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Monday, January 28, 2013

IO LA VIDI -- il "DON CARLO" di VERDI -- VERDIANA

Speranza

    
Don Carlo
Don Carlo poster.jpg
Un antico libretto del Don Carlo
Lingua originalefrancese
GenereGrand Opéra
MusicaGiuseppe Verdi
LibrettoJoseph Méry e Camille du Locle
(libretto online della versione italiana in 5 atti (archiviato dall'url originale))
Atticinque, poi quattro, poi cinque
Prima rappr.11 marzo 1867
TeatroOpéra di Parigi
Prima rappr. italiana27 ottobre 1867
TeatroTeatro Comunale di Bologna
Versioni successive
Personaggi
  • Filippo II, re di Spagna (basso)
  • Don Carlos, infante di Spagna (tenore)
  • Rodrigo, Marchese di Posa, grande di Spagna (baritono)
  • Il Grande Inquisitore (basso profondo)
  • Un monaco (basso)
  • Elisabetta di Valois (soprano)
  • La Principessa Eboli (mezzosoprano)
  • Tebaldo, paggio d'Elisabetta (soprano)
  • Il Conte di Lerma (tenore)
  • Un araldo reale (tenore)
  • Una voce dal cielo (soprano)
  • Deputati fiamminghi (bassi)
  • Inquisitori (bassi)
  • coro di popolo, monaci, dame, cavalieri, ambasciatori.
Il Don Carlo (o, originalmente, Don Carlos) è un'opera di Giuseppe Verdi su libretto di Joseph Méry e Camille du Locle. La prima rappresentazione, in cinque atti e in lingua francese, ebbe luogo l'11 marzo 1867 al Théâtre de l'Académie Impériale de Musique di Parigi. In seguito l'opera fu tradotta in italiano da Achille de Lauzières e rimaneggiata a più riprese. Gli interpreti e gli artisti coinvolti nella prima furono i seguenti:[1]
PersonaggioInterprete
Philippe IILouis-Henri Obin
Elisabeth de ValoisMarie-Constance Sass
Don CarlosJean Morère
RodrigueJean-Baptiste Faure
EboliPauline Guéymard-Lauters
Le Grand InquisiteurJoseph David
Un MoineArmand Castelmary
ThibaultLeonia Levielly
Le Comte de LermeGaspard
Un Héraut RoyalMermant
La Comtesse d'ArembergDominique
SceneCharles Cambon
Philippe Chaperon
Edouard Despléchin
Jean-Baptiste Lavastre
Auguste Rubé
Joseph Thierry
CostumiAlfred Albert
CoreografiaLucien Petipa
Maestri del coroLéo Delibes
Victor Massé
ConcertatoreGiuseppe Verdi
Direttore d'orchestraFrancois-Georges Hainl

Indice

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Opera dalla laboriosa gestazione [modifica]

Nel 1872 Verdi operò alcune modifiche minori con la collaborazione di Antonio Ghislanzoni, il librettista di Aida. La revisione più importante fu realizzata oltre 10 anni dopo e comportò l'eliminazione dell'originario atto primo.
Le modifiche al libretto furono messe a punto da du Locle, ma la versione in 4 atti andò in scena al Teatro alla Scala di Milano il 10 gennaio 1884 nella traduzione italiana di Angelo Zanardini. Gli interpreti e gli artisti coinvolti furono i seguenti:[1]
PersonaggioInterprete
Filippo IIAlessandro Silvestri
Elisabetta di ValoisAbigaille Bruschi Chiatti
Don CarloFrancesco Tamagno
RodrigoPaul Lhérie
EboliGiuseppina Pasqua
Il Grande InquisitoreFrancesco Navarrini
Un frateLeopoldo Cromberg
TebaldoAmelia Garten
Il Conte di LermaAngelo Fiorentini
Un Araldo realeAngelo Fiorentini
La Contessa d'ArembergAngelina Pirola
SceneCarlo Ferrario,
realizzazione di Giovanni Zuccarelli
CostumiAlfredo Edel
Maestro del coroGiuseppe Cairati
Direttore d'orchestraFranco Faccio
Due anni dopo Verdi si pentì del taglio e l'opera andò in scena a Modena, il 29 dicembre 1886, in una nuova versione in cinque atti (senza le danze dell'originale francese) che fu anche pubblicata da Ricordi nella riduzione per canto e pianoforte. Ciò nonostante, i teatri italiani continuarono a preferire la versione del 1884 in quattro atti.
Don Carlo segue di sei anni La forza del destino (1862) e precede di quattro anni Aida (1871): il maggiore spazio di tempo che Verdi si concede si rispecchia in un maggiore grado di elaborazione dei prodotti finali, sia nei fattori strettamente testuali (il libretto) che più propriamente musicali (in particolare, il maggiore respiro concesso alla orchestrazione).
La sua stesura fu abbastanza lunga e impegnò Verdi per oltre un anno. Ne deriverà un mastodontico Grand Opéra, corredato di balletti e grandiose scene corali definibili quasi "di massa" in armonia con le consuetudini dell'opulento genere operistico francese.

