Luigi Speranza -- Grice e Gioberti: la ragione
conversazoinale e l’implicatura conversazionale del bello – filosofia torinese
– la scuola di Torino – filosofia piemontese -- filosofia italiana – Luigi
Speranza (Torino). Filosofo torinese. Filosofo
piemontese. Filosofo italiano. Grice: “I like Gioberti; he published ‘Del bene,
del bello,’ suggesting they are etymologically connected, and they are: BONUS
alternates with BENE in Roman, and the dimintuvie, BENETULUS, gives ‘bellus’ –
So the Roman implicature is that the ‘bello’ is a ‘little’ ‘bene’ – or
gracious, comfortable, and proportionate, rather than having to do with ‘bene’
itself. – “like bene” – and affectionate diminutive, one hopes!” – Laureato, e
parzialmente influenzato da MAZZINI, lo scopo principale della sua vita divenne
l'unificazione dell'Italia sotto un unico regime: la sua emancipazione, non
solo dai signori stranieri, ma anche da concetti reputati alieni al suo genio e
sprezzanti del primato morale e civile degl’italiani. Questo primato era
associato alla supremazia del Papa, anche se inteso in un modo più letterario
che politico. Carlo Alberto di SAVOIA lo nomina suo cappellano. La sua
popolarità e l'influenza in campo privato, tuttavia, sono ragioni sufficienti
per il partito della corona per costringerlo all'esilio; non era uno di loro e
non poteva dipendervi. Sapendo questo, si ritirò dal suo incarico ma fu arrestato
con l'accusa di complotto e bandito dal Regno sabaudo senza processo. Anda a
Parigi e Bruxelles per insegnare FILOSOFIA. Nonostante ciò, trovò il tempo per
filosofare con particolare riferimento al suo paese e alla sua posizione.
Essendo stata dichiarata un'amnistia da Carlo Alberto, divenne libero di tornare in patria. Al suo
ritorno a Torino, e ricevuto con il più grande entusiasmo. Rifiuta la dignità
di senatore che Carlo Alberto gli aveva offerto, preferendo rappresentare la
sua città natale nella Camera dei deputati, della quale fu presto eletto presidente.
Cadde il governo. Il re nominò G. nuovo presidente del Consiglio. Il suo governo
termina. Con la salita al trono di Vittorio Emanuele II la sua vita politica
giunse alla fine. Ha un posto nel consiglio dei ministri, anche se senza
portafoglio, ma un diverbio irriconciliabile non tardò a maturare. E allontanato
da Torino con l'affidamento di una missione diplomatica a Parigi, da cui non fa
più ritorno. Rifiuta la pensione che gli era stata offerta e ogni promozione
ecclesiastica, vive in povertà e passa il resto dei suoi giorni a Bruxelles,
dove si trasferì dedicandosi agli studi filosofici. I primi due licei istituiti
a Torino celebrarono uno l'opera diplomatica di Cavour (il Liceo classico
Cavour) e l'altro il pensiero, anche politico, di G. (il Liceo classico G.). I
saggi sono più importanti della sua carriera politica; come le speculazioni di
Rosmini-SERBATI, contro cui scrive, sono state definite l'ultima propaggine del
pensiero medievale. Anche il sistema di G., conosciuto come “ontologismo” non è
connesso con le moderne scuole di pensiero. Mostra un'armonia con la fede che
spinge Cousin a sostenere che la filosofia italiana e ancora fra i lacci della
teologia e che G. non e un filosofo. Il metodo per lui è uno strumento
sintetico, soggettivo e psicologico. Ricostruisce, come afferma, l'ontologia e
comincia con la formula ideale, per cui l'Ens crea l'esistente ex nihilo. Dio è
l'unico ente Ens. Tutto il resto sono pure esistenze. Dio è l'origine di tutta
la conoscenza umana (le idee), che è una e diciamo che si rispecchia in Dio
stesso. È intuita direttamente dalla ragione, ma per essere utile vi si deve
riflettere, e questo avviene tramite i mezzi del linguaggio. Una conoscenza
dell'ente e delle esistenze (concrete, non astratte) e le loro relazioni
reciproche, sono necessarie per l'inizio della filosofia. G. è, da un
certo punto di vista, un platonico. Identifica la religione con la civiltà e
nel suo trattato Del primato morale e civile degli Italiani giunge alla
conclusione che la chiesa è l'asse su cui il benessere della vita umana si
fonda. In questo afferma che l'idea della supremazia dell'Italia, apportata
dalla restaurazione del papato come dominio morale, è fondata sulla religione e
sull'opinione pubblica. Tale opera e la base teorica del neoguelfismo. In
Rinnovamento e Protologia si dice che abbia spostato il suo campo
sull'influenza degli eventi. La sua prima opera aveva una ragione
personale per la sua esistenza. Un amico, avendo molti dubbi e sfortune per la
realtà della rivelazione e della vita futura, lo ispirò alla stesura de “La teorica
del sovrannaturale”. Dopo questa, sono
passati in rapida successione dei trattati filosofici. La “Teorica” è seguita
dalla “Filosofia”, dove afferma le ragioni per richiedere un nuovo metodo e una
nuova terminologia. Qui riporta la dottrina per cui la religione è la diretta
espressione dell'idea in questa vita ed è un unicum con la vera civiltà nella
storia. La Civiltà è una tendenza alla perfezione mediata e condizionata, alla
quale la religione è il completamento finale se portato a termine. È la fine
del secondo ciclo espresso dalla seconda formula, l'ente redime gli
esistenti. I saggi Del bello e Del buono hanno seguito l'introduzione.
Del primato morale e civile degl'Italiani e Prolegomeni sulla stessa e a breve
trionfante esposizione dei Gesuiti, Il Gesuita moderno, pubblicato clandestinamente
a Losanna da Bonamici, ha senza dubbio accelerato il trasferimento di ruolo
dalle mani religiose a quelle civili. È stata la popolarità di queste opere
semi-politiche, aumentata da altri articoli politici occasionali e dal suo
Rinnovamento civile d'Italia, che lo ha portato ad essere acclamato con
entusiasmo al ritorno nel suo paese natio. Tutti questi saggi sono stati perfettamente
ortodossi e hanno contribuito ad attirare l'attenzione del clero liberale nel
movimento che è sfociato, sin dai suoi tempi, nell'unificazione italiana. I
Gesuiti, tuttavia, si sono raduttorno al Papa più fermamente dopo il suo
ritorno a Roma e alla fine i saggi di G.i sono messi all'indice. I resti dei suoi
saggi, specialmente “La filosofia della rivelazione” e la Protologia espongono
i suoi punti di vista in molte parti. Tutti i saggi giobertiani, tra cui quelli
lasciati nei manoscritti, sono stati pubblicati da Massari (Torino). Il
Ministero dei beni culturali ha affidato la redazione dell'edizione nazionale
all'Istituto di Studi Filosofici Castelli, presso l'Università La Sapienza di
Roma. Altre saggi: Prolegomeni del Primato morale e civile degl’italiani,
Enrico Castelli; Primato morale e civile degli italiani, Redanò; Introduzione
allo studio della filosofia; Cortese; Teorica del sovrannaturale; Cortese; Del
rinnovamento civile d'Italia; G., Del rinnovamento civile d'Italia, Del
rinnovamento civile d'Italia, Filosofi d'Italia Bari, Laterza. Cfr. lettera di G.
a Leopardi in Scritti vari inediti di Leopardi
i dalle carte napoletane, Firenze, Successori Le Monnier. G. vive in Rue des marais S.
Germain, hotel du Pont des Arts n° 3. In lingua latina: "dal nulla", vedi anche
la locuzione Ex nihilo nihil fit di LUCREZIO. Antonio, su Sistema Informativo
Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Istituto Castelli-Roma in. Anteprima disponibile su Anteprima della II edizione disponibile su
books.google. Massari, Vita di G., Firenze, Serbati, G. e il panteismo, Milano,
Spaventa, La Filosofia di G., Napoli, Mauri, Della vita e delle opere di G.,
Genova, Prisco, G. e l'ontologismo, Napoli, Pietro Luciani, G. e la filosofia
nuova italiana, Napoli, Berti, Di G.,
Firenze, Rumi, G., Bologna, Il mulino, Sancipriano, G.: progetti etico-politici nel Risorgimento,
Roma, Studium, Traniello, Da G. a Moro: percorsi di una cultura politica,
Milano, Angeli, Cuozzo, Rivelazione ed ermeneutica. Un'interpretazione di G.,
Milano, Mursia, Mustè, La scienza ideale. Filosofia e politica in G., Soveria
Mannelli, Rubbettino, Mustè, Il governo federativo, Roma, Gangemi, Leggiero, G.
Frainteso. Sulle tracce della condanna, Roma, Aracne, Dizionario biografico degl’italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Il
contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. G. attuale – Il Popolo d’Italia -- Non
bisogna cedere alla facile tentazione erudita di dare troppi precursori al FASCISMO
– o al GRICEANISMO --, come si è fatto da taluno in questi ultimi tempi. Il FASCISMO
– e il GRICEANISMO -- ha molti
precursori e e non ne ha nessuno. Non ne ha nessuno se alla parola “precursore”
si dà un significato strettissimo o letterale. Ha molti se la stessa parola
viene interpretata in un senso più lato. ln quest'ultima categorià può esser
posto G., especialmente dopo la posta all’indice dei suoi saggi.. Ecco un filosofo,
come Grice, che appare oggi attuale più di quanto non e ante, o anche
semplicemente venti anni fa. Ci sono nelle pagine dei suoi libri notazioni,
istruzioni, moniti, previsioni che il tempo ha confermato. Si vuole oggi, dal
FASCISMO, una vita studiosa, che sia forte nel corpo come nello spirito. Or
ecco come G., a proposito della necessità della GINNASIA, si esprimeva nel suo
Primato. Gl’ITALIANO indurino il corpo avvezzandolo al sole, allenandolo alla
corsa e ai GINNICI esercizì, rompendolo alle operose veglie e alle utili
fatiche, costringendolo a nutrirsi di cibi frugali, a posare su dura coltrice e
assoggettandolo in ogni cosa allo imperio dell'animo, il quale col domare i
sensi; si rende libero e franco e si dispone ai nobili affetti, ai vasti e
magnifici pensieri. Il FASCISMO ha battuto sempre in breccia certi persistenti
snobismi linguaioli, che sono ormai superstiti soltanto in piccoli gruppi.
Vedete come G. flagella gl’esotismi del tempo che fanno preferire le lingua
tedesca o la francese all'italiana, l'abietto forestierume, come, con parola di
scherno supremo, dice G. Riscuotano dunque se stessi da ogni ombra di
forestierume, non solo nelle cose gravi ma anco nelle leggere, perché queste
concorrono a informare il costume, che in opera di mutazioni morali è la somma
del tutto. E non lieve faccenda, ma gravissima e importantissima è LA LINGUA
NAZIONALE così per la stretta ed intima congiuntura dei pensieri con le voci,
onde gl’uni tanto valgono quanto l'espressione che li veste (dal che segue che
le parole non sono pur parole, ma eziandio cose) come perché ESSENDO LA FAVELLA
ITALIANA LO SPECCHIO PIU COMPIUTO E PIU VIVO DELLA SPECIALITA MORALI E
INTELLETTIVE DEL POPOLO ITALIANO, chi la trascura e disprezza non può essere
veramente libero, né aver cara l'indipendenza e la libertà della patria. Perciò
indizio grave di servilità e di declinazione civile e prova non dubbia di poco
amore verso il luogo natìo, è il trasandare la propria loquela e il vezzo di
parlare o di scrivere senza bisogno di lingua forestiera. Tale indegno costume
è altresì basso e vile! Pochi filosofi hanno, più del grande pensatore
torinese, posto in rilievo la somma importanza della lingua italiaa nella vita
del popolo italiano e i pericoli insiti nel trascurarla o avvilirla.
L'ostracismo che il regime ha dato agli eccessivi dialçttismi e ai tentativi di
creare su basi regionali delle letterature dialettali, trova la sua più alta
giustificazione in questo superbo brano di prosa giobertiana. E da ricordare
che G. definisce la italiana come la più bella delle lingue vive. Lo stile,
dice Buffon, è l'uomo. Lo stile e la lingua, dico io, sono il cittadino. LA
LINGUA E LA NAZIONALITA PROCEDENO DI PARI PASSO, perché quella è uno dei
principi fattivi e dei caratteri principali di questa, anzi il più intimo e
fondamentale di tutti, come il più spirituale, quando la consanguineità e la
coabitanza poco servirebbero ad unire i popoli unigeneri e compaesani, senza IL
VINCOLO MORALE DELLA COMUNE FAVELLA. E però Giordani insegna che la vita
interiore e la pubblica di un popolo si sentono nella sua lingua, la quale è l'effige
vera e viva, il ritratto di tutte le mutazioni successive, la più chiara e
indubitata storia dei costumi di qualunque nazione e quasi un amplissimo
specchio in cui mira ciascuno l'immagine ·della mente di tutto e tutti di
ciascuno. E Leopardi non dubitò di
affermare che la lingua e l'uomo e le nazioni per poco non sono la stessa cosa.
Parole queste che non sono mai abbastanza meditate. Quanto alla missione di
Roma nella storia italiana e in quella europea e universale, ecco alcune
citazioni di G. che hanno un sapore attualissimo. Il genio orientale affine a
quello dell'Italia, se non altro perché ROMA e una volta e sarà forse di nuovo
un giorno, se posso così esprimermi, l'oriente dell'Oriente. ROMA in effetto,
nel bene come nel male, nei tempi antichi come nei moderni, è arbitra suprema e
norma delle genti italiche. La figura di G., quale filosofo e patriota, ci è
giunta un poco deformata dalle polemiche del tempo. Ma bastano le citazioni di
cui sopra per far vedere che la portata educatrice del pensiero giobertiano,
non è diminuita con le vicende del tempo. G. è attuale, anche e soprattutto
oggi, nell’ITALIA DEL LITTORIO. The next day in “Il Popolo d’Italia” by
Scrittore Fascista. Ancora G. (Pubblicato in « Il Popolo d'Italia » di
Scrittore fascista La prosa giobectiana
è ricca di parole asprigne, saporose e di neologismi indovinati. Si incontrano
parole come queste: schifiltà, infemminire nell'ozio, forestierume, perennare,
sfasciume, smanceroso, attillature, disviticchiare, mollizie, delicature, uomini
faticanti, laicocrazia, fogliettisti, ecc. Ma più importanti sono sempre i
pensieri del filosofo torinese. In tutte le questioni egli ha un punto di
vista, che rappresentando le verità fondamentali, vale, oggi, come sempre..
Ecco con quali termini G. stabilisce i compiti e i doveri di un'aristocrazia
degna di questo nome. Si tratta dell'educazione da impartire ai figli degli
aristocratici. Imprimano in essi la semplicità dei modi, la grandezza
dell'animo, l'austerità del costume, la tolleranza nelle fatiche, la fermezza
nelle risoluzioni, l’'intrepidità nei pericoli, la generosità nei travagli; li
assuefacciano a contentarsi del poco, a fuggire gli agi e le pompe, a tenersi
per depositari anziché padroni della loro ampia fortuna, come di un tesoro da
dispensarsi in opere di beneficenza e in imprese di utilità pubblica. In G. si
trova l'incentivo e la giustificazione delle opere di ripristino archeologico,
alle quali IL REGIME FASCISTA si è particolarmente consacrato, non soltanto a ROMA,
ma in ogni parte d'Italia. Se G. potesse vedere lo spettacolo meraviglioso
della ROMA di oggi, dovrebbe fare constatazioni diverse da quelle del suo
tempo. Gli scavi, la esumazione e la restaurazione degl’antichi monumenti
pagani (‘non cattolici’!), non giovano soltanto a documentare al mondo la
nostra gloriosa storia tri-millenaria, ma sono anche fonti di ricchezza, per il
richiamo che essi esercitano su tutte le ·genti del mondo civile. Le poche
decine di milioni spese per creare quei capolavori che sono la via dell'Impero
ROMANO, la via dei Trionfi, la via del Mare, sono già stati recuperati almeno
cento volte, attraverso l'affluire ìncessante degli stranieri. Ma G. insiste sul
lato morale delle ricerche archeologiche così esprimendosi. Egli è doloroso a
pensare che così pochi siano al dl d'oggi gl’italiani solleciti di conoscere e
studiare le patrie rovine e che tale inchiesta si abbandoni, come inutile,
all'ozio erudito di qualche antiquario. L'archeologia non meno della filologia,
ben !ungi dall'essere una scienza sterile e morta, è viva e fecondissima,
perché oltre a rinnovare il passato, giova a preparare l'avvenire delle
nazioni. Imperocché la risurrezione erudita dei monumenti nazionali porta seco
il ristauro delle idee patrie, congiunge le età trascorse colle future, serve
di tessera esterna e di taglia ricordatrice ai popoli risorgituri, destandone
ed alimentandone le speranze colla voglia e con l'esca delle memorie. Tutta la
storia d'Italia passa in rapide sintesi potenti nelle meditazioni di G. I periodi di grandezza e di miseria, gl’alti e
bassi del nostro popolo, trovano in G. un indagatore e un illustratore vigoroso
e penetrante. Egli sente la storia e come s'inorgoglisce parlando dei periodi
di splendore, è amaro e violento quando trae a descrivere le epoche di
decadenza. Nella citazione che segue sono condensati tre secoli della nostra
storia, i quali dal punto di vista politico sono stati oscuri, perché furono
secoli di divisione e di servitù. Le ultime faville di virtù e di carità patria
perirono in Italia colla repubblica di FIRENZE; spenta la quale dalla truce e
schifosa progenie dei secondi Medici, l'ingegno secolaresco, costretto a menar
vita privata ed umbratile, non ebbe più altro campo dove esercitarsi che quello
degli studi: in cui rifulsero ancora tre sommi laici, il TASSO, il GALILEI, il
VICO, che nel culto della sapienza poetica, naturale, filosofica, andarono
innanzi a tutti, e risposero in un certo modo alla triade clericale e monachile
di BRUNO, di CAMPANELLA e di SARPI. Ma il rinnovamento del ceto civile nella
penisola e la creazione dell'Italia laicale è dovuta a ALFIERI che, nuovo ALIGHIERI,
e il vero secolarizzatore del genio italico nell'età più vicina e diede agli
spiriti quel forte impulso che ancora dura e porterà quando che sia i suoi
frutti, Questa profezia del Primato si è avverata. L'impulso dato da ALFIERI da
i suoi frutti col Risorgimento. Dopo una eclissi, tale impulso è lo stesso che
scatenò il maggio radioso e la marcia. È l'impulso che fece vincere la guerra e
trionfare la rivoluzione. Non ancora un secolo è passato e già queste parole
del Primato giobertiano fiammeggiano nei cuori delle generazioni littorie. «
Italiani - dice G. - qualunque siano le vostre miserie, ricordatevi che siete
nati principi e destinati a regnare moralmente sul mondo! G. nasce a Torino. Un dissesto finanziario del
padre, morto prematuramente, rese molto precarie le condizioni economiche della
famiglia. Formatosi nelle scuole dei padri oratoriani, rivela precoci interessi
per gli studi filosofici, e annoverò tra i suoi maestri e guide spirituali
Sineo, poi ricordato come il solo prete che avesse incontrato. Tuttavia G. è
essenzialmente un autodidatta, che, nonostante la malferma salute, si dedica
con inaudita intensità alle più disparate letture, toccando anche il settore
linguistico, storico, naturalistico, geografico, politico (con una precoce
passione per MACHIAVELLIi), e lasciandone traccia in una congerie sterminata di
appunti e di pensieri: in uno dei quali rivelava di essere stato "reso
anti-monarchico dalla lettura d’ALFIERI, irreligioso, ma per poco, da Rousseau,
pirronista dagl’altri filosofi (Meditazioni filosofiche inedite). Tali
frammenti provano come G. accumulasse una rilevante cultura filosofica, in
parte di tipo manualistico, ma in parte notevole ricavata da letture di prima
mano (sebbene non sempre nella lingua originale) concernenti in special modo le
opere di Platone, Agostino, Bacon, Bossuet, VICO, Leibniz, Malebranche, Gerdil,
Rousseau e Kant. Quest'ultimo, unitamente alla scuola scozzese di Reid, apparie
a G. il filosofo che aveva riportato "nel campo dell'osservazione quel
principio pensante, che molti aveano a tal segno obliato da confonderlo coi
sensi e colla materia. Alla linea di pensiero che iG. definiva allora
idealistica si affianca il confronto ravvicinato, ma costellato di dissensi,
con il tradizionalismo cattolico di
Maistre, Bonald,Chateaubriand, Ballanche e Mennais. È da osservare che
G. conosce bene il francesen e, ovviamente, il latino, mentre inizia studio del
tedesco. In linea generale, prevalse in G. un orientamento eclettico,
considerato peculiare e apertamente professato in opposizione allo spirito
esclusivo dei sistemi, pur in un quadro teorico segnato dalla polemica anti-sensistica
e dalla ricerca, non priva di momenti laceranti, di un punto di equilibrio tra
una persistente venatura scettica e l'ancoraggio, punteggiato peraltro da
corrosivi spunti anticlericali, alla religione, assunta come deposito di verità
oggettive, attingibili per via razionale solo in maniera parziale e
frammentaria. Oltre che sul piano teoretico, la necessità della rivelazione
cristiana s'imponeva per G. sul piano pratico e politico, essendo una religione
rivelata e positiva l'organo indispensabile della morale nella società",
ovvero anche "un'obbligazione sociale, chiamata a integrare il
mantenimento e l'accrescimento dei diritti, indicati come fine della politica.
La ragionevolezza dell'adesione alle verità dogmatiche della fede cattolica,
tenute distinte da quanto nella società religiosa vi è di accidentale e di
transeunte, sostituiva, in G., l'idea di religione naturale d'impronta
deistica, facendo salvi, da un lato, il principio di una rivelazione
soprannaturale depositata nella Chiesa cattolica e, dall'altro, il concetto di
un suo progressivo dispiegamento nella storia umana. Membro
dell'accademia ecclesiastica fondata dal Sineo e di quella dall'abate Solaro,
G. risentì dell'impronta - probabiliorista in campo morale e cautamente
giurisdizionalista in campo ecclesiastico - della facoltà teologica torinese,
da cui trasse alimento il suo vivace antigesuitismo. Addottorato in teologia, è
aggregato alla facoltà teologica, con la discussione di tre tesi: De Deo et
naturali religione, notevole per la padronanza della relativa letteratura, De
antiquo foedere, De christiana religione et theologicis virtutibus, la cui
edizione accademica restò per quattordici anni l'unica opera di G. data alle
stampe. Poco prima, èordinato sacerdote, dopo che la curia torinese e forse lo
stesso arcivescovo Chiaverotti erano intervenuti per vincere la sua ritrosia
all'ordinazione. È nominato cappellano di corte con uno stipendio annuo di 480
lire. Notevoli zone d'ombra caratterizzano la fase successiva della sua
biografia. La stessa renitenza del G. a tradurre in pubblicazioni l'immenso
materiale accumulato, nonostante la notorietà acquisita negli ambienti colti e
l'attività svolta in alcuni circoli filosofici e letterari, appare indicativa
sia di una persistente fluidità del suo pensiero, sia della percezione di un
sempre più chiuso clima intellettuale e politico, che G. tende ad attribuire,
sul fronte ecclesiastico, alle mene dei gesuiti e della "frateria" -
da lui personalmente contrastati in occasione della vicenda che aveva
coinvolto Dettori, allontanato dalla
cattedra universitaria con l'accusa di giansenismo - e, sul versante politico,
all'involuzione autoritaria del governo sabaudo. La riflessione di G. sui
rapporti tra religione e filosofia e tra religione e vita sociale seguì un
percorso non lineare. Ne sono documento eloquente le lettere indirizzate a
Leopardi (personalmente conosciuto a Firenze, durante un viaggio per l'Italia
in cui G. ha modo di incontrare anche A. Manzoni), le lettere al giovane amico
e discepolo Verga e una lettura accademica sull'accordo della religione
cattolica coi progressi della società civile (Ricordi biografici e carteggio, a
cura di Massari). Scrivendo a Leopardi da Torino G. confessa di aver
professato nel passato un puro teismo, e di aver mutato idea in seguito a nuove
indagini sulla "verità del Cristianesimo (e quindi del Cattolicismo che è
la sola forma invariabile di quello) come sistema dottrinale e come fatto
storico", e di essere approdato a una "adesione intima, schietta,
profonda alla religione cattolica", che gli aveva consentito di vincere i
fastidi, le amaritudini, i terrori, la malinconia che fin allora lo avevano
tormentato (Epistolario). Due anni dopo, reduce dall'aver "letto a
furia" Le mie prigioni di S. Pellico, scriveva al Verga una lettera in
cui, opposto il cristianesimo di Silvio a quello dei gesuiti, dei "nemici
della filosofia e della civiltà", rivelava di essere divenuto assertore di
una religione filosofica: cioè di una religione "immedesimata" e non
solo conciliata con la filosofia, fondamento di una morale austera,
"ispiratrice di azioni grandi e generose, e dell'oblio di se medesimo per
intendere unicamente al bene della patria. Nei primi anni Trenta, anche in
seguito alla lettura del Nuovo saggio sull'origine delle idee di A. Rosmini
Serbati, il G. enunciò in modo più stringente e sistematico l'idea di una
diretta connessione tra risorgimento filosofico e risorgimento nazionale,
appellandosi a una tradizione filosofica autoctona, dispiegata genealogicamente
da Pitagora al Rosmini, attraverso la scuola eleatica, la patristica latina,
l'umanesimo e VICO (lettera a Verga). Dichiarandosi continuatore di questa
linea ideale, G. manifestò una speciale consonanza con il pensiero di Giordano
Bruno, facendo a più riprese, in parallelo con l'evoluzione delle proprie idee
politiche, professione di panteismo. Tale collegamento è attestato da una
lunga lettera ai compilatori della Giovine Italia e ivi pubblicata sotto lo
pseudonimo di Demofilo. G. vi esaltava il panteismo come la sola filosofia
"destinata a fiorire un giorno col voto unanime dei buoni ingegni",
affermando di avvertire nelle dottrine politiche professate dai mazziniani
"un'applicazione di questi dettati" (cfr. anche lettera al Verga). La
lettera, ripubblicata con intenti antigiobertiani nel 1849 non da Mazzini, come
a lungo si credette, ma probabilmente da CATTANEO, col titolo Della repubblica
e del cristianesimo, era rivelatrice di una radicalizzazione delle convinzioni
del G., coinvolto in una serie di vicende destinate a mutare il corso della sua
esistenza: vi si proclamava la necessità di una religione civile finalizzata
alla liberazione dei popoli, ma, contemporaneamente, l'impossibilità di dar
vita a "una religione veramente nuova […], tanto che i filosofi, e gli
uomini universalmente cominciano a persuadersi, che fuori del Cristianesimo non
v'ha religione"; e vi si accennava a una lettura escatologica, ma non solo
ultraterrena, dell'idea cristiana di salvezza e di redenzione, implicante una
sua dilatazione dalla sfera individuale a quella sociale, prefigurata nella
promessa di un regno "da aspettarsi eziandio in questo mondo".
Nell'accezione giobertiana, ispirata ora a un messianismo politico-sociale in
vesti cristiane cui non erano estranei gli echi delle dottrine sansimoniane, il
motto mazziniano Dio e il popolo"diventa così il presupposto di una
cristianità novella, l'annunzio di un'epoca imminente in cui "Iddio sarà
umanato non nel figliuolo dell'uomo, ma nel popolo", e destinato non alla
croce, ma a un regno stabile, a una pace perpetua, all'immortalità e alla
gloria. L'abito di prudenza e di riservatezza adottato da G. non impedì che le
sue idee destassero diffusi sospetti di ateismo anche presso i suoi superiori.
Ciò lo induce a lasciare la carica di cappellano e a rinunciare al relativo
stipendio. Nel frattempo si era affiliato a una società segreta, detta dei
Circoli, e poi ad altra associazione patriottica di dubbia identificazione,
forse i Veri Italiani; non sembra che mai entrasse nella Giovine Italia,
sebbene coltivasse intimi rapporti con alcuni suoi affiliati, come l'abate
Pallia. In seguito a delazione, fu quindi coinvolto nella repressione prodotta
in Piemonte dalla scoperta della congiura mazziniana, arrestato con pesantissime
accuse e tenuto in carcere, senza processo, fino al settembre. Qui lo raggiunse
un provvedimento immediatamente esecutivo che lo esiliava senza permettergli di
incontrare alcuno dei suoi amici. Per poco più di un anno, G. visse a
Parigi in una situazione assai precaria, che lo induce ad autorappresentarsi
nei panni di uno "sdottorato" e uno "spretato" (era privo
di celebret per la messa), di uno che aveva "perduto tutto".
Nonostante le relazioni intrecciate con i molti italiani insediati stabilmente
o temporaneamente nella capitale francese, come il matematico G. Libri, Peyron,
Mamiani, Botta, e con esponenti di primo piano del mondo accademico francese,
come Cousin e Champollion, visse in relativo isolamento, in una città che
considerava il "microcosmo d'Europa" ma non amava, ascoltando le
lezioni accademiche di Fauriel e Jouffroy, impartendo per vivere lezioni
private d'italiano e progettando, senza realizzarli, lavori di argomento
filosofico o di polemica politica sulla sanguinosa repressione seguita alla
congiura e al tentativo mazziniano. Nella febbrile atmosfera intellettuale
della monarchia di luglio il G. avvertì come sintomi di una crisi epocale, ma
senza condividerne appieno i contenuti, i messaggi di rinnovamento sociale
espressi dalla tarda scuola sansimoniana, da Buchez, dalle Paroles d'un croyant
di F.-R. de Mennais. Lo scenario parigino, che gli appariva connotato dalla
totale estinzione del culto e della pratica cattolica, fornì nuovo alimento
alla venatura apocalittica del suo pensiero, che gli faceva presagire come
prossima la "fine del mondo; ma del mondo antico, donde sorgerà il
nuovo", nel quale gl’ordini morali di Cristo sarebbero diventati "gli
ordini civili delle nazioni", compenetrando lo Stato sino a produrre
"una società di uomini, retta da sé medesima, sotto la legge universale,
una, libera, fiorente, morigerata, santa, ed esprimente la concordia del cielo
colla terra" (lettera ad Unia). Per altro verso, si approfondiva sino a
divenire inconciliabile il dissenso del G. nei riguardi della linea mazziniana
e verso i movimenti insurrezionali, cui attribuiva la responsabilità di aver
"impedita o spenta una metà almeno di quel civile progresso che altrimenti
or sarebbe in Italia". Ne discendeva un caldo invito, rivolto ai suoi
numerosi corrispondenti piemontesi, all'accorta prudenza e a un lavoro di lunga
lena finalizzato a un apostolato politico basato sull'aperta propaganda delle
idee patriottiche. Dall'insieme delle posizioni giobertiane dell'esilio
parigino trasparivano una sostanziale sfiducia nel grado di maturazione
raggiunto dalla coscienza nazionale del popolo italiano, "languido, diviso
e inerte", un'attenuazione delle antecedenti pregiudiziali repubblicane e
l'abbandono delle convinzioni panteistiche. Sul piano politico, G. inquadra ora
la questione nazionale nella riapertura, ritenuta certa, del ciclo
rivoluzionario in Francia e nella susseguente esplosione di una guerra europea,
condizioni determinanti della liberazione dell'Italia dall'Austria e della
cacciata definitiva dei "nostri tiranni". Accetta, anche per
ragioni economiche, l'offerta di assumere l'insegnamento di storia e filosofia
nel collegio fondato a Bruxelles daGaggia (un ex sacerdote italiano
convertitosi al protestantesimo), che ospitava un centinaio di cattolici ed
evangelici. Forse anche in relazione alla più pacata atmosfera politica del
Belgio, dove i cattolici erano parte attiva del sistema costituzionale sortito
dalla rivoluzione, G. proseguì nella
revisione ideologica già profilatasi nel periodo parigino, prospettando più
lucidamente che nel passato un'esigenza di conciliazione, che non implicasse
identificazione, tra dogmatica religiosa e idee filosofiche e tra ordine
soprannaturale e ordine civile. Dichiarava in proposito che, mentre in
precedenza aveva immedesimato i dogmi cristiani colle idee, ora li disgiungeva,
evitando di ridurre il cristianesimo a una simbolica filosofia, ma
considerandolo invece il compimento della filosofia medesima"(a Pinelli).
Ne conseguì la decisione di produrre finalmente delle opere a stampa. Vide
infatti la luce a Bruxelles una sua "dissertazione religiosa"
intitolata Teorica del soprannaturale, o sia Discorso sulle convenienze della
religione rivelata colla mente umana e col progresso civile delle nazioni,
composta in poco più di un mese e stampata a spese dell'autore; cui seguirono,
in rapida successione, l'Introduzione allo studio della filosofia (Bruxelles),
che ebbe una circolazione superiore a quella, inizialmente limitatissima, della
Teorica, sebbene di entrambe le opere venisse interdetta l'introduzione nel
Regno sardo; la Lettre sur les doctrines philosophiques et politiques de m. de
Lamennais (dapprima anonima, nel Supplement à la Gazette de France, poi con
firma e con titolo leggermente mutato a Parigi-Lovanio); il saggio Del bello,
composto come voce dell'Enciclopedia italiana e dizionario della conversazione
(Venezia) diretta da Falconetti, e pubblicato anche come volume a sé
nell'autunno del 1841, prima opera di G. edita in Italia, che doveva essere
seguita da un altro testo destinato alla stessa sede, Del buono, uscito invece
in forma autonoma a Bruxelles; e le dieci lettere Degli errori filosofici di
Antonio Rosmini (Bruxelles; la seconda edizione porta a 12 il numero delle
lettere e comprendeva altri scritti giobertiani). Nella Teorica G. fa i
conti con il proprio antecedente itinerario intellettuale e con le tendenze
filosofiche del suo tempo. L'opera, imperniata sull'analisi delle relazioni tra
ordine religioso e ordine civile osservate sotto un'angolatura gnoseologica,
etica e storica, aveva come principale obiettivo polemico la riduzione
monistica della sfera religiosa a quella civile o viceversa, operata, secondo
G., dalle teorie razionalistiche e panteistiche, dal "cristianesimo
politico" dei sansimoniani alla Buchez, dal tradizionalismo antimoderno di
Maistre, Bonald e del primo La Mennais. Dalle dottrine tradizionalistiche,
tuttavia, G. prendeva, rielaborandola, l'idea di una rivelazione primitiva cui
veniva fatta risalire sia l'attivazione (mediante il dono soprannaturale del
linguaggio) della facoltà di conoscere e di volere e quindi l'origine della
civiltà, sia l'infusione nella mente umana di verità sovraintellegibili,
percepite come misteri, analizzabili razionalmente solo per via analogica, e fondanti
l'ordine religioso. Ne discendeva una storia parallela, basata sul principio di
distinzione e di interrelazione, della civiltà e della rivelazione religiosa,
anch'essa rappresentata come progressiva, fino al suo compimento nella
rivelazione cristiana, custodita integralmente e infallibilmente dalla Chiesa
cattolica. Il tracciato di questo duplice cammino era per G. contrassegnato dal
progressivo incremento del ruolo della religione come "causa e
stromento" di civiltà, e dal graduale accostamento degli ordini politici
al modello di società organizzata costituito dalla Chiesa (visibile tra l'altro
nell'applicazione alla sfera politica del sistema elettivo proprio degli ordini
ecclesiastici). Emergevano pertanto dalle pagine della Teorica i lineamenti di
una rilettura della genesi della civiltà moderna, in opposizione alla tesi
delle sue origini protestanti, e una riaffermazione del primato della religione
sulla civiltà e della Chiesa sullo Stato, che si traduceva nella confutazione
dei sistemi politici, assoluti o democratici che fossero, i quali implicassero
una subordinazione della religione alla volontà del sovrano. Si trattava, in
definitiva, di un'apologia del cattolicesimo in senso civile, che nello scorcio
conclusivo dell'opera assumeva una marcata impronta nazionale. Tale
impronta era ancora più forte nell'Introduzione allo studio della filosofia.
L'opera era infatti imperniata sull'idea che toccasse all'Italia, dopo un lungo
periodo di oscuramento della sua tradizione filosofica determinato dalla
perdita dell'"indipendenza civile", promuovere la restaurazione della
"vera filosofia", scomparsa dall'orizzonte europeo in seguito
all'espulsione dell'"idea di Dio dallo scibile umano", e porre
rimedio agli effetti devastanti prodotti sul piano politico dalla diffusione di
falsi principî filosofici, generatori delle due contrapposte tirannidi
prevalenti nel mondo moderno, quella dei despoti e quella del popoli,
dipendenti "dallo stesso principio, e aventi uno scopo unico, cioè il
predominio della forza sul diritto". L'Introduzione intendeva porre le
basi di un organico sistema filosofico (inteso in senso molto estensivo), in
grado di contrapporsi alle deviazioni psicologistiche, soggettivistiche o
panteistiche della filosofia moderna generate principalmente, sul piano
speculativo, dal pensiero e dal metodo analitico di Cartesio e, su quello
religioso, dalla Riforma: un sistema imperniato sull'Idea, intesa, a suo dire,
in un'accezione totalmente diversa da quella utilizzata dai sensisti, dagli
idéologues e dai panteisti moderni (tra cui HEGEL), e analoga invece a quella
platonica e malebranchiana. Il riferimento all'Idea, intuita dalla mente umana
come oggetto reale e in atto che esiste indipendentemente dal soggetto, cioè
come Ente o principio ontologico e non solo gnoseologico, si realizza nel
giudizio sintetico a priori o formula ideale "l'Ente crea
l'esistente", che pone nell'atto creativo l'origine del mondo, e da cui
scaturisce, in ragione dell'identica matrice della realtà generata e del pensiero,
l'intera enciclopedia filosofica sul piano speculativo. Il principio contenuto
nella formula ideale si esplica infatti in un secondo ciclo creativo che
procede, a differenza del primo, dall'esistente all'Ente, e del quale è
partecipe, come causa seconda, l'azione dell'uomo in quanto dotato di
intelligenza e di libero arbitrio, che lo rende "in un certo modo
creatore" e simile a Dio. Mentre il primo ciclo è il principale oggetto
dell'ontologia, scienza dei principî, il secondo ciclo, nel quale si esplica la
"vita attiva", è l'oggetto dell'etica, scienza dei fini. Tra le
molteplici applicazioni della formula ideale abbozzate nell'Introduzione
assumevano un rilievo particolare quella concernente il rapporto tra religione
e civiltà secondo lo schema relazionale già profilato nella Teorica, e quella
riguardante la sfera della sovranità. In argomento G., ponendo nell'Idea
l'origine della sovranità, ne confutava sia il fondamento contrattualistico
(visto come prodotto delle deviazioni soggettivistiche e sensistiche della
filosofia moderna), sia l'identificazione con il potere assoluto di un
principe. Definendo la sovranità come un processo discendente dall'Idea, ma
nello stesso tempo partecipativo, G. pervenne alla enunciazione di una formula
politica (modellata sulla formula ideale), per la quale "il sovrano fa il
popolo" ma "il popolo diventa sovrano", mediante "la
trasformazione lenta, graduata e sicura del Demo in patriziato. Ciò si
traduceva in un'apologia della monarchia civile o rappresentativa generata dal
cristianesimo e già prefigurata negli ordinamenti medievali, vista come sintesi
tra un potere tradizionale e un'"aristocrazia elettiva" chiamata a
estendersi col progredire dell'incivilimento. Inoltre, distinguendo il diritto sovrano
dal diritto del principe, il G. finiva per recuperare come "unico giure
assoluto, essenziale, irrepugnabile" l'idea di sovranità nazionale,
trasferendo alla nazione (una volta istituita come corpo politico) il carattere
di primazia che i fautori dell'assolutismo attribuivano al principe: sino a
proclamare non solo il diritto di resistenza nei confronti del principe
assoluto, ma financo, in casi estremi, la legittimità della rivoluzione.
