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Tuesday, July 22, 2025

Grice e Cremona

 

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Ex  Bibliotheca 
majori  Coll.  Rom. 

Societ.  Jesii 

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DELLA  ' 
CIVILE  conversazione 


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IL  RETTO  USO 


DELLA 

CIVILE  CONVERSAZIONE 

O ^ E .R  4 


GIOs  GIUSEPPE  CREMONA 

Ef- Generale  de*  CC.  RR.  delle  Scuo- 


ia £ Z?  / C T A 
A Sua  Eminenza  il  Signor  Cardinale 

VITTORIO  AMEDEO 

DELLE  LAN2E 
Edizione  Terza. 


D 1 


le  Pie  Pallore  Arcade 


IN  PALERMO  MDCCL. 


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iti-  mnr^i 


iiifc  urrà 


i rnAmam 


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IMINENTISS.  PRINCIPE. 


ji’ 


E V unico  motin)o  di 
mettete  in  fronte  a c^uefio  mio  Li* 
hro  il  Venerati Jììmo  nome  di  V.  E, 

■A  4 /# 


r un  fuaìepoU 

’Pàdrocinio  6 V Acc'a'dem'ià  céle^ 

hre  di  Nanst , e tutto  codefto  Rea- 
le T)ominio  , e Roma  ftefa  la' 
gran  Metropoli  deW  Vninjerfo  , 
ove  ne  vive  tuttora  la  gloriola 
memoria  > converrehhono  meco  per 
accordarmi  , che  fcegliere  io  non 
poteva  un  appoggio  più  lumino- 
fo . Attirerehheji  fuor  d*  ogni  dub- 
bio un  ben' giufto  applaufo  comu-. 
ne  un  sì  fatto  penjkro  fui  rà- 
fie ffo  del  vantaggio  , f che  a me 
venir  puote  , e a quefii  foglj  dall* 
incomparabile: . degnazione  del  Ter- 
fonaggio  sì  ' cofpi cuo  ^ che  fcende 

• ad  accogliergli  i Bjfend:0  però  im- 

\ 

. „•  pre- 


% 


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IX 

prefcindihile  da  un  tanto  onore- 
la  neceJUitd  di  foggettargli  alt  al- 
trui purgato  difcernimtnto  fi  ren- 
derà pale  je  pur  troppo  a tutti,  il 
lor  demerito  di  ^venire  in  mani  sì 
degne  Quello  » che  alcun  poco 
può  far  loro  coraggio  , fi  è il  con- 
tenere eglino  una  materia  , che 
inter  e [[andò  le  premure  più,  deli- 
cate d*  un  <vero  zjelo  crifiiano  , ad 
altri  più  giuftamente  non  pote^ja  ' 
no  indirizzarli  , che  all*  U.  V..» 
da  cui . riguardali  con  tanto  di  ge- 
lofia  9 e la  gloria  dell*  Alti  fimo  » 
ed:  il  bene  de*  Tro filmi  . Ed  in 
noero  chiuncjue  ' confiderà'  nell*  E.  . Vi 
e ia  direzione,  de*. fiudj i é.la.ma- 


X. 

turità  delle  majlime  , e la  norma 
d*  un  'vi'vere  Ecclefaftico  mera- 
mente ^ ed  efemplare  nel  fiore  più 
hello  di  giominezZA  > nélV  abbon- 
danza delle  domizie  » in  mezzo 
al  credito  de'  più  faggio  alla  fii- 
ma di  tanti  j e sì  remoti  Taefi , 
che  l'ammirarono  benché  di p alag- 
gio a e nella  felice  condotta  così 
plaufibile  in  affari  i più  riguardo- 
moli  a non  potrà  non  comprènde- 
re » che  a Lei  appunto  confagrar 
domemafi  un  Trattato  a con  cui. 
pretende  fi  non  di  togliere  a ma  di 
migliorare  l' ufo  della  Cimile  Con- 
mer fazione  a il  quale  ficcome  rego- 
lato a domere  è il  condimento  più 

dolce 


XL 

dolce  dell*  umano  conforzto  , cosi 
dalla  malizia  fconvolto  potrebbe 
divenirne  il  più  dannevoìe  pre* 
giudizio  . Ofèrifco  perciò  voìonr 
ti  eri  all*  innata  modéftia  impa-* 
reggi  ab  ile  dell*  E*  V,  il  Sagri fizio 
delf  ardente  mia  brama  » e sì. 
dover 0 fa  d*  efi endermi  qui  ne* mag- 
giori » e più  ampli  encomj  dell* 
alto  fuo  merito  , giacché  adeguar 
non  potrehbonji  dalla  debile  mia 
penna , e godo  , che 
comuni  acclamazioni 
abbondevolmente  la  % 

’■  mio  flenzio  , So  ancora  » che 
neppure  ho  da  fperare , non  che 
pretendere  di  poter  mai  corri fpon- 

der 


XII. 


der  punto  àìle  tante  \zy'azie  » di 

cut  è piaciuto  :air  F.  ricolmar^ 
mi  in  - o^ni  tempo. , le  .quali  al 
confronto  della  mia  tenuità  più 
fempre  nel  loro  pregio  s*  accrefco- 
no  i pure  noti  ho  evoluto  omette- 


re di  farne  qui  una  confejjione 
finterà  che  fe  non  può  fcemare 
il  pefo  de*. miei  doveri , può.  tar- 
mi fe  non  altro  . dal . rimprovero 
di  fconofcente . Se  .poi  quejle  mie  » ' 
quali  elleno- fieno  » picciole  regole 
prefentate  agli  uomini  di  qua- 
lunquejftató .9  e condizione  per  di-  \ 
vertirfi..  infieme  fenza  difcapito  , 
non  incontr afiero  là  forte  che, 
pure  ebbero  altra  volta  9 di  paf- 

Jare 


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XilL 

jareprejjo  di  tutii  .fen za  querela^ 
à puntura  di  critica  :,:  commendar 
bile  al  certo  fard  T intenzione' da 
me  ; avuta  f d*  elegger  %ro  nell* 
È.  K un  Mecenate , . V:\  indole  foar 
^vijjima  9 '■€  l*  inappuntabile  faviezr 
za' di  mi  meglio  i che  per  T inr 
felice  teòrica  , mia  avvenuto  non 
farebbe  r infegneranm^ ah. Mondo 
più  culto  con  laudev ole . pratica 
avventar ofa  , quella  Morale  »,  'che 
puh  rendere  innocente  injìeme  , e 
dilettevole  ad  ognuno  la  cofluman* 
zu  di  converfare  • Augurando 
frattanto  a quefto  leggerijjimo  Do- 
no ^ che  le  umilio  9 quella  pienez- 
za , di  ejlimazlone  , che  puh  deri-  ' 

• • . . X 

var- 


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XIV. 

foargli  dd  benigno  di  Lei  gradi- 
mento > quando  si  degni  d*  accep- 
tare  in  conto  di  contraccambio  il 
foto  de fiderio»  che  nudrp  di  faper* 
lo  rendere  a tnifura  di  quanto  le 
demo  9 étmerò  cosi  la  fortuna  \ di 
comparire  difiintamente  » quale 
profirato  al  bacio  della  Sagr a-  Fot^ 
por  a mi  confermo  con  prò  fondi JJp 
mo'ojfequio.  v r ^ ^ 

. Di  V.  Eminenza  * • 

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Gio:  Giuseppe  Crenona  | 
de*  GC.  RR.  delle  Scuole  Pie, 

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Noi  infrafcritti  fpezialmente 
Deputati  avendo  a tenore  delle 
Leggi  di  Arcadia  riveduta  un 
Opera  del  Reverendiffimo  Pa- 
dre Gio:  Giufeppe  Cremona  El^ 
Generale  dc'CC.RR.  delle  Scuo- 
le Pie  detto  tra  gli  Arcadi  del- 
la* Colonia  Mariana  Plafone.» 
Ecatoihbèo  9 intitolata  il  Retto 
Vfo  della  Cimle  Converfazione  , 
giudichiamo , che  l'Autore  pofla 
neirUnpreflìone  di  Efla  valerli  del 
nome  Pailorak  » c dell'  Infegna 
del  noftro  Comune. 

• • 

- ' » 

Cor  tolgo  Plot  antodio  P»A.  Deputato. 

Leoni  co  Parorio  P.A.  Deputato  • 

Jjbanio  BiHìo  P.A.  Deputato . 

• ‘ », 

« 

Atte- 


» 


Attéifa  la  fuddetta  Relazione, 
in  vigor  delle  facoltà  comunica- 
te dal  Revèrendiflìmo  P.  Mae- 
ftro  del  Sagro  Palazzo  alla  no- 
ftra  Adunanza  , fi  concède  li- 
cenza al  fuddetto  Plafone  di  fèr- 
virfì  nell'  impreifione  della  mén-l 
tovata  fua  Opera  del  nome,  ed 
Infegna  fuddetta . Datò  in  Col- 
legio d' Arcadia  &c. 

Alla  Neomenia, di  PianelTio 
ne  r Anno  II.  dell':.  Olimpiade 
DCXXX^II.  Dalla  Rifiaurazionc 
d' Arcadia  Olimpiade' »X VI-  Ari.L 

Giorno  Lieto  per  Gen.chiamata . 

: • ' * » 
r 

Mireo  Rofe'atico  Cuflode.  Generale 

■ ^ V . . d* Arcadia. 

Luogo  del  Sigillo  Cufto . 

Nariftdo  Trttonidc 
Sotto-Cuftodc . 


A chi  vorrà  leggere.  > 


i ■ 


I protefta  candida'menteJ 
l'Autore  in  offequio  delle 
. Perfone  d’ogni  ; leflb , che 
:.eglr  non  è Critico^  il  quat 
le;foriva  per  pungere,  ma 
bensì  Minifìro  diiDioj  che 
. Jq  fà  per  giòvare'.Egli  non 


crede  , che  veruna  jdélle.Gonverfàzioni  fia^ 
rea.  del  minimo-di.  quei  tanti  ; dilbrdini;, 
onde  vengono  accagionate  da  i meno.difQre':.' 
ti  .'Si  dichiara  con  iìchiettezzadlfentimento 
{incero  d'avere  per  gli  huomini.,*edonned; 
ogni  condizione  umben  diftinto  rifpetto , e_* 
parlando  qui  gcneralilllmamentc  nohinten» 
de  mai  d'offendere  veruno  in  particolare,  e-» 
ficcome  il  difcorrcre  condizionato  ' non  da_> 
fufllftenza  Jyie  c^^ve^.fcosì  jp^etende , che 
quello  hfe^d'^^un^ihéràripre  con- 

tra  d’un  raMfe  , non  ri- 

paro d’uno  i^hè'^n-^upppnga  g nato.  Me- 
no polcia  fia  vjtefò-di  toccare;  le  Perfone  del 
primo  effb'credendo  più  in- 

nocente,’qhàhto  pSi  ordimriò  iIco(lume-j 
del  converfare  . Parla  in  fomma  coll’huomo, 
e colla  donna  fenza  punto  dillinguerne  il 
grado , a tutti  pur  troppo  comune  effendo  la 
pratica , o del  Male , o del  Bene.  Di  fe  mede- 
fimo  neppure  hdandofi  in  tal  materia  ha  cer- 


cato 


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r*  » 

II 

cató  il  parere  , il  giudizio  > e la  critica  piti 
aufteradc’primi  Letterati  d’Italia,  che  aven- 
do tutta  in  idea  , ed  in  riftretto  1’  Opera , gli 
hanno' fatto  coraggio  allìcuràndo.ò  ,’che  è 
trattata  con  tutta  la  moddlia  pihcircofpetta, 
epiìida  lui  bramata  . Dopò  d’una  tale  inge- 
nua protesa;  dia  l'AitilTimo  quella  fortuna, 
che. più  gli' piace, à quello  Librò , badando 
all'Autore  la  fola  Ibrte  dèlia  , divina.fuà  Gra-, 
sia , poiché  -l’ba  fcrittò  per  fine  principalilfi- 
nio  a gloria  i e onore  diLui-,  e per.  profitto  di 
quégli , che. vogliono  caraminaré.per.la  via> 
de  i divini  precètti, eflehdo  ben  perfuafo  coll* 
Apodolo,  che  fe  egli,  piàcefle  agli  huòmini 
interamente,  non  larebbe  fervo  deLSignore.' 


PRE- 


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p • 


0/V  mìì  punto  ignoto  i 
molti  avere  fcrittoitL* 
quefla  materia  , anzi 
avendo  io  trafcorfo  if 
parere  di  tanti  huomini 
faggi  in  tale  argomento^ 
a t un'altro  mi  farei  ap» 
pigliato , che  al  dirne  io  pure  il  mio  ,fe  l'au- 
torità d*  un  gran  Per  fon  aggio , a cui  io  debbo 
per  molti  capi  una  rifpettofa  ubbidienza  non 
mi  et  avejfe  indotto  col  fuo  comando . Suppon- 
go dunque  tutto  ciò  , che  fi  è fcritto  fin' ora  in 
quefla  caufa  , e fenza  efamìnare , o tanto  me- 
no oppormi  a'  fentimenti  diverfi  di  chi  l’hci^ 
trattata , ricavo  appunto  da  una  tale  fuppo- 
Azione  l'idea  di  queflo  Libro . Parrà  poi  forfè 
cofa  non  poco  flrana  a chiunque  ne  conofcerà 
r (Autore , che  un  Minìflro  Evangelico , da-a 
cui  dovrebbe  condannarfi  a dirittura , e fen- 
za ver  un  rìfpetto , imprenda  come  a difende- 
re l'ufo  della  moderna  Converfazhne , ed  in- 
vece dPinveìrle  contro , e fludiarfi  di  trddi- 
carla , fi  accinga  f 'olaménte  a correggerla.  La 
cagione  di  ciò  è fiata  l'ejfermi  fempre  parato 
ugual  dtjordine  , e la  sregolatezza  di  molti, 
nel  converfare\ e lo  zelo  indifcreto  di  altri 
nell'opporji  ad  un  tale  fuppoflo  abufo  con  ani- 

b 2 mo 


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mópìHe  di fveìlerlo  affatto , che  d* ammendar- 
lo . §li^ntuhque  la  Dio.  mercede  io  mlfenta 
inclinato  naturalmente  , anzi  che  nò  , alla^ 
dìfcretezza,  e alla  civiltà  dì  fecondare-,  quan- 
to pi  à pojfa  farfi , il  genio  dì  tutti , non  ho  pe  - 
rdmai  fojlenuto  y che  in  quejìa  nuova  cojlu- 
manza  dì  converfare  sì  libero , e sì  frequen  - ^ 

te  y-non  vìpojfa  ejfere  il fuo  male  \ma  ho  giu- 
dicato altresì  piti  giovevole  cofa  tentar  la 
cura  dì  quejla , qual  elvella  JìaJi , comune.^ 
(^x^piaga più  colle  fof/tente,  e col  balfamo , che 
col  ferro , e col  fuoco . Quando  vi  fojfe  mai  il 
male , che  da  taluni  pretendefi , egli  fi  è fatto 
ornai  neceffarìo  per  una  certa  confuetudìne  > 
che  regolata  dal  piacere  è divenuta  cornea 
legge  y onde  convìen  penfare  più  alla  manie- 
ra dì  renderla  innocente  con  frutto , che  al 
tentativo  dì  sradicarla  séza  profittofzòGtta-  j 
fio  che  fia  il  temperamento  de*  corpi , e cam- 
' biette  in  abito  le  cattive  difpojtzioni , più  non 
cerca  la  medicina  dì  rimetterlo  in  equUìbrìoi 
ma  ftudia  il  rimedio  per  ripararne  la  totale^ 
rovina . Egli  per  tanto  è d'uopo  sfuggire  un* 
efiremo  dì  rigidezza  , che.  ìnafprendo  la  fe- 
rita , ed  ìnfieme  ponendo  in  diffidenza  P arti- 
fizio del  buon  Chirurgo  Cg)  può  farla  degene- 
rare-in  cancrena.  Siccome  dalle  perfone  fag- 
gieyC  diferete  dee  crederfi,cbe  in  quejìa  nuova 
foggia  dìvìvere  non  fìa  fempre  tutto  quelmale, 
che  0 i più  malizioJìyO .i più. Critici  fifiguranoy 

così  v’è  luogo  al  teperamento,  ed  allaperfuafi.. 

■ ' ■ ' va  ' 


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à 


•Da  per  ta^ìerè  ìatéraménte , o quella  parte 

■ di  malevche  ejfer  vi pojfa,  b quella^  che  entrar 
•vi  poteffe.  E certo , che  anche  le  cofe^ytnfua 
fojlanza  perfette  incontra»  talvolta  la -rn ala 
Jori  e divenire  cenfurate  da  chi  attie>/fi'  -per 
giudicar e~  'pìà  all'apparenza , che  ai.  midollo'^ 
onde  non  meravigli  a',  che  ad  una  tale'  cen^ 

fura  foggette-  fi  veggiand  poi  quelle  azioni t 

■ che  mifie  effendoyQ^yd  ambigue , ricercano 
per  comprenderfi  un  lume  più  chiaro  i e piii 
diftìnto  UEcclijfi  del  Sole,  (jf>)  fcrijfe  ben'cJ 
Anaffàgorà  i non  è in  luì  , che  punto  non' per ~ 
de  mai  dì  Jua  luce,  ma  è bensì  negli- occhi  de* 
riguardanti , che  nelle  tenebre  dell'  oppofl>t-» 
XìUna  ingombrandofi , non  ne  diflingùono  la 
chiarezza . Mia  opinione  b per  tanto  -,  cbc^ 
il  piit  delle  volte  fucceda  così  nel-  giudizio, 
-che  formafi  delle  moderne  Converfazionì , il 
male  delle  ^quali(jj')  fia  non  in  effe  , che  favie 
faranno  pure , ed  innocenti,  ma  nella  malizia' 

- di  chi. le  mira  con  occhio  avvezzo  a dìfcey[^ 
nere  per  lo  il fola  colore  de^vizj»^  C8)Se  ciò 

poi  così  'fojje  ycome  effer  puote  , e come  creder 
^dobbìamOy  che  (la,  ella  è ben  manìfjlìa  L^indiy 
fcretezza(^^ydì  voler  tutt e ^ abolir  le  C nver^^ 
fazioni  y non  perchè  tutte  fieno  in  verità,  con^ 
dannabili , ma  perchè  fono  condannate  fenza 

. r anione.  .(Uffizio  farà  per  tanto  della  pruden-^ 
za  Centrare  bene  addentro  in  quefla  materia  f 
. e prefcrivere  a tutti  fui  fondamento  dellcuÈ 
' portile  una  regola  dì  eonjeryare  Icu^ 

b 5 ' 


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■ VI 

pretefa  Uttocema  , i:d. armarla  xontra  degli 
.attentati  y e de' perìcoli , che  incontrar  po- 
.tejfe  nell'ufo  dì  converjar e.-  . 

IL\tA.quejìo  ■.  zelo.y  C i d^che  poco  fembra^ 
dìfcreto , i'accofla  quella  precisone  Jngiurio- 
fa , chefuolfarji  nel  condannareda  -xofluman- 
za  de' pubblici  divertimenti  y pigliando  per  lo 
fìh  dì  mira  quegli  de' Nobili  all'  ufo  de* 
C I z') fulmini,' che fogliono  colpire  ì luoghi pià 
eminetìyquaji  che  le  fole  perfone  di  rango  f offe - 
ró  sregolate  nel  divertir  fi.  Per  me  credoy 
che  dovendo  fapporfi  la  Converfazìone  in., 
ffocente , deggia  anzi  pendere  la  prefunzione 
C I ^ fin  favore  de'- Nobili.,  come  quegli , che  e 
pelfàngue , e per  P educazione  fogliono  effe- 
re  di fentimentì  più  favfe  dK\q~)  maffime  più 
corrette . Nulla  però  di  meno  acciò , chit^ 
quindi,  fit  tolga  ogni  principio  d'ódìofità,che 
fuol  nafcere  appunto  dallo  fcendere  al  par- 
ticolare in  ciò  , che  è tanto  comune , io  mi 
prendo  quì.a  difcorrerla  coll'  huomo , e colla 
donna  generalmente  ,fenza  punto  confider ur- 
ne la  condizione , giacché  il  bene,  o il  male  in 
quefla  linea  può  efiere  in  tutte  le  radunanze, 
dove  infieme  fi.tr ovino  i due  feffi  , venendo 
le  cofe  tutte  Ìi$')d' ordinario  dalla  foflanza,, 
■non  dagli  accidenti  qualificate. 

■ III.  L'altro  efiremo  non  men  dannofo  è la 
..troppa  condifcendenzq  d' alcuni  QiQfi he  in 

qùefio  genere  fon  folitì  di' affólvere  ogni  cofa, 
e con  troppo  Hi  facilità  convenire  nel fentì-^ 

• : • .V  ' - mento 


I 


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mento  dì  col6ro\ ebe  impegnati  pììi  del  dove- 
re in  una  tal  coflumanza  ,Jt  fpaccìano  per  im-; 
peccabili,i\y^  non  pùnto /oggetti  alle  cattive, 
imprejjtoni  fché^po^oino.  originar/  dalla  rna- 
Itzìofa  confuet Udine  di  converfare  con  lìber-- 
fd  Còde/a  è una/pezie  d'adulazione  danno- 
Jilpma  alfnòndoy  'per  cuì'malamente  camhìan- 
doji-  i Giudici  in  hodatorì(ì%)aprono  l'adito 
elle  corruttele,  e la  franchìgia  alle  colpe , le 
qual/crefcendo  ad  onta  ben  anche  delle  più 
efficaci  riprenjìoni  ,\e  dé' più  gìujli  rimpro- 
veri, può  creder/ , che  -s' aumenteranno  po- 
fcia  a difmi/ura'  nelF  applaufo , e nel  corteg- 
giò , di  chi' le  adula,  Qoiioro  , dijfe  Filone^ 
Ca)  'riduconlì  ad  ingojarc  i pecca- 
ti de’ popoli,' non  avendo  fpirito  da  ripren- 
dergli ^ rei  dì  ciò , che  approvano,^, 

fendo  cagione  , che / lu/nghìno  molti j/mi  dh 
non  - peccare , mentre  non  fono  ripr eji , anzi 
d' e/ere  innocenti  ad  onta  della  /ndere/ , che 
gli  7eondanna.Prima'Vsrgognaron/gli  Irhpe  -k 
radorì  di 'Róma  dell' adulazìon  del  Senato , 

C che  gli  chiamò  /dumi poi  dubitarono, 
fé  e/ef  pote/e  , cbe'pùr  lo  foffero  : indi  co- 
minciando 'a'  credere  veramente,  dì  éfferlo,' 
accettarono 'e  d'ioti , ed  Altari , e Sacri/zj,: 
ed  ingannati  Còn  foàv e maniera  giunfero  al- 
la mifèftd  di  non  faper  più  dìjììnguere  dalla  ', 

: 'V  .ve-  . 


A*  « • 

Vi 


U' 


C«)'  Ih  Cant.  c.  5. 


4 


■ft' 

verità  labUgtd-,  (2o')e'italF  adulàzhtfe  P ojjer 
quio.In^fattì  l'albagta  aollegata'sóiPamor  prò. 
prio,Ì2 1 '^trattaniiùfi  dell' hter effe  particolare 
d' ognuno., è capace  di perfua^rciper  vero  ik 
f affo, e lìmpoffìoìle  perfufftflente\iZ2)quando' 
le  cofe  ' non  vengano  bene  efamìnate  dl'lume, 
della  ragione  • G>s)  molti  -,  che  a fondo  cono  r . 
fcono  ì difordini  dì  libertà  fors'ànchd.per  ù»\.. 
'infelice  Jperienzp  di  grave  danno' fpirituaie» 
fenteàdofi in  cìò  adulatida  ehi  dovrebbe  cor 
ref'èergli , giungono  facilmente.a  fm.c'ntir  P.  •. 
evÙhta,(j2.i')a  vìncere  il r.imorfo , ed  a tenerff 
in  mezzo  .alla  sfrenatezza,  per  .buo/pini  di, 
contegni).  Dee  dunque  chi  brama' tPopcrar  fa^ 
viamente  anzi , cbè  ìnvanirft.  d\effere.lodató,. 
ejaminar.  bene  la  fojìan.za.della  fua<  lode  > 

Kon  gradire  fe  non  ^.quella  partii  ih  e egli 
■ veggià  dì  meritare , l[alt.rq..gemfof ameni e^_ 
/degnando  i Cbeizqy  ló  fa  migliore  di  quello, 
che  egli  pur  troppo  fappia  dì  effere.iifyAlef-, 
fandro  il  Macedone  comecché,  amico  affai 
deiPadulazìone  , pur.e. gettò  nel  Piume  Idafpè, 
il  P anegirico  fattogli'da  Arijìobofo\yjìft^  fr®’* 
vando'  in  effo  bugiardemente  comtnandato  il. 
fuo- valore  d'avere  ’tn  battaglia -,con  un.dar.r 
do  uccifo  .un  Eie f ante, (:2*j"}q“ando,alh  sut^ 
dicodejìi  animali  ; come  in.  lana  ìmbattenioft 
le  palle  -,  fi  fermano  ,-.e  cadono  a t erra; gli  fira~ 
lì,  e poco  mancoDVì  ,che  non  accompagnaffe 
col  Panegirico  anche  il  Pancgirifia  . In  tal 
gaffa  vorrei , che  fi  regolaffero  gli  b'uomini  di 


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IX 

qualche  fenuo  allora  \ quando  fentonfl  o loda^ 
ti  y 0 difeji  in  cofa , nella  quale  fi  conofcono 
[28J  dìfettofi , e lafciando  alP  altrui  cofci- 
enza  il  rimorfo  cP  una  sì  nera  adulazione , e 
sì  manifefia , non  fi  credejjero  lodevoli , per-- 
cbè  furon  lodati^  ne  innocenti  y per  che  trova-* 
rono  chi  difefe  indebitamente  la  lor  licenza . 

'^uejla  farà  la  maniera  dì  e’oìtarc^ 
un  altro  inconveniente  ajfai  pernizìofo , che 
è d' adulare  uno fe'-medejmo , v.29)  dandojt  a 
credere  d' ejjer  dìverfo  da  ciò,  che  egli  sà  di 
ejjere  infatti , e di  non  vìvere  punto  intinto 
di  quella  pece , di  cui  fenteji  interiormente^ 
riprefo  dalla  ì^o']  cofci  enza  . tAd  un  tale-it. 
inganno  veggìùnft  nel  Mondofoggettì  tnoltif- 
fimi  , ì quali  non  perchè  , fecondo  Sene~, 
ca  , [a]  malagevole  Ita  lo  fcoprimento  del 
vero  , s’ attengono  al  verifimile  ; ma  perchè 
loro  è odiofa  la  verità  [g  fi  fanno  come  una 
regola  degli  altrui  vizjt  cofa,  che  non  fareb-> 
tono  per  la  vìrth,  e fi  Infingano,  che  lecito  fia 
tutto  ciò,  che  fi  fà  dagli  altri  fenza,  che  pun~ 
to  V*  dbbìfognì  dì  riflejfione . ^t^flo  è un* 
operare  da  [g  2]  Scimia,  la  quale  non  effendo 
huomo,  cerca  dì  parerlo  col  fare  tutto  quello, 
che  vede  far  fi  dagli  huomini , punto  non  ri- 
flettendo fe  benfatto  egli  fia  ,onò  . Onefie^ 
non  fono  (jj)  le  azioni  per  ejfer  di  molti , ma  , 

c per 


[,0}  Lib.g,  de  Benef. 


B 


I 


ftrjgjfer  de*  Sa^gi,  edutifolo  dìejjt  j^àtrd^ 
qualificarue  ben  mille  > che  mille  fctocchi 
non  né gìudificberattfto  mài  una  fola . cAnzi 
afferma  Platone,  [a]  )“34]  che  quelle  cqfe,  le 
quali  diconfi  buone  dal  Volgo  , non  diconfi 
rettamente  buone  . Egli  per  tanto  conviene  % 
che  ognuno  efamini fe  flejjo  con  efattezza, 
trovata  la  radhe.del  Ljj]  male , non  voglia 
difenderlo , ma  curarlo  , afe  medejìmo  non^ 
occultando  la  piaga  per  renderla  men  di  ffici- 
le dfaldarji’y  avvegnaché  meglio  femprefi 
guarifea  una  ferita  larga,ed  aperta,  che  una 
pìcciala , ma  cieca . Se  nel  difordine  , ch<Lji 
può  nafeere  in  converfando.liberamente  > éd 
oltre  a i termini  della  faviézzagiugne  qual- 
cuno ad  adular  fe  meaefimo , ed  a diminuire 
nella  propria  effimazione  [^^6]  (fuel  male^  > 
che  ittfua  foftanza  è grave  , gl*  farà  certa- 
mente piti  difficile  il  guarirne , che  d' un*  al. 
tro  ancora  pià grande,  ma piitpalefe:  mentre 
lafciandofi perfuadere  dalla  malìzia  in,  dà  » 
che  dace  a i fenfi  > chiude  l'orecchio  al  con-* 
figlio  della  prudenza  in  ciò  ,chefpetta  al  fa- 

vio  regolamento  interior  e de  W Animai 
ninna  cofa  meno  C37)  dfogna  effer  caparbio» 
che  in  quelle,  che  poffon»  apportar  nocumen- 
to > e perciò  ne  avvifa  lo  Spirito  Santo  % che 
r huomo  empio  fuol  effer  di  volto  iniblente-* 

mente 

\ */ 


1^2  2.  De  Leg. 


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niente  C^8)  protervo,  e cheli  Savio  correg- 
ge le  vie  file  ; [a]  thè  è quanto  dire , effetti 
empia  cqfa  il  perjtflere  pertinacemente  nel 
male  ^ià  conofciuto,e  carattere  per  lo  contra- 
rio d'buom  retto  il  correggerli^  quando  fe  ne 
veggia  là  convenienza  , ed  il  hi  fogno. 

^ V.  Io  sò  bene , che  alcuni  pretendono  di 
tf uggir  la  taccia  di  caparbierìa  per  una  cet- 
1^9]  Jicurezza  tranquilla , che  hanno  in^ 
ordine  a quefto  nel  cuore , parendo  loro , che 
probabilmente' non  P avere  bbotio , quando  non . 
foJJ'ero  innocenti . Ma  è da  rifletterfi  potere^ 
una  tal  ficurezza , particolarmente  in  cofe 
affai  dubbie , e di  grave  perìcolo , originar^ 
dalla'  [.403  trafeuraggine^  d'invigilare  colla 
dovuta  t ed  efatta  premura  fovra  gli  anda- 
menti delnojìro  interno.  Auguflo (b> 
che  era  Principe  di  grande  accortezza , con- 
fufe  gli  t/lmbafciadorì  di  Yarragona  ,chfLi> 
Ueti  erano  venuti  ad  avvifarlo  ejj'er  nata  una 
palma  futi'  Altare  colà  eretto  al nome  dì  luìt 
dicendo  loro  con  grave  farri  fo  : da  ciò  appari- 
fee  con  quanta  frequenza  abbiate  fui  mio  Al- 
tare fagrificato  :Potrìa  forfè  in  tal  guifa  ri- 
fponderjt  a codefli  bùomini  sì  quieti  yeftcuti 
nella feorretta  licenza  del  converfare , cioè, 
che  tanto  certamente  non  averebbono  di 
franchezza , fe  con  pià  ferietà  rìfletteffero 
a ripurgar  /’  anima  dalle  affezioni  menfavie, 

' c 2 veaen-  ■ 

<a)  Prov.  15.  (b}  Erafm.  in  Àugufh 


I 


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XI  t 

•vedetfdojìper  ìfperienza , che  l men  rìflejjìvt 
fotta  fempre  t più  azzar dofi,  ondeifait- 
cìulìi , i quali  a nulla  penfano , punto  non  t,e- 
mono  que’pericoltiChe  fogliono  paventarfipru- 
dentements  dagli  huomini  più  ajfennaci  ..7V2 
dehhe  ritirar  fi  alcuno  da  quefìa  interna  difa~ . 
mina  di  fé  medefinìo  per  tema  di  rimaner  fgo- 
mentato  dalla  pur  troppo  manifefia  cognizio^ 
ne. della  propria  [45I  debolezza'-,  perchè  oltre 
all’  effer  meglio  il  vivere  colla  regola  d'  uìl^ 
faggio  timore,cbe  perderfiper  una  imprudcn-m 
te  franchezza  » quand’  anche  fi  .difcuoprano 
piu  mz] ,che  non .credevafi ,paò  farfene  , vo- 
lendo , un  utile  L43J  innefio  di  crifiiane  vir- 
rtudi.Siccome  il  terrenotdove  più  altecrefco- 
no  le  cattive  erbe,  è fempre  il  migliore  per  fe- 
mìnarvì le btìonex  così  certi. cuori  [4/^J pieni 
di  corruttele , e che  fembrano  ad  effe  più  per 
xonfequenza  inclinati  , fono  talvolta.ipìù  ca- 
paci di  nodrirc  uguale  virtù  coltivati , che.^ 
fieno  con  attenzione.  La  pieghevolezza  [43^ 
dell*  animo  è anzi  un  benefizio  della  natura  , 
onde  può  fperarfi,.cbe  apprefo  il  vantaggio 
del  bene  ffi  abbraccierà  ugualmente  > cheli 
.male  UH  tempo  creduto  per  utile. 

VI.  Quindi  io  penfo , che  profittevole  effer 
pop  a chi  vorrà  prevalerfene  queflo  Libro, 
.mitre fcoprendo.il volto  allaverità,che  forfè  è 
tenuto  è dalla papne-,òdall’ ignoranza  celato, 
coloro,  che  peccano  in  converfando , non  per 
malizia , ma  per  difetto  (46 ) di  rifiepne , à 

• . . Vor^- 

• * • é 


\ 


vonanno  corr ergevi  ùn  dìfor dine, che  non  •ve. 
devono,  ò per  lo  meno  apprenderanno  la  ma- 
titera  dì  evitare  tutto  il  vero  dìfordinexbe /(?- 
€0  tirar  potrebbe  il  coverfarx  con  libertà.'j\rjy 
t^lfonfo  gran  Rè  d*  Aragona  , Ca)  era  folito 
dire , che  ì migliori  configlieri  fono  ì Libri  , 
•perchè  dicono  il  verofenza  timore.  Infatti  la 
penna  è uno  jlromenio  piti  lìbero , chela  lìn- 
gua , mentre  quelle  C48)  verità,  che  talor 
dìrebbonji  con  qualche  riguardo  , foglìono 
fcrìverfi  con  franchezza,  onde  chi  leggeè  pìh 
Jtcuro  dì  rimanere  illuminato , che  non  chi 
afcolta  femplicemente.  Ejjfendo  io  dun- 
que certo  d*  aver  qui  efpojìa  la  verità  fenza 
f oggezione , prefiggendomi  per  ifcopo  la  fola^ 
gloria  di  Dìo , ed  il  bene  de'  profiimì , fpero 
non  fenza  ragione , che  chi  vorrà  appigliarfi 
al  configlio  dì  quefii  fogli  potrà  camminare^ 
con  fteurezza , mentre  hò  qui  proccurato  di 
preferivere  a tutti  una  regola  fondata  fovra 
d' un  Dogma ficuro,  e dedotto  dalle  fagre pa- 
gine ,da  i Santi  Padri , e dagli  antichi. Filo- 
fofipitt  ricevuti , ed  accreditati,  c/f  quefto  fi- 
. ne  ancora  potendo  avvenire,  che  htggafi  que~ 
■fio  Libro  dalle  perfine  d’  0(rni  fe(pj , e-  condì-  ' 
zìone  , hò  giudicato  bene  di  tra/'portare  nel 
nofìro  Idiomai fentìmentì,  e le  autorità  si  mo- 
rali, e fagre  , come  ifioriebe.  e profane , per- 
chè veggia  ciafeuno , ejfir  la  dottrina  , chc.^ 

■ • - - 

(dr)  Panorrait, in  cj.yit. 


tà 


à 


XIV 

g/i  prefento  » cattata  dn  ì fonti  più  lìmpidi , e 
più  ficurt.  pjìuno  poi per  amico,  che  eglifìajì, 
è parziale  del  proprio  divertimento  , potrà 
neppure  tacciarmi  d'  [jo")  ìndìfcretezza,c^ 
mentre  accordando  io  alla  convenienza  , al 
coftume  ) ed  al  genio  ancora  tutto  il pojftbìle  > 

>e  conducendo  fin  dove  può  giugnere  Jenzau» 
•difcapìto  l'  Oneftà  , mi  rejìringo  a proibire 
rjuel  foto , che  non  può  giufiamente  conceder^ 
fi . Mifò  in  queflo  gloria  dì  prevalermi  del 
fublìme  infegnamento  di  S.  Gregorio  , dal 
quale  ojfervafi,  che  per  vietare  una  fola  cofa  « 
che  mala  fia  , bifogna  concederne  molte  altre 
C$1)  indifferentijper  non  mettere  in  anguflia 
chi  dee  ubbidire . Gò  egli  ricava  con  fotti- 
glìezza  dal  divieto  fiotto  al  primo  degli  huo-  '• 
mìni  dal  Signore  colà  nel  Par  odi fo  Terre- 
fire , cui  proibendo  il  gu fiore  de*  frutti  fola- 
mente  dell'  Albero  della  Vita , lafciò  poi  in 
Jua  libertà  gli  altri  tutti  , fin  da  principio 
manìfeftando  quel  genio  di  foav e C$2)  amore- 
volezza paterna , cut  fempre  in  fommo  preme 
di  render  più  mìte,che  far  fi  poffajl  giogo  del- 
la dovuta  ubbidienza.  In  foma  per  quefta  via  . 
to  mi  dò  ad  ìntedere,cbepojfa  coglier  fi  veramc.. 
te  nel  fegno,  C$$)  P utile  accoppiando  col  dilet- 
tevole,eome fcrìffe  ìlPrìnc.  de' Poeti  Lrrici,Ca') 
e colgiufio  infiemCiCd  oueflo  conciliando  ìldefi- 
derto  a tutti tì  comune  di focietà,che  è Punico, 
e più  dolce  temperamento  delle  mortali  miferìe. 

(aj  Horat.  de  Arte  Poet. 


Digilizetì  Lj  Gcx^le 


INDICE  DE’CAPI. 


I. 


12. 

24. 

37' 

5«' 


PREFAZIONE. 

Delia  tiecejfttà  di  Converfare. 

CAPO  I.  pag. 

. • Della  Contienìenza  di  Converfare. 

CAPO.  II. 

Deliiitilità  di  Converfitre. 

CAPO  in. 

Deli  Intenzione  di  Converfare, 

C A P O IV. 

Del  Modo  di  Conveyfare. 

C A P O V. 

Deli iAmor  Platonico  nel  Convérfare 

CAPO  VI.  65. 

Del  Tempo  di  Converfare*  > 

. - CAPO  ,VII.  80. 

Del  Converfare  talora  ilSavio fece  medefmo. 

CAPO  Vili.  . 5)8. 

< Dal  Luogo  dì  Converfare.  <- 
C A P O IX.  119. 

Della  Coaverfazione  Particolare. 

C A P O X.  ij(5. 

Delle  Perfone  colle  quali  ft  dee  Converfare. 

C A P O XI.  159. 

. D'Slla  Necejfttà  del  veftire  onejìo 

nelle  Conver fazioni. 

CAPO  XII.  180. 

Dsl  tener  Coaverfazione  in  Cafa. 

. ■ • , CA- 


XVI 

CAPO  XIII.  . 20J, 
t)el  mandare  le  proprie  Donne 
alla  Converfazìone- 
CAT^O  XIV.  223. 

De*  Danni  del  Converjar  malamente^ 

CAPO  XV,  ■ 240. 

Del  Danno  di  Soflanze  in  chi  converfa  male. 

CAP  O XVI.  247. 

Del  Danno  dì  Gloria  in  chi  Converfa  male. 

CAPO  xvn.  • 257. 

• Del  Danno  di  Corpo  in  chi  Converfa  male. 

, C'A  P O XVIII.  - ^ 271. 

Del  Danno  dì  Anima  in  chi  Converfa  male. 

CAPO  XIX.  282. 

De*  Prefervatìvi  centra  il  Danno 
del  Converfare. 

CAPO  XX.  297. 

Della  Converfazìone  Riflretta. 

CAPO  XXI.  i\6. 

Della  Soflanza  del  Mondo  Moderno. 

CAPO  XXII.  334. 

^^ella  Giocondità  di  Converfare  con  Dio. 

CAPO  XXII I.  359, 

Del  Modo  di  Converfare  con  altri fenza 
interrompere  la  Converfazione 
con  Dio. 

CAPO  XXIV.  380^' 

CONCLUiSIONE  DELL'OPERA.  401. 


Del- 


DigrtizfcU^Go'^;ii'. 


1 


T^ella'NeceJJìtà  di  Converfare.  . 

, C A P O I. 

•AREBBEj  non  puònegar- 
' iìi  Un  configlio  da  Santo 
lo  fceglicre  la  ritiratezza 
da  qualunque  umano  con- 
forzio  ) e darli  a converla» 
■re  unicamente,  o per  la.^ 
_ , ....  maggior  parte  almeno  co 

iJio  ; in  ciò  imitando  la  Maddalena,  che  fu  dal 
Redentore  commendata  per  faggia , mentre-^ 
portali  al  fuo  piede  tutta  immerfa  nella  dolcez- 
za (a)  d^ùn’  elevata  Gontcmplazioriej  avea  Icel- 
la  parte  migliore  ; Laddove  Marta  Sorella- 
m lei  affaccendata  di  troppo  negli  Affari  dome- 
ilici  ne  fu  dplcénriente  riprefa  Cf efeerebbej 
ancora  la  fortuna  d’anatale  elezione  in  riguar- 
do alla  Malizia  , che  s’ è dirtefa  tanto  nel  fecolo, 
maggiori  affai  rendendo  i pericolr  di  praticar ^ 
Io , e' piii  malagevole  all?  innocenza  la  maniera 
di  mantenerfi  illibata  . Pure  tutti  non  ottengo- 
no dal  %nore  la  grazia  d’ una  tal  vocazione  , c 

-1  ' • ■ -'.A-  - . -chi 

Ca)  Lue,  IO, /{I.  ■ ■ • 


V 


Digilized  by  Gcx^le 


chi  nafce  in  mezzo  al  Mondo  per  Io  più  è ncccf- 
fitato  a condurvi, e terminarvi  i fuoi  giorni; on- 
de convichgli  penfare  ad  un  opportuno  ripiego, 
non  folamente  per  non  ricever  fvantaggio , ma 
per. tirare  ben^aiiche  profitto  da  una  IbmiglianT 
te  neceflità  Ciò  fùppofto  io  dico  troppo  efle- 
•ré  necellario  l’ umano  conforzio  a chi  dee  vive- 
re nel  Mondo  per  riformar  fe  medefimo  full’  al- 
trui Norma , pigliando  ciò,  che  negli  altri  feor- 
ge  di  buono , ed  apprendendo  ad  abborrire  ciò, 
che  vi  trova  di  male . È si  vantaggiofa  all’huo- 
mo  una  tal  fcuola  , che  Ariftotile  giudicò  eflere 
il  folitario  o un  Dio , o una  Fiera , C^)  perche  di 
nulla  abbifognando  gode  Iddio  di  fc  medefimo, 
e della  propria  perfezione,  e non  cònofeendone 
l’ utilità  non  aman  le  Fiere. la  compagnia  . Ed. 
in  vero  ficcome  a tutto  non  nalcono  tutti  gli 
huomini , così  l’ uno  iraparàr-debbe  dall’  altro, 
ninno  mofl.randofi  nè  sì,  vanamente  gonfio  del- 
la fuppofta  fua  virtù , che  npo  pentì  di  poterla^.,, 
rendere  coll’  efempio degli, altri  migliore;  ne. sì 
avaro  delle  fue  doti , chc.non  voglia  akrui.far- 
ne  parte  . Scrive  a quello  prppofito  un  grani. 
Morale  di  Spagna, che  la  Natura  non  volle  con- 
tradiftinguere  da  i Cattivi. i Buoni,  come  averia 
defiderato  Ifocrate , Qh)  perche  effendo,  ; fecon- 
do ancora  Platone,  di  nunjero  affai  maggiore-^ 
i Cattivi  de  i Buoni , quelli  forfè  vedendoli  così 
pochi,  ed  efclufi  per  ciò  dal  coramcrzio.de  i più. 


avcrebbono  voluto  entrare  anzi  nel  numero  dtf 
Cattivi,  che  viver  folitarj  ; tanta  è la.necelTità,. 
che  nel  Mondo  pratichi  l'uno  coll’altro,  c trop- 
po COSI  efiggcndo  la  Natura  dell’  hiiomo,  che  al 
dire  di  Sant’Agoftino  ^ è un  non  fo  che  di focia^ 
bile . («) 

1 1.  E’  un  male  invero  affai  grave, che  qual- 
cuno giudicandofì  già  perfetto  diafi  ad  intende- 
re di  non  aver  più  bifogno  dell’  altrui  fcuola_, 
per  divenir  Tempre  migliore  ; pofciacchè  oltre 
al  perdere  1’  occafiqn  d’ avanzarfi  per  un  tal 
mezzo  nel  bene  , fi  pone  ancora  in  pericolo  di 
precipitare  colla  Superbia , che  eflfcndo  , fecon- 
do il  detto  dello  Spirito  Santo,  (^)  l’ origine  del 
Difpregio , conduce  l’ huoino  all’  eftremo  del- 
la mileria  colla  dannofiffima  compiacenza  di  (c 
medefimp.  Si  pavoneggiano  alcuni  talora  di 
certe, picciole  efperienzp .avute  del, proprio  Ta- 
lento, qcqmindando  a piacere  (cioccamcnte  a 
fe  fteffì  tutto  con  altura  difpregiano , e confer-? 
mati  dall’  adulazione  in  tal  fentimcnto  , diven- 
gono ^olatri  della  propria  immaginaria  perfe- 
zione,fenza  altro  tenendofi  per  huomini  di  gran 
fennq  . (c).  Il  Petrarca  raflbmiglia  coftoroa.^ 
que’EanciuUi,  che  recitando  in  pubblico^un  pic- 
ciolo dilcorfetto , animati  dagli  Éviva  e de’  Pe- 
danti ,,e,dei  Volgo!  vedendofi  in  aria , tengoii_. 
per.nuUà tutto,cÌQ  ,.chc;mirano  fotto  di  fe.;  pHi 


. A 


^ • i C y f ' l./;  I ^ . • i 

Ca)i  De  bon.  conjug. 

(bj  Frov.  cap.  a.  (c)  Dial.  i a. 


4 

pel  fiionó  delle  Campane,  é delle  Trómbe  gon- 
fiandofi , che  non  un  Imperador  di  Roma  liel 
fuo'signorile  trionfo  . 'Finite,  egli  dice  , quejìe^ 
eoje  dalli  Cattedra feefide\fapìente,  chi flpltoyi  • 
era /alito;-  Metamoi/oft  ajfatto  mirabile-,  ed  in- 
cognita fino  ad  Qui  dio  \ Si  vede  adunque  trop- 
po eflore  infelici  coloro , che  palciuti  d’  una'fal- 
fa  opinione  fi  credono  giunti  al  fommò  della::- 
Virtù , quando  neppure  han  fatto  il  primo  paP 
lo  per  giugnervi,  e quali  che  la  fatica  , e la  pe- 
na d'  un  viaggio  sì  lungo,  e sì  dilàftrofo,  riutèir' 
potefle  infenfibi.le,  fi  danno  miferamentc  a cre- 
dere d'  averne  già  fatto  acquifto  fenzà  avveder- 
fene  , e'trovarfi  come  per  fogno  al  pofledimen- 
to  d’ un  Capitale , che  ricerca  per  guadagnarfi 
la  vegliante  premura  indefefla  di  tutte  le  inter- 
ne potenze.  Vien  deplorata  dal  gran  Dottor 
, delle  Genti:  lina  tale  difgra  zia , còme  fonte  di 
Stoltezza,  e dice,  che  codefti  miferi  Opinioniftì 

Vantando/  d'effer  Sapiènti  divennero Jlpltì^^^^ 

Per  quello  appunto  eforta  Y Ecclefiaftico  quai 
lun'quc  defidcrolb  della  virtù  a sfuggire  con  di- 
ligenza codella  forta  dfinfaulla  pazzia,‘ché  a tan- 
ti coiroftinata  opinionedi  poflederlo  ne  fàper- 
dcre  il  tefóro:  %//d,egli  dice,  (/&)  noh^pler  ep 
fer  faggio  apprejfo  di  te  medefmo,  'ma  cerca fem^ 
prc  il  co  'nfiglio  di  chi  veramente  è faggio  . - Ac- 

coftofli  ad  una  tal  Gognizione,benchè  Geirtilè-», 

anche  Seneca,  e movendo  la  graziofa  quiuione, 

in  cui  ricerca  per  qual  cauta  mai  Ha  cosi  gran- 

.dè 

■ - ' -1  ■ • ‘ I ■ V « twf 


(a)  I . ad  Rm.  (b)  Qip.  S 2» 


• • 


de  nel; Mondo  il  niirftefo  degli  fciocdii,decide^; 
ciò  avvenire  dal  credere  d’  efler  faggi  : Penfo  , 
cosi  iiotiz\\\\xAt^che  molti  aver ebbono potuto  ar- 
rivar e alla. Sapienza,  fe  non  avejjhro.malamen-  ■ 
te  creduto  d’ ejfervì già. arrivati  (a) . II  princi-  s 
pai  fondamento  della  Ifrudenza,  fecondo  ilGio> . 
vine  Plinio  è lo  ftimare  gli  altri  piìipru-: 
denti  di  noi , perchè  tenendoci  con  quello  pen-. 
fiero, per  bifognofi  d’ apprendere  ciò,  che  ne_». 
manca , ci  moviamo  a tarlo  con  profitto , e tro-- 
viamo  quel  bene , che  non  cercato  fi  perdereb-' 
be , ed  in  fine  fcrive  di  non  sò  qual  fuo.  Cono- 
feente  •,  che  la  principale  fcuo.la  ài  luì  era  il  vo-  : 
lere  imparare  . £d  in  vero  fe  tutti  nafcclTcro . 
colla  prefunzion  di  fapere  in  pochiffimo  tempo 
empierebbefi  d’ Ignoranti  il  Mondo  ; poiché , fe 
il  conofeerc  gli  huomini  di  non  fapere  , induce, 
1’ amor  dello  fiudio,  la  prefuntuofa  opinione^j 
certamente  di  faper  quanto  balla  ammorzereb- 
be nelle  tenebre  d’ una  voluta  ignoranza  tutto 
lo  fplendore  delle  buone  Arti , ed  il  lume  nc- 
celTariflìmo  delle  Scienze  . Tanto  può  dirfi 
ancora  della  moral  difciplina  , e del  favio  rego- 
lamento deir  huomo  interiore  , che  fenza  dub- 
bio fcaderebbe  affatto  , quando  lufingandofi 
ogniuno  d' avere  uncollumc  baftevo!mente_* 
corretto  fuggifle  l’altrui  conforzio,da  cui,ulàn- 
done  a dovere , tanto  può  cavarne  d’  ammac-, 
(Iramento,  e;di  frutto . 

. 111.  La  fperienza  ftofla  di  tutte  le  colè  Mae- 

A ? lira, 

(jx')  Lìb.  de  Tranq^uìl,  Anim.  fb)  Lìb.  8.  r/».  zj 


6 ...... 

ftra  ne  infegna,  chè.qucgli,  i quali  non  córiver- 
fano , per  lo  pili  rimangono  uno  fpirito  mcii 
vivace , e men  pronto  , e d' un  naturale  ancora 
talvolta  sì  rozzo  , che  malamente  addatta  alK 
clercizio  della  Virth  , perchè  in  altri  mirata^ 
non  avendone  la  bellezza,  c l’applaufo,  non  po- 
terono concepirne  (lima,  ed  amore,  come  nep- 
pure odio  de  i vizj , perchè  non  ne  feorfero  in-» 
altri  la  deformità . Ed^  in  vero  il  coiifiderare 
^negli  altri,  o il  vizio, o la  Virtù,  è uno  fpecchio, 
che  non  inganna , mentre  mirandofi  V uno , clj 
1*  altra  fenza  palTione  , fe  ne  diftingue  fenza  ab- 
baglio la  qualità  ; laddove  in  noi  medefimi , o 
Ambizione,  o 1^  Amor  proprio,  molto  leva  loro 
della  naturale  fembianza  . Niuno  in  fomma  è 
buon  Giudice  in  caufa  propria,  c quando  aveffe 
tanta  modeftia  da  non  credcrfi  buono,  clfendo- 


lo  pure  in  effetto  , non  averebbe  fenza  dubbio 
tanta  giuftizia  per  palefarfi  vìziofò , quand^  an- 
che negar  non  poteflfe  di  eflferlo.  Quindi  il  viag- 
giare nelle  perfone  di  rango  fuolcffere  una_» 
grande  fcuola  , perchè  oflTervando  effe  i coflu- 
mi  diverG  delle  Nazioni , e ciò , che  in  ciafehe- 
^duna  degno  è di  lode,  o di  biafimo , vengono  a^ 
formare  di  tutti , come  un  certo  eftratto  di  per- 
fezione , che  gli  diftingue  gloriofamente  da  co- 
loro , i quali  troppo  invaghiti  del  fuol  paterno 
credono  di  tradirlo, fe  a fine  ancora  di  bene  per 
breve  fpazio  fe  ne  dilungano  . In  fatti  la  mag- 
gior lode',  che  dia  Òmero  al  fuo  famofo  Uliffe.^ 
per  metterlo  in  credito  d^  huom  faggio  , e diffe- 
rente di  lunga  mano  dal  baffo  volgo , fi  è ? ave- 

re 


DigWTod  tfÉxjle 


re  cflb  veduti  i coftumi,e  le  Città  di  molte  Gen- 
ti , ónde  avea  potuto  formarfene  una  regola  di' 
vivere  affa i perfetto  . Difle  bene  a ciò  miran-- 
do  uh  Savio  di  Francia  , che  non  v’  è Libro  piò 
prcziofb  della  fcienza  del  Mondo  : cioè  di  ofler- 
vare  quanto  fi  trova  di  buono,  e di  (limabile.»' 
fra  i due  Scflì,  ed  inveftirfene  con  una  follecita , 
c lodevole  immitazione  . Così  per  lo  contrario- 
i Principi  fenza  partirfi  dicafa  hanno  in  elfa.,; 
una  comodità  invidiabile  d’appreder  molto  fen- 
za fatica,  poiché  nelle  Corti  facendófi  un  picciol  ' 
Mondo  formato  d’huomini  per  lo  più  culti,  c di 
grande  fpirito,po(rono  e(fi  afcoltando  (blamen- 
te imparare  affai  da  coloro,  che  molto  ftudiano 
per  poter  loro  parlar  con  profitto . Per  ciò  ad 
un  Principe  giovine  dell'  Italia  , che  dolevafi  d' 
c(fer  privato  della  gran  fcuola  , che  fi  ha  dal  vi  • 
aggiarc , di(Tc  un’  huomo  di  fenno  . • Può  V-  A. 
rìfparmìarfi  allegramente  la  pena  del  viaggio  t 
mentre  tanti  viaggiano  per  venir  quà  afarlc^ 
quella  fcuola',  che  brama . 

IV.  Deducefi  da  tutto  quello  la  neceflìtà  di 
converfare  con  huomini  di  prudenza , ma  non_. 
fembra  , che  dimollrifi  per  necelfaria  la  Con- 
verfazione  col  Seflb  femminile  , a cui  tende_v 
principalmente  il  fuppollo  abufo  moderno.  Re- 
plicando io  quello  , che  dilfi  fin  fui  principio  di 
quello  Capo,  confc(To,che  meglio  farebbe  a(fo- 
lutamente  l’afierierfi  dalla  Converfazion  delle 
Donne,  e che  molto  lodevole  rederebbefi  quell’ 
huomo , che  fi  prefiggelTe  la  regola  del  Santo 
Giobbe  nel  far  patto  eoa  gli  occhi  fuoi  di  non. 

A4  mi- 


8 

mirar  mai  femmine  in  volto  > (a)  ne  peniar  mai 
di  elTe  , giacche  il  penfiero.  in  tal  materia  fuol 
pur  troppo  andare  unito  allo  fguardo,  ed  anche, 
non  di  rado  al  penfiero  la  rea  brama  . Nel  fc- 
colo  però  chi  farà  mai, che  voglia  vivere  in  una . 
Ibggezzione  sì  rigorofa , e mantcnerfi  in  un  ri- 
guardo , che  tanto  pure  faria  profittevole  alla_>: 
lalutc  dell' Anima?  Se  trovali  chi  abbia  quello^ 
fanto  coraggio  , io  lo  commendo  altamente.,  e 
1'  alficuro,  che  ne  riporterà  dal  Signore  un'am- 
plilfimo  guiderdone . Qui  però  con  viemmi  par-, 
lare  con  quelle  perfone  , che  vogliono  fervirli 
dell' onefta  loro  libertà,  in  cui  le  ha  Iddio  la- 
feiate,  e viver  nel  Mondo  fecondo  1'  ufo  comu-, 
ne  degli  huomini,  che  lo  compongono  . La  pri- 
ma regola  adunque  di  chi  vive  con  altri , c 1' 
aver  mira  di  non  comparir  {ingoiare  in  alcuna 
cofa  , c per  non  dare  adito  alla  vanità  , che  po- 
tria  nafeere  da  un  fomigliante  propofito  , c per 
non  eccitare  l’ Invidia,  che  fuol  colpire  appun- 
to quegli, i quali  feoftanfi  dalle  altrui  colluman- 
ze,  quali  vogliofi  di  renderfi  cenfori  de’  lor  C6- 
pagni , mentre  piccanfi  di  nulla  far  mai  di  quel-, 
lo,  che  gli  altri  fanno . Quindi  Minio  dilfe  acu- 
tamente a Trajano  ; Fffere  in  akittit  talora  u». 
gran  difetto  l' effere  fenza  difetti . Ciò  deb- 
befi  intendere  di. quelle  fole  azzioni , die  non_. 
fono  intrinfccamente  peccaminofe  , nelle  quali 
almeno  per  apparenza  di  civiltà  dee  concorre- 
re l’ haom  difereto  per  non  condannare  coloro, 

che 

I ■■  I ■ ■ I ■ I ■■  t 

fa)  fob.  ^ I . I . (b^  In  faiteg.  ad  Tra). 


che  le  fanno  con  tutta  P ìndifTerenza , e per  non. 

introdurre  malizia  dova  realm(^te  non  (la  . .In 

quedo.fenfb  infegnava  Grido  medellmo,Ca)chc 

chi  volea  moruficarfi  coll’  adinenza.  n5  difpre* 

giade  chiunque  mangiava,  anzi  che  digiunando 

ungede  il  Iuq  capo e comparide  di  ciera  lieta, 

per  non  dare  altrui  a divedere, che  egli  digiuna* 

va . Non  elTendo  per  tanto  la  Convcrfazione-ii 

in  dia  Ibdanza  cattiva , difcorrendofi  ancor  del* 

la  mida , è ben  necelTario , che  vivendod  co.n_j 

tanti  huomini , che  la  praticano , un  Iblo  noo^ 

faccia  il  ringoiare  nell’  evitarla , ma  fegua  il  co* 

duine  degli  altri,  per  non  rendere  col  fuo  efem- 

pio  fofpetta  una  cola , che  eder  pnote  ingenua  , 

ed  innocente . Io  non  trovo  , che  a i Tuoi  di* 
• • • * ^ ^ ^ 

fcepoli  abbia  mai  efpredamcnte  proibito  il  Di- 
vio Maedro  la  Converfazionc  compoda  anco- 
ra de’  due  Sedi,  anzi  egli  mededmo  favorì  della 
fua  prefenza  alcuni  folenni  Banchetti , come  in 
Cana,  e nella  Cafa  di  Marta , e del  Farifeo  . S» 
dunque  necedaria  d è provata  a chi  vive  nel 
Mondo  la  Converfazionc  degli  huomini  favj, 
tale  può  giudicard  quella  ancora  delle  onede^ 
Donne  pel  dnc  mededmo  di  correggere  que’ 
difetti , che  veggiond  in  sè  malamente  da  cia- 
fchedunò  . Afferma  San  Girolamo  gra  Dottor 
della  Chiefa  , Q)')  che  ognuno  per  Savio  , e per- 
fetto, che  fiadjha  seprc  un  no  fo  chè,onde  appa- 
rilcc  infelice  di  condizione,  attefa  l’umanità 

jniferabilc,  di  cui  ammantato  ritrovad,  aman- 

*•••-  ..  ...  ' ^ , 


(a)  Matt.cap.  6.  17,  (b)  IttEp.  ad  Nepot.  \ 


r- 

IO  , 

do  fempPe  fégfetàmente'  qualéunò  de’  vizj  . 
Quando  ciò  fia'è  megliò  certamente  ef]ìorfi  all’ 
altrui  Genfiirà-i  ùon'vC'rfando  per  efler  corretto, 
cKe  viver  fempre  con  se  medefiiiio  , c nella  ce- 
feità  lagrirrievòle  d*  idolatrare -i'proprj  manca-^ 
rnènti  come virtildi';  Pili  d’ ogni'  altra  polcia_. 
jjér  quello  è heceflaria  la  GonVerfazione  delle 
Donne,  perchè  elFendo  elleno,  e per  nàtura  piò 
critiche',  fecondò  il  Satirico  j e per  vantaggio 
del  feflb  più  libere  nel  riprendere,  promettono 
a chi  le  converfa  a buon  fine  una  più  ficura , e_»  i 
più  Ibllecita  emendazione  . Non  è cofa  da  pórli 
ih  dubbio  , che  a certe  Dorine  talora  di  brio  , ed 
autorità  riufeito  non  fiadi  corregger  negli  huo» 
mini  alcuni  vizj , per  ifvellere  i quali  eranfi  in- 
darno adoperati  gli  più  zelanti  Direttori  di  fpi- 
l*itò . Per  tacere  di  tante,  ed  addurne  efempio , 
che  fagro  elfendo  non  polTa  negarli , ciò  fi  vide 
ben  chiaro  nella  fpiritofa  Abigaille  ,chc  nel  fu- 
ror di  fue  collere , di  pace  parlando  ài  Re  Davi- 
de , cofa , che  tentata  certamente  non  avrebbo- 
no  i perlbna'ggi  più  cofpicui  della  Corte , ne_» 
^enfe  1*  ira , e fedonne  l’animo  così  bene  , che 
ebbe  il  Moriàrcà  medefimó  a ringraziarla  dell’ 
olile  uflìzio  con  quelle’ cortefi  parole  : fiate  ’Ooi 
benedetta , Signora, che  mi  vietafle  oggi  di  gir- 
mene a fparger  /angue , e vendicarmi  colla  mia 
mano . (a^  Conchiudiamo  adunque , che  quan- 
do non  vogliano  gli  huomini , o ritirarfi  dal  fe- 
nolo , o vivere  nel  fenolo  ritirati , che  farà  fem- 

pre 

(a)  ì.Reg.2S. 


DIgIHzed  by  Google 


prc  il  migliore , e più  ficuro  partito  > troppo  aJ 
loro  è neceflaria  l’enefta  Converlazione  per 
apprendere  a poco  a poco  la  maniera  di  viver 
meglio, che  far  (r  po(Ta,in  luogo,  dove  fono  tan« 
ti  pericoli  di  viver  male:  Erra,  dicea  Cicerone», 
chi  giudica  $ ^izj  del  corpo  maggiori  di  qael 
delP  Animo  : (a)  onde  può  ricavarfene , che  fe 
cercano  le  perfohe  più  calte,  e più  amiche  dcll^ 
cfterior  compoftczza,  tanti  Macftri  per  correg- 
gere i difetti  del  corpo , e renderlo  agile  al  bal- 
lo, alla  fchcrma,  al  cavalcare , qualcuno  debbo- 
no averne  ancora  per  togliere  i vizj  dell’  Ani<? 
mo,  ed  addeftràrlo  all’efercizio  si  necflario  del- 
le virtudi . Attengali  per  tanto  ciafcuno  al  con- 
lìglio  dello  Spirito  Santo  , dove  infogna  : Poni 
modo  alla  tua  prudenza^  ; ufandone  per  la_> 

fcclta  delle  migliori , e più  purgate  Converla- 
zioni,  e non  per  la  fuga  di  tutte  , quando  , come 
fi  è dctto,non  fi  rifolvclTe  a converfarc  con  Dio»’ 
perche  fe  è vero , come  è verilfimo  , ciò  , che-» 
ferivo  Liffio  ; Stolta  ejfcre  ogni fapienza , cbeL* 
non  è Tnoderata:Qe')(iccome  è prudente  condotta 
d’  un  huom  Savio  lo  fcanfare  quella  Converfa- 
zione  , che  in  verità  è cattiva , cosi  è impruden- 
za da  (lolido  il  non  conofcerc  la  neceflità  della 
buona. 

(a)  Tafcul.  3.  (l  ) Prov.  i (c)/vz.  cent.2.ep.$6. 


Delia  ; 


12, 


Delta  Còfivenienza  di  cónverfare, 

, • #»,*•••• 

CAVO  II.: 


t 


■Ppena  clic. ebbe  Iddio  creato  1*  Uomo  » , 
• ^ ^ dimofirò  pueda  convenienza  di  con-, 
vcr^re  dicendo  : Noft  è cofa  buona  , ehe  P huo~. 
ma  fia folo:  Ca)  e fuhitq  diedegli  la  Donna,  cava- 
ta di  più  da  una  coda  di  lui , per.  denotare  la  re- 
ciproca y e fedele  armonia  , . che  tra  eflì  paflar 
devea  . in  quello  fentimento  conviene  ancora 
r.acutiflìmo  San  Bafilio  di  S^ileucia  affermando,. 
0)  che:  Privo  Adamo  d' un  compagno , H quale 
fycogodejfe  de  i piaceri  di  quel  luogo  sì  ameno 
più  era  imperfetto  il  fenfo  de'  fuoì  godimenti . 
jla  compagnia  per  vero  dire  , è il  condimento 
di  tutte  le  cofe  più  dilettevoli , e nel  (bmmo  an- 
cora de’  bcnijchè  aver  fi  poffbno  in  terra,  trop- 
po ci  manca  mancandoci  perfonà,  con  cui  divi- 
der poifiamo  la  contentezza,  c renderla  per  via 
della  comunicazione  più  grande,  e più  foave_». , 
anzi  a giudizio  di  Seneca  , (c)  Il pofiedimento  di 
ntutt  bene  è giocondo  fenza  compagno . Quindi 
è , che  volendo  Iddio  neilp  Stato  dell’  Innocen- 
za pienamente  felice  l’ huomo  , per  quanto  av- 
venir potea  nel  Mondo , volle  accompagnarlo, 
c rendergli,  così  più  graditó.  il  foggiorno  del 
Faradilb  Tcrrefire . Perciò  io  penfo,  che  dicen, 
fe  il  Santo  Giobbe;  Cd)  eJTere  il  maggior  gaftigo 

' -,  dell’ 


••  • 

(a)  (b)  Orai.  2.  (c)  Ep,  6.  (d)  Cap.  5, 


DIgilized  ùy  Qolgle 


*5 


deir  hiiorho  émpio  /*  abitare  In  Città  defolatè  : 
venendogli  tolto' così  tutto  ciòcche  render  puo- 
tc  felice  la  vita  , o piti  fòppòrtabile  per  lo  meno 
la  miferia  deir-efilio  mortale  . .Non  può  dun- 
que negaffi  eflcre  convenevole  cofa,  e ben  giii- 
lta,che  infieme  converfino  le  ragionevoli  crea- 
tiire  , e quelle  fpezialmente  , che  nacquero  ini 
pa’efi  piìi  domeftici  per  diftingiierfi  dalle  altre  , 
che  nate  lòtto  barbaro  clima  piò,  che  deir  huo-^ 
mo,  partecipali  della  fiera  . De  i Parti  Nazione 
ferigna,e  felvaggia  (èriire  Tacitò,  che  aven^ 
(do  pochilfimo  Umanità  , Siccome  r arrende^ 
^ole  cortefia^  e la  pronta  gentilezza , erano  vir^ 
tudì  d loro  ignote  , così  le  tennero  per  vizj  di 
fìttola  ufanza.'^on  ha  certo  alcuna  colà,  che 
faccia  nelle  Città  una  moftra  piu  vaga  , che  P 
unione  degr  animi , la  quale  fcorgefi  appunto 
nel  convciTàrc  infieme  con  ottima  corrifpon- 
denza  i Cittadini,  comedair  unirfi  tutte  al  pun- 
to le  Lineerilivlta  la  perfezion  deila  profpctti va; 

• I r.  • Nàfcc  uria  tal  cori  vénienza  dairobbligo 
civile,  che  ha  r uno  d’  accom.modarfi  al  genio  , 
ed  al  còllumcdell'  altro  dentro  a i tèrmini  dclP 

9 

'équità  ,’‘ohdc  vien  pofeia  a formarli  di  mol- 
tc'membrà’ùn  fel  corpo  , ed  un  certo  armonicò 
legamento  di  animi,  che  bàfe  eflendo  della  con- 
cordia, divien  pure  feme,  e principio  delle  altre 
virtudi , eferma- un  oggetto  air  occhio  de^  ri- 
guardaiiti  àflai  vago  . il  punto  in  ciò  piu  diffi- 
cile fi  ò,che  unofappia  addattarfi  all’altrui  umo« 
• • 

re 


CO  Ltb.i^i/innah 


*4 

re  lenza  contravvenire  agli  obblighi  particola- 
ri; poiché  farebbe  uno  iconcerto  notabile  aifet- 
tare  obbliando  il  proprio  dovere  di  fecondar 
tutte  le  altrui  inclinazioni . V/  è qui,  d’ uopo  d’. 
una  prudente  diiìnvoltura,.che  diteernendo  be- 
ne tra  le  proprie  convenienze,  e quelle  degli  al- 
tri, giunga  a temperarti  in  maniera  ,.che  renda 
l’ huom  civile  tutto  di  tutti  fenza  lafclar  mai  d’ 
effer  tutto  ancora  di  fe  medetimo:  ed  a piegarlo 
in  sì  fatta  guiia  alle  altrui  onetie  foddisfazioni , 
che  non  perda  mai  d’ occhio  , ciò  che  egli  é te- 
nuto di  fare . Si  vede  in  ordine  a quetio  , che  il 
girar , che  fanno  quotidianamente  con  la  macr 
china  tutta  de’Cieli  da  Levante  a Ponènte  i Pia- 
neti, nulla  impedilcc  il  corfo  lor  proprio  , ed 
oppofto  da  Ponente  a Levante  . Ciò  nafee,  per- 
che vi  fono  de’  Poli  diverti  da  quei  del  Mondo , 
Ibprade’  quali  fanno  i Pianeti  il  lor  giro,  non_» 
confentendo  la  natura , che  feguano  due  moti 
contrarj  fovra  de’ftdlì  Poli,  come  bene  con  tut- 
ti li  Aftronoini  ofTcrva  l’erudito  Fineo.C<3')Stan- 
do  adunque  fìtib  beneciafeuno  fovra  i fuoi  po- 
li, cioè  ftabilendoti  fermamente  ne’propofiti  del 
fuo  dovere , manterrà  fempre  il  lUo  corfo  dirit- 
to, ed  invariabile ',  benché  fecondi  per  convcr 
niénza  il  moto  altrui . Cl>)  Daniello  nella  Corte 
di  Babilonia  fpiccava  fovra  degli^altri  Paggi  del 
Ré  in  vivezza,  in  avvenenza  , ed  in  brio  , ficchò 
erati  obbligato  il  cuore , e del  ilio  Prefetto,  e di 
.tutti  i Cprtigiani , c fermo  nclla.determinazio- 

nc 


(a)  Ltb.  i . de  Cofmeg.  c.4.  (b)  Dan.  c.  j . 


ne  d’oflTeryar  la  fua  Legge  ,,d’  altro  non  ciba'n- 
49^.»  che  di.legumi , compariva  allegro  jdifinr. 
volto  , ed  affabile  con  tutti camminando  afe* 
conda  con  gli' altri  per  convenienza,  ma  fempr<h 
tenendofì  alla  memoria  prclènti  gl’òbblighi  del*, 
la  fua  Religione . . 

Ili.  Egli  è ben  però  neceflario  di  regolare, 
una  tal  convenienza  colla  ragione  più  tpfto,che. 
non  col  genio  imprudente  , che  nudrifcpnp, al- 
cuni di  piacere  lenz’  altro  riflelìp  alla  migliore, 
non  già , ma  alla  maggior  parte  .degli  huomini  - 
E’  quello  un’inconveniente,  d’onde  ajtrj  mpltif;; 
funi  ne  derivano,  ed  un  pelfimo  veleno , da  cui_ 
tutta  rendefi  perniziofa  la  per  altro  innocente, 
dolcezza  dell’  umano  conforzio  C^)  Echi  è co~ 
lui,  dice  Seneca  , il  quale  piacer  poffa  alla  moltìr  >_ 
tudìne  quando  piaccia  a lui  la  virtù  ì , Codefto 
metterli  in  capo  di  piacere  a tutti  ò la  rovina  di 
mplti,  che  averebbono  un’  ottimo  naturale  per. 
giugnere  a piacere, a i faggi;,. adornandpfi  di 
quelle  dpu,  che  tanto  difpiacci.onq agli  fciocchi. 
Per  un  lampo, di  lode  infelice  , che.efll  rilevano 
dall  accoharfi  alKaltrui. genio  , dilungandoli 
dall’onelio  perdono  il  meritò  d’olTer  veramen- 
te  lodevoli,  e per  comparir  facili^,  cd  indulgenti . 
coa;Ogni  for,ta  ,d\huomini  licenzioli  tradifco.np . 
V ingenita  inclinazione  di  folamente  arrènderà.; 
al  giufto,  ed  al  convenevole^  Ilfaper  negare  a-, 
fuo  tempo  è l;arte  più  fpttilé,ed  anche  più  com- 1 
ni  endabile  dejr-hupmo  intero  perchè  ficcome  . 

' ntil“ 


(a)  Ep.66 


•V 


i6  ..  , , . ... 

nulla  v’  hà  di  più  agevole  , che  il  concedere , t>* 
negare  alcuna-  colà  afìblutamehté  : cosi  nulla 
V*  ha  di  pih  arduo  quanto  il  faper  negare-»' 
còli  si  bella  grazia  , che  venga  1’  altrui  cuore  ad 
obbligarli , conie  fe  appuntò  fi  concedeffe  . Per 
giugnere  a quefto  convien  praticare  quell’  ac- 
corta , e (anta  àllùzia  , colla  quale  fi  proteftava 
Y Apoftplò  df  aver  .guadagnati  i fuoi  Difcepoli' 
di  Có ririto;  Cu)  Effendo  io,  così  loro  fcrive,  ajìu- 
toivi  hò prefi-coff  inganno',  cioè  fingere  con  ma-‘ 
niéròfb'  artifizio  di  voler  fare  quanto  altri  di- 
manda, e trovare  nel  tempo  llelfis'un  tempera-' 
mento,  ed  Un  ripiego  sì  deliro,  per  cui  non  li' 
faccia  fe  non  ciò,  che  veramente  dee  farli  . Ri-* 
ferifee  Tacito  di-Tiberio,  (jb')  che  eflendogli  nò-' 
to  bramarfi  da  tutta  Roma,  che  egli  andalTe  in_i‘ 
per  fona  a fedaré  1’  ammutinamento  delle  Un-  • 
gare  Legioni  inlbftó  colà  cón  ilcàndalo  dellai. 
Milizia,  e della  Cittadinanza,  benché  egli'vedef- 
fe  non  convenirgli  tal  cola , non  diede  però  ne- 
gativa preciia,  ma  finfe  di  voler  veramente  an- 
darvi: ^uajifoffe,  così  nota  lo  Storico,  per  par • 
tir  d' ora  in  ora  fcelje  i compagni,  cercò  impedi- 
menti, ed  allenì  le  navi . Gonfifte  in  quelló  ap- 
punto la  finezza  d’  una  tal’  arte,- nell’  unire  cioè 
coll’  apparènte  brama  cortefe  di  concorrere-* 
nell’  altrui  vólerc  lo  Audio  ancora  di  far  nafee- 
re  oAacoli,  che  l’ irapedilcano,  ficchè  ad  elfi  piò 
tolto,  che  al  proprio  contegno,  polTa  attribuirli 
la  cagion  di  non  compiacere  del- tutto,  comedi- 

■ . ..  . ■ 

Ca)  Cor >2.  i2t  (b)  Lib,  \ l% 


DIgItized  by  Goeiik 


moftrafì  di  brarhare  . In  tal  guifadee  governar- 
fii  huomo  di  fcnno  in  ordine  al  feguirc  per 
convenienza  la  cofliimanza  comune  di  conver* 
lare.  Moftrafi  con  tutti  di  umor  pieghevole-» 
finche  invitato  a qualcuna  delle  Converfazioni, 
che  o per  fbftanza,  ò per  accidente  , a lui  fia  no** 
civa , far  tutto  per  moftrar  di  volerne  godere , 
e tutto  ancora  nel  tempo  medefimo  per  liberar- 
fene  . In  quello  modo  ragionevole  eflendo  lem-; 
preja  convenienza,  farà  > che  egli  abbracci  tut- 
to 1 oneflo  , e Indifferente,  con  lode,  e fugga 
li  maiC  fenza  taccia  di  ruvido , e di  pertinace  • 

1 V.  Saria  fenza  dubbio  una  fpezie  di  biafime- 
vole  ruvidezza  il  viver  nel  Mondo  , e non  voler 
yattare  con  gli  altri , convenendo  , ò lafciarlo 
dal  tutto,  ed  appHcarfi  alla  Santità  , ò prudente- 
mente addattarfi  al  fuo  coflume  , per  togliere 
ogni  Iqfjjetto  d^  affettazione , di  cui  , a!  dire  di 
QufntiJiano  Qa)  altro  non  può  tro^arjì  dì  più 
odiofo . Condannartutto  negli  altri  è parte  del- 
ia fuperbia  , che  fuori  di  fe  nulla  feorge  di  buo- 
no , e la  più  altiera  condanna  , che  delle  azioni 
altrui  poflTa  farli , è il  non  feguitarle  quando  fie- 

^ pwre  ancora  indifferenti,  meglio 
cllendo  talora  comparire  in  ciò , che  non  è ma- 
le anblutamente,men  faggio  con  molti,  che  far- 
li mollrare  a dito  affettando  vanamente.  una.i 
prudenza  , che  penda  nel  Angolare . Dobbiamo 
tuggire  generofamente  tutto  quello  , che  di.fua 
natura  è cattivo,  quand’  anche  foflimo  foli , che 


Ca;)  Lil;,  I , r. 


1 1. 


i8 

anzi  allora  l’ efferlo  è gloria:  mà  in  quello , che 
è’ ambiguo,  e che  puote  efler  buono  le  noi  vo- 
gliamo , è una  fpezie  d*  onore  l’ operare  con  gli 
altri , moftrando  la  modeftia  di  legni  re  1’  altrui 
elèmpio  finché  c’  ò pofllbile,  edi  non  voler  far- 
la da  Macft ri  nel  mondo . Così  a i Tuoi  difeepo- 
li  comandò  Chrifìo  , che  trovandofi  nelle  cale 
altrui  guftaflero  de’  cibi , che  foflero  loro  por- 
tati avanti  per  non  moftrare  fingolarità  d’ afti- 
nenza,  mortificando  coloro  , che  inclinati  non_, 
foflero  ad  ufarne  . Adduce  Liflìo  in  tale  propo- 
■fito  Ca>)  I’ efempiodi  Pallante  Liberto  di  Clau- 
dio, il  quale  in  fua  cafa  non  comandava  , che  a_. 
cenni,ò  per  fcrittura  , temendo  forfè,  d'  avvili- 
re la  propria  voce  , le  accomunata  1’  avefle  con 
quella  de’  fuoi  Domeftici . Egli  però  con  quella 
foggia  d’  affettato  contegno  acqiiifloflì  più  di 
biafimo  , che  di  lode , benché  vivefle  in  tempi , 
ne’  quali  afpiravafi  all’  Erorifmo  con  rigidezza  , 
e {'ebbene  venne  in  Senato  Icoperto  per  inno- 
cente di  non  sò  quale  delitto  appoftogii  per  in- 
vidia, non  riufeì  a i Senatori , fbggiunge  Liflìo, 
sì  grata  la  fua  innocenza , quanto  era  loro  odio- 
fa  la  fua  fuperbia  . Per  fuggir  dunque  la  taccia 
d’ alterezza  , ed’  affettazione , che  fono  due  vizj 
ncll’«mano  conforzio  sì  abbominevoli , è con- 
veniente, che  l’ huomo  civile , e fecolare,  s*  ad- 
datti  all’  onefta  Converlàzione , quand’  anche 
fia  mifta  , amando  meglio  di  rifplendcre  come 
Stella  ordinaria  nel  Cielo,  per  dir  così,  della  fo- 
ci e- 

(a)  Lib.  2,  de  Doc,  Gv. 


/ 


cietà,  che  divenire  uno  ftravagante  Fenomeno, 
che  tiri  foura  di  fé  Inocchio  di  ciafchedimo , e 
dia  a tutti  materia  di  parlarne  a capriccio . In 
fiamma  è ncceflario  , che  iludj  bene  ciafeuno  1' 
arte  di  faiTi  amare , che  c 1^  arte  di  tutte  le  arti  > 
c che  non  fi  apprende  sì  facilmente,  ma  che  pu- 
re puote  acquiftarfi  per  quella  via  di  andar  fe- 
condando colla  regola  della  prudenza,  cdel 
Dovere  le  inclinazioni  degli  altri . Quando  non 
fi  perda  per  altra  parte  è femprc  piùficiiro  lo 
feendere,  e rendcrfi  con  tutti  affabile,  e pieghe- 
vole, mai  non  trafeurando  il  vantaggio  di  com- 
perar f altrui  Cuore  ; poiché  è veriffimo  quel 
detto,  che  nel  Mondo  non  è ne  amici  piccoli, 
ne  piccoli  nemici,  mentre  ogni  amico  può  gio- 
vare , ed  ogni  nemico  può  nuocere  • 

V.  Debbe  riflttterfi  ancora,  che  T affbntar- 
fi  dalle  favie  radunanze  degli  huomini  fonza_> 
giufto  motivo, può  tal  volta  a chi  vive  nel  Mon- 
do portar  pregiudizio  al  buon  Nome,  la  cura  di 
cui  ne  viene  gelofamente  ingiunta  dallo  Spirito 
Santo . In  fatti  dopo  Dio  nulla  dee  V huomo 
avere  di  più  caro,  che  f onore  , di  cui  è Giudice 
il  Mondo  , e Giudice  ineforabile  , perchè  nulla_> 
perdona  in  queffo  genere  . Offerva  per  tanto 
Caflldoro,che  i Volatili  più  innocenti  fono  i più 
converfevoli  . (a)  I Tordi , egli  dice  ^arnuno  dì 
gìrfene  in  folto  Jìnolo  della fuafpezìeie  gli  Stor- 
ni pure  godono  dì  fc hi erar fi  come  in  ef eretto',  gli 
Avvoltoi  per  lo  contrarlo  , e le  Aquile  caccia- 

B 2 trici 


(a)  Lìb,  8 • Var.  c.  j i . 


■ > 


20 

ir  tei , e che  fuperam  tutti  gli  altri  Vecelli  ìnJj 
acutezza  di /guardo,  vogliono  volar  foli,  perché  ■ 
le  injìdie  rapaci  non  ama»  le  innocenti  Adu- 
nanze. ^mbifeono  di  tentar  foli  qualcofa  que- 
gli, che  non  dejìderano  dì  trovar  la  preda  cott-j 
altri . Così  è deteflabile  per  lo  pili , e deprava- 
ta la  volontà  di  coloro,  che  sfuggono  la  prefenza 
deolìì  huomìnì . E’  nobile  il  fentimento,  e meri- 
ta,  che  l’applichiamo  al  calo  noflro . E’ certo* 
che  fe  qualcuno  de’  men  divoti  non  trovali  do- 
ve gli  altri  fono  a divertimento,  può  dar  moti- 
vo, che  altri  fofpetti  di  lui,  c fapendofi , che  per 
altro  non  è . punto  amico  di  Oratorj , di  Con- 
fraternite , ne  di  Conferenze  co  i Direttori  di 
Spirito,  può  far  credere , che  egli  fia  Uccello  di 
rapina,  g perciò  alieno  dal  conlòrzio  di  coloro, 
che  amano  divertirfi  con  innocenza  . Potrà  con 
qualche  fondamento  mottegiarlo  taluno , che_# 
egli  troppo  eflendo  ingordo  non  voglia  co»  al- 
tri dividere  la  lua  preda , ò che  ancora  lì  vergo-r 
gni  non  folo  di  farlo , ma  ben’  anche  di  compa- 
rire frà  gli  altri , perchè  forfè , gli  puzza  il  fiato 
all’ufo  appunto  degli  Uccelli  rapaci,  pafeendofi 
del  Peggiore  . Io  per  tanto  loderò  fempre  iaij 
una  perfona  focolare  il  divertirfi  in  pubblico, 
fenza  difeapito  dell’  Onefià,  per  non  dar  Iblpet- 
to  di  farlo  in  privato  a talento  delle  più  fcorrctr 
tc  paflìoni . Ed  in  vero  , nelle  ore  chiamate  da 
quegli , a i quali  avanza  fempre  il  tempo,  nojo* 
fe,  dove,  cd  in  che  s’  bada  credere,  che  trattcn- 
gafi  colui,  il  quale  è fuori  di  cafa  , e di  Chiei^a  , e 
lungi  dal  Luogo  del  comune  divertimento  ? Sa- 


J 


DIgilized  by  Go^lc 


21 

rà'dunque  pitificiirn  la  riputazione  diciafchc- 
diiru) , che  brami  pure  in  qualche  maniera  di 
converl'are , il  farlo  in  palcfe  coi  più,  poiché 
troppo  giuftamente  è lòfpctta  quella  Conver- 
fazione  , che  sfugge  la  teftiinonianza  , ed  il  giu- 
dizio altrui . 

- VI;  S^aggiugne  a quello,  che  poco  nel  Mon- 
do fono  plaufibili  que^  naturali , che  hanno  delP 
antipatico,  accoftandofi  a quello  de^  Bruti,  mol- 
ti de^  quali,  fecondo  Ariftotile,  e Plinio,  Qa)  no- 
drilcono  frà  loro  fenza  cagione  l^antipatia,  fug- 
gendofi  V uno  P altro,  ò per  invidia,  ò per  timo- 
re . Oraeflendo  Phuomo  animai  ragionevole 
dee  regolarfi  colla  prudenza, ne  mollrare  lenza 
il  filo  perchè  d^avere  antipatia  con  gli  altri,  che 
farebbe  in  tal  cafo  uip  ingiuria  • Un'  umore  di 
fimil  fatta  , non  può  giuliificarfi  con  altro  moti- 
vo, che  di  voler  vivere  a femcdefimo  nella  ficu- 
rezza  lodevole  del  ritiro,  che  io  non  faprei  bciP 
approvare  fe  non  fuori  affatto  del  Secolo  . Ma 
quando  fi  viva  in  eflro,parmi  feonvenienza  il  non 
vivere  parimente  con  elfo  , cd  affronto  non  lie- 
ve V abitare  con  huomini  per  lo  più  favj , cl-» 
coftumati,  fcanfandone  pofeia  come  per  odio  il 
confbrzio  . Shcorncy  ferivo  Plutarco,  è fom- 
ma  lode  f amore  verfo  ì Saggi , e i prudenti^  co- 
sì è indegno  P odio  nodrìto  contra  ì medeftmì . 
In  fomma  conviene,  che  fpeflfo  P huomo  di  fen- 
no  fovvengafi,  che  porto  dalla  Provvidenza  nel 
Mondo  non  foJo,  ma  in  compagnia  d'  altri,  non 

B 7 ha 

fa)  Lib,^.Q,idìbAoX»^>  (b)  De  odio  ó" 


22 

hà  da  sfuggirgli  lèortefe,  ma  renderli  anzi  a tut- 
ti amabile  colla  dolcezza  d’  un  tratto  civile  per 
cooperare  dal  canto  liio  al  mantenimento  dell^ 
utile  armonia,  che  ama  di  vedere  fra  le  cofe  tut- 
te il  fupremo  Regolatore  del^Univerlp . Fuggo- 
no  molti , e difapprovano  ancora  la  predetta-, 
grand’  Arte  di  farli  amare,  perchè  non  fan  pra- 
ticarla; ma  quei , che  ne  fono  forniti , ne  fento- 
noun  gran  profitto , come  Vefpafiano,  di  cui 
racconta  Filoftrato,  che  fapendo  contentar  tut- 
ti , fi  fece  padróne  del  cuor  di  tutti , e difle  ua_, 
giorno  agli  Egizj;  (a)  Da  me  , come  appunto  dal 
I^Ho,  cavate  ciò  yche  v'  aggrada  . Da  i limpidi 
fiumi  non  può  cavarli  , che  acqua  chiara , come 
dalle  pozzanghere  non  fi  cava , che  fango  . Chi 
hà  limpido  il  cuore  lafcia , che  altri  vi  pefehi  ; 
ma  chi  1’  ha  turbido  teme,  che  pefeandovifi  non 
venga  in  luce  la  feccia . Il  lafciarfi  condurre, co- 
me dicea  Saluftio,(^)  a piacimento  dell'  altrui 
feorrezione  , e cangiare  ad  ogni  ora  parere , è 
contrafegno  d’ animo  debile , e leggiero  ; ma  1’ 
addattarli  colla  feorta  della  Saviezza  all’  altrui 
cofiume,è  convenienza  da  Saggio  , giacché  al 
parere  di  Tullio,  (c)  la  fomiglianza  de  i cofiumi 
c concigliatricc  dell’  amore , e l’ imprudente-» 
condanna  di  efii  è principio  talora  di  grandi  ro- 
vine . Così  Artabano  Re  de’  Perfi  accefe  Io  fde- 
gno  in  que’  Popoli,  moftrandofi  alieno  dalle  in- 
clinazioni loro  della  Cacala,  e del  Cavalcare  , e 

fu 


fa)  Lìb.  ^.zApol.c,  IO-  (b)  Orat.  ad  CcefaVi 
(c)  z.  deOj]'. 


I 


•fu deporto  dal  foglio^  fa)Bafta  filTarfi  nellaj 
gran  maflìma  di  voler  Tempre  il  bene,  c mai  non 
volere  il  male, per  armarfi  d’uno  feudo  , che  fal- 
vi  da  ogni  pericolo , e ciò  farà  certamente  più 
profiittevole,  che  la  rozzezza  di  fuggir  tutti  col 
timor  di  pericolare  : Voler f tnpre  , e non  voler 
fenipre  h [ìejjò,  que/la,  dice  Platone,  è la  ve^ 
rafapìe>:z'ì . 

(jx)  TacU.  lib.  2.  ^nal.  Cbj  de  rep. 


Dell' 


^ 4 


24 


Della  \J tilità  di  Converfare  . 
CAPO.  III. 

\ 

li  T T No  de’  principali  ùffizj  deila  prudenza  ò 
• . il  veder  bene  addentro  in  tutte  le  cole, 

e diftingucrne  il  i’uo  buono  per  profittarne . 
Queftó  è il  carattcre  di  tuttociò  , che  in  terra-, 
può  caderci  lotto  dell’  occhio  ; 1’  efler  cioè  mi- 
Ho  di  buono , di  cattivo , e d’ indifferente  ; onde 
l'avio  deggia  dirli  colui, che  lafciandone  il  male, 
s’  appiglia  al  bene,  cola,  che  da  Quintiliano  (a) 
c chiamata  ìlfommo  della  prudenza . .L’inge- 
nuità, e la  malizia  Ibgliono  appunto  provarli 
ad  un  tal  paragone;  mentre  feiegliendo  1’  una_. 
in  tutte  le  cole  il  buono  , come  fubito  correi’ 
Ape  al  dolce  per  formarne  il  miele , e l’altra  al 
cattivo appigliandofi , come  Tempre  all’amaro 
la  Vipera  per  trarne  follanza  di  veleno , fi  di- 
ftinguono  ammendue  per  quel , che  fono , Ap- 
parirà  pertanto  prudente,  ed  ingenuo  quell* 
liuomo,  che  dalla  coftumahza  in  quello  fecolo 
più  ehc  in  altro  mai  praticata  di  coverfarc  con 
gli  altri, Taprà  cavarne  per  fe  del  vantaggio,  che 
pure  sì  grande  effer  puote , e sì  preziofo  . V e- 
diamo  in  alcuni  fonti , che  paflando  per  le  mi- 
niere dell’  oro,  e dell’  argento,  le  materie  hon_. 
già  più  cralTe,  e fecciofe,  ma  il  fiore  benfi  di  effe 
ne  portano  feco  nelle  falubri  qualità,  delle  qua- 
li 


(a}  Veclam,  95. 


t 


h’  felicemente  s*  imbevono  per  P occafione  dj 
un  tal  paflaggio . Tanto  dee  fare  colui , cui  pia_ 
co  il  coltumc  della  moderna  Converlàzione-»  : 
ufarne  cioè  colle  regole  della  prudenza  , e la- 
iciando  a i maiiziofi  quanto  ella  aver  puotedi 
men  finccro  imbeverfi  di  quel  molto  , che  ha  di 
profittevole,  e da  un  luogo,  d’onde  altri  non  ca- 
va, che  feccia,  c fango,  raccogliere  argento,  ed 
oro . . - 


,11.  E per  difeendere  a!  particolare  di  quell’  ' 

utilità,  che  a tuttti  può  cagionare  il  retto  ulb 
della  Converfazione , a me  (ómbra  , che  fia  non 
picciola  quella  d’un  certo  difinganno  felice,  che 
fuol  nafeere  dal  godimento  fperimcntale  di  cer- 
te colè , che  vedute  da  lungi , fi  credevano  afi'ai 
migliori,  e di  gran  lunga  più  dilettevoli . Sicco- 
me non  ha  il  Mondo  beni  perfetti , e che  pofl'a- 
^ no  pienamente  appagare  il  defiderio , che  tutti 
abbiamo  ingenito  di  godere , noi  andiamo  in- 
gannando noi  (leflì  con  una  fìnifira  opinione.» 
di  quelle  cofe  medefime , che  non  polfono  con- 
; tentarci,  e tediati  da  quelle , che  polTediamo,  c’ 
~^;:r-^ndiam  lufingando  , che  polTa  lacontentezza-^  1 

trovarli  nelle  altre,  che  non  abbiamo,  palTando  { 

Tempre  di  miferia  in  miferia  col  pafcolo  d’  una 
traditrice  fpcranza , dalla  quale  ci  vicn  promef- 
Ib  ciò , che  non  è polTibile  di  rinvenire  . Molti, 
che  fuori,  trovanfi  del  gran  Mondo , nome  che  , 

fuol  darfi  al  Luogo  del  pubblico  divertimento  , 
o che  ne  fono,  tenuti  lontani  dalia  vigilanza  di  | 

chi  gli  governa  , fi  veggiono  languire  cornea 
elclufidaunParadilb  tcrrefire,  efcmbraloro 

marti-  I 


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z6 

martirio,  e tormento  infbfferibile  tutto  eiò,  che 
non  è divcrtirfi,  e converfare  . Giunti  però,  che 
vi  fono  , fe  chiuder  non  vogliono  affatto  l’ oc- 
chio della  ragione  fi  avveggiono  , che  codeffo 
pure  è un  bene  di  Mondo  , un  pomo  di  Sodoma 
ben  colorito  al  di  fuori , e tutto  cenere  nel  mi- 
dollo . Io  conofeo  taluni , che  illuminati  benifi» 
fimo,per  queffa  via  impararono  ad  abborrire-» 
in  un’  ora  ciòj  che  avevano  per  molti  anni  bra- 
mato , e divennero  amiciflìmi  del  ritiro  tofto  > 
che  furono  pienamente  liberi  per  convcrlàrc  . 
Vicn  riferito  da  Seneca , che  un  certo  Filo- 
Ibfo  per  nome  Ottalo  avea  dentro  di  fe  conce- 
puto  un  fegreto  amore  verlb  delle  ricchezze-», 
parendogli , che  il  piacere  di  poffcderle  dovefle 
pur  corrifpondere  a quell’  ardenza  foave , con-, 
cui  fi  bramano  . Accadde  frattanto , che  egli  s’ 
imbattè  per  ventura  a vedere  in  Roma  la  ricca 
pompa  d’ un  (bienne  Trionfo . Mirava  egli  co- 
me fuori  di  fe  medefimo  la  preaiofità  degli  ar- 
redi, 1’  abbondanza  dell’  oro,  e dell’  argento , la 
ricchezza  de’Cocchj,  la  moltitudine  degli  Schia- 
vi, e fopra  tutto  la  sfarzofa  gala  delle  Donne  , 
che  è (lata  in  ogni  tempo  il  piìi  mirabile  condi- 
mento d’ ogni  Ipettacolo  . Terminatali  però  nel 
più  bello  del  fuo  ffupore  quella  gioconda  com- 
parfa,cgli  rientrò  improvvifamente  in  fe  ffeifo, 
e conchiufe,  che  c/&,  da  cui  non  occupavafi  un^ 
giorno  intiero,  non  meritava  d*  occupare  le  bra^ 
me  di  tutta  la  vita  . Non  potrà  egli  dunque.,, 

atte- 

f 

(ai  Ep.  loi. 


attcfb  ancora  il  vlvilllmo  lume  di  Santa  Fede  i 
cavar  ciafcheduno  quello  bel  frutto  in  tratte- 
nendofi  nella  Converfazione , cioè  di  compren- 
dere , che  Ibvente  noja  recando  ella  per  poche 
ore  , non  c un  bene  sì  grande,  come  un  tempo 
glielo  figurò  1’  opinione , c ne  tampoco  tale-» , 
che  deggiano  in  lui  impegnarfi  i defiderj  tutti 
del  cuore , quando  non  voglia  uno  a bella  polla 
ingannarli  ? Non  potrà  ugualmente  per  quello 
lolo  venire  in  cognizione  del  vero  bene, toccan- 
do con  mano,  che  quello,  il  quale  da  i più  è cre- 
duto il  migliore,  non  balla  a contentarlo  per 
breve  fpazio  ? Se  in  vece  dell’  efenipio  di  Ottalo 
io  ne  adduceva  qualcuno  de’  Sagri,  che  pur  tan- 
ti addurre  le  ne  potrebbono , faria  paruto  , che 
q uello  frutto  , il  quale  può  nalcere  nel  cuore-» 
della  llelTa  Converfazione,  folTe  troppo  mctafi- 
fico,  e proprio  più  di  anime  religiofe  , che  feco*. 
lari . Ma  chi  è mai,  che  avendo  battefimo  , non 
penfi  d’  efler  capace  di  que’  rifleflì , che  illumi- 
narono , in  quello  punto  per  lo  meno  , un  Ido- 
latria ? 

III.  Un’àltra  non  minore  utilità  io  confide- 
rò nella  collumanza  del  coavcrlàrc,  ed  è quella 
di  fpendcrc  il  tempo  onellamente  . Non  deggio 
io  qui- replicare  le  protefte  fatte  di  fopra  di  par- 
lare in  quello  libro  con  quegli  hiiomini  unica- 
mente , che  non  vogliono  appigliarfi  al  miglior 
configlio  della  ritiratezza  . In  tale  fuppoflo  per 
tanto  confiderò , che  in  quelli  noflri  tempi , nc’ 
quali  è mancato  sì  paìefcmcnte  l’amor  degli  du- 
ci i , che  dourebbe  clTerc  un  dolce  divertimento 

di 


di  tutti,  ma  in  particolare  de*  Giovani,  può  fup- 
plire  ad  un  tale  difetto  in  qualche  parte  l'one- 
fta  Gonvcrfazione,  la  quale , come  fi  c di  (bpra_. 
Botato , ferve  a chi  ne  ufa  con  favia  moderatez- 
2a  d*  un’  ottima  Icuola  . Ed  in  vero  io  mi  trove- 
rei pure  alle  ftrette  , fe  dovcfl'i  prefcrivere  ad 
un  Giovine  civile  del  noftro  Secolo  una  rego- 
lata diftribuzione  di  tempo  , acciò  vcnifie  egli  a 
fiiggir  1’  ozioi  che  è la  prima  , e pefllma  cagiono 
d*  ogni  fpirituale  rovina  . Ne’  tempi  già  Icorfì 
potea  in  tutte  l’ore  della  giornata  ftabilirfi  una 
dileltevole  occupazione , dopo  quella  , che  deefi 
a Dio  , ed  al  penfiero  dell  Anima , parte  afie- 
gnandone  allo  ftudio  d’  una  buona  Morale.», 
parte  alla  gioconda  lettura , edutilifiìma  delle 
Storie,  parte  agli  efercizj  cavalerefchi , c parte 
pur  anche  a qualche  ingegnolb  divertimento  ò 
delle  Arti  liberali , ò dejla  Meccanica  Ora  pe- 
rò, che  la  malizia  ha  perfuafo  a non  pochi  effe- 
re  come  avvilimento  del  Rango  1’  applicarfi- 
alla  cognizioo  delle  Scienze , mettendo  purtrop- 
po la  Letteratura  in  ridicolo  a fegno,che'più  in_, 
oggi  taluno  aggraverebbefi  d’  effer  chiamato 
Dottore  , Mattematico , Bottanico , Pittore^  , 
Aflronomo  , che  non  d’  altro  titolo  piò  vile  , ed 
offenfivo  ; chi  mai  faprebbe  mettere  in  regola.» 
di  retto  ufo  non  già  il  corfo  intero  del  vivere.», 
itia  le  fole  ventiquattro  ore  d’ un  giorno  ? Bifo- 
gna  poi  certamente che  la  Giòventii  ben  pa- 
Iciuta,  e difapplicata,  precipiti  a forza  nel  vizio, 
ediafi  in  preda  fenza  ritegno  a i piò  fconci , 
piò  dannofi  trattenimenti , Queflo  difordine , 

che 


29 

che  abbiatri  pur  tròppo  manifeftamente  fugP 
occhi  nella  Gioventù  d’  oggidì , mi  ha  in  granai 
parte  convinto  per  credere  vantaggiofa  la  mo- 
derna Convcrfazione , mentre  dandoti  i Giova- 
ni a pratticare  con  Donne  fa  vie»  s’ avvezzano  a 
vivere  con  proprietà,  ed  in  contegno,  sfuggen- 
do frattanto  la  prattica  liccnziofa  delle  perver-, 
fe  . In  fomma  il  male,che  apprcndeti  nella  Con- 
verfazione,  è un  male  incerto,  ed  evitabile  ; ma 
il  bene  di  venir  per  efla  divertiti  gli  huomini 
dalle  cattive  pratiche  è un  ben  manifctio,  e fen- 
fibile . 

I V.  Io  sò  bene , che  da  i più  zelanti  mi  farà 
oppofto  , che  sì  malamente  cflendo  pure  incli- 
nata la  Gioventù  moderna,  fi  farà  un  grave  pe- 
ricolo anche  della  Convcrfazione  più  ingenua  ,■ 
da  efla  rilevando  un  pregiudizio  non  punto  mi- 
nore « In  primo  luogo  io  bramerei , che  cfll  mi 
deter minaflero  la  qualità  del  divertimento,  che 
dee  perfuaderfi  agli  huomini  d’oggidì,alieni  tan- 
to.dalle  maniere  più  lodevoli  di  fcanfar  1’  ozio 
Il  ripiego  di  non  penfar  punto  alla  neccflìtà,chc 
ha  I’  huomo  di  trattenerti  , ed  inveire  da  i Pul- 
piti contra  il  cofluine  di  converfaré,  s’ò  già  fpc-. 
rimontato  difutilc  , mentre  avendo  le  pcrlbne-# 
focolari  in  ciò  il  rifugio  della  pretelli  oneftà  , le 
prediche  di  tal  foggetto  Ibn  divenute  la  materia 
più  faporita  de’  Circoli , ed  il  pafcoló  più  dolce 
delle  Converlàzióni  medefime , con  difeapito 
aflai  grave  della  divina  parola,  che  non  è ancor 
trionfo  di  farne  ferrar  neppur’  una_< . 
il  male  in  ciò  foflc  certo  , ed  incontra-, 

fta- 


giilnta  a 
Quando 


’jo 

(labile,  confeflo  ie  pure,  che  dovrebbe  contra_. 
armarfcgli  fenza  vcrim  riguardo  la  fagra  Elo- 
quenza , e trattar  le  Converfazioni  con  quell* 
Àpodolica  libertà,  con  cui  trattanfi  le  altre  co- 
fcafTolutamente  cattive , e viziofe  . In  tal  cafo 
peròdoverebbono  unirfi  a i Predicatori  anche 
iPadri  di  Spirito  , e far  ufeireda  i Confo fliona ri 
sìconfufi  i Penitenti,  comeportono  malfodi- 
sfatti  dalle  Prediche  di  Ibnugliantc  argomento. 
Chi  potrà  mai  capire,  che  deggiano  sfiatarfi  fo- 
ura  de’ Pulpiti  iMiniftri  Evangelici  prefegui- 
tando  1*  ufo  del  converfare,  quando  fieno  placi- 
damente alToluti  nel  Confeflìonario  quei  fteflì , 
che  giornalmente,  e fenza  veruna  diftinzione  di 
, luogo,  ò di  tempo,  converfano  ? Dovendofi  ad- 
dunque  credere,  che  da’  Padri  di  Spirito  non  fi 
trovi  realmente  in  quello  collume  quel  male_>, 
che  fi  va  decantando,  bilbgnaconchiudere , che 
ne.  tampoco  da’  Predicatori  dee  fupporfi  per 
certo  in  tal  guifit , che  fia  loro  necelfario  fenza 
veruna  precifione  pubblicarlo  per  efillente , ed 
inevitabile . Io  dirò  per  tanto  in  quello  propo- 
fito  ciò,  che  d’ alcune. arti  dilTe  Platone  ; (a)  che 
effe  Kou  deggiano  riprovarfi , ma  coloro  bensì  , 
che  te  ne  abufano  ,■  Debbono  riprenderli , non_, 
le  Converfazioni , d’  ondo  può  venire  tanto  d’ 
utilità , ma  quegli  huomini  bensì  depravati,  e_» 
fcorreiti,che  ne  fanno  un  cafo  cattivo.  In  fecon- 
do luogo  io  rifletto , che  quantunque  fia  verilfi- 
mo,  eh  e per  tutto  fe-co  porti  ciafeuno  le  fue_» 

paf. 

-V- — ' ■'  --  ■ ■ -■  ■ ■■  — ■ 

Ca)  InGorg. 


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paflTioni , farà  però  fe  mpre  meglio  portarlo 
luogo  dove,  ò poffano  rcprirnerfi  più  facilmeii 
tc,  ò maniteftarfi  con  più  roffore,  che  il  condar 
le  in  que^  luoghi , ne^quali , febbene  Io  c , pure 
non  è apprefa  per  cofa  indecente  il  fodifiarlc. 
Sembrami  per  ciò  , che  a tutti  eflcr  poiTa  affai 
vantaggiofo  il  converfar  con  perfone,  per  trat- 
tar le  quali  debba  ufarfi  d’  un  gran  contegno , 
poiph^'  fc  effe  non  vincono  le  altrui  paffionijle— » 
pongono  però  a cimento  di  venir  fupcratc.  Tut- 
te per  vero  dire  cattive  non  fono  in  fo  medefime 
le  paflìoni,e  quelle  ancor  che  leiòno  eflenzialmr- 
te , non  fempre  nuocono  , mentre  iòllevandoft 
porgono  al  Saggio  f occafioncd’una  vittoria^, 
che  fenza  d' un  tale  follevamento  lì  perdereb- 
be. Quindi  co^  Filofofi  conviene  S.  Ago(linoC^) 
nciralfermare,che  per  fe  ftclfo  cattivo  non  fia  il 
veleno , mentre  gli  Scorpioni  , e le  Vipere  col 
perderlo  muojono  ugualmente, che  fhuomo  col 
berlo:  ad  ejjìy  dice,  è bene  aver  cìò^  di  cui  è bene 
a noi  V effer  prtvì  . In  fatti  le  Beflie , che  noji_» 
hanno  paflioni,  ma  fi  regolano  con  un  fcmplice 
iftinto  della  Natura,  nclfopcrarc  non  hanno  al- 
cun meritorpure  perchè  tutta  confifte  nella  v ita 
prefente  la  loro  felicità  , ad  elle  è bene  il  noii^ 
aver  ciò  , che  potria  turbargli  la  quiete  del  vi- 
vere . Ma  all*  huomo,  che  dee*  merit  arfi  1*  eter- 
na Beatitudine  col  regolar  bene  le  azioni  della 
fua  vita, {ària  male  il  non  fentire  que  movimen- 
ti , che  ò repreffi  quando  fieno  malvaggi , ò fe- 
guitati  quando  fieno  buoni , coftituifeono  tutto 

il  , 


(a^  Lib,  de  mer.  Manìch.  c.  8. 


il  merito  del  filo  operare  » Sarà  dunque  non  or- 
dinario vantaggio, che  nel  converfare  follevan- 
dofi  le  palTloni,po(ra  1’  huom  forte  reprimerle  , 
ed  acquiftarfi  col  Contrailo  un  vanto  maggiore 
di  moderazione , e di  temperanza  . Non  è già  , 
che  .deggiano  cercarli  a bella  porta  i pericoli 
per  guadagnare  il  pregio  della  vittoria , che  fa- 
rebbe in  tal  calo  temerità  degna  d'  efl'er  confu- 
fa  coll’  abbandonamento  del  Cielo,  da  cui  tutta 
ci  viene  la  forza  di  trionfarne  . Ma  eflendo, co- 
me prctendefi,  innocente  la  Converfazione  , ed 
avendo  l’ huomo  per  tutto  con  fe  , ed  in  fe  le_i 
paflloni,  dee  credere  affai  utile  il  luogo,  dove_* 
lenza  fua  colpa  inquietandolo  , poflbno  altresì 
meritargli  una  palma  diftinta  pel  coraggio  di 
raffrenarle  . La  fortanza  però  di  quello  fi  è,  che 
fi  reprimano  veramente,e  non  .fi  fomentino  co- 
defti  movimenti  dell’  animo,  onde  per  farlo  in- 
fegna  un  gran  Morale  della  Francia,  che  le  paf- 
fioni  debbono  moderarli  colle  paflioni  medefime 
all’  ulb  de’Cacciatori , che  vincono  i Lupi , i Ci-, 
gnali,  e gli  Orli  co  i cani  dom  cilici . Centra  le_< 
pili  feroci  s’armino  le  più  ubbidienti:  per  cagio- 
ne d’efempio  1’  amore  dcll’Onertà  centra  la  (re- 
golatezza del  piacere  : la  brama  della  comune.» 
crtimazione  contra  il  difonor  dell*  intemperan- 
za; ed  appunto  in  quello  fenfo  parlando  Seneca  ^ 
fcrifle,  («jchc  la  fpenlza  dee  contrapporfi  al  ti- 
morQ'L(fJ'cìerai  di  temerCtft  lafcierai  disperare. 
Regolandoli  poicia  in  quella  guila  chiariffimo 

(a)  £/).  5'. 


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fi  vedrà, che  fono  Iepa(Iìohi  ottimi  frumenti  del- 
V Anima,  per  operar  ciò , che  brama  , a lei  fer- 
vendo, come  le  vele  che  portai!  la  Nave  dove-» 
defidcra  il  Piloto  , quando  fieno  daii^  arte  beii.» 
maneggiate  : 

V.  Si  riconofoe  di  piu  P utilità  delP  oneda-p 
Converlàzione  dal  bifogno,che  tutti  hanno  deU 
P altrui  configlio  per  regolamento  ancora  della 
vita  domeftica  • meglio , dice  P Ecclefiaftico 
Ca)eJJere  due , che  uno;  pofcìacbè  hanno  il  van- 
taggio della  Società  : Guai  a chi  è folo  ! Ed  ìul, 
vero  tante  fono  le  cofe , le  quali  quaggiù  con* 
giurano  a rendere  infelice  la  nodra  vita  , che-» 
da  noi  foli  certamente  non  averemmo  forza  ba- 
llante per  dipel  arle , fe  il  conferire  con  altri , e 
Pafcoltare  lédivcrfe  opinioni  degli  huomini , 
non  ci  rendede  più  forti, e più  cauti  . Quindi  Si- 
nefio  Santo  discorrendo , che  la  Natura  di  vino- 
bada  a fe  medefima,  e non  P umana,  conchiude, 
che  P huomo  fupplifce  al  difetto  della  debil  Na- 
tura dia  col  bene  della  Compagnia  , moltiplica- 
do  colP altrui  la  propria  forza  : (h')  pofciachè  in 
quejìaguifa  avverrà^  che  egli  *veggia  con  gli  oc- 
chi di'tuttiy  afcolti colle  orecchie  dì  tutti , oda- 
gli animi  di  tutti  infieme  uniti  prenda  unprofit- 
tevol  conjiglio . Non  tanto  perciò  reca  a i corpi 
di  giovamento  Paria  Salubre  , quanto  agli  huo- 
mini  benanche  più  deboli  una  Converfazione-» 
moderata,  e prudente  locchè  fi  prova  da  Sene- 
ca colP  efempio  delle  Fiere,  che  praticando  con 

C noi 

/ 

Caj  C 4.  Ct>)  Lìb.de  Regu.  V ,/ 


i 


^4. 

noi  divengono  dómeftichc , e degli  animaH  an- 
cora più  itoiidi , (a)  ché  rendonii  .CQnvcrfanclo 
coll’  huomo  più  elpcrti . .Ciò  diniollra  la  Natu- 
ra medefiina,  come  vedelì  nella  Conchiglia  pri-' 
va  di  occhi , alla  quale  ha  deputato  un  pcfcetto* 
che  Squilla  da  Tullio  (t  chiama,  il  quale  mentre 
ella  ila  colle  fauci  immobilmente  apertela  pu- 
gne alquanto  allora  , che  i Pefei  più  minuti  az* 
zardahfi  d’  entrarvi  ; onde  avvifata  la  Conchi- 
glia per  quella  puntura  chiude  la  bocca,  e fi  pa- 
ice  della  fua  preda.  Così  pure  mirabilmente  fi 
vede  ne’  Cocodriili,  che  efl'endo  d’  una  dentatu- 
ra aliai  rada  foffrono  in  cibandofi  l’ incommodo 
penolb  di  fentirlt  fra  i denti  molti  rimaiùgli  del- 
le carni  mangiate-.  Alche  ha  provveduto  la^ 
Natura  coll’  uccelletto  chiamato  Regoloj  il  qua- 
le vedendo  a terra  didefo  colla  bocca  aperta  il 
Cocodrillo  feende  a pafeerfi  di  quelle  reliquie  , 
che  fermate  fra  i denti  danno  pena  a quella  Be- 
ftia , e glicgli  purga  perfettamente  ..JDaquello 
può  ricavarli  l’ utilità  , che  1’  uno  porge  all’  al- 
tro nell’  umano  conforzio,  ed  il  bifogno,  che  ha 
un  animale  dell’  altro  per  condurre  felicemen- 
te la  vita  .Molto  maggiore  pofcia.farà  quell’uti- 
lità, che  dall’altrui  Converfezione  tiràr  potran- 
no le  ragionevoli  Creature , ufandonc  a tempo. 
E ben  veggiamo  talvolta  con  iftupore  felicerho- 
te  riufeire  nèlla  condotta  de*  loro  familiari  inte- 
reflì  certi  huomini,  che  dupidi  fembravano  , e_* 
di  niun  fanno:  locchè  dee  certamente. attribuir- 
li . 


(a)  Lìb.  j.dtira.c.  y- 


mi' 


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r 


fi  aJ  vantaggiodel  converfare  co’  più  fottili , 
fjDÌritofi,  avvcgnacchè  altra  fcuola  non  abbiano 
eglino  praticata  giammai . Ne  ciò  dee  Iperarli 
meno  dal  trattare  con.Ponne  prudenti,  mentre 
ve  ne  Ìòno  fiate  in  tutti  i tempi  delle  ottime  c6- 
figliere,  e che  hanno  con  mirabile  fottigiiezza_. 
fi*ggeriti  agli  huomini  de’  ripieghi  utilizimi  in_# 
contingenze  difficili  j ond’  è,  che  della  Donna^ 
forte  , e faggia  difle  lo  Spirito  Santo , (a)  che  ttt 
lei  confidando  il  cuore  del fuo  Marito  non  abbi- 
fognerà  diricchezze  . Aduna  (cuoia  appunto  fi 
y^htaggipfa  miwndo  ilgran  Vefeovo  Sidonio 
Apollinare  fcrive,ad  Eutropio  nobiliflìmo  Gio? 
vine  richiamandolo. dalla  Villa  alla  CittàC^^  co- 
me ad  un’  Acc^dernia  per  coltivare  il  fuo  fpiri- 
to:  Svèglìatevi , gli  dice , e J'orga  a cofe  maggio- 
ri l' animo  ^ojlro  ornai  in  codefto  pingue  ozio 
marcito i e fnervato  . Meno  ad  un*  huomo  della 
’aofira  condizione  premer  non  debbo  il  coltivar, 
la  P erfiona,  che  la  Carnpagna  . Così  gravemen- 
te pure  notò  Platone  (:c)  che  quegli,  i quali  col- 
tiyqndp  il  corpo  trajeurano  /'  animo  ,pr emano  in 
cjo , che  difua  natura  è fuddìto , . e difpregiauo 
cìo.,  cfie  in  ejfi comanda  . Nulla  vi  farà  pcT  tan- 
to p'iii  utile  per  la  cultura  dcll’anirno,  che  il 
praticare  1’  uno  coll’  altro,  mentre  conneflbciò 
col  piacere,  e coll’  innocente  diletto  della  (beia- 
bilità  , riefee  per  quella  via  piùfoave  l’erudi- 
zione, e più  continova,  che  non  quella,  che  da- 
un  Iblo  s’  apprende , togliendofi  in  tal  guilh  1’ 
odiofità,  e la  fbggczzione  della  Pedagogia  , che 
- ' ‘ C '2  ■ ■ • . 

(3)  Prov.ix,  (b^  Lib,  i.  ep.y.ic)  la  CHtr~ 


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.3^ 

ritira  molti  aall’imparare  ciò  ancora, di  curben 
conofcono  d’  efler  mancanti . Soiira  di  quefto» 
Icrive  profondamente  Seneca  al  fuo  Liicillio  in- 
vitandolo a conviver  feco  , e gli  dimoftra,  chel> 
la  familiare  Converfazione  è un  reciproco  ma- 
giflero  , da  cui  fi  ricava  un  profitto  inefplicabt- 
ìe  . (a)  Io  dejìdero:  dice , di  trasfondere  in  te  le 
mie  cognizioni , e godo  in  queftò  d’  apprendercJ» 
qualche  eofaper  infegnare  ; imperocché  pili 
te  gioverà  la  viva  'voee  , ed  il  convivere , chcj^ 
una  Orazion  magi  frale  Più  credono  gli 

huomìnì  all'  occhio  , che  all'  òrecchio .... 
via  de  precetti  è lunga  ; ma  breve , ed  efficace^ 
quella  dell'  efempio  . Platone,  ed  Arijìotele  pilé 
trufferò  di  utilità  da  i cojlunti , • che  dalle  parole 
di  Socrate . Metrodoro  , ed  Ermaco  , e P alieno 
Jì fecero  huomini grandi  non  per  la  Scuola , mà 
per  la  coabìiazione  con  Epicuro  . Io  non  ti  chia-  ■ 
mo,  perchè  fqlamente  profitti,  ma  perchè  ancora 
tu  dia  a me  occafione  di  profittare  ; poiché  tro» 
vandoci  ìnfieme  l*  uno  all'  altro  gioverà  affaijfi- 
mo . Valutiamo  adunque  le  amicizie  ,o  le  Còn-‘ 
verfazioni,  per  la  fua  (bdanza,  come  dicea  Salii-’ 
flio,  (b")  e non  pel  commodo, ò piacere  fólàmen-’ 
te  de’fenfi,  e ricaveremo  fenza  alcun  dubbiò’un 
vantaggio  invidiabile  dal  praticarle  ; poiché  l* 
huomo  folitario , nota  Marfilio  Ficino , Ce)  noit^ 
può  condurre  una  vita  di  mezzo , ed  è forzato , 
è a feendere  al  difetto  deW  huomo  , e far  fi  he- 
fiia,ò  a falire  al  dì  foura  di  effe,  e divenir  Sato. 

(a)  Ep.  6.  (b)  In  Catil.  (c)  In  Plat.  A.  de  legl  ' 

Dell' 


t 


^ S7 

: JDell  intenzione  di  Cmverfave . 

■ < « 

C A P O IV. 