Tematiche dell'opera [modifica]

Le tematiche chiave sono tre:
  • il contrasto genitore/figlio, che si rivela tramite il duro scontro fra Filippo II di Spagna, il padre, e Don Carlos sul piano intimo e politico;
  • il contrasto fra due concezioni politiche diverse, sintetizzato dal confronto fra il Marchese di Posa, propenso ad una politica liberale fondata sulle autonomie, e Filippo II incarnazione della monarchia assoluta,
  • il conflitto tra Stato e Chiesa, rappresentato dalla lotta persa in partenza di Filippo II, che non riuscirà ad imporsi al potere temporale della Chiesa, con il Grande Inquisitore.
In quest'opera Verdi affina la ricerca psicologica avviata con le opere della "trilogia popolare": Filippo II viene presentato come una personalità negativa, che nel terzo atto (versione in quattro atti) rivela tuttavia un lato intimamente patetico. Tra gli innamorati verdiani, Don Carlos è quello dal carattere più romanticamente impulsivo, al limite dell'isteria. Elisabetta, l'amata, destinata a diventare la sua matrigna, è una figura femminile rassegnata all'infelicità. Le figure di Rodrigo, Marchese di Posa, e della Principessa Eboli, costituiscono il motore della vicenda. Su tutti incombe la possente figura del Grande Inquisitore, arbitro dei destini di tutti, alla cui volontà lo stesso Filippo dovrà piegarsi.

Trama [modifica]

Questa trama si riferisce alla versione parigina del 1867, in cinque atti.
Il primo si svolge in Francia, gli altri in Spagna verso il 1560.

Atto I [modifica]

La foresta di Fontainebleau, in Francia, d'inverno.
Elisabetta di Valois, figlia del re di Francia Enrico II, attraversa la scena col paggio Tebaldo e il resto del suo seguito, e getta monete ad alcuni boscaioli che si trovano nei pressi.
L'infante di Spagna, Don Carlo, è giunto segretamente in Francia per conoscere Elisabetta, sua promessa sposa: la loro unione suggellerà la pace tra Francia e Spagna, dopo decenni di lotte. Carlo si trova nella foresta (Fontainebleau!… Forêt immense et solitaire! / Fontainebleau! Foresta immensa e solitaria!), osserva Elisabetta non visto e se ne innamora (Je l’ai vue, et dans son sourire / Io la vidi e al suo sorriso). Quando Elisabetta ricompare, avendo perduto la strada per tornare al castello, Carlo inizialmente finge di essere un membro della delegazione del conte di Lerma, ambasciatore spagnolo in Francia. Poi, quando Tebaldo li lascia soli per cercare la strada del ritorno, Carlo annuncia a Elisabetta che le mostrerà il ritratto del futuro sposo: Elisabetta alla vista del ritratto capisce chi ha di fronte, e Carlo le rivela i suoi sentimenti, che lei ricambia (De quels transports poignants et doux / Di quale amor - di quanto ardor). Ma dopo che un colpo di cannone ha annunciato che è stata dichiarata la pace tra Spagna e Francia, il paggio Tebaldo ritorna informando Elisabetta che le è stato chiesto di concedere la propria mano non a Carlo, ma al padre di lui, Filippo II. Giunge anche Lerma, che conferma la decisione di Enrico, sollecitando una risposta da Elisabetta. Elisabetta, pur amando Carlo, si sente tenuta ad accettare, per consolidare la pace. Elisabetta e il corteggio partono, e Carlo rimane solo e disperato.

