Grice e Volpicelli: ragione conversazionale -- corpi e corpi – maschi fascisti
– colossi fascisti -- la flosofia italiana nel veintenno fascista -- filosofia
fascista -- filosofia italiana -- Luigi Speranza (Roma).
Filosofo italiaano. Grice: “While
Volpicelli does use ‘spirito,’ he means ‘breath of air,’ since he is ultimately
a naturalist, like I am.” Essential Italian philosopher. Grice: “I read with
interest his “Nature and spirit.” At that time, at Oxford, there was not much
of an Oxford spirit, so it spirited me.” Prende parte come
sotto-tenente alla grande guerra. Si laurea in filosofia sotto GENTILE (vide).
Insegna a Urbino, Pisa, e Roma. Teorico del corporativismo integrale. Direttore
di Nuovi studi e Archivio di studi corporativi. Altri saggi: Natura e spirito; L'educazione
politica dell'Italia; I presupposti scientifici dell'ordinamento corporativo; Corporativismo
e scienza giuridica; La certezza del diritto e la crisi odierna; Dizionario di
Filosofia Franchi, Per una teoria dell'auto-governo,
ESI, Napoli. Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Diritto, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, su Treccani Enciclopedie Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. La filosofia di V. costituisce un importante e, probabilmente,
ineludibile termine di confronto onde comprendere appieno, sul terreno proprio
del diritto, gli sviluppi più profondi dell'attualismo di GENTILE (si veda) e
le sue possibili conclusioni teoretiche circa la possibilità di ammettere, nel
suo seno, una filosofia del diritto. Il peculiare interesse per i risvolti
speculativi della sua dottrina nella corretta definizione di una
Rechtsphilosophie fanno, infatti, di V, un insostituibile interlocutore. Punto
di partenza della sua riflessione è, per l'appunto, la definizione di una FILOSOFIA
del diritto. La distinzione con una mera SCIENZA del diritto che investe in
primis la speculazione. Tale problematica viene affrontata, parallelamente,
seppur da un versante più marcatamente economico e sociologico, da SPIRITO (si
veda), con il quale condivide le avventure e, soprattutto, le disavventure di “Nuovi
studi di diritto, economia e politica” che, raccoglie i loro principali saggi
e, in particolare, il loro tentativo di indagare - sulla base dell'insegnamento
di GENTILE - quegli ambiti delle scienze pratiche nei quali il complesso
rapporto con una FILOSOFIA unificatrice
ed escludente come l'attualismo determina l'esigenza di un approfondimento
speculativo particolare. I Nuovi studi, riprendendo la felice sintesi di
Franchi, possono teoretica tout court, ma che poi - come si vedrà - finisce per
calarsi perfettamente nella definizione del diritto e nella tipologia di
analisi e studio che concernono l'esperienza giuridica nel suo insieme? Fedele
trascrittore della lezione di GENTILE, V. separa schematicamente i due campi. La FILOSOFIA
è la considerazione integrale e, quindi, reale dei fenomeni singoli come
individuazioni assolute dell'intero universo. Scienza, invece, e una limitazione
operata sull'universale individuo, e, quindi, una considerazione parziale e
astratta della realtà. Se dunque l'UNIVERSALITA
FILOSOFICA si costituisce come determinatezza assoluta, occorre asserire che l'astrazione
e limitazione scientifica non si costituisce fuori o accanto, ma sul fondamento
e nell'ambito della conoscenza filosofica.
Perciò essa è distinta e autonoma, ma entro il circolo invalicabile della
filosofia -- e della storia d’ITALIA. Una storia da pensare, si badi, sempre e
comunque come l'immanente atto del pensiero concreto. La FILOSOFIA, dunque, non
costituisce un Prolog im Himmel, ossia un semplice e grezzo materiale aggregato
di preliminari nozioni scientifiche, ma piuttosto il sostrato ontologico su cui
la scienza può e deve modellare quelle categorie e quelle nozioni idonee a
favorire l'autentica conoscenza di determinati settori della vita spirituale.
Essa, in altre parole, ha il compito di realizzare un determinato percorso
gnoseologico il cui sviluppo non può prescindere dalla consapevolezza che il
processo di unificazione o unità conoscitiva non avviene per opera della
scienza, ma avviene già nella realtà. La scienza deve solo 'attuare', con i
suoi termini e i suoi concetti, una realtà che storicamente già si compie come
processo unitario'. Un considerarsi come "il manifesto dell'attualismo
applicato alle scienze sociali" (cfr. G. Franchi, Araldo Volpicelli. Per
una teoria dell'autogoverno, Napoli. Sul tema pure cfr. Losano, Prefazione a
Id. cur., Kelsen – V. Parlamentarismo, democrazia e corporatirismno, Torino. Sul
punto cfr. Gennaro, Crocianesimo e cultura giuridica, Milano. Cfr. Volpicelli, Orlando,
in Nuovi studi di diritto, economia e politica. Sul punto cfr. Riccobono,
Intervento, in La filosofia del diritto IN ITALIA; Alti del Congresso nazionale
di filosofia giuridica e politica, Napoli-Sorrento, Milano, Franchi. La scienza
- sentenzia altrove V. - è, infatti, vero ed effettivo conoscere (cfr. Corporativismo
e scienza del diritto, in Nuovi studi di diritto, economia e politica. Sul
binomio realtà-storia V., nel già citato passaggio chiarisce così: "La
realtà è una, categoricamente una ed omogenea, talché le sue distinzioni -
innegabili e imprescindibili all'esistenza del mondo o, meglio, della realtà
come mondo - non possono essere, e ciò per defini-zione, assolute, eterogenee;
non possono cioè importare una contraddittoria moltiplicazione reale
dell'unità. Le distinzioni sono e debbono essere per definizione omogenee, e
non sostanziali. Ciò val quanto affermare che sono «storiche», se è vero che la
storia è il processo di differenziamento dell'uno: sì differenziamento processo
unitario il cui svolgimento, a sua volta, è contrassegnato da una dialettica
intesa come «ritmo della realtà nella sua spirituale natura», ovvero non come
essere ma come farsi. Ciò che V. tenta
di raggiungere, nell'ambito della riflessione giuridica, è la formulazione di
un concetto del diritto che sia capace di incarnare l'intima e l'immediata
attuazione 'scientifica' della teoria 'filosofica' dell'identità di individuo e
Stato», e, al tempo stesso, di schivare il pericolo di una «arbitraria
traduzione di essa nei disparati termini empirici della scienza giuridica..Dimensione
ontologica della filosofia, funzione gnoseologica della scienza: sono questi i
postulati da cui occorre muoversi per intraprendere la costruzione tanto di una
filosofia quanto di una scienza del dintto. La realizzazione della prima passa
per un confronto-scontro con CROCE (si veda), più tenue, e con VECCHIO (si
veda), più violento, -- ossia con i due autori che con maggiore vigore si
oppongono al positivismo filosofico di fine secolo, ma da posizioni differenti:
idealista quella crociana, neo-kan-tiana quella del filosofo romano. La
formazione della seconda, viceversa, parte da una revisione critica della
dottrina dei due protagonisti, maestro e allievo, della pubblicistica italiana:
Orlando eRomano. Il problema di fondo che V. intende affrontare è, quindi,
quello di ridefinire la filosofia del diritto come scienza filosofica, ovvero
come un'attività che indaga su un fenomeno particolare dell'esperienza
esistenziale, ovvero il diritto. La particolarità del suo oggetto, seguendo
questa impostazione, consentirebbe la possibilità di essere concepita come
scienza, 'filosofica', e quindi subordinata alla filo-sofia, ovvero a quel
processo speculativo che tende alla universalità.Secondo Volpicelli, infatti,
un difetto ricorrente delle filosofie del diritto coeve -soprattutto quelle di
matrice positivista - era quello di considerare «le filosofie par-ticolari» - e
quindi quella del diritto - «come entità irrelative e intermedie tra la
filosofia e la scienza. A causa della deriva sociologistica e positivistica che
conduce ad una «concezione naturalistico-deterministica della realtà umana e
perciò del diritto», la filosofia del diritto alla fine dell'Ottocento, «non
conserva che ilsostanziale dei suoi differenziati momenti, senza di che non c'è
processo e passaggio ma statica e irrelata molteplicità naturale" (cfr. A.
