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Tuesday, August 6, 2024

GRICE E PUCCINOTTI oreità che attornia siffatti » termini vuoi più sapere ampiamente, prendi il primo p libro di Macrobio, dottissimo uomo, sopra il Sogno di » Scipione. » * . - Le sentenze dell' autore de' Saturnali alle quali al- lude Boezio, sono, a quanto pare, le seguenti: « Tutti i » corpi sono conchiusi da una superficie in che ha ter- » mine V ultima parte loro. Questi termini che attorniano » e limitano sempre i corpi, sonò incorporei e non li » considera che rintellettò.... Cotesta superficie in quanto » è termine de' corpi è terminata da linee..., le linee » finiscono in punti.... La superficie come forma subiet- D tivà del corpo, assume il' numero delle linee.... Essa » sebbene incorporea non si disgiùnge però dal corpo.... » Dalle linee si ascende al numero.... Adunque quanto » è, ed è pensato al di sopra della superficie , è già pù- 9 ramente incorporeo.... Ma la perfetta incorporalità sta » nel numerp. » * Dalla nostra versione mi pare che chiaramente re- sulti, come Boezio nel suo primo commento, né alla dottrina di Platone, né a quella di Aristotele sulla natura degli universali esclusivamente si attenga; ma indichi piuttosto una via media per conciliarle ambedue, ed ap- plicare questo modo conciliativo alla Scolastica cristiana ' Boethii. Opera omnia. Voi. 1 Basile», apud Henricpetrom lS70ia Porph. a Victor, translat. Dial. I, pag. 9 e 10. * Macrobii. De Somnio Seipionis,^ Lib. f. Gap. V* y Google CAPITOLO SECONDO. 31 e latina. Egli non è niente peripatetico quando spinge la mente a ricercare 1' ultima ragione ideale del genere, ammesso che i generi V uno all' altro si possono mentala mente sovrapporre sino all' infinito. Se non va all' infi- nito dove non è più genere, ogni genere che l'altro sor* passi non è genere per sé, ma relativeimente alle specie sottostanti: così le specie tali non sono per sé, ma re- lativamente al genere, che loro sovrasta. Sidthè e l'uno e r altro non nella sostanza sono contenuti > ma nella fartecipasione che ha il superiore coli' inferiore, e que- sto su quello. E la partecipazione che non è genere , è però l' idea madre che limita sopra e sotto, a differenzia e reintegra matematicamente il genere e la specie. Mo- stra Boezio di compiacersi del suo trovato, e fa dire a Fabio: Subtiliter meherdef et quod nunquam fere antehac audivimus. Ed oggi tra i nostri filosofi la metessi gio- bertiana, non arieggia in qualche modo la participatio Ai Boezio? Nel secondo commento che procede , non colla ver- sione di Vittorino , ma di Boezio stesso j nel quale è sem- brato al Cousin d' incontrare una opinione del tutto con- traria a quella del primo sulla natura degli Universali, noi non solo la troveremo, riportando il testo alla prima similissima; ma con una serie più estesa di argomenti premessi, dove si adducono ambedue le estreme sen- tenze de' realisti e de' nomuiali, dimostrando il vizio in- b*inseco loro, tenuti come sditarj, ed insieme la neces- sità di risolvere il problema con un termine medio, che e nel suo vero intrìnseco e nella generalità delle sue ap- plicazioni avanzasse ogni altra risoluzione finora cono- sciuta, e fessevi messo Pittagora disposatore con tale gemma dell' Accademia col Peripato. Ritoma Boezio aHe sue due forme della incorporalità, e dice: a Due sono le » forme delle cose incorporee, che l'una fuori de' corpi Digitized by VjOOQIC 31 IL BOEZIO. » può dtare, e permanentemente continuare nella sua ,9 incorporalità separata dai corpi, come Dio, la mente, «l'anima. L'altra forma benché incorporea, tuttavia » senza i corpi non esiste, come la linea, la superficie, » il numero, e «altre qualità le quali sebbene diciamo » essere incorporee, come quelle che sono senza la tri- » plico dimensione, sono però ai corpi confitte per sif- » fatto moiao che non se ne possono divellere né allon- A tanare, imperocché separate dai corpi non a^^bbono 9 più esistenza. Questa é V ardua questione che Porfirio » si ricusa dallo sciogliere, e che io tenterò di appianare, » onde il lettore esca della sua ansietà, ed io e tempo » ed oper? impìisghi utilmente, sebbene non sia dell' uf- » ficip della presente Introduzione. » Esposti gli argomenti delle due parti contrarie, scende Boezio alla conclusione^ a I generi e le specie ed ogni »^ altra qualità, e si trovano nelle cose incorporee, e sì » trovano nelle corporee. Se sono nelle incorporee, il D genere che loro appartiene é intellettivo. Se nelle cor- »(poree li ravvisi la mente, ne astrae la natura incor- 0 porea , e sola e pura ne contempla in sé stessa la fòr- » ma. Dividendo dai corpi ciò che loro é permisto, cioè N i generi e le specie, e speculando attorno ad essi e 9 considerandoli, si imita il geometra che non dà in falso » quando dal corpo divide la linea e la superficie, ed » astratta che l'ha colla mente, la ritiene come incor- » porale, sebbene dal corpo disgiunta non possa esi- D stero. In queste astrazioni delle qnalità dell' oggetto » che opera la mente, vi può essere falsità di cqngiun- 9 zione se la ment^ in modo fantastico la qualità d' un » oggetto accoppia a quella d' un altro, come quella 9 dell'uomo e del cavallo, formandone un centauro; ma » finché il genere é semplice e proprio soltanto dell'og- » getto, è vero. Chiunque pertanto divida dalle cose in Digitized by VjOOQIC CAPITOLO SECONDO. 33 » che sono/ astragga ed assuma le universali qualità, » nop' spio non erra; ma nel solo suo intelletto scorge » il vero delle proprietà,, e lo afferma. Le quali essendo » ne'jDorpi e nelle cose sensibili, la loro natura non si » intende che fuori di essi, cioè nèir intelligenza. Onde- » che pensando noi e i generi e le specie, allora di tutti » quei singolari in che esistono le somiglianze si fa una » unità, come da singoli uomini dissomiglianti si cava » un simile a sé stesso, che è l' umanità, che' pensata » neir anima, è vera e ben determinata specie delle ani- » malità: e considerata di seguitò la simiglianza 'delle » specie diverse, la quale non può esistere che nelle » stessè specie e ne' loro individui, sene forma il gè- » nere. I quali generi benché derivino da' singolari; sono » pensati come universali dalla mente; non altro es- » sendo le specie che una idea collettiva di individui j> dissimili'in numero riuniti in*spstanzialè somiglianza: » il genere idea collettiva di specie ^ra lóro somiglianti. » Ma ^questa somiglianza finché esiste nei singolari è » sensibile: quando si fa universale è intelligibile ^ è iper i> lo stesso modo mentre è sensibile tiensi ne' singolari, IO e quando è intellettiva entra negli universali. Esistono 9 adunque i generi circa i corpi, intendonsi però fuori i> dei corpi. Ciò lion toglie intanto che due proprietà d'uno » stesso oggetto non siano razionalmente divise, come * la linea curva e- la concava: alle quali sebbene com- » peta una diversa difinizioné, e diverso sia il modo » d' intenderle, .sempre tuttavia nel medesimo oggetto » si ritrovano, essendo e Puna e l'altra sempre la stessa » linea. Egualmente adunque nei generi e nelle specie, » nella singolarità e nella xmiversalìtà l' oggetto resta il > medesimo; ma altro è il modo con che l' universale è 9 pensato dalla mente^ altro quello eoa che il singolare » èisentito attorno'a quelli oggetti medesimi', dai quali Digitized byVjOOQ le 34 IL BOEZIO. D derivano ambedue. Per i quali considerameDti a me » pare che la questione sia risoluta. I generi e le specie » sussistono in un modo, e sono pensati in un altro; e » tanto sono pensati come incorporei ma congiunti ed 9 esistenti .coi corpi, come li volle Aristotele; quanto » i^omé sussistenti per sé medesimi e indipendenti dai • corpi) come li volle Platone. » * Imperocché tra gli uni egli altri Boezio trdvò saga- cemente il mezzo pittagorico conciliativo, della incorpo- ralità de' termini geometrici. Che se questa maniera di risoluzione del grande problema greco fosse stata bene intesa dalle scuole del medio evo, T idealismo de* realisti lion avrebbe inceppato le scienze naturali de' libri di Aristotele, né il materialismo de' nominalisti, radiando l'ideale, avrebbe tanto nociuto alle teologiche disci- pline; ma invece il pensiero latino sostenuto da tutti i suoi elementi e dalle provate ed evidenti connessioni loro , avrebbe proceduto compiutamente verso la scienza della natura, e quella del soprannaturale. CAPITOLO TERZO. Di altri Boezii più antichi, o suoi contemporanei. Fuvvi un Boezio storico, del quale fa menzióne Diogene Laerzio nella vita di*Zenone. Plutarco tra gl'in- terlocutori de' suoi Sinoposiaci. annovera un Boezio epi- cureo. Un terzo Boezio detto Cretensé e assai, dotto dei libri di Aristotele, fu console nei tempi di Galeno, ed ^ Boetbii. Op. dt. In Porphyriam a se transiatum. Comment. Ltb.I. p.tg. tfóeSe. - Digitized by VjOOQIC ' QAPITOLO TERZO. 35 è da questa celebrato nelle sue mediche opere. Ha in* tomo alla patria di questo terzo Boezio, o piuttosto Boeto, caddero in err(Mre sì Marziano Rota, che Pietro Berti, ed altri biografi del Boezio senatore, e anch'io con essi E qui sarà bene il riferire un brano di lettera inedita, che fra i documeqti stamperò p^r intiero, dei sommo Bor- ghesi, tre anni fa per morte manpato alla grandezza del sapere italiano, e per maggiore sventura in tempi più disposti a rovinare , che ad accrescere le patrie glorie. Onde nessuno ancora ha deposto sulla tomba di quel grande una degna ricordaTiza; fra tanta indecorosa aA- sietà delle moltitudini d^assordare il mondo cogli osanna agli eresriarchi, ai demagoghi, ai mestatori, ai pazzi, ai masnadieri. Pochi anniavanti passava anche il cadavere di Pietro Giordani in mezzo. a questa nuova Italia, non visto, o appena compianto. Fra i trambusti civili d' un altre imbastito italico regno moriva pure illacrimato, e seo^a r onore del sepolcro il Parini. Segno sempre fa- tale e di nuove cadute fu. air Italia il raffreddarsi, del culto de' suoi sapienti e delle virtù loro; imperocché ve- nerate si imitino, imitata si acquisti temperanza nelle volontà, e saggezza nella morale civile,, e accortezza neir accettare e saper condurre nuovi politici ordipa- menti. I quali come > giungono alla loro mèta obbedendo alla legge naturale delle gradazioììi, cosi ^precipitano a rovina irreparabile, se da matta superbia e da cieca im^ pazienza, fuor di misura e di tempo vi sieno spinti. Tor- nando al Borghesi, le sue parole su Etevio Boeto sono le seguenti. « Al qual proposito e unicamente per mo- » strade che ho letta con tutta attenzione quest^ ultima » parte della sua Opera, mi permetta di notarle una » piccola inavvertenza sfuggitale dalla penna nel dire » che Alessandria fu la patria del consoie Flavio Boeto, » mentre Galeno asserisce. De anc^om. adminh. L. 1 , e. i.. y Google 36 IL BOEZIO. • ch'egli fu nativo di Tolemaijie nella Siria Palestina. » E cosi dev' essere, perchè se fosse stato Alessandrino p non avrebbe potuto ottenere i Fasci; essendo notorio » che gli Egiziani furono esòlusi dal senato fìno a Ca- » racalla, il quale vi ammise pel primo Elio Coerano.» ^ Si cita inoltre dallo stesso nostro Boezio nel commento jBi Porfirio, un altro Boezio suo contemporaneo, ricordato ^iltresì come filosofo dà Ammonio e da Simplicio. Boezio Severino fiì laico, e fu gran partigiano della cristiana fede. Pertanto non va molto a sangue di certi storici moderni, i quali dopo ottenuto lo spregio della dottrina clericale; malecoinpòrtano la esistenza di co- te3to laico, divulgatore e traduttore eli tanta gteca sa- pienza, e innestatore di questa alla religione e alla .filo- sofia latina nel sesto secolo. Essi gridano tenebre , per poter poi presentare primo fanale di-luce, la scompi- gliata scienza degli Arabi. E cotesti storici adunque, che tengon cónto di tutti i più iiisulsi pretesti per seminare dubbiezze critiche non uelie jsole tradizioni, ma eziandio sulle più evidenti verità, valutano assai gli amonimi sum.mentovati, oiide mettere incertezza su molte tradu- zioni e libri che vanqo sotto il nóme^ di Boezio: e se non fosse chi ogni taato li smaséherassé, appena gli con- cederebbero il libro De Consolatime. Quando però si sono raccolti tutti siffatli'Bóezii,si vedeche i due primi Tuno stoico e ì? altro epicureo, e per la antichità e per la filosofìa da essi profesi^ata non ponno confonderai col Boezio cristiano dei tempf di re Teodorico. Il Flavio Boeto rammentato da Galeno 'tanto meno, può essere autore dei libri di Severino Boezio; perocché in questi si citano uomini che ebbero vita dopo quel Flavio e dopo Galeno ; ove sola non bastasse a differenziarli la sequenza de'nomi In altro luogo trovasi pure detto , che tratterà di scienze fisiche a ut si quid ex Logicete arlis subtilitatey velex Moralis gravitate peritiae et ex NaturaHs acutnfne ve- ritatis ab AriSÌotele perspicuum est, id cmne ardinatum ttafisferamj atque id quodam lumine Commentariorwn illustrem, » * Quanto poi egli si trovasse piena e sod- disfattto di tali studj , allorché èra libero di poterli col- tivare, lo dice, imprecando al carcere che glieli impediva, nel poemetto De eonsolatione. ' Hic quondam coèlo liber aperto Suetus in aetherios ire meatus Cernebat rosei lumina Solis; Yisebat gelidae sydera Lunae Et quecumque vagos stella recur^us Ezeroet, varios flexa per orbes Gomprensa^ numeris victor habebat. Quin etiam Qausas unde sonora Flumina solicitent sequora ponti ; Quis solvat.stabìlem spirtas orbém^ Vel cor Hesperias sidus in undas Casurum rutilo surgat ab ortu : Quis Yeris placìdas temperet horas Ut terras roseis florìbus ornet: * V. in Berti Prefat. p. 46. * DeCoMol Metrum.ll. y Google CAPITOLO QUARTO. 39 Quis dedìt ut pieno fertilis anno Autumnus gratklis ìnftuat uvis Rimari solitus, atque latentis . Naturjb varias redderb causas: Nunc jacet effceto lamine mentis Et pressus gravibus colla catenis Declìvemque gerens pondere vultom Cogitar, hea ! stolidam cernere terram. Né gli scrittori della vita di^oezio^nè gli storici della medicina, né quelli che in passatOyStudiarooo e scris*- sero sopra fppocrate, ebbero mai conosciuto la versione degli Aforismi fatta da Boezio, ed ancora esistente nel secolo XIII. Credo che V unico autore e codicei nel quale se ne fa menzione siano le Opere di Taddeo fiorentino: opere che' noi i primi, possiamo dirlo senza albagia, abbiamo diligentemente esaminate: e siamo stati rimerì* tati della nostra fatica, avendo riconosciuto in Taddeo un personaggio storico d' assai granale importanza nella sto- ria di nostra arte. Ora Taddeo ne' suoi Commenti agli Aforismi d^ Ippocrate pone sempre a confrontò le tre tra- duzioni eh' egli aveva dinanzi , cioè quella di Boezio , r altra di Costantino Salernitano, e, V altra di Burgun> dioue da Pisa: e quando volea vedere se quella di Costan- tino, che teneva per testo, era da accettarsi, la con- frontava con r altra che sapea fatta fedjelmente sul greco da Boezio, e trovandola concorde, tale concordanza chiu- deva ogni questione interpetrativa.^ Seiemse rmUemq^che. I due libri dell- aritmetica, De AffUmeiica. Lib. //, che tra le Opere di Bo6;^o si comprendono, sono im^ * V. la nosu« Storia. Voi. % L. tlI^C XV, p. 312. Digitized by VuOOQlC 40 IL BOEZIO. libera traduzione latina del greco trattato di Nicomaco, superiore in pregio air altra che già esisteva fatta da Apuleio Madaurense , e per le aggiunte di Boezio, e per V unitovi libro di Varrone, De memuris. Seguono i libri di geometria, De Geometria Lib, IH, latina traduzione dei libri di Euclide, la prima ai PLomani offerta nella loro lingua. Uno di tali libri di geometria fu composto , non tradotto,, da Boezio. Ambedue le opere, aritmetica e geo- metria, dédicolle al patrizio Simmaco suo suocero; e dice in un breve proemio che la versione d' Euclide la intra- prese per suo consiglio, te adhortante exponenda et lu- cidiore aditu expolienda suscepi. Nessuno più bello elogio né più autentica testimonianza del valore di Boezio, e dei lavori studiosamente volti alla istruzione dei Latini nelle matematiche, di quello della Epistola 45 di Cas- siodoro a lui diretta in nome di Teodorico re. * Transla- tiontbia enim tuis Pithagoras musicus , Ptolomeus ctstro- nomus leguntur Italis: Nicomachus aritmeticuSj geome- tricus Euclides audiutitur Ausoniis,,.. Mecanicum etiam ArchimedemlatialemSiculis reddidistu... Tuartemprae- dictam ex disciplina nobilibus natam ^per quadriafariat Mathesis januas introisti. La musica come scienza faceva parte in antico delle matematiche; perocché regolata da f)roporzioni aritme- tiche e geometriche. Quando Boezio prese a scrivere i «uoi cinque libri. De Musica L. V, i greci Pittagora, Filolao, Aristoxene, Eubulide e Hippaso ne avevano già elevata la scienza fino a introdurre in essa le mede- sime questioni che nelle arti belle non solo , ma e nelle scienze speculative si agitavano dai filosofi. La defini- zione dell' armonia e la natura del suono ne erano il soggetto. ^ Soli ì sensi uditivi e la meccanica decidono * Cassiodor. EpistoL I. * V. il quinto libro De Musica di Boezio. y Google capìtolo quarto. ' 41 delle consonanze, dicevano i se^aaci di Àristoxene: i Pittagorici al contrario ne attribuivano pressoché tutto il giudizio aHa ragione. Ptolomeo tra le due opinioni te- neva il mezzo, asserendo che al giudizio provvisorio deir udito sottentrava come definitivo, è correttivo degli errori del senso e della meccanica, quello della ragione. E questa è pure la sentenza seguita da Boezio, Pari- ménti sulla natura del suono i Pittagorici lo derivavano molto più dalla quantit^i che dalla qualità, come pensava Àristoxene; e Boezio sta coi primi, avvegnaché non neghi che alle modulazioni conferisce ancora la qualità. Ripen- sando al poco 0 nessun conto tra le scienze che oggi si fa della musica, e quanto all' opposto se ne davano pen- siero gli antichi Greci ed Italiani da Boezio fino all' Are- tino, sì conosce come tale eminente proprietà del carat- tere italiano , di che le cattoliche ispirazioni e le pub- bliche feste si allietavano, è andata via via perdendo la sua naXura nazionale coir imbastardirsi della nazione stessa: fino a ridursi ad essere rappresentata da qual- che supremo maestro ogni tanti anni, e anno per anno da qualche cantatricè o cantore, che dopo essere stato pagato e venduto dagli impresarìi a questo a a quel tea- tro, scappa a Londra, o in America: a far denari per querteriipo in che colla voce, oltre la quale nulla gli resta, stentata e logora terminerà pure, ogni sua cele- brità e fortuna. 11 pubblico non la rispetta più come scienza, da che i filosofi e gli scienziati T hanno abban- donata; né si disgusta se in Chiesa sente la musica della Traviata, sé in teatro lo Stabat SÌater del Rossini, sé in una marcia militare sente la casta Diva del Bellini: avendone smarrita la scienza, rimane indifferente come allo scandalo j così alla dissennatezza delle sue applica- zioni. Nella epistola di Gassiodoro si parla pure della ver- Digitized by VjOOQIC 42 IL BOEZIO. 6ione latina della Meccanica di Archimede lasciala da Boezio. Non vi ha dunque alcun dubbio die 1 Latini nel y e VI secolo avevano voltato nella loro lingua co- testo classico trattato. Ma oltre alfe versione v' ha pure la ricordania di costruzioni meccaniche maravigliose fetta in quei tempi, e di due orologi uno ad acqiia e l'al- tro Solare, costruiti da Boezio stesso e mandati in dono da Teodorico a Gundìbaldo suo suocero, re de' Borgo- gnoni.* Se tali meccaniche invenzioni, di che Roma van- Gfa/0 lontam di^.Roma in Alene. Cte ili questo senso usassero i Latini i\po$itus,&e n' ha alitro^ esempio nel IX secola. in Anastasio bibliotecario. Quando parla di papa Giovanni primo, e dei senatori mandati da Teodprico in Costantinopoli , dice che questi furono mandati, e Simmaco e Boezio trattenuti: Eodem tempore e interpr. Comm, major, L. II. p. 398.) * Sensos enim atque immaginatio qaaedam prinia&.figurae sunt, supra qaas velai fiiDdaménto quodam superveniens intelligentia ni- TiTUR. Post vero planior supervenit inteliectus, cuuctas ejns expli- CÀNS partes, quae confuse fuerant imagìnatione prsBSumptse. Qaodr- ca imperfectnm quiddam est imagi natio. Nomina vero et verba perfecta significant. (Boetii. op. cii. p. 399.) ' V. Barbèra. Discorso dell'indole della filosofia t/a/iana. Napoli 4861, p. 6. y Google 58 IL BOEZIO. torna, poict^è se ne è mantenuCa e venerata la storia. Onde perdutissimi devono esjsere chiamati que' coltiva- tori di ogni scienza qualsiasi, che non serbano congiunta all' insegnamento di quelle la storia loro. O per paura il focciano de' confronti, o per ingratitudine alla memoria ed alla eredità de' loro maggiori, o per insano orgoglio di volere apparire primi e soli; vili se teraonla, spre- gevoli se i loro avi calpestano , stolti se in tanta superbia traboccano; avversando la storia, questa medesima li dee senza pietà alcuna, in faccia al mondo, a perpetua tuale infamia condannare. Non son altro che traduzioni i seguenti libri di Boezio , che Aristotele intitolava: Analiticorumpriscorum et posteriorum Libri. Sono in questi spiegate quelle due fondamentali maniere di argomentazioni, cioè, la Sillo- gistica e la Induttiva, le quali poi si divisero nei tempi posteriori l'imperio delle filosofiche scuole. Imperocché la induzione, da Bacone in poi, fu l' appoggio della scuola sperimentale, il sillogismo e la deduzione occuparono esclusivamente le scuole idealiste o speculative. Ma nella versione di Boezio potrebbero i moderni riprendere i veri significati di cotesti logici modi, che sembra ch'essi abbiano smarriti. In Aristotele si trovano ben divise cotesto significazioni; ma la filosofia d'Aristotele con- siderata nell'aspetto scolastico presenta una difettosa esuberanza di metodo sillogistico, più presto che indut-^ tivo. L' induzione però ha per natura di procedere silenziosa col fatto, e di procedere alla storica ana- lisi del fatto stesso senza strepito di conclusione: questa induzione che traspare continuamente nella Storia degli animali, non fu nel medio evo tanto ap- prezzata quanto il sillogismo, e per la sua sorgente nel sensibile se n' ebbe sospetto non guastasse l' edifizio , dove non doveva spirare che la dimostrazione per gli y Google CAPITOLO QUARTO. 59 universali. Tuttavia ove fu coltura di naturali scienze e di arti, ivi di necessità era V induzione anche allora ; ma non figurava come filosofia. Né Aristotele intorno a questa tanti libri né tante regole scrisse quante pel sillogismo. Se alcuni moderni adunque tolgono a Bacone il merito della invenzione del metodo induttivo hanno ragione; egli la ebbe da queir Aristotele stesso, del quale combattè l'esclusiva autorità nelle scuole. Ma nes-" suno può contrastare a Bacone l'aver fatto per cotesto metodo tutto quel tanto e in regole è in precetti, che Aristotele fece per il metodo sillogistica, e trascurò di fare per T induttivo. L'induzione, secondo Aristotele, non è che un sillogismo capovolto, il quale invece di cominciare dal primo termine comincia dall' ultimo , ossia dimostra l'incoerenza tra A e C non per B come il sillogismo, ma per G. Qui Aristotele si è fermato; e Bacone vi ha fatto l' importante aggiunta della sua scala inductionis, per la quale si riconduce la causa assegnata sull'effetto, e ascendendo e discendendo per numero di volte e di esclusioni, e di tempo e di valore, e gra- vità , vien provato in fine che l' efletto si lega indisso- lubilmente alla data causa, e non ad altre. Questa si potrebbe chiamare la Dialettica del sensibile , imperoc- ché sieno i fenomeni che dialogizzano col pensiero del filosofo, e costituiscono l'opposizione. I moderni schifando il canuto Sillogismo gli hanno sostituito la parola De- duzione , alla quale però hanno dato un significato arbitra- rio, e non quello che davanle i greci filosofi. Hanno creduto che la deduzione e non la induzione conduca manifestamente alla causa : e questo è falso. La dedu- zione aveva presso i Greci forza minore di prova , che la induzione. * E quando io andai al pubblico colla * Quale fosse il significalo e il valore cbe Platone e il suo disce- Digitized by VjOOQIC 60 IL BOEZIO. Patologia Induttiva ^ mi sentii rimproverato di averla affidata ad uq metodo non atto a cercare né a trovare il vero nei singolari, che a ciò non menava che la de- duzione; e si disse di più che se l' andare dal noto all'ignoto condupesse al vero, in natura non vi sarebbe più verità nascosta p^ gì' intelletti. Io non risposi, perchè conobbi che V opponente , che in altre dottrine aveva molto merito, in filosofia sfondava poco; ed ebbi polo Aristotele coocedevano alla iodazione e alla deilaziooe appa- rirà chiaramente da! seguenti brani degli Analitici : a) Omnia enim credimus per syllogismum, aut per inductionem. (Boet. Priar. Ànaime. L. I, C. XXIII.) b) Ut si eorum quae sunt AC, medium sit B, per G osteodere A inesse B, sic enim facimus Indactionem. (Ibidem) e) Et quodammodo opponitur Inductio Syllogismo; nam hlc qui- dam per mediam, eitremnm de tertio ostendit, illa per extremam de medio. Ergo natura quidem prior et notior per mediam syllogi- srnus, Dobis autem manifestior qui est per indactionem {Prior- Analitic. Ì.CWÌW). d) Est autem Demonstratio ex universalibus. Inducilo (epagoge) autem ex iis quae sunt particularia. Impossibile autem est univer- salla speculari, nlsi per Indactionem : qnoniam et quae ex abstractione dicuntur, est per Inductionem noia fàcere..... Inducere aatem non babentes sensum impossibile est, singularis enim sensus est; non enim conlingit accipere eorum sdentiam ,. ncque enim est ex univer- salibus sine Induclione, ncque per Inductionem sine sensu. (Anali' tic. poster, L. I^ C. XXIII.) e) Ergo aniversall quidem speculamur particularia, propria autem non scimus, quare contingit et falli circa ea : yeram non con^ trarie, sed babere quidem universalem, decipt aulem particalarì. {Prior. Analitic. L. Il, C. XXI.) f) Oeducllo (apagoge)'^Vilem quando medio quidem primumpa- lam est Inesse» postremo autem medium dubium (Prtor. AnalHie. L. II. C. XXV.) Nella sentenza (d) Aristotele palesa cbiaramente il carattere del suo sistema filosofico, cioè il suo troppo concedere al sentibiU, e r avere con questa tendenza sacrificato in parte 1* Idealismo del suo grande maestro. Boezio j qui considerato quale Scoliaste, rappre- senta il correggitore d* ambedue le esagerazioni. y Google CAPITOLO QUARTO. 61 poi dopo varii anni la soddisfazione di vedere Io stesso contrastatore intender meglio cos' era la sintesi induttiva negli studi naturali, e quanto era il valore in essi del- l' andarli percorrendo coli- intelligenza dal noto air ignoto mercè la induzione. Il sillogismo e V induzione costituiscono due opposti metodi- ciascuno dei quali preso esclusivamente, dagli idealist^ prioio , dagli analitici >o sperinlentali iLsecondo, hanno, s^ftnpre condotto al falso per la esagerazione, sia deiruno 0 dell'altro, ed hanno fatto che le due fi- losofie si siano sempre guardate in cagnesco, e '1 preva- lere del /Vizio dell'una abbia dispersa l'utilità della congiunzione di ambedue; o diremo meglio per non aver tenuto conto del mezzo congiungente, che sono le ma- tematiche. Imperocché queste intanto che si credono indipendenti dal sillogismo, dalla induzione e dalla de- duzione, non solo le contengono, ma oserei dire che cotesti tre metodi li abbia insegnati primitivamente colle sue trasformazioni la Matematica. E di vero lo schema del sillogismo si trova nella dimostrazione del triangolo: la legge della filosofia naturale trovata e insegnata dal Newton, che efietti naturali del medesimo genere haniio la medesima cagione , è principilo filosofico della indu- zione. Infine per trovare il vero carattere della dedu- zione , Aristotele si è servito di un esempio matematico. Di maniera che dal. passo di Aristotele si può ricavare che la deduzione tramezza il sillogismo e la induzione, e rappresenta la matematica che si colloca da sé tra le due filosofie. Ut sit A docibile, in quo B disciplina C justitia, èrgo disciplina quoniam docihilis mani^ festum, justitia autem si disciplina dubium. Si igitur similiter aut magis credibile sit B C quam A C, deductio estj propinquius enim scientiae per quod adsumpserint A C disciplinam priut non habentes. Aut rursum si Pucci ROTTI a cpiestò' esempio degli AdaUtìei, e dai brani da noi riferiti in ììota resulta che le nlatematich^) come in più luogM si adopera d'insegnare Boezio stesso, collocate tra l'una e l'altra filosofia, sono le vere maestre della ragione ; in esse essendo combinati tutti i processi in- tellettuali possibili che conducono al vi^o. Ofnnis dbctrina et orhnis disciplina intellectiva. ex prceexisteiUe fit co- gnitionè, Manifeshm autem hoc specìdmt^us in omnibus, MaibematiccB enim scientice per htmc modum fiuntj et aliarùm unaqueque artium.^ Altra ragguardevole òpera di Boezio furono i $uoi Commentari al trattato aristotelico De^y^llogismo Cathe- gorico. Al quale, dopo aver fette precedere un lungo proemio, seguono due libri d'esposizióne, in che si di- scorre di tutte le forme o figure del priiho termine del sillogismo. Di simili figure ne lasciò quattro Aristotele, e cinque ve ne aggiunsero i suoi più prossimi espositori Teofrasto ed Eùdemo. Dal che sappiamo che tra le opere di Teofrasto eranvi pure le esposizioni del summento- vato libro aristotelico. Né qui taceremo le diligenti è prolisse cure di Boezio nel primo libro df ben definire che sìa il nome e che la voce , e che il vèrbo-, e che r orazione: e soprattutto intorno al noosie egli si fernia. Nomm est vox designativa adplàcitum, sine tempore j cujus^nuìlapars extra designativa est; vois autem dictum est quia vox nominum genus est: omnis autem, de finitio * Prior. ABalit. L. il, C. XXV. Md. Analitic. Poster. L. I. C. I. y Google CAPITOLO QUARTO. 63 a genere trahitur. ^ Cotesta definizione è poi disputata parte per parte, perchè si dica ad phùitum^ e perchè sine tempore^ e via di questo tenore. E per non essere noi rimproverati di fermarci qui in tali quisquilie, di'^ remo d' averlo fatto ad espr^sa notizia di alcuni mae-'' stri della nostra età, che tutto credono d'insegnarci essi per la prima volta, asseverando, che v^nt' anni [la non si poteva definire il nome, e oggi solamente sì ha questa fortuna. De SyUogkmo Hypottietico è l'altro trattato filosofico originale di Boezio diviso in II libri, e da lui dedicato al suocero Simmaco. Il quale, erasi doluto coa Boezio che né Greci né Latini avessero scritto a sufficiem;;a su questa maniera di argomentare condizionata, che è pur tanto nel comune uso, come dire, 5t dies est^ lux est In questa dedicai Boezio noi^ è più il modesto giovanetto, che presenta e raccomanda una sua letteraria fatica al suo protettore Simmaco; ma è invece l'adulto ed osse- quente amico del suo suocero, coi quale intènde dividere il suo lavoro, onde sia a quello per amicizia piti accetto^, e a se medesimo per lai affettuosa compagnia meno grave. Nessuno dei. Latini aveva discorso sul tema propostosi da Boezio: dei Greci Teofrasto aveane soltanto sfiorata la superficie, ed Eudemo gittata un po' di sementa, ma senza raccoglierne nessun frutto: in Aristotele nulla di ciò 8i rinveniva. E per fermo nello scolastico modo di filosofare apparve necessario il rienrpire siffatta lacuna. Si ha altresì di Boezio il libro De divisione; il quale incomincia colla sentenza di Porfirio nella Isagoge alle Categorie, magna paHendi^ seu scentiwdwisionisutilitas. E per meglio raccomandarla ai filosofi dei suoi teippi,. dice che Andronico ne aveva fatto il soggetto d' un suo * Boetii, Ad Sullog. Cathegor, L. I. Digitized by VjOOQIC Ci IL BOBZIO. speciale trattato, che riscosse molta lode da Plotino, e che Porfirio lo rimise in luce nella sua traduzione del Sofista di Platone. Lo presenta ai Romani quasi come una novità nella loro istruzione, ignotum nostris, e pre- vede che sarà respinto da quelli che non stimano le cose nuove. Ei vuole invece che le buone arti progrediscano, e li conforta ad essere indulgenti e approvat^i delle novità, e non stringere col freno della mtolleranza il passo libero alle romane discipline. Dentque potius imm studiis^ nunc ignoscendojnuncetiamcomprobafido, quam frena bonis artibus stringar^, dum quidquid novum est impudenti obstinaticne reptuliant, ^ Il libro De definiticne per quello scorrere che fa so- pra quasi 9d una ad una le più acclamate Orazioni di Cicerone, onde estrarne le classiche e svariate forme oratorie della Definizione, adoperate da quel gran mae- stro della latina eloquenza, offre lettura estremamente piacevole. Potrebbe essere assomigliato al Dialogo delle Grazie del nostro Cesari. T è una maestosa dipintura di quella grande civiltà, dinanzi alla quale r eloquenza noa poteva che esser grande , V oratore non poteva essere che Cicerone : e Boezio ti sembra P antico filosofo che si ricrea, passeggiando anch' egli con nobile sguarda e movenza entro al magnifico tempio di tante e si gloriose rimembranze. La gretteza:a del precetto scola^stico spa- risce di mezzo a tali esemplari, e l' animo si esalta avanti alla definizione della Gloria lasciataci da M. Tullio, e giudicata da Boezio la più perfetta. Gloria est Ulustris etpervagata recte faetorum etprcemagnorum, vel in suos cives, vel in Rempublicam, vel in omne genus hominum, fama meritarum. * Sono in seguito gli otto libri della Topica di Aristo- * D3 Divhione, Vedi 1* esordio. » Boet. De Definii. L. I, p. 632. y Google CAPITOLO QUARTO. 65 tele e due libri degli Elenchi de' Sofisti, ne' quali Boezio non è che semplice traduttore. Topicorum Aristotelis libri octo^ cum iuorum Elenchorum A, M. Severino Boethto interprete eic.^ Sembra però eh' egli alla Topioa d'Aristotele scrivesse alquanti Commentar]; da che nella fine de'suoi quattro libri, De differentiis Topicis dice espressamente : Quo autem modo de his Dialecthicis ra- tionibus disputatur, in hisCommentariis quos in Aristo- telis Topica a nobis translata cotìMcripsimtis^ expeditum est * I quali Commentar] oggi più non esistono. Esistono invece i copiosi Commenti che Boezio fece alla Topica di Cicerone: in Toptca Ciceronis Commentariorum Li-- bri VI. Furono scritti ad esortazione del patrizio Sim- maco, il quale è chiamato nel Proemio, rethorum peri-- tissimus , ed alla sua amicizia dedicati e raccomandati. Soggiunge che Mario Vittorino lo aveva preceduto in si- mile lavoro, ma che per essersi soverchiamente diffuso sulle prime proposizioni, intorno alle quali allungandosi in esempi tolti da Terenzio, da Virgilio e da Platone giunge sino a quattro volumi, di tutto il resto della To^ pica Ciceroniana non toccò affatto: onde Boezio la com- mentò pienamente. Ed aggiunse a tali Commenti le differenze Topiche, che sono quattro libri originali di Boezio, ove i luoghi e di Aristotele e di Cicerone* e di Temistio sono messi a confronto, e con diligente ed argutissima critica esaminati. De differentiis Topicis Libri lY. Nel commento alla Topica di Cicerone, subito dopo il Preludio, e dove Cicerone tocca del merito di Aristotele di aver aggiunto la Topica (ars inveniendi) alla Dialettica [ars judicandi) che sola coltivavano gli Stoici, Boezio ci insegna quale fosse presso gli antichi filosofi il vero significato della Dialettica, e come sì * Dalla pag. 662 a pag. 757. • De difftftnt. Top. L. Iti, p. 887. y Google 66 IL BOEZIO. questa che ia Topica fossero dai Peripatetici raggrup- pate sotto fl iììdto gNìerak di Logica. Presso i filosofi deatìci adunque ebbe origioe la dialettica, adoperata da essi e insegnata per gioi^ere, giudicando, alla af- fBnnazione dd vero. Platone invece pensò che cotesto vero prima di giudicarlo bisognava saperlo trovare, e Tarte di trovarlo, ossia il processo intellettuale mercè il quale si trova, chiamò Dialettica. Ond'è che questa parte di filosofia che presso g^ Stoici riducevasi di fre- quente a (vatorìo e inconcludente bistìccio, assunse presso i Platonici il carattere di vera arte di trovare il fonte della dimostrazione. Imperocché per essi o-a la fecoltà del pensiero di dividere 1* una idea nelle molte sue partì, quasi sbriciolamento dd gjeoere in tutte le sae ^Iferenze e le sue spedo, e di riprendere via via tutte queste parti e ricondurle e raggrupparle nell' uno. Ari- stotele chiamò Lc^ca la riunione di ambedue le dialet- tiche degli Stoici e de' lialonici, ins^nando che Y ufficio simultaneo dì esse è di de^nire, dì divìdere, e dì rac- cogliere o riumre. 11 tutto di questo processo mentale è Logica, che Cicerone chiamava l'accurata ragione del discorso. Quel raccorre p^rò o unificare che fai la mente, fu soddìv»o in tre modi dal Licèo, sia nd dimostrare con argomenti che scendono da verità necessarie (Logica) , o da sole {Nrobabilità (IKalettica), o da assdnU felsità (Sofistica}. Per Aristolde adunque la dialettica fu ridotta ai probabili e ai varisimìli, e fu cosi raumilmta dal si- gn^Scato platonico per attribuire invece qnd significato aDa sua logica. Di qui venne che la dialettica posta dai P^ipatetici nel pendìo ddla srfstìca, da loro fu più spesso adoperata nelle sofistiche disputazionì, o nel senso d^ Stoici, o^ier aumentare cavillando: e per- data la via tracciatale da Platone valse a smarrire la ragione e viziare la filosofia- E perchè fecea parte della Digitized by VjOOQIC CAPITOLO QUARTO. 67 logica, Don a torto i restauratori della filosofia dei primo secolo XYI , derisero e condannarono la logica e la dia- lettica aristotelica delle scuole, come vana e pregfudi- cevole aHa vera sapienza, fosse fisica o metafìsica; né inopportunamente i' Accademia Pìatoiìica capitanata da Marsilio Ficino si adoperava a ripristinare la dialettica di Platone in filosofia. Ma questa pacifica conversione non produsse il suo effetto, finché la critica a colpi di verga, e la fisica con badiali fatti e scoperte non la cacciò dalle scut4e. Che se Aristotele non avviliva la dialettica del suo maestro confinandola nei probabili sol- tanto e nei verisimili, onde surrogare la sua logica nel posto di quella, i sunnominati filosofi restauratori tro- vavano il processo mentale della induzione compreso nella stessa dialettica platonica, e non avrebbero gri- dato al mondo ch'essi rifacevano la filosofia, come Bacone disse, ab imis fundamentis. Boezio però quan- tunque del suo Aristotele ammiratore , affinchè la defi^ Dizione della dialettica platonica rimanesse al suo posto e nei suo valore, accortosi della superfluità della divi- sione aristotelica, dopo fattane la storia, ritorna alla . divisione più semplice, cioè a quella anteriore al Licèo. Rurstés ejusdem Logico altera divisto est, per quam cb- ducitur tota diUgens ratio disserendi in duas partes, unam inveniendi , et alteram jddigàndi ; td autem videtur efftam ipsa Logicoe definiti^ mostrare; nam quia Logica^ ratio disserendi est^ non potest ab inventione esse separ rata. * Operatasi la restaurazione della metafisica dai Vico, presso i nostri contemppranei, la dialettica riprese il suo significato platonico, e dentro ài recessi della filo- sofia deir Hegel tanto si allargò, che quasi la rappresentò * In Topie. Cicer GoinmeDt. L. I, p. 760. Digitized by VjOOQIC . r' -n 68 IL fiOEZIO. tutta intera. Imperocché non poteva essere che tutta logica operazione quella che l'Hegel si assunse, di identificare il processo embriogenico della natura con quello deir intelletto, e di rimpiattarsi nel non ente, per dare al difuori Io stupendo spettacolo del movimento dallo involto allo svolto e al divenuto, e quindi allo scomparire di questo e al ricomparire dello stesso germe che torna a ripetere le stesse fasi genetiche fino al- l'Eterno, nel quale s' immerge per rientrare nella mente del filosofo. 11 quale se non istà sempre colla mano al manubrio della macchina per mantenerle lo stesso moto girevole delle creazioni e distruzioni, tutto tornerebbe nella muta quiete del caos. Il filosofo prima dell' Hegel avvicinava, interpretava, dimostrava per leggi, accet- tando il fatto d'una Causa prima creatrice dell'universo, e delle stesse umane intelligenze. L' Hegel ha detto in- vece a se stesso e a tutte le menti umane: la Causa prima son'ìo; e il mio pensiero è di ogni cosa il creatore, come svolgendosi e divenendo lo è di sé stesso. Così ri- pensatosi bene bene, e convintosi del /b tu/to io^ e per . insegnare ad altri come si ottenga tale convincimento, ossia per mostrarsi filosofo inventore di tanta filosofia, gli fu mestieri piotare sì sodo nella dialettica, che que- sta ogni cosa identificasse; non essendovi contrario in natura e nel pensiero, che possa sfuggire alla sua dia- lettica identificatrice. A tale estremo erroneo, e immen- samente pernicioso alla morale, alla religione e alla ci- viltà, esagerato ed abusato anche di più dai suoi imitatori, commentatori e seguaci, è giunta ai nostri tempi la dialettica allemanna. Non tutto ciò che si può annettere si può egualmente conciliare e identificare; come il co^ir- ciliato non si dee confondere coli' annesso né coli' identico. Ciascuno di questi momenti dialettici ha il suo carattere e i suoi confini particolari, al di là dei quali non può y Google CAPITOLO QUARTO. 69 consistere De il retto né il vero. Che se V Hegel mede- simo nella Filoso^ della storia dice che la filosofia accetta i fotti storici quali si produssero nel corso dei secoli; strana cosa apparisce che questa filosofia, che identifica lo spirito poli' universo e con Dio, quanto alla storia dei fatti umani si senta forzata a non potervi filo- sofare, che a condizione di accettarli quali sono; onde r applicazione ad essi del pensiero e della ragione filo- sofica non sai:à mai identificazione, ma pura annessione. Ed ecco che il superbo pensiero che si collocò ardita- mente al di sopra dell^ ente supremo e di tutte le umane intelligenze, persuaso di far tutto in sé e da sé, dimanda poi il. permesso alla Storia di recarsi con una ragione semplicemente ermeneutica nell' immenso teatro dei fatti umani. CAPITOLO QUINTO. Del preteso paganesimo di Boezio e delle sue opere teologiche, e del libro De Consolatiotie, Più volte nel corso della nostra storia abbiamo do- vuto fermarci; non senza profonda amarezza, a consi- derare i sofismi, le invidióse dubbiezze, e le ingiustizie colle quali una cotale società moderna di Critici, alla quale non si può negare dottrina vastissima, va conti- nuamente rosicchiando e travolgendo le più venerate tradizioni, le opere de' classici i più insigpi, i d( le memorie dèlia nostra latina letteratura. 0> abbastanza aperti i fini di cotesta scuola: que sostituire la loro letteratura alla nostra : lettei appena cominciava a vagire, quando la nostr Digitized by VjOOQlC 70 IL BOEZIO. della forma cristiana, faceva ris^gere la civiltà y e i-^*- stituiva al medio evo gran parte dell* antica sapiènza. E V altro fine è quello di accrescere la mostruosa falange dei precursori della loro Riforma. Quindi )* abbassamento di tutta la cattolica sapienza, quindi lo «pigolare nelle opere, e se ciò non vale, nelle vite deMorò autori., qual- che detto 0 fatto che possa trasformare il cristiano in pagano, il cattolico in incredulo. Ecco donde derivò l' odierna prova di due o tre critici germanici di trasfor- mare Boezio, cui non si poteva negare il merito di aver fondata la Filospfia del medio evo, né come laico e del jsesto secolo era compreso nello scherno di che essi rau- miliano il sacerdozio, da quel cristiano fervoroso che . da tutti è stato decantato, dajla Chièsa, dai dotti e dal popolo, per il corso di oltre a mille anni , di trasformarlo, dissi, in un pagano! Né sembri ad alcuno ozioso trattenimento , nella' storia della Medicina, questo del preteso paganesimo di Boezio. Quando noi passammo dalla medicina pagana alla cristiana, passàggio che incontr'ammo in Alessan- dria , e a capo del quale, nel nostro capitolo §ulla Medi- cina de' Padri della Chiesa avanti gli Arabi, ponemmo Clemente Alessandrino, dimostrammo come la Igiene ne venisse, sostanzialmente modificata, ed altre non lievi modificazioni ne subisse la stessa pratica d^a scienza; e come nei cultori di essa il nuovo sentimento di carità cristiana ) sì verso i fratelli che nella società, si presen- tasse cdD un carattere nuovo, tutto distinto dal pagane- simo. Il qual carattere divenne poi informatore in parte della medicina bizantina, e intieramente poi comprese quello della scuola di Salerno. La igiene di questa e degli statuti monastici ed equestri, e quella dei comuni nei secoli XIII e XIV procedette con gli stessi principi : la filosofia di Galeno, che nella scuola bizantina appena y Google CAPITOLO QUINTO. M apparve, prese carattere cristiano dal medico Costantino nella scuola di Salerno; ma sì lievemente che non s' in- sinuò nella scienza: e le teorie ne furono si languide, vaghe ed incerte, che io potei affermare che la medicina bizantina e la salernitana mancarono di filosofia. Scei^ dendo intanto da Salerno .alla scuola di Taddeo neU' uni* verità di Bologna nel secofo XIII, la medieina si pre- senta con una filosofia, che ha la sua composisibne e il suo deciso carattere. Ma qual è questo trattore? è il pagano? è T arabo? no: è il crist^no. Ora dunque io doveva ricercare donde le fosse venuto. La filosofia de' Padri non mi bastava, perchè dopo la scuola di Sa* lernadove la medicina fu un mista di monastico e di laicale; la scienza nelle susseguenti università si spo- gliò del sajo de' monaci, e vestì sembianze affatto lai- cali. Era pertanto a vedersi se nessun laico avessela composta , sì che comprendesse non solo la parte spe« culativa, ma V altra che più bisognava alla scienza, cioè la unevole alla fisica e alla matematica. Cercandola al contrarÌQ in S. Tommaso, in Alberto Magno, e nella serie insomma di que' studiosi di filosofìa che si trovano risalendo la storia dal XIII al sesto e al quinto secolo, io non avrei trovato che una filosofia clericale, oppure la averroistica anteriore a S- Tommaso. Ma la filosofia di Taddeo non è né tomistica né araba: essa invece come a suo luogo vedremo, è laicale ed è cris^tiana. Ri- monta adunque di necessità a queHa di Boezio, la quale poi riconobbero come autorevolissitnane cristiana que' sa- cerdoti che filosoforono da Alenino in giù Sina all' Aqui- nate; imperocché non vi è filosofo nel quale non s'in- contrino Boeziane sentenze. Doveva adunque h storia nostra, il meglio che per noi si poteva, far conoscere la dottrina filosofica di Boezio, prima come quella del sommo laico del secolo XV e YI, éppoi come filosofia Digitized by VjOOQIC 7ft IL BOEZIO., cristiana. La medicina da Salerno scendendo nelle uni- versità latine aveva seco cotesti due caratteri. Taddeo vi aggiunse a Bologna nel secolo XIII una filosofia , la quale derivò anch'essa da quella di Boezio, ed oltre al mostrare frequenti analogie colla ecclettica di Galeno, ritiene come nuovo ed essenziale il carattere di filoso- fia cristiana, che Boezio sì altamente venerato e sempre rammentato da Taddeo, avevale in modo palesìssimo e incontrastabile compartito. Ora dunque se air odierna scuola critica germanica riuscisse di ghermire cotesto carattere storico, e confonderla tra le pagane, spac- ciando Boezio, donde derivò la sua origine, per un pa- gano; il primo periodo storico nel quale la nuova filo- sofia latina si unì alla scienza della salate, sarebbe affetto perduto; e le differenze tra la filosofia delle scuole di Parigi, di Montpellieri, di Padova e di Bologna sareb- bero irreperibili. Imperocché la scolastica latina si pre- sentò con indole diversa in tutte cotesto scuole; la quale indole non pochi né lievi cangiamenti interpose nel ca- rattere della scienza; mentre la scolastica seguita da Taddeo in Bologna e propagatasi ne' suoi discepoli si ravvicinò alla romana, ossia alla cattolica; quella di Montpellieri e di Padova Tuna dopo l'altra si arabizza- rono, quella di Parigi s'avvinghiò a' nominalisti. Nella storia delle scienze se per capriccio o per errore si rompa dalla critica un solo anello della loro concatenazione, r edifizio storico perde la sua squadra, la sua armonìa, la sua unità nella quale sta la scienza; e ogni fatto si slega dalle sue attinenze, e così slegato è una protesta contro la scienza e contro ogni storia di essa. 0 bisogna adunque cancellare tutte quelle numero- sissime testimonianze storiche , che dimostrano ne' filosofi cristiani del medio evo la influenza della filosofia di Boe- zio ; oppure concedere che la odierna pretesa di alcuni y Google CAPITOLO QUINTO. 73 dotti di convertire Boezio da filosofo cristiano in un pa- gano è un capriccio e un errore. La storia quindi tro- vandosi condotta su questo dilemma, non può restare indifferente agli artifizj che la critica moderna ha ado- perato per fare accettare il suo nuovo concetto: e noi dobbiamo sobbarcarci al disgustoso esame^ il quale principalmente si aggirerà, sdir opera del Louis Judicis de Mirandola * venuta in luce in Parigi nel 4861- Impe- rocché in questa Opera, asserisce T illustre autore che si riuniscono gli argomenti di tutti quei campioni della critica slorica alemanna, i quali si provarono a radiare dal catalogo degli antichi Ob- barius: ma quello che egli segue, imita aticapia più vo- lentieri è FOhbarius, uno degli ultimi commentatori del poecnetto De Consplatione di Boezio, d. edit. T. Ili, Romae Tip. Val. 1843, p. 315. > Boethii de Consol. L. III. Met. IX. Digitized by VjOOQIC CAPITOLO QUINTO. 77 di stile diverso dalie altre due note opere di Boezio: De duaJbus in Christo mturiSy e T altra: De Trinitate, nelle quali v' b lo stile medesimo di tutti gli altri suoi scritti, non debba attribuirsi a Boezio: e questo dub- bio esterna arditamente, come Giorgio Valla e il Man- cinelli avevano a' suoi tempi, cioè nella seconda metà del secolo XVI, messa fuori l'opinione, che i libri Ret- torici di Cicerone ad Herennium fossero opera di uh altro dotto e non di Marco Tullio ; sebbene questa ardi- tezza non fruttasse a que' due letterati che il pubblico disprezzo : Omnes id lucrati, ut apud eruditiores vel stupidi vel pertinaces dici mereantur. * Il Mirando! avrebbe dunque qui stranamente cre- duto che il dubitare dì Galerano, che il libro De Con- solationè appartenga a Boezio , sia lo stesso che dubitare che Boezio fosse cristiano ! Veniamo ad Ugone Grozio ed ai suoi Prolegomeni alla Storia de' Goti, cui si at- tiene il Mifandol. Grozio fa innanzi le molte lodi di Teo- dorico e massimamente della sua tolleranza verso i cristiani, ed appoggiato ad Ennodio ricorda i favori fatti ai vescovi ed alla Chiesa di Roma; ma della morte da quel re data à Simmaco e Boezio, dice: non excuso; illud tamen video aetum ibi non de religione ^ quae Eoe- thio satìs Platonica fuit, sed de Imperli statu. * Il Mi- 1 Ego igi(ur si ingenue fatear id quodres ett etsi ieio quam ma* gnammki moveam hac opinione invidiamt et plus quam Camarinam^ dicendum tamen est quod animo seitet meo ; mihi quidem magis Phi- losophic^m opus videtur quam Christianum , nee tamen indignum quod a Christiano homine legatur, sed indignum ut ab eo scriptum credatur, qui ipsi Christo j dato in sacro Baptismate nomine /ipsum anteseriptis professus. (A. M. G. Boethii pbilos. el Tbeolog. Princi- pis Opera omnia. Basileae 1570.Henrlci Loriti Glareani Praefatio. a 3.) Ed è il Gbreaao slesso che qui iniltola Boezio, Teologorum Princeps ! ' Rag. Grotii Proleg. Histor. Golhor. etc. Amstelodam, apud Elzevir. p. 31 hi 8. 7- Digitized by VjOOQIC 1S IL feOEZiO. randol ha sentito un po'd' odore di pagainesinio in quella satis Platonica. Ma in tutta la storia della Cristianitàl e della Chiesa noi troviamo a ciascun secolo, presse moltissimi scrittori oristiani apparire la religione, quando satU Platonica, quando satis Aristotelica ^ e quando an- che nimium philosophita: e non pertanto la Chiesa, se non sola allorché i loro filosoferai contrariavano il do- gma, ha lasciato di ritenerli come propri Agli. Ugone Gro^ìo in cotesto passo non ha nemmen pensato a con- trastare la cristianità di Boezio; dove anzi volendo scu-- sare Teodorica, ma scemargli V atrocità di quella con- danna ^ accusa Boezio non di pa^no, ma di cos^piratore, e questa dice la causa della sua morte. Ultima fra le autorità cui è ricorso il Mirandol è quella del Brukero nella Storia crìtica della fitosofìa, della qual' Opera di quattro o sei non piccoli volumi, secondo le edizioni, egli non cita né tomo, né capitolo, né pagina, temendo che al lettore venisse* voglia di riscontrare. Imperocché il Brukero dice precisamente il contrario di ciò che vorrebl)e il Mirandol. Nella mia edizione di Lipsia 4743, Tomo III si parla distesamente di Boezio a p. 5i4, e a p, 566. Ner primo luogo dopo avere esaltata la dot- trina del senatore romano e i suoi studj filosofumi fatti in Atene, é il platonismo de' suoi carmi sparsi nel libro De Consolatione, onde non sia confuso con altri filosofi dello stesso nome, dice; ab aliis Btiethiis suo looojam adductis facile hunc distinguiti et aetas, et Consulàtus dignitas^ et Cristianae religionis professio. Nel secondo luògo sostiene, che la sua fama crebbe in autorità presso gli ecclesiastici, anche dair essere Tiota la di lui amicizia cori S. Benedetto; tradizione che il Brukero non affatto rifiuta, e pone Boezio s\ nel capitolo de' filosofi dell'an* tica cristianità , come alla testa di essi lo ripone nel ca- pitolo che segue, dei filosofi cristiani deir Occidente. Que* Digitized by VjOOQIC CAPITOLO QUINTO. 79 sto dunque è il giudizio d'una Storia critica, che se il signor Mirandol lo avesse bene riscontrato nel testo , non r avrebbe citato in appoggio del preteso paganesimo di Boezio; pretensione che non si è affacciata che nella odierna felice età della Critica storica. £ sebbene non paia, però si vede che grande differenza vi deve essere tra tutte due le Critiche, se l' una V ha detto cristiano, e l'altra lo dice oggi- pagano. E la differenza è questa, che a' tempi del Brukero la Storia Critica pensava col proprio e col pensiero altrui , per dire di Boezio ciò che doveva; e la Critica storica, pensa solamente entro a sé per dime oggi non altro,, che ciò. che vuole* Il quale si^ stema è proprio del Bomanzo jstortco, e non della vera storia. Per il mio assunto io credo, che dopo avere dibio^ strata la falsità di queste prime citazioni del Mirandol, potrei chiudere il suo libro, e più non curare quanto egli sia per dire nella sua Introduzione del suo immagi^ nato Boezio ppigano. Ma non sarà inutile continuarne r esame onde la gioventù vegga con quali e quanti am^ iBinicolt si studia oggi cotesta scuola di stremare, dove può, la nostra antica grandezza latina, e la nostra lette-* ratura laicale e sacra del medio evo. Ogni nazione ha diritto, e sta beae Robolini. Notizie storiche di Pavisi. Milano 1833. * Aldini. Antiche lapidi ticinesi. Pavia. 1831. * BOONCOHFAGNI. Op. Cit t843. ' Rrale. Ricordanze della vita di Boezio. Milano 1853. * Bosisio. Intorno al luogo del supplizio di Severino Boezio con un'appendice sulla di lui santità. Pavia 1855. Debbo grazie al- l' amicizia e generosità del dottissimo prolessor Carlo Milanesi, che sebbene occupato ancb* egli d* un letterario lavoro sopra Boe- zio, Yol le comunicarmi la erudita Memoria del Proposto di Pavia, sommamente onorevole al Clero -Italiano. ' "* Tom. XVII, } HI, p. 852, ann. 1847; e Ritter D. Henri. His- toire de la Philosophie chrétienne. T. deuxième, p. 530. Paris 1854. PUCCINOIII. 8 Digitized by VjOOQIC 86 IL BQBUO. file d«i sdpralodaH sortUori nostri ifpezzo la mia lanoia coir ultimo de* nemici, il -quale oomiitcia ed' suoi colpi per gittare a terra le teatimoniaoze coutemporaiiee» Chi è per lui il saoto Eimodio Vescovo di P^ via, amico e cornspondeDte di Boezio^ sul quale e sulla intera fami^ glia Aoioia, egli Ennoéio invoca le benedizioni e la grar* sie di Dio onnipotente? * Un adulatore di Teodorieo, un oortigiano, un retore che legge Orazio e imRa Ausonio e Marziale, un cristiano indifferente e alla carlona, di quelli insomma dei quali la familiarità e l' amicizia non escludono il pagdtneaimo di Boezio. * Ma Bnnodjlo lodava Teodorioo per mantenerlo fautore delle chiese oriatian»! lodava 1^ scelta di buoni vescovi che egli avea btta: le^ dava 1- aver dissipato uno aoìsma ocdla cotìvòoazione di un Sinodo: lodavaio. eh' e' si fosse valuto delle preci an^ che de' veacovi cattolici per conseguire suoi intenti col celeate aiuto. E queste cose le potea vedere il Mirando! anche nella Prefaaione alla storia de' Goti di Ugone Gro^ sto, appoggiate alle citazioni di Ennodio, di Vamefi^ido e Zonara, e di Ga^siodoro, Che poi la lettura e la ifoita- zione de^ claasici latini del paganaaimo invece di esa^ .lodata, coma quella virtù nel clero cattolico che valse a sostene^-e la cadente letteratura romana, sia voltata in argomento del debole spirito cattolico. del santo vescovo, la è una di quelle improntitudini svergognate che si sa- rebbe tollerata appena in uno storico della scuola del Volterò: ed è gran dolore il vederle uàcire oggi dalla Critica storica, come segno evidente del guasto maggiore che hanno messo costoro nelle menti de* dotti coqtem- poranei ! £ Cassiodoro chi era per il Mirandol ? il per^ ^ Ennodii S, L. 1. Epist. 1. i?M trgo amnipoietUi fratm ^m in vobis , dum velerà familim ve$tr(Bt boH9 euitodU, not)« muUiplù eat et quod plu9 eil apice digniiaiif diguQi f^t e^$e culminibus, * iDtrodacttoq, psg. t9, . . y Google CAPITOLO QUINTO. 87 fetto modello del cortigiano del Basso Impero ) ehe so* lamenta quando vide precipitare la gotica monarehia, mesto, avvilito, e per vecchiezza imbecille, si voltò air ascetismo, fondò il monastero di Vivaria, e vi si rìnchìusa/ Poi domanda ^ perchè se era buon cristiano, dopo la morte di Boezio, per, amicizia e per zelo-religioso Qon 81 fece dal tiranno straliciare anche kii? Perchè non 6i allontanò dalla corte, ma invece instigò Teodorico a Doniinare successore di papa Giovanni I, il prete Fé* lice, contro il votò anei in dispetto di tutti i cattolici ? ^ Ora sappia il critico di Parigi, che sì sfaociatamente io*^ sulta alla virtù di ^n uomo benemerito della letteratura del medio evo, e da tutti (ino ai nostri giorni esaltato è venerato , che il monastero non fu fondato negli ultimi anni del regno di Teodorico, ma molto innanzi, e quando egli Cassiodoro non era certamente nò tiiTranto pè rini'* becillito dagli anni. Sappia che nò la morale di Tullio né quella di Seneca che hanno trattato dell^ amicieia , né quella stessa della Chiesa hanno obbligato mai nessuno neper dovere di amicizia,, uè per zelo di culto conforme a farsi impiccare, ove T amico da regio ideerete^ e piar causa religiosa fosse ingiustamente condannato alle for- che: e sappia che dalla morte di Simmaco a quella di Teodorico passò, secondo Procopio, sì breve J' intervallo, che in esso il re lacerato dai rimorsi, a tutto altro pensò che a nominare il successore a papa Giovanni. Quindi cotesto Prete Felice trovato dal Mirandol, noti potendo esser quello che la storia ci dà come vissuto sotto i. poote6ci Simmaco, Felice e Hormisda, e dallo stesso papa Felice mandato in ambasciata in Costanti^ nopolì all'imperatore Zenone, non si sa qual altro Prete Felice possa essere. E 'siccome il Mirandol non Cita nes- Mntrodaction.» pag. 19. Djgitized by VjOOQIC 88 IL BOEZIO. sun autore da cui abbia ricavata la narrazione che inette a carico di Cassiodoro, finché egli non cel dica, noi la terremo per un pretto gallicismo, ossia non altro che spiritosa invenzione. * Vilipese in tal modo le testimonianze contempora- nee di Ennodio e di Cassiodoro, passa T autore col suo libero esame sopra la cristianità di Simmaco suocero di Boezio, ^ sopra le autorità quasi contemporanee,, ò poco discosti di Paolo Diacono, e de' Dialoghi di papa Grego- rio Magno. E sapete voi perchè Simmaco non fu cristiano? perchè il suo avo non lo era , e perchè se egli delia sua casa si fosse convertito per primo, se ne sarebbe £atto un fracasso per tutto il mondo cattolico, come dice San- t'Agostino che avvenisse quando in Roma si battezzò il retore Vittorino. Ma nelle stesse Confessioni dove Ago- stino racconta ciò, aggiunge che Simpliciano domandò a Vittorino se voleva che la ceremonia fosse fatta in pub- blico, ovvero privatamente e celatamente; e Vittorino rispose che fosse pur pubblica. ' La Chiesa dunque be- mgnamente ammetteva in que' tempi anche taU batte- simi privati, per coloro che da sociali condizioni, seb- ' Tra papa GiovanDÌ I e Bonifazio U, la cronaca pontificia del VI secolo colloca an Felice III, gut EaieBiam multa pietate pruden- iiaque multa edificai quatuorque annorum Póntiftx tratait ad Deum vano 530. Tbe^uras l'atrùm. Medici. Il$30 ìxi-%, voi. I, p. 136. latrod. ad SS. Palrum leetionem auctore A. B. Caillou. Se mai fosse questo il Prétre-Félix che il Mirandol dice Cassìodoro aver suggerito a Teodorìco per successore di papa Giovanni , a quel che sembra , sa- rebbe riuscito un eccellente pontefice. ' S. Agostino. Confess. L. Vili. Gap. ti . • Fu offerto a Vitto- rino se ciò (ossia la professione di fede) volea fare privatamente come spesso si era fatto da altri che si vergognavano di queir atto pubblico; ed egli non volse accettare questa offerta, eleggendo di professare la sua salvezza alla presenza della santa moltitudine; mentre aveva pubblicamente insegnata la Reltorica, dove non si trovava la salute che in questa riconosceva. » y Google CAPITOLO QUINTO. 89 bene aspirassero alla nuova fede, fossero trattenuti di farli in pubblico. Il socero di Boezio, dato pure che fosse il primo cristiano della famiglia, poteva dunque essersi bagnato nel sacro fonte privatamente, e senza quel popolare scalpore, l'eco del quale, secondo il Mirandol, doveva giungere fino a noi. Ma noi non abbiamo bisogno di cotesto eco : ne abbiamo uno che invece di venirci dal popolo di Roma, il santo vescovo Ennodio ce lo fece scendere dal cielo. Ennodio benedice la famiglia di Boe- zio nel nome di Dio Onnipotente: il quale se non è per il Mirandol il Dio di Orazio e di Marziale , è il più edificante battesimo , che un santo vescovo possa dare ad una famiglia cristiana. Ancora si dee tener conto della fòrmula: Vale in Christo nostro Romanae gentis nobilitasi colla quale Ennodio chiude la sua Episto- la Vili. 25, a Simmaco diretta. E qual conto fa l'au- tore del Dialogo di Gregorio Magno, dove Simmaco apparisce evidentemente cristiano? Vi spiattella a un tratto, che cotesti dialoghi sono apocrifi: il solito sot- terfugio di tali signori, quando si trovano alle strette con un documento. E Paolo Diacono scrittòr della metà deir 80 secolo , che chiama apertamente cattolici Sim- maco e Boezio, morti nel secolo 6», qual testimonianza fa per il nostro critico? Non bisogna crederla, perchè testimonianza « aussi peu éclairée, aussi tardive. »* Ecco come sì è distrigato 1* autore dalle confessioni contemporanee, e da quelle dal sesto secolo poco di- stanti. Ora si viene a quelle dal nono in giù , che sono sempre più numerose e incalzanti , per scrittori ed opere della pfù grande celebrità, per codici manoscritti disseminati nelle più ricche e famose biblioteche, per ' Introduction , pag. 20, 21. 