Atto II [modifica]

Parte I [modifica]

Il chiostro del convento di San Giusto (San Jeronimo di Yuste), in Estremadura, Spagna.
I frati ricordano l'imperatore Carlo V (Charles-Quint, l’auguste Empereur / Carlo il sommo imperatore), recentemente scomparso, la cui tomba si trova nel convento; un frate invoca per lui la pace eterna chiedendo che ne venga perdonato l'immenso orgoglio. Compare Carlo, nipote dell'imperatore, angosciato perché la donna che ama, sposandosi con suo padre, è divenuta la sua matrigna. Il frate, in cui Carlo crede di riconoscere la fattezze del nonno, si è fermato ad ascoltarne le parole, e lo ammonisce che solo in cielo potrà trovare pace.
Giunge al convento Rodrigo, marchese di Posa, intimo amico di Carlo, che, appresa da quest'ultimo la sua disperata situazione, gli chiede di farsi inviare da Filippo nelle Fiandre, per difendere la popolazione fiamminga oppressa dal duro regime imposto da Filippo. Rodrigo e Carlo si rinnovano la promessa di eterna amicizia (Dieu, tu semas dans nos âmes / Dio, che nell’alma infondere). Poco dopo giunge al convento Filippo, conducendo Elisabetta, e alla loro vista si riaccende la disperazione di Carlo.

Parte II [modifica]

Un sito ridente alle porte del chiostro di San Giusto.
La principessa Eboli è in compagnia di Tebaldo e delle dame della regina, e canta la canzone del velo (Au palais des fées des rois Grenadins / Nei giardin del bello saracin ostello), che narra di un re moro che corteggia una bellezza velata che poi si rivela essere sua moglie.
Giungono anche Elisabetta e Rodrigo. Quest'ultimo, col pretesto di darle una lettera proveniente dalla Francia, riesce a consegnare a Elisabetta un messaggio di Carlo, che la regina legge turbata. Rodrigo implora Elisabetta di acconsentire a un incontro con Carlo (L’Infant Carlos, notre espérance / Carlo, ch’è sol il nostro amore). Rodrigo ed Eboli si allontanano chiacchierando. Quando Carlo giunge può restare solo con Elisabetta, e le chiede di intercedere presso Filippo affinché gli conceda di recarsi nelle Fiandre. Elisabetta accetta, ma Carlo non sa dominare i propri sentimenti e le rinnova le proprie dichiarazioni d'amore, poi fugge disperato. Arriva Filippo, che si infuria quando vede che Elisabetta è stata lasciata sola e ne caccia la dama di compagnia, contessa di Aremberg, imponendole di tornare in Francia; Elisabetta saluta tristemente la donna (O ma chère compagne / Non pianger, mia compagna).
Filippo resta solo con Rodrigo, di cui apprezza il carattere e l'audacia, e questi lo implora di concedere la libertà alle Fiandre (O Roi! j’arrive de Flandre / O signor, di Fiandra arrivo). Filippo non ascolta la supplica di Rodrigo, ma lo mette in guardia dal Grande Inquisitore, per il quale le idee di Rodrigo costituiscono una grave colpa. Poi Filippo cerca di farsi Rodrigo alleato, confidandogli il sospetto che Carlo stia cercando di strappargli Elisabetta e chiedendogli di sorvegliarli.