Il progetto di cui la Teorica e l'Introduzionecostituivano una prima
cornice speculativa era sintetizzato in una lettera a ROVERE (si veda) (Epistolario), dove G. esprime la convinzione
che il solo modo di giovare all'Italia fosse quello di "creare una scuola
di libertà temperata, morale, religiosa, italiana, una scuola di civiltà tanto
aliena dal sentire dei demagoghi quanto da quello dei despoti"; indicava
l'obiettivo di far della religione "una insegna nazionale"
immedesimandola "col genio dell'Italia, come nazione", facendone
"una di quelle idee madri che seggono in cima al pensiero degli uomini e
signoreggiano ogni parte del vivere civile". Con l'aggiunta che,
distinguendo "nella religione cattolica la credenza dall'istituzione"
e insistendo sulla seconda, non sarebbe stato difficile convincere gli
increduli che "il cattolicesimo, anche umanamente considerato, sia il
migliore degli istituti religiosi possibili. Un programma di così
ambiziosa portata prefigurava un disegno in qualche misura egemonico sul piano
culturale e induceva G. non solo a entrare in diretta polemica con le opere di
autorevoli esponenti del coevo pensiero europeo, come Cousin (in uno scritto
concepito come appendice dell'Introduzione, ma pubblicato inizialmente a parte,
a Bruxelles, le Considerazioni sopra le dottrine religiose di Cousin), e come
Lamennais (in un opuscolo duramente critico verso le sue ultime opere
filosofiche e politiche), ma soprattutto a competere con l'altro pensatore
italiano, Rosmini, che aveva intrapreso a propria volta, con intenti non meno
ambiziosi, un programma di edificazione di una filosofia cristiana capace di
misurarsi con il pensiero moderno. Il dissenso nei suoi confronti si era già
manifestato nell'Introduzione, dove alla dottrina rosminiana dell'Essere ideale
era mossa la critica di perdurante e invalicabile psicologismo e perciò di
soggettivismo e finanche di sensismo mascherato. Tale iniziale dissenso si
tradusse in acre e prolungata polemica, specialmente in ragione dei successivi
interventi dei seguaci del Rosmini, come Tarditi, Gastaldi, arcivescovo di
Torino, G. di CAVOUR (si veda), secondo i quali le tesi giobertiane menavano
dritto al panteismo. G. ribatté colpo su colpo, incominciando dalla già citata
alluvionale opera Degli errori filosofici di SERBATI (si veda), importante
soprattutto per il fatto che l'autore vi tracciava il processo teorico
attraverso cui era pervenuto alla formula ideale. Nella polemica G. è
affiancato e sostenuto dai suoi amici e seguaci, come Rossi di Santarosa,
mentre risultò vano l'intervento pacificatore di N. Tommaseo. Sempre a
Bruxelles, G. diede alle stampe l'opera
che doveva dargli la celebrità, Del primato morale e civile degli Italiani,
tirato nella prima edizione in 1500 esemplari. Concepito inizialmente come
"un'operetta di non molte pagine", "un discorsetto non solo sul
Papa ma sull'Italia", il Primato divenne strada facendo un ponderoso
lavoro in due grossi volumi, la cui scrittura procedette in parallelo con la
stampa fino al maggio dell'anno successivo. L'opera, dalla struttura
sovrabbondante e magmatica, colma di formule apodittiche e di scarti lessicali,
aveva tuttavia un suo asse portante nel tentativo di definire i caratteri
originali e permanenti della nazionalità italiana sintetizzati in quello che G.
chiamava genio nazionale. Plasmato da fattori naturali, come il sito geografico
e la feconda mescolanza di stirpi pelasgiche ed etrusche, connotato dalla
preminenza di elementi sacerdotali e aristocratici, dotato di un suo
particolare "genio federativo" espresso dalla "società di
popoli" realizzata dalla repubblica romana (poi tralignata in signoria imperiale),
riflesso culturalmente da un'ininterrotta tradizione filosofica autoctona, il
genio italico aveva trovato, secondo il G., una sua configurazione
effettivamente nazionale per opera del Papato, che lungo il Medioevo gli aveva
dato stabile forma avviando la traduzione in "ordini civili" dei
dettati religiosi e morali del cristianesimo. Il tratto costitutivo della
nazione italiana veniva così reperito in un principio ideale, convalidato
tuttavia da fattori naturali di tipo etnico e confermato dalla storia:
nell'essere l'Italia nazione religiosa per eccellenza, dotata di un primato
religioso determinato dal trapianto in Roma dell'Evangelo e dall'elezione
provvidenziale della sede romana a sede apostolica, che si riverberava in un
primato dell'Italia nell'ordine morale e civile, da cui traeva il carattere di
creatrice, conservatrice e redentrice della civiltà europea. Il ruolo o la
missione religioso-civile, che faceva degli Italiani il nuovo Israele e
dell'Italia una nazione sacerdotale, veniva perciò raffigurato dal G. come
indivisibile da quello del Papato: il quale, mediante l'esercizio della potestà
civile connaturata alla sua primazia religiosa, non solo aveva costituito la
nazionalità italiana, ma le aveva altresì impresso i tratti suoi propri di
nazione guelfa. Per converso, il declino della potestà civile dei pontefici,
iniziato nel tardo Medioevo e culminato nell'Età moderna, si era tradotto nella
decadenza, nell'asservimento politico, nella subordinazione culturale
dell'Italia e nella frammentazione politico-religiosa dell'Europa. Il
risorgimento italiano, concepito da G. sullo sfondo di una riunificazione
religiosa europea, veniva dunque a raccordarsi strettamente con la
restaurazione della "scaduta potestà civile del Papa in modo conforme e
proporzionato all'indole e ai bisogni del secolo". Tale formula conteneva
il nocciolo della tesi centrale del Primato: posto che, secondo G., l'esercizio
della potestà civile pontificia, perno della più ampia potestà civile della
Chiesa, era per sua natura suscettibile di assumere modalità variabili in
relazione al cammino della civiltà in senso secolare, essa era chiamata a
evolversi in maniera vieppiù adeguata alla propria originaria legittimazione
religiosa e alla progressiva acquisizione di "indipendenza civile" e
di capacità nazionale da parte dei popoli, assumendo le forme preminenti della
forza morale, della persuasione, dell'influenza pacifica e pacificatrice.
L'itinerario della potestà civile pontificia tracciato da G. procedeva dunque
dalla "dittatura", consona alle età barbariche, verso un "potere
arbitrale", delimitato dal fatto di non "avere alcun effetto civile
che non sia consentito alla libera [cioè liberamente] dalle parti gareggianti e
deliberanti". Si realizzava così la saldatura tra la restaurazione-riforma
del potere civile del Papato e il Risorgimento italiano: nel senso che la
ridefinizione del primo avrebbe reso possibile l'esercizio effettivo da parte
del pontefice del ruolo, mai assunto nel passato, di capo civile della nazione
sotto forma presidenziale (o dogale) - un ruolo, dunque, istituzionale, analogo
ma più forte di quello arbitrale -, e la contemporanea trasformazione in unità
"nazionale e politica" della preesistente, ma virtuale, unità
italiana senza che ne venissero toccati i legittimi poteri dei sovrani.
Quest'ultimo aspetto costituiva un altro snodo del Primato, che consentiva a G.
di tracciare una via consensuale, pacifica e aliena da fratture rivoluzionarie
per la costruzione dello Stato nazionale. Scartate come estranee alla natura e
alla storia del genio italico le forme del dispotismo e della democrazia
"demagogica" fondata sull'idea della sovranità popolare, e assumendo
come punto di riferimento il riformismo settecentesco, in specie di Leopoldo e
di Benedetto XIV, G. raffigura l'erigenda entità politica nazionale come una
confederazione dei maggiori Stati italiani, retti a monarchia
"consultiva" sotto la presidenza moderatrice del pontefice elettivo.
La formula della monarchia consultativa veniva preferita a quella della monarchia
rappresentativa per il fatto di non frammentare la sovranità, e di permettere
ugualmente ai sovrani di governare secondo il voto della nazione, raccolto e
filtrato da un corpo vitalizio di "veri ottimati" tratto da
un'aristocrazia selezionata dal merito e dall'ingegno più che dal sangue
nobiliare, agente come canale di collegamento con l'opinione pubblica.
Un'attenzione particolare era dedicata dal Primato al potere dell'opinione
negli Stati moderni, alle condizioni necessarie del suo sviluppo, al ruolo che
il clero era chiamato a esercitarvi nel rispetto del "principio sacrosanto
della libertà delle coscienze", alla funzione modernizzatrice delle
élitesintellettuali. L'utopia della confederazione italiana (tale la definiva
lo stesso G.) si traduceva in una forma politica composita, che richiamava in
certa misura l'ordinamento ecclesiastico, caratterizzata dalla presidenza
conciliatrice del pontefice, da un insieme di "aristocrazie civili e
consultative, ciascuna sotto un capo ereditario investito del supremo
comando", e finalizzata all'unione, all'indipendenza e alla realizzazione
della libertà civile, tenuta distinta da quella politica, cioè
costituzionale. Scritto come libro moderatissimo per non irritare gl’animi
e consentirgli di circolare per tutta la penisola (il che accadde, nonostante
gli interdetti dell'Austria e il divieto di smercio nello Stato pontificio),
con l'esplicita intenzione di raccogliere i più ampi consensi, il Primato
lasciava deliberatamente da parte argomenti di più immediata rilevanza
politica, che pure G. affermava di aver originariamente previsto, quali il
predominio dell'Austria o la laicizzazione del governo dello Stato pontificio.
Il Primatosegnava inoltre un ripiegamento rispetto ad alcune delle tesi
sviluppate nell'Introduzioneallo studio della filosofia e conteneva positivi
apprezzamenti nei riguardi della Compagnia di Gesù. Accolto con favore in
ambienti laici ed ecclesiastici, compresi quelli gesuitici, ma stroncato da
Ferrari nel quadro della polemica antigiobertiana che percorreva il suo saggio
La philosophie catholique en Italie (uscito in due puntate sulla Revue des deux
mondes, cui G. rispose con una lettera pubblicata in appendice alla seconda
edizione di Degli errori filosofici di SERBATI), il libro contribuì in modo
rilevante alla formazione dell'opinione nazionale, pur a prezzo o forse in
ragione delle sue reticenze e dissimulazioni, trovando una naturale
collocazione nel contesto del riformismo moderato degli anni Quaranta,
specialmente in Piemonte, grazie anche all'apologia, presente in certe sue
pagine, della missione nazionale riservata allo Stato sabaudo sotto il profilo
militare, e all'esaltazione del riformismo carloalbertino: temi subito ripresi
e sviluppati, in senso più marcatamente sabaudista ma anche meno proclive
all'idea del primato italiano, nelle SPERANZA DEGL’ITALIANI di BALBO (che sul
finire ha parte principale nella nomina di G. a socio nazionale non residente
dell'Accademia delle scienze di Torino). Di segno opposto furono le accoglienze
riservate al Primato da Mazzini e dai neoghibellini. La prima edizione del
Primato - la cui lettura era resa ancora più ardua dalla mancanza di un indice
analitico - andò rapidamente esaurita, e G. provvide ad allestirne una seconda
corretta, stampata dallo stesso tipografo belga, e comprendente un lungo testo
introduttivo, che venne tirato a parte in 2000 copie col titolo di Prolegomeni
del Primato. Qui G. abbandonava alcune delle originarie cautele, con un
pronunciamento a favore della monarchia rappresentativa e con un'acre denuncia
degli orientamenti settari attivi nella Chiesa e identificati in particolare
nell'Ordine gesuitico o, per meglio dire, nel "gesuitismo" inteso
come categoria morale contrapposta al "cattolicismo" e incompatibile
con la civiltà moderna e i suoi valori nazionali. Ciò innescava un'aspra
controversia, destinata ad aggravarsi e a prolungarsi nel tempo, con eminenti
scrittori della Compagnia, segnatamente con F. Pellico, fratello di Silvio, e
Curci, non senza il sostegno e l'incoraggiamento del padre generale J.
Roothaan. I Prolegomeni segnavano una prima sterzata rispetto alle
tonalità ecumeniche del Primato, e il riaffiorare nel G. di una virulenta vena
polemica che trovò un successivo sfogo nella pubblicazione del Gesuita moderno,
apparso a Losanna. Una parte non trascurabile nella vicenda ebbe il passaggio di
G. da Bruxelles a Parigi, reso possibile dall'autonomia finanziaria
assicuratagli dalla buona riuscita della sottoscrizione promossa a Torino da
Pinelli per una nuova edizione delle sue opere complete. A Parigi, ove rinsaldò
l'amicizia con G. Massari (divenuto nel frattempo suo discepolo e ammiratore),
G. si trovò nel pieno dello scontro sulle scuole delle congregazioni e nel
cuore delle controversie sulla Compagnia di Gesù innescate dai corsi tenuti al
Collège de France da Quinet e da Michelet. Soprattutto, suscitò grande eco
nell'animo di G., che ne avrebbe tratto a più riprese corrosivi spunti
antigesuitici, il coinvolgimento della Compagnia nei coevi conflitti
politico-religiosi della Svizzera, sfociati poi nella guerra del
Sonderbund. Impostato come una replica alle critiche dei padri Pellico e
Curci, Il gesuita moderno si trasformò strada facendo in un farraginoso lavoro
in cinque volumi (l'ultimo dei quali di documenti) scritto dal G. in uno stato
di tensione e di inquietudine che lo induceva a sospettare di una sistematica
opera di spionaggio messo in atto da emissari della Compagnia nei suoi
confronti. L'opera era un concentrato di argomenti antigesuitici ricavati dalla
storia e collegati dall'idea dominante già abbozzata nei Prolegomeni: la
radicale e irrimediabile ostilità dello spirito gesuitico, in quanto pervaso da
misticismo, lassismo morale e autoritarismo, a un cattolicesimo civile,
ispiratore del movimento nazionale. Nel rappresentare il gesuitismo come il
principale e più subdolo nemico del Risorgimento, G. prendeva anche in
considerazione, in un'appendice al quinto volume, le tesi enunciate d’Azeglio
nel saggio Della nazionalità, dove si affermava non essere l'indipendenza
politica un attributo necessario della nazionalità, e veniva definito
inammissibile il perseguimento di uno Stato nazionale se in conflitto con i
diritti dei sovrani. G. vi contrappone un'idea di nazionalità come
"creatrice di diritti", fattore sostanziale e incoercibile di
identità di un popolo, in tal modo proclamando non solo l'incomponibile
divaricazione tra due idee di nazionalità, ma anche prendendo definitivo
congedo dalle sfumature legittimistiche del Primato. Gli eccessi polemici
del Gesuita moderno, singolarmente contrastanti con la moderazione del Primato,
gli valsero un'accoglienza controversa e suscitarono non poche critiche anche
da parte di cattolici liberali come Balbo, SERBATI e Tommaseo; ma assicurarono
ulteriore udienza e popolarità all'autore e un'ampia circolazione, superiore a
quella del Primato, all'opera, che non era stata interdetta dalla censura
ecclesiastica ed era venuta a cadere in una fase in cui il vento antigesuitico
spirava forte negli Stati europei (la seconda edizione fu tirata in 12.000
copie). I cambiamenti avvenuti nella Chiesa e nella situazione italiana
con l'elezione di Pio IX e l'accelerazione del movimento riformatore, gli
atteggiamenti assai cauti, se non riguardosi, del nuovo papa, già lettore del
Primato, nei confronti di G., e, viceversa, il moltiplicarsi delle critiche al
Gesuita modernoin Italia e più ancora in Francia, specialmente per mano
dell'archeologo Ch. Lenormant, indussero G., a porre mano a un nuovo lavoro,
l'Apologia del libro intitolato "Il gesuita moderno", con alcune
considerazioni intorno al Risorgimento italiano (Bruxelles e Livorno). Qui la
rinnovata battaglia contro il gesuitismo, estesa ora al partito francese dei
"laici ipercattolici" capeggiato da Montalembert, veniva a
connettersi più direttamente con i progressi compiuti nel frattempo dal
movimento nazionale e interpretati dal G. come una totale convalida delle
proprie tesi. Sennonché, tra l'inizio della stesura e della stampa, progredita
assai lentamente, e la conclusione del lavoro erano intervenuti il
sovvertimento della scena politica europea con la rivoluzione parigina del
febbraio (direttamente osservata e idealmente difesa dal G.), la concessione
degli statuti da parte dei maggiori sovrani italiani, la rivoluzione di Vienna
e la crisi dell'Impero austriaco, l'insurrezione milanese, l'avvio della guerra
in Italia. Inoltre la Compagnia di Gesù era stata espulsa da molti Stati, tra
cui quello sabaudo, tanto da far pensare al G. che i gesuiti, dei quali aveva
auspicato in lettere private l'espulsione, fossero "morti
politicamente", pur continuando a sopravvivere "i loro spiriti".
Tutto questo impose un rifacimento del capitolo finale dell'opera, più legato
all'attualità, e la stesura di un lungo proemio, datato Parigi, in cui i fatti
italiani, a partire dalla rivoluzione siciliana del gennaio, entravano
prepotentemente nella sua analisi, rendendo il libro ancor più eterogeneo nei
suoi contenuti e il suo titolo ancor più inadeguato, ma accrescendone pure di
molto l'interesse. L'opera vide finalmente la luce, in quattro edizioni quasi
contemporanee, quando il G. era ormai ritornato a Torino. Molteplici
elementi imprimevano all'Apologiail tono di un manifesto programmatico, in
linea con i numerosi interventi avviati da G. su alcuni giornali liberali come
la Patria di Firenze, l'Italia di Pisa, il Risorgimento e soprattutto la
Concordia di Torino, diretta da L. Valerio: in primo luogo, l'esaltazione,
condotta con toni volutamente forzati, dell'azione riformatrice di Pio IX, nel
quale G. indica l'incarnazione provvidenziale del pontefice da lui stesso
preconizzato, guida del Risorgimento nazionale interpretato come "un
evento religioso, europeo, universale", promotore di "una rivoluzione
fondamentale negli ordini umani del cattolicesimo" e di una metamorfosi
del Papato da "aristocratico e monarcale" a "popolano e
democratico come nelle sue origini"; in secondo luogo, la perorazione per
la sollecita creazione di un regno costituzionale dell'Alta Italia sotto la
dinastia dei Savoia, accompagnata dalla confutazione dei programmi
municipalisti e repubblicani. Per altro verso, l'Apologia portò allo scoperto,
sotto la sollecitazione degli eventi, venature del pensiero giobertiano in
precedenza tenute in ombra, riflettendone gli approdi più recenti. Il libro era
tutto attraversato dal tema della democrazia, non tanto intesa come ordinamento
politico, ma quale prorompente e benefica "rivoluzione, che per la mole,
l'estensione, la natura, l'importanza, la durata, non si può comparare a niuna di
quelle che la precedettero, la quale avrà per ultimo esito di conferire al
popolo la piena signoria delle cose umane"; rivalutava, rifacendosi alle
opere di Lamartine e Michelet, l'opera dei giacobini nella Rivoluzione
francese; assegnava a meta conclusiva del movimento nazionale, dopo la
necessaria fase federativa, la costituzione di uno Stato unitario, accennando a
una sua futura trasformazione in senso repubblicano; individuava il solo modo
di perpetuare la monarchia pontificia in una riforma costituzionale dello Stato
della Chiesa, che consentisse al papa, in quanto principe temporale, di regnare
senza governare e di realizzare la "separazione assoluta del governo
spirituale dal temporale". Quando rientrò a Torino, dopo oltre
quattordici anni di esilio e accolto da entusiastiche manifestazioni, G. era
reduce da una prima cocente delusione politica, determinata dall'annuncio
confidenziale, pervenutogli a Parigi e seguito da immediata smentita, della sua
nomina a ministro dell'Istruzione nel gabinetto Balbo, fatta cadere dal veto di
Carlo Alberto, che gli era e gli restò ostilissimo. In compenso, in un collegio
torinese e in uno genovese era appena stato eletto a sua insaputa alla Camera
subalpina, che alla metà di maggio lo proclamò proprio presidente. Fino alla
fine di luglio, tuttavia, G. non mise piede in Parlamento, perché ai primi di
maggio, accompagnato da don G. Baracco, già era partito per una lunga
peregrinazione politica, che lo avrebbe portato a Milano (dove ebbe un incontro
col Mazzini), al quartier generale piemontese di Sommacampagna (dove fu
ricevuto da Carlo Alberto), poi, attraverso la Lombardia e l'Emilia, a Genova,
a Livorno, a Roma (dove soggiornò due settimane e fu ricevuto in tre diverse
udienze da Pio IX), e infine, per l'Umbria e le Marche, a Bologna e a Firenze,
donde rientrò, via Genova, nella capitale sabauda. Il viaggio per l'Italia,
avvenuto in una fase in cui la guerra federale contro l'Austria aveva ricevuto
un colpo letale dall'allocuzione di Pio IX
- il cui significato il G. tentò invano di minimizzare - e dalla
reazione borbonica di maggio, fu tanto indicativo dei vertici raggiunti dalla
popolarità del G., ovunque fatto oggetto di accoglienze trionfali e talora
deliranti, e tanto ricco d'incontri con i più vari circoli politici, quanto
povero di durevoli risultati. Nel corso di tale viaggio, affrontato con lena
missionaria, il G. propagandò fervidamente alcune idee-guida: in nome della
concordia nazionale combatté a spada tratta le ipotesi repubblicane di ogni
genere, i movimenti da lui tacciati di municipalismo, i progetti per
un'assemblea costituente, che finì tuttavia per ritenere inevitabile e non
pericolosa a certe condizioni; invocò il pronto accoglimento dei voti di unione
al Regno sabaudo del Lombardo-Veneto e la proclamazione di un forte regno
dell'Italia settentrionale; tentò con la medesima energia di rilanciare la
soluzione federale, contro i riaffioranti particolarismi statali e dinastici,
non esclusi quelli del Piemonte; si adoperò per un consolidamento del sistema costituzionale
a Roma, utilizzando anche i propri rapporti di amicizia con il ministro T.
Mamiani. Analoghi programmi il G. sostenne durante la breve vita del
gabinetto Casati, al quale fu aggregato dal 29 luglio, giusto all'indomani del
disastro di Custoza, in qualità di ministro senza portafoglio e poi
dell'Istruzione, facendosi personalmente promotore della missione del Rosmini
presso Pio IX, finalizzata alla stipulazione di un trattato confederale e di un
nuovo concordato. Ma la firma dell'armistizio Salasco e l'interruzione della
guerra con l'Austria lo colsero di sorpresa. Di fronte alla svolta che portò
alle dimissioni del governo Casati, il G. abbracciò posizioni assai impopolari
presso i moderati, dapprima avversando e poi perorando una richiesta di aiuto
militare alla Repubblica francese, combattendo a spada tratta la richiesta di
una mediazione diplomatica franco-inglese, schierandosi per una ripresa della
guerra in una cornice federativa quanto mai inattuale. Le ombrosità e le
ambizioni del G., che aspirava alla presidenza del Consiglio, ebbero modo di
tradursi in aperto dissenso politico in occasione della formazione del governo
presieduto da C. Alfieri di Sostegno (poi da E. Perrone di San Martino), che
pure includeva tre amici del G. come il Pinelli, in posizione preminente, Merlo
e Santarosa. Al nuovo ministero G. dichiarò guerra aperta con un opuscolo dai
toni aggressivi, I due programmi del ministero Sostegno (Torino). Accusato il
nuovo governo di spirito municipalista, cioè di disinteresse per le sorti degli
altri Stati italiani, G., che aveva lasciato il seggio parlamentare in
occasione della sua nomina ministeriale, tentò, facendo appello all'opinione
pubblica nazionale, di promuovere una politica alternativa basata sull'idea di
una Costituente federativa con mandato limitato, da contrapporre sia
all'inerzia del governo piemontese in carica, sia ai programmi di Costituente
agitati dai gruppi democratici radicali. Fu quindi coinvolto nella fondazione
della Società nazionale per la confederazione italiana, che tenne in ottobre a
Torino il suo primo e unico congresso. Preceduto da un suo infiammato indirizzo
"ai popoli italici" (dov'erano tra l'altro adombrati gli irreparabili
guasti religiosi di un eventuale "funesto scisma d'Italia e di Roma")
e aperto da un discorso introduttivo in cui G. denuncia le colpe dei
repubblicani pratici e le "disorbitanze dei democratici schietti e dei
comunisti", il congresso si concluse con la faticosa elaborazione di un
progetto di Costituente federativa e con la proclamazione del carattere
irrevocabile della fusione delle regioni settentrionali nel Regno dell'Alta
Italia. Rieletto alla Camera nella tornata suppletiva e nuovamente asceso
alla presidenza dell'Assemblea, dopo le dimissioni del governo da lui accanitamente
avversato il G. ebbe a metà dicembre l'incarico di presiedere il nuovo
ministero, in cui assunse anche il dicastero degli Esteri. Salito alla
presidenza del Consiglio non più come simbolo di unità e di concordia ma come
esponente di maggior spicco dell'opposizione, nel discorso programmatico definì
il proprio ministero con l'appellativo di democratico, cioè, come disse, volto
a innalzare la plebe "a dignità di popolo", a serbare rigidamente
l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge comune, a provvedere agli
interessi delle province, con implicito riferimento alla difficile situazione
genovese, a "corredare il principato d'istituzioni popolane, accordando
con gli spiriti di queste i civili provvedimenti"; manifestò inoltre
l'intenzione di riprendere la guerra interrotta, di promuovere una Costituente
federativa italiana, e proclamò il diritto degli Stati italiani - di fatto, il
diritto dello Stato sabaudo, cui attribuiva apertamente una funzione egemonica -
di intervenire negli altri Stati della penisola per evitare sommovimenti
rivoluzionari o interventi militari stranieri. G. s'inoltrò pertanto in una
politica nazionale alquanto avventurosa, seppur coerente con il principio,
carico di valore ideale ma povero di forza normativa e da lui ribadito in
documenti ufficiali, per il quale egli affermava la sussistenza di un diritto
della nazionalità, preminente sulle vigenti istituzioni politiche e imperativo
nelle relazioni tra gli Stati italiani. Venne così progettando invii di truppe
sarde nei punti critici della penisola e si propose come indesiderato mediatore
tra i sovrani italiani e i loro popoli. Del tutto vani si rivelarono i suoi
insistiti tentativi di intermediazione tra Pio IX, rifugiatosi a Gaeta, e la
commissione provvisoria di governo di Roma, intesi a ricondurre il pontefice
nel suo Stato con l'appoggio di truppe piemontesi subordinato al mantenimento
degli ordini costituzionali; e volti nel contempo a impedire l'ingresso di
Mazzini in Roma e la convocazione della Costituente italiana. Sul finire
dell'anno G. chiede e ottenne dal sovrano lo scioglimento della camera e
l'indizione di nuove elezioni, che videro il suo personale successo in dieci
collegi del Regno, ma produssero un'Assemblea decisamente sbilanciata sulla
Sinistra democratica. Poco attento agli equilibri parlamentari, che considerava
con un certo disdegno, abbandonate le velleità di convincere Ferdinando di
Borbone e gli indipendentisti siciliani ad affidare alla Costituente federativa
la composizione del loro prolungato conflitto, s'addentrò in un'avventura
militare che doveva riuscirgli fatale. Dopo aver lungamente tentato, grazie
anche ai suoi buoni rapporti con Montanelli, di indurre il governo democratico
toscano a più moderati consigli circa i ventilati progetti di Assemblea
costituente, posto di fronte alla traduzione di tali progetti in legge
operativa e alla successiva fuga di Leopoldo II, G. predispose in gran
segretezza un intervento armato piemontese in Toscana, per riportare il
granduca sul trono preservando il sistema costituzionale. La conoscenza del
disegno, rivolto contro un governo di orientamento marcatamente democratico, e
degli atti compiuti per realizzarlo, provocò la sollevazione del Parlamento
sardo, una frattura profonda nella compagine ministeriale e le dimissioni del
presidente del Consiglio, accolte di buon grado dal sovrano, pronto a
sostituirlo con il generale A. Chiodo. Per sostenere le ragioni della propria
politica, invisa ormai alla maggioranza dei gruppi parlamentari di ogni
orientamento, G. da vita a un giornale politico, il Saggiatore, sul quale
intervenne per invocare l'unità degli spiriti in occasione della ripresa della
guerra con l'Austria, da lui perorata ma ora altamente disapprovata per i modi
in cui era avvenuta. Dopo Novara l'abdicazione di Carlo Alberto e l'ascesa al
trono di Vittorio Emanuele II, G., su invito di Pinelli, accetta di entrare
come ministro senza portafoglio nel nuovo gabinetto presieduto da Launay,
nonostante il solco profondo che lo divideva dal primo ministro e dai suoi orientamenti
conservatori, e di assumere l'incarico di inviato straordinario del Regno sardo
a Parigi. L'indeterminatezza del compito affidatogli e gli atti poco amichevoli
compiuti dal governo piemontese nei suoi confron ti non appena giunto a
destinazione, indicavano che il vero significato della missione era quello di
togliere di mezzo l'incomodo personaggio, anche per favorire le trattative di
pace con l'Austria. Il G., che aveva preso a tessere relazioni con vari
personaggi della vita politica francese e inglese, tra cui Tocqueville, reagì
con la consueta irruenza, troncò ogni rapporto ufficiale con il Regno sardo
dimettendosi da deputato, da ministro e da inviato straordinario, manifestò a
chiare lettere il suo pessimismo sulla situazione italiana, espresse il suo
distacco dal Piemonte anche con la decisione di restituire le somme
pervenutegli per l'edizione delle sue opere, e si ritirò in un secondo,
volontario esilio. Si aprì per G. un altro periodo operosissimo sul piano
intellettuale e di riflessione, non certo distaccata, sugli eventi di cui era
stato protagonista. Nella corrispondenza privata, tutta intessuta di
riferimenti alla situazione italiana, francese ed europea, ebbe modo di
reagire, con sarcasmo misto ad amarezza, alla condanna comminata dalla
congregazione dell'Indice al suo Gesuita moderno, adottando pubblicamente la
linea del silenzio anziché quella della sottomissione. Sul piano politico
espresse a più riprese la convinzione che le idee repubblicane, colorate di
socialismo, fossero in fase di inarrestabile ascesa, affermando, in una letteram
di vedere all'opera una Provvidenza tinta di rosso "perché ordina tutto al
trionfo vicino o lontano di questo colore". Si dichiarava altresì fautore
di un ordinamento scolastico saldamente nelle mani dello Stato, in quanto
promotore e responsabile dell'"educazione nazionale", della gratuità
dell'istruzione primaria, dell'assistenza pubblica ai vecchi, agli ammalati e
alla povertà che non trova da lavorare. Mentre usciva a Capolago, per
iniziativa e con un'introduzione del Massari, una raccolta di lettere,
interventi e discorsi con il titolo di Operette politiche, G. riprese in mano i
propri lavori di argomento filosofico e religioso, editi e inediti, ma
soprattutto si dedicò alacremente alla stesura di una nuova opera di ampio
respiro che volle si stampasse a Parigi sotto la sua sorveglianza, pur
affidandone la pubblicazione all'editore torinese Bocca: era Del rinnovamento
civile d'Italia, che vide la luce in due volumi, il secondo dei quali contenente
anche una nutrita parte documentaria. Il Rinnovamento si presenta come una
riflessione politica che, prendendo spunto dalla ricostruzione critica e
storica degli eventi, affronta il tema generale delle mutate condizioni interne
e internazionali in cui l'unificazione nazionale avrebbe ripreso il suo
cammino. Il saggio proclama la fine della fase del Risorgimento e l'inizio
della fase del rinnovamento, concepito come parte integrante "di un moto
comune a quasi tutta l'Europa: il primo si era mosso nella logica di una
trasformazione graduale delle cose, il secondo avrebbe assunto "aspetto e
qualità di rivoluzione"; il primo era stato movimento autonomo, governato
dalle condizioni dell'Italia, il secondo sarebbe dipeso "in gran parte dai
fatti esterni"; il primo aveva dovuto limitarsi all'obiettivo di un
sistema federale "perché non ve n'era altro possibile", il secondo
non poteva escludere una possibile, e benefica, accelerazione storica verso
l'unificazione politica. Su questa falsariga G. affrontava dettagliatamente,
traendo lezione dagli errori che a suo giudizio erano stati commessi da tutte
le forze nazionali, una serie di argomenti di grande impegno: l'insostenibilità
del potere temporale dei papi, la maggiore anticaglia superstite dell'età
nostra, dannoso all'Italia, all'Europa e soprattutto al cattolicesimo come
causa di subordinazione del Papato alle forze della reazione interne ed
esterne; il posto e la natura del partito conservatore e del partito
democratico nella politica nazionale; le condizioni alle quali il Piemonte, il
paese più scarso di spiriti italici, dominato da una classe politica di patrizi
e di avvocati inclinati al municipalismo, guidato da una dinastia stata finora
impropizia all'ingegno, aristocratica e municipale, e nondimeno l'unico ad aver
preservato gli ordinamenti costituzionali, poteva svolgere quel ruolo egemonico
su scala nazionale che solo avrebbe salvato la monarchia sabauda da un fatale
declino. Un argomento che l'autore adduceva a convalida delle proprie tesi, e
che, diversamente dal Primato, implicava l'attribuzione al REGNO SARDO di un
ruolo anche morale (pur rimanendo una futura "Roma laicale e civile il
principio ideale della risurrezione italica"), era la politica
ecclesiastica inaugurata dalle leggi Siccardi: un passo verso la
"separazione assoluta tra le due giurisdizioni", la temporale e la
spirituale, costituente "la prima base della libertà religiosa, che tanto
è cara ai popoli civili", cornice necessaria alla formazione di un clero
"liberale e sapiente", capace di purgare la religione "dagli
errori e dagli abusi che la guastano". Ma il Rinnovamento era pure
un discorso di scienza civile, secondo la definizione giobertiana, intessuto di
riferimenti a MACHIAVELLI, ma condotto sulla base dei "bisogni principali
dell'età nostra, il predominio della filosofia, l'autonomia delle nazioni e il
riscatto della plebe": a soddisfare i quali G. pone come condizioni
l'esistenza di governi liberi, la costituzione di Stati a misura nazionale, il
funzionamento di ordini civili atti a promuovere l'innalzamento della plebe a
popolo. Per tale aspetto una funzione determinante veniva attribuita, da un
lato, all'"ingegno", cioè alle élites intellettuali, chiamate a
imprimere unità e coesione alla "sciolta moltitudine", e a impedire
che sotto il simulacro della democrazia trionfasse invece la demagogia dei
numeri e delle masse; dall'altro lato, alle riforme economiche, "unico
riparo al comunismo politico", se volte a ripartire e a regolare le
ricchezze (anche con l'imposta progressiva) e non a inaridire le sue fonti. Il
Rinnovamento, percorso tra l'altro da fremiti antiborghesi, rifletteva una
visione del movimento nazionale quale luogo d'incontro e d'interazione tra le
"aristocrazie dell'ingegno", tratte dal popolo e da questo riconosciute,
e le plebi anelanti al proprio riscatto sociale, garantite da una monarchia non
solo costituzionale, ma anche schiettamente popolare. Nel pubblicare il
Rinnovamento iG. era convinto che l'opera sarebbe incorsa nell'interdetto della
Chiesa. Quando apprese che il S. Uffizio, con decreto condanna tutte le sue
opere, in qualunque lingua pubblicate, si consola col rilevare che, involgendo
nella proscrizione anche quegli saggi che sono conosciuti da tutti per
irreprensibili, si erano meglio manifestati il puntiglio di Pio IX e la
vendetta dei gesuiti. I pesanti giudizi su figure eminenti della classe
politica subalpina di cui il Rinnovamento è cosparso, provocarono una tempesta
di polemiche, cui G. risponde con due opuscoli, il primo dei quali contene una
risposta (che non cambia, ma semmai aggrava la sostanza di quei giudizi) alle
risentite reazioni di Rattazzi, di Gualterio e del generale Dabormida. Il
secondo intitolato Ultima replica ai municipali, ha soprattutto di mira il
Pinelli e C. Bon Compagni, schieratosi a difesa del vecchio amico del G. e
ormai divenuto uno dei suoi bersagli preferiti, il quale si è ammalato
gravemente nel bel mezzo della diatriba. La morte di Pinelli, sopravvenuta
quando già l'opuscolo è stampato, crea grande imbarazzo a G., che stese a
tamburo battente un Preambolo in cui rende giustizia sul piano personale alla
figura del defunto, decidendo in seguito, dopo vari tentennamenti, di far
distruggere le oltre 1200 copie già stampate dell'ultima replica - di cui resta
un solo esemplare - e di mettere in circolazione esclusivamente il Preambolo
(Parigi e Torino). È l'ultimo saggio edito lui vivente. In assoluta
solitudine G. muore infatti improvvisamente, nel suo modesto appartamento di
Parigi. Tra le sue carte rimase una mole imponente di frammenti manoscritti e
di opere incompiute e inedite, costituenti nel loro insieme una specie di
continente sommerso, non meno rilevante, per la conoscenza del suo pensiero,
degli scritti da lui dati alle stampe. Questo materiale manoscritto fu in parte
pubblicato postumo, con scarso rigore, dal Massari che, nel quadro di
un'edizione delle opere inedite giobertiane, di cui uscirono a Torino volumi, da
alle stampe i frammenti Della riforma cattolica della Chiesa e la Filosofia
della Rivelazione, seguiti dalla Protologia, forse la maggior opera filosofica
di G., che ne aveva incominciato la stesura negli anni Quaranta. A cura di Solmi,
furono editi, con criteri non meno discutibili, i frammenti della Libertà
cattolica e della Teorica della mente umana, insieme con il dialogo Rosmini e i
rosminiani. In seguito La riforma cattolica e La libertà cattolica furono
ripubblicate, in modo più corretto, da G. Balsamo Crivelli e da Bonafede,
insieme con la Filosofia della Rivelazione, e nell'edizione nazionale delle
opere, da Vasale. Appartenenti per la maggior parte alla produzione che G.
aveva definito acroamatica, le opere postume, pur nel loro stato di
incompiutezza, rivelano un G. che si confrontava in maniera più diretta con la
critica della religione sviluppata dalla cultura primo-ottocentesca, anche
nelle sue espressioni radicali. L'obiettivo di questi lavori era la
dimostrazione dell'adeguatezza del cattolicesimo, liberato dalle sue
deformazioni temporalistiche, autoritarie e iper-mistiche, nel rispondere ai
bisogni intellettuali e morali dell'uomo moderno. A questo fine G. assumeva
come fondamento del suo rinnovato discorso religioso-filosofico la nozione
cattolica di tradizione, facendone il criterio ermeneutico dell'evoluzione storica
delle forme religiose e dello sviluppo del cristianesimo in senso secolare. Ne
derivava un'interpretazione molto audace per la sua epoca del rapporto tra
libertà e autorità in materia religiosa e, in generale, della dogmatica
cattolica. Tali opere dimostrano che il pensiero giobertiano in materia
religiosa si era vieppiù spostato dall'asse della riforma ecclesiastica o
politica a quella della riforma religiosa. Ciò spiega anche la riscoperta du G.
in epoca modernistica; senza trascurare tuttavia che una parte molto
consistente della cultura dell'Ottocento e del Novecento si è misurata con
l'eredità giobertiana, dall'idealismo al federalismo (specialmente
meridionale), dal gentilianesimo al nazionalismo e quindi al fascismo, dal
popolarismo di L. Sturzo alla cultura democratico-cristiana. Fonti e
Bibl.: La principale raccolta di manoscritti giobertiani è quella giunta dopo
varie vicende in possesso della Bibl. civica di Torino, che li conserva
rilegati in maniera alquanto arbitraria e classificati in un indice sommario:
si tratta di carte che G. aveva con sé al momento della morte, riguardanti i
frammenti miscellanei, appunti ed estratti di lavoro, e gli autografi delle
opere più tardive, pubblicate postume. Alla stessa biblioteca sono anche pervenute
una parte della biblioteca personale di G. (il cui principale nucleo fu
peraltro venduto all'incanto dopo la sua morte), poche decine di sue lettere
autografe e circa 2500 lettere di corrispondenti, il cui indice è stato
pubblicato col titolo Le carte giobertiane della Bibl. civica di Torino da G.