V. Corporativismo e scienza del diritto, Cfr. V., La teoria dell'identità di
individuo e Stato, in Nuovi studi di diritto, economia e politica. V.,
Corporativismo e scienza del diritto, V. La teoria del diritto di CROCE, in
Nuovi studi di diritto, economia e politica, nome. Il nodo cruciale è, insomma,
l'impossibile distinzione tra una filosofia generale ed una speciale, come
appunto si presenterebbe quella del diritto: una filosofia generale che ammette
filosofia speciali non è più in grado di risolvere «sul suo terreno tutti i
problemi della realtà. D'altro canto, una filosofia speciale che «ap-plica
passivamente lo schema e il metodo» di una filosofia generale perde il suo
compito essenziale ovvero «spiegare e necessitare il suo oggetto. Una
riaffermazione di una riflessione intimamente giusfilosofica, quindi, «è
possibile e intrinsecamente giustificabile» laddove si accetti il presupposto
che il diritto sia «una posizione o forma assoluta dello Spirito stesso. Pertanto,
oggetto e ragion d'essere della filosofia del diritto finiscono per
identificarsi con «la determinazione della forma giuridica nel suo peculiare
carattere e nella sua connessione intrinseca con le altre forme
spirituali»"'. Solo in questo modo la filosofia del diritto «non è
distinguibile dalla filosofia», ma nasce e si sviluppa «nell'ambito e nel
sistema di essa» con lo scopo di perseguire due finalità essenziali: da un
lato, in funzione anti-positivista, «considerare il diritto come attività dello
spirito e non come «fatto» o schema»; dall'altro, in funzione anti-naturalista,
«concepire storicamente il diritto come creazione incessante, progressiva ed
organica. All'interno di questo quadro, V. riconosce - in aperto contrasto col formalismo
neo-kantiano - dei meriti anche a Croce: in particolar quello di aver
ricomposto «il dissidio tra la filosofia e la storia, l'universalità e la
concretezza, la categoria e l'esperienza» grazie al superamento del dualismo
«di filosofia generale e filosofia particolari»'. Nonostante ciò, la posizione
crociana va rigettata nel suo complesso per la presenza di insuperabili limiti
speculativi: in particolare, in ambito filosofico-teoretico, la logica dei
distinti; su un piano più specificamente giuridico, invece, la visione della
legge come pseudo-concetto e la sua idea del rapporto tra società e Stato.Procediamo
per gradi. Per Volpicelli, l'ipotesi di una dialettica tra i distinti è una
mera contraddizione in termini in quanto le distinzioni che accompagnano la A.
V. Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto, in Nuovi studi di
diritto, economia e politica. Si ripropone, perciò, il problema 'crociano'
"dell'essere o del non essere" della filosofia del diritto "come
materia d'insegnamento" (cfr. ibidem).A. Volpicelli, Recenti indirizzi
italiani di filosofia del diritto. V. La teoria del diritto di Croce, cL'errore
del giusnaturalismo "non consiste nel fatto della sua «fissità», nel suo
contraddire cioè alla autorevolezza delle leggi (...) ma nel carattere
trascendente di esso, come presupposto e limite a priori, e, solo
conseguentemente, statico e fisso, della volontà" Logica e storia:
l'attualismo giuridico di Arnaldo Volpicellicostante e continua formazione
dello spirito si rivelano solamente nel «processo di auto-oggettivazione
dell'Io. L'attività dello spirito, prescindendo dalla sua manifestazione
fenomenica, «è solo ed essenzialmente attività etica»?': per cui
l'autoco-scienza - del soggetto agente - «nell'atto stesso in cui costituisce
la volontà come tale, ne costituisce insieme e indistinguibilmente l'assoluto
valore etico. Questa ripresa lineare e rigida della dimensione morale
dell'intero processo spirituale dalla speculazione gentiliana è il presupposto
che consente a Volpicelli di attaccare frontalmente «l'assurdità della
distinzione spirituale tra attività economica e attività etica», poiché non è
possibile concepirsi una differenza tra volontà universale e volontà
individuale, ossia «tra fini che ci appagano come individui e fini che ci
appagano come uomini. Due sono, dunque, le conseguenze derivanti da tali
assunti: in primis, che l'utile «non è quella forma distinta di attività dello
spirito, ma di un semplice, necessario modo di considerazione della volontà nel
suo divenire. In secundis, che «il diritto è una forma distinta dell'attività
dello spirito», che può presentarsi «come economia», ma soltanto «in virtù di
una distinzione gnoseologica operantesi e risolventesi nel reale processo di
svolgimento dello spirito come eticità»?.Rispetto dunque al primo punto, la
critica ai 'distinti conduce ad una parziale e vaga accettazione dell'identità
diritto-economia e ad una rapida e sbrigativa descrizione della relazione tra i
vari momenti della praxis: diversamente da Gentile, e anche da Maggiore, in cui
l'approdo alla moralità avviene in maniera graduale e complessa, in Volpicelli
costituisce un dogma non approfondito, ma assiomaticamente sostenuto. V. La
teoria del diritto di Croce. Gentile, criticando la filosofia crociana dei
distinti e, nel contempo, rigettando i presupposti della dialettica hegeliana,
sostiene che la morale investa "ogni momento della vita dello
spirito" in quanto proiezione di "un dover essere imprescindibile hic
et nunc in virtù della libertà" (cfr. GENTILE, I fondamenti della
filosofia del diritto, Firenze. Maggiore, invece, distin-guendo, in un primo
tempo, teoria e prassi, colloca la morale al termine del percorso dialettico di
formazione della volontà (sul punto cfr. Maggiore, L'unità del mondo nel
sistema del pensiero, Palermo; in un secondo tempo, poi, riconsiderando
l'esperienza giuridica nel suo insieme, giunge a decretare la sostanziale
identità di diritto e morale (cfr. Id., Il diritto e il suo processo ideale, V.
