Medea | |
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Medea, dipinto di Anthony Frederick Augustus Sandys (1866-68) | |
Nome originale | Μήδεια (Medea) |
Mitologia | Greca |
Parentele | |
Genitori | Eete e Idia/Ecate |
Fratelli | Circe ed Egialpo |
Figli | Mermero, Fere e Medo |
Invece secondo la variazione del mito (Diodoro Siculo), il sole, Elio, ebbe due figli, Perse e Eeta. Perse ebbe una figlia, Ecate, potentissima maga, che lo uccise e più tardi si congiunse con lo zio Eeta. Da questa unione sarebbero nati Circe, Medea ed Egialpo.
Quando Giasone arriva in Colchide insieme agli Argonauti alla ricerca del Vello d'oro, capace di guarire le ferite, custodito da un feroce e terribile drago a conto di Eete, lei se ne innamora perdutamente. E pur di aiutarlo a raggiungere il suo scopo giunge a uccidere il fratello Apsirto, spargendone i poveri resti dietro di sé dopo essersi imbarcata sulla nave Argo insieme a Giasone, divenuto suo sposo. Il padre, così, trovandosi costretto a raccogliere le membra del figlio, non riesce a raggiungere la spedizione, e gli Argonauti tornano a Iolco con il Vello d'Oro. Lo zio di Giasone, Pelia, rifiuta tuttavia di concedere il trono al nipote, come aveva promesso in precedenza, in cambio del Vello: Medea allora sfrutta le proprie abilità magiche e con l'inganno si rende protagonista di nuove efferatezze per aiutare l'amato. Convince infatti le figlie di Pelia a somministrare al padre un "pharmakòn", dopo averlo fatto a pezzi e bollito, che lo avrebbe ringiovanito completamente: dimostra la validità della sua arte riportando un caprone alla condizione di agnello, dopo averlo sminuzzato e bollito con erbe magiche. Le figlie ingenue si lasciano ingannare e provocano così la morte del padre, tra atroci sofferenze: Acasto, figlio di Pelia, pietosamente seppellisce quei poveri resti e bandisce Medea e Giasone da Iolco, costringendoli a rifugiarsi a Corinto, dove si sposeranno.
Dopo dieci anni, però, Creonte, re della città, vuole dare sua figlia Glauce in sposa a Giasone, offrendo così a quest'ultimo la possibilità di successione al trono. Giasone accetta, abbandonando così sua moglie Medea.
Vista l'indifferenza di Giasone di fronte alla sua disperazione, Medea medita una tremenda vendetta. Fingendosi rassegnata, manda in dono un mantello alla giovane Glauce, la quale, non sapendo che il dono è pieno di veleno, lo indossa per poi morire fra dolori strazianti. Il padre Creonte, corso in aiuto, tocca anch'egli il mantello, e muore.
Ma la vendetta di Medea non finisce qui. Secondo la tragedia di Euripide, per assicurarsi che Giasone non abbia discendenza, uccide i figli (Mermero e Fere) avuti con lui.
Fuggita ad Atene, a bordo del carro del Sole trainato da draghi alati, Medea sposa Egeo, dal quale ha un figlio, Medo. A lui Medea vuole lasciare il trono di Atene, finché Teseo non giunge in città. Egeo ignora che Teseo sia suo figlio, e Medea, che vede ostacolati i suoi piani per Medo, suggerisce al marito di uccidere il nuovo venuto durante un banchetto. Ma all'ultimo istante Egeo riconosce suo figlio, e Medea è costretta a fuggire di nuovo.
Torna nella Colchide, dove si ricongiunge e si riappacifica con il padre Eete.
Ovidio tratta del mito di Medea in due distinte opere: le Heroides e le Metamorfosi.
Nel primo testo è la donna a parlare cercando di commuovere il marito, ma il racconto si interrompe prima del compimento della tragedia e il suo completamento è possibile al lettore solo attraverso la memoria letteraria. La Medea delle Metamorfosi è ben diversa: essa oscilla tra ratio e furor, mens e cupido, riprendendo, almeno in parte, la giovane tormentata dai rimorsi di Apollonio Rodio, divisa tra il padre e Giasone. Medea si dilania tra incertezza, paura, commozione e compassione.
La metamorfosi avviene in modo repentino ed è possibile rintracciarla attraverso il confronto tra la scena dell'incontro con Giasone nel bosco sacro e il ringiovanimento del padre dell'amato: se nel primo caso appare come un medico antico, nel secondo utilizza esplicitamente la parola "arte" (vv.171-179) mostrandosi come una vera strega.
Anche Ovidio riprende la scena del carro, presente già in Euripide e successivamente in Seneca, ma se in questi due casi l'episodio è inserito alla fine del racconto, Ovidio lo colloca a metà della narrazione: in tal modo Medea perde le sue qualità umane e il mondo reale cede il posto a quello fantastico.