Balsamo Crivelli, al quale risale anche La fortuna postuma delle carte e dei
manoscritti di V. G. ora depositati nella Bibl. civica di Torino, in Il
Risorgimento italiano; cfr. anche P.A. Menzio, Cenni sulle carte e sui
manoscritti giobertiani, in Atti della R. Accad. delle scienze di Torino,
Manoscritti autografi riguardanti Il Rinnovamento sono conservati nella Bibl.
nazionale di Napoli e presso l'Istituto per la storia del Risorgimento italiano
di Roma, quasi integralmente pubblicati a cura di Quattrocchi nel volume
Inediti del Rinnovamento, ed. nazionale, Roma . L'Epistolario, a cura di
Gentile - Balsamo Crivelli, Firenze, è lungi dall'essere esaustivo; le lettere
sono riprese, salvo rari casi, da precedenti edizioni a stampa come: V. G.,
Ricordi biografici e carteggio, a cura di G. Massari, Torino Il Piemonte.
Lettere di V. Gioberti e Pallavicino, a cura di B.E. Maineri, Milano ; D.
Berti, Di V. G. riformatore politico e ministro con sue lettere inedite a P.
Riberi e G. Baracco, Firenze; Lettere inedite di V. G. e saggio di una
bibliografia dell'epistolario, a cura di G. Gentile, Palermo ; Lettere di V. G.
a Pinelli, a cura di V. Cian, Torino; G. - Massari. Carteggio a cura di G.
Balsamo Crivelli, Torino; Carteggio Lambruschini - Gioberti, a cura di A.
Gambaro, in Levana. Un numero cospicuo di lettere a G. è pubblicato col titolo
di Carteggio di V. G., Roma in un'edizione che comprende lettere di P.D.
Pinelli (a cura di Cian), di I. Petitti di Roreto (a cura di Colombo), di
Baracco (a cura di Madaro), di Bertinatti (a cura di Colombo), di
"illustri italiani" e di "illustri stranieri", a cura di L.
Madaro. L'Edizione nazionale delle opere edite e inedite, avviata con la
riedizione dei Prolegomeni del Primato, a cura di E. Castelli e affidata nel
tempo a tre editori diversi, è giunta, con il secondo tomo dei Pensieri
numerati, a cura di G. Bonafede, Padova: comprende ormai tutte le principali
opere del G., pubblicate con criteri non omogenei. Materiale giobertiano continua
peraltro a venire alla luce: per es., Appunti inediti di V. G. su Cartesio. La
storia della filosofia, a cura di E. Bocca - G. Tognon, Firenze. Le principali
bibliografie giobertiane sono quelle di BRUERS (si veda), G., Roma che
comprende circa 1400 titoli, e di Talamo, in Bibliografia dell'età del
Risorgimentoin onore di Ghisalberti, I, Roma Tra le voci enciclopediche: G.,
V., di G. Saitta, in Enc. Italiana; di L. Stefanini, in Enc. Cattolica, VI; di
Mazzantini, in Enc. Filosofica; di Traniello, in Dict. d'hist. et de géogr.
ecclésiastiques, Per una sintesi delle interpretazioni: Bonafede, G. e la
critica, Palermo. Tra le opere più recenti: Passerin d'Entrèves, Ideologie del
Risorgimento, in Storia della letteratura italiana (Garzanti), L'Ottocento, Milano
Noce, Gentile e la poligonia giobertiana, in Giornale critico della filosofia
italiana, Derossi, La teorica giobertiana del linguaggio come dono divino e il
suo significato storico e speculativo, Milano Traniello, Cattolicesimo
conciliatorista. Religione e cultura nella tradizione rosminiana
lombardo-piemontese (1825-1870), Milano Pignoloni, G. e il pensiero moderno, in
Rivista rosminiana, Le postume giobertiane nel giudizio della critica, Martina,
Pio Roma Vasale, L'ultimo G. fra politica e filosofia. Appunti sulle origini
ottocentesche dell'ideologia in Italia, in Storia e politica Romeo, Cavour e il
suo tempo, II, Roma-Bari Galimberti, G., Gentile, Rosmini, in Giornale critico
della filosofia italiana,Vasale, Riforma e rivoluzione nel G. postumo, in
Storia e politica, Rigobello, V. G., in Christliche Philosophie im katholischen
Denken des 19. und 20. Jahrhunderts, a cura di E. Coreth, I, Graz-Wien-Köln
Salvia, Il moderatismo in Italia, in Istituzioni e ideologie in Italia e in
Germania tra le rivoluzioni, a cura di U. Corsini - R. Lill, Bologna Traniello,
La polemica G. - Taparelli sull'idea di nazione e sul rapporto tra religione e
nazionalità, in Id., Da G. a Moro. Percorsi di una cultura politica, Milano Il
cattolicesimo riformato di V. G., in Storia illustrata di Torino, a cura di V.
Castronovo, Milano Romagnani, V. G., Chiodo, Launay, Azeglio, Roma Vasale, Il
significato del federalismo giobertiano nella storia d'Italia, in Stato
unitario e federalismo nel pensiero cattolico del Risorgimento, a cura di G.
Pellegrino, Stresa-Milazzo Pesce, Peyron e i suoi corrispondenti. Da un
carteggio inedito, TrevisoG. Rumi, G., Bologna Cuozzo, Rivelazione ed
ermeneutica. Un'interpretazione di G. Milano. La sovrintelligenza. Concetto, METODO
E DIVISIONE DELLA FILOSOFIA. Dommatismo. COSTRUZIONE DEL PRIMO TERMINE DELLA
FORMOLA. L'Ente. Definizione del Primo. Distinzione del Primo psicologico e del
Primo ontologico. Il Primo filosofico. Caratteristica del Primo filosofico giobertiano.
Polemica contro SERBATI. Il Primo è l'Ente reale. Cosa sia la realtà. G. non arriva
a dirlo chiaramente. Difetto e pregio del suo concetto della reallà. Del
concreto: unità del positivo e del negativo. Deduzione della realtà dell'Ente
dal CONCETTO dell'Ente. Dal giudizio, “L’Ente è” non si deduce la realtà del.
L'intuito. O ľEnte Si contradice all'ontologismo. LA CONOSCENZA La riflessione
psicologica. La riflessione ontologica. LA PAROLA. COSTRUZIONE DELLA FORMOLA
IDEALE. Si confonde la realtà col puro essere Personificazione dell'Ente. Abbozzo della vera
via di dedurre la realtà dell'Ente. Realtà o SUSSISTENZA = intelligibilità o idealità.
G, non adempie questa esigenza. Relazione tra Ente ed Esistente. Processo a priori
e a posteriori. Causa ed Effetto. Prova dell'intuito. Identità dei due ordini, ontologico
e psicologico. Verità dell'atto creativo. L'intuito come prova dell'atto
creativo. Dommatismo. G., Platone, Schelling ed Hegel. Prove indirette
dell'intuito. Lo spirito è produzione di sè stesso. Intuito dell'intuito. Falso
concetto della libertà e necessitàd el pen.Conseguenze della dottrina
dell'intuito. Ontologismo e Psicologismo. Mancanza didialettica. L'intuito come
conoscenza dell'atto creativo. L'intuito immediato è la conoscenza empirica. Confusione
del primo pensabile edel primo conoscibile. Falso concetto del pensiero speculativo.
Duplice ordine psicologico: intuitivo e riflessivo. COSTRUZIONE DEL SECONDO E
TERMINE DELLA FORMOLA. G. e Rosmini. Insussistenza delle ragioni recate da G.
per difendere il primo ordine come condizione del secondo. Il concetto
dell'infinito condizione del concelto del finito. Concetto dell'Ente condizione
del concetto dell'esistente. La relazione ei suoi termini. L'ordine intuitivo
come cognizione non è che la scienza. Instanza di G.: concetto del Necessario e
del contingente. L'intuito dell'atto creativo è lo stesso processo a posteriori.
Il Noo. L'INTUITO SPECULATIVO O IL PENSIERO PURO. Prima prova dello Spinozismo giobertiano.
Identità e differenza tra Spinoza e G.. L'INTELLIGIBILITA'. Identità di creazione
e illustrazione. La vera imma. LA FORMOLA. Seconda prova. L’intuito. Contenuto dell'atto
creativo. Dio-Quantità. Caratteri dello Spinozismo: loro contradizione. Concetto
generale della differenza tra Spinoza e Gioberti. Anticipazione del concetto di
Dio come relazione assoluta. Confradizione. Doppio concetto dell'esistente e di
Dio. Dio Quantità. Lo spirito: contradizione. La vera dificoltà. Soluzione: Dio come SVILUPPO.
Prima di Kant e dopo Kant. nenza. Difetto dello Spinozismo. Doppia
intelligibilità delle cose. Difficoltà contro la immanenza nel sensibile. Paragone
della cognizione colla visione. Meccanismo nello spirito. Concetto dello
spirito del conoscere. Kant; l'empirismo. prova. siero. Confusione dell'lilea. Falso
Spinozismo. Dio semplice sostanza, non causa. Vero Spinozismo. Dio sostanza
causa e della rappresentazione. Relazione del pensiero puro coll'esperienza. Il
Noo passivo è il senso. L'Innatismo. IDELAE. SPINOZISMO. Forma dell'atto creativo:
meccanismo. DIFFERENZA TRA G. E SPINOZA. Intelligibile assoluto. Intelligibile
relativo. Fondamento della soluzione del problema G. riunisce i due difetti. Risposta
alla difficoltà precedente, e vero concetto dell'intelligibile relativo. COGNIZIONE
DELLA REALTÀ DE CORPI, E ORIGINE DELLE IDEE, COME PROVE INDIRETTE DELLA
FORMOLA. PASSAGGIO AL MISTICISMO. COGNIZIONE DELLA REALTA' DE' CORPI.Gioberti
non ammette la prova, ma l'inluito della realtà dei corpi. Ragioni del realismo.
Necessità di un principio superiore: cos'è. Galluppi: criticato da G. Certezza
e verità. Fede e Scienza. Certezza e vedenza metafisica, efisica. Critica.
Origine delle idee. precedenti, especialmente di Rosmini. La generazio La dipendenza
logica. Distinzione del Sovrintelligibile e dell'Intelligibile. Significato e conseguenza
di questa distinzione. Ragionee So Idealismo e Realismo (imperfetti):
idealismo assoluto; certezza ed evidenza. Ragioni dell'idealismo; e suo difetto.
SERBATI. Significato generale della questione. Critica de’ filosofi. Distinzione
de’ concetti in assoluti e relativi. Rità del mondo. Dottrina propria di G.
sulla cognizione de'corpi; e certezza ed evidenza di questa cognizione. Significato
e difficoltà del problema. Soluzione: l'Individuazione (creazione: creare è individuare).
G. pone bene il problema, ma non lo risolve. Anzi fa impossibile ogni soluzione.
Inconoscibilità dell'atto creativo nella sua essenza. Perplessità di G. Critica.
Certezza della cognizione de’ corpi. Distinzione della certezza in fisica e
metafisica. L'EVIDENZA come fondamento della CERTEZZA in generale. Evi ne
ideale. Analisi e sintesi. La produzione ideale giobertiana: attività sintetica
originaria. Critica di questa dottrina vra ragione. Ente ed Essenza.
Dipendenza logica e generazione. Contradizioni. Doppio sovrintelligibile: Unità
delle determinazioni razionali, e Trinità divina. L'ldea come pura ragione o
unità delle determinazioni razionali. Moltiplicilà astratta e unità astratta. Pura
sintesi o dipendenza logica, e pura analisi. Vera unità: unità della sintesi e
dell'analisi; la moltiplicità come momento dell'unità;unità- processo assoluto.
La relazione del concetto relativo coll'Ente. Creazione. Due ipotesi: generazione,
e creazione. Risultato. Assurdità dell'atto creativo come punto di passaggio
tra l'Ente e l'esistente. La creazione è l'autogenesi dello spirito. La
creazione è in sè generazione. Conseguenze di questa dottrina. Risultato
generale deila dottrina di G. sulla produzione ideale. Passaggio al Misticismo.
ELENCO di saggi di G. possedute dalla Biblioteca di Torino. De Deo et naturali
religione, de antiquo foedere, etc. Taurini, Bianco. Teorica del sovrannaturale.
Torino, Ferrerò e Franco. Accresciuta d’un discorso preliminare e inedito
intorno alle calunnie di un nuovo critico. Capolago, Elvetica. Degl’errori
filosofici di SERBATI. Capolago,
Elvetica. Del primato morale e civile degl’Italiani. Brusselle, Meline. Elenco
favorito con gentile premura al Comitato Editore dal Prefetto della Biblioteca.
Carta. Capolago, Elvetica, Prolegomeni del primato morale e civile degli
Italiani. Brusselle, Meline; Introduzione allo studio della filosofia. Brusselle,
Hayez. Considerazioni sopra le dottrine religiose di Cousin. Brusselle, Meline.
Il Gesuita moderno. Losanna, Bonamici, Torino, Fontana, Capolago, Elvetica, Apologia
del saggio intitolato « Il Gesuita moderno », con alcune considerazioni intorno
al risorgimento italiano, Paris, Renouard. Del Buono, Capolago, Elvetica. Del
Bello. Firenze, Bucci; Allocuzione di un filosofo a Pio IX. Torino; Discorso
pronunziato nell’adunanza generale per l’apertura del Congresso nazionale
federativo nel Teatro Nazionale. Torino, G. Pombae; I due programmi del Ministero
Sostegno. Torino, Fontana; Anti-Primato papale e l’automatismo romano distrutto
dal Vangeloe dai Santi Padri, Torino. Lettre sur les doctrines philosophiques et Politiques de
Lamennais. Capolago, Elvetica. Del rinnovamento
civile d’Italia, Paris, Crapelet; Operette politiche, Documenti della guerra
santa d’Italia, Capolago, Elvetica; Preambolo dell’ultima replica ai
Municipali. Parigi, Martinet; Risposta a Rattazzi. Sopra alcune avvertenze di
Gualterio. Al Generale Dabormida. Torino, Ferrerò e Franco; Della filosofia e
della rivelazione, pubblicata per cura di Massari. Torino, Botta; Pensieri e
giudizi sulla filosofia italiana, raccolti ed ordinati da Ugolini. Firenze,
Barbèra; Della protologia, Massari. Torino, Botta; Profezie politiche intorno
agli odierni avvenimenti d'Italia. Torino; Pensieri, Miscellanee. Torino, Botta;
Ricordi biografici e carteggio, raccolti per cura di Massari. Torino, Botta; Studi
filologici desunti da manoscritti di lui autografi ed mediti fatti di pubblica
ragione per cura di Fissore, Torino,Tip. Torinese; Una lettera a ROVERE,
pubblicata da Giovanni, Roma, Tip.delle Terme, di a. Balbi; Lettera sugli
errori politico-religiosi di Lamennais. G e Bruno. Due lettere inedite,
pubblicate da Molineri.Torino, L.Kourt; G.e Pallavicino. Lettere per cura di
Maineri, Piemonte, Milano, Rechiedei; METAFISICA ONTOLOGIA Dell'Ente come
concreto e reale. Dell'Ente, come astratto ed ideale, Dell'atto creativo. TEOLOGIA RAZIONALE
velazione e della Civiltà colla Reli . Primo Storico Del tempo e dello spazio.
Delle convenienze della ragione colla R i COSMOLOGIA LOGICA fato, della fortuna
e del destino, dell'accidente e della necessità. Della sovrintelligenza e del
desiderio Della definizione e della
divisione. Del metodo. gressisti. Della volontà umana. Delle facoltà dello spirito
umano. Del raziocinio e delle sue forme esteriori. Dell'arte critica. Ciclo
generativo e Cosmogonico Della forza cosmica.. DELLA PROPRIETA DELLE PAROLE. Delle
proprietà dell'uomo . Dei giudiziie delle proposizioni. Prima di esporre la filosofia acroamatica si
compie il ritratto della vita dell'autore. G. si ritira nella vitaprivata- come
ei parla disè stesso cerca di rompere ogni legame non pure col Governo, ma cogl
iuomini come sostiene la vita – la povertà di lui dà occasione ad un atto generoso
di SERBATI — per tenersi pronto a stampare alcuna opera utile all'Italia non
vuole dettare un Discorso su ALFIERI quali
erano i casi improvisi che poteano indurlo a stampare perchè opina più probabile che la repubblica
francese non cadesse concetto che egli ha
di Luigi Napoleone -- in che fu fal laceilsuo giudizio sulla Francia— nella metà
del51 pone inlucc il Rinnovamenlo – intento di questo saggio : sua convenienza
e differenza col Primato– censura tutti e tutto coll'intendimento che fa e cia
pro nell'avvenire - - -rottura col Pinelli e coi municipali - pole micaconesi—
morte del Pinelli—si bruciano le copie del'opuscolo Ultima replica ai municipali—
l'autore lascia la politica e ri volge il suo animo tutto al le opere nuove da
pubblicare — forse la troppatensione di mente gli nocque- morte improvisa e dolore
universale— quanto danno fu alla scienza e alla religione– vocazione di Gioberti
no nmancata per la morte intempestiva— le opere postume– quando furono scritte prima
o dopo il 48?- il concetto e il titolo
di esse furon suggerito dalle circostanze o ne sono indipendenti? Tutto ciò che
ora è stampato appartenev a ad esse secondo l'intendimento dell'autore? -quale
fu quest intendimento? - gli scritti postumi sono solo l'apparecchio e
imateriali delle opere che voleva dare ala luce- il disegno però v'apparisce: qual
'è desso?- ragioni che rendono difficile a cogliere la connessione e la
verita della dottrina contenuta nei detti scritti apparente antinomia di cssa
dottrina -come ho proceduto io per afferrarne l'unità e la germana intenzione
in qual formamison risoluto di esporla- fu bene che il Massari curasse la pubblicazione
di essiscritti– potevano però esser emeglio ordinati da riuscire piùi ntelligibili–LA
DOTTRINA DI G. E PIU DIFFICILE DI QUELLA DI HEGEL. La filosofia ACROAMATICA non
è contraddittoria all'essoterica, ma solo tanto diversa - nesso tra l'una e
l'altra — differenze della cognizione diretta o spontanea di SERBATI e COUSIN dal
pensiero immanente di G. Doppio stato del pensiero umano caratteri dello stato riflessivo
e dello stato immanente– l'intuito dell'ente differisce da quello
dell'esistente in che consiste la
strellezza speciale dell'ente intelligibile col pensiero immanente -come l'attività
dello spirito coesiste coll'Ente senza che questo sia subbiettivato condizioni
proprie dello stato immanente - si rimuove una obbiezione dell'attività umana
suo doppio stato e differenze dell'uno stato dal l'altro- - della
personalità la penetrazione del pensiero
nello stato immanente è diversa dalla compenetrazione dello stato successivo
triplice proprietà del pensiero immanente analoga a tre momenti dell'ente- lo spirito
sebbene una persona nel pensiero immanente non subbicttivizza la cognizione -
l'ordine psicologico è proprio della riflessione: suo fondamento ontologico–
anche proprio della riflessione è l'ordine cronologico - che fa il tempo --
onde nasce il ripiegamento della intuizione sovra se stessa— falso modo
d'intendere la visione ideale che è la vita anteriore descritta da Platone nel Fe
d r o - difficoltà di cogliere il pensiero immanente -la distinzione ben nella della
intuizione dalla riflessione corregge la dottrina platonica - obiezione di
Grote - come vi si risponde - - dei giudizii – doppio giudizio obiettivo- lo spirito
esce dallo stato immanente coll'affermare egli l'Ente- come si afferra il pensicro
immanente- del modo come possediamo le idee - le quali nascono per via di disgregazione,
non di generazione— dei giudizii analitici e sintetici- si chiarisce un dubbio-del
raziocinio della filosofia: sua definizione—FILOSOFIA PRIMA -- Qual'è – cf. H.
P. GRICE, “FIRST PHILOSOPHY” -- ;sua distinzione dall'ontologia -obiezione
contro la Protologia: risposta -della circuminsessione dei veri: sua radice
-criterio del vero - onde nasce l'evidenza e la certezza scientifica che è un siste m a scientifico - in che senso
i principii dipendono e sono illustrati dalle conseguenze — le une non sono
affatto eguali in valore agli altri-- dell'ipotesi, de i postulati, ed egli assiomi-
se i principii sono astratti, onde si trae la concretezza, senza di che la
scienza non avrebbe valore?- Il Primo della scienza è la Formola ideale -- come
si prova che è il Primo - mutua collegazione e dipendenza delle verità
secondarie e primato relativo della formola -- l'unità scientifica deve salire
e fondamentarsi nell'unità ideale trasparente all'intuito - il processo non fa
la scienza perfetta - questa risulta dalla intima unione della cognizione riflessiva
colla intuitiva -- dell'Ultimo della scienza – LA PAROLA è IL PASSAGIO DAL
PENSIERO IMMANENTE AL SUCCESSIVO -- onde si cava LA NECESSITA DELLA PAROLA PER
L’USO DEL PENSIERO RIFLESSO – ORIGINE DEL LINGUAGGIO. Tre opinioni sentenza
dell'aulo re- come può dirsi che il segno del *linguaggio* è unito al'Idea
unità della dottrina di G. su questa materia . DOTTRINA DELL'ENTE Come l'unità
e semplicità di Dio si accorda colla moltiplicità degl’attributi - dell'unione
dei contraddittorii in Dio - - trasformazione dialettica dei divini attributi—
Hegel contuttii panteisti confonde il processo psicologico col'ontologico-l'antropomorfismo
é opera del l'imaginazionenon della ragione della futurizione divina -Iddio è
insieme sovrintelligibile e intelligibile- negatività di Dio- come conosciamo l'Assoluto?
Dio è personale: obiezioni, risposte— Dio produttività infinita-la potenzialità
e l'attualità sono diverse in Dio e nelle creature- Dio è libero e necessario-
è buono- l'esistenza di Dio è verità intuitiva pel pensiero immanente,
dimostrativa pel DOTTRINA DELLA CREAZIONE L'idea di creazione porta seco per
due rispetti l'idea di nulla—delcan successivo- la prova dimostrativa migliore traggesi
dalla nozione dell'infinito- processo protologico ed esplicativo delle attribuzioni
dell'Ente - attribuzioni esterne ed interne- doppia eptate - dell'infinito; onden'abbiamo
l'idea- è determinato; ma s'intendenon si comprende della presunzione divina
dell'infinito potenziale nel suo atto — antinomie rislessive: i panteisti
frantendono l'idea dell'infinito - assurdità dell'infinito nunerico -
distinzione dell'infinito possibile o potenziale dall'attuale - due infiniti:
il relativo e l'assoluto dell'infinito aritmetico monadico. giamento l'atlo creativo
è uno in sè anche nell'estrinseco é perfetto- puossi considerare per tre rispetti
come infinito– l'infinità potenziale del finito suppone il possesso attuale, benchè
finito, del l'infinità attuale- in che consiste siffatto possesso— l'atto creativo
interviene in tutto — è causa che l'unità dell'Idea si sparpaglia in molte idee
i generi sono vari- la varietà specifica
delle cose deriva dalla maggiore o minore intensità dell'atto creativo zione è divisione e moltiplicazione- rispetto
all'esistente l'attocreativo è sintetico e analitico - differenza della
causalità finita dall'in finita- che è IL CRONOTOPO – (STRAWSON, INDIVIDUALS,
chrono-topoical continunity -- sua unità- come dall'unità dell'istante e del punto
si biforca il tempo e lo spazio— l'intervallo è uno- genesi del cronotopo –
doppio valore delpunto e dell'istante- dell'in ternità e dell'esternità-
l'unità del continuo si rappresenta in ordine lo spazio e il tempo hanno un centro
al discreto sotto tre aspetti del passato, sintesi del continuo e del discreto
nei modi del tempo -- del presente e del futuro- l'eternità non cresce doppio continuo, attuale e potenziale
-infinitazione del cronotopo- in che senso il mondo è eterno - ogni epoca e
stato mondiale è una palingenesi a verso il passato, e una creazione verso l’avvenire
- il cronotopo e l'universo infiniti sono reali come intelligibili– l'indivisibilità del cronotopo dal pensiero
colto dal Kant- del pensiero divino e umano-- interio la crea
DOTTRINA DELL'ESISTENTE debbon si dire sull'esistente- questo somiglia all'ente
pereffetto della creazione- in che consiste l'impronta dell'ente che porta in sè
l'esistente diverso senso dato dall'autore alle voci METESSI (PARTICIPAZIONE) e
mimesi quale è il senso che in quest'opera si dà alla prima -- distinzione
della potenzae dell'atto- metessi O PARTICIPAZIONE potenziale,intermedia,eattuale
l a mimesi - essenziale alle forze create è il concreare e il generare: prove-
carattere del primo momento dello sviluppo dinamico – due Difficoltà di esporre la materia- nesso delle
cose dette con quelle che ritàe esteriorità del pensiero umano irrazionalità del
vero nella sua concretezza come il
pensiero umano conosce il continuo - l'immanenza dell'eterno dato ci dal pensiero—
l'estensione e la DURATA esprimono i limiti dell'esistente Dialettica; il diverso, la dualità, la moltiplicità
appartengono all'essenza della creazione in che versa la dialettica e onde trae
il nome due dialettiche: reale e ideale che forma il moto o vita dialettica- la
dialettica consta di due momenti, sebbene sembra che consti di tre- gli eterogenei,
cioè i diversi ed opposti,non sono contraddittorii--- differenza della
eterogeneità dalla contraddizione secondo un certo rispetto l'eterogeneità è in
Dio- l'opposizione riguarda il negativo delle cose- il contrapposto è diverso dall'opposizione-
gli eterogenei importano gli omogenei e viceversa- che è il terzo armonico o dialettico
come mai il conflitto dialettico pruduce l'armonia — nell'unione dell'omogeneo
ed eterogeneo quale prevale ciò che è l'opposto in natura è l'antinomia nella scienza–
della antinomia reale e dell'apparente– della guerra- la polemica è la guerra nell'ordine
delpensiero- dello scetticismo - lo scetticismo obbiettivo non è sofistico -che
sono l'errore e la colpa - due periodi distinti della storia della filosofia -
- -divisione e riunione è ilprocesso universale e dialettico- diversità di processo
della dialettica dell'Ente e di quella dell'esistente della SCHEMATOLOGIA -- della
sofistica - il moltiplice e il conflitto son ridotto ad unità ed armonia
mediante la mediazione dell'infinito. cicli della virtù concreativa delle
esistenze realtà d'una intelligibilità relativa- il sensibile è la fuga dell'intelligibile
relativo da sèstesso, la sua moltiplicazione, diversificazione e rottura- prove
causa per cuil'intelligibile creato si manifesta come solo sensibile negli ordini
del tempo differenza della nostra dottrina da quella dei sensisti nozioni che racchiude l'idea del sensibile-
la successiva distruzione e rinnovazione delle forme sensibili è il nisus di esso
a diventare intelligibili- il sensibile consiste essenzialmente nella relazione
tra l'uomo intelligente e la natura intelligibile - del sensibile interno ed
esterno - se il sensibile può o no conoscersi- si chiarisce il significato della
parola “sensibile” -- il sensibile schietto
non si può pensare- prova che la sensazione non è la cognizione- qual'è l'oggetto
della cognizione del sensibile - come si risolve l’antinomia apparente di trovare
inescogitabile il sensibile e pure poterlo pensare la dottrina nostra è la
sintesi delle diverse dottrine precedenti Galluppi, Rosmini, Platone- nella dottrina
di G. non bisogna confondere l'intelligibile assoluto, l'intelligibile relativo
e il sensibile- la teorica dell'intelligibile relativo non annienta il sovrintelligibile
— si vien divisando più particolarmente la mimesi—mimesi
prevalente-esteriorità, apparenza, fenomeno, conflitto, passaggio, metamorfosi -la
gerarchia mimetica degli enti consiste nella varietà dei gradi conativi-si notano
i principali dellaluce- la maggiore intelligibilità nella natura corporea si
manifesta mediante la finalità, dell'uomo; il corpo, chi lo forma —del sonno e dei
sogni—l'istinto l'anima e il corpo in parte diversi, in parte uni - doppio
stato della vita; latente e manifesta— due vite dell'uomo- delle passioni: la
gloria, la malinconia, LA NOIA – facoltà dell'animo: il senso, l'imaginazione, la
memoria, la ragione— le scoperte e i trovati
appartengono allo sviluppo metessico del Cosmo -- che cosa è la scienza- lo
spirito creato è l'anima del mondo, lo spirito umano è l'anima della lerra-
gl'intelligibili intelligenti relativi non sono già dello steso genere due
specie di mentalità -che è il pensiero- in che si fonda l'identità del mondo-
metessi prevalente: sua definizione- doppia unità, la divina dell'atto
creativo, e l'unità metessica e concreativa della relazione; essa sovrasta a i termini
che la costituiscono - due relazioni--natura speciale della relazione che corre
tra l'Ente e l'esi Del progresso: che n'è il tipo e il principio – il
progresso considerato stente— l'azione finita è reciproca, quindi inseparabile
dalla passione: l'unità loro è la relazione, la relazione infinita è una m la
relazione è il verace assoluto che rappresenta la relazione essa è l'appicco
del finito coll'infinito - riscontro del vero col mondo - le relazioni sono
nelle cose, e non solo nello spirito nostro, e nella mente divina -- falsità
della dottrina di Hegel che pone l'assoluto e il concreto nelle sole relazioni -
la specie non è un'astrattezza la specie non è l'idea specifica- metessicamente
non si distingue il tutto dalle parti- come raffigurarci la concretezza della
potenza – delle contagioni morali e materiali- l'armonia della mimesi erumpe
sempre e risiede sostanzialmente nella metessi iniziale diversità della metessi
mimetica dalla finale -dell'implicazione e dell'internità delle cose- qual'è il
progress ometessico- v'è una permanenza metessica di ciò che passa
mimeticamente- Idea, metessie mimesi – il passaggio della mimesi è creazione e annientamente-
accordo di due opinioni opposte- tre condizioni mondiali vanità delle cose
umane in quanto passano e si annullano- della dottrina di Protagora- scienza mimetica
e metessica Come mai il reale può rassomigliarsi all'ideale? Come mai il finito,
il relativo e contingente può rassomigliare il necessario, l'assoluto l'infinito?
Come mai le cose materiali possono rassomigliare il pensiero? in riguardo alla
metessi iniziale, alla mimesi, e alla metessi linale la mimesi è progressiva nei
particolari, solo regressiva nel generale- il regresso è legge del progresso–
l'andamento cosmico si alterna di progressi e di regressi— la vita è la sintesi
e il dialettismo del progresso e del regresso ma conferma di ciò si trova
nell'esame dell'uomo, della religione, dell'arte e della scienza il progresso quando è passato diventa regresso
- accordo dei progressisti e dei regressisti- della periodicità– è circolare e regressiva di sua natura ha luogo nelle parti dell'universo, non nel
tutto - la forza rallentatrice necessaria alla società come alla natura se il progresso
sia reale o apparente --- la periodicità perfetta è sola apparente - corso migliorativo
di tutto l'universo- il progresso nasce dall'intreccio del tempo collo spazio-
Individuo (cf. P. F. STRAAWSON, INDIVIDUAL) e genere—processo estrinseco
dell'atto creativo l'evoluzione è nelle idee, nella metessi, non già nell'Idea—
che cosa è la generazione- essenziale alla
generazione è l'idea di specie, la quale non è astratta soltanto- la
generazione è l'estrinsecazione più viva della metessi specifica delle cose, e appartiene
alla mimesi – della SESSUALITA—dov'è il principio generativo se nello SPERMA o
nell'uovo- della donna e dell'uomo - la sessualità riscontrata colla dialettica
della femminilità e della VIRILITA –del conjugio — dell'individuo compiuto e in
che consiste la sua essenza e valore -- l'individuo e l'Idea sono nell'ordine
attuale i due estremi della realtà— influenza del pensiero negli effetti della generazione
la generazione e la nutrizione sono le principali azioni tanto del corpo quanto
dello spirito— altre consonanze tra il corpo e l'anima - del psicologismo e dell'ontologismo
- come ci può essere concretamente insegnata l'attinenza del genere
coll'individuo -due classi d'individui- - se l'individuo è sparito dinanzi alle
masse - che cosa è la plebe- relazione dell'ingegno colla moltitudine -come può
affermarsi che nell'ingegno v’abbia qualcosa del divino - Dell'amore, dov'è il
suo tipo, e quale n'èl'essenza - l'a more assoluto e infinito è l'identità
--ch'è l'amore rispetto all'esistente nello stato mimetico dell'amore attivoe del
passivo- del puro e corrollo cagione dello scisma tra l'amor del cuore e quello
dei sensi che è l'ideale dell'amore – del
maritaggio- del divorzio– l'amore corro tra i dissimili armonici- universalità dell'amore—parentela
dell'amore col Bello e col Buono del Belo—origine del male- due morale,
particolare e universale – ottimismo relativo non assoluto - il mal morale è
impossibile nell'etica divina e universale
l'antinomia apparente della natura seco stessa si risolve mediante la
necessità de gli ordini --contraddizione della natura nello stato presente
--dell'infelicità umana scopo della vita terrestre-- della virtùe della libertà
umana— l'uomo è potenzialmente onni specie, può salire escendere nella
gerarchia cosmica - la giustizia cosmica procede per ragione geometrica - dell'abito-
è verso l'anima ciò che l'accrescimento e
la nutrizione verso il corpo la
virtù è sforzo, è la trasformazione della mimesi inmetessi -ed il sagrifizio dell'individuo
alla specie- La Società ha un fondamento
metessico e ideale e logico- la polizia è una metessi iniziale - la polizia
dell'uomo comincia coi primi principii della sua vita— individualità e polizia
principiano e crescono di conserva—unità dinamiche della nostra specie–
divisione del genere umano in generiche e specifiche – della nazionalità naturale
e artificiale- la misura dell'ampliazione dell'unità è il termometro della
civiltà- doppia unificazione dei popoli --autorità morale— il potere sovrano è fontalmente l'Idea—
formazione primordiale della società- unità progressiva dei vari ceti dellas ocietà—
della plebe e del l'ingegno - intento della riforma politica moderna - nel
mondo tutto è ordinato allo svolgimento del pensiero— ciò che accade ora in Europa
è in certa guisa una ripetizione di ciò che accadde in Grecia della demagogia: dominio
della Russia unità sovrannazionale-
unità intermedia tra la sovrannazionale e la nazionale l'egemonia moderna dove risiede
-del Primato, assoluto e relativo- alcuni titoli del primato italiano il Cielo
che rappresenta alla mente umana - della causa e dell'effetto negli ordini
finiti- attinenza della terra col cielo - i vari mondi fanno un solo universo -
il mondo non è solo un aggregato, ma un aggregante - da che è prodotto
l'individualità nei corpi- gerarchia degli esseri della NUIDITA -il principio e
il fine si somigliano e differiscono - della materia in astratto e in concreto –
la potenza generativa essenziale a ogni forza creata- della preesistenza dei germi
della legge centripeta inorganogenia- il centrfugismo non è la stessa cosa
dell'ipotesi della preesistenza dei germi la forza primitiva quando erumpe nell'atto
comincia colla dualità o colla moltiplicità?- gradi della forza creata universalmente-
dei cinque gran regni della natura della mutazione delle specie- sunto della dottrina
dell'autore- due leggi dell'esistente: legge di eterogeneità, e legge di omogeneità
della polarità infinito numerico solo possibile nello stato di metessi - due
soluzioni di esso - infinito aritmetico monadico - l'infinito è il sovrannaturale-
due errori sul mondo dell'ottimismo infinità potenziale della creatura -delf u
infinito e del sarà infinito. CICLO CREATIVO Palingenesia Del secondo
ciclo creativo; ritorno del'esistente al l'ente – è solo per approssimazione --
la creazione non ebbe prima, perchè fu un Pri il secondo ciclo creativo è umano
e divino- come il principio e il fine sono finiti e infiniti -che cosa è
specificatamente la palingenesia come siam certi che esiste– la palingenesia èo
bietiva e subiettiva, cosmica e individuale del progresso relativo e del
progresso assoluto delle cose come si dee intendere che lo stato palingenesiaco
sia mentalità pura della morte– dell'immortalità
l'esistenza e inamissibile- la morteè un
salto e grado secondo che si guarda il discreto o il continuo futurità particolare del l'anima la
palingenesia consiste nell'acquistare la coscienza che non si ha- è il colmo della
coscienza due presunzioni dell’infinito potenziale– del libero arbitrio- il processo
palingenesiaco è un processo generativo- due metamorfosi: mondane e oltramondane–
obiezione contro la realtà della palingenesia: risposta– ignoriamo l'avvenire–
ha anche una base nell'esperienza nella palingenesia l'internità sarà esternata-
di varioe rassomiglianza tra la cosmogonia e la palingenesia- in che senso la negazione
dell'immortalità umana è vera - unità dello stato palingenesiaco –
comunicazione dell'intelligenza e dell'amore coll'infinito della felicità e
beatitudine assoluta- l'uomo nella palingenesia opera- idea del progresso palingenesiaco–
lar ivelazione palingenesiaca non escluderà ogni elemento misterioso. RELAZIONE
DELLA PROTOLOGIA COLLA RIVELAZIONE. G. prima cerca verificare psicologicamente
l'idea di mistero poi si propose dimostrarla ontologicamente infine porgerne una
prova universalee protologica- la metessi è il sovrannaturale- unione
dialettica del naturale e sovrannaturale nell'atto creatico il sovrannaturale è universale; è nel principio
nel mezzo e nel fiue la natura senza la sovrannatura è in contraddizione seco
stessa- la dottrina del nostro autore toglie l'opposizione tra il naturalismo e
il sovrannaturalismo esagerati il sovrannaturale dell'ordine attuale è la
metessi anticipata nel seno della mimesi -nel sovrannaturale e nel sovrintelligibile
v'ha un elemento naturale e intelligibile due specie di sovrannaturale
differenza tra ilsovrannaturale e l'oltrenaturale –idea della religione-
religione perfetta è la rivelata la rivelazione è l'apice della cognizione-
necessaria ad accordare la riflessione coll'intuito due rivelazioni- la rivelazione
immanente è virtuale la potenza primitiva delle due rivelazioni è l'intuito- la
rivelazione sovrannaturale spiega le potenze dell'intuito rimase infeconde per manco
di parola acconcia- la rivelazione esteriore diviene interiore- tre conseguenze
importanti- intento di G. nel suo sistema la ragione e la fede entrano l'una
nell'altra l'idea del l'infinito è il vincolo
tra il sovrintelligibile e l'intelligibile- essenza del mistero: misteri teologici,
antropologici, e teoantropologici- i misteri rivelati non sono effetto, ma
principio di ragione- esempi della fecondità razionale dei misteri rivelati- il mistero pertiene alla ragione e la supera
ad un tempo tre membri della formola,
tre essenze, tre misteri- vera dottrina di G.- nella vita terrena il
sovrintelligibile non diventa mai intelligibile- il vero sovrintelligibile non iscema-
del miracolo: se si pensa, è possibile- che cosa è il miracolo- ogni prodigio importa
un fatto obbiettivo e un fatto subbiettivo—il miracolo e la disposizione e attitudine
a crederlo si corrispondono nell'unità metessica- il fatto miracoloso non è nel
cosmo, ma nella palingenesia- i miracoli decrescono la natura (mimesi) e mito e
simbolo del sovrannaturale (metessi, palingenesia) il cristianesimo importa un
nuovo atto creativo, ciò come avviene? - perchè si tralasciano di esporre
partitamente i dogmi religiosi attinenze della rivelazione colla scienza, e
della religione colla filosofia Perchè
mi son risoluto a tessere questa conclusione il lettore non ricordando più le
cose lette negli altri volumi non avrebbe potuto giudicare quest'ultimo - m'è
piaciuto altresi di dare uno sguardo su tutto ciò da me pensato e scritto—
occasione dell'opera- carattere de la maggior parte degli’ Hegeliani—come è deltato
il saggio di SPAVENTAsulla filosofia di G.- le mie Considerazioni— sui aspramente
ripreso- soliloquio- nei primi volumi mostra iun po’ di risentimento -
l'esposizione della seconda parte si fa con modi dicevoli alla scienza- che cosa
mi ha fatto perseverare lungamente in questa opera, perchè l'idea di essa non
si era prima incarnata l'Italia alla stregua della filosofia dominante oltre alpi
perchè era noma la terra dei morti lotta interiore della filosofia di G.