Atto III [modifica]

Parte I [modifica]

I giardini della Regina a Madrid.
Si sta svolgendo la festa della regina, ma Elisabetta non se la sente di partecipare e preferisce ritirarsi in preghiera, come ha fatto anche Filippo, che il giorno seguente sarà incoronato re. Per fare in modo che la sua assenza non venga notata, Elisabetta scambia il proprio mantello e la maschera con quelli di Eboli.
Si svolge poi il ballo della Peregrina, ambientato in una grotta di madreperla, in cui si immagina che le perle dell’oceano si spoglino delle loro bellezze per fonderle nella Peregrina, il più bel gioiello della corona di Spagna, impersonificata dalla Regina, che appare al termine del ballo sopra un carro sfolgorante.
Terminato il ballo, a mezzanotte Carlo giunge nei giardini. Ha ricevuto un biglietto con l'invito ad un appuntamento, e si presenta credendo che l'invito venga da Elisabetta, mentre in realtà è di Eboli, erroneamente convinta che Carlo sia innamorato di lei. Giunge anche Eboli, velata, che si rende conto che Carlo pensa di trovarsi di fronte alla regina di cui è innamorato. Eboli prima di essere riconosciuta rivela a Carlo di avere udito Rodrigo e il re parlare di lui in modo sinistro, poi giunge lo stesso Rodrigo. Eboli minaccia di rovinarli (Redoutez tout de ma furie / Al mio furor sfuggite invano). Rodrigo fa per pugnalarla ma viene fermato da Carlo; Eboli esce furibonda.
Rodrigo chiede a Carlo di affidargli eventuali documenti compromettenti; Carlo, che per qualche istante aveva dubitato della fedeltà dell'amico, si ricrede e acconsente.

Parte II [modifica]

Una gran piazza innanzi Nostra Donna d’Atocha, cattedrale di Valladolid.
Nella piazza si eleva una catasta sulla quale saranno messi al rogo i condannati del Santo Uffizio. Il popolo festeggia (Ce jour est un jour d’allégresse / Spuntato ecco il dì d’esultanza), mentre alcuni frati attraversano la scena conducendo i condannati (Ce jour est un jour de colère / Il dì spuntò, dì del terrore). Segue il corteo reale, e per ultimo il re stesso, che si rivolge al popolo ricordando di avere indossato la corona giurando di dare la morte ai ribelli. Ma subito giunge Carlo, conducendo con sé sei deputati fiamminghi, che si prostrano e implorano da Filippo la pace per il loro paese. Carlo chiede invano a Filippo di divenire reggente del Brabante e delle Fiandre. I popolani e i cortigiani appoggiano le ragioni dei fiamminghi, ma Filippo, spalleggiato dai frati, ordina che i deputati vengano allontanati. Carlo perde il controllo e sguaina la spada minacciando il re stesso, che chiede aiuto, ma i Grandi di Spagna indietreggiano davanti a Carlo. Interviene però Rodrigo, che convince Carlo a riporre la spada. Il re, riconoscente, promuove Rodrigo a duca. Tutti si incamminano per assistere all'auto-da-fè, mentre dal cielo scende una voce a consolare i condannati.

Atto IV [modifica]

Parte I [modifica]

Il gabinetto del re a Madrid. L'alba.
Filippo, come trasognato, medita sul fatto che Elisabetta non lo ha mai amato, e pensa che solo nella tomba che lo accoglierà all'Escurial potrà ritrovare il sonno e la pace (Elle ne m’aime pas! / Ella giammai m’amò!). Il conte di Lerma annuncia il Grande Inquisitore, cieco e noventenne: Filippo gli dice che intende mettere a morte Carlo, colpevole di tradimento, e gli chiede se si opporrà a questa decisione. Il Grande Inquisitore lo appoggia, ricordando che anche Dio ha fatto morire il proprio figlio per riscattare l'umanità. Poi il Grande Inquisitore chiede la morte anche di Rodrigo, le cui idee mettono a repentaglio il potere della Chiesa (Dans ce beau pays, pur d’hérétique levain / Nell'ispano suol mai l'eresia dominò); Filippo tenta inutilmente di opporsi.
Partito l'Inquisitore, entra Elisabetta, a cui è stato sottratto uno scrigno che conteneva oggetti preziosi. Filippo, con espressione terribile, estrae lo scrigno da un cassetto e mostra a Elisabetta che esso contiene un ritratto di Carlo, accusandola di averlo tradito. Elisabetta proclama la propria innocenza, poi, minacciata da Filippo, sviene. Filippo chiede aiuto e accorrono Eboli e Rodrigo. Il re capisce di avere ingiustamente offeso sua moglie; Rodrigo si rende conto che la situazione sta precipitando ed è disposto a sacrificarsi per assicurare un avvenire migliore alla Spagna. Elisabetta rinviene.
Quando i due uomini escono, Eboli confessa di essere stata lei a rubare lo scrigno e consegnarlo a Filippo, accecata dalla rabbia per l'amore per Carlo non corrisposto. Elisabetta la punisce imponendole di scegliere tra l'esilio e la vita in convento. Eboli, rimasta sola, maledice la bellezza che il cielo le ha donato, che la rende altera e dissennata (O don fatal et détesté / O don fatale), poi decide che sceglierà il convento, ma prima cercherà di salvare Carlo.