8* Digitized by VjOOQIC 00 IL BOEZIO, distici, per iscrizioQi, per statue e moDumenti eretti dentro Roma ne' palazzi dei Principi cattolici e pelle Pri- maziali, per putto popolare di santità, per commenti, |;radu9Ìooi e biografie ^ fino ad Alberto Ms^gno, ad Abe- lardoi a Sao Tommaso Aqaioate, e subito dopo a Pante» fi Petrarca, e quindi a Saot' Antonino dotto vescovo di Firenze, e al decimo sesto secolo quando Cosimo primo ipvita a volgpiri^^re la Cioiisolatpria di Boezio , il Pome- oichi^ il BartoU Cosimo, e Benedetto Varchi , tutti e tre ripetitori della concorde sentenza d' oltre a sette secoli indietro. Ora questo immane deposito di preclara unani^ mità storica, questa, la direi quasi, epigrafe scolpita nel granito delle nostre Alpi, come è rispettata dal nuovo traduttore ? come se non avesse inai esistito: e se gliene chiedete la ragione, egli vi risponde a à cette epoque, nous Tavons dit, la Critique historique n'était pas née. o Ond'egli per uscire dai grossolani errori, e dalle leg^ gende dell' epoca sfortunata avanti la luce della Critica storica, accetta la vaga ipotesi dell' Obbarius, che al* lora appunto avvenisse la trasformazione del Boezio pa-» gano in cristiano nelle volgari credenze, per i^n evento «ingoiare d' omonymia fra tre o quattro santi Seyerini di tale epoca) in uno de' quali sarebbe stpito scambiato il nome del console Severino Boezio. Questa congettura dell'abile critico di Jena, vale assai più, secondo il Mi- randol, che l'autorità d'uomini stimatissimi pel non breve spazio della storia della letteratura cristiana di settecento anni. Nientedimeno pur di poterla in qualche modo appoggiare, egli applica il suo libero esame sulla Epigrafe che Gerberto ossia papa Silvestro II compose per il monumento, che volle erigere Ottone III nel de- cimo secolo alla virtù ed al sapere di Boezio. Non vi trova detto che fosse cristiano. Dunque lo stesso papa ne dubitò. « Le croyait-il paien? Nous ne savons; mais y Google CAPITOLO QUItlTO. Ol » pour nous, le pagaoistne de Boéce n^est pas douteux.» Si vede che V autore non è molto iatruito della epigrafia sepolcrale cristiana: 4 perchè o antlphe o moderne che sieoo tali epigrafi, di ceato, appena dieci parleranno del culto professato dal defunto: 2^ perchè quando pel lin- guaggio della Chiesa usavansi le voci preclarai preimQ ed altri simili^ coo^e dice la iscrizione di Gerberjto pr(^ Clara m^t»^ voley£^ dir porte più che cri^tiapa :* d"* Che set>bene ad esefppio, venerabile potesse applicarsi tanto a un vecchio pagano quanto a un cristiano» sibila tpmba del Beda non furono messi che questi due versi : ifaoel in hao /b«ia, BecUs veneraAilis ossa:* 4» perchè Qep* berte sapeva, che )a fama della cristianità di Boezio era già radicata ne' secoli a lui anteriori, per ciò che ne ave^^ van detto e Paolo Diacono, e Adone arcivescovo di Vienila, e Rabano Mauro, i di cui versi in lode di Boesio tene- vano questo distico : At Cbristo placuit, cuip non tibi, Ghote, placeridt; pt meruit vitam perpetuarpque Sophus. Ma questi argomenti nulla varranno pel nostro au- tore, il quale col suo raffinatissimo tatto storico, nel silenzio di Gerberto sulla cristianità di Boezio, ha sa- puto riconoscere una f réticence évidemment calculée » cioè un presagio del profitto che ne avrebbe saputo ca- vare un giorno la Critica storica: ne' seguaci della quale tali raffinamenti s'incontrano spesse volte. II Renan, per esempio, quando si trova dinnanzi al Petrarca che gli sberta e gli strazia il suo Averrhoé, egli yi dice, che nel cattolico poeta non erano di buona fede codeste fi- * Roslsto, op. de. p. 57. * Bedae Venerabilis 0(»era omnia. Basileae. T. Vili, infine Vita Bedse Venerabilìs. y Google d!2 rL BOEZIO. lìppiche, e uè cita in prova il sonetto contro Roma.' Quando un tal altro della stessa pasta si trovò al cospetto dell'affresco di Raffaello, La messa di Bolsena, dove è dipinto un bel giovane , che sta voltato non air altare ma alla gente che è in Chiesa, riconobbe che il pittore volle significare nella sbadataggine di quella figura, la miscredenza avverroistica, che in Italia durava ancora nel secolo decimosesto ! Così con illusioni moderne pre^ tendono i devotissimi discepoli del Niebhtir di combat- tere quelle che chiamano illusioni antiche: pertinace e scaltrita tenzone, che spera nelle immaginate vittorie di mettere presto alla pari Tito Livio con Gualtiero Scoto ! Ma veniamo air estremo della questione. Le Opere teologiche di Roezio De trinitate, De duabus ncUuris^ed altre consimili, sono elleno veramente del console Seve- rino Boezio , 0 di altro qualsisia antico scrittore ? I no- stri Critici quasi stanchi de' loro aggiramenti per tor- tuosi sentieri, giunti all'orlo di questo borro, non hanno voluto passare al di là sul ponte delle tradizioni e delle testimonianze ; ma si sono fermati dicendo : qui finisce Boezio consolo: al di là non sono che apocrifi, e scambii di nomi. CAPITOLO SESTO. Nuora ipotesi di Carlo Jourdain suIF autore dei libri teologici attribuiti a Severino Boezio. Mentre io stavo per continuare i miei avvisi sullo strano infingimento dell' Obbarius, preso per tanto oro dal Mirandol, cioè che i libri teologici Boeziani sieno fat- ' Renan, Averrhoès et VAverrhoisme. Essai historiqne. Paris 1 83?, p. 268. y Google CAPITOLO SESTO. 93 tura di uno di que'tre o quattro santi Severioi, ch'egli seppe pescare Dio sa in che Cataloghi del sesto secolo: mentre io era per fargli noto che i dotti del medio evo erano tanto certi che nessun altro scrittore dal secolo sesto sino al XIV e V, vi fosse stato di cotesti libri, che Boezio consolo, laqual eertezza fece si che molti di essi, il Petrarca, lo storico Villani, e Sant'Antonino vescovo 3i Firenze lo chiamavano col solo nome di Severino, col quale altro non intendevano che il Boezio consolo; ^ non mi è parso vero, tanto ne sono stato lieto, che una nuova ipotesi del Jourdain sia sopravvenuta a cancel- lare quella dell' Obbarius. Ed, è un bel gusto di questi eruditi lo stillarsi il cervello in ipotesi, fondate poi dove? sulle omonymie ! Vero è che non potevano trovare un nome che meglio li favorisse in queste loro sollazzevoli corse archeologiche. Onde è da aspettarsi qualche critico venirci fuori, dopo i Se verini santi, e i Boezii vescovi, co'Torquati teologhi, co'Manlii abbati, e co' diaconi Anicii, e vedremo passare i libri teologici del vero Boe- zio dall'una all'altra fronte, come le ceneri il primo dì di quaresima. * evl trattenimenti teologici ? 8»; Finalmente T oblio che gli colpì non andò più oltre di un secolo, cioè dal se^to ali* ottavo; mentre lo questo P Alouii^o 11 dlsseppellisee, e gli notifica alla Bfi^ tannia, all'Italia e alla Francia. E non se ne perde più r autenticità per tutti gli undici secoli susseguenti. Rim* petto ai quali che valore resta al silenzio di un secolo? 4f>. È giusto r>esigere in Boezio laico e senatore ro- mano ohe negli scritti suoi, attorniato tuttavia da un, resto di sci&matiei e pagani, sotto un re che se tollera il Cristianesimo non l'approva, si palesi colla religione che professa? Che i suoi amici o parenti, essendo sorit- tori essi , pure palesino il di lui culto ? Che da lui la cri- tica moderna esiga, oltre air uomo sapiente, probo, adorno di tutte virtù, e filosofo nelle operazioni civili ene'suQi scritti , oltre la fede di battesimo in pergamena, ohe de* ponga, se ruol essere creduto autore dei libri teologici i la toga di senatore, e vesta il sajo de' Templari cqH4 croce sul petto ? è giusto che la religione che in Boezio ootesta critica non vede al di fuori, gliela vada poi a frugare e contrastare anche dentro della coscienza? 5®. E ohe si chiamerebbe quel rigoroso sindacato che 1 critici si arrogano sulla vita e sugli scritti di que' primi cristiani, che intendono di respingere nel paganesimo, da disgradarne V austerità di un Girolamo, d' un TertulUane Digitized by VjOOQIC 96 IL BOEZIO. d'un Gregorio Magno? Ma in fine questi non la usarono che su sacerdoti, dove i critici la esercitano anche su i laici. Affettano scandolo se in una aspirazione poetica o filosofica s'imbattono nel Fato,. nello spirito che soffia dentro alla materia, nel tempo che ne traveste con veci «terne le reliquie e le sembianze estreme , e gridano al credente eleatico, al fatalista, al panteista! Negli scritti stessi de' santi Padri s' arrovellano alla più fugace larva mitologica e la sbilurciano, e la contrassegnano, quasi che nel calendario della Chiesa* nomi mitologici non fos- s&ro dati sino ai giorni e mesi dell' anno, e come se nel giardino d'un Episcopio, accanto al Sor di passione e alla palma Ghristi non potessero stare la lacrima di Ve- nere, il narciso, e la chioma di Berenice! Trovano ne' Dialoghi di Gregorio Magno nominato /' Antro di Vul- cano! subito sotto un frego di lapillo rosso! £h misera- bili ! vorreste dunque dai libri ecclesiastici esclusi i Vulcani ? E con qual' altro nome vorreste voi che Gre- gorio avesse chiamato que' burroni , che la nostra geo- grafia fisica anche oggi designa per cratèri di Vulcani spenti ? 6. Entrano tre ribaldi in senato, Opiliooe, Gauden- zio e Basilio, che non si sa se fossero arriani, cristiani, 0 pagani, e accusano Boezio di magia. Ecco i critici coli' indice della mano destra appuntato nel mezzo della fronte, a meditare su cotesta accusa: accusato di ma- gìa? dunque era pagano; imperocché in que' tempi non si accusassero di magìa che i pagani. Erano pagani quelli che accusarono quattro secoli innanzi il medico Galeno di magia? dunque Galeno era un cristiano: eran cristiani quelli che accusarono di magia papa Silve- stro 11, Ruggiero Bacone e Alberto Magno? dunque il papa e questi due filosofi eran pagani. L'accusa di magìa si dava allora , come si dà oggi dalle plebi a que' filosofi Digitized by VjOOQIC CAPITOLO SESTO. 97 che co&giungendo alle metafisiche speculazioni gli studi della fisica e della meccanica, sanno riprodurre coU'arte alcuni naturali fenomeni, pei quali il volgo di l^gieri strabilia ignorandone le cagioni. 7. Dovevano i critici considerare ancora, che la coscienza de' laici poteva nel regno di Teodorico tutelare PUCCINOTTI. 9 Digitized by VjOOQIC 08 IL BOieno. la nuova accolta fede celatamente; giacché 1 martirj, le combàttute eredie^ le opere immense de' Santi Padri avevano già ultimato V edificio dei criatiane^mo. 11 ae^ Greto religioso sta nel fondo della coscienza, e l' uomo lo cul^todisoe gelosamente , essendo quivi il gei-me della sua vera libertà e indlpeiidenza, e della speranza di fruire della divina, promessa nella vita del cielo, se que- sta del mondo affannalta sempre tra gli uomini, gli è pe- nosa e contraria. Ma questo seòreto di che è a parte Dio solo, e che divide l' uòmo da' suoi oppressori, e che in grazia della Eucarestia lo fa certo che col suo Dio egli sta bene, nelle prime età cristiane, e negli uomini di Stato potè non èssere altrui iliahifesto, e la lóro vita pò* litica dividersi con la giustizia del mondo e qudla di Dio; e mentre V Una conseguiva il sub fine palesemente nella pratica delle virtù morali e civili, proporsi intorno air altra d' interdersela unicamente coi ministri del San- tuario. 9». Fatte queste riflessioni sui tempi e su gli uomini del quinto e sesto secolo della nuova Roma cristiana ^ non si sarebbe detto né che era mancato alla Consola* toria di Boezio un sesto Libro di rassegnazione religiosa^ né 4uel caro poemetto sarebbe caduto nelle profatiazioni de' folli j che sei tolgoho in argomento dèi paganeaimo del migliore de' cristiani. i 0. Cotesto riflessioni li avrebbero condotti egual* mente a veder cosa, che appena gli storici sapi*anno immaginare come non sta stata da loro, dotti quali sono, veduta: ed è che i libri De consolatione hanno anch'essi sofifetto lo stesso oblio de' contemporanei, come i libri teologici. Non ne parlano né Ennodio, né Casslodoro, avvegnaché sopravissuti a Boezio. Tahto degli uni che degli altri si comincia colle ricordanze dal secolo d'Al- cuiho e di rè Alfredo. Ora perché sulla Consolatoria Digitized by VjOOQIC CAPITOLO SESTO. 99 nessun Gontrasto d^ autenticità, e sui libri teologici tanta fòrza air argomento del silenzio de* contemporanei per contrastarla? 44ò, che il tempo avesse cancel- lato r episeopus e lasciatovi solo il nome Boethus: che avrebbe detto il clero pavese presente alla tumulazione? Oh eoco un altro Boezio!... Ma quando mai Severino Boezio è morto in Sardegna? £ non abbiamo noi qui io Pavia il corpo di Boezio consolo, qui trucidato, e qui sepolto ? Concessa ancora la non esistenza di una tradizkuie della cristianità di Boezio anteriore a Luit- prando, e alla venuta delle episcopali spoglie del Boetho del Jourdain in Pavia ; che si dirà della tradizionìB con- tinuata nel secolo stesso del re longobardo presso Paolo Diacono, Alcuint, ed il re Alfredo che venne poco dopo? De' primi due quasi contemporanei di Luìt- prando^ che avrebbero dovuto sapere lo scambio av- veduto, continua Tuno a dire che Simmaco e Boezio consoli furono due cattolici: l'altro attribuisce uno de' libri teologici a Boezio consolo , e non a Boezio ve- scovo. L'ultimo che venuto nel nono secolo avrebbe avuto maggior tempo di essere informato dell'arrivo del Boeto vescovo tra le spoglie riscattate da Luitprando e tumulate in Pavia, e sarebbe stato in dovere di di- videre le tradizioni e le opere dei due Boezii, se ne mostra affatto ignaro, e traduce il libro De Consolatione come di Boezio, senza avvertire che questo era il ro- mano, e quello citato pochi anni prima da Alcuino era il Boezio vescovo affricano. Ma appunto perchè non fu avvertito lo scambio , dirà il Jourdain , accadde che di due Boezii se ne fece uno solo, e le opere del ve- scovo furono attribuite al consolo : e il mondo cominciò a credere Severino Boezio autore dì opere ascetiche, e quindi il germinare della tradizione del suo cristia- 0* Digitized by VjOOQIC iOÌ IL bÓÉ2!t>. lìesimo. Comunque sfa, a me pare T avvetitoetite di cotesto scambio di homi in Pa^ia quasi impossibite. O esisteva iti quella città una tradizione ahteriorè sulla carcere, sulla morte j fe stilla sepoltura data a Bofezirf, quando vi giunse il corpo di Bbéto Vescovo; è sarebbe ètata insupponibile storditaggine confontìerfe l' uriò col- r altro: o non eiiisteva nièmoria alcuna dbl dove avesse avuto tomba il console romand; e nemoleno iri questo Caso si può supporre che un cadavere fatto venire di Sardegna trd mólti altri di santi vescovi • con tuttb che portasse 11 home di Btyeìhus, toltagli pure la qualifica di Eji)isc\ipiiè , potesse battezzarsi d dirittura per Bóéalo 11 filosofò. Ma moltb più speditamente libi giungeremo a dtoo- strare la impossibilità di eòdfest* immaginata aVVeniurà prèridéhdb in esame i tre Dbctittlenti; siii qiiali il Jour- dain ha fondato la sUà nuova ipòtesi. Del prlrfio, cio§ di f aolò Diacono noh ci bcctipferemo; avvegnaché sarebbe par da meravigliarsi bel vfeder prendere le mosse la Critica stòrica da un testimonio j bhe altri della i^tèssh scuola rigettano come poco autorevole j e vétiutb tardi; Il Jòùrdain peto può avere le sue ragióni per acco^iere dallo stesso autore il libro D^ gBstis LongòbarrbrUhi' b rigettare le AddttioWes allb storie di Euthopib; belle qdali Boezio consolo j rie'gibrni stessi di Lùitprando è détto cattolico inSierfae con Simmaco : siccome può aver avute altrettante ragioni di non fare alcun conto della Cronaca Vùtìesiandy * sebbene tenuta j[jer coiliposta iion molto dopo * ló Crònaca delVAhoniriió Ì^a/e«iÌB«ù Uà acquistalo gràU Và- Ior,e dopo la pubblicazione. de' docuipenti dell' Àtchiyio di faviiai del Gomi.Syro, riprodoùi dal Reali e dal )$osjsio. Peri. quali docu- ménli si è inteso ctie 1' Agro Calveriiiano ài cne parla r anonimo, dove Eusebio ^i-efelto di WViia, )^ei òrdlhe di tèi^dòrico , fece Im- prrgiohftiè è iiilcidarè Bobitò, era bel !5obboi'élttttb feE^TO. ÌOà la mol-tfe di Tfeòdbricri, la quale bòri tutta fa stta botìftl- siotìe ctotioldgica; bbtitifeilfe p\ìt isbtripté iidti2ié ittlpbfr- tantl delld tità degli liltitttf atiiii del còtìsotó ^òtbà^tìl Urèndtidogli ddriquè bnòha là ifaog^a^ ééamtòiàttlb il càiii^ rtUtW) che te ^ììW altro d-òctiiriteiltò dell' AHtthlttìtì Ticltiesd; Il qaalé gli cbnférmfeiVa il tràspokò dei febtpi di Saiit' A^iì^ dtin^ e d^i altri vescoti i)k Sardegtia a Pavia ) è di que- sti ultiibi gli dava atiche ì lìòmi: Mi dUòlé di {^òrre t{ttl m\ téstb fe tiòn in dota la na^^a5jiohe dblP Ahòitittiò Ti- cinese ; ma il fo col fìnb bhe Si abbia subita sott' Bcbhid l'arbitrario governo che là Critica storioa si arròga sugli antldht doouihetiti. La bota bh^ tragge fttdrl il Jburdaiii dall' anbUitfao h la seguente ! EtctèìiìA S: Petri in Ccetò iltirfeò, jtittwi àm^^fftóa^tt Lùttpfandìxè rex Lónlgóbaraómk àtqùé dòmvit In qm jàcet CbrjMW beatissimi Augìistiììiy epiStópi ÉÌppì>mnsis dòctoris Mmii\ qui mtatàsfbi birtàtes metìditi H dòr- p&rh ÉB. Mtì\ Lucevi, CiÈétti, CàniètiHÌ\ fibJi^trlttW et MìaHì\ me Mh B. Aphni episcopi, feì ctth/feiiòrt*, i^tia oftìfiià h-astàtn suHt Oe Saì-dinià itluc cìm ì!iórpe rOngine, eie., pag. 28 e 29. Digitized by VjOOQIC 406 Ili Bouio. Epistola ad Gallam super marte mariti , Ftilgeoiio onde fortifìGarlB nella sventura, propone alla dolente vedova le rare virtù della di lei sorella Proba- Qimb Proba {S9rQr tista) CMm sit aivis cUavisque naia ConìulibuSj et deliciis regalibui emdrita , tanta tilt est humilitas dono graUcB aèdtètii infusa,... ut licei prmcellat virginUatis mtmeré, ocmitemte debet cmteris habere mrtutibus. Bisce igih$r quoq^e nihil tibi de nobilitcUe ^nnéris aesignare: et licei avo^ patre, eocero , marito , Comulibus pridem fitevis in^ ter seculares inlustris^ nuna in eo te inlustrem fieri co^ gUtace in quo tibi virùus hum$litatie accreicit. Ma lo sposo di che restò vedovata la giovani Oalla era forse un pagano ? Fulgenzio nella stessa Consolatoria né fa la seguente ricordanza. Neqibe enim frustra Douu Nus cujus incomprehensibilia iitdickLetinvestigabiles t>ime APQ^TOLU^ prcBdicatFkviv^i conjugem tuum religione sin- c«RA Fid«:lem, aerde humilem, moribus, mitem , operibus miaericordemi ctìnversatiom penitus innocentem^ mt&ie juvenem^ de peregrinatione hujus vitm ad eternam Ccele* 8iÌB patrice celeriter transtulit mansionem ; nisi ut et 41U gaudia mterna oanferret * Ora per avere incontrastabite j^ova che questa illustre prosapia, di che parla Fulgen- zio, era appunto quella di Simmaco, soccorse pochi anm appresso cella sua testimonianza Gregorio Magno. Ootho'* rum namque temporibus Galla kttjus Urbis (Romse) no&t- lissima pudla Simmachi €onsulis ag Patbicìi filia, intra adotkscentice tempora marito tradita^ in unius anni spatia epAS est morte vidua^a. Quam dum fervente mundi copia ad iteratdum Jhalamum et opes et mtas vaearei, elegit mugis spiritcdibus nuptiis oapuktri Beo. * Dunque qui così cantano le carte contemporanee sulla famiglia di ^ Fulgeuiii, Opera. Edit. cit., p, S79, 293^ 296» SSO. sGregorii Magai, Opera, Dialog. L. VII, e. XIII, p. 338. Bona- iiae,Typis Vaticani ia91,tn^oUQ.i^«GfiiMoterfofi«, lìb. I, Pfosìi IV. y Google CAPlTOtO «BOTO. 107 Simmaco e Boezio : Simmaco genitore cristiano , coii Galla sua figlia sposala a nobile cristiano : Galla sorella di Proba, e quindi anche di Rusticiana , sposata a Boezio dallo stesso Simmaco cristiano, suo educatore , e tutore eppoi suoce- ro; Eonodio parla a Boezfo, quando rende grazie a &io Onnipotente delle' virtù efiUse in tutta la sua famiglia. La filosofia, e Boezio stesso danno il titolo di Santo dir Y augusto progenitore della cristiana prosapia. ' Ora sta alla critica il venirci sfrontatamente avanti colle lambic- cate probabilità^ che in mezzo a tale e tanta famiglia di cristiani j Boezio solo fosse pagano, o V indifferente, o ti libero scorazzatore tra le religioni comparate. Dicemmo che in F^ilgenzio «ono anche prove della cristianità dello stesso senato romano ^ che prendea parte in quei tempi insieme co' pontefici Simmaco ed Hòrml- sda nelle questioni teologiche ; nel quale senato , se non vi fosse stato alcun cristiano senatore, i papi nen lo avrebbero convocato a giudice in materie di fede. Ful- genzio nelle sette Epistole ad diversos, una ne ha, ad TeòdorUm Senatorem de conversione a so^culo. E nella edizione del 1549 trovànsi quelle tratte dallo stesso Go^ dice di Norimberga, del monaco Giovanni Massenzio, difensore io Oriente de' monachi Sciti, contemporaneo di Giustino r imperatore', e di Hormisda pontefice, e qild capitolo intitolato Libellm Fideij che Massenzio vantava, tamquam Catholicus a Papa et Senatu approbatus. Le (Juali testimonianze provano che le controversie in reli- gione, 0 si partissero dalle.chiese d' orienta, o dai vescovi esuli di Sardegna, decide vansi infine sempre a Roma dai papi colla convenzione de' senatori , e che il prologo del trattato contro Eutichio di Boezio Severino allude incon- trastabiltnenté ad uno di tali congressi tenuti In Roma ai quali egli era presente ; e non pu{> confondersi con le * Nel libro De Consolatione, y Google 106 IL BOEZIO. adunanze che Fulgenzio presiedeva de' vescovi eaiUati in. Sardegna, siccome vorrebbe il Jourdain : provano fìDftl— mente che k tradizione dei cristianesimo di Boezio se- natore, non dall'ottavo con Luiiprando, ma cominciò dal sesto secolo con Boezio medesimo. Al c^ero di. Pavia non. era ignota tale tradizione, come non potevano essergli ignote le opere di Fulgenzio e di Gregorio Magno. Quindi sempre più strano lo scambio de' due Boezii immaginato dall' Accademico francese. Ma in luogo di queste considerazioni che l'avrieb- bero forse troppo seriamente impensierito sulla vagh^> giata ipotesi , il Jourdain cercava un Boetho , e noi po^va trovare che nella edizione parigina del Fulgenzio del Desprez. Nella quale sono tre Epistole , che portano in fronte copiose rubriche, in mezzo alle quali tra molti altri nomi v'ha pur quello d'un Boetho, che l' autore crede un vescovo esistente tra gli esiliati in Sardegna. ^ Però le Epistole, se io ho ben letto e interpretato, non direbbero questo. Esaminiamole. Epistola XV {p- 269), Episcopi Africani in Sardinia exules, Joanni et Venerio^ de GroMa Dei et humano arbi- trio. Dei gratia plurimum amplectendis sanctis fratribus JoHANNi prvBSÌnteroet archimandrita?, et Venehio diacomOy ttfidelibus viris quorum in vestra Epìstola (attenti bene} subicriptio continetur, DaHanti$j Fortunatus, BoEraos, > Le nom de l'évèque Boece ou Boetbus, comme rappellent les éditeurs des (Buvres de saiqt Fuigencé, figure avec celai de queiques-uns de ses compagnóas d^exil dans trois documeots des premlères .années du VI siede. Le premier èst une létu*e aa prètre Jean et au diaere Veoerius sur tea mystères de la grace; te second eai une sorte de eonsuluition adressée aux évèqaes baunis , par les diacres Pierre Jean et Leontius, au nom des moines de Scylbie, sur riocaruation et le pécbé orlginel; le demier est la réponse que firent leséTèqaes.'(Ch. JourdaÌD,/>e ^Origine tte, Paris, 18B1, io 4, p. 24.) y Google CAPITOLO SESTO. 109 Victor, Scholasticm^ Orontius, Vindicianus^ Victor, Ja- nuarim, Victorianus^ PhotinuSj QuodvuUdeus , famuli Christi in Domino salutem. Qui dunque il Boetho del Jourdain,che dovrebbe ìq questo primo documento figu- rare come esule in Sardegna, come vescovo e come autore, non è alcuno di cotesti: è invece un semplice firmato insieme con altri undici, ai quali i vescovi di Sardegna scrittori della epistola Xy, non danno nessun titolo, avendo diretta la lettera a que'due più distinti Giovanni e Venerio scrittori di quella che in Sardegna era stata inviata dair Oriente o dalF Affrica; alla qual lettera i vescovi esuli rispondono. Com'era possibile confondere qui i nomi dei firmati in fondo alla lettera missiva y coi vescovi esuli autori della lettera responsiva? Cinque di questi medesimi sottoscritti nella lettera missiva agli esuli in Sardegna, Daziano , Fortunato, Oron- tic, BOLTO e Januario, ripresentansi nel secondo docu- mento, cioè la Epistola XVI, p. 277.* Non vi è dubbio alcuno che non sia stata scritta da Roma in nome di Pietro Diacono, Leonzio e due Giovanni, firmati in fondo della Epistola, che trovavansi colpi spediti dalli ecclesia- stici d' Oriente per consultare Y oracolo pontificio sulle loro questioni della incarnazione e la grazia ; ed è incon- trastabilmente diretta a vescovi e diaconi, e monaci che trovavansi in Oriente. Eccone in conferma le parole stesse della lettera: Non enim parva, imo potius magna « Liber seu Epistola XXI, pag. 277. Peiri Diaconi et aliorum qoi in causa Fidei a Grecis ex Oriente Romam missi sunt ; De In- carnalione et graiia Domini nostri Jesu Christi, Domìois sanctissimis et cum omni veneralione nominàndis Daliano, Fortunato, Albano, Orontio, Boeto, Fulgenlio, Januario et caeteris episcopis ,. et in Christi confessione decoratis; exigui Petrus Diaconus, Johannes , Leoniius, alius Johannes, et caeteri fratres in cansa Fidei Romam directi. PUCCINOTTI, iO y Google 410 IL BOEZIO. IcBtUia univeni replebunttir Orienkdes siionetUatem t^e- stram m», inmo magis catìnolicis fwverini «n omnSbzi^ consentire dogmalibia. Dove si trovano dunque quei ve- nerabili ai quali la lettera è diretta ? Certamente ncm. in Sardegna, né tra gli esiliati vescovi. E il Boeto, che qui potrebbe nascer dubbio se dovesse tenersi per compreso in quel/ cceteris Episcopis della rubrica, ovvero con gli altri semplicemente decorcUis in Christi confessione, sta sempre fermo in Oriente, e non scrive mai nulla né proposte né risposte. Nel terzo ed ultimo documento^ è San Fulgenzio stesso che scrive a nome proprio e de' suoi colleghi ec- clesiastici d'Affrica, a quelli mandati dalla Chiesa Greca a Roma, che gli avevano spedita la qui sopra mentovata Epistola per mano di Giovanni diacono : Beatus frcUer noster Johannes Dtaconus a vestra societate directus^ literas nobis quas misistts exhiìmiL Ed è da considerare che facevano causa insieme nelle materie di fede, allora più in contrasto , le chiese d' Affrica e quelle d' Oriente. È mestieri pure avvertire che San Fulgenzio non era sempre stato fermo in Sardegna, ma prima richiamato dair esilio a Cartagine da Trasimondo^ eppoi ricacciatovi; e- morto il Vandalo tiranno, egli permanentemente se ne tornò alla sua sede vescovile in Affrica. ' Liber seu Epistola XVII, p. 286. S. Fulgenlì et aUoruin quindecim Episci'porum Ahricanomni ad Pctrùm Diaconnm et alios qui ex Oriente in canssa Fidei Ro- mani niissi sunt ; de Incarnatione et Gratia Domini nostri Jesa Cbristi. Dilectissimis et in Cbristi If de atque gratia phirimum amplec- lendis sanlis fratribus, Petro Diacono, Jobanni, Loentio, elalii Jobanni, caeterisque fratrìbas qnos una vobiscum in canssa fidei Romara directos litteris intimastis , Datianns, Portnuatus, Boethus, Victor, Scolasticbns , Orontìas, Vindicianus, Victor, Jannarius, Victorianus, Pbotinus, QuodvuUdcus, Fulgentius, Felix , 0t Jaoua- rias in domino salutem. y Google CAPITOLO SESTO. Ili La prima lettera pertanto (Ep. XV) probabilmente non lo tto\ò in Sardegna ; dacché i suoi compagni d' esi* lio che dovettero rispondere, dicono in un luogo : C(Bte- rum Untts ex nobis, in quantum Dominus servU suis recti gratiam dignatur donare sermonis, illis omnibus qtiCB memorato^ fratres adversus gratiam et prcedestina- Uonem intimatis vel sentire vel dicere, tribuslibris vestro noràine dedicatis sufj^ienti disputaiiene reÈpondit {in mar- gine citato : Fulgentius , De veriiate prcedestinationis et graticB, et Liber contra Paustum), Quos cum recensueritis agnoscetis etc. Sembra adunque che gli andirivieni delle tre epistole dalla Sardegna ai vescpvi.d'Affrica, da Roma a quelli d'Oriente avvenissero dopo la liberazione di Fulgenzio sotto Hilderico successore di Tràsimondo, e dopo il suo ritorno in Affrica ; di doVe finalmente a tron- care le controversie 'più volte instigato, risponde a tutti; cioè e a quelli d'Oriente mandati a Roma, e a quelli stessi dell' Afiricà col lungo trattato contenuto nella epi- , stola XVII, de Incamatime et Gratia. Del resto poi io terrei sempre poco sicura ogni au- torità che si presti a cotesto tre Epistole; 1« perchè sono senza deciso luogo né data; i^ i nomi di Giovanni, di Vit- tore, di Boeto e dello stesso Fulgenzio si ripetono quiur ci e quindi nelle proposte e nelle risposte ; 3o perchè trattasi di rubriche, in parte scritte dall'editore Desprez, in part« dai copisti del Codice manoscritto , non sempre fedeli interpetri del contenuto delle lettere , né dei loro autori, né a cui sono dirette. A me è sembrato di dar loro la sopra esposta interpretazione : nondimeno vi an- netto s;ì poca importanza, che sono anzi per concedere al Jourdain che sieno pure tutti gli esuli di Sardegna que' quindici che sono nominati nelle rubriche : che il suo Boeto sia tra loro : che sia redattore e, se vude, an- che autwe di tutte tre le epistole sopra i ripetuti teolo-- y Google 112 IL BOEZIO. gici argomenti. Non sta in coteste cose il fondamento dell'ipotesi del Jourdain. Si ti atta invece di sapere, anzi di esser ben certi , che il suo esule Boeto morisse e fosse effettivamente sepolto in Sardegna. La condizione indispensabile della sua ipotesi è questa: senza questa non poteva in nessun modo avvenire V immaginato scam- bio: i missionari di Luitprando non avrebbero trovate le spoglie da trasportare colle altre in Pavia : senza que- ste il Boeto vescovo non si sarebbe trasformato nel Boeto consolo : senza questa filialmente va in dileguo la sto- rica scoperta dell'origine delle tradizioni sul cristianesimo del vero Boezio. Dimandiamone lo stesso signor Jour- dain : « Boethus a-t-il revu TAfriquè ? » Egli vi risponde : "« Nous l'ignorons ; mais il est beaucoup plus probable qu'il mourut en Sardaigne. » ' Basta così : noi non vo- gliamo saper altro: T ipotesi è morta in sul nascere; ed è veramente il cadavere di questa infelice ipotesi , che fu non ha guari mostrato all' Accademia di Francia, tra gli altri che aveva fatto trasportare a Pavia hell' ottavo secolo il re de' Longobardi. * Pag. 24. Cbe nel Concilio convocato da Bonifazio vescovo di Cartagine, un anno dopo la morte di Boezio consolo, cioè nel 5S6, non fij^uri il nome del Boeto vescovo^ proverà forse che qneslo era già morto , ma non prova cbe questo dopo la liberazione di Fulgen- zio non tornasse anch' egli nella sua sede vescovile , né morisse in Sardegna pinttostocbè in Affrica o in Costantinopoli, od anche a Boma , dove alcuni di codesti diacpni e vescovi si recarono. y Google CAPITOLO SETTIMO. Ordine dei Iil>ri teologici di Boezio , e loro autenticità. In testa a tutti cotesti libri, sarei d' avviso di porre quello che sentitola An omne quod estBonùm sU;ì\ qual libro ci fa intendere Boezio, che apparteneva ad una ri- servata collezione di altri suoi scritti , che aveva nomi- nati HebdomadeSj volendo con tal voce significare con- cetti elevati e di ardua intellezione, da serbare per ricordo della propria mente, e da comunicarsi soltanto secreta- mente agli uomini della scienza. * Fu questa una imita- zione de' libri exoterici delle scuole ieratiche deir Oriente e dell'antica Grecia, da comunicarsi solo alle persone sacre , e non ai profani ? ovvero un prudente avviso di non divulgare razionali dottrine sui misteri della nuova fede sotto l'impero di un principe eterodosso? Di fatti vediamo che quasi tutti cotesti libri furono da Boezio indirizzati e affidati alla gelosa custodia di Simmaco suo- cero e di Giovanni diacono di Roma suo amico e parente, divenuto poi Giovanni I pontefice. Forse ancora col'nu- mero 7, che tanti sarebbero stati cotesti libri in seguito ' Poslnlas ut ex Hebdomadibua nostris ejns quaestionis obsca- ritatera qusB cODtinel modum. qao substantìsè in eo qaod sint bonse sint, cum DOD sint substantiala bona, digeram et paolo evidentius monstrem. Idque eo dicis'esse faciendum, quod non sit omnibus notum iter hujusmodì scriptionum. Tuns vero teslis ipse suoi, quan- tam haec vLvaciter fueris ante complexus. Hebdomadas yero , ego ipse mibi commentor ; potiusque ad memoriani meam speculata con- serto, quam cuiquam particìpo, quorum lascivia ac petulantia nihii a joco risuque patitur esse disiunctum. Pro bine tu nescis obscuri- tatibus brevitalis adversus : quoB cum sint arcani fida custodia, ta- men id habent commodi quod cum his solis qui digni sunt, eo/io» quuntur, Boethii Opera. Eldit. Basile» 1570, p. 963. Digitized by VjOOQIC 114 IL BOEZIO. conosciuti, volle Boezio alludere alla città de' sette Colli, 0 ai sette Savii della antica Grecia. ^^ An omne quod est Bonum sit, a Giovanni arcidia- cono di Roma. Comincia : Pùsiulàs ut eie. ^ 2* De unitaie et Uno. Frammento. Comincia : Unilas est qucB etc. ' 3® Gonfessio Boethiij seu de Pide^ a Giovanni Diacono. Comincia : Christianam fidem novi etc. ' 4® De Trinitate, al suo Simmaco, suocero. Comin- cia : Investtgiatam diutissime qucestionem etc. 5^ Utrum Pater et Filius et Spiritus sanctus etc. a Giovanni Diacono. Comincia : Qucero an Pater etc. 6* De dtiabus naturis et una. persona Christi adver- sus Eutichien et Nestorium, a Giovanni Diacono. Comin- Cì9*: Anxie te quidem diuque susHnui etc. 7« Quasdam de vita prioria. * L' autenticità di cotesti libri, tt*anne pur solo quello De fide pubblicata dal Vallino nel secolo XVII cbe non vanta testimonianze anteriori, e che per ora anche noi lasceremo dubbia, è provata : i^ dalle citazioni degli scrit- tori del nono secolo sino ai nostri tempi: S"" dalla uni- formità di stile e di metodo adoperato da Boezio sì in * Gervais, Op. cit., lo riguarda come risposta data da Boezio t Giovanni suirerrore de* Manichei. * Senza esordio e senza dedica. * II Vallino pubblicò nel 1656 per la prima voiUa questo libro , «alratto, egli dice, da due mss.ì de* più autentici della Biblìothèq. de Boy, collazionali sopra altro di quella di 9. Vittore, sopra uno Iffoprlo, e fiopva un quinto della Bibl. di S. Mauro t des Fossez. » £ anche citato nel Catalogo del Trlthemio. * Questo scritto che dovette essere il più secreto di tutti, non 4k luogo a verno dulibio sulla sua esistenza. Boezio stesso . lo af- ferma nella sua Consolatoria con. queste Purple: Cuju$ rei urUm, atqu$ verUaiem, ne latere po9teroi queat., ttylo etiam memoriaque ^ mandavi. De CoMolaiione, L» I, Prosa IV, p. 199. y Google CAPITOLO SETTIMO. 11$ questi come ne' suoi libri filosoGci: 3"" dalla insigne dif- ferenza del modo come egli Ka trattato le materie di Fede, di contro a quello usato. da tutti gli altri teologhi a luì anteriori, e suoi contemporanei. Non riprodurremo ]e citazioni che da Alenino scen- dono mille volte ripetute fino a San Tommaso, e nem- meno quelle che dal XVI al nostro secolo si sono più divulgate e sono più note, quali conferme della autenti- cità de' succitati libri boeziani. Invece, e dalle antiche e dalle moderne trarremo quelle, ehe ancora comunemente non veggonsi adoprate come testimonianze della cristia- nità di Boezio da tutti gli scrittori. Parlammo già del Gommentarietto del monaco Bruno che rimonta al X se- colo, nel quale, oltre a quanto fu da noi trascritto rela- tivo al libro De Consolatione , trovansi queste altre testi- monianze dei libri teologici di Severino Boezio : Libellum quemdam ejusdem AuctorU De SarUa Trinitate vaìde prce- elarum legi;etalium cantra Eutychen et Nestorium fiere- ttcos ; quos ab eodem esse conscriptos, quisquis aliis ejus librù legencUs operam impendit ut ego ab adolesoentia fedj ex ipso elegantis stili quodam proprio nitore indih bitanter agnoscU. ^ Altro Codice Vaticano pure, tra il X e r XI secolo pubblicato dal Maj , contiene due opuscoli teologici, nel primo dei quali è citato Boezio e il suo libro, Vtrum Pater et filius eie, li Maj nel monite pre- messo al 4, di tali opuscoli avverte che Y anonimo dovet- te scriverlo a' tempi di Fozio, cioè tra V Vili e il IX secolo, quando San Niccolò I pontefice invitò i vescovi gallicani ad opporsi con tutto il fervore allo scisma de' Greci. Certe j aggiunge il Maj, et duo Vaticani Codices gallica- fiam originem^ ni fallar , prm se ferunt. Ora l' anonimo ' Angelo Mij, Classie. Àu^tor. e Yat, eod, e4it. Tom. III^ Romae, Tjp. VaUcan. tSii, p. 3i5. Digitized by VjOOQIC 116 IL BOEZIO. autore del ^^ di detti opuscoli, dopo aver rammentale le autorità d* Ilario, d'Ambrogio, d'Agostino e di Genna- dio, cita Boezio : Boethius ceque Spiritum sanctum a Patre et Filio procedere testatur ila dicens : ncque accessisse potest dici aliquid Dea ut Pater fi&ret etc... Nihil autem aliud gigni potuit ex Deo , nisi Deus. ^ Ma nella stessa Germania, venendo alle testimonianze moderne, rimpetto à que'due 0 tre che fecero alla tradizione costante de'se- coli anteriori lo sfregio di appellare Severino Boezio un pagano, ne sorgono altri tre o quattro valentissimi a so- stenerne la cristianità. I quali sono J. Baur, il celebre J. Suttner, e il non meno distinto per dottrina e candore d'animo D. Schenkl. ' Opportunissima poi scende tra que- ste la conclusione della disputa pubblicata' non ha guari dal rispettabile autore della storia della letteratura ro- mana G. C. Felice Bahr ; conclusione espressa colle se- guenti parofe : « Quantunque Boezio fosse sì vivamente » innamorato dell'antica civiltà romana, e sì caldamente » si adoperasse a conservare e promuovere lo studio > dell'antica classica letteratura di Grècia e di Roma, » la quale^ ha esercitato una azione sì intensa sidle età D susseguenti ; tuttavia non si può sì di leggieri dimo- » strare eh' egli fosse pagano. All' opposto sembra ch'egli » abbia coltivato anche la scienza cristiana, e scritto al- » cune opere di Teologia. Le quali si vollero bensì sup- » porre di un altro Boezio cristiano diverso da questo ; » ma ninna sufficiente ragione si adduce a conforto di » questa distinzione. » ' La uniformità di stile e di me- * V. Angelo Maj. Seripior. Veier. Nova Collectio e Vat. Cod. edita. T. VII, p. 250, in 4. Romae, Typ. Vatic. 1833. * i. Baur. De Bùfthio CriitiatM fidù as$ertore. Darmsudìae ec. 1852. DrSCHENKL, Ueber Boelhius Religiom-be Kenntuniss, Wien 1849, in 4.0 * Slor. della letlerat. Romana, dì G. G. Felice Barr. Traduz. del Mattei. Voi. 3. Torino, Pomba 1850, p. HI, e seg. in 8. piccolo. Digitized by VjOOQIC CAPITOLO SETTIMO. 117 todo si palesa in questi. libri d' argomento sacro eviden- tissima, confrontandoli collo stile e forma de* ragiona- menti nsati*neMibri filosofici : col premettere che egli fa sempre si agli uni che agli altri qualche esordio : col dolersi della ignavia e intolleranza ne* severi studj, e ne' nuovi dogmi de' suoi concittadini romani : col volere fin dove si possa , penetrare colla ragione, come nelle difficoltà filosofiche così pure nel misterioso della nuova fede : col porre innanzi principii noti per farsi strada agli ignoti: col ricorrere di frequente agli esempj matematici per averne più esatte interpretazioni, e per meglio ordi- nare la serie degli argomenti e delle deduzioni: col con-» chiudere i trattati ritornando al personaggio al quale erano stati dedicati , e chiedergli indulgenza o consiglio. Ci vorrebbe troppo lunga comparazione per dimostrare tutte le qui esposte qualità somiglianti, sì nei profani che nei sacri libri di Boezio ; ma chiunque se li sia resi fa- miliari, non tutti ma alcuni de' principali sì dell' una che dell' altra serie , quando si trova sopra il libro teologico, non può a meno di non riconoscervi lo stesso autore. Imperocché,, se a prima vista lo stile de' libri sacri gli parrà più contratto, e nel corpb della materia talora quasi aforistico ; di tal modificazione che nulla toglie al* r uniformità nel modo di esporre i propri pensieri , ne rende conto lo stesso Boezio, nell'esordio al libro che noi abbiamo posto per primo delle sue Ebdomadi, dóve dice a Giovanni Diacono che egli stesso se non li intese, gli servirà di commentatore dei propri concetti. Ma per poco che si esca fuori dal rigore della materia, Boezio toma subito ad allargarsi, e riprendere la sua maniera ciceroniana. Il che è manifesto nel libro De duabus na-> turiSy dove la narrazione del Congresso tenuto «ulla que- stione avanti al pontefice e alquanti senatori , e la lettera del vescovo probabilmente o Bizantino o Cartaginese, che Digitized by VjOOQIC ii8 IL BOEZIO. gli dette occasione e il modo come egli dovette conte- nersi dall' iDterloquire, è a largo stile trattato neir esor- dio. E dopo entrando nelle definizioni si stringe, e dalle definizioni passando air origine greca della voce Perdona, il suo animo toma di nuovo ad espandersi, e quasi si conforta nel ricercarne il significato tra le commedie e le tragedie della letteratura greca e latina. Per dire dèlia uniformità filosofica del metodo' ra- zionale, e degli esempi matematici fra i. libri boeziani sacri e scientifici , t^onsidero come V esordiente media evo seppe trovare la vera strada onde giudicare retta- mente delle opere di Boezio Severino. Cominciò dallo studiare da capo a fondo le sue op&te filosofiche e teo«- logiche; ed intesa la sua filosofia, volgendosi in seguito alla CoRSobtorto, seppe cernere quivi la aspirazione poe- tica dal concetto filosofico, e questo riportando alla ra- gione del vero e del giusto, quella aHa immaginativa, non trovò giammai da dubitare della cristianità del ro- mano scrittore. La critica moderna ha tenuta tutt' altra strada: ha cominciato da un lavoro di fantasia, qual'è il libro 0e Comotatùme^ e da questo e dentro a questo ha preteso di rinvenire la filosofia di Boezio, e non la morale e pratica, ma sì la ontologica e la teologica. L^età nostra che affoga nella moltitudine delle filosofie, e ap« pena conta sulle- dita tra i passati e i presenti ùieci filo- sofi, non ha voluto aver pazienza di ritornare e meditare sui libri, direi quasi intieramente spogliati .fra tutti que' medievali scrittori ecclesiastici che se ne valsero ; e nel poetico libro della Consolazione isolatasi,, do ve va immancabilmente incontrarvi alcune immagini orientali e alessandrine, frammiste alia scienza primitiva fondata ndV Accademia e nd Liceo di Atene. Quindi ha prima dubitato, e infine negata la cristianità di Boezio. Ester- nato il falso giudizio, onde atterrare V argine che alla Digitized by VjOOQIC CAPITOLO SETTIMO. ii9 dJiatazioDe di esso opponevano i libri sacri di Boezio, è sottentrato il dispotico riccurso agli apocrifi^ dììe Inven- tate leggende degli scambi di opere e di nomi, alle con- getture insomma destitaite affatto di documentt e di prove, e all' arbitraria sostituzione di esse nel poslo del concorde concetto di tanti uomini sapienti e di tanti se- coli. Le uniformità che noi abbiamo indicate qui sopra, il medio evo le trovava tutte ; quindi non dubitò mai della autenticità dei libri teologici boeziani. Non seppe però dare quel maggior valore che meritava tra tali uni- formità air esempio nuUematicù ; forse per il soperchiare de' teologici filosofemi, o perchè gF intelletti non erà^o ancora apparecchiati né maturi ad apprezzarlo giusta- mente. Onde io credo che il sommo e completo carat- tere della filosofia di Boezio non potè esser intese nem- meno dal medio evo ; ma era mestieri che giungesse l'epoca del trionfo degli studii matematici per discuo- prirlo: l'epoca vuo'dire del Galileo , del Newton, del Keplero, del Cavalieri, nella quale fu insegnato alle ìfilo^ sofie di tutto il mondo che tra la Teopsicósi e la Cosmo- fisiósi bisognava collocare le Metromatèsi, chi voleva completare e comprendere in uno le verità intelligibili della mente umana. Ora questa Trinomia fondamentale delle scienze umane, che trovasi additata da Platone, e conservata da Aristotele , sebbene questi la capovjDlges- se, fu sviluppata con tutta la sagaci tà e larghezza, che i tempi permettevano, nelle opere di Boezio, e i pretti metafisici non la poterono o non la volleto intendere; ma pienamente fu intesa da quelli che coltivaroBo insieme colle scienze speculative le naturali e le matemàtiche. I metafisici puri hanno sempre temuto come una versiera la quantità, ed hanno continuato sino a ieri a dire, che la scienza prima contempla invece le qualità. Ma ogni qualità racchiude potenzialmente la quantità, e questa y Google 120 IL BOEZIO. racchiude quella ; imperocché le difTereoze e le analo- gie , che generano t7 quale, sono in sé medesime il quanto, siccome il quanto ne' suoi disgregamenti diventa il quale. Abbiamo avuto anche a' nostri giorni V esempio di due ^sommi filosofi, il Cousin e il Rosmini, che non abbastanza fondati nelle scienze matematiche e naturali, ricondot- tisi per puri bisQgni speculativi sulla questione degli Universali trattata in Boezio, non vi hanno saputo ve- dere la soluzione del problema data da lui alle^ scuole latine del sesto secolo, ed .hanno ambedue saltata a pie pari la traccia della risoluzione di queir altissimo tema, che era insieme e doveva essere il vincolo unitivo delle due sapienze, la celeste e la terrestre, per le future ge- nerazioni. * Scendendo in ispecie agli esempj matematici che incontransi ne' libri sacri del Severino, cominceremo dal pumo di essi secondo la nostra serie. Nel libro, adunque, De Bono si legge: Ut igitiJir in mathematicis fieri solet CfBtemque etiam disciplims, prosposui terminos regulas- que quibus cuncta qu(B sequuntur efficiem Htuc que- stioni talis potuit adhibere soluHo. Multa sunt quae cum separari actu non possint, animo tamen et cogitatione se- parantur. Ut cum triangulum vel ccetera subjecta ma- terùB nullus actus separai, mente tamen segregans ipsum triangylum proprietatemque ejus prmter materiam spe- culatur. * Trascorrendo sulle pagine -del trattato De tri- nitate troviamo: In naturalibm igitur rationaliter , in mathematicis disciplinaliter, in Divinis intellectualiter versari oportebit, .... Numerus enim duplex est. Unus quelli di soggetto filosofico. Fra Tuno e T altro degli stessi teologici ragionamenti leggesi in quello De Trini" ^te: Cceteros vero ita submovimus ut qui capere intel- ìectu nequiverint ad ea eUam legenda videantur indigni. Vel libro ,i4n omne bonum, dicesi degli arcani della fede, Tamen id habent commodi quod cum his soUs qui digni ^mt colloquuntur. Neiresordio a Simmaco del libro De ^llogismo hypofhetico si legge : in qua re superata dif/i* ^ttatis prcemium fero si libi munus implesse videar %micitioB, et si non videar satisfecisse doctrime. Nei pro- legomeni air Aritmetica, intitolata pure a Simmaco, s'in- contra: Non igittir ambigo, quinpro tua in me benevo- kntia supervacua reseces, scientia suppleas, errata reprehendas, cpmmode dieta mira animi alacritate su- ^ipias. Nel libro ielogico De duabus naturis, l'intro- duzione rivolgendosi a Giovanni Diacono, ha questo: Quod Vedi le pag. 958 e 959. PUCCINOTTI. 1 1 Digitized by Google i23 IL BOEZIO. ri recte 9e habere pronuneiaverìs, peto vi mei nonrims hoc quoqtte tntenu ckartis; «m vero vel nrinuendwn aìi^ quid, vel cMetiéum, vel aHqva mutaiUme variandum est, id quoque pastuloy remiUi meiz exempìarilms, itàut i»d te revertaniur transcribendwn. Nel libro Utrum. Pater legge» iufioe: Bme ri recte se ex fide habent tU me in- tttuaspeto. In qaello De 7Vmt(afe,dopo la introduzione elie ha pure li stessi caratteri orator] di quelle premesse nei libri filosofici, si trorano in fine le stesse modeste suppliche a' suoi cari Simmaco e Giovanni, j^tiitc vestri normamjudicH expectat subtilitas qucestionis , quce utrum reetoe diversa ritan minime, vestra statuat pronimcio' timii auct&ritae. Fermiamoci ora a' passi di questi sacri libri dove è esemplata la massima e ootabilissiaia uniformità traessi e i filosofici; cioè nell' essere condotti egualmente ambe- due, non dall' autorità , né ddla Scrittura, né da dettami de' padri e degli apostoli, ma da tutti i conati possibili della umana ragione. Nel libro Ih Trinitate protesta dap- principio ch'e^ ne caverà le prove, ex intimis sumpta philosùpkiwdiscipUim: protesta^ di non volere oltrepas- sare i limiti concessi alla ragione: Sane tantum a nobis qu(Bri oportet quantum humanùs rationis int^ituà ad di- vinitatis vaiet ceka conscendere. E quando dimanda che si giudichi se egli ha ben inteso s. Agostino, non dell'au- torttà didct>rre , ma bensì delle ragioni da Agostino ado- perate: an ex beati Aùgustini scriptis semina rationum, aliquos in nos venientia fructus intulerint. Nel libro , Utrum Pater ^ ritornando nella fine al suo Giovanni Dia- cono a cui è diretto , prega che nel giudicarlo tenga, per quanto può, la fede congiunta alla ragione: Pidèm sipo- teris RaUonemque eonjunge. Dopo sì molte rassomiglianze merita pure in fine di esser notata quella ripetuta lagnanza, sì nei sacri che Digitized by VjOOQIC CAPITOLO SETTIMO. 123 ne' filosofici libri, della negligenza e della ignavia n^li stttdi tra i Romani de' tempi suoi ; a vincere la quale egli più volte protesta di voler adoperare tutte le forze sue. Si rileggano i tre esordii al libro II, al libro IV e al li- bro VI de' commentari di Boezio alla Topica di Cicero- ne, e si ritomi sul proemio al libro De Divisione, e si raffirontino tali lamentazioni con quelle che sTùcontrsoio dirette all' assemblea disputante nel teologico libro De duabus naturis, e con le altre simili contumelie di che Boezio ricopre gli ignoranti e gli spregiatori delle divine cose nel libro De Trinitate. Nel quale alle prime linee, letto che tu abbia : Quocumque igitur a vohisdejeci oculos, partim ingnava segnities partim callidus livor accurrity ut contumeliam videqr divinis trctetaUbui irrogare, qid tor libus homvfvum monstris non agnoscenda hic potim, quam proculcanda projecerim, rimarrai vieppiù convinto ohe il medesimo autóre dettava tanto questi, quanto gli altri libri di filosoQa. Ora da qu^esto uso clie Boezio il primo fece quasi esclusivo della Ragione, nell' intendere e svolgere gli ar- gomenti e i misteri di fede , emerge la grande e sustan- ziale differenza, che esiste tra i suoi libri teològici e quelli scritti dai diaconi e vescovi suoi contemporanei sulle stessè materie e questioni religiose; siccome emerge altresì innegabile la prova, che cotesti libri per le di- scorse uniformità con gli altri scritti boexiani , e per questa segnalatissima differenza tra lui e gli altri teolo- ghi nel modo di trattare le cose di Fede , non possano di altri essere che di Boezio consolo. Laonde franco e sicuro posso invitare i signori Obbarius e Jourdsiin a mostrarmi un solo trattato teologico del V e del VI secolo, con- dotto da capo a fondo col solo razionale aiuto, come que^ sti di Severino Boezio. Mi mostri il Professore di Jena i simili trattati eh' egli sognando attribuisce al. suo santo Digitized by VjOOQIC i24 IL BOEZIO. dottore Severino : soffra di legger meco Y Accademico parigino le tre Epistole sulla stessa materia dettate , oom'iegU suppone , con altro bel^ogno, dal suo vescovo Boeto esule in Sardegna: pongaa confronto i libri di Ful- genzio sulla predestinazione, la incarnazione e la grazia con quelli di Boezio. Severino; eppoi medica se non ten- nero il laico Boezio e il suo Boeto vescovo e il dotto Ful- genzio di Cartagine modo di argomentare fra loro diife- rentissimo. Il qual modo se poteva essere adoperato da uno scrittore filosofo e laico e confidenzialmente co* suoi amici e parenti , non sarebbe stato concesso in que' tempi a un diacono né a un vescovo nelle pubbliche concioni. Che se queste concioni si deono col Jourdain supporre tenute anche in Sardegna, presiedute da Fulgenzio e tra vescovi^colà esiliati; avrebbe mai alcuno di questi ar- dito di chiamare paz2i ed ignoranti , ossia pecore matte, i'suoi mitriati compagni d* esilio? Eppure neir Assem- blea tenuta in Roma, presenti Giovanni Diacono e Boe- zio, che dette origine al libro De dùabus Naturis, Boe- zio laico potè ,^rivendoi)e a Giovanni iiello esordio di quello, prorompere in tali invettive: Tuli egerrime far- teov, compresmsqtie tndoctorum grege conticui, metuens nejure viderer insanus, si sanm inter furiosos habere contenderin^ Né qui Boezio inveiva contro V eresia di Eu- tichio, di che parlava la lettera. venuta d'Oriente ed esposta in quistione da un vescovo al concilio; ma della dabbenaggine di tutta V assemblea. Hic omTtes apertam fisse differ&Uiam {in. dUabus naturis), nec quicqttàm in 60 esse caUginis confusumque strepere, Nec ullus in tanto tumultu qui leviter attinger et quoestionem, nedum qui expediret inventus est. Eppure ciò non ostante il Jour- dain si é provato a darci ad intendere, per compassione delle nostre illusioni, che il libro De duabus naturis nacque tra le concioni vescovili dì Sardegna, e ne fu au- y Google CAPITOLO SETTIMO. i25 toré il suo Boeto vescovo! Le verità tradizionali vanno lasciate al suo posto; che quelli che le vonno contorcere e tirare a forza sotto il giogo delle ipotesi, onde farle sparire dalla storia, finiscono coli' esserne cacciati loro stessi. - Se con un po' più d' attenzione fossero stati letti 4 libri teologici contesi al Console romano, e meditata si fosse la insigne differenza fra essi e i libri dettati dagli ecclesiastici del suo tempo, non solo si sarebbero i Cri- tici risparmiata Tonta di tanti sogni e tante falsità, ma avrebbero altresì compreso alcuni storici avvenimenti che restano tuttora per essi senza spiegazione alcuna. Stabilita la differenza nel razionale sistema che da solo governa questi scritti boeziani, dove che gli altri del suo tempo non son retti che dall'autorità, scende subito nella mente la cagione, per la quale essi rimasero sino al nono secolo come celati, e scarsi di ecclesiastico va- lore; e perchè il Cassiodoro non si curasse di rammen- tarli, né di mandarli fra i libri d'uso pe^suoi monaci alla Biblioteca di Vivarìa: scende subito nella mente co- me cotesto ecclesiàstico valore non lo assumessero che quando l' Aristotelismo s' impossessò degli studj teologici nelle scuole latine. " . CAPITOLO OTTAVO. - Il libro della Consolazione. La Consolatoria del Severino , indugiata fino a qui dall' obbligo di provvedere a che si nascondessero dalla sua antica e splendida fama certe macchie postevi sopra da taluni scrittori moderni , ó pervertiti o ne' suoi libri \r Digitized by VjOOQIC i36 IL BOEZIO. poco versati, non entrerebbe verameniecorM poetico componimento e di morali dettami , nel piano della no- stra Starla. A noi quindi le poche cose che ne diremo non serviranno chea confermare qualche commento del Vallino, che è poi in fondo il migliore di tutti i cbioaa- lori che ha avuto il celebrato poemetto, riguardo ad al- cuna sentenza filosofica, fra quelle che oggi sono state pKl male intese. Imperocché gli è meno difficile trovare la poesia tra' filosofi, di quello che la filosofia* tra' poeti. Per questa filosofia che si cerca tra'.poeti non intendo concetti isolati qua e là sparsi, eoa un sistema di filoso- fia coerente e completo. Escludo altresì que' poemi di- dascalict co' quali ad alcuni autori , come Empedocle e Lucrezio, è piaciuto di verseggiare la stessa filosofia, l poemi de' popoli primitivi contengono ogni genere d' esor- diènte sapienza. Ma avanzando la civiltà, la poesia si di- stacca dalla filosofia, e ciascuna rappresenta un mondo a sé proprio. Avvicinandosi la civiltà pagana al suo tra- monto per riapparire colla nuova del cristianesimo, Boe- zio rappresentò' questi due momenti nella sua Consola- toria: la prosa contiene la virtù e la filosofia stoica e platonica de' Rimani, la poesia aduna in sé le immagini del greco e del ladino poetare non avverso al nuovo culto, e le accosta e le fonde insieme con quelle , che ha sa- puto destare ne' primi dotti della cristianità la stessa nuova religione. È questo il carattere speciale che porta con sé la Consolatoria di Boezio ; quindi non i$tà in essa la sua compila filosofia, e neUa stessa prosa tu non trovi che la parte attiva o morale pratica della filosofia accademica. Tanto meno poi la si potrebbe rin- venire, come hanno preteso i moderni critici, nei lirici canti che le prose tramezzano, dove le aspirazioni e le fantasie rammentano immagini omeriche o virgiliane, accompagnate alle idee che la nuòva fede e le tradi- y Google CAPITOLO OTTAVO. 127 ziooi r^igiose avevana svolto e fecondato nelle meati di alcuni de' primi padri della Chiesa. Boezio dunque raccolse gli dementi poetici dei suo tempo: che erano le rimembranze deir antico e le inspirazioni del nuoTo culto, il pianto sulle proprie sciagure, e la speranza del bene eterno: e questo fti perciò U più sptendido reiSesso poetico dell' indole del pensiero del sesto se- cole'; la quale ìndole si dispiegò coiàf^eta con si grandi ale da coprire il cido e la terra, nelle tre novissime tesi della vita cristiana del divino poema d» Dante. Intendo con tali considerazioni dt dimostrare che dai canti lirici di Boezio non si ponno cavar luorì né immagini né concetti né inspirazioni, per costruirne collo stesso capriccio col quale tra sé le rigirava la poetica fantasia, un ordinato sistema fite* •Hyaftofie satis manifestum erat — Qubro an Pater — Qood greca l^hilosophia — Pòstulas ut ex hebdohadibos — Communis — Re- gate Dovem — sufficiunt igitur — Questio ▼era — Buie questioni — Qoa in re^At non etiam — secundum hunc igitur "^ Non som Bescius «- Anxib te qdidbm — Natura igitur — Est etiam —Sed de persona ~ro qui inlitulatur, de Fide Cristiana qui sic incipit, Christianam fidem novi. Secundo explanatur quid de Christo sen- tiendum sit , scilicet quomodo duse naturae in una persona oonve- nlant, et lioc in Libro De duabue Naturk, et una persona Gbristi md omDdem Jobanbem scripto qai sic incipit. An»ìe te quidem. Mo- dus autem tractandi de Trinitato. duplex est,^ ut dicit AugusUnus in 1, de Trinitate, scilicet per auctoritates et per rationet: quorum utrumque Àugustinus cómptexus est, ut ipsemet dicit. Quidam enim sanctoram Patrum ut AmbrosiAs et Hilarios, altemm tantum proaecoti sont, acilloet per «ticforUalet. Boetius vero eleglt prò» seqni secondom aliud modun, sdlioèt 8eq|md«m.raliefies, praesup- ponens boc quod ab aliis fuerat per auctoritates prosecutum. Et ideo modus bujtis operis designatur ih boc quod dicit, Investigatam diutiisime, in quo rationis inqulsitio designatur. V. Ùiv. Thomw Aquin. Opera omnia. YenetHi 4747. T. ViII,P.54Ì.lnlUfrumBoeikH de HiMomad, dhi Th^mm éxpoeiiio-^p. 327. 1» Ubrum BoefkU de TrtnHate expwtkiOt, Pralogue Divi Thoma Aquinati$. y Google 138 u. Bosaio. adonaM eoa togioò procedimento WM^ i cipque trattati. La prima parte comprende il Ite trimiaie, ohe ha fer coDtiQiiazione T altro, Qusroan PaUr, dove dicesi della distiozieDe delle peraone e dell' ilBità deir eaaensa. La seconda parie è del procedere li^ bontà delle oreatare dalla bontà eteraa di Dio: e cpieata è il Libi^ ia.che ap- parisce la prima volta flrriaervate titolo De hebdMiadt^ but, Dòlo a Giovamii Diacono e da lui riehiasto, Pit^^iu- àu a me > ed a lui intitolato. Neil' ordine che noi abbioMia dato a tali libri abbiamo posto questo per primo delle Ebdomadf. S. Tommaso nel prologo ai libri He triniiate Io pone per secondo; ma efiettiyameDté nelte sue Opere, • il Commento alle Ebdomadi è sempre anteriore airaltro sol libro a Simmaco , De trinitate. Si direbbe che anche S^ Tommaso foese persnaso che prima delie Ebdomadi, che il Dottor d'Aquino chiama Conceptiones , fosse la Tesi posta da Foezio, Utrum bonùm] e che S. Tommaso riguardasse sotto lo stesso titolò anche il libro De tri- nUaie, egli altri che sono quali di questi due primi teo- logiche diramazioni. Di fatti il Commento all' Utrum bo^ num Sì parte dal detto dell' Ecclesiaste { XXXII. 45. ) 9 Prcecurre prior iri domtim tuam et age coneeptiones tiuis. Entra prima nella tua mente è forma i tuoi concetti. £ ciò volle fare Boezio colle-sue BbdomadL E in coteata prima pose i termini e le règole che avrebbe seguito, se- condo le matematiche discipline , nelle sue dimostrazioni, delle quali distingue quelle per sé note, dalle altre che soli concepiscono i dotti E s..Toi9unaso nel commento al IU)ro De trmitatB ripete essere stato questo aneheto stile di Aristotele, che alòuni libri come quelli De eu- ditu scrisse per i presenti ascoltanti, gli altri dell' Anima scrisse per i dotti fuori del Licèo, e si nominarono dai greci commentatori exterioree loeuihnee. Così cotesto due prime Ebdomadi,- donde discendono tqtte le aUre, y Google CAPITOLO' MONO. 139 furono dirette « Giovanili Dìaoooo ed a Sknniaco, come i eoli degni a rioev^rle e gli atti ad intenderle, e custo^ dirle in tempi e sotto principi , sì in Affrica che in Italia, deH'eresia.di Arrio sostenitori; La tersa parte della teo- kgift di Boesio^ che S. Tommaso dice rignardare la se- psrazioDe tette creatare per la venuta del Redentore, è suddivisa nel lihco che s'intitola De Christana Fide, e nell'altro delle dna nature che* inoombicia, Àfiask te quidam^ Sì nei codici Laurenziani, adunque, che nei Commenti di & Tommaso è conferìnate il eoH^amento dialettico di tutti cotesti libri , e la Fidei Confessio di Boezio pa« Uicata dal Vallino, è qui in egualmodo riconosciuta per parte integrale di tutto il lavoro teologico. 