ragione del suo tardi stampare la lotta cessa: creazione d'una dottrina la cui pellegrinità
sta nel nesso della religione collafilosofia -per anni secostesso esamina la bontà
e v rità del sistema tre stadi del suo processo intellettuale le nazioni coesistono
insieme csigiovano scambievolmente la nuova vita d'Italia necessaria al progresso
umano- ciò che hanno compiuto nel mondo i francesi e i tedeschi difetto della
civiltà da essi prodotta scopo della rinascenza italicacarattere della vitai taliana
d’ALFIERI a G. nel quale ciòche era virtuale e astratto diviene concreto e effettivo
chiude une poca e necomincia un'al tra -
medesimezza dell'idea individuale che costituisce l'eccellenza di G. coll'idea
sostanziale che costituisce il genio nuovo nazionale - rifà in sè tutto il
processo anteriore dello spirito umano quando acquistò il suo spirito intera
coscienza di se medesimo stima che i concetti nati gli in mente erano stati
indirizzali ad un alto line dalla Provvidenza si apparecchia ad eseguire il disegno divino-
moto dall'individuo alla nazione e alla specie- come nel divulgare la sua
dottrina e farla fruttare si mostrasse tradizionale e novatore ad un tempo
procedette per l'antagonismo degli estremi permeglio far spiccare l'armonia del
mezzo dissimula una parte del suo pensiero -- la filosofia la religione e la
nazionalità italica sono unite e connesse subbiettivamente e
obbiettivamente mosse dal l'idea al fatto, dai principi al metodo di
esposizione -carattere delle opere essoteriche e delle acroamatiche- G. possede
una dottrina ben divisata e armonica, di cui avea piena consapevolezza ciò sine
gada i critici- si discute la loro sentenza -si giunge ad una conclusione lutta
opposto alla loro con solo l'esame dei fatti -- si cerca allrcsi la dottrina
intrinsecamente e logicamente e si ha lo stesso risultamento, perché quasi tutti
i critici han franteso trina di G.- il medesimo ladot è accaduto a Spaventa qua
l'è il concetto nuovo ch'ioneporgo esso è stato ignoto fin'ora; nelle scuole
d'Italia s'è insegnato solo la parte essoterica di questa è contrapposto l'Hegelianismo
venuto il tempo che si studia e colliva la parte acroamatica che contenendo la
sintesi ed armonia di questo e di quella, del presente e del passato apre la
via alla speculazione avvenire nella controversia intorno a G. bisogna separare
la tesi storica dalla filosofica caratteri che distinguono, la dottrina di G.
da quella di Hegel, e il moto civile d'Italia da quello di Germania solo l'Italia
ha oggi una vera missione storica, il cuide lineamento trovasi degli scritti del
torinese riscontri tra le parti in cui fu divisa la dottrina c i vari periodi
del rinnova - mentonazionale– come l'egemonia piemontese ha prodotto i suoi
frutti, così li produrrà il primato il primato è tutt'uno colla rinovazione del
pensiero italiano- ogni nazione ha da natura un sito intellettivo che dee
cavare dal suo l'Italia oggetto della scienza sulura l'idealità infinita– riforma religiosa c nuovavita del cattolicismo
- senza una filosofia e teologia infinitesimale ogni ristorazione religiosa è indarno-
prova il recente moto di Germania Döllinger
non ha ragione di biasimare gli italiani- i vecchi cattolici sono
oppostosofistico dei Gesuiti quindi continuano la sofisticare li giosa che
travaglia la nostra età- diseltano d'una teologia veramente nuova e
proporzionata al bisogno- mentre coi loro ciechi colpi con tro il papismo
gesuitico ne han mostrato più che mai la necessità senza di quella non si può
distinguere l'essenziale dall'accessorio nella religione, nè accordare il divino
coll'umano-carattere della nuova teologia- modo come dee procedere la riforma cattolica-
l'entratura di essa appartiene al laicato, e in ispezieltà all'italiano così la
gerarchia non sarà annientata, nè scossa, ma condotta a riformarsi da sè— il molo
italico ristabilirà perfezionata l'unità morale e civile d'Europa esso perciò è
indirizzato ad una meta più alta di quella a cui è giunta la Germania i forestieri malintendonoe mal giudicano
l'Italia. In parte ne han colpa i fautori della coltura tedesca -ragione dell'imitazione
tedesca tra noi deve cessare e dar luogo alla produzione paesana nell'ordine
dei pensieri, dei sentimenti e delle azioni. La teorica della conoscenza nel G.
Esposizione e critica. In uno degli ultimi scritti, certo l’ultimo saggio filosofico, pubblicato
pochi mesi prima di chiudere la sua lunga e intensa operosità, SERBATI,
discorrendo della necessità speculativa di tener distinta nell' essere la
forma ideale dalla reale, usce in queste solenni parole. L'esperienza tuttavia e la storia della
filosofìa dimostrano, che e' è una somma diffcoltà a distinguere e
mantenere costantenftnte distinta nella mente la forma ideale ed
obbiettiva dell'essere, dalla forma reale, e me ne somministrò non ha
guati la prova quel facondo e immaginoso scrittore che diede a me biasimo
e mala voce d'aver proposta e stabilita una tale distinzione, dettando
tre volumi col titolo de' miei errori. Laonde con tutto lo zelo e la
fidanza egli si pose di contro a me, quasi abbarrandomi il passo, e si
dichiarò perfetto realista: incolpando gli stessi scolastici realisti, di
non essere stati tali abbastanza, ec- cetto alcuni pochi. Ma pace a
quell'anima ardente: e torniamo alla storia *),. Si sa che gli
avvenimenti politici del quarant' otto avevano rav- vicinato i due grandi
avversar], smorzato perfin le ire implacate e sospettose del torinese,
che faceva pubblica ammenda della vivacità frequente delle sue polemiche,
dichiarando che, appena conosciuto di persona Rosmini, aveva cominciato
anche lui " a venerare) RoiKiNi, Ariat. esposto ed esaminato, Torino, pre&z. La prefazione di quest'opera
postuma era Btnta pubblicata dal Bosmìnì Hteeao nella Riviìta
contemporanea di Torino, au, ir, egenoaio; riprodotta poi nella Poliantea
Caffo^ca di Hilauo, Rosmini e CHoberH con tutta Italia tanta sapienza e tanta
virtù, ^). — Quanto a Rosmini, benché l' animo suo non si fosse mai inasprito,
i fatti lo conciliarono di più con G., e non è questo il luogo dì
ricordare le belle prove da lui date de' suoi sentimenti verso il
filosofo esule per la seconda volta '), e poi quando fa morto, e quando
prima ha a Gaeta a difenderne calorosamente la fama a l' ing^no contro le
insinuazioni e le malignazioni d' un gran gesuita ^). Ebbene, tutto
ciò e il tempo corso in mezzo e il cammino in- tanto fatto nella scienza,
non lo rimossero fino al termine, come s' è visto dall' ultimo suo
scritto dianzi citato, dalla posizione già tenuta di contro alG.. E
questi, dal canto suo, ìn quel di- scorso che premise alla seconda
edizione della sua Teorica del sovrannaturale, e che si può considerare
come Y ultima sua scrit- tura di genere puramente filosofico, rimaneva
anche lui al suo posto, nonostante l' om^gio quivi reso alle virtù e alla
sapienza dell' avversarlo; poiché scrìveva: *U SERBATI ed io siamo d'accordo
nel recare alla riflessione la possibilità dell'errore, e il suo
rimedio all'intuito che la precede. Ma dissentiamo intorno al contenuto
di tale intuito ; il quale al parere dell' illustre Roveretano, non ci
poi^e che un ente astratto, iniziale, destituito di sussistenza ;
laddove, al Discorso preliminare tìiU 2' Bàìz.ifiìla Teorica del
sovran7iaturide I, ^ n. Vedi pure ciò ohe, quasi nel tempo atesBo, ne
scriveva nobìlmeate nel Rinnovamento àvUs, ediz. Napoli, Morano
!) Vedi quel che HCTisae Q. Uassuii, nella bua Bitiista pdiHca nel Cimento di Torino commemoiando SERBATI.
Sono due pagine dimenticate, e che hanno tuttavia molta importansa per le
opinioni politiche e per la biografia del Rosmini; T. pure Tommaseo, A.
Rosmini, (in Rimala Contemporanea Liberatore. — Chi fu presente al colloquio e
ne scriveva poi a Baff. De Ceaare. attesta che le parole eloquenti dette
dal Bosmini in quella occasione lìaHciiono il più autorevole e più
meraviglioso elogio di G. >. Tedi Db CssAaB, Dopo la wndanna del S.
Uffi,ziOt in N. Antologìa, G. Gentile mio, ci dà un concreto
effettivo, che nel primo de' suoi termini è assoluto e apodittico. Or
qual'è il miglior fondamento del vero?
l'astratto o il concreto? T insusaistente o il reale? l'incoato o
l'as- l soluto?, '). I due filosofi, adunque, compiono
la loro carriera filosofica con opposta sentenza intomo al principio
della loro dottrina, nonostante la polemica vigorosa per dottrina e
dialettica che s' era in propo- sito dibattuta; talché si direbbe che
essa non abbia avuta nessuna efficacia sulle dottrine de' due filosofi.
Questo però è appunto quello che ci rimane ancor da vedere.
f~^ Come Rosmini abbia introdotto V. G. nel campo della '
moderna filosofia, cioè della filosofia kantiana, l'abhiam veduto e
dimostrato nel terzo capitolo della prima parte del presente studio;
coachiudendo, che già nella Teorica del sovrannaturale egli ci apparisce sì un
rosminiano, ma un rosminiano il quale vuole andare avanti a Rosmini.
Neil' opera che seguì immediatamente dopo, V Introduzione aUo studio
della Filosofia, si delinea ben nettamente la nuova posizione speculativa
di G.; e si vede quali essenziali modificazioni, secondo lui, debbono subire le
dottrine del filo- sofo roveretano. Ma prima di studiare cotali
modificazioni, vediamo come si muove in questa nuova opera il pensiero
dell'autore. La concezione della storia filosofica qui è l'es^erazloae di
quella donde sì rifa nel Nuovo Saggio Rosmini; ma certamente è mo-
dellata sovra di essa. Pel Rosmini, come s'è notato, v'ha sistemi che
peccano per eccesso e sistemi che peccano per difetto di apriori nella
spiegazione del fatto del conoscere : da una parte falsi idea- Op. cit,
I, 2K. Cfr. Errori filoaqfiei di Rosmini, L'ultima parola venunente à nel
Rmnovat>ieato civile, dove è detto ancora uoa volta « Cosi, per cagion
d'esempio, il divorzio introdotto da un chiaro nostro psicologo tra il
reale e l'ideale, non si puA comporre stando nei termini della psicologia
sola; e se si muove da questo dato pei salir più alto, si riesce di
necessità al panteismo dell'Hegel e de' suoi seguaci Jtosmitii e G.
iiami, e dall'altra falsi empirismi. Ma nell'idealismo, oltre
l'errore di ammettere più elementi a priori che non ne siano richiesti
a quella spiegazione (Platone, Aristotele, Leibniz) può esservi un
più grave difetto : quello di far soggettivo, come avviene in Kant, Va
priori ricercato in seno alla conoscenza, la quale, se vuol essere vera e
certa, dev'essere invece oggettiva. Onde pel Rosmini Ì sistemi sbagliati
si riducono al postutto al sensismo o all'idealismo sog- gettivo, cfae è
una specie di scetticismo mascherato ; dacché il pla- tonismo, a parte
l'eccesso dell' a priori che va corretto, trova grazia appo lui per
l'assoluta separazione posta fra cotesto a priori e il soggetto umano che
conosce. E contro il sensismo e l' idealismo soggettivo e si può dire
(poiché pel Rosmini il senso era la fa- coltà soggettiva per eccellenza)
in genere, contro il soggettivismo ei si proponeva di scendere in campo
col Numo Saggio. Contro questo soggettivismo insorge parimenti la
filoso&a di G.; il quale raddoppiando d'ardore per le dottrine
platoniche riconosciute pure in fondo al contenuto filosofico delle
dottrine cristiane, tutti gli opposti sistemi involge in una comune
condanna con quel sensismo, che ormai, quando usciva il suo libro, era
già morto e sepolto cosi IN ITALIA come in Francia; talché
dimostrare sensistica una teorica, era lo stesso che averla giudicata
senza appello. E sensistica, a parere di G., è tutta la filosofia
moderna in Europa; a cominciare da Cartesio; il quale, del resto,
non fece se non applicare alla filosofia il metodo che aveva già fatto
ben trista prova con Lutero, nella Protesta, proclamando la j intimità
autonoma della fede religiosa. . -J Cartesio sensista? " Parrà
strano, scrive il Gioberti, a dire che il sensismo sia conforme ai
principii cartesiani, e che Locke, Condillac, e Diderot, con tutta la loro
numerosa ed infelice progenie, siano figliuoli legittimi del Descartes; quando
questi pretese nlle sue dottrine un teismo purissimo al sembiante, e
volle stabilire sopra uua salda base la spiritualità degli animi
umani. Ma il teismo del Descartes é puerilmente paralogistico. Il suo
dubbio Q. OmHk
metodico e assoluto, e il riporre eh' egli fa nel fatto del senso intimo
la base di tutto lo scibile, conducono necessariamente alla negazione di
ogni realtà materiale e sensibile, ). E che altro è il sensismo?
Spogliato dalle contraddizioni de' suoi partigiani, e ridotto al suo vero
essere dalla logica severa di Hume, riuscendo a un giuoco aubbiettivo
dello spirito, che, rimossa ogni realtà, è costretto s trastullarsi colle
apparenze, è propriamente scettico e si manifesta come l' ultimo esito di
ogni dottrina, che, metta nel sentimeuto dell'animo proprio i princlpii del
sapere . ). Cartesio, adunque, è uu sensista, e a lui si deve tutta
la serie di errori di cui è iutessuta la storia della filosofia
moderna ; egli è l'iniziatore, purtroppo, fortunato del moderno sensismo
psicologico, poiché pone come principio della filosofia un fatto, che come
tale non può essere se non un sensibile ^). Insomma Locke e Condillac
sono cartesiani. Né rileva che i successori di Locke facciano caso della
sensazione sola, e non del sentimento interiore, imperocché questo e
quello convengono nell'essere forme sensitive, destituite di obbiettività
assoluta, ). G., insomma, intendeva parlare di soggettivismo, e di-
COTa sensismo, che è pure una direzione speculativa molto diversa. La
colpa bensì non è propriamente sua, perchè risale a Galluppi; il quale
nella sua teoria della sensazione (che qui G. ripete) aveva con essa
confusa la percezione o rappresentazione e la coscienza, introducendo nel
seno stesso di quella le distinzioni che sorgono Introdwi., lìb. 1,
c&p. l" (ediE. di Firenze, Poligrafia italiana) I,
m. ») Ibid., p. m-12. 3) «... E certameiite la
seoteiiEa ; io penso, dunqm sono, equivale a questa: io sento di oaeere
pensante ... e più concisamente : io sento, dunque sono . . . n pensiero
conosciuto per via della liflesaione, ò un meco fatto della coscienia,
cbe appartiene al senso interiore; onde il Cartesianismo che muove da
quella, colloca in un fenomeno della facoltà sensitiva la base della
scienza >. Tntrod., lib. I, oap. 3". ) Op. àt., invece
per cotesti fatti ulteriori della psiche '). Del resto, G. risente presto l'
iDcooTeuiente che deriva dal fare un sensista delio stesso Cartesio, pel
quale il fatto della coscienza, invece che un sensibile (donde, secondo G.,
stesso non può derivarsi mai l'essere) era una cosa stessa con l'essere,
e quindi noD un semplice principio psicologico '), ma una inscindibile
unità del principio psicologico e dell' ontol<^Ìco, che se fosse stata
fecondata, avrebbe già fatto procedere di molto la filosofia moderna.
Infatti, quando ai accinge a classificare tutte le scuole filosofiche
figliate dal sensismo cartesiano, comprendendo nella seconda categoria i
se- guaci del lochiamo, egli è costretto a porre &a i caratteri di
questo il ripudio della ontologia cartesiana, come ripugnante ai
principii e al metodo del Descartes, e troppo simile all'antica,
dichiarata dal francese filosofo insuMciente e buttata fra le ciarpe ; e
l'ommissione e lo sfratto implicito e tacito di ogni ontologia). E già da
questa medesima classificazione de' sistemi resulta cbiaro che il nemico
preso di mira è precisamente quello stesso di SERBATI: cioè il
soggettivismo, il falso so^ettìvismo, che ripete le sue origini da Cartesio,
anzi {ed ecco l'intreccio significan- tissimo della filosofia eterodossa
con la falsa filosofia!) da Lutero. Nelle cinque categorie, in cui
dovrebbesi, secondo G., partire tutta la storia della filosofia moderna, così
vengono distribuiti i vai^ indirizzi: nella 1" Cartesio e la sua
scuola: nella 2' Locke; nella 3' Spinoza, i panteisti tedeschi e in parte
Berkeley^; ') Eppure G. stesao aveva combattuta questa
teorica galluppiaaa, nella n. 3* della Teorica (II, 319 e segg.)
imputando al filosofo di Tropea < di Bveie considerato come semplice e
indivisibile ciù che è ancora composto, Bocomunando per tal modo elsmenti
svariatisaimi con una sola voce >. Il psicologiamo ed il BcnHÌaino sono
identici : l' uno è il Henstsma ap- plicato al metodo, l'altro è il
psicologismo adattato ai principii »- — Introd., - Gtt- Ha < Cartesio è sensista nei principii e
nel metodo voi. Sf a. Gentile nella i Kant e i
sensisti francesi dal Condillac in poi *) ; ' infine nell'ultima classe
si debbono collocare gli scettici assoluti, che giunsero al dubbio
universale, mediante i principii del sensismo, aiutati da una logica
s^^ce ed inesorabile; ... il cui principe è Hume,
CapOTolgimenti, come si vede, ce n'è piti d' uno; e come va che G.
confonde il fenomenismo di Berkeley con l'idealismo assoluto di Fichte, di
Schelling e di Hegel, e l'idealismo trascendentale di Kant col sensismo di
Condillac PEcco: secondo lui, l'assoluto dei filosofi tedeschi non è l'idea
schietta, ma bensì l'idea mista di elementi sensitivi, e per dir meglio
un concetto, un astratto, un fantasma, frammescolato di elementi ideali;
insomma è un assoluto fantasticato dalla mente umana ; e cosi il Kant
converrebbe coi sensisti ' nel dare alla cognizione la proprietà del senso,
facendone una facoltà aubbiettiva, e quindi considerando il vero, come
relativo. È chiaro che la causa della con- fosione nel primo e nel
secondo caso è la medesima; per G., r a priori di Kant e de' suoi
successori è falso perchè contraddit- torio: è posto come a priori,
perchè necessario ed universale; e intanto lo si fa subbiettivo, e quindi
particolare all'individuo che conosce, e come esso contingente.
Questa falsa maniera d' intendere il nuovo soggettivismo, che
cominciava con la teoria della sintesi a priori dal negare definiti-
vamente quello scetticismo, cui fin allora il so^ettivismo era sempre stato
come equivalente, è un'eredità che G. raccoglie da SERBATI, e rivolge
subito, come or ora vedremo, contro di lui. E già si può dire, che
l'avesse raccolta nella Teorica del so- vrannaturale, quando, a proposito
dell'eclettismo francese, aveva ') E petcbè esclndecne ì materìaliati, le
cui open, come ricorda opportunamente il Imnge, precedettero i libri e le
dottrine di Condillac? ') parlato dì un razionalismo imperfetto, che
consente col sensismo ' nel so^ettivare interamente e parzialmente la
conoscenza „ ^), e meglio altrove, discorrendo dell' egoismo psicologicor
cui avreb- bero appartenuto Cartesio, Reid e Kant, e del quale *
l'egoismo ontologico metafisico di un celebre filosofo tedesco, che
im sima r ente stesso coll'esistenza individuale, sarebbe la nect
conseguenza,). G., invero, come SERBATI, non conosce altn
gettìvismo che il falso antropometrismo individualistico goreo, il
soggettivismo, che il Rosmini combatteva in Em. Pel soggettivismo, a
parer di G., tot capita, tot senti donde, secondo il principio di Lutero,
tanti cristianesimi cristàani, e ' tante filosofìe quanti sono i
filosofanti, se et Descartes, rinnovatore della verità subbiettiva,
immaginata di già e da Protagora, Di guisa che è un errore, dice Ìl
I^ paragonare la riforma cartesiana a quella socratica ; avendo 8
presentito la teorica delle idee assolute, che venne poscia es] da
Platone, e dovendosi quindi interpetrare il suo vvia^i • quasi — contempla e
studia te stesso nella idea divina. In breve: la salvezza della
scienza è nel platonismo, nella razione dell'idea dal soggetto, nella
oggettività della conos E si deve anche far forza alla storia e in
Socrate trovare PI se in Socrate si vuol trovare un principio di sana
filosofia, menti del maestro di Platone non si fa che una ripetizione
d tagora, come sono Cartesio e Kant, il famoso " sofista i
nisberga, ! Questa falsa interpetrazione della storia, in gran parte
fondamentalmente rosminiana, non pone del resto, G. bene egli sei creda,
fuori del criticismo kantiano, come non ne escluso SERBATI. Ed è davvero
curioso a vedere il gran ') Nota Nota Introd., I, 3»; H, Q.
Gentik glìere invano che tutti i filosofi italiani della prima metà
del secolo fanno tra loro, accusandosi Ticende Tolmente di kantismo e
di so^ettivismo, intanto che ognun d'essi, senza accoi^erseae, vi
rimane impigliato. GALLUPPI (si veda) accusa SERBATI; Testa, Galluppi e
Rosmini; GRAZIA (si veda) Galluppi e Rosmini egualmente; G. e ROVERE (si
veda), Rosmini; e questi, G.. Così, SERBATI è persuaso che tutta la sua
attività filosofica fosse una guerra con- tinua contro il sensismo e il
soggettivismo. Ebbene, vien fuori Ìl Gioberti a proclamare che ancora il
sensismo è la dottrina filo- sofica predominante in Europa; dacché non
tutti i razionalisti si potesser dire immuni dal comun vizio, avendosi a
distinguere uu razionalismo ontologico e un razionalismo psicologico; ìl
secondo de' quali separa bensì, come non fa il sensismo, l' intelligenza
dal senso, ma a quella non dà altro fondamento che il soggetto, lo
stesso fondamento, in fine, del senso, senza perciò poter conferire alla
cognizione veruna certezza oggettiva. E in questo razionalismo
psicologico o psicologismo, che vogliasi dire, con Kant e Reid e Stewart,
va, secondo G., annoverato anche SERBATI, non correndo alcun mezzo
possibile Ira Io psicologismo e l'ontologi- smo, che anche lui, il
roveretano, rifiuta; sebbene né il filosofo italiano né i due Scozzesi
possano propriamente rientrare nel quadro della quÌntnplÌG«
classificazione del sensismo cartesiano, ossia della moderna
filosofia. ~ Oi certo il falso criterio onde il Rosmini aveva delineato
una storia della filosofia, passato a G., era agevole rivolgerlo
contro lo stesso Rosmini. Sennonché, quel che importa rilevare è
l'esigenza che l'uno e l'altro afiFermavano, ribellandosi a quel cotale
soggettivismo, in cerca di uno stabile e certo oggettivismo. SERBATI vuole
introdurre nella cognizione un elemento necessario ed universale, che sia
veramente tale, e dì cui ammette un intuito costitutivo dell'intelletto,
un intuito che, secondo una critica n^ionevole, devesì interpetrare come
una sem- plice aflfermazìone della universalità e necessità
(trascendenza, e quindi pare opposizione all'individuo contingente)
AeWa^Hori della cognìzioDe. E G. prende la stessa posizione di
contro all'empirismo, pur senza ripetere una critica che era stata
fatta, ma accettandone benal il resultato. Oggi si tiene per certo,
egli scrive nell' Introduzione, che Toler derivare con Locke i concetti
razionali dalla sensazione e dalla riflessione, ovvero con Condillac e
co' suoi seguaci, dalla sen- sazione sola, è un assunto d'impossibile
riuscimento; e che, sì come il necessario non può nascere dal
contingente, né l' oggetto' dal soggetto (ecco l'unica concezione
rosminiana d'oc/petto e soggetto: oggetto = necessario: soggetto =
contìngente), così i sensibili od esteriori non possono partorire
l'intelligibile, Per G. la questione stessa dell'origine
dell'intelligibile, di cotesta idea, involge una repugnanza; giacché, essendo
essa oggetto immediato ed eterno, come necessario ed universale della
cognizione, non ha nn principio né una genesi. Potevasi senza dubbio
osservare all' autore, che appunto la definizione stessa che egli dà della
idea, inchìnde il teorema, che gli avversarj volevan
dimostrato. Comunque ciò sìa, egli ammette bensì un' altra questione,
che è la vera questione della ideologia rosminiana; la quale è volta
a indiare se derivando la cognizione dell'Idea da una facoltà spe-
ciale, che dicesi mente o intelletto o ragione, ella è acquisita od in-
genita; cioè, se l'uomo può su^atere, eziandio pure un piccolissimo
spazio di tempo, come spirito pensante, ed esercitare la facoltà cogi-
tativa, senz'avere l'Idea presente; e quindi ne va in cerca e se la
procaccia; ovvero, se ella gli apparisce simultaneamente col primo
esercizio della mente, tantoché il menomo atto pensatìvo e l'Idea siano
inseparabili, . E tal quistione, che brevemente si può espri- mere, se
l'Idea sia o no innata (nel senso kantiano di forma si- multanea alla
esperienza) ei la risolve affermativamente, come il Rosmini, dichiarando
che a suo avviso (per rispetto nostro) non si può assegnare altra origine
all'Idea, che l'origine medesima dell' esercizio
intellettivo. «)Iiib. I, oap. 3»j n, 6. *) le O. Gentile Questa
apparizione dell'Idea simultanea al primo esercizio della mente corrisponde
per l'appunto a quello che SERBATI avrebbe detto propriamente nozione)
dell'idea dell'essere. Anche per G. cotesta nozione è la stessa
intelligibilità, la evidenza stessa; anche per lui non arguisce nulla di
subbiettivo, oè risulta dalla struttura dello spirito umano, secondo i
canoni della filosofia critica, ) ; anche per lui è " l' ometto della
cognizione razionale in se stesso, aggiuntovi però una relazione al
nostro conoscimento). L'intuito di cotesta idea è dal Gioberti stabilito
con breve disamina del procedimento del conoscere, e benché egli non se
ne rimetta al Rosmini, è chiaro che psicologicamente la lacuna, che
egli stesso poi riconobbe in questa parte della sua teorica, devesi alla
grande efficacia esercitata sulla sua mente dallo studio di SERBATI ; talché,
scrivendo quasi di getto, come fece, l' Introduzione, non avrà pensato
che ci volesse molta discussione a solidare già muorevasi la
mente iegazione del conoscere. nella esposizione, del
Ione fece il Massari nel un'ipotesi, la quale, per l' indirizzo per
cui sua, era assolutamente necessaria alla spie Si accorse di poi del
mancamento ; e lo v resto tanto piaciutali, che AeW Introdtizio Progresso
di I^apoli, quando già l' intrapresa polemica con SERBATI cominciava a
fargli guardare più attentamente ogni parte della costruzione filosofica,
cui aveva posto mano. B aMassari, scriveva: Ho riletto quel poco che ho detto
del- l'intuito iLviW Introduzione e l'ho trovato ancor più scarso che
non credevo; tanto che la critica che vi ho fatta di non esservi
steso davvantaggio e con nu^giore precisione su questo punto manca
affatto di fondamento) ; e a' 20 lugho tornava a scrivergli : Non ') <
Nozione io chiamo un'idea considerata sotto questa relazione, in quanto
doè ella mi serve, a rendermi note le cose >; Bosuini, Prindpj di acietua
morale, in Optre, ed. Bstelli, TX, 2 n. ») Inirod. Cart, n, 375. Il
MAasÀBi aveva fatto una analisi dell' Introduzione ( la 1* ohe ne faue
fatta in Italia) in tie puntate del Frogreeso] è come vi ho detto che uDa
iBcuoa, proreniente dal mio testo del- l' Introduzione; ODde può parere
che l'intuito sia una facoltà mi- steriosa conforme all'inspirazione dei
mistici; laddove no la cognizioae umana e ordinaria, spogliata però del
repli riflessivo. L'ho definito, credo, nel libro degli i/rrori, ').
- questa definizione dell'intuito corrisponde evidentemente i trina
già esposta di SERBATI, che l'intuito dell'idea si rit un lavorio
riflessivo sulla cognizione ordinaria, mediante cesso d'
astrazione. In G. non s' incontra una teoria compiuta del f
noscitivo, come si trova in SERBATI. Ma qualche accennc qua e là, basta a
dimostrarci che, sebbene l'autore sia de che la psicologia, per dirla con
la parola sua, non debb fondamento né propedeutica alla ontologìa, della
quale egli trattare specialmente, tuttavia l' ideologia rosminiana
giace alla sua dottrina. Egli ammette un' ' attività intima e s<
sima, che rampolla dall'unità sostanziale dell’animo, e con primo raggia
intorno a sé le molteplici potenze, donde na varie modificazioni di esso
animo, *); ripetizione, anzi de d'un punto del rosminianismo, da noi già
messo in rilii L'intelletto, la facoltà dell'intuito secondo SERBATI,
presso G. una energia contemplativa che venir meno, ossia non può cessar
d' intuire il suo termine, se durre,in grazia di quell'unità sostanziale
dello spirito, la ce simultanea dell'esercizio deliamente^); come in
SERBATI •) Cart, n, 381 e aegg. ^Infrod., I, 2° (1, 135).
Animo dice il Gioberti; per castigatezz tuna di lingua, lovece di anima,
spirito. ') < Tutte le potenze dell' aaimo amano esseDdo
collegate inBieme dosi a vicenda, è inverosimile il aupporre che
l'energia contemplat eoir meno, «enza che le altre facoltà a proporzione
se ne riaentan . Altrove dice che t l'intelletto è ti mezzo, con cui
I prende la manifestazione naturale del verbo ; Ma egli no a questo
propoailo, una terminologia costante. Gentile dell'intelletto vedemmo
esser necessario non solo alla costituzione dell'intelletto, ma anche,
per l'unità del soggetto, a tutta la fun- zione del conoscere. Né per
G. l'intuito ha un valore diverso da quello indi- cato nella teoria del
filosofo roveretano; come sarà agevole accor-gersene esaminando con la brevità
necessaria la teoria giobertìana della riflessione. L'iatuito
rosminiano vedemmo essere non vera e propria cognirjone, ma condizione di ogni
conoscenza, e però un vero a priori kantiano, una pura forma dell'
intelletto, che come tale distruggeva l'antica concezione di oggetto
opposto e separato dal soggetto, avendo dimostrato che il nuovo oggetto
non esisteva per sé, fuor della sintesi, essenzialmente soggettiva, co'
dati offerti dal senso ed elaborati nel soggetto. E G. scrive: Egli è
vero che l'in- tuito diretto della mente non basta a fare la scienza, ma
ci vuol di pili quella ridessione che ho denominata ontologica
dall'obbietto in cui ella si adopera. La quale arreca nel suo oggetto
quella di- stinzione, chiarezza e delineazione mentale, che senza
alterarne r intima natura, lo fanno scendere, per così dire, dalla sua
altezza inaccessibile, e accomodarsi all'umana apprensiva. Se l'intuito
fosse solo, l'uomo assorbito dall'idea non potrebbe conoscerla, perchè
ogni conoscenza importa la compenetrazione del proprio intuito, e la
coscienza di noi medesimi, ; vale a dire la coscienza dell'intuito e la
coscienza del soggetto, che in fondo sono una medesima coscienza; dacché, anche
per G., l'intuito è costitutivo del soggetto, e non v'ha soggetto senza
l'intuizione immanente dell'Idea. Sicché l' intuito giobertiano
neanch'esso fornisce una effettiva conoscenza, ne è bensì anch'esso la pura condizione,
la pura forma a priori, la quale ha bisogno, come qui dice l' autore,
della riflessione. Orbene, che è questa riflessione, e qual'è
l'ufficio suo? Essa [La riflesBione pertanto dee accompagnue l'intuito
primitivo; è come un intuito secondario, cioè un replicamento cosciente
del- l'atto coatemplativo della Idea; ma, appuoto perchè cosciente,
non è più puro intuito, non è più condizione, ma atto di coscienza: essa
è già coscienza. La riflessione importa quindi una determinazione
soggettiva e però una modificazione pur soggettiva; poiché l'intuito è
vago e indeterminato, mentre ogni atto di conoscenza è essenzialmente
determinazione ed unità; elementi che all'intuito non possono essere
aggiunti dall'oggetto suo, che non ha in sé né determinazione, . né principio
veruno di determinazione. Nel primo intuito la cognizione è vaga,
indeterminata, confusa, si disperge, si sparpaglia in varie parti, senza
che lo spirito possa fermarla, appropriarsela veramente, e averne
distinta coscienza. L'intuito secondario, cioè la rimessione, chiarifica
l'Idea, determinandola; e la determina, unificandola, cioè comunicandole
quella unità finita, che è propria, non già di essa Idea, ma dello
spirito creato, La riflessione, adunque, si deve considerare come una
funzione determinatrìce dell'intuito, o vogliam dire dell'» priori;
funzione fondata sull' unità del soggetto, di quell'attività intima e
semplicissima, che dianzi rilevammo. Ma in che modo avviene la de-
terminazione? Ciò succede, mediante l'uniOne mirabile dell'Idea colla
parola. La parola ferma e circoscrive l'Idea, ^); unione mirabile e
'misteriosa, donde s'inizia la conoscenza, come lo era quella percezione
intellettiva, per la quale Rosmini faceva sviluppare l'atto del
conoscere; ma unione necessaria, unione, come s'è visto, senza la quale
non v'ha umana conoscenza). E alla percezione intellettiva l'atto
prodotto per la riflessione si riconnette anche per la natura della
parola, che si sostituisce in esso alla sensazione rosminiana. G. infatti,
definendo la ») Introd. La parola, easendo il priocipio determinativo
dell'Idea à altreai una condizione neoeBjacia della esistenza e della
certezza rlfleasiva» 0. Gentile PAROLA,
come OGNI SEGNO, per un sensibile, osserva: Se adunque ella BÌ richiede
per ripensare l'Idea, ne segue che il sensibile è necessario per poter
riflettere e conoscere distintamente l'intelligibile). II cbe consuona
con la doppia natura dell'uomo composto di corpo e d'animo, e annulla
quel falso spiritualismo, che vorrebbe considerar gli organi e i sensi, come un
accessorio e un accidente della nostra natura. Sulle quali parole è bene
cbe meditino quanti sono che l'intuito giobertiano sogliono appaiare con
quello del Malebranche. Anche G., come SERBATI fa ricorso al sensibile e
Io ritiene necessario alla formazione dell'Idea; e il senso anche lui fa
costitutivo dell' oi^anismo unico dello spirito. Sennonché, sulla
natura di questo nuovo sensibile proposto da G. solvono varie difficoltà, sulle
quali non è pcasibile sorvolare, volendo fornire una idea non troppo manchevole
della sua teorica della cognizione. Vedemmo altrove (part. I, cap.
3") come già fin nelle Miscellanee, che sono sì prezioso documento della
formazione della mente del Gioberti, si accettasse e si lodasse la teoria
bonaldiana del lin- ' S^^SS^°- 1"' nsll^ Introduzione è detto:
Parecchi scrittori moderni assai noti, fra' quali il Bonald merita un luogo
particolare, hanno avvertita la necessità del linguaggio per l'esercizio
del pensiero, *}. Ed è senza dubbio dal Bonald eh' egli ha mutuato la sua
dottrina, che ha, pel modo come sorse, una grave ragione storica. È
noto che l' empirismo inglese e il sensismo francese sì proponevano di spiegare
il linguaggio umano, come una invenzione dell'uomo, Reid per primo,
(poiché le profonde intuizioni del Vico passarono inosservate), nelle sue
Ricerche stdl' intendimento, dimostrò che il linguaggio nel suo più ampio [Cfr.
