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CIVILE conversazione
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IL RETTO USO
DELLA
CIVILE CONVERSAZIONE
O ^ E .R 4
GIOs GIUSEPPE CREMONA
Ef- Generale de* CC. RR. delle Scuo-
ia £ Z? / C T A
A Sua Eminenza il Signor Cardinale
VITTORIO AMEDEO
DELLE LAN2E
Edizione Terza.
D 1
le Pie Pallore Arcade
IN PALERMO MDCCL.
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IMINENTISS. PRINCIPE.
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E V unico motin)o di
mettete in fronte a c^uefio mio Li*
hro il Venerati Jììmo nome di V. E,
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r un fuaìepoU
’Pàdrocinio 6 V Acc'a'dem'ià céle^
hre di Nanst , e tutto codefto Rea-
le T)ominio , e Roma ftefa la'
gran Metropoli deW Vninjerfo ,
ove ne vive tuttora la gloriola
memoria > converrehhono meco per
accordarmi , che fcegliere io non
poteva un appoggio più lumino-
fo . Attirerehheji fuor d* ogni dub-
bio un ben' giufto applaufo comu-.
ne un sì fatto penjkro fui rà-
fie ffo del vantaggio , f che a me
venir puote , e a quefii foglj dall*
incomparabile: . degnazione del Ter-
fonaggio sì ' cofpi cuo ^ che fcende
• ad accogliergli i Bjfend:0 però im-
\
. „• pre-
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IX
prefcindihile da un tanto onore-
la neceJUitd di foggettargli alt al-
trui purgato difcernimtnto fi ren-
derà pale je pur troppo a tutti, il
lor demerito di ^venire in mani sì
degne Quello » che alcun poco
può far loro coraggio , fi è il con-
tenere eglino una materia , che
inter e [[andò le premure più, deli-
cate d* un <vero zjelo crifiiano , ad
altri più giuftamente non pote^ja '
no indirizzarli , che all* U. V..»
da cui . riguardali con tanto di ge-
lofia 9 e la gloria dell* Alti fimo »
ed: il bene de* Tro filmi . Ed in
noero chiuncjue ' confiderà' nell* E. . Vi
e ia direzione, de*. fiudj i é.la.ma-
X.
turità delle majlime , e la norma
d* un 'vi'vere Ecclefaftico mera-
mente ^ ed efemplare nel fiore più
hello di giominezZA > nélV abbon-
danza delle domizie » in mezzo
al credito de' più faggio alla fii-
ma di tanti j e sì remoti Taefi ,
che l'ammirarono benché di p alag-
gio a e nella felice condotta così
plaufibile in affari i più riguardo-
moli a non potrà non comprènde-
re » che a Lei appunto confagrar
domemafi un Trattato a con cui.
pretende fi non di togliere a ma di
migliorare l' ufo della Cimile Con-
mer fazione a il quale ficcome rego-
lato a domere è il condimento più
dolce
XL
dolce dell* umano conforzto , cosi
dalla malizia fconvolto potrebbe
divenirne il più dannevoìe pre*
giudizio . Ofèrifco perciò voìonr
ti eri all* innata modéftia impa-*
reggi ab ile dell* E* V, il Sagri fizio
delf ardente mia brama » e sì.
dover 0 fa d* efi endermi qui ne* mag-
giori » e più ampli encomj dell*
alto fuo merito , giacché adeguar
non potrehbonji dalla debile mia
penna , e godo , che
comuni acclamazioni
abbondevolmente la %
’■ mio flenzio , So ancora » che
neppure ho da fperare , non che
pretendere di poter mai corri fpon-
der
XII.
der punto àìle tante \zy'azie » di
cut è piaciuto :air F. ricolmar^
mi in - o^ni tempo. , le .quali al
confronto della mia tenuità più
fempre nel loro pregio s* accrefco-
no i pure noti ho evoluto omette-
re di farne qui una confejjione
finterà che fe non può fcemare
il pefo de*. miei doveri , può. tar-
mi fe non altro . dal . rimprovero
di fconofcente . Se .poi quejle mie » '
quali elleno- fieno » picciole regole
prefentate agli uomini di qua-
lunquejftató .9 e condizione per di- \
vertirfi.. infieme fenza difcapito ,
non incontr afiero là forte che,
pure ebbero altra volta 9 di paf-
Jare
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XilL
jareprejjo di tutii .fen za querela^
à puntura di critica :,: commendar
bile al certo fard T intenzione' da
me ; avuta f d* elegger %ro nell*
È. K un Mecenate , . V:\ indole foar
^vijjima 9 '■€ l* inappuntabile faviezr
za' di mi meglio i che per T inr
felice teòrica , mia avvenuto non
farebbe r infegneranm^ ah. Mondo
più culto con laudev ole . pratica
avventar ofa , quella Morale », 'che
puh rendere innocente injìeme , e
dilettevole ad ognuno la cofluman*
zu di converfare • Augurando
frattanto a quefto leggerijjimo Do-
no ^ che le umilio 9 quella pienez-
za , di ejlimazlone , che puh deri- '
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XIV.
foargli dd benigno di Lei gradi-
mento > quando si degni d* accep-
tare in conto di contraccambio il
foto de fiderio» che nudrp di faper*
lo rendere a tnifura di quanto le
demo 9 étmerò cosi la fortuna \ di
comparire difiintamente » quale
profirato al bacio della Sagr a- Fot^
por a mi confermo con prò fondi JJp
mo'ojfequio. v r ^ ^
. Di V. Eminenza * •
» •
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Gio: Giuseppe Crenona |
de* GC. RR. delle Scuole Pie,
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Noi infrafcritti fpezialmente
Deputati avendo a tenore delle
Leggi di Arcadia riveduta un
Opera del Reverendiffimo Pa-
dre Gio: Giufeppe Cremona El^
Generale dc'CC.RR. delle Scuo-
le Pie detto tra gli Arcadi del-
la* Colonia Mariana Plafone.»
Ecatoihbèo 9 intitolata il Retto
Vfo della Cimle Converfazione ,
giudichiamo , che l'Autore pofla
neirUnpreflìone di Efla valerli del
nome Pailorak » c dell' Infegna
del noftro Comune.
• •
- ' »
Cor tolgo Plot antodio P»A. Deputato.
Leoni co Parorio P.A. Deputato •
Jjbanio BiHìo P.A. Deputato .
• ‘ »,
«
Atte-
»
Attéifa la fuddetta Relazione,
in vigor delle facoltà comunica-
te dal Revèrendiflìmo P. Mae-
ftro del Sagro Palazzo alla no-
ftra Adunanza , fi concède li-
cenza al fuddetto Plafone di fèr-
virfì nell' impreifione della mén-l
tovata fua Opera del nome, ed
Infegna fuddetta . Datò in Col-
legio d' Arcadia &c.
Alla Neomenia, di PianelTio
ne r Anno II. dell':. Olimpiade
DCXXX^II. Dalla Rifiaurazionc
d' Arcadia Olimpiade' »X VI- Ari.L
Giorno Lieto per Gen.chiamata .
: • ' * »
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Mireo Rofe'atico Cuflode. Generale
■ ^ V . . d* Arcadia.
Luogo del Sigillo Cufto .
Nariftdo Trttonidc
Sotto-Cuftodc .
A chi vorrà leggere. >
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I protefta candida'menteJ
l'Autore in offequio delle
. Perfone d’ogni ; leflb , che
:.eglr non è Critico^ il quat
le;foriva per pungere, ma
bensì Minifìro diiDioj che
. Jq fà per giòvare'.Egli non
crede , che veruna jdélle.Gonverfàzioni fia^
rea. del minimo-di. quei tanti ; dilbrdini;,
onde vengono accagionate da i meno.difQre':.'
ti .'Si dichiara con iìchiettezzadlfentimento
{incero d'avere per gli huomini.,*edonned;
ogni condizione umben diftinto rifpetto , e_*
parlando qui gcneralilllmamentc nohinten»
de mai d'offendere veruno in particolare, e-»
ficcome il difcorrcre condizionato ' non da_>
fufllftenza Jyie c^^ve^.fcosì jp^etende , che
quello hfe^d'^^un^ihéràripre con-
tra d’un raMfe , non ri-
paro d’uno i^hè'^n-^upppnga g nato. Me-
no polcia fia vjtefò-di toccare; le Perfone del
primo effb'credendo più in-
nocente,’qhàhto pSi ordimriò iIco(lume-j
del converfare . Parla in fomma coll’huomo,
e colla donna fenza punto dillinguerne il
grado , a tutti pur troppo comune effendo la
pratica , o del Male , o del Bene. Di fe mede-
fimo neppure hdandofi in tal materia ha cer-
cato
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II
cató il parere , il giudizio > e la critica piti
aufteradc’primi Letterati d’Italia, che aven-
do tutta in idea , ed in riftretto 1’ Opera , gli
hanno' fatto coraggio allìcuràndo.ò ,’che è
trattata con tutta la moddlia pihcircofpetta,
epiìida lui bramata . Dopò d’una tale inge-
nua protesa; dia l'AitilTimo quella fortuna,
che. più gli' piace, à quello Librò , badando
all'Autore la fola Ibrte dèlia , divina.fuà Gra-,
sia , poiché -l’ba fcrittò per fine principalilfi-
nio a gloria i e onore diLui-, e per. profitto di
quégli , che. vogliono caraminaré.per.la via>
de i divini precètti, eflehdo ben perfuafo coll*
Apodolo, che fe egli, piàcefle agli huòmini
interamente, non larebbe fervo deLSignore.'
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0/V mìì punto ignoto i
molti avere fcrittoitL*
quefla materia , anzi
avendo io trafcorfo if
parere di tanti huomini
faggi in tale argomento^
a t un'altro mi farei ap»
pigliato , che al dirne io pure il mio ,fe l'au-
torità d* un gran Per fon aggio , a cui io debbo
per molti capi una rifpettofa ubbidienza non
mi et avejfe indotto col fuo comando . Suppon-
go dunque tutto ciò , che fi è fcritto fin' ora in
quefla caufa , e fenza efamìnare , o tanto me-
no oppormi a' fentimenti diverfi di chi l’hci^
trattata , ricavo appunto da una tale fuppo-
Azione l'idea di queflo Libro . Parrà poi forfè
cofa non poco flrana a chiunque ne conofcerà
r (Autore , che un Minìflro Evangelico , da-a
cui dovrebbe condannarfi a dirittura , e fen-
za ver un rìfpetto , imprenda come a difende-
re l'ufo della moderna Converfazhne , ed in-
vece dPinveìrle contro , e fludiarfi di trddi-
carla , fi accinga f 'olaménte a correggerla. La
cagione di ciò è fiata l'ejfermi fempre parato
ugual dtjordine , e la sregolatezza di molti,
nel converfare\ e lo zelo indifcreto di altri
nell'opporji ad un tale fuppoflo abufo con ani-
b 2 mo
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mópìHe di fveìlerlo affatto , che d* ammendar-
lo . §li^ntuhque la Dio. mercede io mlfenta
inclinato naturalmente , anzi che nò , alla^
dìfcretezza, e alla civiltà dì fecondare-, quan-
to pi à pojfa farfi , il genio dì tutti , non ho pe -
rdmai fojlenuto y che in quejìa nuova cojlu-
manza dì converfare sì libero , e sì frequen - ^
te y-non vìpojfa ejfere il fuo male \ma ho giu-
dicato altresì piti giovevole cofa tentar la
cura dì quejla , qual elvella JìaJi , comune.^
(^x^piaga più colle fof/tente, e col balfamo , che
col ferro , e col fuoco . Quando vi fojfe mai il
male , che da taluni pretendefi , egli fi è fatto
ornai neceffarìo per una certa confuetudìne >
che regolata dal piacere è divenuta cornea
legge y onde convìen penfare più alla manie-
ra dì renderla innocente con frutto , che al
tentativo dì sradicarla séza profittofzòGtta- j
fio che fia il temperamento de* corpi , e cam-
' biette in abito le cattive difpojtzioni , più non
cerca la medicina dì rimetterlo in equUìbrìoi
ma ftudia il rimedio per ripararne la totale^
rovina . Egli per tanto è d'uopo sfuggire un*
efiremo dì rigidezza , che. ìnafprendo la fe-
rita , ed ìnfieme ponendo in diffidenza P arti-
fizio del buon Chirurgo Cg) può farla degene-
rare-in cancrena. Siccome dalle perfone fag-
gieyC diferete dee crederfi,cbe in quejìa nuova
foggia dìvìvere non fìa fempre tutto quelmale,
che 0 i più malizioJìyO .i più. Critici fifiguranoy
così v’è luogo al teperamento, ed allaperfuafi..
■ ' ■ ' va '
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à
•Da per ta^ìerè ìatéraménte , o quella parte
■ di malevche ejfer vi pojfa, b quella^ che entrar
•vi poteffe. E certo , che anche le cofe^ytnfua
fojlanza perfette incontra» talvolta la -rn ala
Jori e divenire cenfurate da chi attie>/fi' -per
giudicar e~ 'pìà all'apparenza , che ai. midollo'^
onde non meravigli a', che ad una tale' cen^
fura foggette- fi veggiand poi quelle azioni t
■ che mifie effendoyQ^yd ambigue , ricercano
per comprenderfi un lume più chiaro i e piii
diftìnto UEcclijfi del Sole, (jf>) fcrijfe ben'cJ
Anaffàgorà i non è in luì , che punto non' per ~
de mai dì Jua luce, ma è bensì negli- occhi de*
riguardanti , che nelle tenebre dell' oppofl>t-»
XìUna ingombrandofi , non ne diflingùono la
chiarezza . Mia opinione b per tanto -, cbc^
il piit delle volte fucceda così nel- giudizio,
-che formafi delle moderne Converfazionì , il
male delle ^quali(jj') fia non in effe , che favie
faranno pure , ed innocenti, ma nella malizia'
- di chi. le mira con occhio avvezzo a dìfcey[^
nere per lo il fola colore de^vizj»^ C8)Se ciò
poi così 'fojje ycome effer puote , e come creder
^dobbìamOy che (la, ella è ben manìfjlìa L^indiy
fcretezza(^^ydì voler tutt e ^ abolir le C nver^^
fazioni y non perchè tutte fieno in verità, con^
dannabili , ma perchè fono condannate fenza
. r anione. .(Uffizio farà per tanto della pruden-^
za Centrare bene addentro in quefla materia f
. e prefcrivere a tutti fui fondamento dellcuÈ
' portile una regola dì eonjeryare Icu^
b 5 '
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■ VI
pretefa Uttocema , i:d. armarla xontra degli
.attentati y e de' perìcoli , che incontrar po-
.tejfe nell'ufo dì converjar e.- .
IL\tA.quejìo ■. zelo.y C i d^che poco fembra^
dìfcreto , i'accofla quella precisone Jngiurio-
fa , chefuolfarji nel condannareda -xofluman-
za de' pubblici divertimenti y pigliando per lo
fìh dì mira quegli de' Nobili all' ufo de*
C I z') fulmini,' che fogliono colpire ì luoghi pià
eminetìyquaji che le fole perfone di rango f offe -
ró sregolate nel divertir fi. Per me credoy
che dovendo fapporfi la Converfazìone in.,
ffocente , deggia anzi pendere la prefunzione
C I ^ fin favore de'- Nobili., come quegli , che e
pelfàngue , e per P educazione fogliono effe-
re di fentimentì più favfe dK\q~) maffime più
corrette . Nulla però di meno acciò , chit^
quindi, fit tolga ogni principio d'ódìofità,che
fuol nafcere appunto dallo fcendere al par-
ticolare in ciò , che è tanto comune , io mi
prendo quì.a difcorrerla coll' huomo , e colla
donna generalmente ,fenza punto confider ur-
ne la condizione , giacché il bene, o il male in
quefla linea può efiere in tutte le radunanze,
dove infieme fi.tr ovino i due feffi , venendo
le cofe tutte Ìi$')d' ordinario dalla foflanza,,
■non dagli accidenti qualificate.
■ III. L'altro efiremo non men dannofo è la
..troppa condifcendenzq d' alcuni QiQfi he in
qùefio genere fon folitì di' affólvere ogni cofa,
e con troppo Hi facilità convenire nel fentì-^
• : • .V ' - mento
I
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mento dì col6ro\ ebe impegnati pììi del dove-
re in una tal coflumanza ,Jt fpaccìano per im-;
peccabili,i\y^ non pùnto /oggetti alle cattive,
imprejjtoni fché^po^oino. originar/ dalla rna-
Itzìofa confuet Udine di converfare con lìber--
fd Còde/a è una/pezie d'adulazione danno-
Jilpma alfnòndoy 'per cuì'malamente camhìan-
doji- i Giudici in hodatorì(ì%)aprono l'adito
elle corruttele, e la franchìgia alle colpe , le
qual/crefcendo ad onta ben anche delle più
efficaci riprenjìoni ,\e dé' più gìujli rimpro-
veri, può creder/ , che -s' aumenteranno po-
fcia a difmi/ura' nelF applaufo , e nel corteg-
giò , di chi' le adula, Qoiioro , dijfe Filone^
Ca) 'riduconlì ad ingojarc i pecca-
ti de’ popoli,' non avendo fpirito da ripren-
dergli ^ rei dì ciò , che approvano,^,
fendo cagione , che / lu/nghìno molti j/mi dh
non - peccare , mentre non fono ripr eji , anzi
d' e/ere innocenti ad onta della /ndere/ , che
gli 7eondanna.Prima'Vsrgognaron/gli Irhpe -k
radorì di 'Róma dell' adulazìon del Senato ,
C che gli chiamò /dumi poi dubitarono,
fé e/ef pote/e , cbe'pùr lo foffero : indi co-
minciando 'a' credere veramente, dì éfferlo,'
accettarono 'e d'ioti , ed Altari , e Sacri/zj,:
ed ingannati Còn foàv e maniera giunfero al-
la mifèftd di non faper più dìjììnguere dalla ',
: 'V .ve- .
A* « •
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C«)' Ih Cant. c. 5.
4
■ft'
verità labUgtd-, (2o')e'italF adulàzhtfe P ojjer
quio.In^fattì l'albagta aollegata'sóiPamor prò.
prio,Ì2 1 '^trattaniiùfi dell' hter effe particolare
d' ognuno., è capace di perfua^rciper vero ik
f affo, e lìmpoffìoìle perfufftflente\iZ2)quando'
le cofe ' non vengano bene efamìnate dl'lume,
della ragione • G>s) molti -, che a fondo cono r .
fcono ì difordini dì libertà fors'ànchd.per ù»\..
'infelice Jperienzp di grave danno' fpirituaie»
fenteàdofi in cìò adulatida ehi dovrebbe cor
ref'èergli , giungono facilmente.a fm.c'ntir P. •.
evÙhta,(j2.i')a vìncere il r.imorfo , ed a tenerff
in mezzo .alla sfrenatezza, per .buo/pini di,
contegni). Dee dunque chi brama' tPopcrar fa^
viamente anzi , cbè ìnvanirft. d\effere.lodató,.
ejaminar. bene la fojìan.za.della fua< lode >
Kon gradire fe non ^.quella partii ih e egli
■ veggià dì meritare , l[alt.rq..gemfof ameni e^_
/degnando i Cbeizqy ló fa migliore di quello,
che egli pur troppo fappia dì effere.iifyAlef-,
fandro il Macedone comecché, amico affai
deiPadulazìone , pur.e. gettò nel Piume Idafpè,
il P anegirico fattogli'da Arijìobofo\yjìft^ fr®’*
vando' in effo bugiardemente comtnandato il.
fuo- valore d'avere ’tn battaglia -,con un.dar.r
do uccifo .un Eie f ante, (:2*j"}q“ando,alh sut^
dicodejìi animali ; come in. lana ìmbattenioft
le palle -, fi fermano ,-.e cadono a t erra; gli fira~
lì, e poco mancoDVì ,che non accompagnaffe
col Panegirico anche il Pancgirifia . In tal
gaffa vorrei , che fi regolaffero gli b'uomini di
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IX
qualche fenuo allora \ quando fentonfl o loda^
ti y 0 difeji in cofa , nella quale fi conofcono
[28J dìfettofi , e lafciando alP altrui cofci-
enza il rimorfo cP una sì nera adulazione , e
sì manifefia , non fi credejjero lodevoli , per--
cbè furon lodati^ ne innocenti y per che trova-*
rono chi difefe indebitamente la lor licenza .
'^uejla farà la maniera dì e’oìtarc^
un altro inconveniente ajfai pernizìofo , che
è d' adulare uno fe'-medejmo , v.29) dandojt a
credere d' ejjer dìverfo da ciò, che egli sà di
ejjere infatti , e di non vìvere punto intinto
di quella pece , di cui fenteji interiormente^
riprefo dalla ì^o'] cofci enza . tAd un tale-it.
inganno veggìùnft nel Mondofoggettì tnoltif-
fimi , ì quali non perchè , fecondo Sene~,
ca , [a] malagevole Ita lo fcoprimento del
vero , s’ attengono al verifimile ; ma perchè
loro è odiofa la verità [g fi fanno come una
regola degli altrui vizjt cofa, che non fareb->
tono per la vìrth, e fi Infingano, che lecito fia
tutto ciò, che fi fà dagli altri fenza, che pun~
to V* dbbìfognì dì riflejfione . ^t^flo è un*
operare da [g 2] Scimia, la quale non effendo
huomo, cerca dì parerlo col fare tutto quello,
che vede far fi dagli huomini , punto non ri-
flettendo fe benfatto egli fia ,onò . Onefie^
non fono (jj) le azioni per ejfer di molti , ma ,
c per
[,0} Lib.g, de Benef.
B
I
ftrjgjfer de* Sa^gi, edutifolo dìejjt j^àtrd^
qualificarue ben mille > che mille fctocchi
non né gìudificberattfto mài una fola . cAnzi
afferma Platone, [a] )“34] che quelle cqfe, le
quali diconfi buone dal Volgo , non diconfi
rettamente buone . Egli per tanto conviene %
che ognuno efamini fe flejjo con efattezza,
trovata la radhe.del Ljj] male , non voglia
difenderlo , ma curarlo , afe medejìmo non^
occultando la piaga per renderla men di ffici-
le dfaldarji’y avvegnaché meglio femprefi
guarifea una ferita larga,ed aperta, che una
pìcciala , ma cieca . Se nel difordine , ch<Lji
può nafeere in converfando.liberamente > éd
oltre a i termini della faviézzagiugne qual-
cuno ad adular fe meaefimo , ed a diminuire
nella propria effimazione [^^6] (fuel male^ >
che ittfua foftanza è grave , gl* farà certa-
mente piti difficile il guarirne , che d' un* al.
tro ancora pià grande, ma piitpalefe: mentre
lafciandofi perfuadere dalla malìzia in, dà »
che dace a i fenfi > chiude l'orecchio al con-*
figlio della prudenza in ciò ,chefpetta al fa-
vio regolamento interior e de W Animai
ninna cofa meno C37) dfogna effer caparbio»
che in quelle, che poffon» apportar nocumen-
to > e perciò ne avvifa lo Spirito Santo % che
r huomo empio fuol effer di volto iniblente-*
mente
\ */
1^2 2. De Leg.
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niente C^8) protervo, e cheli Savio correg-
ge le vie file ; [a] thè è quanto dire , effetti
empia cqfa il perjtflere pertinacemente nel
male ^ià conofciuto,e carattere per lo contra-
rio d'buom retto il correggerli^ quando fe ne
veggia là convenienza , ed il hi fogno.
^ V. Io sò bene , che alcuni pretendono di
tf uggir la taccia di caparbierìa per una cet-
1^9] Jicurezza tranquilla , che hanno in^
ordine a quefto nel cuore , parendo loro , che
probabilmente' non P avere bbotio , quando non .
foJJ'ero innocenti . Ma è da rifletterfi potere^
una tal ficurezza , particolarmente in cofe
affai dubbie , e di grave perìcolo , originar^
dalla' [.403 trafeuraggine^ d'invigilare colla
dovuta t ed efatta premura fovra gli anda-
menti delnojìro interno. Auguflo (b>
che era Principe di grande accortezza , con-
fufe gli t/lmbafciadorì di Yarragona ,chfLi>
Ueti erano venuti ad avvifarlo ejj'er nata una
palma futi' Altare colà eretto al nome dì luìt
dicendo loro con grave farri fo : da ciò appari-
fee con quanta frequenza abbiate fui mio Al-
tare fagrificato :Potrìa forfè in tal guifa ri-
fponderjt a codefli bùomini sì quieti yeftcuti
nella feorretta licenza del converfare , cioè,
che tanto certamente non averebbono di
franchezza , fe con pià ferietà rìfletteffero
a ripurgar /’ anima dalle affezioni menfavie,
' c 2 veaen- ■
<a) Prov. 15. (b} Erafm. in Àugufh
I
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XI t
•vedetfdojìper ìfperienza , che l men rìflejjìvt
fotta fempre t più azzar dofi, ondeifait-
cìulìi , i quali a nulla penfano , punto non t,e-
mono que’pericoltiChe fogliono paventarfipru-
dentements dagli huomini più ajfennaci ..7V2
dehhe ritirar fi alcuno da quefìa interna difa~ .
mina di fé medefinìo per tema di rimaner fgo-
mentato dalla pur troppo manifefia cognizio^
ne. della propria [45I debolezza'-, perchè oltre
all’ effer meglio il vivere colla regola d' uìl^
faggio timore,cbe perderfiper una imprudcn-m
te franchezza » quand’ anche fi .difcuoprano
piu mz] ,che non .credevafi ,paò farfene , vo-
lendo , un utile L43J innefio di crifiiane vir-
rtudi.Siccome il terrenotdove più altecrefco-
no le cattive erbe, è fempre il migliore per fe-
mìnarvì le btìonex così certi. cuori [4/^J pieni
di corruttele , e che fembrano ad effe più per
xonfequenza inclinati , fono talvolta.ipìù ca-
paci di nodrirc uguale virtù coltivati , che.^
fieno con attenzione. La pieghevolezza [43^
dell* animo è anzi un benefizio della natura ,
onde può fperarfi,.cbe apprefo il vantaggio
del bene ffi abbraccierà ugualmente > cheli
.male UH tempo creduto per utile.
VI. Quindi io penfo , che profittevole effer
pop a chi vorrà prevalerfene queflo Libro,
.mitre fcoprendo.il volto allaverità,che forfè è
tenuto è dalla papne-,òdall’ ignoranza celato,
coloro, che peccano in converfando , non per
malizia , ma per difetto (46 ) di rifiepne , à
• . . Vor^-
• * • é
\
vonanno corr ergevi ùn dìfor dine, che non •ve.
devono, ò per lo meno apprenderanno la ma-
titera dì evitare tutto il vero dìfordinexbe /(?-
€0 tirar potrebbe il coverfarx con libertà.'j\rjy
t^lfonfo gran Rè d* Aragona , Ca) era folito
dire , che ì migliori configlieri fono ì Libri ,
•perchè dicono il verofenza timore. Infatti la
penna è uno jlromenio piti lìbero , chela lìn-
gua , mentre quelle C48) verità, che talor
dìrebbonji con qualche riguardo , foglìono
fcrìverfi con franchezza, onde chi leggeè pìh
Jtcuro dì rimanere illuminato , che non chi
afcolta femplicemente. Ejjfendo io dun-
que certo d* aver qui efpojìa la verità fenza
f oggezione , prefiggendomi per ifcopo la fola^
gloria di Dìo , ed il bene de' profiimì , fpero
non fenza ragione , che chi vorrà appigliarfi
al configlio dì quefii fogli potrà camminare^
con fteurezza , mentre hò qui proccurato di
preferivere a tutti una regola fondata fovra
d' un Dogma ficuro, e dedotto dalle fagre pa-
gine ,da i Santi Padri , e dagli antichi. Filo-
fofipitt ricevuti , ed accreditati, c/f quefto fi-
. ne ancora potendo avvenire, che htggafi que~
■fio Libro dalle perfine d’ 0(rni fe(pj , e- condì- '
zìone , hò giudicato bene di tra/'portare nel
nofìro Idiomai fentìmentì, e le autorità si mo-
rali, e fagre , come ifioriebe. e profane , per-
chè veggia ciafeuno , ejfir la dottrina , chc.^
■ • - -
(dr) Panorrait, in cj.yit.
tà
à
XIV
g/i prefento » cattata dn ì fonti più lìmpidi , e
più ficurt. pjìuno poi per amico, che eglifìajì,
è parziale del proprio divertimento , potrà
neppure tacciarmi d' [jo") ìndìfcretezza,c^
mentre accordando io alla convenienza , al
coftume ) ed al genio ancora tutto il pojftbìle >
>e conducendo fin dove può giugnere Jenzau»
•difcapìto l' Oneftà , mi rejìringo a proibire
rjuel foto , che non può giufiamente conceder^
fi . Mifò in queflo gloria dì prevalermi del
fublìme infegnamento di S. Gregorio , dal
quale ojfervafi, che per vietare una fola cofa «
che mala fia , bifogna concederne molte altre
C$1) indifferentijper non mettere in anguflia
chi dee ubbidire . Gò egli ricava con fotti-
glìezza dal divieto fiotto al primo degli huo- '•
mìni dal Signore colà nel Par odi fo Terre-
fire , cui proibendo il gu fiore de* frutti fola-
mente dell' Albero della Vita , lafciò poi in
Jua libertà gli altri tutti , fin da principio
manìfeftando quel genio di foav e C$2) amore-
volezza paterna , cut fempre in fommo preme
di render più mìte,che far fi poffajl giogo del-
la dovuta ubbidienza. In foma per quefta via .
to mi dò ad ìntedere,cbepojfa coglier fi veramc..
te nel fegno, C$$) P utile accoppiando col dilet-
tevole,eome fcrìffe ìlPrìnc. de' Poeti Lrrici,Ca')
e colgiufio infiemCiCd oueflo conciliando ìldefi-
derto a tutti tì comune di focietà,che è Punico,
e più dolce temperamento delle mortali miferìe.
(aj Horat. de Arte Poet.
Digilizetì Lj Gcx^le
INDICE DE’CAPI.
I.
12.
24.
37'
5«'
PREFAZIONE.
Delia tiecejfttà di Converfare.
CAPO I. pag.
. • Della Contienìenza di Converfare.
CAPO. II.
Deliiitilità di Converfitre.
CAPO in.
Deli Intenzione di Converfare,
C A P O IV.
Del Modo di Conveyfare.
C A P O V.
Deli iAmor Platonico nel Convérfare
CAPO VI. 65.
Del Tempo di Converfare* >
. - CAPO ,VII. 80.
Del Converfare talora ilSavio fece medefmo.
CAPO Vili. . 5)8.
< Dal Luogo dì Converfare. <-
C A P O IX. 119.
Della Coaverfazione Particolare.
C A P O X. ij(5.
Delle Perfone colle quali ft dee Converfare.
C A P O XI. 159.
. D'Slla Necejfttà del veftire onejìo
nelle Conver fazioni.
CAPO XII. 180.
Dsl tener Coaverfazione in Cafa.
. ■ • , CA-
XVI
CAPO XIII. . 20J,
t)el mandare le proprie Donne
alla Converfazìone-
CAT^O XIV. 223.
De* Danni del Converjar malamente^
CAPO XV, ■ 240.
Del Danno di Soflanze in chi converfa male.
CAP O XVI. 247.
Del Danno dì Gloria in chi Converfa male.
CAPO xvn. • 257.
• Del Danno di Corpo in chi Converfa male.
, C'A P O XVIII. - ^ 271.
Del Danno dì Anima in chi Converfa male.
CAPO XIX. 282.
De* Prefervatìvi centra il Danno
del Converfare.
CAPO XX. 297.
Della Converfazìone Riflretta.
CAPO XXI. i\6.
Della Soflanza del Mondo Moderno.
CAPO XXII. 334.
^^ella Giocondità di Converfare con Dio.
CAPO XXII I. 359,
Del Modo di Converfare con altri fenza
interrompere la Converfazione
con Dio.
CAPO XXIV. 380^'
CONCLUiSIONE DELL'OPERA. 401.
Del-
DigrtizfcU^Go'^;ii'.
1
T^ella'NeceJJìtà di Converfare. .
, C A P O I.
•AREBBEj non puònegar-
' iìi Un configlio da Santo
lo fceglicre la ritiratezza
da qualunque umano con-
forzio ) e darli a converla»
■re unicamente, o per la.^
_ , .... maggior parte almeno co
iJio ; in ciò imitando la Maddalena, che fu dal
Redentore commendata per faggia , mentre-^
portali al fuo piede tutta immerfa nella dolcez-
za (a) d^ùn’ elevata Gontcmplazioriej avea Icel-
la parte migliore ; Laddove Marta Sorella-
m lei affaccendata di troppo negli Affari dome-
ilici ne fu dplcénriente riprefa Cf efeerebbej
ancora la fortuna d’anatale elezione in riguar-
do alla Malizia , che s’ è dirtefa tanto nel fecolo,
maggiori affai rendendo i pericolr di praticar ^
Io , e' piii malagevole all? innocenza la maniera
di mantenerfi illibata . Pure tutti non ottengo-
no dal %nore la grazia d’ una tal vocazione , c
-1 ' • ■ -'.A- - . -chi
Ca) Lue, IO, /{I. ■ ■ •
V
Digilized by Gcx^le
chi nafce in mezzo al Mondo per Io più è ncccf-
fitato a condurvi, e terminarvi i fuoi giorni; on-
de convichgli penfare ad un opportuno ripiego,
non folamente per non ricever fvantaggio , ma
per. tirare ben^aiiche profitto da una IbmiglianT
te neceflità Ciò fùppofto io dico troppo efle-
•ré necellario l’ umano conforzio a chi dee vive-
re nel Mondo per riformar fe medefimo full’ al-
trui Norma , pigliando ciò, che negli altri feor-
ge di buono , ed apprendendo ad abborrire ciò,
che vi trova di male . È si vantaggiofa all’huo-
mo una tal fcuola , che Ariftotile giudicò eflere
il folitario o un Dio , o una Fiera , C^) perche di
nulla abbifognando gode Iddio di fc medefimo,
e della propria perfezione, e non cònofeendone
l’ utilità non aman le Fiere. la compagnia . Ed.
in vero ficcome a tutto non nalcono tutti gli
huomini , così l’ uno iraparàr-debbe dall’ altro,
ninno mofl.randofi nè sì, vanamente gonfio del-
la fuppofta fua virtù , che npo pentì di poterla^.,,
rendere coll’ efempio degli, altri migliore; ne. sì
avaro delle fue doti , chc.non voglia akrui.far-
ne parte . Scrive a quello prppofito un grani.
Morale di Spagna, che la Natura non volle con-
tradiftinguere da i Cattivi. i Buoni, come averia
defiderato Ifocrate , Qh) perche effendo, ; fecon-
do ancora Platone, di nunjero affai maggiore-^
i Cattivi de i Buoni , quelli forfè vedendoli così
pochi, ed efclufi per ciò dal coramcrzio.de i più.
avcrebbono voluto entrare anzi nel numero dtf
Cattivi, che viver folitarj ; tanta è la.necelTità,.
che nel Mondo pratichi l'uno coll’altro, c trop-
po COSI efiggcndo la Natura dell’ hiiomo, che al
dire di Sant’Agoftino ^ è un non fo che di focia^
bile . («)
1 1. E’ un male invero affai grave, che qual-
cuno giudicandofì già perfetto diafi ad intende-
re di non aver più bifogno dell’ altrui fcuola_,
per divenir Tempre migliore ; pofciacchè oltre
al perdere 1’ occafiqn d’ avanzarfi per un tal
mezzo nel bene , fi pone ancora in pericolo di
precipitare colla Superbia , che eflfcndo , fecon-
do il detto dello Spirito Santo, (^) l’ origine del
Difpregio , conduce l’ huoino all’ eftremo del-
la mileria colla dannofiffima compiacenza di (c
medefimp. Si pavoneggiano alcuni talora di
certe, picciole efperienzp .avute del, proprio Ta-
lento, qcqmindando a piacere (cioccamcnte a
fe fteffì tutto con altura difpregiano , e confer-?
mati dall’ adulazione in tal fentimcnto , diven-
gono ^olatri della propria immaginaria perfe-
zione,fenza altro tenendofi per huomini di gran
fennq . (c). Il Petrarca raflbmiglia coftoroa.^
que’EanciuUi, che recitando in pubblico^un pic-
ciolo dilcorfetto , animati dagli Éviva e de’ Pe-
danti ,,e,dei Volgo! vedendofi in aria , tengoii_.
per.nuUà tutto,cÌQ ,.chc;mirano fotto di fe.; pHi
. A
^ • i C y f ' l./; I ^ . • i
Ca)i De bon. conjug.
(bj Frov. cap. a. (c) Dial. i a.
4
pel fiionó delle Campane, é delle Trómbe gon-
fiandofi , che non un Imperador di Roma liel
fuo'signorile trionfo . 'Finite, egli dice , quejìe^
eoje dalli Cattedra feefide\fapìente, chi flpltoyi •
era /alito;- Metamoi/oft ajfatto mirabile-, ed in-
cognita fino ad Qui dio \ Si vede adunque trop-
po eflore infelici coloro , che palciuti d’ una'fal-
fa opinione fi credono giunti al fommò della::-
Virtù , quando neppure han fatto il primo paP
lo per giugnervi, e quali che la fatica , e la pe-
na d' un viaggio sì lungo, e sì dilàftrofo, riutèir'
potefle infenfibi.le, fi danno miferamentc a cre-
dere d' averne già fatto acquifto fenzà avveder-
fene , e'trovarfi come per fogno al pofledimen-
to d’ un Capitale , che ricerca per guadagnarfi
la vegliante premura indefefla di tutte le inter-
ne potenze. Vien deplorata dal gran Dottor
, delle Genti: lina tale difgra zia , còme fonte di
Stoltezza, e dice, che codefti miferi Opinioniftì
Vantando/ d'effer Sapiènti divennero Jlpltì^^^^
Per quello appunto eforta Y Ecclefiaftico quai
lun'quc defidcrolb della virtù a sfuggire con di-
ligenza codella forta dfinfaulla pazzia,‘ché a tan-
ti coiroftinata opinionedi poflederlo ne fàper-
dcre il tefóro: %//d,egli dice, (/&) noh^pler ep
fer faggio apprejfo di te medefmo, 'ma cerca fem^
prc il co 'nfiglio di chi veramente è faggio . - Ac-
coftofli ad una tal Gognizione,benchè Geirtilè-»,
anche Seneca, e movendo la graziofa quiuione,
in cui ricerca per qual cauta mai Ha cosi gran-
.dè
■ - ' -1 ■ • ‘ I ■ V « twf
(a) I . ad Rm. (b) Qip. S 2»
• •
de nel; Mondo il niirftefo degli fciocdii,decide^;
ciò avvenire dal credere d’ efler faggi : Penfo ,
cosi iiotiz\\\\xAt^che molti aver ebbono potuto ar-
rivar e alla. Sapienza, fe non avejjhro.malamen- ■
te creduto d’ ejfervì già. arrivati (a) . II princi- s
pai fondamento della Ifrudenza, fecondo ilGio> .
vine Plinio è lo ftimare gli altri piìipru-:
denti di noi , perchè tenendoci con quello pen-.
fiero, per bifognofi d’ apprendere ciò, che ne_».
manca , ci moviamo a tarlo con profitto , e tro--
viamo quel bene , che non cercato fi perdereb-'
be , ed in fine fcrive di non sò qual fuo. Cono-
feente •, che la principale fcuo.la ài luì era il vo- :
lere imparare . £d in vero fe tutti nafcclTcro .
colla prefunzion di fapere in pochiffimo tempo
empierebbefi d’ Ignoranti il Mondo ; poiché , fe
il conofeerc gli huomini di non fapere , induce,
1’ amor dello fiudio, la prefuntuofa opinione^j
certamente di faper quanto balla ammorzereb-
be nelle tenebre d’ una voluta ignoranza tutto
lo fplendore delle buone Arti , ed il lume nc-
celTariflìmo delle Scienze . Tanto può dirfi
ancora della moral difciplina , e del favio rego-
lamento deir huomo interiore , che fenza dub-
bio fcaderebbe affatto , quando lufingandofi
ogniuno d' avere uncollumc baftevo!mente_*
corretto fuggifle l’altrui conforzio,da cui,ulàn-
done a dovere , tanto può cavarne d’ ammac-,
(Iramento, e;di frutto .
. 111. La fperienza ftofla di tutte le colè Mae-
A ? lira,
(jx') Lìb. de Tranq^uìl, Anim. fb) Lìb. 8. r/». zj
6 ......
ftra ne infegna, chè.qucgli, i quali non córiver-
fano , per lo pili rimangono uno fpirito mcii
vivace , e men pronto , e d' un naturale ancora
talvolta sì rozzo , che malamente addatta alK
clercizio della Virth , perchè in altri mirata^
non avendone la bellezza, c l’applaufo, non po-
terono concepirne (lima, ed amore, come nep-
pure odio de i vizj , perchè non ne feorfero in-»
altri la deformità . Ed^ in vero il coiifiderare
^negli altri, o il vizio, o la Virtù, è uno fpecchio,
che non inganna , mentre mirandofi V uno , clj
1* altra fenza palTione , fe ne diftingue fenza ab-
baglio la qualità ; laddove in noi medefimi , o
Ambizione, o 1^ Amor proprio, molto leva loro
della naturale fembianza . Niuno in fomma è
buon Giudice in caufa propria, c quando aveffe
tanta modeftia da non credcrfi buono, clfendo-
lo pure in effetto , non averebbe fenza dubbio
tanta giuftizia per palefarfi vìziofò , quand^ an-
che negar non poteflfe di eflferlo. Quindi il viag-
giare nelle perfone di rango fuolcffere una_»
grande fcuola , perchè oflTervando effe i coflu-
mi diverG delle Nazioni , e ciò , che in ciafehe-
^duna degno è di lode, o di biafimo , vengono a^
formare di tutti , come un certo eftratto di per-
fezione , che gli diftingue gloriofamente da co-
loro , i quali troppo invaghiti del fuol paterno
credono di tradirlo, fe a fine ancora di bene per
breve fpazio fe ne dilungano . In fatti la mag-
gior lode', che dia Òmero al fuo famofo Uliffe.^
per metterlo in credito d^ huom faggio , e diffe-
rente di lunga mano dal baffo volgo , fi è ? ave-
re
DigWTod tfÉxjle
re cflb veduti i coftumi,e le Città di molte Gen-
ti , ónde avea potuto formarfene una regola di'
vivere affa i perfetto . Difle bene a ciò miran--
do uh Savio di Francia , che non v’ è Libro piò
prcziofb della fcienza del Mondo : cioè di ofler-
vare quanto fi trova di buono, e di (limabile.»'
fra i due Scflì, ed inveftirfene con una follecita ,
c lodevole immitazione . Così per lo contrario-
i Principi fenza partirfi dicafa hanno in elfa.,;
una comodità invidiabile d’appreder molto fen-
za fatica, poiché nelle Corti facendófi un picciol '
Mondo formato d’huomini per lo più culti, c di
grande fpirito,po(rono e(fi afcoltando (blamen-
te imparare affai da coloro, che molto ftudiano
per poter loro parlar con profitto . Per ciò ad
un Principe giovine dell' Italia , che dolevafi d'
c(fer privato della gran fcuola , che fi ha dal vi •
aggiarc , di(Tc un’ huomo di fenno . • Può V- A.
rìfparmìarfi allegramente la pena del viaggio t
mentre tanti viaggiano per venir quà afarlc^
quella fcuola', che brama .
IV. Deducefi da tutto quello la neceflìtà di
converfare con huomini di prudenza , ma non_.
fembra , che dimollrifi per necelfaria la Con-
verfazione col Seflb femminile , a cui tende_v
principalmente il fuppollo abufo moderno. Re-
plicando io quello , che dilfi fin fui principio di
quello Capo, confc(To,che meglio farebbe a(fo-
lutamente l’afierierfi dalla Converfazion delle
Donne, e che molto lodevole rederebbefi quell’
huomo , che fi prefiggelTe la regola del Santo
Giobbe nel far patto eoa gli occhi fuoi di non.
A4 mi-
8
mirar mai femmine in volto > (a) ne peniar mai
di elTe , giacche il penfiero. in tal materia fuol
pur troppo andare unito allo fguardo, ed anche,
non di rado al penfiero la rea brama . Nel fc-
colo però chi farà mai, che voglia vivere in una .
Ibggezzione sì rigorofa , e mantcnerfi in un ri-
guardo , che tanto pure faria profittevole alla_>:
lalutc dell' Anima? Se trovali chi abbia quello^
fanto coraggio , io lo commendo altamente., e
1' alficuro, che ne riporterà dal Signore un'am-
plilfimo guiderdone . Qui però con viemmi par-,
lare con quelle perfone , che vogliono fervirli
dell' onefta loro libertà, in cui le ha Iddio la-
feiate, e viver nel Mondo fecondo 1' ufo comu-,
ne degli huomini, che lo compongono . La pri-
ma regola adunque di chi vive con altri , c 1'
aver mira di non comparir {ingoiare in alcuna
cofa , c per non dare adito alla vanità , che po-
tria nafeere da un fomigliante propofito , c per
non eccitare l’ Invidia, che fuol colpire appun-
to quegli, i quali feoftanfi dalle altrui colluman-
ze, quali vogliofi di renderfi cenfori de’ lor C6-
pagni , mentre piccanfi di nulla far mai di quel-,
lo, che gli altri fanno . Quindi Minio dilfe acu-
tamente a Trajano ; Fffere in akittit talora u».
gran difetto l' effere fenza difetti . Ciò deb-
befi intendere di. quelle fole azzioni , die non_.
fono intrinfccamente peccaminofe , nelle quali
almeno per apparenza di civiltà dee concorre-
re l’ haom difereto per non condannare coloro,
che
I ■■ I ■ ■ I ■ I ■■ t
fa) fob. ^ I . I . (b^ In faiteg. ad Tra).
che le fanno con tutta P ìndifTerenza , e per non.
introdurre malizia dova realm(^te non (la . .In
quedo.fenfb infegnava Grido medellmo,Ca)chc
chi volea moruficarfi coll’ adinenza. n5 difpre*
giade chiunque mangiava, anzi che digiunando
ungede il Iuq capo e comparide di ciera lieta,
per non dare altrui a divedere, che egli digiuna*
va . Non elTendo per tanto la Convcrfazione-ii
in dia Ibdanza cattiva , difcorrendofi ancor del*
la mida , è ben necelTario , che vivendod co.n_j
tanti huomini , che la praticano , un Iblo noo^
faccia il ringoiare nell’ evitarla , ma fegua il co*
duine degli altri, per non rendere col fuo efem-
pio fofpetta una cola , che eder pnote ingenua ,
ed innocente . Io non trovo , che a i Tuoi di*
• • • * ^ ^ ^
fcepoli abbia mai efpredamcnte proibito il Di-
vio Maedro la Converfazionc compoda anco-
ra de’ due Sedi, anzi egli mededmo favorì della
fua prefenza alcuni folenni Banchetti , come in
Cana, e nella Cafa di Marta , e del Farifeo . S»
dunque necedaria d è provata a chi vive nel
Mondo la Converfazionc degli huomini favj,
tale può giudicard quella ancora delle onede^
Donne pel dnc mededmo di correggere que’
difetti , che veggiond in sè malamente da cia-
fchedunò . Afferma San Girolamo gra Dottor
della Chiefa , Q)') che ognuno per Savio , e per-
fetto, che fiadjha seprc un no fo chè,onde appa-
rilcc infelice di condizione, attefa l’umanità
jniferabilc, di cui ammantato ritrovad, aman-
*•••- .. ... ' ^ ,
(a) Matt.cap. 6. 17, (b) IttEp. ad Nepot. \
r-
IO ,
do fempPe fégfetàmente' qualéunò de’ vizj .
Quando ciò fia'è megliò certamente ef]ìorfi all’
altrui Genfiirà-i ùon'vC'rfando per efler corretto,
cKe viver fempre con se medefiiiio , c nella ce-
feità lagrirrievòle d* idolatrare -i'proprj manca-^
rnènti come virtildi'; Pili d’ ogni' altra polcia_.
jjér quello è heceflaria la GonVerfazione delle
Donne, perchè elFendo elleno, e per nàtura piò
critiche', fecondò il Satirico j e per vantaggio
del feflb più libere nel riprendere, promettono
a chi le converfa a buon fine una più ficura , e_» i
più Ibllecita emendazione . Non è cofa da pórli
ih dubbio , che a certe Dorine talora di brio , ed
autorità riufeito non fiadi corregger negli huo»
mini alcuni vizj , per ifvellere i quali eranfi in-
darno adoperati gli più zelanti Direttori di fpi-
l*itò . Per tacere di tante, ed addurne efempio ,
che fagro elfendo non polTa negarli , ciò fi vide
ben chiaro nella fpiritofa Abigaille ,chc nel fu-
ror di fue collere , di pace parlando ài Re Davi-
de , cofa , che tentata certamente non avrebbo-
no i perlbna'ggi più cofpicui della Corte , ne_»
^enfe 1* ira , e fedonne l’animo così bene , che
ebbe il Moriàrcà medefimó a ringraziarla dell’
olile uflìzio con quelle’ cortefi parole : fiate ’Ooi
benedetta , Signora, che mi vietafle oggi di gir-
mene a fparger /angue , e vendicarmi colla mia
mano . (a^ Conchiudiamo adunque , che quan-
do non vogliano gli huomini , o ritirarfi dal fe-
nolo , o vivere nel fenolo ritirati , che farà fem-
pre
(a) ì.Reg.2S.
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prc il migliore , e più ficuro partito > troppo aJ
loro è neceflaria l’enefta Converlazione per
apprendere a poco a poco la maniera di viver
meglio, che far (r po(Ta,in luogo, dove fono tan«
ti pericoli di viver male: Erra, dicea Cicerone»,
chi giudica $ ^izj del corpo maggiori di qael
delP Animo : (a) onde può ricavarfene , che fe
cercano le perfohe più calte, e più amiche dcll^
cfterior compoftczza, tanti Macftri per correg-
gere i difetti del corpo , e renderlo agile al bal-
lo, alla fchcrma, al cavalcare , qualcuno debbo-
no averne ancora per togliere i vizj dell’ Ani<?
mo, ed addeftràrlo all’efercizio si necflario del-
le virtudi . Attengali per tanto ciafcuno al con-
lìglio dello Spirito Santo , dove infogna : Poni
modo alla tua prudenza^ ; ufandone per la_>
fcclta delle migliori , e più purgate Converla-
zioni, e non per la fuga di tutte , quando , come
fi è dctto,non fi rifolvclTe a converfarc con Dio»’
perche fe è vero , come è verilfimo , ciò , che-»
ferivo Liffio ; Stolta ejfcre ogni fapienza , cbeL*
non è Tnoderata:Qe')(iccome è prudente condotta
d’ un huom Savio lo fcanfare quella Converfa-
zione , che in verità è cattiva , cosi è impruden-
za da (lolido il non conofcerc la neceflità della
buona.
(a) Tafcul. 3. (l ) Prov. i (c)/vz. cent.2.ep.$6.
Delia ;
12,
Delta Còfivenienza di cónverfare,
, • #»,*••••
CAVO II.:
t
■Ppena clic. ebbe Iddio creato 1* Uomo » ,
• ^ ^ dimofirò pueda convenienza di con-,
vcr^re dicendo : Noft è cofa buona , ehe P huo~.
ma fia folo: Ca) e fuhitq diedegli la Donna, cava-
ta di più da una coda di lui , per. denotare la re-
ciproca y e fedele armonia , . che tra eflì paflar
devea . in quello fentimento conviene ancora
r.acutiflìmo San Bafilio di S^ileucia affermando,.
0) che: Privo Adamo d' un compagno , H quale
fycogodejfe de i piaceri di quel luogo sì ameno
più era imperfetto il fenfo de' fuoì godimenti .
jla compagnia per vero dire , è il condimento
di tutte le cofe più dilettevoli , e nel (bmmo an-
cora de’ bcnijchè aver fi poffbno in terra, trop-
po ci manca mancandoci perfonà, con cui divi-
der poifiamo la contentezza, c renderla per via
della comunicazione più grande, e più foave_». ,
anzi a giudizio di Seneca , (c) Il pofiedimento di
ntutt bene è giocondo fenza compagno . Quindi
è , che volendo Iddio neilp Stato dell’ Innocen-
za pienamente felice l’ huomo , per quanto av-
venir potea nel Mondo , volle accompagnarlo,
c rendergli, così più graditó. il foggiorno del
Faradilb Tcrrefire . Perciò io penfo, che dicen,
fe il Santo Giobbe; Cd) eJTere il maggior gaftigo
' -, dell’
•• •
(a) (b) Orai. 2. (c) Ep, 6. (d) Cap. 5,
DIgilized ùy Qolgle
*5
deir hiiorho émpio /* abitare In Città defolatè :
venendogli tolto' così tutto ciòcche render puo-
tc felice la vita , o piti fòppòrtabile per lo meno
la miferia deir-efilio mortale . .Non può dun-
que negaffi eflcre convenevole cofa, e ben giii-
lta,che infieme converfino le ragionevoli crea-
tiire , e quelle fpezialmente , che nacquero ini
pa’efi piìi domeftici per diftingiierfi dalle altre ,
che nate lòtto barbaro clima piò, che deir huo-^
mo, partecipali della fiera . De i Parti Nazione
ferigna,e felvaggia (èriire Tacitò, che aven^
(do pochilfimo Umanità , Siccome r arrende^
^ole cortefia^ e la pronta gentilezza , erano vir^
tudì d loro ignote , così le tennero per vizj di
fìttola ufanza.'^on ha certo alcuna colà, che
faccia nelle Città una moftra piu vaga , che P
unione degr animi , la quale fcorgefi appunto
nel convciTàrc infieme con ottima corrifpon-
denza i Cittadini, comedair unirfi tutte al pun-
to le Lineerilivlta la perfezion deila profpctti va;
• I r. • Nàfcc uria tal cori vénienza dairobbligo
civile, che ha r uno d’ accom.modarfi al genio ,
ed al còllumcdell' altro dentro a i tèrmini dclP
9
'équità ,’‘ohdc vien pofeia a formarli di mol-
tc'membrà’ùn fel corpo , ed un certo armonicò
legamento di animi, che bàfe eflendo della con-
cordia, divien pure feme, e principio delle altre
virtudi , eferma- un oggetto air occhio de^ ri-
guardaiiti àflai vago . il punto in ciò piu diffi-
cile fi ò,che unofappia addattarfi all’altrui umo«
• •
re
CO Ltb.i^i/innah
*4
re lenza contravvenire agli obblighi particola-
ri; poiché farebbe uno iconcerto notabile aifet-
tare obbliando il proprio dovere di fecondar
tutte le altrui inclinazioni . V/ è qui, d’ uopo d’.
una prudente diiìnvoltura,.che diteernendo be-
ne tra le proprie convenienze, e quelle degli al-
tri, giunga a temperarti in maniera ,.che renda
l’ huom civile tutto di tutti fenza lafclar mai d’
effer tutto ancora di fe medetimo: ed a piegarlo
in sì fatta guiia alle altrui onetie foddisfazioni ,
che non perda mai d’ occhio , ciò che egli é te-
nuto di fare . Si vede in ordine a quetio , che il
girar , che fanno quotidianamente con la macr
china tutta de’Cieli da Levante a Ponènte i Pia-
neti, nulla impedilcc il corfo lor proprio , ed
oppofto da Ponente a Levante . Ciò nafee, per-
che vi fono de’ Poli diverti da quei del Mondo ,
Ibprade’ quali fanno i Pianeti il lor giro, non_»
confentendo la natura , che feguano due moti
contrarj fovra de’ftdlì Poli, come bene con tut-
ti li Aftronoini ofTcrva l’erudito Fineo.C<3')Stan-
do adunque fìtib beneciafeuno fovra i fuoi po-
li, cioè ftabilendoti fermamente ne’propofiti del
fuo dovere , manterrà fempre il lUo corfo dirit-
to, ed invariabile ', benché fecondi per convcr
niénza il moto altrui . Cl>) Daniello nella Corte
di Babilonia fpiccava fovra degli^altri Paggi del
Ré in vivezza, in avvenenza , ed in brio , ficchò
erati obbligato il cuore , e del ilio Prefetto, e di
.tutti i Cprtigiani , c fermo nclla.determinazio-
nc
(a) Ltb. i . de Cofmeg. c.4. (b) Dan. c. j .
ne d’oflTeryar la fua Legge ,,d’ altro non ciba'n-
49^.» che di.legumi , compariva allegro jdifinr.
volto , ed affabile con tutti camminando afe*
conda con gli' altri per convenienza, ma fempr<h
tenendofì alla memoria prclènti gl’òbblighi del*,
la fua Religione . .
Ili. Egli è ben però neceflario di regolare,
una tal convenienza colla ragione più tpfto,che.
non col genio imprudente , che nudrifcpnp, al-
cuni di piacere lenz’ altro riflelìp alla migliore,
non già , ma alla maggior parte .degli huomini -
E’ quello un’inconveniente, d’onde ajtrj mpltif;;
funi ne derivano, ed un pelfimo veleno , da cui_
tutta rendefi perniziofa la per altro innocente,
dolcezza dell’ umano conforzio C^) Echi è co~
lui, dice Seneca , il quale piacer poffa alla moltìr >_
tudìne quando piaccia a lui la virtù ì , Codefto
metterli in capo di piacere a tutti ò la rovina di
mplti, che averebbono un’ ottimo naturale per.
giugnere a piacere, a i faggi;,. adornandpfi di
quelle dpu, che tanto difpiacci.onq agli fciocchi.
Per un lampo, di lode infelice , che.efll rilevano
dall accoharfi alKaltrui. genio , dilungandoli
dall’onelio perdono il meritò d’olTer veramen-
te lodevoli, e per comparir facili^, cd indulgenti .
coa;Ogni for,ta ,d\huomini licenzioli tradifco.np .
V ingenita inclinazione di folamente arrènderà.;
al giufto, ed al convenevole^ Ilfaper negare a-,
fuo tempo è l;arte più fpttilé,ed anche più com- 1
ni endabile dejr-hupmo intero perchè ficcome .
' ntil“
(a) Ep.66
•V
i6 .. , , . ...
nulla v’ hà di più agevole , che il concedere , t>*
negare alcuna- colà afìblutamehté : cosi nulla
V* ha di pih arduo quanto il faper negare-»'
còli si bella grazia , che venga 1’ altrui cuore ad
obbligarli , conie fe appuntò fi concedeffe . Per
giugnere a quefto convien praticare quell’ ac-
corta , e (anta àllùzia , colla quale fi proteftava
Y Apoftplò df aver .guadagnati i fuoi Difcepoli'
di Có ririto; Cu) Effendo io, così loro fcrive, ajìu-
toivi hò prefi-coff inganno', cioè fingere con ma-‘
niéròfb' artifizio di voler fare quanto altri di-
manda, e trovare nel tempo llelfis'un tempera-'
mento, ed Un ripiego sì deliro, per cui non li'
faccia fe non ciò, che veramente dee farli . Ri-*
ferifee Tacito di-Tiberio, (jb') che eflendogli nò-'
to bramarfi da tutta Roma, che egli andalTe in_i‘
per fona a fedaré 1’ ammutinamento delle Un- •
gare Legioni inlbftó colà cón ilcàndalo dellai.
Milizia, e della Cittadinanza, benché egli'vedef-
fe non convenirgli tal cola , non diede però ne-
gativa preciia, ma finfe di voler veramente an-
darvi: ^uajifoffe, così nota lo Storico, per par •
tir d' ora in ora fcelje i compagni, cercò impedi-
menti, ed allenì le navi . Gonfifte in quelló ap-
punto la finezza d’ una tal’ arte,- nell’ unire cioè
coll’ apparènte brama cortefe di concorrere-*
nell’ altrui vólerc lo Audio ancora di far nafee-
re oAacoli, che l’ irapedilcano, ficchè ad elfi piò
tolto, che al proprio contegno, polTa attribuirli
la cagion di non compiacere del- tutto, comedi-
■ . .. . ■
Ca) Cor >2. i2t (b) Lib, \ l%
DIgItized by Goeiik
moftrafì di brarhare . In tal guifadee governar-
fii huomo di fcnno in ordine al feguirc per
convenienza la cofliimanza comune di conver*
lare. Moftrafi con tutti di umor pieghevole-»
finche invitato a qualcuna delle Converfazioni,
che o per fbftanza, ò per accidente , a lui fia no**
civa , far tutto per moftrar di volerne godere ,
e tutto ancora nel tempo medefimo per liberar-
fene . In quello modo ragionevole eflendo lem-;
preja convenienza, farà > che egli abbracci tut-
to 1 oneflo , e Indifferente, con lode, e fugga
li maiC fenza taccia di ruvido , e di pertinace •
1 V. Saria fenza dubbio una fpezie di biafime-
vole ruvidezza il viver nel Mondo , e non voler
yattare con gli altri , convenendo , ò lafciarlo
dal tutto, ed appHcarfi alla Santità , ò prudente-
mente addattarfi al fuo coflume , per togliere
ogni Iqfjjetto d^ affettazione , di cui , a! dire di
QufntiJiano Qa) altro non può tro^arjì dì più
odiofo . Condannartutto negli altri è parte del-
ia fuperbia , che fuori di fe nulla feorge di buo-
no , e la più altiera condanna , che delle azioni
altrui poflTa farli , è il non feguitarle quando fie-
^ pwre ancora indifferenti, meglio
cllendo talora comparire in ciò , che non è ma-
le anblutamente,men faggio con molti, che far-
li mollrare a dito affettando vanamente. una.i
prudenza , che penda nel Angolare . Dobbiamo
tuggire generofamente tutto quello , che di.fua
natura è cattivo, quand’ anche foflimo foli , che
Ca;) Lil;, I , r.
1 1.
i8
anzi allora l’ efferlo è gloria: mà in quello , che
è’ ambiguo, e che puote efler buono le noi vo-
gliamo , è una fpezie d* onore l’ operare con gli
altri , moftrando la modeftia di legni re 1’ altrui
elèmpio finché c’ ò pofllbile, edi non voler far-
la da Macft ri nel mondo . Così a i Tuoi difeepo-
li comandò Chrifìo , che trovandofi nelle cale
altrui guftaflero de’ cibi , che foflero loro por-
tati avanti per non moftrare fingolarità d’ afti-
nenza, mortificando coloro , che inclinati non_,
foflero ad ufarne . Adduce Liflìo in tale propo-
■fito Ca>) I’ efempiodi Pallante Liberto di Clau-
dio, il quale in fua cafa non comandava , che a_.
cenni,ò per fcrittura , temendo forfè, d' avvili-
re la propria voce , le accomunata 1’ avefle con
quella de’ fuoi Domeftici . Egli però con quella
foggia d’ affettato contegno acqiiifloflì più di
biafimo , che di lode , benché vivefle in tempi ,
ne’ quali afpiravafi all’ Erorifmo con rigidezza ,
e {'ebbene venne in Senato Icoperto per inno-
cente di non sò quale delitto appoftogii per in-
vidia, non riufeì a i Senatori , fbggiunge Liflìo,
sì grata la fua innocenza , quanto era loro odio-
fa la fua fuperbia . Per fuggir dunque la taccia
d’ alterezza , ed’ affettazione , che fono due vizj
ncll’«mano conforzio sì abbominevoli , è con-
veniente, che l’ huomo civile , e fecolare, s* ad-
datti all’ onefta Converlàzione , quand’ anche
fia mifta , amando meglio di rifplendcre come
Stella ordinaria nel Cielo, per dir così, della fo-
ci e-
(a) Lib. 2, de Doc, Gv.
/
cietà, che divenire uno ftravagante Fenomeno,
che tiri foura di fé Inocchio di ciafchedimo , e
dia a tutti materia di parlarne a capriccio . In
fiamma è ncceflario , che iludj bene ciafeuno 1'
arte di faiTi amare , che c 1^ arte di tutte le arti >
c che non fi apprende sì facilmente, ma che pu-
re puote acquiftarfi per quella via di andar fe-
condando colla regola della prudenza, cdel
Dovere le inclinazioni degli altri . Quando non
fi perda per altra parte è femprc piùficiiro lo
feendere, e rendcrfi con tutti affabile, e pieghe-
vole, mai non trafeurando il vantaggio di com-
perar f altrui Cuore ; poiché è veriffimo quel
detto, che nel Mondo non è ne amici piccoli,
ne piccoli nemici, mentre ogni amico può gio-
vare , ed ogni nemico può nuocere •
V. Debbe riflttterfi ancora, che T affbntar-
fi dalle favie radunanze degli huomini fonza_>
giufto motivo, può tal volta a chi vive nel Mon-
do portar pregiudizio al buon Nome, la cura di
cui ne viene gelofamente ingiunta dallo Spirito
Santo . In fatti dopo Dio nulla dee V huomo
avere di più caro, che f onore , di cui è Giudice
il Mondo , e Giudice ineforabile , perchè nulla_>
perdona in queffo genere . Offerva per tanto
Caflldoro,che i Volatili più innocenti fono i più
converfevoli . (a) I Tordi , egli dice ^arnuno dì
gìrfene in folto Jìnolo della fuafpezìeie gli Stor-
ni pure godono dì fc hi erar fi come in ef eretto', gli
Avvoltoi per lo contrarlo , e le Aquile caccia-
B 2 trici
(a) Lìb, 8 • Var. c. j i .
■ >
20
ir tei , e che fuperam tutti gli altri Vecelli ìnJj
acutezza di /guardo, vogliono volar foli, perché ■
le injìdie rapaci non ama» le innocenti Adu-
nanze. ^mbifeono di tentar foli qualcofa que-
gli, che non dejìderano dì trovar la preda cott-j
altri . Così è deteflabile per lo pili , e deprava-
ta la volontà di coloro, che sfuggono la prefenza
deolìì huomìnì . E’ nobile il fentimento, e meri-
ta, che l’applichiamo al calo noflro . E’ certo*
che fe qualcuno de’ men divoti non trovali do-
ve gli altri fono a divertimento, può dar moti-
vo, che altri fofpetti di lui, c fapendofi , che per
altro non è . punto amico di Oratorj , di Con-
fraternite , ne di Conferenze co i Direttori di
Spirito, può far credere , che egli fia Uccello di
rapina, g perciò alieno dal conlòrzio di coloro,
che amano divertirfi con innocenza . Potrà con
qualche fondamento mottegiarlo taluno , che_#
egli troppo eflendo ingordo non voglia co» al-
tri dividere la lua preda , ò che ancora lì vergo-r
gni non folo di farlo , ma ben’ anche di compa-
rire frà gli altri , perchè forfè , gli puzza il fiato
all’ufo appunto degli Uccelli rapaci, pafeendofi
del Peggiore . Io per tanto loderò fempre iaij
una perfona focolare il divertirfi in pubblico,
fenza difeapito dell’ Onefià, per non dar Iblpet-
to di farlo in privato a talento delle più fcorrctr
tc paflìoni . Ed in vero , nelle ore chiamate da
quegli , a i quali avanza fempre il tempo, nojo*
fe, dove, cd in che s’ bada credere, che trattcn-
gafi colui, il quale è fuori di cafa , e di Chiei^a , e
lungi dal Luogo del comune divertimento ? Sa-
J
DIgilized by Go^lc
21
rà'dunque pitificiirn la riputazione diciafchc-
diiru) , che brami pure in qualche maniera di
converl'are , il farlo in palcfe coi più, poiché
troppo giuftamente è lòfpctta quella Conver-
fazione , che sfugge la teftiinonianza , ed il giu-
dizio altrui .
- VI; S^aggiugne a quello, che poco nel Mon-
do fono plaufibili que^ naturali , che hanno delP
antipatico, accoftandofi a quello de^ Bruti, mol-
ti de^ quali, fecondo Ariftotile, e Plinio, Qa) no-
drilcono frà loro fenza cagione l^antipatia, fug-
gendofi V uno P altro, ò per invidia, ò per timo-
re . Oraeflendo Phuomo animai ragionevole
dee regolarfi colla prudenza, ne mollrare lenza
il filo perchè d^avere antipatia con gli altri, che
farebbe in tal cafo uip ingiuria • Un' umore di
fimil fatta , non può giuliificarfi con altro moti-
vo, che di voler vivere a femcdefimo nella ficu-
rezza lodevole del ritiro, che io non faprei bciP
approvare fe non fuori affatto del Secolo . Ma
quando fi viva in eflro,parmi feonvenienza il non
vivere parimente con elfo , cd affronto non lie-
ve V abitare con huomini per lo più favj , cl-»
coftumati, fcanfandone pofeia come per odio il
confbrzio . Shcorncy ferivo Plutarco, è fom-
ma lode f amore verfo ì Saggi , e i prudenti^ co-
sì è indegno P odio nodrìto contra ì medeftmì .
In fomma conviene, che fpeflfo P huomo di fen-
no fovvengafi, che porto dalla Provvidenza nel
Mondo non foJo, ma in compagnia d' altri, non
B 7 ha
fa) Lib,^.Q,idìbAoX»^> (b) De odio ó"
22
hà da sfuggirgli lèortefe, ma renderli anzi a tut-
ti amabile colla dolcezza d’ un tratto civile per
cooperare dal canto liio al mantenimento dell^
utile armonia, che ama di vedere fra le cofe tut-
te il fupremo Regolatore del^Univerlp . Fuggo-
no molti , e difapprovano ancora la predetta-,
grand’ Arte di farli amare, perchè non fan pra-
ticarla; ma quei , che ne fono forniti , ne fento-
noun gran profitto , come Vefpafiano, di cui
racconta Filoftrato, che fapendo contentar tut-
ti , fi fece padróne del cuor di tutti , e difle ua_,
giorno agli Egizj; (a) Da me , come appunto dal
I^Ho, cavate ciò yche v' aggrada . Da i limpidi
fiumi non può cavarli , che acqua chiara , come
dalle pozzanghere non fi cava , che fango . Chi
hà limpido il cuore lafcia , che altri vi pefehi ;
ma chi 1’ ha turbido teme, che pefeandovifi non
venga in luce la feccia . Il lafciarfi condurre, co-
me dicea Saluftio,(^) a piacimento dell' altrui
feorrezione , e cangiare ad ogni ora parere , è
contrafegno d’ animo debile , e leggiero ; ma 1’
addattarli colla feorta della Saviezza all’ altrui
cofiume,è convenienza da Saggio , giacché al
parere di Tullio, (c) la fomiglianza de i cofiumi
c concigliatricc dell’ amore , e l’ imprudente-»
condanna di efii è principio talora di grandi ro-
vine . Così Artabano Re de’ Perfi accefe Io fde-
gno in que’ Popoli, moftrandofi alieno dalle in-
clinazioni loro della Cacala, e del Cavalcare , e
fu
fa) Lìb. ^.zApol.c, IO- (b) Orat. ad CcefaVi
(c) z. deOj]'.
I
•fu deporto dal foglio^ fa)Bafta filTarfi nellaj
gran maflìma di voler Tempre il bene, c mai non
volere il male, per armarfi d’uno feudo , che fal-
vi da ogni pericolo , e ciò farà certamente più
profiittevole, che la rozzezza di fuggir tutti col
timor di pericolare : Voler f tnpre , e non voler
fenipre h [ìejjò, que/la, dice Platone, è la ve^
rafapìe>:z'ì .
(jx) TacU. lib. 2. ^nal. Cbj de rep.
Dell'
^ 4
24
Della \J tilità di Converfare .
CAPO. III.
\
li T T No de’ principali ùffizj deila prudenza ò
• . il veder bene addentro in tutte le cole,
e diftingucrne il i’uo buono per profittarne .
Queftó è il carattcre di tuttociò , che in terra-,
può caderci lotto dell’ occhio ; 1’ efler cioè mi-
Ho di buono , di cattivo , e d’ indifferente ; onde
l'avio deggia dirli colui, che lafciandone il male,
s’ appiglia al bene, cola, che da Quintiliano (a)
c chiamata ìlfommo della prudenza . .L’inge-
nuità, e la malizia Ibgliono appunto provarli
ad un tal paragone; mentre feiegliendo 1’ una_.
in tutte le cole il buono , come fubito correi’
Ape al dolce per formarne il miele , e l’altra al
cattivo appigliandofi , come Tempre all’amaro
la Vipera per trarne follanza di veleno , fi di-
ftinguono ammendue per quel , che fono , Ap-
parirà pertanto prudente, ed ingenuo quell*
liuomo, che dalla coftumahza in quello fecolo
più ehc in altro mai praticata di coverfarc con
gli altri, Taprà cavarne per fe del vantaggio, che
pure sì grande effer puote , e sì preziofo . V e-
diamo in alcuni fonti , che paflando per le mi-
niere dell’ oro, e dell’ argento, le materie hon_.
già più cralTe, e fecciofe, ma il fiore benfi di effe
ne portano feco nelle falubri qualità, delle qua-
li
(a} Veclam, 95.
t
h’ felicemente s* imbevono per P occafione dj
un tal paflaggio . Tanto dee fare colui , cui pia_
co il coltumc della moderna Converlàzione-» :
ufarne cioè colle regole della prudenza , e la-
iciando a i maiiziofi quanto ella aver puotedi
men finccro imbeverfi di quel molto , che ha di
profittevole, e da un luogo, d’onde altri non ca-
va, che feccia, c fango, raccogliere argento, ed
oro . . -
,11. E per difeendere a! particolare di quell’ '
utilità, che a tuttti può cagionare il retto ulb
della Converfazione , a me (ómbra , che fia non
picciola quella d’un certo difinganno felice, che
fuol nafeere dal godimento fperimcntale di cer-
te colè , che vedute da lungi , fi credevano afi'ai
migliori, e di gran lunga più dilettevoli . Sicco-
me non ha il Mondo beni perfetti , e che pofl'a-
^ no pienamente appagare il defiderio , che tutti
abbiamo ingenito di godere , noi andiamo in-
gannando noi (leflì con una fìnifira opinione.»
di quelle cofe medefime , che non polfono con-
; tentarci, e tediati da quelle , che polTediamo, c’
~^;:r-^ndiam lufingando , che polTa lacontentezza-^ 1
trovarli nelle altre, che non abbiamo, palTando {
Tempre di miferia in miferia col pafcolo d’ una
traditrice fpcranza , dalla quale ci vicn promef-
Ib ciò , che non è polTibile di rinvenire . Molti,
che fuori, trovanfi del gran Mondo , nome che ,
fuol darfi al Luogo del pubblico divertimento ,
o che ne fono, tenuti lontani dalia vigilanza di |
chi gli governa , fi veggiono languire cornea
elclufidaunParadilb tcrrefire, efcmbraloro
marti- I
DIgilized by Google
z6
martirio, e tormento infbfferibile tutto eiò, che
non è divcrtirfi, e converfare . Giunti però, che
vi fono , fe chiuder non vogliono affatto l’ oc-
chio della ragione fi avveggiono , che codeffo
pure è un bene di Mondo , un pomo di Sodoma
ben colorito al di fuori , e tutto cenere nel mi-
dollo . Io conofeo taluni , che illuminati benifi»
fimo,per queffa via impararono ad abborrire-»
in un’ ora ciòj che avevano per molti anni bra-
mato , e divennero amiciflìmi del ritiro tofto >
che furono pienamente liberi per convcrlàrc .
Vicn riferito da Seneca , che un certo Filo-
Ibfo per nome Ottalo avea dentro di fe conce-
puto un fegreto amore verlb delle ricchezze-»,
parendogli , che il piacere di poffcderle dovefle
pur corrifpondere a quell’ ardenza foave , con-,
cui fi bramano . Accadde frattanto , che egli s’
imbattè per ventura a vedere in Roma la ricca
pompa d’ un (bienne Trionfo . Mirava egli co-
me fuori di fe medefimo la preaiofità degli ar-
redi, 1’ abbondanza dell’ oro, e dell’ argento , la
ricchezza de’Cocchj, la moltitudine degli Schia-
vi, e fopra tutto la sfarzofa gala delle Donne ,
che è (lata in ogni tempo il piìi mirabile condi-
mento d’ ogni Ipettacolo . Terminatali però nel
più bello del fuo ffupore quella gioconda com-
parfa,cgli rientrò improvvifamente in fe ffeifo,
e conchiufe, che c/&, da cui non occupavafi un^
giorno intiero, non meritava d* occupare le bra^
me di tutta la vita . Non potrà egli dunque.,,
atte-
f
(ai Ep. loi.
attcfb ancora il vlvilllmo lume di Santa Fede i
cavar ciafcheduno quello bel frutto in tratte-
nendofi nella Converfazione , cioè di compren-
dere , che Ibvente noja recando ella per poche
ore , non c un bene sì grande, come un tempo
glielo figurò 1’ opinione , c ne tampoco tale-» ,
che deggiano in lui impegnarfi i defiderj tutti
del cuore , quando non voglia uno a bella polla
ingannarli ? Non potrà ugualmente per quello
lolo venire in cognizione del vero bene, toccan-
do con mano, che quello, il quale da i più è cre-
duto il migliore, non balla a contentarlo per
breve fpazio ? Se in vece dell’ efenipio di Ottalo
io ne adduceva qualcuno de’ Sagri, che pur tan-
ti addurre le ne potrebbono , faria paruto , che
q uello frutto , il quale può nalcere nel cuore-»
della llelTa Converfazione, folTe troppo mctafi-
fico, e proprio più di anime religiofe , che feco*.
lari . Ma chi è mai, che avendo battefimo , non
penfi d’ efler capace di que’ rifleflì , che illumi-
narono , in quello punto per lo meno , un Ido-
latria ?
III. Un’àltra non minore utilità io confide-
rò nella collumanza del coavcrlàrc, ed è quella
di fpendcrc il tempo onellamente . Non deggio
io qui- replicare le protefte fatte di fopra di par-
lare in quello libro con quegli hiiomini unica-
mente , che non vogliono appigliarfi al miglior
configlio della ritiratezza . In tale fuppoflo per
tanto confiderò , che in quelli noflri tempi , nc’
quali è mancato sì paìefcmcnte l’amor degli du-
ci i , che dourebbe clTerc un dolce divertimento
di
di tutti, ma in particolare de* Giovani, può fup-
plire ad un tale difetto in qualche parte l'one-
fta Gonvcrfazione, la quale , come fi c di (bpra_.
Botato , ferve a chi ne ufa con favia moderatez-
2a d* un’ ottima Icuola . Ed in vero io mi trove-
rei pure alle ftrette , fe dovcfl'i prefcrivere ad
un Giovine civile del noftro Secolo una rego-
lata diftribuzione di tempo , acciò vcnifie egli a
fiiggir 1’ ozioi che è la prima , e pefllma cagiono
d* ogni fpirituale rovina . Ne’ tempi già Icorfì
potea in tutte l’ore della giornata ftabilirfi una
dileltevole occupazione , dopo quella , che deefi
a Dio , ed al penfiero dell Anima , parte afie-
gnandone allo ftudio d’ una buona Morale.»,
parte alla gioconda lettura , edutilifiìma delle
Storie, parte agli efercizj cavalerefchi , c parte
pur anche a qualche ingegnolb divertimento ò
delle Arti liberali , ò dejla Meccanica Ora pe-
rò, che la malizia ha perfuafo a non pochi effe-
re come avvilimento del Rango 1’ applicarfi-
alla cognizioo delle Scienze , mettendo purtrop-
po la Letteratura in ridicolo a fegno,che'più in_,
oggi taluno aggraverebbefi d’ effer chiamato
Dottore , Mattematico , Bottanico , Pittore^ ,
Aflronomo , che non d’ altro titolo piò vile , ed
offenfivo ; chi mai faprebbe mettere in regola.»
di retto ufo non già il corfo intero del vivere.»,
itia le fole ventiquattro ore d’ un giorno ? Bifo-
gna poi certamente che la Giòventii ben pa-
Iciuta, e difapplicata, precipiti a forza nel vizio,
ediafi in preda fenza ritegno a i piò fconci ,
piò dannofi trattenimenti , Queflo difordine ,
che
29
che abbiatri pur tròppo manifeftamente fugP
occhi nella Gioventù d’ oggidì , mi ha in granai
parte convinto per credere vantaggiofa la mo-
derna Convcrfazione , mentre dandoti i Giova-
ni a pratticare con Donne fa vie» s’ avvezzano a
vivere con proprietà, ed in contegno, sfuggen-
do frattanto la prattica liccnziofa delle perver-,
fe . In fomma il male,che apprcndeti nella Con-
verfazione, è un male incerto, ed evitabile ; ma
il bene di venir per efla divertiti gli huomini
dalle cattive pratiche è un ben manifctio, e fen-
fibile .
I V. Io sò bene , che da i più zelanti mi farà
oppofto , che sì malamente cflendo pure incli-
nata la Gioventù moderna, fi farà un grave pe-
ricolo anche della Convcrfazione più ingenua ,■
da efla rilevando un pregiudizio non punto mi-
nore « In primo luogo io bramerei , che cfll mi
deter minaflero la qualità del divertimento, che
dee perfuaderfi agli huomini d’oggidì,alieni tan-
to.dalle maniere più lodevoli di fcanfar 1’ ozio
Il ripiego di non penfar punto alla neccflìtà,chc
ha I’ huomo di trattenerti , ed inveire da i Pul-
piti contra il cofluine di converfaré, s’ò già fpc-.
rimontato difutilc , mentre avendo le pcrlbne-#
focolari in ciò il rifugio della pretelli oneftà , le
prediche di tal foggetto Ibn divenute la materia
più faporita de’ Circoli , ed il pafcoló più dolce
delle Converlàzióni medefime , con difeapito
aflai grave della divina parola, che non è ancor
trionfo di farne ferrar neppur’ una_< .
il male in ciò foflc certo , ed incontra-,
fta-
giilnta a
Quando
’jo
(labile, confeflo ie pure, che dovrebbe contra_.
armarfcgli fenza vcrim riguardo la fagra Elo-
quenza , e trattar le Converfazioni con quell*
Àpodolica libertà, con cui trattanfi le altre co-
fcafTolutamente cattive , e viziofe . In tal cafo
peròdoverebbono unirfi a i Predicatori anche
iPadri di Spirito , e far ufeireda i Confo fliona ri
sìconfufi i Penitenti, comeportono malfodi-
sfatti dalle Prediche di Ibnugliantc argomento.
Chi potrà mai capire, che deggiano sfiatarfi fo-
ura de’ Pulpiti iMiniftri Evangelici prefegui-
tando 1* ufo del converfare, quando fieno placi-
damente alToluti nel Confeflìonario quei fteflì ,
che giornalmente, e fenza veruna diftinzione di
, luogo, ò di tempo, converfano ? Dovendofi ad-
dunque credere, che da’ Padri di Spirito non fi
trovi realmente in quello collume quel male_>,
che fi va decantando, bilbgnaconchiudere , che
ne. tampoco da’ Predicatori dee fupporfi per
certo in tal guifit , che fia loro necelfario fenza
veruna precifione pubblicarlo per efillente , ed
inevitabile . Io dirò per tanto in quello propo-
fito ciò, che d’ alcune. arti dilTe Platone ; (a) che
effe Kou deggiano riprovarfi , ma coloro bensì ,
che te ne abufano ,■ Debbono riprenderli , non_,
le Converfazioni , d’ ondo può venire tanto d’
utilità , ma quegli huomini bensì depravati, e_»
fcorreiti,che ne fanno un cafo cattivo. In fecon-
do luogo io rifletto , che quantunque fia verilfi-
mo, eh e per tutto fe-co porti ciafeuno le fue_»
paf.
-V- — ' ■' -- ■ ■ -■ ■ ■■ — ■
Ca) InGorg.
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paflTioni , farà però fe mpre meglio portarlo
luogo dove, ò poffano rcprirnerfi più facilmeii
tc, ò maniteftarfi con più roffore, che il condar
le in que^ luoghi , ne^quali , febbene Io c , pure
non è apprefa per cofa indecente il fodifiarlc.
Sembrami per ciò , che a tutti eflcr poiTa affai
vantaggiofo il converfar con perfone, per trat-
tar le quali debba ufarfi d’ un gran contegno ,
poiph^' fc effe non vincono le altrui paffionijle— »
pongono però a cimento di venir fupcratc. Tut-
te per vero dire cattive non fono in fo medefime
le paflìoni,e quelle ancor che leiòno eflenzialmr-
te , non fempre nuocono , mentre iòllevandoft
porgono al Saggio f occafioncd’una vittoria^,
che fenza d' un tale follevamento lì perdereb-
be. Quindi co^ Filofofi conviene S. Ago(linoC^)
nciralfermare,che per fe ftclfo cattivo non fia il
veleno , mentre gli Scorpioni , e le Vipere col
perderlo muojono ugualmente, che fhuomo col
berlo: ad ejjìy dice, è bene aver cìò^ di cui è bene
a noi V effer prtvì . In fatti le Beflie , che noji_»
hanno paflioni, ma fi regolano con un fcmplice
iftinto della Natura, nclfopcrarc non hanno al-
cun meritorpure perchè tutta confifte nella v ita
prefente la loro felicità , ad elle è bene il noii^
aver ciò , che potria turbargli la quiete del vi-
vere . Ma all* huomo, che dee* merit arfi 1* eter-
na Beatitudine col regolar bene le azioni della
fua vita, {ària male il non fentire que movimen-
ti , che ò repreffi quando fieno malvaggi , ò fe-
guitati quando fieno buoni , coftituifeono tutto
il ,
(a^ Lib, de mer. Manìch. c. 8.
il merito del filo operare » Sarà dunque non or-
dinario vantaggio, che nel converfare follevan-
dofi le palTloni,po(ra 1’ huom forte reprimerle ,
ed acquiftarfi col Contrailo un vanto maggiore
di moderazione , e di temperanza . Non è già ,
che .deggiano cercarli a bella porta i pericoli
per guadagnare il pregio della vittoria , che fa-
rebbe in tal calo temerità degna d' efl'er confu-
fa coll’ abbandonamento del Cielo, da cui tutta
ci viene la forza di trionfarne . Ma eflendo, co-
me prctendefi, innocente la Converfazione , ed
avendo l’ huomo per tutto con fe , ed in fe le_i
paflloni, dee credere affai utile il luogo, dove_*
lenza fua colpa inquietandolo , poflbno altresì
meritargli una palma diftinta pel coraggio di
raffrenarle . La fortanza però di quello fi è, che
fi reprimano veramente,e non .fi fomentino co-
defti movimenti dell’ animo, onde per farlo in-
fegna un gran Morale della Francia, che le paf-
fioni debbono moderarli colle paflioni medefime
all’ ulb de’Cacciatori , che vincono i Lupi , i Ci-,
gnali, e gli Orli co i cani dom cilici . Centra le_<
pili feroci s’armino le più ubbidienti: per cagio-
ne d’efempio 1’ amore dcll’Onertà centra la (re-
golatezza del piacere : la brama della comune.»
crtimazione contra il difonor dell* intemperan-
za; ed appunto in quello fenfo parlando Seneca ^
fcrifle, («jchc la fpenlza dee contrapporfi al ti-
morQ'L(fJ'cìerai di temerCtft lafcierai disperare.
Regolandoli poicia in quella guila chiariffimo
(a) £/). 5'.
Digilizail j^teoogle
fi vedrà, che fono Iepa(Iìohi ottimi frumenti del-
V Anima, per operar ciò , che brama , a lei fer-
vendo, come le vele che portai! la Nave dove-»
defidcra il Piloto , quando fieno daii^ arte beii.»
maneggiate :
V. Si riconofoe di piu P utilità delP oneda-p
Converlàzione dal bifogno,che tutti hanno deU
P altrui configlio per regolamento ancora della
vita domeftica • meglio , dice P Ecclefiaftico
Ca)eJJere due , che uno; pofcìacbè hanno il van-
taggio della Società : Guai a chi è folo ! Ed ìul,
vero tante fono le cofe , le quali quaggiù con*
giurano a rendere infelice la nodra vita , che-»
da noi foli certamente non averemmo forza ba-
llante per dipel arle , fe il conferire con altri , e
Pafcoltare lédivcrfe opinioni degli huomini ,
non ci rendede più forti, e più cauti . Quindi Si-
nefio Santo discorrendo , che la Natura di vino-
bada a fe medefima, e non P umana, conchiude,
che P huomo fupplifce al difetto della debil Na-
tura dia col bene della Compagnia , moltiplica-
do colP altrui la propria forza : (h') pofciachè in
quejìaguifa avverrà^ che egli *veggia con gli oc-
chi di'tuttiy afcolti colle orecchie dì tutti , oda-
gli animi di tutti infieme uniti prenda unprofit-
tevol conjiglio . Non tanto perciò reca a i corpi
di giovamento Paria Salubre , quanto agli huo-
mini benanche più deboli una Converfazione-»
moderata, e prudente locchè fi prova da Sene-
ca colP efempio delle Fiere, che praticando con
C noi
/
Caj C 4. Ct>) Lìb.de Regu. V ,/
i
^4.
noi divengono dómeftichc , e degli animaH an-
cora più itoiidi , (a) ché rendonii .CQnvcrfanclo
coll’ huomo più elpcrti . .Ciò diniollra la Natu-
ra medefiina, come vedelì nella Conchiglia pri-'
va di occhi , alla quale ha deputato un pcfcetto*
che Squilla da Tullio (t chiama, il quale mentre
ella ila colle fauci immobilmente apertela pu-
gne alquanto allora , che i Pefei più minuti az*
zardahfi d’ entrarvi ; onde avvifata la Conchi-
glia per quella puntura chiude la bocca, e fi pa-
ice della fua preda. Così pure mirabilmente fi
vede ne’ Cocodriili, che efl'endo d’ una dentatu-
ra aliai rada foffrono in cibandofi l’ incommodo
penolb di fentirlt fra i denti molti rimaiùgli del-
le carni mangiate-. Alche ha provveduto la^
Natura coll’ uccelletto chiamato Regoloj il qua-
le vedendo a terra didefo colla bocca aperta il
Cocodrillo feende a pafeerfi di quelle reliquie ,
che fermate fra i denti danno pena a quella Be-
ftia , e glicgli purga perfettamente ..JDaquello
può ricavarli l’ utilità , che 1’ uno porge all’ al-
tro nell’ umano conforzio, ed il bifogno, che ha
un animale dell’ altro per condurre felicemen-
te la vita .Molto maggiore pofcia.farà quell’uti-
lità, che dall’altrui Converfezione tiràr potran-
no le ragionevoli Creature , ufandonc a tempo.
E ben veggiamo talvolta con iftupore felicerho-
te riufeire nèlla condotta de* loro familiari inte-
reflì certi huomini, che dupidi fembravano , e_*
di niun fanno: locchè dee certamente. attribuir-
li .
(a) Lìb. j.dtira.c. y-
mi'
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r
fi aJ vantaggiodel converfare co’ più fottili ,
fjDÌritofi, avvcgnacchè altra fcuola non abbiano
eglino praticata giammai . Ne ciò dee Iperarli
meno dal trattare con.Ponne prudenti, mentre
ve ne Ìòno fiate in tutti i tempi delle ottime c6-
figliere, e che hanno con mirabile fottigiiezza_.
fi*ggeriti agli huomini de’ ripieghi utilizimi in_#
contingenze difficili j ond’ è, che della Donna^
forte , e faggia difle lo Spirito Santo , (a) che ttt
lei confidando il cuore del fuo Marito non abbi-
fognerà diricchezze . Aduna (cuoia appunto fi
y^htaggipfa miwndo ilgran Vefeovo Sidonio
Apollinare fcrive,ad Eutropio nobiliflìmo Gio?
vine richiamandolo. dalla Villa alla CittàC^^ co-
me ad un’ Acc^dernia per coltivare il fuo fpiri-
to: Svèglìatevi , gli dice , e J'orga a cofe maggio-
ri l' animo ^ojlro ornai in codefto pingue ozio
marcito i e fnervato . Meno ad un* huomo della
’aofira condizione premer non debbo il coltivar,
la P erfiona, che la Carnpagna . Così gravemen-
te pure notò Platone (:c) che quegli, i quali col-
tiyqndp il corpo trajeurano /' animo ,pr emano in
cjo , che difua natura è fuddìto , . e difpregiauo
cìo., cfie in ejfi comanda . Nulla vi farà pcT tan-
to p'iii utile per la cultura dcll’anirno, che il
praticare 1’ uno coll’ altro, mentre conneflbciò
col piacere, e coll’ innocente diletto della (beia-
bilità , riefee per quella via piùfoave l’erudi-
zione, e più continova, che non quella, che da-
un Iblo s’ apprende , togliendofi in tal guilh 1’
odiofità, e la fbggczzione della Pedagogia , che
- ' ‘ C '2 ■ ■ • .
(3) Prov.ix, (b^ Lib, i. ep.y.ic) la CHtr~
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.3^
ritira molti aall’imparare ciò ancora, di curben
conofcono d’ efler mancanti . Soiira di quefto»
Icrive profondamente Seneca al fuo Liicillio in-
vitandolo a conviver feco , e gli dimoftra, chel>
la familiare Converfazione è un reciproco ma-
giflero , da cui fi ricava un profitto inefplicabt-
ìe . (a) Io dejìdero: dice , di trasfondere in te le
mie cognizioni , e godo in queftò d’ apprendercJ»
qualche eofaper infegnare ; imperocché pili
te gioverà la viva 'voee , ed il convivere , chcj^
una Orazion magi frale Più credono gli
huomìnì all' occhio , che all' òrecchio ....
via de precetti è lunga ; ma breve , ed efficace^
quella dell' efempio . Platone, ed Arijìotele pilé
trufferò di utilità da i cojlunti , • che dalle parole
di Socrate . Metrodoro , ed Ermaco , e P alieno
Jì fecero huomini grandi non per la Scuola , mà
per la coabìiazione con Epicuro . Io non ti chia- ■
mo, perchè fqlamente profitti, ma perchè ancora
tu dia a me occafione di profittare ; poiché tro»
vandoci ìnfieme l* uno all' altro gioverà affaijfi-
mo . Valutiamo adunque le amicizie ,o le Còn-‘
verfazioni, per la fua (bdanza, come dicea Salii-’
flio, (b") e non pel commodo, ò piacere fólàmen-’
te de’fenfi, e ricaveremo fenza alcun dubbiò’un
vantaggio invidiabile dal praticarle ; poiché l*
huomo folitario , nota Marfilio Ficino , Ce) noit^
può condurre una vita di mezzo , ed è forzato ,
è a feendere al difetto deW huomo , e far fi he-
fiia,ò a falire al dì foura di effe, e divenir Sato.
(a) Ep. 6. (b) In Catil. (c) In Plat. A. de legl '
Dell'
t
^ S7
: JDell intenzione di Cmverfave .
■ < «
C A P O IV.
*
• * •
•*
I. I"?* Infegnamentodi Sant’Agoftino, che(tìt)
- r t Pwtizìofte fà buone le opere, e che èllcu»
dalla fede è diretta. Nella prima parte di quella
difiìnizione convennero anche i Filofofi gentili^
ma non giungnendo al conofeimento della fe«
conda per diletto di lume poco accertatamente
infegnarono la maniera di ben dirigere le in-
tenzioni. La fede adunque , che dalla divina Mi
fericordia Ibrtimmo in dono , trà i beni dilcuo-
prendoci il migliore, anzi l’unico, e il vero, ci di-
mollra quale efler debbe il noflro fine , e ne
porge per confeguenza una regola ficurillìma^
d’indrizzare a lui le intenzioni di tutte le npfire
opere. Stabilito, che abbia cifeuno il fuo fine_>,
che è il confeguimento dell’Eterna Felicità, dif-
fìcile molto non gli farà l’ordinare ad efla tutte
le azioni della Tua vita, ò almeno facendofenei»
come un’abito anderà colla continovazione de-
gli atti fminuendo la pena, che fentir potefle 1’
huomo inferiore nell’ operar' fempre' lodevol-
mente, c colla mira diritta ad un fine s'i buono.
Così gli Artefici in qualunque profeffioneuj
avendo prefiflb un fine al proprio lavoro ad cf-
fo tendono in ciafeheduna delle opere loro fen--
za fatica, o ripugnanza interiore, perchè volen-
do aiToliitamcnte il fine, vogliono ancora le co-
C 3 le
■ MI" ■ ■ \m m ■ ■■ ■■
fa) In praf.Tfal.il.
fe tutte, che ad cflo conducono . AlPhiiomo per
tanto di fenno, che Tempre abbia prefente il Tuo
ultimo fine, conviene dirigere ad eflb l’ inten-
zione delle opere s\ interne , cheefterne, po-
(ciacchè non Taria cofà meno irregolare , che.»
moflruofa, il vedere uno , che volendo andare
a Levante camminaiTe a Ponente, che ùn altro'^
il quale prefìlTofi il confeguimento delPeterna_.
