Grice e Vignoli: la ragione conversazionale della etologia
filosofica – della legge fondamentale dell’intelligenza nel regno animale –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Rosignano
Marittimo). Essential Italian
philosopher. Filosofo italiano. Grice: “I spent quite some time observing a
species of pirot: the squarrel – mainly I was in search of what Vignoli calls
‘la legge fondamentale dell’intelligenza nel regno animale” – his ‘saggio,’ he
says, is in ‘psicologia comparata,’ but since it is vintage, I might just as well
refer to is as being one in ‘philosophical ethology’!” -- Si trasfere a Milano.
Insegna antropologia presso la Reale
Accademia di Scienze e Lettere. Direttore del Museo di storia naturale. I suoi saggi apparvero su “Il Politecnico” e
sulla “Rivista di filosofia scientifica”. Due sue saggi hanno risonanza: “Della
legge fondamentale dell'intelligenza nel regno animale: saggio di psicologia
comparata” -- e “Mito e scienza”. Nel
1863 io terminava il mio saggio in-
iiorno ad una Dottrina razionale del Progresso, inserito con una serie di articoli nel Poli- tecnico a Milano , diretto già da Carlo
Cat- taneo , e poi ristampato a parte ,
con queste parole e in queste sentenze,
risultato di tutti gli studi e argomenti
anteriori: « Quésta libertà del
pensiero cresce ^*B 9 terello, soqo antiche e> costanti nella
mia mente. Onde due anni or sono
terminava la mia prolusione ad un corso
di Antropologia generale gratuito nella
R. Accademia scien- tifico-letteraria di
Milano, al quale venni in- vitato dall'
illustre professore Ascoli , gloria
della glottologia italiana — allora Preside di • quel chiaro istituto. « Siamo nuovi ancora si può dire nei
mo- «• derni studi, se volgiamo lo sguardo
alle « altre nazioni che ci superarono ,
ma i ri- « sultati ottenuti e che si
vanno conqui- « stando, sono augurio che
sapremo perve- « nire a quella gloria
che un giorno sì chia- \ ramente ci
segnalò tra le genti. Ma molti
RBPAZioini e per rispetto del
pubblico ; e che infine fui sempre
consentaneo con i miei principi, come
tutti possono toccare con mano dalla lettura dei brani sopra trascritti, e stesi a
lunghi intervalli e dal presente mio
opùscolo stesso. Che se V ingegno è
tapino , e il sapere non così vasto come
vorrei, e come dovrebbe es- sere, la
colpa non è mia, né della mia vo- lontà
: poiché tra i tanti difetti , che in me
possono annidare, l'ozio certo, e l'ignavia non vi si trovano:, perchè li sfuggii sempre,
come la peste più oscena, brut a e
nefanda di tutte, e la più dannosa ai
privati ed alle nazioni. Milano, 12
aprile. CAPITOLO PRIMO Sitixa;25Ìoiie« Posta la nostra società odierna tra due
sette te- merarie e procaccianti)
diverse d'origine, ma identi- che di
propositi nefandi e distruttori, i retrivi cleri- cali, e i demagoghi incendiarli, non mai
soverchia riuscirà la solerzia, la
virtù, la virilità di atti e di concetti
ad allontanare e vincere i mali, sociali, mo-
rali e materiali a cui esse mirano con tenacità for- midabile. Che se Tuna vorrebbe ridotto il
mondo a un cenobio e a una triste
tebaide, l'altra procaccia che gli
uomini ritornino alla selvatichezza preistorica, e alla squisitezza sociale delle caverne.
Certamente le magnanime speranze di questi
tristi non si avve- reranno, poiché la
mentalità umana, la libertà civile e le
suppellettili industriali tanto cresciute e potenti non lo concedono, e in Italia specialmente,
ove l'in- dole, gl'istinti, il senno proprio
della razza, e le ne- 14 CAPITOLO
PRIMO cessità storielle assolutamente
vi si oppongono ; ma tuttavìa è d'uopo
avvisare ai pericoli^ e alle sciagure
parziali^ addottrinati dall'esempio miserando di altre nazioni. I retrìvi e demagoghi sono gli
estremi fa- ziosi e a cosi dire l'oscena
e perversa caricatura dei due legittimi
fattori della vita civile dei popoli, e del
loro intrinseco progresso, i conservatori cioè e gl'in- novatori, necessarii entrambi al perfetto e
mobile equi- librio delle forze, e al
loro dinamico esplicamento : in quella
guisa che nella compagine oi^anica, e nel-
l'esercizio delle sue funzioni, trovansi nervi modera- tori, e stimolanti, onde resulti quella
armonia di ef- fetti che vita si
appella. Imperocché come in questa si
arresterebbe immoto il circolo animatore se l'ener- gia del freno prevalesse, e tanto si
accelererebbe da distruggere sé medésimo
quando quella contraria ec- cedesse :
parimente una nazione perirebbe, se V uno
l'altro dei fattori accennati rimanesse vincitore nella lotta, che l'uno la renderebbe mummia o
cristallo^ mentre il secondo la
dileguerebbe in vapore. La sa^ pienza e
la scienza civile consistono quindi nel prov-
vedere che un equo temperamento intervenga fra le due forze rivali, o a disporre le cose in
guisa che l'una a vicenda con l'altra
serva all'incremento del bene sociale, e
al sempre più largo, e sincero eser-
cizio della libertà civile e politica
Ma a raggiungere questo arduo e nobile scopo l'in- tenzione e il desiderio non bastano: vuoisi
non solò perizia grande d'uomini e di
negozj, animo pronto, profonda
conoscenza dei fatti e leggi "Bociali, risolu- tezza impavida nelle difficili prove, onestà
costante di mezzi, magnanimo sprezzo
d'insulti e guerre voi- SITUAZIONE 15 gari; ma rìohiedesi altresì vasta e chiara
dottrina sto* rica, e quel senso sicuro
dei bisogni^ dell'indole^ delle
^piraadoni legittime. del popolo^ e limpida intuizione Clelia legge che regola i moti delle genti
europee in generale; e di quella
italiana in particolare* Or qui in
Italia ì, caduti principati lasciarono copiosa eredità di elementi conservatori e retrivi, fatti più
rabbiosi •dal prevalere delle
istituzioni ed istinti democratici^
a^vviticchiàntisi con disperato amplesso al papato, che i loro rammarichi, ire, convinzioni, speranze
rese dom- ina religioso, ultimo
strumento alla assoluta sua si- gnoria
vacillante ; méntre d'altra parte le inveterate
abitudini cospiratrici, l'intempestive brame di utopie facilmente nascenti in popoli non assuefati a
libertà, gli antagonismi regionali
superstiti alla unificazione dei varii
Stati, le bieche e torbide imitazioni demagogi-
che d'altri paesi, e l'arruffio anche di tristi, tengono la nazione incerta, rinfocolano odii di
parte, e la spin- gono soverchiamente nelle
avventure : e quindi tanto più difficile
riesce l'impemare stabilmente lo Stato, e
condurlo sapientemente. Tra
queste due forze rivali, ostacolo al retto an-
damento della cosa pubblica, rimane poderósa za- vorra, la maggioranza della nazione, la
quale, aliena in parte dai mutamenti
radicali, intenta alle private faccende,
e guidata dal senso positivo delle cose, e
dagli interessi domestici, mantiene a cosi dire un mec- canico equilibrio nelle loro lotte, e fece si
che sino ad ora né l'una, ne l'altra
prevalesse : e la nazione perciò stette,
e vinse prove che sbalordirono il mondo,
e procacciò ai reggitori una gloria, che in fondo e in parte derivava dalla sua consapevole
inerzia. 16 CAPITOLO PRIMO Né si creda che io voglia, concludere non
aver ben meritato della patria coloro^
che per vari v anni stet- tero al timone
della Bua nave.^ e che questa se noa
pericolò e. si sommerse nelle tempeste ove fu più di lina fiata travolta^ debba soltanto la
propria salute alla indifferenza^ o agli
istinti conservatori delle mol- titudini
: imperocché i fatti mi sbugiarderebbero, e
non conoscerei affatto, o confusamente la nostra sto- ria contemporanea. Certamente Emilio
Visconti- Ve- nosta che a più riprese
diresse e in condizioni so- vente ardue
e perigliose i nostri rapporti con gli stra-
nieri, seppe schivare con tatto fino, e con squisitezza^ di modi, non disgiunti da dignitosa fermezza,
i rischi che ci minacciarono, sia di
lusinghe subdole, di al- tere brame, o
di tenebrose cospirazioni del Vaticano.
E potrei pure ricordare con encomio altri, che con zelo ed onestà, si adoperarono a prò della
nazione. Né si vuole poi dimenticare il
grande partito libe- rale, erede degli
intendimenti di Camillo CavQur, il quale
nei giornali, dalle cattedre, nelle concioni, nel parlamento con costanza segui in parte quelle
caute e forti norme, che ci condussero
sino ai tempi pre- senti. Ma tutti
questi saggi consigli e propositi, edi
fatti che vi corrisposero, non avrebbero certamente salvato dai perigli la nazione, se la
maggioranza de- gli italiani col suo
contegno fermo, l'indole non ec-
citabile, e col veto, a cosi dire, della passività, non avesse resi vani i proponimenti, sventate le
trame sotterranee, e lasciati in secco
gli apostoli del di- sordine e del
dispotismo : che anzi il più delle volte
scossa da evidente rischio, segnò col desiderio espresso virilmente in mille guise, la via da tenersi
dai reg- SITUAZIONE 17 gitoli, e si può dire in un certo modo,
che Ella fu che governò il paese, con
senno suo proprio, e con quegli spiriti
liberali che seppero infonderle molti va-
lenti predecessori, e il grande intelletto del più grande ministro del secolo. E Camillo Cavour potè essere concreatore di
un popolo,, perchè nella vasta mente
raunò a cosi dire tutti i pensieri, le
idee, i concetti, e nell'animo i de- siderii,
i sentimenti, gl'istinti magnanimi di tutta la
nazione che in lui si confidò : associandosi senza tema, o gelosa inquietudine, in momenti solenni,
nell'impresa unificatrice a Giuseppe
Garibaldi, che, quale soldato della
libertà, fu a cosi dire la popolare poesia del
nostro riscatto : egli fu grande perchè conscio dell'in- dole moderna dei popoli non si argomentò di
rendere libera e indipendente la patria
con mezzi termini, con sussidii di una o
altra casta e fazione esclu- siva, ma si
armonizzando in un solo pensiero, e ad
un solo e generoso scopo tutti i ceti, tutti i par- titi, tutte le forze vive della nazione, non
pauroso di sette, o queste trasformando
in leve poderose ad inalzare dal
servaggio l' Italia : insomma ei fu grande
e riusci, perchè senti tutti gl'influssi, vasti e potenti di un popolo intero: che sarà sempre, come
per il passato r«/n hoc signo mnces!^ di
coloro, che fecero e faranno opere
generose ed immortali nel mondo. Morto
Cavour rimase al governo il partito che avevalo
ajutato in gran parte nell'opra santissima della reden- zione della patria, il quale si propose e si
argomentò di seguire quella via, che
dischiuse la mente e l'o- perosità del
grande uomo, onde si compissero i fati
della nazione, e si raggiungesse il fine desiderato. Ma i
18 CAPITOLO PRIMO se il
concetto politico e Tindìrizzo del maestro fu com- preso, e seguito all'ingrosso dai successori,
e la na- zione si dispose ad effettuare
i suoi disegni, nessuno però dei
reggitori ebbe l'ingegno l'animo e lo spirito
del sommo cittadino, e comecché mandassimo ad ef- fetto difficili imprese, e si conseguisse il
massimo scopo della indipendenza e unità
della patria, pure alla lunga si
manifestò a poco a poco nel governo, e nel vasto partito, d'onde visceralmente egli usciva, il
difetto di comprensione potente ed
intera, e di quel senso ge- neroso di
libertà piena ed operosa, ove si mostrò l'ec-
cellenza del primo. Ne io* offendo l'amor proprio di alcuno di quelli che mano mano vennero
impugnando le redini dello Stato, con
l'asserire che non raggiunse l'ingegno,
la perizia e l'animo suo, poiché è cosa evi-
dente di per sé stessa, e l'esemplare troppo noto e cospicuo. Ed in vero uno degli uomini che
maggior- mente fecero parlare di sé più
frequentemente e sedette in scranna al
governo dello Stato, e si segnalò per varie
vicende, fu Marco Minghetti, conosciuto moltissimo eziandio dagli stranieri. Or bene, chi non
scorge a prima vista quanto ei sia
inferiore per molti versi al Cavour? Per
quanto io possa avere dei contraddittori
non mi perito dire che il Minghetti è un mediocre uomo di Stato, in quanto gli manca ogni nota
che distingue coloro che nacquero a
tanto ufficio. Mente lucida e
simmetrica, ma non acuta e profonda; bel
parlatore, ma più facondo che eloquente, animo più ostinato, che tenace, scrittore sensato e
forbito, ma privo di nerbo e di vena
inventrice ; ambizioso, certo
nobilmente, d'aura popolare, ma incapace a raggiun- gerla : ondeggiante tra le diverse parti, non
abile SITUAZIONE 19 3f dominarle: non q;ristocraticp per
proposito o arte di governo, ma
inclinato a riceverne di riverbero \^
fosforescenza : e non facile a sentire i fecondi in? flussi del popolo. Che se per ora pronunziò
raggiun^iQ il pareggio, e gli fu attribuito
come cosa sua, quando non una legge di
finanza gli è propria, e la longa-
nimità e sofferenza invece del popolo italiano ne è il più grande fattore, la freddezza e
indifferenza con che accolse il paese
questa notizia, che pure doveva
riempirlo di fervida letizia, è la miglior prova di quanto riserbo si senta per le cose sue
nell'animo degli italiani, e come egli
non abbia veramente radici nella fede
delle moltitudini. Si badi però che io parlando
si schiettamente del Minghetti, come Ministro e scrit- tore, solo sindacabili in paese libero e
dalla stampa onesta, faccio e rendo omaggio
alla sua vita priv^)t^, a.lla nobiltà
dell'animo e delFingegno — e in altra oc-
casione ne feci testimonianza — e al disinteresse per- sonale, che spiccò sempre anche posto al
governo della cratica, osservata e
giudicata con occhio scevro da
prevenzioni, e con animo non travolto da passioni o dA interessi parziali. Né facciano illusione
all^ intel- letto alcune singole
pretese, o desiderii in paesi ove 24
CAPITOLO PRIMO da poco la legge
livellatrice civile tolse i privilegi
d'ordini vecchi: imperocché tali avanzi archeologici di tempi irremissibilmente passati^ sono a
cosi dire piante morte, alle quali s'
inaridiscono le radici, e che fra i
nuovi còlti, e rampolli rimangono in piedi
senza vita e finitti, sinché cadano per intrinseco e na- turale sfacelo. Nella sola Inghilterra, e
meno altrove, alcuni privilegi
territoriaU o ereditarii mantengono un
ordine nello Stato, ma già ne vennero scrollate le basi, e tra non molto anche colà, se ne sono
veduti i sintomi, e i desiderii legalmente
espressi testé, si dilegueranno del
tutto. Quando nelle nazioni Tegua- lità
civile dei ceti si ottenne, e tutti vengono rappre- sentati in parlamenti elettivi, e la stampa è
libera, la necessità della democrazia è
già posta, e non può tardare a vincere
in un avvenire più o meno pros- simo, a
seconda dell'indole, dei costumi, e delle ra-
gioni storiche delle nazioni. GHi ordini nelle società una volta spenti, o trasformati non si
restaurano, e mal si oppongono coloro
che carezzano Tidea di un ritorno al
passato in ogni genere di istituzioni privi-
legiate ; solo provano che non sanno la storia, né com- prendono i itempi che corrono, né antivedono
quelli avvenire. Che se nella caduta del
romano imperio e per le invasioni
delleif.orde settentrionali, il sorgere
poi del feudalismo si considera come un ritorno ad un patriziato ereditario, oltreché il
paragone non regge, poiché nella storia
non si ripetono mai esattamente le
vicende e gli istituti d'altra età, or sarebbe anche quel fatto assolutamente impossibile, dacché
mancano inteme ed esteme condizioni ad
awerarlo^E chi sup- ponesse che a ciò
potesse bastare Tinflìisso in^retto^
SITUAZIONE 25 o la invasipne
dei Russi; solo popolo che si accampi
formidabile di fronte all'Europa mediana e occiden- tale, non conoscerebbe affatto le condizioni
civili in cui versa la Russia.