Teor. Sovr-, II, 35 < Senaa la contezia di qualche aenaibile, le idee
non aorebbeia acceBsibili alla mente nostra*. Teoria che bÌ conferma e ai
de- fiaiace meglio nella Protoloffia, per la qaale cfr. i Inoghi dUti
dallo Spàtbhti., nella FUoa. di Giob.,j Introd.] SIGNIFICATO È NATURALE
PRIMA CHE ARTIFICIALE. – cf. Grice. Definiva egli Il linguaggio, efinizione, ai
badi, espressamente citata e accolta dal nostro G., ') tutti i SEGNI onde
gli uomini fanno uso per comunicarsi reciprocamente i loro pensieri, le
loro conoscenze, le loro intenzioni, i loro disegni e i loro desiderj,
*}. Per Reid v' ba DUE SPECIE DI LINGUAGGIO: UN LINGUAGGIO NATURALE, formato
da quei vocaboli, che NON HANNO UN SIGNIFICATO CONVENZIONALE, ma ne
hanno uno che tutti intendono naturalmente e per istinto; e UN LINGUAGGIO
ARTIFICIALE, costituito dei vocaboli non aventi altra significazione se
non quella attribuita loro convenzionalmente dagli uomini. Che vi sia un
lii^uaggio naturale è innegabile: e l'attestala sopravvivenza stessa di esso al
linguaggio artificiale: le modulazioni della voce, ì gesti, i tratti del
viso o la fisonomia, mezzi tutti onde l'uomo esprime naturalmente i
pensieri, — sono per l'appunto le tre classi alle quali riduce Reid tutti
gli elementi di cotesto linguaggio. Ora è ovvio dedurre, siccome fa
appunto il filosofo scozzese, che IL LINGUAGGIO ARTIFICIALE PRESUPPONE IL
LINGUAGGIO NATURALE, senza di cui gl’uomini non avrebbero potuto
intendersi per convenire nei significati di quei vocaboli onde resulta Il loro LINGUAGGIO
ARTIFICIALE. Di modo che se, come vuole l'empirismo, il linguaggio fosse
dovuto solver per un'invenzione umana, come la scrittura o la
stampa, tutte le nazioni, dice Reid,
sarebbero ancora mute, come i bruti. Né meno stringente è la critica da
Bonald opposta alla teorica del Condillac ) nelle sue Ricerche filosofiche.
Secondo Bonald il linguaggio ci è dato primitivamente con la prima
conoscenza; a causa della necessaria simultaneità della idea con la sua
espras- [Le parole sono I SEGNI principkli, ma non i soli Bagni, come sa
oiaaouuo; tntti i sentimeati sodo veri SEGNI deUe cose, secondo la bella
e profonda dottrina di Tommaso Eeid >; Introd. Rech. sur V entendemenf humain,
trad. Jouffro;, oliap. IV, sect. 2
in OtMvres (Paris Combatte la teoria com'era stata formulata da)
CoDdiUac; ma tiene por conto delld OBservazioni di Hobbes di Locke e di
tutti i sensisti.] aione (espressione, si noti, anche semplicemente * mentale «
) S contro i sostenitori dell'opposta sentenza, osserva che essi
comin- ciano dal supporre, contro ogni autorità ed ogni ragione,
l'uomo in uno stato primitivo bruto e insociale, e a tal grado di
barbarie, da essere perfino privato della facoltà di conoscere e
comunicare i proprj pensieri, per attribuirgli nello stesso stato i
pensieri, i sen- timenti, le affezioni, le intenzioni, i bisogni, Io
spirito d' invenzione e d'industria dell'uomo sociale e civilizzato,
'). Lo critica di Bonald è in fondo identica a quella del Reid. Si
presuppone nell'uomo sfornito tuttavia del linguaggio, cbe gli tocca
inventare, qualità o attitudini necessarie all'invenzione; le quali non
possono non equivalere al possesso del linguaggio che vien negato,
comecché in una forma primordiale e naturalmente rozza. E questa ingenua
teoria del vecchio empirismo che fon- dava la società io un contratto, la
religione su un arbitrio dì legislatori, e Ìl linguaggio in una INVENZIONE
CONVENZIONALE, è stata anche in quest' ultimo campo, sconfitta dalla
moderna scienza della linguistica comparata; la quale se tra MuUer e
Witney discorda intorno alia necessità delle relazioni che intercedono
fra il pensiero e LA PAROLA, ha però definitivamente e
concordemente stabilito che il linguaggio è un fatto speciale, primitivo
e naturale dell'uomo, non essendovi alcuna società, per quanto barbara
e selvaggia, che non ne sia fornita; del pari che la sociologia e la
scienza delle religioni comparate hanno provato l' originarietà, cioè
l'apriorismo, del fatto sociale e del religioso. Ed è appunto
merito della scuola teologica francese, come osserva giustamente Janet),
di aver dimostrato contro i filosofi francesi la vanità delle teorie intorno all'origine
fattizia e riflessa di tutti i fatti i più importanti dell'uomo sociale.
A Bonald poi spetta particolarmente la lode per quel che è del
linguaf^io; e a lui specialmente volgeremo l'attenzione, giacché [lUeherches
phiioaophiquea, ohap. Il, in Oeuvres Paris La ph&os. de LamtnnaU.] egli
connette questa teorìa con quella della rivelazione neceasaria per
l'umana conoscenza, siccome fece tra noi G.. Bonald, con l' Histoire
comparée di Degerando alla mano, rileva che la filosofia non è riuscita
peranco a fissare un punto fermo, un criterio sicuro di certezza e di
verità, anzi per tutti i sistemi è finita nello scetticismo e nel
soggettivismo; e si chiede quindi se non fosse possibile " trovare
nei fatti sociali un fonda- mento alle dottrine filosofiche piìl solido
di quello che s' è cercato fin qui nelle opinioni personali, ') ; e
questo fondamento gli pare appunto di trovarlo nel linguaggio, che,
dimostrato non potersi inventare dagl’uomini, deve (non essendovi, secondo lui,
altra via) essere stato comunicato da Dio alla società umana, e in
questa appresa via via dagli individui. Si direbbe che il criterio di
Bonald riesce sottosopra a quello altrove rilevato da Lamennais; che
questa PAROLA, che possiamo accettare come saldo fondamento di certezza,
data da Dio all'umano consorzio, è precisamente la rivelazione. Ma quel
che v'ha di originale in Bonald, e prova che G. ne dipende io modo speciale, è
la teoria della PAROLA coma atto o strumento necessario del pensiero;
vale a dire che, dato che LINGUAGGIO, tutto il linguaggio aia rivelazione
divina, il pensiero dì cui il Bonald dice che la parola è il corpo, è
esso stesso tutto una rivelazione, cioè ha tutto per se stesso un
fondamento di certezza obbiettiva o sovrumana, nel senso di universale.
La quale è appunto la teoria di G., che ammette bensì una conservazione,
ma anche una alterazione della forraola ( = contenuto della rivelazione,
coni' è contenuto dell' intuito) ; e fa che il pensiero che rimane, anche
al- teratasi la rivelazione, possa tuttavia cogliere il vero. Di
guisa che la rivelazione (l'elemento sensibile della conoscenza) non è
accidentale ed esterno al pensiero, ma necesaario e quindi costitutivo di
esso ; sicché, essendo il pensiero un fatto, cotesto elemento sen-
sibile, ne dipende e gli è strettamente connesso. BecA. O. Gentile
Questa rivelazione, adunque, ha ud valore tutto speciale, in quanto
è qualcosa d' intrìnseco al pensiero stesso, tale perciò che il
ricorrervi non sia per quello un esautorarsi o uà apprendere dal di
fuori, ma bensì uno sviluppare se stesso; laddove, presso il Ijameanais
del Saggio sull’Indifferenza, il pensiero infermo per se medesimo e
incapace d' attingere il vero, si dee abbandonare, quasi per chiederle
conforto, alla rivelazione esteriore. Per G. la rivelazione va cercata
nella vita stessa del pensiero, equivalendo alla parola, che è tale a sua
volta, che senza di essa, come osserva Bonald, il pensiero non esisterebbe. Chi
rigetta la rivelazione, viene a rigettare secondo G., LA PAROLA, ossia
lo strumento necessario alla cognizione riflessiva dell'idea; epperò non
può attinger questa, senza la quale lo vedemmo già eoi SERBATI il
pensiero cessa di essere '). La necessità dì questo è pertanto la stessa
necessità della rivelazione, considerata unicamente per rispetto a quell'
ufììcio che dee compiere nel fatto della conoscenza. Sennonché, cosi
considerata, a che si riduce la rivelazione? Essa ci deve offrire LA
PAROLA, ossia I SEGNI delle cose, Il dato sensibile che circoscrive
l'idea dell'essere e le dà attuale esistenza di conoscere; e, come dice
l'autore, una successione di sensibili, per cui essa Idea rivela se
medesima all' intuito riflessivo dello spirito umano, e compie l'intuito
diretto, che li porge da sé. Non è del nostro tema trattare
ampiamente di questo punto della filosofia di G., che richiederebbe una
troppo lunga di- samina. E bisognerebbe sovrattutto discuterla, come in
parte ha fatto, da quel gran maestro che era, SPAVENTA (si veda) nelle
opere postume, una delle quali è appunto dedicata alla filosofia
della [ ') B il QiOBBBTi dice: Il ripudio assoluto della tradizione
religiosa e Bcientifica si trae dietro neceasariacoente quello della
parola. Ora, siccome l'aiuto della parola è neceaaarìo per conoscere
riflessivamente l'Idea, chi lo rifiuta dee eziandio dismetteie e gittar
da sé ogni cognizione ideale. Ha tolta l' Idea, che rimane? Nulla ».--
/«(roA, I. 3»; ») Op.] rivelazione.
Ma esse furono tutte scritte dopo la polemica col Elo- amÌDÌ, e sarebbe
perciò inopportuno il prenderle come un punto di partenza, volendo
discorrer di quella. Gì basta notare, che nella stessa Introduzione la
teoria della parola va messa in relazione con le dottrine di Reid e di
Bonald, dalle quali deriva, e co' principj rosminiani già adottati nella
Teo- rica del soEiannaturale; che deve intendersi {secondo la
distinzione di PAROLA NATURALE E PAROLA ARTIFICIALE, ripetuta dallo
stesso G.) '), come parola naturale, cioè come SEGNO della cosa, o sua
rappresenlanions, il che corrisponde appuntino alla teoria rosminiana
della sensazione, per la quale si determina e circoscrive l'ente
indeterminato. Infatti, secondo G., LA PAROLA ARTIFICIALE non può
esprimere se non le idee già espresse, e presuppone quindi LA PAROLA NATURALE, LA
RAPPRESENTAZIONE. Ora, se anche per G. ogni concetto si forma per una
determinazione che si fa per LA PAROLA dell' essere indeterminato dell'intuito,
ciò avviene, come s'è visto, per opera della riflessione; la quale
richiamerebbe perciò, secondo s'è pur notato, la percezione intellettiva
di SERBATI. Ma G., come ha mutato LA PAROLA, ha mutato anche, o crede
d'aver mutato, il concetto. Alla sua fìlo- [La potenza dell'intuito per
attuarsi ha d'uopo della PAROLA, cioè del sensibile! LA PAROLA È DI DUE
SPECIE: NATURALE ED ARTIFICIALE. Questo è IL LINGUAGGIO elle non può eaprimere
che le idee già espresse. IL LINGUAGGIO DELL’ARTE è sempre una traduzione del LINGUAGGIO
DELLA NATURA; è verso di esso db che la scrittura verso In PAROLA
ARTIFICIALE. Kioi d. Rivela):., Toriao, Botta. Meglio potremmo solidare questa
interpetrazione discutendo le difficoltà che fa insorgere la teoria della
PAROLA cori com' è esposta uell' Introduzùtne, o prima facie par che
quivi debba intendersi, esaminando la critica fattane dal Tbsta nelle sue
Considerazioni aopra l' InlrodtiziorK aUo st. ddla JHo*. di V. Q.,
Piacenza, Del Majno. Ma non ist htc locus. Con la critica del Testa
consuona in alcuni punti quella di V. Db Gbaziì, ne' suoi Discorsi au la
logica di Hegel e su la Filos. speculativa { Napoli, Gemelli) 2' rass.; e
mutuata dal Testa pare l'obbiezione che il critico calabrese muove
all'ipotesi dell'intuito (iTÌ,p. 100) nel Gioberti aee O. Gentile
sofìa, che per la spi^azìone della conosceoza ha bisogno del fatto
della rivelaz ione egli coutrappone la filosofla eterodossa, la quale,
rifìutaodo lo strumento della rivelazione, non può ammettere una
riflessione che rifaccia l’intuito e conduca perciò al possesso del-
l'Idea; e deve quindi rinunciare alla Idea, appigliandosi alla percezione del
sensibile, il quale può essere l'oggetto del senso esterno, come
dell'interno, ossìa materiale ed estrinseco, o spirituale ed intrinsepo.
Donde, doppia eterodossia, sensismo da una parte e psicologismo dall'altra; e
in ambo i casi ' la sostituzione del sensi- bile all'intelligibile, come
principio, onde muove la filosofia, '); ossia un metodo il quale, come
vedemmo, conduce direttamente al soggettivismo, allo scetticismo, al
nullismo, dacché è vano lo sforzo dei sensisti e de' psicologisti, di
trarre dal sensibile l'in- telligibile. La filosolia
eterodossa, dunque, ammette bensì anch' essa la riflessione; ma la sua
rifiessione si differenzia essenzialmente dalla riflessione della
filosofìa ortodossa, in quanto, non servendosi di quel mezzo che solo
mette in grado di tornare, dopo il primo intuito, fìno al termine di questo, si
deve necessariamente fermare al fatto della mente (per parlare dello
psicologismo che c'interessa) e rimaner quindi semplice riflessione
psicologica, in luogo di pervenire all'Ente intuito immediatamente e
farsi, come dovrebbe, ontologica. ' Lo strumento, onde lo
spirito umano si vale in psicologia, è la riflessione psicologica, per
cui il pensiero si ripiega sovra se stessO; e afferma, non già la propria
sostanza, ma le proprie ope- razioni solamente. All'incontro
nell'ontologia lo strumento è la contemplazione, la quale si divide in
due parti, cioè in uu intuito primitivo, diretto, immediato, e in un
intuito riflesso, che chiamar si può riflessione contemplativa e
ontologica, >). Cosicché la ri- flessione psicologica è una operazione
semplice ; l' ontologica una [Introd.) Introd.] operaziooe duplice;
quella si esercita sopra il prodotto soggettivo di una precedente
operazione (l'intuito)-; questa sopra l'oggetto stesso della operazione
precedente, che rifa maturandola. Si potrebbe dire perciò, che la
riflessione ontologica sia la stessa riflessione psicologica aggiuntavi
la ripetizione dell'intuito. Infatti nell'ontologia lo spirito, ripensando, si
rifa sull'oggetto immediato dell'intuito stesso. Ma, egli è vero che nella
riflessione contemplativa, la mente rivolgendosi all'oggetto ideale, si
ripiega pure di necessità sull' intuito proprio, che lo apprende
direttamente ; onde il tenor psicologico del rìpensare accompagna sempre
l'altro modo di riflettere; tuttavia queste due operazioni, benché simultanee,
sono distinte, perchè hanno il loro termine in uu oggetto diverso, ). Una
critica non molto difficile qui può sorgere conti'o questa dottrina della
riflessione ontologica. Se l'intuito lascia uno stato speciale nella
mente, un fatto, tal che sia possibile coglierlo con la riflessione
psicologica, due casi si posson dare: o in esso v'ha uno specchio fedele
dell'oggetto proprio dell'intuito, e allora la riflessione psicologica è
fondamento di una conoscenza oggettiva per eccellenza, e non soggettiva,
come pretende G.; o non si riflette affatto (ovvero, che è lo stesso, non
si riflette fedelmente) il termine dell' intuito, e in tal caso questo
primo intuito è per- fettamente inutile. Il dilemma ci pare
senza uscita. La riflessione ontologica di G. sarebbe davvero un secondo
intuito, se potesse traspor- tare la determinazione sopravvenuta con la
parola (dato sensìbile) dall'interno del soggetto, dove interviene, nello
stesso oggetto; il che è impossibile, perchè secondo la sua teoria la
parola è un sensibile. E perchè dovrebbe potervela trasportare,
cotesta determina- [Cobi è par detta dal Oìobei-ti la riflesBione
ontologica; mentre la psicologica è pur detta osservaHva. «) latroduz..
l, 3", II, 104. G. Qmiile zionep Perchè, avvenendo la
determinazione nella riflessione, es- sendo questa ontologica, il
sensibile, principio della determinazione, dovrebbe ripensarsi coli'
intelligibile, e come questo (poiché si tratta di un secondo intuito),
fuori del soggetto; il che, ripetiamo, è impossibile. Di certo la
riflessione ontologica è l' espressione, benché non esatta, d'una giusta
esigenza del pensiero, come or ora vedremo; ma contrapposta, com'è da G.,
a una riflessione psicologica, fallisce al suo scopo, non potendo
sfuggire alle conseguenze dello accennato dilemma. Sennonché, G. ci dice:
' La rifles- sione psicologica non ha per termine diretto il pensiero,
come pen- siero, ma il pensiero come sensibile intemo, cioè come atto
dello spirito, e quindi non riguarda direttamente l'Intelligibile, che
si congiunge col pensiero e lo illustra. Egli è vero che la
riflessione del psicologo si connette per indiretto coli' Intelligibile ;
ma cì6 non prova nulla in favore dei psicologisti; imperocché non
ne partecipa, se non mediante quell'intuito mentale, che, al parer
mio, è il vero e necessario strumento dell' ontologo, L'equivoco qui è
evidente: la riflessione psicologica non coglie il pensiero come
pensiero, cioè in quanto intuisce l'Idea^, ma lo coglie, secondo G., come
un sensibile intemo ; dunque la riflessione ontologica non fa altro che
cogliere il pensiero come pensiero. Ora, se la riflessione
psicologica presuppone anch'essa un intuito, e (poiché, parlando contro
il psicologismo, G. si riferisce specialmente a SERBATI) un intuito, che,
come vedemmo nella esposizione della teorica rosminiana, è costitutivo
del pensiero, é Introi., Nella FUoB. iella Uivdaz., G. scrive : Una
meate aeiiEa idee, e in igtato di tavola rasa perfetta è una
contraddizione. La facoltà con cui la meate creata afferra questa
rivelaiione [la riveUsioae imuaQente, virtuale, che diventerà attuala pei
opera della riflessione] che fa, la sua assensa, è l'intuito»; p. 88 Né
pia uè raeao di ci6 che dell'intuito aveva detto SERBATI. la sua propria
essenza, come può fare a ritornare sovra un pensiero ehe non siasi già
appropriato l'Intelligibile, e Io abbia ancora fiiori di sé, e sia ancora
in atto d'intuirlo? Insomma sì può concepire un intuito immediato
dell'Intelligibile come essenza del pensiero, che pur lasci il pensiero
sempre al puro stato di tcAida rasa, sempre in atto di guardare
l'Intelligibile, senza mai vederìo? Il pensiero per SERBATI intanto è
pensiero, in quanto ha un intelletto costituito dall'intuito
dell'intelligibile; non può quindi riflettersi su se stesso, senza
trovare in sé non già Ìl semplice atto astratto dell'intuito, ma sì
l'atto concreto, ossia l'atto terminante nell'Intelligibile: la forma, in
una parola, dell'intelletto. E l'equivoco propriamente consiste in ciò : nel
concepire l' intuito immediato come una pura dualità; dove, al pari della
visione corporea, da cui immaginosamente è desunta, non può essere se non
un'unità sintetica, di soggetto ed oggetto. L' intuito ond' è fornito l'
intelletto è una nozione, in cui Ìl soggetto e l'oggetto, come nel prodotto
della sensazione, sono affatto indistinti. Ora se la nozione è qualcosa
di perfettamente uno, ripiegandosi sovra di essa, lo spirito non può non
coglierne il contenuto, che è per l'appunto l'Intel- ligibile. SI'
equivoco si fa manifesto quando l' autore soggiunge che questo
scambiamento di metodi (psicologico ed ontologico) gli ' riesce un
trovato cosi bello, come l'assunto di chi adoperasse le dita e le
orecchie, per apprender la luce e distinguere ì colori in essa racchiusi
Qui sì immaginano la luce e ì colori come oggetti o segni esterni e
indipendenti dell'organismo sensitivo, in che si rappresentano; per modo che a
noi, sapendoli lì ad aspettare di esser da noi sentiti, sia dato scegliere
lo strumento più acconcio alla bisogna. Laddove fìa da quando è
pubblicato il celebre Manuale di fisiologia di Mailer, si sa da tutti che
non v'ha nulla di più falso. Quello che not sentiamo e diciamo luce e
colori, non è se non per la nostra sensazione e nella nostra sensazione.
Ma G. ignora questo concetto della soggettività della sensazione, comecché
avesse già appreso dagli scozzesi quella teoria della percezione
esteriore, per la quale venivano per sempre seppellite le vecchie idee
imniagiiii, che solo la leggerezza filosofica di Ippolito Taine doveva
più tardi esumare nella sua haldanzosa quanto vana guerriglia contro la
filosofia classica francese in genere, e per questo punto contro
Royer-Collard >). Or, come è uno shaglio credere che il colore
che diciamo di vedere con l'occhio, sia fuori dell'occhio, talché se si
avesse modo di riflettere sulla visione, si rifletterebbe sul semplice
atto del vederlo, ma non propriamente sul colore; così soltanto un
equivoco può far pensare che nella nozione rosminiana fornita dall' intuito
dell'Intelligibile, non siavi altroché l'atto dell'intuire; di guisa che
la riflessione sovra di essa pervenga soltanto indirettamente
all'oggetto, sul quale cotesto atto si esercita. L'oggetto qui è una cosa
stessa con l' atto, siccome vedemmo altrove discorrendo dell'intuito;
oggetto ed atto sono una cosa sola nell'intuito intellettivo, che è atto
insieme e forma dì esso, secondo la teoria di SERBATI. E questa è
la vera ragione che Tarditi avrebbe dovuto opporre a G., per dimostrargli
infondata, come tentò di fare nella prima e nella seconda delle sue
famose lettere, la distinzione fra le due riflessioni psicologica ed
ontologica). Le quali si po- [Convengo pienamente nella controcritica
oppostagli dal Janet nel primo de' suoi scrìtti en La crke phUoaopMques,
Paris. Li teoria scczzcBe toRlienda l'inutile intermediario dell'immagine
tra l'oggetto sensibile e il soggetto sensitivo, fece di certo un primo
passo verso quell'unità del tatto della sensazione, che non poteva
d'altronde concepirai senza i nuovi principj del kantismo, di cui giustamente
la psicologia genetica tedesca si con- sidera come un fedele compimento. Vedi
in proposito gli scritti del TabÌktino in Giom Napdet. di FUob. e
Lett. e 81 e del Cm*p- PELLi, ivi.
QnelH del primo bqu pure raccolti nei Saggi fUoeofici, Napoli, Morano,
Dopo la pubblicazione di quwto votame il Chiappelli tornò sull'argomento
nella Filosofiti delle Scude Italiane, in un art. sulle Attinenze fra il
criticiamo kantiano e la pri- coloffia inglese e tedesca. Siccome,
osserva Tarditi, noi non possiamo riflettere su ne»aa trebberò ira loro
distinguere solamente pel dÌTerso oggetto (e a questo soltanto s'è
appellato come a ragion distintiva in un passo dell’Introduzione già
citato G.); talché se l'una noa ha, né può avere un oggetto diverao dall'
altra, è chiaro che la distin- zione non possa più farsi. n G.,
veramente, negava più tardi che la distinzione si desuma soltanto dall'
oggetto; e voleva che si fondi anche sul metodo {Errori); e dava sulla voce
a Tarditi, che ciò non aveva saputo vedere •). Ma come sosteneva la sua
sentenza ? La diversità dei metodi in ogni ordine di ricerche consiste in
quella del veicolo, che si dee scegliere per conseguire l'oggetto
ricercato; e la natura del veicolo è determinata da quella dell'og- getto
medesimo, considerata non in sé semplicemente, ma nelle sue attinenze con
le facoltà e le condizioni del cercatore, . E più in là: ' Il punto, a
cui si vuol giungere, determina l'indirizzo che si dee tenere;
l'intervallo che s'ha da correre, insegna le operazioni da farsi, per superare
gli ostacoli e toccare la mèta, '). Ora^ senza dire dei caratteri
differenziali che G. poi indica nei due processi che vuol distinti, basta
notare che la sua deduzione avrebbe un valore soltanto nel caso eh' ei
avesse dimo- strato essere realmente distinti i due pretesi oggetti di
riflessione, poiché, a confessione dello stesso G., la natura del
metodo oggetto se Doa quanto da noi o intuito se ideale, o percepito se
reftle; pad la riflesBÌoDe passare egualmente dall' oggetto atl' intuito,
e dn questo a quello; anzi ta rìfleasioue sull'intuito non puA essero
completa, imparziale, quale s'addice al filosofa, se non coasidera l'intuito, e
nel soggetto di cui è atto, e nell’oggetto in cui termina, e dal quale
Sformalo*; Leti, d'un Sosminiano, Z\
; e si riferisce alla teorìa della rytesiione filosofica del Rosmini ;
cfr. p. S e segg. Or se si distìngue e separa, come fa il Tarditi, atta
da oggetto, G. ha cagione. H vero è ohe essi non sono afiatto
distinti. ') Leti, eit, Errori. G. Omtile è determinata dalla
natura dell' oggetto. Contro il Tarditi che ammetteva un atto di intuire
distinto attualmente da un oggetto intuito, egli aveva ragione; perchè se
vi sono due termini di diversa natura, noi non possiamo giungere a ciascuno di
essi con un medesimo processo. Ma conviene prima provare quella
distinzione di atto e di oggetto nell'intuito; la quale è, pift che
altro, presupposta dal nostro autore. E peccando il suo
ragionamento di una siffatta petizion di principio, né potendosi
altrimenti che per astrazione distinguere r atto dall' oggetto, G. non
può dire nemmeno che la replicazione dell'intuito, cioè la riflessione, si
differenzi! per l'oggetto e pel metodo; poiché il metodo potrebbe esser
diverso solo allof che fosse differente l'ometto. E se il metodo trae i
suoi caratteri specifici dall'oggetto, e se l'oggetto è uno e
inscindibile, come si può distinguere una riflessione psicologica e una
riflessione ontologica? Il pensiero non si può riflettere se non sopra di
sé, come pensiero; e siccome è costituito tale dall'intuito dell'essere,
che gli dà l'idea dì questo, la riflessione non può non comprendere
direttamente questa idea dell' essere, che è oggetto dell'
intuito. Che se l'intuito si considera nel suo intimo e profondo
significato, secondo la critica da noi fattane, cioè io quanto esprime
l'oggettività vera (non la falsa oggettività fantasticata, con la im-
maginaria opposizione, a risolver la quale # ricercato l'intuito), e però
la vera soggettività, vedasi quanta ragione più si abbia di volere una
riflessione che, a differenza della riflessione sull’intuito, faccia
riflettere lo spirito sullo stesso oggetto dell'intuito. E a questo punto
noi volevamo arrivare. Perchè G. distingue una riflessione ontologica
dalla riflessione dei psicologisti ? Qnesta, egli dice, si ferma a un
fatto dello spirito ; quella ci conduce fino allo stesso oggetto ; e
quella è però da preferirsi, se si vuole evitare il soggettivismo. Or si
veda che fedele rosminiano è fin nell'affermazione di questa esigenza G. ! La
critica sbagliata Fatta da SERBATI delle forme kantiane, ecco che egli la
rivolge una seconda SERBATI 6 QwberH 27 Tolta contro SERBATI medesimo.
G., infatti, si accorge (l'intuito rosminiano è una pura e semplice forma
dell'intellet ne più né meno delle forme di Kant; se ne accorge e gli
pare, dìei l'insegnamento del Itosmini, di vedersi risorgere innanzi il
fosco fs tasma del soggettivismo. Quindi non gli basta un intuito,
coi bastava al Iio3mÌDÌ, onde salvare l'oggettività,
cioèl'universal e la necessità della scienza, e gliene vogliono due, un
doppio ìntu intuito riflesso o secondario, o veramente una riflessione
oni logica. Bisogna davvero che questa Idea stia fuori del soggel
umano, stia da sé, e bisogna cbe si vada sempre fino a lei, ti per un
semplice intuito (potenza o virtualità di conoscere), vi per un intuito
riflesso, reale ed effettivo conoscere. Ma il guajo è che se l'intuito,
l'intuito scempio, sul quale esercita la " riflessione eunuca, ^)
del Rosmini, è un semplice s< sibilo interno, o meglio, un semplice
dato soggettivo (che pel G: berti quel termine ha questo significato) opperò
individuali contingente, — non c'è modo di provare che non sia un
sempl dato soggettivo anche lo stesso intuito doppio, che gli si vuol
( stituire. À rigor di logica, infatti, la critica stessa che il
Qiobe muove a SERBATI, si può muovere a lui, e si può continuare
l'infinito contro chi intenda l'oggettività, cioè l'universalitì
necessità delle forme di cognizione, come opposizione al sogge
conoscitore. Giacché l' intuito è sempre la stessa operazione, ed i plica
sempre la medesima relazione tra soggetto ed oggetto, che si eserciti una
sola volta, sia che si eserciti due volte, riflessione ontologica rifa
l'intuito circoscrìvendone l'oggetto dato sensibile, offerto dalla
parola. Ora, se il prìmo^intuito i era bastato a cogliere
l'intelligibile, perchè e come deve potè cogliere il secondo ? L'aveva
evolto, dirà G.; ma appui perciò bisogna ripeterlo, quando si vuol
predicare del dato sensil quella intelligibilità, e formare il concetto.
Ma anche a v' ha risposta; cioè, l'intuito non è, come s' è visto un
precedei Errori, I, Gentile cronologico della percezione
intellettiva, dell'atto (che G. dice riflessione) della determinazione
dell'Idea, del differenziamento della primitiva identità. E se non precede
cronologicamente, come non deve, né può, poiché non v'ha l'identico senza
la differenza, né l'universale fuori del particolare, né l'uno fuori del
vario, é falso i! concetto d'un replìcamento dell'intuito nella
percezione intellettiva o nella riflessione; perchè il replicaraento
presupporrebbe l'intuito come un precedente anche cronologico, oltre che
logico ; con che si tornerebbe al vecchio concetto dell'a priori. La
riflessione ontologica, adunque, non può intendersi come in- tuito
riflesso, cioè come doppio intuito, nonostante l' esigenza che r
Intelligibile aia intuito nell' occasione stessa della percezione sensitiva,
oltre che solo; per la semplice ragione che da solo non è mai intuito, se
non come presupposto logico, come un quid trascendente il fatto della
conoscenza. D'altronde, il secondo intuito che si comprende in cotesta
riflessione ontologica, non è né più né meno che una ripetizione del
primo ; talché, insufficiente il primo, non pub non essere, e G. non dice
perchè né come non debba essere insufficiente il secondo, E perciò, rifiutato
il primo, egli non aveva nessuna ragione di tenersi contento al secondo,
come aveva avuto torto, a fil di logica, SERBATI, rifiutando le forme
kan- tiane, a contentarsi di quel suo primo intuito. Ma come
l'errore di SERBATI risguardava la sua interpetrazione di Kant, ma
non, ci pare, la sua teorica, ed anzi era prova, come s' è più volte
notato, delia buona esigenza da lui avvertita di una perfetta
universalità e necessità nel conoscere; così, con la sua teoria della
riflessione ontologica, G., se crede a torto di correggere SERBATI
e con esso anche il Kant, dimostra anche lui di avere avuto il giusto
concetto dei bisogni essenziali della scienza. E v' ha di più nel G..
Questi sente più forte una esigenza, che non si può dire sia stata
trascurata dal Rosmini, comecché in lui non sembrasse pienamente
soddisfatta; vale a dire l' esigenza dell' unità non pure come compimento
della dualità della sintesi, ma altresì come sua base, fondamento ed
inìzio. SERBATI (si veda) e G.
Infatti, con la riflessione ontologica 8Ì ritrae la differenza nel seno
stesso delU identità; perchè LA PAROLA, principio determinativo, aiceome è una
rivelazione dell'idea, così è strumento di quella riflessione, che risale
fino all'idea stessa, a guisa d'un quadro, in cui s' incornicia la vaga
Idea sconfinata, tanto per lasciarsi vedere dal finito spìrito umano. Ma
quadro e Idea sono una medesima cosa; tanto che la parola è detta
rivelazione dell'Idea, ed è propriamente PAROLA dell' Idea medesima. Sicché la
differenza qui scaturisce dal fondo stesso dell'identità, dall'Idea; e la
funzione dello spirito, per cui si apprende insieme l'identico e il
diverso, è precisamente la riflessione ontologica, che si rifa dal centro stesso
dell'identico; laddove, secondo G., la riflessione psicologica non si rifaceva
se non dall' atto stesso dell'intuito di cotesto identico, cioè da un fatto
sensibile, epperò da un diverso; il quale, d'al- tronde, se pure era un
identico relativamente all' ordine dei cono- scibili, non conteneva però
in sé il principio della differenza. G., adunque, senza riuscire a
dimostrare l' insufficienza della riflessione rosminiana, con la critica
di questa e col volervi sostituire una riflessione più compiuta, mirava a
porre su più solido fondamento la oggettività del conoscere, e a
giustificare più sicu- ramente quella vera sintesi a priori che per
questa via accettava, attraverso SERBATI, da Em. Kant; fondandola su
quell'unità indis- solubile di identico e di diverso, di uno e di
moltepUce, di uni- versale e di particolare, di necessario e di
contingente, nella quale è la vita e la spiegazione del pensiero e del
mondo ; unità, del resto, di cui sentì pure il bisogno SERBATI, come in
parte s'è visto e meglio si vedrà nel capitolo ohe s^ue. E
per conchiudere intanto su questo punto, diremo che la riflessione ontologica
non è una operazione differente dalla riflessione psicologica, che G.
attribuisce a SERBATI; non potendone differire pel metodo, poiché non ne
differisce per l'oggetto, e non potendo per questo differirne, poiché non
esiste quella duplicità di c^getto, che è presupposta da G., e che ne
sarebbe condizione necessaria e sufficiente. L'immediatezza dell'intuito,
come 0. OmHle forma del conosoere, esclude essa appunto ogni
distinzione tra atto d'intuire e oggetto intuito, siccome distrugge
l'opposizione, che pur presuppone col suo letterale significato, fra
soggetto ed oggetto. Della proprietà delle parole. LA PAROLA, prima che
fosse scrtta, è PARLATA: LA PAROLA PARLATA è inventata da Dio, e la scrittura è
un trovato dell'uomo, e in specie del sacerdozio, secondo l'opinione di G., LA
PAROLA ARTIFICIALE, come espressione dell'idea, non è già il verbo creatore, ma
l'immagine del verbo, cioè il vero verbo della mente umana ;e quindi il vero medialoreidealetra
lo spirito e l'Idea. Se adunque lo spirito contempla l'idea a traverso della
parola, egli è chiaro, che LA PAROLA dee yelare appena e non coprire l'Idea, come
terso cristallo corpi sottostanti; quindi ella dee essere trasparente, e in ciò
consiste la sua semplicità e perfezione, Dalla semplicità della parola nasce la
proprietà delle voci, la purità e l'eleganza dei vocaboli; le quali doli della
parola si tra yasano nelle frasi, che esprimono l'unione armonica delle voci
mediante i concetti; e per via delle frasi riverberano quindi nello stile, e
generano la bellezza del discorso. Imperocchè il discorso è bello allora quando
le voci, le frasi, e quindi lo stile che ne deriva, sono semplici, proprie,
pure ed eleganti. Infatti la parola è semplice, quando vela appena il concetto,
e non lo copre dinanzi all'occhio della mente, nel qual caso la parola è per
l'opposto materialé, e oscura. La parola è propria, se è un RITRATTO FEDELE del
concetto che esprime; ed è sempre tale, ogni qualvolta LINGUAGGIO; della
precisione dei concetti mediante le diffinizioni, e della loro partizione
mediante le divisioni dell'organismo dei concelti mediante i giudizii; delle
pruove delle verità seconde mediante i raziocinii; e in fine del processo della
mente secondo il lenore obbieltivo dell’idee mediante ilmetodo. Ma poichè in
tutte queste operazioni della mente si può cadere in errore, ogni qual volta
non si fa buon uso dei canoni logici e della loro applicazione, quindi entra
innanzi la critica a giudicar dell'uso che si è fatto dei canoni logicali,
mediante il giudicatorio supremo dei principii che sovraslano alle stes.
seleggi. Diche noi dividiamo tutta la materia di questo capitolo in tanti
distinti articoli. conserva la sua semplicità. QUANDO LA PAROLA È PROPRIA
MANTIENE A CAPELLO LA CORRISPONDENZA PERFETTA TRA L’IDEA E IL SUO SEGNO
SENSIBILE, se ella SIGNIFICA l'idea increata, cioè l'ente; e se ella esprime
l'idea creata, cioè l'esistente è anche propria, ogni qual volta conserva la
corrispondenza tra la mimesi e la metessi. Quindi è, che LA LINGUA primitiva,
la quale ha due parti, l'una divina, e l'altra umana, e eminentemente propria;
imperocchè la parte divina di quella lingua consisiente nella rivelazione dei
verbi originali manteóne, perchè divina, la corrispondenza tra l'idea e IL
SEGNO, e la parte umana, consistente nel l'INVENZIONE DEI NOMI primitivi, mantenne
ancora la corrispondenza tra la mimesi e la metessi, perchè Adamo per nominare
i sensibili coi loro proprii nomi, li dedusse dagl'intelligibili, cioè dalla
loro radice melessica. Quindi è, ancora, che nella divisione delle lingue
avvenuta pel fatto di Babele non re, che non abbia più o meno perdule e guaste
molte primitive sue forme; che non costi di nomi e verbi anomali, eteroclili,
difettivi, e di molte altre irregolarità di linguaggio, sicchè ogni lingua
compare una rovina del primitivo idioma. Quindi è finalmente, che gli scrittori
autichi per che sono studiosissimi della proprietà delle voci e dello stile
(onde le loro distinzioni dei varii generi di stile, tenue, mezzano, sublime)
perciò sono appellati classici, e sono i soli che abbiano buona scuola, cioè
ispirano e producono altri scrittori grandi. Abbiamo detto che dalla proprietà
nasce la purità l'eleganza e la bellezza della lingua e dello stile; e quindi
del DISCORSO. E infatti la voce proprio nella LINGUA ITALIANA importa il concetto
d’identità, cioè della medesimezza di una cosa con seco stessa. Importa pure il
possesso che una cosa ha di sè medesima, perchè la cosa posseduta è quasi parte
è in certo modo faltura eziandio del possidente. Quindi il vocabolo proprietà è
spesso sinonimo di medesimezia. Così l' amor proprio è l'amor di sè; è desso
ancora sinonimo di possessione. Così gl’attributi specifici di una cosa, i quali
ne sono le proprietà, sono la cosa stessa, perchè le qualià e i modi degl’esseri
sono la sostanza modificata, valquanto dire la mimesi della metessi. Adunque LA
PROPRIETÀ DEL PARLARE altro non è che LA CORRISPONDENZA DELLA MIMESI CLLA METESSI
DEL DISCORSO; la quale corrispoc [Ma se LA PROPRIETÀ DEL LINGUAGGIO è la
fonte di tutti i pregi del PARLARE e dello scrivere, LA IMPROPRIETÀ DEL PARLARE
POI E UNA DELLA CAUSE PRINCIPALI DEGL’ERRORI ONTOLOGICI E LOGICI, che producono
la declinazione della filosofia, como avvertimino nella prima parte di questo
corso. L'errore in generale altro non è che lo sviamento dell'intelletto nella
cognizione della verità; e come tale si distingue dall'ignoranza, la quale non
importa la cognizione alterata del vero, ma bensì la privazione assoluta della
cognizione. E poichè al vero si oppone il falso; perciò siccome il vero significa,
in quanto è desso l'essere, così il falso non significa, secondo la bella
espressione di TASSO (si veda), perchè e desso il non essere denza
costituisce LA DIALETTICA DEL LINGUAGGIO, e quindi la improprietà ne è la
sofistica. Ora la purità del PARLARE importa la sua pulitezza, la quale è una
specie di proprietà; imperocchè la pulitezza, mostrando la cosa nella sua forma
nativa, fa che la cosa sia identica a se stessa, val quanto dire che
l'apparenza risponda alla sostanza; il che importa in altri termini che la cosa
ha possesso di sè medesima. E poichè la politezza importa la scelta di ciò che
costiluisce l'ornamento degl’oggetti materiali, cosi nella lingua l'eleganza è
inseparabile dalla purità delle voci. E siccome alla pulitezza si oppone
l'immondezza, che illai disce e deforma gl’oggetti, così all'eleganza si oppone
la vanità che li altera e deforma come se fosse unamaschera straniera. Altrettanto
succede nella lingua e nello stile. Dalla stessa fonte della proprietà e
semplicità del linguaggio scaturisce la bellezza dello stile e del discorso. Imperocchè
QUANDO IL LINGUAGGIO VELA appena e non appanna l'idea o il concetto, se ne
rende allora il ritratto fedele, nel quale caso l'idea increata o creata
manifesta naturalmente e senza ostacolo la sua luce diretta o riflessa nella PAROLA.