All'inizio della "Metamorfosi", Medea è la protagonista assoluta, ma pian piano cessa di essere un'eroina in cui il lettore può identificarsi e diviene un personaggio che appare e sparisce come per magia.
La tragicità del finale non è sfruttata al Massimo.
Medea è divenuta una vera strega e quindi non soffre dell'infanticidio commesso né potrebbe soffrire di un'ipotetica punizione.
La Medea di Draconzio
Nella parte introduttiva Draconzio afferma di voler fondere tutti i motivi tipici del mito di Medea; lo fa invocando la Musa Melpomene e la Musa Calliope. Medea e Giasone appaiono tutti mossi dal destino e dalla volontà degli dei, legati come sono agli scontri tra Venere e Diana. Infatti la dea della caccia sentendosi tradita per il matrimonio della sua sacerdotessa scaglia una maledizione contro di lei, da cui si snoderà la morte del marito e dei figli. All'inizio Medea è descritta come una "virgo cruenta", ma viene definita maga solo a verso 343. Caratteristica di questo racconto è che è la donna a rubare il vello d'oro donandolo poi a Giasone, che appare per tutta la narrazione una figura passiva. Anche quando entra in scena Glauce l'eroe è semplice oggetto del desiderio, che la giovane otterrà anche a costo di rompere il legame matrimoniale che lo vincola. Entrambe le donne trasgrediscono così le norme morali: da un lato Medea tradisce la dea Diana, dall'altro Glauce porta al tradimento Giasone. Durante le nozze l'attenzione si concentra sulla coppia mentre Medea prepara la vendetta: sarà lei a donare a Glauce la corona da cui prenderà fuoco l'intero palazzo. Ma il punto culminante della tragedia è il sacrificio che Medea offre a Diana: i suoi figli, così che l'infanticidio non è più condotto per vendetta, ma come richiesta di perdono. Nella scena finale l'autore riprende l'episodio del carro, ma questa volta il volo della donna ha valore semantico e non narrativo: Medea si riunisce a Diana e ritorna la "virgo cruenta" dell'inizio della narrazione, lasciando a terra tutto ciò che era ancora legato a Giasone.Opere derivate (parziale)
Balletto
Letteratura
- Medea, tragedia di Jean Anouilh
- Gli incanti di Medea, dramma di Francisco de Rojas Zorilla
- Il Vello d'oro, tragedia di Franz Grillparzer (trilogia: l'ultima parte ha titolo Medea)
- Medea, tragedia di Pierre Corneille
- Medea, tragedia di Lodovico Dolce
- Medea, tragedia di Ennio
- Medea, tragedia di Euripide
- Le Argonautiche, poema greco di Apollonio Rodio (il terzo libro è dedicato al mito di Medea)
- Le Argonautiche, poema latino di Valerio Flacco (libera versione latina dell'omonimo di Apollonio)
- Medea, tragedia di Friedrich Gatter
- Medea, tragedia di Richard Glover
- Medea, tragedia di Ernst Legouvé
- Medea, tragedia di Bernard de Longepierre
- Medea, tragedia di Hippolyte Lucas
- Medea, tragedia di Giovanni Battista Niccolini
- Medea, tragedia di Ovidio
- Medea, tragedia di Jean de la Péruse
- Medea, tragedia di Lucio Anneo Seneca
- La lunga notte di Medea, tragedia di Corrado Alvaro
- Medea. Voci, romanzo di Christa Wolf
Musica
- Giasone, opera di Francesco Cavalli
- Giasone e Medea, opera di Salomon
- Medea, opera di Paul Bastide
- Medea, opera di Georg Benda
- Medea, opera di Marc-Antoine Charpentier
- Medea, opera di Luigi Cherubini
- Medea, opera di Johann Naumann
- Medea, opera di Giovanni Pacini
- Medea, cantata di Jean-Philippe Rameau
- Medea, opera di Vincenzo Tommasini
- Medea e Giasone, opera di Peter von Winter
- Medea in Corinto, opera di Giovanni Simone Mayr
- Medea, opera di Aribert Reimann
Pittura
Scultura
- Statua di Medea (Batumi), scultura di Davit Khmaladze
Cinema
- Medea (1969), regia di Pier Paolo Pasolini
- Medea (1988), regia di Lars von Trier
- Médée miracle (2007), regia di Tonino De Bernardi
- Medeas (2013), regia di Andrea Pallaoro
Teatro
- L'Altra Medea, regia di Flaminia Caroli
- La lunga notte di Medea, di Corrado Alvaro
- From Medea, di Grazia Verasani
Televisione
- I figli di Medea (1959), regia di Anton Giulio Majano
Bibliografia
- Pseudo-Apollodoro, Biblioteca.
- Anna Maria Carassiti, Dizionario di mitologia greca e romana, Newton & Compton, Roma, 1996, pp. 365. ISBN 88-8183-262-3.
- Salvatore Alia, Dizionario Mitologico - Eroi e leggende del mondo classico dalla A alla Z, B&B, Milano, finito di stampare il 1997, pp. 189.
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