Luigi Speranza -- Grice e Gerratana: all’isola – la
ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale del contratto sociale –
la scuola di Scicli – filosofia ragusese -- ffilosofia italiana – filosofia
siciliana -- Luigi Speranza (Scicli).
Filosofo
siciliano. Filosofo italiano. Scicli, Ragusa, Sicilia. Grice: “I like
Gerratana; for one, he translated Rousseau, and I have been called a
contractualist, if not like Grice [G. R. Grice].” Grice: “Gerratana carefully
edited Pintor’s oeuvre.” – Grice: “I like Gerratana; they – Italian
philosophers, generally -- philosophise on the working people – operaio --; at
Oxford we usually do not!” Partecipa
alla resistenza a Roma, nelle file dei GAP, legandosi a Salinari e Pintor,
conosciuto al corso allievi ufficiali di Salerno, e ricordato in “Sangue
d'Europa.” Prende parte alla ricostruzione del PCI romano e si laurea a Roma.
Insegna a Salerno e Siena. Studioso sobrio e rigoroso del marxismo, cura
Labriola e Gramsci. La sua edizione, con un'accurata ricostruzione cronologica,
archiviò definitivamente l'edizione tematica. G. mette in luce lo stile "frammentario"
e "antidogmatico" di Gramsci. Altre opera: “L'eresia di Rousseau,
Roma, Editori Riuniti), Il marxismo, Roma, Editori Riuniti); “Labriola di
fronte al socialismo giuridico, Milano, Giuffrè editore); “Gramsci. Problemi di
metodo, Roma, Editori Riuniti); “Quaderni dal carcere. Treccani L'Enciclopedia
italiana". Biografia di G. nel sito dell'ANPI Associazione Nazionale
Partigiani d'Italia. Si è svolto a Roma il 18 e 19 novembre nella Facoltà
di Scienze della Formazione dell'Università Roma Tre, un convegno di studi in
memoria di un importante esponente del pensiero politico italiano, G. Essenzialmente
noto per aver curato l'edizione critica dei Quaderni del carcere di Gramsci, G.
e in realtà uno studioso politicamente appassionato e uomo politico di estrema
cultura. Merito di questo convegno è stato l'aver messo in luce tanto l'impegno
politico e morale di un uomo quanto l'eclettismo, la vivacità intellettuale e
la serietà di un pensatore troppo poco conosciuto in fin dei conti, la
molteplicità variopinta dei suoi contributi scientifici e la continuità e
coerenza del suo impegno, politico ed intellettuale. Il convegno è stato
organizzato dalla Societea Gramsci – di cui Gerratana fu co-fondatore, assieme a Tortorella, Baratta e Liguori. Le giornate, divise per sessioni
tematiche, hanno ricordato la figura di Gerratana nella sua complessità:
partigiano antifascista a Roma negli anni della Resistenza, giornalista,
curatore e studioso di molti classici della storia della letteratura, della FILOSOFIA
e del marxismo (dalla cura dell'edizione critica degli Scritti politici di
Labriola a quella degli scritti estetici di Marx ed Engels, ai contributi su
Rousseau, Machiavelli, Lukács, Lenin), ma noto in tutto il mondo anzitutto come
curatore e studioso del pensiero di Gramsci (dall'edizione critica dei
Quaderni, all'approfondimento dell'indagine sulle categorie sociali e politiche
della riflessione gramsciana e la cura – assieme al suo più stretto
collaboratore, SANTUCCI (si veda) – del volume sugli scritti gramsciani
dell'Ordine nuovo. Non è facile informare esaurientemente sul convegno, credo
proprio per la personalità e la grande vivacità intellettuale di G., emersa
nella sua complessità lungo la due giorni di lavori. L’evento ha messo
alla prova intellettuali e ricercatori, ha dialettizzato l'ascolto reciproco di
relatori e pubblico, fra i quali si è avuto un confronto sereno ma anche
serrato, indubbiamente appassionato. Ne è risultato – e ne va il merito agli
organizzatori – un evento generoso per ricchezza e poliedricità delle tematiche
affrontate, per l'eterogeneità degli accenti che si sono avvicendati (secondo
l'esperienza politico-culturale di relatori e pubblico), quanto infine per la
vastità dei territori culturali esplorati (dalla storia – italiana e
internazionale, alla filosofia, alla politica). Su tutta l'iniziativa s'è
aggirato lo spettro benevolo di Gramsci, della sua vicenda umana come anche di
quel lascito inesauribile che è la sua produzione culturale. E di Gramsci G.