La teoria del diritto di Croce. Gentile, criticando la filosofia crociana dei
distinti e, nel contempo, rigettando i presupposti della dialettica hegeliana,
sostiene che la morale investa "ogni momento della vita dello
spirito" in quanto proiezione di "un dover essere imprescindibile hic
et nune in virtù della libertà" (cfr. G. Gentile, I fondamenti della
filosofia del diritto, Firenze. Maggiore, invece, distin-guendo, in un primo
tempo, teoria e prassi, colloca la morale al termine del percorso dialettico di
formazione della volontà (sul punto cfr. G. Maggiore, L'unità del mondo nel
sistema del pensiero, Palermo; in un secondo tempo, poi, riconsiderando
l'esperienza giuridica nel suo insieme, giunge a decretare la sostanziale
identità di diritto e morale (cfr. Id., Il diritto e il suo processo ideale,
Palermo: un passaggio che segna l'inizio di un lento ma inesorabile
allontanamento dall'attualismo e dall'idealismo tout court che si compirà negli
anni successivi. Più in ge-nerale, sull'evoluzione del pensiero di Giuseppe
Maggiore si rimanda a F. D'Urso, L'emersione del giuridico' nella filosofia di
Giuseppe Maggiore: da L'unità del mondo a Il diritto e il suo processo ideale,
in Annali dell'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, Napoli. Il vero
problema filosofico-giuridico, del resto, è rappresentato dal rapporto tra
volontà e legge. Contro l'impostazione di Croce, che la vedeva semplicemente
come uno pseudo-concetto della sfera pratica, Volpicelli considera la legge
«regola imperativa» che costituisce la base di «un momento sui generis e
irriducibile dello spirito pratico»?. Essa, perciò, «non è una costruzione
arbitraria», bensì «l'immanente proiezione astrattiva e generalizzante della
concreta volontà»28Se ad una prima lettura la legge appare, perciò, come
«l'oggetto in cui la volontà si pone ed è reale», nel momento in cui la
voluntas «se ne stacca», diviene «lo schema ideale dell'agire»; seguendo tale
ragionamento, si può correttamente ritenere che «la sua dissoluzione è la
condizione perché l'atto volitivo sorga e si effettui,?.Il diritto, allora, non
può non identificarsi con la legge, cioè con il voluto «nella sua astrattezza e
rigidezza di posizione innanzi e contro al volere»3°. Mentre la volontà etica
«pone e risolve la legge nella sua libera ed intima creatività», la volontà
giuridica è quella in cui «la legge è esterna però coattiva»''. Ecco il motivo
per cui il diritto assume la coattività e l'esteriorità come elementi -
gnoseologicamente - distinti dall'etica 32.Infine, Volpicelli intravede e
contesta nel pensiero crociano una lettura 'machia-vellica' della politica:
concepita come «la forma individuale o utilitaria dell'attività pratica dello
spirito», essa si apre all'idea che la filosofia politica «non ha più per
oggetto lo Stato» e quindi la sintesi di autorità e libertà, molteplicità e
unità del va-lore33.A. Volpicelli, La teoria del diritto di Benedetto Croce,
cit., p. 269.Ivi, p. 272.Ibidem.A. Volpicelli, La teoria del diritto di
Benedetto Croce, cit., p. 273.Ibidem.Volpicelli considera essenziale separare
l'ambito gnoseologico da quello fenomenologico e deontologico: in particolare,
nel criticare le conclusioni che Vanni prospetta ne Il problema della filosofia
del diritto nella filosofia, nella scienza e nella vita (1890) - ovvero l'idea
che la filosofia costituisca un grado intermedio del conoscere mentre la
scienza una mera filosofia applicata - sostiene che "il problema
gnoseologico include quello fenomenologico, e questo esclude o sopprime il
deon-tologico" (cfi. A. Volpicelli, Recenti indirizzi italiani di
filosofia del diritto, cit., p. 28) . Questo approccio ricorda la distinzione
gentiliana tra la categoria in sé, ossia "concetto universale, o eterno
momento della vita dello spirito" (cfr. G. Gentile, Teoria generale dello
spirito come atto puro (1913), Firenze 2003, pp. 220-221), e la categoria
considerata come "contenuto di un certo atto conoscitivo" (cfr. ID.,
I fondamenti della filosofia del diritto, cit., p. 15).V., La filosofia della
politica di Benedetto Croce, in Nuovi studi di diritto, economia e politica, V.
La teoria del diritto di Benedetto Croce, cit., p. 269.Ivi, p. 272.Ibidem.3° A.
Volpicelli, La teoria del diritto di Benedetto Croce, cit., p. 273.Ibidem.Volpicelli
considera essenziale separare l'ambito gnoseologico da quello fenomenologico e
deontologico: in particolare, nel criticare le conclusioni che Vanni prospetta
ne Il problema della filosofia del diritto nella filosofia, nella scienza e
nella vita (1890) - ovvero l'idea che la filosofia costituisca un grado
intermedio del conoscere mentre la scienza una mera filosofia applicata -
sostiene che "il problema gnoseologico include quello fenomenologico, e
questo esclude o sopprime il deon-tologico" (cfr. A. Volpicelli, Recenti
indirizzi italiani di filosofia del diritto, cit., p. 28) . Questo approccio
ricorda la distinzione gentiliana tra la categoria in sé, ossia "concetto
universale, o eterno momento della vita dello spirito" (cfr. G. Gentile,
Teoria generale dello spirito come atto puro (1913), Firenze 2003, pp.
220-221), e la categoria considerata come "contenuto di un certo atto
conoscitivo" (cfr. ID., I fondamenti della filosofia del diritto, cit., p.
15).A. Volpicelli, La filosofia della politica di Benedetto Croce, in Nuovi
studi di diritto, economia e politica, VI, 1928, p. 322.479 Logica e storia:
l'attualismo giuridico di V. Volpicelli riconosce al formalismo giuridico di
ispirazione neo-kantiana un importante merito ma, di contro, attribuisce ad
esso un altrettanto decisiva responsa-bilità: il suo pregio consisterebbe
nell'aver riaffermato «l'identità e l'universalità del diritto», il suo difetto
nello «essersi arrestato a un concetto astratto e antistorico della categoria
del diritto», 34.Il formalismo neo-kantiano, in altre parole, riaffermando
«l'apriorità e categori-cità del diritto», rivendicava «legittimità ed
autonomia della rispettiva indagine filo-sofica»35. Un'autonomia che, in
Volpicelli, va sempre però concepita entro il perimetro della filosofia
generale e mai al di fuori e all'esterno di essa36. L'insuperabile limite del
neo-kantismo, allora, appare quello di inseguire un'illusione, ossia di poter
sostenere «l'autonomia dottrinale di quella particolare filosofia contro i congiunti
ostacoli della filosofia generale e della giurisprudenza»37.E arriviamo, così,
all'analisi del maggiore e più influente esponente del neo-kan-tismo italiano,
ovvero Giorgio Del Vecchio38. Volpicelli contesta due aspetti fondamentali
della sua teoresi: la distinzione tra concetto e idea del diritto - che
ripro-pone, sotto mentite spoglie, quella tra una giurisprudenza che studia il
diritto particolare e la filosofia che studia il diritto universale3; la
riproposizione, consequen-ziale, dei tre 'compiti' (gnoseologico,
fenomenologico, deontologico) del diritto *".A. Volpicelli, La teoria del
diritto di Benedetto Croce, cit., p. 241.Ivi, p. 212.Volpicelli, nel ritenere
che la filosofia del diritto come "un'autonoma scienza filosofica"
nasce con Thomasius, interpreta la sua distinzione tra diritto e morale come
specchio della distinzione tra diritto naturale e diritto positivo (cfr. A.
Volpicelli, Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto, cit., p. 25).A.