Ora il bello essendo lo splendore dell'intelligibile, sia assoluto, sia relativo,
che si rivela a traverso il sensibile, cosi quando LA PAROLA è semplice e PROPRIA,
è ancora bella necessariamente; e quindi la bellezza del DISCORSO in sè
raccoglie tutte le qualilà della PAROLA e dello stile, cioè la semplicila e la
proprieta, la purità e l'eleganza. cio è il nulla che non ha, nè può avere
virtù di significare. Ora le cause degl’errori si rieducono a due principali,
onde le altre derivano, cioè ally limitazione dell'uomo, e quindi delle
sue facoltà, e all'alterazione della parola, come espressione dell'idea; ben'in
leso però, che anche questa seconda dipende dalla prima. Dalla limitazione
dell'uomo e delle sue facoltà nacque lo sviamento del libero arbitrio in ordine
alla legge, e quindi l'esistenza del male morale; il quale è cagione del male
intelletsuale, inquanto è cagione del predominio del sensibile suil'intelligibilee
dellepassioni sulla ragione, onde deriva l'alterazione dell'idea, e quindi
l'esistenza del'l errore. Ma qualunquesia, dice G., la causa della corruzione
egli è indubitalo, che in origine l'alterarsi dell'idea è congiunto equasi
coetaneo a quello della PAROLA; laddove in appresso, e nel commercio
tradizionale, IL DISORDINE TRAPASSA NEI PENSIERI DAI SEGNI; sicchè
l'improprietà della PAROLA è la causa, e l'errore è l'effetto. Imperocchè, QUANDO
LA PAROLA È IMPROPRIA, siccome ella non mantiene più la perfetta CORRISPONDENZA
– e ripprasantanza -- tra l'idea e IL
SEGNO che la ESPRIME, cosi i concetti ideali sono travisati dai concetti
sensibili inchiusi nella PAROLA, e l'idea viene adulterala dalla METAFORA o
dalla etimologia. Nel quale caso i concetti ideali si corrompono
proporzionatamente, se giả una nuova rivelazione, o un magisterio esteriore,
organato dall'idea istessa, nón impedisce tali corruzioni della PAROLA,
serbando incorrolta quella genuina e originale CORRISPONDENZA FRAL’IDEA E IL
SUO SEGNO ESTERIORE. Idea gtnerale dell'opera, e tua diritieue in due libri. La
tloria delle religioni appartiene a snella della Blotofia. Si ritolrono alcune
obbieiioni in contrario. Perpetuità della Blotofia. Del metodo critico aegailo
dall’ autore nelle rirerebe aloriebe. Si liepolide ai nemici delle
eonpilatìoni. Del metodo dottrinale, oaaerralo dall' autore; perebd egli
anteponga la. linloti all’ analisi. Cenni sopra nn’ opera precedente. Prorotsione
cattolica dell’ autore. RUpoala a ehi te aoeuta di eiaer troppo ratlolico. La
moderazione' nelle dottrine non è oggi di moda. Via {utile e compendiosa, per
giungere alla gloria. In che senso l’ antere sìa sago del progresso. Sua
protrata, intorno alle persone generalmente; agli scritlori risi ed ai morti,
in itpeeio. Di Byron. Dei sentimenti, che mosiero l' auloro a scrirere. Contro
la sella degP Italogalli. Funesti influssi della Francia. Della eterodosna
moderna in generale, e della filosofia germanica in particolare. Gl’Italiani
debbono filosofare da sé. Dello stile filosofico. Importanza della lingua in
ordine alle cose.{.odi ifi An- tonio Cesari. Contro i cattisi amatori d’idee. Dei
parolai. Contro la barbarie dello scrirere, che domina in Italia. Della
cbiaretxa, bresild, semplicità, precisione, c purezza del dettalo. Esempi
italiani di elocuzione filosofica perfette. Del modo, con cui si può inoorar
nella lingua. Scusa dell' autore, intorno alla lingua e allo alile da lui
adoperato. Eaorlazioue ai giorani italiani. L’Iililà della sera filosofia. Elsa
non dee sparenlare i buoni goreroi, né i buoni principi. Sua opportunità,
r lG-2 per ristorare la religione. La Gloa^fia dee cucre collìfaU
specialmente dai cbicrici. Lodi del chiericato italiano. Del sacerdoiio frnncese
; sua antica dottrina, e suo virtù io ogni tempo. Del modo, eoo <ui li
coltivano le lettere da oleum chierìci franoesi. Della parlecipasìonc dei
chierici olla vita sociulo» Della liberti cattolica nel culto delle dottrine. »
Che il clero catiolico dee essere emìnenle anche nelle scìen* se profun<’,
per sortire picnamt nte rt-netlo del suo o>ini^te/io. Di certe sette politi*
che, che nocciono alla religione. ~ Dei ti elogi laici, che ioondcAO la
Francia: loro tracotanza. Al'eanza della filosofia colla religione. La dottrina
cattolica é la sola dottrina religiosa, che abbia un valore acientifico. Come
la novità si accordi coli*antichità nello cose filosoticlic. Si concbiude,
esortando gl* lioliaui a I. barare le sc cuse ipecuialve dai nuovi barbari.
DELLE DOTTBLNE Della dcelinaztone delle scienze spcculalive in generale.
Cunirapposlo fra- lo sla o fìorcnle delle matetnatiche e fi*ichr, e lo
s(|uallure della fihtsofìa ai ili nostri. » Sue cagioni gencr-chc.
Cobsidenuioui a <ju sia propos to sul'o stalo delia filosofia nelle varie
parli d'Europa. D.vario, che corre Ira le duii'ine fiancesi o U’de.-che, nato
dalle loro diverse attinenze colla religione. Di Descartes. 1 semi'li moderni sono suoi d’srepoli assai
piu legiilmi del Malebranche, e di altri antichi cartisiani. Dd panteismo
germanico; temperalo dalle tr iduioni religiosa: l’idea «i è oscurata, non
eslin a del tutto. Di Kant. Perelié t Tedeschi prot<‘Slanti furono io
filosofia più a ioni dall' eaipielà, che i Francesi rallo(ici. ^ Dtver* sita
d«‘ir ingegno spcculat vo, presso i Francesi e i tedeschi. Se ne cerca la causa
nella storia, e nelle origÌr>i di queste due nazirni. Delia filosofia
inglese: sue difie* n’nte dalla francese, e dalli germanica. Dei fìloSvfi
ftaìiaiii del secolo quiiidcciao, c del seguente. — DiVico : sue lodi. Epiio{:o
d.-I quadro. Della dedinazione degli eludi specidatici, in ordine al soggetto.
lufeiiurilà speculaliia e rnoralo dei popoli modcToi, verso gli antichi. La
no-a speciale dciruoQio moJeroo è Ir frivoUzza. La cagione di questo vizio è la
debolezza della faiol.à volihva. Inlluruza dtl voli re nella cogoiziouv, e oelf
ingegno dell’uomo. La modioiriià letteraria dui moderni nasce dalle hggcrizza
dei loto animi. Esempi S 2»S * es»e bi chiude il capitolo. . - Note.
Aula prima. Siti diltflanti tpleoJ Jì c Itiili, elle h fanno Ja m.eilri. 71 1 1
ptincipii dal Ufi Clw il inftoilo
El<w>fict> »i J>e di durre dai principi!, e non I metodo. Il ig.
Coiaio «.elude la «tiri» delle religioni da quella dtlU Bloiplia. Del cullo reciproco
de’ moderni Rfillofi ff.nceii. Di una iKioea Enciclopedia. Sopr. OD* «poitigi.
recefllo diDjroa. l'i. 1 lit ii, i6. IM ii, Ai nemici delle wItiglieMf.
Sullo lingua e luU' eluguenia francese. Sul primato della Fraocia. L'.terodomia
modarna non i fono ancora al «uo fine. Della periiia di Paolo Luigi Cuarier
nella lingua a negli icrillori italiani, Paw dal Letiinj; mila lobrielA «
ammauralega degli antichi tceitlofi. Sull'uli-iU dei buoni giiirnali
«ccletiailici. Pmm del Leibnu «olla libertà cattolica dcKii «eritteri, Querela
di Cousin eoutro il clero ffauceee. P«Mu del Leibnii contro i dùaipatori delle
antiche dotUine. Sull' apoilaiia lU alconi prelati ruwù Delle cagioni della
H>rorma. Che la tinceritA di Denartei nel proretiani cattolico è per lo meno
dubbia. Il Malebranche non è earleeiano intorno al primo principio dellalua
filoaoCa. Clia il «ig. Coutin ha ao concetto mollo ineaatio dello Spinci.Mio.
Pawo del Courier tuH'iitiulo aotTilo dei moderni. 1^ ^ ; iò 5, rcceoli e
ìuliani di una Tolontà forte: Napoleooet e Alfieri. Lodi deli’ Al> fieli. La
fursa della volontà dipende in gran parte dall* educasioae. Cbe co a sia r
educatione. Saa oeceuilA. Delle varie forme, che prese 1’ educazione, tecoodo
il ccM’to dei tempi e la varieii di'! popoli. Po pubblica presso gli antichi ;
qoasi pub- bloa nei basti tempi. » OelP opera dei chierici nell' iostitusione
dei giovani. L’educazione diveone pnvate, piesso i moderni.Cagioni di ciò:
false teorirlie in politica e IO pedagogia, inglesi e francesi. Di G angiacomo
Rousseau. Errori del suo Emito. Delle doUrìne poi tieba snlla liberti dell'
ednratione. Falsili loro. L’e* ducaaioQ^ manca quasi alTatto nello stato
presente di Europa. » Difetti dei metodi vi* genti dell* insegnare.
L’ias«gnameoto pubblico dee < ssere uno, forte, e dipendente dal* lo stalo.
Frivolezza dell' insegoamenlo cattedratico, quale si usa oggidì nei paesi più
civili. » Dei giornali. Diretti, e danni dei giornali, come per lo piò si
scrìvono in Francia. Nuocono al'e lettere e al e sciente dalia parte di chi
scrive, e di chi legge. Necessità dell’ iniìtiiuzione pubblica, e di un supremo
poto<e educativo. Quella non lìpugna ai costumi, oè questa alla libertà
politica dei moderni. Che M»sa sia r iagfgiiu spccuUtivu. D<2 tla setta dei sofisti moderni, e deg'ì
artefici di parole. ^ Quàlìià loto. Si chiamano a rtssrgoa le prìneipai diti
diU’ ingegno sfeeulativo, e con Pano d«l
Leibnii tull’abbierion» morale JcrU onioi moderni. Sulla patria di Napoleone.
Pano dfl tig. Cuusin mila balta«lia di Waterloo. Pel gioiliiio, che il tilt.
Villeoiain ha recato mll' AlCeii. Sugli errori della pueriiia. ^ Sull* uUbU di
tre clasii di gioroali. Soll’aliBio Jei generali. Lodi di alcuni illmiri
eruditi fraaceii. Pano del Malebraoche augi’ iugegni friToli. In che modo il
genio naiionale poeta imprimere la ma forma nelle icieate «peculatiee. Sull'
indola morale, e lugli ulUnii UUmli del Goèlhc. Diuu. Pag- SCDU
bill' iCTOKI. Le lodi d'ililia nim sana oggi pericolose per la sua
modcslio. Sano opportune, e perchè. Scopo del preienle dilcorsa. L'aifluiui di
CMO non t per ilcaa Ter» iiigiiiriUD agli tlnnieri. L* doUriiu del
primalo itili IBO è necetMtfai per rÙHltun- ziuie delle sci une
flloMBclie neita pcniioli. PASTE nanu. Dell' Hlonooiia uwlnUi e
rdtlin In genere. Di qidia cbe con. peti (He uDoni in paiticoUrc Lt isdice
dell' tiatononùi è neDi virtù creatrice, L'Italia è anlmMina peraccdiema;
rau- lonomia i la boM della mi* nMggionma. DeOnitionE del primato
italiano in noiTerale, La petùxria per It ina poitora è il centro monte
del nondo civile. Convenienu geogniGehe dell' lUUa coir India e colla
HeMpoUmia. La religione b flprtndpal S)ndimeiito del primato italiano. II
principio calttdieo è Ime- panbile dal genio narionile d'Italia. Opinione
dei ghibellini e del flloioll nominali a questo propoaiUi, e aun falsiln.
Del Hachiavelli, del Sarpi e <li Amalitii ih ìlmcm. Ln xt» iIiiL- Irina naiionnle d'Italia
i quella dei rufIIì e dei realisti. ì!,s\iii- cattolicismo e dall'
Italia. L'Italia è la nniiuuc creatrice: Suo ing^DO inventivo, c sul)
liuiilà delle sue opere. Essa c pure la naiione redentrice degli altri
popoli, e non puA essere redenta per open loro. I papi non
(nrono ! caoM della divisione iT ita- lia, and lì mottnrono benemeriti In
ogni tempo ddroniU iu- liana ed enropea. ObUeiionl e liipoile. Dei don
nemici perpetui dellt penisela. Fati perpelui e glorie di Roma in
ósni tempo. L'Italia non dee invidiare alle altre Milani la grandena e la
potenia disgiunte dalla gìnitliia. Vino a qual segno i coiHiuisU e II
dominio temporale dell' antieo imperio romano ' sinno stati legitUini. Gmdeiie
supcnliti della modema BÓma. Della PMpapnda c ddle mitiioni. Puagone del
SiTerlo e dd Boonaparte. L^Iialia/itaempTB la più co9inopoK(Ìca
delle nanoni. li auo principato si Tonda Mrratlutto nella
religione, j la quale di sua natura suvrasla a ogui cosa umnoa. L' Italia
tal ' in si lultc le cuii<ii£i<iiii ilei ^un nai limale c
politica risorgimento, \ sema ricorrere «Ilo somniossc iiilcsthie, alle
imitaiioai e inva- j sioni Farcsilere. Dell' umane ÌUliaoa. Essa non può
uUenersi colio rivoluiioiii, [l principio dcU' unità il.iliani è il
Pajia; il quale jiiiii unilìenrc h penisola, mediante una
confeclemiinne ilc'suui principi, Vanlnggi di una lega ilaliana. Il governo
folemlivo è connalurale all' llalia, e il pili imturale ili lutti i
goterni. Danni della centralità cccessita. La sicoreiia e la prosperità
d'iLalia non sì possono conseguire altrimenti che con un' alleaniB
italica. 1 lUrcslieri non possono impedire i]uett' alleanza, e non che
opporvisì, debbono deiideratlo. Semi dell'autore se entra a iliscorrcrc ili
caie dì stato. L'opinione nasce Ida pìccoli principii, ma dee essere
edncato dai senno della ni- liane,Dna province (oprattutlo debbom
cooperare a ^TOfjr l'opim'aue Hi-iriiiatì"imieiiVTlnnii « ti
Piwnnnl>. ^Bìj^^ )jj \f Itoma
pei popoli, e sua imparzialità fra i pedali ed i prindpi. I L'onilA italica
sareblie di grande utilità iWti religione cattolica, . loro'genio.
Deli.i (]d.s;i ili S^ii.iia e luili.
.l[lincnzc c cor- risponderne delle famiglie regnatrid tugl'
incrementi civili dei popoli.
itrfi^ nnn^^ ^pip rtr il PIEMONTE, n delle sorti c he le
Mno^reDiral|e ^\]f Ptnuy^fjm. Delta concordia fra T'popoli 0 i principi
italiani. D difetto di osa ta la cauta principale del c)iM:atlinicnla d'
Italia. Errore ili chi .illribuÌKe tal decadi nHMi lo nib qualità della
stirpe o alla religione. ti'in- forlunia ilcgl' llaliaiii aiiehe pur
quvsta parte iiarque dai forestieri. Principii di risurgiiiienlo nel secalo
passala, e rili^nu cìtIIì (alte dai ptiaeipi ooslrali. Inlerratte dgfla
rivolaiioiKi rranceM, ora è il tempo opporUum di ripigiUrte. Necessitai
di ordinare la pubblici opìaione. Dne modi con cni quesla ai ap-
I>alc9a ; lit parola dei tmi e la alampa. Della monarehia conullatiia, e del
Consiglio civile. La Btarapa non dee essere MTva, iiv liceniiusa. La sala
via per evitare amenduc gli ccccs^, ilà neir affidarne l'iodlriuo a un
caniiglio censorio. nella iniportwii* della iiuapa per la civUU. UtlliU
della signoria indivlH p« riRmnata gli siali. Si esortai» I
prineipi ilaliani a toDdare l'amona d' Italia. Del dirello delle
rìibnne nriii lane a leniate in Italia, dorante il secolo scorso.
Decli- ii.ii e siitcessiva del genio iiaiiunale della penisola.
Iliscre- iiiiiiii: 111 uiieslo genio da quello dei Francesi. Critica
del gallicanìsmo. Di Benigna Bassuel : censura riverente dell' ing^u e
itelle opere di qncslo gran teologo. II sacardoiia primflivo eUw dna
poteri, l'ODO reHgloM e l'alln drile. formola sociale : La («roonui* erta MÌl
gli ordini civili, U ncerdoiio è il Primo politico. Ciisto rinnovA a
compimenlo il sacerdoiio primigenio. — Necessità del potere civile nel
sacerdoiio cria- liiino. Lode dei Gesuiti del Paiaguai. Il polerc civile
della Chiesa non toglie la dislùuione, che corre rra lo «lato civile e
il lacerdoiio. Dea toma, par mi pam il poleniàTile dal Mce^ doxio,
cioè la dillaliaa e failiitralo, canispondenli ai due cfcU civili delle
nazioni. Legittimiti della dittatura ejerdiala dai Poniclici del medio
evo. Il ciclo dittatorio Gniscc quando c |jerioilo della dtilti'i
lefulare il'lulia < crKiirops, Dell'arbì- tr.ilo, iraliiiso ilal sacerdoitn.
Il l'.ipa c l'unico [iiiocip io dell' guerra. La dittatura
pontiScale non lurna inulìle in alcun Icinpo ; MU applicaiiane presenle e
foUin. 11 I^pa è U principio dell' anioDe d' lUlia. Il polcn civile del Mnrdouo
non è contrario ali* ipirìlualiU e HnUU dclb rai indole e del suo
nìtuslerìD. -I Del (HtiiHiiùnm. Crilict de'snoi prÌDcipii in- tono tU*
cotUluiiom della Cb'ma e al dogma caUolico. Dei doveri delle varie ciani
dei dUadini, in ordine all'aoioDe d'IU' lia, -/Danni cbe nascono dalle dottrine
esagerate di libertii. Esortaiioneagli esuli ilalìaiii. Del dcbilo che linririu
gl'llnliani gli adalatoridei pririi'ipi. l>i^i wihili, -M ji.il
ri/Min i' i!i[licil- menle srilabilc nelle soeiclà civili. Due specie iJi
palriilalo; fendala t civile. U primo è im^nevole, Oioesto e vituperalo.
0 secondo pnì euer lodevole e ntik, quando venga accompagnalo da eerte
condiuoni. I cattivi nobili tono la rovina delle nontrcbie. Dei chierici
secolari. In che modo essi pouano partecipare alle cose politiche. I^i
del chicrieala Italiano. Perch6 l' episcopato dì alcune province
cattoliche sia stalo Ulvolla per l'addielro men ragguardevole degli altri
ordini derieali. Del frati. Apologia del m(MMch̫no. Suoi benefiri
rÌq)«llo alla drilU etirqiei. Quando traligna ai miri rìfonnare, non
abolire. Dd moMchlinwwientalee delPocci- dcntale. Como ijueila si poiH
rendere fmtluoio al nodro inri- vilimento. Danni che nascono dai diìoiirì degeneri. In
cbs modo irrati possano influire salutarmeate nella politica ecotqM
rare ai progresai civili. Essi debbono mettere ndl' opinione il precipuo
fondamento della loro vHa. D colto ddle iciauie e dèlie lettere in
generale, ma i^edalinenie della aiosoBa, ddia politica e dell'istoria si addice
al loro minislerìo. La scienia ideale i inoiiaslìca [ter ecccllcnia.
Esurlaiionc ai venerandi alunni dei chiu;lru ilaliaiio. Della digniu'i
clericale. Gli ec- ctcsiaslici debbunu guardarsi cautamenle dall'
impicciolire o avvilire le co» della rclìgiuiic. Si uLbiclla che Ì popoli moderni
sono men grandi degli antichi. Risposta. Ddla lollerann cristiana. Perche
nei tempi addietro violala In alcuni paeii- Tali viotaiioDÌ non si
possono imputare alla Cbieta cattolica. Delk àoleeiia, |)ru(1enia e risi:rva
clericali: nel dtspularr a nei conversare. Si rancluitc moslrando che il
risorgimento d'ilalia I non pai iver luogo, sa non ri rimetlono in onora
gl'ingegni privileglati, e non «i soUrae rindiiiuo delle cose ri TOlgo
degli j nomini oiediocrì. La riflessione ontologica ferma, circoscrive,
determina, chiarifica l’Idea, cioè Dio: ma nella PAROLA si rannicchia,
s'incarna, si compie l’ Idea: LA PAROLA (PARA-BOLA) porge l’idea cosi rannicchiata ed incorniciata
ed incarnata e compiuta alla riflessione. Qui covano, pare, molte
contraddizioni. Se la riflessione, che chiarifica e ferma l'idea; qual bisogno
ch’essa idea si rannicchi c si restringa nella PAROLA? qual bisogno che LA
PAROLA compia l’Idea, se la riflessione arreca distinzione, chiarezza,
delineazione nella medesima? Se QUEL CHE FA LA PAROLA, fa la riflessione
altresì, una delle due è superflua: ammetter l’una c l'altra, è metter l’una in
contraddizione dell’altra: supporre cioè che l’una non basti, senza l'altra, a
ciò a che basta veramente. Mavia: prendiamol’una e l’altra per delerminalrici dell'Idea,
cioè di Dio. G. dice che nell'intuito l’uomo è assorbito dall’idea, non la
conosce neppure. Siccome dall'altra parte diceva eziandio, che lo spirito trova
se stesso in Dio e il mondo in se medesimo; ne viene che anche la riflessione è
in Dio assorbita collo spirito: che il mondo lo è pure: e col mondo LA PAROLA,
parte di esso. In cotale assorbimento dell'uomo, della riflessione, della PAROLA;
assorbimento che toglie ogni cognizione, non è assurdo c contraddittorio il
dire che la riflessione e LA PAROLA, o tutte due insieme, servano a svegliare
lo spirito assopito, esse assopite; servano a chiarire e determinare, esse
confuse e indeter- minate nella universale confusione ed indeterminazione del cielo
e della terra, del Creatore c delle creature ? Inlrod. b) lìti pillilo rhe li'ga. Errori Cosa
sarebbe l'intuito giobertiano ? la visione -di I)io crean- te; cioè della
natura divina, dell’atto creativo, de’ termini di code- sto atto. Cos'è la
parola? un segno creato b). L’intuito dunque do- vrebbe pure vedere la parola:
la parola sarebbe parte della formula, intuita per natura da tutti gli uomini;
chi* l'Ente creante non può essere veduto senza gli effetti del suo operare. Ma
se nell’og- getto dell’intuito è LA PAROLA, è la riflessione altresì, come cosa
creata anch’essa; se l’Idea col creare illustra, e quindi determina; illustra LA
PAROLA altresì e la riflessione. Ecco nuova contraddizione e circolo nel dire
che la riflessione e LA PAROLA servono a delincare all’intuito ciò ch’egli ha
ad oggetto delincalo dalla natura: illustrare ciò onde vengono esse illustrate.
La quale contraddizione o circolo risulta da molte altre sentenze di G.
applicabili al proposito presente. Sentenza sua è. di frequente, che i
sensibili sono per sè inconoscibili; e solo per l’intelligibile, cioè per
l’Idea, siano conosciuti. L’apprensione sensisitiva non è un elemento
intellettivo. Il sensibile non può essere pensalo altrimenti, che
nell’intelligibile. L’intelligibile rischiara appunto i sensibili, perché li
produce, come l’ente e i sensibili sono illustrali dall' Intelligibile, perché
ne derivano, come esistenze. Dice: l’Eute è altresì « l’Intelligibile, c le
esistenze sono i sensibili. Le creature sono per sè inintelligibili, nè
s’intendono che in virtù dcU’intcl- g Errori Errori lntrod. ii. p. 14. n) Errori n. p. 45.
un vero sensibile >. Errori. Il sensibile è subbiedivo è inconoscigibililà
assoluta n bile di sua natura » A): « è
per se stesso inconoscibile e sub- ii bieltivo, non intellettuale, nè
obbiettivo,. è rispetto alla nostra cognizione un pretto nulla. L'intelligibile
(l’Idea, l’Ente) ii inonda lo spirito di un continuo chiarore, e gli rende
conosci- li bili tutte le cose » Ora LA PAROLA come ogni SEGNO, è un, <i
sensibile » Dunque per sé inconoscibile-, inintelligibile. Solo l’Idea,
l’Intelligibile la rischiara, la illustra, la Ja intelligibile all’uomo. «
Tanto è lungi, che LA PAROLA provi l'Idea razionale, che anzi que- ll sta
dimostra l'autorità di quella. LA PAROLA e la a) Dico sarebbe, perché G. stesso
Io distrugge in mille maniere, come vedemmo, e vediamo rontimitinenle. t)
Siccome it sensibile appartiene alla categoria delle esistenze, e queste pro-
cedono dall'atto creativo, la parola b di tua natura un effetto della c
reazione. L’idea -« crea «I segno che l’esprime . Primato, Errori lntrod. Qui de» esserci corso errore di
stampa, o nella sostituzione deila voce Iati ad esistenti; o nella
punteggiatura. Perche l'Eulc non deriva dall'Intelligi- bile come esistenza.
Dovrà leggersi, crrdo, il periodo: « I.’ Intelligibile rischiara ap- « punto i
sensibili, perché li produce, come l’Ènte; e i sensibili ccc. » « riflessione
stessa ripugnano, se non sono antivenute o guidate da « un lume intellettivo,
da cui, (e non dalla parola che per se stcs- « sa 6 un mero sensibile)
l’evidenza e la certezza provengono » a). Come pertanto può dirsi che la parola
« si richiede per ripensare « l’Idea; che il sensibile è necessario per poter
riflettere, e conoscere distintamente l'intelligibile ? b). Una cosa inconosci-
bile per sé, non conoscibile che per l’Idea; come potrà servire ad illustrare,
a chinrirc l’Idea, da cui riceve lutto il chiarore che possiede? L'idea
illumina la parola; la parola illumina l’Idea? Non v’ha circolo qui c
contraddizione? Che se amiamo trarne Inora qualciin'aitra, il modo non manca. G.
scrive talora, che l’idea, incarnandosi in una forma sensata, scade sempre
dalla propria altezza. L’idea dunque, se s'incarnasse nella parola, veramente
scadrebbe secondo quel testo; perderebbe di sua perfezione. Come può stare
pertanto che la parola, determini, illustri l'idea, la compia, cioè la
perfezioni? come può stare che l’Idea per compiersi c perfezionarsi s'incarni
in un sensibile, che la guasta e la rende imperfetta ? LA PAROLA ch’è detta in
un luogo da G. un sensibile in cui s'incarna l’intelligihile; diventa in un
altro una copia mondiale, contingente e linita del modello divino, necessario e
infi- « nilo, c un individuamenlo dell’idea eterna Siccome questo modello c
idea eterna è l'Intelligibile stesso, Dio; quindi la parola è una copia, un
individuamenlo di Dio nel quale s’incarna Dio. E notate, che « tante sorti di
parole create si trovano, quante sono le specie della esistenza; una PAROLA
matematica meccanica ed idraulica, che sono i numeri, le figure, i movimenti; UNA
PAROLA FISICA, cioè I FENOMENI DI NATURA; una PAROLA estetica c sono i tipi
fantastici; una PAROLA storica, c sono i fatti transitori o permanenti degl’uomini,
gl’eventi ed i monumenti; una PAROLA sovrannaturale, e sono gli avvenimenti
ffrodigiosi e sensibili; una PAROLA liturgica ordita di emblemi e simboli; c
infine una PAROLA grammalicale, parlata c scritta, ma per se stessa ARBITRARIA,
c però diversa dalle specie anteriori, che sono tutte naturali la (piale serve ad esprimere i concetti dell’animo e
quindi a tradurre ogni altro genere di FAVELLA. Di tutte pertanto le cose
create dee dirsi ciò che della PAROLA grammaticale: sono sensibili in cui
s'incarna Iddio; sono altrettanti individuamenti di lui; che lo compiono, lo
determinano, lo fermano, lo circoscrivono, lo illustrano: quantunque siffatta
incarnazione lo umilii veramente, sconci. Errori Inlvofl. u. ii. li. Ges. Moti,
tv: p. li. Prima!-» li. Anche la PAROLA sovrtwnnfurtile ? fi Ivi. lo abbassi,
lo r Nasce però curiosità di sapere, perchè mai nella parola s’in» carni
l'Intelligibile; ina nou « in quanto rispleude aU’intuilo: ib- bene in quanto
riverbera (cioè ridette) sulla riflessione » in quel punto famoso di contatto
che lega Dio coll’uomo? La riflessione, si è detto, che mediante la parola
circoscriveva, compiva l’idea ; quindi la parola preceder dovrebbe la
riflessione. Ma se la parola contiene l’Idea in quanto riflette mila riflessione
dell'uomo; la riflessione è preceduta alla PAROLA (PARA-BOLA): così la
riflessione va innanzi alla PAROLA (PARA-BOLA); e LA PAROLA (PARA-BOLA) va
innauzi alla riflessione nella stesso tempo. Eccoci di nuovo ucU’uno via uno.
Se la dottrina della riflessione determinatrice e illustratrice deU'iuluito
fosse vera, dovrebbe dirsi che la riflessione guida per mano l'intuito, lo
signoreggia. Or bene di ciò fa le risa G. contro i psicologisti: lo aveva credulo finora che la cecità sia la
causa principale per cui non si scorgouo gli oggetti: ora siccome l'intuito, non che esser cieco, è la
fonte della risiane, e v la riflessione non cede, se non in quanto partecipa
alla luce intui- tira, dovremmo dire, alla stregua dei psicologisti, che tocca
al « cieco il guidar per mano, non mica gli altri ciechi, (il che sarebbe già
degno di considerazione), ma chi 6 veggente in mo- ie do perfetto; cosa per
vero singolarissima ». h) Bene slà. Ma quel- li l’Ontologo, che pone per una
parte l'intuito del Sole stesso Eter- no Divino; e immagina dall’altra una
riflessione e un inondo di pa- role che sono necessarie a determinare, fermare,
ed illustrare il so- le, da che sono esse creale ed illustrate; quegli è che
s'introniBtte di far guidare i veggenti perfettissimamcnle da’ ciechi; che si
pensa di accendere il sole di mezzogiorno colle tenebre della mezzanotte. G.
consuona a SERBATI (si veda) nel riconoscere la necessità della PAROLA
(PARA-BOLA) per la riflessione. Differisce però dal medesimo nel- l’asscgnarne
la ragione : per dir meglio: il Rosmini ne dà ragione, ('impossibilità di
spiegar altrimenti la formazione delle idee astrai- le: G. non ne porge
nessuna, Imperocché non sembra- mi prova quel dire che il punto indivisibile,
di cui abbiamo discorso di sopra, (il
punto che lega Dio e l’uomo combaciantisi), « non può esser termine del
ripiegamento riflessivo, se non VESTENDO una forma sensibile – GRICE: Language,
The Dress of Thought. E siccome non è sensibile per se stes- ti so, siccome
versa in una mera relazione intelligibile, l’unico mo- ti ilo, con cui possa
rendersi sensato, consiste nell'incorporazione « mentale d) di un segno, cioè
della parola Ma perchè quel o) I.a rbiama perciò . un semplice insinimentn
necessario per mettere la riflessione in commercio colf intuito; Errori
Strumento riflessilo Semplice segno
insidine male stimolo per mi rumineia «I
al- « luorsi (l'iiniiiio umano), e il polline ette lo feconda »; Primato, « occs- • sione, cagione, inslrnnirntale del
lero. Necessità della PAROLA (PARA-BOLA). Bello Introd. il. p. 134. SERBATI (si
veda), S. Saggio. e. 4. a. I. Filo». Polii. Voi. Incorporazione spirituale.
Errori punto, rhY' puro relaziono intelligibile, ohe anzi è la cagnizinne,
rollio vedemmo, perché « non può esser termine del ripiegamento riflessivo, se
non vestendo una forma sensibile, se non rendenti dosi sensato, se non
incorporandosi in un SEGNO »? G. noi dice. Altri osserverà nondimeno che non
solo noi dice ma nemmeno può dirlo nel suo sistema: che perciò é impossibile a
G. di provare la necessità della PAROLA (PARA-BOLA). Egli afferma, che l’uo- «
ino nou può meglio nel suo stalo attuale riflettere senza PAROLA (PARA-BOLA),
che FAVELLARE senza LINGUA, vedere senz’occhi, c pensare senza corvello. Senza IL
LINGUAGGIO l'uomo ha ragione; ma non uso di ragione, ha la riflessione in
potenza, non in atto. Il che dice essere applicazione speciale ili una legge
generale dello spirito. La qual legge si è, che la riflessione universalmente
non si può csercitare, se non mediante il concorso del sensibile coll’intelligibile.
Ora di quale delle due riflessioni, già distinte da lui, parla il nostro
autore? Dell’ontologica: perchè dell’altra confessa che il sensibile è
l’oggetto medesimo dell'alto riflesso, onde LA PAROLA (PARA-BOLA) non en- ti
Ira necessariamente nel suo esercizio, se non in quanto tal riflessione si
connette colla riflessione ontologica; imperocché il sensibile per essere
pensato non ha d’uopo di un altro sensibile, che « lo vesta e lo RAPPRESENTI.
lo nè ammetto nè ripudio tale ragione: ma l'ammette G. certamente. Dunque a
sola la riflessione ontologica è La PAROLA (PARA-BOLA) necessaria. Perché?
perchè in os- ti sa il sensibile non è somministrato dall’oggetto
dell’operazione « il quale è il stdo intelligibile i Sla codesto e falso: è
falso che oggetto dell’ ontologica riflessione sia il solo intelligibile,
secondo G.. Non ci ha egli appreso che « la riflessione ontologica, tramezzando
fra le due altre operazioni (intuito e ridessione psicologica), abbraccia
congiuntamente il soggetto e l 'oggetto c li contempla con un allo unico?; che
nella riflessione Oli- ti tologica lo spirito si ripiega sovra di sé in quel
punto indivisibile, in cui il soggetto tocca l’oggetto, c abbraccia quindi
l’oggetto medesimo, come intuito dal soggetto? Dunque non è l'intelligibile
solo, l’oggetto della riflessione ontologica; ma è il soggetto eziandio, cioè
il sensibile, oggetto della psicologica. Ma se questo non ha ili bisogno di
sensibile, di PAROLA (PARA-BOLA), per essere ripensalo; se non n'ha bisogno l’
intelligibile, Dio, intelligibile per se stesso: come n'ha bisogno il punto in
che si congiungono si legano si toccano si combaciano Dio e l’uomo ? l’nione di
due termini, l’uno intelligibile per sé, l’altro per l'intelligibile, unione
di' è relazione intelligibile, perchè avrà d'uopo di sensibili, di segni, ad esser
oggetto di riflessione ? n’ Krrnri i. p. '20 fi. JThi|I. 201). r\ hi p. ini. di
Iti. e Krrori) Iti Che se « prima di credere alla parola, bisogna intenderla »
a); la parola a nulla servirà se non in quanto sia già in quel punto, unione,
unità, eh e la cognizione. £ se altronde la cognizione dovrà esser vestila
della parola, per diventar riflessione ; la veste dovrà insieme essere il
vestito, perché riflessione si ottenga, cioè cogni- zione vera, come la chiama G..
Questa è una di quelle « soluzioni ed avvertenze di cui non v’ ha il menomo
vesti- li gio in altri sistemi prima del Giobertiano li). Il che niuno vorrà
negare Della unicertalilà scientifica della farmolu ideale. Aimcoio punto.
Prtamiolo. L* formolo roiionale dee contenere l’organismo degli eie- menti
ideali. Per conoscere questa organizzazione, bisogna riscontrare essa forinola
1 coll albero enciclopedico.^-L’enciclopedia si compone di tre parti,
filosofia, fisica e matematica, cko corrispondono alle tre membra della
iormola. Della filosofia in ispe- cicr si stende per tutta la formolo. Dell’ontologia,
psicologia, logica, etica e matematica ; come si connettano coi rari termini di
quella. Tavola rappresentativa deiralbero enciclopedico, conforme alC organismo
ideale. Spiegazione generica del- la tavola. Dello scienza ideale. Della
teologia rivelata e della filosofia. Principato universale della prima. Maggioranza
della seconda sulle altre scienze. Primato dell'ontologia fra le varie
discipline filosofiche ; necessario, acciò queste siano in fiore. Della
teologia universale. Delia matematica. La matematica tiene un lnogo mezzano tra
la filosofìa e |a fìsica Insufficienza della filosofia moderna, per dare una
teorica soddi- sfacente del tempo c dello spazio. Dichiarazione di queste due idee,
c dell’oggetto loro, mediante la forinola ideale. Della logica e della morale. Queste
due scienze hanno ciò di comu- ne, che appartengono al termine medio della
formolo. Della logica in particolare, c delle varie sue parti Dell’etica in
ispccicr. Dei due cicli creativi, e dei loro riscontri. Convenienze, che
corrono fra loro. Della legge morale. Dell’imperativo. Del dovere, e del
diritto. Dei tre momenti dell’ imperativo. Del mal morale, e del mal fisico,
che ne conseguita. Della pena eterna. Della cosmologia. Versa nel terzo membro
della formolo. Dei duo cicli generativi. Varie sintesi, di Cui si compongono.
