Luigi Speranza -- Grice e Galvano: la
ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale dell’arte naturale – filosofia
torinese – scuola di Torino – filosofia piemontese -- filosofia italiana –
Luigi Speranza (Torino).
Filosofo
torinese. Filosofo piemontese. Filosofo Italiano. Torino, Piemonte. Grice: “I
like Galvano; he has philosophised on aesthetics, on ‘spirit and blood,’ and on
polytheism, citing Sallust!” Frequenta la scuola a via Galliari, animata da Casorati. Fonda L'Unione Culturale di Torino. Promuove
il “Movimento Arte Concreta” – cf. Arte Astratta Insegna all’Accademia Albertina.
Dizionario Biografico degl’Italiani. FONDAZIONE
GIORGIO AMENDOLA E ASSOCIAZIONE LUCANA LEVI Mantovani Motto G.
Fare, pensare, vivere la pittura"i Pmm gr s m dz de
2zpA—A_t} PA "o Saggi di MANTOVANI MOTTO BOTTA OLIVIERI G. Fare,
pensare, vivere la pittura Aver puntato il senso della propria vita sui
segni e sui colori sarà stata magari una puntata inutile ma non elusiva e
non insincera G.] FONDAZIONE AMENDOLA AssociaziIoNE LUCANA IN
PieMONTE Carto LEVI MOSTRA D'ARTE DI G. Torino presso la Sala
Mostre dell’Associazione Lucana Levi e della Fondazione Amendola
Con il Patrocinio di Con la collaborazione di REGIONE CONSIGLIO wc I
GALLERIA TORINO olii MIN FEONIE DEL PIEMONTE att Sen DEL
PIEMONTE Quello è stato un biennio segnato dalle notevoli difficoltà
imposte dalla pandemia da Covid-19. Alla luce delle molte restrizioni, la
Fondazione Amendola ha cercato, nel limite del possibile, di proseguire
con le proprie attività di divulgazione e promozione culturale
adattando spazi e metodologie alle esigenze del periodo, rispondendo
all'emergenza coronavirus con iniziative dinamiche e creative, passando
per la fruizione digitale per permettere agli utenti di restare a casa,
come le disposizioni prescrivono, senza perdersi dei contenuti
culturali. Sotto questa prospettiva e, nonostante le molteplici
difficoltà, il lavoro svolto per ricordare l'artista torinese G. è stato
importante. La Fondazione Amendola ha ritenuto opportuno offrire alla
città di Torino e non solo, la possibilità di accedere gratuitamente
all'incontro con l’opera artistica e intellettuale di una delle figure di
spicco del panorama artistico italiano della seconda metà del novecento.
L'iniziativa, di rilievo nazionale, ha permesso di raccogliere artisti e
intellettuali di tutta Italia che hanno collaborato con G. e che tuttora
ricoprono un ruolo fondamentale nella produzione culturale del nostro Paese. Cerabona
Presidente della Fondazione Amendola Studi, Convegni, Ricerche della
Fondazione Amendola e dell’Associazione Lucana Levi Presidente
Fotografie delle opere PROSPERO CERABONA CORONGI Curatore mostra e
catalogo Direttore Responsabile MANTOVANI CERABONA Scritti di
Redazione MANTOVANI, MOTTO, BOTTA, ADRIANO OLIVIERI DOMENICO CERABONA,
FERRARI Progetto ed allestimento MANTOVANI MOTTO, IL RINNOVAMENTO Fotocomposizione EDITRICE
IL RINNOVAMENTO Ente promotore Fondazione Amendola VIDEOIMPAGINAZIONE
GRAFICA DI TESTI E IMMAGINI Associazione Lucana in Piemonte Levi VIA
TOLLEGNO TORINO Si ringraziano per il prestito delle opere e la collaborazione:
Galleria del Ponte (Torino), Civica Galleria d'Arte Contemporanea Filippo
Scroppo (Torre Pellice), Stefania e Testa, Liliana Dematteis, la famiglia
Maggiorotto e tutti gli altri prestatori che hanno preferito restare anonimi.
Si ringrazia Barzan per la realizzazione delle docu-interviste. G. e la
pittura Mantovani G.: la fedeltà alla pittura Motto Da discepolo a
interprete. G. e Casorati Botta Gli occhi fervidi e il sapore di
cenere. G.: Decadentismo, Simbolismo, Art Nouveau Olivieri Opere esposte ARTE
DI VENEZIA GATMAZH TEAOZ GANATOZ XXVI: ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE D
G. BIENNALE Foto Giacomelli - Venezia FOTOTECA
ASA. G. e la pittura. Mantovani Da pittore, G. pone tre
livelli d’indagine; come qualsiasi artista intelligente, se non fosse
che, nel caso suo e di non molti altri, i tre livelli si presentano
specialmente complessi e coltivati con consapevole separatezza e problematica
interconnessione: Il primo livello comporta chiedersi che
pittore G. sia stato e, ovviamente, interrogarsi sulla specie e
sulla qualità della pittura (delle pitture) che ha messo in opera nel
lungo percorso, sicuro e tortuoso, che lo ha impegnato pressoché
ininterrottamente. Il secondo livello comporta mettere a fuoco la
concezione (le concezioni) ch'egli ha elaborato della pittura, in quanto
da critico (e autocritico: nella sua scrittura, l’autoritrattoè un vero e
proprio genere!) si è occupato dell’arte, in particolare della pittura,
conuna intensità, una pervicacia, una curiosità sempre sveglia,
direi aggressiva, in un'epoca provocatoria e insieme minacciata dalla
condiscendente banalizzazione. Ma, forse, il nodo più difficile da
sciogliere è quale rapporto ci sia tra il praticante pittura (è questa
l’arte scrive di sé della quale
ab- biamo, bene o male, una qualche esperienza vissuta e non crediamo
se non ai discorsi che nascono da questa esperienza”, dove si radica
anche la militanza del critico) e il teorico che usa gli strumenti del
filosofo, dell’antropologo, dello psicanalista, dello storico (da
competente, eppure mai imprigionato dallo specialismo? e anche meno
dall’appartenenza) Si può daffermare che ogni suo scritto è occasione per
una autoanalisi. Come, d'altra parte, che l'autobiografia non è mai cronaca
contingente, invece occasione per andare oltre la cosiddetta evidenza dei
fatti, per indagarne radici e proiezioni. G., La pittura, lo spirito e il
sangue, in “Tendenza” Torino, in G., La pittura, lo spirito e il sangue,
a cura di Mantovani, Il Quadrante, Torino; G., Diagnosi del moderno, a
cura di Ruffino, Aragno editore Torino. Gallino, in AG., Atti del
Convegno, Torino a cura di Pinottini. Bulzoni editore, Roma: "Se
l’eclettismo diventa una condizio- ne dell'esercizio dell’arte, è anche
la qualificazione dello status dell’intellettuale, che, in ogni specifico
ambito d'indagine, è sollecitato a non perdere di vista la visione d'insieme
dei problemi. La polemica di G. contro la specializzazione, quale
esclusiva procedura del sapere, risponde a tale regola metodologica.
In- dubbiamente, in ogni attività culturale, è necessaria una
partico- lare competenza, ma, al di là del suo confine, s'impone l'esigenza
del controllo unitario dei suoi esiti e delle sue
interpretazioni”. Ruffino, (Com)plessi galvanici, introduzione a Diagnosi
del moderno, cit.,: “Contro lo specialismo, ... G. sferra una controffensiva
senza tregua e a tutto campo: sul piano pratico, opponendo al tecnicismo la
tèchne (nel suo caso quella pittorica); sul piano morale, opponendo alla
provvisorietà della posa il rigore della presa di posizione (ma mai
irrigidita in partito preso); sul piano estetico, opponendo ai miraggi di
progresso illi- mitato espressi dal Funzionale le ragioni dell’Organico,
capace di suscitare creazioni vive. Interessato “da una parte all'eredità
del tardo romantici- A. G. con Mariacarla e Pino Mantovani, Racconigi per
affrontare la pittura, alla quale riconosce una singolare
centralità. Tutti questi temi mi hanno per decenni accompagnato e
sollecitato. I miei primi interventi su G. pittore risalgono, la
presentazione ad una personale presso la Maggiorotto di
Cavallermaggiore, seconda di una serie dedi- cata ai protagonisti del MAC
torinese; ma già nel marzo dello stesso anno avevo tracciato, con
la collaborazione dei miei allievi in Accademia, un quadro della
pittura degli anni Cinquanta a Torino nel Museo Civico di Casa Cavassa a
Saluzzo’, sulla falsariga delle indicazioni che Galvano aveva for-
nito a T. Sauvage? per una storia ancora regionale dell’arte italiana nel
Dopoguerra; e sul catalogo della mostra Arte a Torino, nel smo e del
decadentismo: Mallarmé e Bergson, ‘esoteristi e filosofi della vita’,
psicanalisi ed esistenzialismo, dall'altra alla severità dello storicismo
crociano e all'esempio del rigoroso metodo critico negli studi di storia
dell’arte Lettore di Klages, di Jung o di Guénon, ma anche studioso di
Kant e di Hegel (G., Perché non possiamo non dirci crociani, in “Numero. Attento
a Freud come a Jung. Curioso delle storie, nel tempo e nello spazio,
pronto a coglierne, nella comune umanità, le differenze e le istruttive
potenzialità. 5 Pittura a Torino, a cura di G. Mantovani, catalogo
della mostra, Museo Civico di Casa Cavassa, Saluzzo. Sauvage (pseudonimo
di Schwarz) Pittura italiana del Dopoguerra; Ed. Schwarz, Milano, il
testo fu ripubblicato con integrazioni e il titolo La pittura a Torino in
“Letteratura”, Torino, successivamente in A. G., La pittura; e G.,
Diagnosi. Arte a Torino, a cura di Bandini, Mantovani, Poli, catalogo
della mostra, Torino salone d’onore
dell’Accademia Albertina, dedicavo a G. l’intervento, anche oltre gli
anni definiti nel titolo. Mi trovo, pertanto, a incrociare in queste
pagine scritti pubblicati in un arco di tempo di circa quarant'anni, con
il proposito, spero non solo narcisistico, di organizzare in di-
scorso unitario contributi sparpagliati e spesso di non facile
reperimento. Proprio dalla presentazione Maggiorotto poi variamente
elaborata per occasioni ulteriori dedicate appunto al MAC, come il
catalogo per la esposizione del MAC torinese sempre curata dalla
Maggiorotto alla Expo Arte Fiera Internazionale di Arte Contemporanea di
Bari, la presentazione del catalogo Albino Galvano, Proferio Grossi,
Luiso Sturla, Artecentro, Milano, fino al saggio sul movimen- to
torinese nel volume per la mostra MAC/ESPACE TORINO È VIa S. GIULIA
TORINO Pre. PARISOT |F. SCROPPO Bollettino «Arte
Concreta. all’Acquario di Roma—mi parlogico cominciare, non
tanto perché uno dei primi approcci al tema
allora potevo anche contare sul rapporto diretto con Galvano, ma
devo dire che la sua disponibilità non era invasiva e tanto meno arcigna
rispetto alle inter- pretazioni che venissero proposte del suo impegno
quanto perché vi si pongono i fondamenti del mio interesse per l'artista
/critico / filosofo. L'incipit che sceglievo allora mi pare sia ancora il
migliore possibile; non mio, intendiamoci, invece proprio di Albino
che Il saggio e rielaborato come prefazione a G., La
pittura, lo spirito e il sangue, cit. Mantovani, Pittori concreti a
Torino, in MAC-ESPACE - Arte concreta in Italia e in Francia, a cura di Canani
e Genova, catalogo della mostra, l'Acquario Romano, Roma, ed Bora,
Bologna. così aveva concluso un asterisco sul Bollettino “Arte
Concreta; “E scopriremo che è un programma [quello del MAC le
cui premesse erano già nei romanzi dei tempi della nonna? Tanto meglio,
almeno avremo evitato l'equivoco più antipatico che grava sull'arte
astratta: che si tratti di cosa moderna 0, peggio, d'avanguardia.
Una fulminante risposta al nemico Borgese che sul Corriere della Sera,
aveva definito A’ rebours di Huysmans, un romanzo, fonte peraltro
di tuttele velleità estetiste dell'avanguardia: fornendo unovvio spunto
polemico non saprei quanto consapevole, nel caso addirittura masochistico
a chi da anni si occupava del rapporto tra le cosiddette
“avanguardie” ela linea dal Romanticismo al Simboli- smo; ma anche agli
amici di Milano che si riconoscevano nel programma di Sintesi delle Arti
pubblicato nello H | FIL sintesi allo
studio b 24 dal 21-2 al i: se ? i fi
5 5! È s7 A. G. riproduzione di Verso
Occidente, Biennale di Venezia stesso Bollettino, che prevedeva “il diretto concorso
di tecnici e artisti, sul piano della stretta collabora- zione, per il
raggiungimento finale d’un concreto il quale aderisca alla funzione in
armonia di colleganza fra il mondo della forma, lo spazio e
l'applicazione pratica dell’opera collettiva”! viva il design, la
grafica e l'estetico diffuso, dunque. Come non bastasse, G. conclude
l'asterisco citato rigettando qualsiasi attualismo:” Che bel giorno
quello in cui potremo lavorare in pace al compito che la storia ci ha
affidato, certi che nonè sulla misura della contingente
attualità L'asterisco, cioè l'osservazione, la messa a punto
marginale è il contributo che Galvano sceglie per intervenire
criticamente liberamente sui Bollettini del MAC (e altrove).
11 E Passoni, Le arti e la tecnica, Arte Concreta, ried.
anastatica, a cura della galleria Spriano, Omegna. che il nostro lavoro verrà
giudicato! Il fatto è che G. non intende escludere tutta la
complessità di rimandi e proiezioni, soggettivi ed oggettivi, che i
linguaggi dell'immagine specialmente quando non siano troppo condizionati
da tecniche o ideologiche motivazioni si portano dietro e dentro, e che,
del resto, la cultura moderna indaga con particolare impegno e
analizza con rinnovata strumentazione, mentre altri linguaggi
dell’immaginario—la poesia, la narrativa, lamusica stanno sperimentando a
tentoni forme “nuove” (o vecchie !? o antiche, al punto d’essere originarie.
Neppure, d'altra parte, egli intende abbandonare la pittura come
linguaggio specifico, proprio quella tradizionale (tela, carta o
qualunque supporto piano, disegnoe colore, gesti e tracce a formar
figure); per quanto metta in conto uno spostamento dall’iconico
all’aniconico, dal descrittivo all’evocativo, dall’allusivo
all’emblematico, dal geometrico al rit- mico al gestuale; ciò che non
precluderebbe peraltro “la possibilità di uno scambio e di una
penetrazione sempre possibili nell'esercizio di una lettura
figurativa per elementi, segno, colore, movimento, materia ecc.
Confessiamo di essere segretamente d'accordo con Borgese [quando invita a
rileggere A’ rebours]. Perché l'essere agli antipodi [delle scelte di
Huysmans e delle preferenze in pittura del suo eroe Des Esseintes] è
troppo vitalmente legato a ciò che rifiuta per non riprenderlo su di un
piano meno esterno: e le citazioni dalla Blavatzky e da Steiner del Kandinsky
della ‘Geistige’, l'appartenenza a circoli teosofici di Mondrian giovane,
il fatto che uno dei primi scritti italiani sull'arte astratta sia di J.
Evola sono ben significativi di un rapporto ambivalente — di rifiuto per
la ca- rica letteraria, moralistica o immoralistica, del simbolismo
speso alla spicciola nell’allusività delle immagini e della messa in
scena, e insieme di accettazione di quel gusto di allusioni e
suggestioni, di segrete corrispondenze tra immagini e speculazioni che
nelle sue due facce: sensualmente umbratile l'una, simbolicamente
intellettuale l’altra hanno ostinatamente tentato di aprirsi una strada — sia
pure affidandosi alla romantica barca ‘ebbra’- dalle varie forme di resa
alla prosasticità del realismo”. Ancora dall'asterisco citato di G. in “Arte
concreta”. Azzardo un'ipotesi (certo suggestionato dal recente catalogo
della mostra La regione delle Madri. I paesaggi di Osvaldo Licini, Elec-
ta, Milano, in particolare dal saggio di Bracalente, Licini oltre la
geometria: una primordiale genesi del mondo): che Galvano non abbia
ignorato “Valori primordiali”, e in particolare l’opera di F. Celiberti,
anche lui proveniente da studi di storia delle religioni, tanto
importante per Licini proiettato dalla fine degli anni Trenta oltre la
geometria, specialmente nell’incrocio tra teosofia, esisten- zialismo e
fenomenologia (Paci e Banfi), e per comuni interessi per Spengler,
Klages, Guénon ... e per l'alta poesia romantica. Dipingere con colori e
pennelli ... è stata una costante del mio lavoro nei suoi vari cicli,
anche quando come spettatore ho pregiato e difeso esperienze varie e
opposte. Ma è certo che, se è venuto via via recuperando alla mia
pittura quell’attaccamento alle gidiane nourritures terrestres che
confessa- vo in un altro mio scritto, nei quadri qui presentati esse
hanno perso ogni ghiottoneria che non sia quella dell'occhio
contemplan- te: in bocca è solo sapore di cenere. Ciottoli, fossili:
l'eco della vita in ciò che non ha vita o non l’ha più. G.,
Autopresenta- zione della Personale, Piemonte Artistico Culturale,
Torino). Libretto di iscrizione a magistero. non diversi da
quelli che consentono la valutazione di ogni buona pittura”! Perfino le
‘’ giuste ragioni” concesse ai concretisti milanesi sembrano far parte
di un gioco alquanto provocatorio, portando il discorso dal livello
tecnico a quello culturale ed etico, di una eticità sempre esposta, in un
certo senso negativa (“demoniaca”, nella cultura occidentale, di
radice inevitabilmente cristiana anche nella più spinta laicità). Firmando
con Biglione, Parisot e Scroppo quello che a ragione o a torto è
considerato il manifesto del movimento torinese, G. aggira gli
ottimistici programmi dei milanesi, espressi nei manifesti dell’ Arte
Organica, del Macchinismo, del Disintegrismo, dell'Arte Totale!’
che sanno ancora tanto di Futurismo, e dichiara che carattere essenziale
nella scelta dei nuovi adepti è la “responsabilità liberamente assunta
sul limite più impegnativo ... di lotta contro ogni conformismo e
pigrizia intellettuale” nel campo della pittura come in diversa
applicazione estetica e pratica, senza compromessi e “senza pudore”. Il fatto è
che G. (e G., presentazione della collettiva, Bordoni, G., Jarema,
Parisot, Scroppo, Galleria del Fiore, Milano Cfr. “Arte Concreta L'unico
atteggiamento ragionevole è quello di lavorare attendendo colla sincerità di
chi sa che lo spirito ama le posizioni estreme ed attive, non i
compromessi”. (G., L'evasione, in “Il Selvaggio”, 15 gennaio 1940,
ripubblicato in G., Diagnosi del moderno (cur. Ruffino). con lui Parisot,
Scroppo, Montalcini, Biglione e Carol Rama, per nominare tutti i torinesi
che aderiscono più o meno convinti al MAC)ha dietro le spalle una ventina
abbondante d’anni di lavoro non ovviamente mirato allo sbocco astratto.
Basta pensare alla frequenza orgogliosamente esibita fino
all'ultimo della scuola di Casorati (sul quale elabora un importante
saggio che punta non poco sulla stagione simbolista sull'argomento si
rimanda all'intervento in questo catalogo di Botta), al rapporto
con il neoimpressionismo dei Sei, in va- riante espressionista; al fatto
che egli medita, continua a meditare sul significato e sul valore della
scelta moderna”, essenziale, inevitabile, ma problematica nelle
ragioni, nei modi, negli obiettivi; infine, che ha una formazione teorica
e storica — aggiungerei una struttura psicologica ed una educazione — che
non gli consentono di utilizzare a cuor leggero la strategia del
manifesto, di ascendenza futurista, e in genere le dichiarazioni
programmatiche!8: una questione di carattere e di stile oltre che di
metodo e di cultura. Del resto, G. affronta il tema in testi
antecedenti di alcuni anni, ne utilizzo uno in particolare: La pittura,
lo spirito e il sangue”, che uscì nel 1946 sul primo ed unico numero
della rivista “Tendenza”, nell’ambiziosa prospettiva dei direttori
responsabili — lo stesso G. ed Oriani — Rivista mensile di Arti figurative. Certo
esistono di G. saggi più importanti come quelli che elenco
innota?°, dove il tema è affrontato con argomentazioni analitiche e
storicamente complesse, ma continuo a trovare snodo esemplare nella
vicenda dell'artista il brevesaggio citato. Anche la data è importante, a
guer- Il dubbio, lo scetticismo, l'ambiguità come tensione fra op-
posti sono fondamenti del suo metodo, che non è irrazionale, invece di un
razionalismo critico che mai cede allo schema ideolo- gico o alla rigida
consequenzialità. Nonacaso ho scelto il titolo del saggio come titolo per
la citata Antologia di G., edita dal Quadrante, Torino. Diversi saggi di
grande respiro, G. pubblica negli anni immediatamente successivi alla
seconda Guerra mondiale. Elenco in ordine cronologico quelli ripubblicati
sull’Antologia citata, consenziente l’autore: Aspetti del problema
estetico dell’esistenzialismo, Atti del Congresso internazionale di Filosofia,
Castellani e C ed., Roma;
L'esistenzialismo, a cur. Castelli ZUBIENA (si veda), Milano; Storicità e
significato dell’arte “astratta”, in Archivio di filosofia”, Milano, “Galleria di Lettere ed Arti;
Medioevo e Romanticismo, “Questioni” n. 2, 1955; Vita e forma in alcune
ricerche di estetica contemporanea, Atti del IIl Congresso In-
ternazionale di Estetica, Venezia 1956, edito dalla “Rivista di Esteti-
ca”, Torino 1957; Le poetiche del simbolismo e l'origine dell’Astrattismo
figurativo, Studi in onore di L. Venturi, Roma. All'elenco si aggiungono
i saggi pubblicati in successive occasioni: in partico- lare sul catalogo
della Antologica postuma: Omaggio a G., a cura di Fossati, Garimoldi, M. C.
Mundici, catalogo della mostra, Circolo degli Artisti, Torino e, con
scelta assai più ampia ma ancora lontana dalla completezza, sulla recente
antologia: A. Galvano, Diagnosi del moderno, cit. ra appena finita;
come significative le collaborazioni, che elenco per segnalare la
ricchezza e la varietà dei contributi, intesi a coprire in tutta la loro
estensione le cosiddette Arti figurative: C. Mollino e U. Mastro-
ianni, Monumento ai Caduti per la liberazione d'Italia; R. Chicco, ... et
le tableau quittè nous tourmente et nous suit; I. Cremona, Dal cannone
alla Secessione; A. Dragone, Disegni, acqueforti e acquerelli di Bozzetti;
Oriani, Costa; Mollino, Gusto dell’Architettura organica; O. Navarro Il messaggio
della cultura; ancora G., Woyzeck
di Biùchner, Oriani, Breve discorso su due films di Cocteau. Aggiungo e
non è un dato secondario—dopo una pagina redazionale, quindi d’Oriani
che proviene dall'esperienza futurista” e dello stesso Albino “che proviene dal
purismo casoratiano e dal neoimpressionismo venturiano”, dove si
rivendica, dalle due parti inconciliabili (ma l’inconciliabilità è segno
di forza, di utile tensione) la gratuità dell'atto creativo rispetto alla
riflessione critica, e l'autonomia del giudizio critico rispetto
alle generalizzazioni dell'estetica, in un tempo storico che
minaccia di deludere chi aveva sperato che la fine del regime politico e
culturale comportasse il recupero pieno della libertà e la sua pratica
esplosiva. L'avvio del saggio è forte, al solito compromesso, e
ancora una volta lo propongo. L'appello della pit- LA PITTURA, LO SPIRITO
E IL SANGUE L'appello della pittura risuona dal profondu del nostro
sangue ancora con quell’urgenza —
come nei quindici anni quando sostituiva in camuff:imenti impegnati
sino alle estreme ragioni della possibile azione, gli slanci religiosi o
i presentimenti sessuuli. Ma le vie dell'Eden sono perdute, e sarà vano
lo sforzo di ricostruire un itinerarioche approdi al- l’innocenza
d'allora, che vi riscatti la sin troppv chiara coscienza del carattere
composito e compro. messo di ogni atto umano che non sia di
rinunzia: il peccato fondamentale dell’arte. Invano da anni
l'estetica crociana, non per nulla irritata coll’uomo pascoliano troppo chiaramente
preanunciante le scoperte freudiane {e contro Freud i erociani si
armeranno della più ipocrita in- comprensione) cerca di riprendere e di
legittimare, con la sterilizzata convinzione del carattere « teore.
tico» dell’arte, il troppo scoperto alibi kantiano del « bello come simbolo del
bene morale. Credo siu venuto il momento di confessare schiettamente che
il bello, proprio questo bello artistico che ci brucia sin dalla
giovinezza ogni possibilità di rassegnazione e di conformismo, è
piuttosto il simbolo del male morale. Tanto, anche eticamente. dla questa
franchezza non perderemo nulla. Soltanto Nietsche ha insistito con
sufficiente chiarezza su questo carattere, profondamente vitale e perciò
profondamente « immorale » dell'attività artistica: contro il quale assai
poco mi paiono va- lere le due obiezioni che implicitamente o
esplici- tamente vengono mosse dagli idealisti e dagli spiritualisti. Se
per i crociani ma credo che in GENTILE (si veda) l'implicita ammissione,
inevitabile data l’identificazione di arte e sentimento e
l’inseparabilità dell'agire dal conoscere, di quanto sì è detto,
fosse più che sospettata dall'autore anche se la reto. rica di cui
sempre fu ammalato gli impedì di ammetterlo in termini chiari; che tuttavia non
mancano nei più diversi fra i suoi seguaci o avversari- seguaci: dal
primissimo ABBAGNANO (si veda) disciogliente tatto il reale in
irrazionalità, appunto con una reductio ad absurdum dell’attualismo, ad EVOLA
(si veda), a SPIRITO (si veda) se per i crociani, si diceva, la
scappatoia di ridurre l’arte a pura conoscenza, giocando sul doppio ruolo
confuso insieme del- l’« intuizione » permette di evitare lo spinoso problema,
i recenti spiritualisti ma anche fra di. loro Stefanini, ad esempio,
ammettendo una insufficienza dell’arte alla vita pur nella auto- ì enza
in ordine al proprio valore peculiare, finisce collo svalutare moralmente
l’arte candidamente invece sermoneggiano sulle comuni radici del bello e
del buono (nel secolo scorso queste niaiseries di solito avvenivano su di
uno sfondo ontologistico vagamente giobertiano, oggi lo gnoseologismo
idealistico generalmente è rispettato anche dagli spiritualisti che
dell’idealismo dovrebbero esser avversari) e ci avvertono che il tormento
dell'urtistu che insegue con il diuturno lavoro il fan- tasma che sempre
gli sfugge è profondamente morale! ; Dio volesse che fosse
veramente così. E che si potesse sul serio sperare che all'artista, dopo
la conquista su cui ha tutto giocato, della propria immagine, fosse
anche riservato per soprappiù il paradiso delle religioni e delle
etiche! Sarà meglio invece guardarci chiaramente in faccia e
chiederci se veramente per il puradiso provvi. sorio della bellezza non
giochiamo la salvezza della nostra anima
ammesso che «questa espressione abbia un senso: quello cristiano,
+ quello di una etica laica ma generalmente è cripto-cristiana
anch'essa riconoscere per che cosa abbiamo scommesso; chè le conseguenze
del nostro pari atiche se lo avremo
perduto non diventerunno duv- vero peggiori per quest’atto di
franchezza. Rimane inteso che su questa rivista, che non è
dedicata a studi filosofici, non potremo farlo che sotto l'angolo della
pittura; ma poichè è questa arte della quale abbiamo, bene 0 male. una
qual che esperienza vissuta e poichè d'altra parte non crediamo se
non ai discorsi che nascono da questa specie d'esperienza, la cosa non
sarà fuori posto. La coscienza rimane inquieta. E poichè
sente che tutto nel problema implica la discussione delle RAMA
Disegno Da «Tendenza, disegno di Rama. tura risuona dal profondo del
nostro sangue ancora con quell’urgenza
come nei quindici anni quando sostituiva in camuffamenti impegnati
sino alle estre- me ragioni della possibile azione, gli slanci
religiosi o i presentimenti sessuali”. Geniale, perché collega
direttamente, intimamente la pittura (ma in genere i linguaggi creativi)
alla natura, al sangue appunto, affermando “il carattere profondamente
immorale dell'attività artistica” già sostenuto da Nietzsche,
negato o perlomeno arginato invece da Idealisti e Spiritualisti; e
insistendo sulla presenza di una volontà non risolta nella pura
contemplazione, né risolvibile, dato ilsuo orientamento verso l’immagine.