non è stato solo il curatore e il promulgatore, ma anche un indimenticabile
interprete. Gli anni e la formazione giovanile: partigiano antifascista ed
intellettuale engagé Questa introduzione credo consenta di comprendere forse
più chiaramente il contesto e lo spirito in cui il convegno di questi giorni ha
trovato spazio. Anche la presenza e il saluto delle istituzioni che
con la IgsItalia hanno permesso il convegno – contrariamente al solito – sono
stati sentiti ed interni al tema in oggetto dell’incontro. La figura di G. è
stata difatti ricordata con stima sincera e rispetto da Cecilia D'Elia
(Assessora alla cultura della Provincia di Roma) e Domenici (Preside della
Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Roma Tre). Elia ha
sottolineato la rilevanza di questo convegno su G. – figura complessa, in cui
ricerca politica e ricerca della libertà si intrecciano –, studioso che sempre
volle tener connesso l'impegno pratico e l'impegno teorico, combattente
antifascista negli anni della Resistenza, uomo che diede un contributo decisivo
alla costruzione della democrazia in Italia. Sulla stessa linea d'onda Domenici
ha salutato con piacere l'evento in ricordo di G., anzitutto perché questa
facoltà contribuisce a formare i formatori: ed è stato forse fra i più grandi
meriti di G. l'aver decisamente contribuito a divulgare la genesi del pensiero
pedagogico-educativo di Gramsci, a partire dalla cura dell'edizione critica dei
Quaderni di Gramsci. Non pochi interventi hanno messo in luce i meriti di G. riguardo
la divulgazione del pensiero pedagogico-educativo di Gramsci. In particolare
ricordiamo qui l'intervento di Santarone, Coordinatore del CESME di Roma Tre,
che ha messo in luce il valore generale degli studi di pedagogia della tradizione
marxista che delineano quella fondamentale concezione della formazione umana
come "sviluppo onnilaterale dell'uomo". Un tale impegno risulta
ancora più fondamentale in epoca di globalizzazione capitalista, sottolinea
Santarone, in cui il lavoro dell'uomo e la sua formazione paiono ormai
finalizzati unicamente ai processi di valorizzazione di capitale, i centri di
formazione ed istruzione di massa vengono de-finanziati mentre nel contempo si
sostengono economicamente scuole e poli di eccellenza privati, volti a creare
le future élite e classi dirigenti. L'impegno di G. come intellettuale engagé è
stato sottolineato in molti interventi nel corso del convegno, fra cui quello
di Liguori che – in apertura dei lavori – si è soffermato sulle ragioni della
scelta dell'espressione gramsciana filosofo democratico come carattere
fondamentale dell'animo e dell'impegno di G.. Tale formulazione sta ad indicare
un pensatore che non si chiude nella propria torre d'avorio, ma contribuisce
attivamente alla creazione di un senso comune di massa, un uomo «convinto che
la sua personalità non si limita al proprio individuo fisico, ma è un rapporto
sociale attivo di modificazione dell’ambiente culturale (Q). É questa
essenzialmente l'immagine che Liguori ci ha voluto restituire di G.: un
pensatore che non si accontentò del «pensiero proprio,
"soggettivamente" libero, cioè astrattamente libero», ma che operò
per l’unità di scienza e vita come «una unità attiva, in cui solo si realizza
la libertà di pensiero», secondo un «rapporto maestro-scolaro,
filosofo-ambiente culturale in cui operare, da cui trarre i problemi necessari
da impostare e risolvere», un uomo che concepì la propria attività
intellettuale come rapporto di «filosofia-storia» (ibidem), un uomo il cui
impegno politico e la cui elaborazione teorica sono stati la testimonianza
della migliore tradizione del comunismo e del marxismo italiani. Fa seguito
l'intervento di Demurtas, che illustrato i criteri e i temi sulla base dei
quali si è svolto l'intervento di riordino dell'archivio di G. assieme alla
collega Salvatori, di cui è stato letto un contributo, e che ha sottolineato
come grazie al riordino delle carte e dei documenti sia ora possibile svolgere
ricerche e approfondimenti sull’attività di G.. I documenti archiviati, difatti
sono fascicoli, che si è deciso di suddividere in partizioni tematiche fra
studi e attività, e fra queste risultano particolarmente rilevanti le quantità
di fascicoli dedicati a Gramsci e a Labriola e da cui si evince una grande
meticolosità nell'elaborazione. Ha concluso la prima parte di introduzione ai
lavori del convegno la lettura della lettera di saluto del Presidente della
Repubblica Napolitano in cui è stato espresso «il più vivo apprezzamento per la
scelta di ricordare un insigne studioso, cui va il merito di aver contribuito,
con l'edizione critica dei Quaderni del Carcere di Gramsci. È stata poi la
volta del primo relatore, Musci (studioso dell'Istituto Gramsci per gli studi
storici) che ha ricostruito gli anni giovanili di G., in particolare quelli
degli studi universitari e della polemica con Croce, sottolineando una tendenza
di G. a considerare gli eventi storici attenendosi ai fatti, alle formule
logiche e alla loro riproducibilità, ma senza prescindere del tutto dalla
"situazione psicologica" in cui questi si svolgono e che spesso si
maschera in concetti. Ma G. non fu solo un intellettuale impegnato. Fu un
partigiano. Questo hanno ricordato le successive relazioni della mattina
proseguite con i due contributi "di memoria storica" di Reichlin e Prestipino–,
significativi per la nota autobiografica in essi contenuta, che ha permesso una
comprensione più articolata del senso dell'impegno politico di Gerratana negli
anni della lotta di liberazione nazionale dal regime fascista. Medaglia
d'Argento per l'impegno negli anni della lotta di Liberazione dell'Italia dal
regime fascista, la narrazione di quei mesi è stata emozionante nell'intervento
di Reichlin. Che ha ricordato gli anni giovanili della "passione
politica" (tema che è stato ripreso anche da Tortorella in chiusura dei
lavori del convegno) e le vicende in cui, nella Roma occupata dai tedeschi,
Reichlin incontra G. Con Pintor formarono una cellula, e G. divenne loro
dirigente, nome di battaglia "Santo". Sono quelli gli anni in cui
nacque un sentimento nuovo, l'antifascismo, ed una nuova cultura, quella
dell'impegno. Come allora – conclude Reichlin – il popolo italiano, nonostante
appaia fiacco e corrotto, tuttavia continua ad esprimere degli intellettuali, e
questi dovrebbero anch'essi prendere il proprio posto di combattimento. G. fu
dunque un partigiano antifascista con un deciso interesse per la storia e la
filosofia politica. Ma anche un giornalista. La tendenza all'impegno culturale
trovò uno sbocco concreto in questa attività – su cui si è soffermata la
relazione di Prestipino –, quando cominciò a scrivere sulla Voce della Sicilia.