11 che suppli- sce al manco di prove omesse dal Vallino- nel citare i suoi manoscritti, e darebbe, fuori di ogni dubbio, al li* bro conteso la stessa autenticità degli altri. Intorno alla quale autenticità già noi osservammo nei superiori capitoli, che V argomento che la rendeva ine^Mignabile, traseurato affatto dai moderni critici, e che prova. che d' altri non ponno essere cotesti libri fuor- che di Boezio Consolo, consiste neir essere sostenzial* mente tutti in egual modo appoggiati ad un metodo, che nessun altro ecclesiàstico, n^ avanti a lui né a lui con* temporaneo, l' ebbe mai^ adoperato nelle stesse materie di fede. Queste speciaiRà di carattere non poteva sftig* gire/ alla mente investigatrice del primo teologo del me- dia evo: end' ecco come. S. Tommaso chiude il suo Pro* lego. Agostino nel i. della Trinità dice che tele argomente vuoisi trattare iu due modi, cìCiè e colla autorità e col raziocinio,, ed Agostino stesso nel tratterne si attenne simultaneamente all' uno ed all' altro. Alcuni però dei SS. Padri, come Ambrogio ed Hilario , attennefsi esclu- sivamente alle autorità. Boezio invece scelse il secondo Digitized by VjOOQIC 140 IL BOEJ&IO. modo, resdasivamente razionale, e non cita che una sola rolla S. Agostino , e lo cita per dichiarare eh* ei noi seguita che nella parte razionale. ^ Che se alcuno volesse qui opporre che nel libro De Fide Boezio si allontanò'talvolta dal metodo razionale costantemente seguito negli altri, noi gli chied^^mmo che ci dimostrasse, se è possibile professione di fede, ex intìmis diseiplinù PhilosophÙB mmpkt? Quel libro è una vera confessione; gli è il credo premesso all'ut m- telUgam. Qui pongo termine al mio epilogo storico intorno a Boezio; il quale epilogo mi era, ripeto, indispensaibile per trovare T origine del peilsiero filosofico che si affac- ciò e si andò svolgendo rielle mediche Università di Eur ropa del medio evo, dal sesto e settimo secolo sino al decimoterzo, non bastando a ciò né il mio libro della Medicina de' Padri avanti gli Arabi che finisce con Isi- doro Ispalense , né il susseguente della -scuola Salerni- tana. Direi, se non m'ingannassi, che lo stesso primo autore della Storia di questa scuota, il De Renzi, conobbe questa necessità; giacché in una dottissima appendice a quella storia egli parlò diffusamente con ispéciale discorso della dottrina del Filosofo Aquinate, e della influenza che ebbe sulle italiche scuole. Io ho stimato inoltre, che il debito della storia universale della scienza fosse il rìsa- lire al maestro de' maestri di S. Tommaso che fu Boezio; sulle cui orme l' Alenino, ilBeda, il Gecbertó, e Alberto Magno, e Abelardo e Pietro dalle sentenze avanzando, prepararono la mente dell' Aquinate medesimo. Mi sono trovato, quando meno il pensava, in compagnia di pò* ' Div. Tboi^ie. Op. Voi. Vili. Edit. cit p. 328 siiao a p. sai. Boezio, op. cit. De Trlnilate. Vobis tan^en illud eliam inspiciendum est, an ex beati Augtutini scriptii semina ràtiùnum in nòs venieniia fi-uetus aitulerint. y Google CAPITOLO NONO, , 141 tenti ititelletti, che di Boezio anche essi, ma con diversi fini, a questi dì si occupavano. Io ho voluto lasciarlo cir- condato da tutto lo splendore di quelle tradizioni , che r Italia cristiana ha sempre in lui riconosciuto e venerato. Senia queste le menti più famose, che finirono di costruire la latina filosofia, non T avrebbero né accettato né compre- so né imitato. Non ho conteso né della sua santità né del suo martirio: ciò spetta alla Chiesa. Ma la sua cristianità ho sostenuto con calore, talora anche esacerbato da oppo- sizioni contumeliose e da congetture stranissime. Né ho mirato soltanto a riempire una storica lacuna nella scien- za, in quanto e quando abbia essa preso principio ò me- todo dalla filosofia; ma ad apparecchiare eziandio a quella Italia, che tuttavia gelosa del pensiero e della ispirazione cristiana venera que' sapienti che l'uno e T altra le la- sciarono in reda sino dai primi secoli una sufficiente serie di prevede di documenti, onde non sia né sorpresa né delusa da certe false e funeste opinióni, che dòpo aver tragittato dal Danubio alla' Senna un mondo che si dice nuovo , entrassero anche fra noi , e penetrate nelle scuole, ne contaminassero gU ingegni e le discipline. y Google y Google 143 SULLA mOSOFFA M CAULEO hit» Mh mImm Mipefftin Uekmm Wim ip firan I. Ho divisato, o signori , nella mia pochessa e «ol breve tempo ohe mi è stato conceduto a parlare, di trat^ tenermi con voi in alcune^ ricerca fra le opere più insi^ goi del Galileo , ohe soqo i Dicdogki del mmtìmi itil0«iì, e quelli ÙelU nmve mewut, onde trovarvi quale fosse la Filosofia speculativa eh^ ^i ebbe e pose alia desira delta sua Filosofia sperimentale. Che ae questo indagini appariranno slegate e disadorne, e non condotto dapperi tutto entro a quelle Immortali opere dove avcebberq dovuto andare, voi benignisaimi ne sareto, io spero, rf» cambiati dalla novità e dalVlmportànza dell' argomento* Ed incomincio dall' osservare, chf! a bene intendere tide filosofia galileiana, è, mestieri rammentarai quella soatonuta in Firense nel secolo deomoquinto) che e^ tra' più valenti campioni suoi Marsilio Ficino : dalla quftle varamento incominciò la diiminuanone deir assoluto im« pero deJla filosofia aristotolica e dello scolastipisma Kd avrebbero quei sommi che la cndimposera Qiteouta una ' completo restourazione, se invece del platofusma aks^ y Google 144 SULLA FILOSOFU DI GALILEO. sandrino corrotto nella plotiotana scuola da vadlose esaltazioni e smarrimenti del pensiero, vi avessero messo in trono il vero platonismo d' Atene, cioè la pura scuola di Pitagora e di Socrate d^ Platone insegnata. Molta ciò nonostante fu la influenza che P accademia platonica esercitò su quella posteriore del CiineiiU); imperocché se Marsilio tradusse e -divulgò le opere di Plotino,, lusin- gando quella parte dei contemporanei suoi tuttora inchi- nevole alle orientali esorbitanze, aveva però già all'altra parte di più aavi intelletti data la traduzione, e divulgata in mezzo ad essi la serie dei dialoghi del vero Platone. E parmi che a questi alluda spesso e non poco anche la filosofia del Galileo. II quale ne disposò moltissime sen- tenze, e massimamente qudla delP essere la geometria il principio della umana scienza, salga questa o discenda ira' fi fetto e r idea: e' Paltr^, dell'essere P universo pieno di triangoli e numeri e figure geometriche. Che se il Galileo condusse dipoi la riforma filosofica al suo c(«ì* \ pmento, ciò fu in quanto conobbe la necessità di segre- gare dàlia filosofia aristotelica*, o platonica che fosse, luitàla parte fisica delle scienze uniafie, di cacciare da- gli studi delle naturali cose tutto il putrido 'ciarpame defilé magie, delle astrologie, delle alchimie, « sostituire l'esame fisico sperimentale e la fulgida verità e la uti- lità somitìa delle matematiche dimostrazioni , lasciando nella loro altezza e nella loro dignità certi punti della soprannaturale filosofia pla^nica, onde datola. e senza fisiche mescolanze , mostrasse questa i suoi accordi infi- nitamente maggiori della aristotelica colla morale e colla religione. Direi pertanto che in Galileo sieno state due le filo- sofie: Puna pratica, ch'egli il primo creò ed assegnò esclusivamente agli studi della natura ; P altra specula- tiva o nletafisica, la quale egli non lasciò tlielle sue opere y Google SULLA FILOSOFIA DI GALILEO. 145 di far conoscere, sebbene tutti j suoi argomenti si con- ducessero ad' insegnare ed applicare alla fisica la sua sperimentale filosofìa. Intorno a quest^ ulliipa tutti i pa- reri sono concordi : ognuno sa dov' è e quale sia il suo carattere uniforme presso tutti gli scienziati che T hanno presa per guida. Deìr altra, ossia della metafisica pro- fessata dal« Galileo, come quella della quale non esiste verun speciale componimento; ma esiste solamente a brani per molte proposizioni qua e là sparse nel corso di trattati di fìsica materia; nessuno dei cultori delle scien- ze, grati , contenti e pieni della fìlosofìa pratica del gran maestro, ne ha mai cercato né parlato finora. Del qual silenzio mi è testimonio T illustre autore deUa Storia delle Matematiche , che pochi anni or sono nel suo quarto vo- lume altamente si dolse, del non trovarsi in alcuna parte delle opere del sommo Italiano Y esposizione di questa sua filosofica. ^ ' II. Ini porta adunque il dimostrare : 4« che questa filo- sofia speculativa esiste nelle opere del Galileo ; 2* che dessa ha ben altri spiriti che quelli supposti e condan- nati, vivente lui, dagli scolastici ; e diversi pure da' quelli che i filosofanti del secolo decimottavo , e alcuni anche del nostro supposero, tenendoli per un germoglio iden- tico alla sostanza delF altra gàUleiana filosofia, detta spe- rimentale. Tocchiamo innanzi brevissimamente le origini della Scolastica, e come essa venne al dominio di tutto lo scì- bile umano. Quatido la filosofia si arroga cotesto domi- * Histoire des Scieiìcci mathéfMiiiques en Italie ete., pàrG. i.i- bri; t. IV, p. 202, noia !.. POCCINOTTI. 13 y Google 146 SULLA FILOSOFIA DI GALILEO. nio? Quando le civiltà ricomìnciafio, o quando mata- rate nella loro' virilità, credono facile ed utile il ten- tare una sintesi condudente e finale. Nel (h^ìoìo casoi filosofi collegano la natura al sojprannatttr^ colla fede e colla autorità : nel secondo comprendono ed interpretano la fisica tutta intera con una forihula metafisica. Ma se nel primo sono scusati da «necessità, nel secondo cadono in colpa d* orgoglio imperdonàbile^ Dovendo dire dei primi soltanto, ricorderemo come i sapienti che si trovarono tra le rovine del romano impero, e i primi secoli del cri- stianesimo, a preparare novella civiltà alle tribù battez- zate nella nuova fede, assunsero un eacerdozio, che so- migliante à tutti quelli de' popoli primitivi , riuniva in sé di bel nuovo la religione , la politica e la dottriiui delle naturali cose. )1 quàl sacerdozio incominciato coUa po- vertà, la carità e la fede, fu assai più depuratore che fondatore di civiltà, la quale veramente non trovò affiaitto spenta; imperocché i superstiti lavori dell'ingegno umano di nazioni d' antichissima origine rimanevano , per rites- sere con mezzi e fini più acconci e commendevoli la società risorgente. Cosicché quando quelli s' avvidero , che gli umani intelletti rapidamente avanzavano nelle cognizioni di quanto era restato vivo tra i caduti regni ed imperi, sentirono a bisogno di abbracciare e di impa- dronirsi anche di questi frammenti ; e come studi che èrano già stati coltivati partitameute da molti, e fra i più prossimi e noti dai Greci e dai Latini, i padri del nuovo culto principalmente ne composero con la reli- giosa sapienza una enciclopedia, che per alcun tempo mantenne in loro l'autorità e l'ammaestramento clelle moltitudini. Ma nelle naturali sdenze , in quel periodo r autorità sarebbe stata tra i molti antichi coltivatori di esse troppo divisa , e non avrebbe avuto una forza eguale air altra che appoggiavasi alla Bibbia e al Vangelo , se Digitized byVjOOQ le SULLA. FILOSOFIA DI GALILEO. 147 un ultimo tr9 i greci filosofi, Aristotele , che avieva trat- tata di ogni cosa, sì della aatura come del soprannatu- rale, e malaineiTte maritato con Platone dagli eclettici alessandrini, non offeriva maggior potere come solo e repotatissimo, alla richiests^ autorità e dominazione. Venne quindi a rappresentare ogai sapienza la sua filosofìa, che dai numerosi commentatori e seoUasli che vi ave- vano lavorato, e vecchi e nuovi, prese forse il nomie di Scolastica : e il sacerdozio, come era depositario ed in- terprete nato delle sacre dottrine, tale divenne piM*e ne- gli studi naturali, lusingandosi che di scienza della na- tura in Aristotele non vi fosse solo il bastevole, ma il sopravanza Per tal modo una sola filosofia comprendeva tutto il sapere umano., abbracciando essa la .metafisica e la fisica ; lasciando ai sapienti la sola cura, o a meglio dire la sola arte del sillogismo per concatenare colla re- ligione e colla politica la dottrina delle idee e quella dei fenomeni della natura. Ili Questa filosofia gigantesca e infedele , che egual-. mente si prestò agli amici come ai nemici della reUgione, dominò nel medio évo sino air Accademia platonica fio- rentina che la indebolì , e sino^ ai tempi del Galileo che la distrusse. lì quale fu il primo a dimostrare la neces- sità di dividere in essa la fisica dalla metafisica; ponendo in evidenza che la dimostrazione della verità e della cer- tezza neHa scienza della natura non si ottiene né con le logiche scelastidie, né conia dialettica, né coi loro pro- teiformi sillogismi ; ma unicamente con le formule geo- metriche ; situando in mezzo all'una ed air altra le ma- tematiche, onde più non si confondessero insieme; dando il più elevato seggio alla metafisica, l'altro alla scienza y Google d48 SULLA FILOSOFIA DI GALILEO. • della natura ; e la scienza iotormedia delle misure e dei numeri servisse o come anello di congiunzione, o prisma di refrazione ira le idee che di su e di giù con alterna confluenza partivansi. Così la ragione trovò finalmente i suoi veri limiti , cioè la fede religiosa nelle soprannatu- rali , la matematica nelle naturali scienze. La quale grande e immensainante fruttifera operazione fu detu filosofia pratica, naturale, esperimentale, e venne pur chiamata metodo geometrico o matematico , che il Gali- leo applicò air intera parte fisica deir universo. Ma non è propriamente di questa filosofìa che io intendo qui di ragionare ; perocché di essa , e dei miracoli che il Galileo con essa operò , non si potrebbe parlare senza noverare insieme Tuna dopo T altra le sue nuove es|)erienze, e r iiQmenso numero de' suoi rintracciamenti e delle sue invenzioni, che fecero e fanno stupire il mondo. Suppo- nendola a tutti nota, non vuo* qui ridirne né lo splen- dore né i frutti che arrecò coir esempio a' discépoli suoi, che sino alla nostra età continuarono. Veramente la filo- sofìa di Galileo che mr son proposto di far intendere è la sua metafisica, quella, cui dopo averle tolto V usurpatosi governo della scienza della natura^ riseri>ò a sé nel reg- gimento della propria anima, in ordine ai fondamenti delia fede religiosa e alla scerta morale delle sue azioni private e civili. Questa filosofìa che tutti dovremmo avere uniforme, scienziati o nò, mentre tutti professiamo la me- desima fede,e tutti facemmo sacramento sugli stessi diritti e doveri, e il sentimento di carità e deir onesto entro alla coscienza religiosamente serbiamo, questa filosofia, che in fondo é la religione stessa del cittadino e del cristia- no , come avvenne che fu supposta in Galileo -così av- versa alla rettitudine de'principii religiosi, quando i con- trari medesimi alla sua ingiusta condanna, oggi stesso dichiarano, che nelle sue opere non ve n' ha traccia ? Digitized by VjOOQIC SULLA FILOSOFIA DI. GALILEO. 149 Di tale supposizione funesta al ^rand' uòmo e alle stesse scienze, fu prima causa presso i giudici suoi la fìlosafia scolastica. La quale non credeva possibile la esposizione di veruna filosofia senza il gergo sillogistico; e questo non essendovi nelle opere di Galileo, nemmeno là dove la sua metafisica è dichiarata, non la cercò e non la vide; ed entrò subito in grandi timori delle con- seguenze deir altra filosofia che orale, evidentissima, cioè . dèi metodo matemàtico ed esperimentale^ Oltreché la pertinacia del comprendere in una stessa filosofia il so- prannaturale e il naturale, non permise loro ^Mntendere né di antivedere il frutto che preparava il Galileo alla stessa religione, col dividere le ragioni della Scieni&a Prima dalie esperienze e dimostrazioni sui fenomeni della natura. Seconda cagione dello stesso. supposto pressoi posteri del grand' uomo, ed abusatori d'ingegno, e di ie^e mal ferma nelle sante cose, fu il fatto stesso della deplorabile condanna. Da questo, solo fatto pretesero d'in- dovinare la filosofia del Galileo avversa alla Chiesa e ad essi concorde e propiziai. E schivando di penetrare- nella ftiente del Galileo onde intendere il fine della gran ri- forma scientifica ch'egli operò, la quale consistette ap- punto nel lasciar illese le ragioni del soprannaturale, e le verità primitive indimostrabili della metafisica, divi- dendone la fisica, le di cui verità non si svelano se non con un metodo di ricerche graduale e lento, e senza le matematiche non si dimostraìao né vere né necessarie ; supposero questi egualmente la metafisica del Galileo irreperibile nelle òpere sue. Impieròcché la nascosta in- tenzione del sommo filosofo, dovea per essi essere stata quella di lasciarla come inferenza spontanea della sua filosofia sperimentale, avendo di questa informata l'ai* tra -in maniera, che tifando le corde dei sensi in alto sino' a cingerne il soprannaturale , ne avrebbero i dpCti Digitized by VjOOQIC 150 €ULLA FILOSOFIA DI GALILEO. da per sé rifatto un completo sistema , in diretta e per- petua opposizione a quello degli scolastici. Credettero inoltre costoro, che il Galileo avesse dato assoluta libertà alla ragione, svincolandola dai ceppi deir autorità. Ma 'da quale autorità la volle egli liberata? Solamente da quella di Aristotele e dei scolastici, che la seguitavano solamente nelle fisiche ndaterie. Che se s' in- tendesse, insieme, che Galileo avesse iniziata quella libertà limitata della ragione, cui tendevano le loro depravate menti, sarebbe questa non solamente una ignoranza delle sue dottrine, ma una bestemmia ; imperocché egli lasciò tanto illesa la dipendenza della ragione dalla me- tafisica, che volle concreate eerte verità prime sopranna- turali neir intelletto, come scorte inerranti nei laberinti del pensiero umano; e in fìsica, al vincolo deir autorità con che gli scolastici stoltamente credevano d' imbrigliare la ragione, sostituì quello più sicuro e più severo delle regole matematiche, restringendone la ragione in ^uisa che da nessuna altra fonte, air infuori di questa, nello studio della natura potesse venirgliene la verità e la titudine degli intelligibili che sono infiniti, l'intender » umano è cothe nullo, quando bene egli intendesse B mille proposizioni, perchè mille rispetto all' infinità è » come un zero: ma pigliando l'intendere intensive,. in » quanto cotal termine ii;npprta intensivamente, cioè » perfettamente, alcuna proposizione, dico che l'in tel- » letto umano he- intenda alcune così perfettamente, e ne )v ha così assoluta certezza, quanto se lì' abbia l'istessa » natura : e tali sono le scienze matematiche pure , cioè » la geometria e l'aritmetica); dellequali l'intelletto di- » vino ne sa bene infinite proposizioni di piò, perchè le jf sa tutte; ma di quelle poche intese dall'intelletto urna- » no, credo che la cognizione agguagli la divina nella D certezza obiettiva, poiché arriva a comprenderne la » necessità, sopra ia quale non par che possa essere » sicdrezza maggiore. » Queste sono, continua il Salviati, proposizioni » comuni e lontane da ogni ombra dì temerità o d' ar- » dire, e che punto non detraggono di maestà alla di- » vina Sapienza, siccome niente diminuisce lasujsi onni- y Google SULLA FILOSOFIA DI GALILEO. 153 » potenza il dire , che Iddio non può fare che il fatto » non sia fatto. Però, per meglio dichiararmi, dico che » quanto alla verità di che ci danno cognizione le dilno- B strazloni matematiche, ella è V istessa che conosce la » Sapienza divina ; ma concederò bene che il modo col j) qvale Iddio conosce le infinite proposizipni delle quali » noi conosciamo alcune poche, è sommamente più ec- » celiente del nostro, il quale procede con discorsie » con passaggi di conclusione in conclusione, dove il » suo è di un semplice intuito : e dove noi per esempio » per guadagnar la scienza di alcune passioni del cer- » chio che ne ha infinite, cominciando da una delle più fi semplici, e quella pigliando per sua definizione, pas- » siamo con discorso ad un'altra, e da questa alla terza, » poi alla quarta, ec. ; Y intelletto divino con la semplice D apprensione della sua essenza comprende, senza tem- » poraneo discorso, tutta la infinità di quelle passioni; )» le quali anco poi in effetto virtualmente si compren- » dono nelle definizioni di tutte le cose, e che poi final-' » mente, per essere infinite, forse sono una sola nel- » r essenza loro e hella mente divina. Il che' né anco » air intelletto umano è del tutto incognito ma ben da 9 profonda e densa caligine adombrato : la qual viene in 0 parte sottigliata e chiarificata, quando ci siamo fatti 9 padroni di alcune conclusioni, fermamente dimostrate 0 e tanto speditamente possedute da noi, che tra esse » possiamo velocemente trascorrere. Perchè insomma, 9 che altro è V esser nel triangolo il quadrato opposto » all'angolo retto eguale agli altri due che gli sono in- » torno, se non Tessere i parallelogrammi sopra base 9 comune e tra le parallele tra loro eguali? £ questo D non è egli finalmente il medesimo che essere eguali 9 delle due superficie che adattate insienoe non si avan- » zane ma si racchiudono dentro al medesimo termine? y Google 154 SULLA FILOSOFIA DI GALILEO^ » Or questi pg^ssaggi che Y iatelletto nostro fa con tempo » e con moto di passo in passo, l'intelletto divino a » guisa di luce trascorre in un istante, che è lo stesso » che dire gli ha sempre tutti presenti. Concludo per- D tanto , r intender nostro e quanto al modo e alla mol- » titudine delle cose intese esser d'ignito intervallo 9 superato dal divino, ma non però T avvilisco tanto, 9 che io lo reputi assolutamente nullo; an^i, quaxMlo io » Ve considerando quante e quante maravigliose cose v hanno intese, investigate ed operate gli vomini , pur » troppo chiaramente conosco. io e intendo, esser la » mente um^na opera di Dio, e delle più eccellentL » * VI. Questi sublimi benché pochi concetti metafisici che Galileo probabilmente vide scritti lassù, quando teneva quei suoi veggentissimi occhi fissi negli astri del firma- mento, egli trascrisse nelle sue opere e per sé e per i discepoli suoi, onde eon pochi, ma veri e sempiterni pritìcipii , la sua privata filosofia alla morale e alla reli- gione si mostrasse, concorde. Né il Viviani né il Maga- lotti né altri altra ne ebbero o ne insegnarono. £ nel Proemiò ai Saggi di naturali esperienze deir Accademia del Cimento le medesime idee furono a bello studio ri- petute, onde il mondo sapesse che la Scuola e l'Acca- demia insieme col gran Maestro avevano e di Dio e dell' umano intendimento le stesse credenze e convin- zióni. Le quali possono qui compendiarsi in due massimi Corollarìi. Pinmo. Partivasi Galileo dalla creazione, e venerava *■ te Oper^ diGaWeo Galiki, prima edizione completa, ^r cura di Eugenio Alberi. Firenze 1842, lom. I, p. 116 e M7. y Google SULIA FILOSOFIA DI GALILEO. 155 in Dìo una sapienza infinita; anzi diceva, il sapere divino essere infinite volte infinito : la mente umana la più eccellente opera di Dio: -in essa concreate alcune verità primitive come preziose gemme nei loro incastri, la di cui luce, per il terreo abitaeplo in che ella è po- sta, è da velami e da caligini oscurata. La pienezza di cotesti veri è in parte nel soprannaturale, e parte disse- minata tramezzo alle naturali cose. L'intelletto conse- gue con. la ioitenstvità i soprannaturali nella loro pi^oia luce pei* mezzo della rivelazione e deUa fede : i naturai, colla dimostrazione matematica : e onde con innesti po- tenti e benefici aiuti della grazia divina, le menti con piii sollecitadine e costanza e pienezza veggano e profit- tino di tali verità, è mestie»*i che P uomo* temperi e as- sottigli quanto più può que' velami e quelle caligini di falsità che partono dai fermenti e dalle passioni della sua materia: ed ecco il fondamento della merale, e il culto necessario e il merito insieme della virtù umana. Secondo. Per le verità naturali la mente uma^a procede allo stesso modo, solaon^ate traendone la dimo- strazione, non dalla metafisica, ma dalle matematiche. Che la geometria cammina anch' essa grandissimi spazi, e trascorre la vastità delle opere della natura, e con- tiene nelle sue dimostrazioni la necessità de' suoi veri ; riverberando in certo modo e scoprendo quelle matema- tiche leggi, colie quaìli l' etemo Intendimento tempera e governa l' universo. Ma la geometria, con le sue mille e mille -conelusióiìi ottenute, è sempre a impieoso inter- vallo da quanto resta ancora a investigarm ed intendersi nella natura: epperò st reca allato per 'sua atutatrlce e mini3tra la esperienza, la quale ^ tentando eitetti e ca- gioni, e le attinenze loro, prepara la serie delle proba- bilità, che la matematica disnebbia colla dimostrazione; presentandole come verità e leggi naturali allo intelletto, . Digitized by VjOOQIC d56 SULLA FILOSOFIA DI e di filosofo più che cristiano, perchè cattolico e san- » tissimo. » * Né mancò al Galileo , come virtù sorella a cristiana filosofia, la carità e T amore caldissimo verso la patria ; che al lettore pria d' introdurlo ne' Massimi sistemi disse queste memorande parole : « Per tanto è )> mio consiglio nella presente fatica mostrare allena- » zioni forastiere, che di questa materia se ne sa tanto x> in Italia, e massimamente io Roma, quanto possa mai « averne immaginato la Galileo Galilei al leUore. Edlz. cit., t. !, p. U. y Google SULLA FILOSOFIA DI GALILEO. 157 stiana filosofia? Potevano i materialisti del secolo- pas- sato trovare una metafisica più difforme e contraria ai loro laidumi? Porrebbero oggi e razjonalisti e panteisti trovare una filosofia che più sia lontana dalle loro misere e perverse intenzioni di condurre ad una libertà illimi- tata la ragiouQ umana ? cbe più si dichiari impotente a promettere al secol nostro una scienza univeraale del- r essere, come essi superbamente promettono? Cessin» dunque colali filosotauti di dichiarare il Galileo auspice loro. E volgendomi ai cultori delle naturali scienze, dico ad essi soli, e> finalmente, che non cerchino di altra filo-^ sofia per educazione del loro spirito; che sannoora do- v'è, e quale qlla sia, la metafisica cristiana che bastò al Galileo, e che conviene ad ogni scienziato : nel resto, cioè nella fisica, non v'ha che la filosofia praticia da lui , insegnata, che colla matematica e la sperienzà soltanto trova e dimostra Ja verità e le leggi di natura. Cosi avranno dato al loro intelletto la preparazione più: accon- cia per castità e rettitudine di pensieri, onde procedere sempre sulle orme inerranti e luminose dell'immortale maestro ne' loro studi e nelle invenzioni loro. Né ad essi saranno mai per mancare soprannaturali grazie ed aiuti negli iricia^mpi a' loro esperimenti e negli infortuni della vita ; che esulta il Creatore medesimo e benedice ad ogni verità che l' uomo discopre nella opera sapientissima della sua Creazione. POCCl. NOTTI. 1* Digitized by VjOOQIC y Google 459 M KfflBAIlim 0ELLÌ SBDICiNi GLIIflCi INTRODtZIONE alla GIÌDÌca nemica delF anoo scolaslico Ì8S9-40 nella IlDiversiià di Pisa. Quo naUira.vergit. Ippocrate. La medicina, è per noi dò che era per i platonici la Temperanza: scienza delle altre scienze^ e scienza di sé medesima. Qael cai^osct te stesso che^st di frequente racoomandayano i Greci sapienti può applicarsi anche alla scienza nostra: conosci te medesima, determinai limili intransitabili delle tné facoltà. Che puoi tu sapere conle scienza; che puoi tu operare come arte? La confidenza neirarte propria è indizio di candido zelo per e^sa; ma' il non iltudersi sul valore dei mezzi e dei principii che la dirigono , dimoiStra V intelletto arricchito di bastante numerò di cognizioni, educato nel ragionamento, illumirt nato dair esperienza. Perchè la confidenza neirarte co- mincia grandissitna^ e finisce talvolta pìccolissima, e quasi nulla? Perchè taluni principii che ci somministra la scien- za, tutti un lavoro più o meno splendido dell' intelletto, vacillano sempre, e o sia che mutino le sembianze loro per opere altrui, o per ragionamento ed esperienza pro- pria , invéce d! insinuarsi sempfe più ne' fatti, sembra che il tempo e gli avanzamenti delle osservazioni sem^* pre più ne H allontanino ?)Io stimo che ciò dipenda dalla y Google 160 DEI FONDAMENTI DELLA MEDICINA CLINICA. seguente cagione, cioè che in mezzo alla duplice serie di elementi del conoscere e dell' operare, essendovi nei tipi semplici dei morbi la natura efficacemente curatrice, non si sia mai questo fatto primo di essa tradotto in principio di connessione fra il sapere e V operare , né ri- conosciuto in esso fatto una guarentigia alle operazioni nostre, superiore a qualunque altra che mente umana ne abbia potuto immaginare o ne possa; e non essere per conseguenza possibile il completare la serie dei prin- cipii di connessione etiplogica, patologica e terapeutica, tanto che resti conchiusa l'arte nella scienza; e questa in quella. Di un tale difetto io non accuso né veruna dot- trina de' tempi di oggi, né veruno istitutore di essa.Sen- tomi invece trasportato a lodare il rapido ingrandimento che ha avuto per essi ^1 metodo d' osservazione. Quanti mezzi mpltiplicati alla diagnosi! quanta cura nello inda- gare lo stato morboso degli organi! quanti errori respinti! quanti nuovi eleménti di malattia ritornati in valore! Ma rtentrando in me stesso , e dopo che anch' io mi son va- luto di questa ricchezza dimezzi che la scienza mi por- ge, io interrogo la piia coscienza clinica, e le domando una terapeutica garantita da un principio* per io , inter- rogo la mia mente in che le idee sono entrate a dovizia, e le chieggo che ella me le coordini in modo eh' io vi trovila jscienza connessa coli' arte. £ siccome la Clinica, tion può essere scienza se non v' ha questa connessione, dubito assai. che i fondamenti di essa, nel modo io che. sono oggi universalmente.àdottati, al fioè desiderato non siano ancora per condurre. Valgami per tanto ed offerisse un sembiante di affinità palese col movimento attuale di tutta Isi scien- za. A tal fine io stimo che i fondamenti e gli oggetti che^ debbe oggi la Medicina Clinica proporsi di riprendere in esame, onde porli in relazione con quella maggior òopia in che oggi ci troviamo di "clinici studi, sieno: 4. Il fondamento empirico, o iiaturaìe; 2., [1 fondamento analitico, o sperimentale; 3. H fondamento razionale, o induttivo. Il primo de' quali debba concorrere a ingrandire Tos- servazione: il secondo a knigliorarè l'interpretazione dei fenomeni; il terzo a perfezionare il mètodo. E credo che fra tali fondaménti il secondo soltanto si trovi oggi in un reale avanzamento; ma che II primo manchi ancora di soddisfare ad uno dei pid grandi bisogni della scienza, Digitizea by VjOÒQIC 163 DEI FONDAMENTI DEI.IA MEDICINA CUNIGÀ. io quanto essa è operativa , e il terzo noo possa perfe- ziODJarsi in quanto non può del pari nella sf^ra de' suoi precetti conchiadere in una esatta corrispondenza il ra- gionamento e la operazione clinica. Si manca di un prin- cipio dedotto da un fatto della natura stessa, che fissi e garantisca le connessioni terapeutiche. Ecco il grande bisogno della scienza clinica nella stato in che essa oggi si trova/ Ne esistono di queste connessioni entro alle sin- tesi sistematiche; ma le migliori scuole mediche di Eu- ropa si sono tutte discinte oggimai da codeste sintesi false e perniciose che eonchiudono in perpetup uns^ scien- za. La sintesi utile non è quella che imprigiona Is^ scienza, ma quella cl^e lasciandole libero da tutte le parti il mo- vimento irrefrenabile delle osservazioni e dei pensieri, yi imprime soltanto un' immaginecollettiva che cara^tte- riijsza il periodo dèi suo progresso. Questa immagine non è, né può esserQ mai un sistema: h la forma, della mente applicata a quel periodo di anyanzamento in che la in- tera scienza si trova, onde si sappia come comprenderla con la ragione, e tradurla nel fatto con mezzi migliori e più copiosi. Assunta questa indole nuova , e continuan- dole il bisogno delle terapeqtiche connessioni, e d' ogni altro mezzo fattasi diffidente , si è rivolta oggi la Clinica al computo statistico e air empirismo anatomico, ya revento non ha corrisposto al lodevole proposito; giac^ che ponendo mente. alla parte operativa che cotesti cli- nici seguoiio 0 propongono, vedesi come tuttora la tera- peutica per essi è vagante, e smarrita, o senza altra guida che quella delle tradizioni o dei numeri. I quali numeri possono favorire qualunque metodo; perocché designando e^ nti ri^ult^inento qualun^ei e non le oagioni intrin- seche di esso, lasciano sempre n^Ua . incertezza intorno alla causa dèlia guarigione, o per lo meno somiglianti a tutte le sperien«;e terapeutiche istituite nello stato di roa- Digitized by VjOOQIC DEI FONDAKENTI DELLA MEDICINA CLlNlClA. 163 lattia pQQ.iDdiGaEia la parte o grandissima, o intera, che la natura ha avuto nella soluzione del morbo. Le con- nessioni terapeutiche adunque o non esistono, o non sono legate alla patogekiia dei morbi che da un principio arbi- trario. Vediamo peptaolo se nel fondamento empiriqo della scienza esiste un principio natturale e vero, dal quale si possa far capo, onde soddisfare a questo grande biso- gQO della Clinica ^ ih quanto essa è scienza operativa. Io Qon so, ma a me sembra che la vita sia il feno- meno di una potenza priipitiva eh? penetra e si svolge, e si manifesta attraverso tuttat la creata natura, sia orga- nica o inorganica, Cotesto potenza adunque precede in certo modo la formazione organica; e gli atti che da que- sta derivano, e che costituiscano la vita denominata rer sultante, sono un complesso di fenomeni di quella potenza che vivifica.il materiale organico, e di questa materia medesima vivificata e posta in assetto co)le ^potenze este- riori. Per modo che alcuni di questi fenomeni sono pas- sivi, sottoposti cioè alle influenze deir esterna natura, e sino a un cetto punto anche alle sue leggi; agli altri com- pete una.fprza attiva indipendente ohe fissa $1 tipo ^p^ ciale deir essere , e lo conserva. Pne sono adunque i termini per lo studio, dei fenor meni organici; l'attività e la passività della vitat Tra i primi nelle fisiche fun^i^ni della umana esistenza) par^* tono sì nello 9tato sano cbe net morboso molte azioni dirette alla coqserva^ioni? della individualità,. obe chia^ mansi atti ^ponkm»i ahlh mtura. Ove la nostra scienza fosse puramente speculativa, indifierente earebbe, predo io, il partirsi cogli studi e^mpirici di essa dai fenomeni paseivi 0 piagli attivi. Ma essendo la medicina una scienza y Google 164 ' DEI FONDAHBKTf BEILA. IlEDIGiKA CtlNICA^ necessariamente pratica , X osservazione non può partire indifférentetnenlB dall'uno o dall'altro termine, cioè dal- l'attivo 0 dal passivo della vita, ma bisogna che di ne- cessità prediliga quello òhe le somministra una istruzione direttrice dell'opera, che dee «eguire alle analisi del pensiero. ' La Fisiologia da Haller a noi aveva incontrato per opposta via lo stesso difetto. Era tutta perduta in inter-^ pretazioni vitali, obliando, o sprezzando tante ragioni meccaniche e chimiche, cho colle leggi del mondo este- riore coalizzano quelle del mondo organico. I Fisiologi mpderni hanno preso a coltivare per modo questa se- conda parte , che molti fenomeni furono ridòtti a leggi di meccanica, o di imbibizione, o di ricambio di chimi- che affinità tra ele,menti comuni ipi tutta la materia. Ma avvedendosi di avere pertanto obliata la parte vitale della fisiologia, v^l ti si sono oggi a investigarla nelle azioni nervose, e determinarla tra quei Ijmiti che adéssa sì competono per la esperienza. Farmi che lo stesso con- siglio debbano di presente accogliere i Patologht e i Cli- nici, vo' dire avvedersi una volta, che considerando iso- latamente il centro di passione', siccome e tutti e sempre hanno fatto finora, essi considerano ima part^e sola di quel complesso di fenomeni che costituiscono lo stato morboso. La qual parte può essere pure in alcuni casi la più lontana da quelle indicazioni, e da quel provvido consiglio terapeutico che le salutari tendenze organiche somministrano all' occhio del Clinico. Imperocché il con- siglio terapeutico non può sorgere assicurato dalla natura stessa in altro modo, che per lo studio di quelli atti vi- tali che tendono ad attutire un movimento, o a cambiare salutevolmente un processo chimico morboso, o per nulla aiutati , 0 solamente aiutati dall' arte. Né v' ha altro mo- do per garantire la esperienza clinica che cimentarne i Digitized by VjOOQIC DEI FONDAMENTI DELLA MEDICINA CLINICA. itó risultamenti al paragone dì quelli che promove sponta-- neamente la natura stessa. Se v'ha nulla di positivo ih Terapeutica altro non è che ciò che regge a un tal para- gone. Rèsta adunque di riassumere scientificamente que- sto principio empirico degli atti spontanei della natura per completare lo studio clinico; e quando dico riiissu- merlo scientificamente non intendo di mànfetierlò nelle nostre esercitazioni solamente sostenuto dalla autorità degl'Ippocratici, né solamente venerato ed accolto come concetto di prudenza pratica; ma di accoglierlo comeasA sunto primo di tutta la scienza clinica, il di cui carattere scientifica sorge allora i;nperioso quando Y analisi del cèntro stesso di passione somministrando un concetto patologico relativo ad una azione terapeutica, tutto que-' sto ti'ovamenlo secondo le più fine ragioni di scienza non mostri stabilità né certezza, che alla condizione d'essere in aìrnionla e in identità con una serie dì fenomeni at^ livl che producano lo stesso efietta Per esempio V analisi del centra di passione mi dirà che certi ingrossamenti di volume del fegato e della milza dipendono talvolta da idrope entro il parenchima di questi visceri , e cotesto idrope essere primitivo , cioè costituito da una idroemosi, di cui l'esame delle cagioni, un qualche salasso esplo- rativo, e r analisi del sangue mi ha resa non dubbia l'esi- stenza. Il concetto terapeutico qui^ potrebbe essere teo- ricamente in -connessione cai patologico: rimettere il sangue nella sua crasi,' e promovere la diurèsi. Ma, la certezza di esso per me non è sorta che allora che io ho avuto fatti nei quali una determinazione ultronea di abbondante enurèsi io catarsi mi dissipò l'incipiente anassarca e i mentovati ingorhi viscerali, e mi assicurò, che questa rianimata attività esccetoria era l' eifetto dt upa metamorfosi spontanea avvenuta nel fluido sangcii^ gno, in che più non predominavano i iM'incipii sierosi. . Digitized by VjOOQIC 166 DEI FONDJLIUSNTI DELLA. MEDICINA CLINICA.. Si dirà per avventura che noQ v' ha cosa né piU an^ tica, né più universalmente saputa di queste determina- zioni, spontanee della Datura verso un fine salutare. £ appunto questa antichità, e questo universale consenso che li caratterizzano per una di quelle veritàIGUiA. CLINICA. 175 fenomeno e spertenze guanano il medesimo. £ quanto alla Medicina clinica, fra le moltissime che oggi ne cor- roDO^ quelle che principalmente la riguardano sono le sperienze sul sangue e sul tessuto nervoso ; perocché coi^e io vi dimostrava in Terapia generale tutte le mat^ laute idiopatiche vanno a ridursi a primigenie alterazioni . 0 deiruno o dell'altro di codesti due grandi sistemi vi^li. Se ci sianio ritirati dagli errori in che^ dispotica- mente ^ci serrava un assoluto solidismo, lo dobbiamo alle esperienze sul sangue; e se V elemento nervoso è entrato di nuovo ne' familiari studi dei Fisiologhi, e nelle opportune applicazioni patologiche dei Gliniér, lo dob- biamo del pari a quelli ultimi esperimenti che hanno introdotto molta parte, positiva nel -magistero delle fun- zioni di questo organo sublicne, destinato ad immagi- nare r umanità. Ed in mezzo alla copia immensa dei resultamenti di tali esperienze io non avrei a darvi altro consiglio che la pruden;sa nella scelta , e la avvedutezza nelle deduzioni. Quanto al primo consiglio voi sapete esservi qualclie genia di scienziati che nel metodo espe- rimental^ è caduta in tale intemperanza, che ridut^endo ad una perpetua manualità ogni piU lieye concetto del pensiero, ha degradato T autorità del metodo per troppo abusarne ; e pur sempre ambiziosa di stringere lo scettro della scienza, Tha convcrtito in una specie di dispo- tismo, disvelando insieme la povertà della sust potenza intellettuale inventiva, né a torto facendosi chiamare la fabbricatrice di esperienze su i peqsieri altrui. Voi in- vece manterrete la castità dello sperimento, e la di lui armonia colle prudeuti ed acute suggestioni del pen- siero. Àgi' ingegni che ne sono forniti non manca che r aiuto dell' esperienza per islanciarsi a grandi scoperte. E può venir danno alla selene anche dal non saper co- gliere il periodo opportuno per le deduzioni dall' anda- Digitized by VjOOQIC i76 DEI FONDAMBNTI DELIlA MEDÌGINA CLINICA. mento di alcune esperienze instituite in un periodo medésimo. Le scienze nel loro procedere si fermano talvolta sopra alcuni concetti esperimentali ritenendoli per dogmi non più suscettibili di controversia. Volendole altri risospingere, e meglio chiarire quei fatti, vi intro- mettono la nuova esperienza con nuovi mezzi ; e queste nuove operazioni decomponendo quèlje sìntesi già stabi- lite, introducono uh periodo di scetticismo, o di transi- zione che i malaccorti non avveVtopo, e impazienti come sono di dedurre, e di dedurre dai fatti, vi fabbri- cano sopra teorie che non reggono afgli ulteriori pro- gressi delle esperienze ''medesime. Chi conosce la stòria del metodo sperimentale avverte insieme a questi pe- riodi, e prima di valersi dei nuovi resultamenti, aspetta che Fascinare nel movimento delle esperienze, si fermi nel pùnto di un progresso efFettivo , onde ingrandire la sciènza con una più stabile e retta intet-pretàzione dei fenomeni. Né a noi basterà di essere soltanto spettatori, o rac- coglitori degli sperimenti altrui ; chfe dovremo iostituirne da noi stessi, e ci occuperemo delle metamorfosi del sangue, e di quelle del tessuto nervoso, nelle quali cre- diamo riporrsi le' ragioni di molte Torme di malattie non beh conosciute Xinora ; e in tali disquisizioni faremo en- trare gli aiuti della chimica orgànica, e quelli ancor più possenti dei microscópii, per ì quaji ultimi mezzi tante e SI nuove cognizioni sono entrate in Emologìa e in Neurologia. La direzione che noi. daremo agli e^ri- menti sulle metamorfosi dìèl sangue sarà diversa da quella che i chimici hanno seguito finora. Noi non ricer-» cheremó in quali classi di malattie predomini più un principio che uh altro colla mira di diflferenziarne i sommi generi per cotesti principii. lo stimo che a rendere assai più utili tali esperimenti e alla Patologia e alla Clinica, Digitized by VjOOQIC DE! FONDAMENTI DELLA MEDICINA CLINICA. 477 si debba dirigere l'attenzione a discuoprire le meta- morfosi che il sangue subisce durante il corso delle ma- lattie stesse, e come queste metamorfosi in alcuni casi sieno spontanee, in altri coadiuvate dall' arte , e in quale corrispondenza si mantengano colle complicazioni e colle crisi delle malattie. E non dispero che da tali ri- cerche, che già cominciammo sino dal gennaio dell'anno scorso (e voi tutti ne potete far fede) apparirà dimostrato che i resultamenti ottenuti finora in un modo generico sulle sole classi delle malattie, non possono avere stabi- lità clinica; dacché in una stessa malattia il sangue varia a seconda delle complicazioni e dei periodi del processo morboso. £ queste varietà meglio si desumono per al presente da certi caratteri fisici che il sangue estratto costantemente dimostra, di quello che dalle analisi chi- micbe, per quel non esservi ancora uniformità di sen- tenze intorno le proprietà differenziali di alcuni elementi del sangue; e intorno ai processi migliori da adoperarsi in dette analisi. NùUadimeno veggo oggi che l' Andrai si è affidato arditamente alla chimica per istituire ricerche sulle varietà del sangue in una stessa malattia , e nello scopo non dissimili dalle nostre. Ed è stato per me un conforto il vedere quel distinto Clinico aver riconosciuto al pari di noi la utilità di scandagliare la influenza delle complicazioni sul sangue , e averla dimostrata con chi- mici mezzi. E sebbene egli non abbia inoltrate le sue indagini a trovare corrispondenze fra le proporzioni degli elementi del sangue e il principio, l'acme e le spontanee conversioni e terminazioni dei morbi; sebbene valutando egli troppo prestamente come fibrina tutta la parte coagulabile , eccetto i globuli e il siero , non abbia potuto quindi vedere tra i reumatiàmi acuti e le pneu- moniti nessun' altra differenza che di quantità tra la fibrina e i globuli ; sebbène forse per la stessa ragione Digitized by VjOOQIC 178 DEI FONDAMENTI DELLA MEDICINA CLINICA. egli abbia dovuto trovare la quantità della fibrina indi- pendente dair abbassamento della cifra dei globuli nella clorosi ; ciò nop ostante la corrispondenza dei caratteri chimici trovati dair Andrai coi caratteri fisici da me incontrati pur varii nelle complicazioni di alcune ma- lattie, accreace il valore delle osservazioni nostre, e dà al criterio clinico delle metamorfosi del sangue durante il corso di una stessa malattia la possibilità di essere Oggi fisicamente e chimicamente dimostrato. Noi abbiamo veduto, insieme V anno scorso nello scorbuto il sangue vappidp,^e spoglio quasi affatto di fibrina, riprendere questo elen^ento, discernibile per.deciso stato cotennoso, quando sviluppavasi il cancro acquatico con difterite gingivale, enfiato risipelatqso alle gote, e febbre , e questi fenomepi scon^parendo riprendere il sangue il carattere scorbutico primitivo. In varie pleuritidi di origine reu- màtica io vi ho altresì dimostrato, come^ il sangue pre- sentava nella sua cotenna caratteri fisici diversi, a seconda che in esso aumentavasi o decresceva la meta- iQorfosi flogistica. Avete notato in principio la cotenna costituita da uno atrato bìapcastro e molle, contenente ^lla superficie o neir interno delle ampolle piene di un umore, o sieroso, o gelatinoso: in seguito sotto a co- desto strato presentarsene un altro rossastro più assai compatto a fibre finissime, quasi uno strato carneo, il quale decresce o si aumenta in compattezza,, in al- tezza, e in colorito di maniera che jpiù intensa è la metamorfosi flogistica assunta dal sangue. Ed ove questa ritorni al suo stato reumatico originario la cotenna non presenta piti che il suo strato biancastro superiore quasi muco condensato, ovvero si trasforma in una specie di ci3ti che entro contiene parte dello strato carneo inferiore, ma così slavato nel colore ,. e cos\ rammollito nella com- pattezza « che indica la sua prossima conversione nella Digitized by VjOOQIC DEI FONDAMENTI DELLA MEDICINA CLINICA. 179 natura albuminosa. Osservaste di più che quando Y umore gelatinoso contenuto nelle ampolle del primo strato si rende fluido e^ sieroso, se questo fenomeno coincide con aumentata proporzione del siero in che nuota il grumo, questo del pari coincide col periodo di versa- mento, 0 trasudazione linfat-e nelle affezioni reumatiche; e dissipate le edemazie del cellulare sub-cUtaneo, o delle interne cavità, e cessata la malattia, scomparire nel sangue i fenomeni sopra indicati. Non ci erano ancor giunte le osservazioni di Andrai quando voi già cono- scevate, che il sangue rimane inalterato iife' suoi carat- teri fisici tanto neir esantèma vaioloso, che nelle febbri intermittenti, a meno che non vi siano gravi complica- zioni. Oggi vedete che non variano nemmeno grati fatto i suoi caratteri chimici. E hel vero V alterata crasi del sangue per effetto immediato di contagi o miasmi, o non è dimostrabile per i mezzi a noi noti , o, come sembra più probabile, quando si incontri associata E1 FONDAMENTI DELLA MEDICINA CLINICA. neir altra di queste due diatesi oel corso di una mede- sima malattia, potrà pure essere sino a un certo punto in relazione coi mutamenti dei caratteri fisici, che i due strati componenti la cotenna sogliono presentare. Pochi hanno sin ora, chMo mi sappia, applicato alla dottrina generale delle malattie nervose le osservazioni e le sperienze che oggi si posseggono sulle metamorfosi dei tessuto nerveo nello stato patologico. Questo fatto che è cosi insigne per i Fisiologhi , e che V Entòpiologia specialmente ci presenta in un modo evidentissimo, è tempo che occupi ancora T attenzione dei Patologhe In Neurologia molte sono le sperieqze dei moderni che rac- chiudono attinenza colle malattie deK sistèma, nervoso. Anzi io stimo che elleno sieno a tal punto pervenute da presentarci il fondamento anatomico e sperimentale della •teoria delle Neurosi. La quale soffriva appunto contrasti non pochi per la vaga iaterpretazione dei fenomeni, per la. mancanza di una base anatomica, e per il difètto di una legge di attinenza ^^ di origine anatomiga anch^ essa, tra il sangue e il .principio d' innervazione. Corrono or- mai più di otto anni da che io volendo stabilire i carat- teri differenziali tra la Neurosi sintomatica e la essen- ziale, riportava alla prima la maggior parte delle altera- zioni di tessuto allora piti note ; e quanto alla seconda stabiliva, che il principio di ogiii neurosi essenziale con- sistesse nella alterazione del parlicolar modo di vita del sistema nerveo , né la scienza., io diceva, ci pone ancora nel caso di poter assegnare a cotesto alterazioni nessuna lesione materiale della polpa nervea che loro sia, corri- spondente. E nel, mentre altri avrebbero voluto assog- gettare le neurosi air impero del sangue appoggiati ad alcuni esperimenti , io non poteva che opporne altridi- mostranti V impero assoluto dei nervi sugli oflBkji del san- gue. Per tal modo la scienza allora lasciava ambe le y Google DEI FONDAMENTI DELLA MEDICINA CLINICA. 183 parti ia due estremi , che come esclusivi erano entrambi viziosi. Gli ulteriori «studi e progressi delia Neurologia dimostrano oggi, che tra le mentovate alterazioni di tes- suto nerveo ve ne ha delle primitive , e §fu queste si può stabilire una base anatomica discernibile a molte neurosi idiopatiche, nel mentre che altre o nascondono tuttavia la loro organica traccia, o appartengono come sintomàti- che alle alterazionf deUa matrice cellulo-vascolare dei nervi stessi; e dimostrano del pari, che n^la struttura medesima e nella qualità iMe fibre componenti alcuni centri del sistema nervoso è riposta 4ina legge di con- nessione tra le malattie nervose, e quelle dei processi assimilativi, o del sangue. Grandemente avanzata è per cèrto colle ultime espe- rienze fisiologiche la interpretazione dei fenomeni nervosi. Questi si riportano allòro centri, e nei coltri mede- simi alle loro precige origini di senso, o di moto- per- vertito. Ma il fenomeno intorno al quale deve la Clinica rivolgere la sua attenzione si è quello delle anioni riflesfe, donde partono tante nuove ragioni, e tutte certe della fenomenologia dei morbi. Le quali azioni rifl^se riposano poi Ida i medesimi principi sui quali io stabiliva il moto centrifugo e centripeto delle correnti néuro*^lettnche, distinguendone alcune anche col nome di correnti di sca- rica. E seeondo che alcune esperienze eominciano a ma- nifestarmi , cotesto azioni reflesse che Mafsa^Hall e Mailer limitano air asse cerebro-spinale, conipeterebibero altresì al sistema ganglionare in sé stesso senza V intervento del cervello, o dello spinai midollo. E di qui .pure po- trebbe ritrarsi spiegazidne di certi fenomeni di crisi con* mutate secrezioni , i quali in mezzo alla quiète del^ mt* dolio spinale e delle masse encefaliche non saprebbero appartenere che alla mentovata proprietà fra pleissi e plessi, e gangli e gangK esistente. ^ y Google i84 DEI FONDAMENTI DELLA MEDICINA CLINICA. La base organica che può aver oggi la dottrina delie NiBurosi riposa sopra certi cambiamenti del tessuto ner- veo riconosciuti come primitivi, sopra osservazioni mi- croscopiche, e sopra analisi chimiche. Subisce anche nello stato sano la sostanza componente i tessuti nervosi al- cune metamorfosi relative alle età , e riconoscibili per la varietà del suq colorito. Dal giallastro rudimentale passa al colore di castagna , quindi al cinereo, e nella decrepitezza ritorna ad assumere la lànguida tinta giallastra rudimen- tale. Questa metacromosi , o mutazione di colorito proprio che si osserva nei centri nervosi, è dovuta al predominio delle fibre grigie sulle bianche , o di queste su quelle. Dal quale predominio come può cominciare la così detta mobilità nervosa, sensibilità eccessiva , nervoso tempe- ramento, 0 in altri termini uno stato organico predispo- nente alle nervose affezioni , così la medesima condizione può elevarsi al grado di patologica. E da ciò dobbiamo oggi desumere la necessità di por mente a simili muta- zioni del colorito, avvertendo di non confonderle colla colorazione rossa, o punteggiata > o uniforme che per di- versi gradi può giungere alla tinta bruna, o di lavagna, le quali ultime dipendono dalle diverse proporzioni della materia colorante del sangue. La metacromosi primititxi va dal giallastro al castagno , dal castagno al cinerìccio, e si effettua indipendentemente da qualunque infiltra- zione, o travasamento di sangue. y^ha un rcunmoUimento primitivo riconosciuto da Andrai e da Rostan , come indipendente da emorragie, da macerazioni per versamenti, da fusione per materia puriforme infiltratasi.- V ha un indurimento primitivo ri- conosciuto da Boutllaud, dall' Andrai , dal Payen , intorno al quale lo Stesso Lallemand ha ct'eduto , che potesse essere un modo di guarigione spontanea del rammolli- mento. V ha un'ep^r^o^apniwtìtva, riconosciuta dal Mor- y Google DEI FONDAHENTi DELLA MEDICINA CLINICA. . 185 gagni, dal Laennec, dall' Hutin, e dallo stesso Andrai riguardata come indipendente daHa accidentale iperemia del neryeo tessuto. V'ha \in^ atrofia primUiva: alcune parti del cervello e del tronco spinale rimangono nel lora stato rudimentario , e Jadelot, Reil e Andrai trovaronla come base anatomico-patologica di particolari neurosi. Il Gluge professore a Bruxelles ha già instituite molte osser- vazioni microscopiche sul cervello malato, le quali os- servazioni unite a quelle fisiologiche sulle fibre senserie e motrici, e sulle fibre grige,.o ganglionari già cominciate dal Foi^ana, e perfezionate dall' Eheremberg, dal Valen- tin, dal Ramak e dal Muller ingrandiscono i mezzi di tro^ vamento delle organiche mutazioni sulle quali si elevano le malattie dei nervi. E il Magendie, sebbene poco incli- nato a favorire V anatomia microscopica alemanna, con- fessa però di aver notato ne' suoi esami microscopici delle diverse parti del cervello, che ciascuna di esse aveva uno speciale aggregamento molecolare. Le ultime analisi chimiche della massa encefalica hanno discoperto al Gouerb due sostanze isomeriche {cefalotee eleencephol) che possono V una nell'altra trasformarsi primitivamen- te, e le varie proporzioni del fosforo nella medesima polpa nervosa, e le alterazioni primitive del fluido encefalo- rachiijliano costituir possono oggi altrettanti fondamenti organici ammissibili di pervertita innervazione. Ma un punto congiuntivo restava a trovarsi tra le neurosi e le alterazioni dei processi assimilativi, onde la essenziale natura di quelle non venisse in teorica come non la è in fatto contrastata da queste, e viceversa. Le ultime osservazioni sulla struttura della sostanza grigia dei tessuti nervei hanno disvelato in essa molti caratteri che la ravvicinano a quelli del sangue. Dessa è composta quasi interamente d'una massa globulosa secondo Valen- tin, Mùller e Ramak. Quest'ultimo micrografo ha tro- 10* Digitized by VjOOQIC 186 DEI FONDAMENTI DELIA MEDICINA CLINICA. vaio i grossi globuli ganglionari molto simili ai globuli del sangue della rana. Egli osserva del pari, che le fibre grigie nelle quali non si incontra mai sostanza tubulosa, hanno una superficie che presenta qua e là delle piccole granulazioni analoghe a quelle che si veggono sulle piti sottili ramificazioni dei capillari. È inoltre incontrastabile la preponderanza delle fibre grigie nel sistema ganglio- nare, dalle quali parte in forma raggiante V influenza nervosa che presiede all& operazioni della chimica orga- nica. È incontrastabile del pari che da quésti caratteri si allontana affatto la sostanza bianca, e del cervello , e dei tronchi e rami nervosi motori, o sensiferi. Donde è provato che il sistema delle fibre grigie sia quello dove mettono capo le leggi di attinenza tra il sangue e il prin- cipio d' innervazione. £ generalmente si osserva che nelle neurosi che hanno sede nel!' asse cerebro-spinale è più rara la pervertita nutrizione, che non è in quelle che hanno sede nel sistema gangUonare. Ed ecco V alterno ricambiarsi delle condizioni di Paratrofìa con quelle di Paraestesià e viceversa, rimanendo sempre somiglianti le forme , o le immagini esteriori delie malattie : ricam- bio che passa attraverso quel punto di connessione tra r uno e r altro de' due grandi sistemi vitali, cioè il tes- suto nervoso grigio, il di cui predominio nel sistema ganglionare misura le attinenze con che più o meno fortemente fra di loro si legano. Non abbiamo noi tante altre malattie nelle quali dopo averle riguardate sotto diverse condizioni di Paratrofia siamo costretti a riguar- darle sotto quella di una pervertita innervazione ? Cosi le neurosi dopo averle riguardate sotto tutti gli aspetti di condizione.primitiva, che da un semplice cambiamento molecolare che non lasci di sé traccia visibile nel cada- vere può giungere sino ad una discernibile e completa metamorfosi di tessuto, le riguardiamo ancora sotto Digitized by VjOOQIC DEI FONDAMENTI DELLA MEDICINA CLINICA. 187 r aspetto di una pervertita assimilazione? £ quinci e quindi possiamo per tal modo solamente, rimanendo stàbili le forme, differenziare e aggruppare le cagioni, e stabilire le corrispondenze terapeutiche. La Neurologia odierna pertanto ci presenta le neurosi esistenti in tre maniere ; 4» in assoluta dipendenza da una irritazione qualunque, o da viziata assimilazione: 2*» in semplice attinenza con questa viziata assimilazione : 3^ in modo isolato e primitivo , in che la viziata assimilazione, ove esista, non è che un'affezione secondaria. ^ HI. Quando la osservazione e la esperienza, ossia il fondamento empirico e V analitico sono ambedue distesi in un campo sì vasto che comprenda il maggior numero di fatti e di elementi analitici- in che si decoippì^ngono , vale a dire sottoposti alla migliore interpretazione ohe lo stato attuale delle scienze .esigeva , ciascuno nella re- lazione di causa e di effetto, resta allora alla Medicina Clinica di ricondursi sopra i sommi generi delle malattie che la Patologia le presentai, e vedere se dessi reggono^ al paragone de' molti fatti novellamente adunati, e se bi- sogni pertanto ampliare cotesti generi, o modificarli. I quali fatti 0 sono nuovi per natura loro, o per varietà di inter- pretazione tali appariscono. I primi non variano gli ordina- menti della scienza in quanto attendono ancora ulteriori osservazioni per essere meglio chiariti. Negli altri è me- stieri considerare l' origine della nuova interpretazione. 0 dessa tende a sostenere teoriche i di cui principi sono stati generalmente riconoséfuti per falsi, e allora non ne va fatto nessun conto; o dessa venne ingiunta per ne- cessità dal progresso della scienza, ed in allora può produrre due effetti suir ordinamento delle malattie; 1® o y Google 188 .DEI FONDAMENTI DELLA MEDICINA CLINICA. meglio chiarire con nuove specie la classificazione, 2«^o spingere più oltre per gli anelli che compongono la ca- tena dei fenomeni la base riguardata come essenziale dei morbp. Ad assicurarsi però di tali vantàggi ottenuti j)er i nuovi Tatti, importa il sapere adoperare il terzo fon- damento della medicina clinica, che è T Induzione. E r oggetto principale di questo largo fondamento è quello di perfezionare il "Metodo, cioè di stabilire il criterio del multiplo, e determinare il pHncipio di connessione fra causa ed effetto nei fatti siiigoli ,^ e i principi di connes- sione fra i diversi gruppi di fatti accomunati dal criterio del multiplo, e colle cause e coi sintomi e colle termina- zioni critiche spontanee dello stato morboso. Il che in Clinica si esprime per noi co* termini di connessione etio- logica, fenomenològica e terapeutica. Ohìle perfezionare il criterio del multiplo non si può, né si dee procedere vagamente tra le esperienze, o stati- stiche 0 terapeutiche. Il criterio del multiplo ha bisogno di tré sanzioni; 1. di quella della natura, 2. di quella del passato, 3. di quella del presente. Trenta reumatismi trattati coir oppio, ovvero col salasso, non mi valgono quanto, uno lasciato quasi a sé stesso, e scioltosi spon- taneamente con effusione sudorifera; perchè quando sotto la medesima causa, e in modo epidemico diffusa, veggo un centinaio di indivìdui nei quali non usando T oppio ho la stèssa critica salutare determinazione, il criterio è assicurato, e non teme V urto né dei sistemi, né dei fatti nuovi e bizzarri. Il principio delle connessioni etiologi- che e terapeutiche non può procedere sicuro nemmeno sul canone della costante successione dei fenomeni j ec- cetto che una legge di natura non dimostri che intanto quei fenomeni si succedono in quanto sono fra di loro per la (jtetta legge connessi. In altro modo vagherebbe anche esso tra le eventualità e T arbitrio delle menti. Digitized by VjOOQIC DEI FONDAMENTI DELLA MEDiaNA CLINICA. 189 Di fatto sebbene il fenomeno À sia stato seguito dal fe- nomeno B novantanove volte per cento, non è pertanto provato cbe fra di loro siavi naturale alleanza , e neces- saria connessione. E ad assicurare una tale connessione la scienza non ha altro principio pid evidente , e più sicuro che quello delle crisi ; mentre per queste sono re- peribili le leggi di connessione tra i fenomeni i più emi- nenti sino alle causò loro, ancorché resti in parte irre- peribile la serie di alcuni fenomeni intermedia La sanzione del passato sono i tipi endemici ed epi- demici di una data malattia. Trenta. dissenterie sporadiche trattate con cura antiflogistica non valgono a riporre la forina dissenterica fra le malattie infiammatorie \ perchè dove la dissenteria è endemica, e tutte le volte che fu epidemica non si mostra né si mostrò pieghevole al me* desimo trattamento esclusivo. Lo stesso dicasi della feb- bre catarrale epidemica, del sinoco tifoide o dotinenterico, della puerperale, e di altrettali morbi. Nessun clinico può decretare eh' essi sono, e saranno sempre di immu- tabile fiatura, e sempre curabili di tal modo; perocché staranno contro la sua nuova interpretazione tante epi-. demie di cotesto medesime forme di morbi, in che per la varietà delle costituzioni, delle concause e dello stesso passaggio del morbo nella sua durata attraverso varie stagioni, i caratteri patologici assunsero natura diversa, e vollero trattamento terapeutico corrispondente. Ma di mezzo a questa varietà di trattamenti v' ha sempre una. costante osservazione presso gli storici imparziali, che quelli riuscirono più profìcui che più si òonfacevano eolle spontanee terminazioni del morbo nei casi più semplici. L* appoggiare adunque il criterio del multiplo alle epide- mie, onde avere la sanzione del passato non avrebbe che UD valore clinico parziale^ cui se ne potrebbe subito^ contrapporre un altro di egual peso, se non si trasce- Digitized by VjOOQIC i90 DEI FONDAlfCMTI DELLA. MEDIGQfA CLINICA.. gliessero giudiziosamente quelle in che si riconoscano lo connessiooi terapeutiche^ e la sanzione della natura. Neir avvalorare inoltre il criterio del multiplo colle storie delle epidemie e delle endemie , ossia colla sanzione del passato, io vorrei che voi avvertiste di schivare un er- rore, in che ho veduto cadere anche uomini di castiga* tissima ragione cUnica. Questo errore consiste nel fer- marsi a prescegliere i .tipi 4 più gravi, dove iF morbo offeriva, o minacciava da tutte le parti dissoluzione. Io intendo debba seguirsi tutt' altra via se si vuol trovare il carattere genuino del morbo; vale a dire* ritirarsi sulle prime orme stampate dalla epidemia, dove spesso 1 suoi caratteri sono più semplici; e quando ciò non si possa, ricorrere al tipo endemico o sporadico dello stesso mor- bo, e considerarlo nella sua forma la più semplice, e nelle sue connessioni etiologiché le meno complicate, e neUe sue più- aperte e più uniformi terminazioni. Cosi ìina o più epidemie possono contenere in sé quel nucleo origi- nario morboso in corrispondenza con le nuove interpre- tazioni scaturite dal Qriterio del. multiplo; il qùal nucleo non lo discoprirà se non £hi procede dal semplice al com- posto, e resterà sempre nascono, o cagione dMnganni per chi desumesse come sanzione del passato un tipo > epidemico. giunto al massimo grado di sua complicazione e malignità. L fatti sostenuti dal criterio^ del multiplo non pas- sano a generalità patologiche se oltre le due sanziont mentovate non hanno anche quella del presente.