Volpicelli, La teoria del diritto di Benedetto Croce, cit., p. 243. Per
comprendere meglio la prospettiva volpicelliana, è interessante la lettura
dell'opera di Igino Petrone. Sebbene consideri la sua filosofia come
"unico sforzo compiuto dal filosofismo accademico italiano per costruire
una filosofia del diritto su fondamenti speculativi", in essa traspare
nitidamente il fatto che l'apriori kantiano diviene "una statica e
trascendente idea innata" e, di conseguenza, la realtà fenomenica come una"bruta
empiria avente fuori di sé il suo principio" (cfr. Id., Recenti indirizzi
italiani di filosofia del diritto, I, cit., 30-31). Pertanto, nel suo idealismo
critico "permaneva, in fondo, tenace la concezione positivistica"
(cfr. ivi, p. 29).Quando ci riferiamo al neo-kantismo italiano, come sostiene
nella sua ricostruzione storico-filosofica Nicola Tabaroni, possiamo
individuare tre autori 'per antonomasia', ovvero Igino Petrone,Adolfo Ravà e,
per l'appunto, Giorgio del Vecchio; in merito cfr. N. Tabaroni, La terza via
neo-kantiana. Della gius-hlosofia in Italia, Napoli 1987, pp. 5-6.Una
problematica, questa, che viene approfondita da altri studiosi prossimi alla
filosofia attuale, tra i quali certamente spicca Angelo Ermanno Cammarata. Si
ricordi, a riguardo, soprattutto il Contributo a una critica gnoscologica della
giurisprudenza (1925), in cui emerge, come scrive Teresa Serra, la necessità di
"ridare legittimità alla filosofia del diritto rifiutando l'elisione
idealistica della realtà del diritto" (cfr. T. Serra, Angelo Ermanno
Cammarata: la critica gnoseologica della giurispru-denza, Napoli 1988, p. 61)
V. Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto, I, cit., p. In primo
luogo, egli ritiene che «la fenomenologia del diritto» coincida con «la storia
stessa del concetto di diritto»4: tra lo svolgimento dell'idea-diritto e la
trasformazione del concetto-diritto non vi è, dunque, alcun dualismo ma
piuttosto una sostanziale identità. Un'identità che consente a Volpicelli di
accentuare quell'avvi-cinamento tra forma e contenuto del diritto, già
riconoscibile nell'opera gentiliana e già intrapreso da Maggiore, che, pur
riprendendo nozioni kantiane, le plasma e le adatta all'interno della sua
speculazione a consolidamento e sostegno della posizione attualista43.La forma,
per Volpicelli, è sempre «forma viva», ossia «concreta, processuale e
differenziantesi»: una forma che, così intesa, può essere perfino definita come
«il contenuto medesimo nella sua spiritualità»*. Una forma che non può mai
identificarsi con la vuota e indifferente nozione, di derivazione neo-kantiana,
dell'«univer-sale logico»*. Da qui, la seconda fondamentale critica a Del
Vecchio, ossia la sua fatua distinzione tra essere e conoscere. Il fenomeno
giuridico, infatti, va concepito, secondo tale lettura, come un qualcosa «che
non cade fuori dall'atto che la pro-duce», ma piuttosto come una realtà «in cui
si individua, e cioè si converte e rifonde senza residuo, l'universale attività
concepente»*.La riconduzione dell'elemento fenomenico nell'ambito formativo del
processo spirituale determina, altresì, l'identificazione della conoscenza con
il valore, o meglio, dell'attività conoscitiva con quella valutativa. Lungi
dall'accogliere la separazione weberiana tra giudizio di fatto e giudizio di
valore, Volpicelli perviene al rifiuto dell'altra importante dicotomia nella
filosofia delvecchiana, ossia quella tra idea logica e idea valutativa, da cui
derivano rispettivamente il «giudizio storico-positivo» e il «giudizio
deontologico-razionale»47. Per l'allievo di Gentile, «conoscere è,
indi-stinguibilmente, e in sé medesimo, valutare» perché ogni valutazione avviene
sempre in re, e non extra o post rem, e pertanto «è possibile e giustificabile
solo nell'attoUn concetto di diritto che "non è nulla di diverso e
distinto dalle sue manifestazioni, ma è proprio, assolutamente,
quest'ultima" (cfr. ibidem).Il Kant 'attualista' è quello che apre
all'identità hegeliana di reale e razionale attraverso il ribaltamento del
rapporto tra soggetto e oggetto e la negazione della preesistenza della realtà
al pensiero."Una tale conquista - osserva Franchi - che capovolge il
tradizionale rapporto tra il pensiero e l'es-sere, si sarebbe però arrestata,
secondo Volpicelli, con il riconoscimento di un dato che trascende il pensiero,
cioè la materia, a cui il pensiero si limita a dare una forma, e che avrebbe
obbligato Kant a introdurre nel suo sistema il concetto di «noumeno», elemento
non conoscibile dall'intelletto, a fondamento della stessa realtà
naturale" (cfr. G. Franchi, Amaldo Volpicelli, cit., p. 19).A. Volpicelli,
Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto, I, cit., pp. 42-43.A.
Volpicelli, Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto, II, in Nuovi
studi di diritto, economia e politica, 1931, II, p. 108.A. Volpicelli, Recenti
indirizzi italiani di filosofia del diritto, I, cit., pp. 44 e 47.A.
Volpicelli, Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto, II, cit., p.
109481 Logica e storia: l'attualismo giuridico di Arnaldo Volpicelliconoscitivo,
e non fuori o dopo di esso»48. Il valore, dunque, finisce per identificarsi con
l'essere in maniera ancora più netta rispetto al fenomeno, essendo non altro
che «la stessa formale ed infinita creatività dello spirito»:
un'identificazione garantita dai suoi caratteri essenziali, ovvero
«l'autoposizione e l'infinità»49Il valore così definito svolge, all'interno
della ricostruzione volpicelliana, un'ultima importantissima funzione, ossia
quella di offrire un ulteriore e decisivo argomento contro ogni visione
giusnaturalista. Non potendo, infatti, rinunciare alla sua «spirituale natura e
immanenza», alla sua indole «interiore e cosciente» e alla sua«inesauribile
dialettica», il valore, applicato al diritto, trasforma questo in una peculiare
espressione concreta della coscienza umana, specificamente quella dell'«essere
doveroso e continuo»: un diritto che «è sempre giusto»°. Alla luce di ciò,
appare assolutamente inutile ipotizzare un diritto naturale a priori, eterno,
immutabile, espressione di un ideale astratto sempre esterno alla realtà. Il
giusnaturalismo, in ogni sua formulazione, svela sempre il suo carattere
filosoficamente falso per questa sua incapacità di essere immanente e
'procedurale' all'interno della realtà dello spi-rito: idealità e realtà, in
definitiva, non si traducono mai in un dualismo, bensì si rapportano sempre
nell'alveo di un processo dialettico. Passando sul versante della scienza del
diritto, Volpicelli legge con interesse critico tanto l'opera di Vittorio
Emanuele Orlando quanto quella di Santi Romano. Il confronto con entrambi
scaturisce dall'interesse per lo Stato, in particolar modo per la sua
definizione e la sua funzione nell'ambito dell'esperienza giuridica. In
sintesi, pur condividendo sensibilità e fini che la scienza del diritto
pubblico mostra e per-segue, Volpicelli individua nella dottrina dei due
giuristi siciliani degli elementi critici da cui occorre allontanarsi
apertamente: in Orlando ravvisa il pericolo di una scissione tra diritto e
