Piccola e canora schiera
dei trovatori italiani.
Tu andrai pel mondo col
tuo patrimonio di rime, ed io ti seguirò trascinandomi miseramente dietro un
pesante bagaglio di commenti, di traduzioni, di note.
Cominciammo insieme il cammino
or sono più di tre lustre e via facendo, incontrammo due nuovi poeti, che si
aggiunsero a noi: Galega Panzano genovese e Girardo Cavallazzi di Novara. Ci
imbattemmo poi in un ignoto che ci disse con voce fioca per il lungo silenzio.
Io sono Tommaso II conte
di Savoia, e trovammo un altro
sconosciuto che si annunciò col nome di Oberto di Biandrate.
Erano ombre o persone?
Quante volte ce lo chiedemmo
durante la strada, altrettante un dubbio su questi due ci molestò, il dubbio
d'essere vittime di una bella illu- sione.
Altri poeti ci
riservarono qualche gradita sorpresa.
Sordello ci offerse
alcuna sua nuova e piccola corona di versi.
Percivalle Doria per ben
due volte fé' sonare per noi la sua lira.
Rambertino Buvalelli e
Ferrarino da Fer- rara ci svelarono alcuni segreti sulla loro vita.
Nuove rime ci offersero Lanfranco Cigala, Bonifacio
Calvo ed altri trovatori.
Nel lungo viaggio, o piccola
e amica schiera di poeti perseguimmo purtroppo insieme alcune vane larve, ci
perdemmo talora dietro luci illusorie e sostammo altresì timorosi per incerti
sentieri.
Ma ricominciammo poscia
la strada, pavidi e pur fiduciosi, sgomenti ma non vinti, decisi ad ogni costo
di toccare la meta.
Voglia ora il fato, o gentile
brigata, che al tuo appressarsi non accada ciò che avvenne una volta in un’antica
corte italiana, allorché una piccola compagnia di giullari si annunziò vicina.
Alme rie de Peguilhan
alzò la sua voce infastidita e non si sa se i giullari cambiassero rotta.
Noi non muteremo
cammino, noi non ci fermeremo alla prima corte; e se avvenga, mentre avanziamo
senza sospetto, che il viaggio ci procuri qualche cattivo incontro, si levi a
difenderci il battagliero Sordello e il dolce e cosciente Lanfranco Cigala si
tragga innanzi con tutti gli altri migliori trovatori d'Italia, marchesi,
conti, podestà, uomini di legge e di spada.
Vanne, adunque, mentre
io ti seguirò da lungi, piccola e gentile brigata, verso cui mi sospinse un
ardito e già lontanante sogno di giovinezza e da cui mi distacco con un
rimpianto infinito ora che vedo il mio sogno pallida- mente riflesso in una meschina
e nuda forma di realtà, entro i limiti brevi di questo povero libro.
I testi sono stati
riveduti sui manoscritti.
Per alcuni, mi sono valso
di copie diligenti comunicatemi da qualche cortese studioso, che vivamente
ringrazio.
Così, debbo ad A.
Jeanroy le copie alcuni testi.
Langfors mi ha inviato
la copia di CR per il n. XIII, di T del n. XIX e St. Glixelli mi ha procurato
una copia esatta di CIKR del n. XXVI e di C I K M R del n. XXVII, oltre ad aver
consultato per me, a più riprese, I K per i nn. Il, III.
Le altre copie ho fatte
e controllate io stesso sui mss. Per S, però, mi sono giovato di fotografie e
per S» ho dovuto unicamente accontentarmi della stampa deW Anuari dell'Istituto
di studi catalani, I, 430 (n. VI).
Ho dato anche le
varianti grafiche dei mss., non soltanto per amore della compiutezza, ma anche
perchè sono convinto che talvolta lo studio della grafia getti o possa gettar luce sulla storia interna del codice.
Di Sordello, i cui versi
hanno già avuto un'edizione critica, ho
dato tre soli componimenti, ira i migliori; ma ho sottoposto gli altri suoi
testi a un nuovo esame.
Non ho ristampate
neppure le rime del poeta di Góito di recente scoperte, edite da me nel Giorn.
stor. d. leti, ital., XXXVIII, 269, ma le ho an- ch'esse novamente studiate.
Lo scarso bagaglio
poetico di Rambertino Buvalelli e di P. Q. de Luserna mi ha permesso di dare in
luce tutte le poesie di questi due trovatori rivedute e corrette.
Ho largheggiato quanto
ai testi di Lanfranco Cigala, ma non ho pubblicate tutte le rime.
Ho sottomesso a nuovo
controllo anche i componimenti di Bonifacio Calvo e di Bert. Zorzi, dei quali
ho trascelte le poesie più interessanti.
Per la ricostruzione e
in ispecie per la traduzione dei testi dei trovatori di Genova, ho tratto profitto
di alcune benevoli recensioni apparse quando diedi in luce un mio lavoro (“Trova-tori
minori di Genova, in “Giorn. stor. d. leti, italiana”, XXXVI, 1 e poscia nella “Gesellschaft
f. roman. Literatur”, III, Dresden, 1903) e dovute a V. Crescini (“Giorn. stor.”
cit., XLII, 331), ad A. Jeanroy (“Annales du Midi”, XIII, 86; “Romania”,
XXXIII, 610), a C. De Lollis (“Studi di filol. rom.”Vili, 429), a O.
Schultz-Gora (Zeitschr. f. roman. Phil., XXV, 121) e al compianto dr. Dejeanne
(“Annales du Midi”, XVII, 266).
Ho indicate, a loro
luogo, le proposte fatte da questi studiosi nei loro utili resoconti.
Gli altri nuovi
emendamenti, in riguardo ad edizioni anteriori, e le altre nuove correzioni e
proposte ai molti testi, da me ricostruiti e pubblicati, mi appartengono tutte
ed io ne sono e ne resto il solo responsabile.
Le note sono talora
assai sobrie, ma, ciò non ostante, mi lu- singo di non aver in esse trascurati
fatti e fenomeni importanti della lingua e dello stile dei tro- vatori
italiani.
Diversi lavori
importanti (monografie più o meno estese, edizioni di testi, notizie ecc.)
riflettenti questo o quel punto del nostro soggetto, non sono ricordati nella
lista seguente, la quale tien conto delle sole opere, a cui più spesso r indole
del nostro studio ci ha richiamati.
Ma il lettore ne troverà
le citazioni, a loro luogo, nel presente volume.
Alcune abbreviazioni, da
noi adoperate per riviste ed opera di largo uso, saranno trasparentissime per
qualsiasi studioso e amico delle antiche letterature romanze].
Lirica in lingua d’oco in Italia .
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