- L^ es- sere in armonia collo spirito clinico dominante li racco- manda sempre favorevolmente. Inclina esso verso le ma- lattie dèi. fluidi eie nervose affezioni. Ma ciò non darebbe loro autorità , se non fossero sostenuti da tutto il rigore del metodo sperimentale. Il valore di questo metodo è relativo alle cognizioni, ed ai mézzi che la Clinica ha in y Google PEI FO;fDA.M^*TI DELLA MEDICINA CLINICA. 194 sè Stessa e più copiosi e più efficaci, e che hanno insie:* me con essa le scienze ausiliarie acquistato. Una siste- mazione di malatUe può aver cominciato in un tempo come conseguenza d' un metodo esperimentale eseguito C0& tutto il rigore baconiano; ma l progressi della scienza aver dimostrato in sèguito , che V interpretazione data allora ai resultamenti di quelle esperienze era falsa. L'ana- tomia patologica, l'odierna diagnosi clinica e la chimica ' organica lianno svelato, e svelano tutto giorno la inesat- tezza di quelle interpretazioni. La neurologia colla sco* porta delle azioni reflesse in conseguenza di irritameBti su i nervi sensori ci dimostra, come il calcolo sulle cv* mentate azioni dinamiche di certi rimedi,, stando agli ef- fetti che questi producevano sul cosi détto eccitamento, e sull'essere o non essere accompagnate da azioni escre- tori^, può essere stato quasi sempre inesatto. 'Quindi è che quella sintesi patologica comunque sostenuja da un metodo sperimentale, quale poteva aversi in. quei tem- pi j^ non ha più oggi per il progredire delle sperienze me- desime la sanzione dello stato presente della.scienza. Ma quando pure nuove esperienze terapeutiche, calcolandq tutti gli elementi fisiologici e patologici . che la scienza oggi riguarda come primitivi, potessero vantare la san- zione del predente, esse npn darebbero al criterio del multiplo che un valore passeggiero , quando gli effetti delle nuove potenze medicamentose cimentate non su- scitassero a;^ioni nervose,, o mutamenti nel sangue, o processi escrementizii simili a quelli di che la natura si vale onde risolvere i viluppi morbosi. E questo vero è confermato dal sórgere e cadere che fanno tanti rimedii e tante virtù loro che si dicono pur figlie di esperienza, delle quali non resta, mai altro che quella virtù, che seppe vestire V indole di alcune crisi spontanee, a coa- diuvarle 0 supplirle. Né i confronti di una statistica com- y Google 192 DEI FONDAMENTI DELLA MEDICINA CLINICA. parativa tra simili esperimenti nuovi; tradotti in metodi terapeatici, sarebbero un mezzo sicuro perchè Tuno o l'altro potesse dal criterio del multiplo trarre una mag- giore validità clinica; imperocché, oltre alle tante cause che possono far variare simili risuHamenti indipendente- mente dalla bontà di un metodo, nessuna statistica del mondo saprebbe fare giammai una proporzionata sottra- zione delle forze naturali che cooperarono alla sanazione del morbo. Ondechè le statistiche comparative non po- tranno accrescere la forza del criterio del multiplo se non che quando la .maggior parte dei medici segua un metodo terapeutico solamente volto a coadiuvare o a di- rigere i movimenti e i processi spontanei della natura. E allora che in ciò le scuole cliniche tutte convenisse- ro , il miglior metodo sarebbe trovato , e le statistiche comparative tornerebbero inutili. Il criterio del multiplo che somministra luce alla determinazione e guarentigia de* sommi generi delle malattie è espresso da questa for- mula.— Tante malattie prodotte da tali cagioni, imma- ginate da tali forme, si risolvettero con tali maniere di crisi che imitate dall' arte , questa potè cooperare con quelle ad accrescere il numero delle guarigioni Jante volte per cento.. La perfezione adunque del criterio del multiplo , e del principio delle connessioni cliniche sta unicamente in uno scambio di guarentigie che fra di loro esista. Im- perocché se V aflQnità fisiologica determina il principio di connessione tria causa ed effetto nei fatti singoli, il cri- terio del multiplo lo guarentisce nei tipi endemici ed epidemici; cioè in grandi masse di individui sotto una medesima causa, colle medesime forme, e colle mede- sime maniere di terminazione. E se gli atti spontanei della natura che determinano le crisi sono in corrispon- denza col perturbamentovéeìla funzione che trovLasi. in y Google DEI FONDAMENTI DELLA MEDICINA CLINICA. i93 affinità fisiologica colle cause efficienti del morbo, e se la terapia non è che una ripetizione artificiale di cotesti atti medesimi, lo stesso principio che connetta causa, sintomi e cura nei fatti singoli, stabilisce del pari la coki- nessione ecologica e terapeuticanei fatti accomunati in sommi generi dal criterio del multiplo. Giunta a questo termine la medicina clinica mercè del terzo suo fondamento induttivo, $i ricongiunge alla sua base empirica degli atti spontanei della natura, e trova in essi il modo di garantire le sue operazioni sintetiche e gli stessi resultamenti della analisi speri* mentale. E per il criterio del multiplo che le scatu- risce dai tipi patologici delle endemie ^ delle epidemie coeve coi primi passi della scienza, e d'onde sorsero le . prime e più utili statistiche dei fatti in grandi quadri nosologici somiglianti, per istabilire le prime norme curative imitatrici delle tendenze salutari della natu- ra, la Medicina clinica offre T addentellato su cui si connette Tediiìzio della medicina civile, la quale, secondo noi, partir dee dalle dagioni e dalla profilassi de' morbi endemici ed epidemici. Il dare un- totale aspetto filosofico alla scienza, e convertirla in sapienza medica, spetta, come altrove dimostrammo, alla medicina civile. La me- dicina clinica non si occupa che di una filosofia- ristretta ai principii delle connessioni tra gli elementi discernibili dei fatti , e qui hanno principio e termine le sue operazioni sintetico ed, induttive. Nulladimeno i di lei fondamenti fin qui esaibinati si estendono, come vei vedete, sopra un larghissimo piano; né uno può essere coltivato a pre- ferenza, obliando l'altro. Senza comprenderli insieme non .è mai costituita la scienza x^linica. Però voi sapete che sopra non molti canoni clinici di primo ordine si ag- girano quasiché sempre le nostre investigazioni, dopo- ché solleviamo il capo dall' attento esame degli organi PtJCCINOTTI. 17 Digitized by VjOOQIC 194 DEI FONDAMENTI DEtLA MEDICINA CLINICA. affetti, ed esteDdiamo la nostra osservazione su tutto il complesso della malattia. L'alterata crasi der^angue^ la pervertita innervazione; i^fenomeni di alterazione di for- ma nel movimento vitale; i fenomedi di congestione; la somma dei poteri superstiti fisiologici. Voi vedete quasi* che sempre partire di qua le interpretazioni patologiche, e i terapeutici consigli: e nessun altro problema clinico tanto spesso intromettersi in esse quanto quello della coesistenza, e del valore dell' elemento nervoso nelle malattie del sangue, e del)' elemento del sangue nelle malattie dei nervi. Coesistenza che se non è dimostrata dalle cagioni note , come complicazione attendibile nel- r andamento della malattia, facile è il vederla assumere una patologica importanza allo avvicinarsi dei periodi critici di essa; quindi il bisogno terapeutico non infre- quente di secondare, o coadiuvare i nervi ad una azione mediatrice dei processi risolutivi dello stato morboso. Sono infine le terminazioni spontanee delle malattie, che lo studio dei classici e la nostra osservazione ci ha ap- prèso, quelle donde desumiamo il più sovente le terapeu- tiche indicazioni, e la parte sperimentale che le sostiene è quasi sempre quella delle azioni elettive dei rimedi. Di modo che la prima base fqndamentale della nosttra tera- peutica non è che la imitazione di què* modi spontanei che la natura tende o ad eliminare materie morbose , o a prosciogliere morbosi processi. Questo principio assai di rado ci abbandona; anche nei morbi i meno a noi cono- sciuti sorge talvolta oome unica face delle cliniche ope- razioni. È per esso soltanto, che noi possiamo apprezzare quanto i nostri padri ci lasciarono di prezioso intomo alla retta maniera di trattare le malattie; è per esso, e in esso soltanto che la istoria dell'arte può appuntare un segno di connessione fra il passato,, il presente e T avve- nire. Datemi adunque che io vi porga questa guida come Digitized by VjOOQIC DEI FONDAMENTI DELLA. - MEDICINA CLINICA. 195 sicura air arte vostra; guida che sostenuta oggi dalla ra- gione clinica, e non più dal solo empirismo, ha assunto tutta la dignità di un principio scientifico. Del quale nulla vi sarà mai di più vero, finché sarà pure verissimo, che in medicina tra il conosgers e T operare non avvi altra maestra che la medigatrige natura. y Google y Google J 197 FROEJHIO ALLA STOMA DELLA MEDICINA- §1. Definizione e scopo della storia. La storia della medicina è la storia del procedimento deiridea della salute tra gli uomini, e dei modi diversi coi quali venne dai sapienti convertita celesta idea in una scienza, e tradotta in un'arte: è la stpria delle vicende di questa scienza operativa secondo la coltura e la li- bertà della ragione, e le occasioni e le guide della espe- rienza; è la storia in fine delle attinenze che questa scienza della salute umana ha manifestato colle religio- ni, colle filosofie, colle leggi morali e civili dei popoli. La storia della medicina può essere esposta in di- versi modi, tutti più 0 meno plausibili, ma non tutti egualmente utili; imperocché il suo scopo deve esser in- dirizzato non alla sola erudfzione, ma a preparare tale educazione della mente, la migliore che sia possibile alla filosofìa sperimentale. Dee pertanto costituire una parte essenziale dellascienza medesima,un ordinamentodi essa conducevole à comprenderla, rischiararla e giustificarla nella sua interezza e nelle sue connessioni colle altre scienze naturali e filosofiche. Come la fisiologia conduce alla dottrina della vita fisica, così la storia, quasi fisio- logia del pensiero applicato alla soluzione del grande 17- Digitized by VjOOQIC 198 PROEMIO ALLA STORIA DELLA MEDICINA. problema di conservare la salute e restituirla perduta, conduce alla dottrina della vita intellettuale della scien- za. Si; la scienza ha una vita, e questa vita è nella sto- ria. Dessa è un tutt* insieme colla scienza. Ed ambedue si risolvono in un concetto filosofico estremo, il quale nel mentre che garantisce. dinanzi alla società una scienza altamente pensata , e condotta dalla più nobile e conscen- ziosa sapienza umana al suo fine; dimostra eziandio lo stato di convergenza dei pensieri di tutte le età a que- sto, fine medesimo, non parziale né dislegato, siccome è costume, da tutti i periodi di convergenza del passato; ma legato con questi , e conseguenza continua di questi. Tmateriali della storia sono i fatti ed t concetti, e gli uni e gli altri ora premessi, ora dedotti. Imperocché la storia ci mostra, che come non sempre fu errore r idea premessa al fatta, così il fatto premesso all' idea non conducesse sempre a verità. Né di tutti i fatti indi- stintamente tien conto la storia ; che dovendo essa com- prendere insieme il fatto e il concetto, presceglie quello in che la mente ha saputo imprimere un carattere di mag- gior grandezza e utilità. E di vero i fatti in sé stessi non sono che una sementa, la quale sparsa nel terreno fecondo deliamente deve ivi germogliare, fiorire e fruttificare. Immaginate che cotesto terreno non sia ben preparato, né fertile , o troppo o poco sostanzievole , i semi si cor- romperanno e nondaraqno alcun frutto alla scienza. D' onde s' intende perché ad onta delle migliaia infinite di fatti che sono stati , e che soqo sotto gli occhi di tanti osservatori, le . imbandigioni alla scienza sono state, e SODO tuttavia al loro confronto poverissime; il che non avverrebbe se la natura come ci é larga di fatti, così ci fo$se di buoni ingegni per comprenderli altrettanto gene- rosa. La^scienza, dicemmo, si alimenta dei frutti che le menti cavano dai fatti: talora acerbi, selvaggi j talora Digitized by VjOOQIC PROEMIO ALLA 3T0RU DELLA HiEOIGlNÀ. i99 gentQi e squisiti , perchè inoestati dal genio dei-coltiva-^ lori, acche nella storia non figurano che gli agricoltori industriosi di cotesta sementa, e dei semplici spigolatori essa non parla. Imperocché il suo vero scopo è di consi- derare le espressionìgenerali dei fatti alle quali i sapienti hanno inteso ridurli: e prendendo quelli e queste dagli individui e dai teoìpi , ne trova la scienza relativa a que- sti ultimi ; e giunta a comprendere non r ultima genera* lità' possibile della scienza, ma quella ^^he fu possibile agli uomini di darle sino alla nostra età, determina que- st'ultima, ne dichiara i caratteri, le connessioni del pas- sato, le s{}eranze deir avvenire, e fissa insieme i gradi di distanza, che la divìdono ancora dal suo perfeziona- mento. Sicché >la storia è la espressione del vajore ulti- ^ ino, che ha acquistato la scienza, non istantaneo, né accidentale, né perituro, come sarebbe per. un sistema nuovo immaginato; ma valore gradatamente acquistato, e accresR^iutosi complessivamente nella succiessiòne dei tempi. Proposto per tal modo alla nostra istoria cotesto flne, dessasi converte naturalmente in un compendio filo- sofico àéìle storie estesissime, e monumentali, che negli ultimi tempi ebbe la scienza. Nelle quali in mezzo ad una imnofensa erudizione, il procedimento del princìpio rettore della- scienza medesima per tutto il corso dei tempi stòrici,, e le sue fasi , e le sue eccligsiy e le sue sempre più vittoriose e $plendide riapparizioni, è indiscernibile, o affatto obliato o smarrito^ Ad ogni dottrina, o sistema che ti espongono, aprono e chiudono una nuova storia della medicina; e questa appar isoerìa frantumi, oei quali laverità^isolatanon vale a nascondere Terrore. Tu trovi insomma, ora sparsi alla rinfusa, ora con qualche ordi- nata disposizione si^ptra un vasto terreno i molti rami del grande albero della scienza; ma non trovi il tronco prin* cipale per adattàrveli ad uno ad uno, e poscia ricom- Digitized byVjOOQ le 200 PROEMIO ALLA STORIA DELLA MEDICINA. porlo e rialiarlo, ed offerirlo nella dua eretta e maestosa forma, e nella sua unità agli studiosi della natura. §n. Delle origini della medicina. . Se noi ci rappresentiamo l'idea del bene assoluto, come punto dal quale divergono in triplice raggio i tre elementi destinati ad effettuarlo nel inondo, troveremo primo r elemento morale, in mezzo l'elemento civile, dall'altro lato l' elemento sanitario. E sotto il primo co- me mez2i al suo conseguimento troveremo le religioni, le legislazioni, le filosofie: sotto il secondo i diritti, i po- teri civili, i commerci, le industrie: sotto il terzo le scienze tutte naturali riunite nel titolo generico di me- dicina. Ma quella idea del bene assoluto fu una emana- zione- della volontà divina, la quale presuppone altret- tante missioni obbligatorie trasmesse alla umanità,quante ne erano indispensabili alla conservazione dell'ordine morale.e fisico del mondo. Ora se a conservare T ordine morale e civile, vi volle una missione suprema impera- tiva, d'onde ebbero origine, i doveri, e i diritti sociali, e * l'ordinamento primario dei popoli; altrettanto importò per la preservazione e ordinamento della salute loro. Imperocché l' uomo pose la salute come uno dei primi beni tra il cielo e la terra, e l'associò alla agricoltura, alle leggi, alla civiltà, alla religione. Io so pur troppo, che la storia è solita a rimontare all'istinto dell' uomo per trovare te origini della scienza. Ma l'istinto mutato in affetto, in amòre del bene, non può dir altro nèll' uomo malato , che plissementde leurs fonctions, à la manifestation de ji leurs activités vitales! Le vegetai conserve sa vitalité B dans'toutson energie, sans renfermer aucun conduca B teur de force ; cette vitalité rend la feuille apte à • vaincre les attractions chimiques les frius fortes, à » décomposer F acide carbonique, à s^approprier les » principes necessaires à sa nutrition....' Cette méroe • force vitale qui se manifeste dans les plontes par un • accroissement de masse presque illimité, se transforme j dans r orgaaisme des animaux en une force motrice.... 0 Nous ignorons la forme sous laquelle la force vi- M tale determino les effets mécaniques dans V economie • animale, et certes nous ne pourroos jamais V appro- di foudir par des expèriences, pas plus que la connexion 9 qui existe entro les actions chimiques et les phénomè- • nes de mouvement produits par la pile galvaoique. é Toutes le? explications qu^ on a essayé d' en donner • soni des simples images, des descriptions plus ou é ittoins exactes, des comparaisoos entro oes phéooinè- • oes et d'autres déjàcoonus; nous nms iBimnes obU- > §é$ de nous arréier devaui etix, comroe un ignare 9 qui verrait un piston se mouvoir dans un cyltndre » métalliquo,.et Q'enconoaitrait pas les Communications » avec les rouages tournant à coté dans tous les sens. Digitized by VjOOQIC PROEMIO ALLA STORU DELLA MEDIGIKA. 223 s SavoDS Qous, en efifet, comtnent ce quelque chóse » d*iDvisible et dMmpoQderable, qae nous appelons .9 £haieur , peut dMioer à certaines matières la proprìété » d'^xercer «ar leurs aleatours des pressions si énor- » mes; savons-^nous méme seulement comment ce » quelque chose se produit quand nous Itf ùIqds du bois » ou da charboD ? • » La Boème cbose doit ^e dire de la force vitale et ■ des phéooroènes offerts par les corps vivaots; la cause D 4e CQS phénoinènes , ce n'est pas la force chimique, » ce n'est dì T éiectricìté ni le magnétisipe, mais une » force qui possedè les proprìétés généjrales de ^toutes » le causes motrices, car elle determino dan la matière » des changementes de forme et de composition, e' est > uoe force d^ une e^pèce particulière , car elle présente ^ en outre des caractères étrapgers à toutes les, autres » forces. » ^ • • . ■ . La comprensione adunque di un archetipo che sia fatto e principia nel noedesimo tempo, e che nel mentre è uiia l^ge di natura sia norma prima dell'arte^ si tra- duce oeir idea della forza attiva della vita: la qual forza è il perno del metodo induttivo o matematico, sul quale sì fonda la Glosofia della scienza. Gli scolari del^ Galileo, e Giovanni Battista Vico ponevano la matematica come . ponte di passaggio tra le scienze fisiche e le metafisiche. Allora era stimato necessario il salire a queste, per prendervi i predicati della ragione , e cimentare con essi le esperienze. Galileo naeditò lunghi anni sulla forza 4alla percossa che credeva infinita , e sulla forza viva de' corpi y e queste ^neditaziooi unite a quelle del Gava- Iksri spianarono la via al calcolo integrale e differenziai^ ééì Lagrauge. Newton trovò le leggi dell' universo me- ditando ed applicando il calcolo alle forze di esso. Ed oggi gV imponderabili non s' intendono e non si calcolano Digitized by VjOOQIC 224 PROEMIO ALLA STORIA DELIA MEDICINA^ che sotto l'aspetto di forze, e le ultime riposte e secrete combinazioni chimiche non sono che le più fine passioni di altrettante forze. Solamente col sistema di gradazione delle forze create, fra loro armonicamente unite senza confondersi, noi possiamo studiare e contemplare T ar- monia della natura, e salire per essa di passo in passo fino alla forza prima creatrice. Armonia non è identità ; e la differenza non a tutti palese che è tra Tuna e T altra, ha condotto alcune menti ignare del pericolo, a identifi- care le forze colla materia, e da questo primo errore air altro di identificare le forze tutte fra loro, e quindi air ultimo di identificare le forze, ossia la materia con Dio. Ed ecco il panteista, ed.ecco il suo blasfèma: non v'è che una sola forza e questa forza è Dio, ed ecco insieme stabilita la mostruosa identità tra forza, mate- ria e Dio. La materia non può dare che materia : raffi- natela quanto vi piace, riducetela alla piti impercettibile molecola o cellula elementare, ella non sarà mai altro che materia: le forze che la combinano, che la confor- mano e la trasformano son fuori di essa , ad essa unite ma non con essa confuse: essa non è che lo strumento passivo della manifestazione della loro immensa attività, ossia della vita degli esseri , della vita fìsica del inondo. Se pertanto la stessa forza morale ha un limite, una autorità tradizionale sopra di sé, un imperativo, li- mitazione e norma ad un tenipo; la virtù attiva della vita ha parimenti il suo, e sarà legge di natura e norma dell' arte ; e i potéri estremi della scienza non rappresen- teranno che una equazione tra Tuna e l'altra. L'operare in ordine a questa equazione, e in una sfera sempre più e3tesa di gradi di miglioramento, è quanto la società può esigere da noi , è quanto la scienza può giustificare e promettere innanzi ad essa. jby Google 225 LEnERi DEL PROFESSOR Pl'CCINOTn tlTTOKirO AL «ITOOO DA LUI TIHUTO NELLA SUA STORIA DELLA MEDICINA AL CH. PROF. UFFAIU MATURO, * 6 maggio 48^7, da Pisa. Ella ha detU di me a mille doppi piti di quello che io meriti : e la lettera gentilissima colla quale mi ha accompagnato il suo articolo mostra in lei una cortesia senza pari. Cosicché e dell'imo e dell'altro favore le sono al massimo riconoscente. Solamente dopo letto il suo bellissimo articolo mi è nato il timore che chi non ha letto la mia storia possa credere, che essa tutta s'appoggi, e sia governata da' principii di qualche filosofia speculativa : il che sa- rebbe veramente a rovescio delle mie intenzioni. Impe- rocché il metodo e la filosofìa che io ho sempre racco- mandato nelle scienze naturali e nella medicina è stato quello della sintesi empirica, delF analisi^ e della sintesi induttiva. Questa per me altro non è che il processo graduale della filosofia sperimentale. E tale processo e tale filosofia fa capo sempre dal fatto complesso , lo ana- lizza in tutti i versi e modi possibili ; quindi sale e si ferina nell' ultimo termine di fisica ragione che è per noi la causalità, né va più oltre della ragion fisica di una forza dd moto. La quale sebbene io supponga concreata ed attergata alla materia, che altrimenti questa non avrebbe moto, e la riguardi sempre attiva nei suoi preordinati impulsi sopra e dentro agli aggregati mate- Digitized by VjOOQIC 226 INTORNO AL METODO riali dei corpi, sempre però è ìd questi e oeUe loro fìsiche e chimiche passioni che debbono aggirarsi le nostre ri- cerche, ed è in questi dove comincia e 6nisce il tesoro delle cognizioni nostre. Tra cotesto passioni io ripongo tutte le proprietà che manifesta un corpo, un organo qualunque mantenuto in moto dalla forza che move tutta la materia creata. In questo concetto, come ella vede, tutte le forze o proprietà vitali non sono che pro- dotti nella natura organica di particolari forme e posi- zioni e quantità di molecole organiche, mo5se e mante- nute in preordinati movimenti dalla concreata forza del moto. Onde avere la vita, adunque vi j^uole la specialità di UD tipo organico creato, e la forza del moto generale della materia , che mettendo in movimento la composi- zione particolare di quel tipo, lo renda atto a produrre queir insieme di fenomeni , che dicesi vita. La forza vi- tale dei vitalisti come prodotto non può essere causa della vita; il tipo organico degli organicisii, creato e conservantesi per gli atti genitivi, non basterebbe a produrre la vita se restasse nella sua inerzia; ma intanto la dà , in quanto è mantenuto in movimento dalla forza del moto. Pertanto la vita è rappresentata necessaria- mente da questi tre elementi : A"" Dalla brza fisica dei moto. ^^ Dalla composiziohe speciale deir organica ma- teria. 3» Dai fenìomeni resultanti da cotesto moto^ e da cotesta speciale composizione. Il che tutto essendo di ragion fisica, circoscrìve, il recinto entro al quale si aggira la filosofia sperimentale che serve alla meidicina, o per meglio dire che germo- glia da ,essa. La causalità pertanto cui giunge il pro- cesso induttivo nello studio sperimentale dei fenomeni è un termine fisico, da qualunque sia metafìsica diver- Digitized by VjOOQIC TENUTO NELLA STORIA. DELLA MEDICINA. 227 sissimo e lontanissimo : né i naturalisti oè i medici la possono surrogare o sostituire giammai né alla sintesi em-* pirica, uè air analisi; ma ne debbon fare solamente quel- la uso che nelle case si suol fare della terrazza che sopra i tetti dì esse h costruita, vate a dire, non per abitarla, ma per andarvi soltanto a vedere un più vasto orizzonte, cioè l'orizzonte delle parvenze soprannaturali. Ma come sarebbe stolto queir architetto che insegnasse per co- struire una casa, che vi si mettesse la terrazza per fondamento ; altrettanto stolti sono coloro che stimano filosofia il porre la causalità sopraddetta a fondamento della sciei^za. Nella quale ogni ramo che vaglia prendere r intdletto a conoscere e coltivare, dee rifarsi sempre dalla base empirica, e quindi per V analisi accuratissima, risalire lentamente la scala deir induzione. Ecco la sola ed unica filosofia che ho professata e raccomandata sempre nd miei scritti e nel mio insegna- mento, né credo che altra ve ne sia o ve ne possa es- sere per le naturali scienze né più convenevole né più ulile. Ond' ella che si è mostrata straordinariamente be- nevolo verso la mia Storia della medicina appunto per la filosofia che v'è dentro; avrei desiderato ch'ella r avesse dichiarata ia modo più esplicito esperimentale , quale io la espongo, sino ad. averla chiamata più volte e nella storia e dalla cattedra la Filosofia della sqttadra e del compasso ; affinchè a nessuno venisse in urente che la filosofia delia storia della scienza nostra fosse del ge- nere ùAìò tpecvioLtive; poiché in questo cado la mia storia invece di essere utile,, come io spero , alla edoc»* ziooe intellettuale medica, precipiterebbe questa in una irreparabile perdizione, lo ho preso per base della mia critica delle dottrine mediche , in quauto la medicina è scienza, la esagerazione filosofa: ia quanto la medicina è un'arte, la esagerasnone terapeutica, ed ho detto es^ Digitized by VjOOQIC . 228 INTORNO AL METODO sere i due graDdi vìzii, Tuno nocevole alla scien2a, r altro alla umanità, se la medicina è dominata da filosofie speculative e se è neir uso pratico sopracca- ricata di vani e innumerevoli farmachi. Ho dimostrato che Ippocrate intanto stabili ed insegnò il vero nnetodo sperimentale, in quanto liberò la scienza e l'arte, che era corsa dagli Orientali ai Greci, dai Greci sino a lui , dalla schiavitù delle filosofie speculative, dandole invece quella filosofìa che germina dalla sintesi empirica, dal- l'analisi, e termina nella più castigata induzione. Dal secondo decennio del presente secolo in qua io ho te- nuto sempre lo stesso linguaggio, e da questo e da quello è penetrata e investita da capo a fondo la mia Storia della medicina. Io non mi sono rivoltato ostile, siccome alcuni oggi fanno, né all'idea né alla parola di, una forza, pe- rocché presa come ultimo termine delle induzioni fisiche e cosmiche non nuoce a nessuna scienza. E nel modo come va considerata in medicina, vale a dire forza del moto di tutta la creata materia , e non elargita soltanto alla materia organica, e tanto meno causa di questa, non solo non può recare verun danno né inciampo al metodo sperimentale ; ma anzi considerata di tal modo serve a due usi importantissimi e necessari. Primo, raf- forza il concetto che la Specialità di tutti i fenomeni vi- tali dipenda in modo esclusivo dalla organizzazione; perocché la forza del moto non può che continuare il movimento molecolare di tutf i corpi della natura egual- mente, ma quei moti nella natura resultano appunto di- versi per generi e per specie distinte, per essere diverse le composizioni materiali di quelli e di queste. In se- condo luogo essendo una forza concreata ed attergata alla materia per tenerla in continuo moto , noi non ab- biamo né possiamo avere alcun mezzo diretto né per Digitized by VjOOQIC TENUTO NELLA STORIA DELLA MEDICINA. 229 accrescerla né per diminuirla : dessa è nel suo fine e nella sua sostanza inalterabile. I morbi rappresentano gli osta- ^coli, gli impedimenti alla sua libera e intera effusione. La terapeutica non può scemarli e rimuoverli se non agisce sugli struménti ed aggregati organici, onde attraverso di essi ritorni, e si riordini, e si renda liberoe pieno il pas- saggio dell'attergata virtù motrice. Il cui andamento verso un 6ne preordinato su tutti i corpi sì oi^anici che inorgà- nici, non è che la continuazione di un impulso primo rice- vuto nell'atto d'ella creazione; impulso che non ha nessuna iatelligenza, che non può impegnarsi in nessuna lotta, e che non resulta curatore o medicatore dello stato mor- boso, se non che quando^ come la luce o il suono nelle loro vibrazioni e ondulazioni, tolti gli ostacpli, modifi-* cati i corpi pei quali possa di nuovo liberamente passare ritornano per esso i moti molecolari a ricostituirsi nella qualità, nella direzione e ne) complemento che avevano. Seguitando quindi le ragioni fisico-chimiche dell' Ippo- cratismo moderno, l' innegabile fatto dei poderi 5t^er- stiti fisiologici nelle malattìe, dello spontaneo proscio- gliersi in molti casi dello stato morboso , di quella insomma che in antico chianìossi forza tnedicatriee della natura, va a restringersi nel concetto d'una irradiazione che riacquista il suo perimetro per l' abituale impulso diffusivo, rimpetto al quale o gli ostacoli sono stati in- sufficienti per sé, 0 sono stati scemati o tolti dall'arte. Che se cotesta forza dovesse rimanere nel concetto d'un processo assimilativo, non s' intenderebbe più come al- cune spontanee guarigioni avvengano invece per disas- similazione e denutrizione , né come un processo attivo che si tiene effetto dell' organizzazione possa farsi causa del riordinamento di questa, massimamente se si tratta di malattia unive^rsale come si credon quelle del sangue: né (jome gli organicisti che non vonno sentir parlare di PUCCINOTTT. 20- Digitized by VjOOQIC 230 liNTORNO AL METODO forza né attergata né superiore alla materia, ammettano I)oi ipiplicitamente nei loro procesai assimilativi un^ atti- vità interiore alla materia organica stessa ^ riguardan- dola quale resultante . delF organo assimilatore ; impe- rocché tale essendo diventerebbe una potenza passiva inetta per conseguenza a riordinare F organo proprio, né i vicini né i lontani. Da Ultimo le aggiungerò , che il concetto di forza così inteso, come le scienze quali sono oggi co lo permettono, impedisce che la mente dei gio- vani si stia sempre avvolta nelle materiali cose, mo- strandole una causa che senza essere né Dio né^ anima ^ sta purea] di sopra delia materia, ed é, come le ma- tematiche, il ponte unitivo d' ambedue le scienze, cioè delle naturali e delle soprannaturali. Imperocché io stimo che sapendole concepire ed usaire , le due astrazioni di /brjo del moto, e di numero, che è altra forza divisiva delle quantità', ritenendole per Je due sole astrazioni permesse nella filosofia sperimentale, questa le possa adoperare non solo senza pericolo alcuno di dare nel falso, ma and per piramidare meglio, e dare più finite proporzioni, ed Un prospetto più maestoso al suo edifizio. Potrebbe dunque stare in piedi il mio medico edifizio, se io gli avessi dato per fondamento il pinnacolo, ossia la forza? avrei io potuto cominciare a costruirlo da co- tjBsto principio? Io stimo tanto il suo ingegno e la sua dottrina, chiarissimo signor Raffiaiele, che. quando lessi nel ano articolo queste parole (pag. Itti) « Egli ha ^mpre am« » messo un principio generale primitivo dal quale ha ]» fatto dipendere la intera scienza individualizzata. in . » esso senza mutarsi -mai, e come formola lo ha ripe- » .tute in tutte le sue opere, e dal prinoipio di una forsa 9 e da quello di cau^a/ttò muove tutto lo svariato edi- » fìcia del Pucciriotti » corsi subito a rileggere il proe- Digitized by VjOOQIC • TENUTO NELLA STORIA DELLA MEDICINA. 231 mio della mia storia, che pur mi codiò gran fatica a comporlo, e veramente non vi trovai cagione che ella De potesse trarre cotesto giudizio. Rividi i miei discorsi sulla sapienza d' Ippojprate e vi trovai raccomandato il metodo empirico, la sintesi empirica suir esempio del gran padre della medicina : rividi la mia storia delle perniciose e^la trovai tutta innalzata sul fondamento empirico-analitico;, rividi la patologia induttiva, e vi trovai il mio empirismo puro, e di nuovo la sintesi em- pirica r analisi e la sintesi induttiva, come carattere esclusivo dei metodo da adoperarsi in essa, oade acquisti un valore clinico; rividima Introduzione alla mia clinica in Pisa, pubblicata nel 4840 col titolo, Dei fondamenti della medicina clinica, e vi trovai subito alla prima pagina di- chiarato, che cotesti fondamenti altro non sono che i^iì fondamento empirico o naturale, %^'iì fondamento anali- tico o sperimentale, 3 il fondamento razionale o induttivo. Quando si tratta adunque di fabbricare gli edifizi della scienza cotesto è il procedimento delle operazioni intellettuali 'che io no creduto e dichiarato sempre indi- spensabile. Quando poi si tratta di giudicare lo stile e il valore di tali edffizii, -eh' è T officio della stòria della medicina, nel quale officio non può essa esercitare altra filosofia che la propria, cioè la sperimentale, le è per- messo di chiamare priuctpto delle sue indagini la. cima deiredifiziò piuttosto che le sue fondamenta, e ricomin- ciare i suoi esami da qualunque dei tre elementi costi- tutivi del metodo scientifico. Forse a lei sarà sfuggita questa differenza tra il fabbricaiiìte ed il giudice della fabbrica, o forse io non l'avrò bene nel mio Proemio dichiarata. Tuttavia sembrami di aver dcitto b ripetuto più volte la necessità di attendere alla differenza delle due filosofie, delle speculative cioè e delle sperimentali, e come la medieina e le naturali scienze abbiano avuto y Google 232 INTORNO AL METODO EC. sempre immenso danno (|uando si sono costituite ancelle delle filosofie speculative. Che se non bastasse quanto su ciò ho detto nel proemio della mia stòria (p. 23), ella Io. potrà rivedere ampiamente trattato simile argomento, e condotto allo stesso fine nel Discorso sulla filosofia di Galileo. Ma il non aver ella colto né il Galileo, né me su questo argomento importantissimo, non è cólpa sua; è colpa dei tempi d' oggi, ne' quali si vuol farne di nuovo tutto un miscuglio, per ritornare sulle pretensioni degli Alessandrini e degli scolastici, e gittare in un altro smar- rimento tanto la fisica 'che la metafisica, senza la spe- ranza di avere un secondo Galileo che per bene del- r umanità ambedue le rimetta al loro posto. Ella mi avrà per iscusato se sono disceso con lei in queste dichiarazioni , se considererà che non essendo una storia della medicina Heve fatica, non è nemmeno lieve per me ch^ siano ben comprese le intenzioni ed il fine che mi sono prefìsso nel compilarla. Desidero poi che ella stampi nel suo applaudito Morgagni questa mia lettera , onde il pubblico abbia un testimonio della grati- tudine che^ io sento per T ingegnoso, elegante e dotto articolo da lei dettato sulla mia Storia, e del vivissimo desiderio che io nutro che la sua bella mentis stia sem- pre chiusa alle seduzioni di certi magici filosofanti d'og* gigiorno, che pretendono con una formola metafisica d'abbracciare la scien!za di tutta la natura; quando noi medici dobbiamo esser convinti che cotesta natura non b' intende che studiandola attentamente a menomissime porzioni per volta , e per continue osservazioni ed espe- rienze provate e riprovate. ' Le porgo la mano, e mi onoro di esserle Obbl. e affez. servo e collega F. PUCCINOTTÌ. y Google 233^ PREEiraillirARI AL VOLGARIZZAMENTO DI ARETEO* §1; Tempi nei quìi yisse Areteop e loro carattere storico. Concorde è la sentenza degli scrittori intorno Are- ico, ch'egli fiorisse in quel periodo .del romano impero che prese nome dalla famiglia Flavia. Il carattere di que- sta età si determina giustamente, per poco che si ri- ]N*enda dalie origini sue il procedere delP umano incivi- limento, e si consideri come or collegati gli elementi morali di esso, ora disciolti, ogni volta che tornarono a combinarsi portarono con sé l* impronta deir avanza- mento, che la civile sapienza, dalia forza alla virtìi, dalla virtù alla filosofìa, va segnando nel corso delle nazioni. Roma dapprincipio ebbe riunita la civile sapienza sptto forma teocratica nel primo suo legislatore. Dopo Numa la concentrazione morale si disciolse , e corse una età di materiali impulsi , e di forze dispotiche che fecero sen- tire al popolo il bisogno e il dritto .di rappresentare egli solo la cosa pubblica. Effetto mirabile di questo senti- mento furono i tempi consecutivi della romana libertà , in che le parti smembrate della sapienza civile tornarono a riunirsi neir elemento morale del patrio eroismo e della virtù pubblica ; e V elemento teocratico primitivo sMden- * Pubblicato in Firenze dal Ricordi e Gomp. , nei 1836. 80' Google Digitized by 234 PI\ELIMLNAni AL VOLGARIZZAMENTO D' ARETEO. tiflcò coir amore della gloria nazionale. Catone il mag- giore fu il simbolo di quest' epoca, la quale rallentando la sua forza sintetica verso la fine, si tripartiva, e per le cose naturali Àsolepiade, per le morali Cicerone, per le civili Cesare, la rappresentavano e la chiudevano. L'impero della famiglia Giulia tutto di nuovo disciolse, e la pazza tirannia (}i alcuni mostri che vi comparvero, avrebbe spenta ogni sapienza, se questa non avesse sempre un sicuro refugio nel cuore de' magnanimi , e natura da nutrirsi della stessa oppressione. Però il fine della gloria- e del bene pubblico non potendo più effet- tuarsi,, si convertì in un fine di gloria, e bene indivi- duale; e la sapienza dove non diventò vendereccia , non fu che un esercizio di osservazione sulle cose fisiche, e un ammaestramento a resistere e non sentire i mali mo- rali , e isolare lo spirito dal commercio non sdo della cosa pubblica, ma dei medesimi sensi corporei. Plinio naturalista, Seneca stoico, Nerone tiranno, conchiusero quest'epoca di civile dissoluzione. E il periodo d'Augu- sto intanto potè segnalarsi di alcuni fngegni straordina- rii, perchè educati e nudriti nei tempi della repubblica. Oltredichè è da osservare che i sapienti cui toccò di as- sistere ai funerali della romana libertà, si distaccarono dallo scopo unitivo , e si spinsero coraggiosi in varie di- rezioni ; onde furono per un avanzo di spontanea energia grandissimi , anche quando èrano piti divisi e repressi. Questo avvenne nel primo disciogliersi àeW unità intel- lettiva di quél popolo libero. Che nel passaggio dal di- scioglimento a nuova unità, avvenne il contrario fetìo- ^meno; vale a dire che il pensiero riconcentrandosi con tutta forza riacquistò spontaneità od energia unitiva , prima sopra l' individuo , e quindi mano mano sulle as- semblee, e da ultimo sulla cit^à e sulla nazione. Per tal modo il regno della sapienza oome quello della politica Digitized by VjOOQIC PRELIMINARI AL VOLGARIZZAMENTO II' ARKTEO. 235 contiene ne' suoi decadimenti i principii ddle sue rige- nerazioni. £ quella specie di rinascimento che ebbe in Roma la sapienza naturale, morale e civile dal primo imperio della famiglia Flavia sino a Commodo ultimo di essa, avea già i suoi soppiatti elementi in quel tram- busto sanguinoso , che consegnò air esecrazione de' po- steri r ultimo della, famiglia Giulia. La scuola di Seneca avea riposto negli animi la spontaneità , frutto della stoica . concentrazione. £ quando Vespasiano collocato sul trono girò attorno lo sguardo pel suo vastissimo impero, lo trovò bieco di stoici, e attorno^ sé e in tanti luoghi, che temendoli come associati e potenti di pensieri , di volontà e di numero, dovette salvarsene col cacciarli. di Roma. Neir impero adunque della famiglia Flavia, che fu im- pero di pace , le membra sparte della sapienza italianqi poterono di nuovo convergere air unità , e riprendere la Torn^ d'>un progresso effettivo. Il quale fu intanto difìle- rente da quello de' tempi delia repubblica , in quanto r uno nasceva da libertà conquistata , e si spandeva con leggi proprie sopra un popolo eroe; l'altro nasceva , da libejrtà conceduta e si spandeva colle leggi d' un principe, in mezzo a un popolo quanto più atto al pensare, tanto meno all' agire, e che blandiva la pace per sentimento di patria carità , congiunto al bisogno di .agiatezza e al desio d'opulenza. Nulladimeno questi tempi di civile tranquillità valsero ai sapienti per rivedere tutto il fatto in addietro, ricònnetterlo cpl presente, ordinarlo e diri- gerlo ad una nuova sìntesi, la quale rappresentasse in una maniera, direi quasi ecdettica, il carattere della età in che vivevano. E ciò che perdette questa sintesi nella parte civile operativa, lo acquistò nella intellettiva; pe- rocché lo spirito umano potè spogliarci della fierezza, e ingentilire le facoltà e ricercare elementi morali più puri, ftioo a quello d' una sola causa soprannaturale, rettrice Digitized by VjOOQIC 236 PRELIMINARI AL VOLGARIZZAMENTO D'aRETEO. degli umani destini. E qui la filosofia libera nelle sue speculazioni dichiarava le attinenze dell' uomo, non solo con la città e coir impero, ma coli* umanità in generale e coiruniverso;e si mostrava avida d'un principiod*unioue unico e vero, che collegasse nel vero bene la morale ci- vile e religiosa. Ritenendo la parte fondamentale del suo carattere italico la filosofia romana non voleva più essere esclusiva, ma si assorellava con tutte le forestiere; per cui il campo deir intelligenza rendendosi più vasto, me- glio si prestava a una generale sistemazione di tutte le conoscenze umane di quel tempo. Le scienze naturali oltre all'accrescere, perchè non temute e non turbate, la parte empirica delle osservazioni e dei fatti, levavansi a teoriche, che, o si fondevano nel principio della adot- tata filosofia, 0 a quello per una serie d'idee concate- nate e progressive riconducevano. Le arti favorite an- ch'esse grandemente, manifestavano nella loro estetica (|uella migliore filosofia o storica o mitologica, che più si uniformava al carattere dell' età. In questo periodo adunq^ie il romano impero , retto dalla famiglia Flavia, mitrfava della corona della sapienza filosofie^ le conqui- ste della sapienza civile e operativa delF epoca della li- bertà, e segnava l'ultimo punto di incivilimento, cui seppe giungere un popolo classico, poco innanzi alla sua stupenda rovina. ' §n- Gorrispondenza fra il carattere filosofico delle opero d'Areteo e qpaelle della sua età. tra i molti uomini adunque che resero cotesto pe- riodo storico più celebrato, deve contarsi anche Areteo. Il quale assai probabilmente scriveva i suoi libri di me- Digitized by VjOOQIC PRELIMINARI AL VOLGARIZZAMENTO D' ARETEO. 237 dicina ai tempi di Trajano; e scrivevali in Roma. Stabi- lita pertanto T epoca in che fioriva Àreteo, e il carattere storico di essa, occorre di presente ricercare, come lo spirito delle opere di lui a cotesto carattere corrisponda^ Nessuno ha finora interpretato filosoficamente la storia della medicina. In altre parole dirò, ehe non esiste an- cora la filosofia della storia della nostra scienza. Non ab- biamo che immensi materiali raccolti e disposti per or- dine cronologico. Dei primi sistemi medici italiani, che andarono di conserva co' primi passi della sapienza eu- ropea , e che formano altrettanti gruppi , cui vanno a riunirsi sotto dati uomini e tempi le idee ed i fatti che li costituiscono; e che sonò T espressione di quello stato delle uman^ menti , che riceveva influenza dalla politica e dalla filosofia, se ne parla sempre, o con imperdona- bile brevità, od anche con turpe dispregio. I sistemi de- gli antichi sono additati appena con due parole. Quando si è detto strictum et laxum, sembra d'aver detto ab- bastanza intomo al sistema de' metodici, e se ne trascura intanto la derivazione , e lo spirito, e il carattere di uni- formità co' tempi in che sorse , e l' influenza che esercitò questa prima dottrina medica italiana «ulla scienza in avvenire. Tutti gli storici non seppero dire e non dissero, che quanto si trova in Galeno intorno alle sette che lo precedettero; non considerando che Galeno doveva essere infida e debole scorta , interessato com'era a coglierle e rappresentarle tutte nel loro lato il più debole. Ascle- piade fu il primo che quanto vi era di polizia medica nella legislazione di Roma, e quanto vi era di medicina nosologica adunò o ridusse a forma scientifica. Fiorente negli ultimi anni della repubblica, e avverso per patrio sentimento ai Greci , dette alla sua dottrina un carattere tutto italiano. Condusse alla sintesi le condizioni dei mor- bi, 'Assoggettandole alla legge della fisica generale dei Digitized by VjOOQIC 238 PRELIMINARI AL VOLGARIZZAMENTO D' ARETEO. pori Stretti e larghi, e conesceodo che il satisfare al bi- sogno di porgere una guida air intelletto pe' suoi ragio- namenti in medicina, non avrebbe bastato insiememente alla esatta cognizione de' morbi, insegnò doversi ancora ricercare ciò che ciascuna malattia aveva di proprio. Il suo sistema terapeutico di valersi della temperatura del- r aria , o di quella delle terine , o de' ginnastici eserctzii, e delle unzioni, e delle frizioni e della rigida sobrietà teneva quel carattere positivo e robusto, che conveniva alla eroica civiltà del suo tempo. Sotto i Cesavi, Temi- spne distaccò dalle relazioni colla fisica esterna V antro- pologia, e la fé' cominciare e finire coir uomo stesso, imitando l' egoismo de'tempi tirannici ; e accennò il dogma scientifico delle attinenze che avevano le malattie fra loro, per legge organica propria. Tessalo sotto Nerone compì la sistemazione delle difTerenze essenziali dei mor- bi, e stabilì il solidismo dinamico dello strictum et laocum: _ma travidde i mutamenti di nutrizione nell'organismo, e introdusse come modificatrice del sistema la metasyn* crisi (récorporatio), la quale noa riteneva dello stato di- namico, che il moto revulsivo dal di dentro al di fuori. Queste dottrine esclusive corrispondevano al dispotismo de' tempi, e il conculcare con dispregio i predecessori, 0 i contemporanei che non le, seguissero, era la tiran- nide della scienza. Restituita allem^nti la libertà della ricerca al cominciare dell' impero della famiglia Flavia , ed ampliato il tesoro delle osservazioni da Dioscoride e da Plinio , l' uòmo cominciò ad esser di bel nuovo con- siderato in relazione colla estex:na natura, e comparve la setta dei pneumatici fondata da Atenèo, setta fiorente sotto Vespasiano, e vissuta sino ad Antonino. Si fece un passo al di là di Asclepi^de, ricercando un principio im- ponderabile, che fosse cagione del fenomeno fisico dell' al- largarsi e dello stringersi dei pori. E la filosofia specu- Digitized by VjOOQIC PRELIMINARI AL VOLGARIZZAMENTO D' ARETEO. 239 lativa assunse le forme d' un idealismo , prima eccletico per opera de^ stoico-platonici, che introdussero il pneu- ma , e quindi mistico e divinatorio per opera di Apollonio , Tianéo, e de^ gnostici; nel mentre che la filosoQa morale e pratica che mantenevasi ruvida in Epitteto guidato da vana speranza di ripristinare la libertà, assumeva sotto Antonino un carattere particolare di dolcezza e di bene- volenza, facendovi dominare V amore per V umanità, as- sociato alla religione. Predominante in questi tempi era adunque fra' medici la dottrina de' pneumatici ; e Sorano d' Efeso che tentò riprodurre la teoria de' metodici nella sua purezza nativa , le di cui lezioni furono poi raccolte e pubblicate da Celio Aureliano, fallì il proposito suo.; e invece indovinò V indole e il bisogno del secolo Olimpico di Mileto, dichiarando che lo stretto e il lasso nei corpi era seguito dalla generazione degli elementi, chie sono le cause dell' umido e del secco, del caldo e del freddo^ e che questo era statò il secreto che aveva coperto fi- nora il vero della setta metodica. Intanto adunque un principio fisico cagione de' fenomeni organici tolto- dal- l'universo, e modificato nèir limano organismo: cono- sciuti e associati alcuni dementi del chimismo animale alla sua parte dinamica : moltiplicate le differenze essen* ziali de' morbi. Questo carattere presentava la medicina italiana , quando Areteo avvisò di conformarvi i suoi libri patologici. Ma egli ricercando tutto il fatto in addietro, e il fondamento empirico della scienza , presto s' avvide che quest' ultimo aveva sofferto non poco attraversando sempre le teoriche da Asclepiade sino ai pneumatici, e che era mestieri ristorarlo , 30 si voleva che della teorica si giovasse , come di accessorio e di aiuto interpretativo, e non si perdesse in lui interamente. Ristabilì adunque la osservazione e la descrizione genuina dei morbi alla maniera ippocratica; e con ingegno e fedeltà tale , che si Digitized by VjOOQIC 240 PRELIMINARI AL VOLGARIZZAMENTO D' ÀRETEO. rese io questa parte insuperabile. Ricostruito il suo piano empirico associandolo air apalisi minutissima de' feno- meni non tanto organici, quanto eziandio psicologici, sali alle cagioni; e qui introdusse il principio della scuola de' pneumatici, a cui ricorse in alcuni casi di nervose malattie, e specialmente di una qualità d' angina. Ritenne fra dovè gli parve d' accordo co' fenomeni il dualismo dinamico , e fece spesso ricorso agli elementi del caldo e del freddo, dell'umido e del secco, come costituenti per lui, in analogia co' fenomeni del mondo esteriore j le principali differenze della natura de' morbi. Conservò le maniere curative dei metodici; ma richiamò l' uso pra- tico de' purgativi da quelli abolito; e preceduto da Dro- scoride e da Plinio trasse partito con mirabile sobrietà dalle scienze naturali e dalla botanica per ingrandire la materia medica. Per opera adunque d' Areteo la medi- cina italiana ristabilita nel fondamento empirico naturale, trovò un anello di riunione coli' empirismo ippocratico , e accolse e trasse profitto da tutta la sjapienza naturale e filosofica del suo tempo. Fino a Traiano quanto si sa- peva di meglio in medicina , tutto si accolse con pruden- tissima scelta in Areteo : da Traiano ad Antonino tutto si accolse in Galeno. Areteo delineò maestrevolmente e compendiò con la robustezza di Tacito, quanto la dot- trina immensa di Galeno seppe poi adomare ed ampliare in forma più grandiosa con la facondia di Tito Livio. Co- sicché Areteo e Galeno, il primo eseinplare e specchio al secondo, sono i due personaggi che rappresentano il carattere della scienza medica in Italia, il più in corri- spondenza collo sviluppo delle menti umane della se- conda epoca del romano impero. y Google PRELIMINARI AL VOLGARIZZAMENTO D' ARETEO. 241 § III. Pre^i speciali de' suoi libri di medicina. Pregio specialmente delle opere mediche di Areico, e tutti il sanno, è la dipintura al vero delle malattie. Ol- tre a ciò s^ incontrano in esse di frequente tali concetti fisiologici e patologici, che sebbene sia da fuggire il viziò comune ad alcuni di volere gli antichi quasi profeti dei più rari trovati e immaginamenti de^ moderni, tuttavia non si può a meno, veggendoli così perfettamente uni- formi co' nostri, di non ricordarne almeno i principali. Noi tralasceremo di parlare, siccome ha fatto Wigan, delle sue cognizioni anatomiche, nelle quali la storia a lui non attribuisce veruna notabile scoperta; sebbene il Testa e lacopi credessero Areteo in anatomia peritissimo, e che praticasse ancor V arte dell' iniezione sui cadaveri, per conoscer meglio la struttura degli organi e dei vasi. Lo stato attuale della scienza ci esenta ancora dal ri- membrare certe sue idee terapeutiche, e certi mezzi da lui proposti, che troppo sono disfòrmi dall' odif^rno uso, e che il tempo e V esperienza ha come inutili respinti. Della ginnastica, delle minute e rigidissime regole diete- tiche , e del metodo endermico, che costituiscono le prin- cipali sue raccomandazioni curative si può egualmente tacere; mentre le medesime erano tratte dal sistema d' Asclepiade , e de' metodici che lo avevano preceduto. Intorno alla descrizione di alcune nuove forme morbose, come d' una nuova specie d' idrope , della infiammazione della vena cava, e della^grande arteria dorsale, d'una nuova specie d'angina, e della monomania religiosa, al^ tri gli hanno già ripetute volte data lode bastevole. I mo- derai vi troverebbero anche ampliata la dottrina delle PUCCINOTTI. 21 Digitized by VjOOQIC 242 PRELIMINARI AL VOLGARIZZAMENTO B' ARETEO. revulsioni: accennata la sensibilità latente nel sistema osseo dove parla dell' artritide: un predominio assoluto delle malattie di flogistica indole , e nei capitoli della sin- cope, e della febbre ardente dichiarata apertamente la neurosis darà visto ^ con qualche altra idea conforme alle illusioni del magnetismo animale. Ma ciò che mi sem- bra sopra ogni altro notabile in Àreteo è quanto ei seppe . dire di puovo, in que' tempi da noi remotissimi, intorno al sistema nervoso, e al sistema capt/tare, quasi comple- tamente ignorati da tutti quelli che lo precedettero. Nel capitolo deir itterizia egli ammette un sistema capillare incaricato di trasportare e traspirare la nutritiva mate- ria per ogni dove nelF organismo; dicendo apertamente che i canali visibili non sono i soli per i quali si distri-' buisca la nutrizione , ed assegnando al nuovo sistema congetturato con mirabile previdenza una facoltà traspi- rante. Quanto ìli nervi , leggasi il capitolo sulla paralisi , e vi si troverà la distinzione de' nervi encefalici dagli spinali, il permutamento nella direzione che acquistano i primi per il cos'i detto chiasmo, la divisione de' nervi sensorii dai nervi motori, e la condizione morbosa di neurosi ammessa in varie malattie, e dalle altre di- stinta. Egli è il primo Àreteo, che dopo aver dato un quadro i^ più perfetto della mania, difTerenziò la mono- mania triste dalla gaia, ed insegnò innanzi a tutti quale influenza esercita la educazione nell' imprimere ne' pazzi le diverse forme, che la loro alienazione mentale in va- rie specie distinguono. Del quale sapientissimo avviso potrebberq, a mio credere, ritrarre assai profitto i mo- derni, che troppo inclinati a non prendere altro per guida di cotali differenze òhe le materiaflità organiche della fre- nologia, trascurano un canone morale feracissimo di nuovi lumi nella teorica e nella pràtica di tali infermità. Merito grande e dagli storici non avvertito è certa- Digitized by VjOOQIC PRELIMINARI AL VOLGARIZZAMENTO D*ARETEO. 243 mente per la medicina italiana V aver essa innanzi a tutte pensato a stabilire le relazioni essenziali fra le malattie; su di che posala dottrina medica tutta intera, in quanto è scienza: Taver veduta la necessità di congiungere in- sieme i tipi dinamici immaginati con elementi di chimica ragione, onde non solo il movimento, ma anche le per- mutazioni del processo vitale fossero avvertite nello stato morboso, e l'aver immaginato anche di queste, secondo il sapere d' allora , alcuni sommi generi che avean pure un lato di analogia ne^ fenomeni della natura esteriore: r aver sentito il bisogno di ricorrere a un principio fisico di causalità motrice {dpneuma) per le manifestazioni della vita organica in armonia con quella dell' -universo, dalla stessa forza animato: l'aver accennata quella gran verità, che le permutazioni materiali dell' organismo , e il loro risolversi in elementi primi di malattia erano quando feno- meni effettuati dallo stato dinamico morboso, e quando ef- fetti di questo: l' avere infine ricostruita e perfezionata la base empirica della scienza sulla osservazione ed esposi- zione del fatto naturale, e suH' ammaestramento ippocra- tico. Ecco lo spirita di quanto sf operò da que' primi medici italiani a vantaggio della scienza salutare, ed ecco insieme il carattere nativo e nazionale, che la medicina assumeva in Italia sino^dalla sua prima età. Carattere che, come la storia e' insegna , essa non solo non ha mai alterate né perduto, ma che è invece andata sempre perfezionando, valendosi dello sviluppo progressivo delle scienze che soccorrono alla medicina. Che se si guardi a quello della medicina itaHana de' nostri tempi, e allo spirito yjpoom- tico che la informa, vedremo come si mantiene pure etiologica la sistemazione de' sommi generi dei morbi : come l'umano organismo è «considerato in relazione colle forze di tutta la natura esteriore; come il principio im- * ponderabile deir elettricità, sostituito al pneuma, e primo Digitized by VjOOQIC 244 PRELIBOKABI AL VOLGARIZZAMENTO D' ARETEO. motore fisica deir universo , modificandosi ne^ corpi or- ganizzati si intenda oggi vitalizzante anche questi; onde da un lato per le scoperte magnifiche della fisica intorno ad essa, dair altro per le scoperte & gli ingegnosi pensieri de*fisiologhi,sul sistema nervoso e capillare, essendo que- sti gli stttdii eminenti della nostra età, abbia ormai conqui- stato tanto impero nella (istologia da imparentarla alle dot- trine elettro-chimiche quasi suggello del galvanismo ; e come finalmente anche alla medicina italiana dei nostri tempi sieno fondamento empirico gli atti spontanei della natura, ì tipi endemici, i fatti clinici, e in genere Tosserva- zione ippocratica. E in quella guisa che ai tempi di Areteo v*era una concorrenza progressiva tra la filosofia e la me- dicina-, del pari vediamo oggi come pieghino alla medesima compenetrazione e concorrenza, le scienze naturali e filo- sofiche. La quale concorrenza è manifesta neUnetodo uni- forme da tutti intrapreso. Imperocché se la sapienza civile deve mettere anche essale sue radici nel metodo naturale , come ammaestra il Romagnosi; se la sapienza morale e filosofica, come ha dimostrato ilMamiani, è {Partita sem- {Nre in Italia da Galileo in qua dallo stesso metodo , e ad esso oggi ritorna; se la sapienza medica che simboleg- gia quella delle scienze naturali e filosofiche non parte che dal fondamento sicuro degli atti spontanei della na- tura , che è quanto dire da un metodo naturale anch'essa; ai otterrà presto anche tra noi un accordo mirabile ne'di- vQrsi rami della sapienza del nostro secolo; e le scienze speculative e le naturali, connesse dalle matematiche, andranno di conserva e collo spirito medesimo ad uno scopo comune, cioè al maggior bene possibile deirumanità. y Google PRELIMINARI AL VOLGARIZZAMENTO D' ARETEO. 245 § VI. Codici manoscritti o Codice Laorennano. I primi codici manoscritti di Areteo, che. dopo la restaurazione delle lettere rimanessero , furono ricercati e fatti noti per opera d^ un dottissimo medico italiano , Paolo Giunto Grasso di Padova, il quale pubblicandone la prima traduzione latina in Venezia prèsso i Giunti nel 4552 parlò di tre esemplari da lui rinvenuti, ed e$a- minati, e posti a confronto, e illustrati, sui quali ei com- pose con fatica incredibile la sua traduzione. Molti altri poi se ne scuoprirono nelle varie biblioteche d' Europa. E il Kuhn ultimo editore dell' Areteo pubblicato in Lip- sia, fra i più ragguardevoli annovera i seguenti: L' Har- lejano del quale si valse il Wigan per le sue illustrazioni d' Areteo , è o(feso da difetti e da mutilazioni non poche. Talee pure il codice di Augmtaj adoperato dall' Heini- schio per la sua edizione , e il Bavarico nella biblioteca di Monaco, consultato pure dallo stesso Heinischjo , e lo Spagnohj che esiste nella biblioteca regia di Madrid. Di tutti il meno imperfetto si vuole il codice Parigino, che giace nella regia biblioteca. Fu pubblicato da Jacopo Goupyl nel 4554; e in esso si videro comparire per la prima volta cinque capitoli del secondo libro della cura delle malattie croniche , che negli altri codici si deside- ravano. L'Italia è la più ricca. de' codici manoscritti di Areteo. Ve n' ha uno in Venezia nella, biblioteca di S. Marco, esaminato dall' Heinischio : altro nell' Ambrosiana di Milano: altro nella biblioteca regia di Napoli, mancante dell' ultimo capitolo del secondo libro. Ma i più validi e i meno incompleti di tutti questi sono i codici Vati- ccMo e il LaurmsUwo. Il Vaticano ha servito al Wigan Digitized by VjOOQIC 246 PRELIMINARI AL VOLGARIZKAMENTO D' ABìETEO. come il più autorevole per le ioniche desinenze del dia- letto, e in questo lo preferispe a qualunque altro: del resto però ei vuole che sia assai viziato nella scjrittura, e lo dichiara aNii mctgis mi^Hlus. Ijlel che egli ha preso errore, interessato com' era a mettere innanzi a tutti il tjodice Harlejano. Nel Vattcano non maucano-che que*me- tlesimi capitoli, che si trovarono mancare in tutti gli al- tri dopo la comparsa del codice parigino, pubblicato dal Ooupyl. Più pregevole al certo del Vaticano gli è il Fio- rentino della biblioteca di S. Lorenzo: rimonta al secolo decimoquinto, è in nitidissima pergamena, di ottima scrittura, con alcune varianti ai margini, e di ionico dia- letto castigatissimó. Le notizie che dà di questo codice i! Montfaucon (t. I, pag. 989) ripetute dal Kuhn nell'edi- zione lipsiense del 4828, sono inesatte. Si dice che que- sto codice eÉt absqite principio Primum quod le- gitur caput est de tetano : il che è falsissimo. Il codice comincia come gli altri col capitolo dell' epilessia, e colla parola a5j3>vTnT«c ec. , il qual capitolo termina colle pa- role xapaTCT -KOLi aivrvwi toù t^stvoC. DopO questO segue Y altro ntpì TSTfltvow. Noi ci siamo valuti di questo codice per alcuni confronti col testo greco della edizione lipsiense in tutti i capi, fuorché negli ultimi cinque dell' ultimo libro, che non si trovarono che nel codice del Goupyl. Uh vorremmo qui tenere dalla parte deir Heinischio, che dichiara) intrusi ed apocrifi cotesti capitoli , che matM;a- vano in ogni altro codice fuorché nel Parigino. Ci sembra però che non sieno stati bene ribattuti tutti i dubbi del- l' Heinischio; é che ad essi sì potrebbe a^uògere : 1 * Che * cotesti capi, o fram'menti che abbiano a dirsi, mancano di quella ionica venustà che negli altri tenuti per genuini si ammira. §!