione di predicato, cioè di categoria, e la sensazione
è il soggetto, di cui si predica qualche cosa. Nel giudizio, inoltre, il
predicato si determina e la sensazione si certifica: se questa è la funzione
propria del giudicare, ogni concetto non può sussistere che come predicato di
un giudizio; né a questa necessità sembra potersi sottrarre il concetto di
essere, che è dato solo nell'attività giudicante, come forma del
giudizio. Tuttavia non accetta tale riduzione, ed esclude proprio il
predicato di esistenza della funzione del giudizio, continuando ad attribuirgli
una natura oggettiva e trascendente. È l'essere trascendente che si rivela
all'uomo, lo illumina e gli permette di pensare. Chi lo nega come il nichilismo
cade in una vuota posizione nullista. Accanto a questa ontologia la sua etica
si sviluppa come etica caritativa (Principio della scienza morale). Dedica alla
politica una breve ma intensa fase della sua vita. Seguì Pio IX riparato a
Gaeta dopo la proclamazione della Repubblica Romana, ma la sua formazione
attestatasi su ferme posizioni di cattolicesimo liberale e tale per cui e
costretto a ritirarsi sul Lago Maggiore, a Stresa. Tuttavia, quando Pio IX vuole
istituire una commissione incaricata della preparazione del testo per la
definizione del dogma dell'immacolata concezione, nonostante ben due suoi saggi
(Le cinque piaghe della Chiesa e La costituzione secondo la giustizia sociale) sono
all'Indice. Chiamato a prendere parte a tale commissione, e favorevole allo stato
liberale (vagheggiando la monarchia costituzionale), al costituzionalismo e
anche alla separazione tra stato e chiesa, sebbene non assoluta. Critica lo
Statuto Albertino proprio per il suo porre ancora il cattolicesimo come
religione di stato, elogiandone comunque il tentativo distensivo nei confronti
della Santa Sede. Critica la legge laicista ed anti-clericale. Si convince della
sostanziale bontà della maggior parte delle conquiste dell'età moderna,
criticandone solo le modalità: in tale ottica, critica sia la rivoluzione
francese che l'Ancient Regime, riconoscendo invece la sostanziale bontà dei
princìpi sanciti, distinguendoli dalle successive de-generazioni rivoluzionarie,
in polemica con chi, da una parte e dall'altra, sostene una società perfettista.
Continua a vivere a Stresa, fecondo nel perseguire il perfezionamento del suo
sistema di pensiero con saggi come “Logica” e “Psicologia”. Ratzinger, quando
la questione rosminiana era ancora ben accesa, nell'ambito di una serata
organizzata a Lugano, dice. Nel confronto con le parole classiche della fede
che sembrano così lontane da noi, anche il presente diventa più ricco di quanto
sarebbe se rimanesse chiuso solo in se stesso. Vi sono naturalmente anche tra i
teologi ortodossi molti spiriti poco illuminati e molti ripetitori di ciò che è
già stato detto. Ma ciò succede ovunque; del resto la letteratura dozzinale è
cresciuta in modo particolarmente rapido proprio là dove si è inneggiato più forte
alla cosiddetta creatività. Io stesso per lungo tempo avevo l'impressione che i
cosiddetti eretici fossero per una lettura più interessante dei teologi della
chiesa, almeno nell'epoca moderna. Ma se io ora guardo i grandi e fedeli
maestri, da Mohler a Newman a Scheeben, da S. a Guardini, o nel nostro tempo de
Lubac, Congar, Balthasar quanto più attuale è la loro parola rispetto a quella
di coloro in cui è scomparso il soggetto comunitario della Chiesa. In
loro diventa chiaro anche qualcos'altro: il pluralismo non nasce dal fatto che
uno lo cerca, ma proprio dal fatto che uno, con le sue forze e nel suo tempo,
non vuole nient'altro che la verità. Per volerla davvero, si esige tuttavia
anche che uno non faccia di se stesso il criterio, ma accetti il giudizio più
grande, che è dato nella fede della Chiesa, come voce e via della verità.