Parte II [modifica]

La prigione di Carlo, in un oscuro sotterraneo.
Carlo, accusato di essere agitatore delle Fiandre, è stato imprigionato. Giunge Rodrigo, accompagnato da alcuni ufficiali che subito si allontanano. Rodrigo spiega a Carlo di essere riuscito a salvarlo: ha fatto trovare su di sé i documenti compromettenti che Carlo gli aveva consegnato, attirando su se stesso le accuse rivolte all'amico; per questo Rodrigo sa che presto dovrà morire (Oui, Carlos! c’est mon jour suprême / Per me giunto è il dì supremo). Poco dopo giungono due uomini, uno indossa le vesti del Sant’Uffizio; essi indicano Carlo e Rodrigo, e subito dopo uno di loro spara a Rodrigo con un archibugio, ferendolo mortalmente. Rodrigo fa in tempo a dire a Carlo che Elisabetta lo attende il giorno seguente a San Giusto, poi muore. Carlo si getta disperato sul suo corpo.
Giunge Filippo, per rendere al figlio la libertà. Carlo lo respinge accusandolo di essere colpevole della morte di Rodrigo, di cui mostra il cadavere. Filippo, commosso, si scopre il capo.
Giunge il conte di Lerma, annunciando una rivolta popolare per la liberazione di Carlo. Eboli, accorsa mascherata, riesce a liberare Carlo, che il popolo trascina fuori. Filippo affronta i ribelli, che non sembrano temerlo. Soltanto l'intervento del Grande Inquisitore, alla cui autorità la popolazione non osa opporsi, mette fine alla sommossa.

Atto V [modifica]

Il chiostro del convento di San Giusto come nell’Atto II. Notte. Chiaro di luna.
Elisabetta entra, s’inginocchia presso la tomba di Carlo V, prega l'anima del vecchio imperatore di intercedere per lei presso Dio e ricorda tristemente le illusioni giovanili dei tempi di Fontainebleau (Toi qui sus le néant des grandeurs de ce monde / Tu che le vanità conoscesti del mondo).
Giunge Carlo, per un ultimo saluto a Elisabetta prima di separarsi per sempre. Elisabetta esorta Carlo a recarsi nelle Fiandre a far vivere gli ideali di Rodrigo, poi gli chiede di dimenticare ciò che c'è stato tra loro. Mentre si stanno salutando augurandosi di rivedersi nel cielo, vengono sorpresi da Filippo e dal Grande Inquisitore. Il re afferma che ci deve essere un doppio sacrificio (la morte di Elisabetta e Carlo): proclama che farà il proprio dovere e chiede che l'Inquisizione faccia altrettanto. Filippo e il Grande Inquisitore, implacabili, accusano Carlo di tradimento, e quest'ultimo indietreggia verso la tomba di Carlo V.
Si apre il cancello della tomba e appare il frate del secondo atto, in cui tutti riconoscono l'Imperatore. Il frate copre Carlo, smarrito, col proprio mantello, e lo trascina con sé, ripetendo che solo in cielo si può trovare pace. Dalla cappella i monaci pregano per l'anima dell'Imperatore, chiedendo a Dio di risparmiargli la sua collera.