Dell' ordine dell’universo. Del concetto teleologico. L’idea di fine ci è
somministrata dal ciclo creativo. Dell’estetica. Del sublime e del bello,
t-Delle varie loro specie, e del modo in cui si connettono colla formolo. Del maraviglioso.
Della politica. La politica moderna deriva dal psicologismo cartesiano. Quindi
i suoi tizi. Gli stateti odierni, non hanno veri principii, perché mancano
della cognizione ideale. 1 difetti della teorica hanno luogo del pari nella
pratica. La civiltà moderna dee fondarsi su quella dei bassi tempi. Dell’apoftegma
del MACHIAVELLI (si veda), che le instituzioni si debbono filirare veto i loro
principii. In che senso sia vero. Benefici influssi del Papato nella civiltà
delle nazioni. Di GIULIO (si veda) Cesare, institufore della tirannide
imperiale. Connessila della licenza colle dottrine di Lutero e del Descartes.
Della idealità delle nazioni. L’Idea é fonte del diritto. Attinenze del dovere
col diritto, c delle varie specie loro. Della sovranità. La sovranità assoluta
è 1’Idea. Della sovranità relativa c ministeriale. Non si trova in separato nel
governo o nel popolo. La società non è d’ instituzione umana, ma divina. Cosi
anche il potere sovrano. Due doti essenziali di questo potere, intorno al modo,
con cui si tramanda e perpetua di generazione in generazione. Forinola della
politica. Assurdità del suffragio universale. La capacità dee,accompa- gnare il
potere sovrano; ma non basta a costituirlo. Il potere sovrano dee essere indi- pendente
dai sudditi. La perfezione della sovranità consisto nell* unioqe del potere
tradizionale colla sufficienza elettiva. Il sovrano non può mai farsi da sé in
nessun caso. Ogni potere sovrano è divino. Inviolabilità del potere sovrano.
Delle rivoluzioni, e delle contrarivoluzioni: che cosa si debba intendere sotto
questi nomi. La verà rivoluzione, essendo 1’attentato contro una sovranità
legittima, è sempre, illecita. Lo stato politico di un popolo dee corrispondere
a’ suoi ordini primitivi c anticati. La monarchia é necessaria al di d’oggi
alla libortà europea. L'investitura della sovranità in una famiglia é
inviolabile, corno il dominio privato. Il potere ereditario, c la capacità
elettiva importano del pari alla civiltà dei popoli. Conformità della nostra
sentenza colla dottrina cattolica intorno all* inviolabilità del potere
sovrano. 1 fautori della licenza invertono la formula politica. L’idea divina ó
la suprema forinola enciclopedica. Universalità dell’ idea divina. L’ontologismo
non é un metodo ipotetico, corno quello dei psicologisti. Iddio è 1’Intelligibile:
é 1’alfa e 1’omega della scienza. Si termina, riandando il primato dell’ idea
divina nelle varie parti della filosofìa. Si
Dtll'a conservazione dellaforinola ideale. La conservazione della
forinola è opera della rivelazione. Definizione di questa. Suoi diversi
periodi. La confusione della filosofia colla religione nocquc in ogni tempo ab-
la scienza ideale. Analogia dei moderni razionalisti cogli antichi Del
razionali- amo teologico fiorente al di d’oggi. Si divide in due parti. Suoi
fondatori. La critica storica dei ra/ionalisti pecca per difetto di canonica.
Il razionalismo confondo insieme i rari ordini di fatti e di veri. Sua
vecchiezza. Dei Doceti. Il razionalismo è un vero naturalismo Del
sovrannaturale: sua definizione. Necessità di esso, per l’ integrità dell’
Idea. Possibilità e convenienza morale del miracolo. Universalità dell’ ordino
sovrannaturale. L’Idea cristiana è universale, come l'Idea della ragione.
Nullità sintetica o filosofica dei moderni razionalisti. Il Cristianesimo é la
religione universale. Non si può mettere in ischicra cogli altri culti. Sua
singolarità. Le false religioni non distruggono l’ universalità del
Cristianesimo. Accordo di questo colla civiltà crescente di ogni tempo. Si
confuta una sentenza dello Strausse. Le false religioni sono lo sole, che
debbano temere dei progressi civili. Il Cristianesimo sovrasta, e non Sottostà
alla coltura più squisita. La civiltà moder- na, che lo combatte, è una
barbarie attillata Delle prove interne della .rivelazione. Sua medesimezza
coll’ Idea perfetta. La Chiesa è la parola esterna dell’ Idea. La divinità
della Bibbia risulta dalla perfezione dell' Idea, chfe vi è rappresentata.
Oscurità della Bibbia in alcune parti. Sua mirabile semplicità, e sua
differenza dai lavori sincrctici dell' ingegno umano. Concorso c predominio
delle prove esterne od interne della rivelazione, secondo le varie ragioni.
Della inspirazione dei libri sacri. Sua definizione, natura, estensione. Si
risolvono alcune obbiezioni dei razionalisti. L’ ermeneutica di questi si fonda
in un falso metodo. Etnografia della rivelazione. Della predestinazione degl’ individuile
dei popoli. Eccellenza delle nazioni e delle lingue semitiche. Dei popoli
giapctici: loro divario dai Semiti. Delle nazioni madri. Degl’Israeliti;
conservatori dell’Idea perfetta, prima di Cristo. Dei fati del popolo ebreo.
Della scienza acroamatica ed essoterica. Fondamento naturale, o universalità di
questa distinzione. Della ordinazione civile e religiosa degl' Israeliti. Oltre
la dottrina pubblica, essi avevano una scienza secreta, acroamatica c tra-
dizionale. Ragioni, in cui si fondava questa 'distinzione presso il popolo
eletto. Il Cristianesimo rese essoterica la scienza acroamatica degl'
Israeliti. L’alternativa dcl- racroaraatismo c dclf essoterismo èia sola
variazione, che si trovi nella storia dell' Idea rivelata. Perchè Mosé non
abbia insegnata espressamente i’ immortalità degli animi umani. Gl’Ebrei non
tolsero dagli stranieri la loro angelologia e il dogma della risurrezione. Del
sensismo proprio dei razionalisti. Falsità del loro metodo nel cercare
1’origine delle idee e delle credenze. Attinenze reciproche della dottrina
esso- terica. Differenze, che correvano, per questo rispetto, fra gl' Israeliti
c i Gentili. Del fìguralismo ebraico. Non è un trovato recente degl’ Israeliti
ellenisti. Falso concetto dato dal sig. Salvador delle iustituzioni mosaichc.
La furinola ideale e il telegramma, sono il nesso della scienza acroamatica ed
essoterica presso gl’Israeliti. Dell'alterazione dellaformolo ideale. La
barbarie non fu lo stato primitivo dogli uomini. La storia delle religioni tion
comincia dal sensismo, Per quali cagioni diminuisse, o si spegnesse presso
molti popoli la cultura primitiva. Vicende civili delle nazioni. Del
patriarcato. Dello stato castale : sua origine. Del predominio dei sacerdoti:
sua legittimità. Genio religioso delle società costituite sotto 1’imperio
ieratico. I sacerdoti autori principali della civiltà risorgente. Effetti
salutari della loro influenza nelle colonie antiche e moderne. Il sacerdozio
conservò le reliquie dell’antica dottrina acroamatica ; fondò 1’essoterica. In
che modo la MITOLOGIA é LA SIMBOLICA potessero esser opera della moltitudine.
La riforma ieratica dell’ acroamatismo produsse la filosofìa. Vari indirizzi
della fi- losofìa gentilesca. Riscontri. dell’antico c del nuovo paganesimo. Vari
gradi, per cui passò l'alterazione della forinola ideale', oscurità,
confusione, dimezzamento e disorganazione. Cagioni dell’alteramente :
predominio del senso e della fantasia; INFLUENZA DEL LINGUAGGIO SULL’IDEA, e
dell’ essoterismo sull’ acroamatismo; dispersione dei popoli, perdita
dell’unità universale. Del culto dei fetissi. Di un doppio moto contrario,
regressivo e progressivo, delle instituzioni religiose. Esempi. Epoche della
cognizione ideale: intuitiva, immaginativa, sensitiva e oslrattiva. Se nel
vario e succes- sivo alterarsi della forinola, si mantengano i suoi tre membri,
e come? Tavola delle trasformazioni ontologiche della fòrmola ideale,
corrispondentiaivaristati psicologici dello spirito umano. Dichiarazione della
tavola. Dell’ epoca intuitiva; corno 1' uomo ne sia scaduto. Il mal morale
consisto nella negazione del secondo ciclo creativo. Dei mezzi sovrannaturali
per conservare lo stato intuitivo. L'essoterismo fu l’oc- casione della perdita
di esso. Dell’ epoca immaginativa. Del naturalismo fanta- stico c dell’
cinanatismo propri di questa epoca. Indole poco scientifica dell’ emanatismo.
Sua forinola. Due sorti d’ emanatismo : psicologico e cosmologico. Dottrina
dinamica degli cmanatisti. Della loro dualità primordiale, e delle dualità
successive. Dell’ androginismo, e delle dee madri ; loro connessione coll’
emanati- smo. I fautori di questo sistema confondono la teogonia colla
cosmogonia. Del Kincrctisino emanatistico. Dei due cicli di tal dottrina: 1’
emanazione. Del ciclo remanativo: sua natura. —Corrompe la morale, c introduce
il pessimismo. Delle varie età cosmiche, secondo i miti di molti popoli
Gentili. come 1’ottimismo c il pessimismo si accozzino insieme nel sistema
degli em&ftatisti. Degli aratori, della teofanie o logofanie permanenti e
successive, e delle apoteosi. Come il sovrintelli- gibile si trovi alterato fra
queste favole. Del politeismo; nato dall’ emanatismo. Sua indole, e sue varie
forine. Tutti i popoli politeisti conservano una reminiscenza della unità
ideale. Dell’idolatria: sua natura. Del panteismo: ò una riforma ieratica dell’
emanatismo. Il panteismo scientifico non potè essere il primo sistema nella via
dell’ errore. 1’emanatismo e il panteismo sono sostanzialmente una mede- sima
dottrina, l’uno sotto una forma fantastica e poetica, l’altro sotto una forma
scientifica. Proprietà speciali del panteismo. Universalità del panteismo nel
regnu dell’ errore. Tutti i falsi sistemi vi si riferiscono. Qual sorta di
progresso possa avero Terrore. Varie forme del panteismo Della condizione del
sacerdozio dopo la rovina dello stato castale. Dei Misteri, da cui uscì la
filosofia laicale. Dell’ateismo. Questo sistema non potò essere anteriore al
secondo periodo della fi- losofia secolaresca. Si rigetta l! opinione di un
ateismo indico antichissimo Del sovrintelligibile. Serbato in parte dai
sacerdoti, o perduto affatto da' laici filosofan- ti, salvoclié dalle tre
scuole mezzo ieratiche dell’Italia e della Grecia. Dei tentati- vi antichi c
moderni, per riedificare umanamente il sovrintelligibile. Si conchiude,
accomando brevemente il tenia del secondo libro NOTE. IQS Nota prima. Sulle
denominazioni moderne dell’Io E DEL ME [CF. GRICE, “PERSONAL IDENTITY” – “I fell down the stairs,”
“My brain aches – my head was hit by a cricket ball”]. Di alcune dottrine erronee sulla bontà e pravità
degli atti umani. 166 Errori di un giornalista francese sull’ amor di Dio. Del
tempo e dello spazio, secondo il processo ontologico. Passi del Leibniz e del
Malebranche sul tempo e sullo spazio. Della importanza, che la religione dà
alla vita temporale. Degli attributi divini ontologicamente considerati. L
Influenza della colpa primitiva in tutte le parti del pensiero e dell'aziono
umana. Dei vari sistemi sulla natura delle esistenze. Sull’infinità del mondo.
Sugli assiomi di finalità o di causalità. Se l'abolizione della schiavitù e del
servaggio si debba attribuire al Cristianesimo? Sull’origine della sovranità in
alcuni casi particolari. Dell'orgoglio civile. Sui diversi modi, con cui si può
dimostrare l’esistenza di Dio. L'idea di Dio non è solamente negativa. bit.
Sulla voce rivelazione. Di varie spezie del razionalismo teologico. Dei
miracoli posteriori allo stabilimento del Cristianesimo. Passo del Malebranche
sull’idealità del Cristianesimo. Passo del Leibniz sulla rivelazione. . Sulla
credenza antichissima dei Samaritani nella risurrezione dei morti. Si esamina
la dottrina filosofica dello Schleiermacher c dello Strausse sull’ esi- stenza
degli angeli. I razionalisti confondono la dottrina acroamatica colla
essoterica. Sul fatto di Babele. Del sincretismo dei falsi culli, doma, mito e
simbolo zendico, ISci culti barbari l’Idea è esclusa dalla religione, c non
dalla scienza umana. 1/antropomorfismo e il psicologismo essoterico. Del
panteismo di Ulrico Zuinglio. Passi dello Spinoza conformi alle dottrine del
razionalismo teologico. Sul psicologismo degli eretici. Ib. Convenienze della
dottrina pclagiana col sensismo, col psicologismo e col fatalismo.DELLA
DECLIAAZIOSE DAGLI SITUI SPECl'LATIV I, I* OHUISE ALL' UGGETTO. Della Idea. È
primitiva, indimostrabile, evidente, e certa per sé stessa. Necessità della
parola per determinare c ripensare l'Idea. 1 progressi della cognizione ideale
rispondono alla perfezione dello strumento, con cui si lavora, cioè della PAROLA
(PARABOLA). IL LINGUAGGIO È INVENTATO DALL’IDEA, clic parlò sè stessa. L’evidenza
e la certezza riflessiva abbisognano della PAROLA (PARABOLA). Il sensibile è
necessario per poter ripensare l’intelligibile. L'Idea è l’unità organica, la
forza motrice, e la legge governatriec del genere umano. L'Idea è l’anima delle
anime, l'anima della società universale. Ella può oscurarsi, ma non ispegnersi
affatto. Del suo primo oscuramento, e degli effetti, clic ne seguirono. Perdita
dell’ unità ideale, c morte morale del genere umano. Diversità delle stirpi.
Dell’ instaurazione sovrannaturale dell’ unità primitiva. Del genere umano
secondo l'elezione, sostituito al genere umano, secondo la natura. La Chiesa è
la riordinazionc elettiva c successiva del genere umano. Vicende storiche della
Chiesa. Colla perdita dell’ unità ideale venne meno al genere umano la sua
infallibilità,chepassò nella Chiesa. Quandoil genereumano riacquisterà questo
privilegio. Chi è fuori della Chiesa, è fuori del genere umano. Composizione
organica della Chiesa. Chiesa c conservatrice e propagalrice dell’ Idea :
unisce il prin- cipio della quiete a quello del molo. Delle forinole definitive
della Chiesa. Della scienza ideale, razionale e rivelata. Attinenze reciproche
di queste due parti. La scienza razio- nale, o sia la filosofia, si distingue
in due grandi epoche, ciascuna delle quali corrisponde a una rivelazione. Il
nesso fra la rivelazione e la filosofia è la tradizione. I.’ alteramente della
tradizione, e quindi della verità, fu nella sua origine una confusione delle
lingue. L’effetto di questa confusione è il gentilesimo. L’organizzazione
ecclesiastica è la sola via, con cui si possa conservare intatta la tradizione.
Della Chiesa giudaica, c della sua diversità dalla cristiana. La filosofia
gentilesca avea colla rivelazione primitiva una relazione diversa da quella,
che corre tra la filosofia cristiana c la rivelazione evan- gelica. Due
tradizioni, religiosa c scientifica. Due classi di sistemi filosofici; gli uni
tradizionali e ortodossi; gli altri anli- tradizionali ed eterodossi. I primi
suddividonsi in progressivi, cregressivi.—Qualitàprincipali,percuii sistemieterodossisi
distinguono dagli ortodossi. La filosofia ortodossa è perpetua. Vari modi, con
cui i sistemi eterodossi possono rompere il filo della tradizione. Tre età
della filosofia cristiana. Dell’età moderna. Del psicologismo: definizione di esso,
e dell'ontologismo, che gli è contrario. Il psicologismo è l'eterodos- sia
moderna delle scienze filosofiche. Descartes è il suo fondatore ; gran
matematico, meschinissimo filosofo. Paralogismi puerili del suo metodo.
Presunzione intollerabile del suo assunto e delle sue promesse. Cagioni, per
cui il Car- tesianismo invalse, ed ebbe una certa voga. Due dottrine c due
letterature in cospetto P una dell’altra, tra il secolo decimoquiuto c il
sedicesimo. Abusi e disordini, che allora regnavano. Necessità di una riforma’
cattolica. Tre riforme eterodosse ; due religiose, la terza filosofica. Il
tedesco Lutero, e l'italiano SOCINO (si veda), autori delle due prime; il
francese Descartes, della terza. Vizi della Scolastica, che prepararono gli
errori più moderni. Analogia del metodo protestante col metodo cartesiano.
Descartes non liberò la filosofìa, come oggi si crede, ma la ridusse WS in scrvilu. Contraddizioni ridicole della
sua dottrina. Descartes non somiglia a Socrate pel metodo, ne a Platone per la
teorica delle idee innate. Vizi del pronunziato cartesiano: io penso; dunque, sono.
[GRICE SU “DUNQUE” – IMPLICATURA CONVENZIONALE, NON CONVERSAZIONALE] Il
sensismo nc è la conseguenza. Assurdità del sensismo. Il predominio del
sensismo ha impicciolita la filosofia moderna. Danni recati da esso agli studi
storici. La religione è la chiave della storia. La filosofia nata dal ('.ar-
tesianismo si divide in cinque scuole. Del razionalismo psicologico diverso
dall’ ontologico. Due classi di filosofi francesi. Di alcuni eclettici francesi
in particolare. Si annoverano i diversi vizi e inconvenienti dell' eclettismo,
e quelli del psicolo- gismo. Obbiezioni dei psicologisti : risposta. Del senso
ontologico. L'ontologismo è conforme all’ indole e al processo del Cristianesimo.
llicpilogazioue delle cose dette in questo capitolo. DELLA FOIJIOLA IDEALI. Che
cosa s’intende per forinola ideale. Metodo, che l’autore si propone di tenere
in questa ricerca. Del Primo psicologico ontologico c filosofico. Il Primo
filosofico abbraccia i due altri. Varie dottrine sul Primo psicologico e
ontologico. Teorica di Antonio Rosmini intorno al concetto dell’ente
consideralo, come Primo psicologico: si riduce a quattro capi. Critica del
sistema rosminiano : il Primo filosofico è l’Ente reale. L'Ente reale è
astratto e concreto, generale e particolare, individuale e universale nello
stesso tempo. La filosofia moderna erra spesso, mutando il concreto in
astratto. Vari generi di astrazione c di composizione. Il Primo filosofico
contiene un giudizio. Doti speciali di questo giudizio: consta di un solo
concetto, che si replica su se stesso ;
è obbiettivo, autonomo e divino, vale a dire, che il giudicante è
identico al giudicalo. Il giudizio divino essendo il primo anello della
filosofia, questa è una scienza divina e non umana nel suo principio. Il
giudizio divino, con- tenuto nel Primo filosofico, non basta a costituire la
forinola ideale. Ricerca di un altro concetto per compiere la formola. Della
nozione di esistenza : analisi del concetto e della parola. Egli è impossibile
il salire logicamente dal concetto dell’ esistenza a quello dell' Ente. Bisogna
adunque discendere dal concetto dell' Ente a quello di esistenza. Necessità di
un concetto intermedio per effettuar questo transito nel processo discensivo.
L’idea di creazione è il legame tra le due altre. Obbiezioni controdiessa:
risposta. II processo psicologico corrisponde all’ontologico. Lo spirito umano
è spettatore continuo, diretto e immediato della creazione. L'idea di creazione
contiene un fatto primitivo c divino, che è il primo anello delle scienze
fisiche e psicologiche; quindi tutta l’ umana enciclopedia è divina nel suo
principio. Compimento della formola ideale. Altro giudizio contenuto in essa
formola. Distinzione c inseparabilità psicologica dell’Ente e dell’esistente. Del
vero ideale e del fatto ideale. Obbiezione contro il nostro processo ideale: risposta.
Dell’ organismo ideale. Problemi metafisici, che non si possono risolvere, se
non colla nostra formola, e ne confermano la verità. Del necessario c del
contingente. Dell’ intelligibile. Dell’ esistenza dei corpi. Cattivo metodo di
molti filosofi nel combattere l’idealismo. Dell’ individuazione. Dell’ evidenza
c della certezza. Possibilità del miracolo provata a priori. Nuove obbiezioni
contro la formula ideale: risposta. Dell’ origine delle idee. Vari sistemi dei
filosofi su questo punto. Critica della dottrina rosiniuiana, che tulle le idee
nascano da quella dell’Ente, per via di generazione. Esposizione sommaria della
nostra dottrina sull’origine delle idee : si riduce a tre capi. Convenienza
della nostra dottrina con un pronunzialo di VICO (si veda). Dei giudizi
analitici [cf. GRICE, IN DIFESA DI UN DOMMA] c sintetici. Esposizione della
nostra dottrina sulle varie classi di giu- dizi sintetici. Della natura del
raziocinio. Cenni su altre quislioni, che si attengono alla nostra formola.
L’aver dismessa o trascurata l’idea di creazione è la causa principale degli
orrori filosofici. Vane promesse ilei moderni eclettici, c flebolezza della
filosofia presente. Per ristorarla, bisogna abolire il psicologismo. Il
Cristianesimo rinnovò la forinola ideale. Ili santo Agostino : sue lodi : fondò
la scienza ideale. Della scienza ideale cattolica : sue prerogative. Degli
Scolastici : loro difetti. Del nominalismo e sua influenza sinistra nel rea-
lismo. In che consista il perfetto realismo. Si critica il principio
fondamentale di Cartesio colla scorta della formola ideale. Di Spinoza. Tre
epoche della filosofia te- desca. L’ontologismo dei panteisti tedeschi è solo
apparente. Critica del loro sistema. Vizi del panteismo in generale.
Convenienze del panteismo coll' eterodossia religiosa, e in ispecie colle
opinioni ilei protestanti, c con quelle degli Ebrei, dopo la divina abrogazione
del loro culto. Le sensazioni sono segni
delle cose. Passo del Leibniz sul nesso del pensiero colla parola. Sulla base
ontologica della veracità. Indivisibilità morale ilei Papa c della Chiesa.
Sulla mutabilità del vero, secondo i panteisti. Sulla universalità logica
dell’errore. Passo dello Spinoza sull’ ontologismo. Passo di Cousin sul
psicologismo del Descartes. Giudizio del Leibniz su Cartesio c sulla sua
dottrina. Del valore del Descartes nelle scienze fisiche. Parere di Cartesio
sulla speculativa dei matematici. Passo del Mcujot su Cartesio. Ih. Dei furti
letterari del Descartes. Esame dello scetticismo cartesiano. Passo dell'
Aucillon sullo stile del Descartes. 29!) Della presunzione e dell’ arroganza
del Descartes. Sopra una sentenza di VICO (si veda). A che e (Trito i capi
della Riforma scemassero il sovrintelligibile rivelalo. Che gl’italiani hanno
l’ingegno scultorio. Divario tra i Sociniani e i moderni razionalisti. Esame dell’opinionedi
Cartesio intorno al suo rogito. Sul IVo di Lutero. Sul circolo vizioso del
Descartes. Esame dell’opinione cartesiana, che Iddio possa mu- tare le essenze
delle cose. Vera idea della filosofia socratica c platonica. Sulle idee innate
del Descartes. Sopra una sentenza del Thomas. Passo del Leibniz sul Cogito di
Cartesio. Il secolo attuale continua il precedente. Ib. Passo dello Stewart
sulle sciocchezze dei filosofi. Passo del sig. Cousin sugli studi forti. Ib.
Sulla religione di Napoleone. Critica di due opinioni del sig. Jouffroy. Cousin
non conosce il sistema del Malebranche. Quando nacque la filosofia moderna,
secondo Cousin. Dell’ ontologismo cristiano. Vari passi del Malebranche sulla
visione ideale. Si esamina la dottrina del Rosmini sulla visione ideale. L’ente
ideale di SERBATI (si veda) è insussis- tente, benché non sia subbiellivo.
L’ente ideale di SERBATI (si veda) è obbiet- tivo c assoluto, benché si
distingua da Dio. Tassi di FIDANZA (si veda) c di Gersonc sulla visione ideale.
Medesimezza del concreto c dell’astratto, dell'indivi- dualeedel generalenell’ordine
dellecose assolute. Passi del Malebranche e ilei Leibniz sull’ eloquio ideale. Sulla
confusione dell’ essere coll’ esistere. l’asso di VICO (si veda) sul divario,
che corre fra le voci essere ed
esistere, e sull’USO [DISIMPLICATURA, NON SENSO] IMPROPRIO, che ne fa il
Descartes. tb. Passi del Descartes, in cui questo filosofo sinonimo l ’ essere
coll’ esistere. Sulla voce esistenze adoperata nella formula. Sulle nozioni del
necessario, del possibile, del con- tingente, e sui principii, che ne derivano.
Ib. Della dualità ideale. Passo del Malebranche sulla impossibilità di di-
mostrare l’esistenza dei corpi. Sulle convenienze del sistema cartesiano collo
Spi- nozisrno. Passo del Leibniz sullo stesso proposito. Sopra due obbiezioni
del Paulus contro il sistema dello Spinoza. Ib. Cenno sulle tradizioni
panteistiche dei Rabbini. Di una opinione dell' Hegel tolta dal Leibniz.DELIA
LNIAERSALITA SCIENTIFICA DELI A FORMULA IDEALE. La forinola razionale dee
contenere l'organismo degli clementi ideali. l’er conoscere questa orga-
nizzazione, bisogna riscontrare essa forinola coll'albero enciclo- pedico.
L'enciclopedia si compone di tre parti, filosofìa, fìsica e matematica, che
corrispondono alle tre membra della forinola. Della filosofia in ispecie : si stende
per tutta la forinola. Dell’ ontologia, psicologia, logica, elica c
inaleinatica ; coinè si connettano coi vari termini di quella. Tarala
rappresenlalira dell’ albero enciclopedico, confórme all’ organismo ideale.
Spiegazione generica della tavola. Della scienza ideale. Della teologia
rivelata e della filosofia. Principato universale della prima. Maggioranza
della seconda sulle altre scienze. Primato dell’ontologia fra le varie
discipline fìlusoGchc; necessario, acciò queste siano in fiore. Della teologia
universale. Della malemalica. La inatcmalica tiene un luogo mezzano tra la
filosofia c la fisica. Insufficienza della filosofia moderna, per dare una
teorica soddisfacente del tempo e dello spazio. Dichiarazione di queste due
idee, c dell’ oggetto loro, mediante la furinola ideale. Della logica c della
morale. Queste due scienze hannociòdicomune, che appartengono al termine medio della
forinola. Della logica in particolare, e delle varie sue parti. Dell’ etica in
ispccie. Dei due cicli creativi, e dei loro riscontri. Convenienze, ebe corrono
fra loro. Della legge morale. Dell’ imperativo. Del dovere, e del diritto. Dei
tre momenti dell’ imperativo. Del mal morale, e del mal lisico, che ne
conseguita. Della pena eterna. Della
cosmologia. Versa nel terzo membro della forinola. Dei due cicli generativi.
Varie sintesi, di cui si compongono. Dell’ordine dell’ universo Del concetto
teleologico. L’ idea di fine ci è somministrata dal ciclo creativo. Dell'
estetica. Del sublime e del bello. Delle varie loro specie, c del modo, in cui
si connettono colla for- inola. Del maraviglioso. Della politica. La politica
moderna deriva dal psicologismo cartesiano. Quindi i suoi vizi. Gli statisti
odierni non hanno veri principii, perchè mancano della cogni- zione ideale. I
difetti della teorica hanno luogo del pari nella pratica. Del governo
rappresentativo. Originato dal Cristia- nesimo; vizialo dall’eresia e dai
cattivi filosofi. Due sistemi dilibertàpolitica:
l’unoeterodosso,cl’altroortodosso. Suc- cessione storica del sistema ortodosso.
La libertà licenziosa e il dispotismo sono due dottrine recenti c sorelle.
Gloriose me- morie della seconda epoca del medio evo. La civiltà moderna dee
fondarsi su quella dei liassi tempi. Dell’ apoftegma di MACHIAVELLI (si veda), che
le «istituzionisi debbonoritirare versoi loroprin- cipii. In che senso sia
vero, Rendici influssi del Papato nella civiltà delle nazioni. Danni fatti alla
medesima dall’Imperio. Di GIULIO (si veda) Cesare, institutore della tirannide
imperiale. Conuessità della licenza c del dispotismo colle dottrine di Lutero e
del Descartes. Della idealità delle nazioni. L’ Idea è fonte del di- ritto.
Attinenze del dovere col diritto, e delle varie specie loro. Della sovranità.
La sovranità assoluta è l’Idea. Della sovranità relativa e ministeriale. Non si
trova in separato nel governo o nel popolo. La società non è d’ «istituzione
umana, ma divina. liosì anche il potere sovrano. Due doti essenziali di questo
potere, intorno al modo, con cui si tramanda
c perpetua di generazione in generazione. Forinola della poli- tica. l.a
Immissione della sovranità dee essere proporzionala alla partecipazione della
scienza ideale. Se tutti i cittadini pos- sano partecipare ai diritti politici?
Assurdità del suffragio universale. l.a capacità dee accompagnare il potere
sovrano; ma non basta a costituirlo. Il potere sovrano dee essere indipen-
dente dai sudditi. l.a perfezione della sovranità consiste nell' unione del
potere tradizionale colla sufficienza elettiva. Dei due cicli generativi della
politica. 11 sovrano non può inai farsi da se in nessun caso. Della
distribuzione della sovranità fra i cittadini. Ogni potere sovrano è divino.
Nello stato primitivo delle nazioni la sovranità non è mai posseduta da uno
opochissimiindividui, nè pareggia lafratullii cittadini. n- violabilità del
potere sovrano. Delle rivoluzioni, e delle con- trarivoluzioni: che cosa si debba
intendere sotto questinomi. La vera rivoluzione, essendo l’attentato contro una
sovranità le- gittima, è sempre illecita. La vera contrarivoluzione c onesta,
se non è violenta c tumultuaria. Lo stato politico di un popolo dee
corrispondere a’ suoi ordini primitivi e anticali. La mo- narchia è necessaria
al dì d'oggi alla libertà europea. L'inves- titura della sovranità in una
famiglia è subordinata alla salute pubblica. È inviolabile, come il dominio
privato. Il potere ereditario, e la capacità elettiva importano del pari alla
civiltà dei popoli. Delle corti. Conformità della nostra sentenza colla
dottrina cattolica intorno all’ inviolabilità del potere sovrano. 1 fautori
della licenza c del dispotismo invertono le due forinole politiche
corrispondenti ai due cicli ideali. L’idea divina è la suprema forinola
enciclopedica. Universalità dell’ idea divina. L’ontologismo non è un metodo
ipotetico, come quello dei psicologisti. Iddio è l'Intelligibile: è l’alfa e
l’omega della scienza. Si termina, riandando il primato dell’ idea divina nelle
varie parti della filosofia. de.i.la
ccmsEavAziosz deli,a rutmm.A ideale. La conservazione della forinola è opera
della rivelazione. Definizione di questa. Suoi diversi periodi. La confusione
della filosofia colla religione nocque in ogni tempo alla scienza ideale.
Analogia dei moderni razionalisti cogli antichi. Del razionalismo teologico
fiorente al di d’oggi. Si divide in due parti. Suoi fondatori. La critica
storica dei razionalisti pecca per di- fetto di canonica. Il razionalismo
confonde insieme i vari or- dini di fatti e di veri. Sua vecchiezza. Dei
Doceti. Il razionalismo è un veronaturalismo. Delsovrannaturale: sua
definizione. Necessità di esso, per l’integrità dell’ Idea. Possibilità e
convenienza morale del miracolo. Universalità dell’ ordine sovrannaturale.
L’Idea cristiana è universale, come l’Idea della ragione. Nullità sintetica c
filosofica dei moderni razionalisti. Il Cristianesimo è la religione
universale. Non si può mettere in ischiera cogli altri culti. Sua singolarità.
Le false religioni non distruggono l’universalità del Cristianesimo. Accordo di
questo colla civiltà crescente di ogni tempo. Si confuta una sentenza dello
Strausse. Le false religioni sono le sole, che debbano temere dei progressi
civili. Il Cris- tianesimo sovrasta, e non sottoslà alla coltura più squisita.
La civiltà moderna, che lo combatte, è una barbarie attillata. Delle prove
interne della rivelazione. Sua medesimezza coll’ Idea perfetta. La Chiesa è la
parola esterna dell’ Idea. La divinità della Bibbia risulta dalla perfezione
deli’ Idea, che vi è rappresentata. Oscurità della Bibbia in alcune parti. Sua
mirabile semplicità, e sua differenza dai lavori smerdici dell’ ingegno umano.
Concorso c predominio delle prove esterne od interne della rivelazione, secondo
le varie ragioni. Della inspi- razione dei libri sacri. Sua definizione,
natura, estensione. Si risolvono alcune obbiezioni dei razionalisti. L’
ermeneutica di questi si fonda in un falso metodo. Etnografia della rivela-
zione. Della predestinazione degl’ individui c dei popoli. Eccellenza delle
nazioni e delle lingue semitiche. Dei popoli giapetici: loro divario dai
Semiti. Delle nazioni madri. Degl’ Israeliti ; conservatori dell' Idea
perfetta, prima di Cristo. Dei fati del popolo ebreo. Della scienza acroamatica
ed esso- terica. — Fondamento naturale, e universalità di questa distinzione. Della
ordinazione civile e religiosa degl’ Israeliti. — Oltre la dottrina pubblica,
essi avevano una scienza secreta, acroamatica e tradizionale. Ragioni, in cui
si fondava questa distinzione presso il popolo eletto. Il Cristianesimo rese
esso- terica la scienza acroamatica degl’ Israeliti. L’ alternativa dell’
acroamatismo e dell' essoterismo è la sola variazione, che si trovi nella
storia dell’ Idea rivelata. Perchè Mosè non abbia inse- gnata espressamente l’
immortalità degli animi umani. Gli Ebrei non tolsero dagli stranieri la loro
angelologia, e il dogma della ri- surrezione. Del sensismo proprio dei
razionalisti. Falsità del loro metodo nel cercare l’origine delle idee e delle
credenze. Attinenze reciproche della dottrina essoterica. Differenze, che correvano,
per questo rispetto, fra gl' Israeliti e i Gentili. Del figuralismo ebraico.
Non è un trovato recente degl’ Israeliti ellenisti. Falso concetto dato dal
sig. Salvador delle institu- zioni mosaiche. I,a formola ideale e il
letragramma, erano il nesso della scienza acroamatica ed essoterica presso gl’
Israeliti.DELL’ALTERAZIONE (IELLA EOREOLA IDEALE. lai barbarie non fu lo stato
primitivo degli uomini. La storia delle religioni non comincia dal sensismo.
Per quali cagioni diminuisse, o si spegnesse presso molti popoli la cultura
primitiva. Vicende civili delle nazioni. Cinque forme successive di stato e di
reggimento politico. Anomalie storiche nell’ effetluazione di esse. Del
patriarcato. Dello stato castale : sua origine. Del predominio dei sacerdoti :
sua legittimità. Genio religioso delle società costituite sotto l'imperio
ieratico. I sacerdoti autori principali della civiltà risorgente. Effetti
salutari della loro influenza nelle colonie antiche e moderne. Il sacerdozio
conservò le reliquie dell’antica dottrina acroamatica fondò l’essoterica. In
che modo la mitologia e la simbolica po- tessero esser opera della moltitudine.
La riforma ieratica dell’ acroamatismo produsse la filosofìa. Vari indirizzi
della filoso- fìa gentilesca. Riscontri dell' antico e del nuovo paganesimo.
Vari gradi, per cui passò l’alterazione della formola ideale: oscurità,
confusione, dimezzamento e disorganazione. Ca- gioni dell' alteramente :
predominio del senso e della fantasia ; influenza del linguaggio sull’idea, c
dell’ essoterismo sull' acroamatismo ; dispersione dei popoli, e perdita dell’
unità universale. Del culto dei felissi. Di un doppio moto contrario,
regressivo e progressivo, delle instituzioni religiose. Esempi. Quattro epoche della
cognizione ideale: intuitiva,immaginativa, sensitiva e astrattiva. Se nel vario
e successivo alterarsi della formola, si mantengano i suoi tre membri, c come? Tavola
delle trasformazioni ontologiche della formolo ideale, corfispondenti ai rari
stati psicologici dello spirito umano. Dichiarazione della tavola. Dell'epoca
intuitiva; come l’uomo ne sia sca- duto. Il mal morale consiste nella negazione
del secondo ciclo creativo. Dei mezzi sovrannaturali per conservare Io stato
in- tuitivo. L’essoterismo fu l’occasione della perdita di esso. Dell’ epoca
immaginativa. Del naturalismo fantastico c dell’ emanatismo propri di questa
epoca. Indole poco scientifica dell’ emanatismo. Sua formola. Due sorti d’
emanatismo : psicologico e cosmologico. Dottrina dinamica degli emanatisti.
Della loro dualità primordiale, c delle dualità successive. Dell’ androginismo,
e delle dee madri ; loro connessione coll’ emanatismo. I fautori di questo
sistema confondono la teogonia colla cosmogonia. Del sincretismo emanatistico.
Dei due cicliditaldottrina: l’emanazione. Delcicloremanativo: sua natura.
Corrompe la morale, e introduce il pessimismo. Pelle varie età cosmiche,
secondo i inili di molti popoli Gentili. Come l’ ottimismo e il pessimismo si
accozzino insieme nel sistema degli emanalisti. Degli «talari, delle teofanie o
logo- fanie permanenti e successive, e delle apoteosi. Come il sovrin -
telligibile si trovi alterato fra queste favole. Del politeismo; nato
dall'emanatismo. Sua indole, e sue varie forme. Tutti i popoli politeisti conservano
una reminiscenza della unità ideale. Dell' idolatria : sua natura. Pel
panteismo: è una riforma ieratica dell’ einanatismo. Il panteismo scientifico
non poli- essere il primo sistema nella via dell’ errore. L’emanatismo e il
panteismo sono sostanzialmente una medesima dottrina, l’uno sotto una forma
fantastica e poetica, l’altro sotto una forma scientifica. Proprietà speciali
del panteismo. Universalità del panteismo nel regno dell’errore. Tutti i falsi
sistemi vi si riferiscono. Qual sorta di progresso possa avere Terrore, Varie
forme del panteismo. Della condizione del sacerdozio dopo la rovina dello stato
castale. Dei Misteri, da cui usci la filosofia laicale. Dell’ ateismo. Questo
sistema non potè es- sere anteriore al secondo periodo della filosofia secolaresca.