Del resto io penso che vale la stessa regola anche per le nuove grandi correnti
della teologia, che oggi sono ricercate: teologa africana, latinoamericana,
asiatica, ecc. La grande teologia francese non è nata per il fatto che si
voleva fare qualcosa di francese, ma perché non si presumeva di cercare
nient'altro che la verità e di esprimerla più adeguatamente possibile. E
così questa teologia è diventata anche tanto francese quanto universale. La
stessa cosa vale per la grande teologia italiana, tedesca, spagnola. Ciò vale
sempre. Solo l'assenza di questa intenzione esplicita è fruttuosa. E di fatto
non abbiamo davvero raggiunto la cosa più importante se noi ci siamo
convalidati da soli, ci siamo accreditati da soli e ci siamo costruiti un
monumento per noi stessi. Abbiamo veramente raggiunto la meta più
importante se siamo giunti più vicino alla verità. Essa non è mai noiosa, mai
uniforme, perché il nostro spirito non la contempla che in rifrazioni parziali;
tuttavia essa è nello stesso tempo la forza che ci unisce. E solo il
pluralismo, che è rivolto all'unità, è veramente grande. Pio VIII dice a S., in
udienza. È volontà di Dio che voi vi occupiate nella filosofia. Tale è la
vostra vocazione. Ella maneggia assai bene la logica, e la Chiesa al presente
ha gran bisogno di filosofi. Dico, di filosofi solidi, di cui abbiamo somma
scarsezza. Per influire utilmente sugl’uomini, non rimane oggidì altro mezzo
che quello di prenderli colla ragione, e per mezzo di questa condurli alla
religione. Tenetevi certo, che voi potrete recare un vantaggio assai maggiore
al prossimo occupandovi nello scrivere, che non esercitando qualunque altra
opera del Sacro Ministero. Gregorio XVI, successore di Pio VIII, in risposta
alla lettera che S. gli aveva indirizzato. Diletto Figlio, a te il nostro
saluto e la nostra Apostolica Benedizione. Abbiamo volentieri e con animo lieto
ricevuto la tua lettera con i sensi della tua devota sommissione a Noi e alla
Sede Apostolica in cui ci parli della pia Società, chiamata Istituto della
Carità e che con le tue fatiche è stata fondata nel territorio della diocesi di
Novara con l'approvazione del Vescovo. E soprattutto ci hai anche informato che
il medesimo Istituto è stato da poco chiamato anche dal Vescovo di Trento nella
sua diocesi e che qui molti ecclesiastici, di provate virtù, vi hanno aderito.
Per questi fatti davvero rendiamo il nostro umile grazie a Dio autore di ogni
bene. E quantunque questo Istituto non sia stato ancora confermato
dall'autorità di questa Santa Sede, tuttavia speriamo in bene di esso e ci
allietiamo che lo stesso si dilati con il consenso dei nostri Venerabili
Fratelli nell'Episcopato. Quindi, per quanto riguarda le Sante Indulgenze
connesse a questo istituto, che domandi siano concesse, ricevi diletto figlio
il nostro Rescritto unito a questa lettera, da cui sicuramente comprenderai che
rispondiamo positivamente alla tua richiesta. Ti assicuriamo anche che ci è pervenuto
il libro sopra i Principi della Dottrina Morale da te edito e mandatoci in
omaggio e ti dichiariamo il grazie del nostro animo per il dono. Tuttavia per
la tensione nelle gravissime fatiche del Governo Apostolico non abbiamo ancora
letto lo stesso libro, ma siamo certamente persuasi che esso sia in tutto
conforme alla più sana dottrina e utilissimo alla sua difesa. Continua dunque,
diletto figlio, lo studio e prosegui a spendere le tue fatiche ad onore di Dio
per l'utilità della Chiesa; in Cielo sarà copiosa la ricompensa per la tua
opera. Frattanto la paterna carità con cui ti abbracciamo nell'umanità di
Cristo sia pegno dell'apostolica benedizione, che sgorgante dall'intimo del
cuore ti impartiamo.» (Da Breve pontificio di Gregorio P.P.XVI,) Pio IX rivolgendosi