Prestipino racconta di un comunista, un uomo d’innata modestia, che non firma i
suoi saggi, direttore di giornale cordiale ma austero, un intellettuale
pensoso. G.: uomo di cultura, FILOSOFO DEMOCRATICO, marxista Non solo di
politica, ma anche di letteratura e di FILOSOFIA si occupa G.. La sua
natura di intellettuale a trecentosessanta gradi è stata ben messa in luce da
tre relazioni in particolare, quelle di Voza, Savorelli e Burgio. Voza ricorda
come si svolse in Italia un ricco dibattito sul tema della lotta per il
realismo, che nel dopoguerra espresse una tendenza la quale si afferma in molta
parte dell'intellettualità. Nasceno le poetiche neo-realistiche della cronaca e
del documento come ricerca di un massimo d’oggettività di contro all'influenza
di suggestioni lirico-decadentistiche. Nel passaggio dalla crisi del
neorealismo al realismo si colloca il contributo di G., che ritene quest'ultimo
un fondamentale strumento teorico-culturale. In risposta all'intervento
polemico di Croce Sanctis-Gramsci? (Lo Spettatore Italiano), G. stende per
"Società". Sanctis-Croce o Sanctis-Gramsci? Appunti per una polemica
e sviluppa il ragionamento nell'Introduzione all'estetica desanctisiana
desanctisiana (“Società”). Egli ha come riferimento la positiva valutazione di
Gramsci del realismo desanctisiano, fondato sull’analisi del contenuto
artistico in connessione alla lotta culturale. Difatti Gramsci coglie nel
Sanctis un modello di critica letteraria che lo rende emblema della concezione
di un'estetica realista e anticipatore di una concezione marxista
dell'estetica. Alla base della sua concezione vi sarebbe la ricerca di
unitarietà fra La Scienza e la Vita, titolo di un famoso saggio desanctisiano,
più volte citato da Gramsci nei Quaderni, cosicchéSanctis si discosta dalla
concezione speculativa dell'estetica di Hegel. In tal senso la tendenza
estetica di Sanctis, secondo Gramsci, era "istintivamente
materialista", ciò perché la sua attività critica non era «frigidamente
estetica» (Q). Per tali ragioni Sanctis resta, per Gramsci, un modello di come
nella stessa coscienza critica, pur rimanendo distinti, possano confluire
convenientemente giudizio estetico e valutazione di una tendenza
artistico-culturale, cosicché G. condivide l'appello gramsciano del ritorno a Sanctis
(Q), intendendo con ciò la necessità di assumere verso il rapporto arte-vita un
atteggiamento di stretta connessione, così come lo intendeva Sanctis ai suoi
tempi. Nella seconda parte del suo intervento Voza ha ricordato come G. abbia
steso il saggio Lukács e i problemi del realismo (“Società). Si ricordi che con
la pubblicazione di Il marxismo e la critica letteraria di Lukács giungeva
anche in Italia quella poetica dell'estetica marxista che si poneva come
obiettivo la costituzione di una nuova letteratura in una società socialista –
dunque la necessità di definirne la natura e il ruolo che in essa avrebbero
dovuto ricoprire gli intellettuali. G. mette in luce due diverse idee di
realismo: come metodo (di impronta lukácsiana) e come tendenza (di memoria
gramsciana), specificamente come tendenza culturale che esprime un
atteggiamento programmaticamente orientato verso la realtà piuttosto che verso
la sua evasione. La lotta di G. per il realismo, conclude VOZA (si veda), alla
luce del carattere complesso che intendeva conferirgli, alludeva in certo modo
alla "lotta per l'egemonia" così come delineata da Gramsci e alle
nozioni di progresso intellettuale di massa e riforma intellettuale e morale.