Imperocché per l'autocrazia di per sé
stessa sempre livellatrice, lo Czar attuale anche per intendimenti di civiltà tolse in gran parte i
resti di privilegi con Temancipazione, e
la franchigia dei servi, eguagliando) le
persone dinanzi alla legge, e quindi rese
impossibili una aristocrazia dominatrice. I Russi se in- vadesserc una parte d'Europa limitrofa al
vasto impero, recherebbero per costumi e
idee piuttosto principj comu- nistici,
propri in alcune parti del loro organamento
municipale, ampliati e resi più forti per le sette che formiolano nel suo seno, e che la rodono con
mani- festo danno. Onde é vano sperare
anche stando ai calcili meramente
empirici, e all'osservazione super-
ficiae, che in Europa possa avvenire una restaura- zioiB del patriziato, come ordine distinto
per dritti dal resto della nazione. E
ducimi che qua e là in Itala ed altrove
in special modo tra giovani ram- poli
dejle vecchie, o più moderne famiglie gentilizie, riesca in alcuni un certo spasimo e languore
perle anicaglie, e si tenti quasi con
amminìl^i araldici, dJricostituire un
ceto a parte, separandosi con ridi- cio
anacronismo dal resto del popolo. La quale ubbia aguisce una ignoranza profonda della epoca
nostra, ci una nullità prodigiosa nei
nuovi, cxdtori dei ca- selli in rovina :
Ut nomine Toagnifieo segne otium tlaret!
per dirla con Tacito. Lungi da me il pen-
iero di menomare il lustro, il decoro, la fama di tÉinte famiglie storiche nostre : sono anzi
il primo a riverire un lungo ordine di
discendenti che ai se- 26 CAPITOLO
PRIMO gnalarono con la mente, o con
le armi: questo è pa- trimonio privato
inviolabile } quanto altra mai prò*
prietà, e fanno bene a tenersi care e onorate le memorie d'avi illustri, quando furono
veramente il- lustri, e vorrei che un
tal culto fosse sprone ad emu- larli
nella eccellenza delle opere. Né la querela può
venire oramai da invidia, e da astio, quatdo ordini distinti non esistono più, e tanto vale di
&ccia alla legge e alla nazione
rispetto ai diritti, un ciabat- tino che
un principe. Onde la gara tra patrizj e ple-
bei non può più rinascere, in quanto > tutti aono po- polo: e se si parla di volgo, il volgo adesso
può tro- varsi in tutti i ceti, unica
norma alla stima sociale, essendo, la
Dio mercè, il valore personale. Parlo sol-
tanto di quelli, e certamente son pochi, che invece di adoperare le loro forze, i loro ozj, le
loro ricclezze ad egregio scopo sia
nelle arti, nella scienza, ielle armi,
in ogni argomento di progresso civile, si tra-
stullano con le ferraglie del medio-evo, sciupano tenpo e decoro, e si preparano una vita squallida,
vana fu- nerea di mezzo a quella fervida
che già erompe dslle viscere della
nazione, che farà cerna dei forti e nu)vi
rampolli, disperdendo, non col ferro, col sangue, o al- tre nequizie, come gridano a squarciagola i
pusila- nimi gli astuti, ma con la
ferrea necessità di la- tura e della sua
legge di selezione, i neghittosi, e ca-
boU di mente e di volontà. E tanto più desta meur viglia questa vanagloria di festuche
blasoniche in 4- cuni, in quanto la
eletta parte del patriziato italian die
largo tributo di sussidj, di sapere, di sangue A, nostro risorgimento, e si segnalò per
generosa cariti di patria: ed anche oggi
molti tra essi onorano TI- SITUAZIONE
27 t^a e gli avi loro con operose
virtù cittadine, e qual*- cheduno con gU
scritti e l'ingegno. Si ricordi che i
tre più grandi poeti della nostra epoca, animati da fieri e virili spiriti di libertà, Alfieri,
Niccolini e Leo- pardi uscirono dalle
loro fila; e del loro ceto fu pure il
più grande, e liberale Ministro della età nostra (!)• Altri s'immagina che la democrazia sia
irrazionale mente livellatrice, e la
confondono con le utopie co- munistiche,
impossibili ad effettuarsi, e non mai ef-
fettuate : onde rimpiangono i tempi passati, ove tutto era ordine e casta distinta, e già mirano le
genti* eu- ropee in un non lontano
avvenire, o mummificate ed immote in una
sterile eguaglianza assoluta; ovverà
scatenate in passioni furibonde spargere dappertutto fiamme, mine, stragi, ed avverarsi il
finimondo. Tali piagnoai, o gufi di
cattivo augurio, provano una cosa sola,
ehe non intendono nulla; prendono l'accidente
per li legge, il particolare pel generale, il deviare di una jetta pel costume dell'universale, e i
loro sogni per i&altà. Certamente se
questi conservatori dirigessero le sirti
dei popoli, le tristi scene e nefarie che non a (1)11 giovane patrizio Alessandro Piola,
seguendo Tesempio della egr^ia e chiara
famiglia, dio alla luce neirannò scorso un libro di eeoDmia, che certamente merita di essere
segnalato. Che se al- cuil non potrà
condividere tutte le idee, o ascriversi assolutamente ai luoi principj, trovansi nel suo trattato
cose ottime, e ricerche fate con lungo
studio ed amore : e fanno onore a chi le scrisse. Or be^e nessuno intraprese a parlarne, eziandio
criticandolo. Questo si- bilo non é buon
segno : V esempio era eccellente anche per Tori- fiée e il ceto dello scrittore: nò doveva
trascurarsene ropportunità^ .nche
civile. 28 CAPITOLO PRIMO guari inorriditi vedemmo in altri paesi;
inevitabil- mente accadrebbero, e con
sempre più frequente ri- petizione; ma
governandoci con altri intendimenti e
con più larghi e generosi propositi, quei mali diver- ranno sempre più rari, e impossibili. Del
resto a nessuno che abbia fior di senno
verrà in mente mai, o cre- derà, che
nelle cose umane possa affatto il male evi-
tarsi, quando lo scopo a cui deve intendere ognuno, si è il procacciare di sminuirlo con costante
operosità. L'età d'oro e di ogni bene, i
miti e i poeti la posero al principio, o
alla fine del mondo; e ragionevol-
mente, perchè dell'una non ci ricordiamo,^ all'altra non siamo ancora pervenuti. La democrazia, intesa come vedremo, tra
poco, mentre suscita tutte le forze vive
della nazione, pone in moto tutti i
valori, fa con rapidità ricircolare nel
corpo sociale i beni avvivatori, e tiene desta la mente di tutti nella universale concorrenza a
vantag^o poi di tutti, non livella
matematicamente le rjmsse, come con
eleganza di eloquio, e con dignità cristiana chia- mano il popolo : poiché nella libera attività
di i cia- scuno, sorge una
disuguaglianza proporzionale, 6 l'a-
ristocrazia legittima, cioè dell'ingegno e del valor per- sonale ; ed appunto perchè personale non la
perpetua con violenza alla verità e alla
giustizia, nei succes- sori. Onde i
timidi del livello si rassicurino ; se lunno
mente, vigore, volontà possono saUre nelle società de- mocratiche, con più decoro, al sommo della
glorii, o del legittimo potere, quanto
ai tempi dei paladin: di Carlo Magno. Se
una cosa hanno da temere, temtno di
quelle dottrine, che frapponendo violenti ostacoU alla libera esplicazione delle potenze e
attività uman^^ SITUAZIONE 29 raccolgono legna agli incendii futuri, e
preparano le bufere sanguinose delle
rivoluzioni delle plebi maneg- giate
allora dagli arruffoni e dai demagoghi.
La vittoria della democrazia, e il suo regno du- raturo nelle nazioni civili, dipende dalla
natura me- desima del principio che la
informa, che è un por- tato necessario
della evoluzione sociale, e la distingue
dalle democrazie antiche , e da quelle che sussegui- rono al rinascimento dei comuni nella età
media di Europa. La democrazia moderna è
l'effetto di leggi non solamente
sociali, morali, economiche ìiella signi-
ficazione loro ordinaria , ma di leggi antropologiche, che s'innestano, e s'immedesimano a quelle
naturali, che governano l'evoluzione
intera delle cose che sono. £ questo
nesso, questa identità analogica della espli-
cazione delle razze e istituzioni umane, con le leggi che signoreggiano la dinamica universale degU
esseri fii da tempo avvertita, e nella
Grran Bretagna, Ger- mania, Francia,
Bussia stessa ed America ha validi
campioni che la sostengono, e sarà certo la scienza sociale avvenire. Coloro, che adesso
sequestrano e di- vidono i fatti
sociali, morali, storici dalla generale
forma evolutiva dei varii fenomeni, nei quali, a dirla col grande Poeta, si squaderna la vita
dell'Universo, come se consistessero
impomati in sé medesimi, e se- parati
dal mondo, non se ne intendono; e mal com-
prendono l'alto e nuovo valore della scienza attuale, e vìvono ancora della vita postuma dei nostri
arca- voli^ E si badi che io non ripongo
tra i cultori dei nuovi metodi storici,
e della nuova scuola dinamica, i
vaporosi filosofi egeliani, od affini, che sbalordi- rono per poco il mondo con le loro teoriche
sperti- 30 CAPITOLO PRIMO caie e temerarie^ e lo stomacarono poi
negli stessi paesi ove nacque : teoriche
si disformi dall'indole delle menti
italiane^ e piuttosto delirii,. che scienza; ma si bene io intendo parlare di quelli, che
mediante norme osservatrici e
sperimentali, e con la sovrana leva del-
l'induzione, virilmente applicati (secondo gli esempii ed i canoni del divino Galileo, che primo nei
moderni tempi ruppe non solo nelle
scienze fisiche, ma per analogia in
quelle organiche e morali stesse, i clau-
stri e i ceppi scolastici del pensiero, e le arbitrarie quisquilie a priori) seppero, io dissi,
ricondurre la mente alla realtà delle
cose in ogni ordine della scienza, e
dare base solida alla enciclopedia, che deve essere l'interprete, e lo specchio sincero, e
intellettivo della jiatura. E certo alcuno non sarà si tracotante da
negare gli splendidi effetti e le
portentose applicazioni che tali me-
todi in ogni ramo d'arte, di industrie, di scienze produs- sero, e quanto se ne avvantaggiarono eziandio
quelle di- scipline che sembrano agli
uomini superficiali maggior- mente
aliene à^ quei procedimenti : poiché tutto il bene materiale e morale e la stessa vittoria della
libertà ci- vile e politica nei presenti
tempi, è dovuta per chi ha fior di
senno, a questo sovrano e indipendente indi-
rizzo della ragione. Io so che molti, che si dicono con sorridente compiacenza di sé medesimi ,
positivi , e fanno professione di arguto
realismo, e canzonano co- loro che non
partecipano alla loro innata divinazione,
trattano quasi da allucinati , e di spiriti perduti nel vano delle sottili astrazioni, quelli che dai
fatti ri- salgono alle leggi, dalla
norma sensata degli atti so- ciali ai
principii che ne governano l'esplicamento ,
SITUAZIONE 31 daUa esperienza
giomaUera dei negozii privati e pub^
blici, alle profonde ragioni che li rendono inevitabili. Ma di tali Tersiti della scienza^ la scienza
ha fatto giustizia^ e non ne possono
certamente arrestare il corso trionfale.