• Che vi si trovano grecizzate alcune voci tecniche, che non cominciarono ad usarsi che qualche secolo dopo Àreteo, e che nel testo dell'opera del Cap- Digitized byVjOOQ le PKELIMINARI AL VOLGARIZZAMENTO D'ARETEO. 247 padocio non furono mài usate; come ad esempio la voce *sTpò?Ts).svov. 3 Che vi si incontra la millanteria d' uno specìfico denominato il mio misierio , che V Àreteo non ha mai proposto altrove, sebbene gli occorressero le me- desime indicazióni. 4* Che quantunque parli assai volte Areteo, r^é* capitoli sulle malattie acute del basso ventre, d' una membrana che s' incontra in questa cavità, non la nomina mai con la voce wsotTowatov ,- e non si sa in- tendere il perchè trattandosi di voce anatomica, si sia. riàerbato a nominarla soltanto in uno de' capitoli pub- blicati dal Goupyl , cioè in quello della cura del diabete. Non ci sembra per tanto ben provato come autografo cotesto pregio, attribuito esclusivamente al codice pari- gino. Noi però abbiamo creduto debito di tradurre anche cotesti capitoli, perchè il nostro volgarizzamento risponda alle più accreditate edizioni. Edizioni principali. Fra le quali la prima a comparire in elegante latino, e con tutta la robustezza caratteristica deir originale greco, fu quella (come si è detto) di Giunio Grasso pro- fessore in Padova nel 4552. Questa fé' sentire il bisogwo della pubblicazione del teiste greco, e Jacopo Goupyl diedp in luce per la prima voHa il codice parigino nel 4554. E perchè all' edizione lussureggiante dei solo testo greco toccasse il minor numero possibile di leggitori, non vi fu associata la versione latina. Nello stesso anno, e nella stessa Parigi si ristampò , forse per «pera dello stesso Goupyl, la versione latina di €rasso; unendo all' Areteo i libri anatomici di Rufo Efesio. L' editore annotò la versione y Google 218 PRELIMIKARI AL VOLGARIZZAVENTO D* ARETEO. in pili luoghi , e in alcuni mostrò dove la interpretazione latina di Crasso differiva dal testo. Vi si aggiunse la tra- duzione latina de' cinque capitoli intrusi nel codice di Parigi. Nel 4564 comparve la MHssima edizione di Ba- silea conttenente Medicae artis PrincipeSy per cura di Enrico Stefano. In essa si riebbe Areteo; ed Enrico Stefano ellenista e latinista certamente superiore al Gou- pyl,.vi condannò all' oblio le notarelle, che il medico , parigino aveva posto all' edizione dell' Areteo latino , per indebolire il pregio della versione di Grasso ; e si ristampò questa nella sua integrità, unendovi ancora i cinque nuovi capitoli latinizzati da Gelso Gglio di Grasso, e da lui stesso mandati a Pietro Perna editore. Più utile consiglio fu quello di Giorgio Heinischio di pubblicare un Areteo greco-la- tino, e la di cui edizione apparve povera di varianti e di note nel 1603; e ciò che la fece decadere dalla stima de' dotti fu r aver preteso l' Heinischio di riempire le la- cune di Areteo con de' passi tolti da Galeno, da Alessan- dro di Tralles, e da Paolo Egineta. Per la versione latina non potè trovar meglio che riprodurre quella di Grasso. Nel 4723 Giovanni Wigan, esortato dal celebre Freind, preparò e compì altra edizione greco-latina di Areteo, la pili commendevole delle fino allora conosciute. Molte fu- rono le varianti lezioni, e le emendazioni del testo ch'egli propose: le brevi ma succose note lo annunciano per ver- jsatissimo in an^be le lingue, e nello spirito dell'autore per lungo studio addestrato. Questa edizione ricca di ra- gionamenti sulla età e la setta di Areteo, sul di lui dia- letto iopico, adorna d'un lessico di greche voci, e d' un indice comodissimo, ottenne meritamente il suffragio de' letterati , e si mantiene anch' oggi in alta reputazione anche per la sua rarità, non avendone il Wigan fatto ti- rare che 300 esemplari. Dispiace nondimeno il vedervi una latina versione che non è qiiella di Crasso, essen- Digitized by VjOOQIC PRELIMINARI AL VOLGARIZZAMENTO D' ARETEO. %i^ dosi fatto il Wigan trasportare dalla superbia di dame egli stesso una nuova; nuova cioè in pochissimi luoghi soltanto dove alcune note potevano bastare; che nel re* sto cotesta ambita novità si riduce a inutili trasposizioni, e a giuoco puerile di sinonimi. H Petit tentato anch' egli di rinnovare la traduzione latina se ne distolse rifletten- do, che per poche mende che abbia quella di Crasso, è sempre la classica, satisque habet elegantiae et nitoris (Praefat. ad comm. in Aret.); ed appircò a sé e ad altri ingannati dalla stessa pretesa quel concetto di Temistio: « perinde ac Phidiae Minervam reformare de integro uni- » versam instituas, ut aut amentam soleis,aut ansulam » crepidis, aut ligulam baseis, aut quid aliud Pauxil- » lum,quod subsultet, reponas. » Il Boerhaave grandioso sempre ne' suoi progetti, ed abile nelle sue intraprese, meditava una biblioteca di classici greci in medicina: e mentre aveva chiamato a parte del suo lavoro il Groe- nevele, egli preparava intanto una nuova edizione del- l' ÀTeteo , che poi pubblicò sopra le altre commendevole nel 1734. Riapparvero in questa tutti i sudati latvori del Wigan : il testo greco fu quello del Goupyl: la versione latina, non quella del Wigan, ma fu preferita quella del nostro Grasso, alla quale per essere reputata la migliore basta , io credo, la preminenza accordatale da Enrico Ste- fano come letterato , e da Boerhaave come medico : vi si unirono gli eruditissimi commentarii del Petit, che videro in tale edizione per la prima volta la luce : le varianti di Henischio e di Scaligero, le congetture e le emendazioni di Triller , il ragionamento del Mattair sul dialetto di Areteo, e un indice locupletissimo. Il progetto del Boer- haave di una edizióne completa di tutti i medici greci non ebbe il suo compimento. Pochi anni or sono , man- davalo ad effetto il benemerito Ktthn nella sua.grandiosa collezione intitolata « Medicorum Graecorum opera quae Digitized by VjOOQIC 350 PRELIMINARI AL VOLGARIZZAMEINTO D^ ARETEO. • extant. Editionem curavi! D. Cafolus Goltlob Kuhn etc. i> Lipsiae, apud Car> Gnobloobium, ÌS^S, 1 1 volumi che contengono V Aretao sono il XXIV e XXV della colle- zione. 11 Kuhn ha riprodotto , quanto al testo e la versione latina, V edizione di Wigan. Nel primo volume oltre una erudita prefazione del compilatore, si legge anche quella deir editore Batavo, e si aggiunge il lungo ragionamento preliminare del Wigan. Segue il testo coVla sottoposta versione latina che comprende intero il volume, in fine del quale è un copioso iadice delle cose notabili. Il secondo volume è tutto di commenti e di illustrazioni. Oltre il completo commentario filologico e critico del Petit, vi SODO unite le dette annotazioni del Wigan , le brevi emen> dazioni del Trilter, V indice ^reco compilato dallo stesso Wigan con istupenda fatica , dove sono contrassegnate tutte le voci che consimilr si trovano in Omero, in Ero- doto e in Ippocrate, sui quali esemplari Areteo ha con- formato il suo stile, e si trovano pur quelle non reperìbili nel lessico costantiniano, e nel Tesoro di Enrico Stefano: chiudesi il volume colle varie lezioni del Wigan tratte dal confronto dei codici e dei postillatori più accreditati, e con una appendice a coteste varianti medesime. Questa edizione lipsiense è T ultimo lavoro, e ^ertamente pre- gevolissimo, fatto intorno Areteo. Tanto più lodevole, in quanto è comparso in tempi, ne' quali per una strana perversità nei letterarii costumi, rado è che si pensi a riprodurre ed illustr^ire gli antichi e classici esemplari. y Google PRELIMINAUI AL VOLGARIZZAMENTO D' A*HETE0.. 251 . §vi. Interpreti e Commentatori. Tocca al)e volle agF interpreti di essere invitati a voltare nelle* più note lingue que' classici , verso i quali . sentono maggior simpatia: la quale non è altro che il risultamento di una conformità reciproca o di tempe- ramenti o d'ingegni. A costoro riesce d'inspirarsi tal- mente dell! anima dell' originale che se la fanno quasi prò- . pria, e superano qualunque difflooltà, e quando azzardaho indovinano, e conseguono di rappresentarlo cosi bene, che ad altri i quali s' accinsero alla stessa impresa, anche con maggior diligenza e fatictf, non tocca di poter loro torre dal capo la corona , di che i primi si sono mitriàti* Crasso si pose a tradurre Àreteò sopfa codici logori, mutilati, appena leggibili. La di lui versione latina per(> è tale^ che ^ebbene in alcuni luoghi difettosa , nel com- plesso vi ha lo stesso spirito ionico, la stessa forza di concetto, la stessa eloquente vibrazione che s'incontra nel testo. 11 Wigao che si accinse a superarla, ottenne ài rendersi talvolta più facile e chiaro , ma non ottenne di trasfondere nel lettore l'anima di Àreteo. Fra le due versioni Jatine adunque che si abbiano avute fin qui del Cappadocio,. preferibile festa sempre quella del pro- fessore padovano. Io potrei qui addurre vari squarci ne' quali il meHto lelteraHo della versione di Crasso avanza di gran lunga quello del Wigan; ma mi con- tenterò solo di avvertire , che la troppa smania che era nel Wigan di emendare, e di chiarire le oscurità del testo, e di connettere le cose in apparenza disparate, lo ha condotto a tali licenze che niuno gli saprà- mai Digitized by VjOOQIC 252 PRELIMINARI AL VOLGARIZZAMENTO D' ARETEO. perdonare. Noi ne abbiamo nelle nostre note in fine di questo volume accennate alcune, quali omissioni gra- vissime, che oggi sono passate ad offendere anche la famosa edizione lipsiense, nella quale il Kuhn ha. vo- luto preferire la versione latina del Wigan. Abbiamo detto delle omissioni: ora delle superfluità. In queste ha talvolta peccato il traduttore padovano. Qualche esempio ne abbiamo date nelle note. Qui aggiungeremo quello che s' incontra verso la fine della cura della ce- falea ^ dove nel tasto si parla del pisello e delle due specie hocrtis et dolickus. Grasso qui non traduce , ma commenta: a quae a graecis boeri et dolichi nuncupan- ■ tur , illi cicerculae folio similes , hi faseoli aut lobi a » oonnullis vocitati. » Nulla di ciò nel testo. Tale è pure V altro commento piuttostochè traduzione che egli fa alla voce chenaJopex^ neir ultimo capitolo sulla cura della elefantiasi. Ma non mancano nemmeno nel Wigan simili esempii. £ per notarne uno, si legga nel capo V, » Melancholiae curatio^ il seguente passo : Quodsi ma« » lum recens fuerit neque multum homo a naturali ^» statu decesserit, praet^er haec alia medela opus non » est: leliqua tamen victus ratio necessaria est, praeter t haec alia medela opus non est: reliqua tamen victus D ratio necessaria est, et ad restaurandum corporis » habitum, etc. » Se questo non è errore tipografico, sarebbe un nuovo modo di chiarire un testo coir im- brogliarlo di vane ripetizioni. Per le quali cose s'in- tende come restando sempre principale la versione di Crasso, a nuovi editori e traduttori di Areteo sarà d'in- dispensabile necessità consultare anche quella del Wi- gan, e con questa emend^e e perfezionare l'altra del Grasso. Che seguitando a preferire o V una o l' altra, e ridarle còme stanno , le versioni latine di Areteo non cesseranno mai di essere sempre in molte parti difet- Digitized by VjOOQIC PRELIMINARI AL VOLGARIZZAMENTO D' ARETEO. 253 tose e imperfette. Oltre le versioni latine si hanno di Areteo anche le versioni in^ inglese, in tedesco e in francese. Autore della traduzione inglese pubblicata in Londra nel 4787 è il Moffat: a Vienna ne comparve *una in. tedesco nel 4790 per cura di Dewez: in un giornale di medicina di Parigi lessi, poco tempo fa, an- nunciata una traduzione francese di Areteo, del merito della quale non so dir nulla, non avendola ancora avuta sott' occhio. Ma ad aiutare le fatiche degF interpreti vennero i commentatori. Primo fra tutti il benemerito Petit fece attorno ad Areteo tali cementi, per copia e per dottrina, da disgradarne chiunque avesse ambito a far meglio. Molti senza dubbio sono i luoghi illustrati e dichiarati per essi. Tuttavia non è da tacere, che assai spesso piacque al commentatore francese di cogliere leggiere occasioni, più per forvi sopra una pompa del suo vario sapere, di quello che per migliorare la intelligenza del testo. E se si volessero que' suoi copiosi commenti ri- durre ai soli necessarii ed utili , scemerebbero almanco di due terzi. Delle illustrazioni di Heinischio , come quelle che incontrarono assai poca lode, non terremo menzione. 11 poco pregio della versione latina del Wi- gan, a rimpetto di quella del Crasso, è compensato dal sommo valore de* suoi commenti. Più sobrii, e più castigati di quelli del Petit non tendono che a miglio- rare la lezione, a introdurre varianti sempre opportune e ingegnosissime, e a stabilire con giudiziosa critica i confronti fra quelle di Scaligero, di Enrico Stefano, di Heinischio, di Goupyl, di Petit e di Crasso. Poco si- gnificanti al certo appariscono dopo quelle di Wigan, le piccole emendazioni del friller. E ne giova da ul- timo di poter annoverare fra i commentatori di AVeteo anche il sommo ellenista e metafìsico insieme Jacopo Pdccinotti. 22 Digitized by VjOOQIC 254 PRELIMINARI KL \0L6ARIZZAMENT0 D' ARETEO. Stdlini. Egli è il Testa, devoto e felice imitatore di Areteo, che nel suo librò delle malattie del cuore ci dà coteeta notizia. « Dopo la quale descrizione, egli dice, 9 conchiude Lod. Mercado |)erfettamente verificarsi in » questi esempii le cose narrate da Areteo colla solita » tragica eloquènza : come appunto dello stile di Are- » teo era solito esplicarsi queir ingegno . magnanimo » dello Stellini, che pure adomò qualche luogo di quel B greco medicò di bellissimo commento. » ^ 8 VII. Paroler in proposito del nostro Tolgarizzamento. Sebbene tant' oltre si sieno spinti gli studii in tomo ad Areteo, e per le interpretazioni latine, e per i com- menti copiosi essendovi un generale consentimento non occorra trattenersi. La terza parte riunisce in sé tali dottrine che può benissimo chiamarsi la filosofia n^edica; sebbene ad altri piaccia nominarla , come dicemmo, medica giurisprudenza; avvegnaché essa interpatri i principali dogmi della scienza, e ne stabilisca la critica, e ne apparecchi il progresso. Ed a tre oggetti ella rivolge Digitized by VjOOQIC MCMOiUÀ paiMÀ. 271 specialoiepte lo studio suo. Il prima è di esaminare i foodameoti delia scienza, e assicurarli /coq la storia fi- lospfìoa di essa. U secondo di metterli in connessione con le leggi della natura organica, tanto in sé stessa , quanto in relazione col momenti causali dei mondo e- steriore^ stabilire il come la natura si modiBchi nelle successive metamòrfosi di una sola potenza , attorno ai fenomeni della quale aggirandosi tutte le scienze uma- ne, abbia a scuoprirsi in fine àpche la connessione che Y*è tra le verità fondamentali di tutte loro, e quelle dalla medicina. Il terzo è di collocarla in una posizione ooncordevoie con tutto il fatato in addietro, e progres- siva nei suoi futuri destini, e rispetto a sé stessa, e ri- spetto alle sue relazioni con la civiltà progressiva dei popoli. La quale ultiiKia parte della medicina civile con- chiude ragionevolmente tutta la carriera de' medici studi ; avvegnaché dopo aver considerate le tre sezioni della medicina clinica, che sono la teorica deir uomo sano, la teorica deiruomo malato, e la dottrina teorica e pra- tica della conoscenza e curagione dei morbi ; si presentano i medici dinanzi alla società, dinanzi ai magistrati cui in- combe il ministero della giustizia, e sovvengono entrando pel tal modo nella medicina civile , coi loro consigli , e coi dogmi della scienza loro alla prosperità fisica dei cittadini, ^ all'ordine civile, sostenenck) le leggi della sociale sicurezza. Assuntasi adunque per tal modo e compita ) dopo la privata, la sua commissione pubblica, la medicina ritorna sopra sé stessa , e si contempla, e si rassicura dell'essere essa una parte integrale della ci- viltà. Vuol quindi vedere, se i fondamenti della sua scienza ricevuti nel privato insegnamento delle patolo- gie e delle sale cliniche, corrispondano e valgano a questo carattere, completo che ora ha ella acquista- to. Immedesimatasi colla civiltà e soggetta quindi BÌìe 4 Digitized by VjOOQIC 272 INTORNO ALLA MEDICINA CIVILE sue fasi progressive, potrebbe essa rimanere indietro di queste, e perdere pertanto T utilità sua : ovvero an- che costretta a seguirle trovarsi nella. necessità di va- riare ogni tanto i suoi principii fondamentali : o volendo schivare questo danno che la farebbe decadere dalla opinion pubblica, abbandonarle, e gitt^rsi senza bussola nel gran mare delle azioni civili. Compito adunque il suo giro scientifico ella domanda a sé stessa: quali sono i miei fondamenti invariabili , indestruttibili, qual è il punto che io ho fissato con sicurezza per V applicazione e di- rezione dei miei poteri intellettuali alla ricerca del ve- ro ? Quali sono gli elementi di progresso che io in me medesima contengo, e quali i mezzi per porli in opera e in relazione con quelli delle scienze umane, e del- l'umano convivere? L' aggirarsi intorno a queste ricer- che, e il satisfare a loro nel miglior modo possibile, è fuor di dubbio quella medica filosofia, che vale a con- chiudere il corso accademico della medicina civile. Della quale avendo presentato un prospetto, incom^pleto è vero ma pur sufficente per mostrarne T importanza a voi che la dovrete. considerare; conchiuderò questa prima parte della mia orazione col dire, che verrà un tempo in che le scienze che non avranno relazione con la cosa pub- blica cadranno: guai alla medicina se non si troverà allora quale un pianeta di primo ordine nel firmamento sociale ! ' IL Essendomi adunque proposto di ragionare nella se- conda parte delle relazioni della medicina civile colle principali tendenze del secolo, esaminerò per qual modo essa potrebbe rendersi utile, togliendo o menomando i y Google MEMORIA PRIMA. ^73 difetti che potessero per avventura in sé medesime con- tenere. Entro alle quali tendenze comprendo la morale e la letteraria , la filosofica e la politica dei nostri tempi. E partendo dalla necessità in che siamo oggi, che tutte coleste tendenze assumano insieme un carattere civile, non essendo sperabile in altro modo un reale progresso nelle fortune delFumanità, dico che a rendersi tali manca loro un sistema di educazione fondamentale, che allo scopo desiderato le riconduca. L'universo si compone di due mondi differenti : del mondo sensibile e del mondo intellettuale. Il primo è quello delle forme , il secondo quello delle idee. I quali due mondi si compenetrano in maniera, per una scam- bievole attrazione che 1* uno esercita suir altro, che si direbbe il pensiero e il sentimento non essere che l'ideale del mondo delle forme, e che il mondo delle forme non è che il pensiero vivente e sensibile. L' or- dine in tutto, e il tipo primitivo del vero reperibile dalle menti umane sta neir armonia di coleste due forze, il predominio violento e continuato dell' una o dell' altra è causa di disordine nelle cose, di errori nelle ragioni. I periodi storici della umanità i più distinti furon quelli in che si manifestò l' armonia di tali forze : la disarmonia appartenne mai sempre alle epoche di transazione. Il pe- riodo che oggi noi trascorriamo quale ha sembianza ? A' nostri giorni s' istruisce molto, e forse anche be- ne; ma si educa poco, forse anche male. 0 l'educazione è tutta sommersa nella istruzione intellettuale, e non deve esserlo : o volgesi ancora alla forza del sentimento , e in tal caso presenta due difetti ; l' uno è quel frenare di troppo e senza pòsa \ suoi impeti spontanei per ridurla ad una completa passività, od ad una femminile mol- lezza: l'altro è il non saperlo preparare né dirigere di conserva con la istruzione intedlettuale. In ambedue i Digitized by VjOOQIC 274 INTORNO ALLA MEDICINA CIVILE casi r educazione è sempre manchevole in confronto della istruzione. Giacché esiste, quantunque general- mente non avvertita, una non lieve differenza tra T edu- care e r istruire. Educare è !' arte di dare alla volontà tali abitudini. che possano essere convertite in principii. Istruire è l\arte di presentare alle facoltà intellettuali gli oggetti che possono essere convertiti in idee. Diri- gere la volontà a oggetti puri, nobili e grandi, ad azioni fatichevoli e meritorie, sino al punto di annullare la con- sapevolezza del sacrifizio, osino al grado che la volontà vi si senta spinta fortemente per proprio suo impulso , tale è, e tale deve essere lo scopo e il resultamento della educazione. Il concorsp di questi mezzi riuniti presta al carattere la dignità, T unità e la fermezza ; o per meglio dire lo forma. L'entusiasmo, la operosità, Ipi energia sono fenomeni che partono dalla robustezza del sentimento. Dunque l'istruzione non può supplire alla educazióne; e quando quella usurpa il loco di questa, è intemperante e dannosa. Qui la medicina civile può, anzi deve porsi alla tutela della forza del sentimento , parte fondamentale della educazione non minore di grado né d'importanza della forza intellettuale, e studiare a tutti i mezzi possi- bili onde per troppo favorir questa l' altra non n^ scapiti jclannevolmente , e al fine di trovare e stabilire fra esse tale un temperamento, che tra X una e l' altra la causa- zione e l'effettualità si avvicendino con giusta misura di tempo e d'impulso. Forse io m'inganno, ma veggo in questa sproporzione di energia tra ambedue le notate fa- coltà quella perpetua contraddizione tra i pensieri e le azioni, che rende vie più crescente e deplorabile ai no- stri di la mancanza di grandi caratteri sociali. E al deca- dimento di esdi, che sono i primi tesori di un popolo., non so quanto- valgano in compenso tante agiatezze e molti usi introdotti, o tanti moltiplicati mezzi per ridurre Digitized by VjOOQIC MEMORIA PRIMA. 275 la educazione alla sola ìatriizione, e convertirla nella abitudine di affogare il puro respiro deir anima nella polvere dei giornali. E più mi reca stupore il disaccòrdo tra tali difetti, e la legge impostasi dalla presente società di tutto rivolgere al bene e alla prosperità nazionale. Ma si avveggono gli stessi fautori di tale parzialità intellettuale, che v'è una disarmonia tra l'andare del mondo e le tumultuarie pretensioni che gli sovrastano : e ciascuno di essi, tenendosi' sempre e solo alle cause morali, scrive e si adopera per raddrizzare T istruzio- ne, suir avviso che ogni male (lipenda dal non essere essa 0 equabilmente o bastevol mente diffusa. Il che a parer mio è un contemplare la causa da una parte sola: mentre V altra non è netla istruzione, ma neir educazio- ne, e mette radice primariamente e unicamente nella debolézza del sentinvento e dei corpi. Alla quale debo- lezza non badano! sistemi moderni di svituppo e per- fezionamento umai^tario ; tutti lodevoli per gli elementi che coltivano, riprovevoli tutti per quelli che lasciano. E una educazione che non attenda alla forza del senti- mento, ma solo allo sviluppo mentale, potrà dirsi istru- zione e forse anche completa ; ma non sarà mai una perfetta educazione civile : sarà atta a formare i dotti ma non i veri cittadini : i filosofi speculativi, ma non i fi- losofi pratici. Imperocché potete esaltare T intelletto an- che al disopra di tutte le sfere celesti ; ma tale esalta- mento senza alcuna volontà sarebbe nullo: una volontà senza un fatto corrispondente cui si leghi è un sogno : enei^a intellettuale, energia di volontà, energia Si azione formano un circolo di fenomeni che dalla mente al corpo discendendo , dal corpo alla mente ritornano. E se in que- sto circolo necessario la debolezza del corpo contrasta alla pretensione intellettuale, o si ha un dire arrogante vuoto di fatti , e mutabile alle più lievi occasioni ; o si Digitized by VjOOQIC 276 INTORNO ALLA MEDICINA CIVILE ìDebbriano gli animi per un istante nelle im[»rese. ralo- rose; ma il difetto d'abitudine a convertire in principio IMnflueoza deir esempio, smarrisce in loro il proposito, e gli richiama dair agitato Comizio alla domestica nullità. In mezzo a tale sorprendente contradizione tra i pensieri e le azioni , sempre più si aumenta la difficoltà di tro- vare nelle nazioni que' grandi caratteri, che a preferenza del genio e dello spirito valgono a dar loro una gloria vera e durevole. Il genio isolato dal carattere o con esso in opposizione , cessa dall' avere un' influenza civile: e fossero pur oggi molti cotesti genj di facile creazione, la civiltà nazionale non ne trarrebbe né profitto né gìo^ ria, se non agissero su lui coli' appoggio di un grande carattere morale. Come il genio può giovare alla civiltà? Comprendendo con forza una grande idea archetipa della triplice forma sociale ^ ossia un principio morale,, o poli- tico, 0 religioso. Per farsene V idea dominante e direttrice di tutta la vita è mestieri non solo concepirla .con tutta l'energia dell'intelligenza, ma con tutta la valentia del sentimento, e seguirla con, coraggio e perseveranza im- mutabile. Quando il genio ha acquistato tale proprietà , è allora che può congiungersi insieme con un carattere che a lui corrisponda. Se è un fatto che questo miracolo s' incontri assai raro nel nostro secolo , b altrettanto vero che la forza della volontà vi è assai al disotto dello svol- gimento mentale. Ed è in cotale difetto di animo che mette capo la povertà in che ci troviamo di grandi caratteri che dieno insieme grandezza storica al nostro periodo civile: sebbene le idee grandi e i genj che le coltivano e le manifestano si dica che ingombrano come turbine tutto il cielo europeo. Sembra pertanto che essendovi una potenza intellettuale abbastanza sviluppata, a for- mare di nuovo i grandi caratteri sociali non manchi che porre al paro di essa con una diversa educazione fisica la Digitized by VjOOQIC MEMORIA PRIMA. 277 sanità e il vigore del sentimento^ che è TofiBcio della medicina civile. Dal medesimo difetto di proporzione tra la forza in- tellettuale odierna e quella del sentimento, dipende il non essere più atti alquanti de' nostri a nudrire amore per i grandi patriarchi deir eloquenza e della storia delle passate età, e quel facile impazientire di essi alla fa-, tica ardua dei principii, e la miserabile pretensione di poter creare una letteratura senza esemplari, senza pre- cetti, e tutta oziosa d' inspirazione; non considerando che della saggia e sostenuta inspirazione non godono che i veri sapienti, e vera sapienza non esiste se non è concatenata con quella de' classici dell'antichità, e se non procede ordinata con regole e precetti: non riflet- tendo , che porsi in mezzo alla natura per averne inspi- razioni non basta, ma bisogna saperla osservare e inter- rogare per esserne convenevolmente inspirati ; e l' arte di osservare e d' interrogare la natura e saperla tempe- rare con la estetica degli affetti è assai meno spontanea che tradizionale: è arte che si raffinò col perfezionarsi degl' ingegni : è arte che risalendo ai primi periodi della civiltà greca trova un Omero, ma prima di Omero aveva già esistito la sapienza egizia, è fors' anche la etrusca: è arte che risalendo ai primi periodi della civiltà italiana trova un Dante Alighieri, ma prima di Dante avevano già esistito la sapienza greca e latina: è arte infine che non si può distruggere né rinnovare, senza distt*uggere insieme la natura e rinnovare l'ingegno umano. Quella che dicono oggi maniera moderna di esercitare la po- tenza letteraria non significa altro, che fecondità di mente, e mollizie e volubilità di sentimento. Non pò* tendo più concepire né trasfondere in altrui la vera grandezza, si cerca d' illudere sé ed altrui .colla stranézza e mostruosità degli argomenti. Quando il sentimento è PUCCINOTTI. 24 Digitized by VjOOQIC 278 INTORNO ALLA. MEDICINA CIVILE debole, per iscuoterlo conviene presentargli la statua di Marsia scuojato, non la Niobe, non il Laocoionte. Quando gli omeri sono infraliti , i veri maestri della storia, testi- moni di grandi imperi, dipintori sommi di grandi virtù e grandi vizi, e veri interpreti de^ più (Solenni mutamenti civili, sono un peso enorme insopportabile; e loro m^ glio si acconcia la leggerezza del racconto d' un novel- liero. Il che tutto a parer mio è debolezza non d' inge- gno né d' intendimento; ma di quella forza d' animo che fa rigettare con disprezzo i frivoli diletti, e che^ non ac^ coglie volentieri e non si scuote che dinanzi ai modelli delle grandi virtù pubbliche, e che non presta la sua attenzione che ai fatti che frammisti riconosce al movi- mento civile. dei popoli, e degni della benemerenza della presente umanità. Ninna letteratura può rendersi civile se non è vigorosa e grande, se non è lucida neir ordine, retta nel fine, dignitosa nella forma. Per noi Italiani aU roeno è cosi Riponendo adunque pon nuovi provvedi- menti sociali la educazione della volontà a livello della intellettuale, si otterrà un sentimento più vigoroso an- che fra gli uomini di lettere, e ritornerà la parte estetica della sapienza civile a riprendere il suo vero ritmo; e la scuola romantica che ha pure fecondo il pensiero, acqui- sterà nobiltà e costanza di, affetto; e invece di straziare 0 ammollire i cuori , o di fare oltraggio con istrane cose o triviali alla maestà delle lettere, tenderà a rendere più gagliarde le lodevoli passioni civili, se vuole assu- mere anch'essa il carattere e T officio di letteratura na- zionale. Altrimenti si ridesterebbono i classici, perchè il riposo dei valorosi non è mai lungo; e il romanticismo sarebbe apprezzato, allora come il canto del bardo, che conciliava il sonno agli eroi addormentati sui propri trionfi. La filosofia è oggi tornata al significata di una en- Digitized by VjOOQIC MEMORIA PRIMA. 279 ciclopedia sistematica, di una sintesi di tutti i sommi capi del generale svolgimento deir intelligenza. Quindi se la tendenza del secolo eccede nella istruzione a sca- pito della educazione^ la filosofia deve riconoscersi nella sua sintesi come par;ziale ed incompleta , e per conse- guenza tutt'ora inefficace ad assumere quel carattere civile complessivo atto a feivorire lo sviluppo di tutte le facoltà deir uomo, e promuovere quello insieme delle nazioni^ anche dove sarebbe libera per bontà di ordina- menti politici la trasmissione della sua influenza su tutte le condizioni sociali. La storia della filosofia , quale h^ dovuto oggi modificarsi in Europa, testifica T avverato riconoscinàento. Perocché avendo dapprima tutto ridotto atrio, e cancellata ogni realtà deH' obbiettivo, più tardi riprese questo, identificaodolo coir assoluto, e richiamò la natura, prendendo dà essa il titolo della sua filosofia. Dair identità assoluta si divisero di nuovo in due schiere i filosofi, riconducendosi quasi sulla dualità, e nel men- tre che una si volse air emisfero spirituale, T altra s' apprese air emisfero materiale ; e qui le apparsero le copióse relazioni col mezzo delle quali tentò di rag- giùngere con più fortuna l'ideale della scienza del pensiero umano. Non tanto adunque per ristorare la filosofia nella sua indole essenziale, che non può rap- presentare mai altro che ujia relazione causale tra il subbiettivo e V obbiettivo , quanto per spingerla più presto al suo destino civile^ onde non sia più una vana pompa del pensiero, ma una scienza cooperatrice al bene pubblico; la medicina civile può avervi una influenza non lieve, presentando sé stessa per un modello di filo- sofia operosa ed utile allo stato, col temperare le di lui tendenze tra la forza dell' intelligenza e quella del sen- timento. Perocché niuna filosofia può essere utile alle nazioni se non discende dalle sue alture metafisiche alla Digitized by VjOOQIC 280 INTORNO ALLA. IfEDIGINA CIVILE pratica sociale; e iu mezzo alla società si tratta sempre di realizzare Tidea, di ridurre a fatti i principii. La filosofia sia adunque apch^essa civile, e sia gelosa di conservare in unione con la medicina cotesto con j agio tra il mondo della natura e quello delle menti umane; coniugio che non ammette divorzio, se non a prezzo dell'ordine e della prosperità nazionale. I. più grandi problemi della scienza del diritto si agitano ancora tra il sentimento e la ragione. E i si- stemi esclusivi di esso conducono intanto alla medesima ambiguità dei principii discussi, in quanto partono esclu- sivamente 0 dair abuso dell* uno, o dall' abuso dell' altro. Siane esempio la pena di morte che suggella il dogma della severità del diritto pénale, e di che già udiste ra- gionare sapientemente il Garmignani da questo mede- simo pulpito. Dessa si trova tanto in cima dei criteri di sanzione penale stabiliti dal sentimento, quanto in cima di quelli costituiti dai calcoli abusivi della ragione. Quel principio di dovere che può mettere in problema questo diritto è soffocato nell'una dalla passione, nel- r altra dalla violenza del sofisma. Anche nella scienza del diritto adunque una educazione equabilmente tem- perata tra la coltura della ragione e quella del senti- mento restituirà tale armonia tra il comprendere, il giudicare e il volere, che sia per conservare alla legge quel carattere caritatevolmente severo, che più concòrdi coir indole e coi progressi del presente vivere civile. Infine ogni ordine sociale suppone una. protezione nella legge : ogni protezione dee supporre in quelli che pro- tegge oltre la intelligenza anche la forza; e i governi meglio costituiti adoperano a far nascere e mantenere e r una e l' altra^ al fine di esser sicuri di possederle entrambe, e di ritrovarle quando i sociali interessi loro impongono di valersene. Quindi la istruzione per la prima, Digitized by VjOOQIC MEMORIA PRIMA. 281 e la educazione per la seconda devon esser le. princi- pali sue cure: e in quest'ultima entra di necessità coi suoi dogmi la medicina civile. Fra le tendenze odierne una ve n'ha, richiamata forse per fini alti e sinceri, o per natura di filosofia, o per la necessità di avere un'ancora sacra nella navi* gazione di questo mare fortunoso nel secolo: è questa la nuova tendenza religiosa che e poeti e filosofi, ed anche politici vanno mostrando ad ogni huona occasione. Se però in cotesta tendenza v' ha un fine pubblico e ci- vile, e' non potrebbe esser diretto che a ricuperare quella influenza potentissima, che gli, stendardi religiosi e la Croce avevan sul j^opolo , ne' tempi in che il popolo era lo stato. Ma il popolo non si scuote che con la materia- lità dell'esempio. Per - renderlo, colto la via è lunga, o attraversata da difficoltà insuperabili. Bisognerebbe ri- sucitare quelle grandi virtù che la. religione civile del medio evo gli poneva sotto gli occhi consacrando tutta . sé stessa a costo delle privazioni le più austere , di mar- tirio e di vita, ai pericoli e ai bisogni i più grandi dei suoi fratelli e della patria. Tale era il modo per il quale il Cattolicismo del medio evo acquistava popolarità; cioè destinando le forze fisiche a mirabili imprese, e volgendo gl'ingegni svegliati e pronti tra l' impulso della fède, e le maestose combinazioni del pensiero al pubblico bene> Sia pure che oggi le menti de' nostri abbiano avuto dal tempo e dal progresso maggiore vastità e perfezione; ma le opere meritorie atte a scuotere col pubblico esempio la fede intorpidita, le forze atte a resistere a cotciste opere capaci di acquistare popolarità; quella educazione, austera, quelle abitudini stoiche, che danno al pensiero e alla volontà una direzione forte e irremovibile verso uno scopo religioso e civile , non sono più facili a rinve- nirsi. A dare realità adunque a questo proposito, rinchiuso Digitized by VjOOQIC 282 INTORNO ALLA MEDICINA CIVILE nella nuova tendenza del secolo, che sarebbe in vero santissiitao, principal cura dovrebbe essere di riformare la educazione e le assuetudini fisiche onde menomare la consapevolezza del sacrifizio; e restituire ai corpi ud valore capace di influire solla robustezza de' cuori, onde questi consultati dalla volontà promossa dal pensiero reli cooperare con la scienza politica aUa migU&re esistenza sociale. Alle quali considerazioni segue anche un'al- tra maniera di' ordine nel contemplare cotpsti officii: ^^ nellMndividuo e in un modo totalmente privato; il che è relativo al sentimento della propria forza; S*' peli' asso- ciazione complessiva dell'attività industriale degli uomini; il che è relativo al principio di rispetto alla fraterna di- gnità; 5"* nello inalzarli alla polizia medica universale, ossia alla scienza della prosperità fisica delie nazioni; il che è relativo alla coscienza della possibilità di conservare e migliorare lo Stato. Né questi tre santi doveri che si assume la medicina infermar debbono la libertà indur striale cqìV evocare le leggi, o .l' intervento dell' autorità governativa. Dessa non fa che con providi consigli ri- svegliare il sentimento morale negF intraprenditpri; af- finché il rispetto alla fraterna dignità tenga injreno la smodata cupidigia della produzione, dalla quale partono tutti gli abusi che sono più contrari alla salute degli operai, e che distruggono il benefizio economico e civile delle loro associazioni. I. Il primo ufficio comprende le regole sulla educa- zione fìsipa per rendere più sano e quindi più operpso 0 corpo, onde maggiore robustezza e destrezza acqui-, stino le membra, e reggano alla fatica ^enza detrimento della salute. Deesi quindi vegliare che la prole degli operai abbia nelP infanzia il 'miglior nutrimento possibile dal lato della madre, e consigliare opportunamente chp per amore di lucro questa non schiyi di nutrirla col proprio Digitized by VjOOQIC MEMORIA. SECONbA. 21>0 seno dandola ad altre, che a minor presis^ò di quello ch'essa guadagna lavorando, la alimentassero; né che soffocando ogni sentimento, di umanità e di priore, per essere libera ài sé, consegnasse ad un orfanotrofio d'il- legittimi un figlio castamente nato. Se alle donne negli ultimi mesi di gravidanza un saggio direttore di stslbili- raenti manifeitturieri non dovrebbe acconsentire di lavo- rare, del pari ne' mesi delF allattamento esse andrebbero allontanate d^ certi lavori che troppo le affaticassero^ ei accorciate loro anche le ore della fatica. Neil' ado- lescenza V educazione fisica dell' operaio vuol esser di- retta air esercizio delle membra, a temperarlo secondo Tetà, ad abituarlo a quelli atteggiamenti di destrezza a cui lo possa obbligare in sèguito il lavoro. Quando tutta la società fosse accostumata agli esercizi ginnastici ^ vi sa- rebbe un esempio civile regolatore della ginnastica anche per le classi inferiori. Ridotta la ginnastica alla forila di spettacoli pubblici che una volta pur v'erano, e tutti civilmente utili, genererebbe un piacevole sentimento di attività personale j ricreatorie dell' animo, fecondatore del- l'ambizióne giovanile, e mirabilmecte profìcuo allo svi- luppo e alla energia della macchina. Non v' ha dubbio che latitasse degli operai mantenuta in un temperato esercizio fisico nella giovinezza, non dovrebbe acquistare vigore superiore agli altri dalla medesima fatica. Ma ciò non si verifica che negli agricoltori, i quali seguitando tenace- mente le abitudini degli avoli, ed essendo anche più liberi nel regolare le loro operazioni si conservano tutt' ora come tipi dell'i^mana robustezza. I manifatturieri all'in- contro spinti oltre senza misura dalle pretensioni de' loro capi, guastano il fondamento della educazion fisica con queir eseróizio medesimo, con che dovrebbero consoli- darlo. Ma a depravare la fisica educazione^ oltre alio ec^ Digitized by VjOOQIC t296 INTOKNO ALLA MEDICINA CIVILE \ cesso di tali fatiche, s^aggiuDge come causa primaria anche la insalubrità e la scarsezza del nutrimento. Si sono fatti non ha guari esatti calcoli sul nutrimeato con- ceduto agli operai dal loro giornaliero guadagno; e da essi ricavasi che in Inghilterra il lavorante industrioso è meno nutrito del mendicante , questi lo è meno del condannato , il condannato meno che il deportato; e com- parando i due estremi di questa scala si troverà, che«il deportato è nutrito presso che tre volte di più che Y one- sto operajo. Qual effetto , esclama q>ii Bowlér^ da leggi somiglianti non ne dovrà discendere al nostro sistema sociale, poiché esse offrono per fine alle speranze e air ambizione deir operajo di diventare un mendicante , e fanno aspirare il mendicante agli onori dé>la deporta- zione? Ma v'è di più, che in alcuni quel sentirsi così cascanti di forze, e poco meno che infermicci, li tramena a cercare un pernicioso sollievo ne* più forti liquori. Usano essi T acquavite di grano, iion pura ma adulte- rata, e r oppio e le droghe narcotiche : si esaltano per un momento, si inebriano e sacrificano la salute a quel falso e solo piacere che la loro trista natijira gli può coa- cedere: V obblio di sé stessi. Lo scarso nutrimento, adun- que, e le indicate nocive abitudini di intemperanza, re- clamano sempre con maggior forza le sanitarie osservazioni e provvidenze. E importa poi massimamjBùte che i consigli alle op- portunità de' matrimoni vengano dalla medicina agli ope- raj insinuati. I quali succedono in troppo numero e in età prematura, e tra persone che avendo perduto il bene della sanità non possono produrre che individui, i quali nelle fibre de' loro nervi, nel midollo delle loro ossa na- scondono quei germi d' infermità òhe ereditarono dai loro genitori. E che i matrimoni fra gli opéraj si moltiplichino di troppo , e sia questa una sorgente nelle città commer- Digitized by VjOOQIC iJEMoilLV SECONDA. 'ÌU7 ciali dell' eccessivo pauperismo , V hanno avvertito e de- plorato non pochi de' più ragguardevx)li economisti. Né io avrei^diifficoltà di-attribuirne la cagione a quella stessa organica debolezza , dalla quale vedemmo fin ora prodursi tutti gli altri' mali. L'avere una compagna che si prenda cura pietosa df noi è un desiderio che sorge più facil- mente nei deboli che nei forti, ai quali il sentiménto della forza si congiunge con quello di bastare a sé stessi. Intanto nella classe agricola che è più sana è più robusta senza misura della classe degli operaj il numero de'-ina- trimoni è minore: intanto le città dove predomina l'in- dustria manifatturiera, e gli operai formano i tre quarti . degli abitanti , hanno una popolazione molto maggiore di quella che si dà alle città, dove è sola l'industria agricola. Altra prova ne sia l'osservazione fatta, che i nati ba- stardi sono più numerosi nelle popolazioni agricole che nelle manifatturiere. Ma comunque sia di tale spinosa questione, io n'escirò considerando solo, che la debolezza fisica deve influire grandemente sul morale degli operaj : e quel gittarsi che e' fanno troppo frequentemente e ciecamente in braccio al conjugio, può essere il più delle volte mancanza di riflessione , abitudine a calcolare sull'oggi e non sul dimani, e quindi il lasciarsi facii-, mente trasjportare da una inclinazione sensuale senza prevedere la mancanza dei mezzi atta a sostentare la prole nascitura. Quindi non le bàrbare leggi del Malthui per diminuire i matrimoni e la popolazione onde sia pro- porzionata alle forze fisiche dello stato; ma la lègge che impiega la t)atura stessa è da seguirsi per ottenere que- sto fine. Ella ha cresciuta la facoltà riproduttiva in pro- porzione della debolezza e della picciólezza degli enti. Rendete dunque forti è robusti gli operaj , conservate la loro vigoria muscolare^ e li avrete meno inchinevoli alla sensualità e alla riproduzione. Gli atleti sentono meno • ' >•' ■ Digitized by VjOOQIC 298 INTORNO ALLA MEDICINA CIVILE degli altri uomiai il bisogno di riprodursi; e la donna più è muscolosa e nerbuta, meno è feconda. Egual danno producono air attività industriale i ma- trimoni prematuri. Snervati i giovanetti prima del tempo, innanzi di ^sser padri sono cadaveri. Il riposo del talamo lungi dal ristorar loi*o le forze vieppiù le consuma , e la compagna d' amore si trasforma tra gli amplessi neUà Parca affannosa di troncargli il filo della vita. E questi mali pure nascono da difetto del sentimento di forza fisica; av- vegnaché r operajo sentendosi mancare a buon'ora il vi- gore, e antiveggendo assai corta la durata della sua vita, cerca di affrettare nella prima sua giovinezza l'uso di quelie dilettanze ch'ei dovrà perdere per tempis"feimo. Se pertanto alla loro educazion fisica si attenderà vigilanti, e si avranno loro tutte le cure a conservarne la forza, si impedirà, meglio che con apposita legge, al preallegato inconveniente, e si toglierà contemporaneamente anche r altro dei conjugii tra persone, nelle quali non la forza soltanto, ma la salute stessa è rimasta vittima dell' ec- cessivo lavoro, 0 della sua qualità, o di altre esigenze inumane. Se la prole appena è concepita nell' utero ma- terno acquista un diritto dinanzi alla legge alla sua con- servazione, è lo stesso diritto che grida contro cotesti matrimoni malsani , onde non ne nascano figli infettati di germi morbosi ereditarii, e non decadano per essi le intere generazioni. Vegliando per tal modo la medicina sulla educazion fìsica, e sulla igiene della classe operaja, e siiila opportunità dei matrimoni, contribairà direttamente a conservare la vita al lavoro, e conservando ìa vita al lavoro, formerà parte essenziale della economia pubblica. II. Dicemmo il secondo officio di essa essere quello ^ di rendere il lavoro affatto innocuo alla vita. 11 che può effettuarsi per tre modi principali: primo ^ prpporzioaare il lavoro air età: secondo, proporzionarne la durata alle Digitized by VjOOQIC MEMORIA SECONDA. 299 forze naturali dell' uomo: terzo ^ allontanare per quanto è possibile tutte le materie letali e morbifere che la qualità del lavoro suol generare. o) In alcuni opificj dì Londra vi ha una classe di fanciulli operaj , che si chiamano ripulitori delle mac- chine. La loro età media non oltrepassa i dieci anni. In- combe a questi miserelli di mantener puliti gli ordigni dalia polvere, e da altro che possa imbrattarli nel men-, tre che Sono in azione. Essi stanno in una contìnua at- tività, si adattano in posizioni forzate a tutte le forme déllfe macchine stesse, e sonò quindi esposti a molti pe- rice' loro pubblici conviti avevano un teschio umano in mezzo alla mènsa, per risovvenirsi della temperanza. Cosi nel bel mezzo di un edifizio manifatturiero andrebbe posto uno scheletro di qualche defunto operaio, contorto e sfigurato nelle ossa dalle eccessive fìitiche, perché la tirannide de* speculatori a queir aspètto si correggesse, e fossero più rispettate la condizione umana e la fra- terna dignità. e) Vi sono certi opificii, certe ofiìcine, alcune macchine^ taluni istrùmenti, alquante speciali località donde escono elementi nocivi alla salute deiroperajo. Ciascuna fabbrica Digitized byVjOOQ le MEMORIA SECONDA. 30i può avere esalazioni particolari da ingenerare alcune malattie sue proprie, quasi come i luoghi palustri ge- nerano, le intermittenti miasmatiche. Tocca ai medici a investigare siffatte particolarità e proporne i convenienti rimedii. Tocca ad essi indagare fra cotali elementi no- civi quali sono amovibili, quali irremovibili, quali mo- difìcabili. Gli irremovibili hanno bisognp di una felice invenzione del genio,, siccome fu la Lanterna di sicu- rezza inventata dal Davy onde preservare . la vita ai canòpi. Come impedire, per esempio, che nelle fabbri- che degli aghi in Inghilterra non sMnalzi un continuo polverìo ferruginoso , che inspirato dagli operai irrita loro la trachea e gli dispone alla tisi tracheale? Fu im- maginata una maschera di fili calamitati su i quali an- dasse il polviscolo a posarsi pria d' essere inspirato, e per tale trova mento quegli operai modificarono la no- cevolezza del proprio lavoro. Di tal genere vogliono es- sere i provvedimenti sanitarii per rendere il' lavoro innocuo alla vita nella riunita attività industriale de' ma- nifatturieri* . ■ - III. Poiché oggi r economìa pubblica riguarda 1- in- dustria manifatturiera e commerciale come la principal parte di sé medesima; così a mostrare le^ relazioni in- trinseche tra la medicina e quella, noi dovevamo pren- dere di mira specialmente cotesto genere d' industria. Ma sono assai più estese le influenze della scienza me- dica a costituire la soddisfazione del convivere sociale ; ben più vaste ìe relazioni della medicina colla parte economica morale e politica degli Stati. E però dicemmo che il terzo ufficio di lei, considerata in relazione alla economia pubblica, s' innalza alla polizia medica univer- sale: a quel punto cioè d'immensa prospettiva sociale, di che il Racehèiti e primo e solo seppe concepire ed esporre il disegno ed il metodo , dandogli nome di ^ciernsa PVCCINOTTI. ^6 Digitized by VjOOQIC aOB INTORUQ kUA MBDICINA. CIVILE Mia proipmlà fiska dtUe immoiu. Non lo sgomentò Topfera monumentale di Pieiro Frank allora fresca di •tanipa e di gloria; poiché egli giustamente non vide ìd eaaa ohe un magnifico repertorio di materie, alle quali mancava un legame ed una forma scientifica. Ma al fiao- 9h$tU ì% morte immatura tolse di colorire il troppo va- flta disegno: ed il suo piano comunque assai filosofico , essendo basato sulle teorie di quelli economisti che non ebbero in mira che T aumento delle popolazioni e T indu- stria agricola) presenta un vuoto sul commercio mani- fitturiero ^ ohe lo rende inapplicabile da questo lato al- rindole attuale deireeonemia pubblica. Quindi se le pocbe idee da me eqioste intorno alla( parte sanitaria di codesto genere d'industria valessero a riempire quella lapunui e eompletare il piano immaginato dal Raceketiif avrei pur fatto cosa di che la sciensa si potrebbe giovare col t^mpo. Egli h perciò ohe di quel terzo officio di sopra accennato, che riguarda il reggimento sanitario universale dei popoli rispetto alla polizia urbana, alla salubrità degli ospizi di ogni genere, e di tutti i luoghi di popolare aggregamento, a mali endemici ed epidemici , agli isolamenti e disinfe- sioni ed altra misure governative nel caso di malattie conta^osOt io dirò solo una parola di queste ultime come tali) diche abbiamo piii fresca e più dogliosa ricordanza» Vedeste come si dissolve il commercio, come indietreg- gia r ordine civile sotto T impero di eotesle erinni, e come la paura in un istante respinga indietro di qualche secolo il progresso delle menti umane. Eccovi una città deso- lata da contagio. Quale spavento si è impossessato di tanti animi che poc'anzi sembravano spensierati sugli umani destini, quasi fossero duraturi al di là della tom- ba! Quali superstizioni) quante strane credenze ritorns^- rono a turbare le menti di quelli che poc'anzi deridevano i volgari pregiudizi^ nella peste del 300, e nell'altra di Digitized by VjOOQIC àlEHORIA SECONDA. 303 tre secoli dopo) Per queste ieri sì ridenti e popolose con- tr9de non soffia che un'aura di morte, e ti paiono rico- perte della cenere dei sepolcri. Tutti si chiusero* faggi-* reno, ed è smarrita anche la traccia della loro fuga. Al frastuono della letizia e dei tumulto sociale è succeduto il tocco lugubre del bronzo, nunzio deir ultima ora ai mortali. I templi, le vie, i palagi, gli abituri non riman- ,dano che il flebile suono della preghiera, o il lamento che accompagna i perduti. La vita sembra disciogliersi col secolo. L' uomo abbandonato nella sperania si vede chiudere dietro a sé le porte del mondo, e mari e monti, e gli astri ed il sole non sa più per chi resteranno. Tutto nella sua atterrita fant^asia sembra volersi travolgere ili ^ nuovo nel vortice della eternità 1 Ma pure in mezzo al-- l'universale avvilimento sostengono il cuore a. miseri- cordia, l'intelletto a sapienza, e menano l'opera loro pietosa attraverso i pericoli, i cadaveri e la morte, i pcH ohi filantropi depositarli della medica spienia. Esercitano i medici in questi periodi fatali di umane sciagure direi quasi una religione civile: e benché respinti dalla incre* dulità, depressi dalla vilipensione, fra la eomune frenesia e rovina essi non tremano, e combattono con fòrte petto e con animo férmo nella sola idea del dovere e della ca- rità, benché veggano da una parte una vittoria che gli uomini, cessato il pericolo, gli contrasteranno, e dall'ai^ tra apparecchiata la squallida corona d'un illacrimato martirio. Nel discQrrere le attinenze della medicina coli' eco- nomia politica rispetto alle associazioni mailifotturiere io prima dimostrava la loro dignità sociale, e come soste- nute in fidrza e dignità sieno una classe di individui ohe associata agli agricoltori costituisce un potere eivUe equi-* librante , e la parte attiva prineiimle della eivilià. Ho però anoora voluto a questo quadro eoi>lf8|>p0rre l'ai- )itiz«J I y Google o04 INTORNO ALLA MEDICINA GlVll.K tro della degradazione di siffatte classi roanifatturiere nel loro stato fisico, e quindi della perdita per essa di quelli elementi che soli le danno importanza civile; €d ho in- sieme dimostrato cotesta degradazione derivare princi- palmente da dimenticanza di consigli sanitarii. Riducete un terzo della popolazione a esseri puramente manuali di questo genere degradato e servile; accompagnate ad esso un altro terzo di popolazione agricola, del pari re- mota dalla dignità umana competente, e voi avrete una nazione abbrutita: fra un corpo sociale e r altro vi sarà una separazione desolante: peggior mostro politico non potrebbe idearsi né prodursi in mezzo airattuaje civiltà. Intanto però questa nazione potrebbe conseguire ricchez- za^ perchè la misera gente forzata che sia dalla fame non manca di lavorare. Vi sarebbe pertanto soddisfazione so- ciale? Questa non resterebbe che nella classe dei ricchi proprietari!; e forse nemmeno in loro: mentre per godere senza umana equità, per confortarsi di un bene che non è di tutti, e contemplar con freddezza superba T avvili- mento e la pena di chi trafela a procacciarlo a te solo, bisognia essere senza morale e senza Dio : e che cuore sarà tranquillo senza morale e senza Dio? Le nazioni presso le quali vedemmo esistere si av- venturoso ne*suoi prodotti il commercio e l'industria ma- nifatturiera, e presso le quali per trascuranza di precetti sanitarii vedemmo del pari insorti a corromperne le cor- porazioni nella forza e nella dignità competente, gli abusi ed i vizi, e le esigenze e pretese inumane di sopra de« plorate , hanno cotal senno e potere da eoooscere cotesti mali, e porre a loro rimedio. Invece il mio discorso è diretto alle nazioni infelici per povertà: e dico a queste, che volendo riprendere T antica forza e le perdute for- tune, ogni altra via è più lenta e meno sicura di quella di erigere corporazioni industriali , e Confidare la propria Digitized by VjOOQIC MLMoniA StcoNbA. 305 causa al commercio e all'industria manifatturiera. La quale fra gli agricoltori e i possidenti stabilendo una po- tenza intermedia e alleata, rialza subito le condizioni depresse, e le compone in modo da accrescerne mirabil- mente il potere. Dato cosi fondamento alla pubblica eco- nomia, dalla storia dei vizi e degli abusi delle classi ma- nifatturiere delle altre nazioni essi apprenderanno a non tenerle mai disgiunte dai sanitarii provvedimenti, se bra- mano che contribuiscano alle fortune non solo, ma a sostenere la riacqufstata.personalità civile , ed a renderla al pari delle altre progressiva. Si assicurerebbero allora queste genti risorte, che il vero progresso consiste più nel fare che nel dire, che una nuova fabbrica eretta, una scoperta scientifica, una vittoriosa battaglia mandano tal- volta più innanzi la umanità, che un secolo di lettere e di filosoGa. La età nostra reclama benefìzi reali dall'umano supere, e perciò accarezza le naturali scienze, e bramosa di una vita avvenire invoca Ja storia, e sopra ogni altra maniera di letteratura la predilige. Perocché essa ammae- stra con le verità effettuali, e persuade grandi cose a quei popoli che vivono nelle terre ove i padri loro cose grandi operarono, e in cui sono tante cose morte da resuscitare. E l'istoria a nessun altro popolò parla una voce più in- coraggiante quanto a noi Italiani. --*«f&a.'i^ 26* iby Google y Google PRELUDIO AL DECIMO CONGRÈSSO DE' SCIENZIATI ITALIANI IN SIENA LETTO ^BLL' ADUNANZA GENERALfS DEL ^4 SETTEMBJIE ^1862.* I congressi scientìfici italiani dappoiché furono la prima volta instituiti, mai non siedettero in alcuna città nostra , che questa per sue gloriose ricordanze non ne fosse da tutti riconosciuta degnissima. E sebbene oggi vantino Una qualità nuova e grande neir appellarsi na- zionali, qualità che si ritenevB da lungo tempo, se non pèrduta, smarrita , nondimeno pochi popoli in Italia sono, che indietreggiando di qualche secolo appena non ne tro- vina tracce indelebili nelle loro istorie. Che- quando le italiane repubbliche combattevano vigorosamente contro i despoti interni e gli stranieri, difèndevano la libertà propria e quella insieme della nazione: e del doppio al- tissimo fine tentato di tempo in tempo e raggiunto v'ha memorie ancor vive da per tutto. E dico ancor vive, per- chè il popolo e la religione, che allora avevano un'anima sola, ebbe cura di conservarle e nelle feste pubbliche e nei monumenti di' arte entro i sacri tempj custoditi. Le nostre repubbliche, quantunque piccole, avevano inten- dimenti schietti e gagliardi, in che si stringevano i forti sensi dell'amor del paese e dell'Italia insieme, sopra i quali si fondò l'italiana grandezza del medio evo. E av- * Estratto dagli Atti del decimo Congresso de* Scienziati Ita- liani tenuto in Siena nel Settembre del 1869. Digitized by VjOOQIC 308 l'iitj.uMO vegnachè spesso in guerra fra loro Roma, Venezia, >ii- lano, Firenze; le città e tutta intera Tltalia, o perdenti quelle o vincenti, guadagnavano sempre: il che interve- niva per la unità del principio religioso e della sua stretta alleanza col principio civile: né si scordava d'essere ita- liano il Fiorentino che assoggettava Pisa, né il Veneziano che vinceva il Genovese; né le balìe lombarde che s'im- padronivano di Mantova v di Veronia sentivano meno amore alla libertà del natio loco, che a quella di tutta Italia. Dante che dall'esilio con la più giusta ira ì^ipen- sava la sua ingrata Firenze , ardeva però di ricondurre r Italia tutta ai tempi della romana gloria e fortuna. Pe- trarca che chiamava la Roma de' suoi giorni avara babi- lonia, vólea peto l'Italia libera da peregrine spade, e in- neggiava persino al Tribuno che ne affrettasse la impresa. E sebbene talvolta avversi a questo jo a quel pontefice, non lasciarono mai gl'Italiani d'allora d'essere nella loro religiosa fede caldissimi, e per la libertà propria o del- l'Italia di combattere; invitati o incoraggiti, plaudenti o compagni i pontefici, i vescovi, i monaci, i sacerdoti. Quei di Ferrara dopo la battaglia di Legnano, al Papa che offeriva loro una pace col già disfatto nemico nspon- devano: « Noi per l'onore e la libertà dMtalia^ e per la i> dignità della Chiesa combattemmo lo straniero, espo- » nendo le proprie e le vite de' nostri figli. Nondimeno » accettiamo la pace, salvo l'onoxe ^'Italia, e salve le » nostre libertà^»^ Anziché opposta alle italiche libertà civili, l'unità cattolica ne nutriva e ne accresceva gli spì- riti: la religione era nel popolo un tutto colla patria: e allora fummo grandi e veramente italiatii, però che va- lore, armi, armati, flotte e denaro, tutto era nostro. E come questa non fu grandezza,, se un Dandolo, espugnata ^ Vedi la Storia d'Uaìia del La Farina, a pa^. 1 51. Torino, 1858. Digitized by VjOOQIC AL DECIMO Congresso de* scienziati italiani. 301) Codtantinopolì, ne ricusò la corona imperiale, stimandola assai meno che il berretto di doge della sua repubblica? se un Papa donava al Doge di Venezia con sacra fun- zione r anello, onde quella repubblica si sposasse ogni anno col mare? se in virtù di queste nozze i confini e i domini! e i diritti d'Italia si stendevano a Zara, a Candia, a Giaffa, a Cesarea; in Acri, in Tripoli, in Laodicea ed in Antiochia? E questa Italia marittima, di che oggi non vi sono più che scarsi rottami, trasportava monaci italiani fino a'Mongolli per diffondervi l'italica religione, aprendo la via a Marco Polo di trovare e descrivere la Tartaria e la Gina: deponeva sui lidi di Genova e di Pisa per ispan- derle in tutta la penisola le ricchezze del golfo persico, del mar nero e dell'India; agevolava al Fibonacci il modo d'introdurre i numeri indiani, alV Amalfitano di speri- mentare la sua bussola, al Genovese di sciogliere un re- ligioso voto salpando dal porto di Palos alla scoperta d'America. Cosi religione, valore, commerci, amor- di patria e di libertà dettero per più secoli all' Italia quella unità morale che la condusse, dopo la romana, ad una seconda e vera grandezza storica; avvegnaché fosse come la Grecia divisa io tribù ed in comuni. E che non diver- rebb'ella, se alla unità morale si riunisse oggi completa unita politica? Lo vedranno i posteri: a noi non è dato presagirlo; a. noi cui il presente è crepuscolo misterioso, e notte profonda è l'avvenire. Nel medio evo però po- temmo cacciare da per noi soli fuori d'Italia il formida- bile Svevo : e fu un pontefice che invocò e compose quella risoluta e prodissima lega , e quel pontefice fu un senese; Alessandro III. Avvenne parimente poco dopo, che altri armati italiani si collegarono per la spedizione d' Oriente a cacciare il Turco da Costantinopoli, e liberare l'Italia e l'Europa da quella turpitudine di regno e di regnanti: e promosse ed ajutò quella spedizione Pio II, altro pon- Digitized by VjOOQIC alo PRELUDIO tefiee di Siena. Aocora quando l'Italia più lamentava la lontananxa da Roma del capo delia sua religione, ed il Petrarca ne racoamandava enfaticamente ^ ma invano, il ritorno; una aeneae donna, che dopo la prediletta di Na- laret, altra non ne fu che in santità, in purgato ed effi- cace eloquio, in consiglio e in coraggio civile la superasse; rianimato^ il pontefice a vincere ogm temenza /lo ricon- dusse da straniera terra a Roma, riiisediandolo nel Va- ticano. £ poiché di Ubere instituzioni, e di civili libertà che precedettero di conserva con quelle del nostro culto fécsesi alcuna menzione; ancor quando non la chiesa mai principi tirannicamente le costringevano , nei tempi meno lontani da noi; quella sola libertà che poteva prosperare e prosperò fra le italiche monarchie, ossia la libertà del commercio, ebbe qui la sua teorica, e il principio ad un tempo d^Ua sciènza di economia sociale, in un libro, che umile si intitolò dalla Maremma senese, scritto da Sal- • lustio Ban^ini sacerdote. Qui finalmente veniva^ad inspi- rarsi di repubblicane rimembranze Vittorio Alfieri, e vi faceva lunghe dimore. Forse questi monti con folte ed aspre selve esemplavangli la libertà e la fortezza della vegetante natura: forse la lupa, stemma dei Senesi, ram- mentavagli Roma libera: forse egli traeapure diletto dal vedere entro al Duomo di Siena venerato ancora dal po- polo sopra un altare quel Cristo, che i repubblicani re- cavansi seco alla battaglia di Montaperto, e le antenne del carroccio che tolsero ai vinti: forse T antica architet- tura della città, annerita dal tempo e di forme sì sem- plici che grandiose e severe, confacevasi alla fiera anima di quel grande, nemico di tutti i re; dalla quale vorrei pure udire qualche accento di meraviglia, se vivesse oggi, che air Italia sia toccato finalmente un re galan- tuomo. Siena adunque è stanza bastevòlmente degna di voi, Q dottissimi; avvegnaché questo decimo congresso Digitized by V'OOQIC AL DECIMO GONGRSBSO DS' SCIENZIATI ITAUANI. 