La cosaè particolarmente evidente nelle arti figu- rative e la multiforme
e aperta a direzioni divergenti attività ne è il paradigma. Ed è appunto
ciò che è sfuggito all’idealismo, a causa della artificiosa
distinzione di teoretico e di pratico, come al confusionismo attualistico che
confinando l’arte nella sfera dell’immediato sentimento cade di fatto in
un troppo semplicistico naturalismo. La distinzione fra teoretica e
pratica è certo valida, ma all’interno di ogni singolo atto spirituale
nella sua integrità, ché la vita spirituale presenta questi due aspetti
come facce sempre distinte, sì, ma sempre inseparabili.
Conclude G. (e in questa direzione trova sostegno nella
fenomenologia di Alain?!, ne “L'Immaculée Conception” dei surrealisti e in Breton,
più che nella poetica di Valery, almeno quando troppo insiste sul
pieno controllo cosciente dell'artista nell’elabora- zione dell’opera):
‘Qui bisogna pensare ad una volontà tutta inconscia, individuante e non
ancora individuata (come Schopenhauer presente) e ad unopposto
momento rappresentativo che solo giustifi- ca il valore estetico
dell'immagine raggiunta negando nel sogno l’ebbrezza del movimento
fisiologico. Con un salto di parecchi anni, de La pittura, lo
spirito e il sangue ad una autopresentazione Utilissimal’ampia citazione
in proposito da uno saggio inedito di G., riportata da Garimoldi G.: progetto
di una nuova cultura, in Omaggio a G. In Alain ovvero Chartier] l'accento cade molto
più che nell’estetica idealistica, sul momento del fare che su
quello del conoscere, e sulla resistenza del mezzo sentita come
condizio- ne positiva ed essenziale al sorgere del fantasma artistico,
fanta- sma che non sarà più un'immagine al tutto congiunta a priori
ad una materiale estensione che la traduce, ma che sorgerà insieme
all'atto di esecuzione e che soltanto a posteriori rispetto a que- sto
avrà la sua concretezza. L'opera non nasce nella testa o nel cuore,
nell’intelletto o nel sentimento, per poi essere realizzata nella pietra
o sulla tela, ma, direi, nel vivo pulsare del sangue al polso quando
questo gioca le resistenze e le tensioni, gli scatti e le flessioni del
pollice e della mano nell’urto con il resistente ma- teriale. La scultura
e la pittura sono meno la realizzazione visiva di un'immagine mentale che
la materiale traccia lasciata da un gioco di ritmi fisiologici. È in
particolare Merleau-Ponty (AUSTIN HATED HIM – GRICE – after Royamount_ a
sviluppare il tema, per esempio negli studi dedicati a Cézanne.
lino Vieeate colla (o crlize pus (olenda, cuni (aza sr net&uk'
a fr suina und la gut rin % NAM (dA Pene più 0 me0 Ara la rr tn he
Ut forata ME TISHOI: RE Peas LA LALA Les al caso TU
fi e fa dii Lo val poco comi pila est; ua dn AA
Prima pagina della lettera di A. G. a Adriano Villata. — scritta a mano
“quasi si trattasse di una lettera destinata solo all'amico [il “Caro
Villata”, gallerista], nella quale ci si può confidare e divagare
come l'umore o la nostalgia suggeriscono” —, G/ ritorna sul rapporto fra
il concepire e il fare, tra il fare e il decodificare il senso in più o
meno risolutive lettere; ancora una volta mettendosi in gioco, ma senza
alcuna intenzione di assumere valore esemplare o chiedere scusa 0
simpatia, esponendosi in tutto lo spessore di sensibilità e intelligenza,
di impossibilità (a meno che non si scelga o si accetti la rinuncia) di
sottrarsi all'impulso profondo. E anche senza compiacimento
narcisistico: ci si esprime non per coltivare l'emozione ma per darne
testimonianza e, per quanto possibile, esporla a sé e ad una analisi non
priva di crudeltà, comunque oggettiva. È interessante seguire il
filo del discorso, che nella scelta del tono dimesso non è meno
teso del solito. Prima motivazione del movimento pendolare tra
pittura e scrittura, così esposto al giudizio e all’ironia dei colleghi
dell'una e dell'altra banda: l'appartenenza “ad una generazione [quella
di Cremona, di Maccari, di Mollino, per restare tra amici] e ad un
ambiente Ripubblicata in G., La pittura, lo spirito e il sangue.; e
in G., Diagnosi del moderno, cit.,
All'inaugurazione di una sua personale. in cui questo male, se
male, era quasi una ragione d’orgoglio. Era la generazione dei nati all’inizio
del secolo, che raccoglieva dai protagonisti del rinnovamento dell’arte
(secessionista o avanguardistico, rappresentato per Albino, in primo
luogo e per sempre, dal maestro Felice Casorati), una eredità che era
non meno di esperienza materiale che di elaborazione intellettuale,
un atteggiamento aperto, anzi tentato da molteplici contraddittorie
curiosità e linguaggi espressivi (ma il quasi suggerisce l’affacciarsi di
qual- che incrinatura nella certezza adamantina esibita dai
predecessori, forse anche per il confronto inevitabile con una generazione
successiva che tornerà a proporre arroccamenti specialistici).
Seconda motivazione. Tutto quantohai odiato o amato nei giochi e
nella noia dell'infanzia alimenterà peruna vita quanto produrrai, buono o
meno chesial. I nutrimenti terreni avranno un bel essere filtrati in
parole, in segni e colori, in note, in spettacolo, il loro repertorio non
muta, non lo hai scelto, ma ne sei stato scelto, e tu sei quello che essi
ti hanno fatto, la tua libertà non può consistere che nell'essere
loro fedele sino alla fine, libertà di adesione non di ripudio, e
libertà nella misura in cui con il tuo ripensamento e il tuo scavo li
trasformi da passivo esser fatto in attivo assecondamento della sorte che
essi ti hanno assegnato, in obbiettivazione in cui il loro oscuro sgorgo,
la loro inconscia matrice, si chiarisce nell'opera, nel segno
formato e consegnato all'oggetto che ti rivela agli altri e in cui assumi
responsabilità di confessione e di 10 proposta”.
Insomma, è proprio il rilancio dal fare al pensare e dal pensare al fare
che definisce una identità intuita come destino e accettata come
scelta. Ma se rimane “ovvio” il rapporto fra i nutri- menti
terreni e ciò che uno diviene e fa nel tempo, è anche vero che “una
immagine retrospettiva di sé è sempre un’interpretazione che porta il
peso della mutata identità dell’interrogante, del penoso carico di
nostalgie, ricordi, rimpianti e rimorsi e ogni interpretazione,
specialmente nell'impegno auto-biografico, è anche una falsificazione”, per
quanto cerchi di evitare tanto l’apologia ideologica quanto la
“disgustosa e mimetica” confessione personale. Giusto nel mezzo, fra le
due citazioni (è il caso di ricordare
che è il tempo della svolta neodada e pop che mette in crisi e
addirittura annichilisce alcuni dei pittori più convinti), G. mostra d’avere di
questo destino ironica e malinconica ma anche dura consapevolezza.
Del fallimento egli tesse un sistema, secondo i miti di Prometeo e
Sisifo, riscoperti come”moderni” dal Romanticismo all’Esistenzialismo.
“Finis picturae? Il punto si identifica con questo estremo di
coscienza contraddetta e irritata: la certezza che la via senza uscita
dell’arte oggi non ha nemmeno l'alibi della professione, del successo,
del guadagno, ma soltanto il fascino senza illusioni di una fedeltà a
un impegno individuale, quasi di una scommessa con la propria
intelligenza e con la possibilità e i limiti del nostro stesso
temperamento!”. Diventano così esemplari l’ultima e penultima
produzione di G. pittore, alla quale viene dedi- cata in questa mostra
una intera sezione con i ciottoli le foglie i frutti, i relitti,
proseguita con “i paesaggi (rocce, alberi, isole), i nudi, le
macchie[|...]”:esemplare neltentare una trascrizione di archetipi,
congelati inluoghi comuni della pittura, tipi, generi e maniere (il
fascino baudeleriano dei luoghi comuni! Ma già muovevano nella stessa
direzione ireos e cespugli d'iniziotracce che regrediscono
attraverso lamemoria nella gesticolazione elementare e prima i segni
asemantici, prima ancora (siamo nella seconda metà dei ‘60) le bandiere,
i nastri, i nodi e così via: tutte figure emblematiche, primarie e
coltissime, che niente hanno a che fare con la semplificazione, la
banalizzazione pop. La pittura ivi coincide con la costruzione delle im-
magininominabili (nona caso varianti dell'icona della cosa, anzi del
frantume, astratta da qualsiasi contesto, su un fondo bianco che è il
segno di una definitiva separazione dallo scorrere fenomenico), e insieme
la pittura è automatismo oggettivo, registrazione fredda della
emozione costruttiva (se non creativa): infatti presentata tipicamente
come nodo, descrizione dell’a- G., La pittura a Torino, cit.
»m®) da cor. 4 È ut me rematori E ua Br su :
Pa ù LE a Con Gorza a Palazzo Te, Mantova
zione dell’annodare, avvolgere, intricare-intrigare, 0 dello sciogliere e
liberare (vedi la bellissima immagine scattata, credo, alla galleria
Martano). Ma è tutta la vicenda di G. pittore e critico che
val la pena di ripercorrere in mostra, sia pure per cenni e con
discutibili tagli. Danotarel’uso ch'egli fa dell’insegnamento
casora- tiano: del maestro, G. non assume passivamente il
platonismo, consapevole che il rapporto di Felice con la pittura è dal
principio e resta nel tempo un rapporto decadente, che diventa eticamente
sano e formalmente classico solo per un atto di volontà tanto mirabile
quanto falsificante; sarebbe meglio dire critico, con vettore opposto,
sia pure, a quella che sarà la scelta di G.. Che il travestimentosia
storicamente giustificato su un modello rispettabilissimo come
quello gobettiano, non vuol dire che la sua sostanza più vera non
debba essere riconosciuta nonostante, attraverso la corazza ideologica e
formale ritrovando il nucleo profondo, ’malato”ma straordinariamente
vitale. Di G. è da approfondire l’espressionismo che del
resto condivi- de con altri della sua generazione: Nella
Marchesini, Montalcini, Martina, Cremona, Rama. In tal senso ci si
potrebbe chiedere che peso abbia avuto, localmente, Spazzapan che
esaltava l'ispirazione e deprecava l'istinto (viene in mente la
teoria di Klages, che insiste sulla attrazione magnetica traimmagine e
“anima”, ben distinta, l’anima ispirata e creativa, dall’istinto che è
del corpo, come dalla volontà decidente e dotata di facoltà riflessiva
che è dello spirito”); e anche Levi, l’unico dei Sei che partecipi
intimamente all’espressionismo europeo, e, fuori sede, i romani, Scipione
in particolare al quale Albino dedicò una bellissima recensione,
che è lo stesso anno della prima edizione del Casorati. In un
saggio intitolato Perché non possiamo non dirci crociani, in “Numero G.
sottolinea che la sua generazione “decadente” deve a Croce specialmente
questo: d'essere stata messa nella condizione di “accettare senza
malafede e senza rimorsi i dati di quella cultura di tardo
romanticismo che, così feconda quanto a ricchezza e sottile
sensibi- lità di ricerche particolari, tanto si è dimostrata incapace di
una sistemazione totale... [insomma di poter essere] decadente malgrado
Croce, grazie proprio al riscatto che il metodo crociano offriva”. Che è
un modo ottimo anche per comprendere come coerenza di sistema e
incoerenza pragmatica siano in G. strettamente congiunte in dialettica
tensione: la coerenza consistendo nella allarmata coscienza critica,
nella responsabilità che non può consentirsi “nessuna comoda complicità”,
l’incoerenza nell'essere ogni scelta un esito che, per quanto imperfetto,
è sempre compromesso e rappresentativo. Come a dire che la vitalità
della ricerca costituisce un valore, non meno che l'aspirazione ad una
sistemazione che finalmente rappresenti una “identità”, forse meglio “la
libertà di essere identici al proprio destino”. Perciò G. non
intende, tanto meno come pittore, tagliare i ponti col passato (il suo
passato, oltre che la storia); invece semina il cammino di tracce, di
residui, vorrei quasi dire fisiologici, di lapsus, così che in ogni
momento il cammino sia ripercorribile o almeno riconoscibile, ma
anche sostituibile. Egli, in effetti, sa che nulla va distrutto e non
consuma sacrifici liberatori. Per lui in particolare (adatto il titolo di
un importante saggio), La sublimazione astrattista non liquida
l'erotismo del Liberty, semmai ne prende le distanze, per poterlo
rimettere in circolo, come in un processo alchemico in perenne
rinnovamento. Così G. passa necessariamente da un con-
cretismo geometrizzante, che di fatto ironizza ma non banalizza - la
geometria come privilegiata ma- G., Per un'armatura, Lattes, Torino nifestazione della razionalità e della
chiarezza, ad un concretismo informale che libera la possibilità di
una pittura scritta usando il campo come tabula rasa 0 pagina intonsa,
dove il gesto può scorrere ed intricarsi, e/o come dimensione praticabile
in tutto il suo spessore magmatico, a sua volta ironizzato dalla
scoperta di una ritmica, di una metrica essenziale. Come adire che è
nella pittura nell'arte chesi realizza, assumendo evidenza di mito visivo,
feticcio laico, l'unico progetto possibile senza illusioni razionaliste e
moralismi ideologici. Un momento certamente fondamentale,
sarei tentato di dire il perno sul quale ruota il resto è quello: quando
la natura del gesto s'incontra felicemente conlo schema, generando una
concrezione araldica, l'intenzione simbolica con il simbolo ricono-
sciuto nella memoria collettiva; ennesima variante della tradizione
dell’ornato, raccolta e riavviata dal Liberty: insieme puro gesto e
automatismo assolutamente impuro. In questa mostra, il momento avrà
adeguata evidenza. Ma è anche vero che Galvano si guarda bene dal
protrarre artificiosamente quel momento (diciamolo pure, straordinario,
quasi senza confronto in Italia), tanto che si prenderà negli anni
immediatamente successivi una pausa di riflessione che produrrà anziché
pittura saggi teorici che culminano in Artemis Efesia, per
riprendere il filo (la matassa) della pittura con proposte (in apparenza)
assai differenti: le bandiere, i nastri, 1 padiglioni, gli anelli di
Moebius. Che cos'è la pittura per G., allora? Scrive di lui l’amico /
avversario Argan, che ha scommesso sul progetto ideologico, vincente almeno per
un certo periodo storico: “Egli non risponde una volta per sempre, con
una definizione filosofica: infatti ciò che vuol sapere è che cosa
sia la pittura in questa precisa condizione della cultura, della
coscienza, dell’esistenza, e quale sia il suo grado di vitalità, quali le
sue possibilità di sopravvivere in uno spazio ogni giorno più
ristretto. Non gli si potrebbe dar torto, se non fosse che
proprio l’opera e ciò che la sottende, l’opera come atto critico, questo
è appunto il suo contributo filosofico, e anche la sua testimonianza
sapienziale, che trascrivo da una autopresentazione: Dunque la
pittura, una meditazione sulla morte imminente o il recupero della gioia
ottica nello spazio ripercorso in termini di colore e di luce, sia
pure della luce irreale della memoria e del sogno? O la scenografia di
ambigue emersioni dall’inconscio? Davvero non saprei dirlo, e, forse, è
inutile porsi le domande. Forse anche soltanto la monotona
iterazione Argan, in catalogo della personale, Galleria Unimedia,
Genova G., Autopresentazione, in catalogo della mostra, Piemonte
Artistico Culturale, Torino di una passione per il dipingere, che ripercorre
con insistenza sigle che non è più capace di vivificare colla
curiosità e il gusto avventuroso della giovinezza”. Tante pitture,
allora, e però tutte mirate ad essere presenza di pittura e non
illustrazione di concetti. Pittore concettoso, a volte, mai concettuale
nel senso di illustratore di concetti: aggiungo, nel segno di una
ineludibile, per quanto mascherata vocazione poetica.” Si deve citare,
almeno una volta, Sanguineti, allievo e amico, grande estimatore di G. Mi trovo
forzato a pensare che, alle radici del lavoro di G., come artista e come
studioso, stia un'immagine è la parola giusta che accenna all'uomo
come animale che è capace di immagine. E dunque un’antropologia fondata
sopra la facoltà della visione, In formula perfetta, a
conclusione di Storicità e significato dell’arte astratta, G. precisa. L'opposizione
affermata da Mallarmé tra la concretezza della vue e l’allusività delle
visions, l'affermazione di Alain che il poeta è l'opposto del
visionario perché sa di non vedere sino a che la mano non abbia realmente
costruito nello spazio l'oggetto che la passione progettava, sono
divenute nella co- scienza del pittore concreto l'imperativo di una
scelta tra il peso della memoria e la libertà pericolosa di una
iniziativa tutta affidata al risultato”. Garimoldi, nel saggio più volte
citato, sottolinea che G. pone come centro dell’arte l’insoluto rapporto
fra espressione ed enigma” (che cosa di più chiaramente collocato
sulla linea romanticismo-simbolismo come la vede Albino?), citando una
autopresentazione del La seconda parte di questo scritto elabora
liberamente tre testi: in ordine cronologico, Témoignage de notre dignité,
in Figure d'Arte, artisti a Torino, cur. Balzola, Cavallo, Ghinassi, Mantovani,
Alberti ed., Pescara; A proposito del pittore Albino Galvano, in
Attraverso il Novecento. G. a cura di Pinottini,
Bulzoni ed., Roma; G. pittore, catalogo della mostra, Galleria del Ponte,
Torino Sanguineti, Contro la ragione, “La Stampa Un saggio singolare, dove
Sanguineti è figura nodale nella messa in circolo della linea liberty;
linea che Casorati, Cremona, Mollino e G. avevano mantenu- ta viva con
originali apporti nella prima metà del secolo, è L'altra faccia della
luna Origini del neoliberty a Torino di Elvio Manganaro, Libria ed.,
Melfi. Al saggio citato si deve la conoscenza di un testo di G.: Processo alla
pittura in “Il Selvaggio, che dà originale contributo alla interpretazione
della vicenda artistica della sua generazione, che “si gioca tutto nello
spazio che separa le Uova da quelle, o tra l’”Icaro senza ali e le
ali senza volo del Sogno, di Casorati naturalmente, perché proprio
Casorati è appartenuto paradigmaticamente ai due mondi quello della
figlia di Iorio e quello della Jeune Parque. Manganaro, L'altra faccia della
luna. G., Storicità Garimoldi, G Progetto di una nuova cultura, in
Omaggio. Si dà arte solo quando il non differente operare a fini
strumentali o di puro edonismo è impedito e stravolto dai sedimenti di
una vicenda individuale che s'insinuano e dominano dove pretendeva
condurre il gioco la razionalità del progetto decisionale. A questa
condizione in ogni tempo si è cercato di opporre la dignità
dell’autocontrollo, certo vanamente, ma anche proficuamente perché la
possibilità di coinvolgere gli altri non consiste se non nel pun-
tualizzato istante di tensione in cui lascia materiale traccia di segno o
di tocco quel gioco d’insidie; l'istante in cui l’inspiegata vicenda
interiore si fa immagine ed EMBLEMA Con Bartoli a Palazzo Te, Mantova, La
discutibile scelta di privilegiare la pittura come via di accesso alle
molteplici attività di G. obbliga a segnalare gli autori che affrontano il caso
con particolare intelligenza e puntuale CULTURA FILOSOFICA. Sanguineti,
in catalogo Antologica; Tessari, nello stesso catalogo, e G. e il mito,
in Figure d'Arte, Carchia, Prefazione a Artemis Efesia, nella riedizione,
cit.; Fossati, Autopresentazione, mostra
personale, Galleria Weber, Torino Garimoldi, M.C. Mundici (a cura di), catalogo
della mostra al Circolo degli Artisti; A. Balzola, G. e D'Adda:
l'immagine matrice, in Figure d'Arte; Gallino, e Salza, G. e Jung, in G. Ruffino,
Introduzione in G. Diagnosi del moderno, A parte, segnalo il “ritratto”
che ne fa Fossati, presentando Omaggio a G.; e le memorie che in circa
trent'anni di colloqui non di rado centrati su Casorati, Cremona e G. si puo
raccogliere da Gorza, l'unico artista di generazione successiva che per
cultura e gusto potesse essere accostato a G.. È proprio Gino a volere
una mostra comune con il significativo titolo di Sincronie a
Mantova in Palazzo Te; riannodando il filo della presentazione che Albino
gli aveva dedicato dieci anni prima, per l’Antologica nello stesso luogo. Si
ricorda all’inaugurazionela presenza di Bartoli, documentata anchein una
fotografia dove il geniale interprete di Licini sembra inchinarsi
al geniale interprete di Artaud. Più recentemente, sempre al Te,
una giornata di studio dedicata a Bartoli è stata anche l'occasione per
rievocare la figura di G. con Tessari. Anche Tessari è mancato.
Prova di ritratto e un Uomo riservatissimo, comea volte chi non si
neghi alla mondanità, anzi se la imponga come esercizio. La
leggendaria disponibilità, senza ombra di debolezza, realizza una delle
forme più aristocratiche dell'etica, per discrezione in maschera di
rigore professionale. Essenziale un fondo di malinconia, come misura di
una perdita irreparabile, e di nostalgia per una totalità
irreversibilmente frantumata. Tra distacco soggettivo e oggettiva
commozione scorre l’impurità di un continuare a vivere, si scrive
in tracce stenografiche il diario di un sedotto e di un seduttore
per forza di un gentiluomo piemontese. Sensualissimo lettore;
scrittore capace di costruire macchine logiche come trebbie di tortura, e
di avvolgere in sontuose inestricabili ragnatele (costante una
specie di dolcezza, cui tanto meno resistono rigidi baluardi):
trascurabile vi è l'inganno, perché la circonvenzione è ignobile,
specialmente d'incapace. Come un dovere coltiva il diletto: su
questo piano potrebbe essere magistrale se non fosse troppo fine e
pericoloso un tal modello. Nel suo sistema, la pittura rappresenta il
concreto. Distratto semmai da irridu- cibile curiosità, non è mai
astratto. Ireos, sassi e conchiglie sigillano una storia sostanzialmente
coerente, perché osano confronto con il principio e la fine: così su una
pietra tombale si posano cose e il tempo vissuto, relitti nudi, epifanie
senza velo. Omaggio a G. Catalogo mostra antologica, Palazzo Chiablese,
Torino Catalogo mostra antologica, Circolo degli Artisti, Torino. Atti
del convegno, a cura di M. Pinottini, Torino Antologia di scritti di A. G., a
cura di A. Ruffino, Aragno Electa Piemonte G. cur. Pinottini
BIBLIOTECA DI CULTURA BULZONI G.: la fedeltà alla pittura
Motto Il magistero casoratiano e la prima figurazione Galvano
nacque a Torino l’anno d'esecuzione delle Demoiselles d'Avignon di
Picasso che segnò l’imporsi e il susseguirsi delle avanguardie: « che nel
bene e nel male problematico doveno caratterizzare, inconcomitanza
concrisi umane, politiche e sociali ben più gravi, ilnostro secolo
sino a porre oggi il problema della morte dell’arte qualunque cosa si intenda
sottolineare con questo termine apocalittico. G. pur muovendosi nel
solco della modernità, affondava le sue radici in una meditata e
personalissima assimilazione di riferimenti pittorici dell'Ottocento e
del primo Novecento, ben lontano dalla reazione e dall’inattualità.