Quando ci mostreranno che la scienza^
qualunque sia il proprio obbietto, è una raccolta inor- ganica di fatterelli, e di qualche regoluccia
metodica : che le varie discipline non
abbiano tra loro alcun rapporto, e sieno
disposte una dopo Taltra, senza in-
trinseco legame, come le pietre migliari, avranno ra- gione : e allora confesserò contrito che il
manuale che accatasta, equilibrandoli,
sciolti materiali, ne sa più di
Archimede e di Newton. Ma ritornando al
nostro argomento della natura della
democrazia moderna, ripeto che ella si disforma
da quelle che con tal nome si ebbero pel passato. Nell'antichità stavano in generale di fronte
due or- dini di cittadini, ordini più o
meno distinti, gli ot- timati e le
plebi: e il valore di queste si argomen-
tava nella lotta contro i primi, che resistevano ad una eguaglianza di diritti in parte civili, in
parte pub- blici, ereditarli nella loro
classe per lungo corso di tempo: e,
condizione sociale rilevantissima, viveva
al di sotto di esse, un immane numero di schiavi, i quali attendevano, mere macchine animah, alla
pro- duzione delle cose necessarie,
utili e superflue, ed an- che alle arti,
e agli uffici indispensabili alla civile
convivenza. Nella età media le lotte dei borghesi e dei castellani sotto altra forma è vero, ma
lotte di potenza, eguaglianza e
sopreminenza politica si rin.- novarono,
e se schiavi nel significato antico non c'e-
rano, rimanevano però i vassalU e i servi della gleba : 32 CAPITOLO PRIMO ed U lavoro stesso nelle città libere
veniva in ogni maniera vincolato dalle
maestranze e dalle corpora- zioni
artificiali dei travagliatori. In tali società cer- tamente non esisteva esplicito un principio
che in- volgesse la necessità di una
vittoria definitiva della democrazia^ e
dì una forma civile di evoluzione della
operosità di tutti^ e dello Stato medesimo. Non vi ha dubbio che fin da quelle epoche lontane il
principio generatore della democrazia
moderna non operasse ; e le condizioni
intermedie non fossero per cosi dire
anelli e spire per le quali andasse svolgendosi con irresistibile moto. Or quasi dappertutto in
Europa quelle condizioni cambiarono: gli
ordini distinti si ruppero, e si fusero
in quello unico dello Stato: le arti, le
professioni divennero libere e comuni: il pa-
triziato perdette i suoi privilegi, come fu costretto a svestirsene il clero, ed una uguaglianza
perfetta e vir- tuale dinanzi alla legge
si estese dai sommi agli imi, dal ricco
al povero, dal dotto all'ignorante, dal ma-
nuale sino ai maggiori uffizii di Stato. Quindi nessun ordine di cittadini potendo consistere e
perpetuarsi per via di privilegi, e tutti
dovendo personalmente bastare a se
stessi, privi di appoggio artificiale che in
qualunque evento ne garantisse il possesso, rimane che runico principio che informa e mantiene
la so- cietà moderna nella eguaglianza
legale assoluta dei cittadini, è il
lavoro nella indefinita molteplicità delle
sue forme: il lavoro, etemo generatore di tutte le cose, spirito vivificatore del mondo, arte
divina che tutte le cose produce, e
produsse, e le spinge, le evolve a
sempre nuovi e splendidi effetti: il lavoro,
il quale elevò alla loro altezza morale e intellettuale SITUAZIONE 33 Tuomo e la società, e li redense: conforto
e premio nel tempo stesso; causa ed
effetto della democrazia moderna, e
garanzia perpetua della sua durata, e dei
suoi progressi. Le lotte contro
gli ordini- privilegiati, del popolo, e
delle plebi serve con Teguaglianza civile cessate, a poter vivere e durare rimane a tutti e inevitabile
il lavoro : e poiché questo è libero,
chi non vede , che per la inesorabile
legge della selezione naturale, il neghit-
toso dee alla lunga scomparire, anche per la radicale divisione dei beni tra i figli, e lasciare il
posto agli operosi : provvidenziale
magisterio del mondo, che una legge fisica
e organica, si trasmuti socialmente in una
giustizia morale! La democrazia moderna è invinci- bile per* questo appunto che tutta quanta s'
impema e vive nel lavoro, reso
formidabile e irresistibile nei suoi
effetti dalla eguaglianza di tutte le classi; onde ogni specifica distinzione anteriore delle
diverse forme di Stati nel loro interno
componimento sparisce, e ri- mane
splendida per tutti, chiara e nobilissima quella di popolo, che tutti comprende, tutti inalza,
tutti re- dime in un alto e dignitoso
nome : in quella guisa. che uno pure ne
resta il principio vivificatore, premio ai
buoni, minaccia ai tristi e agli ignavi che lo dispre- giano, il lavoro. A questa conclusione di
fatti e di ragioni storiche e sociali
provenne la razza nostra per una lenta
evoluzione delle sue potenze, governata
da leggi fisse organiche e morali, che poi tutte in una si convertono, nella costante esplicazione
delle forze in ogni ordine di fenomeni
dalla genesi siderale sino alla
costituzione della città moderna. Or vedasi quanto fanno mostra di avvedimento, di senno, di
sapere co- 3 34 CAPITOLO PRIMO loro che si argomentano e sperano di
ricondurre le società presenti alla
forma di quelle passate, sia va-
gheggiando le antiche repubbliche, o più tristi le mi- serande anticaglie del medio evo. Arrestare
il corso dei firmamenti, la produttività
della natura, mutar le sue leggi, sembra
a tutti impossibile, e concetto di mente
stravolta: orbene, altrettanto impossibile ò il far re- trócedere la umana società, e rifare il
cammino per- corso, e ritornare don^de
partimQio. La legge del moto sociale è
invitta ed etema ; Tonda trasformatrice della
vita passa e non rinverte — Spingete, o retrogradi, pure rocchio d'intorno : nessuna orda
selva^a, o po- polo rozzo, che possa,
invadendo, ripristinare le squi- sitezze
feudali: all'interno con F eguaglianza assoluta
e col lavoro che la nutre e la difende, nessun modo di elevarsi a casta dominatrice : poichà se >
lo tentassero, sarebbero dispersi in
pochi giorni dal genio libero e
insofferente di privilegi moderno : genio non sorto da condizioni speciali o da particolari
necessità in un breve giro di mura, di
provincia, di popolo, ma ef- fetto e
compimento di una legge eterna, in tutta la razza nostra. Quindi sono vaghe lusinghe, sperpero
di fanta- sia, sogno sterile, e che
uccide miseramente il sogna- tore ;
poiché mentre ei si travaglia in un lavoro impro- duttivo e chimerico, altri si inalza con
quello maschio e fecondo, e rovescia chi
perdeva il tempo a insidiarlo. Alcuno
potrà credere forse che in altri paesi d'Eu-
ropa la legge che noi abbiamo formulato non valga, o sia lontana ancora dal compimento come da
noi latine nazioni, avvenne più o meno
perfettamente. S'inganna! — Della più
lontana jRussia parlammo, e vedemmo che
ivi pure oramai l'eguaglianza si ef-
SITUAZIONE 35 fettuava, e con
la eman■ \U 4à'"fe. iSX I \ \
CAPITOLO n. Ideet dello Stato. Definita liella sua natura^ nel suo valore
storico y e per la sua genesi la moderna
demoera^a^ e fatti certi ohe ella
consiste e si fonda sulla eguaglianza
assoluta dei diritti ciyili « politici di tuttì^ e sul la- voro libero, indipendente e affatto personde,
vedia- mo quale sia la forma genkulna e
necessaria dello stato che visceralmente
ne germo^a, e quale l'idea che del
medesimo se ne svolga, e si disegni. Trala
pevsonate egualmente. Quindi il diritto di proprietà 44 CAPITOLO II è ìmplicitameiite contenuto, e
identificato a cosi dire nel diritto al
libero esercizio delle personali potenze,
poiché il lavoro, che è la condizione assoluta della vita e della libertà delle società moderne,
non si con- suma soltanto nel suo atto
presente, ma si continua negli effetti
suoi, giacché in essi restarono scolpiti
inerenti, consustanziati gli atti successivi via via delle potenze che li produssero. Imperocché se prodotto
un oggetto, od attuato un fatto
qualunque economico , materiale o
intellettivo, cessa il lavoro della facoltà,
e dell'arte nostra a produrlo, egli è perciò ancora una emanazione della nostra persona, fa parte
della me- desima, nò potrebbe essermi
tolto gratuitamente, e di forza, senza
che venga io stesso violato in una apparte-
nenza della mia propria persona : ed è appunto per questo che TeguagUanza vera, e la condizione sua, il
lavoro, fattori della libertà privata e
pubblica, presuppongono la proprietà, e
la proprietà dei prodotti: onde nel la-
voro libero, abbiamo non solo un principio economico, ma giuridico. Ed in vero se la proprietà,
prodotto del lavoro, o la possibilità di
possedere stabilmente secondo i canoni
della legge di eguaglianza, non fosse un
fatto, un diritto d'ogni singolo, eguaglianza e la- voro sarebbero nomi vani, e la proprietà come
fu du- rante secoli molti un privilegio
di pochi, e di caste. Quindi i comunisti
e socialisti che distruggono o vio- lano
per arbitrarie teoriche il diritto pieno di pro- prietà, distruggono a un tempo eguaglianza,
libertà e lavoro, annichilando gU
effetti della evoluzione ge- nerale
della società umana, *e spegnerebbero ogni
progresso. Ma l'uomo vive di libertà, e a libertà si muovono le genti, e con la libertà alla
dignità mo- IDEA DELLO STATO 45 rale e intellettiva: senza eguaglianza di
diritto^ che piresuppone lavoro, e
virtualmente proprietà, libertà e
benessere non sussistono: il principio loro quindi riinane sempre economico, in cui
implicitamente è contenuto e connaturato
il giuridico. Le attitudini umane sono
svariatissime e molte> plici:'le
indoli diverse, dissimiU i desiderii, le aspi-
razioni, gli scopi, come distinte le condizioni econo- miclie di ciascheduno ; onde nasce e pullula
una infi*- nita varietà di lavori, di
atti, di esercizio, di prodòtti, di gara
che avvivano, rimutano, conunovono e corro-
borano la società, ove lìberamente possono effettuarsi. Ma per la ragione appunto per cui tutte queste
atti- tudini e facoltà debbono pel
libero lavoro esplicarsi^ ed operare in
una società d'uomini eguali virtual-
mente in ogni diritto fra loro, sorge la necessità di rispettare reciprocamente il lavoro, e il suo
prodotto in ciascheduno: il che implica
nel diritto il dovere^ e la ragione
reciproca loro. Imperocché sarebbe af-
fatto vana illusione l'eguaglianza^ e con essa la libertà del lavoro, e la proprietà dei
prodotti, che indi risultano, se a tutti
vicendevolmente si conce- desse di violare
Tesercizio degli ^ altri ; ed- illusione
sarebbe pure l'effetto della legge di evoluzione sto- rica, che in quella eguaglianza di diritti si
conchiu- deva, e sciaguratamente inutili
tanti sacrificj, tanto sangue, tante
violenze sofferte € superate dai dere-
litti lungo i secoli, per conquistarla. Quindi come nel fette economico del lavoro, era implicito,
inchiuso, consustanziato quello
giuridico, cosi c'è pure involuto fu
la forza, 3 l'utilità immediata reciproca. E si badi che io sono lontano dall'affermare — e come
npl sa- rei, se il sipposto è ridicolo?
— che questa forza, questa utiltà, causa
e tutela delle prime aggrega- zioni,
foss3 voluta per deliberato proposito e cosciente degli sciani rozzi a selvatichi : che nulla
nelle ori- gini umaae avviene per
esplicito divisamente , ma tutto pet
spontanea evoluzione delle potenze nostre
nella coitorrenza e operosità loro, secondo ragioni di luogo, di tempo, di razza. Verità che non
dee mai dimenticarsi, e canone storico
da non mai trascurare da tutti,!che
desiderano raggiungere con certezza le
reali ori(ini d'ogni umana istituzione e credenza. Quandoinvero le intelligenze dei singoli
uomini pri- mitivi fano si umili, e sì
nel senso implicate, e le volontèrsì
poco esplicite per razionale valutazione di
motivi e mentre le necessità di natura, d'altra parte, appar^nen ti tutte alla conservazione
individuale gli spingv^a ad aggregarsi,
nessun altro stimolo, oltre la legg
legame che quello della forza sia di uno o di 58 CAPITOLO II più a norma dei varii modi di ordinarsi
valeva a te- nerne stretta la
convivenza. In quel primo stadio, in
quella prima forma se possa cosi chiamarsi, di
stato, nessun principio teocratico, mitico, simbolico era sorto , dappoiché le intelligeme erano
ancora troppo chiuse, e involute e non
pote-^ano sollevarsi a quelle idee,
proprie d'altre età, e coniizioni psicolo-
giche successive. In questo stadio gF Stinti animali prevalevano, e la mente sordamente 02 CAPITOLO H v.