9(1 che di voi si compone, sia, e per la prima volta si Q9mi nazionale. IL Bensì poco degno ^ ed anche afiatto inabile a pre- siederlo giudicherete me, che per vecchiezza e affranto ingegno langamente ho dovuto pensare a qua] SQggetfto m^ appiglierei in questo preludio, che più meritevolmente valesse ad aprire le dotte riunioni vostre. E veramente a tali uomini dèlia scienza quali vof siete, che potrei par- lare io che voi più di me, e meglio di me non sapeste? Che direi io della utilità sì privata e sì pubblica di simili , tornate biennali, peregrinanti dall'una all'altra città, che in Italia e fuori di essa non aia stato le cento volte ri- petuto? D'altro canto chi oserebbe penetrar peli' ampio immensurabile dominio di quelle scienze » che negli an- tieriori oong^essi non furono ammesse ^ e che nel nostro entreranno oggi le prime cori ogni adornezza di dottrina e di libertà? Le quali scienze però, appunto da che hanno un principio civile e filosofico da diifondere sulle scienze fisiche e mgrali, e dare ai congressi un nuovo, capo e un termine nuovo che anteriórmente non ebbero « se nelle loro immense particolarità io non poteva in verun modo raggiungerle, in cotesto loro principio e fine mi si sono pre- sentate alquanto più arrendevoli, e da poterne alcun che ragionare. Talché io dirò in questo preludio alle vostre dotte assemblee, del pkingipio filosofico e del fine civile 0 nazionale dei congressi, come costituenti quel nuovo carattere che da ora in poi assumer vorranno in Italia. La quale ultima parie, che oggi chiunque richiederà im- mancabilmente ai congressi) come quella che più alla politica s'avvioina, smentirà quel detto di alcuni) che questi del 62 abbiano perduta la utilità loro, da ehà lo y Google 312 PRELUDIO / scopo politico che ebbero i primi, gji è già conseguito. Eppure se ci guardiamo attorno , noi vedremo che la no- stra povera patria è sempre in angustie;^ sarà impossi- bile che i congressi nuovi rinunzino affatto std ogni disqui- sizione politica; non foss^altro per darle coraggio a soffrire. La sola differenza tra i passati e i presenti sarà nel mòdo di assumere e discùtere i temi; e se nei passati doveva per la difficoltà dei tempi tenersi il modo coperto e du- bitevole, i presenti si tratteranno in -palese; e se i pas- sati disegnavano celatamente di edificare , i nostri ci fa- ranno vedere air aperto le fondamenta date ali- ediffzio. Né ciò dovrebbe reputarsi arroganza, come dire di rad- doppiato parlamento; ma similitudine degli antichi sim- posii, che da Platone a Plutarco hanno continuato sino al Convito di Dante, nei quali senza laterali insinuazioni né sollecitudini, senza urgenze di stato, né colpi inattesi, le materie politiche sarebbervi con calma e diligenza fru- gate per ogni verso; e non mai imposte ai governo a modo di deliberazioni, ma di scientifiche intese, ajppar- tate per venture opportunità. Imperocché sereno oriz- zonte nella politica non v'abbia mai si à dilungo, che a un tratto non possa voltarsi in temporale treiyendo; mas- simamente per quelle nazioni che non sieno ancor tutte fuori del guscio insanguinato delia rivolta. Pertanto men- tre ai parlamenti spetterebbe il trovare e dare rimedii ai mali dello stato; i congressi, ove que'rimedj fossero inef- ficaci, e probabilmente impossibile l'andarci innanzi, e facilmente dannoso il fermarsi e l'aspettare, potrebbero esaminare dove meglio tornasse il dare indietro d'un passo, e richiamare a tempo, come il Macchiavello vo- leva, a' suoi principii lo stato: ilxhe in politica signifi- cherebbe aitarsi a trovar presto sicuro e riposato aggiu- stamento nella legalità. Estimo adunque che la politica continuerà nei congressi; non per discostarsi mai dal Digitized by VjOOQIC AL DECIMO CONGRESSO DE* SCIENZIATI ITAUANI. 313 precetto evangelico di ottemperare al Cesare che regna, e rispettarne la legge, né per mettersi avanti nelle con- tingenze varie di stato e nelle sue tormentose perplessità alle decisioni del parlamento; ma con dettati scientifici e generali, onde recar lume e vantaggio meno colla auto- rità che col consiglio, ad uii futuro e fermo e pacifico ordinamento della cosa pubblica* IH. Scendo ora a parlare del principio filosofico, che immancabilmente vorrà fare splendida mostra di sé, ac- cettata che abbiamo fra le morali scienze la loro reina, cioèJa filosofia. La quale sebbene nei passati congressi non mancasse mai; però era in confidenziale veste di amica e di coi^pagna dei lavori de' naturalisti, facendosi modestamente chiamare induttiva e sperimentale. Oggi entra fra noi reina del mondo ideale con sopravveste stel- lata e ingemmata di tutti gli universali, Tuno, T identico, r infinito, il divino, T eterno, l'assoluto, e d'altri, se ve n'ha, di tai generi di mentale sopravveggenza. E questa non è materia meno scabra ed irta della politica: onde io toccai bensì poco sopra di politica, per mostrar solo che ai futuri congressi come ai passati si congiungerà il medesimo scopo; avvegnaché io fossi certo d'offendere nella taccia di politico ignorantissimo. Ma non sarei così rassegnato verso chi, per non aver saputo discorrere in filosofia, mi dicesse ignorantissimo filosofo, attésa la troppa vicinanza della filosofia e la scienza che io pro- fesso. Non porrò adunque innanzi giudizii miei su questa sublime materia, né mi farò a decidere quale filosofia, delle molte che ne corsero e ne corrono, potrebbe dare alle dottrine fisiche e morali che nei congressi si tratte- ranno un suo principio regolatore, che non fosse sola- PUCCINOTTI. 2? Digitized byLjOOQlC Bt4 FnW'UWQ ipent^ UBQ «toDdar^o di pripi«9ÌQna; ma m imprenta di formala figura) cba uacendo dair intero impasto deUo acinecessità di ricongiungere le due filosofie col mezzo delle matematiche, e rimettere in onore il platonico altis- simo consìglio; egli che le aveva studiate in Atene ne segnò le tracce ne' suoi commenti alla Isagoge di Porfi- rio, e ne ricostruì le fondamenta a tutta la scolastica la- tina del medio evo. Ma il sillogizzare invidiosi t>en, le teologiche controversie, e le immature o false scienze che immischiatesi alle matematiche le screditarono, ri- chiamarono i filosofi air esclusivo impero della logica ari- stotelica, la quale o sul proCeiformé sillogismo si avvan- taggiasse, 0 sul principio di contraddizione intendesse di dare la richiesta coerenza al pensiero; dalle verità rivelate infuori, non conteneva mai nelle filosofie la guarentigia del consenso intellettuale apodittico di tutte le genti, come è quella contenuta nell' aritmetica e nella geome- tria. Onde il dimostrare de' metafisici ondeggiava sem- pre tra i nominali e i realisti, e i veri delle scienze mate- matiche e naturali meno cercati , rimasero in una occlisse y Google AL t)EClMO CONGRESSO DE' SCIENZlAtl itALIANI. Si*? di lunghi anni sino alla scuola di Galileo. Nella quale fu ricostruito colle matematiche il ponte unitivo delle due scienze, la sperimentale e la idealista : e se la prima non trasfondeva nel sensibile tutto V ordine ideale col so- pravvenuto sistema di Lok; il Rucellai, il Castelli, il Yiviani, il Magalotti avrebbero abozzata e diffusa la intera galileiana filosofia ; il quale abbozzo sarebbe stato una prima incarnazione del disegno lasciatone da Boezio nel sesto secolo. E come si consideri che tutti i sistemi filosofici che, dalla caduta del sensismo in poi, la sa- pienza europea ha veduto nascere, non han saputo dare al principio di contradizione della logica aristotelica gua- rentigia meglio sicura di quella che si trova in cento commentatori dell'Organo dello Stagirita: come si con- sideri che nessuno , compreso lo stesso acutissimo Hegel, ha potuto determinare esattamente e dichiarare i signi- ficati del vario, del dissìmile, deir opposto, del contra- rio , del contraddittorio , e del mezzo termine indifferente ; forza è convenire che l' arco unitivo transitorio dal sog- gettivo air oggettivo , che tramandi e quindi e quinci giiarentigia di verità, resta tuttavia o nullo, o di arenoso cemento compaginato. * Ogni vera logica è impossibile al filosofo, finché si tiene rinchiuso nel pròprio io, alla maniera di alcuni pensatori germanici, e non si slancia coraggioso sulle leggi prime con che Dio si svelò creando l'universo. Platone il primo vi salì, e conoscono anche certi moderni che altro luogo non vi sia meglio sicuro da contraddizione. Ma la loro Idea trascendente tornando sopra se stéssa, senza il lume della tradizione o per lo meno degli enti matematici, si trova cieca come quando si era mossa, e nel fare il secondo passo per manifestarsi * VeóìLe Lettere dei prof. G. Allievo e L. Ferri sulla erilica dell' Heghtlimismo» Effem, della Pub. l8tru%ione, n« 9jS— 23 gin* gno 1862. Digitized b?C00gle 2H8 i'iU.Li;i>iq s* jI|m4^ 6 9>'\(nffì^to]dk , e il suo mqmt^lo dialettico ficade pel lessico ^n^tQtelico, e cp8i il verbo della loro Idea ^prp9 puf sempre ad essere quello delle scuole. Se essi iqyepe in que' tipi o leggi ^ocosmiche scorgessero il p^- sierp di Pi9 creante y pel opinf^ro, npl pe^, palla misura; il yerbo flell^ loro Idea ne sortirebbe ppn espressione jfecondjssirp^, p discesi co' Iqrq paradigo^i ^opra gli schemi fppjti dalle ipatematicbe, cofppirebbero Tedifizio richier ptQ ^^. PfatQne, disegpato da Bopzio, e riprp4oHp dalia spuola dpi G^lilep. Deb lasci ^dio per maggiore $|ia gloria p3Pr^atp alle razze grecorratine il compimento di qifpst^ grande filosofìa nazippale: nella quale non saranno }e |:patepj3Lticbe che invocheranno pna filosofia di ch^ r]pn al)bi8pg|iai:)p per troyarp le proprie verità^ ma s^rà la filosofia c\\e ipvpcberà le matep^aMche ppc aver quel tpansitp fli veci pfeirpe tra le idee p Ip pf^e, per U quale spjtaptp si raggiunge }a sintesi univefSJ^le di t^ttp ij sa-: ppre. ^ se avvenga die pei cpngrpssf si formi, potranno èssi ^ Ì)uop dritto appellarla paziopale p italiana, cpi^^ cmel|a cjie yercpbbe rapprespnjajta da Pittagora, il g^alfi colla gemma del ni^pprp si farebbp disposatpre df^lìa scuola pl^feopica, al perjpitq. l^a cotpstaj vpfr^ssi difPj sarebbe sempfe una r^ §t?i|iraziopp, e ppp pjai quejjafilpsoQapppv^, altamente ricljjestj^ dallii grap leggp del progrpsso pontìnuo, la quale come apimpttp l^ npce^sità 4i poptjppp emapcipa^ippi p trasforpia^iopi ^scepdpnti negli pr4ipi fisici dei trp regni della natura, così in quelli morali e civili, é negli ordini eziandio delle credenze religiose. Questa necessità per brtuna non la cantano che coloro, che ne hanno in capo y Google AL DECIMO CONGRESSO DE* SpiENZIATl itAlIANl. 3Ì9 il farnetico. Ha 1^ più vpl^bile di tal| fisjnie trasfpnQajlive gli à qijel privilegio deJV aspenderei, ci)e yipa co;icf)8Sfì $Ql^i)f)epte ai popoli riformati del nord. L'Italia invece trpyerebbesi, secondo lorq, miseramente nel 4iscep4®FJ3? come .quella che npn avrebbe patitQ abbastanza di |tr^- sform,^zioni civili ; ayyegnachè da più 41 un seppie m^ y ' abbia italiano, che yissutp appena pinquant' appi, non siasi l^scjatp sppf.a la tomba le ^ei o le sptte flyplnzipni. Ór come questa, che j^oi 4irpfnii}o deplprabiUssiipa sventura, e costorp la cbianiano npcessità pivile, c\ b^ fjattp piuttosto discendere che salire? E non y* ha altra via per salire che trasformare le nostre credenze religip- se? ^ppurp upa gran nazione in Europa è salita sempre , senza cambiarle mai. Se talmente fosse, sentirebbe ornici di yietp lo stpsso cristianesimp riformatp per cptesti pò- ppli ; da pbe Ip Strauss non è più spio a scrivere la vita di Gesti Cristo copie si scriverpbbe quell^ di un Appi- Ionio Tiapèo , e pare a tali biografi terppp di d^e ìx^ i^tro giro alla fede religiosa , raumiliata pelle cprji e ppi par- lamenti sino ad essere ancella della politica, e seguace dplle nupye filosofie. E nel vero dove Je teogpnip e . te ontologie si rinnovassero insieme colle trasfornja^ioni cjyili, esse sarebbero scienze resultanti e non primitfye, ed avrebbero la natura dplia corporalità e noi) quella immutabile ed eterna, che loro dispen4e da Pio. Qpjpdi costoro phe aspettano o s' ay visanp Ai creare una nuova religippp 0 filosofia secondo le trasformazioni cfv[)i e por litiche, e rigpardano qpesti come fatali e necessari §yp)- gimenti d' un' idea trascendente che dp^ba spirar spwpfe ()i ppggiare più in altp, bisognerebbe php sapessero cfpare insieme ]x^ pupvo Cosmos , dove i pianeti potessero per trasformazioni ascendenti convertirsi V uno npjr altro, i satelliti col tenjpo diventare pianeti, e pgni astro inpep- trarsi nel sole, p il sple in4i?frsi, e pppp a poco divenire Digitized by VjOOQlC 320 PRELUDIO lui l'Essere supremo: e qui il pintare all' insù cesse- rebbe pure una volta, e il finimondo s'inghiottirebbe il progresso, il filosofo e il suo pensiero. Oh si fa presto con tali anfanìe, e nuovi mondi di idee; ma gli è me- stieri poi subito creargliene altri accanto d' uomini che se le credano. Quando la rivoluzione vi dà una filosofia , questo frutto, siate certi, contiene tutte le deformità e i virulenti succhi del tronco ; ed ogni qualvolta le rivo- luzioni sieno per V opposto il frutto delle filosofie, siate certi del pari, che la mèta che vogliono raggiungere non è mai quella, che loro è forza di accettare. Imperocché la umanità che invocano , fosse pure anche quella di un regno intero, di dove facessero partire la chiamata a rivolta, è sempre una umanità limitatissima, contro alla quale gridano le altre umanità più grandi ; ed altre uma- nità di pari numero e magnitudine non ne sanno nulla. La filosofia italiana adunque è di antica, e non può essere di nuova fondazione ; né dessa potrebbe oggi acquistare il suo carattere nazionale , se la non fosse continuazione del pensiero greco-latino purificato dal cristianesimo, ed abbellito ed amplificato dall* idea cattolica. La quale con- tinuazione spartita in altrettanti assiomi, questi il loro spirito vivificante e direttivo trasfondessero sulla nostra sapienza e sulla nostra, civiltà. In ogni modo, se il prin- cipio filosofico che gli scienziati italiani nei congressi ac- cetterebbero fosse sempre quello di Platone, cioè Tidea di Dio 0 del Bene assoluto, che la sua scuola riguardava come la massima delle discipline e delle istituzioni, que- sto comprenderebbe tutta la scienza prima. Tramezzando le naatematiche, come seconda scienza unitiva con una parte ideale che guarda e dà segni per il soprannaturale, è r altra divisibile e dalla materia inseparabile , che con- duce alla terza scienza, cioè alla Fisica o 'della 'natura ; da questa per successive induzioni si otterrebbe l' ultimo Digitized by VjOOQIC AL DECIMO CONGRESSO DE' SCIENZIATI ITALIANI. 321 termine che è quello della forza mondiale, dynamis, la quale Platone nel Timeo riconduce all'idea, dicendo: « Tatto creativo usando dell'esemplare effettua Tidea e D la forza. :i Così V intelletto vedrebbe le tre filosofie in una, e compiuta otterrebbe la sfera ideale della umana sapienza. Ma io non presumo nel principio filosofico, o nel mezzo di congiunzione tra lo speculativo e lo speri* mentale, di pormi innanzi ai filosofi. Ripeto con Pla- tone « questa è la mia sentenza ; Dio solo sa se sia la » vera. » ' VI. Abbiamo detto poc' anzi che tutte le scienze conte^ nate entro ai congressi , quando avvenga che continuino nella odierna Italia,, se avranno un princìpio filosofico, avranno del pari un fine civile. Per il qual fine non vuoisi qui intendere la idoneità alla vita civile, che essendo la conseguenza di sistematica e protratta educazione e istru- zione, la non si otterrebbe di leggieri in quindici giorni ; ma s'intende la conservazione del carattere nazionale, e la gelosa cura di esso in ogni disciplina. Io non con- danno, anzi lodo chi per eccitare una nobile emulazione in noi, mai non si rista in oggi di rammentare la flori- dezza delle scienze, la bontà dei metodi, e lo zelo diffuso e fortemente attivo del sapere in Inghilterra, in Germa- nia ed in Francia. In ogni tempo V Italia ha dato ed ha preso dalle dotte nazioni. Anche la Grecia apprendeva dalla ^pienza dell' Oriente; Roma dalla Grecia. Ma lo stoicismo trasportato da Atene in Roma più non si rico- * PlaL firn. , p. 38 A. de Rep. VII, p. 5^7 B. — Tulio il qui gopra stampalo arlicolo V , non fu Ielle nella prima Adunanza ge- nerale. y Google 322 PRELUDIO nosce : in Grecia produceva i sofisti ; iti Róma gli eroi. E perchè non è stato mai possibile di rìtèsiere Una sto- rta deilé Scienze dfientali, destlroétidola dal Credi? Cér- che ciò che trasportavano dal catnpo altrui fìel t)^opfio, riceveva subito alitnento ed itinesto dal clima e dal ge- nio ellenico, sì che quivi pared tiatò : tanto colla intelli- genza sapevano grecizzare ogni altrui cosa. Fra noi però come- si esagera da certuni il novero di ciò che ci manca, altrettanto si trascura di italianare ciò che si prende. £ se questo mal vezzo durasse , in pochi anni In Italia lettere, arti e scienze perderebbero affatto ogni italica sembianza e natura. Ma questa natura inventiva e discuo- pritrice di nuove cose e di nuovi metodi si deplora sem- pre più illanguidita fra noi dal VII» secolo in giù , e oggi quasi spenta. Or come languida e spenta; or come sin dal settimo secolo, se ancor son tanti i vivi che avetido anche di poco oltrepassato i settant' anni, hanno convis- suto con Foscolo, con Botta, con Giordani, con Alfieri, con Leopardi ^ con Canova, con BaKoliiii , con Romagnosi, con Gabriele Rossi, con Garmignani, con Borghesi, con Mejj con Mezzofanti, con Scarpa, con Mascagni, Coti No- bili, con Melloni) con Rosmini, con Gioberti, con Alessandro Volta? Solo quest'ultimo che l'Italia avesse prodotto in un mezzo secolo, non pareggerebbe la gloria nostra a quella delle altre nazioni? Quante odierne reputazioni di scien- ziati itiglési, germani e francesi non s'agganciano come reofori alla Pila del grande Italiano! Una nazione final- meilte che nella prima metà dei secolo in che Viviamo, abbia saputo dare all' Europa diciotto o venti uomini si grandi e singolari, di certo non si può dire che abbia smarrito il suo gènio nativo. Se adunque questo valore, questo genio scientifico nazionale esisteva a tutto ieri, (e volendo nominare i vivi, altrettali e tanti ne potrei senza pena) si prenda pure dagli stranieri ciò di che va^ Digitized by VjOOQIC AL DEgiMp PONGRS^SQ pB- «G^^N^IiTI ITALIANI. 323 r^fneotQ ia patria postra difetti ; ma qotesto virgulto venuto di fuori si innesti a' nostri tronchi e tapta italica cura ed industria vi si adoperi, c)ie e rami e frondi e frutti acquistino sembianti e patura postrale ; sicché r pUr^pìpntapo cultore vi ricoposca pon più la sua , ma una nuova specie acquistata d^Ha cultura italiana. Di tal modo adoperar seppe Antonello da Messina che tolse dai Belgi la pittura ad olio , né altrimenti volle fare ita- liana Tarte tipografica Aldo Manuzio prendendone la invenzione dalla Germania. Però quel pigliare di peso r altrui, e caricarselo tal quale è sulle spalle, e con quel carico e quel nome straniero , pavoneggiarsi per le scuole e per le stamperìe , per farvi V ammodernato al di sopra e meglio de' nostri , in luogo di lavorarci attorno col pro- prio ingegno, onde ampliarne le applicazioni, o esten- derne, modificando ed aggiungendo, le utilità; torna ad un puro giuoco di spettacoli , e non a vera ricchezza né per la nazione né per la scienza. Cotesta razza scimiatica di miseri compilatori che va giornalmente crescendo , e che più sbraita e meno sa, é quella che rappresenta r innegabile difetto di alcune scienze in Italia. A cessare il loro numero e il danno contribuiranno i congressi guidati da sana filosofìa, e da quel nobile ed utile fine nazionale e civile, verso il quale tutti i buoni s'aspet- tano di veder dirette le speculazioni e i lavori sperimen- tali dei dotti che li compongono. Oh miei Signori I io cominciai mestamente questo Preludio, e con eguale mestizia, tornando ai tristi tempi che corrono, gli do termine. A voi mi rivolgo, onde se mai, per grande sventura nostra fra i volubili destini delle rivoluzioni , altri tentasse di offuscarne d^ un solo accento il nome italiano al cospetto deir Europa, vogliate voi, 0 magnanimi, riuniti ne' congressi inalzare un ves- sillo di concordia e di onore, e contrapporre a qualche Digitized by VjOOQIC t)24 PRELUDIO AL DECIMO CONGRESSO EC. lamentata pagina della storia, le pacifiche riunioni vo- stre, da religiosa fede, da scienza pura e verace e da virtù civili sorrette;. onde frattanto che la nazione sia politicamente ricomposta e definita , T Italia rimanga, quale fu sempre con voi , serbata ne' cuori e custodita negli intelletti di color che sanno, y Google ./rH i»: ^n :,:/(/. i j-i. -' ■ '. V -'ih ':•'•>»*• *>f' . • *^?J*!iJ ■•' ■'.. .-, #».ti,s -.*!••.;/. i 'ni - -^t H hTt'.;*> M'*, :'j;'r: ■".^? ^ •• *::*.•• »u «tJ ••■- )*!:/' Vj EfeoilMM^^f^ «imo >ooa altri al fNMfè M «i; r ttìHi iifMsMifl^lltKHMliteiliiUdoiriv cteii««tlliiéil»3d0i2k «■Min tetrtHMRe ifodMÌiiliRiefit(» oHfM», «si f.iJii>qjiéateaè 4ellft'«ìi4 nm Wdt^ «ulte «É« FIMI 4MS». B tufi iasi^are vpxmKk d^ mmmm é^df trtMtzt ^ete^ iHi ^ aAMteno al ^vmfma^ di^ «9i«tnM>elmpoiifl»lte «spPiiti^^iAf tlBrttì tiett'-MaRte cli€Mi^^«cMMetelo per |rrenter« da voi PicHPOléiiliH» €mmèMpfSffm%i Inde flèppl«te 00» qtuie aiiteo «rf dMii PVCC1H»TTI. 28 Digitized by VjOOQIC an L'ADMO AIX'VMVBRSITÀ DI PISA. I. féiittto à Piai bètl^ikttébre Ìlei iMS tM:^ reésvo soltanto la oomiiia di professore. Ero in Firenze da qpiat- tro anni innanzi , e lai Toscana gii Conosceva qualche mìo medico lavoro. Nondimeno splendeva in questo an- tico Ateneo tanta copia di sSpere , che dovetti adoperare non lieve forza d' animo per non isgomentarmi. Eranvi due grandi giurisprudenti il Garmignani e il Del Rosso : oravi r insigne archeologo il Rosellini: due sommi natu- raliaci Gaetano é Psolo §aTi : zaiantisMoe natte anato- nndìe ifeerohè tlGivùitei : elinieo eoeeho il^egmUi la éi €Hi marie è^aneor etfida di MBite laorted : d piÉ otee wè ]tia0geremmo la perdita , se a raecopsatornanoa fbsse «ceso Carlo Burei f ohe la valealìa del Vae^à e4#l ftegnoK ntÉsttiHende^ oonsonra il primate deH' ilaUea diìrtmi^ delio Scarpa «ino elln età nostra: eravi meeelro ni ehh 4«enza italiana il rinotante Rosini : di gM» e d' d>reioa it dòtte aidoge Fameni; U ftaioa era vena 4tel GerM e del Pacìnetii^ a preva di becemano metodo a di male- meltehe dimesttasieni; La Giergittiane rflmmia n faeea mmiééié snMle depe altri grandi elamoel. l\ Ridfilfi ee» lebnkto maestro in agraria ¥i feodw^a A ano greodiese staMimenlO) meodovi la clinica «ooìnUàoa affidala al ToaelH , degno ^ttievo delia ^Scuola vetarinaHa di Milanei n ìfalteuoei annetteva «Ila fisica una serie di lumteosi e anevi esperimenti^ che il nuove sentiero vi aprivano alla fiaiologia sperimentcdoi II Piriaf oltre i etumiciespe* rimeoti, insegnava per quali investigutìem do^ea oggi eosUtuirsi la scienza chimiea^ U MoaseM eeuoprìlorB di nttetb leggi nella meocaniea oelesle, davate e pubUiea* vale in lezioni; U Bouaioi ce' suoi etudii elorìei e pidech grafici, insegnava il modo e il metodo di dnonmenlare Digitized by VjOOQIC irpfUkàMMft Ifr «toria. Il Geototott ilaya lia yer»: gl^» »Ua sl^ria delM fiiosote* La spia parte m^^ «iva gj 4j ao^W di Umia aUtzsa^ m bq ne ì»(»atUii bl nji) ma cìfìB di gabinetto e di mezzi p^r e^periqei^taf e fpsse ai^t- ob' essa cprredata* Datone pggi V ias^gnamapto al Bap- c\hB\t\ np.ba Intesp la ip^poft^inz^, p il piapo (|pgU studj che fi è In e$aa pd^pposti ha g^ la vostra appr^vazìpn^ Fu pvrp mia p^^po$i?iQo^ vin^ cutte^radi geografia i^^^^ ^ll^ q^ale ayrei valuto obbligai anche i mediol U qn^p ina^am^anto che in qnpi teippi pbiari e libelli i^on po^^ ot^taparsi) menire a t^tti gli altri }^ calanti ci^r^ ^p] s#r iiatore Giprgini ptteoQefQr assenso, pb))^ W\ ^ì^ ÌP tempi aafiat 41 versi > ^^dato al pcpf. U^negbmi» Qode 1^ di^ttfina di Im a la aua saggia libarti d' animo, pbiu^fsr &^ù la prima epona lumiooaa ^^Ua Univer^itài, e facf^i- apfo apparir^ qa^np defprffie 1* ^pQftnda> che di §(q[qpi|^tt^ Siji apnapeecbiavfifiivPi tali e .ijafì^ w^\ sii ^Pfqavft Jji Digitized by VjOOQIC 328 L* XDDtO ALL* tNITERSlTÀ DI UBA. Unirersità di Pisa nei primi due o tre anoi della Giorgi- Diana restaurazione ; ond' io avvicinando or questi or quelli, oh quante volte ebbi a dire a me stesso : soltsm scio m$ nihil scire ; e dei loro dotti colloqoii meravigliando e profittando, sin d'allora mi si stampò nelPsCnimo in- delebilmente la gratitudine ai loro condigli, ai loro am- maestramenti , al loro esempio. Grande però del pari è quella che io sento per voi, 0 Giovani egregi!. E innanzi lasciate che io vi rfngrazì insieme con tutti glMtaliani, dell'esservi anche voi im- brancati coraggiosamente a que* prodi volontarii, cIm come leoni spinti da un oragano, corsero con fierezza e gagliardia sui campi lombardi a salvare V Italia. €hè quella tremenda ed inaspettata corsa in che eravate an- che voi prostrò gli animi del nemico ben prima, che neri sconfiggessero i cannoni rigati. Né posso ricondurmi col pensiero ai miei primi anni di Clinica, senza ringraziar sempre i vostri antichi compagni di quella amorevole e numerosa famiglia e calda di studii operosi , che mi avevano formata d' intorno. A questa famiglia io fui de- bitore della mia nomina di Clinico; talché pervenuto air ultima lezione del mio anno di supplenza, fui accom- pagnato da' miei alunni sino alla piazza de' Cavalieri dove io abitava, e presentato di corone e di una effige d'ala- bastro, e acclamato a pieno suffragio Clinico della Uni- versità. Il Governo non fece che confermare quM voto. Il che io ho voluto ricordare come esempio foiose primo di nomina di Clinico voluta dal suffragio della scolare- sca. Ed oh quante volte freddi o plaudenti che io vi avessi lasciati allontanandomi dal letto del malato, o dall' esaminato cadavere , o scendendo dalla cattedra mi faceste ritornare sulle cose insegnatevi, obbligandomi con mio sommo profitto a chiarire le oscurità; rimuo- vere opposizioni, ed anche abbahdonare conceUl, che Digitized by VjOOQIC t* ADDIO ALL* UNIVERSITÀ DI PISA. 329 nella vostra mente non entravano con facile e soddisfa- cente evidenza. Che la tortuosa dialettica fa abbassar gli occhi e tacere il discepolo, il quale invece quando è ' soddisfatto del vero con socratica naturalezza insinuato , egli fa specchio a' suoi occhi di quelli del maestro, e le loro anime si unificano, ed a vicenda se ne confortano. Gli è certo che una parte del sapere dell' insegnante spetta al discente, ove dal medesimo zelo di cercare il vero siano ambedue infervorati. Nel mio sapere adunque v' è una gran parte che spetta a voi , frutto delle vostre approvazioni o disapprovazioni, de' vostri dubbii, e della vostra insistenza nel domandare. Ma sopra ogni altra inattesa e immeritata e nuova è questa testimonianza d'affetto che mi date oggi, in che dopo avermi presen- tato di fiori epigrafici e poetici del vivacissimo ingegno vostro , voleste invitarmi con modi oltre ogni dire cor- tesi a questa più per voi che per me onorevole confe- ^ renza. Imperocché io desidero che il pubblico non ri- guardi questo onore come fatto a me solo. Voi sceglieste me come semplice rappresentante (ed uno doveva essèrio, e al più anziano conveniva) del corpo insegnante intero ; e voleste con quest' atto a me intitolato dare allo Stato e alla Università un memorabile e solenne esempio di riconoscenza verso a tutti quelli che vi porgono e vi spezzano il pane della scienza, e vi convertono con zelo e dottrina in cittadini saggi ed utili alla patria. Se que- sto carattere non avesse avuto, voi consenzienti, la odierna dimostrazione, io non potevo accettarla. II. ^ Ora dirovvi dei sentimenti d* amore ehe mi si ride- '' jtano nel pensare a questo giorno di commiato. Quelle ^"^nodeste cliniche sale dove io insegnava, io le amo an- Dgitze^d?* Google Cora. Potrà dirlp? Io le rUvegli^iva da uà lupgp ^sffiHT mento. Rirpessevi in i)so nupyp c)iQiabe ^beUe, r^neo- mandai maggior ci^ra agli alunni pel compilarvi 1^ stprie: vqlli che non manpasgerq del sus3ifiip 4e)Ip tavp|^ pui« teorolQgicbp, ^di tutti qi^agli esperimenti ^ fisici § ohi^ mici e micrpscopici per iscanflaglio della prpi^i 4^1 fWgUfit e di altri umori morbosi onde «pvvepirpe |ft tep^peutiesi, e dichiarare e rafforzare la di£|gnosi. La quato ^iSfaiodeFr nata sopra una base ippocraticfi pit( l^rga, pirUva^ sempre dalla diagnosi ao^^mica, analiz^audo v&^fià ì fenomeni per aggrupparli intprnp a^ Iprp diversi Qi^^W\ morbosi, distinguendo i fenomeni ^^nomioatpn afilla forma nosologica dai primitivi ed essenziali, e diyi4i^A4P poi questi dai concomi^nti, e nella eoucpmitonza ste#sft appartando T avventizio dal p^ruianente per ingenite indisposizioni : ed alle successioni e conversippi o ifieta- mopfosi morbose mirando, prep^rav^^si Tint^Hp^tQ ^la comprensione dpHe più probabili fasi morb^ae cb^ la malattia presentate avrebbe nel suq prpcediiupqlo. Di qui elevandoci alla interpretazione f^upinenale, ed aU^ connessioni etiplQgiche , mandavasi innanzi la serie delle ' entità qiqrbose possibili suir organo medesimo deye 1^ diagnosi anatomica erasi ppsata. E qui la diagnosi diffe- rpnziale, e le eliminazioni quante qe oocorrey^o. In ques^p i^nompntp, il più arduo del|^ diagnostipa inqiiisi- zjqne, si può misurare H valore raziopale e pratipo di ogni Clinico. Ma nqn essendo s^ncpfa |^ dottrina delle cause occasionali stata elevata ^ quella r?|ffin;Mies$s^ POiep* tifica cui è salita quella de' sintomi, i Clinici abbando- nandosi troppo parzialmente all' una o air altra di queste guide, si troverebbero egualmente ambedue lontani da upa diagppsi pepfetta. La quflle noi) potrà più psaer per- fetta empiricamente e ra^ionalmfiute finab^ la iEltiologi^ npp eppsegua il sqo scientiQco compimentp, cpa^eguitq Digitized by VjOOQIC il quale, soltaot(]j allora qar^vvi armopicpl^ggioe tra ladiar gnpsj Q J'ipdicazjoqp curativa. J.- Ipdic^^iope curativa dieve a^serp part^ ipt^r^le p ooi^ di^tacc^ta del cliqico copr sigilo : r iadetermi^^ato « V indirp^^ ^qdo pccezioDi per Y ^rt^ , poa rpgple per la scienza, lo lavpfayp 4 questp fine pell£| mia Clioics) , e sppr^tt^ut^ a dimostrar vero r eippirlpQ fpudampntp dPl^^ frpqueq^Q rispondenze^ frfi te 9^u«p occasippsiJi aggruppate dai prlterip deir affloitii Qejologicft, prirpa Infr^ Ipro, e poscia sugli atti pWmipo^ org^ipi funzigpaU del si$t^^la, dove e$i^teya U prepipuo turbamento paorbpsp. Meglio per tal moio adunavansi i sintomi prptopatici , e si ponevano in serie gepitiv^ sipp al pupleo causale della malattia ; cioè sino alla induziopp nosologica della natura di questa. Né taji regole fonda- naentali del clinico insegnanaento avpva io mestieri che ini Incendessero d' altronde ; imperocché se np possono troverò da tijtti |p tracce inculcate e raccomandate nelle mie Qppre, che ers^no già a stampa prima de) 4836. gi yegg^ il Discorso terzo sulla semiotica d' Ippocrate : il p^pitplo quarto sullp mutazioni e conversioni morbose nella Meiporia sui contagi spontanei : tutte le Avyertepze clipjcbe posposte ai sommi generi delle malattie nella Patplogia induttiva, e tutto il libro terzo sulle differenze acpideptali delle malattie, ed a preferenza i capitoli sulle con^plicazioni e sulle successioni morbose : yeggansi questp finalmente nella Storia delle Perniciose pon fatti relatiyati, e ragioni anatomiche porrispqndenti. Dei pro- cessi superstiti fisiologici nella malattie, ossia dell' aur tica Vii medicatriXj come debbano esser cercati e var lutati rimpetto allo stato morboso, come debbano pssere oggi intprpretati i modi che assumono , quanti siapo qppati modi , come se ne riscontrino talora le tracce an- cb^ QQ^ cadaveri, come stiano in rispondenza colle crisi, d com^ f Qggano V indica^ipne curativa , h anpipiainente Digitized by VjOOQIC 392 l' addio all' vnivehs^tì m t>tSA. discorso nella Prolusione del 4840 sui fondamenti della scienza clinica. E del modo di mettere in connessione le cause evidenti occasionali con lo stato morboso, oltre alla Patologia e la Prolusione del 1829, io pubblicava trenta nove Aforismi clinici appoggiati alle istanze baconiane sul valore de^ fenomeni intermedii , concomitanti , colla- terali, e residuali nella ricerca delle attinenze etiologiche. Cotesti già pubblicati sino dal 4834, non abbisognano d'al- tro per costituire una etiologia induttiva completa, che del corredo di quei clinici esempi che nel settennio clinico pisano, e nella anteriore e contemporanea mia pratica urbana diligentemente ho raccolto. Tuttavia dicevasi allora, e Io ripete oggi anche il celebre Tommasi, che tra le cause e la malattia v' è V organismo che tramezza e specifica i modi d^ agire di quelle. Ma queste relazioni non si riducono infine a una catenazione di efietti? e perchè gli effetti di una causa si concatenano e si speci- ficano nel mezzo che attraversano , è forse rotta e per- duta la rispondenza tra la prima causa e T effetto ultimo che ne resulta? Io tornerò a tempo più opportuno su questo argomento , del quale non ho voluto tacervi come quello con cui la critica, tormento inseparabile da qua- lunque clinico insegnamento, più spesso prendeva di mira il mio. Certo è però che V importanza data alle cause occasionali nella mia clinica, e la libertà e la maggiore ampiezza possibile alle ragioni fisiche e chi- miche delle scienze moderne collaterali alla medicina, tenendomi sempre fermo nel concetto che i motori e le leggi della vita organica non denno sostanzialmente diffe- renziare, in quanto è dato d' intenderli a mente umana, da quelli della vita universale della natura, i giovani si accendevano della volontà di sapere, e di conoscere la storia delle sperienze e delle leggi di ogni scienza na- turale, di tentarne per se medesimi qualche razionale Digitized by VjOOQlC L* ADDIO ALL* UNIVERSITÀ Di PISA. 333 appKcazioti^ a quelle lacune che tuttora restavano nella esegèsi fetiomenale ed etìologica. E finché mi fu lasciata nelf animo la lusinga di cooperare insieme coli' altra cli- nica toscana alla restaurazione e air ingrandimento della scienza, nei primi quattro anni la clinica medica di Pisa, di conserva colla chirurgica diretta dal Regnoli , presentava una nobile ed ardente gara tra maestri e discepoli di studio, di operosità e di zelo. Come nei tre anni seguenti, o le male arti 0 la mia insufiBcienza divulsero tale reciprocanza di fede, di affetti e di studii meglio è tacere. Dirò solo di una voce resasi quasi pubblica, che a Pisa s* insegnasse per causa ciò che altrove davasi per effetto. Però la forza mo- trice impi-essa a tutte le create cose dal Motor primo, usando entro alle organizzazioni, non è né può esser causa né effetto della organizzazione medesima. Non causa, per- chè una pura fòrza motrice non può organar nulla : non effetto, perchè la forza motrice del Cosmos, di che le organizzazioni e i loro tipi sono una parte, esiste fuori di questi, ne penetra le masse molecolari, e le agita aggruppandole e sdoppiandole perennemente, senzachè se ne possa dire a rigore né causa né effetto. E volen- dola identificare colla organizzazione non si esce dal pruname ; mentre neir identico e causa ed effetto a vi- cenda si elidono. Quindi quell'accusa non colpiva i miei concetti sulla vita se fossero stati intesi. Imperocché la medicina ippocratica da me rimessa in Italia fino dal 1819, è tanto differente da ogni vecchio o nuovo vitalismo, atiitólshio, idealismo, nel che è piaciuto di convertirla a chi r ha voluta Interpretare con tutt' altra filosofia cfcc la Sperimentale , quanto ne era lontana la grande sctfolà Italica de' Jatro -matematici, di cui Y ippocratismo de' tìoerhaviàni deli' ultimo scorcio del secolo XVIII , e quello delle scuole del Borsieri , del Frank, del Morgagni e dcfHo Scarpa non era che una continuazione. La quale Digitized by VjOOQIC 934 l' àudiq all' ufiivERsni m f^isA, ipterrotta dal sistema d) prowo e i)e'suQi fli»guiMà» fu prima dal sommo Bufalioi e ppspì^ d^ ipe, tra il 4fti3 & \S\^^ GìascuQo secondo lo 9pjr0re e il d^t^r den^^ de'proprii intelletti, ripresa e riagg^ncio^ agli a^lli della storica catena della It^lio^ |q^ipi{)%, con quelle riforme e quelli in{;randiraepti che doveva cpo^fi^ire, ppr averle tenuto da ogni lato semprQ apc^rt^ 1^ vip al- l' affluenza dei nuovi e continui £fperiIXi^f)ti Qràdogicj p psico-chimici, eh? nella naturale filosofia vepivafl^i s«i6? pedendo. £ dopo la ricordanza delje cltnioh^., co) pensiero ipi riconduco al grapde Museo diretto d^il S^yì. Ivi CQXJfiaoh piavo la natura conservatrice €|ella sua vitale maegl;^) benché non vi si veggano che spoglie e frantumi. Qiiaoto ordine industrioso e vago sanno adoperare 1 ^giurali^tj per dare il sodo alle idee le più su|)Uipi 1 Un inulto di Storia Naturale è il più splendido imbasailiento obp Ja scienza abbia mai dato alla grande idea della Creazione. ^ntro a quelle sale il Direttore e V illustre micrci^afid Pacini riaccendevano in Toscana Io s^udjo delV anatomia microscopica, e frequenti volte mi accompagnavo alle loro osservazioni, quando specialmente rjferivupsi ^ sistema nervoso. Amo quel fisipQ laboratorio d^ 1^ teupci, dove anche ultimamente egli mi diipqst;r^v^ |q sue esperienze sulla for^a elettrprtonica dei o^ryi, e 4i* papzi a quel vero sperimentalp che a^ gradp a grMQ si snoda dagli ordigni apparecchiati e disposa da( g^piq dello sperimentatore , si rivede imitata la grand' ^rU$ p^9 fidopera natura nelle mirabili opstru^ioni s)^, § V ^ffiPil prova indicibile soddisfaùone e sp^ranes^. Am^ qiieUf obi? miche officine, flqve il pelebre Piri^ rapfireisemtatooggi ffa voi d^l De l^^ca, ingegnoso e4 iipst^Q. es^alore delie stesse leggi esperinientaU» mi syelava )e vi|;io$^ prasi degli umori nelle mfilf^Hi^ e p^' cadaveri riavaaiite; Digitized by VjOOQIC • L' AttblO Aiti' UKWÉRSirl^ DI PISA. 065 ed una mmiérit aflitluoAi corre ancora «IP Os(ieda)e, deve iittliiHni a) laborioso Ghimioo Mori, stille' materie éieteuBe évenicfae^éiserasie q^iavansi le proportzioni dei iBiÉfÉti ealearei^ eiide meuerle in relaelone con quelle eiialefiti in éìénw acque palaUli, e ftellatte delle nutrici stMBQUI a infernìiiscie. Dalle quali eapefiensè io traeva éi poter idarè non Moia spiega^iloné del fatto delle meta-} merfoei aeHé trwmìaèioàt ereditarie d'uno stesso germe ìMrboaò^ tetto da liie i esperienze non forono che primi 0 pochi tentativi ; i ^uelft'dlrètti ^ fine di seuoprir la natura di quei riior^ bo^ pfìnctpti^ eliderebbero eontinuati^ se si vuole un giorno esoir di ^ramoiàtlda'au cotesti elementi morbdai! ai quali è lodevolissimo trovare il vero posto dove col- locarli nella diagnosi ; ma f^ piena rispondenza tra la ragion loro nosogenica e la terapeutica resta tuttora in- detemÀMtat. Attio quel palioki^co Gabinétto che io vidi Deaceiitef e nel' quade pur io deponeva qualche non co* mniie patofodiaFgaàiebe àUerazioui) nelle autopsie clinir ohe rinvenelei Amo quest' Aula che può chiamarsi il jiaaro tetBpiovd^ve Iutiera alV aprirsi d'o£:iii anno sco* Iflitàso riauòtia la balia lingua del Laaio, dove tante volte he attmte e soavi e peregrine eleganze da quei fonte di ciassiea^tiiiità ehe era il Bbgnoli: classica latinità eonti^ nuàta oggi dal Ferrucci, nel quale Tltalia saluta il secondo MoreeUi» Questa è par T Aula dove afjrivasi solennetnente il pnofo Cottgresso scientifico italiano, e dove il Gente- fanti feee riporrò .quel venerando simulacro/ che da ite ^ AUodesi Illa statua di Galileo esistente aeirAula Magim. Digitized by VjOOQIC 396 l' appio all' univsusitìL di fisa. * invocato SS anni or sono come auspice e d«e» dei .miei corsi scolastici; ora cbe ne tocco il tormìpe, AìmazÀ ad esso io mi copro il viso di vergogàa^ avendo aitale risposto a tanto auspicio ; e Mo aveod» altra difesa deUa mia oulUtà, cbe il non essermi mai dipartito da qw^ia Filosofia, che a tutti i natarali studii egli apriva il primo per isoorta ed esempio. Amo fiaalmeate a Pias non solo i vivi, ma anche gU estìDti. Molti de' miei iltealri colle- ghi hanno qui onorata tomba. La filosofia odstiaDa bù ha appreso a studiare la morte, e preferire aempre di studiare a quella dei Gi*aiidi cbe fu treasiio a gloria; e meditare anche su quella delle anime elette per inno» conte ed anglica vita che non è che uo transito al paradiso : e di quella e di questa io aveva qm di che confortare il mio cuore. La Santa Croce di Fireoze mi presenterà urne pid famose ; ma V angslo ohe io Ih per- duto non riposa che nella Santa Croce di Pisa. ^ ra. E già a tali mie gratitudini, a t;lnte atnorev.oli rimembranze succede di necessità nel pensiero una profonda tristezza. Io vado al PerfezionainentOi| pieno dMmperfezioni, carico d'anni e spossato 4à fatiche; e quindi con poca speranza di cooperare insieme con quelH illustri colleghi a vantaggio della scienza. Eccovi detta la tristezza maggiore che io provi ^ tra le altre che tac- cio, per non esservi grave. £ come il vecchio p&dre mai non si allontana da' suoi figli diletti senza lasciar loro qualche ricordo della sua esperienza , altrettanto farò io, sperando che voi li prenderete a grado, come paterni ed affettuosi consigli alla vostra scientifica giovinezza. * Chiesa suburbaoa ove è sepolta una figlia del professor Pac- clnoui. y Google L*AODIO all'università DI PISA. 337 £, primo, bhe ndn vi gioviate mai d'altra filosofia che deUa sperim^otak, senza disconoscere se volete le specaiative ; ma riponendo per gli usi vostri nel luogo di queste le matematiche. Noi non si va alF immensura- bile ehe misurando) non all' uno che dividendo e nume- FaodOy non aJr imponderabile che pesando, non air infi- nito che tranandoci pel finito. Più volte dalla cattedra io vi ho disegnato lo schema delle due filosofie, consi- stente io due piramidi che si toccano per la punta: scfaaina che ho ricordato anche nella Storia fin dal 4850. IMceavi che scriveste nella superiore gli universali, nella inferiore \ particolari, e tirando una linea orizzontale tra le due p«nte di esse vi scriveste sopra le matematiche, che le coimettono e le limitano ambedue , coadiuvando sotto e sopra cdr uno e col multiple delle loro espres- sioai. Patene anche una filosofìa sola se il secdo ve io . impone : serve che mantenghiate fermo il diverso termine di dove partite, e la diversità dei mezzi che dovrete ado- perare in ambedue per giungere alla cognizione del véro. Abbiatevi per secondo, di non lasciare scorrere mai giorno senza ripassare nella vostra memoria le cose di anatomia. Sia questa scienza la scorta tutelare che illu- mini e dir^a le vostre menti, e le azioni mediche vostre tutta la vita. Il successore del Civinini, il professor Du- ranti vi è guula. Egli è il degno allievo della scuola se- nese del Mascagni. Poi^o il terzo agli intelletti più perspicaci tra voi, e k>ro~affido la speranza di serbare zelantissimo lo stu- dio della fisiologia sperimentale. Tienvi nel difficile cam- mino lo Studiati, che ofire sì fondate speranze di presto dare anche a noi il vanto della scuola del Bernard. L' Italia Qon ha che pochissimi Fisiologi da contrapporre oggi ai molti delle akre nazioni. Pure in Toscana fiorirono quasi 3id un tempo tra i discepoli del Galileo il Sorelli, il Mal- PuCGINOtTI. 29 Digitized by VjOOQIC 338 l'addio ALL'imiVERSIfU Dì »t»A. pighi, il Redi , fi Bellini. Se voi volete essere i epntkìua- tori di quella grande scuola vi bìtògna sperimentdre quanto essi e meglio di essi : e volendo il potete. Il pro- blema della vita fisica non si scioglierà che per oontloui sperimenti fisioo^himici. Di quanto questi avanzeranno di tanto seemerà il numero delle incognite nella ecienca della natura umana. Buon per noi se la Fisiologia si po- tassa ppmpare bella e fatta dal sacro fonte dei libri di S. Tommaso, e darla poi a nutrire di aHrì arcaismi seelaitioi a certi animisti moderni. Nel medie evo potava il teologo mascherarsi anche da fisiologo ; ma oggi slmili pretensioni muovono a riso, e ne riderebbero anche Alberto Magno e ibP^ Aquino, se fossero vivi. La Fisio- logia non si scrive indovinando né sillogissando, ma si là esperimentando : né gli attrezzi necessari ai fisiologici esperimenti consistono nelle forme sostaniiali, né n^le arbitrarle loro trasformazioni pa*i{)atetiehe; ma netfabfis uso delle bilance, e delle pile voltiane, de*dhimiai rea* genti, de'galvanometrì, degli strumenti anatomici sco^ pritori e isolatori dei v»oeri palpitanti degli animali vivi, e ne' ealcoli dimostrativi deir esattezza del trovato e ètU r operato. Quando Dante pensò che raqima spirituale scendesse nel feto appena il celebro ne eraperfsttamenta organato, e tutte le orgàniche virtii I|uella a sé tirando, faoevasi un alma sola , non intese dire , the V anima fosse la causa della vita , perocché la vita fisiologica già preesi« $teva ; ma solamente che da queir istante le altre virtù fisiche della vita restavano inferiori all'autorità suprema deir anima, ed agivano subordinate) senza confondere né i caratteri nativi, né le sostanza, nò i poteri e gli offici! dell' una e delle altre. Io non nego del resto ai mo- derni teoioghi e filosofi, che essi non possano, volendo, essere anche fìsiologhi. Ma dico che non entreranno in fisiologia che quando incominceranno a sparimifntare, Digitized by VjOOQIC l'addio all' VNIVEflSlTÀ 1>1 PìMXé 880 e non 06 uaeiraDiio che non qaeH' aiitino estret-immio ohe raeilo )1 lontani dalle loro favorite formule metafiéi^- che« L'occhio deir E^rno si volgerà lielo^ tanto alla mente speealatrice degli univeraali che sé in sé rìgirli nelle acieù2Se metagatcbe^ quanto al paziente lavorò dello siu^ diodo della natura, Che a quelli ascende a grado a ^ado partendosi dal tempo e dall' umaùo^ Imperocché io vor-^ rei lasciarvi convinti di questa verità: che sì nelle menti umane che nella natura, sì nello spirito che nella mate^ ria trovaosi desigtliati dalla mano di Dio i triangoli arche- tipi della verità è dei fini eterni della Creazione. Ambe- due le meditazioni è del filosofo e del naturalista mirano alla stessa mèta* La vera filosofia mi parr^be dover con-^ sistere nel conoscere I differenti termini d' onde la par^ tenza è da prendersi, e i diversi mezzi da adoperarsi per conseguire la stessa mèta : né chiamerei filosofo chi que^ ste i0kprescindfbili differenze disconoscendo, pretendesse di cenfondere insieme la mossa e il procedere col fine ultiino di tuUe le scienze umane. IV. Dirovvi, in quarto luogo, che forti di anatomia e di fisiologia e introdotti dalle sagge patologie medica e chi- rurgica, nella quale ultima il Marcacci vi ricorda le ric- che lezioni del Ranzi, il santuario del vostro medico bat- tesimo saranno le Cliniche. £ là entro dovrete mettere la armonia il sapere coir opera vostra, ed ambedue que- sti coi sentimenti della coscienza e della carità. L' esper- tissimo e rinomato clinico Bartolini ^ sa ben esso come trasfondere in voi questa armonìa, che egli mirabilmente possiede. Né vi ritenga dair affezionarvi a lui con fede il dover paiisare di seguito ad altre cliniche* Il fondamento di tutte in Toscana è uno solo; il metodo sperimentale/ Digitized by VjOOQIC 340 h' ADDIO all' università DI PI8A. NoD v'è divisione di sco(rfe: siamo totli disoepoli del Ga- lileo. Qualche lieve divergenza d^opinioni nella interpre- tazione dei fenomeni né forma una scuola, né divide runa dair altra. Simili divergenze danno invece testino- nio di quella libertà, che oggi dee rinascere tra gr inse- gnanti e i discenti che dia luogo a discutere, e prendere il vero dal suo canto il più luminoso. A nessun profes- sore è permesso di dire: Io tono la Medicina, La scienza si mantiene e procede nel suo avanzamento per la co- operazione federale di tutti i buoni cultori di essa. Io la- sciai al mio degno successore una Clinica indipendente: e son certo ch'egli tale la manterrà, persuaso come è insieme con tutti i grandi medici, che dinnanzi ai feno- meni della natura umana ammalata, la ragione clinica stretta dai ceppi di una autorità sola , qualunque ella sia^ vedrebbe con un occhio solo; mentre in Clinica v'è il caso che averne cento non sieno troppi. Non v'è clinico, per grande che egli sia, che non abbia neiranno ad im- battersi nel boccone amaro, e nella giornata nertssima. Deh non commettete per vanità giovanile la ingiustizia di accagionamelo I Dividetene con lui il rammarico, e vi sarà d'ammaestramento anche la sventura o Terrore. V. A voi raccomando in quinto luogo gli studi! igienici e storici. Vedrete in essi le utilissime e nobilissime sor- genti di tutta la scienza nostra: in esse i due anelli che concatenano la medicina alla civiltà: per la sua prospe- Htà sanitaria oggi l'Italia li esige cotesti studii da voi, che avete riassunta la vostra rappresentanza nazionale. Una mente volgare, ma che avea pure in cima de' suoi ardenti desideri! la Nazione Italiana, sin dal 4838, in que- sta stessa aula esponeva II piano d' una igiene nazionale y Google L' Abtoìo aia} ONiVEitsiti m i»isa. 341 da coDfederardi alla economia pubblica , e coi precetti di più austera educazione civile ritemprare la robustezza del corpi e degli animi, onde sostenere con coraggio e fermezza le dure prove, che avrebbero dovuto un giorno rigenerare la Patria. Gol mezzo degli studii storici voi troverete quali sono state sempre le sembianze gloriose della medicina in Italia, e di quelle e delle odierne raf- forzerete Io stile e il carattere della medicina nazionale. La storia raccoglie e rappresenta la vita del pensiero della numerosa medica famiglia di oltre a XXII secoli : ciascun medico è un membro di questa grande famiglia. Il medico che non ama la storia è come il cittadino che in mezzo alla società, e godendo dei beni di essa, rimn piattasi solitario e si ricusa di gratificarla con ricordanze onorate, e di prestarsi per essa: egli è l'egoista e il mi- santropo della scienza. VL Per sesto ed ultimo ricordo io vi lascio, di tener sempre strettamente consorti alla istruzione la fede al vostro culto, Tamore alla Patria. Religione e Patria sieno in voi un solo e supremo sentimento. Identificate questi due grandi elementi di civiltà, e fatene una idea sola, quale era nei Romani avanti i Cesari; e quale era in quei pochi ma pur grandi italiani del medio evo, i quali vol- lero di sì immensi e fastosi tempii adornare la loro idea religiosa; che non si può supporre che il solo culto glieli comandasse, se non era il bisogno che sentivano insie- me di comprendere il santo tabernacolo che basta alla fede, entro al vasto edifizioche Fumano affetto alla pa- tria esprìmer doveva alla posterità. Il trionfo benché breve dell'idea cattolica nel 48 ^ io noi credo affatto perduto per r Italia. Aspettate che quell'idea si depuri da ogni Digitized by VjOOQIC %éSÌ L* addìo ÀLL* UMIVfiRSITi DI PISA. ÈG. basfta immoralità e eufàdigia in tutte. le classi sociaH, e voi la vedrete riprsDdere il suo Coasolato nella i^ria , e dare l'ultimo perfeafoaamento al carattere civile della Naztooe. Se quiddt gli è tempo che dai nostri ouori lòr« mata, s'innalzi una apoteosi all'Italia, lo non saprei mi-* glior simbolo immaginarne che la Donna amata di Dante. Gli antichi commentatori vedevano in essa la Teologia: noi moderni vi vedremmo volentieri anche l'Italia, ossia l'unificato sentimento di Religione e di Patria; ed essa, la Donna amata di Dante, movendo per condurre il di- vino Poeta alla libertà della patria celeste, volgesi og^ senza velo anche a noi; e mostrandoci quanta virtù sia ancora da adoperare avanti di essere interamente redatti, dolcemente sdegnosa del passato, e promettitrice di sua scorta fedele nel!' avvenire^ rassicura ogaì cuore italiano con quelle forti parole. Guardami ben ; ben son^ ben son Beatrice. y Google 343 SOLLA NUOVA STRADA PBltRATA MAREMMANA LETTERA AL ei. ttT. cm. «oTini oìuimiìii. Voi nù chiedete, professore e collega mio venera- iissimo, ifte inconlreranno i perniciosi effetti dell'aria malsana i viaggiatori sulla nuova strada di ferro che at- traverserà i luoghi palustri della nostra Maremma : e mi favorite in pari tempo la lodatissima opera del Petitti^ 8uUe strade ferrak, nella quale toccando il celebre au« toro del progetto della nuova via ferrata maremmana ^ allude in certo modo a cotesto timore e pencolo. Ed ecco come avete tirato anche me a discorrere di vapore e di Fotaje, quando meno avrei saputo immaginare che )a medicina contenesse attinenza collo stupendo e nuovo ritrovamento. L' occasione però che voi me ne porgete è compresa in un quesito cosi limitato , che io tante non diffido della pochezza del mio sapere in fatto di vie ferrate, da non poter soddisfare in gran parte al deside- rio vostro. Intanto mi guarderò bene dal frapporre nella que- stione verun giudizio che appartenga ai futuri destini delle nuove strade. Le quali che debbano un giorno tor« Bare ali' Italia di massima utilità, moltissimi sono che Digitized by VjOOQIC 344 SULLA STRADA FERKATA MAREMMANA. lo credono con tale certezza , da giustificare quel caldo entusiasmo che per ogni dove se ne è suscitato fra noi. So che v' ha alquanti seniori a^ quali sembrerebbe più giu9t# e moderata il riguaréarle lultora eoiyie un pro- blema commerciale e civile, che rispetto alle condizioni e vicende italiane non si risolverà che col tempo, e dinnanzi a una ventura generazione. £ veramente sem- brerebbe aochea me éht se ccUyttn gna iute 4i ferro non sarà compita, se i più. felici e più pronti andirivieni fra noi e gli oltremontani non saranno aperti per i Ira- forati appenini e le traforate alpi, le quali operazioni richiedono un tempo lunghissimo, si potrà parlare di parziali utilità ottenute da qualche più cospicua città nostra, ma non sarà ancora risoluto il problema della generale utilità delle strade ferrate a tutta {tadta. Gfae se alcuni Stati ne rimanessero privi, la disuguaglianza dei mezzi e delle fortune creerebbero movimenti e vicende civili affatto straniere di contro ai consueti,, per neces- sità in quelli mantenutisi; e T antica e depurata miseria (Mia divisione fra noi, e deir oblio e del dispr^io di tanti nostri paesi e fratelli crescerebbe senza misura e rimedio. Che a questo danno non pensasse un secolo perdutamente chiuso in abbietta personalità, e delirante e sacrilego, che avesse-spazzato dai sepolcri delia Roma antica le ceneri dei Scipioni e dei Gracchi per riporvi quelle de' più meschini eroi delle età nostre onde meno sgomentarsi al paragone, o -che volesse la moderna Roma e irreligioso freno distruggere per ricostruire su quelle sacre rovine la laida libertà di una novella Avi- gnone, non sarebbe da farsene meraviglia; ma che il secol nostro splendido e beato ne' suoi peregrini pensieri, e Micemente inquieto di sempre nuove riforme, e tatto HI damma e in vanto di filantropo, e in sul punto di 6D~ trare tra il vapore materiale e il metafisico nel paradiso Digitized by VjOOQIC SULLA STRADA FERRATA MAREMMANA. 345 di una civiltà tutta nuova , non pensi a quel danno, non si può credere. E se il pensa un istante , vedrà anch'esso, come fintantodiè per il compimento delle vie ferrate le nostre belle ed ampie e comode vie consolari, venerande per monumenti e ponti ed archi di trionfo , e nomi au- gusti di Flamminia, di Àppia, di Emilia, non saranno affatto abbandonate o neglette , e di erba e di sterpi ri- coperte, e tutta intera la città del sole gremita di ro- taje, il problema della nazionale utilità delle nuove strade rimarrà per anni ed anni indeciso. Noi non vedremo , ottimo mio professore , questo miracolo : e solo ci è dato dalia fortuna e dagli anni il riguardarne attoniti il cominciamenlo. Il quale però va così rapido ed albagioso , che già si ripromette , volgen- dosi alia Venezia, a Genova ed a Pisa, di rinnovare col mezzo dellestrade ferratequelle comunicazioni coirOrien- te, che un giorno furono alla Italia sì feraci di ricchezze e di gloria. Ma quelle imprese magnanime furono con- dotte e sostenute da braccia e da petti e da proponimenti di ferro; le quali doti valorose mancando ai molli Italiani d' oggigiorno , io non so se avendo di ferro le sole strade, da queste sole otterranno altrettanto. E non era il fischio d'una caldaja britannica che moveva quelle spedizioni famose: era la solenne grida del Dio lo voi de' nostri ca- pitani , erano la Croce e la Patria che insieme contem- perate nelle fnenti e ne' cuori , ricostruivano allora la grandezza e la nazione italiana. Tuttavia siccome il mon* do, dicono , si deve al tutto rinnovare , non ci sarà forse più mestieri di cotesti elementi per operare grandi cose; e crédiamolo. Mentre però che l' immaginato e sperato rinnova- mento si andrà compiendo , assai mi conforta il conside- rare che pur resta tra noi qualche ingegno illuminato e tranquillo , che mette in opera la sua moltissima dottrina Digitized by VjOOQIC 346 SULL^ 8TIVAJ)A FEAiUTA UhSiEMUkhk. e sagacità per sottoporre a severo giudizio coto«U> al&re delle strade ferrate ^ ed acceona sapientemente ai perì- coli e ai danni che uno sfrenato fanatismo per esse po- trebbe condurci y e propone come e con quale tempe- ranza andrebbero fra noi accettate, onde tornassero air Italia vantaggiose compatibilmente collo stato attuale delie nostre piccole industrie , e de^ nostri diversi governi^ Voi giudicherete, del resto, se l'egregio Petitti si sia sempre apposto al vero ragionando sulle vie di ferro co- struite e progettate in Toscana, e se quella della Ma- remma sia così per ogni verso dannabile come V autore ha supposto. Io invece restringendomi a rispondere alla vostra dimanda, se percorrendo quella via ferrata po- tranno i viaggiatori sentire alcun danno dalla cattiva aria rispondo francamente, che non solo non ne debbono ri^ sentire veruno; ma che tutt' insieme il treno e la sua massima celerità riunisce in se gli elementi i più vale- voli a modificare ed annullare gli effetti di una atmosfera inquinata di emanazioni palustri. £ prima di dirvene alcuna delle molte ragioni che so- stengono il mio concetto, premetterò il fatto della nostra strada ferrata da Pisa a Livorno. Essa attraversa per molte miglia r infetto padule di Coltano. Le partenze mattutine del vapore da Pisa neir estate, e quelle della sera da Livorno cadono appunto in quelle ore, che si sono sem- pre riguardate come le più pericolose e per chi abita e per chi trascorre luoghi palustri. Nella ricorrenza della Luminaria, V anno passato, il vapore corse anche di notte, ed era il mese di giugno avanzato, quando le febbri mia- smatiche cominciano appunto a svolgersi con forza: e non è ancora avvenuto mai che alcuno abbia preso febbri nello attraversare cotesto paduje , dacché il detto tronco di strada è stato messo in attività. Ora per dimostrarvi come nel vapore si adunino i correttori di quelle priaci-* ^ Digitized by VjOOQIC SULLA STRADA FERRATA MAREMMANA. 347 pati caase che generano V aria cattiva de' luoghi palustri, e valgono a rimuoverne 11 temuto efltetto , io ne ricorderò alcune solamente, sulle quali non può cadere contro- versia, e nelle quali non entrane mediche né fisiche ar- guteftte, e tali insomma che per la loro natura semplice e fisica ciascuno le possa intendere. I miasmi , o altro che sia di maligno ohe si svolge nelle terre impaludate, abbisognano dell'aria quieta, o come direbbesi, morta di cotesti Ittsgtii , per stringersi nelle loro affinità e oom- porsi nella loro qualità nociva. Dimodoché se que* bassi slvati d^ infetta atmosfera vengono agitati e dai venti o da qualunque altra fìsica o meccanica causa, qudle n)efi*iandanti quasi nel tempo medesimo , e così via via sino al termine della corsa. Ciascuno potrebbe con un volgare esperim^to accertarsi della differenza igrometrica che incontra chi viaggia sul vapore , in coi>- fronte di chi perc(H*ra o a piedi o a cavallo o su navicelli del canale il padule stesso di Coltane. Quest' ultimo tro- verebbe, specialmente in sul mattino e la sera , i suoi panni tutti umettosi , nel mentre che alle stesse ore tran- sitando il padule sui voffmi scoperti, siccome io stesso ho provato, siffiettta umettazione non avviene. Per la medesima modificazione dello stato dell* atmo- sfera che circonda la locomotiva e la gran macchina eh' ella U*ascina, (stato che i fisici un giorno misureranno e nella temperatura e nella umidità, comparandolo a quello de' prossimi luoghi a certe distanze) i viaggiatori a qualunque ora , e fosse pur anche di notte, non deb- bono incontrare giammai quel fatale sbilancio tra i ealdi diurni e i notturni freddi che taluni medici temono, ed ') y Google SULLA STRADA FERRATA MAREMMANA, 349 incolpano come causa prima delle febbri estive nelle re- gioni palustri. E quelli che credono al miasma, siccome cotesta differenza è un fatto innegabile , pensano che le ore in che comincia V abbassamento di temperatura e la forza d' evaporazione si scema , siano appunto quelle in che il maligno alito acquisti il potere dì concentrarsi e precipitare ne' bassi strati deir aria, ed assalire chi sog- giorna o chi trascorre per coteste terre pantanose e in- salubri. Questa condizione adunque che favorirebbe la pre* cipitazione de' miasmi, o, secondo altri, costituirebbe il più forte impujso a contrarre le febbri maremmane, tra- scorrendo sul vapore i luoghi malsani, è rimossa, impe- rocché le centinaia di persone ivi conserte , l' impetuosa agitazione e l' attrito deir aria circostante , e l' accesa caldaja, e i suoi sbuffi e sprazzi vaporosi sona altrettanti correttori e impedimenti perchè V atmosfera infetta at- torno al carreggio non si presenti con quelle funeste ineguaglianze di temperatura , che preparano lungi da esso la cagione alle febbri. E sebbene non abbiamo an- cora, come dissi , fìsiche osservazioni che lo comprovino, io azzarderei di presumere che attorno al vapore tra- scorrente in estate per luoghi palustri , sia di giorno o di notte , debba esservi una temperatura pressoché uni- forme, 0 tale almeno che non possa raggiunger mai quella grande differenza che tra il dì e le notti presentano co- testi luoghi. Oltreché l'abbassamento di temperatura essendo promosso o favorito, come in fìsica s'insegna, dal calorico raggiante, ed essendo pur certo come la ra- diazione notturna nelle pianure malsane sia massima quando non incontri impedimenti di alte e grosse piante, e di case o fabbriche fra loro non distanti, e quando r atmosfera non sia né ingombra di nuvoli, né agitata dai venti, la gran macchina del vapore, nel suo velocis- PcCGIIfOTTI. 