* 

• * • 

•* 

I.  I"?*  Infegnamentodi  Sant’Agoftino,  che(tìt) 

- r t Pwtizìofte  fà  buone  le  opere,  e che  èllcu» 
dalla  fede  è diretta.  Nella  prima  parte  di  quella 
difiìnizione  convennero  anche  i Filofofi  gentili^ 
ma  non  giungnendo  al  conofeimento  della  fe« 
conda  per  diletto  di  lume  poco  accertatamente 
infegnarono  la  maniera  di  ben  dirigere  le  in- 
tenzioni. La  fede  adunque , che  dalla  divina  Mi 
fericordia  Ibrtimmo  in  dono  , trà  i beni  dilcuo- 
prendoci  il  migliore, anzi  l’unico, e il  vero,  ci  di- 
mollra  quale  efler  debbe  il  noflro  fine  , e ne 
porge  per  confeguenza  una  regola  ficurillìma^ 
d’indrizzare  a lui  le  intenzioni  di  tutte  le  npfire 
opere.  Stabilito,  che  abbia  cifeuno  il  fuo  fine_>, 
che  è il  confeguimento  dell’Eterna  Felicità,  dif- 
fìcile molto  non  gli  farà  l’ordinare  ad  efla  tutte 
le  azioni  della  Tua  vita,  ò almeno  facendofenei» 
come  un’abito  anderà  colla  continovazione  de- 
gli atti  fminuendo  la  pena,  che  fentir  potefle  1’ 
huomo  inferiore  nell’ operar' fempre'  lodevol- 
mente, c colla  mira  diritta  ad  un  fine  s'i  buono. 
Così  gli  Artefici  in  qualunque  profeffioneuj 
avendo  prefiflb  un  fine  al  proprio  lavoro  ad  cf- 
fo  tendono  in  ciafeheduna  delle  opere  loro  fen-- 
za  fatica,  o ripugnanza  interiore,  perchè  volen- 
do aiToliitamcnte  il  fine, vogliono  ancora  le  co- 

C 3 le 

■ MI"  ■ ■ \m  m ■ ■■  ■■ 

fa)  In praf.Tfal.il. 


fe  tutte, che  ad  cflo  conducono . AlPhiiomo  per 
tanto  di  fenno,  che  Tempre  abbia  prefente  il  Tuo 
ultimo  fine,  conviene  dirigere  ad  eflb  l’ inten- 
zione delle  opere  s\  interne , cheefterne,  po- 
(ciacchè  non  Taria  cofà  meno  irregolare , che.» 
moflruofa,  il  vedere  uno , che  volendo  andare 
a Levante  camminaiTe  a Ponente,  che  ùn  altro'^ 
il  quale  prefìlTofi  il  confeguimento  delPeterna_. 
Vita  colle  operazioni  tendeflc  dirittamente  alP. 
eterna  Morte.  Quindi  eflendo  una  delle  prima- 
rie, e più  frequenti  azioni  della  vita  efteriore_» 
quella  del-cohverfare  , è d’uopo  altresì  di  pre- 
mere affui  lui  dirigerne  l’intenzione , che  può 
renderla  o viziofa,  o lodevole . Perciò  è qui  da 
rifletterli,  che  quelle  cofe,  le  quali  buone  fono 
per  Te  medefimc,  o cattive , non  polTono  cam- 
biarfi,  che  per  riguardo  all’intenzione  , coti  cui 
o fi  fanno,  o fi  cercano.  L’eIemofina,per  cagion 
di  efempio,  è buona  intrinfecamente  , come  in— 
trinfecamentc  cattivo  è 1’  omicidio  : eppure  1* 
intenzione  d’elTer  lodato  leva  la  bontà  alia  pri- 
ma,e  l’intenzione  di  fervire  alla'Cattolica  Fede’ 
nella  guerra  contra  de’  Tuoi  nemici,  toglie  all’ 
altro  l’elTer  di  colpa,  e ne  fa  una  virtfi . Ponia- 
mo adelTo,  che  buona  fia,o  per  lo  meno  indifie- 
rcnte  la  Converfazione  del  Secolo, egli  è certo* 
che  può  mutarli  per  l’intenzione  di  chi  la  prati- 
ca, e tutta  volta,  che  ella  finitlrafia  , e maiizioi 
fa,  render  quella  ancora  cattiva  , e nocevole  . 
Quando  chi  converlà,  anzi  che  un’onefto  divcr- 
tim  ;nto  fi  ponga  in  idea  di  èavare  dal  conlbrzio 
di  molti  riacciitivodclie  pròprie  PalTioni,,  o di 

jjor* 


% , ^ 


Digitlzert^ Google 


porgerne  a quelle  degli  altri)  chi  non  vede,- 
che  per  favia  , che  fiafi  la  Converfazionc  in  fe 
medcfima,  egli  ne  rileverà  Tempre  un  gran_* 
danno?  Quedo  è Un  ammaliziare  a bella  poAa_. 
ciò,  che  è buono, e trarre  da  un  coflume  per  al- 
tro innocente  un  mortale  veleno,  come  taluni 
appunto  \ che  per  cavare  dal  capo  de  i Draghi 
le  gcinme,ne  bevono  il  todìco,  e vi  lafcian  la^ 
vita  . Non  perchè  in  òggi  fia  libero  1’  adito 
di  converfare  dee  giudicarfi  libero  P huomo 
per  con  verfàr,  malizioi'amente,  e quando  anco* 
ra  per  imponibile  feco  portale  una  (1  fatta  li- 
bertà codefto  coftumc  , neppure  potria  fenzà_> 
colpa  feguirfi , perche  la  confuctudinc  , e tanto 
meno  P abufo,  non  tolgono  la  legge  , che  tutti 
abbiamo  d’operar  rettamente.  Allo  Scultore 
è lecito  lo  fconvolgere  tutte  le  regole  della  Scul- 
tura per  formare  un  moftro,  e l’ opera  tanto  fa- 
rà piu  lodevole, quanto  più  feontrafatta,  poiché 
lo  Scultore  può  fare  ugualmente  una  bella  Sta- 
tua, che  una  deforme,  purché  faccia  bene  l’ una, 
e 1^  altra  . Ma  le  azioni  morali,  non  potendo  ef> 
fere  che  buone  per  effier  belle , e lodevoli,  e_» 
<]ualifìcandofi  dall’intenzione  di  chi  le  imprede, 
mai  non  làranno  belle , e plaufìbili , fc  per  efla.. 
non  (bnobuone  ,onde  non  è mai  lecito  ali’huom 
Savio  lo  fconvolgere  le  regole  della  Giaftizia.1. 
per  lare  un  azione  indegna,perdendo  (òtto  pre- 
cedo di  libertà  le  mire  del  fuo  ultimo  fine  - 
li.  L’intenzione  pertanto  di  converlàre_>^ 
ordinata  al  fine  dell’  hùomo  debbe  edere  d’ àn  * 
dar  divertendo  il  corpo,  c Ibllevando’o  , perchè 
meglio  Icrvir  poda  l’ anima  ne’  luoi  uffizj.  Con- 

Q 4 vicn 


I 


4© 

♦ vien  per  ciò , che  efla  Io  tratti  fempre  con  quel- 
la fuperiorità , colla  quale  trattati  fono  i Tudditi 
dal  Sourano  ; permettendogli  quel  (blo  diverti- 
mento, che  non  s’ oppone  al  Dovere  . Se  trail 
Frhctpe  iZ\  dir  d’  Ariftotele  ,(a)  ed  f Sudditi t 
non  v'  è amicizia  ; ma  (blamente  autorità  per 
una  parte,  c rifpetto  per  l’altra;  così  ancora  tra 
l’ Anima,  ed  il  Corpo , non  dee  palTare  intrinfi- 
chezza , ma  comando  puramente , ed  ubbidien- 
za , come  inCegna  ancora  Platone  . («)  Arbitra 
cflendo  ella  della  Ragione  ha  da  prefcriverc  al 
Corpo  quella  parte  di  (bglievo,  che  s*  accorda.» 
col  giudo»  ed  egli  debbe  ubbidirla  contentando- 
fid’  una  tal  preTcrizione,  come  l’ infermo,  che_» 
non  cono  feendo  quai  cibi  giovar  gli  polfono,  e 
quali  nuocergli  ,fi  rimette  intieramente  all’  ar- 
Ijitrio  del  Medico  . Egli  è ben  vero , che  jl  giu- 
gnerfc  uno  ad  elTer  fempre  Sourano  di  fe  mede- 
fimo  c malagevole  cofa,  eflfendo  il  grado  più  fu- 
blime  della  perfetta  Morale  ; ma  è vero  non_. 
meno,  che  la  fatica,  qualch’ella  fiafi,  d’  arrivar- 
vi è compenfata  in  fourabbondante  mifura  dal 
•gran  piacere  di  trovarli  1’  huomo  per  e(Ta  in^ 
iftato  di  ficura  fermezza,  ne  più,  dome  prima.», 
tanto-foggetto  all*  urto  delle  Padìoni . E’quello 
Un’ efercizio  , 'che  a guifa  dell’  albero  Patos 
• ha  le  radici  amare,  ed  i frutti  dolcidìmi  ,‘condu* 
cendo.ad  una  fortuna,  che  vien  chiamata  da  Se- 
neca (co  fourana,dove  dice;  fommo,  e vicim  al-' 

.....  .lo 

\a;.  Ltb.  \ luPhtsd.is)  Lib.z.dc^ 

Tt'dffquil.  c.  2.  ■ • 

f * 

à 


1 


M 

lofteffo  Dio  è ilnofti>eaire  dalle  interne  affé- 
.zìonì  commoffo . Per  arrivare  a queflo  dominio 
. autorevole  di  fé  mededmo  niuna  colà  è pi^i  gio> 
vevole  quanto  la  vigilanza  indefefla , che  all* 
anima  non  (1  guadagni  dal  corpo  la  mano  , ma_« 
che  rimanga  egli  Tempre  in  qualità  di  Suddito 
ubbidiente , perchè  in  tal  materia  ogni  picciol 
dilbrdine  può  cagionare  un  danno  irreparabile. 
-Chi  doma  , e governa  un  gencrofo  Deftriero  a_.  . 
nulla  altro  bada  piò  feriamcnte , che  a tenerlo 
in  freno,  ed  in  tal  Ibggezione,  che  Tenta  Tempre 
il  dominio  della  mano  regolatrice,  poichè  una^ 
volta  , che  Ti  veggia  libero , ò regolato  almcn_» 
con  lentezza , prende  baldanza  , iTcordafi  della^ 
primiera  ubbidienza,e  fi  rende  indomabile.  Beu 
difle  un  faggio  Politico  eflere  le  Paffioni  come 
umori  elementari  dell’  Anima  , uno  de'  quali 
eccedendo  torto  ella  è inferma , edaccefa  allo 
Peri  ver  di  Tacito  dalla  febbre  dì  sfrenatezza^, 
(,aj  Egli  pertanto  è necertario  d’ invigilar.  con_. 
premura  foura  qualunque  minimo  Tregolamen?’ 
to  delle  interne  affezioni,  e correggerlo  nel  Tuo 
. principio  per  ovviare  al  precipizio  , chepotria 
nafeerne,  rinovando  la  Taggia  intenzione  di  vo- 
ler Tempre  l’ huomo  interiore  in  equilibrio  , e 
le  azioni  di  lui  indrizzatc  al  Tuo  Fine.  Querto 
interno  regolamento  dell’Intenzione  effendo 
come  il  Teme  della  Virtìi , che  debbe  a Tuo  tem- 
po render  buon  frutto  di  atti  lodevoli , e faggi , 
ricerca  d’ effer  TparTo  a buon  ora  nell’  Animo , 

• fui 

C»}  Lib.  Anna/,.  ... ....... 


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fui  principio  cioè , che  «ri.  Giovine  comincia  a_, 
metter  piede  nellaConverfazione,  c perchè  è 
facile,  che  fi  perda  fra  quello  di  tanti  vizj , che_» 
infettano  il  SeColo,convien  rinnovarlo  fovente 
■ fino;  che  egli  fi  veggla  (puntare,  ed  apparir  ma- 
nifefto  . E’  ben  vero  però , che  d’ ordinario  il 
primo  feme delle  Virth  morali  gettato  per  tem- 
po nón  fuol  perire , c germoglia  felicemente  in 
tutte  le  azioni,  come  appunto  nelle  Viti  novelle 
fi  vede  V alla  radice  delie  quali  ponendofi  qual- 
che foave  odore , fe  he  fente  polcia  nelle  Uve_/, 
che  indi  nafeòno,  la  fraganza  » Quefla  è la  ficu- 
t'ezza , che  aver  puote  l’ huomo  prudente  nel 
Converfiire , fidandofi  degli  fiabili  fondamenti , 
che  sà  d’avere  gettati  colla  divina  grazia  per  la 
mole  della  propria  Perfezione , onde  non  deg- 
gia  temere  di  que’  pericoli , contra  de’  quali  fi 
è premunito,  fé  non  allora,  che  egli  cominciafTc 
ad  invanirli  del  Tuo  coFaggio,  ed  a gettare  fuori, 
che  in  Dio  , le  fperanze  del  filo  trionfo  . In  tal 
guifa  fortificato  l’ huomo  di  fenno  praticherà 
con  Illibatezza  in  ogni  luogo  fenza  tema  di  ri- 
manere contaminato,come  il  Sole, che  per  ogni 
parte  fpàde  i fuoi  raggi, fenza  contrame  alcuna 
macchia  • Perciò  dicea  bene  S»  Gio;  Crifbftomoi 
C<»)che  ninno  puòdolerfidi  no  effere  Angelo  per 
Natura,  quando’ può  divenirlo  per  virthcci&e  /«r- 
porta  non  ejjere  per  Natura  ciò , ebe  può  dive- 

. . , '"-'r  ■ ■ , ■ ■ * 


9 ' 


> « • • ^ 4 <r  ] 


r-r 


(a)  Llb.  de  laud,  Paul,  hom.  6. 


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mrfìpèf  Volontà  ? Sta  In  arbitrio  di  chi  che  fiali 
il  dirigere  così  bene  le  fue  operazioni, che  appa- 
rifca  un  Angelo  nel  Conforzio  altrui , e con  lo^ 
de  tanto  maggiore,  quanto  che  vi  ginnfe  da 
inedefimo  collo  sforzo  d’ una  cóftante  virth  . 

III.  lò  però  ho  trovato  alcuni  ih  quello  d*’ 
umore  veramente  particolare  , i quali  credono 
avere  affai  lodevolmente  dirètta  1*  intenzió- 
ne del  lor  converl'are  -,  mentre  in  ciò  fembragli- 
di  non  avere  altra  mira  j che  d’ imbatterli  trat- 
tàhdb  con  molte  femmine  in  una  Conforte,  che' 
fia  di  lor  genio  . Quello  pare  a prima  fronte  un' 
pretello  non  biafimevole  affatto  , non  effendò 
men  lecito  F accafarfi  , che  giùllo  il  proccurarc 
di  farlo  con  tutta  cautela  . Se  però  cominciefe- 
mó  a vedervi  ben  dentro  non  riufeirà  forfè, co- 
me fi  pretende  làg^o  interànàente , ed  óneffo'i 
In  primo  luogo  1*  affare  di  feiegiieré  una  Dona, 
Colla  quale  fi  deggia  viver  per  Tempre,  non  è da 
commetterli  del  tutto  all’  occhio  , il  quale fcòf- 
gcndo  Iblamentc  l’èfterrio  •,  Vede  perlopiù  il 
peggio  , ò il  mcn  buono  ; e là  fpericnrà  ne  infe- 
gna,  che  i piùfiicili  a pigliar  moglie  coll’occhio. 
Come  fcelgonfi  nella  mandra  i Cavalli , fono  i 
nièn  felici  nell’  accertar  bené . Quindi  Olimpià- 
déMadre  del  grande  Aleffandro  , fapendo  iche. 
Ha  Cavaliere  della  fua  Corte  èra  affai  mal  con- 
tento della  mogliè  prefa  da  lui  per  la  bellezzà-., 
ad  onta  del  credito  poco  buono, che  àvea,gli  difi 
fe  uh  giorno:  poco  è accorto  colui , che  pt^Uu. 

. • ; . ......  (loft-  , 

(a)  Erafra.  in  tAdag. 


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itnna  a giudìzio  delP  occhio  , \e  non  ancor  dell* 
orecchio.  Ih  un' intcrefle  di  tale  importanza.* 
non  bada  vedere  ,bifognafcntire  , perchè  ciò, 
che  fi  vede  è dote  del  corpo,  ch<:  può  ingannare, 
c ciò , che  s’ ode  appartiene  allo  Spirito,  acuì 
debbefi  unicamente  mirare.  Qa')  Pdon  colP  oc~ 
chìo  y fcrive  Plutarco  , ne  con  le  dita , conviene' 
prenderfi  la  moglie,  come  alcuni  fon  folìtì  dì  fa- . 
r^,  confiderando  quanto  porti  dì  dote , e non  con 
quali  cojìumi  Jia  per  •vìver  con  ejfo  loro Oltre . 
di  ciò  c da  confiderarfi  , che  1'  huom  Cattolico 
debbe  in  ciò  dipendere  dalla  divina  Provviden- 
za ad  elTa  rimettendoli  per  riceverne  quella^ 
compagnia,  che  le  piacerà  d*  alTegnargli,  elTen- 
do  ficuro , che  queda  ingenua  ralfegnazione  gli 
cagionerà  un  fommo  vantaggio . Abbiamo  nel- 
le fagrc  Lettere  un  efempio . di  ciò  molto 
chiaro,  quando  volendo  Abramo  accafare  l'uni- 
genito dio  figlio  Ilacco , mandò  un  fervo  a cer- 
cargli in  lontane  parti  la  Conlbrte  ; e l' ubbidi- 
ente figliuolo  uniformandofi  anche  in  quello  al 
voler  del  Padre,  trovata , che  l’ ebbe  fu  conten- 
tilfimo  della  moglie . ^j^/li,  così  ne  parla  Ro- 
berto Abbate,  (c^  fopravanzò  talmente  la  petu- 
lanza della  giovinezza,  che  afpettò  quella  Con- 
forte, la  quale  era  per  dargli  Iddìo,  e non  già 
quella  , che  avéjfe  egli  fieffo  potuta  rapir  fi  co/u> 
gli  occhi,  e con  una  gran  dote  . Infatti  vedia- 
mo , che  gli  accafamenti , i quali  feguono  con.» 
^ - , . . gran-  ■ 

Cai  de  I^rec.  conn.(Jo)  Gen,ZA.  (ci  Lib.t3.tn 
■ Gen.c.i,  - "" 


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grande  apparato  d;  yilìte,  di  biglietti,  di  regali, 
t di  amorofe  finezze , fbgliono  edere  per  lo  pifi 
■i  meno  profperi , dicendoli  per  Proverbio  noni» 
molto  tallacc  , che  chi prendeji per  amore,  (tgo~  • 
de  in  lite  . Qu?*  Matrimonj  per  lo  contrario , 
che  (ombrano  piìi  ftravaganti,-  ed  impenfàti,rie- 
fcoiio  ordinariamente  i più-felici , c come  gui- 
dati dalla  divina  Provvidenza  riportano  ancora 
una  piena  benedizióne  di  profperità  , e di  con- 
tentezza . Io  ho  Pentito  più  volte  deridere  gli 
Antichi , perchè  piglafiero  moglie  alla  cieca  , 'e 
come  fuol  dirfi,  col  capo  nel  lacco  ma  potreb- 
bono  certamente  gli  hiiomini  d’- oggidì , che  lo 
fanno  ad  occhi  veggenti,  augurarfi  la  pace , e la 
concordia , che  feco  portavano  i matrimonj  d* 
allora . 

I V.  Bilbgna  di  più  clàminar  bene  quell’  in- 
tenzione per  vedere  non  (blamente  fe  ella  fia^ 
buona,  ma  fe  ancora  apparifea  tale , poiché  nel- 
le azioni  ederne  particolarmente  conviene  di- 
pendere molto  dal  giudizio  degli  huomini , e_» 
non  porger  lorooccafione  di  giudicare  finillra- 
mente  di  noi . Tertulliano  inveiva  contro  alcu-- 
ni  Crilliani  battezzati  di  frefeo  ne’  primi  Secoli 
della  Chiefa , mentre  eflendo  Scultori  di  profef- 
fione  formavano  Idoletti  per  vendergli  a i Gen- 
tili a folo  motivo  di  guadagnarfi.il  vitto  '.le  ma~' 
ni,  dice,  (df)  madri  d' Idoli  fono  matti  da  tagliar-  • 
Jt . L’ intenzione  era  buona  in  fe  medefima  ten-  ‘ 
dendo  al  proprio  Ibftcntamento  ; ma  perchè  cl-  ’. 


(a)  de  Idol.  c.  2. 


46 

Ja  poteva  porgere  agK  altri  Cattolici  motivo  df 
fcandalojfi  faceva  rea,  onde  fì  agramente  ripre» 
fela  quei  lublime  Teologo  . L’huom  d’ onorai 
per  tanto  , che  pcnla  darfi  Hl.divertimento , dee 
farlo  con  una  tale  riferva  dicriftiana  modellia , 
che  s’ accorga  ciafeuno  aver  egli  in  ciò  per  mi- 
ra non  il  difordinc , ma  l’  onefta  ricreazione.; , 
che  non  è folita  mai  d’ ufeire  da  i termini  della 
fàviczza c del  contegno . Per  acquiftarfi  un_, 
concetto  sì  vantaggiofo  molto  gioverà  il  prati- 
car le  Converfazioni  con  una  certa  compoftez- 
za  riverenziale,  onde  arguir  fi  polTa , che  ella  iì 
è fcielta  piò  per  fcuola , che  per  Teatro , e piò 
per  udire , che  per  parlare  . Lajtatura-,  icrivo 
Plutarco , diede  a.  ciafcuKO  due  orecchie , ed. 

una  bocca  fola  ,ft^nificatido , che  molto  ptà 
biJ'ogHO  /’  huomo  di  udire , che  diparlare  . Ciò 
fara  utile  fpezìaimente  a i Giovani,!  quali  talo- 
ra Ibgliono  perdere  molto  di  credito  ne’  princi-’ 
pj.di  converlàre  con  altri , òcol  pretendere  d’. 
eccitare  ne’  circolanti  l’ ammirazione  per  una; 
certa  maniera' (regolata,  e ridicolofa  di  parlare, 
alfetttato  , Òcol; non  faperfi  contenere  nell’  u(b 
della,  nuova  lo.ro  libertà  come  tanti  Poliedri. sle- 
gati in  ampia-  pianura  , che  vanno  feorrendo 
lenza  ordine,  c lenza  regola, qUafi  impazziti  per . 
1!  allegrezza  di  non  fentire  piò  freno  . Siccome 
fu  un’ Giovine  è lodevole  il  fotferire,  fenzaqué- 
reiu  ii  giogo  della  dovuta  Ibggczzione  a i Mag. 
glori, Così  è in  lui  molto. commendabile  il  fapcr-, 


(a^  de  Ojf\  Aud. 


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ne  ufcire  fenza  frrepito  di  giubbilo  fmoderato  • 
Quello  p un  moflrar  d’  eircr. vecchio  nella  gio- 
vinezza, e fempre  giovine  ad  outa  ben’  anchcL-» 
della  più  cadente,  e rimbarnbifa  vccchiaja  co- 
me di  Marco  Catone  fu  detto  , che  avendo  par» 
lato  anche  nell'iafanzla  da  Confoie,  di  fette  an- 
pi  non  era  fanciullo , ne  vecchio  ancor  di  fet- 
tanta*.  In  tal  guifa  diportandpfi  f h^oino  nella 
fua  prima  coniparfa  in  mezzo  al, gran  ivlondo  fi 
conciglierà  la  ftima  , e f amore  di  tutti  dando  a 
dividere  , che  non  converlà  , coipc  taluni  per 
confumarlo  , ma  per  impiegare  il  tempo  lode- 
volmente, nella  Iteffa  apparenza  diquelf  ozio 
civile  operando  egli  in  vantaggio  dell’anima-# 
fecondo  il  fine,  che  fi  prefiflc  i giacché , al  pare- 
re d’  Ayerroe , (/i)  quell'  azione  è oziofa  , ch<L^ 
non  opera  per  qualche  fine  . Quindi  pure  avver- 
rà , che  valendoli  egli  della  Coriverfazione  , co- 
me d^  un  mezzo  per  giugnere  alla  meta  già  fta- 
bilita  ,.  f ammirerà  com?  un’  effetto  fempre  di- 
pendente dal  fuo  fine  pnitiàrìojn  grazia  di  cui 
infegna  S..  Agoftino  (fi^debbono  le  altre  cofe^ 
defiderqrfi  : e fempre  generolàmente  rifoluto  fi 
troverà  di  jafciarc.anzi  tutto  il  dilettevole  quà- 
do  avelTe  m^I  a perdpre  lo  feopo  de’favjfuoi 
defiderj , confefTando  con  Plutarco  (c)  , che  pià 
dee  pregiqrfi  il  fincy  che  non  le  cofey  le  quali  cu* 
lui  conducano  . 

V.  Non  ò qui  da  tralafciarfi  f errore  di  non 

- . Po- 

(a)  Mitapb.  com.  o.  (b)  De  Cìvìt.  Dei  c.  14. 
. . (S)  adver^  Stoic. 


48.  . 

pochi  altri,  che  non  fi  credono  rei  d’intenzione 
perverfa  nel  converfare , perchè  quantunque  1’  : 
abbiano  internamente,  pure  fi  rattengoao  dall’  i 
efeguirla.  Par  loro  d’ efier  fanti , perchè  non_; 
fono dilToluti , quali  che  tra  1’ una  , e l’altra  di  | 
quelle  cofe  nulla  palfar  dovelTe  di  mezzo,  e tilt-  ’ 
ta  la  difefa,  che  trovan  al  propio  fregola  mento,  , 
è lo  llar  faldi  a calo  , non  già  peraniorc  della_>  ! 
Virtù,  ma  per  tema  d’ azzardarfi  a rhiederecort 
efito  sfortunato , come  fe  appunto  potefl'e  uno  i 
farfi  merito  d’  evitar  coll’  altrui  modellia  quel  j 
trafeorfo , che  medita.  Quando  l’ Intenzione  è ] 
rea , ed  il  penfiero  è cattivo , già  è commelTa  la  | 
colpa, e febbene  elfettuata  non  n’rhane  coll’ope-  ^ 
ra  ciò  elfcndo  per  altrui  contegno  unicamente  i 
non  lalcia  di  contaminare  quel  cuore,  in  cui 
nacque,  c farlo  ribelle  a Dio  . E’  degna  d’  elfer 
ponderata  in  tale  propofito  la  generola  rellitu- 
zione,che  fece  Abimelcccò  di  Sara  ad’  Àbra- 
mo dopo  d’  aver  faputo,  che  elfa  non  era  Sorel- 
la come  fingevafi  , ma  Conforte  di  lui  .•  Oltreii 
alla  moglie  intatta  donò  ancora  quel  Principoj 
con  reai  Munificenza  al  Marito,  armenti , fervi,  ^ 
c gran  copia  di  contante  . Non  parca,  per  vero  , 
dire,  che  a ciò  tenuto  forte  Abimelecco,  poiché 
offclb  ei  non  l’ avea,  ufeito  non  eflendo  con  Sa- 
ra da  i confini  della  più  rigorofa  Modellia_. . , 
CoM  quei  doni,  foggiunge  qui  Egefippo,  (.b)  onò^ 
rava  quella  pudicizia , che  avea  bramato  di  to~ 
gliere  ; giudicandoli  reo  pel  folo  perverfo  pen- 
. , • , ‘ fiero 

(a;)  Gett.  20.  C^)  de  Excid.  Hierof.  lìb.  ^.  c.  1 6- 


. fiero  fegreto,  che  oragli  venuto  verfo  di  codefia 
lavia  Matrona  . Errano  dunque  coloro  , che^ 

* nodrciido Iborretti  pcnfieripraticanoleConver- 
j fazioni  ficuramente  affidati  Ibvra  d^  una  certa.-. 

morale  impoffibilità  di  cadere  in  riguardo  all^ 

♦.  altrui  coftanza  ^ Già  è reo  preflb  V Altiflìmo  il  — 
loro  divertimento , benché  (àvio  egli  fia  in  feu 
I medefimo,  ed  incolpabile , poiché  travviando 
/ eglino  colla  malizia  del  cuore  dal  retto  fine^che 
aver  dovrebbono , formanfi  nella  ficurezza  uà.» 
pericolo,  e nella  convènienzà  un  dilbrdine.  Ot- 
tima clTer  puote  la  ConveiTazioné'in  tal  cafo , 

. ma  in  efla  peflìmi  effendo  eglino  debbono  riti- 
rarfene,  ò rettificando  l' intenzione  almeno  Tul- 
le regole  dell’Oneftà,  non  fi  tener  per  ficuri,  ed 
innocenti , fe  non  la  cangiano  afiFatto . Efamini 
bene  per  tanto  1'  huom  lavio  il  fuo  interno  iru 
ordine  al  codume  del  converfare , e feriamente 
rifletta  fe  da  eflb  gli  venga  mai  tolto  di  mente.# 
il  fiiO'fine,  e quando  trovi , che  nò , allora  viv^ 
circofpetto,  ma  fenza  timore, fempre  appoggia- 
to al  fbccorfo  della  divina  Grazia  ; godendoli 
quella  quiete , di  cui  parla  nel  cafo  noftro  Mar- 
filio  ricino  : (a)  nuli’  altro  è il  fitte  , che  un  ter- 
mine,  al  quale  è principalmente  diretta  f inten- 
zione di  chi  opera , e nel  quale  finalmente  fi 
quieta . Chi  riconofce  la  Dio  mercede  per  ben 
regolate  le  fue  brame , le  fiie  mire , i fuoi  anda- 
menti , non  ha  di  che  metterfi  in  pena , e può 
divertirli  allegramente,  badando  folo  , che  non 

D trav-  • 


i»)  Infiiot. 


5^. 

travvialTe  fìiai  V intenzione  dal  diritto  fiio  ter- 
mine , come  r accorto  Piloto  , il  quale  bcnchc 
vada  col  luo  Legno  a feconda , e con  tutto  il  fa- 
vore del  vento , noa  abbandona  però  mai  il  ti- 
mone . 


. Del  modo  di  Converfave  . 

C A P O V. 

L*|^  Irctta,  chefiafi  nella  già  preforitta  ma-, 
I ^..niera  Tintenzionc  di  converfare  bifo- 
gna  rivolgere  il  pcnficro  al  modo  , che  nella_, 
Convcrlàzione  mcdefima  debbe  tcnerfi  da  cia- 
fcheduno.  Fufentenza  di  Cleobolo  Savio gravil- 
fimo  della  Grecia  , cbe.tn  tutte  le  cvfe  è eecejfa-, 
rio  avere  ìlfuomodo.  £d  in  fatti  buone  fàreb- 
bono  moltininie  azioni , quando  fi  FaceiTero  col 
debito  modo , cioè  con  una  regola  di  favia  mo- 
deratezza , per  difetto  di  cui  ree  divengono  al- 
cune, e condannabili . Niunacofa  v’ha  di  più 
innocente,  che  il  cibarfi , ed  ilguft  are  delle  tan- 
te delizie,  etantofoavi,  di  cui  la  Natura  ha_« 
provveduto  1*  huomo  con  larga  mano;  e pure_» 
1’  ufàrne  con  ingordigia  forma  il  vizio  sì  detc- 
ilahile  dell’  Intemperanza  , feclufo  il  quale  può 
la  ftelTa  indifferente  azione  del  pafcerfi  diyénirc 
virtù  di  Frugalità , e di  Temperanza  . Così  ve- 
nendo al  calò  noflro  l’ ufo  dell’  onefta  Con  ver- 
fazione  è lodevole  fino  a tanto , che  la  pratichi 
1’  huomo  colle  mifurc  d’ una  conveniente  mo- 
derazione , la  quale  mancando  apre  F adito  al 
difbrdine,  e rende  colpevole  un  coffume , che_» 
per  fe  medefimo  non  ha  colpa  . Io  lodo  per  tan> 
to  in  chi  vuol  converfare  il  farlo  Tempre  con_> 
tutta  cautela  temendo  prudentemente  di  quel 
male,  che  potria  nafecrne;  come  i Cani  d’ Egit- 
to che  bevono  alle  ri  ve  del  Nilo  , lèmpre  fug? 

Da.  . gen- 


52  ■ 

gelido  per  timore  di  venir  forprefi  dai  Coco- 
drilli . Qiiefta  favia  circoCpczzionc  cagionerà , 
che  J’ huomo  non  fi  iramergà  nel  fuo  diversi-  j 
mento  lenza  mirar  punto  a quel  pericolo,  che_* 
pii»  noccvolc  riufeir  potrebbe  riòn  prevederido- 
fi  . Egli  è ben  vero,  che  a chi  vive  nel  Mondo  è 
d'uopo  in  quello  d’ una  deftrezza  non  ordina-  ' 
ria,  conlìflendo  l’ utilità , e la  perfezione  d’  uji_< 
tal  timore  nell’  averlo,  c non  diraoflrarlo  , on- 
de infegna  Seneca  : doverjt fuggire  eìò  , che' 

può  nuocere , Jean  fan  do  principalmente  il  ma~ 
Jìrar  di  fuggirlo . Dee  1’  huomo  di  fenno  teme-: 
re  il  Mondo,  e le  infidie  di  lui  per  non  eflcre  t’e-' 
melario,  ma  non  affettar  fempre  di  temergli' 
per  non  renderfi  poi  ridicolo  - Cofa  non  può' 
darfi  a mio  giudizio  piò  fconvcnientc  , nò  alie_*' 
perfone  di  buon  gullo  più  difgradevole , e forfè 
anche  odiolù  , che  il  veder  farli  nelle  pubbliche 
radunanze  da  un  Iblo  il  Perfonaggio  dello  Schiz- 
zinofo,  cioè  d’ huomo,  che  vada  per  tutto  a paC*'  1 
fo  lento  per  tema  di  trabocchetto , e refpiri  o_. 
mezza  bocca  quali  obbligando  l’aria  più  lana  a_. 
far  la  contumacia  fra  le  labbra,  c i denti  prima-, 
di  riceverla  nello  llomaco  . Quello  è un  finger-  I 
fi  in  tutte  le  cofe  un  pericolò,  e temere  ■,  come.»  ' | 

dice  il  Salmilla  (i)  appuntò  dwe  non  ha  luogo  il 
timore  ; ih  quella  guifa  appunto',  che  i Lioni  di 
Libia  mirando  lo  Scorpione  fi  veggiono  • dare_j  i 
addietro  ,'  e rintanarli  atterriti  da  quel  picciolo, 
c vile  aniinaluzzo . Vengono  con  ciò  a cangiar- 

fi 

' I - ■ - ' ■ - 

(a)  Ep.  14.  (b)  J^fal.iOi, 


Dlgilized  by^Qgglc 


fi  in  ifccna . le  camere  del  civile  divertimento  j 
pigliandoii  uno  la  briga  di  trattener  tutti  gli  al- 
tri col  far  l’ liuomo  di  vetro,  il  quale  per  tema^ 
d’  andare  ad  ogni  momento  in  pezzi  voglia  tut- 
ti da  fé  lontani  un  quarto,  di  miglio  , e non  finir 
fee  laCommedia,cheeglinon  s’acquilliper-  mer- 
cede 1’  odio  comune  tacciando  l’ altrui  pruden- 
te franchezza  con  codefla  forta  di  curioÌb,ed  af- 
fettato contegno  . E’  necelfario  per  tanto , * 
che  in  quello  di  quella  prudente  audacia , la 
quale  Paol  nafccrc  dal  buon  cuore , e da  un’  ani- 
mo già  prevenuto  per  la  virtù  ; camminando 
cauto  bensì,  ma  non  timorolb  ,come  l’ avvedur 
to  Nocchiero , che  a vele  gonfie  correndo  non 
lafcia  di  badar  mai  al  forger  de  i venti  contrarj. 
In  quella  maniera  di  regolarfi,  che  non  è punto 
fmorfiofa,  ma  naturale  nel  tempo  fleffo , ed  ac-, 
corta,  conviene  avvertir  folamente  , chel’.au? 
dacia  non  degeneri  in  prcfunzionc , la  quale  S; 
origina  dall’  orgoglio . E’  quello  un  Vizio  , che 
vantando  in  tutte  le  cofe  un  valore  infuperabi- 
le  della  facilmente , o l’ invidia  in  chi  non  lo  di- 
ftingiic  ahbafl:anza,o  il  difprcgio  in  chi  lo  cono- 
fcc  ; cd  c il  Mondo  si  coftantemente  nemico  de- 
gli  orgogliofi , che  per  non  illimargli  giammai 
più  torto  giuguc  talvolta  a far  loro  ingiurtizia_. 
difpregiandogli  in  quello  ancora , che  hanno  di 
più  lodevole . Il  ripiego  addunque  di  mezzo  in, 
quella  materia  farà  il  converfare  per  tutto  j-ma 
con  tale  indiflcrenza , che  non.lafci  luogo  a ve- 
runo attaccamento  particolsirc , che  è tutto  il 
male  di  quello  coftume,  c far  ciò  , fmguiarmcn- 


54  . • . 

te  cori  quegli  oggetti , che  incominciano  a pia- 
cere oltre  modo,  ed  a riguardarli  con  una  ftimà 
diHÌBta,che  fuol  terminare  in  amore  feorretto: 
ma  farlo  però  in  forma , ■ che  fi  fuggano  fenza_, 
mancare  un  punto  alla  convenienza, quando  al- 
trimente  non  efigga  il  bifogno  , tutta  rcftrin- 
gendonc  la  cautela  nel  cuore,  c nulla  togliendo 
alf  obbligo  dell’  ellerna  finezza  . 

JI.  Quello  è il  carattere,  che  dilìingue  da 
i cattivi  gli  huomini  buoni , mentre  , fecondo 
Platone  ; buoni  fono  coloro , che  poffono  co- 

nrandare  a fe  medefimì^e  cattivi  quegli,  che 
non  hanno  una  tale  pojfanza  . Vi  fono  parecch  i 
nel  Mondo  , clic  nominando  col  titolo  di  viva- 
cità , e di  fpirito  , l’ardimento , e l’infolcnza  nel 
converfare  fi  fanno  gloria  nel  non  volere , o 
non  faper  mai  moderarfi . E’  però  quello  un* 
errore  affai  palefe  , poiché  gli  huomini  appun- 
to pii'i  fpiritofi  debbono  eflereipiìi  contenuti 
per  operare  con  maggior  merito  rattenendo 
Colla  ragione  quel  naturai  brio  vivace  , che 
a briglia  Iciolta  correndo  potria  paflTaré  i ter- 
mini dcll’Oneflà  . Gli  fpiriti  lenti , e tardi,  che 
operano  virtuòfamente , fono  Orologi , che  fi 
muovono  a forza , non  per  inclinazione , o per 
natura, e la  virtìi  confillendo  nell’arduo  non 
pKÒ  profelTarfi  con  merito  quàndo  fi  prati- 
chi fenzà  contràlló..  Erahfi  avvezzati  l’Ele- 
fante d’Antioco  a combattere  con  iiìtrepidez- 
Za  , ed  il  Lione  di  Domiziano  ad  allenerfi  dal- 
la preda  ; ma  chi  dirà  mai  ,che  l’Elefante  foflTe 

- - • for- 


ca) \.  de  Leg. 


• 1 

Diglllzed  by  Gcx^le 


forte,  c temperato  il  Lione,  Hata  eflendo  co- 
delia  una  materialidlma  afluefazione  cagiona- 
ta da  un  lungo  ufo  colfimprelTion  de’  fantafmi 
nell*  immaginazione  di  quelle  Fiere?  Le  ope- 
razioni , fecondo  ancora  reriiditidìnio  Conte.» 
Lmmanuel  Tefàuro,(è)  dell’anima  fcnfitiva, 
precila  l’opera  della  ragione , fono , e àgli  ani- 
mali , e all’huomo  comuni , onde  perchè  quelli 
pofla  dift'erenziarfi  gloriofamcnte  da  quegli  è 
d’uopo, che  operi  non  a cafo,o  per  indinto, 
ma  col  confìglio  della  prudenza , e fentendo 
la  ripugnanza  de  i fenli  nelle  Cofe  difficili , 
voglia  imprenderle  ciò  non  odantc , operan- 
do cosi  virtuofa mente,  ccon  merito.  Da  ciò 
arguir  lì  puote , che  allora  modrcrà  fpirito  , c 
vivezza  una  perfona  di  brio , quando  faprà  mo- 
derarfi,  e tenere  in  freno  fe  deda  ufando,  fe- 
condo le  regole  della  convenienza , a fuo  pia- 
cimento della  fuppoda  vivacità  . Cosi  modrad 
l’occhio  più  fpiritofo , e più  acuto  quando  sà  ad- 
dattarfi  al  Cannocchiale  , e regolarfi  coll’inge- 
gnofa  difpofìzionc  di  quei  diverd  cridalli  ; ed 
il  fuoco  tra  gli  clementi  il  più  vivace  mai  non.» 
apparifee  più  attivo , e generolb  d’allora , che 
nelle  guerriere  macchine  vien  ridretto . Re- 
golandod  pofeia  in  tal  guifa  l’huom  làvio  po- 
trà eder  ficuro  di  far  di  fe  nella  Converfazione 
una  bella  comparii» , e gradita  a tutti , tanto  fuc- 
cedendo  giornalmente  ancora  nell’aria , la  qua- 
, le  per  vaga  , e Ipiritofa  , che  fiali , mai  non  giu- 
gno a formare  armonia  , e a rcndcrfi  dilettevo- 

D 4 . , . . le  . 


(a_)  Lìb.i.  dilla  filof.moral.c.i. 


le  all’orecchio , fc  non  quando  è moderata , ej 
racchiufa  ne’ canali  .di  piombo  > o,  di  (lagno. 
Quella  mifura  di  convenevole  compodezza  farà  i 
unofpicco  ancora  più  nobile  nelle  perlbnedi 
maggiore  autorità , e che  meritan  dillinzione_» 
in, ogni  rango  Per  elevato, chè  uno  feorgafi 
con  qualità  ragguardevoli  fovra  degli  altri,  non. 
dee  mai  farli  lecito  ciò , che  è proibito  per  tutti, 
qualichc  le  leggi  fodero  fatte  per  quei  (oli , che 
non  hanno  fj)irito  da  violarle . Ciò  deplorando 
ne’  Tuoi  tempi  fino  Valerio  Mafllmo  fcrilfe  : («) 
ejjere  Jmiigliantl  le  leggi  alle  tele  de"  Ragni y 
alle  quali  attaccati  rimangono  gli  animalettì 
pili  debili  y tracciandole  pofeia  i pià  robujìi , 
Bella  , e mirabile  , è l’ordinanza  de'  Cieli , per- 
chè tanto  i Pianeti  più  grandi, che  le  Stelle.» 
più  minute, fi  muovono  con  un  Ibi  moto  ; e.» 
così  pregevoli  faranno  , ed  innocenti  le  radu- 
nanze, dove  ciafeuno  oflervi  le  delle  regole  di. 
làviezza  , e di  contegno,  recandofi  ad  onore.» 
chi  vi  fpicca  didintamenté  d’eflere  il  primo  ad. 
oflcr  vari  e.  Tanto  infegna  ancor  la  Natura  ne*, 
(ìioi  più  fegreti , c prodigiofi  lavori , mentre  il 
cuore.,  che  è la  parte  più  nobile  , c più  l'piritolav 
dell’Animale,  ubbidifee  inviolabilmente  a certe 
picciole  tendini  , che  ne  collegano  i due  ven-. 
tricoli , mai  non  aprendofi  egli , per  quanto  ab-v 
biadi  fervido  impullb,  e vivace , più  di  quello»  , 
che  viengli  permeffo  dalla  prescritta  legge  di 
tai  legamenti. 

III.  La 

< I ■ IH— * 

•••  •**  » • y * 

^«13  Ltb* 


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Iir.'  La  regola  poi  migliore  di  viver  nel 
Mondo , e godere  con  giuda  mifura  delle  terre- 
ne cofe , ricavafi  dall’acutiUlmo  Sant’Àgoftiho, 
dove  infegna , che  dobbiamo  valercene  co» 
modejììa  di  chi  tie  ufa  t »o/t  co»  affettò  di  chi  là 
ama . E'  quello  lo  fteflb , che  dire , non  doverli 
ne’  godimenti  del  Secolo  impegnar  puntò  il  no- 
Uro  cuore , nè  concepirne  della  pamonc , ch&j 
noja  gli  arrechi,  e travaglio  » quandó  mai  privò 
nerimaneffo.  Conviene  pertanto  j che  l’huom 
temperato  fervafi  del  divertimento , come  d’un 
mezzo  per  confeguirla , ma  non  lo  miri  comè-i 
un  fine  della  vera  allegrezza,  ficchc  indifferente 
egli  fia  di  averlo , o nò  ; a guila  di  chi  tenendo 
in  mano  un  vago  fiore  lo  vi  odorando  finché 
egli  dura  , punto  non  mettendofi  in  pena— 
quando  fcada , ed  impaflìfea  . Chi  prelcriverà 
a.  fé  medelìmo  quella  regola  di  converfaré-» 
giugnerà  alla  perfezione  d’huom  dillaccato 
da  tutto  ciò , che  ingannar  pùotc  il  defideriò 
con  leggiadra  apparenza , ne  fiderafli  di  quei- 
legami,  che  tengono  llrette  cotanto,  ed  av-i-' 
viluppate  le  perfone  di  poco  lume , toccando 
egli , come  il  perfetto  Sferico  de’  Geometri , ih 
un  fol  punto  la  terra,  e quanto,  balla  ad  un'- 
onclla,  e civile  ricreazione.-  Giunto  ad  un_.‘ 
sì  nobile  dilìnganno  fi  vedrà  trattare  in  ogni' 
luogo  , c con  tutti  all’ulb  del  Camaleonte , che 
velie  ogni  colore  * ma  circofpetto  pofeia  di 
tal  maniera,  cheaguifa  degli  Ermellini  mac-' 
chia  mai  non  contragga  , nè  ombra  anche-» 

mini- 

L j_:i ‘ I ' '•^1  — nnr — 

Ca)  Lib^  de  morib.  Ecclef.  c.  a j. 


i 


I 


58 

Jiiiniina’ d’àlcun  vizio.  Ingerirà  un  tarhiiomo  7 
Pmore  infìeme>c  riverenza  di  le  ftcflb  negli 
altri  y che  per  una  parte  ne  ammireranno  1* 
alTabjltà , e la  cortefia , e per  l’altra  una  sì  ve-  ^ 
gliante  guardia  dr  prudente  contegno , che_> 
pDlga  per  fìno  a i più  dilToluti  la  fperanza  di 
tirarlo  mai  nel  diibrdinc  dc’lor  trafcorfi.  Nella 
piazza  de’  Mcgàrefi , al  riferire  di  Plinio , (a) 
era  un’Ulivo , a cui  ibliti  elTendo  gli  huomini 
più  valortìfi  di  appendere  le  armi , ed  i trO'»’ 
feiydopo  delle  infigni  Vittorie , crelciuta  feLj 
ne  mirava  la  corteccia  in  sì  bizzarra  manie- 
ra, che  apparendo  le  armi  di  quando  in  quan- 
do , e colle  frondi  i Pennoni , co’  rami  gli  Elmi, 
e colle  Ulive  le  Sciable  gentilmente  fcher- 
zando  parca,  che  la  Natura  maiacalb  non_/ 
operando,  avefle  voluto  munire  in  quell’ Al- 
bero , che  n’è  il  fimbolo , col  timor  della  guer- 
ra la  Pace . Quella  a me  fembra  l’ Idea  più 
cfprefliva  dell’huom  prudente,  e difereto,  il 
quale  lì  rende  bensì  familiare  con  tutti , e pra- 
tica in  ogni  luogo  con  manicrofa  difmvoltu- 
t;a.y  ma  non  lalcia  però  mai  di  far  vedere-, 
in  fé  medellmo  armata  la  Gentilezza  colla.; 
Modeflia  , e pronto  alla  difela  dell’  Onedà  il 
Contegno . San  Gregorio  Nazianzeno  fcriven- . 
do  alle  Vergini  de’ tempi  fuoi  dà  a cialchedu- 
na  di  elTc  un  documento  per-  la  cuftodia  di 
lor  pudicizia, che  può  fcrvtre a tutti  per  mo- 
dello nel  .converlàre  , c fpezialmente  per  leij 
Donne  giovani,,;. che  Iqgliono. :av'cre  intorno,. 

■ . : r mol- 


(a)  Lìb.  i8. cap.  • 


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S9 

moltiffimi  CacGÌatori  ^ 'Ca")  Procciùrà  i dice:d^ 
ejjer  Verghe , cof/  gli  occhi  y còlla  bocca , 
colle  orecchie  medefime  ypoìccbè  per  qudletre 
cof  e è facile  àjjfai  lo  fcoftarfi  dal  Retto ..  Debbo- 
no addunquc  invigilare  con  tutta  cautèla , che 
modelli  fieno  gli  Iguardi , mentre  un’occhiatà 
fola  alquanto  libera  può  cagionare  un  mal&j 
inefplicabile  ; che  tanto  .più  moddlà  fia  lal< 
lingua , poiché  fé  un  giro  liccnziofo  di  occhi-in- 
fìaiuma  ,Una  parola  incatena , ed  abbrugia  ; 
che  in  fine  modelle  fieno  ancora  le  orecchie, 
giacche  un  fentimento  detto  con  graziola  mali- 
zia, ed  afcoltato  con  guflo , e con  volto  ridente, 
può  partorire  un  danno  irreparabile . Ecco  da_> 
quìii  pcricolofi  fonti  deriva  ibventela  rovina-, 
delle  anime  per  occafione  di  converfarc  huo- 
mini  con  dònne  familiarmente  * Io  però  noru. 
condannerò  mai  la  Converfazióne,  fe  non  come 
una  caufa  remota  di  quello  male  , affermando, 
che  il  fuggirla  faria  bensì  migliore  configlio, 
ma  che  per  tutti  non  è allbluta  neceflìtà  ^ Con- 
danno folamente  la  maniera  dilbrdinàta  di  pra- 
ticarla non  tenendo  punto  in  dovere  i fenfi  del 
corpo , i quali  femprc  debbòn  tenervifi  anche 
fuori  d’ogni  conlbrzio  . Ed  in  fatti  ficcome-» 
neppur  vivendo  in  rigorofo  ritiro  è libero  E 
huomo  per  rallentare  il  freno  alle  interne  po- 
tenze, fomentando  penfieri  (convenienti  , ed 
impuri  i così  nella  Converfazione  è tenuto  a_. 
regolare  fecondo  l’Onellà  i fenfi  ellcrni , e non 
farli  di  tuttò  ciò , che  vede , o fente , un  peri- 
colo. 

— 

^a)  I»  carni,  ad  Vìtg.  ' 


* ✓ 


6o 

'colò  . 'Chi  . dunquè  conVerfa  non  abbia  occhi  per 
mirare  con  libertà , .bocca  per  efprimerlì  con 
malizia , orecchie  per,  udire  cofe  impertinenti, 
è quella  maniera. di  fayio  riguardo  farà  , che.» 
•ed,  egli , c la  Converfazione,  fieno  Tempre-* 
•innocenti.  • ■ • . . ' . . 

IV.  ..  E giacché  abbiamo  per  incidenza  par- 
lato di  lingua  non  giudico  fuor  dipropofitoil 
dirne  ora  qualcofadipiii,echefpettantefia_. 
appunto  alla  maniera , che  ciafeheduno  tener 
debbe  nel  converfare  . All’aflfettazion  del  con- 
tegno , che  fi  condannò  fui  principio  di  quello 
.Capo , s’oppone  per  diametro  quella  fmodera- 
'ta , ed  infaziabile  avidità  di  parlare  , che  nella.* 
.Converfazione  dimollrano  alcuni , dando  con  \ 
ciò  indizio  di  vanità , e di  leggerezza , mentre^ 
fecondo.  S.  Agollino  : C»)  tah  è Pbumo  nellctj 
mefite  , quale  il  dipinge  la  verbojltà  della  bocce» 
Oltre  al  pericolo  > in  cui  fi  pongono  codclli  Par- 
latori d’nfcir  tal  volta  dai  confini  della  mode- 
llia,ed  impegnarfi  per  fe,o  d’impegnare  gli 
altri  in  quelle  cole , che  forrtiano  il  male  della^* 
Cohverfazione,  perdono  ancor  bene  fpefib  quel 
ereditò  > e quella  llima , che  fi  figurano  d’acqui- 
Hare . (a)  Cbi  ufa  molte  parole  > dice^  l’Ecclefia- 
ftico , danneggierà  V anima  fua . E può  bene-* 
ognuno  entrando  in  fc  medefimo  comprendere 
iina  tal  verità  fors’anche  per  l’infelice  fperien- 
za  di  quel  danno , che  ne  averà  alcuna  volta  ri- 
levato . Colui , clic  parla  molto , o è huomo  di 
fondo , o nò . Se  nò , molto  gli  farà  giovevoìe-* 

il 


^a)  De  Serm.  c.  1 5.  (b)  Cap>  20» 


i 


fiJcnzio, // qualeS^conAo  PJutarco/^)/^^  un  non 
so  che  di pTof ondo  in fc  medeJtwOje  di Jofnì^^tian-^] 
te  (ilV arcano  : e nòn  lòlo  guadagna  qualche  ri- 
putazione allMiuom  debole  , ma  fa  parer  favioj 
fino  lojìolto  giufta  Pinfegna mento  dello  Spìl 
rito  Santo  .‘Se  poi  chi  e dedito  alla  verbofità  ò 
hiiorno  di' fondo , temperandofi  nel  parlare^ 
acqui/lerà  il  vanto  della  modeftia , che  lontana 
feinpre  fiiol  eflere  da  ogni  oflentazione , e mol- 
to piìiddll^ecceflb  in  time  le  cofe . Una  parola^ 
rattenuta  a tempo  può  fare , che  fi  fuggano.  cen- 
to impegni,  cd  io  conofeo  pcrfone,che  fitro? 
vano  in'  laberinti  ineftricabili.  per  una?  fola^ 
cfpreflione , che  ufcì  loro  di  bocca  inconCdera-t 
tamente  con  certe  Donne , che  afpettanoj  come 
fuol  dirli , la  palla  al  balzo  , c Hanno  filila*  pror 
fcfiionedinon  lafciar  cadere  alcuna  cofa  per 
terra  .lo  non  vò  già  condannare  i giovani  fpe- 
zialmente  alla  penofa  cautela , che  ufano  pureJ 
te  Oche  felva^gie  in  paffando  ilCaucafo  ,ed  jì 
Tauro  , le  quali  per  libcrarfi  dalle  infidie  delle-j' 
Aquile , e por  freno  al  proprio  danneyole  gracr 
eh ia mento  > fi  pongono  in  bocca  una  pietra  , co- 
fa  che  per  lo  fpaziodi  tre  anni  continovi  fil  imi*- 
tata  dal  Santo  Abbate  Agatone  : dico  foIo,chc 
è loro  necelTario,  il  metterli  bene  . in  mente  quel 
gran  danno , che  può  venirne , e fuggirlo  ta- 
cendo , come  appunto  chi  nella  notte  feoprendo 
per  illrada  i.Mafnadieri  fi  nafbonde  in  una  folta 

Macchia , e relpira  appena  j*per  non  cfiTcrn.eLji' 
colto. 


V.  AI-  . 


(a)  De  Giarr.  (b)  Previe*  17, 


m 


6i- 

V.  Altri  pofcia  vi  fono , che  gradifcono  di 
far  nella  Converiazionc.lo  fcherzcvolc , il  pic- 
cante , ed  il  conccttofo , amici  di  fcntiril  lodare 
come  huomini  di  fpirito  acuto  . 11  fare  un  tal 
Perlbnaggio , benché  pofla  avere  il  luo  merito., 
e la  fua  lode , è però  un  mefliero  difficile  , c che 
io  non  faprei  perfuadere  a veruno  de’miei  ami- 
ci : tperchè  il  dare  in  facezie  dee  farfi  talmente_i 
adagio  , e con  un  fi  pefato  ritegno , che  non  la- 
fcià  mai  di  mettere  in  pericolo  di  perderli  la_. 
gravità,  eia  fodèzza.  £’un  carico  da  pelarli 
molto  bene  prima  di  addofTarièlo,  il  farli  una 
come  l^Atlante  per  regger  da  le  là  macchina  del 
comune  divcrtimetó,e  debbe  riHetterfi,  che  fc  i 
quadri,  i quali  li  mettono  in  profpettiva,han  da 
eflfer  perfetti, inappuntabile  altresì  convien,chò 
fin-  colui,  che  s’  azzarda  a far  da  fe  folo  il  Trat- 
tenitorc  d’ un’  intiera  Converfazione . Per  par- 
lar pofcia  di  quello  con  rigore  ancora  di  crillia- 
na  Virtò  può  uno  tal  volta  farfi  irterito  in  con<>^ 
verfando  colla  (bffierenza  di  udire  gli  altrui  di-  1 
fcorli , quand’anche  aveflero del  tediolb  , per 
mortificare  còsi  in  fe  raedelimo  quella  bramaJ, 
che  in  tutti  è innata  di  corregere  , o almcn  d*  | 
Impedire  con  altri  ragionamenti  chi  parla  male. 
Porto  qui  uno  fcherzo  graziofo  d’  un  Letterato, 
che  prova  per  altro  a meraviglia  la  gran  pena-, 
d'  un’ huomo  di  talento  nel  fentir  parlare  i pii» 
ignoranti , ed  il  merito , che  per  confeguenza_. 
può  farfi  nel  tolerarnc  pazientemente  le  inezie. 
Diceva  egli  per  giocofa  facezia  , [che  il  tormen- 
to d’ Arillotcle  nell’  Inferno  è l’ avere  all’orec- 

• y*  • ««i  • * 

clw 


DigItIzeC  ' 


chio  ihflancabili  due  fciócchi  Filofofaftrl , chd^ 
delle  naturali  cofe  parlando  inricnic  .dicono, 
Ipropofici  altiflTimi,  fenza  che..egli,il  quale  ne  Fu  ; 
indagatore  $ì.diligente,  e sì  profondo,  pofla  mai , 
aprir  bocca «pcf  emendargli.,  Quefio  Ibriamen-, 
te  parlando  è falfifllino,  poiché  non  mancano  alt- 
la  Idcgnata  Onnipotenza  divina  altfc  manière^ 
ineffabili  per  punire  i Prefeiti;  ma  non  refta  pe- 
rò , che  fiipponendo  ciò  vero  per  impofiìbile-/ , 
non  poteffe  egli  folo  fervire  d\in  gran  patimen- 
to a quel  fublime  Filolbfo.Sarà  dunque  un^  otti- 
mo efercizio  4i  pazienza  iPconfinarfi  unMiuomo 
Savio  nella  Cpnverfazionc  con  animo  d^aver 
per  più  ore  la  ^raa  toleranza  afcoltare,  fenza 
interrompergli,  i ragionamenti.dt  coloro,  i qua- 
li nel  parlare  nòn  hàiinò  altra  regola  , che  di 
proferire  quanto  vicn  loró  alla  bocca  , Quan- 
do poi  foflero  i difcorTi  altrui  liberi , cd  ofeeni , 
vi  è una  maniera^  di  mòflrar  taòendo  rifpetto  a 
chi  parla,  effóndo  maggiore , e fentirne  poco,  o 
nulla  . Bafta  diftraerfi , c volar  colla  mente  in 
alto  a Dio,  calle  Verità  eterne,  imitando  in  ciò 
V Aghirone,  il  quale  prevedendo  tuoni,  turbini, 
^ volo  formonta  le  nuvole,  e fi  gode 

la  ferenità  del  Ciclo  più  tranquillo , e purgato  . 
(a')  ^Hejìo uccello^  fcrivc  Ugone  di  San  Vittore, 

le  Unirne  degli  eletti  ^ ebete^ 
menda  t perturbamenti  del  Secolo  , e portando 
/opra  le  temporali  cofe  il penjìero  j follevano  Ic^ 

men- 


^uj  Lib.  de  bejKc, 


64 

'mentì  toro  alla  feretiìtà  della  ^Patria  celeftc^  . 
iVppigliandofi  addunque  in  quedo  ciaicuno  o 
alla  morale, o alla cridiana  perfezione  potrà 
cavarne  un  documento  ben  vantaggiolb , e de^*  ~ 
durnc  il  modo  più  proprio  di  contenerfi  per 
fuggire  ogni  dannolo  trafeorfo  nelcodumc  dì 
converfàre , 


m 


r 


^5 

DcU'Amor  Vlatonico  nel  Coiiverfare. 

C A P O.  VI. 

I.  T Qfcampo  degli  huqmini  maliziofi  per 
I ■*  evitare  la  condanna  del  peiTimo  ufo  » 
che  eflì  fanno  della  civil  Converfazione, 
è d’ordinario  il  ricorrere  all’Amor  Platoni- 
co , per  cui , o credono  malamente , o fingo- 
no di  credere  eflcr  lecito  ad  un’huomo  l’ama- 
re una  donna , che  non  è Tua  , c così  per  lo 
contrario  ad  una  donna  l’appaifionarn  per  un’ 
huomo  , che  non  è libero  . 11  fondamento  d’ 
una  tale  fmifira  opinione  è il  fupporre,che 
feparandofi  perfettamente  dalla  carne  lo  fpi<> 
rito  poifa  in  un’oggetto  fenza  yeruna  colpa 
amarfi  l’anima, lafciando  intatto  il  corpo  a chi 
ne  è per  altra  ragione  poffeditore.  Subilita 
per  infallibile  una  tale  dottrina  fi  veggiono 
tra  moltifiìmi  fuccedere  palefemente , per  dir 
così, delle  nozze  fpirituali,e  fpofandofi  ge- 
nio con  genio,  fi  dichiara  l’uno  fenza  rolforc 
idolatra  delle  belle  interiori  perfezioni  d’un’ 
altro , e ponefi  francamente  un  Conjugato  a 
fervirc , come  fuol  dirli , la  bell’Anima  d’uua 
Coniugata  lafciando  intanto  al  poveroMarito 
il  folo  Corpo  , che  gli  accorda  la  legge  . Que- 
lla è tutta  la  fofianza  dcll’Amor  Platonico  sì 
decantato  in  oggi  nel  Secolo  , e che  lliidiafi 
ben  fpdTo  di  far  tacere  lo  zelo  di  chi  aven- 

E .do 


DIgilized  by  Gcx^le 


mr^ 


66 

do  la  direzione  delle  cofcicnzc  è tenuto  per 
obbligo  del  fuo  miniftero  ad  inveire  contra_ 
del  vizio.  Ulano  gli  huoinini  ainmaliziati  co’ 
Zelanti  in  quella  materia  l’artifizio , che  pra- 
tica la  Seppia  co’ Pefeatori  , mentre  veden- 
dofi  dà  ellì  perfeguitata  manda  fuori  un  certo 
liquor  nero»  da  cui  intorbidandoli  l’acqna_, 
pura  , ritoglie  dagli  occhi  loro,  e fe  nefugge. 
Così  ripreli , che  eglino  fono  d’eccedere  nel 
libertinaggio,  c prefi  come  alle  llrettc,  intor-  , 
bidan  colPlatonifmola  manifella  evidenza  del 
lor  reato,  e fuggono  dalle  reti,  lo  non  fon  già 
per'negare , che  diafi  tra  gli  huomini  una_» 
iimpatia  naturale  , cd  innocente , che  fi  vede 
ancora  non  di  rado  tra  i bruti  i ma  dico  bene, 
che  è d’uopo  correggerla  colla  ragione  tutta_. 
volta, che  fi  veggia  pendere  all’ccceflb.Quan- 
do  ancora  flelfe  l’Amor  Platonico  ne’  pretefi 
termini  d’amar  negli  oggetti  le  Iole  doti  dell* 
animo,  io  lo  crederei  Tempre  ingiuflo  nell’  ! 
efigere  un’  intera  , e fedele  corrilpondenza_. 

'da  quei  fpiriti,che  devono  ad  altri  l’affetto, 
come  fuccede  ne’  Conjugatì , de’  quali  difle-» 
Iddio  •,C(i')faratJ»o  due  iff  u»  fai  corpo.  Non_. 

- credo  io  già , che  con  quello  intendeffe  Iddio 
d’ammalfar  (blamente  infieme  carne  con  car- 
•nc,nia  d’unire  bensì  le  anime  con  nodo  sì  dol- 
ce d’amore,  che  di  due  fattofi  un  fol  corpo, 

in 


C»>Ge».  cap,  z. 


Digl^ed  by  Google 


67  ' 

in  eflb  per  forza  d’nna  Tanta  armonia  recipro- 
ca viveflcro  due  (piriti . Effondo  addunquè_* 

' i conjiigati  padroni  reciprocamente  non  folo 
do’  corpi  loro  , ma  dell’amore  altresì , che  è 
la  fodanza  dclTanima  , non  farà  mai  lecito  ad 
un  Terzo  l’entrar  di  mezzo  perrapirfi  unta/ 
amore  facendo  tra  gli  fpiriti  una  divifione, 
che  ha  vietata  l’AItilfimo  efprcflamente  di- 
cendo : non  fepart  Phuomo  ciò  , che  Iddìo  ha-» 
congiunto.  Ma  io  foftegno  di  più  , che  infiemó 
converlàndo  liberamente  huomini  con  donne 
farà  molto  difficile,  che  mantengafi  quefl’ 
amore  nella  pretefa  indifferenza  di  tendere-» 
unicamente  allo  fpirito  fenza  punto  confide- 
rare  le  doti  del  corpo  . Accio  meglio  rifplen- 
da  una  verità  sì  pelante , dalla  quale  venir 
puote  un  fommo  bene  a chiunque  vorrà  co- 
nofcerla , faccianci  con  ordinanza  ad  efami- 
narla  ne’  fuoi  principj. 

II.  Tre  fono , fecondo  tutti  i Filofofi  , gli 
oggetti  amabili , cioè  l’Utile , il  Dilettevole, 
e l’Oneflo  . L’Utile  riguarda  i beni  della  for-' 
tuna  ; il  Dilettevole  i beni  del  corpo;  e l’One- 
fto  i beni  dell’  anima  . L’Utile  , ed  il  Dilette- 
vole , riduconfi  alla  Filautia  de’  Greci , o vo- 
gliam  dirla  Amor  proprio , il  quale  febbene 
fu  dalla  Provvidenza  ingerito  all’hùomo  per 
la  confcrvazione  dell’ Individuo  ,•  nulla  però 
di  meno  effendo  Amore  di  concupifeenza , e_» 
che  rilìede  nell’appetito  inferiore,  c facilis- 
mo a degenerare  in  vizio  , onde  attefla  Pia- 

E z ' tono; 


mm 


68  ^ 

tene;  (j)  c/je  U foverchio  «^mor  di fe  fiejfo  tu 
tutti  è caufa  di  tutti  i peccati . L’Onefto  po- 
Icia  jclic  riguarda  i beni  dell’animo  > è radica 
della  vera  amicizia  , la  quale  al  parere  di  tutti 
i Filofofi  in  l'cguito  d’Arillotele  nafee  dalla  fo- 
miglianza  de’ buoni  coftumi . Tuttavolta  adr 
dunque,  cheun’huomo  ben  collumato  ritro- 
va in  un'altro  l’immagine  delle  proprie  quar 
lità  virtuofe  legafi  a lui  col  vincolo  dell’amo- 
re , e prefeindendo  da  qualunque  altro  vile_» 
riflefld  ama  in  lui , come  un  ritratto  efprefll- 
vodi  fe  mcdefimo  . Se  nell’oggetto  pofcia_. 
amato  egli  ritrova  reciprocazione  d’araore_i 
parimente  virtuofo,  viene,  tra  dii  a formarli 
quel  nodo  il  più  delle  volte  indiflblubilc , e_» 
foavinimo, che  chiamiamo  A micizia.  Altra  fpe- 
zic  d’amore  fuori  di  quella  fanamentc  parlan- 
do accordar  non  fi  puote  fra  quelle  perfonc, 
che  non  fono  di  flato  libero  ; e tra  quelle  di 
Seflb  diverfo  , dico  effere  troppo  facile , che_* 
degeneri  in  Amor  di  concupifeenza,  dal  quale 
come  indegno  di  loro  cercano  di  comparii'e_t 
lontane  le  perfone  ancora  più  licenziofe,  ma 
culte  , e civili.  Platone  medefimo  infegna,  (jb') 
.clic  colui , il  quale  punto  non  curafì  del  corpo» 
e confiderà  più  tofio , che  defiderì , /’  animo, 
amando  come  conviene  lo.  fpirìto , giudica^ 
arditezza , ed  ingiuria  l'ujo  del  corpo.  Dimo- 
llra  egli  per  quello  di  volere , che  gli  amado- 

ri 


fa}  ^.deLeg.  (b}  8>deLeg, 


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- ri  delie  anime  prefeindano  affatto  dalla  cor- 
porea prigione  di  effe , come  da  una  cola,  che 
recar  poffa  affronto  ad  una  foftanza  tanto  fu- 
periore  alla  materia  di  quella  carne,  in  cui 
vive  racchiofa . V’ha  egli , chi . non  conofca_. 
effere  quefta  una  forte  d’elevata  contempla- 
zione per  huomini  fpezialmCnte  materiali,  in- 
dilciplinati , c di  bel  tempo  , malagevole  in_* 
■fommo  ? Ognuno  , che  abbia  qualche  benché 
leggiero  principio  di  ragionevol  difeorfo , 
certamente  fi  riderà  di  coloro,  che  moff  rando 
per  i corpi , e tra  effi  per  i più  avvenenti , e_* 
leggiadri  una  manifefta  pafllonc  vogliono  poi 
fpacciarfi  per  indifferenti  Platonici  ,cui  uni- 
camente rapifea  la  bellezza  dell’animo  . Io  in 
ciù  ritrovo  , e detto  fia  Tempre  con  riverenza 
de’ meno  ingannati, un  carattere  dipazzia_# 
tutta  particolare  de’  noftri  tempi , e che  non 
avendo  ne’paffati  fe  non  rariflìmoefempio, 
farà  forfè  o la  favola, o l’ammaeftramcnto 
dell’avvenire  . In  fatti  io  non  mi  fono  per  an- 
che imbattuto  in  alcuno , che  dell’altrui  Pla- 
tonifmo  parlando  non  lo.derida, e noi  difen- 
da pòfeia  coftantèménte  in  fe  medefimo  i co- 
inè una- guardia  ficuriffima  dell’ innocenza; 
onde  potria  qui  farfi  del  noftro  Mondo  quella 
divifióne  bizzarra  ,■  che  del  fuo  fece  non  ha_. 
xnolto  un  gran  Politico-,  e dire  , chc  una  pari 
te  dèi  Mondo- in  oggi  fi  ride  ftranamente  dell’ 
altra , cd  amtnendue  s’unilcono  poi  a riderfi 
«Iella  comune  loro  flolidezza . Qjjcfio  è ua^ 

vEl  mot- 


7o 

motteggiarli  reciprocamente  per  la  nerezza 
gli  Etiopi , un  riderfi  il  Guercio  di  chi  ha  per- 
duto un’  occhio , cd  un  moftrarfi  dallo  Zoppo 
a dito , chi  ha  una  gamba  di  legno  ; tutti  In- 
fermi , come  dicea  un  bell’ Umore  , da  rimet- 
terfi  a que’  Spedali , dove  fuol  farfi  la  gran.» 
chiarata  per  le  Tede  non  rotte,  ma  vuote. 
Burli,  fcrive  Giovenale,  ehi  è dritto  lo  ZoppOt 
e chi  è bianco  l'Etiope.  Saria  fenza  dubbio  per 
coftoro  miglior  partito  confclfandolo  fmee- 
ramente  cercar  riparo  al  Tuo  male,cnon_> 
voler  farla  da  Scettici  nell’ollinazionedi  fo- 
ftcnere  cofe  tutte  contradittoric , come  nera 
clTcr  la  neve  , luminofe  le  tenebre , fenza_. 
luce  il  Sole,  e fe  medefimi  fenz’amore  di  quel;- 
la  carne,  che  idolatrano,  rendendoji  ,o.\  dif 
d’Ariftotcle , Ca)  wen  rei  nel  diffimular 
queJP amore , che  altri  nel falftficar  le  monete. 
E’  quello  un  gettar  polvere  negli  occhi  altrui, 
come  le  Aquile  per  predare  i Cci;vi , accie- 
cando  il  Chirurgo,  perchè  non  veda  la  piaga, 
.che  frattanto  non  curata  incrudendo  fi  fa  can.» 
crena  . Troppo  è più  difficile , che  non  fi  pen- 
da , indegna  l’Angelico  San  Tommalò  , il  rc^ 
golar  bene  lapaffion  dell’amore  anche  nel 
divin  precetto  d’amare  i proffimi , e moltiffi- 
mi  l’hanno  fgarrata  da  un  bel  principio  con^ 
ducendoli  miferamente  ad  un  termine  vergo- 
gnofo.O  quanti , cosi  egli  efclama , (b.)jf  rup. 

. pero 

(à)  ^.Ethic,c.^;(p)Opufc,6  l'.de  prox.dìlec.c.'i  • 


Digillzed  by  C-.onoK. 


*7* 

pero  hfenfibiii»eate  h tefia , scaddero  in pe- 
ricoìoj'a  pazzia  per  avere  fenza  fale  dì  difcre  « 
zi on e amato  huomìnì  ancora  buoni  , poiché  in 
ifpirito  cominciando  terminarono  in'  carnei 
Quanto  farà  pofci^  più  malagevole  il  por  fre- 
no all’amore  in  oggetti.di  felfo  diverlb  , giac- 
ché in  eiù  tanto  pende  la  corrotta  Natura  ai 
diibrdine , c ad  una  corrifpondenza  regolata^ 
più  , che  dalla,  ragione  , da  i fenfi  ? Grande  è 
in  quefip  il  pericolo  di  trafcorrere  fuori  della 
favie^za , e chi  ha  qualche  lume  di  ragionevol 
difcernimento  non  può  non  temerne. 

III. . Hanno  però,  codefti  Platonici  un’ar- 
me fe  non  di  buona  difefa,  almeno  d’aAuta^ 
apparenza,  per  ifchefmirfi  dalla  condanna 
de’  Saggi , ed  è il  far  credere , che  fervanii 
delle  Creature , come  d’una  fcala  per  giugne- 
re  al'Conofcimento , ed  all’amore  di  Dio , fe- 
condo il  detto  dell’Apoftolo  ,(0)  che;  le  invi^ 
fibili  cofe  dì  J)io  fi  comprendono  dalla  Crea- 
tarn  per  mezzo  delle  Sarebbe  queAa 

per  chi  ne  ufàiTc  a dovere  un’  ottima  regola, 
ed  una  maniera  aflai  lodevole  d’ajutare  la_< 
> fiacchezza  del  npAro  debile  intendimento 
portandolo  per  mezzo  di  ciò , che  fi  mira,  alla 
iublime  contemplaziohe  di  ciò , che  fi  crede-» 
fenza  vederfi , Ma  lo  fteflo  Apoftolo  Paolo 
non  giudica  quefia  via  per  tutti  ficura , men- 
tre alcuni  torcendo  in  effa  da  un  fine  sì  alto, 

E 4 e fanto, 


(a.y.r^d  Rom\  j.;  ;. 


•7S5  . . ^ 

• fanto , Ca)  riverirott»  ; e fe^virou  la  Crea- 
tura più  tojìo , che  il  Creatore . Ella  è una_< 
fcala  piii  per  la  niente , che  per  i fcnfi  po> 
feiacchò  aftraendofi  dalle  create , e belle  cofe 
di  quaggiù  una  fpezie  pura , limpida  , e pih* 
che  avvenir  polTa , immateriale  fenefa  all* 
intelletto  come  una  guida  per  follevarli  alla 
contemplazione delia'prima bellezza,  da  cui 
tutto  deriva  . Anche  a Giacobbe  (b)  fu  mo- 
Arata  una  Scala,  che  dalla  terra  poggiandò  al 
Ciclo  rendè  alla  mente  di  lui  palefe  da' vedu> 
ta  delle  cclcfti  cole:  ma  ciò  avvenne  allorché 
ei  dormiva , ed  erano  in  lui  Ibpiti  i fcnlì  eAc- 
riori . Sopra  di  ciò  ragiona  alTai  dottamente 
. Riccardo  di  San  Vittore  al  noftro  propofito, 
Cc)  c così  conchiude:  felici  coloro , cui  fi  can- 
■gia  ia  ifcala,  ciò  che  ad  altri  è rovina  . Feli- 
ci coloro  t cui  la  fetenza  delle  efieriori  cofe^ 
divien  ficaia  per  falire , e non  precipizio  per 
rovinare’,coloro,  cui  la  bellezza  del  temporale . 
fifa  eccitàmentod*  Eternità  J Sembrava  an- 
cora a codeAo  inlìgne  Teologo  una  fortuna 
ben  grande  il  faperfi  valer  del  creato , per  fa- 
lire  alla  contemplazione  del  Creatore , e dal- 
la vaghezza  degli  oggetti , che  qui  vediamo  » 
paflarc  a iìUbrci  in  quella  inaccellibilc , che_« 
veder  non  lì  puote . Per  far  però  una  tal  co- 
fa  con  merito  è troppo  neceflario  il  togliere- 
ogni  commerzio  co’  fenfi , e prefeindere  da_> 

quan- 

-J- ...  > ■ < ..  ■ — 

(a)  Ih.  (b)  Gen.  28.  i a.  Cc)  5 .\de-  Ext. 

mali. p,  i.c.  16, 


quanto  fi  mira  efternamehte  alP  u(b  ai  chi 
confiderà  un  Orologio  di  rara  manifattura.., 
che  nulla  badando  alla  calTa  d' oro  di  prezio* 
fe  gemme  , e di  ' vaghi  intagli  riccaménteJ 
adornata,  (ì  ferma  folo  à riflettere  forra  l’ àr* 
tifizio  mirabile  dell’  interno  lavoro . Seta-* 
randofi  per  quèjìà  vìa , foggiunge  l’eruaito 
San  Mamme,  (a)  dalla  familiarità  de*  fenji  lo 
fpirito  viene  altresì  a chiuderfi  l*  adito  al 
Demonio  per  mezzo  de*  medefimi  fenji  neW^ 
anima',  onde  purificata  la  mente  degli  huomi* 
ni  per  un  si  eccetfo , ed  infieme  foave  efercN 
zio  , può  trattenerfi  con  men  di  timore  fra  le 
terrene  cofe , le  quali , anziché  diflornarla:^ , 
maravigliofamente  la  vanno  indirizzando  nel 
ilio  celeile  cammino . Tanto  conferma  ance-, 
ra  il  profondo  Jamblico  (é)‘infegnando  , che 
feparandojt  dal  corpo  la  mente, per  la  contem- 
plazione de*celefii  Mijìerj,  P huomo  preparaji 
a Dio . Se  noi  però  ci  facciamo  a mirare  eoa 
attenzione  la  condotta  de'mòdcrni  Filofofan* 
ti  dubbitojche  là  troveremo  affai  lontana  da., 
quelli  principi , mentre  imitando  cflì  le  Vef- 
pi,  che  lafoiano  il  buono  de’  pomi , e s’ attac- 
cano al  marciò  , negli  oggetti  confiderano 
Tempre  il  peggio,  e trafeurandone  la  foftanza 
s’ appagano  degli  accidenti . £*  dimoile , of- 
ferva  il  Trimegillo,Cc)  lafeiare  quèjìe  confae* 

■ te> 

fa)  Cent.  z.  65.  (b)  De  myjl.fSgypt, 

(c)  in  firn. 


teyfaml\9;itiy  t prefentì  coft , e rìvolgerfi  alle- 
fuperhri,  t primarie:  imperocché  quelle  > che 
vediamo  coti*  ocqhio  , troppo  ci  dilettano  , ev 
quelle,  ch&nqfcofe  ci  fono , partorifconp  dìjfi’'. 

In  mirano  eflt  ]a  bellezza  negl* 
akrui.voltii  in<(  non  come  un  raggio  della  4i> 
vitia,ed  immortale,  onde  ne  rimangono  pre- 
0,  e legati  fenza  giovamanto  dell*  anima  , che 
anzi  (Irctta  in  una  rete  di  carne  perde  tutta^. 
la  forza  di  alzarfì  a contemplare  il  primo  fon», 
te  di  quel  bene, vile  per  altro  in  fé  medcGmo».. 
e caduco  . Idolatri  di  ciò , che  vedono , feor*» 
dandoG  del  meglio,  che  fta  celato,  ed  adorarti, 
do,  ai  parere  di  Seneca , (,a')[iolidqmente  /<w 
Statua , di/pregiano  lo  Scultore . Nè  io  ere-; 
do,  che  venendoG  alle  Grette  ciò  poGa  negar»; 
G nè  anche  da  lor  mcdcGmi . £*  cofa  più  chia- 
ra del  raggio  di  mezzo  giorno , che  i foli  og- 
getti bene  organizzati,e  ben  difpoGI  al  di  fuo» 
ri , meritan  la  contemplazione  , e la  meravi- 
glia di  codeGi  Platonici;  ed  io  p^r  la  mia  par» 
te  mi  porrei  più  volentieri  a cercare  la  qua»; 
dratura  del  circolo,  che  un*  huomo,  il  qqalèi!j4. 
per  verità  abbia  una  certa  Gima  , che  s*  acco- 
Gi  all’  amore,  per  una  Donna  di  brutto  afpct-' 
to , e di  fattezze  fgradevoli . Ognuno,  che^ 
legge  qucGo  mio  fentimento,  potrà  cflerrac- 
ne  -forfè  tcGimonio  oculare , vedendoG  per 

tilt- 


» 

(a)  De  orig.  errar.  c,2. 


Diginzed  by  SèogU 


ys. 

tutto  impiegato  in  oggi  il  Platonifmo  a ÙLÌiro 
in  alto.per  certe  belle  fcalc,  e briofe  , libera., 
frattanto  lafciando.a  qualche  umor  malinco- 
nico la  fai  ita  per  quelle  , che  fghenibe  effen- 
do,  e mal  formate,  fembran  fatte  per  difpetto 
dalla  Natura  . Diflfe  per  ifcherzo,  ma  non  fen-^ 
za  fale  di  feri  età , un’  huom  di  giudizio , che-f 
elfendo  in  quello  Secolo  rifufeitata  pur  trop- 
po l’ Idolatria  fi  ò fatta  vedere  di  un  guflo  af- 
fai migliore,  mentre  lafciati  alla  folle  femplt- 
cità  dell’  antica  i Serpi,  i Draghi,  ed  i Mollri, 
ha  fcelto  Idoli  tutti  avvenenti , e leggiadri . 
Noi  però  parlando  qui  con  fodezza  criftiana 
malamente  potremo  accòrdare  a quelli  Pla- 
tonici la  pretefa  innoccenaa  d’:amare  i foli 
Spiriti , quando  gli  vediamo  .perduti  afTatta 
dietro  a quella  Orne , che  gli  circonda  , ed 
imprigiona.  Se  l’anima  folTe  l’oggetto  de’ 
loro  amori  prereinderebbono;facilraente  dal 
corpo,  avvegnaechèpolTa  ella  èffer.  belli  Ih - 
ma.,,  ed  ammirabile,:. anche  in  im  corpo  di 
brutta  figura , ,co mie  iè  preziofo ,' benché  rac-- 
ehiufo  .fra  i r.oa^i  fcogli , il  diamante . Ciò  fi 
deduce  ancor.meglip  dallo  feor^ere  alcuni  al- 
tri di.  cfli  tutti,  immerfi  .nell’  adorazione  . di 
certe  Donne,  vaghe  bensì  di  lembianza,  m^ 
d’ uno  fpirito  così  lento , e freddo , che  facile 
talora  non  fia  il  diftingucrle  da  una  bella  fta-, 
tua  d:‘  Praflìtole  , o di  Fidia  tra  i Greci , odcl 
Buonarruota,  e dell’  AJgardi  tra  i noftri ..  Alrr 


tri,  che  peggio  è ancora , ne  vediamo  perdur 
ti  dietro  a^certe  anime  canòre , le  quali-in  al- 
tro non  partccipan  dallo  fpirito,  che  nel  fuon 
della  voce  comune  ancora  agli  Ufignuoli , a_. 
i Cardellinij  ai  Merli  ; ed  è in  qucfto  crefeiu- 
ta  cotanto  la  corruttela , che  vediamo  da  Co- 
defta  gente  col  femplice  fiato , più  che  nella_ 
State  dalla  Tramontana  le  biade  , (bccarfi  gli 
Icrigni  non'folo  a i privati , ma  gli  erarj  alle 
intere  Città , jpiii  fenza  verun  paragone  ono- 
randoli una  Maefira-di  folli  amori  in  Teatro> 
che  sii  i Pulpiti  i Miniftri  dell'  Evangelio . Ef- 
lèndo  ciò  pur  veriflìmo,e  fpcrimentale,  io  fa- 
prei  volentieri  come  polTano  fchermirfi  code- 
fti  infelici  Filolbfi  dal  confelTare  d'elferpur 
troppo  adoratori  di  carne , e d*  un  carcere,  o 
così' vuoto  , che  per  alcuno  de’ fenfi  edemi 
linai  non  polTà  averli  il  minimo  contrafegno  > 
che  vi  Ibggiorni  lo  fpirito  ; o sì  poco  -prege- 
vole , che  efler  potefle  albergo  ancóra  di  be- 
die  ammaedrate  nel  canto . Non  men  drano 
làrebbé,  a ben-  riflettervi , il  confiderare  , che 
niun  Platonico  abbia  mai  ibrtita  dal  Cielo 
per  compagna  con  legge  matrimoniale  una_> 
di  codede  celebri,  e belle  animc;licchè  lalcia- 
ta  quella  , con  cui  pure  liberamente  hàVolu- 
to  Ipofarfi , ^ggia  per  filofofàre  andar Tem- 
pre dietro  a quelle  degli  altri . Ma  troppo  mi 
ha  poi  Tempre  convinto  per  giudicare  code- 
da  filolbfia  un  vero  dilbrdine  di  paiTiohi  il  ve- 
dere tutti  i regnaci  dì  eda  apodatare  palcfe- 

wen- 


DigiUzed  t>y  Gsogle 


mente  da  i loro  Numi , c ritirarfi.dall’  àdora'- 
zion  delle  anime,  tuttavolta, che  perda  il  cor- 
po, o per  ingiuria  di  rtrano  malore, o per  col- 
lo d’  età,  r avvenenza  . Io  fteflb,  che  non  fo- 
no il  più  vecchio, che.viva,  ho  veduto  pure  a i 
giorni.miei  tanti.Altari , cheiuna  volta  appe- 
na mirar  poteanfi  da  lontano  per  la  folla  ine- 
fplicabile  de'  fagrifìcanti , r.eftar  lenza  inccn- 
fo , e lenza  ombra  del, culto  antico  per  elTere 
invecchiata  là  Deità , che  vi  fi  adorava  . Bir 
fogna  ben  poi  riderfi  ;a  forza  di  ibiniglianti 
inezie,  e conchiudcrc,che delirano  codefti  Fi- 
lolbfanti  nel  darfi  a credere,  che  altri  gli  ten- 
ga per  indifferenti  ammiratori  delle  fole  ani- 
me racchiufe  ne’  corpi,  quando  al  primo  fea- 
derne  la  colorita  prigione  abbandonano  feor- 
telèmentc  le  povere  prigioniere,  quafi,  che_» 
Io  fpirito  a fe  medefimo  fimigliante  fempre, 
immortale  , ed  in  fua  foftanza  inalterabile-r , 
foggetto  foffe  come  le  altre  corruttibili  cofu 
alla  vicendevolezza  del  tempo . Ingiuria  è 
quella,  al  dir  di  Platone  ,(«)  infofferibile-» 
per  lo  fpirito  indepcndente  cotanto  dalla  baf* 
là  materia,  onde  è cinto , c coperto  , che  Se- 
neca (b')  troppo  eccedendo  poi  nello  ftimarlo 
giunfe  ad  affermare,  altro  non.effere  eglh  ebo 
un  Dio  neWuman  cor^o.Stimo  fuperfluo  il  ri- 
fpondere  qui  ad  una  certa  inlufliffcte  iftanzav 
che  a ciò  fogliono  farci  modernij  Platonici 

fog-  . 


(oT)  %. de  ìeg.  Cb)  Bp.ii. 


I 


78 

foggidgéndói  che  no  pòchi  di  efli  profefTano 
della  ftima,  e dell’amore  a certe  anime  anco- 
ra, per  dir  così , invecchiate  ne’  corpi , nulla 

?cr  ciò  feemando  clli  del  rifpetto  primiero  . 
n quedo  , oltre  alla  rarità  d’  un  tale  avveni- 
mento,voglio  rimettermi  alla  prudente  dcci- 
lìonc  di  chi  legge , a cui  non  credo , che  farà 
molto  difficile  il  rifpondere  colla  fperienza  , 
che  in  contrario  abbiamo  continovamentc_> 
fotto  degli  occhi . •• 

IV.  Hntri  per  tanto  ciafeheduno  in  fe_j 
medefimo , e rifletta  fé  quelle  fieno  verità  d’ 
evidenza,ò  ritrovamenti,comefoglioro  chia- 
marfì , di  Rigorifli  nemici  troppo  del  civile-» 
divertimento , e cominci  a tener  ornai  per 
Ibfpetta  una  tal  fbrta  d’  Amore  , che  ben  va- 
gliato riduccfi  tutto  in  polvere  di  vii  fango,  c 
di  fenfuale  appetito . Se  però , che  troppo  è 
malagevole,  non  l’ intendon  così  per  allonta- 
narfene  coloro , che  immerC  vi  fono  , e per- 
duti , almeno  capilcano  bene  il  travviamento 
d’ un  tal  eoflume  quegli , che  la  Dio  merce- 
de non  vi  fono  ancora  caduti,  e cerchino,  piò 
che  pofrono,di  tenerfi  netti  da  codefta  pece  , 
per  non  chiamarla  orribil  pedo,  onde  tante-* 
anime  uccife  rimangono , ed  alTaffinate  per 
femprc  • Non  può  crederli  quanta  rovina  ab- 
bia già  al  nodro  Mondo  recata  un  sì  per  ver- 
fo,  ed  apparentemente  favio  prctedo  d’  ama- 
re , Con  un’  inganno  sì  dolce  inducendo  a_. 
perdere  l’ innocenza  perfone  accorte  per  al- 

' trd 


tro , e prudenti , che  falde  farebbòno  fintai 
centra  d’ ogni  altro  più  forte  , e più  terribile 
tentativo.Tantò' appunto  del  CocodriJio  Icri- 
vono  i Naturali,che  divorando  huomini , 
fiere,  fi  lafcia  poi  miferamCnte  uccidere  da  Un 
picciolo  animàletto , che  vivo.ihgojato  da  lui 
tra  le  verdi  pàfture  del  Nilo  rodegii  a poco  a 
poco  le  vilcere,e  fuora  ufeendone  illefo, mor- 
to lafcia  fìlli’  arena  il  fuo  divoratore  . Ufi  per 
tanto  a fuo  piacimento  della  Coriverfazionc^j 
chi  vuole)  eh’  io  noi  condanno,  ma  goda  mo- 
deftamente  de’  tanti , e sì  vaghi  oggetti , che 
gli  cadono  fótto  1’  occhio, ed  unito  ad  eflì  me- 
ramente colla  perlbna  feguiti  col  penfiero  il 
fuo  viaggio  verfo  1’  eterna  Sorgente  di  ogni 
bene,  a guifa  d’un  giufto  Compaflb , unapar- 
te  di  cui  fenza  fcompagnarfi  dall’altra  , che  ò 
fiffa  nel  punto,  forma  liberamente  il  fuo  giro. 
Abbia  infomma  ciafeuno  in  converfando  l', 
occhio  fovra.fe  fteffo  per  non  awilirfi  , e far 
cofa , che  indegna  fia  di  lui , c deteftando  la_. 
codarda  effeminatezza  fémprc  fi  diverta  dau 
huomo  colla  fpada  al  fianco  ,.iioh  colla  roedà 
alla  mano  , che  in  ciò  lodevole  farà  l’ emula- 
re il  coraggio  di  quei  Lioni , i quali  un  temW 
po  guidati  con  fiorite  ghirlande  al  luogo.de* 
fpettacoli  , appena  fcopcrtele  all’ ombra  de’ 
loro  còrpi  infuriandoli  le  ffracciàvano  ,. co- 
me indegni  ornàmeti  del  proprio  vaiorei  lad*- 
doye  le  imbelli  Vittime  liete  fen  givano  al  Sa- 
grifizio  cinte  difion',quàfi  godendo  ftòlidamé- 
te  di  quella  mifera  popa  funefià . ' X)el  ■ 


$6 

Del  Tempo  di  Converfare . 

CAPO  VII . 


Ttimo  è il  configlio  > che  diè  Cicerone 
aquegli,  i quali  bramano  di  regolar 
bene  la  propria  vita,  dicendo, che  (a')  il  divi- 
derla come  in  partì  è opera  del  Sapiente . Ed- 
in  vero  conviene,  che  il  corlb  di  noftra  vita_^ 
venga  divHò  in  varj  efereizj  per  togliere  all* 
huomo  la  noja  di  fare  Tempre  una  ffelTa  cofa;  - 
onde  molto  errano  coloro , che  prefìggendo* 
fi  di  goder  tutto  in  una  volta  levanti  in  gran- 
parte  il  piacere  del  godimento,  che  ruoTaver- 
fi  nella  fuccelfioBC  delle  cofe-  godibili . Per- 
ciò infegnava  Seneca  da  quel  gran  Filofofo , 
(fi')  che  egli  era,  dover ft  infteme  unire , e pra- 
ticarji  a vicenda  la  foUtudine  -,  edìlconfor- 
zio , mentre  quella  ci  porta  al  defiderìo  degli 
huomìnì , e quefto  alla  brama  dì  noi  medefmi^ 
effondo  P uno  rimedio  dell*  altra , Siccome.» 
può  efier  vizio  lo  fiar  Tempre  Tolo,così  lo  può 
eflerc  ugualmente  il  voler  Tempre  vivere  in 
ConverTazione , mentre  elTcndo  quelli  due_* 
eilremt  Tarà.  virtò  il  iàper  batter  nel  mezzo 
dando  ad  aramendue  le  coTe  il  Tuo  tempo . Se 
Catone  giudicava  ugual  difetto  1’  eflere  uno 
Tempre  Terio,  o Tempre  faceto,  io  ilimo  difor- 
dine  da  evitarti  del  pari , si  1*  clTere  in  ogni 
tempo  con  altri,che  il  non  elTerc  mai  con  ve> 

Timo. 


29..  (b)  Detranquil. 

**  I 


8i 

runo . Se  debbo  in  tutte  le  cofe  fiiggirfi  /7 
Troppo  y come  tanto  inculcava  Pittaco  quel 
Savio  di  Grecia  , più  dovrà  ciò  offervarli  ììl» 
quelle,  che  o per  fua  natura,  o per  nolìra  ma- 
lizia pendono  , anzi  al  male  , che  al  bene  , ^ 
per  confegu'cnza  farà  utiliflìma  quefta  caute- 
la fpczialmentc  nclP  iifare  della  Convorfa-r 
zione , la  pratica  di  cui  c sì  facile  a degenera- 
re in  abufo  . Bifogiia  dunque,  che  s' afezion  i 
ciafeuno  alla  ritiratezza,  che  c la  virtù  oppo- 
fta  agli  eftremi  della  folitudine , e del  conlòr- 
zio  continovo,  giudicandola  necelfaria  a cor- 
regere  P una,  e P altro,  ed  a condurre  la  vita 
d*  un  Secolare  con  rettitudine,  e con  pruden- 
za . La  ritiratezza,  benché  fia  lodevole  in  tut- 
ti , lo  è però  di  vantaggio  nelle  Donne  , le-» 
quali  hanno  P obbligo  indifpenlàbile  di  pre- 
ferire al  divertimento  ilpenficro  degli  intc- 
relTi  domeftici,  e la  buona  condotta  della  Fa- 
miglia. Tuttavolta  , che  manchino  di  pre- 
mere fovra  di  quella,  il  tempo  della  loro  Co- 
verfazione  è reo  d’ una.trafcuragginc  , che-» 
toccando  un  dovere  precifo  non  fi  può  pafl’ar 
per  leggiera  . Io  credo  perciò  , che  la  ritira- 
tezza nelle  Donne  mai  non  pofla  dare  nel 
troppo  , non  v’  eflendo  luogo  , dove  elleno 
ftieno  meglio,  e dove  il  loro  operare  fia  più 
plaufibile  , che  in  cafa  , in  cfle  avvenendo  co- 
me nelP  acqua  , che  rifirctta  nelle  macchine 
idrauliche  ri  efee  più  utile  aflài  di  quella  , che 
è vagabonda  , e difperfa  • Pare , che  la  virtù 

F loro 


82 

loro  confifta  nel  ritiro  principalmente,  e che 
mai  non  divengano  favie, e prudenti  con  per- 
fezione , fe  non  quando  godono  dilungarli 
dalla  moltitudine , come  vediamo  nell’  oro  , 
che  formandoli  nelle  vifcere  della  terra  noa 
rclla  mai  perfezioniito  dal  Sole,  fe  non  è ben 
racchiulb  . Non  voglio  però  qui  praticar  con 
elle  tanto  di  riggidezza , che  pretenda  alTe- 
gnaf  loro  per  confini  impreteribili , o la  Ca- 
la, o la  Chiefa  ; ma  neppure  tanta  condefccn- 
denza,che  gli  accordi  la  permilTione  di  palTar 
tutto  il  tempo  nel  divertirli  di  tal  maniera.^  > 
che  mai  non  penfìno  al  regolamento  della.. 
Famiglia . 

11.  Quello  coltume  poi  bialimevolc  in_, 
fommo  di  llar  fempre  le  Donne  fuori  di  cafa 
cagiona  un’  altro  inconveniente  affai  danno- 
iò , che  è il  perdere  elfe  1’  affetto  a i Domefti- 
ci , dal  che  viene  tra  gli  altri  mali  gravilliini 
la  perdita  benanche  dell’interna  concordia, 
e quel  difamore , che  i Mariti  non  di  rado  co-  i 
cepifeono  verfo  i Congiunti  più  intimi  i E’ 
uffizio  della  Moglie  prudente  il  fomentar  nel 
Conforte  l’affetto  fpezialmente  verfo  de*  fuoi  ' 
Genitori  ; giacche  fembra  pur  troppo  fatai 
collume  ordinario  del  nollro  Secolo  , < che  di- 
videndo un  Figlio  colia  Moglie  l’amore  lo 
ritiri  dei  tutto  ingiurioiàmente  da  quegli,chc 
• dierongli  1’  effere  col  generarlo , ed  il  buoxL, 
dfcre  coll’  illruirlo,  quaficchc  l’unirfi  in  ma- 
trimonio con  una.Donna  llraniera  non  foife 

pun- 


. . . . 

punto  compatibile  coll’  amorde  i Domenici. 

Racconta  Egefippo  , 00  Archelao  Padre 
della  Moglie  d’  Aleflandro  Figlio  del  Re  Ero- 
de fentendo  eflere  il  Genero  in  qualche  fo- 
fpetto  di  parricidios’incamminò  frettolofo  a_. 
quella  Corte  , dove  giunto  andava  con  ifma- 
nia  efc!amaudo,e  come  tìiòra  di  fe  medefimo: 
dove  troverò  queflo  Capo  dì  parricida  per  far  • 

10  in  pezzi  colle  mie  Jìejfe  mani  ? Ed  imbattu- 
tofi  nella  piglia  Moglie  d’Alefl’andro  creduto 
macchinatore  del  Pariricidip  fecele  quello  fu- 
ribondo faluto  : non  conofeo  per  mìa  Figlia^ 
colei , che  non  feppe  /coprire  le  arti  del fuo 
Marito,  e che  al  Suocero  non  dimojìroflì  Nuo- 
tatale, che  /oggetto fempre  teneffe  al  Fadr e 

11  Figliuolo  . Attribuua  Archelao  tutta  la_. 

caula  di  quel  misfatto  alla  Moglie  del  Parri- 
cida, perchè  fe  eli  a nodrito  a vefle , come  do- 
vea,  nelCpnforte  l’affetto  verfo  del  Suocero, 
non  averebbe  egli  conceputp  centra  del  Pa- 
dre un  s'i.efecrando  penfiero . In  fatti  il  dot» 
tiffimo  S.Gioan  Crifoffo.mo  afferma  : niu- 

tta  cofa  ejfere  sì  pojfente  ad  iflruire,  e condur- 
re un*  huomo  dovunque  fi  voglia  , quanto  una 
buona  Conforte'-,  ne  egli  sì  pazientemente  f op- 
forteràgli  Amici,  i Maejìri  ,gli  Principi  co- 
me la  moglie,  che  l’ ammonifee,  e lo  configlia', 
poiché  ha  /eco  un  non  so  che  di  piacere  /’  av- 

. . F 2 ver- 

.»■.  ^.1  — L- — ■ — • 

(a)  Ltb.  %.de  Fvcid.Hiero/c (b)  Hom.6o. 


84  , 

‘vertimento  della  Moglie y che  molto  ama  colui , 
che  ella  rìpret^de  • Poniamo  dunque  incari- 
car giallamente  le  Donne  del  difor.dine  , che  ' 
in  oggi  nelle  Famiglie  è quafi  comune,  di  ve* 
derfi  obbligati  i Suoceri  a dividerfi  dallé  Nuo- 
re, e dovere  i poveri  Genitori  cercare  unita- 
mente , e Moglie  a i Figliuoli  y e cafa  a fc  mc- 
ddim'ijfe  vogliono  vivere  in'pace  .*  Ne  io  fa- 
prei  trovare  di  ciò  cagione  più  vera  , che  P 
abufo  della  Convcrfazionc  continova, la  qua- 
le non  lafciando  alle  Donne  maritate  di  fre- 
feo  alcun  tempo  da  praticare  familiarmen- 
te co' Suoceri  non  gli  da  campo  ne  meno  d' 
affezionarvifi  , onde  ne  viene  per  confeguen- 
za  l' alienazione , ed  il  difamorc  . Sotto  pre- 
teflo  di  reciproca  libertà,  e di  non  porgere_j 
V uno  foggezione  all'  altro  , dividonfi  bene-J 
fpcfib  nella  cafa  medefima  le  Famiglie  , ev* 
•ha  taluna  delle  Nuore  fi  poco  prudente  , per 
rifparmiare  altro  titolo , che  fi  vanta  di  non-. 

* veder  mai  i Suoceri  in  faccia, confeflando  co- 
si di  vivere  difunita  da  effi  ancora  col  cuore, 
non  potendoli  mai  fomentare  fenza  .il  com- 
merziò  delle  perfone  V amore . Ed  ecco  la— 
vera  forgente  delle  difcordic  , de  i diflapof  i , 
è delle  difunioni  nelle  Cafe,  mentre  privi! 
Genitori  infelici  nel  tempo  medefimo  , e de  i 
Figli, c delle  Nuore, c tróvandofrper  ciò  con- 
.damiati  a vivere  in  folitudine,  o a palTarfela— 
iiì  compagnia  della  Servitù , fcelgono  più  to- 
d' iifcir  di, cala,  che  Ilare  in  efla  efiliati,  cd  ab' 
borriti , III.  ‘Quaii- 


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Ss: 

ni..  Quand^anchc  (blo  egli  fofTc.,  co  nie_» 
f)Cn  fi  vede  , farebbe  quello  un  gran  male  , e 
degno  , che  tutte  vi  s’impiegafiero  le  premu- 
re dcJl’huomo  prudente  per  impedirlo  . Ma-, 
un’altro  ne  tira  egli  feco  affai  maggiore  , da_. 
cui  s’origina  pofcia  la  rovina  totale  delle  Fa- 
miglie , éd  è uno  fcambievole  contragcnio 
tra  i Conjugati  medefimi.il  non  aver  mai  al- 
cun tempo  libero  dall’  occupazione  del  pub- 
blico divertimento, cola, che  pur  troppo  liicce- 
de  in  molte  Città  dell’Italia,  fa,  che  prima  per 
convenienza , poi , per  nccclTltà  , e finalmen- 
te per  elezione  , fi  trovino  di  radiflìmò  infie- 
me  i Conforti,  onde  tolta  la  confidenza,  e raf- 
frcddatofi  l’amor  conjugale,pifi  non  fimirano 
come  due  compagni,  ma  ài  piùcome  due_» 
abitanti  in  una  ftelfa  cafa  ,che  talvolta  fono 
infieme  cafualmente,.manon  mai  per  obbli- 
go . Dandofi  pofcia  a quella  maniera  di  vi- 
vere fregolato  il  nome  di  Moda  , e di  libertà 
fignorile  ,fiiole  aprirli  l’adito  in  ciafcheduno 
di  elfi  al  particolare  fuo  genio  , dietro  di  cui 
perdendofi  l’uno  fenza  riguardo,  c fenza_> 
querela  dell’  altro  , fi  forma  a poco  a poco 
un’  infcnfibile , ma  velenofo  alicnamento  di 
animi,  per  cui  languc ,c  muore  affatto  la_. 
reciproca  maritale  benevolenza  . Quindi 
viene  quel  camminar  sì  d’accordo  alcuni  de’ 
Conjugati  attendendo  à fe  ciafcheduno, fenza 
contralto , e quel  rairarfi  con  una  certa  di-, 
finvolta  indifferenza , che  palfando  fotto  l’in- 


86 

degno  di  pdce  ,e  di  óonCofdia , rompe  fra_J 
eflì  il  fanto  vincolo  dell’amore  legandogli  ad 
un  Terzo  con  ingiuria  del  Sagraitiento  . Non 
fi  vedono  pifi  adì  rioftri  Evadne  , e Cap'anei,- 
Plauzj , ed  Oriftillc , conforti  così  fedeli  > che 
lion  fapcndo  Tuno  fópraviveré  all’altro  get- 
tinfi  nel  rogò,  ó nel  fepolcrO  di  chi  è il  prinio 
a morire  per  non  lafc/arfi  dividere  neppure-» 
dalla  Morte  . E’  in  oggi  tra  eflì  così  diferetó 
Tamorc , che  gli  folTre  fèparàti  anche  in  vita, 
ed  abbiam  pur  troppo  veduti  con  orrore  ta- 
luni cercare' per  mezzo  di  morti  violènte  la_. 
maniera  di  fopravivcre  all’ odiata  fuaGOtrt-* 
pagnia  per  unirfi  liberamente  ad  un’altra  pifì 
gradevole,  c pift  geniale.  È’  cofa  da  muovere 
O rifo  , o lagrime , il  vedere  ben  fpeflb  né’ 
tumuitr  della  gran  Moda  taluni  confegnaré-/ 
la  Moglie  lóro  ad.  un  Terzo  ,che  già  confe- 
gnò  la  propria  ad  un’  altro , per  fervire  efR 
quella  d’un’ Amico  ,o  alla  Veglia  , o al  Tea- 
tro , feguendb'  in  un'  quarto  d’ora  tra  i Con- 
iugati un  tal  giro  di  Donne,  che  non  fapreb- 
bono  i Mercadanti'  augurarfene  di  più  net 
danaro  de’lòro  Traffichi . La  Calamita  , èd  il 
Ferro  , benché  di  natura  affai  rozza  , quanto 
più  ftanno  infieme  più  .s’unifcOno , e fembra, 
che  per  quello  s’agumcnti  fra  eflì  l’  amore: 
ma  in  quello  Secolo , che  può  dirli  quello 
della  gentilezza,  c'del  buon  gulló,per  illrana 
fatalità  ninno  sa  più  Ilare  in  compagnia,  fe_» 
no  vi  è tenuto  dallo  fregOlameto,e  dalla  paf- 

fione 


Dif^rtizWH^Wooqlc 


87 

fióne  . A me  fembra  per  ìrerd  dire , che  in_, 
oggi  la  miglior  maniera  di  fcparare  due  genj 
fia  l’unirgli  col  Matrimonio  , come  ulano 
appunto  i Chimici , i quali  per  difciogliere, 
e feparar  ie  foftanze  , ne  unifcono  molte-» 
infieme . Son  pur  pochi , fe  io  non  erro,  que- 
gli , che  a tempi  noftri  feguano  il  parer  d’ 
Arinotele , (a)  dove  moftra  , che:  nìana  cofa 
piti  conitene  al  Marito , ed  alla  Moglie , che 
una /anta  i ed  inviolabile  foeietà mentre^ 
nuH'altro  cercano  più  avidamente  , che  il 
pretefto  di  fuggirli , e ftar  l’uno  JOntan  dall’ 
altro . In  niun  Secolo  certamente  fumai  più 
vero  che  in  quello  nollro,  quell’antico , ma_. 
fperimetato  proverbio,  che:// Pane  di  Mozzi 
àura  pochiffìmo  ; poiché  vediamo  certi  cuori 
legati  col  Maritàggio  Icioglierlì  ben  prefto» 
mettendoli  anzi  per  quella  via  in  una  fpczic 
di  libertà , di  cui  prima  nOn  era  lor  facile  dì 
godere . Diceli , che  al  celebre  fepolcro  di 
Mennóne  Rè  dell’ India  foffero  certi  mira- 
bili llrumenti  Idraulici  per  entro  de’  quali 
rtiolTa  Pacqua  da  i fervidi  raggi  del  Sole^ 
V formavafi  un  mufiCale  eoncerto  (baviffimo 
da  féntirli  ; ma  che  nell’alzarli  di  quel-  Pià'» 
neta  fvaniva  Icemando  neiracqua  il  movi- 
mento per  la  ritirata  del  fuo  calore.  Non 
è egli  quello  un  Geroglifico  vivamente^ 
cfprcflivo  dell’  affetto  fra  i Conjugati , eh» 

F 4 facon- 


(aj  2.  Oecon. 


88 

faceiivio  su  i primi  giorni  delle  Nozze  un^ar- 
monia , ed  una  moflra  belliffima  finche  du- 
rano le  vampe  d^una  pafllon  tranfitoria^ 
manca  poi , e s’ammorza  tpfio  , come  fuoco 
fcnz’efca  ? Non  è già  quello  unquaJclic  idea- 
le, o chimerico  vaneggiamento  per  condan- 
nare.a torto  la /modcit:atezza  del^convcrfa- 
re , mentre  il  Mondo  tutto  , ed  in  fpezic, 
COSI  pure  non  fofie,  alcuni  particolari  paefì 
polVono  farne  con  gran  cordoglio  una  pub- 
blica fede . Neppure,  addunque  farà  efagera- 
zjonc.il  dir  fi  , che  quindi  la  rovina  derivi , e 
l’efterininio  delle  intere  Famiglie  , poiché 
perduta  affatto  o la.  vigilanza  de'  Capi 
iòvra  lo  Spirituale , c f Economico  di  cflcj 
tante  fe  ne  veggiono  pofeia  perdere  le  fo-^ 
Jtanze  ugualmente  , che. la  virtù  , e la  (lima* 
QucIIq  ò un  metter  la  nave  in  mare  fcnza_. 
governo  di  Piloto  , e di  Calamita , a difere- 
zione  de'  venti  ,'e  delle. borrafche,  la  quale«> 
d’ordinario  anderà  a travcrfo,o  falvandofi 
a cafo,  ciò  farà  fempre  fenza  alcun  merito  di 
chi  è deftinato  a dirigerla.  No  può  vcderfi  in 
verità  fenza  fentirnento  di  pena  la  trafeurag- 
gine  in  ciò  di  moltiÌTimi,  che  nelle  Cafe  altrui . 
facendola  da  Socrati , da  Catoni,  e da  Stati  (li, 
iium.erfi  poi  affatto  nello  frcgolato  piacere.* 
di  converfare  abbandonan  del  tutto  le  prò- 
prie , affidando  a gerite  per  lopifi  mercena- 
ria , ed.il  governo  di  ieffie , e l’educazione  de’ 
figliuoli  > e tutto  in  fomma  lafciando  andare 

alla  , 


alla  peggio , purché  non  fi  ritirino . mai  daJ 
un  Si  dannofo  collume  . Leggiamo  nelle-» 
fagre  Carte  , che  la  buona  Madre  di  Samuel- 
lo  C'3')  ricusò  fino  l’invito  fattole  dal  Conlbr- 
teper  andare  alla  Solennità  del  gran  Tem- 
pio , eleggendo  anzi  di  reftarfene  allacura-i 
del  fuo  picciolo  Pargoletto.  Co  me:  fi  potrà 
poi  accordare  alle  Genitrici  moderne  il  tro- 
varfi  non  foiamente.a  tutte  le  Felice  di  Chic» 
fa  , ma  in  tutte  ancora,  le  radunanze. più  libe- 
re lenza  penfar  mai  al  favio  iftradamento  de’ 
lor,  figliuoli  ? Quello  è un  male , che  abbifo- 
gna  d’un  gran  rimedio,  e debbono  le  pcrfonc 
di  fenno  riflettere,  con  ferietà  fe  ciò  accada.# 
in  Cafa  loro  , e trovandoli,  realmente  in  ciò 
difettofe  afiegnare  alla  ritiratezza  qualche 
parte  del  giorno  per  riparo  d’un’abulb  , che 
a mio  parere  ò quello  appunto  , per  cui  è ve- 
nuto il  noflro  Mondo  in  uno  sì  lagrimevole-» 
fcadimento , cd  in  una  sì  comune , e sì  palefc 
miferia .... 

IV.  Io  non  poflb  perfuadcrmi  giammai 
di  efiere  indifereto  nel  dogma  preferi ven- 
do a cialcheduno  un  certo  limite  onello  di 
trattenerfi  al  divertimento,  per  non  inti-. 
fichir  nella  Iblitudine  , e nel  tempo  (ìeflo 
per  non  trafeorrere  di  là  dal  dovere  , c feor- 
darfi  dei  fuoi  obblighi  particolari . li  preten- 
dere , che  tutto  fi  occupi  il  tempo  negli  inte- 

relfi 


Cu)  1 . Reg.  I . 


90' 

reffi  dell’ànima , e della  cafa  da  ehi  viv>e  nel 
Mondo  > voglio  fiipporlo  rigore  ; ma  il  dar-^ 
gliene  la  fua  parte  è ben  giaflizia  , da  cui  non 
pcnlb  jche  pofla  ritirarfì  veruno . Conviene 
per  tanto  goder  della  Converfazione  colla-<- 
dovuta  mifiira  , e partirfene  alle  fue  ore  per 
reilituirfi  alte  Familiari  ineumbenze  delle-», 
proprie  cafe  . Quindi  non  poffo  non  condari* 
Ilare  l’ufo  delle  frequenti  Cene , e de*  Conviti 
notturni.,  che  (bgliono  Coronare  le  Conver- 
fazioni  portando  vicino  al  giorno  ló  flrepito 
de’  bagordi  * Oltre  al  nafeere  da  ciò  una  certa 
viziota  catena  di  pafTatempi , che  ponendo 
come  in  un  moto  perpetuo  quella  ^ che  diceli- 
moderna  Licenza  , unifeono  al  giorno  la  not-^ 
te  fenza  vcrun  divario  : vi  è Tempre  di  pii'i  un 
pericolo  manifello  d’ intemperanza, nella.* 
quale  troppo  è poi  facile  a naufragare  quella 
modellia  , che  Aera  a gran  fatica  difcla  nel 
rumore  della  Moltitudine . f’  »émìé&,  lo  con» 
ferma  Tertulliano , (u)  Santità  il  lùjfo 
de’  cibi;  imperocché  in  qual  rnaniera  fi  per  ~ 
donerà  ìnejjo  alla  Religione  ^ quando  non  fi 
perdona  alla  Pudicizia  ? Pure  non  ferabra^ 
gran  fatto  quel  paflare  le  perfone  di  buon* 
umore  da  i tavolieri  alle  menfe , da  i balli  aU 
le  vivande , e dalle  ciarle  alle  tazze  ; ma  cre- 
foendo  femore  la  conRdenza  * e mettcndolt 
col  calore  de’ cibi , e de’ vini  in  piò  fervido 

mo- 

riri-T- I-I  rhr  *1  - » 


(j&)  Lib.  de  'Jejun. 


movimento  il  (àngue , fi  pone  full’òrlo  del 
precipizio  la  Continenza , e fe  prima  ballava 
per  falvarla  il  Coraggio  della  virth , vi  abbi- 
ibgna  in  tal  ca(b , il  concorfo  de’mii'acoli  pcC 
foftencrla  . Sant'  Ambrogio  confiderà-.' 
con  fottigliczza  , che  l'Idolatria  del  Popolòi 
eletto  colà  nel  Deferto  originbflì  dal  trov^arft' 
infieme  alla  tavola  allegramente  ; fedèt 
così  dice , il  popolo  per  fitanglare , e' bére'  > c-«r‘ 
chiefe  , che  gli  foffero  fatti  Dei  Jìraméri'i 
Quanti , che  fi  mantennero  nella  Convérfa  - 
zione  Illibati , nella  crapula  poi  perderonó' 
l'innocenza  ! Nè  accade  fidaffi  d' una  virtù 
Iperimentata  ben  anche  in  altri  cimenti 
Che  fembran  maggiofi  , poiché  per  abbat- 
tere ogni. valore  , cd  ogni  nifi  virile  in- 
trepidezza" , troppo  ha'  di  forza'  l' intemf-' 
peranza  , la  quale  ne''  conviti , e nelle-» 
giulive  cene",  pub  malamente  evitarli . La_. 
Tigre  Si  feroce  per  altro,  ed  implacabile,  il 
folo  ruggito  di  cui  ingerifoe  nelle  fclvefpa- 
vento  agli  hudmini , cd  alle  ftelTe  fiere  , pcr- 
fcguitàndo  Con  rabbia"  i rapitori  de’  lupi  Ti- 
grettini  lattanti  è'  da'  effi  delufa  , mcntreLjf 
fpar'gendO  eglino  di  quando  in  quando  carni 
morte  per  via  , ella  fermafi  a divorarle  , 
fé  ne  riempie  Con  tale  ingordigia  , che  cc- 
dendo  all'i'rttcmperanza  il  vigor  dello  sdegno 
fi  quieta  , s’avvilifce , c perde  talmente  la— 

for- 

... ■ , li  I ■■■  , . fi  • I ^ ■ I l‘  I " iV. 

(a)  Exod,^2.  (b)  Lib.6.ep,^6. 


' 02. 

forza;’,  die  fi  diftende  a terra,  vittima  imbelle 
(iella  fifa  medefima  ripienezza  , lafciandofi. 
ingiurìofamenteinfultarc  fino  da  quei  piccio- 
li capi,  che  inharizi  atterriti  fiiggivano.E’  ora. 
colo  dello  SpiritQ  Santo , che  dove  fi  tri- 
pudia tra'  l’allégrezza , e ie  Donne  è in  peri- . 
còlo  di  perderfi  il  contegno  , ed  il  fapere  de  i 
Saggi  ; il  vino , e le  femmine  sfanno  apoflata- 
re  i Sapienti  ..Ciò  pure  vien  confermato  con . 
un  gravifiìmo  fentimento  , e degno  d’impri- 
iherfi  nel  cuore  d’ognuho  da  San  Giòàn  Gri- 
fofiòmo,C-^!)  che  l.afciò  fcritto:  chi  vìve  nelle 
àeU'zié^  ed  è dedito,  alle  ubriachezze,  anebe^, 
fuo  mal  grado  è fottomejfo  , ed  è necejfano,. 
che  fpòntaneamente  egli  pecchi  . L’ecccflb  di 
Alefiandro  Macedone  , (c)  che  nella  craf^ula 
s’iiidufie  ad  uccidere  il  fùo  fedeliflìmo  Olito, 
(la.cui  eragli  fiata  pur  anche  difeia  la  vita  , e, 
che  era  da  lui  amato  con  tenerezza , può  effer 
di  ciò;  un’evidente  riprova.  Sò , che  diranno 
molti  di  non  effer.  punto  foggetti  alla  violen- 
za del  vino , c non  pòterfi  per  ciò  ad  effi  ad-, 
dattàre  la  precitata  formidabil  fentenza . Io, 
però  fofiegno  , che  ogni  leggiero  alteramen- 
tb  di  vino,  che  Tempre  fuccede  nella  giovia-' 
lità  delle  pubbliche  Menfe , unito  alla  compa-, 
gnia  delle  Dorine  è capace  di  cagionare  delle 

rovine , c de  i precipizj  irreparabili. Non 
' era 

t MI— — — — — 

: fa)  £cc/.  1 9 . 2 .(b)  Serm.  i ,de  Tern.(jz)  . 
lib,S.C.d)Marc,  6.  , ■ 


9^'  ; 

era  già  ubriacò  affatto  il  Re  Erode  nel  fdlcn- ' 
ne  Banchetto  celebrato  per  la  memoria  an-] 
niverfaria  delfuo  narcimento;  eppur.e  vinto’ 
dalle  danze  lufinghierc  dClE  iniqua  figlia  di 
Erodiade  s’indiiffe  alla  fceleragginc  d^ordiiVa- 
re  in  grazia  di  lei  la  morte  del  Santo  PrecLirfv  - 
renelle  egli  per  altro  mirava  con  affettò, c conC 
iflima  . Si  pentirono  , è vero  , ammenduc  co- 
defii  Monarchi  del  lor  misfatto  , ed  Aleffaii*-’ 
dro‘ in  particolare , che  infoiferente 'dcri'uo; 
riinorfò  voleva  ad  ogni  collo  uccideffi , per 
non  fopravivcrc  alla  flragc  di  Clito  : ma  che 
pròjfccrail  male  fenza  rimedio?  Cesi  avV 
viene  ancora  a taluni , che  tardi  ff  pentono 
un  trafeerfo  voluto , fenza  però  mai  fcanfar-’ 
ne  le  occafioni . Meglio  è operar  berie'pcr  no 
averfi  a peiitire,che  pentirri  picr  aver  mala- 
mente operato  . Ciò  debbe  ancora  molto  piò 
evitarfi  da  i Capi  di  cafa  re  da  quegli  fpezial- 
mente , che  fi  fanno  fervire , mentre. codcfto 
coffume  di  far  fempre  ,o  fpeffo  di  nottc\‘gior- 
no  ò cagione  , che  i fervidori  per  lo  piti  tra- 
fgredifeano  il  precetto , della  Chiefa  , e.  dell^ 
aftenerfi  dalle  carni  ne  i giorni  preferitti , c 
del  digiunare  le  vigilie  poiché  ftanchi  tòrr 
nando  a cafh  co^  lor  Padroni  fenza  rifletterò 
alla  mezza  notte  giàfeorfa,  ofenza  farfené-i 
fcrupolo  , imbandifeono  le  proprie  mcnfe  , e 
crapulando  allegramente  carican  dei  lor 
peccati  le  j:ofcienze  di  quegli , che  gli  obbli- 
gano.a  prender  cibo  in  qucirora  , D^un  talo-# 

* * incon- 


94 . . 

/nconvenientc  (àppiamo  cflerne  pieno  il 
Mondo,  ma  non  già  di  coloro , che  facendone 
cafo  périfiho  a provvedervi. 