Vita colle operazioni tendeflc dirittamente alP.
eterna Morte. Quindi eflendo una delle prima-
rie, e più frequenti azioni della vita efteriore_»
quella del-cohverfare , è d’uopo altresì di pre-
mere affui lui dirigerne l’intenzione , che può
renderla o viziofa, o lodevole . Perciò è qui da
rifletterli, che quelle cofe, le quali buone fono
per Te medefimc, o cattive , non polTono cam-
biarfi, che per riguardo all’intenzione , coti cui
o fi fanno, o fi cercano. L’eIemofina,per cagion
di efempio, è buona intrinfecamente , come in—
trinfecamentc cattivo è 1’ omicidio : eppure 1*
intenzione d’elTer lodato leva la bontà alia pri-
ma,e l’intenzione di fervire alla'Cattolica Fede’
nella guerra contra de’ Tuoi nemici, toglie all’
altro l’elTer di colpa, e ne fa una virtfi . Ponia-
mo adelTo, che buona fia,o per lo meno indifie-
rcnte la Converfazione del Secolo, egli è certo*
che può mutarli per l’intenzione di chi la prati-
ca, e tutta volta, che ella finitlrafia , e maiizioi
fa, render quella ancora cattiva , e nocevole .
Quando chi converlà, anzi che un’onefto divcr-
tim ;nto fi ponga in idea di èavare dal conlbrzio
di molti riacciitivodclie pròprie PalTioni,, o di
jjor*
% , ^
Digitlzert^ Google
porgerne a quelle degli altri) chi non vede,-
che per favia , che fiafi la Converfazionc in fe
medcfima, egli ne rileverà Tempre un gran_*
danno? Quedo è Un ammaliziare a bella poAa_.
ciò, che è buono, e trarre da un coflume per al-
tro innocente un mortale veleno, come taluni
appunto \ che per cavare dal capo de i Draghi
le gcinme,ne bevono il todìco, e vi lafcian la^
vita . Non perchè in òggi fia libero 1’ adito
di converfare dee giudicarfi libero P huomo
per con verfàr, malizioi'amente, e quando anco*
ra per imponibile feco portale una (1 fatta li-
bertà codefto coftumc , neppure potria fenzà_>
colpa feguirfi , perche la confuctudinc , e tanto
meno P abufo, non tolgono la legge , che tutti
abbiamo d’operar rettamente. Allo Scultore
è lecito lo fconvolgere tutte le regole della Scul-
tura per formare un moftro, e l’ opera tanto fa-
rà piu lodevole, quanto più feontrafatta, poiché
lo Scultore può fare ugualmente una bella Sta-
tua, che una deforme, purché faccia bene l’ una,
e 1^ altra . Ma le azioni morali, non potendo ef>
fere che buone per effier belle , e lodevoli, e_»
<]ualifìcandofi dall’intenzione di chi le imprede,
mai non làranno belle , e plaufìbili , fc per efla..
non (bnobuone ,onde non è mai lecito ali’huom
Savio lo fconvolgere le regole della Giaftizia.1.
per lare un azione indegna,perdendo (òtto pre-
cedo di libertà le mire del fuo ultimo fine -
li. L’intenzione pertanto di converlàre_>^
ordinata al fine dell’ hùomo debbe edere d’ àn *
dar divertendo il corpo, c Ibllevando’o , perchè
meglio Icrvir poda l’ anima ne’ luoi uffizj. Con-
Q 4 vicn
I
4©
♦ vien per ciò , che efla Io tratti fempre con quel-
la fuperiorità , colla quale trattati fono i Tudditi
dal Sourano ; permettendogli quel (blo diverti-
mento, che non s’ oppone al Dovere . Se trail
Frhctpe iZ\ dir d’ Ariftotele ,(a) ed f Sudditi t
non v' è amicizia ; ma (blamente autorità per
una parte, c rifpetto per l’altra; così ancora tra
l’ Anima, ed il Corpo , non dee palTare intrinfi-
chezza , ma comando puramente , ed ubbidien-
za , come inCegna ancora Platone . («) Arbitra
cflendo ella della Ragione ha da prefcriverc al
Corpo quella parte di (bglievo, che s* accorda.»
col giudo» ed egli debbe ubbidirla contentando-
fid’ una tal preTcrizione, come l’ infermo, che_»
non cono feendo quai cibi giovar gli polfono, e
quali nuocergli ,fi rimette intieramente all’ ar-
Ijitrio del Medico . Egli è ben vero , che jl giu-
gnerfc uno ad elTer fempre Sourano di fe mede-
fimo c malagevole cofa, eflfendo il grado più fu-
blime della perfetta Morale ; ma è vero non_.
meno, che la fatica, qualch’ella fiafi, d’ arrivar-
vi è compenfata in fourabbondante mifura dal
•gran piacere di trovarli 1’ huomo per e(Ta in^
iftato di ficura fermezza, ne più, dome prima.»,
tanto-foggetto all* urto delle Padìoni . E’quello
Un’ efercizio , 'che a guifa dell’ albero Patos
• ha le radici amare, ed i frutti dolcidìmi ,‘condu*
cendo.ad una fortuna, che vien chiamata da Se-
neca (co fourana,dove dice; fommo, e vicim al-'
..... .lo
\a;. Ltb. \ luPhtsd.is) Lib.z.dc^
Tt'dffquil. c. 2. ■ •
f *
à
1
M
lofteffo Dio è ilnofti>eaire dalle interne affé-
.zìonì commoffo . Per arrivare a queflo dominio
. autorevole di fé mededmo niuna colà è pi^i gio>
vevole quanto la vigilanza indefefla , che all*
anima non (1 guadagni dal corpo la mano , ma_«
che rimanga egli Tempre in qualità di Suddito
ubbidiente , perchè in tal materia ogni picciol
dilbrdine può cagionare un danno irreparabile.
-Chi doma , e governa un gencrofo Deftriero a_. .
nulla altro bada piò feriamcnte , che a tenerlo
in freno, ed in tal Ibggezione, che Tenta Tempre
il dominio della mano regolatrice, poichè una^
volta , che Ti veggia libero , ò regolato almcn_»
con lentezza , prende baldanza , iTcordafi della^
primiera ubbidienza,e fi rende indomabile. Beu
difle un faggio Politico eflere le Paffioni come
umori elementari dell’ Anima , uno de' quali
eccedendo torto ella è inferma , edaccefa allo
Peri ver di Tacito dalla febbre dì sfrenatezza^,
(,aj Egli pertanto è necertario d’ invigilar. con_.
premura foura qualunque minimo Tregolamen?’
to delle interne affezioni, e correggerlo nel Tuo
. principio per ovviare al precipizio , chepotria
nafeerne, rinovando la Taggia intenzione di vo-
ler Tempre l’ huomo interiore in equilibrio , e
le azioni di lui indrizzatc al Tuo Fine. Querto
interno regolamento dell’Intenzione effendo
come il Teme della Virtìi , che debbe a Tuo tem-
po render buon frutto di atti lodevoli , e faggi ,
ricerca d’ effer TparTo a buon ora nell’ Animo ,
• fui
C»} Lib. Anna/,. ... .......
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fui principio cioè , che «ri. Giovine comincia a_,
metter piede nellaConverfazione, c perchè è
facile, che fi perda fra quello di tanti vizj , che_»
infettano il SeColo,convien rinnovarlo fovente
■ fino; che egli fi veggla (puntare, ed apparir ma-
nifefto . E’ ben vero però , che d’ ordinario il
primo feme delle Virth morali gettato per tem-
po nón fuol perire , c germoglia felicemente in
tutte le azioni, come appunto nelle Viti novelle
fi vede V alla radice delie quali ponendofi qual-
che foave odore , fe he fente polcia nelle Uve_/,
che indi nafeòno, la fraganza » Quefla è la ficu-
t'ezza , che aver puote l’ huomo prudente nel
Converfiire , fidandofi degli fiabili fondamenti ,
che sà d’avere gettati colla divina grazia per la
mole della propria Perfezione , onde non deg-
gia temere di que’ pericoli , contra de’ quali fi
è premunito, fé non allora, che egli cominciafTc
ad invanirli del Tuo coFaggio, ed a gettare fuori,
che in Dio , le fperanze del filo trionfo . In tal
guifa fortificato l’ huomo di fenno praticherà
con Illibatezza in ogni luogo fenza tema di ri-
manere contaminato,come il Sole, che per ogni
parte fpàde i fuoi raggi, fenza contrame alcuna
macchia • Perciò dicea bene S» Gio; Crifbftomoi
C<»)che ninno puòdolerfidi no effere Angelo per
Natura, quando’ può divenirlo per virthcci&e /«r-
porta non ejjere per Natura ciò , ebe può dive-
. . , '"-'r ■ ■ , ■ ■ *
9 '
> « • • ^ 4 <r ]
r-r
(a) Llb. de laud, Paul, hom. 6.
DIgilized by Google
mrfìpèf Volontà ? Sta In arbitrio di chi che fiali
il dirigere così bene le fue operazioni, che appa-
rifca un Angelo nel Conforzio altrui , e con lo^
de tanto maggiore, quanto che vi ginnfe da
inedefimo collo sforzo d’ una cóftante virth .
III. lò però ho trovato alcuni ih quello d*’
umore veramente particolare , i quali credono
avere affai lodevolmente dirètta 1* intenzió-
ne del lor converl'are -, mentre in ciò fembragli-
di non avere altra mira j che d’ imbatterli trat-
tàhdb con molte femmine in una Conforte, che'
fia di lor genio . Quello pare a prima fronte un'
pretello non biafimevole affatto , non effendò
men lecito F accafarfi , che giùllo il proccurarc
di farlo con tutta cautela . Se però cominciefe-
mó a vedervi ben dentro non riufeirà forfè, co-
me fi pretende làg^o interànàente , ed óneffo'i
In primo luogo 1* affare di feiegiieré una Dona,
Colla quale fi deggia viver per Tempre, non è da
commetterli del tutto all’ occhio , il quale fcòf-
gcndo Iblamentc l’èfterrio •, Vede perlopiù il
peggio , ò il mcn buono ; e là fpericnrà ne infe-
gna, che i piùfiicili a pigliar moglie coll’occhio.
Come fcelgonfi nella mandra i Cavalli , fono i
nièn felici nell’ accertar bené . Quindi Olimpià-
déMadre del grande Aleffandro , fapendo iche.
Ha Cavaliere della fua Corte èra affai mal con-
tento della mogliè prefa da lui per la bellezzà-.,
ad onta del credito poco buono, che àvea,gli difi
fe uh giorno: poco è accorto colui , che pt^Uu.
. • ; . ...... (loft- ,
(a) Erafra. in tAdag.
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itnna a giudìzio delP occhio , \e non ancor dell*
orecchio. Ih un' intcrefle di tale importanza.*
non bada vedere ,bifognafcntire , perchè ciò,
che fi vede è dote del corpo, ch<: può ingannare,
c ciò , che s’ ode appartiene allo Spirito, acuì
debbefi unicamente mirare. Qa') Pdon colP oc~
chìo y fcrive Plutarco , ne con le dita , conviene'
prenderfi la moglie, come alcuni fon folìtì dì fa- .
r^, confiderando quanto porti dì dote , e non con
quali cojìumi Jia per •vìver con ejfo loro Oltre .
di ciò c da confiderarfi , che 1' huom Cattolico
debbe in ciò dipendere dalla divina Provviden-
za ad elTa rimettendoli per riceverne quella^
compagnia, che le piacerà d* alTegnargli, elTen-
do ficuro , che queda ingenua ralfegnazione gli
cagionerà un fommo vantaggio . Abbiamo nel-
le fagrc Lettere un efempio . di ciò molto
chiaro, quando volendo Abramo accafare l'uni-
genito dio figlio Ilacco , mandò un fervo a cer-
cargli in lontane parti la Conlbrte ; e l' ubbidi-
ente figliuolo uniformandofi anche in quello al
voler del Padre, trovata , che l’ ebbe fu conten-
tilfimo della moglie . ^j^/li, così ne parla Ro-
berto Abbate, (c^ fopravanzò talmente la petu-
lanza della giovinezza, che afpettò quella Con-
forte, la quale era per dargli Iddìo, e non già
quella , che avéjfe egli fieffo potuta rapir fi co/u>
gli occhi, e con una gran dote . Infatti vedia-
mo , che gli accafamenti , i quali feguono con.»
^ - , . . gran- ■
Cai de I^rec. conn.(Jo) Gen,ZA. (ci Lib.t3.tn
■ Gen.c.i, - ""
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grande apparato d; yilìte, di biglietti, di regali,
t di amorofe finezze , fbgliono edere per lo pifi
■i meno profperi , dicendoli per Proverbio noni»
molto tallacc , che chi prendeji per amore, (tgo~ •
de in lite . Qu?* Matrimonj per lo contrario ,
che (ombrano piìi ftravaganti,- ed impenfàti,rie-
fcoiio ordinariamente i più-felici , c come gui-
dati dalla divina Provvidenza riportano ancora
una piena benedizióne di profperità , e di con-
tentezza . Io ho Pentito più volte deridere gli
Antichi , perchè piglafiero moglie alla cieca , 'e
come fuol dirfi, col capo nel lacco ma potreb-
bono certamente gli hiiomini d’- oggidì , che lo
fanno ad occhi veggenti, augurarfi la pace , e la
concordia , che feco portavano i matrimonj d*
allora .
I V. Bilbgna di più clàminar bene quell’ in-
tenzione per vedere non (blamente fe ella fia^
buona, ma fe ancora apparifea tale , poiché nel-
le azioni ederne particolarmente conviene di-
pendere molto dal giudizio degli huomini , e_»
non porger lorooccafione di giudicare finillra-
mente di noi . Tertulliano inveiva contro alcu--
ni Crilliani battezzati di frefeo ne’ primi Secoli
della Chiefa , mentre eflendo Scultori di profef-
fione formavano Idoletti per vendergli a i Gen-
tili a folo motivo di guadagnarfi.il vitto '.le ma~'
ni, dice, (df) madri d' Idoli fono matti da tagliar- •
Jt . L’ intenzione era buona in fe medefima ten- ‘
dendo al proprio Ibftcntamento ; ma perchè cl- ’.
(a) de Idol. c. 2.
46
Ja poteva porgere agK altri Cattolici motivo df
fcandalojfi faceva rea, onde fì agramente ripre»
fela quei lublime Teologo . L’huom d’ onorai
per tanto , che pcnla darfi Hl.divertimento , dee
farlo con una tale riferva dicriftiana modellia ,
che s’ accorga ciafeuno aver egli in ciò per mi-
ra non il difordinc , ma l’ onefta ricreazione.; ,
che non è folita mai d’ ufeire da i termini della
fàviczza c del contegno . Per acquiftarfi un_,
concetto sì vantaggiofo molto gioverà il prati-
car le Converfazioni con una certa compoftez-
za riverenziale, onde arguir fi polTa , che ella iì
è fcielta piò per fcuola , che per Teatro , e piò
per udire , che per parlare . Lajtatura-, icrivo
Plutarco , diede a. ciafcuKO due orecchie , ed.
una bocca fola ,ft^nificatido , che molto ptà
biJ'ogHO /’ huomo di udire , che diparlare . Ciò
fara utile fpezìaimente a i Giovani,! quali talo-
ra Ibgliono perdere molto di credito ne’ princi-’
pj.di converlàre con altri , òcol pretendere d’.
eccitare ne’ circolanti l’ ammirazione per una;
certa maniera' (regolata, e ridicolofa di parlare,
alfetttato , Òcol; non faperfi contenere nell’ u(b
della, nuova lo.ro libertà come tanti Poliedri. sle-
gati in ampia- pianura , che vanno feorrendo
lenza ordine, c lenza regola, qUafi impazziti per .
1! allegrezza di non fentire piò freno . Siccome
fu un’ Giovine è lodevole il fotferire, fenzaqué-
reiu ii giogo della dovuta Ibggczzione a i Mag.
glori, Così è in lui molto. commendabile il fapcr-,
(a^ de Ojf\ Aud.
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ne ufcire fenza frrepito di giubbilo fmoderato •
Quello p un moflrar d’ eircr. vecchio nella gio-
vinezza, e fempre giovine ad outa ben’ anchcL-»
della più cadente, e rimbarnbifa vccchiaja co-
me di Marco Catone fu detto , che avendo par»
lato anche nell'iafanzla da Confoie, di fette an-
pi non era fanciullo , ne vecchio ancor di fet-
tanta*. In tal guifa diportandpfi f h^oino nella
fua prima coniparfa in mezzo al, gran ivlondo fi
conciglierà la ftima , e f amore di tutti dando a
dividere , che non converlà , coipc taluni per
confumarlo , ma per impiegare il tempo lode-
volmente, nella Iteffa apparenza diquelf ozio
civile operando egli in vantaggio dell’anima-#
fecondo il fine, che fi prefiflc i giacché , al pare-
re d’ Ayerroe , (/i) quell' azione è oziofa , ch<L^
non opera per qualche fine . Quindi pure avver-
rà , che valendoli egli della Coriverfazione , co-
me d^ un mezzo per giugnere alla meta già fta-
bilita ,. f ammirerà com? un’ effetto fempre di-
pendente dal fuo fine pnitiàrìojn grazia di cui
infegna S.. Agoftino (fi^debbono le altre cofe^
defiderqrfi : e fempre generolàmente rifoluto fi
troverà di jafciarc.anzi tutto il dilettevole quà-
do avelTe m^I a perdpre lo feopo de’favjfuoi
defiderj , confefTando con Plutarco (c) , che pià
dee pregiqrfi il fincy che non le cofey le quali cu*
lui conducano .
V. Non ò qui da tralafciarfi f errore di non
- . Po-
(a) Mitapb. com. o. (b) De Cìvìt. Dei c. 14.
. . (S) adver^ Stoic.
48. .
pochi altri, che non fi credono rei d’intenzione
perverfa nel converfare , perchè quantunque 1’ :
abbiano internamente, pure fi rattengoao dall’ i
efeguirla. Par loro d’ efier fanti , perchè non_;
fono dilToluti , quali che tra 1’ una , e l’altra di |
quelle cofe nulla palfar dovelTe di mezzo, e tilt- ’
ta la difefa, che trovan al propio fregola mento, ,
è lo llar faldi a calo , non già peraniorc della_> !
Virtù, ma per tema d’ azzardarfi a rhiederecort
efito sfortunato , come fe appunto potefl'e uno i
farfi merito d’ evitar coll’ altrui modellia quel j
trafeorfo , che medita. Quando l’ Intenzione è ]
rea , ed il penfiero è cattivo , già è commelTa la |
colpa, e febbene elfettuata non n’rhane coll’ope- ^
ra ciò elfcndo per altrui contegno unicamente i
non lalcia di contaminare quel cuore, in cui
nacque, c farlo ribelle a Dio . E’ degna d’ elfer
ponderata in tale propofito la generola rellitu-
zione,che fece Abimelcccò di Sara ad’ Àbra-
mo dopo d’ aver faputo, che elfa non era Sorel-
la come fingevafi , ma Conforte di lui .• Oltreii
alla moglie intatta donò ancora quel Principoj
con reai Munificenza al Marito, armenti , fervi, ^
c gran copia di contante . Non parca, per vero ,
dire, che a ciò tenuto forte Abimelecco, poiché
offclb ei non l’ avea, ufeito non eflendo con Sa-
ra da i confini della più rigorofa Modellia_. . ,
CoM quei doni, foggiunge qui Egefippo, (.b) onò^
rava quella pudicizia , che avea bramato di to~
gliere ; giudicandoli reo pel folo perverfo pen-
. , • , ‘ fiero
(a;) Gett. 20. C^) de Excid. Hierof. lìb. ^. c. 1 6-
. fiero fegreto, che oragli venuto verfo di codefia
lavia Matrona . Errano dunque coloro , che^
* nodrciido Iborretti pcnfieripraticanoleConver-
j fazioni ficuramente affidati Ibvra d^ una certa.-.
morale impoffibilità di cadere in riguardo all^
♦. altrui coftanza ^ Già è reo preflb V Altiflìmo il —
loro divertimento , benché (àvio egli fia in feu
I medefimo, ed incolpabile , poiché travviando
/ eglino colla malizia del cuore dal retto fine^che
aver dovrebbono , formanfi nella ficurezza uà.»
pericolo, e nella convènienzà un dilbrdine. Ot-
tima clTer puote la ConveiTazioné'in tal cafo ,
. ma in efla peflìmi effendo eglino debbono riti-
rarfene, ò rettificando l' intenzione almeno Tul-
le regole dell’Oneftà, non fi tener per ficuri, ed
innocenti , fe non la cangiano afiFatto . Efamini
bene per tanto 1' huom lavio il fuo interno iru
ordine al codume del converfare , e feriamente
rifletta fe da eflb gli venga mai tolto di mente.#
il fiiO'fine, e quando trovi , che nò , allora viv^
circofpetto, ma fenza timore, fempre appoggia-
to al fbccorfo della divina Grazia ; godendoli
quella quiete , di cui parla nel cafo noftro Mar-
filio ricino : (a) nuli’ altro è il fitte , che un ter-
mine, al quale è principalmente diretta f inten-
zione di chi opera , e nel quale finalmente fi
quieta . Chi riconofce la Dio mercede per ben
regolate le fue brame , le fiie mire , i fuoi anda-
menti , non ha di che metterfi in pena , e può
divertirli allegramente, badando folo , che non
D trav- •
i») Infiiot.
5^.
travvialTe fìiai V intenzione dal diritto fiio ter-
mine , come r accorto Piloto , il quale bcnchc
vada col luo Legno a feconda , e con tutto il fa-
vore del vento , noa abbandona però mai il ti-
mone .
. Del modo di Converfave .
C A P O V.
L*|^ Irctta, chefiafi nella già preforitta ma-,
I ^..niera Tintenzionc di converfare bifo-
gna rivolgere il pcnficro al modo , che nella_,
Convcrlàzione mcdefima debbe tcnerfi da cia-
fcheduno. Fufentenza di Cleobolo Savio gravil-
fimo della Grecia , cbe.tn tutte le cvfe è eecejfa-,
rio avere ìlfuomodo. £d in fatti buone fàreb-
bono moltininie azioni , quando fi FaceiTero col
debito modo , cioè con una regola di favia mo-
deratezza , per difetto di cui ree divengono al-
cune, e condannabili . Niunacofa v’ha di più
innocente, che il cibarfi , ed ilguft are delle tan-
te delizie, etantofoavi, di cui la Natura ha_«
provveduto 1* huomo con larga mano; e pure_»
1’ ufàrne con ingordigia forma il vizio sì detc-
ilahile dell’ Intemperanza , feclufo il quale può
la ftelTa indifferente azione del pafcerfi diyénirc
virtù di Frugalità , e di Temperanza . Così ve-
nendo al calò noflro l’ ufo dell’ onefta Con ver-
fazione è lodevole fino a tanto , che la pratichi
1’ huomo colle mifurc d’ una conveniente mo-
derazione , la quale mancando apre F adito al
difbrdine, e rende colpevole un coffume , che_»
per fe medefimo non ha colpa . Io lodo per tan>
to in chi vuol converfare il farlo Tempre con_>
tutta cautela temendo prudentemente di quel
male, che potria nafecrne; come i Cani d’ Egit-
to che bevono alle ri ve del Nilo , lèmpre fug?
Da. . gen-
52 ■
gelido per timore di venir forprefi dai Coco-
drilli . Qiiefta favia circoCpczzionc cagionerà ,
che J’ huomo non fi iramergà nel fuo diversi- j
mento lenza mirar punto a quel pericolo, che_*
pii» noccvolc riufeir potrebbe riòn prevederido-
fi . Egli è ben vero, che a chi vive nel Mondo è
d'uopo in quello d’ una deftrezza non ordina- '
ria, conlìflendo l’ utilità , e la perfezione d’ uji_<
tal timore nell’ averlo, c non diraoflrarlo , on-
de infegna Seneca : doverjt fuggire eìò , che'
può nuocere , Jean fan do principalmente il ma~
Jìrar di fuggirlo . Dee 1’ huomo di fenno teme-:
re il Mondo, e le infidie di lui per non eflcre t’e-'
melario, ma non affettar fempre di temergli'
per non renderfi poi ridicolo - Cofa non può'
darfi a mio giudizio piò fconvcnientc , nò alie_*'
perfone di buon gullo più difgradevole , e forfè
anche odiolù , che il veder farli nelle pubbliche
radunanze da un Iblo il Perfonaggio dello Schiz-
zinofo, cioè d’ huomo, che vada per tutto a paC*' 1
fo lento per tema di trabocchetto , e refpiri o_.
mezza bocca quali obbligando l’aria più lana a_.
far la contumacia fra le labbra, c i denti prima-,
di riceverla nello llomaco . Quello è un finger- I
fi in tutte le cofe un pericolò, e temere ■, come.» ' |
dice il Salmilla (i) appuntò dwe non ha luogo il
timore ; ih quella guifa appunto', che i Lioni di
Libia mirando lo Scorpione fi veggiono • dare_j i
addietro ,' e rintanarli atterriti da quel picciolo,
c vile aniinaluzzo . Vengono con ciò a cangiar-
fi
' I - ■ - ' ■ -
(a) Ep. 14. (b) J^fal.iOi,
Dlgilized by^Qgglc
fi in ifccna . le camere del civile divertimento j
pigliandoii uno la briga di trattener tutti gli al-
tri col far l’ liuomo di vetro, il quale per tema^
d’ andare ad ogni momento in pezzi voglia tut-
ti da fé lontani un quarto, di miglio , e non finir
fee laCommedia,cheeglinon s’acquilliper- mer-
cede 1’ odio comune tacciando l’ altrui pruden-
te franchezza con codefla forta di curioÌb,ed af-
fettato contegno . E’ necelfario per tanto , *
che in quello di quella prudente audacia , la
quale Paol nafccrc dal buon cuore , e da un’ ani-
mo già prevenuto per la virtù ; camminando
cauto bensì, ma non timorolb ,come l’ avvedur
to Nocchiero , che a vele gonfie correndo non
lafcia di badar mai al forger de i venti contrarj.
In quella maniera di regolarfi, che non è punto
fmorfiofa, ma naturale nel tempo fleffo , ed ac-,
corta, conviene avvertir folamente , chel’.au?
dacia non degeneri in prcfunzionc , la quale S;
origina dall’ orgoglio . E’ quello un Vizio , che
vantando in tutte le cofe un valore infuperabi-
le della facilmente , o l’ invidia in chi non lo di-
ftingiic ahbafl:anza,o il difprcgio in chi lo cono-
fcc ; cd c il Mondo si coftantemente nemico de-
gli orgogliofi , che per non illimargli giammai
più torto giuguc talvolta a far loro ingiurtizia_.
difpregiandogli in quello ancora , che hanno di
più lodevole . Il ripiego addunque di mezzo in,
quella materia farà il converfare per tutto j-ma
con tale indiflcrenza , che non.lafci luogo a ve-
runo attaccamento particolsirc , che è tutto il
male di quello coftume, c far ciò , fmguiarmcn-
54 . • .
te cori quegli oggetti , che incominciano a pia-
cere oltre modo, ed a riguardarli con una ftimà
diHÌBta,che fuol terminare in amore feorretto:
ma farlo però in forma , ■ che fi fuggano fenza_,
mancare un punto alla convenienza, quando al-
trimente non efigga il bifogno , tutta rcftrin-
gendonc la cautela nel cuore, c nulla togliendo
alf obbligo dell’ ellerna finezza .
JI. Quello è il carattere, che dilìingue da
i cattivi gli huomini buoni , mentre , fecondo
Platone ; buoni fono coloro , che poffono co-
nrandare a fe medefimì^e cattivi quegli, che
non hanno una tale pojfanza . Vi fono parecch i
nel Mondo , clic nominando col titolo di viva-
cità , e di fpirito , l’ardimento , e l’infolcnza nel
converfare fi fanno gloria nel non volere , o
non faper mai moderarfi . E’ però quello un*
errore affai palefe , poiché gli huomini appun-
to pii'i fpiritofi debbono eflereipiìi contenuti
per operare con maggior merito rattenendo
Colla ragione quel naturai brio vivace , che
a briglia Iciolta correndo potria paflTaré i ter-
mini dcll’Oneflà . Gli fpiriti lenti , e tardi, che
operano virtuòfamente , fono Orologi , che fi
muovono a forza , non per inclinazione , o per
natura, e la virtìi confillendo nell’arduo non
pKÒ profelTarfi con merito quàndo fi prati-
chi fenzà contràlló.. Erahfi avvezzati l’Ele-
fante d’Antioco a combattere con iiìtrepidez-
Za , ed il Lione di Domiziano ad allenerfi dal-
la preda ; ma chi dirà mai ,che l’Elefante foflTe
- - • for-
ca) \. de Leg.
• 1
Diglllzed by Gcx^le
forte, c temperato il Lione, Hata eflendo co-
delia una materialidlma afluefazione cagiona-
ta da un lungo ufo colfimprelTion de’ fantafmi
nell* immaginazione di quelle Fiere? Le ope-
razioni , fecondo ancora reriiditidìnio Conte.»
Lmmanuel Tefàuro,(è) dell’anima fcnfitiva,
precila l’opera della ragione , fono , e àgli ani-
mali , e all’huomo comuni , onde perchè quelli
pofla dift'erenziarfi gloriofamcnte da quegli è
d’uopo, che operi non a cafo,o per indinto,
ma col confìglio della prudenza , e fentendo
la ripugnanza de i fenli nelle Cofe difficili ,
voglia imprenderle ciò non odantc , operan-
do cosi virtuofa mente, ccon merito. Da ciò
arguir lì puote , che allora modrcrà fpirito , c
vivezza una perfona di brio , quando faprà mo-
derarfi, e tenere in freno fe deda ufando, fe-
condo le regole della convenienza , a fuo pia-
cimento della fuppoda vivacità . Cosi modrad
l’occhio più fpiritofo , e più acuto quando sà ad-
dattarfi al Cannocchiale , e regolarfi coll’inge-
gnofa difpofìzionc di quei diverd cridalli ; ed
il fuoco tra gli clementi il più vivace mai non.»
apparifee più attivo , e generolb d’allora , che
nelle guerriere macchine vien ridretto . Re-
golandod pofeia in tal guifa l’huom làvio po-
trà eder ficuro di far di fe nella Converfazione
una bella comparii» , e gradita a tutti , tanto fuc-
cedendo giornalmente ancora nell’aria , la qua-
, le per vaga , e Ipiritofa , che fiali , mai non giu-
gno a formare armonia , e a rcndcrfi dilettevo-
D 4 . , . . le .
(a_) Lìb.i. dilla filof.moral.c.i.
le all’orecchio , fc non quando è moderata , ej
racchiufa ne’ canali .di piombo > o, di (lagno.
Quella mifura di convenevole compodezza farà i
unofpicco ancora più nobile nelle perlbnedi
maggiore autorità , e che meritan dillinzione_»
in, ogni rango Per elevato, chè uno feorgafi
con qualità ragguardevoli fovra degli altri, non.
dee mai farli lecito ciò , che è proibito per tutti,
qualichc le leggi fodero fatte per quei (oli , che
non hanno fj)irito da violarle . Ciò deplorando
ne’ Tuoi tempi fino Valerio Mafllmo fcrilfe : («)
ejjere Jmiigliantl le leggi alle tele de" Ragni y
alle quali attaccati rimangono gli animalettì
pili debili y tracciandole pofeia i pià robujìi ,
Bella , e mirabile , è l’ordinanza de' Cieli , per-
chè tanto i Pianeti più grandi, che le Stelle.»
più minute, fi muovono con un Ibi moto ; e.»
così pregevoli faranno , ed innocenti le radu-
nanze, dove ciafeuno oflervi le delle regole di.
làviezza , e di contegno, recandofi ad onore.»
chi vi fpicca didintamenté d’eflere il primo ad.
oflcr vari e. Tanto infegna ancor la Natura ne*,
(ìioi più fegreti , c prodigiofi lavori , mentre il
cuore., che è la parte più nobile , c più l'piritolav
dell’Animale, ubbidifee inviolabilmente a certe
picciole tendini , che ne collegano i due ven-.
tricoli , mai non aprendofi egli , per quanto ab-v
biadi fervido impullb, e vivace , più di quello» ,
che viengli permeffo dalla prescritta legge di
tai legamenti.
III. La
< I ■ IH— *
••• •** » • y *
^«13 Ltb*
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Iir.' La regola poi migliore di viver nel
Mondo , e godere con giuda mifura delle terre-
ne cofe , ricavafi dall’acutiUlmo Sant’Àgoftiho,
dove infegna , che dobbiamo valercene co»
modejììa di chi tie ufa t »o/t co» affettò di chi là
ama . E' quello lo fteflb , che dire , non doverli
ne’ godimenti del Secolo impegnar puntò il no-
Uro cuore , nè concepirne della pamonc , ch&j
noja gli arrechi, e travaglio » quandó mai privò
nerimaneffo. Conviene pertanto j che l’huom
temperato fervafi del divertimento , come d’un
mezzo per confeguirla , ma non lo miri comè-i
un fine della vera allegrezza, ficchc indifferente
egli fia di averlo , o nò ; a guila di chi tenendo
in mano un vago fiore lo vi odorando finché
egli dura , punto non mettendofi in pena—
quando fcada , ed impaflìfea . Chi prelcriverà
a. fé medelìmo quella regola di converfaré-»
giugnerà alla perfezione d’huom dillaccato
da tutto ciò , che ingannar pùotc il defideriò
con leggiadra apparenza , ne fiderafli di quei-
legami, che tengono llrette cotanto, ed av-i-'
viluppate le perfone di poco lume , toccando
egli , come il perfetto Sferico de’ Geometri , ih
un fol punto la terra, e quanto, balla ad un'-
onclla, e civile ricreazione.- Giunto ad un_.‘
sì nobile dilìnganno fi vedrà trattare in ogni'
luogo , c con tutti all’ulb del Camaleonte , che
velie ogni colore * ma circofpetto pofeia di
tal maniera, cheaguifa degli Ermellini mac-'
chia mai non contragga , nè ombra anche-»
mini-
L j_:i ‘ I ' '•^1 — nnr —
Ca) Lib^ de morib. Ecclef. c. a j.
i
I
58
Jiiiniina’ d’àlcun vizio. Ingerirà un tarhiiomo 7
Pmore infìeme>c riverenza di le ftcflb negli
altri y che per una parte ne ammireranno 1*
alTabjltà , e la cortefia , e per l’altra una sì ve- ^
gliante guardia dr prudente contegno , che_>
pDlga per fìno a i più dilToluti la fperanza di
tirarlo mai nel diibrdinc dc’lor trafcorfi. Nella
piazza de’ Mcgàrefi , al riferire di Plinio , (a)
era un’Ulivo , a cui ibliti elTendo gli huomini
più valortìfi di appendere le armi , ed i trO'»’
feiydopo delle infigni Vittorie , crelciuta feLj
ne mirava la corteccia in sì bizzarra manie-
ra, che apparendo le armi di quando in quan-
do , e colle frondi i Pennoni , co’ rami gli Elmi,
e colle Ulive le Sciable gentilmente fcher-
zando parca, che la Natura maiacalb non_/
operando, avefle voluto munire in quell’ Al-
bero , che n’è il fimbolo , col timor della guer-
ra la Pace . Quella a me fembra l’ Idea più
cfprefliva dell’huom prudente, e difereto, il
quale lì rende bensì familiare con tutti , e pra-
tica in ogni luogo con manicrofa difmvoltu-
t;a.y ma non lalcia però mai di far vedere-,
in fé medellmo armata la Gentilezza colla.;
Modeflia , e pronto alla difela dell’ Onedà il
Contegno . San Gregorio Nazianzeno fcriven- .
do alle Vergini de’ tempi fuoi dà a cialchedu-
na di elTc un documento per- la cuftodia di
lor pudicizia, che può fcrvtre a tutti per mo-
dello nel .converlàre , c fpezialmente per leij
Donne giovani,,;. che Iqgliono. :av'cre intorno,.
■ . : r mol-
(a) Lìb. i8. cap. •
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S9
moltiffimi CacGÌatori ^ 'Ca") Procciùrà i dice:d^
ejjer Verghe , cof/ gli occhi y còlla bocca ,
colle orecchie medefime ypoìccbè per qudletre
cof e è facile àjjfai lo fcoftarfi dal Retto .. Debbo-
no addunquc invigilare con tutta cautèla , che
modelli fieno gli Iguardi , mentre un’occhiatà
fola alquanto libera può cagionare un mal&j
inefplicabile ; che tanto .più moddlà fia lal<
lingua , poiché fé un giro liccnziofo di occhi-in-
fìaiuma ,Una parola incatena , ed abbrugia ;
che in fine modelle fieno ancora le orecchie,
giacche un fentimento detto con graziola mali-
zia, ed afcoltato con guflo , e con volto ridente,
può partorire un danno irreparabile . Ecco da_>
quìii pcricolofi fonti deriva ibventela rovina-,
delle anime per occafione di converfarc huo-
mini con dònne familiarmente * Io però noru.
condannerò mai la Converfazióne, fe non come
una caufa remota di quello male , affermando,
che il fuggirla faria bensì migliore configlio,
ma che per tutti non è allbluta neceflìtà ^ Con-
danno folamente la maniera dilbrdinàta di pra-
ticarla non tenendo punto in dovere i fenfi del
corpo , i quali femprc debbòn tenervifi anche
fuori d’ogni conlbrzio . Ed in fatti ficcome-»
neppur vivendo in rigorofo ritiro è libero E
huomo per rallentare il freno alle interne po-
tenze, fomentando penfieri (convenienti , ed
impuri i così nella Converfazione è tenuto a_.
regolare fecondo l’Onellà i fenfi ellcrni , e non
farli di tuttò ciò , che vede , o fente , un peri-
colo.
—
^a) I» carni, ad Vìtg. '
* ✓
6o
'colò . 'Chi . dunquè conVerfa non abbia occhi per
mirare con libertà , .bocca per efprimerlì con
malizia , orecchie per, udire cofe impertinenti,
è quella maniera. di fayio riguardo farà , che.»
•ed, egli , c la Converfazione, fieno Tempre-*
•innocenti. • ■ • . . ' . .
IV. .. E giacché abbiamo per incidenza par-
lato di lingua non giudico fuor dipropofitoil
dirne ora qualcofadipiii,echefpettantefia_.
appunto alla maniera , che ciafeheduno tener
debbe nel converfare . All’aflfettazion del con-
tegno , che fi condannò fui principio di quello
.Capo , s’oppone per diametro quella fmodera-
'ta , ed infaziabile avidità di parlare , che nella.*
.Converfazione dimollrano alcuni , dando con \
ciò indizio di vanità , e di leggerezza , mentre^
fecondo. S. Agollino : C») tah è Pbumo nellctj
mefite , quale il dipinge la verbojltà della bocce»
Oltre al pericolo > in cui fi pongono codclli Par-
latori d’nfcir tal volta dai confini della mode-
llia,ed impegnarfi per fe,o d’impegnare gli
altri in quelle cole , che forrtiano il male della^*
Cohverfazione, perdono ancor bene fpefib quel
ereditò > e quella llima , che fi figurano d’acqui-
Hare . (a) Cbi ufa molte parole > dice^ l’Ecclefia-
ftico , danneggierà V anima fua . E può bene-*
ognuno entrando in fc medefimo comprendere
iina tal verità fors’anche per l’infelice fperien-
za di quel danno , che ne averà alcuna volta ri-
levato . Colui , clic parla molto , o è huomo di
fondo , o nò . Se nò , molto gli farà giovevoìe-*
il
^a) De Serm. c. 1 5. (b) Cap> 20»
i
fiJcnzio, // qualeS^conAo PJutarco/^)/^^ un non
so che di pTof ondo in fc medeJtwOje di Jofnì^^tian-^]
te (ilV arcano : e nòn lòlo guadagna qualche ri-
putazione allMiuom debole , ma fa parer favioj
fino lojìolto giufta Pinfegna mento dello Spìl
rito Santo .‘Se poi chi e dedito alla verbofità ò
hiiorno di' fondo , temperandofi nel parlare^
acqui/lerà il vanto della modeftia , che lontana
feinpre fiiol eflere da ogni oflentazione , e mol-
to piìiddll^ecceflb in time le cofe . Una parola^
rattenuta a tempo può fare , che fi fuggano. cen-
to impegni, cd io conofeo pcrfone,che fitro?
vano in' laberinti ineftricabili. per una? fola^
cfpreflione , che ufcì loro di bocca inconCdera-t
tamente con certe Donne , che afpettanoj come
fuol dirli , la palla al balzo , c Hanno filila* pror
fcfiionedinon lafciar cadere alcuna cofa per
terra .lo non vò già condannare i giovani fpe-
zialmente alla penofa cautela , che ufano pureJ
te Oche felva^gie in paffando ilCaucafo ,ed jì
Tauro , le quali per libcrarfi dalle infidie delle-j'
Aquile , e por freno al proprio danneyole gracr
eh ia mento > fi pongono in bocca una pietra , co-
fa che per lo fpaziodi tre anni continovi fil imi*-
tata dal Santo Abbate Agatone : dico foIo,chc
è loro necelTario, il metterli bene . in mente quel
gran danno , che può venirne , e fuggirlo ta-
cendo , come appunto chi nella notte feoprendo
per illrada i.Mafnadieri fi nafbonde in una folta
Macchia , e relpira appena j*per non cfiTcrn.eLji'
colto.
V. AI- .
(a) De Giarr. (b) Previe* 17,
m
6i-
V. Altri pofcia vi fono , che gradifcono di
far nella Converiazionc.lo fcherzcvolc , il pic-
cante , ed il conccttofo , amici di fcntiril lodare
come huomini di fpirito acuto . 11 fare un tal
Perlbnaggio , benché pofla avere il luo merito.,
e la fua lode , è però un mefliero difficile , c che
io non faprei perfuadere a veruno de’miei ami-
ci : tperchè il dare in facezie dee farfi talmente_i
adagio , e con un fi pefato ritegno , che non la-
fcià mai di mettere in pericolo di perderli la_.
gravità, eia fodèzza. £’un carico da pelarli
molto bene prima di addofTarièlo, il farli una
come l^Atlante per regger da le là macchina del
comune divcrtimetó,e debbe riHetterfi, che fc i
quadri, i quali li mettono in profpettiva,han da
eflfer perfetti, inappuntabile altresì convien,chò
fin- colui, che s’ azzarda a far da fe folo il Trat-
tenitorc d’ un’ intiera Converfazione . Per par-
lar pofcia di quello con rigore ancora di crillia-
na Virtò può uno tal volta farfi irterito in con<>^
verfando colla (bffierenza di udire gli altrui di- 1
fcorli , quand’anche aveflero del tediolb , per
mortificare còsi in fe raedelimo quella bramaJ,
che in tutti è innata di corregere , o almcn d* |
Impedire con altri ragionamenti chi parla male.
Porto qui uno fcherzo graziofo d’ un Letterato,
che prova per altro a meraviglia la gran pena-,
d' un’ huomo di talento nel fentir parlare i pii»
ignoranti , ed il merito , che per confeguenza_.
può farfi nel tolerarnc pazientemente le inezie.
Diceva egli per giocofa facezia , [che il tormen-
to d’ Arillotcle nell’ Inferno è l’ avere all’orec-
• y* • ««i • *
clw
DigItIzeC '
chio ihflancabili due fciócchi Filofofaftrl , chd^
delle naturali cofe parlando inricnic .dicono,
Ipropofici altiflTimi, fenza che..egli,il quale ne Fu ;
indagatore $ì.diligente, e sì profondo, pofla mai ,
aprir bocca «pcf emendargli., Quefio Ibriamen-,
te parlando è falfifllino, poiché non mancano alt-
la Idcgnata Onnipotenza divina altfc manière^
ineffabili per punire i Prefeiti; ma non refta pe-
rò , che fiipponendo ciò vero per impofiìbile-/ ,
non poteffe egli folo fervire d\in gran patimen-
to a quel fublime Filolbfo.Sarà dunque un^ otti-
mo efercizio 4i pazienza iPconfinarfi unMiuomo
Savio nella Cpnverfazionc con animo d^aver
per più ore la ^raa toleranza afcoltare, fenza
interrompergli, i ragionamenti.dt coloro, i qua-
li nel parlare nòn hàiinò altra regola , che di
proferire quanto vicn loró alla bocca , Quan-
do poi foflero i difcorTi altrui liberi , cd ofeeni ,
vi è una maniera^ di mòflrar taòendo rifpetto a
chi parla, effóndo maggiore , e fentirne poco, o
nulla . Bafta diftraerfi , c volar colla mente in
alto a Dio, calle Verità eterne, imitando in ciò
V Aghirone, il quale prevedendo tuoni, turbini,
^ volo formonta le nuvole, e fi gode
la ferenità del Ciclo più tranquillo , e purgato .
(a') ^Hejìo uccello^ fcrivc Ugone di San Vittore,
le Unirne degli eletti ^ ebete^
menda t perturbamenti del Secolo , e portando
/opra le temporali cofe il penjìero j follevano Ic^
men-
^uj Lib. de bejKc,
64
'mentì toro alla feretiìtà della ^Patria celeftc^ .
iVppigliandofi addunque in quedo ciaicuno o
alla morale, o alla cridiana perfezione potrà
cavarne un documento ben vantaggiolb , e de^* ~
durnc il modo più proprio di contenerfi per
fuggire ogni dannolo trafeorfo nelcodumc dì
converfàre ,
m
r
^5
DcU'Amor Vlatonico nel Coiiverfare.
C A P O. VI.
I. T Qfcampo degli huqmini maliziofi per
I ■* evitare la condanna del peiTimo ufo »
che eflì fanno della civil Converfazione,
è d’ordinario il ricorrere all’Amor Platoni-
co , per cui , o credono malamente , o fingo-
no di credere eflcr lecito ad un’huomo l’ama-
re una donna , che non è Tua , c così per lo
contrario ad una donna l’appaifionarn per un’
huomo , che non è libero . 11 fondamento d’
una tale fmifira opinione è il fupporre,che
feparandofi perfettamente dalla carne lo fpi<>
rito poifa in un’oggetto fenza yeruna colpa
amarfi l’anima, lafciando intatto il corpo a chi
ne è per altra ragione poffeditore. Subilita
per infallibile una tale dottrina fi veggiono
tra moltifiìmi fuccedere palefemente , per dir
così, delle nozze fpirituali,e fpofandofi ge-
nio con genio, fi dichiara l’uno fenza rolforc
idolatra delle belle interiori perfezioni d’un’
altro , e ponefi francamente un Conjugato a
fervirc , come fuol dirli , la bell’Anima d’uua
Coniugata lafciando intanto al poveroMarito
il folo Corpo , che gli accorda la legge . Que-
lla è tutta la fofianza dcll’Amor Platonico sì
decantato in oggi nel Secolo , e che lliidiafi
ben fpdTo di far tacere lo zelo di chi aven-
E .do
DIgilized by Gcx^le
mr^
66
do la direzione delle cofcicnzc è tenuto per
obbligo del fuo miniftero ad inveire contra_
del vizio. Ulano gli huoinini ainmaliziati co’
Zelanti in quella materia l’artifizio , che pra-
tica la Seppia co’ Pefeatori , mentre veden-
dofi dà ellì perfeguitata manda fuori un certo
liquor nero» da cui intorbidandoli l’acqna_,
pura , ritoglie dagli occhi loro, e fe nefugge.
Così ripreli , che eglino fono d’eccedere nel
libertinaggio, c prefi come alle llrettc, intor- ,
bidan colPlatonifmola manifella evidenza del
lor reato, e fuggono dalle reti, lo non fon già
per'negare , che diafi tra gli huomini una_»
iimpatia naturale , cd innocente , che fi vede
ancora non di rado tra i bruti i ma dico bene,
che è d’uopo correggerla colla ragione tutta_.
volta, che fi veggia pendere all’ccceflb.Quan-
do ancora flelfe l’Amor Platonico ne’ pretefi
termini d’amar negli oggetti le Iole doti dell*
animo, io lo crederei Tempre ingiuflo nell’ !
efigere un’ intera , e fedele corrilpondenza_.
'da quei fpiriti,che devono ad altri l’affetto,
come fuccede ne’ Conjugatì , de’ quali difle-»
Iddio •,C(i')faratJ»o due iff u» fai corpo. Non_.
- credo io già , che con quello intendeffe Iddio
d’ammalfar (blamente infieme carne con car-
•nc,nia d’unire bensì le anime con nodo sì dol-
ce d’amore, che di due fattofi un fol corpo,
in
C»>Ge». cap, z.
Digl^ed by Google
67 '
in eflb per forza d’nna Tanta armonia recipro-
ca viveflcro due (piriti . Effondo addunquè_*
' i conjiigati padroni reciprocamente non folo
do’ corpi loro , ma dell’amore altresì , che è
la fodanza dclTanima , non farà mai lecito ad
un Terzo l’entrar di mezzo perrapirfi unta/
amore facendo tra gli fpiriti una divifione,
che ha vietata l’AItilfimo efprcflamente di-
cendo : non fepart Phuomo ciò , che Iddìo ha-»
congiunto. Ma io foftegno di più , che infiemó
converlàndo liberamente huomini con donne
farà molto difficile, che mantengafi quefl’
amore nella pretefa indifferenza di tendere-»
unicamente allo fpirito fenza punto confide-
rare le doti del corpo . Accio meglio rifplen-
da una verità sì pelante , dalla quale venir
puote un fommo bene a chiunque vorrà co-
nofcerla , faccianci con ordinanza ad efami-
narla ne’ fuoi principj.
II. Tre fono , fecondo tutti i Filofofi , gli
oggetti amabili , cioè l’Utile , il Dilettevole,
e l’Oneflo . L’Utile riguarda i beni della for-'
tuna ; il Dilettevole i beni del corpo; e l’One-
fto i beni dell’ anima . L’Utile , ed il Dilette-
vole , riduconfi alla Filautia de’ Greci , o vo-
gliam dirla Amor proprio , il quale febbene
fu dalla Provvidenza ingerito all’hùomo per
la confcrvazione dell’ Individuo ,• nulla però
di meno effendo Amore di concupifeenza , e_»
che rilìede nell’appetito inferiore, c facilis-
mo a degenerare in vizio , onde attefla Pia-
E z ' tono;
mm
68 ^
tene; (j) c/je U foverchio «^mor di fe fiejfo tu
tutti è caufa di tutti i peccati . L’Onefto po-
Icia jclic riguarda i beni dell’animo > è radica
della vera amicizia , la quale al parere di tutti
i Filofofi in l'cguito d’Arillotele nafee dalla fo-
miglianza de’ buoni coftumi . Tuttavolta adr
dunque, cheun’huomo ben collumato ritro-
va in un'altro l’immagine delle proprie quar
lità virtuofe legafi a lui col vincolo dell’amo-
re , e prefeindendo da qualunque altro vile_»
riflefld ama in lui , come un ritratto efprefll-
vodi fe mcdefimo . Se nell’oggetto pofcia_.
amato egli ritrova reciprocazione d’araore_i
parimente virtuofo, viene, tra dii a formarli
quel nodo il più delle volte indiflblubilc , e_»
foavinimo, che chiamiamo A micizia. Altra fpe-
zic d’amore fuori di quella fanamentc parlan-
do accordar non fi puote fra quelle perfonc,
che non fono di flato libero ; e tra quelle di
Seflb diverfo , dico effere troppo facile , che_*
degeneri in Amor di concupifeenza, dal quale
come indegno di loro cercano di comparii'e_t
lontane le perfone ancora più licenziofe, ma
culte , e civili. Platone medefimo infegna, (jb')
.clic colui , il quale punto non curafì del corpo»
e confiderà più tofio , che defiderì , /’ animo,
amando come conviene lo. fpirìto , giudica^
arditezza , ed ingiuria l'ujo del corpo. Dimo-
llra egli per quello di volere , che gli amado-
ri
fa} ^.deLeg. (b} 8>deLeg,
DIgilized by Google
- ri delie anime prefeindano affatto dalla cor-
porea prigione di effe , come da una cola, che
recar poffa affronto ad una foftanza tanto fu-
periore alla materia di quella carne, in cui
vive racchiofa . V’ha egli , chi . non conofca_.
effere quefta una forte d’elevata contempla-
zione per huomini fpezialmCnte materiali, in-
dilciplinati , c di bel tempo , malagevole in_*
■fommo ? Ognuno , che abbia qualche benché
leggiero principio di ragionevol difeorfo ,
certamente fi riderà di coloro, che moff rando
per i corpi , e tra effi per i più avvenenti , e_*
leggiadri una manifefta pafllonc vogliono poi
fpacciarfi per indifferenti Platonici ,cui uni-
camente rapifea la bellezza dell’animo . Io in
ciù ritrovo , e detto fia Tempre con riverenza
de’ meno ingannati, un carattere dipazzia_#
tutta particolare de’ noftri tempi , e che non
avendo ne’paffati fe non rariflìmoefempio,
farà forfè o la favola, o l’ammaeftramcnto
dell’avvenire . In fatti io non mi fono per an-
che imbattuto in alcuno , che dell’altrui Pla-
tonifmo parlando non lo.derida, e noi difen-
da pòfeia coftantèménte in fe medefimo i co-
inè una- guardia ficuriffima dell’ innocenza;
onde potria qui farfi del noftro Mondo quella
divifióne bizzarra ,■ che del fuo fece non ha_.
xnolto un gran Politico-, e dire , chc una pari
te dèi Mondo- in oggi fi ride ftranamente dell’
altra , cd amtnendue s’unilcono poi a riderfi
«Iella comune loro flolidezza . Qjjcfio è ua^
vEl mot-
7o
motteggiarli reciprocamente per la nerezza
gli Etiopi , un riderfi il Guercio di chi ha per-
duto un’ occhio , cd un moftrarfi dallo Zoppo
a dito , chi ha una gamba di legno ; tutti In-
fermi , come dicea un bell’ Umore , da rimet-
terfi a que’ Spedali , dove fuol farfi la gran.»
chiarata per le Tede non rotte, ma vuote.
Burli, fcrive Giovenale, ehi è dritto lo ZoppOt
e chi è bianco l'Etiope. Saria fenza dubbio per
coftoro miglior partito confclfandolo fmee-
ramente cercar riparo al Tuo male,cnon_>
voler farla da Scettici nell’ollinazionedi fo-
ftcnere cofe tutte contradittoric , come nera
clTcr la neve , luminofe le tenebre , fenza_.
luce il Sole, e fe medefimi fenz’amore di quel;-
la carne, che idolatrano, rendendoji ,o.\ dif
d’Ariftotcle , Ca) wen rei nel diffimular
queJP amore , che altri nel falftficar le monete.
E’ quello un gettar polvere negli occhi altrui,
come le Aquile per predare i Cci;vi , accie-
cando il Chirurgo, perchè non veda la piaga,
.che frattanto non curata incrudendo fi fa can.»
crena . Troppo è più difficile , che non fi pen-
da , indegna l’Angelico San Tommalò , il rc^
golar bene lapaffion dell’amore anche nel
divin precetto d’amare i proffimi , e moltiffi-
mi l’hanno fgarrata da un bel principio con^
ducendoli miferamente ad un termine vergo-
gnofo.O quanti , cosi egli efclama , (b.)jf rup.
. pero
(à) ^.Ethic,c.^;(p)Opufc,6 l'.de prox.dìlec.c.'i •
Digillzed by C-.onoK.
*7*
pero hfenfibiii»eate h tefia , scaddero in pe-
ricoìoj'a pazzia per avere fenza fale dì difcre «
zi on e amato huomìnì ancora buoni , poiché in
ifpirito cominciando terminarono in' carnei
Quanto farà pofci^ più malagevole il por fre-
no all’amore in oggetti.di felfo diverlb , giac-
ché in eiù tanto pende la corrotta Natura ai
diibrdine , c ad una corrifpondenza regolata^
più , che dalla, ragione , da i fenfi ? Grande è
in quefip il pericolo di trafcorrere fuori della
favie^za , e chi ha qualche lume di ragionevol
difcernimento non può non temerne.
III. . Hanno però, codefti Platonici un’ar-
me fe non di buona difefa, almeno d’aAuta^
apparenza, per ifchefmirfi dalla condanna
de’ Saggi , ed è il far credere , che fervanii
delle Creature , come d’una fcala per giugne-
re al'Conofcimento , ed all’amore di Dio , fe-
condo il detto dell’Apoftolo ,(0) che; le invi^
fibili cofe dì J)io fi comprendono dalla Crea-
tarn per mezzo delle Sarebbe queAa
per chi ne ufàiTc a dovere un’ ottima regola,
ed una maniera aflai lodevole d’ajutare la_<
> fiacchezza del npAro debile intendimento
portandolo per mezzo di ciò , che fi mira, alla
iublime contemplaziohe di ciò , che fi crede-»
fenza vederfi , Ma lo fteflo Apoftolo Paolo
non giudica quefia via per tutti ficura , men-
tre alcuni torcendo in effa da un fine sì alto,
E 4 e fanto,
(a.y.r^d Rom\ j.; ;.
•7S5 . . ^
• fanto , Ca) riverirott» ; e fe^virou la Crea-
tura più tojìo , che il Creatore . Ella è una_<
fcala piii per la niente , che per i fcnfi po>
feiacchò aftraendofi dalle create , e belle cofe
di quaggiù una fpezie pura , limpida , e pih*
che avvenir polTa , immateriale fenefa all*
intelletto come una guida per follevarli alla
contemplazione delia'prima bellezza, da cui
tutto deriva . Anche a Giacobbe (b) fu mo-
Arata una Scala, che dalla terra poggiandò al
Ciclo rendè alla mente di lui palefe da' vedu>
ta delle cclcfti cole: ma ciò avvenne allorché
ei dormiva , ed erano in lui Ibpiti i fcnlì eAc-
riori . Sopra di ciò ragiona alTai dottamente
. Riccardo di San Vittore al noftro propofito,
Cc) c così conchiude: felici coloro , cui fi can-
■gia ia ifcala, ciò che ad altri è rovina . Feli-
ci coloro t cui la fetenza delle efieriori cofe^
divien ficaia per falire , e non precipizio per
rovinare’,coloro, cui la bellezza del temporale .
fifa eccitàmentod* Eternità J Sembrava an-
cora a codeAo inlìgne Teologo una fortuna
ben grande il faperfi valer del creato , per fa-
lire alla contemplazione del Creatore , e dal-
la vaghezza degli oggetti , che qui vediamo »
paflarc a iìUbrci in quella inaccellibilc , che_«
veder non lì puote . Per far però una tal co-
fa con merito è troppo neceflario il togliere-
ogni commerzio co’ fenfi , e prefeindere da_>
quan-
-J- ... > ■ < .. ■ —
(a) Ih. (b) Gen. 28. i a. Cc) 5 .\de- Ext.
mali. p, i.c. 16,
quanto fi mira efternamehte alP u(b ai chi
confiderà un Orologio di rara manifattura..,
che nulla badando alla calTa d' oro di prezio*
fe gemme , e di ' vaghi intagli riccaménteJ
adornata, (ì ferma folo à riflettere forra l’ àr*
tifizio mirabile dell’ interno lavoro . Seta-*
randofi per quèjìà vìa , foggiunge l’eruaito
San Mamme, (a) dalla familiarità de* fenji lo
fpirito viene altresì a chiuderfi l* adito al
Demonio per mezzo de* medefimi fenji neW^
anima', onde purificata la mente degli huomi*
ni per un si eccetfo , ed infieme foave efercN
zio , può trattenerfi con men di timore fra le
terrene cofe , le quali , anziché diflornarla:^ ,
maravigliofamente la vanno indirizzando nel
ilio celeile cammino . Tanto conferma ance-,
ra il profondo Jamblico (é)‘infegnando , che
feparandojt dal corpo la mente, per la contem-
plazione de*celefii Mijìerj, P huomo preparaji
a Dio . Se noi però ci facciamo a mirare eoa
attenzione la condotta de'mòdcrni Filofofan*
ti dubbitojche là troveremo affai lontana da.,
quelli principi , mentre imitando cflì le Vef-
pi, che lafoiano il buono de’ pomi , e s’ attac-
cano al marciò , negli oggetti confiderano
Tempre il peggio, e trafeurandone la foftanza
s’ appagano degli accidenti . £* dimoile , of-
ferva il Trimegillo,Cc) lafeiare quèjìe confae*
■ te>
fa) Cent. z. 65. (b) De myjl.fSgypt,
(c) in firn.
teyfaml\9;itiy t prefentì coft , e rìvolgerfi alle-
fuperhri, t primarie: imperocché quelle > che
vediamo coti* ocqhio , troppo ci dilettano , ev
quelle, ch&nqfcofe ci fono , partorifconp dìjfi’'.
In mirano eflt ]a bellezza negl*
akrui.voltii in<( non come un raggio della 4i>
vitia,ed immortale, onde ne rimangono pre-
0, e legati fenza giovamanto dell* anima , che
anzi (Irctta in una rete di carne perde tutta^.
la forza di alzarfì a contemplare il primo fon»,
te di quel bene, vile per altro in fé medcGmo»..
e caduco . Idolatri di ciò , che vedono , feor*»
dandoG del meglio, che fta celato, ed adorarti,
do, ai parere di Seneca , (,a')[iolidqmente /<w
Statua , di/pregiano lo Scultore . Nè io ere-;
do, che venendoG alle Grette ciò poGa negar»;
G nè anche da lor mcdcGmi . £* cofa più chia-
ra del raggio di mezzo giorno , che i foli og-
getti bene organizzati,e ben difpoGI al di fuo»
ri , meritan la contemplazione , e la meravi-
glia di codeGi Platonici; ed io p^r la mia par»
te mi porrei più volentieri a cercare la qua»;
dratura del circolo, che un* huomo, il qqalèi!j4.
per verità abbia una certa Gima , che s* acco-
Gi all’ amore, per una Donna di brutto afpct-'
to , e di fattezze fgradevoli . Ognuno, che^
legge qucGo mio fentimento, potrà cflerrac-
ne -forfè tcGimonio oculare , vedendoG per
tilt-
»
(a) De orig. errar. c,2.
Diginzed by SèogU
ys.
tutto impiegato in oggi il Platonifmo a ÙLÌiro
in alto.per certe belle fcalc, e briofe , libera.,
frattanto lafciando.a qualche umor malinco-
nico la fai ita per quelle , che fghenibe effen-
do, e mal formate, fembran fatte per difpetto
dalla Natura . Diflfe per ifcherzo, ma non fen-^
za fale di feri età , un’ huom di giudizio , che-f
elfendo in quello Secolo rifufeitata pur trop-
po l’ Idolatria fi ò fatta vedere di un guflo af-
fai migliore, mentre lafciati alla folle femplt-
cità dell’ antica i Serpi, i Draghi, ed i Mollri,
ha fcelto Idoli tutti avvenenti , e leggiadri .
Noi però parlando qui con fodezza criftiana
malamente potremo accòrdare a quelli Pla-
tonici la pretefa innoccenaa d’:amare i foli
Spiriti , quando gli vediamo .perduti afTatta
dietro a quella Orne , che gli circonda , ed
imprigiona. Se l’anima folTe l’oggetto de’
loro amori prereinderebbono;facilraente dal
corpo, avvegnaechèpolTa ella èffer. belli Ih -
ma.,, ed ammirabile,:. anche in im corpo di
brutta figura , ,co mie iè preziofo ,' benché rac--
ehiufo .fra i r.oa^i fcogli , il diamante . Ciò fi
deduce ancor.meglip dallo feor^ere alcuni al-
tri di. cfli tutti, immerfi .nell’ adorazione . di
certe Donne, vaghe bensì di lembianza, m^
d’ uno fpirito così lento , e freddo , che facile
talora non fia il diftingucrle da una bella fta-,
tua d:‘ Praflìtole , o di Fidia tra i Greci , odcl
Buonarruota, e dell’ AJgardi tra i noftri .. Alrr
tri, che peggio è ancora , ne vediamo perdur
ti dietro a^certe anime canòre , le quali-in al-
tro non partccipan dallo fpirito, che nel fuon
della voce comune ancora agli Ufignuoli , a_.
i Cardellinij ai Merli ; ed è in qucfto crefeiu-
ta cotanto la corruttela , che vediamo da Co-
defta gente col femplice fiato , più che nella_
State dalla Tramontana le biade , (bccarfi gli
Icrigni non'folo a i privati , ma gli erarj alle
intere Città , jpiii fenza verun paragone ono-
randoli una Maefira-di folli amori in Teatro>
che sii i Pulpiti i Miniftri dell' Evangelio . Ef-
lèndo ciò pur veriflìmo,e fpcrimentale, io fa-
prei volentieri come polTano fchermirfi code-
fti infelici Filolbfi dal confelTare d'elferpur
troppo adoratori di carne , e d* un carcere, o
così' vuoto , che per alcuno de’ fenfi edemi
linai non polTà averli il minimo contrafegno >
che vi Ibggiorni lo fpirito ; o sì poco -prege-
vole , che efler potefle albergo ancóra di be-
die ammaedrate nel canto . Non men drano
làrebbé, a ben- riflettervi , il confiderare , che
niun Platonico abbia mai ibrtita dal Cielo
per compagna con legge matrimoniale una_>
di codede celebri, e belle animc;licchè lalcia-
ta quella , con cui pure liberamente hàVolu-
to Ipofarfi , ^ggia per filofofàre andar Tem-
pre dietro a quelle degli altri . Ma troppo mi
ha poi Tempre convinto per giudicare code-
da filolbfia un vero dilbrdine di paiTiohi il ve-
dere tutti i regnaci dì eda apodatare palcfe-
wen-
DigiUzed t>y Gsogle
mente da i loro Numi , c ritirarfi.dall’ àdora'-
zion delle anime, tuttavolta, che perda il cor-
po, o per ingiuria di rtrano malore, o per col-
lo d’ età, r avvenenza . Io fteflb, che non fo-
no il più vecchio, che.viva, ho veduto pure a i
giorni.miei tanti.Altari , cheiuna volta appe-
na mirar poteanfi da lontano per la folla ine-
fplicabile de' fagrifìcanti , r.eftar lenza inccn-
fo , e lenza ombra del, culto antico per elTere
invecchiata là Deità , che vi fi adorava . Bir
fogna ben poi riderfi ;a forza di ibiniglianti
inezie, e conchiudcrc,che delirano codefti Fi-
lolbfanti nel darfi a credere, che altri gli ten-
ga per indifferenti ammiratori delle fole ani-
me racchiufe ne’ corpi, quando al primo fea-
derne la colorita prigione abbandonano feor-
telèmentc le povere prigioniere, quafi, che_»
Io fpirito a fe medefimo fimigliante fempre,
immortale , ed in fua foftanza inalterabile-r ,
foggetto foffe come le altre corruttibili cofu
alla vicendevolezza del tempo . Ingiuria è
quella, al dir di Platone ,(«) infofferibile-»
per lo fpirito indepcndente cotanto dalla baf*
là materia, onde è cinto , c coperto , che Se-
neca (b') troppo eccedendo poi nello ftimarlo
giunfe ad affermare, altro non.effere eglh ebo
un Dio neWuman cor^o.Stimo fuperfluo il ri-
fpondere qui ad una certa inlufliffcte iftanzav
che a ciò fogliono farci modernij Platonici
fog- .
(oT) %. de ìeg. Cb) Bp.ii.
I
78
foggidgéndói che no pòchi di efli profefTano
della ftima, e dell’amore a certe anime anco-
ra, per dir così , invecchiate ne’ corpi , nulla
?cr ciò feemando clli del rifpetto primiero .
n quedo , oltre alla rarità d’ un tale avveni-
mento,voglio rimettermi alla prudente dcci-
lìonc di chi legge , a cui non credo , che farà
molto difficile il rifpondere colla fperienza ,
che in contrario abbiamo continovamentc_>
fotto degli occhi . ••
IV. Hntri per tanto ciafeheduno in fe_j
medefimo , e rifletta fé quelle fieno verità d’
evidenza,ò ritrovamenti,comefoglioro chia-
marfì , di Rigorifli nemici troppo del civile-»
divertimento , e cominci a tener ornai per
Ibfpetta una tal fbrta d’ Amore , che ben va-
gliato riduccfi tutto in polvere di vii fango, c
di fenfuale appetito . Se però , che troppo è
malagevole, non l’ intendon così per allonta-
narfene coloro , che immerC vi fono , e per-
duti , almeno capilcano bene il travviamento
d’ un tal eoflume quegli , che la Dio merce-
de non vi fono ancora caduti, e cerchino, piò
che pofrono,di tenerfi netti da codefta pece ,
per non chiamarla orribil pedo, onde tante-*
anime uccife rimangono , ed alTaffinate per
femprc • Non può crederli quanta rovina ab-
bia già al nodro Mondo recata un sì per ver-
fo, ed apparentemente favio prctedo d’ ama-
re , Con un’ inganno sì dolce inducendo a_.
perdere l’ innocenza perfone accorte per al-
' trd
tro , e prudenti , che falde farebbòno fintai
centra d’ ogni altro più forte , e più terribile
tentativo.Tantò' appunto del CocodriJio Icri-
vono i Naturali,che divorando huomini ,
fiere, fi lafcia poi miferamCnte uccidere da Un
picciolo animàletto , che vivo.ihgojato da lui
tra le verdi pàfture del Nilo rodegii a poco a
poco le vilcere,e fuora ufeendone illefo, mor-
to lafcia fìlli’ arena il fuo divoratore . Ufi per
tanto a fuo piacimento della Coriverfazionc^j
chi vuole) eh’ io noi condanno, ma goda mo-
deftamente de’ tanti , e sì vaghi oggetti , che
gli cadono fótto 1’ occhio, ed unito ad eflì me-
ramente colla perlbna feguiti col penfiero il
fuo viaggio verfo 1’ eterna Sorgente di ogni
bene, a guifa d’un giufto Compaflb , unapar-
te di cui fenza fcompagnarfi dall’altra , che ò
fiffa nel punto, forma liberamente il fuo giro.
Abbia infomma ciafeuno in converfando l',
occhio fovra.fe fteffo per non awilirfi , e far
cofa , che indegna fia di lui , c deteftando la_.
codarda effeminatezza fémprc fi diverta dau
huomo colla fpada al fianco ,.iioh colla roedà
alla mano , che in ciò lodevole farà l’ emula-
re il coraggio di quei Lioni , i quali un temW
po guidati con fiorite ghirlande al luogo.de*
fpettacoli , appena fcopcrtele all’ ombra de’
loro còrpi infuriandoli le ffracciàvano ,. co-
me indegni ornàmeti del proprio vaiorei lad*-
doye le imbelli Vittime liete fen givano al Sa-
grifizio cinte difion',quàfi godendo ftòlidamé-
te di quella mifera popa funefià . ' X)el ■
$6
Del Tempo di Converfare .
CAPO VII .
Ttimo è il configlio > che diè Cicerone
aquegli, i quali bramano di regolar
bene la propria vita, dicendo, che (a') il divi-
derla come in partì è opera del Sapiente . Ed-
in vero conviene, che il corlb di noftra vita_^
venga divHò in varj efereizj per togliere all*
huomo la noja di fare Tempre una ffelTa cofa; -
onde molto errano coloro , che prefìggendo*
fi di goder tutto in una volta levanti in gran-
parte il piacere del godimento, che ruoTaver-
fi nella fuccelfioBC delle cofe- godibili . Per-
ciò infegnava Seneca da quel gran Filofofo ,
(fi') che egli era, dover ft infteme unire , e pra-
ticarji a vicenda la foUtudine -, edìlconfor-
zio , mentre quella ci porta al defiderìo degli
huomìnì , e quefto alla brama dì noi medefmi^
effondo P uno rimedio dell* altra , Siccome.»
può efier vizio lo fiar Tempre Tolo,così lo può
eflerc ugualmente il voler Tempre vivere in
ConverTazione , mentre elTcndo quelli due_*
eilremt Tarà. virtò il iàper batter nel mezzo
dando ad aramendue le coTe il Tuo tempo . Se
Catone giudicava ugual difetto 1’ eflere uno
Tempre Terio, o Tempre faceto, io ilimo difor-
dine da evitarti del pari , si 1* clTere in ogni
tempo con altri,che il non elTerc mai con ve>
Timo.
29.. (b) Detranquil.
** I
8i
runo . Se debbo in tutte le cofe fiiggirfi /7
Troppo y come tanto inculcava Pittaco quel
Savio di Grecia , più dovrà ciò offervarli ììl»
quelle, che o per fua natura, o per nolìra ma-
lizia pendono , anzi al male , che al bene , ^
per confegu'cnza farà utiliflìma quefta caute-
la fpczialmentc nclP iifare della Convorfa-r
zione , la pratica di cui c sì facile a degenera-
re in abufo . Bifogiia dunque, che s' afezion i
ciafeuno alla ritiratezza, che c la virtù oppo-
fta agli eftremi della folitudine , e del conlòr-
zio continovo, giudicandola necelfaria a cor-
regere P una, e P altro, ed a condurre la vita
d* un Secolare con rettitudine, e con pruden-
za . La ritiratezza, benché fia lodevole in tut-
ti , lo è però di vantaggio nelle Donne , le-»
quali hanno P obbligo indifpenlàbile di pre-
ferire al divertimento ilpenficro degli intc-
relTi domeftici, e la buona condotta della Fa-
miglia. Tuttavolta , che manchino di pre-
mere fovra di quella, il tempo della loro Co-
verfazione è reo d’ una.trafcuragginc , che-»
toccando un dovere precifo non fi può pafl’ar
per leggiera . Io credo perciò , che la ritira-
tezza nelle Donne mai non pofla dare nel
troppo , non v’ eflendo luogo , dove elleno
ftieno meglio, e dove il loro operare fia più
plaufibile , che in cafa , in cfle avvenendo co-
me nelP acqua , che rifirctta nelle macchine
idrauliche ri efee più utile aflài di quella , che
è vagabonda , e difperfa • Pare , che la virtù
F loro
82
loro confifta nel ritiro principalmente, e che
mai non divengano favie, e prudenti con per-
fezione , fe non quando godono dilungarli
dalla moltitudine , come vediamo nell’ oro ,
che formandoli nelle vifcere della terra noa
rclla mai perfezioniito dal Sole, fe non è ben
racchiulb . Non voglio però qui praticar con
elle tanto di riggidezza , che pretenda alTe-
gnaf loro per confini impreteribili , o la Ca-
la, o la Chiefa ; ma neppure tanta condefccn-
denza,che gli accordi la permilTione di palTar
tutto il tempo nel divertirli di tal maniera.^ >
che mai non penfìno al regolamento della..
Famiglia .
11. Quello coltume poi bialimevolc in_,
fommo di llar fempre le Donne fuori di cafa
cagiona un’ altro inconveniente affai danno-
iò , che è il perdere elfe 1’ affetto a i Domefti-
ci , dal che viene tra gli altri mali gravilliini
la perdita benanche dell’interna concordia,
e quel difamore , che i Mariti non di rado co- i
cepifeono verfo i Congiunti più intimi i E’
uffizio della Moglie prudente il fomentar nel
Conforte l’affetto fpezialmente verfo de* fuoi '
Genitori ; giacche fembra pur troppo fatai
collume ordinario del nollro Secolo , < che di-
videndo un Figlio colia Moglie l’amore lo
ritiri dei tutto ingiurioiàmente da quegli,chc
• dierongli 1’ effere col generarlo , ed il buoxL,
dfcre coll’ illruirlo, quaficchc l’unirfi in ma-
trimonio con una.Donna llraniera non foife
pun-
. . . .
punto compatibile coll’ amorde i Domenici.
Racconta Egefippo , 00 Archelao Padre
della Moglie d’ Aleflandro Figlio del Re Ero-
de fentendo eflere il Genero in qualche fo-
fpetto di parricidios’incamminò frettolofo a_.
quella Corte , dove giunto andava con ifma-
nia efc!amaudo,e come tìiòra di fe medefimo:
dove troverò queflo Capo dì parricida per far •
10 in pezzi colle mie Jìejfe mani ? Ed imbattu-
tofi nella piglia Moglie d’Alefl’andro creduto
macchinatore del Pariricidip fecele quello fu-
ribondo faluto : non conofeo per mìa Figlia^
colei , che non feppe /coprire le arti del fuo
Marito, e che al Suocero non dimojìroflì Nuo-
tatale, che /oggetto fempre teneffe al Fadr e
11 Figliuolo . Attribuua Archelao tutta la_.
caula di quel misfatto alla Moglie del Parri-
cida, perchè fe eli a nodrito a vefle , come do-
vea, nelCpnforte l’affetto verfo del Suocero,
non averebbe egli conceputp centra del Pa-
dre un s'i.efecrando penfiero . In fatti il dot»
tiffimo S.Gioan Crifoffo.mo afferma : niu-
tta cofa ejfere sì pojfente ad iflruire, e condur-
re un* huomo dovunque fi voglia , quanto una
buona Conforte'-, ne egli sì pazientemente f op-
forteràgli Amici, i Maejìri ,gli Principi co-
me la moglie, che l’ ammonifee, e lo configlia',
poiché ha /eco un non so che di piacere /’ av-
. . F 2 ver-
.»■. ^.1 — L- — ■ — •
(a) Ltb. %.de Fvcid.Hiero/c (b) Hom.6o.
84 ,
‘vertimento della Moglie y che molto ama colui ,
che ella rìpret^de • Poniamo dunque incari-
car giallamente le Donne del difor.dine , che '
in oggi nelle Famiglie è quafi comune, di ve*
derfi obbligati i Suoceri a dividerfi dallé Nuo-
re, e dovere i poveri Genitori cercare unita-
mente , e Moglie a i Figliuoli y e cafa a fc mc-
ddim'ijfe vogliono vivere in'pace .* Ne io fa-
prei trovare di ciò cagione più vera , che P
abufo della Convcrfazionc continova, la qua-
le non lafciando alle Donne maritate di fre-
feo alcun tempo da praticare familiarmen-
te co' Suoceri non gli da campo ne meno d'
affezionarvifi , onde ne viene per confeguen-
za l' alienazione , ed il difamorc . Sotto pre-
teflo di reciproca libertà, e di non porgere_j
V uno foggezione all' altro , dividonfi bene-J
fpcfib nella cafa medefima le Famiglie , ev*
•ha taluna delle Nuore fi poco prudente , per
rifparmiare altro titolo , che fi vanta di non-.
* veder mai i Suoceri in faccia, confeflando co-
si di vivere difunita da effi ancora col cuore,
non potendoli mai fomentare fenza .il com-
merziò delle perfone V amore . Ed ecco la—
vera forgente delle difcordic , de i diflapof i ,
è delle difunioni nelle Cafe, mentre privi!
Genitori infelici nel tempo medefimo , e de i
Figli, c delle Nuore, c tróvandofrper ciò con-
.damiati a vivere in folitudine, o a palTarfela—
iiì compagnia della Servitù , fcelgono più to-
d' iifcir di, cala, che Ilare in efla efiliati, cd ab'
borriti , III. ‘Quaii-
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Ss:
ni.. Quand^anchc (blo egli fofTc., co nie_»
f)Cn fi vede , farebbe quello un gran male , e
degno , che tutte vi s’impiegafiero le premu-
re dcJl’huomo prudente per impedirlo . Ma-,
un’altro ne tira egli feco affai maggiore , da_.
cui s’origina pofcia la rovina totale delle Fa-
miglie , éd è uno fcambievole contragcnio
tra i Conjugati medefimi.il non aver mai al-
cun tempo libero dall’ occupazione del pub-
blico divertimento, cola, che pur troppo liicce-
de in molte Città dell’Italia, fa, che prima per
convenienza , poi , per nccclTltà , e finalmen-
te per elezione , fi trovino di radiflìmò infie-
me i Conforti, onde tolta la confidenza, e raf-
frcddatofi l’amor conjugale,pifi non fimirano
come due compagni, ma ài piùcome due_»
abitanti in una ftelfa cafa ,che talvolta fono
infieme cafualmente,.manon mai per obbli-
go . Dandofi pofcia a quella maniera di vi-
vere fregolato il nome di Moda , e di libertà
fignorile ,fiiole aprirli l’adito in ciafcheduno
di elfi al particolare fuo genio , dietro di cui
perdendofi l’uno fenza riguardo, c fenza_>
querela dell’ altro , fi forma a poco a poco
un’ infcnfibile , ma velenofo alicnamento di
animi, per cui languc ,c muore affatto la_.
reciproca maritale benevolenza . Quindi
viene quel camminar sì d’accordo alcuni de’
Conjugati attendendo à fe ciafcheduno, fenza
contralto , e quel rairarfi con una certa di-,
finvolta indifferenza , che palfando fotto l’in-
86
degno di pdce ,e di óonCofdia , rompe fra_J
eflì il fanto vincolo dell’amore legandogli ad
un Terzo con ingiuria del Sagraitiento . Non
fi vedono pifi adì rioftri Evadne , e Cap'anei,-
Plauzj , ed Oriftillc , conforti così fedeli > che
lion fapcndo Tuno fópraviveré all’altro get-
tinfi nel rogò, ó nel fepolcrO di chi è il prinio
a morire per non lafc/arfi dividere neppure-»
dalla Morte . E’ in oggi tra eflì così diferetó
Tamorc , che gli folTre fèparàti anche in vita,
ed abbiam pur troppo veduti con orrore ta-
luni cercare' per mezzo di morti violènte la_.
maniera di fopravivcre all’ odiata fuaGOtrt-*
pagnia per unirfi liberamente ad un’altra pifì
gradevole, c pift geniale. È’ cofa da muovere
O rifo , o lagrime , il vedere ben fpeflb né’
tumuitr della gran Moda taluni confegnaré-/
la Moglie lóro ad. un Terzo ,che già confe-
gnò la propria ad un’ altro , per fervire efR
quella d’un’ Amico ,o alla Veglia , o al Tea-
tro , feguendb' in un' quarto d’ora tra i Con-
iugati un tal giro di Donne, che non fapreb-
bono i Mercadanti' augurarfene di più net
danaro de’lòro Traffichi . La Calamita , èd il
Ferro , benché di natura affai rozza , quanto
più ftanno infieme più .s’unifcOno , e fembra,
che per quello s’agumcnti fra eflì l’ amore:
ma in quello Secolo , che può dirli quello
della gentilezza, c'del buon gulló,per illrana
fatalità ninno sa più Ilare in compagnia, fe_»
no vi è tenuto dallo fregOlameto,e dalla paf-
fione
Dif^rtizWH^Wooqlc
87
fióne . A me fembra per ìrerd dire , che in_,
oggi la miglior maniera di fcparare due genj
fia l’unirgli col Matrimonio , come ulano
appunto i Chimici , i quali per difciogliere,
e feparar ie foftanze , ne unifcono molte-»
infieme . Son pur pochi , fe io non erro, que-
gli , che a tempi noftri feguano il parer d’
Arinotele , (a) dove moftra , che: nìana cofa
piti conitene al Marito , ed alla Moglie , che
una /anta i ed inviolabile foeietà mentre^
nuH'altro cercano più avidamente , che il
pretefto di fuggirli , e ftar l’uno JOntan dall’
altro . In niun Secolo certamente fumai più
vero che in quello nollro, quell’antico , ma_.
fperimetato proverbio, che:// Pane di Mozzi
àura pochiffìmo ; poiché vediamo certi cuori
legati col Maritàggio Icioglierlì ben prefto»
mettendoli anzi per quella via in una fpczic
di libertà , di cui prima nOn era lor facile dì
godere . Diceli , che al celebre fepolcro di
Mennóne Rè dell’ India foffero certi mira-
bili llrumenti Idraulici per entro de’ quali
rtiolTa Pacqua da i fervidi raggi del Sole^
V formavafi un mufiCale eoncerto (baviffimo
da féntirli ; ma che nell’alzarli di quel- Pià'»
neta fvaniva Icemando neiracqua il movi-
mento per la ritirata del fuo calore. Non
è egli quello un Geroglifico vivamente^
cfprcflivo dell’ affetto fra i Conjugati , eh»
F 4 facon-
(aj 2. Oecon.
88
faceiivio su i primi giorni delle Nozze un^ar-
monia , ed una moflra belliffima finche du-
rano le vampe d^una pafllon tranfitoria^
manca poi , e s’ammorza tpfio , come fuoco
fcnz’efca ? Non è già quello unquaJclic idea-
le, o chimerico vaneggiamento per condan-
nare.a torto la /modcit:atezza del^convcrfa-
re , mentre il Mondo tutto , ed in fpezic,
COSI pure non fofie, alcuni particolari paefì
polVono farne con gran cordoglio una pub-
blica fede . Neppure, addunque farà efagera-
zjonc.il dir fi , che quindi la rovina derivi , e
l’efterininio delle intere Famiglie , poiché
perduta affatto o la. vigilanza de' Capi
iòvra lo Spirituale , c f Economico di cflcj
tante fe ne veggiono pofeia perdere le fo-^
Jtanze ugualmente , che. la virtù , e la (lima*
QucIIq ò un metter la nave in mare fcnza_.
governo di Piloto , e di Calamita , a difere-
zione de' venti ,'e delle. borrafche, la quale«>
d’ordinario anderà a travcrfo,o falvandofi
a cafo, ciò farà fempre fenza alcun merito di
chi è deftinato a dirigerla. No può vcderfi in
verità fenza fentirnento di pena la trafeurag-
gine in ciò di moltiÌTimi, che nelle Cafe altrui .
facendola da Socrati , da Catoni, e da Stati (li,
iium.erfi poi affatto nello frcgolato piacere.*
di converfare abbandonan del tutto le prò-
prie , affidando a gerite per lopifi mercena-
ria , ed.il governo di ieffie , e l’educazione de’
figliuoli > e tutto in fomma lafciando andare
alla ,
alla peggio , purché non fi ritirino . mai daJ
un Si dannofo collume . Leggiamo nelle-»
fagre Carte , che la buona Madre di Samuel-
lo C'3') ricusò fino l’invito fattole dal Conlbr-
teper andare alla Solennità del gran Tem-
pio , eleggendo anzi di reftarfene allacura-i
del fuo picciolo Pargoletto. Co me: fi potrà
poi accordare alle Genitrici moderne il tro-
varfi non foiamente.a tutte le Felice di Chic»
fa , ma in tutte ancora, le radunanze. più libe-
re lenza penfar mai al favio iftradamento de’
lor, figliuoli ? Quello è un male , che abbifo-
gna d’un gran rimedio, e debbono le pcrfonc
di fenno riflettere, con ferietà fe ciò accada.#
in Cafa loro , e trovandoli, realmente in ciò
difettofe afiegnare alla ritiratezza qualche
parte del giorno per riparo d’un’abulb , che
a mio parere ò quello appunto , per cui è ve-
nuto il noflro Mondo in uno sì lagrimevole-»
fcadimento , cd in una sì comune , e sì palefc
miferia ....
IV. Io non poflb perfuadcrmi giammai
di efiere indifereto nel dogma preferi ven-
do a cialcheduno un certo limite onello di
trattenerfi al divertimento, per non inti-.
fichir nella Iblitudine , e nel tempo (ìeflo
per non trafeorrere di là dal dovere , c feor-
darfi dei fuoi obblighi particolari . li preten-
dere , che tutto fi occupi il tempo negli inte-
relfi
Cu) 1 . Reg. I .
90'
reffi dell’ànima , e della cafa da ehi viv>e nel
Mondo > voglio fiipporlo rigore ; ma il dar-^
gliene la fua parte è ben giaflizia , da cui non
pcnlb jche pofla ritirarfì veruno . Conviene
per tanto goder della Converfazione colla-<-
dovuta mifiira , e partirfene alle fue ore per
reilituirfi alte Familiari ineumbenze delle-»,
proprie cafe . Quindi non poffo non condari*
Ilare l’ufo delle frequenti Cene , e de* Conviti
notturni., che (bgliono Coronare le Conver-
fazioni portando vicino al giorno ló flrepito
de’ bagordi * Oltre al nafeere da ciò una certa
viziota catena di pafTatempi , che ponendo
come in un moto perpetuo quella ^ che diceli-
moderna Licenza , unifeono al giorno la not-^
te fenza vcrun divario : vi è Tempre di pii'i un
pericolo manifello d’ intemperanza, nella.*
quale troppo è poi facile a naufragare quella
modellia , che Aera a gran fatica difcla nel
rumore della Moltitudine . f’ »émìé&, lo con»
ferma Tertulliano , (u) Santità il lùjfo
de’ cibi; imperocché in qual rnaniera fi per ~
donerà ìnejjo alla Religione ^ quando non fi
perdona alla Pudicizia ? Pure non ferabra^
gran fatto quel paflare le perfone di buon*
umore da i tavolieri alle menfe , da i balli aU
le vivande , e dalle ciarle alle tazze ; ma cre-
foendo femore la conRdenza * e mettcndolt
col calore de’ cibi , e de’ vini in piò fervido
mo-
riri-T- I-I rhr *1 - »
(j&) Lib. de 'Jejun.
movimento il (àngue , fi pone full’òrlo del
precipizio la Continenza , e fe prima ballava
per falvarla il Coraggio della virth , vi abbi-
ibgna in tal ca(b , il concorfo de’mii'acoli pcC
foftencrla . Sant' Ambrogio confiderà-.'
con fottigliczza , che l'Idolatria del Popolòi
eletto colà nel Deferto originbflì dal trov^arft'
infieme alla tavola allegramente ; fedèt
così dice , il popolo per fitanglare , e' bére' > c-«r‘
chiefe , che gli foffero fatti Dei Jìraméri'i
Quanti , che fi mantennero nella Convérfa -
zione Illibati , nella crapula poi perderonó'
l'innocenza ! Nè accade fidaffi d' una virtù
Iperimentata ben anche in altri cimenti
Che fembran maggiofi , poiché per abbat-
tere ogni. valore , cd ogni nifi virile in-
trepidezza" , troppo ha' di forza' l' intemf-'
peranza , la quale ne'' conviti , e nelle-»
giulive cene", pub malamente evitarli . La_.
Tigre Si feroce per altro, ed implacabile, il
folo ruggito di cui ingerifoe nelle fclvefpa-
vento agli hudmini , cd alle ftelTe fiere , pcr-
fcguitàndo Con rabbia" i rapitori de’ lupi Ti-
grettini lattanti è' da' effi delufa , mcntreLjf
fpar'gendO eglino di quando in quando carni
morte per via , ella fermafi a divorarle ,
fé ne riempie Con tale ingordigia , che cc-
dendo all'i'rttcmperanza il vigor dello sdegno
fi quieta , s’avvilifce , c perde talmente la—
for-
... ■ , li I ■■■ , . fi • I ^ ■ I l‘ I " iV.
(a) Exod,^2. (b) Lib.6.ep,^6.
' 02.
forza;’, die fi diftende a terra, vittima imbelle
(iella fifa medefima ripienezza , lafciandofi.
ingiurìofamenteinfultarc fino da quei piccio-
li capi, che inharizi atterriti fiiggivano.E’ ora.
colo dello SpiritQ Santo , che dove fi tri-
pudia tra' l’allégrezza , e ie Donne è in peri- .
còlo di perderfi il contegno , ed il fapere de i
Saggi ; il vino , e le femmine sfanno apoflata-
re i Sapienti ..Ciò pure vien confermato con .
un gravifiìmo fentimento , e degno d’impri-
iherfi nel cuore d’ognuho da San Giòàn Gri-
fofiòmo,C-^!) che l.afciò fcritto: chi vìve nelle
àeU'zié^ ed è dedito, alle ubriachezze, anebe^,
fuo mal grado è fottomejfo , ed è necejfano,.
che fpòntaneamente egli pecchi . L’ecccflb di
Alefiandro Macedone , (c) che nella craf^ula
s’iiidufie ad uccidere il fùo fedeliflìmo Olito,
(la.cui eragli fiata pur anche difeia la vita , e,
che era da lui amato con tenerezza , può effer
di ciò; un’evidente riprova. Sò , che diranno
molti di non effer. punto foggetti alla violen-
za del vino , c non pòterfi per ciò ad effi ad-,
dattàre la precitata formidabil fentenza . Io,
però fofiegno , che ogni leggiero alteramen-
tb di vino, che Tempre fuccede nella giovia-'
lità delle pubbliche Menfe , unito alla compa-,
gnia delle Dorine è capace di cagionare delle
rovine , c de i precipizj irreparabili. Non
' era
t MI— — — — —
: fa) £cc/. 1 9 . 2 .(b) Serm. i ,de Tern.(jz) .
lib,S.C.d)Marc, 6. , ■
9^' ;
era già ubriacò affatto il Re Erode nel fdlcn- '
ne Banchetto celebrato per la memoria an-]
niverfaria delfuo narcimento; eppur.e vinto’
dalle danze lufinghierc dClE iniqua figlia di
Erodiade s’indiiffe alla fceleragginc d^ordiiVa-
re in grazia di lei la morte del Santo PrecLirfv -
renelle egli per altro mirava con affettò, c conC
iflima . Si pentirono , è vero , ammenduc co-
defii Monarchi del lor misfatto , ed Aleffaii*-’
dro‘ in particolare , che infoiferente 'dcri'uo;
riinorfò voleva ad ogni collo uccideffi , per
non fopravivcrc alla flragc di Clito : ma che
pròjfccrail male fenza rimedio? Cesi avV
viene ancora a taluni , che tardi ff pentono
un trafeerfo voluto , fenza però mai fcanfar-’
ne le occafioni . Meglio è operar berie'pcr no
averfi a peiitire,che pentirri picr aver mala-
mente operato . Ciò debbe ancora molto piò
evitarfi da i Capi di cafa re da quegli fpezial-
mente , che fi fanno fervire , mentre. codcfto
coffume di far fempre ,o fpeffo di nottc\‘gior-
no ò cagione , che i fervidori per lo piti tra-
fgredifeano il precetto , della Chiefa , e. dell^
aftenerfi dalle carni ne i giorni preferitti , c
del digiunare le vigilie poiché ftanchi tòrr
nando a cafh co^ lor Padroni fenza rifletterò
alla mezza notte giàfeorfa, ofenza farfené-i
fcrupolo , imbandifeono le proprie mcnfe , e
crapulando allegramente carican dei lor
peccati le j:ofcienze di quegli , che gli obbli-
gano.a prender cibo in qucirora , D^un talo-#
* * incon-
94 . .
/nconvenientc (àppiamo cflerne pieno il
Mondo, ma non già di coloro , che facendone
cafo périfiho a provvedervi.
V. Dopo di quello f che è un male pofiti-
vp , ed evidente , dee,riflettere l’hupm di lèii-
no por intereffe ancora di quel godimento
medefimo , a cui afpira ciafeuno , .chc fé dilet>
tcvole ha da clTere la Converfazione bifogna,
goderla con qualche intermirtenza, ed alfe-
gnarle- un tempo da poterla bramare per
isfuggire la noja , ed.il fadidio della fuzietà
infeparabile da tutti i beni del Mondo. C«) Le
cofe defiderate ,dicea Cìc^ronQ ypìù diletta-
no , che quelle Jìeffe , le quali fi godono di con-
tinovOfU peggio però fi è, che reciproca.^
effondo tra coloro , che fi trovano infieme,
codèfta'noja partorifee un certo dirpregio.,
che fuol degenerare fino ia natura d’odio, co.-
ine .fcriffe.benc il Poeta ;
«
il lungo coti^erfar genera noìa-t
. E la noja difpregìo , ed odiò al fine- —
Non fonò radifiìrae -le Inimicizie mortali na-
te dalla fmoderata frequenza dei converfare
i’ uno coll'altro, e lo .vediamo ancora naturai-
piente n.c i frutti , che dando feparati confer-
vahfi.a lungo , laddove unitifi contaminano
fi preftiffimo , e piarcifcono. Pochi vogliono
!.. ‘ . capi-
(à) Qrat, pojì Red- ad ^uir- (b) Guar.
m
capire la gran verità infegnata da Liflìo ,(/»)
che : per lo più •vili fi rendono coloro , che vo-
glio»' ejfere troppo civili^ effendo regola ficu-
rillìma per acquiftar l’aitrui ftima il non get-
tarfi dietro Tempre a tutti , ma follenen^ il
Tuo \)o{io fuggire . come nota bene Svetonio >
(J})ìl fafiìdio dèlia frequenza y e difenderci
colla lontananza la Maejlà . Ciò con viene^
appunto col Tenti mento alTai grave dell' eru-
dito Laerzio, (c')chc i bei Quadri devono
guardarfi dà lontano : coTa ,che a meraviglia
clprime quello , che andiam peiduadendo .