30 Digitized by VjOOQIC dM SOLLA StftÀfiA FERRATA ìtARfiMMANA. Simo trascorrimefttó sempre circondata da venlilaasione , ooma g;ran corpo interposto iiUpèdisce la influenza del- l' Irraggiamento su tutto quel tramite per il quale essa trasvoja. Voi adunque vedete come non poteva il senno umano immaginare né costruire altra macchina, che riunendo in 9è i principali e più ètìergicl modificatori di tutte quelle cause finora conosciute , dal concorso delle quali pten^ dono origine i maligni effluviì delle regioni paludose, fosse pitt aoòoncia del vapore di terra a intraprendere viaggi oon piena siCurezia entro alle nostre maremme. E quando pure le ragioni da me esposte si voles- sero anche tutte contrastare, non basterebbe la velocità della corsa per garantire i viaggiatori? La corsa di tutta la linea maremmana non sarà che di tre óre e noéz^a , oome assicurano gli ingegneri. La maremma toscana quale è oggi, può ben giudicarsi risanata per i due terzi; e quelli che non la visitano non se ne possono formare utì esatto quadro; e con ingiusta indifFerenaa ai reali e benefici effetti d' una magnanima impresa vanno ripe- tendo il solito intercalare , che la maremma è sempre maremma, e ae la figurano sempre spopolata', deaerta, mortifera* Quando io la prima volta percorsi la strada che da Pisa conduce a Follonica, neir attraversare la Cecina e il Yadese , la freschézza e la vegetazione rigo- gliosa di quelle campagne , gli spéssi ed anche eleganti casolari, le ville, le fattorie, le pratora verdeggianti, e le bene ordinate siepi e gli alberi che da ambi i lati la larga e comoda via fiancheggiavano, mi rappresentarono piuttosto una Val di Chiana che una regione desolata. E quando, come era giorno di festa, andai per visitare la cattedrale di Cecina , con pena vi potei entrare per la immensa quantità di popolo che in essa era accolta, e molta ne rimaneva ancora sul piazzale della stessa chiesa. * Digitizedby VjOOQIC SULLA STHADA FERRATA SiÀI^EMMANA. d^A Consolante spettacolo si fu poi, terminata la sacra fun- zione , il vedere tutta quella gente escire dal tempio con volti freschi e sani, con vesti e acconciature che mo- stravano la loro agiatezza, e con tutta quella letizia che i terrazzani sogliono prendere dai giorni festivi nelle campagne le più salubri e le più popolose. Ond' io dice- va ; è questo un Inno il più bello che si possa comporre al boniQcamento di questi luoghi I e domandavo nello stesso tempo, quando e dove saremmo entrati in ma* remma? Della quale io non mi avvidi veramente che arrivato a Follonica. Che se io ho ben considerato la linea che percorrerà la nuova strada di ferro, riterrei, che di luoghi tuttora conservatori dell' antica infezione, essa non traverserà che la sinistra costa del padule di Scarlino» Nel qual tragitto il vapore impiegherà, suppergiù, un otto 0 dieci minuti. Ora in così breve tempo potrebbe r aria infetta attossicare V equipaggio, quand' anche nes- suna di quelle influenze modificatrici che io di sopra men- zionava, si volesse concedere al vapore? Credo che piuno sognerebbe siffatte paure, né per i dieci minuti, né per le tre ore e mezza di tutta intera la corsa. La guarentigia però che io presento con queste mi^ considerazioni a tutti quelli che sul vapore percorreranno la via ferrata maremmana, non saprei con egual libertà e sicurezza protrarla sin sopra le guardie che lunghesso la strada dovranno esser collocate, né sopra le persone impiegate nei servigi delle stazioni. V esempio della im- munità di alcuni guarda-coste che si tengono tutto Tanno in certe parti della Maremma, non varrebbe perchè non fossero improvvidamente , dimenticate tutte quelle cau- tele sanitarie, che possono preservarli dal pericolo in che sono stando fermi , e nelle ore d^l mattino e della sera a' loro posti. Conviene dunque sulla linea proposta designare quelle località, dpve possa esservi tuttavia ri- Digitized by VjOOQIC 352 SULLA STRADA FERRATA MAREMMANA. masta alcuna sorgente d' infezione palustre. E le guardie che saranno destinate in coteste meno sane posiziooi, dovranno essere spesso mutate di posto ; e nella state e neir autunno si dovrà loro passare una misura di legna, onde presso ai loro casotti accendano fuoco e nelle ore mattutine e ali* imbrunir della sera; ed oltre a ciò, cia- scuna di dette guardie dovrà avere un cappotto di lana con cappuccio onde vestirselo nelle dette ore. E delle medesime precauzioni e provvedimenti hanno pur me- stieri quelli impiegati che rimangono fermi nelle stazioni. £ in alcune di tali stazioni , come ad esempio in quella di Follonica , sarà bene che vi sia una sala di sufficiente ampiezza dove pure si accenda fuoco ne' detti tempi e nelle dette ore, e dove pure si possano raccogliere quei passeggeri che si presentano alla stazione i venti mi- nuti prima della partenza del vapore. Né la società vor- rebbe esimersi da queste prudenti cautele igieniche, stando al fatto, che tra le guardie collocate lungo il tratto del padule di Coltane nella via ferrata da Livorno a Pisa non vi è stato ancora un esempio di febbre; perocché essa facendo altrimenti , si sentirebbe sempre rimprove- rata da quel comune proverbio , che ne' luoghi malsani per chi vola via v' ha il cento tanti di probabilità di schi- vare il pericolo: per chi sta fermo v' ha il mille tanti di probabilità d' incontrarlo. Questi sono i miei poverissimi pensieri intorno alla questione che voi mi avete proposta : ed in sul termine della mia lettera permettetemi che io ne faccia un* altra a voi di ricambio. La quale sarà meno questione che rac- comandazione; imperocché vorrei che col vostro immenso sapere voi prendeste a discutere fra* nostf-i economisti e politici, se tutte le forme materiali che assume Tidea del progresso presso le altre nazioni convengano indi- stintamente a noi Italiani , fra i quali la base di quella Digitized by VjOOQIC SULLA syaadà Ferrata maremmana. 353 idea. Che è la Nazione ^ ncm è ancora ricostruita; se ri* spetto. a questo grande e forte bisogno della nostra patria si convenga o sia utile lo smarrire e disperdere Io spirita e le poche superstki forze negli adornamenti al di fuori, trascurando di concordare moralmente e civilmente con sé medesLiDa, e di bene acconciarsi dello interno suo stato; se sia più probabile che più prestamente ritorni a civile prosperità quella decaduta repubblica , che con decisa volontà e fermezza conserva i buoni ordini anti- chi, sopporta di essere proverbiata di trovarsi mezzo secolo indietro nel vorticoso movimento della civiltà delle felici sorelle, per gelosa custodia del carattere e del co- stume suo; 0 r altra, che troppo sollecita e ghiotta di consolazioni e di lautezze, non s' avvede di essere vilipesa e schernita volendo contraffare goffamente le grandi na- zioni, e star sempre nel ricominciare dove quelle fini- scono, e nel voler comparire quella che non può essère, e che non è. Laddove più opportuno e saggio consiglio seguendo, rassegnandosi alle sue parsimonie, stringendosi alla sua religione, e tenendo care le patrie usanze, e mostrando maestosa fortezza nelle sue sventure potrebbe essere venerata e compianta : ed in questo nobile ed ef- ficace dolore concentrata, lavorare indefessamente, e meglio che non si fa oggi , alla grand' opera del rinno- vamento della privata e pubblica educazione. Perocché noi non potremo recuperare le virtù antiche che attra- versando la via del dolore : e su questa troveremo alla fine la palma del merito ; onde la Provvidenza ricono- scendocene degni un'altra volta, ci renda quella gran- dezza civile che per nessun favore di principi o di stra- nieri , né per verun argomento materiale d' industria po- tremmo giammai conseguire, se non sarà principalmente per le rinnovate virtù nostre. Nel difetto delle quali in tutti i ceti diffuso, è la vecchia infermità della Patria: ed é 50* Digitized by VjOOQIC •354 aVLUi STRADA FERRàTA MAREMMAKÀ. 5traBo e appena credibile, cbeooi vogliamo farla da me- dici ai pHncipi e ai governi, quando i malati Biam noi^ e gravomento ammalati! ' ' Qoesli aodo i problemi, egregio mio professore, che dorrebbero 69S6r6 discifrali dalla vostra sapiènza. Alla ER k^à CIÒ chi: qui KVtM UàKNO l^fift MMUlCVfld; LETTERA alti et. SN/ M. t. fLÒRtttt ViDDItétA». Gentilissima Signoray Boezio, e Petrarca invocavaiuo supplichevoli la Pilen )Ofìa , i)erQhè scendesse nella loro celle romite a conati are e governare il loro spirito : e la descrivevana bella I maestosa della persona, e tutta amore nel consiglio e leir insegnamento. Io non ho avuto bisogno oè d'invoca^ ioni né di suppliche. La più cortese filosofia, o per meglio lire, la più amabile rappresentante di essa, mi è entrato Q camera da sé; mi ha presenitato uo paniere di fiori di ■aradiso, e tali sono riafiiùto^ rassohitò) il vero, il tuono, l'uno, Tuniv^sale, T intuizione » l'intelligenza >rima , ed altri simili: ^ ed altro paniere doliate anch'esso * Occasione a questo scritto dell^ Autore fu una gentile e filo- ofica Ietterà delia S)g.« Flohenzi , colla quale inviatagli da Perugia primi 5 fascicoli della Fisiologia deirUlvstre Pr«t B^NoCei; )• ual lettera fu stampata insieme con quesU^ cb^ noi ripubblichia- mo, nella BiviBta Contemporanea di Torino, nello Sperimentale di 'iren%e, ed altrove. Essendoci proposti di non inserìre in questo olume ehe alcuni scrìtti del Puc6inolU , abbiamo omessa la Lel> Ta missiva della Big. Florttizi; come ci siame del fiarì aatenvli ài ristampare il dottissimo Discorso del cav. prof. De Ren2i an* 3SS0 al Proemio dtlla Storia i»lla Medieina^ Mila edisioo* delle Digitized by VjOOQIC dafi risici £ METAflSlCt. conteneva frutta squisite e rare, colte nel giardino della natura da un occfljonte ^siologo e filosofo insieme, il co- mune amico Professor Bonucci : e quando fui per pren- dere e gustare di cotesto belle frutta, che le mi parvero fresche e saporose oltre ogni credere, la sapiente donna mi disse: t Di questi due panieri, che io ti presento, tu ne farai un solo; imperciocché It secondo non sia compiuto né perfetto senza la sua forma sostanziale, che è nel primo F^ojef)^, t> Udjjcqa questa sp^ci^ di copsustanziazione i 6ori non saranno più fiori, e le frutta non saranno più frutta. Vediamo piuttosto, Madonna, se vi fosse modo di farne tutto un paniere, come voi saviamente consigliate, ri- cuoprendo soltanto quelle buone frutta con quei nobili fiori e divini; perocché in questo modo ciascuno riter- rebbe la sua natura, e guardando il frutto del paniere si anderebbe dalle frutta a» fiori, come dalle cose terrestri alle celesti, oppure sollevando divotamente Tuno dopo r altro i fiori sopraposti, si troverebbero le frutta, e sa- rebbe un procedere dall'alto in basso, cioè di cielo in terra. viani qui a été trois ans avec M. Galilei. Il me dit son » opinion du soleil, qu*il croyoit une estoille fixe, la con- D servation de toutes choses , la nullité du mal, la par- PUCCINOTTI. 32 Digitized by VjOOQIC 374 LETTERA A BENEDETTO VIALE. 1» Ucipatioa à Tame universelle, » Mon^ny, VoyageSy » lyon, 1665. 3 voi. in 4«», part /, p. a carta , e in questa carta avvolgere dopo una ptceola moneta d' argento , e gittarla in istrada. Il primo che passandola raccoglie prende il reuma, e quello chefe Digitized by VjOOQIC LETTERA A BENEDÉTTO VIALE. 379 aveva né guarisce. A Pisa il Padre Francesco delle Scuòle Pie , avendolo già forse annusato per uno sciocco , gli fct scrivere nel taccuino che i fanciulli pisani nascevano tutti con due lingue; ma che per fortuna nelKorto del convento vi era V erba bislingim, le foglie della quale erano un sovrano rimedio contro la detta mostruosità (pag. 273.). È quasi a credersi impossibile che la fama di questo babbuasso credenzone non giungesse a Firenze; in modo che arrivato colà il Moncony, e avvicinandosi in quella capitale al Torricelli, al Nardi, al Viviani, questi valentuomini non ci si volessero anch' essi divertire. Di fatto il Nardi dopo avergli mostrato i suoi commenti so- pra Lucrezio, te lo scandaglia colla istoria del prete Ne- ri, e vedendo che il viaggiatore se la trangugia, gli ap- presta subito altro più grosso boccone. Gli narra che in Firenze egli ave.va conosciuto ed udito varie femmine artigiane e contadine improvvisare lunghi discorsi in la- tino ed in greco, e sciogliere questioni di filosofia scola- stica difficilissime. Per esempio: se i contrarj fra loro si distruggono, come le qualità che sono fra loro contrarie possono esser principi? Rispondevano le dette femmine: sono fra loro opposte, ma non contrarie (pag. 264.). S'ac- costa quindi al Viviani , e lo |)erseguita alla passeggiata. È qui assai probabile che il fanatico e curioso Mongony interrogasse il Viviani sulla nullità del male, sulla ne- cessità e conservazione eterna delle cosej sulla parteci- pazione air anima universale ; e il Viviani che sapea d' avere al fianco udo stolto alchimi^a gli menasse buoni simili spropositi, o per isbrigarsene perchè slimasse non conveniente alla sua saggezza lo scaponirne quel buac- cione. Il quale credutosi in perfetto accordo col Viviani, li dette nei suoi viaggi per principii del sommo discepolo del Galileo. E d'altra parte chi non sa qual fiore, qual cima di cattolico fosse il Viviani per ritenere come al tutto Digitized by VjOOQIC 380 I.LTTfclU A HENU>ETTO VIALE. favolosi i pensieri che gli attribuisce il Mon^ny ? Gli è anche probabile che quel dialogo non avesse avato luo- go, e che il Mon^ny penetrato da alta stima per il Vi- vianì, onde porgerne un quadro il più bello della sua Bio- sofia, gli attribuisse quelle massime che egli credeva bellissime, e che (questo è anche più strano) egli credeva conciliabili col proprio, ed a suo modo rimpolpettato cat- tolicismo. ^ Ora dunque, mio ottimo professor Viale, che ab- biamo istruito i lettori della Storia delle Matematiche del P. Libri, intomo alla balordaggine del Moncony e de^ suoi viaggi, e della nessuna, o per meglio dire della sprege- vole autorità della di lui citazione; riguardo al fìne che possa aver avuto il P. Libri nel ricorrervi, e nel riferire al Galileo opinioni, che il Moncony medesimo attribuisce scioccamente al Viviani, resterà problema che poco im- porterà il risolvere, salvati che sieno i due sapienti ita- liani dal calunnioso tentativo contro essi adoperato. Ed altro non resterà che il confermarmi quale vi sono stato sempre De? . e Affcft. Amico F. PuGCiNorn. iS giugno 4869, da Pisa, * L' idea de' Roseo*crociaii della cotaervaùone di tutte le c&se (eonsenratioD de loutes cboses, pag. 373] e che significava la ma' teria eterna ^ non va confusa col prìncipio della con8erva%ione della fona de* moderni fisici, né col nulla n perde in natura della chi- mica moderna. Questi dae concetti non escladono la Creazione, né che ciò che ebbe principio possa aver fine. y Google 381 GLI ANIMISTI ANTICHI E MODERNI L' anima è la vita : ecco la ipotesi che scese dagli aristotelici ai filosofi cristiani del medio evo. Ma e Platone e lo Stagirita dettero alla parola anima un significato di forza, di virtù, che dicevano anche idea o forma, la di cui natura benché superiore o anche contraria alla ma- teria non raggiungeva mai quel carattere, assolutamente spirituale, che la cristianità le seppe in seguito conce- dere. E in verità tanto Tuna scuola che Tal tra, cioè V Accademia e il Liceo, quando volevano esprimere una sostanza affatto isolata, e tutta spirito in se medesima la dicevano Mente, e da questa desumeva le doti sue intellettive V anima razionale dell' uomo. Quindi al sen- tire e al vegetare della macchina umana si concedeva del pari un'anima sensitiva e un'anima vegetativa, le quali due anime erano in relazione con un' altra anima che era quella del Cosmos, o dell' Universo, dove si adu- nava tutto il sensibile, in quella guisa che nella Mente si adunava tutto l' intelligibile. Nel significato adunque che dava all'anima la scuola greca non era assurda l'ipo- tesi che r anima fosse la vita. Ma la filosofia ortodossa e la scolastica in ispecie, che identificando la mente col- * Vedi la Storia della Medicina, Voi. HI, pag. 309 , e T ìmpar» %iaìe, Giornale Medico, anno III, iS63. Digitized by VjOOQIC 382 GLI ANIMISTI ANTICHI E MODERNI. r anima dette a questa i caratteri di quella spiritualiz- zandola in modo assoluto e immortalandola, malamente si trovò invescata nelle virtù fìsiche della vita del sen- tire e del vegetare ; e volendo anche questi attributi unifìcare é annestare alla sua anima , il concetto del- V anima è la vita le divenne inavvedutamente un assur- do; mentre , siccome abbiamo detto, regge vasi in qualche modo codesta ipotesi nella pagana filosofia. Non conviene alla storia l'entrare in bisticci cogli antichi né coi moderni scolastici sulla assurdità del prin- cipio adottato da quelli, e fanciullescamente oggi ripe- tuto da alcuni di questi. Invece come il concetto fosse e sia barcollante per la sua falsità evidentemente appa- risce dalla ricerca e dalla esposizione delle c^se che nella filosofia scolastica dalla sua origine lo introdussero. La storia con più dignità e sicurezza cammina per le cagioni a dimostrare il falso; una volta trovate queste, e che le sien vere, è troncata ogni disputa. Ora se io ben veggo, le cause di tale errore furono le tre seguenti : 1» Il principio deir Unità assunto come assoluto e non insieme quantitativo ; quindi non in relazione con tutta la estensione ed i modi deir essere, e delle scienze del sensibile e dell' intelligibile. 2° Le influenze e V impero della teologia , nella quale ogni scienza entro alle aristoteliche scuole del medio evo cominciava e finiva. 3^ La ignoranza della fisiologia, e di molti fenomeni del corpo umano e delle sorgenti loro, che manteneva il termine intransitabile dell' autorità pur nella scienza della natura. I. Quando appuntarono il capo in quésta Unità i filo- sofanti e dettersi col pensiero a rigirarle attórno, la as- Digitized by VjOOQIC GLI ANTMISTI ANTICHI E MODEBÌfl. 383 sieparono di nomi il più che potettero sublimi ; e il pen- siero raccogliendosi poi sopra sé , si avvide d' esser sempre chiuso in se stesso e di non sapere che quello stesso Uno, che innanzi intuiva è sapeva. Provò allora subito il bisogno d*esclrne fuori, e Tun filosofo gli si pose dietro col non-ente; altro colla sostanza primor- diale eterna ; altro gli si pose nel centro spandendolo neirUnitutto: chi lo fece divinità assoluta, né più né al- tro volle sapere nelle cose che V uno Dio : chi finalmente meglio inspirato fece questo Dio creatore dell' Universo, e in questo universo si contentò di veder convertite in numerabili le immagini di quella stessa prima unità ; e di universali e singolari, di generi e specie, di differenze e somiglianze, di involuzioni ed evoluzioni, di congiun- gimenti e disg:iunzioni, di moti e modi per mille guise variabili, riempiendo il mondo, aprissi con ciò al pen- siero umano il fonte inesauribile delle coj?nizioni e della scienza. Come dunque il voler saper tutto nella immen- sità delle create cose per V intelletto umano equivarrebbe al non saper nulla, cosi all'altro estremo Raggirarsi solamente dentro all'Uno per saper tutto, sarebbe lo stesso che voler nulla sapere. Dio solo rappresenta l'Uno assoluto, e lo rappresenta perchè lo è. Dopo lui tutte le unità che può concepire T anima umana sono unità re- lative e secondarie, compresavi anche quella stessa della sua essenziale natura. Imperocché sopra T unità del- l'anima nostra il pensiero greco pose la mente, sopra la mente vi è l' uno Dio. Il quale onde rendersi vieppiù intelletto dall' anima che l'intuisce, egli primo gli piacque di escire dall' Uno e triplicarsi , per poi vi reddire. Se dunque sia tu sincero o filosofo, abbia tu colore di Uni- tario 0 Umanitario, il primo passo che tu moverai verso la scienza e' sarà appunto queir escire che tu farai dal- l' Uno. Né me la devi dire scienza dopo che tu , fatto il , Digitizedby VjOOQIC 384 GU ANIMISTI ANTICHI E MODERNI. giro, vi sia toroato ; perchè un via uno è sempre uno, Que' siagolari che oel tuo trascorrerli fuori dell' uno tu liai contemplati e considerati, posto che sieno stati an- che dieci millioni, se tu me li riporti air Uno restano sempre quali erano : ed o la scienza era in essi o non v^ era ; se vi era è falso che neir uno stia la scienza ; se non v' era è altrettanto impossibile che V uno da sé e da solo la dia. £ non la suggella né la perfeziona che in quegli intelletti, che dopo averla a dilungo studiata ne' particolari ed averla concatenata a gruppi ossia leggi che rappresentano le unità mobili e secondarie, disposte a scala di sempre maggiore altezza, con quel gran co- nato aspirativo che si chiama Fede, quinci salgono alla unità assoluta che è Dio, e in lui Creatore deir yniverso veggono ed ammirano consolati e stupefatti la Causa delle cause dei fenomeni conosciuti ed ordinati a maniera di scienze. Ma quando arriva il momento di codesta ascensione dello spirito, in chi non ha fede né in Dio né alla creazione, e non di meno vuol posarsi nel!' uno, per costui r uno diventa il culmine di un' arida roccia dove cessato sia il fischio del vento che vi soflSava sopra; II. Da questo falso concetto sulle unità senza distin- guere le unificazioni relative dall' Uno assoluto, avvenne che nella umana vita dove anima e corpo trovansi uniti, si stimò d' aver conosciuto abbastanza la causa di tutte le azioni di ambedue, riportandole alla superiore unità rappresentata dallo spirito. Pur nel medio evo quel poco che si sapeva in fisiologia doveva bastare per convin- cere i dotti, che r anima intellettiva non poteva essere benché unita, identica alla sensitiva né alla vegetativa: e se tra queste tre azioni della vita V una dair altra dif- ^ Digitizedby Google GLI ANIMISTI ANTICHI E MODERNI. S85 ferente di natara e di origine non v' era omiogenia, T ani- ma non ne poteva essere la cagione, né la vita che in dette tre azioni era compresa poteva considerarsi l'effetto di una sola di esse; quando invece nell'ampio regno della natura vi sono vite a migliaia che V anima intellet- tiva non posseggono. Nulladimeno T abitudine assunta dal pensiero filosofico di ragionare in teologia della triade divina , la quale sebbene in se stessa s' intrei la è sempre una, e sebbene si umanizzi la è sempre divina, fece sì che li stessi ragionari che siedevano sul trono della scienza si applicassero air anima umana ; e colle forme, colle idee, colle palingenesi e trasformazioni di sostanze, colle potenze, colle facoltà, tutto nella umana vita fu ridotto all' uno e all' identico, e la vita fu anima e r anima fu vita. Non si curarono delle conseguenze che il falso concetto versava in rovina della parte mate* riale del corpo: menti acutissimamente investigatrici non potevano non vederle. Bastava però ad essi salvare Tim* mortalità allo spirito : la materia del corpo o scompa* risse affatto avanti al concetto d' una identità , o dovesse anche il corpo riguardarsi immortale, eran questioni ab- bandonate volentieri alla libertà del sillogismo. Che va- lore avessero in siffatte argomentazioni le invocate for- me, le idee, le trasformazioni, le facoltà, lo vedremo fra poco. Vogliamo intanto che qui si rifletta come a schivare l' errore della non veduta differenza fra le unità teologiche e le fisiologiche, alla filosofia era mestieri, scendendo dalle cose divine all'anima umana, descri- versi attorno un perimetro minore di quelle ; ed entrare cosi nelle unità relative. Le quali rappresentano precisa- mente una scala dove ciascun gradino senza confondersi coir altro è col superiore e coli' inferiore connesso, e co- lui che dopo salito all' ultimo gradino la facesse demolire, toglierebbe a sé lo scendere e agli altri il salire, ossia PUGCIKOTTI. 33 Digitized by VjOOQIC 386 OLÌ Atlnttsti ÀNtìGÉi £ ÉófoÉRm. roTinerfebbe il fine Che T architetto si propose nel co- struirla, di entrare in casa e uscirne. Coà\ avviene a quelli che saliti sii air anima vi Vogliono di legge tirare la vita, e tutte le unità fettoriienali e le ragióni di que- sta Versare in qiielta. La quale avendo altre cinità e di sopra é di sotto a sé, non dà verùtia guarentigia alle fermate j iiè sicurezza a'pòssedimétìti che vi trasse la ftintasia de' filòsòfl. Dio fóce che le propaggini vitali sì pOTt>étUassero per gènferiaziemi ; ma serbò a sempre tìtlovì atti bréativi 11 trasfóndere nell' uolno già dalla genera- zióne vivificato il privilegio dell' anima intfelligente. So V intiéllettó non si vorrà far tiasceré per genesi Spóntàiiea dàlia pappa degli orgaiilj bisognerà ptife coinè celeste dono farlo venir dal di sópra. 0 vórrassi fantasticare che vita ed anima scétidano insieme nelle generazioni , e al- lora r anima nostra non sarebbe che V allungamento di quella del primo Padre , é tìarfe V intelletto alla vita o in sua vece airahima tornerebbe lo stesso: innanzi a que- st' unico genere d' uomo primitivo sparirebbero tutte le specie, e r individuo umano non sarebbe più né pensato né riconósciuto. 111. Nellcl igtìòratìzei della vera fisiologia in hiezzó alla qualfe trovavansi di tiecéssità gli scólaisticl non avevano altro schérmo Che puntellare il concetto dell' anima è la ì>(ta coh tutte le Itìeé, che nel grande lavoro della loro dialèttica avevano accatastate sulla forma e sostanza dell' anima umahà. Accanto a tale lavoro di ragióne e di fantasia i poverissima era la raccòlta delle cognizioni della fìsica dell' tittlvérso , e dei fenomeni del regno animale e dellfe loro óHgliii. Qdi dóVe la vita dispiega le sUó fòrze, y Google dpve senza um^no intervento si $i{np[)ìraap cQ^tr^j^iom, sistemi, funzioni, generazioni che con leggi, periodi q portentosa armonia perpetuamente ondeggiano tra le at- tività causali e finali; questa vita più grande, diflBcile, maestosa, durevole più della umana stava dinanzi a quelli intelletti PQPie fr^ noi una cellula sul porta-oggetti del microscopio; aveva assai corti grjpgrftqdiflaen^i, ^ era spesso gr^flevole, ij levarla da|ris^rupaf.nto, e rea-? (Je^l^ di puovp invisibile. Oggi questa vita CQsmipa patria airanim^ del filosofo \\n altro linguaggio, Io viveva, ella dice, quando tu pon eri, e sepza te vivo e vivrò; studiami dunque meglio chp tu non abbia fatto finora, e intenderai che ^e io non sono tua fattura , tapto meno lo sarà l'organisraQ al qu^le sei unito, piccole! e fuggor vele porzione di tutte le altre vite naopcliali. Annpv^a^ anche la tua fra le nostre, e allora intenderai meglio tp stessa: giacché per la sola anima iptellettiva tu sei m^-r giore di noi, e più prossima a Chi la tua vita e la ppsitra creò inpanzi a quella , e alla tua e non alla nostra gra-i ziosamente la impartiva. l\ salutevole avviso fu jptego dall'età scientifica odierna, che pu?) dirsi Tetà dei fi^iolor ghi, la quale copsiderando rapida come pura intelligenza, tiene per assiomi : V anipia può iptpire la vita propria cioè la sua essenza: la yita del corpo al quale è unita non fa sa se non la sente; (juipdi la vita altro non es- sere che esperienz^a in chi \^ vive, altro qqp dover es- sere che esperimepto in chi la studia. Certo pop la può ^ studiare che chi la intende, e pella vita non ipten(Jecb^ r intelletto. Ma la questione non è dell' intendente; è del soggetto che si vuol comprendere. Il quale come con- giiintiyp delle due differenti sostanze gli è up campo dove apcqra assai mqlto v'ha a niieterp. L'errore dell' idep? tità tra anirpa e vita ha tenuto indietro per secoli le neh cessarle ricerche dei veri clementi conciliatori, non n^epo Digitized by VjOOQIC S88 GU AHIMISTI ANTICHI E MODERNI. che non facesse nel ciclo de* seosisti la vantata materia- lità dell' anima stessa. IV. Il sensismo probabilmente non entrerà piti nella storia, ma l'idealismo sottentratovi straripa da tante parti, che avendo ormai soffiato con troppa lena nella polve in che volle ridotta la materia, questa gli è al tutto scomparsa di sotto, e si che non ha più dove posarsi. Con queste intemperanze perduta è T armonia del pen- siero tra il celeste e il terrestre , senza la quale ogni umana scienza insieme è perduta. La filosofia greca ri- conobbe la necessità di trovare un termine congiuntivo, tra le anime da essa rimmaginate ed i corpi viventi, e Platone ci lasciò il predicato della mete$sij ossia parte- cipazione, che tolse a Pittagora, il quale innanzi a lui aveala chiamata imitazione. La metessi non confondeva runa idea colFaltra, ma vestivale ambedue di un'aureola, che insieme e occasionalmente le faceva combaciare e riunire senza che alcuna perdesse la specie sua. Re- stava però sempre a risolversi V arduo problema dei li- miti d' azione o di relazione o di influenza di coteste au- reole runa sopra T altra, onde le specjp differenti i^ si scambiassero negli atti loro. Le idee platoniche se non giungevano a risolvere il problema, «e ne schermivano assai meglio che non facevano gli Aristotelici colle loro forme; perocché quelle idee eran meglio definite che le forme del liceo, sulle quali le ambigue definizioni, le contradizioni, le ritrattazioni d^ Aristotele stesso e dei commentatori tante furono, che né oggi si sa ancora in- tendere come lo Stagirita le intendesse. Gli scolastici at- territi dalla confusione schiacciarono il problema, adot- tando la massima della identit^b tra anima e vita, senza Digitized by VjOOQIC OLI ANIMISTI ANTICHI E MODERNI. B89 avvitire che fatta F anima forma sostanziale ossia vita del corpo umano, questo diventa necessariamente fat^ tura 0 creatura di quella: che a Domeneddio sarebbe ba- stato crear T anima, e la creazione del corpo umano un suo atto creativo superfluo: che V uomo solo che ha un anima sola e questa intellettiva sarebbe vivo nel mondo: che senza sbriciolare cotest' anima in tanti minuzzoli, per quanti dagli enormi ai microscopici sono esseri vivi nei mondo, niuno di questi avrebbe vita: invece tutto è vivo nell'uni verso,, e l'uomo intanto ne è il primo vi- vente, perchè alla sua vita assai più breve e labile di tante altre fu elargita, come già dicemmo, un'anima in* tellettiva. Ora se quest' anima fosse o fosse stata la Jor- matrice del suo corpo, essendo l'unica dotata d' intel- letto e ragione, sarebbe stata nel valore architettolKco molto al di sotto delle sue sorelle, la vegetante e la sen- ziente, nel fabbricarsi un corpo che sia pur stimato bel- lissimo , è sì fragile in salute e muore s\ presto. E veramente se per le tre cagioni di sopra discorse sono gli scolastici del medio evo scusabili dell' errore adottato, non mi so capacitare come oggi ad alcuni sia venuta la scesa, di testa di restituirci le stesse baje. Ifli- perocchè la ragione, esaminati i tentacoli e i sostegni de1i# ammodernila teoria , subito s' avvede del castello che frana da tutte le parti, e che cadute le solenni au- torità che ne' passati tempi si reggevano, oggi non c'è ^ più verso di tenerlo in piedi. I rugginosi amminicoli sono per i presenti i medesimi che furono per i passati : le forme sostan%iali: le trasformazioni: ìé facoltà opoten- stialità. V. Quanto alla forma sostanziale del corpo umatiò vi- vo, che secondo costoro .iarebbe l'anima, io domanderò 33* Digitized by VjOOQIC 890 GU iNlìtlStl ANTICHI E MODERNI. io prima 8e una sola forma è capace di contètiere il Vi- viAcabiie di dim nature , cioè del viveDte invòlncró cor- l)oreo, e deltó spirito pensante e intellettìTO?! Greci compresero che una sola non bastava, e colla pensaiitè unirono l'anima vegetante, e la senziente, e inalba- rono che .le forme differenziavansi secondo questi atti diversi della vita, I nostri che hanno voliHo indietro- giare sino alla scolastica del medio ero, hanno ammessa un'anima sola in ciascun individua vivo: ponno adun- que essi confondere insieme le forme sostanziali dei sen- sibili e dei mutabili con quella che è la stessa intelligen- za? Le forme sono V ideale del sensibile ; ma questo ideala è l'alone del sensibile stesso; e relativamente al- l'ideale 0 forma sostanziale dell'anima, essere puro seniplice immortale, non pu(» avere che tend^za o ap- petenza soltanto verso quella, siccome l' anima tèndente all' ottimo appetisce il djvino. Queste partecipazioni fanno una unione, una armonia, una cooperazione; ma non con- fondono e tanto meno identificano le nature differenti insieme. £ non comprendono poi gli stolti, che identifi- cando anima e vita non vi sarebbe nessuna ragione di più per dare al vivificato la facoltà di crearsi la propria ani- ma da sé , piuttostochè dare all' anima la abilità di for- marsi il proprio corpo? L' anima noi^vive che pei la sua intelligenza, e la sua comunicazioae co' ^nsibili è un'accidentalità che finisce, mentr'essa è infinita. 11 *corpo umano vive in virtù delle sue forze e delia vita che redo dalle leggi generative che furongli attergate da Dio nella creazione dei due primi parenti maschio e fem- mina, e disse loro, crescete e moltiplicatevi. Poscia infon- dendo loro l' anima intellettiva, disse, voi dopo gli angeli siale fatti ad immagine mia^ e coronati di gloria e (fona- re. Coaserviosi pure nel linguaggio di tali medici ifìeta- fìsicanti le forme sostanziali, e da|o ancora che tirate tiella Digitized by VjOOQIC Gli ANiìAisti Àìltictìi E Modèrni. 394 sua sostàtìka le forme del sensìbile e del vegetabile si faccia una sola aiifma , cjuesta come spirituale tìòh po- trebbe mai botisiistanziàrsi col materiale, tiia solamente coll(3 specie ò forme di questo. Le qiiàli specie o forme come di grado e di natura inferiori à quella dfeir anima, non potrebbero che avvlcltìarsi ad essa per partecipazio- ne, riè cotìtltdir mai una unità assoluta, ma solamettté relativa e lemporainfea , Dssià un collegaménto àcciidentalfe finché dura la Vltia dfel corpo ài quale è congiunta: ,rtè distaccata da questo, se non s'india, assumerebbe unità assoluta; che questa noti compete che alla divi- nità. Essendo adunque nell' uomo due le nature, la spi- rituale lé la materiale, due forme sostanziali e non una sarebbero nel linguaggio aristotèlico da ammettersi, l*upa rappresentante la vita somatica V altra la spirituale. E nella filosofia d' Aristotele forma e materia non si creano a vicetida. VI. Ad altri è sembrato che il concetto P anima è la vitd sia più fortemente sostenuto dalla ipotesi delle trasfor- mazioni. E qui seguiterò a domandare, da dove tali me- tanioftosi cotnincfttno? e di che qualità sono, ascendenti o retrògrade? tengono sempre Una qualità o salgono al semplice é scendono al composto secondo i bisogni? Dun- ■ que, 0 animista, dove ti ferali a dar moto alle tue meta- morfosi, nello spirito o nella materia? Nello spìrito nò, che nemmeno quello del cretino acconsentirebbe di con- vertirsi in materia: e nemmeno, tu dirai, nella materia, mA nell* anima o idea o forma della materia , la (Juale da vegetante si converte iri senziente da senziente si tranauta In intelligente; Ma quando è divenuta- intelli- gente cVedi lu che ritenga |ii attributi di senziente e di Digitized by VjOOQIC 392 cu ANIMISTI ANTICHI E MODERNI. vegetante, o che gli abbandoni? Certo che gli abbando- na, dappoiché ritenendoli non sarebbe essere semplice né puro spinto. Ma la vita allora chi la mantiene , se le altre idee o forme si sono trasformate? Converrebbe sup- porre che la trasformazione si operasse per metà, cioè nelle due specie vegetanti o senzienti, una parte andasse inispirito,e T altra rimanesseal posto per trarsi innanzi colle funzioni vitali. Ed in una trasformazione sustan- ziale è egli possibile un tale dimezzamento? Sparirebbe allora la vantata unità della forma sostanziale della vita. Cotesto modo di trasformazione dalla materia allo spirito sarebbe ascendente; e volendo conservarlo uno colla vita sarebbe necessario ad ogni battuta di polsi , che la metamorfosi retrocedesse nelF anima vegetante e senziente. Questo fenomeno dell* alterno salire e scen- dere se non per metamorfosi almeno per movimenti, si osserva negli atti materiali dell' organismo, come si vede ne' campanelli elettrici, ne' minuzzoli di carta de' piatti metallici, ne' pendoli delle elettro-calamite; ma appar- tengono alla fisica e non alla metafìsica. E quando nella macchina umana la forma sostanziale più bassa si fosse metamorfosata nella più alta, avesse assunta cioè la qua- lità spirituale e immortale, e si vedesse già d' un salto padrona di avvicinarsi all' Uno assoluta, qual metafisico vorrà o potrà insegnare che questa poi discenderà a tutti i momenti a mantacar ne' polmoni, a pintare nel sangue, a cernere nelle glandolo, a digerire nello stomaco , a fondere e rifondere materia da per tutto? In ogni trasfor- mazione s' intende assunta la nuova forma, e lasciata quella che l' essere aveva. Ora se l' anima da spirituale forma si trasformasse in organica, la spirituale che è la sua essenza sparirebbe. Né è ammissibile che una forma, che nella sua essenza prima è spirito scevro afTatto di materia, dopo che si è trasfonnata in forma materiale Digitized by VjOOQIC GLI ANIMISTI ANTICHI E MODERNI. 393 ritorni ad essere spirituale, e sostenga le funzioni di for- ma semplice razionale intellettiva e immortale, quale è appunto l'anima umana. Ondechè il refugio delle trasfor- mazioni 0 è una chimera, o se deve accettarsi, minaccia orrendamente tutto il regno spirituale, e fomenta invece ' le perniciose tendenze al materialismo. Che ci vuole a sostenere che la materia pensa^ quando al pensiero si consustanzia il vegetare e il sentire? L' anima è una in- sieme col suo corpo, dice V animista: il corpo è uno in- sieme colla sua anima, dice il materialista: quello che l'anima fa il corpo, questo che il corpo fa l'anima. Tal- ché da ambedue gli estremi scaturisce V errore. VII. Però V animista che crede alla creazione e rigetta la materia eterna, e V He che i peripatetici chiamavano la specie, ossia l'immutabile del mutabile, tenendosi ri- guardato anche dai pericoli delle trasformazioni, fermo sempre nel suo Uno, ricorre alle facoltà o potenzialità. Di queste, dice, come esistenti in potenza e non sempre in atto ne posso accumulare nella mìa Unità quante ne voglio. E qui siamo da capo con la razza delle unità mol- tiplicabili. L'anima una ha bisogno di facoltà, le facoltà due e più hanno bisogno di strumenti, o sia di organi, che in tre o in maggior numero mandino poi fuori V atto della vita. Che è dunque questa vita? Le facoltà e gli organi non costituiscono necessariamente V essenza dell' anima; pe- rocché l'anima è quella che è, togliendole ancora le facoltà vitali, e gli istrumenti di queste; ed e converso la vita sussiste con più o meno di cotesto facoltà ed organi , senza che in parecchi esseri viventi vi sia l' anima umana, nel modo come la intende la cristianità. Dunque nemmeno per la gratuita attribuzione delle facoltà vitali l' anima può y Google 04J4 ULi ANIMISTI ANTICHI pi MOD^IRNi* esser la vita. Ancora sostengo, che la vita pon sarebbe più attiva se fosse fattura deir ^ni^pa. Posto Rio cres^tore d'qgiai cosa, neirUfiivprso, non può essere attivp che cif) cl^e fu immediata crisa^ione delV essere Suprppap. Quelli che credono la vita (IplV universp concreata da pio neir atto smesso della creazione possono vedere nella vitQ fisica del mondo propaginata la divina attività. Ma qtiandp si dice che T anima, che ha la stessa attività come ininiedigtta e divina creatura anch' essa, è dessa che fa la vita, questa vita fattura deir animai col m^^zo imprescindibile delle facoltà e degli strumenti materiali interposti, sarebbe una vita resuH^inte e pon primitiva, e come resultante farebbe ricadere la fisiologia nel già combattuto errore della passività della vita, e gli animi- sti odierni che si sono arrampicati sull'anima per fug- gire la passività de'sensisti, avrebbero messo T anima e s?^ stessi in condizione assai peggiore. E perchè se T ani- ma fece gli organi ed ha le facoltà di farli agire viva- mente, come il fabbro, V architetto , il pittore, lo scul- tore fanno più ingegni, più fabbriche, più sculture , e più pitture somiglianti, essa non rimpasta le sue membra a giovanezza quando vede che per trpppa età son vicine al disfacimento? Segno è che essa entra ne' corpi umani a vita già iniziata nei misteri della umana genesi ; e su questa vita trasmessa, su queste composizioni organiche di gerrpe in germe trapassate, riposano le ragioni del vi- vere de' corpi umani. I quali non prpvano che le limitate influenze di un impero spirituale , a cui non sempre rie- sce d' escire d' impaccio e mantenere la perfezione della sua natura e delle sue aspirazioni, Quindi non s'intende con qual logica e con quale dialettica tutta nuova si ponno attribuire all'anima, forma sostanziale semplice, tutta spirito, tali altre sostanziali forme, che neir escire in atto sarebbero subito trasformate in materiali funzioni Digitized by VjOOQIC GLI ANIMISTI ANtlCrtl E MODEkNI. 395 compostissime. Io ho la facoltà di pénsair Vorb, dicévji l'alchittiista, e riiutlo gliel contrastava; ma quando ih- cJocfciava d'avere egualmente la facoltà di fdrlo, tutti ràccusavaUd dMllusione e di follia, e Soltanto gli illusi ed I folli credevano in lui. GonchiUdo finalmente su queste facoltà con due Sil- logismi, poiché parlo a Scolastici novèlli. Ogni facoltà deve {iartife dal sUo soggettò. Ma l*ahi- ma hbn è 11 soggetto delle facoltà di digerire, di secer- nere, di generare^ di nutrire e denutrire , le quali facoltà haiibo organi appòsiti, cioè stomacò, glandolo ec; dun- que r anima noh può avere queste fàdoltà. Ogni fdfeoltà che parte da un soggetto deve partecipare disila natura del soggetto medesimo. L' anima essere semplice è spi- rituale non può aVere che facoltà semplici e attenenti allo spirituale carattere suo; ma la digestione, la secret zioile, la nutrizione sono atti materiali compostissimi, dunque non possono effettuarsi dalle facoltà deir anima. Ora se le facoltà naturali e vitali partono dagli organi, e la vita sussiste per gli atti composti e materiali di questi organi medesimi, anima e vila sono due còse di- stinte; e la loro unione nell' essere umano farà supporre influenze reciproche, ma non mai causali; né assoluta, esclusiva^ sia dal lato materiale sia dal lato spirituale, e tatito meno idéntica essenza o natura infra loro. Vili. FU pensiero di Platone che le anime degli animati fossero attinte dall' anima dell' universo. I cristiani pos- sono dire egualmente, non delFanima umana che intuirono in altro modo più puro e più sublime, ma della vita o fòrza viva Considerandola come propaggine e lavoro della vita dell'universo. Gotal fòrza, etite matematico, corbe linea, Digitized by VjOOQIC 996 GLI ANIMISTI ANTICHI E MODERNI. punto, superficie, idea attergata al soggetto, none crea- zione permanente; ma continuazione del primo moto impresso nella creazione plastica alla materia, eccitatore dMnfiniti moti sottoposti a leggi, che si risolvono in al- trettante forze conservatrici di ciò che fu una sol volta creato/ 1 fenomeni di queste ordinate vicende cosmiche di tutto ciò che è vivo in natura , ponno non escire dalla sfera de' fisici, de' chimici, de' meccanici, degli elettro- magnetici. Quindi è questo il campo della nostra scienza, la quale è seconda dopo la metafisica, che conteoipla i fenomeni divini e spirituali; opperò questa è scienza pr»- ma: e sono ambedue congiunte per continuare aperta la via alla scienza universale dell' essere col mezzo delle matematiche, che partecipano negli universali e ne' sin- golari della prima e della seconda. Non è dunque am- missibile una creazione permanente, ma V amore e il di- vino desio che nell'anima umana , adunandosi gran parte * L' esperienza ed il calcolo hanno condotto la Fisica moderna al PimCIPlO ft£LLA CONSERVAZIONE DELLA FORZA , 0 accamoIaU 0 viva nel lavoro della vita del Cosmo. Nella vita del corpo onitno, microcosmo, esistono le stesse leggi: non ci è dunque bisogno deir anima quale causa della vita fisica in Fisiologia: la diflferenza delle organiche tessiture spiega quella de* moti vibratorii dei mo- tori vitali, nei quali si trasforma la forza viva conservatrice nel suo lavoro dell'equilibrio delle lunzioni vitali. 11 quale equilibrio se venga rotto da malatUa, è pur sempre la stessa forza die in rela- zione alla natura e resistenza deir ostacolo morboso interposto, e del tempo necessario a eliminarlo opera sempre e molte volte riesce a restituirti 1* equilibrio perduto, ed assumere in tal caso r appellativo di forza medicatrice della natura. Questo significato o di operatrice sola , o di cooperatrice coli* arte medica che lo ho dato sempre da un mezzo secolo in qua alla forza medicatrice d*lp- pocrate, credo che renda superflua ogni risposta a quelli che mai non cessano dal chiamare mito, penotuiUlà immaginaria, pi*ena, un fiitto che la boria delle scuole ha tentato più volte di respingere; ma la natura ha mantenuto sempre per bene dei vivenU, e per tu- tela perenne e sicura della scienza e dell'arte. Digitized by VjOOQIC GLI ANIlllSTI àNTICHI E MODERNI. 997 deirinteiligibile della natura, per un' altra sfera tatta spirituale ritorni a Lui. Ora V atto creativo deir aoin» fa ed è una creazione di grazia e parziale per Taomo, e questa è permanente, perocché sfavilla di continuo dal- l' amore di Dio. La prima creazione cioè la plastica e la vitale non poteva essere permanente. Dio si fermò, ab- bandonandola alla uniformità delle sue leggi motrici e permutatrici, e alle trasmissioni genitive. Nella seconda non poteva creare un'anima sola per tutti gli uomini, perocché non sarebbe stata secondo il fine del merito e della libertà individuale, e l' uomo individuo non ne avrebbe goduto. Dio volle essere riamato dall'uomo. L'universo colla sua armonia esalta e glorifica Dio: r uomo colla sua anima lo riama. L' uomo non avrebbe amato che sé stesso se avesse avuto dal Creatore la sola sua vita corporea; ma mentre è sua questa vita in co- mune con quella dell'universo, l'anima in lui infusa che ammira nella propria e nella vita dell' Universo il supremo Facitore; per ambedue le vite la umana e la mondiale, nelle quali si spera l'amore eterno, l'uomo con la sua anima riama questo amore. Onde ecco come di necessità a differenza della creazione plastica, resulta permanente il solo amore che mai non si rista dal suo sfavillare continuo sulle creature, ed ogni favilla di que- sto amore è un' anima che piove a informare i nascenti; anima che è ripresa alla morte per ritornare all'Eterno. La quale se in vita non seppe o non volle rafforzare le sue ali al ritorno, cadrà negli abissi; dove il maggiore sub strazio sarà il vedere e V udir le altre letizianti e inneggianti pervenire alla beatitudine che mai non fina. Che se la creazione fattiva del mondo e degli esseri viventi fosse permanente, Dio creatore non sarebbe piti libero di disfarlo: e la mancanza di questa libertà in chi crea distrugge la stessa potenza creatrice; perocché so- PticciMoni, 54 Digitized by VjOOQIC 308 GU ANIMISTI ANTTOHI W MOBEBNI. laroente Y onnipotenza ehe lo fece lo può disfare. La erea- zione permanente significa un Dio che si consustanzia nel suo atto, il quale dovrebbe essere come lui di ne- cessità sempiterno; l'atto creativo sarebbe il tutto e il sempre, ossia il predicato primo dell' assoluto panteismo, che inevitabilmente incontrar deve V estremo della ne- gazione del creato. Quivi precipita altresì V ipotesi che taluno oggi ha immaginata come pendaglio della crea- zione permanente: cioè che V uomo è creato nello stesso tempo anima e corpo. 11 corpo essendo dunque una ripe- tuta e continua creazione di Dio, non sarebbe allora né organato né fatto vivo dall'anima: superflue le genera- zioni: la vita data alP anima, superflui 1 corpi: anima e vita tutta una cosa, o morrebbero anibedue insieme , o 9arebbero ambedue immortali. IX. Queste sono le assurdità e le paradossali conseguenze degli unitarii,ai quali un dualismo imprescindibile rimane sempre sotto alle loro esagerazioni , ed essi noi veggono. La storia però lo manifesta in ogni più distinta epoca di filosofia. Nel decimo terzo secolo il soperchio dell'ideale che suggerì il concetto /' anima è la vita , tienerò il so* perchio del materiale che si unificò dall'altra parte nel nominalismo, e indecisa tenne e lasciò la immortalità dell'anima umana. Le due schiere si divisero per falso zelo d'apparire unitarie ambedue, intantochè l'uomo che tenevano davanti a' loro studiosi intelletti, offeriva due differenti nature, l' una di spirito l'altra di materia, SI bone conciliate insieme che parca dovesse loro inse- gnare^ che a voler essere apparentemente unitnrj , sic- come era l' uomo che volevano comprendere, senza per- fidiare neli' una natura e tirarvi l' altra a dispietto del y Google OLI ANIMISTI ANTICHI E MODERNI. 399 vero, bisognava penetrare nella indole del termine che le congiungeva e nr^anteneva insieme con partecipazioni scambievoli. La filosofìa dunque non deve inventare un uomo di sua testa ; ma deve farne dal vero il ritratto II pili preciso e somigliante. E questa immagine è tale ohe serve il solo rimetterla agli occhi del mondo, perchè i sistemi esclusivi cadano subito in frantumi. 11 dualismo rivendica i suoi diritti, e costringe il filosofo a inventare una formula, che se non lo contiene palesemente, non lo escluda. In Aristotele /orma e materia sono un duali- smo perenne. Non rimembro la triade Platonica, nota già ed accolta nei loro volumi anche dai santi Padri. Scendo ai rtìoùernì: tenie possibtleh^ la sua possibilità,che ' è pur qualche cosa accanto a sé: V ente crea V esistente è non solo dualismo, ma è triade: nel vedere tutto in Dio v'ha il veggente e il veduto: nel penso dunque sono v'ha un triplice atto del pensiero; che veramente Tani- ma può pensare alla vita, ma non esserla: nella tilosofia degli identificatori preesiste sempre il duplice contrario, che va poi conciliato; nella Vichiana vi sono i tre mondi: nella cristiana finaitnente v'è il divino e /' T^ma/io, il ce- leste e il terrestre: nel microcosmo che ne è il compen- dio sono le due nature: talché T immagine delf Aomo (/u- pWx si affaccia sempre come nel mondp della natura, così in quello delle idee. Vuol dunque il filosofo cono- scere ancora T uomo qual è, dopo avere inteso da' suoi intuiti e insegnato neMibri quale deve essere? Gli bi- sogna entrare nelle nostre scuole della osservazione e della esperienza ad apprendere anatomia e fisiolo- gia. Vuole il fisiologo dopo aver conosciuto sin dove seppe e potè P uomo quale è nella sua vivenza e na- tura, conoscerlo ancora nei penetrali della sua intelli- genza? Raccomandisi allora alle scuole de' filosofia Nei medici è facile trovare i pertinaci nello speciale stydk) Digitized by VjOOQIC 400 au ANIMISTI ANTICHI E BfOOEaNI. della sola parte fisica del eorpo umano, e non doman- dare nemmeno il metodo alle filosofie, ma chiederlo in- vece alle matematiche. Nei filosofi air incontro per troppa loro burbanza, lo scendere a studiare, e sperimentai^ sul materiale, ove alcuno il faccia, è sola curiosità di vedere se nel variabile si trovano confermati per avven- tura i veri, che già dette loro la prima scienza. Avviene pertanto che ambedue conoscono una parte soia di quel- la essere uomo , che fecero soggetto delle loro meditazio- ni. Da questa scissura di occupazioni e di pretese ne segue, che per farla da filosofi ambedue precipitano nelle identificazioni; e il fisiologo converte tutto in materia, e insegna che non V anima, ma il foisforo è quello che pen- sa; e il filosofo trasforma tutto in idea, e insegna che tutto è pensiero neir uomo , e che V uomo crea la terra come creasi persino il suo Dìo. Queste cadute sono ine- vitabili, e la storia del cammino delle scienze e delie filosofie ne ha tante, quante direi quasi s^ incontrano guerre nella storia civile delle nazioni. Di che è cagione a parer mio, che T elemento congiuntivo delle due na- ture neir intero essere dell' uomo è stato solamente sup- posto come indispensabile, ma non ricercato né fisiolo- gicamente né filosoficamente ai due estremi di quelle contrarie potenze, nei quali natura volle che cooperas- sero uniti. Y ha intanto' un elemento attrattivo alle dette due estremità, senza la emanazione del quale né la vita plastica si manterrebbe, né la spirituale si toccherebbe colle immagini o fantasmi de' corpi. Consideri dunque il filosofo come lo spirito che nel di sopra si eleva sino alla divinità, infuso nel corpo umano discender possa senza materializzarsi sino ad assumere tale qualità, che di leg- gieri rispondesse a ciò che direbbesi elemento di ema- nazione congiuntiva: consideri il fisiologo sin a qual punto la materia vivente possa salire a quei gradi di pò- Digitized by VjOOQIC GLI ANIMISTI ANTICHI £ MODERNI. 401 lenza fisica, che senza essere spirito offra solamente di lui l' immagine; sì che ne avvengano contatti, o come si nominerebbero meglio combaciamenti con alcune delle estreme sembianze e reliquie della spiritualità. Questa sarebbe la sfera di quelle partecipazioni scambievoli nelle quali si opera Tatto unitivo delle due sostanze , e si com- pleta l'essere umano. Di maniera che né il metafisico né il fisiologo propriamente parlando studiano V uomo nella sua interezza; abbisognando per completarlo le investigazioni speculative e sperimentali sulle moltiplici partecipazioni e attinenze che Y una sostanza dispiega suir altra, sì nella vita plastica, che nella umana di spe- cie e di individuo. In tale studio, immensamente nocivi tornerebbero i due principii o preconcetti isolati deir ani- mista e dell' organicista. Per questi non può esistere ele- mento intermedio tra le due sostanze , o tutto è spirito o tutta è materia: né vale il dire del primo, che il corpo é r istrumento dell' anima , se la vita di questo strumento non é altro che V anima : né l' altro può star fermo nella sua vita quale un prodotto della organizzazione; perché se questa é causa della vita, la vita e V anima non di- ventano che un fenomeno della materia: o se l'anima non deve essere compresa in questi materiali effetti, sarà pur sempre indispensabile una dottrina delle loro simula tanee operazioni: e questa dottrina sarà pur sempre quella della vita umana: e questa vita umana potrà poi essere nel suo tutto non altro che organizzazione? Quante vite dovrebbero scaturire dalla macìchina umana che ha pure tante glandolo, e tubi, e filamenti diversi e viscere tante ! Qui però si potrebbero le parti ridurre al tutto e questo tutto essere la vita : ma questa vita sarebbe sem- pre un fastello di vite diverse e non una vita sola, pe- rocché la riduzione delle quantità non cambia le nature, se insieme anche le qualità diverse in una non si tra^* Digitized byVjOOQ iC àO& GLI k^miSTI ANTICHI E MODERNI. sformaflo. Lascio stare che la vita offertaci dagli organi- cisti sarebbe una vita passiva; mente l' attività compete alla causa e non air effetto: nel qual case non bisogne- rebbe più discórrer di vita, ma aotamente di organi vivi, ébe è quanto dire solamente di materia. X. Si òonelode che cotestà benedetta vita più la rin- còrrdho e pi» fugge e si dilegua avanti agli animisti e ma- terialisti. I quali vorrei eiie in luogo éì repellersi e vitu- perarsi a vicenda^ si cóllegassero insieme entro al circuito di quelle parteoipazioni, che raffìgiirano in gràh parte le influenze e le induzioni della elettricità ; e quivi cer- cassero di scoprire il come e sino a qual seguo con flusso e reflusso te azioni discendenti dello spirito colle mate- riali ascendenti si combinanOi Ih questo punto il metafì- sico si troverebbe col moralista, al quale spetta eminen- temente Id studio delle partecipazioni per misurare di- ritti e doveri, colpa e peha, educazione fìsica e nforale. meriti e ricompense* viiiii e bontà. E qui concorrendo il fisiòlogo moderno, che ha saputo inline dalle sperienze di Galeno a quelle di Haller , e dall' Har\eo a quelle del Malpighi, del Borelli e del Redi, dello Spallanzani, del Galvani e del Volta scendere alle ultime della scuola speri- mentale alemanna, può sostituire alle ipotesi galeniche e degli scolastici^ che la veduta lacuna dell' elemento congiuntivo d^Ue due nature riempivano di spiriti ani- mali che cred^van segregati dal sangue o dai venlricoi. del cervello, di virtù concupiscibili che facevan partire dal cuore, di virtù irascibili che tiravan fuori dal fegato, e di anime vegetative e sensitive , e di forze tante quante erano le funzioni della vita plastica; può sostituire, di- co^ tutte quelle potenae vere e reali che sono Uk luce. y Google GLI ANIMISTI ANTICHI E MODERNI. 403 il calorico, le sostanze gazose, le eteree, le elettriche, sia che dinamicamente o chimicamente lavorino: potenze che entro al mondo organico sì feraci sono di ragioni e spiegazioni fenomenali da far presto sparire la difTerenza tra esso e l'inorganico, e determinare i limiti di vita che esse raggiungono, e quanto di vitale ciascuna e tutte insieme sino ad ora sono giunte a rappresentare. Il fatto è che oggi bisogna spingere innanzi con tali mezzi, altri ed altri esperimenti, perocché non vi è parte della me- dica scienza, la quale da un esperimento fisico o chimico, o Qsiologico bene assettalo e terminalo in alcuna verità, non ricavi lumi ed avanzamenti. Né anima né vita noi dobbiamo né fare né scuoprire. Queste esistono già date e falle dalla mano deir Altissimo nella macchina umana. Dobbiamo il più e il meglio che pensando e sperimen- tando ci é dato, conoscere i momenti e le fasi della loro congiunzione nella quale 1' essere uomo si completa. Kè gli sludii del metafisico, del fisiologo, del moralista hanno a nutrire la pretensione di giungere a sapere cos'è l'anima, cos'è la vita; perocché quando dal lungo me- ditare e sperimentare sei domandassero , ciascuno si sentirebbe forzalo a dire nol so: giovami però, direbbe insieme ciascuno, il sapore che Puna non può esser r altra; e che essendo nelTuomo riunite, vi debbono del pari essere fenomeni e leggi di tale armonico concerto di forze e azioni scambievoli, di moti vibratori! capaci a convertirsi in attrattivi sotto la influenza del cam- biarsi r una nell'altra le forme imponderabili della forza viva; nella cognizione e determinazione dei quali feno- meni e di altri consimili la massima parte della scienza fisica della vita è riposta, e dove il problema dell'ele- mento congiuntivo delle due nature tuttora irresoluto, si ridurrebbe ad un semplice e dimostrato fenomeno di vicendevole attrazione. Digitized by VjOOQIC y Google 406 ILLUSTRAZIONE DI UN CODICE MANOSCRITTO DEL SECOLO XÌU DELLA BIBLIOTECA IfAGLIABECHIANA , CHE CONTIENE LA CHIRURGIA DI RUGGIERO E LE PRIME GLOSSE SALERNITANE. A comporre le ancor vive controversie presso gli Storici sulla vita di Ruggiero e la sua opera chirurgica, e le glosse che vi furon fatte, e il preciso carattere sto- rico e scientifico che loro conviene assegnare, la via che terremo sarà questa: 1® Dell'esame de'codici. Jo Del passaggio deir antico testo di Ruggiero da Salerno in Bo- logna. 30 Di un volgarizzamento quivi fattone. 4» Perve- nute in Bologna le prime glosse, compiuto ed esposto il lavoro di Rolando da Parma attorno ad esse ed al testo di Ruggiero, ricercare le modificazioni che il testo e le glosse riceverono passando dall' una all'altra scuola, dal- l' uno air altro espositore, fino a quelle che mostra oggi il codice mazzariniano illustrato dal Daremberg, e pub- licato dal De Renzi. Il qual codice per la sua confusa ricchezza ha fatto maggiormente sentire il bisogno di un codice tipo, originale , che dalla stessa sua antichità fosse stato preservato da addizioni e da note , siccome avvenne dal commenti di Rolando parmeiise in poi, e d' onde in- cominciarono tutti gli altri codici finora conosciuti in Eu- ropa. E la originalità di cotesto codice desiderato valesse nsieme di comparazione e ordinamento di tutti i poste- Digitized by VjOOQIC 406 ILLUSTRAZIONE n'ori manoscritti a riconoscervi T altrui, e assegnarlo a chi spetta, nella successione de' glossatori , de' menanti, e delie edizioni. 81- Esame dei Codici. 11 codice che noi prendiamo in esame, che probabil- mente fu copia, ovvero originalmente discese in questa Biblioteca dei monaci di San Marco di Firenze dalla Bi- blioteca Cassinense, avendo la più stretta rassomiglianza per le materie e gli autori contenutivi con i codici Cas- sinensi già da noi altrove descritti/ esiste oggi tra i cosi detti codici manoscritti dei conventi nella Libreria Ma- gliabechiuna, Classe XV, Banca I. X. 46, membranaceo in 4^^, a due colonne, fregi e postille in margine, iniziali miniate, scrittura del secolo XUI, prima metà. Contiene i seguenti trattati: loannitii Isagoge inartemparvam Ga- leni •— H'ppocralis Aphorismif prognostica — Philareti de Pulsibus — Iheophili de Unnis - G aleni Ars p(irva q^ioé inscrihitur liher Techni Galeiù — Hfppocratis ih Begimitié auctorum -^ Anlidotarium Nicofìxi ~ Rogi^ru ]MA&l:»fhl PaRMENSIS KX SCH0L\ S\LEIIN1TANA ChIHUKGIA CIM G\JO^%iè — Constatittai in Pantegnide Hegimiìie sauitahs. Incomincia , il testo di Ruggero col Prologo da queste pa- role, Post mundi fabricam etc» In esso prologo si dice ella maniera degli scrittori della scuola di 2:;;^lerno , Quan venerabilium nostrorum sociorum, sapimtium et iUit tlrium virorum intercessione, non dignar pulsa ul opt rare consuevimus^ in scripUs redige» e deliberaUi, rat/om deorevimus. Nel prologo al libro secondo ripete Ruggiero ' Veggasl il So volome della noslrt Storia de p«g« 850 sino a S5* Digitized by VjOOQIC DI UN GODICI DELLA; MAflUABEGHIANA.. 407 in propria persona, Ah egregio dmia Cofunit ìoniorìs. Lectiooes ex codice Breslai^iae a Glar. Heocfael traoscripl». y Google DI UN CODICE S^BLLK MAQUABECHIANA. 