Apparteneva all'ambiente casoratiano e alla sua scuola «divenuta il
centro di un'opposizione cortese, tacita che non esclude, la cosa è molto
torinese, rapporti amichevoli o per lo meno corretti con gl’avversari. Venne
segnata la temperie di una Torino moderna (tuttavia non futurista) di
seguito enunciata in pochi assunti utili a comprendere l’ambiente artistico
nel quale G. s'introduce: la comparsa di FCasorati alla Promotrice come
artista rivoluzionario e di rottura; la breve esistenza di Gobetti e il
suo cenacolo antifascista; le polemiche e la reazione dell'ambiente
cittadino alle scelte di gusto antinovecentiste di Venturi rivolte
all'arte di nuovi primitivi, gl’impressionisti; il fugace percorso del
gruppo dei sei di Torino (coagulato e promosso dal duo Persico e
Venturi) che rinunciarono a Roma madre per Parigi amica; e la vitalistica
apertura culturale europea del finanziere, collezionista e mecenate
Gualino. Dopo un precoce apprendistato con il pittore Pisano e il
maestro di disegno Vannini, l'educazione di G. all'arte contemporanea si
svi- luppò suriviste di settore (in particolare”“Emporium” e “L'art
vivant”) e attraverso la frequentazione delle Biennali veneziane. Alla
rassegna G. puo osservare dal vivo la pittura di Felice Casorati
che rappresentò «la scoperta del mondo nuovo e spre- giudicato che si
apriva alla nostra cultura: l'ingresso del mondo “moderno. Ai iscrisse
alla Scuola Libera di Pittura di Casorati (sorta a Torino e strutturatasi
maggiormente dnella nuova sede di via Galliari, antistante l'abitazione
di Riccardo Gualino. Il suo magistero, lontano da G., Autobiografia, in
Pizzetti e Givone (cur.), G., catalogo
della mostra, Palazzo Chiablese, Regione Piemonte, Torino Galvano, Torino e i
«Secondi futuristi», in G., Diagnosi del moderno. Scritti scelti cur. di
Ruffino, Aragno, Torino G. (al centro, seduto) e (da sinistra, in piedi,
tra gli altri) Scroppo, Maugham, Galvano, Cremona, Casorati, Rama, Bertolè, Valpellice. Ogni
sistematicità d'accademia, non è solamente estetico ma anche pregno
dell'eredità etica e politica gobettiana: un debito verso quel «fanciullo
puro» che esigeva «fedeltà e non lacrime»®. Per Galvano il punto
fondamentale della sua formazione fu il trovarsi par- tecipe di un
ambiente che lo salvò «tanto dal rischio di un'adesione acritica al
regime imperante [...] e da quello ben più grave [...] di un'immersione o
som- mersione nella Torino di quel tipo di borghesia che amava in
pittura Giacomo Grosso». L'insegnamento del «platonico» Casorati, pervaso
«d’una signorile severità», verteva su l’«insieme» e il «tono». Dal
saggio Casorati di G. (Hoepli, Milano) si legge che il Maestro
consigliava agli allievi di «imparare a vedere il più semplicemente
possibile la forma di quella determinata massa tonale, di quella
determinata massa chiaroscurale, non la forma dell'oggetto. La forma
serve qui a distruggere la linea ed a passare al colore [...]»*.
Il clima della scuola di via Galliari fu efficacemente narrato da
Lalla Romano ne Una giovinezza inventata: «Verso sera venivano sovente
visite: Rossi, Soldati, Levi. Levi ridacchia con lei sull'indirizzo
classicistico della scuola, dove gl’allievi più ambiziosi preparano un bozzetto
per il quadro. Ride ma affettuosamente. C'è UNA BASE CULTURALE COMUNE: IL
DISPREZZO PEL FASCISMO. I nomi citati sono solo una parte delle
personalità con cui G., all’inizio degli anni Trenta, instaurò un
duraturo rapporto amicale sulla via del confronto artistico, tra gli
altri: Montalcini, Bonfantini, Chicco, Cremona, i sei e Gobetti,
Iniziative d'arte a Torino, in “L'Ordine Nuovo Casorati, in “Il Mondo”, G.,
Autobiografia G., Casorati, L. Romano, Un invento, Einaudi, Torino Argan,
ma anche Mollino, Mila, Ginzburg ed Antonicelli. La pittura
postimpressionista di G. si orienta in un contraddittorio intento di tenere
insieme i valor plastici di Casorati e quelli dei Sei» il cui risultato
«pesante e impastato» fu autocriticamente espresso dall'artista
stesso. Anche una certa l’arte d'oltralpe praticata da stranieri fascina
G. (Vlaminck, Terechkovitch, Krog), mentre i rimandi nostrani furono
indirizzati alchiarismo lombardo eai tonalisti romani. Quei loro mezzi
misi sfasciano ed intorbidivano tra le mani, rimanendo parentele
d’accatto o esperimenti di lettura, ed enorme riusciva la dispersione e
la perdita di tempo. Un repertorio antinovecentista di temi iconografici
ricorrenti segnò quel periodo: pesci, molluschi, conchiglie, vecchi libri
accartocciati, crocefissi e acquasantiere barocchi, nudi tortili come
molluschi e paesaggi incerti tra quegli andamenti sinuosi e un
modesto cezannismo che era nell’aria, G. s’inserì nel circuito espositivo nell’anno
in cui le arti si avviavano verso la loro FASCISTIZZAZIONE di forma con
l'istituzione del SINDACATO FASCISTA a cui venne affidato il compito di gestire
le manifestazioni espositive periodiche sul territorio nazionale.
Il rapporto con la società artistica di un Novecento sarfattiano (a un
passo dallo smantella- mento definitivo) e della retorica celebrativa di
Stato era destinato tuttavia a un sostanziale fallimento. A
Torino G. esordì nell'alveo casoratiano in due mostre della scuola. Sono regolari
le sue presenze alle espo- sizioni annuali della Promotrice di Belle Arti
con più sporadiche puntate alla Società degli Amici dell’arte. Il
filosofo ZANZI (si veda), in una recensione riguardante un'esposizione di
vendita torinese del 1934, sagomava i tratti pittorici di G.: sfuggito
anzitempo alla disciplina rigorosa della scuola di Casorati. Il Galvano
in certe composizioni di nature in silenzio ricorda la chiara e sapiente
pittura del Maestro, in altri quadroni ricerca l’effetto della
pennellatona agile ed abile, cara passione di qualche
post-impressionista»". Alle rassegne di carattere nazionale
Galvano prese parte alla I e alla Il Quadriennale romana dove vi fu una
discreta rappresentanza torine- se e piemontese: Felice Casorati e il suo
discepolato (Paola Levi Montalcini, Nella Marchesini, Sergio
Bonfantini, Emilio Sobrero), Daphne Maugham, G., Autobiografia G., in
catalogo della mostra, Galleria La Giostra, Asti Zanzi, in “La Gazzetta del
popolo G. e Scroppo alla I Mostra Internazionale dell'Art Club, Palazzo
Carignano, Torino. parte dei sei ( Levi, Menzio, Paulucci),
Milano, Mastroianni, ICremona. Alla Biennale di Venezia G. presenzia con
un’opera nella stessa sala di Casorati e allievi, mentre nell'edizione espose
isolato (a Chessa venne dedicata un'ampia retrospettiva, Menzio e
Paulucci comparivano attigui). In questo periodo sono da
indagare infine le par- tecipazioni alle quattro edizioni del Premio
Bergamo. Fuuna manifestazione, insieme al Premio Cremona, che svelò la
dialettica artistica italiana: due componenti antitetiche dello stesso
volto del regime. Il primo (promosso da Bottai), più elitario, «si
riallacciava a un versante dell’arte italiana colto, internazionale e
post-impressionista»!* suscitando polemiche nell’ala più intransigente
del fascismo; il secondo (voluto da Roberto Farinacci) era sintonizzato
sull'onda delle mostre hitleriane. AII Premio Bergamo del 1939 (in
giuria Casorati, Funi, Longhi e Argan) il terzo riconoscimento
venne suddiviso tra cinque concorrenti: si evidenziava la presenza
romana di Capogrossi e quella piemontese con Menzio, Paulucci, G. e
Martina (è presente anche Galante, non premiato). Al secondo Premio
Bergamo G. riceve una particolare menzione e il suo dipinto fu acquistato
dal Ministero dell'Educazione Nazionale. Galvano espose anche alla terza
e alla quarta edizione (vincitore l’intimista Menzio), la rassegna
scandalo della Crocifissione di Guttuso, reinterprete drammatico e
rabbioso di un’iconografia mutuata dal sacro: anticipazione in chiave
cubista della militanza postbellica. Il ventennio
Trenta-Quaranta contrassegnò inol- AA.VV, Gli anni del Premio Bergamo:
arte in I talia intorno agli anni Trenta, catalogo della mostra, Bergamo,
Electa, Milano tre il compimento della formazione intellettuale di G. che
si laurea (con GAMBARO (si veda) ed ABBAGNANO (si veda) con una tesi
sulla pedagogia della religione: atto dell’approfondito confronto con le
tematiche spiritualiste, antropologiche e filosofiche, in primis
l'influenza di CROCE (si veda) e Bergson. Tra le sue prime prove di
critica d’arte si possono menzionare il saggio su Spadini in “L'Arte”
diretta da Venturi; il saggio su Spazzapan in “Orsa”; le collaborazioni con
il periodico milanese “Le arti plastiche e la redazione delle cronache
d’arte torinese per Emporium. Si ricordano inoltre i volumi (per l'editore fiorentino Nemi) L'arte
egiziana antica, L'arte dell'Asia occidentale e centrale, L'arte dell'Asia
orientale; il saggio Casorati edita da Hoepli (uscirà una seconda
edizione) e Tre nature morte: Casorati, Menzio, Paulucci pubblicato a
Torino. È assistente alla Cattedra di pittura di Paulucci all'Accademia
Albertina di Belle Arti di Torino ed insegna storia FILOSOFIA negli istituti
liceali. Tra gl’allievi con i quali mantenne profondi legami si
ricorda Sanguineti. Dalla fase
espressionista verso l'astrattismo, al termine del conflitto bellico per
Galvano e gli artisti della sua generazione s'impose il confronto
con l'avanguardia, l'Europa e il moderno. «Moderna non è soltanto
l’arte prodotta nel periodo in cui viviamo, ma quella che di voler essere
moderna ha programmatica intenzione! [ Che assume come categoria
predicativa l'affermazione di novità rispetto ad una situazione di
cultura storicamente conclusa. Il concetto di moderno si chiarisce, così
come un concetto etico per cui
l'avversario non è un modesto o nullo artista, ma il traditore di una
causa totale, il reazionario che non merita pietà e al quale non
giova la buona fede». Queste lucide affermazioni di G. aiutano a
delineare un settore della sua linea di pensiero che contribuì ad animare
il vivace dibattito degli intellettuali torinesi, fautori di quel
compatto blocco culturale che tentò una ricostruzione «morale e civile»
della società. La posizione politica di G. dopo la Liberazione è
abbastanza distante dall’ideologia estetica del fronte comunista. L'urto
non è tanto fra tradizione e innovazione, anche meno tra astratto (o
concreto) e figurativo ma tra militanza costruttiva ed autonomia
critica. G., Moderno, in Enciclopedia Universale dell'Arte, vol. IX,
Fondazione Cini, Roma-Venezia Mantovani, Il malessere dell'arte, in G., La
pittura, lo spirito e il sangue, a cura di G. Mantovani, Quadrante,
E; Negli anni postbellici il complesso confronto-
scontro con Croce è ineludibile e la posizione di G. (sviluppata in anni
più tardi nel fondamen- tale scritto Perché non possiamo non dirci
crociani) merita qui qualche breve accenno. L'intuizione pura, come
atto teoretico astorico, non poteva prescindere dalla soggettività
dell’«opera manuale». La polarità non sussisteva tra il bello crociano,
simbolo del bene morale e il suo opposto, quanto tra lo «spirito»
(il momento razionale - contemplativo) e il sangue (il principio
vitale inconscio che in ultimo concretizza l’opera con il linguaggio
scelto). Scriveva Galvano nel numero unico del periodico “Tendenza”
(coideato con Oriani): Questo bisogno del sangue che ignora l’astratto
spirito e gli anatemi e le accuse di naturalismo degl’idealisti o quelle
d’immoralità degli spiritualisti è essenziale all'opera di pittura. Essa
cade o sussiste con il sangue non con lospirito»!. L'attività di critico
d’arte seguitò in quegli anni anche su quotidiani come La Nuova Stampa e
Mondo Nuovo. La pittura di G. si apre ad una fase espressionista
slargandosi e semplifi- candosi in campiture bidimensionali dai
contorni lineari marcati e attraverso l’uso di un cromatismo
timbrico. In un testo di autopresentazione l'artista esplica. Così quando,
Guttuso guardando a Picasso, Birolli e quelli di “Corrente”
sbirciando l’espressionismo, diedero altro indirizzo alla pittura
italiana, mi trovai in ritardo rispetto a quei coetanei e ai loro
discepoli molto più giovani di me, e con un bilancio piuttosto negativo.
Tentavo così una soluzione in un breve periodo di esasperazione
“espressionistica” del segno, dove l’“illusivo” si trasforma in “allusivo” IMPLICATURA
COME ALLUSIONE ED ILLUSIONE) a quelle immagini che puo considerare suoi.
G. puntualizzava inoltre di essere stato tentato verso «esperienze
varie di carattere cultu- ralistico, fra cui un primo richiamo al liberty
che allora fu aspramente rimproverato da certi critici (Podestà) come
incomprensibilmente anacronistico ma che almeno come recupero critico,
rappresentava un'anticipazione di interessi e recuperi diventati di
moda un ventennio più tardi. Nella Torino della Ricostruzione gli
spazi espositivi sono esigui; molto spesso sorgevano in simbiosi con una
libreria come per esempio la Faber, dove G. partecipa ad una Antologica di Maestri
contemporanei. Alla personale di G. presso la Libreria del Bosco «ci troviamo
di fronte ad un artista dalle varie esperienze», denota Torino G., La
pittura, lo spirito e il sangue, in “Tendenza” G., Galleria la Giostra G., Autobiografia
Gatto su “L'Unità”, e proseguiva: «riesce spesso a lievitare le
acquisizioni culturali ed a tradurle in efficienti risultati creativi».
Il molteplice approccio stilistico, confessato dallo stesso G. nell’auto- presentazione, è qui
confermato: «leggero impressionismo, decorativismo un po’
orientale, motivi che tendono a risolversi in figurazioni quasi
astratte». La fase pittorica più recente, concludeva Gatto, «pare
indirizzarsi verso una pittura dominata da una volontà ed un’ansia di
sintetismo formale»?. Alla Biennale di Venezia del 1948 (la prima
edi- zione al termine del ventennio fascista nella quale emersero
le linee essenziali degli sviluppi dell’arte moderna europea) Galvano
partecipò su invito con cinque opere (nudi e nature morte del 1947-48) in
sala con Martina e Paulucci. In quell’edizione fu parecchio vasta
la partecipazione di artisti torinesi sulla via dell’astratto: Sandro
Cherchi, Mario Davico, Garelli, Gorza, Montalcini, Mastroianni, Moreni,
Parisot, Rama, FScroppo. All’edizione, nuovamente su invito, G. è presente con
tre opere (in sala con Birolli, Corpora, Moreni, Morlotti, Turcato,
Vedova, Zigaina). Si registrarono nume- rose partecipazioni
dell'artista a rassegne nazionali di verifica diretta degli sviluppi
artistici contemporanei, tra cui la Quadriennale romana e la mostra collettiva Arteastratta e
concreta presso la Galleria Nazio- nale d’arte moderna di Roma (il
comitato esecutivo era composto da Joseph Jarema, Palma Bucarelli e
Giulio Carlo Argan). Il testo di Galvano in catalogo analizzava la
ricerca concretista propria e dei torinesi verso una direzione lontana
dal «formalismo astratto» insenso stretto e intesa attraverso la
«‘“proiezione” nelle strutture dell'oggetto stesso di una carica emotiva,
che asua volta presuppone la totalità spirituale dell'artista
impegnato, ed impegnato “responsabilmente”, in una prospettiva, in una
scelta, in una “Weltanshaung”, cioè in ultima analisi in un punto di
vista etico e metafisico. Non può perciò stupire che anche a Torino siano
proprio gli artisti più responsabili di fronte a un loro mondo interiore
a volgersi a questa pittura. Superfluo cercar nel dato estrinseco del
gusto un’unità “munici- pale” o di gruppo: se mai l’unità “torinese” di
questi pittori è nella condizione di cultura cui lo stesso schivo
etalvolta un poco scontroso raccoglimento della città in cui essi
lavorano, è, per taluna delle ragioni accennate, propizia»”!.
Rilevanti furono inoltre le sortite extranazionali. In occasione della
mostra nizzarda, Peintres de Turin, Galvano definì forme e colori delle
sue com- Gatto, Mostra d’arte. Galvano al Bosco, in “L'Unità”.
G., in Arte astratta e concreta, catalogo della mostra, Galleria Nazionale
d’arte moderna, Roma. Con Paulucci, G. e Scroppo. Conferenza al Circolo
degli Artisti, Torino. posizioni come «feticci laici», «costanti
di sentimenti e impulsi» che non necessitavano di riportarlo a una
rappresentazione esteriore e imitativa. La topografia spirituale di
questo mondo che non è né meccanica né architettonica, ma piuttosto
organica e determinata soprattutto dalla tensione tra le forze
elementarie vitali pressanti, da una parte, e l'aspirazione religiosa o
me- tafisica dall'altra, che vuole dominarle e oggettivarle nello
spirito delle tradizioni filosofiche e religiose alle quali nei miei
quadri faccio a volte allusione anche attraverso i titoli stessi.
Al Premio Parigi (itinerante anche a Cortina d'Ampezzo) il critico
Luigi Carluccio seguita di rimando: L'artista si è portato sempre su
posi- zioni di ricerca mantenendo tuttavia vivo il dialogo fra i
suoi istinti pittorici e le sue meditazioni.
Il temine feticcio laico annota con felice incidenza che
all'origine degli impulsi e dei sentimenti è sempre vivo lo stesso
dibattito tra la pressione vitale di forze elementari, naturali, e
l'aspirazione ad ordinarle in una ragione metafisica. Il
rivolgersi all'arte d'oltralpe (già a partire dalla mostra Arte francese
d'oggi, Roma e Torino) ebbe degli echi a Torino con le sei edizioni della
rassegna Pittori d'Oggi Francia- Italia promosse da Carluccio e
alle quali Galvano partecipò alla prima e alla terza, così come figurava ai
due Premi Saint Vincent messi in piedi dalla fronda democristiana
capeggiata da Carluccio in re-Carluccio, in Mostra Nazionale del Premio Parigi
catalogo della mostra, Cortina d'Ampezzo e Parigi Con Chessa e Matteis.
azione al Premio Torino, troppo polarizzato a sinistra secondo il
critico. È di vitale importanza ricordare infine il ruolo di
G. come animatore culturale nel clima di fermento postbellico, dapprima
impegnato attivamente come promotore dell’Unione Culturale
(raccolse intellettuali antifascisti tra cui Einaudi, Mila, Antonicelli,
Venturi e tra gli artisti Casorati, Menzio, Levi) e come propugnatore di
due rassegne artistiche: la I Mostra Internazionale dell'Art Club a
Torino e la Mostra d’arte contemporanea di Torre Pellice. La prima con
presidente Casorati e segretario Scroppo, organizzata dalla sede torinese
dell'Art Club, un'associazione apartitica internazionale — mirava a
presentare le nuove voci artistiche italiane e di diversi stati esteri.
La seconda, aveva sede a Torre Pellice, che «pur nella modestia delle
proprie possibilità, possiede, come centro delle Valli Valde- si,
una secolare tradizione di cultura che ha i suoi particolari caratteri di
pensiero e di ispirazione. È stata ideata insieme a Scroppo, artista e
critico valdese, (nativo della Sicilia ma inseritosi dalla metà degli
anni Trenta nell'ambiente cittadino) e da Bertolè notaio e illuminato
collezio- nista di moderno. La Mostra d’arte contemporanea appuntamento
estivo annuale protrattosi per un Mostra d'arte italiana contemporanea,
catalogo della mostra, Collegio Valdese, Torre Pellice quarantennio al
quale G. espone assiduamente—trasformòla cittadina della provincia
torinese in un polo culturale aggiornatissimo sulle ricerche artistiche
nazionali e con qualche non rara puntata internazionale. Il
Movimento Arte Concreta Il confuso ribollire di tendenze astratteggianti,
che impera anda delineandosi verso l’elusione dell’astrazione su base
mimetica in favore del concretismo. Una lucida definizione della
corrente venne offerta da Dorfles in un saggio, il così detto manifesto del
Movimento Arte Concreta fondato a Milano insieme a Munari, Monnet e Soldati. Dorfles
precisa il concetto di concreto che non cerca di creare delle opere d’arte
togliendo lo spunto o il pretesto dal mondo esterno e astraendone
una successiva immagine pittorica, ma che anzi andava alla ricerca
di forme pure, primordiali, da porre alla base del dipinto senza che la
loro possibile analogia con alcunché di naturale avesse la minima
importanza. L'adesione formale al MAC di G. e un gruppo di
giovani torinesi — Biglione, Parisot, FScroppo e in seguito Rama e
Montalcini — avvenne. A Torino il coagulo del Movimento rappresentò una
sfaccettata unione di poe- tiche, abbastanza distante dal rigore
costruttivista delle soluzioni compositive lombarde che fondava le sue
basi nell’Astrattismo storico internazionale e locale degli anni
Trenta. In questa sede non è possibile analizzare la presa di coscienza
sulle radici dell'avanguardia delle personalità torinesi e ci si limita
al solo caso di G.. 1] distacco di G. dal comitato promo- tore del
Premio Torino (la prima manifestazione locale di arte attuale italiana
dopola fine della guerra)non avven- ne solo per posizioni politiche. Come
chiariva Giuliano Martano, nel catalogo della mostra Arte concreta a
Torino, per una parte di artisti si trattava di una scelta di «lettura in
quelle matrici dell'avanguardia europea quasi in contrapposizione alle
matrici trovate allora in un neonaturalismo e del Fronte nuovo delle arti.
Per G. e il discepolato della scuola di Casorati, alla quale
riconoscevano la creazione di «una terra concimata pronta a recepire,
stratificazione di cultura altezzosase vogliamo, ma attenta. Aveva
purelasciato ineredità una figurazione latente, una scansione
dell’og- getto che verrà dai torinesi lentamente e sofferentemente
decantata»°. Uno smarcamento, dunque, in totale buona Sauvage, Pittura italiana del dopoguerra,
edizioni Schwarz, Milano. Dorfles, Manifesto del MAC, ora in Arte concreta a
Torino catalogo della mostra, Sala Bolaffi, Torino Martano, in Arte
concreta a Torino pace del Maestro, che anche G. intraprese: la via verso
l’astrattismo ben circoscritta e lineare. La sua poetica, tra i
torinesi, era la più distante dal concretismo «proprio perché non è mai
d'origine sperimentale ma la sua avanguardia si pone sempre come una
verifica dello sperimentalismo. Si pone insomma come contrasto immediato
fra una realtà esterna ed una realtà interna quasi avida di controllare
im- mediatamente sul terreno stesso dell’accadimento, la validità
dell’accadere, e di controllarlo appunto in via sperimentale»?
Gli aspetti strettamente contenutistici della pittura di G. sono in
diretto contatto con i suoi interessi in quanto studioso di filosofia e
FILOSOFO e storia delle religioni. Griseri nota che gli entusiasmi
per Kandinskij volto all’astratto e per il primo Kupka giungevano a
una presa di posizione nell’ambito dell’arte non figurativa, chiarita in
numerosi saggi, in cui G.lumeggia la derivazione dalla secessione di
Klimt di molta arte contemporanea in una interpretazione nuova dei
rapporti art nouveau- Liberty e astrattismo. Degli scritti galvaniani
degli anni Cinquanta ai quali Griseri si riferisce citiamo almeno:
Storicità e significato dell’arte “astratta, Dal simbolismo
all’astrattismo, Le poetiche del Simbolismo e l'origine dell’Astrattismo
figurativo. Gl’intendimenti del manifesto del MAC torinese sono
piuttosto netti. Più in generale erano incontrapposizione con il
dibattito dilagante in quegli anni che scindeva gli artisti tra
formalisti e realisti, con- tro il neopicassismo ed estranei al «pudore»
del compromesso dell’astratto-concreto di Venturi. A livello
localelalororicerca era indirizzata all'emancipazione dall’orbita
casoratiana, dal neoimpressionismo dei Sei e dal secondo futurismo con il
quale condividevano lo spirito avanguardistico, ma certamente non gli
in- tenti. Biglione, Galvano, Parisot e Scroppo firmarono il testo
programmatico, con la responsabilità di «lotta contro ogni conformismo
pigrizia intellettuale». «Se il nome stesso di arte concreta sta a
significare il desiderio di rigore di chi ha rotto ogni ponte con
tradizioni storicamente esaurite per sostituire la loro ricerca d'una
diretta presentazione d’oggetti in cui si vengano obiettivando i bisogni
spirituali dell’uomo, come negli strumenti del suo lavoro quo-
tidiano si proiettano i suoi bisogni materiali. G., pur immerso in una
personalissima ricerca non figurativa, nel periodo che all'incirca
si estende, sviluppò una maggior Griseri, G., in Dizionario
Enciclopedico, Utet, Torino Biglione, A. Galvano, A. Parisot, F. Scroppo,
in “Arte con- creta” Caramel, Mac Movimento Arte Concreta Electa,
Milano adesione al MAC. Lo spazio dei suoi dipinti, asciugato
dall'andamento curvilineo delle partiture, si popolò di forme squadrate
dalla linearità spigolosa. Tutta- via, la freddezza costruttivista e il
rigore logico del concretismo erano solo apparenti; l'artista
puntava al contrario «ad un'arte che preservi il dialogo tra gli
schemi astratto-geometrici e quelli compositivamente più liberi, moduli
grafici e forme archetipiche non direttamente razionalizzate.
Un precoce avvicinamento ai concretisti lombardi lo si data. G. èpresente
a Milano in due collettive: con Scroppo (presentati da Monnet) presso la
Libreria Il Salto, cenacolo della pittura concreta milanese e alla
mostra di pittura astratta italiana. Astrattisti milanesi e torinesi
allestita alla Bompiani dove esponevano i piemontesi Costa, Davico,
Mastroianni, Parisot, Scroppo, Spazzapan). I maggiori rappresentanti della
corrente di entrambe le regioni figuravano, G. compreso, anche alla
II e III Mostra d’arte contemporanea di Torre Pellice.
L'allineamento al MAC di G. fu palesato anche dalla sua presenza ad
esposizioni promosse dal gruppo. La sortita d'esordio dei torinesi
(Biglione, G., Parisot, Scroppo ai quali si aggiunsero anche Davico, Merz
eGiannattasio) avvenne alla Saletta Gissi di Torino con la mostra
Pittori astratto-concreti di Milano e Torino. Non fu però la prima
presenza organica del concretismo in città poiché presso Il Grifo
si affacciarono alcuni esponenti milanesi così come alla Quadriennale
Nazionale d’Arte di Torino dove comparve una nutrita schiera di
astrattisti tra cui anche G.. Commentando la mostra presso Gissi,
sul bollettino Arte concreta G, esibe la profonda sicurezza di una non
superficiale accoglienza nell'ambiente cittadino e rilevava la
sfaccettatura di posizioni della compagine torinese che collimavano in
una base comune di principi. Principi che possono riassumersi in una
profonda fiducia nella capacità dell’uomo ad esprimersi e a
comunicare con gli altri uomini, attraverso il puro linguaggio delle
forme, attraverso l’organicità e la coerenza ch’esso sa imprimere ad un
discorso i cui vocaboli non hanno bisogno di essere immagini e
finzioni per legarsi a una sintassi espressiva e, nei casi più felici,
poetica. La politica espositiva del gruppo torinese non
Mulatero, in P. Mantovani, I. Mulatero (a cura di), Lucide inquietudini.