Fra le arti del viver bene è Tingulare nei pre-
gio quella di Tapcr Tarli defiderarc ùagTaltri;
locchè certamente meglio avvenir no puote,
che per mezzo d’ un' ihterrottta ConverTa-
zione , da cui Ti impediTca la troppa dimelU*
chezza, e Tamiliarità, contrarie tanto al Tofte-
gno, e d’ un certo non (Indiato , ma naturale
allontanamento , che induce negli altri bra-
ma infìeme , e venerazione di ciò , che non li
vede Ib vente; a tutte le cofe ., per Tentenza di
Socrate , concigliando ammirazione la Rari-
tà . Ben chiaro fi vede ciò nell’ apparire del-
le Comete , le quali tirano a Tc gli occhi, ed
il penderò di tutti gli Afirono mi per miTu«
rame l’altezza , cd indagarne le indica-
zióni j coTa , che non Tuccede nello Tpun-
• . .tare .*
Ca) Lib.z.de DoBiCìv. iAug.^
(c_) Lib. 4. c. 8,
tare ordinano delle altre Stelle . -Trattandaf»
fi pofcia delle Converlazioni fuperiori al
Rango di chi le pratica , giudicò il precitato
fublime Filofofo> che non baftafle il l'arfi ddl-
derar folamente ,.ma dorcrfi riculare ancora
con gentile modellia per invogliar maggior-
mente i Perfonaggi, che le offerifcono. Cbìa-
moto , foggiiingne , da un maggiore di te al-
lontanati , imperocché più per queflo medefi-
mo ti chiamerà . Non pochi però vi fono,
che fcbbene confeflano per vero> ed infallibi-
le un tal documento vivono, ciò nonollante,
per tal maniera ingannati dall' opinione, e_«
Rima di fe mcdcfìmi, che giungono a creder-
li necelTarj in tutte le radunanze , tenendo
per, certo , che infipide riulcir deggiano , e_»
languide , fe eflì non le animano colla loro
prefenza , e non le follengono . Converreb-
be a colloro il-fingerfi prima d' elTere un So-
le per crederfi indi principio di luce, ed an-
che in tal calò troverehbefi chi dicelTe , che
avendo il proprio lume le Stelle , punto per
rifplcnderc non abbifognan del Sole . E' non
picciolo errore lo ftimarfi un folo neceflario
per tutto a fegno,che nulla di buono, e di gio-
condo poflà accadere fenza di lui: e per difin-
gannarfene balla riflettere , che tante ve ne_»
furono prima, e che tante vene faranno delle
Converlazioni dopo di lui non men giulive.»,
ed amene di quelle , che egli giudica di ren-
dere da.lé folo preziofe, e pregevoli ; Difle_»
in
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in tale propofito ari’hiiomo arguto ad im’Ma»
refciallo o’Armata', che fuor di modo affan*
navali per non poter elTer prefente ad un fata-
to d’armi commelfo dal fuoSovrano ad un’al-
tro: btfognerà dunque da qui avanti , c che il
vpjìro Rè faccia una pace inviolabile con tut^
te le RotenzCiO voi il miracolo di trovarvi per
tutto . Potrà in tanto da quelle ragioni rac-
cogliere ciafeheduno di qual giovamento fia
per riufcirgli il determinare alla Converfa-
zione il Tuo tempo , acciò faggia ella fia , ed
innocente ,dimoHrando con ciò di converfa-
re per vivere piò lietamente , non di vivere-»
folo per converlàre : e perchè ancora non fi
dieno ad intendere le pcriòne piò critiche.»
non avere egli nel Mondo altra occcupazione
piò premurofa>che di efier Tempre diibccupa-
to,nc altro penliéro piò rilevante, che di
cercar fempre tra gli altri il proprio di*
vertirnentp,
Del
DIgilized by Google
D^l Converfare talora il S0VÌ9 '
f((omdeJitno f ]
/ CAP, Vili,
l'T^T C>n v’ ha forfe Veruno, che non cono»,
fcà quanto di utilità recar gli poteHb, .
l’ ufo d'una moderata ritiratezza per appren-
dere la inanierà di guidar bene la vita , e d|
valere afuótémpò yantaggjofamente’dell*
umano coriforzio ; Ma perchè la virtù del ri-
tiro, e del cónverfare leco medeCmo, ha Una
fifonomiadi malfuppQftà rwfticità , ed Un' fi-
niftró concetto di rincrefcevole, e di penofa,
è fuggita da rùojti ingiuriolàmente fenza vp»
ler neppure aflhggiarla per rintracciarne a_.
fondo la qualità ^ Io perù la giudico fi rie,
ceflaria all* huom di fenno , il quale abbia da
viver nel Móndo » che quànd* ancora fecò
portafle qualche aggravio di nma , ò di pena»
egli non per tanto pofla mai dilpenlarfen^-»»
poiché 1 utile non dee con tale avidità ter”
carh nel dolce, che fi trafeufi pollo , che fio.,
nell’ amaro , Pilbgna duncpje difiìnire in_,
primo luogo colà yeramerite Ila quello con-
verlàre uno leco medefimo per poter polcia
formarne un documento fieuro , e metterne
meglio in veduta l’ Utilità , Altro non è que-
lì<) làggio efercizio , che un chiudere la per-
I Icnfi cn:erni,c valerfi delle interiori po-
toiizi'pcr conolccrc, e deli.ziarfi in quelle-,
co-
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cofe, che cffendo »1 di fbvra affai dej fenfibi-.
le non poffonp comprenderfi , che dallo ipi'
rito » Riftretto egli nel corpo viene fovente
impedito nelle Tue più fublimi operazioni da
quei fteflì organi citeriori, che furono dalla-.
Provvidenza dedinati a fervirlo, mentre em»
piendofi per mezzo dell' occhio la fantaiìa di
fpezie. tutte baffe, materiali, e corporee , fe_»
ne.ibrma come una folta nebbia , onde otte*
nebrato l' intendimento non può fiffarfi ne*
gli oggetti più puri fenza qualche allontana*
mento da i fen(i,in quella guifa, che chi ufa_
del Cannocchiale chiude un occhio, ed applir
ca P altro a meglio agire per entro a quei
tcrfi criftalli , I^r ciò diffe bene il gran Pro*
cokxjitt) dover fi tagliere alpamnuf ifuoì odìo-^
fi mpedme»ti, ed applicarla per quefia ma^
all» favhf ed Htile cofiumama di contempla-
re • Ciò premeffo dee comprendere l' huora
prudente , che non potrà mai goyernarfi be-
ne, fe talora non fi ritira dentro di fe medefi*
rao agoderd’ un tal lume, ed a cercar quelle
verità, la cognizìon delle quali tanto a lui ne-
ceffaria gli vien contefa dal maUziofbaccie-
ca mento del fenfi , Acciocché poi, volentieri
egli faccia di quando in quando una ritirata
fi profittevole, porremo quVin chiaro la Co»*
Jolaziene.y il Fratto, la ì^icarezz» » eìaGlor
ria , che venir potè ad ognuno dal faper tal-
volta ftar folo . G 2 il. E
(a) de Anim. & Dam.
ioo
- il. E per farci dalla prima di quelle cole
egli è certo, che per E huomo non v’ ha Con-
folazione maggiore di quella , che io poi ta a
conofccre fe inedefimo , poiché eflendo cia-
fcheduno avidifllmo di fapere, non può non.»
deliziarli in una tal cognizione , che da Gale»
no fu detta: (a) il femtno della Sapienza.; on-
de poi giudicò Plutarco tutta dipendere la.»
Morale da quelle due Oeliiche,e fublimi Sen-
^ tenze: Conofei te JìeJfo: e nulla di troppo . £d
invero parvero codedi agl* Antichi idue.»
Poli di tutto il fapere , ed il primo di que’detv
ti piacque tanto ad Augnilo , (é) che Tempre
lo portò in dito efprclTo in un vaghiflimo
anello . li pervenire alla notizia d’ alcuna.»
cofa non intefa per avanti cagiona una tale.*
allegrezza , che leggiamo d’ Archimede elfe-
re come ufeito fuor di fe fteflb pel ritrova-
mento d’ una lòia dimodrazione intorno alla
celebre Corona d* oro mefcolata con lega »
onde fentivall gridare ad alta voce per tutta
la fua cala impazzito quaft per gioja : bò tro»
vato , bò trovato . Molto maggiore poi fen-
za dubbio dovrà elfere il godimento di chi ar-
riva alla malTima delle cognizioni, che è quel-
la di conolcere fe medefimo,e di vedere uno,
ehe perduto prima dietro all* ingannevole.»
mi feria del corpo; conofeea sì, come ancora...
feri-
de co^nìt. , cur. At:. lìb. c. 2,
Cbj In Orat. Confai,
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ioi
fcrive Piatone» (a^ le còfe fue , ma non fe flef^
fo. A quella Torta però di beatitudine così
dolce giugnere non poflbno Certa mente co*
loro i che nel divertimento perduti mai fem*
pre niun penfiero per fe riferbano » e per lo
lludio utilinimo fbvra P huomo interiore.» »
troppo i al dire del gran Demetrio Falereo,
difficile effendo il couofcer ben fe medefi'
mo in mezzo a i piaceri . Égli è d’ uopo duo*
que , che fi ritiri alcuna volta l’ huom faggio
a converfar feco (leiTo periliadendofì , che.»
una sì fatta contentezza di animo d' altronde
non può venirgli, che dal dividerli dalla mol-
titudine alcun poco , mentre alla Tua Diletta
delle fagre Canzoni lo conliglia pure lo lleA
10 celefte Spolb dicendole ! (c) fe non conofei
te fteffa, o belUffima tra le Donne, efei, e vat-
tene dietro le pedate de' greggi tuoi ; dir vo-
lendo , che s’ allontani , per comprender be-
ne l’ interior Tua bellezza , da ogni ellerno
rumore, colà, che mollrò d’ intendere anche
11 Poeta in quel foo detto, profondo non cer-
car te fieffo al di fuori . In quella maniera.»
alzandoci' huomo fovra .dì fe mede fimo , (d)
fecondo il Profeta Geremia , comincia a fen-
tire quel' godi mento,, che , per fervirmi di
qualche benché leggier paragone, fuolc pro-
varli da chi un aria balTa , c grave lafciando
G qf ■ .ad
Ca) In aleWh') ap. Laur.Sram. tom. i ; thim,
2 1 6. (secanti 2. .7. (d^ Tbrjn, j.
4
Ì02 .
Ad un emiiiente, fòttlÌ6 f cd amsiià fì tfasferi-
fce ; e perciò dicea San Girolamo * C^yche a
luì efU un carter 6 la Ottà, ed un jPafadifo là
Solitùdine i QUefto conofòiffltìnto pofcia.. >
Che acqiiifta IMìaoniO di fe medefimo ac-
crcfce f motivi della confolaziorie rendetido-
lo fuperiore a quelle molte difavventufcj che
infìdiano la tranquillità della vita, pofciaCChè
immergendo nella contemplazióne delle mi»
gliori cofcio fpirito fa * che el non ne fenta_*
l* aggravio i onde a i Martiri del ilio tempo
ebbe a dir Tertulliano j(é)che t ninn dòlùrà
fente nel »ef<uo là gamba allorché tfattìenji
animo in Cielo » Potranno però qui oppor»
re talUdi,ehe reca la Converfazione appunto
Un tal giovamento a chi la pratica , mentre-»
nella ^Icezza di èffa divertito lofpirkopo-
tOf o nulla fente la forzale la tirannia delle_^
Umane feiagUrC * Ma è qùi da rifletterfi effe-
re cofa molto diverfa il non fentir le miferie,
e il non curarle ^ Pnò ben far la Convérfà-
Zione degli hàomini * che tìOrt lé fentiamo
fCordandoCenC per allora, ma non già « Cho^
le fupcriamo colla virtii^ alchè ne conduce-j
felicemente 1* efercizio di converfare talora
Con noi medefìmi i lìfcito , che Ìlà P.hùom®
dal cohibrzto degPaltri tornerà torto a fenti-
reil pelò di quelle miferie medefime j deìleL>
quali fi era fCordato ; ma 1’ huom di ritiro ef-
' fen-
«<i
,jr V f ¥.iNij|T|T|- I- fMi-
(a) Rùjìic* Cb')Lib*aà:Marijfr.c,z,
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. . ‘0?
fendofi f^er la cònteihplazioiìe del vóto bentf
ad effe fenduto fupefiore> quand’ anche fì
rimetta fra al* altri pih non ne fentirà l’aina*
rezza aven^le già vinte Colia virtù , non.^
ndormentatc folo Colla feordania ^ So poi
gli convenifle Combatterne laviolenza dinUo*
Yó > lo ^rà fenza pena perchè armato d* una
vera collan^a i elfendo pur Certo > fecondo
Arinotele i (a^checìh y che fiadopeira per
*uìrtk égtoC»»dot 0 per ìo mettùfenta taolejìiay
che apporti dolore . Rimane per quedo chia-
ridìiBa la eonjolazioàe per altro inefplicabiiej
che ricavar puote ciafeuno dal viver talora-,
in compagnia di fc medefimO .
• III. Ne minóre è il FruttOy che (*cC0 por-
ta un sì prudente efercizio , condUcendo 1*
huóm di ritiro all* importantilTima Cognizio-
ne di Dio, la quale i per fentenza del profon-
do Marfilio, (;é) aver non il puote fenzalà^
^ìinzi chis/fquey dice» defideracomfeere
jDtOy primo Co»ofeafe medefimd . Non v’ hi-
chi non veda quanto gli iia neCellario il co.
nolciiticntodi Dio-^ Che é il noilfo ultimo lì.
nCi ed'il principio ócììi vera » ed eterna feli.
cità, e per-confegUeniia quanto cara- èiter gli
debba la moderata ritiratezza, che diicopren-
dogli il'baiTo, ed infermo elfer dio gli mani,
iella nel tempo medefimo la fttblimiiimaÉf.
: G 4 ' • fen- .
Ciy^^hie.è.ié Cb) Ltk,q. de Tbeol4*l<tt,
104
fenza Divirta'. Varitaggio poi noh puòdarfiy
che fuperi quello. d' una tal cognizione, men'v
tre fcopcrta la bellezza d’ un oggetto sì puro
infìeme, e sì grande, non potrà l’ animo noti
amarlo .adonta di quanto Cerca in terra al*
Iettarlo, e fludiar le maniere tutte per confe*
guirlo 4 Queftò raggio pertanto d’ avventu-
rerà conofeenza ficcome nacque nella ritira-
tezza dagl’ efterni oggetti' difturbatori , in_.
elTa conferverafll ancor meglio, e làrà l’huo*
mo per confeguenza. più certo di.goderne il
prontto col tender. Tempre dirittamente, al
termine, della. vera Beatitudine . La confer-
ma di ciò può dedurfi da una fperienza fatta_>
da i moderni Filoibiì, dovedimoHranó , che
ftando l’ acqua de’ pozzi nella Tua profondità
non (ì altera , più calda mai non divenendo j
ne più fredda, come hanno ofler.vato calan-
dovi! Termometri, ne’ quali non fi è perciò
veduto un minimo variamento 4 'Alzandoli
poi l’ acqua de’ Aedi pozzi àd un’ ambien-
te men puro ora fcaldafi , ed or fi raffredda.,
. fecondo le diverfe qualità contrarie , delle.»
quali s’ imbeve . Tanto avviene pure nell*
huom di ritiro , che dando feco deffo vivo
conferva'fenZa veruno offufeamento il lume
d’ una raggia conofeenza ,' c lo perde bene.»
fpefìb . nei conforzio fmoderato degl’ altri .
E d’ onde mai per vero dire nalcèr polTono in
huomini ancora di natura afiai compoda , ed
inchinevole al bene , tante contrarie voglie ,
tante difbrdinaté affezioni, éd in fbm'ma tan<^
te perniziofe cadute, fé non fé da i varj cóftu>
mi , che dagli altfi in loro, qual fottìi vena d”
acqua per Torte muro, penetrano infcnribll»
mente a viziargli? Che poi quello felicilTimo
conofcimento di Dio derivi dall* altro , chej
uno acquilla di fé medcfimo,è Certo per quel»
le ancora , che fcrive Sé GioiGrifbftomo (<z)
colui cottòfce bene fe JìeJfo , che nulla flimafi *
Giunto , che fìa 1* huomo a conqfccre il prò*
prio nulla agevolmente follevafì coll’inten*
dimcnto a quell* intera , e perfettiffima fo«
danza divina, in cui tutto contieni!, imparane
do coll’ abbiezionc di fe .medefima a mirar
ciò, che ben comprefo può renderlo dovizio-
lo, e pregevole . O quanti , che tèngonfi per
dotti; perderebbóno con^mòlto frutto la (li-
ma di fe m'edefimi , fe ritifandofi a confiderai
re cofa eglino fieno capiflero là miferia , che
efagera Ugonej molti fanno molte coje,ed
ignoranfe flejfi ! Vedendo quel- molto , di cui
eglino fono mancanti , in vece d’ andar tronfi
tanto, ed altieri, s’appiglierèbbòno al bel con«
figlio di Perfio , chefuona in noflra favella ;
Entra in te jìejjh, e vedi , .
Che la tonaca tua nongiugne ai piedi>(c^
Saggìlper quello folo fareboono , e perfetti ,
locchènon dee crederft punto Arano , dccifo
aven-
’tfe
CognfuiiQy^^ib Jè ^ìim^Cc)Sat»^
10(5
avendolo San Girólaino CO «sollo ferivcrc ì
qùeftàè PùHtQà perfezroae ì» tutte
tofe . conofcere bette la ptoptia mpet/ezh»e.
£d iti fotti errano moltidìmi perchè > o noti.,
veggiono. >. 0 hori.voglioha vedere ì ptopl? j
difeùt, e nóii ifcoprendotié la radice » che iìa
nella cattiva difpbfizionc dell* animo > d* affa.*
ticaoó di fcUforgli i ed attribuirgli a certe ca*
gioni ederne i che-UUlla V’ hanno, di coJpa^ »
afuggendo. così.- la nceeflìtà d’ ammendarli *
Difeorre fopra diqUedo alfop iblito Cotu*
inolta fod^za il Mprale foCcndo. Vedere ^ che
peggiori de i ciechi ibiio Sì fotti hUominhme^
tre noti ci vedono. > e ricUfon di piìi maJizioià*
mente la guida .ì che hi, feri ve egli, (À) cet-
tatto chi gli CQtidùcàiHoi. erràado JettJsà fcdrttt
dìctatnò', so tsott fimo amhizhfó , ma tsiunopuò
itiitetè ili Rom’ài diver/àmetste ■. fit.t/ott jbttà
prodigò , nè ficiàlMquatoret-mq làftejfa. Città
èfige sfarzo, ègMndiJpèfie . Pìott. e mio.^iàièi
che io fià iraconda, kbé non per.àneo io . abbia
determìnàia ma èerta, , e j^a maniera di vi*
vere, qùejlo Vhn dèdla giovinezza , Ben ve*
dell derivar qtiefi* errore dalla ignoranza^'»
che del proprio internò ha ciafohedùnal On*
dje credendoli perfetto iti fe inedefitno afCri*
ve ad altri Jl loo Vizio -, ne punto dimali bilb*«
gnOlb di corrczioUe> e ber ciò dilfe benillinio
San
4 •
, ,'*oy
Sali BcriiardòjCiO éhèf P igno¥arife fleffo ca-
giof/d ftipèrbia » Gonvierie pCròj che 1’ hiiom
oi fenno> temendone una pcitinia CónfegUed-
■za, confonda qued^altere^za inolia fegola^^ di
San GrcgoflòJ ibi ifuól eo/tòfeere quaic^
^glijtà, dee ledete qu&lè egli dòn è> Da quel-
lo , che Vede degl* altri dì bilònd potrà cònd-
Icerc quanto a lui tìtaiida j t provvederfeneL^
«Ila idcglid y credendofi iinperfetto per que-
ìloalniend j che inai lidri fapehdo id altri ini'
ihiiare il bene raccoglie iblamenie il tnaleL>i
Hcco la rovina di mólti Ibdperta nell’ òrigià
Tua 4 i quali nód volendo riflettere in aleu;t>
tempo Tovra difCi de Uiifurarlt eoll^ altrui
jjaragòne, mai non s’ indueono a cangiar eo«
ftUmCi e àuejìùy Così lo Conferma Seneca <
tifa pejftrdì y che nìtino rimirà ìa fua vita 4
Precipita, Volea egli dire i feniia ritegno iìi^
Ogni vizio colui j che lafcia di confiderare^
il jproprio interno per migliorarlo , men-
tre non Vedendone la bruttezza neppuroi^
mette mano « o a torla j o a corrcggerlà,
•Come chi non avéiido fpecchio per rirairarfi
non può ripulire il volto, dà quelle macehie,
che lo deformano eflfendogH ignote < Saggia-
mente perciò Tenti va Ariftotele (d) dicendo,
che avendoci la Natura prodotti in forma da
, non
a
(*a) Sup. Cani. Serm. 274 (b) Vtb, inÓYdh
fC) 85 4 (d> 2<
iò8
non
te ai
fpecchj , dove fcorgendo ognuno V immagi.»
ne di fe medefimopu^ ripulirfi commoda-
mente, ed acconciarfì . II fimile dee fuccede-
re nella cura ancor dello fpirito per dirigger-
lo con ottima difciplina , ed il Cridallo per
mettercene fotto gli occhi le qualità è la ri*
fleflìone, che fa Ibvra di fe egli lìeflb. , come:^
infegna il fovracitato Ugone : (_a) lo /pecchia
primario perlfedefe è P a/timo ragioacìfolcut»
che rimira fe medefimo . fiifogna dunque, che
abbia la perfoua il fuo tempo d’ attendere ad
tina sì rilevante* e profittevole rifleflione, ca-
vandolo dall’ abulb di ftar Tempre converfan-
do con altri * Allora fi vedrà togliere da fe le
viziofe macchie , operare con rettitudine, ed
adornarfi delle virth morali , e criftiane , a_*
guila delle Conchiglie , che quanto piCt foli-
tarie fono , ed efpofic al folo influfib de’Cieli»
partorifcono perle più belle, e più pure-^.
Quando poi altro frutto non recafle la ritira-
tezza, che l’ affezionarfi l’ huomo allo fiar fa-
lò, picciolo ei non farebbe, e Seneca (Jb') fcri-
vendo a Lucilio fopra il propofito di non sò
qual filo Scolare: cerchi^ dice, quanto egli ab^
hta profittato ? Comìftcìò ad ejfere amico difff
fìel] o: molto ha guadagnato’, mai non farà fola»
1-V. , Quin-
- *■ ■■WipuiWMIi !■ .MI . ■■ J ■ ■ ' . tm
(a^ Didafc, c. 3. (b) Ep. 6* - « ' ’
òtefci irtifrar là faccia, ha fiippIiitoTAr-
un tal difetto Col ritrovamento de i
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IV, Quindi nafce ben manifeda la Stcu-^
rezza, che loco porta il ritiro , mentre la co-
gnizione di fe, e di Dio, conduce a quella an-
cora degl’ altri , che tanto giova ad ognuno ,
e fpezialmente a chi vive nel Secolo . Tutti i
C?ni correvano a quel famofb , che dipinfe_>
Praflìtele , e perchè vivo il credevano face-
vangli intorno all’ ufo loro mille fcherzi fe-
Aofì, da una morta , ed ingannevole tela non
diltinguendo un’ animale della propria fpe-
zie . Così vediamo accadere ben fpeffo in^
moltilhmi, che s’ aflfezionano, e fortemente s*
attaccano a cert’ uni giudicandogli huomini
capaci d’ una vera, e leale amicizia, ed ingan-
nandoli ne ricevono poicia un danno incre-
dibile, difcoprendogli in fine i ma fenza frut-
•to,'per beftie irragionevoli , in cui altro non
regna^ che l’ interefle, l’ invidia, e la frode-» ,
E chi fenza lume di buona Filofofìa non cre-
derebbe, che amicizia do velTe dirli quella del
Cane , il quale tanto accarezza il fuo Padro-
ne, e tanto il commenda in fuo linguaggio
pel cibo, che ne riceve , e sì fedele a lui fi mo-
ftra , che fembra voler vivere , e morire in_*
fua compagnia , come pure di quello sì cele-
bre del Re Dario i che al cadavere di lui ab-
bandonato da tutti alTiftè per più giorni, feri-
vo 1’ erudito Eliano ? (a) E’ pure è codefta-.
una
(a) L/ù, 6. Hijìor. Animai,
femplìee. pjiflione , c4 wn affetto mera»
niente fenfitivo ^ ebc.dipefì iftinto » pon aroi»;
cizia à* amort! elettivo, e ragionevole , Am^
il Cane per intereffedel benefizio , non per»-,
chè amato eifiveggia; e fe perduto un Pa-i
drone ricufa talora , ed i veazi , ed ileibo per
altr^ non comprendere^
ohe il^oiJdo poira fargli lo fteffo bene , che
ei riceveva dal primo • In fatti fe ne vedono
tanti t che di cafa jn cafa paffando fcordahft
ben preftp.del primierojcHe più non vedono ^
e fanno, le flcITe amorofe finezze; al nuovo cu*
ilode » in feguito d'’ Ariftotele > e de' più fani
Filp^fi ) eoa! decide jl Jefauro r (n) Ora fuc*
cedendo più fpeflìfljmo anche negli buomint»
che amando per intereffejO per altra vigliac*
pa mira >• fono fingitori di bugiarda benevo*
lenza > dee vegliar mpito P h^mo accorto
per difcoprirgli a tempo » ©prima ammet-
tergli alle ponfidenze , ©d al fegreto del cno?
ye . Fgli è dunqi^^® d' uopo > chc fi oflenrino
da lui in convcrlàndo i coftumi.j 1© qualità» Q
gli an^menti di mólti » © che ritirandpfi po-
feia a rifiettervi alquanto fbpra , fcelga que*
gli , pive dopo una lunga > e ben p^ur» pon-
derazione gii parranno tra i buoni i migliori»
c tra i migliori gli ottimi- • Q.nefto non può
farfi mai bene fra il tumulto della moltitudò
ne
(a) lilf. zof P'ilof. fttoral. c. j. .
nc in regnando II ?llbfofo,C«)0he
cizià CQttvhn fuggir e ^ Impeto dell' amorc^, '
il quale prepiiifie il giudizio, e lem lapode-
Jìà di prottaré . Un amico trovato acato di
rado riefccbMono* oriuféendo, non è mai
con lode d| chi lo fcelfe,perchè impetuofo ef-
fendo l’amore levò tntto il merito ajia ragio-
ne di eleggerlo con prudenza' , Js^on lafciamo'
di notar qui la regola di quel gran Principe
della Morale per icierre giudiaiofamente gli
amici cavata da quattro qualità contrarie al-
la vera amicizia; CA) atti , egli dice non fono d
quffto coloro , che troppo hanno d' iracondia ,
d’ $ncofanzd,difofpetto ,c dÌVerbofttà. Sic-r
come poi non v’ ha peggiór difgrazià , che-i
quella di feiegliere cattivi amici» così non v*
ha migliore fortuna, che quella dj faperfi im-'
batter ne* buòni» mentre non v’ $ ricchezza ,
ehe la pareggi , Quindi Platone difletCc) vor~
rei pià tójìó a</ere un' amico buòno , che funi
i t efori df Dar io i Sicuro potrà benCrederfi
dalle terréne miferie chi a tanto giunga, poi-
ché fe ognuno' eifendo amiciflìmp dj fe mede-
fimo' naturalmente pni) dirli un' Argo di cen-
to occhi per cuftodirfi , tfoyato poi , che ab-
bia un vero amico , il quale fu diffipitp , ùfd
àltro fe jleffo ; potrà vantarfi giu(iamente_»
d’
(a) Ub. 20. Filof. maral,
lo.(c) Ibìd.
3. (bp 5. Ethìc. c.
n*
4’ avere alla propria' difefa radòppiata laJ
guardia . Da ciò un* altro gran bene deri*
va, ed c il faperfì allontanare a fuo piaci*
mento da i molti pericoli , che s’ incontrane
fovente nella pratica de i cattivi , come piò
ditfui'amente diremo afuo luogo. E* quella^
una fpezie di fìcurezza ben grande , ma non.*
conofciuta da quegli, che invaghiti fenza ve*
runa moderazione del converfare non fanno
rilplverfi a ftar mai foli, onde. con viengli.
confagrare a codeflo genio indifcreto i van*
(aggi d’ un opportuno ritiro, e d’una pruden*
(c perquifìzione dell’ altrui naturale , e per*
derfi, dirò così , bene rpeffo in ceremonia, ee.
per aonplimento. A cip mirando il gran Dot*
tore Sant* Agoftino lafciò a tatti quell* utile
documento f (m_) mffo alla falvezza è cqnve*
piente la folìtud'taéi don;e no» trovafi Évo-» p
che per/uada, o altra femmina. , che lufihgbì ,
. E chi non vede , che feco medefimo conver*
fando l’ huomo faggio è piò ficurp d’ operar
bene, lungi tencndpfi da quelle prefenti oc*
cafioni , che tanti contra voglia ben anche.*
inducono al male , come fcorgelì appunto
nel Sole , che fe con certi Pianeti non è con*
giunto con maggiore benignità, e piò perfet»
jamente influifcc ? Non può dunque negarli
grande effere la Acurez?a,che in si fatto efer*
ci*
(jA')Ser, 1 .Per./^-pofl.J)om.2. ^mdrag.
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clzio ritrovafi , e che infbmmo necefiario'
perciò egli fia alle perfone ancora d’ un na-
turale ben docile, ed inclinato al bene per ac-
quiftare una certa prontezza di ritirarfi to-
lto in falvo , quando s’ incontrino certi olla-
coli , che polTono cangiarne l’ indole affatto .•
Se vediam tutto giorno , che alcuni venti ri- •
pcrcotendo nelle oppolle montagne diven-
gono contrarj a fe medefimi , cambiandoli
per efempio il Levante attefa codella riper-
cuflione in Ponente : perchè non potrà acca-
dere il Amile con anime anche innocenti di
mutar natura imbattendoA. incerti impedi-
menti , che loro contendano il corfo nel di- .
ritto fentiero della virtù ? Sarà per tanto ad
effe utililAmo l’ addeftrarA a fuggirne P in-
contro, come le Tartarughe , che deludono ,
in fe medeAme concentrandoA, Paffalimento ■
de* -loro nemici , e non oAinarA a voler vin-
cere con un incerto contrailo , dove è più A-
curo colia fuga il trionfo . Per far quello non
bilbgna immergerA tanto nella Converlàzio-
ne , che. ne rieìca difficile nelle giufle occor-
renze la ritirata , ma pigliandone quanto ba-
lla , mantenere una certa fveltezza di fpiritOt
che fappia ufcirne opportunamente, e ridur-
A per lo meno all’ indifferenza di converfare,
occorrendo, o con altri , o con fe medeAmo .
Chi vorrà troppo ingolfarA nel piacere di
Tempre divertirA fuori di fe, potrebbe forfè-»
ridurA alla fvcntura dello Spinolo, di cui feri-
H vefi.
114
vefi > che mirando caduti folto degli Alberi
molti pomi tanti ne infila nelle acute Tue fpi-
ne per portargli alla tana, che improvvifa-
mente colto dai Cacciatori non può'per quel
pefo metterfi in fuga veloce , edòprefoper
tradimento della Tua propria ingordigia . La
mifura in tutte le cofe non dee prenderfi dal-
r appetito, che mai non faaiafì , ma dal lurme
bensì di ragione, che non al prefente folo,ma
all’ avvenire ancora mirandoTegola tutte./
le azioni a dovere .
V. Uguale a quelli vantaggi farà quello
ancor della G/or;<i', che dalla ritiratezza ri*
donderà nell' huom fàggio , prelTo almeno di
quelle perfbne , che valutano con rettitudine
di giudizio , e ponderano con maturo eiàrae
le operazioni d’ ognuno . Egli è fenza dubbio'
un pregiudizio notabile al buon concetto df
un huorao di conto il vederli, che mai ei non
fappia vivere feco ftelTo , eflendo contraflfe-
gno d’ animo vuoto , ed in cui punto non' ha
di forza la riflelTione, che è la regola del ben
vivere . Le deboli Piante han bifògno di ap-
poggio, ma le forti lì reggono da fc medefimc
in piedi ; così il Savio per la propri^conten-
tezza noli ha Tempre d’ uopo degli altri , e la
rinviene, quando voglia, dentro di fe: laddo-
ve l’huomo leggiero per divertirli ha bifo-
gno d’altrui, come appunto la Luna, che non
là rifplendcre , fe non è Tempre col Sole_> .
Somma per tanto farà la gloria , che acqui-
foe-
..
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tlj
fterafll ciafcuno col lapcr Ilare alcuna volta
feco mcdciìmo, dando a conolcerc d’ avcre_*
un tal capitale di foda virtù , e d’ interiore-»
pienezza , che meno foto ei non (ìa mai d’ al-
lora, che è più folo . Tutto fuo in tal cafo po-
trà dirli quello fplendore, onde comparirà
arricchito; e fe le Colonne , e Guglie più ce»
lebri non hanno mai Aima , fenondivife da i
Monti, ne quali furon formate, così l’huomo
non farà mai più ragguardevole , nc tenuto
in pregio maggiore , che quando faprà fepa-
rarA dalla moltitudine, e non per tanto vi ver-
fene lieto nel fuo ritiro. Chi vuole fperimen- .
tare la preziofità del Diamante lo porta allo
(curo , dove egli riluce a-meraviglia . Non c
gran fatto lo Aarc allegro tra gli altri, come
non lo è il parlare tra molti ; ma Accome il
dilcorrere allorché tacciono tutti è affai diffi-
cile t ed il farlo bene è gloriofo in ffimmo ;
così è molto plauAbile quella ilarità, chc_»
mantienfi lungi dal comune divertimento.
A certuni , che A piccano d'- effere le Colon»
ne , ed i Luminari maggiori delle Conver-
fàzioni , ma che tolti da effe raffembrano pe»-
A:i fuor d’acqua, potrebbe dirA ciò, che al fuo
CauAdico , il quale gracchiando fèmpre nel
tumulto de’ Fori non làpea Aior di colà aprir
bocca, diffe Marziale con lepida acutezza , e-«
così torqa in noAro idioma.. .
H 2
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Ìi6
«
§l^ttqndoogttun parla, l^evolo, hai gran lena,
li qUul prode Avvocato mai non queti ;
Dunque ogn* un del Saver trovò la vena .
Or parla un pò, che tutti fianfi cheti . (a)
Voi , potria lor dirli , che allegra tenete la_.
brigata con sì dolci facezie , e con motti sì
ameni , divertite un poco voi (leflì dentro de'
voftri Gabinetti , ritenendovi parte di ciò >
che ad altri sì largamente difpenfate . All'
occhio del volgo parerà , io noi niego, che_» *
nulla faccia l’ huom .ritirato ; ma allora ap-
punto farà alTainìmo,c fu fentenza di Seneca:
ih) maggiori cofe operar Ji da coloro , che. mo-
Jìrano di nulla operare. Égli.c ben meglio far-
li uno dalla Plebe tener per oziolbnella riti-
ratezza , che l’ eflerlo veramente nell’ abufo
d’una Converfazione continova; oltre di chè
non v’ha lìrada piti ficura pel difpregio,che 1'
efler Tempre fugli occhi di tutti;(c) vile reu-
dendoJi,tì\ parere dello fteflb Morale, ciò, che
fetnpre è palefe . Difle pur bene una Donna
di fpirito i non ha molto , ad un mio Cono-
Icente , che non fapea vivere fuor.del diver-
timento ; fe finifje V ufo del converfare , Voi »
Signore, non averejìe pià Cafa, poiché vo/ìra
unicamente è divenuta quella degli altri .
Un’ altro più ftabile, fondamento ancora di
vera gloria ha nel ritiro l’ huomo difenno ,
cd
(a) Epigr.^S. (b) Ep. 6i. CO Ep. io.
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ed è la fmcera cognizione dei proprj difetti ,
che nafcendo in lui dal riflettere fovra fe ftef-
fo, lo tien lungi dall’ oflervare gli altrui , co-
fa della quale non può darfi piò fgradevole_>
tra le Pcrfone civili , e che porti maggior di-
fcredito a chi la pratica . È proprio , diffe_^
Tullio , (a) della fioltezza mirareivizj degli
altri , e fcordarjl de i fuoi . E’ queflo indizio
d’ una cecità lagrimevole , volendo farla uno
da cenfore fovra di tutti , quando egli piò d'
ogni altro ha bifogno di cenfura , e men ridi-
colo ei noli diviene di que! prefuntuofo , che
avendo,’ fecondo la parabola Evangelica , Qb)
un trave ne i fùoi, fcorgcva , c condannava-,
le paglie negl’ occhi altrui . La bella fcienza
>di faper fcuoprire ne i Compagni ogni neo, c
trovare,‘pome , dicefi per proverbio trito , il
pelo nell’uovo, nafcc dall’ignoranza , foggiu-
gne lo fteflb TvL\\\o,(c)metre l' Attimo , che a
guifa delP occhio, non vede fe flejfo, mira le^
altre cofe . Se dunque la ritiratezza pratica-
ta a fuo tempo , e con difcreta moderazione ,
conducendo cialcuno a penetrar bene le in-
teriori fue qualità lo ritrae dall’ odiofo uffi-
zio di critico, e di mordace, gli acquifterà an-
cora nel Secolo una gloria ben diftinta di
prudenza, e di contegno, che amabile, e gra-
dito lo renda in ogni luogo . Unito pol'cia_*
H I agl»
Ca-) 5 , Tufcul. Cb) Matth.'j. 3 . (c) i . Tufcul.
«
1 18
agl’ alti*! predetti di Confolazione > di Frutto
e ài Sicurezza i quefto guadagno ancora d
Gloria, io non fo vedere, chi leriamente con-
fiderandolo pofla non invaghirfcne , e I* ideal
pena chimerica difpregiando j che in ciò fi
figurano le Perfone di corto intendimento,
non voglia d’ un sì gran bene, e sì manifcllo,
provvederlTadogni collo *
Dei
DigiUzed_b^^oogle
* •
II9
Del Luogo di Converfare .
CAPO IX.
I.'P Atta , che averà fi Savio la determfna-
X/ zione di converfare tal’ ora fecome-
dehmo dovrà poi mirarfi bene d’intorno tut-
ta volta, che fi rimetta fra gl’ altri, e fpiare_>
con attenzione il luogo , che fceglie pel fuo
divertimento . Lo Scaligero , e l’ Aldovran-
do raccontano («;di certi uccelli delle Mo-
lucche, detti di Paradifb, o Manucodiate , da
i (^uali traggonfile vaghe penne per i cimie-
ri , che vivendo fempre in Cielo aperto e_>
pafcendofi di rugiada , perchè avidi fono d’
abbeverarfi tal’ ora nelle frefohe acque de’
fonti cercan di farlo con tutta cautela, man-
dando avanti uno di loro come indagatore di
quelle infidie, che temono: onde i Cacciatori
porti in aguato , partito il foriere , fpargono
di poflente veleno le rive de’ rteffi fonti, e ca-
lando l’intiero duolo ne fanno preda . Non,,
dee per tanto badare all’ huom di fenno una
diligenza mediocre per pofare il piede in^
ogni luogo con ficurezza , perchè i pericoli
di contaminarfi non fono pochi , ne piccioli
in un fecole fpczialmente a nortra confufione
sì libero , e sì corrotto . chi non fi guarda $»
H 4 Cf.
T.^']Ap. Scot. P hy f, Cur. p. z.l, 9. e. 55.
120
efpone a i ladronecci, poiché infogna lo Spi-
rito Santo fa] che dove non è Jiepe il podere
faràfpogUaSo : e chi non ha l’ occhio al piede
farà prefo , eflendo lo ftelTo in materia di fa-
viezza, c di continenza , fecondo 1* avvilo di
Giobbe: [b'] il metter piè nella rete, che il ri'
manervi. Ne dovrà l’huom prudente, cui
prema la propria falvezza, annojarfi d’ una_.
cautela si nccelTaria , quando il trafcurarla_.
in grazia delle fedotte paffioni può rovinar-
lo ; e fc ciò l'eco porta qualche poco di pena_.
è ben meglio, dice il Tritemio, [c~\ fuggir Poc-
cajìone , che perderft incautamente . £ trop-
po è certo un tal precipizio per chi non invi-
gila allacHllodia di fc medcllmo , e fenza ba-
dare dove s’ impegni s’accomuna con tutti
indìRintamente; c fe fu errore di Plinio il di-
re , [rfl che palcendofi d’ umor terreno le_»
ftelle vengono per elfo a macchiarfì, ò bene-»
verità d’ infallibile efperimcnto, che s’, attac-
chino all’ uno fpelTe volte i vizj dell’ altro ,
come cantò il Poeta :
Tiìt che pepe mortale
'S* attacca il vizio frài compagni ,e il male fe')
c che un buono cangi miferamentc natura fo-
. . . , Io .
• fa]Ecc/.g6. [bl c. de 7ent. Relig'. 'c.i o.
Cc] i8.[d] Lib.i.c.<)\[c'} Maria:
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121
lo per bazzicare in luoghi Ibfpetti di colpa-. >
come vediam nelle compleflìoni , che ottime
eflendo in un aria falubre, guaftanfi affatto in
un’ altra, che fìa cattiva . Ne io fo perdonar-
la a coloro, che ben conofeendo i pericoli, a i
quali s’ efpongono, fi fan cuore col giudicar-
gli minori della propria coftanza nulla mi-
rando alla confuetudine , che grandi gli ren-
de, e formidabili . Così rifpofe , allo fcrivere
di Laerzio , il buon Platone ad un fuo difcc-
polo,(fl^ che forprelò da lui nel giuoco feufa-
, vafi di praticarlo , perchè era leggiero : ISIon
difle il ¥ì\oioÌOy leggiera , e piccola cofa
la confuetudine . Le infermità non fi contrag-
gono tutte in una volta , ma cominciano da->
certe piccioiilTime difpofizioni , che non_.
curate a tempo fottomcttono ogni tempcra-
. mento più forte , e piìifano . Il feme de’ vizj
. non ifcorgefi, tanto è minuto ; ma dove nafee
,di rado muore, a guifa delle cattive erbe, che
.leminate a calo crefeono fenza cultura , ed
aftogano a poco a poco le biade migliori. So-
verchia non farà mai l’ accortezza per allon-
tanarfi da quel terreno , in cui allignano le_j
corruttele, perchè fe dove nafeono i venti fo-
no più gagliardi, e pefanti , a fogno , che nel
Settentrione , al riferire d’ Olao Magno ,
alzano in aria i tetti interi delle cafe , bench
di
(a) Lìb. 3 . (b) L*b. i • e. j..
(X"
1
122
.di raddoppiato piombo coperti, maggior for-
za per atterrare la virtù averamio ivizjnci
luoffo, dove fiorifeono, quantunque lacollu-
manza, e il depravato genio , non ne lafcino
interamente comprendere la violenza . Se_>
efaminar volclfero da i principj la ferie di lor
cadute quegli infelici , che perderono l’ inno-
cenza nella perniziofa lubricità del diverti-
mento, ritroverebbonojche piccioliffima fu 1'
origine d’ un danno si grande , e che l’ inav-
vedutezza d’ avanzarfi in ogni luogo fenza_,
riflelTo fu la (ùrgente di lor miferia . Nulla_.
fembra a chi lo fcan(à un palTo precipitofo ,
ma è cagione di mortale caduta a chi noi cu-
ra, e fe poco ricercali per evitarlo, tutto non
balla pofeia lo sforzo per rilevarfene . Guar-
difi dunque bene al piede chi faprofelfion di
prudenza , e non cammini fempre alP ufo de-
gli Aftrologi col capo in alto , perche fdruc-
ciolando averà il danno, e le beffe , come av-
venne aTalete, che effendo caduto in un_»
pozzo mentre contemplava le (Ielle, cosi dal-
la fua fantefea fenti deriderli : meritamente^
ciò t'è accaduto, mentre ignorando quello, che
bai damanti al piede, *uuoi tutto giorno gir fpe^
calando per conofeere il Cielo . [a] Quella.-
è la condizione del mondo ingannatore , non
v’ elTer pur uno , che avvili agli incauti il pe-
ri-
(a) Baecon.
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*2? .
ricolo, e biirlarfi poi tutti di chi vi cade . Mi-
glior configlio è pertanto il farli tenere di
corta villa coll’ efaminar bene la ftrada , che
s’ ha da battere , chefentirfi beffar come cie-
co dopo d’ cfler caduto . Io direi a chi lla*^
per fcicgliere il luogo del fuo divertimento
ciò, che difìe con flemma piccante un huomo
arguto ad un certo vecchio , che in leggendo
voleva comparire d’ acuta villa , lalciando
gli occhiali ; è meglio leger bene con gli oc-
chiali, che fpropojitando fenza di ejfi farjì
credere un' ignorante . E’ affai minor male_»
il farfi burlar dagli fciocchi moflrando una^
tema prudente di quelle inndie,che vogliono
evitarli, che dar da ridere a i Saggi incappan-
dovi, come Tuoi dirli ,all’ impazzata ,
li. Ma veniamo alla maniera di prende-
re come il faggio di quel luogo , dove li può
converfare con ficurezza . Io lodo , che in.,
quello niuno fi lafci guidar molto dall’ incli-
nazione, che fovente è fofpetta , e fuol dege-
nerare in amore dilbrdinato . Quando nell’
. indiiferenza di eleggere la Converfazione;^
■fentirà la perfona un forte (limolo d’ attac-
carfi pili ad una , che ad un’ altra , dovrà efa-
minarlo affai bene per vedere fe mai y’ avef-
fero alcuna parte lepaflioni per invaghirne-
lo, e fpczialmentc l’ amore , che di tutte è la_.
piò Icaltra , e la piò (ina . Pure elfendo ella.*
ilrepitofa, e tumultuaria, non è molto diffici-
le a conofcerfi , per mezzo dei movimenti in-
ter-
f
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124
terni, mentre ha, dice S. Agoftino , (o') og»*
amore la.fua forza , f/e può fare in ozioneir
amante . Confiderando addunque la cofa cor»
pofat'bzza convien fuggire quei luoghi ap-
punto, che effendoci per riflefib forfè a qual-
che oggetto particolare piò grati, fono anco-
ra più nocevoli, e liberarli valorofamentc da
ciò, che allctta per rovinare, come il Polipo,
che abbraccia ftrettamente per Ibmmergcr-
lo il Pefeatore . V’èquì dimeftiere, cheP
huom di fenno abbia un buono , e fino odora-
to, ed a guifa de* Cervi , che fiutando per do-
ve palTano attentamente a fe tirano i Serpi ,
e gli uccidono , conofea all* odore il nafcolb
veleno, e lo rigetti . Oltre ad una si veglian-
te , e s\ necelTaria ponderazione farà ben fat-
to , che ognuno li regoli in ciò coll* efempio
di quegli-, che nel proprio rango fono tenuti
comunemente per i migliori, ed elegga.-
quell tiogo , in cui li divertono elfi innocen-
temente , e con lode . Quivi ei potrà viver
licuro , perchè dove il clima è perfetto non fi
contraggono cattive difpofizioni, e quel luo-
go, che o fa,o mantiene buoni i più, non è mai
per nuocere ad un folo , quando ei non vo-
glia maliziofamente abufarne . Rapporta il
prenominato Olao , che nelle parti della
Fimmarchia Settentrionale i Pefei confer-
van-
(a) h Pfal. 1 2 1 . (b) Lìb. i ,c>. 2,
vanfi intatti per Io fpazio di dieci anni leccati
l’olo all’ aria, che è purgatiflìma, fenza verun
condimento di fale.Tanto avviene ancora, Cal-
va la Tua proporzione , agli huomini di buon
coftume, che fi divertono ih luoghi oncfli,e_>
purgati da ogni viziofa infezione, confcrvan-
dofi netti , ed innocenti come v’ entrarono .
E’ qui da oflervarfi ciò , che vcdiam nel Cri-
flalio , o come lo chiamano iFilofofi, nello
Specchio uftorio , il quale unendo i fuoi rag-
gi nel bianco non incendia , ed unendogli nel
nero, o in altro mifio colore , tollo v’ attacca
la fiamma . Eller può quella una ben degna_-
immagine della favia Converfazionc, che fa-
cendofi in luogo ficuro , e con perfone di co-
llumi candidi, e puri, illumina bensì, ma non
accende, c tanto fucccde appunto nello ftclTo
Criflallo, che riflettendo in un bianco perfet-
to lo fa rifplenderc per tal maniera, che l’oc-
chio può appena fofferirne il raggio , eppure,
c sì lungi dall’ incendiarlo , che ne tampoco
il rifcalda . Quindi vien poi 1’ allucinamento
di certi huomini maliziofi,che mirando alcu-
ne di quelle Converfazioni sì luminofe , ed’
un’ invariabile contentezza sì piene , e ricol-
me , non fanno capirla , ed avendo fugli oc-
chi per altrui modellia il millero di Mosè C^')
nel Roveto , che ardeva lenza abbriigiarfi , .
. non
(a) Exod.
1
non lo venefan già , come quel Santo Profe-
ta , ma lo condannano , perchè non l’ inten-
dono, e lo rimproverano per quello folo,che
non s’ alFomiglia punto a quel delle cale lo-
ro, dove ogni favilla fa incendio . Felice può
ben dirfi chi in tal guifa convcrfa , mentre.»
dal luogo , che ha Icelto prudentemente per
deliziarfi paffa con ficurezza a quello dell»
eterna giocondità , dove goderà fenza temii.^
di perderlo il conforzio degli Eletti .
III. E per non ingannarli in cola di tan-
ta premura potrà l’ huom Savio rifletterei»»
pih addentro fovra di fe medefimo , ed qlFer-
vare fe il luogo , dove converfa gli toglie al-
cuna di quelle buone malhme , che nodriya..
prima d’ entrarvi , c fe gf impedifca il rice-
vere il Iblito lume delle divine ifpirazioni pel
buon governo della fua vita . Ogni altera-
mcnto in quella materia è Ibfpetto , e ricer-
ca Ibllecito, ed opportuno riparo . Finché la
Luna è in pofitura di ricevere perqualche.»
parte il lume del Sole non rimane affatto ce-
di (fata , anzi quando ancora, pofla ricevere^
qualche raggio per rifleflb della terra illumi-
nata da quel Pianeta ritien pure alcun poco
di luce, ma la perde del tutto quando fuori d*
ogni rifleflìonC' de i- raggi folari è dalla terra
i iiteramente coperta- • Qtiella debbe efler la
regola di chi frequenta i paflatempi ; aver
ben.Focchio aperto fovra, dd.proprio Inter-
no, c viver ficuro fin tanto , che veda o dirit-
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127
tamente, o per rifleflb delle perlbne , colIe_>
quali ci pratica , il raggio della divina Gra-
zia, che fi ricava da i fanti' penficri, dalle bra-
me della virtìi ,• c dal conofcimento delle ve-
rità eterne;’ fuggendo rifblutamente , comc_>
if buon Lotte dalla patria- infame, da quel
luogo, fbvra di cui rifplcnder non veggia in_,
alcuna maniera* codefto lume . Sarà certa-
mente miracolò, che quivi ci nonprecipiti
feguitando a praticarvi ; ne io crederò mai-,
che alcun- huom' di giudizio' foifra fenza ri-
morfo di vederli mai Tempre in'pcricolo affi-
dando la* propria falvezza ad un incerto prò-*
digio che egli* punto- non merita di vedere ♦
Miracolo pure fu- creduto dai Greci', che_*
Achilie allevato da’ fuoi piò teneri anni fra:^
le fanciulle imbelli', perchè effemminandofì
non rivolgefle l’ animo' alla milizia , crefe ia-
to pofeia in età s’ appiglialfe piìi torto- alla_-
fpada, che alla conocchia , e più-gli piacefle_r
1’ elmo*, che gli Imanigli . Madi quelli pro-
digj noi ne vediamo di radiflìmo , dimortran-
doci tutto di' la fperienza, che gli andamenti
di ciafchedunofbgliono eflere Tempre fomi-
glianti al luogo-, dove egli converfa , verillì-
mo eflendo 1’ antico proverbio ; dtmtnì'dove
abiti , e ti dirti chi fet . Grande è fenza dub-
bio'I’ errore di chi penfa portare la propria
innocenza a falvamento lungi da Dio , quan-
do neppure dopo d’ una tal ritirata è ficura_.
la (àlvezza del corpo , onde ftupiti i Marina-
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V
128
ri , che guidavano Giona (a") dal fentire , che
ci fuggifle dalla faccia di Dio lo gettarono in
mare dicendo; come hai fatto quejìoi Forfè ti
penfi , così ne interpreta San Girolamo i fen-
timenti , dì poter nel mare fuggire dal Fa-
drone del marcì Invoca del miracolo , che
aipcttano coftoro di ftar faldi nell’ occafion_.
di cadere, dubito, che fentiranfi venire ad-
doflb il flagello d’ un terribile abbandona-
mento , per cui lafciati , fecondo 1’ Apoftolo,
(b') in preda a i dej/derj del proprio cuort^ ,
anderanno fenza alcun ritegno in rovina ,ed
in precipizio . Da quella gran verità , che_»
tutti fempre aver debbon prefente al penfie-
rojpotranno apprendere fpezialraente i Gio-
vani la neceflTità di ben cautelarfi- in cofa di
tanta premura , é non gettarli a nuoto in un
acqua , di cui non veggiono il fondo . Non_.
è il divertirfi,che fia biafimevole, o dannolb,
ma il farlo fenza configlio in luogo , dove la_.
virtù , ed il contegno pericoli a fronte del
fuo contrario più forte, onde fia certo il rile-
varne un pregiudizio graviflimo :
« • ,
Che il provocar quel che è piìtforteì all* ire >
Fiùy che coraggio, è temerario ardire . (c_)
^ •
Così a tale propofito può dirli col nòllro
eru-
ca) r. 1. ^.hìc.Qo^AdRom, i, CO Canto i.
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erudltinìmo Compaftorc Enotro Pallanzio’,
cioè Mar.Cavalierc Viticenzo Piazza , e nel
filo vaghiffimo Poema di Bona cfpugnatà,che
tanto è più pregevole , quanto , che fù par-
to della fila più tenera giovinezza . Convien
pél* tanto immitare in quello la vigilanza-.
de’Condottieri d'armata , i quali in ftraniero
paefe mai non s’inoltrano , le prima , come-»
elTì dicono , con guardie avanzate non rico-
nbfconò il terreno , e farebbe nell’arte loro
uno sbaglio affai grande l’ impegnarli col
groffo della milizia in parti prima non bene
riconofeiute , ed attentamente offervate .
Qui è perciò da notarfi un’inganno quafi co •
mune , per cui credendo moltiffimi di pecca-
re in convenienza troppo efaminando a mi-
nuto alcuni luoghi di pubblico trattenimen-
to vi metton piede alla cieca, e tradifeono fe
medefimi per non mancare ad un vano ri-
fpetto degli altri . Abbiamo nelle làgre_»
Lettere , che a Mosè C<*) attento condottiere
delPopoIo eletto, benché s’incamminaffe alla
Paleftina , terra alai promeffa da Dio, co-
mandò egli lleffo , che mandaffe avanti al-
cuni Vifitatori per riconofccrla prima d’in-
trodurvi tutti gli Ifraeliti . Andate , diffe-»
loro per tanto Mosè , C^) e fatiti alle Mon-
tagne eonjiderate il Paefe qual Jia , ed il Po-
I poloy
Ca) P/uia, ij.g.Cb) io.
*39
poh , che abita ,fe forte > o debìh'ife pocot
0 numerofo : la terra medefima ,/e buona , a
cattiva t le Qttà , come fieno yfe cinte di mu-
ra , ed aperte ; il terréno tfe fertile , o fieri-
leije abbondante di alberi , o no;, fatevi cuo^
re , e portateci qualche frutto di quel Paefe»
Se Iddio non «veiTe fatto un tal cornati»
doto confeiTo , che. troppo fcritpolofo
preci(g tni {aria parato Moaè nel ricerca-
re tante previe cognizioni d’un luogo,che
preparato avea il Signore per conforto, e
per delizia di que'fuoi Popoli. Ma giacche'
la cofa è $ì chiara , e sì certa, ne ricavo un.,
gran documento per quegli , che debbono
eleggere il luogo da tratten’erft , e gli per-
fuado ad informarfene con premura prima
d’entrarvi : che fé Iddio non s’otTende punto
anzi vuole, che Mosè efamini sì attentamen-
te un paefe , che egli prepara al Tuo diletto
Popolo , tanto meno potranno aggravarfi
le pérfone diferetc , che mifuri bene i {iioi
paiTì , e tenti prima *1 guado chi .vuole in-
trodurfi nelle caie loro per favie , che il
deggian fupporre, e ficure.
IV, ^ qui parleremo pili a lungo di quel
folle timore, che accennammo di fopra, per
cui paventando altri direnderfi ridicoloh con
quefta ferietà di IccgHere adagio , è matura-
mente il luogo della Con verfazione , figct-
tan di lancio nella prima , che gli fì para.,
davanti . Io potria dire , che al faggio fà di
me-
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mefticre il pireferire alle rifa de’meno avve»
duti quel vantaggio , che può venirgli daJ
quefta Icelta , per tarda , e lenta , che ella^
fiali , poiché al parere d’Erodoto , (ayl'fmo^
mo diverrà ettme^fe farà le fue delibera-
zioni con pofate-zza , e temerà tutto quello’,
che può accadere . Ida dico di più , che le_*
cofe , le quali lÙGcedono bene eafualmente;
non Ibno mai tanto lodevoli , quanto fe tali
avvenute foffero pel configlio (Euna tarda,
ma lavia lentezza: che però di ^vetonio Pao-
lino prudente difFeritore de^ piò gravi , ed
importanti affari fcriffe Tacito ì^by ejfere^
httomo lento di fua natura , a cui piacevano
ttjfai pià te cofe fatte con ragionevole caute-
la , che le profpere avvenute a cafo . Per
acquirtar lode predo ancora del mondo, il
éjualò o tofto , o tardi valuta le cofe tutte.»
per quel , che fono , bifogna guardarfi nel
aeliberare dalia virtò d’Aleffandro, che fò
detta da Seneca gravemente (c) felice teme-
rità . A me anzi fembra , che molto piò ridi-
coli fieno coloro, i quali fi vantano di far tut-
to beniffimo fenza configlio, come chi fi glo-
riaffe di vedere fenzfocchi , e di colpir fetn-
pre, fenza mira nel legno. E chi per vero
dire non rideralTì d’alcuni , i quali dandoli a
credere d' avere il nafo di Rinoceronte, co-
I 2 me
>
% * e T
. . j . , ,
(a) lib.^, (b) z.HiJjtor.ic) Vita Beat.c.i 3 .
*5?
medicea fchérzando Marziale, cntran per
tutto liberamente, non fcntendo neppure-»
il puzzo delle più fetenti immondezze, © non
diilinguendolo dall’odore più. Ibave dclle_»
rofe, e de’ gelfomini ?.Chi lenza, prova d*
efperimento commenda tutto per, bello, e
per buono , merita a mio giudizio la llima di
quel femplice huomo , che giunto la prima.»
volta full’imbrunir della fera in Roma Icri-
vendo la mattina feguente ad un’amico l’av-
vifava d’aver trovata belliflìma quella Cit-
tà , le Chiefe, e le Fabbriche maellofe, le.,»
fontane infigni , le.Villegiature amene, le
Gallerie preziofe,la Nobiltà.cortefe., ed il
Popolo tutto allegro , e trattabile , onde 1'
amico pofeia , che era, di lui men femplice,
COSI rifpofcgli con ilcherzo piccante: pii ral~
legro , che in una fola notte abbiate cojìi
Vedute più cofe , che ' in tutti i giorni di vo-
fra vita . Porgerà dunque una .più ampia.,
materia di ridere, agli altri colui, che ope-
rando Tempre a calo operi ancor qualche-j
volta bene ; e più., che quegli , il quale a.,
.guifa da’ ciechi vada tentone , per rinveniT
re il dritto fentiero ,,rendendofi più compa-
tibile quand’anche errafie, attefc.le diligen-
ze, che ha fatto per non errare . Si perfua-
.dano per tanto i Giovani lìngularmente di
primo volo , che in.rigpardo allo fcegliere
il luogo per divertirfi in loro farà Tempre.»
niù lodevole il timore d’imbatterfi male , per
or* ’ ^ • •
cui s’a/Ticurino d’utia buona elézione, che la_»
fconfigliata franchezza di eleggerlo fenzaJ
veruna prudenza. . ' •
•V.- Nò tampoco in tal' materia io faprei,
mai approvar e. la fiducia, che hanno talu>
ni di fé mcdefimi , e dell’ottima loro inclina-
zione , onde gli paja d’effer ficuri.per tutto,
c dilòbbligati perciò dal riflettere forra la_j
qualità dì quel luogo vche alTegnanO'àl pr0‘*
prio divertimento . L’innocenza deil’uman
cuore, per galligo di chi fù il primo a vio-
larla è rimaila.,dirò così ,di compleflìone.#
sì debile , ehe ogni picciolo difordine può
recarle un gran danno a fegno , che allcJ
volte' la (bla commodità di far male induce
a farlo certuni ,Che mai non vi pénfaronó,
onde affai profondamente lafciò fi:ritto S.Ifi-
doro , che fpejjb Poccafion, . ài peccàre fà
«afcerHe, la volontà y ter quello non sò ve-
detfe , come poffa .alcun huomo.dirfflefTione
fidarfi tanto . di fe;,,chc ncn temaverua-
pericolo contra quel chiarifllmo : avverti-
mento dell’ Apoftolo : . (&) chi .flà- io pttài
guardi bette di ne» Appuntb.là-.fani-
tà -, che fi gode ha 'da fuggerire lo dare in»,
maggior guardia peri.cudodirla , nè credo,
che veruno;effer vi poffaimai, il quale difor-
dini a-bella poda . per.-infermarfi . Chi è d’in-
■ I ^ dole
(a) .LJJf. y.i/t Soliloq, (b) i , Cor, io.
I
»34'
dole buona a Dio bc renda gra2ic,che gliel*
ha donata : ma non per quedo s’invanifca,
nè confidi tanto in efia , che l'efponga a ca-
priccio ad ogni aflalimento j perchè Avente
l’elporla, benché non fi creda, è pure lo ftefi»
(b^chc perderla . lo sò , e con penamene
ro\rveiigò , che molti non fótio pih innocenti
per aver creduto : d’efierlo troppo e non_.
voltnido- punto badare al luogo , dò\rc por-
tavanlo jContaminarórto un si belfiore per*
la fòla vanità di giudicarlo inviolabile . Cré-
diamò noi , che Dina figlia del buon Giacob-
be :in urcendo a diporto da i padiglioni del
Padre verfo i confini di Sichcin nodriffe il
reo penfiero di macchiare il bel gìglio di pu»
dicizia ?-Per me non faprci -mai perfnadci-w
mèlo tanto piò , che iPTefio medefimo la^
difende aflerendò , che ella non forti per al-
tro» eh e pet cederle h DòMe af ijuii
Faep i ha.' foia curiofità si propria di quel
feffo la fpinfè a fpiaf • forfè , ó fe còla vi folTe
bellezza uguale alla fua rO qualche pellegri-
no ornamento per' accrefeere il pregio del
femhiihiie teforo.Con tutto qitdflo, che parca
puro'un’ errore si , Condonabile * non av-
vertendo al luogo , in cui 8’inoltrava /rapi-
ta a forza perdè coll* innocenzai'onore. Pih
chiara per tanto ftiiipre fcorgefi la neceflìtà
V. i di
^ - • > - _ •
C») Gre/jf* •
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di fare una matura , e favia riflefTione inter-
na al luogo , dove uno penfa di trattenerli, e
prevederne bene i pericoli, per, ifcanfargli
prima , che trovandovifi impegnato gli feor-
ga inevitabili . Se nella Nautica la prova piu
difhcile è il formare il Carro , cioè Volgéreji
contravento le vélé , c tornare col legnò in-
dietro ; nelPhuom civileil paflb pit't malage-
vole è il rimuoverli da una rifoluaione già
*prefa , e qsalì pentito abbandonar quel di-
verti mento , che ha di buona voglia eletto.
Bifogna dunque penfarvi avanti aflai bene,
e hon fidarli , che riconofeiuto pofeia il dan-
no fi fuggirà, perchè cfàciiilTimD,- e quafiin-
fàllibile^.che ’frammettendovili -l’uman ri-
{petto (òpra vi lì padl allegramente ,’c che
ibtfra^ la perlbna già prelà allaccio di farli
peflima^col continovàrne la pratica , anzi
che apparire incivile ,o volubile col ritirar-
fene .‘Abbia per ultimò ciafeheduno Tempre
irniente vivilTtmo il documento' di Seneca;
(u) Hi fare sfarzo per non darfi iti pre*
da alle pajponi , perche ,/e corHinciaHo
tirarlo a tra*oerfo, molto farà difficile' il ri-
corfo alla fahezia .-Sid principiò è d* Uopo
ìndirtKzarc a tutta voga il legno di nolira.,.
vita verlb il porto della virtù, e non lalciarlt
trafportar punto dalla- Corrente , pèrchà
farà imprefa più ardua, che non penfìamo, il
rimetterci in buon canale. , Del-
ia) Lib. I . de Ira c. 17.
1
t k
Della Converfazione Particolare»
: c a: p ó X.
... , . • •
»
• • * ^
. .
1. 'r.. . A fchicttezza,dl cui debbo ogn’huoiti.
1 j favio pregiarli , è diametralmente-*
oppofta.airadalazione , gliftratagemmi del-
la quale fono tanti , c si grandi, che non pof.
fono cpntarfi , nè crederfi tutti . £’ finiflìmo '
tra gli altri quello, che riferifee Quinto Cur-
zio de! Macedoni ,(<?) i quali vedendo il do-,
lortì inconfolabile , e che .atfliggeva,.giùfl:a-
mente Alcflandro per, l’indebita jiCduribon-
da uccifione di Clito fuo:Confidente, per ada-.
lare il.rammarico di.quel Monarca lévaron-
gli la gloria del pentimento pubblicando per
Jor decreto. , che erafi con tutta giuftizia- uc-
cifo Glito , effendo egli perciò indegno an-
cora di fepoltura . Tolgafi qui pertanto-da-j
me l’iniquo penfiero di tradir la .rmcerità, di
cui , per. vero dire , pregiato mi fortoV fem-
pre , accordando per.tnotivd. d’àdulazione^
agli huomini piò licenziofi una fortà di con?
.verfare , che a mio giudizio è rea mai fem-
.pre , o in fe medefima ,.o ne’.fuoirperniziofi
effetti;. E’ quella la Gonver fazione partico-
lare) per la quale- intendo quella; fpezie di
fer-. ■
A »
Ca) Lìb, 8.
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•1J7
fervitù ) Come nel gfan Mondo u chiamai
che profeiTa un folo ad una (bla , onde ne è
poi venuto per collumanza il dirfi libera-
mente , il Tale ferve la Tale Unendo io al
foghignojcol quale fiiol proferirfi un tal
' fentimento. dagli altri , le circoftanze tutte,
che nc accompagnan la confuetudinc,parnii
di non farne. Una verfione molto lontana dal
y ero. interpretandolo : il Tale ama la. Tale.
.Ora fuccedcndo ciò d’ordinario tra i Coniu-
gati non sò vedere ufcendo adeflb dal Piato»
nifmO) di cui s’c già parlato di fopra , come
polTa francamente profcflarfi tra.perlbn^
[legate con.,altrp vincolo làgrpfanto una for-
ta di ferviti! , che è sì vicina , almeno in ap-r
parenza , all’amore . Lafeiamone l’apparen*
ia per ora , di cui tratteremo più :fotto , oJf
Condderiamone la lb(ianza'.: Bò.beni(11mo,
che. mi farà detto. ciò non effere amore , ma
una certa Convenienza di civiltà:, per. cui s*
obbliga un’ huomo ÌTpontaneamente:a fervi-
de una dpnnadi qualche , merito’./Io non fpr
no lungi dai, crederlo a. molti , ma, non sò
accordarl0,:^;tattii> fi dubito , che ùnà fihez'r
za , ed. ei.egapiza;deila-;yita civile pofla per
.taluni divenire jabupoa Morale un (bllècif-
mo,ed un’. errore , che quando fofle,dòr
yrebbe il Savjo.crederfitenuto a mancare-j
più tolto alla civiltà , che al dovere , guar-
dandoli in tal calò da Un collume , che elTer
potelTe uh peccato Veditb 'alla moda > Hd in
“ • fatti
1 ,
, fatti fe il iblo thìMr le donne dl:bcll’ af|>ettò
per chi non abbia l’occhio di Seaocrate, È uh
grave pericolo , onde lo Spirito Santo avvi-
fa , (à') che rteppttr-e (ì mirino , poiché per la
èelle^zà loro Wtolti perirono ', da veruno po*
trà negarfi , che 11 trattarle fempre , e con^
quella dimeftichezia » che feco porta la con»
fòetudine , fia , non un pericolo , ma un’evi-
dente certezza di preeipizio . Trattandofi
pofeia delle donne altrui ogni familiarità
parmi aiìolutamente catti ^^a per oracolodcl
medefimO fantiflìmo Spirito , (à) che dice*j
à chiare note : no» ti feder mai apprejfo at^
la doana d’altri per vera» conto . Se quelli
foffero fentimeriti di Seneca , o di Piatone,
p’otrebbond mitigàrfi con qualche dolce in-
krpretazioné per adular l’altrui genio ; ma
còme farlo niav lifélie venerande parole ufei-
te dalla bócca dèi grande Iddio? Quello, che
al piv'i dir fi puòte coh tutta la riverenza , fi
è , che ih prérefivendo il Signore in tal ma-
teria lina regola 'é\ fiftr«ta intenda folodi
parlare per gli hhomini ammaliziati , c che
fono confaperòH a' fe «hèdefimi d’ operat
fempre in queftò’ colla lecònOT intenzione!^»
Ma non rimane 'perciò » che molto non fiaJ»
pefante l’avvertiménlò , é ttOri déggia teme-
re ognuno i che lo trafchfa , di Venir punito
^ ^ ^ t > jf 1^*
(a) Eeel. 9.9. Ib, 13
/
Chgibaed byAogle
còlla miferia d’utia caduta- fnelèiffabllc . Dà
ciò io deduco per legittima ct>nfeg«ed«à_>
clTcre alTai facile , che quella fpeiie di fervjV
tò degeneri in quell’ amorfe , che fi cònten»
de j e che lacoitveniénfa d’un trattò fiipe^*
filialmente gentile fià la foftanra , o pòfiìii,
dlvenirió àgevoimerttè > ttn ^t^Èiò bfefl dfetfea
ftabile . Dopo d’Un tale lUppofiò , eh® kut
Cóftveffaaiòrte s cioè pafcieolarc polfitfàffi
alcuna volta viziofa, io ripiglio , é dióK
dunque una perfona di fennp debbe fuggìN
la per buon governo , e temeré d’un Aiiilt»
che può còti tanta facilità acoaderle > Quan>-
dò poi io fentiflì òppormìfi da qualcuno pet
tìort farlo colla dovuta folletitudine j uinti
certa ripugaanaa interiore del genio » che
noi coniente > dunque , io foggrÙHgo » fi ma-^
le è già fttiò» è toglichdófi •alla ragioné dai
fijnlb la fartà di trionfare , la- (fervitii già à’S
cangiata te amofie, palfione, ehe cieca clfen^
do » 0 non cura V o non vede il filò danno;
Crcdevafi Dióftfglo Bruolèotè dlfcepolo di
benone d’èfierfe pervonutoal fòmmo dfelìa.*
forcezÉà piti non (bntcndo j tome pareagifi
lìè fliinando alcun dolor® v Appena pèrò te*
fermatofì con un gravilfimo dolor ai reni fi
ptotedb t fìfp éptt tbm erè\m hmtt
égli ptìm ìàtofff& 0/ rffe/arl. i fe Héhifi
flo>da Cleante filo condifcepolo qualcoia_«,
l’avefle indotto a cangiar si tolte parere » e»
gli rifpofe : il no» pottr io /offerire q«ejlù d&j
.*40-
hxé è coHtrdjfegw elìdente i che. ogni dolo*
rej un gran male-. Tutto • ciò fi racconta per
ifcherno di quella fcuola ,che potea dirfi de-
gli infenfatii da;Giccrone . («} In tal guifa_>
dovria difcorrerla ognuno fui propofito del-
la.fervitfi, che:profe(Ta a qualche oggetto
particolare, i fe.ella non è più »che un’effetto
di gentilezza, cattivata da un, bello Spi ritOj
perchè niuno la pratica mai ver fo . gli huó-
mini dotti, che fono Spiriti bellilfimi , a’qua-
li d’ordinario per avere .qualche diverti-
mento nella, .folitudine in dii vengon lar.
fciati , con vien, trattener.fi leggendo ne’ Ipr
gabinetti co’ Morti;?. Perchè.non ha da efler
padrone di fe per tralafciarla; chi o la fperi-
menta , o la teme pregiudiziale, alla propria
innocenza ? Segno è bene , che.interelFando-
yifi il, cuore ella paffa i confini di civiltà , e-»
può temerfi realmente perjuna paflìone , dia
cui il, non poterli cavarell piede, volendo in-
dica rifedere ■: ella nell’ahimo à-e mon. già nel-
le efteriori qualitàdeUaconycnrenza.
II. Quindi: è,che io.'non làppia'compatir
punto Coloro ,.i quali fchiayt.inquefia guifa
rendutifi, di .buona. voglia-tpBre dolgonfi
qualche volta .co i più.confidenti d’aver per-
duta la libertà.,xche.in buon linguaggio vor-
rà .forfè diri’inHO,cenza,. Lfimpegaarfitrop-
rii il/.’. ■ t.'-à ■ ■pO.’--
Cài àé Bn\
sii ^
i s •
/
po da iè doVe chiaro fi vede il proprio dilca-
pito , che volendo potria fuggirfi ,è rifolu-
zione da mentecatto, dice il Comico : Ca)
ftolta cofa è rincontrar quel male , che tu
pojja evitare A?ctchh dunque non puòl'huom
; forte fpezzarc quella catena, vergognandofi
di fervire a fe medefimo , poiché ferve alla—
depravata fua voXontk' fchiavitudine , à\
cui , al dire di Seneca , Qb') non può dar fi la^
piti pefante ì Perchè non fare un poco di'for»
za a le medefimo per tentarne almeno l’ufci*
ta , come i volatili , che prefi alla pania ,fìra*
namente dibattonfi , e ftridono per liberar-
fene,e febben racchiufi entro gabbia: do-
rata , cori fcelti cibi , e frefcjhé. acque , mai
Icordar non potendoli delia primiera lo r. li-
bertà s’afTaticano fempre per trovar inanie-
ra d’ufcirne? E’ ftrana cofa da vederfi y che^
rhuonio nato libero per benefizio delIa.Na-
tura.eche tanto perciò. abborrifce lafog-
gezione , pofla poi per malizia,. de’ fenfi fofFe-
rire con pace di foggettarfi alfervigió.d’una
femplice creatura, la quale ancora, èd’uriH.
.feflb, che dal Creatore.medefimo fò.deftinar
to ad ubbidirgli per la condanna di Èva c (c)
vìverai fiotto la podeftà delthuomo.yed egk
•averà il domìnio fiovra dì te,. Se qn e ilo fo iTe
per apprendere qualche cofa di buono , e di
uti-
fa") In Conv.'Qì) hìb. ^t-quajì. nqt
V
*4*
lttile,nè loderei aneti* io con - Platone laJ
lòfferen^a » dicendo egli ; (a) fe ut»o fervei
ttU' altra per profittare m faphaza, o in quaU
thè altri parte di .virtù , quejìa foggezzionet
punSo non dijonova ehi ferve . Ma per quan»
to può rieavarfi dalia fperienza , gli huomini
dediti ad una tal Torta di Icrvitìi a me non_»
fembrano » parlando tèmpre con tutto ri<>
^eltOji piò iàggi dei Mondo,fegno ben chia»
ro che nulla appt'eadon di buono per un tale
eferciaio . Io bramerei di vedere in quello
tra gli huoraloi un poco piò di gialla iuper*
bia per tenere tl Tuo pollo , che loro ha con*
ceduto l^Altitlìmo , lèmprc ancora avendo
in memoria tl gran Tentimento di Tullio: (,b')
ejfere- cofa regia il vìvere in tal gufa , cbt
nò» fola non fèrvafi ad buomo alcuno , ma
neppure ad una delle interne paffouì . Qui n-
di vieti poi TelFerc talora forzati colloro,
giacché riulcir ' non gli puote per debo-
lezza di fpirito il far fronte ad un’affetto
dilbrdin.ato ,'e'lbttometternè la ferocia, a
cadere di male i» peggio-, facendoft gloria
di’ciò , che è vlziolb , ed ornai infupcrabile,
0-lafciarfi opprimere-, come afferma il Mora-
li (c) da una mìferìa, dà cui potevano trion-
far da principio-. Tutto quello gran male_«
àddunque deriva dall’ appoggiarfi alcuni
feon-
Getì. I iJ» Cb)Ì$?* 8. Cc) f ro Syll:
'fconfigliataincnte aJl’ onoratezza, e ad uh^
certo efler d’;Eroc , Jofingandofi , che npri^
Quante la forza d’wnà tal ferviti volonta-
ria iapranno mantenerG mai Tempre Ggnori
de\loro affetti,# rtguardatt^o, giudi ì^o\i~
bio , (.a') più alla fperanz^ì che al foniàr
mcìttc di impegoanG in im cimento,
dove io crederei con iivio (hyejfere più già-
. rio/o il Noa c^attere.cbe il vincere iJìeJfo.V cr
quel poco di fperienza , che ho del Mondo,
conferò d' eflere affai contrario alla dot-
trina in oggi sì celebre dell’efler d’Ero?,
avendola veduta in raoltiflime occaGoni ve-
nir meno , e fvanire affatto in, pcrlone anco-
ra, che per verità sacrano per 1’ innanzi
guadagnata preffb di me qualche ffima^
con un frontifpizio affai nobile di Mora-
le. Nella materia pofcia,,che ora trattia-
mo, le fono contrariflìmo , e ioftengo , che
nella battaglia , dove s’interelGno i fenG,
ogni Gigante riefee Pigmeo, ed ogni Eroe
perde per ordinario la fcherma ; onds-j
S. Agoffino avvila, che :Cc) ninno prefuma
tanto delle fue forze , ehe^ non voglia fug-
gir la donna . Il vero elTer d' Eroe nclT
huom cattolico è il diffidar dife fteffb,^
fperar trionfo Ibi quando fuggej'l perico-
lo di cadere. Per una tale vittoria faria_.
’ • ‘ • ' % . .* • '
necef-
(a) Ub. j. (b) Ltb. Decada z.
Cc} Lib. de honefl. miilìer. .
V
144
«eceffario , che ognuno avefle Cottimo , e
Tadifìlmo naturale del buon Catone > di
cui fcrifle Patercolo (a) ebe no» operò mai
rettamente per apparenza ^ ma per non-*
potere in altra maniera operare. Con tut-
to quello però trattandofi'di una familia-
re , e continova dimetlichezza tra huorno»
e donna, io non faprei mai dar per ficu-
ro neppure colui, che d’un sì bel natura-
lefornito fofle, perchè dopo lo feadimen-
to della- natura pel primo fallo troppo v*
abbifbgna il concorfo ancora della divina
■ Grazia per tenere in freno l’ huomo in-
feriore, e correggerne le cattive affezioni.
In conferma d’una, tal verità rifletta cia-
• feuno , che tra le virtudi , le quali fanno
coraggio all’huomo contra de i vizj , alcu-
ne fon naturali , alcune fono morali . Le_»
-naturali quelle fono , che nafeono colP
•huomo fenza impararle , e le morali s’ap-
prendono con fatica , e con rifleflìone . In
que’ cimenti addunque, che fuperano la_»
■- natura , come è il’ faper contenerli nell’in-
trinfichezza col feflb femminile , la pru-
denza non vuole , che fi fidi l'huom favio
• interamente delle virth naturali , perchè il
• più delle volte non elTendo neppur volon-
' (arie , perchè nate in noi > fenza di noi , o
po-
• » *• »
«
Ca) Lib. 2. ». 85. • ’
DIgilized ùy Gpogle
145
poco giovano j o pretto mancano.E’gene-
rofoil.Lione, e leggefi, che abbia iftinto di
perdonare a chi l'e gli umilia : ma fe la fame
Joftringela virtù manca , cd ufa della fero-
cia; A mbiziofo è il Cavallo , e fembra,che
talora fi pavoneggi della nobile bardatura,
onde è adorno; ma fe vede, la biada feor-
datofi dell’ abbigliamento , e della pompa,
non fi vergogna d’ accottarfi con tutto il
fren d’oro, alla mangiatoja . Nè s’ olfenda..
veruno , che io porti in tal cafo la parità
delle beftie , mentre il (ènfo vinta , che_»
abbia .la ragione , locchè fuccede tutta voi.
ta , che ella non può collaudare all’huomo
inferiore , e ritirarlo da ciò , che è nocevo-
le , non è men frcgolatp , che le bettie me-
defime , nè in lui operano meglio , che in
effe , le virtù naturali.. Dunque vana è la_.
fidanza, che ha l’huomo fovra di quette_>
fole per ingolfarfi inavvedutamente in un
mare. , dove , da tanti fi fa- naufragio . Delle
virtù.. morali, ed acquilltc, et non può far
capitale , perchè fuperate ette pure dalla^
pattìon dominante , e , dellitutc in ppna deli’
arroganza dalla divina Grazia , che le con-
forta , ed avviva , nulla poflbno operare,
come accade nelle ruote dell’ Orologio ,
dove, fermatofi l’ordegpo. del tempo rego-
Jatoi’e del tutto , elleno per buone , che_>
fieno , c.:pcrfette. in fe mode(ìmc,non po-
tendofi muovere , a nulla l’ervono. h , dice»
■ K va
/
i4<i ' . ^ .
va un gran Savio , f/ùff tiit'fpaccìerò mai per
huomo fema difetti tù che noti foggìaccia
per lo meno al pericolo dì cadere ne’ difet-
ti altrui , dandomi a credere d'ejjer nato fra
gli altri come una Jìravaganza della Js/a-
tura ; Se tutti pertanto foggetti fiamo al-
le cadute degli altri > perchè non amtnae-
ftrarci col loro efempio » e prendere in_;
diffidenza quella natura j che d’ ugual pa-
lla eflendo in tutti , può in tutti ancora-*
cagionare un^fleffo oilòrdinc ? Perche de-
ridere^ ne’compagni quella gcnial feryith,
ed alzandole bene fpeffo la malchera met-
terla in ridicolo » come un’amor travcflito
da civiltà , e làlvarla poi ciafeheduno in fe
medelìmo qual mera feggiadria di gend-
lezza indifferente » quando mai s avveraffe
il fuppofto premeffo? — « .
ili. Ma veniamo all’apparenza d un Ul
coftume,che per verità nel Modo è
ma . Per non comparire troppo
fuppo'rre quefta fcrvitò cortefe d un fole
ad una fola Tempre ^ ed m tutti viz.offi ,
paffiamo,che poffa ella al*
re fe non favia interamente , lontana ai.
men dal reato , che io nòn
credere volontario in alcuno • Come tà lai
•vcrcnio da que’Critici offervatori diligen-
ti delle operazioni'^altrui ,
rfr^i regolano fol dall'ellertio !
S%hc nelle azioni ambigue, e che poffo-
no agevolmente interpretarfi ih mala par-
te, noi fiam tenuti a togliere ogni fofpet-
to, ed ogni occafione di mormorare , ón-
de infogna il grande. Abbate Guglielmo,
che due cofe commendaao l'operazione dèli*
huotno j l’ animo di chi la fa y e l* ejìeriore
apparenza dell'opera fiejfa .^z^La buona-»
intenzione commenda il fatto appreffo Dio,
e l'onefta fuperfizie dì lui commenda appr ef-
fe gli buomini .liba balìa addunque, che.!’
intenzione di chi particolarizza nel conver-
fare fia retta ; ma conviene di piii , che l'
opera iìefla apparifea tale, e negar non.,
potcndofr , che quefta j>arzialità verfod’un
folo oggetto non pofla faciliflìmamentcL»
foggiacere ad una finilìra interpretazione,
debbe ciafeheduno guardarfene aliai , di-
cendo ancor Tertulliano ;(b; che allaCrìr
fliana pudicizia non bafla P ejferlo , ma-*
cbè dee ancora comparire illibata . Quan-
tunque per avvertimento di Dio mc3éfi-
mo non aeggia farfi , pure gli huomini han-
no come per ingenita proprietà il giudi-
care fecondo ciò, che fi vede, onde un Pa-
lazzo, che non abbia Ììgnorile facciata or-
dinariamente non è iìiniatò j benché vago
egli fia al di dentro : e cosi le operazioni,
che hanno un cattivo ellerno , poflbno ef-
K i. fere
. ' • I , . .
Cu} la Cant. c. 5. (b) de Cult, f^min.
14^
fere fante in Ior,foftanza ,cJic ilMondo le
crederà fempre perverlc,cd inique. OicL.^
àttefa quefta .peflìma qualità degli hiiomn
ni quafi comune , ed .il fondamento , che ti
porge loro per giudicar male , c indiibbi-
tàto , che tanto, chi giudica , quanto chi c
giudicato , àverà la;,fua parte di colpa, ed
clfendo quefia lina* materia , che non am-
mcttè ia parvità > fecondo tutti i Moralilli,
reciprocamente farà grave il reato .
quefla colà per tanto io non trovo tem-
peramento alcuno , onde pofTa .ridurfene_j
la pratica ad una moderatezza lodevole, e
quantunque io mi ìia prelìflb in quello li-
bro di fecondare, è la convenienza , c la_^
diferezione , e per fino la debolezza d ognu-
no, dentro però fempre ai termini del do-
vere , in quefla forta di civile tràttcnimen,
to parmi di perdere la carta del naviga-
ré ,Q non faprei rinvenirne' una via di mez-
zo I Ed in fatti, chi. potrà mai affolvcre per
oiiefla negli éiàtti Oflcrvadóri della divi-
na Legge là dichiarazione di fervire ua^
Conjugató ad una Conjugata , quando que-
fla fervitìi per le file cifcoflanzc, edi nio*
fifa cfteriore , e d’aflldua frequenza , e d af-
fettata finezza , quantunque noi fia , vien_,
'però creduta da, tutti per amore ? Altro
per tanto non'sò' configliarc airhuom fa-
vio , che il troncarla di netto , e mantencifi
nel convcrlare ifi una tale indififerenztL^
con
\
DiglQjpd by
149,
con tutti gli Oggetti , che tolgafi affatto
ogni luogo alla fofpez'iohé. Quando il Sole'
ò nel meriggio le ombre fono'airai pie-*
ciolc j e nell’ Egitto- éflendo' égli nel-fe-^-
gno del Cancro ' le Piramidi non fanno",
ombra veruna, perche nel mezzo giorno,
vicn ad effer lóro perpendicolare appunto.;
In tal guifa quando l’Oggetto del divertU-
mento ,■ ò vogliam dire il Sole tcrreno'i’
mantienft nel meriggiò efpofto a tutti leji-
ombre fbno'picciolc , e sì leggieri i forpeti--
ti , e sì mal fondati , che in tal cafo io ne"da-ì
rei tutta la colpa a chi gli' forma indebita-'
mente . Ma 'declinando poi l’ Oggetto piìi
ad una parte, che all’altra ile ombre, cre-
feono , e- pendendovi affatto lì fanno gran-
di, e fufTiftenti , come nel tramontare 'def
Sole formano i Corpi un’ombra affai; luna
ga . Quijidi arguirli puotCj'éhe la parzia<.i
Jità verlò' d’un fòlo , o d’una- fola , non ^o-
trà mai eflere’ indenne’ p almcnò efterior'^
mente i e-chè-perciò^ elfendci- re’a- di'fcan-
dalo attivò in- riguardò '"agli altri j-nonJ
può praticarfi 'liberamente , fuppofto anco-
ra , che 'per la fua> intrmfeca''ionocenza>nò«
fé né fenta -riniorfo f«)ìpecidonò anché’i
Leggifti , che il dare-occktjicm-'d'alcùrt’ddn-i
no ilo che dare'*l-d'aaM' 'mede fimo : e
K 3 S.Pao-
■Éi
ìtàmÉUtk
fa) Salye,de fer, ^ ae[Uàìlb'càe fecwr,^ ij‘ )
I
Digilized i>y Google
$. Paolo afferma, che il porgere adito. colio
fcandalo alla fiacchezza degli huomini di
peccar giudicando , è peccato direttamente
contra di Dio ; peccando , dice , voi cantra i
fratelli , e percotendo la cofeienza loro in^
ferma , peccate contra di Crijìo , («) Efami-
i}i dunque bene ciafcuoo fòpra di quello
ifùoi andamenti ,' C confideri, fé vedendo
^gli. in qn* altro! quella fteffa procedura,
che. egli tiene in converfando particolare
mente mai Tempre, fe ne edificherebbe,©
pure. .ne relleria fcandalizzata,. e corregga
in Te medefimo; (bUecitamente. cih iche in
altri .condannerebbe. Se poi egli vede, che
non polTTa altri apprender per male ciò,
che egli opera colla fuppplla indifferenza,
feguici pure, che io non farò mai tra co-
Ip^rQiChe fi tengono, in giudicando , alla^
parte, peggiore. • • j ■
. .I V. • Vogljo per ùltimo in quello luo-
go. riflettere alquanto , giacché più innanzi
do v.r.ò; trattarne di prop.qfitp , (bvra la dab-
benaggine , per- non chiamarla con altro ti-
tolo ingiurioiò , d’alcuni Mariti , i. quali fof-
Trono in pace , -che. de lor Mogli fieno ler vi-
vide in quella gu!ira,q facendo i Tordi alle_j
pubbliche, detrazioni ^ eh e Tentono. TarTenc,
0 non' ' volendo interamente, capire la To-
danza
,Cu) u ad.CelrMtb, 8v 1 2.
DigMzedHI^ Google
I
IJ I
« d un tal coflumc . Parlerò prima di
quei Mariti j che .tìvj eÌTendo perjfe mede^
unii , e fpezialmente colle donne altrui] non
poflono pcrfuaderfi, che: altri fieno in.; ciò
ico eretti . Voglio , che non lì molìrino facii
1| a fqfpettar male per tenerfi lungi dall»
altro , pllrenio di gelofia , da cui ijalcono'
tanti guai giornalmente in molte cafC] co-
me dice lo Spirito Santo nell’Ecciefiaftieo:
(.a) ma non sò paflare quel chiuderfi djL.
P?r tal maniera l'pcchio Ibvra gli an-
damenti delle Mogli, che lafcino iorp, per
la briglia fui collo , e gli permetta-
li libérta.j^che in qualunque altro (ia-
to giudicherebbefi. per un’ahulo. Vederle^:
(tare tutta finterà giornata ed, oltre alla..'
mezza notte in compagnia di quei, che le
fervono, pare a me, che fia non feorger lume
— », ?»* — i??* !^^f|ando ancora H .Capo di
;Ua fempljce , ed ingenuo.» potrebbe
a mio- giudizio prendere agevolmente in^
dimd^nza’ una tal (èrvitò Iblo ,• penlando •
ftwtàfi a rinvenire iin buoa^
lervidor.e pagandolo ancora con abbondante
falario-, troppo faria .poi felice la .moglie^
fna a trovar chi la ferva con tanto d’ atten-
zione fepza veruno, interelfe . E| quello un
argom^to sì facile , é sì naturale , che lo la-
^ 4 . ria
(a) 26. 8.
» f \
• * -4 à
• ^ • « «i
• % * • *
Digitized by Google
...
ria benanche chi non vide mai logica in vi-
fo; Che fe poi debbo crédc'rfi -, dalla qual co-
fa io' non fònó mai per- ritirarmi , norrddrfi
alcuna feconda mira in codefta fervitìi sì
rigida-j e foggettofa , potraflì ben dir con_»
Platone., '(a;) che x -hanno ' pér'difto ^ Cùn ' loro
buona pace *, la metà del giudìzio 'Quegli,
che vi foccombono :Crcào bène , quel , che
credono molti ;cioè; che le Mogli loro fieno
onefliffime , e nette in ciò da ogni macchia
anche. "minima . Non per c^uefto però'idee'
loro'àccordarfi uiià licenza, di viyereichc
quando" non pofla 'col. tempo macchiarle i'
può fare ';pe’rò , che altri le. teiiganó già per
macchiate ; Se fù cònfiglio- dcl Profeto-.
Rèale , C&)cHe le Conforlr fticno in cafai-.
non folpv 'Hia ritihitc ^'bèriarichc negli' an-
goli più Vrerho ti di cKd'iJìialatuamoglie-
. fié* cantv delld tua cafa ; ''còme dunque.-!
pòtni ' lòrò accòrdare' il rriàrito prtìdéute ,
o lo ftàrne fenipre fitora , o* ih' elfà àcfc'òm-
pàgnXte-fcmpre da ccrtf ihdivifibilrAcati
che Témbràiio'MP Battello ideila NaVe J o il
Piedèflàlió 'dcna'CòIònh’à"^? Ató dalla
» • 0 t
relazione -altriii ', e 6allà‘ fporicìiza' òcvi-
lare , 'che i jùrchi non lafciano Tóì*tire'di
cafa'lè dònne loro fe nòrt Copértè ; é th’e gli
- .. < .1. . . * - £brei-
(a) 6. ds Leg, (b^ Pfal. 127.3.
...... , . •—
Ebrei non le danno adito nelle firtàgoghe,fe
non fedivife affatto dagli ’ huoriiini : onde_j
non può non cflerc moftruofo' il’ permèt-
,terfi da i Cattolici alle proprie una sì coh-
tinova , ed indifcreta dimeftichezza ' coòl
chiunque defidcra di trattarle . Sembra in-
giuria, dicono alcuni, il contarci pàfliì a. cer-
te donne , che nel candore non ia‘ cedòhò
alle greche Penelopi , nò ‘alle Remane 'Lii-
crczic’. In primo luogo io'fbflèngo', ’cheò
una. donna ' veramente .amica' 'dell' ònefià
non fbfFrirà di yederfi accanto; feràpre,,p'e'r .
dir Cosi , uh, puntèllo , quafichc non pòteffe
reggerfi altrimente , come" feii za l’olmo la
vite : òdi quefte ne vediamo- '.anche a i tcm''«
pi hóflri moltifllmc , le quali rihunziaridó
faviamentc alla -gran moda non ammetto-
hb Buone- ‘voglie al lor fervizio , nè altri Pir-
letti , fuori di'qucgli ,che fon pagati dà i lòt
Mariti'. Ma. 'oltre ancora di ciò chi non "viede
'hoh efl ere iftgiufia , ma fpczié' bensì di lì?-’
;ma','edi rifpcttó , l’irivigila'rc i Mariti all^
cuftodi’a delle Mogli acciò non s’accbfti vò-
ruaó ad òfeufàrè' .anche inminim'à parte lo
■fplciidorc di ior pudicizia ? Forfè mancò di
■Convenienza •vèrfo ' di' Sarà laa Confortélì
'Abfamò j’C'J)?'ì'è)rchc invitati ihcAfa i treih
Pélfegririi- incogniti- fece loro' ogni' forta^i
damo-
• é * * I
(a) Gen. i8.
1
*54
.4’amorcyote^ accoglimento lenza chiamarla
^ancor efla a cpmiplimentargli ? Le die ben^
ordiaeldi preparar lofo.Ia refezione, perché
folTc a p;^te nel merito della fanmOrpitalh
tà , ma non permife , che ella mancàlTe , còl
.l^iarfì vedere., al lùo contegno , ed al do,,
vuto ritiro , Quello , foggiugne qui S. Am.-
irpgio , (n,) Cibe riguarda la pietà ^ Àbramo
lo9>uol eoù .ejfa comuae iquelldyche appar-
tifue alla verecondia, lo Jafeia inter amen^
te a Sarà} il Marito flà Julia porta dì caJcLa
per ifpiure il puffaggìo degli Ofpìti , e Sara
difende nella ritiratezza il candor del fuq
fejfo. Io non vorrei , che ciò derivafle da me»
/a debolezza di fpirito nè i Mariti, '} quali'^
poco a poco lafciandolì guadagnar la mano
j^Ile Confòrti fi riducono a quella foggèzio-
ncmede(ìma,che dovrebbòno da elle rifeuo..
fere ; onde conolcendo il male y per conferà
.vare però, come alcuni dicono pocofènla-
tamente , la pace , non olànò di rimediarvi,
]^a legge dc;i Giudei nel Deutèrcnomio, 0)
jchc i non fiveflìlje la donna colle vejìi dell*
buomo y e che PbuÓmo non u/ajfe degli abiti
/etnminilix ,tà io (limo , che ;mira(Te' un tal
precetto alla gravità , che a.ver debbe l’huQ*
mo per m.antenerfi in grado autòrevple-*
fovra la donna . A i tempi nplìri . però non fi
, - ofler-
C») Ub, I , c. j. (b) cap, zz.
