Grice e Vitielo: la ragione conversazionale e il segno infranto nel
Vico topologico – filosofia italiana -- Luigi Speranza (Napoli).
Filosofo italiano. “Come la lingua dell’eroe separa l’eroe dall’uomo, così la
lingua volgare separa il filologo dal filosofo. La lingua italiana volgare,
comune a ogni uomo, non riusce a descrivere la natura e le proprietà delle cose.
Sorge la scissione tra un filosofo – come Paul Grice -- che si dettero ad
investigare sulla natura delle cose, e un filologo – come H. P. Grice -- che, invece
investiga sulle origini delle parole. Così la filosofia e la filologia che sono
nate tutte e due dalla lingua dell’eroe, vennero ad essere divise dalla lingua
volgare o commone. Essential Italian philosopher. Insegna a
Salerno. Studia VICO, l'idealismo, Nietzsche e Heidegger in rapporto con la
filosofia romana, elabora una teoria ermeneutica. La sua topo-logia si fonda su
una re-interpretazione del concetto di spazio come orizzonte trascendentale
dell'operare umano. Gli sviluppi della sua topologia riguardano in particolare
la genealogia della communicazione. Affronta più volte la fede da un punto di
vista laico. Fonda Paradosso. Collabora a Filosofia di Laterza e a numerose
altre riviste filosofiche, tra cui “aut aut.” Dirige Il pensiero. Collabora
all'annuario Filosofia e all'annuario sulla Religione. Pubblica in Teoria ed
altre ancora. Svolge un’intensa attività pubblicistica su quotidiani e
periodici. Tenne cicli di conferenze e seminari. Saggi: Filosofia della pratica
e dottrina politica liberale in CROCE, Napoli; Etica e liberalismo in CROCE, Napoli;
Il carattere DISCORSIVO del conoscere, Napoli; ANTONI, interprete di CROCE, Napoli;
Storia e storiografia nella filosofia di CROCE, Scientifica, Napoli; Sentimento
e relazione nell’ESPERIENZA, Napoli; Il nulla e la fondazione dello storico, Argalia,
Urbino; Dialettica ed ermeneutica, Guida, Napoli; Utopia del nichilismo, Guida,
Napoli; Studi heideggeriani, Roma; Ethos ed eros, ESI, Napoli; Logica e storia
in Hegel, Napoli; Il problema del cominciamento, Guida, Napoli; Hegel e la comprensione;Topologia,
Marietti, Genova; La voce riflessa, Logica ed etica della contraddizione, Lanfranchi,
Milano; Elogio dello spazio: ermeneutica e topologia, Bompiani, Milano; Cristianesimo
senza redenzione, Laterza, Roma; Non dividere il sì dal no: tra filosofia e
letteratura (Laterza, Roma); Filosofia teoretica: le domande fondamentali:
percorsi e interpretazioni (Milano); La favola di Cadmo (Laterza, Roma); “VICO (si
veda) e la topologia” (Cronopio, Napoli); “La vita e il suo oltre: sulla morte”
(Roma); “Il Dio possibile, esperienze di cristianesimo” (Città Nuova, Roma); “Hegel
in Italia, Milano); “Dire Dio in segreto” (Roma); “Cristianesimo e nichilismo:
Dostoevskij-Heidegger” (Morcelliana, Brescia); “Estetica e ascesi” (Modena); E
pose la tenda in mezzo a noi,” Albo Versorio, Il Decalogo. Ricordati di
Santificare le feste; I tempi della poesia. Ieri/oggi” (Mimesis, Milano); “Dipingere
Dio” (Albo Versorio); “VICO: storia, LINGUAGGIO, natura, Storia e Letteratura,
Roma); “Ri-pensare il cristianesimo” (De Europa, Ananke); “Oblio e memoria del
sacro” (Moretti, Bergamo); “Grammatiche del pensiero: dalla kenosi dell'io alla
logica della seconda persona, ETS, Celan; Heidegger” (Mimesis); “I
comandamenti. Non dire falsa testimonianza” (Il Mulino); “L'ethos della
topologia. Un itinerario di pensiero” (Lettere, Firenze); “Paolo e l'Europa: cristianesimo
e filosofia” (Città Nuova, Roma); “L'immagine infranta: linguaggio e mondo in VICO”
(Bompiani, Milano); “VICO: tra storia e natura,” aut aut; “Complessità e aporie
del moderno”, in Filosofia politica; “Dall'ermeneutica alla topologia”,“aut aut”;
“Goethe, interprete della modernità” aut aut; “Per amicizia: Epochè e metafora”;
“aut aut”, “Sentire le Radici, la Terra stessa”, i“aut aut”; “Zanzotto, ovvero:
la poesia come genealogia della parola”, in “aut aut”; “Redaelli, Il nodo dei
nodi; L'esercizio del pensiero in VATTIMO”, V. (Sini, ETS, Pisa); “Luoghi del
pensare” (Mimesis, Milano); Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche
di RAI Educational; "Filosofia". Appare la "seconda"
Scienza Nuova. Non è propriamente una seconda edizione dei Principj di una
Scienza Nuova intorno alla Natura delle Nazioni, apparsi cinque anni innanzi.