al Vescovo di Cremona dopo il decreto Dimittantur opera omnia parlando di
Rosmini disse: «Non solo è un buon cattolico, ma santo: Iddio si serve
dei santi per far trionfare la verità. Leone XIII, al tempo delle aspre e
dolorose lotte che si svolgevano intorno al pensiero rosminiano sul finire del
diciannovesimo secolo, in una lettera indirizzata agli arcivescovi di Milano,
Torino e Vercelli, fra l'altro scrisse: «Ma non vogliamo che con questo
abbia a patir detrimento il religioso Sodalizio della Carità; il quale come per
lo innanzi spese utilmente le sue fatiche a beneficio del prossimo, secondo lo
spirito dell'Istituto, così è desiderabile che fiorisca in avvenire e prosegua
a rendere ognora più abbondanti frutti. Col decreto del Sant'Uffizio "Post
Obitum" firmato da Leone XIII,
vennero condannate, in quanto "non conformi alla verità cattolica", XL
proposizioni contenute nelle opere del S., le quali la Sacra Congregazione
romana "giudicò doversi riprovare, condannare e proscrivere, nel proprio
senso dell’autore", chiarendo inoltre che non era lecito "a
chicchessia di inferire, che le altre dottrine del medesimo Autore, che non
vengono condannate per questo decreto, siano per veruna guisa
approvate". Giovanni XXIII, negli ultimi anni della sua vita, meditò
in ritiro spirituale le rosminiane "Massime di Perfezione Cristiana",
assumendole come propria regola di condotta. Anche Paolo VI prestò interesse
nel S.: in occasione dell’anniversario di fondazione dell'Istituto della Carità
inviò un messaggio all'allora padre generale, in cui elogiava l'intuizione del S.
nel dare un grande peso alla missione caritativa già nel nome del nativo
istituto religioso, appunto l'Istituto della Carità. Pubblicamente Paolo VI lo cita
durante il discorso tenuto alla Federazione Universitaria Cattolica
Italiana riguardante la cultura
cattolica e l'Europa. Inoltre sotto il suo pontificato venne tolto il divieto
di pubblicazione dell'opera Dalle Cinque Piaghe della Santa Chiesa. Alla
morte di Paolo VI venne eletto Giovanni Paolo I, laureato in sacra teologia
alla Gregoriana con il saggio, “L'origine dell'anima umana”. È bene precisare
che Luciani e fortemente critico nei riguardi del pensiero rosminiano, solo
successivamente cambiò opinione, rivolgendo nei riguardi di S. parole di
ammirazione e stima. Tuttavia fu con il pontificato di Giovanni Paolo II
che il pensiero rosminiano ha potuto liberarsi delle aspre critiche e delle
condanne che accompagnavano l'Istituto della Carità fin dai tempi della sua
fondazione. Nella Lettera Enciclica Fides et ratio, Giovanni Paolo II l’annoverato
tra i pensatori più recenti nei quali si realizza un fecondo incontro tra
sapere filosofico e Parola di Dio». Ne ha inoltre concesso l'introduzione della
causa di beatificazione, conclusasi nella sua fase diocesana
novarese. Ratzinger da prefetto
della Congregazione per la Dottrina della Fede emana il famoso documento Nota
ai Decreti dottrinali sul Rev.do sac. S.. La nota si concludeva confermando la
validità del decreto Post obitum sulle quaranta proposizioni, e allo stesso
tempo con la riabilitazione di S.: «Il Decreto dottrinale Post obitum non
si riferisce al giudizio sulla negazione formale di verità di fede da parte
dell'Autore, ma piuttosto al fatto che il sistema filosofico-teologico del
Rosmini era ritenuto insufficiente e inadeguato a custodire ed esporre alcune
verità della dottrina cattolica, pur riconosciute e confessate dall'Autore
stesso. Si possono attualmente considerare ormai superati i motivi di
preoccupazione e di difficoltà dottrinali e prudenziali, che hanno determinato
la promulgazione del Decreto Post obitum di condanna di quaranta proposizioni.