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oiTcrva certamente quefta legge » redeodofi
anzi molti di codefti ridicoli travedimcntit
onde podi!) non pochi Sanlbni . alla rocca»
feorgond-poi baldanzofe . le Dalile ciogef
fpa(U»efarla in. tutto diQioticamente dau
huomjni ^Non.lbno io dato, mai d’umore di
pegare al fedo donnefeo un certo pregio ^
accortezza » c di virile intendimento » e con*
fedo di conofeerne nioitidime di tal qualità;
pure parlandoli generalmente > h DoJf»0 t
fecondo A yerroe > Uff buomo imperfet*
tcf ; e perciò debbe edere diretta dali’nuomQ
in tutte le die operazioni » e non avendo edàf
come pure decide Aridotelc » C^) che uà* «r*
bitrh debile » ed i» fermo x ha da fard regola
nell’operare.dei cQdumi » che vede pei Aio
Marito » conchiudendp per utile infegna-
mento, io Aedo Filofofo : la Mogli
giudicate s che $ coturni, idei fuo Marito f.e-
no 0ua. legge: della propria tìita a lei pr f
ferie fa da Dio^c), pel eougiuugimeuto del
Matfitnouio . Non manchino dunque i Mari*
ti dirpr.ecedere coH’efempio.alla buona con>
dotta delle Conforti loro,»;{oyradando fem*
prc autorevolmente , ma nella foave , e di-
fcreta^ nwpicra,che gliprefcriye Plutàrcot
id) ^gieeft%t,dice , fbe. prefieda alla Moglie il
I UJl'Mji III I. mniyw
.(a) I . tbìf. eom. 8 ij fb) i. f.ol, (c} y.Oeeon.
i^ff^epìrdcept.cofiigl
15*^ . ■ ,
Marito i 'ijftn come 'KtrVadr otte 'ciWarmentOy
ma come P Anima al Corpo , ad ejjò congìun~
ta per una certa naturale confederazióne^
d’amoré e di ben'evólenza. Vaffò- con t|uefto
all’ordine di quei Mariti •, che avendo pun-
tò , o poco d’ambrc' per le Conforti ,*che_i
Iddio ha lóro cogiunte per-le^gc matrimo-
niale", diftcndónQ.fiiori di cafa il proprio ge-
nio-, e fi divertono fptto il pretefto di quella
civile fervitfi colle Mógli altrui'. Sempre mi
fiè rendùto difficilé da'- comprenderli comò
hiiomini di tal’ afiare' nóh fi pèrluadàn'ojche
altri pofla eccedere nel fervirelé Mogli lo-
ro', quando elfi tràlcórrefiero mai fuòri de i
limiti dell’oncllà nel fervire le dònne d’altri.
Quando ciò accadèlTe mai , che non voglio
allumarlo , faria ben quella- una'lbrta di ce-
cità vòlontària,'c maliziòfa, per cui badando
eglino all’inter'cire'delle’propl'ie Ibddisfazio-
ni chiuderebbònò gli occhi a~ bella pòlla^»
per non eirériié'’tiprèfi.'beh- giullamentc,
fullà maniera" di vivere’, che praticano le-»
Confòrti' loro ,pividpnfi,ciò''.fupppllo in_.
quella forma -, ohe- effer pòfelfè V gli animi
uè’ con jpgati i e ctÒV eh’ è contragehio , ed
’iàntipatia indégna' del làhto loro 'cònlbrziò,
fi qualifica per armonia di pace', e fi onora—
col titolo di fcambievol concordia . Dal De-
monio xertamente- fpargefi in alcune Cafe
Cattoliche la femenza d’una tal .pace infer-
narc péf fare centra il divip precetto deYe-^
" ' " ■ ’ ’'^eti
greti divorzftra perfone legate inficmc col
nodo indillblubile d^m reciproco amore. Pc-
fie non può darli peggiore di quella fra’con-
jugati > mentre alicnaiidofi ,‘c morendo .del
tutto rafìezion maritale, vi nafee Podio , cd il
pefìimo diiòrdine di proccuraiTi Piino, e Palr
tra con libertà un palcolo geniale , c dentro,
c fuori di cala •Mancando pofeia i Mariti all’
uffizio lor proprio d^infifterc fopra la direzio-
ne delle Mogli lappiano , che fi fanno rei
preflb Dio , e del proprio traviamento > c di
quello ancora delle Conlbrti , che alla tra-
(curatezza loro attribuifee • Ciò fi vede pa-
lefc quella di Putifarre , la quale adocchia-
to il cado Giufeppc Ebreo (,a) giovine di bel-
lezza uguale allafomma fua continenza-.,
icordatafidèl contegno , e di femmina , e di
Padrona , ebbe ardimento di porlo con in-
degne richiede in pericolo di macchiarfi .
Ponderando S j\mbrogip un tale a vvcnimcn-
toaferive alla trafeuraggine del Marito la_,
icorrezionc della Conibrte così dicendo : (/;)
fio» era in potere del Servo il far tì , che non
fojfe veduto : dovea il Marito pigliar cautela
fovragli occhi della Moglie . Panni per tan-
to , che tutte quede ragioni debbano pciTua-
dere ciafeuno, cui prema la propria làlvczza,
a ritirarli da un tal collumc , che jìcr niuna^.
ma-
Ca) Gen. 59. (b) Lia. de lof. c. 5.
. 158
maniera può difehiedi (cjuando noi faccia.*
la colcienza particolare di chi lo pratica , a_.
cui io non m' oppongo ") e vedendo in fondo
a quella fpezie di fervitu,che ben fembra più
che civile , deteftarJa , c fuggirla , come un.*
principio di fpirituale rovina , che tanti ,
tante potria, non correggendofì > guidare al-
la perdizione fatto colore di moda , c di gen-
tilezza 4
Delle
/
Delle Pcrfonej colle (inali Ji dee
convèrfare . ‘
CAPO XI. .
< •
' r • • t
I.Q E per (ciegHere la Conver(àzione, corné
. w J di fopra fi difle , v’ abbifogiia un lungo \
e maturo configlio, tanto più lenza dubbio le
nc ricerca per Ja fcelta delle perlbne ,colle_/
quali dee converfarfi, più iaqucfiò , che in_,
altro eflendo veriflìnio il detto di Tucidide.,,,
(tf ) che la prudenza parlar tfce nelle delibera-
ziont una giudfzioj'a lentezza . Non poten-
do pofeia negarli al gran làvio di Grecia Bir
ante, che più nel Mondo fieno i cattivi, che.j
i buoni, tanto meno potrà contenderfi , cheJ«
non fia colà da ftolto il non fare lunga, c pru-
dente difamina sù i cofiumi di quelle perlbne,
colle quali vuol praticarfi : e chi di ciò fi fà-
ceflc gloria potria con Tacito annoverarli
tra gli huomini incolti , e bàrbari , 4e* qu^h
egli difie ad altro propofito,C^_)che,yàati>'<7ff'-
doglì fervi l eofaP accorta lentezza giudica,
tono imprefa d’ animo regio r efeguirfubho
ogni determinazione più Jlrana . Per elegge-
re addunque con ficurezza bifogna farlo col-
la feorta della prudenza , e non mai per i m-
pul-
' ■
Lfb.z. (b} Ubo6*AnnaU . _
i6o
pulfo delle paflTio.nJ 5 che (lf*tc cirendo femprc
nemiche della'ragione , tolgono anche per
Confcgucnza il vantaggio delle migliori ele-
zioni . La podefià deli' eleggere è un privi-
legio , che diftirigue da’ Bruti 1^ anima ragio-
nevole, e r ha iddio conceduto airhuomo fo-
16 coflituendolo j come là più nobile delle»-»
creature corporee , in una piéniflìma libertà
d' arbitrio^ perche appigliandofi di buona vo-
glia al bene , e alla virtù, fi faccia , come urL>
merito all^ eterno premio dieffa, che egli
per altro difpcnfa nel Cielo per mero genio
dcir infinita fuà mifcricordia . A qucfto pri-
vilegio di libero arbitrio s’ oppone poi V ap-
petito irragionevole , che noi chiamiamo
pafiione, c togliendo la libertà alP anima d’
operar bene in grazia del corpo , toglie an-
cora la fiivia elezione, che è primogenita dell^
arbitrio, onde Seneca fcrifle profondamente:
(a) ntum , che ferva al corpo , tjfer lìbero .
Ecco dunque chiafiiTìma 1^ importanza di ti-
rar fuori da quello impiego ogni paflìone , fe
brama ? hiiom favio di fareun^ elezione , che
(ia fua, libera, prudente, e profittevole .Con-
viene in quellò non clTcre come 1’ erba , che
dicefi parctaria, la quale s’attacca indiflercn-
temente ad ogni muro; ma confidcrando in»,
tutte le cofe il fuo buono , faperlo pigliar di
mi-
• Ca; r/>. 93.
i6t
mira, e volerlo ad efclufione di quanto poteA
fc parere al fcnfo più dilettevole , c più dol-
ce, eflendo quella, fecondo Quintiliano : (a)
cofa da huomo eccellente . Venendo poi agli
oggetti della Converfazione , che fono per
ordinario le Donne, fu, non puònegarfi, biz-
zarria da Poeta , benché ricavata da un lodo
configlio di Platone , quella di riHetterfl
dal fiattida , che danno interpretandofi ana-
grammaticamente la Donna debbono feie-
glierfi per ciò le più picciole, ed in rìodra fa-
vella così rifuona .
Scter tra t danni convìen fempre il minore
• % •
Ma parlando con ferietà dico effere miglior
partito l’appigliarfi al cohforzio di quelle^»
donne, che moftrando meno di fpirito , e di
brio fono più ancora inclinate alla faviezza, -
elTendo fempre per quello minore il pericolo
di rimanere prevertito in chi le tratta . Ben
però è vero , che ricercali anche in ciò una_.
particolare attenzione per non lafciarfi in-
gannare ,come , fc non fempre , fuccede tal
volta, da una certa affettata modellia , che_»
peggiore eflendo affai d* una manifella , ma_.
ingenua vivezza, occulta fotte il contegno la
frode , e vibrando fottomano la freccia ò più
- • - ■ L • ficu-
Ca] Declam. 95* [b] in Protag,
\
ficura nel colpo: ulcufjì ^ avvila Tacito 9 (cT)
nafcofidotio Jotto il coloTC una ajluta coyfjpor
ftezzd un ptjfuno animo . Ciò ancora hi con-
lìdcrato dal buon Seneca > onde lafcio lei itto:
fuggite da certi volti , che più fon da^ te-
tnerfi quando arrojjifcono^ qnafi , che abbiano
con ciò gettata fuori tutta la verecondia dell\
anima. Nello lluolo delle molte donne là-
vie, e prudenti , che pur tante fe ne contaro?
jio lempre , e fe ne contano , vi lòno alcune->
faputclle, che lafciandofi ad ogni momento
cader di bocca una (entenza la tan da Filolb-
feire,ed a guifa appunto di Secondo Cariiiate,
del quale diffe lo Storico precitato , che : [r]
avendo fempre fulle labbra la dottrina de^
Greci y punto non ne riteneva nel cuore ; fpu-
tano fempre dolce , e grave , adonta dell^
amaro, e del debile , che han di dentro > e pi-
gliano con arte molti merli alla rete . Po-
chillìmo avendo clfc di merito per le ni;ede-
fimc ufano dell’ incantefimo per legare al-
trui, come i Popoli dell’ ultimo Settentrione,
che privi di forza fi valgono della magi^ per
affafeinare , ed Iflupidire i più robulli allo
fcrivcr d’Olao. (</) Ottimo farà per cono-
fcerle bene il documento d’ Ariftotele, il qua-
le notò, che: le'] il Jilenziq apporta decoroy cd
orna^
[aj Lib. 6. Annal. [h]Ep. 1 1. [c] Ib. [d] lìb.
3. c, I, [ej i.Polìt. ' . V. / .
ornatézza alla femmina ; onde potrà l’ huo-
mo di Iciino l'coprire affondo l’ animo di effe
dalla moderatezza , che vi fcorgerà di parla-
re, arguendo , che l’ interna virtù regolando
la lingua loro non lafci ufcirne , che fonti-
menti pelati , e malTime di vera faviezza per
allontanarle da quelle , che mettono in mo-
ftra una Morale confluente nella mera pom*
pa delle parole . fu] j^on pochi , dice in tal
propoflto S.Agoftino, cercano con gran dili-
genza ì detti fapienti , ma •nogliouo avergli
nella teorica della dottrina^ e non già nella^
pratica-delia vita . Quelle poi, che fl tengo-?
no in riputazione di belle parlatrici da feinc-
deflme fl manifellano per più perigliofe tut-
ta volta, che fervanfi d’ un parlare terfo , ed
elegante , come d’ un vezzo per catena di chi
le alcolta, più godendo , come dicea Salullio,
[^J d' avere un* apparenza , che una fojìanza
buona , e lodevole . Non condanno io già in
tutte le donne lo fpirito , c la cultura d’ uii_>
parlar proprio , la qual cofa molto è più fli-
mabile in quel feflb , che d’ ordinario non s’
applica di propoflto agli fludj ; ma difappro-
vo l' uiàrne con feconda intenzione di piacer
re , e confeguentemente addeicare chi le ode
facendone come una giunta di futTidio alla_>
forza , che ha pur troppo la bellezza per fe
L 2 me-
(a) In Pfal, 1 1 8-Cb] In Catil.
164
medcfima . Siccome poi io non pofì'o in quc-
flo aflblvcre dal reato alcuna donna, cosi non
lafcierò maidiperfuadereagli huomini di ret-
ta colcienza il ritirarfcne , come da un vele-
no, che tanto forte effondo , quanto dolce , e
gradito , Tempre è più ficuro d’ uccidere .
• II. Ed in fatti quefta iattanza di fpirito ,
e di leggiadria briofa , tanto prefib di pochi
mcn laggi decantata in oggi nei Mondo, ha
cagionato un inconveniente, del quale a mio
giudizio egli dovrà peotirfi per lungo tempo,
quando pure deggia fperarfi , che polTa cor-
reggerio affatto . E' quello V efferfi la parte
più debile rondata padrona difpotica della più
forte, cioè della mafehile, che legata dai fem-
minil brio peffente più, come do vrebbe, non
fi da luogo di comandare , onde io ripeterò
qui ciò, che mi dilTc per ifcherzo , ma grave-
mente, non ha molto, un gran Savio intorno
alla nuova nfanza del Cerchio nelle Donne-*
del noftro tempo: ere. che i:on con^
te:ita^jdofi quejìo J'ejjo di comandarvi a bac*
eletta^ vuole occupare ancora tanta parte di
Mcndoy che gli buomiuì più non fapranno do-
Ve pofare il piede ^ e dove ritirarfi per dar
luogo a codejìa Jìrana eferefeenza di lujfo !
Oò fuppofto , lenza però mai togliere il luo-
go al vero per chi meglio divifar Io fapefle ,
troppo è do verofo il riHettcre feriamente ful-
i la maniera di feoprire V interno dllce perfo-
! ne prima di metterfi aconverfar con effe-j
I inav-
I
I ^
d tiy Google
inavvedutamente . Quelle per tanto , che_»
fono di buon cuore , e d’ ottima indole , han-
: no ancora un aria efterna di macfth , di chia-
i rezza, e d* ingenuo candore , e fi didinguono
per ciò bene fpeflb da quelle, che non hanno
capitale di virtù; onde riconofcendofi come i
I Metalli al colore, poflbno molto giovare nel-
la (celta , che debb.e farfene . A queflc bifo'
gna dunque appigliarli , quand’ anche.»
vi fi trovafle meno di quelle doti , che più
piacciono all’ occhio, o alla mente poco pur-
gata dalle materiali fpezie , attendendofi cia-
1 Icuno al buon configlio di Seneca , dove mo-
flra, che; (a) P animo rimirando le cofe "vere,
I ed ejfendo perito dì ciò, che debbe dejiderarfit
1 non per P opinione^ ma per la natura loro le^
I apprezza . Si ftigge con ciò il pericolo d’ in-
I gannare dannolamente fe ftelTo , preziolb
t giudicando ciò, che è vile, e che non merita
I r elb’mazione dell’ huom prudente , cui fem-
I pre ha da piacere il meglio,o per lo meno ciò
I folamente,che in fua follanza è buono . Que-
I (la, al dire d’ Orazio , è la difgrazia di chi vc-
I de gli Oggetti coll’ occhio della paflìone , an-
I zi che del difcrctodifcernimento, poiché cie-
ca eflendo ella non dillingue le qualità, e->
confonde col buono il piacevole , e per ciò
j nelle perlbne, che riguarda con tenerezza-. ;
I II
I ■ I
1 Ca)
\
\
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t66
Jl •otztó V ìnganita yes)P alletta ì
Che il Commenda nonfoly ma fen diletta . (<*)
V amor delle cofe belle è non poco equivo-
co, ma quello delle buone è Tempre favio:on-
de io non lafcicrò mai di lodare quell’ huo-
mo , il quale elegga la pratica di quelle per-
foné i lo fpirito delle quali più nei coAume.»
rifplenda j che nell’ eAerna avvenenza del
brio . Se tra le Donne per tanto alcuna fe ne
tróvafle , che fi facelTe gloria di eflere la piiù
corteggiata , io la'crederei ancora la più pe-
ricololà, e più degna di venire fcanlàta, men-
tre parendole di meritar veramente quella_>
fpezie d’ ofTequio , che per lo più Tuoi eflere_#
un’ adulazione dell’ avvenenza, come fe gua-
dagnato r avefle col pregio d’ una loda virtù»
fi appaleferia da fe medefima per leggiera ,e
nocevole in confeguenza a dii trattar la vo-
Icfie. Meno poi non farà dannofa la Con-
verfazione di quelle , che affettando la beltà
ffranamente,fe ne pavoneggiano ancora ol-
tre mifura , come appunto fe un tal fiore po-
teffe renderle ugualmente ffimabili, e buone.
Perchè poi in quello può eflervi dell’ alluzia
non cosi facile a difeoprirfi , fìngendofi da_.
cert’ une di non curare ciò , che più curano ,
è re- ,
— ^ 1 — • I 'i li — ^
(a) Lil/, i,Ser,Satyr. 3.
è regola certiflìma di conofcerle fenza sba-
glio l’oflervare la picciola , ma coftantej
invidictta , che fuolda effe moftrarfi cen-
tra le altre non meno vaghe , e la premu-
ra di comparire mai Tempre > cornei’ accorta
Fabulla di Marziale in compagnia delle meno
avvenenti per tirar vantaggio dal lor con-
fronto . Perchè in un Mondo si vaffo , e sì
pieno d’ umori diverfi , può pure ancora tro-
varfì una tal Torta di femmine , Te mai fi tro-
verà per me giudico effere il conforzio loro
pernizioTo in ibmmo ; poiché vane clTendo ,
e tronfie d' un patrimonio , cheinfe mera-
mente confiderato non è , ehe fango frale-» >
non potranno mai tenerfi per capaci di por-
tare alcun giovamento a quei , che le prati-
cano . Ed in vero qual gravità , e fbdezza d’
animo potrebbe mai fupporfi in una Donna,
che invaghita, come di Marcilo finfero i Poe-
ti, di le mcdcTima per quello, che c in lei fen-
za di lei , c che perciò dovrebbe difingannar-
la i fi vedeffe vogliofa in fommo di farfi ado-
rare qual Nume terreno , ed indurre gl’ altri
a perdere il merito degli affetti in colà inlìa-
bilc tanto di fua natura, e caduca ? Se foffero
tutti gli huomini dell’ umor mio , che non è
forfè il piò auffero , farebbe lor naufea certa-
mente ciò , che a moltiffìmi è cagione di ma-
raviglia , mentre io non trovo cofa , che pili
mi diminuifea l’ eff imazione della bellezza^ ,
infima qualità di. tutte I e cofe,qaanto la pem-
É 4 pa«
i68
pa, che io Veggia farfene da chi la pofliede-ii I
concorrendo nel fentiraentodi quell’ huomo
d' acuta villa, che dir folea ‘.quella ejjere tra.
le creature la più brutta , che fi tiene , effe»- .
dolo ancora ,per la più bella , e troppo moflra
di compiacerfene . Sia pure un tal pregio,
quello , che più piace a’ Platonici > indizio d’
anima pura , limpido raggio dell’ eterna Bel-
tà incomprenfibile , e fcala per falire al cono-
feimento del fupremo, e vero Bene ; per la_.
mia parte io ho ftimato Tempre più làggi&_«
edere quelle Donne , che dalla natura Torni-
tene a dovizia danno a divedere di non cu-
rarla, e premendo fòvea la Tola bellezza dell’;
animo, che è la vera , la durevole , c la per-
fetta, lafciano, che ognuno Taccia dell’ altra_,
quel conto, phe più gli aggrada, lungi tenen-
doTi elleno intanto dalla colpa di concorrere,
in qualche parte nell’ adulazione de’fuoi am-
miratori . 11 Signor di Tarrin diTcorrendo;
nel Tuo libro intitolato La frenerà, e gli Obe~
lifehi d' iArlet t di due llatue aliai nel mon-
do Tamofe, cioè della Venere , che vedèfi nel-
la incomparabile Galleria Reale de’ Gran^
Duchi di Tofeana i e della celebre Diana d’
Arles , dopo lunghe , e ben fondate ragioni
preferiTce alla prima quella feconda, poiché
jafeiando alla predetta Venere tutta l’ efqui-
fitezza dell’ arte vi nota un vago teatrale-» ^
pericolóTo , ed ifligante , laddove nella fua_»
Diana rifplende un aria grave, fignorile, pu^
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dica, e che da (e concigHafi tm ibmmo rifpet-
to . Da ciò può dcdurfi la conferma della^
^gran verità , che di l'opra accennammo . Ne
-^^qu'ì è da lafciarlì P errore d'a]cuni> che fi ere»
don ficuri per avere eletta la Converfazione
di Donne già attempate , onde gli fembra d’
aver fuggito ogni pericolo di traviamento <.
Quando elleno fieno abituate nella laviezza.»
io ne approvo la pratica, e la commendo, po^
tendo la G io ventò impararne alTai attefa la.,
molta fperienza, che hanno effe del mondo»
per la quale combinando le palfate colle pre-
l'enti cofe , nc rilevano Ipellode i documenti
utilifiìmi a chi dee mettere, come fuol dirli , i
ferri in acqua la prima volta per far la fua_.
comparfa tra gli altri . Ne olia il non avere
clTe r ufo de’ ftudj , poiché la pratica tal vol-
, ta nelle cofe difficili nc fupplilce il difetto, ed
alcuna di loro potrebbe in quello difenderli ,
come Alinda preffb del noltro gentiliffimo
Collega Enotro Palianzio : C^)
. * \
So/a dell’ huom V ambì zìo» tiranna
■ . Il nojlrofejfo a non faper. condanna .
Tutta volta però , che folTero di cofiume di-
verlb crederei, che dovelTcro evitarli al pari
delle altre , (limando io più alfai dannofa la_>
Con-
ca) Canto 3:
ì'7o
•Converfaziohe d’ ari’ attempata fcorrcttal. ,
quando fi dia , che quella d’ una Giovine fa-
via . La ragione fi è feguitando un tal fuppo-
•fto , che feinpre voglio credere impoffibile_«,
perchè in tal cafb la pratica ben lunga, che_»
hanno codcfte del Mondo, non avendole an- |
coradifingannate abbafianza, riefee non iblo
d’ ammirazione , ma di motivo benanche a i
giovani per invaghirli d’ una maniera di vi-
vere, che fempre dolce in altri feorgefi , e_>
Tempre gioconda. Preftando elleno come,
ai dir de’ Poeti , le Gorgoni l’ una all’ altra 1’
occhio venefico, a i loro trattenitori la mali-
zia cangerebbono troppo agevolmente i’ in-
dole buona in rea piegandola deliramente al
vizio. Per diflinguere una tal Torta di fem-
mine , giacche la credo fempre in ogni luogo
fadiflìma , nulla pih v’ abbifogna , che fuper-
fizialmente mirarle, e toflo dagli abiti fe ae_»
ravviferanno l’ interne qualità meglio , che
dal mantello non fi comprende talora la con- ' '
dizion de’ Cavalli . Se mai compariflero pih
ricche d’ abbigliamenti , che non di frutta-,
gl’ alberi nell’ Autunno, fùria fegno infàllibi-
le di leggierezza , c di animo non peranche.«
pulàto . £d in vero, fe ridicolo renderebbefi
un Architetto , il quale unir voleffe all’ anti-
co il moderno fenza temperar l’ uno coll’ al-
tro con qualche modificazione proporziona-
ta per togliere la crudezza di due contrari :
non faria certo oggetto mcn degno di rif^
quél-
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>7*
quella donna di tempo » che alla fbdeaza dcIP
età grave unir volefle le finezze, che potefle-
ro condannarfi per eccedenti anche nella pijh
florida Gioventù. Baderà addunque una^
femplice occhiata per guardarli da un forni*
gliante pericolo, che non faria certo , incon*
trandofì, il men grave, e dannofo .
111. Alcuni ancora li trovano tra gli
huomini d’umore tanto particolare , e per
vero diredravolto, cha nulla mirano al dàn*
no di elegger male i foggetti del loro diver-
timento , purché acquidino la vana lode^
ingannevole di perfoiie di buon cuore col la-
feiarfi piegare ad ogni parte; come fe buono*
cd efpcrto efler potefle il Piloto rivolgendo
il legno dovunque fpirano i venti . Se egli -
fempre trar fi lafciafle a feconda meritereb-
be la taccia di Seneca (a) dove dide : chi non
sà a qual porto s* indirizza nian •vento può
chiamar fuo . L’huom di buon cuore ha lem-
pre da modrarfi inclinato alia virtù , c fc-
guitare la Corrente fin tanto , che non s’im-
batta in odacoli , che da lei lo divertano,
come l’efperto Nocchiero appunto , che pi-
glia il vento fino a tanto, che noi dilunghi
affatto dal Porto , a cui tende . Non è buono
quel cuore, che apparifee indifferente per
appigliarli occorrendo , o al male ,o al be-
: .172
ne : c Ce Phuom- buono j come bcnifllmo in,-
l'egna Platone (a) , è fimìle a Dìo , debbe_*
eflcrJo ancora nella fermezza tanto propria
della Natura Divina , e comparir fempre ter
hacc delle (àvie rifoluzioni , /« effe , al dire-j
di S. Agollino effondo la mente de* faggio
€ buoni huomìnì immobile . Chi dunque giu^
flamentc . vuol farli tenere per huomo, di
buon cuore dee fuggire ogni Ibfpetto di mar
le , cd abborrire per confoguenza la confue-
tudine di quelle perlbne, che fvqgiiar lo polr
fono della virtù , poiché non è buono , fecon-
do Arinotele chi non dilettafi dellc^.
buone operazioni , e tanto meno lo farà chi
fceglie il trattenerfi con coloro > chq aflblu-
tamente operan male . In fatti qual pruden-
za potrà fupporfi in quegli , che eleggono 1’
oggetto della Converfazione, che può fargli
cattivi > quando fecondo il prefato S. Agoftir
ho Cd) la prudenza infegna ciò , che dee te~
uerfiye do , che dee fuggirfiì Saranno elfi e
derill dagli huomini favj per averea bella_.
pollà ^elto il male , o la cagione almeno di
clTo,ed accufati dal proprio riraorfo pec
aver voluto afcpltare in quello più il ge-
nio > che la giullizià. Chiuda l’Kuom di fenno.
pertanto, l’orecchio al dolce cantò delle Si-
: rene ,
j
(a) in Mini Q^) de Or din. Cc)5, Ethic, e» S»
Cd) ^d fratr, in Herem. •
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rene , che poieiTcro invitarlo piti per uc-
cidere , che per dilettare , e diftinguendo fa-
viamente dalla verità la bugia ne penetri
•bene il cuore prima di credere al fuon della^
•voce , perchè l’erba più folta , c verdeggian-*
• te nafeonde talora il fiiolerpc , ed il pomo a
rhirarfi più vago racchiude fpefle volte il
•verme , ed è guado nel fuo midollo . Non dì
rado fuccede-, che le perfone , le quali dimo-
ftrano ad un l'oggetto particolare un genio
più appaflìonato Ibno Ibvente le meno capa-
ci di vera amicizia j come l’ombra , che fie-
gue per tutto il corpo, ellendo pure incapa-
cilfima d’amarlo . Chi ha da comparire in.,
pubblico, e fard la prima volta huom di Mon-
do , dabilifcad bene queda mafììma in meur
te ; bensì trita , ma di fomma utilità , che_»
femprc non è oro tutto ciò , che riluce, e che
anzi talora il troppo lume può elTerC indizio
di falddcata ibdanza, vedendofi alcuna volta
più rifplendere a cafo un femplice vetro,che
un diamante di fondo. Si guardi egli con tut-
ta premura da certe ederiori finezze , che_»
tendono ad allacciarci cuori mcn cauti , e
dà quei foggetti , che fimulando d* efier tut-
ti di tutti non fono di veruno per veri-
tà : perchè l’arte di vendere , come pafsò in
proverbio il Sole di Luglio non è l’ultima tra
Je più praticate in quedo Secolo . Simili arti-
fizj frequenti, i quali nel gran Mondo ca-
dono tutto di fottp l’occhio, mirandoli dai
fuo
9
fuo vero punto potranno elTere un’ ottimo
difinganno per gli huomini accorti,e di buon
gullo,e Tea i meno ritienivi formano la rete
d'un mifero aìlacciamenco, potranno fervi-
rc ad eflì ,comc il favololb filo d’Arianna_>
per ufeir da qual fiali labirinto più difHcile>
ed intrigato . La follanza del facto fi è j che
non bilògna formarfi un’oggetto , o di ma-
caviglia , odi compiacimento , di ciò , che-*
efler potrebbe una frode, nè fermar fi co ii_.
jiiipfudenza nella corteccia delle cofetralcu-
rando l’utilitrimo (ludio di penetrarne l’in*
terno < — —
IV. Il più (ano contiglio addunque per
fare ùnafcelta prudente delle pertbneda-,
praticarli a mio parere fi c l’attenerfi in ogni
rango , oalle fuperiori « o alle uguali , ma_.
non giammai alle inferiori nella propria li-
nea.07lle perlbne fuperiori fi ha fempre una
certa fpezie di maggior foggezione, che fuol
nalcere dalla riverenza naturale, che tutti
abbiamo verlb di chi c’avanza in alcuna co*
fa , onde élTendovi per quello un pericolo
affai minore di familiare dimcflichezza,,vieix
tolto altresì ogni adito al male i Sembra a.>
taluni fervil colà il vivere in foggezione;
ma pure ella c un’ottima guardia della mo«
defila , e del contegno , faccndò , che moltif>-
fìmi fieno buoni , o non cattivi almeno , per
quel rifpetto , che da loro in altri efigge la_,
maggioranza . Nè dee ciò parer firanu a ve-
runo
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nino )‘qua(i che venga per quefto perfualò a
farli buono come in apparenza , e per moti-
vo meramente politico ; poiché a coloro,
che riculàno le maniere pih ficure di eflérlo
per mezzo della virtù , del ritiro , e dell’ora-
zione, eflér, non puote , che v.antaggiofo il
metterli in ci mento di contenerfi , come per
forza, e di non poter elTer catti vi, quand’an-
che volellero . Tra gli uguali poi quando vi
ila il fondamento della làviczza uguale (àrà
ancora il contegno , eflendo certillimo , che
tra perfone di pari merito , e virtù , o uoi^
vi làrà mai occafione di male , o nUina di lo-
ro vorrà mai efler la prima ,che perda , e a
Te medefìma , e all’altra il rifpetto . EiTendo
COSI la Converlàzione mantenuta in equili,
brio dalla reciproca moderatezza di chi la^
lòftienc, dovrà crederfi piai fieura;e (c l’ugua-
glianza degli elementi forma la perfezione
del inido,il divertimento ancora fra gl’ugua.-
li potrà laivare , e la gloria , e l'innocenza di
chi lo pratica . Trattandoli pofeia degli infe-
riori io non Gonfiglierò mai veruno a Aabir
lire tra eflì il Tuo trattenimento , nè a Ice *
gliervi l’oggetto del , converfare, perchè l’au-
torità può tal volta partorire franchezza, e
dar luogo più agevolmente alla corruttela,
ed al difordine . EfiTendo la parte inferiore
non folo per la difuguaglianza, ma benanche
di fua natura più debile , ed inclinata a cede-
re , o per adulazione ,.o per riverenza facili-
ta bene fpeflo , ed Introduce la’ colpa , dóve
non faria forfè entrata mai per altrui elezio-
ne . Non fono pochiflimi quei , che nel feco-
Jo fi trovano colpevoli , perchè ebbero trop-
po di rifpctto verfo di chi gli perfuafe la pri-
ma volta la colpa , e che farebbòno ancora.»
innocenti del tutto , fe meno avuto aveflero,
di convenienza . La difiblutèzza è un femè
che predo germoglia , onde v’abbifogna tut-
ta r attenzione pih premurofo per foppri-
merlo , ed affogarlo : ma tanto è poi più fe-
condo ) e più felice nel frutto , quando cadè
in un terreno più difpodo a riceverlo . OrajL»
effendo le perfone quanto più inferiori , tan-
to ancora men culte , e più lontane dalla vir-
tù , fonò altresì piùdifpode a ricevere le im-
preffioni viziofe, e per confcguenza debbono
cohfidérarfi dalle maggiori , come in un più
grave pericolo di (cadere dal retto colf ajii-
to ,che a ciò porger puote la fuperiorita , e
f eccellenza del grado, lo hò fempre veduto,
per quanto fovviemmi , foggiaeere al fofpet-
tolàiàma di chi bazzica incafe inferiori al-
la propria condizione, mentre effendo na-
turai iffima cofa , che ogni fimile cerchi il
fuo fimile , non sà mirarli il contrario fenzà
qualche lòrprendimento, e fenza fupporvi la
mira di qualche privato intereffe , il quale-*
tra feffi diverfi hà fempre, fe non la fodanza ,
un colore almeno bruttiflìmo . D’ un Perfo-
naggio di natura affai altiero , ed impegnato
nell’
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. S'
nòlP amicizia d’una pérfbna à lui di lungaj
mano inferiore , colla quale tratteneva^
impreteribilmente ogni fera , per altro in_»
favio diporto, fcntj dire in una Città cofpicua
d’Italia da un huomo di buon nafo : Il Tali^
JuW imbrunir della fera- diventa umile ,e dì
là dalla mezza notte ripiglia il faflo La paf-
fione però , che è Tempre aftuta nel ricoprirfi'
temendo in quello una taccia , che forfè non
è.idel tutto irragionevole ha cambiato il no-
me al di vertimento fra gli ineguali , ed adu-
landone la parte fuperiore lo chiama col tir
tòlo di Patrocinio , e di Protezione-. Io non_.
Voglio qui in tale delicata materia dilungar-
mi per non trafcorrere. quéi conlìnidimo-
dellia, che nella .dillcla. di quello libro ho
prefcfitti alla penna . Dirò folo , che le que-
lla protezione riducefi a termini di puro Ibv-
venimento, Tempre è più lodevole, e più gra.;
to a Dio il farlo di nalcollo, fecondo la rego-
la , chemò ha egli.fteflb lalciata : non fappia^
la tua mano finijìra quello , che fa la delirai^
•(<?) ma , che poi nel ,cafo, in cui fiamo,.è me-
gliò airoIutamcnte, e più ficuro , il farlo per-
venire per terza mano , e folo lòggiugnerò
quello i che notollì da Plutarco (/i) acuta-
mente cioè che ; Poro è. fempre efficace , ma
,è poi efjìcacijfimù per ottener tutto in- certe^
M ’ oc-
(a) Mattb, 6. Cb) De qnajì. Rom* ‘ - .
9
}.
■» .
■ tccaftqn'f, nellé quali gioca anno alVautorìtài
ónde l’huom prudente ha da temore quèlt^
,arme più, che non temefi in, mano dc^Fanciul*.'
Ji un'arme da fuoco . Se poi debbe intenderil'
il Patrocinio per una' certa premura , che ft.
abbia, o delia caf<<,o della perfona.parrrii cha
all’huomfavio convenga bcndicareimmitan*
do ilSole,che per tutto fpande i iiioi raggHfen-»
za calare eglimai dalla lublimità deiliio pofto»
Raccolga per tanto da tutto quello iMiiovU
|ie , che è fui punto, d’una sì geìofa eieziane
la neceflìtà, che vi è di farla coO' tutto lo sfor<
zo della prudenza,, e ponderando ài grayiflìa
ino fentimento del Nazianzeno. ,• (aj cheli
niuna cofa è più facile, che il divenire ■.catti-*
Vo : lì perfuada , che facile poi lo l'ara altretW
tanto divertendoli con perìbn,e,che non fieno
di rperimentata bontà, perchè fe le inalattió
s’attaccano tal, volta col fiato.lòlo,«ieno for
' lunati non fonoi vizjpcrinfinuarfinòll’animai
quantunque picciola a noi fembri: jVfottilift
Cma Tapertura :, chè -gliene diamó ; la yeg*
• gio, che per'qiianti prefcry^ivi.lì dieno cón*
tra il mal contaggiolb, il migUore di tutti, ed
al quale s^appiglia ciafeuno , èquellpdi fug^
’ girlo ; così deexcgolarfi .ancora ognuno in.»
ordine al male , che può eontaininarlo inter-
namente non credendo ad altro, rimédió piò,
- .'V ' ' ' . che
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^a) Orat. i, i;-.« < -.«ib. ,? .'V • . /
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* *79
che a quello di fcànfarlo ',dove fi vcggia , ed
in qualunque perlbna,.per cara , che gli po-
tefie mai elTerc , o per altri capi giovevole.
Abbiam Tempre in quello la mira al nollro
interefle , ed alla falvezza, dell’anima., noru^
volendo mai rovinarla per tenere allegro,'e
giulivo il corpo , c trattiamo per ciò., fecon-,
do il parere di Seneca , (a) co fi quei foiit. chjh
c.i pbjforio render migliori , che ?ion fiamo : ed
allora averemo fatto un’ottima eìezione.Pcri
« •
quegli poi, che già la fecero cattiva ,e li tro-
vano in borrafea fenza potere per, degni ri j
, * fpetti ufeirne sì prello , oltre ài configliargd
• di lludiar lempre qualche, buona maniera di.
mctterfi in falvo coll’unico rimedio d’una-^
génerofa.e follecita ritirata, dico elTcre l’uni-|
co ripiègo per fuggire i cattivi fenza fiiggir-
■ gli , il comparir lempre per huomo di buor
ne maflìme , c si amico, deironeftà , che bailj
*> il mancare in qiiefto per difguftarlo . Allora
i perverfi ò non s^accoftano come le Notto^*
le dove .c luce,p fingonfi diverfi da fé mede-
fimi per. tema di riprenfione . Così eviterà il
favio f odiofità di fcaàfar gli altri /ed anzi la-,
feiando a gli altri [ì rlmorfo dilaverò a ican-
far lui, fi porrà à poco' a poco in libertà di po^
.. tcrfi tirar fuor di pericolo , che è in tutte leìj
cofe , ma.in quella fingularmente , la piu vef
ra, è ia più infallibile ficurèzza..,.,' ’ ■ *
-f . ' M 2 ^ ‘ . Tì^lld
. y. ^ w*. — ■«»» li I ; 1^ > •>* , » ■» ^ 0-0
, (Al) Ep.y, ^
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Della necejfttà dèl vejlive ónejlo-,
neìiii' Convérjazioni. ■.
. CAPÒ XII.
I.
\
k- Opo d’avere iiifinuato all’huomo la
- gran premura , che egli aver debbe
nello, fcegliere le perfone , coiic quali vuol
converfarc , parmi ben .fatto ànèora di fug-
gerire l’altra neceflìtà di comparirvi'in abito»
pneftò > perchè tolgafi anche in'queda parte:
ognfoccafiòne di traviamento . Le fpade fia-
chc 11 anno racchiufe nei fodero non fefifeoT
-ho j è la. calamita coperta non tira il ferro;'*
cosi la perfona veftita con decenza , e nìodé-.
ftia , non accende il'cuore di chi la mira , o fe
l'accende non e per fua colpa . Parlandoli poi
delle donne, che fogliorio effore il condimen-
• to delle civili Conveffazioni, egli è certo,.
. che al fcflb loro conviene in tutte lecofeil.
contegno , ed il portamento modello i che lo
.jfende in (bramo pregevole , ma nella forma
' qtjll’abito gli è poi affatto indifpenfabi'c ; poi-
ché fe non lafcia d’effer fempre pericololq
all’huomo lo divicri di vantaggio fenza dub-
bio collo ftudio delle gale , c della, pompa,
onde lò Spirito .Santo avvUii (a^ che : la»gi
fitap particolarmente dalla donna adornata.
Non piiò negarfi dChe in quella parte Pabulo
non fia in oggi créfeiuto quali alPeccelTo , c
• ’ ■ • ■ che
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(ayEccli. 9*
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che v*abbifógnì per ciò un rimedio ben gran»
,<Jc , fe non per torlo del tutto , che troppo è
difficile , almeno per corrèggerlo alquanto,
e renderlo men colpevole inficme , e men^
dannofo . Intendo io dunque di parlar qui
colle dorine più favic, e più inclinate alla-*
virtù , e pónendo loro lòtto degli occhi tut»
tó il gran male ,ch'e può venire dalJ’ inde»
cento , e troppo'- bizzarra forma degli abitfi
ritirarle da quella facilità , che elleno hanno
di feguitarne là moda , più talora per non_.
contravvenire all' ufanza’, che per fmiftro
’pcnfiero 'd’offendere la modeftia , Spero per
tanto dall'ottima loro indole quello profitto '
di renderle più caritè nell’adornarfi , c nemt»
che interamente- d’eccedere mai in un coftui
•me , che faria folle del pari , cd iniquo -, tutt^
volta , che gliene abbia qui rilevata , quando '
inai poteffero àinarlo, la •vanìtà^W dì/pendiot \
Vìnte azione > ed il danno. '■
>11; Sòbeniffimo , che la decenza dell'or-
namento in qualunque 'fiato è lecita , e con*-
- venèvole, onde non dee riprovarli , c però io',
non condanno ih quefio altroj che la vanii ài '
contentandomi, che ogni donna fegua il con- ’
figlio dell’ Apòftolo-, (c) e comparifea in-* '
abito adorno , ma con verecondia v c con fo~'
. L’ulb delle velii,, che. ebbe dàlia pri- .
.• V . . ì vM ’• r - ma ■
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Cà) „i ,' Timoth. a. jh
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'•*5* : .
ma colpa il filo principio fembra , che abbia
feco tirata la fua porzion di gafiigo > mentire »
jfcr.vendofenc i primi noftri Progenitori per
Confufionc , c vergogna di vederfi nudi per-
duta , che ebbero l’innocenza, è flato Tempre
. dalla malizia renduto peggiore a i danni delP
innocenza medefima . Le vefli dunque , che^
furono.un riparo, benché debile, al roflbrdel*
Ja colpa , dovrebbono ’eflere un ricordo per-
petuò, e familiare della miferia r'ih cui tutti
peha polli il peccato : eppure per isbaglio
della fedotta natura fon divenute un fomentò
di fallo , e d’alterezza . Quella cola ben pòn- ’
■ 'derata dovria tirarci dagli occhi le lagrime-*
COnfidcrando , che neppur balla, la funella..
memoria d’un gafligo sì grande *a farci mi-
, gliori .• Più faria colpevole poi quella vanità*
(]uando ardifle mai dimétter mano a defor- '
' mare la bella' ini magin di Dio imprefla da.iùi
per fomma grazia nel vólto d’ognuno . Se t
.'Greci ebbero per le opere de* celebri Auto-
ri la riverenza di non toccarle, benché lafeia*
te le avelTero imperfette , lària bene un gran '
. difordine , che n®n potefle Iddio rifeuotere.*
• ; altrettautò dalle fue creature per le proprio
. perfettiflìme,ficchè non concepilfero la fto-
. lida pretenfione di migliorarle .E che altro
foferirebbefi j quando- mai fhccedelTe ,-dalP- •
empierfi alcune donne di nere macchie laL. ,
faccia , daf dipingerìa. con . piii colori e dai
, darle in fomma un’aria.tuttal diverfada quel-
* • '' • ■'*'■** * '
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ee ? O quaut' efclama Tertulliano , (a) è alter-
no dalla mjìra dìfcìplìna, e profeffioxex quatu
to indegno del nome crìfìiano , il portare dt^>
pinta la faccia coloro , a ì quali è ingiunta //»•
femplicità, e mentir col fembìante quegli, cui
non è lecito di' mentir colla lingua i Rìferifce
Taeitó , che Fifone faviflimo Gavalicro di
Róma vedendo le corone , che nel gran felli-»
. Bo porta vanfi a Germanico, ed alla Ivicglie_i»
,di Jui,maravigliandofi diffetC^) Egli non ègiàk. '
. figlio di qualche Rè de\ farti, m'à d*un Impe-l- '
radare Romano , cui troppo difconviene t’adì
dattarfi al cojìume ,ed ai riti de' Barbari ■:
Quanto poi faria più difconvenevole in.un^
' Cattolico l’ufar nel vellito più Ihorbidczzai., .
• che non praticarono . gli fteflì Gerrtili? E chi
potfìa negare, che quando cièfcffe nonlt *
modraflero le perfonc'poco fci^disfatte dell?
avvenenza , di cui le hà fornite il Signore»* j' *
afFaticàndofi. elleno per le medefirae di accrei
fccrla je darle un brio più vivace , e più pel-a .
, légrinò ?jCosI l’intcfc. Prudenzio, quando it» ,
latina favella cantò per ammaeftràmento di
tutti quello , che nella noflra vuol dire : ' :
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'I84 ■- ^ \ ^ '
. Qoeft* abu(b di volti bugiardi , che forfè pur .
troppo non è lontano dal coftume d*alcune_f
■ parti d’Italia, cagiona l’inconveniente di non
. poter più riconofcere le qualità interne, che
rilucono permezzo del l'angue al di fuora,co«
me infegnò Ippocrate , (c) nel colóre del vi-
le : mentre nón v’clfendo quafi più , dove ciò
fi pratichi , alcuna pelle di color naturale-^ >.
malamente può difcoprirfi per quefta via_.'
l’interno de’ cuori . Alludendo ad una talco-
fi:umanza per verità condannabile dicea un_»
. huomo difingannato per lepidézza , che na-
- Icofte elTendo ornai quafi affatto le vere_*
fembianze della donna lòtto uìi colore men-.-
tito, gli adoratori di quel fcflb poflbno unirli
' a quegli'di Afene , che làgrificavano alla (è)
Deità fconcfcìuta crede-
re, che io noi penlb , che alcuna donna giun- .
ga ad.un tal fogno di vanità , io crederci , che-
più avendo, ella in quello di rifleflìohe defi-
. fterebbe da ùn sì latto affaticàmento per iri-
tcrelfe ancora di quella- vaghezza , che c la^
'■liia più rilevante premura. Non merita, eu
nè tampoco l’ottiene, ftima veruna qiiell’ av-
venenza , che fi giudica artifiziofa , e che può
mettere in q aalche Ibfpetto l’integrità della_
, pudicizia , è dall’ interno candor軫 J^'uit*aU
. tra • bellezza y-{cnv& QeyS. Gfe^rio diNa^
zian-
fa) Lìb. de Humor. /H')
. (cj In prof. advìMal. » .
\ y"~ '■
.1*
V...
> • * ^ * * * *
ztanzo , tò flìmo^ fuori di quella \ che vietici
dal dono della natura . Come gli Abitatori
' alla riva del Reno efaminana i lor parti
pena venuti in luce ; e come il fuoco fuol effe -
re un certìjfmò indagatore, delP oro puro ;
così ioriéonofco Pinterna candidezza delP-,
animo tuo .dma trafan data leggiadrìa nU
mica del vano abbìglìàmento . Fino gli An-,
tichi Poeti, che furono i Teologi della Genti-
'^lità preferiffero agli Dei un’onella forma di
abito , e Diana , che' per configlio di Giove-»
fingevafi aver fatto- voto di pudicizia , da_»:
effi fh fempre figurata con modeftiflìmo or-
namento , e delcrivendo la ftatua di Lei in Si-
cilia drffe Tullio , che : (ja') vi f piccava /opra
ditutto P abito •òèrginah'. tanto è vero, che_*
Ponefià dell'animo ricavali da quella ancor
delle vefti ..Può dunque veder Fa donna, che
lalciandonc ancora da parte quella malizia,
Ja quale può renderla rea per quello al tri-
bunale di Dio, le pregiudica aitai ncll’cAima-
zione altrui un sì attento lltidio di gale , che
in vece di accrefcerlo, toglie , ed al fembian» .
te , ed al candore gran parte di lullro , e.di -
lode., lo.non vò decidere fe a dì nollri iia ve-
ro ciò', che ne’ fuoi dilte il Profeta EzcchicI»
Jb alla donna vana : (a) bai perduto il fapere'
dietro la tua bellézza . Sò bene , che aleun<
' ■ * or,-
ap-
.#
(b) cap, j$,
“• -r-'r-fc *
Lj
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. I.
)'*
«i .
' applicate forfè di tròppo. ?d un Ibuiigliant^
. ei'ercizio non dimoflrano, tutto il fcnno , cfié
certamente dovrebbqnp, mentre fi contea-
.tano folo d’efler mirate , fenza riflettere , fe
. rocchio di chi le mira fìa , p critico , P.adu-
ktore , p dcriforio . Queflo poflb dire per
verità j e per difuiganno di chi uoppne avef-
,Ìèy d’aver fentito farfi io ileflo più biafl-
mi , fcherni j e derifipni ,'che encomj da chi
' ; fe ne finge taìpr più parziale , a quelle don-
" ne , le quali hanno fpefa. un’intera' mattinà-
. ta per fare un’ora fola di bizzarra coinparfa,
■ onde poflbno avvederfi di. perdere nel tem-
po-medefimo il merito di.piaccre , e a Dìo, e
i a gli .huomini . Ed in vero fe.quì di proppfito
. fondaflero elleno mai la Tua premura , a ciò
■ potrebbe darfi col fuddetto Profeta il titolo
i certamente di ftolidezza . Tra noi non m.an-
canó moitè , alle quali potrebbe dirfi ciòc che
a Filoraanzia prefTp di Plauto dilfé la ferva i
. allorché richiedevala di biacca per irapallarfi
vanamente le gùancie ; «o» voglio dar •if e leu*
■ ,'psr< hè ciò, farebbe un voler imbiancare, coll* '
inobioftro lavorio . Ma fe poi in ciò aflìftite_i
^ dalla natura benillìmo , non parelTe loro mai
' d’effere bianche abbaftanza quando api dir
'yenilTcro eflc pure coll’arte i e fotfriffero co-
, me la predetta Filomanzia d’annerirfi più to-
rto , che di mancare alla premura d’eiflerfi in-
dufiripiàmente imbiancaté , potria egli tro-
»varfi mai fpczie di vanità,edi ieggerèzza^
• • » _ « I ♦ . ' < •
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4
i87
maggiore, dcteftatà per fino falle (cene degli ■
.Idolatri ? Piìi compatibili , ma non più felici»
fono quelle , che per quanto intcnded dal
parlar d'altri ftudiano , e giorno, e notte per
ricoprire i naturali difetti collagrarietà delle
gale , mentre credendofi d’ingannare chi le
riguarda a minuto , gli mettono anzi letto
, degli occhi ciò i che pretendono d’ occul-
tare, e fanno veder più chiaro que’ man-
camenti , che in una perlbna di minore cul-
tura non curerebbonfi . Quando quell' arti-
fizio fia pure in alcune poche reale, e ve-
ro , a me fembra ,che fia ciò un farli burla-
re , con lor buona pace., a doppio , e pel di-
fetto ,*che da fe muove a rifa i più deboli , e
per la ^vana premura di palliarlo ad ogni co-
llo , che fa ridere anche i più favj . Non mi
uicirà . mai di mente a tale propofito il det-
to arguto , che fentj" anni fono in Napoli da_.
uno di quelli Critici inclbrabili , il quale ve-
dendo' una donna alquanto^ gobba , ma in_*
veto vana oltre modo , che lòrtiva allora...'
appunto di cafa con una conciatura di capo
d’invenzione affatto nuova., dille con grave
forrilo, 5 mefehim ajata la natura coW
tir te per renderp- più ridìcola . Il fentimen- ^
, to par da Mimo , ed è pure graviflimo,; poi-
ehè fe talune conofeono d'c'ffcr pòco alla na-
turaobbligate per averle pródette affai di-
fettoiè ,. reputerei meglio il fingere alcunu
poco di gravità , mofirandofi men curanjf
delP
tu
->
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' -iSS’ ,
dcll’efteriio * che pòco preme,' fecondo l’I do-
'-cumento del Filofofo : [a] molto più belici^
..cofa'è-, anzi regìa , aiier V animo ., che il cor-
po compofto : meglio, dico , reputerei moftra,-
re fodezza ia tal cafo , e non curanza , chctii-
' raffi abbellendofi troppo gli occhi di
tutti , e rendere piii vifibile il mancamento
col ripulirlo , come i Chirurgi mal 'praticu
che per troppo nettar la piaga fcuopronO
l’offo • , , w .
III. Nè merita minore confidcrazione il
difpendioy che feco porta un tale abufò, acciò
vis’ inducano le favie donne a prenderlo in-un
piò giufto abborriraento . Egli è cert.iffirnd
eflere in oggi così crefeiuta la.difpendiòfa_i
. maniera defveftire , che ne rifentono le fa«
miglic un danno affai notabile, dovendo fpe-
dcre dietro, ad effa un contante , che potreb*
be converti rfi in ufo molto migliore , e.più
yantaggiofo. Benché alcune cafe non cròl-*
lino con^ quell’ urto , molte comunemente
’foccombono, e per falvar l’apparenza, chi sài
. che non fi faccian patire di cofe più ncceffa»
rie ? Potria ne’ tempi noflri replicarli forfej-
non fuor di propofito quella querela , chelij
udiili per tutta Roma , quando Augufto in_i
tempo di carefttà celebrò con importuna..
"- magniiìcenza il più fontuofo Banchetto , che
àdAkx*.
T ,
r
vedcflTe foi'fe 1’ Antichità, comparendovkegli
in abito d’ Apolline , c i nobili Convitati vc-
ftitida Numi diverfi ; che mavavìglì», grida-
vano i poveri Cittadini., je muojoa dìfimieì
Romani-, giacche gli Dei mangiarunji tutta la -
fuetto'vaglia ? Chi entraffe anche in oggi neC
r intimo d’ alcune cale , forfè afcoltcrehbe 1'. ,
eco d' una tale doglianza , perchè pendendo-
più icmprc il Mondo alla penuria , e alla mi-
léria,, và importunamente crelcendo il ItifTo .
di modo ; che ornai forzato 11 vede a cedere^
• non folamente F utile al dilettevole , • ma la_ •
necetTuà benanche alla gran moda ‘, onde li
trovarebbe in quello ancora verifllmo lo
fpcri menta to proverbio : che gli jìolti fa» ri-.'
der. tutti , fuori che quei. di cafa . Lafciando
però quello rifleffo di malinconia a' i Capi di.
pala , ehi potrà mai accordare colia crilliana
moderatezza una-si difpchdiofa , ed inutile.»
collumanza ? Io ho veduto fpender centina ja /
di doble per una fola conciatura da tefta , che.
fatta la prima coraparfa di pochi giorni non
v;al più cento foldi, onde convicn ben dire.» ,
che uno ftfcttillimo conto-fi deggia renderei,
a Dio per ci?),che fi toglie a i faci poveri con-
un' tale cccefTo di- vanità . Credo , mi dicea^;
mia' donna di gran prudenza , che a -noi. pefe'-.\
r abbono oltre mi futa . le Crefte , fe ne. co» fide-
rajjìmo, ed il malore-, e le confegnenze -• Éd in •
yero chi non tre’incrà in riflettendo , che per
ycftif e un lòl capo fikfcia di provvedere ^
1 tfin- •
• »
\ \
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rr
I
I.
i.
•tanti midi corpi , che gridario ài divin tribù-
. naie vendetta" centra di cbi dilTipa- si mala-
mente il loro patrimonio , che è tutto quello
appunto , che avanza al noftrq commodò , e
'alle convenienze ragionevoli de* facoltoG?
' Molto più larcbbono poi condannabili quelle
, ■ donne , che non niilurando punto colla forza
• le Ipeie confumafl'erò in quello più affai , che
■ non conìportàn le rendite . Chi ulà àbiti lù-
periori alla poflìbiltà* del fuo grado (ì *vefle di
, ' bugìa, fecondo i' Angelico S. Tommafo V" C^)
e meno, a mio parere , non muove a rifo di
chi recitando in comedia fi formalizza , e pai
■ voneggia del Manto reale, della Corona, deli
lo Scettro, quafi eh è folle una 'fteffa colà tàh-
’ to 1’ efferio in Ibflanza , che il fare per poche
ore il perfonaggio del Re -. Ed in vero ugual-
^ mente riderà fempre Giàfcuho , che miri 1<l_>
■ cole pel verfoloro i in vedendo imadonna^
• . Con verte fuperiore alle fue forze , che in ve-
. 'dendo mi fartofo Timaginc arricchito di
' gemme fàlfe ; poiché neri è minorJeg'gerez-
' .zaadornarfi, aion pagando, con qucidegli al-
. tri , che far pompa -d’una teatrale comparfa,
come fe foffe vera , e prcziola . Poche bilb-
» gna ben dire , che fieno le femmine di tal fàt-
? ta , fe pur anche ve ri' ha veruna j perchè fe_»
foffero molte chi potrebbe mai giughere a_i
' . > ca- '
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càpiY la franchezza di girfene elleno in boria,
e gonfie nelle liie gaiè quanto nel cerchiGi ’
delle fae penne il Pavone ? Chi di loro aver
potria coraggio di vederfi per ógni parte fe-t
gnatf adito da i mcrcadanti , .ognuno dei
^uali accennaffe ciò , che in efle è per anche
luo j ficchc.in cafo d’ averfi a fare un’ intera i ■
e giufia-reftituzione,' avefiero a rimaner le_»
mefchine più fpog!iate,che non gli alberi nel
crudo' Inverno ? Quella è una lòrta’ di ceci-*
tà , cui io non l'aprei mai imputare a veruna 'i,
fc non cc la confermafiero le querele talora
de’ poveri mercadanti , che pagati mai lem-
jpre du certi Avventori colle appuntature liti
libri mirano goderfi dagli altri con tutta di»
fin voltura il frutto dilor fatiche , d’efli ancor •
dir potendofi coi Poeta (ur) . • .
1 » . • ' • » i
* « ^ * ì
7*a/ da Ji , ma per fé ,fa>t PApi-U miele . \
• *•
Molto più particolàre ibvra di quello era Jaù
meraviglia^ che feccvafi , come per ifcherzo
piacevole ,con gravità però di penfiero , un
certo mio Cònhdente d’ umor piccante , ma
di profonda 'Morale ,in riflettendo all’ ufo di
certe ♦femmine più volgari, che fenza penlàr
altro in tutto quello, che veggiono, voglio»
farla-da Scrmie ymn'hò mai poiuto còmpréa-
‘ vf' dérct ,<
iétà
■ildi
■?
. >
(
*92 ;
dere, ci diceami , comecértune comparìfcano
ia pubblico sì diritte , e sì tefe, quando so di
Certo, che manca loro in cafa il Jajìeatamento
per reggerfi in piedi i Fino a qucfto fogno 'è
giuntala linoderatezza delluflb nel popolo
ancor piìi minuto d’ indurre non poche d’in-
fima lega adoflfervare una fettimana di vigi-
lie non comandate ■ per ulcir poi nella fcfttu,
fieh gaje, ed adorne, facendo a chi le conofce
pivi compallìonc , che meraviglia . Se però
.Iblamente fuo foffe il digiunò potria tacerli' '
ammirandone la folferenza; ma come palfar-
‘gli fenza carico, di grave colpa il tarlo comu-
ne alla famiglia, mentre ben diverfe dagli uc-
celletti,. e da i bruti', che digiunano efiTi pci^
cibare i loro parti ancor'teneri , tolgonle di .
fiocca il pane per metterfelo elleno indolTo
convertito in naftri, in vezzi , ed in polvere ?
Abbiano dunque beh l’ odchio le dorine di
fenno per non ecceder giammai, in un sì
fatto coftume , che tanto è facile a dar nel vi- •
zio, quanto è difficile da ripararfi dato , che
egli vi fia
• IV, Crelce poi la gravezza tì’tin tal di (or-
dine per la.maliziófa intenzione ', ch-Q-p^r en- '
tro potrebbe riavervi di formare: con ijucfto
una catena al cuore de’ riguardanti . Ciò li
nega alfolutamente da tutte, le donne ,• per-
chè non fe ne troverà mai alcuna, che voglia
c'onfefVarl* per rea d! un sì pérvcrlb difegno .
Benché io l’ accordi alia maggior parte.di ef-
V
fe , non è però la negativa per alcune poche
vanarelle foftenuta con ragioni sì forti , che
pòflano perfuadere concludentemente il con-
trario . 11 primo appoggio per.lalvare una_*
tal rea intenzione fi è il liipporre,che ciò na-
Ica dalla convenienza d* accommodarfi all’
altrui cofiume nella forma degli abiti , e fa-
rebbe in vero d’ un umore affatto particola-
re colui 1 che vivendo fra gli altri volefic ve-'
ftirfi iti foggia tutta diverfa da quella , che è
piò comune . A quello rifpondo , che può be-
niflìmo falvarfi la convenienza, e non tralcor-
rere di là da i limiti della modefiia , conve-
nendo con gli altri nella fofianza dell’ abito ,
quando onefiafia, c crifiiana, e slontanando-
fene poi faviamente nelle circoftàze d’ alcune
aggiunte di libertà, e di Icandalo . Io fono d’
opinione collante , che ninna donna pruden-
te farà mai notata , fe non sè con lode , quan-
do le manchino certe foggie peccaminofe, co-
me pure in tante avvien tutto giorno , men-
tre fi vedrà , che ella ha faputo prendere il
buon della moda lardandone ad altri il catti-
vo . E’ quella anzi una fpezie di correzione
lUililTima per le piò licenziofe, Ic quali alcuna
volta s’ammendano trovandoli come polle in
tibia dalle piò làvic nella pratica dell* errore,
pfh valendoy fecondo il Pontefice S. Leone-»,
ad iflruìre /’ opera, <;be la voce . Ma trop-
N po
(a) Ser-^i,
194
po fi vede bene, che un.tale abulb,dove fi tro-
vi ,ha un fincaiverfo dall;; mera convenien-..
zà , che fi prcfume per ilculàrio , poiché cia-
Iciina delle vane donne di lopra mentovate_» .
cerca d’ efler la prima a metter fiiora le mo-
de , e farfi maeftra alle altre di luiTo non più
veduto, locchè non fuccedcrebbc. quando fi ,
miraffe unicamente all’ uniformità dell’ul'an-,
za. Bifogna dunque dire con Tertulliano ,
che fi ama da loro, un tale (Indio per farfi del
feguito, e temendo , che non abbia là nàtura-
Je fembianza del volto attrattiva ugnale al
. defidcrio fi procura d’accrefeerie il pregio di
]eggiadria/;/o//a/j'do»e , come egli dice,
dal Demonio l'aggiunta delle gale . Giuditta
sì, che ebbè in ciò facendo una retta intenzip-
ne, mentre comandatole dal Signóre , che &’
incamminalTc a i Padiglioni d’Oiofcrne per,
Soggiogarlo fi abbellì , e vefiiffi pompola--
mente combattere^ come afferma S. Ago»
(fino , (Jì) prima col eajlo volto , che colla fpa»
da . Olfervo in un tale avvenimento due co-
fe, che tornano ottimamente in acconcio nel
cafo noltro . La prima è , che mettendofi in_,
gala quella faggia Matrona unì alla bizzarria
degli abiti anche la modeftia del volto chia-
mato dal predetto Dottore col nome di cafloi
non potendo fcordarfi mai, neppure in una si
pom-
(a) Lik.de cult.famin, 0>)Ser. 229. de temp,.
pompofa , ed avvenente comparfà , di quel
contegno > che tanto è proprio di quel fello .
V altra è> che non lafciò Giuditta con tutta_.
la fua ingenuicà di riflettere, che per fuperar
quel nimico non v’ era arme più ibrte.della_
propria vaghezza, non femplicé già , e natu-
ral.e , come ella tenevala Tempre nel fuo riti-
ro, ma rinforzata dall’ efficacia de’ più ftudia-
ti , e pellegrini adornamenti . Quindi rica-
var poflbno le donne , che in ciò mai foflTero
le più libere , che la modeftia non ha mai da
fcompagnarfi dall’abbigliamento, e che ftato
effendo Tempre quello fecondo una gagliardif-
fima batteria di tutti i cuori debbe da lor pra- '
ticarfi con tale moderatezza , che altrui non
ferva di rete , ed’ inciampo . Hanno effe pe-
rò un altro fondamento , che più (labile fem-
bra loro per affolvere da ogni reato l’ inten-
zion d’ abbellirli , ed è il pretello di piacere.»
unicamente a i lor Conforti, che io inmoltif-,
fime, le quali prudenti fono , ed ingenue , ho
Tempre creduto vero , e lo credo . Pure porta
contra di quello S.Gio:Grifo(lomoC«) due ra-
gioni fortiffime, che interamente abbattend.o
la fcufa,dove tale ella foffe,Ialcicrcbbono allo
feoverto la peffima intenzione d’un tal coHu.
me.La prima di quelle è , che tai vane donne
piaccrebbono affai più almarito col veftir po-
N 2 lìti-
ca) HoVé, 28. h Ep. ad Hebr.
196
fitivo, onde meno li diflurba l’cconomia^ed è
ciò tanto vero, che non di rado nafcono tra di
loro litigj,di(Tapori,e contragenj per non pò*
tcre effe ridurgliad appagarle nella brama de*
sfoggi, fcegliendo poi fovente i poveri mari-
ti anzi il cedere con diCcapito , che il vive-
re fetiza pace . Come dunque fuffifte il pre-
teso di renderli gradite a i Conforti , fe non
balla , nè il genio , nè l’ autorità , nò le ne-
gative di cfll per diUornarle da una si danne-
volc coftumanza ? Non è men forte l’ altra
ragione, per cui s’ offerva , che Itando in ca-
fa le donne fono Tempre affai piò dimcffenell*
abito , ed allora folo pongonfi in tutta gala ,
quando ne fortono: onde ricava il Santo, che
l’ intenzion d’ abbellirli con una sì attenta.,
premura non riguarda l’ oneflo fine di piace-
re a i mariti, ma bensì I’ altro di piacere a gli
cllcri, lotto l’ occhio de* quali s' affaticano di
portare nella fquifitezza dell’ ornamento ua
oggetto d* ammirazione . H non faria quello
Un farla da Pavoni, che non fi mettono in bo-
ria lè[non fc per effer veduti, come cantòOvi-
dio? E così può voltarli in nollro idioma.
*
Dì grate iodi al lume
Topo il vano Pavon /piega , e diffonde
li tefor delle piume ;
Ma fe noi miri la fua pompa afeonde .
Io
(a) Lìbm 1 . de Arte,
DIgilized b; Google
Io non hb fentito > che una volta , e da una^
fola di codefte donne leggiere, ma con efire-
mo rammarico , darli la commiflìone a certi
galanti Efploratori di girfene per fin nelleJi
Chiefe a fpiar le mode più nuove , c render-
lene pofeia conto , per poter efla comparir-
vi più tardi con ficurezzà di non effere daJ
xnen delle altre. ConfefTo , che mirando, allo,
ra la cafa di Dio divenuta pur troppo nell’al»
trui concetto una fiera di pompe , di frafehe.
rie, e di fumo, non poter àftenermi dall’elcla.
mare : O Mondo, perverfo mondò , e doVe_>
mai potrà giugner più oltre la tua malizia !
Se mai in tali donne imbattuto fi fofic alcun
marito (aria ben poco Tcufabilc , quando non
facclTc ogni sforzo per provvedere autore-
volmente ad una tal corruttela. Infegnù Ari-
ftotele , (a) che alle Polledre indomite fi ta-
gliane la chiòma , poiché una tal confufione
le averebbe umiliate , e rendute più manfuc-
tc . Non dico io già, che doveflc mai verun_,
. Marito giugnere a tanto per guarir l’alterez-
za della fila Donna , quando ancora ella fofic.
di tal umore ; ma faria ben giovevole affai, e
giufio il metterla in una sì efatta riforma, chei
poco avendo fuori del bifognevole ulciflelc-*
ornai di capo una vanità sì prefib Dio colpe-
vole, ed al Mondo sì perniziola .
V. In fatti c incfplicabilc il danno, che da
. ■ N j ciò /
»
^ 198 .
ciò venir punte in tutte le anime, le quali noa
fi hanno una cura piò , che vegliante • In al-
tro Sècolo. non fu mai forfè piu pericòlola la
yediità delle donne di quel, che eifer pofla in
quello nollro , mentre effendofi elleno ren-
dute piu familiari, e men dedite certamente—#
alP antica ritiratezza , tanto farà piu forte
allettamento, quanto faranno più avvenenti
le comparfe, più ammirabili , e più fludiatè •
Parrebbe ftrana, e troppo auflera la propofi-
iiohe, fé oltre alF efperimento , che la con-
ferma, non la vedelTimò avverata dalla fola-#
olTervazione delle Pitture , e delle Statue dc^
^reci. Non fe h’ è per anche trovata alcu-
na, che ppfTa paragoaarfi nel bizzarro accon-
ciamento delie chiome al gallo della moder-
na finezza, vedendoli chiaramente, che in ve-
ruii tempo non fiorì mai tanto (ladio di pom-
P^>che in quelli nollri , i quali per efiere il-
luminati colla dottrina del fanto Evangelio
dovcrebboho pure efiere di lunga mano più
rifervati, e più femplici . Io ricavai un tal fen-
rìmento dalP opinione d* un celebre Scultore
moderno, il quale facendomi ofiervàre conu#
qualche riflelfo le migliori, e più nobili llatùe
di Roma, in tale pregio , come nel rimanente
Unica,' eYoIa', andavami rilevando P erróre-/
delle Donne prefenti i che flontanatefi dallà^^
naturale, è più propria maniera d' acconciar-
fi , che ufarono le paflate , col pretender d'
accrefcerla hanno tolto, dicca egli i rnoltifii-
•i9^
hio aHafimètria deli* avvenenza . Non vo*
^liò già qui formai* quiftione eli quello, che_»
a mè poco preme, ballandomi il dcdurnevchè
quantunque nel lulìb de i nollri tempi altro
non lìa di male v’ c purquella malTima , e di-
tei quali vergognofa fconvenevolezza di non
potcrl'enè trovare ne i Secoli IlelTì del Genti*
iefinio' alcun paragone. Quelle Donne ad-
dunque -, che s’ adornaffero in tal guifa pih
per compiacenza di pravo genio , che di leu*
làbile uniformità all' altrui collume , potrèb*
bono per ravvederli riflettere al folo rimor-
Ib di eflere, ad onta di Tanta Fede, Hate elle lè
prime à Icordarlì, che la modeftia , ela vere-
condia fono tuttala gloria del loro feflb . Fu
quella virtù da Speulippo difiìnita, (aj utiiut
favta compojìezza- nel portamento del corpo :
onde potrà da fe medeuma cialcheduna con-
fiderarCjfe elTendo quella la Tua foflanza deb-
ba ella perfuaderfi diaverne in fe alcuna por-
zione • Ghi pòi di loro fi trovafie in realtà di-
fetto fa , ed in quello mancante , come non_.
crederà d’ éflere dannofifiima a chi lo mira_.,
quando per modella , che fofle , e follehuta_.
mai non lafoierebbe di porgere agli incauti
qualche pericolo ? Sedotto in gran parte il
Mondo fi vede puf tròppo dedito a compia-
cerfi nella galanteria, nel fallò , e nelle pom*
Jjofe comparfé, onde rea farebbe fenza dub*
N 4 bio
(a^ Jadef-Flat.
200 -
bio avanti del Signore quella Donna j cbe>
avelTe genio di fare di fé qualche fpettacolo
ad una tale curiofìtà, e fuo farebbe in gran.*
parte il male altrui, poiché ben.difTe quel Sa-
vio, chi imbianca la Torre chiama i Colombi.
Stieno , che io le prego , bene avvertite le^
femmine a non ridurre fpezialmente il taglio '
degli abiti ad una certa Icompoflezza si poco
modefla, «he fpogliandole più, che vedendo-,
le , porga un . gagliardo . incentivo alla.*
Gioventù in particolare, di perdere il bel fio-
re dell, innocenza , ed introdurre per gli oc-
chi la morte dell’Anima. Il Signor diTàr-
rin nel fuo libro già mentovato racconta,che
Adriano VI. non volle , che fi ponefTe nella.*
Cappella del Vaticano la Tavola sì celebre^
di Michel’ Angelo Buonarruota rapprefen-
tantc il Giudizio nniverfale,pefchc'ripienadì
figure nude, e pericolofe; avendo ancora in.,
penfiero di far abbattere le datuepiù belje.^
di Roma per tal motivo , fe le preghiere di
tutti i Virtuofi d’Italia noi difTuaclevanoi/tfce-
2><z,cosi conchiudcj^er zelo ciòcche fecero colà,
altre •volte i Goti per fent'mento dì fierezza ,
e d' ofiilità. Ora fe tanto danno cagionar pof-
fbno le immodede figure , benché dipinte , o v
fcolpite , come credeva quel faggióiPontefi-
cc , che non farebbono poi le immagini vive,
e con troppo di arie adornate ? Difeorrendo
io un giorno di ciò con una Donna peraltro
di grande onedà, ma efattifllma nelle mode ,
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r
2ÒI
ini dine; ìff oggi P nfanza notipul riprender^
fi, perchè in •vero ella è in quejla parte mode t
fiijfima : a cui parvemi di replicare a tempo:
dunque f e la moda cangia guai alP Onefià !
Così è . Vi fono alcune y che (ì mantengono
onefte nel portamento degli abiti > fìnchò 1*
ufanza lo fofFre, dilpofte a mutar parere tutta
volta> che fì muti la moda ; Quello però è un ^
clTer buone a calo, che a nulla giova , non v*
elTendo il concorfo della volontà determina»
ta ai bene, per cui quàlifìcaniì le azioni tutte.
Convien, che s’ ami alTolutamente più ifone»
Uà, che la moda , perchè fi polTa ’efler pronti
a dctcflar quella feconda , quando alla prima
s* opponga . SI metta cialcuna dàyanti[agli
occhi la grave perdita d* un anima , che po»
tria cagionarfi da codella attenzione d’ abbel-
Jirfi , cd elàmihando bène il fìiic di praticarla
afcolti, come dicea. Seneca , interno ac-
cufatore di tutti , che è la finderefi della co-
fcienza, penfando , che, nulla giova il non fa-
perfi dagli altri il reato, quando lo fappia ella
fi^ifi^y c che troppo è mìfero chi dif prezza un^
tal teflimonìo . Ritornando pofcia col ragio»
namcnto alle Donne làvie, ed onelle, le per-
fuado a confermarli nc’ prudenti propofiti di
fuggire ogni vanità, ed a farfi di quello Capo
contra qualunque perfuafiva più forte d*
ufànzs unofoecchio fedele per comparir fom»
pre
C*) 45*
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1202
pré nèllèConvèffazibni adornale informa ,
che fià cómpàtibile colla modeltia , onde non
fi converta per effe il luogo del civile diver-
tihicntò in un tcatK) ripieno à danno altrui
di pericòlofè cómparfe .
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20J
Del tenere Converfazioni
in Cafa ,
CAPO XIII.
I.T O non fono lungi dal commendare quei
JL Capi di Famiglia , i quali confiderando
forfè bene a minuto il coftume della Coriver-
fazione , ed il pericolo •, che può rifultarne^
per chi ne ufa con poca avvedutezza , fe la ti-
rano in cafa, acciò non maneW il divertimen-
to a i domeftici,e nello fteflb tempo una buo-
na cuftodia per non riceverne danno . Si può
quello ridurre a. vigilanza prudente , la qua-
le unita alla diferetezza npn vuol togliere a'
fuoi fubordinati il piacere , 'mane vuol fem-
pre fotto 1’ occhio la qualità , come il Medico
accorto , che non cpntralla al Convalefcenté
F ufo moderato da’ cibi, ma vuol preferivef-
ne elTo, e la follanza , e la quantità . C^ndo
ciò fia cosi non farà , che lodevole chiunque
lo. faccia, megliojafficurandofi per quella vi^
heir obbligo', ben.precifo , ,chc gli corre di
premere fui ja fa via condotta delle famiglie.
Vi abbilbgnà però un occhio acuto , e pene-
trante per vedere 'acquali peffone si apre l’
adito della cafa, per non allevarli, come fi di-
ce, la Serpe in feno, e toglier 1’ argine per ti-
Tfirfi addoflb la pjena » l^on è ficura la Con-
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verfjizionc pei* effere in csl3> quando illibata j
ella non fia , ed inappuntabile in fe niedefima, j
poiché è dal pari imprudente , e ne riceve»»
ugual danno» chi trafcura i Ladri fbraftieri, e _
chi non guardafi da ì domellici » che poflTono
anche talora apportare un* maggior nocu- -•
mento . Il bupn Piloto fpande le vele , e Ja-
fcia la marineria a diporto > niia egli invigila
Tempre per vedere, che vento prende, ed in_. •'
tal' maniera dèe regolarli il buòn Capo di cal
fa , che voglia fecondare ncTuoi l’ inclinazio- '
ne del divertirfi , avendo mai Tempre la mira
al coftume di chi vi riceve perche Ila fenza», '
timor di rovina il trattenimento. Racconta-
no i Naturali , a tale propòfito (<i) d’ una cer- <
ta Fiera del MelTico nominata colà Ofiotilo i ‘
la quale ha una proprietà d’ ammirabile be- ‘
neficenza per P altre di minor forza, e corag. \
gio. Ella di corpo alquanto maggiore del ‘
gatto, ma d* un morfo , e d’ un fiato affai per ’
llifero , àppiattandofi nelle felve uccide ifL> ;
paffando i Cervi , e i Daini , indi làlendo ve-
locemente sh gli Alberi chiama col fifehio le
altre Fiere piii timorofe a pafeerfi della pr^
da già fatta dando loro commodo in tal guifa
di potercene prevalere lenza pericolo,e fenza
tema. Non è, mia incumbenza di cercar qui
fe ciò effer poffa vero, o nò:; dico fole, che i
re
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regolatori delle famiglie poflbno prenderne
un documento affai utile per lor governo
preparando effì prima quella porzione d-onc-
fto piacere , che lalbiar vogliono a i luci fa-
miliari, acciò poffano goderne ficuramcntc .
In quello la connivenza fària Tempre colpe-
vole , ne buono.faria quel Capo , che per ge-
nio di condefeendere in tutto, conccdelfc ciò
ancora, che alle membra ò dannofo , onde in-
fegnò il Morale : effervi alcitne cofe
cernii , il negar le quali, non il concederle , è
betiefizio , Debbono pertanto riflettere con
ferietà i Capi di cafa a quello, che accordano
a i loro (oggetti , poiché ogni mancanza di
quelli, come pure lì dilTe in altro luogo, farà
ad effi imputata , e dovranno, che ancora è
più , renderne un conto (Irettiffìmo a Dio ,
quantunque fìeno per fé medeffmi innocenti
nel divertirli . Eli facerdote del Tempio ib")
pagò il (io delle abbominevoli cofe, che face-
vano colà i Tuoi (igliuoli,e fervi, c benché egli
netto ne (offe, non andò immune dal gadigo,
divenendone complice col permetterle, o col
non riprenderle almeno, con^e ei dovea,con
rigore, e con gravità . E’ grande , e terribile
il pelo di chi regola una cafa , ed é cola da_>
piangerli il veder taluni Ibvra di quello vive-
re Ipenfierati cotanto , e fonnacchiofi , come
fe a
Ca) I . de beuef. (b) i-Reg.i,
2o5.
fe a tutt’ altri, chea loro fpettafTei’inyigilar-
vi . Vuole Iddio , che fieno eglino virtuoll
per fe ftcflì non fole , ma che di pih condilca-
no colla virtù propria tutta la cala, avendo-
gli coftituiti come un Capitale, d’ onde prov-
veder debbonfi i familiari di faviezza, di con-
tegno, di prudenza , e di configlio . Convien
loro fare in càfa quella figura , che dicefi fare
in Malàbar uh certo fmifurato Àlbero, (a) il
quale producendo un fol Pomo, per anno »
provvede tutti quei Popoli con abbondanza ,
mentre oltre alla grandezza di eflb, che è va-
(lifiìma , ne contiene dentro la corteccia tan-
ti e sì ben llagionati , che un folo equivale a_*
molti . Se i Domenici (bno fcarfi, delle virtù
erifiiane, e morali ,dce il Capo fruttifica re_j
per tutti, ficchè di lui polla dirfi con Caflìodo-
ro: Cb) crederai , ebe itt uno fieno molti divifi
in una variay e giovevole immitazione . Ve*
glino eiTi ,come il prode Epaminonda faceva
nel (ònno de’ fuoi Concittadini , fui piacere
ancora de’ fuoi fubordinati , poiché faria una
difavventura troppo grande il farfi eglino
rei di quei trafeorfi , che fpezialmcnte nell*
Ilio del con verfare poflbno commettere gl*
inferiori lafciati in una troppo franca, e trop-
po difpotica libertà .
II. Al-
(a) P. Nierim. Hifl. natu. lib. 6. c. 25. (b)
l, 4,.E^.ul[im. '■ v
QigiHzed by Godale
II. . Altri ibnQ modi a tenere in cala Con*,
verfaziqne da certo genio di fplcndida bene-
ficcza,edi liberalità (\^non\t inclinata, comQ ^
notò Seneca , Qajptìt a dare, che a ricevere .
A quello neppure io m* oppongo, non elfen-^
do condannabile, che uno^ faccia a gli altri
parte di ciò, che a lui fovravanza, tanto più ,,
che i Filofolì affermano effere il Bene diffufi-'
vo di fé medcfimo . Balla, che in ciò facendo,
s’ufi d’una tal e moderatezza, e d’una mi fura sì
giuda , che non lafci pendere alla prodigalità
la bcnelic^nza con difcapito dell’ anima non
meno , che delle fodanze di chi vuol effere_ji
benefico fenza maturità di configlio . Per
huominidi tal forta quadra affai bene il pare-
re del fovracitato Seneca, (A) il quale feriffe,
ehé; /’ huom liberale fa fempre fpefe , che alle ^
forze del patrimonio convengano. Ed in ve-,
ro non può dirli liberale colui , che dona più
di quello, che egli podìede: mentre ponendo-
li in necedità di togliere a molti ciò , che im>
piega in un folo, viene altresì a donare quel,'
che non è fuo, onde per acquidare il vanto d’
una virtù, che in molti degenera in vana glo-
ria, ed alterezza, cade in un vizio , che offen-
de la moderazione , ,e la giudizia . Se uc ve-
dono pur tanti nel Mondo , che nati per far
dagli altri godere le proprie fodanze tengo-
no
Ca) Lib, I . de Benef. (b j Ib,
*o8 • •
no aperta la porta tanto per dar adito adii-
chefiafi , quanto per lafciare libera P ufeita al
capitale di caia, invaghitili vanamente di
palTarc per huomini , a i quali involando il
buono, ed il meglio , Tuoi dire T adulazione ,
<he nonèfuo ciò, ebeèfuo . E’ quella una for-
gentc per moltilTimi di fpirituale rovina, poi-
ché non potendo le rendite fupplire al genio
d’ una tal prolufìone fuol farli d’ ogni erba un
fàfcio per raccogliere a dilla ciò , che li verfa
a Canali, ohdebendilTc il Politico quando
affermò, che:(tf) f erario vuoto per ambizione
fi riempie fpeffo eon fceleragine . E lànillimo
il fentimcnto di Pittagora edere uno fplen- I
dorè ammirabile della gencrola liberalità il
noti perdonare ad alcuna eo{z-,<ib')purchì s’ac~
mìfti la gloria della beneficenza : ma bilbgna
intenderlo a dovere, e correggerlo coll’altro
del Maedro di elfa, il quale avvifa: (cj nulla
éjfervì di pià perniziojp , che il non faper di~
jfpenfare t henefiz] . Chi è dedito alle angu-
die dell’ Avarizia debbe attenerli al condglio
di Pittagora, e non redringerli mai in quelle
Cofe , nelle quali egli poda commodamente.*
allargard » e comperare il bel titolo di bene-
fico • Ma chi pende allo fcialacquamento di
fùa natura dee regolard colle mifìire di Sene-
ca , ed apprendere la maniera di collocare i
Tuoi
Ca) Lib. j. (b) Ibi (c) Sen. z, de Ben,
ogle
Digilized by C
.209
fuoi doni con mcritoiper non trovarli poi ktsi
za lode > anzi col pentimento d' avergli conu
poca prudenza dillribuiti . A quello convie-
ne, che miri Tempre chiunque apre ih fua cà*
fa come un teatro di comune divertimento
per non fard deridere da quei medefìihi > che
ne godono, tuttavolta ì che egli riducafi'iiL*
miferia ,pèr genio -d* accudir troppo all'-àK
trui felicità, elTendo pur femprevero il-dctto
del Poeta, (a) che: . > .
. ' ♦
* ^
So» V2oWt- Amici al chiaro di fortuna
. Ma che tutti fen vau , x’ ella x’ liubruna ,-i
- *•' . ••
Cònfumatf , che ebbe Cleope Rc.delP Egitto
dietro alla fila celebre non meno, che fmifu-
rata Piràmide tutti i'tefori.del pubblico Era»-
rio ,vedendofì derifo da qucHlcITi ,che.aVe-
vanlo'iqnanzi adulato i ritrovò in lua.calà_>
una vena d* oro efpònendo àgli infulti Sonò-
re della iùa lìglia,c dandofi a credere ilolidg-
mente di riparare alle beffe' con Ibggettarlì
alP infamia " io non crédérò mai , che pólTa
venirli ad un tale ecceflb da.vcrun Capo del<«
le civili cafe^ e cattoirthe i ma non per tanto
TÒ tralafciarc'di configliàrli^a flar bene fovrft
di ciò vigilanti' per non ridurfì ih. quella ver*
gognofa neccintà,' che.leggb non avendo ynò
i ; ■ qi; -O argihé.
X ' ' .1
• J » , » »
Ca')-. Gv/V,
1 ■' V * iX '
1
^argine vferuno, è fdita.bene fpcflo.di perfua-
jàstG ógni male pcr/riparo un piccpl roffo-
WiiiSe pòi qualcheduno de' menò laggi mi
riipondeflC) che egli anzi» che pcrdei-vi» gua-*
dagna non poconieJ tenere in Cafa aperto il
divertimento , non crederò già perquefto ,
chcifegli-ila giunto' ad un eflremo i sidetefta» i
i)ilé.|>er filala volontà,. chciri' aveflfe;, aiiadu*
bhJetófolojxhe'ciòglLfia.in.qualcbe parte^
contra voglia accaduto , Q C\a per accedergli
ben prefto , fc non è follecito nel ripararvi •
Smidolii^ di grigia cdde'fto fufipòftq vanUg-
gio^'JO'vèda bened* oiide:^ e come gUderiva y
acciò non foffe un rivolo di quelle acque--» ,
die 4^ maligna forgcilteiullwrea fcaturendò
in vede * di- fecondare danneggiano dilTeccaii^
dontl^ ùhlore nàtunale>il Terreno. ,r7l^Mon*
do A ia oggi'St accoxtói nel fuoiintexcfl< par^
ticòlane^chc ioten^ pcribfpett?ixiiflW4leho
mira'priva^ogni profiiliohe staccia in
p<^Ò«ddgJiialti*i*i iCr^jdrqnello.offer H
Capodicàfe:,. chntil'giiadagnono in-
diideia niaiiziofadtbhiTeminaporxaccoglie^
rev e dpna poco per invoiare’iitiittò.# iS^.cio
foife: maiiegH mofl: r erèbbe^d^ ^ffert tgnoran-»
aiflfiroD-di cconòmiaifoiidftado.HaManj^am^
della Tua : cala fovra dii certe hadd , che non^
tegg^okv punto fgnoianzi capaci diaiterrar^
la atìaffo:. A me in tal materia è Tempre pia-
cinto ,-alfai qu£j proì^iiudiÌQ- tra JLiylcxcadanti
comune, cioè: frijìo ejjer quelfoldoy ebegua* i
mW/9.
\
DIgilized by Gg»gli^
AU
J^a la lira ; Infelice fòrà.t>cn quel guadàgno*
ch^pQteffe fard eoli’ pfFelà di Dio, c.che por-
tai^qin cafa fumoi.e-miferia , toglieì^ te*
ibrodella divinaGrazia.. . , .
.ILI. '-.Nè minor male farebbe, fcchi iìen..
la:Convcrfazionc4n .fuacaj^ fella niaid’ una
certa; forta d’ huomini, cbellpiccanq d’:éiTer
d’ umor dolce, coiupucent^ e,con;iéÌUQl di^^^
lì, alla mano con tutti , chiudendò. l' occhiò
fovra gii andamenti dichi vi pr^ica., -,e. go*
dendó quafi di facilitare per tal me^.)e
fched’ alcuni che ia altro luogo, più «reo*
fpetto (arebbono ■ mcn ucure , e lUen lelict .
Di .quelli dilTc ArilloteieV' •(a) che oajpir
s^ÌMC. pii brama»» d’ ejfer amàtii d\ama^
re. gli altri. , Stimo . fcnza;dubbio • . ch^JtéhQ
in ogni parte pochiflimia pure
fentito qualcuno invitare.la GlQvéntd.a,lecq
trattenerfi, c dirle Ipgghignando, iveuj^tetiu-^
reco» pbertà^erebè mi trweretè pii gal^^
tuomOiCbe non pe»fatei:\o(:cW: ridottojn buo^
ni termini fembra voler dire : ^eȓ(ed/ar^
ÌM miacafa ciòt che v’ aggrada^ puebèam^
rtuHapreme . QueOuihjria ocrto, .iejnai^fi
<ie0e»uu profanare iltitplo di Galamupnux»
che Uguinpaun ritrattpd’.qneflà, e d|;{àyiéa*
za,;riducendQlo a.dinotareun huomp; ebe le
Qon;aifatto nenuco , iudi6fK„?n^c jaliu^o per
O 2 " la '
. t
Ca) 8 . Etìjìc,
r .
l Jt
1
. •
là virtJi Sia di manò alle corrùttelé cònuna
Ipezie di trafcuràgginé volontaria , là quale
"paffa in còntò'di cortefia-; Non iarebbe qiie»
fio un beneficare , ma «ri nuocere altrui- te-
nendo aperto in càfa come lm precipizio per
F innocenza',' tanto pin libfcro , ed agévole ; e
chi fi varftàfTé di' fare ' in ciò benefizio -lenti-
'"rebbe Timproveràrfené 'la qualità dal Mora-
le,condizioni mi-
o libri, c'bé è H dàr'gti coti- ^iudì zio i- Se prov-
1 Pi»riFf !• r\V»r ìhRht*
lallO l ITlTTUiiU ) nenpui c puxi a v;nia—
ifiàrfi cótuii il 'quaWimpieghì parte délleiuc
fóftanzè riellà fcoricià'àllégreztó^^ degH^àltrl
è glrdive’rtàcóri'direàpitodella buòna Mora-
le l'f Sana fliraria'ctìfa- per verità, chcHvàritan-
dòìi ùnb'd’ cirere'G'alantUbmó potefle indur-
fra cooperare al' -pubblicò difàvvanta'ggio'
dàhdòcartìpo in fua cafn- allo feadimento del
btì'on, còftùnie , é laogò di fpargei fi libérà-
meri^bta-tftalàfcirten^a^de i vizj fòtto ppetè-
(lò.di’fpenderc vòlontieVi per contribuire al-
Faitrrii-éivilè-divertimentó . Abbiamo do_.‘
Titò' LiViò‘ C^’J‘hoh;eflfcrfi-'mai da'i Romàni
pcrifieiTo, fin'chè fa in-1ìòre''queHa RèpuBbli-
cài P erigerfitéàtriff riòh di legno i acciò fi-
pòtélTérò' atterrar lìibitò dopo le pubbliche^-
i u fe-
mMmmBì
ri#
£a3 Ib. [b] Lib./^S.
DIgitized by Goo^le
■fcfte, ed i foreftieri.liqn-.aveflero a ^redcr.e in
Koma alcuna fabbrica (labile dedicatala! pia.
.cere , ed allo (regolato fcapigliamento,.. Inu
•fatti dice Tacito i [a] che portando ih Roma
Pompeo le feor rette licenze dell’ Afia, di cui
^trionfato,, avea , fu il primo » chev' edifì-
caffe un.t.catro di pietra (ìmile a quello che
.veduto avea in Mitilene: c benché non ardi(^
■fc di farle fc non col pretefto d’ ergere un_.
Tempio alla Dea Venere, pure non potè fug-
gire i rifentimcnti , ed il pubblico ri mpro ve»»
ro dei Senato . Chi sà, che molte Calè non^
^ _ #
doveflero fra di noi ancora dfere di legno
per poterfi rovinare tutta volta, che (initi (b-
no certi bagordi, e certe adunanze , dove ad
onta de i (lelTi Gentili si amici della nv^>de(lia,
(1 divertono forfè , benché io non fappia mai
figurarmelo , alcuni Cattolici lènza ritegno
di verecondia ? Avverta perciò l’ huomo di
fenno , che la fuaCafa non accolga mai per-
fone , cui poco prema il timor Tanto di Dio ,
ilcché fi riduca ad una tale apparenza , che.*
non potelTe tolerarfi dalla Romana faviezz.a ;
poiché fc la Giullizia degli huomini per altri
rifpetti. non procede contra d’ un tale abulb
non fi potrà però egli ibttrarre dal tremen-
do a ed ineforabil galligo della Divina .. Per
tanto è.giufio , che aprendoli da qualcuno la
... O 3 • cafa
fa] i/A.,14,
i
414,
cafa àll*'óneflò divertimento intercflTi il
Capò d^effa nel bene diquegli,che vi concor>
rono , e'nafcendo ;ciÒ da un effetto di buona::,
imicfaia ne provino eflì quel vantaggio, che
fuòl tirarli dalla fedeltà degli >\mici, trovan-
doli- divertiti non meno con fplendidezza^
che difeli con buona cullodia da ogni perico-
lo, onde funeftar fi potelTc la gioconciità del
piacere . Apporta S. Ambrogio per quefto
r cfenìpio delle Cornacchie , le quali chia«
mando come in loro converlàzionc le Cica»
gnc gli precedono fcmpre col volo , c com-
battono a làngue con gli Uccelli rapaci j per
allicurare alle amiche loro il cammino, [a Jf/srì
traprendendo -, così egli pondera, «incora co/
proprio pericolo le guerre altrui . In tal ma-
niera pih forti rendendofi per codefta difcfa
i Vegliatori divenuti come fratelli di quei
faggi huomini, che gli accolgono in cafa, co-
me pure dice lo Spirito Santo { [b~\ il fratello
ajutato dal fratello è quafi una Gttà ben mu~
^/ra^rlàranno gli Ofpiti doppiamente benefi-
ci, é verlb de’ corpi, cui provvederanno d’nn
grato follievo, c vcrfb delle anime,Iungi dal-
le quali-terranik) fempre ogni occafione an-'
che -minhnà di-prcvertiffi . Quefto'è il bel-
van'to-,* dl'ctii dee 'gloriarli irGalàntuomo ,
cioè, che ficuri ùanotutti in fua Cafa j. ne mài
... ; \ dcg-
Alili» '
Ca) Lìb. ^.euam.c. i6. [h] Prov.
Digitized by Google ,
2!y
deggta egli render feoM&tìddeteriorarneitt’of
d* aicùno o'riginatòftdìitiatu<t>inavvedùCe2zà;
nè aiie'pèrfone\,deI' Mondò GiudiòeJì
JEt’ernò . • ■ ' a • n.ìj , :
IV. Santo -ancora 'pùi renderfi
penfiero dl tirare in fua' cala l*a]trui>Coh^
a*erfaziòne facendone’ Come' un efcrdiziòdr
fegrcto , nla profittevole Apoftolato." foooj.
me amido'fcmprc del vero non' voglio ta»
cere-di conolcere molti huomini di Ibmma.
prudènza , c d’ ugual zelo', i quali immitari-
do nel Mondo le fante induftrie del Nerfy
hanno convertita la domeftica loro Con-
ver fazióne in unafcuola d'ogni virti'j,e lòt-
to coperta di piacevole trattenimento van-
no' fpargendo il fanto feme Evangelico
nell’altrui cuore con fommo vantaggio di
chi gli" tratta Queftó io vorrei vedere ia_.
tutti i-Gapi delle famiglie , acciò guada-
gnaffero' un doppio merito appreflo di Dio,
e degli huomini, venendo' ciò ancora cridia-
namente -infegnato da Seneca in propoi’
fitò di beneficare altrui ; far) mn lafcìàr mai
egli dice ; di far bene- a i Compagni y e di
efeguire ' ie partì d' buotrr buono ; a'naajt/Fa
co' fatti y P altro colla fedeltà % P altro' éollìL*-
buona grotìa y e ì aitro 'cól oonftglio ; e eo i
jalutevoli ■ prèceiti . E’ ben v<*ro , che in ciò
■ O 4 v’è
iSèmmé
% %
^ »
(a) Ibìd:
K
I
%\6
v*è. d’uopo d’una .prudente deprezza > p^oi>
che -elTendo pur troppo deteriorate in og»
gi r«. nature degli huomini pochi fono colo*
ro> che ricevano in conto di benefìzio quella
zelante premura , la.quale moArano i faggi
del buono incamminamento de’pih deboli»
onde ibggiugne lo Aeito Filofofo »Ca') che:
^ebbene .foia mefite dee tener fi per, benefit
zio 1*. ottima volontà di , chi dona pur
gli buomini inefperti valutano- quel fola, \
chemirafi eolPoccbio ^ efi pojfiede reatmeu^ '
te yciò difprezzando iCbe in foflanza à pre~
zhfo . Per, far dunque profittevolmente un
tale uffìzio c ncceffario il non lafciarne pe.
netrar bene rintenzione da tutti » ma na-
feonderne le mire dello zelo folto il pre~
teAo dell’ indulgenza , e della docilità » che
, faccia credere agli altri non averli alcun’al-
tr.o penfiero , che di accudire alla dolcezza.*
del loro divertimento, .e facendoli ,come in*
fegna S, Paolo, Cb) tutto ,di,tutti colpire nel
fogno .della virtù coll’indirizzare altrove la
mira . fCosi vediamo praticarfi dalfaccorto
Nocchiero » che -.provezando il vento fa-
vorevole moAra di slontanarfì dal porto»
a cui tpnde» imboccandovi pofeia quando
altri meno vi . penla . Hanno certamente.^
i Capi dicala uu’occalione belliAima - di far
del
(a) ldj>ib,Qi) i^.Car.9. 19.