La revisione, a cui Vico ha sottoposto il testo del 1725, è tale da farne
un'altra opera: basterebbe ricordare l'inserimento della "discoverta del
vero Omero", argomento affatto nuovo e fondamentale che occupa un intero
libro, il terzo; invero è mutata la struttura stessa del lavoro, come anche una
rapida scorsa degli indici delle due edizioni mostra. Se, ciononostante, Vico
ha mantenuto anche nella successiva edizione il medesimo titolo, salvo piccole
varianti,2 è perché l'ampliamento e la diversa distribuzione della materia,
nonché la correzione dell'"errore" d'aver egli separato, nella prima
redazione, i "principi delle idee" da quelli "delle
lingue", che sono "per natura tra loro uniti", non solo non
hanno mutato l'orientamento di fondo dell'opera, l'hanno bensì approfondito e
sviluppato, specialmente riguardo al tema del linguaggio. Tra le
"novità" della seconda Scienza Nuova spicca l'immagine posta sul
frontespizio dell'opera: una "dipintura allegorica" commissionata dal
filosofo a Domenico Antonio Vaccaro, noto pittore napoletano, che l'aveva
eseguita secondo precise indicazioni e sotto il controllo del committente. Che
l'uso di accompagnare un testo filosofico o letterario con un'immagine fosse
frequente al tempo di Vico è cosa nota: si citano come esempi illustri
l'Organon di Francesco Bacone, il Leviathan di Hobbes, i Second Characters di
Shaftesbury e da ultimo la Istoria universale provata con monumenti e figurata
con simboli degli antichi di Francesco Bianchini. Che il filosofo napoletano ne
sia stato influenzato, ben si ricava da quanto egli stesso dice nel primo
capoverso dell'Introduzione, dove spiega che l'immagine sul frontespizio
dell'opera serve a"ridurla più facilmente a memoria [...] dopo di averla
letta".Ma che la funzione mnemonica di questa Tavola delle cose civili sia
affatto secondaria, è del tutto chiaro, premurandosi Vico di dire per prima
cosa che la dipintura "serv(e) al Leggitore per concepir l'idea di
quest'Opera avanti di leggerla" (SN30, p. 363;SN44, p. 785). Prima di
chiarire questo punto che è essenziale comprendere l'esigenza filosofica cui
risponde la "dipintura", è opportuno darle uno sguardo veloce. In
alto, a sinistra dell'osservatore, è dipinto un sole, al cui interno è un
triangolo con dentro un occhio, dal quale parte un raggio di luce che giunge al
petto della fanciulla dalle tempie alate, allegoria della Metafisica, che ha lo
sguardo fisso al sole. Dal petto della fanciulla, i cui piedi poggiano sul
globo terrestre, il raggio si riflette sulla statua collocata in basso a
sinistra. Ai piedi della statua, che raffigura Omero, vari arnesi: та оно, un
timone, un aratro, una borsa; poi una tavola con su scritte alcune lettere
alfabetiche, quindi un fascio di verghe. Al lato opposto della statua un
altare, su cui scorgiamo un lituo, una fiaccola, un orciuolo contenente acqua,
quindi il fuoco accanto al globo su cui poggia la fanciulla alata. La fascia
che cinge il globo è quella dello zodiaco, con i segni delle costellazioni
della Vergine e del Leone in evidenza. In basso, a destra, un'urna cineraria,
ai margini di una gran selva. Vico concepì il dipinto come "Idea
dell'opera" - così nell'Introduzione dedicata alla "spiegazione della
dipintura proposta al frontespizio" - e cioè come figura o immagine della