\ in quando tra essi sorgono
ingegni che o per senso di umanità^ o
per ambizione personale, o sete di glo-
ria si fanno campioni di più giuste leggi^ e preparano i rirolgimenti sociali. Al di sotto di questi
ordini su- periori^ altri minori stanno
sinché si giunga alle plebi, le quaU
benché non serve, pure non usufruiscono di
tutti i diritti dei primi, e per ultimo vive una mol- titudine di servi, cose e non uomini. Or
tutto questo immenso numero di meno
privilegiati, e di servi, men- tre è
materia infiammabile per chi nacque in alto, e
vuole per buono o malvagio fine adoprarla, essa stessa é spontanea artefice d' insurrezioni o
rivoluzioni so- ciali, che conducono in
ultimo alla eguaglianza delle persone e
dei cet^. E ciascuno sa, come sempre in un
modo nell' altro , continuamente ciò avvenne , per lungo corso di Secoli : fatti che
predispongono ed av- viano lo Stato alla
terza sua forma, la simbolica. In
questa novella forma in cui si risolve l'idea
dello Stato antecedente, i diversi ordini e poteri, co- mecché permangano ancora nominalmente,
cangiono però d'origine e d'indole
propria per la comune egua- glianza che
quasi si raggiunse, sancita dai nuovi co-
dici e dagli Statuti. L'investitura divina del supremo potere, la quale a sua volta istituiva
ordini, e dele- gava uffici in virtù di
questa sublime prerogativa cessò quasi,
rimanendo ancora, qualunque sia il nome
del governo, soltanto come fede pubblica, nella ele- zione continua ed ereditaria delle famiglie
regnanti non solo per volontà nazionale
, ma si per la divina grazia. Il quale
presupposto teologico però per l'in-
cremento della mentalità, ed il progresso intellettivo della cittadinanza , ed un sentimento
implicito nelle IDEA DELLO STATO
63 classi inferiori della '
eguaglianza civilei anche quando e dove
non si rese universale , divenne piuttosto un
simbolo sociale^ . che una fede positiva ad un fatto re- ligioso^ come per il passato. In qualunque
confessione religiosa tra i popoli
civili , l'adagio che ogni potere viene
da Dio, come ogni evento è signoreggiato dal
medesimo, resta nella fede e nella abitudine generale degli spiriti eziandio allora che il pensiero
tanto si aflfòrzò, ed emancipò da
dileguare ogni mitica rappre-
sentazione, -e valutare più razionalmente le leggi della natura e quelle che reggono i moti del mondo
sociale, dove veracemente il principio
etemo si matdfesta. Onde Tidea di un
influsso divino , e di un regime
provvidenziale immediato negli ordini politici perdura nel nuovo concetto della vita dei popoli, e
cinge per cosi dire di una aureola
religiosa le persone che eser- citano le
più alte funzioni dello Stato: benché a que-
ste non presiedano più , tranne la famiglia domina- trice, classi privilegiate, che ne ereditano
gli ufficii. La quale discrepanza tra le
idee e le cose , tra gU ufficii e le
persone , tra la costituzione razionale , a
dir così, dello Stato , e le abitùdini degli spiriti nel supporlo preordinazioni divine, dà vita
appunto alla forma simbolica, di cui
discorriamo. Le leggi razio- nalmente
sono discusse e ordinate, i poteri dello Stato
si esercitano in forza di queste leggi, le persone che gli rappresentano non sono più identificate
con I me- desimi, il sentimento della
libertà umana è profondo, e quello della
eguaglianza dei cittadini dinanzi alla
legge, diviene una verità sempre più chiara, amata e voluta; ma pure ogni grado pel quale sì
ascende dalle funzioni infime alle
supreme, è vivificato da una 64
CAPITOLO U rappresentazione simbolica
^ ove continua sotto una certa forma
fantastica e incoscente, la mitica e tee-
cratica natura dei poteri della fase anteriore. Cosi la grazia divina pei principi, Temanazione della
giusti- zia persoi^ale, la permanenza
legale, se non privile- giato,
dell'ordine patrizio, e la facoltà di aggiungere membri al medesimo con titoli vecchi, la
costituzione dei diversi poteri come
entità sostanziali, e via discor- rendo,
sono tutti simboli sociali a cui si attribuisce
un valore pubblico, mentre in sostanza le* condizioni civili e intellettuali del popolo ripugnano a
queste credenze. Questa forma simbolica della idea dello
Stato per- chè si effettui e si
manifesti, è d'uopo che l'egua- glianza
dei cittadini nel giure civile, se non in quello politico, sia raggiunta: poiché il simbolo
sottentra ap- punto alla
personificazióne effettiva di una emana-
zione o delegazione divina neUe famiglie, o ceti pre- posti al potere, e con esso quindi
identificate : perchè il sentimento
della eguaglianza comune già esplicito
nelle moltitudini, e legittimamente stabilito nei rispetti civili, scassina, abbatte, ruina l'idolo
teocratico che dianzi regnava: onde la
forma simbolica dello Stato è propria di
quelle nazioni civili che avanzarono nella
democrazia, e preposero agli ordini e ai moti sociali del medesimo un principio affatto razionale:
come si vede , a modo di esempio , in
quasi tutti gli odierni Stati d'Europa.
E quindi mentre gl'intendimenti più
esplicitamente manifesti, verso l'eguaglianza, là libertà^ la rappresentanza nazionale prevalgono nel
governo della cosa pubblica, e nella
formazione delle leggi,
contemporaneamente perdurano formolo, fatti, istituti IDEA DBLLO STATO 65 che con quelli intendimenti sono in
contraddizione^ e che solo hanno ragione
transitoria di vita, in quanto sono meri
simboli di più antiche credenze , dommi ,
costumi. Cosi molte formule di diritto e di procedura, d'investitura agli ufficii, e via
discorrendo, come crea- zione di nobiltà
nuova, distribuzione di titoli, ordini
cavallereschi, le quali cose tutte non avendo oramai alcun valore reale e positivo, restano come
meri sim- boli nella costituzione dello
Stato. Se, come dimo- streremo, cagione
e fonte di questa terza forma, fu il
principio di eguaglianza civile, ed un sentimento più esplicito della libertà morale e
giuridica, che di- struggevano gli
antichi idoli, egli è un vero progresso
di fronte alle forme antecedenti, ed una ultima pre- parazione alla forma pura e razionale deUa
democra- zia futura, o a quella che i^oi
appellammo funzione: e già ne delineammo
per sommi capi la natura, e
l'organamento. In questa ultima forma che è quella verso cui corrono le società moderne, per
adagiarvisi completamente, effettuandone
in ogni singola parte il principio
generatore, i simboli cadono, come cadde la
forza, ed il mito, e la saldezza dello Stato dipende e rampolla da una legge naturale di
esplicamento ne- cessario delle società
umane, intrecciantesi con tutte le altre
che armonicamente compongono e reggono r
ordine universale. La quale legge riassumendo in sé stessa tutto il valore morale, giuridico,
economico della operosità singolare
dell'uomo consociato in poli- tico e
civile ordinaùiento, possiede di fronte alla ra- gione particolare e sociale quella assoluta
autorità, che per l'innanzi fondavasi in
finzioni legali, o nella forza.
Imperocché nella democrazia moderna ogni po-
5 66 CAPITOLO n tere emana legittimamente dal popolo,
chiamato nei suoi liberi comizi, come
ogni delegazione di nfficii deriva da
lui direttamente o indirettamente: quindi
nella quarta forma dello Stato, ogni potere rampol- lando dal fette concreto del suflfragio
comune, ed ogni delegazione agli ufficii
per essere legittima ed auto- revole per
diretto o indiretto fecendosi dal medesimo ;
e i varii ufficii costituendo le funzioni che via via s'in- gradano a sempre più alto valore, a comporre
nell'in- sieme loro il vivo organamento
della nazione, non vi ha più luogo a
qualsiasi finzione, e cade pure la pe-
ricolosa nozione dello Stato , come astrazione legale : la quale fu più volte cagione d'errori , di
sventure , di tirannide mostruosa.
Imperocché rese possibile Tin- camazione
dello Stato in una persona, secondo la vana
e stolta sentenza del più fastoso e pernicioso dei de- spoti francesi; e die e dà occasione alle
teoriche e conati impossibili e
micidiali della civiltà, dei comu- nisti
e socialisti di tutte le epoche storiche.
Or se riflettasi e s'indaghi quale sia stato il prin- cipio trasformatore della costituzione dello
Stato per il lungo corso della storia in
queste quattro forme che assunse ,
vedremo di nuovo mostrarsi il senti-
mento, il concetto, la vittoria mano mano della egua- glianza morale, civile e politica tra gli
uomini, che a poco a poco ridussero e spensero
la prevalenza della forza, distrussero
gli ordini e i poteri privilegiati, dis-
sipano i simboli che ancor rimangono ad offuscare la pura razionalità civile, e preparano la
vittoria della libertà e della legge in
tutte le classi dei cittadini. Onde,
abbattuta ogni finzione, autorità arbitraria, mito, simbolo, privilegio, resta a sussidio unico
di esistenza. IDBA. DELLO STATO
67 di progresso economico,
intellettivo, e di libertà, il la- voro
libero, che come provammo fin da principio, è
il cardine e lo spirito creatore delle società moderne: e quindi seguendo il corso della evoluaione
storica dello Stato in Europa, e nelle
razze che la popolano,* e che via via si
allargano a vivificare le altre parti
del mondo, si pervenne alla medesima conclusione , cioè che il sentimento del^a eguaglianza che
ha per strumento il lavoro fisico-intellettuale,
e la sua estrin- secazione in un fatto
giuridico , è il resultato, come è il
fattore di tutta la storia antecedente: e la de- mocrazia, forma attuale e necessaria delle
società mo- derne, è l'effetto per una
parte , e il principio per l'altra, del
generale incivilimento. Noi dicemmo che
le nazioni moderne riposano tutte sopra un fatto e un principio economico , poiché riposano
inevitabil- mente e s'impemano nel
lavoro , ed in questo si ri- solve tutto
quanto il valore e l'ordine della attuale
iTOLo ni metterebbe Fatto
della più violenta tirannide, e la
democrazia civile non sarebbe phe una turpe copia di quei sistemi d'intolleranza, cui ella
combatte da secoli. Quindi ove
l'eguaglianza giuridica del cit- tadino
è un fatto, e la democrazia prevalse, la li-
bertà di coscienza, o la inviolabilità del foro inte- riore, è una condizione della sua legge, è la
sua es- senza medesima. Noi abbiamo adunque in Italia nemico alla
unità nostra, alla indipendenza, alla
libertà, il Papato, che da pertutto
d'altronde si pone come tale di fronte
alle nazioni, e al pensiero : e poiché il Papato è una istituzione rehgiosa, la forma di un sistema
spirituale di credenze, una fede, così
per lo Stato importa, come sentimento
individuale, una inviolabilità assoluta pel
principio della libertà di coscienza, condizione impre- teribile della vera democrazia. Quindi a
combatterlo abbisognano armi adeguate
alla smisurata potenza, e che non
oflFendano i diritti dei cittadini. L'unico stru- mento, l'unico modo di lottare, e di vincere,
è la.di- visione assoluta, ma veramente
assoluta dello Stato dalla Chiesa: non
ce n'è altro, né vi può essere, che
tutti si romperebbero dinanzi alla sua forza. Le per- secuzioni, le minaccie, l'intromettersi ad
ogni ora nelle cose attinenti strettamente
alla Chiesa, non lo debilita, lo
invigorisce, perchè la fede della maggio-
ranza ingigantisce nella fantasia il castigo, e lo tra- sforma in martirio, e tronca i nervi allo
Stato. Ogni ingerenza di questo sia a
favorire una parte del clero, per
abbatterne un' altra , è seme di futuro danno,
è un intricarsi in un dedalo senza uscita, è un ap- poggio indiretto alla istituzione che vuoisi
conibat- PROPOSTE 79 tere. Lo Stato^ nella democrazia moderna,
appunto perchè sorto e informato da
questa, dovendo tutelare con forza e
scrupolo la libertà di coscienza, dee es-
sere indifferente alle varie forme di fede, di culto: tutte sono eguali dinanzi a lui: e la sua
operosità e ingerenza in queste materie
dee solo versare nel- r impedire che i
varii culti con fatti si cozzino, e si
osteggino, ed offendano cosi la generale libertà di co- scienza. GHi ordini e gli atti religiosi e
civili pos- sono nello Stato moderno
vivere insieme, ma assolu- tamente
distinti, senza mai confondersi, senza mai ,
come erroneamente si crede, a vicenda rafforzarsi; essi sono indipendenti l'uno dall'altro. La
vita civile è una cosa, quella religiosa
un'altra: la loro confu- sione è
dispotismo inevitabile,, e il più tristo e il più feroce. H matrimonio civile, i riti funebri
estrinseci, r insegnamento,
l'educazione, la libera espressione del
pensiero, la costituzione delle leggi, il governo della cosa pubbKca, sono diritti propri dello Stato
e della società laicale: né si dee
permettere che tra queste facoltà, e le
correlative religiose vi sia mischianza, e
confusione mai: quantunque sia lecito alla diverse confessioni religiose risguardare quegl'atti
dal proprio e spirituale punto di vista,
ed ai cittadini il confor- marvisi,
quando non ledano l'ordine pubblico. La
Chiesa nell'esercizio dei suoi riti, del suo culto, nel- r insegnamento religioso, in tutto ciò, in
una parola, che spetta alla sua indole
interna spirituale, è libera, e deve
essere, dall'intromissione dello Stato, quando
non assalga apertamente le sue istituzioni, e non of- fenda i suoi diritti: ma l'insegnamento
pubbKco dei cittadini, popolare,
secondario, superiore, tutto, dee 80
CAPITOLO ni essere esclusivamente per
quanto concerne i gradi^ i diplomi, i
diritti che ne provengono di pertinenza as-
soluta dello Stato, e sotto la di lai unica e sola di- rezione. Come tutti i cittadini sono eguali
dinanzi alla legge, tutte le istituzioni
civili dallo Stato di- pendono: e quindi
il clero in quanto alle persone fa parte
del diritto comune: nessun privilegio sostenen-
dolo ove egli infranga le leggi : il codice e la proce- dura penale colpiscono il sacerdote, come il
laico sia nelle transazioni civili, come
in quelle d'ordine pub- blico. La
giustizia perfetta richiederebbe che lo Stato
non s' ingerisse affatto nelle rendite dei diversi culti, ne spendesse una lira a mantenerli : poiché
in un po- polo essendo diverse le
confessioni , se lo Stato ne sussidii
una sola, ne sc'ende la mostruosa consegueìiza
che taluni, come contribuenti, paghino pel culto non proprio, e che anzi ripudiano. Ogni culto
dovrebbe sostenersi "dalla libera
concorrenza e cooperazione dei propri
credenti, e lo Stato non avrebbe sulla pro-
prietà di ciascuno altro sindacato che la tutela delle medesime, sciolte da qualunque vincolo
arbitrario , sottoposte alle medesime
leggi, e agli stessi tributi. Questa
condizione civile dei culti è V unica giusta ,
e lo Stato dee intendere ad affrettarne il compimento. La divisione della Chiesa dallo Stato nei
termini accennati è necessaria al vercJ
progresso delle nazioni, ed è l'unico
modo della sconfitta del Papato, come
ostacolo alla libertà civile dei popoli. H fondamento alla secolarizzazione dello Stato consiste
principal- mente nella direzione
esclusiva delle scuole , nelle quali non
dovrebbero immischiarsi legalmente i chie-
rici, né compartirvi nelle medesime alcun insegna- PROPOSTE 81 mento positivo delle religioni, essendo
tutte queste fuori della cerchia delle
attribuzioni dirette del go- verno.