Digitized by Google,
217
delbcne aifai grande nel .tempo {lelTo,che
godono dell’ altrui gioconda Convcrfazio»
no, mentre, avendo già col benefizio della
cortefe Ofpitalità legati. gli animi hanno
ancora fovra di eflì acquìflata nna certa
^ezie di- padronanza autorevole per po*
ter loro infìnuare tutto ciò > che più bra«>
mano . Io sò , che a cqdcfti affabili huomini»
c di facile ‘accoglimento verib di tutti , è
riufeito bene rpelTo il fare delle converfìo»
ni ammirabili in taluni, che non avevano
Soluto picgarfi nè da* Genitori , nè da’Pa-
ri di Spirito per quanto fatica d’ ammo«
nimenti , di'perfuafìoni , e di minaccio avef^
ifero ufata. per indurgli a ravvederli . £* dun>
que chiarimmo , che .può agevolmente gtia-
dagnarfi un gran merito chi tiene in caia
Converfàzione attendendo a condirla con
limi configli , con . dolci , ed opportune in-
linuazioni , e coll’ ufo di .lode , e prudenti
maflime predando collf.efca del piacere i
cuori altrui . Sono grandi le meraviglie,
che fi yeggioop tutto di negli innedi olendo
in ciò ^arrivata l’arte aLfommo pcr ridurre
i tronchi più.fàlvatici a partorire ipiù de-^
licati, è più gentili frutti , ed in Napoli, nel-
la Tpfcqna, iti alcune parti di Lombardia,
c nelle amenifiime Riviere, di Genova fi of-
fervano ftravaganze ftupcnde nel cavare,
da una fola pianta vile, e negletta Uve^
>
4
pre-
Digitized by Google
'218
JJrcziofe j Pòttll dòlfcfflthii , Ficiir fcavìi Bcr»
gamòtté odorbfb',' talché fiolfa dirfi coni.
Vit'^ilio , (tf) tire' per- tanti , e diVèrfi in*
riefli troncò ihedcrmio :
• • • r » r
X • » %
« w
^ M, %
’Lé tiuó^e ftùnàiit i mn fuoi' frutti ummìra-.
• • 4 f t « •
ryuh tale artifizio può valerfi appunto il Ca-
po di cafa e confiderando i Naturali divcrfi
còlla commodita di avergli fempre d^intor^
no applicarfi ad inferirvi !evirth,cheprb*-
prie- faranno' df ciafcheduno, per fare quél
profitto , che ■ accenna S. Paolo-, dove dicci
C^ ). che : tagliato dal naturale \ f fanatico
Vlivo ,fu inferito coatra il eojlume dtlla^
tf atura in Vlìva buona , t dome fica . Quan-
do ridùcafi ad una tal difciplinà la 'Convcrfa-
z’ione di cafà elfa larà non folamente lo-
dcvòlè-, ma a tutti ancór vantaggiofa , men-
tre vi peiderà bgniino le qualità più cat-
tive in vefiendofi delle rtiigliòrl ,come ac*
cade, al riferire di S. Agoftinò Tedi molti
Stòrici gravii (e) in un certo fonte dell’AI-
bànla , nel qiiale attùffiindofr una fiaccolaL.
aecefa tolìo a’àihmorza, ed Una- già fpen-
ta s’accende ..'Nel confbrzio , é ncìlà cafa^
deif hùom fàggio ha da fpegnerfi il reo»
fuoco delle' pàfliohi più feorrette i cd àc-
^ < V > •* . t - • ' . ; ■ ...
^ %
ry . I*
ccn^
r m
' « * V
(a) GeorgMb.z, Qf)Rom.\ i.Cc^
Digitized by Google
319 .
cenderfì quello della virtù pei riflelTo del*
la fiamma innocente , e pura > che arder deb*
be in cuore al Capo d’elTa . Convien per tan-
to , che egli vada immitahdo -la natura am-
. mirabile della Calamitarla quale ne’ più
fieri flutti del Mare, c nello -flrepito delle
più tempefiofe borrafche rivolta {landò*
fene. fcmprealla tramontana, ferve di (cor-
ta alla confulà , e sbalordita Marineria per
non perdere il filo del fuo diritto cammi-
no. Nel rumore, e nella conTufione, che;:*
fuol narcère ncll’intrattenimento di molti,
dee dar fido il Capo verfo il Polo della.>
fàviczza , e del contegno , come per guida
ficura degli altri , acciò non idorcanò dai
.retto fentiero della crìdiana' modedia .
Quindi avverrà, come .nella de(Ta calamita
{uccedc,che fenza toccarlo -tira à fe il fer-
ro colla fegreta forza delle .occùite fuejf
qualità attrattive , ed imbevuto-di effe il fer-
ro altri a (è ,• non per foa , ma per virtù^
di .quella , ne attrae , onde vedonfi -molti per
opra d’ un folo inneme. drettamente unitt*
con dolce nodo- tendere ad un punto ine*'
defimo . Accadcrà fenza dùbbio lo dedb'
nella Converfàzione domedica ,dove. tutti'
imbevuti delle òttime qualità: del Capo 1’.-
un d’altro. .tirandofi. - coti violenza (bave..#'
verib di lui tenderanno unitamente in_.
m£2Zo. alla, defla,. giocondità ai punto del*
la virtù , e dell’ eterna falrezza . Ecco, la.*.
Digitized by Google
<'*20
-Véra i etl ag;eyoIjmaniCra. di;formai-c una^
- dolce Catena di cuori , anche , talvolta roz-
-z:i»cd: incalti,. *00016 il ferro, appunto fe-
-condoiche. notir .ancora. il fublime Teolo-
igp'dìNazianzo ,.(<*) tutti «da un Iblo rivòlti
. deftraniente,, ed inclinati , fcnza che ncppu>
. ré fe ne avveggianó , al bene . Proccuri per
ultimo il Capo di .famiglia , che fi prende
^enfierò di trattenere gli altri , di renderfi '
.colla propria' Morale uno fpecchio fmce- '
ro , dove polTa ciafcuno veder chiaramen-
te il fuo fembiante>, e corregerlo quando
bifogni . Non fia egli come .certi fpccchi
adulatori , che lavorati con maliziofo ari.
tifìzio. moftrano. bello il brutto, e rappre-
feiitano come fregi d’ avvenenza le mac-
chie pih fconcie , onde ad un’huomo vano
diffe un bell’umore vedendolo adulare. la
propria deformità col vagheggiarli in uno
di codefti criftalii : vorrei , t/ìmico , per vo~
firo dtjitf gonfio . predarvi per un poco gii
occhi mtei.i.e. prendere per un momento il
voflro vtfo, Tutto.il male appunto deriva
dall’adulazione , che tanto regna nel Mon-
dò., per cui ognuno Audia per commen-
dare il compagno , e come il Camaleonte»
che., muta colore fecondo l’oggetto., in cui
s’incontra ,. cangia l’uno iéntimento , c pare^
re
Itili i iì\ I rnmmmmmmmmmmmiéÈmdmmmmmimmmmm
Ca) . Orat. adv, Muh
_ DIgilizad by Goog|B
re fecondo gli; umofì >fte^fc|Uàli s’imbattei:
lodandogli ienzà riflèttere >'fe lo mcwtinòr*
o. no . Per’«iufeftò poi - riportando ivizj ttìi--
a^plaufo dgaàió .i - quéilcf} 'ehe^ dcvcfi' ’^
la virtù, vanno tutto ' giorno' 'crelcèndò^yió.
dilatandofi per ogni parte fenza rimorfo,
e lenza riprenditore . Pochi fi trovano , che
amino di farli come norma, elegge degli
altri , più comunemente piacendo il fard
adulatóre del reo coftmn§~,rCht m'aero,
ed el'emplare di compoftezza-V poiché ^ole
ciafcnno vivere a fuo modo,- lenza, pjg^rfi
penderò por gli' altri . Se di tal' fatta «ran-
no coloro, che aprono la caÌa.^al'|ìubblico
divcrtimentó , .non potr^' certo "chi vi ca-
pita prohtta> ..'molto' tfotfandofi' lufingato.
an ciò, che merita ammollimento , e feor-
gcndo in chi lo diverte il ritratto , che dell’
>\duIatore dipinfe a meraviglia Plutarco di-
CQQàOiQ)\ci(.a')eglinottba coftumì Jìabilì,»è a fe
pre/erhe forma veruna dì vìta\ma ora a que-
,ora a quegliaccommodandofi non è malfem-
plice , ni uno con tutti , ma variabile ìtl^
tutte le guife . In fomma non è da condan-
narli l’ufo di tenere in cafa la Converfa-
zione quando fi vaglia il Capo delie rego-
le fin qui preferitte per far si , che il ge-
nio di beneficare gli altri con un tal com-
• . . modo
* » •
* » I I I — — ■ I I
Ca) De Di/crim.adul.df amie. . . < •;
Digillzed by Google
modo: giovamento rOi poffa.eiafGUnoj^
che 4ie. gode;, ritrovate in lui.il vero carat-.
Cere deU^Amico-,,i.l£juaIe,fu.4a;I'Iatóne cosi
Jitnofit^buonOtA^ utile, , .
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. .Del nt&iuk'iy.c le proprie .Donne alla,
■ .. -Converfazione .
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4 \ 4
-G AP O. -XIV.
• •• • »
I.-T^lU détta la donna,comedi fopra notamn
' Jr* - mo,^perdiffìnjzió'ne ben favia d’Aveju
tòt:(ay UH buomò imperfetto : onde né viene
per le^ittliiìa-confcguénaa,-che deggia i’hno*
mo dirigerla in tutte le ftte operazioni,’ aven-
dola pur'anchel* Altiflinio à Ini foggettataneli
la prima fu’à collituzione; Non dee peròfem»
braredùra alla donna ,• 'ed ihdifcreta una tal
legge i pérdvè efleddo ella di'.lUa natura per
ordinario pih debile, e pi^ bifognofa d’ajutov
e di configlio » là dipendenza dalP huomoè.n
lei di fommo Vantaggio i onde fcriire. ancora:
Ariftotele-,' che- per regolarli prudente-
mente: ella debbo ìh tutte le eofe ubbidire al~.
l* buomo'i ^ élla rifletterà feriamente; calte
liia naturale fi-aleafta , ed al foggio provvedir
mento del fommo Regolatorcvwraprcndferà^
cdie al male della natura ha «gli preparatoàn
quella' Tua utile foggeziòne . un ottimo ripa-
ro’» aflegnandole nel marito una dolce véd'
amichevole guida , che più franca in tuttcjej
colè la renda, e più ficura.. Non è coavenien-!
te
/ 4
[a] i.Pbyfcom.%\‘lh] i.OrcòvV
tc alle perfone làyle il rammaricarli d’nnJ
certo deftino inevitabile , da cui vien loro
qualche pregiudizio , .ma debbono pcn(are_»
unicamente al rimedio, e confolarfi neH’age-
volezza di ritrovarlo . Saggia per ciò potrà
dirli la donna, fe mirando alla debolezza del
felfo fol tanto per rinvenire qualche oppor-
tuno foftentamento s’ appoggierà .alja pru-
denza delP huomo , che le fu deftinato. Con-,
forte da Dio , ed aver à. con effe Itit i come in-
fegna Plutarco, [a] comunti e P affettOy e
brame , eP allegrìa , nulla avendo. in ciò di .
proprio . Si vede per quello eflere uffizio»
particolare delP huomp.Papplicacfi;al gover-;
no di cafa, ebe fempre jpetta , fecondo lo llef-
fo Arinotele: [It] al CapOyil quale folo àncora,
ejfer debbe:n{c\xotcnào egli da tutti i fuqi do-
OTclilici una pronta jcd ubbidiente fubprdiaan-
za ; Silo penliero, addunque farà di mifurar
bene ad ognuno di loro i palli, che far debbo-
no fpezialmente fuori di cafa, ed illupiinargli
in tal maniera , che chiaro diftinguano tutti
que’perieoli, chic incontrar fi poflbno in con-.,
vériàndo .con gli altri , acciò avveduti fieno ^
ed accorti per ifcanlargli . E’ quello unob-,
bligo indifpenlàbile :a i Capi delle famiglie-»,
per P amore , che nodrir deggiono, per i loro,
parti:', mentre i Bruti fteffi , e tra.gli altri le-».
■j', Ron-
fa] De pr/scept-connub. [b} \, Tolti,
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Hondlnt partoriti > che abbiano cicchi i loro
pulcini gli rendon la vifta coll' ufo d’uh erba,
che Celidonia fi chiama, ne mai defiftono dal-»
r amorevole uffizio fin tanto , che effi non_.
aprano gli occhi . Come poi difpcnfarfi da_*
tanto potrebbono fpnza colpa i Genitori vcrr
fodc’ lor Figliuoli ,e Doineftici , che furono
confegnati loro da Dio per averne fedele^
premura, e per cufiodirgli aiuorofamente in
tutto cih > che potelfe ojfcndcrne l’ innocen-
za, e t^nto pili, che trauandofi di figli ancora
innocenti , [u] mHgth poco , fecondo il parer
del Filofofo, importa , ma ajfaijtmo /’ awez-
^arfi da picciofi , p in utu} , o in un altra ma-
niet(t\ Anzi tutto da ciò dipendendo ? In que-
Ào però ruarjcano forfè molti per vero dire ,
mentre (e la pafTapo con tutta difinvoltura ,
nulla penfando al grave danno., clip venir
puote a i loro Figli, o Domenici, dalla prima
cattiva piega » la quale per oracolo dello Spi-
rito Santo durar fuole fino all’ultima vcq-?
chie^za , come J’ iptefc pur anche jl Uficp
icrivcndo, [b'] che
Sempre del primo odore olezza il ‘vajo .
Ciò però fia detto per incidenza non elTendp
qui luogo di parlare direttamente delpefo .,
P che
[al Ethic, e, i. [b] Horat. i. ep. a.
28^ . , ..
che efTì hanno per l’ottima educazione della
propria figliolanza. Balla l’averlo così di
paflaggio toccato per quanto può appartene-
re alla materia prefente , che mira 1* obbligo
d’ invigilare Ibvra al divertimento , che ogn*
' Uno d’elli permette alle proprie donne sì
con(brti,corae figliuole, o congiunte, e dome'*
iìiche.
II. Venendo addunque di propofito a_.
parlarne dirò , che farebbe ne* Capi di calk:;.
trafeuraggine infofferibile il non por mente
mai al luogo, dove capitar fbgliono le donne
loro, nafeer potendone inconvenienti gravif-
flmi . Nè ballar debbe loró per ilgravio dellit
cofeienza il fentire una picciola voce.di buo-
na fama , ed un aura leggiera di buon odore y
in quelle cafe, ed in quelle perfonè-, colle.»
quali trattano i lor domellici,per chiuder po-
Icia gli occhi per Tempre intorno agli anda'*>
menti di elfi, é'viverfene , come pafsò in pro-
verbio, nella pace tranquillilfima d’ Otta via-
no . Rimarrebbono certo bene fpeffo ingan-
nati da quella loro fidanza, che Ibvra'dell’ al-
trui buon nome., e dell’ odore.di falfa virtù >
concepHTero . Riferifeono i Naturali , che la
Pantera oltre modo brutta di ceffo , ma d’ uri
Ibavilfimo fiato, nafeoftafi tra i verdeggianti
cefpugli dc’bofchi tira a fe per forza di quell»
odot'e sì grato il mifero Salvaggiume , ch<i_»
affai ne gode, e fuori ufeendone pofeia im-
provvifamente l’affale, e fel divora . lo non..
ere-
credo ,che ciò fia lontaniflìmo da qiiella flra»
ge, che dell’ altrui innocenza (noi farfi nel.
mondo per artifizio de’ cattivi , che nafcofti
nella gioconda amenità delle pubbliche allc>
grie tirano a le i meno cauti coll’odore di
finte virtudi, come farebbe di vivezza , di
brio, di fpirito, c di fiippofia cordialità, onde
per quella via delufi coloro, che dovrebbono
averne cura, ne fanno elfi preda , e gli rovi-
nano . Entrano però qualche volta in un_,
leggiero fofpetto intorno alla condotta de’
loro fubòrdinati,fìa.o per interno lume delia
Divina Grazia , opereflerno rapporto de’
più zelanti, i Capi di caia , e pongonfi ancora
in qualche movimento perofTervare dale_»
mcdefimL quel.male , di cui fi teme , ed inda-
garne aifondo la verità .Ma fi dilpongono a_»
quello con una sì tardajcd inconfiderata len-
tezza., che venendo pure una volta al punto
di mettervi il neceflario-riparo ciò fuccede_»
fenza alcun frutto , trovandofi ornai al difor-
dtne poco rimedio., . Dicefi, che penetrati nel
Braille i Portoghefi.t'rovaronvi un certo ani-
male limile a i noflri cani, ma sì lento nel mo<
to, che llrafcicando il ventre aifai largo , e_>
pieno, per terra , appena giugnea nel corlb
di quindeci giorni a fare tanto di cammino ,
quanto ne porterebbe un tiro difaflb,e lo no*
minarono ben propriamente Pigrizia . Q u e-
ila , che parve a loro flravaganza , vedefi ap,
punto nella dannofa , e mal accorta fliinidet.,
P 2 ■ za
s'aS _ ^ I
d’ aicuni Capi delle famiglie, che avveritiff |
peri;empo dello fregolamento de’lorològ»-
getti reodoqo bensì mille grazie dell’ avvilo
a chi lo porta, fi proteftanb di voler andarvi,
di voler toccar con mano , e provvedervi :
ma l’ efeguifeono con tale tardanza , che paf>
fando le lettimane, i mefi, c gli anni prima d’
andare , e di provvedere , a nulla poi ferve 1’
eflcrvi andato , e l’avercocula'rmente veduto
ciò, che fpfpettavafi,! moderniStorici raccota,
no d’un altro Ara vagate animale da cflì detto
Struzzo-Camelo,pcrghè dell’uno, e dell’altro
partecipa, che tra le altre mirabili qualità, di |
cui la natura l’ha provveduto, abbia fottole
grand’ ali due forti, C pungenti fproni , onde
non potendo, quando anche voglia, fermarfi
tanto fia veloce nel corfo , che difficililTimo fi
renda a’ Cacciatori il farne preda: io augure-
rei una tal forte a i Capi di eafa per efler prò»
ti , c folleciti nel tener dietro alle pedate de^
ior domefti?Ì> ^ zelarne , come debbono , la_»
falvezza . Non ha però mancato , che mani-
car non puote giammai , la Provvidenw nel
dare ad eflll ancora certi ftimoli interni,
polfcnti , che gli fpronano ad un tal corfo , e
fono quei rimorfi, che fentono fpeflb per la-
negligenza nel proprio ininiAcro, c que’pm-
denti fofpctti, che gli nafeono in cuore, c che
effi per troppa dabbenaggine difcacciano da
le come temerarj giudizj diftiirbatori della_,
pace, e della concordia domeftica, A chi reg-
DIgilized by Google
22$»
ge il pelò delle famiglie è lèmtprc lecito il Ib-*
Ipettar con prudenza di quel veleno ^ehe-»
tanti infettando non ptìò crederfi , che Vo-
glia perdonarla a i loro fubofdinati . Trop-
pro,ai parere di Galeno, è dedita la Giovent?»
allò frcgolamcnto, creder debbono i
ffjUggforiyi'be difendo un ìnternalìbertà vada-i
no fenzd riferva feorrendoM^craiò favio làrà
fempre, e lodevole ne’ Capi il timore del lor
deviamento, ìncertijfmo ejfendO y per fenten-
za del gran Platone , [^b^Je di vizio , o alla^
viriti fieno eglino per appigliarfi .
III. Nella bene a i regolatori delle fami-
glie il dire, ohe leggiero fìa il pericolo , onde
polTòno contaminarli per l’ altrui conlbrzio t
loro'fubordinati , dilbbbiigandofi per quella'
dall’ invigtlar’/i . Non vi é male sì picciolo i
da cui non debba temcrfi rovina, ed eftermi-
nio, tutta voltay che fi tralcUri: ed il. vizio iti_,
quella parte può alTomigliarli beniflimo alla
natura, di cui dille Plinio, [c]chc : piè non s*
occupa mai tut'tdy ebe nelle minime cofe . Chi
veduto non P aveffe per il'perienza non cre-
derebbe mai, chela Remora , pefee così mi-
nuto , e di mole sì lieve , fermar potelfe tal
Volta le groffe navi, come da molti huomini
gravi, eda.i Santi Padri j fi attclla eflcre nort
dirado in alcuni mari accaduto .• Maquan-
(a} tn Lacbet.Plat. (b) In Convi < (.c'\ Libf
I e. 2-
2^® ,
<ìo ancora dò non VOlefTe àminettérfi, ndrLj
può certamente negarfi nella categoria de*
vizj, trai qùali'i più leggieri,cd i meno offer-
vati , fonò fbVente Ì piu nòcevoli > ed attac-
candoti tenaceniénte allo fpirito , fono capa-^
ci di fermare il corib alla più foda ^ e robufla
virtù i Ho più volte fentito alcuni huominì
prudenti per altro » ed efperti dolerti , che^
più non fono i loro Dortietiici di quella doci-
lità, (chiettezza, e modetiia,di Cui forniti era-«
no per 1^ addietro , e vanno fpcculando tra fu
d’ onde maipoffa efferne originato il cam-
biamento , fenza rifletter punto , che ciò ve-
nir puote dal commerzio altrui, che gli ac-^
cordarono elfi liberamente, e fenza veruna-^
Cautela . Gflervino dunque con elattezza , Ib,
imbevuti fi fbflero mai d’ alcune nialfime fo-.
reftiere , e portati avelfero in cafa certi nuo-
vi coftumi, che prima non v’ eranoj c fappia-
nq , che còdetià è mercanzia comprata liille
Fiere altrui, e certi piccioli vizj, che attacca-
titi loro nel converlare con molti hanno ap-
, pannato alquanto lo fplendore della primie-
ra virtù, come cantò l’Alciato con gravità da
Filolbfo ; [aj
\
Tale a chi peìr i;ìrtHde alto f alia,
Spejfo lie^e cagio» troncò la via,
Quan-
"" ' ^ ■■ Il !■ ■■•»•■■■■■ 1 rrrr- tr • ^ Ti i • uà»
(ajt Bmblem. •
Q^ndociò fia come noti temeranno di peg- .
gio eflendo proprio del vizio il non finir. mai
dovecomincia , ma dilatarfi e crefcerca diA
mifura, come da lieve favilla, che trafcurolll,
è folito di forgere Un incendio irreparabile ?
Nè mi tengano per troppo rigido , fe qui io
parlo di vizio trattandoli d’ un femplice raf-
freddamento nel buon, cpftume , poiché una
virtù , che fi fermi, è fpeflb il feme d’ un peg-
ghrvizio, che nafce,[a]»u//apaffa;gJo, fecondo
A verroe, tra Vu»a,e l'altro dì raezzo.Troppo
alla nollra fedotta natura è facile ilpalfare da
eftremo ad eftremo(cofa che purdovria c/Tcr
diffidi ili] ma, e lo è in altre materie, )e nel me-
^*88^0 medefirno della più chiara, e rilucente
virtù , fenza mezzo ridurli alle più nere cali-
gini , e più tenebrore della colpa. Ogni varia*
zione addunque dee rendcrfi giullamente fo-
fpctta , quando fucceda in perlbne ben coflu-
mate, e nelle quali fòglia d’ ordinario veder-
fi un lume ben chiaro d’ ingenuità , e di co-
ftante faviezza , La ^htìt , dille Plotino
faggiamente, ì una certa confonama , ed ar-
monìa , ed il vizio una dijfonanza , ed un con-
trajìo: imperocché la foflanza dì lei confiftenel
far sì , che le partì dell'anima fecondo l'or-
dine della natura peno tra fe concordi ; ed.
il vizio 'conftjìe nel tenerle in difeordìa .
Que-
Ca') y-phyf. coni i %. (bj Enti, §,
2ji' . ,
Quefto jrttérrompinieiitò di cohcòrdc af'-*
monia dedur fi puote appunto da quel can-
giamento benché leggiero , che miriamo
nelle perforie talora più favie j onde è neceC-
farlo ir mettervi prbntd rlpafo per ntìrLi
dar adito ad un maggiore fdoncerto i Da^
tutto quefto più Tempre chiai'amenie rile;
vali la neccflitàj dhe hanno i Capi delle fami-
glie d’efaminar bene a fondo quei luoghi, ne*
quali mandantì i lóf Domeftici a divertirli , e
prima fpiandone eflì il terreno per vedere <
le vi fiorifea quella modeftia < e quel conte-
gnoi che prudentemente s’ oflerva nelle cafe
loro, ficchè non polfano quegli ftìordarfi nep-
pure in mezzo alla Con verlàzione della foli-
ta loro oneftà familiare.Fù coftume de i Ro-
mani in tutte le dcterminazionffempfefaggi*
ed accorti , di fabbricare nelle Città di con-
quifta^ e nelle Colonie loro, Àmfitcat-ri, Cir-
chi , Bafiliche j e Campidogli , perchè i Cit-
tadini loro fAdditi , che V’ erano trafportati
per abitarle , vivelfero Tempre memori di
Roma , e benché lontani da quella augufta
Metropoli parefic loto nulladimeno di cf-
Icrc in mczto di lei , c ne conferv'aflero per
confeguenza i riti j e le ottime Coftamanze.
Tanto io bramerei , che praticaflcro i Capì
di cala j e fceglicflero per i loro domeftici
quelle Converfazioni , che più modelle ef-
fondo, c più rifervate , potelTero Tempre te-
nere in eflì viva la Ipczic , c prefentc Tim-’
. ma- -
Diglllzed by Googl^
. .....
jriaginé della familiare lòró Virtù.' Moltd
farà perciò giòvevole il mandare ir al divef’'*
ti mento accónipagnatt ferri px*e da perfona_<
confiderrte del Cafro? ,• aedo ffoffa effett.i
informato con fedeltàt di quanto accade f
e non riufeendo a lui l’elTefvi p'fcfenfe fema
prtì i che faria pure il meglio > frietteré cori
un tal mezzo a qualunque difordine i’Opfiora
tuno riparo lò non ho mar faputo mirare.^
fenza rilènti mento la coftumanza di COn-<
ditrfi alle Gonverfaziont della fera ì piccioli
figli parendomi codefta una fcuola , che diafi
troppo di buon’ora alla Gioventù per pre->
variéare itmanz’i tempo i ma fe da nn’abufo
potefle mai tirarft profitto àlcurfo farebbe'
certamente per i Capi di cafa quello di effei
re dalla fchiettezza innocente dei fanciulli
avvertiti di dò > che fuccede nelle aduitan*
ze, e che forfè per altra via rioni farebbe iora
mai noto < La Provvidenza' fèmpre in tuttc_>
le cófe anwnirabile ha fatto , che quando le
Tigri più crudeli , che altrove , nell’Africa^
infuriate ó per fame ^o per altro, van di-
grignando' tra fc cón afinta rabbia , e quac-"
chic feorrendò pef far ftrage più ficura, fie*
no? pYccccftiic da tiri picciolo animaletto
che altainenCe f^chiàndo avvifa , c gli huo-
mini,e le altre fiere , di metterfi in falvo.'
Rileggendo io quello rapporto nelle flori’é-*
del nuovo Mondo feoperto da i PortOghclV
mt
(ay mi venne torto in mente quel pregiudi-
zio per altro molto utile , che rilevan talora
j Corrompitori del buon cortume ne*- più fé--
greti maneggi dalla facilità, che hanno i Ra-
gazzi nel .ridire tutto quello, che veggio-
ito , onde per un tal fìfchio ad cfll odiofo, più
volte i Capi di ealà hanno potuto fventare^
certe occulte mine, che macchinavangli una
grande rovina. Perciò alludendo alla troppa
loquacità d’un Papagallo.dilfe un non sò chi,
nc.sò dove, per impazienza una gran verità:
e quefle bejììe , ed ì ragazzi , rompono fempre
con danno la fegr et e zza . Ciò però non_,
ortante io. non m’indurrei mai a lodare la_>
pratica già condannata d’ introdur ne’ di-
vertimenti i.Giovanetti ancor teneri.
»
IV. V’ha nel mondo un’altra Ibrta d’er-
rore inquerta materia alTai grave, in cui
vedonrt cadere con fomma agevolezza non
pochi de’ C^pi di cafa ,onde ne vien pofcia_.
Un diicapito .confiderabile al buon regola-
mento della .famiglia Alcuni di erti hanno
un cuor generolb , ed invitto per tenere tut-
ti.: loro (oggetti in buon freno , e per non_»
concedergli cofa,che portfa recargli il mi-
nimo nocumento . Rrtfendo eglino d’occhio
acutifliìmo .preveggiono fempre anche da_.
lungi il male ne’ luoi principi , e fanno, con-
ftan-
— - 1 ^ " • - ■ ^ -r '
Ca) Szett. Phyf. Cur. Hb, 8. c. 74*
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ftantemenfe refiftci'e ad ogni i^ciió i ad ogri!
preghiera ,>ad ogni più lufìngheVole a(ìali'‘k
mento de' lor familiari > quando voleflefo
pure ad ogni dodo incontrarlo, più miran«
do alla foddisfazione del proprio genio t
che.all’aflìcuramento delPinnoccnza. £ppùrd
crollano codeflc Colonne ancora di fortez«
za si eroica alduna rolla , e temtndo , comò!
difle altrove il Profeta »Qa) do^e noti
ha luogo il timóre , fi lafciano vincere da un
rifpetto fìcvoliifimo di convenienza fuppO'«
da accordando per importunità d’ alcuni
fcaltri , ed indifcreti interceditori , a i loro
domedici quello, che per confìglio della prU<<
denza aveangli fempre negato. Parmi di
ravvifare in qucda fiacchezza di animo ciò «
che nell' Elefante fuccede , il quale aven-*
do cuore- di Combattere in Campo aperto
qual falda Torre ^ da cui reggonfi molti va-»
lorofi Guerrieri , s'avvilifce poi dranamen*
te intimorendoft fuor di modo per l' incon-*
irò d’ un picciol Topo ; onde a codoro pò*
tria dirfi ciò , che delle Vergini dolte fcrif»
fe pieno di compaffione S. Giovanni Gri*
fodomo; Cb)fuper.ata aVeudó la maggioti
battaglia tutto ttella pià facile' miferameu-
te ptrderotfé. I E come non s' accorgono
eglino edere eodedo un artifizio de’ loif
fog-
Ca) ffat4 p 5< (b) tìóm. inHatth,
foggetti per fuperarc ogn’ argine della iid*
bita vigilan:ia « ed ufeir di caia per forza ,
giacche far tìort^ lo poterono ber amore ?
Impegnando eglino Con uno uratagemma
si deftro i lor maggiori a lafciargli nella fo^-
fpirata libertà con una loia icappata , Che
può eifere la peggioreranno perderein pochi
momenti al Capo tutto il merito d’ avergli
euftoditi permeiti anni* Nè poflbno già in
3uedo ichermirlì i Capi dalla taccia di co*
ardia , mentre avendo éoneeputo un iavio
timore de’ tanti , e si manifefti pericoli, che
incoHtranfi nel fecolo , e ne’ divertimenti di '
lui , molti con Ibmma Coftanita nc conteie-
ro , e proibirono a i lor domeftici arrenden*
doli pofeia alle perfuafioni d’un terzo , Che
punto non avendovi d’intereire, o forfe_>
troppo , che faria peggio , Chiude loro gli
occhi , gli toglie di mano le redini , ed at>
terra in un’iftante la macchina del lor pru-
dente governo « Direi in tal calò ciò , che ad
un mio Confidente difle Un’arguto Principe
dell’Italia invitato da lui a vedere una fua_.
grandiolà delizia di Campagna , la quale.»
cinta d’intorno da un largo foflb d’acqux^
chiudevafi la fera con un gran ponte levato-
io per fiCurczza : tutto t'à bene , ma con tre
braccia dì muro potevate rifparmiar^i
fptfa dì quefla Rocca : alludendo ad una pic-
ciola , c debii porta , che per la parte di die-
tro comunicava, con Una lingua di terra alla
pub-
Digitized
pubblica firada . Che occorre vegliar tutto
l’anno nn Capo di cafa per guardare i do-
ineflici da ogni finiflro accidente, quando
fi laici aperto l’adito alle illanze altrui per
ottenere ogni licenza ? lo non dico già per
quello , che egli non deggia fidarfi talora_>
d’un amico , e d’una porfona di fperimentata
bontà per confegnargli , occorrendo , le_»'
donne lue , o i familiari , che faria ciò con>
trario alle regole della buona amicizia fon-
data fui la fede reciproca, Intendo Iblodi
confìgliarc chi ha cura degli altri , e a non_.
fidarfi di tutti, e ad claminar bcnclequalir
tà di coloro , che intercedono tai licenze per
non averfenc a pentire fuori di tempo . La.,
madre del buon Tobia (a) avea .tutta la_>
fperienza dell’Angelo domelljco di fua car
la , benché noi conofcelTe per un fpirito
celelle , eppure a* a(BilTe oltre mifurjL>
d’avergli confegnato per lungo viaggio il
fuo unico figlio ; e non baflarono le perfua-
five dello ficlfo marito per alciugarle da-
gli occhi le lagrime , e l’ollinato liio dirot-
tiflìmo pianto. O il timore, che haconcc-
puto un Capo di cafa per tale divertimento
è giudo, o nò: fe nò, dee sbandirlo, ed accor-
dareda fc , e fenza veruno impullb alle lue
Centi il capitarvi colla dovuta riferva ; fc_.
poi
■■(a) Toé. 5, ■
'■T" ’fr
poi è giudo ) e fondato , qual ragione pn6
in^i ^addurfegli in contrario per farlo defide-
rCyC ipan^are con dannofa condefcendeqza
al (uo lavio proponimentoPEfaipiniegli dun-
que con retto giudizio quei motivi • che lo '
fpingono a tener lungi da certi luoghi i Tuoi
(òggc^i > e particolarmente le donne , che_>
(debbono con maggior cautela guardarli , e_*
quando fulTidenti gli riconofca , ed invinci-
bili) non fìa sì facile a cadere per quante-»
fuppliche gli poflano elTer fatte da chi forfè
pon vede, o non vuol vedere ci^> > che egli ha
prima di tutti veduto . Si perfuada , phe le_»
per queda fqa connivenza gliawerrà alcuna
gofa di male» i primi a riderfone faranno co-
loro, che l’ingannarono . Così fanno i Cac-
ciatori , che rubati avendo i teneri parti alla
Tigre pel tempo, che ella elee dalla tana per
girfene a trovar pafoolò ^ vedendola infe-
guirgli furiofamente avveduta, che dafidel
Furto, le.gettano con dsdreiza uno Ipecchio,
nel quale fermandoli ella a mirarli i e ere»
deqdo , che quell’immagine Ila qualcheduno
de* fuqi Tigretti dà campo ad efl| di beffarla,
c fnggirfene. Lq fpecchio , che in tal materia
non pwò ingannare» è la ragione, la rpericnt
, e l’efempio altrui , colle quali cofe rego»
Jandolì l’huom di lenno mai non'rederà de»
iulb, ne farà paflb, di cui deggia increfcergli,
■ Kelìami lòJoqul d’avvertire i Capi di cala_,
a preceder Tempre a’ioro ffibordinati colla-.
Diglllzed ùy
favìczza , e col buon efempio , a cui polfano
efli uniTormarfi , perchè /e la donna , fecon-
do Arinotele, dee far fi regola de* coflumi
del marito, non farà mai condannabile efla_*
fola , quando faccia quel medefimo , che ve-
de farfi da lui , èflTendo ancora mal fatto ,.ma‘
farà comune il delitto, e per la maggior par,
te ancor dèi marito , che è tenuto a porger-'
le nella 'maniera del viver fiio un’efeniplare
d’ottima immitaziorie , Stieno eflì addunque-
colla grazia del,Sigrtore,chebenditutti'Io’
credo , lontani dal Libertinaggio per àvere_>'
una giuda autorità di tenerne parimente^ '-
lontane le donne loro , edifeorrendofi de*'
Conjagati' ferbin'o eflì intera Tempre la fede '
per efigerla con giuflizia , mentre gli avvifa
il dotttiflìrhò GiorPico Q>) : molto ìngannarfi'
coloro , che giudicano a fe obbligate , e còme '
•vendute in -fèrvitìi le Conforti , e nulla fe •
medefimi ad ejfe tenuti.
[a] 2. Oecon. [b] Lib, i . Ep>
»
*40
• «
"Danni del Conversar mal^t
C A P O XV.
VT « »
J, T O non voglio gi,^ 4'ffc , che il npflrq
JL Mondo fia diyeji.uto un,i prova evi-»
dente dd grayiffipip dannp , jejie riJevafi
dalla pcrni?:iola inavved^.tczza di convcr-
far njalanjente , elìcndo pr.a forfè Janto di-
verfo d? fp inedefimp , puanjto dall* antica
fpojphVit^ può fembrar differente la fua fi-
pezza , Q|iefio è b.en certo, phe fen;ja in-
veftigarne per ora l’ prigipc po’ npfiri pPfn-
pi combinandpfi i pafTati fi trova jp ogni
genere jdi virtù pno fcadi mento sì potaljii-
le , p iic i difordini qua sì piena , e sì la-
grimevpie fecondità , che ri^fee alle p.erfoT
ne più fayie di non picciola pena il vivere in
pn Secolo , nel quale è di/fieilc tanto lo fcher?
mirfi dal male . Ciò ha fattó credere a taluni,
ohe fia vicino il Mondo al fuo termine , e cor
flituitonn’altra yolfa in follanza anatto njar
ligna fi vada aecoila.ndo a) punto di quella.»
défolazione,e calamità , che prediiTe il Signo?
re in S. Matteo , per accennarne gl’indizj
del ffio totale efterminio . Nè ciò è fiato fitoy
di ragione del tutto , poiché ancora il gratta
Pon-
|]a1 cpp. 24.
«I»
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rontcficé S. Gregorio prefògiva un ta]e_»
defolamento fino al fuo i'ecolo , rimarcando
molti in eflb di que’ legni , che dell' ultima
l'uà rovina s’hanno dall' Evangelio ; £«3 de'
qtfali tutti , egli dice , molti già vediamo av-
venuti , ed filtri temiamo , (he fieno per av.
venire bea prefo^ Negar però non fi puote
per tutto quello, che in ogni età non fiali
veduta la virtù conibatter co'vizj , c Ibc-
poipbei^e alcuna volta con difayantaggip
notabile :dico Iblo doverli adeflb temere un
poco più, perchè forfè in altri fecolinon.,
fi ò veduto regnare con maggior franchezza
le corruttele, nè girfenc con fronte sì altier
ra in meazo all’applaufo quafi comune . La^
virtù in que' tempi d'oro fù lèmpre virtù,
ed i vizj mai non cangiaron fembianza , onde
aperta elTendo tra elfi , c dichiarata la guer-
ra , avea ciafeuno da' Saggi , o lode , o biafi-
rao , fecondo a quale de'due partiti appiglia-
yafi . Ma fé confondendoli colla gentilezza.,
il collume più reo, e,, colla civiltà il pecca-
to, foffe. mai verinta, come efclamanp gli
Zelanti , a fegrio di non poterfi baftevolmen-
te dillinguere la virtù dal vizio , farebbe il
, peggio certamente , che avvenire potelTe ne'
tempi nollri , poiché perderebbe ella tutto
giorno moltifiirni dc’fuoi partegiani per la
CL. fadl.
CfO
/
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242
.facilità , che fi troverebbe d’effer viziofo con
jodc . Così gridava pur anche Seneca fin nel
.fuo.recolo , riconofcendoT(/zj che : ìmmìtan-
doft da ivizj alcune •virtudì non pojfouo da
ejjì dìfcernerji : onde ne verrebbe ancora^
J’inconvcnientc , che dicca Lattanzio cioè;
f^j ingannati molti dalla fpezie dì Dani beni
abbracciano il male per 'bene . Ed in vero
farebbe quella una difgrazia , acui- potreb-
bono foggiacere anche talvolta le perlbne^à
buòne ,;ina poco illuminate , mentre veden-
do applaudirfi.ciò , che merita biafimo , faria
facile , che non penfando piti là s’appigliafle-
rp eglino pure alla' maniera del vivere più
plaulibile con danno grandilTimo della vir-
tù. Se folte mai vero, che la leggiadria avelte
tolta una gran , parte all* antica faviezza:*
iludiando il Mondo la via di' farti più culto , è
più civile , farebbe divenuto fenza avveder-
ienc meno innocente , e farebbe quello uh
male .da piangerli col Morale-'per irrepa»
,T3hì\Qi(a)toglìendofi , al parere.beh fan»dt
lui , al rimedio ogni luogo , quando, ciò , cke
era ^izh dìvìen cojìume . Quando folte così,
che io non voglio mai fùpporlo , ninno cer-
tamente potria .contrallarmi-elterfi ciòea'-
gionato dal coramerzioindilli'nto,e làmilia-
re troppo degli huomihi, per cui melcolan-
doti
L
De clem. [b] De fai/, relig. [c] Ep.^^
f
jDigitized by forilo
*4-5
clofi con quei 'dell’ ùno i còlìùmi deli’ altre).,
làriafuccediuo ciò, che accader fuole natu-
ralmente , che la parte cioè de’ cattivi , pre.-
valga , come feràprc più niimcrofa y c più
pofl^ente , {'eco tirandoli quella de’ buoni in-
feriore di numero , e bene fpelTo di forza. Se
quello noflro potelTe mai dirfi per iua difav-
ventura il fecolo della più franca libertà non
farebbe certo cofa mirabile , che a.tutti co>-
raune fWiil traviamento introdotto a poco
a poco dalla Ibavità del piacere , a cui pende
fempre l’infelice natura dell’huomo . Il Gran
Tommafb Moro gloria dell’Inghilterra un_*
tempo cattolica fentendo , che Lutero £ref
fiarca st perfìdo fpacciava per miracolo, che
la fua Setta folTc tanto in poco tempo cre-
feiuta idilfe con gravità da lìlofofo veramen»-
tc criiliano , ciò è tanto miracolo , quanta lo
che un fajjb penda aWingiU . Volea egli dire,
che predicandoli da quell’ indegno huomo
uno ftato di libertà , e di fcapigliatxtento , era
bea naturale, che tuttil’abbraccialTcro di buo-
na voglia . In un fecolo pertanto , dove re-
gnar 11 lafciaflero con dominio difpotico la..^
galanteria , il paifatempo , e la conlìdenza^.
troppo farebbe agevole , che anche i più de-
diti alla bontà fi prevertilTero , e cangiaflcr
volentieri partito attenendofi al più colmi-
ne , c più praticato.
II. S’ aggiiigne a quello, che ■, fecondo
Q 2 Pia-
244 .. .
.Platone , il piacere ift lufittgatido gli omI-
mi è Jìato fempre f olito dì tirargli per forzai
dovunque gli piace :{cTpo\ eiò avveniva itij
•quei tempi , tlovc l’cflfer jd’Proe era in t.utto
il fiore pel rigido , ed ciàtto efercizio della::.
Morale > c dóve gli huomini facevano uno
lludio particolare d’ edere buoni con glo«
ria ; tanto pib facilmente accaderebbe in un
tempo, in cui fbfle anzi gloria l'operare-*
dive.riàmcnte , e lo Audio de* più fi rida*
cefTc alla (bla pulitezza del tratto eAeriore.
Non dovrebbe in tal calb cercarft da lungi 1'
origine del cangiamento, che può vederf^ nel
noilro Mondo , mentre nella lcompoAezza_.
de’Viventi fi troverebbe pur troppo chiara.
SefìnoGalenoC^)riconobbe nell'età fua proc^-
venire Peflermìnio delle Cittadi , e de* Regni
dal molle , e fregolato vìvere della Qìoventìr,
che doveremmo dip noi , quando icorgefli-
mo comune in tutti gli huomini la feorrezio-
ne ? Quando poi fi facelfe di eiò meravigliaji
qualcuno potrebbe dirfegli come quel Savio
ad un certo feimunito, che pafTando per un_>
fenile col lume accefo in mano v^avea dato
fuoco, c vedendo la fiamma fpeculava per
trovarne la caufa '.gettate il lume , e prende-
te l'acqua , che il male vìen da voi . Vi fono
alcuni, che malamente vivendo , e fempre-»
. in
1^.
Ca;> 7. de rep. (b^) In Fiat, ^.deleg.
r
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iri péfRme compagnie , fe la paffano , dicé-i
Origene., ia') dopo d'aver peccato còti tale^
franebezta , comefe nulla avefféro fattói ri-
cercando ancora Con una fluptda. fpcculà^
zìone- d’ónde mai a loro derivato fia quel
male , che ad onta pure di loro difinvolturaj.
conofeono . Che occorre perdere il penfie*-
ro , ed il tempo nell’inveftigare la lorgenteji
de* mali , o comuni, o particolari, quan-
do per toAimonianzadi Dio medefimo (àp-r
piamo provvenir tutti dal peccato ? Ed in
fatti penfando meglio ciò fi comprende^»
con tutta chiarezza mediante il lume Teoloj
gieo,f ed infallibile . E’ certo , che Iddio non
può permettere il male , onde Tramo fovente'
perGoflì, che per due motivi; o per prova de*
Buoni, 0 per gaftfgo de’ Rei , mentre efièndo'
egli Padre della Mifericordia non può avere,
che un cuore paterno , c ripieno di tenerez-
za, la quale non manca mai, fcJa giufiizia ir-' -
ritata dalla colpa non ne impediice gli effet-
ti . Efàmini ^nque ciafeunó^ e l’ interno,
l’ efterno fuó procedere, e vedrà fc i mali fic--
no a lui derivati o per prova della mifericor-
dia, o per gaftigo della Giufiizia; e trovando,i
che da quella fecondi provengono, fra ccrtor
che la cagione farà il deviamento del fuo vi-
vere originato dal pefiìmo efempio, e dalle./
perni-'
— ' - • - - - 1 i‘ .. .
(a) h ffal,
■*46
perniziofèinrmuazipni di quei compagni »clie
egli, con poca avvedutezza fì èfeeiti*- Per
metter dunque un opportuno riparo ad un^
danno il grave, che nai'cer potrebbe dal maP
uib del Converfare , proccUrianio di riconó*'
{cerne , la:Ì0fl:anza piii.a fondo > cd il midollo
più intinto, per abborrirlo quanto egli meri>
ta e.per torlo una volta da noi , lo perdi»
fìngendo, chepoifa eflervi , quantunque non
creda efìervi per divina Pietà , lo divido in_.
quattro fpezie, che dandoli egli mai farebbo-
n.o le più fvantaggiofe , cioè ih danno dì Sot
fianz€i in danno dì Gloria^m danno di Corpo,
ed in danno d’ Anima . E giacché da ciò può
dipendere tutto l’ utile di quefto Libro trat-
terrò a parte per cialcheduno de’fuòi Capi
quella materia .
«
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247’
r Del Danno di Sqfìanze in chi mala^
mente converfa.
CAPO XVI.
*•
«
1. 1"^ Pili chiara della (lelTa luce di mezza
giornó la rovina , a cui tendono in-.-
oggi le cafe , e potendoli di leggieri attribu-
irne air ulb del convèrfar malamente la càu-
fa, troppo farà manifcllo, e bifogoofo di poca
prova, il danno delle Sojlanze, di cui ora par-
liamo . Nè io credo , che fia molto lungi dal
yerò il dubbio, che. quello fenfibile detrimen-
to derivi dalla difciolta maniera , che hanno
taluni de i meno faggi introdotta di vivere.*
in quella parte di mondo , che elll formano,
poiché i t'/zj, per fentenza di Seneca, (,a')tJort,
Jptt. de' , mà fempre degli huomini . La
Felicità tic’ pàflati Secoli debbe afcriverfi alla
profellìone, che vi fi faceva palefamentc del-
la virtùipnde la miferiadel.nollro tanto chia-
ra, quanto a tutti fenfibile , potrà crederli ua.
effetto naturale, e neceffario di quella frego-
latcz2a,chc egli aver poteffe nel fuo cofturae.
Oltre addunqueal poter.effer pur troppo co-
deffo fuo quafi palpabile fcadimeto un flagel-
lo della di vina Giullizia , che pigliafi forfè ua.
anticipata vendetta contra de'PopoH a lei in--
• Q 4 . fede-,;
248 ^ . . .
fedeli, come fi vide nel pfinlo degli hupinini,
che decaduto dallo fiato fdiciflìmo dell’ in-
nocenza ebbe lo (lento, il (udore ,' e la penu-
ria per pena : oltre dico di ciò potrebbe dirli
ancora concludentemente lina cònfeguenza,-
come di (opra accennofli, naturale, c necelfa-
ria del fuo moderno difordine. Qual co(à_.
per Vero dire v’ è mai di più naturale , che 1’
andare le cofe tutte alla peggio tolta ,.che (la
la premura non fòlo d’ agunientarlc , ma di
cuftodirle a dovere? Chi è dedito al favio
cfercizio della dòmedica Economia beh sà -
quanto v’ abbilbgni di fatica , e di dudio per
indirizzare, e mettere ih buori’ òtdirie gli in-
teredì delle famiglie. Onde non perifo , che_#
farà lUngi dall’ àccordarmi tutto dovere ne^.
celTariamcnte giffene a tralàcco , ed in rovi-
na, quando a tutt* altro fi badalTe , che ài de-
bito regolamento di effò . Ih fatti fe' vuòtéJ..
fbflcro fempre lecafedi quegli precifamente,-
chedebborìo fodehef'lé, epiche dì coloro #
che ih comp I iltieh tb , edili cerimonia le dilai*
pidaflefo , io tìOh (àprèi vedere come non_.'
IblTèrò per andare forzofamente alla malora,
ed in un totale ederminio ; Chi vuoi dono-
feere il Padron della villane del podere, olfèf-
vi quegli , che he va levando dìlig'ente'mente
i (adì i Veda per tanto il Padfon di cafa, ed il
Regolatore degli affari dì lei, fé ne mòdrà ta-
le premura, che da e(Ta po(Ta apparirne vera-
mente per direttore.- Che egli perù appari-
■ ■ fca-.
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449
fi*a tale, ò’ ùà jJodo p'feitte , batta , cfie egli fia
a fe medefimo confapevole d* averla davve*
ro, e Quando mai nfe fentiffe friterrfo finfipro-^
vero dovrà perfitaderfi effer pur tròppo vé-
ro , che da fc medefìmo pet amar tròppo fi
commodo/ ed il piacere,»* è ridotto alla graft
pena cF aver pih poco di commodo' per difet-
to di fottanze ,■ e poco di vero piacere peé
mancanza di Contentezza interiofe ; Diceva
uh Savio de* tempi noftri, éhé quejìo Secolo i
quello délP apparenza perche levata l* efle-*
rìorìtà d' un luffo daanop altro non fefta $nJi
cafa , che làmtferìa . io non voglio decide^
re, fe egli dicelié vero, sò bène, che la Galan-
teria porta feoo fpefe efoYbitanti di regali, di
giuoco, di inangiantenti , c di cbmpaffé ,’ che
poco giovar poflòno al buon rncànfinamentdi'
delle azien(}e' particòlai*! / É* ciò tanto yeroy
che Giuditta,c?onTe già' accennammo » benché
Santa , e di rara modeftia fornita ,=pare ufeié
dovendo di cafa per comandamento di Dio
abbellì ,- adornofli’, ne giudicò opportuno if
cbrapariré agli alloggiamenti tF Oloferne ini
quella pofitiva-, e traiandata figura ,.di cui el-
la pregiavafi infua cafa .- Troppò fi'vedead-’
dunque elFeré imprefèinrdibile dal cónvcrfar
nel gran Móndo la ncc'eflltà dello sfoggio , Ctt
euri giiattafi mai fèmpre il vantaggio degli in-
tercfiì privati , e chc'poflbno a lui attribuirli
quelle-mifericy delle qualifembra aflài ricco
il nollro Secolo
■ ■ ' il*
■2S.O . . t
; H* Quqnéo all’ incuria poi potcffe • mài
crcderfi ne i tempi moderni aggiunto ancora
qualche maggiore accrcfcimento di vizio, fa-
.ria il danno più certo, poiché per mandare le
famiglie in precipiziq tgli è peggiore affai ,
come feri ve Plutarco, (a) del ferro, e deffuo^
co . In fatti impegnato, che trovifi qualcuno
a fecondare l’ impeto di qualche.pafììone a_,
nulla più mira, che a feguirne il capriccio , e ,
la violenza , lafciando , che tutto precipiti , '
pwchè il genio 5’ appaghi. Videfi ciò nel '
Principe infelice di Sichem , il quale perduto
negli amori dell’ avvenente Dina nglia|di |
Giacobbe , cosi con clTo , c co’ fratelli di lei
quali ufeito di fe medefimo s* efprelfe: (Jb) ac-
crefeete la dote, dimandate regali, ed. io darò
volentieri quanto mi chiederete. ,.e date a me.
folamente la fanciulla , Potevano fenza dub-
bio i Parenti di Lei chiedergli quanto ei pof-
fedeva,che niuna ripulfa averebbono avuta_>
dall’ imprudente giovine tutto. immerfo nel*^
la foddisfazione del proprio genio ,.:Se ognur
no, che fi è prcfillb d’ aderir loro, togliendoli
per breve fpazio dall’ impeto, e dalla tirannia
delle paflioni , vorrà rihettcr bene , c con^
tutta la debita ferietà , fovra il difcapitocoti-
diano della propria càfa vedrà.forle, che il
frequentar troppo !’ altrui ne ò .tutta 1* origi-
ne, •
fa) Jx, vitiofi ad Jnf.fuf, (b) Gen. 54,
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2JI
: ne , feguir potendo giornàlmenté nelle femi-
. glie per cagione di molte quel danno» che da
una fola femmina, al dire di Teodoreto, deri-
; volli nella Reale di PàlelHna : (a) ciò , che in
Tamar è accaduto , può dir fi un certo priaci-
■ pio , e radice di tutte lédifgrazie nella regìa
- Cafa di Davide . Chi sà, che molte cafe non
"poteflero mirando il proprio dé{blameiitO:,,e
• la decadenza dalle primiere fortune , cicla>
: mare come quel Cortegiano d’ Oloferne do-
'•po il fatto celebre della Betuliefe Matrona:. :
Xh)UKaJola Donna ha poflo in ìf compìglio t ut*
Jajà Cafa delRe Nabucco \ Se potclfc ciò
, mai dalle Cafe moderne ridirli converria he-
r^ne accordare al Poeta, che Danno ; c Donna
.feado.lo ftefib, da un tale principio e noh d'
.altronde venuta lia tra gli huomini. tanta p^
«nuria , e conchiuderc. per ammaeUramento
-di chi per anche non l’ haipròvató : '
• » . I *>•
Che ogni gran mal nepìen dtù dehil feffo*'
Quando fennOi e ragione t ■ ■
Ai rio defir di luì legge non pone .• • ■■
• * t
. • . , . i , • , • * * ‘
Lafeiando però ladecifione. di quello a efei
potclTe per dilàvventura averne qualche es-
perimento diròfolo , chclùccedendo mai tal
cofa mi recherebbe troppo - di meraviglia- i4
ve-
(^ofAp.Gloff. ì.Reg. I j. [b] ludìth 14; -
• 2Sf2
vedére, che un, danno tanto palpabile, e si
..proprio dell’ interefle di tutti, non l'crvilTe ad
aprir gli occhi a codefti ciechi volontarj, e_i
ilupidi oltre ogni credere. 11 figlio Prodigo
fu cieco per la pailìone ritirandoli dalla ca{^
patcrnaj e non avéndò alcun ritegno per im<
rpiegare il pingue ilio patrimònio nella com>
'^piacenza de i lènfi ; ma ridotto in miferia fe-
■ ce.forza a fé medefimo, aprì le pupille dcllau>
■ragione j e fuperate le inique lufìnghe dello
:fconfigliato capriccio, fi rimife all* ubbidien*
za del Padre j [à] facendo per intereffe ciò ,
che don averia forfè fatto mai per prudenza*
■ Come poi nondovria mirarfì con iflupore-,
che rovinandoli alla giornata fenftbilmentej*
nelle fue follanzc un huomo folTe un giorno
piò cieco dèli' altro , e piò fempre di buona:»
voglia attaccato al Ino peggio ? Potrebbe..:^
egli fenza dubbio alToitiigliarll a i miferi Idro^
pici, i quali pieni d’umore cattivo, ed acquo-
ib altro non amano piò, che bere, benché fap^
piano doverli da ciò cagionare la morte lo^
ro . iDoVerebbono per tanto farli una gran.»
forza Ibmigliahti huomini , le pùr fe ne dan^^
no, ed illuminarli al funcfto chiarore di quel
incendio , che hanno in cala pur troppo ,
metter qualche rimedio ad un male , che mi>
«accia loro un intera , ed irreparabil rovina.
Ri-
fa] Lac. I5«
N
Rideva un Savfo In vedendo > che un povero
huomo, il quale aveva in cala acecfb forte-
mente il fuoco andalTe cercando lume per
feiegliere il meglio de’ mobili e porlo in fi-
curo, gridandogli tra lo feher2Q,e lo fdegno:
pigliate età , ebe potete alla buonora , così tii
confufo , ebe pur troppo ne avete in cafa del
lume . Se io m’ imbattein mai iq qualchedu-
no di coloro , ohe vanno allegramente in di-
fperfione , ed efterm'nio , qoq riderei certa-
mente, rqa non (àprei però intendere come-»
la damma at^ccatad nelle fpdaqze di Iqi non
arrivade a fargli tanto di luce , che badafTe-*
ad indurlo per lo meno o 4 falvar qualche.^
cofa potendo *, q a piangere uno fyantaggio
tutto derivato dalla propria negligenza^. .
Quello è ben da notarfi pel maggiore dordi-
mento, in cui cader poffa un huomo , e farfe-
ne come un fpeochio per aver fempre I4 mi-
ra di non cadervi .
Ili, Nè può orederd gbbadanza un d^n-
no sì grave , mentre neppure , che c il iiio
peggio, d conofee intieramente da chi Ip fof-
fre, poiché impegnatovi il fenfo,di cui è pro-
prio 1* acciecarc , qoq h vede qganta è la ro-
vina , veridìmo clfendo il detto dello Spirito
Santo intorno agli huomini di bel tempo;
la malìzia loro gli bcf accìecatì . Ed ecco non
e(Ter‘
Ca) Sap^ «. 2|,
. .
«fiere piìv mirabile, di è i mileri fieno s\ facili a
chiu‘i‘^r l’occhio fovra de i proprj pregiudizi»
ciò effédo gaftigo della colpa, percuichiiidedo-»
gli volontariamente la prima volta peccàdo,
non gli poflbno poi riaprire volendo , e con-,
viengli foggiaceread una cecità, che per efle-
ré quafi invincibile, febra maravigliofa.Bifo-
gna dunque , che ftudj bene ognuno fui graa
punto.ne da tutti capito,di conofcerc qual fia
il fuo proprio debole non già per difenderlo ,
ma per ammendarlo gcncrpfamcnte , fccon-
dio la dottrina del Morale, [a] che fcrifle:co»-:
vieaey che tu fappìa ciò y che bai d’ infermo,
per no» ti porre a proteggerlo , Acquillata-»
pofeia, che fiafi una tal cognizione èduopa
di più il valerfene perlagiufia riforma del
vivere, e trovandoli mai in alcuna parte con*
danabile,ritirarfi con follecitudine da una co#
fturaànza , che feco tirando la dannofa perdi#
ta delle foftanze, potrebbe ridur chi la prati#
ca ad un penolb , ma inutile pentimento E’
qui luogo di parlare fpezialmente d’un er#
rore , che potfia forfè cadere in taluno degli
huomini, cioè, che il peccato faccia:fortuna ,
locchè non.fi vide giammai, ne potrà- in tutti
i fecoli accadere , elfendo anzi il fondamento
della fpiritualc nón meno , che della tempo-
fale' rovina ; Chi inai avefie un opinione.^
tan-
ta] Lib. I . de Ira.
*
•• .«
tanto rtravolta pòtrla fpecchiarfi nella cele-'
bte Statua di Nabucco^ nella quale (igura-
rono , cd intelcro quafi tutti i Santi Padri la
fcliéità della colpa, che finalmente dopò varie'
menzognere apparenze riducelì in un bel'
nulla . Era mirabil cofa da vederfi in efla co- .
SI bene uniti i preziofi metalli , onde faceva a-
i riguardanti una gioconda, e maravigliofa_.-
comparfa . Ma puredebilc eflendo ncllafua
bafe , ed avendo di vii creta i piedi coll' im-
peto leggcrifllmo d’un picciolo fafiblino tut-
ta fi rifòlvè, quanta ella era, in polvere ì e di
più, colà ben degna d’ alta ponderazione , in
polvere.di terra, e di fango, per la miflura di
cui vennero a perdere tutta la fofianza loro-
gli altri metalli . Si può da quello con evi-
denza arguire, che le fortune , ove fi mefcoli;
alcun poco di colpa fono lemprc Ibfpette, e_*“
faciliffime a perderli affatto , quando men vi:
fi penfi . Oltre di ciò debbe rifletterli , che_r
elleno fono dillribuite dall'indegna mano , e”,
poverillima del Demonio , che nulla avendo
in fe, o fuori di fe, che fuo fia, non può prov-
vedere chi a lui s' appoggia, che di vanita, di
bugia, c di fumo.' Tanto fpcrimentò a dan-
no di tutto il Gener nollro l' infelice Eva_. ,
che a lui credendo , cd alle fuc traditrici lu-
finghc, nulla pete ricavarne, che fvantaggio,
• • c per-, '
.(a) Bart. 2. 55.
2c6
c perdita, offervando 1’ acuto Abbate Rober-
to, che: [a ] /' ìnganttevol Serpente i» tentati-
dola non ledeva del fuo , ma la perfuadeva a
rapirei altrui . Ciò pure ancora fi vede ben
chiaramente fra di noi mirandofi gire vi-
cenda le terrene profperità,e fpogliarfi l’uno
bene fpeftb per veftirne l’ altro i poiché tan-
te nou fonò elleno di numero , oltre all’ e(Te-
re in fodanaa fallaci , che pollano inganparc
tutti in un tetppo medefimo , Demoftene co-
nobbe nelle ftefle tenebre del Paganefimo'
ipna verità sì palelc , dicendo : bifogna-t ,
phe quejìì fieno infelici, perchè felici fieno al-
tri, pio fi fio tuicenda , che mentre uno fom-r
fnergcfi t f altro f inalzi. ElTcndo per tan-
to ciò VerilTìmo , ed incpntrallabilc , ninno ,
che abbia fenno s’ indurrà mai a fondare Ib-
yra la colpa 1’ avanzamento della famiglia,
p de’ fuoi privati interefiì, cd in conlèguenza
ayerà femprc in Ibfpetto quei beni , che gli
pareffe di guadagnare in divertendoli oltre-»
all’ oneftp, credendo per vera perdita , c per
difcapito reale di fue follanze, qualunque ae-
crefcimentp potelTe dipingergli il capriccio ,
C la palT}one . ^
Vel
4* in Cant,(h') Qrat. i .
l V • ’ . ' .
Del Danno di Gloria in chi malamente .
V • ^ » • • » * •
(onverfa .
. ^ ' *
CAPO xvir,
» ^ * t
^‘TV/r ^ palefe, ma non men certo
xVX n danno di Gloria in chi poco avef»
fe di regola nell’ ufo del conyerfare , onde.*
merita d’eflPer egli pure confidèrato con efatr
tczza. Divido co’Morali Filofofì l'onore ininr
trihfeco., ed eftrinfeco . L* intrinfeco è fónr
dato fovra l' abito interiore della virtù , per
la quale s' opera Tempre con rettitudine ^ our
de chi è realmente bmno i dice Platone, [a2
confegutfee lacera gloria , L’ onore pofeia^
eftrinfeco deriva dagli atti efterni della virr
tìi medefima , i quali, come effe^p dalla Tua^
- caui'a, procedono dallo ileifo abito interiore,
' è tirando a Te l’ occhio de' faggi acquiflano.a
chi" gli pratica una lode, ed una ilima didinta,
che è il fondamento dell'onore , il quale y fe-
condo l' Angelico , altro non è , che un-n>
■ efiimàzione , la quale abbiamo nell' altrui
concetto fui capitale della lìirt-k . Vediamo,
^dunque in prirno luogo la rovina della glo-
ria, cd onore intrinfeco , la quale potrebbe-*
òriginarfi dall' abufo di cpnverfar malamea-
R te .
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0 ^ ^ *
Ep. 4. Cb) 1.2. q. 2. ir.
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te '. Qual virtù potrebbe fupporfi in un liuo*
mo,che lafciandofi trafportare dalla Violen-
za di qualche difordinato appetito operaflTe--
in forma da ridurre tutta la fperanza di lii^,
falvezza al rimedio del pentimento ? Egli è
poi certiflìmo , che taluni impegnati in una^
.certa maniera;di vivere da eflì creduto, civi-
le, e galante, ma riguardato di mai’ occhiò da
j.Savj, hanno talvolta fettoibfpirarei.Geny
4»ri, 4 Dom ertici , «d i Zelanti delle anifnejd-
.ro: ediosò, che dopo la morte d’ alcuno di
«flì tiitto il fondamento di lor làlute confjrtc
«ella voce fparfafi,che egli averte già da qual-
^ tempo lalciato.il tale impegno; e r attaq-
-camento palefe al tale oggetto . Sicché io J»1
Vafo fu creduta coderta leggiadria ,, benché^
•rtippolia innocente ,, un .tralcorlb.. , o di mali-
zia io di fiacchezza ,che per l’uno , e per l’al-
trocapo fempre porta del pregiudizio nota-
^bilc d’onoranza nell’akfui conCetto;E’ cecto,
.che dandofi mal, feria quefta foggia di, vive-
re un «effàerfi Jtl piacere t corno bcnifltmp
diceà>Seoeca,,0*) manifeftameote . raoftran-
»do una dcbolezzadi fpiritq, che accordar non
/fi puote colia virtù generbfe di (ùa natura , e
-coftantcmentc inimica. :di tutto cib».che re-
car le polla alcuna macchia, anche ...minima,
►Sarebbe; un troppo, -vergognofo inconvc-
• nien-
Ca) De vit,Be<^ .c •
I.
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'•i' . .2'J9
iMCnte il permettere- rhuòmo di venir tirale^
come per forza, dairappetito. irraggionevor
le a'<ciòyacui la ragione HciTa ripugna.,
foggiacere dì buona voglia , Ibggiugnc Pia»
tohe , ia') alla' tirannia di quei piaceri,
fervi fono della . Nè potria -.giudicarli
quello., o 'efagerazionCtoll.olido fìngimene
to > quando, mai fi-vedelTe taluno foggettarfi
al dominio difpotico d’una creatura partico-
lare ; lìcchè non avefle egli mai un’ora di lU
bertà per accudire agl’alTari pih gravi
■camminando in quelloa lèconda , e feguj^ .
do laTcortà d’hUominiilcioperati , e di niun... <
fenno ,-riducelTe tutto il tempo della fua'vita
>a divertimentó con'undiibrdine,acuis’op-
■porrèbbonp troppo , e la ragione , ed ildo-
ivere < Chi dunque operalTe. in tal guifa noiu» . .
.avendo la,- regola di quelli due grandi princi-, *'
;pj ,'che polTono dirli le due bafi della più fa-
•via Morale , farebbe un’huomo leggiero, .va-
no , irregolare , cdL in fe Uefìb mai , quando
•non .volefle a bella polla adularfì, potr ia fup- .
-porre quel capitale d’onorevobfaviezza , che
iblo può fenderlo prelTo degli altri ilimabi-'.
4fr. Mai non -farà vero cèrtamente , che. re-
gnila .virtù dove comandano le padìoni au- .
«torevòlmente ; c fe non è fallb il detto del lot- .
-vranominato’ Filofofo chc-;:^/ fervirethi
■'■' . R 2, . * pia*' "
(a) In rbììf^Jp>y Ifi 'Prqtag
fé
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piaceri è una fómma ignoranza : non potrà
mai attribiiini una tale condotta ad lin pre*
gio , che d’occhio acutiifimo eflendo ed in
. iua lbicanzà .celelle, ignorar non lo 'puote>
. ■perché fcmpre dirittamente lo mira ,1’one-
ilo , il buono , ed il vero . E poi aicoltino co-
defti huomini la propria col'cienza , chè è U
Giudice interno delle noftre operazioni , e
icntiranno quale fentenza' egli pronunzj
contra di loro , efe gli commendi per vi r-
-tuofì, o gii condanni come cattivi j s rei d’un
vivere in veruna parte, piaufibile .:Code(lo è
Un’oracolo , al dir di Liffio-, (c) che : per fc^
non i' inganna , ed ingannar non puote aitruii
cdafcoltato con attenzione è un .Freno . pol^
dènte per non far ciò ^ che la natura medefi-
•ma difapprova , dicendo anche. Seneca; (A)
-abbiamo in noi h' ripugnanza a' quelle eofey
che la natura condanna . Ninno degli hqo--
mini potrà, negare di fentirc in fe medefimo
•quefto rimorlb , o voce «ueriore , che lo ri-
^chiama da tutto ciò , che è viziofo , e fe oonià
• oftante uh tale reclamo opcraiTe egli Ic-
- coiido la pefìHina inclinazione de’ fenfì tra-
•direbbe fe fteflo , e ripugnerebbe ribellati»
■dofegli al proprio naturale vche per inge-
nito impidlo abbomina ^infàmia del vizio*.
' ed- ama l’onore della virtù . Venne .ciò ac-
ccn-
ym
nmnfipa
[aj Lib. I . > • •'
. / .
. . H . . ^
cenrtaW ptif genfilincntó dal noftro valtf»
ròiÒ' Compaftore Enotro Pallanzio ! (d)}
Vìefti 9g>f* tAlfna qua^iìi pura , e lucentcl ■
Halle mani fupertie , ed immortali^ ■ ♦
F. J'olo è colpa aelP umana meutcì
I Se poi la tòrce in falla vìa de' mali, '•
i Scrirerido Erode a Celare intorrfo alla coa-^ ’ '
' dotta di Marco Antonio valorofifTimo nelle
I operazioni di Guerra attribuì l’ditiraa fua^ ' ' .
I feonfitta , non a s'^entura, ma ad un’acciden--
I te voluto dà efl'ó in grazia d’una cieca pallio-'^ '
i rie ; égli . conchinde , fà foggiogato > perchè
' , volle pììl,toflo effer vtnto ■co» Geopatrq,che'
I vincere jenza di ejfa.\b) E k qttaleuno Icher-
I mir fivolffle èon qneft’arme fteifa,còlla_.'
I quale io l’afTalgó > c dire , che non è fchiavo'
' chi elegge voiontarfamente una qualche.» \
I maniera di vivere a fuo talento, io rrTponde*'
' r€ÌcòaStnccz:(e) nì0ta ferVitM efferepiU ' ''
vergógnòfa di quella , che è volontaria: pòi- ' ' /
chè il voler ciò , che è male indizio d’ani-
mo fervile, e già ibggiogato ad onta della ra-' ^
gione' dal fenlb', effctìdp pur anche ofacoloi
di Dio medefirao, Che:(o^) ehìunquefa ilpec*
dato è fervo del peccato ; quantunque, iècon*^' ‘
1 R 3 •• ... dò j
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£a^ Can^i ,[b] Bgepp.h i ÀeExcìd.^eroJ.o.i j r *
C«j 4p- 2^»* 8; . • , ■ ;
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do tutti i Teolc^i) ei'lafàccia oonpjienecz^dir
libero arbitrio* lo conolco beniilì'mo > dirà:
forfè taluno , dove con(ì/lc il male del mio
(^^vertimento , e perb uua tal cogniz^iooe-può.
fervirmi .di regok >edi ritegno : ma' io ri-
fpondo > che a nùUa giciV'a conofcere;, qpan<^
do fi òpera, cpòtra U eonofcimento » poieHjà
rintclletto chiaro , e la volontà depravata , è
tutto appunto il fondamento delta Ipirituair
le rovina , e tutta la ibAan.za del reato;. Quc*
Ito farebjbe tutto il danno, che rifulterebbe.»
dal mar Ufo del conyerfare , quando, fi olii-.
«nalTe l’huomo in grazia di lui a voler ciò» che
conolce • per contrario al dovere , e.per
fvantaggiofo alla falute,. Alfalonne fò uxu
Principe d’alto intendimento., e d’una capa-
cità affai grande, e pure s’induffe afar oiòt.
che Far non doveva. , nulla da eodefta fua co--
. gnizione cavando odi buono, o d’onore ve-
le , anzi valendofe,ne,p.er fabbricare tutta lo^
'màcchina lagrimevejfaf delle Tue difavventu-
re . Qual gloria potria mai fondare un’ htio?
^ ino onefto nella fervile , e vergpgnofa liber-r
tà di far ciò , che apprende per male 2 Trop*
pò faria in tal cefo palefe la . vittoria., della.*
■ peggiore forra la miglior parte di luì , ceder
. dovendo la chiarezza dell’ intelletto ,fuo mai
- grado y al deviaménto ..delle ingannate af>
fez ioni m A4 ^ i
II.' Se' poi , come è chiarillìmo , perdefi
♦per.queAo l’onore^ iatrinfecó*ftabiÌito IbvraJ
V - u:
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il pofleaimentó della vera virtiì,faràhonj;
meno evidente la perdita delP eftrinfeco , il-
Gualé proviene dall^eftimazione degli huo-^
mini^ E’ tanto poflìbile , che ftimifi dagli afl'*^
innati chi opera fenaà giudizioi quanto, che;
iia creduta lenza lume dì Stelle , o di Luna*,
chiara la notte . Il vizio per quanto cerchi
occultàrfi colle divife d’alcune virtudi , che.
aver poteflero dell'ambiguo ,ben cónfape-
vble di fua bruttezza , pure s’appalefa da fej*’
medefimo , come còl fetore puzzolentiflimò..
far fogliòno i Draghi : onde egli difereditafi,’
ed acqliifta vergogna in fine , e dìfprcgio.
preflb di tutti.Salomone fù il pih faviò Prin-‘
cipe della Terra , e cercava ognuno d’udir'^
gli Oracpli della fua bócca per farfene una^'
legge » W onde la Regina Saba venuta a pip,
del fuo Trono ebbe a cpnfelTare d'averlo tròi
vato anche maggiore della fua fama : pure.»
dato fi in preda alla fcóftumatezza j e poftofi ■
fra le catene lufinghevoH delle donne ftra-
niere i venne a tale di vederli derifb , e dive*, .
nuto la favola del volgo piu vile . Ed in vero ,
trattandofi di quelle paffioni , che regnar pò*;
trébbonocon maggipre agevolezza in huo*.
inini di bel tempo , è firàha cola , che effen*^
do pure a tutti naturale-'cptanto la mil^ia.*'
difèntirfi combattere dàllMnfolcnza del fen4
R 4'** - ! fo,,;
ia.yi.Reg. 1. 10
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|b , non vi fi« poi verun’ altro vizio pih di -
qUello dcrilb comunemente , e che.mctta uri
huomo con piii fapore in ridicolo^ lo confer-
fò d’effermi più d’una volta ritróvato a ci-
inento di non poter contenermi, dal ridere^'
Cgiàfichè > nè il configlio , nè la correzione-»,
aueie tutte le circofianze erano di mia p'err
tinenza y ) in fentendo certi compagni' indi-
yifibili , e tinti reciprocamente d’una, tal pe-
cp, burlarli l’un l’altro dietro lefpaile , e rac- '
contare l’uno le debolezze dell’altro con tal
piacere di critica argutezza , come fatto ave-,
nà uno Stoico de’ ptù rigidi còri un' Epicureo
più licenziofò . Grati fatto , dicea tra me-»' .
fteflb , che neppaV l’amicizia , fe tra i viziòfi
può darli abbia^fof za di fai va ré dalle filate
lina fomigliante fiacchezza,.» fogno > che^'
burlata ella non venga da’fuoi medefinif
partegiàni ! Sovviemmi in propofi.to di ciò,
che è pure . Verità d’efperienza , un lepido av-
venimérito .accaduto in Fiorenza ad un mio*
amico, il quale trovandoli a calo nel magni-
fico Spedale di S. Maria Nuova fù condotto a
vedere l’altro. in furi Iirieà,.nòn meri granaiò-
lo de’ riiiferi Pazzerelli I S’iriibattè égli in uri
,fiuomò ajprima fronte eortefe , che l^ccoHe»
e Io condire alle fiàrize di tutti que’ fveritu-
rati infof maridolò a minuto.iritòrno alla qua-
lità della pazzia , a cui era fo'ggettò' ciafeuno'
drfofo , e ne toccayà sì bene la differenza , e
gli éfietti ) che fù fuppòftò' dall’amico per cu-
• *
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ilpde^ e fopraftante del luògo t fennónc)ià
giunti aU’ultima Aanza gli dilTe con una À>t
l.enne tifata il Condottiero : Signore t quelli
è il pià pazzo di tutti,meutre è ofiinato a fpac •'
eìarfi per Maresciallo di Francia , ed.ìo , cb^
fono il vero i e legittimo Rè nonne sècpfa ai\
éunà . Sorprelb ri.mafc il povero galantuoì
ino > e fatti con fpeditezza i fuoi complimenti
al trattenitorc cercò di sbrigarfene alla mp4
glio , accorgendofi d’ eflfer fervito forfè dal
Capò di tutti quV ftoltj infelici . Pare a mà
di icorgere qu\ una pittura naturalilì^m'a di
^eglr httornini,.clrc {chiavi della piò difordi**.
nata pafllone fi fu beffe di chiunque è tocco di
quel male , come fe ne fodero efli nettiflìmi $
come dicea Seneca , (<*)
altrui vizj sàgli occhi t ed ì proprj dié‘
- irò le fpuile . £’ forfè, cofà , che meno for-
prender deggia il fentirq uno riprender r
altro di qpcha colpa mede(im'a , in cui égli
yive ingolfato» clic fentire un- mentecatta
iTpacciarli per Re ? ,Sc dunque ' una tal debo«*
lezza nor») trova difefa, o per Io meno compa-
timenlo, neppure tra quegli , che infermi ne
fono , come potria colui , che vi fòggiacefre
mlferamente fperar lode, ed ediniazionè
dagli hupmini faggi^, che lontana cercano di
tenerfcla più» che nelle attaccaticcia ,c mor^
tale ì La fola vìrtà » afferma Àriflotcle » Ci*}
^ ■ . * > ■ ....L.*. „r .1^1 li w* ■ .«eiiA-
■ ta} de ira [B] i ; BMe,;. ‘ i
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26$
merita lode : c fc quefta' riafcf dàt cóncctto^
che formarono d’alcuno gli huomini prudèn-
ti >nòn sò' vedere quale fperanza d'onore,
che da lina tale ftima' procede ,nodrir poA
fario coloro, che fiacchi fono, e fenutiper ci5
paléfeirichtc a catena dal vizio .-Rifletta bene
Ciaicuno, che certa eflcndò,‘ed- inevitabilèr
^ueRa perdita di pubblica onoranza tuttaji
Voltif , che fciolganfi a i fenfi le redini , coni*
Viéngli abborrire un'cortutriei che può por*.
largii un s\ dannolb difeapito , e regolar mè-
glio-la vita in faccia degli huomini , che in^
torno alla buona , o rea fama fono i Giudici
della terra. ' ' " ‘ ■
; Uf.- Nè accaderebbe, quartdó il male fof-
fc_mai certo, lufingàrfi col vano , e tan'lc vol-
teabbattuto pretefto di civiltàf,e d'iridilFeren-
za, perchè lafciando ancora da parte il retto,
ed infallibile giudizio divino , mai'non vi fa-
ria perfona di fenrio, che vedendo un huomo
perduto dietro alla fequela continovà, o d’un
reo coiTipagno , o d' un vanó oggetto parti-
colare, per cui tutto fi trafcuralfe, e fi pofpo-
hefle, per innocente con tu.tto ciò, c per fag-
jio Io giudicafle . Nè io, nè forfè alcun altro.
Inora ha mai veduto fuccedere fimile ftrava^
ganza nel mondo . Creda pertanto ciafeuno^
jche la migliore', e più ficura maniera di gua-
dàgnarfi la ftimà., ed il rifpctto degli altri , è
il non perderlo mai a fc ftcflb, come infegnà-
va un graQ folitico , facendo cofa, di cui ab-
- bia
J L
^ •• -A ^ ,
^ bv ^oci
*57
bia una volta da concepirti roflbre . Chi non,
ha ritpettqa % raedefimO t.e non vergognati
di tradire la propria faviezza , ed il naturale
contegno^ che.Origene chiamò : (/z) Corre?»
tare delle cattive affezioni, e regolatore dell*
quìma : neppure temerà la difiilioia. degli. aN;
tri > ed in ogni cofa.l’ appetito proprio ^con^.
dando sfrenatamente niuiia legge averà fen*
za dubbio per contenerti . Ognuno è il pri^v
pio giudice delle proprie operazioni , e può,
giudicarne piò rettamente d’ ogn’ altro, per-
chè egli vede in ,efle ciò, che altri feorger nou
puotCj.ed è r intenzione, che le qualinca , e_«.
le determina, oal bene, o al male. Scegli
per tanto giugne a non temere 1* interna fau.
lentenza, che è la piò vera, ed inappellabile V
e di giudicc..di viene, avvocato , c difenditoreì
della. fua colpa :, mai pel giudizio altrui noa^. .
làprà ..metterfi ,iu pena , o. paventarne, , per,
ravvederti, le accufei vinte, che abbia quelle,
del filo rimorfov làfelice,t dilTe già Seneca , ■
C^; e fi ripète - in quello, luogo per maggior
forza: h/fglice è colui, che dìfpregia un si do-
tfjejìicoyed intimo accufqtore,.ed un ù veridì-
} co tejìmonio ! E’ necclTaVio tanto" al bene-»
'operare quello. rifpecto di ciafeheduno. a fe-i .
ptedefimo, che fenza 4* J.?' ^ vano il timore^,
degli.aìtri, quand' anche potetìe averti , poi- '
• 'chè
-V .-V
c.%
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(a]
4^ * «J
^ • V *4 ^
4 ‘di. * ♦
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^ i6B .
Che il non péGcare iiieraWCrite per fbggjezlò-
fie, o per tema d’ altrui , c lina fpezie di Con-
tirtenza, che non ha merito, c chi difpregian-
àò il proprio giudizio faria pronto a peccare*
fé altri noi riprendeffe, ha già peccato , meH-'
tre ttel numero^ foggitigne lò fìeflb Morale»»*-
(a) di chi pècca nò» indthitamente fipon^'
chi preferì la continenza al timore altrui , c
nbn afe Jleffo . E' quello un temere , non d*
effer cattivo, ma di parerloipoichè'tolta, che
ne folTeì’ efteriore comparai difpofto faréb-*;
be 1* huomò a folTerirne fenza rolTorc f ignb«
minia della ibilanza* onde buòno elfendo egli
folamente, perchè non è lecito d’efler pcr-
..verfo * noli merita alcuna lode paventando »■
.con chiude Seneca , ih') la fama , non la cofei^
énza . Codi delP arsione - Un tempo Creduta»,
eroica dell' infelice.Lucrczia Romana decife
il noUro valòrofo Compallore Tirlì Leuca-
'fio : (c^
.V
I * - # •
^ Rendérfi al fdltà\ c poi morir\ non Bajìa i
' ; Pria morir-, che peccare. Incauta , e folta !
- Èhhe in pregio il parer , non l* effer eafia , /
-Nè tampoco quella RelTa apparenta , a etìi s*
*PPo8giaire ehi é reo , potrià mai fef virgU
,, ' • ■■■ - ■ • pef ■
Ca" hih. de Benef. e. 14. 1^1
i
e^9
per acquifto di gloria, fcopcrta., che ella fofr
fc , come purè avvenir puote. sì di leggieri ,
dagli tnioiirini piìi deflri, ed accorti . <ìiuda>
tradito>che ebbe illìio Divio Maeftro,nepop-.
cepì, o penti niento, p rpATgre ; rpa ripprtan^
do a i Farifei F iofairie prezzo viliflìmo della
fpa fceleraggin'ejpreflb di loro neppure coru»
* un tale atto, che parea di conpunzione , potè
guadagnarli veruna gloria , e l’ clTere (iato
una voi|a capace d’ offendere -il fuo^dovere-j
gfffc perder. per feippre ogni fti|tia , ed ono-
re . Qijèfla c dùnque la regola che téner
deobe-l’ hupm favio , cioè di non braipar Ib-
lameaìte ,-iua di guadagnarli l' eliirnazione^ji
eon mer|to, e rifpettando prima di tutti fe_*
ffelTo c<4 non trafporrcr mai in c^,che egli
approvar non poffa, e non deggfa , rifeuoter
pofeia non come un dpno, ina come un tribù»
to di mera giullizia F encomio, c l' onoranza
degli altri , Difpollillimo per la mi a parte_*
mi Tento di tener Tempre nella debita ffimaj
chiunque ancora fi trova imoierlb nel coftu-
me apparentemente più libero del gran Mcn<«
do, ,c credo, che tutti meco lo fieno , laTcian-
do a Dio il dirittodi vedere be' cuori altrui :
ma ficcorue nè io , nè ohi che fiali potrà mai
Tchiettamente riTpettaré una debolezza che
fia palcTe,.così ognuno proccuri di tcnerTénc
più lungi, che far fi polTa , e fiando Tempre m '
ogni, e pubblico, c privato divcrtimcnto,col
freno delle jMlfioni aUa upino,. cerchi di com»
' ' pcrar- /
V
data Ibvra il merito della virtù più cofpicua ;
tolga gli ajtri dalla necellìtà d’ adularlo, c.lui
« dal ri morlò di pretendere ciò, che punto non
poteffe competergli . '
«71
% « — •
Del Danno del Corpo in chi
malamente converfa ,
CAPO XVIIL
. f
t <
:1.T) Er queftb danno del corpo jntendò an
J_ pregiudizio notabile, deile compleflìo-
’ni originatofi dal coftume della gran Moda ,
cbe porta l'eco un difagio non ordinario , ed
un incomtnodo) che lèbbcn dolce , e gradito ;
non Inlcia però d’ efler affai grave lo ho
fentito moltiffimi intrigati nelle pratiche deir
]<t galanteria lamentarfi talora di non aver
più un momento di quiete, e di vederfi ridot-
ti a fegno di non>poter più godere d’ alcuna:,
di quelle commodità , che cialcunb trovanel
'ritiro della fua cafa'. Ed in vero quale ften-
to maggiore può mai penfarfi di quello, a cui'
volontariamente lòggettafi un hùom di fineiii*
za ? U ufò delle ycglic, de’ teatri 'i de*> fedinl»
de^ giuochi è d’ occupare tutta la fcra óltrei^
alia mezza notte, e parlandofi de* banchetti ,
'di cominciare col lume delle candele, c finire-
con quel dèli* alba '. ‘'Gli occhi fanno per lo
■più la penitenza del ventre vedendoli conte-
*fo il rieceffafio ripcfb , che alla ripienezza di
‘lui converrebbefi per non mancare -alle at-
’tenzloni della mattina per tempo , e riattac-
*^candofi le merifc I che toccan poi della fcra fi
' forma una catena d' bccupaziohi,che fembra-
• .. K -iv>-
\
’ /•
I %
• •*
* /
é
po paiT^tempi, ma (bnò un .maceramento in^
Sfenlìbilè delle nature ancora più forti . La_,
yillegiatura, che fu dagli antichi trovata, co-
me cantava il Lirico per fcioglicr 1* animo
^aJle brighe della Città , è divenuta forfè la_.
Irriga maggiore , mentre facendofi una Città
/della villf, ad altro non ferve , che ad accre-
feere iItU|nulto, e togliere coll’ aggravio
• /della (bggezipne il piacere d’ una libertà, .clje
, divertirebbe . Picca a ciò riflettendo un,j
.pmore fatirico, ma penetrante , che: non bei'-
Ratt<ip al "Vizio le Ottadi a"veà "voluto occapqm
fé. ancora iq campagna, e portare la colpa do-
tqe a\tri^.fecerp penitenza • Io però liippo-
nendo fempre , che tutto iegua fenza reato. :
pon poiTo ciò non pllante , non condannare
. la crpdclt^ ,.che veggio praticarfi contri (del
.porpp., ijegap4pgli quella par^e ancor diri-
.ftorojCbc ycrrebbcgli dal tranquillo , e fpli-
,tarip. godimento delle villp . Parrebbe qué*
,fta jlfayagàza più fa vola, che verità, fé la Ipé-
- f .I30u pi facefle tutto giorno vedere , che
pppoflofi iq illrana guila il divertimetoàl di-
, yertimeto medefimo^han cuore non pochi di-
. coiàgrare,pltre a quella dèll’animà > la falute
’.^cora del corpo alla compiacenza 4’un'.infazm
. bil capriccio ► (predo per tanjtò , che non ér-
' rafle qqel Medico, il quale iti lina Città d’ìtq-
•lia,dovc la finezza gode forfè un luogo d|/Ìin-
, ito, m’i di(Te, che: la Ccn"verfaztpne è il capita-
le pili do"vizhfo della Ji^cdiclnà; raéntrc gua-
’ • ' ' . (lari-
fiandod^a bella porta i temperamenti, e le na-
ture,.cercano di Ibftenerfi coli' arte, e forfe_»
la rovina della Morale è la fortuna , . e 1' ap-
poggio più ftabile della Fifica . Nè dee cre-
derli. quefto un fentimento da Critico per
battere lòtto pretefto di compaflìon fimulata
il moderno cortame , poiché io non veggio »
che ordinariamente alcuno viva meglio , e_#
con ianità più felice., di quelle perfone , le_j
quali dateli al ritiro .ortervano una regola^
efatta 'nel governarli, aflegnando 1' ora , e la
mifura.fua alle cofe tutte • Così vediamo fuc- /
cedere ne’ Chiortri religiofi, ed anche più ri-
gidi, ne’ quali fembra, che non fappia metter
piede la morte , contàndovifi molti vecchi
decrepiti, e.fanifìimi; onde può conchiuderli
con verità, che è più difereta col corpo la pe-
nitenza, che non è la galanteria Non credo
già, che dicelTc vero una certa donna di brio,
e di parta tempo, allorché s’ efprcfle con un_.
Religiolb vecchio , ma vegeto.:: io cambierei
.volontieri la mia colla' vofira menfa't. quando
fotejjì. cambiare' ancor complejjione . Ma '.Hi-
mo bene , che invidiandofi comunemcnte.dal
fecolo un tal vantaggio ne’ Regolari , e'nelle
perfone più, temperate , unirebhono: di buon
.genio taluni,, potendo, col vivere in libertà la
Ibrte ancora d’ una perfetta falutc , che è una
conleguenza quali infallibile del vivere con_.
temperanza, e cqn_riguai;do.._I-a.funcfta fpc-
rienzà pofeia, è cotidiaaa, fa , che negar non
*74
a polla accadere tutto il contrario nel mon-
do) mentre oltre a tanti, e tante ,che rimal'c-
ro , anche a dì nollri uccifc dalla Itanchezza^
sii i balli, dall’ ccccITivo calor nc’ teatri, dalla
pertinace , c digiuna vigilia sii i tavolieri del
giuoco, vediamo guadi, decaduti , e feontra-
fatti di tal maniera non pochi fcguaci dcl'non
mai interrotto divertimento , c\\c a molti dì
effi, come rifletteva un Satirico , è tolta la pe-
na di comperarfi a‘V've»e»za collo sborfo del
fangue, e di cercar pallidezze daW artifizio»
Ciò fupporto, fé non comune per tutto, alme-
no in alcuni luoghi ufuale , quando io in’ im-
battelli a vederlo non arriverei a capire , co-
me giunta fbirc la palhone tant’ oltre , che_»
fupcrando l’ interefic più prcmurolbd’ ogn’
uno toccante la confervazione del corpo,vin-
Jta aveflc l’ ingenita gelofia di viver faho per
confagrarla al piacere di viver libero , e l're-
golato . Quello a me parrebbe un cofpirar
l’huomo' contra di l'c inedefimo , ed ammet-
tendo cìh'i che al parere’ di Seneca Cu) , ab-
braccia per firangoiare, tradire la brama co-
mune di tener lungi più , che li pólTa la mor-
te, eleggendo anzi di morir tòrto perviver
male, che di vivcr bene per morir tàrdi. Non
-c egli vcro,che, fc a tanto obbligafle la Divi-
na Legge i viventi pieno farebbe di querele-»
• • '• il Mon*
Ca) Fp.sz.
f
il Mondò ) tacciandofì forfè d* indifcrctezza il-
ftjpremo Legislatore per vplere ,.che daglL
huomini s’acquiftafle con dilcapito della^-
temporale, e tranfìtoria, J’ eterna Vita ? Se^
ciò fofTe, per vero dire io fceglierei ogn’ al-
tro miniftero , che quello dell* Evangelica^
Predicazione , parlando Tempre umanamen-
te, poiché non mi fiderei d* aver un efficacia,
uguale al cimento.di perfuadere a i mortali il-
fare in prò dell’ anima quelIo,che han corag-
gio d’ intraprendere contra del corpo nel di-
vertirlo . Altro dunque non puòdirfi ,.fe non-
fé , che pafTando la cecità dello fpirito a tra-
Icurare le premure ancora dell’ Individuo ,
non fi yeggia da effi ciò, che più importa, on-
de, unicamente , come fcrifle Lattanzio , (a)
penfando al vìvere corrano $ mifer abili fenza
avvederfene precìpìtofamente alla morte . ■
^ II. -Mà l’incom modo, che rifentono i cor*
pi dalla confuetudine di converfòr con ifmo-
deratezza ■ non è poid’ un tale affaticamento^
chepofTa per altra parte portargli vantag-
gio. Eflendo Tempre infieme huomini. :Coh
donne è convenuto al fcflb mafchile. più fer*
vido, e pi ù attivo,- 1’ accommòdarfi al femmi-
nile più lento di fua natura , e più quietò .
Quindi avviene ,'chc;fi fprivino gli huomini
bensì d’oghi commodo-^ nìà.flieno poi Tempre
Sa in
[ja] Lìb, de var.cult»
* ^
ih una certa àgitàzióné , cKe rìduccndòfì all*
ozioimpedilcc loro l’efercizio d’ un movi-
mento migliore , che affai conferirebbe alla
buona fàlute del corpo, i/ quale, fecondo Pla-
tone , [n] coll’ agitamento cotifervaji . E’ coik
in vero degna di pianto icorgere in alcune-»
Sarti a d) noflri tutta quafi la Gioventù per-
erlì ih un impiego sV pigro , ed abbandonate
affatto colle belle Arti le occupazioni ancora,
che diconH cavalereiche , -nella glóriofa fatica
de|llè quali tanto in- fanità >profìttano i corpi,
imprendere una vita piena d’ozio sì difaffroib
per altro , e sì grave , che ne illanguidifca in.
bre^^e tempo il bel fiore, efenza frutto fcn ca-
éa ,togliendofipure , come l'ente Galeno, [^j
per la pigrizia la robuflezza . Si vede tutto
giorno pur . troppo , che le premure d’ogni
educazione- anche -più attènta fbgliono per
gafligo delle famìglie finire in nulla , come-*
del ragno vile fuccede^ chcfvifcera fe mede-
limo per fabbricar reti alle mofche, e d’^ ordi-
nario le più fortunate fqn quelie, che in vece
d’ un-huom cattivo giungono a formare uru»
Ganimede , che fuol chiamarfi un Giovine , di
proprictà,'edi fpirito . L’ iraprefa più nobile^
che idear fi poffa uno di codeffi Giovani fpi'-
ritofi ò il fard olmo di iqualche bella vite , ed
impiegando il miglior .tempo nella. vana oc-
.< ó cu-
Ca^ ht Phes.Qo'j Lib. Stde loe.af\
i
cnpàziònedf perderlo affatto , tutta' fondar la
fua gloria nel far l’ huomo di cafa altrui per-
duto Tempre inquclPozio, che fii detto be-
nilTimoda S. Agoftino (,a')la fepoltara de»
«//V^.Nqn è poi meraviglia , fe in un fecole si
sfaccendato contifi di rado un huom di valore
in cafe, che tanti ne ebbero per raddietro,e-i.
cui dia l’animo di cercare trà i pericoli d’una
morte oneda il luftro d’ un vita gloriofa lan-
guendo nella morbidezza il coraggio> come-j
Je femenze nel terren troppo grado, giacché
al dire del Trimegido ; [b~] tutto ciò, cheè^
czhfoyì altresì imperfetto . Per quel poco di
pratica in fatti, che io ho delle Città d’ Italia»
parmi , C e Tempre mi rimetto all’ altrui più
purgatogiudizio,3che la gloria di ciafeheduna
confida nel recitare a i foredieri le antiche^
fue dorie , lodandoli piè pel paffato , che pei
prefente,e proccurando,che altri non le am-
aniri per do, che fono,ma]rifletta a quel, che
furono , han Tempre in bocca per materia di
qualche giudo vanto , come i Rodiani :
Igran frammenti del Colojfo antico,
t
%
Quedo è bene un contrafegno evidente » che
variata quali del tutto la condizione del Mon*
do convien vivere all’ ombra dell’ altrui glo-
S 5 ■ ria
(^a) Ad Fratr, in Herem. (b) In Firn.