Scienza Nuova, ovvero della storia: della storia ideale eterna e delle storie
che "corron' in tempo". L'ampiezza e la meticolosità della
"spiegazione"5 attestano l'importanza ch'egli attribuiva alla
"traduzione" dei suoi argomenti in "immagine". L'immagine
doveva, infatti, integrare la voce, facendo cogliere uno actu - e non in
successione - i due aspetti che caratterizzano la storia: 1) la cornice stabile
e permanente dell'eterna provvedenza, esemplata nel raggio di luce che parte
dall'occhio divino e, toccando la metafisica, illumina e regge il mondo degli
uomini, e 2) l'operare umano nel tempo, volto, anche inconsciamente, a Dio,
testimoniato dallo sguardo della fanciulla alata, eternamente fisso sul
triangolo solare. E, pertanto, come l'immagine serviva ad integrare la voce,
così questa doveva a sua volta completare l'immagine, dacché soltanto la voce
dà in successione quello che in successione accade entro l'ordine necessario
della storia ideale eterna: il "correre in tempo" delle storie di
tutte le nazioni "ne' loro sorgimenti, progressi, stati, decadenze e
fini" (SN44, p. 903). Vico non intese questa congiunzione di voce e
immagine - phonè kai schêma, per dirla con le parole del Cratilo di Platone, di
cui il filosofo napoletano resta insuperato "interprete"6 - come una
"novità" da lui introdotta in filosofia. Al contrario la presentava
come un'operazione di restauro. Per comprenderne le ragioni, dobbiamo fare
alcuni passi indietro nel tempo e leggere quella nota che lui aggiunse al Il
Libro del Diritto Universale, il De constantia jurisprudentis:[...] Come prima
la lingua eroica aveva diviso gli eroi dagli uomini, così dopo la lingua
volgare divise i filologi dai filosofi. Il motivo di questa seconda
osservazione è che, poiché la lingua volgare, in quanto comune, non riusciva a
descrivere la natura e le proprietà delle cose, sorse la scissione tra i
filosofi che si dettero a investigare sulla natura delle cose, e i filologi che
invece investigavano sulle origini delle parole; e così la filosofia e la
filologia, che erano nate tutte e due dalla lingua eroica, vennero ad essere
divise dalla lingua volgare.? La lingua volgare, così detta perché lingua della
comunicazione - in seguito Vico la chiamerà "pistolare" (SN44,
Degnità XXVIII) -, rende solo i caratteri "comuni", "generici",
delle cose, non la loro "natura", ciò che ad esse è proprio, la loro
concreta, reale, determinatezza. Questo ha portato alla divisione della
filologia, che s'interroga sull'origine delle parole - quindi su come siano
sorte le parole generiche, vuote di determinatezza, della lingua
"comune" -, dalla filosofia che, invece, investiga direttamente la
natura delle cose. Ma in che modo? Non è anche la filosofia legata al
linguaggio? Vico s'avvide del cul-de-sac in cui s'era cacciato. Ne uscì, con
due mosse geniali. La prima fu l'abbandono del latino delle scuole, lingua di
pura comunicazione di concetti, priva di vero rapporto con la vita quotidiana
del popolo, fatta di eventi reali e cose concrete; scelse di scrivere in
volgare - ma bisogna aver confidenza con la lingua di Vico, con il
"barocco napoletano" della Scienza Nuova, per capire la portata di
questo mutamento.La seconda mossa strategica fu "l'idea dell'opera":
la "dipintura allegorica", con cui egli volle ricongiungere voce e
immagine, o, per dirla con Nietzsche, il mondo dell'ascolto, della parola