Se l'intervento di Voza ha posto in luce la capacità di G. di dar conto anche
di questioni legate alla scienza estetica, l'intervento di Burgio ha affrontato
la lettura critica da parte di G. del pensiero di Rousseau, ripercorrendo le
tappe di sviluppo ed il senso della sua produzione del ginevrino. Burgio ha
illustrato come G. e Rousseau siano stati legati da un lungo rapporto di
fedeltà, particolarmente significativo per il fatto che G. scelse di leggere una parte degli scritti
rousseauiani – quelli politici – e perché non mancò mai d'interrogarsi
sull'attualità di questi testi, pur leggendoli entro una prospettiva storica.
Questa è la ragione per cui si tratta di un Rousseau sempre diverso a seconda
delle diverse fasi della ricerca di G., che possono delinearsi anzitutto
secondo un ordine cronologico. È sua la prefazione di G. al contratto sociale,
in cui egli denota il maggior valore di questo testo rispetto ai discorsi –
reazione sentimentale al compromesso della cultura illuministica con la realtà
sociale iniqua e corrotta del tempo. Il moralismo di Rousseau appare tuttavia a
G. storicamente attuale in forza dei valori sui quali si impernia – un valore
sopra ogni altro, la libertà. D’altra parte, sottolinea G., non la libertà
estenuata dal completo esautoramento da cui sembrerebbe condannata da una lunga
e ormai logora tradizione liberale, bensì una libertà resa concreta dalla
stretta connessione con l'uguaglianza»; piuttosto una libertà la cui essenza
costitutiva è precisata dal riferimento all'idea di eguaglianza e di legge, ciò
che consente a G. di riformulare il tema della libertà in chiave collettiva,
sociale, vincolandolo al criterio della giustizia e della autonomia politica
della società. Negli anni caratterizzati sul piano teorico dalla polemica fra
il PCI e BOBBIO (si veda) – G. prende parte alla discussione sul tema della
transizione dalla democrazia al socialismo (rispetto al quale Rousseau veniva
chiamato in causa da VOLPE (si veda) come ispiratore dello stato democratico e
socialista. Egli interviene con una prosa misurata e sobria: Rousseau è il
tramite teorico-pratico dell'evoluzione della democrazia borghese in senso
socialista; quello di Rousseau è dunque un programma di massimizzazione della
democrazia, non d’anticipazione del socialismo. Il discorso di G. muta
decisamente nella seconda parte degli anni '60, quando stende l'Introduzione
alla traduzione del Discorso sull'ineguaglianza, Riuniti, sullo sfondo della
quale pare di intravedere le lotte sociali che sfoceranno nel moto studentesco
ed operaio. Non si tratta più del tema della transizione, nota Burgio, ma della
trasformazione sociale nel suo complesso e non è più il Contratto al centro
della riflessione di G., ma il secondo discorso. G. stende un saggio con al
centro nuovamente l'interesse per il Contrat (Sul nesso Rousseau-Hobbes, in
“tudi politici in onore di FIRPO (si veda), Angeli: Rousseau è ancora il padre
della democrazia moderna (costituzionalismo) e viene contrapposto a Hobbes,
teorico dell'oppressione assolutista. Burgio indica infine un possibile
mutamento di prospettiva nella lettura di Rousseau da parte di G., facendo
perno sul testo rousseauiano: se gli scritti privilegiano il contrat (classico
del costituzionalismo e del governo della legge, letto – nota BURGIO (si veda)
– in chiave fondamentalmente montesquieuiana), il contributo dtrova il suo oggetto
nel secondo Discorso e qui emerge la consapevolezza di G. del versante
distruttivo del progresso, della civilizzazione e della cieca tendenza degli
uomini a far valere le proprie istanze particolaristiche. Infine
ricordiamo il contributo di Savorelli sul LABRIOLA (si veda) di G., che si è
soffermato sull’intento di G. di sottrarre il pensiero di Labriola dalla
lettura che ne faceva la tradizione crociana e liberale. Negli anni '60 G.