V.  Dopo  di  quello  f che  è un  male  pofiti- 
vp , ed  evidente , dee,riflettere  l’hupm  di  lèii- 
no  por  intereffe  ancora  di  quel  godimento 
medefimo , a cui  afpira  ciafeuno  , .chc  fé  dilet> 
tcvole  ha  da  clTere  la  Converfazione  bifogna, 
goderla  con  qualche  intermirtenza,  ed  alfe- 
gnarle-  un  tempo  da  poterla  bramare  per 
isfuggire  la  noja  , ed.il  fadidio  della  fuzietà 
infeparabile  da  tutti  i beni  del  Mondo.  C«)  Le 
cofe  defiderate  ,dicea  Cìc^ronQ  ypìù  diletta- 
no , che  quelle  Jìeffe , le  quali  fi  godono  di  con- 
tinovOfU  peggio  però  fi  è,  che  reciproca.^ 
effondo  tra  coloro , che  fi  trovano  infieme, 
codèfta'noja  partorifee  un  certo  dirpregio., 
che  fuol  degenerare  fino  ia  natura  d’odio,  co.- 

ine  .fcriffe.benc  il  Poeta  ; 

« 

il  lungo  coti^erfar  genera  noìa-t 
. E la  noja  difpregìo , ed  odiò  al fine-  — 

Non  fonò  radifiìrae  -le  Inimicizie  mortali  na- 
te dalla  fmoderata  frequenza  dei  converfare 
i’  uno  coll'altro, e lo  .vediamo  ancora  naturai- 
piente  n.c  i frutti , che  dando  feparati  confer- 
vahfi.a  lungo , laddove  unitifi  contaminano 
fi  preftiffimo , e piarcifcono.  Pochi  vogliono 
!..  ‘ . capi- 

(à)  Qrat,  pojì  Red-  ad  ^uir-  (b)  Guar. 

m 


capire  la  gran  verità  infegnata  da  Liflìo  ,(/») 
che  : per  lo  più  •vili fi  rendono  coloro  , che  vo- 
glio»' ejfere  troppo  civili^  effendo  regola  ficu- 
rillìma  per  acquiftar  l’aitrui  ftima  il  non  get- 
tarfi  dietro  Tempre  a tutti , ma  follenen^  il 
Tuo  \)o{io  fuggire  . come  nota  bene  Svetonio  > 
(J})ìl  fafiìdio  dèlia  frequenza  y e difenderci 
colla  lontananza  la  Maejlà . Ciò  con  viene^ 
appunto  col  Tenti mento  alTai  grave  dell'  eru- 
dito Laerzio,  (c')chc  i bei  Quadri  devono 
guardarfi dà  lontano  : coTa  ,che  a meraviglia 
clprime  quello  , che  andiam  peiduadendo  . 
Fra  le  arti  del  viver  bene  è Tingulare  nei  pre- 
gio quella  di  Tapcr  Tarli  defiderarc  ùagTaltri; 
locchè  certamente  meglio  avvenir  no  puote, 
che  per  mezzo  d’ un' ihterrottta  ConverTa- 
zione  , da  cui  Ti  impediTca  la  troppa  dimelU* 
chezza,  e Tamiliarità,  contrarie  tanto  al  Tofte- 
gno,  e d’  un  certo  non  (Indiato  , ma  naturale 
allontanamento , che  induce  negli  altri  bra- 
ma infìeme  , e venerazione  di  ciò , che  non  li 
vede  Ib vente;  a tutte  le  cofe  .,  per  Tentenza  di 
Socrate , concigliando  ammirazione  la  Rari- 
tà . Ben  chiaro  fi  vede  ciò  nell’  apparire  del- 
le Comete  , le  quali  tirano  a Tc  gli  occhi,  ed 
il  penderò  di  tutti  gli  Afirono  mi  per  miTu« 
rame  l’altezza  , cd  indagarne  le  indica- 
zióni j coTa  , che  non  Tuccede  nello  Tpun- 

• . .tare  .* 

Ca)  Lib.z.de  DoBiCìv.  iAug.^ 

(c_)  Lib.  4.  c.  8, 


tare  ordinano  delle  altre  Stelle  . -Trattandaf» 
fi  pofcia  delle  Converlazioni  fuperiori  al 
Rango  di  chi  le  pratica  , giudicò  il  precitato 
fublime  Filofofo>  che  non  baftafle  il  l'arfi  ddl- 
derar  folamente  ,.ma  dorcrfi  riculare  ancora 
con  gentile  modellia  per  invogliar  maggior- 
mente i Perfonaggi,  che  le  offerifcono.  Cbìa- 
moto , foggiiingne , da  un  maggiore  di  te  al- 
lontanati , imperocché  più  per  queflo  medefi- 
mo  ti  chiamerà . Non  pochi  però  vi  fono, 
che  fcbbene  confeflano  per  vero>  ed  infallibi- 
le un  tal  documento  vivono, ciò  nonollante, 
per  tal  maniera  ingannati  dall'  opinione,  e_« 
Rima  di  fe  mcdcfìmi,  che  giungono  a creder- 
li necelTarj  in  tutte  le  radunanze , tenendo 
per,  certo , che  infipide  riulcir  deggiano  , e_» 
languide  , fe  eflì  non  le  animano  colla  loro 
prefenza , e non  le  follengono . Converreb- 
be a colloro  il-fingerfi  prima  d' elTere  un  So- 
le per  crederfi  indi  principio  di  luce,  ed  an- 
che in  tal  calò  troverehbefi  chi  dicelTe , che 
avendo  il  proprio  lume  le  Stelle , punto  per 
rifplcnderc  non  abbifognan  del  Sole  . E'  non 
picciolo  errore  lo  ftimarfi  un  folo  neceflario 
per  tutto  a fegno,che  nulla  di  buono, e di  gio- 
condo poflà  accadere  fenza  di  lui:  e per  difin- 
gannarfene  balla  riflettere , che  tante  ve  ne_» 
furono  prima, e che  tante  vene  faranno  delle 
Converlazioni  dopo  di  lui  non  men  giulive.», 
ed  amene  di  quelle , che  egli  giudica  di  ren- 
dere da.lé  folo  preziofe,  e pregevoli  ; Difle_» 

in 


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in  tale  propofito  ari’hiiomo  arguto  ad  im’Ma» 
refciallo  o’Armata',  che  fuor  di  modo  affan* 
navali  per  non  poter  elTer  prefente  ad  un  fata- 
to d’armi  commelfo  dal  fuoSovrano  ad  un’al- 
tro: btfognerà  dunque  da  qui  avanti , c che  il 
vpjìro  Rè  faccia  una  pace  inviolabile  con  tut^ 
te  le  RotenzCiO  voi  il  miracolo  di  trovarvi  per 
tutto  . Potrà  in  tanto  da  quelle  ragioni  rac- 
cogliere ciafeheduno  di  qual  giovamento  fia 
per  riufcirgli  il  determinare  alla  Converfa- 
zione  il  Tuo  tempo , acciò  faggia  ella  fia , ed 
innocente  ,dimoHrando  con  ciò  di  converfa- 
re  per  vivere  piò  lietamente , non  di  vivere-» 
folo  per  converlàre  : e perchè  ancora  non  fi 
dieno  ad  intendere  le  pcriòne  piò  critiche.» 
non  avere  egli  nel  Mondo  altra  occcupazione 
piò  premurofa>che  di  efier  Tempre  diibccupa- 
to,nc  altro  penliéro  piò  rilevante, che  di 
cercar  fempre  tra  gli  altri  il  proprio  di* 
vertirnentp, 


Del 


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D^l  Converfare  talora  il  S0VÌ9  ' 

f((omdeJitno  f ] 

/ CAP,  Vili, 

l'T^T  C>n  v’  ha  forfe  Veruno,  che  non  cono», 
fcà  quanto  di  utilità  recar  gli  poteHb,  . 
l’ ufo  d'una  moderata  ritiratezza  per  appren- 
dere la  inanierà  di  guidar  bene  la  vita , e d| 
valere  afuótémpò  yantaggjofamente’dell* 
umano  coriforzio  ; Ma  perchè  la  virtù  del  ri- 
tiro, e del  cónverfare  leco  medeCmo,  ha  Una 
fifonomiadi  malfuppQftà  rwfticità , ed  Un'  fi- 
niftró  concetto  di  rincrefcevole,  e di  penofa, 
è fuggita  da  rùojti  ingiuriolàmente  fenza  vp» 
ler  neppure  aflhggiarla  per  rintracciarne  a_. 
fondo  la  qualità  ^ Io  perù  la  giudico  fi  rie, 
ceflaria  all*  huom  di  fenno , il  quale  abbia  da 
viver  nel  Móndo  » che  quànd*  ancora  fecò 
portafle  qualche  aggravio  di  nma , ò di  pena» 
egli  non  per  tanto  pofla  mai  dilpenlarfen^-»» 
poiché  1 utile  non  dee  con  tale  avidità  ter” 
carh  nel  dolce,  che  fi  trafeufi  pollo , che  fio., 
nell’  amaro , Pilbgna  duncpje  difiìnire  in_, 
primo  luogo  colà  yeramerite  Ila  quello  con- 
verlàre  uno  leco  medefimo  per  poter  polcia 
formarne  un  documento  fieuro , e metterne 
meglio  in  veduta  l’ Utilità , Altro  non  è que- 
lì<)  làggio  efercizio , che  un  chiudere  la  per- 
I Icnfi  cn:erni,c  valerfi  delle  interiori  po- 
toiizi'pcr  conolccrc,  e deli.ziarfi  in  quelle-, 

co- 


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cofe,  che  cffendo  »1  di  fbvra  affai  dej  fenfibi-. 
le  non  poffonp  comprenderfi , che  dallo  ipi' 
rito  » Riftretto  egli  nel  corpo  viene  fovente 
impedito  nelle  Tue  più  fublimi  operazioni  da 
quei  fteflì  organi  citeriori,  che  furono  dalla-. 
Provvidenza  dedinati  a fervirlo,  mentre  em» 
piendofi  per  mezzo  dell'  occhio  la  fantaiìa  di 
fpezie.  tutte  baffe,  materiali,  e corporee , fe_» 
ne.ibrma  come  una  folta  nebbia , onde  otte* 
nebrato  l' intendimento  non  può  fiffarfi  ne* 
gli  oggetti  più  puri  fenza  qualche  allontana* 
mento  da  i fen(i,in  quella  guifa,  che  chi  ufa_ 
del  Cannocchiale  chiude  un  occhio,  ed  applir 
ca  P altro  a meglio  agire  per  entro  a quei 
tcrfi  criftalli , I^r  ciò  diffe  bene  il  gran  Pro* 
cokxjitt)  dover  fi  tagliere  alpamnuf  ifuoì  odìo-^ 
fi  mpedme»ti,  ed  applicarla  per  quefia  ma^ 
all» favhf  ed  Htile  cofiumama  di  contempla- 
re • Ciò  premeffo  dee  comprendere  l' huora 
prudente , che  non  potrà  mai  goyernarfi  be- 
ne, fe  talora  non  fi  ritira  dentro  di  fe  medefi* 
rao  agoderd’  un  tal  lume,  ed  a cercar  quelle 
verità, la  cognizìon  delle  quali  tanto  a lui  ne- 
ceffaria  gli  vien  contefa  dal  maUziofbaccie- 
ca mento  del  fenfi , Acciocché  poi, volentieri 
egli  faccia  di  quando  in  quando  una  ritirata 
fi  profittevole, porremo  quVin  chiaro  la  Co»* 
Jolaziene.y  il  Fratto, la  ì^icarezz»  » eìaGlor 
ria  , che  venir  potè  ad  ognuno  dal  faper  tal- 
volta ftar  folo  . G 2 il.  E 


(a)  de  Anim.  & Dam. 


ioo 

- il.  E per  farci  dalla  prima  di  quelle  cole 
egli  è certo,  che  per  E huomo  non  v’  ha  Con- 
folazione  maggiore  di  quella  , che  io  poi  ta  a 
conofccre  fe  inedefimo , poiché  eflendo  cia- 
fcheduno  avidifllmo  di  fapere,  non  può  non.» 
deliziarli  in  una  tal  cognizione  , che  da  Gale» 
no  fu  detta:  (a)  il femtno  della  Sapienza.;  on- 
de poi  giudicò  Plutarco  tutta  dipendere  la.» 
Morale  da  quelle  due  Oeliiche,e  fublimi  Sen- 
^ tenze:  Conofei  te  JìeJfo:  e nulla  di  troppo  . £d 
invero  parvero  codedi  agl*  Antichi  idue.» 
Poli  di  tutto  il  fapere , ed  il  primo  di  que’detv 
ti  piacque  tanto  ad  Augnilo , (é)  che  Tempre 
lo  portò  in  dito  efprclTo  in  un  vaghiflimo 
anello . li  pervenire  alla  notizia  d’ alcuna.» 
cofa  non  intefa  per  avanti  cagiona  una  tale.* 
allegrezza , che  leggiamo  d’  Archimede  elfe- 
re  come  ufeito  fuor  di  fe  fteflb  pel  ritrova- 
mento d’  una  lòia  dimodrazione  intorno  alla 
celebre  Corona  d*  oro  mefcolata  con  lega  » 
onde  fentivall  gridare  ad  alta  voce  per  tutta 
la  fua  cala  impazzito  quaft  per  gioja  : bò  tro» 
vato , bò  trovato . Molto  maggiore  poi  fen- 
za  dubbio  dovrà  elfere  il  godimento  di  chi  ar- 
riva alla  malTima  delle  cognizioni, che  è quel- 
la di  conolcere  fe  medefimo,e  di  vedere  uno, 
ehe  perduto  prima  dietro  all*  ingannevole.» 
mi  feria  del  corpo;  conofeea  sì,  come  ancora... 

feri- 

de  co^nìt. , cur.  At:.  lìb.  c.  2, 

Cbj  In  Orat.  Confai, 


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ioi 

fcrive  Piatone»  (a^  le  còfe  fue , ma  non fe flef^ 
fo.  A quella  Torta  però  di  beatitudine  così 
dolce  giugnere  non  poflbno  Certa  mente  co* 
loro  i che  nel  divertimento  perduti  mai  fem* 
pre  niun  penfiero  per  fe  riferbano  » e per  lo 
lludio  utilinimo  fbvra  P huomo  interiore.»  » 
troppo  i al  dire  del  gran  Demetrio  Falereo, 
difficile  effendo  il  couofcer  ben  fe  medefi' 
mo  in  mezzo  a i piaceri . Égli  è d’ uopo  duo* 
que , che  fi  ritiri  alcuna  volta  l’ huom  faggio 
a converfar  feco  (leiTo  periliadendofì , che.» 
una  sì  fatta  contentezza  di  animo  d' altronde 
non  può  venirgli,  che  dal  dividerli  dalla  mol- 
titudine alcun  poco , mentre  alla  Tua  Diletta 
delle  fagre  Canzoni  lo  conliglia  pure  lo  lleA 

10  celefte  Spolb  dicendole  ! (c)  fe  non  conofei 
te  fteffa,  o belUffima  tra  le  Donne,  efei,  e vat- 
tene dietro  le  pedate  de'  greggi  tuoi  ; dir  vo- 
lendo , che  s’ allontani , per  comprender  be- 
ne l’ interior  Tua  bellezza  , da  ogni  ellerno 
rumore,  colà,  che  mollrò  d’ intendere  anche 

11  Poeta  in  quel  foo  detto,  profondo  non  cer- 
car te  fieffo  al  di  fuori . In  quella  maniera.» 
alzandoci'  huomo  fovra  .dì fe  mede  fimo , (d) 
fecondo  il  Profeta  Geremia , comincia  a fen- 
tire  quel' godi  mento,,  che  , per  fervirmi  di 
qualche  benché  leggier  paragone,  fuolc  pro- 
varli da  chi  un  aria  balTa , c grave  lafciando 

G qf  ■ .ad 

Ca)  In  aleWh')  ap.  Laur.Sram.  tom.  i ; thim, 

2 1 6.  (secanti  2. .7.  (d^  Tbrjn,  j. 


4 


Ì02  . 

Ad  un  emiiiente,  fòttlÌ6  f cd  amsiià  fì  tfasferi- 
fce  ; e perciò  dicea  San  Girolamo  * C^yche  a 
luì  efU  un  carter  6 la  Ottà,  ed  un  jPafadifo  là 
Solitùdine  i QUefto  conofòiffltìnto  pofcia..  > 
Che  acqiiifta  IMìaoniO  di  fe  medefimo  ac- 
crcfce  f motivi  della  confolaziorie  rendetido- 
lo  fuperiore  a quelle  molte  difavventufcj  che 
infìdiano  la  tranquillità  della  vita,  pofciaCChè 
immergendo  nella  contemplazióne  delle  mi» 
gliori  cofcio  fpirito  fa  * che  el  non  ne  fenta_* 
l*  aggravio  i onde  a i Martiri  del  ilio  tempo 
ebbe  a dir  Tertulliano  j(é)che  t ninn  dòlùrà 
fente  nel  »ef<uo  là  gamba  allorché  tfattìenji 
animo  in  Cielo  » Potranno  però  qui  oppor» 
re  talUdi,ehe  reca  la  Converfazione  appunto 
Un  tal  giovamento  a chi  la  pratica  , mentre-» 
nella  ^Icezza  di  èffa  divertito  lofpirkopo- 
tOf  o nulla  fente  la  forzale  la  tirannia  delle_^ 
Umane  feiagUrC  * Ma  è qùi  da  rifletterfi  effe- 
re  cofa  molto  diverfa  il  non  fentir  le  miferie, 
e il  non  curarle  ^ Pnò  ben  far  la  Convérfà- 
Zione  degli  hàomini  * che  tìOrt  lé  fentiamo 
fCordandoCenC  per  allora,  ma  non  già  « Cho^ 
le  fupcriamo  colla  virtii^  alchè  ne  conduce-j 
felicemente  1*  efercizio  di  converfare  talora 
Con  noi  medefìmi  i lìfcito , che  Ìlà  P.hùom® 
dal  cohibrzto  degPaltri  tornerà  torto  a fenti- 
reil  pelò  di  quelle  miferie  medefime  j deìleL> 
quali  fi  era  fCordato  ; ma  1’  huom  di  ritiro  ef- 
' fen- 


«<i 


,jr  V f ¥.iNij|T|T|-  I-  fMi- 


(a)  Rùjìic*  Cb')Lib*aà:Marijfr.c,z, 


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. . ‘0? 

fendofi  f^er  la  cònteihplazioiìe  del  vóto  bentf 
ad  effe  fenduto  fupefiore>  quand’  anche  fì 
rimetta  fra  al*  altri  pih  non  ne  fentirà  l’aina* 
rezza  aven^le  già  vinte  Colia  virtù , non.^ 
ndormentatc  folo  Colla  feordania  ^ So  poi 
gli  convenifle  Combatterne  laviolenza  dinUo* 
Yó  > lo  ^rà  fenza  pena  perchè  armato  d*  una 
vera  collan^a  i elfendo  pur  Certo  > fecondo 
Arinotele  i (a^checìh  y che  fiadopeira  per 
*uìrtk  égtoC»»dot  0 per  ìo  mettùfenta  taolejìiay 
che  apporti  dolore . Rimane  per  quedo  chia- 
ridìiBa  la  eonjolazioàe  per  altro  inefplicabiiej 
che  ricavar  puote  ciafeuno  dal  viver  talora-, 
in  compagnia  di  fc  medefimO . 

• III.  Ne  minóre  è il  FruttOy  che  (*cC0  por- 
ta un  sì  prudente  efercizio  , condUcendo  1* 
huóm  di  ritiro  all*  importantilTima  Cognizio- 
ne di  Dio,  la  quale  i per  fentenza  del  profon- 
do Marfilio,  (;é)  aver  non  il  puote  fenzalà^ 
^ìinzi  chis/fquey  dice»  defideracomfeere 
jDtOy  primo  Co»ofeafe  medefimd . Non  v’ hi- 
chi  non  veda  quanto  gli  iia  neCellario  il  co. 
nolciiticntodi  Dio-^  Che  é il  noilfo  ultimo  lì. 
nCi  ed'il  principio  ócììi  vera  » ed  eterna  feli. 
cità,  e per-confegUeniia  quanto  cara-  èiter  gli 
debba  la  moderata  ritiratezza, che  diicopren- 
dogli  il'baiTo,  ed  infermo  elfer  dio  gli  mani, 
iella  nel  tempo  medefimo  la  fttblimiiimaÉf. 

: G 4 ' • fen-  . 


Ciy^^hie.è.ié  Cb)  Ltk,q.  de  Tbeol4*l<tt, 


104 

fenza  Divirta'.  Varitaggio  poi  noh  puòdarfiy 
che  fuperi  quello. d' una  tal  cognizione, men'v 
tre  fcopcrta  la  bellezza  d’ un  oggetto  sì  puro 
infìeme,  e sì  grande,  non  potrà  l’  animo  noti 
amarlo  .adonta  di  quanto  Cerca  in  terra  al* 
Iettarlo,  e fludiar  le  maniere  tutte  per  confe* 
guirlo  4 Queftò  raggio  pertanto  d’ avventu- 
rerà conofeenza  ficcome  nacque  nella  ritira- 
tezza dagl’ efterni  oggetti' difturbatori , in_. 
elTa  conferverafll  ancor  meglio,  e làrà  l’huo* 
mo  per  confeguenza.  più  certo  di.goderne  il 
prontto  col  tender.  Tempre  dirittamente,  al 
termine,  della. vera  Beatitudine  . La  confer- 
ma di  ciò  può  dedurfi  da  una  fperienza  fatta_> 
da  i moderni  Filoibiì,  dovedimoHranó , che 
ftando  l’ acqua  de’  pozzi  nella  Tua  profondità 
non  (ì  altera , più  calda  mai  non  divenendo  j 
ne  più  fredda,  come  hanno  ofler.vato  calan- 
dovi! Termometri,  ne’ quali  non  fi  è perciò 
veduto  un  minimo  variamento  4 'Alzandoli 
poi  l’ acqua  de’  Aedi  pozzi  àd  un’  ambien- 
te men  puro  ora  fcaldafi , ed  or  fi  raffredda., 

. fecondo  le  diverfe  qualità  contrarie , delle.» 
quali  s’ imbeve . Tanto  avviene  pure  nell* 
huom  di  ritiro , che  dando  feco  deffo  vivo 
conferva'fenZa  veruno  offufeamento  il  lume 
d’ una  raggia  conofeenza ,'  c lo  perde  bene.» 
fpefìb . nei  conforzio  fmoderato  degl’  altri . 
E d’ onde  mai  per  vero  dire  nalcèr  polTono  in 
huomini  ancora  di  natura  afiai  compoda , ed 
inchinevole  al  bene , tante  contrarie  voglie  , 


tante  difbrdinaté  affezioni,  éd  in  fbm'ma  tan<^ 
te  perniziofe  cadute,  fé  non  fé  da  i varj  cóftu> 
mi , che  dagli  altfi  in  loro,  qual  fottìi  vena  d” 
acqua  per  Torte  muro,  penetrano  infcnribll» 
mente  a viziargli?  Che  poi  quello  felicilTimo 
conofcimento  di  Dio  derivi  dall*  altro , chej 
uno  acquilla  di  fé  medcfimo,è  Certo  per  quel» 
le  ancora , che  fcrive  Sé  GioiGrifbftomo  (<z) 
colui  cottòfce  bene  fe  JìeJfo , che  nulla  flimafi  * 
Giunto  , che  fìa  1*  huomo  a conqfccre  il  prò* 
prio  nulla  agevolmente  follevafì  coll’inten* 
dimcnto  a quell*  intera , e perfettiffima  fo« 
danza  divina,  in  cui  tutto  contieni!,  imparane 
do  coll’ abbiezionc  di  fe  .medefima  a mirar 
ciò,  che  ben  comprefo  può  renderlo  dovizio- 
lo,  e pregevole  . O quanti , che  tèngonfi  per 
dotti;  perderebbóno  con^mòlto  frutto  la  (li- 
ma di  fe  m'edefimi , fe  ritifandofi  a confiderai 
re  cofa  eglino  fieno  capiflero  là  miferia , che 
efagera  Ugonej  molti  fanno  molte  coje,ed 

ignoranfe  flejfi  ! Vedendo  quel- molto , di  cui 
eglino  fono  mancanti  , in  vece  d’ andar  tronfi 
tanto, ed  altieri, s’appiglierèbbòno  al  bel  con« 
figlio  di  Perfio , chefuona  in  noflra  favella  ; 

Entra  in  te  jìejjh,  e vedi , . 

Che  la  tonaca  tua  nongiugne  ai piedi>(c^ 
Saggìlper  quello  folo  fareboono  , e perfetti , 
locchènon  dee  crederft  punto  Arano  , dccifo 

aven- 


’tfe 


CognfuiiQy^^ib  Jè  ^ìim^Cc)Sat»^ 


10(5 

avendolo  San  Girólaino  CO  «sollo  ferivcrc  ì 
qùeftàè  PùHtQà  perfezroae  ì»  tutte 
tofe . conofcere  bette  la  ptoptia  mpet/ezh»e. 
£d  iti  fotti  errano  moltidìmi  perchè  > o noti., 
veggiono.  >.  0 hori.voglioha  vedere  ì ptopl? j 
difeùt,  e nóii  ifcoprendotié  la  radice  » che  iìa 
nella  cattiva  difpbfizionc  dell*  animo  > d*  affa.* 
ticaoó  di  fcUforgli  i ed  attribuirgli  a certe  ca* 
gioni  ederne  i che-UUlla  V’  hanno,  di  coJpa^  » 
afuggendo.  così.- la  nceeflìtà  d’ ammendarli  * 
Difeorre  fopra  diqUedo  alfop  iblito  Cotu* 
inolta  fod^za  il  Mprale  foCcndo.  Vedere  ^ che 
peggiori  de  i ciechi  ibiio  Sì  fotti  hUominhme^ 
tre  noti  ci  vedono.  > e ricUfon  di  piìi  maJizioià* 
mente  la  guida  .ì  che  hi,  feri  ve  egli,  (À)  cet- 
tatto  chi  gli CQtidùcàiHoi.  erràado  JettJsà  fcdrttt 
dìctatnò',  so  tsott  fimo  amhizhfó , ma  tsiunopuò 
itiitetè  ili  Rom’ài  diver/àmetste  ■.  fit.t/ott  jbttà 
prodigò , nè  ficiàlMquatoret-mq  làftejfa.  Città 
èfige  sfarzo,  ègMndiJpèfie  . Pìott.  e mio.^iàièi 
che  io fià  iraconda,  kbé  non  per.àneo  io  . abbia 
determìnàia  ma  èerta, , e j^a  maniera  di  vi* 
vere,  qùejlo  Vhn  dèdla  giovinezza , Ben  ve* 
dell  derivar  qtiefi*  errore  dalla  ignoranza^'» 
che  del  proprio  internò  ha  ciafohedùnal  On* 
dje  credendoli  perfetto  iti  fe  inedefitno  afCri* 
ve  ad  altri  Jl  loo  Vizio  -,  ne  punto  dimali  bilb*« 
gnOlb  di  corrczioUe>  e ber  ciò  dilfe  benillinio 

San 


4 • 


, ,'*oy 

Sali  BcriiardòjCiO  éhèf  P igno¥arife  fleffo  ca- 
giof/d ftipèrbia  » Gonvierie  pCròj  che  1’  hiiom 
oi  fenno>  temendone  una  pcitinia  CónfegUed- 
■za,  confonda  qued^altere^za  inolia  fegola^^  di 
San  GrcgoflòJ  ibi  ifuól  eo/tòfeere  quaic^ 
^glijtà,  dee  ledete  qu&lè  egli  dòn  è>  Da  quel- 
lo , che  Vede  degl*  altri  dì  bilònd  potrà  cònd- 
Icerc  quanto  a lui  tìtaiida  j t provvederfeneL^ 
«Ila  idcglid  y credendofi  iinperfetto  per  que- 
ìloalniend  j che  inai  lidri  fapehdo  id  altri  ini' 
ihiiare  il  bene  raccoglie  iblamenie  il  tnaleL>i 
Hcco  la  rovina  di  mólti  Ibdperta  nell’  òrigià 
Tua  4 i quali  nód  volendo  riflettere  in  aleu;t> 
tempo  Tovra  difCi  de  Uiifurarlt  eoll^  altrui 
jjaragòne,  mai  non  s’ indueono  a cangiar  eo« 
ftUmCi  e àuejìùy  Così  lo  Conferma  Seneca  < 
tifa  pejftrdì  y che  nìtino  rimirà  ìa  fua  vita  4 
Precipita,  Volea  egli  dire  i feniia  ritegno  iìi^ 
Ogni  vizio  colui  j che  lafcia  di  confiderare^ 
il  jproprio  interno  per  migliorarlo , men- 
tre non  Vedendone  la  bruttezza  neppuroi^ 
mette  mano  « o a torla  j o a corrcggerlà, 
•Come  chi  non  avéiido  fpecchio  per  rirairarfi 
non  può  ripulire  il  volto,  dà  quelle  macehie, 
che  lo  deformano  eflfendogH  ignote  < Saggia- 
mente perciò  Tenti  va  Ariftotele  (d)  dicendo, 
che  avendoci  la  Natura  prodotti  in  forma  da 

, non 

a 

(*a)  Sup.  Cani.  Serm.  274  (b)  Vtb,  inÓYdh 

fC)  85  4 (d>  2< 


iò8 
non 
te  ai 

fpecchj , dove  fcorgendo  ognuno  V immagi.» 
ne  di  fe  medefimopu^  ripulirfi  commoda- 
mente,  ed  acconciarfì  . II  fimile  dee  fuccede- 
re  nella  cura  ancor  dello  fpirito  per  dirigger- 
lo  con  ottima  difciplina , ed  il  Cridallo  per 
mettercene  fotto  gli  occhi  le  qualità  è la  ri* 
fleflìone,  che  fa  Ibvra  di  fe  egli  lìeflb. , come:^ 
infegna  il  fovracitato  Ugone  : (_a)  lo /pecchia 
primario  perlfedefe  è P a/timo  ragioacìfolcut» 
che  rimira  fe  medefimo . fiifogna  dunque, che 
abbia  la  perfoua  il  fuo  tempo  d’ attendere  ad 
tina  sì  rilevante*  e profittevole  rifleflione,  ca- 
vandolo dall’  abulb  di  ftar  Tempre  converfan- 
do  con  altri  * Allora  fi  vedrà  togliere  da  fe  le 
viziofe  macchie , operare  con  rettitudine,  ed 
adornarfi  delle  virth  morali , e criftiane , a_* 
guila delle  Conchiglie , che  quanto  piCt  foli- 
tarie  fono  , ed  efpofic  al  folo  influfib  de’Cieli» 
partorifcono  perle  più  belle,  e più  pure-^. 
Quando  poi  altro  frutto  non  recafle  la  ritira- 
tezza, che  l’ affezionarfi  l’ huomo  allo  fiar  fa- 
lò, picciolo  ei  non  farebbe,  e Seneca  (Jb')  fcri- 
vendo  a Lucilio  fopra  il  propofito  di  non  sò 
qual  filo  Scolare:  cerchi^  dice, quanto  egli  ab^ 
hta  profittato  ? Comìftcìò  ad  ejfere  amico  difff 
fìel]  o:  molto  ha  guadagnato’,  mai  non  farà  fola» 

1-V. , Quin- 

- *■  ■■WipuiWMIi  !■  .MI  . ■■  J ■ ■ ' . tm 

(a^  Didafc,  c.  3.  (b)  Ep.  6*  - « ' ’ 


òtefci  irtifrar  là  faccia,  ha  fiippIiitoTAr- 
un  tal  difetto  Col  ritrovamento  de  i 


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IV,  Quindi  nafce  ben  manifeda  la  Stcu-^ 
rezza,  che  loco  porta  il  ritiro  , mentre  la  co- 
gnizione di  fe,  e di  Dio,  conduce  a quella  an- 
cora degl’  altri , che  tanto  giova  ad  ognuno , 
e fpezialmente  a chi  vive  nel  Secolo  . Tutti  i 
C?ni  correvano  a quel  famofb , che  dipinfe_> 
Praflìtele  , e perchè  vivo  il  credevano  face- 
vangli  intorno  all’  ufo  loro  mille  fcherzi  fe- 
Aofì,  da  una  morta , ed  ingannevole  tela  non 
diltinguendo  un’  animale  della  propria  fpe- 
zie . Così  vediamo  accadere  ben  fpeffo  in^ 
moltilhmi,  che  s’ aflfezionano,  e fortemente  s* 
attaccano  a cert’ uni  giudicandogli  huomini 
capaci  d’ una  vera,  e leale  amicizia,  ed  ingan- 
nandoli ne  ricevono  poicia  un  danno  incre- 
dibile, difcoprendogli  in  fine  i ma  fenza  frut- 
•to,'per  beftie  irragionevoli , in  cui  altro  non 
regna^  che  l’ interefle,  l’ invidia,  e la  frode-» , 
E chi  fenza  lume  di  buona  Filofofìa  non  cre- 
derebbe, che  amicizia  do  velTe  dirli  quella  del 
Cane , il  quale  tanto  accarezza  il  fuo  Padro- 
ne, e tanto  il  commenda  in  fuo  linguaggio 
pel  cibo,  che  ne  riceve , e sì  fedele  a lui  fi  mo- 
ftra  , che  fembra  voler  vivere , e morire  in_* 
fua  compagnia , come  pure  di  quello  sì  cele- 
bre del  Re  Dario  i che  al  cadavere  di  lui  ab- 
bandonato da  tutti  alTiftè  per  più  giorni,  feri- 
vo 1’  erudito  Eliano  ? (a)  E’  pure  è codefta-. 

una 


(a)  L/ù,  6.  Hijìor.  Animai, 


femplìee.  pjiflione , c4  wn  affetto  mera» 
niente  fenfitivo  ^ ebc.dipefì  iftinto  » pon  aroi»; 
cizia  à*  amort!  elettivo,  e ragionevole , Am^ 
il  Cane  per  intereffedel  benefizio , non  per»-, 
chè  amato  eifiveggia;  e fe  perduto  un  Pa-i 
drone  ricufa  talora , ed  i veazi , ed  ileibo  per 
altr^  non  comprendere^ 

ohe  il^oiJdo  poira  fargli  lo  fteffo  bene , che 
ei  riceveva  dal  primo  • In  fatti  fe  ne  vedono 
tanti  t che  di  cafa  jn  cafa  paffando  fcordahft 
ben  preftp.del  primierojcHe  più  non  vedono  ^ 
e fanno,  le  flcITe  amorofe  finezze;  al  nuovo  cu* 
ilode  » in  feguito  d'’  Ariftotele  > e de'  più  fani 
Filp^fi  ) eoa!  decide  jl  Jefauro  r (n)  Ora  fuc* 
cedendo  più  fpeflìfljmo  anche  negli  buomint» 
che  amando  per  intereffejO  per  altra  vigliac* 
pa  mira  >•  fono  fingitori  di  bugiarda  benevo* 
lenza  > dee  vegliar  mpito  P h^mo  accorto 
per  difcoprirgli  a tempo  » ©prima  ammet- 
tergli alle  ponfidenze  , ©d  al  fegreto  del  cno? 
ye  . Fgli  è dunqi^^®  d'  uopo  > chc  fi  oflenrino 
da  lui  in  convcrlàndo  i coftumi.j  1©  qualità»  Q 
gli  an^menti  di  mólti  » © che  ritirandpfi  po- 
feia  a rifiettervi  alquanto  fbpra , fcelga  que* 
gli , pive  dopo  una  lunga  > e ben  p^ur»  pon- 
derazione gii  parranno  tra  i buoni  i migliori» 
c tra  i migliori  gli  ottimi-  • Q.nefto  non  può 

farfi  mai  bene  fra  il  tumulto  della  moltitudò 

ne 


(a)  lilf.  zof  P'ilof.  fttoral.  c.  j.  . 


nc  in  regnando  II  ?llbfofo,C«)0he 
cizià  CQttvhn fuggir  e ^ Impeto  dell'  amorc^,  ' 
il  quale  prepiiifie  il  giudizio,  e lem  lapode- 
Jìà di prottaré . Un  amico  trovato  acato  di 
rado  riefccbMono*  oriuféendo,  non  è mai 
con  lode  d|  chi  lo  fcelfe,perchè  impetuofo  ef- 
fendo  l’amore  levò  tntto  il  merito  ajia  ragio- 
ne di  eleggerlo  con  prudenza' , Js^on  lafciamo' 
di  notar  qui  la  regola  di  quel  gran  Principe 
della  Morale  per  icierre  giudiaiofamente  gli 
amici  cavata  da  quattro  qualità  contrarie  al- 
la vera  amicizia;  CA)  atti , egli  dice  non  fono  d 
quffto  coloro  , che  troppo  hanno  d' iracondia , 
d’ $ncofanzd,difofpetto  ,c  dÌVerbofttà.  Sic-r 
come  poi  non  v’  ha  peggiór  difgrazià , che-i 
quella  di  feiegliere  cattivi  amici»  così  non  v* 
ha  migliore  fortuna,  che  quella  dj  faperfi  im-' 
batter  ne*  buòni»  mentre  non  v’  $ ricchezza , 
ehe  la  pareggi , Quindi  Platone  difletCc)  vor~ 
rei  pià  tójìó  a</ere  un'  amico  buòno  , che  funi 
i t efori  df  Dar  io  i Sicuro  potrà  benCrederfi 
dalle  terréne  miferie  chi  a tanto  giunga,  poi- 
ché fe  ognuno' eifendo  amiciflìmp  dj  fe  mede- 
fimo'  naturalmente  pni)  dirli  un'  Argo  di  cen- 
to occhi  per  cuftodirfi , tfoyato  poi , che  ab- 
bia un  vero  amico  , il  quale  fu  diffipitp , ùfd 
àltro  fe  jleffo  ; potrà  vantarfi  giu(iamente_» 

d’ 


(a)  Ub.  20.  Filof.  maral, 
lo.(c)  Ibìd. 


3.  (bp  5.  Ethìc.  c. 


n* 

4’ avere  alla  propria'  difefa  radòppiata  laJ 
guardia . Da  ciò  un*  altro  gran  bene  deri* 
va,  ed  c il  faperfì allontanare  a fuo  piaci* 
mento  da  i molti  pericoli , che  s’ incontrane 
fovente  nella  pratica  de  i cattivi , come  piò 
ditfui'amente diremo  afuo luogo.  E* quella^ 
una  fpezie  di  fìcurezza  ben  grande , ma  non.* 
conofciuta  da  quegli,  che  invaghiti  fenza  ve* 
runa  moderazione  del  converfare  non  fanno 
rilplverfi  a ftar  mai  foli,  onde. con viengli. 
confagrare  a codeflo  genio  indifcreto  i van* 
(aggi  d’ un  opportuno  ritiro,  e d’una  pruden* 
(c  perquifìzione  dell’ altrui  naturale , e per* 
derfi,  dirò  così , bene  rpeffo  in  ceremonia,  ee. 
per  aonplimento.  A cip  mirando  il  gran  Dot* 
tore  Sant*  Agoftino  lafciò  a tatti  quell*  utile 
documento  f (m_)  mffo  alla falvezza  è cqnve* 
piente  la folìtud'taéi  don;e  no»  trovafi  Évo-»  p 
che  per/uada,  o altra  femmina. , che  lufihgbì , 

. E chi  non  vede , che  feco  medefimo  conver* 
fando  l’ huomo  faggio  è piò  ficurp  d’ operar 
bene,  lungi  tencndpfi  da  quelle  prefenti  oc* 
cafioni , che  tanti  contra  voglia  ben  anche.* 
inducono  al  male , come  fcorgelì  appunto 
nel  Sole , che  fe  con  certi  Pianeti  non  è con* 
giunto  con  maggiore  benignità,  e piò  perfet» 
jamente  influifcc  ? Non  può  dunque  negarli 
grande  effere  la  Acurez?a,che  in  si  fatto  efer* 

ci* 

(jA')Ser,  1 .Per./^-pofl.J)om.2.  ^mdrag. 


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clzio  ritrovafi , e che  infbmmo  necefiario' 
perciò  egli  fia  alle  perfone  ancora d’ un  na- 
turale ben  docile, ed  inclinato  al  bene  per  ac- 
quiftare  una  certa  prontezza  di  ritirarfi  to- 
lto in  falvo  , quando  s’ incontrino  certi  olla- 
coli  , che  polTono  cangiarne  l’ indole  affatto  .• 
Se  vediam  tutto  giorno , che  alcuni  venti  ri-  • 
pcrcotendo  nelle  oppolle  montagne  diven- 
gono contrarj  a fe  medefimi  , cambiandoli 
per  efempio  il  Levante  attefa  codella  riper- 
cuflione  in  Ponente  : perchè  non  potrà  acca- 
dere il  Amile  con  anime  anche  innocenti  di 
mutar  natura  imbattendoA.  incerti  impedi- 
menti , che  loro  contendano  il  corfo  nel  di- . 
ritto  fentiero  della  virtù  ? Sarà  per  tanto  ad 
effe  utililAmo  l’ addeftrarA  a fuggirne  P in- 
contro, come  le  Tartarughe , che  deludono , 
in  fe  medeAme  concentrandoA,  Paffalimento  ■ 
de* -loro  nemici , e non  oAinarA  a voler  vin- 
cere con  un  incerto  contrailo , dove  è più  A- 
curo  colia  fuga  il  trionfo . Per  far  quello  non 
bilbgna  immergerA  tanto  nella  Converlàzio- 
ne , che. ne  rieìca  difficile  nelle  giufle  occor- 
renze la  ritirata , ma  pigliandone  quanto  ba- 
lla , mantenere  una  certa  fveltezza  di  fpiritOt 
che  fappia  ufcirne  opportunamente,  e ridur- 
A per  lo  meno  all’  indifferenza  di  converfare, 
occorrendo,  o con  altri , o con  fe  medeAmo . 
Chi  vorrà  troppo  ingolfarA  nel  piacere  di 
Tempre  divertirA  fuori  di  fe,  potrebbe  forfè-» 
ridurA  alla  fvcntura  dello  Spinolo,  di  cui  feri- 

H vefi. 


114 

vefi  > che  mirando  caduti  folto  degli  Alberi 
molti  pomi  tanti  ne  infila  nelle  acute  Tue  fpi- 
ne  per  portargli  alla  tana,  che  improvvifa- 
mente  colto  dai  Cacciatori  non  può'per  quel 
pefo  metterfi  in  fuga  veloce , edòprefoper 
tradimento  della  Tua  propria  ingordigia  . La 
mifura  in  tutte  le  cofe  non  dee  prenderfi  dal- 
r appetito,  che  mai  non  faaiafì , ma  dal  lurme 
bensì  di  ragione,  che  non  al  prefente  folo,ma 
all’  avvenire  ancora  mirandoTegola  tutte./ 
le  azioni  a dovere . 

V.  Uguale  a quelli  vantaggi  farà  quello 
ancor  della  G/or;<i',  che  dalla  ritiratezza  ri* 
donderà  nell'  huom  fàggio , prelTo  almeno  di 
quelle  perfbne , che  valutano  con  rettitudine 
di  giudizio , e ponderano  con  maturo  eiàrae 
le  operazioni  d’  ognuno  . Egli  è fenza  dubbio' 
un  pregiudizio  notabile  al  buon  concetto  df 
un  huorao  di  conto  il  vederli,  che  mai  ei  non 
fappia  vivere  feco  ftelTo , eflendo  contraflfe- 
gno  d’ animo  vuoto , ed  in  cui  punto  non'  ha 
di  forza  la  riflelTione,  che  è la  regola  del  ben 
vivere . Le  deboli  Piante  han  bifògno  di  ap- 
poggio, ma  le  forti  lì  reggono  da  fc  medefimc 
in  piedi  ; così  il  Savio  per  la  propri^conten- 
tezza  noli  ha  Tempre  d’ uopo  degli  altri , e la 
rinviene,  quando  voglia,  dentro  di  fe:  laddo- 
ve l’huomo  leggiero  per  divertirli  ha  bifo- 
gno  d’altrui,  come  appunto  la  Luna,  che  non 
là  rifplendcre  , fe  non  è Tempre  col  Sole_> . 
Somma  per  tanto  farà  la  gloria , che  acqui- 

foe- 


.. 

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tlj 

fterafll  ciafcuno  col  lapcr  Ilare  alcuna  volta 
feco  mcdciìmo,  dando  a conolcerc  d’  avcre_* 
un  tal  capitale  di  foda  virtù , e d’ interiore-» 
pienezza , che  meno  foto  ei  non  (ìa  mai  d’ al- 
lora, che  è più  folo  . Tutto  fuo  in  tal  cafo  po- 
trà dirli  quello  fplendore,  onde  comparirà 
arricchito;  e fe  le  Colonne  , e Guglie  più  ce» 
lebri  non  hanno  mai  Aima  , fenondivife  da  i 
Monti,  ne  quali  furon  formate,  così  l’huomo 
non  farà  mai  più  ragguardevole , nc  tenuto 
in  pregio  maggiore , che  quando  faprà  fepa- 
rarA  dalla  moltitudine, e non  per  tanto  vi  ver- 
fene  lieto  nel  fuo  ritiro.  Chi  vuole  fperimen- . 
tare  la  preziofità  del  Diamante  lo  porta  allo 
(curo  , dove  egli  riluce  a-meraviglia  . Non  c 
gran  fatto  lo  Aarc  allegro  tra  gli  altri,  come 
non  lo  è il  parlare  tra  molti  ; ma  Accome  il 
dilcorrere  allorché  tacciono  tutti  è affai  diffi- 
cile t ed  il  farlo  bene  è gloriofo  in  ffimmo  ; 
così  è molto  plauAbile  quella  ilarità,  chc_» 
mantienfi  lungi  dal  comune  divertimento. 
A certuni , che  A piccano  d'-  effere  le  Colon» 
ne , ed  i Luminari  maggiori  delle  Conver- 
fàzioni , ma  che  tolti  da  effe  raffembrano  pe»- 
A:i  fuor  d’acqua,  potrebbe  dirA  ciò,  che  al  fuo 
CauAdico , il  quale  gracchiando  fèmpre  nel 
tumulto  de’ Fori  non  làpea  Aior  di  colà  aprir 
bocca,  diffe  Marziale  con  lepida  acutezza , e-« 
così  torqa  in  noAro  idioma..  . 

H 2 


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Ìi6 

« 

§l^ttqndoogttun  parla,  l^evolo,  hai  gran  lena, 
li  qUul prode  Avvocato  mai  non  queti  ; 
Dunque  ogn*  un  del  Saver  trovò  la  vena . 

Or  parla  un  pò,  che  tutti  fianfi  cheti  . (a) 

Voi , potria  lor  dirli , che  allegra  tenete  la_. 
brigata  con  sì  dolci  facezie  , e con  motti  sì 
ameni , divertite  un  poco  voi  (leflì  dentro  de' 
voftri  Gabinetti , ritenendovi  parte  di  ciò  > 
che  ad  altri  sì  largamente  difpenfate  . All' 
occhio  del  volgo  parerà  , io  noi  niego,  che_»  * 
nulla  faccia  l’ huom  .ritirato  ; ma  allora  ap- 
punto farà  alTainìmo,c  fu  fentenza  di  Seneca: 
ih)  maggiori  cofe  operar Ji  da  coloro , che.  mo- 
Jìrano  di  nulla  operare.  Égli.c  ben  meglio  far- 
li uno  dalla  Plebe  tener  per  oziolbnella  riti- 
ratezza , che  l’ eflerlo  veramente  nell’  abufo 
d’una  Converfazione  continova;  oltre  di  chè 
non  v’ha  lìrada  piti  ficura  pel  difpregio,che  1' 
efler  Tempre  fugli  occhi  di  tutti;(c)  vile  reu- 
dendoJi,tì\  parere  dello  fteflb  Morale,  ciò,  che 
fetnpre  è palefe . Difle  pur  bene  una  Donna 
di  fpirito  i non  ha  molto  , ad  un  mio  Cono- 
Icente , che  non  fapea  vivere  fuor.del  diver- 
timento ; fe  finifje  V ufo  del  converfare , Voi  » 
Signore,  non  averejìe  pià  Cafa,  poiché  vo/ìra 
unicamente  è divenuta  quella  degli  altri  . 
Un’  altro  più  ftabile,  fondamento  ancora  di 
vera  gloria  ha  nel  ritiro  l’ huomo  difenno  , 

cd 


(a)  Epigr.^S.  (b)  Ep.  6i.  CO  Ep.  io. 


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ed  è la  fmcera  cognizione  dei  proprj  difetti , 
che  nafcendo  in  lui  dal  riflettere  fovra  fe  ftef- 
fo,  lo  tien  lungi  dall’  oflervare  gli  altrui , co- 
fa  della  quale  non  può  darfi  piò  fgradevole_> 
tra  le  Pcrfone  civili , e che  porti  maggior  di- 
fcredito  a chi  la  pratica  . È proprio  , diffe_^ 
Tullio , (a)  della fioltezza  mirareivizj  degli 
altri , e fcordarjl  de  i fuoi . E’  queflo  indizio 
d’  una  cecità  lagrimevole , volendo  farla  uno 
da  cenfore  fovra  di  tutti , quando  egli  piò  d' 
ogni  altro  ha  bifogno  di  cenfura , e men  ridi- 
colo ei  noli  diviene  di  que!  prefuntuofo  , che 
avendo,’ fecondo  la  parabola  Evangelica , Qb) 
un  trave  ne  i fùoi,  fcorgcva , c condannava-, 
le  paglie  negl’  occhi  altrui . La  bella  fcienza 
>di  faper  fcuoprire  ne  i Compagni  ogni  neo,  c 
trovare,‘pome , dicefi  per  proverbio  trito  , il 
pelo  nell’uovo, nafcc  dall’ignoranza , foggiu- 
gne  lo  fteflb  TvL\\\o,(c)metre  l' Attimo  , che  a 
guifa  delP  occhio,  non  vede  fe  flejfo,  mira  le^ 
altre  cofe  . Se  dunque  la  ritiratezza  pratica- 
ta a fuo  tempo , e con  difcreta  moderazione , 
conducendo  cialcuno  a penetrar  bene  le  in- 
teriori fue  qualità  lo  ritrae  dall’  odiofo  uffi- 
zio di  critico,  e di  mordace,  gli  acquifterà  an- 
cora nel  Secolo  una  gloria  ben  diftinta  di 
prudenza,  e di  contegno,  che  amabile,  e gra- 
dito lo  renda  in  ogni  luogo  . Unito  pol'cia_* 

H I agl» 


Ca-)  5 , Tufcul.  Cb)  Matth.'j.  3 . (c)  i . Tufcul. 


« 


1 18 

agl’  alti*!  predetti  di  Confolazione  > di  Frutto 
e ài  Sicurezza  i quefto  guadagno  ancora  d 
Gloria,  io  non  fo  vedere,  chi  leriamente  con- 
fiderandolo  pofla  non  invaghirfcne , e I*  ideal 
pena  chimerica  difpregiando  j che  in  ciò  fi 
figurano  le  Perfone  di  corto  intendimento, 
non  voglia  d’ un  sì  gran  bene,  e sì  manifcllo, 
provvederlTadogni  collo  * 


Dei 


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* • 


II9 

Del  Luogo  di  Converfare . 
CAPO  IX. 

I.'P  Atta  , che  averà  fi  Savio  la  determfna- 
X/  zione  di  converfare  tal’ ora  fecome- 
dehmo  dovrà  poi  mirarfi  bene  d’intorno  tut- 
ta volta,  che  fi  rimetta  fra  gl’  altri,  e fpiare_> 
con  attenzione  il  luogo , che  fceglie  pel  fuo 
divertimento . Lo  Scaligero , e l’ Aldovran- 
do  raccontano  («;di  certi  uccelli  delle  Mo- 
lucche,  detti  di  Paradifb,  o Manucodiate , da 
i (^uali  traggonfile  vaghe  penne  per  i cimie- 
ri , che  vivendo  fempre  in  Cielo  aperto  e_> 
pafcendofi  di  rugiada , perchè  avidi  fono  d’ 
abbeverarfi  tal’  ora  nelle  frefohe  acque  de’ 
fonti  cercan  di  farlo  con  tutta  cautela,  man- 
dando avanti  uno  di  loro  come  indagatore  di 
quelle  infidie,  che  temono:  onde  i Cacciatori 
porti  in  aguato , partito  il  foriere , fpargono 
di  poflente  veleno  le  rive  de’  rteffi  fonti,  e ca- 
lando l’intiero  duolo  ne  fanno  preda . Non,, 
dee  per  tanto  badare  all’  huom  di  fenno  una 
diligenza  mediocre  per  pofare  il  piede  in^ 
ogni  luogo  con  ficurezza , perchè  i pericoli 
di  contaminarfi  non  fono  pochi , ne  piccioli 
in  un  fecole  fpczialmente  a nortra  confufione 
sì  libero , e sì  corrotto . chi  non  fi  guarda  $» 

H 4 Cf. 


T.^']Ap.  Scot.  P hy  f,  Cur. p.  z.l,  9.  e.  55. 


120 

efpone  a i ladronecci,  poiché  infogna  lo  Spi- 
rito Santo  fa]  che  dove  non  è Jiepe  il  podere 
faràfpogUaSo  : e chi  non  ha  l’ occhio  al  piede 
farà  prefo  , eflendo  lo  ftelTo  in  materia  di  fa- 
viezza,  c di  continenza  , fecondo  1*  avvilo  di 
Giobbe:  [b']  il  metter  piè  nella  rete,  che  il  ri' 
manervi.  Ne  dovrà  l’huom  prudente,  cui 
prema  la  propria  falvezza,  annojarfi  d’  una_. 
cautela  si  nccelTaria  , quando  il  trafcurarla_. 
in  grazia  delle  fedotte  paffioni  può  rovinar- 
lo ; e fc  ciò  l'eco  porta  qualche  poco  di  pena_. 
è ben  meglio,  dice  il  Tritemio,  [c~\ fuggir  Poc- 
cajìone , che  perderft  incautamente  . £ trop- 
po è certo  un  tal  precipizio  per  chi  non  invi- 
gila allacHllodia  di  fc  medcllmo  , e fenza  ba- 
dare dove  s’ impegni  s’accomuna  con  tutti 
indìRintamente;  c fe  fu  errore  di  Plinio  il  di- 
re , [rfl  che  palcendofi  d’  umor  terreno  le_» 
ftelle  vengono  per  elfo  a macchiarfì,  ò bene-» 
verità  d’ infallibile  efperimcnto,  che  s’,  attac- 
chino all’  uno  fpelTe  volte  i vizj  dell’  altro , 
come  cantò  il  Poeta  : 

Tiìt  che  pepe  mortale 

'S*  attacca  il  vizio  frài  compagni ,e  il  male  fe') 

c che  un  buono  cangi  miferamentc  natura  fo- 

. . . , Io  . 


• fa]Ecc/.g6.  [bl  c.  de  7ent.  Relig'.  'c.i  o. 
Cc]  i8.[d]  Lib.i.c.<)\[c'} Maria: 


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121 


lo  per  bazzicare  in  luoghi  Ibfpetti  di  colpa-.  > 
come  vediam  nelle  compleflìoni , che  ottime 
eflendo  in  un  aria  falubre,  guaftanfi  affatto  in 
un’  altra,  che  fìa  cattiva  . Ne  io  fo  perdonar- 
la a coloro,  che  ben  conofeendo  i pericoli,  a i 
quali  s’  efpongono,  fi  fan  cuore  col  giudicar- 
gli minori  della  propria  coftanza  nulla  mi- 
rando alla  confuetudine  , che  grandi  gli  ren- 
de, e formidabili . Così  rifpofe , allo  fcrivere 
di  Laerzio , il  buon  Platone  ad  un  fuo  difcc- 
polo,(fl^  che  forprelò  da  lui  nel  giuoco  feufa- 
, vafi  di  praticarlo  , perchè  era  leggiero  : ISIon 
difle  il  ¥ì\oioÌOy  leggiera  , e piccola  cofa 
la  confuetudine  . Le  infermità  non  fi  contrag- 
gono tutte  in  una  volta  , ma  cominciano  da-> 
certe  piccioiilTime  difpofizioni , che  non_. 
curate  a tempo  fottomcttono  ogni  tempcra- 
. mento  più  forte , e piìifano  . Il  feme  de’  vizj 
. non  ifcorgefi,  tanto  è minuto  ; ma  dove  nafee 
,di  rado  muore,  a guifa  delle  cattive  erbe,  che 
.leminate  a calo  crefeono  fenza  cultura  , ed 
aftogano  a poco  a poco  le  biade  migliori.  So- 
verchia non  farà  mai  l’ accortezza  per  allon- 
tanarfi  da  quel  terreno  , in  cui  allignano  le_j 
corruttele, perchè  fe  dove  nafeono  i venti  fo- 
no più  gagliardi,  e pefanti , a fogno  , che  nel 
Settentrione  , al  riferire  d’ Olao  Magno , 
alzano  in  aria  i tetti  interi  delle  cafe , bench 

di 


(a)  Lìb.  3 . (b)  L*b.  i • e.  j.. 


(X" 


1 


122 

.di  raddoppiato  piombo  coperti, maggior  for- 
za per  atterrare  la  virtù  averamio  ivizjnci 
luoffo,  dove  fiorifeono, quantunque  lacollu- 
manza,  e il  depravato  genio , non  ne  lafcino 
interamente  comprendere  la  violenza  . Se_> 
efaminar  volclfero  da  i principj  la  ferie  di  lor 
cadute  quegli  infelici , che  perderono  l’ inno- 
cenza nella  perniziofa  lubricità  del  diverti- 
mento, ritroverebbonojche  piccioliffima  fu  1' 
origine  d’  un  danno  si  grande  , e che  l’ inav- 
vedutezza d’  avanzarfi  in  ogni  luogo  fenza_, 
riflelTo  fu  la  (ùrgente  di  lor  miferia  . Nulla_. 
fembra  a chi  lo  fcan(à  un  palTo  precipitofo  , 
ma  è cagione  di  mortale  caduta  a chi  noi  cu- 
ra, e fe  poco  ricercali  per  evitarlo,  tutto  non 
balla  pofeia  lo  sforzo  per  rilevarfene  . Guar- 
difi  dunque  bene  al  piede  chi  faprofelfion  di 
prudenza  , e non  cammini  fempre  alP  ufo  de- 
gli Aftrologi  col  capo  in  alto , perche  fdruc- 
ciolando  averà  il  danno,  e le  beffe  , come  av- 
venne aTalete,  che  effendo  caduto  in  un_» 
pozzo  mentre  contemplava  le  (Ielle,  cosi  dal- 
la fua  fantefea  fenti  deriderli  : meritamente^ 
ciò  t'è  accaduto, mentre  ignorando  quello,  che 
bai  damanti  al  piede,  *uuoi  tutto  giorno  gir fpe^ 
calando  per  conofeere  il  Cielo . [a]  Quella.- 
è la  condizione  del  mondo  ingannatore  , non 
v’  elTer  pur  uno , che  avvili  agli  incauti  il  pe- 

ri- 


(a)  Baecon. 


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*2?  . 

ricolo,  e biirlarfi  poi  tutti  di  chi  vi  cade . Mi- 
glior configlio  è pertanto  il  farli  tenere  di 
corta  villa  coll’  efaminar  bene  la  ftrada  , che 
s’  ha  da  battere , chefentirfi  beffar  come  cie- 
co dopo  d’  cfler  caduto  . Io  direi  a chi  lla*^ 
per  fcicgliere  il  luogo  del  fuo  divertimento 
ciò,  che  difìe  con  flemma  piccante  un  huomo 
arguto  ad  un  certo  vecchio  , che  in  leggendo 
voleva  comparire  d’ acuta  villa  , lalciando 
gli  occhiali  ; è meglio  leger  bene  con  gli  oc- 
chiali, che  fpropojitando  fenza  di  ejfi  farjì 
credere  un'  ignorante  . E’  affai  minor  male_» 
il  farfi  burlar  dagli  fciocchi  moflrando  una^ 
tema  prudente  di  quelle  inndie,che  vogliono 
evitarli,  che  dar  da  ridere  a i Saggi  incappan- 
dovi, come  Tuoi  dirli  ,all’  impazzata  , 

li.  Ma  veniamo  alla  maniera  di  prende- 
re come  il  faggio  di  quel  luogo , dove  li  può 
converfare  con  ficurezza . Io  lodo , che  in., 
quello  niuno  fi  lafci  guidar  molto  dall’  incli- 
nazione, che  fovente  è fofpetta , e fuol  dege- 
nerare in  amore  dilbrdinato  . Quando  nell’ 
. indiiferenza  di  eleggere  la  Converfazione;^ 
■fentirà  la  perfona  un  forte  (limolo  d’ attac- 
carfi  pili  ad  una  , che  ad  un’  altra , dovrà  efa- 
minarlo  affai  bene  per  vedere  fe  mai  y’  avef- 
fero  alcuna  parte  lepaflioni  per  invaghirne- 
lo,  e fpczialmentc  l’ amore , che  di  tutte  è la_. 
piò  Icaltra  , e la  piò  (ina . Pure  elfendo  ella.* 
ilrepitofa,  e tumultuaria,  non  è molto  diffici- 
le a conofcerfi , per  mezzo  dei  movimenti  in- 
ter- 


f 


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124 

terni,  mentre  ha,  dice  S.  Agoftino , (o')  og»* 
amore  la.fua  forza , f/e  può  fare  in  ozioneir 
amante  . Confiderando  addunque  la  cofa  cor» 
pofat'bzza  convien  fuggire  quei  luoghi  ap- 
punto, che  effendoci  per  riflefib  forfè  a qual- 
che oggetto  particolare  piò  grati,  fono  anco- 
ra più  nocevoli,  e liberarli  valorofamentc  da 
ciò,  che  allctta  per  rovinare,  come  il  Polipo, 
che  abbraccia  ftrettamente  per  Ibmmergcr- 
lo  il  Pefeatore . V’èquì  dimeftiere,  cheP 
huom  di  fenno  abbia  un  buono , e fino  odora- 
to, ed  a guifa  de*  Cervi , che  fiutando  per  do- 
ve palTano  attentamente  a fe  tirano  i Serpi  , 
e gli  uccidono  , conofea  all*  odore  il  nafcolb 
veleno,  e lo  rigetti . Oltre  ad  una  si  veglian- 
te  , e s\  necelTaria  ponderazione  farà  ben  fat- 
to , che  ognuno  li  regoli  in  ciò  coll*  efempio 
di  quegli-, che  nel  proprio  rango  fono  tenuti 
comunemente  per  i migliori,  ed  elegga.- 
quell  tiogo  , in  cui  li  divertono  elfi  innocen- 
temente , e con  lode . Quivi  ei  potrà  viver 
licuro , perchè  dove  il  clima  è perfetto  non  fi 
contraggono  cattive  difpofizioni,  e quel  luo- 
go, che  o fa,o  mantiene  buoni  i più, non  è mai 
per  nuocere  ad  un  folo  , quando  ei  non  vo- 
glia maliziofamente  abufarne . Rapporta  il 
prenominato  Olao  , che  nelle  parti  della 
Fimmarchia  Settentrionale  i Pefei  confer- 

van- 


(a)  h Pfal.  1 2 1 . (b)  Lìb.  i ,c>.  2, 


vanfi  intatti  per  Io  fpazio  di  dieci  anni  leccati 
l’olo  all’  aria,  che  è purgatiflìma,  fenza  verun 
condimento  di  fale.Tanto  avviene  ancora, Cal- 
va la  Tua  proporzione , agli  huomini  di  buon 
coftume,  che  fi  divertono  ih  luoghi  oncfli,e_> 
purgati  da  ogni  viziofa  infezione,  confcrvan- 
dofi  netti , ed  innocenti  come  v’  entrarono  . 
E’  qui  da  oflervarfi  ciò  , che  vcdiam  nel  Cri- 
flalio  , o come  lo  chiamano  iFilofofi,  nello 
Specchio  uftorio , il  quale  unendo  i fuoi  rag- 
gi nel  bianco  non  incendia , ed  unendogli  nel 
nero,  o in  altro  mifio  colore  , tollo  v’  attacca 
la  fiamma  . Eller  può  quella  una  ben  degna_- 
immagine  della  favia  Converfazionc,  che  fa- 
cendofi  in  luogo  ficuro  , e con  perfone  di  co- 
llumi candidi,  e puri,  illumina  bensì,  ma  non 
accende,  c tanto  fucccde  appunto  nello  ftclTo 
Criflallo,  che  riflettendo  in  un  bianco  perfet- 
to lo  fa  rifplenderc  per  tal  maniera,  che  l’oc- 
chio può  appena  fofferirne  il  raggio  , eppure, 
c sì  lungi  dall’  incendiarlo  , che  ne  tampoco 
il  rifcalda  . Quindi  vien  poi  1’  allucinamento 
di  certi  huomini  maliziofi,che  mirando  alcu- 
ne di  quelle  Converfazioni  sì  luminofe , ed’ 
un’  invariabile  contentezza  sì  piene , e ricol- 
me , non  fanno  capirla , ed  avendo  fugli  oc- 
chi per  altrui  modellia  il  millero  di  Mosè  C^') 
nel  Roveto , che  ardeva  lenza  abbriigiarfi  , . 

. non 


(a)  Exod. 


1 


non  lo  venefan  già , come  quel  Santo  Profe- 
ta , ma  lo  condannano  , perchè  non  l’ inten- 
dono, e lo  rimproverano  per  quello  folo,che 
non  s’ alFomiglia  punto  a quel  delle  cale  lo- 
ro, dove  ogni  favilla  fa  incendio  . Felice  può 
ben  dirfi  chi  in  tal  guifa  convcrfa , mentre.» 
dal  luogo , che  ha  Icelto  prudentemente  per 
deliziarfi  paffa  con  ficurezza  a quello  dell» 
eterna  giocondità , dove  goderà  fenza  temii.^ 
di  perderlo  il  conforzio  degli  Eletti . 

III.  E per  non  ingannarli  in  cola  di  tan- 
ta premura  potrà  l’ huom  Savio  rifletterei»» 
pih  addentro  fovra  di  fe  medefimo , ed  qlFer- 
vare  fe  il  luogo , dove  converfa  gli  toglie  al- 
cuna di  quelle  buone  malhme , che  nodriya.. 
prima  d’ entrarvi , c fe  gf  impedifca  il  rice- 
vere il  Iblito  lume  delle  divine  ifpirazioni  pel 
buon  governo  della  fua  vita . Ogni  altera- 
mcnto  in  quella  materia  è Ibfpetto , e ricer- 
ca Ibllecito,  ed  opportuno  riparo  . Finché  la 
Luna  è in  pofitura  di  ricevere  perqualche.» 
parte  il  lume  del  Sole  non  rimane  affatto  ce- 
di (fata  , anzi  quando  ancora,  pofla  ricevere^ 
qualche  raggio  per  rifleflb  della  terra  illumi- 
nata da  quel  Pianeta  ritien  pure  alcun  poco 
di  luce,  ma  la  perde  del  tutto  quando  fuori  d* 
ogni  rifleflìonC'  de  i- raggi  folari  è dalla  terra 
i iiteramente  coperta-  • Qtiella  debbe  efler  la 
regola  di  chi  frequenta  i paflatempi  ; aver 
ben.Focchio  aperto  fovra, dd.proprio  Inter- 
no, c viver  ficuro  fin  tanto , che  veda  o dirit- 


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127 

tamente,  o per  rifleflb  delle  perlbne  , colIe_> 
quali  ci  pratica , il  raggio  della  divina  Gra- 
zia, che  fi  ricava  da  i fanti' penficri,  dalle  bra- 
me della  virtìi  ,•  c dal  conofcimento  delle  ve- 
rità eterne;’  fuggendo  rifblutamente  , comc_> 
if  buon  Lotte  dalla  patria-  infame,  da  quel 
luogo,  fbvra  di  cui  rifplcnder  non  veggia  in_, 
alcuna  maniera*  codefto  lume  . Sarà  certa- 
mente miracolò,  che  quivi  ci  nonprecipiti 
feguitando  a praticarvi  ; ne  io  crederò  mai-, 
che  alcun-  huom'  di  giudizio'  foifra  fenza  ri- 
morfo  di  vederli  mai  Tempre  in'pcricolo  affi- 
dando  la*  propria  falvezza  ad  un  incerto  prò-* 
digio  che  egli*  punto- non  merita  di  vedere  ♦ 
Miracolo  pure  fu- creduto  dai  Greci',  che_* 
Achilie  allevato  da’  fuoi  piò  teneri  anni  fra:^ 
le  fanciulle  imbelli',  perchè  effemminandofì 
non  rivolgefle  l’ animo' alla  milizia , crefe  ia- 
to pofeia  in  età  s’ appiglialfe  piìi  torto-  alla_- 
fpada,  che  alla  conocchia  , e più-gli  piacefle_r 
1’ elmo*, che  gli  Imanigli . Madi  quelli  pro- 
digj  noi  ne  vediamo  di  radiflìmo , dimortran- 
doci  tutto  di'  la  fperienza,  che  gli  andamenti 
di  ciafchedunofbgliono  eflere  Tempre  fomi- 
glianti  al  luogo-,  dove  egli  converfa , verillì- 
mo  eflendo  1’  antico  proverbio  ; dtmtnì'dove 
abiti , e ti  dirti  chi  fet . Grande  è fenza  dub- 
bio'I’  errore  di  chi  penfa  portare  la  propria 
innocenza  a falvamento  lungi  da  Dio , quan- 
do neppure  dopo  d’  una  tal  ritirata  è ficura_. 
la  (àlvezza  del  corpo , onde  ftupiti  i Marina- 


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V 


128 

ri , che  guidavano  Giona  (a")  dal  fentire  , che 
ci  fuggifle  dalla  faccia  di  Dio  lo  gettarono  in 
mare  dicendo;  come  hai  fatto  quejìoi  Forfè  ti 
penfi , così  ne  interpreta  San  Girolamo  i fen- 
timenti , dì  poter  nel  mare  fuggire  dal  Fa- 
drone  del  marcì  Invoca  del  miracolo  , che 
aipcttano  coftoro  di  ftar  faldi  nell’  occafion_. 
di  cadere,  dubito,  che  fentiranfi  venire  ad- 
doflb  il  flagello  d’  un  terribile  abbandona- 
mento , per  cui  lafciati , fecondo  1’  Apoftolo, 
(b')  in  preda  a i dej/derj  del  proprio  cuort^ , 
anderanno  fenza  alcun  ritegno  in  rovina  ,ed 
in  precipizio  . Da  quella  gran  verità , che_» 
tutti  fempre  aver  debbon  prefente  al  penfie- 
rojpotranno  apprendere  fpezialraente  i Gio- 
vani la  neceflTità  di  ben  cautelarfi-  in  cofa  di 
tanta  premura , é non  gettarli  a nuoto  in  un 
acqua  , di  cui  non  veggiono  il  fondo  . Non_. 
è il  divertirfi,che  fia  biafimevole,  o dannolb, 
ma  il  farlo  fenza  configlio  in  luogo , dove  la_. 
virtù  , ed  il  contegno  pericoli  a fronte  del 
fuo  contrario  più  forte,  onde  fia  certo  il  rile- 
varne un  pregiudizio  graviflimo  : 

« • , 

Che  il  provocar  quel  che  è piìtforteì  all*  ire  > 

Fiùy  che  coraggio,  è temerario  ardire . (c_) 

^ • 

Così  a tale  propofito  può  dirli  col  nòllro 

eru- 


ca) r.  1.  ^.hìc.Qo^AdRom,  i,  CO  Canto  i. 


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erudltinìmo  Compaftorc  Enotro  Pallanzio’, 
cioè  Mar.Cavalierc  Viticenzo  Piazza  , e nel 
filo  vaghiffimo  Poema  di  Bona  cfpugnatà,che 
tanto  è più  pregevole  , quanto  , che  fù  par- 
to della  fila  più  tenera  giovinezza  . Convien 
pél*  tanto  immitare  in  quello  la  vigilanza-. 
de’Condottieri  d'armata , i quali  in  ftraniero 
paefe  mai  non  s’inoltrano , le  prima , come-» 
elTì  dicono  , con  guardie  avanzate  non  rico- 
nbfconò  il  terreno , e farebbe  nell’arte  loro 
uno  sbaglio  affai  grande  l’ impegnarli  col 
groffo  della  milizia  in  parti  prima  non  bene 
riconofeiute  , ed  attentamente  offervate  . 
Qui  è perciò  da  notarfi  un’inganno  quafi  co  • 
mune , per  cui  credendo  moltiffimi  di  pecca- 
re in  convenienza  troppo  efaminando  a mi- 
nuto alcuni  luoghi  di  pubblico  trattenimen- 
to vi  metton  piede  alla  cieca,  e tradifeono  fe 
medefimi  per  non  mancare  ad  un  vano  ri- 
fpetto  degli  altri  . Abbiamo  nelle  làgre_» 
Lettere , che  a Mosè  C<*)  attento  condottiere 
delPopoIo  eletto, benché  s’incamminaffe  alla 
Paleftina , terra  alai  promeffa  da  Dio,  co- 
mandò egli  lleffo  , che  mandaffe  avanti  al- 
cuni Vifitatori  per  riconofccrla  prima  d’in- 
trodurvi  tutti  gli  Ifraeliti . Andate , diffe-» 
loro  per  tanto  Mosè  , C^)  e fatiti  alle  Mon- 
tagne eonjiderate  il  Paefe  qual  Jia , ed  il  Po- 

I poloy 


Ca)  P/uia,  ij.g.Cb)  io. 


*39 

poh , che  abita  ,fe  forte  > o debìh'ife  pocot 
0 numerofo  : la  terra  medefima  ,/e  buona , a 
cattiva t le  Qttà , come  fieno  yfe  cinte  di  mu- 
ra , ed  aperte  ; il  terréno  tfe  fertile , o fieri- 
leije  abbondante  di  alberi , o no;,  fatevi  cuo^ 
re , e portateci  qualche  frutto  di  quel  Paefe» 
Se  Iddio  non  «veiTe  fatto  un  tal  cornati» 
doto  confeiTo , che.  troppo  fcritpolofo 
preci(g  tni  {aria  parato  Moaè  nel  ricerca- 
re tante  previe  cognizioni  d’un  luogo,che 
preparato  avea  il  Signore  per  conforto,  e 
per  delizia  di  que'fuoi  Popoli.  Ma  giacche' 
la  cofa  è $ì  chiara , e sì  certa,  ne  ricavo  un., 
gran  documento  per  quegli , che  debbono 
eleggere  il  luogo  da  tratten’erft , e gli  per- 
fuado  ad  informarfene  con  premura  prima 
d’entrarvi  : che  fé  Iddio  non  s’otTende  punto 
anzi  vuole, che  Mosè  efamini  sì  attentamen- 
te un  paefe , che  egli  prepara  al  Tuo  diletto 
Popolo , tanto  meno  potranno  aggravarfi 
le  pérfone  diferetc , che  mifuri  bene  i {iioi 
paiTì , e tenti  prima  *1  guado  chi  .vuole  in- 
trodurfi  nelle  caie  loro  per  favie , che  il 
deggian  fupporre,  e ficure. 

IV,  ^ qui  parleremo  pili  a lungo  di  quel 
folle  timore,  che  accennammo  di  fopra,  per 
cui  paventando  altri  direnderfi  ridicoloh  con 
quefta  ferietà  di  IccgHere  adagio , è matura- 
mente il  luogo  della  Con  verfazione , figct- 
tan  di  lancio  nella  prima , che  gli  fì  para., 
davanti . Io  potria  dire , che  al  faggio  fà  di 

me- 


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mefticre  il  pireferire  alle  rifa  de’meno  avve» 
duti  quel  vantaggio , che  può  venirgli  daJ 
quefta  Icelta  , per  tarda  , e lenta , che  ella^ 
fiali , poiché  al  parere  d’Erodoto  , (ayl'fmo^ 
mo  diverrà  ettme^fe  farà  le fue  delibera- 
zioni con pofate-zza , e temerà  tutto  quello’, 
che  può  accadere  . Ida  dico  di  più , che  le_* 
cofe  , le  quali  lÙGcedono  bene  eafualmente; 
non  Ibno  mai  tanto  lodevoli , quanto  fe  tali 
avvenute  foffero  pel  configlio  (Euna  tarda, 
ma  lavia  lentezza:  che  però  di  ^vetonio  Pao- 
lino prudente  difFeritore  de^  piò  gravi , ed 
importanti  affari  fcriffe  Tacito  ì^by  ejfere^ 
httomo  lento  di  fua  natura , a cui  piacevano 
ttjfai  pià  te  cofe  fatte  con  ragionevole  caute- 
la , che  le  profpere  avvenute  a cafo . Per 
acquirtar  lode  predo  ancora  del  mondo,  il 
éjualò  o tofto , o tardi  valuta  le  cofe  tutte.» 
per  quel , che  fono , bifogna  guardarfi  nel 
aeliberare  dalia  virtò  d’Aleffandro, che  fò 
detta  da  Seneca  gravemente  (c)  felice  teme- 
rità . A me  anzi  fembra , che  molto  piò  ridi- 
coli fieno  coloro, i quali  fi  vantano  di  far  tut- 
to beniffimo  fenza  configlio,  come  chi  fi  glo- 
riaffe  di  vedere  fenzfocchi , e di  colpir  fetn- 
pre,  fenza  mira  nel  legno.  E chi  per  vero 
dire  non  rideralTì  d’alcuni , i quali  dandoli  a 
credere  d' avere  il  nafo  di  Rinoceronte,  co- 

I 2 me 

> 

% * e T 

. . j . , , 

(a)  lib.^,  (b)  z.HiJjtor.ic)  Vita  Beat.c.i  3 . 


*5? 

medicea  fchérzando  Marziale, cntran  per 
tutto  liberamente,  non  fcntendo  neppure-» 
il  puzzo  delle  più  fetenti  immondezze,  © non 
diilinguendolo  dall’odore  più.  Ibave  dclle_» 
rofe,  e de’ gelfomini  ?.Chi  lenza,  prova  d* 
efperimento  commenda  tutto  per,  bello,  e 
per  buono , merita  a mio  giudizio  la  llima  di 
quel  femplice  huomo , che  giunto  la  prima.» 
volta  full’imbrunir  della  fera  in  Roma  Icri- 
vendo  la  mattina  feguente  ad  un’amico  l’av- 
vifava  d’aver  trovata  belliflìma  quella  Cit- 
tà , le  Chiefe,  e le  Fabbriche  maellofe,  le.,» 
fontane  infigni , le.Villegiature  amene, le 
Gallerie  preziofe,la  Nobiltà.cortefe., ed  il 
Popolo  tutto  allegro  , e trattabile  , onde  1' 
amico  pofeia , che  era,  di  lui  men  femplice, 
COSI  rifpofcgli  con  ilcherzo  piccante:  pii  ral~ 
legro  , che  in  una  fola  notte  abbiate  cojìi 
Vedute  più  cofe , che  ' in  tutti  i giorni  di  vo- 
fra  vita  . Porgerà  dunque  una  .più  ampia., 
materia  di  ridere,  agli  altri  colui,  che  ope- 
rando Tempre  a calo  operi  ancor  qualche-j 
volta  bene  ; e più.,  che  quegli , il  quale  a., 
.guifa  da’ ciechi  vada  tentone , per  rinveniT 
re  il  dritto  fentiero  ,,rendendofi  più  compa- 
tibile quand’anche  errafie, attefc.le  diligen- 
ze, che  ha  fatto  per  non  errare  . Si  perfua- 
.dano  per  tanto  i Giovani  lìngularmente  di 
primo  volo , che  in.rigpardo  allo  fcegliere 
il  luogo  per  divertirfi  in  loro  farà  Tempre.» 
niù  lodevole  il  timore  d’imbatterfi  male , per 

or*  ’ ^ • • 


cui  s’a/Ticurino  d’utia  buona  elézione, che  la_» 
fconfigliata  franchezza  di  eleggerlo  fenzaJ 
veruna  prudenza.  . ' • 

•V.-  Nò  tampoco  in  tal' materia  io  faprei, 
mai  approvar  e.  la  fiducia,  che  hanno  talu> 
ni  di  fé  mcdefimi , e dell’ottima  loro  inclina- 
zione , onde  gli  paja  d’effer  ficuri.per  tutto, 
c dilòbbligati  perciò  dal  riflettere  forra  la_j 
qualità  dì  quel  luogo  vche  alTegnanO'àl  pr0‘* 
prio  divertimento  . L’innocenza  deil’uman 
cuore,  per  galligo  di  chi  fù  il  primo  a vio- 
larla è rimaila.,dirò  così  ,di  compleflìone.# 
sì  debile  , ehe  ogni  picciolo  difordine  può 
recarle  un  gran  danno  a fegno , che  allcJ 
volte'  la  (bla  commodità  di  far  male  induce 
a farlo  certuni  ,Che  mai  non  vi  pénfaronó, 
onde  affai  profondamente  lafciò  fi:ritto  S.Ifi- 
doro , che  fpejjb  Poccafion, . ài peccàre  fà 

«afcerHe,  la  volontà  y ter  quello  non  sò  ve- 
detfe , come  poffa .alcun  huomo.dirfflefTione 
fidarfi tanto  . di  fe;,,chc  ncn  temaverua- 
pericolo  contra  quel  chiarifllmo  : avverti- 
mento dell’  Apoftolo  : . (&)  chi  .flà-  io  pttài 
guardi  bette  di  ne»  Appuntb.là-.fani- 

tà  -,  che  fi  gode  ha  'da  fuggerire  lo  dare  in», 
maggior  guardia  peri.cudodirla , nè  credo, 
che  veruno;effer  vi  poffaimai,  il  quale  difor- 
dini  a-bella  poda . per.-infermarfi . Chi  è d’in- 
■ I ^ dole 

(a)  .LJJf.  y.i/t  Soliloq,  (b)  i , Cor,  io. 


I 


»34' 

dole  buona  a Dio  bc  renda  gra2ic,che  gliel* 
ha  donata  : ma  non  per  quedo  s’invanifca, 
nè  confidi  tanto  in  efia , che  l'efponga  a ca- 
priccio ad  ogni  aflalimento  j perchè  Avente 
l’elporla,  benché  non  fi  creda,  è pure  lo  ftefi» 
(b^chc  perderla . lo  sò , e con  penamene 
ro\rveiigò , che  molti  non  fótio  pih  innocenti 
per  aver  creduto  : d’efierlo  troppo  e non_. 
voltnido- punto  badare  al  luogo , dò\rc  por- 
tavanlo  jContaminarórto  un  si  belfiore  per* 

la  fòla  vanità  di  giudicarlo  inviolabile . Cré- 

diamò  noi , che  Dina  figlia  del  buon  Giacob- 
be :in  urcendo  a diporto  da  i padiglioni  del 
Padre  verfo  i confini  di  Sichcin  nodriffe  il 
reo  penfiero  di  macchiare  il  bel  gìglio  di  pu» 
dicizia  ?-Per  me  non  faprci  -mai  perfnadci-w 
mèlo  tanto  piò , che  iPTefio  medefimo  la^ 
difende  aflerendò , che  ella  non  forti  per  al- 
tro» eh  e pet  cederle  h DòMe  af  ijuii 

Faep  i ha.'  foia  curiofità  si  propria  di  quel 
feffo  la  fpinfè  a fpiaf  • forfè , ó fe  còla  vi  folTe 
bellezza  uguale  alla  fua  rO  qualche  pellegri- 
no ornamento  per' accrefeere  il  pregio  del 
femhiihiie  teforo.Con  tutto  qitdflo, che  parca 
puro'un’  errore  si  , Condonabile  * non  av- 
vertendo al  luogo , in  cui  8’inoltrava  /rapi- 
ta a forza  perdè  coll*  innocenzai'onore.  Pih 
chiara  per  tanto  ftiiipre  fcorgefi  la  neceflìtà 

V.  i di 

^ - • > - _ • 


C»)  Gre/jf*  • 


/ 


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di  fare  una  matura  , e favia  riflefTione  inter- 
na al  luogo  , dove  uno  penfa  di  trattenerli,  e 
prevederne  bene  i pericoli,  per,  ifcanfargli 
prima , che  trovandovifi  impegnato  gli  feor- 
ga  inevitabili . Se  nella  Nautica  la  prova  piu 
difhcile  è il  formare  il  Carro , cioè  Volgéreji 
contravento  le  vélé , c tornare  col  legnò  in- 
dietro ; nelPhuom  civileil  paflb  pit't  malage- 
vole è il  rimuoverli  da  una  rifoluaione  già 
*prefa , e qsalì  pentito  abbandonar  quel  di- 
verti mento , che  ha  di  buona  voglia  eletto. 
Bifogna  dunque  penfarvi  avanti  aflai  bene, 
e hon  fidarli , che  riconofeiuto  pofeia  il  dan- 
no fi  fuggirà,  perchè  cfàciiilTimD,- e quafiin- 
fàllibile^.che  ’frammettendovili  -l’uman  ri- 
{petto  (òpra  vi  lì  padl  allegramente  ,’c  che 
ibtfra^  la  perlbna  già  prelà  allaccio  di  farli 
peflima^col  continovàrne  la  pratica , anzi 
che  apparire  incivile  ,o  volubile  col  ritirar- 
fene  .‘Abbia  per  ultimò  ciafeheduno  Tempre 
irniente  vivilTtmo  il  documento'  di  Seneca; 
(u)  Hi  fare  sfarzo  per  non  darfi  iti  pre* 

da  alle  pajponi , perche  ,/e  corHinciaHo 
tirarlo  a tra*oerfo, molto  farà  difficile' il ri- 
corfo  alla  fahezia  .-Sid  principiò  è d*  Uopo 
ìndirtKzarc  a tutta  voga  il  legno  di  nolira.,. 
vita  verlb  il  porto  della  virtù,  e non  lalciarlt 
trafportar  punto  dalla-  Corrente  , pèrchà 
farà  imprefa  più  ardua,  che  non  penfìamo,  il 
rimetterci  in  buon  canale. , Del- 


ia) Lib.  I . de  Ira  c.  17. 


1 


t k 

Della  Converfazione  Particolare» 

: c a:  p ó X. 

...  , . • • 

» 

• • * ^ 

. . 

1.  'r.. . A fchicttezza,dl  cui  debbo  ogn’huoiti. 

1 j favio  pregiarli , è diametralmente-* 
oppofta.airadalazione , gliftratagemmi  del- 
la quale  fono  tanti  , c si  grandi,  che  non  pof. 
fono  cpntarfi , nè  crederfi  tutti . £’  finiflìmo  ' 
tra  gli  altri  quello, che  riferifee  Quinto  Cur- 
zio de!  Macedoni  ,(<?)  i quali  vedendo  il  do-, 
lortì  inconfolabile , e che  .atfliggeva,.giùfl:a- 
mente  Alcflandro  per, l’indebita  jiCduribon- 
da  uccifione  di  Clito  fuo:Confidente,  per  ada-. 
lare  il.rammarico  di.quel  Monarca  lévaron- 
gli  la  gloria  del  pentimento  pubblicando  per 
Jor  decreto. , che  erafi  con  tutta  giuftizia- uc- 
cifo  Glito , effendo  egli  perciò  indegno  an- 
cora di  fepoltura . Tolgafi  qui  pertanto-da-j 
me  l’iniquo  penfiero  di  tradir  la  .rmcerità,  di 
cui , per. vero  dire , pregiato  mi  fortoV  fem- 
pre , accordando  per.tnotivd.  d’àdulazione^ 
agli  huomini  piò  licenziofi  una  fortà  di  con? 
.verfare , che  a mio  giudizio  è rea  mai  fem- 
.pre , o in  fe  medefima  ,.o  ne’.fuoirperniziofi 
effetti;.  E’ quella  la  Gonver fazione  partico- 
lare) per  la  quale- intendo  quella;  fpezie  di 

fer-.  ■ 


A » 


Ca)  Lìb,  8. 


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•1J7 

fervitù  ) Come  nel  gfan  Mondo  u chiamai 
che  profeiTa  un  folo  ad  una  (bla  , onde  ne  è 
poi  venuto  per  collumanza  il  dirfi  libera- 
mente , il  Tale  ferve  la  Tale Unendo  io  al 
foghignojcol  quale  fiiol  proferirfi  un  tal 
' fentimento.  dagli  altri , le  circoftanze  tutte, 
che  nc  accompagnan  la  confuetudinc,parnii 
di  non  farne.  Una  verfione  molto  lontana  dal 
y ero. interpretandolo  : il  Tale  ama  la.  Tale. 
.Ora  fuccedcndo  ciò  d’ordinario  tra  i Coniu- 
gati non  sò  vedere  ufcendo  adeflb  dal  Piato» 
nifmO)  di  cui  s’c  già  parlato  di  fopra , come 
polTa  francamente  profcflarfi  tra.perlbn^ 
[legate  con.,altrp  vincolo  làgrpfanto  una  for- 
ta  di  ferviti! , che  è sì  vicina , almeno  in  ap-r 
parenza , all’amore . Lafeiamone  l’apparen* 
ia  per  ora , di  cui  tratteremo  più  :fotto  , oJf 
Condderiamone  la  lb(ianza'.:  Bò.beni(11mo, 
che.  mi  farà  detto. ciò  non  effere  amore , ma 
una  certa  Convenienza  di  civiltà:,  per.  cui  s* 
obbliga  un’  huomo  ÌTpontaneamente:a  fervi- 
de una  dpnnadi  qualche , merito’./Io  non  fpr 
no  lungi  dai,  crederlo  a. molti , ma,  non  sò 
accordarl0,:^;tattii>  fi  dubito  , che  ùnà  fihez'r 
za  , ed.  ei.egapiza;deila-;yita  civile  pofla  per 
.taluni  divenire  jabupoa  Morale  un  (bllècif- 
mo,ed  un’. errore , che  quando  fofle,dòr 
yrebbe  il  Savjo.crederfitenuto  a mancare-j 
più  tolto  alla  civiltà  , che  al  dovere , guar- 
dandoli in  tal  calò  da  Un  collume , che  elTer 
potelTe  uh  peccato  Veditb  'alla  moda  > Hd  in 

“ • fatti 


1 , 

, fatti  fe  il  iblo  thìMr  le  donne  dl:bcll’  af|>ettò 
per  chi  non  abbia  l’occhio  di  Seaocrate,  È uh 
grave  pericolo , onde  lo  Spirito  Santo  avvi- 
fa  , (à')  che  rteppttr-e  (ì  mirino , poiché  per  la 
èelle^zà  loro  Wtolti  perirono  ',  da  veruno  po* 
trà  negarfi , che  11  trattarle  fempre , e con^ 
quella  dimeftichezia  » che  feco  porta  la  con» 
fòetudine , fia , non  un  pericolo , ma  un’evi- 
dente certezza  di  preeipizio  . Trattandofi 
pofeia  delle  donne  altrui  ogni  familiarità 
parmi  aiìolutamente  catti ^^a  per  oracolodcl 
medefimO  fantiflìmo  Spirito , (à)  che  dice*j 
à chiare  note  : no»  ti  feder  mai  apprejfo  at^ 
la  doana  d’altri  per  vera»  conto . Se  quelli 
foffero  fentimeriti  di  Seneca , o di  Piatone, 
p’otrebbond  mitigàrfi  con  qualche  dolce  in- 
krpretazioné  per  adular  l’altrui  genio  ; ma 
còme  farlo  niav  lifélie  venerande  parole  ufei- 
te  dalla  bócca  dèi  grande  Iddio?  Quello,  che 
al  piv'i  dir  fi  puòte  coh  tutta  la  riverenza , fi 
è , che  ih  prérefivendo  il  Signore  in  tal  ma- 
teria lina  regola 'é\  fiftr«ta  intenda  folodi 
parlare  per  gli  hhomini  ammaliziati , c che 
fono  confaperòH  a'  fe  «hèdefimi  d’ operat 
fempre  in  queftò’ colla  lecònOT  intenzione!^» 
Ma  non  rimane  'perciò  » che  molto  non  fiaJ» 
pefante  l’avvertiménlò , é ttOri  déggia  teme- 
re ognuno  i che  lo  trafchfa  , di  Venir  punito 

^ ^ ^ t > jf  1^* 


(a)  Eeel.  9.9.  Ib,  13 


/ 


Chgibaed  byAogle 


còlla  miferia  d’utia  caduta-  fnelèiffabllc . Dà 
ciò  io  deduco  per  legittima  ct>nfeg«ed«à_> 
clTcre  alTai  facile , che  quella  fpeiie  di  fervjV 
tò  degeneri  in  quell’  amorfe , che  fi  cònten» 
de  j e che  lacoitveniénfa  d’un  trattò  fiipe^* 
filialmente  gentile  fià  la  foftanra , o pòfiìii, 
dlvenirió  àgevoimerttè  > ttn  ^t^Èiò  bfefl  dfetfea 
ftabile . Dopo  d’Un  tale  lUppofiò , eh®  kut 
Cóftveffaaiòrte  s cioè  pafcieolarc  polfitfàffi 
alcuna  volta  viziofa,  io  ripiglio  , é dióK 
dunque  una  perfona  di  fennp  debbe  fuggìN 
la  per  buon  governo , e temeré  d’un  Aiiilt» 
che  può  còti  tanta  facilità  acoaderle  > Quan>- 
dò  poi  io  fentiflì  òppormìfi  da  qualcuno  pet 
tìort  farlo  colla  dovuta  folletitudine  j uinti 
certa  ripugaanaa  interiore  del  genio  » che 
noi  coniente  > dunque , io  foggrÙHgo  » fi  ma-^ 
le  è già  fttiò»  è toglichdófi  •alla  ragioné  dai 
fijnlb  la  fartà  di  trionfare , la-  (fervitii  già  à’S 
cangiata  te  amofie,  palfione,  ehe  cieca  clfen^ 
do  » 0 non  cura  V o non  vede  il  filò  danno; 
Crcdevafi  Dióftfglo  Bruolèotè  dlfcepolo  di 
benone  d’èfierfe  pervonutoal  fòmmo  dfelìa.* 
forcezÉà  piti  non  (bntcndo  j tome  pareagifi 
lìè  fliinando  alcun  dolor®  v Appena  pèrò  te* 
fermatofì  con  un  gravilfimo  dolor  ai  reni  fi 
ptotedb  t fìfp  éptt  tbm  erè\m  hmtt 
égli  ptìm  ìàtofff&  0/ rffe/arl.  i fe  Héhifi 
flo>da  Cleante  filo  condifcepolo  qualcoia_«, 
l’avefle  indotto  a cangiar  si  tolte  parere  » e» 
gli  rifpofe  : il  no»  pottr  io /offerire  q«ejlù  d&j 


.*40- 

hxé  è coHtrdjfegw  elìdente  i che.  ogni  dolo* 
rej  un  gran  male-.  Tutto  • ciò  fi  racconta  per 
ifcherno  di  quella  fcuola  ,che  potea  dirfi  de- 
gli  infenfatii  da;Giccrone  . («}  In  tal  guifa_> 
dovria  difcorrerla  ognuno  fui  propofito  del- 
la.fervitfi,  che:profe(Ta  a qualche  oggetto 
particolare,  i fe.ella  non  è più  »che  un’effetto 
di  gentilezza,  cattivata  da  un, bello  Spi ritOj 
perchè  niuno  la  pratica  mai  ver fo . gli  huó- 
mini  dotti,  che  fono  Spiriti  bellilfimi , a’qua- 
li  d’ordinario  per  avere  .qualche  diverti- 
mento nella,  .folitudine in  dii  vengon  lar. 
fciati , con vien,  trattener.fi  leggendo  ne’  Ipr 
gabinetti  co’ Morti;?. Perchè.non  ha  da  efler 
padrone  di  fe  per  tralafciarla;  chi  o la  fperi- 
menta , o la  teme  pregiudiziale,  alla  propria 
innocenza  ? Segno  è bene , che.interelFando- 
yifi  il,  cuore  ella  paffa  i confini  di  civiltà , e-» 
può  temerfi  realmente  perjuna  paflìone , dia 
cui  il,  non  poterli  cavarell  piede,  volendo  in- 
dica rifedere  ■:  ella  nell’ahimo  à-e  mon.  già  nel- 
le efteriori  qualitàdeUaconycnrenza. 

II.  Quindi:  è,che  io.'non  làppia'compatir 
punto  Coloro  ,.i  quali  fchiayt.inquefia  guifa 
rendutifi,  di  .buona.  voglia-tpBre  dolgonfi 
qualche  volta  .co  i più.confidenti  d’aver  per- 
duta la  libertà.,xche.in  buon  linguaggio  vor- 
rà .forfè  diri’inHO,cenza,.  Lfimpegaarfitrop- 

rii il/.’.  ■ t.'-à  ■ ■pO.’-- 


Cài  àé  Bn\ 


sii  ^ 


i s • 


/ 


po  da  iè  doVe  chiaro  fi  vede  il  proprio  dilca- 
pito  , che  volendo  potria  fuggirfi  ,è  rifolu- 
zione  da  mentecatto,  dice  il  Comico  : Ca) 
ftolta  cofa  è rincontrar  quel  male , che  tu 
pojja  evitare A?ctchh  dunque  non  puòl'huom 
; forte  fpezzarc  quella  catena,  vergognandofi 
di  fervire  a fe  medefimo , poiché  ferve  alla— 
depravata  fua  voXontk' fchiavitudine , à\ 
cui , al  dire  di  Seneca , Qb')  non  può  dar  fi  la^ 
piti  pefante  ì Perchè  non  fare  un  poco  di'for» 
za  a le  medefimo  per  tentarne  almeno  l’ufci* 
ta , come  i volatili , che  prefi  alla  pania ,fìra* 
namente  dibattonfi , e ftridono  per  liberar- 
fene,e  febben  racchiufi  entro  gabbia:  do- 
rata , cori  fcelti  cibi , e frefcjhé.  acque  , mai 
Icordar  non  potendoli  delia  primiera  lo  r.  li- 
bertà s’afTaticano  fempre  per  trovar  inanie- 
ra  d’ufcirne?  E’  ftrana  cofa  da  vederfi  y che^ 
rhuonio  nato  libero  per  benefizio  delIa.Na- 
tura.eche  tanto  perciò. abborrifce  lafog- 
gezione , pofla  poi  per  malizia,. de’  fenfi  fofFe- 
rire  con  pace  di  foggettarfi  alfervigió.d’una 
femplice  creatura, la  quale  ancora,  èd’uriH. 
.feflb,  che  dal  Creatore.medefimo  fò.deftinar 
to  ad  ubbidirgli  per  la  condanna  di  Èva  c (c) 
vìverai  fiotto  la  podeftà  delthuomo.yed  egk 
•averà  il  domìnio  fiovra  dì  te,.  Se  qn  e ilo  fo  iTe 
per  apprendere  qualche  cofa  di  buono , e di 

uti- 


fa")  In  Conv.'Qì)  hìb.  ^t-quajì.  nqt 


V 


*4* 

lttile,nè  loderei  aneti*  io  con  - Platone  laJ 
lòfferen^a  » dicendo  egli  ; (a)  fe  ut»o  fervei 
ttU' altra  per  profittare  m faphaza,  o in  quaU 
thè  altri  parte  di  .virtù , quejìa  foggezzionet 
punSo  non  dijonova  ehi  ferve  . Ma  per  quan» 
to  può  rieavarfi  dalia  fperienza , gli  huomini 
dediti  ad  una  tal  Torta  di  Icrvitìi  a me  non_» 
fembrano  » parlando  tèmpre  con  tutto  ri<> 
^eltOji  piò  iàggi  dei  Mondo,fegno  ben  chia» 
ro  che  nulla  appt'eadon  di  buono  per  un  tale 
eferciaio . Io  bramerei  di  vedere  in  quello 
tra  gli  huoraloi  un  poco  piò  di  gialla  iuper* 
bia  per  tenere  tl  Tuo  pollo , che  loro  ha  con* 
ceduto  l^Altitlìmo , lèmprc  ancora  avendo 
in  memoria  tl  gran Tentimento  di  Tullio:  (,b') 
ejfere-  cofa  regia  il  vìvere  in  tal  gufa , cbt 
nò»  fola  non fèrvafi  ad  buomo  alcuno  , ma 
neppure  ad  una  delle  interne  paffouì . Qui  n- 
di  vieti  poi  TelFerc  talora  forzati  colloro, 
giacché  riulcir  ' non  gli  puote  per  debo- 
lezza di  fpirito  il  far  fronte  ad  un’affetto 
dilbrdin.ato ,'e'lbttometternè  la  ferocia, a 
cadere  di  male  i»  peggio-,  facendoft  gloria 
di’ciò , che  è vlziolb , ed  ornai  infupcrabile, 
0-lafciarfi opprimere-,  come  afferma  il  Mora- 
li (c)  da  una  mìferìa,  dà  cui  potevano  trion- 
far da  principio-.  Tutto  quello  gran  male_« 
àddunque  deriva  dall’ appoggiarfi  alcuni 

feon- 


Getì.  I iJ»  Cb)Ì$?*  8.  Cc)  f ro  Syll: 


'fconfigliataincnte  aJl’ onoratezza, e ad  uh^ 
certo  efler  d’;Eroc , Jofingandofi , che  npri^ 
Quante  la  forza  d’wnà  tal  ferviti  volonta- 
ria iapranno  mantenerG  mai  Tempre  Ggnori 
de\loro  affetti,#  rtguardatt^o,  giudi  ì^o\i~ 
bio  , (.a')  più  alla  fperanz^ì  che  al  foniàr 
mcìttc  di  impegoanG  in  im  cimento, 
dove  io  crederei  con  iivio  (hyejfere  più  già- 
. rio/o  il  Noa  c^attere.cbe  il  vincere  iJìeJfo.V cr 
quel  poco  di  fperienza  , che  ho  del  Mondo, 
conferò  d' eflere  affai  contrario  alla  dot- 
trina in  oggi  sì  celebre  dell’efler  d’Ero?, 
avendola  veduta  in  raoltiflime  occaGoni  ve- 
nir meno , e fvanire  affatto  in,  pcrlone  anco- 
ra, che  per  verità  sacrano  per  1’  innanzi 
guadagnata  preffb  di  me  qualche  ffima^ 
con  un  frontifpizio  affai  nobile  di  Mora- 
le. Nella  materia  pofcia,,che  ora  trattia- 
mo, le  fono  contrariflìmo , e ioftengo , che 
nella  battaglia , dove  s’interelGno  i fenG, 
ogni  Gigante  riefee  Pigmeo,  ed  ogni  Eroe 
perde  per  ordinario  la  fcherma  ; onds-j 
S.  Agoffino  avvila, che  :Cc)  ninno  prefuma 
tanto  delle  fue  forze , ehe^  non  voglia  fug- 
gir la  donna  . Il  vero  elTer  d'  Eroe  nclT 
huom  cattolico  è il  diffidar  dife  fteffb,^ 
fperar  trionfo  Ibi  quando  fuggej'l  perico- 
lo di  cadere.  Per  una  tale  vittoria  faria_. 

’ • ‘ • ' % . .*  • ' 

necef- 


(a)  Ub.  j.  (b)  Ltb.  Decada  z. 
Cc}  Lib.  de  honefl.  miilìer. . 


V 


144 

«eceffario , che  ognuno  avefle  Cottimo , e 
Tadifìlmo  naturale  del  buon  Catone  > di 
cui  fcrifle  Patercolo  (a)  ebe  no»  operò  mai 
rettamente  per  apparenza  ^ ma  per  non-* 
potere  in  altra  maniera  operare.  Con  tut- 
to quello  però  trattandofi'di  una  familia- 
re , e continova  dimetlichezza  tra  huorno» 
e donna,  io  non  faprei  mai  dar  per  ficu- 
ro  neppure  colui, che  d’un  sì  bel  natura- 
lefornito fofle, perchè  dopo  lo  feadimen- 
to  della-  natura  pel  primo  fallo  troppo  v* 
abbifbgna  il  concorfo  ancora  della  divina 
■ Grazia  per  tenere  in  freno  l’ huomo  in- 
feriore, e correggerne  le  cattive  affezioni. 
In  conferma  d’una,  tal  verità  rifletta  cia- 

• feuno  , che  tra  le  virtudi , le  quali  fanno 
coraggio  all’huomo  contra  de  i vizj , alcu- 
ne fon  naturali , alcune  fono  morali . Le_» 

-naturali  quelle  fono  , che  nafeono  colP 
•huomo  fenza  impararle , e le  morali  s’ap- 
prendono con  fatica  , e con  rifleflìone  . In 
que’ cimenti  addunque,  che  fuperano  la_» 
■-  natura , come  è il’  faper  contenerli  nell’in- 
trinfichezza  col  feflb  femminile  , la  pru- 
denza non  vuole , che  fi  fidi  l'huom  favio 

• interamente  delle  virth  naturali , perchè  il 

• più  delle  volte  non  elTendo  neppur  volon- 
' (arie , perchè  nate  in  noi  > fenza  di  noi , o 

po- 

• » *•  » 

« 

Ca)  Lib.  2.  ».  85.  • ’ 


DIgilized  ùy  Gpogle 


145 

poco  giovano  j o pretto  mancano.E’gene- 
rofoil.Lione,  e leggefi,  che  abbia  iftinto  di 
perdonare  a chi  l'e  gli  umilia  : ma  fe  la  fame 
Joftringela  virtù  manca  , cd  ufa  della  fero- 
cia; A mbiziofo  è il  Cavallo , e fembra,che 
talora  fi  pavoneggi  della  nobile  bardatura, 
onde  è adorno;  ma  fe  vede,  la  biada  feor- 
datofi  dell’  abbigliamento  , e della  pompa, 
non  fi  vergogna  d’  accottarfi  con  tutto  il 
fren  d’oro,  alla  mangiatoja  . Nè  s’  olfenda.. 
veruno , che  io  porti  in  tal  cafo  la  parità 
delle  beftie  , mentre  il  (ènfo  vinta , che_» 
abbia  .la  ragione , locchè  fuccede  tutta  voi. 
ta , che  ella  non  può  collaudare  all’huomo 
inferiore , e ritirarlo  da  ciò , che  è nocevo- 
le  , non  è men  frcgolatp , che  le  bettie  me- 
defime , nè  in  lui  operano  meglio , che  in 
effe  , le  virtù  naturali..  Dunque  vana  è la_. 
fidanza, che  ha  l’huomo  fovra  di  quette_> 
fole  per  ingolfarfi  inavvedutamente  in  un 
mare. , dove , da  tanti  fi  fa-  naufragio  . Delle 
virtù.. morali, ed  acquilltc,  et  non  può  far 
capitale , perchè  fuperate  ette  pure  dalla^ 
pattìon  dominante , e , dellitutc  in  ppna  deli’ 
arroganza  dalla  divina  Grazia  , che  le  con- 
forta , ed  avviva , nulla  poflbno  operare, 
come  accade  nelle  ruote  dell’  Orologio , 
dove,  fermatofi  l’ordegpo.  del  tempo  rego- 
Jatoi’e  del  tutto , elleno  per  buone  , che_> 
fieno , c.:pcrfette. in  fe  mode(ìmc,non  po- 
tendofi  muovere , a nulla  l’ervono.  h , dice» 

■ K va 


/ 


i4<i  ' . ^ . 

va  un  gran  Savio , f/ùff  tiit'fpaccìerò  mai  per 
huomo  fema  difetti  tù  che  noti  foggìaccia 
per  lo  meno  al  pericolo  dì  cadere  ne’ difet- 
ti altrui , dandomi  a credere  d'ejjer  nato  fra 
gli  altri  come  una  Jìravaganza  della  Js/a- 
tura  ; Se  tutti  pertanto  foggetti  fiamo  al- 
le cadute  degli  altri  > perchè  non  amtnae- 
ftrarci  col  loro  efempio  » e prendere  in_; 
diffidenza  quella  natura  j che  d’  ugual  pa- 
lla eflendo  in  tutti , può  in  tutti  ancora-* 
cagionare  un^fleffo  oilòrdinc  ? Perche  de- 
ridere^ ne’compagni  quella  gcnial  feryith, 
ed  alzandole  bene  fpeffo  la  malchera  met- 
terla in  ridicolo  » come  un’amor  travcflito 
da  civiltà  , e làlvarla  poi  ciafeheduno  in  fe 
medelìmo  qual  mera  feggiadria  di  gend- 
lezza  indifferente  » quando  mai  s avveraffe 


il  fuppofto  premeffo?  — « . 

ili.  Ma  veniamo  all’apparenza  d un  Ul 

coftume,che  per  verità  nel  Modo  è 
ma  . Per  non  comparire  troppo 
fuppo'rre  quefta  fcrvitò  cortefe  d un  fole 
ad  una  fola  Tempre  ^ ed  m tutti  viz.offi  , 

paffiamo,che  poffa  ella  al* 

re  fe  non  favia  interamente , lontana  ai. 

men  dal  reato  , che  io  nòn 

credere  volontario  in  alcuno  • Come  tà  lai 

•vcrcnio  da  que’Critici  offervatori  diligen- 
ti  delle  operazioni'^altrui , 
rfr^i  regolano  fol  dall'ellertio  ! 

S%hc  nelle  azioni  ambigue,  e che  poffo- 


no  agevolmente  interpretarfi  ih  mala  par- 
te, noi  fiam  tenuti  a togliere  ogni  fofpet- 
to,  ed  ogni  occafione  di  mormorare , ón- 
de infogna  il  grande.  Abbate  Guglielmo, 
che  due  cofe  commendaao  l'operazione  dèli* 
huotno  j l’ animo  di  chi  la  fa  y e l*  ejìeriore 
apparenza  dell'opera  fiejfa  .^z^La  buona-» 
intenzione  commenda  il  fatto  appreffo  Dio, 
e l'onefta  fuperfizie  dì  lui  commenda  appr ef- 
fe gli  buomini  .liba  balìa  addunque,  che.!’ 
intenzione  di  chi  particolarizza  nel  conver- 
fare  fia  retta  ; ma  conviene  di  piii , che  l' 
opera  iìefla  apparifea  tale,  e negar  non., 
potcndofr , che  quefta  j>arzialità  verfod’un 
folo  oggetto  non  pofla  faciliflìmamentcL» 
foggiacere  ad  una  finilìra  interpretazione, 
debbe  ciafeheduno  guardarfene  aliai  , di- 
cendo ancor  Tertulliano  ;(b;  che  allaCrìr 
fliana  pudicizia  non  bafla  P ejferlo  , ma-* 
cbè  dee  ancora  comparire  illibata . Quan- 
tunque  per  avvertimento  di  Dio  mc3éfi- 
mo  non  aeggia  farfi , pure  gli  huomini  han- 
no come  per  ingenita  proprietà  il  giudi- 
care fecondo  ciò,  che  fi  vede,  onde  un  Pa- 
lazzo, che  non  abbia  Ììgnorile  facciata  or- 
dinariamente non  è iìiniatò  j benché  vago 
egli  fia  al  di  dentro  : e cosi  le  operazioni, 
che  hanno  un  cattivo  ellerno , poflbno  ef- 

K i.  fere 

. ' • I , . . 


Cu}  la  Cant.  c.  5.  (b)  de  Cult,  f^min. 


14^ 

fere  fante  in  Ior,foftanza  ,cJic  ilMondo  le 
crederà  fempre  perverlc,cd  inique.  OicL.^ 
àttefa  quefta  .peflìma  qualità  degli  hiiomn 
ni  quafi  comune  , ed  .il  fondamento , che  ti 
porge  loro  per  giudicar  male , c indiibbi- 
tàto  , che  tanto,  chi  giudica , quanto  chi  c 
giudicato  , àverà  la;,fua  parte  di  colpa,  ed 
clfendo  quefia  lina* materia  , che  non  am- 
mcttè  ia  parvità  > fecondo  tutti  i Moralilli, 
reciprocamente  farà  grave  il  reato  . 
quefla  colà  per  tanto  io  non  trovo  tem- 
peramento alcuno  , onde  pofTa  .ridurfene_j 
la  pratica  ad  una  moderatezza  lodevole,  e 
quantunque  io  mi  ìia  prelìflb  in  quello  li- 
bro di  fecondare,  è la  convenienza , c la_^ 
diferezione , e per  fino  la  debolezza  d ognu- 
no, dentro  però  fempre  ai  termini  del  do- 
vere , in  quefla  forta  di  civile  tràttcnimen, 
to  parmi  di  perdere  la  carta  del  naviga- 
ré  ,Q  non  faprei  rinvenirne'  una  via  di  mez- 
zo I Ed  in  fatti,  chi.  potrà  mai  affolvcre  per 
oiiefla  negli  éiàtti  Oflcrvadóri  della  divi- 
na Legge  là  dichiarazione  di  fervire  ua^ 
Conjugató  ad  una  Conjugata  , quando  que- 
fla fervitìi  per  le  file  cifcoflanzc,  edi  nio* 
fifa  cfteriore  , e d’aflldua  frequenza , e d af- 
fettata finezza  , quantunque  noi  fia  , vien_, 
'però  creduta  da, tutti  per  amore  ? Altro 
per  tanto  non'sò'  configliarc  airhuom  fa- 
vio , che  il  troncarla  di  netto  , e mantencifi 

nel  convcrlare  ifi  una  tale  indififerenztL^ 




con 


\ 


DiglQjpd  by 


149, 

con  tutti  gli  Oggetti  , che  tolgafi  affatto 
ogni  luogo  alla  fofpez'iohé.  Quando  il  Sole' 
ò nel  meriggio  le  ombre  fono'airai  pie-* 
ciolc  j e nell’  Egitto- éflendo' égli  nel-fe-^- 
gno  del  Cancro  ' le  Piramidi  non  fanno", 
ombra  veruna,  perche  nel  mezzo  giorno, 
vicn  ad  effer  lóro  perpendicolare  appunto.; 
In  tal  guifa  quando  l’Oggetto  del  divertU- 
mento  ,■  ò vogliam  dire  il  Sole  tcrreno'i’ 
mantienft  nel  meriggiò  efpofto  a tutti  leji- 
ombre  fbno'picciolc  , e sì  leggieri  i forpeti-- 
ti , e sì  mal  fondati , che  in  tal  cafo  io  ne"da-ì 
rei  tutta  la  colpa  a chi  gli' forma  indebita-' 
mente . Ma 'declinando  poi  l’  Oggetto  piìi 
ad  una  parte,  che  all’altra  ile  ombre,  cre- 
feono  , e-  pendendovi  affatto  lì  fanno  gran- 
di, e fufTiftenti  , come  nel  tramontare 'def 
Sole  formano  i Corpi  un’ombra  affai;  luna 
ga  . Quijidi  arguirli  puotCj'éhe  la  parzia<.i 
Jità  verlò'  d’un  fòlo  , o d’una-  fola  , non  ^o- 
trà  mai  eflere’  indenne’ p almcnò  efterior'^ 
mente  i e-chè-perciò^  elfendci-  re’a-  di'fcan- 
dalo  attivò  in- riguardò  '"agli  altri  j-nonJ 
può  praticarfi  'liberamente , fuppofto  anco- 
ra , che 'per  la  fua>  intrmfeca''ionocenza>nò« 
fé  né  fenta -riniorfo  f«)ìpecidonò  anché’i 
Leggifti , che  il  dare-occktjicm-'d'alcùrt’ddn-i 
no  ilo  che  dare'*l-d'aaM'  'mede fimo  : e 

K 3 S.Pao- 


■Éi 


ìtàmÉUtk 


fa)  Salye,de fer,  ^ ae[Uàìlb'càe  fecwr,^  ij‘  ) 


I 


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$.  Paolo  afferma, che  il  porgere  adito. colio 
fcandalo  alla  fiacchezza  degli  huomini  di 
peccar  giudicando , è peccato  direttamente 
contra  di  Dio  ; peccando , dice , voi  cantra  i 
fratelli , e percotendo  la  cofeienza  loro  in^ 
ferma , peccate  contra  di  Crijìo , («)  Efami- 
i}i  dunque  bene  ciafcuoo  fòpra  di  quello 
ifùoi  andamenti  ,'  C confideri,  fé  vedendo 
^gli. in  qn* altro!  quella  fteffa  procedura, 
che.  egli  tiene  in  converfando  particolare 
mente  mai  Tempre, fe  ne  edificherebbe,© 
pure. .ne  relleria  fcandalizzata,. e corregga 
in  Te  medefimo;  (bUecitamente.  cih  iche  in 
altri  .condannerebbe.  Se  poi  egli  vede,  che 
non  polTTa  altri  apprender  per  male  ciò, 
che  egli  opera  colla  fuppplla  indifferenza, 
feguici  pure,  che  io  non  farò  mai  tra  co- 
Ip^rQiChe  fi  tengono,  in  giudicando , alla^ 
parte,  peggiore.  • • j ■ 

. .I  V.  • Vogljo  per  ùltimo  in  quello  luo- 
go. riflettere  alquanto , giacché  più  innanzi 
do  v.r.ò;  trattarne  di  prop.qfitp , (bvra  la  dab- 
benaggine , per- non  chiamarla  con  altro  ti- 
tolo ingiurioiò , d’alcuni  Mariti , i.  quali  fof- 
Trono  in  pace , -che.  de  lor  Mogli  fieno  ler vi- 
vide in  quella  gu!ira,q  facendo  i Tordi  alle_j 
pubbliche,  detrazioni  ^ eh  e Tentono.  TarTenc, 
0 non' ' volendo  interamente,  capire  la  To- 

danza 


,Cu)  u ad.CelrMtb,  8v  1 2. 


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I 


IJ I 

« d un  tal  coflumc . Parlerò  prima  di 
quei  Mariti  j che  .tìvj  eÌTendo  perjfe  mede^ 
unii , e fpezialmente  colle  donne  altrui]  non 

poflono  pcrfuaderfi,  che:  altri  fieno  in.; ciò 
ico eretti . Voglio , che  non  lì  molìrino  facii 
1|  a fqfpettar  male  per  tenerfi  lungi  dall» 
altro  , pllrenio  di  gelofia  , da  cui  ijalcono' 
tanti  guai  giornalmente  in  molte  cafC]  co- 
me dice  lo  Spirito  Santo  nell’Ecciefiaftieo: 
(.a)  ma  non  sò  paflare  quel  chiuderfi  djL. 

P?r  tal  maniera  l'pcchio  Ibvra  gli  an- 
damenti delle  Mogli,  che  lafcino  iorp,  per 
la  briglia  fui  collo , e gli  permetta- 
li libérta.j^che  in  qualunque  altro  (ia- 
to giudicherebbefi.  per  un’ahulo.  Vederle^: 
(tare  tutta  finterà  giornata ed, oltre  alla..' 
mezza  notte in  compagnia  di  quei,  che  le 
fervono,  pare  a me, che  fia  non  feorger  lume 
— »,  ?»*  — i??*  !^^f|ando  ancora  H .Capo  di 

;Ua  fempljce , ed  ingenuo.»  potrebbe 

a mio- giudizio  prendere  agevolmente  in^ 
dimd^nza’  una  tal  (èrvitò  Iblo  ,•  penlando  • 

ftwtàfi  a rinvenire  iin  buoa^ 
lervidor.e  pagandolo  ancora  con  abbondante 
falario-,  troppo  faria  .poi  felice  la  .moglie^ 
fna  a trovar  chi  la  ferva  con  tanto  d’ atten- 
zione fepza  veruno,  interelfe . E|  quello  un 
argom^to  sì  facile , é sì  naturale , che  lo  la- 

^ 4 . ria 


(a)  26.  8. 


» f \ 

• * -4  à 


• ^ • « «i 


• % * • * 


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... 

ria  benanche  chi  non  vide  mai  logica  in  vi- 
fo;  Che  fe  poi  debbo  crédc'rfi  -,  dalla  qual  co- 
fa  io' non  fònó  mai  per-  ritirarmi , norrddrfi 
alcuna  feconda  mira  in  codefta  fervitìi  sì 
rigida-j  e foggettofa  , potraflì  ben  dir  con_» 
Platone., '(a;)  che  x -hanno  ' pér'difto ^ Cùn  ' loro 
buona  pace  *,  la  metà  del  giudìzio  'Quegli, 
che  vi  foccombono  :Crcào  bène  , quel  , che 
credono  molti  ;cioè;  che  le  Mogli  loro  fieno 
onefliffime , e nette  in  ciò  da  ogni  macchia 
anche. "minima  . Non  per  c^uefto  però'idee' 
loro'àccordarfi  uiià  licenza,  di  viyereichc 
quando"  non  pofla  'col.  tempo  macchiarle  i' 
può  fare ';pe’rò , che  altri  le.  teiiganó  già  per 
macchiate  ; Se  fù  cònfiglio-  dcl  Profeto-. 
Rèale , C&)cHe  le  Conforlr  fticno  in  cafai-. 
non  folpv  'Hia  ritihitc  ^'bèriarichc  negli'  an- 
goli più  Vrerho  ti  di  cKd'iJìialatuamoglie- 
. fié*  cantv  delld  tua  cafa  ; ''còme  dunque.-! 
pòtni  ' lòrò  accòrdare'  il  rriàrito  prtìdéute  , 
o lo  ftàrne  fenipre  fitora  , o*  ih'  elfà  àcfc'òm- 
pàgnXte-fcmpre  da  ccrtf  ihdivifibilrAcati 
che  Témbràiio'MP  Battello  ideila  NaVe  J o il 
Piedèflàlió  'dcna'CòIònh’à"^?  Ató  dalla 

» • 0 t 

relazione  -altriii  ',  e 6allà‘  fporicìiza'  òcvi- 
lare  , 'che  i jùrchi  non  lafciano  Tóì*tire'di 
cafa'lè  dònne  loro  fe  nòrt  Copértè  ; é th’e  gli 
- ..  < .1.  . . * - £brei- 


(a)  6.  ds  Leg,  (b^  Pfal.  127.3. 


......  , . •— 

Ebrei  non  le  danno  adito  nelle  firtàgoghe,fe 

non  fedivife  affatto  dagli  ’ huoriiini  : onde_j 
non  può  non  cflerc  moftruofo'  il’  permèt- 
,terfi  da  i Cattolici  alle  proprie  una  sì  coh- 
tinova  , ed  indifcreta  dimeftichezza  ' coòl 
chiunque  defidcra  di  trattarle . Sembra  in- 
giuria, dicono  alcuni,  il  contarci  pàfliì  a.  cer- 
te donne , che  nel  candore  non  ia‘  cedòhò 
alle  greche  Penelopi , nò ‘alle  Remane 'Lii- 
crczic’.  In  primo  luogo  io'fbflèngo',  ’cheò 
una.  donna  ' veramente  .amica' 'dell' ònefià 
non  fbfFrirà  di  yederfi  accanto;  feràpre,,p'e'r . 
dir  Cosi , uh,  puntèllo , quafichc  non  pòteffe 
reggerfi  altrimente , come" feii za  l’olmo  la 
vite  : òdi  quefte  ne  vediamo- '.anche  a i tcm''« 
pi  hóflri  moltifllmc  , le  quali  rihunziaridó 
faviamentc  alla -gran  moda  non  ammetto- 
hb  Buone-  ‘voglie  al  lor  fervizio  , nè  altri  Pir- 
letti , fuori  di'qucgli  ,che  fon  pagati  dà  i lòt 
Mariti'.  Ma. 'oltre  ancora  di  ciò  chi  non  "viede 
'hoh  efl ere  iftgiufia , ma fpczié'  bensì  di  lì?-’ 
;ma','edi  rifpcttó  , l’irivigila'rc  i Mariti  all^ 
cuftodi’a  delle  Mogli acciò  non  s’accbfti  vò- 
ruaó  ad  òfeufàrè'  .anche  inminim'à  parte  lo 
■fplciidorc  di  ior  pudicizia  ? Forfè  mancò  di 
■Convenienza  •vèrfo  ' di' Sarà  laa  Confortélì 
'Abfamò  j’C'J)?'ì'è)rchc  invitati  ihcAfa  i treih 
Pélfegririi- incogniti- fece  loro' ogni'  forta^i 

damo- 


• é * * I 


(a)  Gen.  i8. 


1 


*54 

.4’amorcyote^  accoglimento  lenza  chiamarla 
^ancor  efla  a cpmiplimentargli  ? Le  die  ben^ 
ordiaeldi  preparar  lofo.Ia  refezione,  perché 
folTc  a p;^te  nel  merito  della  fanmOrpitalh 
tà , ma  non  permife , che  ella  mancàlTe , còl 
.l^iarfì  vedere.,  al  lùo  contegno , ed  al  do,, 
vuto  ritiro  , Quello , foggiugne  qui  S.  Am.- 
irpgio , (n,)  Cibe  riguarda  la  pietà  ^ Àbramo 
lo9>uol  eoù  .ejfa  comuae  iquelldyche  appar- 
tifue  alla  verecondia,  lo  Jafeia  inter amen^ 
te  a Sarà}  il  Marito  flà  Julia  porta  dì  caJcLa 
per  ifpiure  il  puffaggìo  degli  Ofpìti , e Sara 
difende  nella  ritiratezza  il  candor  del  fuq 
fejfo.  Io  non  vorrei , che  ciò  derivafle  da  me» 
/a  debolezza  di  fpirito  nè  i Mariti,  '}  quali'^ 
poco  a poco  lafciandolì  guadagnar  la  mano 
j^Ile  Confòrti  fi  riducono  a quella  foggèzio- 
ncmede(ìma,che  dovrebbòno  da  elle  rifeuo.. 
fere  ; onde  conolcendo  il  male  y per  conferà 
.vare  però, come  alcuni  dicono  pocofènla- 
tamente , la  pace , non  olànò  di  rimediarvi, 
]^a  legge  dc;i  Giudei  nel  Deutèrcnomio,  0) 
jchc  i non  fiveflìlje  la  donna  colle  vejìi  dell* 
buomo  y e che  PbuÓmo  non  u/ajfe  degli  abiti 
/etnminilix ,tà  io  (limo , che  ;mira(Te'  un  tal 
precetto  alla  gravità , che  a.ver  debbe  l’huQ* 
mo  per  m.antenerfi  in  grado  autòrevple-* 
fovra  la  donna  . A i tempi  nplìri . però  non  fi 
, - ofler- 


C»)  Ub,  I , c.  j.  (b)  cap,  zz. 