legge con la subordinazione del primo nei confronti della seconda; in Santi
Romano, invece, la riduzione dello Stato a species del genus diritto
rappresenta un presupposto incauto da cui potrebbe derivare una frammentazione
dell'universo giuridico e un abbandono del processo unitario che, viceversa, lo
con-trassegna.Ciò che, invero, preoccupa maggiormente Volpicelli sul piano
della scientia juris è quella che egli indica come «la tendenza più generale e
caratteristica della giurisprudenza contemporanea», ossia quella «di
determinare e porre alla base delle sue costruzioni il puro concetto di fatto
giuridico»; un concetto, in altre parole, «valido**Ivi, pp. 109-110. Questa
interiorità dell'atto conoscitivo, sorprendentemente, viene trovata da
Volpicelli in Kant stesso, laddove "il conoscere", formandosi
"secondo le forme funzionali dell'auto-coscienza" costituisce
"già per ipotesi il nostro conoscere" (cfr. ibidem).49 A. Volpicelli,
Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto, una volta per sempre e per
tutti i possibili fatti»'. E necessario, perciò, una forte contrapposizione a
questo formalismo che, come «mostro insaziabile», divora e annulla la scienza
«nell'assurda pretesa di rendere quanto più rigorosi e universali gli schemi
scientifici»52.Per Volpicelli la scienza, in generale, «non astrae dalla
realtà», ma piuttosto «in funzione» di essa. In questo senso, la logica - che è
in capo a qualsiasi concezione epistemologica - e la storia - che è
l'incessante motore della realtà ideale - determinano due verità che non
possono non coincidere. La logica, infatti, in quanto «immanente forma della
realtà storica», non può mai scindersi dalla cosa in sé, dalla concretezza
dello spirito, ma fondersi sempre con essa 4Ma la scienza non può 'spiegare sé
stessa, dal momento che la sua intima ragione può essere definita soltanto dal
di fuori, ovvero dalla speculazione filosofica, «nes-suna scienza può
scientificamente dimostrare i suoi presupposti» e quindi «la scienza giuridica
non può pretendere di spiegare giuridicamente il diritto»55. La genesi e i
fondamenti del diritto «trascendono la competenza e la stera della scienza
giuridica» perché essi hanno una «vera e genuina natura metagiuridica»56.La
scienza giuridica è «distinta ed autonoma nella politica o nella storia, ma non
dalla politica e dalla storia»57. Il grande torto di Orlando, come si vedrà,
sarà quello di aver cercato di rendere la scienza giuridica autonoma dalla
politica, ovvero dalla storia, e perciò di affrancarla dalla filosofia. Volpicelli,
in verità, apprezza di Orlando la posizione antirazionalista e
antigiu-snaturalista, nonché l'aver fondato una scienza del diritto capace di
cogliere organicamente quei principia juris che costituiscono «le premesse
storico-ideali informatrici delle istituzioni giuridiche positive»8. Inoltre,
egli sottolinea positivamente51 A. Volpicelli, Santi Romano (@, in Nuovi studi
di diritto, economia e politica, Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando (III),
in Nuovi studi di diritto, economia e politica,1927, I, р. 200.54 Ivi, p. 201.SS
Ivi, pp. 205-206.Ivi, p. 206.Ibidem. VITTORIO EMANUELE ORLANDO Volpicelli, in
verità, apprezza di Orlando la posizione antirazionalista e
antigiu-snaturalista, nonché l'aver fondato una scienza del diritto capace di
cogliere organicamente quei principia juris che costituiscono «le premesse
storico-ideali informatrici delle istituzioni giuridiche positive»58. Inoltre,
egli sottolinea positivamente51 A. Volpicelli, Santi Romano (I), in Nuovi studi
di diritto, economia e politica, I, 1929, p. 17.52Ivi, p. 18.53A. Volpicelli,
Vittorio Emanuele Orlando (III), in Nuovi studi di diritto, economia e
politica,1927, I, р. 200.Ivi, p. 201.Ivi, pp. 205-20636 Ivi, p. 206.Ibidem.A.
Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando (D), in Nuovi studi di diritto, economia
e politica, 1927, L, p. 14. In verità, come osserva Pietro Costa, in questa
riconosciuta affinità con l'impostazione orlandiana, si può riscontrare quel più
generale consenso verso "quella pregiudiziale antropologica (di
ispirazione anti-individualistica e organicistica) che collega Volpicelli non
solo ad Orlando, ma all'intera tradizione giuspubblicistica" (cfr. P.
Costa, Lo Stato immaginario. Metafore e paradigmi della cultura giuridica
italiana fra Ottocento e Novecento, Milano 1986, p. 113).483 Logica e storia:
l'attualismo giuridico di Arnaldo Volpicellil'atteggiamento dichiaratamente
critico del giurista palermitano nei confronti sia del contrattualismo, sia del
giusnaturalismo"".Ciò che, invece, rappresenta - come detto - uno
strappo che determina il rigetto della visione orlandiana nel suo insieme è la
distinzione, di matrice storicista, tra legge e diritto". Una distinzione
che riproporrebbe - in altro modo - il dualismo tra diritto positivo e diritto
naturale, laddove si affermi che «il diritto positivo o vigente (legge)
dichiara e impone l'antecedente, genuino ed autonomo diritto so-ciale»61.In ciò
non può non ravvisarsi, secondo l'interpretazione volpicelliana, uno
sdoppiamento che è matrice e, a un tempo, figlia della medesima scissione tra
Stato e società, già individuata e criticata - da Gentile e Maggiore -
nell'hegeliana dialettica tra bürgerliche Gesellschafte Staaf2. Uno Stato che
rimane mero titolare della legge con la quale riconosce e sanziona un diritto
che non nasce in esso e con esso, ma in una società che precede sempre la sua
formazione. Ma la società, secondo Vol-picelli, «non crea il diritto, se non in
quanto Stato», assumendo in tale veste il ruolo di società politica 3.Il nesso
tra diritto e politica, allora, costituisce il vero nodo da sciogliere, il
terreno su cui è possibile porre le solide fondamenta della scienza giuridica,
delineandone definitivamente caratteristiche e confini. Diritto e politica
rappresentano l'astratto e il concreto del processo ideale che accompagna e
contrassegna perpetuamente l'ente Stato. Se, perciò, il diritto può essere
pensato come «l'obiettivazione astratta» del «concreto essere e operare» della
politica, le scienze impegnate a studiare e definire i rispettivi oggetti sono
agevolmente identificabili: la scienza del59 Orlando, infatti, da un lato
considera il diritto come "una creazione spontanea, incessante ed organica
della società", dall'altro sia allontana da tutte quelle dottrine che
"ponevano a centro e a soggetto del mondo giuridico il puro individuo come
immediatamente dotato di naturali diritti" (cfr.A. Volpicelli, Vittorio
Emanuele Orlando (1),cit., p. 16).Volpicelli scorge in questa separazione un
retaggio diretto della scuola storica del diritto. Una corrente a cui viene
riconosciuto un duplice merito: "contro il contrattualismo, riafferma
l'apriorità e originarietà della società come fonte e principio del diritto;
contro il giusnaturalismo, la storicità e positività di quest'ultimo"
(cfr. ibidem). E, infine, "l'avversione costante e irriducibile di quella
scuola alle codificazioni, che pretende di arrestare il corso storico" e