Poiché se fosse concessa l'istruzione intomo ad
una sola nelle scuole, sia pure la più prevalente, i cittadini che appartengono ad altre religioni
verreb- bero lesi nei loro diritti, in
quanto e difetterebbero di uno speciale
insegnamento, pel quale pure pagano il
loro tributo, o sarebbero costretti ad assistere a definizioni dommatiche che non approvano ;
onde ver- rebbe in parte lesa quella
eguaglianza che è l'anima d'ogni Stato
che voglia essere civile. L'insegnamento
religioso poi affidato a laici non può riuscire che vano, e incompleto, destituito pel fatto stesso
delle persone, di autorità, e di
competenza: quindi si rischia, tenuto
conto delle varie opinioni dei docenti, che riesca più di danno che di profitto. La dottrina
elementare dom- matìca meglio si imparte
nel seno delle famiglie , l'autorità
patema e* materna essendo più viva e sen-
tita che quella di estranei ; e più propriamente nella Chiesa, per bocca di coloro che a ciò sono
superior- mente ordinati; ove Uberamente
e con efficacia si professa. Nelle
scuole dovrebbesi diffondere, rinforzare
ad ogni occasione quel sentimento di civile onestà , ove consiste ogni dignità morale, comune a
tutti gli nomini, a qualunque fede
appartengano. Che se, come altri notò,
il rimuovere dalle scuole l'insegnamento
religioso per mezzo dei chierici, o il toglierlo affatto, temesi occasione di allontanamento dalle
medesime di grande copia di alunni, è
questo uno dei soliti timori, prodotti
da fatti particolari innalzati dalle fantasie e
dagli interessi di vario genere, a legge, e che produ- cono inevitabilmente questo effetto solo, cioè
di non 6 82 CA.FITOLO III osare mai avanzare, avendo paura della
propria om- bra. Quando a nessuna
professione, a nessun tiroci- nio, a
nessuno utile esercizio sociale non si potesse
pervenire, od essere legalmente abilitato a goderne i vantaggi, se non frequentando le scuole
dello Stato, sottomesso ai loro esami, e
ai diritti che ne ram- pollano ,
Tallontanamento non sarebbe di lunga du-
rata, e dopo qualche oscillazione, o ricalcitranza , tutti volentieri e senza ombra di scrupolo vi
inter- veprrebbero. Ben poco conosce gli
uomini e.i tempi nostri colui che
dubiterebbe di una tal verità: gli
esempi che la testimoniano in altri ordini di fajtti, non m^cano tutti i giorni. Certamente, e
questa è la condizione assoluta della
riuscita, il governo dee curare con
assidua e scrupolosa attenzione, e ferma
volontà che le scuole dello Stato sieno le migliori di tutte quelle che sotto altro nome possano
sorgere, e quindi i maestri dai gradi
infimi ai supremi sieno degi^ dell'alto
magisterio a cui si consacrano senza
cerna partigiana, e che gli stipendi si accrescano, onde onestamente possano vivere e con quejla
dignità e decoro atti ad infondere
eziandio per sé stessi nelle giovani
menti il sentimento di autorità: poiché pur
troppo lo squallore, la miseria, gli stenti palesi , de- gni di altissimo rispetto, quando sieno
virtuosamente sopportati , non sempre accrescono
per la fralezza e vanità umana, merito
in chi ne è vittima immerite- vole.
Finché risolutamente non si porrà mano ad un
tale riordinamento radicale dell'insegnamento, e non verrà divisa la Chiesa dallo Stato nelle
pertinenze civili, vano é lo sperare di
vincere grinflussi faziosi clericali, e
la continua intromittenza loro nelle fac-
PROPOSTE 83 «ende laicali* Non
oso sperare^ tanta e la nostra fiac-
chezza^ un si gran bene^ e si necessario^ prontamente, benché sia Tunieo modo di vincere. Ma quello
di cbe sono certissimo; si è che dovrà
farsi^ quando che sia, perchè è Funico
argomento per combattere il pertinace
iiiimico. Alcuni sottilmente
sillogizzando potrebbero opporre a
queste nostre dottrine l'obiezione, dimandando il perchè lo Stato solo e nella democrazia
prevalente, può foggiare la forma
interna di sé medesimo, secondo il
canone del giure civile esclusivamente , negando questa facoltà a quello ecclesiastico, che si
radica pa- rimente nella inviolabilità
personale dei cittadini. Alla quale
speciosa obiezione facile è la risposta : poiché Fattuazione organica delle funzioni e delle
leggi onde risulta poi la nazione
legalmente costituita, dipende e si
evolve da quelle facoltà e potenze individuali
che spettano all'esercizio d'atti esteriori, di fatti eco- nonùci, di procedure eflfettive, riguardano
fini essen- zialmente terreni ed eudemonici,
i di cui profitti e uti- Utà sono per sé
medesimi così definiti e certi che
acquistano spontaneamente l'assenso dell'universale : mentre il sentimento religioso, e le formolo
onde obiet- tivamente si veste, variando
da persona a persona, e riguardando
interessi, e speranze che effettivamente
qui BuUa terra non hanno compimento, se dovessero dar forma a così dire civile, ed
estrinsecarsi in un ordine pubblico di
popolo, recherebbero confusione e
anarchia , o prevalendo il più forte, ritornerebbe a galla lo stato teocratico, che è la più bieca
e turpe tirannide. Quindi mentre il
sentimento religioso che nella
democrazia vera dee risolversi nella assoluta li' 84 CAPITOLO m berta di coscienza^ viene tutelato come
diritto inalie- nabile dallo Stato, non
può^ come il fatto meramente giuridico,
assumersi a principio organatore della so-
cietà medesima, come qualunque altro sentimento del- l'animo umano. Ma alcuno , e ce ne sono molti
, più appassionato amatore,, che fidente
nei benefici effetti della libertà ,
insorgerà a ripetere ciò , che si andò
ripetendo dai dottori in politica soventi volte , che^ concessa questa separazione dello Stato in
tutti i suoi ordini dalla Chiesa,
basterà poi a contrapporsi vitto-
riosamente al gigante che ci sovrasta, e agli influssi perniciosi del medesimo verso la civiltà in
generale, e la libertà della nazione in
particolare? Una potenza cosi
formidabile verrà poi sconfitta, in quanto agli
effetti civili, con un tale metodo, e non userà invece della libertà sconfinata che le concediamo, a
schiac- ciarci più prontamente? Vane
paure! Se il papato conta una vita di
diciotto secoli , se la sua efficacia
penetra da per tutto, se sotto gli ordini suoi milita una moltiforme schiera di sudditi operosi e
ubbidienti, e formolo adesso nel sillabo
la teorica^ del dispotismo teocratico,
l'umanità e la razza nostra europea nu-
mera d'altra parte, ben più secoli di vita: crebbe e si emancipò con lotte continue e pertinaci
d'onde uscivano più vive scintille di
luce intellettiva, pro- rompevano più
fervidi desiderii di libertà ; si raffor-
zarono propositi più civili di vittorie futurp, che an- davano animando mille e mille e poi milioni
di adepti, che poi si dilatavano baldi e
procaci su tutta la terra^ recandovi non
solo germi di verità e libertà, ma isti-
tuzioni imperiture, Ed ora non solamente nel suo va- sto e onnipotente pensiero agita tutte le
genti euro- PROPOSTE 85 ^eO; ma ravviva metà del nuovo mondo j
fascia le bollenti terre dell'Africa,
signoreggia l'Asia, ripopola l'Oceania,
e stende la mano minacciosa già sul Giap-
pone e la China, che eccita a nuovi fati, o li tras- forma a sua immagine :£ già nell'animo e
nell'intel- ligenza sua stanno
indelebili, consustanziati, e immor-
iali l'eguaglianza civile, politica e la libertà del pen- siero : tre libertà che non si spengono , tre
soli che non vedranno tramonto, e che
bastano di per sé col tempo a
sconfiggere qualunque potenza. Al sillabo noi
opponiamo il codice del libero esame, e l'immenso jcumulo delle conquiste della natura , che
sono stru- menti poderosi non di
servitù, ma di libertà, ed eman-
jcipazione: al servaggio delle menti, la vittoria vivi- £catrice della scienza moderna, al mito il
vero, alle jsquallide e lugubri letane
dei mistici, lo splendido e stridente
carro dell'incivilimento. Chi dubita della
finale vittoria, chi crede di fronte alla civiltà moderna ultrapotente il Papato, non intese la storia,
o non comprese la legge indefettibile
della nostra intrinseca evoluzione, e
non sentì nell'anima quella voce divina
che grida alla nostra umanità. Sorgi e cammina ! Che se vuoisi opporre all'esito favorevole della
lotta, an- che la enorme virtù della unità
del Papato, come forza direttrice,
tenacemente nelle sue compagini co-
stituita, e presente per tutto, si pensi che adèsso la nostra razza omogenea e identica nei tratti
suoi prin- cipali, e animata degli
stessi sentimenti, è parimente diffusa e
organizzata nel mondo, e che la sua unità
morale si va compiendo ogni giorno. Perchè per i tro- vati meravigliosi della scienza e dell'arte,
che assog- gettarono alla volontà umana
le potenti energie della ■•*«• 86 CAPITOLO III natura^ il pensiero che da prima esemplò
sé stesso e^ scolpì nelle pietre; nei
bronzi^ nelle pergamene dei popoli
separati^ o inimici^ or non solo con la stampa si moltiplicò con la velocità quasi del
concepimento in innumerevoli copie, ma
identificandosi con l'immane rapidità
deirelettrico in un istante, e in un punto
raccoglie tutto ciò che avviene su tutta la superficie del mondo : e le merci, gli uomini , le
dottrine , tra- valicano con l'impeto
della ijieteora nejla espansione del
vapore, immensi spazi di terre, perforano mon-
tagne, e sorvolano^- emulando i venti, gli oceani, ae- oumunando prodotti materiali e intellettivi
in breve giro di giorni: onde, per la
originaria parentela e indole della
stirpe or dominatrice, tutte insieme le
forze domate della natura, van componendo l'unità di pensiero^ di scopo, di istituzioni per ogni
dove : con- trapponendo ai concili!
jeratici, le splendide e prov- vide
mostre dell'industria e del sapere universale. La quale unità, perchè effetto della spontanea e
nativa evoluzione della specie, non
meccanico sistema di ar- tificiale
organismo, è assai più potente di quella pon-
tificale: ed ha nella legge che la governa, e negli effetti che naturalmente ne rampollano , la
necessità d'infuturarsi, e la
inevitabilità della vittoria. ' Di fronte
alla cattolicità dommatica e ufficiale, la cattolicità delia- stirpe, del pensiero, delle istituzioni,
della Civiltà va costituendosi, e
poderosa si accampa, libera signora di
sé medesima. Pongasi mente a questo fatto inne-
gabile, e veggasi se le paure soverchie di chi nulla osa tentare, sieno giustificate dalle
condizioni generali del mondo. Ma si
rassicurino i timorati e i timorosi,, il
sentimento ingenuo e nobile religioso non verrk PROPOSTE 87 Spento^ ma non verrà spenta neppure quella
luce pu- rìssima di verità, quel calore
di bene, quel fuoco di libertà che
crebbero, e trionfarono a costo di lacriimè,
di sangue, di stragi, di roghi infami e scellerati. Sia libera la Chiesa, ma libero lo Stato e
autonomo in ogni ordine di sé medesimo ,
e sieno libere tutte le religioni che in
esso convivono : non temete, il resul-
tato finale non è dubbio, trionfo della libertà da una parte, ed epurazione daJU altra. Altri forse può dubitare, pur riconoscendo
l'impos- sibilità della vittoria del
sillabo nel mondo, che parzial- mente i
popoli rischino secondo le proprie condizioni
civili diverse, soccombere, ed in ispecie Y Italia ove il Papato ha la visibile sede, e regna il
Pontefice. Vero è che non tutte le nazioni
avanzarono siffatta- mente da superare e
non temere gl'influssi perniciosi del
Papato, e sarebbe follia il negarlo. Ma oltre gli aiuti che vengono loro dal di fuori per la
continua efficacia del generale
incivilimento, che da per tutto penetra
e si diffonde, ciascuno di questi popoli, ap-
punto perchè affine alla comune razza europea, ha in sé medesimo la necessità della emancipazione,
la quale può parzialmente ritardare ad
effettuarsi, ma deve in ultimo avverarsi
per le ragioni discorse. In quanto poi
all' Italia in particolare, non conosce l' indole del popolo nostro chi crede alla sua etema e
congenita servilità religiosa tramutantesi
in quella civile; chi crede che a questa
posponga i suoi affetti e i suoi
interessi; che rinunzi alla terra ed ai suoi leciti go- dimenti; voglia, parlo dell'universale, porre
in non cale la nazione , rinunziare all'
indipendenza ed alla libertà per vivere
una squallida vita di chiostro, e 88
CAPITOLO m salire per lugubre scala
al paradiso. L'italiano è con-
servativo, non retrivo, per indole, e non inerte nel pensiero; e altrettanto rapido' ad afferrare
il lato giu- sto, positivo delle
dottrine, valutare con abilità in-
genita gli avvenimenti e considerare ed estimare le sue condizioni; aperta una via, sorto un
barlume di vero alla sua mente, vi
s'innoltra con prudenza si^ ma
virilmente, e con tenacità la segue. Conosco, gra- zie al cielo, il mio paese, e a palmo a palmo
io posso dire; conversai con tutti i
ceti, in tutte le parti della penisola,
ed ho una chiara idea delle loro condizioni
morali; e certamente in alcune provincie tali condi- zioni non sono liete e normali, e richiedono
tutta la sollecitudine provvida e saggia
dei governanti; ma non si illuda
l'osservatore superficiale, anche fra loro,
come dappertutto, l'agitazione operosa nazionale sotto mille forme si propagò; l'idea del riscatto
politico, il sentimento di libertà, una
forma migliore e più degna di vita,
traversarono, mossero quelle menti e quegli
animi, ed all'occorrenza saprebbe deludere le cieche mene dei retrogradi e dei demagoghi. Cosi dunque non temasi in Italia della
libertà con- cessa alla chiesa e alle
chiese, e si proceda con riso- lutezza;
si armi dei suoi diritti naturali lo Stato, e
si lasci il clero esercitare il suo ufficio, e di fare e disfare in casa propria in quelle cose che
strettamente si attengono al suo
ministerio. Contro la fazione cle-
ricale, non v'ha altra politica possibile; ogni aggres- sione è vana, ogni minaccia non rintuzza ma
fortifica l'avversario, ed ogni
ingerenza dello Stato nelle cose interne
delle chiese, riesce poi di danno a sé stesso.