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oiTcrva  certamente  quefta  legge  » redeodofi 
anzi  molti  di  codefti  ridicoli  travedimcntit 
onde  podi!)  non  pochi  Sanlbni . alla  rocca» 
feorgond-poi  baldanzofe . le  Dalile  ciogef 
fpa(U»efarla  in.  tutto  diQioticamente  dau 
huomjni  ^Non.lbno  io  dato,  mai  d’umore  di 
pegare  al  fedo  donnefeo  un  certo  pregio  ^ 
accortezza  » c di  virile  intendimento  » e con* 
fedo  di  conofeerne  nioitidime  di  tal  qualità; 
pure  parlandoli  generalmente  > h DoJf»0  t 
fecondo  A yerroe  > Uff  buomo  imperfet* 

tcf  ; e perciò  debbe  edere  diretta  dali’nuomQ 
in  tutte  le  die  operazioni  » e non  avendo  edàf 
come  pure  decide  Aridotelc  » C^)  che  uà*  «r* 
bitrh  debile  » ed  i» fermo  x ha  da  fard  regola 
nell’operare.dei  cQdumi  » che  vede  pei  Aio 
Marito  » conchiudendp  per  utile  infegna- 
mento,  io  Aedo  Filofofo  : la  Mogli 

giudicate  s che  $ coturni,  idei  fuo  Marito  f.e- 
no  0ua.  legge:  della  propria  tìita  a lei  pr  f 
ferie  fa  da  Dio^c),  pel  eougiuugimeuto  del 
Matfitnouio . Non  manchino  dunque  i Mari* 
ti  dirpr.ecedere  coH’efempio.alla  buona  con> 
dotta  delle  Conforti  loro,»;{oyradando  fem* 
prc  autorevolmente , ma  nella  foave , e di- 
fcreta^  nwpicra,che  gliprefcriye  Plutàrcot 
id)  ^gieeft%t,dice , fbe.  prefieda  alla  Moglie  il 


I UJl'Mji  III  I.  mniyw 

.(a)  I . tbìf.  eom.  8 ij  fb)  i.  f.ol, (c}  y.Oeeon. 
i^ff^epìrdcept.cofiigl 


15*^  . ■ , 

Marito  i 'ijftn  come 'KtrVadr otte  'ciWarmentOy 
ma  come  P Anima  al  Corpo , ad  ejjò  congìun~ 
ta  per  una  certa  naturale  confederazióne^ 
d’amoré e di  ben'evólenza.  Vaffò- con  t|uefto 
all’ordine  di  quei  Mariti  •,  che  avendo  pun- 
tò , o poco  d’ambrc'  per  le  Conforti  ,*che_i 
Iddio  ha  lóro  cogiunte  per-le^gc  matrimo- 
niale", diftcndónQ.fiiori  di  cafa  il  proprio  ge- 
nio-, e fi  divertono  fptto  il  pretefto  di  quella 
civile  fervitfi  colle  Mógli  altrui'.  Sempre  mi 
fiè  rendùto  difficilé  da'- comprenderli  comò 
hiiomini  di  tal’  afiare'  nóh  fi  pèrluadàn'ojche 
altri  pofla  eccedere  nel  fervirelé  Mogli  lo- 
ro', quando  elfi  tràlcórrefiero  mai  fuòri  de  i 
limiti  dell’oncllà  nel  fervire  le  dònne  d’altri. 
Quando  ciò  accadèlTe  mai , che  non  voglio 
allumarlo , faria  ben  quella-  una'lbrta  di  ce- 
cità vòlontària,'c  maliziòfa,  per  cui  badando 
eglino  all’inter'cire'delle’propl'ie  Ibddisfazio- 
ni  chiuderebbònò  gli  occhi  a~ bella  pòlla^» 
per  non  eirériié'’tiprèfi.'beh- giullamentc, 
fullà  maniera"  di  vivere’,  che  praticano  le-» 
Confòrti'  loro  ,pividpnfi,ciò''.fupppllo  in_. 
quella  forma  -,  ohe- effer  pòfelfè  V gli  animi 
uè’ con jpgati  i e ctÒV  eh’ è contragehio , ed 
’iàntipatia  indégna'  del  làhto  loro  'cònlbrziò, 
fi  qualifica  per  armonia  di  pace',  e fi  onora— 
col  titolo  di  fcambievol  concordia  . Dal  De- 
monio xertamente-  fpargefi  in  alcune  Cafe 
Cattoliche  la  femenza  d’una  tal  .pace  infer- 
narc  péf  fare  centra  il  divip  precetto  deYe-^ 

" ' " ■ ’ ’'^eti 


greti  divorzftra  perfone  legate  inficmc  col 
nodo  indillblubile  d^m  reciproco  amore.  Pc- 
fie  non  può  darli  peggiore  di  quella  fra’con- 
jugati  > mentre  alicnaiidofi  ,‘c  morendo  .del 
tutto  rafìezion  maritale,  vi  nafee  Podio  , cd  il 
pefìimo  diiòrdine  di  proccuraiTi  Piino,  e Palr 
tra  con  libertà  un  palcolo  geniale  , c dentro, 
c fuori  di  cala  •Mancando  pofeia  i Mariti  all’ 
uffizio  lor  proprio  d^infifterc  fopra  la  direzio- 
ne delle  Mogli  lappiano  , che  fi  fanno  rei 
preflb  Dio  , e del  proprio  traviamento  > c di 
quello  ancora  delle  Conlbrti , che  alla  tra- 
(curatezza  loro  attribuifee  • Ciò  fi  vede  pa- 
lefc  quella  di  Putifarre  , la  quale  adocchia- 
to il  cado  Giufeppc  Ebreo  (,a)  giovine  di  bel- 
lezza uguale  allafomma  fua  continenza-., 
icordatafidèl  contegno  , e di  femmina  , e di 
Padrona  , ebbe  ardimento  di  porlo  con  in- 
degne richiede  in  pericolo  di  macchiarfi  . 
Ponderando  S j\mbrogip  un  tale  a vvcnimcn- 
toaferive  alla  trafeuraggine  del  Marito  la_, 
icorrezionc  della  Conibrte  così  dicendo  : (/;) 
fio»  era  in  potere  del  Servo  il  far  tì  , che  non 
fojfe  veduto  : dovea  il  Marito  pigliar  cautela 
fovragli  occhi  della  Moglie . Panni  per  tan- 
to , che  tutte  quede  ragioni  debbano  pciTua- 
dere  ciafeuno,  cui  prema  la  propria  làlvczza, 
a ritirarli  da  un  tal  collumc , che  jìcr  niuna^. 

ma- 


Ca)  Gen.  59.  (b)  Lia.  de  lof.  c.  5. 


. 158 

maniera  può  difehiedi  (cjuando  noi  faccia.* 
la  colcienza  particolare  di  chi  lo  pratica  , a_. 
cui  io  non  m' oppongo  ")  e vedendo  in  fondo 
a quella  fpezie  di  fervitu,che  ben  fembra  più 
che  civile , deteftarJa , c fuggirla  , come  un.* 
principio  di  fpirituale  rovina , che  tanti , 
tante  potria,  non  correggendofì  > guidare  al- 
la perdizione  fatto  colore  di  moda , c di  gen- 
tilezza 4 


Delle 


/ 


Delle  Pcrfonej  colle  (inali  Ji  dee 

convèrfare . ‘ 

CAPO  XI.  . 

< • 

' r • • t 

I.Q  E per  (ciegHere  la  Conver(àzione,  corné 
. w J di  fopra  fi  difle  , v’  abbifogiia  un  lungo  \ 
e maturo  configlio,  tanto  più  lenza  dubbio  le 
nc  ricerca  per  Ja  fcelta  delle  perlbne  ,colle_/ 
quali  dee  converfarfi,  più  iaqucfiò  , che  in_, 
altro  eflendo  veriflìnio  il  detto  di  Tucidide.,,, 
(tf  ) che  la  prudenza  parlar tfce  nelle  delibera- 
ziont  una giudfzioj'a  lentezza . Non  poten- 
do pofeia  negarli  al  gran  làvio  di  Grecia  Bir 
ante,  che  più  nel  Mondo  fieno  i cattivi,  che.j 
i buoni,  tanto  meno  potrà  contenderfi , cheJ« 
non  fia  colà  da  ftolto  il  non  fare  lunga,  c pru- 
dente difamina  sù  i cofiumi  di  quelle  perlbne, 
colle  quali  vuol  praticarfi  : e chi  di  ciò  fi  fà- 
ceflc  gloria  potria  con  Tacito  annoverarli 
tra  gli  huomini  incolti , e bàrbari , 4e*  qu^h 
egli  difie  ad  altro  propofito,C^_)che,yàati>'<7ff'- 
doglì  fervi l eofaP  accorta  lentezza  giudica, 
tono  imprefa  d’  animo  regio  r efeguirfubho 
ogni  determinazione  più  Jlrana . Per  elegge- 
re addunque  con  ficurezza  bifogna  farlo  col- 
la feorta  della  prudenza , e non  mai  per  i m- 

pul- 

' ■ 


Lfb.z.  (b}  Ubo6*AnnaU  . _ 


i6o 

pulfo  delle  paflTio.nJ  5 che  (lf*tc  cirendo  femprc 
nemiche  della'ragione , tolgono  anche  per 
Confcgucnza  il  vantaggio  delle  migliori  ele- 
zioni . La  podefià  deli'  eleggere  è un  privi- 
legio , che  diftirigue  da’  Bruti  1^  anima  ragio- 
nevole, e r ha  iddio  conceduto  airhuomo  fo- 
16  coflituendolo  j come  là  più  nobile  delle»-» 
creature  corporee , in  una  piéniflìma  libertà 
d'  arbitrio^  perche  appigliandofi  di  buona  vo- 
glia al  bene , e alla  virtù,  fi  faccia , come  urL> 
merito  all^  eterno  premio  dieffa,  che  egli 
per  altro  difpcnfa  nel  Cielo  per  mero  genio 
dcir  infinita  fuà  mifcricordia  . A qucfto  pri- 
vilegio di  libero  arbitrio  s’  oppone  poi  V ap- 
petito irragionevole  , che  noi  chiamiamo 
pafiione,  c togliendo  la  libertà  alP  anima  d’ 
operar  bene  in  grazia  del  corpo  , toglie  an- 
cora la  fiivia  elezione, che  è primogenita  dell^ 
arbitrio,  onde  Seneca  fcrifle  profondamente: 
(a)  ntum  , che  ferva  al  corpo  , tjfer  lìbero . 
Ecco  dunque  chiafiiTìma  1^  importanza  di  ti- 
rar fuori  da  quello  impiego  ogni  paflìone , fe 
brama  ? hiiom  favio  di  fareun^  elezione , che 
(ia  fua,  libera,  prudente,  e profittevole  .Con- 
viene in  quellò  non  clTcre  come  1’  erba , che 
dicefi  parctaria,  la  quale  s’attacca  indiflercn- 
temente  ad  ogni  muro;  ma  confidcrando  in», 
tutte  le  cofe  il  fuo  buono  , faperlo  pigliar  di 

mi- 


• Ca;  r/>.  93. 


i6t 

mira,  e volerlo  ad  efclufione  di  quanto  poteA 
fc  parere  al  fcnfo  più  dilettevole , c più  dol- 
ce, eflendo  quella,  fecondo  Quintiliano  : (a) 
cofa  da  huomo  eccellente . Venendo  poi  agli 
oggetti  della  Converfazione  , che  fono  per 
ordinario  le  Donne,  fu,  non  puònegarfi,  biz- 
zarria da  Poeta , benché  ricavata  da  un  lodo 
configlio  di  Platone , quella  di  riHetterfl 
dal  fiattida  , che  danno  interpretandofi  ana- 
grammaticamente  la  Donna  debbono  feie- 
glierfi  per  ciò  le  più  picciole,  ed  in  rìodra  fa- 
vella così  rifuona . 

Scter  tra  t danni  convìen  fempre  il  minore 

• % • 

Ma  parlando  con  ferietà  dico  effere  miglior 
partito  l’appigliarfi  al  cohforzio  di  quelle^» 
donne,  che  moftrando  meno  di  fpirito , e di 
brio  fono  più  ancora  inclinate  alla  faviezza,  - 
elTendo  fempre  per  quello  minore  il  pericolo 
di  rimanere  prevertito  in  chi  le  tratta  . Ben 
però  è vero  , che  ricercali  anche  in  ciò  una_. 
particolare  attenzione  per  non  lafciarfi  in- 
gannare ,come , fc  non  fempre  , fuccede  tal 
volta,  da  una  certa  affettata  modellia , che_» 
peggiore  eflendo  affai  d*  una  manifella , ma_. 
ingenua  vivezza,  occulta  fotte  il  contegno  la 
frode , e vibrando  fottomano  la  freccia  ò più 
- • - ■ L • ficu- 


Ca]  Declam.  95*  [b]  in  Protag, 


\ 


ficura  nel  colpo:  ulcufjì  ^ avvila  Tacito  9 (cT) 
nafcofidotio  Jotto  il  coloTC  una  ajluta  coyfjpor 
ftezzd  un  ptjfuno  animo  . Ciò  ancora  hi  con- 
lìdcrato  dal  buon  Seneca  > onde  lafcio  lei  itto: 
fuggite  da  certi  volti , che  più  fon  da^  te- 
tnerfi  quando  arrojjifcono^  qnafi , che  abbiano 
con  ciò  gettata  fuori  tutta  la  verecondia  dell\ 
anima.  Nello lluolo  delle  molte  donne  là- 
vie,  e prudenti , che  pur  tante  fe  ne  contaro? 
jio  lempre  , e fe  ne  contano , vi  lòno  alcune-> 
faputclle,  che  lafciandofi  ad  ogni  momento 
cader  di  bocca  una  (entenza  la  tan  da  Filolb- 
feire,ed  a guifa  appunto  di  Secondo  Cariiiate, 
del  quale  diffe  lo  Storico  precitato  , che  : [r] 
avendo  fempre  fulle  labbra  la  dottrina  de^ 
Greci y punto  non  ne  riteneva  nel  cuore  ; fpu- 
tano  fempre  dolce , e grave , adonta  dell^ 
amaro,  e del  debile  , che  han  di  dentro  > e pi- 
gliano con  arte  molti  merli  alla  rete . Po- 
chillìmo  avendo  clfc  di  merito  per  le  ni;ede- 
fimc  ufano  dell’  incantefimo  per  legare  al- 
trui, come  i Popoli  dell’  ultimo  Settentrione, 
che  privi  di  forza  fi  valgono  della  magi^  per 
affafeinare , ed  Iflupidire  i più  robulli  allo 
fcrivcr  d’Olao.  (</)  Ottimo  farà  per  cono- 
fcerle  bene  il  documento  d’ Ariftotele,  il  qua- 
le notò,  che:  le']  il  Jilenziq  apporta  decoroy  cd 

orna^ 


[aj  Lib.  6.  Annal.  [h]Ep.  1 1.  [c]  Ib.  [d]  lìb. 
3.  c,  I,  [ej  i.Polìt.  ' . V.  / . 


ornatézza  alla  femmina  ; onde  potrà  l’ huo- 
mo  di  Iciino  l'coprire  affondo  l’ animo  di  effe 
dalla  moderatezza  , che  vi  fcorgerà  di  parla- 
re, arguendo  , che  l’ interna  virtù  regolando 
la  lingua  loro  non  lafci  ufcirne  , che  fonti- 
menti  pelati , e malTime  di  vera  faviezza  per 
allontanarle  da  quelle , che  mettono  in  mo- 
ftra  una  Morale  confluente  nella  mera  pom* 
pa  delle  parole  . fu]  j^on pochi , dice  in  tal 
propoflto  S.Agoftino,  cercano  con  gran  dili- 
genza ì detti fapienti , ma  •nogliouo  avergli 
nella  teorica  della  dottrina^  e non  già  nella^ 
pratica-delia  vita  . Quelle  poi,  che  fl  tengo-? 
no  in  riputazione  di  belle  parlatrici  da  feinc- 
deflme  fl  manifellano  per  più  perigliofe  tut- 
ta volta,  che  fervanfi  d’  un  parlare  terfo  , ed 
elegante , come  d’ un  vezzo  per  catena  di  chi 
le  alcolta,  più  godendo , come  dicea  Salullio, 
[^J  d' avere  un*  apparenza , che  una  fojìanza 
buona  , e lodevole . Non  condanno  io  già  in 
tutte  le  donne  lo  fpirito , c la  cultura  d’  uii_> 
parlar  proprio , la  qual  cofa  molto  è più  fli- 
mabile  in  quel  feflb  , che  d’ ordinario  non  s’ 
applica  di  propoflto  agli  fludj  ; ma  difappro- 
vo  l' uiàrne  con  feconda  intenzione  di  piacer 
re , e confeguentemente  addeicare  chi  le  ode 
facendone  come  una  giunta  di  futTidio  alla_> 
forza  , che  ha  pur  troppo  la  bellezza  per  fe 

L 2 me- 


(a)  In  Pfal,  1 1 8-Cb]  In  Catil. 


164 

medcfima  . Siccome  poi  io  non  pofì'o  in  quc- 
flo  aflblvcre  dal  reato  alcuna  donna, cosi  non 
lafcierò maidiperfuadereagli  huomini  di  ret- 
ta colcienza  il  ritirarfcne  , come  da  un  vele- 
no, che  tanto  forte  effondo  , quanto  dolce  , e 
gradito  , Tempre  è più  ficuro  d’  uccidere . 

• II.  Ed  in  fatti  quefta  iattanza  di  fpirito  , 
e di  leggiadria  briofa  , tanto  prefib  di  pochi 
mcn  laggi  decantata  in  oggi  nei  Mondo,  ha 
cagionato  un  inconveniente,  del  quale  a mio 
giudizio  egli  dovrà  peotirfi  per  lungo  tempo, 
quando  pure  deggia  fperarfi , che  polTa  cor- 
reggerio  affatto  . E'  quello  V efferfi  la  parte 
più  debile  rondata  padrona  difpotica  della  più 
forte,  cioè  della  mafehile,  che  legata  dai  fem- 
minil  brio  peffente  più,  come  do  vrebbe,  non 
fi  da  luogo  di  comandare  , onde  io  ripeterò 
qui  ciò,  che  mi  dilTc  per  ifcherzo  , ma  grave- 
mente, non  ha  molto,  un  gran  Savio  intorno 
alla  nuova  nfanza  del  Cerchio  nelle  Donne-* 
del  noftro  tempo: ere. che  i:on  con^ 
te:ita^jdofi  quejìo  J'ejjo  di  comandarvi  a bac* 
eletta^  vuole  occupare  ancora  tanta  parte  di 
Mcndoy  che  gli  buomiuì  più  non  fapranno  do- 
Ve  pofare  il  piede  ^ e dove  ritirarfi  per  dar 
luogo  a codejìa  Jìrana  eferefeenza  di  lujfo  ! 
Oò  fuppofto  , lenza  però  mai  togliere  il  luo- 
go al  vero  per  chi  meglio  divifar  Io  fapefle , 
troppo  è do verofo  il  riHettcre  feriamente  ful- 
i la  maniera  di  feoprire  V interno  dllce  perfo- 

! ne  prima  di  metterfi  aconverfar  con  effe-j 

I inav- 

I 

I ^ 


d tiy  Google 


inavvedutamente . Quelle  per  tanto  , che_» 
fono  di  buon  cuore , e d’ ottima  indole , han- 
: no  ancora  un  aria  efterna  di  macfth  , di  chia- 
i rezza,  e d*  ingenuo  candore  , e fi  didinguono 
per  ciò  bene  fpeflb  da  quelle,  che  non  hanno 
capitale  di  virtù;  onde  riconofcendofi  come  i 
I Metalli  al  colore,  poflbno  molto  giovare  nel- 
la (celta , che  debb.e  farfene  . A queflc  bifo' 
gna  dunque  appigliarli  , quand’  anche.» 
vi  fi  trovafle  meno  di  quelle  doti , che  più 
piacciono  all’  occhio,  o alla  mente  poco  pur- 
gata dalle  materiali  fpezie , attendendofi  cia- 
1 Icuno  al  buon  configlio  di  Seneca  , dove  mo- 
flra,  che;  (a)  P animo  rimirando  le  cofe  "vere, 

I ed  ejfendo  perito  dì  ciò,  che  debbe  dejiderarfit 
1 non  per  P opinione^  ma  per  la  natura  loro  le^ 

I apprezza  . Si  ftigge  con  ciò  il  pericolo  d’ in- 
I gannare  dannolamente  fe  ftelTo  , preziolb 
t giudicando  ciò,  che  è vile,  e che  non  merita 
I r elb’mazione  dell’  huom  prudente  , cui  fem- 
I pre  ha  da  piacere  il  meglio,o  per  lo  meno  ciò 
I folamente,che  in  fua  follanza  è buono  . Que- 
I (la,  al  dire  d’ Orazio  , è la  difgrazia  di  chi  vc- 
I de  gli  Oggetti  coll’  occhio  della  paflìone  , an- 
I zi  che  del  difcrctodifcernimento,  poiché  cie- 
ca eflendo  ella  non  dillingue  le  qualità,  e-> 
confonde  col  buono  il  piacevole  , e per  ciò 
j nelle  perlbne,  che  riguarda  con  tenerezza-.  ; 

I II 

I ■ I 

1 Ca) 


\ 


\ 


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t66 


Jl  •otztó  V ìnganita  yes)P  alletta  ì 

Che  il  Commenda  nonfoly  ma  fen  diletta . (<*) 

V amor  delle  cofe  belle  è non  poco  equivo- 
co, ma  quello  delle  buone  è Tempre  favio:on- 
de  io  non  lafcicrò  mai  di  lodare  quell’  huo- 
mo , il  quale  elegga  la  pratica  di  quelle  per- 
foné  i lo  fpirito  delle  quali  più  nei  coAume.» 
rifplenda  j che  nell’  eAerna  avvenenza  del 
brio  . Se  tra  le  Donne  per  tanto  alcuna  fe  ne 
tróvafle  , che  fi  facelTe  gloria  di  eflere  la  piiù 
corteggiata  , io  la'crederei  ancora  la  più  pe- 
ricololà,  e più  degna  di  venire  fcanlàta,  men- 
tre parendole  di  meritar  veramente  quella_> 
fpezie  d’ ofTequio  , che  per  lo  più  Tuoi  eflere_# 
un’  adulazione  dell’  avvenenza,  come  fe  gua- 
dagnato r avefle  col  pregio  d’ una  loda  virtù» 
fi  appaleferia  da  fe  medefima  per  leggiera  ,e 
nocevole  in  confeguenza  a dii  trattar  la  vo- 
Icfie.  Meno  poi  non  farà  dannofa  la  Con- 
verfazione  di  quelle , che  affettando  la  beltà 
ffranamente,fe  ne  pavoneggiano  ancora  ol- 
tre mifura  , come  appunto  fe  un  tal  fiore  po- 
teffe  renderle  ugualmente  ffimabili,  e buone. 
Perchè  poi  in  quello  può  eflervi  dell’  alluzia 
non  cosi  facile  a difeoprirfi , fìngendofi  da_. 
cert’  une  di  non  curare  ciò , che  più  curano , 

è re-  , 

— ^ 1 — • I 'i  li  — ^ 


(a)  Lil/,  i,Ser,Satyr.  3. 


è regola  certiflìma  di  conofcerle  fenza  sba- 
glio l’oflervare  la  picciola  , ma  coftantej 
invidictta  , che  fuolda  effe  moftrarfi  cen- 
tra le  altre  non  meno  vaghe , e la  premu- 
ra di  comparire  mai  Tempre > cornei’  accorta 
Fabulla  di  Marziale  in  compagnia  delle  meno 
avvenenti  per  tirar  vantaggio  dal  lor  con- 
fronto . Perchè  in  un  Mondo  si  vaffo , e sì 
pieno  d’ umori  diverfi , può  pure  ancora  tro- 
varfì  una  tal  Torta  di  femmine  , Te  mai  fi  tro- 
verà per  me  giudico  effere  il  conforzio  loro 
pernizioTo  in  ibmmo  ; poiché  vane  clTendo  , 
e tronfie  d' un  patrimonio  , cheinfe  mera- 
mente confiderato  non  è , ehe  fango  frale-»  > 
non  potranno  mai  tenerfi  per  capaci  di  por- 
tare alcun  giovamento  a quei , che  le  prati- 
cano . Ed  in  vero  qual  gravità  , e fbdezza  d’ 
animo  potrebbe  mai  fupporfi  in  una  Donna, 
che  invaghita,  come  di  Marcilo  finfero  i Poe- 
ti, di  le  mcdcTima  per  quello,  che  c in  lei  fen- 
za di  lei , c che  perciò  dovrebbe  difingannar- 
la  i fi  vedeffe  vogliofa  in  fommo  di  farfi  ado- 
rare qual  Nume  terreno , ed  indurre  gl’  altri 
a perdere  il  merito  degli  affetti  in  colà  inlìa- 
bilc  tanto  di  fua  natura,  e caduca  ? Se  foffero 
tutti  gli  huomini  dell’  umor  mio  , che  non  è 
forfè  il  piò  auffero  , farebbe  lor  naufea  certa- 
mente ciò  , che  a moltiffìmi  è cagione  di  ma- 
raviglia , mentre  io  non  trovo  cofa  , che  pili 
mi  diminuifea  l’ eff imazione  della  bellezza^ , 
infima  qualità  di. tutte  I e cofe,qaanto  la  pem- 

É 4 pa« 


i68 

pa,  che  io  Veggia  farfene  da  chi  la  pofliede-ii  I 
concorrendo  nel  fentiraentodi  quell’  huomo 
d'  acuta  villa,  che  dir  folea  ‘.quella  ejjere  tra. 
le  creature  la  più  brutta , che  fi  tiene , effe»- . 
dolo  ancora  ,per  la  più  bella , e troppo  moflra 
di  compiacerfene . Sia  pure  un  tal  pregio, 
quello , che  più  piace  a’  Platonici  > indizio  d’ 
anima  pura  , limpido  raggio  dell’  eterna  Bel- 
tà incomprenfibile , e fcala  per  falire  al  cono- 
feimento  del  fupremo,  e vero  Bene  ; per  la_. 
mia  parte  io  ho  ftimato  Tempre  più  làggi&_« 
edere  quelle  Donne  , che  dalla  natura  Torni- 
tene a dovizia  danno  a divedere  di  non  cu- 
rarla, e premendo  fòvea  la  Tola  bellezza  dell’; 
animo,  che  è la  vera  , la  durevole  , c la  per- 
fetta, lafciano,  che  ognuno  Taccia  dell’  altra_, 
quel  conto,  phe  più  gli  aggrada,  lungi  tenen- 
doTi  elleno  intanto  dalla  colpa  di  concorrere, 
in  qualche  parte  nell’  adulazione  de’fuoi  am- 
miratori . 11  Signor  di  Tarrin  diTcorrendo; 
nel  Tuo  libro  intitolato  La  frenerà,  e gli  Obe~ 
lifehi  d' iArlet  t di  due  llatue  aliai  nel  mon- 
do Tamofe,  cioè  della  Venere , che  vedèfi  nel- 
la incomparabile  Galleria  Reale  de’  Gran^ 
Duchi  di  Tofeana  i e della  celebre  Diana  d’ 
Arles , dopo  lunghe , e ben  fondate  ragioni 
preferiTce  alla  prima  quella  feconda,  poiché 
jafeiando  alla  predetta  Venere  tutta  l’ efqui- 
fitezza  dell’  arte  vi  nota  un  vago  teatrale-»  ^ 
pericolóTo , ed  ifligante  , laddove  nella  fua_» 
Diana  rifplende  un  aria  grave,  fignorile,  pu^ 


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dica,  e che  da  (e  concigHafi  tm  ibmmo  rifpet- 
to  . Da  ciò  può  dcdurfi  la  conferma  della^ 
^gran  verità , che  di  l'opra  accennammo . Ne 
-^^qu'ì  è da  lafciarlì  P errore  d'a]cuni>  che  fi  ere» 
don  ficuri  per  avere  eletta  la  Converfazione 
di  Donne  già  attempate , onde  gli  fembra  d’ 
aver  fuggito  ogni  pericolo  di  traviamento  <. 
Quando  elleno  fieno  abituate  nella  laviezza.» 
io  ne  approvo  la  pratica,  e la  commendo, po^ 
tendo  la  G io  ventò  impararne  alTai  attefa  la., 
molta  fperienza, che  hanno  effe  del  mondo» 
per  la  quale  combinando  le  palfate  colle  pre- 
l'enti  cofe  , nc  rilevano  Ipellode  i documenti 
utilifiìmi  a chi  dee  mettere,  come  fuol  dirli , i 
ferri  in  acqua  la  prima  volta  per  far  la  fua_. 
comparfa  tra  gli  altri . Ne  olia  il  non  avere 
clTe  r ufo  de’  ftudj , poiché  la  pratica  tal  vol- 
, ta  nelle  cofe  difficili  nc  fupplilce  il  difetto,  ed 
alcuna  di  loro  potrebbe  in  quello  difenderli , 
come  Alinda  preffb  del  noltro  gentiliffimo 
Collega  Enotro  Palianzio  : C^) 

. * \ 
So/a  dell’  huom  V ambì  zìo»  tiranna 
■ . Il  nojlrofejfo  a non faper. condanna  . 


Tutta  volta  però  , che  folTero  di  cofiume  di- 
verlb  crederei,  che  dovelTcro  evitarli  al  pari 
delle  altre , (limando  io  più  alfai  dannofa  la_> 

Con- 


ca) Canto  3: 


ì'7o 

•Converfaziohe  d’ ari’ attempata  fcorrcttal. , 
quando  fi  dia  , che  quella  d’  una  Giovine  fa- 
via  . La  ragione  fi  è feguitando  un  tal  fuppo- 
•fto  , che  feinpre  voglio  credere  impoffibile_«, 
perchè  in  tal  cafb  la  pratica  ben  lunga,  che_» 
hanno  codcfte  del  Mondo,  non  avendole  an-  | 
coradifingannate  abbafianza,  riefee  non  iblo 
d’ ammirazione  , ma  di  motivo  benanche  a i 
giovani  per  invaghirli  d’  una  maniera  di  vi- 
vere, che  fempre  dolce  in  altri  feorgefi , e_> 
Tempre  gioconda.  Preftando elleno  come, 
ai  dir  de’  Poeti , le  Gorgoni  l’ una  all’  altra  1’ 
occhio  venefico,  a i loro  trattenitori  la  mali- 
zia cangerebbono  troppo  agevolmente  i’  in- 
dole buona  in  rea  piegandola  deliramente  al 
vizio.  Per  diflinguere  una  tal  Torta  di  fem- 
mine , giacche  la  credo  fempre  in  ogni  luogo 
fadiflìma  , nulla  pih  v’  abbifogna  , che  fuper- 
fizialmente  mirarle,  e toflo  dagli  abiti  fe  ae_» 
ravviferanno  l’ interne  qualità  meglio  , che 
dal  mantello  non  fi  comprende  talora  la  con-  ' ' 
dizion  de’  Cavalli . Se  mai  compariflero  pih 
ricche  d’  abbigliamenti , che  non  di  frutta-, 
gl’  alberi  nell’  Autunno,  fùria  fegno  infàllibi- 
le  di  leggierezza , c di  animo  non  peranche.« 
pulàto  . £d  in  vero,  fe  ridicolo  renderebbefi 
un  Architetto  , il  quale  unir  voleffe  all’  anti- 
co il  moderno  fenza  temperar  l’ uno  coll’  al- 
tro con  qualche  modificazione  proporziona- 
ta per  togliere  la  crudezza  di  due  contrari  : 
non  faria  certo  oggetto  mcn  degno  di  rif^ 

quél- 


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>7* 

quella  donna  di  tempo  » che  alla  fbdeaza  dcIP 
età  grave  unir  volefle  le  finezze,  che  potefle- 
ro  condannarfi  per  eccedenti  anche  nella  pijh 
florida  Gioventù.  Baderà  addunque  una^ 
femplice  occhiata  per  guardarli  da  un  forni* 
gliante  pericolo,  che  non  faria  certo , incon* 
trandofì,  il  men  grave,  e dannofo  . 

111.  Alcuni  ancora  li  trovano  tra  gli 
huomini  d’umore  tanto  particolare , e per 
vero  diredravolto,  cha  nulla  mirano  al  dàn* 
no  di  elegger  male  i foggetti  del  loro  diver- 
timento , purché  acquidino  la  vana  lode^ 
ingannevole  di  perfoiie  di  buon  cuore  col  la- 
feiarfi  piegare  ad  ogni  parte;  come  fe  buono* 
cd  efpcrto  efler  potefle  il  Piloto  rivolgendo 
il  legno  dovunque  fpirano  i venti . Se  egli  - 
fempre  trar  fi  lafciafle  a feconda  meritereb- 
be la  taccia  di  Seneca  (a)  dove  dide  : chi  non 
sà  a qual  porto  s*  indirizza  nian  •vento  può 
chiamar fuo  . L’huom  di  buon  cuore  ha  lem- 
pre  da  modrarfi  inclinato  alia  virtù  , c fc- 
guitare  la  Corrente  fin  tanto  , che  non  s’im- 
batta in  odacoli , che  da  lei  lo  divertano, 
come  l’efperto  Nocchiero  appunto  , che  pi- 
glia il  vento  fino  a tanto,  che  noi  dilunghi 
affatto  dal  Porto , a cui  tende  . Non  è buono 
quel  cuore, che  apparifee  indifferente  per 
appigliarli  occorrendo , o al  male  ,o  al  be- 


: .172 

ne  : c Ce  Phuom-  buono  j come  bcnifllmo  in,- 
l'egna  Platone  (a)  , è fimìle  a Dìo , debbe_* 
eflcrJo  ancora  nella  fermezza  tanto  propria 
della  Natura  Divina , e comparir  fempre  ter 
hacc  delle  (àvie  rifoluzioni , /«  effe  , al  dire-j 
di  S.  Agollino  effondo  la  mente  de* faggio 
€ buoni  huomìnì  immobile . Chi  dunque  giu^ 
flamentc . vuol  farli  tenere  per  huomo,  di 
buon  cuore  dee  fuggire  ogni  Ibfpetto  di  mar 
le  , cd  abborrire  per  confoguenza  la  confue- 
tudine  di  quelle  perlbne, che  fvqgiiar  lo  polr 
fono  della  virtù  , poiché  non  è buono  , fecon- 
do Arinotele  chi  non  dilettafi  dellc^. 
buone  operazioni , e tanto  meno  lo  farà  chi 
fceglie  il  trattenerfi  con  coloro  > chq  aflblu- 
tamente  operan  male . In  fatti  qual  pruden- 
za potrà  fupporfi  in  quegli , che  eleggono  1’ 
oggetto  della  Converfazione,  che  può  fargli 
cattivi  > quando  fecondo  il  prefato  S.  Agoftir 
ho  Cd)  la  prudenza  infegna  ciò , che  dee  te~ 
uerfiye  do , che  dee  fuggirfiì  Saranno  elfi  e 
derill  dagli  huomini  favj  per  averea  bella_. 
pollà  ^elto  il  male  , o la  cagione  almeno  di 
clTo,ed  accufati  dal  proprio  riraorfo  pec 
aver  voluto  afcpltare  in  quello  più  il  ge- 
nio > che  la  giullizià.  Chiuda  l’Kuom  di  fenno. 
pertanto,  l’orecchio  al  dolce  cantò  delle  Si- 

: rene  , 

j 

(a)  in  Mini  Q^)  de  Or  din.  Cc)5,  Ethic,  e»  S» 

Cd)  ^d fratr,  in  Herem.  • 


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rene , che  poieiTcro  invitarlo  piti  per  uc- 
cidere , che  per  dilettare , e diftinguendo  fa- 
viamente  dalla  verità  la  bugia  ne  penetri 
•bene  il  cuore  prima  di  credere  al  fuon  della^ 
•voce  , perchè  l’erba  più  folta  , c verdeggian-* 
• te  nafeonde  talora  il  fiiolerpc , ed  il  pomo  a 
rhirarfi  più  vago  racchiude  fpefle  volte  il 
•verme  , ed  è guado  nel  fuo  midollo  . Non  dì 
rado  fuccede-,  che  le  perfone , le  quali  dimo- 
ftrano  ad  un  l'oggetto  particolare  un  genio 
più  appaflìonato  Ibno  Ibvente  le  meno  capa- 
ci di  vera  amicizia  j come  l’ombra , che  fie- 
gue  per  tutto  il  corpo,  ellendo  pure  incapa- 
cilfima  d’amarlo  . Chi  ha  da  comparire  in., 
pubblico, e fard  la  prima  volta  huom  di  Mon- 
do , dabilifcad  bene  queda  mafììma  in  meur 
te  ; bensì  trita  , ma  di  fomma  utilità  , che_» 
femprc  non  è oro  tutto  ciò , che  riluce,  e che 
anzi  talora  il  troppo  lume  può  elTerC  indizio 
di  falddcata  ibdanza,  vedendofi  alcuna  volta 
più  rifplendere  a cafo  un  femplice  vetro,che 
un  diamante  di  fondo.  Si  guardi  egli  con  tut- 
ta premura  da  certe  ederiori  finezze , che_» 
tendono  ad  allacciarci  cuori  mcn  cauti , e 
dà  quei  foggetti , che  fimulando  d*  efier  tut- 
ti di  tutti  non  fono  di  veruno  per  veri- 
tà : perchè  l’arte  di  vendere , come  pafsò  in 
proverbio  il  Sole  di  Luglio  non  è l’ultima  tra 
Je  più  praticate  in  quedo  Secolo  . Simili  arti- 
fizj  frequenti,  i quali  nel  gran  Mondo  ca- 
dono tutto  di  fottp  l’occhio,  mirandoli  dai 

fuo 


9 


fuo  vero  punto  potranno  elTere  un’ ottimo 
difinganno  per  gli  huomini  accorti,e  di  buon 
gullo,e  Tea  i meno  ritienivi  formano  la  rete 
d'un  mifero  aìlacciamenco, potranno  fervi- 
rc  ad  eflì  ,comc  il  favololb  filo  d’Arianna_> 
per  ufeir  da  qual  fiali  labirinto  più  difHcile> 
ed  intrigato . La  follanza  del  facto  fi  è j che 
non  bilògna  formarfi  un’oggetto , o di  ma- 
caviglia  , odi  compiacimento , di  ciò , che-* 
efler  potrebbe  una  frode,  nè  fermar  fi  co  ii_. 
jiiipfudenza  nella  corteccia  delle  cofetralcu- 
rando  l’utilitrimo  (ludio  di  penetrarne  l’in* 
terno  < — — 

IV.  Il  più  (ano  contiglio  addunque  per 
fare  ùnafcelta  prudente  delle  pertbneda-, 
praticarli  a mio  parere  fi  c l’attenerfi  in  ogni 
rango , oalle  fuperiori  « o alle  uguali , ma_. 
non  giammai  alle  inferiori  nella  propria  li- 
nea.07lle  perlbne  fuperiori  fi  ha  fempre  una 
certa  fpezie  di  maggior  foggezione,  che  fuol 
nalcere  dalla  riverenza  naturale,  che  tutti 
abbiamo  verlb  di  chi  c’avanza  in  alcuna  co* 
fa  , onde  élTendovi  per  quello  un  pericolo 
affai  minore  di  familiare  dimcflichezza,,vieix 
tolto  altresì  ogni  adito  al  male  i Sembra  a.> 
taluni  fervil  colà  il  vivere  in  foggezione; 
ma  pure  ella  c un’ottima  guardia  della  mo« 
defila , e del  contegno , faccndò  , che  moltif>- 
fìmi  fieno  buoni , o non  cattivi  almeno , per 
quel  rifpetto , che  da  loro  in  altri  efigge  la_, 
maggioranza  . Nè  dee  ciò  parer  firanu  a ve- 
runo 


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nino  )‘qua(i  che  venga  per  quefto  perfualò  a 
farli  buono  come  in  apparenza  , e per  moti- 
vo meramente  politico  ; poiché  a coloro, 
che  riculàno  le  maniere  pih  ficure  di  eflérlo 
per  mezzo  della  virtù , del  ritiro , e dell’ora- 
zione, eflér,  non  puote , che  v.antaggiofo  il 
metterli  in  ci  mento  di  contenerfi , come  per 
forza,  e di  non  poter  elTer  catti  vi,  quand’an- 
che volellero  . Tra  gli  uguali  poi  quando  vi 
ila  il  fondamento  della  làviczza  uguale  (àrà 
ancora  il  contegno , eflendo  certillimo  , che 
tra  perfone  di  pari  merito  , e virtù  , o uoi^ 
vi  làrà  mai  occafione  di  male , o nUina  di  lo- 
ro vorrà  mai  efler  la  prima  ,che  perda , e a 
Te  medefìma  , e all’altra  il  rifpetto  . EiTendo 
COSI  la  Converlàzione  mantenuta  in  equili, 
brio  dalla  reciproca  moderatezza  di  chi  la^ 
lòftienc, dovrà  crederfi  piai  fieura;e  (c  l’ugua- 
glianza degli  elementi  forma  la  perfezione 
del  inido,il  divertimento  ancora  fra  gl’ugua.- 
li  potrà  laivare , e la  gloria  , e l'innocenza  di 
chi  lo  pratica . Trattandoli  pofeia  degli  infe- 
riori io  non  Gonfiglierò  mai  veruno  a Aabir 
lire  tra  eflì  il  Tuo  trattenimento  , nè  a Ice  * 
gliervi  l’oggetto  del  , converfare, perchè  l’au- 
torità può  tal  volta  partorire  franchezza,  e 
dar  luogo  più  agevolmente  alla  corruttela, 
ed  al  difordine  . EfiTendo  la  parte  inferiore 
non  folo  per  la  difuguaglianza,  ma  benanche 
di  fua  natura  più  debile  , ed  inclinata  a cede- 
re , o per  adulazione  ,.o  per  riverenza  facili- 


ta  bene  fpeflo , ed  Introduce  la’  colpa , dóve 
non  faria  forfè  entrata  mai  per  altrui  elezio- 
ne . Non  fono  pochiflimi  quei , che  nel  feco- 
Jo  fi  trovano  colpevoli , perchè  ebbero  trop- 
po di  rifpctto  verfo  di  chi  gli  perfuafe  la  pri- 
ma volta  la  colpa  , e che  farebbòno  ancora.» 
innocenti  del  tutto , fe  meno  avuto  aveflero, 
di  convenienza . La  difiblutèzza  è un  femè 
che  predo  germoglia , onde  v’abbifogna  tut- 
ta r attenzione  pih  premurofo  per  foppri- 
merlo , ed  affogarlo  : ma  tanto  è poi  più  fe- 
condo ) e più  felice  nel  frutto , quando  cadè 
in  un  terreno  più  difpodo  a riceverlo  . OrajL» 
effendo  le  perfone  quanto  più  inferiori , tan- 
to ancora  men  culte , e più  lontane  dalla  vir- 
tù , fonò  altresì  piùdifpode  a ricevere  le  im- 
preffioni  viziofe,  e per  confcguenza  debbono 
cohfidérarfi  dalle  maggiori , come  in  un  più 
grave  pericolo  di  (cadere  dal  retto  colf ajii- 
to  ,che  a ciò  porger  puote  la  fuperiorita , e 
f eccellenza  del  grado,  lo  hò  fempre  veduto, 
per  quanto  fovviemmi , foggiaeere  al  fofpet- 
tolàiàma  di  chi  bazzica  incafe  inferiori  al- 
la propria  condizione,  mentre  effendo  na- 
turai iffima  cofa  , che  ogni  fimile  cerchi  il 
fuo  fimile  , non  sà  mirarli  il  contrario  fenzà 
qualche  lòrprendimento,  e fenza  fupporvi  la 
mira  di  qualche  privato  intereffe  , il  quale-* 
tra  feffi  diverfi  hà  fempre, fe  non  la  fodanza  , 
un  colore  almeno  bruttiflìmo  . D’ un  Perfo- 
naggio  di  natura  affai  altiero , ed  impegnato 

nell’ 


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. S' 


nòlP  amicizia  d’una  pérfbna  à lui  di  lungaj 
mano  inferiore  , colla  quale  tratteneva^ 
impreteribilmente  ogni  fera  , per  altro  in_» 
favio  diporto,  fcntj  dire  in  una  Città  cofpicua 
d’Italia  da  un  huomo  di  buon  nafo  : Il  Tali^ 
JuW  imbrunir  della  fera-  diventa  umile  ,e  dì 
là  dalla  mezza  notte  ripiglia  il faflo  La  paf- 
fione  però  , che  è Tempre  aftuta  nel  ricoprirfi' 
temendo  in  quello  una  taccia  , che  forfè  non 
è.idel  tutto  irragionevole  ha  cambiato  il  no- 
me al  di  vertimento  fra  gli  ineguali , ed  adu- 
landone la  parte  fuperiore  lo  chiama  col  tir 
tòlo  di  Patrocinio , e di  Protezione-.  Io  non_. 
Voglio  qui  in  tale  delicata  materia  dilungar- 
mi per  non  trafcorrere.  quéi  conlìnidimo- 
dellia,  che  nella  .dillcla.  di  quello  libro  ho 
prefcfitti  alla  penna  . Dirò  folo  , che  le  que- 
lla protezione  riducefi  a termini  di  puro  Ibv- 
venimento,  Tempre  è più  lodevole,  e più  gra.; 
to  a Dio  il  farlo  di  nalcollo,  fecondo  la  rego- 
la , chemò  ha  egli.fteflb  lalciata  : non  fappia^ 
la  tua  mano  finijìra  quello , che  fa  la  delirai^ 
•(<?)  ma  , che  poi  nel  ,cafo,  in  cui  fiamo,.è  me- 
gliò  airoIutamcnte,  e più  ficuro , il  farlo  per- 
venire per  terza  mano  , e folo  lòggiugnerò 
quello  i che  notollì  da  Plutarco  (/i)  acuta- 
mente cioè  che  ; Poro  è.  fempre  efficace , ma 
,è  poi  efjìcacijfimù per  ottener  tutto  in-  certe^ 

M ’ oc- 

(a)  Mattb,  6.  Cb)  De  qnajì.  Rom*  ‘ - . 


9 


}. 


■»  . 


■ tccaftqn'f,  nellé  quali  gioca  anno  alVautorìtài 
ónde  l’huom  prudente  ha  da  temore  quèlt^ 
,arme  più,  che  non  temefi  in, mano  dc^Fanciul*.' 
Ji  un'arme  da  fuoco . Se  poi  debbe  intenderil' 
il  Patrocinio  per  una' certa  premura  , che  ft. 
abbia,  o delia  caf<<,o  della  perfona.parrrii  cha 
all’huomfavio  convenga  bcndicareimmitan* 
do  ilSole,che  per  tutto  fpande  i iiioi  raggHfen-» 
za  calare  eglimai  dalla lublimità  deiliio  pofto» 
Raccolga  per  tanto  da  tutto  quello  iMiiovU 
|ie  , che  è fui  punto,  d’una  sì  geìofa  eieziane 
la  neceflìtà,  che  vi  è di  farla  coO' tutto  lo  sfor< 
zo  della  prudenza,,  e ponderando  ài  grayiflìa 
ino  fentimento  del  Nazianzeno.  ,•  (aj  cheli 
niuna  cofa  è più  facile,  che  il  divenire  ■.catti-* 
Vo  : lì  perfuada , che  facile  poi  lo  l'ara  altretW 
tanto  divertendoli  con  perìbn,e,che  non  fieno 
di  rperimentata  bontà,  perchè  fe  le  inalattió 
s’attaccano  tal,  volta  col  fiato.lòlo,«ieno  for 
' lunati  non  fonoi  vizjpcrinfinuarfinòll’animai 
quantunque  picciola  a noi  fembri:  jVfottilift 
Cma  Tapertura  :,  chè  -gliene  diamó  ; la  yeg* 
• gio,  che  per'qiianti  prefcry^ivi.lì  dieno  cón* 
tra  il  mal  contaggiolb,  il  migUore  di  tutti,  ed 
al  quale  s^appiglia  ciafeuno  , èquellpdi  fug^ 
’ girlo  ; così  deexcgolarfi  .ancora  ognuno  in.» 
ordine  al  male  , che  può  eontaininarlo  inter- 
namente non  credendo  ad  altro,  rimédió  piò, 

- .'V  ' ' ' . che 

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^a)  Orat.  i,  i;-.«  < -.«ib.  ,?  .'V  • . / 


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* *79 

che  a quello  di  fcànfarlo  ',dove  fi  vcggia , ed 
in  qualunque  perlbna,.per  cara  , che  gli  po- 
tefie  mai  elTerc  , o per  altri  capi  giovevole. 
Abbiam  Tempre  in  quello  la  mira  al  nollro 
interefle  , ed  alla  falvezza,  dell’anima.,  noru^ 
volendo  mai  rovinarla  per  tenere  allegro,'e 
giulivo  il  corpo  , c trattiamo  per  ciò.,  fecon-, 
do  il  parere  di  Seneca  , (a)  co  fi  quei  foiit.  chjh 
c.i  pbjforio  render  migliori , che  ?ion  fiamo  : ed 

allora  averemo  fatto  un’ottima  eìezione.Pcri 

« • 

quegli  poi,  che  già  la  fecero  cattiva  ,e  li  tro- 
vano in  borrafea  fenza  potere  per,  degni  ri  j 
, * fpetti  ufeirne  sì  prello  , oltre  ài  configliargd 
• di  lludiar  lempre  qualche,  buona  maniera  di. 
mctterfi  in  falvo  coll’unico  rimedio  d’una-^ 
génerofa.e  follecita  ritirata,  dico  elTcre  l’uni-| 
co  ripiègo  per  fuggire  i cattivi  fenza  fiiggir- 
■ gli , il  comparir  lempre  per  huomo  di  buor 
ne  maflìme  , c si  amico,  deironeftà  , che  bailj 
*>  il  mancare  in  qiiefto  per  difguftarlo  . Allora 
i perverfi  ò non  s^accoftano  come  le  Notto^* 
le  dove  .c  luce,p  fingonfi  diverfi  da  fé  mede- 
fimi  per.  tema  di  riprenfione  . Così  eviterà  il 
favio  f odiofità  di  fcaàfar  gli  altri  /ed  anzi  la-, 
feiando  a gli  altri  [ì  rlmorfo  dilaverò  a ican- 
far  lui, fi  porrà  à poco' a poco  in  libertà  di  po^ 
..  tcrfi  tirar  fuor  di  pericolo , che  è in  tutte  leìj 
cofe , ma.in  quella  fingularmente , la  piu  vef 
ra,  è ia  più  infallibile  ficurèzza..,.,'  ’ ■ * 

-f  . ' M 2 ^ ‘ . Tì^lld 

. y.  ^ w*.  — ■«»»  li  I ; 1^  > •>*  , » ■»  ^ 0-0 

, (Al)  Ep.y,  ^ 


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Della  necejfttà  dèl  vejlive  ónejlo-, 
neìiii'  Convérjazioni.  ■. 

. CAPÒ  XII. 


I. 


\ 


k-  Opo  d’avere  iiifinuato  all’huomo  la 
- gran  premura  , che  egli  aver  debbe 
nello,  fcegliere  le  perfone  , coiic  quali  vuol 
converfarc  , parmi  ben  .fatto  ànèora  di  fug- 
gerire  l’altra  neceflìtà  di  comparirvi'in  abito» 
pneftò  > perchè  tolgafi  anche  in'queda  parte: 
ognfoccafiòne  di  traviamento . Le  fpade  fia- 
chc  11  anno  racchiufe  nei  fodero  non  fefifeoT 
-ho  j è la.  calamita  coperta  non  tira  il  ferro;'* 
cosi  la  perfona  veftita  con  decenza  , e nìodé-. 
ftia  , non  accende  il'cuore  di  chi  la  mira , o fe 
l'accende  non  e per  fua  colpa . Parlandoli  poi 
delle  donne,  che  fogliorio  effore  il  condimen- 
• to delle  civili  Conveffazioni,  egli  è certo,. 

. che  al  fcflb  loro  conviene  in  tutte  lecofeil. 
contegno  , ed  il  portamento  modello  i che  lo 
.jfende  in  (bramo  pregevole , ma  nella  forma 
' qtjll’abito  gli  è poi  affatto  indifpenfabi'c  ; poi- 
ché fe  non  lafcia  d’effer  fempre  pericololq 
all’huomo  lo  divicri  di  vantaggio  fenza  dub- 
bio collo  ftudio  delle  gale  , c della,  pompa, 
onde  lò  Spirito  .Santo  avvUii  (a^  che  : la»gi 
fitap particolarmente  dalla  donna  adornata. 
Non  piiò  negarfi  dChe  in  quella  parte  Pabulo 
non  fia  in  oggi  créfeiuto  quali  alPeccelTo  , c 

• ’ ■ • ■ che 


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(ayEccli.  9* 


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che  v*abbifógnì  per  ciò  un  rimedio  ben  gran» 
,<Jc  , fe  non  per  torlo  del  tutto  , che  troppo  è 
difficile  , almeno  per  corrèggerlo  alquanto, 
e renderlo  men  colpevole  inficme , e men^ 
dannofo  . Intendo  io  dunque  di  parlar  qui 
colle  dorine  più  favic,  e più  inclinate  alla-* 
virtù , e pónendo  loro  lòtto  degli  occhi  tut» 
tó  il  gran  male  ,ch'e  può  venire  dalJ’  inde» 
cento , e troppo'- bizzarra  forma  degli  abitfi 
ritirarle  da  quella  facilità , che  elleno  hanno 
di  feguitarne  là  moda  , più  talora  per  non_. 
contravvenire  all'  ufanza’,  che  per  fmiftro 
’pcnfiero 'd’offendere  la  modeftia  , Spero  per 
tanto  dall'ottima  loro  indole  quello  profitto  ' 
di  renderle  più  caritè  nell’adornarfi , c nemt» 
che  interamente-  d’eccedere  mai  in  un  coftui 
•me , che  faria  folle  del  pari , cd  iniquo  -,  tutt^ 
volta , che  gliene  abbia  qui  rilevata  , quando  ' 
inai  poteffero  àinarlo,  la  •vanìtà^W  dì/pendiot  \ 
Vìnte  azione  > ed  il  danno.  '■ 

>11;  Sòbeniffimo , che  la  decenza  dell'or- 
namento in  qualunque 'fiato  è lecita , e con*- 
- venèvole,  onde  non  dee  riprovarli , c però  io', 
non  condanno  ih  quefio  altroj  che  la  vanii  ài  ' 
contentandomi, che  ogni  donna  fegua  il  con-  ’ 
figlio  dell’  Apòftolo-,  (c)  e comparifea  in-*  ' 
abito  adorno  , ma  con  verecondia  v c con  fo~' 

. L’ulb  delle  velii,, che. ebbe  dàlia  pri-  . 
.•  V . . ì vM  ’•  r - ma  ■ 


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Cà)  „i  ,'  Timoth.  a.  jh 


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'•*5*  : . 

ma  colpa  il  filo  principio  fembra , che  abbia 
feco  tirata  la  fua  porzion  di  gafiigo  > mentire  » 
jfcr.vendofenc  i primi  noftri  Progenitori  per 
Confufionc  , c vergogna  di  vederfi  nudi  per- 
duta , che  ebbero  l’innocenza,  è flato  Tempre 
. dalla  malizia  renduto  peggiore  a i danni  delP 
innocenza  medefima  . Le  vefli  dunque , che^ 
furono.un  riparo,  benché  debile, al  roflbrdel* 
Ja  colpa , dovrebbono  ’eflere  un  ricordo  per- 
petuò, e familiare  della  miferia  r'ih  cui  tutti 
peha  polli  il  peccato  : eppure  per  isbaglio 
della  fedotta  natura  fon  divenute  un  fomentò 
di  fallo , e d’alterezza  . Quella  cola  ben  pòn-  ’ 

■ 'derata  dovria  tirarci  dagli  occhi  le  lagrime-* 
COnfidcrando  , che  neppur  balla,  la  funella.. 
memoria  d’un  gafligo  sì  grande  *a  farci  mi- 
, gliori  .•  Più  faria  colpevole  poi  quella  vanità* 
(]uando  ardifle  mai  dimétter  mano  a defor-  ' 

' mare  la  bella' ini magin  di  Dio  imprefla  da.iùi 
per  fomma  grazia  nel  vólto  d’ognuno  . Se  t 
.'Greci  ebbero  per  le  opere  de*  celebri  Auto- 
ri la  riverenza  di  non  toccarle,  benché  lafeia* 
te  le  avelTero  imperfette , lària  bene  un  gran  ' 

. difordine  , che  n®n  potefle  Iddio  rifeuotere.* 

• ; altrettautò  dalle  fue  creature  per  le  proprio 
. perfettiflìme,ficchè  non  concepilfero  la fto- 
. lida  pretenfione  di  migliorarle  .E  che  altro 
foferirebbefi  j quando-  mai  fhccedelTe  ,-dalP-  • 
empierfi  alcune  donne  di  nere  macchie  laL.  , 
faccia , daf  dipingerìa.  con . piii  colori e dai 
, darle  in  fomma  un’aria.tuttal  diverfada  quel- 

* • ''  • ■'*'■**  * ' 

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ee  ? O quaut'  efclama  Tertulliano , (a)  è alter- 
no dalla  mjìra  dìfcìplìna,  e profeffioxex  quatu 
to  indegno  del  nome  crìfìiano  , il  portare  dt^> 
pinta  la  faccia  coloro , a ì quali  è ingiunta  //»• 
femplicità,  e mentir  col  fembìante  quegli,  cui 
non  è lecito  di' mentir  colla  lingua  i Rìferifce 
Taeitó , che  Fifone  faviflimo  Gavalicro  di 
Róma  vedendo  le  corone  , che  nel  gran  felli-» 

. Bo  porta vanfi  a Germanico,  ed  alla  Ivicglie_i» 

,di  Jui,maravigliandofi  diffetC^)  Egli  non  ègiàk.  ' 

. figlio  di  qualche  Rè  de\  farti,  m'à  d*un  Impe-l-  ' 
radare  Romano  , cui  troppo  difconviene  t’adì 
dattarfi  al  cojìume  ,ed  ai  riti  de'  Barbari ■: 
Quanto  poi  faria  più  difconvenevole  in.un^ 

' Cattolico  l’ufar  nel  vellito più  Ihorbidczzai.,  . 

• che  non  praticarono  . gli  fteflì  Gerrtili?  E chi 

potfìa  negare,  che  quando  cièfcffe  nonlt  * 

modraflero  le  perfonc'poco  fci^disfatte  dell? 

avvenenza  , di  cui  le  hà  fornite  il  Signore»*  j'  * 
afFaticàndofi. elleno  per  le  medefirae  di  accrei 
fccrla  je  darle  un  brio  più  vivace  , e più  pel-a  . 

, légrinò  ?jCosI  l’intcfc. Prudenzio, quando  it»  , 
latina  favella  cantò  per  ammaeftràmento  di 

tutti  quello , che  nella  noflra  vuol  dire  : ' : 


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'I84  ■-  ^ \ ^ ' 

. Qoeft*  abu(b  di  volti  bugiardi , che  forfè  pur . 
troppo  non  è lontano  dal  coftume  d*alcune_f 
■ parti  d’Italia,  cagiona  l’inconveniente  di  non 
. poter  più  riconofcere  le  qualità  interne,  che 
rilucono  permezzo  del  l'angue  al  di  fuora,co« 
me  infegnò  Ippocrate , (c)  nel  colóre  del  vi- 
le : mentre  nón  v’clfendo  quafi  più , dove  ciò 
fi  pratichi , alcuna  pelle  di  color  naturale-^  >. 
malamente  può  difcoprirfi  per  quefta  via_.' 
l’interno  de’  cuori . Alludendo  ad  una  talco- 
fi:umanza  per  verità  condannabile  dicea  un_» 

. huomo  difingannato  per  lepidézza  , che  na- 
- Icofte  elTendo  ornai  quafi  affatto  le  vere_* 
fembianze  della  donna  lòtto  uìi  colore  men-.- 
tito,  gli  adoratori  di  quel  fcflb  poflbno  unirli 
' a quegli'di  Afene  , che  làgrificavano  alla  (è) 
Deità  fconcfcìuta  crede- 

re,  che  io  noi  penlb , che  alcuna  donna  giun-  . 
ga  ad.un  tal  fogno  di  vanità , io  crederci , che- 
più  avendo,  ella  in  quello  di  rifleflìohe  defi- 
. fterebbe  da  ùn  sì  latto  affaticàmento  per  iri- 
tcrelfe  ancora  di  quella-  vaghezza  , che  c la^ 
'■liia  più  rilevante  premura.  Non  merita,  eu 
nè  tampoco  l’ottiene,  ftima  veruna  qiiell’  av- 
venenza , che  fi  giudica  artifiziofa  , e che  può 
mettere  in  q aalche  Ibfpetto  l’integrità  della_ 

, pudicizia , è dall’  interno  candor軫  J^'uit*aU 
. tra  • bellezza  y-{cnv&  QeyS.  Gfe^rio  diNa^ 


zian- 


fa)  Lìb.  de  Humor.  /H') 

. (cj  In  prof.  advìMal.  » . 

\ y"~ '■ 


.1* 

V... 


> • * ^ * * * * 

ztanzo , tò  flìmo^ fuori  di  quella  \ che  vietici 
dal  dono  della  natura . Come  gli  Abitatori 
' alla  riva  del  Reno  efaminana  i lor  parti 
pena  venuti  in  luce  ; e come  il  fuoco  fuol  effe  - 
re  un  certìjfmò  indagatore,  delP  oro  puro  ; 
così  ioriéonofco  Pinterna  candidezza  delP-, 
animo  tuo  .dma  trafan  data  leggiadrìa  nU 
mica  del  vano  abbìglìàmento  . Fino  gli  An-, 
tichi  Poeti,  che  furono  i Teologi  della  Genti- 
'^lità  preferiffero  agli  Dei  un’onella  forma  di 
abito , e Diana , che'  per  configlio  di  Giove-» 
fingevafi  aver  fatto-  voto  di  pudicizia , da_»: 
effi  fh  fempre  figurata  con  modeftiflìmo  or- 
namento , e delcrivendo  la  ftatua  di  Lei  in  Si- 
cilia drffe  Tullio  , che  : (ja')  vi f piccava  /opra 
ditutto  P abito  •òèrginah'.  tanto  è vero,  che_* 
Ponefià  dell'animo  ricavali  da  quella  ancor 
delle  vefti  ..Può  dunque  veder  Fa  donna,  che 
lalciandonc  ancora  da  parte  quella  malizia, 
Ja  quale  può  renderla  rea  per  quello  al  tri- 
bunale di  Dio,  le  pregiudica  aitai  ncll’cAima- 
zione  altrui  un  sì  attento  lltidio  di  gale  , che 
in  vece  di  accrefcerlo,  toglie , ed  al  fembian» . 
te , ed  al  candore  gran  parte  di  lullro  , e.di  - 
lode.,  lo.non  vò  decidere  fe  a dì  nollri  iia  ve- 
ro ciò',  che  ne’  fuoi  dilte  il  Profeta  EzcchicI» 
Jb  alla  donna  vana  : (a)  bai  perduto  il fapere' 
dietro  la  tua  bellézza . Sò  bene , che  aleun< 

' ■ * or,- 

ap- 


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(b)  cap,  j$, 


“•  -r-'r-fc  * 


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' applicate  forfè  di  tròppo. ?d  un  Ibuiigliant^ 

. ei'ercizio  non  dimoflrano,  tutto  il  fcnno  , cfié 
certamente  dovrebbqnp,  mentre  fi  contea- 
.tano  folo  d’efler  mirate  , fenza  riflettere  , fe 
. rocchio  di  chi  le  mira  fìa  , p critico  , P.adu- 
ktore  , p dcriforio  . Queflo  poflb  dire  per 
verità  j e per  difuiganno  di  chi  uoppne  avef- 
,Ìèy  d’aver  fentito  farfi  io  ileflo  più  biafl- 
mi , fcherni  j e derifipni  ,'che  encomj  da  chi 
' ; fe  ne  finge  taìpr  più  parziale , a quelle  don- 
" ne , le  quali  hanno  fpefa.  un’intera' mattinà- 
. ta  per  fare  un’ora  fola  di  bizzarra  coinparfa, 

■ onde  poflbno  avvederfi  di. perdere  nel  tem- 
po-medefimo  il  merito  di.piaccre , e a Dìo,  e 
i a gli  .huomini . Ed  in  vero  fe.quì  di  proppfito 
. fondaflero  elleno  mai  la  Tua  premura , a ciò 

■ potrebbe  darfi  col  fuddetto  Profeta  il  titolo 
i certamente  di  ftolidezza  . Tra  noi  non  m.an- 

canó  moitè , alle  quali  potrebbe  dirfi  ciòc  che 
a Filoraanzia  prefTp  di  Plauto  dilfé  la  ferva  i 
. allorché  richiedevala  di  biacca  per  irapallarfi 
vanamente  le  gùancie  ; «o»  voglio  dar  •if  e leu* 

■ ,'psr< hè  ciò, farebbe  un  voler  imbiancare,  coll* ' 

inobioftro  lavorio  . Ma  fe  poi  in  ciò  aflìftite_i 
^ dalla  natura  benillìmo  , non  parelTe  loro  mai 
' d’effere  bianche  abbaftanza  quando  api  dir 
'yenilTcro  eflc  pure  coll’arte  i e fotfriffero  co- 
, me  la  predetta  Filomanzia  d’annerirfi  più  to- 
rto , che  di  mancare  alla  premura  d’eiflerfi  in- 
dufiripiàmente  imbiancaté , potria  egli  tro- 
»varfi  mai  fpczie  di  vanità,edi  ieggerèzza^ 

• • » _ « I ♦ . ' < • 


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4 


i87 


maggiore,  dcteftatà  per  fino  falle  (cene  degli  ■ 
.Idolatri  ? Piìi  compatibili , ma  non  più  felici» 
fono  quelle , che  per  quanto  intcnded  dal 
parlar  d'altri  ftudiano  , e giorno,  e notte  per 
ricoprire  i naturali  difetti  collagrarietà  delle 
gale  , mentre  credendofi  d’ingannare  chi  le 
riguarda  a minuto  , gli  mettono  anzi  letto 
, degli  occhi  ciò  i che  pretendono  d’ occul- 
tare, e fanno  veder  più  chiaro  que’  man- 
camenti , che  in  una  perlbna  di  minore  cul- 
tura non  curerebbonfi  . Quando  quell'  arti- 
fizio fia  pure  in  alcune  poche  reale, e ve- 
ro , a me  fembra  ,che  fia  ciò  un  farli  burla- 
re , con  lor  buona  pace.,  a doppio , e pel  di- 
fetto ,*che  da  fe  muove  a rifa  i più  deboli , e 
per  la  ^vana  premura  di  palliarlo  ad  ogni  co- 
llo , che  fa  ridere  anche  i più  favj . Non  mi 
uicirà . mai  di  mente  a tale  propofito  il  det- 
to arguto , che  fentj"  anni  fono  in  Napoli  da_. 
uno  di  quelli  Critici  inclbrabili , il  quale  ve- 
dendo' una  donna  alquanto^  gobba , ma  in_* 
veto  vana  oltre  modo  , che  lòrtiva  allora...' 
appunto  di  cafa  con  una  conciatura  di  capo 
d’invenzione  affatto  nuova.,  dille  con  grave 
forrilo,  5 mefehim  ajata  la  natura  coW 
tir  te  per  renderp-  più  ridìcola  . Il  fentimen-  ^ 
, to  par  da  Mimo  , ed  è pure  graviflimo,;  poi- 
ehè  fe  talune  conofeono  d'c'ffcr  pòco  alla  na- 
turaobbligate  per  averle  pródette  affai  di- 
fettoiè ,. reputerei  meglio  il  fingere  alcunu 
poco  di  gravità , mofirandofi  men  curanjf 

delP 


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' -iSS’  , 

dcll’efteriio  * che  pòco  preme,'  fecondo  l’I  do- 
'-cumento  del  Filofofo  : [a]  molto  più  belici^ 
..cofa'è-,  anzi  regìa  , aiier  V animo  .,  che  il  cor- 
po compofto  : meglio,  dico  , reputerei  moftra,- 
re  fodezza  ia  tal  cafo , e non  curanza  , chctii- 
' raffi  abbellendofi  troppo  gli  occhi  di 

tutti  , e rendere  piii  vifibile  il  mancamento 
col  ripulirlo , come  i Chirurgi  mal 'praticu 
che  per  troppo  nettar  la  piaga  fcuopronO 
l’offo  • , , w . 

III.  Nè  merita  minore  confidcrazione  il 
difpendioy  che  feco  porta  un  tale  abufò,  acciò 
vis’  inducano  le  favie  donne  a prenderlo  in-un 
piò  giufto  abborriraento . Egli  è cert.iffirnd 
eflere  in  oggi  così  crefeiuta  la.difpendiòfa_i 
. maniera  defveftire  , che  ne  rifentono  le  fa« 
miglic  un  danno  affai  notabile,  dovendo  fpe- 
dcre  dietro,  ad  effa  un  contante  , che  potreb* 
be  converti rfi  in  ufo  molto  migliore  , e.più 
yantaggiofo.  Benché  alcune  cafe  non  cròl-* 
lino  con^  quell’ urto  , molte  comunemente 
’foccombono,  e per  falvar  l’apparenza,  chi  sài 
. che  non  fi  faccian  patire  di  cofe  più  ncceffa» 
rie  ? Potria  ne’ tempi  noflri  replicarli  forfej- 
non  fuor  di  propofito  quella  querela , chelij 
udiili  per  tutta  Roma  , quando  Augufto  in_i 
tempo  di  carefttà  celebrò  con  importuna.. 
"-  magniiìcenza  il  più  fontuofo  Banchetto , che 


àdAkx*. 


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vedcflTe  foi'fe  1’  Antichità,  comparendovkegli 
in  abito  d’  Apolline  , c i nobili  Convitati  vc- 
ftitida  Numi  diverfi  ; che  mavavìglì»,  grida- 
vano i poveri  Cittadini.,  je  muojoa  dìfimieì 
Romani-,  giacche  gli  Dei  mangiarunji  tutta  la  - 
fuetto'vaglia  ? Chi  entraffe  anche  in  oggi  neC 
r intimo  d’  alcune  cale  , forfè  afcoltcrehbe  1'.  , 
eco  d' una  tale  doglianza  , perchè  pendendo- 
più  icmprc  il  Mondo  alla  penuria  , e alla  mi- 
léria,,  và  importunamente  crelcendo  il  ItifTo  . 
di  modo  ; che  ornai  forzato  11  vede  a cedere^ 

• non  folamente  F utile  al  dilettevole , • ma  la_  • 
necetTuà  benanche  alla  gran  moda ‘,  onde  li 
trovarebbe  in  quello  ancora  verifllmo  lo 
fpcri  menta  to  proverbio  : che  gli  jìolti  fa»  ri-.' 
der.  tutti , fuori  che  quei. di  cafa  . Lafciando 
però  quello  rifleffo  di  malinconia  a'  i Capi  di. 
pala , ehi  potrà  mai  accordare  colia  crilliana 
moderatezza  una-si  difpchdiofa , ed  inutile.» 
collumanza  ? Io  ho  veduto  fpender  centina ja  / 
di  doble  per  una  fola  conciatura  da  tefta  , che. 
fatta  la  prima  coraparfa  di  pochi  giorni  non 
v;al  più  cento  foldi,  onde  convicn  ben  dire.»  , 
che  uno  ftfcttillimo  conto-fi  deggia  renderei, 
a Dio  per  ci?),che  fi  toglie  a i faci  poveri  con- 
un'  tale  cccefTo  di- vanità . Credo  , mi  dicea^; 
mia' donna  di  gran  prudenza  , che  a -noi.  pefe'-.\ 
r abbono  oltre  mi  futa . le  Crefte , fe  ne.  co» fide- 
rajjìmo,  ed  il  malore-,  e le  confegnenze  -•  Éd  in  • 
yero  chi  non  tre’incrà  in  riflettendo  , che  per 
ycftif  e un  lòl  capo  fikfcia  di  provvedere  ^ 

1 tfin-  • 


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I. 


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•tanti  midi  corpi , che  gridario  ài  divin  tribù- 
. naie  vendetta"  centra  di  cbi  dilTipa- si  mala- 
mente il  loro  patrimonio , che  è tutto  quello 
appunto  , che  avanza  al  noftrq  commodò  , e 
'alle convenienze  ragionevoli  de*  facoltoG? 
' Molto  più  larcbbono  poi  condannabili  quelle 
, ■ donne  , che  non  niilurando  punto  colla  forza 
• le  Ipeie  confumafl'erò  in  quello  più  affai , che 

■ non  conìportàn  le  rendite . Chi  ulà  àbiti  lù- 
periori  alla  poflìbiltà*  del  fuo  grado  (ì *vefle  di 

, ' bugìa,  fecondo  i'  Angelico  S.  Tommafo  V"  C^) 
e meno,  a mio  parere  , non  muove  a rifo  di 
chi  recitando  in  comedia  fi  formalizza  , e pai 
■ voneggia  del  Manto  reale,  della  Corona, deli 
lo  Scettro,  quafi  eh  è folle  una  'fteffa  colà  tàh- 
’ to  1’  efferio  in  Ibflanza  , che  il  fare  per  poche 
ore  il  perfonaggio  del  Re  -.  Ed  in  vero  ugual- 
^ mente  riderà  fempre  Giàfcuho , che  miri  1<l_> 

■ cole  pel  verfoloro  i in  vedendo  imadonna^ 
• . Con  verte  fuperiore  alle  fue  forze , che  in  ve- 
. 'dendo  mi  fartofo  Timaginc  arricchito  di 

' gemme  fàlfe  ; poiché  neri  è minorJeg'gerez- 
' .zaadornarfi,  aion  pagando,  con  qucidegli  al- 
. tri , che  far  pompa -d’una  teatrale  comparfa, 
come  fe  foffe  vera  , e prcziola . Poche  bilb- 
» gna  ben  dire , che  fieno  le  femmine  di  tal  fàt- 
? ta  , fe  pur  anche  ve  ri'  ha  veruna  j perchè  fe_» 
foffero  molte  chi  potrebbe  mai  giughere  a_i 

' . > ca-  ' 


t » 


V , 


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. <t 


[a]  .2, ,2.  qufijl:  att.  i.ad  z- 


• % 


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i Oy  G0(  C 


1 


■ 


I9I 


càpiY  la  franchezza  di  girfene  elleno  in  boria, 
e gonfie  nelle  liie  gaiè  quanto  nel  cerchiGi  ’ 
delle  fae  penne  il  Pavone  ? Chi  di  loro  aver 
potria  coraggio  di  vederfi  per  ógni  parte  fe-t 
gnatf  adito  da  i mcrcadanti , .ognuno  dei 
^uali  accennaffe  ciò  , che  in  efle  è per  anche 
luo  j ficchc.in  cafo  d’  averfi  a fare  un’  intera  i ■ 
e giufia-reftituzione,'  avefiero  a rimaner  le_» 
mefchine  più  fpog!iate,che  non  gli  alberi  nel 
crudo'  Inverno  ? Quella  è una  lòrta’  di  ceci-* 
tà  , cui  io  non  l'aprei  mai  imputare  a veruna  'i, 
fc  non  cc  la  confermafiero  le  querele  talora 
de’ poveri  mercadanti , che  pagati  mai  lem- 
jpre  du  certi  Avventori  colle  appuntature  liti 
libri  mirano  goderfi  dagli  altri  con  tutta  di» 
fin  voltura  il  frutto  dilor  fatiche , d’efli  ancor  • 
dir  potendofi  coi  Poeta  (ur) . • . 

1 » . • ' • » i 

* « ^ * ì 

7*a/  da  Ji , ma  per  fé  ,fa>t  PApi-U  miele . \ 


• *• 


Molto  più  particolàre  ibvra  di  quello  era  Jaù 
meraviglia^  che  feccvafi , come  per  ifcherzo 
piacevole  ,con  gravità  però  di  penfiero  , un 
certo  mio  Cònhdente  d’  umor  piccante , ma 
di  profonda 'Morale  ,in  riflettendo  all’  ufo  di 
certe  ♦femmine  più  volgari,  che  fenza  penlàr 
altro  in  tutto  quello,  che  veggiono,  voglio» 
farla-da  Scrmie  ymn'hò  mai poiuto  còmpréa- 

‘ vf'  dérct  ,< 


iétà 


■ildi 


■? 


. > 


( 


*92  ; 

dere,  ci  diceami , comecértune  comparìfcano 
ia  pubblico  sì  diritte  , e sì  tefe,  quando  so  di 
Certo,  che  manca  loro  in  cafa  il  Jajìeatamento 
per  reggerfi in  piedi  i Fino  a qucfto  fogno  'è 
giuntala  linoderatezza  delluflb  nel  popolo 
ancor  piìi  minuto  d’ indurre  non  poche  d’in- 
fima lega  adoflfervare  una  fettimana  di  vigi- 
lie non  comandate  ■ per  ulcir  poi  nella  fcfttu, 
fieh  gaje,  ed  adorne,  facendo  a chi  le  conofce 
pivi  compallìonc , che  meraviglia . Se  però 
.Iblamente  fuo  foffe  il  digiunò  potria  tacerli'  ' 
ammirandone  la  folferenza;  ma  come  palfar- 
‘gli  fenza  carico,  di  grave  colpa  il  tarlo  comu- 
ne alla  famiglia,  mentre  ben  diverfe  dagli  uc- 
celletti,. e da  i bruti',  che  digiunano  efiTi  pci^ 
cibare  i loro  parti  ancor'teneri , tolgonle  di . 
fiocca  il  pane  per  metterfelo  elleno  indolTo 
convertito  in  naftri,  in  vezzi , ed  in  polvere  ? 
Abbiano  dunque  beh  l’ odchio  le  dorine  di 
fenno  per  non  ecceder  giammai,  in  un  sì 
fatto  coftume , che  tanto  è facile  a dar  nel  vi-  • 
zio,  quanto  è difficile  da  ripararfi  dato , che 
egli  vi  fia 

• IV,  Crelce  poi  la  gravezza  tì’tin  tal  di  (or- 
dine per  la.maliziófa  intenzione  ',  ch-Q-p^r  en-  ' 
tro  potrebbe  riavervi  di  formare:  con  ijucfto 
una  catena  al  cuore  de’ riguardanti . Ciò  li 
nega  alfolutamente  da  tutte,  le  donne  ,•  per- 
chè non  fe  ne  troverà  mai  alcuna,  che  voglia 
c'onfefVarl*  per  rea  d!  un  sì  pérvcrlb  difegno  . 
Benché  io  l’ accordi  alia  maggior  parte.di  ef- 

V 


fe , non  è però  la  negativa  per  alcune  poche 
vanarelle  foftenuta  con  ragioni  sì  forti , che 
pòflano  perfuadere  concludentemente  il  con- 
trario . 11  primo  appoggio  per.lalvare  una_* 
tal  rea  intenzione  fi  è il  liipporre,che  ciò  na- 
Ica  dalla  convenienza  d*  accommodarfi  all’ 
altrui  cofiume  nella  forma  degli  abiti , e fa- 
rebbe in  vero  d’ un  umore  affatto  particola- 
re colui  1 che  vivendo  fra  gli  altri  volefic  ve-' 
ftirfi  iti  foggia  tutta  diverfa  da  quella , che  è 
piò  comune . A quello  rifpondo  , che  può  be- 
niflìmo  falvarfi  la  convenienza, e non  tralcor- 
rere  di  là  da  i limiti  della  modefiia , conve- 
nendo con  gli  altri  nella  fofianza  dell’  abito , 
quando  onefiafia,  c crifiiana,  e slontanando- 
fene  poi  faviamente  nelle  circoftàze  d’ alcune 
aggiunte  di  libertà,  e di  Icandalo  . Io  fono  d’ 
opinione  collante , che  ninna  donna  pruden- 
te farà  mai  notata , fe  non  sè  con  lode , quan- 
do le  manchino  certe  foggie  peccaminofe, co- 
me pure  in  tante  avvien  tutto  giorno  , men- 
tre fi  vedrà , che  ella  ha  faputo  prendere  il 
buon  della  moda  lardandone  ad  altri  il  catti- 
vo . E’ quella  anzi  una  fpezie  di  correzione 
lUililTima  per  le  piò  licenziofe,  Ic  quali  alcuna 
volta  s’ammendano  trovandoli  come  polle  in 
tibia  dalle  piò  làvic  nella  pratica  dell*  errore, 
pfh  valendoy  fecondo  il  Pontefice  S.  Leone-», 
ad iflruìre  /’  opera,  <;be  la  voce . Ma  trop- 

N po 


(a)  Ser-^i, 


194 

po  fi  vede  bene, che  un.tale  abulb,dove  fi  tro- 
vi ,ha  un  fincaiverfo dall;;  mera  convenien-.. 
zà  , che  fi  prcfume  per  ilculàrio  , poiché  cia- 
Iciina  delle  vane  donne  di  lopra  mentovate_» . 
cerca  d’  efler  la  prima  a metter  fiiora  le  mo- 
de , e farfi  maeftra  alle  altre  di  luiTo  non  più 
veduto,  locchè  non  fuccedcrebbc.  quando  fi  , 
miraffe  unicamente  all’  uniformità  dell’ul'an-, 
za.  Bifogna  dunque  dire  con  Tertulliano  , 
che  fi  ama  da  loro,  un  tale  (Indio  per  farfi  del 
feguito,  e temendo  , che  non  abbia  là  nàtura- 
Je  fembianza  del  volto  attrattiva  ugnale  al 
. defidcrio  fi  procura  d’accrefeerie  il  pregio  di 
]eggiadria/;/o//a/j'do»e  , come  egli  dice, 
dal  Demonio  l'aggiunta  delle  gale  . Giuditta 
sì, che  ebbè  in  ciò  facendo  una  retta  intenzip- 
ne,  mentre  comandatole  dal  Signóre  , che  &’ 
incamminalTc  a i Padiglioni  d’Oiofcrne  per, 
Soggiogarlo  fi  abbellì  , e vefiiffi  pompola-- 
mente combattere^  come  afferma  S.  Ago» 
(fino  , (Jì) prima  col  eajlo  volto  , che  colla  fpa» 
da  . Olfervo  in  un  tale  avvenimento  due  co- 
fe,  che  tornano  ottimamente  in  acconcio  nel 
cafo  noltro  . La  prima  è , che  mettendofi  in_, 
gala  quella  faggia  Matrona  unì  alla  bizzarria 
degli  abiti  anche  la  modeftia  del  volto  chia- 
mato dal  predetto  Dottore  col  nome  di  cafloi 
non  potendo  fcordarfi  mai,  neppure  in  una  si 

pom- 


(a)  Lik.de  cult.famin,  0>)Ser.  229.  de  temp,. 


pompofa  , ed  avvenente  comparfà , di  quel 
contegno  > che  tanto  è proprio  di  quel  fello . 
V altra  è>  che  non  lafciò  Giuditta  con  tutta_. 
la  fua  ingenuicà  di  riflettere,  che  per  fuperar 
quel  nimico  non  v’  era  arme  più  ibrte.della_ 
propria  vaghezza,  non  femplicé  già  , e natu- 
ral.e  , come  ella  tenevala  Tempre  nel  fuo  riti- 
ro, ma  rinforzata  dall’  efficacia  de’  più  ftudia- 
ti , e pellegrini  adornamenti . Quindi  rica- 
var poflbno  le  donne  , che  in  ciò  mai  foflTero 
le  più  libere , che  la  modeftia  non  ha  mai  da 
fcompagnarfi  dall’abbigliamento,  e che  ftato 
effendo  Tempre  quello  fecondo  una  gagliardif- 
fima  batteria  di  tutti  i cuori  debbe  da  lor  pra-  ' 
ticarfi  con  tale  moderatezza , che  altrui  non 
ferva  di  rete , ed’  inciampo . Hanno  effe  pe- 
rò un  altro  fondamento  , che  più  (labile  fem- 
bra  loro  per  affolvere  da  ogni  reato  l’ inten- 
zion  d’  abbellirli , ed  è il  pretello  di  piacere.» 
unicamente  a i lor  Conforti,  che  io  inmoltif-, 
fime,  le  quali  prudenti  fono  , ed  ingenue  , ho 
Tempre  creduto  vero  , e lo  credo . Pure  porta 
contra  di  quello  S.Gio:Grifo(lomoC«)  due  ra- 
gioni fortiffime,  che  interamente  abbattend.o 
la  fcufa,dove  tale  ella  foffe,Ialcicrcbbono  allo 
feoverto  la  peffima  intenzione  d’un  tal  coHu. 
me.La  prima  di  quelle  è , che  tai  vane  donne 
piaccrebbono  affai  più  almarito  col  veftir  po- 

N 2 lìti- 


ca) HoVé,  28.  h Ep.  ad  Hebr. 


196 

fitivo,  onde  meno  li  diflurba  l’cconomia^ed  è 
ciò  tanto  vero, che  non  di  rado  nafcono  tra  di 
loro  litigj,di(Tapori,e  contragenj  per  non  pò* 
tcre  effe  ridurgliad  appagarle  nella  brama  de* 
sfoggi,  fcegliendo  poi  fovente  i poveri  mari- 
ti  anzi  il  cedere  con  diCcapito , che  il  vive- 
re fetiza  pace . Come  dunque  fuffifte  il  pre- 
teso di  renderli  gradite  a i Conforti , fe  non 
balla , nè  il  genio  , nè  l’ autorità , nò  le  ne- 
gative di  cfll  per  diUornarle  da  una  si  danne- 
volc  coftumanza  ? Non  è men  forte  l’ altra 
ragione,  per  cui  s’  offerva  , che  Itando  in  ca- 
fa  le  donne  fono  Tempre  affai  piò  dimcffenell* 
abito , ed  allora  folo  pongonfi  in  tutta  gala  , 
quando  ne  fortono:  onde  ricava  il  Santo,  che 
l’ intenzion  d’ abbellirli  con  una  sì  attenta., 
premura  non  riguarda  l’ oneflo  fine  di  piace- 
re a i mariti,  ma  bensì  I’  altro  di  piacere  a gli 
cllcri,  lotto  l’ occhio  de*  quali  s' affaticano  di 
portare  nella  fquifitezza  dell’  ornamento  ua 
oggetto  d*  ammirazione  . H non  faria  quello 
Un  farla  da  Pavoni, che  non  fi  mettono  in  bo- 
ria lè[non  fc  per  effer  veduti, come  cantòOvi- 
dio?  E così  può  voltarli  in  nollro  idioma. 

* 

Dì  grate  iodi  al  lume 

Topo  il  vano  Pavon /piega , e diffonde 

li  tefor  delle  piume  ; 

Ma  fe  noi  miri  la  fua  pompa  afeonde . 

Io 

(a)  Lìbm  1 . de  Arte, 


DIgilized  b;  Google 


Io  non  hb  fentito  > che  una  volta , e da  una^ 
fola  di  codefte  donne  leggiere,  ma  con  efire- 
mo  rammarico , darli  la  commiflìone  a certi 
galanti  Efploratori  di  girfene  per  fin  nelleJi 
Chiefe  a fpiar  le  mode  più  nuove , c render- 
lene  pofeia  conto , per  poter  efla  comparir- 
vi più  tardi  con  ficurezzà  di  non  effere  daJ 
xnen  delle  altre.  ConfefTo , che  mirando, allo, 
ra  la  cafa  di  Dio  divenuta  pur  troppo  nell’al» 
trui  concetto  una  fiera  di  pompe , di  frafehe. 
rie, e di  fumo,  non  poter  àftenermi  dall’elcla. 
mare  : O Mondo,  perverfo  mondò , e doVe_> 
mai  potrà  giugner  più  oltre  la  tua  malizia  ! 
Se  mai  in  tali  donne  imbattuto  fi  fofic  alcun 
marito  (aria  ben  poco  Tcufabilc , quando  non 
facclTc  ogni  sforzo  per  provvedere  autore- 
volmente ad  una  tal  corruttela.  Infegnù  Ari- 
ftotele , (a)  che  alle  Polledre  indomite  fi  ta- 
gliane la  chiòma , poiché  una  tal  confufione 
le  averebbe  umiliate , e rendute  più  manfuc- 
tc  . Non  dico  io  già,  che  doveflc  mai  verun_, 

. Marito  giugnere  a tanto  per  guarir  l’alterez- 
za della  fila  Donna , quando  ancora  ella  fofic. 
di  tal  umore  ; ma  faria  ben  giovevole  affai,  e 
giufio  il  metterla  in  una  sì  efatta  riforma, chei 
poco  avendo  fuori  del  bifognevole  ulciflelc-* 
ornai  di  capo  una  vanità  sì  prefib  Dio  colpe- 
vole, ed  al  Mondo  sì  perniziola . 

V.  In  fatti  c incfplicabilc  il  danno,  che  da 

. ■ N j ciò  / 

» 


^ 198  . 

ciò  venir  punte  in  tutte  le  anime, le  quali  noa 
fi  hanno  una  cura  piò , che  vegliante  • In  al- 
tro Sècolo. non  fu  mai  forfè  piu  pericòlola  la 
yediità  delle  donne  di  quel,  che  eifer  pofla  in 
quello  nollro , mentre  effendofi  elleno  ren- 
dute  piu  familiari,  e men  dedite  certamente—# 
alP  antica  ritiratezza  , tanto  farà  piu  forte 
allettamento,  quanto  faranno  più  avvenenti 
le  comparfe,  più  ammirabili , e più  fludiatè  • 
Parrebbe  ftrana,  e troppo  auflera  la  propofi- 
iiohe,  fé  oltre  alF  efperimento , che  la  con- 
ferma, non  la  vedelTimò  avverata  dalla  fola-# 
olTervazione  delle  Pitture  , e delle  Statue  dc^ 
^reci.  Non  fe  h’ è per  anche  trovata  alcu- 
na, che  ppfTa  paragoaarfi  nel  bizzarro  accon- 
ciamento delie  chiome  al  gallo  della  moder- 
na finezza,  vedendoli  chiaramente, che  in  ve- 
ruii  tempo  non  fiorì  mai  tanto  (ladio  di  pom- 
P^>che  in  quelli  nollri , i quali  per  efiere  il- 
luminati colla  dottrina  del  fanto  Evangelio 
dovcrebboho  pure  efiere  di  lunga  mano  più 
rifervati, e più  femplici . Io  ricavai  un  tal  fen- 
rìmento  dalP  opinione  d*  un  celebre  Scultore 
moderno,  il  quale  facendomi  ofiervàre  conu# 
qualche  riflelfo  le  migliori, e più  nobili  llatùe 
di  Roma,  in  tale  pregio  , come  nel  rimanente 
Unica,' eYoIa',  andavami  rilevando  P erróre-/ 
delle  Donne  prefenti  i che  flontanatefi  dallà^^ 
naturale,  è più  propria  maniera  d'  acconciar- 
fi , che  ufarono  le  paflate , col  pretender  d' 
accrefcerla  hanno  tolto,  dicca  egli  i rnoltifii- 


•i9^ 

hio  aHafimètria  deli*  avvenenza . Non  vo* 
^liò  già  qui  formai*  quiftione  eli  quello,  che_» 
a mè  poco  preme, ballandomi  il  dcdurnevchè 
quantunque  nel  lulìb  de  i nollri  tempi  altro 
non  lìa  di  male  v’  c purquella  malTima  , e di- 
tei  quali  vergognofa  fconvenevolezza  di  non 
potcrl'enè trovare  ne  i Secoli  IlelTì  del  Genti* 
iefinio' alcun  paragone.  Quelle  Donne  ad- 
dunque  -,  che  s’ adornaffero  in  tal  guifa  pih 
per  compiacenza  di  pravo  genio , che  di  leu* 
làbile  uniformità  all'  altrui  collume  , potrèb* 
bono  per  ravvederli  riflettere  al  folo  rimor- 
Ib  di  eflere,  ad  onta  di  Tanta  Fede,  Hate  elle  lè 
prime  à Icordarlì,  che  la  modeftia  , ela  vere- 
condia fono  tuttala  gloria  del  loro  feflb  . Fu 
quella  virtù  da  Speulippo  difiìnita,  (aj  utiiut 
favta  compojìezza-  nel  portamento  del  corpo  : 
onde  potrà  da  fe  medeuma  cialcheduna  con- 
fiderarCjfe  elTendo  quella  la  Tua  foflanza  deb- 
ba ella  perfuaderfi  diaverne  in  fe  alcuna  por- 
zione • Ghi  pòi  di  loro  fi  trovafie  in  realtà  di- 
fetto fa  , ed  in  quello  mancante , come  non_. 
crederà  d’ éflere  dannofifiima  a chi  lo  mira_., 
quando  per  modella , che  fofle , e follehuta_. 
mai  non  lafoierebbe  di  porgere  agli  incauti 
qualche  pericolo  ? Sedotto  in  gran  parte  il 
Mondo  fi  vede  puf  tròppo  dedito  a compia- 
cerfi  nella  galanteria,  nel  fallò  , e nelle  pom* 
Jjofe  comparfé,  onde  rea  farebbe  fenza  dub* 

N 4 bio 

(a^  Jadef-Flat. 


200  - 

bio  avanti  del  Signore  quella  Donna  j cbe> 
avelTe  genio  di  fare  di  fé  qualche  fpettacolo 
ad  una  tale  curiofìtà,  e fuo  farebbe  in  gran.* 
parte  il  male  altrui,  poiché  ben.difTe  quel  Sa- 
vio, chi  imbianca  la  Torre  chiama  i Colombi. 
Stieno , che  io  le  prego , bene  avvertite  le^ 
femmine  a non  ridurre  fpezialmente  il  taglio  ' 
degli  abiti  ad  una  certa  Icompoflezza  si  poco 
modefla,  «he  fpogliandole  più,  che  vedendo-, 
le  , porga  un . gagliardo . incentivo  alla.* 
Gioventù  in  particolare,  di  perdere  il  bel  fio- 
re dell,  innocenza , ed  introdurre  per  gli  oc- 
chi  la  morte  dell’Anima.  Il  Signor  diTàr- 
rin  nel  fuo  libro  già  mentovato  racconta,che 
Adriano  VI.  non  volle , che  fi  ponefTe  nella.* 
Cappella  del  Vaticano  la  Tavola  sì  celebre^ 
di  Michel’  Angelo  Buonarruota  rapprefen- 
tantc  il  Giudizio  nniverfale,pefchc'ripienadì 
figure  nude,  e pericolofe;  avendo  ancora  in., 
penfiero  di  far  abbattere  le  datuepiù  belje.^ 
di  Roma  per  tal  motivo  , fe  le  preghiere  di 
tutti  i Virtuofi  d’Italia  noi  difTuaclevanoi/tfce- 
2><z,cosi  conchiudcj^er  zelo  ciòcche  fecero  colà, 
altre  •volte  i Goti  per fent'mento  dì fierezza , 
e d' ofiilità.  Ora  fe  tanto  danno  cagionar  pof- 
fbno  le  immodede  figure , benché  dipinte , o v 
fcolpite , come  credeva  quel  faggióiPontefi- 
cc , che  non  farebbono  poi  le  immagini  vive, 
e con  troppo  di  arie  adornate  ? Difeorrendo 
io  un  giorno  di  ciò  con  una  Donna  peraltro 
di  grande  onedà,  ma  efattifllma  nelle  mode , 


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r 


2ÒI 

ini  dine;  ìff  oggi  P nfanza  notipul  riprender^ 
fi,  perchè  in  •vero  ella  è in  quejla  parte  mode  t 
fiijfima  : a cui  parvemi  di  replicare  a tempo: 
dunque f e la  moda  cangia  guai  alP  Onefià  ! 
Così  è . Vi  fono  alcune  y che  (ì  mantengono 
onefte  nel  portamento  degli  abiti  > fìnchò  1* 
ufanza  lo  fofFre,  dilpofte  a mutar  parere  tutta 
volta>  che  fì  muti  la  moda  ; Quello  però  è un  ^ 
clTer  buone  a calo,  che  a nulla  giova  , non  v* 
elTendo  il  concorfo  della  volontà  determina» 
ta  ai  bene,  per  cui  quàlifìcaniì  le  azioni  tutte. 
Convien,  che  s’  ami  alTolutamente  più  ifone» 

Uà,  che  la  moda , perchè  fi  polTa  ’efler  pronti 
a dctcflar  quella  feconda , quando  alla  prima 
s*  opponga  . SI  metta  cialcuna  dàyanti[agli 
occhi  la  grave  perdita  d*  un  anima , che  po» 
tria  cagionarfi  da  codella  attenzione  d’ abbel- 
Jirfi , cd  elàmihando  bène  il  fìiic  di  praticarla 
afcolti,  come  dicea. Seneca , interno  ac- 

cufatore  di  tutti , che  è la  finderefi  della  co- 
fcienza,  penfando  , che,  nulla  giova  il  non  fa- 
perfi  dagli  altri  il  reato,  quando  lo  fappia  ella 
fi^ifi^y  c che  troppo  è mìfero  chi  dif prezza  un^ 
tal  teflimonìo . Ritornando  pofcia  col  ragio» 
namcnto  alle  Donne  làvie,  ed  onelle,  le  per- 
fuado  a confermarli  nc’  prudenti  propofiti  di 
fuggire  ogni  vanità,  ed  a farfi  di  quello  Capo 
contra  qualunque  perfuafiva  più  forte  d* 
ufànzs  unofoecchio  fedele  per  comparir  fom» 

pre 

C*)  45* 


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1202 


pré  nèllèConvèffazibni  adornale  informa  , 
che  fià  cómpàtibile  colla  modeltia , onde  non 
fi  converta  per  effe  il  luogo  del  civile  diver- 
tihicntò  in  un  tcatK)  ripieno  à danno  altrui 

di  pericòlofè  cómparfe . 

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20J 


Del  tenere  Converfazioni 
in  Cafa , 


CAPO  XIII. 


I.T  O non  fono  lungi  dal  commendare  quei 
JL  Capi  di  Famiglia , i quali  confiderando 
forfè  bene  a minuto  il  coftume  della  Coriver- 
fazione , ed  il  pericolo  •,  che  può  rifultarne^ 
per  chi  ne  ufa  con  poca  avvedutezza , fe  la  ti- 
rano in  cafa, acciò  non  maneW  il  divertimen- 
to a i domeftici,e  nello  fteflb  tempo  una  buo- 
na cuftodia  per  non  riceverne  danno . Si  può 
quello  ridurre  a. vigilanza  prudente  , la  qua- 
le unita  alla  diferetezza  npn  vuol  togliere  a' 
fuoi  fubordinati  il  piacere  , 'mane  vuol  fem- 
pre  fotto  1’  occhio  la  qualità , come  il  Medico 
accorto  , che  non  cpntralla  al  Convalefcenté 
F ufo  moderato  da’  cibi,  ma  vuol  preferivef- 
ne  elTo,  e la  follanza , e la  quantità . C^ndo 
ciò  fia  cosi  non  farà  , che  lodevole  chiunque 
lo.  faccia,  megliojafficurandofi  per  quella  vi^ 
heir  obbligo',  ben.precifo  , ,chc  gli  corre  di 
premere  fui  ja  fa  via  condotta  delle  famiglie. 
Vi  abbilbgnà  però  un  occhio  acuto  , e pene- 
trante per  vedere 'acquali  peffone  si  apre  l’ 
adito  della  cafa,  per  non  allevarli,  come  fi  di- 
ce, la  Serpe  in  feno,  e toglier  1’  argine  per  ti- 
Tfirfi  addoflb  la  pjena  » l^on  è ficura  la  Con- 


Digillzed  by  Google 


verfjizionc  pei*  effere  in  csl3>  quando  illibata  j 
ella  non  fia , ed  inappuntabile  in  fe  niedefima,  j 
poiché  è dal  pari  imprudente  , e ne  riceve»» 
ugual  danno»  chi  trafcura  i Ladri  fbraftieri,  e _ 
chi  non  guardafi  da  ì domellici  » che  poflTono 
anche  talora  apportare  un*  maggior  nocu-  -• 
mento . Il  bupn  Piloto  fpande  le  vele , e Ja- 
fcia  la  marineria  a diporto  > niia  egli  invigila 
Tempre  per  vedere,  che  vento  prende,  ed  in_.  •' 
tal' maniera  dèe  regolarli  il  buòn  Capo  di  cal 
fa , che  voglia  fecondare  ncTuoi  l’ inclinazio-  ' 
ne  del  divertirfi , avendo  mai  Tempre  la  mira 
al  coftume  di  chi  vi  riceve  perche  Ila  fenza»,  ' 
timor  di  rovina  il  trattenimento.  Racconta- 
no i Naturali , a tale  propòfito  (<i)  d’ una  cer-  < 
ta  Fiera  del  MelTico  nominata  colà  Ofiotilo  i ‘ 
la  quale  ha  una  proprietà  d’ ammirabile  be-  ‘ 
neficenza  per  P altre  di  minor  forza,  e corag.  \ 
gio.  Ella  di  corpo  alquanto  maggiore  del  ‘ 
gatto,  ma  d*  un  morfo , e d’ un  fiato  affai  per  ’ 
llifero , àppiattandofi  nelle  felve  uccide  ifL>  ; 
paffando  i Cervi , e i Daini , indi  làlendo  ve- 


locemente sh  gli  Alberi  chiama  col  fifehio  le 
altre  Fiere  piii  timorofe  a pafeerfi  della  pr^ 
da  già  fatta  dando  loro  commodo  in  tal  guifa 
di  potercene  prevalere  lenza  pericolo,e  fenza 
tema.  Non  è,  mia  incumbenza  di  cercar  qui 
fe  ciò  effer  poffa  vero,  o nò:;  dico  fole,  che  i 


re 


Digitized  by  Qoogle 


regolatori  delle  famiglie  poflbno  prenderne 
un  documento  affai  utile  per  lor  governo 
preparando  effì  prima  quella  porzione  d-onc- 
fto  piacere , che  lalbiar  vogliono  a i luci  fa- 
miliari, acciò  poffano  goderne  ficuramcntc  . 
In  quello  la  connivenza  fària  Tempre  colpe- 
vole , ne  buono.faria  quel  Capo  , che  per  ge- 
nio di  condefeendere  in  tutto,  conccdelfc  ciò 
ancora, che  alle  membra  ò dannofo , onde  in- 
fegnò  il  Morale  : effervi  alcitne  cofe 

cernii , il  negar  le  quali,  non  il  concederle  , è 
betiefizio  , Debbono  pertanto  riflettere  con 
ferietà  i Capi  di  cafa  a quello,  che  accordano 
a i loro  (oggetti , poiché  ogni  mancanza  di 
quelli,  come  pure  lì  dilTe  in  altro  luogo,  farà 
ad  effi  imputata , e dovranno,  che  ancora  è 
più , renderne  un  conto  (Irettiffìmo  a Dio , 
quantunque  fìeno  per  fé  medeffmi  innocenti 
nel  divertirli . Eli  facerdote  del  Tempio  ib") 
pagò  il  (io  delle  abbominevoli  cofe,  che  face- 
vano colà  i Tuoi  (igliuoli,e  fervi,  c benché  egli 
netto  ne  (offe,  non  andò  immune  dal  gadigo, 
divenendone  complice  col  permetterle,  o col 
non  riprenderle  almeno, con^e  ei  dovea,con 
rigore,  e con  gravità  . E’  grande , e terribile 
il  pelo  di  chi  regola  una  cafa , ed  é cola  da_> 
piangerli  il  veder  taluni  Ibvra  di  quello  vive- 
re Ipenfierati  cotanto , e fonnacchiofi , come 

fe  a 


Ca)  I . de beuef. (b)  i-Reg.i, 


2o5. 

fe  a tutt’  altri,  chea  loro  fpettafTei’inyigilar- 
vi . Vuole  Iddio  , che  fieno  eglino  virtuoll 
per  fe  ftcflì  non  fole , ma  che  di  pih  condilca- 
no  colla  virtù  propria  tutta  la  cala,  avendo- 
gli coftituiti  come  un  Capitale,  d’ onde  prov- 
veder debbonfi  i familiari  di  faviezza,  di  con- 
tegno, di  prudenza , e di  configlio  . Convien 
loro  fare  in  càfa  quella  figura , che  dicefi  fare 
in  Malàbar  uh  certo  fmifurato  Àlbero,  (a)  il 
quale  producendo  un  fol  Pomo,  per  anno  » 
provvede  tutti  quei  Popoli  con  abbondanza  , 
mentre  oltre  alla  grandezza  di  eflb,  che  è va- 
(lifiìma  , ne  contiene  dentro  la  corteccia  tan- 
ti e sì  ben  llagionati , che  un  folo  equivale  a_* 
molti . Se  i Domenici  (bno  fcarfi,  delle  virtù 
erifiiane,  e morali  ,dce  il  Capo  fruttifica re_j 
per  tutti, ficchè  di  lui  polla  dirfi  con  Caflìodo- 
ro:  Cb)  crederai , ebe  itt  uno  fieno  molti  divifi 
in  una  variay  e giovevole  immitazione  . Ve* 
glino  eiTi  ,come  il  prode  Epaminonda  faceva 
nel  (ònno  de’  fuoi  Concittadini , fui  piacere 
ancora  de’  fuoi  fubordinati , poiché  faria  una 
difavventura  troppo  grande  il  farfi  eglino 
rei  di  quei  trafeorfi  , che  fpezialmcnte  nell* 
Ilio  del  con  verfare  poflbno  commettere  gl* 
inferiori  lafciati  in  una  troppo  franca,  e trop- 
po difpotica  libertà . 

II.  Al- 


(a)  P.  Nierim.  Hifl.  natu.  lib.  6.  c.  25.  (b) 
l,  4,.E^.ul[im.  '■  v 


QigiHzed  by  Godale 


II.  . Altri  ibnQ  modi  a tenere  in  cala  Con*, 
verfaziqne  da  certo  genio  di  fplcndida  bene- 
ficcza,edi  liberalità  (\^non\t  inclinata, comQ ^ 
notò  Seneca  , Qajptìt  a dare,  che  a ricevere  . 
A quello  neppure  io  m*  oppongo,  non  elfen-^ 
do  condannabile,  che  uno^  faccia  a gli  altri 
parte  di  ciò,  che  a lui  fovravanza,  tanto  più ,, 
che  i Filofolì  affermano  effere  il  Bene  diffufi-' 
vo  di  fé  medcfimo  . Balla,  che  in  ciò  facendo, 
s’ufi  d’una  tal  e moderatezza, e d’una  mi  fura  sì 
giuda  , che  non  lafci  pendere  alla  prodigalità 
la  bcnelic^nza  con  difcapito  dell’  anima  non 
meno , che  delle  fodanze  di  chi  vuol  effere_ji 
benefico  fenza  maturità  di  configlio  . Per 
huominidi  tal  forta  quadra  affai  bene  il  pare- 
re del  fovracitato  Seneca,  (A)  il  quale  feriffe, 
ehé;  /’  huom  liberale  fa  fempre  fpefe  , che  alle ^ 
forze  del  patrimonio  convengano.  Ed  in  ve-, 
ro  non  può  dirli  liberale  colui , che  dona  più 
di  quello,  che  egli  podìede:  mentre  ponendo- 
li in  necedità  di  togliere  a molti  ciò , che  im> 
piega  in  un  folo,  viene  altresì  a donare  quel,' 
che  non  è fuo,  onde  per  acquidare  il  vanto  d’ 
una  virtù, che  in  molti  degenera  in  vana  glo- 
ria, ed  alterezza,  cade  in  un  vizio  , che  offen- 
de la  moderazione  , ,e  la  giudizia  . Se  uc  ve- 
dono pur  tanti  nel  Mondo  , che  nati  per  far 
dagli  altri  godere  le  proprie  fodanze  tengo- 
no 


Ca)  Lib,  I . de  Benef.  (b  j Ib, 


*o8  • • 

no  aperta  la  porta  tanto  per  dar  adito  adii- 
chefiafi , quanto  per  lafciare  libera  P ufeita  al 
capitale  di  caia,  invaghitili  vanamente  di 
palTarc  per  huomini , a i quali  involando  il 
buono,  ed  il  meglio , Tuoi  dire  T adulazione , 
<he  nonèfuo  ciò,  ebeèfuo . E’  quella  una  for- 
gentc  per  moltilTimi  di  fpirituale  rovina, poi- 
ché non  potendo  le  rendite  fupplire  al  genio 
d’ una  tal  prolufìone  fuol  farli  d’ ogni  erba  un 
fàfcio  per  raccogliere  a dilla  ciò , che  li  verfa 
a Canali,  ohdebendilTc  il  Politico  quando 
affermò,  che:(tf)  f erario  vuoto  per  ambizione 
fi  riempie fpeffo  eon  fceleragine . E lànillimo 
il  fentimcnto  di  Pittagora  edere  uno  fplen-  I 
dorè  ammirabile  della  gencrola  liberalità  il 
noti  perdonare  ad  alcuna  eo{z-,<ib')purchì  s’ac~ 
mìfti  la  gloria  della  beneficenza  : ma  bilbgna 
intenderlo  a dovere,  e correggerlo  coll’altro 
del  Maedro  di  elfa,  il  quale  avvifa:  (cj  nulla 
éjfervì  di pià  perniziojp  , che  il  non  faper  di~ 
jfpenfare  t henefiz] . Chi  è dedito  alle  angu- 
die  dell’  Avarizia  debbe  attenerli  al  condglio 
di  Pittagora,  e non  redringerli  mai  in  quelle 
Cofe , nelle  quali  egli  poda  commodamente.* 
allargard  » e comperare  il  bel  titolo  di  bene- 
fico • Ma  chi  pende  allo  fcialacquamento  di 
fùa  natura  dee  regolard  colle  mifìire  di  Sene- 
ca , ed  apprendere  la  maniera  di  collocare  i 

Tuoi 


Ca)  Lib.  j.  (b)  Ibi  (c)  Sen.  z,  de  Ben, 


ogle 


Digilized  by  C 


.209 

fuoi  doni  con  mcritoiper  non  trovarli  poi  ktsi 
za  lode  > anzi  col  pentimento  d' avergli  conu 
poca  prudenza  dillribuiti . A quello  convie- 
ne, che  miri  Tempre  chiunque  apre  ih  fua  cà* 
fa  come  un  teatro  di  comune  divertimento 
per  non  fard  deridere  da  quei  medefìihi  > che 
ne  godono,  tuttavolta  ì che  egli  riducafi'iiL* 
miferia  ,pèr  genio -d*  accudir  troppo  all'-àK 
trui  felicità,  elTendo  pur  femprevero  il-dctto 

del  Poeta,  (a)  che:  . > . 

. ' ♦ 

* ^ 

So»  V2oWt- Amici  al  chiaro  di  fortuna 

. Ma  che  tutti  fen  vau , x’  ella  x’  liubruna  ,-i 

- *•'  . •• 


Cònfumatf , che  ebbe  Cleope  Rc.delP  Egitto 
dietro  alla  fila  celebre  non  meno,  che  fmifu- 
rata  Piràmide  tutti  i'tefori.del  pubblico  Era»- 
rio  ,vedendofì  derifo  da  qucHlcITi  ,che.aVe- 
vanlo'iqnanzi  adulato  i ritrovò  in  lua.calà_> 
una  vena  d*  oro  efpònendo  àgli  infulti  Sonò- 
re della  iùa  lìglia,c  dandofi  a credere  ilolidg- 
mente  di  riparare  alle  beffe'  con  Ibggettarlì 
alP  infamia  " io  non  crédérò  mai , che  pólTa 
venirli  ad  un  tale  ecceflb  da.vcrun  Capo  del<« 
le  civili  cafe^  e cattoirthe  i ma  non  per  tanto 
TÒ  tralafciarc'di  configliàrli^a  flar  bene  fovrft 
di  ciò  vigilanti'  per  non  ridurfì  ih.  quella  ver* 
gognofa  neccintà,'  che.leggb  non  avendo  ynò 
i ; ■ qi; -O argihé. 


X ' ' .1 

• J » , » » 


Ca')-.  Gv/V, 


1 ■'  V * iX  ' 


1 


^argine  vferuno,  è fdita.bene  fpcflo.di  perfua- 
jàstG  ógni  male  pcr/riparo  un  piccpl  roffo- 
WiiiSe  pòi  qualcheduno  de'  menò  laggi  mi 
riipondeflC)  che  egli  anzi»  che  pcrdei-vi»  gua-* 
dagna  non  poconieJ  tenere  in  Cafa  aperto  il 
divertimento  , non  crederò  già  perquefto , 
chcifegli-ila  giunto'  ad  un  eflremo  i sidetefta»  i 
i)ilé.|>er filala  volontà,. chciri'  aveflfe;,  aiiadu* 
bhJetófolojxhe'ciòglLfia.in.qualcbe  parte^ 
contra  voglia  accaduto , Q C\a  per  accedergli 
ben  prefto  , fc  non  è follecito  nel  ripararvi  • 
Smidolii^  di  grigia cdde'fto  fufipòftq  vanUg- 
gio^'JO'vèda  bened*  oiide:^  e come  gUderiva  y 
acciò  non  foffe  un  rivolo  di  quelle  acque--» , 
die  4^  maligna  forgcilteiullwrea  fcaturendò 
in  vede  * di-  fecondare  danneggiano  dilTeccaii^ 
dontl^  ùhlore  nàtunale>il  Terreno.  ,r7l^Mon* 
do  A ia  oggi'St  accoxtói  nel  fuoiintexcfl<  par^ 
ticòlane^chc  ioten^  pcribfpett?ixiiflW4leho 
mira'priva^ogni  profiiliohe  staccia  in 

p<^Ò«ddgJiialti*i*i  iCr^jdrqnello.offer  H 

Capodicàfe:,.  chntil'giiadagnono  in- 

diideia  niaiiziofadtbhiTeminaporxaccoglie^ 
rev  e dpna  poco  per  invoiare’iitiittò.#  iS^.cio 

foife:  maiiegH  mofl: r erèbbe^d^ ^ffert  tgnoran-» 
aiflfiroD-di  cconòmiaifoiidftado.HaManj^am^ 
della  Tua  : cala  fovra  dii  certe  hadd , che  non^ 
tegg^okv  punto  fgnoianzi  capaci  diaiterrar^ 
la  atìaffo:.  A me  in  tal  materia  è Tempre  pia- 
cinto  ,-alfai  qu£j  proì^iiudiÌQ- tra  JLiylcxcadanti 
comune,  cioè:  frijìo  ejjer  quelfoldoy  ebegua*  i 

mW/9. 


\ 


DIgilized  by  Gg»gli^ 


AU 


J^a  la  lira  ; Infelice  fòrà.t>cn  quel  guadàgno* 
ch^pQteffe  fard  eoli’  pfFelà  di  Dio,  c.che  por- 
tai^qin  cafa  fumoi.e-miferia , toglieì^  te* 
ibrodella  divinaGrazia..  . , . 

.ILI.  '-.Nè  minor  male  farebbe,  fcchi  iìen.. 
la:Convcrfazionc4n  .fuacaj^  fella  niaid’ una 
certa;  forta  d’ huomini,  cbellpiccanq  d’:éiTer 
d’ umor  dolce,  coiupucent^  e,con;iéÌUQl  di^^^ 
lì,  alla  mano  con  tutti , chiudendò.  l' occhiò 
fovra  gii  andamenti  dichi  vi  pr^ica.,  -,e.  go* 
dendó  quafi  di  facilitare  per  tal  me^.)e 
fched’  alcuni che  ia  altro  luogo, più  «reo* 
fpetto  (arebbono  ■ mcn  ucure , e lUen  lelict . 
Di  .quelli  dilTc  ArilloteieV'  •(a)  che  oajpir 

s^ÌMC.  pii  brama»»  d’ ejfer  amàtii  d\ama^ 
re.  gli  altri. , Stimo . fcnza;dubbio  • . ch^JtéhQ 
in  ogni  parte  pochiflimia  pure 
fentito  qualcuno  invitare.la  GlQvéntd.a,lecq 
trattenerfi,  c dirle  Ipgghignando,  iveuj^tetiu-^ 
reco»  pbertà^erebè  mi  trweretè pii  gal^^ 
tuomOiCbe  non  pe»fatei:\o(:cW:  ridottojn  buo^ 
ni  termini  fembra  voler  dire  : ^eȓ(ed/ar^ 
ÌM  miacafa  ciòt  che  v’  aggrada^  puebèam^ 
rtuHapreme . QueOuihjria  ocrto,  .iejnai^fi 
<ie0e»uu  profanare  iltitplo  di  Galamupnux» 
che  Uguinpaun  ritrattpd’.qneflà,  e d|;{àyiéa* 
za,;riducendQlo  a.dinotareun  huomp;  ebe  le 
Qon;aifatto  nenuco , iudi6fK„?n^c  jaliu^o  per 

O 2 " la  ' 


. t 


Ca)  8 . Etìjìc, 


r . 

l Jt 


1 


. • 

là  virtJi  Sia  di  manò  alle  corrùttelé  cònuna 
Ipezie  di  trafcuràgginé  volontaria , là  quale 
"paffa  in  còntò'di  cortefia-;  Non  iarebbe  qiie» 
fio  un  beneficare , ma  «ri  nuocere  altrui- te- 
nendo aperto  in  càfa  come  lm  precipizio  per 
F innocenza',' tanto  pin  libfcro  , ed  agévole  ; e 
chi  fi  varftàfTé  di'  fare  ' in  ciò  benefizio  -lenti- 
'"rebbe  Timproveràrfené  'la  qualità  dal  Mora- 
le,condizioni  mi- 
o libri,  c'bé  è H dàr'gti  coti- ^iudì zio  i-  Se  prov- 

1 Pi»riFf !•  r\V»r  ìhRht* 


lallO  l ITlTTUiiU  ) nenpui  c puxi  a v;nia— 

ifiàrfi  cótuii  il  'quaWimpieghì  parte  délleiuc 
fóftanzè  riellà  fcoricià'àllégreztó^^  degH^àltrl 
è glrdive’rtàcóri'direàpitodella  buòna  Mora- 
le l'f  Sana  fliraria'ctìfa- per  verità,  chcHvàritan- 
dòìi  ùnb'd’  cirere'G'alantUbmó  potefle  indur- 
fra  cooperare  al' -pubblicò  difàvvanta'ggio' 
dàhdòcartìpo  in  fua  cafn-  allo  feadimento  del 
btì'on,  còftùnie  , é laogò  di  fpargei  fi  libérà- 
meri^bta-tftalàfcirten^a^de  i vizj  fòtto  ppetè- 
(lò.di’fpenderc  vòlontieVi  per  contribuire  al- 
Faitrrii-éivilè-divertimentó . Abbiamo  do_.‘ 
Titò'  LiViò‘  C^’J‘hoh;eflfcrfi-'mai  da'i  Romàni 
pcrifieiTo,  fin'chè  fa  in-1ìòre''queHa  RèpuBbli- 
cài  P erigerfitéàtriff  riòh  di  legno  i acciò  fi- 
pòtélTérò' atterrar  lìibitò  dopo  le  pubbliche^- 

i u fe- 


mMmmBì 


ri# 


£a3  Ib.  [b]  Lib./^S. 


DIgitized  by  Goo^le 


■fcfte,  ed  i foreftieri.liqn-.aveflero  a ^redcr.e  in 
Koma  alcuna  fabbrica  (labile dedicatala!  pia. 
.cere , ed  allo  (regolato  fcapigliamento,..  Inu 
•fatti  dice  Tacito  i [a]  che  portando  ih  Roma 
Pompeo  le  feor rette  licenze  dell’  Afia,  di  cui 
^trionfato,,  avea , fu  il  primo  » chev'  edifì- 
caffe  un.t.catro  di  pietra  (ìmile  a quello che 
.veduto  avea  in  Mitilene:  c benché  non  ardi(^ 
■fc  di  farle  fc  non  col  pretefto  d’ ergere  un_. 
Tempio  alla  Dea  Venere,  pure  non  potè  fug- 
gire i rifentimcnti , ed  il  pubblico  ri mpro ve»» 

ro  dei  Senato  . Chi  sà,  che  molte  Calè  non^ 
^ _ # 

doveflero  fra  di  noi  ancora  dfere  di  legno 
per  poterfi  rovinare  tutta  volta,  che  (initi  (b- 
no  certi  bagordi,  e certe  adunanze , dove  ad 
onta  de  i (lelTi  Gentili  si  amici  della  nv^>de(lia, 
(1  divertono  forfè , benché  io  non  fappia  mai 
figurarmelo  , alcuni  Cattolici  lènza  ritegno 
di  verecondia  ? Avverta  perciò  l’ huomo  di 
fenno  , che  la  fuaCafa  non  accolga  mai  per- 
fone , cui  poco  prema  il  timor  Tanto  di  Dio  , 
ilcché  fi  riduca  ad  una  tale  apparenza , che.* 
non  potelTe  tolerarfi  dalla  Romana  faviezz.a  ; 
poiché  fc  la  Giullizia  degli  huomini  per  altri 
rifpetti.  non  procede  contra  d’ un  tale  abulb 
non  fi  potrà  però  egli  ibttrarre  dal  tremen- 
do a ed  ineforabil  galligo  della  Divina ..  Per 
tanto  è.giufio , che  aprendoli  da  qualcuno  la 
...  O 3 • cafa 


fa]  i/A.,14, 


i 


414, 

cafa  àll*'óneflò  divertimento  intercflTi  il 
Capò  d^effa  nel  bene  diquegli,che  vi  concor> 
rono , e'nafcendo  ;ciÒ  da  un  effetto  di  buona::, 
imicfaia  ne  provino  eflì  quel  vantaggio,  che 
fuòl  tirarli  dalla  fedeltà  degli  >\mici,  trovan- 
doli- divertiti  non  meno  con  fplendidezza^ 
che  difeli  con  buona  cullodia  da  ogni  perico- 
lo, onde  funeftar  fi  potelTc  la  gioconciità  del 
piacere . Apporta  S.  Ambrogio  per  quefto 
r cfenìpio  delle  Cornacchie  , le  quali  chia« 
mando  come  in  loro  converlàzionc  le  Cica» 
gnc  gli  precedono  fcmpre  col  volo  , c com- 
battono a làngue  con  gli  Uccelli  rapaci  j per 
allicurare  alle  amiche  loro  il  cammino, [a Jf/srì 
traprendendo  -,  così  egli  pondera,  «incora co/ 
proprio  pericolo  le  guerre  altrui . In  tal  ma- 
niera pih  forti  rendendofi  per  codefta  difcfa 
i Vegliatori  divenuti  come  fratelli  di  quei 
faggi  huomini,  che  gli  accolgono  in  cafa,  co- 
me pure  dice  lo  Spirito  Santo  { [b~\  il  fratello 
ajutato  dal  fratello  è quafi  una  Gttà  ben  mu~ 
^/ra^rlàranno  gli  Ofpiti  doppiamente  benefi- 
ci, é verlb  de’  corpi,  cui  provvederanno  d’nn 
grato  follievo,  c vcrfb  delle anime,Iungi  dal- 
le quali-terranik)  fempre  ogni  occafione  an-' 
che  -minhnà  di-prcvertiffi  . Quefto'è  il  bel- 
van'to-,*  dl'ctii  dee 'gloriarli  irGalàntuomo  , 
cioè,  che  ficuri  ùanotutti  in  fua  Cafa j. ne  mài 
...  ; \ dcg- 

Alili»  ' 

Ca)  Lìb.  ^.euam.c.  i6.  [h]  Prov. 