Confronto tra le versioni [modifica]

La seguente tabella riassume le più importanti differenze tra le tre principali versioni dell'opera.[2][3] Relativamente alla versione del 1867, sono elencate le modifiche apportate rispetto alla prima versione completa scritta da Verdi, pronta verso la fine del 1866. Queste modifiche si resero necessarie per limitare la lunghezza dell'opera (a mezzanotte partiva l'ultimo treno che avrebbe ricondotto a casa gli spettatori); alcune furono apportate prima delle prove generali, altre dopo le prove.
Per le altre versioni sono elencate le modifiche rispetto alla rappresentazione del 1867.
Atto1867 (Parigi)1884 (Milano)1886 (Modena)
I
Nella versione originale, la prima scena era più lunga, e vedeva Elisabetta fermarsi a parlare con i popolani, stremati dalla guerra, e promettere loro la pace.Eliminato.Tagli alla prima scena.
II
Eliminato un breve intervento di Rodrigo all'inizio dell'atto (J'étais en Flandres).

Abbreviato il duetto finale tra Filippo e Rodrigo.
(Diventa Atto I)


Viene utilizzata la romanza Io la vidi e il suo sorriso, presa dall'Atto I della versione precedente, per esprimere la disperazione di Carlo, anziché la sua gioia, al pensiero di Elisabetta.

Per il duetto finale tra Filippo e Rodrigo usata la versione scritta per Napoli nel 1872.
Per il duetto finale tra Filippo e Rodrigo usata la versione scritta per Napoli nel 1872.
III
(Diventa Atto II)


Vengono eliminate le prime due scene e il balletto La peregrina.
Vengono eliminate le prime due scene e il balletto La peregrina.
IV
Nella versione originale la scena in cui Eboli confessa a Elisabetta di averle rubato lo scrigno per amore di Carlo includeva un duetto tra le due donne, poi tagliato.

Venne tagliato un duetto tra Carlo e Filippo previsto subito dopo la morte di Rodrigo.
(Diventa Atto III)

Abbreviato il finale.
Abbreviato il finale.
V
(Diventa Atto IV)


Abbreviata l'ultima scena.
Abbreviata l'ultima scena.

Organico orchestrale [modifica]

La partitura di Verdi prevede l'utilizzo di:
Da suonare sul palco:

Brani famosi [modifica]

Atto I [modifica]

  • Fointanableu! Foresta immensa aria di Carlos

Atto II [modifica]

  • Io la vidi, e al suo sorriso aria di Carlos
  • Nei giardin del bello saracin ostello canzone "del velo" di Eboli
  • Io vengo a domandar grazia duetto di Carlos ed Elisabetta
  • Non pianger mia compagna aria di Elisabetta
  • Restate! Presso la mia persona, duetto tra Filippo e Rodrigo

Atto III [modifica]

  • Trema per te, falso figliuolo, terzetto tra Eboli, Carlos e Rodrigo
  • Spuntato ecco il dì d'esultanza corteo reale

Atto IV [modifica]

  • Ella giammai m'amò aria di Filippo
  • Son io dinnanzi al re? duetto tra Filippo e il Grande inquisitore
  • Ah, sii maledetto quartetto tra Filippo, Eboli, Elisabetta e Rodrigo
  • Oh don fatale aria di Eboli
  • O Carlo, ascolta aria di Rodrigo

Atto V [modifica]

  • Tu che le vanità aria di Elisabetta
  • Ma lassù ci rivedremo duetto tra Carlos ed Elisabetta

Numeri musicali [modifica]

I numeri musicali presentati si riferiscono alla versione del 1884, con versi in italiano e in quattro atti.