alle riforme imposte "da una ragione arbitraria (perché metastorica)"
(ibidem). Ciò che, al contrario, valuta come un limite è la negazione dello
Stato come fuoco incessante della società: una società descritta come "una
realtà piena e perfetta prima e fuori dello Stato" e quindi una realtà
"immediatamente statuale e giuridica" (cfr. A. Volpicelli,Vittorio
Emanuele Orlando (D), 1927, I, cit., p. 17).Cfr. A. Volpicelli, Vittorio
Emanuele Orlando (1), 1927, I, cit., p. 17.Il confronto di gentile con la
filosofia hegeliana si traduce in un più complessivo abbandono dello schema
triadico della sua dialettica e nell'adozione di un processo di auto-sintesi
che si regge sulla continua contrapposizione tra 'concreto' ed 'astratto'; sul
punto soprattutto cfr. G. Gentile, La riformaconfronto di gentile con la
filosofia hegeliana si traduce in un più complessivo abbandono dello schema
triadico della sua dialettica e nell'adozione di un processo di auto-sintesi
che si regge sulla continua contrapposizione tra 'concreto' ed 'astratto'; sul
punto soprattutto cfr. G. Gentile, La riforma della dialettica hegeliana
(1913), Firenze 2003. La critica di Maggiore ad Hegel, invece, 4:00•
openstarts.units.itdiritto ha il compito di analizzare lo Stato
«ipostatizzandolo e irrigidendolo», considerandolo sempre come «obiettivo e
statico ordinamento istituzionale», la scienza politica ha viceversa la
funzione di approcciare alla realtà statuale «nel suo divenire concreto»,
ovvero «nel suo interno rapporto con la progressiva e piena volontàumana» 64.In
sintesi, diritto e politica - e con essi le relative scienze - sono senza
dubbio distinti, ma non del tutto separati perché «non rispondono affatto a due
concezioni opposte della realtà», ma piuttosto «poggiano su un fondamento
ideale comune», lo Stato, di cui incarnano l'astratto e il concreto"s.L'approccio
orlandiano, in questo senso, viene certamente 'salvato', dal momento che
l'analisi e il valore degli istituti pubblici «nella loro giuridica realtà»
costituiscono «il fine della scienza giuridica»: un fine che, tuttavia, non si
persegue correttamente se questi «si staccano dal processo storico in cui si
enucleano»66. Proprio qui, infatti, affiorerebbe il secondo e decisivo limite
della ricerca di Orlando, ossia il tentativo impossibile «di accogliere e
conciliare in un più comprensivo sistema i motivi parimente essenziali, ma
inadeguati ed erronei nella loro unilateralità, delle due scuole di diritto
pubblico del sec. XIX»: la scuola 'francese', che continua a dare forma «alle
premesse politico-ideologiche della rivoluzione», e la scuola 'tede-sca', che
al contrario «avvia e apre a sostanziali sviluppi l'assolutismo tradizionale»67Se,
dunque, il legame con la scuola storica lo conduce all'inaccettabile
divaricazione tra legge e diritto (rectius: società e Stato), l'attenzione al
modello francofono lo porta, viceversa, verso un imprudente abbandono proprio
della dimensione storica (rectius: politica) della realtà giuridica in quanto
realtà statuale"8. La vera 'colpa' di Orlando, dunque, sarebbe quella di
non aver realizzato la sintesi tra le due teorie, ovvero di non aver costruito
una scienza giuridica capace, a un tempo, di affermare «l'autonomia e
l'assoluta sovranità dello Stato», nonché «l'esigenza dello Stato giu-ridico» e
«della libertà civile»6. Il suo vero fallimento è determinato dal vano sforzo
di conciliare la necessità delle prerogative sovrane della realtà statuale con l'esigenza64Ivi,
pp. 20-22.6Ivi, p. 21. Sul rapporto tra diritto e politica, come suggerisce
Irene Stolzi, Volpicelli - insieme ad Ugo Spirito con il quale condivide fino
in fondo le avventure e le disavventure dei Nuovi studi, rivendica "la
netta supremazia del momento politico su quello giuridico", ossia "la
necessità che la politica diventasse l'effettivo motore dello stesso
diritto" (cfr. I. Stolzi, Il fascismo totalitario: il contributo della
riflessione idealistica, in Historia et ius (www.historiaetius.eu), 2/2012,
paper 14, p. 6).6Ivi, p. 23.6 A. Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando (III),
cit., p. 183.68 In verità, rileva Aldo Sandulli, le molteplici ascendenze
culturali che caratterizzano la formazione della dottrina orlandiana, possono
essere ricondotte "ad un ceppo comune culturale" rappresentato dalla
"scuola storica di Savigny", dal quale poi si distanzia per seguire
"gli indirizzi dei più rilevanti approdi della coeva giuspubblicistica
tedesca", ovvero Gerber, Laband, e, infine, soprattutto Jellinek (cfr. A.
Sandulli, Costruire lo Stato. La scienza del diritto amministrativo in Italia
(1899-1945)Milano 2009, p. 72).6 A. Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando
(III), cit., p. 185.485Logica e storia: l'attualismo giuridico di Arnaldo
Volpicellidi riconoscimento della libertà politica ad ogni individuo.
Volpicelli risolve questa, per lui, intollerabile giustapposizione orlandiana
con la 'sintesi' dei due elementi, sovranità statuale e libertà politica, nella
nozione di libertà civile che, andando a coincidere con l'autolimitazione
statale, si realizza in «un congruo e determinatosistema di norme
giuridiche»70.La libertà civile, intesa in senso volpicelliano, se traslata nel
rapporto tra i singoli, può costituire i presupposti della libertà giuridica,
cioè di quella libertà «insita e definita nello stesso diritto» che deriva «in
modo indiretto, subordinato e contingente dal diritto posto» e che trova «nella
empirica formulazione di legge il suo fondamento e i suoi limiti»".
Mentre, quindi, l'attributo civile sembra connotare più propriamente i rapporti
tra individuo e Stato, quella giuridica pare riferirsi in maniera più manifesta
alle relazioni intersoggettive: due formulazioni della libertà che, da un lato,
avallano una differenziazione tra ius - in quanto materializzazione dello70
Ibidem. Il problema dell'auto-limitazione dello Stato spinge Volpicelli ad un
naturale accostamento teoretico tra la dottrina Orlando e quella di Jellinek
che costituisce, per il giurista romano, l'occasione per un ulteriore
chiarimento concettuale.Se la dottrina di Jellinek ha il merito di mirare alla
"organica coesistenza" di sovranità e libertà, sulla limitazione del
potere sovrano Volpicelli esprime chiaramente la sua posizione differenziandola
dalla teoria dei diritti pubblici Ibidem. Il problema dell'auto-limitazione
dello Stato spinge Volpicelli ad un naturale accostamento teoretico tra la
dottrina Orlando e quella di Jellinek che costituisce, per il giurista romano,
l'occasione per un ulteriore chiarimento concettuale.Se la dottrina di Jellinek
ha il merito di mirare alla "organica coesistenza" di sovranità e
libertà, sulla limitazione del potere sovrano Volpicelli esprime chiaramente la
sua posizione differenziandola dalla teoria dei diritti pubblici soggettivi:
secondo quest'ultima, infatti, "limitazione giuridica del sovrano vuol dir
soltanto relazione giuridica di esso col suddito: relazione insidente nell'atto
stesso onde lo Stato legifera o pone il proprio comando nella forma di
legge" (cfr. A. Volpicelli, Vittorio EmanueleOrlando (III), cit., pp.