(Hörwelt), e quello della visione, dell'immagine (Schauwelt). 8 Vico operava,
consapevolemente, in controtendenza rispetto all'intera tradizione occidentale
e in particolare al suo tempo, che spingeva la lingua all'astrazione, secondo
il modello"matematico". Vico - ho detto; ma debbo subito precisare:
il filologo più che non il filosofo. Ché come filosofo non fu meno attratto dal
mos geometricum di quanto lo furono Cartesio e Spinoza, se volle estendere alla
storia quella mathesis universalis già da Grozio applicata al diritto. Come
filologo, invece, seppe risalire alle origini lontane, remote del linguaggio,
alle fonti antiche della poesia greca, con la "discoverta" del vero
Omero o dei molti Omeri, e della latina, leggendo insieme con Virgilio e
Lucrezio, e Orazio, Stazio, Plauto, gli "storici" e gli"eruditi",
interpretando anche l'antico diritto romano qual"serioso poema" e
l'antica giurisprudenza come"severa poesia". Né si fermò qui, ma
piegandosi sulla lingua dei contadini, sulle loro metafore e i loro gesti, vide
con l'occhio di una fervida immaginazione i primi abitanti della Terra, i forti
ed empiamente pii Polifemi, atterriti dalla luce del lampo che squarcia le
notti e dal cupo rimbombo del tuono che fa tremare la Terra, emettere i primi
suoni inarticolati di un linguaggio "naturale", inintenzionale, prima
fonte della lingua articolata dell'uomo. Scorse, talora come da dietro un vetro
opaco, la nascita dell'uomo dall'animale, della mente dal corpo, della storia
dall'ingens sylva, e ne descrisse lo sviluppo, non senza "salti" e
"confusioni" di tempi e forme linguistiche. Philologia contra
philosophia? In certo senso sì, se la filologia lo convinse non solo a trattare
dei miti, ma in qualche modo a "mimarne" il gesto narrativo.10 Tentò
una nuova lingua, logica e mitica ad un tempo, capace di tenere insieme
narrazione e logica, la contingenza della storia e la necessità della mathesis.
Anticipava con le sue folgoranti intuizioni, l'idea della Mythologie der
Vernunft,11 che nacque all'incirca mezzo secolo dopo in terra germanica, ma che
presto fu abbandonata, e proprio dal suo massimo rappresentante, Hegel, che,
anni dopo, avrebbe esaltato il linguaggio alfabetico sulla lingua geroglifica,
per essere quello costituito di nomi, che sono bildlose Vorstellungen,
rappresentazioni senza immagini. Ed "è nei nomi che noi pensiamo", La
"dipintura" serviva a Vico per ricostruire nella composizione di
parola e immagine quella unità di voce e gesto che l'uomo storico aveva già
perduto molto prima che sorgesse la lingua della comunicazione - la lingua
"pistolare" della ragione riflessa -, già con la lingua eroica. Ma
era, Vico, in ritardo sul suo tempo. La frattura parola/immagine era solo
l'aspetto "in superficie" di una più profonda scissione.Vincenzo Vitielo.
Vitielo. Keywords: la lingua dell’eroe, la lingua degl’eroi, Lazio, lazini,
italiano, volgare, Lucrezio, confronto vichiano, vicho contro vico, la lingua
eroica di Vico, Vico, semiotica, Croce, Vico topologico, linguaggio in Vico. Refs.: H. P. Grice Papers, Bancroft. Luigi
Speranza, “Grice e Vittielo” – “Topologia semiotica di Vico” – “Il Vico di
Vittielo” – Vico e il segno infranto”, The Swimming-Pool Library, Villa
Speranza, Liguria.
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