Storie singolari dell’astratto-concreto, Civico Museo d’arte Contemporanea
di Calasetta, Calasetta G., Mostra di pittori concreti di Milano e Torino
alla Saletta Gissi, in Arte concreta n. 9 cit., ora in L. Caramel,
Mac Movimento Arte Concreta Con un'opera dalla serie i Nastri.
ebbe seguito se non l’anno successivo alla Galleria 5. Matteo di
Genova. L'eccezione è rappresentata da G. che figurò in svariate mostre
organizzate dal MAC, si ricordano qui le principali: Pitture di G.
in un esperimento di sintesi, presso lo Studio b24 di Milano (valla pena
rimandare agl’asterischi galvaniani di quel periodo, quasi privati
manifesti sui bollettini Arte concreta che chiariscono la sua posizione
all’interno del movimento) e lo stesso anno a Torino da Gissi
esposero pittori concretisti italiani e francesi (G. presenta collages
polimaterici di ascendenza prampoliniana); sempre al Torino l’anno
successivo G. è presente ad una mostra allestita dallo Studio b 24
in occasione del Salone dell'Automobile. Si menziona a parte la
collettiva presso la Galleria il Fiore di Milano dove G. espone
insieme a Bordoni, Jarema, Parisot e Scroppo. Nello scritto introduttivo
al catalogo elaborò stringenti analisi nei riguardi di un’«arte
figurativa che non ripeta ma continui la natura», invitando il
visitatore a riflettere «che l'apparente chiusura ad una più ovvia
comunicazione di queste opere nulla intende precludere alla possibilità
di uno scambio e di una penetrazione sempre possibili nell'esercizio di
una lettura figurativa per elementi, segno colore, movimento, materia,
ecc., non differenti da quelli che consentono la valutazione di ogni
buona pittura. Non sono da dimenticare infine le presenze
alle Biennali veneziane con la sua produzione concretista e la
ripresa espositiva alle rassegne della Società Promotrice di Belle Arti
di Torino. Dall'Informale al neoliberty floreale, il logico
passaggio all’astrattismo di G. culmina in una fase di tensione tra impaginatura
attenta alle squadrature neoplastiche e colore tonale impastato. La
vibrazione cromatica delle campiture, ottenuta attraverso una libera
stesura di pennellate, lo portò a un lento e graduale sfaldamento delle
sue strutture geometrico-architettoniche a favore dell’indipendenza
dell'immagine e al protagonismo di una componente espressiva. Sul piano
formale il gesto pittorico si faceva emancipato e l’organicità
della materia riprendeva vigore. Si segnò qui il definitivo
passaggio di G. all’Informale, lontano dall’interpretazione del
neona- turalismo propugnata dal duo Carluccio-Arcangeli (è proprio che
sono presentati a Torino l’artisti informali presso La Bussola
nell'esposizione Niente di nuovo sotto il sole, titolo che rivelava la
volontà di mantenere una continuità con il passato e la natura.
L'evoluzione del concretismo impose a G. (e alla compagine torinese
del MAC) un binario doppio di direzioni che nonsiindirizzò
all’antipittura quanto piuttosto alla scelta di rimanere dentro la
pittura nell’opzione di un astrattismo lirico che lo condurrà verso
l’Informale. Un Informale, sosteneva G., affine alla declinazione di un LINGUAGGIO
ASEMANTICO in cui tuttavia potessero trovare esito quelle ALLUSIONI O
IMPLICATURE PRAMMATICHE SIMBOLLISTICHE che hanno un posto ben rivelato
dai titoli dei suoi quadri del periodo astratto-concreto Rica pe
Una delle prime esposizioni che offrirono un G. smarcato
dall’astrattismo di matrice con- creta fu la personale alla
Biennale di Venezia mirabilmente introdotta d’Argan. La radice comune
della sua pittura è la distinzione netta tra i concetti di forma e
immagine. L'idea di forma è inseparabile dall'idea di arte come
rappresentazione, implica sempre un contenuto di nozioni, un riferimento
alla natura, un G., in Bordoni, G., Jarema, Parisot e Scroppo, catalogo
della mostra, Galleria Il Fiore, Milano
G., Autobiografia G., in Bordoni, Galvano, Jarema, Parisot e Scroppo G.,
Autobiografia processo dioggettivazione. L'idea diimmagine supera
ildualismo dioggetto e soggetto, la relatività costante di quod
significat e quod significatur; mira a designare un assoluto valore
d’esistenza, a sostituire alla rap-presentazione un'immediata semantica. Segue
Argan. La sua è la ricerca di un'immagine che non abbia determinazioni
dirette o indirette nel mondo esterno, che non si manifesti per via di
similitudini o allegorie, che dichiari esplicitamente le sue origini
e le sue ragioni esclusivamente umane, che si ponga ad un tempo
come noumeno e come fenomeno. Così la materia, non la forma, diventa mito
ed immagine; e la materia è il colore, ma anche IL SEGNO, la linea,
il punto. G. venne invitato da Ragghianti per una personale alla
Strozzina di Firenze. Nell’autopresentazione l'artista tenne a ribadire
ancora una volta le convinzioni e la coerenza del suo percorso pittorico
che lo avevano condotto all’Informale. La formazione spirituale si ècompiuta,
esplica G., attraverso la sua adesione alle correnti non figurative, a
quell'inversione del simbolismo nell’astrattismo che ho cercato di
spiegare storicamente in sede critica. Perciò a Kandinskij e al Kupka
agli americani Pollock e Tobey, ai polimaterici di Prampolini. L'unico
germe di “manifesto” è quello sul feticcio laico. Feticcio cioè
metafisica, ma laico cioè antimetafisica. Crede si possa essere antimetafisici
solo nella misura in cui si è contro le false metafisiche. Nel caso
dell’arte contro la falsa ispirazione, l'evasione sentimentale. Il mezzo
informale di G. vira verso accezioni neoliberty. La copertura
totale della tela della prima fase si distillò per mezzo di uno
sfondo neutro solcato da grafismi pittorici orientati sempre meno verso
un'immagine quanto in direzione di archetipi floreali e calligrammidi
scrittura gestuale. Galvano recuperava, seppur allusivamente,
attraverso una nuova definizione di immagini, la figuratività
«trasformando o meglio puntualizzando i feticci laici in emblemi esplicitati
in forme larvali di iris, i fiori paradigmatici del Simbolismo. Oltre
alle regolari presenze alle Promotrici torinesi e alle mostre annuali di
Torre Pellice, si segnalano la puntata alla collettiva berlinese presso
la Maison de France, le partecipazioni al Premio Bergamo, ai Premi Arezz
e Fiorino. (Firenze) e alla Quadriennale romana. Di
particolare rilevanza in quel periodo furono Argan, in catalogo della Biennale
di Venezia, Venezia G., in catalogo della mostra, Galleria La
Strozzina, Firenze G., Autobiografia Due mostre. La personale
presso Il Canale di Venezia presentata da Edoardo Sanguineti che
così ultimava il suo scritto: «I fiori Mallarmé ci costringono anche a
riguardare di nuovo in faccia la posizione dell'artista las que la vie
étiole, portando cosìla pittura ad assolvere a un compito, molto forte e
molto importante, di smascheramento dell'avanguardia, nella forma,
secondo le possibilità “moderne” di uno estraniamento. Nella
collettiva (G., Scroppo e Montalcini) al Quadrante di Firenze, Dorfles,
accogliendo gl’enunciati di Sanguineti, alluse altresì ad un significato
orientaleggiante delle pitture di G. che avevano: accolto nella loro
matrice compositiva quasi il vuoto il sunyata di certa arte
zenista, purrimanendo lige a una composta scansione di ritmi
dell’Abendland. Pittore dunque in senso tradizionale si define G.
che ricusava le forme antipittoriche, schiuse alla strada
dell’arte-oggetto (della quale si interessò in sede teorica), per
abbracciare una «simulazione d'avanguardia». Un profondo disagio lo conduce
a compiere una pausa dalla pittura causata probabilmente dal
cortocircuito innescato a causa di intendimenti antitetici perseguiti dal
parallelo mestiere di critico e di artista. Come rimarcava
Argan: Sanguineti, in catalogo della mostra, Il Canale, Venezia, Dorfles,
Tre pittori torinesi, in G., Montalcini, Scroppo, catalogo della mostra, Il
Quadrante, Firenze, G., Autobiografia Con Scroppo. la confluenza dei due
percorsi di pensiero (e la sua pittura è tutta pensiero) sono difficili e
interiormente sofferte. Assumono infine un ruolo fondamentale
nella produzione saggistica di Galvano i due volumi pubblicati in
quel periodo: Per un’Armatura (Lattes) e Artemis Efesia. Il significato del
politeismo greco (Adelphi). Sono opere difficilmente classificabili
che attingono alla filosofia, alla storia delle religioni, alla
psicoanalisi e all’antropologia. I due studi affron- tano il problema
dell’interpretazione sia culturale che psicologica di un passato che ci
coinvolge direttamente e sono al tempo stesso processo di autoanalisi in
merito al rapporto tra una figura-feticcio
un’armatura tardomedievale e un idolo greco e l’area psichica della
coscienza. È certamente per G. la fase più feconda di
collaborazione con periodici e riviste tra cui le torinesi Sigma,
Cratilo”e come redattore di Questioni(Galleria di Arti e Lettere”) con
Ciaffi, Lattese e Navarro per Lattes. Una menzione a parte merita il Argan,
in catalogo della mostra, Unimedia, Genova Roberto, G., Dizionario
biografico degli italiani, Treccani, Milano contributo Le tigriimpagliate
per il primo numero d’Azimuth fondata da Manzoni e Castellani. Per
“Letteratura” nG. pubblicò La pittura a Torino, un lucidissi-
mosaggio che inquadra, da testimone diretto, l’arte torinese del
dopoguerra. Successivi furono i notevoli contributi sulla situazione
artistica cittadina tra cui: Per lo studio dell'Art Nouveau a Torino,
Torino e i “secondi futuristi” e La pittura a
Torino. Bandiere, Nastri, Griffonages e SEGNI ASEMANTICI. Con
l'esposizione Erbe e Bandiere, presso la Galleria Botero di Torino,
Galvano sentì «il bisogno di affiancare e poi sostituire gli emblemi
ispirati alla natura con quelli di carattere artificiale più spogli
e tendenti in qualche modo a una nuova astrazione». In mostra le
forme organiche dai tratti guizzanti dell'ultimo Informale di G. sono
accostate, in un felice trait d'union, con la nuova produzione
attraverso la serie delle Bandiere. In uno scritto critico perla suddetta
mostra Chepes sottolinea. Le sue erbe alghe, le sue flammulae, più che
bandiere, sembrano, ad analizzarle, vive, agitate da sentimenti, da
spasimi da aneliti, da desideri. L'artista perseverò nella coerenza linguistica
della sua ricerca che ancora una volta, nei più nuovi risvolti, non
si collocò in un'immediata e netta inserzione in correnti o gruppi
operativi. Gli estesi panneggiamenti svolazzanti dai colori accesi che si
stagliavano su fon- di neutri riecheggiavano quasi un'antica
tradizione araldica. I riferimenti pittorici non erano di certo
estranei al linearismo sensuale del Liberty, anche nella sua declinazione
decorativa, rammentando inoltre suggestioni neobarocche. Un commento di
Mollino, riguardante un'architettura baroccheggiante di Galvano dipinta
degli anni Quaranta, potrebbe restituire puntualmente le atmosfere delle
recenti Bandiere espresse in uno: «scenario di questo tempo
immobile nella chiara decisione di un arabesco che non si placa che in un
ordine senza indulgenza, ma vivo di un amore disincantato»?
Furono ancora le Bandiere ad essere esposte nel 1968 per una
personale a Cremona alla Galleria d’arte I Portici. Gli stendardi
svolazzanti davano la prova di una profonda conoscenza degli allora
attuali linguaggi pop e forniscono anche un «grave riverbero di
anti- chità» rendendo l’immagine «imminente e insieme assente che
par scelta e fabbricata per un pubblico Tutti gli scritti qui citati sono
reperibili in G., Diagnosi del moderno, G., Autobiografia Chepes, in “Borsa
Arte Mollino, in S. Cairola, Arte italiana del nostro tempo, senza tempo e
d’ogni tempo Proprio per questo è significante perché carica di
intenzioni contrad- dittorie e fortemente drammatiche, nella dialettica
che stabiliscono tra l’esperienza passata e l'avvento, e la
necessità del presente. G. si rivolse alla nuova serie pittorica dei
Nastri mantenendo una viva tangenza allo sviluppo formale del periodo
MAC. L'oggettivazione del dato geometrico si sostituì con una figurazione
elementare di armonica tridimensionalità sull’estensione della
tela. Le masse sventolanti e libere, nelle quali si evidenzia una
ben nota propensione per l’ellissi e il semicerchio, proseguivano
l'indagine sullo spazio volumetrico. Giuliano Martano asseriva appunto di
un'astrazione intellettuale, in cui i segni, i ghirigori, sono veri e
propri simboli codicillari, incognite d’equazione, libertà della memoria.
Nastri che si dipanano nel quadro senza né capo né coda e sono le
bandiere di prima rese a brandelli, sono una forma chiusa che si apre,
che da circonlocuzione diventa INTER-LOCUZIONE. Presso la Saletta d'Arte
contemporanea di Cu- neo, nel 1972, Galvano presentò questa
figurazione elementare di volute concave e convesse di recente
produzione, che si palesavano, secondo Giorgio Brizio, «dall’uso parco e
strettamente pensato delle timbrici- tà cromatiche. Basandosi su toni
primari, operando esclusivamente sulla opacità della parte in
ombra, Galvano può, in una suddivisione doraziana dell’in- fluenza
tonale, usare la direttrice cinetica del timbro per equilibrare il
dinamismo globale della partitura spazio-occupato, spazio-vuoto. La
personale alla Galleria Martano di Torino assunse il significato di una
ricapitolazione, dal MAC al presente, in cui gli elementi nastriformi
si erano evoluti, in forme dall’aspetto cellulare e in moduli verticali e
curvilinei. Tracce realizzate a carboncino, impreziosite da lievi
velature scariche di colore, campeggiavano solitarie sulla tela; la
dimensione gestuale fu affiancata dall'espressione intellettiva dell'atto
primario del dipingere. Questi moduli nella linea filogenetica della sua
pittura non- figurativa «appaiono anche maggiormente legati ai
dettami grafici di una cultura passata attraverso quell’inversione del
simbolismo nell’astrattismo che riaffiora con l’organicità delle sue forme
così tese ed essenziali, rispondenti ancora una volta a quella
logica interiore che resta come la matrice vera di ogni opera di G. Una
sala personale della Mostra d'arte di Torre Pellice venne dedicata a
Fezzi, in catalogo della mostra, Galleria d’arte I Portici,
Cremona Martano, G., in “Pianeta Brizio, in catalogo della mostra, Saletta
d'arte, Cuneo Dragone in Stampa sera, G. che vi espone una ventina di opere.
L'artista presentò efficacemente al pubblico la sua recente svolta
pittorica: sente il bisogno di logorare la forma, di intercettarne la
presunzione di organicità, sgranandone il supporto disegnativo in pochi cenni
grafici su cui il colore nonagisse più come elemento qualificante
ma soltanto come sottolineatura allusiva. Come nel ritmo stesso delle vicende
vitali, a una stagione di estroversa aggressione della percezione dello
spettatore si avvicendava una fase di ripiegamento sulla discrezione,
sulla riserva, sultono contenuto. Coevi furono i Griffonages e i Segni
dell'alfabeto asemantico lavori con scritte quasi illeggibili rese «come
puro segno e gioco lineare non senza un, fra ironico e intenerito,
strizzar l'occhio al concettualismo. Si ha la personale genovese alla
Galleria Unimedia per la quale Saguineti imple- mentò la troppo riduttiva
definizione del G. doppio, critico e pittore, trascendendo anche
nella saggistica e nella FILOSOFIA e invitando a vedere con totale
persuasione la forza della sua lezione rispecchiata, con eguale fedeltà, nelle
sue pagine e sopra le sue tele». Il discorso si reiterava anche
nello scritto critico di Argan che chiudeva con un interro- gativo
dal quale G. non si discostò mai: Che cos'è la pittura? Ciò che vuol
sapere è che cosa sia la pittura in questa precisa condizione della
cultura, della coscienza, dell’esistenza, e quale il suo grado di
vitalità, quali le sue possibilità di sopravvivere in uno spazio ogni
giorno più ristretto. Tra la ripresa dopo l'interruzione pittorica e
si ricordano infine le puntuali presenze a collettive con cadenza annuale
come la Promotrice delle Belle Arti e le mostre del Piemonte Artistico
e culturale di Torino; le rassegne estive di Torre Pellice e due
edizioni dell’Incontro di artisti piemontesi e liguri a Bordighera Si
reimpose per G. un nuovo approccio rivolto alle forme naturali: la
ripresa di una figurazione espressionista pervasa d’un realismo
quasi visionario e il fascino recuperato, come confessò lo stesso
artista, per le gidiane nourritures terrestes. G. sembra sentirsi
quasi responsabile d'un tradimento verso la pittura allorché, per
coerenza, operò una sintesi tra l’elemento naturale e il non figurativo che gli
consentì G., Personale di G., in mostra d’arte contemporanea,
catalogo della mostra, Scuole comunali, Torre Pellice G., Autobiografia
Sanguineti, in catalogo della mostra, Unimedia, Genova Argan, in catalogo
della mostra, Unimedia, SZ Nella bottega
dell'antiquario. un'impaginazione astratta servendosi di forme non
inventate, non di natura cerebrale ma veramente esistenti, Riemerse,
con la serie dei Cespugli, la fascinazione per i cespi di iris, tema
dominante di inizio anni Sessanta, ma questa volta non più giocato con la
«gestualità irruente» del colore spremuto direttamente sulla tela,
eredità del linguaggio informale, ma attraverso un sedimen- tato
approccio di sottili velature di pittura a olio utilizzata come gouache
che si rifaceva alle delicate tinte dei moduli di qualche anno
precedenti. Gli sfondi bianchi svuotati erano percorsi esplicita-
mente da segni grafici e scritte che sembrarono dischiudere uno spiraglio
perfino alla poesia visiva. Fu Galvano stesso, riferendosi a questi
la- vori — esposti in una personale presso la Weber di Torino a
parlare d’archetipo floreale dove il fiore dell’iris scandisce
l’intrico dei segni, grafismi di parole o di immagini, altre volte
rigidamente modulari o, almeno non anco- ra piegati all’allusione
significativa. ‘Cespugli Spinardi, in catalogo della mostra, Piemonte
Artistico e Culturale, Torino perciò in contrapposizione ai glifi
dell’”alfabetico asemantico” e dei griffonages che li avevano preceduti.
Segue la serie dei Motivi vegetali (Ciottoli, Foglie, Frutti, Relitti).
La riappropriazione di una rappresentazione ottica- mente realistica fu
solo apparente; il candore neutro dei fondiesaltava una suggestione di
tridimensionalità attraverso la scansione prospettica degli oggetti.
Tali elementi solitari erano estraniati dal loro contesto naturale
e inseriti negli spazi illusori di questa pittura d’assenza.
Sul cadere diogni riferimento a contenuti simbolici o anche solo
sentimentali della pittura di G., ne scrive Guasco nel saggio che
introduce lagrande mostra retrospettiva dell'artista organizzata a
Torino dalla Regione Piemonte. Tali opere, per Guasco, non sono più
emblemi né simboli che rimandano a un ulteriore significato. Per essi si
può forse parlare di sospensione di senso”(per usare un termine di
Barthes), di un muto stupore di fronte alla vita e alla natura. Le foglie
morte e i relitti di G. rifiutano il significato, e quindi ogni commento,
o spiegazione. Il cespuglio spezzato è solo un cespuglio spezzato;
le foglie, anche se rosse, autunnali, non sono les feuilles mortes.
Con avvio del decennio Ottanta ne i Paesaggi (Rocce, Alberi, Isole) vi fu
il riutilizzo di una stesura cromatica che spesso occupava l’intera tela
con un conseguente recupero dell'effetto tonale. Gli spazi
desolati, le muse inquietanti, che G. propose in questa fase suggerirono
a Fossati richiami alla pittura metafisica. Luoghi, intanto, vuoti,
svuotati di allotrie presenze, come è giusto siano le radure vuote
e silenti, per il camminante che vi si ferma a pensare e meditare. Luoghi
di pensiero e di inconsci sofismi: con i relativi feticci oppure
archetipi, teste in gesso di eroi, manichini nel pictor optimus; rami
sassi acque per G.. L'artista, con le serie di guazzi su carta
di Nudi e Macchie sperimenta infine, una pittura liquida fatta di segni
colantiin un'inversione di «sgor- bi cromatici di netta matrice informale.
Confessa ai lettori del catalogo della Micrò. Ancora una volta ho voltato
gabbana e me ne scuso a chi può dare fastidio, G., in catalogo della
mostra, Weber, Torino, Guasco, in N. Pizzetti e G. Givone (a cura di), G. cit.,
Fossati, Per un omaggio a G., in P. Fossati, F. Garimol- di e Mundici
(cur.), Omaggio a Albino Galvano, catalogo della mostra, Circolo degl’artisti,
Torino, Electa, Milano .G., in catalogo della mostra, Micrò, Torino ma vuole
ricordare che vi è stata una sua stagione d’eriffonages che a questi fogli
ultimi molto si apparenta, anche se là il segno prevaleva, monocromo.
Perciò dico a mia difesa il diritto di difendersi è sempre riconosciuto
ai colpevoli — versatilità, capricciosità sì, incoerenza no. Molti furono gli
spazi espositivi torinesi che accolsero le personali di G. inquadrando la
sua fase pittorica, tra cui: laWeber, il Piemonte Artistico e
Culturale, la Cittadella e la
Micrò. Occasioni extracittadine rilevanti furono presso
la Morone di Milano, la Villata a Cerrina Monferrato e la
bipersonale insieme a Gorza presso Palazzo Te a Mantova. Si
rammentano poi l’antologica presso la La Cittadella di Torino; la
vasta esposizione organizzata dalla Regione Piemonte presso Palazzo Chiablese
di Torino che esplora l’intera carriera dell'artista (corredata da
un notevole apparato critico in catalogo) e le mostre retrospettive all’Accademia
di Torino. Costanti furono inoltre le partecipazioni a collet- tive
come alla Promotrice torinese, alla Galleria Martano e all'esposizione
Torino tra le due guerre presso la Galleria d’arte moderna di
Torino. Infine, nell’ambito della rinnovata attenzione perlostoricizzato
Movimento Arte Concreta, Galvano figurò in svariate mostre a:
Cavallermaggiore, Torre Pellice, Gallarate, Aosta. G. muore a Torino.
La dichiarazione conclusiva sugli intendimenti di una pratica pittorica
perseguita per l'arco di una vita intera è affidata a Galvano stesso e
permette di afferrare almeno un aspetto di questa multiforme e
primaria figura di artista, critico e intellettuale italiano del
Novecento. «Di una sola coerenza credo di poter- mi vantare, ma è
coerenza che in qualche modo mi sequestra al di fuori di tanta arte
contemporanea: la fedeltà alla tela, al colore ai pennelli. In parole
povere ho sperimentato molto, forse troppo e troppo disper-
sivamente, ma non mi sono mai sentito vicino alle ricerche di chi
avevarifiutato o cercato un'alternativa ai mezzi tecnici che poi vuol
dire anche espressivi di una tradizione che va dal Cinquecento agl’impressionisti,
ai fauves, agl’espressionisti. Fedeltà o incapacità di uscire dalla
routine? Non sta a me deciderlo. Ne rivendico la responsabilità o il
merito. G., in catalogo della mostra, Palazzo Te, Mantova Alla
presentazione del volume "La pittura, lo spirito e il sangue, Da discepolo
a interprete. G. e Casorati Botta Quando mi presentai
alla scuola di via Galliari, cioè allo studio di Casorati, ha dietro le
incerte aspirazioni dettate da una pretesa mia attitudine al disegno.
Poco, ma abbastanza, insieme alla passione per la storia dell’arte, perché
seguissi con attenzione sulle riviste (specialmente Emporium) le Biennali
veneziane che mi educarono al gusto per l’arte. Con queste parole G.
apre la sua auto-biografia scritta per una mostra retrospettiva torinese,
definendo sin da subito le proprie origini di formazione e circostanze di
aggiornamento. Nato nell’anno in cui, con le Demoiselles di Picasso,
l’arte occidentale vede chiudersi il ciclo iniziatosi alla fine del
duecento, si iscrive al liceo classico Cavour insie-me ad ARGAN (son vicini di
banco), e presto interrompe gli studi per dedicarsi interamente alla
pittura, seguendo inizialmente le indicazioni di artisti intercettati attraverso
le conoscenze familiari. Un temperamento vivo e curioso, il suo, che più
che seguire le letture e gli studi che il percorso scolastico gli impongono,
preferisce accrescere le proprie conoscenze con una formazione isolata,
fatta di letture personalissime. Si seppelle cinque-sei ore al
giorno in biblioteca sostiene in un'intervista. Lì incomincia a leggere
La Critica. Legge Bergson. Nell’atteggiamento che caratterizza l’artista,
concentrato ad inseguire le proprie passioni piuttosto che le strade già
battute, si può forse leggere una continuità nella scelta di rivolgersi a
Casorati come maestro, una decisione non così scontata in una Torino dove
gl’orientamenti estetici sono ancora influenzati dall’ingombrante figura di
Grosso e dall’insegna- mento della paludata Accademia Albertina.
G. ha una fascinazione improvvisa verso l'artista torinese,
arrivata attraverso l'osservazione di- G., Autobiografia, PizzETTI, Givone
(cur.), G., catalogo della mostra (Torino, Palazzo Chiablese), Regione Piemonte,
Torino ARGAN, G. [presentazione], in XXVIII Bien- nale di Venezia,
catalogo della mostra (Venezia), Alfieri Editore, Venezia. Non sono tra i primi
della classe. Troppe cose c'interessano, che non hanno nulla a che fare
col programma, e ne discutevamo per interi pomeriggi, dimenticando le
versioni di latino e i problemi di matematica. Forse quell’amicizia di ragazzi
ci costa qualche esame ma, almeno per lui, non è un'esperienza inutile. G.
parla d’un apprendistato presso Vannini, maestro di disegno a cui è stato
indirizzato dal pittore Pisano amico di famiglia, che ha spesso occasione
di veder al cavalletto G., Autobiografia Intervista di Lanzardo ad G., in
Fossati, GarmoLpi, Munpici (cur.), Omaggio a G., catalogo della mostra
(Torino, Circolo degli Artisti), Electa Piemonte, G. alla mostra personale di
Palazzo Chiablese, Torino. Archivio Storico della Città di Torino, fondo
Gazzetta del Popolo. retta di alcuni suoi dipinti presenti nelle
collezioni del museo cittadino: “Alla Galleria di Torino — sostiene
egli stesso nell’autobiografia gli sono cioè piaciuti piuttosto i bianchi
di tempera con il rosso dei coralli o il cielo spugnoso del bozzetto per il ritratto
della signora Wolf che il neo-quattrocentismo del Ritratto della sorella.