I clericali, e parlo della fazione politica loro, ben N
PROPOSTE 89 sanno del resto^
(gli abili e che hanno il mestolo in
mano) che senza lo Stato e il suo appoggio , le loro forze sono monche e sfatate ; imperocché il
giorno nel quale in Italia^ per una ipotesi
impossibile^ avessimo un parlamento del
loro colore e spirito, e quindi un
governo uscito dalle loro viscere, sarebbe l'ultima ora * della loro fazione , poiché nessun popolo
di Europa vorrebbe e potrebbe mantenere
rapporti col nero e ' funesto governo,
mentre una riscossa di tutte le gra-
dazioni dei partiti liberali della penisola fora inevi- tabile o spaventosa. Questa i clericali
sanno, e quindi non tentano, né
tenteranno l'ultima prova, e solo pro-
cacceranno di tenere Ymo zampino ed un addentellato nel giure pubblico della nazione, perché lo
Stato da sé medesimo, per gli errori
servili o erroneamente aggressivi, si
procuri una certa rovina. Quindi, qua-
lunque sia il governo che resti al timone della no- stra patria, non devii dalle norme che ora
tracciammo ; ogni altra politica sarebbe
funesta; con l'apparenza • della forza
e della libertà troncherebbe i nervi a sé
stesso. Adoperandoci di questa guisa, noi renderemo a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che
é di Pia, secondo il detto profonda del
Nazzareno ; e men- tre daremo saldi
fondamenti alla libertà ed al suo
incrementa, faremo un bene eziandio alla chiesa, poi- ché, toltole ogni speranza d' ingerenza nelle
cose civili, e richiamata al suo morale
ministerio, abbraccerà nella carità
religiosa anche la patria ; come sanno molti
buoni fra loro, i quali sentono che per conquistare, secondo la loro fede, la'^patria celeste,
bisogna amare e difendere quella
terrena. L'altra fazione che tenta* e
vorrebbe sconvolgere 90 CAPITOLO m Fattuale ordine di cose civili, quali
vennero prodotte dal lento moto della
evoluzione sociale, è la dema- gogia
anarchica e selva^ia, avente gradazioni diverse, come diversi propositi, diffusa da per
tutto,^e stretta da vincoli, patti,
associazioni, e guidate da uomini
risoluti. E da prima è d'uopo , per giusta ed equa estimazione d'uomini e di cose, distinguere
ed asso- lutamente separare da una tale
fazione il partito re- pubblicano che si
agita anch'esso da per tutto, e che in
varie parti del mondo ha vita effettiva e legale riconoscimento. Vero è che una tale
distinzione sa- rebbe superflua e
stolta, se pur troppo lo zelo im-
provvido o l'ignoranza, non spingesse molti a con- fondere cose insociabili, e a far tutto un
mazzo, sieno buoni o rei, di quelli che
a puntino non partecipano al grado
presente del loro liberalismo. Il partito re-
pubblicano, quando come in generale si mostra, segue la legge sana della democrazia moderna,
riposa sui medesimi fondamenti giuridici
e éivili dei popoli retti a monarchia
rappresentativa; mantiene saldi i principj *
• di proprietà, di famiglia, d'ordine, senza cui convi- venza umana non è possibile, ed è una
naturale e necessaria evoluzione
sociale. Quindi è d'uopo non fraintendersi,
né recare violentemente e con palese in-
giustizia le colpe, i danni, i pericoli alla forma repubbli- cana, che sono propri esclusivamente della
demagogia. Dispregiare con puerile
sussiego questa torbida fa- zione, è
follia; la fidanza di sterminarla con le sole
armi, è concetto che non può capire che in un cer- vello da Don Chisciotte ; combatterFa con
palliativi o discorsi, è troppo ingenua
bredulità. A mali morali, profondi,
tenaci, universali come quelli di cui trat-
PROPOSTE 91 tìatnO; si può
ovviare soltanto con serii e virili pro-
positi, e Còli rimedi adeguati alla forza che li produce* IEj prima condizione a sapersi schermire da
un tale nemico, è quella al solito di
non farsi illusione alcuna intorno alla
sua potenza, indagarne l'origine, e non
attenuarne il pericolo. E questo si farà per noi il più brevemente possibile, onde premunirsi in
Italia anti- cipatamente dagli influssi
e danni di questo malanno, perchè la
libertà sana e la civiltà non ne soffrano
detrimento. La demagogia o
l'insurrezione anarchica delle classi
povere e proletarie non è nuova, e si può dire che i germi sbocciarono col costituirsi delle
società pri- mitive; imperocché di
fronte ai più potenti, ai più agiati e
felici, stettero sempre i derelitti dalla for-
tuna, i deboli, i miseri, qualunque ne fossero le ca- gioni. Ma se il sentimento , il mobile , lo
scopo si mantenne identico di mezzo alle
trasformazioni sociali, la forma della
demagogia cambiò, e i suoi seguaci e
proseliti crebbero spaventosamente di numero. Quindi nell'età nostra, per quanto si estende la
civiltà eu- ropea sopra la terra,
assunse una forma consuonante con quella
naturale del progresso sociale, delle con-
dizioni economiche presenti, e con l'immenso accre- scimento della popolazione. Or noi si vide
che il fon- damento, il fatto che
costituiva l'indole propria della società
moderna e dell'incivilimento stesso, è un fatto
economico, il lavoro, reso libero, scevro di qualsiasi privilegio od ostacolo, e sostegno unico dei
singoli associati, nella moltiforme sua
natura, e nella immensa varietà dei suoi
atti, dal rozzo manuale al più alto
intelletto, H sentimento di questa feconda e santa '92 CAPITOLO m T-erità, pel naturale svolgimento che in
tutti lo pro- dusse e lo suscitò; nacque
nell'animo di tutte le classi^ vagamente
le eccitò, spingendole di un salto con Tim-
maginativa agli effetti ultimi e salutari di questo principio, valicandone i necessari intervalli
per igno- ranza da una parte , e per
impeto di bisogno dal- l'altra. Indi la
foga pertinace, perseverante, ma più
calma, o Torrido assalto ^subitaneo di selvaggie ire contro quei medesimi sostegni, quelle
istituzioni che Bono anzi i mezzi di
giungete gradatamente ad una condizione
migliore di tutti. Cosi nacquero per un
verso le associazioni della cosi detta intemazionale, o le improvvise ruine della comune. Ma nel
tempo stesso che noi dobbiamo combattere
le funeste teo- riche di queste sette, e
soffocarne con pronta energia i delirii
nefandi, non bisogna, lo ripeto, fanciullesca-
mente cullarsi nella idea, che fatti cosi universali, e che in un modo o nell'altro si mostrano per
quanto fii stende il campo civile delle
nazioni, sia un mero capriccio
momentaneo d' ebbre moltitudini, vapore di
idioti, e fenomeno che non abbia fondamento di sorta nella storia; né in se, in mezzo al profondo
errore che l'offusca, e lo insozza, un
raggio e un filo di vero. E noi vedemmo
già che la demagogia ha la sua sto- ria,
antica quanto il mondo , e svolgentesi e sgomi-
tolandosi con i secoli parallela alla trasformazione fiociale della nostra stirpe. Ed il vero, che
questa fa- zione nelle sue teòriche
micidiali racchiude è questo: che ad
ogni uomo, ad ogni cittadino, sia qualunque
la nascita, l'economica condizione, incombe egualmente l'obbligo salutare del lavoro, ed è
compartecipe di tutti i doveri che
stringono autorevolmente tutti i
consociati a prò di tatti con reoiprocft operosità; im- perocché l'ozio infecondo , e soltanto
consumatore & cormttore, è oramai
agli occhi di tutti il più tristo,
squallido e vituperevole vizio sociale, la causa e il fomite di ogni disordine e , d' (^ni ruina.
Ma questo vero, che or comincia,
rispetto al suo valore sociale, a
risplendere alle menti di tutti, e che mano mano che la società progredisce, sempre più palese
si farà, e che dee divenire la fede
comune , nelle sette de- magogiche si
trasformò in ribellione ad ogni sano
principio, e divenne piuttosto sorgente di miserie e di lutti, che fonte di prosperità per gli
stessi che si Intano in suo nome. Quindi
la fallacia nella cre- denza di poter
sterminare ogni sentimento religioso^
come quello che secondo essi sostiene i perni della . società attuale; la puerile fidanza del
condividere i beni fra tutti, e
ritornare, per essere felici e mirabili,
alle delizie animalesche delle prime orde umane. II sentimento religioso in sé , astraendo dalle
forme dommatiche che può rivestire , è
in quella vece sì connaturato all'uomo,
appena gli balenò un ra^io di
intelligente attività nella mente, è un. bisogno cosi profondo, che il supporlo nell'universale
temporario periturio, riesce un errore
sì madornale, quanto il credere che
possa miù cessare il sentimento del bello,
del buono, dell'utile, e così via discorrendo. Un tal sentimento muterà forma, materia, simbolo, a
sempre più puro e razionale aere
s'innalzerà, ma rimarrà^ e quando anche
in tutti si trasmutasse in effettiva
intellezione dell'ordine infinito del mondo, e dell'e- terna energia che lo vivifica, e continua,
avrà sempre una efficacia potente negli
animi umani , e una au- 94 CAPITOLO
III torità suprema nei loro atti.
Quindi, sicc^ome è vano l'assunto, è
assurdo il crederlo effettuabile ; e di questo
si persuadano coloro che eccitano a simili fantaami le moltitudini. In quanto poi alla proprietà e
alla fami- glia, sarebbe con esse
distrutto l'ordine civile, ogni spe-
ranza di miglioramento, ogni libertà. Poiché l'ultimo fatto sociale a cui" pervenne il moto
evolutivo umano è Tuniversale libero
lavoro, questo senza la proprietà non
può sussistere, in quanto mancherebbe di sussidi, e dei giusti stimoli ad esercitarsi. Che se
il lavoro è un dovere, un godimento, una
dignità, la sola nobiltà possibile
oramai nel mondo, oltre avere un effetto che
giova alla generale convivenza nella reciprocanza di ragioni e d'influssi che l'anima, è pure un
modo di rendere più lieta, agiata e
amabile la vita; poiché colui che vuole
rendere l'uomo misticamente perfetto, e
che tutto versi e si travagli nella carità, e non senta e non provi gli onesti piaceri, e
rinunzi ai co- modi, agli agi, agli
utili personali, non solo disconosce la
umana natura, ma annienta la storia. Laonde la
proprietà ed in conseguenza la famiglia, sono condi- zioni indispensabili del lavoro, e con esso
della civiltà tutta quanta, e della
libertà che a tutti è si cara, e
desiderata. Questi sono i veri contro cui infuriano i propositi dell'intemazionale, i quali se
venissero ad effetto, ogni bene sarebbe
distrutto; sono errori in cui cadono e
caddero non una sola volta, quelli che, vi-
vificati da un sentimento giusto e da un vero che balena incerto e confuso nelle loro menti,
credono raggiungere la meta sterminando
gli argomenti che vi conducono. Egli è certo però che tali sette sono or
formida- PROPOSTE 95 bili e sparse da per tutto: hanno associazioni,
pecu- nia, giornali, conventicole e
cattedre: e gl'iniziati si mescolano in
tutti gli ordini della vita, e gli arruf-
foni ne sfruttano la credulità, o ne inveleniscono, rin- fuocano le ire: pericolo tanto più tremendo,
quanto più è avvalorato da un sentimento
giusto di una ve- rità male intesa. Or
che contrapporrete a questa fiu- mana? —
La Forza? — fu tentato, ma l'idra rina-
sce: oltre, che la forza contro il sentimento e il nu- mero non prevale, e senza un principio che la
sostenga, è vano amminicolo. Combatterlo
con principii con- trarii? — si
sperimentò, risorse, e sempre più sì
estende. Con gl'influssi" religiosi? — Ma ella imper- versò maggiormente ove le genti erano guidate
e ispirate dal clero, e si agita nei
paesi, ove la fede è più viva, poniamo
che non sia la cattolica, tralasciando
anche che alcune tendenze, ire, dispetti clericali sono fomite a queste sette, e piuttosto che
attutarle, le attizzano. Forse pej:
mezzo delle esortazioni, le per«
suasioni, i libri, e i giornali? — Certamente questi modi, e argomenii quando sieno bene
appropriati e condotti, hanno un grande
valore, e maggior della forza, e degli
influssi religiosi, perchè vanno a poco
a poco componendo una opinione favorevole ai suoi principj, e l'opinione oggi è regina, e può
molto: ma la sua efficacia è in parte
frustrata dai giornali, dalle
associazioni della setta, onde è lento e stentato il be- nefico risultamento. Dunque non hawi rimedio?