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2!y 

deggta  egli  render  feoM&tìddeteriorarneitt’of 
d*  aicùno  o'riginatòftdìitiatu<t>inavvedùCe2zà; 
nè  aiie'pèrfone\,deI' Mondò  GiudiòeJì 
JEt’ernò  . • ■ ' a • n.ìj , : 

IV.  Santo  -ancora 'pùi  renderfi 
penfiero  dl  tirare  in  fua'  cala  l*a]trui>Coh^ 
a*erfaziòne  facendone’ Come'  un  efcrdiziòdr 


fegrcto , nla  profittevole  Apoftolato."  foooj. 
me  amido'fcmprc  del  vero  non' voglio  ta» 
cere-di  conolcere  molti  huomini  di  Ibmma. 


prudènza , c d’ ugual  zelo', i quali  immitari- 
do  nel  Mondo  le  fante  induftrie  del  Nerfy 
hanno  convertita  la  domeftica  loro  Con- 
ver fazióne  in  unafcuola  d'ogni  virti'j,e  lòt- 
to coperta  di  piacevole  trattenimento  van- 
no' fpargendo  il  fanto  feme  Evangelico 
nell’altrui  cuore  con  fommo  vantaggio  di 
chi  gli"  tratta  Queftó  io  vorrei  vedere  ia_. 
tutti  i-Gapi  delle  famiglie  , acciò  guada- 
gnaffero'  un  doppio  merito  appreflo  di  Dio, 
e degli  huomini,  venendo'  ciò  ancora  cridia- 
namente  -infegnato  da  Seneca  in  propoi’ 
fitò  di  beneficare  altrui  ; far)  mn  lafcìàr  mai 
egli  dice  ; di  far  bene- a i Compagni y e di 
efeguire  ' ie  partì  d'  buotrr  buono  ; a'naajt/Fa 
co'  fatti  y P altro  colla  fedeltà  % P altro' éollìL*- 
buona  grotìa  y e ì aitro  'cól  oonftglio  ; e eo  i 
jalutevoli  ■ prèceiti . E’  ben  v<*ro , che  in  ciò 
■ O 4 v’è 


iSèmmé 


% % 

^ » 


(a)  Ibìd: 


K 


I 


%\6 

v*è.  d’uopo  d’una  .prudente  deprezza  > p^oi> 
che  -elTendo  pur  troppo  deteriorate  in  og» 
gi  r«. nature  degli  huomini  pochi  fono  colo* 
ro>  che  ricevano  in  conto  di  benefìzio  quella 
zelante  premura , la.quale  moArano  i faggi 
del  buono  incamminamento  de’pih  deboli» 
onde  ibggiugne  lo  Aeito  Filofofo  »Ca')  che: 
^ebbene  .foia  mefite  dee  tener  fi  per,  benefit 
zio  1*.  ottima  volontà  di  , chi  dona  pur 
gli  buomini  inefperti  valutano- quel  fola,  \ 
chemirafi  eolPoccbio  ^ efi pojfiede  reatmeu^  ' 
te  yciò  difprezzando  iCbe  in  foflanza  à pre~ 
zhfo . Per,  far  dunque  profittevolmente  un 
tale  uffìzio  c ncceffario  il  non  lafciarne  pe. 
netrar  bene  rintenzione  da  tutti  » ma  na- 
feonderne  le  mire  dello  zelo  folto  il  pre~ 
teAo  dell’  indulgenza , e della  docilità  » che 
, faccia  credere  agli  altri  non  averli  alcun’al- 
tr.o  penfiero , che  di  accudire  alla  dolcezza.* 
del  loro  divertimento,  .e  facendoli  ,come  in* 
fegna  S,  Paolo,  Cb)  tutto  ,di,tutti  colpire  nel 
fogno  .della  virtù  coll’indirizzare  altrove  la 
mira . fCosi  vediamo  praticarfi  dalfaccorto 
Nocchiero  » che  -.provezando  il  vento  fa- 
vorevole moAra  di  slontanarfì  dal  porto» 
a cui  tpnde»  imboccandovi  pofeia  quando 
altri  meno  vi . penla . Hanno  certamente.^ 
i Capi  dicala  uu’occalione  belliAima  - di  far 

del 


(a)  ldj>ib,Qi)  i^.Car.9. 19. 


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217 

delbcne  aifai  grande  nel  .tempo  {lelTo,che 
godono  dell’  altrui  gioconda  Convcrfazio» 
no, mentre,  avendo  già  col  benefizio  della 
cortefe  Ofpitalità  legati. gli  animi  hanno 
ancora  fovra  di  eflì  acquìflata  nna  certa 
^ezie  di-  padronanza  autorevole  per  po* 
ter  loro  infìnuare  tutto  ciò  > che  più  bra«> 
mano . Io  sò , che  a cqdcfti  affabili  huomini» 
c di  facile  ‘accoglimento  verib  di  tutti  , è 
riufeito  bene  rpelTo  il  fare  delle  converfìo» 
ni  ammirabili  in  taluni,  che  non  avevano 

Soluto  picgarfi  nè  da*  Genitori , nè  da’Pa- 
ri  di  Spirito  per  quanto  fatica  d’  ammo« 
nimenti , di'perfuafìoni , e di  minaccio  avef^ 
ifero  ufata.  per  indurgli  a ravvederli . £*  dun> 
que  chiarimmo  , che  .può  agevolmente  gtia- 
dagnarfi  un  gran  merito  chi  tiene  in  caia 
Converfàzione  attendendo  a condirla  con 
limi  configli , con . dolci , ed  opportune  in- 
linuazioni , e coll’  ufo  di  .lode  , e prudenti 
maflime  predando  collf.efca  del  piacere  i 
cuori  altrui  . Sono  grandi  le  meraviglie, 
che  fi  yeggioop  tutto  di  negli  innedi  olendo 
in  ciò  ^arrivata  l’arte  aLfommo  pcr  ridurre 
i tronchi  più.fàlvatici  a partorire  ipiù  de-^ 
licati,  è più  gentili  frutti , ed  in  Napoli,  nel- 
la Tpfcqna,  iti  alcune  parti  di  Lombardia, 
c nelle  amenifiime  Riviere,  di  Genova  fi  of- 
fervano  ftravaganze  ftupcnde  nel  cavare, 
da  una  fola  pianta  vile,  e negletta  Uve^ 


> 

4 


pre- 


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'218 

JJrcziofe  j Pòttll  dòlfcfflthii , Ficiir  fcavìi  Bcr» 
gamòtté  odorbfb',' talché  fiolfa  dirfi  coni. 
Vit'^ilio , (tf)  tire'  per- tanti , e diVèrfi  in* 
riefli  troncò  ihedcrmio  : 


• • • r » r 


X • » % 

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^ M,  % 


’Lé  tiuó^e  ftùnàiit  i mn  fuoi' frutti  ummìra-. 


• • 4 f t « • 


ryuh  tale  artifizio  può  valerfi  appunto  il  Ca- 
po di  cafa  e confiderando  i Naturali  divcrfi 
còlla  commodita  di  avergli  fempre  d^intor^ 
no  applicarfi  ad  inferirvi  !evirth,cheprb*- 
prie- faranno' df  ciafcheduno,  per  fare  quél 
profitto , che  ■ accenna  S.  Paolo-,  dove  dicci 
C^  ).  che  : tagliato  dal  naturale  \ f fanatico 
Vlivo  ,fu  inferito  coatra  il  eojlume  dtlla^ 
tf atura  in  Vlìva  buona , t dome  fica  . Quan- 
do ridùcafi  ad  una  tal  difciplinà  la  'Convcrfa- 
z’ione  di  cafà  elfa  larà  non  folamente  lo- 
dcvòlè-,  ma  a tutti  ancór  vantaggiofa  , men- 
tre vi  peiderà  bgniino  le  qualità  più  cat- 
tive in  vefiendofi  delle  rtiigliòrl  ,come  ac* 
cade, al  riferire  di  S.  Agoftinò  Tedi  molti 
Stòrici  gravii  (e)  in  un  certo  fonte  dell’AI- 
bànla , nel  qiiale  attùffiindofr  una  fiaccolaL. 
aecefa  tolìo  a’àihmorza,  ed  Una- già  fpen- 
ta  s’accende  ..'Nel  confbrzio , é ncìlà  cafa^ 
deif  hùom  fàggio  ha  da  fpegnerfi  il  reo» 
fuoco  delle'  pàfliohi  più  feorrette  i cd  àc- 

^ < V > •*  . t - • ' . ; ■ ... 


^ % 


ry  . I* 


ccn^ 


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' « * V 

(a)  GeorgMb.z,  Qf)Rom.\  i.Cc^ 


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319  . 

cenderfì  quello  della  virtù  pei  riflelTo  del* 
la  fiamma  innocente , e pura  > che  arder  deb* 
be  in  cuore  al  Capo  d’elTa . Convien  per  tan- 
to , che  egli  vada  immitahdo  -la  natura  am- 
. mirabile  della  Calamitarla  quale  ne’ più 
fieri  flutti  del  Mare, c nello -flrepito  delle 
più  tempefiofe  borrafche rivolta  {landò* 
fene.  fcmprealla  tramontana,  ferve  di  (cor- 
ta alla  confulà , e sbalordita  Marineria  per 
non  perdere  il  filo  del  fuo  diritto  cammi- 
no. Nel  rumore, e nella  conTufione,  che;:* 
fuol  narcère  ncll’intrattenimento  di  molti, 
dee  dar  fido  il  Capo  verfo  il  Polo  della.> 
fàviczza , e del  contegno , come  per  guida 
ficura  degli  altri , acciò  non  idorcanò  dai 
.retto  fentiero  della  crìdiana'  modedia  . 
Quindi  avverrà,  come  .nella  de(Ta  calamita 
{uccedc,che  fenza  toccarlo -tira à fe il  fer- 
ro  colla  fegreta  forza  delle  .occùite  fuejf 
qualità  attrattive , ed  imbevuto-di  effe  il  fer- 
ro altri  a (è  ,•  non  per  foa , ma  per  virtù^ 
di  .quella , ne  attrae , onde  vedonfi -molti  per 
opra  d’ un  folo  inneme.  drettamente  unitt* 
con  dolce  nodo-  tendere  ad  un  punto  ine*' 
defimo  . Accadcrà  fenza  dùbbio  lo  dedb' 
nella  Converfàzione  domedica  ,dove.  tutti' 
imbevuti  delle  òttime  qualità:  del  Capo  1’.- 
un  d’altro. .tirandofi.  - coti  violenza  (bave..#' 
verib  di  lui  tenderanno  unitamente  in_. 
m£2Zo.  alla,  defla,.  giocondità  ai  punto  del* 
la  virtù , e dell’  eterna  falrezza . Ecco,  la.*. 


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<'*20 

-Véra  i etl  ag;eyoIjmaniCra.  di;formai-c  una^ 

- dolce  Catena  di  cuori , anche , talvolta  roz- 
-z:i»cd: incalti,. *00016  il  ferro,  appunto  fe- 
-condoiche.  notir  .ancora.  il  fublime  Teolo- 
igp'dìNazianzo  ,.(<*)  tutti  «da  un  Iblo  rivòlti 
. deftraniente,,  ed  inclinati , fcnza  che  ncppu> 

. ré  fe  ne  avveggianó , al  bene . Proccuri  per 
ultimo  il  Capo  di  .famiglia , che  fi  prende 
^enfierò  di  trattenere  gli  altri , di  renderfi  ' 
.colla  propria'  Morale  uno  fpecchio  fmce-  ' 
ro , dove  polTa  ciafcuno  veder  chiaramen- 
te il  fuo  fembiante>,  e corregerlo  quando 
bifogni  . Non  fia  egli  come  .certi  fpccchi 
adulatori , che  lavorati  con  maliziofo  ari. 
tifìzio.  moftrano.  bello  il  brutto, e rappre- 
feiitano  come  fregi  d’ avvenenza  le  mac- 
chie pih  fconcie , onde  ad  un’huomo  vano 
diffe  un  bell’umore  vedendolo  adulare. la 
propria  deformità  col  vagheggiarli  in  uno 
di  codefti  criftalii  : vorrei , t/ìmico , per  vo~ 
firo  dtjitf gonfio . predarvi  per  un  poco  gii 
occhi  mtei.i.e.  prendere  per  un  momento  il 
voflro  vtfo,  Tutto.il  male  appunto  deriva 
dall’adulazione , che  tanto  regna  nel  Mon- 
dò., per  cui  ognuno  Audia  per  commen- 
dare il  compagno , e come  il  Camaleonte» 
che.,  muta  colore  fecondo  l’oggetto.,  in  cui 
s’incontra ,.  cangia  l’uno  iéntimento , c pare^ 

re 

Itili  i iì\  I rnmmmmmmmmmmmiéÈmdmmmmmimmmmm 

Ca) . Orat.  adv,  Muh 


_ DIgilizad  by  Goog|B 


re  fecondo  gli;  umofì  >fte^fc|Uàli  s’imbattei: 
lodandogli  ienzà  riflèttere  >'fe  lo  mcwtinòr* 
o.  no  . Per’«iufeftò  poi  - riportando  ivizj  ttìi-- 
a^plaufo  dgaàió  .i  - quéilcf} 'ehe^  dcvcfi'  ’^ 
la  virtù,  vanno  tutto ' giorno' 'crelcèndò^yió. 
dilatandofi  per  ogni  parte  fenza  rimorfo, 
e lenza  riprenditore . Pochi  fi  trovano , che 
amino  di  farli  come  norma, elegge  degli 
altri  , più  comunemente  piacendo  il  fard 
adulatóre  del  reo  coftmn§~,rCht  m'aero, 
ed  el'emplare  di  compoftezza-V poiché  ^ole 
ciafcnno  vivere  a fuo  modo,- lenza,  pjg^rfi 
penderò  por  gli'  altri . Se  di  tal'  fatta  «ran- 
no coloro, che  aprono  la  caÌa.^al'|ìubblico 
divcrtimentó , .non  potr^'  certo  "chi  vi  ca- 
pita prohtta>  ..'molto' tfotfandofi'  lufingato. 
an  ciò, che  merita  ammollimento , e feor- 


gcndo  in  chi  lo  diverte  il  ritratto , che  dell’ 
>\duIatore  dipinfe  a meraviglia  Plutarco  di- 
CQQàOiQ)\ci(.a')eglinottba  coftumì  Jìabilì,»è  a fe 
pre/erhe  forma  veruna  dì  vìta\ma  ora  a que- 
,ora  a quegliaccommodandofi  non  è malfem- 
plice , ni  uno  con  tutti , ma  variabile  ìtl^ 
tutte  le  guife  . In  fomma  non  è da  condan- 
narli l’ufo  di  tenere  in  cafa  la  Converfa- 
zione  quando  fi  vaglia  il  Capo  delie  rego- 
le fin  qui  preferitte  per  far  si , che  il  ge- 
nio di  beneficare  gli  altri  con  un  tal  com- 

• . . modo 

* » • 

* » I I I — — ■ I I 


Ca)  De  Di/crim.adul.df  amie. . . < •; 


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modo:  giovamento  rOi  poffa.eiafGUnoj^ 

che  4ie.  gode;,  ritrovate  in  lui.il  vero  carat-. 
Cere  deU^Amico-,,i.l£juaIe,fu.4a;I'Iatóne  cosi 

Jitnofit^buonOtA^  utile,  , . 


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23J 


. * V 


. .Del  nt&iuk'iy.c  le  proprie  .Donne  alla, 
■ ..  -Converfazione . 


i • • 


4 \ 4 


-G  AP  O.  -XIV. 


• ••  • » 


I.-T^lU  détta  la  donna,comedi  fopra  notamn 
' Jr*  - mo,^perdiffìnjzió'ne  ben  favia  d’Aveju 

tòt:(ay UH  buomò imperfetto  : onde  né  viene 
per  le^ittliiìa-confcguénaa,-che  deggia  i’hno* 
mo  dirigerla  in  tutte  le  ftte  operazioni,’  aven- 
dola pur'anchel*  Altiflinio  à Ini  foggettataneli 
la  prima  fu’à  collituzione;  Non  dee  peròfem» 
braredùra  alla  donna  ,• 'ed  ihdifcreta  una  tal 
legge  i pérdvè  efleddo  ella  di'.lUa  natura  per 
ordinario  pih  debile,  e pi^  bifognofa  d’ajutov 
e di  configlio  » là  dipendenza  dalP  huomoè.n 
lei  di  fommo  Vantaggio  i onde  fcriire. ancora: 
Ariftotele-,'  che- per  regolarli  prudente- 
mente: ella  debbo  ìh  tutte  le  eofe  ubbidire  al~. 
l*  buomo'i  ^ élla  rifletterà  feriamente;  calte 
liia  naturale  fi-aleafta  , ed  al  foggio  provvedir 
mento  del  fommo  Regolatorcvwraprcndferà^ 
cdie  al  male  della  natura  ha  «gli  preparatoàn 
quella' Tua  utile  foggeziòne  . un  ottimo  ripa- 
ro’» aflegnandole  nel  marito  una  dolce  véd' 
amichevole  guida  , che  più  franca  in  tuttcjej 

colè  la  renda, e più  ficura..  Non  è coavenien-! 

te 


/ 4 


[a]  i.Pbyfcom.%\‘lh]  i.OrcòvV 


tc  alle  perfone  làyle  il  rammaricarli  d’nnJ 
certo  deftino inevitabile , da  cui  vien  loro 
qualche  pregiudizio , .ma  debbono  pcn(are_» 
unicamente  al  rimedio,  e confolarfi  neH’age- 
volezza  di  ritrovarlo . Saggia  per  ciò  potrà 
dirli  la  donna,  fe  mirando  alla  debolezza  del 
felfo  fol  tanto  per  rinvenire  qualche  oppor- 
tuno foftentamento  s’ appoggierà  .alja  pru- 
denza delP  huomo , che  le  fu  deftinato.  Con-, 
forte  da  Dio , ed  aver à. con  effe  Itit  i come  in- 
fegna  Plutarco,  [a]  comunti  e P affettOy  e 
brame , eP  allegrìa  , nulla  avendo. in  ciò  di . 
proprio  . Si  vede  per  quello  eflere  uffizio» 
particolare  delP  huomp.Papplicacfi;al  gover-; 
no  di  cafa,  ebe  fempre  jpetta , fecondo  lo  llef- 
fo  Arinotele:  [It]  al CapOyil quale folo àncora, 
ejfer  debbe:n{c\xotcnào  egli  da  tutti  i fuqi  do- 
OTclilici  una  pronta  jcd  ubbidiente  fubprdiaan- 
za  ; Silo  penliero,  addunque  farà  di  mifurar 
bene  ad  ognuno  di  loro  i palli,  che  far  debbo- 
no fpezialmente  fuori  di  cafa,  ed  illupiinargli 
in  tal  maniera  , che  chiaro  diftinguano  tutti 
que’perieoli,  chic  incontrar  fi  poflbno  in  con-., 
vériàndo  .con  gli  altri , acciò  avveduti  fieno  ^ 
ed  accorti  per  ifcanlargli . E’ quello  unob-, 
bligo  indifpenlàbile  :a  i Capi  delle  famiglie-», 
per  P amore , che  nodrir  deggiono,  per  i loro, 
parti:',  mentre  i Bruti  fteffi , e tra.gli  altri  le-». 
■j',  Ron- 


fa]  De pr/scept-connub.  [b}  \, Tolti, 


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Hondlnt  partoriti  > che  abbiano  cicchi  i loro 
pulcini  gli  rendon  la  vifta  coll'  ufo  d’uh  erba, 
che  Celidonia  fi  chiama,  ne  mai  defiftono  dal-» 
r amorevole  uffizio  fin  tanto , che  effi  non_. 
aprano  gli  occhi . Come  poi  difpcnfarfi  da_* 
tanto  potrebbono  fpnza  colpa  i Genitori  vcrr 
fodc’  lor  Figliuoli  ,e  Doineftici , che  furono 
confegnati  loro  da  Dio  per  averne  fedele^ 
premura,  e per  cufiodirgli  aiuorofamente  in 
tutto  cih  > che  potelfe  ojfcndcrne  l’ innocen- 
za, e t^nto  pili,  che  trauandofi  di  figli  ancora 
innocenti , [u]  mHgth  poco , fecondo  il  parer 
del  Filofofo,  importa  , ma  ajfaijtmo  /’  awez- 
^arfi  da  picciofi , p in  utu} , o in  un  altra  ma- 
niet(t\  Anzi  tutto  da  ciò  dipendendo  ? In  que- 
Ào  però  ruarjcano  forfè  molti  per  vero  dire  , 
mentre  (e  la  pafTapo  con  tutta  difinvoltura  , 
nulla  penfando  al  grave  danno.,  clip  venir 
puote  a i loro  Figli,  o Domenici,  dalla  prima 
cattiva  piega  » la  quale  per  oracolo  dello  Spi- 
rito Santo  durar  fuole  fino  all’ultima  vcq-? 
chie^za , come  J’ iptefc  pur  anche  jl  Uficp 
icrivcndo,  [b']  che 

Sempre  del  primo  odore  olezza  il  ‘vajo  . 

Ciò  però  fia  detto  per  incidenza  non  elTendp 
qui  luogo  di  parlare  direttamente  delpefo  ., 

P che 


[al  Ethic,  e,  i.  [b]  Horat.  i.  ep.  a. 


28^  . , .. 

che  efTì  hanno  per  l’ottima  educazione  della 
propria  figliolanza.  Balla  l’averlo  così  di 
paflaggio  toccato  per  quanto  può  appartene- 
re alla  materia  prefente , che  mira  1*  obbligo 
d’ invigilare  Ibvra  al  divertimento  , che  ogn* 
' Uno  d’elli  permette  alle  proprie  donne  sì 
con(brti,corae  figliuole, o congiunte,  e dome'* 
iìiche. 

II.  Venendo  addunque  di  propofito  a_. 
parlarne  dirò , che  farebbe  ne*  Capi  di  calk:;. 
trafeuraggine  infofferibile  il  non  por  mente 
mai  al  luogo,  dove  capitar  fbgliono  le  donne 
loro,  nafeer  potendone  inconvenienti  gravif- 
flmi . Nè  ballar  debbe  loró  per  ilgravio  dellit 
cofeienza  il  fentire  una  picciola  voce.di  buo- 
na fama  , ed  un  aura  leggiera  di  buon  odore  y 
in  quelle  cafe,  ed  in  quelle  perfonè-,  colle.» 
quali  trattano  i lor  domellici,per  chiuder  po- 
Icia  gli  occhi  per  Tempre  intorno  agli  anda'*> 
menti  di  elfi,  é'viverfene , come  pafsò  in  pro- 
verbio, nella  pace  tranquillilfima  d’ Otta  via- 
no  . Rimarrebbono  certo  bene  fpeffo  ingan- 
nati da  quella  loro  fidanza,  che  Ibvra'dell’  al- 
trui buon  nome.,  e dell’  odore.di  falfa  virtù  > 
concepHTero . Riferifeono  i Naturali , che  la 
Pantera  oltre  modo  brutta  di  ceffo , ma  d’ uri 
Ibavilfimo  fiato,  nafeoftafi  tra  i verdeggianti 
cefpugli  dc’bofchi  tira  a fe  per  forza  di  quell» 
odot'e  sì  grato  il  mifero  Salvaggiume  , ch<i_» 
affai  ne  gode,  e fuori  ufeendone  pofeia  im- 
provvifamente  l’affale,  e fel  divora  . lo  non.. 

ere- 


credo  ,che  ciò  fia  lontaniflìmo  da  qiiella  flra» 
ge,  che  dell’ altrui  innocenza  (noi  farfi  nel. 
mondo  per  artifizio  de’  cattivi , che  nafcofti 
nella  gioconda  amenità  delle  pubbliche  allc> 
grie  tirano  a le  i meno  cauti  coll’odore  di 
finte  virtudi,  come  farebbe  di  vivezza , di 
brio,  di  fpirito,  c di  fiippofia  cordialità,  onde 
per  quella  via  delufi  coloro,  che  dovrebbono 
averne  cura,  ne  fanno  elfi  preda  , e gli  rovi- 
nano . Entrano  però  qualche  volta  in  un_, 
leggiero  fofpetto  intorno  alla  condotta  de’ 
loro  fubòrdinati,fìa.o  per  interno  lume  delia 
Divina  Grazia , opereflerno  rapporto  de’ 
più  zelanti,  i Capi  di  caia  , e pongonfi  ancora 
in  qualche  movimento  perofTervare  dale_» 
mcdefimL  quel.male  , di  cui  fi  teme , ed  inda- 
garne aifondo  la  verità  .Ma  fi  dilpongono  a_» 
quello  con  una  sì  tardajcd  inconfiderata  len- 
tezza., che  venendo  pure  una  volta  al  punto 
di  mettervi  il  neceflario-riparo  ciò  fuccede_» 
fenza  alcun  frutto  , trovandofi  ornai  al  difor- 
dtne  poco  rimedio.,  . Dicefi,  che  penetrati  nel 
Braille  i Portoghefi.t'rovaronvi  un  certo  ani- 
male limile  a i noflri  cani, ma  sì  lento  nel  mo< 
to,  che  llrafcicando  il  ventre  aifai  largo  , e_> 
pieno, per  terra  , appena  giugnea  nel  corlb 
di  quindeci  giorni  a fare  tanto  di  cammino  , 
quanto  ne  porterebbe  un  tiro  difaflb,e  lo  no* 
minarono  ben  propriamente  Pigrizia  . Q u e- 
ila  , che  parve  a loro  flravaganza  , vedefi  ap, 
punto  nella  dannofa  , e mal  accorta  fliinidet., 

P 2 ■ za 


s'aS  _ ^ I 

d’ aicuni  Capi  delle  famiglie,  che  avveritiff  | 

peri;empo  dello  fregolamento  de’lorològ»- 
getti  reodoqo  bensì  mille  grazie  dell’  avvilo 
a chi  lo  porta,  fi  proteftanb  di  voler  andarvi, 
di  voler  toccar  con  mano  , e provvedervi  : 
ma  l’ efeguifeono  con  tale  tardanza , che  paf> 
fando  le  lettimane,  i mefi,  c gli  anni  prima  d’ 
andare , e di  provvedere , a nulla  poi  ferve  1’ 
eflcrvi  andato  , e l’avercocula'rmente  veduto 
ciò, che  fpfpettavafi,!  moderniStorici  raccota, 
no  d’un  altro  Ara  vagate  animale  da  cflì  detto 
Struzzo-Camelo,pcrghè  dell’uno,  e dell’altro 
partecipa,  che  tra  le  altre  mirabili  qualità,  di  | 
cui  la  natura  l’ha  provveduto,  abbia  fottole 
grand’  ali  due  forti,  C pungenti  fproni , onde 
non  potendo,  quando  anche  voglia,  fermarfi 
tanto  fia  veloce  nel  corfo , che  difficililTimo  fi 
renda  a’  Cacciatori  il  farne  preda:  io  augure- 
rei una  tal  forte  a i Capi  di  eafa  per  efler  prò» 
ti , c folleciti  nel  tener  dietro  alle  pedate  de^ 
ior  domefti?Ì>  ^ zelarne , come  debbono , la_» 
falvezza  . Non  ha  però  mancato , che  mani- 
car non  puote  giammai , la  Provvidenw  nel 
dare  ad  eflll  ancora  certi  ftimoli  interni, 
polfcnti , che  gli  fpronano  ad  un  tal  corfo  , e 
fono  quei  rimorfi,  che  fentono  fpeflb  per  la- 
negligenza  nel  proprio  ininiAcro,  c que’pm- 
denti  fofpctti,  che  gli  nafeono  in  cuore,  c che 
effi  per  troppa  dabbenaggine  difcacciano  da 
le  come  temerarj  giudizj  diftiirbatori  della_, 
pace,  e della  concordia  domeftica,  A chi  reg- 


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22$» 

ge  il  pelò  delle  famiglie  è lèmtprc  lecito  il  Ib-* 
Ipettar  con  prudenza  di  quel  veleno  ^ehe-» 
tanti  infettando  non  ptìò  crederfi , che  Vo- 
glia perdonarla  a i loro  fubofdinati . Trop- 
pro,ai  parere  di  Galeno,  è dedita  la  Giovent?» 
allò  frcgolamcnto,  creder  debbono  i 

ffjUggforiyi'be  difendo  un  ìnternalìbertà  vada-i 
no  fenzd  riferva  feorrendoM^craiò  favio  làrà 
fempre,  e lodevole  ne’  Capi  il  timore  del  lor 
deviamento,  ìncertijfmo  ejfendO  y per  fenten- 
za  del  gran  Platone , [^b^Je  di  vizio , o alla^ 
viriti  fieno  eglino  per  appigliarfi . 

III.  Nella  bene  a i regolatori  delle  fami- 
glie il  dire,  ohe  leggiero  fìa  il  pericolo , onde 
polTòno  contaminarli  per  l’ altrui  conlbrzio  t 
loro'fubordinati , dilbbbiigandofi  per  quella' 
dall’  invigtlar’/i . Non  vi  é male  sì  picciolo  i 
da  cui  non  debba  temcrfi  rovina,  ed  eftermi- 
nio,  tutta  voltay  che  fi  tralcUri:  ed  il. vizio  iti_, 
quella  parte  può  alTomigliarli  beniflimo  alla 
natura,  di  cui  dille  Plinio,  [c]chc  : piè  non  s* 
occupa  mai  tut'tdy  ebe  nelle  minime  cofe . Chi 
veduto  non  P aveffe  per  il'perienza  non  cre- 
derebbe mai,  chela  Remora  , pefee così  mi- 
nuto , e di  mole  sì  lieve  , fermar  potelfe  tal 
Volta  le  groffe  navi,  come  da  molti  huomini 
gravi,  eda.i  Santi  Padri  j fi  attclla  eflcre  nort 
dirado  in  alcuni  mari  accaduto  .•  Maquan- 


(a}  tn  Lacbet.Plat.  (b)  In  Convi < (.c'\  Libf 


I e.  2- 


2^®  , 

<ìo  ancora  dò  non  VOlefTe  àminettérfi,  ndrLj 
può  certamente  negarfi  nella  categoria  de* 
vizj,  trai  qùali'i  più  leggieri,cd  i meno  offer- 
vati  , fonò  fbVente  Ì piu  nòcevoli  > ed  attac- 
candoti tenaceniénte  allo  fpirito  , fono  capa-^ 
ci  di  fermare  il  corib  alla  più  foda  ^ e robufla 
virtù  i Ho  più  volte  fentito  alcuni  huominì 
prudenti  per  altro  » ed  efperti  dolerti , che^ 
più  non  fono  i loro  Dortietiici  di  quella  doci- 
lità, (chiettezza,  e modetiia,di  Cui  forniti  era-« 
no  per  1^  addietro , e vanno  fpcculando  tra  fu 
d’  onde  maipoffa  efferne  originato  il  cam- 
biamento , fenza  rifletter  punto  , che  ciò  ve- 
nir puote  dal  commerzio  altrui,  che  gli  ac-^ 
cordarono  elfi  liberamente,  e fenza  veruna-^ 
Cautela . Gflervino  dunque  con  elattezza , Ib, 
imbevuti  fi  fbflero  mai  d’ alcune  nialfime  fo-. 
reftiere , e portati  avelfero  in  cafa  certi  nuo- 
vi coftumi,  che  prima  non  v’  eranoj  c fappia- 
nq , che  còdetià  è mercanzia  comprata  liille 
Fiere  altrui,  e certi  piccioli  vizj,  che  attacca- 
titi loro  nel  converlare  con  molti  hanno  ap- 
, pannato  alquanto  lo  fplendore  della  primie- 
ra virtù,  come  cantò  l’Alciato  con  gravità  da 

Filolbfo  ; [aj 

\ 

Tale  a chi  peìr  i;ìrtHde  alto  f alia, 

Spejfo  lie^e  cagio»  troncò  la  via, 

Quan- 

""  ' ^ ■■  Il  !■  ■■•»•■■■■■  1 rrrr-  tr  • ^ Ti  i • uà» 


(ajt  Bmblem.  • 


Q^ndociò  fia  come  noti  temeranno  di  peg-  . 
gio  eflendo  proprio  del  vizio  il  non  finir. mai 
dovecomincia  , ma  dilatarfi  e crefcerca  diA 
mifura,  come  da  lieve  favilla,  che  trafcurolll, 
è folito  di  forgere  Un  incendio  irreparabile  ? 
Nè  mi  tengano  per  troppo  rigido , fe  qui  io 
parlo  di  vizio  trattandoli  d’ un  femplice  raf- 
freddamento nel  buon,  cpftume  , poiché  una 
virtù , che  fi  fermi,  è fpeflb  il  feme  d’ un  peg- 
ghrvizio, che  nafce,[a]»u//apaffa;gJo, fecondo 
A verroe,  tra  Vu»a,e  l'altro  dì  raezzo.Troppo 
alla  nollra  fedotta  natura  è facile  ilpalfare  da 
eftremo  ad  eftremo(cofa  che  purdovria  c/Tcr 
diffidi  ili]  ma, e lo  è in  altre  materie,  )e  nel  me- 
^*88^0  medefirno  della  più  chiara,  e rilucente 
virtù  , fenza  mezzo  ridurli  alle  più  nere  cali- 
gini , e più  tenebrore  della  colpa.  Ogni  varia* 
zione  addunque  dee  rendcrfi  giullamente  fo- 
fpctta  , quando  fucceda  in  perlbne  ben  coflu- 
mate,  e nelle  quali  fòglia  d’ ordinario  veder- 
fi  un  lume  ben  chiaro  d’ ingenuità , e di  co- 
ftante  faviezza  , La  ^htìt , dille  Plotino 
faggiamente,  ì una  certa  confonama , ed  ar- 
monìa , ed  il  vizio  una  dijfonanza , ed  un  con- 
trajìo:  imperocché  la  foflanza  dì  lei  confiftenel 
far  sì  , che  le  partì  dell'anima  fecondo  l'or- 
dine della  natura  peno  tra  fe  concordi  ; ed. 
il  vizio  'conftjìe  nel  tenerle  in  difeordìa . 

Que- 


Ca')  y-phyf.  coni  i %.  (bj  Enti,  §, 


2ji'  . , 

Quefto  jrttérrompinieiitò  di  cohcòrdc  af'-* 
monia  dedur  fi  puote  appunto  da  quel  can- 
giamento benché  leggiero  , che  miriamo 
nelle  perforie  talora  più  favie  j onde  è neceC- 
farlo  ir  mettervi  prbntd  rlpafo  per  ntìrLi 
dar  adito  ad  un  maggiore  fdoncerto  i Da^ 
tutto  quefto  più  Tempre  chiai'amenie  rile; 
vali  la  neccflitàj  dhe  hanno  i Capi  delle  fami- 
glie d’efaminar  bene  a fondo  quei  luoghi, ne* 
quali  mandantì  i lóf  Domeftici  a divertirli , e 
prima  fpiandone  eflì  il  terreno  per  vedere  < 
le  vi  fiorifea  quella  modeftia  < e quel  conte- 
gnoi  che  prudentemente  s’ oflerva  nelle  cafe 
loro,  ficchè  non  polfano  quegli  ftìordarfi  nep- 
pure in  mezzo  alla  Con  verlàzione  della  foli- 
ta  loro  oneftà  familiare.Fù  coftume  de  i Ro- 
mani in  tutte  le  dcterminazionffempfefaggi* 
ed  accorti , di  fabbricare  nelle  Città  di  con- 
quifta^  e nelle  Colonie  loro,  Àmfitcat-ri,  Cir- 
chi , Bafiliche  j e Campidogli , perchè  i Cit- 
tadini loro  fAdditi , che  V’  erano  trafportati 
per  abitarle , vivelfero  Tempre  memori  di 
Roma , e benché  lontani  da  quella  augufta 
Metropoli  parefic  loto  nulladimeno  di  cf- 
Icrc  in  mczto  di  lei , c ne  conferv'aflero  per 
confeguenza  i riti  j e le  ottime  Coftamanze. 
Tanto  io  bramerei , che  praticaflcro  i Capì 
di  cala  j e fceglicflero  per  i loro  domeftici 
quelle  Converfazioni  , che  più  modelle  ef- 
fondo, c più  rifervate , potelTero  Tempre  te- 
nere in  eflì  viva  la  Ipczic , c prefentc  Tim-’ 

. ma-  - 


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. ..... 

jriaginé  della  familiare  lòró  Virtù.'  Moltd 

farà  perciò  giòvevole  il  mandare  ir  al  divef’'* 
ti  mento  accónipagnatt  ferri  px*e  da  perfona_< 
confiderrte  del  Cafro? ,•  aedo  ffoffa  effett.i 
informato  con  fedeltàt  di  quanto  accade  f 
e non  riufeendo  a lui  l’elTefvi  p'fcfenfe  fema 
prtì  i che  faria  pure  il  meglio  > frietteré  cori 
un  tal  mezzo  a qualunque  difordine  i’Opfiora 
tuno  riparo  lò  non  ho  mar  faputo  mirare.^ 
fenza  rilènti mento  la  coftumanza  di  COn-< 
ditrfi  alle  Gonverfaziont  della  fera  ì piccioli 
figli  parendomi  codefta  una  fcuola , che  diafi 
troppo  di  buon’ora  alla  Gioventù  per  pre-> 
variéare  itmanz’i  tempo  i ma  fe  da  nn’abufo 
potefle  mai  tirarft  profitto  àlcurfo  farebbe' 
certamente  per  i Capi  di  cafa  quello  di  effei 
re  dalla  fchiettezza  innocente  dei  fanciulli 
avvertiti  di  dò  > che  fuccede  nelle  aduitan* 
ze,  e che  forfè  per  altra  via  rioni  farebbe  iora 
mai  noto  < La  Provvidenza'  fèmpre  in  tuttc_> 
le  cófe  anwnirabile  ha  fatto  , che  quando  le 
Tigri  più  crudeli , che  altrove  , nell’Africa^ 
infuriate  ó per  fame  ^o  per  altro,  van  di- 
grignando' tra  fc  cón  afinta  rabbia  , e quac-" 
chic  feorrendò  pef  far  ftrage  più  ficura,  fie* 
no?  pYccccftiic  da  tiri  picciolo  animaletto 
che  altainenCe  f^chiàndo  avvifa , c gli  huo- 
mini,e  le  altre  fiere , di  metterfi  in  falvo.' 
Rileggendo  io  quello  rapporto  nelle  flori’é-* 
del  nuovo  Mondo  feoperto  da  i PortOghclV 

mt 


(ay  mi  venne  torto  in  mente  quel  pregiudi- 
zio per  altro  molto  utile , che  rilevan  talora 
j Corrompitori  del  buon  cortume  ne*-  più  fé-- 
greti  maneggi  dalla  facilità,  che  hanno  i Ra- 
gazzi nel  .ridire  tutto  quello,  che  veggio- 
ito  , onde  per  un  tal  fìfchio  ad  cfll  odiofo,  più 
volte  i Capi  di  ealà  hanno  potuto  fventare^ 
certe  occulte  mine,  che  macchinavangli  una 
grande  rovina.  Perciò  alludendo  alla  troppa 
loquacità  d’un  Papagallo.dilfe  un  non  sò  chi, 
nc.sò  dove,  per  impazienza  una  gran  verità: 
e quefle  bejììe , ed  ì ragazzi , rompono fempre 
con  danno  la  fegr  et  e zza  . Ciò  però  non_, 
ortante  io. non  m’indurrei  mai  a lodare  la_> 
pratica  già  condannata  d’ introdur  ne’  di- 
vertimenti i.Giovanetti  ancor  teneri. 

» 

IV.  V’ha  nel  mondo  un’altra  Ibrta  d’er- 
rore inquerta  materia  alTai  grave,  in  cui 
vedonrt  cadere  con  fomma  agevolezza  non 
pochi  de’  C^pi  di  cafa  ,onde  ne  vien  pofcia_. 
Un  diicapito  .confiderabile  al  buon  regola- 
mento della  .famiglia Alcuni  di  erti  hanno 
un  cuor  generolb , ed  invitto  per  tenere  tut- 
ti.: loro  (oggetti  in  buon  freno , e per  non_» 
concedergli  cofa,che  portfa  recargli  il  mi- 
nimo nocumento  . Rrtfendo  eglino  d’occhio 
acutifliìmo  .preveggiono  fempre  anche  da_. 
lungi  il  male  ne’  luoi  principi , e fanno,  con- 

ftan- 

— - 1 ^ " • - ■ ^ -r  ' 

Ca)  Szett.  Phyf.  Cur.  Hb,  8.  c.  74* 


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ftantemenfe  refiftci'e  ad  ogni  i^ciió  i ad  ogri! 
preghiera  ,>ad  ogni  più  lufìngheVole  a(ìali'‘k 
mento  de'  lor  familiari  > quando  voleflefo 
pure  ad  ogni  dodo  incontrarlo,  più  miran« 
do  alla  foddisfazione  del  proprio  genio  t 
che.all’aflìcuramento  delPinnoccnza.  £ppùrd 
crollano  codeflc  Colonne  ancora  di  fortez« 
za  si  eroica  alduna  rolla , e temtndo , comò! 
difle  altrove  il  Profeta  »Qa)  do^e noti 
ha  luogo  il  timóre , fi  lafciano  vincere  da  un 
rifpetto  fìcvoliifimo  di  convenienza  fuppO'« 
da  accordando  per  importunità  d’  alcuni 
fcaltri , ed  indifcreti  interceditori , a i loro 
domedici  quello,  che  per  confìglio  della  prU<< 
denza  aveangli  fempre  negato.  Parmi  di 
ravvifare  in  qucda  fiacchezza  di  animo  ciò  « 
che  nell'  Elefante  fuccede  , il  quale  aven-* 
do  cuore-  di  Combattere  in  Campo  aperto 
qual  falda  Torre  ^ da  cui  reggonfi  molti  va-» 
lorofi  Guerrieri , s'avvilifce  poi  dranamen* 
te  intimorendoft  fuor  di  modo  per  l' incon-* 
irò  d’ un  picciol  Topo  ; onde  a codoro  pò* 
tria  dirfi  ciò , che  delle  Vergini  dolte  fcrif» 
fe  pieno  di  compaffione  S.  Giovanni  Gri* 
fodomo;  Cb)fuper.ata  aVeudó  la  maggioti 
battaglia  tutto  ttella  pià  facile'  miferameu- 
te  ptrderotfé.  I E come  non  s'  accorgono 
eglino  edere  eodedo  un  artifizio  de’  loif 

fog- 


Ca)  ffat4  p 5<  (b)  tìóm.  inHatth, 


foggetti  per  fuperarc  ogn’ argine  della  iid* 
bita  vigilan:ia  « ed  ufeir  di  caia  per  forza , 
giacche  far  tìort^  lo  poterono  ber  amore  ? 
Impegnando  eglino  Con  uno  uratagemma 
si  deftro  i lor  maggiori  a lafciargli  nella  fo^- 
fpirata  libertà  con  una  loia  icappata , Che 
può  eifere  la  peggioreranno  perderein  pochi 
momenti  al  Capo  tutto  il  merito  d’ avergli 
euftoditi  permeiti  anni*  Nè  poflbno  già  in 

3uedo  ichermirlì  i Capi  dalla  taccia  di  co* 
ardia , mentre  avendo  éoneeputo  un  iavio 
timore  de’  tanti , e si  manifefti  pericoli,  che 
incoHtranfi  nel  fecolo , e ne’  divertimenti  di  ' 
lui , molti  con  Ibmma  Coftanita  nc  conteie- 
ro , e proibirono  a i lor  domeftici  arrenden* 
doli  pofeia  alle  perfuafioni  d’un  terzo  , Che 
punto  non  avendovi  d’intereire,  o forfe_> 
troppo  , che  faria  peggio , Chiude  loro  gli 
occhi , gli  toglie  di  mano  le  redini , ed  at> 
terra  in  un’iftante  la  macchina  del  lor  pru- 
dente governo  « Direi  in  tal  calò  ciò , che  ad 
un  mio  Confidente  difle  Un’arguto  Principe 
dell’Italia  invitato  da  lui  a vedere  una  fua_. 
grandiolà  delizia  di  Campagna , la  quale.» 
cinta  d’intorno  da  un  largo  foflb  d’acqux^ 
chiudevafi  la  fera  con  un  gran  ponte  levato- 
io per  fiCurczza  : tutto  t'à  bene , ma  con  tre 
braccia  dì  muro  potevate  rifparmiar^i 
fptfa  dì  quefla  Rocca  : alludendo  ad  una  pic- 
ciola  , c debii  porta , che  per  la  parte  di  die- 
tro comunicava,  con  Una  lingua  di  terra  alla 

pub- 


Digitized 


pubblica  firada . Che  occorre  vegliar  tutto 
l’anno  nn  Capo  di  cafa  per  guardare  i do- 
ineflici  da  ogni  finiflro  accidente, quando 
fi  laici  aperto  l’adito  alle  illanze  altrui  per 
ottenere  ogni  licenza  ? lo  non  dico  già  per 
quello , che  egli  non  deggia  fidarfi  talora_> 
d’un  amico , e d’una  porfona  di  fperimentata 
bontà  per  confegnargli , occorrendo , le_»' 
donne  lue , o i familiari , che  faria  ciò  con> 
trario  alle  regole  della  buona  amicizia  fon- 
data fui  la  fede  reciproca,  Intendo  Iblodi 
confìgliarc  chi  ha  cura  degli  altri , e a non_. 
fidarfi  di  tutti,  e ad  claminar  bcnclequalir 
tà  di  coloro , che  intercedono  tai  licenze  per 
non  averfenc  a pentire  fuori  di  tempo  . La., 
madre  del  buon  Tobia  (a)  avea  .tutta  la_> 
fperienza  dell’Angelo  domelljco  di  fua  car 
la  , benché  noi  conofcelTe  per  un  fpirito 
celelle  , eppure  a*  a(BilTe  oltre  mifurjL> 
d’avergli  confegnato  per  lungo  viaggio  il 
fuo  unico  figlio  ; e non  baflarono  le  perfua- 
five  dello  ficlfo  marito  per  alciugarle  da- 
gli occhi  le  lagrime , e l’ollinato  liio  dirot- 
tiflìmo  pianto.  O il  timore,  che  haconcc- 
puto  un  Capo  di  cafa  per  tale  divertimento 
è giudo,  o nò:  fe  nò,  dee  sbandirlo,  ed  accor- 
dareda  fc , e fenza  veruno  impullb  alle  lue 
Centi  il  capitarvi  colla  dovuta  riferva  ; fc_. 

poi 


■■(a)  Toé. 5,  ■ 


'■T"  ’fr 


poi  è giudo  ) e fondato , qual  ragione  pn6 
in^i  ^addurfegli  in  contrario  per  farlo  defide- 
rCyC  ipan^are  con  dannofa  condefcendeqza 
al  (uo  lavio  proponimentoPEfaipiniegli  dun- 
que con  retto  giudizio  quei  motivi  • che  lo ' 
fpingono  a tener  lungi  da  certi  luoghi  i Tuoi 
(òggc^i  > e particolarmente  le  donne , che_> 
(debbono  con  maggior  cautela  guardarli , e_* 
quando  fulTidenti  gli  riconofca , ed  invinci- 
bili) non  fìa  sì  facile  a cadere  per  quante-» 
fuppliche  gli  poflano  elTer  fatte  da  chi  forfè 
pon  vede,  o non  vuol  vedere  ci^>  > che  egli  ha 
prima  di  tutti  veduto . Si  perfuada , phe  le_» 
per  queda  fqa  connivenza  gliawerrà  alcuna 
gofa  di  male»  i primi  a riderfone  faranno  co- 
loro, che  l’ingannarono  . Così  fanno  i Cac- 
ciatori , che  rubati  avendo  i teneri  parti  alla 
Tigre  pel  tempo,  che  ella  elee  dalla  tana  per 
girfene  a trovar  pafoolò  ^ vedendola  infe- 
guirgli furiofamente  avveduta,  che  dafidel 
Furto,  le.gettano  con  dsdreiza  uno  Ipecchio, 
nel  quale  fermandoli  ella  a mirarli  i e ere» 
deqdo , che  quell’immagine  Ila  qualcheduno 
de*  fuqi  Tigretti  dà  campo  ad  efl|  di  beffarla, 
c fnggirfene.  Lq  fpecchio , che  in  tal  materia 
non  pwò  ingannare»  è la  ragione,  la  rpericnt 
, e l’efempio  altrui , colle  quali  cofe  rego» 
Jandolì  l’huom  di  lenno  mai  non'rederà  de» 
iulb,  ne  farà  paflb,  di  cui  deggia  increfcergli, 

■ Kelìami  lòJoqul  d’avvertire  i Capi  di  cala_, 
a preceder  Tempre  a’ioro  ffibordinati  colla-. 


Diglllzed  ùy 


favìczza , e col  buon  efempio , a cui  polfano 
efli  uniTormarfi , perchè  /e  la  donna , fecon- 
do Arinotele,  dee  far  fi  regola  de*  coflumi 

del  marito,  non  farà  mai  condannabile  efla_* 
fola  , quando  faccia  quel  medefimo , che  ve- 
de farfi  da  lui , èflTendo  ancora  mal  fatto  ,.ma‘ 
farà  comune  il  delitto,  e per  la  maggior  par, 
te  ancor  dèi  marito  , che  è tenuto  a porger-' 
le  nella 'maniera  del  viver  fiio  un’efeniplare 
d’ottima  immitaziorie , Stieno  eflì  addunque- 
colla  grazia  del,Sigrtore,chebenditutti'Io’ 
credo , lontani  dal  Libertinaggio  per  àvere_>' 
una  giuda  autorità  di  tenerne  parimente^  '- 
lontane  le  donne  loro  , edifeorrendofi  de*' 
Conjagati'  ferbin'o  eflì  intera  Tempre  la  fede  ' 
per  efigerla  con  giuflizia , mentre  gli  avvifa 
il  dotttiflìrhò  GiorPico  Q>)  : molto  ìngannarfi' 
coloro , che  giudicano  a fe  obbligate , e còme  ' 
•vendute  in -fèrvitìi  le  Conforti , e nulla  fe  • 
medefimi  ad  ejfe  tenuti. 


[a]  2.  Oecon.  [b]  Lib,  i . Ep> 


» 


*40 

• « 

"Danni  del  Conversar  mal^t 
C A P O XV. 

VT  « » 

J,  T O non  voglio  gi,^  4'ffc , che  il  npflrq 
JL  Mondo  fia  diyeji.uto  un,i  prova  evi-» 
dente  dd  grayiffipip  dannp  , jejie  riJevafi 
dalla  pcrni?:iola  inavved^.tczza  di  convcr- 
far  njalanjente  , elìcndo  pr.a  forfè  Janto  di- 
verfo  d?  fp  inedefimp , puanjto  dall*  antica 
fpojphVit^  può  fembrar  differente  la  fua  fi- 
pezza  , Q|iefio  è b.en  certo, phe  fen;ja  in- 
veftigarne  per  ora  l’ prigipc  po’  npfiri  pPfn- 
pi  combinandpfi  i pafTati  fi  trova  jp  ogni 
genere  jdi  virtù  pno  fcadi mento  sì  potaljii- 
le  , p iic  i difordini  qua  sì  piena , e sì  la- 
grimevpie  fecondità , che  ri^fee  alle  p.erfoT 
ne  più  fayie  di  non  picciola  pena  il  vivere  in 
pn  Secolo , nel  quale  è di/fieilc  tanto  lo  fcher? 
mirfi  dal  male  . Ciò  ha  fattó  credere  a taluni, 
ohe  fia  vicino  il  Mondo  al  fuo  termine , e cor 
flituitonn’altra  yolfa  in  follanza  anatto  njar 
ligna  fi  vada  aecoila.ndo  a)  punto  di  quella.» 
défolazione,e  calamità , che  prediiTe  il  Signo? 
re  in  S.  Matteo , per  accennarne  gl’indizj 
del  ffio  totale  efterminio . Nè  ciò  è fiato  fitoy 
di  ragione  del  tutto , poiché  ancora  il  gratta 

Pon- 

|]a1  cpp.  24. 


«I» 


Digilized  by  - 


rontcficé  S.  Gregorio  prefògiva  un  ta]e_» 
defolamento  fino  al  fuo  i'ecolo  , rimarcando 
molti  in  eflb  di  que’  legni , che  dell'  ultima 
l'uà  rovina  s’hanno  dall'  Evangelio  ; £«3  de' 
qtfali  tutti , egli  dice , molti  già  vediamo  av- 
venuti , ed  filtri  temiamo , (he  fieno  per  av. 

venire  bea  prefo^  Negar  però  non  fi  puote 

per  tutto  quello, che  in  ogni  età  non  fiali 
veduta  la  virtù  conibatter  co'vizj  , c Ibc- 
poipbei^e  alcuna  volta  con  difayantaggip 
notabile  :dico  Iblo  doverli  adeflb  temere  un 
poco  più,  perchè  forfè  in  altri  fecolinon., 
fi  ò veduto  regnare  con  maggior  franchezza 
le  corruttele,  nè  girfenc  con  fronte  sì  altier 
ra  in  meazo  all’applaufo  quafi  comune  . La^ 
virtù  in  que' tempi  d'oro  fù  lèmpre  virtù, 
ed  i vizj  mai  non  cangiaron  fembianza , onde 
aperta  elTendo  tra  elfi  , c dichiarata  la  guer- 
ra , avea  ciafeuno  da'  Saggi , o lode , o biafi- 
rao  , fecondo  a quale  de'due  partiti  appiglia- 
yafi  . Ma  fé  confondendoli  colla  gentilezza., 
il  collume  più  reo,  e,, colla  civiltà  il  pecca- 
to, foffe.  mai  verinta,  come  efclamanp  gli 
Zelanti , a fegrio  di  non  poterfi  baftevolmen- 
te  dillinguere  la  virtù  dal  vizio , farebbe  il 
, peggio  certamente , che  avvenire  potelTe  ne' 
tempi  nollri , poiché  perderebbe  ella  tutto 
giorno  moltifiirni  dc’fuoi  partegiani  per  la 

CL.  fadl. 


CfO 


/ 


Digitized  by  Googl 


242 

.facilità  , che  fi  troverebbe  d’effer  viziofo  con 
jodc  . Così  gridava  pur  anche  Seneca  fin  nel 
.fuo.recolo , riconofcendoT(/zj  che  : ìmmìtan- 
doft  da  ivizj  alcune  •virtudì  non  pojfouo  da 
ejjì  dìfcernerji  : onde  ne  verrebbe  ancora^ 
J’inconvcnientc , che  dicca  Lattanzio  cioè; 
f^j  ingannati  molti  dalla  fpezie  dì  Dani  beni 
abbracciano  il  male  per  'bene . Ed  in  vero 
farebbe  quella  una  difgrazia , acui-  potreb- 
bono  foggiacere  anche  talvolta  le  perlbne^à 
buòne  ,;ina  poco  illuminate , mentre  veden- 
do applaudirfi.ciò , che  merita  biafimo , faria 
facile , che  non  penfando  piti  là  s’appigliafle- 
rp  eglino  pure  alla' maniera  del  vivere  più 
plaulibile  con  danno  grandilTimo  della  vir- 
tù. Se  folte  mai  vero,  che  la  leggiadria  avelte 
tolta  una  gran  , parte  all*  antica  faviezza:* 
iludiando  il  Mondo  la  via  di' farti  più  culto , è 
più  civile , farebbe  divenuto  fenza  avveder- 
ienc  meno  innocente , e farebbe  quello  uh 
male  .da  piangerli  col  Morale-'per  irrepa» 
,T3hì\Qi(a)toglìendofi , al  parere.beh  fan»dt 
lui , al  rimedio  ogni  luogo , quando,  ciò , cke 
era  ^izh  dìvìen  cojìume . Quando  folte  così, 
che  io  non  voglio  mai  fùpporlo , ninno  cer- 
tamente potria  .contrallarmi-elterfi  ciòea'- 
gionato  dal coramerzioindilli'nto,e làmilia- 
re  troppo  degli  huomihi,  per  cui  melcolan- 

doti 


L 


De  clem.  [b]  De  fai/,  relig.  [c]  Ep.^^ 


f 


jDigitized  by  forilo 


*4-5 

clofi  con  quei  'dell’  ùno  i còlìùmi  deli’  altre)., 
làriafuccediuo  ciò,  che  accader  fuole  natu- 
ralmente , che  la  parte  cioè  de’  cattivi  , pre.- 
valga , come  feràprc  più  niimcrofa  y c più 
pofl^ente  , {'eco  tirandoli  quella  de’ buoni  in- 
feriore di  numero , e bene  fpelTo  di  forza.  Se 
quello  noflro  potelTe  mai  dirfi  per  iua  difav- 
ventura  il  fecolo  della  più  franca  libertà  non 
farebbe  certo  cofa  mirabile , che  a.tutti  co>- 
raune  fWiil  traviamento  introdotto  a poco 
a poco  dalla  Ibavità  del  piacere , a cui  pende 
fempre  l’infelice  natura  dell’huomo . Il  Gran 
Tommafb  Moro  gloria  dell’Inghilterra  un_* 
tempo  cattolica  fentendo  , che  Lutero  £ref 
fiarca  st  perfìdo  fpacciava  per  miracolo,  che 
la  fua  Setta  folTc  tanto  in  poco  tempo  cre- 
feiuta  idilfe  con  gravità  da  lìlofofo  veramen»- 
tc  criiliano , ciò  è tanto  miracolo , quanta  lo 
che  un fajjb penda  aWingiU . Volea  egli  dire, 
che  predicandoli  da  quell’  indegno  huomo 
uno  ftato  di  libertà , e di  fcapigliatxtento , era 
bea  naturale, che  tuttil’abbraccialTcro  di  buo- 
na voglia  . In  un  fecolo  pertanto  , dove  re- 
gnar 11  lafciaflero  con  dominio  difpotico  la..^ 
galanteria  , il  paifatempo , e la  conlìdenza^. 
troppo  farebbe  agevole , che  anche  i più  de- 
diti alla  bontà  fi  prevertilTero  , e cangiaflcr 
volentieri  partito  attenendofi  al  più  colmi- 
ne , c più  praticato. 

II.  S’ aggiiigne  a quello,  che  ■,  fecondo 

Q 2 Pia- 


244  ..  . 

.Platone , il  piacere  ift  lufittgatido  gli  omI- 
mi  è Jìato fempre  f olito  dì  tirargli  per  forzai 
dovunque  gli  piace  :{cTpo\  eiò  avveniva  itij 
•quei  tempi  , tlovc  l’cflfer  jd’Proe  era  in  t.utto 
il  fiore  pel  rigido  , ed  ciàtto  efercizio  della::. 
Morale  > c dóve  gli  huomini  facevano  uno 
lludio  particolare  d’  edere  buoni  con  glo« 
ria  ; tanto  pib  facilmente  accaderebbe  in  un 
tempo, in  cui  fbfle  anzi  gloria  l'operare-* 
dive.riàmcnte , e lo  Audio  de*  più  fi  rida* 

cefTc  alla  (bla  pulitezza  del  tratto  eAeriore. 
Non  dovrebbe  in  tal  calb  cercarft  da  lungi  1' 
origine  del  cangiamento,  che  può  vederf^  nel 
noilro  Mondo , mentre  nella  lcompoAezza_. 
de’Viventi  fi  troverebbe  pur  troppo  chiara. 
SefìnoGalenoC^)riconobbe  nell'età  fua  proc^- 
venire  Peflermìnio  delle  Cittadi , e de* Regni 
dal  molle , e fregolato  vìvere  della  Qìoventìr, 
che  doveremmo  dip  noi , quando  icorgefli- 
mo  comune  in  tutti  gli  huomini  la  feorrezio- 
ne  ? Quando  poi  fi  facelfe  di  eiò  meravigliaji 
qualcuno  potrebbe  dirfegli  come  quel  Savio 
ad  un  certo  feimunito,  che  pafTando  per  un_> 
fenile  col  lume  accefo  in  mano  v^avea  dato 
fuoco,  c vedendo  la  fiamma  fpeculava  per 
trovarne  la  caufa  '.gettate  il  lume , e prende- 
te l'acqua , che  il  male  vìen  da  voi . Vi  fono 
alcuni,  che  malamente  vivendo , e fempre-» 

. in 


1^. 


Ca;>  7.  de  rep.  (b^)  In  Fiat,  ^.deleg. 


r 


Digitized  by 


iri  péfRme  compagnie , fe  la paffano , dicé-i 
Origene.,  ia')  dopo  d'aver  peccato  còti  tale^ 
franebezta , comefe  nulla  avefféro fattói  ri- 
cercando ancora  Con  una  fluptda.  fpcculà^ 
zìone- d’ónde  mai  a loro  derivato  fia  quel 
male  , che  ad  onta  pure  di  loro  difinvolturaj. 
conofeono . Che  occorre  perdere  il  penfie*- 
ro  , ed  il  tempo  nell’inveftigare  la  lorgenteji 
de*  mali  , o comuni,  o particolari, quan- 
do per  toAimonianzadi  Dio  medefimo  (àp-r 
piamo  provvenir  tutti  dal  peccato  ? Ed  in 
fatti  penfando  meglio  ciò  fi  comprende^» 
con  tutta  chiarezza  mediante  il  lume  Teoloj 
gieo,f  ed  infallibile . E’  certo , che  Iddio  non 
può  permettere  il  male  , onde  Tramo  fovente' 
perGoflì,  che  per  due  motivi;  o per  prova  de* 
Buoni,  0 per  gaftfgo  de’  Rei , mentre  efièndo' 
egli  Padre  della  Mifericordia  non  può  avere, 
che  un  cuore  paterno , c ripieno  di  tenerez- 
za, la  quale  non  manca  mai,  fcJa  giufiizia  ir-'  - 
ritata  dalla  colpa  non  ne  impediice  gli  effet- 
ti . Efàmini  ^nque  ciafeunó^  e l’ interno, 
l’ efterno  fuó  procedere,  e vedrà  fc  i mali  fic-- 
no  a lui  derivati  o per  prova  della  mifericor- 
dia, o per  gaftigo  della  Giufiizia;  e trovando,i 
che  da  quella  fecondi  provengono,  fra  ccrtor 
che  la  cagione  farà  il  deviamento  del  fuo  vi- 
vere originato  dal  pefiìmo  efempio,  e dalle./ 

perni-' 

— ' - • - - - 1 i‘  ..  . 


(a)  h ffal, 


■*46 

perniziofèinrmuazipni  di  quei  compagni »clie 
egli,  con  poca  avvedutezza  fì  èfeeiti*-  Per 
metter  dunque  un  opportuno  riparo  ad  un^ 
danno  il  grave,  che  nai'cer  potrebbe  dal  maP 
uib  del  Converfare , proccUrianio  di  riconó*' 
{cerne , la:Ì0fl:anza  piii.a  fondo  > cd  il  midollo 
più  intinto,  per  abborrirlo  quanto  egli  meri> 
ta e.per  torlo  una  volta  da  noi , lo  perdi» 
fìngendo,  chepoifa  eflervi , quantunque  non 
creda  efìervi  per  divina  Pietà , lo  divido  in_. 
quattro  fpezie,  che  dandoli  egli  mai  farebbo- 
n.o  le  più  fvantaggiofe , cioè  ih  danno  dì  Sot 
fianz€i  in  danno  dì  Gloria^m  danno  di  Corpo, 
ed  in  danno  d’ Anima . E giacché  da  ciò  può 
dipendere  tutto  l’ utile  di  quefto  Libro  trat- 
terrò a parte  per  cialcheduno  de’fuòi  Capi 
quella  materia . 


« 


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247’ 

r Del  Danno  di  Sqfìanze  in  chi  mala^ 

mente  converfa. 

CAPO  XVI. 

*• 

« 

1. 1"^  Pili  chiara  della  (lelTa  luce  di  mezza 

giornó  la  rovina , a cui  tendono  in-.- 

oggi  le  cafe  , e potendoli  di  leggieri  attribu- 
irne air  ulb  del  convèrfar  malamente  la  càu- 
fa,  troppo  farà  manifcllo,  e bifogoofo  di  poca 
prova, il  danno  delle  Sojlanze,  di  cui  ora  par- 
liamo . Nè  io  credo , che  fia  molto  lungi  dal 
yerò  il  dubbio, che. quello  fenfibile  detrimen- 
to derivi  dalla  difciolta  maniera , che  hanno 
taluni  de  i meno  faggi  introdotta  di  vivere.* 
in  quella  parte  di  mondo , che  elll  formano, 
poiché  i t'/zj,  per  fentenza  di  Seneca,  (,a')tJort, 
Jptt.  de'  , mà  fempre  degli  huomini . La 
Felicità  tic’  pàflati  Secoli  debbe  afcriverfi  alla 
profellìone,  che  vi  fi  faceva  palefamentc  del- 
la virtùipnde  la  miferiadel.nollro  tanto  chia- 
ra, quanto  a tutti  fenfibile , potrà  crederli  ua. 
effetto  naturale,  e neceffario  di  quella  frego- 
latcz2a,chc  egli  aver  poteffe  nel  fuo  cofturae. 
Oltre  addunqueal  poter.effer  pur  troppo  co- 
deffo  fuo  quafi  palpabile  fcadimeto  un  flagel- 
lo della  di vina  Giullizia  , che  pigliafi  forfè  ua. 
anticipata  vendetta  contra  de'PopoH  a lei  in-- 

• Q 4 . fede-,; 


248  ^ . . . 

fedeli,  come  fi  vide  nel  pfinlo  degli  hupinini, 
che  decaduto  dallo  fiato  fdiciflìmo  dell’  in- 
nocenza ebbe  lo  (lento,  il  (udore ,'  e la  penu- 
ria per  pena  : oltre  dico  di  ciò  potrebbe  dirli 
ancora  concludentemente  lina  cònfeguenza,- 
come  di  (opra  accennofli,  naturale,  c necelfa- 
ria  del  fuo  moderno  difordine.  Qual  co(à_. 
per  Vero  dire  v’  è mai  di  più  naturale , che  1’ 
andare  le  cofe  tutte  alla  peggio  tolta  ,.che  (la 
la  premura  non  fòlo  d’ agunientarlc , ma  di 
cuftodirle  a dovere?  Chi  è dedito  al  favio 
cfercizio  della  dòmedica  Economia  beh  sà  - 
quanto  v’  abbilbgni  di  fatica , e di  dudio  per 
indirizzare,  e mettere  ih  buori’  òtdirie  gli  in- 
teredì  delle  famiglie.  Onde  non  perifo  , che_# 
farà  lUngi  dall’  àccordarmi  tutto  dovere  ne^. 
celTariamcnte  giffene  a tralàcco , ed  in  rovi- 
na, quando  a tutt*  altro  fi  badalTe , che  ài  de- 
bito regolamento  di  effò . Ih  fatti  fe'  vuòtéJ.. 
fbflcro  fempre  lecafedi  quegli  precifamente,- 
chedebborìo  fodehef'lé,  epiche  dì  coloro  # 
che  ih  comp I iltieh tb , edili  cerimonia  le dilai* 
pidaflefo  , io  tìOh  (àprèi  vedere  come  non_.' 
IblTèrò  per  andare  forzofamente  alla  malora, 
ed  in  un  totale  ederminio  ; Chi  vuoi  dono- 
feere  il  Padron  della  villane  del  podere,  olfèf- 
vi  quegli , che  he  va  levando  dìlig'ente'mente 
i (adì  i Veda  per  tanto  il  Padfon  di  cafa,  ed  il 
Regolatore  degli  affari  dì  lei,  fé  ne  mòdrà  ta- 
le premura,  che  da  e(Ta  po(Ta  apparirne  vera- 
mente per  direttore.-  Che  egli  perù  appari- 
■ ■ fca-. 


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449 

fi*a  tale,  ò’  ùà  jJodo  p'feitte , batta , cfie  egli  fia 
a fe  medefimo  confapevole  d*  averla  davve* 
ro,  e Quando  mai  nfe  fentiffe  friterrfo  finfipro-^ 
vero  dovrà  perfitaderfi  effer  pur  tròppo  vé- 
ro , che  da  fc  medefìmo  pet  amar  tròppo  fi 
commodo/  ed  il  piacere,»*  è ridotto  alla  graft 
pena  cF  aver  pih  poco  di  commodo'  per  difet- 
to di  fottanze  ,■  e poco  di  vero  piacere  peé 
mancanza  di  Contentezza  interiofe  ; Diceva 
uh  Savio  de*  tempi  noftri,  éhé  quejìo  Secolo  i 
quello  délP  apparenza perche  levata  l*  efle-* 
rìorìtà  d' un  luffo  daanop  altro  non  fefta  $nJi 
cafa , che  làmtferìa  . io  non  voglio  decide^ 
re,  fe  egli  dicelié  vero,  sò  bène, che  la  Galan- 
teria porta  feoo  fpefe  efoYbitanti  di  regali,  di 
giuoco,  di  inangiantenti , c di  cbmpaffé ,’  che 
poco  giovar  poflòno  al  buon  rncànfinamentdi' 
delle  azien(}e'  particòlai*!  / É*  ciò  tanto  yeroy 
che  Giuditta,c?onTe  già' accennammo  » benché 
Santa , e di  rara  modeftia  fornita  ,=pare  ufeié 
dovendo  di  cafa  per  comandamento  di  Dio 
abbellì  ,-  adornofli’,  ne  giudicò  opportuno  if 
cbrapariré  agli  alloggiamenti  tF  Oloferne  ini 
quella  pofitiva-,  e traiandata  figura  ,.di  cui  el- 
la pregiavafi  infua  cafa  .-  Troppò  fi'vedead-’ 
dunque  elFeré  imprefèinrdibile  dal  cónvcrfar 
nel  gran  Móndo  la  ncc'eflltà dello  sfoggio  , Ctt 
euri  giiattafi  mai  fèmpre  il  vantaggio  degli  in- 
tercfiì  privati , e chc'poflbno  a lui  attribuirli 
quelle-mifericy  delle  qualifembra  aflài  ricco 
il  nollro  Secolo 

■ ■ ' il* 


■2S.O  . . t 

; H*  Quqnéo  all’  incuria  poi potcffe • mài 
crcderfi  ne  i tempi  moderni  aggiunto  ancora 
qualche  maggiore  accrcfcimento  di  vizio,  fa- 
.ria  il  danno  più  certo,  poiché  per  mandare  le 
famiglie  in  precipiziq  tgli  è peggiore  affai , 
come  feri  ve  Plutarco,  (a)  del  ferro, e deffuo^ 
co . In  fatti  impegnato,  che  trovifi  qualcuno 
a fecondare  l’ impeto  di  qualche.pafììone  a_, 
nulla  più  mira,  che  a feguirne  il  capriccio  , e , 
la  violenza , lafciando , che  tutto  precipiti , ' 

pwchè  il  genio  5’ appaghi.  Videfi  ciò  nel  ' 
Principe  infelice  di  Sichem  , il  quale  perduto 
negli  amori  dell’  avvenente  Dina  nglia|di  | 
Giacobbe  , cosi  con  clTo , c co’  fratelli  di  lei 
quali  ufeito  di  fe  medefimo  s*  efprelfe:  (Jb)  ac- 
crefeete  la  dote,  dimandate  regali,  ed. io  darò 
volentieri  quanto  mi  chiederete.  ,.e  date  a me. 
folamente  la  fanciulla , Potevano  fenza  dub- 
bio i Parenti  di  Lei  chiedergli  quanto  ei  pof- 
fedeva,che  niuna  ripulfa  averebbono  avuta_> 
dall’  imprudente  giovine  tutto. immerfo  nel*^ 
la  foddisfazione  del  proprio  genio  ,.:Se  ognur 
no,  che  fi  è prcfillb  d’ aderir  loro,  togliendoli 
per  breve  fpazio  dall’  impeto,  e dalla  tirannia 
delle  paflioni , vorrà  rihettcr  bene , c con^ 
tutta  la  debita  ferietà , fovra  il  difcapitocoti- 
diano  della  propria  càfa  vedrà.forle,  che  il 
frequentar  troppo  !’  altrui  ne  ò .tutta  1*  origi- 
ne, • 


fa)  Jx,  vitiofi  ad  Jnf.fuf,  (b)  Gen.  54, 


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2JI 

: ne , feguir  potendo  giornàlmenté  nelle  femi- 
. glie  per  cagione  di  molte  quel  danno»  che  da 
una  fola  femmina,  al  dire  di  Teodoreto,  deri- 
; volli  nella  Reale  di  PàlelHna  : (a)  ciò , che  in 
Tamar  è accaduto , può  dir  fi  un  certo  priaci- 
■ pio , e radice  di  tutte  lédifgrazie  nella  regìa 
- Cafa  di  Davide . Chi  sà,  che  molte  cafe  non 
"poteflero  mirando  il  proprio  dé{blameiitO:,,e 

• la  decadenza  dalle  primiere  fortune , cicla> 

: mare  come  quel  Cortegiano  d’  Oloferne  do- 
'•po  il  fatto  celebre  della  Betuliefe  Matrona:.  : 
Xh)UKaJola  Donna  ha  poflo  in  ìf compìglio  t ut* 
Jajà  Cafa  delRe  Nabucco  \ Se  potclfc  ciò 
, mai  dalle  Cafe  moderne  ridirli  converria  he- 
r^ne  accordare  al  Poeta,  che  Danno  ; c Donna 
.feado.lo  ftefib,  da  un  tale  principio e noh  d' 
.altronde  venuta  lia  tra  gli  huomini. tanta  p^ 
«nuria  , e conchiuderc.  per  ammaeUramento 
-di  chi  per  anche  non  l’ haipròvató  : ' 

• » . I *>• 

Che  ogni  gran  mal  nepìen  dtù  dehil feffo*' 
Quando fennOi  e ragione  t ■ ■ 

Ai  rio  defir  di  luì  legge  non  pone  .•  • ■■ 

• * t 

. • . , . i , • , • * * ‘ 

Lafeiando  però  ladecifione.  di  quello  a efei 
potclTe  per  dilàvventura  averne  qualche  es- 
perimento diròfolo  , chclùccedendo  mai  tal 
cofa  mi  recherebbe  troppo  - di  meraviglia-  i4 

ve- 


(^ofAp.Gloff.  ì.Reg.  I j.  [b]  ludìth  14;  - 


• 2Sf2 

vedére,  che  un, danno  tanto  palpabile,  e si 
..proprio  dell’  interefle  di  tutti,  non  l'crvilTe  ad 
aprir  gli  occhi  a codefti  ciechi  volontarj,  e_i 
ilupidi oltre  ogni  credere.  11  figlio  Prodigo 
fu  cieco  per  la  pailìone  ritirandoli  dalla  ca{^ 
patcrnaj  e non  avéndò  alcun  ritegno  per  im< 
rpiegare  il  pingue  ilio  patrimònio  nella  com> 
'^piacenza  de  i lènfi  ; ma  ridotto  in  miferia  fe- 

■ ce.forza  a fé  medefimo,  aprì  le  pupille  dcllau> 
■ragione  j e fuperate  le  inique  lufìnghe  dello 
:fconfigliato  capriccio,  fi  rimife  all*  ubbidien* 
za  del  Padre  j [à]  facendo  per  intereffe  ciò , 
che  don  averia  forfè  fatto  mai  per  prudenza* 

■ Come  poi  nondovria  mirarfì  con  iflupore-, 
che  rovinandoli  alla  giornata  fenftbilmentej* 
nelle  fue  follanzc  un  huomo  folTe  un  giorno 
piò  cieco  dèli'  altro , e piò  fempre  di  buona:» 
voglia  attaccato  al  Ino  peggio  ? Potrebbe..:^ 
egli  fenza  dubbio  alToitiigliarll  a i miferi  Idro^ 
pici,  i quali  pieni  d’umore  cattivo,  ed  acquo- 
ib  altro  non  amano  piò,  che  bere, benché  fap^ 
piano  doverli  da  ciò  cagionare  la  morte  lo^ 
ro . iDoVerebbono  per  tanto  farli  una  gran.» 
forza  Ibmigliahti  huomini , le  pùr  fe  ne  dan^^ 
no,  ed  illuminarli  al  funcfto  chiarore  di  quel 
incendio , che  hanno  in  cala  pur  troppo , 
metter  qualche  rimedio  ad  un  male , che  mi> 
«accia  loro  un  intera , ed  irreparabil  rovina. 

Ri- 


fa] Lac.  I5« 


N 


Rideva  un  Savfo  In  vedendo  > che  un  povero 
huomo,  il  quale  aveva  in  cala  acecfb  forte- 
mente il  fuoco  andalTe  cercando  lume  per 
feiegliere  il  meglio  de’  mobili  e porlo  in  fi- 
curo,  gridandogli  tra  lo  feher2Q,e  lo  fdegno: 
pigliate  età , ebe  potete  alla  buonora , così  tii 
confufo , ebe  pur  troppo  ne  avete  in  cafa  del 
lume  . Se  io  m’ imbattein  mai  iq  qualchedu- 
no di  coloro , ohe  vanno  allegramente  in  di- 
fperfione , ed  efterm'nio , qoq  riderei  certa- 
mente, rqa  non  (àprei  però  intendere  come-» 
la  damma  at^ccatad  nelle  fpdaqze  di  Iqi  non 
arrivade  a fargli  tanto  di  luce , che  badafTe-* 
ad  indurlo  per  lo  meno  o 4 falvar  qualche.^ 
cofa  potendo  *,  q a piangere  uno  fyantaggio 
tutto  derivato  dalla  propria  negligenza^. . 
Quello  è ben  da  notarfi  pel  maggiore  dordi- 
mento,  in  cui  cader  poffa  un  huomo  , e farfe- 
ne  come  un  fpeochio  per  aver  fempre  I4  mi- 
ra di  non  cadervi . 

Ili,  Nè  può  orederd  gbbadanza  un  d^n- 
no  sì  grave , mentre  neppure  , che  c il  iiio 
peggio,  d conofee  intieramente  da  chi  Ip  fof- 
fre,  poiché  impegnatovi  il  fenfo,di  cui  è pro- 
prio 1*  acciecarc , qoq  h vede  qganta  è la  ro- 
vina , veridìmo  clfendo  il  detto  dello  Spirito 
Santo  intorno  agli  huomini  di  bel  tempo; 
la  malìzia  loro  gli  bcf  accìecatì . Ed  ecco  non 

e(Ter‘ 


Ca)  Sap^  «.  2|, 


. . 

«fiere  piìv  mirabile, di  è i mileri  fieno  s\  facili  a 
chiu‘i‘^r  l’occhio  fovra  de  i proprj  pregiudizi» 
ciò  effédo  gaftigo  della  colpa, percuichiiidedo-» 
gli  volontariamente  la  prima  volta  peccàdo, 
non  gli  poflbno  poi  riaprire  volendo  , e con-, 
viengli  foggiaceread  una  cecità, che  per  efle- 
ré  quafi  invincibile,  febra  maravigliofa.Bifo- 
gna  dunque , che  ftudj  bene  ognuno  fui  graa 
punto.ne  da  tutti  capito,di  conofcerc  qual  fia 
il  fuo  proprio  debole  non  già  per  difenderlo  , 
ma  per  ammendarlo  gcncrpfamcnte , fccon- 
dio  la  dottrina  del  Morale,  [a]  che  fcrifle:co»-: 
vieaey  che  tu  fappìa  ciò  y che  bai  d’ infermo, 
per  no»  ti  porre  a proteggerlo  , Acquillata-» 
pofeia,  che  fiafi  una  tal  cognizione  èduopa 
di  più  il  valerfene  perlagiufia  riforma  del 
vivere, e trovandoli  mai  in  alcuna  parte  con* 
danabile,ritirarfi  con  follecitudine  da  una  co# 
fturaànza  , che  feco  tirando  la  dannofa  perdi# 
ta  delle  foftanze,  potrebbe  ridur  chi  la  prati# 
ca  ad  un  penolb , ma  inutile  pentimento  E’ 
qui  luogo  di  parlare  fpezialmente  d’un  er# 
rore , che  potfia  forfè  cadere  in  taluno  degli 
huomini,  cioè,  che  il  peccato  faccia:fortuna  , 
locchè  non.fi  vide  giammai,  ne  potrà- in  tutti 
i fecoli  accadere , elfendo  anzi  il  fondamento 
della  fpiritualc  nón  meno , che  della  tempo- 
fale'  rovina  ; Chi  inai  avefie  un  opinione.^ 

tan- 


ta] Lib.  I . de  Ira. 


* 


••  .« 


tanto  rtravolta  pòtrla  fpecchiarfi  nella  cele-' 
bte  Statua  di  Nabucco^  nella  quale  (igura- 
rono  , cd  intelcro  quafi  tutti  i Santi  Padri  la 
fcliéità  della  colpa, che  finalmente  dopò  varie' 
menzognere  apparenze  riducelì  in  un  bel' 
nulla  . Era  mirabil  cofa  da  vederfi  in  efla  co- . 
SI  bene  uniti  i preziofi  metalli , onde  faceva  a- 
i riguardanti  una  gioconda,  e maravigliofa_.- 
comparfa  . Ma  puredebilc  eflendo  ncllafua 
bafe , ed  avendo  di  vii  creta  i piedi  coll'  im- 
peto  leggcrifllmo  d’un  picciolo  fafiblino  tut- 
ta fi  rifòlvè,  quanta  ella  era,  in  polvere  ì e di 
più,  colà  ben  degna  d’ alta  ponderazione , in 
polvere.di  terra,  e di  fango,  per  la  miflura  di 
cui  vennero  a perdere  tutta  la  fofianza  loro- 
gli  altri  metalli  . Si  può  da  quello  con  evi- 
denza arguire,  che  le  fortune , ove  fi  mefcoli; 
alcun  poco  di  colpa  fono  lemprc  Ibfpette,  e_*“ 
faciliffime  a perderli  affatto , quando  men  vi: 
fi  penfi  . Oltre  di  ciò  debbe  rifletterli , che_r 
elleno  fono  dillribuite  dall'indegna  mano  , e”, 
poverillima  del  Demonio , che  nulla  avendo 
in  fe,  o fuori  di  fe,  che  fuo  fia,  non  può  prov- 
vedere  chi  a lui  s'  appoggia,  che  di  vanita,  di 
bugia,  c di  fumo.'  Tanto  fpcrimentò  a dan- 
no di  tutto  il  Gener  nollro  l' infelice  Eva_. , 
che  a lui  credendo  , cd  alle  fuc  traditrici  lu- 
finghc,  nulla  pete  ricavarne,  che  fvantaggio, 

• • c per-,  ' 


.(a)  Bart.  2.  55. 


2c6 

c perdita,  offervando  1’  acuto  Abbate  Rober- 
to,  che:  [a  ] /'  ìnganttevol Serpente  i»  tentati- 
dola  non  ledeva  del fuo , ma  la perfuadeva a 
rapirei  altrui . Ciò  pure  ancora  fi  vede  ben 
chiaramente  fra  di  noi  mirandofi  gire  vi- 
cenda le  terrene  profperità,e  fpogliarfi  l’uno 
bene  fpeftb  per  veftirne  l’ altro  i poiché  tan- 
te nou  fonò  elleno  di  numero  , oltre  all’  e(Te- 
re  in  fodanaa  fallaci , che  pollano  inganparc 
tutti  in  un  tetppo  medefimo  , Demoftene  co- 
nobbe nelle  ftefle  tenebre  del  Paganefimo' 
ipna  verità  sì  palelc , dicendo  : bifogna-t , 

phe  quejìì fieno  infelici,  perchè  felici  fieno  al- 
tri, pio  fi  fio  tuicenda  , che  mentre  uno  fom-r 
fnergcfi t f altro  f inalzi.  ElTcndo  per  tan- 
to ciò  VerilTìmo , ed  incpntrallabilc , ninno , 
che  abbia  fenno  s’ indurrà  mai  a fondare  Ib- 


yra  la  colpa  1’ avanzamento  della  famiglia, 
p de’  fuoi  privati  interefiì,  cd  in  conlèguenza 
ayerà  femprc  in  Ibfpetto  quei  beni , che  gli 
pareffe  di  guadagnare  in  divertendoli  oltre-» 
all’  oneftp,  credendo  per  vera  perdita  , c per 
difcapito  reale  di  fue  follanze,  qualunque  ae- 
crefcimentp  potelTe  dipingergli  il  capriccio , 
C la  palT}one . ^ 


Vel 


4*  in  Cant,(h')  Qrat.  i . 


l V • ’ . ' . 

Del  Danno  di  Gloria  in  chi  malamente  . 

V • ^ » • • » * • 

(onverfa . 

. ^ ' * 

CAPO  xvir, 

» ^ * t 

^‘TV/r  ^ palefe,  ma  non  men  certo 
xVX  n danno  di  Gloria  in  chi  poco  avef» 
fe  di  regola  nell’  ufo  del  conyerfare  , onde.* 
merita  d’eflPer  egli  pure  confidèrato  con  efatr 
tczza.  Divido  co’Morali  Filofofì  l'onore  ininr 
trihfeco.,  ed  eftrinfeco  . L*  intrinfeco  è fónr 
dato  fovra  l' abito  interiore  della  virtù , per 
la  quale  s' opera  Tempre  con  rettitudine  ^ our 
de  chi  è realmente  bmno  i dice  Platone,  [a2 
confegutfee  lacera  gloria , L’ onore  pofeia^ 
eftrinfeco  deriva  dagli  atti  efterni  della  virr 
tìi  medefima , i quali,  come  effe^p  dalla  Tua^ 

- caui'a,  procedono  dallo  ileifo  abito  interiore, 

' è tirando  a Te  l’ occhio  de'  faggi  acquiflano.a 
chi" gli  pratica  una  lode, ed  una  ilima  didinta, 
che  è il  fondamento  dell'onore , il  quale  y fe- 
condo l' Angelico , altro  non  è , che  un-n> 

■ efiimàzione , la  quale  abbiamo  nell'  altrui 
concetto  fui  capitale  della  lìirt-k . Vediamo, 
^dunque  in  prirno  luogo  la  rovina  della  glo- 
ria, cd  onore  intrinfeco  , la  quale  potrebbe-* 
òriginarfi  dall'  abufo  di cpnverfar  malamea- 

R te . 


• ’ ■ 


0 ^ ^ * 

Ep.  4.  Cb)  1.2.  q.  2.  ir. 

. , \ 1 


i 


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te '.  Qual  virtù  potrebbe  fupporfi  in  un  liuo* 
mo,che  lafciandofi  trafportare  dalla  Violen- 
za di  qualche  difordinato  appetito  operaflTe-- 
in  forma  da  ridurre  tutta  la  fperanza  di  lii^, 
falvezza  al  rimedio  del  pentimento  ? Egli  è 
poi  certiflìmo  , che  taluni  impegnati  in  una^ 
.certa  maniera;di  vivere  da  eflì  creduto,  civi- 
le, e galante,  ma  riguardato  di  mai’  occhiò  da 
j.Savj,  hanno  talvolta  fettoibfpirarei.Geny 
4»ri,  4 Dom ertici , «d  i Zelanti  delle  anifnejd- 
.ro:  ediosò,  che  dopo  la  morte  d’ alcuno  di 
«flì  tiitto  il  fondamento  di  lor  làlute  confjrtc 
«ella  voce  fparfafi,che  egli  averte  già  da  qual- 
^ tempo  lalciato.il  tale  impegno;  e r attaq- 
-camento  palefe  al  tale  oggetto . Sicché  io  J»1 
Vafo  fu  creduta  coderta  leggiadria ,, benché^ 
•rtippolia  innocente ,, un  .tralcorlb.. , o di  mali- 
zia io  di  fiacchezza  ,che  per  l’uno  , e per  l’al- 
trocapo  fempre  porta  del  pregiudizio  nota- 
^bilc  d’onoranza  nell’akfui  conCetto;E’  cecto, 
.che  dandofi  mal,  feria  quefta  foggia  di, vive- 
re un  «effàerfi  Jtl  piacere  t corno  bcnifltmp 
diceà>Seoeca,,0*)  manifeftameote . raoftran- 
»do  una dcbolezzadi  fpiritq,  che  accordar  non 
/fi  puote  colia  virtù  generbfe  di  (ùa  natura  , e 
-coftantcmentc  inimica.  :di  tutto  cib».che  re- 
car le  polla  alcuna  macchia,  anche  ...minima, 
►Sarebbe;  un  troppo,  -vergognofo  inconvc- 

• nien- 


Ca)  De  vit,Be<^  .c  • 


I. 


X*  ' 


'•i'  . .2'J9 

iMCnte  il  permettere-  rhuòmo  di  venir  tirale^ 
come  per  forza,  dairappetito.  irraggionevor 
le  a'<ciòyacui  la  ragione  HciTa  ripugna., 
foggiacere  dì  buona  voglia , Ibggiugnc  Pia» 
tohe , ia')  alla' tirannia  di  quei  piaceri, 
fervi  fono  della  . Nè  potria -.giudicarli 

quello., o 'efagerazionCtoll.olido  fìngimene 
to  > quando,  mai  fi-vedelTe  taluno  foggettarfi 
al  dominio  difpotico  d’una  creatura  partico- 
lare ; lìcchè  non  avefle  egli  mai  un’ora  di  lU 


bertà  per  accudire  agl’alTari  pih  gravi 
■camminando  in  quelloa  lèconda  , e feguj^  . 
do  laTcortà  d’hUominiilcioperati , e di  niun...  < 
fenno  ,-riducelTe  tutto  il  tempo  della  fua'vita 
>a divertimentó  con'undiibrdine,acuis’op- 
■porrèbbonp  troppo  , e la  ragione  , ed  ildo- 
ivere  < Chi  dunque  operalTe.  in  tal  guifa  noiu»  . . 
.avendo  la,- regola  di  quelli  due  grandi  princi-,  *' 
;pj  ,'che  polTono  dirli  le  due  bafi  della  più  fa- 
•via  Morale , farebbe  un’huomo  leggiero,  .va- 
no , irregolare , cdL  in  fe  Uefìb  mai , quando 
•non  .volefle  a bella  polla  adularfì,  potr ia  fup-  . 
-porre  quel  capitale  d’onorevobfaviezza , che 
iblo  può  fenderlo  prelTo  degli  altri  ilimabi-'. 
4fr.  Mai  non -farà  vero  cèrtamente  , che. re- 
gnila .virtù  dove  comandano  le  padìoni  au- . 
«torevòlmente  ; c fe  non  è fallb  il  detto  del  lot-  . 
-vranominato’  Filofofo  chc-;:^/ fervirethi 

■'■'  . R 2, . * pia*'  " 


(a)  In  rbììf^Jp>y  Ifi  'Prqtag 


fé 


. \ V 


•» 

... 


• 0 


V 


tt(5o 

piaceri  è una  fómma  ignoranza  : non  potrà 
mai  attribiiini  una  tale  condotta  ad  lin  pre* 
gio , che  d’occhio  acutiifimo  eflendo  ed  in 
. iua  lbicanzà  .celelle,  ignorar  non  lo  'puote> 

. ■perché  fcmpre  dirittamente  lo  mira  ,1’one- 
ilo  , il  buono  , ed  il  vero  . E poi  aicoltino  co- 
defti  huomini  la  propria  col'cienza  , chè  è U 
Giudice  interno  delle  noftre  operazioni , e 
icntiranno  quale  fentenza'  egli  pronunzj 
contra  di  loro , efe  gli  commendi  per  vi r- 
-tuofì,  o gii  condanni  come  cattivi  j s rei  d’un 
vivere  in  veruna  parte,  piaufibile  .:Code(lo  è 
Un’oracolo , al  dir  di  Liffio-,  (c)  che  : per  fc^ 
non  i' inganna , ed  ingannar  non  puote  aitruii 
cdafcoltato  con  attenzione  è un  .Freno  . pol^ 
dènte  per  non  far  ciò  ^ che  la  natura  medefi- 
•ma  difapprova , dicendo  anche. Seneca;  (A) 
-abbiamo  in  noi  h'  ripugnanza  a' quelle  eofey 
che  la  natura  condanna . Ninno  degli  hqo-- 
mini  potrà,  negare  di  fentirc  in  fe  medefimo 
•quefto  rimorlb , o voce  «ueriore , che  lo  ri- 
^chiama  da  tutto  ciò , che  è viziofo , e fe  oonià 
• oftante  uh  tale  reclamo  opcraiTe  egli  Ic- 
- coiido  la  pefìHina  inclinazione  de’  fenfì  tra- 
•direbbe  fe  fteflo , e ripugnerebbe  ribellati» 
■dofegli  al  proprio  naturale  vche  per  inge- 
nito impidlo  abbomina  ^infàmia  del  vizio*. 

' ed- ama  l’onore  della  virtù  . Venne  .ciò  ac- 


ccn- 


ym 


nmnfipa 


[aj  Lib.  I . > • •' 


. / . 


. . H . . ^ 

cenrtaW  ptif  genfilincntó  dal  noftro  valtf» 
ròiÒ'  Compaftore  Enotro  Pallanzio  ! (d)} 


Vìefti  9g>f*  tAlfna  qua^iìi  pura , e lucentcl  ■ 
Halle  mani  fupertie , ed  immortali^  ■ ♦ 
F.  J'olo  è colpa  aelP  umana  meutcì 
I Se  poi  la  tòrce  in  falla  vìa  de'  mali,  '• 


i Scrirerido  Erode  a Celare  intorrfo  alla  coa-^  ’ ' 

' dotta  di  Marco  Antonio  valorofifTimo  nelle 
I operazioni  di  Guerra  attribuì  l’ditiraa  fua^  ' ' . 
I feonfitta , non  a s'^entura,  ma  ad  un’acciden-- 
I te  voluto  dà  efl'ó  in  grazia  d’una  cieca  pallio-'^  ' 
i rie  ; égli . conchinde , fà  foggiogato  > perchè 
' , volle  pììl,toflo  effer  vtnto  ■co»  Geopatrq,che' 

I vincere  jenza  di  ejfa.\b)  E k qttaleuno  Icher- 
I mir fivolffle  èon  qneft’arme  fteifa,còlla_.' 

I quale  io  l’afTalgó  > c dire , che  non  è fchiavo' 

' chi  elegge  voiontarfamente  una  qualche.»  \ 

I maniera  di  vivere  a fuo  talento,  io  rrTponde*' 

' r€ÌcòaStnccz:(e)  nì0ta  ferVitM  efferepiU  ' '' 
vergógnòfa  di  quella , che  è volontaria:  pòi-  ' ' / 
chè  il  voler  ciò , che  è male  indizio  d’ani- 
mo fervile,  e già  ibggiogato  ad  onta  della  ra-'  ^ 
gione'  dal  fenlb',  effctìdp  pur  anche  ofacoloi 
di  Dio  medefirao,  Che:(o^)  ehìunquefa  ilpec* 
dato  è fervo  del  peccato  ; quantunque,  iècon*^'  ‘ 

1 R 3 ••  ...  dò  j 

■r  I— - ■■  I.  . .,1 

' * ^ ' 'J  . " 

£a^  Can^i  ,[b]  Bgepp.h  i ÀeExcìd.^eroJ.o.i  j r * 

C«j  4p- 2^»*  8;  . • , ■ ; 

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do  tutti  i Teolc^i)  ei'lafàccia  oonpjienecz^dir 
libero  arbitrio*  lo  conolco  beniilì'mo > dirà: 
forfè  taluno , dove  con(ì/lc  il  male  del  mio 
(^^vertimento , e perb  uua  tal  cogniz^iooe-può. 
fervirmi  .di  regok  >edi  ritegno  : ma'  io  ri- 
fpondo  > che  a nùUa  giciV'a  conofcere;,  qpan<^ 
do  fi  òpera,  cpòtra  U eonofcimento  » poieHjà 
rintclletto  chiaro , e la  volontà  depravata , è 
tutto  appunto  il  fondamento  delta  Ipirituair 
le  rovina , e tutta  la  ibAan.za  del  reato;.  Quc* 
Ito  farebjbe  tutto  il  danno,  che  rifulterebbe.» 
dal  mar  Ufo  del  conyerfare  , quando,  fi  olii-. 
«nalTe  l’huomo  in  grazia  di  lui  a voler  ciò»  che 
conolce  • per  contrario  al  dovere , e.per 
fvantaggiofo  alla  falute,.  Alfalonne  fò  uxu 
Principe  d’alto  intendimento.,  e d’una  capa- 
cità affai  grande,  e pure  s’induffe  afar  oiòt. 
che  Far  non  doveva. , nulla  da  eodefta  fua  co-- 
. gnizione  cavando  odi  buono,  o d’onore  ve- 
le , anzi  valendofe,ne,p.er  fabbricare  tutta  lo^ 
'màcchina  lagrimevejfaf  delle  Tue  difavventu- 
re  . Qual  gloria  potria  mai  fondare  un’  htio? 

^ ino  onefto  nella  fervile , e vergpgnofa  liber-r 
tà  di  far  ciò , che  apprende  per  male  2 Trop* 
pò  faria  in  tal  cefo  palefe  la  . vittoria.,  della.* 

■ peggiore  forra  la  miglior  parte  di  luì , ceder 
. dovendo  la  chiarezza  dell’ intelletto  ,fuo  mai 
- grado  y al  deviaménto  ..delle  ingannate  af> 
fez  ioni  m A4  ^ i 

II.'  Se' poi , come  è chiarillìmo  , perdefi 

♦per.queAo  l’onore^ iatrinfecó*ftabiÌito  IbvraJ 

V - u: 


9 


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il  pofleaimentó  della  vera  virtiì,faràhonj; 
meno  evidente  la  perdita  delP  eftrinfeco  , il- 
Gualé  proviene  dall^eftimazione  degli  huo-^ 
mini^  E’  tanto  poflìbile , che  ftimifi  dagli  afl'*^ 
innati  chi  opera  fenaà  giudizioi  quanto,  che; 
iia  creduta  lenza  lume  dì  Stelle  , o di  Luna*, 
chiara  la  notte . Il  vizio  per  quanto  cerchi 
occultàrfi  colle  divife  d’alcune  virtudi , che. 
aver  poteflero  dell'ambiguo  ,ben  cónfape- 
vble  di  fua  bruttezza , pure  s’appalefa  da  fej*’ 
medefimo , come  còl  fetore  puzzolentiflimò.. 
far  fogliòno  i Draghi  : onde  egli  difereditafi,’ 
ed  acqliifta  vergogna  in  fine , e dìfprcgio. 
preflb  di  tutti.Salomone  fù  il  pih  faviò  Prin-‘ 
cipe  della  Terra , e cercava  ognuno  d’udir'^ 
gli  Oracpli  della  fua  bócca  per  farfene  una^' 
legge  » W onde  la  Regina  Saba  venuta  a pip, 
del  fuo  Trono  ebbe  a cpnfelTare  d'averlo  tròi 
vato  anche  maggiore  della  fua  fama  : pure.» 
dato  fi  in  preda  alla  fcóftumatezza  j e poftofi  ■ 
fra  le  catene  lufinghevoH  delle  donne  ftra- 

niere  i venne  a tale  di  vederli  derifb , e dive*, . 
nuto  la  favola  del  volgo  piu  vile . Ed  in  vero , 
trattandofi  di  quelle  paffioni , che  regnar  pò*; 
trébbonocon  maggipre  agevolezza  in  huo*. 
inini  di  bel  tempo , è firàha  cola , che  effen*^ 
do  pure  a tutti  naturale-'cptanto  la  mil^ia.*' 
difèntirfi  combattere  dàllMnfolcnza  del  fen4 

R 4'**  - ! fo,,; 


ia.yi.Reg.  1. 10 


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|b , non  vi  fi«  poi  verun’  altro  vizio  pih  di  - 
qUello  dcrilb  comunemente , e che.mctta  uri 
huomo  con  piii  fapore  in  ridicolo^  lo  confer- 
fò  d’effermi  più  d’una  volta  ritróvato  a ci- 
inento  di  non  poter  contenermi,  dal  ridere^' 
Cgiàfichè  > nè  il  configlio , nè  la  correzione-», 
aueie  tutte  le  circofianze  erano  di  mia  p'err 
tinenza  y ) in  fentendo  certi  compagni'  indi- 
yifibili  , e tinti  reciprocamente  d’una, tal  pe- 
cp,  burlarli  l’un  l’altro  dietro  lefpaile , e rac-  ' 
contare  l’uno  le  debolezze  dell’altro  con  tal 
piacere  di  critica  argutezza , come  fatto  ave-, 
nà  uno  Stoico  de’  ptù  rigidi  còri  un'  Epicureo 
più  licenziofò . Grati  fatto , dicea  tra  me-»'  . 
fteflb , che  neppaV  l’amicizia , fe  tra  i viziòfi 
può  darli abbia^fof  za  di  fai  va  ré  dalle  filate 
lina  fomigliante  fiacchezza,.» fogno > che^' 
burlata  ella  non  venga  da’fuoi  medefinif 
partegiàni  ! Sovviemmi  in  propofi.to  di  ciò, 
che  è pure  . Verità  d’efperienza , un  lepido  av- 
venimérito  .accaduto  in  Fiorenza  ad  un  mio* 
amico,  il  quale  trovandoli  a calo  nel  magni- 
fico Spedale  di  S.  Maria  Nuova  fù  condotto  a 
vedere  l’altro. in  furi  Iirieà,.nòn  meri  granaiò- 
lo de’  riiiferi  Pazzerelli  I S’iriibattè  égli  in  uri 
,fiuomò  ajprima  fronte  eortefe , che  l^ccoHe» 
e Io  condire  alle  fiàrize  di  tutti  que’  fveritu- 
rati  infof  maridolò  a minuto.iritòrno  alla  qua- 
lità della  pazzia , a cui  era  fo'ggettò'  ciafeuno' 
drfofo , e ne  toccayà  sì  bene  la  differenza , e 
gli  éfietti  ) che  fù  fuppòftò'  dall’amico  per  cu- 


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ilpde^  e fopraftante  del  luògo  t fennónc)ià 
giunti  aU’ultima  Aanza  gli  dilTe  con  una  À>t 
l.enne  tifata  il  Condottiero  : Signore  t quelli 
è il pià  pazzo  di  tutti,meutre  è ofiinato  a fpac  •' 
eìarfi per  Maresciallo  di  Francia , ed.ìo , cb^ 
fono  il  vero  i e legittimo  Rè  nonne  sècpfa  ai\ 
éunà . Sorprelb  ri.mafc  il  povero  galantuoì 
ino  > e fatti  con  fpeditezza  i fuoi  complimenti 
al  trattenitorc  cercò  di  sbrigarfene  alla  mp4 
glio  , accorgendofi  d’ eflfer  fervito  forfè  dal 
Capò  di  tutti  quV  ftoltj  infelici . Pare  a mà 
di  icorgere  qu\  una  pittura  naturalilì^m'a  di 
^eglr  httornini,.clrc  {chiavi  della  piò  difordi**. 
nata  pafllone  fi  fu  beffe  di  chiunque  è tocco  di 
quel  male , come  fe  ne  fodero  efli  nettiflìmi  $ 

come  dicea  Seneca  , (<*) 
altrui  vizj  sàgli  occhi  t ed  ì proprj  dié‘ 

- irò  le  fpuile . £’  forfè,  cofà , che  meno  for- 
prender  deggia  il  fentirq  uno  riprender  r 
altro  di  qpcha  colpa  mede(im'a  , in  cui  égli 
yive  ingolfato»  clic  fentire  un- mentecatta 
iTpacciarli  per  Re  ? ,Sc  dunque  ' una  tal  debo«* 
lezza  nor»)  trova  difefa,  o per  Io  meno  compa- 
timenlo,  neppure  tra  quegli , che  infermi  ne 
fono , come  potria  colui , che  vi  fòggiacefre 
mlferamente fperar  lode,  ed  ediniazionè 
dagli  hupmini  faggi^,  che  lontana  cercano  di 
tenerfcla  più»  che  nelle  attaccaticcia  ,c  mor^ 
tale  ì La  fola  vìrtà  » afferma  Àriflotcle  » Ci*} 

^ ■ . * > ■ ....L.*.  „r  .1^1  li  w*  ■ .«eiiA- 

■ ta}  de  ira [B]  i ; BMe,;.  ‘ i 


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26$ 


merita  lode  : c fc  quefta'  riafcf  dàt  cóncctto^ 
che  formarono  d’alcuno  gli  huomini  prudèn- 
ti >nòn  sò' vedere  quale  fperanza  d'onore, 
che  da  lina  tale  ftima'  procede  ,nodrir  poA 
fario  coloro,  che  fiacchi  fono,  e fenutiper  ci5 
paléfeirichtc  a catena  dal  vizio  .-Rifletta  bene 
Ciaicuno, che  certa  eflcndò,‘ed-  inevitabilèr 
^ueRa  perdita  di  pubblica  onoranza  tuttaji 
Voltif , che  fciolganfi  a i fenfi  le  redini , coni* 
Viéngli  abborrire  un'cortutriei  che  può  por*. 
largii  un  s\  dannolb  difeapito  , e regolar  mè- 
glio-la vita  in  faccia  degli  huomini , che  in^ 
torno  alla  buona , o rea  fama  fono  i Giudici 
della  terra.  ' ' " ‘ ■ 

; Uf.-  Nè  accaderebbe,  quartdó  il  male  fof- 
fc_mai  certo,  lufingàrfi  col  vano , e tan'lc  vol- 
teabbattuto pretefto  di  civiltàf,e  d'iridilFeren- 
za,  perchè  lafciando  ancora  da  parte  il  retto, 
ed  infallibile  giudizio  divino  , mai'non  vi  fa- 
ria perfona  di  fenrio,  che  vedendo  un  huomo 
perduto  dietro  alla  fequela  continovà,  o d’un 
reo  coiTipagno  , o d' un  vanó  oggetto  parti- 
colare, per  cui  tutto  fi  trafcuralfe,  e fi  pofpo- 
hefle,  per  innocente  con  tu.tto  ciò,  c per  fag- 
jio  Io  giudicafle . Nè  io,  nè  forfè  alcun  altro. 
Inora  ha  mai  veduto  fuccedere  fimile  ftrava^ 
ganza  nel  mondo . Creda  pertanto  ciafeuno^ 
jche  la  migliore',  e più  ficura  maniera  di  gua- 
dàgnarfi  la  ftimà.,  ed  il  rifpctto  degli  altri , è 
il  non  perderlo  mai  a fc  ftcflb,  come  infegnà- 
va  un  graQ  folitico , facendo  cofa,  di  cui  ab- 

- bia 


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^ bv  ^oci 


*57 


bia  una  volta  da  concepirti  roflbre . Chi  non, 
ha  ritpettqa  % raedefimO  t.e  non  vergognati 
di  tradire  la  propria  faviezza , ed  il  naturale 
contegno^  che.Origene  chiamò  : (/z)  Corre?» 
tare  delle  cattive  affezioni,  e regolatore  dell* 
quìma  : neppure  temerà  la  difiilioia. degli.  aN; 
tri  > ed  in  ogni  cofa.l’  appetito  proprio  ^con^. 
dando  sfrenatamente  niuiia  legge  averà  fen* 
za  dubbio  per  contenerti . Ognuno  è il  pri^v 
pio  giudice  delle  proprie  operazioni , e può, 
giudicarne  piò  rettamente  d’ ogn’  altro,  per- 
chè egli  vede  in  ,efle  ciò, che  altri  feorger  nou 
puotCj.ed  è r intenzione,  che  le  qualinca , e_«. 
le  determina,  oal  bene,  o al  male.  Scegli 
per  tanto  giugne  a non  temere  1*  interna  fau. 
lentenza, che  è la  piò  vera,  ed  inappellabile  V 
e di  giudicc..di viene,  avvocato , c difenditoreì 
della. fua  colpa  :,  mai  pel  giudizio  altrui  noa^.  . 
làprà  ..metterfi  ,iu  pena , o. paventarne, , per, 
ravvederti,  le  accufei  vinte,  che  abbia  quelle, 
del  filo  rimorfov  làfelice,t  dilTe  già  Seneca  , ■ 
C^;  e fi  ripète  - in  quello,  luogo  per  maggior 
forza:  h/fglice  è colui,  che  dìfpregia  un  si  do- 
tfjejìicoyed intimo  accufqtore,.ed  un  ù veridì- 
} co  tejìmonio  ! E’  necclTaVio  tanto"  al  bene-» 
'operare  quello. rifpecto  di  ciafeheduno. a fe-i . 
ptedefimo,  che  fenza  4*  J.?'  ^ vano  il  timore^, 
degli.aìtri,  quand'  anche potetìe  averti , poi-  ' 

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^ i6B  . 

Che  il  non  péGcare  iiieraWCrite  per  fbggjezlò- 
fie,  o per  tema  d’ altrui , c lina  fpezie  di  Con- 
tirtenza,  che  non  ha  merito,  c chi  difpregian- 
àò  il  proprio  giudizio  faria  pronto  a peccare* 
fé  altri  noi  riprendeffe,  ha  già  peccato , meH-' 
tre  ttel numero^  foggitigne  lò  fìeflb  Morale»»*- 
(a)  di  chi  pècca  nò»  indthitamente  fipon^' 
chi  preferì  la  continenza  al  timore  altrui , c 
nbn  afe  Jleffo . E'  quello  un  temere , non  d* 
effer  cattivo,  ma  di  parerloipoichè'tolta,  che 
ne  folTeì’  efteriore  comparai  difpofto  faréb-*; 
be  1*  huomò  a folTerirne  fenza  rolTorc  f ignb« 
minia  della  ibilanza*  onde  buòno  elfendo  egli 
folamente,  perchè  non  è lecito  d’efler  pcr- 
..verfo  * noli  merita  alcuna  lode  paventando  »■ 
.con  chiude  Seneca , ih')  la  fama , non  la  cofei^ 
énza . Codi  delP  arsione  - Un  tempo  Creduta», 
eroica  dell'  infelice.Lucrczia  Romana  decife 
il  noUro  valòrofo  Compallore  Tirlì  Leuca- 
'fio  : (c^ 


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I * - # • 

^ Rendérfi  al fdltà\  c poi  morir\ non  Bajìa  i 
' ; Pria  morir-,  che  peccare.  Incauta , e folta  ! 

- Èhhe  in  pregio  il  parer , non  l*  effer  eafia , / 

-Nè  tampoco  quella  RelTa  apparenta , a etìi  s* 
*PPo8giaire  ehi  é reo , potrià  mai  fef virgU 

,,  ' • ■■■  - ■ • pef  ■ 


Ca"  hih.  de  Benef.  e.  14.  1^1 


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per  acquifto  di  gloria,  fcopcrta.,  che  ella  fofr 
fc  , come  purè  avvenir  puote.  sì  di  leggieri , 
dagli  tnioiirini  piìi  deflri,  ed  accorti . <ìiuda> 
tradito>che  ebbe  illìio  Divio  Maeftro,nepop-. 
cepì,  o penti niento,  p rpATgre  ; rpa  ripprtan^ 
do  a i Farifei  F iofairie  prezzo  viliflìmo  della 
fpa  fceleraggin'ejpreflb  di  loro  neppure  coru» 

* un  tale  atto,  che  parea  di  conpunzione , potè 
guadagnarli  veruna  gloria , e l’ clTere  (iato 
una  voi|a  capace  d’ offendere  -il  fuo^dovere-j 
gfffc  perder. per  feippre  ogni  fti|tia  , ed  ono- 
re  . Qijèfla  c dùnque  la  regola che  téner 
deobe-l’  hupm  favio , cioè  di  non  braipar  Ib- 
lameaìte  ,-iua  di  guadagnarli  l' eliirnazione^ji 
eon  mer|to,  e rifpettando  prima  di  tutti  fe_* 
ffelTo  c<4  non  trafporrcr  mai  in  c^,che  egli 
approvar  non  poffa,  e non  deggfa  , rifeuoter 
pofeia  non  come  un  dpno,  ina  come  un  tribù» 
to  di  mera  giullizia  F encomio,  c l' onoranza 
degli  altri , Difpollillimo  per  la  mi  a parte_* 
mi  Tento  di  tener  Tempre  nella  debita  ffimaj 
chiunque  ancora  fi  trova  imoierlb  nel  coftu- 
me  apparentemente  più  libero  del  gran  Mcn<« 
do,  ,c  credo,  che  tutti  meco  lo  fieno  , laTcian- 
do  a Dio  il  dirittodi  vedere  be'  cuori  altrui  : 
ma  ficcorue  nè  io  , nè  ohi  che  fiali  potrà  mai 
Tchiettamente  riTpettaré  una  debolezza  che 
fia  palcTe,.così  ognuno  proccuri  di  tcnerTénc 
più  lungi,  che  far  fi  polTa  , e fiando  Tempre  m ' 
ogni,  e pubblico,  c privato  divcrtimcnto,col 
freno  delle  jMlfioni  aUa  upino,. cerchi  di  com» 

' ' pcrar-  / 


V 


data  Ibvra  il  merito  della  virtù  più  cofpicua  ; 
tolga  gli  ajtri  dalla  necellìtà  d’ adularlo,  c.lui 
« dal  ri morlò  di  pretendere  ciò,  che  punto  non 
poteffe  competergli . ' 


«71 


% « — • 

Del  Danno  del  Corpo  in  chi 
malamente  converfa , 

CAPO  XVIIL 


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:1.T)  Er  queftb  danno  del  corpo  jntendò  an 
J_  pregiudizio  notabile, deile  compleflìo- 
’ni  originatofi  dal  coftume  della  gran  Moda , 
cbe  porta  l'eco  un  difagio  non  ordinario  , ed 
un  incomtnodo)  che  lèbbcn  dolce , e gradito  ; 
non  Inlcia  però  d’ efler  affai  grave  lo  ho 
fentito  moltiffimi  intrigati  nelle  pratiche  deir 
]<t  galanteria  lamentarfi  talora  di  non  aver 
più  un  momento  di  quiete,  e di  vederfi  ridot- 
ti a fegno  di  non>poter  più  godere  d’  alcuna:, 
di  quelle  commodità  , che  cialcunb  trovanel 
'ritiro  della  fua  cafa'.  Ed  in  vero  quale  ften- 
to  maggiore  può  mai  penfarfi  di  quello,  a cui' 
volontariamente  lòggettafi  un  hùom  di  fineiii* 
za  ? U ufò  delle  ycglic,  de’  teatri  'i  de*>  fedinl» 
de^  giuochi  è d’  occupare  tutta  la  fcra  óltrei^ 
alia  mezza  notte,  e parlandofi  de*  banchetti , 
'di  cominciare  col  lume  delle  candele,  c finire- 
con  quel  dèli*  alba  '. ‘'Gli  occhi  fanno  per  lo 
■più  la  penitenza  del  ventre  vedendoli  conte- 
*fo  il  rieceffafio  ripcfb  , che  alla  ripienezza  di 
‘lui  converrebbefi  per  non  mancare -alle  at- 
’tenzloni  della  mattina  per  tempo  , e riattac- 
*^candofi  le  merifc  I che  toccan  poi  della  fcra  fi 
' forma  una  catena  d' bccupaziohi,che  fembra- 

• ..  K -iv>- 


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po  paiT^tempi,  ma  (bnò  un  .maceramento  in^ 

Sfenlìbilè  delle  nature  ancora  più  forti . La_, 
yillegiatura,  che  fu  dagli  antichi  trovata,  co- 
me cantava  il  Lirico  per  fcioglicr  1*  animo 
^aJle  brighe  della  Città , è divenuta  forfè  la_. 
Irriga  maggiore , mentre  facendofi  una  Città 
/della  villf,  ad  altro  non  ferve , che  ad  accre- 
feere  iItU|nulto,  e togliere  coll’  aggravio 
• /della  (bggezipne  il  piacere  d’ una  libertà,  .clje 
, divertirebbe  . Picca  a ciò  riflettendo  un,j 
.pmore  fatirico,  ma  penetrante , che:  non  bei'- 
Ratt<ip  al  "Vizio  le  Ottadi  a"veà  "voluto  occapqm 
fé.  ancora  iq  campagna,  e portare  la  colpa  do- 
tqe  a\tri^.fecerp  penitenza  • Io  però  liippo- 
nendo  fempre  , che  tutto  iegua  fenza  reato.  : 
pon  poiTo  ciò  non  pllante  , non  condannare 
. la  crpdclt^  ,.che  veggio  praticarfi  contri  (del 
.porpp.,  ijegap4pgli  quella  par^e  ancor  diri- 
.ftorojCbc  ycrrebbcgli  dal  tranquillo  , e fpli- 
,tarip.  godimento  delle  villp  . Parrebbe  qué* 
,fta  jlfayagàza  più  fa  vola, che  verità, fé  la  Ipé- 
- f .I30u  pi  facefle  tutto  giorno  vedere  , che 
pppoflofi  iq  illrana  guila  il  divertimetoàl  di- 
, yertimeto  medefimo^han  cuore  non  pochi  di- 
. coiàgrare,pltre  a quella  dèll’animà  > la  falute 
’.^cora  del  corpo  alla  compiacenza  4’un'.infazm 
. bil  capriccio  ► (predo  per  tanjtò , che  non  ér- 
' rafle  qqel  Medico,  il  quale  iti  lina  Città  d’ìtq- 
•lia,dovc  la  finezza  gode  forfè  un  luogo  d|/Ìin- 
, ito,  m’i  di(Te,  che:  la  Ccn"verfaztpne  è il  capita- 
le pili  do"vizhfo  della  Ji^cdiclnà;  raéntrc  gua- 

’ • ' ' . (lari- 


fiandod^a  bella  porta  i temperamenti, e le  na- 
ture,.cercano  di  Ibftenerfi  coli'  arte,  e forfe_» 
la  rovina  della  Morale  è la  fortuna , . e 1'  ap- 
poggio più  ftabile  della  Fifica  . Nè  dee  cre- 
derli. quefto  un  fentimento  da  Critico  per 
battere  lòtto  pretefto  di  compaflìon  fimulata 
il  moderno  cortame , poiché  io  non  veggio  » 
che  ordinariamente  alcuno  viva  meglio  , e_# 
con  ianità  più  felice.,  di  quelle  perfone , le_j 
quali  dateli  al  ritiro  .ortervano  una  regola^ 
efatta 'nel  governarli,  aflegnando  1'  ora , e la 
mifura.fua  alle  cofe  tutte  • Così  vediamo  fuc-  / 
cedere  ne’  Chiortri  religiofi,  ed  anche  più  ri- 
gidi, ne’  quali  fembra,  che  non  fappia  metter 
piede  la  morte , contàndovifi  molti  vecchi 
decrepiti,  e.fanifìimi;  onde  può  conchiuderli 
con  verità,  che  è più  difereta  col  corpo  la  pe- 
nitenza, che  non  è la  galanteria Non  credo 
già,  che  dicelTc  vero  una  certa  donna  di  brio, 
e di  parta  tempo,  allorché  s’  efprcfle  con  un_. 
Religiolb  vecchio , ma  vegeto.::  io  cambierei 
.volontieri  la  mia  colla'  vofira  menfa't.  quando 
fotejjì.  cambiare' ancor  complejjione . Ma  '.Hi- 
mo  bene  , che  invidiandofi  comunemcnte.dal 
fecolo  un  tal  vantaggio  ne’  Regolari , e'nelle 
perfone  più, temperate  , unirebhono:  di  buon 
.genio  taluni,, potendo,  col  vivere  in  libertà  la 
Ibrte  ancora  d’  una  perfetta  falutc  , che  è una 
conleguenza  quali  infallibile  del  vivere  con_. 
temperanza,  e cqn_riguai;do.._I-a.funcfta  fpc- 
rienzà  pofeia,  è cotidiaaa,  fa  , che  negar  non 


*74 

a polla  accadere  tutto  il  contrario  nel  mon- 
do) mentre  oltre  a tanti,  e tante  ,che  rimal'c- 
ro , anche  a dì  nollri  uccifc  dalla  Itanchezza^ 
sii  i balli,  dall’  ccccITivo  calor  nc’  teatri,  dalla 
pertinace  , c digiuna  vigilia  sii  i tavolieri  del 
giuoco,  vediamo  guadi,  decaduti , e feontra- 
fatti  di  tal  maniera  non  pochi  fcguaci  dcl'non 
mai  interrotto  divertimento  , c\\c  a molti  dì 
effi,  come  rifletteva  un  Satirico , è tolta  la  pe- 
na di  comperarfi  a‘V've»e»za  collo  sborfo  del 
fangue,  e di  cercar  pallidezze  daW  artifizio» 
Ciò  fupporto,  fé  non  comune  per  tutto,  alme- 
no in  alcuni  luoghi  ufuale  , quando  io  in’  im- 
battelli  a vederlo  non  arriverei  a capire  , co- 
me giunta  fbirc  la  palhone  tant’  oltre  , che_» 
fupcrando  l’ interefic  più  prcmurolbd’  ogn’ 
uno  toccante  la  confervazione  del  corpo,vin- 
Jta  aveflc  l’ ingenita  gelofia  di  viver  faho  per 
confagrarla  al  piacere  di  viver  libero , e l're- 
golato  . Quello  a me  parrebbe  un  cofpirar 
l’huomo'  contra  di  l'c  inedefimo , ed  ammet- 
tendo cìh'i  che  al  parere’  di  Seneca  Cu) , ab- 
braccia per firangoiare,  tradire  la  brama  co- 
mune di  tener  lungi  più , che  li  pólTa  la  mor- 
te, eleggendo  anzi  di  morir  tòrto  perviver 
male,  che  di  vivcr  bene  per  morir  tàrdi.  Non 
-c  egli  vcro,che,  fc  a tanto  obbligafle  la  Divi- 
na Legge  i viventi  pieno  farebbe  di  querele-» 

• • '•  il Mon* 


Ca)  Fp.sz. 


f 


il  Mondò  ) tacciandofì  forfè  d*  indifcrctezza  il- 
ftjpremo  Legislatore  per  vplere  ,.che  daglL 
huomini  s’acquiftafle  con  dilcapito  della^- 
temporale,  e tranfìtoria,  J’  eterna  Vita  ? Se^ 
ciò  fofTe,  per  vero  dire  io  fceglierei  ogn’  al- 
tro miniftero  , che  quello  dell*  Evangelica^ 
Predicazione , parlando  Tempre  umanamen- 
te, poiché  non  mi  fiderei  d*  aver  un  efficacia, 
uguale  al  cimento.di  perfuadere  a i mortali  il- 
fare  in  prò  dell’  anima  quelIo,che  han  corag- 
gio d’ intraprendere  contra  del  corpo  nel  di- 
vertirlo . Altro  dunque  non  puòdirfi  ,.fe  non- 
fé , che  pafTando  la  cecità  dello  fpirito  a tra- 
Icurare  le  premure  ancora  dell’  Individuo  , 
non  fi  yeggia  da  effi  ciò,  che  più  importa, on- 
de, unicamente , come  fcrifle  Lattanzio , (a) 
penfando  al  vìvere  corrano  $ mifer abili  fenza 
avvederfene  precìpìtofamente  alla  morte . ■ 

^ II.  -Mà  l’incom modo, che  rifentono  i cor* 
pi  dalla  confuetudine  di  converfòr  con  ifmo- 
deratezza  ■ non  è poid’  un  tale  affaticamento^ 
chepofTa  per  altra  parte  portargli  vantag- 
gio. Eflendo  Tempre  infieme  huomini. :Coh 
donne  è convenuto  al  fcflb  mafchile.  più  fer* 
vido,  e pi  ù attivo,- 1’ accommòdarfi  al  femmi- 
nile più  lento  di  fua  natura  , e più  quietò . 
Quindi  avviene  ,'chc;fi  fprivino  gli  huomini 
bensì  d’oghi  commodo-^  nìà.flieno  poi  Tempre 

Sa  in 


[ja]  Lìb,  de  var.cult» 


* ^ 


ih  una  certa  àgitàzióné , cKe  rìduccndòfì  all* 
ozioimpedilcc  loro  l’efercizio  d’ un  movi- 
mento migliore  , che  affai  conferirebbe  alla 
buona  fàlute  del  corpo,  i/  quale,  fecondo  Pla- 
tone , [n]  coll’  agitamento  cotifervaji . E’  coik 
in  vero  degna  di  pianto  icorgere  in  alcune-» 

Sarti  a d)  noflri  tutta  quafi  la  Gioventù  per- 
erlì  ih  un  impiego  sV pigro  , ed  abbandonate 
affatto  colle  belle  Arti  le  occupazioni  ancora, 
che  diconH  cavalereiche  , -nella  glóriofa  fatica 
de|llè  quali  tanto  in-  fanità  >profìttano  i corpi, 
imprendere  una  vita  piena  d’ozio  sì  difaffroib 
per  altro , e sì  grave , che  ne  illanguidifca  in. 
bre^^e  tempo  il  bel  fiore,  efenza  frutto  fcn  ca- 
éa  ,togliendofipure  , come  l'ente  Galeno,  [^j 
per  la  pigrizia  la  robuflezza  . Si  vede  tutto 
giorno  pur  . troppo  , che  le  premure  d’ogni 
educazione- anche -più  attènta  fbgliono  per 
gafligo  delle  famìglie  finire  in  nulla , come-* 
del  ragno  vile  fuccede^  chcfvifcera  fe  mede- 
limo  per  fabbricar  reti  alle  mofche,  e d’^  ordi- 
nario le  più  fortunate  fqn  quelie,  che  in  vece 
d’ un-huom  cattivo  giungono  a formare  uru» 
Ganimede , che  fuol  chiamarfi  un  Giovine , di 
proprictà,'edi  fpirito  . L’  iraprefa  più  nobile^ 
che  idear  fi  poffa  uno  di  codeffi  Giovani  fpi'- 
ritofi  ò il  fard  olmo  di  iqualche  bella  vite , ed 
impiegando  il  miglior  .tempo  nella. vana  oc- 

.<  ó cu- 


Ca^  ht  Phes.Qo'j  Lib.  Stde loe.af\ 


i 


cnpàziònedf  perderlo  affatto , tutta' fondar  la 
fua  gloria  nel  far  l’ huomo  di  cafa  altrui  per- 
duto Tempre  inquclPozio,  che  fii  detto  be- 
nilTimoda  S.  Agoftino  (,a')la  fepoltara  de» 
«//V^.Nqn  è poi  meraviglia  , fe  in  un  fecole  si 
sfaccendato  contifi  di  rado  un  huom  di  valore 
in  cafe,  che  tanti  ne  ebbero  per  raddietro,e-i. 
cui  dia  l’animo  di  cercare  trà  i pericoli  d’una 
morte  oneda  il  luftro  d’ un  vita  gloriofa  lan- 
guendo nella  morbidezza  il  coraggio>  come-j 
Je  femenze  nel  terren  troppo  grado,  giacché 
al  dire  del  Trimegido  ; [b~]  tutto  ciò,  cheè^ 
czhfoyì  altresì  imperfetto . Per  quel  poco  di 
pratica  in  fatti, che  io  ho  delle  Città  d’ Italia» 
parmi , C e Tempre  mi  rimetto  all’  altrui  più 
purgatogiudizio,3che  la  gloria  di  ciafeheduna 
confida  nel  recitare  a i foredieri  le  antiche^ 
fue  dorie , lodandoli  piè  pel  paffato , che  pei 
prefente,e  proccurando,che  altri  non  le  am- 
aniri  per  do,  che  fono,ma]rifletta  a quel,  che 
furono , han  Tempre  in  bocca  per  materia  di 
qualche  giudo  vanto , come  i Rodiani  : 

Igran  frammenti  del  Colojfo  antico, 

t 

% 

Quedo  è bene  un  contrafegno  evidente  » che 
variata  quali  del  tutto  la  condizione  del  Mon* 
do  convien  vivere  all’  ombra  dell’  altrui  glo- 

S 5 ■ ria 


(^a)  Ad  Fratr,  in  Herem.  (b)  In  Firn. 