E ciò a motivo del fatto che il senso delle proposizioni, così inteso e
condannato dal medesimo decreto, non appartiene in realtà alla sua autentica
posizione, ma a possibili implicanze. Resta tuttavia affidata al dibattito
teoretico la questione della plausibilità o meno del sistema rosminiano stesso,
della sua consistenza speculativa e delle teorie o ipotesi filosofiche e
teologiche in esso espresse. Nello stesso tempo rimane la validità oggettiva
del Decreto Post obitum in rapporto al dettato delle proposizioni condannate,
per chi le legge, al di fuori del contesto di pensiero rosminiano, in un'ottica
idealista, ontologista e con un significato contrario alla fede e alla dottrina
Cattolica. Il documento ribadisce la diversità di linguaggio e apparato
concettuale del sistema rosminiano rispetto al tomismo, l'assenza di apparato
critico nelle opere postume e la permanente "difficoltà oggettiva di
interpretarne le categorie, soprattutto se lette nella prospettiva
neotomista". Benedetto XVI autorizza la Congregazione delle Cause
dei Santi a promulgare il decreto sul miracolo della guarigione di Ludovica
Noè, attribuito alla sua intercessione. Tra quelli portati dalla postulazione
dei padri rosminiani, si è scelto di dare maggiore impulso a quello della
guarigione della suora sopracitata, poiché il medico che la curò si convertì in
seguito all'accaduto. Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CEI,
a margine del Convegno sulla sfida educativa tenuto a Milano, ha tenuto un
intervento intitolato "Istanze educative e questione antropologica"
in cui riconosce le sue istanze pedagogiche. A. Bagnasco ha presieduto a Stresa
la celebrazione eucaristica per il suo Dies Natalis. Nel corso dell'Angelus
domenicale e ricordato per la sola carità intellettuale e perché testimonia la
virtù della carità in tutte le sue dimensioni e ad alto livello. Avversario del
sensismo e dell'illuminismo e mentore e maestro intellettuale di quattro pontefici
eletti consecutivamente: Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I e II.
Nulla osta della Congregazione per la dottrina della fede che consente l'inizio
della causa di beatificazione. Apertura del processo informativo diocesano dopo
la nomina dei censori teologi e delle commissioni storiche in Novara. C. Papa diventa
postulatore della causa succedendo a Belti, storico dell'Istituto e già
Direttore del Centro di Studi Rosminiani di Stresa. Chiusura del Processo
informativo Diocesano. Consegna del Trasunto alla Congregazione per le cause
dei Santi. Apertura del Trasunto. Decreto di Validità del processo diocesano.
Schema per la stesura della Positio. Consegna del lavoro sul Post obitum curato
dal Postulatore. Il Relatore generale approva il lavoro sul Post obitum e il
lumen oculorum tuorum Consegna del lavoro sul Post obitum alla Congregazione
per la Dottrina della Fede.Il giorno dell'anniversario della morte di S. viene
pubblicata sull'Osservatore Romano la Nota della Congregazione per la dottrina
della fede sul valore dei decreti dottrinali concernenti il pensiero e le opere
del Rev.do sacerdote S., a firma del cardinal Ratzinger e di mons.
Bertone. Rilascio del Nihil obstare per
la Causa di Beatificazione. Il Relatore
approva e firma la Positio. Conclusione
della stampa e consegna alla Congregazione per le cause dei santi della Positio.