Si rigetta l’ opinione di un ateismo indico antichissimo. Pel so-
vrintelligibile. Serbato in parte dai sacerdoti, c perduto affatto da' laici
filosofanti, salvocliè dalle tre scuole mezzo ieratiche dell’ Italia c della
Grecia. Pei tentativi antichi c moderni, per rie- dificare umanamente il
sovrintelligibile. Si conchiude, accen - nando brevemente il tema del secondo
libro. Sulle denominazioni moderne dell’ lo c del Ile. Del tempo c dello
spazio, secondo il processo ontolo- gico. Tassi del Leibniz e del Malebranche
sul tempo e sullo spazio Della importanza, che la religione dà alla vita
temporale. .Degli attributi divini ontologicamente considerati. 190 Di alcune
dottrine erronee sulla bontà e pravità degli atti umani. Errori di un
giornalista francese sull’ amor di Dio. 393 influenza della colpa primitiva in
tutte le parti del pensiero e dell’ azione umana. Dei vari sistemi sulla natura
delle esistenze. Sull’ infinità del mondo. 406 Sugli assiomi di finalità e di
causalilà. Del traffico degli schiavi
negli Stali Uniti. Se l’ abolizione della schiavitù e del servaggio si debba
attribuire al Cristianesimo? Sull’ origine della sovranità in alcuni casi
particolari. 410 Dell’ orgoglio civile. Sui diversi modi, con cui si può
dimostrare l’esistenza di Dio. L’idea di Dio non è solamente negativa. Sulla
voce ritelazionc. Di varie spezie del razionalismo teologico. miracoli
posteriori Dei allo stabilimento del Cristianesimo. Passo del Malehranchc
sull'idealità del Cristianesimo. l’asso del Leibniz sulla rivelazione. Sulla
credenza antichissima dei Samaritani nella ri- surrezione dei morti. Si esamina
la dottrina filosofica dello Schleiermacher c dello Strausse sull’ esistenza
degli angeli. 1 razionalisti confondono la dottrina acroamaliea colla
essoterica. Sul fatto di Babele. Ib. Del sincretismo dei falsi culti, -toma,
mito e simbolo zcndico. Nei culli barbari l’Idea è esclusa dalla religione, e
non L’antropomorfismo è il psicologismo essoterico. Del panteismo ili Ulrico
Zuinglio. Ih. Passi dello Spinoza conformi alle dottrine del razionalismo
teologico. Sul psicologismo degli eretici. Convenienze della dottrina pclagiana
col sensismo, col psicologismo e col fatalismo. 4DELIA LNIAERSALITA SCIENTIFICA
DELI A FORMULA IDEALE. La forinola razionale dee contenere l'organismo degli
clementi ideali. l’er conoscere questa orga- nizzazione, bisogna riscontrare
essa forinola coll'albero enciclopedico. L'enciclopedia si compone di tre
parti, filosofìa, fìsica e matematica, che corrispondono alle tre membra della
forinola. Della filosofia in ispecie : si stende per tutta la forinola. Dell’
ontologia, psicologia, logica, elica c inaleinatica ; coinè si connettano coi
vari termini di quella. Tarala rappresenlalira dell’ albero enciclopedico,
confórme all’organismo ideale. Spiegazione generica della tavola. Della scienza
ideale. Della teologia rivelata e della filosofia. Principato universale della
prima. Maggioranza della seconda sulle altre scienze. Primato dell’ontologia
fra le varie discipline fìlusoGchc; necessario, acciò queste siano in fiore.
Della teologia universale. Della
malemalica. La inatcmalica tiene un luogo mezzano tra la filosofia c la fisica.
Insufficienza della filosofia moderna, per dare una teorica soddisfacente del
tempo e dello spazio. Dichiarazione di queste due idee, c dell’ oggetto loro,
mediante la furinola ideale. Della logica c della morale. Queste due scienze
hannociòdi comune, che appartengonoal terminemediodella forinola. Della logica in particolare, e
delle varie sue parti. Dell’ etica in ispccie. Dei due cicli creativi, e dei
loro riscontri. Convenienze, ebe corrono fra loro. Della legge morale. Dell’ imperativo. Del dovere, e del diritto.
Dei tre mo- menti dell’ imperativo. Del mal morale, e del mal lisico, che ne
conseguita. Della pena eterna. Della cosmologia. Versa nel terzo membro della
forinola. Dei due cicli generativi. Varie sintesi, di cui si compongono.
Dell’ordine dell’ universo Del concetto teleologico. L’ idea di fine ci è
somministrata dal ciclo creativo. Dell' estetica. Del sublime e del bello.
Delle varie loro specie, c del modo, in cui si connettono colla for- inola. Del
maraviglioso. Della politica. La politica moderna deriva dal psicologismo
cartesiano. Quindi i suoi vizi. Gli statisti odierni non hanno veri principii,
perchè mancano della cognizione ideale. I difetti della teorica hanno luogo del
pari nella pratica. Del governo rappresentativo. Originato dal Cristianesimo;
vizialo dall’eresia e dai cattivi filosofi. Due sistemi dilibertàpolitica:
l’unoeterodosso, c l’altro ortodosso. Suc- cessione storica del sistema
ortodosso. La libertà licenziosa e il dispotismo sono due dottrine recenti c
sorelle. Gloriose me- morie della seconda epoca del medio evo. La civiltà
moderna dee fondarsi su quella dei liassi tempi. Dell’ apoftegma di MACHIAVELLI
(si veda), che le«istituzionisi debbono ritirare verso i loro principii. In che
senso sia vero, Rendici influssi del Papato nella civiltà delle nazioni. Danni
fatti alla medesima dall’Imperio. Di GIULIO (si veda) CESARE, institutore della
tirannide imperiale. Conuessità della licenza c del dispotismo colle dottrine
di Lutero e del Des- cartes. Della idealità delle nazioni. L’ Idea è fonte del
diritto. Attinenze del dovere col diritto, e delle varie specie loro. Della
sovranità. La sovranità assoluta è l’Idea. Della sovranità relativa e
ministeriale. Non si trova in separato nel governo o nel popolo. La società non
è d’istituzione umana, ma divina. liosì anche il potere sovrano. Due doti
essenziali di questo potere, intorno al modo, con cui si tramanda c perpetua di generazione in generazione.
Forinola della politica. l.a Immissione della sovranità dee essere
proporzionala alla partecipazione della scienza ideale. Se tutti i cittadini
pos- sano partecipare ai diritti politici? Assurdità del suffragio uni-
versale. l.a capacità dee accompagnare il potere sovrano; ma non basta a
costituirlo. Il potere sovrano dee essere indipen- dente dai sudditi. l.a
perfezione della sovranità consiste nell' unione del potere tradizionale colla
sufficienza elettiva. Dei due cicli generativi della politica. 11 sovrano non
può inai farsi da se in nessun caso. Della distribuzione della sovranità fra i
cittadini. Ogni potere sovrano è divino. Nello stato primitivo delle nazioni la
sovranità non è mai posseduta da uno opochissimiindividui, nèpareggialafratullii
cittadini. Inviolabilità del potere sovrano. Delle rivoluzioni, e delle con-
trarivoluzioni: checosasidebbaintenderesottoquestinomi. La vera rivoluzione,
essendo l’attentato contro una sovranità le- gittima, è sempre illecita. La
vera contrarivoluzione c onesta, se non è violenta c tumultuaria. Lo stato
politico di un popolo dee corrispondere a’ suoi ordini primitivi e anticali. La
monarchia è necessaria al dì d'oggi alla libertà europea. L'inves- titura della
sovranità in una famiglia è subordinata alla salute pubblica. È inviolabile,
come il dominio privato. Il potere ereditario, e la capacità elettiva importano
del pari alla civiltà dei popoli. Delle corti. Conformità della nostra sentenza
colla dottrina cattolica intorno all’ inviolabilità del potere sovrano. 1
fautori della licenza c del dispotismo invertono le due forinole politiche
corrispondenti ai due cicli ideali. L’idea divina è la suprema forinola
enciclopedica. Universalità dell’ idea divina. L’ontologismo non è un metodo
ipotetico, come quello dei psicologisti. Iddio è l'Intelligibile : è l’alfa e
l’omega della scienza. Si termina, riandando il primato dell’ idea divina nelle
varie parti della filosofia. de.i.la ccmsEavAziosz deli,a rutmm.A ideale. La
conservazione della forinola è opera della rivelazione. Definizione di questa.
Suoi diversi periodi. La confusione della filosofia colla religione nocque in
ogni tempo alla scienza ideale. Analogia dei moderni razionalisti cogli
antichi. Del razionalismo teologico fiorente al di d’oggi. Si divide in due
parti. Suoi fondatori. La critica storica dei razionalisti pecca per di- fetto
di canonica. Il razionalismo confonde insieme i vari ordini di fatti e di veri.
Sua vecchiezza. Dei Doceti. Il razionalismoèunvero naturalismo. Delsovrannaturale:
sua definizione. Necessità di esso, per l’integrità dell’ Idea. Pos- sibilità e
convenienza morale del miracolo. Universalità dell’ ordine sovrannaturale.
L’Idea cristiana è universale, come l’Idea della ragione. Nullità sintetica c
filosofica dei moderni razionalisti. Il Cristianesimo è la religione
universale. Non si può mettere in ischiera cogli altri culti. Sua singolarità.
Le false religioni non distruggono l’universalità del Cristiane- simo. Accordo
di questo colla civiltà crescente di ogni tempo. Si confuta una sentenza dello
Strausse. Le false religioni sono le sole, che debbano temere dei progressi
civili. Il Cris- tianesimo sovrasta, e non sottoslà alla coltura più squisita.
La civiltà moderna, che lo combatte, è una barbarie attillata. Delle prove
interne della rivelazione. Sua medesimezza coll’ Idea perfetta. La Chiesa è la
parola esterna dell’ Idea. La divinità della Bibbia risulta dalla perfezione
deli’ Idea, che vi è rappresentata. Oscurità della Bibbia in alcune parti. Sua
mirabile semplicità, e sua differenza dai lavori smerdici dell’ in- gegno
umano. Concorso c predominio delle prove esterne od interne della rivelazione,
secondo le varie ragioni. Della inspi- razione dei libri sacri. Sua definizione,
natura, estensione. Si risolvono alcune obbiezioni dei razionalisti. L’
ermeneutica di questi si fonda in un
falso metodo. Etnografia della rivela- zione. Della predestinazione degl’
individui c dei popoli. Eccellenza delle nazioni e delle lingue semitiche. Dei
popoli giapetici : loro divario dai Semiti. Delle nazioni madri. Degl’
Israeliti ; conservatori dell' Idea perfetta, prima di Cristo. Dei fati del
popolo ebreo. Della scienza acroamatica ed esso- terica. Fondamento naturale, e
universalità di questa distinzione. Della ordinazione civile e religiosa degl’
Israeliti. Oltre la dottrina pubblica, essi avevano una scienza secreta,
acroamatica e tradizionale. Ragioni, in cui si fondava questa distinzione
presso il popolo eletto. Il Cristianesimo rese esso- terica la scienza
acroamatica degl’ Israeliti. L’ alternativa dell’ acroamatismo e dell'
essoterismo è la sola variazione, che si trovi nella storia dell’ Idea
rivelata. Perchè Mosè non abbia inse- gnata espressamente l’ immortalità degli
animi umani. Gli Ebrei non tolsero dagli stranieri la loro angelologia, e il
dogma della ri- surrezione. Del sensismo proprio dei razionalisti. Falsità del
loro metodo nel cercare l’origine delle idee e delle credenze. Attinenze
reciproche della dottrina essoterica. Differenze, che correvano, per questo
rispetto, fra gl' Israeliti e i Gentili. Del figuralismo ebraico. Non è un
trovato recente degl’ Israeliti ellenisti. Falso concetto dato dal sig.
Salvador delle instituzioni mosaiche. I,a formola ideale e il letragramma, erano
il nesso della scienza acroamatica ed essoterica presso gl’ Israeliti. OEll’
ALTERAZIONE (IELLA EOREOLA IDEALE. lai barbarie non fu lo stato primitivo degli
uomini. La storia delle religioni non comincia dal sensismo. Per quali cagioni
diminuisse, o si spegnesse presso molti popoli la cultura primi- tiva. Vicende
civili delle nazioni. Cinque forme successive di stato e di reggimento
politico. Anomalie storiche nell’ effetluazione di esse. Del patriarcato. Dello
stato castale : sua origine. Del predominio dei sacerdoti : sua legittimità.
Genio religioso delle società costituite sotto l'imperio ieratico. I sacerdoti
autori principali della civiltà risorgente. Effetti salutari della loro
influenza nelle colonie antiche e moderne. Il sacerdozio conservò le reliquie
dell’antica dottrina acroamatica fondò l’essoterica. In che modo la mitologia e
la simbolica po- tessero esser opera della moltitudine. La riforma ieratica
dell’ acroamatismo produsse la filosofìa. Vari indirizzi della filoso- fìa
gentilesca. Riscontri dell' antico e del nuovo paganesimo. Vari gradi, per cui
passò l’alterazione della formola ideale: oscurità, confusione, dimezzamento e
disorganazione. Cagioni dell' alteramente : predominio del senso e della
fantasia ; influenza del linguaggio sull’idea, c dell’ essoterismo sull' acroa-
matismo ; dispersione dei popoli, e perdita dell’ unità universale. Del culto
dei felissi. Di un doppio moto contrario, regres- sivo e progressivo, delle
instituzioni religiose. Esempi. Quattro epoche della cognizione ideale:
intuitiva, immaginativa, sensitiva e astrattiva. Se nel vario e successivo
alterarsi della formola, si mantengano i suoi tre membri, c come? Tavola delle
trasformazioni ontologiche della formolo ideale, corfispondenti ai rari stati
psicologici dello spirito umano. Dichiarazione della tavola. Dell'epoca
intuitiva; come l’uomo ne sia sca- duto. Il mal morale consiste nella negazione
del secondo ciclo creativo. Dei mezzi sovrannaturali per conservare Io stato
in- tuitivo. L’essoterismo fu l’occasione della perdita di esso. Dell’ epoca
immaginativa. Del naturalismo fantastico c dell’ emanatismo propri di questa
epoca. Indole poco scientifica dell’ emanatismo. Sua formola. Due sorti d’
emanatismo : psicologico e cosmologico. Dottrina dinamica degli emanatisti.
Della loro dualità primordiale, c delle dualità successive. Dell’ androginismo,
e delle dee madri ; loro connessione coll’ ema- natismo. I fautori di questo
sistema confondono la teogonia colla cosmogonia. Del sincretismo emanatistico.
Dei due cicliditaldottrina: l’emanazione. Delcicloremanativo: sua natura.
Corrompe la morale, e introduce il pessimismo. Pelle varie età cosmiche,
secondo i inili di molti popoli Gentili. Come l’ ottimismo e il pessimismo si
accozzino insieme nel sistema degli emanalisti. Degli «talari, delle teofanie o
logo- fanie permanenti e successive, e delle apoteosi. Come il sovrin -
telligibile si trovi alterato fra queste favole. Del politeismo; nato
dall'emanatismo. Sua indole, e sue varie forme. Tutti i popoli politeisti conservano
una reminiscenza della unitàideale. Dell' idolatria : sua natura. Pel panteismo
: è una riforma ieratica dell’ einanatismo. Il panteismo scientifico non poli-
essere il primo sistema nella via dell’ errore. L’emanatismo e il panteismo
sono sostanzialmente una medesima dottrina, l’uno sotto una forma fantastica e
poetica, l’altro sotto una forma scientifica. Proprietà speciali del panteismo.
Universalità del panteismo nel regno dell’errore. Tutti i falsi sistemi vi si
riferiscono. Qual sorta di progresso possa avere Terrore, Varie forme del
panteismo. Della condizione del sacerdozio dopo la rovina dello stato castale.
Dei Misteri, da cui usci la filosofia laicale. Dell’ ateismo. Questo sistema
non potè es- sere anteriore al secondo periodo della filosofia secolaresca. Si
rigetta l’ opinione di un ateismo indico antichissimo. Pel so- vrintelligibile.
Serbato in parte dai sacerdoti, c perduto affatto da' laici filosofanti,
salvocliè dalle tre scuole mezzo ieratiche dell’ Italia c della Grecia. Pei tentativi
antichi c moderni, per rie- dificare umanamente il sovrintelligibile. Si
conchiude, accen - nando brevemente il tema del secondo libro. Sulle
denominazioni moderne dell’ lo c del Ile. Del tempo c dello spazio, secondo il
processo ontolo- gico. Tassi del Leibniz e del Malebranche sul tempo e sullo
spazio. Della importanza, che la religione dà alla vita temporale. Degli
attributi divini ontologicamente considerati. Di alcune dottrine erronee sulla
bontà e pravità degli atti umani. Errori di un giornalista francese sull’ amor
di Dio. influenza della colpa primitiva in tutte le parti del pensiero e dell’
azione umana. Dei vari sistemi sulla natura delle esistenze. Sull’ infinità del
mondo. Sugli assiomi di finalità e di causalilà. Del traffico degli schiavi
negli Stali Uniti. Se l’ abolizione della schiavitù e del servaggio si debba
attribuire al Cristianesimo? Sull’ origine della sovranità in alcuni casi
particolari. Dell’ orgoglio civile. Sui diversi modi, con cui si può dimostrare
l’esistenza di Dio. L’idea di Dio non è solamente negativa. Ih. Sulla voce
ritelazionc. Di varie spezie del razionalismo teologico. miracoli posteriori
Dei allo stabilimento del Cristianesimo. Passo del Malehranchc sull'idealità
del Cristianesimo. l’asso del Leibniz sulla rivelazione. Sulla credenza
antichissima dei Samaritani nella ri- surrezione dei morti. Si esamina la
dottrina filosofica dello Schleiermacher c dello Strausse sull’ esistenza degli
angeli. 1 razionalisti confondono la dottrina acroamaliea colla essoterica. Sul
fatto di Babele. Del sincretismo dei falsi culti, -toma, mito e simbolo
zcndico. Nei culli barbari l’Idea è esclusa dalla religione, e non L’antropomorfismo è il psicologismo
essoterico. Del panteismo ili Ulrico Zuinglio. Ih. Passi dello Spinoza conformi
alle dottrine del raziona- lismo teologico. Sul psicologismo degli eretici.
Convenienze della dottrina pclagiana col sensismo, col psicologismo e col
fatalismo. AMDELIA LNIAERSALITA SCIENTIFICA DELI A FORMULA IDEALE. La forinola
razionale dee contenere l'organismo degli clementi ideali. l’er conoscere
questa orga- nizzazione, bisogna riscontrare essa forinola coll'albero
enciclopedico. L'enciclopedia si compone di tre parti, filosofìa, fìsica e
matematica, che corrispondono alle tre membra della forinola. Della filosofia
in ispecie : si stende per tutta la forinola. Dell’ ontologia, psicologia,
logica, elica c inaleinatica ; coinè si connettano coi vari termini di quella.
Tarala rappresenlalira dell’ albero enciclopedico, confórme all’ organismo
ideale. Spiegazione generica della tavola. Della scienza ideale. Della teologia
rivelata e della filosofia. Principato universale della prima. Maggioranza
della seconda sulle altre scienze. Pri- mato dell’ontologia fra le varie
discipline fìlusoGchc; necessario, acciò queste siano in fiore. Della teologia
universale. Della malemalica. La inatcmalica tiene un luogo mezzano tra la
filosofia c la fisica. Insufficienza della filosofia moderna, per dare una
teorica soddisfacente del tempo e dello spazio. Dichiarazione di queste due
idee, c dell’ oggetto loro, mediante la furinola ideale. Della logica c della
morale. Queste due scienze hannociòdicomune, che appartengono al termine medio della forinola. Della logica in particolare, e
delle varie sue parti. Dell’ etica in ispccie. Dei due cicli creativi, e dei
loro riscontri. Convenienze, ebe corrono fra loro. Della legge morale. Dell’
imperativo. Del dovere, e del diritto. Dei tre momenti dell’ imperativo. Del
mal morale, e del mal lisico, che ne conseguita. Della pena eterna. Della
cosmologia. Versa nel terzo membro della forinola. Dei due cicli generativi.
Varie sintesi, di cui si compongono. Dell’ordine dell’ universo Del concetto
te- leologico. L’ idea di fine ci è somministrata dal ciclo creativo. Articolo
qlirto. Dell' estetica. Del sublime e del bello. Delle varie loro specie, c del
modo, in cui si connettono colla for- inola.Del maraviglioso. Della politica.
La politica moderna deriva dal psicologismo cartesiano. Quindi i suoi vizi. Gli
statisti odierni non hanno veri principii, perchè mancano della cogni- zione
ideale. I difetti della teorica hanno luogo del pari nella pratica. Del governo
rappresentativo. Originato dal Cristia- nesimo; vizialo dall’eresia e dai
cattivi filosofi. Due sistemi di libertà politica: l’uno eterodosso, c l’altro ortodosso.
Suc-cessione storica del sistema ortodosso. La libertà licenziosa e il
dispotismo sono due dottrine recenti c sorelle. Gloriose me- morie della
seconda epoca del medio evo. La civiltà moderna dee fondarsi su quella dei liassi
tempi. Dell’ apoftegma del Ma- chiavelli, che le istituzioni si debbonoritirare
versoi loro principii. In che senso sia vero, Rendici influssi del Papato nella
civiltà delle nazioni. Danni fatti alla medesima dall’ Imperio. Di Cesare,
institutore della tirannide imperiale. Conuessità della licenza c del
dispotismo colle dottrine di Lutero e del Descartes. Della idealità delle
nazioni. L’ Idea è fonte del di- ritto. Attinenze del dovere col diritto, e
delle varie specie loro. Della sovranità. La sovranità assoluta è l’Idea. Della
sovranità relativa e ministeriale. Non si trova in separato nel governo o nel
popolo. La società non è d’ «istituzione umana, ma divina. liosì anche il
potere sovrano. Due doti essenziali di questo potere, intorno al modo, con cui
si tramanda 461 c perpetua di generazione in generazione. Forinola della
politica. l.a Immissione della sovranità dee essere proporzionala alla
partecipazione della scienza ideale. Se tutti i cittadini possano partecipare
ai diritti politici? Assurdità del suffragio uni- versale. l.a capacità dee
accompagnare il potere sovrano; ma non basta a costituirlo. Il potere sovrano
dee essere indipen- dente dai sudditi. l.a perfezione della sovranità consiste
nell' unione del potere tradizionale colla sufficienza elettiva. Dei due cicli
generativi della politica. Il sovrano non può inai farsi da se in nessun caso.
Della distribuzione della sovranità fra i cittadini. Ogni potere sovrano è
divino. Nello stato primitivo delle nazioni la sovranità non è mai posseduta da
uno o pochissimi individui, nè pareggia la fratullii cittadini. Inviolabilità
del potere sovrano. Delle rivoluzioni, e delle con- trarivoluzioni: che cosa si
debba intendere sotto questi nomi. La vera rivoluzione, essendo l’attentato
contro una sovranità le- gittima, è sempre illecita. La vera contrarivoluzione
c onesta, se non è violenta c tumultuaria. Lo stato politico di un popolo dee
corrispondere a’ suoi ordini primitivi e anticali. La mo-narchia è necessaria
al dì d'oggi alla libertà europea. L'investitura della sovranità in una
famiglia è subordinata alla salute pubblica. È inviolabile, come il dominio
privato. Il potere ereditario, e la capacità elettiva importano del pari alla
civiltà dei popoli. Delle corti. Conformità della nostra sentenza colla
dottrina cattolica intorno all’ inviolabilità del potere sovrano. 1 fautori
della licenza c del dispotismo invertono le due forinole politiche
corrispondenti ai due cicli ideali.
L’idea divina è la suprema forinola enciclopedica. Universalità dell’ idea
divina. L’ontologismo non è un metodo ipotetico, come quello dei psicologisti.
Iddio è l'Intelligibile : è l’alfa e l’omega della scienza. Si termina,
riandando il primato dell’ idea divina nelle varie parti della filosofia. .
de.i.la ccmsEavAziosz deli,a rutmm.A ideale. La conservazione della forinola è
opera della rivelazione. Definizione di questa. Suoi diversi periodi. La
confusione della filosofia colla religione nocque in ogni tempo alla scienza
ideale. Analogia dei moderni razionalisti cogli antichi. Del razio- nalismo
teologico fiorente al di d’oggi.Si divide in due parti. Suoi fondatori. La
critica storica dei razionalisti pecca per di- fetto di canonica. Il
razionalismo confonde insieme i vari ordini di fatti e di veri. Sua vecchiezza.
Dei Doceti. Il razionalismo è un vero naturalismo. Del sovrannaturale: sua
definizione. Necessità di esso, per l’integrità dell’ Idea. Possibilità e
convenienza morale del miracolo. Universalità dell’ ordine sovrannaturale.
L’Idea cristiana è universale, come l’Idea della ragione. Nullità sintetica c
filosofica dei moderni razionalisti. Il Cristianesimo è la religione
universale. Non si può mettere in ischiera cogli altri culti. Sua singolarità.
Le false religioni non distruggono l’universalità del Cristianesimo. Accordo di
questo colla civiltà crescente di ogni tempo. Si confuta una sentenza dello
Strausse. Le false religioni sono le sole, che debbano temere dei progressi
civili. Il Cristianesimo sovrasta, e non sottoslà alla coltura più squisita. La
civiltà moderna, che lo combatte, è una barbarie attillata. Delle prove interne
della rivelazione. Sua medesimezza coll’ Idea perfetta. La Chiesa è la parola
esterna dell’ Idea. La divinità della Bibbia risulta dalla perfezione
deli’Idea, che vi è rappresentata. Oscurità della Bibbia in alcune parti. Sua
mirabile semplicità, e sua differenza dai lavori smerdici dell’ingegno umano.
Concorso c predominio delle prove esterne od interne della rivelazione, secondo
le varie ragioni. Della inspirazione dei libri sacri. Sua definizione, natura,
estensione. Si risolvono alcune obbiezioni dei razionalisti. L’ ermeneutica di
questi si fonda in un falso metodo. Etnografia della rivelazione. Della
predestinazione degl’ individui c dei popoli. Eccellenza delle nazioni e delle
lingue semitiche. Dei popoli giapetici : loro divario dai Semiti. Delle nazioni
madri. Degl’ Israeliti ; conservatori dell'Idea perfetta, prima di Cristo. Dei
fati del popolo ebreo. Della scienza acroamatica ed esso- terica. Fondamento
naturale, e universalità di questa distinzione. Della ordinazione civile e
religiosa degl’ Israeliti. Oltre la dottrina pubblica, essi avevano una scienza
secreta, acroamatica e tradizionale. Ragioni, in cui si fondava questa
distinzione presso il popolo eletto. Il Cristianesimo rese essoterica la scienza
acroamatica degl’ Israeliti. L’alternativa dell’ acroamatismo e dell'
essoterismo è la sola variazione, che si trovi nella storia dell’ Idea
rivelata. Perchè Mosè non abbia inse- gnata espressamente l’ immortalità degli
animi umani. Gli Ebrei non tolsero dagli stranieri la loro angelologia, e il
dogma della ri- surrezione. Del sensismo proprio dei razionalisti. Falsità del
loro metodo nel cercare l’origine delle idee e delle credenze. Attinenze
reciproche della dottrina essoterica. Differenze, che correvano, per questo
rispetto, fra gl' Israeliti e i Gentili. Del figuralismo ebraico. Non è un
trovato recente degl’ Israeliti ellenisti. Falso concetto dato dal sig.
Salvador delle institu- zioni mosaiche. I,a formola ideale e il letragramma,
erano il nesso della scienza acroamatica ed essoterica presso gl’ Israeliti.
1ì>5 lai barbarie non fu lo stato primitivo degli uomini. La storia delle
religioni non comincia dal sensismo. Per quali cagioni diminuisse, o si
spegnesse presso molti popoli la cultura primitiva. Vicende civili delle
nazioni. Cinque forme successive di stato e di reggimento politico. Anomalie
storiche nell’ effet- luazione di esse. Del patriarcato. Dello stato castale:
sua origine. Del predominio dei sacerdoti : sua legittimità. Genio religioso
delle società costituite sotto l'imperio ieratico. I sacerdoti autori
principali della civiltà risorgente. Effetti salutari della loro influenza
nelle colonie antiche e moderne. Il sacerdozio conservò le reliquie dell’antica
dottrina acroamatica fondò l’essoterica. In che modo la mitologia e la
simbolica po- tessero esser opera della moltitudine. La riforma ieratica dell’
acroamatismo produsse la filosofìa. Vari indirizzi della filoso- fìa
gentilesca. Riscontri dell' antico e del nuovo paganesimo. Vari gradi, per cui
passò l’alterazione della formola ideale : oscurità, confusione, dimezzamento e
disorganazione. Cagioni dell' alteramente : predominio del senso e della
fantasia ; influenza del linguaggio sull’idea, c dell’ essoterismo sull'
acroamatismo ; dispersione dei popoli, e perdita dell’ unità universale. Del
culto dei felissi. Di un doppio moto contrario, regressivo e progressivo, delle
instituzioni religiose. Esempi. Quattro epoche dellacognizioneideale:
intuitiva,immaginativa, sensitiva e astrattiva. Se nel vario e successivo
alterarsi della formola, si mantengano i suoi tre membri, c come? Tavola delle
trasformazioni ontologiche della formolo ideale, corfispondenti ai rari stati
psicologici dello spirito umano. Dichiarazione della tavola. Dell'epoca
intuitiva; come l’uomo ne sia sca-duto. Il mal morale consiste nella negazione
del secondo ciclo creativo. Dei mezzi sovrannaturali per conservare Io stato
in- tuitivo. L’essoterismo fu l’occasione della perdita di esso. Dell’ epoca
immaginativa. Del naturalismo fantastico c dell’ emanatismo propri di questa
epoca. Indole poco scientifica dell’ emanatismo. Sua formola. Due sorti d’
emanatismo : psicologico e cosmologico. Dottrina dinamica degli emanatisti.
Della loro dualità primordiale, c delle dualità successive. Dell’ androginismo,
e delle dee madri ; loro connessione coll’ emanatismo. I fautori di questo
sistema confondono la teogonia colla cosmogonia. Del sincretismo emanatistico.
Dei due cicliditaldottrina: l’emanazione. Del ciclo remanativo: sua natura.
Corrompe la morale, e introduce il pessimismo. Pelle varie età cosmiche, secondo
i inili di molti popoli Gentili. Come l’ ottimismo e il pessimismo si accozzino
insieme nel sistema degli emanalisti. Degli «talari, delle teofanie o logo-
fanie permanenti e successive, e delle apoteosi. Come il sovrin - telligibile
si trovi alterato fra queste favole. Del politeismo; nato dall'emanatismo. Sua
indole, e sue varie forme. Tutti i popoli politeisti conservano una reminiscenza
della unitàideale. Dell' idolatria : sua natura. Pel panteismo : è una riforma
ieratica dell’ einanatismo. Il panteismo scientifico non poli- essere il primo
sistema nella via dell’ errore. L’emanatismo e il panteismo sono
sostanzialmente una medesima dottrina, l’uno sotto una forma fantastica e
poetica, l’altro sotto una forma scientifica. Proprietà speciali del panteismo.
Universalità del panteismo nel regno dell’errore. Tutti i falsi sistemi vi si
riferiscono. Qual sorta di progresso possa avere Terrore Varie forme del
panteismo. Della condizione del sacerdozio dopo la rovina dello stato castale.
Dei Misteri, da cui usci la filosofia laicale. Dell’ ateismo. Questo sistema
non potè es- sere anteriore al secondo periodo della filosofia secolaresca. Si
rigetta l’opinione di un ateismo indico antichissimo. Pel sovrintelligibile.
Serbato in parte dai sacerdoti, c perduto affatto da' laici filosofanti,
salvocliè dalle tre scuole mezzo ieratiche dell’Italia c della Grecia. Pei
tentativi antichi c moderni, per riedificare umanamente il sovrintelligibile.
Si conchiude, accennando brevemente il tema. Sulle denominazioni moderne dell’
lo c del Ile. 2. 3. ut. Del tempo c dello spazio, secondo il processo
ontologico. Tassi del Leibniz e del Malebranche sul tempo e sullo spazio. Della importanza, che la religione dà alla
vita temporale. Degli attributi divini ontologicamente considerati. 190 Di
alcune dottrine erronee sulla bontà e pravità degli atti umani. Errori di un
giornalista francese sull’ amor di Dio. influenza della colpa primitiva in
tutte le parti del pensiero e dell’ azione umana. Dei vari sistemi sulla natura
delle esistenze. Sull’ infinità del mondo. 406 Sugli assiomi di finalità e di
causalilà. Del traffico degli schiavi negli Stali Uniti. Se l’ abolizione della
schiavitù e del servaggio si debba attribuire al Cristianesimo? Sull’ origine
della sovranità in alcuni casi particolari. Dell’ orgoglio civile. Sui diversi
modi, con cui si può dimostrare l’esistenza di Dio. L’idea di Dio non è
solamente negativa. Ih. Sulla voce ritelazionc. Di varie spezie del
razionalismo teologico. miracoli posteriori Dei allo stabilimento del
Cristianesimo. Passo del Malehranchc sull'idealità del Cristianesimo. l’asso
del Leibniz sulla rivelazione. Sulla credenza antichissima dei Samaritani nella
ri- surrezione dei morti. Si esamina la dottrina filosofica dello
Schleiermacher c dello Strausse sull’ esistenza degli angeli. Ib. 1
razionalisti confondono la dottrina acroamaliea colla essoterica. Sul fatto di
Babele. Del sincretismo dei falsi culti, -toma, mito e simbolo zcndico. Nei
culli barbari l’Idea è esclusa dalla religione, e non L’antropomorfismo è il psicologismo
essoterico. Del panteismo ili Ulrico Zuinglio. Ih. Passi dello Spinoza conformi
alle dottrine del raziona- lismo teologico. Sul psicologismo degli eretici.
Convenienze della dottrina pclagiana col sensismo, col psicologismo e col fatalismo.
DELLE CONVENIENZE DELLA FORIOLA IDEALE COLLA RELIGIONE RIVELATA. Scusa dell’
autore. Il sovrintelligibile e il sovrannaturale sono i due perni della
religione. Analisi del primo. Si escludono le false origini, che si possono
assegnare al concetto, che Io rap- presenta. Della sovrintelligenza. In che
consista la natura speciale di questa facolti. Sua analogia coll’istinto. Del
sentimento, che l’uomo ha delle sue potenze non esplicate. Definizione delia
sovrintelligenza. Come il concetto negativo del sovrintelligibile nasca da
questa facoltà. Obbiettività del so- vrintelligibile ; adombrata dalla
filosofia orientale. Analogia del sovrintelligibile col numeno di Emanuele
Kant: sbaglio del criticismo. Dei sovrintelligibili naturali. Attinenze del so-
vrintelligibile cogl’ intelligibili. Come il sovrintelligibile debba essere
riconosciuto e rispettato dalla filosofia. Dei sovrintelligibili rivelati. Loro
importanza, e armonia coi dogmi razionali. I sovrintelligibili della
rivelazione hanno un margine indeterminato. Del sovrannaturale. In che
consista, e sue attinenze colla formula. Connessione del suo concetto colla
magia dei popoli pagani. Varie spezie di sovrannaturale. Necessità dell’ idea
di sovrannaturale per la filosofia della storia : sua importanza per la
filosofia in genere. Il sovrannaturale appartiene al secondo ciclo creativo :
sue relazioni con esso. Dimostrazione a priori della realtà dell' ordine
sovrannaturale. L’ alterazione di quest' ordine costituisce il regresso.
Della forinola sovrannaturale : sua corrispondenza colla
razionale. Del ciclo cristiano : sua risoluzione. Della Chiesa; com' ella sia
il perno dell’ incivilimento. Del sincretismo delle sette cristiane eterodosse,
e della idolatria rinnovala per opera loro. Confutazione di un passo del sig.
Guizot sull’ unità religiosa. Della superstizione : in che consista. Del
processo a priori della fede cattolica. Due cicli rivelativi corrispondenti ai
due cicli creativi. Necessità della fede per ben filosofare. La fede sola
colloca l’uomo nel suo stato naturale. Ragionevolezza della disciplina
cattolica. L’ educazione ideale è impossibile fuori di essa. Lo scetticismo
esclude la vera grandezza, anche umana, dell’ ingegno. La fede è libera, e in
ciò consiste il suo merito. Tre doti della fede cattolica, utilissime all'uomo e
al filosofo. Efficacia di questa virtù, per avvalorare l' ingegno ontologico.
Quanto all’ abito ontologico conferisca la credenza del sovrannaturale. Tutte
le virtù teologali influiscono profittevolmente nell’uomo pensante e operatore.
Della vera misticità, e sue differenze dalla falsa. Empietà dell’ autonomia
razionale. Necessità della fede per la conservazione dei principii ideali. L’incredulità
moderna è la cagione precipua della debolezza degli animi c degl’ingegni. Utilità
dei misteri in genere per l’abito filosofico. Si considerano, per questo
rispetto, alcuni misteri in particolare. Della predestinazione, e della
eternità delle pene. Della inviolabilità scientifica della teologia. Di certi
novellini teologi, e della temerità loro. L’invenzione nelle cose ideali è
impossibile. Della giovinezza perpetua del Cristianesimo cattolico. Di una
certa classe di gementi, che credono morta o moriente la religione: si combat-
tono i loro timori. Della larghezza dell’ Idea cattolica: sua utilità per le
scienze in generale. Necessità della filosofia per far fiorire la teologia,
come scienza. La teologia e la filosofia hanno bisogno l’una dell’altra. Delle
cagioni, per cui la teologia cattolica c scaduta dal suo antico splendore. Il
clero cattolico dee essere un concilio di sapienti. Dee coltivare specialmente
le scienze filosofiche. Dell’acroamatismo ieratico, ch'egli si dee proporre. I
laici che coltivano la filosofia, debbono incominciare una nuova era razionale,
sotto la sovranità intellettiva della Chiesa. La filosofia eterodossa, che
regnò finora, è morta per sempre. Si concbiude esortando gl' Italiani a
intraprendere l’ instaurazione delle scienze speculative. Sulla voce essenza.
Del sovrintelligibile presso i filosofi eterodossi. Attinenze del
sovrannaturale col sovrintelligibile. Del sovrannaturale iniziale c finale del
Cristianesimo. Del sovrannaturale transitorio o continuo. Su alcuni passi di Guizot.
Sopra un cenno teologico del sig. Nisard. Sul fatto morale della giustificazione.
Sulle varie epoche filosofiche della storia. Delle idee pure.Sul valore
teologico dei razionalisti tedeschi. Il decadimento della filosofia prova la
verità del cat- tolicismo.Grice: “Italians find it harder than the Germans to
conceal their nationalism. Hegel is studied everywhere, but Gioberti is felt to be TOO Italian, and
he is. There are not two sentences in Gioberti that do not mention Italy! Hegel
could philosophise on being (the absolute being is the King of Prussia) – but
philosophers elsewhere took his remarks in a generalized way, not a German way.
Unlike with Gioberti, who cannot hide his ‘italianita’. The fact that Mussolini
wrote on him did not help. And that, along with Gentile, and the Italian
mainstream intelligentsia, the Italian risorgimento is only a stone’s throw
away from Fascism!” Grice: “Lorenzo Giusso, whom I like, wrote a bio of
Gioberti which I thought the best, it’s in Vita e Pensiero, and in the series,
“UOMINI DEL RISORGIMENTO” Gives him sense!” -- Vincenzo Gioberti. Gioberti. Keywords: del bello, estetico, il bello,
metessi, implicatura metessica – mimesi – Plato on mimesis and metexis,
protologia, ontologismo, statua all’aperto, Milano – nella serie uomini del
risorgimento, bruno, gentile. -- Refs.: Luigi
Speranza, "Grice e Gioberti," per Il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia
No comments:
Post a Comment