. 

fìa , e riducendo  tutto  II  pregio  de*noftt'I  all* 
invidia  de’  fecoli  già  paflati , confeflar  forfè.* 
con  qualche  roflTqre , che  fnervate  dall'  ozio 
le  compleflìoni  più  non  fanno  appigliarfi  ad 
ttn  imprefa,  che  vaglia . Per  quefto  ebbe  a di?- 
te  un  huom  prudente  in  propofito  d’ un  ag- 
gravio foffer  ito  contatta  flemma  da  un  Gio- 
vine creduto  di  fpirito  : quefto  è il  Secolo  del^ 
I4  pace , perchè  nixno.sà  pìh  tenere  la  fpadet^ 
injnano'.  ina  duoltnt,  che  il  perdonare  non  ab^ 
kia  merito , ejfendofi  ridotto  a necejfttà . E va- 
glia il  vero  quale  è quella  Città  delle  noftre  , 
che  in  tutta  la  fila  Gioventù  contar  pofla  uno 
di  que’  Campioni,  che  fiorirono  un  tempo  in 
fi  gran  numero  in  una  (bla  famiglia?  Trài 
Giovani,  che  ora  vivono,il  più  gloriofo  è for- 
fè quegli , che  fornito  d’una  più  felice  memo, 
ria  incanta  gli  huomini  deboli  colla  recita., 
delle  grandi , e magnanime  prove , che  fece- 
ro, gli  Avi  faci; ed  io  fempre  fovvengomi 
con  piacere  di  ciò , che  mi  fìi  detto  anni  fono 
da  un'Amico  d’acutezza  parlandofi  d’un  cer- 
to Giovine  feioperato  , ed  ignorante  ; c/ac- 
thè  nulla  egli  fà  tfludìajfe  per  lo  meno  quel- 
lo ^ che  ban  fatto  ijuoi  Antenati  per  faperlo 
raccontare  altrui  opportunamente  ! Ad  una 
taJc.miferia  conduconfi  i corpi  di  colóro, che 
dati  al  trattenimento  continovo  più  non  cor 
nolcon  fatica , onde  vantaggio  , o di  (àlute,  o 
di  gloria  venir.. gli  ppfiTa , e mirandogli  tutto 
giorno  impiegati  in  uno  (comraodo,  madi- 
■ ' ' ‘ s • futile 


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.279 

futile  cfercizio  di  rpiritofà  finezza  potremo 
dire  con  Seneca  : (<*}  non  menar  ejfì una  vita 
cz'tofa , ma  perderfi  in  una  flentata  infiemCt 
e vanìjftma  occupazione^ 

III.  Per  tutto  quello  però  io  non  farei 
mai  dell’opinione  d’alcuni,chc  difendono! 
moderni  huomini  condannando  l’ infingar- 
daggine de’  nollri  tempi , quafi,,  che  i tempi 
facelfero  gli  huomini , e non  piò  tofto  per  lo 
contrario  foffero  dagli  huomini  fatti  i tempi. 
Nafeono  anche  adeflb  perfone  d’ottimo  na- 
turale > e capaci  quanto  le  altre  tutte  , che_» 
innanzi  vilTero , d’ogni  imprefa  piò  nobile» 
e piò  cofpicua . Ho  conofeiuto  io  fteflb  in_. 
occafione  d’efercitarmi , benché  debilmente, 
per  obbligo  del  mio  lllituto  nell’iftruir  la—  • 
Gioventù  > certi  rari , e fublimi  talenti -,  che 
nati  fembravano  appunto  per  emulare  i fatti 
più  celebri,  c più  gloriolì  degli  antichi  Eroi» 
fe  la  morbidezza  non  gli  aveffe  prevertiti. 
limale  fi  è»  che  feguitando  i Giovani  il  reo 
cofiume  de’  più  d’abbandonarfi  ad  un  viver 
pigro  , e molle , tradifeono  fe  medefimi , 
perdono  a bella  polla  le  congiunture  più 
proprie  di  fegnalarfi , che  sì  avidamente..» 
cercate  furono  dagli  Antenati . Ammorza- 
tali pofeia  per  queftà  via  la  bella  fiamma., 
dell’ internò  valore,  o molto  perdo  meno 
icematofi  della  fua  luce , trafpirar  non  puotc 

S 4 in 

fa}  De  brev,  vit. 


aSo 

in  corpi  sì  lenti , ed  infingardi , come  iina_^ 
fiaccola)  che  racchiuia  dentro  ad  un  vaio 
diafano»  e trafparcnte,' s’ ei  s’appanna  più 
non  rifplende,po/c;l'^  jullo  icrivcre  di  Plu- 
tarco » [a]  tutto  ciò , che  fi  ha  di  pih  bello  , e 
dipìk  iufigue  dalla  natura  , trafandato , che 
fia  per  trafeuratezza  » e per  ozio. , tanto  più 
agevolmente  fi  perde . £’  quello  addunque_» 
anzi  un  recare,  che  ricevere  dilonore  dal 
Secolo,. in  cui  fi  vive,  e fc  tale  fiata  fofle 
' la  vita  degli  huomini  in  ogni  tempo  ,da  noi 
neppure  il  nome  di  gloria  faprebbefi , nè  di 
azioni  chiare , e generofe , nè  de’.tanti.Eroi, 
che  tuttora  inceflantemeate  commenda  la_. 
fama,  giacché  tutto  è venuto  dal  magnani- 
■ mo , e collante  alFaticamento  de’  corpi , 
effendo ,pcr  quello, che  fente  Seneca,  [aj 
forte  ,evalorofo  quegli  y da  cui  la  fatica  fi 
fugge . Dovrà  per  tanto  cial'cuno  tenerfi  ben 
lungi  da  ima  sì  danaevolc  cofiumanza  , che_» 
tanto  di  pregiudizio  recando  alla  fallite, del 
corpo  lo  condanna  fenza  ,.che  .ci  fe  ne  av- 
veggia , a quella  morte  , che  sì  fortementcLj 
egli  abborrilce , o forza  almen  l’huomo  a_» 
condurre  una  vita  ;di  cui , quando  per  altro 
non  (òfie , egli  deggia . per  quello  fo lo  una_» 
volta  pentirli , per  avere , feguendo  l’ ozio, 
contribuito  non  poco  .dal  canto  fuo  alla  difi^ 
ilima.  del  Secolo , in  cui  ville  •.  Chiuda  chi  ha 


[a]  tie  ìib.  'éduc,\Jo),  'Ep.  22. 


, Oy  God^ 


28i 


fenno  l’orecchio  alle  perfiiafive  de’falfi  ami- 
ci , e fi  diverta  fenza  difcapito , che  troppo  è 
folle  chi  rovina  fe  fteflb  per  fecondare  il  ge- 
nio altrui  : e fe  chi  urta  ne’  fcogli , fenza  re-, 
gola  navigando  a difc'rezione  de’  venti , (1 
rende  ridicolo , non  farà  certo  lodevole  chi 
per  non'  cbntravvenire'  all’altrui  fcofretto 
cofturae  perderà  colla  falute  la  gloria . Con- 
viene , che  l’huom  Savio  converfi  anche  pel 
folo  intereffe  del  corpo  con  dilcrcta  mode- 
ratezza , non  per  rilaflainento,  ma  per  follie- 
vo  prefigendòfi  in  quello  l’ottima  norma  del 
precitato  Plutarco  ; [a]  P ozio , egli  dice,  ì . 
condimento  della  fatica,  e ciò  non  folo  negli 
animali , ma  eziandio  nelPinanimate  cofe^ 
veggiam  praticar  fi  ; imperciocché , e gli  Ar- 
chi , e le  Cétere , noi  ■ allentiamo  talora  , per 
poterle  poi  ritirar e\ed  il  corpo  in  fomma  colP 
inedia  , e col  pafcolo , c P anhno  colla  fatica  » 
e col  debito follev amento , confervanfi  . 


Del 


'J  ' 


Ca].W 


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2S2 

‘ I ^ * 

' Dp/  Danno  tT  Anima  ih  chi  malamente 

cqnverfa 

“ C A P 0 XIX. 

t • 

I ^ • * * 

I.X  L punto  pili  forte  della  Morale  per  ordi- 
I nar.bene  lavila  dell’ huora prudente-» 
confifte  nel  mirar  diritto  al  termine  delle  co- 
fe,  come  fovente  era  folito  dire  il  gran  Solo- 
ne con  quella  fua  grave , ed  importante  fen- 
tenza  ; ìa  ogni  operazione  riguarda  il  fine^  . 
Ciò  conviene  col  fentimento  di  quel  celebre 
Direttore  de’  fpiriti  S.  Filippo  Neri , che  pie- 
no Tempre  d’ amabile  dqlcczza  foaviflìmi^, 
fenza  molto  opporli  palcfamete  alle  foddisfa- 
zioni  men  favie  de’  Tuoi  Dilcepoli,  anda vagli 
con  efficacia  difingannando  , fenza  moftrare 
di  contraddirgli  col  ripeter  fovente:  e poi  ? e 
tot  ? Appagherete,  volea  dire,  le  inc!inazio*> 
ni  del  genio,  ma  poi , che  ne  feguirà  ? Colk_. 
ne  ricaverete  di  buono,  d’ onefto  , e d’ utile  ? 
Debbe  l’ huom  favio  dire  altrettanto  a fe  me- 
defìmo  per  convincere  lenza  contrafto , e ri- 
durre placidamente  in  ubbidienza  le  perti- 
naci paffioni  dell’  huomo  inferiore  . Ci  di- 
vertiremo in  luoghi  pericolofi  ad  onta  della 
faviezza  , c della  fìnta  Legge  divina  : confu- 
jneremo  in  paflatempi  la  vita:faremo  huomi- 
hi  dcrghih  Móndo,  giulivi,  cercati , graditi  ; 
e poi  i llTer  puote  quella  fola  interrogazione 

un 


y 


I 


- *8j 

un  gran  freno , ed  un  poflentiflimo  infegna- 

mento  domedìco  per  tenere  in  difcliplina  gli 
appetiti  piJi  frcgolati,  pofciachè  mirando  nel 
filo  termine  il  divertimento , o ibfpetto , o 
peccaminolb  alTolutameate  > altro  non  vi  fi 
troverà  che  un  immenfo  danno , e forfè  irre- 
parabile dello  fpirito»  locchè  grandemente:^ 
debbe  temerli  da  un  huomodi  riflelHone,  che 
fia  cattolico . Egli  è principio  incontrallabU- 
le>  che  tutti  s’ inbevono  di  quelle  maifime^  » 
che  profelTano  i compagni  più  cari,  c più  in- 
di vilibili,  e quando  ancora  detto  non  avelTe  11 
. Morale , C^)  che  pìglianji  ì eojìumì  di  toloro , 
eo*  quali  fi  coaverfa  , baUeria  i'  oracolo  dell* 
Altiilimo!  col buouo  farai  buono,  e colperver- 
fati  p,revertirai.\Jf^  Sicché  troppo  è mani- 
fedo  il  danno  di  cangiar  indolei  codumi , e_» 
ientimcnti  per  la  pratica  de’  cattivi , difgra- 
zia,  di  cui  non  edendovi  la:  più  pcrniaioia,non 
v’ò  nemmeno  la  più  degna  d’ elTere.ad  ogni 
cqdo  evitata  da  chi  ha  prefentc  il  lùo  fine.»  - 
Siccome  il  vizio  alla  lédotta  natura  più  è 
Tempre  omogeneo,  cosi  ancora  s’indnua  nel- 
l’ anima  con  più  forza,  e vi  fi  radica  di  manie- 
ra , che  nulla  v’.  ha  di  più  malagevole  quanto 
lo  fvellerlo;  e fe  mille  atti  virtuofi  tal  volta^ 
non  badano  per  la  ripugnanza  del  naturale  a 
formare  un  abito  di  virtù,  bene  fpeflb  per  in» 

clinazio 


(a)  Lib.  2.  de  ir.  c.  7.  (b)  P/al.  17, 


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I 


cUhazione  del  genio  corrotto  è fufiiciente  un 
folo  efempio  a far  cadere  , e un  folo  atto  a_» 
ftabilire  !•  abito  di  qualunque  vizio  più fcon- 
cio  . Leggiamo  di  Timoteo  (u)  inventor  del- 
la Cétera,  che  a doppio  pagarli  facefle  da  co- 
loro, che  imparate  avendo  a fonarla  da  qual- 
che peflìmo  Citarifta  capitavano  alla  fua_. 
(cuoia  per  averne  una  giuda  regbla  di  toc- 
carla a dovere,  e con  armonia;  più  difficile.» 
elTendo  Tempre  a tutti  il  difimparare  il  male, 
che  d apprendere  lo  Aedo  bene  . Così  nelle 
materie  morali  è imprefa  per  tutti  più  mala- 
gevole il  ritirarAdal  fentiero  de’vizj  già  bat- 
tuto una  volta,  che  P incamminarfi  per  quel- 
lo della  virtù , che  erto  è pure , e difaArolb . 
Chi  dunque  non  vede  il  deplorabile  pregiu- 
dizio , che  viene  alP  anima  ponendola  come 
per  giuoco  , e per  bizzarria,  in  una  Arada  ,il 
ritirarla  da  cui  è arduo  cotanto , che  quaA 
tocca  dell’  imponibile  ? lo  per  me  confelTo  , 
che  per  debole,  che  io  mi  fia , averèi  fempre 
coraggio  colla  divina  affiAenzà  di  perfuade- 
re , ed  inclinar  chi  che  Aafì  all’  amore  della^ 
virtù  ; ma  caderei  d' animo  pofeia  dovendo; 
ritirare  un  Iblo  dalla  fequela  di  qualche  vi- 
zio'geniale  ; non  già  diffidando  mai  del  con- 
corlo  della  Grazia , che  tutto  puote  volendo 
ma  per  la  gran  forza  d’ un  abito  reo  j per  at-  ' 

^ terrar 

^ • 


(a)  rel.m. 


ferrar  cui  v*  abbiiogna  poco  meh,  che  un  mi- 
,racolo.  Parrà  qucita  forfè  un.  efagerazione 
di  rigidezza  peropporfi  indilcretamente  alle 
altrui  più  delicate  foddisfazioni;  ma  è fenza_* 
dubbio  una  verità  , che  ammette  pochilhmo 
di  contrailo  . falcio  da  parte  per  metterla_. 
in  chiaro,  poichò  ne  ho  già  altra  volta  parla- 
to, che  la  divina  Mifericordia  non  è tenuta_. 
a far  prodigj  per  migliorare  chiunque  divien 
peflìmo  di  buona  voglia,  e che  perciò  lo  fpc- 
rargli  in  tal  cafò  è vicino  alla  prefunzione,  la 
quale  può  fargli  demeritare  del  tutto  . Dico 
iblo , che  aggiungendofi  alla  fralezza  della^ 

' natura  il  fomento  della  malizia  viene  ad  in- 
fermarti lo  fpirito  in  guila  , che  tutta  perde 
la  forza  per  reggerti,  eflendo  fpezialmente  H 
piacerei  per  detto  graviflìmo  di  Pittagora,  ì» 
majfma  dì  tutte  le  ìufermità,  da  cui  come  da 
.forte  chiodo.  /’  anima  vìen  fermata  nel  male  , 
Ella  da  quello  morbo  è lutingata  miferamen- 
,te,  e pel  filo  p^gio  non  ne  fente  P.  aggravio, 
.mentre  allutillima  etiendo  la  voluttà ,.  come 
accennai  S.  Agoftino.;  yf]  perca  fempre  ciò, 
.che  a i fenfi ì giocondo',  e, quindi  è , che  delufb 
,Io  fpirito  dalla  contentezza  'di  lei  non  può 
guardarti  da  un  male,,  che  nel  fuo  danno  di- 
. letta  . Vi  ò eglfpoi'chi  non.conolca  r,ido^a_. 

, per  quello  / anima  allo  fiato  peggiore , :che 

polfa 


Ca]  n . de  Civ.  Dei , 


• N 


286 

pofla  penfàrfì)  ed  cppreiTa  da  nn  doppio  pcfò^ 
di  fiacchezza  naturale,  e d’una  pertinace  ma- 
lizia ? ^uejìo,  dice  Seneca,  [a]  è un  fer^ircr 
non  godere  nel  divertimento,  ed  amare  il  fuo 
male , che  è /’  ultimo  di  tutti  i mali . Allora 
addunque  s*  arriva  ad  una  fomma  infelicità, 
quando  non  dilettano  folamente,ma  piaccio- 
no ancora  le  corruttele , Efamini  bene  per 
tanto  cialcheduno  la  fua  condotta  , e veda  fe 
mai  fi  trovafle  per  ifventura  foggetto  ad  una 
malattia  sì  lagrimevole  ^ Reggia , fe  al  fon- 
damento delle  tante  ragioni  addotte  finora , 
per  lei!)uaii  rea  effer  potrebbe , quantunque 
jiolfia,  lacollumanza  del  converfàre  con_. 
troppo  di  libertà , egli  poffa  opporre  un  ca- 
pitale in  fe  medefimo  di  fayiezza  sì  contenu- 
ta , onde  Iperi  d' elTere  in  quella  parte  netto 
da  ogni  colpa , che  far  gli  pofla  un  giuflo  ri- 
i»jnòrlo  - Quando  ei  non  trovi-afre  difefà  del  fuo 
reato  con&deri  qual  cofa  abbiano  finquì  da^ 
lui  ottenuto  * c le  interne  ifpirazioni  divine , 
che  mai  non  mancano  , eie  ellerioriperfua- 
Hvcdei  piùZelantì^«ed'ilcontinqvo  rimpro- 
vero infuperabile  della  finderefì  p.er  allonta- 
narlo da  un  sì  manifeflo  pericolo  di  rovina  , 
e di  fpirituale  efterminio*  Se  tutto  quello 
non  avefle  giovato  per  fare,  che  ei  retroce- 
delfe  neppure  un  punto  dal  Aiodannofb  cam- 
mino 


£0 


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mino  potrtlibe  egli  contendere,  che  attacca- 
to non  li  t^rovafle  colle  pih  tenere  affezioni  • 
del  chore  ad  un  sì  nocevole  l'rcgolamento , e 
non  amaffe  colia  piii  viva  paflione  quell’  in- 
fermità, che  l’ aggrava  ? Con  tutta  la  cogni- 
zione del  fuò  pericolo  non  faperfi  rifolvere  a- 
fuggirlo  è una  flupidezza,  che  fa  fpavento,cd 
un  ' indizio’ chiarifllmo  d’  efler  pur  troppo 
giunto' alia  miferia , di  cui  parlava  di  (opra  il 
Morale  , cioè  di  prenderfene  piacere  non  fo-> 
lamentc,  ma  d’amare  per  fbmma  fventura.. 
il  fuo  danno' più  rilevante  . Gli  infermi,  che' 
non  fentono  il  male,  benché  graviflìmo,  fona, 
poco  men,  che  fpediti e tutte  perdendovi  IC' 
fue  fperanze  la  Medicina' gli  rimette  al  mira- 
colo Così- un  Anima,  che  ben  capendola,  o 
non  fentaj  o non  curi  la  fua  péfnmà  indifpo- 
(Izione  interna , è vicina  con  troppo'  di  fteu-i 
rezza  al  precipizio',  e può  conchiudeffi , che 
appunto  v’.abbiibgna  per  rifanarla' quello 
Arano  miracolo,  a cui  con  pòchilfimo  fondai 
mento  s’>  affidano  tanti . 

' II.  ' Se  v’  e qualcuno  > ohe  foggiaccia  per 
elezione  a quefils  malattia  di’ Toave  i ma  dan- 
«oGffima -libértà , voglio- credere,  che  egli 
non  diveggia  bene  in  fondò,  ne-la  riconofea, 
quale  ella  è realmente  mortifera  . Ora  io  1’ 
invito  a darle  meco  un-occhiata  piò  pene- 
trante per  ravvifarla  ne  i fuoi  effetti,  c da  ciò 
rilevarne  tutta  la  piiiintcrna  foftanza  ..Kc* 
malori  del  corpo  fogliono  da  i Medici  pi- 

■ 'girar-'' 


gliarfene.  le  indicazioni  dall’.ialtpramentói 
non  , fole  degii  umori  interni  ,;ma  dall’.efter- 
na  languidezza  ancor  delle  membra , edalla  , 
faccia/pezialmente  fcolorita , e.fvenuta;  e_»- 
ne!  mali  deir.  anima  1', indizio  più^eerto  è la> 
variazione  dell’  indole , che  originata.'inter- 
namente  dal  vizio,  trafpira  benanchè . al  di 
fuori  nelle  opere . Quello  però,  come  di  lo- 
pra  fi  dilfe.,  e ben  faciiilfimo  .a  fuccedere.,  ed 
a vederfi.dagli  altri,  ma  non  fi  riconpice  col- 
la roedefìma  agevolezza , nc.fi  vede  fempr.e_*. 
da. coloro , ne’  quali  avviene;. Se, pur.e.vor- 
ranno  ufan  bene  della  ragione,  ed  aprir  l’ oc- 
chio interno  per  un.lblo  momento  „ potran- 
no cflì  dò  nod  ollante  mirar, chiaro  un  cam- 
biamento S.Ì  perniziolo  i Una.- delle  prdve_y , 
più  fehfibili,  ed  evidenti , che  non  fi.mdovai*  ' 
la  {Terra , è fecondo  Oronzio  .Tineo:,  £«,{)  che 
gettatafi  !dirittaiijente  in  alto  una  freccia  ri- 
cade.nel, punto:  medofimo , cofa.,  che  fenzju 
dubbio  non,  .accader ebbe , fe  il  .Globo:  delia.. 
Terra  avefle  moto  . . Gonvien  ’.qni  fiflettcre 
di  propofito  lovra  di.  ciò  ,:.cHe'. accennoflì  di 
pairaggio  nel  Capo, Nonors  e percotnofcére , 
le  un  anima  è diverfii  da'fe.medefima.-,  bffer+ 
.vare.comeiinfludca.lbvrà  di.  le?  la  divina.  Gra- 
zia^ e quale,  imprefiìone  le  facciano' leipiri- 
tuali  cole,  c Ibvra  tutto  le.  premure  dell’eter- 


na-,. 


^ Digilized  by  Gc 


*89  , 

na  falvezza . Se  prima  rivolgendo  al  Ciclo 
uno  fgiiardo,e  ritirandofi  in  fe  ftcfla  col  pen^ 
fiero>  ed  afcoltando  la  divina  parola, infiam- 
mavafi  d’  amor  fante,  ed  accendévafi  nel  de- 
fiderio  della  celelle  Patria , légno  era , che^ 
fìlfa  ella  llavafì  nel  punto  della  virtù , onde.» 
poteva  la  Grazia  fecondarla  co’  fuoi  infiuflì  v 
che  tendono  a quella  Tempre  dirittamenteJl 
Confideri  ella  pertanto  qual  cafo  faccia  adef* 
fo  di  fua  falute , qual’  ufo  de’  liioi  defìderj  > 
qual  conto  delle  altrui  fante  ammonizioni  f 
fe  volgendo  l’ occhio  al  Cielo  s’ accenda  ihji 
brame  di  confcguirlo  ; fe  penfando  a Dio  s’ 
infiammi  come  prima  d’ amore,  e tenendolo 
in  conto  di  fommo  bene  tutto  a paragone  di 
• lui  abbia  a vile , ed  in  un  giufto  , c generofo 
difpregio.  Se  alcuna  di  quelle  cole  più , co- 
me per  l’ addietro , non  le  fuccede , èfegno 
ben  manifeflo  , ed  affatto  incontraftabilcLj, 
che  ella  lì  è mofla  dal  punto  della  primici*a_. 
virtù,' più  in  lei  non  operando  le  inondazioni 
benigniflìme  della  Grazia , che  dal  canto  fuo 
variar  non  fi  puotc,  fe  non  varia  il  foggetto, 
in  cui  opera . Iddìo , dilTe  Platone  da  gran_. 
Teologo,  è immobile,  onde  fe  qualcuno  fi 
trova  da  lui  lontano  non  può  negarli  ,che_» 
egli  non  fiali  molTo  , non  potondofi  muovere. 
Iddio,  come  nella  Nave  fuccede,  che  dal  lido 

T feio- 


(a>  lude  Rep. 


r 


j»99 

(cioglieaido  lafcta  la  fponda>  ngn  è da  eHa  la» 
fciata  ; e perciò  dicefi  ancora  nel  Sagrofanco 
Concilio  di  Trento,  che  : Iddìo  non  abbaudo- 
xa  *i'eruf!0  i jo  prima  non  è abbandonato. 
Quello  gran  danno  pofeia  dell’  anima  potria 
certamente  venire  dallo  fconfigliatodivaga- 
mcnto  di  conyerfar.e  lenza  veruna  cautela_< , 
b riferva  colle  .Creature, nel  commerzio  con-- 
iinoyo  delle  quali  ella  vada  Icemando  infen- 
fibilmente  l’alfctto  al  Creatore,  che  faria  ap- 
punto uno  slontanarfi  a poco  a poco  da  lui , 
e deraeritarne  per  confeguenza  le  grazie  . Io 
conofeo  purtroppo  non  pochi  Giovani,! 
quali  prima  d’  entrar  nel  gran  Mondo  era- 
no d’  un  indole  angelica  , e di  fentimenti  si 
eroici  da  fare  una  fanta  invidia  alle  perlbne 
ancora  piò  unite  a Dio  : e che  dopo  appena., 
un  piccini  làggio  di  libertà  hanno  cambiato 
interamente  il  primiero  collume  a fegno  di 
non  |30terfi  piò  in  verun  conto  riconofcerc-rf 
er  quei , che  furono . Quello  però , che  m* 
a fatto  piò  di  terrore,  è llato  non  il  cangia-^ 
mento,  che  troppo^  facile,  ma  il  ritrovargli 
sì  filli,  e sì  collanti  nel  nuovo  propofito,  che 
da  loro  deridafi  ogni  ammonimento  , ogni 
configlio,  ed  ogni  piò  forte  ragione  , onde_» 
altri  proccuri  d’illuminargli . Sono  i miferì 
in  quello  fomiglianti  a chi  foffre  un  grave_# 
mal  d’ occhi , che  fopportar  non  potendo  al- 
cun lume,  ne  acuto,  nè  temperato,  altro  me- 
glio non  ama,  che  di  flarfenc  allo  feuro:  così 


E 


99* 

eglino  perduto  il  raggio  regolatoré  ddla^ 
divina  Grazia  volentieri  per  gafUgo.più  gra- 
ve fe  ne  vivono  al  bujp>^/«  amando,  come-» 
attefta  1’  Evangelifta,  [a]  le  tenebre,  che 
luce  . Nè  io  faprei  capire  come  huomini,  an- 
cora , che  in  altre  operazioni  fembrano,  e Iq 
faran  forfè,  alTenaati , poteflcro  mirar  fenza 
orrore  la  rovina  d’  un  tale  acciecamento  ; é 
lontani  da  Dio  paflarfela  con  tanta  difinvol- 
tura  , fe  purtroppo  non  s’ av.verafle  il. detto 
di  Ariftotele  confermato  da  pih  gravi  Dotto- 
ri di  S.  Chidà  Ib']  : /’  huomo  abbandonato  in 
preda  al  piacere  perdei  ufo  della  ragione^ 
.Cofa,  che  ben  conviene  colla  dolprofa  efeìa- 
mazione  del  Reale  Profeta:[c]  /’  huomo  effon- 
do in  pojìo  di  grande  onoranza  .non  ebbe  in-, 
tendimento:  paragonofft  alle  Beflip  infenfate, 
e divenne  fimile  ad  effe . 

. III.  Io  per  tanto  bramerei  vivamente  , 
che  riflettendo  ciafeuno  colla  fcrietà  più  ma- 
tura fovra  d’un  danno  sì  grande,  c sì  eviden- 
te ne  rileyafle  quel  concetto  , che  egli  meri- 
ta,  per  ripararvi  colla  dovuta  prontezza,  e-» 
riurarfì  una  volta  dal  pericolo,  che  egli  pol- 
la veder  n^anifeflp  di  perder  l’anima  a ca- 
priccio • Lo  fpecchiarlì  in  ciò , che  ad  altri 
io  vento  accade , può  eflere  una  fcuola  utilif- 
fima  per  apprendere  uno  fcapitp.che  non  s’ 
apprezza,  poiché  l’ efempio nelle  materie-» 

T 2 mo- 


*9*  W Ethic.  [c]  Pfal.  48. 


*9* 

morali  àrgometó  fortinìmo  pèr  chicche 
fiafi,  e potendo  avvenire  a tutti  ciò  , che  av- 
venne ad  un  folo,-  può  da  un  calò  particolare 
cavarfi  un  ottimo  documento  ; onde  lcri(Te_» 
Tito  Livio  quella  gran  verità  , [a  ' che  : pììc 
coff figlio  danno  le  cofe  agli  huomìni , che  gli 
buomtni  alle  cofe . Ninno  vi  farà  forfè,  che_» 
non  fappia  qualche  lagrimevole  ftoria  di  chi 
è perito  in  compagnia  de’  cattavi , e nelle-» 
adunanze,  dóve  il  vizio  s' introduflc  a poco  a 
poco:  eppure  pochifllmi  vi  faranno  , che  fap- 
piano  fiirfene  una  regola  per  evitare  quel 
precipizio  medefimo,  fulP  orlo  del  quale  for- 
fè vanno  efli  ancora  fcherzando  . lo  sò , che 
piò  d’ una  volta  ho  fentito  raccontarmifi  al- 
. Clini  cafi  di  grande  fpavento  da  quei  medelì» 
mi,  che  gli  videro  ne’  Compagni  loro  piò  li-, 
cenziod  , e non  folo  mai  non  ne  ho  veduta 
ammenda  ih  veruno,  ma  avendo  pure  cerca- 
to d’ indurgli  a riflettervi  fovfa  con  fnitto 
gli  ho  veduti  come  burlarfene  . Quello, 
quando  accadefTe , faria  bene  un  mettere  la— 

' Divina  Giudizia  a cimento  di  vendicarli  con 
tutti  i giacche  il  gaftigo  dell’  uno , come  av- 
venir dovrebbe , non  ritira  1'  altro  dal  male, 
• anzi  lo  rende  piò  baldanzofo,  e piò  pertina- 
ce . Quindi  vengono  pofeia  i flage’lli  delle-» 
intere  Città,  che  vediamo  pur  troppo  anche 
in  quello  fecole , c non  vorrei  aver  luogo  di 
P»- 

(a_)  Uh;  22.- 


r 


t 


. «9? 

paventare, che  neppure  imparaiidóuna  Cit-: 
tà  a corregere  le  lue  colpe  dal  fupplizio  deli'; 
altra  fofle  Iddio  fui  punto  di  punir  le  Pro- 
vincie, cd  i Regni , per  farfi  un  altro  Mondò 
più  riverente-,  epiùlàvio.’  Lo  fece  egli  ve- 
dere nello  fterminio  .totale  del  diletto  fuò 
Popolo  df  Ifraele,  che, non  volendo  mai  fare  ’, 
a fe  medefimo  dell'  altrui  rovine  un  utile.» 
ammaeftramento,  fudalui  ridotto  a'quell', 
ultima  deiblazionc  sì  deplorabile , che  noi 
tutti. abbiam  giornalmente,  fotto  degli  occhi 
negli  avanzi  infelici , vergognoft , e difpcrfi 
di  quella  un  tempo  sì  favorita. Nazione  . .Si 
guardi,  addunque  ben  d’ intorno  ciafeuno  », 
che  pratica , offervi  bene  gli  andamenti  de  i, 
fuoi  Compagni,  e la  qualità  del  coflume,  che. 
in  loro  fi  trova,  perchè  non  è.  radiflìma  colà, 
cheun  folo  cagioni  la  rovina  di  moItiiSe  l’ar- 
te di  prendere  gli  uccelli , che  vanno  a ftuo- 
lo,  è r averne  un  vivo  ,c  legargli  al  piede  un 
lungo  filo  impaniato  acciò , che  tornandole-! 
ne  fra  i Compagni  molti  ne  invifehi,  e gli  ti- 
ri a terra  in  mano  de  i Cacciatori;non  è men . 
fcaltro  l’ artifizio  dell’  Inimico  infernale  nel 
dar  la  caedia  a molti  huomini  innocenti  col-.r 
la  malizia  di  pochi  perverfi, tutti  bene  rpefib»; 
o moltilTimi  per  lo  meno , tirandone  con  un, 
tal  mezzo  al  fuo  partito  . E’  quefiaJa  graa^' 
verità  , che  non  vuol  capirfi  da  i Giovani , c 
che  io  non  sò  finire  d’ inculcar  loro,  effendo: 
troppo  dalla  Iperienzadi  tutti  i tempi  auten-' 
“ - ■ .T  3 . 


1 


*94  , . 

ticata, cioè, che  le  corrotte  maflìme  di  colo- ’ 
r'o  co'  quali  fi  pratica,  fono  un  ficuro  veleno 
dell’  innocenza,  in  tutte  quafi  le  perfone  più 
làvic  avvenendo  ciò , che  nel  Sole  vediamò 
accadere , il  quale  benché  fornito  d’-un a be- 
nigna virtù , cd  attiva  in  fommb  , pure  paf- 
fando  per  Io  Zodiaco  nelle  fullunari  cofe  in- 
fluHcC  giuda  la  difpofiziohe , c natura^de’  va- 
n Animali  , che  in  quello  fi  rapprefentano . 
Chi:fafxt  dunque  di  fenno  sì  privo , e sì  nell’ 
affare  di  fua  falvczza  trafeurato  , e difattén- 
to  , che  non  cerchi  d’ ovviare  ad  ogni  corto 
ad  un  danno  sì  grave, o prenderne  quell'or- 
rore almeno,  che  fi  debbe  ? Chi  potrà  diver- 
tirli'con  allegrezza  in  luoghi,  e con  perfone,' 
dove  Cgli  veggia  con  evidenza  imminente  1' 
aggravio  dell'  anima , che-clfer  debbe  l’ in- 
terelfc  più  delicato,  e più  gelofo  di  chiunque 
ha  battefimo  ? Rammentomi  a talc  propofi-' 
to  dell’  arte  artai  delira'  praticata  da  un  Pa- 
dredi  famiglia  in  una  Città  d’Italia  per  di-- 
vezzaze  un  Ino  unico  Figlio  dal  viziò  di  giuo»- 
care  fénza  mifiira  . A vea  l'imprudènte  Gio- 
vine perdute  già  molte  fijihmc  artai  filevan-i. 
ttj  quando  una  fera  confidando  al  Padre  una  • 
perdita  più  notabile'  da  ini  fatta  ',  fu  da  erto- 
condotto  nel  fegrcto  del  fuo  Gabinetto  , e_»’ 
tutta  la  correzione  confi  rtò  nel  contargli  a_»>' 
fUa  vedutaci  danaro,  e'fargli  riflettere  quan  - 
to  di  oro  egli  avea  gettato  in  una  fola  notte.’ 
Vodendòllò-  fcdnfigliatò  Figliuolo  qucliaLi-’ 


t ^ m Ji 


gran 


Digitized  by  Gdogle 


i*-'*  ••  • ' ‘ 

grati  mafia  di  monete  perdute ‘invano  con-' 
ccpi  ùnò  sdegno  sì  ftefo  , ed  un  odio  sì  gran- 
dcj  centra  del  giuóco,che  mai  p'ii'i  in  fua  vi- 
ta noti  volle  pigliare  in  mano  le  carte.  Co- 
sì far  dovrebbe  ogni  hiiomo  di  fenno  per  di- 
fingannar  fe  medelìmp  in  ordine  al  piacere»»’ 
del  diverti rfi.,  'quando  mai  potefle'  eflere  a fe 
confapevòle  di  farne  un  mal  ufo,  c ponendo-^ 
lì  davanti  al  peniìero  il  gran  tefofo  dèli’  in-' 
hocenizaV  delle  viftfi,  dell’  Eternità,  dell’àmi-^ 
ciziadiDiojChc  perde  penuria  vaniflìma  foddi-’" 
sfazione  de  i fenfi,  abborrirc,  ed  allontanarli 
da  un  collùrhe,  che  nulla  dandogli  di  buono , 
di  più  gli  rapifee  il  meglio . Di  leggieri  iri_. 
ciò  facendo  s’accòrgerebbe  di  quello  fvan- 
taggiojchè  ci  nòti  confiderà  , e trovandoli , 
quando  men  ló  credca,di  corruttèle,  e di  mal 
nate  affezioni  ripieno  , intenderebbe  averlo 
ornai  la  colpa  fidotto  all’ infelicità , e mife- 
ria  Ibmma  di  chi  eflendo  infermo  per  abito 
di  cattive  difpofizioni  brama  di  morire  per 
terminar  di  vivere  sì  malamente , più  di  ciò, 
che  l’aggrava,  temendo,  che  della  ffefla.rf 
morte  da  tutti  sì  coftantemente  abborrita—  • 
In  tal  calo  egli  pure  fi  troverebbe, a ben  pen- 
farvi;  poiché  più  odiar  fi  debbe  la  colpa,  che 
macchialo  fpirito,che  quello  fteflb  difiruggi- 
mento , che  rovina  il  corpo , affermando 
Marlilip  Ficino,  f^zl  che  : ficcome  all'  huomo 

T 4 »o«-' 

— ^ ■■■  ^ 


C^jMlGor^,  plat. 


Hott'è  efpedhìite  il  vìttré  boti  un  corpo  aff"af~^ 
lo  infermo  y coti  neppure  con  un  animo  da  i 
i>izj  infetto Vedute  per  tanto,  e confiderà- 
tè  intuttc’Ie  .fuecircoftanze  le  voluttà  del 
fecolo  , che  piacevoli  tanto  fì  credono , ed 
imabili , comincerannó  fenza  dubbio  a far 
della  naufeà  all’  huom  prudente,  cui  conver- 
rà conchiudere  coi  dottiflnno  Gioan  Pico  . 
^a~\  qual  cofd  è mai  di  defiderabile  ne*  piace- 
ri, i quali  cercati  affaticano , acquijlati./va* 
nifeono, perduti  affusano  ì 


®97 

• # 

^ Prejèri>àtivi  cantra  il  danno  d?l 

. converfare, 

i ..  /CAPO  XX. 

• • • 

• « 

I.  ^ E potrà  l’ haom  prudente  awederH  i 
i3  che  l’ufo  della  Converlazione  lo  pon. 
{a  in  cimento  di  foggiacere  a qualcuno  di 
que’  danni)  de’quali  fì  è parlato  fin’  ora  con* 
verrà,  che  egli  penfi  alla  maniera  di.  Sparar, 
fene  armandofi.dc’migliori  preferyativi»  che 
polfano  metterne  l’ Innocenza  iniricur.o.  Fi(* 
io  eifendo  io  Tempre  nel  mio  penlieror^  Che  U 
converlar  con  fayiezza,;e  con  retto  finCj.pof- 
fa  farfi  liberamente  ,jvengO(adeffo, a prélcri» 
vere  alcuni  utiìinìmi  preferyativi,  che  prati* 
.cati  con  diligente,  premura  .'da  chi  vive. nel 
mondo  lo  torranno,  e d^ll’odiofa  ncccdltà  di 
fcpararffdal  civile  commerzio  degli  altri , e 
\ dalla  tema' di  rilevarne  del  pregiudizio  . S’ è 
«.^-^già  varie. yolte.in  quelloLibro  parlato  intor- 
no al  contegno,  di  cui  ufar  debbono  le  perfo* 
,ne  più  favie  nel  convcrlàre,  e fpezialmcnte_j 
nel  Capo,  Quinto,  fuggerendo  quelle  manie* 
•jre,  e.que’configli , che  fono  più  atti  a confe- 
guire  un  intento  sì  ncceflario  . Pure  perchè 
.l’unica  mir^che.io.mi  (bno  prefiifa  in  quello 
..Trattato la  riforma d’un  coftume , che  po« 
.tria  fàcilmente  degenerare  in  abufo,cd  in  ro< 

• -vina  : 


/ 


vina  deiranima  , hò  voluto  ancora  difcorre- 
rc  a parte,  c con  tutta  la  difUnzione  , dì  qùe* 
prcfervativi , che  poflbno  mantenere  illiba- 
to il  candore  dicchi , p non  vuol  e , o non  può 
difpeniàrfi  dal  converiàre.  Giudico  pertanto* 
che  il  primo  di  eflì , ed  in  fommo  giovevole, 
cffer  polTà  1*  armarfi  Ic'pcrfóne  fecolarì  còl 
pehfiero' delle  Umane  mifene  , le  quali  (bno 
il  correttivo  dèlia- vana  allegrezza-;  e dellò 
fconllgliato  divertitìientp  contirioVoVin  pre-;- 
da  a i(JUÌ>fi''gettarto*forfe  molti-  . coU  difcapitq 
aflài'riifcvante  dello  fpirituaiè  intèrcffe . Il 
cercar  (bllievo  talvolta  dalle  terrene  molé- 


iliè'è  utia  fpezie<d’amor  proprio  sì  naturale^ 
■ad  ognuno;  che  farebbe  indiferetezza  il  con- 
tlahnatiladel  tutto  prètendendofi  , che  fem. 
pre  ftcffe  l' huomo  gemendo  fbtto  d’un  pelo', 
il  quale'pur  troppò  - fenz*  altro  c gravifììnio 
Quello , che  in  ciò  accordar  non  fi  puote  fi  è, 
che  in  cambio  d*  un  ragionevole  conforto  fi 
vada  cercando  la  maniera  di  fcòrdàrfì  affatto 
di  quelle' miferiè-,  che  efsendo  gafiigo  del 
primo  peccato  pofsonò'colla  cOhfufiohe  mà- 
tenerpe  vivo'  nel  cnore  l' abborrimento . Io 
dunque  vorrei,  ichè  gli  Kiìomini  cònverfafse- 
Toinfiemein  ta'Jguifa'/che  màinóh  perdèf- 
lèro  d' occhio  'la' mifera  condizióne  del  mon- 


do , e non  s*  adagiaflerd-così  biène  per  niezzjp 
'dc’paflatcmpi  contiriovi  ih  quello  carcere  in- 
felice, che  più  lord  nulla  premcfse  d’ufcirné. 
L’-afiCzionarfi  alla  fchiavitudine  in  tal  manie- 


ra» 


Digitized  by  ' 


299 

rai  che  pili  non  ritengafi  brama  di  libertà  , ò 
un  difordine  d’intelletto  già  prevertito;  il 
qualé'  facendoli  della  lùa  pena  un  godimento 
moftra  ben  chiaro, o di  non  comprendere  ab- 
baflanza , o di  non  detcltar  quanto  debbelt 
quella  colpa’,  che  l’ hà  mcritata . Quindi  è , 
che  amicifllmo'  efsendo  io  Tempre  della  di- 
Icrctezzamoh  condanni  quegli , che  fi  diver- 
tono còamifura  ma  coloro'  folamcnte  , che 
fcordati  di  quèìto  cfìlio' mortale  tutti  nelia;^.» 
Goverlàzionefeppellifcono  i penfieri  d’ Eter- 
nità . i Romani  lempre  mifteriofi  ^ erifleffivi 
in  fommoi- adoravano  Volupia  Dea  de’piacc-. 
ri,  ed  Angerona  Dea  de’  difpiaccri , ed  a eia-, 
fchcduha  avendo  eretto  il  particolare.  Tuo. 
Tempio  ,.in  quello  deU’iina  .fagrificavano  all* 
altra  temperando  così'  il  godimento  dellc-j  . 
cofe  piacevoli  cól  timordclle  avverfe  in  for-'. 
ma , chéilà  fperariza  di  quelle  mitigalTc  l’ ag-; 
gravio.di  quelle  , c lamcmoria  del  difpiaccre 
correggefie  la  dannofa  genialità' de’  piaceri  .j 
Tanto  dovria  pràticarfi  ancora  da  chi  vive-», 
nel  fccolo,'  e portando. nella  ConverfazionC; 
il  furio  penlìero  delle  dilgrazic,  che  aftliggo-^ 
no  ,>nér  hon  lafciarfi  ingannare  dallo  fmodc-, 
ratodivertimcnto  vivere  pofciain.quellecpn 
una.crilliana  ralfcgnazionc  al djvln, volere,  c," 
temperarne  l’amaro  col  rijleiro  d’averci  pure . 
lafciata  Iddio  la  maniera  d’ andarle  fminuen- 
do  colla  giocondità  dell’oncllo  conforzio  . E, 
che  quella  favia  ricordanza  delle  miferic,che 


• r 


t 


qiiaggiìi  rie  circondatìo , Cairn  preFervativo- 
efficace  dell’innocenza  contra  la  forza  di 
qualunque  più  dilettevole  palFatempo , C può 
con  chiarezza  dedurre  dalle  fagre  Carte.  C^i) 
Giunta  appena  SarainGerari  con  Àbramo 
fuo  Conlbrte  fù  per  la  lìia  rara  bellezza  rapi„ 
ta  dal  Rè  Abimelecco  a viva  forza,  Cngendofì 
per  timóre  Abramo  fratello  di  dei.  Capitò  po- 
icia  un  altra  vòlta  in  quel  Regnò 'medcfimo' 
anche  ifacco  figlio  d*  Abramo.'(^;)con  Rebcc- 
eafua^òl'a  parimente  belliffima^fpaccian* 
dola  eiio  purè  per  tema  d’ihfuIto>perfua.*' 
Ibrella  : ed  Abimelecco  anzi , che  farle  alcu- 
na violenza:  promulgò  quello  editto  ; chi 
toccherà  ìa  Moglie,  di  quejì'huomo  farà  pu^ 
aito  colla  morte  • Sembra  flrana  la  conti- 
nenza di  quefto  Principe  sT dedito  peraltro 
al  viziò  contrario  ;‘ma  chi  riflette*  alla  care- 
flia , che  allora  affliggeva  il  fuo , ed  il  Regno 
tutto  dì  Paleflina  ben  comprende, che. ua^ 
tal  gaftigò  l’avea  renduto  migliore  j e che 
avendo  egli  fugl’occhi  quella  miferianon-, 
avea  cuore  d’applicarfi.,  come  prima , al  pia- 
cere'. Per  quefto  diffe  il  S. Giobbe  t fc^  beato' 
Phuomo  , che  è punito  da  Dio;  poiché  egli’ 
ferifce , e rifana  . Egli  i dunque  certiffimo, 
che  prefente  avendo  fempre  l’huomo  di  fen- 
rio  la  ricordanza  delle  umane  traverfie  farà 

piò 


[a]  Ged.  20.  [b]  Geu,  26,  £c]  Cap.  5.  iS. 


Digtilzen 


pili  càuto  nerdiverttrfi,  e prendendone  bensì 
conforto , ma  non  deponendone  mai  intera- 
meatc  l’«iggravio  , in  un  pefo  , che  lo  tor- 
menta averà  un  forte  riparo , che  lo  di- 
fenda . • 

• • 
li.  Da  ciò  naice  l’altro  prefervativo  non 

men  poflente  per  togliere  ogni  danno  del 
con  ver  fare, ed  è ilmantenerfi  la  per  Iona, fem- 
predefiderolà,  per  quanto  può  farfi  in  terra 
dell’Eternità , che  è l’ultimo  fine  dèll’huomo. 
Il  vivere  con  riflefib  continovo  alle  diiiiv- 
venture  del  Secolo  è cagione , che'vivo  man- 
tengafi  nelle  creature  il  penficro  , c con  eflb 
la  fperanzu  del  premio  eterno  , che  tien  pre- 
parato Iddio  agli  Eletti  nel  Cielo  , e che  arda 
fempre  vivo  per  confeguenza  nell’  huomo 
l’amore  verlb  della  virtù , onde  può  venire-.» 
unicamente  la  fortuna  di  confcguirlo . Po- 
trà per  tanto  ciafeheduno  praticare  tra  gli 
altri  -ficuramente  , quando  fappia  d’eirere_» 
nel  fuo  interno  invaghito  del  Paradilò  j e_ji 
di  bramarlo  con  tale  ardenza, che  ninna..» 
cofa  elleriore  per  vaga  , e dilettevole , che 
ella  fian , abbia  forza  di  fcpararlo  da  un  sì 
amabile' oggetto , ed  elTendo  egli- còl  cuo- 
re lontano  da  ogni  terréna  Infinga  farà  certo 
ancora  di  battere  dirittamente  là  via  di  per- 
fezione dentro  al  proprio  fiatò  . Quanto 
dalla  Terra  fon  più  difoofii  i Pianeti  più 
lentamente  fi  muovono  di  moto  proprio,  e 
meglio  fi  conformano  al  movimento  rego- 

' lato 


joa 

lato  ^olPUnivcrlb . Così  più; tardi  compie 
Saturno  il  fuo  giro, che  Giove,  e Giove_j 
più  tardi , che  Marte  ; così  di  tutti  propor- 
zionalmente avvenendo  fecondo  la  maggio- 
re , o minor  diftanza , che  hanno  dal  Glo- 
bo Terracqueo  ,.onde  la  Luna  , che  è a lui 
più  di  tutti  vicina  , più  picciolo  forma  il  fuo 
giro, e lo  termina  ogni  mcfc.Chi  vorrà  dun- 
que tenere  ij  cammino  delle  crilìiane  vir- 
tudi  fenza  ftorcere  alla  via  de’ vizj  dovrà 
attenerfi  colle  brame  alla  celefte  Patria, 
c vivere  più  dilìaccato  , che  fia  pofììbile , 
dalla  Terra,,,  per  unilbrmarfi  nel  movi- 
mento al  principio  , e radice  della  vcra_. 
faviezza  . Ha  la  Natura  più  volte  fatti  ve- 
dere de'Mofìri  di  doppie  membra , come-* 
tra  gli  altri  attelì.a  S.  Agollino  dicendo  ; 
(^a')  Meli'  Oriente  nacque  utt' huomo  doppia; 
ne' membri  Jupenari  e Semplice  negli  ìnfer 
riori . Si  vedevano  pertanto  diverfe  funzioT 
ni  in  eilì , e contrarie  l’una  all’altra,  come 
di  vigilare  con  un  capo , e dormire  coll’alr 
tro;  di  ridere  cor»  una  bocca  , e pianger 
coll’altra , di  parlare  con  una  lingua , e ta- 
cere coll’altra.  Unite  così  in  un  folo  corporeo 
. -màgiliero  le  due  moli  accadde,  che  inferman- 
dofi.l’ una, c,  moreiido,  vegeta,  e fana  rima^ 
nclTe  l’altra  per  qualche  tempo , ma  vinta 

pure 


fai  Lib.  z.  de  Ci’V.  Dei. 


. . I 


pure  dal  pelbj  c dal  fetore  della  dcfuntà  con- 
vetjnele  cedere, e morire  per  codellainfaufla, 
ed  indivifibile  unione  . leggiamo  anche  a dì 
njftri  negli  huomini  fòmiglianti  moftri  in 
ordine  alla  Morale,  i quali  sfefercitano  in  at- 
ti contrarj,  moftrandofi  ora  del  Mondo  , ora: 
del  Ciclo  , ora  . tutti  compunti  ,ora  tutti  dii- 
lìpati  ; ma  la  parte  unita  al  Secolo , ed  a’.pia-: 
ceri  di  lui , infetta  a poco  a poco  l’altra,  che 
vorrebbe  effer  celefte.,  e muore  efl*a  an-  - 
cora  mifèramcntc  alla  Grazia , poiché  Iddio 
fteflb  afferma  , che  ; (a)  non  fi  può  fiervìre 
a due  Padroni . Bifogna  toglier  da  noi  fimi-- 
li  mollruofità , ed  ardendo  internamente.» 


d’un  folo,epiìi  nobile  defidcrio , avere  un 
Ibi  cuore,  cd  un  fol  volere  per  la  felicità, 
pih  vera , che  è la  Beatitudine  eterna  -,  e di- 
vertirci nel  Móndo  con  tutta  riferva , co- 
me la  ruota , che  và  girando  fenza  ufeir  mai 
da’.fuoi  poli.  Quindi  avverrà, che  avvjam- 
pando  l’huomo  d’una  sì  bella,efavia  bra- 
ma , neppure  chiuderà  l’occhio  giammai  (b- 
vra  la  propria  debolezza , locchò  fanno  thol- 
tiflìmi  con  incredibile  difavantaggio  delle- 
anime  loro  , non  volendo  convenire  col 
gran  Chilone  per  riconofeere  il  fondamen- 
to più  ftabile  della  foda  Morale  nella  fo- 
ftanza.  di  quelle  fugofe  parole;  conofei 
^ ^ ^ - ftefo. 


£a]  Matth,  6, 


« « 


I 


(i-ejfo . Egli  è certo  che  l’ardènza  j colla'qaa-'; 
le  fi  brama  un  qualche  bene  i fa  Tempre  te- 
mere di  qualunque  mezzo , che  fcmlgafi  per 
ottenerlo , e tanto  più  degli  oftacoJi , che_A 
potelfcro  attraverfarfi  al  confeguimento»  en- 
trando anche  talvolta  chi  brama  in  diffiden- 
za feco  medefimo  per  tema  di  non  eflere_» 
troppo  fiacco,  e troppo  dilàdatto  all’imprelà, 
che  medita . Molto  più  gioverà  quefto  fag- 
gio timore  a chi  afpira  all’  eterna  Gloria, 
poiché  aperto  Tempre  tenendo  l’occhio  d’ 
una  vigilanza  prudente  fovra  fe  fteflb , più 
ihrà  ficuro  di  tenerne  lontani  gl’impedi- 
menti . Comprefa  poi.  bene  affondo  la  pro- 
pria fiacchezza  dalle  perfone.  là  vie,  e timo- 
rate , fi  camminerà-  certamente  da  effe  con_. 
tutto  riguardo,  nè  s’incontreranno  i pericoli 
alla  cicca , penfando  prima  d’ entrarvi  alla^ 
maniera  d’ulcirnc  , o fnggendògli  affatto, 
quando  fi  riconofeono  fupériori  alle  forzc_> 
della  Natura  già  di  troppo  debilitata  . E’  de- 
gna. d’ammirazione  la  proprietà , che  attri- 
buifeono  i Naturali  alla  Pantera , la  quale^ 
mai  non  affaggia  le  carni  gettatele  da’  Cac- 
ciatori temendone  veleno,  fe  prima  non  fon- 
te nelle  Campagne  circonvicine  l’odore  del 
Dittamo , che  è il  fuo  antidoto.  Salva  in  que- 
ffola  debita  proporzbne  ftimo,che  in  tal 
guifa  debbano  regolarli  le  Anime,  che  te- 
mono faggiamente  la  dilgrazia  d’avvelenarli 
nella  dolcezza  de’  mondani  piaceri , mai  non 

r • affag-..  . 


/ 


\ 


/ 


DigillzecI  by  ■ 


4M»  ' *3 

!•  a/Taggtandone  alcuno  ^quando  pronto  nout» 
’ vCggiano  il  fuo  rimedio.  Nè  dico  già  queftOf 
t perchè  fia  lecito  mai  il  bere  il  tolfico  dellOi, 
I colpa  colla  rperanza  di  rigettarlo , che  faria^ 
' delitto  maggiore  , poiché  per  la  piaga,  affer* 
ma  S.  Ambrogio  * ìa']  ficercail medicarne»- 
' to  ,»oa  pel  medicamento  fi  broma  la  . piaga. 
! Lo  dico  lòlo  in  riguardo  alla  (ìcurezza  , che 
aver  debbe  ogni  perfona  di  fenno , c di  cor 
) fcienza  in  tutte  le  cole , cd  in  quelle  IpeziaN 
I mente , che  polTono  eflere  in  qualche  manie.- 
1 ra  {òfpette  , alle  quali  conviene  .accollar^ 
con  tutta  cautela . Vi  (bno  però  alcuni  tra^ 
qjuegli  ancora  «che  11  credon  migliori , i qua- 
li non  hanno  in  quella  materia , nè  timore, 
nè  audacia , ma  vivono  in  una  certa  danne- 
i yole  indifferenza , per  cui  a nulla  badando  a 
I tutto  s’accingono  fcnza. riflclTo . Non  vie 
I .cola  a mio  giudizio,  da  cui  p'iò  deggia  l’huom 
I rfàvio  guardarli , che  dalla  llupidezza,  per  la 
4]uale  non  connderandoll  talora  neppure  i 
perieli  piò  evidenti  fi  cade  bene  fpelTo  in  un 
precipizio  irreparabile . Ogni  difordine  an- 
che picciolo  puÒ.recar  danno  allo  iflupido, 
perchè,  da  niente  lì  guarda  j,  efe  a i Leoni  già 
tnorti  infultano  anche  i Lepri  più  timidi,  all’ 
buomOjChe  di  nulla  paventa,  nuoceranno 
quelle  medeGme.  cofe , che,  ad  un  riflellìvo 

V non 


C»)  Lib.  2,  de  Fisn,  9» 


Diglllzed  by  Google 


3o6 

non  (bgliono  apportar  nocumento, mJltenen- 
dofi  egli  Tempre  in  buona  guardia  . Fino  lei* 
azioni  pih  (ante , quando  abbian  del  grande, 
edell’arduo  in  fe  meddìme, debbono  farli 
con  po(àtezza , c con  maturità  di  rifleflb , 
perchè  abbiano  il  difliuto  Tuo  merito , e riu- 
fcir  pofTano  buone,  e plaufibili.  PrcflTo  di 
tutti  vien  commendato  Abramo  per  l'ubbi- 
dienza veramente  ammirabile  , che  egli  di- 
moftrb  nel  fagrifìziodcl  fuo  Unigenito  Mac- 
co ingiuntogli  dal  Signore.Se  peróne  leggia- 
mo la  lioria  troveremo , che  egli  fece  mol- 
tidlmi  preparamenti  prima  d’  accingerli  ad 
una  si  fatta  imprela , e S.  Ambrogio  (a)  con-' 
lìderandogli  tutti  efclama  al  noftro  propofi- 
to  : 0 quanti  rìtardamentì  di  chi  dove  a fa- 
grìficare  per  non  farfi  credere  dalia  fretta 
rapito  ad  un  tale  Sagrìfizio  ! Q>)  Con  quan  - 
to  maggior  cautela  dovranno  pofeia  impren- 
derli quelle  operazioni , che  non  folamente 
fante  non  (bno  , ma  vicinilTime  anzi  a pende- 
re nella  folianza  del  vizio , come  è appunto  il 
coftume  del  divertirfi  troppo  liberamente-» 
nel  Secolo  ? Convien  dunque  mirar  prima 
bene  all'Eternità , mifurar  le  fue  forze,  ar- 
marfi  colla  virti'i , e portar  feco  nelle  occa- 
fióni  ellerióri  un  capitale , che  pofla  rimane- 
re all'Anima  intatto  anche  nella  rovina  degli 

huo- 

mi  " ■ ■■■  i ■■  ■ II»! 


! 


Gcf//.  22.  hlic. 


...  . . ?o7 

huomini  pi^  difcldlti.,  eS  pili  liberi  , cotncLl» 
bene  preflb  Tuningio  configliava  Ariftotele 
a i Naviganti  dicendo  : [a  | quelle  f4e  cof(L^ 
doverjida  ejft preparare  per  la  Nanjlgazìone., 
che  nuotar  potejfero  infieme  col  naufra- 
gante . . ; . 

IH.  Gioverà  àncora  àiraifTimo  al  pre- 
fervamento  dell’innocenza  la  Tanta  morti> 
ficazione  del  corpo  , che  tiene  in  doverc_f 
l’appetito  inferiore , e (cerna  la  baldanza  de’ 
fenfi.  Quello  è un  rimedio , che  poco , o pun- 
to fi  pratica  dalle  perfonp  fecolari  fembran- 
dogli  di  far  molto  ,,fe  pure  s’afiengono  dalla 
colpa  . Ma  è un’errore  pur  grande  quel  darli 
a credere  di  poter  fuggire  il  peccato  lènza.^ 
l’ ajuto  di  qualche  interior  penitenza  , o di 
qualche  efieriorc  mortificazione  , elfcndo, 
che  al  parere  di  S.  Bafilio  ; [^]  il  corpo  ben 
pafcìuto , e l'anima  in  quello  immerfa  , incli- 
na al  peccato  I Ed  in  vero  fe  tanto  c difficile  il 
mantenerli  l’anima  pura , e netta  dalla  colpa, 
quando  ancora  s’afHiggc , fi  mortifica  , fi  tor- 
menta , c fa  cofe  grandi  per  amor  di  Dio  a 
feghó , che  egli  fteffo  dille  a’  Tuoi  Difcepoli: 
[cj  quando  averete  fatto  quefle  cofe  tutte , 
dite  :Jìav*o  fervi  inutili:  che  è quanto  dire 
pieni  di  miièria,  e dellituti  d’ogni  merito  dal 
canto  proprio  ; che  farà  poi  quando  ella  viva 

V 2 ' in 


(a)  cap.^.  (b)  Hom.  de  Farad,  (s")  Lue.  17. 


•'to*..  ...  , 

in  delizie , In  gmòchi  » ed  in  palTàtempi',  lèn- 
za corregger  mai  le  peifìme  inclinazioni,  che 
vanfcmpre  piit  imperverlando  colla  conde- 
fcendcnza , e macchinando  contra  di  effa'  im 
totale  cderminio?  Dee  dunque  perfuaderiì 
ciafcuno  eiTere , sì  a fe  medefìmo , come 
chicche  fìaiì  , heceflario  qualche  efercizio 
di  mortificazione , e (cegliere  perciò  quella 
Croce , che  farà  propria  del  fùo  fiato , per 
'potere  in  virtù  di  cfia  paflar  libero  ^ è ficuro 
l’oceano  perigliofo  di  quefia  vita  mortale; 
£’  vera  non  meno , che  provvida  aflai  la  co^ 
flumanza  delle  Rondini , le  quali  in  paflàndo 
il  mare  portano  in  bocca  un’arido  ramofcel- 
lo , e Ranche  dal  volo  lóvra  di  lui  fi  ripofano» 
cola  che  fu  da  S.  Agofiino  applicata  mirabil» 
mente  ai  Legno  (àntiifimo  della  Croce  dicen« 
do , che  l’amorofo  Redentor  nofiro  : (e) 
tuì  quejìo  Legno , col  quale  pajfajfmo  il  marei 
imperocché  niuno  può  •valicare  i marofi  di 
quejìo  fecolo  y/e  aotr  fc  portando  laOroce  di 
CJrtJlo . ficco  di  quanto  s’ingannano  molti  de' 
Secolari  sfuggendo  la  Ibfianza  non  Iblò,  ma 
ogni  ómbra  benanche  di  penitenza , e fìgù<- 
randofi  nel  tempo  mcdefimojChe  poirariu« 
feir  loro  fenza  di  quello  lalutifero  Legno  lai- 
vaffi  tra  le  impctuofe , e frequenti  borralche 
del  Mondo  ; Sara  per  tanto  migliore  confi- 
glio 


£a3  Tinìi.  9.  tra^,  2:  inio  ; 


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gléb  atténerfi  al-pàreré,  del  (òvracttato 
tore , che  giudica  sì  neceffaria  a tutti  la  mor* 
tiiìcazionc,  e (labilire  di  praticarla  al  meglio» 
che  fia  poiTibile , per  non  trovarli  a cimentò 
di  naufragare  col  rimorfo  d’aver  già  rifiutata 
la  tavola  per  liberarfenc.  Può , volendo  » fab* 
bricarfi  ciafcuao  la  propria  Croce, e. por* 
tarla  anche  in  mezzo  al  fecolo  con  foffercn^ 
za,  che  ò il  fondamento  del  merito;  ó.dandofi 
a qualche  digiuno  fra  fettimaha , che  pure^ 
tanto  è giovevole , o a preferVarla , o a recu* 
perare  l’innocenza  di  già  perduta , mentre: 
rende  V huDmo  oingelt  ,com^  afierì  S.  Gioì 
Grifoftomo  : (a)  o digiunando , che  è certa* 
mente  piò  ardua , e perfetta  cola , col  cuore» 
€ colla  mente , per  piacere , come  infe^na  lo 
fteflb , Qi)  più  a Dio , che  agli  huomini  : tu, 
egli  dice , che  piti  digiuni  col  cuore , che  col 
corpo , che  pià  t*aftieni  dal  peccato , che  dal 
cibo  , non  alP occhio  degli  huomini , ma  bensì 
u quel  Dio  digiuni . Ottimo  làrà  quello  digiu* 
no,perchè!piu  fegreto , ed  in  confèguenza  più 
praticabile  da  ognuno  ponendoli  dinanzi  agli 
occhi  la  divina  Legge, come  un  termine.» 
da  non  palTarfi  giammai  colle  tralgrelfioni,.c 
.tutti  ancora  i vizj  oppolli  a i divini  Coman* 
damenti  come  un . frutto  vietato , dal  toccar 

y j-  cui.  ‘ 


£a]  Hom.  yi.  ad  Pop» 

Hom.  15,  in  c,  6.  Mattb. 


fio 

ctii  dtìbbano-àftcnerfi  mai  Tempre  iepaflìó'* 
□i  tiiue  deil’huomò*  inferiore . lo  quefta  gai- 
fadigi>iner^  la-perfona  con  tutto  il  merito 
juigaiuiandO!  il  Mondo  con  un’apparenza  di 
YÌta.lieta  j e converfevole , c portando  una^ 
CrOce^j-che  punto  non  disdice  alle  Sete,  ed 
agii;  Ori  ,ma  tanto  pih  grave  , e .fenfìbile, 
quantt^  più-  radicata  nel  .Cuore  .-£d  in  vero 
p c-b^.gto^a  , conchiude  S.  Giròlàmo, 
ejìe/tuarjt-  coU'aJìhenza.  M cor  pò , jt  gonfio  è 
ianìffio  dì  fuperbia  ? ^uqle  utilità  . contiene 
non.  ber  vino , ed  ubbriacarfi  d'ira , e 
4' odio  ì Allora  è pregevole  il  digiuno  del  cor» 
po  f quando  l'anìrpa  digiuna  intorno  alle  com» 
piacenze  del  vìzio  -.  CrocilìlTa  che  Ila  jcome 
ancora  .infegna  l’Apolloio , in  tal  maniera  la 
perfona  col  mondo  potrà  più  ficuramente  la- 
iciarfi  veder  per  tutto , perchè  incontrando 
veleno  pronto  averà  il  Aio  antidoto , ed  un 
gagliardo  riparo  contra  qualfifiapiùpoffen- 
tc  violenza , che  tcntafìe  d’abbatterlà . Se^ 
l’acqua  delle  fontane  mai  non  fàle  in  aitò 
prima  d’avere  in  anguAi  canali  fperimenta- 
te  le  proprie  forze , c prefa  come  una  giuAa 
mifura  dell’eminenza , a cui  è fpinta , neppu* 
re  dovrà  l’huom  favio  azzardarfi  ad  imprefe, 
colle  quali  proporzionato  prima  -non  abbia 
il  proprio  vigore , c poftofi  in  qualche  ficu- 

rezza 


(a)  ad  Ceelant. 


\ 


I 


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■ rezza  di  fortirne  felicemente  » Così  \rediamO( 
che  la  Natura  in  tutte  le  lue  operazioni  prov- 
vida in  (bmmo  ^ cd.  accorta , prima  di  forma- 
re il  parto  nell’utero  della  madre , vi  fabbri- 
ca certe  membrane  , dentro  le  quali  ftar 
polTa.  ben  culìodito  il  feto , acciò  non  abbia- 
no a dilTiparfi  gii  fpiriti  necdi'arj  all*  agu- 
mento  di  lui,  e ne  venga , invece  d’nn  figlio» 
6 un  moftro,  o un  aborto  . Ciò  dee  pure  nell* 
ordine  ancor  della  Grazia  immitarfi,  dalla^ 
crifiiana  prudenza  , e prima  di  cimentarc-i» 
l’illibatezza  del  cuore  colle  infidie  terrene» 
farle  d’intorno  una  buona  cuflodia  di  virtudi 
morali , ed  evangeliche  , le  quali  non  la  di- 
fendano , ed  ajutino  folo  a preferva  rii , ma  a 
crefeere  ancora  , ed  a ridurfi  in  quella  perfe- 
zione , che  non  olìantc  l’alTalimcnto  eilerio- 
rede’vizj  polTa  meritarle  il  premio  etcrnot 
Codefto  è un  giglio , che  fe  dee  confervarfi, 
convien  circondario  di  fpine , e fofferire  anzi 
pazientemente  qualche  puntura  di  travaglio» 
e di  pena , che  la  dilgrazia  di  vederlo  impalli- 
re  , e feccarfi . Intrapprcfa , che  averi  la  ra- 
gione contra  del  fenfo  una  tal  guerra  noo- 
dovrà  trattar  mai , nè  di  pace,  nè  di  tregua» 
poiché  il  nimico  è implacabile , e chi  lo  giu- 
dica,  o vinto,  o fnervato , lo  prova  piò  fiero» 
ed  infoiente . Hgli  è dunque  d’uopo , che  vada 
ognuno  invclligando  con  diligenza  qualfia 
la  Tua  pallìone.  predominante , e quella  pigli 
4i  ipira , e combatta  fetnprc  » fe  non  per  de- 

: y 4 pri- 


V 


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}I», 

primcrla  aifattoipcr  ridarla  almenó  In  fftà« 
to  da  non  temerne  (brprela  > o fconfìtta , (en<». 
za  mai  lufingarfì  d’cflere-  d’un  naturale  cosi 
felice  )'  che  tutte  abbia  in  equilibrio  le  affé, 
lioni  y e fbggette  alla  regola:  del  dovere^ 
giacché  al  dir  d’ Ariflotele  ; [0]  ninna  volon- 
tàì  sì  lìbera  \ cbe  a qualcuno  degli  appetiti, 
proprj  non  ferva.  ■ 

• JV.  -lo  penlb  per'ultimo'i  che  poiTa  ad. 
ognuno  fervire  d’ottimo  prefervativo  il  pren*. 
der  (bvente  il  conlìglio  degli  huomini  faggi , 
ne  fìdarfi  tanto  di  fc  mcdefimo  »che  Tempre^, 
lì  ricali  l’altrui. parere  come  fuperHuo.  OgUu-' 
nO'è  foggetto  ad  ingannarli  nelle  cofe  di 
pertinenza,  ma  nelle  dilettevoli  poi  loèaU. 
trettanto , mentre  l’ amor  proprio  lo  fa  tra-, 
vedere  il  piii  delle  volte,  e ben  lo  fcriffe  acu-, 
tamente  S.  Gregorio,  affermando , che_». 
T amor  proprio  chiude  P occhio  del  cuore^  » 
e gli  dipinge  per  fàvia  qualunque  condotta^» 
che  tenda,  al  piacere , cd  alla  giocondità  nei 
divertimento.  Se  in  quello  l’huomonfida> 
e crede  intieramente  a fe  medefìmoa  farà  li- 
curifTiitia  la-lua  rovina , avendo  ^ perguida:.. . 
una  palTione,  che  fecondo  S.  Agofìino  £c]  fu. 
la  rovina  ancora  del  primo  degli  huomini». 
poiché  per  fentimento  ancora  diS.  Bafìlia». 


(j3.y  Lih.^.  Rethor.  Cb)  Iiom...^.$»^Eztcbmi. 
In  c.  1 7.  Mattk*  "t- 


laJbàP  amor  proprio  per fifo  JUpeadio  I/lì 
morte , Egli  è bea  difficile  da  riconofcerfi  un 
tale  inganno,  perchè  dolce , e gradito  : ma:* 
pure  entrando  in  fe  medcfimo^  1*  huomo  di' 
fenno , e facendo  ana  éfàtta  difamina  ibvraj. 
del  proprio,  collumc  , c della  maniera  di  re-  . 
golarii  in  tutte  le  azioni  Tue,  potrà  divilàrlo». 
e conviacerfene (pezialmcnte  in  oflervan» 
do che  egli  .vive  pih.  fecondo  i dettami  del 
..capriccio,  chc.deila  buona  Morale . . Riceva* 
toìpoi,. che. egli. abbia  quello  benigno  raggio 
d’  utililTima  conolcenza,  gli  làrà  ben  agevole 
il  comprendere , chenon  potendo  cgli.fìcu- 
ramente  dirigere  fe.mede(ìmo,ha  bilògno  d* 
un  pih  efperto,  e vegliante  regolatore,  che:j 
diritto  lo  mantenga  nel  (èntiero  della  virti^ 
eche  quelli:  altrove  ritrovar  non  fi  puote» 
che  nel  numero  degli  huomiaif^ggi  • Kiuno^ 
a mio  parere,  vi  farà  mai , il  quale  penetrata, 
a fondo  una  tal  verità  non  proccuri  di  prov:* 
vederli d' un  fomigliante  appoggio  ^ . fenza.* 
.del  quale  làrfa  $1  vicino  a cadere.  I Bruti  • 
che  non  poifonqcomunicare.altrui  i lìioi  fen^ 
timenti , ..e  dar  notizia  di  quel  male  , che  gli . 
affligge ,.  hanno  la  cognizione  della  Bottani* 
ca,  edillingueado  quelle  erbe, che  pih  gli  ib<>' 
no  giovevoli,  fi  rilànano  da  fe  medefìmi . !•’  ' 
Eupmo  però.i  che  haP  ufò  della  lingua  pcc 
\ ' ' ' ’ ' ' ' poter-  ' 

Ca]  Ap,  Lyr,  A li  apoph,  if 


I 


1 


poterli  efprfinci?e  »•  è privo  tl’  «na . tàI..coftó** 
feenza,  e per  guarire. aèlie  iafermità  ,chc  lo 
aflaJgono , Gouviengii  dipender..  da;gli  altri, 
e.meudicarjie  dall’  altrui  perizia  il. lenitivo;. 
Quello  pure  è uno  dentanti  gaftighi^.  i.quali 
/uhiiinarònfi  centra  il  primo  peccato  i-cho.» 
l’ huoiBo  pofla  bensì  : perfeguitare  il  maleej* , 
che. lo  minaccia,  e.  vincerlo  anche  tal  voltai 
per  ajuto,  ed  opera  altrui , ma  non  già  o ef- 
4èrne,  affatto  incapace^  o fuperarlo  ben  totlo» 
«pila  perfetta  intelligenza  del  luo;rimedio  . 
Nè  quello  è raen-vero  ne  i mali  dell’  anima , 
-la  cura  de*  quali.ha  voluto<lddiò<commette- 
re  agli  altri;  non  permettendo,  che  fia  veru- 
no medico  di  fe  medefìmo  ; In  quelli  pertan- 
to. è alTai  più  necefiario  il  ricorrere  al  confi- 
glio  del  Savio , o per  impedir , che  non  ven- 
gano, oper  curargli  venuti,  che'fieno , onde 
Jò  Spirito  Santo  dice  chiaramente  ad  ognu- 
no; piegherai  il  tuo  orecchio  riceverai 
la  dottrìua  ^ e fe  amerai  di feutire, farai fa~ 
piente . Ix)  dico  addunque  , che  richiedendo 
là  Perfona  il  parere  degli  huomini  prudenti, 
e confidando  loro  con  fincerità  quanto  le  và 
accadendo  nel  converfare  alla  giornata , ^ 
lafciahdofi  regger  da  elfi,  nc  ricaverà  una  fi- 
CQrczza  ben  grande  per  non  rilevarne  niai 
alcun  danno . . Chi  è fiiori  del  pericolo  pe« 

r.  - ■ glio 


(a)  Eecli.  C.6* 


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glio  Io  fcorge , che  quegli , il  <Ju,a1e  v’  è nel 
mezzo:  onde  il  conlìglio  del  primo  è Tempre-# 
più  fano  , e più  accertato  ; e quàntunqùe  ad 
alcuni  ferabr.i  viltà  l’ inchinarfi  a chiedere  ad 
altri  il  parere , è però  parte  d’ accorgimen- 
to, e di  faviezza,  àtteftando  Platone:[j}  cjfjèr 
eofa  da  bUom  prudeute , e generofo  P ornare^ 

■ ed  avere  ift  prègio  chi  è piti  getter ofo  dì  luì . 
Dionifio  Tiranno  di  Siràcufa  ebbe , [b]  al  ri- 
ferir di  .Lampridiojin  fomma  eilimazione  gli 
huomini  faggi,  6 dotti,  penfando  , che  pote- 
vano colle  penne  loro  eternarlo, onde  avido 
éflendo  egli  della  gloria  faceva  loro  per  cat- 
tivarfegli  ogni  Torta  di  più  diftinta  nnezza  , 
è di  più  riguardevole  onoranza  ..Meglio  pe- 
rò flato  Taria  per  lui , che  Teguiti  ne  avefle  i 
configli  per  meritar  quella  fama , che  preflb 
de’  Polleri  per  opera  loro  bramava  di  com** 
perarfi..  Cosi  per  tutti  farà  vantaggiofo  il 
prender  fovente  un  tal  configlio  ,ne  far  mài’ 
cofa  , per  cui  deggia  pèntirfi  fuori  di  tèmpo 
di  non  averla  con  chi' è più  favio  di  lui  con- 
fultata  ' 


[uj  Lìh;  lo.  de  L eg.  fb}  f • 1 5* 


I . 


13éUet  Convé^atiowrijlyetta.» 

C A P 0 XXL 


« 

I. 


Ssegaati  que*  prefervatlvi,  che  polTb- 
no  impéàre  il  dannò  delconverfar 
itiaie,  è dovere,  che  fi  parli  àdeflb  di  quella.^ 
fpczie  di  civile  trattenimento , che  può  effe- 
TC  meno  dànnòfe,ed  in  cohfeguenza  piò  pra-; 
ticabilè  . Già  fi  diffe  di  fopra  nel  Capo  unde-^ 
cimò , che  bifogna  penfare  con  molta  matu- 
rità per  feiegliere  il  luogo  della  Converla- 
zioriejpòichè  trattandofi  di  ftabilire  una  ami- 
cizia, che  per  éfler  buòna,  e vera , debbé  an- 
cor  effér  uurevole , conviene  riflettervi  fo- 
pra con  pòfatezza  ,e  le  1*  Elefante,  che  vive_> 
‘molto;  richiede  ancóra  uno  fpazio  più  lungo 
per  nalcere,tàrà  altresì  neceflario,  che  ada- 
gio fi  concepifea,  e còn  favia  lentezza  fi  veg- 
gia  nafeereun  amorevole  corrifpoiidenza-.’, 
che  dee  finir  (blamente  col  teruJne  della  vi- 
ta , qu^do  piire  abbia  da  créderli  un  confi- 
glio ò*  elezióne  ; è non  iin  trafportò  di  genio 
poco  prudente . Preroefla  pertanto  quella^ 
matura  ponderazione  iq  nn  affare,  che  non  è 
dileggierà  importanza,  io  filmo,  che  per 
feiegliere  con  ficurezza  debba  f huomo  ap- 
pigliarli alla  Converlàzione  rifiretta , cioè  a 
qqella , che  è compofia  di  pochi  • Se  è vero  » 
che  la  virtù  confida  femore  nel  mezzo , e nel 
temperamento  di  due  efiremho  viaiofi»  o fo- 

■ -i  : . » 


DIgItized  by 


fpetti,  farà  àncór  vero , che  la  Convcrfazid* 
he  raccòlta,  la  quale  è nel  mezzo  alla  pubbli^ 
'ca  di  gran  rumore , che  potrebbe  efler  noce- 
vole,ealla  particolare, che  è tanto  vicina,co- 
megif  provolTi  nel  Capo  decimo,al  dilbrdine 
dee  crederfi  la  mcnopericolofa  a chi  elegge-» 
di  praticarla.  In  elTa  divertefì.l’huomu  ballc- 
volmcnte  lenza  temere  d’alcun  pregiudizio  , 
quando  gli  oggetti,  che  la  compongono,  fìe- 
-no  fperi mentati  per  innocenti , e che  nonj» 
cagionino  alteramento  in  chi  gii  tratta  . Vo- 
glio dire,  per  cfprimermi  con  p ih  chiarezza, 
che  una  converfazione  làrà  la  migliore.» , 
quando  in  elTa  non  s’ imbatta  l’ huomo  fra  le 
poche  perfone,  che  la  frequentano  , in  qual- 
.cuna , che  ferva  a lui  di  pericolo , ò per  pro- 
pria malizia,  ad  elTa  affezionandofì  tròppo',  ò 
per  altrui  artifizio , che  .nelle  maniere  già 
elpode  di  Ibvra  proccuraifé  di  caparrarne  le 
inclinazioni . Quando  poi  (hi-  principiò  gli 
Oggetti  nòn  (iena  perioolofi  i cònveri'andoli 
con  ingenuità,  e faviezza,  noti  (ògliono  dive- 
nirlo neppure  col  tempo,  aviregnacchè  daflà 
confìietudine  tolgafi  alle  cofe  tutte  quel  non 
sò  chè  di  meravigliolb  ,.e dilòrprendente.^ , 
che  a prima  frote  dimodrano . Alcuni  Adfò- 
nomi  affermano,  che  forprelt  rimafero  coló- 
ro i'  i quali  per  la  prima  volta  oflervaroriò 
ecclide  de*  due  maggiori  pianéti , eppure  in 
oggi  da  pochiflimi  li  confidcrarcòsì  chi  nòh::, 
lia  mai  pih  vedàtò  il  faziard 


/ 


di  mirarlo  i'  e chi'vi  nacque  in  riva  non  ne«» 
fa  calo  alcuno  . In  qucRa  guifa  medeiìma  to> 
glieli  appunto  dalia  frequente  confuetudinc 
agli  oggetti  quel  mirabile  , che  patria  recar 
nocumento  > e chi  da  principio  s’ avvezza  a_. 
non  curargli  d’  ordinario  piìi  non  fente  far- 
fene  un  imprellìone,  che  offenda  , come  chi 
entrando  in  una  Drogheria  fenza  rimanere 
offefo  dalf  acutezza  degli  fpiriti,  delle  Qtiin- 
telTenze,  e de  gli  eliratti  vi  s’ accommoda  co- 
sì bene,  che  in  procelTo  di  tempo  non  fente-* 
più  alcun  odore:  la  cupidigia  dilfe  Plinio, ('<?_) 
di  tutte  le  cofe  vie»  quando  i'  oecafioae 
averle fia facile  .Nè  in'quelia  potrà, volen- 
do, rimanere  ingannato'  chi  che  fiali , poiché 
al  dire  di  S.  Bernardo  ha  ciafeuno  dentro  di 
fe  medefimo  il  giudice  delle  proprie  azioni , 

. che  è il  cuore  , il  quale , egli  fcrive,  (A)  fem- 
hra  tener  cura  dell'  buomoi  e quelle  cofe, che 
fono  cattive,  pericoic^'eieda  ponderar  fi,  cott^ 
un  certo,  e Jicùro  movimento  predice . Orten- 
fio  Oratore  ben  celebre  , il  quale  difendea^ 
V erre  contra  di  Cicerone  , che  P acculava-. , 
non  intendendo  non  sò  qual  cofa  ebbe  a dir- 
gli: avverti,  o Tullio,  che  io  non  fono  già  ujl^ 
Edipo  : cioè  uno'fcioglitorc  d' enimmi  ; a cui 
con  ingegnofa  prontezza  rìfpofe  Tullio  ; Cc) 
bai  però  in  cafa  la  sfinge  per  interpretare  , e 

que^ 

• ' ■ — 1 — . ••  ' 

(oi)  Lib.%.p.2Q.  Co)  J»  Soliloq.  ■ 

Ccj  Georg,  Traf.  Retb.  l.^. 


qnejlo  mìol  ed  ogni  altro  enimma  : aHudeivdo* 
aduna  sfinge  d^oro  inaificcio  , che  Verrei 
aveagli  donato, perchè  lo  difendelTe.  Così  an- 
cora vi  Ibno  alcuni, che  affettano  di  non  cohòi 
fccre  i pericoli;ne’quati,o  fi  pongono, o vivò^ 
no  air  impenfata  : ma  fé* non  vorranno  trai 
dir  fe  medefimi  a bella  polla  , ed  cfler  ciechi 
ad  occhio  veggente  in  grazia'  delle  paffioni  ^ 
comprenderanno  d^  avere  dentro  di  fc  una.^ 
voce  lineerà,  che  gli  ammonilce  , c gli  avvi* 
fa  in  qualunque  cimento  più  rificolb:  onde  1' 
edipo,  e la  sfinge  per  Iciogliere  quello  malii 
zioib  enimma,  che  fi  figurano  i fenii  ) vive-i 
nèl  proprio  cuòre,  c parla  chiarifiimocol 
linguaggio  della  finderefi  . Quella  convita 
dunque  udire  , c ritirarfi  da  quei  luogo  , che 
da  lei  non  approva,  e per  ficuro  tener  quei 
Iblo,  nel  quale  erta  non  fi  rilente  , e non  re* 
clama,  che  io  penlb  efler  poflTa  quello  appun^ 
to  della  Converfazione  rillrctta , e compolla 

di  poche, ma  fàvie  perlbne  . 

li.  Tanti  però  fono  li  llratagemmi  della 
malizia  impegnata  nella  foddisfàziohe  de* 
fenfi  , che  talvolta  può  indur  P huomo  , ed  in 
realtà  ve  T induce  , a farfi  come  fcrupolo  di 
converfare  in  luogo  rillretto  fingei>dogH> 
dove  non  è,  il  pericolo,  per  torlo  dalla  noja:^ 
di  filTarfi  in  un  folo,  e dove  non  trova  palco* 
lo  alle  paflìoni  meno  corrette  . 11  rifeohtro 
però  infallibile  , che  aver  fi  puotedella  Con* 
verfazione  innocente  ^ èil  paragonarne  col« 

la  . / 


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la  buona  la  rea  4 ea  efàqiinare  gfli  efFett!  v cTie 
dall’  una,  e dall’ altra  dcri/ano.  Ben  può 
yedcrc  ciafcuno  rientrando  alcuna  volta  in^ 
fe  medcriflio  y fe  è divenuto  per  l’ ufo  di  con- 
veriàre,o  migliore  di  prima»  o peggiore«che 
un  tempo  non  era»  o fe  per  lo  meno  sì  c con- 
fervato  in  quella  condizÌone«  di  cui  egli  era^ 
innanzi , che  fi  defle  a trattar  con  altri.  Fat- 
to quello  Icandaglio»  che  può  rifultare  da  ua 
femplice  rifielTo  interioretfarà  ben  agevole^ 
ad  ognuno  il  riconolcere  in  qual  luogo  fia.« 
piò  j o meno  fucccduto  un  tal  cangiamento  » 
ie  nel  confbrzio  di  molti  • o di  pochi  t lè  in.» 
quella  y o in  quell’  altra  cala , o fc  piò  corl- 
quelloyche  con  quell’  altro  degli  oggettiyCo* 
quali  ha  contratta  domellichezza . Rinve- 
nuta polcia  y che  egli  abbia  1*  origine  del  Tuo 
male,  o del  Tuo  bene,  del  profittoy  o deldilca- 
pito»  volendo  pur  ripararvi,  come  è dovere  i 
o confcrmarfi  nell’  ottima  rifoluzione  già 
prefa,  potrà  (labilirfi  in  quel  luogo , che  l’ ha 
mtto  migliore , benché  non  vi  concorrelTe.^ 
tutto  il  lUo  genio,  o ritirarli  da  quello,  d’ onr 
de  venuto  gli  fia  dello  fvantaggio . 1 Cervi 
ilrettiy  che  fieno , e polli  in  angullia  da  i Car 
ni  y fi  ricoverano  in  feno  all’  hiiomo , da  cui 
prima  fuggivano  ; e le  perlbne  di  fenno  dan- 
neggiate, che  veggianfi  da  una  Converfazìp- 
ne,  fobben  piò  gradita,  e piò  geniale  , debbo- 
no ritirarfeoe , e ritornare  a quella , che^U 
féraiooi:  danno,  quantunque  non  ri  trorUu» 

tutta- 


.ta’ttai'la  •compiacenza  -,  -poichò  in  ogni  cofa  1' 
»onefto  dee  prefcrirfi  al  dilettevole,  ma  tanto 
-piiVnellé  fpirituaii,  che  (cmprc  fono  dell'  ul- 
•tima-,  c più  rilevante  premura  . -Compianfe 
«il  Reale  Salinifta  l'  infelicità  degli  Ebrei , che 
•hati'HcUa  fchiavitudin'edell’Egi,tto;.(«) 
reputaroffo  la  terra.defiderabilé  ; cioè  la  Pa- 
.lellinapromeffa  lofodaDio  per.  mezzo  de' 
-Santi-Profeti,  c preferirono  ad  lin  sì  ameno  » 
<e  sì  felice  paefe  le  miferie  di  lor  prigionia_>.» 
rihcrefcendogli  di  lafciar  quefte  per  metterli 
in  cammino  alla  volta  delle  migliori , e più 
vere-fortune . Convinti , che  furono  pure_;i 
una;vblta  d’  intraprenderne  il  viaggio  ve- 
dendoli in  mezzo  al  Deferto  acremente  fi 
rammarica ròno  di  Moscj  e lagnaronli  perfin 
'dell'  AltilHmo/come  fe  traditi  gli.-avelTe,  tut- 
ti ad:u'na  voce  gridando  : meglio  era  per  noi 
' vivtre  fcbìavì  di  Faraone , che  morirci  itt^ 
ìquejf  orrida  foHtadine . 
efié-tneno  lìeno.coodannabili  quegli  huomi- 
ni,  che  perfuafi  o dal  rimorlb,  b da  i Diretto- 
«ri  di  fpirito,  a ritirarli  da  certe  Con  verfazio* 
ni’périoro  dannofe , e.frequentarne.altre di 
rftinoréftrepito,  e pregiudizio’,' preferifeono 
il  compiacimento  del  genio,  che  alle  prime-* 
attaccati  gli>tiene  > a quella  utilità, .che  rica- 
verobbono  dalle  feconde , e inollrandoli  piu 

X aman- 

Ijil  Pfai,  Nam.  il f ‘ 


» 


amanti  di  quello , che  piace,  che  di  quello , 

che  giova,  cercano  ogni  pretella  per  noiit» 
cangiare  penfiero . Se  difeorrendofi  di.trat- 
tarc  con  altri  convien  perfino/«^gire.,  infe- 
gna  S.  Girolamo  , (a')  quelle  palone , in  cui 
' cader  pojja  qualche  fofpetto: leggiero,  di  cat- 
tivo couforzio  j che  dovrà  poi  fard,  quando  fc 
ne  abbia  l’evidenza  del  danno  per  prova  d’u» 
incontrallabile  cfperimento  ? Il  non  làfciar» 
fi  perluadere  da  una  tal  veritó  è contrafegno 
d’ una  grave  malattia  di  fpiritq  , che  abbor- 
irilce  ciò,  che  faria  il  fuo  rimedio,  ed  am#  ciò 
appunto,  che  è il  luo  peggio.  Ed  in  propofi- 
todel  fuggirfi  da  taluni  la  Converlàzionfe  ri- 
llretta,  e compoda  d’  huomini  faggi , ainan- 
do  la  pubblica,  e piena  Ibvente d’oggetti. pe- 
-ricololi , voglio  qui  addurre  1’  opinione’  d 
^Eraclito,  e d’.  alcuni  altri'pochi  Filofofiih  oc- 
diné  all’  amicizia  . Softenévano  eifi , che  1* 
.amor  d’  amicizia  foflepiù  torto  ftmdatonella 
contrarietà,  che  nella  fomiglianza  de  .cortu* 
mi,  vcdcndofi.che  talora  l’arfo  Terreno  ama 
le  frefchc  pioggie  , e l’  umàn  corpo  oppreflò 
dal  freddo  ama  la  damma  per  rifcaldaru  ..EC- 
fendo  però  Ariftòtele  CÌ» J di.parcrc  diverfo  » 

1 c più  fano,  riprova  querta  fentenza  con  uoju 
bellilTìma  diftinzione . Quando,  il  duetto, 
i egli  dice,  è mal  difpofio > ama  » è verbi  U fuo 

con- 


fa) Ep.  ii,a4'Xuef9óf'.ih');t^JS$bÌ€i*  '\ 


Digitized 


: , , . -3?? 

jCpntrario  > ma  quando  è di  buona.  dilpo.iìziq<> 

Òe  » aip?  Tempre  il  (uo  fimile  ; cosi  il  Corpo 
febbricitante,  o rifeaidato  in  ecceflo , appetj- 
fcc  le  bevande  fredde;  ma  i|  Corpo  fàno  bra- 
ma le  temperate  . Allofà  addunque,  che  fa- 
rà l’ hqbmo  fàno  di  mente,  e di  cuore,  amerà 
la  Con  Ver  (azione  di  coloro,  che  farannpa^ 
lui  fimili:  nel  cpftume , ed  ellendq  egli  inno- 
cente goderà  altresì  di  trattare  con  quegli  , 
ohe. tali  fono , attenendofi  al  configlip  di  S. 
Cirolamo  doyc  dice,  che  dóbbiarfi pro(^‘ 
^carpir, è 4*  effet:e  rtonjolameute giujìì  noi  (ìe^Ut 
ma  dji  fugare  ancora  il  compier  zio  di  quelli.,' 
che  fono, tutto  } oppofio..  Quindi  rifulta  T al- 
tra  riprova  di  quello  fuggeritaci  da  Platone , 
\b^  mentre  dicendo  egU , che  il  Buono  Jota- 
mente  è amico  del  Buono,  ed  il  Cattivo  non  è 
in  realtà  amico  ni  del  Buono,  nè  del  Gtttivq; 
potrà  P huomo  comprendere  quali  Geno  le^ 
perfonci.  colle  quaU.cgli  poffa  trattare  ficu- 
ramèntOì  poiché  vedendo  con  cbi.ftre,tto  egli 
(la  per  amicizia  leale , e Gncera  ye  non  int.c- 

reffata,  o cafuale,  conqfceràancora.quali  fic- 

p,o  i buoni  compagni,  e quali  i perverG , e de- 
gnì  d’  eiler  fuggiti , ciò  pure  addattando  agli 
oggetti  di  quella  Converfaziònq,  che  egli 
pratica  pili  voloAtieri  . 

.HI,  Si  può  confiderare  di  piò  nelle,  adu- 

. X ' a Danze 


7T7" 


ad  TìQttài*  (h^ìd  Lyjsda 


\ 


\ 


DIgilized  by  Google 


i*  *\  ' ^ 

■flànzeriftretteuii  àltrbVàntaggio  affài'rile^ 
vantc,  ed  è la  commodità  di  praticar  Tempre, 
lo  per  lo 'pili, colle  fteffe  pcrlbne,  d’óndè  può 
ricavarfi  mi  jgran  bene  .Supponendo  io Tem- 
pre, che  i’  ulò  del  co'nverlare  pofl'a  e(fe.re_» 
profittevole  nelle  forme  prefcritte  allii  per- 
ibne  i'ecolari .e  che  non  fono  tenuté  aTritt- 
ro.attefi’i  falutcvoli  configli,  ed  òttimi  docù» 
menti , che  fi  ricevon  da  i faggi , con  vi eh  df- 
re , .che’ ciò  avverrà  coli  maggióre  agevo- 
lezza in  qùèl  luogoi'dòve  più  a lungo  fi  con- 
verfi  co’ faggi  mcdefimi,'che  è quello  appurt- 
tp  della  convbriàzione,'“  cómpotla  di^ochr. 
La  Cinofura , che’lohtahatre  gradi  toli  dal 
■ Polo  haun.moto  più  ‘riftrettó,fempre  vèden , 
dofi,  è ai  Naviganti  pili  ùtile  affai  i che  tutte 
ie  altre  ftellè,  mérttle  girando  effe,  c trovah» 
dofi  òr  quà'  or  là;  hoh'frpòffonoTetnpfe  ve- 
' doro . Sebbène  àdduhqtié  ancóra  nelle  Con- 
; Verfaziòni  più’gràndi,  è.pùbblichè, fièno  per- 
‘.fone  •,  dàlie  quali  appf  éndér  fi  poffa-Tiòn  po;ì 
Co  > farà 'ciò  mén  giovevole  di  quél' 5:  c‘hè  fa- 
'rebbe.  nc*  luoghi  riftret.tf’,  pòichè’riergran_i 
Mondo  noli  pò  (fono  fémpr'C  vederfh  he  trai*- 
tarfi  confidentcnèrit'e  gli ' huom'ihi ‘piirinu- 
niinati  ,'hc  tirarne  per  Confcquénifà  qiiel 
frutto , che  fi  ricava  dàfpfàticafe  cònèfiì  iti 
'privato.*  Kd  invero  ciò;fivideàffcbra  nclla^ 
condotta  del  divin  Maefiro  fra  gli  huominì  , 
•la  fai utevol- dottrina  di-  cui  benché  ufèi.flc 
cou  mApicra  ioefiabile  dal  benedetto  (uo 

■ ' “ Goitoo  ' ’ 


\ 


l 


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( 


Gorpip  7 rifànare  cià^no>  pure  chiamava  ft 
fe  coloro  , il  profitto  defquali  più  gli  preme*, 
va;,  attefa  la  bontà  , ed  innocenza  particola*, 
re,  di  cui  erano  arricchiti,  come  difle  egliv 
uh  giorno  a i .ftioi  dirccpoli.chiamando  i fan*; 
Ciulli  vicino  a {c'.hfeìate , chevengonoa 
i pargotettì.'ya)  Se  dunque  la  Virtù,e  Sapien*i 
za  innnita  di  Criffo  richiedeva  per  diffpnder*^ 
fi  una  certa  rcflriziohe  di  luogo,  edi  tempo 
tanto  più  farà  ciò  di.meflìcre  per  quella  de- 
gli huomini,  che  è tanto  mefehma , e limita*^ 
ta , ,nc  fi  potrà  mai  raccogliere  fra  lo  ftrepi-, 
to ,,  cd  in  mezzo  .alla  pubblicità  del  divertir) 
mento . In  fatti  dilTipandon  in  e(Ta  il  penfie-'; 
ro,  e vagando  per  i molti.oggctti,  c d*  ammi*. 
razione , e.di  piacere , edi  tradullo poco  cf>~ 
Ter  pofTono.  difpofle  la  mente , e la  volontà  ». 
ricevere  il  raggio  della  Sapienza',  e ricerca-.' 
re  fra  tariti  hUomini  ,.che  talora  fembrano  d^. 
ùverlò  perduto  quégli , che  abbiano  tutto  il, 

. iennò,  raccogliendo , Come  fuol  diffi , l’ oro, 
dalle  immondezze  ni  Ennio-4  Non  è la  virtit. 
uri  téibro  , che  pòfTa  Vinvenirfi.a  calo  , ed  i) 
femi 'di  crii  fieno  fparli  per  tutto , onde  age*. 
Volniente  fucceda  di  Coglierne  il  fiore  dove  » 
e.qùan'do.fi  vòglia,.,'  Parlando  héli’ Ecclefia*. 
ftiicp  C^)  la  Sapienza  "della  pròpria  abitazione 
dice.:  ìofetripre  Ittogbi  altìlfmi , rii’ 

X t : tlmto 

4 . 


Ca)  Matth,i^é  (b)  C.  24. 


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/ 


U Alio  TròAò  fla  àel  Aiézzó  Si  ùSà  iìlòanà  di 
Jsfabe  • Hd  ò ciò  quanto  dire  , Che  ella  noh_ì 
può  (ètì2a  gran  fatica  tròvarlì , e fenza  una., 
lòmma  premura  difcernerfi  fra  quelle  tene- 
bi^éi  chfe  rie  ricuopròno  ó per  noftrógàftigo, 
o pe^  i‘irpét(;ò  della  fùà  grandezza  > la  bella-* 
faccia . Preflb  pofcia  di  SàlàthOnc  pàrh  ella 
dèlie  tìcì  per  le  quali  è folità  di  camihirìare  v 
ediCe,  chèlbnò  quel ìè fu]  deità git^iziSy  o 
dèi gìttdìzìòy  è che  trattìeÀji-irerconJtglhi  ài' 
in  mezzo  oipenjìeri  eruditi.  Quindi' ihfe- 
g;hàhdó  la  maniera  di  farne  acqtiilfo  còlia^: 
perfevéranza'di  ricercarla,  c d’ udirne  là  vo- 
ce: Beato,  dice,  quél  bùòmo , ebe  mì  afcòltdi  è' 
Jlà  veglìaùdó  ogni  giorno  alle  mie  porte  ! Ben 
fi  vede  pertanto  vano' effere  il  oéfidéi4ò  d* 
imbattcrfi  nel  raggiò  della  éèìefté  Sapich-^ 
za,  edella NlòralcCrifliàna  , chèèpàrtedi 
lèi , quando  fi  cerchi  nel  rumor  dèlie  genti  # 
éfi  vada  tutto  giorno  càmbiàndò  la'Viadr 
rintracciarla . T rovatifi  quegli  huomini,  cKc" 
Ja  pòfTégono,  è d*  uòpò  córitinovàrne' la  pra- 
tica , non  tediarfi  del  lor  còriforzìò  i c meri- 
tarne 1*  intrinfichezza  per  poter  polbia  ricc- 
verhè  quello  fplendóre,  che  fi  defiderà,  è che 
ITiol  eflere  il  premiò  d' una  coffa ntedctèr in u 
nazione  di  vivere,  èd  operàre  da  faggio  . Gl- 
cre  ancóra  di  ciò»  quando  pure  nelle  grandi 

Con- 


^ • 


(a)  Prov.8. 


% m 


DIgilized  by  Goc  3 


Conrerfazionf  potéflero»  e ftnvefiirli,  e trat« 
tarli  a lungo  pcrlbnc  prudenti  > e di  buon., 
configlio,  eflcndo  però  molte,  e diverfe  bene 
rpelTo  di  fentimenti,non  riefee  ciò  tanto  uti« 
le  a chi  defidera  d*  apprendere  buóui  dòca* 
menti , come  può  elTerlo  nell*  intrattenerli 
^ con  pochi,  avvegnacchò  le  varie  fentenze.»  ^ 
ed  i nmlti  pareri , confondano  bene  fpelTo  » 

' anziché  porger  loro  lume , le  menti  de*  Gio^ 
vani,  comè  non  di  t*ado  fuòl  avvenire  UellaL, . 
diverfità  de*  cibi  quantunque  ottimi , e beni* 
ITimo  Cagionati  i per  cui  fi  guadano  le  com* 
piellloni,  le  quali  col  ibbrio  ufo  di  poche, 
Ibdanziofe  vivande, fi conlcrvano meglio  ,e 
a*  inyigorilcòno . Uno  de*  miei  amici  d’umo- 
re amenilllmo,  e di  falute  affai  cagionófa,  ef> 
fendo  ornai  fianco  d*  udire  i diverfi , e tutti 
contrarj  pareri  de  i più  famoil  Medici  della' 
fila  Patria  nelle  confulte  fiitte  fopra  la  quali- 
tà del  fùo  male  , e de*  rimedj  per  rifànarlo  » 
ebbe  un  giorno  a dirmi  tra  I*  impazienza , ed 
ilibrrifb:  ftoa  trovando  io  tra  tanti  virtuojt 
tbi  fàppia  darmi  una  certa  regola  per  guari-^ 

■ re,  bìfognerà , che  mi  riduca , o a vivere , o 
a morire  a mio  mòdo.  Non  pochi  ancora., 
de’  Giovani  peraltro  bène  inclinati,^  defide- 
rofi  di  vivere  con  fàviézza  , fi  trovano  a que- 
llo paflb  di  mezza  difperazione  per  non  fàpe* 
re  tal  vòlta  a qual  confìglio  appigliarfi  fra  i 
canti,  e si  differenti , che  vengono  lor  fùgge* 
citi  dagli  huomini  più  accreditatili  quali  feb- 

X 4 bene  ^ 


tijnc  con'Vfin^n’ tutti  nel  fine  primario-delia  > 
virtfi,  diVerfificano  però  tanto  ne’  mezzi  per  ■ 
aequiftarla,che  molti  firiducono  a viver  piò 
toflp  a .capriccio)  che  a perder  la  quiete  nella 
rooìtiplicjtà.  degli  infegnarnenti  . .Qui' può 
ridurfi  >.  che. vi. cade  in  acconcio , il  configlio 
di  Plinio cerca  d’.effer. amico  (ff  uttjolo , e 
nìmìcodìperuno  c venerando  le  più  copio- 
fe»  e ripiene , :(ciegliere  la  Converfazione  di 
pochi. ^uomini  prudenti.»  i^quali  convenendo 
con'maggi.ore  iaciiità.ncllc.maiTimc  pqtran» 
no.ancora  cagionare  nell’  animo  .di  chi  gli 
pratica-un  giovamento  più  grande, ed  aprir- 
gli una  via  di  virtù  .da.battcriì  più  fìcura . . 

. ,IV.  Rimane  ora  un  piùpefante  riflellb>che 
ci  dilcuopre. ancor  meglio  il  vantaggio  della 
Converfazione  riftretta , ed  è una  certa  ne- 
cciTità  di  venire  dn  elTa  a ragionamenti  fag- 
gi, e profittevoli  • .Quando  pochi  fi.  ritrova- 
.no  di  continovo  infieme,  per  fuggire Ja  noja, 
che  fuole  in  tutte  le  umane  cofe  accadere , e 
ipcrialmente  nella  frequenza  di  converiàre  P 
uno  coll’  altro , fa  loro.d’  uopo  d’ introdurre 
difeorfi  laudcvoli  ,.e  vir.tuofi  alcuna- volta_.« 
polche  nonpotendofi  continoyar  fompre  un 
giuoco  ancora  modefio^  e non.volendofi  par- 
lar male,  ne  vjene  la.vaptaggiofà  ncc.clfità  di 
parlar-,  bene,  e di  materie  erudite'.  Quindi 
1 , . .ebbero 

ani  11^  ili  I iiWi^M****»*^' ^ |||^|<^■ 


f 

•«*  .i 


(a).  % Ì> 


t • , .••  • 

• I « ^ r-  / 4 .• 


• 

^ i. 


Digilized 


chiaro  felice  ,cominciamento  moltiflime  del-, 
le  Àccadcmiapifi  celebri , mentre  annojatili 
4^ogni  altro,  paflatempp  alcuni  pochi  huo-* 
mini  favj che  inncme  fpeiTo  trovayàhfi , ri^ 
fplverono  di  fpendere.  .parte  dèlia  Cónyerfò- 
aione  in  difputc,  odi  Filofofia , o d^.Eloquen* 
za,p  di  Storia  poi  fi  venne  all^  efperimentò^ 
degli  ingegni  in  recitando  fra  loro  qùalche-j 
vago,  e gentile  componimento  po.etido,  p. 
qualche.difertazione  oratoria  , ed  accrefcen-, 
dofi  per  la.cpmpiaccn;^  il  numero  de  i Di- 
lettanti, fe  ne  formarono  ppfcia  quei  graru. 
Corpi  di  letterarie  Adunanze,  che  tanto  hait 
recato  al  mondo  tutto  di  ìuftro , di  cognizio- 
ne, e di  gloria  4 Così  fra  le  altre  h av/zenuto^ 
delia  noftraper  vero  dirc.Celebratifiinia  Ar- 
cadia , rjngrandimcnto  meravigllofq  di  cui 
dcbbefi  ricónofcere  ingran  parte  dairbnor^j- , 
ti  {fimo  genio  del  vaìorofo  Abbate  , ed  Arci- 
prete Gioan  Mario  Crefeimbeni , e di  alcuni 
amici  fuoi,  i quali  riduccndp  in  Romaja  prò- 
pria  Converfazioric  ad. lino  fdenti^có^  ed, 
erudito  con^-eflo,  furono  le  forti  Colonne  at 
quella  gran  Macehina,  , che  nel  corlodi  pp.*. 

. ch.i  luftri  fra  par,cggi?t,a  .la  fama  delle  pift  atì-! 
tichc,  e (Ielle  pii'i  gloripifc  Moli  di. tutta  là  lie-, 
pubblica  .Letteraria..]  Q^rto  vantaggio  pé-' 
rò  , che  fuoleaverfi  nella  ponverfazipna^, 
raccolta,  é, quello  appijtijico,  che  obbjigà  nòrt  ; 
pochi  a fuggirlo,  mentre  efTendo  Lprovvedù- 
Ud  ogni  fpr^di  cPg3WiPnp^,phe  optria^ 

diftia- 


ifo 

diftinMerglì  iti  éffà , e pefando  loro  la  fitti- 
da  di  rorntrfene,  s’allontanano  vòlòntic'ri  da 
Un  luogo  «dove  comparir  non  polTono  fénza 
una  ginfia  fpezìe  d’ erubefcenza  .■  E’  qui  da_. 
ùotarfi  la  miferia  di  molti  degna  veramente 
^ compafilone , fe  non  ibfle  voluta , c colti- 
vata col  diiàmore  > e còlla  tralcuratezza  iii^ 
ógni  genere  di  Audio  » e di  letterario  eferci- 
zio,'  come  pur  troppo  vediamo  avvenire  alla 
giornata  . Vi  fono  affaiffimi  tra  i Giovaai 
fpezialmente  si  ciechi  in  tutte  le  materie»  i 
<)uàli  trattando  con  huomini  dotti  » c feien- 
ziati  a fufficienza , riduconfi  con  molta^ 
a'  tacere o volendo  parlare  » danno  in  tali 
freddezze»  che  non  farebbono  mai  credibili  » 
fe  non  jt’  udìlTero  pur  troppo . Per . toccare 
una  delle  piti  leggiere  cognizioni  > che  do- 
v'rebbono averfi  dall’  huom  civile»  vi  fonò 
alcuni  si  poco  pratici  della  Geografia , che-» 
tengono  1*  Italia  » dóve  fon  nati  » e vivono  » 
óér  un  paefe  poco  dìAante  dalle  Mòlucche , 

' aiAinguendo  foventè  l' Idioma  Italiano  dal 
Dialetto  della  Tòlcaha  quali  » che  il  parlar 
purgato  di  quella  Provìncia  foffe  una  lingua 
diverfa  dà  quella  d’  ItàHa»  ed  è lo  AèAb  erro-' 
redi  chi  diceffe,  che  il  parlare  di  Cicerone  è 
differente  da  quel  de’ Latini  ■.  Sòno  pofcia_. 
-dell’  Italia  Aeffa  cosi  poco  informati  » che  al 
’fentir  nominare  le  Città  dì  lei»  fenon  le  cre- 
dono po  Ac  he’  fpajg  immaginar]  > non  fanno»' 
«ercalÉfenle  dòte  fieiro  fituate  » è le  trafpòr-^ 

tano 


Cénò  quà  ^ è fa  a èàprìcciópih  francamente  « 
che  non  fòvolèggiarono  i Poeti  eflcrfi  tra- 
sferiti da  ì Giganti  i mónti  piii  alti , e podi  1* 
uh  fbvra  1*  altro  per  guerreggiare  col  Cièlo; 
Quihdi  pòi  nafeè  P ignoranza  de*  còdumi  di 
tutte  ancora  le  hàzioni  d*  Italia,  éd  il  pà  Ciar- 
de in  fórma  tàhtb  pih  ridicola  ; quanto  pii!( 
franca;  ed  io  déflb  nò  fehtito  dire  da  non  sÒ 
chrJ/éa/ff  ba  molto  del  làmbardó:  volendolo 
qualifìeare  per  mài  creato , poiché  da  certi 
Carbonari  Lòmbardi  capitati  nel  fiio  paefe^ 
égli  mifurava  il  rimanente  di  qoclla  ben  cal- 
ia, ed  oho'rata  Naziohe  ,bnde  rifpòfegli  uaJ 
huomo  d*  ihtélligéhza:  ìhgaanài  e;  Signo- 

re, perché  in  Lombardia  nóttfono  tutti  Car~ 
bonari.  Vivono  ih  fomma  codedi  infelici 
tiél  Mondò  féhza  fapcr  dove  pòlihò  il  piede  i 
e fé  ih  carta  potefle  trederfi  il  ftdema  ; che_i  ' 
della  Tèrra , e de  i Cièli  ; fi  fórniàno  in  ca- 
po , he  pèrdeiebbono.  alfai  hon  quelli  folà-» 
théhte  di  PittàgòVa,  è di  Ciopcriiicò,  nià  i piti 
dfahi  àncora , ed  ipifl  càpricciòfi  . Nè  que- 
lle fon  còte  ; che  fi  fingano  da  i belìi  tn^eénl 
per  dar  materia  di  ridere,  mentre  anche  a di 
hòdri  hon  è frìàncatò  chi  fentendó  nomina- 
re si'i  i fógliètti  Dortchércheh  Città  defla_.' 
Fiandra,  e Marlèbóui^  già  gran  Gènerala^' 
dell*  Inghilterra , comhlcndafie  quella  per 
ùn  valorófb  Còhdottièró  d’ armata  , è cré- 
delTe  quedi  Una  Piazza Tnvedlta  dall*  armi  di 
Francia  . Elfcndo  àddunqhe  ciò'pcr  iipèrien- 

aa 


33*  . . . * 

za  di  Fatti  yerimmo  iò  non  so  coniprenaere  > 

tome  non. Cerchino  Codefli  mefehini  la  ma- 
niera d’illuminarfì  in  cofe , che  tanto  fQnó 
triviali)  eid  ordinaric^I’Ignotanza  di  cui  trop- 

J)o  è vergognòià , $ biafìmevoie  accpfiando* 
i appunto  a quelle  perfbne,  che  citendon 
appieno  informate  ne  diicorróno  fpefTo  , 
ne  condifeono  i ragionamenti  lor  iamiliari  » 
e qiiélle  Conveclàzioni,  dove  fi  trovano . Bi- 
sogna ben  dunque  crédere  , che  non  (ì  curirl 
taluni j come  fu  Coflume  de*  Scettici , d’ altra 
cognizione,  o evidenza  ,'che  delle  cofe , le.» 
quali  cadono  (otto  de  i fenfi , e fpezialmente 
qéll^  occhio,  ponendo  tutto  lo  fludio  loro  nel 
fàper  decidere  di  vaghezza  da  Paridi  novelli 
tra  Volto,  c Volto  i di  bizzarria  fra  le  concia- 
ture; di  gufto  fra  i nallri;  e di  proprietà  fra_. 
le  mode , Quefto  è un  farla  nella  (cuoia  deir 
le Femmine^Sàlomoni  reftringendo  tutta 
iafoftanza  del  (apére  ad  una  puerile  Filofor 
^a  di  Gale,  datettetvi  beli  taugi  ,'dicea  uni» 
huomo  di  fenno , là  fiamma , petebè  iti  poca 
fpazh  tutta  ridarrebbéfi  in  tenere.  Riflettà- 
no  pertanto  i Giovani  pofatamènte  a quella 
^ezie  non  immaginaria,  ma  realiilìma  di  mi- 
feria,  eVéggiano  fé  torni  lor  conto  di  con- 
durre nel  Mondo  utia  vita  fi  deplorabile' , e si 
lontana  dal  gran’  piacere , che  provàfi  nell* 
Intel  igenzà  di  quelle  còfe  medefimè,  fra  1^ 
quali  lì  vi  vé . ^ Per  me  ho. femprè  . giudicata 
éfr.rc  uguale'  infelicità  il-  paffeggiare  per 
• ‘ qual-  ' 


m 


I 


qualche tiobi le  Galleria  coiuotto  a mano  un 
cieco  ridendo  > e dando  giudizio  di  quelle^ 
rarità,  che.non  vede,  quanto  il  viver  nél 
Mondo  t'aliini  allegri, "è  difìhvolti,  dilcorren- 
do  con  tutta  franchezza  delle  tante  cole,  che 
ràrricchifcònójfenzà  averne della  minimaJ.' 
di  effe  oin*ira  aldina  di  cognizione  fondata  , 
limio  cbhfiglio  però  farebbe,  che  eglino’ 
fre(i(uèhtu'ffer9"  la  Convèrfazione  riflrctta_> , 
quahdo  (là  compofia  di  perfotic  ffudiofe  in» 
ilieme,'e  ben  cbitumate , per  apprendere  con' 
diletto  ciò','  chb  non  ranno,interrogàndo  coti; 


gran  principio  nei  fàp( 
èfìl  ancora  darfi  alla  giòcpnda  lettura  di  tan’» 
ti  Libri,chc  abbiamo  di'cqfe  naturali,  di  con- 
troverfic,  di  inattematichéj  d’  idòria  , d’elò» 
fl“  enza  ,'e  di  pocfia  per  appigliarfi  almeno  a 
i capi  delle  materie, generali , e non  abbiano 
■"a'riufcir  loro  novi  gli  argomenti , fovra  de  i 
quali. fuol  cadere  'il  difebrfo  de  i faggi . Ciò 
poi  da  éfTi  fàcéndoff  verranno  a’poco  a poco 
iad  affcziònarfi  alla  virth,  il  buon  feme  di  cui 
introdotto  , che  fia  negli'aniini  fuol  partori- 
re effetti  ammirabili,  e crcfccfe  in  una  piena, 
c lòvrabbondantc  raccolta  di  frutto  non  me-* 
■hó  diirevoie,  che  glofìbfb  . ' • ' ' 


• * 

^ ^ * 


< Ti 


» i 


« . 4 • • * 


Della 


i 


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. 

Della  Sojlanza  del  Mondo  Modèrno,  ^ 

• • * 

C A P O XXII. 