Consegna del Trasunto super miro alla Congregazione per le cause dei santi.
Validità dell'inquisizione diocesana sul processo super miro. Presentazione
fattispecie super miro. Revisa della fattispecie con firma del
sotto-segretario. Relatio et vota del Congresso Storico (con esito positivo).
Relatio et vota del Congresso teologico super virtutibus (con esito positivo).
Ordinaria della Congregazione per le cause dei santi: esito affermativo.
Ponente della Causa Fisichella. Benedetto XVI autorizza la Congregazione per
le Cause dei Santi a promulgare il decreto di esercizio eroico delle virtù. La
Consulta medica della Congregazione per le Cause dai Santi, si esprime con
esito affermativo (all'unanimità 5 su 5) circa l'inspiegabilità scientifica
dell'evento di guarigione avvenuto a Noè. Il presunto evento miracoloso è
avvenuto. Al termine del dibattito, i Consultori si sono unanimemente espressi
con voto affermativo (7 su 7), ravvisando nella guarigione in esame un miracolo
operato da Dio per intercessione Benedetto XVI autorizza la pubblicazione da
parte della Congregazione per le Cause dei Santi del riconoscimento della virtù
eroica di S.. A Novara si celebra la beatificazione dando lettura del decreto
di Benedetto XVI che l’iscrive tra i beati. La beatificazione è avvenuta a
Novara: appositamente è stato fatto allestire il Palasport della città, unico
luogo capace di raccogliere un numero di fedeli così significativo. Con
il pontificato di Benedetto XVI le beatificazioni vengono preferibilmente
celebrate dai cardinali, per rendere ancora più piena la comunione tra loro e
il successore di Pietro, e viene privilegiato il luogo in cui il candidato agli
onori degli altari ha vissuto. Così, in qualità di delegato pontificio, la
celebrazione è stata officiata da J. Martins,
allora prefetto della congregazione per le Cause dei Santi. A fianco
dell'altare erano disposti gli spalti da cui hanno concelebrato circa 400
sacerdoti, non soltanto rosminiani. A prendere parte alla processione e
celebrare sull'altare, insieme al preposito generale Flynn c'era il segretario
generale dell'Istituto Domenico Mariani con gli allora componenti della Curia
Generalizia dell'Istituto della Carità, il Vicario per la Carità
SpiritualeCrish Fuse, il Vicario per la Carità Intellettuale Taverna Patron, il
Vicario per la Carità TemporaleDavid Tobin, l'allora preposito della Provincia
Italiana don U. Muratore (profondo conoscitore di Rosmini) e il postulatore
della Causa di Beatificazione, Papa. Hanno partecipato alla celebrazione
anche il cardinale ex prefetto della Sacra Congregazione per i vescovi Re, il
cardinale arcivescovo di Torino S. Poletto, il vescovo di Novara, mons. R.
Corti, l'arcivescovo di Trento, mons. Bressan, il vescovo rosminiano mons.
Antonio Riboldi e fra gli altri anche G. Zaccheo (che sarebbe improvvisamente
scomparso due giorni dopo), vescovo della Diocesi di Casale Monferrato, mons.
Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea (che durante la III sessione del
Concilio Ecumenico Vaticano II fece per primo il nome di Rosmini), l'allora
segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana G. Betori, G. Lajolo,
presidente del Governatorato della Città del Vaticano, l'allora rettore della
Pontificia Università Lateranense, mons. Rino Fisichella, il Vicario Episcopale
per la Vita Consacrata dell'arcidiocesi di Milano monsignor Ambrogio Piantanida
e il preposito generale dei barnabiti, padre Villa. Tra i numerosissimi
fedeli (più di diecimila) accorsi da diverse parti del mondo per presenziare
alla celebrazione, hanno preso parte anche personalità politiche. Tra
queste il senatore a vita Scalfaro, l'allora presidente del Senato, Marini, e
Parisi, al tempo Ministro della Difesa. S. è il primo beato della Provincia del
Verbano Cusio Ossola. In occasione della beatificazione sono stati
moltissimi i quotidiani e periodici italiani e esteri che hanno dedicato
articoli, pagine e interi numeri alla figura di S.. Sono numerosissimi i
suoi saggi. Certamente il più importante a livello ascetico e spirituale e le “Sei
massime di perfezione”, su cui anche Giovanni XXIII fa delle riflessioni prima
di morire. Gli costarono la messa all'Indice dei libri proibiti le opere
"Delle cinque piaghe della santa chiesa" e "Dalla costituzione
secondo la giustizia sociale". In filosofiia meritano di essere ricordato
il “Saggio sull'origine delle idee”. Altri saggi: “Principii della scienza
morale”; “Filosofia della morale”; “Antropologia in servigio della scienza
morale”; “Filosofia della politica”; “Trattato della coscienza morale”; “Filosofia
del diritto”; “Teodicea”; “Sull'unità d'Italia”; “Il comunismo e il socialismo”.
Le sei massime di perfezione sono formulate per definire il fondamento
spirituale sul quale ogno uomo puo avere un cammino nella
perfezione. Siate perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste (Matteo
5,48). Desiderare unicamente ed infinitamente di piacere a Dio, cioè di essere
giusto. Orientare tutti i propri pensieri e le azioni all'incremento e alla
gloria della Chiesa di Cristo. Rimanere in perfetta tranquillità circa
tutto ciò che avviene per disposizione di Dio riguardo alla Chiesa di Cristo,
lavorando per essa secondo la chiamata di Dio. Abbandonare se stesso
nella provvidenza di Dio. Riconoscere intimamente il proprio nulla.
Disporre tutte le occupazioni della propria vita con uno spirito di
intelligenza. Di particolare interesse e “Le cinque piaghe della santa
Chiesa". Mostra odi discostarsi dall'ortodossia dell'epoca. Per tale
ragione il saggio fu messo all'Indice e ne scaturì una polemica nota col nome
di "questione rosminiana". L'opera eriscoperta al Concilio Vaticano
II. Il primo a parlare al Concilio di S. e Bettazzi. Mi sia consentito
ricordare S., molto legato ad Aquino. Ma anche studioso e amante del suo tempo,
e che certamente guadagna a Cristo non pochi uomini. Tutto questo mi sembra si
accordi con le cose che sono state già dette da non pochi padri su questo
schema in generale, che cioè gl’uomini non si aspettano dalla Chiesa soluzioni
particolari, ma piuttosto la presentazione di valori che li aiutino a
trascorrere questa vita umana più nobilmente e con maggiore sicurezza. Parlando
della libertà, esaltare i valori dell'umiltà. Parlando del matrimonio, il ruolo
della fortezza. Parlando dei problemi economici e di molti altri problemi,
l'efficacia di un certo disprezzo delle cose. Occorre dunque mettere in luce la
necessità dell'ubbidienza, della castità, della povertà, non solo nella vita e
nell'esempio (e nella Bozza di Documento!) dei religiosi, aiuto agl’uomini di
questo tempo, perché possano vivere la loro vita umana nel modo migliore e più
efficace. Il primo e principale compito dunque per gl’uomoni che coltivano la
sapienza dev'essere, alla luce del Magistero, l'amore delle Scritture e l'amore
di questo mondo in un colloquio franco e aperto. Paolo VI dice. I suoi saggi
sono pieni di pensiero, una filosofia profondo, originale che spazia in tutti i
campi: quello filosofico, morale, politico, sociale, sopra-naturale, religioso,
ascetic -- filosofia degna di essere conosciuta e divulgata. È stato anche un
profeta. Le Cinque piaghe della Chiesa (una volta la chiesa non aveva piacere
che si mettessero in luce le sue mancanze, le sue debolezze). Previde
partecipazione liturgica del popolo. La sua filosofia indica uno spirito degno
di essere conosciuto, imitato e forse invocato anche come protettore dal Cielo.