413 potes^ leggere per areliemium o aretinensùm come avrei desiderato; imperocché dicono essi, non coooscersi antica carta q citazione o iscrizione, dove gli Aretini siano in cotal modo chiamati: invece sempre si incon* tra il Paulus o il Petrus deorezio^ ovvero i milites are* tinif ocives, le aretincte historiae, Thaacclesia aretina^ Kesta dunque un Guidone degli Areniehsi, personaggio affatto incognito, che avrebbe riveduto e pubblicato il testQ primitivo delia Chirurgia di Ruggero. In Ispagna a poca distanza da Toledo è un castello detto Aranjuez, che potrebbe avere dato agli indigeni il nome di Ara- niensi o Areniensi, ed esserne uscito un Guidone elette* rato 0 medico addetto alla scuola di Salerno. Certo è che la Spagna dava in quei tempi non pochi maestri alle altre scuole d' Europa , e Guido di Chauliac rammenta \xn^ magister Nicolaus Caialatms fra' chirurgi operanti dei giorni suoi. Con tutto ciò, mettendo innanzi quello special modo di leggere cui deve di necessità obbedire talvolta la medica paleografia, convertirei volentieri la prima n della parola Areneusium in ti o n e leggerei Areziensium ossia Guidone di quei d' Arezzo, e se fosse vero che Guido aretino monaco dell' ordine di San Be* nedetto, scrittore celebre dell'Antifonario nascesse nel mille e novanta otto, avendo il millesimo del nostro co- dice innalzato Ruggero al principio del duodecimo se- colo, non sarebbe improbabile che la scuola di Salerno, che a queir epoca non erasi ancora trasformata intera^- mente in laicale, avesse chiamato il monaco Aretino alla revisione o ordinamento del libro di Ruggero. Ma gli anni della vita di Guido Aretino sono così variabili presso gli storici e i biografi, che non prestano sicuro sostegno alla nostra opinione. 11 nostro codice adunque lascia nd dubbio il Guido Aretino dei codici posteriori, e presenta un Guidone degli Areniensi affatto incognito alla storia. Digitized by VjOOQIC 414 ltjL«8T!ULÌt«NX VUÌtb ()akito ìiì ddntroversia rflirabflmènte éhidita Irà il Ddrèfnberg e il De Benzi, è ia Drigtòe de'QQéttfd Ma^H bbtoff delle Glosse, e i nómi lord offertisi la pfimft TDlta net matiOdcritlo Mbiiaridl&ttd, e le mèdi^ioni dèlie ùùA dette pUioie de* quattro i^ettri, che di trevaii aitale in scrittóri ahteriori air època assègoàtu al manò=^ scritto parigino. Ma la burrasca delle difBóOlta.in óhé si Éionó meési da s6 medesimi i due dotti scrittori può al- quanto calmarsi t sé non fó^se adche sparire, ove si Fac- ciano le seguenti considerazioni. Il De Rénei dice, e noi siamo coli lui, di aver diittostrato che i quattk*ó Meeèlri citati nel Códìóe Mazzarino, Archimotteó, Pétroncello, t^lateario e Ferrario, vissero la loro medica vita dal 4070 àHlOO, e che si sarebbe sbagliato niente meno che di iue seódii la cronologia di tali Maestri, stando al Codice Mazzariniano.' 11 medesimo De ftenzi stabilisce coir Ben- schei, ehe nel cadere del secolo XI la scuola Salerni- tana ebbe un collegio medico, costituito dairAfflaisiO; (ì. Piateàrio il» Matteo Plateario il seniore, 6artolom- meo, Petronio, Ferrerie, Colone juniore^ E che da (|uesto Collegio si cavarono i Quattro Reggenti della scuola dopo Costantino. I nomi di questi quattro Reggenti che compilarono il Compendium Salttnitanum si irovanid fra quelli del Collegio, e sono pure quelli che Sguratio come autori delle Glosse del Mbnoscritto Parigino. Uno di questi, Plateario Giovanni li, nella sua Tratioa b9*tiHs è il primo ad assegnare ai quattro maestri P^ renio, Ferrara e a Matteo Plateario seniore, distinto tan due M M, quasi due volte Maestro, o plus quam MagiHer, la formula salernitana di certe Pillole artritiche. La qual formula co' medesimi nomi, anzi col nome di Matteo Platoofio seoioro, coov«rtito in un ArohimatteO) come •S«M.Mm>T. l»p«H7. Digitized by VjOOQIC bi UN CODICE DELLA MAGLI ABECHIANÀ; Mh nel Gwtfce Parigino^ si incontra aJia fine del XIIl secolo nell* Pratica di Riccardo.* Ora rùì eia permesso di so- fitenei* che questi quattro maestri non poterono esser quelli che glossarono la prima volta la Chirurgia di Ruggero^ perciocché il manoscritto Magiiabechiano pre- senta senza nessun nome le sue Glosse, né in mezzo a queste si rinviene mai il rinvio alle Glosse dei quattro maestri) come accade nelle Glosse del Codice Mazzarino. L' esistenza adunque dei quattro Maestri è un fatto sto- rico nella scuola Salernitana; e non si può sostenere che te Glòsse siano state compiste da un solo autore, quando la stessa Chirurgia di Ruggero fu fatta e com^ posta, nm a Bagerio solum, sed a tribus aliis cura eo. Ruggero stesso c( è testimonio nella sua Pratica Medi^ ctniv, che i quattro Maestri esistevano nella scuola prima 6i lui. Nel 4* Trattalo al Gap. De lienferia^ Ruggero dice, Iteìn trw^'sei arsenici, et trocisci iiij magistrorum valetU in tUraque musa. E se noi poniamo Ruggero nei primi anni del duodecimo secolo, cioè tra il mille e oen» ID venti è trenta, possiamo sapere che quelli stessi Mae- stri nominati da Plateario II, e che autorizzarono dei pretorio fyoroe le pillole, la stessa autorità Impartirono ai troQÌsci ricordati da Ruggero. Sicché quanto agli ar-^ gomenti farmacologici, direi che senza dubbiezza al- cuQa la storia può ritenere, che i nomi de' quattro mae- stri fion quetU ricordati da Plateario e da Riccardo* Ma quanto alle Glosse^ avvegnaché apparisca oerto che nemmeno le prime furono T opera d' un solo maestro, fatte anche risalire queste prime al 4230, vale a dire 50 anni dopo la compilazione del testo ,^ i nomi riportati dal Codice Mazzariniano chiaramente appajono i mede- siali di queili delle pillole trasportati alle Glosse. Nello * ]Mreiiibei|[» pr#wo il De Henzi. Schol. Salalo. , {)ag. S31 Digitized by VjOOQIC 416 ILtUSTRAZIONC Stesso tempo io ravviso come saggio il divisamento della Scuola di autorizzare la virtù di un composto farmaceu- tico con più nomi di maestri, anziché con uno solo; e cosi autorizzare una operazione chirurgica, o un metodo colla stessa pluralità di maestri. La forza e la raffina- tezza logica del ragionare, sosteneva da sé baste voi- mente la teorica; ma la pratica, massimamente ia Far- macologia e in Chirurgia, non poteva sostenersi che colla autorità. Quindi i quattro maestri per pillole e tro- cisci, e parimente i tre o quattro maestri per compilare una Chirurgia e le sue glosse. Così le prime Glosse ri- cordarono nel loro Proemio, senza curarsi de' nomi, che non Ruggero solo, ma altri tre maestri si unirono a compiere quel testo di Chirurgia, che nel suo nome come del più benemerito veniva intitolato. In seguito non c'era bisogno di ricordare una seconda riunione di maestri per compone le Glosse , e queste furono ano* nime, come continuazione e schiarimento del testo, che riuniva cosi la pratica di quattro maestri in chirurgia. Dopo tali riflessioni l'esame del nostro Codice ci condurrebbe a concludere : 4» Che il millesimo del MCLXXX è la data della prima compilazione in Salerno del testo della Chirurgia di Ruggero. 2^ Che Ruggero medesimo ne fece sentire alla Scuoia la necessità avendo mostrato che la sua PrcUica Medi- cin(B, comunque comprendesse molte teoriche e gene- ralità chirurgiche, la Chirurgia esigeva un trattato di- stinto per la sua parte operativa. *ò^ Che come innominati furono gli autori che si as- sociarono a Ruggero per la compilazione del suo testo, altrettanto innominati furono quelli delle prime Glosse al testo. 4« Che il manoscritto magliabechiano anterióre a Digitized by VjOOQIC DI UN CODICE DELLA MAOLIÀBEGHIANA. 417 Rolaodo, contiene Glosse che indubitatamente debbono riguardarsi come copie delle prime, e il testo il più puro che fin qui si conosca , essendo gli altri pochi ma- noscritti finora scoperti tutti posteriori al Commento di Rolando. 5* Che la data del MCCXXX che si trova negli altri Codici è assai probabilmente la data che deve asse- gnarsi alla compilazione delle prime Glosse. 6e tratta: che i maestri delle seconde Glo^ge prendono finqhè pqssono segnatamente al com- ii^entq dei primi chiosatori; rpa si ì[ermapp poi in un tratto 0 per dare ciò che resta a Rolando, o per r\pren- (^erlo essi quando la rubrica di altro capitolo lo esigerà Ij pan. H. de manifesta fractì^ira cranei. Cornm, anatno^ mu^istr. con|:iene un lungo brano delle nostrq CÌiioì: daj sicì^t dicit Avìcennc^ sino alle parole demu'n pro- cede in ct^rq ut prius. * E qui i maestri SQspendorio p* ' dar liiogo a Rplando, che viene leggendo cpnie suo testo di Ruggero, De carile super flua eie. Gap. IH: ^ v^fo ante cranet repfLrationein^ ^ quel q{ie Sfoglie, con> * De Renzi, Qp. cit. p. 5lp. Digitized by VjOOQIC DI UN CODICE DELL& MAÓLIABECHIANA. 4^ presovi VApt>stol!con Chirurgicum, la di cui cbmpòàl- zione già data nei testò di Roggero era notissima al t'em^o di Rolando, perchè fra gli iailtri Dihd Del Gàrto aveala dedcriità nel hqo trattato Deyli emphslri e (%{!' unguenti; e non ostante Rolando ne fa per suo contò uh capitolo a )[iarté. E ritornando in scena i maestri non fanno al Gap. Ili altro commento bhè rii3rodtirre la Chiòsa MagltabeChiana dal Si nero aliqwx caro fino alle parole ne incidAt in febrem aeùtam: il resto, come si è notato di sopr^^Se iD appropria Rolando, è ne coitipone il duo capitolo. /)e dieta vulueratorum. lì cap. V de^ fecondi maestri De manifesta fractura cranei cum vulnere stricto riproduce letteralmente le prime chiose del nostro Co- dice dalle parole et nota quod cum veneris ari infirmum sino a quelle et sic usum ùd terctum dion dimìUat. Il Cap. VI, De (radura ad modunì rimule è trattato due volte nelle prime Glosse : una volta in continuazione del lungo commento che i primi salernitani maestri fecero al capitolo De divisióne vulnerum copitis: una seconda volta fa argomento da sé, e s'intitola De fractui^a cra- nei ad mvdum rimule. Vollero con ciò quei maestri divi- dere il caso della fenditura del cranio occulta dalla manifesta, nella quale è da ricorrere prontamente alla tra- panazione. Qui dunque vi è il testo di Ruggiero che riu- nisce in uno stesso capitolo ambedue i casi: vi sono le prime Glosse che differenziandoli, danno precetti e cure da ambe le parti. Coxne s'accomodano qui Rolando e i secondi glossatori? Rolando s'appropria tutto il capitolo di Ruggero, e i secondi chiosatori stralciano dalle vec- chie glosse tutto ciò che si riferisce ai due casi sum- mentovati della fenditura del cranio, per riunirle in un sol éapitólo-, W quale itìfcómincia Si V Fin qui la traduzione del testo, alla quale il Tra" duttore pone la seguente aggiunta: nota che le ferite delk reni meglio si saldino con ponervi su herbe che homo a Digitized by VjOOQIC DI UN CODICE DELLA MÀGLIABEGHIÀNA . 429 fnundifìcare , le quali sono dette di sopra ^ che con alcuno altro rimedio, secondo Maestro Ugo, Questa citazione di Ugo, forse vivente ancora quando si traduceva la Chi- rurgia di Ruggero in Bologna, mostra come il traduttore volesse pareggiare, in ossequio al chirurgo bolognese, r autorità di lui a quella del salernitano. • a Della pietra nel collo della vessica. Se la pietra che sarà nel collo della vessica vorrai a conservazione man- dare al fondo di quella, preeedenti gli fomenti et unzioni tnettivisi dentro poi siringa ^ et da poi per aJcuno spazio mettisisiringa al collo della vessica, et leggermente et sua- vissimamente et con cautela la pietra dal collo della vessica si madidi giti al fondo. 0 tu fa così che è pia sicura cosa et fassipiù leggermente come siamo usati di fare premessi i fomenti et V unzioni: » faccisi tutto quello che noi aviamo detto a cognoscere se pietra sarà ne la vesica,et messo dentro le dita et' premuto col pugno della mano sinistra sopra il pettignone con quelle dita traffichi il collo della vessica, et a poco a poco si rimuova la pietra che è quivi et diligentemente si conduca al fondo. Et così co- lui che è gravato di tale i)assione potrà perseverare a lungo tempo. » Ruggero nel capitolo , De lapide in collo vesice, non parla punto né di siringa né di petroleo. Nel Codice Magliabechiano il testo del sopra detto capitolo è in queste sole parole compreso. « Si lapidem in collo 9 vesice existentem in fundum vesice ad preservatio- » nem impellere volueris precedentibus fomentis et un- ii ctionibus prosequuntur omnia que diximus ad cogno* » scendum lapidem in vesica: Digitis intromissis et » pugno sinistre manus super pectinem impresso ipsis ^ Qui il manoscritto ha tina lacuna, alla quale risponde in margine in carattere minutisaimo e della slessa mano la parola petrolmim. y Google 430 ÌLLUSTIlAZIÒNfi » digitis collum vesice tractètùr H paulatim qui ibi est 9 lapis l-emoveatur et sic caute fet diligenter ad funduin ù dubatur. Sic nèmpe qui ex tali passione gravetur diu- h Uùs preservari valèbit. * Questa seconda modiflca- zlotte adunque che il testò di Ruggero riceve della Chi- rurgia bolognese , là quale nemmeno si trova nelle prime Glosse salernitane, fu introdotta dal traduttore per es- sere forse in uso dei maestri Ugo o Bono padre di Dino del Garbo; oppure cohfie Filtra per ossequiò alla auto- rità de' maestri locali ; giacché il traduttore stesso pre- feHsce di starsene al precetto di Ruggero: Rolando co- ìpiatoré al sòlito V ha tolta di peso dàlia traduzione volgare, e 1' ha intrusa letteralmente come sua nel suo commento. La terza correzione fatta al testo Rugeriaho dal vol- garizzatore consiste neir essersi astenuto dal tradurre peb intero là cura chirurgica che Ruggero propone nel suo capitolo, De lepra di quelle quattro specie di lebbra che egli chiama AHopicia, Elefantiasi, Leonma e Tyriasi, e neir averci data una inutile e falsa spiegazione di que- ist*uUlmò hòrtie, prendendola da un serpente dello stesso nortìe che ìsohfricandosl si spoglia ; perocché i malati di co'tesla l'ebbra per la pruzza si graffino sempre e scal- piscànó la pèlle. Ruggero non dice nulla della derivazione del nóme, abbandonandola alla orìgine cònsaputa e na- turale, cioè di lebbra propria dei popoli della Siria, che àvfevà al sud la Giudea e la Fenicia, ed in questa era Tyro. Cóntro alla (Jual lebbra consiglia Ruggero uri se- condò ùngehlo il di cui pHrtiò farmaco è lo zólfo, un- gùebto che il Traduttorie; tralascia, li^n tràducendo che il primo. Questo Capitolo riceve altresì un' altra modiQ- cazione neir assegnare Tumore principalmente infetto alle quattro specie di Lebbra. Ruggero assegna il sangae alla Allopicia, l' umor melancolico alla Elefaùtiasi; il Digitized by VjOOQIC DI UN CODICE DSLL^ MAGL|À6ECHIANA. 4S/{ QfìgRia alla Tiriasi, il cplejra pila |.ep.n,jpa. Invece nfl volgarizzamento T^illppicia è per flegrpa, V Elefan^ijjsj è per i^ìingue, la Lpoqina è per colera, la ^iriasi è per rne- laocoiia. E q^iestcì varietà n^gli un^Qri assegnati è qndata sempre offerendoci via via che si sopo moltiplicate! je copie del tpato di Ruggerq, nel diffondersi dall4 scuql^ ELLA MAGLIABECHIA.NA. 443 De incisione ossis màims. De dislocatione membrorum. De disiunctione humeri a spa- tula. De dislocatione ossis cubiti. De fractiira ossis humeri. De fractura ossis cum vulnere. De con^olidatidne ossis. De vulnere toracis. De costi». ■ De vulneribus intestinorum. De vulneribus, cordiS) pulmo- nis et hepatis. De vulnere splenis. De vulnere hepatis. De exitu intestini propter vulnus. De fistnla et cancris et aposte- matibus. De mammillis. De vulnere membri virilis. De cancro virge. De relaxatione syphac. De hemia. De h ernia ex humoribus. De hemia ex camositate. De lapide in vesica. De lapide in collo vexice. De extractione lapidis. De vulneribus posteriorum. De vulnere longie. De vulneribus renum. De apostematibus ani. De emorroydis. De vulneribus pectinis. De cauteriis. De inilationibus juncturarum. LIBER QUARTUS. Prologus {manca). Indice analitico interpolato (si omette). Indice delle rubriche. De lesione vertebri. De vulnere genu. De fractura brachiorum. De vulnere male curato. De herisipila. De hantrace. De lesione musculi. De septione humeri a spatula. De dislocatione eubitonun. De dislocatione calcanei. De vulneribus toracis et pectorìs. De vulneribus costarum. De vulneribus cordis. De vulneribus intestinorum. De passionibus mammillarum. De vulneribus veretri. De ruptura syphac. De lapide in vesica. De vulneribus posteriorum. De vulneribus longie. De hemorrhoidibus. De atritis. De cauteriis. De vulneribus coxe. De dislocatione ossis genu. De separatione vertebri. De vulneribus cruris et tybie. y Google 444 ILU98TRAZIOME EG. De vulneriliiis pedani. De separatione vertebri a scia. De ruptara ossis coxe. De disjunctura cruris a coxa. De ruptttra cruris valnere et sine vulnere. De disjunctione pedis. De dislocationedigitorum pedis. De cancris et fistulis. De pustulis et ruptura. De sciatica passione. De c(MQj»iistÌQiie ignis vel aqve calide. De leprà. De spasmo. ExpUcit cyrurgia magistri Ro- gerii Salernitani que a quibus- dam appellatttr: Post mundi fabricam. De vulaeribas pedma. De cancris et fistulis. De sciatica passione. De diversitate cauteriorum. De incisione rupturarum. De combustione. De lepra. Expliciunt glosule super cyru- giamRogerii, seu Post mundi £abrìcam. y Google FAC-SIMILE DEL TESTO foglio 68 del Codice I. pai. X. n. 16/ foglio? della Chirurgia di Buggero. Tran. I. Gap. 11. redo, col. 2'. ist^f^ De fractura a^anei. Gum fractura cranei magna et manifesta cura ampio et largo vulnere fuerit , ut si fiat ense vel aliquo simili , ita ut os vel aliud dobeat extrahi; nisi sanguis multus fluat vel aliud impediat, os vel aliud quod removeri debeat illieo abstrahatur. Subtilissimus pannus de lino inter craneum et duram matrem, velut ex obliquo, cum penna caute mittatur foglio 81 del Codice; foglio 1° delle Glosse (tórr/o). Colonna 2». Dopo il Proemio, Gap. I. FAC-SIMILE DELLE GLOSSE (dice; foglio \° delle G ì^. Dopo il Proemio. G tur iu«^*n^«i^ itw fkùnm«ftimttPÌMr^ De divisione Libri. Liber iste dividitur in prohemiura et tractatum ; et primo se cxpedit Autor de proheraio. Relatu igitur quorumdam sociorum MCLXXX iactum fuit seu compositum istud opus, et non a ma- gi stro Rogerio solum sed a tribus aliis cum eo ; verum ipse suo nomine intitulavit. Sciendum est igitur quod medicina dividitur in theoricam et practicam * Il Codice che incomincia dalla Isagoge Ioannitii e preceduto da qualtro logli membranacei tagliati irregolarnaente,che contengono frammenti confusi di Ga- leno e di Avicenna con alquante formule di Ricettar] di diverse mani e caratteri; logli che si direbbero guardie del Codice. Nel primo di questi foglia tergo si legge clic esso Codice passò al Convento di S. Marco per dono del Maestro Lorenzo Bisticci. Ciò non avversa punto il nostro concetto della prima provenienta del Co- dice dalla Biblioteca di Monte Cassino, per uso della scuola medica salernitana. . Digitizedby VjOOQIC y Google 44S) NOTA àt\ Ciiiarissino Prof. Fttnto Lasmio sol signìGcat» ddie mi Crrazhwe, ÀNIMA, Vita ec. oel testo ebraico delia Genesi, in eooferma di alcQDÌ miei Pensieri sugli AqìoiìsIì antichi e moderai. (Vedi Y AvTertimeiito a pag. vi , e le pag. 990 e 997 ^d preteiitt Volume.) Genesi, I, 26. Il sacro testo, parlando della creazione del- r uomo , adopera il verbo medesimo (equivalente al nostro fec^). che viene usato. per altri animali nel versetto 25 ; ycom- para per altro il versetto 2Ì dove si adopera per animali harà\ « creò "sy come al versetto 27 si adopera per fi' uomo. S. Girolamo traduce con esattezza i respettivi verbi ne' singoli pa&6i citati; j £ innegabile dunque come in alcuni luoghi apparisca l'uso dei due verbi, in sé però distinti, essere promiscuo. Ma è anche innegabile che dal lo versetto della Genesi si de- sume un valore tutto speciale del verbo bara « creò » diffe- rente da 'osa « fece ». E ivi è innegabile che accenna alla esi- st^nza, dal nulla, alla creazione^ perchè nulla preesisteva, quando Dio b'résìt (in principici) bara il cielo e là terra, cioè r ile o materia prima etc. etc. In Genesi 11)7, parlandosi dell' uomo , si descrive il come fosse formato, e si adopera il verbo yàsàr, proprio del formare dei vasai. . -,.^ - Ecco la traduzione materiale del versetto : « E formò l'Ente Iddio l'uomo ('àdàm) polvere dalla terra ('adàmà), e soffiò nella sua faccia (letteralm». nelle sue na- rici) anima di vita, e fu l' uomo in anima vìvente. » Ora si noti clie quello che qui è anima di vita, è in ebraico nismÀt hayyìm. Digitized by VjOOQIC 446 MOTA. N*iàmà vale propr. soffio, àlito, come altre parole impie- gate poi a esprìmere ramuta ddl'vomo. Nel linguag^o degli scolastici ebrei del medio evo , traduttori degli arabi (e questi dei airi, e i sili dei greci) N'iàma è V anim4ì^ razionale di Ari> stotele. Neir ebraico biblico non ha questo valore , non cono- scendovisi il sistema delle tre anime ; ma è pure innegabile che N*iàmà ha in sé qualche cosa, un quid tutto suo; ed esprime una cosa più immi^teriale , più e.tere», che Nèfek e Hayyim (vita) è però, in ebr., un plurale, e varrebbe : « il complesso della vitalità » o « spiriti vitali. » Anima vivente poi è nèfei hayyà. Nèfei è r anima vegetativa di Aristotile presso gli sco- lastici ebrei. Nella Bibbia è meno immateriale di N* iàmà, e vale anche^^an^t^, e anche la persona intera. Tfàyyàè un adiettivo. Nèfes fyayyà si dice di altri animali ai versetti 20, 21 e 24 del capo I, e al v. 19 del cap. Il, et. anche il v. 90 del cap. I; e nel v. 7 del Capo II, come si è visto, dicesi delV uomo , come animale. Sicché r uomo é anche egli nèfes hàyyà come gli altri animali, ma, a differenza degli altri. Iddio infuse in lui la JV^ iàmé; vocabolo che non é impiegato per gli altri animali ne* due capitoli relativi alla creazione del mondo etc. S. Girolamo traduce nismàt hayyim con spiraculum vitae^ e nèfes hayyà con anima vivens. Rùah poi é r anima concupiscente di Aristotele presso gli scolastici ebrei. y Google 447 INDICE. AWERTIMEMTO Pag. I II. Boezio. — Introduzione 1 Capitolo I. Della vita e delle opere di Severino Boezio. . . 7 » II. Delle Opere di Severino Boezio in genetale. . . 14 » III. Di altri Boezii più antichi , o suoi contempo^ ranei 34 » lY. Delle altre Opere di Severino Boezio , in par» ticolare 37 Scienze fisiche e naturali ^ 38 Scienze matematiche 39 Opere filosoiiche 45 » V.* Del preteso paganesimo di Boezio e delle sue opere teologiche: confutazione dell' Ob- bàrìus e del Mirandol 69 ». VI. Nuova ipotesi di Carlo Jourdain sull'autore dei libri teologici attribuiti a Severino Boezio. 92 Nelle opere xli Fulgenzio esiste il documento irrecusabile della cristianità di Boezio. iO& » VII. Ordine dei libri teologici di Boezio, e loro au- tenticità 113 » Vili. Il libro delia Consolazione 125 )) IX. Di tre codici della Laurenaiana che contengono i libri teologici di Boezio , e dei giudizi e commenti di san Tommaso sui medesimi libri 130 Conclusione..* 140 SuiLA Fjuosofia di Galileo.— Discorso letto nella solenne riapertura dell' Ateneo Italiano in Firenze il 27 settembre 1 856 1 43 J. In Galileo sono due Filosofie, la speculativa e la sperimentale^ ivi lì. Galileo divise la Fisica dalla Metafisica 145 y Google 448 INDICE. III. Pose in mezzo ad esse le formule geometriche e le matematiche , Pag. 147 IV. Cosi divise, pr^scrìsste ad aAibedue i termini loro 45() Y. Schema della Filosofia speculativa del Galileo nella Giornata prima dei Dialoghi de' massimi sistemi 152 VI. CoroUarj , e Parenèsi agli Scienziati 154 Dei Fondamenti della Medicina Clinica. » Introduzione : alla Clinica medica di Pisa 159 I. Fondamento empirico 163 II. Fondamento analitico 174 III. Fondamento induttivo. ^ , 187 Conclusione 198 Proemio alla Storia della Medicina. i § .1. Definizione e. scopo, della storia. 197 » II. Ddle origini della medicina- 200 » IIL . Delle forme primitive assunte dalla medicina 202 » rV. Dei tipi storici . principali. - 208 » V. La. teoria, dei tipi storici contiene la Filosofia della Storia della imìdicina. ^ 213 9 VI. La Filosofia della Stòria rico|io9ce sé stessa per la filosofia della scienza 217 9 VII. La Filosofia della Storia della medicina giustifica la scienza dinanzi- alla società 220 Lettera intorno al metodo tenuto dall'Autore nella sua Storia 225 Pmcliminari al volgarizzamento di Aretèo. § - 1. Tempi nei quali >'isse Aretèo , e loro caratteihe sto- rico.* t. • 233 - « -IL Corrispondenza fra il carattere filosofico- dèlie opere d' Aretèo e quello della sua està 236 3 III. Pregi speciali de' suoi libri di medicina 241 » IV. Codici 'manofiorìtti e Codice Laurenziano 245 !» -V. Edizioni principali .: 247 » VL Interpreti e Commentatori ,.>....* 251 » VII-. Parole in proposito del nostro volgarizzamento. . . . 254 Intorno alla Medicina Citile^ Memorie due. -r Del carat- ' ' tere civile della Medicina e delle sue relazioni colle principali tendenze del secolo. Mbiìof(ia Prima. * 250 L Dififerenza tra la medioina Clinica e la medicina Ci- y Google INDICE. 449 vile : stato odierno di quest' nltìaia , e come si debba insegnare Pag. 260 II. Difetti deUe tendenze morali, letterarie, filosofiche e politiche del secolo, e come correggerli 272 Delle Helazioni della Medicina con V Economia politica. — Mei^obia Seconda 285 Necessità di unire, per la prosperità delle nazioni, all' in- dustria agricola la commerciale e la qianifat- turiera 288 Le Società operaie e commercianti tramezzano ed equili- brano tutte le altre classi civili. L' agricoltura è la potenza nutritiva, T industria manifatturiera e cpmmercis^ite è la potenza motrice degli Stati . 290 I. Forza fisica, dignità e influenza civile degli Operai. 291 II. Come il rispetto vicendevole e quindi la fraterna dignità debba partire dall' esempio dei Capi de- gli Opifieii 292 III. Come dal sentimento di fortezza individuale e di dignità fraterna nelle sodetà operaie nasca l'al- tro dalla potenza di conservare e migliorare lo Stato 253 I. Influenza della Medicina sui tre sentimenti: e primo conservar la vita dell* operaio al lavoro 294 II. Secondo , rendere il lavoro innocuo alla vita 298 III. Terzo ; cooperare colla legge affinchè la ricchezza delle classi industriali , e la sanità pubblica procedano unite a rendere prospero il convi- vere sociale 301 Preludio al decimo congresso de' Scienziati italiani in Siena 307 I. Il sentimento di amor nazionale negli Italiani esi- steva anche quaiMlo V Italia era divisa ivi IL Occorre oggi dare ai Congressi un principio filo- sofico e un fine civile. Difficoltà di intendersi intorno a quest' ultimo ^ 311 IH. Del principio filosofico. Lefilosofierson molte; ma - una formula accettata e comune a tutti i filo- sofi ancora non esiste. Si domanda che agli scienziati si lasci la loro filosofia sperimen- tale 313 lY. Si propone il sistema conciliativo delle due filosofie tramezzate dalle matematiche 316 PUCCINOTTI. 58 Digitized by VjOOQIC 450 INOIGK. V. Eiorbitanie di certi moderni che rifiutano le re- staurazioni, e bandiscono un assoluto rinno- vamento Pag. 31^ VI. Si prenda ciò die manca alle nostre scienze dalle nazioni straniere ;- ma eie che si prende si sap- pia con industria Testire «11* italiana 'SStì V Addio all' Università di Pisa 325 I. Stato deir Università di Pisa nel 1838 e gV insigni uomini che v'insegnarono. RiformaGiorgìniana: restaurazione della clinica: cattedre di medi- cina civile , di fisiologia sperimentale , di geo- grafia fisica pei medici consigliate dall' Autore. Ghnati sensi diretti ai discepoli 326 II. Ricordanze del settennio clinico, e della utilità del metodo induttivo. Schiarimenti intomo al ca- rattere della medicina ippocratica introdottavi. Il Museo diretto dal Savi, i Gabinetti fisici e chi- mici del Matteucci , del Piria e del De Luca. Rammentansi alcune sperienze 329 III. Gonsii^i ai discepoli. Invece delle filosofie specula- tive adoprino le matematiche per completare la filosofia sperìmentfde. Ripassino ogni giorno gli studi d' anatomia. Volgansi eon fede e con zelo . . alla parte sperimentale dell' odierna fisiolo- gia 33G lY. Raccomandaiisì gli studi clinici non di un solo maestro; ma bensì d'un solo metodo di appli- cazione delle regole sperimentali al conoscere e curare le malattìe 339 V. Raccomandati gli studi igienici e storici 340 VI. Che alla istruzione tengasi sempre unita la fede . religiosa e V amore alla patria 3il Sulla nuova Sirada Ferrata Maremmana. — Lettera al Prof. Gav. Carmignani > 343 I treni quando sono in corso portano seco i principali ele- menti di disinfenone de' luoghi insalubri 346 Ne' luoghi mdsani per chi corre via non v' ha pericolo : chi sta férmo lo può incontrare 351 Precetti igienici per gli addetti alle Stazioni, e per le guardie dello Stradale 352 Fisici e MxTAnsici. — Lettera alla signora M» Florenzi 355 Occasione dello scritto 356 y Google INDICA. 451 La «d^iza della natura non si fa cogli universali della Me- tafisica Pag. 357 Stoltezza di alcuni che con cotesti pretendono di fabbri- care la fisiologia ; 358 Il dialettismo moderno dove oondace. La politica è rappre- sentata dai giornali che non trovano mai il vero . 361 La filosofia della storia vien sempre dopo la storia, ossia dopo i latti 363 Gli antichi scolastici eccellenti lottatori tra gli Universali, « nella scienza della natura npn hanno mai veduto né abbastanza, né bene 365 Parallelo fra lo Sbaraglia e il Malprghi in Bologna, fra Ga- lileo e il Citmonini in Padova. Si domanda da qual parte era la Scienza 366 Per le scienze naturali le aspirazioni agli Universali della metafìsica ponno essere un Fine ; ma il Prin- cipio in esse altro non è che la osservazione , r esperienza ed il calcolo. 367 Schiarimento del detto, la Vita è la Creazione 369 Lettera al Chiarissimo Professore Benedetto Viale sul mento dei viaggi del Mongony citati dal Libri ec. 371 Gli Animisti antichi e moderni. Pensieri , 381 Cagioni della ipotesi , l' anima è la vita ^82 1. Indecisi i filosofi nel cone^ire e applicare il prin- cipio dell' Unità 383 IL Inavvertita la differenza fra le unità teologiche e le fisiologiche; per adeguar queste a quelle la vita fu detta il prodotto dell' anima 384 IH. Alla ignoranza della vera causa dei fenomeni vitali fu surrogata la dialettica delle scuole ! Tutto era spiegato colla forma sostanziale 386 IV. L' ipotesi degli Animisti non si regge che col gergo i^^tetico della scolastica 388 V. £same della loro forma sostanziale 389 VI. Esame delie loro supposte trasformazioni 391 VII. Esame delle loro facoltà o potenzialità. . ; 393 Vili. L' uomo prima del suo essere completo , vale a dire dell' infusione in lui dell' anima intellettiva , è animale vivo. Il quale congiunto a questo spirito dotato di ragione e immortale , diviene allora uomo. Due disfinte nature concorrono alla for- mazione della sua specie. . .' 395 Digitized by VjOOQIC 452 iNDicas. IX. Posle le due nature è mestieri indagare il loro Me- . mento di partec^iazione e congiunzione. La vita dell' uomo animale si pnò risolvere tntta intera in fenomeni fisici e chimici e meocanici , vale a dire nel campo assegnato ai fisiologhi. . . Pag. 398 X. Condotti sttU' Essere uomo il fisiologo e il filosofo, il primo può fisicamente innoHrarsi nei feno* . , . meni più elevati della corporeità animale e tro- , . vaM una dimostrabile azione attrattiva di \- qinkhe imponderabile. Qui termina il ftsiolo go. 402 Illustrazione di un codice mamoscritto hbl sec»lo xiii DBUA BlBILlOTEGA MAGLIABBCHIANA , CHE C<»{<- TiENE LA Chirurgia di Buggero e le prime GLOSSE SALERKrrANB 405 § I. Esame dei Codici 406 Conclusione di detto Esame 41() Testo db EtLggero. secondo il manoscritto Maglia- bechiano. ...<. ... '..v* .'...». 418 Testo di Httgt;)era sèeOiidala edizione di Venezia del 1516. i..... ;..,. 419 » II. Passaggio del testo e delle glosse della C;hirurgia di Ruggero da Salerno a Bologna. . . . ? 42i » III. Volgarizzamento di Ruggero : altro Codice BfagUa- . beohiano del Secolo Xm....^ 426 » IV. Modificazioni Catte al testo di Ruggero dal volgariz- zatore in Bologna, dalle prime Glosse, dal Com* mento di Rolando^ e dalie seconde Glosse sa- lernitane * . .^ . . . . .\ 428 » V. Indice delle Rdbrache..nel testo di Ruggero, e nelle Glosse del Maùoseìitto. Magtial^chiaao 410 Fac-similb del Testo e deiìub Gi,oss£. del Codice Maglu- beghiaho :)."..... *'....,... 441 Note del Chiarissimo Prof. I^alNio ^anl. sif^ùfical» delle ^^ voci creazione, anima, vita ecìiel testo ebcaicò della Genesi , in conferma di akuni miei Pen- sieri sugli Animisti antichi e moderni ( Vedi V Avvertimela a pag. IV e le pa^ ^0 e S97 del presente Volwne.) 415

 IL  BOEZIO    SCRITTI  STORICI  E  FILOSOFICI.    c    y  Google    y  Google    r  IL  BOEZIO    ED   ALTRI    SCRITTI   STORICI   E   FILOSOFICI    FBAIVCESCO    PITCCINOTTI.    FIRENZE.  FELICE    LE  MONNIER.    1864.   Digitized  by  VjOOQIC    y  G oogle    ALLA   ACCADEMIA  DELLA  CRUSCA  FRANCESCO  PUCCINOTTI   SOCIO  CORRISPONDENTE  0.    D.    PuCClNOTTI.  «   Digitiz^d  by  VjOOQIC    y  Google    AVVERTIMENTO.    Ho  acconsentito  assai  di  buon  animo  al  solerle  editore  Cav.  Felice  Le  Monnier  di  riprodarre  nella  sna  rinoniata  Biblioteca  Nazionale  il  mìo  lavoro  storico  sopra  Boezio,  intorno  al  quale  un  esame  critico  di  tutte  le  opere  non  era  mai  stato  fatto  in  Italia  completamente:  ooa io*  tese  né  la  forma  né  V  influenza  della  sua  filosofia  :  am  conosciuti  i  documenti  contemporanei  della  sua  cristia-  nità, i  quali  varranno,  io  spero,  a  cessare  le  éisputasioai  che  di  Germania  sono  in  questi  ultimi  anni  passate  in  Francia,  dove  è  stato  creato  colle  più  fine  arti  dìatettidid  un  immaginario  Boezio  pagano.  Chi  eoa  retto  animo  studia  la  sapienza  cristiana  e  latina  del  medio  evo,  e  o»  voglia  intendere  il  passaggio  e  l' innesto  nelle  prù&e  scuole  d'Europa  in  que' secoli,  vede  del  pari  il  depto*  rabile  vuoto  che  lasciato  avevano  gli  storici  sópra  il  sap^e  universale  di  Severino  Boezio;  non  ess(»idosi  per  lo  più  occupati  gli  eruditi  che*del  poemetto.  De  Consolatione.  Il  primo  e  supremo  maestro  di  quelle  scuole  fu  Boezio  :  una  storia  della  filosofia  del  medio  eyo  che  da  lui  non  cominci  è  senza  capo.  Alenino ,  il  Beda,  e  Bucero  Bacone  in  Inghilterra,  Alberto  Magno  in  Germania,  Abelardo  in  Francia,  Tommaso  d'Aquino,  Dante,  Petrarca,  Fibonacci  in  Italia,  tutti  si  inspirarono    y  Google    IV  AVVERTIMENTO.   ed  attinsero  in  quella  filosofia,  in  quella  rinascente  fìsica  è  matematica^  in  quella  purissima  morale  sapienza.  Basti  il  dire  che  nel  solo  Poema  di  Dante,  il  commen-  tatore Da  Buti  trovò  settantasei  allusioni  ai  libri  di  Boezio.   Dopo,  questo  lavoro  storico  da  cui  prende  titolo  e  princìpio  il  presente  volume^  volle  il  suUodato  editore  accrescerne  alquanto  la  mole,  coli' aggiunta  di  alcuni  altri  ^scrìtti  scientifici  sparsamente  collocati  nelle  edi-  zioni delle  mie  opere  complete  di  Medicina.  Nella  scelta  delle  quali  io  preferii  quelle  che  meno  sapessero  di  lazzi  «orbi  a  chi  non  è  medico,  e  fossero  invece  di  ar«  gomenti  o  filosofici,  o  igienici  e  civili,  o  puramente  storici.  Entro  al  primo  genere  ho  preso  cura  di  ripro  per  ricopiare  questo  inreziose  manoscritto.  »  {Presso  il  De  Renzi.  Scoi.  Salermtm.  Voi.  III.  p.  207.)  Ora  se  il  nostro  Hagiiabeclìiano  fosse,  come  a  me  pare  di  aver  (Mmostrato,  d*  un  mezzo  secdo  superiore  in  antichiti  e  più  purgato  si  nel  Testo  che  ndie  Glosse  del  Parigino,  ed  ancora degli  altri  pochissimi  che  se  ne  conoscono  fin  qui  in  Europa,  giudicati  inferiori  al  Mazzariniano  dallo  stesso  Daremberg;  non  lìeye  servigio  avrei  fatto  alla  Storia  colla  mia  illustrazione;  e  nel  nostro  solo  Codice  si  potrebbe  frattanto  chiaramente  vedere  qual  fosse  la  Chirurgia  del  XII  e  XiH  secolo  in  Italia,  e  la  necessitàche  sorge  da  esso  di  rettificare  le  incertezze  e  le  falsità  degli  scrittori,  non  escluso  Guido  de  Ghau-  liac ,  che  senza  V  ajuto  di  buoni  Codici  ne  hanno  voluto  discorrere.   Io  debbo  poi  rendere  pubbliche  grazie  al  chiaris-  simo Professor  Lasinio  che  da  me  interpellato  relati-  vamente al  Discorso  sugli  Animisti,  intomo  alle  voci  ebraiche  della  Genesi  che  signi  ficano  creazione ,  anima,  vita,  volle  inviarmi  gentilmente  da  Pisa  la  dotta  nota  filologica  che  leggesi  in  fondo  avanti  all'Indice.  Rendo  eguali  grazie  all'ottimo  abate  Anziani,  già  sotto-biblio-  tecario alla  Palatina,  che  nella  sacra  bibliografia  versa-  tissimo  mi  giovò  di  non  poche  notizie  nelle  mie  ricer-  che intorno  al  Boezio.  E  fervide  altrettanto  le  debbo  al  celebre  bibliotecario  della  Laurenziana  il  signor  Griso-  stomo  Ferrucci,  che  volle  perfino  farmi  dono  di  una  pergamena  contenente  un  carme  del  libro  De  Consola-  tiene ,  con  varianti  importantissime.  E  quanto  alia  niu-    y  Google    AVVERTIMENTO.  ^  VII   strazìone  del  codice  Hagliabechiano,  somma  gratitudine  professo  al  dottissimo  letterato  e  scri ttore,  biblioteca-  rio della  Palatina  e  Hagliabechiana,  il  Cavaliere  Cane-  strini, che  mi  concedette  di  estrarre  dalla  Biblioteca  il  codice  del  Ruggero,  e  la  Glossa,  e  quello  altresì  del  Vol-  garizzamento,  onde  yalermene  a  mio  bell'agio,  e  farvi  sopra  quegli  studj  e  commenti  che  chiudono  il  presente  volume.  *   F.  PUCCINOTTI.    -"^'Èftfc-r—    y  Google    y  Google    IL  BOEZIO.    INTRODUZIONE.*    Usciti  non  senza  pena  dalF  episodio  storico  della  medicina  arabo-scolastica,  e  riprendendo  la  continua-  zione della  scienza  dalla  medicina  salernitana  sino  agli  anni  in  che  questa  discende  nelle  università  latine  e  laicali,  veggiamo  dilatarsi  il  prospetto  di  tutte  le  sue  connessità  con  la  filosofìa  e  la  civiltà  del  medio  evo,  e  ingrandirsi  neir  iniziato  connubio  con  quella  forma  le- gittima e  nativa  di  scolastico-latina,  la  quale  per  essere  ben  conosciuta  dalla  sua  origine  e  nel  suo  andamento,  e  ben  differenziata  dalla  scolastica  alessandrina  ed  ara-  bica, deve  retrocedere  sino  al  sommo  laico  e  filosofo  del  quinto  secolo,  a  Severino  Boezio.  Il  quale  collegato  tut-  tora col  cadente  senato  di  Roma  antica,  moderatore  della  mente  e  delle  opere  di  un  goto  re  d'Italia,  bene  inteso   *  Ques to  lavoro  storico  sopra  Boezio  è  tolto  dal  III  Volume  della  Storia  della  Medicina  del  prof.  Poccioolli,  dove  comincia  col  Libro  Quinto,  Medicina  sco/asfteo-/a/tna,  il  di  cui  Primo  Capitolo  e  La  storia  della  medicina  scolastica,  per  riconoscere  il  suo  periodo  »  laicale  di  scolastica  latina,  risale  a  Severino  Boezio  »  è  qui  inti-  tolato lNTR0DI]%I0ItE.   PUCCINOTTI.  1   Digitized  by  VjOOQIC    IL  BOEZIO.    coir  imperatore  a  rimettere  la  sede  deir  impero  da  Co-  stantinopoli a  Roma,  amico  e  compagno  del  fondatore  delFordine  de' Benedettini,  e  cooperante  col  romano  pon dal  non  aver  saputo  trovare  né  a'pprezzare  avanti  gli  Arabi  quel  laico  sommo,  in  che  si  adunò  tanta  dottrina  e  filosofia  da  servire  di  corimagistro  a  tutti  quei  dotti  occidentali,  che  aglistudii  delle  liberali  discipline  volessero  Iq  menti  loro  rivolgere  ed  educare.  Due  storiche  verità  fanno  conoscere  la  realtà  incoiitr.astabile   di  cotesti  errori.  L' una  è  che  ap-  pena la  medicina  si  manifestò  nelle  pubbliche  scuole,  dopo  le  salernitane,  rivestii^  di  abito  filosofico ,  siccome  è  provato  dalle  opere  di  Taddeo  fiorentino  e  de' suoi  in-  segnamenti in  Bologna  nel  secolo  XIII;  questa  filosofia,  come  noi  mostreremo,  non  è  l' arabo-scolastica  che  i  medici  arabi  imposero  alla  scienza,  ma  ha  invece  tutti  i  caratteri  della  scolastica  latina,  ossia  cristiana,  che  da  Boezio  derivata,  Taddeo  e  la  sua  scuola  apposero  alla  medicina.  Né  gli  storici  hanno  fatto  mai  conto  della  differenza  che  v'ha  tra  filosofia  imposta  alle  naturali  scienze ,  e  filosofia  semplicemente  apposta.  I  nostri  me-   Digitized  by  VjOOQIC    6  IL  BOEZIO.   dici  latini  apponevano  la  filgsofia  loro  scolastica  alle  scienze  che    caratteri  longobardi  che  ri-  monta air  XI  secolo,  è.chiarita  meglio  che  altrove  nel  Prologo  la  Con-  giura di  Boezio.  Cum  vero  Teoderiau  Rex  voluti  tyrannidetn  exercere  in  Urbe,  ac  bonos  quosque  in  Senatu  ned  dare,  Boethius  eiut  dulo'g  effu-  gere  gestiens^  quippé  qui  boni»  omnibus  neeem  par^bat^  videìicet  elam  litteri*  ad  OroBconmissif ,  nHebaUir  Urbem,.et  Senaium  ex  ejus  tmptfa  manibus  eruere^  et  tubdere  defensioni.  Il  dottissimo  mio  amico  Prof.  Del  FURIA  sotto^bibliotecario ,  posemi  sott*  occhio  nello  stesso  Codice  altro  prologo:  Verba  Joannis  Scoti  incipiunt  del  Commenta-  tore della  stessa  opera  di  Boezio,  nel  quale  egualinente  si  parla  del  tentativo  di  Boezio  di  liberare  1*  Italia:  Teoderictts  rex  Gotòrtim  cum  per  iyrantiidem  Rempublicam  invasitset,^,,,  is  (Boetius)  peritiisimus  iapientia  ac  concilio ,  Rempublicam  ad  libertatem  revocare  volebat ,  qua  de  causa  insimulaius  apud  Teoderieum,  in  exilio  religatus  (est)  ubi  hunc  Hbrum  edidit,  in  quo  eonqueritur  de  insiabilitate  et  tnnta-  biUtat€  fortunce.    y  Google    ÌQ  il  BOEZIO.   troppo  compendioso.  OfiTerendo  la  sua  opera  al  patrizio  Simmaco,  dal  quale sembra  aver  avuto  il  consiglio  di  ea  qu(»  e  grodcarum  cjmlentia  literarum  in-'romatue  orationis  ihcesaurum  sumpta  coniicere,  gli  fa  osservare  che  essendo  l'aritmetica  la  pWma  delle  matematiche  scienze  che  comprese  erano  nel  Quadrivio,  cioè  V  arit-  metica, la  geometria,  la  musica,  e  T  astronomia,  tanto  più  gli  sembrava  il  dono  meritevole  del  primo  fra  i  se-  natori, quale  era  Simmaco:  e  lo  sottoponeva  alla  sua  critica  con  più  coraggio  stando  lontano  da  lui,  che  es-  sendo alla  sua  presenza,  dinanzi  alla  quale  la  riverenza  dovuta  al  personaggio,  gli  avrebbe  accresciuta  V  idea  deir  imperfezione  dell'  offerta.  Tu  lantutn  patema  gratia  nostrum,  provehas  manus,  ita  et  laboris  mei  primitus  doctissimo  judicio  consecrabis.   Introducevasi  Boezio  al  suo  trattato  d'aritmetica  con  alcune  idee,  sulla  natura  delle  s cienze  umane,  che  dimostrano  la  legge  che  già  s' imponeva  il  pensiero  la-  tino nel  percorrerle  e  nell'  ordinarle,  a  Nella  essenza  »  delle  cose,^  ossia  nella  loro  sostanza  immutabile, vede  »  l'umano  intelletto  due  lati:  l' uno  continuo,  coqgiunto  ])  nelle  sue  parti  e  non  distribuito  in  distinti  termini,  »  come  albero,  pietra,  fe  tutti  i  corpi  della  natura  che  »  propriamente  grandezze,  estensioni  (magtliludines)  si  x>  chiamano:  l' altro  di  parti  disgiunte  e  determinate,  che  »  aggruppansi  insieme  per  costituire  tante  unità,  come  »  gregge,  popolo,  coro,  alle  quali  è  proprio  il  nome  di  0  moltitudine.  Nella  quale  alcune  stanno  da  sé  come  il  »  tre,  il  quattro,  il  tetragono,  e  ciascun  numero  che  per  9  essere  di  niun' altra  cosa  abbisogna:  altre  non  .sussi-  9  Stono  per  sé,  ma  in  quanto  si  riferiscono  a  qualche  »  altra  co:!>a,.come  il  duplo,  il  medio,  il  sesquilatero,  il  »  sesquiterzio,  e  tutto  che   se  non  è  in  relazione  con  ai-  fi  tro  non  può  esistere.  Delle  magnitudini  poi  altre  sono    y  Google    CAPITOLO  SECONDO.  17   9  permanenti  e  senza  moto,  altre  che  per  una  sempre  x>  mobile  rotazione  si  rigirano  in  sé  con  moto  sempiterno.  9  Di  queste  adunque  la  moltitudine,  che  dicemmo  esi-  j»  stere  per  sé,  costituisce  T  oggetto  che  intero  è  com-  »  preso  nella  Aritmetica:  quella  che  ad  alcun*  altra  cosa  »  è  mestieri  che  s'appoggi  per  esistere  comprende  la  »  Musica  da  concerti  e  melodie  temperata.  Sulla  magni-  3>  tudine  poi.  che  dicemmo  immobile  discorre  la  Geome-  »  tria^  e  di  quella  che  è  costituita  nel  moto  trattano  le  »  Astronomiche  discipline.  Che  ^e  di  queste  quattro  j>  parti  è  ignaro  lo  studioso,  non  può  trovare  là  verità,  »  come  senza  la  investigazione  di  cotesti  veri  a  niuno  »  è  dato  di  sapere  rettamente.  Inoperocchè  la  sapienza  »  è  la  cognizione  e  la  comprensione  di  quelle  cose  che  0  sono  vere.  Ed  a  chi  le  ponesse  in  non  cale,  io  denun-  To  cierei  impossibile  il  filosofare;  essendo  la  filosofia  ma-  »  dre  della  sapienza,  e  se  questa  è  nelle  verità,  non  j>  cercando  .l' una  si  perde  V  altra.   »  Sembrami  inoltre  dover  aggiungere,  che  siccome  n  tutta  la  forza  della  moltitudine,  partendo  da  un  ter-  »  mine  fisso  bì  spinge  ad  una  progressione  infinita,  e  così  X»  la  magnitudine  traendo  da  finità  quantità  non  ha  9  modo  nelle  sue  divisioni  dipartendosi  in  sezioni  mfi-  »  niiissime;  la  filosofia  spontaneamente  rifugge  da  tale  9  infinità  di  natura,  e  indeterminazione  di  potenza.  Im-  »  perocdìè  uè  la  scienza,  né  la  mente  ponno  raccogliere  »'  n%  comprendere  alcuna  cosa  che  sia  infinita.  Ha  è  ap-  »  punto  da  ciò  che  la  ragione  per  se  stessa  s' impone  B  l' assunto  primo,  di  avvicinarsi  per ,  quanto  può  con  »  solertissime  indagini  alla  verità,  deligendo  nell'  infinito  a  della  moltitudine  la  pluralità,  ossia  i  termini  delle  »  quantità  finite;  nelle  infinite  sezioni  della  magnitudine,  »  proponendosi  la  cognizione  degli  spazii  defìntii.  Àdun-  »  que  chicchessia  che  tali  cose  pretermetta  perde  ogni   Dìgitized  by  CjOOQ le    18  IL  BOEZIO.   »  dottrina  di  filosoGa.  Avvegnaché  sia  in  coleste  rac-  »  cUuao  il  Quadrivio  che  è  viatico  alla  parte  piCi  alta  a  dell'  intendimonta,  onde  co*  sensi  insieme  con  esso  »  creati  sia  condotto  alle  cose  più  certe  della  intelli-  »  genza.  Sonovi  alcuni  gradi  e  misurate  progressioni  »  per  le  quali  bisogna  ascendere  e  progredire,  affinchè  »  rocchio  deir anima,  come  disse  Platone,  sia  al  di  so-  9  pra  in  dignità  di  quelli  del  corpo  costituito,  e  possa  »  esso  solo  vedere  il  fulgido  lume  delta  verità.  Óra  le  »  sole  nominate  quattro  discipline  illuminano  l'occhio  »  della  intelligenza,  immerso  e  ofiuscato  ne' corporali  sen-  »  timenti;  e  la  prima  di  tali  discipline  matematiche  è  x>  l' aritmetica.  E  nel  vero  fu  il  Numero  l' esemplare  sul  »  quale  Dio  stesso  condusse  la  creazione:  senza  il  Nu-  9  mero  nfon  esisterebbero  né  la  geometrìa,  né  la  musica,  »  né  l'astronomia.  »   Fin  qui  Boezio:  e  veramente  per  avvicinarsi  alle  verità  degli  universalIi  non  vi  sono  altri  mezzi  né  più  naturali  né  più  speciali  né  più  sicuri. di  quelli  che  som-  ministrano le  matematiche.  Che  se  queste  hanno  potuto  ne'  moderni  tempi  lavorare  eziandio  sui  calcoli  infinite-  simali, fu  per  r  ascendere  che  fecero  sui  gradi  platonici  dal  finito  all'  infinito..  Intanto  opportuno  é  il  ricordare,  pome  da  Boezio  riprendesse  la  scolastica, latina  il  suo  primo  fondamento  matematico  predicato  già  nella  scuola  italica  da  Pittagora^  ^  e  come  si  incominci  a  travederne  il  carattere  che  in  ^guito  per  altri  filosofi  venn^  spie-  gato, e  le  dif ierenze  dalla  scolastica  alessandrina  e  dalla  arabica  ;.  in  nessuna  delle  quali  si  rinviene  quel   e  £>»cip/tnò.   Le  matematiche  adunque  sono  il  Jinguaggio  col  quale  r  intelletto  comprende  e  disvela  la  scienza  della  natura,  la  quale  nel  quadrivio  del  medio  evo  era  congiunta  alla  astronomia,  cioè  dalla  meccanica  celeste  scendevasi  alla  formazione  di  una  specie  di  cosmologia,  di  meteorologia,  e  di  fisica.  Quindi  se  cotesti  furono  i  primi  libri  che  la-  vorati in  Atene  Boezio  divulgò  a  Roma  nella  lingua  del  Lazio,  furono  essi  seguiti  dagli  altri  naturali  studi,  pria   Digitized  by  VjOOQIC    24  IL  BOEZIO.   di  passare  alla  filosofìa,  secondo  ciò  che  narra  egli  stesso  nel  libro,  De  ConsolaHonè.  Ora  tutti  sanno  che  il  Trivio  che  apriva  il  varco  alle  categorie  aristoteliche ,  colla  grammatica  e  la  dialettica  e  Ja  rettorica,  e  che  unito  al  Quadrivio  costituiva  le  sette  Disciphhe,  in  che  rac-  chiudevasi  la  antica  enciclopedia,  altro  non  era  che  VOr-  ganum.  di  Aristotele.  Neìr  esporre  adunque  il  passaggio  delle  dottrine  di  Boeziodagli  studi  naturali  alle  sue  Opere  filosofìche ,  la  prima  di  queste  eh'  egli  ci  porge  e  tra-  dotta ecommentata,  è  risagc|[e  di  Por  fìrio,  eh' egli  com-  menta, prima  grammaticalmente  e  dialetticamente  sulla  versione  fattanedaVittorino,  eppoi  da  sé  traduce  e  com-  menta filosoficamente  per  trovarvi  il  principio'  di  qufella  filosofia ,  attorno  alla  quale  le  menti  latine  si  adopera-  rono sino  al  secolo  XVI.  Il  Gousin  che  non  ha  distinti ,  secondo  Je  vere  ragioni  di  Boezio,  questi  due  insigni  la-  vori, né  ha  voluto  fermarsi  sopra  essi  quanto  bastava,  non  solo  per  intendere  Ja  necessità  della  loro  doppia  na-  tura, quanto  per  trovarvi  l'altissimo  fine  che  Boezio  in  essi  si  proponeva ,  li  ha  riguardati  come  un  noioso  rad-  doppiamento, nel  quale  egli  scorgendo  due  Boezii,  l'uno  platonico  l'altro  aristotelico ,  rimprovera  e  l'uno  e  l'altro  di  non  aver  inteso  la  significazione  puramente  gramma-  ticale di  Porfirio,  né  quella  filosofica  del  genere  e  della  specie  dalla  quale  Porfirio  volle  allontanarsi.  Il  Gousin  dice,  che  nel  primo  commento  Boezio  si  dichiara  in  modo  assoluto  per  la  realtà  platonica  del  genere,  e  che  con  istrana  confusione  considera  la  realtà  di- tutte  le  cinque  voci  sulle  quali  verte  l'introduzione  di  Porfirio;  il  ge-  nere, la  specie,  la  differenza,  il  proprio,  e  V  accidentale.  Gosì,  egli  conclude,  o  avrebbero  realtà  tutte  le  astra-  zioni, realismo  assurdo,  o,  assumendo  il  contrario,  il  genere  e  le  specie,  messi  alla  pari  colle  altre  tre  cosse  perdarebbero  la  loro, realtà,  e  ne  verrebbe  fuori  un  no-    y  Google    CAPITOLO  SECONDO.  25   minalismo  universale.  La  frettolosa  ititerpetrazione  delle  due  prime  fìlosoficfae  fatiche  di  Boezio,  Io  donduce  alla  seguente  falsa  storia  di  esse:  a  Aia^i  dans  son  premier  j»  commentaire,  Boèce,  au  moyen  d'une  confusioni-idi-  »  oule  est  plus  platonicien  que  Platon  lui-méme  et  que  »  tous.les  Alexandrios;  il  est  réaliste  absurde,  et  il  pré-  »  tend  donner  son  opinion,pour  celle  d'Aristote  et  de  Por-  »  phyre.  Mainteoant  dans  le  second  commentaire  nous  »  allons  trouver  un  tput  aut^jB  Bo^e,  avec  une  opi-  i>  nion  diamètralemènt  opposée  à  celle  que  nous  venons  »  de  rapportar.  Et  iciBoéce  uomB[ie  quelquefois.  les  gen-  »  rea  et  les  espèces:  Univèr sedia.  it  Resa  lode  a  questo  nome,  che  divenne  poi  la  formula  della  scolastica,  il*  Cousin  continua:  «  La  nouvelle. opinion  de  Boèce  sur  la  »  nature  des  uoivérsaùx,  des  geures  et  des  espèces,  >  est  que  Jes  genrés  et  les.  espèces  ne  peuvent  ay oir  »  d'existence  réelle.  »  Chi  legge  questi  falsi  giudizi  so-  pra Boezio  ndjibro  del  Cousin,  li  trova  anche. apparen-  temente apjx)ggiati  in  nota  dalle  citlpizioni  di  due  argo-  menti delle^  parti  opposte  òhe  Boezio  mette  innanzi  alla  sua  nuova  spiegazione  del  problema  deH'  antica  filosofia  greca  sulla  realtà  e  non  realtà  degli  Universali.  Yero«  è  che  poco  più  oltre  il  Cousin  stesso  è  costretto  suo  mal-  grado ad  esporla  cotesta  spiegazione',  ossia  cotesta  gemma,  da  Boezio  trovata  per.  corigiungere  le  dottrfne  platòniche  con  le  aristoteliche,  nel  culmine  il  più^siihlime  della  filo-  sofia; ma  siccome  il  conceUìjuxUsmo  del  suo  Abelardo  non  fu  che  una  corruzione  del  pensiero  originale  di  Boe-  zio, per  dare  migliore  ^apparita  al  protagonista  del  suo  volume ,  tentò  di  abbassare  Boezip ,  rappresentandob  ^lla  peggio  come  un  traduttore  bendato,  che  avrebbe  colto  sol  per  caso  nel  segno*  Ma- siccome  la  verità  trova  la  via  per  colpire  la  mente  di  certi  filosofi,. anche  attraverso  le  menò  nobili  passioni  loro,  il. Cousin^  infine  coltà  degli  Universali.  Yero«  è  che  poco  più  oltre  il  Cousin  stesso  è  costretto  suo  mal-  grado ad  esporla  cotesta  spiegazione',  ossia  cotesta  gemma,  da  Boezio  trovata  per.  corigiungere  le  dottrfne  platòniche  con  le  aristoteliche,  nel  culmine  il  più^siihlime  della  filo-  sofia; ma  siccome  il  conceUìjuxUsmo  del  suo  Abelardo  non  fu  che  una  corruzione  del  pensiero  originale  di  Boe-  zio, per  dare  migliore  ^apparita  al  protagonista  del  suo  volume ,  tentò  di  abbassare  Boezip ,  rappresentandob  ^lla  peggio  come  un  traduttore  bendato,  che  avrebbe  colto  sol  per  caso  nel  segno*  Ma- siccome  la  verità  trova  la  via  per  colpire  la  mente  di  certi  filosofi,. anche  attraverso  le  menò  nobili  passioni  loro,  il. Cousin^  infine  confessa   PUCCIKOTTI.  5   Digitized  by  VjOOQIC    2G  IL  BOEZIO.   «  Voilà  done  auVI  siècte^  gràce  à  Bo6ce,  la  solution  .pé-  ))  ripatéticienne  (qui  sbaglia:  doveva  dire  la  soluzione  j>  romana  o  latim)  du  problème  de  Porphyre ,  déposée  »  dÒDs  te  monde  chrétien,  comme  le  dernìer  j^idtat  de  »  la  sagesse  du  monde  antiqtie.  Voyons  ce  que  va  de-  »  venir  ce  geroie,  s^mé  dans  toutes  les  écoles.  n  £  qui  soddisfatti  della  diichiarazione^  noi  lasceremo  A  Gousin  sopra  le  postille  di  Abelardo  lìel  suo  codice  della  Biblio-  teca di  S.  Germana^  e  tornwerao  sulli  originali  commenti  di  Boezio  a  Porfirio;  -conosciuti  m^lio  i  quali,  verrà  senz'  altra  nostra  pena  manifestata  la  ingiusta  Ncritìca.del  filosofo  francese.  *    .   E  avanti  è  bene  il. ripetere,  che  la  traduzione  latina-  di. Porfirio  sulla  quale  sòrisse  prima  Boezio  i  suoi  Com-  menti  in  dialogo,  è  d»  quel  Vittoripo  Africano  che  ab-  bracciata la  religióne  di  Cristo,  per  i  lumi  che,  al  dire  di  Sant'  Agostino,  ne  acquistò  da  Simpliciano,  oltre  alla  Isagoge  di  Porfirio  aveva  latinizìsato  anche  i  dialoghi  di  Platone.  *  Come  dunque  credere  al  Gousin^' che  ne' sei  secoli  da  Boezio  fino  al  XI  secolo,  liop  vi  fu  altra  filosofia  in  Europa  che  V  Organum.  di  Aristotele?  Non  esistevano  ,  fotse  neir  ocpidente  cristiano  i  commenti  di  Galcidio  al  Tiniep  di  Platone,  non  gli  scritti  di  Temistiò,  non  molti  di  quelli  de' platonici  alessandrini,  non  i  Padri  deHa  Chiesa  .  quasi  tutti  platomazanH^  non  il  sogno  di  Scipione  di  Tul-  lio tutto  platònico  y  appunto  in  que'  tempi  commentata  da  Macrobio?  e  lo  stesso  Boezio  non  promette  nelle  sue  opere  di  dare  ai  Romani  la  traduzione  delle  opere  di  Pla-  tone? Or  come  questa  promessa  se  Platone  fosse  stato  irreperibile?  Ma  riprend^aumo  le  trailuzioni  di  Boezio.  Nel   *  V.  Coìisìn.' Intfoduction  à  la  Philosophìe  d*Abélard.   ^  S.  Auguslln.  Cpnfess,  L.  Vili.  C.  2.  D^lla  conversione  di  Vit-  torino Mtorico,  Qui  Agoslioo  Tamment»  ài  a^er  letto  i  Vani  di  Pia-  tooe  voltati  in  la^no  da  Yktpriiio.    y  Google    CAPITOLO   SECONDO.  27   primo  commento  adilnque,  essendo  quasi  per  intero  gram-  maticale, predomina  il  carattere  nominale  di  pure  voci^  cioè  senza  realtà,  dato  al  genere,  alla  specie,  ài  proprio,  air  accidentale,  al  differente.  Nondimeno  v'  ha  un  luogo ,  non  avvertito  dal  Gousin,  dove  egli  non  può  lasciar  fug-  gire r  occasione. di  apparecchiare  con  pensieri, suoi  par-  ticolari quella  intera  ed  efficace  spiegazione  del  proble-  ma ,  che  poi  dette  liel  commento  secondo.  Ma  a  qual  fine  un  secondo  commento  e  una  seconda  traduzione  dello  stesso  libro  di  Poriìrio?  In  molti  luoghi  del  primd  com- mento Boezio  trova  inesatta  la  traduzione  di  Vittorino.  Noi  per  saggio  ne  riferiremo  tino  solo;  Sequitur  ìoem  perdifjfioiliSf  sed  ircmsférentis,  obscnritoUe  Victorini  mot-  gis,quam  Porphyrii  proponenti^  etc.„.  quod  Victorinus  ^cib'cet  inteUexisse  minus  vidétur.  Fu  dunque  prim^  la  necessità  di  restituire^  alla  sua  vera  lezione  il  testo  di  Porfirio:  seconda  causa  del  nuovo  commento,  V  ansietà  che  tormentava  Boezio,  di  ritornare  con  maggiore  am-  piézza sul  fondamen tale  argomentò  della  filosofia  ch^^gli  porgeva  b1  suo  secolo  e  agli  avvenire^;  cioè  sul  problema  della  realtà  o  non  realtà  dei  generi,-  che  solamente  in  questo  secondo  con^mento^ vedònsi  distinti  col  loro  più  acconcio  sinonimo  sdi  Universali.   Gli  è  pur  mestieri  di  dichiarare  innanzi  quali  furono  le  principali  intenzioni  che  ebbe  Boezio,  nel  presentare,  dopo  le  matematiche ,  le  filosofiche  sue  lucnbrazioni  alle  gènti  latine.   |o  Sceverare  dalla  greca  sapiènza,  cioè  dal  trium-  virato di  Pittagora,  Platone  ed  Arfetotete ,  quel  miscuglio  di  pagano,  d' orientale  e  di  giudaico, ,, che  vi  aveano  me-  scolato gli  Alessandrini,  che  ititrodottosÌNjn  Roma  in-  gombrava ed. inquinava  T istruzione  latina,  restituentjo  a  questa  i  greci  originali  latinizzati  e  commentati.   •  »  Dial.  2.  Edjt.  BasH.  p.  33.   Digitized  by  VjOOQIC  '"    28  IL  BOEZIO.   2*  Ricondurre  il  grande  .problèma  degli  Universali  delle  greche  scuole  suir  insterilito  ginnasio  di.Roma  ca-  dente, onde  restituire  alle  menti  latine  queir*  impulso  al  pensiero  che  parca  essersi  spento  dopo  Vairone,  Tallio,  Scipione  e  Seneca  co'  più  bei  giorni  del  romano  impero.      3"*  Trovare  di  tale  problema  tal  modo  di  soluzione,  che  da  un  Iato  assicurasse  alla  s^apienza  avvenire  la  con-  giunzione tra  la  met^Gsica  e  la  scienza  della  natura  col  mezzo  delle  matematiche;  al  che  non  avean  saputo  giun-  gere i  Padri  della  Ghtesa  che  la  sapienza  greca  avean  conservato  per  appoggio  razionale  alla  teologia  e  alla  morale  cattolica;  e  dair  altro  lato  si  mostrasse  non  so-  lamente connessa,  ma  si  discesa  e  identica  •colla  nuova  religione,  la  cui  Triade  fondamentale,  e  i  di  cui  dogmi  ,  e  lùisteri  primi,  che  apparentemente  si  annettono  e  scon-  nettono dal  sensibile,  constituisserb  una  catena  sferica  di;  principii  che  dall'Ente  air  esistente,  e  da  questo  a  quello  sostanzialtnente  e  con  perpetue  vicende  ritor-  nassero.*   Conferma  adunque  anticipsttamente  Boezio  nel  suo  primo  commento ,  che  i  generi  e  le  specie  sono  vere  ap-  prensioni^ della  mente:  che  se  non  avessero  esistenza  al-  cuna, né  Ariàtotele  avjebbe  ragionato  delle  sue  dieci  categorie  come  significative  dei  generi,  se  questi  invi-  scerati, e  in  qualche  modo  adunati  nelle  cose  non  fos-  sero; né  Porfirio  avrebbe  potuto  per  essi  passare  alla  questione,  se  sieno  corporei. od  incorporei.  Ma  sono  le  specie  per  le  quali  a  grado  a  grado  dai  corpi  si  astrae  la  mente  onde  fissairsi  nel  genere,  o  è  il  genere  che  nella  sua  essenza  metafisica  contiene  in  sé  potenzialmente  la  specie?  Qui  lungi  dall'  abbracciare  o  V  una  o  r  altra  sen-  tenza, dopo  avere  raccomandato  àf  suo  F,abio  la  massima   ' .  MI  secóndo  commeiito  l)a  questo  titolo  ;  Bùtlkii  in  Porphy-  rium  A  SK  TRANSLATUM.  Commentari orum  Libri  V.    y  Google    CAPITOLO  SECONDO.  29   atteiizione,  dice,  essere  necessario  ridurre  la  gravissima   tesi  a  questi  ultimi  ragionari.  «  Poiché  alcune  cose  sono   »  incorporali,  aifalto  dai  corpi  disgiunte,  come  animale,   »  Dio:  altre  che  senza  i  corpi  non  possono  stare,  come   >  la  prima  incorporalità  che  spunta  dai  termini:  altre   »  che  infuse  nè'corpi  possono  sussistere  senza  essi,  come   »  r  anima  ;  si  domanda  a  quale  di  cotesti  generi  appar-   »  terranno  le  cinque  voci  di  Porfirio?  0  a  quelli  affatto   »  dai.  corpi  separati,  o  à  quelli  che  dai  corpi  non  pos-   »  sonò  dividersi,  o  a  quelli  che  sebbene  immersi  nei   »  corpi  che  loro  si  #ongiungono  hanno  tinà  esistenza  da   »  sé  alcuna  volta,  ed  altra  se  ne  allontanano?  Intanto  è   i>  manifesto  che  i  generi  e  disgiungonsi  ed  annettonsi   »  a'  corpi.  Imperocché  quando  si  dividono  i  corpi  per   »  generi  nella  specie,  e  se  ne  nominano  le  proprietà  e   »  le  differenze,  queste  come  sensibili  non  é  dubbio  che   »  corporee  non  siano.  Ma  quando  si  tratta  di  cose  in-   »  corporee,  e  per  sé  stesse  dividonsi  le  óose  che  non   »  hanno  corpo,  il  loro  aggirarsi  é  sempre  neir  incorpo-   »  reo.  Posto  ciò,  non  è  dubbio  che  le  cinque  voci sum-   »  mentovate  non  abbiano  lo  stésso  genere,  il  quale  e   »  fuori  de'  corpi  possa  sussistere ,  e  sappia  insieme  pa-   »  tire  coi  corpi  Ta-  congiunzione,  in  modo  ch^  a  questi   »  congiunto  ne  resti  poi  inseparabile ,  e  se  agli  incor-   »  porci  congiunto  non  si  separi  da  questi,  ed  ambedue   »  le  potestà  abbia  da  ultimo  in  sé  medesimo.  Ondechè   »  se  si  congiungono  alle  corporali  cose  dalle  quali  restino   »  inseparabili,  àonó  come  quella  prima  incorporalità  che   »  si  (Bleva  sopra  i  termini,  senza  staccarsi  mai  dalla  sua   »  sorgente  corporea:  e  se  la  unione  succede  colle  incor-   »  pórali^  avviene  allora  come  si  è  detto  dell'  anima,  che   »  rimane  spirito  sebbene  al  corpo  congiunta....  A  questo   9  punto  Fabio  nii  domandò,  che  io  gli  dichiarassi  meglio   »  il  loco  dove  dissi  degli  incorporali,  tra  cui  alcuni*- ve   3*   Digitized  by  VjOOQIC    30  IL  BOEZIO.   »  n'  ha  che  attorno  a'  corpi  sempre  si  stanno ,  come  9  quelle  prime  iiicorporalità  che  escono  dai  termini.  Egli  »  non  intendeva  bene  che  fossero  questi  termini,  né  9  cotesta  incorpcM^alità.  Al  che  io:  sarebbe  troppo  lungo  9*  il  qui  trattarne,  né  di  quella  utilità  che  noi  cerchiamo.  i>  Frattanto  ti  basti,  che  per  me  in  cotesti  dettati,  i  »  termini  significano  le  estremità  delle  figure  geome-  »  triche.  Che  se  della  incorp

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