• ** 

I.  X p mi  penfq , che  IcggcndoQ  da’più  co? 

^ ripli  il  titolo  di  qucìlo  Capo  vi  corre? 
raniio  f'ubitodandofì  ad  intendere,  che  debba 
cctcnervifì  quaìche  mor^ce  l^tira  centra  del: 
prL-telp  at'uR)  nioderno^ed  iti  confegùcnza  un 
palco  lo  fapp^itq  per  gii  umori  piìi  cHtici.^io 
pcnfiero  però  nou  è’ nato  mai  nella  condotta 
di  quello  libro  di  lai'ciàrc  la  penna  ih  libertà 
fecondando  lòtto  pretcÓo  dì  zelo  il  genio, 
che  hanno  molti  di  notare  in  maniera  piccan* 
te  i vizj  altrui , e mettere  chi  vi  feggiace  per 
dilà V ventura  in  ridicolo . lo  non  ho  icritto 
per  altro  che  per  .togliere  il  male , quando 
vi  folTe , e fenza  fqpporlo  mai  con  certézza^ 
ho  cercato  di  Bngerlo  lòlamente  in  idea,é_i 
lardando  alla  colcien^à  di  cialchcdunó  il  d«> 
cidere  le  egli  vi  fìà , 9 nò  , porgerne  quel  ri? 
medio  piò  dolce  , che  unir  il  pòlTa.  colla  di- 
fcretezza  , e còlla  Morale. Con  tutto  qu.eftò 
però  ho  giudicato/  elTere  obbligo  indifpcnfàà 
bile  di  chi  s’è  prefilfo  lo  fcrivere  in  tal  matér 
ria  , il  togliere  la  mafebéra  ad  una  qiunicra.^ 
di  vita,  che  moderna  chiamandoli  d^gH  huo~- 
mini  piò  amici  di  libertà  , pretenderebbe.» 
d^autorizzare  in  molte  cofe  colcoftume  il  di> 
(órdine,  e colia  gentilezza  le  corruttele.  Scm-< 

■ br& 


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bra  a (alani  | che  tutte  le  azioni  per  quella:, 
dleriorc  corteccia  di  confuetudinc  moderni 
ottimc  eirer  deggiano  , e plauftbiiit.quafichè 
gii  huoQiini  d’oggidì  avelTero  facoltà  di  con' 
vertire  il  male  in  bene  > e formare  eflì  una_« 
Legge  nuova  s per  cui  tutto  avelie  a crederli 
buono  y Quando  fatto  egli  fia  da  loro..  Per  me 
non  crederò  mai,  che  viva  nel  nqdro  Secolo 
.alcuno  • il  quale  operando  > o per  fiacchezza» 

O per  malizia  eontra  le  fante  .Leggi  divine,  ed 
umane , fì  dia  ad  intendere , che  altri  debba^ 
fcguirlo  impunemente, facendoli  della fuaM 
vita  un  cfen»plare , ed  un  dogma  inBillihile 
per . regolarli  a capriccio  eontra  i dettami 
della  ragione.  Pure  c verìllimo , che  i piò  de* 
boli  pret.endpno,d’aniformarfi  alla  pegola* 
che  li  tiene,  da’  :licenzio5  , ed  oppongono  alla 
correzione,  de’ piò  zelanti  l’ufo  modernò* 
copie. una  fpezie.di  legge  inviolabile,  cui 
non  polTa , c.  npo  deggia  eontra vvenirli.Per 
illuminare  addunque,c.hon  mai  peraltro, 
fimil  forta  d’huqiQÌ<ii  troppo  femplici , o mà* 
Jiziofì , ^reiup  qui  un  opportuno , ed  utile.r* 
fmafeheramento  di  quel  Mondo , che  elTi  ap- 
pellano abolì  vamente  moderno  , e che  non-. 

altro , che  il  midollo  appunto  di  queldifor- 
dine , il  qual.c  ^ abbiamo,  finora  colia  divina^ 
Grazia  cefcatq  d’abbattere,  ed  efamineremo 
le  mafiime  di  coloro,  che  l’ hanno  introdotto,  . 
e s*  atfaticano  per  avventura  di  follenerlo. 
Qui  li  parlerà  gencralilfimamente.,  poiché  è 

ben  ‘ 


fcen  certo , che  la  hiigHore , è maggior  parte 
degli  hiiomìni  fi  ridono  di  queda  chimera  di 
Mondò  moderno  , e fapendo,  che  Ja  S;  Legge 
di'Crffto  è una  rola,cd  invariabile,  vivono 
ftcpndò  le  ordinazioni  ' di  cfla'lafòiàndò  che 
altri  vada  dolidamente  Ipacciarrdbfi  per  huò, 
vo  Legislatore , e propónendo' ' forme  noni» 
più  udite- di  vivere, ed  oppófte  affatto^  all' 
^'vàngelio.Méttiamoci  per  tanto-dinanzi  agli 
iòcchi  il  curiofo  Gaftello  aereo'dl  Quello  Mon*. 
dòi  è come  dal  Signóré  fu  comandato  al  Pro- 
feta fijèchiéllo'C^^  in  órdine  alTcmpiodiGe- 
TÒfoliiiia  andiam  forandone  la''Còlórit5  pa- 
Vetè'eil.erna  pei^éde'rvi  ben  dentro,  e difeo- 
■pfirnè  la' più  intimale  più'hàfcóda  Ibdanza. 
Quattrafoie  aperture  noi  faremo-in  codefto 
murò  v'che'  balFeraiino'a  farci-  conolcerei» 
.«fiondò  ùh’ingannó-VchbtrOppO  laria  deplo- 
Tahile  j quando'  màPfi'rendèlfe  'èomunc  , e_* 
vedrfe'mò  i ch’è'in  -quéfto  Mó'ndb'compofto  da 
pfócKiHimi-  Libertini  ^àltró  *iion  , fi  contiene* 
Che  'finezza  fèàza  'finetrità  'i  tìtn^ér'fiztmcì* 
'fettzà  ametzta  i'  apparèfipa'  fèHz<f  Mìanzek 
gfj^rìt4Jeft^à‘diéì>ziófieì''  ^ ì;-* 

•-  ir-.'-’“f<ingéndo  addunqUe  ,'ch*e''l*union»dt 
póché|"Tefte  ipal  cònfigli'àte  dvelTe  potutb 
■fermare  da  fe  un  Móndo  huovO,  pter  éonvin» 
céflc  iò  la  difeorro  di  tal  mapierà;Penfoi  die 

\ 'L  1 1;*;'.  fili 1 

' ~ ■-  -.  *.  -)  ^ ♦. 


Ci^  eap.  la. 


«A* 


k 'ì\  r. 


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I 


tvf 

lùl  'nafccre  del  prefente  Secolo  abbia  fortito 
il  fìio  principio  quedo  viver  moderno  , che 
da  taluni  fi  tiene  per  un  nuovo  Decalogo; 
poiché  rifletto  y che  venti  > o trent’  anni  fa, 
quando  io  era  pure  in  idato  di  qualche  di« 
feerhimento , moltiflìme  delle  odierne  co« 
dumanze  non  praticavand  punto,  ed  il  Mon* 
do , per  quanto  a me  fembra  , era  molto  mi- 
gliore, C^egli , che  fono  ancora  di  frefea  età 
partecipando , e del  termine  del  paflato , 
de’ principi  del  prefente  Secolo,  jpotranno 
Convineerfi  da  (e  medefìmi  di  queda  verità, 
che  parmi  incontradabile , e combinando  i 
già  fcorfi  co  i tempi  d’adeflb  decidere , fé  tra 
fante  finezze  moderne  pid  fi  ritrovi  l’anti- 
ca fincericà , che  ne’  Tuoi  anni  pih  floridi  egU 
già  vide  in  u(b  appreflb  di  tutti , Per  me  non 
SÒ , a dir  vero , trovarla , fe  non  fe  tra  quelle 
perfone,  le  quali  confervando  pe  ranche-» 
i’codumi  d’allora  foffrono  d’eflcr  notate,  co- 
me huomini  y che  vivono  all’antica  , e di  le* 
gregari!  dal  nuovo  Mondo  per  non  frguirne 
le  corruttele.  Sento  dirli  d^’nuovi  FrabbVica- 
fori  di  quedo  Mondo , che  in  oggi  per  faper 
vivere  bifbgna  faper  dedreggiare  , c facen- 
do con^uni  a tutti  i fenti menti  cortefi  dclla^ 
lingua  tenere  perfe  ipiii  fegreti  del  cuore, 
0>n viene, dicono  efli , parer  tutto  di  tutti, 
ma  elTere  poi  di  quei  foli , ohe  o pih  piaccio- 
no , o pih  giovano  ; comperar  molto , e ven- 
der poco  ; prometter  tutto , ed  attender  que  1 

y taa- 


tanto  (blamente , che  mette  conto  i poiché; 
troppo  è buono  colui , che  (ì  lafcia  veder  nell* 
animo  , c non  protìtta  della  fortuna,  che  tut», 
ti  abbianio  di  poter  fempre  celare  ad  altri  l* 
interno  , quando  (1  voglia , facendo  fervir  le 
parole  alla  hnezza , e l’animo  all’interelTe. 
Non  niego  io  già , che  la  didìmulazione  ia^ 
alcuni  cali  non  fia  una  virth  .Y^*it^ggÌ<^i*3>^. 
neceffaria  : ma  non  l’approvo  in  tutte  le  co- 
fc,  ed  in  ogni  tempo,  tal  che  s’adoperi  de- 
liramente con  tutti  per  guadagnarne  la  buo-, 
na  grazia , e riferviQ  la  fchieteezza  per  quei 
. pochi  unicamente,  ad  amare, o fervir  cui 
polfa  portarci',  ed  il  genio, e la  fperanza, 
troppo  efrendo  facile , che  il  dilHmulare  in_, 
talgiiifa  degeneri  in  una  manifefta  , enera^ 
finzione . Quella  infatti  lembra , che  fia  la 
condotta  di  chi  fi  prefigge  di  vivere  alla. mo- 
derna, ed  è cofa  , che  muove  ri(b  il  vedere  in 
taluni  una  facjlità  sì  pieghevole  alle  promefi* 
fe  , che  nati  pajano  appojda  per  fervir  tutti,  e . 
penfar  tanto  (bvra  d’un  sì  quanto  bada  per. 
proferirlo , fenza  riflettere , che  talora  per 
(bilcnerlo  non  bafta.  la  vita  , e le  (bllanze,^ 
d’un  huomo.  Quindi  è poi , che  infiniti  di  co- 
! defli  s)  divengono  un  nì>  in  pratica , c yeden- , 

/ dofi  molti  delufi  di  lor  fperanza  tardi  s’ac- 

corgono „ch  e la  finezza  fuppofla  di  chi  prò-, 
mette  non  paffai  termini  della  bocca , ed  è 
Un  iémplicc  abito  di  cortefia  apparente  , ne^ 
. quale  punto  ^non  concorre  la  yplóntà . In.* 

_ prò-  ' 


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$S9 

propofito  di  quefio  dlcevami  uri’  huomo  di 
fìanipa  vecchia  •v'appoggiate  fuUe  pro~ 
tnejfe  iP  oggidì  y peychè  f e alcuni  •voleìfero 
attendere  tuttociò , che  sì  age’Volmente  pro- 
mettono y ad  ej]i  nulla  rimarrebbe  di  proprio. 
Io  sò,  e lo  fapranno  ancor  molti,  che  i V^CC'» 
chi  da  noi  conofeiati  penfavano  afTuipiàfo- 
vra  d’un  iì , che  non  fi  penfa  in  oggi  U3vra_4 
d’un  nò  ; ma  chi  aveva  allora  un  sì  po.tca., 
farne  un  capitale  ficuro  , perchè  Taverlo  ot- 
tenuto con  penlàincnto  era  un  con  tra  légno 
d’clTere  egli  ulcito  dalle  altrui  labbra  per 
conlentimento  ancora  del  cuore , e col  con- 
figiio  della  ragione  , la  quale  non  lalcia  mai 
impegnare  veruno  in  cola, che  riulcir  nou 
gli  pofla.  Lodavanfi  da  Plinio  (a)  quegli  huo- 
mini , che  fanno  del  benp  fenza  prometterlo, 
e gli  raflbmigliava  al  Fico,//  gua/e  non  fa- 
cendo fiori  ha  pure  frutti  dolci ffmì  An  oggi 
però  vediamo  Piante  di  bellilTirni  fiori , che 
poi  non  legano  in  alcun  frutto  , onde  potria 
forfè , quando  non  foflc  ingiuria  de’piiiie_;* 
de’  migliori , quello  , chiamarli  il  fecolo  deir 
le  efibizioni , c dejle  promelfe,che  durano 
tanto  , quanto  i fiori  di, Primavera  fugli  albe- 
ri . E’  bellililmo  il  penfiero  d’una  Donna  di 
fpirito  , che  ancor  vi  ve  y fe  mai , ella  diceva, 
ìif  potefif  evenire  afegno  di  bramare  d'  e ffer 

' Y 2 ‘ -Reoì- 


£a3  Lih.i.c.26. 


i 


?4® 

'Jtegìna  cYeio , che  nel  Mondo  moiefno  Yttró^ 
nferei  la  eqrtefia  dì  chi  me  lo  promettejfe  con 
ftcurezza  . Se  quedo  fìa  veramente  così  io 
iafeio  deciderlo  da  coloro  > che  poteflcro 
averne  pur  troppo  qualche  rifeontro  , é dico 
iblo  > che  quando  fìa , non  potendo  accadere* 
che  tra  que*  pochi  huomini , i quali  formano 
il  nuovo  Mondo  > farà  confìglio  lànillìmo'  lo 
^fuggirgli)  ed  attenerfì  al  conlbrzio  di  quegli* 
che  ritengono  la  fmeerità  > e la  fchiettezza^ 
del  vecchio  . Piti  giova  fenza  alcun  dubbio 
anche  al  mero  interefìe  privato  di  ci^fchedtt» 
no  l’attaccarfì  ad  un  (blo  huomo  fìncero  * che 
a mille  d’apparente  fìnezza  > poiché  farà  fem- 
pre  certo  ciò , che  dal  primo  promettefì*ed 
in  calo  di  negativa  io^tengo  per  minor  pena.*  ' 
l’efTerc  levato  difperanza  da  un  fìncero* 
che  il  venir  delulb  da  cento  sì  * i quali  a nul- 
la fervono. 

III.  Dal  mancamento  della  Jtncerhà  fi 
comprende  benilfìmo  l’altra  firavaganza  del 
Mondo  moderno , dove  (corgefì  una  conti* 
nova  Converfaztone  fenza  amteìzìa . Per  ve- 
der quello  con  tutta  la  maggiore  chiarezza.* 
baderà  dabilire  col  dottilfìmo  Conte  Ema- 
nuel Telàuro,  che  lo  ricavò  dal  Filo(blb,C<f) 
tre  efìerc  gli  atti  della  vera  amicizia; cioè 
• benevolenza  * beneficenza. . e concordia . 

bene. 


[a]  Pìlof.  mor,  /.  20.  f.  • 

1 


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ttùiitótettitt  altro  non  è « elio  un  movimentc^ 
femplice  della  Volontà  , la  quale  brama  il 
bene  ad  alcuno  , fenza  però  muoverfi  per  far- 
I glielo  da  fe  medcfima,  o proccurargllelo  d’al- 
tronde j e fi  può  diffìnire  lina  propenfione  dt 
buon  animo  verfo  d’alcuno  * c però  difle  il 
Santo  Arcivefcovo  Ambrogio,  (a)  che:  fami- 
eìzta  é vtrttt t ffoa gàadagao  iaterejpttOiper- 
eh§  fi  compra  colta  buatta  grazia , col  da* 

tsaro*  ta  Beneficenza  è un’atto  di  volontà  effi# 
cace  ) ohe  non  iblo  defidera'»  maproccurail  , 
bene  aiidor  dell’amico , anzi  a lui  àudio  llef- 
fodomunica,di  cui  ella  gode  «onde  IcriiT^ 
A^iftoteie  , (fi)  ebe  : tutti  i bent  degli  amico 
■ fono  Comuni . La  Concordia  pofòia  è un  con- 
fentimento  rceiproOo  > ed  armonico  di'  ani* 
mo  y e di  parere , per  cui  Convenendo  infic- 
ine pacificamente  gli  amici , di  due , o di  pii 
volontà,  fe  ne  forma  una  fola  , cne  però  in* 
legna  S.  Girolamo  (C)  il  Potere , e non  •volerà 
te  Medefinte  cofe , efiere  ta  itera , e fiabilcj» 

' amicizia . A qUefti  tre  atti  aggiugne  S.  Ago- 
ftino  il  quarto , Cd)  ed  é la  fè/e  , e cofanzt^ 
ttClle  aifverfitàiChe  può  cbiamarfila  pietra  del  , 
paragone  per  diftingucre^  tra  la  vera,  e la^ 
falla  amicizia  $ rtientre  ntuné  cofa  -,  dice  il 
Santo  Dottore  y coti  bene  prova  /’  amtcù% 

V t 9^"»: 


Ca)  Lib.-i.de  Of  Cb)  Lìb.^.Ethic.d^*  (c)fip‘^ 
ad  Demet.  (fl)  Lìb,  z*  quafi* 


t 


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^Hanto  U portare  eoa  toìersazH  if  pefo  dcir 
fl/fro  «w/fo . Non  fi  riconobbe  mai  meglio» 
cheGionata  (<»)  veramente  amico:  dì 
Davide  , fe  non  quando,  gli  porfe  ajuto  con- 
tra  là  fiera  pCrfecuzione  del  Padre  di  lui  Saul- 
]e  , nè  che  Giureppe  tanto  folTe  amàto  da  Ru- 
ben,(A)  fe  non  allora , chelàlvollo  dallo  sde- 
gno degl’  iniqui  Fratelli  , che  lo  volevano 
morto , onde  conchiudi  lo  Spirito  Santo , (c) 
che  ; ama  ia  o^aì  tempo  chi  è Vero  amico  . 
Ora  potremo  col  lume  di  quella  Tana  dottri- 
na rinvenire  agevolmente  la  verità, che  io 
ho  propofta  ,cioè  elTere  pieno  Codefto  Mon- 
do moderno  di  Converfazione  fenza  amici- 
zia . Se  il  primo  atto  di  eflfa  è la  Beaevoieaza 
bifognerebbe  , che  gli  huomini , i quali  tutto 
giórno  inficme  converfano , reciprocamen- 
te fofler  benevoli , ed  amafle  l’ano  il  bene^ 
dell’altro  godendo, che  l’amico  fcdTe  feliccj 
e ricolmo  delle  più  vere^  profperità  . A me_» 
però  fembra,  che  regni  in  codefto  Mondo  un* 
invidietta  oppofta  per  diametro  alla  bene- 
volenza , per  la  quale  niuno  vede  volontieri 
le  fortune  dell’altrt) , e ben  lontano  dal  defi- 
derarlC)  come  dovrebbe , le  mira  anzi  di  mal 
occhio , c pare  ,'che  fe  ne  attrifti . Ciò  fi  rica- 
va da  certe  rifleflloni , che  Ibgliono  faiTi  da^ 

taluni 


fa)  i8.  (b)  Gea.^z.j  i4 

ic)  Prov,  ly.  _ \ 


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'V.  • 

Càluht  fbvfa  gli  avànzameti  di  quei  mec^fimi,' 
itì  compagnia  deiquali  fi  trovano  fpeflb,odi- 
rniniicndogìi  nella  foftanza,  o attribuendogli 
piò  al  cafo  > che  al  merito , o mal  volontieri 
foflfrendo  > che  fe  ne  parli  da  chi  ne  gode.  Per 
lafciar  da  parte  il  cofiume  tutto  diverfb  di 
quegli , che  fono  del  Mondo  antico  anch&j 
nel  cuor  del  moderno»  io  mi  ricordo , che  ne* 
tempi  già  fcorfi  empievanfi  intimili  avveni» 

. ihenti  felici  pel  Proflìmo  di  gioja  le  cafe  non 
folo  , ma  le  intiere  Città , ognuno  facendo  z 
gara  di  rinvenire  argomenti , onde  fi  pro- 
valTero  meritevoli  delledignità,  e delle  for- 
tune coloro , che  confeguite  le  avevano,  e ne 
godeva  ognuno  degli  amici , come  fe  toccate 
folTero  a lor  medefimi.  Per  indegno  farebbcfi 
ben  tenuto  colui , che  avefle  ardito  di  mot- 
teggiare, o la  pcrlbna  già  graduata,  o il  per- 
fonaggio  , che  favorita  l’avea , tanta  era  la.^ 
benevolenza , che  l’uno  avea  per  l’altro , e_» 
l’intereflTe,  che  facevafi  d’ogni  fuo  vantaggici 
Vediamo  pofcia  in  oggi  tutto  il  contrarione’’ 
nuovi  Legislatori , ed  oltre  al  poco  godi- 
mento, che  fi  dimoftra  nel  bene  degli  amici, 
vi  è pur  ancora  chi  cerca  di  metterne  la  forte 
in  ridicolo , ed  ofcurarne  con  motti  piccanti 
la  gloria , cónofcendofi  chiaramente  , che-* 
l’ufo  del  converfare  punto  non  ingerifcedi 
benevolenza  negli  animi  loro . Se  pàrliam 
pofcia  della  Beiìeficenzs , colla  quale  dee_» 
pròccurarfUa  felicità  degli  amici  » chi  potrà 

y 4 WM 


( 


• *» 


?44 

inai  tro\^arne.  veflig^o  in  un  Mondo  st'pIeiK».-. 
d’amor  proprio  > nel  quale  anzi  » che  dare^ 

' alcuna  cola  del  fuo  pare  > Che  afpit*!  ognuno  a 
quello  degli  altri  ? Sono  ben  rari  quegli  huc^. 
mini , che  facciano  t fecondo  la  regola  d* Ari* 
itotele, comuni  agli  amici  le  propde  foltanze» 
ed  io  penlb,  che  rabbia  indovinata  alTai  bene* 
e polla  dirfi  felice  chi  sà  guardare  il  fùo  dall* 
altrui  rapacità . Sento , Che  ognuno  (i  lagna_« 
di  non  trovar  pii  incodefto  nuoVo  Mondo, 
chi  (la  capace  di  .fare  un  piacere  al  compa* 
gno , ed  anzi , che  vederli  ofFedre  di  Cuore./ 

1 benefìzi , come  facevafì  negli  anni  feorfì , e 
ft  là  nei  vecchio  Mondo»  non  badano  tutte  le 
pili  ferventi  preghiere  per  confeguire  un  pie* 
ciolidlmo  ajuto  nelle  Urgenze  migliori, quan* 
do  farla  doppio  il  merito  della  benefìcenza.Id 
l*ho  talvolta  olTervato  in  propofìto  Iblamen* 
te  della  Gloria , che  ò un  dono  di  ai  poco  dU 
ìpendio  » vedendola  tolta  con  fomma  avidità 
a chi  fe  ì’è  guadagnata  con  nobili  imprefe  da 
certi , che  o nell'altrui  concetto,  la  feemano» 
O l'attribuifcono  a fe  mcdefimi  con  furto  noxl 
lieve  . ineife  Fidia  in  moltilfime  ftatuc  il  no- 
me di  Agorante  Parlo,  luo  per  altro  infelice 
Dilccpolo , per  genio  di  renderlo  eterno  col 
pregio  de'fuoi  lavori  i e noi  vediamo  non.» 
pochi  vivere  a fpele  dell'aitrui  nome  , e farli 
merito  di  oiie' (udori , che  altri  fparfero  in- 
vano , perchè  fpogllati  con  ingordigia  rapa- 
ce d'ogui  titolo  d’onoraaZa«Della  Coacordia^ 


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« 


. . . *4^. 

éhe  è il  tei*2o  atto  aella  vera  amtetzta  altro  ià 
tiòn  dirò , fé  non , che  diifìcilmente  la  vedianl 
confcrvarri  in  oggi  tra  i Congiunti  f)iu  Aret- 
U , noti  che  tra  le  Con^erfazioni  » e tra  gli 
iiuomini  ) che  femhrano  pià  ftrettamcnte  le* 
gati  col  vincolo  d'Un  reciproco  amore  . LaJi 
deformità  di  non  poterli  in  alcuni  paeli  iole* 
rare  inficmc  1 Padri  do*Fig!Ì,le'  Suocere-# 
colle  Nuore , e i Fratelli  Colle  Sorelle  , é un_» 
COllCme  certamente  moderno  , perché  ne* 
tempi  feorfi  di  frefeo,  ei  vedevafidi  radilTìmo# 
c fembrava  si  Arano  , come  pare  adelTo  il  Ve-» 
dcrne  infieme  taluni  vivere  in  pace . Le  riAe, 
i litigi  ,lé  inimìAàjChe  hah  rovinate  ornai 
tante  Famiglie, fono  i frutti  del  trovarfi  code* 
Ai  huomini  del  Mondo  modèrno  fempre  in* 
Acme  , e bilogna  ben  dire  , che  Vadano  per- 
ciò peggiorando  > giacché  decife  Mùlbniò 
prefTo  di  Stobeo  : [d  ' non  pòterfi  fra  i càtthi . 
sonfer’bar  U cóncordtd  . Mai  forlé  non  fìi  pii 
vero,  che  in  oggi  tanti  elforc  i pareri#  quante 
fono  le  teAe , ed  io  eleggerei  piò  toAo  di  tro* 
vare  due  facci  e tra  i viventi  del  tutto  fìmilL 
che„duc  huomini  uniformi  di  cùòre  #€  di  fen* 
timenti , fra  quegli  ,che  fi  fart  glòria  di  vive*, 
jre  alla  moderna.  Per  quello  pofcia  ,chè  fpet* 
ta  alla  , è alla  fiejiantd  nelle  avverfitài 
iù  ben  Vòlontieri  me  ne  rinietterò  à Chi  lèg-* 


8« 


>*#• 


1- 


c»)  Sir.  yg. 


« 


V 


gequcfU  miei  fogli, perche  ne  aecidà'  egìt 
ColTo  . Se  poi  deggio  dirne  il  mìo  parere^ 
(bggiiignerò  d’aver  pih volte  con  arp*nìra- 
zlórae  vedato  rinianerfi  nelle  cbntìngènze_» 
pih  gravi  derelitti  tcrt’uni  da  quei , che  te- 
nevano per  fedeliifimì  amici  ,c ridotti  a fotìe- 
rire  tutto  da  fe  mcdefiniì  l’aggravio  del  lor 
dcllino  , come  fé  appunto  flati  tbflero  nel  lor 
paefe  Indiani , o Norvegì , c léntirfi  porgere 
fra  la  truppa  de’  lor  confidenti  quel  lòccorfo» 
che  troverebbe  un  povero  viandante  aflalito 
da’  Mafnadieri  nelle  più  cupe , e folitaric  bo- 
fcaglie.  Il  meglio  , chc  nelle  trayerfie avve- 
nir polTa  agli  fventuratì  ,(ì  è il  non  fentìrfi 
deridere  da  chi  farebbe  in  obbligo  di  fov ve- 
nirgli , e non  dover  aggìugnere  alle  altre  la 
malhma  pena  di  fare  altrui  piacere  col  pro- 
prio male  : dclrimanente  buon  per  loro  fe_» 
hanno  degli  Avvocati  nel  Cielo , giacche  lut- 
ti perduti  fono  gli  amici  nel  Móndo!  Se  così  è 
come  piir  troppo  fembra,che  fia,ionon_» 
crederò  d’aver  male  penfato  nel  figurarmi 
pieno  codefio  Mondo  moderno  di  Con  verlà- 
zione  fenz’ombradì  leale  amicìzia , mentre.» 
l’immagine  menzognera  di  lei  fi  trova  m^- 
cantc  degli  atti  più  neceflarj , e più  glorìofi 
d’una  sì  bella  virtù  .Quell’  amore , che  rifat- 
ta dall’ufo  frequente  d’eflTere  gli  huomini  in- 
sieme , può  chiamarfi  un’amore  d’occhi , c_j 
ìsoh  di  cuore  ^ come  dicca  laerzio  notando» 

«he; 


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54^^ 

éhe  : moleì  non  arhatto  fe  ttov  fe  alcun  poca 

alloTU  t che  Reggiano . Voglio  conceder  lo 
pure , che  In  converfandofi  tutto  giorno  pof- 
fà  un’huómo  concepire  qualche  atFczIonei» 
verfo  d’un  altro,  ma  quella  , a]  parere'di 
Tullio  cuna  certa  qualità  di  benevolen- 
za, che  pub  paragonarli  a quella  de^  fanciulli, 
che  prello  s’invaghifcon  di  tutto  con  un’ar- 
denza d’amore , che  punto  non  è durevole;  < 
onde  è poi,  che  terminata  quella  Gonvcriài 
zione , quell*  abboccamento  , e quel  giuoco, 
niuno  è pih  amico  dell’altro,  anzi  non  lofii 
mai,  Glfendo  , che;  ^amicizia , atteda  S.Ago- 
ftino , [<r]  la  quale  potè  finire , mai  no»  fu 
ra  amicizia. 

ly.  Perciò  fi  conofee  appunto  l’altro  dt- 
fbrdinedi  codedo  Mondo  riccod’  una  bella^ 

, ma  fenza  veruna  fojìaaza.  Per 
non  diffondermi  troppo  redringerò  quedo 
punto  alla  fòla  confideraziori e di  vederfi  in_. 
edb  confuti  affatto  gli  dati  delle  perfone,  pii 
non  potendoli  didinguere  per  forza  deMuffb 
tra  il  Ricco,  ed  il  Povero,  tra  il  Cittadino  ,e 
rArtegiano,  tra  il  Civile, ed  il  Plebeo  .'Que- 
fta  è co  fa  ,che  vien  mal  fentita  , e condanna- 
ta da  quegli  ancora,che  fodcngonole  codu- 
manze  moderne  ; ma  ciò  non  dilpiace  loro* 

che 


Ca3,  Lfb.  ì.  eap.  i,  [b]  uÌtÒf  [cj  Uk.  ^ 
de  Dtì. 


\ 


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t 


» 


I 


34 

che  in  riguardo  ali’  ambizione  » la  quale  nott 
vorrebbe  cmoli)  ne  gareggianti  nel  fallo» 
Vi  è però  dentro  un  altro  intfonveniente  af* 
fai  più  grave  j che  debbc  renderla  con  mag* 
gior  giudizia  abbominevole , ed  è la  perdita 
d' una  certa  favia  moderazione , che  da  eia» 
feuno  dee  Oonfervarlì  nel  proprio  rango,  d* 
onde  poi  nalce  il  buon  ordine  alle  Cittadi , ft 
alle  Repubbliche  tutte  sì  vantaggiofo  . Tol» 
to,  che  egli  fìa , ne  vien  fubito  la  confufione 
origine  di  moltiilimi  danni,  e lpezialmente_a 
d’ una  fuperba  alterezza } per  Cui  gareggiane 
do  gli  Infimi  co’  Supremi  viene  a mancare.* 
la  debita  dipendenza , il  rifpctto , e la  fubore 
dinanza  dell’  uno  all^  altro,  che  ha  (labilità 
V Altidlmo  per  lo  buon  regolamento  del 
Mondo  eolia  diverfìtà  degli  dati  nelle  Crea» 
ture,  che  Io  compongono . Io  mi  ricordo» 
che  anni  Ibno  era  in  Italia  Una  Certa  diffe- 
renza  d’ abiti,  per  cui  qualidcavanfi  benìlfì» 
mo  le  peribne , e meno  ridicola  non  (àrialt 
fenduta  una  dolina  vile  in  ufàndo  di  Sete,  e.j 
di  BroCati,  che  in  palco  Un  Arlecchino  Com» 
parendo  Con  manto  reale.  Capitando  allora 
Un  Forediero  in  ciafehedUna  Città  Conofbea 
fubito  dalla  fola  differenza  de’  vedimenti  gli 
ordini  di  effa  , e fenza  , che  1*  infòrmaffe  ve- 
runo lùpea  da  fé  medefìmo,  Come  contenerli 
Cbn. tutti  ».  In  oggi  pofciala  regola  del  velli» 
re  11  piglia  dalla  commodità  dello  fpendere  » 
e fe  i’Àrtegiàno  d trova  pingue»  e ricco,  po* 


N 


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/ 


• • • • ^ 
fri  reUfr  la  Moglie  di  ganzo  « elalciar  le  te* 

le  a quella  Signora, là  cafa  di  cui  è incommo*' 
data  , vedendofi  di  più  bene  fpe|fo  meglio  in 
órdine  un  huom  di  falario , che  un  altro 
idi  groflc  rendite,  è più  carica  tal  volta  d'oro 
Una  Contadina,  che  una  Padrona,  Perciò 
dicea  un  Oltraniontano  d' umor  faceto  rima* 
ilo  più  volte  delufb  in  falutando  profonda* 
mente  alcune  fantefchc  in  vece  delle  padro* 
ne  in  una  delle  prirnarie  Città  d’Ital  la  : fe  h 
Donne  di  quejlo  paeje  non  ìforivonfi  infran- 
te chi  elleno  fono , io  non  •uoglio  piu  cavarmi 
di  cappello  ad  alcuna , £d  in  vero  gli  eileri 
non  Iblamente,  ma  noi  rncdelìmi  riinanghia* 
mo  forprefì  non  di  rado  in  vedendo  nelle_* 
nodre  delTe  patrie  ufeire  in  pubblico  di 
quando  in  quando  certi  incogniti  Perlbnag* 
gi , che  fembrano  ali’  abito  del  primo  Ordì* 
ne , quando  poi  veniamo  a poco  a poco  a., 
(cuoprire  efler  gente  dell*  inlìmo  , che  poc* 
anzi  coperta  di  drapei  neppure  (ì  rimirava  . 
£d  ceco  quell’  apparenza , che  punto  non  ha 
di  fodanza  , mentre  dandoli  ben  full’  avvilo 
veggiond  ufeire  i Mantò  , le  feiarpe  , e le_» 
icudìeda  certe  cafe,che  vagliono  meno  affai 
del  veditodi  chi  le  abita  , e dalle  quali  en* 
trata,  che  davi  la  Padrona  col  cerchio  , hifo* 
’gna  , ohe  d ritiri  il  rimanente  della  famiglia 
per  non  potervi  capire . Rilì  non  poso  per 
verità  alcuni  anni  fono  in  lentendo.  parlare 
. i-ndeme  due  Critici  Ibvra  la  sfarzola  cóm- 

parfa 


4 


Ì50  i . , 

parla  d’ una  Donna  di  baffa  lè^a;  io  mi ftupi- 

fco,  dicea  T uno,  d’  ano  fola  cofa  , come  elicti 
fojfa.  tener  puliti  sì  bpì  merletti  nel  fumo 
continolo  della  mefchtna  fua  cafa  ; male  •voi 
i' intendete  t lòrridendo  rifpondea  l 'altro  ; 
io  ammiro  in  ejfa piàgiajìamente  quelgran^ 
genio  di  penitenza  fegreta,che  •vedendola  di 
ricca  fiojfa  la  fa  poi  dormir  falla  paglia^  , 
Leggiamo,  che  Agatocle  Tiranno  della  Sici- 
lia (a)  effendo  figliolo  d’ un  povero  Pento- 
laio volea  , che  nella  menfa  Reale  tra  i vafi 
d’ oro,  cd’ argentò,  fi  raefcoIalTcro  ancora-, 
alcuni  piatti  di  terra  per  aver  lempre  fugli 
occhi  la  primiera  fua  condizione, e non  feor- 
darfi  per  la  prefente  grandezza  della  pafiata 
ihiferia.  Non  è pertanto  un  abufo  inlòfifri- 
bile  ,che  le  genti  piii  bade  facciano  ogni  Au- 
dio per  obliar  l’efTerc  loro, ed  ingannino  con 
llgoorile  comparfa.i  riguardanti , empien- 
doli pofeia  d’albagia  per  gli  inchini  di  chi 
non  le  conofee , e volendoli  mettere  a forza 
di  ludo  in  quei  rango,  in  cui  non  le  ha  collo- 
cate perfUoi  altidìmi  fini  la  Provvidenza  ? 
None  quefioaddunque  un  male  così  leggie- 
ro , che  non  meriti  una  rifiedione  diAinta_.  * 
cd  a cui  non  dovede  cercarfi  un  pronto  ri- 
medio,oche  non.  abbia  per  lo  meno  a fuggirti 
con  ogni  premura  delle  perlbne  ancora,  che 
per  inganno  vi  fono  kiimerfc  J 

'■  V.  Uni- 

(jii)  tlaut.ia  Pfeud.Scett*$-  a.  i,  — 


DigitIzecI 


V.  ultimo  abbaglia  > cbe  io  conildcra 
negli  Idolatri  del  mondo  moderno  , è l’ am- 
mirazione» che  fi  fanno  efli  per  vederlo  com- 
pofio  d’ huomini  tutti  vivaci , c più  briofi  d’’ 
affai»  che  non  fembravano  quegli , che  vilfe- 
rs>  per  T addietro;  ma  qu>  appunto  confifie  1’ 
inconveniente  più  grave  , che  abbiam  di  fo- 
pra  accennato,  cioè  l’allevarvifi  huomini  di 
/pìrito  , ma  fenza  dìvozhtte . In  primo  luo- 
go convien  diffinire.codefto  fpirito , e code- 
ina vivacità  » che  tanto  da  i meno  rifleilivi  ò 
decantata  nel  lor  nuovo  Mondo  , ,c  confidc- 
randola  propria  di  chi  ha  pretefo.  di  far  dog-- 
ipa  d'-un  viver  libero,  e capricciofo,  può  dir- 
una  franchezza  d’ operar  male  fenza  ri- 
morfo  , t feiiza  timore  . Codefia  animoiìtà 
non  merita  .certamente  il  bel  titolo  di  un  na- 
turale  fpiriiofb , e vivace , poiché  1*  operare 
Qontra  la  ragione,  (ècondando  l’ impulfo  del- 
y inferiore  appetito , è debolezza  originata  , 
o da  mancanza  di  conofeimento , che  è unaJi. 
difgrazia  deirintelletto,  o da  elezione  di,  ma- 
lizia , che  è un  errore  di  volontà  . Gli  huo- 
jnini  veramente  di  Spirito  » perchè  meglio 
qonpfcono  il  proprio  dovere  , fono  ancora., 
più  regolati  nel  vivere  , ed  affeguando  , fe- 
condo il  documento  dello.Spirito  Santo  (a) 
a tutte  le  cofe  il  fuo  tempo  fono  per  ordina- 

no 

« » 

I 

■■  ■■  M»  ■■■* 


la]  Eccl.  c.  I . 


V 


rio  i pih  dfvoti  t ed  i più  efatt!  nell’  oflervan- 
. padella  divina  Legge  . MpUiiiìmi  io  neco« 
(j^ofeo  in  ogni  ScOo,  i (^jttaii  pep  attenti,  che.* 
fieno  a tutte  |e  eonv'enieu.zc , e della  condi« 
2Ìone,  in  cui  nacquero , c dei  luogo  » in  cut 
vivono,  fi  fanno  pofeia  uno  fcrupolo  ben  de- 
licato di  mancar  njai  alla  minima  de]}p  ob- 
bligazioni legali,  e dando  Tempre  a Dio  pun- 
tualmente CIÒ  , che  è luo , vivono  in  un  poq» 
tpgoò  sì  religiolb  , che  (1  rende  invidiabile.» 
alle  anime  àncora  piii  diQngannaté  del  ie- 
polo , Si  veggionp  ■ frequentare  i SS.  Sagra- 
menti  con  una  tenerezza  sì  divota  di  cuore  p 
che  fù  meraviglia  nel  tempo  ftclTo',  e com- 
punzione , e còmpariièono  Tempre  per  tutto 
coftanti  ne*  p,ropoTld^dclla  pridiana  mode- 
fìia,  che  alle  pòìe  tutte  corteiòmete  s*accom^ 
inodanO)  Tuo.rph^  a violarne  le  Sante  Leggi  , 
é Tebbene  in  ogni  luogo  Ti  laTcian  vedere  ma- 
/pierpfi,  edifinvolti  > Tono  però  pjrpntiifitni  n 
romperla  col  Mondo  ogiii  volta , che  dovef- 
fero  in  grazia  di  lui  diTguftarfi  con  Dio . Co- 
défte  cì>  Phe  poffonp  dirfi  perlòne  di  Spirito 
yivaci;  accorte , é di  meate  Àregljata  p men- 
tre Tanno  , sì  ben  maneggiarfi  pelT  arduo  ci- 
mento di  viver  nel  Móndo  Tempre  fedeli  al 
proprio  dovere , # , fecondo  la  dottrinai 

del  Kedentore,Cc:‘)  aCefàré  ciè.ebeè  di  Cefa-* 
fé,  e a J)ìq  piò , phe  è di  f)ig , L’ conlìgliata^ 
-in 


Ca)  Mattb,  z?» 


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I 


J5'J 

in  vero , e ridicolo(à  la  meraviglia  d’ alcuni 
in  tale  propofìto  > mentre  non  fanno'  com* 
prendere  » come  taluni  de’  Giovanetti  fieno 
*\  arguti , sì  pronti , c sì'iefti  nell’  età  ancor 
tenera, .onde  par  lQro,chc  quello  fecole  par*^ 
torifea  ingegni  piil  felici , menti  più  capaci , 
e naturali  più  fpiritofì . lo  pure  conrclTo  > 
che  in  oggi  è più  delira,  e Iciolta  la  pucrizia> 
ch.e  no.n  era  al  mio  tempo  l’ adolefcenza , ^ 
la  gioventù , e mi  ha  fatto  per  qiialché  anno 
dello  flupore:  ma  venendo  pofeia  la  Dio 
mercede  in  qualche  maggior  cognizione  ho 
comprelo  non  eflere  codefla  Una  felicità,ma 
una  (Ventura  bensì,  dove  troviO,  dei  prefen- 
te  fecole  . In  fatti  ciò  deriva  da  uà  lagrinie- 
vole  rilaflTamento  , poiché  mancata  negli 
huómini,  che  fupponiamp  del  nuovo  Mondo, 

3uafi  affatto  l’ educazione , un  tempo  sì  rigi- 
a,  e sì  elàtta , è lecito  a i Giovanetti  il  pra* 
ticar  nelle  veglie,  il  ritrovarfi  a i Teatri , a_. 
(.Conviti , a i Balli ,,  e (aper  prima  conofeer 
Je  Carte,  che  l’ Alfabeto,  onde  è , che  (ì  veg* 
gionó  pofeia  innanzi  tempo  efperti  nella., 
malizia,  e pratichi  del  mondo,  prima  quafi  di 
làper  cofa  ei  fia , Negli  anni  feorfi  elfi  lion.. 
conòlceano  altri,  che  il  Padre,  e la  Madre.. 
la  loggez:one  de’  quali , benché  portalTe  del 
tedio , cagionava  però  un  gran  bene , obbli- 
gandogli all’  efercizio  della  virtù  : adelfò  co- 
nolcéndo  tutt’  altri , che  i genitori  impegna- 
ti nelle  convenienze  del  loro  Mondo , ap- 


A 


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0 J ^ 

prendono  quelle  mafiime  ,'che  polTono  effer 
loro  fuggerite  da  perlbne  luercenarie  » e di* 
fmtereirate  nel  lor  profitto  > e pigliano  a be- 
nefìzio'dclla  natura  quella  piega  , e quel  co* 
fiume,  che  più  gli  piace . Quello  addunque  j 
che  da  i più  deboli  in  loro  fi  chiama  Tpirito , 
vivézza,  e brio,  altro  non  e veramente,  che_« 
un  effetto  di  cattiva  inclinazione  coltivata^ 
dalle  negligenze  de’  lor  Maggiori,  e che  dal* 
le  perfone  prudenti,  o fi  vede  fpeflb  con  nau* 
fea,,  o fi  deplora  per  compaflìone  . Quando 
ciò  fi  voglia  vedere  con  evidenza  bafta  offer- 
vare,  che  codefti  Giovani  si  fpiritofi,  non  di- 
vengono per  lo  più  h uomini  di  gran  levatu- 
ra, come  accadeva  nc’tempi  già  feorfi, quan- 
do erano  men  fvagati , é più  attendevano  al 
ritiro ed  àgli  ftudj . Ciò  pure  fi  confermaL^  : 
nella  riufcita  di  que'figliuoji, che  fono  alleva-  i 
ti  anche adeflb  all'  antica  fotto  buona  cufto- 
dia,  e lungi  dall’  importunò  fvariamento  de* 
fpaffi  . Non  fono  io  già  per  contendere , che 
• non  deggiano  da  i Genitori  amarfi  i FigUuo-  ' 
li,  anzi  convenendo  con  "Cicerone,  che  difie: 
Cn)  amando  fino  le  fiere  i lor  parti,  noi  purc^ 
colla  prole  ufar  dobbiamo  qualche  indulgerti 
ga:  difapprovo  l’ afprezza  (moderata  d’ alcu- 
ni, che  dall*  eftremo  dell*  affetto  paffarido  al- 
l’altro del  rigore,  tengono  oppreflì'mai  fem- 

prè 


Ca  j ' a.  de  Orat, 


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pre,  e fenza  refpiro  i figliuoli,  ónde  ne  viene , 
fovente , che  s'  avvezzino  polcia  timidi , ad- 
dormentati , e poco  (inceri , e fpinti  da  una^ 
mezza  difperazione  fi  rifolvano  a cambiar 
flato , e ritirarli  al  chioftro  fenza  la  voce  di 
Dio.,  e P impulfo  della  Tua  Grazia . Ma  pure 
con  tutto  queflo  non  m*  indurrei  mai  acom* 
mendace  quella  connivenza  , che  pende  all' 
ecceflTo , per  cui  amando  i Genitori , come_» 
Ano  al  Tuo  tempo  gridava  S.Gregorio,C^^)we- 
tto  Dio , che  i lor  figliuoli',  trafeurano  affatto 
di  piegargli  al  bene, e gli  permettono  d’ affe- 
zionarli , come  pur  tròppo  ò naturale , e co- 
mune al  vizio , fenza  punto  riflettere  al  gran 
fentimento  di-Seneca  dove  fcrifle , che.» 
P edueazione  vuole  una  fomma  diligenza  , la 
quale  dee  giovare  ajfiaijfsmo;  poiché  è facile^ 
il  comporre  gli  animi  ancor  teneri , e dìfificH- 
mente  fi  fogliano  pofeia  i vizj,che fon  crefeiu- 
ti  con  noi  . £’  quello  un  veleno  , che  gettato 
da  una  tenerezza  imprudente  nel  cuore  de* 
Giovanetti  cagiona  peflimc  confeguenzo.» , 
'poiché  levatali  di  mezzo  la  correzione , ed  il 
favio  rigore , crèfee  felicemente  il  mortai  fe- 
me  di  colpa,  onde  s*  uccide  con  ficurezralo 
•Spirito,  eflendo  pur  troppo  vero  il  detto  del- 
lo Spirito  Santo,  (e)  che;  neppure  do  vecchio 

■ Z z lafcia 


in  1.  Reg.  [bj  L^ji.de  ira, 
"cj  PrOV.  22. 


35^  . . . • 

hfcia  il  giovine,  quella  vìa , che  ne^prìmi  attf 
ni  ha  /celta . £d  ecco  H fondamento , che  ha 
Ja  vivezza  negli  hiiomini  di  codeilo  Mondo  » 

" malaménte  chiamata  , col  nome  di  Spirito  ; 
venendo  clTa  da  una  radice  infetta  di  trafcu» 
raggine»  e di  noccvole  trafandamento  »-pun* 
to  non  sà  pofcia  accordarli  colla  divota  com- 
’poftezza  criliiana,  che  è il  pregio  più  ricco  » 
e più  nobile  delle  anime  ben  coftumate . lo 
non  faprei  certamente  rinvenire  un  altro  fé- 
colo»  in  cui  più  » che  in  quello  » franchi  Itati 
fblTefo  alcuni  cattolici  nel  mettere  in  giuo* 
co  » ed  in  derilione  la  mallime  più  pelanti  » e 
le  verità  più  maflìccic , Ibvra  con  tutta  difin» 
voltura  palTando  a quel  notabile  pregiudi- 
zio » che  porta  all'  eterna  (alute  il  cotlume.# 
più  libero  . Ninno  di  quei  » che  vivono  » po- 
trà forfè  rammentarli  d’ avere  udito  in  fua^ 
giovinezza  dilcòrrerli  per  le  Converlazioni» 
e per  i Ridotti  con  tanta  libertà  delle  mate-  i 
rie  Morali»  decidendo  a capriccio»  elàminan- 
do»  e facendo  la  Critica  a i feminatori  della^ 
divina  Parola , e deridendone  ancoralo  ze- 
lo, quando  fi  opponga  con  forza.ad  alcune^ 
delle  più  nuove  introduzioni . Non  li  ricor- 
derà forfè  d' aver  veduto  giovani  si  dediti  al- 
io sfaccendàmento  . sì  perduti  né'  piaceri»  sì 
lontani  dal  S.  Efercizio  dei  Catechifini»  degli 
Oratòrj,  e delle  fpirìtuali  Conferenze  » come 
quegli»  che  fiorifeono  in  Quel  Mondo  » di  cui- 

• pajr- 


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4 


f 


ip4rllamo«e  s)  ardi't!  nèl  tempo  mèdelimo  per 
contraddire  a chi  gli  corregge,  e per  burlar* 
fi  di  chi  s' afiaticà  per  torgli  d*  errore . NuU 
la  dirò  delle  Chiefc)  6 della  maniera  di  ftar* 
tì  t della  Santifìcazioii  delle  Fede  ; dell*  afli* 
ilen2a  quali  affatto  perduta  alle  làgre  funzio- 
ni Ecclcfiaffiche;  dell*  ufo , che  ornai  fembra 
plebeo , d*  afcoltar  la  dottrina  Criffiana  ; di 
far  vifìte  agli  Spedali , e delle  altre  opere  di 
Pietà , che  fono  del  tutto  incompatibili  colle 
occupazioni  del  vivere  alla  mona,  la  premu- 
ra maggior  di  cui  è di  (àgriìicare  fatto  il  tem- 
po al  commodo  , alle  convenienze,  ed  agli 
fpalli . Dovrà  dirli  per  tanto.,  fa  quella  è vi- 
vacità , ed  effetto  di  brio , che  quello  Mondo 
sì  nuovo  alleva  huonilni  di  fpirlto , ma  lènza 
onìbra  di  divozione,  che  è pure  un  diibrdine 
da  recare  {pavento  a chiunque  penfa  di  fal- 
var  1*  anima,  ne  feguita  le  malTime  dell’  Ate- 
ifmo . Io  però  mi  protello  di  nuovo, che  non 
in  tendo  incaricare  d’un  fimile  traviamento  fé 
non  coloro, che  partegiani  di  libertà  li  forma- 
rono d’alcuni  pochi  un  idea  di  tal  Mondo  ,ad 
elfo  appoggiandoli  per  appagare  con  mcn  di 
rimorfole  proprie  pa(lÌoni,efàrli  credere  non 
autori,ma  feguaci  d’una  certa  norma  di  vive-  . 
re,che  fe  da  tutti  a fondo  fi  rimiralTe , applau- 
ib  non  troverebbe  certamente,  nefeguito. 
Meglio  faria  dunque  per  elfì  il  proporli 
per  efemplare  il  Mondo , che  fi  forma  da  i 

Z j tanti 


* 


tanti  faggi,  che  rivono  in  ciaicheduna  Citt^» 
e deteflando  rUblutaniente  an  còdume  , ch«- 
non  può  follencrfi  ,'cho  perirapegnO  della-» 
malizia , fcieglier^  una  vita  , che  fia  invéro 
landevole , e piacer  poffa  a coloro  > «ui  altro 
non  piace,  che  il  bene  . 


0 

Delia 

I 


« 


Digilized  b^Ggjjjle 


w 


ÌS9  * 

Della  Giocondità  di  converfare 

con  Dio . 

CAP  O XXIII. 

1,  A Vendo  finora  donato  i riflefli  di  que« 
(lo  Libro  alle  convenienze , ed  alle_> 
foddisfazioni  dell'  huom  civile  , mollrandoli 
come  pofTa  con  ficurezza  divertirfi  nel  Mò- 
do y è do  vere, che  fi  parli  ancora  della  Santa 
Converfazione  con  Dio,  che  io  già  dilTi  fin., 
da  principio  elTere  la  migliore , come  negar 
non  fi  puote , c che  ne  fpieghi  la  giocondità 
per  non  defraudare  la  fpettatiya  di  chi  bra- 
niafTe  di  praticarla  . Tratterò  quella  mate- 
ria co  i fondamenti  de  i Maeftri  di  fpirito,ma 
lenza  obbligarmi  a quel  rigore  di  fomma^ 
perfezione , alla  quale  afpirar  debbono  Ie_» 
anime  religiofe,  poiché  io  ferivo  in  grazia  di 
quelle,  che  fono  rimafte  nel  fecolo , e con- 
viene , che  fempre  le  perfuada  a feierre  una,, 
maniera  di  vivere , che  fia  compatibile  colle 
premure  di  quello  (lato , in  cui  clléno  fono . 
Softehgo  per  tanto , che  alle  perfone  ancor 
fecolari  può  riufeire  beniflìmo  di  battere  IsL. 
via  del  Signore  fenza  lafciare  interamente-» 
quella  delfecolo  , ,e  deliziarli  elle  pure  nei 
fpirituali  godimenti,  che  da  taluni  fi  credono 
proprj  (blamente  delle  anime  ritirate  fie  i 
Chiollri . Iddio,  che  è fommo  bene  ,4ì  co- 

Z 4 

• • * 


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I 


munica  a timi  fen za  veruna  parzialità»  e per 
arricchire  co'ffuoidoni  uno  fpirito  iloiu» 
guarda  al  luogo  dove  egli  (ia,  ma  alla  buona 
volontà,  che  egli  ha'di  lervirlo,  e d’ amarlo  , 
Egli  , dice  S.  Agbftino , {ayfi  S fotto  parteci- 
pe della  aoflr  a mortalità  tperebè  fhuómpfi. 
facejje partecipe  della fua  Divinità  E*  db 
ha  voluto  j chcpolTa  farli  indifferentemente 
da  tutti!  perchè  è nato,  vivuto  > e morto  per 
tutti,  come  fé  là  faluté  di  tutti  gli  prcmefie^ 

. Còme  quella  d’ un  tolo , c quella  d’ un  fòlo  » 
come,  la  fallite  di  tutti . Perciò  pieno  d*  al- 
legrezza diceà  il  Dottor  dcllcGcti  C^ja'  i Puoi 
Difcepoli  di  Gàlazia  : Crijìo  amò  me , è diede 
fé fteffo per  me  yperchò , vi  aggiunge  Bernar- 
do Cc^  Santo  : colla  medefma  carità , eollcu» 
quale  ì morto  per  tutti , è morto  ancora  per 
cìafebeduno  . Può  dunque  chi  che  fiafi  acco- 
flarft  a lui  con  franchezza,  c compremetter-  ■ 
lì  della  Tanta  Tua  Grazia  per  edinguer  la  fere  J 
delle  celefti  confolaziòni  in  quel  fonte  pc-  \ 
renne,  ed  inelàudo , al  quale  tutti  egli  fteflb:  ' 
invita  ò\cenào'.id)  Jìtìbondì  Venite  alle  acque  ' 
nevi  ò»r\p\%\iAS,V&i\\OidìJÌ}'mione alcuna  , > 
San  Giovanni  Grifódomo  pflcrvà  , che  i j 
due  gran  Profeti  sì  cari  a Dio  Mosè,  ed  Elia, 
erano  di  dato  alTai  diverlb , emendo  ammo  - 

glia- 


(a)  TràBat./^^.  in  (by  Galat.  2. 
(c)  Ser.2/i.inÙint.Cd)  Ifa,^^,' 


t 


DIgilized 


1^1 

glidto  il  primo , e I*  altro  vergine  : forfè , ( a"} 
egli  fcrive,/»  quejìi  fu  nocivo  il  celibato  ? Por-, 
fe  a quegli  furono  <P  impedimento  la  Moglie» 
gdiFigHu6liì'2.po\conQ\\ì\xàc‘.C_b')niunogiu-  . 
diebi  ejfere  un  ojìacolo  alle  virtudi  il  Matrix 
monio . Ciò  fuppoflo  per  evangelica , ed  in* 
cóntraftabile.  verità  flabiliamo  co  i MaeAri 
della  vera  Sapienza,  che  tre  fono  le  vie , per 
le  quali  può  F anima  incamminarli  al  Tuo 
Dio,  cioè  la  Purgativa , l’ Illuminativa  , e P 
Unitiva  . Perla  prima  lì  purga. lo  fpirito  dal* 
le  terrene  miferie,  e da  quei  difetti , che  lo 
poflbno  rendere  men  gradito  all’.  Alti flìmo  : 
per  la  feconda  acquida  quei  lumi , che  fon.» 
necclTarj  per  conofeere , e comprendere  in- 
tima mente  le  verità  eterne , c per  la  terza  s’ 
unifee  felicemente  al  fommo  Bene,  con  un^ 
vincolo  di  carità , e dì  amore  perfetto , anti- 
cipandofi  interra,  per  quanto  può  fard  do^ 
«uhviatore,  i godimenti  delParadilb.  An- 
• deremo  addunque  fcòrrendo  per  quelle  tre 
-vie  , e molirando  alle  perlbne  del  feco!p. 

■ quanto  d’  allegrezza , c d’.internq  contento 
-fenfibiic  apporti  l’ efercizio  di  batterle  con^  ' 
ini  crifiiano  valore. 

II.  Per  farci  dalla  prima,  che  èia /’tfr* 

gativa.f  \o  peelb  , chela  pcrlbna  ancor  fcco-  . 
-JarepolTa  con  tutto,  piacere  applicarft  all* 

eftir- 


f ai  Ser^.contfa  ^udà  Gdtat»^Qe»t* 
<j;b^  Mom.  21  sin  ^tn» 


cflirpambnto  4i  quei  vizj  o (lifctti , clic  le_> 
impediicono-  1*  acquifto  felice  della  virtìi  * 
Vediamo  certi  hiiomini  anche  tal  orade’più 
ricchi,  e pih  delicati,  intraprendere  con  tan- 
to genio  la  Coltivazione  delle  Campagn^  * 
che  fcordatifi  qUafi  delle  Città  > e d*  ogni  lor 
paffatempo,  fenc  vivono  per  la  maggior 
parte  dell’anno  in  villa,  ne  sdegnano  di 
metter  mano  eglino  ftefll  ne’ lavori  pÌhab-~ 
bietti , e pili  travagliofi  de’  Contadini . Se_# 
dunque  r hUomo  prudente  confiderandono^ 
il  bifogno,  e l’ utilità  > fi  darà  di  propofito  al- 
la cultura  dell’  animo»  ne  riceverà  fenza  dub- 
bio una  oonlblaiione  fenfibile , ed  Un  godi- 
mento sV  grande  , che  niun  altro  epircizio 
potrà  mai  eflergli  nè  pìii  caro , nè  pih  dilet- 
tevole. Egli  è certo,  che  l’animo  noftro 
debbe  avere  qualche  occupazione  geniale-*  » 
che  lo  follevi.e  lo  diverta,onde  lòri  ve  il  gran 
Pontefice  S.  Gregorio  (a)  che  : nììnìere  nott^ 
può  V anima  fenta  diletto  » mentre  ò nellc^ 
infime  y h nelle  fapreme  cofe  dìlettafi^  Al- 
zandofi  dunque  l’ anima  col  penfiero  fovra^^ 
delle  terrene  fòiocchezze,  e concependo  una 
viva  brama  d’ acquiftare  qUe’  pregi , che.# 
pofTono  renderla  per  Tempre  felice , con  ar- 
denza molto  maggiore  fi  darà»a  purificare  fe 
medefimU)  coropiacendofi*del  Tuo  lavoro  ,co- 

me 


ta}  lìb,  i8. 


1 


Digftizsd 


me  il  Malico  della  propria  voce , o dell’  ope- 
ra propria  l’  Artefice.  A fpendio 'celebre,» 
Citarilla  ,al  riferir  di  Plutarco  (a) , era  Poli  - 
to dire  , che  pih  fe  fteflb , che  gli  afcoltatori 
ei  dilettava  col  Tuono  , onde  ulcinnfe  quell’ 
antico  proverbio  ; dì  cantare  afe  medefwo , 
Quindi  raccogliefi,  che  intereiratafi  l’ animà 
nel  fuo  fpirituale  profitto  fi  nudre  di  quell’ 
interna  gioja , che  ne  ritrae  applicandovi , 
e che  il  paflb  più  difficile , il  quale  in  quello 
pofla  farfi  da  lei , confifte  nel  determinarvifi 
col  volere . Dee  pertanto  l’ huom  làvio  in» 
dagarc  con  attenzione  quali  fieno  gli  impe- 
dimenti più  forti, che  lo  ritardano  dall’avan- 
zarfi  nel  gran  fenderò  della  virtù , e quelli 
pigliar  di  mira  per  levargli  di  mezzo , come 
chi  rifoluto  di  por  vigna  in  qualche  luogo  ri- 
pulifce  prima  da  i fallì , c da  i fterpi  il  terre- 
no . Molto  afflitto  farebbe  il  Piloto  , fe  tro- 
vandofi  in  alto  Mare  fenza  che  voglia  più 
Vòlgérfi  la  Calamita  al  fuo  Polo,  non  potefle 
penetrarne  la  caufa  , che  fono  gli  odori  più 
acuti,  come  di  mufehio,  di  cipolla,  c d’  aglioi 
onde  alterato  rimane  l’ ambiente , e pronto 
non  avefle  il  rimedio  . Ma  egli  di  ciò  bèiu 
pratico  getta  gli  odori , purifica  l’ aria  , e ve- 
' de  operar  nuovamente  a meraviglia  la  Cala- 
mita, ed  indirizzarfi  per  via  ficura  11  Navi- 
glio. 


CQ  «p.  Sea,Tr(f<i 


é 


3^4 

glio  .Sènza  paragone  piti  grande  farà  il 
giuhbilodi  cl\i  vedendoli  gettato  a:  traVerib' 
fra  le  procelle  dell’ infelice,  vita  mortale»»  ^ 
comprcndevenirne  l’ urto  delle  Ipailìoni,  c‘ 
$à  qual  fìa  la  maniera  di  metterle  in  calma., 
edi  raffrenarle.  Filfandolì  egli  nella  con- 
templazione delle  MalTime  eterne  fentirà 
certamente  venir  meno  la  forza  degli  appe- 
titi , e calmarli  a poco  a poco  la  gran  tem- 
pella  , come  accade  al  iviocchiero  mede- 
fimo  , la  navigazione  di  cui  è più  profpera  > 
e più  tranquilla  , quando  Ila  egli  più  atr 
tento  full’  offervazion  della  Carta.  Ine--- 
fpUcabile  pofcia-Hkpiacere  di  chi  $à  regger- 
fi  in.quel'péricolo  dove  tanti  fi  perdono , e»» 
giugne  a regolar  fé  medefimo  con  ficurezza 
. ne*  più  Icabrofì  cimenti , ' elTendo  pure  una.» 
pena  grande  il  non  faper  vivere  in  regola  » 
e dover  fempre  navigare  cbntr’  acq  ua  a re- 
mo forzato . Per  un  tale  efercizio  di  fìlfazio- 
ne  interna  conoice  l’ huomo  quanto.gli  gio-- 
vi  lo  ftarfene  unito  a Dio  anche  per  la  quie- 
te del  vivere  ellerno  » poiché  ficcome.dillAc- 
candofi  i vapori  > c le  elalazioni  dal  lor  prin- 
cipio» ne  vengono  i Fulmini  * i Venti  > i Ter- 
remoti, ed  il  turbamento  dell*  Univerlb  «co- 
sì difunito  lo  fpirito  dal  Tuo  primo , c vero, 
principio,  che  è Iddio,  ne  derivano  1*  inquie- 
tudine, ildilòrdine,  eiltrafcorlb  in  ogni 
ibrtadi  male , onde  è , Che  rifòlvefi  ad  cfTere 
fedele  all*  AitifTimo,  ed  ad  afficurarfi  nel  por» 

fedi- 


J J 

fedimcnto  della  piìlfìncera  felicità . S*  affé* 
ziona  per  quello  allo  ftarfenc  alcuna,  volta^ 
folo  di  buona  voglia  per  riflettere  con  pih 
agio  al  buon  regolamento  dell' anima, c gli 
rie'fce  in  tal  guifa  di  condurre  a fine  con  ibm- 
■ma  agevolezza  quelle  (ante  rifoluzioni , che 
fra  il  tumulto  degli  huomini  difficilmente  gli 
(brtirebbono,  troppo  éflTendo  vero, che  mol* 
tiffimi'  p^nfieri-  d’  azioni  generofe  , ed  eròi* 
che  , bene  rpeffo  fra  la  moltitudine  fvanilco* 
no , e (ì  perdono,come  appunto  fra  le  borra* 
iche  abbortir  (bgliono  le  Conchiglie  . Piffa* 
Co  in  mente  quedo  principio  , e quella  veri* 
tà  sì  pefantc , fiipera  1’  huomo  le  vili  inclina* 
zioni,  che  io  feducono  , portandolo  allo  (Va- 
gamento , ed  alla  vanità  del  mondano  cóm* 
inerzio , onde  proccura  vie  pih  fémpre  di  te* 
nerfi  vicino  a Dio  , e quindi  avviengli  di  re* 
golarfi  con  più  faviezza,fenza  effere  trafpor* 
tato  dalla  violenza  de'  fen(ì , come  vediamo 
accadere  nel  pelo,  che  quanto  più  s’ allonta- 
na dal  punto  del  fodegno  più  pende  all'  in- 
giù, c trabocca,  e quanto  a quello  è più  vici- 
no pende  tanto  meno,  e fì  regola  meglio'. 
Da.ciò  pure  (uol  nafeere  l' odio  contra  il  pec- 
cato, ed  un  si  vivo  abborrimento , che  fprc- 
me  fovente  dal  cuore  le  lagrime,  con.unal. 
fpezie  di  dolore  si  dolce,  che  il  Santo  Davide 
Ca)fi  proteda  d'.e(Terfcne  c giorno,  c notte.* 

pafeiu- 


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X . 

palei uto  1 ondeTcosì  ne  interpreta  S.  Agolli- 
iio  (a)  i fentimenti:  non  amarezza , ma  pane, 
foave  erano  a me  lè  lagrime . Quefta  èpoi 
ia  cagione  di  vederfi  tanto  allegri , e giulivi 
alcuni  huomini  di  ritiro , che  dal.  cuore  tra- 
■ . lucendo  loro  il  gaudio  ancor  nella  facciaci- 
come  infegna  lo  Spirito  Santo,  Qb)  (ì  moftra- 
no  in  ogni  contingenza  lictilfìini,  c come  in* 
capaci d’ attriftarii  giammai , poiché  non  V* 

Iva  alfalimento , sì  forte  d’ alcuna  efteriore.»  | 
feiagura , che  impedir  pofla  la  tranquillità 
dell’  interno  giubbilo,  i 1 quale  nell’  angudo 
* confine  del  petto  fermar  non  potendofi  tra» 

< fpira  ancor  nell’ ellerno . , - , 

* \ * ’ * * 

- • V allegria  chiu  fa  ìn  feno  . 

' Riflette  in  facciate  porta  un  bel fereno.[c^ 

Kc  io  voglio  già  negare,  che  quella  maniera 
di  vivere  in  elèrcizio  d’ interior  purgaraen» 
to  non  Ha  molto  /bggetta  alle  tentazioni , ed 
\ jii  diAurbi  dei  Demonio.,  poiché  dice  io  -Spi> 
rito  Santo;  (Jy Figliuolo.,  che  t’ accofti  al fer- 
.^iicio  di  Dio  tfta  in  timore , e prepara  Fani  - 
, ma  tua  alle  tentazioni . In, fatti  Crifto  mede- 
-firaOnon  fu  dal  Tentatore  allalito  in  altro 
iuogo,  che  nel  deferto , e nella  folitudine  del 

' I . . . • ' . . Gctfe- 


"(a)  hic‘  (b)  Prav.  15.  ij.CO  Maria,  ' 
£d]  EccL  2, 


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Getfemani;  ma  ciò  deriva  dal  difpiaclmento, 
che  egli  concepifce  dal  vedere,  che  V huoraò 
lì  [X)ne  in  illatp  di  ripararfi  da  i colpi  di  lui , ' 
e di  trionfarne  col  tempo , dicendo  S,  Pier 
Damiano,  (a)  che  ; H Solitario  $ vìncitor  de 
$ Demotìj , e compagno  degli  Angeli . Perciò 
anzi,  che  icemariì , dee  molto  ct'efccre  P in- 
terior contentezza  .vedendo  P anima,,  che  J' 
inimico  s’ intimorilcc  replicando  .gli  ailali- 
menti  per  tema  di  perder  la  palma  , 

III.  Molto  maggiore  làrà  poilaconfo- 
lazione  delP  anima  quando  $’  avanzerà  alla^. 
feconda  via , che  i Miftici  chiamano  Illumi- 
nativa, per  la  nuova  luce  , che  in  lei  deriva^ 
^alla  più  fìlTa , e profonda  contemplazione.* 
de’  celeili  Mifterj . Effendo  infallibile  Iddio 
ne’  llioi  Oracoli , ed  affermando  egli.fleflbji 
che;  le  fue parole  non  mancheranno,  co'n- 
vien  credere , che  dandofi  P anima  ancor  fe- 
colarc  a quel  ritiro  maggiore , che  unir  fi 
puote  co’  fuoi  domeftici  affari,  ed  alla  folitu- 
dine  fpezialmentedel  .cdore,  che  in  ogni  tem  - 
po,  e luogo,  da  tutti  è praticabile,,  fi  degnerà 
'egli  di  farle  udire  la  foave  fua  voce  , come.^ 
già  le  promife  dicendo  » (c)  io  la  condurrò  al 
ritiro',  e parler  olle  al  cuore  . E’  però  (frano, 
c mirabile  affai  il  fuono  di  quefta  divina  vo- 

. ' .:i  iCe  ; 


VI  U 


Ca)  Lib.  6,  ep,  $.  adMon.  Clan,  Ti  i« 

• ..fbj  Qt,z,  / 


) 


DIgilized  by  Google 


co  > poiché  égli  non  ricGVed  come  umano 
pel  confuctò  organo  dell’  orccchioj  ma  coll* 
occhio  della  mente  fi  vcdc>  e lo  accennò  eoa 
profondità  di  midcro  il  Profeta  Abacucco , 
allorché  dilfe  : contemplerò  acciò , che  h 
veda,  e quello, che  a me  vien  detto , e quello  » 
che  io  deggia  rijpondere  a chi  mi  riprende  . 
Per  quelto  dir  poflìamo  » che  la  voce  di  Dio 
iìa  un  raggio  di  fovranaluce  maraviglio (à_.  » 
per  cui  illuftrandolì  l’anima  vede  le  cofe  tutr 
te  con  una  chiarezza  fiiperiore  dì  lunga  ma- 
no ad  ogni  conoicimcnto  degli  huomini>  on- 
de a Dio  rivolto  il  Salmida  cantava  : Tu 
JèifSignore  > che  illumini  mirabilmente  da  I 
Monti  eterni . Così  dopo  > che  dalla  tcrra^ 
egli  falì  di  nuovo  alF  Empireo»  parlò  a i fuòi 
. Apodoli  valendoli  di  tante  lingue  di  fuoco  » 
e fu  codeflo  uh  parlar  loro  coir  cfpreinoné  • 
e coll*  efficacia  della  celelle  Tua  luce , poiché 
oflcrva  il  Santo  Pontefice  Gregorio,  [ej  che: 
apparendo  al  di  fuori  le  acce fe  lingue  rima^ 
jero  ai  di  dentro  infiammati  i cuori . Ben  fi 
comprende  addunque , che  quella  rilucente 
voce  di  Dio  illumina , e perfuade  nel  tempo 
medefìmo  F anima  , che  la  riceve  in  eiTa  inli- 
nuandofi  con  tale  dolcezza,  eh  e. volentieri,  e 
. di  tutto  genio  ella  aè  feguc  F impulfo , ea 
'poco  a poco  Tanta  diviene  con  un  godimen- 

...  ^ to 

« * • 


Ca)ff.2.  i.Cb)  Pfal.’^S-(jiyhiom,io,mEvaup^, 

* • — • » 

« , 

\ 


mm 


. 

^ to  ineffabile:  heftehèjtat  al  dir  dell’  Apoffoloa 
' (a^  vivo , ed  efficace  il  parlare  di  Dio , e tfiit 
penetrante  d*  ogni  fpada  a due  tagli  ; non  fa 
però  alcun  ff  repito  ui(lurbatore>  ne  afa  d’ al* 
cuna  violenza  , ma  placidamente  ottiene-^ 
quello  t che  perfuade  > e non  perfuadendo 
che  il  bene  a lui  s’ arrendono  di  buona  voglia 
le  affezioni  tutte  dell’  anima  ! £’  voce , log* 
gidgne  S.  Tommafo  di  Villa  nuova  Cb')  non-* 
fonora'i  ma  penetrante^  non  loquace  > ma  effi- 
cace', non  Jh  epitofa  aW  orecchio , ma  grata-* 
agli  affetti;  a quejh  voce  non  n/  ha  durezza^ 
che  pojfa  refifiere , per  chi  fta  /crètto  ; non fon 
forfè  he  mie  paritle  come  il fuoco , e come  un-* 
martello^  che  /pezza  le  pietre  ? Ritirato  dun* 
que  alcuna  volta  i’  huom  favio  da  i rumori 
del  Secolo  riceverà  certamente  un  tal  lume  , 
perchè  rivolto  alla  forgentedì  lui,  come  an* 
cora  vediamo  naturalmente  accadere  nella 
Luna',  che  mai  non  è più  colma  di  luce  d’ al» 
Jora,che  da  noi  non  vedendoli  nel  Novilunio 
Ha  interamente  rivolta  verfo  del  Sole,  che^ 

; però  diceva  1*  Apoffoio  : £cj  fpeculando  noi 
I a faccia  J coperta  la  Gloria  ai  Dio  veniam-* 
i trasformati  in  quella  medeftma  immagine*  . 
: Chi  è poi , che  non  deggia  in  fommo  godere 
, d’ una  sì  bella,  e sì  dolce  iafufiQne  di  celelle 
) . A a fplcn» 


Hehr.  4.  [b]  Seff  dt  Dopf»  4*  4f^ven*  ' 

^ 3* 


% 


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. 

fpfendoirè  tròvandofi  còme  ài  dtibpra  dell’ 
infelice  nebbia  terrena , che  tutte  le  baffo 
cofe  ingombra  mifcramentc , e ricuopfe,  a.» 
guifa  appunto  delle  Stelle , che  dall’  impuri* 
tà  dell’ Atmosfera  ailontanandofi.  più  fem- 
pre  acquillan  di  luce?  Lietiffima  bilbgna_. 

''  iehza  alcun  dubbio , che  fia  l’ànima  in  tal 
maniera  illuffràta  ritrovando  nuovamente  il 
fuo  Dio  , che  è il  principio  della  vera  alle* 
grezza, c che  per  l’innanzi  ella  perduto  avea. 
In'due  guifc  può  perderfi  Dio  dall’  Anima  , 
fecondo  i Teologi  Minici,  o per  colpa  di  lei  > 
opel  ritiramento,  che  egli  fa  delie  interne 
conlblazioni , onde  viene  poi  la  cagione  del. 
la  triflczza , come  piangeva  il  Salmifta  : [a] 
ritira fti  da  me  la  tua  faccia,  ed  io  mi  couture 
bai,  in  qualunque  modo  accada  quella  per* 
dita  funeHilTima  per  lo  più  fempre  ne  fono 
in  colpa  gli  fvagamenti  del  Secolo,  fra  i qua* 
li  diffipandofi  l’ anima  fmarrifoe  quella  luce 
di  Paradifo . Offerva  il  profondillimo  Diego 
Stella,  che  lì  perdè  una  volta  il  Redentore-, , 
ma  nella  Città  di  Gerofolima,  nella  frequen. 
za  del  Popolo , e nella  calca  delle  folennità  « 
cofa,  che  non  accadde,  come  forfè  era  facile, 
quando  egli  perfeguitato  a morte  fe  ne  fug. 
gì  nbll’  Egitto:  ib'flocrhè,  dice , «e  avvifa^  , 
che  perniziofa  è a noi  la  felicità  del  Mondo  , 

meu- 


fai  Pfal’,  297.[b]  In  Lue,  f 2, 


1 


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mentre  tn  ejfapiììtoffo,  che  nelle  perfecuzio- 
ni,  e ne'  travagli,  Orijlo  Ji perde  . lo  sò,  che 
molti  mirano  con  orrore  quella  manieradi 
vivere , perche  v'  apprendono  un  sò  qualc_» 
diflurbo  di  libertà,  come  impedita,  e legata  . 
Ncceflaria  è cèrtiflìmo  al  ritrovamento  di 
iDio  la  folitudine , afferma  S.  Agollino  ; [a] 
poiché  la  turba  ha  dello  Jirepito , e quejìa  vi~ 
pone  depdera  la  fegretezza  ; ma  è sì  pieno  di 
gaudio  quello  ritiro, che  per  entro  di  lui  gio- 
ilce  lo  fpirito,  comefe  in  giocondiflima  com- 
pagnia fi  ritrovaffe , e perciò  fcrilTc  col  fon- 
damento della  fpcrienza  Bernardo  Santo;[Z'^ 
colui,  col  quale  è Iddio,  non  è mai  men  folo  di 
quando  è fola  , poiché  allora  et  (i  delizia  libe- 
ramente nella Jua  contentezza , ed  egli  Jhffo 
allora  é fuo  per  godere  di  Dio  inj'e  ,e  dije^ 
in  Dio  . Quella  è la  vera  làpienza,  alla  qua-' 
le  anelando  i Santi  fé  ne  andarono  in  ogni 
tempo  come  raminghi  dal  fecolo  cercando 
i nalcondigli  più  ofcuri,c  più  tetri  per  rinve- 
nirla, e tenuti  dagli  llolti  per  huomini  di  po- 
co fenno  fi  goderono  una  perfetti iTima, ed  in' 
vidiabile  tranquillità:  errando,  Icrivc  l’Apo- 
do lo,  [c]  per  le  folitudinì , per  le  /pelone he , 
e per  le  caverne  della  terra,  poiché  di  ejjì  de- 
gno non  era  il  Mondo"  Echi  non  vede  feli- 

Aa  2 ciflima 


Ca]  In  ^o.  TràU.  17.  [b]  de  Vit. jolit. 
£c]  ad  Hebr.  1 1 • 


l 


^7® 

cHhma  ciTere  quella  ritirata  dagli  huomlnf 
e però  gioconda  in  fommo  a chi  la  pratica  , 
nentrei/pregiaudo  le  creatureìàx^^  S.G  ioan 
Grifoftomo,  \a'\pey  cercargli  Angeli  nella 
folitudìne  trova  Dio  ? Si  fonda  ancora  uii^ 
tal  gaudicf  nel  piacere  y che  ha  F huom  (avio 
per  la  prudente  deliberazione  di  larcfare  il 
Mondo  ritirandofene  prima  d’  eflcre  da  lai 
lardato  ) conofciute  > che  ne  abbia  le  frodi , 
come  chi  fuggito  avendo  opportunamente.*. 
Un  pericolo  nc  confìdera,  pollo  in  ialvo»  la.t 
qqalità  Con  una  cerca  fpezie  d*  incredibile..» 
contentezza.  Siccome  è grande  iafeiagura 
dei  dolci  huomini , che  legiiendo  1*  impulfb 
delle  palTìoni  y e fecondando  il  capriccio  co* 
me  addormentati fèmpre  vi  vono  alla  cieca  » 
ed  in  mal  punto  fi  rifvegliano  fol  per  pian* 
gere  fenza  rimedio  il  proprio  inganno  : così 
conviene» 'che  fìa  Ibmma  l’allegrezza  de* 
faggi  y che  non  dormendo  mai , o rifveglian* 
dofi  almeno  per  tempo  y il  pongono  in  guar* 
dia  per  non  rimanere  delufi  da  un  lbnho,che 
è mortale  y e dormendo  pure  tal  volta , ma.» 
Tempre  all’  ufo  de’f  ioni  coll’  occhio  aperto  , 
lo  chiudono  poi  fenza  pena  una  volta  lieta* 
mente  pagando  colla  morte  alla  natura  quel 
tributo*,  che  per  gli  fonnacchioil  è si  grave  » 
come  cantò  il  Poeta . [b] 

lA 

""  ■■  - -a 

fai  Hom.  z.  fapt  Marc*  9om*  i*  Cb]  Tyionfo 
della  Morte. 


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%et  Motte  è fin  d*UHa  ptìgìofiè  ofears 
Agli  anìiOti  getrtìii  : agli  altri  è aoja, 
{%'bamo  pofia  nel  fango  ogni  lor  tura. 


Ì7Ì 


L’allegrezza ) ch9  hanno  i cattivi» è moltd 
diverfa  da  quella  de’giulU»  perchè  appoggia* 
Ca  all’effimero  godimento  > che  aver  (1  puoco 
nel  vizio , mentre  J!  rallegrano  quando  ban» 
no  malamente  operato  > preito  fi  cangia,^ 
in  cordoglio  ; ma  quella  de’  giudi  origi- 
nandoli dalla  gioja  verace  » che  fi  gode^ 
ncll’efcrcizio  della  virtù , è femprc  durevo- 
le» ed  immortale, nè  può  fpiegarfi  » dice-a 
Gioan  Geribne , [b]  il  gaudio , ebe  Jiba  la-» 
fera  , quando  fiafi  fruttuof amente  impiega-^ 
to  il  giorno  .Dii]  ìurtìQ  pofeia  d’un  tal  ritiro’ 
s’aprirà  di  vantaggio  la  mente  per  riflettere, 
forra  la  dottrina  di  Grido  , e per  efaminare-» 
la  difuguaglianza , che  po.(Ta  edere  tra  l’ani- 
ma » ed  il  filo  efemplare  , che  è Iddio  medefi- 
mo  » colà  , che  nel  Mondo  fanno  sì  pochi , e 
ne  verrà  una  brama  ardente  d’immitarlo  » 
forgendone  pofeia  nel  cuore  quel  gaudio , 
che  ha  ogni  limile  nell*  unifbrmarfì  al  fuo li- 
mile . Nè  quedo  ricerca  Un  tempo  sì  lungo* 
che  deggia  rhuomo  abbandonare  ogni  altrn 
pratica  neceflaria  al  viver  civile -,  o politi- 
co» o d’economico  » badando  qualche  parti- 
ci a ^ cella 


Vtpv,  (b) /.  I.  c,  2 j.  V.  Il» 


r 


\ 


/ 


«élla  del  giorno  per  rientrare  in  fe  fteflb  dav-i 
rero , e profondarfi  nella  conlìderazione  di 
quelle  malfime , e non  ingolfarli  pofcia  nelle 
cofc  elleriori  in  tal  guifa , che  perda  affatto 
d’occhio  la  , riva , ed  il  Porto  delle  interne-! 
confolazioni. 

•IV.  Da  quello Ibvranoillullramento  vie. 
ne  l’anima  ad  accenderli  in  una  carità- pih  vi. 
vaoe  alla  terza  via, che  unitiva  chiama, 
perchè  unifce , lega , e llringe  al  Creatore.* 

Ja  creatura  con  un  dólce  nodo  inefplicabile 
di  reciproca  tenerezza  . Quella  fortuna  aver 
non  fi  puote  certamente  nello  llrepito  della 
moltitudine , poiché  in  quella  guila , che  dal 
contrailo  de’  venti  s’  ammorza  la  fiaccola, 
cosi  fra  i rumori  del  Secolo  malamente  pu6 
confervarfi  viva  la.fiamma  del  fanto  amore, 
e però  è configlio  del  grande  Agollino  : [al 
le  creature  ,fe  vuoi pojjedere  il  Crea»  ' 
toro  . Quello  peròdcbbeintenderfi  di  quelle 
anime  ,cho  fono  ancora  full’incominciamen- 
to  di  quella  llrada , e piò  non  hanno  , che  un‘ 
defidcrio  tenue  , e vagante  d’amar  Dio  dav- 
vero'; poiché  in  quelle , nelle  quali  arde  già 
accefo  il  fuoco  amabile  della  Carità,  non  folo 
non  è folito  ad  ammorzarli , ma  crefce  ànco- 
ra Ibvente  negli  efercizjmedefimi  delle  efler- 
nc  operazioni , come  appunto  vediamo  negli 

in- 


I 

(a)  hMp.  i 


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mcendj  ,che  s^accrefcono  bene  fpeflb  per  laj 
fiiria  di  molti  venti  contrarj.  Attorniato, 
che  farà  per  tanto  lo  fpirito  da  quelle  vam- 
pe d’amor  Divinò  potrà  fìcuramente  accu- 
dire agli  affari  ancora  del  Secolo  lenza  tema, 
che  moleftate,  o diminuite  elle  vengano  dal 
rumore  di  lui , come  per  tacer  di  tànt'altri  fi 
vide  in  un  Filippo  il  Neri , che  effendò  tutto 
giorno  in  mezzo  alla  calca  degli  huòmini  vi- 
vea  mai  Tempre  unito  ftrettamente  al  fuo 
Dio , cd  anzi , che  riceverne  alcun  fvantag- 
gio  , ne  tirò  in  ogni  tempo  un’accrefci mento 
mirabile  di  cognizione , e d’amore  . Nè  io  di- 
co già  quello  per  obbligare  gli  huomini  di 
Mondo  ad  una  perfezione , chC’  febbene  da^ 
tutti  immitabile , perchè  difcretillìma , pure 
fembrar  potrebbe  a taluno  troppo  fublime, 
c fuperiore  di  troppo  alla  mifera  condizione 
dell’umana  fiacchezza.  La  rammento  io  folo 
perchè  lì  veggia  ad  evidenza , efie  anche  nel 
Secolo  può  viver  fanimia  unita  foavemente 
al  fuo  Dio  fenza  che  le  cure , o pubbliche , o 
private  la  dillolgano  , o la  ritirin  da  lui. 
Quanta  fia  poi  la  dolcezza , che  in  battendo 
una  tal  via  fente  lo  fpirito,  quegli  potrebboa 
dirlo , che  felicemente  ne  godono , fe  pure-» 
ancora  ad  efld  riufeir  potelfe , mentre  parlan- 
do il  Salmilla  delle  anime  unite  a Dio  dilTe, 
£«]  che  hanno  il  gaudio  nelle  fauet  ; come.^ 

A a 4 rin-, 


T/al,  14^. 


I 


* 


37^ 

rmrct*rato  » e fìfti'etto  pef  la  gran  forzai  ^ ed 
ampiezza  di  cfTo  * onde  fpiegar  non  lo  po{To« 
no.Noi  però  ccrcherem  divilarlo  in  una  Con- 
jettura  fondaCa  fulla  ragion  (ìiolbfìca , la  qua* 
le  pure  è infallibile . Due  fono  le  fpezie  della 
vera  allegrezza,  una , che  nafee  dal  confegui* 
mento  del  Bene , e h chiama  giocondità;- l’al* 
tra , che  viene  dal  poilcdimento  di  lui , e di* 
lettazione  s*  appella  « Parlandoli  pofeia  del 
fornaio  Bene , che  è Iddio , fomma  altresì 
conviene  ,che  fta  Tallegrezza  dell’aniina  nel 
confeguirlo  per  mezzo  della  Tua  Grazia,  e nel 
poltedcrlo , ed  unirli  a lui  col  dolce  vincolo 
delfamore , comprendendo,  che  ha  rinvenu* 
to  pur  una  volta , e che  pofliede  quanto  può 
rinvenirft,  e polTedere  di  buono , di  beilo , di 
vero-i  di  permanente,  e d’amabile<Fò  sì  gran* 
de  nell’anima  d’Agolìino  già  penitente  là  lo* 
danza  di  quello  gaudio , che  aitna  lòia  cofa.* 
rammaricavàli , e vivevano  come  inconfola* 
bile , cioè  del  tempo , che  perduto  egli  aveva 
innanzi  non  amando  il  fuo  Dio  » e perciò 
fpelTb  dolente  efclamava  : (^al  tardi  *01  ha 
amato, 0 Bellezza  antica  tantoì  Si,tardi  •vi  ho 
amato  ! Lo  lìefTo  gran  Dottore  fortilica  mag* 
giormento  quella  ragione  rilevando  l*impe- 
rizia’di  molti  nel  cercare  la  vera  allegrezza: 
non  tatti, ìhj  egli  dice, ricercano  il  gaudio  do* 


fa]  Ser.  di  SS.  P/ah  7*, 


* 


DIgilized  by 


9e  htfognà  èercarh . Ed  lavctó  quinti  s’affa-», 
ticanp  indarno  per  iftabilire  nel  Mondo  la^ 
Contentezza  loro  » trovandoli  mai  fcnipre_i 
interiormente  piìi  confali  > e turbati  ! Se  mal 
gli  riefce  di  rinvenirne  alcun  poco  é lA  paf« 
iàggicro  il  faggio  di  lei  > e sì  jiicnticore  « che 
o manca  ben  torto  in  fe  medefimo , ed  ingan- 


fce  dal  cuore  di  chi  finge  goderne  per  non^. 
confelfarfi  da.  lei  deMo  i ejjetfdo  i fecondo  il 
S.  Giobbe , [b'\  a gaffa  d^att  punto  la  gtoeon- 
dità  dell' Ipocrita , Riflettendo  il  fottilifiìmo 
S.  Bernardo  fovra  le  parole  del  Profeta^Rea- 
le  , (c)  dove  dice  rivolto  a Dio  ; tu  mi  de/li 
allegrezza,  nel  cuore;,  meglio  ci  fcuopre  la_< 
verità  di  quello , che  a ndiam  dicendo  < Offer» 
va  egli  ♦che  l’allegrezza  dividefi  in  altre  due 
forti  diverfe  , una  effendo  allegrezza  del  cuo- 
re , e l’altra  degli  occhi.  Quella  pertanto, 
che  abbiamo  nelle  eftsriori  co’fe  ♦ e caduche 
del  Secolo , è folamente  allegrezza  dell’  oc- 
,chio»cbe  ne’ V a rj  Oggetti  fi  va  dilettando, 
fenza  che  per  una  Ibmigliante  Utfttìga  fi  ralle- 
gri veramente  lo  Spirito  ; quella  pol'cia  > eh® 
dall’interna  unione  con  Dio  deriva  , dee  dirli 
allegrezza  vera,  c ffabBe , perchè  à' tutta  del 

cuo- 


1&2  hP/al^ilh^  «ap.iciia 


I 


ctiore ..  E che  ciò  (la  così  ricavar  fi  puote  dal« 
la  ragione  ancor  Teologica  , mentre  effondo 
Iddio  infallibile  nelle  fue  promefle  non  può 
mancare  di  tener  la  parola  , che  ha  data  a 
cìafche*duno  per  bocca  del  fuo  Salmifta  ; (a) 
dilettati  nel  Signore , ed  egli  appagherà  Ic^ 
richìejìe  del  tuo  cuore.  Maxima  farà  dunque.» 
l’allegrezza  di  quello  Spirito»  che  unito  vi- 
vendo a Dio  veggia  coniolate  ficuramente  le 
fue  brame, nè  delula  alcuna  mai  di  quelle  fpc- 
ranze , che  nella  bontà  di  lui  ha  gettate . Per 
ftringere  tutto  in  poco  balìa  Ibi  dire, che  que- 
llo vivere  unito  a Dio  contiene  in  (e  tutto  il 
buono  di  qualunque  altro  ',  che  Icier  lì  poifa» 
e niun  male  di  que’  tanti , che  in  cialcheduna 
altra  maniera  di  vivere  lì  ritrovano . Così 
conchiufe  un  certo  Romano  per  follencre  la 
gloria  della  Tua  Patria  al  di  fovra  d’ogni  altro 
paefe  nel Jitigio  inforto  con  tre  Itioi  amici 
di  Città  differenti  ,c  delle  più  vaghe  d’Italia; 
losht  dilTe , quejìo  dì  certo  , che  in  Roma  fi 
trova  tutto  il  buono  y ed  il  bello  delle  altrt^ 
Città  , e nulla  di  quel  cattivo  , che  ìn^ 
■effe  può  notarfi . Da  quello  addunque  » che.» 
pure  è poco  in  riguardo  ai  moltillìmo  » che 
It  lafcia , per  non  ufeire  da’  ^rmini  di  quan- 
to può  praticarfì  dalle  perlbne  ancor  fecola- 
ri  » ben  raccoglier,  fì  puote , che  eftrcma  fia_i 

la 


•ta] 


DIgilized 


la  giocondità  di  converfare  con  Dio,  Ja  quale 
propofia  abbiamo  all’huom  faggio  in  quello 
Capo  per  non  defraudarlo  d'un  bene , che_j 
tanto  a lui  nel  Mondo  quanto  alle  anime  pii'i 
ritirate  può  elTer  comune.  Soggiugnerò  qui 
per  ultimo  alcuni  mezzi , per  i quali  farà  fa- 
cile all’anima  a confcrvarfi  in  quella  felice 
Unione  con  Dio , quando  già  l’abbia  fatta  ; o 
pervenirvi,^  quando  ella  voglia  . 

V.  E’  certo,  che  non  potendoli  da. ve- 
runo paflfare  ordinariamente  nelle  materie 
Mofali  da  ellremo  ad  diremo  , bifogna,  che 
l’anima  vada  palfo  a palTo  accoftandofi  a Dio, 
e da  quel  foramo  raffreddamento , nel  quale 
potefiV  trovarli  a cagione  delle  tante  lufm- 
ghc  , che  nel  Mondo  la-ritirano  dal  vero  Be- 
ne, fi  vaglia  come  d’alcuni  gradi  per  giugne- 
■ re  a poco  a poco  a quell’ardenza  di  carità, 
che  a lui  debbe  unirla  in, quella  vita  ,.pcr  ri- 
manervi pofeia  più  felicemente  unita  in  eter- 
no . Tutti  i SS.  Padri , ed  i Maellri  di'  Spirito, 
hanno  fempre  infegnato.  cheTcfercizio  delle’ 
virtudi  è qu.ella  fcala  appunto,  per  cui  di  gra-  ' 
dino  in  gradino  fi  perviene  ad  una  s'i  giocon- 
da, e s\  perfetta  felicità  . La  Ibllanza  poi  del- 
le fatile  virtudi  non  potrà  mai  fiorire  nell' 
anima  , che  non  le  và  coltivando  per  mezzo 
della  pratica,  mentre  dalla  frequenza  degli 
atti  formandoli  1*  abito  di  effe  , mai  non_» 
s’acquilleranno  fenza  imprenderne  giornal- 
mente l’efercizio  d’àlcuna. 


3*0 

©e/  modo  di  Converfare  cò«  altri  finta 
. interrompere  la  Converfazione 

tonDio» 

CAPO  XKIV. 

• « 

t<  A Vendo  io  Tempre  in  mente  di  parlar» 
in  quedò  libro  con  quelle  perfone» 
che  eli'eado  nel  Mondo  hanno  pur  anche  ne> 
ceilìtà  di  trattar  ' fpelTo  con  gli  altri , non  ho 
voluto  lardare  di  porger  qui  ancora  la  rego- 
Ja  d’unire  alla  convenienza  del  civile  confort» 
zio  la  Contino  va  converfazipne  conDio.Sem* 
bra  quella  a prima  fronte  una  fpezie  di  Para» 
dolTo  » che  polfa  l’huorao  trattar  coll*  altro 
buomo  di  giorno  in  giorno  > e viver  Tempre 
nel  tempo  medefimo  unito  a Dio  col  cuore. 
Oltre  però  aireflerfì  veduto  in  molti  Santi  d* 
altilTima  perfezióne , come  in  un  PrecurTore 
di  (grillo  palTato  dalla  Iblitudine  alle  Corti»  in 
tutti  gli  Apolloli  > ed  ìn'S.  Paolo  Tpezialmen» 
te»  e ne’ tempi  noftri  ancora  in  tanti  altri 
£roi  » i quali  tutti  l’adempierono  a meravi» 
glia  : può  l’huomo  ancora  men  perfetto  > ma 
d’indole  buona, e defidcrolb  di  viver  con.» 
rettitudine  prefcrivcre  a Te  medefimo  tali 
Conbai,  fuor  di  cui  non  trafcorrendo  lo  pra» 
tichcrà  egli  pure  con  ugual  piacere , ed  age» 
volezza . Già  non  fi  è mai  qui  contefb  , che_j 

l’ufo  dj  Converfare  con  altri  non  fia  fbllan- 

» -■  - - ^ « 


afalmente  buono  » e fpeflb  ancor  profìtte/o»' 
le  «onde  viene  per  confeguenza,  che  baiU 
non  abùlarne , per  potere  anche  in  mezzo 
di  lui  confervare  intatto  il  candore  della  vir- 
th  > converfàndo  così  nel  tempo  flelTo , e con 
gli  huomini , e con  Dio . Quando  ciò  riufeir 
nonpotefle  bilbgnérebbe  indur  ciarchcduho 
a far  vita  da  folitario , e torrebbed  ogni  Ibr- 
ta  d'umano  conlbrzio  contra  le  làggie  difpo* 
ftzioni  della  Provvidenza  divina , che  l’ha  or* 
dinato  al  vantaggio , e confervamento  delP 
Univerfo  . Infatti  il  Redentore  trovandofi  in 
cala  delle  due  Sorelle.di  Maddalo  non  mofirò  ' 
minore  affetto  per  Marta,  la  quale  occupa- 
vali  nell''  faccende,  e negli  affari  di  caia,  che 
per  Maddalena , la  quale  flava  al  Tuo  pi&  con- 
templando . £i  riprefe  la  prima  bensì , noa^ 
però  per  l’impiego  ederiore , in  cui  s’eferci- 
tava , figurando  in  effa  la  vita  attiva , ma  pel 
troppo  affannamento , che  ne  moftrava  nell* 
inquictarfene  : del  rimanente  atteda  S.  Ago-  _ 
nino,  («>  che  : ammendne  furono  unite  a Dioi 
ammendue  in  quefla  mortai  carne  a Dio  con- 
cordemente fervirono.  Il  punto  addunquedi; 
nel  moli  rare , che  non  fià  queda  cofa  per  ve- 
runo difficile , perchè  la  perfbna  di  mondo 
pigliandola  in  diffidenza  non  abbia  a ritirar- 
fene  , e darle  qui  i mezzi  opportuni  per 


C»!!  Str,  z6,  de  Verb,  Dom. 


/ 


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f 


jS* 

efeguirlàsfcliceinente  fra  i ruinori  benanche 
del  Secolo . 

II.  Il  primo  per  tanto  di  quell  i mezzi  fa*  ^ 
rà  l’aver  Tempre  l’huoino  di  l’enno  prcfente. 
alla  memoria  la  gran  verità , che  Iddio  lo  ve* 
de  y edoirervu  non  foloa  minuto  le  procedu- 
re elleriori  di  lui , oltre  alle  quali  non  eden, 
deli  l’um'an  guardo , ma  quelle  ancora  > che 
fono  pili  occulte,  e pihracchiufe  nella  fegre- 
tezza  impenetrabile  del  penfiero . ■Quello  ri- 
flelTo  ebbe  forza  di  perfuadere  la  compodez- 
za  de’  codumi  per  duo  a i Gentili , e lalcian- 
done  i molti  efempj , che  addur  fi  potrebbo- 
no  , balla  quello , che  fra  le  IlelTe  amenità  , e 
fralcheric  cantò  pur  lériamentc  Ovidio  : CQ 
Pà , che  fia  il  viver  tuo  fetìjpre  ìnnocentey 
Poiché  per  tutto  é il  grande  Iddìo  pr  e f ente. 
Un’huomo  ,che  viva  con  una  tal  mailìma  in 
mente  , non  trafeorrerà  certo  mai  in  alcuna 
cofa  ,.che  da  riprendbile , efapendo  elTervi 
ùn  Giudice  vigilante  , che  la  nota  , e l’apppn- 
ta  per  chiederne  conto  a fuo  tempo  , averi 
Tempre  per  quedo  mededmo  un  gran  riflelTo 
, per  non  renderfi  reo.  Egli  è manifedo,  che  1% 
loia  prefenza  degli  huomini  tiene  chiede  fìafà 
in  contegno  per  non  operar  male  allo  ico-> 
perto-,  onde  molti  ,o  fono , o per  lo  'men  pa— . 
jon  buoni,  perchè  la  verecondia,  ed  il  rilpec.. 
to  contende  loro  di  fecondar  le  paliioni  do« 
" ve, 

fa)  de  tArt. 


/ 


7 


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ve , e come  vorrebbonó  ; Se  dunque  farà  vi- 
va la  fede  non  averaflì  certamente  men  di  ri- 
guardo per  la  prefenza  di  Dio , che  per  quel- 
la degli  huomini , e (ària  ben  perverfo  colui, 
che  non  ammettendo  vifibilmente  la  colpa, 
per  non  Ibggiacere  alFaltrui  cenfura  , le  ac- 
confentilTe  col  cuore  nulla  temendo  il  giudi- 
zio di  Dio  , avanti  di  cui  col  folo  interno  ac- 
confentimento  già  l’averebbe  commeOa.  lo 
oflervo  di  più , che  tutti  i peccati  fono  foftan- 
zialmente  male  creanze,  alle  quali  repugna 
Tempre  la  ragione,  la  convenienza , e la  civil- 
tà . Per  quello  ognuno , o per  lo  meno  i più 
civili , fi  vergognano  d’effere  pai efem ente-.» 
cattivi  , perchè  temono  di  comparire  mal 
cofiumati , ed  incivili  apprelTo  degli  altri. 
Quello  Ibló  motivo  di  Ikvia , e civile  collu- 
matezza  , ballò  a far  degli  Eroi  nel  Paganefi- 
tno , i quali  feavclTero  avuto  il  lume  della.- 
Fede  per  dar  inerito  alle  proprie  azioni , ed 
indirizzarle  all’ultimo  fine  della  vera  virtù, 
farebbono  Santi . Che  pefo  dunque  aver  deb- 
bo un  tal  penfiero  unito  al  raggio  di  Tanta., 
Fede  nelle  perlbne  cattoliche  per  far  sì , che 
più  temano  d’elTcr , peccando , incivili  con 
Dio  , il  quale  merita  da  chiunque  il  conolce 
Un’infinita  riverenza  ? Pure  l’u, nana  malizia 
è giunta  a vincere  in  molti  un  sì  giudo  riflef- 
fb  inducendogli  ad  efier  cattivi  tutta  volta, 
che  non  fi  veggia  dal  ìAonào  y ed  è appunto 
quejlay  efclama  San  Giovanni  Grilòllomo, 


« 


‘ .384 

f ai  rorl^ìae  di  tatti  i mali , ché  ftèj;ti  affitti 
feeeamìmff  mtt  temiamo  gli  occhi  di  Die» 
ma  quegli fole  degli  huomhl.  La  Perlbna  pe- 
rò, che  punto  abbia  d’accorgimento , e di 
prudenza, fi  riderà  d’un  rifng'o sì  debile, e 
8Ì  vaito  , che  liberandola  per  poco  tempo  dal 
rimprovero  degli  huomini  (àvj  la  rende  rea 
pre^o  l’Altiifimo  colla' certezza  d’avere  an- 
etie  una  volta  a i'entire  la  gran  confufìone_« 
di  quella  colpa  , che  adeflb  ricuopre , accre- 
iciuta-  poi  dall’aggravio  d'aver  ella  voluto 
ingannar  gli  altri  coll’apparenza  d’una  bu- 
giarda modeftia , Peccarono  i noftri  Proge- 
nitori nel  Paradiib  delle  delizie  forfè  per 
quello  iblo, perchè  non  rifletterono,cheLj 
Iddio  gli  vedefie  ,e  ciò  fi  riconobbe , quando 
commeflà  la  colpa  a tutto  il  Gener  noftro  sì 
grave,  cercarono  di  nafeonderfi  agli  occhi  del 
Giudice , che  venne  ben  toilo  à chiederne.» 
Conto,  Meglio  l’ averebbono  intela  ad  occul- 
tarli quando  l’ ingannevol  Serpente  fece  loro 
Pindegna  propofia  di  violare  il  gran  divie- 
to , ulàndo  ogni  sforzo  per  chiuder  l’orec- 
éhio  ad  una  infìnuazione  sì  detcilabile , cke 
fiiggire  inutilniente  quella  coudanna,la  qua« 
le  venendo  loro  da  un  Tribunale  Ibvrano  era 
inevitabile  ; Felice  farà  pertanto  chi  non  la- 
feiandofi  acciecar  di  maniera  dalla  pafiione» 

che 

I 

(a)  jtd  Gr. 


V 


che  venga  a (cordarli  della  Divina  prefenza» 
■fe  ne  prevàlcrà  come  d’un  forte  feudo  centra 
gli  fcaltri  alTalimenti  dell’Infernale  Nimico* 
e memore  * che  veglia  inftancabile  fovra  di 
lui  l’occhio  di  Dio , non  ardirà  mai  di  far  co> 
fa , che  polTa  meritargliene  l’ indignazione. 
Potrà  egli  trovarfi  allora  per  tutto  con  ficu- 
rezza , trattare  con  tutti , mai  non  mancan- 
do a veruna  delle  civili  convenienze , mentre 
fervendogli  un  tal  penderò  di  guardia , e di 
Cu(lodia  *farà  ficurodi  non  nfeire  da’ più  ri- 
gorofì  confini  della  modedia . Sieno  pure  pe- 
rigliofì  gli  oggetti  * lubriche -le  occafìoni', 
frequenti  i lacci*  l’anima  fifTa  nella  gran  maf- 
lima  d’effer  Tempre  veduta  da  Dio  averà  in_, 
efla  un’ajuto  si  gagliardo  per  reggerli , che_> 
ripeterà  a fe  medefima  con  S.  Bernardo  : Ca) 
petea  dove  tu  non  f appio  ejfere  Iddio  ; che  è 
quanto  dire  , pecca  pure  fe  hai  cuore  di  farlo 
lòtto  gli  occhi  di  quel  Giudice , che  lieeomeL.* 
fempre  ti  vede , così  può  ogni  volta , che 
voglia  * punirti . Nè  quella  cola  è tanto  diffi- 
cile ,che  non  polTa  efeguirli  da  tutti  con  po- 
chiffima  pena , mentre  nulla  più  colla , che_» 
udire  le  voci  interne  * le  quali  mai  non  man-- 
cano  d’awertirci  di  ciò,  che  efler  puote  o in- 
giudo  * o nocevole  . Iddio  non  lalcia  mai  di 
parlare  al  cuore  d’ognuno*perchò  egli  in  noi* 

B b e noi 


vivejfdt  c.  29, 


•e  nona  lui  eifcnilo  Tempre  > fecondo  tl  detto 
deil^^Aportolo: [a}/»  /ut  viviamo, tu  lui  ci  ' 
pioviamo , ed  ift  lui  Jìamo  i Egli , come  Padre 
amorolò , non  traJafeia  mai  di  fare  il  poiTibi- 
le  per  non  perderci , e c’ammonifce , quando 
bifogna,  perchè  noti  abbiam  da  fcoHarcene. 

''  Così  al  l'uo  Lucilio  fcriveva  ancor  Seneca^ 
perfuadendolo  a non  rigettar  mai  le  voci  in- 
teriori , che  fono  il  linguaggio  piu  proprio 
di  Dio:[é  ; egli  è a te  vici»o,e  teeo,  è dentro  di 
te  ; t) , dico  , ò Lucilio , dentro  di  noi  abitai 
un  /agro  fpirito  delle  nojìre  o buone , o cat- 
tive operazioni  ojjervatore , e cujlode . Que- 
llo riHcflb  ancora  cagionerà  nell’huóm  (àvio 
un  prudente,  ed  util  timore  d’oifenderc  il  filo 
Dio  , che  Tempre  lo  vede , poiché  fe  è delit- 
to il  farlo , quando  ancora  a ciò  non  il  peni!, 
lo  farà  doppiamente , quando  fi  faccia  pen-  ìj 
fandovi;  e chi  a ciò  riflette  non  vorrà  mai , 6 I 
più  difficilmente  per  Io  meno  s’indurrà  a vo- 
ler difguflarlo  con  quella  graviifima  circo- 
danza  di  iàper  beniflìmo  d’elTer  da  lui  vedu- 
to . £ra  inconiblahile  il  Penitente  di  Palelli- 
na  per  la  gravezza  del  fuo  peccato , e riflette 
si  Pier  Grifologo  , che  ciò  in  lui  derivava.» 
dall’amaro  cordoglio  nel  Ibvvcnirfi  d’aver 
potuto  prevaricare  (otto  glir>cchi-del  fuo 
Signore  : /ente  Davide , egli  dice  qual 

/ce/c- 


[a]  17.  [b]  Ep.  41.  [cl] 


\ 


DIgItized  by 


r?^7 

JceleY aggine  Jta  il  peccare  nel  cof petto  mede- 
fimo  d'eli’  Alt ijjìmo  , e però  efclama  ; a te  fola 
. ho  peccato , ed  hofattj  male  alla  tua  prefen^ 
za!  Tanto  è poi  agevole  il  tener  vivo  in  nienr 
te  quello  penfiero,  quanto  lo  è il  mirar  quel- 
le cofe,  che  ci  cadono  Tempre  lotto  dell’ocr 
.chioi  le  quali  tutte  fìccome  ci  ricordano  la^ 
fomma  liberalità  del  Signore,  che  di  tante  , e 
sì  palefi  grazie  c’ha  ricolmato , così  ancora 
pofìbno  ricordarcene  la  prefenza  . £’  quello 
un  preziofb  infegiiamento,  efoavillìmo  iri- 
,fìeme  di  S.  Bernardo , che  fu  fempre<  intelb  a 
feoprir  la  Divina  benelìcenza , ed  a trovar  le 
maniere  d’elàltarla , e di  benedirla;  (fl;y?cco* 
me, così  egli  lerilTe  ai  Monaci  mirabilmen- 
te , non  v’e  momento  , nel  quale  non  goditi 
l'buomo  della  bontà  di  Dio  : coiì  nìun  mo-> 
mento  debbe  ejfervi , nel  quale  egli  non  ab-^ 
hi  a alla  memoria  prejente  ilfuoDìo. 

111.  Perchè  però  ciò  fucceda  ancor  piò 
felicemente  proccuri  la  perfona  fecolarc  d’ 
aver  Tempre  Dio  nei  cuore,  che  farà  il  fecon- 
do mezzo  per  poter  converTare  con  gli  altri, 
Tenza  partirfi  dalla  celelle  Converlàzione. 
Aver  Dio  nel  cuore  è una  coTa  alTai  differen- 
te dall’averlo  Tempre  in  memoria,  perchè 
quello  può  talvolta  originarti  dal  timore 
di  Tua  giullizia,e  quello  Tempre  naTce  dair 

B b 2 amo- 

• \ 


m 


(a)  In  Spéc.  Monach. 


» 


T 


I 


■ j88 

•more  della  (ìia  bontà.  Il  timor  del  ^(ligOf 
benché  fìa  falutevole , éd  inculcato  alPanima 
da’SS.Padri,  e da  Dio  medelìmo , è però  ferai» 
prc  uno  flimolo  piìi  fervile , cd  imperfetto» 
aahbracciarfì  colla  virth , la  quale  (ovcnte-« 
non  piace  per  altro  » fe  non  perchè  non  può 
piacere  fenza  pericolo  » e fenza  danno  «il  Tuo 
contrario  : onde  cantò  il  Poeta  ; 

* 

pecca  P empio  per  timor  di  pena. 

‘JL’amore  polcia  è un  dolce  vincolo , per  cui 
onitillrettamentc[inrieme  due  cuoritfì  riguar- 
dano con  una  gelosìa  sì  delicata  ,che  ad  uno 
mai  non  permetterebbe  i'òffendcr  l'altro» 
quand'  anche  poteffe  farlo  impunemente»  ' 
nè  alcun  motivo  o di  timore , o di  fperanza^ 
arerebbe  mai  fòrza  di  perfuader  loro  l'infe- 
deltà . E'  quello  quel  piò  nobile  » e più  poi-  j 
fentc  motivo , per  cui  fi  riguardano  da  ogni 
. neo  di  colpa  gli  amici  di  DiojC  quelle  anime» 
che  di  vera  bontà  ricche  fono  » e per 
fii  dettò: 

Per  amor  di  Ofirtate  il  buo»  non  pecca  r 

Potrà  per  tanto  meglio  di  fe  fìdarii  quellaJ 
perfbna,  che  pratichi  efteriormente  con  tut-  ^ 
ti , avendo  Tempre  Dio  nel  cuore,,  poiché  ' 

amandolo  con  tenerezza  , fi  troverà  ancor 

^ « . 

piò  forte  per  non  indurli  giammai  a rompe- 

f c 


te  i propofui  della  fua  Fede  : quefio , fcriffeJ 
Piatone , è bea  eerto , che  aiua  male puÒ 
mai  accadere  all*  huomo  dabbene . Tanto  io 
non  vò  dire,  poiché  infegnato.  ne  ha  Iddio 
ftelTq , che  una  tale  certezza  aver  non  fi  puo« 
te  fra  le  tempefie  di  quello  fccolo  inganna* 
tqre,  e che  c Tempre  miglior  colà  il  temeroj 
di  quegli  inciampi,  che  ci  Hanno  tutto  gior- 
no frappiede  ; ma  dirò  bene , che  amandoli 
Dio  davvero , e non  lafciando  mai , che  egli 
parta  dal  cuore,  farà  piò  difficile , che  uno  a* 
ì induca  ad  offenderlo  per  grandi,  e lufìnghie*. 
ri , che  fieno  i tentativi  per  farlo . Vediamo 
Guanto  può  ì*  amicizia  tra  gli  huomini  quan«. 
do  ella  e vera , e fondata  fulfe  bafi  della  vir- 
tù , c fe  ne  Icorgono  prove  sì  nobili , e lira- 
vaganti,  che  fembrerebbon  prodigi  le  l' ulb,. 
c la  frequenza  non  le  rendelfero  meno  mira- 
bili • Potrebbono  fenza  dubbio  ad  un  amico, 
fe  è leale,  prometterli  tutti  i telòri  del  Mon- 
do, che  mai  certamente  non  picgherebbefi  a 
far  cofa,  che  oltraggiar  potefle , o in  alcuna 
maniera  affliggere  l'altro  amico  ; ne  manca- 
no efempj  di  chi  ha  fcelto  anzi  la  morte,  che 
P infamia  di  rompere  una  tal  fede . Se  l'amo- 
re addunqne  tra  gli  huomini  è d’ una  tempe- 
ra sì  robulla,  ed  infupcrabile , quantunque^ 
non  ecceda  egli  punto  l’ effere  d’una  quali- 

fi  b j tà  . 


U ^olog^ 


..  ^ 


I 


V 


% 


tà  naturale , di  qual  Ibvraflino  carattere  fa-- 
rà  egli  poi  derivando  dall*  abito  della  òarità« 
che  è una  perfezione  Ibvranaturale  t ed  iri_.' 
tutto  colefte  ? Legato',  che  fia  a Dio  1*  huo'» 
mo  con  quello  nodoamorolb,  che  ben  può 
ferfi  , confermandolo  anche  Seneca  : [ajtra 

gli  buomìttì  buotiii  è DiOyVi  è amicìzia  coaci’- 
glìata  dalla  virtà  : io  non  sò  figurarmi  qua- 
le allettamento  aver  polfano  mai  le  terrene 
cofe  per  difcioglierc  un  legame  si  tenero  in- 
fiemé , e si  forte . La  Spola  de  i fagri  Cantici 
perduto  avendo  il  fuo  diletto,  che  pure  ama- 
•va  finceramente  , fe  ne  giva  per  le  llrade , e 
per  le  piazze  fenza,  che  alcun  fpcttacoio,  al- 
cun oggetto  , alcuna  curiofità  la  divertifle_» 
punto  dal  fuo  cammino , e dice  il  Sagro  Te- 
llo, [3]  che  mai  non  ebbe  quiete,  ne  conten- 
tezza , fenon  quando  1*  ebbe  trovato  , fegnq 
IJcn  chiaro  , che  niuna  delle  elleriori  cofe.^ 
avea  forza  di  rompere  il  nodo  si  dolce  di 
quell*  amore . E’ quella  Una  milleriolà  figu- 
ra delP  anima  amante,  la  quale  avendo  fem- 
prc  in  cuòre , come  1*  unica , e piò  rilevante 
premura  il  s5moBene,a  cui  già  s’è  unita,feco 
per  mezzo  della  contemplazione  converlàn- 
do  fovente,  perocché  , al  dir  di  Marlìlio  [c^  , 

piò 
che 
va- 


a»  fdtìttjjmjo  ' congiungimento  fi  forma  ; 
non  trova  piacere,  promelTa,  vantaggio. 


,(a)  De  D^>FroV.  iSb]  Cant.i.[clJft  Porpb^ 


t 


vaglia  a dtllorla  da  lui , come  di  iè  dicea  Ite-**, 
tamente  P A portolo:  («)  chi  ci  feparerà  daHa\ 
carità  di  Crifio  ? Porto  io  bene.perciò  prò*- 
mettere  allcperfone  ancor  fecolari  una  tal. 
Scurezza  > che  franche  le  renda , e quafi  in^ 
yincibili  nei  forti  artalimenti  delle  terrene_ji. 
lufinghe  tutta  volta , che  abbiano  appr db  a.-. 
tener  Dio  nel  cuore , ed  a riguardarlo  con^' 
quella  fpezie  di  gelolìa , colla  quale  riguar>« 
dar  foglionrt  le  cofe  pib  care  . Accefa  in  erta, 
quertafìamma  di  Paradifo, tutte  làprà  con-; 
vcrtire  in  proprio  nudrimento  le  cofe  crter-. 
ne,  evenendo  neW  anima y come  voleva..; 
S.  Agoftino  , [_b']  qualche  altro  oggetto  da-»- 
amarfi  fuori  di  Dio  ,farà  colà  rapito  , dovc^ 
corre  V impeto  di  tutta  la  dilezione  inter  io  • 
re  • Così  vcdefi  avvenire  in  un  vado  incen- 
dio , dove  prefo  avendo  il  fuoco  un  gran  vi- 
gore, tutto  d’  dea  a lui  ferve  per  crefeere,  e 
6no  quelle  cofe  meddlme , che  altra  volta., 
ertinto  l'averebbono;  poiché  una  vampa, che 
arda  già  con  violenza , o non  teme , e divora 
il  fuo  contrario, o per  lo  meno  quàdo  pur  ce- 
da, a grà  fatica  s’ammorza.Ne  vi  fia  chi  ven- 
ga meno  di  cuore , e perdali  d*  animo  fìgu- 
.randofi  in  quella  dilezione  interna  una  tale.# 
dirtìcoltà , che  deggia  mettere  in  una  gran., 
pena  lofpirito , poiché  foggiugne  S.  Agofti- 

Bb  4 no 


»^a^  Rm,  8.  Cb^  /.  de  p0,  C^if^  c,  as(. 


noyquelT  amre  meàefmó  effendofdnto , pei*- 
fettone  divino:  [^a]re^d6  agevoli^  e le  fa  ^aveT 
come  un  nulla, tutte  le  cofe  pià  afpfejepià  ar- 
due.Ogni  altro  amorè'terreno  comecché  ge- 
BerolbiCoftante,ed  invjtto  nc  fembri,è  debile 
nulla  di  meno,  volubile , codardo , efe  non_* 
altro  è l'empre  inquieto  » c gravofo  ; ma  1* 
amor  verfo  Dio>perchè  ripolà  come  pietra^ 
nel  centro , in  un  oggetto  vero , buono  > cj 
perfettiilìmo  > non  ha  nè  gravezza  » nè  inco- 
Àanza , ne  inquietudine , che  recar  poffa  fa- 
ftidio  anche  minimo:  ed  il  cuore , anzi,  che_i 
pena,  ed  affanno , in  lui  la  fua  pace , la  fìia-, 
quiete, e la  fua  più  (labile  contentezza  rinvie- 
ne . Quella  è la  condizione  deli’  uman  cuo- 
re, che  non  polTa  aver  mai  nn  ripolo  vero,  e 
giocondo , le  in  lui  non  accendefi  una  fìam- 
ma  sì  pura,  e sì  amabile,  onde  pieno  di  lei  fe- 
licemente efclamava  lo  fteflbgrà  Dottore  di 
S.  Chiefà  AgofUno  ; [_bl per  te  t Signore , ci 
hai  fatti , ed  è inquieto  il  nojìro  cuore  finché 
in  te  non  fi  quieti . Sarà  quello  per  tanto  un 
mezzo  gagliardo,  agevole,  e foave  per  far  sì, 
che  la  Perfona  polTa,  volendo , non  mancare 
alle  convenienze  del  Secolo  trattando  civil- 
mente con  tutti,  fenza  interrompere  mai  là_» 
dolce  ConVerfazione  con  Dio  • 

IV*  Sidifledi  (opra  nel  Capo  Vcntefiftio» 
che  uno  dei  prefervativl  Contra  il  danno  del 

con- 

M De  lìeth^  jyom.fer, 5>*Cb]  Lfh.  i , cottfic . 


CónVefrfàf  màlamenté  è il  peniar  fpeflo  alle 
miferic  del  Mondo  ) cheadefeano  gli  animi 
incauti)  c poco  illuminati;  adelTo  io  propon** 
go  un  altro  metzo  « che  fembra  convenire.» 
Con  quello  « ma  è di  gran  luiiga  digerente,  e 
pili  efficace . Quello  è lo  Audiat'c  l’ huom.* 
favio  di  togliere  da  tutti  gli  oggetti  dilette- 
voli quel  meravigiiolb)  e quella  dirém  cosl« 
imprimitura  di  rorprèdente,che  a prima  frS* 
te  vi  trovano  con  molto  danno  coloro  > che 
ne  rimangono  pre(ì,e  legati.La  meraviglia^ 
eccedente  è Tempre  indiaio)  o di  leggerezza^ 
odi  poca  efperienza  , onde  Tuoi  elTere  primo 
principiodelThuom  civile, e culto, di  non  mo* 
ilrarii  mai  tanto  Ibrprelb  per  qualunque  gr& 
cola, in  cui  s’imbatta, che  altri  pofla  crederlo 
nato  allora  fra  gli  huomini,  e digiuno  affiattó 
. di  fomiglianti  vedute . O’  uno  di  cofloro  dilTe 
bene  un  arguto  Romano  io  vedendolo  come 
in  eftafi  di  ftupore  nell’  entrare  nella  Gallo» 
.ria  d’ un  gran  Perlònaggio  ; iao//  Per  lui  ^ 
fhef chino , fe  non  vedea  que/la  grandezza^ , 
perchè  il  mondo  gli  faria  parato  men  bello  i 
ed  auerìa  penfato  meglio  alP Eternità . Que- 
llo però)  che  in  genere  di  pulitezza e coltu- 
ra civile  è un  fcmplice  sbaglio , nella  Mora- 
le diviene  un  errore  di  confeguenza  benej 
ipeflb  affai  grande,  e lagrimevole;poichè  fo- 
‘ guendo  i 1 cuore  la  meraviglia  dell’ occhio  s^ 
inganna  a partito , a quelle  cofe  fortemente, 
attaccandoli  col  dedderio  > e coll’  affezione  « 

■ ■ thè 


ehc meno  il  meritérèbbono . S.  Paolo,  chfe 
fa  un  tngegnoib , ed  infìgne  difpregiatore-o 
del  Secolo , trovò  queda  bella  maniera  di 
prenderne  a.vile  tutti  gli  oggetti  piò  vaghi , 
e piò  mirabili  dicendo  ; tutte  le  cofe  io  le  ho 
giudicate  come  immondezza . [jJ  Non  pen* 
lava  egli:  al  danno , che  recar  polTono  i finti 
beni  del  Mondo  j alla  gran  pena , che  dee  ibfi- 
ferirli,  o per  acquidargli , o per  cudodirgli , 
alla  noja  che  apportar  fogiiono,  ottenuti  , 
che  fieno;  perche  fono  quelle  ragioni , che.» 
ammettono  del  contrailo,  e che  addur  fi  pO' 
trebbono  per  convincere  chi  nell'  opporli 
ula  dell'intelletto  . Ma  dovendofi  andar  con- 
tra  de  i fenfi,  che  cicchi  fono , e materiali , ei 
•valevafi  di  quella  fòrte  apprenfionc  fenfibile 
•di  figurarli  tutto  per  immondezza;  e fìccome 
per  fuggir  quella  non  v'  abbifogna  difcorlb, 
badando  1*  abborrìmento  della  natura , così 
guarda  vali  dalle  terrene  cofe  con  ugual  nau- 
.fea,  efenza  metterne  in  contelà  la  fuga, 
figli  ò poi  chiaridimo  ,che  avvezza  l'anima.» 
a oonverlàre  con  Dio  per  mezzo  delle  fante 
contemplazioni , le  quali  up  giorno  piò  dell' 
altro  le  ne  fcuoprono  l' Mifinita,  edincom* 
prenlibil  grandezza , molto  non  troverà  dil^ 
iicilc  con  un  Ibmigliante  confronto  a figurar* 
fi  come  immondezze  le  cofe  piò  belle , più 

avve- 


ta]  8. 


avvenenti , e più  gradite  del  Secolo  : t»Ua^ 
volta , dieea  ben  S.  Girolamo  [a]  che  Crìflo 
cominci  a parer  dolcct  ^ ttecejfario , che  ama~ 
ro  divenga  il  Mondo . Al  paragone  del  vero»' 
(bmmo,  e perfetto  Bene  cofa  può  mai  parere 
ogni  maggior  ben  della  Terra , finto , appai 
rente , e caduco  > fe  non  fc  appunto  una  colà 
da  fconvolger  lo  ftomaco,  e da  fuggirfi  ben,» 
tolto , fenza  neppur  rimirarla  ? Tanto  infei 
gnava  anche  Plotino  per  afiicurare  a i Gio- 
vani fpezialmente  l’ innocenza  del  cuore  in 
mezzo  alle  batterie  del  Mondo  : [èl  alle  fu- 
periori  cofe  convien  ricorrere, perchè  non  ca-  * 
diamo  in  qualche  fpezie  , che  abbia  delfen- 
fuale  . L’  arte  è quella  di  rcnderfi  T huomo 
beato  anche  in  terra  , non  lafciandofi  mai 
fovverchiare  danna  beatitudine, che  ricono- 
feiuta  una  volta , come  è pure , per  menzo-, 
gnera  P affliggerebbe;  c tanto  volle  inferir^ 

S.  Agoftino  dicendo,  [c]  che;  è pregioi.d’  una 
grande  felicità  il  non  ejfer  vinto  dalla  felici- 
tà . Potrà  poi  d’ una  tal  arte  fornendoli  trat- 
tar la  perfona  civilmente  con  tutti , trovarli 
in  ogni  luogo,  godere  d'  ogni  comparfa  , e_» 
non  temerne  danno  , poiché  fecondo 

r infegnamento  dell'  Apofiolo,  {^^dique- 
fio  Mondo , come  fe  non  ne  ufajfe  : non  vi 


£a3  Ser.  ij.  [b]  Ettead.%.  £c]  hPfal/^\* 
* £dl  i. Còr. 7.  * . 