— I rimedii opportuni, i soli efficaci,
e che, spero, sa- ranno riconosciuti
tali a poco a poco da tutti, se vo-
gliamo salvare la civiltà, sono di due sorta, privati e pubblici: e ne discorreremo partitamente le
loro ragioni. 96 CAPITOLO III Odesi tutto giorno dalle persone di ogni
ordine e d'ogni ceto, tra quelli più
agiati^ lamenti e querimonie rispetto ai
pericoli che ci sovrastano da parte della
demagogia universale^ e si paventa^ si trema^ s'im- preca^ o si pronostica il finimondo. Ma
sciaguratamente tutto questo tumulto dì
sgomenti^ predizioni^ spasimi si risolve
in parole, in chiacchere, in vaniloquio ef-
fervescente, e nessuno, parlo in generale, fa nulla, o aspetta da un arcangelo la spada salvatrice,
o grida contro il governo e i governi
che non uccidono a soffocano nella culla
il mostro divoratore. E mi fanno la
figura di chi, appreso lentamente il fuoco in un canto della propria casa, corra in piazza a
gemere^ a piangere la imminente ruina delle
sue mura, im- precando perchè il sindaco
non distrugga i zolfanelli, causa immediata
del danno, invece di provvedere to- sto
e virilmente al pericolo, tenue da principio, con la propria persona, o con gli ajuti che ai
forti e vo- lonterosi non mancano mai.
Cosi presso a poco va la faccenda per
tutti coloro, e sono innumerevoli, che
presentendo l'avvento della cosi detta questione so- ciale, credono rimediare al male col
vociferare ai quattro venti il prossimo
diluvio, o volendo che altri gli soccorra
con modi, che neppure essi sanno in che
veramente consistono. Ma in tale maniera l'acqua arriva alla gola, e senza rimedio, perchè il
neghittoso è spia- cevole a tutti, utile
a nessuno. Egli è oramai tempo di mutare
registro, e se veramente stanno a cuore
gli averi, i diritti, la giustizia, non fosse che rispetta ai privati vantaggi, bisogna persuadersi,
perdio! che il tempo è venuto, ove chi
non opera, e fortemente vuole e lavora,
verrà travolto non solo dalla fiumana
PROPOSTE 97 impura ch^
paventano^ ma dalla indole della civiltà
presìHite, nella quale il volontarìp infingardo nozi può trovare modo durevole di vita. E innanzi
tutto la so- * cietà è solidale d'ogni
bene^ d'ogni male, e chi non sente
q^uesto alto dovere, è indegno di chiamarsi uomo civile: e quindi ognuno è strettamente tenuto
a coo- perare al maggior benessere
possibile della nazione. E si badi che
questa, di cui parlo, non è mica una
carità estrinseca e contingente, che possa a volontà con minore o maggiore zelo esercitarsi, come
avviene in altri fatti di pubblica o
privata beneficenza, ma è una necessità
intrinseca, senza la quale la società
minerebbe. La quale cosa si fa a tutti palese anche materialmente, se riflettono ajla
solidarietà, sempre più stretta e
generale che nasce fra tutti gì' interessi,
sia per associazioni a scopi diversi di utilità perso- nale, o di prodotti, sia per la dipendenza
d'ogni or- dine di fatti economici fra
loro, sia nel più vasto e universale
credito dello Stsito, da cui dipendono una
immensa varietà di fortune particolari. Quindi il la- voro libero, ma cooperativo dei singoli, onde
si con- servino intatte e abbondanti le
fonti .di ricchezza e di sussistenza
nazionale, anche per questo lato, è la-
voro necessario: che se egli allentasse, svigorisse., o venisse meno, il popolo perirebbe senza
rimedio. Adunque tra i rimedii privati che
possono contra- stare all' ampliarsi
delle sette demagogiche a danno di
tutti, è l'operosità di tutti, e in specie di quelli che più avrebbero a perdere, e nei quali
quanto è più grande la ricchezza e
l'agio, tanto più cresce e ingigantisce
il dovere dell'opera. Si persuadano che
nelle moltitudini adesso il prestigio solo delle ric- 7
98 CAPITOLO HI chezze, o del
nome; o del fasto è scemato, e va sce-
mando, grazie al cielo, rapidamente, e invano si at- * teggerk a pavone , chi sotto le splendide
penne , e r iridiscente folgore delle
piume , cela miseramente una cornacchia.
D popolo non dispregia- né nomi , né
fasto, quando coloro che li portano, o V esercitano senza jattanza , sono degni della civiltà
nostra , la quale consiste tutta nel
lavoro, utile e generoso. Bi- sogna
adunque che coloro a là crescente onda delle mene demagogidie , è una
ne- cessità delle stesse condizioni
civili deUe nazioni mo- derne, un
diritto e un dovere. ' Dichiarati
brevemente i rimedi privati, conside-
riamo quali sieno ,o possano essere quelU pubblici, o di pertinenza dello Stato, e del suo governo.
Questi a divisarli compiutamente si
disbrancano in lare or- dini, e possono
essere quindi di tre specie: mo^?ali,
amministrativi e poUtìci. . Un grande rimedio aU'er- rore, al vizio e alle miserie, è certamente V
istruzione diffusa, e più tra quelle
classi che di per sé mal sa- prebbero
provvedervi, e alle quali manc^ lo stimolo
proprio ad avanzare, vale a dire alle plebi della città e delle campagne. Che questo sia precipuo ed
asso- luto dovere di ogni governo
civile, è chiaro, e sarebbe anche più
chiaro, se non fossero ancora alcuni, e non.
son pochi, nei quali si mantiene la dignitosa e gene- rosa ctedenza, che T ignoranza delle
moltitudini la- voratrici, è un
ingrediente e un sussidio nòbilissimo di
governo, e si affidano nella loro maraVigliosa atti- tudine, di contrastare ad ogni male,
puntellati all'arte provvida di pochi, e
all'uni vergfale e servile asinag- gine.
E tatLto più stupore arreca una tale saggia sen- tenza, in qitanto di preferenza è sostenuta
da quelli — non parlo certamente di
tutti — che bazzicano frequentemente per
le chiese, e fanno pompa di cri- stiana
pietà. Brutta e ridicola contraddizione, la quale se ingenuamente* professata, indica in essi
una igno- PROPOSTE 105 ranza proporzionata al grottesco proposito;
se ad afte pensata, è iniqua e degna
deff universale dispregia. Jn ciasctm
uomo come sono eguali potenzialmente i
diritti e i doveri, sono eguali i bisogni e la necessità deiihi dignità della vita; ora in tutti in
quella guisa dello stato, e migliorare
le loro condizioni economiche; ma
parlandosi di suffragio fermarsi alle porte del sal- terio e dell'abbaco, è tale stravaganza che
la maggiore non si può immaginare; si
crede d'essere' del nostro' secolo, e
viviamo delle idee dei bisarcavoli!
^PROPOSTE 12T Cicerone
assennatamente dicera essere gF ignoranti
capaci di verità^ poiché T ignoranza ^ cioè la mente primitiva^ non ingombra da sfumature; e il
più delle volte arruffata da un sapere
rachitico, entrato a spruzzi anarchici
nel celabro, è tutt'altro che chiusa alle ve-
rità pratiche della vita ; che anzi quando queste ver- tono intomo a positive questioni d' interessi
generali, ma consuonanti o influenti con
e su quelli particolari della famiglia,
del comune, della provincia, sono pronte
a colpirne il nocciolo principale, e a scegliere le per- sone più idonee a risolverle secondo le
necessità del momento. Se non fosse così,
se noi attendessimo ad allargare il
diritto di suff'ragio che virtualmente è di
tutti, quando tutti fossero dotti, ed uomini di stato almeno in cacchioni, io credo che si
aspetterebbe in- darno quel giorno, e si
aprirebbero le universali urne dei
trapassati allo squillo finale dell'arcangelo, più presto che quelle generali del popolo pel
comune sufeagio. Ma ribadiscono gli oppositori : voi
desiderate esten- dere il diritto di
suffragio mentre ^ nessuno, o da pochi
si chiede : attendete che il desiderio nasca, si diffonda, giunga legalmente al parlamento, e
allora si aprirà la mano, ma sempre con
prudente riserva. E cosi, soggiungerò
io, noi liberi cittadini di libero
Stato, e un governo che dalla libertà è sorto, e a que- sta deve intendere con tenaci propositi,
saremo meno generosi, meno magnanimi dei
governi dispotici ? In questi sovente, e
la storia anche contemporanea è piena di
esempj, il governo costringe spontaneamente
le moltitudini riluttanti a incivilirsi, e con violenta mano le sforza ad accettare .riforme civili,
ammini- 128 CAPITOLO ni stratìve, economiofae : noi BEtremo il
contrario: in nome delia libertà,
teleremo lontani dalle riforme utili e ne-
cessarie quelle moltitudini chC; secondo il ^iblime concetto, persistono nella ignoranza, o nella
indiffe- renza politica. Un governo
onesto di libero popola dee spingere al
meglio di proprio impulso le genti
confidate al suo senno : nò dee nelle leggi fondamen- tali attendere che altri domandi, ma
generosamente anticipare opportune
riforme. Ma se del resto tuUi non
chiedono o vogliono il diritto di suffi*agio, questi è sorto nella coscienza dei più, emana
spontanear- mente dal nostro giure
pubblico, è una necessità dei tempi, è
un dovere civile. Che se un tale dovere, per
ipotesi impossibile, non* si sentisse, o si dissimulasse, p^r durare in un certo grado matematicamente
mi- surato, e fisso di libertà, a prò di
minoranze qua quando anche, per ipotesi,
ciò avvenisse, Teffetto sólo che produr-
rebbe, fora certamente una'^pìù grande e viva ope- rosità nei partiti liberali, e una agitazione
legale più intensa, le quali
riuscirebbero in fine a risolvere più
presto e ricisamente una tale questione interna, e scongiurare più virilmente i pericoli, onde è
gravida per la nazione. Altro benefizio
che recherebbe seco la partecipazione,
larga del popolo al Suffragio, sa- rebbe
quello di stimolare, (essendo più vasto il sin-
dacato, e le possibili peripezie del voto), e costrin- gere i- deputati ad intervenire
scrupolosamente al par- lamento^ e
smettere il brutto sciopero in cui sono ca-
duti molti ripetutamente, e in modo da far credere cronico il morbo pernicioso, che gl'infesta,
e li rende colpevoli dinanzi alla nazione.
Più e più volte gli atti e le
discussioni del parlamento, d'importanza ca-
pitale per la prosperità e ordine del paese, non po- terono aver termine necessario, o sanzione
legale, per Io scarso numero degli
intervenuti, e ancKe quando giungevano
alla cifra prestabilita, di fronte alla to-
talità dei rappresentanti, erano si può dire al disotto del decoro del parlamento.' Se coloro che pur
brigano, e fauno chiasso per essei'c
assunti al grave incarico, V IdS CAPITOLO m e rappresentano ciò che v'ha di più vivo
nella na* ssioney e la funzione più
eccelsa di un popolo, che è quella
4'essere il legislatore di sa medesimo^ danno
un si tristo esempio di trascuranza agli alti doveri, e di abbandono alla alacrità civile della vita
pubblica, B0^ è da atupire, se gli aitai
alla base imitano nel laìiguote, nella
cascarne, nella dimenticanza dei di-
ritti e doveri civili, i loro rappresentanti ; e «'inge- neri nella na2doDe quell'ozio politico, che è
la lue più deleteria, e corruttrice delle
viscere della mede- sima; sintomo, se i
rimedii non intervengono pronti ed
energici, di inevitabile morte. O non cercare, de- siderare r^lezioùe e intromettersi in ogni
maniera per ottenerla, o ottenuta,
attendere con lealtà e perseve- ranza al
proprio mandato, ^d esercitarlo costantemente,
risparmiando cosi un malo esempio al popolò \ intero, un acerbo e giusto rimprovero a sé medesimi;
la- sciando aperto il corso ai più degni,
e più operosi, e non ocisasionando cosi
la morale decadenza dell'auto- rità del
parlamento, come pur troppo fra noi già per
moltissimi accadeva : e che io dica il vero faccio ap- pello alla stampa quotidiana di tutti i
colori piena so- vente di acuti, e
meritati riinbrotti ai neghittosi le-
gislatori. Bispetto al pericolo
del cesarismo, che secondo altri sarebbe
il mostro che uscirebbe dal voto generale,
come quei fantocci deformi e strani, che scattano al* Timprowiso dalla scatola magica, a stupose e
terrore dei nostri fanciulli, temerlo da
senno in Italia, è cosa che non Val la
pena di confutare. Il cesarismo è solo
possibile in un paese, sconvolto ^à , sconquas'
fiato, disordinato a più riprese, e dove la furia PROPOSTE 139 delle fazioni anaik^hicbe^ o le gare di
pretendenti più meno apocrifi, tanto
scrollarono le fondamenta d'o* gni
ordine, e tanto impaurirono le maggiorante, che, conservatrici sempre, si appigliano di
iiecessità all'u- nico modo di salvezza
che si presenta, sia pute Tau- tonta
irra:dónaie della sciabola, o la potenza moi'ale di un nome: poiché ove è questione di
anarchia di forze brute tenzonanti , il
popolo si rivolge a quella che ha
maggiore probabilità di vittoria, e di ristabi-
lire quindi la pace, e la cancordia nel caos informe sociale. Ma un tal voto," quando è
generale, se ma- nifestasi sostenitore
di una forma dittatoriale in un dato
momento^ ove egli è necessario, apparisce anche
come fondatore di repubblica, quando una tal forma di reggimento ad un dato momento, sia Tunica
arra di durevole ordine, come intervenne
in Francia : nella quale, nonostante la
lunga cospirazione della caduta
assemblea, e del suo governo, retrogrado e monar- chico, e tutto rìmmienso arrabbattarsi dei
clericali, e dei funzionari governativi,
sorse testé la repubblica da quelle Urne
rurali^ che secondo i giusti estimatori del
senno delle moltitudiiii, dovevano imporre alla Francia il -^èsaitfismo na^Kileonico^ o il lugubre
spettro della rameica tirannide legittimista.