riconsidera LABRIOLA (si veda) alla luce della polemica con lo spontaneismo dei
movimenti e con la contestazione del marxismo ‘storicista’, mentre negli anni
dell'arretramento del movimento operaio, mentre si profilava la crisi del PCI –
G. si preoccupa per le degenerazioni della politica (sistema di aggregazioni
corporative di interessi locali, per l’emergere in Italia della disinvoltura
pragmatica di spregiudicati mestieranti, avventurieri e giocolieri), destinate
a spingere le masse verso il riflusso e l’apatia. SAVORELLI (si veda) sottolinea
come le attualizzazioni cui G. volse il pensiero di Labriola non furono una
forzatura; al contrario il richiamo a Labriola, al critico sferzante della
società italiana e delle sue classi dirigenti, era sinistramente profetico
dell’accelerazione impressa in quel decennio ai fenomeni degenerativi di lungo
periodo. Infine nell’ultimo Labriola G. scorse l’intuizione di problemi
(imperialismo, globalizzazione, regresso della democrazia, «crisi della cultura
popolare», ritorno del misticismo), che sarebbero ancora i nostri (G., Labriola
e la politica, Studi storici). Diniha concluso la serie di testimonianze sulla
vita e l'impegno culturale di Gerratana raccontando della comune esperienza
negli anni dell'insegnamento universitario a Salerno. Dini ha letto una pagina
dedicata da Racinaro a G. nella quale quest’ultimo è descritto come uomo poco
diplomatico, amante di una verità da pronunciare senza mediazioni, uomo poco
tenero anche con i cari, amante della filosofia illuminista, in particolare del
Kant di Cassirer; e la sua stessa vita accademica si caratterizzava per la
puntualità "kantiana", il forte senso del dovere e il rigorismo
morale, quasi draconiano, che fu messo in luce anche durante gli anni
all’Università di Salerno. D’altra parte il rigorismo morale di G., secondo DINI
(si veda), sarebbe stato trasferito in modo eccessivamente rigido contro quella
società che si stava rivoltando in quegli anni di sommovimenti sociali e
popolari, dacché ne risultava un rigorismo spesso astratto. Dini ha inoltre
ricordato che G. riprese l’attività universitaria a Salerno sotto
sollecitazione di Colletti, che ne promosse l’ingresso, ritenendo questo
rapporto G./Colletti un esempio del minimo rigorismo ideologico di G., della
sua concezione aperta del marxismo – evidente anche nella ricostruzione non
sistematica dei Quaderni. Il quadro non sarebbe completo se non si
accennasse a un altro tema (assieme all'indagine su Gramsci) che ha
attraversato l'evento: l'impegno di G. come intellettuale marxista. Questo
aspetto è stato messo in luce essenzialmente da due relazioni, quella di
Frosini e quella di Filippini. Quest'ultimo ha discusso due aspetti peculiari
della cultura filosofica di G., l'esser insieme democratico e marxista, e si è
soffermato soprattutto su due esempi emblematici di ciò, un dialogo fra
Gerratana e Colletti ed un lungo articolo di G. sul saggio di Althusser sugli
Apparati ideologici di Stato. Ma è stato soprattutto Frosini a ricostruire le linee del marxismo
di G., a partire da Ricerche di storia del marxismo. Il testo, che è in realtà
una raccolta di saggi già pubblicati altrove, ha una sua sistematicità. Nella
Prefazione al volume Gerratana sottolinea che il principale denominatore comune
degli otto saggi è il rapporto fra marxismo e movimento operaio, fino ad affermare
che «marxismo e storia del marxismo fanno tutt’uno (Ricerche). La loro
unitarietà sarebbe dunque nell'idea stessa di storia del marxismo. Il marxismo
di G. pare a Frosini ben sintetizzato da un passo della Prefazione: «Nei
confronti della pratica sociale l’analisi scientifica si distingue dalla
raffigurazione ideologica perché non è solo, come questa, funzionale alla
prassi, ma al tempo stesso è funzionale alla comprensione di questa prassi, che
mostra l'imprescindibile reciprocità di prassi e teoria scientifica atta
comprendere la prassi. In conclusione, secondo Frosini il marxismo di G. che
emerge dalle Ricerche è confinato nel piano di una generalizzazione sempre
provvisoria e da riprendere ogni volta in condizioni solo parzialmente
ripetibili; e questa sarebbe l’unica condizione per rispettare l’apertura
costitutiva di una verità che si definisce nella pratica, a contatto con la
politica di massa. G., politico (e) gramsciano La terza
sessione del convegno si è incentrata essenzialmente sul rapporto fra G. e
l'impegno politico per un verso, la cura delle opere e lo studio del pensiero
di Gramsci dall'altro. Presieduta da VACCA (si veda), la mattinata si è aperta
con l'intervento di Albertina Vittoria sull'esperienza di G. alla Fondazione
Gramsci – con cui il filosofo ha collaborato sin dagli anni della sua
fondazione e che abbandonò negli anni '90 –, esperienza complessa e non esente
da dissidi teorico-culturali. Vittoria ha messo in luce di G. l'impegno di
studioso e insieme quello di "organizzatore della cultura", come
anche l'attività di uomo politico di partito. Non si può dunque isolare
l'attività di G. all'Istituto Gramsci dal resto dell'impegno: quello editoriale
come anche quello nella Commissione culturale del PCI. Egli è considerato un
militante anche sul piano culturale e subito dopo la Liberazione, G. collabora
all’Unità, a Rinascita, fa parte del Comitato Stampa e Propaganda del PCI. È,
con Platone e Trombadori, collaboratore di Onofri, allora responsabile della
Commissione Propaganda del PCI; è responsabile dell’edizioni Rinascita e dopo
la fusione fra queste e i Riuniti comincia la sua collaborazione con la fondazione
Gramsci fondata a Roma come studioso di FILOSOFIA. Sono questi anche gli anni
del rapporto con Colletti e Cerroni. Nel '54 l'Istituto Gramsci diviene
“Fondazione”, nell’anno della "svolta" del Congresso del PCUS, degl’eventi
di Ungheria e del manifesto dei 101 – G. resta in accordo con le posizioni di
Alicata e Togliatti. Si organizza il primo convegno di studi gramsciani, evento
che dà il via all'opera di divulgazione del pensiero di Gramsci, alla cui base
era la necessità di riarticolare teoricamente il legame fra movimento operaio e
democrazia. Sono per G. gli anni dell'impegno per l'Edizione critica dei
Quaderni del carcere, impegno che aveva a monte l'intento di offrire un
contributo alla garanzia dell'indagine critico-filologica. G. divenne poi
direttore del centro studi gramsciani dell’istituto Gramsci, avente come
obiettivo la cura degli scritti di Gramsci nel loro insieme el'attività
gramsciana ga soprattutto come fine un riordino in quindici volumi dell’opera
del comunista sardo. Sono i dissapori con la nuova direzione dell'Istituto,
quella di Vacca (la diatriba che si incentrò soprattutto su una diversa
datazione dei Quaderni sul piano metodologico, ma Vittoria rileva anche come il
dissenso fosse in generale culturale e politico). La crisi giunge all'apice: G.