.
fìa , e riducendo tutto II pregio de*noftt'I all*
invidia de’ fecoli già paflati , confeflar forfè.*
con qualche roflTqre , che fnervate dall' ozio
le compleflìoni più non fanno appigliarfi ad
ttn imprefa, che vaglia . Per quefto ebbe a di?-
te un huom prudente in propofito d’ un ag-
gravio foffer ito contatta flemma da un Gio-
vine creduto di fpirito : quefto è il Secolo del^
I4 pace , perchè nixno.sà pìh tenere la fpadet^
injnano'. ina duoltnt, che il perdonare non ab^
kia merito , ejfendofi ridotto a necejfttà . E va-
glia il vero quale è quella Città delle noftre ,
che in tutta la fila Gioventù contar pofla uno
di que’ Campioni, che fiorirono un tempo in
fi gran numero in una (bla famiglia? Trài
Giovani, che ora vivono,il più gloriofo è for-
fè quegli , che fornito d’una più felice memo,
ria incanta gli huomini deboli colla recita.,
delle grandi , e magnanime prove , che fece-
ro, gli Avi faci; ed io fempre fovvengomi
con piacere di ciò , che mi fìi detto anni fono
da un'Amico d’acutezza parlandofi d’un cer-
to Giovine feioperato , ed ignorante ; c/ac-
thè nulla egli fà tfludìajfe per lo meno quel-
lo ^ che ban fatto ijuoi Antenati per faperlo
raccontare altrui opportunamente ! Ad una
taJc.miferia conduconfi i corpi di colóro, che
dati al trattenimento continovo più non cor
nolcon fatica , onde vantaggio , o di (àlute, o
di gloria venir.. gli ppfiTa , e mirandogli tutto
giorno impiegati in uno (comraodo, madi-
■ ' ' ‘ s • futile
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.279
futile cfercizio di rpiritofà finezza potremo
dire con Seneca : (<*} non menar ejfì una vita
cz'tofa , ma perderfi in una flentata infiemCt
e vanìjftma occupazione^
III. Per tutto quello però io non farei
mai dell’opinione d’alcuni,chc difendono!
moderni huomini condannando l’ infingar-
daggine de’ nollri tempi , quafi,, che i tempi
facelfero gli huomini , e non piò tofto per lo
contrario foffero dagli huomini fatti i tempi.
Nafeono anche adeflb perfone d’ottimo na-
turale > e capaci quanto le altre tutte , che_»
innanzi vilTero , d’ogni imprefa piò nobile»
e piò cofpicua . Ho conofeiuto io fteflb in_.
occafione d’efercitarmi , benché debilmente,
per obbligo del mio lllituto nell’iftruir la— •
Gioventù > certi rari , e fublimi talenti -, che
nati fembravano appunto per emulare i fatti
più celebri, c più gloriolì degli antichi Eroi»
fe la morbidezza non gli aveffe prevertiti.
limale fi è» che feguitando i Giovani il reo
cofiume de’ più d’abbandonarfi ad un viver
pigro , e molle , tradifeono fe medefimi ,
perdono a bella polla le congiunture più
proprie di fegnalarfi , che sì avidamente..»
cercate furono dagli Antenati . Ammorza-
tali pofeia per queftà via la bella fiamma.,
dell’ internò valore, o molto perdo meno
icematofi della fua luce , trafpirar non puotc
S 4 in
fa} De brev, vit.
aSo
in corpi sì lenti , ed infingardi , come iina_^
fiaccola) che racchiuia dentro ad un vaio
diafano» e trafparcnte,' s’ ei s’appanna più
non rifplende,po/c;l'^ jullo icrivcre di Plu-
tarco » [a] tutto ciò , che fi ha di pih bello , e
dipìk iufigue dalla natura , trafandato , che
fia per trafeuratezza » e per ozio. , tanto più
agevolmente fi perde . £’ quello addunque_»
anzi un recare, che ricevere dilonore dal
Secolo,. in cui fi vive, e fc tale fiata fofle
' la vita degli huomini in ogni tempo ,da noi
neppure il nome di gloria faprebbefi , nè di
azioni chiare , e generofe , nè de’.tanti.Eroi,
che tuttora inceflantemeate commenda la_.
fama, giacché tutto è venuto dal magnani-
■ mo , e collante alFaticamento de’ corpi ,
effendo ,pcr quello, che fente Seneca, [aj
forte ,evalorofo quegli y da cui la fatica fi
fugge . Dovrà per tanto cial'cuno tenerfi ben
lungi da ima sì danaevolc cofiumanza , che_»
tanto di pregiudizio recando alla fallite, del
corpo lo condanna fenza ,.che .ci fe ne av-
veggia , a quella morte , che sì fortementcLj
egli abborrilce , o forza almen l’huomo a_»
condurre una vita ;di cui , quando per altro
non (òfie , egli deggia . per quello fo lo una_»
volta pentirli , per avere , feguendo l’ ozio,
contribuito non poco .dal canto fuo alla difi^
ilima. del Secolo , in cui ville •. Chiuda chi ha
[a] tie ìib. 'éduc,\Jo), 'Ep. 22.
, Oy God^
28i
fenno l’orecchio alle perfiiafive de’falfi ami-
ci , e fi diverta fenza difcapito , che troppo è
folle chi rovina fe fteflb per fecondare il ge-
nio altrui : e fe chi urta ne’ fcogli , fenza re-,
gola navigando a difc'rezione de’ venti , (1
rende ridicolo , non farà certo lodevole chi
per non' cbntravvenire' all’altrui fcofretto
cofturae perderà colla falute la gloria . Con-
viene , che l’huom Savio converfi anche pel
folo intereffe del corpo con dilcrcta mode-
ratezza , non per rilaflainento, ma per follie-
vo prefigendòfi in quello l’ottima norma del
precitato Plutarco ; [a] P ozio , egli dice, ì .
condimento della fatica, e ciò non folo negli
animali , ma eziandio nelPinanimate cofe^
veggiam praticar fi ; imperciocché , e gli Ar-
chi , e le Cétere , noi ■ allentiamo talora , per
poterle poi ritirar e\ed il corpo in fomma colP
inedia , e col pafcolo , c P anhno colla fatica »
e col debito follev amento , confervanfi .
Del
'J '
Ca].W
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2S2
‘ I ^ *
' Dp/ Danno tT Anima ih chi malamente
cqnverfa
“ C A P 0 XIX.
t •
I ^ • * *
I.X L punto pili forte della Morale per ordi-
I nar.bene lavila dell’ huora prudente-»
confifte nel mirar diritto al termine delle co-
fe, come fovente era folito dire il gran Solo-
ne con quella fua grave , ed importante fen-
tenza ; ìa ogni operazione riguarda il fine^ .
Ciò conviene col fentimento di quel celebre
Direttore de’ fpiriti S. Filippo Neri , che pie-
no Tempre d’ amabile dqlcczza foaviflìmi^,
fenza molto opporli palcfamete alle foddisfa-
zioni men favie de’ Tuoi Dilcepoli, anda vagli
con efficacia difingannando , fenza moftrare
di contraddirgli col ripeter fovente: e poi ? e
tot ? Appagherete, volea dire, le inc!inazio*>
ni del genio, ma poi , che ne feguirà ? Colk_.
ne ricaverete di buono, d’ onefto , e d’ utile ?
Debbe l’ huom favio dire altrettanto a fe me-
defìmo per convincere lenza contrafto , e ri-
durre placidamente in ubbidienza le perti-
naci paffioni dell’ huomo inferiore . Ci di-
vertiremo in luoghi pericolofi ad onta della
faviezza , c della fìnta Legge divina : confu-
jneremo in paflatempi la vita:faremo huomi-
hi dcrghih Móndo, giulivi, cercati , graditi ;
e poi i llTer puote quella fola interrogazione
un
y
I
- *8j
un gran freno , ed un poflentiflimo infegna-
mento domedìco per tenere in difcliplina gli
appetiti piJi frcgolati, pofciachè mirando nel
filo termine il divertimento , o ibfpetto , o
peccaminolb alTolutameate > altro non vi fi
troverà che un immenfo danno , e forfè irre-
parabile dello fpirito» locchè grandemente:^
debbe temerli da un huomodi riflelHone, che
fia cattolico . Egli è principio incontrallabU-
le> che tutti s’ inbevono di quelle maifime^ »
che profelTano i compagni più cari, c più in-
di vilibili, e quando ancora detto non avelTe 11
. Morale , C^) che pìglianji ì eojìumì di toloro ,
eo* quali fi coaverfa , baUeria i' oracolo dell*
Altiilimo! col buouo farai buono, e colperver-
fati p,revertirai.\Jf^ Sicché troppo è mani-
fedo il danno di cangiar indolei codumi , e_»
ientimcnti per la pratica de’ cattivi , difgra-
zia, di cui non edendovi la: più pcrniaioia,non
v’ò nemmeno la più degna d’ elTere.ad ogni
cqdo evitata da chi ha prefentc il lùo fine.» -
Siccome il vizio alla lédotta natura più è
Tempre omogeneo, cosi ancora s’indnua nel-
l’ anima con più forza, e vi fi radica di manie-
ra , che nulla v’. ha di più malagevole quanto
lo fvellerlo; e fe mille atti virtuofi tal volta^
non badano per la ripugnanza del naturale a
formare un abito di virtù, bene fpeflb per in»
clinazio
(a) Lib. 2. de ir. c. 7. (b) P/al. 17,
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I
cUhazione del genio corrotto è fufiiciente un
folo efempio a far cadere , e un folo atto a_»
ftabilire !• abito di qualunque vizio più fcon-
cio . Leggiamo di Timoteo (u) inventor del-
la Cétera, che a doppio pagarli facefle da co-
loro, che imparate avendo a fonarla da qual-
che peflìmo Citarifta capitavano alla fua_.
(cuoia per averne una giuda regbla di toc-
carla a dovere, e con armonia; più difficile.»
elTendo Tempre a tutti il difimparare il male,
che d apprendere lo Aedo bene . Così nelle
materie morali è imprefa per tutti più mala-
gevole il ritirarAdal fentiero de’vizj già bat-
tuto una volta, che P incamminarfi per quel-
lo della virtù , che erto è pure , e difaArolb .
Chi dunque non vede il deplorabile pregiu-
dizio , che viene alP anima ponendola come
per giuoco , e per bizzarria, in una Arada ,il
ritirarla da cui è arduo cotanto , che quaA
tocca dell’ imponibile ? lo per me confelTo ,
che per debole, che io mi fia , averèi fempre
coraggio colla divina affiAenzà di perfuade-
re , ed inclinar chi che Aafì all’ amore della^
virtù ; ma caderei d' animo pofeia dovendo;
ritirare un Iblo dalla fequela di qualche vi-
zio'geniale ; non già diffidando mai del con-
corlo della Grazia , che tutto puote volendo
ma per la gran forza d’ un abito reo j per at- '
^ terrar
^ •
(a) rel.m.
ferrar cui v* abbiiogna poco meh, che un mi-
,racolo. Parrà qucita forfè un. efagerazione
di rigidezza peropporfi indilcretamente alle
altrui più delicate foddisfazioni; ma è fenza_*
dubbio una verità , che ammette pochilhmo
di contrailo . falcio da parte per metterla_.
in chiaro, poichò ne ho già altra volta parla-
to, che la divina Mifericordia non è tenuta_.
a far prodigj per migliorare chiunque divien
peflìmo di buona voglia, e che perciò lo fpc-
rargli in tal cafò è vicino alla prefunzione, la
quale può fargli demeritare del tutto . Dico
iblo , che aggiungendofi alla fralezza della^
' natura il fomento della malizia viene ad in-
fermarti lo fpirito in guila , che tutta perde
la forza per reggerti, eflendo fpezialmente H
piacerei per detto graviflìmo di Pittagora, ì»
majfma dì tutte le ìufermità, da cui come da
.forte chiodo. /’ anima vìen fermata nel male ,
Ella da quello morbo è lutingata miferamen-
,te, e pel filo p^gio non ne fente P. aggravio,
.mentre allutillima etiendo la voluttà ,. come
accennai S. Agoftino.; yf] perca fempre ciò,
.che a i fenfi ì giocondo', e, quindi è , che delufb
,Io fpirito dalla contentezza 'di lei non può
guardarti da un male,, che nel fuo danno di-
. letta . Vi ò eglfpoi'chi non.conolca r,ido^a_.
, per quello / anima allo fiato peggiore , :che
polfa
Ca] n . de Civ. Dei ,
• N
286
pofla penfàrfì) ed cppreiTa da nn doppio pcfò^
di fiacchezza naturale, e d’una pertinace ma-
lizia ? ^uejìo, dice Seneca, [a] è un fer^ircr
non godere nel divertimento, ed amare il fuo
male , che è /’ ultimo di tutti i mali . Allora
addunque s* arriva ad una fomma infelicità,
quando non dilettano folamente,ma piaccio-
no ancora le corruttele , Efamini bene per
tanto cialcheduno la fua condotta , e veda fe
mai fi trovafle per ifventura foggetto ad una
malattia sì lagrimevole ^ Reggia , fe al fon-
damento delle tante ragioni addotte finora ,
per lei!)uaii rea effer potrebbe , quantunque
jiolfia, lacollumanza del converfàre con_.
troppo di libertà , egli poffa opporre un ca-
pitale in fe medefimo di fayiezza sì contenu-
ta , onde Iperi d' elTere in quella parte netto
da ogni colpa , che far gli pofla un giuflo ri-
i»jnòrlo - Quando ei non trovi-afre difefà del fuo
reato con&deri qual cofa abbiano finquì da^
lui ottenuto * c le interne ifpirazioni divine ,
che mai non mancano , eie ellerioriperfua-
Hvcdei piùZelantì^«ed'ilcontinqvo rimpro-
vero infuperabile della finderefì p.er allonta-
narlo da un sì manifeflo pericolo di rovina ,
e di fpirituale efterminio* Se tutto quello
non avefle giovato per fare, che ei retroce-
delfe neppure un punto dal Aiodannofb cam-
mino
£0
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mino potrtlibe egli contendere, che attacca-
to non li t^rovafle colle pih tenere affezioni •
del chore ad un sì nocevole l'rcgolamento , e
non amaffe colia piii viva paflione quell’ in-
fermità, che l’ aggrava ? Con tutta la cogni-
zione del fuò pericolo non faperfi rifolvere a-
fuggirlo è una flupidezza, che fa fpavento,cd
un ' indizio’ chiarifllmo d’ efler pur troppo
giunto' alia miferia , di cui parlava di (opra il
Morale , cioè di prenderfene piacere non fo->
lamentc, ma d’amare per fbmma fventura..
il fuo danno' più rilevante . Gli infermi, che'
non fentono il male, benché graviflìmo, fona,
poco men, che fpediti e tutte perdendovi IC'
fue fperanze la Medicina' gli rimette al mira-
colo Così- un Anima, che ben capendola, o
non fentaj o non curi la fua péfnmà indifpo-
(Izione interna , è vicina con troppo' di fteu-i
rezza al precipizio', e può conchiudeffi , che
appunto v’.abbiibgna per rifanarla' quello
Arano miracolo, a cui con pòchilfimo fondai
mento s’> affidano tanti .
' II. ' Se v’ e qualcuno > ohe foggiaccia per
elezione a quefils malattia di’ Toave i ma dan-
«oGffima -libértà , voglio- credere, che egli
non diveggia bene in fondò, ne-la riconofea,
quale ella è realmente mortifera . Ora io 1’
invito a darle meco un-occhiata piò pene-
trante per ravvifarla ne i fuoi effetti, c da ciò
rilevarne tutta la piiiintcrna foftanza ..Kc*
malori del corpo fogliono da i Medici pi-
■ 'girar-''
gliarfene. le indicazioni dall’.ialtpramentói
non , fole degii umori interni ,;ma dall’.efter-
na languidezza ancor delle membra , edalla ,
faccia/pezialmente fcolorita , e.fvenuta; e_»-
ne! mali deir. anima 1', indizio più^eerto è la>
variazione dell’ indole , che originata.'inter-
namente dal vizio, trafpira benanchè . al di
fuori nelle opere . Quello però, come di lo-
pra fi dilfe., e ben faciiilfimo .a fuccedere., ed
a vederfi.dagli altri, ma non fi riconpice col-
la roedefìma agevolezza , nc.fi vede fempr.e_*.
da. coloro , ne’ quali avviene;. Se, pur.e.vor-
ranno ufan bene della ragione, ed aprir l’ oc-
chio interno per un.lblo momento „ potran-
no cflì dò nod ollante mirar, chiaro un cam-
biamento S.Ì perniziolo i Una.- delle prdve_y ,
più fehfibili, ed evidenti , che non fi.mdovai* '
la {Terra , è fecondo Oronzio .Tineo:, £«,{) che
gettatafi !dirittaiijente in alto una freccia ri-
cade.nel, punto: medofimo , cofa., che fenzju
dubbio non, .accader ebbe , fe il .Globo: delia..
Terra avefle moto . . Gonvien ’.qni fiflettcre
di propofito lovra di. ciò ,:.cHe'. accennoflì di
pairaggio nel Capo, Nonors e percotnofcére ,
le un anima è diverfii da'fe.medefima.-, bffer+
.vare.comeiinfludca.lbvrà di. le? la divina. Gra-
zia^ e quale, imprefiìone le facciano' leipiri-
tuali cole, c Ibvra tutto le. premure dell’eter-
na-,.
^ Digilized by Gc
*89 ,
na falvezza . Se prima rivolgendo al Ciclo
uno fgiiardo,e ritirandofi in fe ftcfla col pen^
fiero> ed afcoltando la divina parola, infiam-
mavafi d’ amor fante, ed accendévafi nel de-
fiderio della celelle Patria , légno era , che^
fìlfa ella llavafì nel punto della virtù , onde.»
poteva la Grazia fecondarla co’ fuoi infiuflì v
che tendono a quella Tempre dirittamenteJl
Confideri ella pertanto qual cafo faccia adef*
fo di fua falute , qual’ ufo de’ liioi defìderj >
qual conto delle altrui fante ammonizioni f
fe volgendo l’ occhio al Cielo s’ accenda ihji
brame di confcguirlo ; fe penfando a Dio s’
infiammi come prima d’ amore, e tenendolo
in conto di fommo bene tutto a paragone di
• lui abbia a vile , ed in un giufto , c generofo
difpregio. Se alcuna di quelle cole più , co-
me per l’ addietro , non le fuccede , èfegno
ben manifeflo , ed affatto incontraftabilcLj,
che ella lì è mofla dal punto della primici*a_.
virtù,' più in lei non operando le inondazioni
benigniflìme della Grazia , che dal canto fuo
variar non fi puotc, fe non varia il foggetto,
in cui opera . Iddìo , dilTe Platone da gran_.
Teologo, è immobile, onde fe qualcuno fi
trova da lui lontano non può negarli ,che_»
egli non fiali molTo , non potondofi muovere.
Iddio, come nella Nave fuccede, che dal lido
T feio-
(a> lude Rep.
r
j»99
(cioglieaido lafcta la fponda> ngn è da eHa la»
fciata ; e perciò dicefi ancora nel Sagrofanco
Concilio di Trento, che : Iddìo non abbaudo-
xa *i'eruf!0 i jo prima non è abbandonato.
Quello gran danno pofeia dell’ anima potria
certamente venire dallo fconfigliatodivaga-
mcnto di conyerfar.e lenza veruna cautela_< ,
b riferva colle .Creature, nel commerzio con--
iinoyo delle quali ella vada Icemando infen-
fibilmente l’alfctto al Creatore, che faria ap-
punto uno slontanarfi a poco a poco da lui ,
e deraeritarne per confeguenza le grazie . Io
conofeo purtroppo non pochi Giovani,!
quali prima d’ entrar nel gran Mondo era-
no d’ un indole angelica , e di fentimenti si
eroici da fare una fanta invidia alle perlbne
ancora piò unite a Dio : e che dopo appena.,
un piccini làggio di libertà hanno cambiato
interamente il primiero collume a fegno di
non |30terfi piò in verun conto riconofcerc-rf
er quei , che furono . Quello però , che m*
a fatto piò di terrore, è llato non il cangia-^
mento, che troppo^ facile, ma il ritrovargli
sì filli, e sì collanti nel nuovo propofito, che
da loro deridafi ogni ammonimento , ogni
configlio, ed ogni piò forte ragione , onde_»
altri proccuri d’illuminargli . Sono i miferì
in quello fomiglianti a chi foffre un grave_#
mal d’ occhi , che fopportar non potendo al-
cun lume, ne acuto, nè temperato, altro me-
glio non ama, che di flarfenc allo feuro: così
E
99*
eglino perduto il raggio regolatoré ddla^
divina Grazia volentieri per gafUgo.più gra-
ve fe ne vivono al bujp>^/« amando, come-»
attefta 1’ Evangelifta, [a] le tenebre, che
luce . Nè io faprei capire come huomini, an-
cora , che in altre operazioni fembrano, e Iq
faran forfè, alTenaati , poteflcro mirar fenza
orrore la rovina d’ un tale acciecamento ; é
lontani da Dio paflarfela con tanta difinvol-
tura , fe purtroppo non s’ av.verafle il. detto
di Ariftotele confermato da pih gravi Dotto-
ri di S. Chidà Ib'] : /’ huomo abbandonato in
preda al piacere perdei ufo della ragione^
.Cofa, che ben conviene colla dolprofa efeìa-
mazione del Reale Profeta:[c] /’ huomo effon-
do in pojìo di grande onoranza .non ebbe in-,
tendimento: paragonofft alle Beflip infenfate,
e divenne fimile ad effe .
. III. Io per tanto bramerei vivamente ,
che riflettendo ciafeuno colla fcrietà più ma-
tura fovra d’un danno sì grande, c sì eviden-
te ne rileyafle quel concetto , che egli meri-
ta, per ripararvi colla dovuta prontezza, e-»
riurarfì una volta dal pericolo, che egli pol-
la veder n^anifeflp di perder l’anima a ca-
priccio • Lo fpecchiarlì in ciò , che ad altri
io vento accade , può eflere una fcuola utilif-
fima per apprendere uno fcapitp.che non s’
apprezza, poiché l’ efempio nelle materie-»
T 2 mo-
*9* W Ethic. [c] Pfal. 48.
*9*
morali àrgometó fortinìmo pèr chicche
fiafi, e potendo avvenire a tutti ciò , che av-
venne ad un folo,- può da un calò particolare
cavarfi un ottimo documento ; onde lcri(Te_»
Tito Livio quella gran verità , [a ' che : pììc
coff figlio danno le cofe agli huomìni , che gli
buomtni alle cofe . Ninno vi farà forfè, che_»
non fappia qualche lagrimevole ftoria di chi
è perito in compagnia de’ cattavi , e nelle-»
adunanze, dóve il vizio s' introduflc a poco a
poco: eppure pochifllmi vi faranno , che fap-
piano fiirfene una regola per evitare quel
precipizio medefimo, fulP orlo del quale for-
fè vanno efli ancora fcherzando . lo sò , che
piò d’ una volta ho fentito raccontarmifi al-
. Clini cafi di grande fpavento da quei medelì»
mi, che gli videro ne’ Compagni loro piò li-,
cenziod , e non folo mai non ne ho veduta
ammenda ih veruno, ma avendo pure cerca-
to d’ indurgli a riflettervi fovfa con fnitto
gli ho veduti come burlarfene . Quello,
quando accadefTe , faria bene un mettere la—
' Divina Giudizia a cimento di vendicarli con
tutti i giacche il gaftigo dell’ uno , come av-
venir dovrebbe , non ritira 1' altro dal male,
• anzi lo rende piò baldanzofo, e piò pertina-
ce . Quindi vengono pofeia i flage’lli delle-»
intere Città, che vediamo pur troppo anche
in quello fecole , c non vorrei aver luogo di
P»-
(a_) Uh; 22.-
r
t
. «9?
paventare, che neppure imparaiidóuna Cit-:
tà a corregere le lue colpe dal fupplizio deli';
altra fofle Iddio fui punto di punir le Pro-
vincie, cd i Regni , per farfi un altro Mondò
più riverente-, epiùlàvio.’ Lo fece egli ve-
dere nello fterminio .totale del diletto fuò
Popolo df Ifraele, che, non volendo mai fare ’,
a fe medefimo dell' altrui rovine un utile.»
ammaeftramento, fudalui ridotto a'quell',
ultima deiblazionc sì deplorabile , che noi
tutti. abbiam giornalmente, fotto degli occhi
negli avanzi infelici , vergognoft , e difpcrfi
di quella un tempo sì favorita. Nazione . .Si
guardi, addunque ben d’ intorno ciafeuno »,
che pratica , offervi bene gli andamenti de i,
fuoi Compagni, e la qualità del coflume, che.
in loro fi trova, perchè non è. radiflìma colà,
cheun folo cagioni la rovina di moItiiSe l’ar-
te di prendere gli uccelli , che vanno a ftuo-
lo, è r averne un vivo ,c legargli al piede un
lungo filo impaniato acciò , che tornandole-!
ne fra i Compagni molti ne invifehi, e gli ti-
ri a terra in mano de i Cacciatori;non è men .
fcaltro l’ artifizio dell’ Inimico infernale nel
dar la caedia a molti huomini innocenti col-.r
la malizia di pochi perverfi, tutti bene rpefib»;
o moltilTimi per lo meno , tirandone con un,
tal mezzo al fuo partito . E’ quefiaJa graa^'
verità , che non vuol capirfi da i Giovani , c
che io non sò finire d’ inculcar loro, effendo:
troppo dalla Iperienzadi tutti i tempi auten-'
“ - ■ .T 3 .
1
*94 , .
ticata, cioè, che le corrotte maflìme di colo- ’
r'o co' quali fi pratica, fono un ficuro veleno
dell’ innocenza, in tutte quafi le perfone più
làvic avvenendo ciò , che nel Sole vediamò
accadere , il quale benché fornito d’-un a be-
nigna virtù , cd attiva in fommb , pure paf-
fando per Io Zodiaco nelle fullunari cofe in-
fluHcC giuda la difpofiziohe , c natura^de’ va-
n Animali , che in quello fi rapprefentano .
Chi:fafxt dunque di fenno sì privo , e sì nell’
affare di fua falvczza trafeurato , e difattén-
to , che non cerchi d’ ovviare ad ogni corto
ad un danno sì grave, o prenderne quell'or-
rore almeno, che fi debbe ? Chi potrà diver-
tirli'con allegrezza in luoghi, e con perfone,'
dove Cgli veggia con evidenza imminente 1'
aggravio dell' anima , che-clfer debbe l’ in-
terelfc più delicato, e più gelofo di chiunque
ha battefimo ? Rammentomi a talc propofi-'
to dell’ arte artai delira' praticata da un Pa-
dredi famiglia in una Città d’Italia per di--
vezzaze un Ino unico Figlio dal viziò di giuo»-
care fénza mifiira . A vea l'imprudènte Gio-
vine perdute già molte fijihmc artai filevan-i.
ttj quando una fera confidando al Padre una •
perdita più notabile' da ini fatta ', fu da erto-
condotto nel fegrcto del fuo Gabinetto , e_»’
tutta la correzione confi rtò nel contargli a_»>'
fUa vedutaci danaro, e'fargli riflettere quan -
to di oro egli avea gettato in una fola notte.’
Vodendòllò- fcdnfigliatò Figliuolo qucliaLi-’
t ^ m Ji
gran
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i*-'* •• • ' ‘
grati mafia di monete perdute ‘invano con-'
ccpi ùnò sdegno sì ftefo , ed un odio sì gran-
dcj centra del giuóco,che mai p'ii'i in fua vi-
ta noti volle pigliare in mano le carte. Co-
sì far dovrebbe ogni hiiomo di fenno per di-
fingannar fe medelìmp in ordine al piacere»»’
del diverti rfi., 'quando mai potefle' eflere a fe
confapevòle di farne un mal ufo, c ponendo-^
lì davanti al peniìero il gran tefofo dèli’ in-'
hocenizaV delle viftfi, dell’ Eternità, dell’àmi-^
ciziadiDiojChc perde penuria vaniflìma foddi-’"
sfazione de i fenfi, abborrirc, ed allontanarli
da un collùrhe, che nulla dandogli di buono ,
di più gli rapifee il meglio . Di leggieri iri_.
ciò facendo s’accòrgerebbe di quello fvan-
taggiojchè ci nòti confiderà , e trovandoli ,
quando men ló credca,di corruttèle, e di mal
nate affezioni ripieno , intenderebbe averlo
ornai la colpa fidotto all’ infelicità , e mife-
ria Ibmma di chi eflendo infermo per abito
di cattive difpofizioni brama di morire per
terminar di vivere sì malamente , più di ciò,
che l’aggrava, temendo, che della ffefla.rf
morte da tutti sì coftantemente abborrita— •
In tal calo egli pure fi troverebbe, a ben pen-
farvi; poiché più odiar fi debbe la colpa, che
macchialo fpirito,che quello fteflb difiruggi-
mento , che rovina il corpo , affermando
Marlilip Ficino, f^zl che : ficcome all' huomo
T 4 »o«-'
— ^ ■■■ ^
C^jMlGor^, plat.
Hott'è efpedhìite il vìttré boti un corpo aff"af~^
lo infermo y coti neppure con un animo da i
i>izj infetto Vedute per tanto, e confiderà-
tè intuttc’Ie .fuecircoftanze le voluttà del
fecolo , che piacevoli tanto fì credono , ed
imabili , comincerannó fenza dubbio a far
della naufeà all’ huom prudente, cui conver-
rà conchiudere coi dottiflnno Gioan Pico .
^a~\ qual cofd è mai di defiderabile ne* piace-
ri, i quali cercati affaticano , acquijlati./va*
nifeono, perduti affusano ì
®97
• #
^ Prejèri>àtivi cantra il danno d?l
. converfare,
i .. /CAPO XX.
• • •
• «
I. ^ E potrà l’ haom prudente awederH i
i3 che l’ufo della Converlazione lo pon.
{a in cimento di foggiacere a qualcuno di
que’ danni) de’quali fì è parlato fin’ ora con*
verrà, che egli penfi alla maniera di. Sparar,
fene armandofi.dc’migliori preferyativi» che
polfano metterne l’ Innocenza iniricur.o. Fi(*
io eifendo io Tempre nel mio penlieror^ Che U
converlar con fayiezza,;e con retto finCj.pof-
fa farfi liberamente ,jvengO(adeffo, a prélcri»
vere alcuni utiìinìmi preferyativi, che prati*
.cati con diligente, premura .'da chi vive. nel
mondo lo torranno, e d^ll’odiofa ncccdltà di
fcpararffdal civile commerzio degli altri , e
\ dalla tema' di rilevarne del pregiudizio . S’ è
«.^-^già varie. yolte.in quelloLibro parlato intor-
no al contegno, di cui ufar debbono le perfo*
,ne più favie nel convcrlàre, e fpezialmcnte_j
nel Capo, Quinto, fuggerendo quelle manie*
•jre, e.que’configli , che fono più atti a confe-
guire un intento sì ncceflario . Pure perchè
.l’unica mir^che.io.mi (bno prefiifa in quello
..Trattato la riforma d’un coftume , che po«
.tria fàcilmente degenerare in abufo,cd in ro<
• -vina :
/
vina deiranima , hò voluto ancora difcorre-
rc a parte, c con tutta la difUnzione , dì qùe*
prcfervativi , che poflbno mantenere illiba-
to il candore dicchi , p non vuol e , o non può
difpeniàrfi dal converiàre. Giudico pertanto*
che il primo di eflì , ed in fommo giovevole,
cffer polTà 1* armarfi Ic'pcrfóne fecolarì còl
pehfiero' delle Umane mifene , le quali (bno
il correttivo dèlia- vana allegrezza-; e dellò
fconllgliato divertitìientp contirioVoVin pre-;-
da a i(JUÌ>fi''gettarto*forfe molti- . coU difcapitq
aflài'riifcvante dello fpirituaiè intèrcffe . Il
cercar (bllievo talvolta dalle terrene molé-
iliè'è utia fpezie<d’amor proprio sì naturale^
■ad ognuno; che farebbe indiferetezza il con-
tlahnatiladel tutto prètendendofi , che fem.
pre ftcffe l' huomo gemendo fbtto d’un pelo',
il quale'pur troppò - fenz* altro c gravifììnio
Quello , che in ciò accordar non fi puote fi è,
che in cambio d* un ragionevole conforto fi
vada cercando la maniera di fcòrdàrfì affatto
di quelle' miferiè-, che efsendo gafiigo del
primo peccato pofsonò'colla cOhfufiohe mà-
tenerpe vivo' nel cnore l' abborrimento . Io
dunque vorrei, ichè gli Kiìomini cònverfafse-
Toinfiemein ta'Jguifa'/che màinóh perdèf-
lèro d' occhio 'la' mifera condizióne del mon-
do , e non s* adagiaflerd-così biène per niezzjp
'dc’paflatcmpi contiriovi ih quello carcere in-
felice, che più lord nulla premcfse d’ufcirné.
L’-afiCzionarfi alla fchiavitudine in tal manie-
ra»
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299
rai che pili non ritengafi brama di libertà , ò
un difordine d’intelletto già prevertito; il
qualé' facendoli della lùa pena un godimento
moftra ben chiaro, o di non comprendere ab-
baflanza , o di non detcltar quanto debbelt
quella colpa’, che l’ hà mcritata . Quindi è ,
che amicifllmo' efsendo io Tempre della di-
Icrctezzamoh condanni quegli , che fi diver-
tono còamifura ma coloro' folamcnte , che
fcordati di quèìto cfìlio' mortale tutti nelia;^.»
Goverlàzionefeppellifcono i penfieri d’ Eter-
nità . i Romani lempre mifteriofi ^ erifleffivi
in fommoi- adoravano Volupia Dea de’piacc-.
ri, ed Angerona Dea de’ difpiaccri , ed a eia-,
fchcduha avendo eretto il particolare. Tuo.
Tempio ,.in quello deU’iina .fagrificavano all*
altra temperando così' il godimento dellc-j .
cofe piacevoli cól timordclle avverfe in for-'.
ma , chéilà fperariza di quelle mitigalTc l’ ag-;
gravio.di quelle , c lamcmoria del difpiaccre
correggefie la dannofa genialità' de’ piaceri .j
Tanto dovria pràticarfi ancora da chi vive-»,
nel fccolo,' e portando. nella ConverfazionC;
il furio penlìero delle dilgrazic, che aftliggo-^
no ,>nér hon lafciarfi ingannare dallo fmodc-,
ratodivertimcnto vivere pofciain.quellecpn
una.crilliana ralfcgnazionc al djvln, volere, c,"
temperarne l’amaro col rijleiro d’averci pure .
lafciata Iddio la maniera d’ andarle fminuen-
do colla giocondità dell’oncllo conforzio . E,
che quella favia ricordanza delle miferic,che
• r
t
qiiaggiìi rie circondatìo , Cairn preFervativo-
efficace dell’innocenza contra la forza di
qualunque più dilettevole palFatempo , C può
con chiarezza dedurre dalle fagre Carte. C^i)
Giunta appena SarainGerari con Àbramo
fuo Conlbrte fù per la lìia rara bellezza rapi„
ta dal Rè Abimelecco a viva forza, Cngendofì
per timóre Abramo fratello di dei. Capitò po-
icia un altra vòlta in quel Regnò 'medcfimo'
anche ifacco figlio d* Abramo.'(^;)con Rebcc-
eafua^òl'a parimente belliffima^fpaccian*
dola eiio purè per tema d’ihfuIto>perfua.*'
Ibrella : ed Abimelecco anzi , che farle alcu-
na violenza: promulgò quello editto ; chi
toccherà ìa Moglie, di quejì'huomo farà pu^
aito colla morte • Sembra flrana la conti-
nenza di quefto Principe sT dedito peraltro
al viziò contrario ;‘ma chi riflette* alla care-
flia , che allora affliggeva il fuo , ed il Regno
tutto dì Paleflina ben comprende, che. ua^
tal gaftigò l’avea renduto migliore j e che
avendo egli fugl’occhi quella miferianon-,
avea cuore d’applicarfi., come prima , al pia-
cere'. Per quefto diffe il S. Giobbe t fc^ beato'
Phuomo , che è punito da Dio; poiché egli’
ferifce , e rifana . Egli i dunque certiffimo,
che prefente avendo fempre l’huomo di fen-
rio la ricordanza delle umane traverfie farà
piò
[a] Ged. 20. [b] Geu, 26, £c] Cap. 5. iS.
Digtilzen
pili càuto nerdiverttrfi, e prendendone bensì
conforto , ma non deponendone mai intera-
meatc l’«iggravio , in un pefo , che lo tor-
menta averà un forte riparo , che lo di-
fenda . •
• •
li. Da ciò naice l’altro prefervativo non
men poflente per togliere ogni danno del
con ver fare, ed è ilmantenerfi la per Iona, fem-
predefiderolà, per quanto può farfi in terra
dell’Eternità , che è l’ultimo fine dèll’huomo.
Il vivere con riflefib continovo alle diiiiv-
venture del Secolo è cagione , che'vivo man-
tengafi nelle creature il penficro , c con eflb
la fperanzu del premio eterno , che tien pre-
parato Iddio agli Eletti nel Cielo , e che arda
fempre vivo per confeguenza nell’ huomo
l’amore verlb della virtù , onde può venire-.»
unicamente la fortuna di confcguirlo . Po-
trà per tanto ciafeheduno praticare tra gli
altri -ficuramente , quando fappia d’eirere_»
nel fuo interno invaghito del Paradilò j e_ji
di bramarlo con tale ardenza, che ninna..»
cofa elleriore per vaga , e dilettevole , che
ella fian , abbia forza di fcpararlo da un sì
amabile' oggetto , ed elTendo egli- còl cuo-
re lontano da ogni terréna Infinga farà certo
ancora di battere dirittamente là via di per-
fezione dentro al proprio fiatò . Quanto
dalla Terra fon più difoofii i Pianeti più
lentamente fi muovono di moto proprio, e
meglio fi conformano al movimento rego-
' lato
joa
lato ^olPUnivcrlb . Così più; tardi compie
Saturno il fuo giro, che Giove, e Giove_j
più tardi , che Marte ; così di tutti propor-
zionalmente avvenendo fecondo la maggio-
re , o minor diftanza , che hanno dal Glo-
bo Terracqueo ,.onde la Luna , che è a lui
più di tutti vicina , più picciolo forma il fuo
giro, e lo termina ogni mcfc.Chi vorrà dun-
que tenere ij cammino delle crilìiane vir-
tudi fenza ftorcere alla via de’ vizj dovrà
attenerfi colle brame alla celefte Patria,
c vivere più dilìaccato , che fia pofììbile ,
dalla Terra,,, per unilbrmarfi nel movi-
mento al principio , e radice della vcra_.
faviezza . Ha la Natura più volte fatti ve-
dere de'Mofìri di doppie membra , come-*
tra gli altri attelì.a S. Agollino dicendo ;
(^a') Meli' Oriente nacque utt' huomo doppia;
ne' membri Jupenari e Semplice negli ìnfer
riori . Si vedevano pertanto diverfe funzioT
ni in eilì , e contrarie l’una all’altra, come
di vigilare con un capo , e dormire coll’alr
tro; di ridere cor» una bocca , e pianger
coll’altra , di parlare con una lingua , e ta-
cere coll’altra. Unite così in un folo corporeo
. -màgiliero le due moli accadde, che inferman-
dofi.l’ una, c, moreiido, vegeta, e fana rima^
nclTe l’altra per qualche tempo , ma vinta
pure
fai Lib. z. de Ci’V. Dei.
. . I
pure dal pelbj c dal fetore della dcfuntà con-
vetjnele cedere, e morire per codellainfaufla,
ed indivifibile unione . leggiamo anche a dì
njftri negli huomini fòmiglianti moftri in
ordine alla Morale, i quali sfefercitano in at-
ti contrarj, moftrandofi ora del Mondo , ora:
del Ciclo , ora . tutti compunti ,ora tutti dii-
lìpati ; ma la parte unita al Secolo , ed a’.pia-:
ceri di lui , infetta a poco a poco l’altra, che
vorrebbe effer celefte., e muore efl*a an- -
cora mifèramcntc alla Grazia , poiché Iddio
fteflb afferma , che ; (a) non fi può fiervìre
a due Padroni . Bifogna toglier da noi fimi--
li mollruofità , ed ardendo internamente.»
d’un folo,epiìi nobile defidcrio , avere un
Ibi cuore, cd un fol volere per la felicità,
pih vera , che è la Beatitudine eterna -, e di-
vertirci nel Móndo con tutta riferva , co-
me la ruota , che và girando fenza ufeir mai
da’.fuoi poli. Quindi avverrà, che avvjam-
pando l’huomo d’una sì bella,efavia bra-
ma , neppure chiuderà l’occhio giammai (b-
vra la propria debolezza , locchò fanno thol-
tiflìmi con incredibile difavantaggio delle-
anime loro , non volendo convenire col
gran Chilone per riconofeere il fondamen-
to più ftabile della foda Morale nella fo-
ftanza. di quelle fugofe parole; conofei
^ ^ ^ - ftefo.
£a] Matth, 6,
« «
I
(i-ejfo . Egli è certo che l’ardènza j colla'qaa-';
le fi brama un qualche bene i fa Tempre te-
mere di qualunque mezzo , che fcmlgafi per
ottenerlo , e tanto più degli oftacoJi , che_A
potelfcro attraverfarfi al confeguimento» en-
trando anche talvolta chi brama in diffiden-
za feco medefimo per tema di non eflere_»
troppo fiacco, e troppo dilàdatto all’imprelà,
che medita . Molto più gioverà quefto fag-
gio timore a chi afpira all’ eterna Gloria,
poiché aperto Tempre tenendo l’occhio d’
una vigilanza prudente fovra fe fteflb , più
ihrà ficuro di tenerne lontani gl’impedi-
menti . Comprefa poi. bene affondo la pro-
pria fiacchezza dalle perfone. là vie, e timo-
rate , fi camminerà- certamente da effe con_.
tutto riguardo, nè s’incontreranno i pericoli
alla cicca , penfando prima d’ entrarvi alla^
maniera d’ulcirnc , o fnggendògli affatto,
quando fi riconofeono fupériori alle forzc_>
della Natura già di troppo debilitata . E’ de-
gna. d’ammirazione la proprietà , che attri-
buifeono i Naturali alla Pantera , la quale^
mai non affaggia le carni gettatele da’ Cac-
ciatori temendone veleno, fe prima non fon-
te nelle Campagne circonvicine l’odore del
Dittamo , che è il fuo antidoto. Salva in que-
ffola debita proporzbne ftimo,che in tal
guifa debbano regolarli le Anime, che te-
mono faggiamente la dilgrazia d’avvelenarli
nella dolcezza de’ mondani piaceri , mai non
r • affag-.. .
/
\
/
DigillzecI by ■
4M» ' *3
!• a/Taggtandone alcuno ^quando pronto nout»
’ vCggiano il fuo rimedio. Nè dico già queftOf
t perchè fia lecito mai il bere il tolfico dellOi,
I colpa colla rperanza di rigettarlo , che faria^
' delitto maggiore , poiché per la piaga, affer*
ma S. Ambrogio * ìa'] ficercail medicarne»-
' to ,»oa pel medicamento fi broma la . piaga.
! Lo dico lòlo in riguardo alla (ìcurezza , che
aver debbe ogni perfona di fenno , c di cor
) fcienza in tutte le cole , cd in quelle IpeziaN
I mente , che polTono eflere in qualche manie.-
1 ra {òfpette , alle quali conviene .accollar^
con tutta cautela . Vi (bno però alcuni tra^
qjuegli ancora «che 11 credon migliori , i qua-
li non hanno in quella materia , nè timore,
nè audacia , ma vivono in una certa danne-
i yole indifferenza , per cui a nulla badando a
I tutto s’accingono fcnza. riflclTo . Non vie
I .cola a mio giudizio, da cui p'iò deggia l’huom
I rfàvio guardarli , che dalla llupidezza, per la
4]uale non connderandoll talora neppure i
perieli piò evidenti fi cade bene fpelTo in un
precipizio irreparabile . Ogni difordine an-
che picciolo puÒ.recar danno allo iflupido,
perchè, da niente lì guarda j, efe a i Leoni già
tnorti infultano anche i Lepri più timidi, all’
buomOjChe di nulla paventa, nuoceranno
quelle medeGme. cofe , che, ad un riflellìvo
V non
C») Lib. 2, de Fisn, 9»
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3o6
non (bgliono apportar nocumento, mJltenen-
dofi egli Tempre in buona guardia . Fino lei*
azioni pih (ante , quando abbian del grande,
edell’arduo in fe meddìme, debbono farli
con po(àtezza , c con maturità di rifleflb ,
perchè abbiano il difliuto Tuo merito , e riu-
fcir pofTano buone, e plaufibili. PrcflTo di
tutti vien commendato Abramo per l'ubbi-
dienza veramente ammirabile , che egli di-
moftrb nel fagrifìziodcl fuo Unigenito Mac-
co ingiuntogli dal Signore.Se peróne leggia-
mo la lioria troveremo , che egli fece mol-
tidlmi preparamenti prima d’ accingerli ad
una si fatta imprela , e S. Ambrogio (a) con-'
lìderandogli tutti efclama al noftro propofi-
to : 0 quanti rìtardamentì di chi dove a fa-
grìficare per non farfi credere dalia fretta
rapito ad un tale Sagrìfizio ! Q>) Con quan -
to maggior cautela dovranno pofeia impren-
derli quelle operazioni , che non folamente
fante non (bno , ma vicinilTime anzi a pende-
re nella folianza del vizio , come è appunto il
coftume del divertirfi troppo liberamente-»
nel Secolo ? Convien dunque mirar prima
bene all'Eternità , mifurar le fue forze, ar-
marfi colla virti'i , e portar feco nelle occa-
fióni ellerióri un capitale , che pofla rimane-
re all'Anima intatto anche nella rovina degli
huo-
mi " ■ ■■■ i ■■ ■ II»!
!
Gcf//. 22. hlic.
... . . ?o7
huomini pi^ difcldlti., eS pili liberi , cotncLl»
bene preflb Tuningio configliava Ariftotele
a i Naviganti dicendo : [a | quelle f4e cof(L^
doverjida ejft preparare per la Nanjlgazìone.,
che nuotar potejfero infieme col naufra-
gante . . ; .
IH. Gioverà àncora àiraifTimo al pre-
fervamento dell’innocenza la Tanta morti>
ficazione del corpo , che tiene in doverc_f
l’appetito inferiore , e (cerna la baldanza de’
fenfi. Quello è un rimedio , che poco , o pun-
to fi pratica dalle perfonp fecolari fembran-
dogli di far molto ,,fe pure s’afiengono dalla
colpa . Ma è un’errore pur grande quel darli
a credere di poter fuggire il peccato lènza.^
l’ ajuto di qualche interior penitenza , o di
qualche efieriorc mortificazione , elfcndo,
che al parere di S. Bafilio ; [^] il corpo ben
pafcìuto , e l'anima in quello immerfa , incli-
na al peccato I Ed in vero fe tanto c difficile il
mantenerli l’anima pura , e netta dalla colpa,
quando ancora s’afHiggc , fi mortifica , fi tor-
menta , c fa cofe grandi per amor di Dio a
feghó , che egli fteffo dille a’ Tuoi Difcepoli:
[cj quando averete fatto quefle cofe tutte ,
dite :Jìav*o fervi inutili: che è quanto dire
pieni di miièria, e dellituti d’ogni merito dal
canto proprio ; che farà poi quando ella viva
V 2 ' in
(a) cap.^. (b) Hom. de Farad, (s") Lue. 17.
•'to*.. ... ,
in delizie , In gmòchi » ed in palTàtempi', lèn-
za corregger mai le peifìme inclinazioni, che
vanfcmpre piit imperverlando colla conde-
fcendcnza , e macchinando contra di effa' im
totale cderminio? Dee dunque perfuaderiì
ciafcuno eiTere , sì a fe medefìmo , come
chicche fìaiì , heceflario qualche efercizio
di mortificazione , e (cegliere perciò quella
Croce , che farà propria del fùo fiato , per
'potere in virtù di cfia paflar libero ^ è ficuro
l’oceano perigliofo di quefia vita mortale;
£’ vera non meno , che provvida aflai la co^
flumanza delle Rondini , le quali in paflàndo
il mare portano in bocca un’arido ramofcel-
lo , e Ranche dal volo lóvra di lui fi ripofano»
cola che fu da S. Agofiino applicata mirabil»
mente ai Legno (àntiifimo della Croce dicen«
do , che l’amorofo Redentor nofiro : (e)
tuì quejìo Legno , col quale pajfajfmo il marei
imperocché niuno può •valicare i marofi di
quejìo fecolo y/e aotr fc portando laOroce di
CJrtJlo . ficco di quanto s’ingannano molti de'
Secolari sfuggendo la Ibfianza non Iblò, ma
ogni ómbra benanche di penitenza , e fìgù<-
randofi nel tempo mcdefimojChe poirariu«
feir loro fenza di quello lalutifero Legno lai-
vaffi tra le impctuofe , e frequenti borralche
del Mondo ; Sara per tanto migliore confi-
glio
£a3 Tinìi. 9. tra^, 2: inio ;
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gléb atténerfi al-pàreré, del (òvracttato
tore , che giudica sì neceffaria a tutti la mor*
tiiìcazionc, e (labilire di praticarla al meglio»
che fia poiTibile , per non trovarli a cimentò
di naufragare col rimorfo d’aver già rifiutata
la tavola per liberarfenc. Può , volendo » fab*
bricarfi ciafcuao la propria Croce, e. por*
tarla anche in mezzo al fecolo con foffercn^
za, che ò il fondamento del merito; ó.dandofi
a qualche digiuno fra fettimaha , che pure^
tanto è giovevole , o a preferVarla , o a recu*
perare l’innocenza di già perduta , mentre:
rende V huDmo oingelt ,com^ afierì S. Gioì
Grifoftomo : (a) o digiunando , che è certa*
mente piò ardua , e perfetta cola , col cuore»
€ colla mente , per piacere , come infe^na lo
fteflb , Qi) più a Dio , che agli huomini : tu,
egli dice , che piti digiuni col cuore , che col
corpo , che pià t*aftieni dal peccato , che dal
cibo , non alP occhio degli huomini , ma bensì
u quel Dio digiuni . Ottimo làrà quello digiu*
no,perchè!piu fegreto , ed in confèguenza più
praticabile da ognuno ponendoli dinanzi agli
occhi la divina Legge, come un termine.»
da non palTarfi giammai colle tralgrelfioni,.c
.tutti ancora i vizj oppolli a i divini Coman*
damenti come un . frutto vietato , dal toccar
y j- cui. ‘
£a] Hom. yi. ad Pop»
Hom. 15, in c, 6. Mattb.
fio
ctii dtìbbano-àftcnerfi mai Tempre iepaflìó'*
□i tiiue deil’huomò* inferiore . lo quefta gai-
fadigi>iner^ la-perfona con tutto il merito
juigaiuiandO! il Mondo con un’apparenza di
YÌta.lieta j e converfevole , c portando una^
CrOce^j-che punto non disdice alle Sete, ed
agii; Ori ,ma tanto pih grave , e .fenfìbile,
quantt^ più- radicata nel .Cuore .-£d in vero
p c-b^.gto^a , conchiude S. Giròlàmo,
ejìe/tuarjt- coU'aJìhenza. M cor pò , jt gonfio è
ianìffio dì fuperbia ? ^uqle utilità . contiene
non. ber vino , ed ubbriacarfi d'ira , e
4' odio ì Allora è pregevole il digiuno del cor»
po f quando l'anìrpa digiuna intorno alle com»
piacenze del vìzio -. CrocilìlTa che Ila jcome
ancora .infegna l’Apolloio , in tal maniera la
perfona col mondo potrà più ficuramente la-
iciarfi veder per tutto , perchè incontrando
veleno pronto averà il Aio antidoto , ed un
gagliardo riparo contra qualfifiapiùpoffen-
tc violenza , che tcntafìe d’abbatterlà . Se^
l’acqua delle fontane mai non fàle in aitò
prima d’avere in anguAi canali fperimenta-
te le proprie forze , c prefa come una giuAa
mifura dell’eminenza , a cui è fpinta , neppu*
re dovrà l’huom favio azzardarfi ad imprefe,
colle quali proporzionato prima -non abbia
il proprio vigore , c poftofi in qualche ficu-
rezza
(a) ad Ceelant.
\
I
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■ rezza di fortirne felicemente » Così \rediamO(
che la Natura in tutte le lue operazioni prov-
vida in (bmmo ^ cd. accorta , prima di forma-
re il parto nell’utero della madre , vi fabbri-
ca certe membrane , dentro le quali ftar
polTa. ben culìodito il feto , acciò non abbia-
no a dilTiparfi gii fpiriti necdi'arj all* agu-
mento di lui, e ne venga , invece d’nn figlio»
6 un moftro, o un aborto . Ciò dee pure nell*
ordine ancor della Grazia immitarfi, dalla^
crifiiana prudenza , e prima di cimentarc-i»
l’illibatezza del cuore colle infidie terrene»
farle d’intorno una buona cuflodia di virtudi
morali , ed evangeliche , le quali non la di-
fendano , ed ajutino folo a preferva rii , ma a
crefeere ancora , ed a ridurfi in quella perfe-
zione , che non olìantc l’alTalimcnto eilerio-
rede’vizj polTa meritarle il premio etcrnot
Codefto è un giglio , che fe dee confervarfi,
convien circondario di fpine , e fofferire anzi
pazientemente qualche puntura di travaglio»
e di pena , che la dilgrazia di vederlo impalli-
re , e feccarfi . Intrapprcfa , che averi la ra-
gione contra del fenfo una tal guerra noo-
dovrà trattar mai , nè di pace, nè di tregua»
poiché il nimico è implacabile , e chi lo giu-
dica, o vinto, o fnervato , lo prova piò fiero»
ed infoiente . Hgli è dunque d’uopo , che vada
ognuno invclligando con diligenza qualfia
la Tua pallìone. predominante , e quella pigli
4i ipira , e combatta fetnprc » fe non per de-
: y 4 pri-
V
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}I»,
primcrla aifattoipcr ridarla almenó In fftà«
to da non temerne (brprela > o fconfìtta , (en<».
za mai lufingarfì d’cflere- d’un naturale cosi
felice )' che tutte abbia in equilibrio le affé,
lioni y e fbggette alla regola: del dovere^
giacché al dir d’ Ariflotele ; [0] ninna volon-
tàì sì lìbera \ cbe a qualcuno degli appetiti,
proprj non ferva. ■
• JV. -lo penlb per'ultimo'i che poiTa ad.
ognuno fervire d’ottimo prefervativo il pren*.
der (bvente il conlìglio degli huomini faggi ,
ne fìdarfi tanto di fc mcdefimo »che Tempre^,
lì ricali l’altrui. parere come fuperHuo. OgUu-'
nO'è foggetto ad ingannarli nelle cofe di
pertinenza, ma nelle dilettevoli poi loèaU.
trettanto , mentre l’ amor proprio lo fa tra-,
vedere il piii delle volte, e ben lo fcriffe acu-,
tamente S. Gregorio, affermando , che_».
T amor proprio chiude P occhio del cuore^ »
e gli dipinge per fàvia qualunque condotta^»
che tenda, al piacere , cd alla giocondità nei
divertimento. Se in quello l’huomonfida>
e crede intieramente a fe medefìmoa farà li-
curifTiitia la-lua rovina , avendo ^ perguida:.. .
una palTione, che fecondo S. Agofìino £c] fu.
la rovina ancora del primo degli huomini».
poiché per fentimento ancora diS. Bafìlia».
(j3.y Lih.^. Rethor. Cb) Iiom...^.$»^Eztcbmi.
In c. 1 7. Mattk* "t-
laJbàP amor proprio per fifo JUpeadio I/lì
morte , Egli è bea difficile da riconofcerfi un
tale inganno, perchè dolce , e gradito : ma:*
pure entrando in fe medcfimo^ 1* huomo di'
fenno , e facendo ana éfàtta difamina ibvraj.
del proprio, collumc , c della maniera di re- .
golarii in tutte le azioni Tue, potrà divilàrlo».
e conviacerfene (pezialmcnte in oflervan»
do che egli .vive pih. fecondo i dettami del
..capriccio, chc.deila buona Morale . . Riceva*
toìpoi,. che. egli. abbia quello benigno raggio
d’ utililTima conolcenza, gli làrà ben agevole
il comprendere , chenon potendo cgli.fìcu-
ramente dirigere fe.mede(ìmo,ha bilògno d*
un pih efperto, e vegliante regolatore, che:j
diritto lo mantenga nel (èntiero della virti^
eche quelli: altrove ritrovar non fi puote»
che nel numero degli huomiaif^ggi • Kiuno^
a mio parere, vi farà mai , il quale penetrata,
a fondo una tal verità non proccuri di prov:*
vederli d' un fomigliante appoggio ^ . fenza.*
.del quale làrfa $1 vicino a cadere. I Bruti •
che non poifonqcomunicare.altrui i lìioi fen^
timenti , ..e dar notizia di quel male , che gli .
affligge ,. hanno la cognizione della Bottani*
ca, edillingueado quelle erbe, che pih gli ib<>'
no giovevoli, fi rilànano da fe medefìmi . !•’ '
Eupmo però.i che haP ufò della lingua pcc
\ ' ' ' ’ ' ' ' poter- '
Ca] Ap, Lyr, A li apoph, if
I
1
poterli efprfinci?e »• è privo tl’ «na . tàI..coftó**
feenza, e per guarire. aèlie iafermità ,chc lo
aflaJgono , Gouviengii dipender.. da;gli altri,
e.meudicarjie dall’ altrui perizia il. lenitivo;.
Quello pure è uno dentanti gaftighi^. i.quali
/uhiiinarònfi centra il primo peccato i-cho.»
l’ huoiBo pofla bensì : perfeguitare il maleej* ,
che. lo minaccia, e. vincerlo anche tal voltai
per ajuto, ed opera altrui , ma non già o ef-
4èrne, affatto incapace^ o fuperarlo ben totlo»
«pila perfetta intelligenza del luo;rimedio .
Nè quello è raen-vero ne i mali dell’ anima ,
-la cura de* quali.ha voluto<lddiò<commette-
re agli altri; non permettendo, che fia veru-
no medico di fe medefìmo ; In quelli pertan-
to. è alTai più necefiario il ricorrere al confi-
glio del Savio , o per impedir , che non ven-
gano, oper curargli venuti, che'fieno , onde
Jò Spirito Santo dice chiaramente ad ognu-
no; piegherai il tuo orecchio riceverai
la dottrìua ^ e fe amerai di feutire, farai fa~
piente . Ix) dico addunque , che richiedendo
là Perfona il parere degli huomini prudenti,
e confidando loro con fincerità quanto le và
accadendo nel converfare alla giornata , ^
lafciahdofi regger da elfi, nc ricaverà una fi-
CQrczza ben grande per non rilevarne niai
alcun danno . . Chi è fiiori del pericolo pe«
r. - ■ glio
(a) Eecli. C.6*
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glio Io fcorge , che quegli , il <Ju,a1e v’ è nel
mezzo: onde il conlìglio del primo è Tempre-#
più fano , e più accertato ; e quàntunqùe ad
alcuni ferabr.i viltà l’ inchinarfi a chiedere ad
altri il parere , è però parte d’ accorgimen-
to, e di faviezza, àtteftando Platone:[j} cjfjèr
eofa da bUom prudeute , e generofo P ornare^
■ ed avere ift prègio chi è piti getter ofo dì luì .
Dionifio Tiranno di Siràcufa ebbe , [b] al ri-
ferir di .Lampridiojin fomma eilimazione gli
huomini faggi, 6 dotti, penfando , che pote-
vano colle penne loro eternarlo, onde avido
éflendo egli della gloria faceva loro per cat-
tivarfegli ogni Torta di più diftinta nnezza ,
è di più riguardevole onoranza ..Meglio pe-
rò flato Taria per lui , che Teguiti ne avefle i
configli per meritar quella fama , che preflb
de’ Polleri per opera loro bramava di com**
perarfi.. Cosi per tutti farà vantaggiofo il
prender fovente un tal configlio ,ne far mài’
cofa , per cui deggia pèntirfi fuori di tèmpo
di non averla con chi' è più favio di lui con-
fultata '
[uj Lìh; lo. de L eg. fb} f • 1 5*
I .
13éUet Convé^atiowrijlyetta.»
C A P 0 XXL
«
I.
Ssegaati que* prefervatlvi, che polTb-
no impéàre il dannò delconverfar
itiaie, è dovere, che fi parli àdeflb di quella.^
fpczie di civile trattenimento , che può effe-
TC meno dànnòfe,ed in cohfeguenza piò pra-;
ticabilè . Già fi diffe di fopra nel Capo unde-^
cimò , che bifogna penfare con molta matu-
rità per feiegliere il luogo della Converla-
zioriejpòichè trattandofi di ftabilire una ami-
cizia, che per éfler buòna, e vera , debbé an-
cor effér uurevole , conviene riflettervi fo-
pra con pòfatezza ,e le 1* Elefante, che vive_>
‘molto; richiede ancóra uno fpazio più lungo
per nalcere,tàrà altresì neceflario, che ada-
gio fi concepifea, e còn favia lentezza fi veg-
gia nafeereun amorevole corrifpoiidenza-.’,
che dee finir (blamente col teruJne della vi-
ta , qu^do piire abbia da créderli un confi-
glio ò* elezióne ; è non iin trafportò di genio
poco prudente . Preroefla pertanto quella^
matura ponderazione iq nn affare, che non è
dileggierà importanza, io filmo, che per
feiegliere con ficurezza debba f huomo ap-
pigliarli alla Converlàzione rifiretta , cioè a
qqella , che è compofia di pochi • Se è vero »
che la virtù confida femore nel mezzo , e nel
temperamento di due efiremho viaiofi» o fo-
■ -i : . »
DIgItized by
fpetti, farà àncór vero , che la Convcrfazid*
he raccòlta, la quale è nel mezzo alla pubbli^
'ca di gran rumore , che potrebbe efler noce-
vole,ealla particolare, che è tanto vicina,co-
megif provolTi nel Capo decimo,al dilbrdine
dee crederfi la mcnopericolofa a chi elegge-»
di praticarla. In elTa divertefì.l’huomu ballc-
volmcnte lenza temere d’alcun pregiudizio ,
quando gli oggetti, che la compongono, fìe-
-no fperi mentati per innocenti , e che nonj»
cagionino alteramento in chi gii tratta . Vo-
glio dire, per cfprimermi con p ih chiarezza,
che una converfazione làrà la migliore.» ,
quando in elTa non s’ imbatta l’ huomo fra le
poche perfone, che la frequentano , in qual-
.cuna , che ferva a lui di pericolo , ò per pro-
pria malizia, ad elTa affezionandofì tròppo', ò
per altrui artifizio , che .nelle maniere già
elpode di Ibvra proccuraifé di caparrarne le
inclinazioni . Quando poi (hi- principiò gli
Oggetti nòn (iena perioolofi i cònveri'andoli
con ingenuità, e faviezza, noti (ògliono dive-
nirlo neppure col tempo, aviregnacchè daflà
confìietudine tolgafi alle cofe tutte quel non
sò chè di meravigliolb ,.e dilòrprendente.^ ,
che a prima frote dimodrano . Alcuni Adfò-
nomi affermano, che forprelt rimafero coló-
ro i' i quali per la prima volta oflervaroriò
ecclide de* due maggiori pianéti , eppure in
oggi da pochiflimi li confidcrarcòsì chi nòh::,
lia mai pih vedàtò il faziard
/
di mirarlo i' e chi'vi nacque in riva non ne«»
fa calo alcuno . In qucRa guifa medeiìma to>
glieli appunto dalia frequente confuetudinc
agli oggetti quel mirabile , che patria recar
nocumento > e chi da principio s’ avvezza a_.
non curargli d’ ordinario piìi non fente far-
fene un imprellìone, che offenda , come chi
entrando in una Drogheria fenza rimanere
offefo dalf acutezza degli fpiriti, delle Qtiin-
telTenze, e de gli eliratti vi s’ accommoda co-
sì bene, che in procelTo di tempo non fente-*
più alcun odore: la cupidigia dilfe Plinio, ('<?_)
di tutte le cofe vie» quando i' oecafioae
averle fia facile .Nè in'quelia potrà, volen-
do, rimanere ingannato' chi che fiali , poiché
al dire di S. Bernardo ha ciafeuno dentro di
fe medefimo il giudice delle proprie azioni ,
. che è il cuore , il quale , egli fcrive, (A) fem-
hra tener cura dell' buomoi e quelle cofe, che
fono cattive, pericoic^'eieda ponderar fi, cott^
un certo, e Jicùro movimento predice . Orten-
fio Oratore ben celebre , il quale difendea^
V erre contra di Cicerone , che P acculava-. ,
non intendendo non sò qual cofa ebbe a dir-
gli: avverti, o Tullio, che io non fono già ujl^
Edipo : cioè uno'fcioglitorc d' enimmi ; a cui
con ingegnofa prontezza rìfpofe Tullio ; Cc)
bai però in cafa la sfinge per interpretare , e
que^
• ' ■ — 1 — . •• '
(oi) Lib.%.p.2Q. Co) J» Soliloq. ■
Ccj Georg, Traf. Retb. l.^.
qnejlo mìol ed ogni altro enimma : aHudeivdo*
aduna sfinge d^oro inaificcio , che Verrei
aveagli donato, perchè lo difendelTe. Così an-
cora vi Ibno alcuni, che affettano di non cohòi
fccre i pericoli;ne’quati,o fi pongono, o vivò^
no air impenfata : ma fé* non vorranno trai
dir fe medefimi a bella polla , ed cfler ciechi
ad occhio veggente in grazia' delle paffioni ^
comprenderanno d^ avere dentro di fc una.^
voce lineerà, che gli ammonilce , c gli avvi*
fa in qualunque cimento più rificolb: onde 1'
edipo, e la sfinge per Iciogliere quello malii
zioib enimma, che fi figurano i fenii ) vive-i
nèl proprio cuòre, c parla chiarifiimocol
linguaggio della finderefi . Quella convita
dunque udire , c ritirarfi da quei luogo , che
da lei non approva, e per ficuro tener quei
Iblo, nel quale erta non fi rilente , e non re*
clama, che io penlb efler poflTa quello appun^
to della Converfazione rillrctta , e compolla
di poche, ma fàvie perlbne .
li. Tanti però fono li llratagemmi della
malizia impegnata nella foddisfàziohe de*
fenfi , che talvolta può indur P huomo , ed in
realtà ve T induce , a farfi come fcrupolo di
converfare in luogo rillretto fingei>dogH>
dove non è, il pericolo, per torlo dalla noja:^
di filTarfi in un folo, e dove non trova palco*
lo alle paflìoni meno corrette . 11 rifeohtro
però infallibile , che aver fi puotedella Con*
verfazione innocente ^ èil paragonarne col«
la . /
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la buona la rea 4 ea efàqiinare gfli efFett! v cTie
dall’ una, e dall’ altra dcri/ano. Ben può
yedcrc ciafcuno rientrando alcuna volta in^
fe medcriflio y fe è divenuto per l’ ufo di con-
veriàre,o migliore di prima» o peggiore«che
un tempo non era» o fe per lo meno sì c con-
fervato in quella condizÌone« di cui egli era^
innanzi , che fi defle a trattar con altri. Fat-
to quello Icandaglio» che può rifultare da ua
femplice rifielTo interioretfarà ben agevole^
ad ognuno il riconolcere in qual luogo fia.«
piò j o meno fucccduto un tal cangiamento »
ie nel confbrzio di molti • o di pochi t lè in.»
quella y o in quell’ altra cala , o fc piò corl-
quelloyche con quell’ altro degli oggettiyCo*
quali ha contratta domellichezza . Rinve-
nuta polcia y che egli abbia 1* origine del Tuo
male, o del Tuo bene, del profittoy o deldilca-
pito» volendo pur ripararvi, come è dovere i
o confcrmarfi nell’ ottima rifoluzione già
prefa, potrà (labilirfi in quel luogo , che l’ ha
mtto migliore , benché non vi concorrelTe.^
tutto il lUo genio, o ritirarli da quello, d’ onr
de venuto gli fia dello fvantaggio . 1 Cervi
ilrettiy che fieno , e polli in angullia da i Car
ni y fi ricoverano in feno all’ hiiomo , da cui
prima fuggivano ; e le perlbne di fenno dan-
neggiate, che veggianfi da una Converfazìp-
ne, fobben piò gradita, e piò geniale , debbo-
no ritirarfeoe , e ritornare a quella , che^U
féraiooi: danno, quantunque non ri trorUu»
tutta-
.ta’ttai'la •compiacenza -, -poichò in ogni cofa 1'
»onefto dee prefcrirfi al dilettevole, ma tanto
-piiVnellé fpirituaii, che (cmprc fono dell' ul-
•tima-, c più rilevante premura . -Compianfe
«il Reale Salinifta l' infelicità degli Ebrei , che
•hati'HcUa fchiavitudin'edell’Egi,tto;.(«)
reputaroffo la terra.defiderabilé ; cioè la Pa-
.lellinapromeffa lofodaDio per. mezzo de'
-Santi-Profeti, c preferirono ad lin sì ameno »
<e sì felice paefe le miferie di lor prigionia_>.»
rihcrefcendogli di lafciar quefte per metterli
in cammino alla volta delle migliori , e più
vere-fortune . Convinti , che furono pure_;i
una;vblta d’ intraprenderne il viaggio ve-
dendoli in mezzo al Deferto acremente fi
rammarica ròno di Moscj e lagnaronli perfin
'dell' AltilHmo/come fe traditi gli.-avelTe, tut-
ti ad:u'na voce gridando : meglio era per noi
' vivtre fcbìavì di Faraone , che morirci itt^
ìquejf orrida foHtadine .
efié-tneno lìeno.coodannabili quegli huomi-
ni, che perfuafi o dal rimorlb, b da i Diretto-
«ri di fpirito, a ritirarli da certe Con verfazio*
ni’périoro dannofe , e.frequentarne.altre di
rftinoréftrepito, e pregiudizio’,' preferifeono
il compiacimento del genio, che alle prime-*
attaccati gli>tiene > a quella utilità, .che rica-
verobbono dalle feconde , e inollrandoli piu
X aman-
Ijil Pfai, Nam. il f ‘
»
amanti di quello , che piace, che di quello ,
che giova, cercano ogni pretella per noiit»
cangiare penfiero . Se difeorrendofi di.trat-
tarc con altri convien perfino/«^gire., infe-
gna S. Girolamo , (a') quelle palone , in cui
' cader pojja qualche fofpetto: leggiero, di cat-
tivo couforzio j che dovrà poi fard, quando fc
ne abbia l’evidenza del danno per prova d’u»
incontrallabile cfperimento ? Il non làfciar»
fi perluadere da una tal veritó è contrafegno
d’ una grave malattia di fpiritq , che abbor-
irilce ciò, che faria il fuo rimedio, ed am# ciò
appunto, che è il luo peggio. Ed in propofi-
todel fuggirfi da taluni la Converlàzionfe ri-
llretta, e compoda d’ huomini faggi , ainan-
do la pubblica, e piena Ibvente d’oggetti. pe-
-ricololi , voglio qui addurre 1’ opinione’ d
^Eraclito, e d’. alcuni altri'pochi Filofofiih oc-
diné all’ amicizia . Softenévano eifi , che 1*
.amor d’ amicizia foflepiù torto ftmdatonella
contrarietà, che nella fomiglianza de .cortu*
mi, vcdcndofi.che talora l’arfo Terreno ama
le frefchc pioggie , e l’ umàn corpo oppreflò
dal freddo ama la damma per rifcaldaru ..EC-
fendo però Ariftòtele CÌ» J di.parcrc diverfo »
1 c più fano, riprova querta fentenza con uoju
bellilTìma diftinzione . Quando, il duetto,
i egli dice, è mal difpofio > ama » è verbi U fuo
con-
fa) Ep. ii,a4'Xuef9óf'.ih');t^JS$bÌ€i* '\
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: , , . -3??
jCpntrario > ma quando è di buona. dilpo.iìziq<>
Òe » aip? Tempre il (uo fimile ; cosi il Corpo
febbricitante, o rifeaidato in ecceflo , appetj-
fcc le bevande fredde; ma i| Corpo fàno bra-
ma le temperate . Allofà addunque, che fa-
rà l’ hqbmo fàno di mente, e di cuore, amerà
la Con Ver (azione di coloro, che farannpa^
lui fimili: nel cpftume , ed ellendq egli inno-
cente goderà altresì di trattare con quegli ,
ohe. tali fono , attenendofi al configlip di S.
Cirolamo doyc dice, che dóbbiarfi pro(^‘
^carpir, è 4* effet:e rtonjolameute giujìì noi (ìe^Ut
ma dji fugare ancora il compier zio di quelli.,'
che fono, tutto } oppofio.. Quindi rifulta T al-
tra riprova di quello fuggeritaci da Platone ,
\b^ mentre dicendo egU , che il Buono Jota-
mente è amico del Buono, ed il Cattivo non è
in realtà amico ni del Buono, nè del Gtttivq;
potrà P huomo comprendere quali Geno le^
perfonci. colle quaU.cgli poffa trattare ficu-
ramèntOì poiché vedendo con cbi.ftre,tto egli
(la per amicizia leale , e Gncera ye non int.c-
reffata, o cafuale, conqfceràancora.quali fic-
p,o i buoni compagni, e quali i perverG , e de-
gnì d’ eiler fuggiti , ciò pure addattando agli
oggetti di quella Converfaziònq, che egli
pratica pili voloAtieri .
.HI, Si può confiderare di piò nelle, adu-
. X ' a Danze
7T7"
ad TìQttài* (h^ìd Lyjsda
\
\
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i* *\ ' ^
■flànzeriftretteuii àltrbVàntaggio affài'rile^
vantc, ed è la commodità di praticar Tempre,
lo per lo 'pili, colle fteffe pcrlbne, d’óndè può
ricavarfi mi jgran bene .Supponendo io Tem-
pre, che i’ ulò del co'nverlare pofl'a e(fe.re_»
profittevole nelle forme prefcritte allii per-
ibne i'ecolari .e che non fono tenuté aTritt-
ro.attefi’i falutcvoli configli, ed òttimi docù»
menti , che fi ricevon da i faggi , con vi eh df-
re , .che’ ciò avverrà coli maggióre agevo-
lezza in qùèl luogoi'dòve più a lungo fi con-
verfi co’ faggi mcdefimi,'che è quello appurt-
tp della convbriàzione,'“ cómpotla di^ochr.
La Cinofura , che’lohtahatre gradi toli dal
■ Polo haun.moto più ‘riftrettó,fempre vèden ,
dofi, è ai Naviganti pili ùtile affai i che tutte
ie altre ftellè, mérttle girando effe, c trovah»
dofi òr quà' or là; hoh'frpòffonoTetnpfe ve-
' doro . Sebbène àdduhqtié ancóra nelle Con-
; Verfaziòni più’gràndi, è.pùbblichè, fièno per-
‘.fone •, dàlie quali appf éndér fi poffa-Tiòn po;ì
Co > farà 'ciò mén giovevole di quél' 5: c‘hè fa-
'rebbe. nc* luoghi riftret.tf’, pòichè’riergran_i
Mondo noli pò (fono fémpr'C vederfh he trai*-
tarfi confidentcnèrit'e gli ' huom'ihi ‘piirinu-
niinati ,'hc tirarne per Confcquénifà qiiel
frutto , che fi ricava dàfpfàticafe cònèfiì iti
'privato.* Kd invero ciò;fivideàffcbra nclla^
condotta del divin Maefiro fra gli huominì ,
•la fai utevol- dottrina di- cui benché ufèi.flc
cou mApicra ioefiabile dal benedetto (uo
■ ' “ Goitoo ' ’
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(
Gorpip 7 rifànare cià^no> pure chiamava ft
fe coloro , il profitto defquali più gli preme*,
va;, attefa la bontà , ed innocenza particola*,
re, di cui erano arricchiti, come difle egliv
uh giorno a i .ftioi dirccpoli.chiamando i fan*;
Ciulli vicino a {c'.hfeìate , chevengonoa
i pargotettì.'ya) Se dunque la Virtù,e Sapien*i
za innnita di Criffo richiedeva per diffpnder*^
fi una certa rcflriziohe di luogo, edi tempo
tanto più farà ciò di.meflìcre per quella de-
gli huomini, che è tanto mefehma , e limita*^
ta , ,nc fi potrà mai raccogliere fra lo ftrepi-,
to ,, cd in mezzo .alla pubblicità del divertir)
mento . In fatti dilTipandon in e(Ta il penfie-';
ro, e vagando per i molti.oggctti, c d* ammi*.
razione , e.di piacere , edi tradullo poco cf>~
Ter pofTono. difpofle la mente , e la volontà ».
ricevere il raggio della Sapienza', e ricerca-.'
re fra tariti hUomini ,.che talora fembrano d^.
ùverlò perduto quégli , che abbiano tutto il,
. iennò, raccogliendo , Come fuol diffi , l’ oro,
dalle immondezze ni Ennio-4 Non è la virtit.
uri téibro , che pòfTa Vinvenirfi.a calo , ed i)
femi 'di crii fieno fparli per tutto , onde age*.
Volniente fucceda di Coglierne il fiore dove »
e.qùan'do.fi vòglia,.,' Parlando héli’ Ecclefia*.
ftiicp C^) la Sapienza "della pròpria abitazione
dice.: ìofetripre Ittogbi altìlfmi , rii’
X t : tlmto
4 .
Ca) Matth,i^é (b) C. 24.
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/
U Alio TròAò fla àel Aiézzó Si ùSà iìlòanà di
Jsfabe • Hd ò ciò quanto dire , Che ella noh_ì
può (ètì2a gran fatica tròvarlì , e fenza una.,
lòmma premura difcernerfi fra quelle tene-
bi^éi chfe rie ricuopròno ó per noftrógàftigo,
o pe^ i‘irpét(;ò della fùà grandezza > la bella-*
faccia . Preflb pofcia di SàlàthOnc pàrh ella
dèlie tìcì per le quali è folità di camihirìare v
ediCe, chèlbnò quel ìè fu] deità git^iziSy o
dèi gìttdìzìòy è che trattìeÀji-irerconJtglhi ài'
in mezzo oipenjìeri eruditi. Quindi' ihfe-
g;hàhdó la maniera di farne acqtiilfo còlia^:
perfevéranza'di ricercarla, c d’ udirne là vo-
ce: Beato, dice, quél bùòmo , ebe mì afcòltdi è'
Jlà veglìaùdó ogni giorno alle mie porte ! Ben
fi vede pertanto vano' effere il oéfidéi4ò d*
imbattcrfi nel raggiò della éèìefté Sapich-^
za, edella NlòralcCrifliàna , chèèpàrtedi
lèi , quando fi cerchi nel rumor dèlie genti #
éfi vada tutto giorno càmbiàndò la'Viadr
rintracciarla . T rovatifi quegli huomini, cKc"
Ja pòfTégono, è d* uòpò córitinovàrne' la pra-
tica , non tediarfi del lor còriforzìò i c meri-
tarne 1* intrinfichezza per poter polbia ricc-
verhè quello fplendóre, che fi defiderà, è che
ITiol eflere il premiò d' una coffa ntedctèr in u
nazione di vivere, èd operàre da faggio . Gl-
cre ancóra di ciò» quando pure nelle grandi
Con-
^ •
(a) Prov.8.
% m
DIgilized by Goc 3
Conrerfazionf potéflero» e ftnvefiirli, e trat«
tarli a lungo pcrlbnc prudenti > e di buon.,
configlio, eflcndo però molte, e diverfe bene
rpelTo di fentimenti,non riefee ciò tanto uti«
le a chi defidera d* apprendere buóui dòca*
menti , come può elTerlo nell* intrattenerli
^ con pochi, avvegnacchò le varie fentenze.» ^
ed i nmlti pareri , confondano bene fpelTo »
' anziché porger loro lume , le menti de* Gio^
vani, comè non di t*ado fuòl avvenire UellaL, .
diverfità de* cibi quantunque ottimi , e beni*
ITimo Cagionati i per cui fi guadano le com*
piellloni, le quali col ibbrio ufo di poche,
Ibdanziofe vivande, fi conlcrvano meglio ,e
a* inyigorilcòno . Uno de* miei amici d’umo-
re amenilllmo, e di falute affai cagionófa, ef>
fendo ornai fianco d* udire i diverfi , e tutti
contrarj pareri de i più famoil Medici della'
fila Patria nelle confulte fiitte fopra la quali-
tà del fùo male , e de* rimedj per rifànarlo »
ebbe un giorno a dirmi tra I* impazienza , ed
ilibrrifb: ftoa trovando io tra tanti virtuojt
tbi fàppia darmi una certa regola per guari-^
■ re, bìfognerà , che mi riduca , o a vivere , o
a morire a mio mòdo. Non pochi ancora.,
de’ Giovani peraltro bène inclinati,^ defide-
rofi di vivere con fàviézza , fi trovano a que-
llo paflb di mezza difperazione per non fàpe*
re tal vòlta a qual confìglio appigliarfi fra i
canti, e si differenti , che vengono lor fùgge*
citi dagli huomini più accreditatili quali feb-
X 4 bene ^
tijnc con'Vfin^n’ tutti nel fine primario-delia >
virtfi, diVerfificano però tanto ne’ mezzi per ■
aequiftarla,che molti firiducono a viver piò
toflp a .capriccio) che a perder la quiete nella
rooìtiplicjtà. degli infegnarnenti . .Qui' può
ridurfi >. che. vi. cade in acconcio , il configlio
di Plinio cerca d’.effer. amico (ff uttjolo , e
nìmìcodìperuno c venerando le più copio-
fe» e ripiene , :(ciegliere la Converfazione di
pochi. ^uomini prudenti.» i^quali convenendo
con'maggi.ore iaciiità.ncllc.maiTimc pqtran»
no.ancora cagionare nell’ animo .di chi gli
pratica-un giovamento più grande, ed aprir-
gli una via di virtù .da.battcriì più fìcura . .
. ,IV. Rimane ora un piùpefante riflellb>che
ci dilcuopre. ancor meglio il vantaggio della
Converfazione riftretta , ed è una certa ne-
cciTità di venire dn elTa a ragionamenti fag-
gi, e profittevoli • .Quando pochi fi. ritrova-
.no di continovo infieme, per fuggire Ja noja,
che fuole in tutte le umane cofe accadere , e
ipcrialmente nella frequenza di converiàre P
uno coll’ altro , fa loro.d’ uopo d’ introdurre
difeorfi laudcvoli ,.e vir.tuofi alcuna- volta_.«
polche nonpotendofi continoyar fompre un
giuoco ancora modefio^ e non.volendofi par-
lar male, ne vjene la.vaptaggiofà ncc.clfità di
parlar-, bene, e di materie erudite'. Quindi
1 , . .ebbero
ani 11^ ili I iiWi^M****»*^' ^ |||^|<^■
f
•«* .i
(a). % Ì>
t • , .•• •
• I « ^ r- / 4 .•
•
^ i.
Digilized
chiaro felice ,cominciamento moltiflime del-,
le Àccadcmiapifi celebri , mentre annojatili
4^ogni altro, paflatempp alcuni pochi huo-*
mini favj che inncme fpeiTo trovayàhfi , ri^
fplverono di fpendere. .parte dèlia Cónyerfò-
aione in difputc, odi Filofofia , o d^.Eloquen*
za,p di Storia poi fi venne all^ efperimentò^
degli ingegni in recitando fra loro qùalche-j
vago, e gentile componimento po.etido, p.
qualche.difertazione oratoria , ed accrefcen-,
dofi per la.cpmpiaccn;^ il numero de i Di-
lettanti, fe ne formarono ppfcia quei graru.
Corpi di letterarie Adunanze, che tanto hait
recato al mondo tutto di ìuftro , di cognizio-
ne, e di gloria 4 Così fra le altre h av/zenuto^
delia noftraper vero dirc.Celebratifiinia Ar-
cadia , rjngrandimcnto meravigllofq di cui
dcbbefi ricónofcere ingran parte dairbnor^j- ,
ti {fimo genio del vaìorofo Abbate , ed Arci-
prete Gioan Mario Crefeimbeni , e di alcuni
amici fuoi, i quali riduccndp in Romaja prò-
pria Converfazioric ad. lino fdenti^có^ ed,
erudito con^-eflo, furono le forti Colonne at
quella gran Macehina, , che nel corlodi pp.*.
. ch.i luftri fra par,cggi?t,a .la fama delle pift atì-!
tichc, e (Ielle pii'i gloripifc Moli di. tutta là lie-,
pubblica .Letteraria..] Q^rto vantaggio pé-'
rò , che fuoleaverfi nella ponverfazipna^,
raccolta, é, quello appijtijico, che obbjigà nòrt ;
pochi a fuggirlo, mentre efTendo Lprovvedù-
Ud ogni fpr^di cPg3WiPnp^,phe optria^
diftia-
ifo
diftinMerglì iti éffà , e pefando loro la fitti-
da di rorntrfene, s’allontanano vòlòntic'ri da
Un luogo «dove comparir non polTono fénza
una ginfia fpezìe d’ erubefcenza .■ E’ qui da_.
ùotarfi la miferia di molti degna veramente
^ compafilone , fe non ibfle voluta , c colti-
vata col diiàmore > e còlla tralcuratezza iii^
ógni genere di Audio » e di letterario eferci-
zio,' come pur troppo vediamo avvenire alla
giornata . Vi fono affaiffimi tra i Giovaai
fpezialmente si ciechi in tutte le materie» i
<)uàli trattando con huomini dotti » c feien-
ziati a fufficienza , riduconfi con molta^
a' tacere o volendo parlare » danno in tali
freddezze» che non farebbono mai credibili »
fe non jt’ udìlTero pur troppo . Per . toccare
una delle piti leggiere cognizioni > che do-
v'rebbono averfi dall’ huom civile» vi fonò
alcuni si poco pratici della Geografia , che-»
tengono 1* Italia » dóve fon nati » e vivono »
óér un paefe poco dìAante dalle Mòlucche ,
' aiAinguendo foventè l' Idioma Italiano dal
Dialetto della Tòlcaha quali » che il parlar
purgato di quella Provìncia foffe una lingua
diverfa dà quella d’ ItàHa» ed è lo AèAb erro-'
redi chi diceffe, che il parlare di Cicerone è
differente da quel de’ Latini ■. Sòno pofcia_.
-dell’ Italia Aeffa cosi poco informati » che al
’fentir nominare le Città dì lei» fenon le cre-
dono po Ac he’ fpajg immaginar] > non fanno»'
«ercalÉfenle dòte fieiro fituate » è le trafpòr-^
tano
Cénò quà ^ è fa a èàprìcciópih francamente «
che non fòvolèggiarono i Poeti eflcrfi tra-
sferiti da ì Giganti i mónti piii alti , e podi 1*
uh fbvra 1* altro per guerreggiare col Cièlo;
Quihdi pòi nafeè P ignoranza de* còdumi di
tutte ancora le hàzioni d* Italia, éd il pà Ciar-
de in fórma tàhtb pih ridicola ; quanto pii!(
franca; ed io déflb nò fehtito dire da non sÒ
chrJ/éa/ff ba molto del làmbardó: volendolo
qualifìeare per mài creato , poiché da certi
Carbonari Lòmbardi capitati nel fiio paefe^
égli mifurava il rimanente di qoclla ben cal-
ia, ed oho'rata Naziohe ,bnde rifpòfegli uaJ
huomo d* ihtélligéhza: ìhgaanài e; Signo-
re, perché in Lombardia nóttfono tutti Car~
bonari. Vivono ih fomma codedi infelici
tiél Mondò féhza fapcr dove pòlihò il piede i
e fé ih carta potefle trederfi il ftdema ; che_i '
della Tèrra , e de i Cièli ; fi fórniàno in ca-
po , he pèrdeiebbono. alfai hon quelli folà-»
théhte di PittàgòVa, è di Ciopcriiicò, nià i piti
dfahi àncora , ed ipifl càpricciòfi . Nè que-
lle fon còte ; che fi fingano da i belìi tn^eénl
per dar materia di ridere, mentre anche a di
hòdri hon è frìàncatò chi fentendó nomina-
re si'i i fógliètti Dortchércheh Città defla_.'
Fiandra, e Marlèbóui^ già gran Gènerala^'
dell* Inghilterra , comhlcndafie quella per
ùn valorófb Còhdottièró d’ armata , è cré-
delTe quedi Una Piazza Tnvedlta dall* armi di
Francia . Elfcndo àddunqhe ciò'pcr iipèrien-
aa
33* . . . *
za di Fatti yerimmo iò non so coniprenaere >
tome non. Cerchino Codefli mefehini la ma-
niera d’illuminarfì in cofe , che tanto fQnó
triviali) eid ordinaric^I’Ignotanza di cui trop-
J)o è vergognòià , $ biafìmevoie accpfiando*
i appunto a quelle perfbne, che citendon
appieno informate ne diicorróno fpefTo ,
ne condifeono i ragionamenti lor iamiliari »
e qiiélle Conveclàzioni, dove fi trovano . Bi-
sogna ben dunque crédere , che non (ì curirl
taluni j come fu Coflume de* Scettici , d’ altra
cognizione, o evidenza ,'che delle cofe , le.»
quali cadono (otto de i fenfi , e fpezialmente
qéll^ occhio, ponendo tutto lo fludio loro nel
fàper decidere di vaghezza da Paridi novelli
tra Volto, c Volto i di bizzarria fra le concia-
ture; di gufto fra i nallri; e di proprietà fra_.
le mode , Quefto è un farla nella (cuoia deir
le Femmine^Sàlomoni reftringendo tutta
iafoftanza del (apére ad una puerile Filofor
^a di Gale, datettetvi beli taugi ,'dicea uni»
huomo di fenno , là fiamma , petebè iti poca
fpazh tutta ridarrebbéfi in tenere. Riflettà-
no pertanto i Giovani pofatamènte a quella
^ezie non immaginaria, ma realiilìma di mi-
feria, eVéggiano fé torni lor conto di con-
durre nel Mondo utia vita fi deplorabile' , e si
lontana dal gran’ piacere , che provàfi nell*
Intel igenzà di quelle còfe medefimè, fra 1^
quali lì vi vé . ^ Per me ho. femprè . giudicata
éfr.rc uguale' infelicità il- paffeggiare per
• ‘ qual- '
m
I
qualche tiobi le Galleria coiuotto a mano un
cieco ridendo > e dando giudizio di quelle^
rarità, che.non vede, quanto il viver nél
Mondo t'aliini allegri, "è difìhvolti, dilcorren-
do con tutta franchezza delle tante cole, che
ràrricchifcònójfenzà averne della minimaJ.'
di effe oin*ira aldina di cognizione fondata ,
limio cbhfiglio però farebbe, che eglino’
fre(i(uèhtu'ffer9" la Convèrfazione riflrctta_> ,
quahdo (là compofia di perfotic ffudiofe in»
ilieme,'e ben cbitumate , per apprendere con'
diletto ciò',' chb non ranno,interrogàndo coti;
gran principio nei fàp(
èfìl ancora darfi alla giòcpnda lettura di tan’»
ti Libri,chc abbiamo di'cqfe naturali, di con-
troverfic, di inattematichéj d’ idòria , d’elò»
fl“ enza ,'e di pocfia per appigliarfi almeno a
i capi delle materie, generali , e non abbiano
■"a'riufcir loro novi gli argomenti , fovra de i
quali. fuol cadere 'il difebrfo de i faggi . Ciò
poi da éfTi fàcéndoff verranno a’poco a poco
iad affcziònarfi alla virth, il buon feme di cui
introdotto , che fia negli'aniini fuol partori-
re effetti ammirabili, e crcfccfe in una piena,
c lòvrabbondantc raccolta di frutto non me-*
■hó diirevoie, che glofìbfb . ' • ' '
• *
^ ^ *
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« . 4 • • *
Della
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.
Della Sojlanza del Mondo Modèrno, ^
• • *
C A P O XXII.
• **
I. X p mi penfq , che IcggcndoQ da’più co?
^ ripli il titolo di qucìlo Capo vi corre?
raniio f'ubitodandofì ad intendere, che debba
cctcnervifì quaìche mor^ce l^tira centra del:
prL-telp at'uR) nioderno^ed iti confegùcnza un
palco lo fapp^itq per gii umori piìi cHtici.^io
pcnfiero però nou è’ nato mai nella condotta
di quello libro di lai'ciàrc la penna ih libertà
fecondando lòtto pretcÓo dì zelo il genio,
che hanno molti di notare in maniera piccan*
te i vizj altrui , e mettere chi vi feggiace per
dilà V ventura in ridicolo . lo non ho icritto
per altro che per .togliere il male , quando
vi folTe , e fenza fqpporlo mai con certézza^
ho cercato di Bngerlo lòlamente in idea,é_i
lardando alla colcien^à di cialchcdunó il d«>
cidere le egli vi fìà , 9 nò , porgerne quel ri?
medio piò dolce , che unir il pòlTa. colla di-
fcretezza , e còlla Morale. Con tutto qu.eftò
però ho giudicato/ elTere obbligo indifpcnfàà
bile di chi s’è prefilfo lo fcrivere in tal matér
ria , il togliere la mafebéra ad una qiunicra.^
di vita, che moderna chiamandoli d^gH huo~-
mini piò amici di libertà , pretenderebbe.»
d^autorizzare in molte cofe colcoftume il di>
(órdine, e colia gentilezza le corruttele. Scm-<
■ br&
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bra a (alani | che tutte le azioni per quella:,
dleriorc corteccia di confuetudinc moderni
ottimc eirer deggiano , e plauftbiiit.quafichè
gii huoQiini d’oggidì avelTero facoltà di con'
vertire il male in bene > e formare eflì una_«
Legge nuova s per cui tutto avelie a crederli
buono y Quando fatto egli fia da loro.. Per me
non crederò mai, che viva nel nqdro Secolo
.alcuno • il quale operando > o per fiacchezza»
O per malizia eontra le fante .Leggi divine, ed
umane , fì dia ad intendere , che altri debba^
fcguirlo impunemente, facendoli della fuaM
vita un cfen»plare , ed un dogma inBillihile
per . regolarli a capriccio eontra i dettami
della ragione. Pure c verìllimo , che i piò de*
boli pret.endpno,d’aniformarfi alla pegola*
che li tiene, da’ :licenzio5 , ed oppongono alla
correzione, de’ piò zelanti l’ufo modernò*
copie. una fpezie.di legge inviolabile, cui
non polTa , c. npo deggia eontra vvenirli.Per
illuminare addunque,c.hon mai peraltro,
fimil forta d’huqiQÌ<ii troppo femplici , o mà*
Jiziofì , ^reiup qui un opportuno , ed utile.r*
fmafeheramento di quel Mondo , che elTi ap-
pellano abolì vamente moderno , e che non-.
altro , che il midollo appunto di queldifor-
dine , il qual.c ^ abbiamo, finora colia divina^
Grazia cefcatq d’abbattere, ed efamineremo
le mafiime di coloro, che l’ hanno introdotto, .
e s* atfaticano per avventura di follenerlo.