Ve lo auguriamo di cuore. “Delle cinque piaghe della santa chiesa” è suddiviso
in cinque capitoli corrispondenti ciascuna ad una piaga, paragonata alle piaghe
di Cristo. In ogni capitolo la struttura è la medesima: un quadro
ottimistico della Chiesa antica segue un fatto nuovo che cambia la situazione
generale (invasioni barbariche, nascita di una società cristiana, ingresso dei
vescovi nella politica) la piaga i rimedi. La prima piaga e la divisione del
popolo dal clero nel culto pubblico. Nell'antichità romana, il culto era un
mezzo di catechesi e formazione e il popolo partecipava al culto. Poi, le
invasioni barbariche, la scomparsa della lingua dei romana, la scarsa
istruzione del popolo, la tendenza del clero a formare una casta hanno eretto
un muro di divisione tra il popolo e i ministri di Dio. Rimedi proposti:
insegnamento della lingua romana, spiegazione delle cerimonie liturgiche, uso
di messalini in italiano. La seconda piaga e l’nsufficiente educazione del
clero. Se un tempo i preti erano educati dai vescovi, ora ci sono i seminari
con piccoli libri e piccoli maestri: dura critica alla scolastica, ma
soprattutto ai catechismi. Rimedio: necessità di unire scienza e pietà. La
terza piaga e la disunione tra i vescovi. Critica serrata ai vescovi
dell'ancien régime: occupazioni politiche estranee al ministero sacerdotale,
ambizione, servilismo verso il governo, preoccupazione di difendere ad ogni
costo i beni ecclesiastici, schiavi di uomini mollemente vestiti anziché apostoli
liberi di un Cristo ignudo. Rimedi: riserve sulla difesa del patrimonio
ecclesiastico, accenni espliciti di consenso alle tesi dell'Avenir sulla
rinunzia alle ricchezze e allo stipendio statale per riavere la libertà. La
quarta piaga e la nomina dei vescovi lasciata al potere temporale. Compie
un'approfondita analisi storica sull'evoluzione del problema e critica i
concordati moderni con cui la S. Sede ha ceduto la nomina al potere statale (e,
accenna prudentemente, per avere compensi economici). Rimedi: propone un
ritorno all'elezione dei vescovi da parte dei fedeli. La quinta piaga e la
servitù dei beni ecclesiastici. Sostiene la necessità di offerte libere, non
imposte d'autorità con l'appoggio dello Stato, rileva i danni del sistema beneficiale,
propone la rinuncia ai privilegi e la pubblicazione dei bilanci. A Rovereto
gli ha dedicato il liceo che frequentò quando ancora si chiamava Imperiale e
Regio Ginnasio. Borgomanero ospita l'Istituto Rosmini. Domodossola ospita il
liceo delle Scienze Umane "S. (istituto parificato). Roma ospita la sede
dell'Istituto Comprensivo. Torino ospita la biblioteca Antonio Rosmini del polo
biomedico universitario che in passato fu un istituto scolastico attivo fino
alla fine del XX secolo. Trento, dove si trova il liceo "S.". Farina,
Prosser Prosser Bonazza, L'Accademia
Roveretana degli Agiati, su agiati, Accademia Roveretana degli Agiati,
«Paoli artefice della rinascita
dell'Accademia e suo president. Ragionamento sul comunismo e socialismo,
Grondona, Genova, Questa tesi fu messa in discussione da Abbà a cui S.