vuole dimettersi, dimissioni successivamente ritirate, sebbene da allora in poi
continui a lamentare il fatto che vi fosse un tacito dissenso sul suo lavoro.
Furono questi gli eventi che infine condussero G. all’abbandono dell'Istituto
Gramsci. É pur vero che G. è essenzialmente ricordato per esser stato
curatore, interprete e divulgatore del pensiero di Gramsci, con l'edizione
critica dei quaderni, ciò che l’ha reso noto in tutto il mondo. Da questo
evento, difatti, si è avviato a livello internazionale un approfondimento dei
testi e della riflessione di GRAMSCI (si veda), con l'edizione dei Prison
Notebooks (cur. da Buttigieg, intervenuto su questo tema) e l'avvio in America degli
studi su Gramsci come scienziato politico, tema su cui è intervenuto Coutinho.
I due contributi hanno mostrato ciò che in apertura di questa relazione si è
tentato di individuare come spirito del convegno: poliedricità degli accenti
pur su tematiche affini, partecipazione rispetto al tema affrontato (giacché il
pensiero di Gramsci è indagato come cosa viva), esigenza di dialettizzare la
riflessione di G. con gli eventi politico-culturali che vedono oggi coinvolti i
paesi di provenienza dei relatori. Cosicché se per Buttigieg l'edizione critica
si è rivelata uno stimolo per dar vita ad una ricerca che appagasse l'esigenza
di riscoprire il pensiero di GRAMSCI (si veda) come cultura aperta e dei
riferimenti validi per il pensiero democraticoprogressista; per Coutinho,
grazie all'edizione, il pensiero di Gramsci si è mostrato come nuova fonte per
indagini di scienza politica alla luce della contemporaneità – dal marxismo
alla "filosofia della prassi", al rapporto di questi con i processi
di trasformazione sociale. In particolare Coutinho – docente di teoria politica
all’Università Federale di Rio de Janeiro –, ha messo in luce come il valore
dell'edizione dei Quaderni stia essenzialmente nella capacità di porre in luce
come Gramsci nel suo operare filosofico adotti, come marxista, il punto di
vista della totalità. Negli scritti di G. che Coutinho prende in esame emerge
la trattazione prevalente, non casuale, di due tematiche gramsciane,
rivoluzione ed egemonia. Le due nozioni sono a tal punto interconnesse che
quella di egemonia consente a Gramsci di «arricchire e sviluppare il concetto
marxiano di rivoluzione. G., Sul concetto di rivoluzione e Grice sul concetto
di rivoluzione minore. A questi due concetti gramsciani principali se ne
dialettizza un terzo (che in certo modo li tiene insieme entrambi), quello di
stato allargato, che – secondo G. – viene adoperato da Gramsci per allargare il
ruolo politico delle masse, per «concepire un processo di estensione delle
democrazie, in connessione con il concetto di egemonia (G., Stato, partito).
Come nel pensiero di Marx e di Lenin, anche in quello di Gramsci vi è un nesso
filosofico-politico che tiene assieme egemonia e Stato da un lato, la
rivoluzione dall'altro. Secondo Gerratana Gramsci modificò la propria
concezione della rivoluzione nel corso dell'evoluzione del suo pensiero: se
negli anni giovanili questa venne intesa come volontarismo soggettivista, già
negli anni dell’ordine nuovo Gramsci avrebbe dato vita a una vera e propria
«teoria organica della rivoluzione. G., Sul concetto di rivoluzione, in
particolare a seguito dell’influenza del pensiero di Lenin. In questo secondo
momento Gramsci avrebbe tenuto conto anche del peso delle condizioni oggettive
in cui opera la volontà. In generale secondo G. sia Gramsci che Lenin
concepirono l'egemonia come superamento della dimensione corporativa in cui
opera la classe; ma quel che Gramsci riconosce a Lenin è anzitutto l’aver
integrato questo concetto (la teoria dello stato-forza) con la dottrina
dell’egemonia. Secondo Coutinho Gramsci dà vita in tal modo ad una generale
teoria dell'egemonia, ed è qui che G. offre il suo più importante contributo:
«per Gramsci le forme storiche dell’egemonia non sono sempre le stesse e
debbono variare a seconda della natura delle forze sociali che esercitano
l’egemonia. Egemonia del proletariato e egemonia borghese non possono avere le
stesse forme né possono utilizzare gli stessi strumenti. Sviluppando l'elemento
del consenso proprio dell'egemonia gramsciana, G. distingue l’egemonia
borghese, che si basa su un consenso passivo o manipolato, e l’egemonia
proletaria, che necessita un consenso attivo. Accenniamo infine ad altre due
relazioni che hanno chiuso il convegno, quella di Tortorella e quella di Meta.