Qui li parlerà gencralilfimamente., poiché è
ben ‘
fcen certo , che la hiigHore , è maggior parte
degli hiiomìni fi ridono di queda chimera di
Mondò moderno , e fapendo, che Ja S; Legge
di'Crffto è una rola,cd invariabile, vivono
ftcpndò le ordinazioni ' di cfla'lafòiàndò che
altri vada dolidamente Ipacciarrdbfi per huò,
vo Legislatore , e propónendo' ' forme noni»
più udite- di vivere, ed oppófte affatto^ all'
^'vàngelio.Méttiamoci per tanto-dinanzi agli
iòcchi il curiofo Gaftello aereo'dl Quello Mon*.
dòi è come dal Signóré fu comandato al Pro-
feta fijèchiéllo'C^^ in órdine alTcmpiodiGe-
TÒfoliiiia andiam forandone la''Còlórit5 pa-
Vetè'eil.erna pei^éde'rvi ben dentro, e difeo-
■pfirnè la' più intimale più'hàfcóda Ibdanza.
Quattrafoie aperture noi faremo-in codefto
murò v'che' balFeraiino'a farci- conolcerei»
.«fiondò ùh’ingannó-VchbtrOppO laria deplo-
Tahile j quando' màPfi'rendèlfe 'èomunc , e_*
vedrfe'mò i ch’è'in -quéfto Mó'ndb'compofto da
pfócKiHimi- Libertini ^àltró *iion , fi contiene*
Che 'finezza fèàza 'finetrità 'i tìtn^ér'fiztmcì*
'fettzà ametzta i' apparèfipa' fèHz<f Mìanzek
gfj^rìt4Jeft^à‘diéì>ziófieì'' ^ ì;-*
•- ir-.'-’“f<ingéndo addunqUe ,'ch*e''l*union»dt
póché|"Tefte ipal cònfigli'àte dvelTe potutb
■fermare da fe un Móndo huovO, pter éonvin»
céflc iò la difeorro di tal mapierà;Penfoi die
\ 'L 1 1;*;'. fili 1
' ~ ■- -. *. -) ^ ♦.
Ci^ eap. la.
«A*
k 'ì\ r.
Digilized by Google
I
tvf
lùl 'nafccre del prefente Secolo abbia fortito
il fìio principio quedo viver moderno , che
da taluni fi tiene per un nuovo Decalogo;
poiché rifletto y che venti > o trent’ anni fa,
quando io era pure in idato di qualche di«
feerhimento , moltiflìme delle odierne co«
dumanze non praticavand punto, ed il Mon*
do , per quanto a me fembra , era molto mi-
gliore, C^egli , che fono ancora di frefea età
partecipando , e del termine del paflato ,
de’ principi del prefente Secolo, jpotranno
Convineerfi da (e medefìmi di queda verità,
che parmi incontradabile , e combinando i
già fcorfi co i tempi d’adeflb decidere , fé tra
fante finezze moderne pid fi ritrovi l’anti-
ca fincericà , che ne’ Tuoi anni pih floridi egU
già vide in u(b appreflb di tutti , Per me non
SÒ , a dir vero , trovarla , fe non fe tra quelle
perfone, le quali confervando pe ranche-»
i’codumi d’allora foffrono d’eflcr notate, co-
me huomini y che vivono all’antica , e di le*
gregari! dal nuovo Mondo per non frguirne
le corruttele. Sento dirli d^’nuovi FrabbVica-
fori di quedo Mondo , che in oggi per faper
vivere bifbgna faper dedreggiare , c facen-
do con^uni a tutti i fenti menti cortefi dclla^
lingua tenere perfe ipiii fegreti del cuore,
0>n viene, dicono efli , parer tutto di tutti,
ma elTere poi di quei foli , ohe o pih piaccio-
no , o pih giovano ; comperar molto , e ven-
der poco ; prometter tutto , ed attender que 1
y taa-
tanto (blamente , che mette conto i poiché;
troppo è buono colui , che (ì lafcia veder nell*
animo , c non protìtta della fortuna, che tut»,
ti abbianio di poter fempre celare ad altri l*
interno , quando (1 voglia , facendo fervir le
parole alla hnezza , e l’animo all’interelTe.
Non niego io già , che la didìmulazione ia^
alcuni cali non fia una virth .Y^*it^ggÌ<^i*3>^.
neceffaria : ma non l’approvo in tutte le co-
fc, ed in ogni tempo, tal che s’adoperi de-
liramente con tutti per guadagnarne la buo-,
na grazia , e riferviQ la fchieteezza per quei
. pochi unicamente, ad amare, o fervir cui
polfa portarci', ed il genio, e la fperanza,
troppo efrendo facile , che il dilHmulare in_,
talgiiifa degeneri in una manifefta , enera^
finzione . Quella infatti lembra , che fia la
condotta di chi fi prefigge di vivere alla. mo-
derna, ed è cofa , che muove ri(b il vedere in
taluni una facjlità sì pieghevole alle promefi*
fe , che nati pajano appojda per fervir tutti, e .
penfar tanto (bvra d’un sì quanto bada per.
proferirlo , fenza riflettere , che talora per
(bilcnerlo non bafta. la vita , e le (bllanze,^
d’un huomo. Quindi è poi , che infiniti di co-
! defli s) divengono un nì> in pratica , c yeden- ,
/ dofi molti delufi di lor fperanza tardi s’ac-
corgono „ch e la finezza fuppofla di chi prò-,
mette non paffai termini della bocca , ed è
Un iémplicc abito di cortefia apparente , ne^
. quale punto ^non concorre la yplóntà . In.*
_ prò- '
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$S9
propofito di quefio dlcevami uri’ huomo di
fìanipa vecchia •v'appoggiate fuUe pro~
tnejfe iP oggidì y peychè f e alcuni •voleìfero
attendere tuttociò , che sì age’Volmente pro-
mettono y ad ej]i nulla rimarrebbe di proprio.
Io sò, e lo fapranno ancor molti, che i V^CC'»
chi da noi conofeiati penfavano afTuipiàfo-
vra d’un iì , che non fi penfa in oggi U3vra_4
d’un nò ; ma chi aveva allora un sì po.tca.,
farne un capitale ficuro , perchè Taverlo ot-
tenuto con penlàincnto era un con tra légno
d’clTere egli ulcito dalle altrui labbra per
conlentimento ancora del cuore , e col con-
figiio della ragione , la quale non lalcia mai
impegnare veruno in cola, che riulcir nou
gli pofla. Lodavanfi da Plinio (a) quegli huo-
mini , che fanno del benp fenza prometterlo,
e gli raflbmigliava al Fico,// gua/e non fa-
cendo fiori ha pure frutti dolci ffmì An oggi
però vediamo Piante di bellilTirni fiori , che
poi non legano in alcun frutto , onde potria
forfè , quando non foflc ingiuria de’piiiie_;*
de’ migliori , quello , chiamarli il fecolo deir
le efibizioni , c dejle promelfe,che durano
tanto , quanto i fiori di, Primavera fugli albe-
ri . E’ bellililmo il penfiero d’una Donna di
fpirito , che ancor vi ve y fe mai , ella diceva,
ìif potefif evenire afegno di bramare d' e ffer
' Y 2 ‘ -Reoì-
£a3 Lih.i.c.26.
i
?4®
'Jtegìna cYeio , che nel Mondo moiefno Yttró^
nferei la eqrtefia dì chi me lo promettejfe con
ftcurezza . Se quedo fìa veramente così io
iafeio deciderlo da coloro > che poteflcro
averne pur troppo qualche rifeontro , é dico
iblo > che quando fìa , non potendo accadere*
che tra que* pochi huomini , i quali formano
il nuovo Mondo > farà confìglio lànillìmo' lo
^fuggirgli) ed attenerfì al conlbrzio di quegli*
che ritengono la fmeerità > e la fchiettezza^
del vecchio . Piti giova fenza alcun dubbio
anche al mero interefìe privato di ci^fchedtt»
no l’attaccarfì ad un (blo huomo fìncero * che
a mille d’apparente fìnezza > poiché farà fem-
pre certo ciò , che dal primo promettefì*ed
in calo di negativa io^tengo per minor pena.* '
l’efTerc levato difperanza da un fìncero*
che il venir delulb da cento sì * i quali a nul-
la fervono.
III. Dal mancamento della Jtncerhà fi
comprende benilfìmo l’altra firavaganza del
Mondo moderno , dove (corgefì una conti*
nova Converfaztone fenza amteìzìa . Per ve-
der quello con tutta la maggiore chiarezza.*
baderà dabilire col dottilfìmo Conte Ema-
nuel Telàuro, che lo ricavò dal Filo(blb,C<f)
tre efìerc gli atti della vera amicizia; cioè
• benevolenza * beneficenza. . e concordia .
bene.
[a] Pìlof. mor, /. 20. f. •
1
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ttùiitótettitt altro non è « elio un movimentc^
femplice della Volontà , la quale brama il
bene ad alcuno , fenza però muoverfi per far-
I glielo da fe medcfima, o proccurargllelo d’al-
tronde j e fi può diffìnire lina propenfione dt
buon animo verfo d’alcuno * c però difle il
Santo Arcivefcovo Ambrogio, (a) che: fami-
eìzta é vtrttt t ffoa gàadagao iaterejpttOiper-
eh§ fi compra colta buatta grazia , col da*
tsaro* ta Beneficenza è un’atto di volontà effi#
cace ) ohe non iblo defidera'» maproccurail ,
bene aiidor dell’amico , anzi a lui àudio llef-
fodomunica,di cui ella gode «onde IcriiT^
A^iftoteie , (fi) ebe : tutti i bent degli amico
■ fono Comuni . La Concordia pofòia è un con-
fentimento rceiproOo > ed armonico di' ani*
mo y e di parere , per cui Convenendo infic-
ine pacificamente gli amici , di due , o di pii
volontà, fe ne forma una fola , cne però in*
legna S. Girolamo (C) il Potere , e non •volerà
te Medefinte cofe , efiere ta itera , e fiabilcj»
' amicizia . A qUefti tre atti aggiugne S. Ago-
ftino il quarto , Cd) ed é la fè/e , e cofanzt^
ttClle aifverfitàiChe può cbiamarfila pietra del ,
paragone per diftingucre^ tra la vera, e la^
falla amicizia $ rtientre ntuné cofa -, dice il
Santo Dottore y coti bene prova /’ amtcù%
V t 9^"»:
Ca) Lib.-i.de Of Cb) Lìb.^.Ethic.d^* (c)fip‘^
ad Demet. (fl) Lìb, z* quafi*
t
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^Hanto U portare eoa toìersazH if pefo dcir
fl/fro «w/fo . Non fi riconobbe mai meglio»
cheGionata (<») veramente amico: dì
Davide , fe non quando, gli porfe ajuto con-
tra là fiera pCrfecuzione del Padre di lui Saul-
]e , nè che Giureppe tanto folTe amàto da Ru-
ben,(A) fe non allora , chelàlvollo dallo sde-
gno degl’ iniqui Fratelli , che lo volevano
morto , onde conchiudi lo Spirito Santo , (c)
che ; ama ia o^aì tempo chi è Vero amico .
Ora potremo col lume di quella Tana dottri-
na rinvenire agevolmente la verità, che io
ho propofta ,cioè elTere pieno Codefto Mon-
do moderno di Converfazione fenza amici-
zia . Se il primo atto di eflfa è la Beaevoieaza
bifognerebbe , che gli huomini , i quali tutto
giórno inficme converfano , reciprocamen-
te fofler benevoli , ed amafle l’ano il bene^
dell’altro godendo, che l’amico fcdTe feliccj
e ricolmo delle più vere^ profperità . A me_»
però fembra, che regni in codefto Mondo un*
invidietta oppofta per diametro alla bene-
volenza , per la quale niuno vede volontieri
le fortune dell’altrt) , e ben lontano dal defi-
derarlC) come dovrebbe , le mira anzi di mal
occhio , c pare ,'che fe ne attrifti . Ciò fi rica-
va da certe rifleflloni , che Ibgliono faiTi da^
taluni
fa) i8. (b) Gea.^z.j i4
ic) Prov, ly. _ \
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'V. •
Càluht fbvfa gli avànzameti di quei mec^fimi,'
itì compagnia deiquali fi trovano fpeflb,odi-
rniniicndogìi nella foftanza, o attribuendogli
piò al cafo > che al merito , o mal volontieri
foflfrendo > che fe ne parli da chi ne gode. Per
lafciar da parte il cofiume tutto diverfb di
quegli , che fono del Mondo antico anch&j
nel cuor del moderno» io mi ricordo , che ne*
tempi già fcorfi empievanfi intimili avveni»
. ihenti felici pel Proflìmo di gioja le cafe non
folo , ma le intiere Città , ognuno facendo z
gara di rinvenire argomenti , onde fi pro-
valTero meritevoli delledignità, e delle for-
tune coloro , che confeguite le avevano, e ne
godeva ognuno degli amici , come fe toccate
folTero a lor medefimi. Per indegno farebbcfi
ben tenuto colui , che avefle ardito di mot-
teggiare, o la pcrlbna già graduata, o il per-
fonaggio , che favorita l’avea , tanta era la.^
benevolenza , che l’uno avea per l’altro , e_»
l’intereflTe, che facevafi d’ogni fuo vantaggici
Vediamo pofcia in oggi tutto il contrarione’’
nuovi Legislatori , ed oltre al poco godi-
mento, che fi dimoftra nel bene degli amici,
vi è pur ancora chi cerca di metterne la forte
in ridicolo , ed ofcurarne con motti piccanti
la gloria , cónofcendofi chiaramente , che-*
l’ufo del converfare punto non ingerifcedi
benevolenza negli animi loro . Se pàrliam
pofcia della Beiìeficenzs , colla quale dee_»
pròccurarfUa felicità degli amici » chi potrà
y 4 WM
(
• *»
?44
inai tro\^arne. veflig^o in un Mondo st'pIeiK».-.
d’amor proprio > nel quale anzi » che dare^
' alcuna cola del fuo pare > Che afpit*! ognuno a
quello degli altri ? Sono ben rari quegli huc^.
mini , che facciano t fecondo la regola d* Ari*
itotele, comuni agli amici le propde foltanze»
ed io penlb, che rabbia indovinata alTai bene*
e polla dirfi felice chi sà guardare il fùo dall*
altrui rapacità . Sento , Che ognuno (i lagna_«
di non trovar pii incodefto nuoVo Mondo,
chi (la capace di .fare un piacere al compa*
gno , ed anzi , che vederli ofFedre di Cuore./
1 benefìzi , come facevafì negli anni feorfì , e
ft là nei vecchio Mondo» non badano tutte le
pili ferventi preghiere per confeguire un pie*
ciolidlmo ajuto nelle Urgenze migliori, quan*
do farla doppio il merito della benefìcenza.Id
l*ho talvolta olTervato in propofìto Iblamen*
te della Gloria , che ò un dono di ai poco dU
ìpendio » vedendola tolta con fomma avidità
a chi fe ì’è guadagnata con nobili imprefe da
certi , che o nell'altrui concetto, la feemano»
O l'attribuifcono a fe mcdefimi con furto noxl
lieve . ineife Fidia in moltilfime ftatuc il no-
me di Agorante Parlo, luo per altro infelice
Dilccpolo , per genio di renderlo eterno col
pregio de'fuoi lavori i e noi vediamo non.»
pochi vivere a fpele dell'aitrui nome , e farli
merito di oiie' (udori , che altri fparfero in-
vano , perchè fpogllati con ingordigia rapa-
ce d'ogui titolo d’onoraaZa«Della Coacordia^
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«
. . . *4^.
éhe è il tei*2o atto aella vera amtetzta altro ià
tiòn dirò , fé non , che diifìcilmente la vedianl
confcrvarri in oggi tra i Congiunti f)iu Aret-
U , noti che tra le Con^erfazioni » e tra gli
iiuomini ) che femhrano pià ftrettamcnte le*
gati col vincolo d'Un reciproco amore . LaJi
deformità di non poterli in alcuni paeli iole*
rare inficmc 1 Padri do*Fig!Ì,le' Suocere-#
colle Nuore , e i Fratelli Colle Sorelle , é un_»
COllCme certamente moderno , perché ne*
tempi feorfi di frefeo, ei vedevafidi radilTìmo#
c fembrava si Arano , come pare adelTo il Ve-»
dcrne infieme taluni vivere in pace . Le riAe,
i litigi ,lé inimìAàjChe hah rovinate ornai
tante Famiglie, fono i frutti del trovarfi code*
Ai huomini del Mondo modèrno fempre in*
Acme , e bilogna ben dire , che Vadano per-
ciò peggiorando > giacché decife Mùlbniò
prefTo di Stobeo : [d ' non pòterfi fra i càtthi .
sonfer’bar U cóncordtd . Mai forlé non fìi pii
vero, che in oggi tanti elforc i pareri# quante
fono le teAe , ed io eleggerei piò toAo di tro*
vare due facci e tra i viventi del tutto fìmilL
che„duc huomini uniformi di cùòre #€ di fen*
timenti , fra quegli ,che fi fart glòria di vive*,
jre alla moderna. Per quello pofcia ,chè fpet*
ta alla , è alla fiejiantd nelle avverfitài
iù ben Vòlontieri me ne rinietterò à Chi lèg-*
8«
>*#•
1-
c») Sir. yg.
«
V
gequcfU miei fogli, perche ne aecidà' egìt
ColTo . Se poi deggio dirne il mìo parere^
(bggiiignerò d’aver pih volte con arp*nìra-
zlórae vedato rinianerfi nelle cbntìngènze_»
pih gravi derelitti tcrt’uni da quei , che te-
nevano per fedeliifimì amici ,c ridotti a fotìe-
rire tutto da fe mcdefiniì l’aggravio del lor
dcllino , come fé appunto flati tbflero nel lor
paefe Indiani , o Norvegì , c léntirfi porgere
fra la truppa de’ lor confidenti quel lòccorfo»
che troverebbe un povero viandante aflalito
da’ Mafnadieri nelle più cupe , e folitaric bo-
fcaglie. Il meglio , chc nelle trayerfie avve-
nir polTa agli fventuratì ,(ì è il non fentìrfi
deridere da chi farebbe in obbligo di fov ve-
nirgli , e non dover aggìugnere alle altre la
malhma pena di fare altrui piacere col pro-
prio male : dclrimanente buon per loro fe_»
hanno degli Avvocati nel Cielo , giacche lut-
ti perduti fono gli amici nel Móndo! Se così è
come piir troppo fembra,che fia,ionon_»
crederò d’aver male penfato nel figurarmi
pieno codefio Mondo moderno di Con verlà-
zione fenz’ombradì leale amicìzia , mentre.»
l’immagine menzognera di lei fi trova m^-
cantc degli atti più neceflarj , e più glorìofi
d’una sì bella virtù .Quell’ amore , che rifat-
ta dall’ufo frequente d’eflTere gli huomini in-
sieme , può chiamarfi un’amore d’occhi , c_j
ìsoh di cuore ^ come dicca laerzio notando»
«he;
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54^^
éhe : moleì non arhatto fe ttov fe alcun poca
alloTU t che Reggiano . Voglio conceder lo
pure , che In converfandofi tutto giorno pof-
fà un’huómo concepire qualche atFczIonei»
verfo d’un altro, ma quella , a] parere'di
Tullio cuna certa qualità di benevolen-
za, che pub paragonarli a quella de^ fanciulli,
che prello s’invaghifcon di tutto con un’ar-
denza d’amore , che punto non è durevole; <
onde è poi, che terminata quella Gonvcriài
zione , quell* abboccamento , e quel giuoco,
niuno è pih amico dell’altro, anzi non lofii
mai, Glfendo , che; ^amicizia , atteda S.Ago-
ftino , [<r] la quale potè finire , mai no» fu
ra amicizia.
ly. Perciò fi conofee appunto l’altro dt-
fbrdinedi codedo Mondo riccod’ una bella^
, ma fenza veruna fojìaaza. Per
non diffondermi troppo redringerò quedo
punto alla fòla confideraziori e di vederfi in_.
edb confuti affatto gli dati delle perfone, pii
non potendoli didinguere per forza deMuffb
tra il Ricco, ed il Povero, tra il Cittadino ,e
rArtegiano, tra il Civile, ed il Plebeo .'Que-
fta è co fa ,che vien mal fentita , e condanna-
ta da quegli ancora,che fodcngonole codu-
manze moderne ; ma ciò non dilpiace loro*
che
Ca3, Lfb. ì. eap. i, [b] uÌtÒf [cj Uk. ^
de Dtì.
\
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t
»
I
34
che in riguardo ali’ ambizione » la quale nott
vorrebbe cmoli) ne gareggianti nel fallo»
Vi è però dentro un altro intfonveniente af*
fai più grave j che debbc renderla con mag*
gior giudizia abbominevole , ed è la perdita
d' una certa favia moderazione , che da eia»
feuno dee Oonfervarlì nel proprio rango, d*
onde poi nalce il buon ordine alle Cittadi , ft
alle Repubbliche tutte sì vantaggiofo . Tol»
to, che egli fìa , ne vien fubito la confufione
origine di moltiilimi danni, e lpezialmente_a
d’ una fuperba alterezza } per Cui gareggiane
do gli Infimi co’ Supremi viene a mancare.*
la debita dipendenza , il rifpctto , e la fubore
dinanza dell’ uno all^ altro, che ha (labilità
V Altidlmo per lo buon regolamento del
Mondo eolia diverfìtà degli dati nelle Crea»
ture, che Io compongono . Io mi ricordo»
che anni Ibno era in Italia Una Certa diffe-
renza d’ abiti, per cui qualidcavanfi benìlfì»
mo le peribne , e meno ridicola non (àrialt
fenduta una dolina vile in ufàndo di Sete, e.j
di BroCati, che in palco Un Arlecchino Com»
parendo Con manto reale. Capitando allora
Un Forediero in ciafehedUna Città Conofbea
fubito dalla fola differenza de’ vedimenti gli
ordini di effa , e fenza , che 1* infòrmaffe ve-
runo lùpea da fé medefìmo, Come contenerli
Cbn. tutti ». In oggi pofciala regola del velli»
re 11 piglia dalla commodità dello fpendere »
e fe i’Àrtegiàno d trova pingue» e ricco, po*
N
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/
• • • • ^
fri reUfr la Moglie di ganzo « elalciar le te*
le a quella Signora, là cafa di cui è incommo*'
data , vedendofi di più bene fpe|fo meglio in
órdine un huom di falario , che un altro
idi groflc rendite, è più carica tal volta d'oro
Una Contadina, che una Padrona, Perciò
dicea un Oltraniontano d' umor faceto rima*
ilo più volte delufb in falutando profonda*
mente alcune fantefchc in vece delle padro*
ne in una delle prirnarie Città d’Ital la : fe h
Donne di quejlo paeje non ìforivonfi infran-
te chi elleno fono , io non •uoglio piu cavarmi
di cappello ad alcuna , £d in vero gli eileri
non Iblamente, ma noi rncdelìmi riinanghia*
mo forprefì non di rado in vedendo nelle_*
nodre delTe patrie ufeire in pubblico di
quando in quando certi incogniti Perlbnag*
gi , che fembrano ali’ abito del primo Ordì*
ne , quando poi veniamo a poco a poco a.,
(cuoprire efler gente dell* inlìmo , che poc*
anzi coperta di drapei neppure (ì rimirava .
£d ceco quell’ apparenza , che punto non ha
di fodanza , mentre dandoli ben full’ avvilo
veggiond ufeire i Mantò , le feiarpe , e le_»
icudìeda certe cafe,che vagliono meno affai
del veditodi chi le abita , e dalle quali en*
trata, che davi la Padrona col cerchio , hifo*
’gna , ohe d ritiri il rimanente della famiglia
per non potervi capire . Rilì non poso per
verità alcuni anni fono in lentendo. parlare
. i-ndeme due Critici Ibvra la sfarzola cóm-
parfa
4
Ì50 i . ,
parla d’ una Donna di baffa lè^a; io mi ftupi-
fco, dicea T uno, d’ ano fola cofa , come elicti
fojfa. tener puliti sì bpì merletti nel fumo
continolo della mefchtna fua cafa ; male •voi
i' intendete t lòrridendo rifpondea l 'altro ;
io ammiro in ejfa piàgiajìamente quelgran^
genio di penitenza fegreta,che •vedendola di
ricca fiojfa la fa poi dormir falla paglia^ ,
Leggiamo, che Agatocle Tiranno della Sici-
lia (a) effendo figliolo d’ un povero Pento-
laio volea , che nella menfa Reale tra i vafi
d’ oro, cd’ argentò, fi raefcoIalTcro ancora-,
alcuni piatti di terra per aver lempre fugli
occhi la primiera fua condizione, e non feor-
darfi per la prefente grandezza della pafiata
ihiferia. Non è pertanto un abufo inlòfifri-
bile ,che le genti piii bade facciano ogni Au-
dio per obliar l’efTerc loro, ed ingannino con
llgoorile comparfa.i riguardanti , empien-
doli pofeia d’albagia per gli inchini di chi
non le conofee , e volendoli mettere a forza
di ludo in quei rango, in cui non le ha collo-
cate perfUoi altidìmi fini la Provvidenza ?
None quefioaddunque un male così leggie-
ro , che non meriti una rifiedione diAinta_. *
cd a cui non dovede cercarfi un pronto ri-
medio,oche non. abbia per lo meno a fuggirti
con ogni premura delle perlbne ancora, che
per inganno vi fono kiimerfc J
'■ V. Uni-
(jii) tlaut.ia Pfeud.Scett*$- a. i, —
DigitIzecI
V. ultimo abbaglia > cbe io conildcra
negli Idolatri del mondo moderno , è l’ am-
mirazione» che fi fanno efli per vederlo com-
pofio d’ huomini tutti vivaci , c più briofi d’’
affai» che non fembravano quegli , che vilfe-
rs> per T addietro; ma qu> appunto confifie 1’
inconveniente più grave , che abbiam di fo-
pra accennato, cioè l’allevarvifi huomini di
/pìrito , ma fenza dìvozhtte . In primo luo-
go convien diffinire.codefto fpirito , e code-
ina vivacità » che tanto da i meno rifleilivi ò
decantata nel lor nuovo Mondo , ,c confidc-
randola propria di chi ha pretefo. di far dog--
ipa d'-un viver libero, e capricciofo, può dir-
una franchezza d’ operar male fenza ri-
morfo , t feiiza timore . Codefia animoiìtà
non merita .certamente il bel titolo di un na-
turale fpiriiofb , e vivace , poiché 1* operare
Qontra la ragione, (ècondando l’ impulfo del-
y inferiore appetito , è debolezza originata ,
o da mancanza di conofeimento , che è unaJi.
difgrazia deirintelletto, o da elezione di, ma-
lizia , che è un errore di volontà . Gli huo-
jnini veramente di Spirito » perchè meglio
qonpfcono il proprio dovere , fono ancora.,
più regolati nel vivere , ed affeguando , fe-
condo il documento dello.Spirito Santo (a)
a tutte le cofe il fuo tempo fono per ordina-
no
« »
I
■■ ■■ M» ■■■*
la] Eccl. c. I .
V
rio i pih dfvoti t ed i più efatt! nell’ oflervan-
. padella divina Legge . MpUiiiìmi io neco«
(j^ofeo in ogni ScOo, i (^jttaii pep attenti, che.*
fieno a tutte |e eonv'enieu.zc , e della condi«
2Ìone, in cui nacquero , c dei luogo » in cut
vivono, fi fanno pofeia uno fcrupolo ben de-
licato di mancar njai alla minima de]}p ob-
bligazioni legali, e dando Tempre a Dio pun-
tualmente CIÒ , che è luo , vivono in un poq»
tpgoò sì religiolb , che (1 rende invidiabile.»
alle anime àncora piii diQngannaté del ie-
polo , Si veggionp ■ frequentare i SS. Sagra-
menti con una tenerezza sì divota di cuore p
che fù meraviglia nel tempo ftclTo', e com-
punzione , e còmpariièono Tempre per tutto
coftanti ne* p,ropoTld^dclla pridiana mode-
fìia, che alle pòìe tutte corteiòmete s*accom^
inodanO) Tuo.rph^ a violarne le Sante Leggi ,
é Tebbene in ogni luogo Ti laTcian vedere ma-
/pierpfi, edifinvolti > Tono però pjrpntiifitni n
romperla col Mondo ogiii volta , che dovef-
fero in grazia di lui diTguftarfi con Dio . Co-
défte cì> Phe poffonp dirfi perlòne di Spirito
yivaci; accorte , é di meate Àregljata p men-
tre Tanno , sì ben maneggiarfi pelT arduo ci-
mento di viver nel Móndo Tempre fedeli al
proprio dovere , # , fecondo la dottrinai
del Kedentore,Cc:‘) aCefàré ciè.ebeè di Cefa-*
fé, e a J)ìq piò , phe è di f)ig , L’ conlìgliata^
-in
Ca) Mattb, z?»
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I
J5'J
in vero , e ridicolo(à la meraviglia d’ alcuni
in tale propofìto > mentre non fanno' com*
prendere » come taluni de’ Giovanetti fieno
*\ arguti , sì pronti , c sì'iefti nell’ età ancor
tenera, .onde par lQro,chc quello fecole par*^
torifea ingegni piil felici , menti più capaci ,
e naturali più fpiritofì . lo pure conrclTo >
che in oggi è più delira, e Iciolta la pucrizia>
ch.e no.n era al mio tempo l’ adolefcenza , ^
la gioventù , e mi ha fatto per qiialché anno
dello flupore: ma venendo pofeia la Dio
mercede in qualche maggior cognizione ho
comprelo non eflere codefla Una felicità,ma
una (Ventura bensì, dove troviO, dei prefen-
te fecole . In fatti ciò deriva da uà lagrinie-
vole rilaflTamento , poiché mancata negli
huómini, che fupponiamp del nuovo Mondo,
3uafi affatto l’ educazione , un tempo sì rigi-
a, e sì elàtta , è lecito a i Giovanetti il pra*
ticar nelle veglie, il ritrovarfi a i Teatri , a_.
(.Conviti , a i Balli ,, e (aper prima conofeer
Je Carte, che l’ Alfabeto, onde è , che (ì veg*
gionó pofeia innanzi tempo efperti nella.,
malizia, e pratichi del mondo, prima quafi di
làper cofa ei fia , Negli anni feorfi elfi lion..
conòlceano altri, che il Padre, e la Madre..
la loggez:one de’ quali , benché portalTe del
tedio , cagionava però un gran bene , obbli-
gandogli all’ efercizio della virtù : adelfò co-
nolcéndo tutt’ altri , che i genitori impegna-
ti nelle convenienze del loro Mondo , ap-
A
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0 J ^
prendono quelle mafiime ,'che polTono effer
loro fuggerite da perlbne luercenarie » e di*
fmtereirate nel lor profitto > e pigliano a be-
nefìzio'dclla natura quella piega , e quel co*
fiume, che più gli piace . Quello addunque j
che da i più deboli in loro fi chiama Tpirito ,
vivézza, e brio, altro non e veramente, che_«
un effetto di cattiva inclinazione coltivata^
dalle negligenze de’ lor Maggiori, e che dal*
le perfone prudenti, o fi vede fpeflb con nau*
fea,, o fi deplora per compaflìone . Quando
ciò fi voglia vedere con evidenza bafta offer-
vare, che codefti Giovani si fpiritofi, non di-
vengono per lo più h uomini di gran levatu-
ra, come accadeva nc’tempi già feorfi, quan-
do erano men fvagati , é più attendevano al
ritiro ed àgli ftudj . Ciò pure fi confermaL^ :
nella riufcita di que'figliuoji, che fono alleva- i
ti anche adeflb all' antica fotto buona cufto-
dia, e lungi dall’ importunò fvariamento de*
fpaffi . Non fono io già per contendere , che
• non deggiano da i Genitori amarfi i FigUuo- '
li, anzi convenendo con "Cicerone, che difie:
Cn) amando fino le fiere i lor parti, noi purc^
colla prole ufar dobbiamo qualche indulgerti
ga: difapprovo l’ afprezza (moderata d’ alcu-
ni, che dall* eftremo dell* affetto paffarido al-
l’altro del rigore, tengono oppreflì'mai fem-
prè
Ca j ' a. de Orat,
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pre, e fenza refpiro i figliuoli, ónde ne viene ,
fovente , che s' avvezzino polcia timidi , ad-
dormentati , e poco (inceri , e fpinti da una^
mezza difperazione fi rifolvano a cambiar
flato , e ritirarli al chioftro fenza la voce di
Dio., e P impulfo della Tua Grazia . Ma pure
con tutto queflo non m* indurrei mai acom*
mendace quella connivenza , che pende all'
ecceflTo , per cui amando i Genitori , come_»
Ano al Tuo tempo gridava S.Gregorio,C^^)we-
tto Dio , che i lor figliuoli', trafeurano affatto
di piegargli al bene, e gli permettono d’ affe-
zionarli , come pur tròppo ò naturale , e co-
mune al vizio , fenza punto riflettere al gran
fentimento di-Seneca dove fcrifle , che.»
P edueazione vuole una fomma diligenza , la
quale dee giovare ajfiaijfsmo; poiché è facile^
il comporre gli animi ancor teneri , e dìfificH-
mente fi fogliano pofeia i vizj,che fon crefeiu-
ti con noi . £’ quello un veleno , che gettato
da una tenerezza imprudente nel cuore de*
Giovanetti cagiona peflimc confeguenzo.» ,
'poiché levatali di mezzo la correzione , ed il
favio rigore , crèfee felicemente il mortai fe-
me di colpa, onde s* uccide con ficurezralo
•Spirito, eflendo pur troppo vero il detto del-
lo Spirito Santo, (e) che; neppure do vecchio
■ Z z lafcia
in 1. Reg. [bj L^ji.de ira,
"cj PrOV. 22.
35^ . . . •
hfcia il giovine, quella vìa , che ne^prìmi attf
ni ha /celta . £d ecco H fondamento , che ha
Ja vivezza negli hiiomini di codeilo Mondo »
" malaménte chiamata , col nome di Spirito ;
venendo clTa da una radice infetta di trafcu»
raggine» e di noccvole trafandamento »-pun*
to non sà pofcia accordarli colla divota com-
’poftezza criliiana, che è il pregio più ricco »
e più nobile delle anime ben coftumate . lo
non faprei certamente rinvenire un altro fé-
colo» in cui più » che in quello » franchi Itati
fblTefo alcuni cattolici nel mettere in giuo*
co » ed in derilione la mallime più pelanti » e
le verità più maflìccic , Ibvra con tutta difin»
voltura palTando a quel notabile pregiudi-
zio » che porta all' eterna (alute il cotlume.#
più libero . Ninno di quei » che vivono » po-
trà forfè rammentarli d’ avere udito in fua^
giovinezza dilcòrrerli per le Converlazioni»
e per i Ridotti con tanta libertà delle mate- i
rie Morali» decidendo a capriccio» elàminan-
do» e facendo la Critica a i feminatori della^
divina Parola , e deridendone ancoralo ze-
lo, quando fi opponga con forza.ad alcune^
delle più nuove introduzioni . Non li ricor-
derà forfè d' aver veduto giovani si dediti al-
io sfaccendàmento . sì perduti né' piaceri» sì
lontani dal S. Efercizio dei Catechifini» degli
Oratòrj, e delle fpirìtuali Conferenze » come
quegli» che fiorifeono in Quel Mondo » di cui-
• pajr-
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4
f
ip4rllamo«e s) ardi't! nèl tempo mèdelimo per
contraddire a chi gli corregge, e per burlar*
fi di chi s' afiaticà per torgli d* errore . NuU
la dirò delle Chiefc) 6 della maniera di ftar*
tì t della Santifìcazioii delle Fede ; dell* afli*
ilen2a quali affatto perduta alle làgre funzio-
ni Ecclcfiaffiche; dell* ufo , che ornai fembra
plebeo , d* afcoltar la dottrina Criffiana ; di
far vifìte agli Spedali , e delle altre opere di
Pietà , che fono del tutto incompatibili colle
occupazioni del vivere alla mona, la premu-
ra maggior di cui è di (àgriìicare fatto il tem-
po al commodo , alle convenienze, ed agli
fpalli . Dovrà dirli per tanto., fa quella è vi-
vacità , ed effetto di brio , che quello Mondo
sì nuovo alleva huonilni di fpirlto , ma lènza
onìbra di divozione, che è pure un diibrdine
da recare {pavento a chiunque penfa di fal-
var 1* anima, ne feguita le malTime dell’ Ate-
ifmo . Io però mi protello di nuovo, che non
in tendo incaricare d’un fimile traviamento fé
non coloro, che partegiani di libertà li forma-
rono d’alcuni pochi un idea di tal Mondo ,ad
elfo appoggiandoli per appagare con mcn di
rimorfole proprie pa(lÌoni,efàrli credere non
autori,ma feguaci d’una certa norma di vive- .
re,che fe da tutti a fondo fi rimiralTe , applau-
ib non troverebbe certamente, nefeguito.
Meglio faria dunque per elfì il proporli
per efemplare il Mondo , che fi forma da i
Z j tanti
*
tanti faggi, che rivono in ciaicheduna Citt^»
e deteflando rUblutaniente an còdume , ch«-
non può follencrfi ,'cho perirapegnO della-»
malizia , fcieglier^ una vita , che fia invéro
landevole , e piacer poffa a coloro > «ui altro
non piace, che il bene .
0
Delia
I
«
Digilized b^Ggjjjle
w
ÌS9 *
Della Giocondità di converfare
con Dio .
CAP O XXIII.
1, A Vendo finora donato i riflefli di que«
(lo Libro alle convenienze , ed alle_>
foddisfazioni dell' huom civile , mollrandoli
come pofTa con ficurezza divertirfi nel Mò-
do y è do vere, che fi parli ancora della Santa
Converfazione con Dio, che io già dilTi fin.,
da principio elTere la migliore , come negar
non fi puote , c che ne fpieghi la giocondità
per non defraudare la fpettatiya di chi bra-
niafTe di praticarla . Tratterò quella mate-
ria co i fondamenti de i Maeftri di fpirito,ma
lenza obbligarmi a quel rigore di fomma^
perfezione , alla quale afpirar debbono Ie_»
anime religiofe, poiché io ferivo in grazia di
quelle, che fono rimafte nel fecolo , e con-
viene , che fempre le perfuada a feierre una,,
maniera di vivere , che fia compatibile colle
premure di quello (lato , in cui clléno fono .
Softehgo per tanto , che alle perfone ancor
fecolari può riufeire beniflìmo di battere IsL.
via del Signore fenza lafciare interamente-»
quella delfecolo , ,e deliziarli elle pure nei
fpirituali godimenti, che da taluni fi credono
proprj (blamente delle anime ritirate fie i
Chiollri . Iddio, che è fommo bene ,4ì co-
Z 4
• • *
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I
munica a timi fen za veruna parzialità» e per
arricchire co'ffuoidoni uno fpirito iloiu»
guarda al luogo dove egli (ia, ma alla buona
volontà, che egli ha'di lervirlo, e d’ amarlo ,
Egli , dice S. Agbftino , {ayfi S fotto parteci-
pe della aoflr a mortalità tperebè fhuómpfi.
facejje partecipe della fua Divinità E* db
ha voluto j chcpolTa farli indifferentemente
da tutti! perchè è nato, vivuto > e morto per
tutti, come fé là faluté di tutti gli prcmefie^
. Còme quella d’ un tolo , c quella d’ un fòlo »
come, la fallite di tutti . Perciò pieno d* al-
legrezza diceà il Dottor dcllcGcti C^ja' i Puoi
Difcepoli di Gàlazia : Crijìo amò me , è diede
fé fteffo per me yperchò , vi aggiunge Bernar-
do Cc^ Santo : colla medefma carità , eollcu»
quale ì morto per tutti , è morto ancora per
cìafebeduno . Può dunque chi che fiafi acco-
flarft a lui con franchezza, c compremetter- ■
lì della Tanta Tua Grazia per edinguer la fere J
delle celefti confolaziòni in quel fonte pc- \
renne, ed inelàudo , al quale tutti egli fteflb: '
invita ò\cenào'.id) Jìtìbondì Venite alle acque '
nevi ò»r\p\%\iAS,V&i\\OidìJÌ}'mione alcuna , >
San Giovanni Grifódomo pflcrvà , che i j
due gran Profeti sì cari a Dio Mosè, ed Elia,
erano di dato alTai diverlb , emendo ammo -
glia-
(a) TràBat./^^. in (by Galat. 2.
(c) Ser.2/i.inÙint.Cd) Ifa,^^,'
t
DIgilized
1^1
glidto il primo , e I* altro vergine : forfè , ( a"}
egli fcrive,/» quejìi fu nocivo il celibato ? Por-,
fe a quegli furono <P impedimento la Moglie»
gdiFigHu6liì'2.po\conQ\\ì\xàc‘.C_b')niunogiu- .
diebi ejfere un ojìacolo alle virtudi il Matrix
monio . Ciò fuppoflo per evangelica , ed in*
cóntraftabile. verità flabiliamo co i MaeAri
della vera Sapienza, che tre fono le vie , per
le quali può F anima incamminarli al Tuo
Dio, cioè la Purgativa , l’ Illuminativa , e P
Unitiva . Perla prima lì purga. lo fpirito dal*
le terrene miferie, e da quei difetti , che lo
poflbno rendere men gradito all’. Alti flìmo :
per la feconda acquida quei lumi , che fon.»
necclTarj per conofeere , e comprendere in-
tima mente le verità eterne , c per la terza s’
unifee felicemente al fommo Bene, con un^
vincolo di carità , e dì amore perfetto , anti-
cipandofi interra, per quanto può fard do^
«uhviatore, i godimenti delParadilb. An-
• deremo addunque fcòrrendo per quelle tre
-vie , e molirando alle perlbne del feco!p.
■ quanto d’ allegrezza , c d’.internq contento
-fenfibiic apporti l’ efercizio di batterle con^ '
ini crifiiano valore.
II. Per farci dalla prima, che èia /’tfr*
gativa.f \o peelb , chela pcrlbna ancor fcco- .
-JarepolTa con tutto, piacere applicarft all*
eftir-
f ai Ser^.contfa ^udà Gdtat»^Qe»t*
<j;b^ Mom. 21 sin ^tn»
cflirpambnto 4i quei vizj o (lifctti , clic le_>
impediicono- 1* acquifto felice della virtìi *
Vediamo certi hiiomini anche tal orade’più
ricchi, e pih delicati, intraprendere con tan-
to genio la Coltivazione delle Campagn^ *
che fcordatifi qUafi delle Città > e d* ogni lor
paffatempo, fenc vivono per la maggior
parte dell’anno in villa, ne sdegnano di
metter mano eglino ftefll ne’ lavori pÌhab-~
bietti , e pili travagliofi de’ Contadini . Se_#
dunque r hUomo prudente confiderandono^
il bifogno, e l’ utilità > fi darà di propofito al-
la cultura dell’ animo» ne riceverà fenza dub-
bio una oonlblaiione fenfibile , ed Un godi-
mento sV grande , che niun altro epircizio
potrà mai eflergli nè pìii caro , nè pih dilet-
tevole. Egli è certo, che l’animo noftro
debbe avere qualche occupazione geniale-* »
che lo follevi.e lo diverta,onde lòri ve il gran
Pontefice S. Gregorio (a) che : nììnìere nott^
può V anima fenta diletto » mentre ò nellc^
infime y h nelle fapreme cofe dìlettafi^ Al-
zandofi dunque l’ anima col penfiero fovra^^
delle terrene fòiocchezze, e concependo una
viva brama d’ acquiftare qUe’ pregi , che.#
pofTono renderla per Tempre felice , con ar-
denza molto maggiore fi darà»a purificare fe
medefimU) coropiacendofi*del Tuo lavoro ,co-
me
ta} lìb, i8.
1
Digftizsd
me il Malico della propria voce , o dell’ ope-
ra propria l’ Artefice. A fpendio 'celebre,»
Citarilla ,al riferir di Plutarco (a) , era Poli -
to dire , che pih fe fteflb , che gli afcoltatori
ei dilettava col Tuono , onde ulcinnfe quell’
antico proverbio ; dì cantare afe medefwo ,
Quindi raccogliefi, che intereiratafi l’ animà
nel fuo fpirituale profitto fi nudre di quell’
interna gioja , che ne ritrae applicandovi ,
e che il paflb più difficile , il quale in quello
pofla farfi da lei , confifte nel determinarvifi
col volere . Dee pertanto l’ huom làvio in»
dagarc con attenzione quali fieno gli impe-
dimenti più forti, che lo ritardano dall’avan-
zarfi nel gran fenderò della virtù , e quelli
pigliar di mira per levargli di mezzo , come
chi rifoluto di por vigna in qualche luogo ri-
pulifce prima da i fallì , c da i fterpi il terre-
no . Molto afflitto farebbe il Piloto , fe tro-
vandofi in alto Mare fenza che voglia più
Vòlgérfi la Calamita al fuo Polo, non potefle
penetrarne la caufa , che fono gli odori più
acuti, come di mufehio, di cipolla, c d’ aglioi
onde alterato rimane l’ ambiente , e pronto
non avefle il rimedio . Ma egli di ciò bèiu
pratico getta gli odori , purifica l’ aria , e ve-
' de operar nuovamente a meraviglia la Cala-
mita, ed indirizzarfi per via ficura 11 Navi-
glio.
CQ «p. Sea,Tr(f<i
é
3^4
glio .Sènza paragone piti grande farà il
giuhbilodi cl\i vedendoli gettato a: traVerib'
fra le procelle dell’ infelice, vita mortale»» ^
comprcndevenirne l’ urto delle Ipailìoni, c‘
$à qual fìa la maniera di metterle in calma.,
edi raffrenarle. Filfandolì egli nella con-
templazione delle MalTime eterne fentirà
certamente venir meno la forza degli appe-
titi , e calmarli a poco a poco la gran tem-
pella , come accade al iviocchiero mede-
fimo , la navigazione di cui è più profpera >
e più tranquilla , quando Ila egli più atr
tento full’ offervazion della Carta. Ine---
fpUcabile pofcia-Hkpiacere di chi $à regger-
fi in.quel'péricolo dove tanti fi perdono , e»»
giugne a regolar fé medefimo con ficurezza
. ne* più Icabrofì cimenti , ' elTendo pure una.»
pena grande il non faper vivere in regola »
e dover fempre navigare cbntr’ acq ua a re-
mo forzato . Per un tale efercizio di fìlfazio-
ne interna conoice l’ huomo quanto.gli gio--
vi lo ftarfene unito a Dio anche per la quie-
te del vivere ellerno » poiché ficcome.dillAc-
candofi i vapori > c le elalazioni dal lor prin-
cipio» ne vengono i Fulmini * i Venti > i Ter-
remoti, ed il turbamento dell* Univerlb «co-
sì difunito lo fpirito dal Tuo primo , c vero,
principio, che è Iddio, ne derivano 1* inquie-
tudine, ildilòrdine, eiltrafcorlb in ogni
ibrtadi male , onde è , Che rifòlvefi ad cfTere
fedele all* AitifTimo, ed ad afficurarfi nel por»
fedi-
J J
fedimcnto della piìlfìncera felicità . S* affé*
ziona per quello allo ftarfenc alcuna, volta^
folo di buona voglia per riflettere con pih
agio al buon regolamento dell' anima, c gli
rie'fce in tal guifa di condurre a fine con ibm-
■ma agevolezza quelle (ante rifoluzioni , che
fra il tumulto degli huomini difficilmente gli
(brtirebbono, troppo éflTendo vero, che mol*
tiffimi' p^nfieri- d’ azioni generofe , ed eròi*
che , bene rpeffo fra la moltitudine fvanilco*
no , e (ì perdono,come appunto fra le borra*
iche abbortir (bgliono le Conchiglie . Piffa*
Co in mente quedo principio , e quella veri*
tà sì pefantc , fiipera 1’ huomo le vili inclina*
zioni, che io feducono , portandolo allo (Va-
gamento , ed alla vanità del mondano cóm*
inerzio , onde proccura vie pih fémpre di te*
nerfi vicino a Dio , e quindi avviengli di re*
golarfi con più faviezza,fenza effere trafpor*
tato dalla violenza de' fen(ì , come vediamo
accadere nel pelo, che quanto più s’ allonta-
na dal punto del fodegno più pende all' in-
giù, c trabocca, e quanto a quello è più vici-
no pende tanto meno, e fì regola meglio'.
Da.ciò pure (uol nafeere l' odio contra il pec-
cato, ed un si vivo abborrimento , che fprc-
me fovente dal cuore le lagrime, con.unal.
fpezie di dolore si dolce, che il Santo Davide
Ca)fi proteda d'.e(Terfcne c giorno, c notte.*
pafeiu-
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X .
palei uto 1 ondeTcosì ne interpreta S. Agolli-
iio (a) i fentimenti: non amarezza , ma pane,
foave erano a me lè lagrime . Quefta èpoi
ia cagione di vederfi tanto allegri , e giulivi
alcuni huomini di ritiro , che dal. cuore tra-
■ . lucendo loro il gaudio ancor nella facciaci-
come infegna lo Spirito Santo, Qb) (ì moftra-
no in ogni contingenza lictilfìini, c come in*
capaci d’ attriftarii giammai , poiché non V*
Iva alfalimento , sì forte d’ alcuna efteriore.» |
feiagura , che impedir pofla la tranquillità
dell’ interno giubbilo, i 1 quale nell’ angudo
* confine del petto fermar non potendofi tra»
< fpira ancor nell’ ellerno . , - ,
* \ * ’ * *
- • V allegria chiu fa ìn feno .
' Riflette in facciate porta un bel fereno.[c^
Kc io voglio già negare, che quella maniera
di vivere in elèrcizio d’ interior purgaraen»
to non Ha molto /bggetta alle tentazioni , ed
\ jii diAurbi dei Demonio., poiché dice io -Spi>
rito Santo; (Jy Figliuolo., che t’ accofti al fer-
.^iicio di Dio tfta in timore , e prepara Fani -
, ma tua alle tentazioni . In, fatti Crifto mede-
-firaOnon fu dal Tentatore allalito in altro
iuogo, che nel deferto , e nella folitudine del
' I . . . • ' . . Gctfe-
"(a) hic‘ (b) Prav. 15. ij.CO Maria, '
£d] EccL 2,
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Getfemani; ma ciò deriva dal difpiaclmento,
che egli concepifce dal vedere, che V huoraò
lì [X)ne in illatp di ripararfi da i colpi di lui , '
e di trionfarne col tempo , dicendo S, Pier
Damiano, (a) che ; H Solitario $ vìncitor de
$ Demotìj , e compagno degli Angeli . Perciò
anzi, che icemariì , dee molto ct'efccre P in-
terior contentezza .vedendo P anima,, che J'
inimico s’ intimorilcc replicando .gli ailali-
menti per tema di perder la palma ,
III. Molto maggiore làrà poilaconfo-
lazione delP anima quando $’ avanzerà alla^.
feconda via , che i Miftici chiamano Illumi-
nativa, per la nuova luce , che in lei deriva^
^alla più fìlTa , e profonda contemplazione.*
de’ celeili Mifterj . Effendo infallibile Iddio
ne’ llioi Oracoli , ed affermando egli.fleflbji
che; le fue parole non mancheranno, co'n-
vien credere , che dandofi P anima ancor fe-
colarc a quel ritiro maggiore , che unir fi
puote co’ fuoi domeftici affari, ed alla folitu-
dine fpezialmentedel .cdore, che in ogni tem -
po, e luogo, da tutti è praticabile,, fi degnerà
'egli di farle udire la foave fua voce , come.^
già le promife dicendo » (c) io la condurrò al
ritiro', e parler olle al cuore . E’ però (frano,
c mirabile affai il fuono di quefta divina vo-
. ' .:i iCe ;
VI U
Ca) Lib. 6, ep, $. adMon. Clan, Ti i«
• ..fbj Qt,z, /
)
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co > poiché égli non ricGVed come umano
pel confuctò organo dell’ orccchioj ma coll*
occhio della mente fi vcdc> e lo accennò eoa
profondità di midcro il Profeta Abacucco ,
allorché dilfe : contemplerò acciò , che h
veda, e quello, che a me vien detto , e quello »
che io deggia rijpondere a chi mi riprende .
Per quelto dir poflìamo » che la voce di Dio
iìa un raggio di fovranaluce maraviglio (à_. »
per cui illuftrandolì l’anima vede le cofe tutr
te con una chiarezza fiiperiore dì lunga ma-
no ad ogni conoicimcnto degli huomini> on-
de a Dio rivolto il Salmida cantava : Tu
JèifSignore > che illumini mirabilmente da I
Monti eterni . Così dopo > che dalla tcrra^
egli falì di nuovo alF Empireo» parlò a i fuòi
. Apodoli valendoli di tante lingue di fuoco »
e fu codeflo uh parlar loro coir cfpreinoné •
e coll* efficacia della celelle Tua luce , poiché
oflcrva il Santo Pontefice Gregorio, [ej che:
apparendo al di fuori le acce fe lingue rima^
jero ai di dentro infiammati i cuori . Ben fi
comprende addunque , che quella rilucente
voce di Dio illumina , e perfuade nel tempo
medefìmo F anima , che la riceve in eiTa inli-
nuandofi con tale dolcezza, eh e. volentieri, e
. di tutto genio ella aè feguc F impulfo , ea
'poco a poco Tanta diviene con un godimen-
... ^ to
« * •
Ca)ff.2. i.Cb) Pfal.’^S-(jiyhiom,io,mEvaup^,
* • — • »
« ,
\
mm
.
^ to ineffabile: heftehèjtat al dir dell’ Apoffoloa
' (a^ vivo , ed efficace il parlare di Dio , e tfiit
penetrante d* ogni fpada a due tagli ; non fa
però alcun ff repito ui(lurbatore> ne afa d’ al*
cuna violenza , ma placidamente ottiene-^
quello t che perfuade > e non perfuadendo
che il bene a lui s’ arrendono di buona voglia
le affezioni tutte dell’ anima ! £’ voce , log*
gidgne S. Tommafo di Villa nuova Cb') non-*
fonora'i ma penetrante^ non loquace > ma effi-
cace', non Jh epitofa aW orecchio , ma grata-*
agli affetti; a quejh voce non n/ ha durezza^
che pojfa refifiere , per chi fta /crètto ; non fon
forfè he mie paritle come il fuoco , e come un-*
martello^ che /pezza le pietre ? Ritirato dun*
que alcuna volta i’ huom favio da i rumori
del Secolo riceverà certamente un tal lume ,
perchè rivolto alla forgentedì lui, come an*
cora vediamo naturalmente accadere nella
Luna', che mai non è più colma di luce d’ al»
Jora,che da noi non vedendoli nel Novilunio
Ha interamente rivolta verfo del Sole, che^
; però diceva 1* Apoffoio : £cj fpeculando noi
I a faccia J coperta la Gloria ai Dio veniam-*
i trasformati in quella medeftma immagine* .
: Chi è poi , che non deggia in fommo godere
, d’ una sì bella, e sì dolce iafufiQne di celelle
) . A a fplcn»
Hehr. 4. [b] Seff dt Dopf» 4* 4f^ven* '
^ 3*
%
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.
fpfendoirè tròvandofi còme ài dtibpra dell’
infelice nebbia terrena , che tutte le baffo
cofe ingombra mifcramentc , e ricuopfe, a.»
guifa appunto delle Stelle , che dall’ impuri*
tà dell’ Atmosfera ailontanandofi. più fem-
pre acquillan di luce? Lietiffima bilbgna_.
'' iehza alcun dubbio , che fia l’ànima in tal
maniera illuffràta ritrovando nuovamente il
fuo Dio , che è il principio della vera alle*
grezza, c che per l’innanzi ella perduto avea.
In'due guifc può perderfi Dio dall’ Anima ,
fecondo i Teologi Minici, o per colpa di lei >
opel ritiramento, che egli fa delie interne
conlblazioni , onde viene poi la cagione del.
la triflczza , come piangeva il Salmifta : [a]
ritira fti da me la tua faccia, ed io mi couture
bai, in qualunque modo accada quella per*
dita funeHilTima per lo più fempre ne fono
in colpa gli fvagamenti del Secolo, fra i qua*
li diffipandofi l’ anima fmarrifoe quella luce
di Paradifo . Offerva il profondillimo Diego
Stella, che lì perdè una volta il Redentore-, ,
ma nella Città di Gerofolima, nella frequen.
za del Popolo , e nella calca delle folennità «
cofa, che non accadde, come forfè era facile,
quando egli perfeguitato a morte fe ne fug.
gì nbll’ Egitto: ib'flocrhè, dice , «e avvifa^ ,
che perniziofa è a noi la felicità del Mondo ,
meu-
fai Pfal’, 297.[b] In Lue, f 2,
1
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mentre tn ejfapiììtoffo, che nelle perfecuzio-
ni, e ne' travagli, Orijlo Ji perde . lo sò, che
molti mirano con orrore quella manieradi
vivere , perche v' apprendono un sò qualc_»
diflurbo di libertà, come impedita, e legata .
Ncceflaria è cèrtiflìmo al ritrovamento di
iDio la folitudine , afferma S. Agollino ; [a]
poiché la turba ha dello Jirepito , e quejìa vi~
pone depdera la fegretezza ; ma è sì pieno di
gaudio quello ritiro, che per entro di lui gio-
ilce lo fpirito, comefe in giocondiflima com-
pagnia fi ritrovaffe , e perciò fcrilTc col fon-
damento della fpcrienza Bernardo Santo;[Z'^
colui, col quale è Iddio, non è mai men folo di
quando è fola , poiché allora et (i delizia libe-
ramente nella Jua contentezza , ed egli Jhffo
allora é fuo per godere di Dio inj'e ,e dije^
in Dio . Quella è la vera làpienza, alla qua-'
le anelando i Santi fé ne andarono in ogni
tempo come raminghi dal fecolo cercando
i nalcondigli più ofcuri,c più tetri per rinve-
nirla, e tenuti dagli llolti per huomini di po-
co fenno fi goderono una perfetti iTima, ed in'
vidiabile tranquillità: errando, Icrivc l’Apo-
do lo, [c] per le folitudinì , per le /pelone he ,
e per le caverne della terra, poiché di ejjì de-
gno non era il Mondo" Echi non vede feli-
Aa 2 ciflima
Ca] In ^o. TràU. 17. [b] de Vit. jolit.
£c] ad Hebr. 1 1 •
l
^7®
cHhma ciTere quella ritirata dagli huomlnf
e però gioconda in fommo a chi la pratica ,
nentrei/pregiaudo le creatureìàx^^ S.G ioan
Grifoftomo, \a'\pey cercargli Angeli nella
folitudìne trova Dio ? Si fonda ancora uii^
tal gaudicf nel piacere y che ha F huom (avio
per la prudente deliberazione di larcfare il
Mondo ritirandofene prima d’ eflcre da lai
lardato ) conofciute > che ne abbia le frodi ,
come chi fuggito avendo opportunamente.*.
Un pericolo nc confìdera, pollo in ialvo» la.t
qqalità Con una cerca fpezie d* incredibile..»
contentezza. Siccome è grande iafeiagura
dei dolci huomini , che legiiendo 1* impulfb
delle palTìoni y e fecondando il capriccio co*
me addormentati fèmpre vi vono alla cieca »
ed in mal punto fi rifvegliano fol per pian*
gere fenza rimedio il proprio inganno : così
conviene» 'che fìa Ibmma l’allegrezza de*
faggi y che non dormendo mai , o rifveglian*
dofi almeno per tempo y il pongono in guar*
dia per non rimanere delufi da un lbnho,che
è mortale y e dormendo pure tal volta , ma.»
Tempre all’ ufo de’f ioni coll’ occhio aperto ,
lo chiudono poi fenza pena una volta lieta*
mente pagando colla morte alla natura quel
tributo*, che per gli fonnacchioil è si grave »
come cantò il Poeta . [b]
lA
"" ■■ - -a
fai Hom. z. fapt Marc* 9om* i* Cb] Tyionfo
della Morte.
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%et Motte è fin d*UHa ptìgìofiè ofears
Agli anìiOti getrtìii : agli altri è aoja,
{%'bamo pofia nel fango ogni lor tura.
Ì7Ì
L’allegrezza ) ch9 hanno i cattivi» è moltd
diverfa da quella de’giulU» perchè appoggia*
Ca all’effimero godimento > che aver (1 puoco
nel vizio , mentre J! rallegrano quando ban»
no malamente operato > preito fi cangia,^
in cordoglio ; ma quella de’ giudi origi-
nandoli dalla gioja verace » che fi gode^
ncll’efcrcizio della virtù , è femprc durevo-
le» ed immortale, nè può fpiegarfi » dice-a
Gioan Geribne , [b] il gaudio , ebe Jiba la-»
fera , quando fiafi fruttuof amente impiega-^
to il giorno .Dii] ìurtìQ pofeia d’un tal ritiro’
s’aprirà di vantaggio la mente per riflettere,
forra la dottrina di Grido , e per efaminare-»
la difuguaglianza , che po.(Ta edere tra l’ani-
ma » ed il filo efemplare , che è Iddio medefi-
mo » colà , che nel Mondo fanno sì pochi , e
ne verrà una brama ardente d’immitarlo »
forgendone pofeia nel cuore quel gaudio ,
che ha ogni limile nell* unifbrmarfì al fuo li-
mile . Nè quedo ricerca Un tempo sì lungo*
che deggia rhuomo abbandonare ogni altrn
pratica neceflaria al viver civile -, o politi-
co» o d’economico » badando qualche parti-
ci a ^ cella
Vtpv, (b) /. I. c, 2 j. V. Il»
r
\
/
«élla del giorno per rientrare in fe fteflb dav-i
rero , e profondarfi nella conlìderazione di
quelle malfime , e non ingolfarli pofcia nelle
cofc elleriori in tal guifa , che perda affatto
d’occhio la , riva , ed il Porto delle interne-!
confolazioni.
•IV. Da quello Ibvranoillullramento vie.
ne l’anima ad accenderli in una carità- pih vi.
vaoe alla terza via, che unitiva chiama,
perchè unifce , lega , e llringe al Creatore.*
Ja creatura con un dólce nodo inefplicabile
di reciproca tenerezza . Quella fortuna aver
non fi puote certamente nello llrepito della
moltitudine , poiché in quella guila , che dal
contrailo de’ venti s’ ammorza la fiaccola,
cosi fra i rumori del Secolo malamente pu6
confervarfi viva la.fiamma del fanto amore,
e però è configlio del grande Agollino : [al
le creature ,fe vuoi pojjedere il Crea» '
toro . Quello peròdcbbeintenderfi di quelle
anime ,cho fono ancora full’incominciamen-
to di quella llrada , e piò non hanno , che un‘
defidcrio tenue , e vagante d’amar Dio dav-
vero'; poiché in quelle , nelle quali arde già
accefo il fuoco amabile della Carità, non folo
non è folito ad ammorzarli , ma crefce ànco-
ra Ibvente negli efercizjmedefimi delle efler-
nc operazioni , come appunto vediamo negli
in-
I
(a) hMp. i
DIgItized by Google
mcendj ,che s^accrefcono bene fpeflb per laj
fiiria di molti venti contrarj. Attorniato,
che farà per tanto lo fpirito da quelle vam-
pe d’amor Divinò potrà fìcuramente accu-
dire agli affari ancora del Secolo lenza tema,
che moleftate, o diminuite elle vengano dal
rumore di lui , come per tacer di tànt'altri fi
vide in un Filippo il Neri , che effendò tutto
giorno in mezzo alla calca degli huòmini vi-
vea mai Tempre unito ftrettamente al fuo
Dio , cd anzi , che riceverne alcun fvantag-
gio , ne tirò in ogni tempo un’accrefci mento
mirabile di cognizione , e d’amore . Nè io di-
co già quello per obbligare gli huomini di
Mondo ad una perfezione , chC’ febbene da^
tutti immitabile , perchè difcretillìma , pure
fembrar potrebbe a taluno troppo fublime,
c fuperiore di troppo alla mifera condizione
dell’umana fiacchezza. La rammento io folo
perchè lì veggia ad evidenza , efie anche nel
Secolo può viver fanimia unita foavemente
al fuo Dio fenza che le cure , o pubbliche , o
private la dillolgano , o la ritirin da lui.
Quanta fia poi la dolcezza , che in battendo
una tal via fente lo fpirito, quegli potrebboa
dirlo , che felicemente ne godono , fe pure-»
ancora ad efld riufeir potelfe , mentre parlan-
do il Salmilla delle anime unite a Dio dilTe,
£«] che hanno il gaudio nelle fauet ; come.^
A a 4 rin-,
T/al, 14^.
I
*
37^
rmrct*rato » e fìfti'etto pef la gran forzai ^ ed
ampiezza di cfTo * onde fpiegar non lo po{To«
no.Noi però ccrcherem divilarlo in una Con-
jettura fondaCa fulla ragion (ìiolbfìca , la qua*
le pure è infallibile . Due fono le fpezie della
vera allegrezza, una , che nafee dal confegui*
mento del Bene , e h chiama giocondità;- l’al*
tra , che viene dal poilcdimento di lui , e di*
lettazione s* appella « Parlandoli pofeia del
fornaio Bene , che è Iddio , fomma altresì
conviene ,che fta Tallegrezza dell’aniina nel
confeguirlo per mezzo della Tua Grazia, e nel
poltedcrlo , ed unirli a lui col dolce vincolo
delfamore , comprendendo, che ha rinvenu*
to pur una volta , e che pofliede quanto può
rinvenirft, e polTedere di buono , di beilo , di
vero-i di permanente, e d’amabile<Fò sì gran*
de nell’anima d’Agolìino già penitente là lo*
danza di quello gaudio , che aitna lòia cofa.*
rammaricavàli , e vivevano come inconfola*
bile , cioè del tempo , che perduto egli aveva
innanzi non amando il fuo Dio » e perciò
fpelTb dolente efclamava : (^al tardi *01 ha
amato, 0 Bellezza antica tantoì Si,tardi •vi ho
amato ! Lo lìefTo gran Dottore fortilica mag*
giormento quella ragione rilevando l*impe-
rizia’di molti nel cercare la vera allegrezza:
non tatti, ìhj egli dice, ricercano il gaudio do*
fa] Ser. di SS. P/ah 7*,
*
DIgilized by
9e htfognà èercarh . Ed lavctó quinti s’affa-»,
ticanp indarno per iftabilire nel Mondo la^
Contentezza loro » trovandoli mai fcnipre_i
interiormente piìi confali > e turbati ! Se mal
gli riefce di rinvenirne alcun poco é lA paf«
iàggicro il faggio di lei > e sì jiicnticore « che
o manca ben torto in fe medefimo , ed ingan-
fce dal cuore di chi finge goderne per non^.
confelfarfi da. lei deMo i ejjetfdo i fecondo il
S. Giobbe , [b'\ a gaffa d^att punto la gtoeon-
dità dell' Ipocrita , Riflettendo il fottilifiìmo
S. Bernardo fovra le parole del Profeta^Rea-
le , (c) dove dice rivolto a Dio ; tu mi de/li
allegrezza, nel cuore;, meglio ci fcuopre la_<
verità di quello , che a ndiam dicendo < Offer»
va egli ♦che l’allegrezza dividefi in altre due
forti diverfe , una effendo allegrezza del cuo-
re , e l’altra degli occhi. Quella pertanto,
che abbiamo nelle eftsriori co’fe ♦ e caduche
del Secolo , è folamente allegrezza dell’ oc-
,chio»cbe ne’ V a rj Oggetti fi va dilettando,
fenza che per una Ibmigliante Utfttìga fi ralle-
gri veramente lo Spirito ; quella pol'cia > eh®
dall’interna unione con Dio deriva , dee dirli
allegrezza vera, c ffabBe , perchè à' tutta del
cuo-
1&2 hP/al^ilh^ «ap.iciia
I
ctiore .. E che ciò (la così ricavar fi puote dal«
la ragione ancor Teologica , mentre effondo
Iddio infallibile nelle fue promefle non può
mancare di tener la parola , che ha data a
cìafche*duno per bocca del fuo Salmifta ; (a)
dilettati nel Signore , ed egli appagherà Ic^
richìejìe del tuo cuore. Maxima farà dunque.»
l’allegrezza di quello Spirito» che unito vi-
vendo a Dio veggia coniolate ficuramente le
fue brame, nè delula alcuna mai di quelle fpc-
ranze , che nella bontà di lui ha gettate . Per
ftringere tutto in poco balìa Ibi dire, che que-
llo vivere unito a Dio contiene in (e tutto il
buono di qualunque altro ', che Icier lì poifa»
e niun male di que’ tanti , che in cialcheduna
altra maniera di vivere lì ritrovano . Così
conchiufe un certo Romano per follencre la
gloria della Tua Patria al di fovra d’ogni altro
paefe nel Jitigio inforto con tre Itioi amici
di Città differenti ,c delle più vaghe d’Italia;
losht dilTe , quejìo dì certo , che in Roma fi
trova tutto il buono y ed il bello delle altrt^
Città , e nulla di quel cattivo , che ìn^
■effe può notarfi . Da quello addunque » che.»
pure è poco in riguardo ai moltillìmo » che
It lafcia , per non ufeire da’ ^rmini di quan-
to può praticarfì dalle perlbne ancor fecola-
ri » ben raccoglier, fì puote , che eftrcma fia_i
la
•ta]
DIgilized
la giocondità di converfare con Dio, Ja quale
propofia abbiamo all’huom faggio in quello
Capo per non defraudarlo d'un bene , che_j
tanto a lui nel Mondo quanto alle anime pii'i
ritirate può elTer comune. Soggiugnerò qui
per ultimo alcuni mezzi , per i quali farà fa-
cile all’anima a confcrvarfi in quella felice
Unione con Dio , quando già l’abbia fatta ; o
pervenirvi,^ quando ella voglia .
V. E’ certo, che non potendoli da. ve-
runo paflfare ordinariamente nelle materie
Mofali da ellremo ad diremo , bifogna, che
l’anima vada palfo a palTo accoftandofi a Dio,
e da quel foramo raffreddamento , nel quale
potefiV trovarli a cagione delle tante lufm-
ghc , che nel Mondo la-ritirano dal vero Be-
ne, fi vaglia come d’alcuni gradi per giugne-
■ re a poco a poco a quell’ardenza di carità,
che a lui debbe unirla in, quella vita ,.pcr ri-
manervi pofeia più felicemente unita in eter-
no . Tutti i SS. Padri , ed i Maellri di' Spirito,
hanno fempre infegnato. cheTcfercizio delle’
virtudi è qu.ella fcala appunto, per cui di gra- '
dino in gradino fi perviene ad una s'i giocon-
da, e s\ perfetta felicità . La Ibllanza poi del-
le fatile virtudi non potrà mai fiorire nell'
anima , che non le và coltivando per mezzo
della pratica, mentre dalla frequenza degli
atti formandoli 1* abito di effe , mai non_»
s’acquilleranno fenza imprenderne giornal-
mente l’efercizio d’àlcuna.
3*0
©e/ modo di Converfare cò« altri finta
. interrompere la Converfazione
tonDio»
CAPO XKIV.
• «
t< A Vendo io Tempre in mente di parlar»
in quedò libro con quelle perfone»
che eli'eado nel Mondo hanno pur anche ne>
ceilìtà di trattar ' fpelTo con gli altri , non ho
voluto lardare di porger qui ancora la rego-
Ja d’unire alla convenienza del civile confort»
zio la Contino va converfazipne conDio.Sem*
bra quella a prima fronte una fpezie di Para»
dolTo » che polfa l’huorao trattar coll* altro
buomo di giorno in giorno > e viver Tempre
nel tempo medefimo unito a Dio col cuore.
Oltre però aireflerfì veduto in molti Santi d*
altilTima perfezióne , come in un PrecurTore
di (grillo palTato dalla Iblitudine alle Corti» in
tutti gli Apolloli > ed ìn'S. Paolo Tpezialmen»
te» e ne’ tempi noftri ancora in tanti altri
£roi » i quali tutti l’adempierono a meravi»
glia : può l’huomo ancora men perfetto > ma
d’indole buona, e defidcrolb di viver con.»
rettitudine prefcrivcre a Te medefimo tali
Conbai, fuor di cui non trafcorrendo lo pra»
tichcrà egli pure con ugual piacere , ed age»
volezza . Già non fi è mai qui contefb , che_j
l’ufo dj Converfare con altri non fia fbllan-
» -■ - - ^ «
afalmente buono » e fpeflb ancor profìtte/o»'
le «onde viene per confeguenza, che baiU
non abùlarne , per potere anche in mezzo
di lui confervare intatto il candore della vir-
th > converfàndo così nel tempo flelTo , e con
gli huomini , e con Dio . Quando ciò riufeir
nonpotefle bilbgnérebbe indur ciarchcduho
a far vita da folitario , e torrebbed ogni Ibr-
ta d'umano conlbrzio contra le làggie difpo*
ftzioni della Provvidenza divina , che l’ha or*
dinato al vantaggio , e confervamento delP
Univerfo . Infatti il Redentore trovandofi in
cala delle due Sorelle.di Maddalo non mofirò '
minore affetto per Marta, la quale occupa-
vali nell'' faccende, e negli affari di caia, che
per Maddalena , la quale flava al Tuo pi& con-
templando . £i riprefe la prima bensì , noa^
però per l’impiego ederiore , in cui s’eferci-
tava , figurando in effa la vita attiva , ma pel
troppo affannamento , che ne moftrava nell*
inquictarfene : del rimanente atteda S. Ago- _
nino, («> che : ammendne furono unite a Dioi
ammendue in quefla mortai carne a Dio con-
cordemente fervirono. Il punto addunquedi;
nel moli rare , che non fià queda cofa per ve-
runo difficile , perchè la perfbna di mondo
pigliandola in diffidenza non abbia a ritirar-
fene , e darle qui i mezzi opportuni per
C»!! Str, z6, de Verb, Dom.
/
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f
jS*
efeguirlàsfcliceinente fra i ruinori benanche
del Secolo .
II. Il primo per tanto di quell i mezzi fa* ^
rà l’aver Tempre l’huoino di l’enno prcfente.
alla memoria la gran verità , che Iddio lo ve*
de y edoirervu non foloa minuto le procedu-
re elleriori di lui , oltre alle quali non eden,
deli l’um'an guardo , ma quelle ancora > che
fono pili occulte, e pihracchiufe nella fegre-
tezza impenetrabile del penfiero . ■Quello ri-
flelTo ebbe forza di perfuadere la compodez-
za de’ codumi per duo a i Gentili , e lalcian-
done i molti efempj , che addur fi potrebbo-
no , balla quello , che fra le IlelTe amenità , e
fralcheric cantò pur lériamentc Ovidio : CQ
Pà , che fia il viver tuo fetìjpre ìnnocentey
Poiché per tutto é il grande Iddìo pr e f ente.
Un’huomo ,che viva con una tal mailìma in
mente , non trafeorrerà certo mai in alcuna
cofa ,.che da riprendbile , efapendo elTervi
ùn Giudice vigilante , che la nota , e l’apppn-
ta per chiederne conto a fuo tempo , averi
Tempre per quedo mededmo un gran riflelTo
, per non renderfi reo. Egli è manifedo, che 1%
loia prefenza degli huomini tiene chiede fìafà
in contegno per non operar male allo ico->
perto-, onde molti ,o fono , o per lo 'men pa— .
jon buoni, perchè la verecondia, ed il rilpec..
to contende loro di fecondar le paliioni do«
" ve,
fa) de tArt.
/
7
Digitized by Google
ve , e come vorrebbonó ; Se dunque farà vi-
va la fede non averaflì certamente men di ri-
guardo per la prefenza di Dio , che per quel-
la degli huomini , e (ària ben perverfo colui,
che non ammettendo vifibilmente la colpa,
per non Ibggiacere alFaltrui cenfura , le ac-
confentilTe col cuore nulla temendo il giudi-
zio di Dio , avanti di cui col folo interno ac-
confentimento già l’averebbe commeOa. lo
oflervo di più , che tutti i peccati fono foftan-
zialmente male creanze, alle quali repugna
Tempre la ragione, la convenienza , e la civil-
tà . Per quello ognuno , o per lo meno i più
civili , fi vergognano d’effere pai efem ente-.»
cattivi , perchè temono di comparire mal
cofiumati , ed incivili apprelTo degli altri.
Quello Ibló motivo di Ikvia , e civile collu-
matezza , ballò a far degli Eroi nel Paganefi-
tno , i quali feavclTero avuto il lume della.-
Fede per dar inerito alle proprie azioni , ed
indirizzarle all’ultimo fine della vera virtù,
farebbono Santi . Che pefo dunque aver deb-
bo un tal penfiero unito al raggio di Tanta.,
Fede nelle perlbne cattoliche per far sì , che
più temano d’elTcr , peccando , incivili con
Dio , il quale merita da chiunque il conolce
Un’infinita riverenza ? Pure l’u, nana malizia
è giunta a vincere in molti un sì giudo riflef-
fb inducendogli ad efier cattivi tutta volta,
che non fi veggia dal ìAonào y ed è appunto
quejlay efclama San Giovanni Grilòllomo,
«
‘ .384
f ai rorl^ìae di tatti i mali , ché ftèj;ti affitti
feeeamìmff mtt temiamo gli occhi di Die»
ma quegli fole degli huomhl. La Perlbna pe-
rò, che punto abbia d’accorgimento , e di
prudenza, fi riderà d’un rifng'o sì debile, e
8Ì vaito , che liberandola per poco tempo dal
rimprovero degli huomini (àvj la rende rea
pre^o l’Altiifimo colla' certezza d’avere an-
etie una volta a i'entire la gran confufìone_«
di quella colpa , che adeflb ricuopre , accre-
iciuta- poi dall’aggravio d'aver ella voluto
ingannar gli altri coll’apparenza d’una bu-
giarda modeftia , Peccarono i noftri Proge-
nitori nel Paradiib delle delizie forfè per
quello iblo, perchè non rifletterono,cheLj
Iddio gli vedefie ,e ciò fi riconobbe , quando
commeflà la colpa a tutto il Gener noftro sì
grave, cercarono di nafeonderfi agli occhi del
Giudice , che venne ben toilo à chiederne.»
Conto, Meglio l’ averebbono intela ad occul-
tarli quando l’ ingannevol Serpente fece loro
Pindegna propofia di violare il gran divie-
to , ulàndo ogni sforzo per chiuder l’orec-
éhio ad una infìnuazione sì detcilabile , cke
fiiggire inutilniente quella coudanna,la qua«
le venendo loro da un Tribunale Ibvrano era
inevitabile ; Felice farà pertanto chi non la-
feiandofi acciecar di maniera dalla pafiione»
che
I
(a) jtd Gr.
V
che venga a (cordarli della Divina prefenza»
■fe ne prevàlcrà come d’un forte feudo centra
gli fcaltri alTalimenti dell’Infernale Nimico*
e memore * che veglia inftancabile fovra di
lui l’occhio di Dio , non ardirà mai di far co>
fa , che polTa meritargliene l’ indignazione.
Potrà egli trovarfi allora per tutto con ficu-
rezza , trattare con tutti , mai non mancan-
do a veruna delle civili convenienze , mentre
fervendogli un tal penderò di guardia , e di
Cu(lodia *farà ficurodi non nfeire da’ più ri-
gorofì confini della modedia . Sieno pure pe-
rigliofì gli oggetti * lubriche -le occafìoni',
frequenti i lacci* l’anima fifTa nella gran maf-
lima d’effer Tempre veduta da Dio averà in_,
efla un’ajuto si gagliardo per reggerli , che_>
ripeterà a fe medefima con S. Bernardo : Ca)
petea dove tu non f appio ejfere Iddio ; che è
quanto dire , pecca pure fe hai cuore di farlo
lòtto gli occhi di quel Giudice , che lieeomeL.*
fempre ti vede , così può ogni volta , che
voglia * punirti . Nè quella cola è tanto diffi-
cile ,che non polTa efeguirli da tutti con po-
chiffima pena , mentre nulla più colla , che_»
udire le voci interne * le quali mai non man--
cano d’awertirci di ciò, che efler puote o in-
giudo * o nocevole . Iddio non lalcia mai di
parlare al cuore d’ognuno*perchò egli in noi*
B b e noi
vivejfdt c. 29,
•e nona lui eifcnilo Tempre > fecondo tl detto
deil^^Aportolo: [a}/» /ut viviamo, tu lui ci '
pioviamo , ed ift lui Jìamo i Egli , come Padre
amorolò , non traJafeia mai di fare il poiTibi-
le per non perderci , e c’ammonifce , quando
bifogna, perchè noti abbiam da fcoHarcene.
'' Così al l'uo Lucilio fcriveva ancor Seneca^
perfuadendolo a non rigettar mai le voci in-
teriori , che fono il linguaggio piu proprio
di Dio:[é ; egli è a te vici»o,e teeo, è dentro di
te ; t) , dico , ò Lucilio , dentro di noi abitai
un /agro fpirito delle nojìre o buone , o cat-
tive operazioni ojjervatore , e cujlode . Que-
llo riHcflb ancora cagionerà nell’huóm (àvio
un prudente, ed util timore d’oifenderc il filo
Dio , che Tempre lo vede , poiché fe è delit-
to il farlo , quando ancora a ciò non il peni!,
lo farà doppiamente , quando fi faccia pen- ìj
fandovi; e chi a ciò riflette non vorrà mai , 6 I
più difficilmente per Io meno s’indurrà a vo-
ler difguflarlo con quella graviifima circo-
danza di iàper beniflìmo d’elTer da lui vedu-
to . £ra inconiblahile il Penitente di Palelli-
na per la gravezza del fuo peccato , e riflette
si Pier Grifologo , che ciò in lui derivava.»
dall’amaro cordoglio nel Ibvvcnirfi d’aver
potuto prevaricare (otto glir>cchi-del fuo
Signore : /ente Davide , egli dice qual
/ce/c-
[a] 17. [b] Ep. 41. [cl]
\
DIgItized by
r?^7
JceleY aggine Jta il peccare nel cof petto mede-
fimo d'eli’ Alt ijjìmo , e però efclama ; a te fola
. ho peccato , ed hofattj male alla tua prefen^
za! Tanto è poi agevole il tener vivo in nienr
te quello penfiero, quanto lo è il mirar quel-
le cofe, che ci cadono Tempre lotto dell’ocr
.chioi le quali tutte fìccome ci ricordano la^
fomma liberalità del Signore, che di tante , e
sì palefi grazie c’ha ricolmato , così ancora
pofìbno ricordarcene la prefenza . £’ quello
un preziofb infegiiamento, efoavillìmo iri-
,fìeme di S. Bernardo , che fu fempre< intelb a
feoprir la Divina benelìcenza , ed a trovar le
maniere d’elàltarla , e di benedirla; (fl;y?cco*
me, così egli lerilTe ai Monaci mirabilmen-
te , non v’e momento , nel quale non goditi
l'buomo della bontà di Dio : coiì nìun mo->
mento debbe ejfervi , nel quale egli non ab-^
hi a alla memoria prejente ilfuoDìo.
111. Perchè però ciò fucceda ancor piò
felicemente proccuri la perfona fecolarc d’
aver Tempre Dio nei cuore, che farà il fecon-
do mezzo per poter converTare con gli altri,
Tenza partirfi dalla celelle Converlàzione.
Aver Dio nel cuore è una coTa alTai differen-
te dall’averlo Tempre in memoria, perchè
quello può talvolta originarti dal timore
di Tua giullizia,e quello Tempre naTce dair
B b 2 amo-
• \
m
(a) In Spéc. Monach.
»
T
I
■ j88
•more della (ìia bontà. Il timor del ^(ligOf
benché fìa falutevole , éd inculcato alPanima
da’SS.Padri, e da Dio medelìmo , è però ferai»
prc uno flimolo piìi fervile , cd imperfetto»
aahbracciarfì colla virth , la quale (ovcnte-«
non piace per altro » fe non perchè non può
piacere fenza pericolo » e fenza danno «il Tuo
contrario : onde cantò il Poeta ;
*
pecca P empio per timor di pena.
‘JL’amore polcia è un dolce vincolo , per cui
onitillrettamentc[inrieme due cuoritfì riguar-
dano con una gelosìa sì delicata ,che ad uno
mai non permetterebbe i'òffendcr l'altro»
quand' anche poteffe farlo impunemente» '
nè alcun motivo o di timore , o di fperanza^
arerebbe mai fòrza di perfuader loro l'infe-
deltà . E' quello quel piò nobile » e più poi- j
fentc motivo , per cui fi riguardano da ogni
. neo di colpa gli amici di DiojC quelle anime»
che di vera bontà ricche fono » e per
fii dettò:
Per amor di Ofirtate il buo» non pecca r
Potrà per tanto meglio di fe fìdarii quellaJ
perfbna, che pratichi efteriormente con tut- ^
ti , avendo Tempre Dio nel cuore,, poiché '
amandolo con tenerezza , fi troverà ancor
^ « .
piò forte per non indurli giammai a rompe-
f c
te i propofui della fua Fede : quefio , fcriffeJ
Piatone , è bea eerto , che aiua male puÒ
mai accadere all* huomo dabbene . Tanto io
non vò dire, poiché infegnato. ne ha Iddio
ftelTq , che una tale certezza aver non fi puo«
te fra le tempefie di quello fccolo inganna*
tqre, e che c Tempre miglior colà il temeroj
di quegli inciampi, che ci Hanno tutto gior-
no frappiede ; ma dirò bene , che amandoli
Dio davvero , e non lafciando mai , che egli
parta dal cuore, farà piò difficile , che uno a*
ì induca ad offenderlo per grandi, e lufìnghie*.
ri , che fieno i tentativi per farlo . Vediamo
Guanto può ì* amicizia tra gli huomini quan«.
do ella e vera , e fondata fulfe bafi della vir-
tù , c fe ne Icorgono prove sì nobili , e lira-
vaganti, che fembrerebbon prodigi le l' ulb,.
c la frequenza non le rendelfero meno mira-
bili • Potrebbono fenza dubbio ad un amico,
fe è leale, prometterli tutti i telòri del Mon-
do, che mai certamente non picgherebbefi a
far cofa, che oltraggiar potefle , o in alcuna
maniera affliggere l'altro amico ; ne manca-
no efempj di chi ha fcelto anzi la morte, che
P infamia di rompere una tal fede . Se l'amo-
re addunqne tra gli huomini è d’ una tempe-
ra sì robulla, ed infupcrabile , quantunque^
non ecceda egli punto l’ effere d’una quali-
fi b j tà .
U ^olog^
.. ^
I
V
%
tà naturale , di qual Ibvraflino carattere fa--
rà egli poi derivando dall* abito della òarità«
che è una perfezione Ibvranaturale t ed iri_.'
tutto colefte ? Legato', che fia a Dio 1* huo'»
mo con quello nodoamorolb, che ben può
ferfi , confermandolo anche Seneca : [ajtra
gli buomìttì buotiii è DiOyVi è amicìzia coaci’-
glìata dalla virtà : io non sò figurarmi qua-
le allettamento aver polfano mai le terrene
cofe per difcioglierc un legame si tenero in-
fiemé , e si forte . La Spola de i fagri Cantici
perduto avendo il fuo diletto, che pure ama-
•va finceramente , fe ne giva per le llrade , e
per le piazze fenza, che alcun fpcttacoio, al-
cun oggetto , alcuna curiofità la divertifle_»
punto dal fuo cammino , e dice il Sagro Te-
llo, [3] che mai non ebbe quiete, ne conten-
tezza , fenon quando 1* ebbe trovato , fegnq
IJcn chiaro , che niuna delle elleriori cofe.^
avea forza di rompere il nodo si dolce di
quell* amore . E’ quella Una milleriolà figu-
ra delP anima amante, la quale avendo fem-
prc in cuòre , come 1* unica , e piò rilevante
premura il s5moBene,a cui già s’è unita,feco
per mezzo della contemplazione converlàn-
do fovente, perocché , al dir di Marlìlio [c^ ,
piò
che
va-
a» fdtìttjjmjo ' congiungimento fi forma ;
non trova piacere, promelTa, vantaggio.
,(a) De D^>FroV. iSb] Cant.i.[clJft Porpb^
t
vaglia a dtllorla da lui , come di iè dicea Ite-**,
tamente P A portolo: («) chi ci feparerà daHa\
carità di Crifio ? Porto io bene.perciò prò*-
mettere allcperfone ancor fecolari una tal.
Scurezza > che franche le renda , e quafi in^
yincibili nei forti artalimenti delle terrene_ji.
lufinghe tutta volta , che abbiano appr db a.-.
tener Dio nel cuore , ed a riguardarlo con^'
quella fpezie di gelolìa , colla quale riguar>«
dar foglionrt le cofe pib care . Accefa in erta,
quertafìamma di Paradifo, tutte làprà con-;
vcrtire in proprio nudrimento le cofe crter-.
ne, evenendo neW anima y come voleva..;
S. Agoftino , [_b'] qualche altro oggetto da-»-
amarfi fuori di Dio ,farà colà rapito , dovc^
corre V impeto di tutta la dilezione inter io •
re • Così vcdefi avvenire in un vado incen-
dio , dove prefo avendo il fuoco un gran vi-
gore, tutto d’ dea a lui ferve per crefeere, e
6no quelle cofe meddlme , che altra volta.,
ertinto l'averebbono; poiché una vampa, che
arda già con violenza , o non teme , e divora
il fuo contrario, o per lo meno quàdo pur ce-
da, a grà fatica s’ammorza.Ne vi fia chi ven-
ga meno di cuore , e perdali d* animo fìgu-
.randofi in quella dilezione interna una tale.#
dirtìcoltà , che deggia mettere in una gran.,
pena lofpirito , poiché foggiugne S. Agofti-
Bb 4 no
»^a^ Rm, 8. Cb^ /. de p0, C^if^ c, as(.
noyquelT amre meàefmó effendofdnto , pei*-
fettone divino: [^a]re^d6 agevoli^ e le fa ^aveT
come un nulla, tutte le cofe pià afpfejepià ar-
due.Ogni altro amorè'terreno comecché ge-
BerolbiCoftante,ed invjtto nc fembri,è debile
nulla di meno, volubile , codardo , efe non_*
altro è l'empre inquieto » c gravofo ; ma 1*
amor verfo Dio>perchè ripolà come pietra^
nel centro , in un oggetto vero , buono > cj
perfettiilìmo > non ha nè gravezza » nè inco-
Àanza , ne inquietudine , che recar poffa fa-
ftidio anche minimo: ed il cuore , anzi, che_i
pena, ed affanno , in lui la fua pace , la fìia-,
quiete, e la fua più (labile contentezza rinvie-
ne . Quella è la condizione deli’ uman cuo-
re, che non polTa aver mai nn ripolo vero, e
giocondo , le in lui non accendefi una fìam-
ma sì pura, e sì amabile, onde pieno di lei fe-
licemente efclamava lo fteflbgrà Dottore di
S. Chiefà AgofUno ; [_bl per te t Signore , ci
hai fatti , ed è inquieto il nojìro cuore finché
in te non fi quieti . Sarà quello per tanto un
mezzo gagliardo, agevole, e foave per far sì,
che la Perfona polTa, volendo , non mancare
alle convenienze del Secolo trattando civil-
mente con tutti, fenza interrompere mai là_»
dolce ConVerfazione con Dio •
IV* Sidifledi (opra nel Capo Vcntefiftio»
che uno dei prefervativl Contra il danno del
con-
M De lìeth^ jyom.fer, 5>*Cb] Lfh. i , cottfic .
CónVefrfàf màlamenté è il peniar fpeflo alle
miferic del Mondo ) cheadefeano gli animi
incauti) c poco illuminati; adelTo io propon**
go un altro metzo « che fembra convenire.»
Con quello « ma è di gran luiiga digerente, e
pili efficace . Quello è lo Audiat'c l’ huom.*
favio di togliere da tutti gli oggetti dilette-
voli quel meravigiiolb) e quella dirém cosl«
imprimitura di rorprèdente,che a prima frS*
te vi trovano con molto danno coloro > che
ne rimangono pre(ì,e legati.La meraviglia^
eccedente è Tempre indiaio) o di leggerezza^
odi poca efperienza , onde Tuoi elTere primo
principiodelThuom civile, e culto, di non mo*
ilrarii mai tanto Ibrprelb per qualunque gr&
cola, in cui s’imbatta, che altri pofla crederlo
nato allora fra gli huomini, e digiuno affiattó
. di fomiglianti vedute . O’ uno di cofloro dilTe
bene un arguto Romano io vedendolo come
in eftafi di ftupore nell’ entrare nella Gallo»
.ria d’ un gran Perlònaggio ; iao// Per lui ^
fhef chino , fe non vedea que/la grandezza^ ,
perchè il mondo gli faria parato men bello i
ed auerìa penfato meglio alP Eternità . Que-
llo però) che in genere di pulitezza e coltu-
ra civile è un fcmplice sbaglio , nella Mora-
le diviene un errore di confeguenza benej
ipeflb affai grande, e lagrimevole;poichè fo-
‘ guendo i 1 cuore la meraviglia dell’ occhio s^
inganna a partito , a quelle cofe fortemente,
attaccandoli col dedderio > e coll’ affezione «
■ ■ thè
ehc meno il meritérèbbono . S. Paolo, chfe
fa un tngegnoib , ed infìgne difpregiatore-o
del Secolo , trovò queda bella maniera di
prenderne a.vile tutti gli oggetti piò vaghi ,
e piò mirabili dicendo ; tutte le cofe io le ho
giudicate come immondezza . [jJ Non pen*
lava egli: al danno , che recar polTono i finti
beni del Mondo j alla gran pena , che dee ibfi-
ferirli, o per acquidargli , o per cudodirgli ,
alla noja che apportar fogiiono, ottenuti ,
che fieno; perche fono quelle ragioni , che.»
ammettono del contrailo, e che addur fi pO'
trebbono per convincere chi nell' opporli
ula dell'intelletto . Ma dovendofi andar con-
tra de i fenfi, che cicchi fono , e materiali , ei
•valevafi di quella fòrte apprenfionc fenfibile
•di figurarli tutto per immondezza; e fìccome
per fuggir quella non v' abbifogna difcorlb,
badando 1* abborrìmento della natura , così
guarda vali dalle terrene cofe con ugual nau-
.fea, efenza metterne in contelà la fuga,
figli ò poi chiaridimo ,che avvezza l'anima.»
a oonverlàre con Dio per mezzo delle fante
contemplazioni , le quali up giorno piò dell'
altro le ne fcuoprono l' Mifinita, edincom*
prenlibil grandezza , molto non troverà dil^
iicilc con un Ibmigliante confronto a figurar*
fi come immondezze le cofe piò belle , più
avve-
ta] 8.
avvenenti , e più gradite del Secolo : t»Ua^
volta , dieea ben S. Girolamo [a] che Crìflo
cominci a parer dolcct ^ ttecejfario , che ama~
ro divenga il Mondo . Al paragone del vero»'
(bmmo, e perfetto Bene cofa può mai parere
ogni maggior ben della Terra , finto , appai
rente , e caduco > fe non fc appunto una colà
da fconvolger lo ftomaco, e da fuggirfi ben,»
tolto , fenza neppur rimirarla ? Tanto infei
gnava anche Plotino per afiicurare a i Gio-
vani fpezialmente l’ innocenza del cuore in
mezzo alle batterie del Mondo : [èl alle fu-
periori cofe convien ricorrere, perchè non ca- *
diamo in qualche fpezie , che abbia delfen-
fuale . L’ arte è quella di rcnderfi T huomo
beato anche in terra , non lafciandofi mai
fovverchiare danna beatitudine, che ricono-
feiuta una volta , come è pure , per menzo-,
gnera P affliggerebbe; c tanto volle inferir^
S. Agoftino dicendo, [c] che; è pregioi.d’ una
grande felicità il non ejfer vinto dalla felici-
tà . Potrà poi d’ una tal arte fornendoli trat-
tar la perfona civilmente con tutti , trovarli
in ogni luogo, godere d' ogni comparfa , e_»
non temerne danno , poiché fecondo
r infegnamento dell' Apofiolo, {^^dique-
fio Mondo , come fe non ne ufajfe : non vi
£a3 Ser. ij. [b] Ettead.%. £c] hPfal/^\*
* £dl i. Còr. 7. * .
/*
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I
farà oggetto s\ mefavigllolb t c sì dilettevo-
le > che abbia forza d* allettarla contra_>
quel vivo conofcitnento » ed intimo» che
averà prefo dì tutti . Molti ..girando coll*
occhio per le varie fpezie ingannevoli della
terra , col penfiero flan fermi » Ibnnacchio-
ti» e melenfì » onde prevalendo in tal cafo 16
fìupore della pupilla arriva ad ingannare.»
anche lo fpirito . Lungi però fìa Tempre dal-
l’ huom prudente una sì danncvole fonno-
]enza»ed ìmpari ad alzarfi un poco fovra f&j
fleffo per poterti ammacftrare da fe, e no.rt«
aver Tempre d* uopo di chi lo guidi in trat-
cia del vero: imparate, dice S> Agotiino» faj
«el Mondo ad effer fovra del Mondo , e fc^
gemete f ottobri pefo del corpo voli in voi lo
fpirito interiore . lucilo tieflb tumulto dello
piò floride adunante può trovar largo cam-
po a i Tuoi voli chiunque ha genio d’ alzarti
al di Tovra di ciò > che fi vede . Chi non mi-
ra , che alla Tota apparenza del gaudio , dell*
ilarità , del tripudiò , in cui la maggior parte
ti perde , certo ne retierà invaghito» delulb •
e tircttamente legato : ma faccia unpicciol
volo , e rifletta quanti ne mancano de* Co a-
gregati, e de’Vcgliatori d' anno in anno , di
mele in mefe , di giorno in giorno » interro-
gando Te medetimo con S. Bernardo :
dmmt dove fono gli Amatori del A&ndo •
' i qua-
Ca] De Gvit. pei c,ii, Cb] Medit, r.a.