Atto I [modifica]

  • 1 Scena, Preghiera e Cantabile di Carlo
    • Coro Carlo, il sommo imperatore (Coro, Frate) Scena I
    • Preghiera Grande è Dio sol, e s'ei lo vuol (Frate) Scena I
    • Scena Io l'ho perduta! Oh potenza suprema! (Carlo) Scena II
    • Cantabile Io la vidi e il suo sorriso (Carlo, Frate) Scena II
  • 2 Duetto di Carlo e Rodrigo
    • Duetto È lui!... desso... l'Infante! (Rodrigo, Carlo, Coro interno) Scena III
  • 3 Coro di Dame e Canzone del velo
    • Coro Sotto ai folti, immensi abeti (Dame, Tebaldo, Eboli) Scena IV
    • Canzone Nei giardin del bello saracin ostello (Eboli, Coro) Scena IV
  • 4 Scena e Ballata
    • Scena La Regina! - Un'arcana mestizia (Coro, Eboli, Elisabetta, Tebaldo, Rodrigo) Scena V-VI
    • Ballata Che mai si fa nel suol francese (Eboli, Rodrigo, Elisabetta) Scena VI
  • 5 Duetto di Elisabetta e Carlo
    • Duetto Io vengo a domandar grazia alla mia Regina (Carlo, Elisabetta) Scena VII
  • 6 Scena e Romanza di Elisabetta
    • Scena Il Re! - Perché qui sola è la Regina? (Tebaldo, Filippo, Coro) Scena VIII
    • Romanza Non pianger, mia compagna (Elisabetta, Rodrigo, Filippo, Coro) Scena VIII
  • 7 Scena e Duetto di Rodrigo e Filippo
    • Scena Restate! Presso della mia persona (Filippo, Rodrigo) Scena IX
    • Duetto O signor, di Fiandra arrivo (Rodrigo, Filippo) Scena IX

Atto II [modifica]

  • 8 Duetto e Terzetto
    • Recitativo A mezzanotte, ai giardini della Regina (Carlo) Scena I
    • Duetto Sei tu, bella adorata (Carlo, Eboli) Scena II
    • Scena Che disse mai! Egli delira (Rodrigo, Eboli) Scena III
    • Terzetto Al mio furor sfuggite invano (Eboli, Rodrigo, Carlo) Scena III-IV
  • 9 Finale
    • Coro Spuntato ecco il dì d'esultanza (Popolo) Scena V
    • Coro Il dì spuntò, dì del terrore (Frati) Scena V
    • Marcia Scena VI
    • Scena Schiuse or sieno le porte del tempio! (Araldo, Coro) Scena VI
    • Finale Nel posar sul mio capo la corona (Filippo, Elisabetta, Rodrigo, Carlo, Tebaldo, Deputati, Frati, Fiamminghi, Popolo) Scena VII-VIII

Atto III [modifica]

  • 10 Scena e Cantabile di Filippo
    • Scena Ella giammai m'amò!... Quel core chiuso è a me (Filippo) Scena I
    • Cantabile Dormirò sol nel manto mio regal (Filippo) Scena I
  • 11 Scena: Filippo e l'Inquisizione
    • Scena Il Grande Inquisitor! - Son io dinanti al Re? (Conte di Lerma, Inquisitore, Filippo) Scena II
    • Duetto Nell'ispano suol mai l'eresia dominò (Inquisitore, Filippo) Scena II
  • 12 Scena e Quartetto
    • Scena Giustizia! o Sire! Ho fé (Elisabetta, Filippo) Scena III
    • Duetto Ben lo sapete, un dì promessa (Elisabetta, Filippo) Scena III
    • Scena Ciel! che mai feci! (Eboli, Rodrigo) Scena IV
    • Quartetto Ah! sii maledetto sospetto fatale (Filippo, Rodrigo, Eboli, Elisabetta) Scena IV
  • 13 Scena e Aria di Eboli
    • Scena Pietà! perdon!... per la rea che si pente (Eboli, Elisabetta) Scena V
    • Aria O don fatale, o don crudele (Eboli) Scena VI
  • 14 Scena e Aria di Rodrigo
    • Scena Son io, mio Carlo (Rodrigo, Carlo) Scena VII
    • Aria Per me giunto è il dì supremo (Rodrigo, Carlo) Scena VII
  • 15 Finale
    • Finale Carlo, il brando ormai riprendi (Filippo, Carlo) Scena VIII
    • Seguito del Finale Ciel! qual suon! (Coro, Filippo, Eboli, Inquisitore, Popolo) Scena VIII