controbatté nel Diario filosofico di Adolfo, Riv. rosminiana, Pagani Rossi. Nota
sul valore dei Decreti dottrinali concernenti il pensiero e le opere). Angelus: Rosmini, esempio per la Chiesa, su
agensir, Biografia di S. su vatican. Istituto S., su rosmini borgomanero. Liceo
delle Scienze Umane su cercalatuascuola.istruzione. Istituto Comprensivo S., su
ic-rosmini Biblioteca S., su biomedico campusnet.unito. su vivoscuola. M. Farina, Gl’Agiati, Brescia,
Morcelliana Edizioni, Italo Prosser, El
pra' de le Móneghe: cronistoria del monastero di S. Croce nell'antico comune di
Lizzana, Rovereto (Trento), Stella, Approfondimenti Sciacca, La filosofia
morale di S., Torino, Bocca, Pusineri, Rosmini (Edizione riveduta e aggiornata
da Belti), Stresa, Edizioni Rosminiane
Sodalitas, Dossi, Profilo filosofico di S., Brescia, Morcelliana, Valle, S. Il
carisma del fondatore, Rovereto, Longo Editore, Marangon, Il Risorgimento della
Chiesa. Genesi e ricezione delle "Cinque piaghe" di S., collana
Italia Sacra, Roma, Herder, S., Frammenti di una storia della empietà, a c. di
Cattabiani con una nota filologica di Albertazzi, Trento, La Finestra, Giorgi,
S. e il suo tempo. L'educazione dell'uomo moderno tra riforma della filosofia e
rinnovamento della Chiesa Brescia, Morcelliana, Dossi, Il Santo Probito, La
vita e il pensiero di S., Trento, Il Margine, Gomarasca, La forma morale
dell'essere. La poiesi del bene come destino della metafisica, Milano, Angeli,
Paoli, S., Virtù quotidiane, Verona, Edizioni Fede e Cultura, Paoli, Maestro e profeta, Milano, Edizioni San
Paolo, Sapienza, Eclissi Dell'educazione? La sfida educativa nel pensiero di S.,
Roma, Libreria Editrice Vaticana, Giuseppe Goisis, Il pensiero politico di S. e
altri saggi fra critica ed Evangelo, S. Pietro in Cariano, Gabrielli, Comunità
di San Leolino, Una profezia per la Chiesa. Verso il Vaticano II, Panzano in
Chianti, Feeria-Comunità di San Leolino Muratore, S. per il Risorgimento. Tra
unità e federalismo, Stresa, Rosmininane Sodalitas, Bergamaschi, S. La
perfezione della vita cristiana, Stresa, Rosminiane Sodalitas, Malusa, S. per
l'unità d'Italia. Tra aspirazione nazionale e fede cristiana, Milano,
FrancoAngeli,. Domenico Fisichella, Il caso S. Cattolicesimo, nazione,
federalismo, (Roma, Carocci); Muratore, Apologia della fedeltà. In difesa dei
valori etici e spirituali, Stresa, Rosminiane Sodalitas, Malusa, Stefania
Zanardi, Le lettere di S., un "cantiere" per lo studioso.
Introduzione all'epistolario rosminiano, Venezia, Marsilio, Zanardi, La
filosofia di S. di fronte alla Congregazione dell'Indice Milano, Franco Angeli.
Treccani Dizionario di storia, Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Crusca. Antonio
Francesco Davide Ambrogio Rosmini Serbati. Antonio Rosmini. Rosmini. Serbati. Keywords:
gl’agiati, Agostino, Aquino, la tradizione Latina italiana. Refs.: Luigi Speranza,
“Rosmini e Grice,” per il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
Grice e Sereniano:
il cinargo romano – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Sereniano was a philosopher who
visits the emperor Giuliano. He followed the doctrine of the Cinargo.
Grice e Sereno: ondella
tranquilità dell’animo – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. He belongs to IL PORTICO and is a
friend of Seneca. Seneca dedicates some of his works to him. In the dialogue
“On the tranquility of mind,” Seneca depicts them discussing the problems S.
has with maintaining his firmness of resolve. Anneo Sereno.
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