/* 


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I 


farà  oggetto  s\  mefavigllolb  t c sì  dilettevo- 
le > che  abbia  forza  d*  allettarla  contra_> 
quel  vivo  conofcitnento  » ed  intimo»  che 
averà  prefo  dì  tutti  . Molti  ..girando  coll* 
occhio  per  le  varie  fpezie  ingannevoli  della 
terra , col  penfiero  flan  fermi  » Ibnnacchio- 
ti»  e melenfì  » onde  prevalendo  in  tal  cafo  16 
fìupore  della  pupilla  arriva  ad  ingannare.» 
anche  lo  fpirito  . Lungi  però  fìa  Tempre  dal- 
l’ huom  prudente  una  sì  danncvole  fonno- 
]enza»ed  ìmpari  ad  alzarfi  un  poco  fovra  f&j 
fleffo  per  poterti  ammacftrare  da  fe,  e no.rt« 
aver  Tempre  d*  uopo  di  chi  lo  guidi  in  trat- 
cia  del  vero:  imparate,  dice  S>  Agotiino»  faj 
«el  Mondo  ad  effer  fovra  del  Mondo , e fc^ 
gemete  f ottobri  pefo  del  corpo  voli  in  voi  lo 
fpirito  interiore . lucilo  tieflb  tumulto  dello 
piò  floride  adunante  può  trovar  largo  cam- 
po a i Tuoi  voli  chiunque  ha  genio  d’  alzarti 
al  di  Tovra  di  ciò  > che  fi  vede . Chi  non  mi- 
ra , che  alla  Tota  apparenza  del  gaudio , dell* 
ilarità  , del  tripudiò , in  cui  la  maggior  parte 
ti  perde , certo  ne  retierà  invaghito»  delulb  • 
e tircttamente  legato  : ma  faccia  unpicciol 
volo , e rifletta  quanti  ne  mancano  de*  Co  a- 
gregati,  e de’Vcgliatori  d' anno  in  anno  , di 
mele  in  mefe  , di  giorno  in  giorno  » interro- 
gando Te  medetimo  con  S.  Bernardo  : 
dmmt  dove  fono  gli  Amatori  del  A&ndo  • 
' i qua- 

Ca]  De  Gvit. pei  c,ii,  Cb]  Medit,  r.a. 


DIgitizecI 


9 quali  poco  iauanz*  èrÒHÓ  cott  mi  ? lAltré 
di  loro  »oa  è rìmaflo , che  cenere , ' e ver- 
mini I Nò  quefto  volo  llancherà  molto  chi 
1*  intraprenda,  poiché  per  tutto  fucccdono 
tali  cali , che  viva  Tempre  mantener  poflbno 
la  memoria  di  (bmiglianti  miferic , c fugge- 
rir  Tempre  nuova  materia  al  diTinganno  d^ 
ognuno . Rammento'mi , che  in  una  celebre 
Città  df  Italia  trovandoli  un  giovine  a dipor- 
to dilTe con  meraviglia  aduna  Donna  lag- 
già  : quefla  ì veramente  una  bella  Converfa- 
zione,  mentre  io  non  vi  capito  maìy  che  non^ 
vi  rinvenga  oggetti nnovr.  riTpoTegli  allora», 
con  Ibdezza  di  rifledione  la  Donna  : quello , 
che  a voi  fa  meravtglìay  e piacere , a me  fa^ 
terrore , mentre  confiderandola  fpejfo  cam- 
biata per  la  morte  di  molti , rifletto , che  può 
cambia  rfi ancor  per  la  mia  fema , che  io  jap  - 
pia  il  quando . Badò  al  giovine  codeda  fola 
confìdcrazionesl  vera,e  si  palpabile  per  non 
laTciard  mai  piìi  fòrprendere  dalle  novità  lu- 
iingitevoli  della  terra , ediedi  di  Tubito  ad 
una  vita  in  tutto  eTemplarc . In  queda  Tor* 
ma  lì  regoli  nell'  edimazione  delle  coTe  ede- 
riori  chi  brama  di  non  rimanervi  attaccato , 
leco  Tempre  avendo  un  vivo  raggio  di  luce  » 
che  K ajuti  a rimirarle  per  ogni  parte , ed  a», 
cavarne  fuori  quelle  circodanze,  che  le  ren- 
dono meno  ammirabili  di  quel , che  Tembra. 
no . Chi  di  notte  cammina  col  lume  Teco  ve- 
de, e fogge  Tempre  ogni  pericolo  ; ma  chi 

Tervefi 


397 


39^ 

fervori  dell’altrui , IpelTo  rimane  al  bujo  j eJ 
. cade , o sdrucciola  per  lo  meno  con  grave_f 
danno , Non  è (ìcuriiTiiTia  la  fperanza  d’illu-* 
minarfi  per  le  cofe  medefìme , che  iì  veggio'* 
no  t o per  l’ efempio  di  chi  sà  valerfene  aj 
buon  ufo  ; ma  c ben  certo , che  provveden* 
dofi  l’ huomo  d’ interna  luce  fi  reggerà  fem* 
pre  bene  , e fi  terrà  lungi  da  quelle  vane  lu- 
(ìnghc , dietro  le  quali  fi  perde  fenza  confi- 
glio  la  moltitudine  . Sfuggirà  con  un  tal 
mezzo  quella  dorata,  ma  pelante  catcna,che 
portano  al  piede  non  pochi  per  mancanza^ 
di  rìflelTione  a ciòcche  gli  dringe , della  qua- 
le così  ialciò  fcr.itto  profóndamente  Marfl- 
iio:  [a]  quejìt,  che  Jìq  contemplando  è libero , 
ma  chi,  ed  it  corpo  , e le  ejlerne  cole  curiofa- 
mente.  rimira  , ferve  al  corpo  , agii  huominì , 
e alla  fortuna . in  (umma  Faccia  lo  sforzo 
maggiore  cialcuno  per  non  ingannar  mai  fé 
medelìmo  apprendendo  in  quegli  oggetti , 
che  gli  cadono  folto  deli’  occhio  quel  buono 
quel  grandiolò,  e quel  dilettevole,  che  vera- 
mente non  hanno  : ma  vedendovi  dentro , e 
nel  midollo  pih  intimo , prima  d’ impegnar- 
vi 1’  affetto  , fi  tenga  ben  fullc  fue , e non  fi 
getti  con  tanta  agevolezza  a feconda  d’ ogni 
corrente  . Quindi  fi  rifparmierà  la  pena  d’ 
flvcrfi  una  volta  a vedere  delulò  dalle  pro- 
prie 


^a]  la  Plof. 


I 


prie  fperanze  mal  appoggiate^  e da  lina  ccrCJt 
colorita  apparenza,  che  ben  fpeflb  è la  reta-» 
de’  cuòri , a i quali  altro  per  lo  più  non  rima^^ 
ne  ,'che  un  tardo , ed  inutile  pentimento  d'^  • 
aver  volute  ad  ogni  cofto  cofe  , che  non  me^ 
ritavano  d’ clTer  neppur  riguardate -da  lun- 
gi . Cosi  avendo  l’ huom  favìo  Tempre  a vi- 
le il  fecolo  ingannatore,  che  è fecondo  Ric- 
cardo di  S.  Vittore , {a]  U primo  paffàggio  al- 
la  Virtà:  farà  ficuro  di  non  allontanarli  pun- 
to da  Dio  per  mezzo  delle  terrene  fjjezie , e 
dando  colla  perlbna  tra  gli  altri  farà  Tempre 
interiormente  unito  a Dio  col  cuore  . E’ 
quella  una  maniera  aifai  ingegnoTa  di  delu- 
dere il  Mondo  medefimo  condellrezza  , fin- 
gendoli , per  non  contravenire  alla  conve- 
nienza del  filò  partito  ma  confervandoli 
mai  Tempre  parteggiano  della  virtù  . Fu 
fcaltro  alTai  il  ritrovamento  di  Jeu  iùcceflb- 
re  d’  Acabbo  nel  l^eguo  , il  quale  Tacendo 
credere  agli  adoratori  di  Baal  di  volere  eflb 
pure  fagrificare  a quelTIdolo  , nel  piu  bello' 
gli  Tè  mettere'a  fil  di  Tpada  mandandone  in-* 
pezzi  r infame  Statua:  dice  il  Sagro  Te- 

de , [^]  facea  ciò  ìnfìdiofamente  volendo, 
mandare  in  dìjperjìone  i Coltivatori  di  Baal 
Se  all’huomo  prudente  non  riulcirà  d’ atter- 
rare col  Tuo  contegno  i vizj  altrui , per  lo 

meno 


^a^  1 i*  a.  2*  ^b^  IO* 


I 


: '40<> 

fileno  gli  verrà  fatto  con  una  tal  arte  di  te* 
nerglifempre  lontani  dal  proprio  cuore» 
mantenerli  fedele  a Dio  » non  lalciandonc  la 
dolce  Converfazione  per  la  fallace  ^ e lufìa* 
ghiera  del  Mondo . 


J 


\ 


Aot 

> 

Conclujìoné  deW  Opera . 

I.  A . Ltroquìnon  mi  rimane,  cherinno- 
XX  vare  in  primo  luogo  la  protefta  già 
fatea  lui  principio , ed  in  molti  Capi  di  qucr 
fio  Libro,  cioè  di  non  avere  io  fcritto  per  al- 
tro in  quefta  materia  , che.  per  indennùare_» 
la  coHumanza  del  civile  confbrzio  battuta^ 
forfè  con  poca  diferetezza  in  altri  fogli  vo- 
lanti , e fenza  fupporvi  mai  alcun  dilordine.» 
pofitivo  prefcrivcre  maniere  pih  proprie  d* 
evitarlo,  quando  mai  vi  nafcelìe . Di  più  ne 
pure  ho  pretefo  d’ aggiugnere  più  lume  tu 
quel  molto  , che  ne  hanno  Icritto  altri  Au- 
tori con  molta  (bdezza , ma  folo  di  far  pub- 
blico il  mio  parere,  che  tante  , e tante  volte 
m’ è flato  richiedo  Ibvra  di  ciò , e fcaricar- 
mi  apprelTo  di  Dio , e degli  huomini  in  un_. 
argomento,  che  è tanto  proprio  del  mio  Mi- 
niftero.  Per  quello  dunque , che  s*  è detto  fi- 
nora , non  può  certamente  negarfi , che  nel 
coftume  del  converfare  intervenir  non  pofla 
il  pericolo  di  qualche  abulb , quella  clTendo 
pur  troppo  la  mifera  condizione  della  no- 
llra  natura  di  convertire  fbvente  in  materia 
di  vizio  quelle  cofe  medefime , che  lodevoli 
ibno  in  fua  feflanza , o per  lo  meno  indiife- 
renti . Noè  fu  il  primo  a piantar  le  viti , ed 
a rinvenire  l’ innnocente  diletto  di  fpegner 
la  fete  col  vino;  pure  egli  ancora  fu  il  primo 

Cc . . ad 


40* 

ad  ubbriacarfcne  rendendo  sì  poca  edifiea> 
zione  a i fuoi  figliuoli,  che  per  efla  originolli 
la  rovina  di  Canaano  . [a]  Non  potrà  per- 
tanto veruno  tacciarmi  ,che  io  abbia  dubita- 
to poterfi  ancora  dalla  Converfazione  per 
altro  favia , ed  innocente  , paflare  ad  un  tra- 
viamento, che  riefea  in  fommo  dannofo  , e_# 
che  perciò  indotto  io  no  mi  fia  a fuggerirne  i 
prefer  vati  vi , perchè  lion  vi  s’ induca  giam- 
mai alcuno . Quando  potefle  ciò  condannar- 
fi  io  giudicherei  inutile  ancora,  e vana  la  me- 
dicina, poiché  eflendo  piò  Tempre  i fani , che 
non  gf  Infermi , fembrar  potrebbe  una  fpe- 
zie  d’  umor  malinconico  il  penfare  a quel 
male , che  non  è punto  comune,  funeftando 
r allegrezza  di  quei  ,che  godono  una  perfet- 
ta fallite  coll’  inveftigar  tutto  giórno  que* 
malori,  che  potrebbono  a{Talirla,e  (bttomet- 
terla  . Tanto  più  farebbe  ingiuriofo  all’in- 
nocenza de  i più  lo  Audio  de’  Moralifti , che 
vanno  fpeculando  sì  acutamente  fovra  la^ 
qualità  de*  peccati,  fuori  cavandone  le  circo- 
Àanze  più  maliziofe , e più  metafifiche , per 
indurre  fpezialmente  i Buoni  a guardarfene, 
o a faperne  ben  divifar  la  natura,  e farne  co- 
me un  efattilfima  notomia  ogni  volta , che 
vi  cadeflero  mai  per  difavventura  dell’  uma- 
na fralezza . Io  non  credo  già , che  veruno 

, di  co- 


ca) Gè».  9. 


DigKized  dy 


« 

•40? 

di  codefH  Savj , e prafondi  Scrittori  ave(ffi_» 
in  penfiero  , che  tutto  il  Mondo  fia  pieno  di 
buoni  ini  sì  perverfi,  che  peccando  con  ing^- 
gnofà  malizia  , abbiano  ridotto  ad. una  fpe- 
■zie  di  Icienza  il  peccato  .'-Ma  perchè  il  male 
potrebbe  darfi,  ed  in  tutte  quelle  di verfe, 
sì  varie  forme  , che  efli  hanno  divifato  pru- 
.dentemente , è partito  lor  neceflario  d’afle- 
gnarea  tutti  generalmente,  o il  rimedio, 
quando  (1  defle,o  il  prefervativo,  perchè  non 
il  dia  . Credo,  come  già  dilli  in  altro  luogo  , 
che  forfè  non  vi  fia  un  huomo  di  me  più  di- 
fcreto  nell’  accordare  a tutti  quello, che  efler 
puote,o  di  convenienza  , o d’ inclinazione , 
o di  Ibave  divertimento  : e mi  protefto  d’ 
aver  fatto  ancor  qualche  (ludio  particolare 
per  difendere , dentro  i termini  dei  giufto,  e 
del  ragionevole,  quanto  mai  far  fi  polfa  , laL^ 
Civile , e Crifliana  Morale  , non  contenden- 
do.a  veruno  mai  1’  ufo  di  quella  fignorile,e 
dolce  libertà , che  a tutti  per  privilegio  ha.>. 
conceduta  1’  Alti  ffinio . E’  ben  vero,  che  fic- 
eome  io  debbo  a lui  rendere  uno  ftretto  con- 
to del  dogma , fovra  di  cui  ho  fondata  la  mia 
diferetezza  ,ho  voluto  ancora  mettere  lotto 
l’ Occhio  d’ ogn’  uno  tutto  quel  male , che.» 
potrebbe  incontrarfi  nell’  abufo  della  mede- 
iìma  libertà  per  indurgli  a valerfene  con.» 
una  prudente , e moderata  riferva  . La  dol- 
cezza de’ due  famofi  Direttori  dell’animt> 
S,  Filippo  Neri , e S.  Francefeo  di  Sales  , m’ 

C c 2 ha 


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4°4 

ha  fervito  di  guida  per  fecondar  ièmpre  i 
quanto  fi  pofla,  1*  inclinazione  d’ognuno  fen- 
za  forzar  le  nature,  e render  rofpetta  lor  la., 
-virtìl  coll’  obbligargli  ad  una  maniera  di  vi- 
vere audero,  e poco  accomodato  alla  condi- 
zione , ed  alle  convenienze  di  ciafcheduno'. 
Ma  codedi  medefìmi  due  gran  Lumi  di  Santa 
Chielà  m’ hanno  poi  anche  ammaedrato 
ilabilire  ben  chiari,  ed  inpreteribilii  confini 
delia  eridiana  modedia,  ed  invigilarne  all* 
efatto  mantenimento  con  tale  premura,  che 
mai  non  ho  lalciato  d’ efagerare  il  gran  ma- 
le, che  incontrerebbefi  nel  trafcorrere  fuori 
di  tali  termini  ; e non  già  per  fuppofizione.» 
ingiuriofa,  che  altri  mai  da  per  farlo,  ma  per 
zelo  fola  mente , che  non  cada  a veruno  in_« 
penderò  dotto  qualunque  pretcdo  di  tentarlo* 
li.  Mi  veggio  ancora  in  obbligo  di  ren-  ' 
dere  la  dia  didinta  giudizia  al  nodro  fecolo  » 
il  codume  di  cui  ho  battuto  dnora  in  riguar- 
do ad  alcuni  pochi , i quali  amici  d’  ufare  di 
lor  libertà  appunto  fuor  del  condne  d’ una.* 
favta  moderatezza , pretenderebbon  di  for- 
mare come  un  nuovo  dogma  in  genere  di 
Morale . A codedi,  nè  io,  nè  chi  che  dad , cui 
prema  il  decoro  della  virth,potrà  mai  accor- 
dare un  tralcorlb,  che  fenza  contrado  è con- 
dannabile , e condannato  ancora  dallo  dello 
mondo  o pii'i  favio,  o men  cattivo . Per  altro 
non  può  negard  al  predente  fecolo  una  lode 
ben  ampia  di  cultura  in  ogni  forta  d’adorna- 
mento 


mento  affai  diflinta  j c potendo  chiamarfi  if 
rifloratore  di  molte  belle  arti  già  in  gran.» 
parte  fcadute,  od’  adulterate,  fpezialmente.*. 
dell’  Eloquenza , della  volgar  Poefìa , e della! 
iba vidima  Tofcana  lingua,  che  molto  debbo-^ 
no  alla  noflra  celebre  Arcadia  per  lo  fludio  •’ 
e premura  di  cui.  ne  è ih  tutte  le  Città  d’ Ita*. 
]ia,  e fuori  ancora  in  varie  parti  rifiorita  laj, 
gloria,cd  in  particolare  per  quel  gran  luflro*. 
che  lehan  dato  nelle  infìgni  opere  loro  i no«! 
ftri  valorofi  Compaftori , P Abbate  GioanJ- 
Mario  Crefeimbeni  Cuftode,  gli'Abbati  Mu-’ 
ratori,  Salvini,  e Cafbtti,  ed  i Marchefi  Orfi». 
cMafFei,col  feguìto  di  tanti  altri,  che  hanno 
per  le  nobili  raccolte  loro  arricchita  la  Re», 
pubblica  Letteraria, d’una  pellegriua,e  vaflifl 
Ifima  erudizione.^Così  lafciando  que’  pochi,i 
quali  dediti  ad  un  ozio  coperto  fbtto  i pretefii 
di:civiltà,edi  leggiadria,  hanno  abbandonati- 
gli lìudj,  e le.occupazioni  cavalerefchc,  noo- 
può  negarli , che  non  abbia  il  nofiro  fecole»: 
partoriti  de’  Giovani  d’ alto  fpirito , che  gli 
fanno  fperare  un  accrefeimento  lipn  ordina»/ 
rio  d’  efiimazione,  e d’ onoranza  fbvra  mol»* 
ti  de’  già  |)a(Tati . Il  guflo  altresì  nelle  co(e_a 
tutte  efinifilmb,  c ridotto  ad  una  perfezione, 
sì  grande,  che  forfè  darà  a i Poderi, che  pen-< 
fare,  non  per  avanzarla  , ma  per.  giugnerne' 
femplicemente  all’  immitazione.  Efiendo  poi 
quedoun  frutto  de’ fubli  mi  ingegni , chea»,' 
noflri  tempi  fiorifcono,è  manifefto  non  avev 

Cc  j rq- ' 


V 


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I 


40^. 

re  il  prelente -(eco lo  » che  invidiare  all’  onor. 
de’  paflati,  mentre,  corae-io  dicea , fino,  a far- 
ne-rnvidia,  ha  faputo  negli. huoraini , che  in_. 
lai  vivono,  adunare  quanto  di  bello  ,di<buo* 
no , e di  fpirUolb  animirolfi  divilb  ne’  prece* 
denti . R itnane  folo  a chi  ha  zelo  per  l’ a van* 
zamehto  della  .virtù  l’ augurare'  a quei,  eh.e_«. 
gli  forti roho un  buono. , ed  utile  traffico def- 
lor  tale  nei,- acciochc  pol7ar;umana  Repub* 
bièca  tirarnefemprevaneaggio,  e di  fortuna, 
e di  gloria',  e non  venir  mai  a fegno  di  penr 
tirfi  d’ avere  ottenute  della  membra.,  le  qua- 
li della  robu(lezzà,e  rpirito'lor  naturale  abu-, 
fandofi , (late  le  fieno , anzi  d’ aggravio-;  cKe 
d’'appoggio,  efoftentamento  gloriofo  . Pern 
ehò  ciò  non  accada  èneceflario»  che  cialche- 
' dun'o  fi  prenda-  come  a punta  d.’onore  il  proc*. 
curarc'dalcanto'luo  di  vivere  ih  guiia,  ctie_>  | 
cfTer  potefle.  egli  folo  di  qualche  ornamento 
difiinto  ài  lecolo,  in  cui  nacque.,  edavefie  la> 
fama  à commendarne  le  azioni , quando  per 
impoffibileogni  altro , che' vi  ve  faceffeeofo 
da  fèppeHrfirnella(cordanzai,-lMè  queftaiè  già 
quaJche.fp0calazione  diMetafifica,.ma  uh  fb* 
do-principio  di  pratica  , e vera  Morale-, 'pbì^ 
che  dee' prèmere  a tutti  in  particolare,  di  ren  * 
derfi  coll’ operazioni  faggie  nell’  avvenire-,»- 
degno  di  lode , quanto  premer  può  inaiali* 
linrverfalc  di  tutti  glihuomini , che  formano: 
le  .Città  , leProvincie  ,,  ed  i Regni  ;•  mentre 
fe  ciafcuno'pe’r  la  fua'parte  hoa'fbmenterà;  ia 

cuore 


1 


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, .407 

cuore  una  tale  preniura  non  potrà  mai  rlfnl- 

tarns  un  tutto  lodevole  . Tali  efler  debbo- 
no i fentimenti  dell’  huomo  civile  , onefto,e 
dabbene , o»nde  lafcib  fcritto  Platone  (a~)  per 
un  grande , ed  utililTìmo  ammacftramento  di 
tutti:  accadere  per  uh  certo  dìfordtne  della^ 
natura , che  gli  buomìni  da  poco  nulla  curi» 
no  qual  opinione  fia  per  aver  fi  di  loro  in  av-- 
venire:  ma  quegli , che  ottimi  fono , far  fem^ 
prete  cofe  tutte  inguifa  da  meritar  fi  un  buon 
nome  ne'  fecoli  futuri  appreffo  $ viventi . 
Tutti,  che  io  ben  lo  sò , avidi  Ibno  di  gloria , 
ma  non  la  ricercano  dove  fi  dcbbe,  a loro  ba- 
llando, che  alcuni  pochi , e tal  volta  un  folo  , 
o per  adulazione , o per  interefle , necom- 
mendi,  qualunque  ella  fiafi,  la  condotta:  non 
bafia  i dice  Seneca,  [b']  per  la  gloria , e per  la 
fama,  P opinione  d'  unf.lo  i Convien  gettar- 
ne per  fondamentò'un  buon  capitale  di  vera, 
e collante  virtfi,  che  preflo,o  tardi  fi  guada- 
gna P approvazione  di  .tutti , cflendo  un  fre-' 
gio  internò , proprio  , 'c  durevole  di  chi  l(L^ 
poffiedé  , e degno  per  quello  d-  una  lode  (in- 
cera, e perpetua:  fé]  nell*  huomo;  conchiud» 
Io  ftelTo  filolbfo  , dee  lodarfi ciò  ; che  è fùo  i 
Egli  hàuna  bella  famiglia,  una  bella  cafctj  : 
molto  feinìnà,  molto  raccòglie,  molto  mércan- 
teggiaì  Niuna  di  quéfie  còfe  ì in  luì,  ma  tut- 
- ' ‘ ■ Cc"  '4.  ■ te' 


^zyEpcz,  fb]  Fp.  io8.  [c]  Fp.  41 


I • • 


c 


tc  ìntoYTiù  (t  lut  i lodu  itt\  cffò  Ciò  i che  ffoftpu^ 

torfi^ne  darfi . ; . . . ^ . 

111.  Per  ultimo  compilando  quel  molto^ 
che  finora  difFufamente  s*  è detto  per  tratta- 
re, come  doveva!! , una  materia  di  tantó,  pe- 
fp,,confidcri  il  Giovine  , e V huomo  ancora.^. 
prudente,che  qui  non  fi. è pretefo  di  condan- 
nare f uiò  della  Cònverfazionei  e fempre  fi  è. 
replicato;  ma  di  rettificarlo,  potendo  egli  c€^ 
fer  buono,  o reòjfecondojche  è regolato  piu, 
qmeno  dalla  faviezza  • AlleMofcheil  mie- 
cle  è vifchio  di  morte  ,;come  alla  Farfalla  il 
lume,  quantunque  ed  il  miele  , ed  il  lume  fie- 
no foftanzialmeute  buonilTimi  • . Può  alcuna 
volta  anche  la  Conyerfazione  per  altro  one- 
lia , favia  i e vantaggiofa , efler  peflima  alP 
huomo  per  gli  effetti,  che  partqrifce  ; ma  ciò 
farà  fempre  per  malizia  di  Golui,.cheme  abu- 
fa, efi  dilunga  da  quelle  regole  , che  qui  gli 
abbiamo  prefcritte  coffbndamcnto  della  ra- 

gionCydelle  Sagre  pagine  , de^  Santi  Padri,  e 
degli  antichi  Fiiofofi  , dai  quali  pure,  pub 
molto  impapar.fi  • Da  ciò  debbe  dunque  rac- 

cpglierfi  , chè.il  converfa’re  con  qualche  fa- 

vio  timore  farà  fempre  il  più  forte  prefprva- 
tivo  delP  Innocenza  ; poiché  P.pperar  con 
audacia,  troppo  franca  non  è mai.  proprio 
deli*  huom  prudente^  perche  mancando  ella., 
e iVancndo  qual  fumo  liev§,  altro  non  lafciu^ 
la  ^'^rgogna  , cd  il  danno  d*  uno  sbaglio 
tanto  rnen  compatibile,  quanto  più  volontà* 


409 

fio:  fa  temérìtà , diflc  Qninto  Curzio  acuta- 
mente , [uj  quando  ba  fatto  il fuo  primo  fcop» 
.pìio  rimatt  fetiza  lena , come  alcuni  animali 
.perduto , che  hanno /’  aculeo . Il  timore  è la 
cuftodia  della  virtfij  ma  bifogna  iifarne  a do- 
lere, e quando,  e come , é dove  può  trovar- 
fene  giovamento.  Vi  fono  tra  gli  huomini 
alcuni,  che. incontrano  in  guerra  a petto  nu- 
do’Ia  morte,  e la  temono  in  una  tazza  di  toflì- 
*Co  ; altri  ,.che  la. paventano  ftranamente  ne' 
fatti  d’arme,e  la  b.everebbono  con  franchez- 
za in  un  bicchier.di  veleno  da  gcnerofi.  Que- 
flo  nel  genere  ancora  dèi  mero  eflerd’£roe_# 
non  è timore, che  meriti  gloria,perchè  non  ò 
fondato  fulla  prudenza,  da  cui  debbonfi  tener 
fempre  in  equilibrio  le  affezioni  per  volere  in 
ogni  tempo,ed  in  ogni  luògo  ciò,che  vérame- 
tc.ò  buono,  è per  non  voler  marciò  j che  fia 
aflblutamente.cattivo  jquando  tali  non  fòfie- 
ro  le  circoftanze,  e del.  luogo,  e' del.  tempo» 
che.  variaflero  la  natura  di  quelle  cofe , che  . 
s’appetifcono  per  moti vo  di  gloria. . Venendo 
poi  cou  qu.efto  all^ordine  della  Morale  , non_» 
fbno'in  verun  conto  (limabili  ,■  nè  dotati  della 
vera  bontà  quegli  huomini , che  Itemon.la-, 
colpa  , è;la.  fuggono  trifolati  nelf  Ira.»  nella 
Superbia  , nell’  Avarizia  , nella  .Cola , ed  iiij 
fbmma  in  que’ vizj , che  troppo  vili  effendo, 

-, . ■ ‘.e  dèfor-  . 


« k « » 


’*  i 


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e, deformi , fi  rendono  odiofi  dafe  medèfimi» 
e non  la  temono  pofcia  , per  cagione  .d’elèni, 
pio  , in  un  difcorfo  molle. , ed  incitante:,  iru, 
una  pratica  giudicata  "ci  vile,  ed  innocente^ 
ma  che  fia  in  foflanza  mala , c perriiziòfa,  nel 
conforzio,  d’huomini , che  riconofeeadofi  di 
maflìmeiftorte , pure  fi  amano  per  le  doti  lor 
naturali  ,odi  vivezza  ,o  di  galanteria  ,o  di 
finta  cordialità  ! Qui  non  ha  luogo  veruna-, 
circoftanza  per  giuftificare  la  facilità  d’ab-' 
bracciarfi  conciò,  che.è  difua.natura  cat- 
tivo, perchè.il  male  , moralmente  parlando, 
dee  lempre  fuggirli.  Il  timore  addunque,  per 
cui  fi  paventa  un  male  o vicino , od  immi- 
nente , perchè  fia  faggio  , ha  da  fuggerire  , o 
la  fuga , quando  in  altra  maniera  non  polTa.. 
evitarfi  il  pregiudizio,  che  Ibvralta  ,o  mette- 
re ranimo  ih  tale  guardia , e difefa  , che  ad 
ogni  collo  ;proccuri  di  prefervarfene . Man- 
tenendofi  guernitol’huomo  d’unarme  si  for- 
, te  farà  Tempre  ficuro  in  qualunque  , cimento, 

' e giacché  a niiino  riefee;  grave  una  tal  vi- 
gilanza Ibvra que’ mali , che  riguardano!* 
interefle,  non  sò  vedere , come  polTa  parerlo 
trattandofi  di  que’  vantaggi,  , o pericoli,  che 
toccano  lé  premure  tanto  gelofe'dell*  anima, 
c dell*  eterna  falvezza;  Quantunque  nell*  ufo 
del  còhverfarc  con  diihedichezza  non  deggia 
fupporfi  alcun  mal  pofitivo  , non  è però  egli 
sì  di  fua  natura  innoceute.,  che  non  poita  tal 
volta  ammetterne  ancora  un  grave:  ficchè  il 

timo-  . 


4»  I 

timore  in  chi  Io  pratica  farà  fempre  tanto 
utile,  quanto  giudo,  e la  vera  maniera,  di  non 
provarne  fcapito  è appunto  il  noalafciar  mai 

.di  temerlo ' • . 

• • 

' IV.  Termino  quedo  Libro  con.  una  per- 
fuallva  btn  doverola  a quella  gioventh.,  che 
avelTè  mai  fafferito.  di  leggerlo  Bnoa.quedo 
punto , o per  lUò  divcrtiitiento; , o per  genio 
di  profittarne-.  Proccuri-  .ognuno  de’  Gioiva* 
dì  d'unir  lèmprc-.all’amot;  dei  divertim.e.ntó 
quello  ancora.  <délla< virth-^jC con  propofito,  si 
riibluto , ed  iàvariabile  , che.  in  calo  d’aver  fi 


aperdere  o-l’uno , ò.l’altra^  voglia.piùtofló 
rimaner  privo  del  primo.- che  della  feconda^ 
in'entre  a ben. 'riftefitervi  ètni&rabile  quei  piat- 
cere  , che  pùòicofi^ite'iajperidi.ta  delia  - virth» 
onde  rendefi.  ògiiunoi>.e‘eanaa;I>io  j>e  ftimab- 
bile  ■ appreflb  degli'  huamihij,.i  Per  afiìcurar.ft 
di'quefto'  fà.  di  iinèfticcerKChc;  vi.vo)  nemaiv 
teagàifempre  iLGiovihe-'i’araiore.  nell’anÌHj.a» 
e ne  fia.veram.éntc  gelofQj.cojned’ua.t-eiòro 
il  più  ricc.o.,;cdi;i  pii»  grande,  che,  pofla:  mai 
poiTederfijlùggéii,do;3d'0gai  potere  l’errdr  di 
coloro.  ì.i  .qm Ir.  6 .'dannò,  foli  eroente  a crederò, 
eh.Cinon  còn  veu gà  punto  a) l’huom  libero., , e 
lecoia'rc  i^eoituvar,  nello  fpirito  ilTantOifenne 
d.eljai  wirti\  piirbella  ; e più.  terfa  . Io  non  ho 
mai . pretefò.  j che  le-  perfonedi  Mondo , edi 
giovani  fpezialmente  , vivano  in  tale  angu- 
ftj.a,».£Ìbie  G.ritirbo.  adatto  da  ogni  forta  .di.d- 
vile,  e gradevole  divertimento  per  accudir» 

' aduna  . 


'4^2  .,  «•  5 

ad  una  IbrtiJgliantfi  cultura  » cio  'cncndo  prò» 
prie  de’ Spiriti  pili  perfettiu  Non- ho  - però 
mai  faputo-  accordargli.il  viverne  cosi  fuor 
di  penfiero  , che  fe  ne  feordino  interamente, 
c la  mirino ‘ Come  'un  efercizio  contrario  del 
tutto',  ed  incompatibile  colle;  convenienze-j* * 
dello  flato  loro;  Debbono  effi  dunque  riguar- 
dar la  virth  Morale , e Crifliana  con  affetto 
particolarei  e col;  defiderio-d’  arricchirfene_» 
avere  in  Ibmmo  pregio  ■ le  rpirituali  ^cofe  i e 
ouei  j che  v’attendono  i mai  non  deridendo- 
gli folamentc,:  ma  bramando  Tempre  ancor 
d’immitargli , e fpeffo  chiedendone  a Dio  la^ 
grazia  . Sembra che  il  viver  da.Santonon 
fia  da  tutti  attefa  l’umana  fralezza , benché 
éffere  lo  poffa  in  verità  ,ouando  vi  fia  ^1- 
la  parte  d’ognuno'  una  aeliberazion  rifo- 
Juta , e da  quella  di  Dio  l’àffiftenza  della  Tua 
grazia  . Quando  però  foffe  ancor  vero,  che 
ciò  non  fpettaffe  a tutti , è-ben  da;tutti  il  bra^ 
mare  la  Santità  ,.nèVha  fiacchezza , che  pof- 
fa affò!  ver  veruno  da  un  sì  giuflo , e sì  nobi- 
le defidério . Quando  poi  egli  fia  vero , ed  ar- 
dente , ficcòme  è il  primo  incentivo  del  lanto 
^amorcied  il  primo  raggio,  del  di  vin  lume, 
dicendo;  lo  Spirito  pTÌncìpÌQ 

'dèlia' fapteuza  i e della 'càrftài\  la  bramai 
delia  ■ disciplina  : còsi -può  talvolta  baflareia 

per’ 


* ' . T . 

* , * S/’:  . ••«1  . ti»  i J ► ‘ • l-'  . < 

[aj;  Sap»  6. 


I 


per  condurre  un’anima  alle  cime  piìi  alte  di 
perfezione , e farla  fanta  fenza  quafi,chefo 
ne  avveggia  . E’  veloce  di  (iia  natura  il  defi- 
derio  ) onde  mai  pigra  efler  non  puote  quell* 
■anima,  in  cui  egli  vive , e perciò  S.  Gregorio 
lafciò  fcritto  Q>')  quel  gran  fentimento,  che: 
Vantare  le  fuperiori  c^e  già  è un  f altre  ììl^ 
alto . Io  dico  ciò  per  coloro , che  fvogliati  in- 
tieramente modrandoil , e come  avverfi  alle 
cofe  tutte  della  pi  età,  anzi  timorofi  d’acqui- 
ftarla  in  pregiudizio  delle  padìoni , fogliono 
valerfi  per  ilcufa  d’una  certa  difficoltà  imma- 
ginaria , che  fembra  ad  efliì  doverfi  incontra- 
re nel  viver  divoto , e cridiano  , Qual  colà-, 
mai  può  penfarfì  di  piò  agevole  per  confe- 
guir  la  virtù  più  loda  , e più  cofpieua , quan- 
to il  Iblo  bramarla , alzandoli  vicino  a Dio 
ilille  ali  d’un  defiderio  , che  nulla  coda  di 
pena , e nulla  reca  di  nojà  ? Per  quanto.ad- 
dunque  lì  trovino  immerfi  nel  Mondo  il  gio- 
vine, e l’huom  civile,  proccurino  d’aver  Tem- 
pre della  tenerezza , e della  parzialità  per  le 
cofe  appartenenti  allo  fpirito , e confonden- 
doli di  non  elTerlo , lòfpirino.  ad  ogni  mo- 
mento di  riufeir  fanti , che  nudrendo  una  tal 
brama  di  troppo  mai  non  s*  attacheranno 
alle  fciòcchezze'.  del  Secolo  j ed  una  voIta_ 
ancora  felicemente  lo  diverranno  . Si  ricor- 
'■  dino 

A 

IWII  !■  pi  ■ ■■  ■■  ^ 


Lià,  Maral.  \\  ' 


> 


\ 


\ 


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^‘4- 

<3ino  fpefTo , che  iti  terra  fono  paffeggieri  , e 
che  farebbe  una  troppo  grande  follia  iJ  per- 
dere il  diritto  all’eterna  patria  per  troppo 
afferionarfi  ali’efilio,  cheo>fi  voglia,  o nò, 
debhe,  quando  mcn  vi  fi  penfa  , lafeiarfi.  Non 
permettano  per  quanto  amano  fé  medefimi 
■ d’efTere  ingannati  ad  occhio  veggente  da_k 
quelle  miferie  fteflc  , eh  e debbono  appunto 
difingannargli , perche  faranno  inefcufabili 
un  giorno  al  gran  tribunale  di  Dio , fe  della-, 
infelice  qualità  loro che  può  .eflTereùn  do- 
cumento per  abborrirle:,  averanno  voluto 
valerli  come  d’ un  motivo  per  compiacer- 
cene . Rifletteva  Plinio , che  la  benigna  na- 
tura non  permette  a’  ferpi  l’ulcir  dalle  tane 
loro , le  prima  non  è fiorito  ih  Fraflino  , che 
gli  è mortifero  ,nè  che  fecchi  egli  prima,  che 
tornino  cfli  a rintana rfi: '(4)  , egli, 

efclama , benignità  della  prottvida  clemente 
naturai  Meno  certa  mente  •no'n  è fiata  coli’ 
huom'o  benigna  la  Provvidenza  nel  favorir- 
Jò  di  fpirituali  rimedj  contra  d’ogni  veleno, 
che'  uccider  pofla  <lo  Ipirito  ; ma  guai  a chi 
o ne  àbufa , o noi  cura  J Viva’fempre  felice-* 
chi  legge,  • 

FINE. 

- i . . ■ 


Autori  citati  nelV  Opera: 


4I5T 


A 

S.  Agoftino.  . 
Aidato.  ' 
Aldovrando. 

S.  Aiwbi^gio, 
Arinotele.  . 
Averroc. 

B 

Bacone. 

S.  fiafilio. 
fiattifla. 

S.  Bernardo. 

Biante. 

S.  Brigida. 

G 

Cafiodoro.  • 
Catone. 

Chilone.  . 

Cicerone. 

Cleobolo. 

D 

Demetrio  Falereo. 
Demoftene. 

Diego  Stella. 

E. 

Egefippo. 

Eliano. 

Emmanuel  Tefàuro. 
Enotro  PaIliizio.P.A. 


Eraclito. 

Erafmo. 

Erodoto. 

S.  Eutimio.  . 

F 

Filone  Carpazio. 
Filoftrato. 

G 

Galeno. 

Gafparo  Scotto. 
Gio:Gerfone.  ■ 
GiorPico. 

S.  Glo;  Grifoftomo. 
S.  Girci  amo.- 
Giovenale. 

S.  Gregorio  M. 

S.  Gregorio  Nazian* 
Zeno. 

Guarino. 

Guglielmo  Abb. 

I 

Jamblico. 

Ippocrate. 

S.  indoro.  . . 
liberate. 

L . 

X-aerzio. 

Lampridio.. 

Lattanzio. 

S.  Leo*' 


/ 


4^6 

S.  Leone  P.  . 

Liirio; 

M. 

Marino. 

Marfìlio  Ficino. 
S.Ma0ìmo. 
li  Morale  di  Spagna. 
N 

Nierimberg, 

O 

Olao  Magno. 
Omero, 

Orazio,  . 

Origene. 

Oronzio  Fineo. 
Ovidjo, 

P 

Pàlermitano, 

Patercolo*. 

Perfio, 

Petrarca. 

S.  Pier  Damiano, 

S.  PierGrifologo, 
Pittaco,  . " 

Pitfagora, 

Platone, 

Plauto. 

Plinio. 

Plotino. 

Plutarco,. 

Polibio, 


' Proclo.' 

Prudenzio.' 

.9- 

Quintiliano.  . 

Q.  Curzio 
R 

Riccardo  di-S.  Vit, 
tore. 

I 

Roberto  Abbate, 

• » 

S . 

Saliceto. 

Saluftio, 

Scaligero. 

Seneca. 

Sidonio  Apollinare^ 

S.  Sinefìo. 

Socrate.  . 

Solone. 

Speufìppo. 

Stobeo. 

Svetonio. 

T 

Tacito. 

Signor  di  Tarrino. 
Teodoreto. 

Tirfi  Lcucafìo.  P. 
Tertulliano. 

T,  Livio. 

S.  Tommalb  d*Aqui* 

. . PO, . 

S,  Tom» 


DIgilized  by  Google 


V 


S.  Tommafb  di  VillaJI 
Nuova. 

Tommalb  Moro.,  .. 
Trimcgifto. 
Triteraio.  • ' 
Tucidide. 

Tuningio. 


417 

Valerio -Maflì  mo. 
Ugone  Cardinale. 
Tigone  di  S,  Vitto- 
re. 


DigHized  dy  Google 


IN  D I C E 

DELLE  COSE  NOTABILI, 

A 

ABbandonsmento  delF Anima  y lagrime* 
vole . pag.izS. 

.D'Amici  falli  nel  maggior  bifognò.'  'J45* 
Abbellirli  per  piacere  ar.mcrito  è lecito» 


quando  vi  lìa  quello  folo  fine.-  1 95* 

Abbigliamento  in  Donne  vecchie,  170. 

Abramo,  fua-cautela  nel  facrifizio,-  jo6. 

Suo  rifpetto  verlb  di  Sara.  15 


Abigaille  cdrregge.i  difetti  del  RèDavide.i  o, 
Abiineleccojcome  rende  Sara  adAbramo.48, 
Abitare  in  luoghi  defòlati  grangaHigo.  12. 
Abi(i  fogliono  qualilìcare  le  Perfonc.  ^47. 
Abito  cattivo  , fua  forza.  284. 

Accademie  celebri , loro  origine,  • 329. 
Accafamcnti , quali  felici  » e quali  nò.  45. 
Accafamenti  degl'Antichi , più  felici  de'mo- 
derni,  42, 

, Acciecamento  del  fenlb. 

Accomodarfi  agl’altri , come  dee  farfi.  i j. 
Accufatordomeltico  di  tutti,  201. 

Achilie  creduto  prodigiofo  da'  Greci , per- 
chè. ' . 227. 

■ ; Acoua 


/ 


419 


Acqua  delle  Fontane,  come  falc  in  alto.  310. 

Ne’  Pozzi  profondi  inalterabile.  104. 
Acque  fulfuree  danneggiano  il  terreno.  2 1 o. 
Adulatori  apron’ladito  alle  corrutele.  Pr. 

Suo  ritratto.  . 221. 

Adulazione  di  fe  medefimo  pelTiraa.  P^ef. 


Agatocle  Tiranno  di  Sicilia  Tua  modera- 


Agevolezza  per  confeguir  la  virtii.  . 413. 

Aghirone  uccello , fua  proprietà.  63 . 

Agitazione  oziofa.  276. 

S.  Agoftinojfuo  gaudio  dopo  la  coverfione.3  76, 
.Agricoltura  dilettevole . 362. 

Ajuto  reciproco  fra  i Fratelli,  214. 

Albagia  collegata  coll’Amor  proprio./’r,  1 1 . 
Albania  , fuo  Fonte  ftravagantc,  2 1 8. 

Alellandro  amico  di  lode.  Pref. 

Getta  nel  Idafpe  il  Panegirico  d’Ariftobo- 
, lo,  perchè?  , P^ff^ 

Uccide  Clito , perchè  ? , 92, 

Sua  temerità  felice . .131, 

Alfonfo  Rè  d’ Aragona  » filo  detto  circa  i Li- 
. bri.  . Praf,  . 

Alienazione  ,c  difamore  tra  i Congiunti,  fua 


Di  non  conofeere  il  male. 
Di  fe  medefìmo , dannofa. 


Affabilità , fila  forza. 


Affettazione  odiofa. 
Di  troppo  genio. 


zione . 

S . Agatone  fuo  ftudio  per  tacere 


61. 


origine. 


D d * 


420 

Allegrezza  vera  di  due  fpczie,  fomma  di  con- 
feguire , e poffedere  Dio.  376. 

Vanainftabile . 377 

Di  cuore  , e d’occhi . 377 

Di  chi  batte  le  vie  della  Virtù.  361 

De’cattivi,  diverfa  da  quella  de’buoni.373 
Di  libertà , quanto  biafimevole.  46 

AltareinTarragona  cretto  adAugufto. 

Altari , e Sagrifizj  accettati  dagl’lmperadori 
di  Roma , e perchè  ? fref. 

Alterezza , fue  cagioni . 348. 

Amar  le  cofe  celefti  è lò  lleflb,che  lalir- 

vi.  4*?; 

Ambizione , ed  amor  proprio , ricuoprono  i 
vizj . 6. 

Odia  gl’Emoli . 348. 

Amicizia  tra  Dio,  e l’hiiomo  vera , e fua  ori- 
gine. 390. 

Quella , che  apparifee  nel  Cane , cofa  fia. 

109. 

Fondata  sfila  fede  reciproca.  237. 

Moh  falva  dalle  derifioni  i viziofi.  263. 
Vera  è durevole-  3*7* 

Amiciziaconunlòlo,conimiciziaveruno.328. 
Suoi  tre  atti.  340. 

Quella, che  termina, non  fumai  amici- 


zia.. 

- Sue  prove  grandi. 

Amici  non  fono  mai  piccioli. 
• Leali. . 

Loro  coflanza 


< 4 


346. 
389. 
19. 

390- 

391. 

Vaip, 


Falfi.  ; 

Veri  t amano  in  ogni  tempo. 

Loro  qualità . 

. Di  fortuna . 

Trovati  a cafo  ,di  rado  buoni. 

Loro  diibnizione. 

Amor  Platonico, Tua  opinione  eraminata.65^. 
Quando  ingiufto . 66. 

Tra  le  perfone  di  flato  un  libero , perico- 
lofo . 68. 

Amore , come  difficile  a regolarli , anche  nei 


421 

109.' 

342- 
1 1 1. 

209. 
1 1 1. 
222. 


precetto  d’amare  il  Proffimo. 

Scaltro , ma  facile  a conofeerfi. 

Delle  cofe  belle  è equivoco. 

Smoderato  de’  piaceri , fuo  danno. 

Alla  virtù  ingenito. 

Proprio , quando  fcufabilc. 

Suo  flipendio . 

Vano  del  Proffimo. 

D’occhio  diverfo  da  quel  del  cuore. 
Terreno , qualità.  ‘ 

Sregolato  de’  Figli. 

• facilita  ogni  imprelà.  ‘ 

Del  divertimento , s’unifca  a quello  della 
virtù  . ••  • AI  I, 

Amorevolezza  paterna  quanto  foave.  jPr. 
AnalTagora  fua  opinione  intorno  airEcclilli 
■ del  Sole.  ' Fref. 

Angelo  può  divenir  ognuno  per  virtù.  • 42. 
Angcrona  Dea  del  difpiacerc.  299. 

^Anima  invariabile^  ■ 

P d 4 Fe- 


70. 

122. 

166. 

248. 

260. 

298^ 

S‘3- 

343* 

■346. 

39i‘ 
355- 
39 1- 


• 422 

Reeolata  intenormente  dalla  Prudenza  I 

Sua  fuperiorità  in  riguardo  al  Corpo.  40.' 
Sua  rovina  dal  poco.  59. 

, per  effa  meno  fi  fà , che  pel  Corpo.-  275. 
Anima , e Corpo,  come  debba  il  favio.  pre- 
. feindere  dall’uno , per  amar  l’altn.  68» 
, Sua  fantiiicazione.  J68* 

Anime  unite  a Dio,  fuo  gaudio.  375* 

Antipatia.  ■ 21. 

Apoftolato  fegreto.  . 2 15. 

Apparenza  fenza  foftanza.  J47. 

Per  fàlvarla  tal  volta  fi  patilee».  1 88. 
Non  può  fondare  un  retto  giudizio.  Pr. 
Applicazione  alle  feienze  creduta  difdicc.» 
. yolc.  28. 


Aquile  lor  caccia  de’  Corvi.  70* 

Arcadia , fuo  incominciamento , e lode.  ^29. 
Archelao , come  fgrida.là  Figlia.  8j. 

Archimede , fua  fmoderata.  allegrezza  per  la 
, cognizione.  100. 

Architettura , fuo  errore.  170. 

Aria , come  faccia  armonia.  • . ,ioi. 

Arianna’, f^voloib.  , , . 174. 

Armonia  infernale.  155. 

Artabano , fua  imprudenza.  22. 

Arte  dell’arti  quale  ? ; : 19* 

Di  faperfi  far  defidcrare.  95. 

, Supplifce  alla  natura . ; . , • ••  ■ I08. 

' ,, Di  provezare.il, Vento-.  .■  , • , 216. 

. Di  formarfi  la  b eatitudinein  terra.  595. 
' - . : Ar- 


Artefici , come  fbggono  la  pena  dèi  trava- 

. S7- 

Arti , non  debbono  riprovarfi  fecondo  Pla- 

tone. 

Cavallerefche  decadute . 2^6. 

AlTalone,fuequalità . . 262. 

Affjendio  Citarifta . 

Afprezza  fmoderata  verfo  i figli.  ^84. 

Aftuzia  fanta , qual  fia.  i<5. 

Ateniefi , lor  Deità  feonofeiutap  1 j4. 

Attaccamento  ad  oggetti  particolari , dan- 
noib.  jj/ 

Audacia  lodevole,  '•  - io. 

Nociva.  I iQ^ 

Augudo  t lua  grande  accortezza.  Pr, 
SuoBanch  etto  condannato  da’Romani.  188. 

loo. 

60.  ; 

SS3-: 

^75- 

77-- 

# • • 

ivi' 

■ 78-r 
166.- 
184., 
185." 

4>8 


- Suo  Anello, 

Avidità  di  parlare  , fuo  pericolo.  *'>  ' 
Drfapere. 

Autorità  fiiol  partorire  franchezza/^' 
Avvenenza  perduta , fuoi  effetti.' 

• Suo  pregio  • 

• Sua  Pefte. 

Adulata . . 

Artifiziofà 

Naturale . ■ 

Avverfione  alla  pietà,  -r-a* 

Azioni  mifte  ,&  ambigue , qiial  giudizio^  ri-- 
cerchino  per  effer  giudicate  . Pref. 

Non  fon  lecite  per  effere  di  molti.  ivi  • 
5<!i2lificate  dal  fine.  0^, 

5 4.  4 Effer- 


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4«4 . 

,,  Efterne  dipendono  dal  giudizio.altriii.  4^.'* 
Oziofe , quali.  ^17, 

. Sante, debbono  farfi  con  cautela,  jo6.‘ 


B 


BEIlezza , come.dee  riguardarfi.  74. 
Fortificata  dairArte; 

Infima  qualità  di  tutte  le  cofe.  i66. 
Dell’animo , vera . ; , ...ivi 

Bene  apprefo  per  vantaggiofo  ,ii  abbraccia 
^ come  il  male  creduto  utile..  . /’r. 
Non  cercato , fi  perde. 

“ Vero, come  fi  fcuopra  . , . .•27.' 

« . ^ ^ leva  il  pregio, .d’ogn’.  altro  bene. 

. . . 39S* 

Benedizione  degli  accalàmcnti,  .• 

Benefattore , imiti  il  Sole.  ; »i78. 

Beneficenza , fuo  temperamento,  , ; ‘ 2o8.- 
Sua  qualità  . ^ .341... 

Benefizio , acquila  padronanza  ifovra-chi  lo 
riceve.'  ' 217. 

Benevolenza .-  246. 

De’ fanciulli.  5^47» 

Bontà  forzata,  quale  ? ' . -->174. 

Cafuale.  , .2oi.' 

B/àma  d’imitar  Crifio.- ; ,7: 36©. 

D’imitare  i buoni.  ’•  •;  r,;  • . . 41  2. 

Bruti , e Fiere  di.vengono  . manlttete  cobeon,- 
. iqrzio.  . r - ; ..  'gj. 

I . ; b C • Come 


i 


Digilized  by 


. . , 425  ■ 

Come  operano  per  imprefljon  de'  fan- 

. tafmi.  -,  55* 

. Perchè  abbiano  la  cognizione  della  Botta'- 

nica.  ■ - ' - ' _ 3*3'’ 

Bugia,  c verità  alle  volte  non  fi  diftiaguono. 

" •' 

Buoni  ,cofa  farebbono  diftinti  da'cattivi- , 2 . 
Operar  bene.peramorei’  • 


1 - 


G 


C 


.j 


Accia  degli  uccelli  di  fiuolo.  V • ' 295* 
Calamita  , e ferro, loro'proprietà.  ■;■•••  ---Só. 
..Coperta-. ■ • ' ' ■ fgb. 

. Come tiraiil  ferro  . 

, .Suo  impedimento  per  rivolgerfi  allaTTfa- 
. . . montana.  ' ' y i 

. ' Comcopera  nelle  borrafcHé  di -Mare.  •219*' 

Camaleonte,  fua  proprietà. 

.•Come  cangia-colore,' 

Cani  d’Egitto  come  bevono  àl-Nilo'.'  < <-  --  ' S Ì » 

. .Quello  di  Dario.  • - '•  ' ‘ .^^9*, 

. .Quello  di  Praflìtcl'e.  '■!  - ^ ••  • -'  jvi; 

Cannocchiale , fuo  ufo.  - i ‘^99^ 

Cantare  a fe  medcfimo ,' prc>vcrbi0  ahtfcò. 

. ..  ;•  t » • ' •••  '•305# 

Cantatriciv-;  ' ' ; l;.’';-’-.'.' 

Gàparbierìa , dee  fuggirli  < ' • •/ ... 

Capi  di  cafa  , che  fan  da  Catoni^ j c ua  *Sta^ 

.•tifti.  . . - ■-S8. 

. * 1 X^oro 


y » 


i 


4 2 5, 

Loro  fpenfieratezzadannofaiL . 2oj. 

• Sono  il  Capitale  de’ domeftici.  206. 

Loro  coftanza  abbattuta  , da  chi?  • 2^5:. 

Capitani  loro  accortezza  nel  riconofcere  il 
■ Terreno*  i--.  129. 

Caritàiaccelàjcrefce  nelle  azioni  efternc.374. 
. Inieparabile  dal  fuó  divino  oggetto.  391. 
:Converte  in  fuo  alimento  ogni cofa.  392* 
Catena  viziofa  di  paflatempi.  90* 

Cattivi , incapaci  di  mantener  la  concordia. 


S4S> 

179. 

®4J* 

*59» 

179. 

227. 

IVI 

323, 


Simili  alle  Nottole . 

Prevalgono  > . Perchè  fono  ì più. .. 

Più  numerofi  de’,  buoni ...  ■ . . 

Come  fi  fiiggono  fenza  fuggirgli. . 

Strage, che  ^no  dell’Innocenza, 
loro  virtù  finte.,  : 

. -Incapaci  d’amicizia . 

Catone  j.fua  naturalezza  nell’ operar  bene. 

Cattolico , fuo  vero  efler  d’Eroe.:  . . ^ 143 . 

Cavallo , fua  ;ambiaione , quando,  célfa?  1 45» 
.Sua  qualità  fi  conofee  dal  mantello.  151. 
Caufidico  di  Marziale , dorilo.  .1  ■ 170. 

Celidonia , erba  utile  alle  Rondini;  aas'* 

Cenfùra  nafee  ^all’ignoranza.  ..  > . 1.17.- 
Cenlurare  altri , odiolb*  ivi. 

Cerchio , ufo  moderno  delle  Donne.  164. 
Cervi  perfeguitati  da’  Cani  > fi  rico  verano  in 
.;feno.air,huomo..,  . : ; 320. 

. Suo  fino  odorato  • , , 1 24, 

Chielo 


. ■ 427 

Chiefe  |irofanate  per  le  modci  1 97^ 

Chimici  « ' 874 

Chirurgi  mal  pratici . 1 88* 

Diffidenti  pofTono  cagionare,  che  le  pia- 
ghe divengan  cancrene.  Pref. 

Cibi  varj , anche  ottimi , alle  volte  nocivi. 

. . 4.  . . • ■ 

Ciechi  di  malizia.  106. 

Tra  colè  vaghe  ridono, nè  fan  perché.  35^. 
Cieli , fuo  giro  « * 14. 

Sua  mirabile  ordinanza.  56. 

Cinofura,  utile  a’  naviganti.  324. 

Cirooftanze  variano  gli  oggetti.  409. 

Città , lor  vantaggio.  55. 

ogg*  fi  lodano  per  le  glorie paflate. 277. 
Civiltà  ILifpetta.  157. 

Cleopatra  rovina  di  M.  Antonio.  261. 

Cleope  Ré  d’Egitto, ftia  infame  induRria. 209. 
Climi  barbari , lor  pregiudizio.  i 

£uonl  lor  vantaggio  . 124. 

CoCodrilli  ajutati  dal  Regolo . ^4.' 

- Si  lafciano  divorare  da  un  piCciolo  ànima* 
letto  79. • 

Cognizione  del  proprio  debole.  254. 

Di  fe  ftelTo  . 100. ■ 

Porta  al  conofcimento  di  Dio.  io 

Degli  altri , utiliffima  4 109. 

Quando  é inutile.  262. 

Colonne , e guglie , quando  più  filmate?  1 1 
Coip'n.didli  fià  fofpettar  di  fe  flelfo.  147. 

Colpe  non  temono  i rimproveri.  Pt. 

' - ■ ' ) Co- 


<~ 


42B  . . 

Comete , curiofiti  > che  muovono  nell^appa- 

rirc.  95* 

Commociità  domsflica.  271, 

Comparfe  ridicole . 349* 

Compafibfuo  motoi  ' 79* 

Compiacenza  di  fe  medefimo,  dannofa.  4. 

Vana , leva  il  pregio  al  bello.  167. 

Complcfìfioni , fi  guafiano  per  l’aria.  121. 
Corapoftezza  criiliana  . 356. 

Commtinicazione,  rende  fóave  il  bene.  1 2. 
Conccttofi,  e faceti , facili  a dare  in  fcioc- 
‘chezza.  62. 

Conchiglia,  mirabilmente  provveduta  dalla 
natura . 34* 

Quando  partorifee  più  facilmente.  1 08. 
Abbortifee  nelle  borrafehe. 

Concordia, domcfiica  dipededalleDonne.  82. 
Quando  nociva  all’amore.  85. 

Suoi  effetti.  ij. 

Effetto  della  Virth . ivi 

Condanna  peggiore  delle  altrui  azioni , qual 
fia.  ' 17. 

Condifeendenza  dannofà  Vref. 

fomenta  le  palfioni . 508. 

Confcflbri  debbono  unirli  a’f redieatori  per 
la  codanna  delle  cattiveConverfazioni.30. 
Confronto  delle  cofe  brutte , giova  alle  mea 
belle . 1 66. 

Confufione  de’  fiati,  originata  dal  Lu(To.j47« 
Del  vero  , e del  falfo.  fref. 

Congiunti  ; poco  tra  fe  concordi.  345< 
' ’ ■ Con  * 


529 

Congiunture  preziofe , perdute  'a  bella  po- 


fta.  ^ ^ 40J. 

Conjugati , tutto  abbiano  comune . 224. 

Come  padroni  reciprocamente  l’uno  dell’ 
altro.  67. 

Configlio  , (ho  giovamento  1 ^5. 

11  chiederlo  , par  viltà.  ^ 1 

Confòrti  fedeli . 86. 

Confuetudine , toglie  il  maravigliofo  alle_« 
cofe.  317. 

Contaggio  y filo  rimedio  ò la  fuga.  1 78. 
Contemplativo  fiia  trasformazione.  369. 
Contemplazione , fuo  vantaggio  . ^64. 

Continenza  fenza  merito  y quale,  268. 


Contragcnio  trai  Conjugati , d’ onde  ven- 


ga.  84. 

Convenienza  del  converfare  dimoflrata  dal 
Creatore . 12. 

Modefla  di  feguir  l’ufo.  . 19^. 

Alle  volte  dannofa . 127. 

Quando  biafimevole  ? 205. 

Converfare  feco  flefib,  cofa  fla.  98. 

Converfàzioni , talora  non  hanno  altro  ma- 
le, che  quello  dell’altrui  finifiro  giudizio. 

Pref. 

De’ Nobili , condannate  a torto.  ivi 
Non  proibite  da  Criflo  , anzi  da  Lui  favo- 
rite. 9. 

Di  Donne  onefle , a chi  necelTarie?  ivi 


21. 


Sofpette , quali  ? 

Sgridate  da’pulpiti  inutilmente.  29 

Quan- 


•'  f 4?i 

Crifto , chiama  a fe  vicine  le  pcrlbne  piu  ca- 

Tentato  nel  Deferto  , e nell’Orto.  366- 
Perduto  nella  moltitudine . 370. 

Croce  in  ogni  ftato . joo. 

Cultura  dell’Animo , fuo  piacere  . 362, 

Civile  eccedente , pregiudiziale  all’Inno- 
cenza  • 242^ 

Cuore , come  ubbidiente  ne’  fuoi  moti.  56. 

Non  guieta , che  in  Dio  . 392. 

Cuori  pieni  di  corruttele  , non  fon  (empre_» 
incapaci  della  virtù.  fref. 

Pieghevoli , benehzio, della  Natura,  ivi 
Limpidi. 

Buoni,  fiioi  indizj. 

Pieghevoli  troppo , non  fon  buoni, 
Curiofità , principio  del  fapere. 

Propria  delle  Donne. 

Fomentata. 


22. 

165. 

171. 

333' 

200, 


D 


D 


* Abbenaggine  ridicola , e ftupida.  15^0. 
Davide  inconfolabile  depo  il  peccato.  386, 
Debolezza  propria  non  dee  fgomentare  il  fa  - 
vip . . Pref. 

Difpirito,  - 258. 

Incompatibile  colla  virtù.  258, 

Decihone  de’  Legifti  circa  il  danno  dato.  1 49. 
Deliberazioni  lente,  oiù  ficuirc,  • 159. 

De- 


'X 


452  , 

Demonio povcrifìTnno.  ’ ' . 255. 

Replica  gli  alTalimcnti , quando  più  teme. 

' . . • 367* 

Dcrifionc  delle  niaflìme  favie.  556. 

Dcfidcrj,  fpefl'o  uniti  col  guardo.  8. 

Della  buona  fama.,  debbono  averli.  406. 
Della  virtù , poflbno  condurre  alla  perfe- 
zione . ' 4*5* 

Dellrezza  di  colpire,  coprendo  la  mano.2i6. 
Sue  maffime  {torte . 


337- 

168. 

185. 

ivi 

Fr. 

.8. 

344 

304- 

309. 
• • 

IVI 


Diamante  , rilplcnde  allo  feuro. 

Diana , celebre  in  Arles. 

Suo  finto  voto  di  pudicicia. 

Sua  Itatua  in  Sicilia . 

Difefa  della  licenza  , abbominévole. 

Difetto  grande , efier  fenza  difetti. 

Difficoltà  d’ottener  piacere. 

Diffidenza  di  fe  itefTò. 

Digiuno  , fuo  vigore  . 

Di  mente , più  perfetto. 

Diligenza  fatta  per  non  errare , più  fcufabilc 
rende  l’errore.  ( ’ '132. 

Mancante  nel  poco.  236. 

Dina , d’ onde  s’ originafle  la  Tua  difgrazia. 

. ..  . .*54- 

Dionigio  Eracleotc , fuo  difinganno  circa  il  , 

dolore.  159.  ‘ 

Tiranno  di  Siracufa , fua  Ainia  dc’Dotti. 

315*  I 

. ..  ! 


Difàmpfe  tra’  Coniugati . 
Difgordia , effetto  del  vizio. 


221 


Difim- 


I 


• « 


Difimpàrare  il  male , più  difficile , che  rap- 
prendere il  bene , ■ 284. 

Difinganno  venuto  dal  godimento  Iperimen, 
tale  d’alcuna  oofa.  25. 

Difordine  del  converfare , può  eflere  comu- 
■ nc  a tutti.:  . Pref.ts,. 

Di  lib.ertà , conofciuto  da  molti.  22. 

. Si  corregge  facilmente  quando  fi  vede.  45,  ' 
, Spaventofo.'  557/ 

Difppe'g  io',  come  fi  compri . 116. 

Diffimulazione,  alle  volte  neceflaria, 
Diflblutezza,  germoglia  facilmente.  176Ì 

Dittamo  cohtraveleiio . • 3o4* 

Divorzi  fcgreti  ; . t;57* 

Dolcezza  tròppo  compiacete, pèrniziola.  21 1. 

Interna  rende  amaro  l’efterno.'  396.  ** 
Dolore  di  compunzione  , dolce.  365.  ' 

Donne  di  fua  natura  critiche  , c libere  nel  ri- 
, prudere-.  , io: 

Pocolavvenétijlafciate  fenza  corteggio.75:. 
Altrui,  con  qual  riferva  debbono  trattarfi. 

Soggettate  all’huomp  da  Dio.  I4i* 
Sua  diffinizione . ' . • ■ ' ijj, 

• Loro  difetti  attribuifeonfi  a"*  mariti..  .178. 

• Donnadanno.'  ' i6r. 

.Meno  Ipiritòfe , più.ficufe  da  praticarli. 

■ * . ■ ' ' ^ • ibi. 

Che  fanda  làpute.  ' ^162.,’ 

Attempate  favie , profitto  nel  particolare. 

- 169. 

È e . Attcm- 


« 


( » 


/ 


•>  » * • 

Attempate  feorrett'e,  pih, noce  voli , che  le 
Giovani  favie . ^ 

Vane,sbeffatc»  ' • ' 

Suo  vantaggio  nell’ Ubbidire,  all*  huomo. 

' ' 22$r 


* pi  ipirito , fuo  fentiinénto  circa  alla  facili- 
■;  tà  di  promettere.  . .. 

' Saggic  i quali  ? • ' '/  . * 

Praghi , lor  gemma  nel  capo. 

‘ 3i  manifeftano  d?  f?  col  fetore,  z6jt 
' • ^ 


3?9- 

l68. 

39- 


A ’ •- 


»•  f h % 


E 


Braifitio,  fua  rovina, . 
jcbrei , lor  cautela  circa  le  Donne» 
EcclHTe  del  Sole , non  h In  Lui 


Z9J. 

Pr.  6* 


Ofler’vafi  la  prima  volta  con  iftupore, 


Économia  • 

-Educazione  infelice  nell’efito. 

; Scaduta  > fuòi  effetti. 

• Èiefante  uccifo  da  Aleflandro, 

VQneilo  d’ Antioco, 

; ■ ' J>erchè  tardi  tanto  a nafcèrc, 

' Atterrito  dal  -Topp,, . , , 

Alla  fua  cute  eadonó  i dardil 
- Eli, Cuogaftigo peri figjù  . , 

Efeuventi 'Uguali  perfezionano  u n^uto.  lyS* 

’ Empio  protervo , ed  infoiente,.  : rr.38. 
i^on  fa  male  talvolta  per  timpr  della  pana. 
• , -v  • ■-  ■ • , ■ 5»b. 

: ■ ' ■ ■ ■ Epa- 


4S* 
276. 

353- 
fr.  Z7* 

54* 

’ 3*6. 

235- 

Pr.z<j. 
205. 


^ I ♦ 


/ 


Epaminonda , fila  cuftpdia  de^  Cittadini.  zo6, 
Eraclito } Tua  opinione  circa  l’amicizia.  332  ; 
Erba  paretaria,  ■ ?6o, 

•Erbe  cattive  , crefeono  fenza  cultura.  121. 
Ermellino, fua nettezza.  75-»  > 

Erode , Tuo  convito  (àgrilpgp.  ^ 

Efàme interno, utile,.  . “ ' . g2o. 

Efccuzione  precipitofa , propri;i  de’  Barbari. 

*59. 

Efempto , dee  darfi  d#’  Capi  di  Cafa. 

.Scuola  e^ìcace. 

Altrui , dee  feguirfi , quando  ? " 
Pe’migliori,ottinjo.; 

Efler  d’Eroc,  quando  .fofpetto?  . 

Eflremi  di  ferietà , C di  facezia. 

Èva  tradita , [ 

Evidenza  fmentita  da  molti. . 

Ezechicllo  , fua  apertura  nella  paréte,  del 
Tempio.  ^ . 


2?8 
.29*? 

124'. 

.*45* 

80. 

p*ss.' 
.rr.23. 


I 


F 


' 4 


Abulia  derifa  da  Marziale. . . 

Facilità  d’effer  .cattivo.  . .’  178. 

P’ottenerle,  fedita  la  cupidigia  delle  pofe^ 

• .-.5  *^» 

pi  prometter  tutto  , . ..  ^ 358* 

Di  piegar  l’indole  da  principio.  " .•  jjjy. 

Familiarità  circofpetta . ' - 58. 

Fanciulli^  perchè  più  aiiimofi.  Pf-  42, . 

£ e . 2 '^  Cov- 


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4 


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f . 


À • 


y Come  fcioccàmcnte  fi  payonéggiano  per 
■ le  azioni'  loro; 

Fatica  dolce  nella  Morale. 

Non  fi  fogge  dal  Valorófo.'- 
Fede  come  dirigga  l’intenzióne. 

. Tra  i Conjugati  reciproca . 

■;  £’  coftanza  nclPavVerfità. 

Forza  del  filo  lume.  • 

Felicità  de’  Bruti  in  che. confifta.  , 
peli’ Amico  dee  próccurarfi.  . . 

V Del  Mondo  perniziofa.,  • ' ; V ’ 

' Férmezza  del  favio.  ; 

, Fiàccola  in  vetro  appannato . 

Fiato  attacca  le  malattie. 

Fico  non  fa  fióri. 

Fidanza  dannofa  a’  Capi  di  Cafa.  • _ , 

Fidia , fuo  aniore  verfo'Agaróntc  Parlò.  J44. 

. Fiducia  vana.  ' ‘ _ ijz. 

FierCj perchè  non  amano  la  Compagnia.  ' 2. 
Figli  piccioli , condurli.;  alla  converfazione, 

.252. 

67. 

' 282. 

S7S- 

•186. 

37- 

47- 

282. 

FU 


3 

40. 

s8o. 

■ 37- 
.239* 
J41. 
27. 

37- 

343- 

370* 

2^. 

■280. 

178. 

339* 
227. 


/ I 


giova  a calo.  . 

, Figliuol  Prodigo.  - 
Filantia , o amor  proprio^  . 

€.  plippo  Neri  foa  dolcezza .’  ' ; ; 

■ Sua  Santitàin  mezzo  al  Secolo .'  ' 

Filómànzia  preflb  Plauto.. 

Filqfofia  delle  Gale. 

Firiódirigge  le  azioni.  ; 

. .blamente  pregevolé,’- 

• Ì)eé;femprc  riguardarfi» 

* ! 

...  i « ' J .1  '1 


.»  .»  * • , ' 


Ti|||itizetfty  Goògle* 


\ ^ \ P"  • > 

' ; 

Finezza  fenza  fincerità.  - 

Fonti, e loro  qualità  partecipate  dalle  Mi- 

niere . 24^ 

Forza  acquiftata  dalla  Gjmpagnia.  j j, 

S.  Francefco  di  Saks  , fua  dolcezza.  403. 

Franchezza  originata  dal  difetto  di  rifleflìo- 

hc.  Fref.4S-: 

Sicura;  - 5?.  _ 

Fulmini  fóliti  di  ferire  i luoghi  piìi  eminenti.,. 

, . . Pref.iz», 

Frutti  fepara ti  ,confenranfi.  94*. 

Fuoco, d*5dca»pàrifce  meglio  la  lira  attività. 5 5 . 

.. . vj  , ' V- 


G 


Alanterla,  fuo  dirpendio.  249., 

Galantuomo, titolò  allc  volte  profanato. 205Ì 
Gale  donnefche  in  ogni  età.  26. 

Eccedenti,  pericòlofe . , i8c'. 

Talora  fcuoprono  i difetti  ..  • 187* 

Gaftighi  di  Dio , perchè  vengono.  24J 
Della  perduta  innocenza  ,.  ■ 247. 

Spcgiati,  irritarmento  della  Divina  Giu« 
.fìizia  . „ 292, 

Gaftigo  giovevole . , . ■.  ■ 

Terribile.della  colpa  d’Adamo. . 514' 

Gaudio  interno  , traluce  ipelTo  nel  volto  di 
chilogode.  ' ».  3664 

Gclqfia  fuoi  pelljmi  effetti  . 1.51. 

Di  viver  (ano , vinta  dal  piacer  di  viver,  li- 
bero. ■ . . 274.' 

E é z / Per 


! 


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V • ' 


’ ' Per  la  cuftbdia  della  virtù.  , 

Genio  di  corteggi,  indizio  di  leggeìfezia.  1 66, 
Genitori  * qual’amor  aver  deggino  pcriFi- 
- ’ gliuoli.  ‘ 

Gentili,  iiio  errore  éi rea  l’intenzione^  37^ 
Geografia , ignorata  da  molti . | 

Giacobbe , fua  fcala  w ^ 7^* 

Giganti  jfua  guerra  favolofa col  Cielo^  J j i< 

. Giglio  difefo  dalle  fpinc;  ^ 

Giobbe  ifuo  patto  co‘ proprj  òcchi  • . 7* 

Giuoco , lua  forza . ’ . i2i. 

Gio:  Man  Crefeimbèni  j lino  de*  eominòiato- 
rid’Arcadia<  ? . I29» 

Giòna  gettato  iri  Mare , perchè?  1 zS. 

Gionata , quaiido  fi  moftrò  amico  di  Davide* 
...  ; ' ■ ■ ' 3‘42- 

Gioventh  difapplicata  j pericololà<  28* 

Dee  piegarli  prefto  al  bene.  225. 

• Dedita  fe'mprè  pih  al  male, che  albéné.z29. 
Giro  curiòfo  di  Dotine^  ’■  ■'  y . 8ò*. 

. • Giuda  traditore,  nè  purécol  perttimentd  pub 
f • trovar  lode. , ; • V 

Giudice  j fliUno  è buono  in  propria  dàufa.  6< 
Ogn^uno  di  fe  fteflb . ' ’ 267. 

■ Giudittaifuafaviezzanell’ahbellirfi..  194. 

, ' GiùftiziaùmatìaifUpplita  dalla  Divina.  •213. 

• *- Infegriàta  da  CriftòV  - ' . ‘ 

Giudizio  degl’huomini  per  lo  più  difeenden* 
- "te dall’Apparenza i " . 147. 

Gloria  rapita  a chi  fcl’è  guadagnata.-  • g 44. 

•'.Non  fi  cerfa  dove  pub  trova rfii  '4q7< 

■ . ■ GodU 


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. ..  . • .439* 

Godimenti  imperfetti  fenzà  compagnia.  1 2.'  ; 

Godimento  del  Mondò  » come  dee  regolar-..  ' 

■fu 

Suo  modo*  . 80* 

Gorgon]  *•  ' 170*- 

Grazia  jfuà  ileceflità  * 144* 

Greci , loro  rifpetto  ; ‘ 182* 

Guadagno  infelice.  210* 

H 

' # > , • 

H Uomini  autorevoli  non  debbono  farli. 

lecito  ciò, eh  e è contrario  alle'  leggi. 56.- 
■ Àjl’antica migliori.  ' > ^37*. 

Buoni , Come  diflinti  da^cattivi.  • 5:4*  ■ , 

Di  cuor  buono,  quali;'!'  ,J5!9< 

Dabbene , lor  ficu rezza  * 09* 

Dotti  , per' lo  più  lafciati  foli*  • •42*  > 

Di  finezza,  lor  {lento . .271* 

> Nati  liberi . : . • 140. 

Sfrenati , f»  credònó  Continenti  perchè  ? 

Pref.  ' 

. Spintoli  j più  contenuti . ivi 

Spintoli , loro  faviezza.  ■ 35** 

• Valorofi  i perchè  in  oggi  si  rari?  ’ 277.  ^ 

Huomo  i il  faggio  come  dee  regolarli  t quan- 
' do  è lodato.  . Pr.iS». 

‘ Abile  diviene  col  còmmcrziodcgl’altri.^4. 

'•  Impara  dall*altr’huomo.  ► 2; 

E* lociabile ; ' • ■ 

' Co  ine  diftintp  da*  òrtlti  nelfoperìire.  ' $.j. 

* ' - . E c 4 \ ID- 


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r % - • 4 , 

IDDIO , come  gode  nella  folitudine,  . 2, 
Ritirata  da  lui  dannófà.  j2g. 

, Immobile , ed  invariabile . , . 289., 

Non  abbandona  veruno , fé  prima  none 
abbandonato . iyj 

‘ Non  ha  parzialità.  ■ . . 

In  due  maniere  fi  piuò  perdere  « 569. 

Tutto  penetra . •' 

: Nel  cuòre , còme  s^ihtendé,  ' ^ 387. 

Idol  atria,  moderna  ; ■ ; . 

De’  Giudei  nel  deferto  y fua  cagione.  9 1 . 
Idropici;  ► 252. 

jeu , fua  deftrezza  per  atterrare  i’Idolo  fiiu 

Ignoranza  di  fe  fteffo . , loò. 

Ilarità , quando  pih  limabile ; 1 15. 

Imitazione  dall’altilui  altrui  coftume . loò. 
Impeccabilità  fuppofta  malamente . Pr.  1 7, 
Impedimenti,  maggiori  del  bene  debbonfi  pi* 
gliar  di  mira  dal  (àggio  per  levargli . ^65. 
Imperadori  di  Roma  , come  fedotti  dall’adu- 
•lazione.  • - • Pr. iq. 

Impoflibilc  par  fulTiftente , fe  non  efamìna. 

* . \ Prgf.z^. 

ineendj  crèlcono  col  vento,  37S* 

nc  Illazione  può  éfler  fofpcttà..  12*. 

Indifferenza , alle  volate  cattiva,.  < , i 7 1 . 

. Dannevole.  . ’ 305. 

eli.' 


•^4  -N. 


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441 


Indifcretezza , di  voler  abolire  tutte  le  Cour  O 
M verfazioni . ' Fr.  9* 

Indifcretò  non  è chi  accorda  il  poflibilc,proi- 
bendo  folo  ciò , che  non  dee  farli.  Fr.^o . 
Induftria , colpevole.  ’ . 

infelicità  fomma , quale  ? ^ 

Infermi  > che  non  fentono.il  nislc* 

Infermità , loro  principi. 

Infermo , come  foggetto  al  Medico. 

Cronico , fuo  motto  graziole.  - 
Inganno , facile  nelle  cerfe  dilettevoli. 
Ingordigia  i d’oode  nafca . .. 

Innefli  mirabili. 


Z08. 

286. 

287» 

12.1. 

40.- 

327: 

312. 

5^2 

217. 


Innocenza , fua  debolezza  dopo.il  primo  pec-? 


cato . 

Perduta  per  rifpetto  . ,<  • 

Sua  ficurezza  . 

Intelletto  fuo  grave  difordinc. 

Sua  difgrazia . , ■ 

Intelligenza , gioconda . . ■ ^ 

Intemperanza . 

Intenzione , buona  non  Tempre  balla. 
Invidia , tra  le  Donne  per  la  bellezza.. 
Oppofta  alla  benevolenza. 


176. 

J95- 

299: 

35»* 

332. 

.9°*- 

» 47f. 

167. 


.342 


Ifocrate  1 voleva  i buonldiftinti  da'càttivi.  2. 


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^ T J Adri  ^nieftid-,  più  nocivi.  ' • 204/ 

' Languidezza  cAcrna , indizio  di  itialc  inter-' 
no-  ■ ) 288* 


LatoS , alberò  , fué  qualità  - - - 40- 

Lecito  non  è Tempre'  ciò>  che  fì  fò  da  molti . 

' . ..  : . Pref.ii, 

• leggerei  talora  più' ùtile  jché  l’afcoltare. 

* ■ ■ . Pref.^^. 

■ Divina  j più  difcfeta  i òhe  non  quella^ 

della  finezza.  ' - 274. 

Sempre  debbé  averli  prefente.  309. 

'•  Degli  £brei<  circa  il  traveftirfi  l’huofno  da 
, dontiaiCla  Dònna  dàhiiomo.  154. 

Della  Moglie,  è il.  cofiùme  del  Marito.  155. 
Leggi  fimili  alle  tele  de’ Ragni.'  • 55. 

■ Leggiadria  alle  volte  nociva  àll’Ónòre.  258. 
' , ' Legioni Ungare  i come  fedate-  nell’  ammuti- 
namento da  Tiberio 16. 
'LegiAi,lor  deCiliOne  circa  al  dannò  dato.  149. 
- Legno  della  S.  CroCé,  Tua  forza . . 308. 

. . Lentezza  di  riparo , lo  rende  inutile . 227, 

'LeAezzà  della  Gioventù  mòdernà , fùc  ca- 
gióni. , 353. 

Libei'tà  di  converlàrè  nociva,  quando^  66. 

Kou  autorizza  le  colpe. 

D’efaminarfi  la  Moraleda-tutti  4.  356. 

E’.privilegio  deirhtlomq.  403. 

Perduta , Tempre  fi  cerca . . 1 40. 

■ D’ar- 

• - • 


4 


44?  ' 

' D’arbitrio'^  . > ^ i^o.- 

liberale  mifurato . . -Tzoy* 

licenza  di  converlai'é  , d’onde  nafee?  Pt‘ii'y. 


i4S-. 

52. 

5:4* 

372‘ 

73- 

30S 


limofina  fegreta  , pifi  perfetta 
lingua  perchè  data  all’huomoé 
iione  fua  gcne^ofità  quando  manca.- 
Suo  timore  dello  Scorpione  ^ ■ 

Quello  di  Domiziano  < 

• Dornie  ad  occhi  aperti . 

•Coronato  < 

'Morto  c in  fintato  < , ^ ^ 

lodare  fi  debbe  ognuno  per  quello,  che  è’  . 

fuo  *'  ' • ' _ ■ 4°7’ 

lode  induce  ruppófizioùe  d’innoCénza./’r.aS. 
Quella , che  fa  migliore  di  quanto  uno  fia, 
fton  dee  gradirli;  ; . ' . 

■‘De’ difetti, dee  ricufarfi;  ■ . 

Falfa  ,*iOri  fa  lodevole  , nà  innocente  chi 

• ‘ U riceve  . ■ ' A ' ‘ i'^i 

Quella  j che  toglie  l’elfer  lodevole;-  15. 
lòmbardia , motto  piccante  a chi  né  igno-! 

^ rava  le  qualità  < ..  , ' ’ ■ ?3  •* 

lotte , fua  fuga  dalla- patria  / 127: 

luce  odiata  da  Chi  ? 291. 

l'iicrezia  Romàna*;  zóS. 

lume  prefo  dagli  altri , non  fempré  giova. 

':lnternO  ,-ficuro  ; . ' •vi, 

Funefio  alla' Farfalla  - ' " - • ■ • 408. 

tuhaoppofta  al  Sole  j càgitìiia  sbaglio  circa 

M’eCcliire  « • • • - 6é 

V ; ■ ■ - Suo 


. « 


i * 


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•444 

Suo  corfo  breve . 

Perle  non  rL,  . 

• Qu  andò  r erta  dèi  tutto.  ecclilTata  ? 

. Piìiluclda  nel  Novilunio,.pCrchè  ? 
J.ufTo,ftiodifpendio  . i, . . 

Fra  le  miferie.. 

■ Pregiudiziale  a’ Poveri. 

Dèi  Volgo.  ' • ■ . ' . 

Inutile.  ^ . 

■ Sua  rea  intenzióne.. 

Lutero  derilb  da  TommafoMorp. 


■ ^02^ 

. IL4? 

188. 

189. 

191. 
. 237. 

191. 

. 24?- 


* • ’ ' • * 

Ti  /f  Achilie  idrauliche  rendono  Tacqua  piìi 

J\(Jt  utilè.  3^* 

Macedonj, loro  adulazione  adAleflaq^ro.  136. 
Maddalena  lodata  da  Grillo . ' ' l’ 

Marlabar  : fuo  albero  maraviglipfo*. , 
Malattia  di  .pirite  . - .•  , 322» 

Male  delle  Converl’azioni  alle  volte  non  e m 
elTe , ma  in  che  le  mira . ?♦' 

Fatto  legge  per  ufo . . 

. Non  dee  difenderli, ma  curarfi.  * , i vi  35. 

Creduto  leggiero  è peggiore..  ivi  2^.. 

AlTai  grave , crederfi  più  perfetto . 

: Stoltczza  dMncohtrarlo  a bella  polla,  140» 

. Interno  da  chi  lo  foffre  non  fi  fente»  aS8^ 

Dee.fuggirli  dovunque  fia..,  »7^* 

Come  fi  permetta  <u  Dio'.  245. 

Poli- 


t 


445 

Pofitivoi  per  nìuna  circoftanza  può  vo- 

• Icrfi.  ■ ' lo.  *■ 

Malinconia  particolare . 240. 

Malizia  oppofla  alla  Prudenza.  Pr. 

• Non  c nel  cònverfar  male  per  difetto  d’ilif 

■ ledìone.  • ivi  46. 

■ De*  Cattivi , di  peccare  > quando  il  Mondo 

• -non  vede  .'I  38 

MaliziofìjC  critici  fìngono  il  male, dove  non  è. 

■ . . *. 

Manu'oodiatc  uccelli , loro  caccia.  ’ 1 1^ 

Meraviglia  fmoderata  nocevole.  174. 

Marc’ Antonio , fua  rovina  d’onde?  261. 

Mare , chi  ' non  l’ha  più  veduto , non  può  fu- 

• ' ziarfi  di  mirarlo  . • ",  317. 

'Mariti , còme  han  da  precedere  alle  Mogli. 

Pòlfono;  arguire  ciò , che  fi  fa  nelle  cafe_* 
loro , da  quello , che  elfi  fanno  nelle  cafe 

• altrui . ■ ■ i^. 

Martìri  loro  godimento  nelle  pene  d’onde^ 

• veniffe . • ma. 

Maflìmo  de’  Nobili  perdo  più  ibno  corrette.; 

• • Pref.l^. 

Buone, quando  fi  perdono  è peflìnio  fe- 

;■  gno . ■ . , 1 24. 

-•  Cattive  s’iniprimono  meglio  . 285. 

.Matrimonio  de’ moderni . ,87. 

• ■ Non  oda  alla  virtù  criftiana.  361. 

Medicina , come  opera  ne*  corpi  mal’  affetti. 

, - rref.2. 

, • Me.^ 


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44^  ~ ' 

Meglio  fcmprp  dee  piacere  aJ  prudcflite/idj', 

, M^ieufagjne  ,dannola  1 . ^ , , .39»* 

Mente  del  Saggio  immobile  nel  bencv,  .172, 
Mercan  ti, come  travagliano  per  :gli  altrir  >9i» 
Merito  doppio  della  Bepeficenia.  ' . , . SAh 
Metalli  fi  riconolcono  dal  colore.  J65. 

Mezzi  per  gingnerè  all-pnióne  pop  Dio., 579. 

. Micie  mortale  alle  mofehe.  . 408. 

Misericordia  Divina  » non  è a far . mi* 
racoli,  * \ . 28^. 

‘ Mil^H^)  diycrfe  il  non;  fentirle;  dM  pu- 
< rarlc . ' . . 102. 

Correttivo  della  vana  allegrezza,  . 
Rendono  inelcufabile.chi  le  > . 4V 

Mode  feguite  per  l’ufo  igi. 

Moderazione  partonlpe  l’ordine  delle  Città. 

M'>de(lia  di  ricafare , invoglia  più  chi  efibi*. 


fee? 

/affettata , 

Criftiana  * p fuoi  fini»  • 
Nell’abbigliamento, 

Modo  in  tutte  le  cofe . 

Molti  fpefio  rovinati  da  uq  folo.» 
Mondo giudice  deil’pnOre  ’ 
Suoi  bphj  fallaci , 

Chi  l’alfaggia  lo  jTprezzà . ; 

• Suo  foadimento , e d’onde. 
Sua  indiicretezza  . 


9S‘ 

161. 

404. 

m 

5N 

29J 


Suo  fcadltnepto  9p|idiano  » 


19 

8^ 

126 

*40i 
Mo»  I 


J 


• • 


447 

Moderno;  quattro  apertare  nella  fua  cor- 
teccia . • jjy. 

Come  può  deluderfi  : ^gq. 

Morale,  iùo  Ibllecifmo.  ‘ 

Suoimollri,  ■ ^02.. 

Sue  bafi , 

MoralHU , Ipro  ftudip  nella  teorica  del  male. 

. 402. 

mi 


Mòrte  defiderata  da  phi  ? 
Del  Saggio . , 


372: 


Mortificazione  del  corpo  neceflarià  a tutti. 

* 307. 

Mofche  artifiziali  del  yifo.  I183.  ' 

Mosè  , filo  roveto  , . , ' 1 25. 

. Sua  perquifizione , prima  d’entrare  in  Pa- 
■ leftina  ’ . .125, 

Egli , ed  Elia  diverfi  nello  lìato , cd  ambe- 
due cari  a Dio.  . 360. 

Moftro  raro , nato  in  Oriente.  , , • 302.- 

Motteggiamento  grazibfo.  . 176. 


V.' 


N 


r%  ^ i 


NArcifo  invaghitoci  fe  medefimo.  1Ò7. 
Natura , perchè  non  abbia  jda’  buoni 
.diftinti  i cattivi , ■ ' . ..  2. 

i Perchè  abbia  fatto  due  orecchie,  ed  una  fo- 
la bocca  all’huomo.  ' 46, 

Tutta  occupata  nelle  piccioie  ppfe,  229. 

• ■ Sua 


tv  • 


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■'448.  ’ , . • • 

Sua  provvidenza  nella  tbrmazione  del  fe- 
to. ‘ • j 1 1 . 

* Sua  miferia . ‘ ‘ 401* 

Sua  benignità . 414* 

Natura  divina  bada  a fe'medefiraa. 

Naturali  buoni , come  fi  viziano.  \ 102. 

Si  guadano  col  bramare  .di  piacere  a tut> . 
ti.  ■ , 

Nave  fenza  Piloto . ^8. , 

Naviganti  ,.cofa  debbono  portar  foco.  goy. 
Navigar  còhtr’acqiia,  penofo.  , 364. 

Navigazione  , quando.pii'i  felice..  . ivi 
Nautica,  Tua  operazione  più  diffìcile. 
Necedìtàjdi  viver  nel  Mondo,  come  può  efler 

uti)e. L. 

V ergognofa , perfuade  ogni  male.  209. 
Negare,  talora  è benefizio.  ; 20^. 

A tempo  i grand’arte . , , ’ uL. 

Negativa  fincera  più  gio  va , che’ la  p.romefia. 
finta. 

Nobili  hanno  la  prefunziòne  in  favore  nella 
faviezza , perchè?  Fref.^ 

. Debbono  edere  più  contenuti . 

Noè,  il  primo  a piantare  le  yiti . ed  a tirarne 
danno . 401. 

Noja , fi  trova  in  tutte  le  cofe  unianc.  3 28.  ■ 
Nome  buono,  dee  curarli.  ^ 


1 


. . .» 
, . . I 


> *•  . 


Ob- 


»» 


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f 


o 


449 


OBbligo  d’accomodarfi  l’uno  al  genio  del- 
l’altro . . ' 1?. 

Occafione  fa  nafcere  la  rea  volontài  ij 
Occafioni  > lor  forza . 112. 

Oche  felvàggie , loro  prudenza , 6±. 

Occhio  per  lo  più  difeerne  il  folo  colore  de’ 
vizj.  - Fre/.  8. 

Cattivo  giudice  nella  fcelta  della  Conlòr- 
te. . • • 44? 

Più  fpiritofo  qual  fia  2 5^ 

Non  vede  fc  fteflb.  J 1 7* 

Sua  licenza . zoo. 

Come  fi  chiude  facilmente  fovra  la  pro- 
pria debolezza . 

■ Come  faccia  la  penitenza  del  ventre.  271. 
Occupazione  geniale  necefiaria  ad  ognuno. 

362. 

Lodevole  de’  tèmpi  feorfi  . 28. 

Offotilo, fiera  del  Meflìco , fua  proprietà  be- 
nefica . , 204. 

Odio  venuto'dal  troppo  converfare. 

De*  Saggi  pefllmo . z±. 

Oggetti  amabili  tre.  67. 

Vifibili  ci  circondano  la  divina  beneficen- 
za . 386. 

Ad  alcuni  biibgna  levare  ilforprendente 
• dell’opinione . 39?- 

Olmo  appoggio  della  vite,  153. 

F f Om- 


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r- 

45Q  . 

Ombra , quando  pib  pìccola^  1t  49; 

Al  tramontar  del  Sole  più  lunga,  ivi 
De’ Corpi,  17^. 

Omero , che  lode  defle  ad  Ulifle.  £, 

Onoratezza, errore  di  molti  circa  di  effa*  142. 
Onore  intn'pfeco  j ed  eftrinfeco . 257. 

Meritato  è giuftizia  , non  dono.  270. 
Operar  fayiamente  nel  ricever  la  lode.Pr.zS. 
Opere  di  pietà , levate  dalla  moda. 

Opinione  di  poflcdcr  la  virtù  fa  perdere  i’oc- 
cafione  d’acquiftarla . ^ 

D’alcuni  circa  |1  fupppfto  acquifto  dell^ 
virtù. 

Delufa  facilmente , . 26. 

D’al  Clini  d’effer  neceflar  j per  tutto,  q6. 
Di  troppa  innopenza  dannolà.  1 J4. 

Di  non  avere  difetti , 14^. 

D’un  folp  non  bada  per  la  vera  gloria,4o7. 
Ore  nojofe , più  fofpette , e quando?  20. 
Orgoglio  biafimeyole . 

Oro , come  perfezionato  dal  Sole . 82. 

Unito  coll’autorità , arme  pericolpfa.177. 
Orologio , fua  regola  dal  tempo.  145 . 

OrtenHo  Oratore,  motteggiato  fpiritofamen- 
te  da  Tullio,  518. 

Ozio  , Aia  difinizione ,'  277. 

NecelTario  alcuna  volta.  ..  28 1 . 

Oziofità , creduta  dal  volgo  non  è tale,  i j 6, 


I 


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» 


PAcefalfa.  1^4. 

Padronanza  della  parte  debile  ì 164. 
Pallidezze  artifiziofe  274, 

pane  di  Nozze.  87. 

Pantera , fua  aftuzia  . 226* 

Sua  proprietà  nel  cibarli.  304. 

Paojino  Svetonio , fua  feutenza  profittevole. 

S.  Paolo , fuo  ingegRolb  dilpregio  delle  cofe 
mondane . 394, 

Papagallo  > iùa  loquacità  importuna.  2.^4. 
Parlar  culto»  nelle  Donne  non  è Tempre  con- 
dannabile . 16^. 

Parlare  di  Dio , fenza  ftrepito . 369» 

Parlatrici  eleganti  pericolofe.  163. 

Paflaggio  d’aria  ad  aria , dilettevole.  102* 


Palfionc  predominante  debbe  combatterli. 

311. 

PalTioni  » lor  corrente  cagione  di  precipizio. 


Pallori  Arcadi  più  celebri . 40  jf. 

Patria  non  dee  preferirli  alPeliglio^  414. 
Patrocinio  » quando  Iblpetto  . 176. 

Pavone , fua  vanità.  191. 

Pazzia  degli  Ebrei  compian^  dal  S.  Davide. 

321. 

Peccato  , caufa  di  tutti  i mali.  245:. 

Non  può/are vera  fortuna.  ' 2^5. 


F f 2 Ognii* 


i 


Dlgilized  by  Gobgle 


4S* 

Ognuno  d’elTi  c una  mala  creanza!  3 8 . 
Pena  atroce  di  far  diletto  ad  altri  col  proprio 

male . 347* 

Penitenza  più  difereta  col  Corpo , che  non  c 
la  Galanteria.  275. 

Penna  , fua  differenza  dalla  Lingua.  /*r.48. 
Penlieri  buoni  nella  moltitudine  fi  perdono. 

565- 

Perfezione  unica  di  tutte  le  cole.  1 06. 

Pericolo , fi  vede  meglio  da  chi  ne  è fuori. 


314. 

Perfone  di  Rango  non  devono  fupporfi  difor. 
dinate.  , Pn/.,;. 

. Sofpette  anche  leggermente,  debbono  fug- 
girli.  322. 

. Pedeli'ai  Capo  di  Cafa  giovano  al  gover- 


no. 232. 

Secolari  pofibno  attendere  allo  (pirite , 
come?  359. 

Pefei  di  Fimmarchia  come  fi  confervano  fen- 
za  fale . ' 1 24. 

Pefo  lungi  dal  fòftegno  è più  grave,  3 65. 
Piacere  fila  forza . 244. 

Infermità  fomraa.  285. 

Sua  afiuzia . 285. 

. Quello , che.  fa  perdere  la  virtùèmifera- 
bile.  ^ ^ ^11. 

Piaceri , impedilcono  la  cognizione  di  noi 
raedefimi.  loi. 

Piaga  occulta  più  difficile  da  faldarfi.  Pr.35* 
Piaghe  , talora  fi  curano  meglio  colle  fo- 

men- 


DIgItized  by  ' 


4!f3‘ 

niente , che  col  ferro , e col  fuoco.  Fr.  i 
Pianeti , quando  benefichi.  2 1 2. 

Lor  moto.  301. 

Piante  , deboli , come  diverfe  dalle  forti.  1 14. 
Piega  prefa  in  giovinezza  durevole. 

Pigrizia  , animale  del  Brafile . 227, 

Piloto  , fua  vigilanza.  204^' 

Sue  qualità . 171. 

Piramidi  d’fgitto  perchè  non  fanno  ombra. 

Pifone,  fua  meraviglia  per  le  corone  di  Ger- 
manico* i8j« 

Pitture  licenziofe . 200. 

Platonici  moderni , loro  malizia.  76. 

Podeftà  d’eleggere  diftinguerhuomo  da’Bru- 
• ti . i6o* 


Poeti , teologi  della  Gentilità.  1 8 

Polledre , come  volea  Ariftotile , che  fi  do- 
ma (fero  . 197» 

Polipo  > fua  proprietà  maliziofa.  1 24. 

Pomi  »Vaghi  hanno  talora  il  verme.  17J. 
Pomo  vietato  da  Dio  ad  Adamo  condifere- 
tezza  . Pr.52. 

Pompeo  condannato  da’Romani  per  la  fab- 
brica del  fuo  Teatro . 212. 

Popoli  deir  ultimo  .Settentrione  mancando 
di  forze  ulano  della  Magia.  1 62. 

Poveri  qual  fia  il  lor  patrimonio.  189* 

Pratica  de’  Saggi , fe  e continua , è utile,  j 26. 
Praticare,  co’Superiori  giovevole.  174. 
Con  gl’Uguali  quando  giovevole,  175. 

F f 3 Con 


/ 


4S4 

Con  grinferion. 

Pregio , in  cui  debbono  averfi  le  cofe  fpiri- 
tualié  _ 4*2. 

DelleCofe  dall’opinione  pifi  lo(ÌevoÌé.  1 66. 
Prcfente  non  tolga  il  penfiero  dell’aVvènireé 

t’refenza  di  Dio . 1 . 

Prodigalità^  207^ 

Profuiìorie  fofpetta . 210. 

Progenitori  peccarono  j perchè  fcòrdaronfi 
della  préienza  di  Dio^  384. 

Prolperitàj  lóro  vicende.  2^6. 

Provvidenza  divina,  rimedj,  che  ha  dato  per 
ogni  male*  ,4*4* 

Prudenza , fuo  uffizio  nel  regolaménto  inter- 
' nOi  • 410. 

, Difcretà  i 20 

Putifarreiliia  infoienza.  1^7. 


a 


a 


Uadn*  belli  fi  guardino  da  lontanò;  95. 
, Di  prolpettiva  debbono  effcre  per- 
fetti. 62. 


R 


R Agazzi , loro  facilità  di  ridir  tutto  alls.4 
volte  giova.  2^4. 

Ragione,  fé  non  opera^  l’inìpoffibile  par  fum. 
ftcnte.  Pr.zz. 

: . Sua 


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. Sua  Perdita.  29  lé 

Ragno , fi  fvifcera  per  vile  uffizio.  276. 

Rebecca  Moglie  d’Ifacco  difefa  nell’orieftà  dal 
Rè  Abimeleccò, perchè?  , 500. 

Regni , lor  delblamento  da  che  proceda.244i 
Regola  del  veftire  è la  comodità  dello  fpen- 
dere.  , 3I48. 

Keligioli , vivono  fani  j cd  invecchiano.  273» 
Remora,  pefcc.  , , 229. 

Ridicolò  fi  rende  chi  incontra  volontaria- 
mente i pericoli.  28  J. 

Rifleffione  utile  fovra  le  cofe , che  fi  veggo- 
no. ■ ■ 

fi.iflefli,vo  non  s’azzarda.  Pr.42. 

Riformar  fe  mdcfimo  falla  norma  altrui,  zì 
Rimedio  i e non  querela , richiedono  le  cofe 
ineviwbili.'  22  j. 

ìiimorlb  dono  di  provvidenza.  228. 

Dell’adulazione, dee  lafciarfi  all’Adulato- 
re. Pref.2%* 

Rinoceronte  , fuo  odorato.  1 J i • 

Ripugnanza  del  genio  nel  làfciarlò , contraf- 
fegtio  del  male.  , 

Naturale  alle  cofe  cofl^annabili.  , 2to. 
Rifoluzioni  già  preie  difficilmente  fi  cangia* 
no.  • . igj* 

Rilpetto , niunò  dee  perderlo  a fe  medefimo. 

• ■ ' • ^ ' 267* 

Ùmànò.  . ^ ^ }tS' 

Rifpofla  faggia  data  ad  un  Principe  giovine-i 
circa  il  viaggiare. 

F f 4 Ri- 


4^^ 

Ritiratezza,  fao  confronto  col conlbrzio.  ^9. 

Più  propria  delle  donne.  gì. 

Giova  anche  alla  falutè  del  Corpo.  2';^2. 
Rodi , fuo  coloffo'.  2^7. 

Roma , compendio  delle  bellezze  d’ogn*altra 
Città.  - J78. 

. Motto  piccante  per  efla.  152. 

Suo  Senato  come*  feduffe  glMmperadori , 
adulandogli.  Pref.i^. 

Suo  pregio  fingulare . 20®. 
Romani , lor  accortezza  nel  fabbricar  le  Co- 
lonie. 2^2. 

Rondini . lor  coftumanza  nel  paflaggio  del 
Mare.  , 308. 

Rovinare  fe  ftcflb  a genio  d’altri.  28  r. 

Ruben  , quando  comparve  vanamente  aman. 

tedi  Giufeppe  . 342. 

Ruota , fua  moto.  jjj. 

* S 

* ^ ^ 


# 


SAba  Regina  i 265. 

Saggio  non  puù  fcon  volger  e le  regole-» 
- della  giuftizia.  - -’l  • . , ^9. 

Lafcia  il  Mondo  prima  d*efler  lafciato  da_. 
' lui..  ’ ^ . ! , ; 572. 

Saggi  qualificano  le  proprie  azionile  non  gli 
•'  Iciocchi . 

- Piùtemono>chegl?aitri«  . . pref.^z. 

- . • . Ben- 

• # 4 


Digitized 


45^7 

• • Benché  nel  fine  convengano, difeordan  ne’ 
mezzi.  * .328. 

Salomone , quando  fu  derifo  ? 26J. 

Salvezza  appoggiata  alla  fperanza  del  penti- 
- mento  . 258. 

Samuello  , penfiefo  che  n’ebbe  la  Madre.  89. 
Sangue  nòbile  giova  alla  làviezza. . 'Pr.^  3 . 

Sanità  goduta  fa  nafcerc  la  gelofìa  dicudo- 
dirla.  igj. 

Santità , malamente  fuppoda  da  taluni  in  le 


medeiìmi . 

48. 

Debbe  defiderarfi. 

412, 

Sapienza  flolta  qual  fia. 

• II. 

Vera , quale? 

23. 

Sua  abitazione . 

325- 

Sue  vie . 

■ 22(5. 

Sara  Moglie  d’Àbramo , rapita  dal  Rè  Abi  - 

melecco . - 300.. 

Saviezza  , quanto  {limata . > > . 259 

Naturale.  267] 

Sbaglio  volontario  non  è compatibile.  408] 
Scandalo , come  può  naicerc.  ‘ 46* 

Attivo.  149* 

Scelta  del  pero  Amico  , alfai  importante.!  1 1* 
Scettici , loro  follia  . 70* 

Lorofeienza.  ^32* 

Schiavitudine , qual  Ha  la  piìi  pefante.  . 141* 
Schiettezza.  858* 

Scialacquatorljderifl  dagl’  Amici  fteflì,  209. 
Scienza  del  Mondo,  libro  più  preziolò  di  tut- 
ti. 6.  Deli’ occhio ...  . , . ggj. 

■ * ^ F f 5'  Sci- 


/ 


458 


Scimie , loro  proprietà  nelP  operare.  Fr.^z. 
Sciocchi , perchè  tanti  nel  Mondo  ? 4. 

Scrupolo,  vano  de'  maliziofì  . 519. 

Scultore , conve  può  fconvolgere  le  regole.» 

■ dell’  arte.  . „ • ^9. 

Scultori  cattolici  biafimati  da  Tertulliano, 

. perchè . • ' . . , ■ 45". 

Scuola  efficace  dell’  efeinpio  . : ; ^ 56. 

Secolo,  dell’  Apparenza . . . 248. 

. DellaPace,<juale?  ■ .278. 

In  cui  fi  rive,  debbe onorarli . 281. 

• Delle  efibizioni,  quali  ? . ^ ^9. 

Suo  rumore  fpegne  la  carità.  J4. 

Prefentc,  fua  lode  . 404* 

Secondare  gl’  altri,  come  li  faccia  lenza  dan> 
no  proprio.  14. 

Secondò  Carinate,  fua  teorica  della  Dottrina 
Greca  mancante  nella  pratica  . 162. 

Seme  dei  vizj.  . 121. 

Senocrate,  fua  continenza . . .ij8. 

Seiifo,  à che  riduce  l*.Uom;ragionevoIe.i45. 
Sepolcro  di  Mennone,  fue  llravaganze . 87. 
Servidori , loro  dilbrdini  imputati  a i Padro- 
ni. • . . . ' 9^. 

■ Buoni,  rari . ' . . • iSi. 

Servire  a i piaceri  viene  dall’ignoranza  .259. 
Servitù  j profclfàta  a Donne  di  Ipiritó,  cofk^ 

fia  ? - « 3 7* 

Gloriofa  quale  ? .141. 

Senza  mercede,  quafi  ftolta -251. 

. Vergognofa,  quando  . • v .261. 

' Scr- 


DIgitIzed  by 


459 

; Serpi  n a fcofi  nell* erba  folta  ; . 

Sferico  perfetto  fua qualità  . 57. 

Sfinge  d’oro,  donata  da  Verro  adOrtenlìo 
Oratore,  perchè  lo  difendefl'e  . ; 

Sì,  che  diventa  un  Nò  . 358. 

Sichein,  perduto,  per  Dina  . 25'o. 

Sicurezze  di  cuore  alle  volte  falfa  . Pref.  ^9. 
Del  Savio. 

Silenzio  Tuo  profitto . 

* Alla  femmina  dccorofo. 

Kecelfario  ad  alcuni . 

Simile  cerca  il  Tuo  finiile  . 

Simpatia  naturale . 

Sincerità  antica. 

Sinderefi,  vinta  da  chi  è lodato  . 

Singolarità,  condannabile . 

Pccita  invidia . 

Sirene . 

Smoderatezza  di  converfare,  dcrifa  arguta- 
mente du  una  Donna  . i ì6. 

Sofferenza  d’ udire,  nieritoria  . , 62. 

Soggetto  mal  difpofto,  ama  il  fuo  contrario  , 
il  ben  difpoffo  ama  il  Tuo  fimile . ..  ^22. 

Soggezione,  guardia  della  inodeftia.  . .174. 

Al  fenfo,  vergognola.  . • , . 239. 

Sole,  fua  indifferenza  nel  rtfplendere.  '42. 

. Quando  piò  benignamente  influifea..  112. 

Di  Luglio,  profterbio.-  . • . -lyj. 

, Influilce  fecondo  i fogni  del  Zodiaco  • 294. 
Solitario, come  deferitto  da  Ariftotcle.2.e  56.  . 
SolitudinCj  di  cuore . .766. 

Sua 


-ì  /-,  I 

60. 

162. 

329- 

176. 

66-, 

, Fref.  2 7 . 

8. 


h73 


2 2. 
228. 

19* 

146. 


460' , 

Sua  giocondità. 

Somiglianza  cagione  d' amore;  ' * 
Soipeitare,  lecito  a chi . ‘ ' 

Sofpetti  fondati,  quali?'  ■ ; ■ ' 

Sofpètto,  dee  torfcne  l’ occafione'i 
Soiìanza  qualifica  per  Io  più  le  cofe.  Pref.15. 
Spada  nel  foderò  . ’ - ■ i So 

Specchi  maliziofi  . - • ’ 220 

Specchio,  che  non  inganna,  qual  fia?  6. 

' • Interno.  108. 

Ullorio,  fua  mirabile  qualità.  125. 

Speculazione  (lupida . 24J. 

Spedale  di  S.  Maria  Nuova  in  F'ircnza , avve- 
nimento graziofo.  264. 

, Speufippo  , jfua  diifinizione  della  Modelli^. 

199. 

Spinolo,  tradito  dal?  Ingordigia. 

Spiriti  lenti  . 

Spirito,  feparato  dai  fenfrpiù  forte. 

• Sua  rcftrizione  odiòfa  nel  Q>rpo . 

Senza  divozione . 

■ Difunito  da  Dio,  fua  infelicità  . 

Suo  volo  facile  fuori  del  còrpo. 

Spola  de’.  Cantici,  fua  Carità  . 

Stato  dell’  Innocenza,  come  perfettamente.^ 
felice . ...  12. 

Statua  feontrafatta-,  puù  elTer  lodevole , 39, 
Che  fa  feordare  dello  Scultóre.  74. 

Dì  Nabucco,  geroglìfico  di  falfa  fortuna.. . 

- ..  2SJ. 

Statue  ds’Greci/emplici  nell’ornameto.  198* 
' ■ " SteU 


tij. 

54^75- 

72. 

99- 

55J' 

364. 

396- 

390- 


Diglllzed  by  Google 


4^1 

Stélle,  opinione  circa  la  lor  luce  1 96.' 

Erro.re  di  Pi  inio  circa  di  effe  . 120. 

Dall'  Atmosfera  lontane , più  rifplendcn- 
ti . 3 ycé 

Stima,  affettata,  facile  a degenerare  in  amo- 

re.  ; . . 5?‘ 

Altrui,  come  s' acqniffa . 95;» 

Stolti,  lor  fonno  . 372. 

Stordimento  ftrario . 

Strali,  non  penetrano  la  cute  dell'  Elefante-». 

Fref.  27. 

Stratagemma , praticato  da  un  Padre  per  di- 
flogliere  il  Figlio  dal  giuoco  . i-  . 294. 
Strepito , e tumulto  pregiudiziale  all’  acqui- 
fto  della  virtù . •.  . . 325:. 

Struzzo-Càmelo . 228- 

Stupidezza  fpaventola . 287^ 

Pericolofa . • 

. De’ Capi  di  Cafa  . . 228. 

Subordinazione  tra  le  Creature  ordinata.. 

. da  Dio.  . , -348. 

Succedimento  caufale  di  cofe  buone  poco  lo- 
devole,. - *3*^ 

Superbia,  fuoi  danni . r 

Nociva  all’ Innocenza,.  i8» 

Giufta,  quale.  . 142. 


Ta- 


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T 


TAlete,deri(bdalIàfuafantescaii  122. 
Tamar  , principio  di  rovina  alla  Regia 
cafa  di  Davide  i ^ 251. 

Tartarughe, infegnano  a vincere  cori  ficurez- 
za  ^ iij. 

Teatri, (1  volevari  di  legno  da  i Romani . 2 1 2« 
Tempi  j fatti  dagl'  huomini>  non  gl'  huomini 
fatti  da  i tempi  4 279. 

Tentazioni  j aflalgono  chi  fi  dà  a Dio  < j 67. 
Teorica^  rifplerida  nella  pratica  < 

Terra,  immobile,  fua  prova . 288.. 

Terreno  d’  erbe-cattivc , migliore  per  fcmi- 
narvi  le  bùone  .■  , , 4j. 

Tigre,  come  ingannata  da  1 Cacciatori 91 . 
Quelle  dell'  Africa,  (coperte  ne’lorò  agua- 
ti dal  fifchio  d'uri  picciolo  ànimaletto. 

. . , , ■ 

Come  dclufe  da  i Cacciatori  < 288. 

Timagine,  (ila  follia . • 190** 

Timore,  vera  regola  del  vivere , Frtfi  42. 
'Proprio  de’ faggi . 

Come,  e quando  poifa  deporfi . 

' Debbe  averli,  ma  non  moRrarlo  ì 
£’  meglio,  che  la  derilione , 

Stolto,  quale  ? 

Giufio,  è vincibile , 

Di  Dio . 

Servile , , “'x 


IVI 

49. 

52. 

12J- 

120. 

238. 

386. 

187- 

CU-r 


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46? 

Cuftode  della  virtiu  409.' 

Imprudente,  quale  ? ivi 

Quello che  hanno  alcuni  d’ efler  buoni  ^ 
. , 41  ?• 

Timoteo,  inventore  della  Cetera  .■  , 284. 

Tobia , pianto  dalla  Madre  pel  fuo  viaggio  . 

. . . • • . 2?7- 

Tormento  d’ Ariftotelc , fcherzo  lepido , ed 
utile  i . 62. 

Tollìcd,  non  dee  bcrfi  colla  fperanza  di  riget- 
tarlo* . , , . ?o5, 

Trafcuraggine,  cagiona  Ipeflb  là  falfa^  è dan- 
nevoie  ficurezza  .•  ' fref.  40. 

Traveflimenti  moderni  i 154. 

T roppo  , in  tutte  le  cofe  dee  fuggirli  ^ 8 1 • 

Tùrchh  lor  cuftódia delle  Donne.  1^2. 

Tutto>  rifulta  dalle  parti . >406^ 


. t • ' 

V 


VAnipa , violenta  converte  in  fuo  palco- 
io  anche  le  cofe  contrarie , g9 1 . 

Vanità, fuo danno.-  ' , 42.' 

Vanto  delle  glorie  antlche,naiceda  mancan- 
za delle  preferiti  , . , . ‘ 278. 

V'apori , feodandofi  dal  lor  principio  cagio- 
riano  venti,  fulmini,  c terremoti . ^64.' 

Variamento  d’ indole,  fuoì  indizj . . 288* 

Variazione,  fofpetta  nella  Morale . 2^1^ 

y arietà  di  pareri  Confonde  là  mente . ? 27# 

■'  Vafi, 


4*^4 

Vali,  confervano  il  primo  odore  ' 2 25. 

Ubbidienza  , non  dee  metterfi  in  anguftia^ . 

. Fref,  $y 

Come  debbe  efiggerfi  . ivi  - 

Uccelli,  rapaci  fua  qualità . ' 20. 

Come  providi  per  la  prole . . 192. 

Veleno,  per  fe  fteflb  non  è cattivo  5 1- 
Venere  famofa  nella  Galleria  di  Firenze-» . 

, . 168. 

Venti,  come  cangiano  natura  1 ig. 

• Dove  nafeono  iòn  più  forti . 121. 

Verecondia,  giovevole  all’ innocenza  . gSz. 
Vergini  flolte.  loro  fventura  . 2g5. 

Verifimile,  più  è gradito  . Fì^ef.  g8. 
Verità,  c bugia  confufe  dall*  adulazione.Pre/. 

20. 


Verità, odiofa  . Pref.  gì. 

Si  dice  con  riguardo  , e fi  fcrive  con  libcr- 


tà . ivi  48. 

Contefa  da  i fenfi  . 99. 

V ero,  difficile  da  fcuoprif fi  . Pref.  go. 
Vefpafiano,  fua  dellrezza.  22. 

Vefpi,  loro  propietà . Vi- 

VeAi,  loro  ufo  d’ onde  venga . 182. 

Veftir  di  bugia  qualé  ? 189. 


Vetro,talqra  più  lugido,che  le  gemme . i7g. 
Vie  della  perfezione  tre,  purgati va,illum ina- 
• tiva.  Unitiva.  g6i. 

Vigilanza,  de  Capi,lè  manca  gran  danno  del» 
• le  Famiglie  . gg. 

De  Mariti  fovra  le  Conforti  è rifpetto.  1 7?» 

In- 

% • 


15 

41 

loj. 

144- 


Intereilata.  410? 

Villeggiatura  iufcliee  per  la  galanteria.  272. 
V'^irtù,  non  fi  prende  volentieri  per  norma».. 

Pref.  1 1 . 

Non  fi  trova  a calo  . 525. 

Criftiane  poflbno  inferirli  dalla  prudenza 
col  vizio  . Pref.  43. 

Col  volgo  non  convengono . 

Suo  feme . 

Fa  che  fi  operi  con  giocondità . 

Naturali,  e morali . 

Che  finifce  può  elfer  feme  del  vizio  . 231. 
Felice  ne’  fecoii  Icorfi  ; 

Primo  palfaggio  ad  dia  . 

Conviene  a tutti  . 

Compaiiòile  con  ogni  fiato  . 

Vita  ben  regolata  dal  timore  . 

Suadivifionc . 

Viti  novelle,  fua  qualità  . 

Vivacità,  quando  biafiinevole , 

Vivere  a fe  ftdfo,  lodevole  . 

Vivezza  fmoderata,  biafiinevole . 

Vizj,  fatti  regola  a taluni  ; 

Non  debbono  atterrire  il  favio  . 


24U 

399* 

4Ù. 
412. 
Pref.  42. 
So. 
/|.2  • 

54- 
■ 21. 

„ 354- 

pref.  3 1 . 

ivi  43. 


Amati  fegre^amente . 9. 

Del  corpo,  ^linori  di  quei  dell’  anima  .11. 
Del  corpo,  tome  fi  tolgono  con  premura. 

ivi  II- 

Vili,  odiofi  per  fe  fiefiì , 410. 

Piccioli,  lor  danno . ' 229. 

) Non  finifeono  mai  dove  cominciano  .231. 

Si 


4^6  , . . V - - 

Si  framifchiano  colle  virtvi  » 241, 

Non  fono  4®’  Tempi  > ma  degl’  Uomini 


Peggiori  del  fuoco. 

Cerpano  di  pccultarfi  indarno.' 
Comnmncmentc  derifì , quali< 
Omogenei. 

Ulivo  celebre  de’  Megarefi. 


247 

250 

263 

264 

283 

S8 


Uniformità  di  pareri , e di  cuore  rara.  345 
Del  Ornile  al  fuo  fimilc  gioconda.  373 
ynione  degl’Aninii , ornamento  delle  Città 


De*  coniugati  come  pretefa  da  Dio.  66. 
Con  Dio , contiene  in  fe  ogni  bene.  378. 
Voce  di  Dio  fi  riceve  diverfamente  dall’urna- 
na.  , 36S. 

Dello  Spirito  Santo  agl’Apoftoli.  ivi  368. 
Voci  interne , vopi  di  Dio.  386. 

Volauli  pifi  innocenti,  quali?  19, 

Volgo,  non  può  render  buone  lecofe,/’r.34. 
Volontà , fuo  errore.  351. 

Volupia  pea  de’piaceri , adorata  da’Romani 
nel  Tempio  d’Angerona  Dea  del  dilpiace- 
re,  perchè?  299. 

Ufo  , creduto  legge.  533. 

ytile, unito  ai  dilettevòle  è di  St'an  forza. 


Ze- 


••T-7 


467 


z 

ZEIanti , come  burlati  da’  moderni  Pla- 
tonici . 6^. 

Zelo  indifereto.  Pref.io.  - 

Zenone , lua  fciiola  derifa  da  Tullio.  139. 


IL  FlfNE. 


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