Indicazioni sintomatiche di un interessamento che si rafforza man mano e
che è destinato a diventare decisivo per il suo ingresso nella scuola
dopo la visita alla Biennale veneziana, nella quale Casorati espone,”
oltre ad otto dipinti, anche due statue destinate al proscenio per
il teatro Gualino. Galvano è colpito, in questa occasione, ‘“[dal]l’azzurro o
il paglierino di stoffe e legni in Daphne che le pose ricercate dei nudi.
G., [autobiografia], in Albino Galvano, catalogo della mostra (Asti, Galleria
La Giostra, 1952), Asti; relativamente ai dipinti di Casorati citati si veda il
catalogo generale dell'artista BERTOLINO, F. PoLi, Felice Casorati.
Catalogo generale. I dipinti Allemandi et C., Torino. Da qui in poi
citato come (Bertolino, Poli G. autobiografia Relativamente alla Biennale
scrive: Quella volli visitarla di persona e vi fui impressionato
specialmente da Felice Casorati, sicché decisi, scoperto che abitava a
Torino, di iscrivermi alla sua scuola.” (Ip., Autobiografia; in quell’occasione,
oltre al Ritratto di Daphne Ber-tolino, Poli, Casorati espone l’opera Ragazze
dormenti o Mozart, ricordata da G. nel suo racconto autobiografico.
L'ingresso alla scuola lo vede inserirsi in un ambiente già consolidato,
accresciuto notevolmente d’iscritti rispetto al nucleo fondante di
stretto discepolato del suo studio che sta tra l'accademia e il monastero.
La scuola libera di pittura, inaugurata in via Galliari, è ormai una
realtà pubblica, che riunisce maestro e allievi e li vede impegnati come
fronte coeso nelle esposizioni cittadine e nazionali. La serietà e la
dedizione alla pittura sono le caratteristiche fondamentali che danno l’accesso
alla scuola: lo si rica dalle impressioni che risuonano con
continuità tra i commenti e i ricordi degl’allievi che in tempi diversi
affrontano l’alunnato casoratia- no.! G. non fa eccezione: “L'accoglienza
fu, come era nel suo stile, di una signorile severità”.! Ma, al di
là delle incertezze iniziali, il maestro sem- bra essere più colpito
dalla spiccata vivacità intel- lettuale del giovane allievo piuttosto che
dalle sue capacità pittoriche: “credo che — sottolinea Galvano
raccontando di se stesso — abbia avuto subito per l’uomo la simpatia e la
stima che poi sempre mi di- mostrò, forse assai più scarsa la fiducia
nelle mie possibilità di pittore, il che mi fu ottimo stimolo a
intestardirmi e ad impegnarmi a fondo. Lo scolaro “intelligente ma noioso,
predicatorio, secondo il ricordo di Romano, anche lei discepola di
Casorati, presenta le sue opere per la prima volta con il gruppo di
allievi all’Esposizione d’arte allestita nello studio di via Galliari.
L'esposizione intima, alla sua seconda edizione, è aperta al pubblico di
interessati (a visitarla, sono perlopiù personalità del milieu
intellettuale ANTI-FASCISTA cittadino) e vuol essere una raccolta dei
lavori più notevoli eseguiti dagli allievi nello scorso anno. La prova
generale della scuola non sembra però garantire a G. l’accesso
all’im- G. fissa la sua presenza nella scuola G., Autobiografia
GOBETTI, Felice Casorati pittore, Torino Per uno studio sulla scuola di
Casorati e sulle vicende espositive della stessa si veda Cavallaro, La scuola
di Casorati, tesi di laurea, Facoltà di filosofia, Torino, relatore:
Rovati; Poi, Cavallaro (cur.), La scuola di Casorati ed Cefaly, catalogo
della mostra (Catanzaro, Complesso monumentale di San Giovanni),
Rubettino, Soveria Mannelli testimonianze e memorie dei suoi discepoli, in Pianciola
(cur.), Il critico e il pittore. Gobetti, Casorati e la sua scuola, Aras
Edizioni, Fano G., Autobiografia Romano, Un invento, Einaudi, Torino,
PauLuccCI, Cronache torinesi. Scuola di Casorati, in “Le Arti
Plastiche Su questo argomento si veda A. BOTTA, Felice Casorati
nelle. minente esposizione alla Galleria Valle di Genova organizzata
probabilmente da tempo che vuol essere l’occasio- ne per riunire una
selezione più stretta degli allievi. Dove attendere ancora qualche mese, in
primavera, prima di assistere alla presentazione di un suo dipinto
(accolto per accettazione dalla Giuria) alla Biennale. Riuniti attorno al
maestro, gl’allievi di Casorati occupano la sala 30, attigua alla
fortunata e discussa retrospettiva di MODIGLIANI (si veda) ordinata da
Venturi, che non manca di far nascere alcune corrispondenze e letture
parallele con le opere dei ca- soratiani. Da questo momento
in poi G. incomincia ad essere presente con continuità alle mostre della
scuola. Una conferma che arriva già a poche settimane di distanza con la
partecipazione alla 88° esposizione della Società Promotrice delle Belle
Arti con ben quattro dipinti. Ancora alla fine dell’anno il suo nome si
registra tra gli allievi presenti alla III Esposizione d’arte di via
Galliari,' mentre viene segnalato come uno dei casoratiani che espongono -
questa volta senza il maestro alla mostra torinese degl’Amici dell’
Arte. Se fino a questo momento le opere di Galvano non sembrano
sollecitare più di tanto l'interesse della critica forse perché il
modello del maestro è troppo riconoscibile nella sua pittura, l'occasione
della I Quadriennale d'Arte Nazionale di Roma apre ad un interessamento che
coinvolgerà da lì in poi anche il giovane artista torinese, presente con
il dipinto Estate, riprodotto per l'occasione sulla nota rivista milanese
La casa bella. G., ancora coeso al gruppo almeno fino al marzo di
quell’anno (la sua presenza è confermata in una mostra di “scuola”
allestita alla galleria Milano, Esposizione dei pittori Casorati, Bay,
Bionda, Bonfantini, Marchesini, Maugham, Mori, prefazione di G. Pacchioni,
catalogo della mostra Genova, Galleria Valle), Genova Sitratta del
dipinto Paese con un ponte; cfr. Catalogo XVII Espo- sizione Biennale
Internazionale d'Arte catalogo della mostra (Venezia) Venezia Pautucci,
Cronache torinesi. Scuola di Casorati, in “Le arti plastiche ZANZI,
Cronache torinesi. La mostra degli “Amici dell’Ar- te Emporium, Torriano,
Cronache d’arte. Note alla I Quadriennale, in “La casa bella”, marzo
1931, p. 57. Relativamente alla partecipazione degli artisti piemontesi
alla rassegna romana si veda L. IAMURRI, Levi, Paulucci e gli altri.
Presenza torinesi alla Quadriennale, in M. Cossu, C. MicHELLI (a cura
di), Cultura artistica torinese e politiche nazionali, catalogo della
mostra (Roma, Galleria Nazionale d'Arte), Electa, Milano Cfr. Bay,
Bionda, Bonfantini, Casorati, Chicco, Cremona, Donati, G., Levi, Maugham,
Marchesini, Mennyey, Mori, catalogo del- la mostra (Milano, Galleria
Milano), Milano Copertina del catalogo della mostra alla Galleria Milano,
Milano incomincia a dar segni di cedimento rispetto allo sta- tuto
casoratiano e nei confronti della scuola. Un di- Stacco progressivo che
si rende evidente nell'esercizio Stesso della pittura, che lo vede
ricercare una propria indipendenza e nuove vie di espressione. La
Promotrice diventa per lui un terreno di confronto nel quale presentare
le più recenti ricerche, filtrate at- traverso nuovi modelli nel
frattempo subentrati e maturati, chiariti con lucidità — a distanza di anni
dallo stesso artista. Mi affascina il tentativo di ricostruzione
formale del mio maestro e, contemporaneamente e contraddittoriamente, gl’esiti
dell’impressionismo e postimpressionismo, sia nelle loro accezioni originali
sia nelle riprese locali dei sei e, in genere, la pittura di colore e di
tocco, ovviamente legata a una visione naturalistica. Nel duplice e, in
certo senso, contraddittorio intento di tener Insieme i valori plastici
di Casorati e quelli cromatici dei Sei il risultato diveniva naturalmente
pesante, impasta- to, anche perché subivo fortemente l'influenza di
una certa pittura francese, o meglio di una pittura che si faceva
in Francia spesso da stranieri, che allora agli inizi degli anni trenta
mi affascinava dalle pagine dell’Art Vivant. Assente il maestro, G. è presente
con tre opere. La Composizione con figura, in particolare, riprodotta G.,
Autobiografia sia in catalogo che sulla rivista Emporium, mostra gli
esiti dell'aggiornamento condotto sugli esempi dei post-impressionisti
francesi e sulle proposte figurative dei sei (sciolti ufficialmente, come
gruppo), che si riconosceno nella linea di rinnovamento dell’arte
contemporanea tracciata da
Venturi. Il passaggio, da questo momento in poi, è
breve. Complice un disfacimento generalizzato della scuola stessa,
il pittore, alla mostra degl’Amici dell'Arte allestita nell'autunno del
medesimo anno, è considerato già da tutti un ex allievo. Ma la sua
fedeltà al maestro e l'amicizia che li lega lo vedranno partecipare
ancora ad una mostra di scuola, allestita nel teatro di Pavia. Accanto
agli ex compagni, G. diventa una presenza eccentrica. Le sue opere, che
spaziano tra i generi (dalla natura morta al paesaggio), mostrano la sua
indecisione circa la strada da intraprendere, alla luce delle più recenti
scoperte, passando dall’espressionismo all'impressionismo senza un attimo
d’esitazione. La rottura con Casorati o presunta tale, coincide con il
suo esordio di critico e con il suo avvicinamento a Venturi, al quale viene
introdotto dal suo compagno di studi Argan G. pubblica un saggio sull’illustre
rivista trimestrale L'Arte, che vede Lionello impegnato nella
condirezione accanto al padre Adolfo. La presenza del figlio, professore
a Torino, apre il periodico al dibattito sulle arti contemporanee, fino a quel
momento escluso dai contenuti tradizionali della rivista. Il saggio
Armando Spadini e il gusto degli impressionisti? mostra l'avvicinamento
di G. alla critica venturiana, già evidente nel titolo del contributo, che
riecheggia il più celebre volume, e che si conferma nei contenuti e nel
soggetto stesso dell'articolo. ZANzZI, Cronache torinesi. L'Esposizione
Interregionale della Promotrice di B. A., Emporium Rossi sulle pagine dell'Italia
letteraria sottolinea come G. sia ormai “teso a tutt'uomo alla ricerca di
costru- zioni personali Rossi, Una mostra interregionale, in
L'Italia letteraria, mentre Zanzi, sulla Gazzetta del Popolo, rileva come
la distanza tra allievo e maestro sia ormai sensibile sia da un punto di
vista cromatico che formale: G. - fa notare - sta liberandosi dai grigi e
dalle tristezze casoratiane e ora si esperimenta, con accortezza e
con gusto, nelle esperienze di Matisse e di Friesz Zanzil], L'arte
al Valentino. Mostra regionale del Sindacato delle Belle Arti, Gazzetta
del Popolo, Cfr.e.z. [E. Zanzi], Agli “Amici dell'Arte” pittori, scultori,
ar- chitetti, decoratori. La mensa degli avieri ideata da Balbo, Gazzetta
del Popolo Sornini, Alla mostra Casorati II, in “Il Popolo di Pavia Cfr. G.,
Autobiografia Spadini e il gusto degl’impressionisti, L'Arte VENTURI, Il gusto
dei primitivi, Zanichelli, Bologna Accanto all'impegno pittorico, piuttosto in
crisi in questo periodo (“per una dozzina d'anni, mi mossi un poco
a casaccio”), G. intraprende gli studi universitari presso la Facoltà di
magistero. Una scelta che è dettata non tanto dalla sua ben nota passione
per le materie filosofiche o dalla sua curiosità innata, ma più
semplicemente da problemi economici che lo obbligano in fretta e furia a
prendere una laurea e ad iniziare l'insegnamento in istituti. La fine del
suo percorso di studi, che si conclude con una tesi sulla pedagogia della
religione discussa con GAMBARO (si vda) ed ABBAGNANO (si veda), coincide
con la ripresa dell'attività di critico ma anche di saggista, che si fa
particolarmente intensa e che lo vede collaborare con le riviste Il
Selvaggio ed Emporium. Al di là dell'abbandono della scuola di Via
Gal- liari, Casorati resta per Galvano un solido punto di
riferimento, non tanto come esempio figurativo o di pratica pittorica da
seguire, ma come rappresentate di un modello culturale autorevole e
indipendente pre- sente in città. L'amicizia tra i due, avviata e
riconfermata in più occasioni, sembra in questo giro di anni
intensificarsi ulteriormente, antici- pando il sodalizio che porterà alla
pubblicazione della monografia per la collana “Arte Moderna Italiana”
di Scheiwiller nel 1940, dedicata integralmente al maestro. Incomincia
a collaborare con Emporium occupandosi di curare la sezione Cronache
torinesi del mensile. Questo nascente incarico gli permette di affrontare
e commentare l’attività artistica piemontese, confrontandosi con un universo
legato ad una rivista nota ed ampiamente diffusa e discussa. Casorati è
sempre presente nei suoi articoli: viene seguito passo passo da G. sia
nelle vesti di pittore che di organizzatore culturale, offrendo in
special modo la propria attenzione all'impresa della galle- G.,
autobiografia Intervista di Lanzardo a G. Da ascriversi sempre al rapporto con
Venturi sono i tre volumi di G., apparsi per Nemi di Firenze (L'arte
egiziana antica; L'arte dell'Asia occidentale e centrale; L'arte
dell'Asia orientale), pubblicati nella collana “Novissima enciclopedia
monografica illustrata”. Casorati sa rispettare la personalità
dell'allievo anche quando non era affatto d'accordo sulla visione
dell’allievo. Infatti quei pochi che sono venuti fuori tra i molti che ci sono Bonfantini,
Chicco, Montalcini, ed io, ci siamo subito allontanati da Casorati pur
restando suoi amici, pur essendo sem- pre aiutati da lui sul piano
pratico per mostre ed esposizioni. [Ma Montalcini ed io siamo passati
all’astrattismo, poi all’informale, tutte cose che Casorati ma non ci ha
mai tolto né la sua amicizia né la sua protezione. In questo è veramente un
grandissimo signore, Intervista di Lanzardo a G. G., Casorati, Arte
moderna italiana Serie Pittori Hoepli, Milano ria “La Zecca, avviata dal
maestro a Torino insieme a Paulucci in via Verdi Se appare piuttosto
chiaro come G. tenti con i mezzi a sua disposizione di promuovere e sostenere
l’amico Casorati nelle sue molteplici attività, il maestro, dal canto
suo, cerca di aiutare il suo ex-allievo nel suo percorso di pittore. È lo
stesso G. a dichiarare apertamente, molti anni più tardi, come la sua
affermazione al premio Bergamo sia in realtà frutto di un aiuto arrivato
dallo stesso maestro: “Casorati è molto potente mi fa accettare al Premio
Bergamo, mi fa sempre dare qualche premio, per cui mi trovai agganciato.
Presente con continuità G. si aggiudica per ben tre anni i premi in denaro del
concorso. Solo nella seconda edizione non compare tra i vincitori, ma la sua
opera viene acquistata dal ministero dell'educazione nazionale a
titolo di incoraggiamento. È data alle stampe il saggio “Casorati” scritto
da G., apparsa per Hoepli di Milano. Il saggio si inserisce all’interno
dell’ambiziosa collana Arte Italiana inaugurata e coordinata da Scheiwiller,
immaginata per raccogliere uno
dopo l’altro gli artisti italiani più noti del tempo, attraverso piccole
monografie illustrate, introdotte da un testo critico che viene di volta
in volta scelto dall'editore o dall'artista protagonista del
volume. In questo caso, è infatti Casorati a suggerire il nome del
giovane critico a Scheiwiller, incaricandolo di aggiornare radicalmente
la precedente edizione di Giolli, ormai vecchia di quindici anni. Il
saggio di G. non si colloca, all’epoca, come una novità di genere nella
letteratura artistica del pittore, ma rientra in un panorama già
piuttosto sedimentato di studi sul maestro, che si occupano di fornire uno
sguardo complessivo sull'intera produzione raggiunta sino a quel momento.
Il volume La collezione Della Ragione, in “Emporium, Torino.
Maccari alla Zecca, Emporium, Torino. Mostre alla “Zecca”, in “Emporium, Torino.
Mostre alla Zecca, Emporium, Intervista
di Lanzardo a G. G., Felice Casorati, cit. Per uno studio sulla mono-
grafia si veda Botta, G. e Casorati. La mongrafia per la collana Arte Italiana
di Scheiwiller, tesi di specializzazione, Università degli Studi di
Udine, relatore: Fergonzi. Giotty, Casorati, Arte italiana, Serie
Pittori, Hoepli, Milano. lo studio di Giolli, infatti, limitava
necessariamente l'indagine sull'artista. di Gobetti, che si propone come una
rico- struzione cronologica del percorso artistico (nonostan- te la
limitatezza della produzione casoratiana) apre la strada a numerosi
tentativi di interpretazione e ordi- namento dell’opera del maestro, non
limitati alle pubblicazioni di carattere monografico (il caso successivo
— come si è detto — è quello di Giolli) ma rintracciabili anche
all’interno di contributi meno estesi che, a partire dal saggio di Venturi
uscito su Dedalo, diventano sempre più frequenti nei tempi a
venire, anche sotto forma di presentazioni nei catalo- ghi delle
esposizioni. La critica contemporanea studia la produzione di Casorati
secondo principi e approcci molto differenti che, verso la metà degli anni
Venti, tendono a farla rientrare in quel processo di costituzione di
un'arte nazionale ufficiale: un’annessione ai pittori non pienamente
condivisa dall'artista che è esplicitata nel saggio di Sarfatti apparso
sulla Rivista Illustrata del Popolo d’Italia e che contribuirà a determinare
una lettura della pittura di Casorati divisa “tra estetica e
lettera- tura”, destinata a rimanere ancora per molto tempo
identificativa del suo lavoro. Intorno agli anni Trenta il lavoro
di Casorati rientra già nell'ottica di una ricostruzione storica più ampia
dell’arte italiana ed internazionale: le pubblicazioni di Sarfatti, di
Guzzi, di Costantini, di Brizio e di Nebbia,
esaminano Casorati secondo una prospettiva generale (con le inevitabili
ed ulteriori opinioni contraddittorie), ma sono tutte piuttosto concordi a
identi- Gost, Casorati pittore, VENTURI, Il pittore Casorati, Dedalo Mostra
individuale di Casorati, Esposizione d'Arte, Venezia, catalogo della
mostra, Venezia, Ferrari, Venezia PACCHIONI, Casorati, in Exposition
d'’artistes italiens contemporains, catalogo della mostra (Ginevra, Musée
Rath), Foa, Torino, Rossi, Felice Casorati, in Artistes Italiens, exposition,
catalogo della mostra (Ginevra, Galerie Moos), Richter, Ginevra
BERNARDI, 25 opere di Felice Casorati nel salone de La Stampa, catalogo
della mostra (Torino), La Stampa”, Torino. Per una ricognizione sulla
fortuna critica Casoratiana si veda P. THeA, La critica e Casorati:
profilo e antologia, in LAMBERTI, Fossati, Casorati, catalogo della
mostra (Torino, Accademia Albertina), Fabbri, MilanoSARFATTI, Pittori. Felice
Casorati, in Rivista illustrata del Popolo d’Italia In. Storia della pittura
moderna, Cremonese, Roma; Guzzi, Pittura italiana contemporanea. Origini
e aspet- il, Bestetti et Tumminelli, Treves, Roma-Milano; COSTANTINI,
Pittura italiana, Ulri- co Hoepli, Milano; Brizio, Ottocento Novecento,
Utet, Torino NEBBIA, La pittura, Società editrice libraria, Milano
ARTE MODERNA ITALIANA G. CASORATI HOEPLI.
MILANO EDITORE Casorati, Ulrico Hoepli, Milano ficare nell'opera del
medesimo una tendenza interna e personalissima alla corrente
novecentista. Le difficoltà nel rintracciare una linea condivisa per la
sua arte era già stata evidenziata da Debenedetti (filosofo torinese, come
Gobetti, prestato anche lui alla critica d’arte) con l'articolo Casorati
e la critica d'arte, nel quale sottolineava come L'arte di Casorati pare
fatta apposta per isconcertare gli schemi che la più scientifica critica d'arte
s'è data come sicuri oramai ed incontrovertibili, evidenziando nelle
conclusioni tutte le contraddizioni di una generazione: “Linea, dunque,
no: forma plastica, no: colore, no: o quanto meno né la linea, né la
forma, né il colore intesi come schemi esclusivi ed esaurienti,
nell'accezione data dai critici, che di quegli schemi si sono fatti, non
pure gli interpreti, ma i banditori. E questa è l’involontaria polemica
del Casorati contro la critica d’arte. Davanti a questo
insieme di opinioni e approcci differenti, G. si dimostra sin da subito
molto perplesso verso i suoi predecessori, affermando in maniera
categorica come Ciò che è mancato più ad una critica concludente su
Casorati è appunto una comprensiva ‘lettura’ delle sue pitture, e
sintetizzan- DEBENEDETTI, Casorati e la critica d'arte, L'Italia
letteraria G., Casorati do poi, nelle prime pagine della monografia, i
termini di questa fortuna critica che è anche incomprensione sedimentata
verso l’artista, almeno fino alla metà degli anni Venti: Casorati ha
goduto di un momento di fortuna quando la sua pittura, forse proprio
perché meno urtante a prima vista di quella di altri pittori di
avanguardia, ebbe tutti i suffragi e specialmente a quelli della critica
che voleva essere alla pagina, ma salvando il rispetto per la
tradi- zione [...] Erano i tempi in cui la pittura del novecento
appariva come uno sforzo neoclassico in polemica con l’arte futurista da
una parte, con l’aneddotismo elegante dall'altra, la pittura di Casorati
ha una sua funzione in Italia per liberare il medio pubblico dagli
en- tusiasmi per Grosso, per Sartorio, per Dall’Oca Bianca. Rispetto ai
precedenti studi la posizione di G. è fin da subito ben chiara: risiede
nell'approccio preferenziale con cui affronta l’opera di Casorati,
total- mente inedito sino a quel momento, che viene ribadito in più
punti della monografia. In apertura del volume il critico-pittore
sottolinea come la sua analisi non si circoscriva a una rilettura
analitica e distaccata della produzione casoratiana, ma si sviluppi
attraverso una consapevolezza fondata sul ricordo della propria
formazione: Casorati pittore scrive richiamandosi ai suoi rapporti col
maestro è stato per molti della mia generazione una esperienza di
importanza capitale in ordine alla formazione del gusto e
all'orientamento di una cultura non soltanto limitata a fatti di specie
figurativa. La pratica di di- scepolato presso di lui e la frequente
consuetudine di Casorati uomo, hanno valso ad alcuni di noi come
un'esperienza fra le più profonde e decisive anche per quanto riguarda la
vita morale. L'insegnamento di Casorati, oltre a fornire una solida
base di rudimenti pittorici insieme agli stru- menti per uno sviluppo
individuale delle personalità artistiche, è la chiave sempre secondo G.
per la comprensione stessa dell’opera del maestro, chiarita
metaforicamente in un passaggio del testo. Casorati è uno di quei
pochissimi artisti che dopo il rapimento delle muse non rimangono incoscienti
di quanto in loro è avvenuto; lo capiscono ed aiutano a capirlo agl’altri.