Atto IV [modifica]

  • 16 Scena di Elisabetta
    • Scena Tu che le vanità conoscesti del mondo (Elisabetta) Scena I
  • 17 Scena, Duetto d'addio e Finale
    • Scena È dessa! - Un detto, un sol; al ciel raccomando (Carlo, Elisabetta) Scena II
    • Duetto Vago sogno m'arrise... (Carlo, Elisabetta) Scena II
    • Finale Per sempre!.... Io voglio un doppio sacrifizio! (Filippo, Inquisitore, Elisabetta, Carlo, Frate, Coro) Scena III

Allestimenti celebri [modifica]

Gli allestimenti più celebri del Don Carlos in Italia furono quello messo in scena da Luchino Visconti al Teatro dell'Opera di Roma nel 1965 e quello della Scala di Milano del 1977, con la regia di Luca Ronconi. L'opera ha inoltre aperto la stagione lirica del Teatro alla Scala nel 2008. Nell'ottobre 2012 il Teatro comunale Luciano Pavarotti di Modena ha allestito in edizione storica la versione per l'appunto "di Modena".

Discografia (Parziale) [modifica]

AnnoCast (Don Carlos, Elisabetta di Valois, Filippo II, Rodrigo di Posa, Principessa d'Eboli, Grand'Inquisitore)DirettoreEtichetta
1954Mario Filippeschi, Antonietta Stella, Boris Christoff, Tito Gobbi, Elena Nicolai, Giulio NeriGabriele SantiniEMI
1958Eugenio Fernandi, Sena Jurinac, Cesare Siepi, Ettore Bastianini, Giulietta Simionato, Marco StefanoniHerbert von KarajanDeutsche Grammophon
1965Carlo Bergonzi, Renata Tebaldi, Nicolaj Ghiaurov, Dietrich Fischer-Dieskau, Grace Bumbry, Martti TalvelaGeorg SoltiDecca
1970Franco Corelli, Gundula Janowitz, Nicolaj Ghiaurov, Eberhard Wächter, Shirley Verrett, Martti TalvelaHorst SteinMyto
1970Placido Domingo, Montserrat Caballé, Ruggero Raimondi, Sherrill Milnes, Shirley Verrett, Giovanni FoianiCarlo Maria GiuliniEMI
1970José Carreras, Mirella Freni, Nicolaj Ghiaurov, Piero Cappuccilli, Elena Obraztova, Evgheni NesterenkoClaudio AbbadoMyto
1978José Carreras, Mirella Freni, Nicolaj Ghiaurov, Piero Cappuccilli, Agnes Baltsa, Ruggero RaimondiHerbert von KarajanEMI
1984Placido Domingo, Katia Ricciarelli, Ruggero Raimondi, Leo Nucci, Lucia Valentini Terrani, Nicolai Ghiaurov
(in francese)
Claudio AbbadoDeutsche Grammophon
1992Luciano Pavarotti, Daniela Dessì, Samuel Ramey, Paolo Coni, Luciana d'Intino, Alexander AnisimovRiccardo MutiEMI
1992Michael Sylvester, Aprile Millo, Ferruccio Furlanetto, Vladimir Chernov, Dolora Zajic, Samuel RameyJames LevineSony

Note [modifica]

  1. ^ a b Eduardo Rescigno, Dizionario verdiano, BUR Dizionari, Rizzoli, Milano, 2001, ISBN 88-1786628-8
  2. ^ Julian Budden, Le opere di Verdi. Volume terzo, EDT, Torino, 1988, ISBN 88-7063-058-7
  3. ^ Piero Mioli (curatore), Giuseppe Verdi. Tutti i libretti d'opera, Newton & Compton editori, Roma, 1996, ISBN 88-8289-517-3

Collegamenti esterni [modifica]

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