193-194).In Volpicelli, dunque, è la legge medesima a contenere in sé il senso
del limite. Essa, infatti, non è mai e solo "un unilaterale comando al
suddito", ma è sempre "un comando a se stesso", ossia "un
continuo organizzarsi e procedere giuridicamente" (cfr. ivi, p. 194). Del
resto, se 'filosoficamente'Stato e individuo si identificano, in ambito
giuridico la teoria dei diritti pubblici soggettivi non è accettabile perché
presuppone l'auto-poiesi di uno Stato, che si astrattizza nella fictio iuris
della persona giuridica. Una fictio che poi si 'sdoppia' attraverso il
riconoscimento della personalità giuridica del cittadino.La teoria dei diritti
pubblici soggettivi presuppone la relazione tra due soggetti ontologicamente
diversi; l'attualismo filosofico, invece, li considera come i momenti distinti
di un'unica sostanza. Il legame sovrano-suddito, Stato-individuo, è sempre 'interno'
e mai 'esterno'. Perciò, su un piano speculativo è inaccettabile; ma da un
punto di vista della scienza, nel senso astratto datogli da Volpicelli,
potrebbe anche essere accettata, quanto meno nei suoi presupposti se non in
tutte le sue conclusioni.Rispetto ad Orlando, dunque, Volpicelli cerca una
sorta di interpretazione attualisticamente orientata dell'opera di Jellinek e
della dottrina dell'autolimitazione. Uno Jellinek il cui merito è quello di
essere partito "dal puro atto legislativo ut sic, senza pretesa alcuna di
assegnare e imporre allo Stato un determinato atto legislativo iniziale",
evitando così lo sdoppiamento tra sovranità e popolo (cfr. ivi, p.196)."Ivi,
p. 190. "Legiferare è limitarsi": pertanto, "Stato legislatore e
Stato giuridico non sono, in-somma, due Stati o parti staccate ed eterogenee di
un unico Stato - una originaria e sottratta al diritto (autocratica,
illimitata, assoluta) e l'altra postuma, derivata e vincolata da esso",
bensì "i due momenti ideali e inscindibili dell'unico Stato nel suo eterno
processo di posizione e costituzione di sé" (efr. ivi,p. 195).Lo Stato
legislatore, in definitiva, "è continuamente e inscindibilmente un sempre
nuovo determinato Stato giuridico", cosicché la legge è l'atto che
garantisce il continuo processo di produzione della giuridicità (cfr. ibidem).Stato
- e lex - in quanto astrazione individuale dello spirito, fugando però il
rischio della scissione perpetrata da Orlando, in cui rimane impossibile
«conciliare la sta-tualità del diritto con la sua preesistenza allo Stato». In
definitiva, attraverso tale duplice articolazione, Volpicelli finisce, volente
o nolente, per assecondare - tramite il diritto - quella indispensabile
identità gentiliana di libertà e autorità -- sovranità. Il percolo di una
separazione tra Stato e società, già paventatosi in Orlando, trova, secondo
Volpicelli, con l'affermarsi dell'istituzionalismo romaniano, un'ulteriore
fonte di minaccia, ma anche un'apprezzabile opportunità di sviluppo. Per far sì
che «la società sia l'immanente sostanza dello Stato» e che quest'ultimo si
trasformi nella «coestensiva e interiore organizzazione autorevole» della
societas me-desima, occorre che il diritto pubblico, lungi dal ridursi alla
«figura del rapporto politico tradizionale atopicamente concepito», incominci a
«svolgersi e articolarsi in un compatto sistema d'istituzioni attraverso cui
circoli tutta la vita sociale»74.In questo senso, Volpicelli può ben
richiamarsi a L'ordinamento giuridico nel sostenere che «il diritto non è norma
o regola estrinseca di rapporti atomistici», bensì una «compatta organizzazione
sociale in cui le norme e i rapporti rientrano come particolari e subordinati
momenti». Ma, soprattutto, la realtà giuridica è una «organizzazione, in virtù
della quale la società si articola e costituisce in un ente unitario ed
autonomo rispetto ai vari elementi che lo compongono»76. In sostanza, in tale
lettura si accetta, come fondamento incontestabile, l'inscindibile connubio tra
ius e societas. Un connubio che trova la sua primigenia unità nell'individuum72A.
Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando (III), cit., p. 199. Sul rapporto tra
individuo e Stato inVolpicelli cfr. A. De Gennaro, Crocianesimo e cultura
giuridica, cit. pp. 365-366.73 Cfr. G. Gentile, I fondamenti della filosofia
del diritto, cit., pp. 65-88. Sul rapporto tra autorità e libertà in Gentile,
tra le possibili letture cfr. G. M. Barbuto, Nichilismo e Stato totalitario,
Napoli2007. 74A. Volpicelli, Santi Romano (I), cit., p. 10.75 Ibidem. Per
Volpicelli la norma "è una linea divisoria tra le azioni umane", una
connessione tra ordinamento giuridico e realtà umana • openstarts.units.it72A.
Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando (III), cit., p. 199. Sul rapporto tra
individuo e Stato inVolpicelli cfr. A. De Gennaro, Crocianesimo e cultura
giuridica, cit. pp. 365-366.73 Cfr. G. Gentile, I fondamenti della filosofia
del diritto, cit., pp. 65-88. Sul rapporto tra autorità e libertà in Gentile,
tra le possibili letture cfr. G. M. Barbuto, Nichilismo e Stato totalitario,
Napoli2007. 14A. Volpicelli, Santi Romano (I), cit., p. 10.75 Ibidem. Per
Volpicelli la norma "è una linea divisoria tra le azioni umane", una
connessione tra ordinamento giuridico e realtà umana che costituisce "un
limite oggettivo" con "due facce assolutamente congrue" (cfr. A.
Volpicelli, Santi Romano (continuo e fine), in Nuovi studi di diritto, economia
e politica, 1929, VI, p. 363). Più in generale, l'attenzione per le teorie
romaniane è un tratto comune a molti teorici appartenenti alla scuola
gentiliana o comunque in qualche modo aderenti o vicini alla filosofia
attualista. Oltre a Volpicelli, come ricorda Irene Stolzi, anche Maggiore e
Panunzio riconobbero a Santi Romano "il merito di aver sollevato la
questione della identità profonda del fenomeno giuridico e di aver chiarito
come tale identità non potesse in alcun modo esser ricavata dalla mera
superficie normativa, dal semplice sistema del diritto positivo" (cfr. I.
Stolzi, L'ordine corporativo.Poteri organizzati e organizzazione del potere
nella riflessione giuridica dell'Italia fascista, Milano2007, р. 105).76д.
Volpicelli, Santi Romano (D), cit., p. 10.487 Logica e storia: l'attualismo
giuridico di Arnaldo Volpicellimedesimo. La società e il diritto, «nel senso
più genuino e completo», sono, infatti, presenti già «nell'individuo isolato»,
il quale, malgrado rimanga «chiuso della sua vita interiore», in quanto
espressione della soggettività concreta dello spirito, costituisce «un solido e
articolato sistema di volizioni e mezzi di vita, di poteri e istituti, di
garanzie e di norme, di facoltà e obblighi»; e quindi una forma di «redenzione
essenziale di sé con sé», motivo per il quale va considerato, senza ombra di dubbio,
come una «società formalmente piena e perfetta»"?.Tuttavia, ciò che rimane
estraneo all'ortodosso attualismo volpicelliano è l'idea di un diritto oltre lo
Stato8. Il diritto, infatti, «è l'obiettivazione positiva della volontà dello
Stato», ossia «l'organizzazione statica e obiettiva in cui, di momento in
mo-mento, si configura e conchiude il vivente processo politico dello Stato».