Un concetto che viene ribadito, in maniera ancora più chiara, verso la
fine del suo lungo contributo per Scheiwiller. Non molti di noi allievi
hanno saputo da quelle parole imparare a dipingere decentemente, ma certo
tutti a leggere i suoi quadri un poco meglio. Con queste
premesse G. vuole dimostrare come la vicinanza al maestro gli permetta di
avere una visione privilegiata, lucida e fedele del suo lavoro,
elevando la lettura delle opere ad un’originalità vicina alle intenzioni
del maestro, più di quanto gli altri possano avere. Al di là degli
schieramenti e dei tentativi di categorizzazione che, a più riprese, hanno
interessato il lavoro di Casorati tra assimilazione al gruppo novecentista,
ascendenza neoclassica o, ancora, appartenenza alla poetica metafisica, G.
sceglie il sostantivo platonismo per riassumere gli esiti figurativi
ottenuti dall'artista, un’indicazione che gli permette di liberarsi da
ingombranti etichette sino a quel momento attribuite all'opera del
pittore. È un'affermazione di Casorati a suggerire a G. le basi per
un'interpretazione platonica delle sue opere: il critico recupera
esplicitamente una dichiarazione del maestro espressa a margine di un
catalogo della Galleria Pesaro, nella quale chiarisce le proprie intenzioni quasi
programmatiche di esercizio pittorico. Dipingere la verità,
dimenticando la realtà superficiale. Un concetto che viene
successivamente ribadito da Casorati, spogliato delle sue implicazioni
categoriche (rinnegate in un secondo tempo dallo stesso pittore) in una
successiva dichiarazione, riportata nel catalogo della prima
Quadriennale romana, con la quale l’ar- tista sottolinea ancora una volta
come il suo distacco dalla realtà dei soggetti sia prerogativa fondante
del suo lavoro: la mia pittura è staccata dalla vita. La posizione
platonica di G. pone il lavoro di Casorati in netto contrasto con la pittura
degli Impressionisti (che godono invece di una notevole for- tuna,
verso gli anni Trenta, a Torino), collocando il movimento francese e il maestro
torinese su due fronti opposti sia da un punto di vista lirico che tecnico:
un sto di Casorati preferiremmo ad ognuna quella di platonismo. Casorati,
[Dichiarazione], in Arte italiana contemporanea, catalogo della mostra
(Milano, Galleria Pesaro), Alfieri et Lacroix, Milano Scritti interviste
lettere, cura di Pontiggia, Abscondita, Milano Scrissi allora nel catalogo
alcune parole per spiegazione del mio lavoro e quasi per contrappormi
all'arte di quel tempo: affermavo di voler dipingere la verità,
dimenticando la realtà apparente; di voler indulgere agli errori che
spesso sono la sola ragione dell’opera d’arte. Queste parole furono
definite un’eresia estetica; in fondo, però, esse volevano spiegare il
carattere di immobilità, di impassibilità dei contorni decisi di forma,
in con- trapposto al più o meno degenere impressionismo di
sfarfalleg- giamenti colorati, di indecisione ottica, di ricerca del
movimento nel vibrare continuo della luce CASORATI, in G. MascHERPa
[a cura di], Casorati e il religioso, catalogo della mostra
[Milano, Galleria San Fedele, Milano, Milano CASORATI, Presentazione, Arte
nazionale, catalogo della mostra (Roma, Palazzo delle esposizioni), Pinci, Roma
Scritti interviste lettere, E infatti se dovessimo trovare una parola per
definire il gu- IN rifiuto che è categorico e si muove sulla
falsariga delle indicazioni già enunciate dall'artista nella citata
presentazione: “non ho mai capito il movimento qui déplace les lignes’, e
adoro invece le forme statiche la mia pittura nasce, per così dire, dall'interno
e mai trova origine dalla mutevole ‘impressione’ }° consi-
derazioni che vengono caricate di significati filosofici, anche in questo
caso, da G.: Al protagorico impressionismo per cui misura di tutte
le cose è l'uomo individuale, si contrappone dunque il platonico Casorati
richiamandoci all'ordine di una pittura dove le cose appaiono reali in
quanto hanno la maneg- giabilità di ciò che dal flusso delle sensazioni è
ritagliato per opera dell'intelletto. Scodelle o uova, teste o seni varranno
come categoria. Al degenere impressionismo Casorati contrappone, secondo G., i
suoi caratteri di immobilità, di impassibilità, di contorni decisi, di
forma. Alle premesse teoriche fanno seguito le prime verifiche sulle
opere che, a differenza dei precedenti Studi, non seguono uno sviluppo
strettamente cronologico ed organico della produzione casoratiana, ma si
Muovono più liberamente, procedendo secondo l’andamento del discorso. Come
nelle antecedenti occasioni di studio, l’ini- z10 dell'attività pittorica
viene fatta coincidere con le Opere che gli valgono le prime attenzioni
da parte della critica alla Biennale di Venezia ed alla moStra degl’Amatori
e Cultori di Roma. Le considerazioni che investono il dipinto Le vecchie e La
cugina sottolineano nelle ricerche di Casorati un senso drammatico della
vita teso in un’acuta analisi psico- logica in cui non manca una punta di
sensualità, Ma temperata in una specie di serenità letteraria, Motivi che
si pongono in continuità con le formulazioNi espresse in precedenza sia da
Gobetti che da Ventu- Il, attenti entrambi a rilevare l’attenzione
psicologica ed il senso letterario di queste prime composizioni. Il salto
a questo punto si fa subito brusco: l’esclu- Silone di tutta la
produzione degl’anni della guerra, che coincide con il suicidio del padre di
Casorati e con le nuove responsabilità di capofamiglia verso le due sorelle
e la madre, è in linea con le volontà dell'artista, che sceglie di non
conservare le opere di quel periodo, contraddistinte da un simbolismo e
sintetismo decorativo piuttosto anomalo. G., Casorati, (Bertolino, Poli G.,
Felice Casorati, Cfr. Gobetti, Casorati pittore, VENTURI, Mostra di
Casorati, Esposizione d'Arte della Città
di Venezia, cUn passaggio su Le signorine, che libero questa volta da
preoccupazioni di ordine realistico ed orientato verso una completa
subordinazione alla composizione, permette a Galvano di transitare
direttamente su Tiro al bersaglio, anticipando i problemi di annullamento
della terza dimensione già evidenti nel dipinto. Per G. Tiro al
bersaglio rappresenta un’opera cruciale, da cui parte tutta la produzione
più celebrata dell'artista, quella del periodo immediatamente
sucCESSIVO: l’opera significativa Tiro al bersaglio. In essa il
colore e la linea collo scomparire di ogni ricerca della terza dimensione
assumono per la prima volta una organicità che è davvero il segno
dell’impostarsi nella pittura di Casorati dei problemi di cui anche oggi
essa si nutre. Ridotto il qua- dro, colla completa scomparsa delle
ricerche chiaroscurali e mancando ancora l'ulteriore ricerca spaziale, ad
un semplice tappeto di tinte piatte, si comprende facilmente come linea e
colore divengano funzione l'uno dell'altro, tendendo a uno stato in cui
la visione inquietante del pittore raggiunge uno dei più intensi suoi momenti Il
dipinto, in realtà, aveva sino a quel momento goduto di una fortuna
alterna: tacciato di futurismo nella prima presentazione pubblica è
per Gobetti un’opera dai rapporti formali indecisi ancora legata alla
produzione dalla prima metà degli anni Dieci, un lavoro insomma, che
Casorati realizza come prova per testimoniare a se stesso la fine
del suo estetismo e la sua incapacità di fermarsi ormai all'episodio.
La rivalutazione di Tiro al bersaglio, nei fatti trova, prima di G., un
precedente mol- to prossimo all'uscita della monografia
Scheiwiller: Cremona (anch’egli vicino a Casorati, pur non essendo
mai stato allievo della sua scuola), in maniera analoga a G. ragiona
sull’importanza del colore e sul principio di astrazione presente nel dipinto,
che anticipa le opere più compiute e celebrate degli anni
Venti: sottrarre le cose dai variabili accidenti della luce per penetrare
invece il colore secondo un processo di intelli- gente astrazione. In
quella curiosa vetrina di oggetti vivono infatti quei bianchi spettrali,
quei colori —finti-, che sovente ritroveremo nell'aria rarefatta dove respirano
le sue figure, anche quelle delle parate familiari che Casorati ha
sovente composto con sincera affettuosità ma che appaiono pur sempre affacciate
a una ribalta, in uno scenario freddamente preordinato, sul mondo
dal quale l’artista le ha volontariamente allontanate. Bertolino, Poli
Bertolino, Poli G., Casorati, GOBETTI, Casorati pittore, CREMONA, Felice
Casorati, in “Primato. Lettere e arti d’Ita- La rivalutazione del
dipinto si pone verosimil- mente in linea con le volontà dello stesso
Casorati: l’o-pera, che trova collocazione stabile nell’abitazione
dell'artista, è ripresentata ad una mostra degli allievi e riprodotta per
volere dello stesso mae- stro come prima tavola nella monografia
Scheiwiller. Un interessamento che viene letto da G. come un segno
che una pittura senza volume ed una pittura di colore sembra ancora a
Casorati rivelatrice del senso profondo della sua arte. Le opere
aprono la discussione sulla funzione e l’importanza del colore per
Casorati, che viene ampiamente discussa nel testo e che caratterizza da
qui in poi tutta la monografia come lettura univoca del decennio
successivo. Accanto ad una premessa platonica, che si confronta
nuovamente con le opere Meriggio, Lo studio e Concerto, allontanandole da
facili letture estetiche, G. vede in quegli slarghi formali di pittura un
anticipo d’un’esperienza di tono che è chiarissima. Contrapponendosi alle
interpretazioni che vede- vano nella linea e nella forma plastica le
caratteristiche fondanti dell’opera di Casorati G. valuta la pittura del
maestro come una pittura essenzialmente di colore,” spingendosi a
verificare le intenzioni dell’artista e giustificare la scelta di determinati
soggetti e forme piuttosto che altre, proprio in funzione del colore: Vi
sono dei quadri di Casorati, e talvolta proprio i più formali a prima
vista, come Daphne che non si afferrano in tutto il loro valore se non
riferendoli al colore. Casorati ama le forme semplici perché sono quelle
che permettono al colore di stendersi con la sua migliore ampiezza. È strano
come questa semplice verità sia stata tanto spesso fraintesa, non
mancando del resto di contribuirvi la stessa interpretazione che il
pittore ha dato della propria opera”. Una sensibilità tonale che
porta il critico ad accostare come esempio di ‘“straordi- lia”, è quanto
mai significativo a questo proposito il fatto che il pittore abbia tenuto
in tempi recenti non lontani ad esporre, ad introduzione e quasi chiave
di sue opere più recenti, quel ‘Tiro a segno’ piatto e ritagliato fra
tutti che volle anche ad inizio di queste riproduzioni G., Casorati, Il
nudo e gl’analoghi Concerto, Meriggio, Studio, ci presentano un mondo che
si presta ad essere interpretato in modo equivoco, come estetistico, da
chi non tenga presente che per Casorati quelle platoniche accolte di figure
femminili ignude, anche se esse presentano molta eleganza, non hanno
veramente valore per questa eleganza ma solo per lo snodarsi ritmico dei
volumi Cfr. (Bertolino, Poli G., Felice Casorati, La forma serve a distruggere
la linea ed a passare al colore: essa è, se si vuole, il punto di partenza,
ma è proprio il colore è il punto di arrivo Bertolino, Poli. G.,
Casorati, ARTE MODERNA ITALIANA CASORATI II ed. del volume Casorati,
Ulrico Hoepli, Milano. nario pre-casoratismo” l’opera di Vermeer e diTour
piuttosto che quella di Ingres, riferita dallo stesso pittore come
modello di riferimento alla propria pittura nel “Referendum sul quadro
storico. A sostegno di questa sua tesi sul colore G. recupera ancora una
volta i ricordi dell’insegnamento del maestro, affrontando questioni di
metodo e di pratica pittorica vissuta nello studio dell'artista, dove
l’osservazione dei modelli veniva condotta non tanto sulla forma degli
oggetti, ma sui valori tonali dei medesimi: ci limiteremo a notare come
quanto resti nel ricordo di chi è stato alla scuola di Casorati verta
essenzialmente su due punti: l'insieme e il tono. E soprattutto l’insieme
come forma il più sintetica possibile in funzione del tono. La forma
intellettualistica di un oggetto, proprio ciò che interessa di più al
pittore formale o classico, è ciò che Casorati consiglia all'allievo di
disimparare, la for- ma che l'allievo deve imparare a vedere il più
semplice- mente possibile è la forma di quella determinata massa
tonale, di quella determinata massa chiaroscurale, non la forma
dell'oggetto. CASORATI, [Risposta al referendum sul quadro storico Le arti
plastiche; Scritti interviste lettere, .G., Casorati, cit., p. 14.
Analoghe impressioni sì ritrovano in L. RoMAnO, La scuola di Casorati, in
L'Arte La discussione sul colore offre a G. il punto di partenza per
affrontare le influenze cézanniane che, secondo una critica assodata
ormai da tempo, avrebbero avuto un ruolo capitale nell'evoluzione del
lessico pittorico casoratiano, soprattutto per il genere della natura
morta. È Venturi a offrire per primo quest'interpretazione, individuando
nell'esperienza diretta di Casorati alla Biennale, dove, su dipinti
di Cézanne presenti, sono ben sette le nature morte, il passaggio di svolta tra Le uova sul tappeto
verde e Le uova sul cassettone: Le uova sono un motivo di bianco su verde, le
uova sono un motivo di forma geometrica solida e chiara sopra un volume
scuro. Per G., l'avvicinamento al maestro di Aix è da intendersi come
esperienza più morale che pittorica, nella quale l'evoluzione delle sue
natu- re morte rappresenta un processo interno alla pittura stessa
piuttosto che il risultato di quest’incontro. Uova sul cassettone non si spiega
con un riferimento al costruire tonale del Provenzale nella sua essenza
stilistica, puntualizza G., ma solo col metterlo In relazione a quello
che la pittura di Casorati fu prima d'allora Secondo il critico, più che
un precedente stilistico, la lezione di Cézanne offre la verifica di
nuove possibilità espressive; un punto di vista che trova conferma più
tardi nelle stesse dichiarazioni del pittore, che ripercorrono l’incontro
con i dipinti alla Biennale: Tutta la grandezza del Maestro di Aix mi si
manifesta improvvisa. L'emozione che ne provai fu enorme e non fu
un'emozione di sbalordimento o di stupore, che anzi mi sentii preso da
quel senso di calma, di fermezza, di equilibrio, che solo le opere dei grandi
può dare. Equilibrio! Compresi che nella sua pittura trovava il giusto
equilibrio il problema posto e sviluppato in un senso
dell'Impressioni- smo e il grande opposto risolto da tutta la tradizione;
compresi l'aberrazione di una certa critica che non si staccava di
insistere sui problemi di Cézanne: capii che proprio, che Specialmente in
quei difetti è il germe della sua grandez- Relativamente a questo genere
si vedano Fossati, Nature morte di Casorati, LamBERTI (a cur.), Casorati.
Mostra antologica, catalogo della mostra (Milano, Palazzo Reale, Electa,
Milano BERTOLINO, Dal repertorio di oggetti alle prime nature morte PoLI
(cur.), La natura morta nella pittura di Casorati, catalogo della mostra (Iseo
[Brescia], Sale dell’ Arsenale, Electa, Milano VENTURI, Il pittore Felice
Casorati, Dedalo, Bertolino, Poli; relativamente alle opere si veda In
particolare LAMBERTI, Scherzo: uova (o Le uova sul tappeto verde) e Le
uova sul cassettone, Fossati, Casorati VENTURI, Il pittore Casorati, Dedalo G.,
Casorati za. Compresi che Cézanne è il pittore della rinuncia e che
la rinuncia è la forza della pittura. Non cambiai modo di
dipingere, ero troppo inconsciamente orgoglioso per tentare un
cambiamento di rotta che non avrei potuto fare in alcun modo. Credetti allora
di approfittare della grande lezione di Cézanne proprio irrigidendomi
sulle mie posizioni e cercando solo in profondità. La monografia
Scheiwiller, pensata per aggiornare la precedente di Giolli, in realtà affronta
solo marginalmente la più recente produzione del maestro, sostenendo per le
opere più prossime la piena attuazione del proposito coloristico în nuce
già nei primi anni Venti. Ai ricordi della Biennale, e soprattutto
a quella, G. contrappone le opere esposte nei primi anni Trenta: per La
lezione, Susanna e Lo straniero pone l'accento su come prevalgano in
questi dipinti certe note di rossi improvvisi, il taglio in controluce,
il gusto, almeno nei due primi, di accostare il nudo ad una figura
maschile vestita, un desiderio di atmosfera serena che suggerisce
lontananze chiare e assolate. Motivi pittorici che, spogliati degli
elementi accessori (come la copertina del Selvaggio nella Lezione o,
ancora, le pantofole rosse di Susanna), trovano un'ulteriore compiutezza
in Daphne e Ragazza in collina” delle collezioni dei Musei Civici di
Torino, soluzioni più aneddoticamente umane dove il motivo del controluce sulla
finestra aperta so- stituisce figure familiari o umilmente umane ai
mani- chini, mentre il paesaggio si fa sereno [...] ricavato da
quei campi di Pavarolo ormai cari all’artista”. Come già sottolineato da
Maria Mimita Lamberti, l'apporto di G. si dimostra poi piuttosto
illuminante nell'individuare nel tema del nudo una possibile linea di
lettura della sua produzione, sino a quel momento trascurata rispetto al genere
più discusso della natura morta. Il passo è riportato in Caruccio,
Casorati, quaderni d'arte del Centro Culturale Olivetti, Ivrea,
All'insegna del pesce d'oro, Milano Noi veniamo dall'esperienza della
generazione per cui i quadri rappresentarono lo scandalo che ancora
confonde la classicità coll’accademismo e che scorgeva in quei quadtri,
visti alle esposizioni colla famiglia deplorante o pronta al riso di
fronte alle stranezze dell'arte moderna, pur qualche cosa di inquietante e di
tentatore che non si poteva dimenticare i quadri della biennale rappresentarono invece la scoperta del
mondo nuovo e spregiudicato che si apriva alla nostra cultura G.,
Casorati, Bertolino, Poli, Erroneamente G. attribuisce il titolo Lo studio al
dipinto La lezione esposto alla Biennale. L’opera verrà distrutta nell'incendio
del Glaspalast di Monaco. G., Casorati (Bertolino, Poli). G. indica il
secondo dipinto con il titolo Estate. Cfr. A. G., Felice Casorati, LAMBERTI, I
nudi nello studio, in (cur.), Casorati. Mostra antologica, G. vi riconosce
una traccia di continuità che, a partire dalle Signorine, opera che,
secondo il critico, non è d’intendersi come gruppo SINTAGMA (cf. I
LOTTATORI della TRIBUNA di Firenze) ma come insieme di figure isolate),
arriva sino alla Venere bionda, punto di arrivo e di dissoluzione di
quello che si potrebbe chiamare il tonalismo di Casorati secondo G. il
motivo del NUDO in Casorati si presenta come figura essenziale, come una
forma elementare, categorica, simile a quelle delle scodelle, delle uova,
dei libri”, caratteristiche che, alla pari dei semplici oggetti che popolano i
suoi dipinti, permettono quegli slarghi formali di pittura, oltre alla
possibilità di un tono uniforme capaci di confermare la sua sensibilità
di colorista. Il saggio di G. su Casorati viene ristampata, aggiornato
in alcune sue parti e rivista totalmente per quanto concerne l'apparato
iconografico. Tra la prima uscita e la riedizione, l’interessamento che il
discepolo dimostra nei confronti del maestro è continuo e si attesta con
modalità simili a quelle che avevano contraddistinto il suo precedente
impegno sulle riviste nazionali. Vi si affiancano però nuove prospettive
lavorative. Accanto alla sua attività di pittore e di critico che in
questi anni, oltre alla corrispondenza per Emporium e alla collaborazione per
Il Selvaggio, si amplia con due contributi sulla rivista Le Arti, G. è
impegnato nella nuova veste di assistente alla cattedra di pittura di
Paulucci presso l’accademia Albertina di Torino, assegnata
contestualmente anche a Casorati per l'insegnamento di composizione
pittorica. Incarichi che vengono entrambi costituiti ad personam dal ministero
dell'istruzione nel contesto dei provvedimenti avviati da Bottai a
favore dell’accademie artistiche. Sono questi, inoltre, gli anni
nei quali G consolida una sicurezza economica stabile tanto auspicata
grazie all'insegnamento nelle scuole: prima come professore di figura
disegnata nei licei artistici piemontesi e poi, come docente di FILOSOFIA
nei licei classici. La mostra Casorati Menzio Paulucci, inaugurata
alla Galleria Cigala di Torino, è l’oc- casione per tornare a parlare di
Casorati sulle pagine di G., Casorati,
cfr. (Bertolino, Poli). sa: Casorati, Arte moderna italiana, Serie Pittori,
Hoepli, Milano. Cfr. Darmasso, Casorati e l'Accademia Albertina, in LAMBERTI,
Fossati, Casorati Copertina e pagine del volume Tre nature morte. Casorati
Menzio Paulucci, Carlo Accame, Torino. Emporium”, presente in questa
circostanza con due pittori torinesi protagonisti della scena artistica
cittadina (reduci entrambi dall'esperienza del gruppo dei sei, sicuramente
vicini a Casorati ma mai allievi diretti del maestro: Menzio e Paulucci,
con il quale Casorati intraprende da tempo un rapporto di stretta
collaborazione. Il sodalizio dei tre artisti, che non vuol essere
un principio di ricerca comune ma piuttosto un impegno di politica
culturale condivisa, si ripropone più tardi, in modo analogo, con una
mostra allestita alla Galleria Genova del capoluogo ligure. La
circostanza è anticipata da una pubblicazione autonoma di G., intitolata Tre
nature morte e stampata dalla tipografia Accame di Torino (che pubblica,
nello G., Casorati, Menzio, Paulucci, Emporium”, la monografia su
Casorati di Cremona), in un elegante edizione in folio che riporta come
Sottotitolo i nomi dei tre pittori torinesi. In questa occasione che si propone
di presentare sinteticamente tre opere dei rispettivi pittori, con tanto
di riproduzioni a colori G. sceglie la natura morta come genere
esemplificativo della produzione degli stessi. Un'operazione che
nell’introduzione viene definita come didattica e che si pone in aperta
polemica nei confronti della tendenza a considerare questo genere
come motivo poco adatto alla pittura moderna: ad Ogni esposizione abbiamo
sentito deplorare l'eccessiva presenza di nature morte o esaltare per il
loro scomparire di fronte ai quadri di figura. Una difesa per l'autonomia
e dignità del genere pittorico, che non si risparmia nel chiamare in
campo i precedenti noti di Cézanne, Manet ed ancora Renoir. La
questione non è nuova, ma prende le mosse da un pensiero espresso dal
maestro anni prima, che rappresenta verosimilmente il pretesto per il
contributo di G., che mostra questo taglio così inaspettato. Sulle pagine del
quotidiano torinese La Stampa, Casorati lamentava nell’artico- lo
La crisi delle arti figurative i medesimi problemi di accettazione della
natura morta da parte di pubblico € critica, con presupposti che
sembravano essere gli stessi avanzati ora da G. nella sua
introduzione: Ho sentito dire ed ho letto purtroppo parecchie volte
questa frase: troppe nature morte, troppe mele, troppi aranci, troppi
pomodori ecc. poveri oggetti, vo1 siete i modelli più docili e più esigenti
degli artisti Nei momenti più disperati della mia vita di arti-
Sta, io ho potuto riconciliarmi con la pittura dipingendo umilmente una
scodella, un uovo, una pera. La scelta della natura morta casoratiana verosImilmente selezionata da G. ricade su Le
pere verdi, presentata probabilmente per la prima volta in questa
sede: un’opera che gli permette di riba- dire il principio coloristico
sostenuto nella monografia, che viene qui chiarito con un'attenta
analisi Tre nature morte. Casorati Menzio Paulucci, Carlo Accame,
Torino La presentazione di Nature morte, dovute a tre fra i più autentici
pittori operanti oggi a Torino, potrà anche apparire, ed essere
criticata, come una iniziativa a carattere tendenzioso e polemico. Non sarà
forse il caso di affermare che essa ha piuttosto un intento didattico? E
proprio di educazione del pubblico: degli intelligenti (almeno in
potenza, chè degli ostinati per limitazione Naturale di possibilità, per
passione di parte o per difficoltà di Sclogliersi da presupposti
culturali privi di validità non occorre Hr a comprendere le ragioni per
cui, su di una falsa impo- azione di presupposti, può passare per
atteggiamento polemico, peggio, di conventicola, il semplice intento di
chiarificazione Intellettuale e critica” (Ivi, p.n.n.). i CASORATI,
La crisi delle arti figurative, La Stampa, Scritti interviste lettere, cit.,
Bertolino, Poli. CY della sua pittura (non priva di tecnicismi del
mestiere), che si concentra sui valori tonali e sugli accordi cromatici
presenti nel dipinto, che sottendono sempre secondo G. a problemi ed
equilibri di natura compositiva: Sul fondo rosa e paglia un
accordo di due verdi: crudo e spento, e le chiazze rugginose e calde
della putredine che intacca i frutti; solo dal colore prende realtà il
fascino di questa natura morta, eppure il colore qui non evocherà a
nessuno la categoria della forma aperta o la scioltezza di un
pittoricismo abbandonato: chè Casorati è anche ora il pittore delle forme
assolute e degli elementari geometrici, ma il colore ne rivela, per
distinguersi dei campi continui e dilatati, la purezza, anzi il purismo,
di impaginazione e ce ne propone la più castigata presenza. i colori
si subordinano ad una ragione compositiva a priori in essa si giustifica
quel disporsi graduale di intensità pittorica che può far apparire
persino sordo (e tale veramente sarebbe se non servisse a concentrare
ogni attenzione sull’interno ordinarsi del gruppo centrale, ma
pretendesse di disporsi sul medesimo piano di bel colore dei toni vicini) il
colore locale; necessario a staccare nel castigato e serrato gioco
compositivo della frutta ritagliati sul fondo chiaro, dove più i toni non
si distinguono nella vibrante luminosità, la bruciata profilatura delle
foglie. Di respiro ben diverso, invece, è il contributo Casorati e i torinesi
apparso sulla rivista Pattuglia di Forlì. Nel numero dedicato interamente alle
arti figurative e curato da Testori, G. traccia un bilancio della
situazione artistica torinese: accanto a considerazioni su Casorati in
linea con la monografia Hoepli, abbandona i ricordi della scuola di
via Galliari proponendo una lettura totalmente rinnovata, alla luce
dei più recenti sviluppi espositivi. Menzio e Paulucci rappresentano qui
(insieme agli altri sei, che però non vengono nominati) i pittori
che si sono stretti intorno a Casorati e che, seppur non
direttamente allievi dell'artista, non rinnegano il debito contratto col
primo ideale maestro, né sono da lui sconfessati. Anzi la stima,
l'amicizia e la valutazione dei diversi ed ugualmente validi risultati,
da parte del più anziano rimanevano intatti od accresciuti. Una G,,
Tre nature morte. Casorati Menzio Paulucci, Casorati e i torinesi, Pattuglia.
La rivista, mensile del Guf di Forlì, viene inaugurata e riporta nel
sottotitolo la dicitura mensile di politica, arti e lettere. Il saggio di
G. viene pubblicato nell'ultimo numero della rivista, curato Testori e
intitolato “Omaggio alla pittura”, che si proponeva di fornire un
bilancio dell’ARTE ITALIANA. LA RIVISTA VIENE INTERROTTA E SEQUESTRATA DA
MUSSOLINI per i suoi contenuti non in linea con le direttive in campo
figurativo imposte dal regime. 07 ee (E I TORINESI) E
condizioni che determinarono a To- : sei anni dopo l'altra polemica fra
rino l'orientarsi della pittura degna L. Venturi, a proposito del di
quest'ultimo, di eu- proposito del valore positivo tentici pittori.
Condizioni in cui la eri. tivo delle influenze parigine sull'arte tica ai
pose di per se stessa come po- ita'iana non ha significato diverso. Ora
lemica: © in cui da polemica fu l'one- Gobetti e Venturi sono appunto stà
stessa della critica. La guerra del tra | primi ad esaltare l'opera di
Ca è terminata. Lo stile libe-
sorati. A dispetto danque delle av ty » in architettura, il
neo-pre-ralfuel- versioni del borghese e delle ammira lismo tipo In arte
libertas da cui zioni dell'aggiornato, che esalta insie pure avevano
mosso î primi passi pit- e Carrà 0 © Casorati, l'e tori validi come
Modigliani e Spadini figurativa di quest uveva esaurita ogni pretesa alla
forma- —srebbe un significato diverso, e in certo zione di una coscienza
figurativa nella senso opposto, n quello in cui si è banalità di
un'acquiescenza in cui i svolta la comune esperienza della più fermenti
di possibilità che più tard' vi viva pittura italiana? In parte si deve
scoprirà l'accorto senso del « perver- rispondere affermativamente pEr eg
sai 16 gin lettuale per quello Hgurativo sano ogni evasione
dal fatto pittorico, E che sioo al 1928 la pittura di Casorati quanto per
queste esperienze avveniva anche nelle punte di estrema avanguar- ordine
a le possibilità della linea cur-.ija come in certi distrutti. di- me di
questo è quel complesso frea- —pinti, n quanto si dice. sotto l'influenza F.