Che se invece avvenne il contrario della
comune aspettativa, si deve solo a ciò,
che tra i varii e funesti pretendenti al trono francese, e delle loro ingenerose e tristi fazioni, il
popolo senti, che runico governo
d'ordine, era il rejpubblicano, che ta-
gliava a tutti la cresta, e li poneva fuori dell'astioso e cupido combattimento, e per la repubblica
votò. In Italia non vi sono affatto
elementi per un cesarismo possi- bile, e
mancano condizioni antecedenti per un tal ri- 140 CAPITOLO ni Bultato; qui non sfacelo, qui non
anarchia^ qui non odii; rancori^
ambizioni^ rafforzati dal sangue sparso^
da vendette nefande, da rappresaglie inique ; qui nes- sun bisogno di salvatore, o d'incoronare col
servag- gio del popolo, un fortunato
vincitore di eroiche bat- taglie. Da noi
le istituzioni, grazie al cielo, possono
per poco affievolirsi , o venire in meglio modificate, ma legalmente operano , e sono fisse nella
coscienza pubblica, né alcuno anche dei
partiti possibili più risoluti, e
accentuati, pensa a rovesciarle, perchè in
Italia c'è senso in tutti della realtà, né ci si sca- priccia in utopie senza pratico costrutto: in
Italia la dinastia regnante è
politicamente insigne pel ri- spetto
alle leggi, né vi attenta, né vi corrìe rischio, (quando esercita il suo mandato, come ora fa)
di v^e- nire rejetta, e inimicata dalla
nazione^ e F esercito nostro, quanto
valoroso, fedele^ onesto, e nel quale in
bella armonia si fusero tutti gli elementi fortf della nazione, sia patrizi, sia popolani, se
è tutela delle leggi, dell'ordine, della
integrità della patria , non è una
accolta di pretoriani, e conosce a prova quali sieno i suoi doveri di soldato leale e devoto e
quelli di cittadino. Indi il timore e lo
spauracchio di Cesari possibili in
Italia è affatto chimerico, e non conosce
certo il popolo nostro, né le nostre condizioni civili interno in tutti i loro elementi , chi
paventa di un tale babau, E dico adunque che si dee proporre
legalmente e stabilire una tal forma di
suffragio, senza indugio^ poiché la
libertà lo richiede, la dignità della nazione
lo esige, la prudenza Io consiglia. Le moltitudini eleg- gono, non governano; immenso ' divario ; ed
esse in PROPOSTE 141 media secondo tempi, luoghi, e coadisiom
sociali soel- gono' seeipmi pia
opportuni ai bisogni presenti. Io 80 a
rn^AA dito tatto quello che poseono rispondere , e obiettAi^é coloro ohe sono di contrario
avviso : e m'in- vitératino ad inchieste
del come si fanno e si fecero le
elezioni' in varie provincie della penisola, sia per brogli, tàsir per persone e mi sopraffaranno
di una quai^tità enorme di fatti , e' di
aneddoti ; ma queste cose^ e questi
riposti archivi! ,li conosciamo: ed è ap-
punto perchè U conosciamo, che invochiamo la ri- forma del voto. Poiché il ragionamento dì
alcuni fra gli awersarii consiste a
dire: il voto, nella guisa che ora si
esercita, è vero, non dà buoni restdtati,
dunque.... Voi* attendete una conclusione necessaria: ohibò! la logica loro è più stupènda: dunque
conser- viamolo! Altri potrebbe opporre : concesso che la
moltitudine, la gt»nde maggioranza delle
nazioni sieno di fatto e sempre
conservatrici, perchè allora prevalsero via via, e vinsero le rivoluzioni , effettuando ad
onta di quel freno costante, mutamenti
radicali nel costume e nelle idee dei
popoli? La ragione e la spiegazione di un
tale fette è ovvia a trovarsi; poiché per una parte le moltitudini, perchè conservatrici, e
lontane e abor- renti per le loro
faccende, dal moto e dall'agitazione
delle minoranze, che vivono in special modo di pen- sieiV)^ e di abitudini innovatrici, nulla
iniziano spon- taneamente, e rimangono
estranee agli influssi delle novelle
idee; e dall'altra non chiamate a manifestare
legalmente i loro sentimenti, non possono arrestare, moderare o piegare il corso degli
avvenimenti, o mo^- dificame i
resultamenti sociali. Le moltitudini vivono
142 CAPITOLO m sciolte y
guardando ciascuno ai propri negozii^ e non
possono congregarsi facilmente in assemblee, in comi- tati, in conventicole, come è facile alle
minoranze ap- punto perchè minoranze. Ma
una tale inerzia, una tale paziente
annegazione, non rimane senza effetto
col tempo; inquanto se le minoranze si spinsero oltre certi confini morali e civili e vollero
trionfanti prin- cipii che offendono il
sentimento ereditario della mol- titudine,
cadono poi in seguito le loro esagerazioni
stesse, non nutrite e sostenute dall'universale, e solo resta il progresso possibile, pratico, buono,
il quale, comechè nuovo, pure non
perturbando le coscienze e abitudini
della maggioranza nazionale, viene a poco
a poco a consustanziarsi con le medesime: e cosi i po- poli camminano e vanno perfezionandosi. E che
ciò sia vero, oltre la testimonianza
palese di tutte le sto- rie, basta
fermarsi a considerare il corso delle rivo-
luzioni moderne di tutti gli Stati, perchè la realità della dottrina nostra salti agli occhi ai più
miopi. Affine dunque che le moltitudini
non per lunga e sempre faticosa
efficacia, come freni conservativi, ope-
ranti spontaneamente e fuori del giure positivo, rie- scano immediatamente salutari all'equabile e
fruttuoso progresso dei popoli civili, è
d'uopo renderle partecipi della vita
pubblica, chiamandole alla elezione di co-
loro che sono poi i legislatori della nazione, è deb- bono guidarla alla libertà e ai beni che essa
racchiude^ con ordine e operosità. Così
facendo, con quei tem- peramenti
richiesti dalla moralità e dignità stessa del
voto, si otterrà una maggiore attività politica ; la na- zione non sonnecchierà mai, né ristagnerà; i partiti che pervengono al governo dello Stato, nella
vicenda PROPOSTE 143 continua di nuovi biefogni^ non
crìstalUzzeranno^ e ri- poseranno in una
beata e grassa quiete^ ringipvaniti e
stimolati sempre dal voto popolare^ donde tutto nelle democrazie fluisce e sorge ^ e viene
legittimato; si avrà sempre una benefica
remora alle intemperanze delle fazioni,
e quello che più importa , un ostacolo,
e, si radichi bene nella mente , V unico ostacolo al- l' imperversare della furibonda demagogia. Io
non aspiro alla divina prerogativa della
infallibilità, e lascio ad altri senza
rammarico questa modesta ed umile virtù
; ma per quello che io valgo a discernere
dopo lungo studio e lungo amore pel pubblico bene, crèdo fermamente alla efficacia, necessità,
utilità delle mie proposte, come sono
certo che quadrano a capello con le
norme positive di una scienza sociale, vera-
mente degna di questo nome. '
Tali sono le proposte, che coscienziosamente e dopo maturo e scrupoloso esame, e modestia, venni
svol- gendo in questo mio scritto ; tali
le riforme che credo indispensabili per
la durata, la esplicazione naturale e la
salute delle nostre istituzioni, e pel decoro e la prosperità della patria. Certamente non si
possono tutte e subito attuare , e Roma
non fii fatta in un giorno; ma
necessario è che gli uomini a qualunque
partito nazionale appartengano, proposti al governo della cosa pubblica, vi si accingano con
tenace pro- posito, e vi aspirino
costantemente. Un sentimento di
malessere indefinito occasionò la crisi presente, e la nazione sta raccolta attendendo che i diversi
ordini dello Stato meglio rispondano
all'indole loro e dei tempi, e si
ritemperi a vita più robusta e libera la
fibra dei cittadini; e tale è il compito di coloro che 144 CAPITOLO m /
ora salirono; è giudicheremo dai fatti se sono da tanto. Quelli che caddero ^ il partito cioè che fino
ad o^ resse i destini d' Italia^ operò
cèrto molte cose buotie^ e condusse a
termine, stimolato però dalla piÙL viva '
e impaziente parte della nazione e laicamente eoa;* diuvato da questa, Tunità territoriale e
politica della patria^ protetto da
fortuna propizia e da eventi in-
sperati, trasmutanti in vittoria eziandio la sconfitta; ma a poco a poco, ritirandosi in sé medesimo
e chiuso troppo forse agli influssi
sempre salutari della mag- gioranza del
popolo, si aflSevoll ed obbliò le origini
sue, e la natura essenzialmente democratica degli Stati moderni. L'Italia oramai è giunta a
quel tem- peramento civile ehe esclude
la violenza e T illegale intromissione
di fazioni perturbatrici, ma vuole ed
esige che si avanzi e che si cammini di pari alle na- zioni più civili; che gli uomini che la
capitaneggiano si governino con le idee
nuove, e si lascino i metodi troppo
curialeschi e scolastici nell' indirizzo della cosa pubblica. Or non è più tempo, e tra poco lo
vedranno anche i più restii e ostinati,
di grette abilità e di pic- coli e
scuciti mezzi, giorno per giorno, di reggere gli Stati ; tutte le questioni sono larghe e
grandi, e non si risolvono che con
intendimenti e principj larghi e
generosi; in ogni vertenza è conflata, a cosi dire, la vita di tutto un popolo, anche per i rapporti
che essa ha o può avere con tutte le
nazioni civili. Iso- larsi, fetcendo i
suoi affari alla guisa di un agente di
fattoria, è impossibile, dannoso e indecoroso; la ne- cessità presente spinge i popoli europa
all'unità mo- rale della razza loro, ed
all'equilibrio econoiiiicO civile e
politico di tutte le membra ; ciò che non importa- PROPOSTE 145 ima yi^ota cosmopQlitia alla maniera dei
politici mi- stici: m ogoji inombro e
nazione vive deUa sua vita particolare;
ma ^n conserto di vincoli si stretti, e una
reciprocità di r^oni che costringono tutti ad avan- z^ure perire ; poiché la selezione naturale
governa anche 1^* vita dei pppoli. Né
valga il dire, come da molti si ripete^
che il governo è, od era assai più liberale
della na:pione, e quindi ogni spinta o riforma
riuscire inutile , o inopportuna; poiché, oltre essere questo in generale vero per tutti i governi,
in quanto sono al di sopra del sapere e
del civile temperamento delle moltitudini,
suscita spontaneamente questo di- lemma:
o il governo, in uno Stato libero, possiede
minori spiriti liberi del popolo, e quindi dee, in virtù della legge fondamentale di un libero Stato,
ritirarsi, perchè violatore moralmente
della medesima; o si confessa più
liberale del paese, e allora piuttosto che
ristarsi e mantenere il grado fisso del valore civile del medesimo, dee spingerlo innanzi e
trasformarlo alla sua immagine; che se
sta, non procacciando di eccitarlo alla
riforma, è indegno dell'alto loco che oc-
cupa. Queste teoriche di accomodamenti pratici non sono più d'uso, e solo argomentano una
profonda im- perizia del come si
dirigano le società moderne, e dei
doveri effettivi dei governanti.
Sciolto da qualunque legame di disciplina, come di- cesi, di partiti, perchè uomo affatto privato
ed oscuro, e al di sopra di questi, come
debbo essere lo scrittore im- parziale,
non consigliandomi con altre norme che con
quella che io credo il giusto , scevro da qualunque am- bizione personale, né stimolato da ire o
passioni di parte, liberamente dissi ,
comecché sempre con rispetto in olle
persone, ciò che stimava opportuno ed utile, devoto in tutta la mia vita ad una cosa sola, ma
quella gran- dissima e santa, la verità.
Se altri mi provi che io mi ingannai,
sarò ancora felice quando il contrario di ciò
che credetti, profitti alla mia patria. In ogni modo, nel piccolo giro delle mie facoltà, avrò
soddisfatto al- l'obbligo di cittadino ;
ciascuno dovendo servire la pa- tria in
quel modo che gli è concesso. Solo una cosa
detesto in questo ordine di fatti: la petulante vanità dei neghittosi. FINE.
DELLO STESSO AUTORE S^Uo ai
ierehi: DELLK CONDIZIONI INTELLETTUALI D.' ITALIA ITm preparmziùHe ì SELLA LEGGE FONDAMENTALE DELLA
INTELLIGENZA ffCL RC6II0 ANIMALC S t'Udii di Psicologia compartita. Se- ■
rv;. ■ft- Tito Vignoli. Vignoli.
Keywords: squirrel, squarrel, psicologia comparata, etologica filosofica, una
legge della intelligenza degl’animali – mito e scienza – mitos e logos –
animale, legge, legge della psicologia, psicologia comparata, etologia
comparata, evoluzione. Refs.: The H. P. Grice Papers, Bancroft MS, Luigi
Speranza, “Grice e Vignoli” – “La etologia filosofica di Grice e Vignoli” – The
Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.
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