Tortorella si concentra essenzialmente su due aspetti portanti della
personalità dello studioso gramsciano, la passione politica e il rigore morale.
Ha indicato in G. non uno studioso come altri, ma un uomo che la cui vicenda
intellettuale è da porre dentro una storia specifica e collettiva: quella della
Resistenza e della nascita del PCI. È proprio attraverso la storia di queste
vittorie e tragedie collettive che si è sviluppata la trama della vita
personale e intellettuale di G.. Tortorella ha messo in luce la profonda
inquietudine che s'aggirava nell'animo di G., al di là dell'apparente serenità
scientifica ed il suo rigorismo. Se una distinzione per lui esisteva fra
politica (come etica pubblica) e morale (come etica privata), tuttavia il
rapporto fra queste era per lui molto stretto (non a caso si era espresso
sempre in modo contrario rispetto a guerre di aggressione presuntivamente
etiche o a qualsiasi violazione dei diritti umani per ragioni politiche). La
concezione etica cui G. fa riferimento non è quella di Cartesio, tantomeno
quella di Spinoza, ma in diretta connessione con la sua passione politica, dove
la politica era intesa come un'impresa razionale. La passione politica,
difatti, poteva avere due diversi contenuti: volgersi a favore o contro le
dittature, e G. scelge questa seconda strada. In questi anni è nato dunque un
modo nuovo di intendere la libertà come effettualità, anzitutto come libertà
dai rapporti di dominio sul piano materiale. L’intervento di Meta ha infine
affrontato la ridefinizione del concetto di persona nella riflessione di G..
Nel corso della relazione, Meta ha mostrato come G. abbia risposto
positivamente all'interrogativo sull'esistenza o meno di una teoria della
personalità nel pensiero di Gramsci a partire dallo scritto Unità della persona
e dissoluzione del soggetto (Critica Marxista). Indagando gli scritti
gramsciani alla luce dell'elaborazione marxiana delle Tesi su Feuerbach e di
Miseria della filosofia, G. ricorda che GRAMSCI (si veda) – in un quaderno dal
titolo emblematico, Che cosa è l’uomo?– argomenta che l’uomo è essenzialmente
un processo, precisamente «il processo dei suoi atti. D'altra parte l’individuo
entra in rapporti con gli altri uomini organicamente, cioè in quanto entra a
far parte di organismi dai più semplici ai più complessi. Così lo sviluppo e
costituzione della personalità di ciascuno è da intendersi come acquisizione di
coscienza di tali rapporti e insieme modificazione di sé in relazione al
modificarsi di tali rapporti: difatti «ognuno cambia se stesso, si modifica,
nella misura in cui cambia e modifica tutto il complesso di rapporti di cui è
il centro di annodamento. Ed è proprio G., secondo Meta, uno dei pensatori
che più avrebbe colto questa natura dialogico-relazionale della filosofia
gramsciana, che intesse tutta la trama dei quaderni. Sottolineiamo infine un
ultimo aspetto che ha qualificato questi due giorni di confronto intellettuale:
la ricchezza del dibattito. Il convegno ha messo in luce come sia possibile
recuperare una trasversalità reciproca nel modo di concepire il rapporto fra
relatori e pubblico, fra ricerca e scienza, fra passato e
presente. Quest'ultimo aspetto è stato la cifra indiscutibile del
convegno: non si è trattato di esposizioni accademiche di memoria, ma di un
confronto vivo con l'eredità intellettuale di G., che ha riportato all'ordine
del giorno l'attualità della ricerca e della riflessione sulla scienza
storico-politica del passato al fine di comprendere la politica e la cultura
del nostro tempo, finanche alla luce d'uno sguardo internazionale. Su molte questioni
poste dai relatori il pubblico è difatti intervenuto: dal rapporto fra G. e
Calvino (Durante), G. e Rousseau (Ausilio), G. e Colletti (Liguori), al
rapporto fra il pensiero di Gramsci e Lukács (Caputo), alla dialettica fra
organicità e frammentarietà nei Quaderni del carcere ( Forenza). Lea Durante ha
ricordato come la stretta amicizia fra G. e Calvino risalisse. Nonostante
fossero intellettuali provenienti da una diversa impostazione culturale,
tuttavia avevano l'uno verso l'altro reciproco rispetto ed in comune
l'esperienza partigiana. Durante si è soffermata sul carteggio G./Calvino in
merito al suicidio di Pavese, in cui Calvino rifiutava la lettura di questo
evento come d'un gesto irrazionale, ma riteneva andasse letto piuttosto
all'interno di una storia collettiva, emblematico di una "faglia" di
questa storia: la volontà di risolvere l'attività politica degli intellettuali