DIgitizecI
9 quali poco iauanz* èrÒHÓ cott mi ? lAltré
di loro »oa è rìmaflo , che cenere , ' e ver-
mini I Nò quefto volo llancherà molto chi
1* intraprenda, poiché per tutto fucccdono
tali cali , che viva Tempre mantener poflbno
la memoria di (bmiglianti miferic , c fugge-
rir Tempre nuova materia al diTinganno d^
ognuno . Rammento'mi , che in una celebre
Città df Italia trovandoli un giovine a dipor-
to dilTe con meraviglia aduna Donna lag-
già : quefla ì veramente una bella Converfa-
zione, mentre io non vi capito maìy che non^
vi rinvenga oggetti nnovr. riTpoTegli allora»,
con Ibdezza di rifledione la Donna : quello ,
che a voi fa meravtglìay e piacere , a me fa^
terrore , mentre confiderandola fpejfo cam-
biata per la morte di molti , rifletto , che può
cambia rfi ancor per la mia fema , che io jap -
pia il quando . Badò al giovine codeda fola
confìdcrazionesl vera,e si palpabile per non
laTciard mai piìi fòrprendere dalle novità lu-
iingitevoli della terra , ediedi di Tubito ad
una vita in tutto eTemplarc . In queda Tor*
ma lì regoli nell' edimazione delle coTe ede-
riori chi brama di non rimanervi attaccato ,
leco Tempre avendo un vivo raggio di luce »
che K ajuti a rimirarle per ogni parte , ed a»,
cavarne fuori quelle circodanze, che le ren-
dono meno ammirabili di quel , che Tembra.
no . Chi di notte cammina col lume Teco ve-
de, e fogge Tempre ogni pericolo ; ma chi
Tervefi
397
39^
fervori dell’altrui , IpelTo rimane al bujo j eJ
. cade , o sdrucciola per lo meno con grave_f
danno , Non è (ìcuriiTiiTia la fperanza d’illu-*
minarfi per le cofe medefìme , che iì veggio'*
no t o per l’ efempio di chi sà valerfene aj
buon ufo ; ma c ben certo , che provveden*
dofi l’ huomo d’ interna luce fi reggerà fem*
pre bene , e fi terrà lungi da quelle vane lu-
(ìnghc , dietro le quali fi perde fenza confi-
glio la moltitudine . Sfuggirà con un tal
mezzo quella dorata, ma pelante catcna,che
portano al piede non pochi per mancanza^
di rìflelTione a ciòcche gli dringe , della qua-
le così ialciò fcr.itto profóndamente Marfl-
iio: [a] quejìt, che Jìq contemplando è libero ,
ma chi, ed it corpo , e le ejlerne cole curiofa-
mente. rimira , ferve al corpo , agii huominì ,
e alla fortuna . in (umma Faccia lo sforzo
maggiore cialcuno per non ingannar mai fé
medelìmo apprendendo in quegli oggetti ,
che gli cadono folto deli’ occhio quel buono
quel grandiolò, e quel dilettevole, che vera-
mente non hanno : ma vedendovi dentro , e
nel midollo pih intimo , prima d’ impegnar-
vi 1’ affetto , fi tenga ben fullc fue , e non fi
getti con tanta agevolezza a feconda d’ ogni
corrente . Quindi fi rifparmierà la pena d’
flvcrfi una volta a vedere delulò dalle pro-
prie
^a] la Plof.
I
prie fperanze mal appoggiate^ e da lina ccrCJt
colorita apparenza, che ben fpeflb è la reta-»
de’ cuòri , a i quali altro per lo più non rima^^
ne ,'che un tardo , ed inutile pentimento d'^ •
aver volute ad ogni cofto cofe , che non me^
ritavano d’ clTer neppur riguardate -da lun-
gi . Cosi avendo l’ huom favìo Tempre a vi-
le il fecolo ingannatore, che è fecondo Ric-
cardo di S. Vittore , {a] U primo paffàggio al-
la Virtà: farà ficuro di non allontanarli pun-
to da Dio per mezzo delle terrene fjjezie , e
dando colla perlbna tra gli altri farà Tempre
interiormente unito a Dio col cuore . E’
quella una maniera aifai ingegnoTa di delu-
dere il Mondo medefimo condellrezza , fin-
gendoli , per non contravenire alla conve-
nienza del filò partito ma confervandoli
mai Tempre parteggiano della virtù . Fu
fcaltro alTai il ritrovamento di Jeu iùcceflb-
re d’ Acabbo nel l^eguo , il quale Tacendo
credere agli adoratori di Baal di volere eflb
pure fagrificare a quelTIdolo , nel piu bello'
gli Tè mettere'a fil di Tpada mandandone in-*
pezzi r infame Statua: dice il Sagro Te-
de , [^] facea ciò ìnfìdiofamente volendo,
mandare in dìjperjìone i Coltivatori di Baal
Se all’huomo prudente non riulcirà d’ atter-
rare col Tuo contegno i vizj altrui , per lo
meno
^a^ 1 i* a. 2* ^b^ IO*
I
: '40<>
fileno gli verrà fatto con una tal arte di te*
nerglifempre lontani dal proprio cuore»
mantenerli fedele a Dio » non lalciandonc la
dolce Converfazione per la fallace ^ e lufìa*
ghiera del Mondo .
J
\
Aot
>
Conclujìoné deW Opera .
I. A . Ltroquìnon mi rimane, cherinno-
XX vare in primo luogo la protefta già
fatea lui principio , ed in molti Capi di qucr
fio Libro, cioè di non avere io fcritto per al-
tro in quefta materia , che. per indennùare_»
la coHumanza del civile confbrzio battuta^
forfè con poca diferetezza in altri fogli vo-
lanti , e fenza fupporvi mai alcun dilordine.»
pofitivo prefcrivcre maniere pih proprie d*
evitarlo, quando mai vi nafcelìe . Di più ne
pure ho pretefo d’ aggiugnere più lume tu
quel molto , che ne hanno Icritto altri Au-
tori con molta (bdezza , ma folo di far pub-
blico il mio parere, che tante , e tante volte
m’ è flato richiedo Ibvra di ciò , e fcaricar-
mi apprelTo di Dio , e degli huomini in un_.
argomento, che è tanto proprio del mio Mi-
niftero. Per quello dunque , che s* è detto fi-
nora , non può certamente negarfi , che nel
coftume del converfare intervenir non pofla
il pericolo di qualche abulb , quella clTendo
pur troppo la mifera condizione della no-
llra natura di convertire fbvente in materia
di vizio quelle cofe medefime , che lodevoli
ibno in fua feflanza , o per lo meno indiife-
renti . Noè fu il primo a piantar le viti , ed
a rinvenire l’ innnocente diletto di fpegner
la fete col vino; pure egli ancora fu il primo
Cc . . ad
40*
ad ubbriacarfcne rendendo sì poca edifiea>
zione a i fuoi figliuoli, che per efla originolli
la rovina di Canaano . [a] Non potrà per-
tanto veruno tacciarmi ,che io abbia dubita-
to poterfi ancora dalla Converfazione per
altro favia , ed innocente , paflare ad un tra-
viamento, che riefea in fommo dannofo , e_#
che perciò indotto io no mi fia a fuggerirne i
prefer vati vi , perchè lion vi s’ induca giam-
mai alcuno . Quando potefle ciò condannar-
fi io giudicherei inutile ancora, e vana la me-
dicina, poiché eflendo piò Tempre i fani , che
non gf Infermi , fembrar potrebbe una fpe-
zie d’ umor malinconico il penfare a quel
male , che non è punto comune, funeftando
r allegrezza di quei ,che godono una perfet-
ta fallite coll’ inveftigar tutto giórno que*
malori, che potrebbono a{Talirla,e (bttomet-
terla . Tanto più farebbe ingiuriofo all’in-
nocenza de i più lo Audio de’ Moralifti , che
vanno fpeculando sì acutamente fovra la^
qualità de* peccati, fuori cavandone le circo-
Àanze più maliziofe , e più metafifiche , per
indurre fpezialmente i Buoni a guardarfene,
o a faperne ben divifar la natura, e farne co-
me un efattilfima notomia ogni volta , che
vi cadeflero mai per difavventura dell’ uma-
na fralezza . Io non credo già , che veruno
, di co-
ca) Gè». 9.
DigKized dy
«
•40?
di codefH Savj , e prafondi Scrittori ave(ffi_»
in penfiero , che tutto il Mondo fia pieno di
buoni ini sì perverfi, che peccando con ing^-
gnofà malizia , abbiano ridotto ad. una fpe-
■zie di Icienza il peccato .'-Ma perchè il male
potrebbe darfi, ed in tutte quelle di verfe,
sì varie forme , che efli hanno divifato pru-
.dentemente , è partito lor neceflario d’afle-
gnarea tutti generalmente, o il rimedio,
quando (1 defle,o il prefervativo, perchè non
il dia . Credo, come già dilli in altro luogo ,
che forfè non vi fia un huomo di me più di-
fcreto nell’ accordare a tutti quello, che efler
puote,o di convenienza , o d’ inclinazione ,
o di Ibave divertimento : e mi protefto d’
aver fatto ancor qualche (ludio particolare
per difendere , dentro i termini dei giufto, e
del ragionevole, quanto mai far fi polfa , laL^
Civile , e Crifliana Morale , non contenden-
do.a veruno mai 1’ ufo di quella fignorile,e
dolce libertà , che a tutti per privilegio ha.>.
conceduta 1’ Alti ffinio . E’ ben vero, che fic-
eome io debbo a lui rendere uno ftretto con-
to del dogma , fovra di cui ho fondata la mia
diferetezza ,ho voluto ancora mettere lotto
l’ Occhio d’ ogn’ uno tutto quel male , che.»
potrebbe incontrarfi nell’ abufo della mede-
iìma libertà per indurgli a valerfene con.»
una prudente , e moderata riferva . La dol-
cezza de’ due famofi Direttori dell’animt>
S, Filippo Neri , e S. Francefeo di Sales , m’
C c 2 ha
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4°4
ha fervito di guida per fecondar ièmpre i
quanto fi pofla, 1* inclinazione d’ognuno fen-
za forzar le nature, e render rofpetta lor la.,
-virtìl coll’ obbligargli ad una maniera di vi-
vere audero, e poco accomodato alla condi-
zione , ed alle convenienze di ciafcheduno'.
Ma codedi medefìmi due gran Lumi di Santa
Chielà m’ hanno poi anche ammaedrato
ilabilire ben chiari, ed inpreteribilii confini
delia eridiana modedia, ed invigilarne all*
efatto mantenimento con tale premura, che
mai non ho lalciato d’ efagerare il gran ma-
le, che incontrerebbefi nel trafcorrere fuori
di tali termini ; e non già per fuppofizione.»
ingiuriofa, che altri mai da per farlo, ma per
zelo fola mente , che non cada a veruno in_«
penderò dotto qualunque pretcdo di tentarlo*
li. Mi veggio ancora in obbligo di ren- '
dere la dia didinta giudizia al nodro fecolo »
il codume di cui ho battuto dnora in riguar-
do ad alcuni pochi , i quali amici d’ ufare di
lor libertà appunto fuor del condne d’ una.*
favta moderatezza , pretenderebbon di for-
mare come un nuovo dogma in genere di
Morale . A codedi, nè io, nè chi che dad , cui
prema il decoro della virth,potrà mai accor-
dare un tralcorlb, che fenza contrado è con-
dannabile , e condannato ancora dallo dello
mondo o pii'i favio, o men cattivo . Per altro
non può negard al predente fecolo una lode
ben ampia di cultura in ogni forta d’adorna-
mento
mento affai diflinta j c potendo chiamarfi if
rifloratore di molte belle arti già in gran.»
parte fcadute, od’ adulterate, fpezialmente.*.
dell’ Eloquenza , della volgar Poefìa , e della!
iba vidima Tofcana lingua, che molto debbo-^
no alla noflra celebre Arcadia per lo fludio •’
e premura di cui. ne è ih tutte le Città d’ Ita*.
]ia, e fuori ancora in varie parti rifiorita laj,
gloria,cd in particolare per quel gran luflro*.
che lehan dato nelle infìgni opere loro i no«!
ftri valorofi Compaftori , P Abbate GioanJ-
Mario Crefeimbeni Cuftode, gli'Abbati Mu-’
ratori, Salvini, e Cafbtti, ed i Marchefi Orfi».
cMafFei,col feguìto di tanti altri, che hanno
per le nobili raccolte loro arricchita la Re»,
pubblica Letteraria, d’una pellegriua,e vaflifl
Ifima erudizione.^Così lafciando que’ pochi,i
quali dediti ad un ozio coperto fbtto i pretefii
di:civiltà,edi leggiadria, hanno abbandonati-
gli lìudj, e le.occupazioni cavalerefchc, noo-
può negarli , che non abbia il nofiro fecole»:
partoriti de’ Giovani d’ alto fpirito , che gli
fanno fperare un accrefeimento lipn ordina»/
rio d’ efiimazione, e d’ onoranza fbvra mol»*
ti de’ già |)a(Tati . Il guflo altresì nelle co(e_a
tutte efinifilmb, c ridotto ad una perfezione,
sì grande, che forfè darà a i Poderi, che pen-<
fare, non per avanzarla , ma per. giugnerne'
femplicemente all’ immitazione. Efiendo poi
quedoun frutto de’ fubli mi ingegni , chea»,'
noflri tempi fiorifcono,è manifefto non avev
Cc j rq- '
V
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I
40^.
re il prelente -(eco lo » che invidiare all’ onor.
de’ paflati, mentre, corae-io dicea , fino, a far-
ne-rnvidia, ha faputo negli. huoraini , che in_.
lai vivono, adunare quanto di bello ,di<buo*
no , e di fpirUolb animirolfi divilb ne’ prece*
denti . R itnane folo a chi ha zelo per l’ a van*
zamehto della .virtù l’ augurare' a quei, eh.e_«.
gli forti roho un buono. , ed utile traffico def-
lor tale nei,- acciochc pol7ar;umana Repub*
bièca tirarnefemprevaneaggio, e di fortuna,
e di gloria', e non venir mai a fegno di penr
tirfi d’ avere ottenute della membra., le qua-
li della robu(lezzà,e rpirito'lor naturale abu-,
fandofi , (late le fieno , anzi d’ aggravio-; cKe
d’'appoggio, efoftentamento gloriofo . Pern
ehò ciò non accada èneceflario» che cialche-
' dun'o fi prenda- come a punta d.’onore il proc*.
curarc'dalcanto'luo di vivere ih guiia, ctie_> |
cfTer potefle. egli folo di qualche ornamento
difiinto ài lecolo, in cui nacque., edavefie la>
fama à commendarne le azioni , quando per
impoffibileogni altro , che' vi ve faceffeeofo
da fèppeHrfirnella(cordanzai,-lMè queftaiè già
quaJche.fp0calazione diMetafifica,.ma uh fb*
do-principio di pratica , e vera Morale-, 'pbì^
che dee' prèmere a tutti in particolare, di ren *
derfi coll’ operazioni faggie nell’ avvenire-,»-
degno di lode , quanto premer può inaiali*
linrverfalc di tutti glihuomini , che formano:
le .Città , leProvincie ,, ed i Regni ;• mentre
fe ciafcuno'pe’r la fua'parte hoa'fbmenterà; ia
cuore
1
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, .407
cuore una tale preniura non potrà mai rlfnl-
tarns un tutto lodevole . Tali efler debbo-
no i fentimenti dell’ huomo civile , onefto,e
dabbene , o»nde lafcib fcritto Platone (a~) per
un grande , ed utililTìmo ammacftramento di
tutti: accadere per uh certo dìfordtne della^
natura , che gli buomìni da poco nulla curi»
no qual opinione fia per aver fi di loro in av--
venire: ma quegli , che ottimi fono , far fem^
prete cofe tutte inguifa da meritar fi un buon
nome ne' fecoli futuri appreffo $ viventi .
Tutti, che io ben lo sò , avidi Ibno di gloria ,
ma non la ricercano dove fi dcbbe, a loro ba-
llando, che alcuni pochi , e tal volta un folo ,
o per adulazione , o per interefle , necom-
mendi, qualunque ella fiafi, la condotta: non
bafia i dice Seneca, [b'] per la gloria , e per la
fama, P opinione d' unf.lo i Convien gettar-
ne per fondamentò'un buon capitale di vera,
e collante virtfi, che preflo,o tardi fi guada-
gna P approvazione di .tutti , cflendo un fre-'
gio internò , proprio , 'c durevole di chi l(L^
poffiedé , e degno per quello d- una lode (in-
cera, e perpetua: fé] nell* huomo; conchiud»
Io ftelTo filolbfo , dee lodarfi ciò ; che è fùo i
Egli hàuna bella famiglia, una bella cafctj :
molto feinìnà, molto raccòglie, molto mércan-
teggiaì Niuna di quéfie còfe ì in luì, ma tut-
- ' ‘ ■ Cc" '4. ■ te'
^zyEpcz, fb] Fp. io8. [c] Fp. 41
I • •
c
tc ìntoYTiù (t lut i lodu itt\ cffò Ciò i che ffoftpu^
torfi^ne darfi . ; . . . ^ .
111. Per ultimo compilando quel molto^
che finora difFufamente s* è detto per tratta-
re, come doveva!! , una materia di tantó, pe-
fp,,confidcri il Giovine , e V huomo ancora.^.
prudente,che qui non fi. è pretefo di condan-
nare f uiò della Cònverfazionei e fempre fi è.
replicato; ma di rettificarlo, potendo egli c€^
fer buono, o reòjfecondojche è regolato piu,
qmeno dalla faviezza • AlleMofcheil mie-
cle è vifchio di morte ,;come alla Farfalla il
lume, quantunque ed il miele , ed il lume fie-
no foftanzialmeute buonilTimi • . Può alcuna
volta anche la Conyerfazione per altro one-
lia , favia i e vantaggiofa , efler peflima alP
huomo per gli effetti, che partqrifce ; ma ciò
farà fempre per malizia di Golui,.cheme abu-
fa, efi dilunga da quelle regole , che qui gli
abbiamo prefcritte coffbndamcnto della ra-
gionCydelle Sagre pagine , de^ Santi Padri, e
degli antichi Fiiofofi , dai quali pure, pub
molto impapar.fi • Da ciò debbe dunque rac-
cpglierfi , chè.il converfa’re con qualche fa-
vio timore farà fempre il più forte prefprva-
tivo delP Innocenza ; poiché P.pperar con
audacia, troppo franca non è mai. proprio
deli* huom prudente^ perche mancando ella.,
e iVancndo qual fumo liev§, altro non lafciu^
la ^'^rgogna , cd il danno d* uno sbaglio
tanto rnen compatibile, quanto più volontà*
409
fio: fa temérìtà , diflc Qninto Curzio acuta-
mente , [uj quando ba fatto il fuo primo fcop»
.pìio rimatt fetiza lena , come alcuni animali
.perduto , che hanno /’ aculeo . Il timore è la
cuftodia della virtfij ma bifogna iifarne a do-
lere, e quando, e come , é dove può trovar-
fene giovamento. Vi fono tra gli huomini
alcuni, che. incontrano in guerra a petto nu-
do’Ia morte, e la temono in una tazza di toflì-
*Co ; altri ,.che la. paventano ftranamente ne'
fatti d’arme,e la b.everebbono con franchez-
za in un bicchier.di veleno da gcnerofi. Que-
flo nel genere ancora dèi mero eflerd’£roe_#
non è timore, che meriti gloria,perchè non ò
fondato fulla prudenza, da cui debbonfi tener
fempre in equilibrio le affezioni per volere in
ogni tempo,ed in ogni luògo ciò,che vérame-
tc.ò buono, è per non voler marciò j che fia
aflblutamente.cattivo jquando tali non fòfie-
ro le circoftanze, e del. luogo, e' del. tempo»
che. variaflero la natura di quelle cofe , che .
s’appetifcono per moti vo di gloria. . Venendo
poi cou qu.efto all^ordine della Morale , non_»
fbno'in verun conto (limabili ,■ nè dotati della
vera bontà quegli huomini , che Itemon.la-,
colpa , è;la. fuggono trifolati nelf Ira.» nella
Superbia , nell’ Avarizia , nella .Cola , ed iiij
fbmma in que’ vizj , che troppo vili effendo,
-, . ■ ‘.e dèfor- .
« k « »
’* i
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e, deformi , fi rendono odiofi dafe medèfimi»
e non la temono pofcia , per cagione .d’elèni,
pio , in un difcorfo molle. , ed incitante:, iru,
una pratica giudicata "ci vile, ed innocente^
ma che fia in foflanza mala , c perriiziòfa, nel
conforzio, d’huomini , che riconofeeadofi di
maflìmeiftorte , pure fi amano per le doti lor
naturali ,odi vivezza ,o di galanteria ,o di
finta cordialità ! Qui non ha luogo veruna-,
circoftanza per giuftificare la facilità d’ab-'
bracciarfi conciò, che.è difua.natura cat-
tivo, perchè.il male , moralmente parlando,
dee lempre fuggirli. Il timore addunque, per
cui fi paventa un male o vicino , od immi-
nente , perchè fia faggio , ha da fuggerire , o
la fuga , quando in altra maniera non polTa..
evitarfi il pregiudizio, che Ibvralta ,o mette-
re ranimo ih tale guardia , e difefa , che ad
ogni collo ;proccuri di prefervarfene . Man-
tenendofi guernitol’huomo d’unarme si for-
, te farà Tempre ficuro in qualunque , cimento,
' e giacché a niiino riefee; grave una tal vi-
gilanza Ibvra que’ mali , che riguardano!*
interefle, non sò vedere , come polTa parerlo
trattandofi di que’ vantaggi, , o pericoli, che
toccano lé premure tanto gelofe'dell* anima,
c dell* eterna falvezza; Quantunque nell* ufo
del còhverfarc con diihedichezza non deggia
fupporfi alcun mal pofitivo , non è però egli
sì di fua natura innoceute., che non poita tal
volta ammetterne ancora un grave: ficchè il
timo- .
4» I
timore in chi Io pratica farà fempre tanto
utile, quanto giudo, e la vera maniera, di non
provarne fcapito è appunto il noalafciar mai
.di temerlo ' • .
• •
' IV. Termino quedo Libro con. una per-
fuallva btn doverola a quella gioventh., che
avelTè mai fafferito. di leggerlo Bnoa.quedo
punto , o per lUò divcrtiitiento; , o per genio
di profittarne-. Proccuri- .ognuno de’ Gioiva*
dì d'unir lèmprc-.all’amot; dei divertim.e.ntó
quello ancora. <délla< virth-^jC con propofito, si
riibluto , ed iàvariabile , che. in calo d’aver fi
aperdere o-l’uno , ò.l’altra^ voglia.piùtofló
rimaner privo del primo.- che della feconda^
in'entre a ben. 'riftefitervi ètni&rabile quei piat-
cere , che pùòicofi^ite'iajperidi.ta delia - virth»
onde rendefi. ògiiunoi>.e‘eanaa;I>io j>e ftimab-
bile ■ appreflb degli' huamihij,.i Per afiìcurar.ft
di'quefto' fà. di iinèfticcerKChc; vi.vo) nemaiv
teagàifempre iLGiovihe-'i’araiore. nell’anÌHj.a»
e ne fia.veram.éntc gelofQj.cojned’ua.t-eiòro
il più ricc.o.,;cdi;i pii» grande, che, pofla: mai
poiTederfijlùggéii,do;3d'0gai potere l’errdr di
coloro. ì.i .qm Ir. 6 .'dannò, foli eroente a crederò,
eh.Cinon còn veu gà punto a) l’huom libero., , e
lecoia'rc i^eoituvar, nello fpirito ilTantOifenne
d.eljai wirti\ piirbella ; e più. terfa . Io non ho
mai . pretefò. j che le- perfonedi Mondo , edi
giovani fpezialmente , vivano in tale angu-
ftj.a,».£Ìbie G.ritirbo. adatto da ogni forta .di.d-
vile, e gradevole divertimento per accudir»
' aduna .
'4^2 ., «• 5
ad una IbrtiJgliantfi cultura » cio 'cncndo prò»
prie de’ Spiriti pili perfettiu Non- ho - però
mai faputo- accordargli.il viverne cosi fuor
di penfiero , che fe ne feordino interamente,
c la mirino ‘ Come 'un efercizio contrario del
tutto', ed incompatibile colle; convenienze-j* *
dello flato loro; Debbono effi dunque riguar-
dar la virth Morale , e Crifliana con affetto
particolarei e col; defiderio-d’ arricchirfene_»
avere in Ibmmo pregio ■ le rpirituali ^cofe i e
ouei j che v’attendono i mai non deridendo-
gli folamentc,: ma bramando Tempre ancor
d’immitargli , e fpeffo chiedendone a Dio la^
grazia . Sembra che il viver da.Santonon
fia da tutti attefa l’umana fralezza , benché
éffere lo poffa in verità ,ouando vi fia ^1-
la parte d’ognuno' una aeliberazion rifo-
Juta , e da quella di Dio l’àffiftenza della Tua
grazia . Quando però foffe ancor vero, che
ciò non fpettaffe a tutti , è-ben da;tutti il bra^
mare la Santità ,.nèVha fiacchezza , che pof-
fa affò! ver veruno da un sì giuflo , e sì nobi-
le defidério . Quando poi egli fia vero , ed ar-
dente , ficcòme è il primo incentivo del lanto
^amorcied il primo raggio, del di vin lume,
dicendo; lo Spirito pTÌncìpÌQ
'dèlia' fapteuza i e della 'càrftài\ la bramai
delia ■ disciplina : còsi -può talvolta baflareia
per’
* ' . T .
* , * S/’: . ••«1 . ti» i J ► ‘ • l-' . <
[aj; Sap» 6.
I
per condurre un’anima alle cime piìi alte di
perfezione , e farla fanta fenza quafi,chefo
ne avveggia . E’ veloce di (iia natura il defi-
derio ) onde mai pigra efler non puote quell*
■anima, in cui egli vive , e perciò S. Gregorio
lafciò fcritto Q>') quel gran fentimento, che:
Vantare le fuperiori c^e già è un f altre ììl^
alto . Io dico ciò per coloro , che fvogliati in-
tieramente modrandoil , e come avverfi alle
cofe tutte della pi età, anzi timorofi d’acqui-
ftarla in pregiudizio delle padìoni , fogliono
valerfi per ilcufa d’una certa difficoltà imma-
ginaria , che fembra ad efliì doverfi incontra-
re nel viver divoto , e cridiano , Qual colà-,
mai può penfarfì di piò agevole per confe-
guir la virtù più loda , e più cofpieua , quan-
to il Iblo bramarla , alzandoli vicino a Dio
ilille ali d’un defiderio , che nulla coda di
pena , e nulla reca di nojà ? Per quanto.ad-
dunque lì trovino immerfi nel Mondo il gio-
vine, e l’huom civile, proccurino d’aver Tem-
pre della tenerezza , e della parzialità per le
cofe appartenenti allo fpirito , e confonden-
doli di non elTerlo , lòfpirino. ad ogni mo-
mento di riufeir fanti , che nudrendo una tal
brama di troppo mai non s* attacheranno
alle fciòcchezze'. del Secolo j ed una voIta_
ancora felicemente lo diverranno . Si ricor-
'■ dino
A
IWII !■ pi ■ ■■ ■■ ^
Lià, Maral. \\ '
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^‘4-
<3ino fpefTo , che iti terra fono paffeggieri , e
che farebbe una troppo grande follia iJ per-
dere il diritto all’eterna patria per troppo
afferionarfi ali’efilio, cheo>fi voglia, o nò,
debhe, quando mcn vi fi penfa , lafeiarfi. Non
permettano per quanto amano fé medefimi
■ d’efTere ingannati ad occhio veggente da_k
quelle miferie fteflc , eh e debbono appunto
difingannargli , perche faranno inefcufabili
un giorno al gran tribunale di Dio , fe della-,
infelice qualità loro che può .eflTereùn do-
cumento per abborrirle:, averanno voluto
valerli come d’ un motivo per compiacer-
cene . Rifletteva Plinio , che la benigna na-
tura non permette a’ ferpi l’ulcir dalle tane
loro , le prima non è fiorito ih Fraflino , che
gli è mortifero ,nè che fecchi egli prima, che
tornino cfli a rintana rfi: '(4) , egli,
efclama , benignità della prottvida clemente
naturai Meno certa mente •no'n è fiata coli’
huom'o benigna la Provvidenza nel favorir-
Jò di fpirituali rimedj contra d’ogni veleno,
che' uccider pofla <lo Ipirito ; ma guai a chi
o ne àbufa , o noi cura J Viva’fempre felice-*
chi legge, •
FINE.
- i . . ■
Autori citati nelV Opera:
4I5T
A
S. Agoftino. .
Aidato. '
Aldovrando.
S. Aiwbi^gio,
Arinotele. .
Averroc.
B
Bacone.
S. fiafilio.
fiattifla.
S. Bernardo.
Biante.
S. Brigida.
G
Cafiodoro. •
Catone.
Chilone. .
Cicerone.
Cleobolo.
D
Demetrio Falereo.
Demoftene.
Diego Stella.
E.
Egefippo.
Eliano.
Emmanuel Tefàuro.
Enotro PaIliizio.P.A.
Eraclito.
Erafmo.
Erodoto.
S. Eutimio. .
F
Filone Carpazio.
Filoftrato.
G
Galeno.
Gafparo Scotto.
Gio:Gerfone. ■
GiorPico.
S. Glo; Grifoftomo.
S. Girci amo.-
Giovenale.
S. Gregorio M.
S. Gregorio Nazian*
Zeno.
Guarino.
Guglielmo Abb.
I
Jamblico.
Ippocrate.
S. indoro. . .
liberate.
L .
X-aerzio.
Lampridio..
Lattanzio.
S. Leo*'
/
4^6
S. Leone P. .
Liirio;
M.
Marino.
Marfìlio Ficino.
S.Ma0ìmo.
li Morale di Spagna.
N
Nierimberg,
O
Olao Magno.
Omero,
Orazio, .
Origene.
Oronzio Fineo.
Ovidjo,
P
Pàlermitano,
Patercolo*.
Perfio,
Petrarca.
S. Pier Damiano,
S. PierGrifologo,
Pittaco, . "
Pitfagora,
Platone,
Plauto.
Plinio.
Plotino.
Plutarco,.
Polibio,
' Proclo.'
Prudenzio.'
.9-
Quintiliano. .
Q. Curzio
R
Riccardo di-S. Vit,
tore.
I
Roberto Abbate,
• »
S .
Saliceto.
Saluftio,
Scaligero.
Seneca.
Sidonio Apollinare^
S. Sinefìo.
Socrate. .
Solone.
Speufìppo.
Stobeo.
Svetonio.
T
Tacito.
Signor di Tarrino.
Teodoreto.
Tirfi Lcucafìo. P.
Tertulliano.
T, Livio.
S. Tommalb d*Aqui*
. . PO, .
S, Tom»
DIgilized by Google
V
S. Tommafb di VillaJI
Nuova.
Tommalb Moro., ..
Trimcgifto.
Triteraio. • '
Tucidide.
Tuningio.
417
Valerio -Maflì mo.
Ugone Cardinale.
Tigone di S, Vitto-
re.
DigHized dy Google
IN D I C E
DELLE COSE NOTABILI,
A
ABbandonsmento delF Anima y lagrime*
vole . pag.izS.
.D'Amici falli nel maggior bifognò.' 'J45*
Abbellirli per piacere ar.mcrito è lecito»
quando vi lìa quello folo fine.- 1 95*
Abbigliamento in Donne vecchie, 170.
Abramo, fua-cautela nel facrifizio,- jo6.
Suo rifpetto verlb di Sara. 15
Abigaille cdrregge.i difetti del RèDavide.i o,
Abiineleccojcome rende Sara adAbramo.48,
Abitare in luoghi defòlati grangaHigo. 12.
Abi(i fogliono qualilìcare le Perfonc. ^47.
Abito cattivo , fua forza. 284.
Accademie celebri , loro origine, • 329.
Accafamcnti , quali felici » e quali nò. 45.
Accafamenti degl'Antichi , più felici de'mo-
derni, 42,
, Acciecamento del fenlb.
Accomodarfi agl’altri , come dee farfi. i j.
Accufatordomeltico di tutti, 201.
Achilie creduto prodigiofo da' Greci , per-
chè. ' . 227.
■ ; Acoua
/
419
Acqua delle Fontane, come falc in alto. 310.
Ne’ Pozzi profondi inalterabile. 104.
Acque fulfuree danneggiano il terreno. 2 1 o.
Adulatori apron’ladito alle corrutele. Pr.
Suo ritratto. . 221.
Adulazione di fe medefimo pelTiraa. P^ef.
Agatocle Tiranno di Sicilia Tua modera-
Agevolezza per confeguir la virtii. . 413.
Aghirone uccello , fua proprietà. 63 .
Agitazione oziofa. 276.
S. Agoftinojfuo gaudio dopo la coverfione.3 76,
.Agricoltura dilettevole . 362.
Ajuto reciproco fra i Fratelli, 214.
Albagia collegata coll’Amor proprio./’r, 1 1 .
Albania , fuo Fonte ftravagantc, 2 1 8.
Alellandro amico di lode. Pref.
Getta nel Idafpe il Panegirico d’Ariftobo-
, lo, perchè? , P^ff^
Uccide Clito , perchè ? , 92,
Sua temerità felice . .131,
Alfonfo Rè d’ Aragona » filo detto circa i Li-
. bri. . Praf, .
Alienazione ,c difamore tra i Congiunti, fua
Di non conofeere il male.
Di fe medefìmo , dannofa.
Affabilità , fila forza.
Affettazione odiofa.
Di troppo genio.
zione .
S . Agatone fuo ftudio per tacere
61.
origine.
D d *
420
Allegrezza vera di due fpczie, fomma di con-
feguire , e poffedere Dio. 376.
Vanainftabile . 377
Di cuore , e d’occhi . 377
Di chi batte le vie della Virtù. 361
De’cattivi, diverfa da quella de’buoni.373
Di libertà , quanto biafimevole. 46
AltareinTarragona cretto adAugufto.
Altari , e Sagrifizj accettati dagl’lmperadori
di Roma , e perchè ? fref.
Alterezza , fue cagioni . 348.
Amar le cofe celefti è lò lleflb,che lalir-
vi. 4*?;
Ambizione , ed amor proprio , ricuoprono i
vizj . 6.
Odia gl’Emoli . 348.
Amicizia tra Dio, e l’hiiomo vera , e fua ori-
gine. 390.
Quella , che apparifee nel Cane , cofa fia.
109.
Fondata sfila fede reciproca. 237.
Moh falva dalle derifioni i viziofi. 263.
Vera è durevole- 3*7*
Amiciziaconunlòlo,conimiciziaveruno.328.
Suoi tre atti. 340.
Quella, che termina, non fumai amici-
zia..
- Sue prove grandi.
Amici non fono mai piccioli.
• Leali. .
Loro coflanza
< 4
346.
389.
19.
390-
391.
Vaip,
Falfi. ;
Veri t amano in ogni tempo.
Loro qualità .
. Di fortuna .
Trovati a cafo ,di rado buoni.
Loro diibnizione.
Amor Platonico, Tua opinione eraminata.65^.
Quando ingiufto . 66.
Tra le perfone di flato un libero , perico-
lofo . 68.
Amore , come difficile a regolarli , anche nei
421
109.'
342-
1 1 1.
209.
1 1 1.
222.
precetto d’amare il Proffimo.
Scaltro , ma facile a conofeerfi.
Delle cofe belle è equivoco.
Smoderato de’ piaceri , fuo danno.
Alla virtù ingenito.
Proprio , quando fcufabilc.
Suo flipendio .
Vano del Proffimo.
D’occhio diverfo da quel del cuore.
Terreno , qualità. ‘
Sregolato de’ Figli.
• facilita ogni imprelà. ‘
Del divertimento , s’unifca a quello della
virtù . •• • AI I,
Amorevolezza paterna quanto foave. jPr.
AnalTagora fua opinione intorno airEcclilli
■ del Sole. ' Fref.
Angelo può divenir ognuno per virtù. • 42.
Angcrona Dea del difpiacerc. 299.
^Anima invariabile^ ■
P d 4 Fe-
70.
122.
166.
248.
260.
298^
S‘3-
343*
■346.
39i‘
355-
39 1-
• 422
Reeolata intenormente dalla Prudenza I
Sua fuperiorità in riguardo al Corpo. 40.'
Sua rovina dal poco. 59.
, per effa meno fi fà , che pel Corpo.- 275.
Anima , e Corpo, come debba il favio. pre-
. feindere dall’uno , per amar l’altn. 68»
, Sua fantiiicazione. J68*
Anime unite a Dio, fuo gaudio. 375*
Antipatia. ■ 21.
Apoftolato fegreto. . 2 15.
Apparenza fenza foftanza. J47.
Per fàlvarla tal volta fi patilee». 1 88.
Non può fondare un retto giudizio. Pr.
Applicazione alle feienze creduta difdicc.»
. yolc. 28.
Aquile lor caccia de’ Corvi. 70*
Arcadia , fuo incominciamento , e lode. ^29.
Archelao , come fgrida.là Figlia. 8j.
Archimede , fua fmoderata. allegrezza per la
, cognizione. 100.
Architettura , fuo errore. 170.
Aria , come faccia armonia. • . ,ioi.
Arianna’, f^voloib. , , . 174.
Armonia infernale. 155.
Artabano , fua imprudenza. 22.
Arte dell’arti quale ? ; : 19*
Di faperfi far defidcrare. 95.
, Supplifce alla natura . ; . , • •• ■ I08.
' ,, Di provezare.il, Vento-. .■ , • , 216.
. Di formarfi la b eatitudinein terra. 595.
' - . : Ar-
Artefici , come fbggono la pena dèi trava-
. S7-
Arti , non debbono riprovarfi fecondo Pla-
tone.
Cavallerefche decadute . 2^6.
AlTalone,fuequalità . . 262.
Affjendio Citarifta .
Afprezza fmoderata verfo i figli. ^84.
Aftuzia fanta , qual fia. i<5.
Ateniefi , lor Deità feonofeiutap 1 j4.
Attaccamento ad oggetti particolari , dan-
noib. jj/
Audacia lodevole, '• - io.
Nociva. I iQ^
Augudo t lua grande accortezza. Pr,
SuoBanch etto condannato da’Romani. 188.
loo.
60. ;
SS3-:
^75-
77--
# • •
ivi'
■ 78-r
166.-
184.,
185."
4>8
- Suo Anello,
Avidità di parlare , fuo pericolo. *'> '
Drfapere.
Autorità fiiol partorire franchezza/^'
Avvenenza perduta , fuoi effetti.'
• Suo pregio •
• Sua Pefte.
Adulata . .
Artifiziofà
Naturale . ■
Avverfione alla pietà, -r-a*
Azioni mifte ,& ambigue , qiial giudizio^ ri--
cerchino per effer giudicate . Pref.
Non fon lecite per effere di molti. ivi •
5<!i2lificate dal fine. 0^,
5 4. 4 Effer-
DIgHized by Google
4«4 .
,, Efterne dipendono dal giudizio.altriii. 4^.'*
Oziofe , quali. ^17,
. Sante, debbono farfi con cautela, jo6.‘
B
BEIlezza , come.dee riguardarfi. 74.
Fortificata dairArte;
Infima qualità di tutte le cofe. i66.
Dell’animo , vera . ; , ...ivi
Bene apprefo per vantaggiofo ,ii abbraccia
^ come il male creduto utile.. . /’r.
Non cercato , fi perde.
“ Vero, come fi fcuopra . , . .•27.'
« . ^ ^ leva il pregio, .d’ogn’. altro bene.
. . . 39S*
Benedizione degli accalàmcnti, .•
Benefattore , imiti il Sole. ; »i78.
Beneficenza , fuo temperamento, , ; ‘ 2o8.-
Sua qualità . ^ .341...
Benefizio , acquila padronanza ifovra-chi lo
riceve.' ' 217.
Benevolenza .- 246.
De’ fanciulli. 5^47»
Bontà forzata, quale ? ' . -->174.
Cafuale. , .2oi.'
B/àma d’imitar Crifio.- ; ,7: 36©.
D’imitare i buoni. ’• •; r,; • . . 41 2.
Bruti , e Fiere di.vengono . manlttete cobeon,-
. iqrzio. . r - ; .. 'gj.
I . ; b C • Come
i
Digilized by
. . , 425 ■
Come operano per imprefljon de' fan-
. tafmi. -, 55*
. Perchè abbiano la cognizione della Botta'-
nica. ■ - ' - ' _ 3*3'’
Bugia, c verità alle volte non fi diftiaguono.
" •'
Buoni ,cofa farebbono diftinti da'cattivi- , 2 .
Operar bene.peramorei’ •
1 -
G
C
.j
Accia degli uccelli di fiuolo. V • ' 295*
Calamita , e ferro, loro'proprietà. ■;■••• ---Só.
..Coperta-. ■ • ' ' ■ fgb.
. Come tiraiil ferro .
, .Suo impedimento per rivolgerfi allaTTfa-
. . . montana. ' ' y i
. ' Comcopera nelle borrafcHé di -Mare. •219*'
Camaleonte, fua proprietà.
.•Come cangia-colore,'
Cani d’Egitto come bevono àl-Nilo'.' < <- -- ' S Ì »
. .Quello di Dario. • - '• ' ‘ .^^9*,
. .Quello di Praflìtcl'e. '■! - ^ •• • -' jvi;
Cannocchiale , fuo ufo. - i ‘^99^
Cantare a fe medcfimo ,' prc>vcrbi0 ahtfcò.
. .. ;• t » • ' ••• '•305#
Cantatriciv-; ' ' ; l;.’';-’-.'.'
Gàparbierìa , dee fuggirli < ' • •/ ...
Capi di cafa , che fan da Catoni^ j c ua *Sta^
.•tifti. . . - ■-S8.
. * 1 X^oro
y »
i
4 2 5,
Loro fpenfieratezzadannofaiL . 2oj.
• Sono il Capitale de’ domeftici. 206.
Loro coftanza abbattuta , da chi? • 2^5:.
Capitani loro accortezza nel riconofcere il
■ Terreno* i--. 129.
Caritàiaccelàjcrefce nelle azioni efternc.374.
. Inieparabile dal fuó divino oggetto. 391.
:Converte in fuo alimento ogni cofa. 392*
Catena viziofa di paflatempi. 90*
Cattivi , incapaci di mantener la concordia.
S4S>
179.
®4J*
*59»
179.
227.
IVI
323,
Simili alle Nottole .
Prevalgono > . Perchè fono ì più. ..
Più numerofi de’, buoni ... ■ . .
Come fi fiiggono fenza fuggirgli. .
Strage, che ^no dell’Innocenza,
loro virtù finte., :
. -Incapaci d’amicizia .
Catone j.fua naturalezza nell’ operar bene.
Cattolico , fuo vero efler d’Eroe.: . . ^ 143 .
Cavallo , fua ;ambiaione , quando, célfa? 1 45»
.Sua qualità fi conofee dal mantello. 151.
Caufidico di Marziale , dorilo. .1 ■ 170.
Celidonia , erba utile alle Rondini; aas'*
Cenfùra nafee ^all’ignoranza. .. > . 1.17.-
Cenlurare altri , odiolb* ivi.
Cerchio , ufo moderno delle Donne. 164.
Cervi perfeguitati da’ Cani > fi rico verano in
.;feno.air,huomo.., . : ; 320.
. Suo fino odorato • , , 1 24,
Chielo
. ■ 427
Chiefe |irofanate per le modci 1 97^
Chimici « ' 874
Chirurgi mal pratici . 1 88*
Diffidenti pofTono cagionare, che le pia-
ghe divengan cancrene. Pref.
Cibi varj , anche ottimi , alle volte nocivi.
. . 4. . . • ■
Ciechi di malizia. 106.
Tra colè vaghe ridono, nè fan perché. 35^.
Cieli , fuo giro « * 14.
Sua mirabile ordinanza. 56.
Cinofura, utile a’ naviganti. 324.
Cirooftanze variano gli oggetti. 409.
Città , lor vantaggio. 55.
ogg* fi lodano per le glorie paflate. 277.
Civiltà ILifpetta. 157.
Cleopatra rovina di M. Antonio. 261.
Cleope Ré d’Egitto, ftia infame induRria. 209.
Climi barbari , lor pregiudizio. i
£uonl lor vantaggio . 124.
CoCodrilli ajutati dal Regolo . ^4.'
- Si lafciano divorare da un piCciolo ànima*
letto 79. •
Cognizione del proprio debole. 254.
Di fe ftelTo . 100. ■
Porta al conofcimento di Dio. io
Degli altri , utiliffima 4 109.
Quando é inutile. 262.
Colonne , e guglie , quando più filmate? 1 1
Coip'n.didli fià fofpettar di fe flelfo. 147.
Colpe non temono i rimproveri. Pt.
' - ■ ' ) Co-
<~
42B . .
Comete , curiofiti > che muovono nell^appa-
rirc. 95*
Commociità domsflica. 271,
Comparfe ridicole . 349*
Compafibfuo motoi ' 79*
Compiacenza di fe medefimo, dannofa. 4.
Vana , leva il pregio al bello. 167.
Complcfìfioni , fi guafiano per l’aria. 121.
Corapoftezza criiliana . 356.
Commtinicazione, rende fóave il bene. 1 2.
Conccttofi, e faceti , facili a dare in fcioc-
‘chezza. 62.
Conchiglia, mirabilmente provveduta dalla
natura . 34*
Quando partorifee più facilmente. 1 08.
Abbortifee nelle borrafehe.
Concordia, domcfiica dipededalleDonne. 82.
Quando nociva all’amore. 85.
Suoi effetti. ij.
Effetto della Virth . ivi
Condanna peggiore delle altrui azioni , qual
fia. ' 17.
Condifeendenza dannofà Vref.
fomenta le palfioni . 508.
Confcflbri debbono unirli a’f redieatori per
la codanna delle cattiveConverfazioni.30.
Confronto delle cofe brutte , giova alle mea
belle . 1 66.
Confufione de’ fiati, originata dal Lu(To.j47«
Del vero , e del falfo. fref.
Congiunti ; poco tra fe concordi. 345<
' ’ ■ Con *
529
Congiunture preziofe , perdute 'a bella po-
fta. ^ ^ 40J.
Conjugati , tutto abbiano comune . 224.
Come padroni reciprocamente l’uno dell’
altro. 67.
Configlio , (ho giovamento 1 ^5.
11 chiederlo , par viltà. ^ 1
Confòrti fedeli . 86.
Confuetudine , toglie il maravigliofo alle_«
cofe. 317.
Contaggio y filo rimedio ò la fuga. 1 78.
Contemplativo fiia trasformazione. 369.
Contemplazione , fuo vantaggio . ^64.
Continenza fenza merito y quale, 268.
Contragcnio trai Conjugati , d’ onde ven-
ga. 84.
Convenienza del converfare dimoflrata dal
Creatore . 12.
Modefla di feguir l’ufo. . 19^.
Alle volte dannofa . 127.
Quando biafimevole ? 205.
Converfare feco flefib, cofa fla. 98.
Converfàzioni , talora non hanno altro ma-
le, che quello dell’altrui finifiro giudizio.
Pref.
De’ Nobili , condannate a torto. ivi
Non proibite da Criflo , anzi da Lui favo-
rite. 9.
Di Donne onefle , a chi necelTarie? ivi
21.
Sofpette , quali ?
Sgridate da’pulpiti inutilmente. 29
Quan-
•' f 4?i
Crifto , chiama a fe vicine le pcrlbne piu ca-
Tentato nel Deferto , e nell’Orto. 366-
Perduto nella moltitudine . 370.
Croce in ogni ftato . joo.
Cultura dell’Animo , fuo piacere . 362,
Civile eccedente , pregiudiziale all’Inno-
cenza • 242^
Cuore , come ubbidiente ne’ fuoi moti. 56.
Non guieta , che in Dio . 392.
Cuori pieni di corruttele , non fon (empre_»
incapaci della virtù. fref.
Pieghevoli , benehzio, della Natura, ivi
Limpidi.
Buoni, fiioi indizj.
Pieghevoli troppo , non fon buoni,
Curiofità , principio del fapere.
Propria delle Donne.
Fomentata.
22.
165.
171.
333'
200,
D
D
* Abbenaggine ridicola , e ftupida. 15^0.
Davide inconfolabile depo il peccato. 386,
Debolezza propria non dee fgomentare il fa -
vip . . Pref.
Difpirito, - 258.
Incompatibile colla virtù. 258,
Decihone de’ Legifti circa il danno dato. 1 49.
Deliberazioni lente, oiù ficuirc, • 159.
De-
'X
452 ,
Demonio povcrifìTnno. ’ ' . 255.
Replica gli alTalimcnti , quando più teme.
' . . • 367*
Dcrifionc delle niaflìme favie. 556.
Dcfidcrj, fpefl'o uniti col guardo. 8.
Della buona fama., debbono averli. 406.
Della virtù , poflbno condurre alla perfe-
zione . ' 4*5*
Dellrezza di colpire, coprendo la mano.2i6.
Sue maffime {torte .
337-
168.
185.
ivi
Fr.
.8.
344
304-
309.
• •
IVI
Diamante , rilplcnde allo feuro.
Diana , celebre in Arles.
Suo finto voto di pudicicia.
Sua Itatua in Sicilia .
Difefa della licenza , abbominévole.
Difetto grande , efier fenza difetti.
Difficoltà d’ottener piacere.
Diffidenza di fe itefTò.
Digiuno , fuo vigore .
Di mente , più perfetto.
Diligenza fatta per non errare , più fcufabilc
rende l’errore. ( ’ '132.
Mancante nel poco. 236.
Dina , d’ onde s’ originafle la Tua difgrazia.
. .. . .*54-
Dionigio Eracleotc , fuo difinganno circa il ,
dolore. 159. ‘
Tiranno di Siracufa , fua Ainia dc’Dotti.
315* I
. .. !
Difàmpfe tra’ Coniugati .
Difgordia , effetto del vizio.
221
Difim-
I
• «
Difimpàrare il male , più difficile , che rap-
prendere il bene , ■ 284.
Difinganno venuto dal godimento Iperimen,
tale d’alcuna oofa. 25.
Difordine del converfare , può eflere comu-
■ nc a tutti.: . Pref.ts,.
Di lib.ertà , conofciuto da molti. 22.
. Si corregge facilmente quando fi vede. 45, '
, Spaventofo.' 557/
Difppe'g io', come fi compri . 116.
Diffimulazione, alle volte neceflaria,
Diflblutezza, germoglia facilmente. 176Ì
Dittamo cohtraveleiio . • 3o4*
Divorzi fcgreti ; . t;57*
Dolcezza tròppo compiacete, pèrniziola. 21 1.
Interna rende amaro l’efterno.' 396. **
Dolore di compunzione , dolce. 365. '
Donne di fua natura critiche , c libere nel ri-
, prudere-. , io:
Pocolavvenétijlafciate fenza corteggio.75:.
Altrui, con qual riferva debbono trattarfi.
Soggettate all’huomp da Dio. I4i*
Sua diffinizione . ' . • ■ ' ijj,
• Loro difetti attribuifeonfi a"* mariti.. .178.
• Donnadanno.' ' i6r.
.Meno Ipiritòfe , più.ficufe da praticarli.
■ * . ■ ' ' ^ • ibi.
Che fanda làpute. ' ^162.,’
Attempate favie , profitto nel particolare.
- 169.
È e . Attcm-
«
( »
/
•> » * •
Attempate feorrett'e, pih, noce voli , che le
Giovani favie . ^
Vane,sbeffatc» ' • '
Suo vantaggio nell’ Ubbidire, all* huomo.
' ' 22$r
* pi ipirito , fuo fentiinénto circa alla facili-
■; tà di promettere. . ..
' Saggic i quali ? • ' '/ . *
Praghi , lor gemma nel capo.
‘ 3i manifeftano d? f? col fetore, z6jt
' • ^
3?9-
l68.
39-
A ’ •-
»• f h %
E
Braifitio, fua rovina, .
jcbrei , lor cautela circa le Donne»
EcclHTe del Sole , non h In Lui
Z9J.
Pr. 6*
Ofler’vafi la prima volta con iftupore,
Économia •
-Educazione infelice nell’efito.
; Scaduta > fuòi effetti.
• Èiefante uccifo da Aleflandro,
VQneilo d’ Antioco,
; ■ ' J>erchè tardi tanto a nafcèrc,
' Atterrito dal -Topp,, . , ,
Alla fua cute eadonó i dardil
- Eli, Cuogaftigo peri figjù . ,
Efeuventi 'Uguali perfezionano u n^uto. lyS*
’ Empio protervo , ed infoiente,. : rr.38.
i^on fa male talvolta per timpr della pana.
• , -v • ■- ■ • , ■ 5»b.
: ■ ' ■ ■ ■ Epa-
4S*
276.
353-
fr. Z7*
54*
’ 3*6.
235-
Pr.z<j.
205.
^ I ♦
/
Epaminonda , fila cuftpdia de^ Cittadini. zo6,
Eraclito } Tua opinione circa l’amicizia. 332 ;
Erba paretaria, ■ ?6o,
•Erbe cattive , crefeono fenza cultura. 121.
Ermellino, fua nettezza. 75-» >
Erode , Tuo convito (àgrilpgp. ^
Efàme interno, utile,. . “ ' . g2o.
Efccuzione precipitofa , propri;i de’ Barbari.
*59.
Efempto , dee darfi d#’ Capi di Cafa.
.Scuola e^ìcace.
Altrui , dee feguirfi , quando ? "
Pe’migliori,ottinjo.;
Efler d’Eroc, quando .fofpetto? .
Eflremi di ferietà , C di facezia.
Èva tradita , [
Evidenza fmentita da molti. .
Ezechicllo , fua apertura nella paréte, del
Tempio. ^ .
2?8
.29*?
124'.
.*45*
80.
p*ss.'
.rr.23.
I
F
' 4
Abulia derifa da Marziale. . .
Facilità d’effer .cattivo. . .’ 178.
P’ottenerle, fedita la cupidigia delle pofe^
• .-.5 *^»
pi prometter tutto , . .. ^ 358*
Di piegar l’indole da principio. " .• jjjy.
Familiarità circofpetta . ' - 58.
Fanciulli^ perchè più aiiimofi. Pf- 42, .
£ e . 2 '^ Cov-
>■'
j
Digltlzed by Google
;
4
r '
f .
À •
y Come fcioccàmcnte fi payonéggiano per
■ le azioni' loro;
Fatica dolce nella Morale.
Non fi fogge dal Valorófo.'-
Fede come dirigga l’intenzióne.
. Tra i Conjugati reciproca .
■; £’ coftanza nclPavVerfità.
Forza del filo lume. •
Felicità de’ Bruti in che. confifta. ,
peli’ Amico dee próccurarfi. . .
V Del Mondo perniziofa., • ' ; V ’
' Férmezza del favio. ;
, Fiàccola in vetro appannato .
Fiato attacca le malattie.
Fico non fa fióri.
Fidanza dannofa a’ Capi di Cafa. • _ ,
Fidia , fuo aniore verfo'Agaróntc Parlò. J44.
. Fiducia vana. ' ‘ _ ijz.
FierCj perchè non amano la Compagnia. ' 2.
Figli piccioli , condurli.; alla converfazione,
.252.
67.
' 282.
S7S-
•186.
37-
47-
282.
FU
3
40.
s8o.
■ 37-
.239*
J41.
27.
37-
343-
370*
2^.
■280.
178.
339*
227.
/ I
giova a calo. .
, Figliuol Prodigo. -
Filantia , o amor proprio^ .
€. plippo Neri foa dolcezza .’ ' ; ;
■ Sua Santitàin mezzo al Secolo .' '
Filómànzia preflb Plauto..
Filqfofia delle Gale.
Firiódirigge le azioni. ;
. .blamente pregevolé,’-
• Ì)eé;femprc riguardarfi»
* !
... i « ' J .1 '1
.» .» * • , '
Ti|||itizetfty Goògle*
\ ^ \ P" • >
' ;
Finezza fenza fincerità. -
Fonti, e loro qualità partecipate dalle Mi-
niere . 24^
Forza acquiftata dalla Gjmpagnia. j j,
S. Francefco di Saks , fua dolcezza. 403.
Franchezza originata dal difetto di rifleflìo-
hc. Fref.4S-:
Sicura; - 5?. _
Fulmini fóliti di ferire i luoghi piìi eminenti.,.
, . . Pref.iz»,
Frutti fepara ti ,confenranfi. 94*.
Fuoco, d*5dca»pàrifce meglio la lira attività. 5 5 .
.. . vj , ' V-
G
Alanterla, fuo dirpendio. 249.,
Galantuomo, titolò allc volte profanato. 205Ì
Gale donnefche in ogni età. 26.
Eccedenti, pericòlofe . , i8c'.
Talora fcuoprono i difetti .. • 187*
Gaftighi di Dio , perchè vengono. 24J
Della perduta innocenza ,. ■ 247.
Spcgiati, irritarmento della Divina Giu«
.fìizia . „ 292,
Gaftigo giovevole . , . ■. ■
Terribile.della colpa d’Adamo. . 514'
Gaudio interno , traluce ipelTo nel volto di
chilogode. ' ». 3664
Gclqfia fuoi pelljmi effetti . 1.51.
Di viver (ano , vinta dal piacer di viver, li-
bero. ■ . . 274.'
E é z / Per
!
0 >
, r
V • '
’ ' Per la cuftbdia della virtù. ,
Genio di corteggi, indizio di leggeìfezia. 1 66,
Genitori * qual’amor aver deggino pcriFi-
- ’ gliuoli. ‘
Gentili, iiio errore éi rea l’intenzione^ 37^
Geografia , ignorata da molti . |
Giacobbe , fua fcala w ^ 7^*
Giganti jfua guerra favolofa col Cielo^ J j i<
. Giglio difefo dalle fpinc; ^
Giobbe ifuo patto co‘ proprj òcchi • . 7*
Giuoco , lua forza . ’ . i2i.
Gio: Man Crefeimbèni j lino de* eominòiato-
rid’Arcadia< ? . I29»
Giòna gettato iri Mare , perchè? 1 zS.
Gionata , quaiido fi moftrò amico di Davide*
... ; ' ■ ■ ' 3‘42-
Gioventh difapplicata j pericololà< 28*
Dee piegarli prefto al bene. 225.
• Dedita fe'mprè pih al male, che albéné.z29.
Giro curiòfo di Dotine^ ’■ ■' y . 8ò*.
. • Giuda traditore, nè purécol perttimentd pub
f • trovar lode. , ; • V
Giudice j fliUno è buono in propria dàufa. 6<
Ogn^uno di fe fteflb . ' ’ 267.
■ Giudittaifuafaviezzanell’ahbellirfi.. 194.
, ' GiùftiziaùmatìaifUpplita dalla Divina. •213.
• *- Infegriàta da CriftòV - ' . ‘
Giudizio degl’huomini per lo più difeenden*
- "te dall’Apparenza i " . 147.
Gloria rapita a chi fcl’è guadagnata.- • g 44.
•'.Non fi cerfa dove pub trova rfii '4q7<
■ . ■ GodU
y -- — * _
"itizcd by Google
\
* f
. .. . • .439*
Godimenti imperfetti fenzà compagnia. 1 2.' ;
Godimento del Mondò » come dee regolar-.. '
■fu
Suo modo* . 80*
Gorgon] *• ' 170*-
Grazia jfuà ileceflità * 144*
Greci , loro rifpetto ; ‘ 182*
Guadagno infelice. 210*
H
' # > , •
H Uomini autorevoli non debbono farli.
lecito ciò, eh e è contrario alle' leggi. 56.-
■ Àjl’antica migliori. ' > ^37*.
Buoni , Come diflinti da^cattivi. • 5:4* ■ ,
Di cuor buono, quali;'!' ,J5!9<
Dabbene , lor ficu rezza * 09*
Dotti , per' lo più lafciati foli* • •42* >
Di finezza, lor {lento . .271*
> Nati liberi . : . • 140.
Sfrenati , f» credònó Continenti perchè ?
Pref. '
. Spintoli j più contenuti . ivi
Spintoli , loro faviezza. ■ 35**
• Valorofi i perchè in oggi si rari? ’ 277. ^
Huomo i il faggio come dee regolarli t quan-
' do è lodato. . Pr.iS».
‘ Abile diviene col còmmcrziodcgl’altri.^4.
'• Impara dall*altr’huomo. ► 2;
E* lociabile ; ' • ■
' Co ine diftintp da* òrtlti nelfoperìire. ' $.j.
* ' - . E c 4 \ ID-
\ .
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• f - -w*'
'44^^
I
•» 'w
«
r % - • 4 ,
IDDIO , come gode nella folitudine, . 2,
Ritirata da lui dannófà. j2g.
, Immobile , ed invariabile . , . 289.,
Non abbandona veruno , fé prima none
abbandonato . iyj
‘ Non ha parzialità. ■ . .
In due maniere fi piuò perdere « 569.
Tutto penetra . •'
: Nel cuòre , còme s^ihtendé, ' ^ 387.
Idol atria, moderna ; ■ ; .
De’ Giudei nel deferto y fua cagione. 9 1 .
Idropici; ► 252.
jeu , fua deftrezza per atterrare i’Idolo fiiu
Ignoranza di fe fteffo . , loò.
Ilarità , quando pih limabile ; 1 15.
Imitazione dall’altilui altrui coftume . loò.
Impeccabilità fuppofta malamente . Pr. 1 7,
Impedimenti, maggiori del bene debbonfi pi*
gliar di mira dal (àggio per levargli . ^65.
Imperadori di Roma , come fedotti dall’adu-
•lazione. • - • Pr. iq.
Impoflibilc par fulTiftente , fe non efamìna.
* . \ Prgf.z^.
ineendj crèlcono col vento, 37S*
nc Illazione può éfler fofpcttà.. 12*.
Indifferenza , alle volate cattiva,. < , i 7 1 .
. Dannevole. . ’ 305.
eli.'
•^4 -N.
« • • ►
Ini
V
«
DIgilized dy Google
- /
441
Indifcretezza , di voler abolire tutte le Cour O
M verfazioni . ' Fr. 9*
Indifcretò non è chi accorda il poflibilc,proi-
bendo folo ciò , che non dee farli. Fr.^o .
Induftria , colpevole. ’ .
infelicità fomma , quale ? ^
Infermi > che non fentono.il nislc*
Infermità , loro principi.
Infermo , come foggetto al Medico.
Cronico , fuo motto graziole. -
Inganno , facile nelle cerfe dilettevoli.
Ingordigia i d’oode nafca . ..
Innefli mirabili.
Z08.
286.
287»
12.1.
40.-
327:
312.
5^2
217.
Innocenza , fua debolezza dopo.il primo pec-?
cato .
Perduta per rifpetto . ,< •
Sua ficurezza .
Intelletto fuo grave difordinc.
Sua difgrazia . , ■
Intelligenza , gioconda . . ■ ^
Intemperanza .
Intenzione , buona non Tempre balla.
Invidia , tra le Donne per la bellezza..
Oppofta alla benevolenza.
176.
J95-
299:
35»*
332.
.9°*-
» 47f.
167.
.342
Ifocrate 1 voleva i buonldiftinti da'càttivi. 2.
’ I \
t %
U.
♦ ,
« >
;
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.. 1
(
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!
^ T J Adri ^nieftid-, più nocivi. ' • 204/
' Languidezza cAcrna , indizio di itialc inter-'
no- ■ ) 288*
LatoS , alberò , fué qualità - - - 40-
Lecito non è Tempre' ciò> che fì fò da molti .
' . .. : . Pref.ii,
• leggerei talora più' ùtile jché l’afcoltare.
* ■ ■ . Pref.^^.
■ Divina j più difcfeta i òhe non quella^
della finezza. ' - 274.
Sempre debbé averli prefente. 309.
'• Degli £brei< circa il traveftirfi l’huofno da
, dontiaiCla Dònna dàhiiomo. 154.
Della Moglie, è il. cofiùme del Marito. 155.
Leggi fimili alle tele de’ Ragni.' • 55.
■ Leggiadria alle volte nociva àll’Ónòre. 258.
' , ' Legioni Ungare i come fedate- nell’ ammuti-
namento da Tiberio 16.
'LegiAi,lor deCiliOne circa al dannò dato. 149.
- Legno della S. CroCé, Tua forza . . 308.
. . Lentezza di riparo , lo rende inutile . 227,
'LeAezzà della Gioventù mòdernà , fùc ca-
gióni. , 353.
Libei'tà di converlàrè nociva, quando^ 66.
Kou autorizza le colpe.
D’efaminarfi la Moraleda-tutti 4. 356.
E’.privilegio deirhtlomq. 403.
Perduta , Tempre fi cerca . . 1 40.
■ D’ar-
• - •
4
44? '
' D’arbitrio'^ . > ^ i^o.-
liberale mifurato . . -Tzoy*
licenza di converlai'é , d’onde nafee? Pt‘ii'y.
i4S-.
52.
5:4*
372‘
73-
30S
limofina fegreta , pifi perfetta
lingua perchè data all’huomoé
iione fua gcne^ofità quando manca.-
Suo timore dello Scorpione ^ ■
Quello di Domiziano <
• Dornie ad occhi aperti .
•Coronato <
'Morto c in fintato < , ^ ^
lodare fi debbe ognuno per quello, che è’ .
fuo *' ' • ' _ ■ 4°7’
lode induce ruppófizioùe d’innoCénza./’r.aS.
Quella , che fa migliore di quanto uno fia,
fton dee gradirli; ; . ' .
■‘De’ difetti, dee ricufarfi; ■ .
Falfa ,*iOri fa lodevole , nà innocente chi
• ‘ U riceve . ■ ' A ' ‘ i'^i
Quella j che toglie l’elfer lodevole;- 15.
lòmbardia , motto piccante a chi né igno-!
^ rava le qualità < .. , ' ’ ■ ?3 •*
lotte , fua fuga dalla- patria / 127:
luce odiata da Chi ? 291.
l'iicrezia Romàna*; zóS.
lume prefo dagli altri , non fempré giova.
':lnternO ,-ficuro ; . ' •vi,
Funefio alla' Farfalla - ' " - • ■ • 408.
tuhaoppofta al Sole j càgitìiia sbaglio circa
M’eCcliire « • • • - 6é
V ; ■ ■ - Suo
. «
i *
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•444
Suo corfo breve .
Perle non rL, .
• Qu andò r erta dèi tutto. ecclilTata ?
. Piìiluclda nel Novilunio,.pCrchè ?
J.ufTo,ftiodifpendio . i, . .
Fra le miferie..
■ Pregiudiziale a’ Poveri.
Dèi Volgo. ' • ■ . ' .
Inutile. ^ .
■ Sua rea intenzióne..
Lutero derilb da TommafoMorp.
■ ^02^
. IL4?
188.
189.
191.
. 237.
191.
. 24?-
* • ’ ' • *
Ti /f Achilie idrauliche rendono Tacqua piìi
J\(Jt utilè. 3^*
Macedonj, loro adulazione adAleflaq^ro. 136.
Maddalena lodata da Grillo . ' ' l’
Marlabar : fuo albero maraviglipfo*. ,
Malattia di .pirite . - .• , 322»
Male delle Converl’azioni alle volte non e m
elTe , ma in che le mira . ?♦'
Fatto legge per ufo . .
. Non dee difenderli, ma curarfi. * , i vi 35.
Creduto leggiero è peggiore.. ivi 2^..
AlTai grave , crederfi più perfetto .
: Stoltczza dMncohtrarlo a bella polla, 140»
. Interno da chi lo foffre non fi fente» aS8^
Dee.fuggirli dovunque fia.., »7^*
Come fi permetta <u Dio'. 245.
Poli-
t
445
Pofitivoi per nìuna circoftanza può vo-
• Icrfi. ■ ' lo. *■
Malinconia particolare . 240.
Malizia oppofla alla Prudenza. Pr.
• Non c nel cònverfar male per difetto d’ilif
■ ledìone. • ivi 46.
■ De* Cattivi , di peccare > quando il Mondo
• -non vede .'I 38
MaliziofìjC critici fìngono il male, dove non è.
■ . . *.
Manu'oodiatc uccelli , loro caccia. ’ 1 1^
Meraviglia fmoderata nocevole. 174.
Marc’ Antonio , fua rovina d’onde? 261.
Mare , chi ' non l’ha più veduto , non può fu-
• ' ziarfi di mirarlo . • ", 317.
'Mariti , còme han da precedere alle Mogli.
Pòlfono; arguire ciò , che fi fa nelle cafe_*
loro , da quello , che elfi fanno nelle cafe
• altrui . ■ ■ i^.
Martìri loro godimento nelle pene d’onde^
• veniffe . • ma.
Maflìmo de’ Nobili perdo più ibno corrette.;
• • Pref.l^.
Buone, quando fi perdono è peflìnio fe-
;■ gno . ■ . , 1 24.
-• Cattive s’iniprimono meglio . 285.
.Matrimonio de’ moderni . ,87.
• ■ Non oda alla virtù criftiana. 361.
Medicina , come opera ne* corpi mal’ affetti.
, - rref.2.
, • Me.^
• %
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I
44^ ~ '
Meglio fcmprp dee piacere aJ prudcflite/idj',
, M^ieufagjne ,dannola 1 . ^ , , .39»*
Mente del Saggio immobile nel bencv, .172,
Mercan ti, come travagliano per :gli altrir >9i»
Merito doppio della Bepeficenia. ' . , . SAh
Metalli fi riconolcono dal colore. J65.
Mezzi per gingnerè all-pnióne pop Dio., 579.
. Micie mortale alle mofehe. . 408.
Misericordia Divina » non è a far . mi*
racoli, * \ . 28^.
‘ Mil^H^) diycrfe il non; fentirle; dM pu-
< rarlc . ' . . 102.
Correttivo della vana allegrezza, .
Rendono inelcufabile.chi le > . 4V
Mode feguite per l’ufo igi.
Moderazione partonlpe l’ordine delle Città.
M'>de(lia di ricafare , invoglia più chi efibi*.
fee?
/affettata ,
Criftiana * p fuoi fini» •
Nell’abbigliamento,
Modo in tutte le cofe .
Molti fpefio rovinati da uq folo.»
Mondo giudice deil’pnOre ’
Suoi bphj fallaci ,
Chi l’alfaggia lo jTprezzà . ;
• Suo foadimento , e d’onde.
Sua indiicretezza .
9S‘
161.
404.
m
5N
29J
Suo fcadltnepto 9p|idiano »
19
8^
126
*40i
Mo» I
J
• •
447
Moderno; quattro apertare nella fua cor-
teccia . • jjy.
Come può deluderfi : ^gq.
Morale, iùo Ibllecifmo. ‘
Suoimollri, ■ ^02..
Sue bafi ,
MoralHU , Ipro ftudip nella teorica del male.
. 402.
mi
Mòrte defiderata da phi ?
Del Saggio . ,
372:
Mortificazione del corpo neceflarià a tutti.
* 307.
Mofche artifiziali del yifo. I183. '
Mosè , filo roveto , . , ' 1 25.
. Sua perquifizione , prima d’entrare in Pa-
■ leftina ’ . .125,
Egli , ed Elia diverfi nello lìato , cd ambe-
due cari a Dio. . 360.
Moftro raro , nato in Oriente. , , • 302.-
Motteggiamento grazibfo. . 176.
V.'
N
r% ^ i
NArcifo invaghitoci fe medefimo. 1Ò7.
Natura , perchè non abbia jda’ buoni
.diftinti i cattivi , ■ ' . .. 2.
i Perchè abbia fatto due orecchie, ed una fo-
la bocca all’huomo. ' 46,
Tutta occupata nelle piccioie ppfe, 229.
• ■ Sua
tv •
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■'448. ’ , . • •
Sua provvidenza nella tbrmazione del fe-
to. ‘ • j 1 1 .
* Sua miferia . ‘ ‘ 401*
Sua benignità . 414*
Natura divina bada a fe'medefiraa.
Naturali buoni , come fi viziano. \ 102.
Si guadano col bramare .di piacere a tut> .
ti. ■ ,
Nave fenza Piloto . ^8. ,
Naviganti ,.cofa debbono portar foco. goy.
Navigar còhtr’acqiia, penofo. , 364.
Navigazione , quando.pii'i felice.. . ivi
Nautica, Tua operazione più diffìcile.
Necedìtàjdi viver nel Mondo, come può efler
uti)e. L.
V ergognofa , perfuade ogni male. 209.
Negare, talora è benefizio. ; 20^.
A tempo i grand’arte . , , ’ uL.
Negativa fincera più gio va , che’ la p.romefia.
finta.
Nobili hanno la prefunziòne in favore nella
faviezza , perchè? Fref.^
. Debbono edere più contenuti .
Noè, il primo a piantare le yiti . ed a tirarne
danno . 401.
Noja , fi trova in tutte le cofe unianc. 3 28. ■
Nome buono, dee curarli. ^
1
. . .»
, . . I
> *• .
Ob-
»»
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f
o
449
OBbligo d’accomodarfi l’uno al genio del-
l’altro . . ' 1?.
Occafione fa nafcere la rea volontài ij
Occafioni > lor forza . 112.
Oche felvàggie , loro prudenza , 6±.
Occhio per lo più difeerne il folo colore de’
vizj. - Fre/. 8.
Cattivo giudice nella fcelta della Conlòr-
te. . • • 44?
Più fpiritofo qual fia 2 5^
Non vede fc fteflb. J 1 7*
Sua licenza . zoo.
Come fi chiude facilmente fovra la pro-
pria debolezza .
■ Come faccia la penitenza del ventre. 271.
Occupazione geniale necefiaria ad ognuno.
362.
Lodevole de’ tèmpi feorfi . 28.
Offotilo, fiera del Meflìco , fua proprietà be-
nefica . , 204.
Odio venuto'dal troppo converfare.
De* Saggi pefllmo . z±.
Oggetti amabili tre. 67.
Vifibili ci circondano la divina beneficen-
za . 386.
Ad alcuni biibgna levare ilforprendente
• dell’opinione . 39?-
Olmo appoggio della vite, 153.
F f Om-
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r-
45Q .
Ombra , quando pib pìccola^ 1t 49;
Al tramontar del Sole più lunga, ivi
De’ Corpi, 17^.
Omero , che lode defle ad Ulifle. £,
Onoratezza, errore di molti circa di effa* 142.
Onore intn'pfeco j ed eftrinfeco . 257.
Meritato è giuftizia , non dono. 270.
Operar fayiamente nel ricever la lode.Pr.zS.
Opere di pietà , levate dalla moda.
Opinione di poflcdcr la virtù fa perdere i’oc-
cafione d’acquiftarla . ^
D’alcuni circa |1 fupppfto acquifto dell^
virtù.
Delufa facilmente , . 26.
D’al Clini d’effer neceflar j per tutto, q6.
Di troppa innopenza dannolà. 1 J4.
Di non avere difetti , 14^.
D’un folp non bada per la vera gloria,4o7.
Ore nojofe , più fofpette , e quando? 20.
Orgoglio biafimeyole .
Oro , come perfezionato dal Sole . 82.
Unito coll’autorità , arme pericolpfa.177.
Orologio , fua regola dal tempo. 145 .
OrtenHo Oratore, motteggiato fpiritofamen-
te da Tullio, 518.
Ozio , Aia difinizione ,' 277.
NecelTario alcuna volta. .. 28 1 .
Oziofità , creduta dal volgo non è tale, i j 6,
I
DigHized tjyl
»
PAcefalfa. 1^4.
Padronanza della parte debile ì 164.
Pallidezze artifiziofe 274,
pane di Nozze. 87.
Pantera , fua aftuzia . 226*
Sua proprietà nel cibarli. 304.
Paojino Svetonio , fua feutenza profittevole.
S. Paolo , fuo ingegRolb dilpregio delle cofe
mondane . 394,
Papagallo > iùa loquacità importuna. 2.^4.
Parlar culto» nelle Donne non è Tempre con-
dannabile . 16^.
Parlare di Dio , fenza ftrepito . 369»
Parlatrici eleganti pericolofe. 163.
Paflaggio d’aria ad aria , dilettevole. 102*
Palfionc predominante debbe combatterli.
311.
PalTioni » lor corrente cagione di precipizio.
Pallori Arcadi più celebri . 40 jf.
Patria non dee preferirli alPeliglio^ 414.
Patrocinio » quando Iblpetto . 176.
Pavone , fua vanità. 191.
Pazzia degli Ebrei compian^ dal S. Davide.
321.
Peccato , caufa di tutti i mali. 245:.
Non può/are vera fortuna. ' 2^5.
F f 2 Ognii*
i
Dlgilized by Gobgle
4S*
Ognuno d’elTi c una mala creanza! 3 8 .
Pena atroce di far diletto ad altri col proprio
male . 347*
Penitenza più difereta col Corpo , che non c
la Galanteria. 275.
Penna , fua differenza dalla Lingua. /*r.48.
Penlieri buoni nella moltitudine fi perdono.
565-
Perfezione unica di tutte le cole. 1 06.
Pericolo , fi vede meglio da chi ne è fuori.
314.
Perfone di Rango non devono fupporfi difor.
dinate. , Pn/.,;.
. Sofpette anche leggermente, debbono fug-
girli. 322.
. Pedeli'ai Capo di Cafa giovano al gover-
no. 232.
Secolari pofibno attendere allo (pirite ,
come? 359.
Pefei di Fimmarchia come fi confervano fen-
za fale . ' 1 24.
Pefo lungi dal fòftegno è più grave, 3 65.
Piacere fila forza . 244.
Infermità fomraa. 285.
Sua afiuzia . 285.
. Quello , che. fa perdere la virtùèmifera-
bile. ^ ^ ^11.
Piaceri , impedilcono la cognizione di noi
raedefimi. loi.
Piaga occulta più difficile da faldarfi. Pr.35*
Piaghe , talora fi curano meglio colle fo-
men-
DIgItized by '
4!f3‘
niente , che col ferro , e col fuoco. Fr. i
Pianeti , quando benefichi. 2 1 2.
Lor moto. 301.
Piante , deboli , come diverfe dalle forti. 1 14.
Piega prefa in giovinezza durevole.
Pigrizia , animale del Brafile . 227,
Piloto , fua vigilanza. 204^'
Sue qualità . 171.
Piramidi d’fgitto perchè non fanno ombra.
Pifone, fua meraviglia per le corone di Ger-
manico* i8j«
Pitture licenziofe . 200.
Platonici moderni , loro malizia. 76.
Podeftà d’eleggere diftinguerhuomo da’Bru-
• ti . i6o*
Poeti , teologi della Gentilità. 1 8
Polledre , come volea Ariftotile , che fi do-
ma (fero . 197»
Polipo > fua proprietà maliziofa. 1 24.
Pomi »Vaghi hanno talora il verme. 17J.
Pomo vietato da Dio ad Adamo condifere-
tezza . Pr.52.
Pompeo condannato da’Romani per la fab-
brica del fuo Teatro . 212.
Popoli deir ultimo .Settentrione mancando
di forze ulano della Magia. 1 62.
Poveri qual fia il lor patrimonio. 189*
Pratica de’ Saggi , fe e continua , è utile, j 26.
Praticare, co’Superiori giovevole. 174.
Con gl’Uguali quando giovevole, 175.
F f 3 Con
/
4S4
Con grinferion.
Pregio , in cui debbono averfi le cofe fpiri-
tualié _ 4*2.
DelleCofe dall’opinione pifi lo(ÌevoÌé. 1 66.
Prcfente non tolga il penfiero dell’aVvènireé
t’refenza di Dio . 1 .
Prodigalità^ 207^
Profuiìorie fofpetta . 210.
Progenitori peccarono j perchè fcòrdaronfi
della préienza di Dio^ 384.
Prolperitàj lóro vicende. 2^6.
Provvidenza divina, rimedj, che ha dato per
ogni male* ,4*4*
Prudenza , fuo uffizio nel regolaménto inter-
' nOi • 410.
, Difcretà i 20
Putifarreiliia infoienza. 1^7.
a
a
Uadn* belli fi guardino da lontanò; 95.
, Di prolpettiva debbono effcre per-
fetti. 62.
R
R Agazzi , loro facilità di ridir tutto alls.4
volte giova. 2^4.
Ragione, fé non opera^ l’inìpoffibile par fum.
ftcnte. Pr.zz.
: . Sua
Digitized by Google
. Sua Perdita. 29 lé
Ragno , fi fvifcera per vile uffizio. 276.
Rebecca Moglie d’Ifacco difefa nell’orieftà dal
Rè Abimeleccò, perchè? , 500.
Regni , lor delblamento da che proceda.244i
Regola del veftire è la comodità dello fpen-
dere. , 3I48.
Keligioli , vivono fani j cd invecchiano. 273»
Remora, pefcc. , , 229.
Ridicolò fi rende chi incontra volontaria-
mente i pericoli. 28 J.
Rifleffione utile fovra le cofe , che fi veggo-
no. ■ ■
fi.iflefli,vo non s’azzarda. Pr.42.
Riformar fe mdcfimo falla norma altrui, zì
Rimedio i e non querela , richiedono le cofe
ineviwbili.' 22 j.
ìiimorlb dono di provvidenza. 228.
Dell’adulazione, dee lafciarfi all’Adulato-
re. Pref.2%*
Rinoceronte , fuo odorato. 1 J i •
Ripugnanza del genio nel làfciarlò , contraf-
fegtio del male. ,
Naturale alle cofe cofl^annabili. , 2to.
Rifoluzioni già preie difficilmente fi cangia*
no. • . igj*
Rilpetto , niunò dee perderlo a fe medefimo.
• ■ ' • ^ ' 267*
Ùmànò. . ^ ^ }tS'
Rifpofla faggia data ad un Principe giovine-i
circa il viaggiare.
F f 4 Ri-
4^^
Ritiratezza, fao confronto col conlbrzio. ^9.
Più propria delle donne. gì.
Giova anche alla falutè del Corpo. 2';^2.
Rodi , fuo coloffo'. 2^7.
Roma , compendio delle bellezze d’ogn*altra
Città. - J78.
. Motto piccante per efla. 152.
Suo Senato come* feduffe glMmperadori ,
adulandogli. Pref.i^.
Suo pregio fingulare . 20®.
Romani , lor accortezza nel fabbricar le Co-
lonie. 2^2.
Rondini . lor coftumanza nel paflaggio del
Mare. , 308.
Rovinare fe ftcflb a genio d’altri. 28 r.
Ruben , quando comparve vanamente aman.
tedi Giufeppe . 342.
Ruota , fua moto. jjj.
* S
* ^ ^
#
SAba Regina i 265.
Saggio non puù fcon volger e le regole-»
- della giuftizia. - -’l • . , ^9.
Lafcia il Mondo prima d*efler lafciato da_.
' lui.. ’ ^ . ! , ; 572.
Saggi qualificano le proprie azionile non gli
•' Iciocchi .
- Piùtemono>chegl?aitri« . . pref.^z.
- . • . Ben-
• # 4
Digitized
45^7
• • Benché nel fine convengano, difeordan ne’
mezzi. * .328.
Salomone , quando fu derifo ? 26J.
Salvezza appoggiata alla fperanza del penti-
- mento . 258.
Samuello , penfiefo che n’ebbe la Madre. 89.
Sangue nòbile giova alla làviezza. . 'Pr.^ 3 .
Sanità goduta fa nafcerc la gelofìa dicudo-
dirla. igj.
Santità , malamente fuppoda da taluni in le
medeiìmi .
48.
Debbe defiderarfi.
412,
Sapienza flolta qual fia.
• II.
Vera , quale?
23.
Sua abitazione .
325-
Sue vie .
■ 22(5.
Sara Moglie d’Àbramo , rapita dal Rè Abi -
melecco . - 300..
Saviezza , quanto {limata . > > . 259
Naturale. 267]
Sbaglio volontario non è compatibile. 408]
Scandalo , come può naicerc. ‘ 46*
Attivo. 149*
Scelta del pero Amico , alfai importante.! 1 1*
Scettici , loro follia . 70*
Lorofeienza. ^32*
Schiavitudine , qual Ha la piìi pefante. . 141*
Schiettezza. 858*
Scialacquatorljderifl dagl’ Amici fteflì, 209.
Scienza del Mondo, libro più preziolò di tut-
ti. 6. Deli’ occhio ... . , . ggj.
■ * ^ F f 5' Sci-
/
458
Scimie , loro proprietà nelP operare. Fr.^z.
Sciocchi , perchè tanti nel Mondo ? 4.
Scrupolo, vano de' maliziofì . 519.
Scultore , conve può fconvolgere le regole.»
■ dell’ arte. . „ • ^9.
Scultori cattolici biafimati da Tertulliano,
. perchè . • ' . . , ■ 45".
Scuola efficace dell’ efeinpio . : ; ^ 56.
Secolo, dell’ Apparenza . . . 248.
. DellaPace,<juale? ■ .278.
In cui fi rive, debbe onorarli . 281.
• Delle efibizioni, quali ? . ^ ^9.
Suo rumore fpegne la carità. J4.
Prefentc, fua lode . 404*
Secondare gl’ altri, come li faccia lenza dan>
no proprio. 14.
Secondò Carinate, fua teorica della Dottrina
Greca mancante nella pratica . 162.
Seme dei vizj. . 121.
Senocrate, fua continenza . . .ij8.
Seiifo, à che riduce l*.Uom;ragionevoIe.i45.
Sepolcro di Mennone, fue llravaganze . 87.
Servidori , loro dilbrdini imputati a i Padro-
ni. • . . . ' 9^.
■ Buoni, rari . ' . . • iSi.
Servire a i piaceri viene dall’ignoranza .259.
Servitù j profclfàta a Donne di Ipiritó, cofk^
fia ? - « 3 7*
Gloriofa quale ? .141.
Senza mercede, quafi ftolta -251.
. Vergognofa, quando . • v .261.
' Scr-
DIgitIzed by
459
; Serpi n a fcofi nell* erba folta ; .
Sferico perfetto fua qualità . 57.
Sfinge d’oro, donata da Verro adOrtenlìo
Oratore, perchè lo difendefl'e . ;
Sì, che diventa un Nò . 358.
Sichein, perduto, per Dina . 25'o.
Sicurezze di cuore alle volte falfa . Pref. ^9.
Del Savio.
Silenzio Tuo profitto .
* Alla femmina dccorofo.
Kecelfario ad alcuni .
Simile cerca il Tuo finiile .
Simpatia naturale .
Sincerità antica.
Sinderefi, vinta da chi è lodato .
Singolarità, condannabile .
Pccita invidia .
Sirene .
Smoderatezza di converfare, dcrifa arguta-
mente du una Donna . i ì6.
Sofferenza d’ udire, nieritoria . , 62.
Soggetto mal difpofto, ama il fuo contrario ,
il ben difpoffo ama il Tuo fimile . .. ^22.
Soggezione, guardia della inodeftia. . .174.
Al fenfo, vergognola. . • , . 239.
Sole, fua indifferenza nel rtfplendere. '42.
. Quando piò benignamente influifea.. 112.
Di Luglio, profterbio.- . • . -lyj.
, Influilce fecondo i fogni del Zodiaco • 294.
Solitario, come deferitto da Ariftotcle.2.e 56. .
SolitudinCj di cuore . .766.
Sua
-ì /-, I
60.
162.
329-
176.
66-,
, Fref. 2 7 .
8.
h73
2 2.
228.
19*
146.
460' ,
Sua giocondità.
Somiglianza cagione d' amore; ' *
Soipeitare, lecito a chi . ‘ '
Sofpetti fondati, quali?' ■ ; ■ '
Sofpètto, dee torfcne l’ occafione'i
Soiìanza qualifica per Io più le cofe. Pref.15.
Spada nel foderò . ’ - ■ i So
Specchi maliziofi . - • ’ 220
Specchio, che non inganna, qual fia? 6.
' • Interno. 108.
Ullorio, fua mirabile qualità. 125.
Speculazione (lupida . 24J.
Spedale di S. Maria Nuova in F'ircnza , avve-
nimento graziofo. 264.
, Speufippo , jfua diifinizione della Modelli^.
199.
Spinolo, tradito dal? Ingordigia.
Spiriti lenti .
Spirito, feparato dai fenfrpiù forte.
• Sua rcftrizione odiòfa nel Q>rpo .
Senza divozione .
■ Difunito da Dio, fua infelicità .
Suo volo facile fuori del còrpo.
Spola de’. Cantici, fua Carità .
Stato dell’ Innocenza, come perfettamente.^
felice . ... 12.
Statua feontrafatta-, puù elTer lodevole , 39,
Che fa feordare dello Scultóre. 74.
Dì Nabucco, geroglìfico di falfa fortuna.. .
- .. 2SJ.
Statue ds’Greci/emplici nell’ornameto. 198*
' ■ " SteU
tij.
54^75-
72.
99-
55J'
364.
396-
390-
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4^1
Stélle, opinione circa la lor luce 1 96.'
Erro.re di Pi inio circa di effe . 120.
Dall' Atmosfera lontane , più rifplendcn-
ti . 3 ycé
Stima, affettata, facile a degenerare in amo-
re. ; . . 5?‘
Altrui, come s' acqniffa . 95;»
Stolti, lor fonno . 372.
Stordimento ftrario .
Strali, non penetrano la cute dell' Elefante-».
Fref. 27.
Stratagemma , praticato da un Padre per di-
flogliere il Figlio dal giuoco . i- . 294.
Strepito , e tumulto pregiudiziale all’ acqui-
fto della virtù . •. . . 325:.
Struzzo-Càmelo . 228-
Stupidezza fpaventola . 287^
Pericolofa . •
. De’ Capi di Cafa . . 228.
Subordinazione tra le Creature ordinata..
. da Dio. . , -348.
Succedimento caufale di cofe buone poco lo-
devole,. - *3*^
Superbia, fuoi danni . r
Nociva all’ Innocenza,. i8»
Giufta, quale. . 142.
Ta-
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T
TAlete,deri(bdalIàfuafantescaii 122.
Tamar , principio di rovina alla Regia
cafa di Davide i ^ 251.
Tartarughe, infegnano a vincere cori ficurez-
za ^ iij.
Teatri, (1 volevari di legno da i Romani . 2 1 2«
Tempi j fatti dagl' huomini> non gl' huomini
fatti da i tempi 4 279.
Tentazioni j aflalgono chi fi dà a Dio < j 67.
Teorica^ rifplerida nella pratica <
Terra, immobile, fua prova . 288..
Terreno d’ erbe-cattivc , migliore per fcmi-
narvi le bùone .■ , , 4j.
Tigre, come ingannata da 1 Cacciatori 91 .
Quelle dell' Africa, (coperte ne’lorò agua-
ti dal fifchio d'uri picciolo ànimaletto.
. . , , ■
Come dclufe da i Cacciatori < 288.
Timagine, (ila follia . • 190**
Timore, vera regola del vivere , Frtfi 42.
'Proprio de’ faggi .
Come, e quando poifa deporfi .
' Debbe averli, ma non moRrarlo ì
£’ meglio, che la derilione ,
Stolto, quale ?
Giufio, è vincibile ,
Di Dio .
Servile , , “'x
IVI
49.
52.
12J-
120.
238.
386.
187-
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46?
Cuftode della virtiu 409.'
Imprudente, quale ? ivi
Quello che hanno alcuni d’ efler buoni ^
. , 41 ?•
Timoteo, inventore della Cetera .■ , 284.
Tobia , pianto dalla Madre pel fuo viaggio .
. . . • • . 2?7-
Tormento d’ Ariftotelc , fcherzo lepido , ed
utile i . 62.
Tollìcd, non dee bcrfi colla fperanza di riget-
tarlo* . , , . ?o5,
Trafcuraggine, cagiona Ipeflb là falfa^ è dan-
nevoie ficurezza .• ' fref. 40.
Traveflimenti moderni i 154.
T roppo , in tutte le cofe dee fuggirli ^ 8 1 •
Tùrchh lor cuftódia delle Donne. 1^2.
Tutto> rifulta dalle parti . >406^
. t • '
V
VAnipa , violenta converte in fuo palco-
io anche le cofe contrarie , g9 1 .
Vanità, fuo danno.- ' , 42.'
Vanto delle glorie antlche,naiceda mancan-
za delle preferiti , . , . ‘ 278.
V'apori , feodandofi dal lor principio cagio-
riano venti, fulmini, c terremoti . ^64.'
Variamento d’ indole, fuoì indizj . . 288*
Variazione, fofpetta nella Morale . 2^1^
y arietà di pareri Confonde là mente . ? 27#
■' Vafi,
4*^4
Vali, confervano il primo odore ' 2 25.
Ubbidienza , non dee metterfi in anguftia^ .
. Fref, $y
Come debbe efiggerfi . ivi -
Uccelli, rapaci fua qualità . ' 20.
Come providi per la prole . . 192.
Veleno, per fe fteflb non è cattivo 5 1-
Venere famofa nella Galleria di Firenze-» .
, . 168.
Venti, come cangiano natura 1 ig.
• Dove nafeono iòn più forti . 121.
Verecondia, giovevole all’ innocenza . gSz.
Vergini flolte. loro fventura . 2g5.
Verifimile, più è gradito . Fì^ef. g8.
Verità, c bugia confufe dall* adulazione.Pre/.
20.
Verità, odiofa . Pref. gì.
Si dice con riguardo , e fi fcrive con libcr-
tà . ivi 48.
Contefa da i fenfi . 99.
V ero, difficile da fcuoprif fi . Pref. go.
Vefpafiano, fua dellrezza. 22.
Vefpi, loro propietà . Vi-
VeAi, loro ufo d’ onde venga . 182.
Veftir di bugia qualé ? 189.
Vetro,talqra più lugido,che le gemme . i7g.
Vie della perfezione tre, purgati va,illum ina-
• tiva. Unitiva. g6i.
Vigilanza, de Capi,lè manca gran danno del»
• le Famiglie . gg.
De Mariti fovra le Conforti è rifpetto. 1 7?»
In-
% •
15
41
loj.
144-
Intereilata. 410?
Villeggiatura iufcliee per la galanteria. 272.
V'^irtù, non fi prende volentieri per norma»..
Pref. 1 1 .
Non fi trova a calo . 525.
Criftiane poflbno inferirli dalla prudenza
col vizio . Pref. 43.
Col volgo non convengono .
Suo feme .
Fa che fi operi con giocondità .
Naturali, e morali .
Che finifce può elfer feme del vizio . 231.
Felice ne’ fecoii Icorfi ;
Primo palfaggio ad dia .
Conviene a tutti .
Compaiiòile con ogni fiato .
Vita ben regolata dal timore .
Suadivifionc .
Viti novelle, fua qualità .
Vivacità, quando biafiinevole ,
Vivere a fe ftdfo, lodevole .
Vivezza fmoderata, biafiinevole .
Vizj, fatti regola a taluni ;
Non debbono atterrire il favio .
24U
399*
4Ù.
412.
Pref. 42.
So.
/|.2 •
54-
■ 21.
„ 354-
pref. 3 1 .
ivi 43.
Amati fegre^amente . 9.
Del corpo, ^linori di quei dell’ anima .11.
Del corpo, tome fi tolgono con premura.
ivi II-
Vili, odiofi per fe fiefiì , 410.
Piccioli, lor danno . ' 229.
) Non finifeono mai dove cominciano .231.
Si
4^6 , . . V - -
Si framifchiano colle virtvi » 241,
Non fono 4®’ Tempi > ma degl’ Uomini
Peggiori del fuoco.
Cerpano di pccultarfi indarno.'
Comnmncmentc derifì , quali<
Omogenei.
Ulivo celebre de’ Megarefi.
247
250
263
264
283
S8
Uniformità di pareri , e di cuore rara. 345
Del Ornile al fuo fimilc gioconda. 373
ynione degl’Aninii , ornamento delle Città
De* coniugati come pretefa da Dio. 66.
Con Dio , contiene in fe ogni bene. 378.
Voce di Dio fi riceve diverfamente dall’urna-
na. , 36S.
Dello Spirito Santo agl’Apoftoli. ivi 368.
Voci interne , vopi di Dio. 386.
Volauli pifi innocenti, quali? 19,
Volgo, non può render buone lecofe,/’r.34.
Volontà , fuo errore. 351.
Volupia pea de’piaceri , adorata da’Romani
nel Tempio d’Angerona Dea del dilpiace-
re, perchè? 299.
Ufo , creduto legge. 533.
ytile, unito ai dilettevòle è di St'an forza.
Ze-
••T-7
467
z
ZEIanti , come burlati da’ moderni Pla-
tonici . 6^.
Zelo indifereto. Pref.io. -
Zenone , lua fciiola derifa da Tullio. 139.
IL FlfNE.
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