Esso è certamente 'organizzazione' - come sostiene Santi Romano - ma soltanto
quella che si incarna nella forma', ma soprattutto nella 'sostanza', dello
Stato. Inoltre, è la sua presupposta mutevolezza a fornire quella solida e
irrinunciabile garanzia di adeguamento continuo all'azione dello Stato e, di
conseguenza, della società tout court.In definitiva, se, da un lato, viene
accolta favorevolmente, in funzione anti-for-malista e anti-normativista la
nozione del diritto come istituzione, dall'altro non è possibile sostenere la
conseguente visione pluralista, derivante - per il vero - da una lettura
accentuatamente 'progressista' e 'innovatrice' del saggio di Santi Romano8:l'istituzione,
in ultima analisi, secondo Volpicelli, non può che essere lo Stato, ossia il
soggetto che, per affrancarsi definitivamente dalla sua ipostatizzazione
moderna,V., del resto, legge in chiave assai personale anche la crisi dello
Stato moderno: nella sua ottica, il superamento dello statualismo ottocentesco
rappresenta "il passaggio dalla concezione nor-mativa, e quindi
individualistica e privatistica, a quella istituzionale e pubblicistica del
diritto", ovvero"dalla concezione atomistica e formalistica a quella
socialitaria ed organica dello Stato" (cfr. A. Vol-picelli, Santi Romano
(continuo e fine), cit., p. 363).79 Ivi, p. 351.8 In realtà, la teoria di Santi
Romano andrebbe letta come un tentativo di conservazione. attraverso l'adozione
di un modello organicistico e anti-individualistico, dello statualismo. Uno
statualismo che, tuttavia, avrebbe dovuto definitivamente accantonare le forme
giuridiche ottocentesche. In tal senso, come scrive Sabino Cassese, la visione
di Santi Romano rappresenta "il contrario del plurali-smo" (cfr. S.
Cassese, Lo Stato, «stupenda creazione del diritto» e «vero principio e vita»,
nei primi anni della Rivista di diritto pubblico (1909-1911), in Quaderni
fiorentini, Milano 1987, p. 507). Pertanto, seguendo le parole di Alfonso
Catania, si può ulteriormente concludere che Romano "elabora una
concezione giuridica che, lungi dal riflettere e comunque lungi dal mettere in
evidenza anche la possibilità di una lettura conflittuale della società,
giuridifica la realtà stessa, in questo senso la forma-lizza, in questo senso
depotenzia il conflittualismo perché in qualche modo la visione giuridica,
nella sua struttura ordinamentale-organizzatoria, tende ad esaltare tutti i
momenti in cui appunto l'azione sociale si mostra fondativa e corroborativa
dell'organizzazione stessa, senza che minimamente si formulino ipotesi sulla
reale composizione e sul reale scontro delle organizzazioni sociali irrompenti
sulla scena storico-politica" (cfr. A. Catania, Formalismo e realismo nel
pensiero di Santi Romano, inId., Teoria e filosofia del diritto. Temi,
problemi, figure, Torino. Sull'interpretazione della dottrina romaniana, ancora
cfr. A. Sandulli, • openstarts.units.itdeve assumere l'attributo
dell'organizzazione. L'addivenire ad una qualsiasi «teoria della pluralità
degli ordinamenti giuridici» rappresenterebbe «il logico corollario» di una
concezione formalistica del diritto e, a un tempo, «la negazione flagrante della
istituzionalità del diritto»8'. Il diritto, in altre parole, «è istituzione»
solamente «se e perché il mondo dei rapporti giuridici» si origina, si sviluppa
e si conserva come «una compatta unità» 82.Ciò che, dunque, finisce sotto la
lente critica volpicelliana è l'ipotesi di una elaborazione dottrinaria, da
parte della scienza giuridica, di una teoria che consideri «il diritto o
l'istituzione ut sic, nella sua purità e generalità», e che risponda così, in
maniera fatua ma pericolosa, «al più tormentoso ed insistente problema della
moderna giuspubblicistica», ovvero quello di «legare o subordinare lo Stato al
diritto»83Un'operazione considerata vanamente astuta perché, passando da una
surrettizia e apparente identificazione tra Stato e ordinamento, si traduce in
un'inaccettabile riduzione del primo termine a species del genus 'istituzione'.Nel
rigettare contestualmente l'identità Stato-diritto e l'assorbimento
dell'ordinamento statuale nella più ampia nozione di istituzione, Volpicelli
ravvede il verificarsi di una fallacia analoga a quella naturalista. Sebbene,
infatti, lo 'statualismo' sia, storicamente e filosoficamente, antitetico al
giusnaturalismo perché dà al diritto «una'fonte' immanente e positiva», ovvero
un «istituto», esso finisce per cadere nella stessa fallacia, ossia di
«subordinare al diritto lo Stato, che da tale subordinazione trarrebbe la
propria esistenza e legittimazione giuridica, 84. L'unica legittima identificazione
- su un piano filosofico - di Stato e diritto è quella che vede il secondo come
«l'incessante organizzazione obiettiva del concreto processo politico», laddove
'politico' corrisponde con 'etico'85.Questa familiare dialettica tra oggetto
(diritto) e soggetto (Stato), tra astratto e concreto, che trova ampio
riscontro nella filosofia di Gentile, in Volpicelli viene ulteriormente
sviluppata attraverso l'approccio al tema del diritto internazionale. Se lo
Stato è, dunque, quella «concreta realtà politica che pone e riforma e vivifica
incessantemente se stesso come entità o istituzione giuridica»8, si pone il
problema di definire, in maniera coerente con le premesse dell'attualismo
filosofico, l'ordinamento fra Italia e il resto del mondo, ovvero rifiutando
qualsiasi soluzione dualistica e, a maggior ragione, pluralistica. V. affronta
la questione sostenendo che l'ordinamento fra l’Italia e il resto del mondo (no
una corporazione) trascende e comprende bensì il singolo stato italiano come
soggetto giuridico -- rectius: i singoli ordinamenti giuridici statuali -- ma
mai e in nessun modo lo stato italiano come soggetto politico in quanto centro vitali,
costruttore e riformatore. Volpicelli,
Santi Romano -- Logica e storia:
l'attualismo giuridico di Arnaldo Volpicellidell'organizzazione giuridica
internazionale. Solo in questo senso l'ordinamento internazionale può
delinearsi come «unica istituzione o organizzazione giuridica» all'interno
della quale sussistano molteplici «relazioni giuridiche» che sono appunto«di
ordine intra-istituzionale. Ecco, allora, svelata la ragione del mantenimento
della nozione di istituzione in un sistema rigidamente identitario e monistico
come quello implicitamente o esplicitamente avallato dalla filosofia 'attuale':
lo Stato si identifica col diritto astratta-mente, ma non concretamente. Sia
nel rapporto interno, sia nel rapporto esterno, il processo identitario a cui
Volpicelli continuamente fa ricorso concerne l'analisi giuridica (e quindi
scientifica), non quella politica (e quindi filosofica). Lo Stato, come realtà
concreta e agente, crea sempre il diritto con cui, nell'atto creativo, va a
identificarsi. Una cosa è, pertanto, lo stato fascista italiano politicamente, o
meglio, eticamente, inteso, un'altra lo stato italiano nella sua obiettivazione
giuridica. Alla natura distintamente ontologica o NOUMENICA del primo,
corrisponde - rimanendone ineluttabilmente separata ed estranea – la mera natura
fenomenica e contingentemente storica del secondo. V. Urso, V. -- Arnaldo
Volpicelli. Volpicelli. Keywords: natura, spirito, corpi e corpi, corporazione.
H. P. Grice Papers, Bancroft. Luigi Speranza, “Grice e Volpicelli: il
naturalismo,” Luigi Speranza: Grice e Volpicelli: natura e naturalismo” – The
Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria. Volpicelli.
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