Casorati: “Ragazza,. diano avveniva, in modo anche più vol- gel gusto di
Kandiski, cerca i proprii gare è fatuo, mancati Sant'Elia e Boocio
riferimenti non in un mondo mediterra- : ma in uno nordico {quasi a
fedeltà i H È È; i figurativo di
Martino Span- Torino poi: Thover seguitava a eredere viti e di Defendente
Ferrari che guard Memet o di Bestlovea, a confeadero assai più che
quello, volto verso il l'eleganza lineare di MODIGLIANI (si veda) con di
Gaudenzio), non in un'umanità l'imperizia del bambino (e se mai si assertrice
di proporzionata statura mul sarebbe dovuto rimproverargli un'ele- rondo
det orizzonte, ma nel panza sin troppo vicina preoccupazio- tormento di
sentirai oppressa da È ni ostetistiche e contenutistiche simili amine
mirror quelle che limitavano fl eritico) inau- ciò di dramma per la
propria persona, guraodo quella tradizione di contenu- in quanto finita,
Il sottile linguaggio tismo ad oltranza e di cauto e garbato, formale, la
ricerca d'equilibrio compo- ma fondamentalmente deciso, fin de sitivo,
l'astratto rigore della sintesi po- non recevoie » mel riguardi di una
vi- Loveno sì! suggerire, insieme @ certo conda pittoricamente valide a
cui si at- codenze illustrative (i libri aperti, i tiene con
un'ostinazione che ha per io csrtigli) o agli accorgimenti ‘tecnici, meno
2 merito della consequenzialità come l'uso della tempera verniciata, ri-
quel poco di csi valga la pena di rorimenti al quattrocento, mostro. sn
menzione della critica d'arte del quo- non poteva sfuggire ad ‘una
tidiani oggi ancora a Torino. più accorta l'assoluta continuità spi- Un
panorama, come si vede, sostan- rituale che legava il mondo d'allusioni
rialmente simile a quello del resto crepuscolari è le eleganze
cstotizzanti d'Italia, in cui tuttavia, in quegli delle « Vecchie» o
delle Signorine anni dell'immediato dopoguerra, Tori. attraverso 1
paradossi pseudo-formali ba ipo ipa delle
Scodelle è delle Uova nella maniera particolare e gerto senso,
doppia redazione, a tappeto ed s vo- fispetto al resto d'Italia, polemica,
su tume. a questo muovo mondo di non di un doppio piano, intellettuale e
figu: 1meno quintessenziate definizioni umane Rene a pi o spaziali, anche
se nel silenzio di IO) essere esemplificata PO quelle quinte prospettiche
ora quei pro- sizioni reciproche de La Ronda fili proponessero le loro
cadenze non di rivoluzione liberale. Cinscuno più per la via analitica
dei compisci vede quanto diversi gli orientamenti menti particoleristici,
ma per quella umani e culturali. Ma è tipico che pro? delle sintesi
ellittiche. prio fra Cardareti un'occe. Eppure una così diversa
afferma- sione polemica, su Leopardi, porta a zione in ordine a scoperte
pittoriche, una discussione do andava ben una tanto dialettica decisione
nel de- oltre i termini della cortesia. Siamo nel finire il proprio mondo
indipendente. Casorati: “ Bambina. Casorati e i torinesi, Pattuglia, lettura
della scena artistica cittadina che esclude totalmente i primi discepoli
dell'artista che continuano nel frattempo a dipingere ed esporre, non
solo a Torino preferendo invece soffermarsi poi sull’anomalie figurative
intese rispetto al tracciato casoratiano proposte da Spazzapan e Cremona. Il rapporto tra allievo e
maestro, che è innanzitutto di amicizia, rimane solido negli anni a
seguire, nonostante le scelte di G. si avviino, nel frattempo, verso un
fronte non figurativo della pittura, che lo vedono abbracciare
l’astrazione ed aderire al “Movimento Arte Concreta”, fondando
insieme ad Biglione, Montalcini, Parisot, Rama e Scroppo la sezione
torinese del gruppo. Accanto alla sua attività di critico militante,
più orientata verso le verifiche nel frattempo ottenute con-
testualmente in pittura, tornerà solo raramente ad interessarsi di Casorati,
soprattutto in occasione di letture complessive e bilanci di un'epoca, che
sembra ormai essere lontana nel tempo Cfr. G., Casorati, CAIROLA
(cur.), ARTE ITALIANA del nostro tempo, Istituto Italiano d’Arti
Grafiche, Bergamo, La pittura a Torino, Letteratura. Rivista di lettere e
di arte contemporanea, La pittura, lo spirito e mente da ricerche solo
per certi riguar- questi sforzi d’uomini della cultura mona, Anch'egli amico di
Casorati: ma pre riuscito a cogliere il momento di di parallele, grazie
all'autenticità della universitaria e in tutt'altra la lezione che ne ha
appreso. spontanen concretezza pittorica. Senza realizzazione figurativa
è della schiet ritorno! Un rigore, un'incisività, un'analitica nì- che del
resto questo gli abbia impedito tezza di linguaggio fantastico da essa Nasce
così il gruppo dei sei: tidenza di segno, una predilizione per quell'accorta
coscienza teorica della po- presupposia, s'inseriva nel dialogo della
Menzio, Chessa, Levi, Paolucci, Galanta quei profili nettissimi che gli
permettono sizione di gusto in cui il suo mondo fi- italiana di quegli
anni con una © Jessie Boswell., Fntro e fuari le vidi dare evidenza allucinante
d’inganno gurativo sì determina e del rapporti di validità di proporzioni
che tuttavia man. cende del gruppo, Francesco Menzio isivo alla riproduzione
dei i og- esso col movimento surrealista, di tiene integro il valore
dell'esperienza risulta allora e tale si mantiene, come i: distribuiti poi
questi in un ardine cui, per una curiosa e significativa a della la
personalità più dotata che fosse ap- di fantasia di rara coerenza suggest
vicenda gli interessi destati a Torino memoria 0 più rigorosa- parsa, da
Casorati in qua, fra i pit- rispondere a furono proprio nella cerchia dei
col monte impegnata in un bilanelo della tori torinesi. Un mondo di
compiaci- più profondamente che gene- laboratori dell'originariamente
pittura. Tutti da Fanciullo ad- menti
delicati, d’edonismo controllato rano l'inquietante mondo delle ansocia» sano
Seleaggio, per brev'ora torinese dormentato allo Studio del © schivo, sceglie usa sun umanità d'ele-
i oniriche e dei senza si ppunto, sino alle recenti realizzazioni, al Concerto
»ne henno zione in volti di donne 0 di gnilicato, dei soprasensi di cui non si
itettoniche, nella sede della società nti i risultati più vivi. Poi el si
bambini. Da questo punto di partenza dà lettura, ma cl Ippica di Mollino) che tatti 1 suoli
hnocorse che i valori di tono e di ero appena le due esperienze opposte, ma
frata» per via di quegli emblemi pit- lettori conoscono, ma erano pur
utilizzabili în assai più concordanti nella dissoluzione di ogni e- torici in
cui però Cremona è quasi sem- G. concreto discorso di quanto non si
lamento estrinsecamente contenutistico, facesse dagli epigoni del peggior
otto- del rigoriamo formale casoratiano in- cento. Si afferma che i
Macchiaioli tu-, e del fervore cromatico de rono fra gli artisti
autentici della no- gl’impressionisti per- stra tradizione; si riconobbe
che un ar- misero a Menzio di scontare in puro tista ostile o almeno
appartato di fron- sollecitazioni pittoriche quei dati del te a ricerche
futuriste, metafisiche © sentimento, si defini una visione tanto
neoclassiche era un grande pit- personale quanto coerente dove la mu i si
riscopri l'im- sicalità del colore e la freschezza del pressionismo. Îl
necclassiciamo, nel È È «po vecento » milanese, che
qualcuno git si che delicati non impedirono, anzi fa- definiva
nooromantico, sì innestava, con vorirono lo spiegarsi di una confes-
Tosi, in una tradizione di pittura a- sione umana piena di melanconica
no- perta. Soffici non più cubista predica biltà nel reiterato e come
ansiosamento ed esemplificava un ritorno alla natura interrogato indagare
intorno alla con- in cui l'esperienza di Cézaane non eselu- sistenza
pittorica di quelle persone di deva quella di Fattori: a Torino, do-
drumma, così sottilmente lirico e di ve già intorno a Casorati una scuola
cosi pausate parole, che si muovona tendeva a ridurre a grammatica il sua
nelle composizioni famigliari di Menzio. figurativo, attraverso l’inse-
Tanto Casorati che Menzio del resto guamento universitario, Îl
mecenatiamo qutt'altro che paghi o chiusi nell'au di un collezionista, i
più rapidi con- tosoddisfazione: anzi entrambi sempre tatti con Parigi,
rapporti col gruppo sofferenti dei limiti o della milanese di Persico
anch'esso partito contiagenti stanchezze che potessero cc- in battaglia
contro il neoclassicismo, appannare il gelido speo- la lezione degli
impressionisti è at- chio di formalismi eidetici del primo, tinta
direttamente ai grandi modelli: © Manet, Renoir, Cézanne, in un preciso
pida dell'altro. inquietudine che ci spie senso importante due notevoli
carollari). ga il piegare verso più riscntite ao Paolacei: Piazza Navona
l'affermazione che Cèzanne non meno nitide pro- veva reagito
all'impressioniamo, ma lo filature lineari di Casorati, veva continuato e
che perciò la tradi- come le | ritorni, e, meno zione più viva di movimento
an-, da monotonia le ripetizioni dava proprio cercata in quel discorso
1delle cose meno valide di Menzio. ln rapido ed atmosferico si, ma
tutt'al. modo assai diverso, ina con accanita tro che occasionale e
vedutistico che è commovente dedizione ad un'ideale stato proprio dei
pittori che abbiamo di pura pittura che esclude tanto citato piuttosto
che dei Monet, dei Pis- ogni intrusione intellettualistica
quento surro, di Sisley. Secondo: che quel- ogni dispersione decorativa
Pao l'adesione all'impressionisno non po. Iucci è venuto sempre più
approfon teva che importare, da una parte, con- dendo una visione grata ©
improvvisa, Gogh al più libero fsuvinmo, rivivere il gusto degli
impros- che-dn qualche modo e sia pure unilate; sionisti, proprio di
questa fase della ralmente, il linguaggio di Cizanne ave- pittura
torinese, possono essere riat- ivano continuato, Gli strilli dei varii
taccati, in senso diverto, Mar- Ojetti per i salti in lunghezza da tina,
temperamento delicato di colorista Giorgione n Braque naturalmente non eu
cui è stata decisiva l'influenza di si contarono! Ma intanto quello che
te nf gie gi importava fu che la esemplificazione cento personale una
trepida, © vitale dei frutti di quest'esperienza cul- come smorzata,
elaborazione di ogni da- turale fosse data proprio da quei gio- to tonale
degli oggetti, e Spazzavani pittori che sì erano stretti intorno pan la cui
origine è le cui esperienze è Casorati, pur non più così ragazzi istriano
diedero ad una veramente pro da diventar suoi allievi nel senso sco-
digiosa capacità di trasfigurare |pit- lastico della parola, © che ora
nell'inì-1toricamente, attraverso la rapidità della ziare un lavoro
diversamente orientato, acchia e del segno, ogni dato ogget- e vano il
debito contratto col tivo una truculenza cspressionistica re- primo
ideale macatro, nè sono da Jui mota dal raccoglimento degli altri to-
sconfessati: anzi la stima, l'amicizia rincsi e dalla pacata visione
dell'im- © la valutazione dei diveral ed ugual pressioniamo. È di questo
suo pecu- mente validi risultati, da parte del liare atteggiamento ci
restano molti mo- più anziano rimanevano intatti od ec- menti
d'espressione mirabile, speci cootrapporre ai della mano facile è
dell'illustra incomprensioni fra chi incegue un me- tone
occasionale. desio sforzo d'arte, ala pur attra- Opposta invece, per
intento e per ri verso divergenti esperionze di gusto. È
all'impressionismo l'esperienza i sultato, altrettanto si può dire
dell'attenzione a Dittorica inieressantiesima di Italo Cre- Menzio: Ritratto Alla scomparsa del pittore, G.
traccerà un ricordo del maestro, a margine del catalogo della mostra d'arte
contemporanea di Torre Pellice. Non più il colore o il tono, ma quei valori
umani e di rispetto per le diversità appresi durante gli anni di
via Galliari animeranno, in conclusione, questo suo omaggio di discepolo:
poiché è anche la coscienza di questa libertà, prima ancora morale che
estetica, che da Casorati alcuni di noi ricevettero come l’insegnamento
più prezioso, ci è caro chiudere col richiamo ad esso questo saluto al maestro.
Chè le sue opere parlano, per il rimanente, senza bisogno di commento. il
sangue, cur. Mantovani, Quadrante, Torino G., Omaggio a Casorati, mostra
d'arte, catalogo della mostra (Torre Pellice, Collegio Valdese), Tipografia
Subalpina, Torre Pellice. Gli occhi fervidi e il sapore di cenere G.:
Decadentismo, Simbolismo, Art Nouveau Olivieri Approssimarsi
all'opera letteraria di un uomo di cospicua cultura quale è G.,
significa penetrare in una eletta densità speculativa sorpren-
dente se commisurata a un intellettuale defilato in vita e ricorrente
oggi nella ferma e attenta riflessione di pochi storici. Come ebbe a
dichiarare G. stesso In una autopresentazione, non gli si perdona
l'ambiguità di essere scrittore e pittore aggravata dalle stigmate
dell’intellettuale, categoria in cui finì suo malgrado per vocazionale
passione per la cultura. Proprio nell’ambiguità, nel marcare un
confine ideologico sottile, ordinandosi orgogliosamente in disparte insieme
alla generazione degli eclettici Cremona, Mollino e Maccari, ci pare che G. trova
un eccentrico terreno di appartenenza sul quale edificare una propria
filosofia personale sistematicamente relata all’erudizione antropologica,
filosofica, religiosa e pedagogica. Formazione altresì integrata
agli interessi misteriosofici G. stesso ebbe a definire le proprie opere
evocazioni esoteriche vagamente connessi alla cultura torinese d’inizio
secolo e, in modo maggiormente probante, con lo studio di Casorati in via
Galliari dove conosce Daphne Maugham che, dopo avere respirato l’aria
mistica della parigina Académie Ranson, si è trasferita a Torino
dove la sorella con Salice, e Markman si dilettavano già, oltre che
di danza, di teosofia. Redattore e pubblicista prolifico, G. che
inizia ad interessarsi a Steiner e Madame Blavatsky batté gl’argomenti
indigesti alla cultura del suo tempo facendo di sé un intellettuale
atipico che, come ricorda Sanguineti, ispira idee ereticali nei propri
allievi. Autore di pochi saggi, che punteggiarono una carriera meno
prodiga di quella del compagno di studi liceali Argan, conosce Venturi
che lo accolse come collaboratore dell’Arte facendogli inoltre
pubblicare alcuni saggi sulle civiltà extra-europee. L'equivocità tra
critica militante e pratica pittorica fu un banco di prova sul quale
verificare, tra continui rilanci e azzardi, la reciproca tenuta delle
parti. In questo assiduo riversarsi delle specificità discipli-
nari consiste per G. il senso estremo della sua Pittura, votata alla
vanità dell'atto privato, smagata d’ogni velleità economica e
promozionale ma cro- S!uolo rovente dal quale estrarre i concentrati
succhi di un'urgenza creativa. L'incessante ritorno all'arte. ni n G., La
pittura a Torino, Letteratura, La pittura, lo spirito e il sangue, P.MAN-
ia cur., Il Quadrante, Torino, G., Diagnosi del moderno. Scritti scelti, UFFINO
(cur.), Aragno, Torino, L'arte egiziana antica, Firenze; L'arte dell'Asia
occidentale centrale, Firenze; L'arte dell'Asia orientale, Firenze è, Al
Gioberti di Torino dA EdO a ad. come artificio, come fare in sé
autosufficiente, è per G. un difettivo rimedio all’insanabile
scissura della natura umana divisa tra spirito e materia, tra
razionalità e intuizione, e un’imperfetta occasione di confronto tra
individui sul piano partecipabile ed empirico dell'immagine che, pur
sempre aderente alla condizione fabrile, trova la propria natura
più autentica nell'essere essa stessa divisa tra creazione e
imitazione. L'attività poietica, l'agire sulla materia intesa sui
presupposti estetici gettati da Alain (pen- satore scomunicato da Croce),
sottrae il discorso di G. dall’osservanza teoretica idealistica
come dall'impegno etico esistenzialista e, abrogando di fatto la
condanna platonica dell’arte, accetta il va- lore estetico come simbolo
del male. L'arte trova allora la propria eretica ragion d'essere nella
forma materiata, così come l’idolo o il feticcio sarebbero la
divinità in presenza e non l’ipostasi divina. Per questo la pittura per
Galvano rappresenta enigmaticamente il dio visto di spalle. Quando Mosè
chiede al Signore di mostrargli la sua gloria il Signore gli risponde:
Farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio
nome. Soggiunse: Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun
uomo può vedermi e restare vivo. Tu starai sopra la rupe: quando
passerà la mia gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò
con la mano finché sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie
spalle, ma il mio volto non lo si può vedere. L'espediente divino
narrato nell’Esodo biblico, fatto laicamente La Sacra Bibbia Saccaggi,
Alma Natura, Ave!, pastello su carta applicata su tela, 68x125 cm., GAM
Torino. reagire con esperienze disposte alle proiezioni, tra cui l’idea
del dio pagano che non tace non parla ma accenna, sarebbe da intendersi
per G. che si era laureato presso
la facoltà di magistero di Torino discutendo con Gambaro e ABBAGNANO (si
veda) una tesi sulla pedagogia della religione” come metafora
dell'immagine (il “dio visto di spalle” appunto), quale unica possibilità
mondana di riconquistare l’unità primigenia dell’uomo. L'azione
esercitata dall'artista nelle condizioni oggettive della materia è, più
di una tecnica operativa, un’alchimia ai filosofi G. preferisce
Helmont e Della Riviera che permette il verificarsi di un'unione tra
l'esperienza concreta bloccata nell'immagine e l’'epifania del dio inteso
non in senso devozionale. Sì tratta in sostanza dell’allontanamento dall'idea
crociana di un'arte che esisterebbe autenticamente solo nell’intuizione e
non nella funzione estrinsecante della materia. L'arte sfugge così al
concetto di rappresentazione candidandosi come opportunità che
contemporaneamente apre allo sguardo rinserrandosi nell’enigma, nella
manifestazione del trascendente. G. percorre incessantemente questa terra
di frontiera: COME FILOSOFO, come storico, come pittore. Prodromo
del percorso pittorico è l’alunnato presso Casorati, scelto peril
linguaggio sufficientemente decantato, sintetizzato e affrancato dal
dato naturalistico per mezzo di un'operazione intellettuale capace
di conferire un ordine platonico agli oggetti dispensati dalla
polverizzazione cromatica impressionistica. Una lezione estetica essenziale
quanto l’austero contesto della scuola. Esemplarità che si
concretizza inunalto profilo morale e umano che Galvano ritiene in
dissolvimento nell'arte moderna con la quale si conclude un ciclo
plurisecolare aprendosene un altro, tumultuoso nel bene ma anche nel
male, dal quale si sentì definitivamente estraneo. Il mondo del secondo
dopoguerra sarebbe affetto da una crisi di moralità alla quale
potrebbe unicamente fare fronte una presa di responsabilità
politica, artistica, religiosa, speculativamente limpida ed esente da
posizioni compromissorie e accomodanti come quelle sostenute dagli
artisti che vogliono salvare i valori della tradizione pur dichiarandosi
moderni. L'intera modernità e l’idea stessa di progresso tecnico a G.
risultano ree di edificare, intorno a un fulcro di ragioni economiche
(Marx) e sessuali (Freud), un presente depauperato dall’opportunità della
variazione imprevista. A una totalità di costruzione legata alla forma,
tipica del Medioevo, si avvicenda insomma una totalità d'impiego legata
allo scopo, decisamente avvilente come comproverebbe per inverso il
moderno carattere apologetico della narrazione tecnica e scientifica.
Giudizio estendibile al fatto estetico per cui all'arte come atto
fabrile, tipico del Medioevo, si avvicenda l’arte come atto
intellettuale, peculiare del Rinascimento. Segue il periodo
reazionario e tradizionalista del romanticismo, caratterizzato dal
recupero programmatico degl’archetipi (Jung) medievali ma rivissuti Per
un'armatura, Lattes, Torino. Senza il contesto sociale entro il quale
quegli ideali si erano formati. La spontaneità medievale diviene nel
Romanticismo programma culturale e come tale è ereditata dal decadentismo
e dal simbolismo, il soggettivismo dei quali impronterà di sé l'espressionismo.
Le avanguardie appaiono dominate dalla pulsione oppositiva alla tradizione
elevando a sistema l'efficienza produttiva di un nuovo codificato
come autoreferenziale, programmatico e inintelligibile ma incapace
di emanciparsi dal dato naturale nonostante esaurirsi dell'esperienza
storica dell’arte illusiva. Gl’epigoni dell’astrazione storica, i concretisti, sono
nvece esonerati da questa soggezione insieme alle retoriche idealistiche
riuscendo, in piena ricostruzione etica e umana, a calarsi completamente
nel dato residuale figurativo, ossia all'evidenza del fatto pittorico. È l’esperienza
che G. intraprende con l'adesione alla branca torinese del MAC, esauritasi
per lui nella spontanea affermazione delle forme curvilinee tipiche del
Liberty su quelle rette e Spigolose dell’astrazione concretistica. In
una sorta di personale contropartita agl’intelessi spiritualistici e
antropologici, G. pensa a Artemis Efesia, Adelphi, Milano. un'arte come
luogo del verificarsi del mito capace di portare a definitiva
decantazione la sua inclinazione espressionistica (rubricata dal
Pallucchini) estraendo- ne la forza panica trasfigurata in una rinnovata
spinta metafisica. Sein ambito artistico risulta evidente come egli
ha risolto insé l’apprendistato casoratiano non assorbendone che un clima d'insieme,
metabolizzando l'aspetto decadentistico della pittura del maestro
celata sotto la rigorosa adesione a una norma di cristallina
evidenza estetica ed etica, sul piano dell'esercizio critico volle
incrinare dialetticamente il sapere con- solidato al fine di cogliere
unitariamente il senso più autentico della modernità. Accostandosi ai
testi suoi maggiori, nei quali dispiega un cospicuo sforzo storico
ma editati in un periodo a loro sfavorevole Per una armatura e Arthemis
Efesia, si ha la sensazione di essere dinanzi a un affascinate
quanto indefinibile prodotto letterario saggio, DISQUISIZIONE FILOSOFICA,
colta divagazione, eccentrico soliloquio, introspezione analitica che,
pensando alla continua permutazione tra scrittura e pittura, indurrebbe
a pensare a una creazione letteraria con statuto indipen-
denteecreativo rifiutato da Galvano incline, viceversa, a una critica intesa
come emanazione di un'attività immanente all'atto creativo. Permane
tuttavia l’eco dell'idea crociana della storiografia e della critica
che, pur non aggiungendo nulla all'opera ma limitandosi a sancirne
la validità poetica secondo l’idea del philo- sophusadditusartifici-
contrapposta all'idea dell’artifex additus artifici sostenuta da Annunzio
e Conti sulla scorta di Ruskin e Pater, attribuisce facoltà filosofiche e
artistiche alla soggettiva sensibilità intuitiva dello storico.
Coscienza temuta e avversata Croce è, per G., un'autorità
intellettuale che in cambio di una piattaforma teoretica esige la
partecipata condanna delle opere che, passate al vaglio di un
accurato approccio metodologico, risultino prive di valore poetico.
Nell’acido corrosivo dell'ironia e dialettizzando gli argomenti con lo
storicismo, Croce condanna il decadentismo nell’accezioni mistiche,
estetizzanti, irrazionalistiche e in quella che crede inconsistenza
filosofica e spirituale, includendo in quel termine tutto ciò che tende a
sviluppi formali astratti e condannando di fatto la fitta rete
culturale e relazionale della modernità. Nonostante ciò Croce ha il
merito di avere reso accessibile e ripercorribile questa fitta topografia anche
nella declinazione contraddittoria e fragilmente raffinata del
vituperato decadentismo. Accettando la condanna crociana, G.
confessa la propria passione per decadenti, esotici, erotici e apostoli
misteriosofici, ponendosi scientemente in una giurisdizione infernale
come critico e come artista nato dalla linea evolutiva del simbolismo.