entro l'orizzonte collettivo, ciò che è impraticabile. La sottoscritta è
intervenuta cercando di porre in luce come la fedeltà di G. a Rousseau nel
corso di mezzo secolo possa spiegarsi anche relativamente all'unitarietà dell'opera
rousseauiana, a un rapporto complementare fra i discorsi e il Contrat, da cui
emerge un pensatore che per un verso è interno alla modernità borghese, per
l'altro ne comincia a cogliere, prima di altri, i rischi ed i limiti. Caputo si
è dialettizzato con la relazione di Voza confrontandosi sul merito della
concezione lukácsiana del realismo e rilevando da un lato che l'autore fa
ancora parlare di sé e dunque è tutt'altro che un "cane morto",
dall'altro la necessità di riconsiderare la battaglia di G. per il recupero di SANCTIS
(si veda) non tanto in contrapposizione a Hegel quanto in funzione
dell'esigenza di liberarsi della lettura crociana dell'autore. Liguori è
intervenuto sul rapporto fra G. e Colletti, affermando che fra i due
intellettuali – sebbene legati dall’amicizia – non vi era solo una distanza, ma
una radicale contrapposizione teorica. Infine Forenza ha interloquito in
particolare con la relazione di Buttigieg, sottolineando il valore
dell’edizione critica dei quaderni di G. nella sua capacità di porre in luce il
carattere frammentario della riflessione gramsciana dei quaderni, l’attualità
dialogica di un processo conoscitivo inteso come ritmo e sviluppo, la
centralità della tensione nell’organicità dell’opera carceraria e il valore del
frammento come elemento del processo. Ma uno dei contributi che più ha
emozionato è stato quello di Manacorda, intervenuto per ricordare che in quello
"Zibaldone" che pure sono i Quaderni vi è un'unità assoluta, che
ritorna nelle pagine pedagogiche, e ha riguardato l’indagine gramsciana sulla
formazione dell’uomo nuovo, fondata sul principio dell’unità di braccia e
cervello (Q). Questa ricerca coinvolge la questione (che l'umanità si porta
dietro da millenni) di cosa sia la “natura umana”. Da sempre alla base vi è una
sua declinazione come duplice, cosicché quella duplicità dell'attività umana
trova spazio in una duplicità sociale (gli eroi da una parte come
intellettuali, la plebe dall'altro). Quell'unità fra i due elementi che si
ricerca nella filosofia antica viene rotta dal cristianesimo, che ha separato
drasticamente anima e corpo (così come nella struttura sociale ha diviso cleres
e milites), e da allora ci trasciniamo questa duplicità, che pure oggi biologia
e fisica negano esistere del tutto. Storia passata e futura: la lezione di G.
serve ancora In questa due giorni di convegno si sono succeduti ricercatori,
storici, docenti di filosofia, intellettuali di orientamento politico affine ma
niente affatto identico, esponenti di rilievo dell'odierna intellettualità
italiana che sono (o sono stati) spesso insieme politici e uomini di cultura,
che hanno partecipato alla costruzione della storia democratica del nostro
paese; e che si sono interrogati sul contributo culturale di G. come lezione
viva, esempio per la storia politico-culturale dell'Italia futura. Un evento da
e per G., dunque: antifascista, organizzatore di cultura, interprete di
politica e filosofia, pensatore infaticabile ed aperto, sebbene saldo quando
necessario nelle sue convinzioni, pronto alla lotta, all'ascolto come anche
alla rottura. Gli interventi dei relatori hanno riportato alla luce (alcuni
affettuosamente alla memoria) la riflessione di G. come frutto della
contraddittorietà della modernità: di quella terra dissestata e martoriata che
è stata l'Italia negli anni della lotta partigiana, di quella storia che si è
radicata nella consapevolezza dell'inaggirabile dialettica fra libertà ed eguaglianza
sociale. Ecco: discutere e ricordare in questi giorni G. ha significato parlare
insieme della nostra storia passata e delle prospettive future per questo
paese, che ha trovato in una figura come Valentino un indimenticabile esempio
di caratura morale, coerenza politica, onestà e intellettuale, amore per la
vita, per il progresso, per l'eguaglianza sociale, per la dignità umana e per
la libertà – e questa storia, in fondo, non è di uno. Ma di tutti noi. Valentino
Gerratana. Gerratana. Keywords. Rousseu, Grice on social justice, Gramsci,
Labriola, Grice’s ontological Marxism, eresia di rousseau, labriola a fronte
del socialismo, il metodo di gramsci – gappismo – G. A. P. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Gerratana” – The Swimming-Pool Library.
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