Identifica anzi quello straordinario momento storico come un estremo
malinconico balenio della civiltà al crepuscolo, un'epoca di
transizione divisa tra spirito e carne, abitata da alcuni tra i più
eletti spiriti dell'umanità capaci di creazioni difformi ma compiute e
che lo sperimentalismo modernista delle avanguardie esaurirà. In una
sorta di ribellione alla figura paterna, G. trasgredisce la
raccomandazione crociana di non leggere Rimbaud, Mallarmé, Valéry e
riscopre, anteriormente a Cremona, il modernismo e la linfa vitale del decadentismo
attraverso il quadro metodologico del filosofo abruzzese inclusivo di
fatti estetici anche diametralmente opposti alle sue idee. G., come
alla sua generazione, fu quindi impossibile non dirsi crociano proprio per
l'opportunità G., Perché non possiamo non dirci crociani, in Numero Arte
e letteratura”, Omaggio a G.”, catalogo della mostra, Circolo degli’artisti,
Torino, Fossati, GARIMOLDI, Munpici (cur.), Electa, G., “Diagnosi del moderno CREMONA, Il tempo
dell'Art Nouveau, Firenze, che quella metodologia offriva nel
sistematizzare l’intera storia. Quello che invece depose fu lo
spirito conciliante dell'estetica di Croce buona, al più, a banalizzarsi
nell’idea d’un museo immaginario. Quando ha il proposito di
approfondire l’immagine cultuale e psicologica dell’efesina Arte-
mide, partì dalla fascinazione prodotta su di lui da un pastello di
Cesare Saccaggi, “Alma Natura, Ave!” (1898), opera collocabile allora,
quando uscì il libro, e tuttora, in un filone di gusto piuttosto
sospetto. Con una serie di pubblicazioni’, si renderà così protago-
nista, a partire dagli anni Cinquanta, del rinnovato interesse per l’arte
Liberty dalla quale trarrà ben più diuna semplice ragione di studio
quanto invece, nella pratica pittorica, una viva permutazione in
allusioni enigmatiche irriducibili a ogni interpretazione, quali il
fiore di iris, destituite dal ruolo di metafore e sim- boli. Questa
continuità formale si chiarisce anche come continuità semantica quando si
consideri come G. e Cremona abbiano ricondotto l’arte astratta in
un comune svolgimento con il Simbolismo e con il Liberty che, di
quest’ultimo, ful’espressione impiegata sul piano della fabbricazione. Da
cui il transitare di G. dalla fase concretistica a quella informale
e, più in là negli anni, a quella araldica di nastri e bandiere per
giungere appunto agli iris. Trascorrere stilistico da non leggersi come
eclettismo quanto piut- tosto come legittimo susseguirsi tra la carica
allusiva assegnata ai reticoli cromatici astratti e la sensibilità
decorativa trasformata in materia fermentata fino alla disgregazione
dalla quale estrarre infine nuovamente il ritmo danzante delle forme
arabescate. Il simbolismo gli consente di riversare il misticismo nella
propria opera di pensatore e, soprattutto, di pittore. L'arte
assume quindi un valore emersivo di forze morali (leggi spirito) del bene
nel momento crociano, del male più tardi in modo nietzschiano prima
ancora che estetiche (leggi sangue); diade debitrice al suo filosofo di
riferimento Klages, altro intellettuale trascurato in ITALIA quanto sospettato
di avere incubato l'ideologia autoritaria tedesca quando invece più
coerentemente dovrebbe essere pensato come un epigono del romanticismo
intuizionista. L'arte tenta un'indiretta conciliazione tra spiritualità e
artificio consegnando alla storia un’estrinsecazione autentica-
mente creatrice e non solo la copia di una copia; non una rappresentazione
ma un esserci immanente. La volontà di accogliere quel male come
necessario gli viene dalla presa coscienza di un'’artisticità, che
arde G., Dal simbolismo all'astrattismo, in “Galleria di lettere ed
arti; Le poetiche del simbolismo e 1‘origine dell'astrattismo figurativo,
Studi in onore di Venturi. Articoli specifici ai quali aggiungere: L'erotismo
del liberty e la sublimazione astrattista, Cratilo, Gabetti Isola, Casa
di Erasmo, Torino. inlui, radicata proprio nelle opere Create nelle
elaborazioni più irrazionalistiche. Come quella immoralità sia
aperta a fertili risultati lo si comprende appoggiandosi all’in-
terpretazione che Galvano offre delle Artemis: bianca come simbolo
coadiuvante di perfezione conchiusa ma Statica, nera come simbolo avverso
di imperfezione e INCompiutezza ma dinamica e che in potenza può
Jenerativamente aprirsi a una riserva di possibilità eventualmente
immanifeste. Per traslato, quindi, la hegatività del Simbolismo si apre a
una plenitudine di risultati. Permane tuttavia il concetto di fondo che
la pittura, come prodotto di una volontà impossibilitata a
realizzarsi nell’ideale, sia il risultato di una caduta la Cul spoglia
materiale sarebbe prova di vanità e disviamento. Come s'accennava sopra, G. si
smarca dall'idea di un'arte quale esempio del bello estetico e del
bene morale, per lui non più coincidenti, ma accetta la disperata
affermazione dell'immagine come a l Me. È È n IS
la t LI è ® î unico possibile risultato
dell'impulso proiettivo delle aspirazioni individuali o sociali. Pittura
che in ultima istanza è anche piacere sensoriale, vocazionale
istinto a testimoniare (Baudelaire), “vizio assurdo”, vanitas;
pittura come atto cultuale che mantiene in gioco la proiezione degli
archetipi, la ricchezza delle imma- gini aderenti al mistero, almeno per
quel poco che la contemporaneità consente, poiché ilmondo nega ogni
giorno più spazio alla pittura mentre il pensiero bor- ghese, incapace di
slanci estetici e metafisici, permette che in questa duplice assenza si
innesti la tecnica, la pianificazione, la sterile sistematicità. Per G.
la nostra epoca è irrimediabilmente scissa dal significato più
autentifico della vita, dalla sua forza feticistica poiché ha fatto di
quel mondo, in cui la presenza del divino è costante, una favola bella
l'iconografia della quale non è che una lontana immagine
idealizzata priva, per i moderni, di ogni accenno oracolare. Queste
ragioni filosofiche, di estremo interesse, doveno apparire perlomeno
eterodosse all'atto della loro formulazione, divise tra esistenzialismo e
fenomenologia e affacciate all’abisso del mondo preclassico, alle
profondità eraclitee. Scostatosi dall’irrazionalismo di Klages, G. non
intende fare di sé un anti-razionale quanto piuttosto un convinto a-razionale,
come indica la personale concezione d’arte in equilibrio tra
ragionevolezza e vaticinio, secondo un fare né pienamente consapevole
poiché eroticamente privo di volontà intellettiva, né tantomeno
completamente incosciente poiché contemplativo. Pertanto l'ipotesi
di G. è più aderente alla poetica di Mallarmé piuttosto che al pensiero
di Valery, perché dove il primo disidratando e affinando la parola
poetica pone le condizioni per un superamento del modello
simbolistico aprendo di fatto alle avanguardie, il secondo immagina la
creatività come un processo logico ricondotto alla piena luce della
razionalità, alla consapevolezza dell'atto. Esaltando cartesianamente
l’intelletto e la coscienza, il processo creativo per Valery è
un'attività spiegabile analiticamente senza ricorrere a misticismo,
vitalismo e spiritualismo. Carnalità, sessualità e sensualità – CROCE (si
ved) aveva biasimato la sensualità nell'opera di Mallarmé come priva d’anelito
d’innalzamento sono invece le pulsioni vitali del SIMBOLISMO che
interessano G. e che la razionalità, in un prolifico ripiegamento
autoanaliti- co, dovrebbe avocare a sé integrandole senza ripulse
pregiudiziali. Speculazione intellettuale e artistica che rivela tutta
l’enigmaticità di G. che oscilla tra i termini affermati da Mallarmé, e
ripresi da Alain, di “vision”, intesacome vaghezza di ispirazione, e
“vue”, intesa come concretezza dell'oggetto in sé risolto. Se da
una parte, sull'esempio di Mallarmé — il quale pre- cipitò le parole
nell’assoluta perentorietà delle pure idee aspirando infine a una “poésie
sans les mots”, G. pare decidersi per la “vue” aderendo al concretismo
astratto come pars construens dalla quale pretendere risposte formali di
esito certo, dall'altra, per mezzo del multiforme divenire della sua
pittura, apre obliquamente alla possibilità allusiva dell’apparire,
accettando di fatto unesito provvisorio prossimo al concetto di “vision”.
L'oscillazione dalla vaghezza creativa all'evidenza intellettuale di
forme e colori è l’unica risposta contingente possibile per G. che
decide di non decidere tra i termini antitetici asseriti, approfondendolo
sguardo nell'oscurità della creazione e della vita. Medesimamente il G.
scrittore affronta il passato eludendo la descrizione analitica
delle epoche storiche portandone bensì all’emersione CROCE, Poesia e non
poesia, Laterza, Bari, MALLARMÉ, Divagations, Bibliothèque-Charpentier,
Fasquelle, Parigi i reconditi meccanismi, le contraddittorie spinte pul-
sionali; un’organica prassi opportuna a increspare la ricerca storica
attraverso una molteplicità di punti di vista culturali posti in
reciproco dialogo e liberamente sollecitati. Il rischio nell’approcciare
oggi la figura di G. è quello di appiattirne il pensiero, come avverte
Sanguineti. L'illustre allievo aveva compreso come il decadentismo
pittorico di un Moreau o letterario di un Huysmans fossero considerati dal
maestro un indispensabile momento storico. G. mostra insomma
un’idiosincrasia per quelle “mortificazioni crepuscolarmente schifiltose”
che impedeno ai CAMPANA (si veda), agli ONOFRI (si veda), agli UNGARETTI
(si veda) e ai MONTALE (si veda) di superare, senza rifiutarne la carica
panica e mitica, il naturalismo panteistico dell’Alcyone
dannunziano. InItalia, l'assenza del dissolutivo lavacro simbolista
si era in sostanza ripercosso nella crociana deplorazione
categoriale per l’arte moderna insieme all’illusione di potere produrre
un'opera estetica autenticamente nuo- vaeludendo il peccato originario
del Decadentismo. Il tentativo di emanciparsi dal prestigio delle
autoritates latine che aveva tentato D'Annunzio richiamandosi ai
romantici tedeschi, apriva gli occhi di G. ai pre-socratici e alla
filosofia moderna (dall’irrazionalismo alla scuola ermeneutica) che del
classicismo aveva assunto il senso vitalistico, indefinibile e
misterioso di una natura come rivelazione del divino. Da cui l’idea
di una suprema ragion d'essere trascendente alla quale l’arte, per G.,
dovrebbe aprirsi ma che invece nelle enunciazioni contemporanee gli
pare, con buona pace di Eco, rinserrarsi in un'opera chiusa. Con un
piglio da lettura sociale dell’arte, G. scrive dell’esaurimento dei
rapporti storici tra committenti e artisti e di come ciò abbia
mutato l'originaria destinazione d'uso delle opere, ridotte così a
gratuite provocazioni. Conseguentemente proponeva le dimissioni delle categorie
di giudizio elaborate perle arti visive del passato da sostituirsi
con un equivalente delle letture psicanalitiche tentate da Sartre
su Baudelaire e da Lacan su Poe. Restato sempre un pittore
tradizionalista, G. si dichiara disinteressato a certi sviluppi artistici
lasciando intendere come il problema dell'effimerità dell’arte compreso
l'amato astrattismo geometrico sia anche un problema della storia
dell’arte come disciplina. Su come debba essere poi questa storiografia G.
non si pronuncia se non dichiarando che il problema della storia
dell’arte debba essere anche e SANGUINETI, Contro la ragione, in La
Stampa, G., catalogo della mostra, Palazzo Chiablese, Torino, soprattutto il
problema dell’uomo! Sovvengono le parole destinate a grande fortuna
critica che scrive Belting nei pamphlet intitolati “La fine della storia
dell’arte o la libertà dell’arte e nel successivo Das Ende der
Kunstgeschichte. Eine Revision nach zehn Jahren nei quali auspica
la fine della storiografia artistica tradizionale a favore di proposte
olistiche e antropologiche avvedute delle mutate circostanze
sociopolitiche, del rimescolamento di cultura alta e bassa, della
suggestione determinata dai linguaggi mediali, dell’emergere di realtà
culturali prima marginalizzate, dell’obsolescenza della funzione
assegnata al lavoro manuale, dell’alterato ruolo di musei e gallerie
d’arte. La prospettiva delineata da G. si tinge di accenti acri quando
denuncia la pacifica cittadinanza ottenuta dagli ismi ridotti alla
non nocenza di prodotti da supermarket immersi in una rete di opportunità
economiche e di complicità professionali. Un terreno culturale desolante
che assume una disillusa trasposizione nella sua pittura ultima,
nei paesaggi desertificati, nella scelta estrema del silenzio creativo
come opzione possibile nonché parzialmente intrapresa. Facendosi
anticipatore di posizioni storiografiche di superamento della canonica
divisione tra antico e moderno e concentrando il periodo rivoluzionario
dell’arte d'avanguardia, in una sorta di personale à rebours G. esprime
l'opinione secondo cui i movimenti artistici successivi si sarebbero
attestati su posizioni di assimilazione manieristica piuttosto che di
irriverente Sovversione peculiare degli ismi nei riguardi della
tradizione rappresentativa. Delinea unastoria dell’arte moderna parallela più
complessa e connettiva come avrebbero potuto scriverla gli artisti ai
quali infine delega idealmente il compito futuro di creare un'ar-
te che, restando nell’ambito non figurativo e senza Impossibili riflussi,
riesca coerentemente a ristorare i Valori artistici e umani del passato.
G. insomma invoca il diritto anon essere moderno, o peggio ancora d
avanguardia, evitando di lavorare sulla contingenza e rifiutando
l'egemonia della critica per privilegiare, In senso dichiaratamente
anticrociano, la poetica degli artisti che al lavoro intellettuale
uniscono la prassi. Insieme alla proposta per un rinnovamento della
Storiografia artistica G. ne affianca un’altra di Natura conservativa
consistente nell’idea di salvaguar- dare le opere minori del modern
style, perlomeno gli Oggetti e gli arredi non ancora distrutti (di
Cometti Per esempio). Immagina la documentazione degli edifici
Liberty finendo per invocare l'allestimento di Una retrospettiva sull’Art
Nouveau internazionale, ma ù G., Cosa nostra, Sigma, Omaggio a G., Diagnosi
del moderno”, avveduta del caso italiano
e piemontese nel dettaglio, da allestirsi nella rinata Galleria di Arte
Moderna di Torino. Caduta nel vuoto la proposta sarà proprio G. a
scrivere un articolo sull’Art Nouveau a Torino e poi, insieme a Balmas e
Guasco, a curare al foyer del Piccolo Regio una mostra dedicata alla
pittura torinese. Sorta di doveroso omaggio a uno stile di vita prima
ancora che d’arte nel quale confluirono la vita delle forme collettive e
l’individualità creativa. Dissentendo da CROCE (si veda), l'interesse di
G. per gl’oggetti si approssima alle idee espresse da GENTILE (si veda) nella
prolusione al corso universitario di storia della ceramica pronunciato
nel Palazzo Comunale di Faenza nel quale il filosofo, saldando arte
e vita, rivendica la dignità estetica dei prodotti artigianali e
industriali di qualità. Si consuma qui l'ennesima contraddizione di un
crociano affine alle idee di GENTILE (si veda) che pur biasima per
densità retorica. Sensibile alle arti dei periodi di transizione e
avveduto della caducità dei giudizi, compresi i propri, per G. ogni
critica obiettiva deve essere sempre un’autocritica. Augurandosi
l'avvento di un esegeta capace di rileggere l’arte tra i due secoli, così
come Sanguineti seppe fare con la letteratura, G. rammenta come la
sua generazione abbia vergato parole sferzanti su Bistolfi fino a pochi
anni addietro valutato un artista di statura europea. Ma fu anche
la generazione di quei giovani i quali, raggiunti gl’anni quando
dovetteroimmaginare una ribellione la fantasticarono conle parole di
Rimbaud, Gide, Lawrence e Huysmans il cui Des Esseintes sembra essere
allora il prototipo di un esteta come MOLLINO (si veda). Dell’amico,
stimato oltre che come professionista di genio anche come
dilettante d'eccezione, G. ammira la capacità di governare con la
formazione culturale crociana (CROCE (si veda)) e il rigore razionale
tipico della sua professione, gl’umori sensuali, avventurosi e ambigui
del suo animo capace di ri-evocare il ritmo aperto e biologico del
Liberty restituendolo nella voluttà degli interni arredati, nell'armonia
architettonica dei pieni e dei vuoti, nella eterogenea e immaginosa
commistione di elementi organici e funzionali. Un'omogeneità che il
termine “surreale” illustra solo parzialmente e che trova una segreta
corrispondenza nelle opere di Cremona come nei molluschi, nelle
conchiglie, negli antichi libri accartocciati e nelle acquasantiere
barocche che G. dipinge. L'identità autopoietica generata da Torino si
manifesta nella condivisione spirituale prodotta da G., Per lo studio
dell'Art Nouveau a Torino, Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e
Belle Arti] questa generazione d’eccentrici intelletti, nella speci- fica
formazione di un genius loci come G. e nel progetto della Bottega
d’Erasmo che Gabetti e Isola disegnano in forme intellettualistiche
neo-liberty. Proprio in quell’anno, “A Rebours” di Huysmans diverrà per G.
il pretesto per puntualizzare le proprie posizioni all’interno del Mac e
più in generale nel modo di intendere il Decadentismo! Quando Borgese
consiglia agl’astrattisti concreti, in chiusura della recensione alla
mostra di G. allestita presso lo Studio di Milano, di rileggersi il
celebre romanzo di Huysmans nel quale, a suo parere, ci sarebbe stato il
necessario per decodificare la loro poetica, gl’aderenti al gruppo
accolsero l'esortazione come una blasfemia da respingersi integralmente.
G. ritenne legittima la protesta dei compagni astrattisti apparendogli
chiaro come Borgese incaricasse l’ipocondriaca, solitaria ed estetizzante
vita del protagonista narrato nel romanzo, di esprimere un'epidermica
quota d’edonismo e di sensualismo ribelle ai disvalori della società
positivistica industrializzata e scientifica, votata al profitto, al
commercio, al nuovo capitale borghese. Dopo di che G., confessando
di aderire parzialmente al pensiero del capitano della brigata
anti-astrattista Borgese, s'inalvea in una lettura sorprendentemente
sincretica aperta al riconoscimento dell’ambivalenza del rapporto tra
astrazione e SIMBOLISMO (SEGNO ASEMANTICO). Al rifiuto delle suggestioni
emotive del SIMBOLISMO, l’astrattismo, secondo G., ne
intellettualizza le allusioni ele corrispondenze, termine apertamente
rimontante a Baudelaire, come strumento oppositivo al dilagare prosastico
del realismo. L'astrattismo del dopoguerra ridurrebbe quindi ai minimi
termini la carica letteraria aumentando quella metafisica, riscattando la
tradizione dei padri nobili dell’astrazione e tesaurizzando nel
contempo (sulla scorta della ricostruzione filogenetica di Pevsner) la
lezione di Toorop, Gauguin, Munch e Klimt insieme a quella degli
antesignani Runge, Blake, ANTONELLI (si veda), Ciurlionis, Kupka; in
sostanza dei precursori che evocarono ancora le leggi del
mondo fisico consentendo agli evoluti linguaggi non figurativi di
divincolarsi più recisamente dalla mimesi. Tra le due guerre, sull'onda della
fenomenologia e della psicologia della forma, si assista a un
aurorale revisionismo storiografico dell'Art Nouveau, anche Persico
ha in animo di scriverne una storia! G. (asterisco di) in, Pitture di G. in
un esperimento di sintesi (testo anonimo), Milano Studio, Arte
Concreta, bollettino Poi in Fossati, “Il movimento arte concreta.
Materiali e documenti”, Martano, Torino, BorcEse, “Corriere della Sera, Pica,
Revisione del Liberty, Emporium, ma sarà con gli anni Sessanta e Settanta che
diverrà condivisa acquisizione la carica anticipatoria ricoperta da
Mackmurdo e dalla cultura figurativa a partire da Blake. Anima nera del
concretismo, Galvano assume un ruolo sovversivo nel movimento proponendo
ine- dite e intelligenti aperture di senso che tuttavia non
giungeranno a ispirare un prolifico dibattito all’interno del gruppo
infragilito dalle difformità tra la posizione intellettuale rigorosamente
metodica dei milanesi e gli arrovellamenti sulla materia fortemente
allusiva espressi dalla linea torinese. Risalendo alle sorgenti
dell’arte astratta, G. riannoda, in antitesi alle letture formalistiche, le
affinità con le fonti spiritualiste di decadentismo e SIMBOLISMO e
pensando alla densità mistica nell'opera di Huysmans sfogata in
occultismo e cattolicesimo con le citazioni della Blavatsky e di
Steiner scritte da Kandinsky, con la prossimità di Mondrian ai circoli
teosofici, con il lirismo magico di segni e colori dell’orfismo di Kupka
e, non ultimo, con uno dei primi testi dedicati all’astrazione scritto d’EVOLA
(si veda). Dandy auto-ironico votato alla marginalità, G. dissemina il
proprio percorso di tracce sulle quali indugiare, trascorrendo
liquidamente da una disciplina all'altra in modo stupefacente per un
intellettuale animato da pura vocazione pedagogica ma riottoso alla
metodicità dello studio scolastico. Attribuire un senso univoco al suo
pensiero equivarrebbe a fraintenderne la filosofia e l’idea stessa di
un'arte come autosufficiente e spontaneistico operare nella ferita aperta
tra vitalismo e intelletto che l’atto artistico non riesce tuttavia a
cicatrizzare. La civiltà intera corrisponde per lui alla fenomenicità
delle immagini da essa prodotte che, in sostanza, aprirebbero al mistero
quale autentico evento metafisico. Intendendo come piani dell’emersione
archetipica i segni dell’arte della quale l’idealismo si limiterebbe a
coglierne l'aspetto teoretico, Alain quello pratico e l’Esistenzialismo
quello etico è troppo semplicistico archiviare la passione di G.
per decadentismo, SIMBOLISMO e modern style, come l'infatuazione
culturale per un'epoca vesperale. Egli si sente invece custode ed erede di
quella lacerante contraddizione, di quella genesi oppositiva, di quella disperata
tensione verso uno spirituale fatalmente arreso alle forme dell’estetismo,
di quella magnifica e perduta sfida, tanto da riversarne la forza vitale
nella personale proteiforme pittura così come nelle progressive illuminazioni
della sua letteratura filosofica e artistica. Opere esposte Lettrice
sdraiata olio su tela 63,5x81 cm Autoritratto olio su tela 23,5x18
cm Astrazione olio su tela 50x60 cm et adi Il giorno olio su
tela 100x80 cm Pacato olio su tela 90x110 cm Composizione in nero
olio su tela 90x110 cm SENZA TITOLO olio su carta 34x48 cm Ercole ed
Anteros olio su tela 85x115 cm Omaggio a Van De Velde olio su tela 80x90
cm 10 Ir1s olio su tela 105x95 cm 10Y1olio su tela 95x110
cm Calligramma olio su tela 100x85 cm Fiori di lago olio su tela
100x120 cm Le jardin de cet astre olio su tela 132x116 cm Ireos olio
su tela 130x115 cm Proposta olio su tela 135x122 cm Pavese olio su
tela 120x110 cm Farfarello e Malambruno olio su tela 80x60
cm Gonfaloni olio su tela 95x80 cm Nastro olio su tela 90x80
cm Nastri olio su tela 60x50 cm Nastri colorati olio su tela 110x100
cm Nastri olio su tela 60x50 cm Nastri olio su tela 60x50 cm
MALI Nastri 60x50 cm ter» IG MOFBEE sie
Tre ir" Saitta SEGNO ASEMANTICO Segni asemantici (dittico) olio
su tela 110x90 cm pari #1 =$ Re |a te n ; 26 SEGNO
ASEMANTICO Segni asemantici (dittico) olio su tela 110x90 cm Artemis olio
su tela120x110 cm Maioresque cadunt olio su tela 90x80 cm
TITO sal olio su tela 70x50 cm SENSA TITOLO olio e carboncino
su tela 80x60 cm Ireos olio su tela 70x60 cm Iris acquarello su
carta 40x30 cm Sa Cespu glio acquarello su carta 40x30 cm Glotre du lon g
desir idees acquarello su carta 40x30 cm Fiori acquarello su carta 40x30
cm VRREET L6 LL AIA USD GOG VE o VERDE IL I BEILET DART DIG SPARI DIO RR
pia I I LITIO ODE LIL Fiori acquarello su carta 40x30 cm Une Fleur
olio su tela 70x70 cm Scrittura acquarello su carta 60x50 cm Sassi e
foglie olio su tela 80x80 cm Foglie morte olio su tela 80x80 cm Ciottoli
acquarello su carta 40x30 cm Labrit, © di DASIO LT R EDLI u
DILODIAT Ciottoli e rocce acquarello su carta 48x35 cm Ciottoli acquarello
su carta 48x35 cm hu ro iiriiRRRE Rocce e ciottoli olio su tela
80x80 cm Rocce e sassi olio su tela 80x80 cm Rocce e sassi olio su
tela 80x80 cm Rocce e sassi olio su tela 80x80 cm Opere in
mostra Lettrice sdraiata olio su tela 63,5x81 cm Autoritratto olio su
tela 23,5x18 cm Astrazione olio su tela 50x60 cm Il giorno olio su
tela 100x80 cm Pacato olio su tela 90x110 cm Composizione in nero
olio su tela 90x110 cm s.t. SENSA TITOLO olio su carta 34x48
cm Ercole ed Anteros olio su tela 85x115 cm Omaggio a Van De Velde
olio su tela 80x90 cm Iris olio su tela 105x95 cm Fiori olio su tela 95x110 cm Calligramma olio
su tela 100x85 cm Fiori di lago olio su tela 100x120 cm Le jardin de
cet astre olio su tela 132x116 cm Ireos olio su tela 130x115 cm
Proposta olio su tela 135x122 cm Pavese olio su tela 120x110 cm
Farfarello e Malambruno olio su tela 80x60 cm Gonfaloni olio su tela
95x80 cm Nastro olio su tela 90x80 cm Nastriolio su tela 60x50
cm Nastri colorati110x100 cm Nastri olio su tela 60x50 cm Nastri
olio su tela 60x50 cm Nastri olio su tela 60x50 cm SEGNO ASEMANTICO
Segni asemantici (dittico) olio su tela 110x90 cm Artemis olio su tela
120x110 cm Matoresque cadunt olio su tela 90x80 cm SENSA
TITOLO olio su tela 70x50 cm SENSA TITOLO olio e carboncino su tela 80x60
cm Ireos olio su tela 70x60 cm Iris acquarello su carta 40x30
cm Cespuglio acquarello su carta 40x30 cm Gloire du long desir idees
acquarello su carta 40x30 cm Fiori acquarello su carta 40x30 cm Fiori
acquarello su carta 40x30 cm Une Fleur olio su tela 70x70 cm Scrittura
acquarello su carta 60x50 cm Sassi e foglie olio su tela 80x80
cm Foglie morte olio su tela 80x80 cm Ciottoli acquarello su carta
40x30 cm Ciottoli e rocce acquarello su carta 48x35 cm Ciottoli
acquarello su carta 48x35 cm Rocce
e ciottoli olio su tela 80x80 cm Rocce e sassi olio su tela 80x80 cm Rocce e sassi olio su tela
80x80 cm Rocce e sassi olio su
tela 80x80 cm GARABELLO ARTEGRAFICA, SAN MAURO TORINESE. Grice: “I don’t see why
Italians are obsessed with art, but Speranza is Italian, so let it be. Speranza
thinks conceptual artists are the only ones – such as Keith Arnatt – worth
analysing. In his more snobbish ways, he thinks to mould the male body was
Pliny’s idea of art – bronze statuary of the ‘nudo maschile’ – Painting comes
only second or third, and only because of the desegno – i.e . the line of
beauty, which is – as shape, where ‘kallon’ resided for the Greeks!” -- Albino Galvano. Galvano. Keywords: arte naturale, Gallupi,
Peirce, Grice. By uttering x (gestus), U means that p” gesto, gestus, Grice’s
use of gesture. il concreto, l’astratto, Sraffa’s gesture. Il gesto di Sraffa, l’implicatura di
Sraffa. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Galvano: implicatura concreta”– The
Swimming-Pool Library. Luigi Speranza, “Grice e Galvano”.
No comments:
Post a Comment