Grice e Volpicelli: ragione conversazionale -- corpi e corpi – maschi fascisti
– colossi fascisti -- la flosofia italiana nel veintenno fascista -- filosofia
fascista -- filosofia italiana -- Luigi Speranza (Roma).
Filosofo italiaano. Grice: “While
Volpicelli does use ‘spirito,’ he means ‘breath of air,’ since he is ultimately
a naturalist, like I am.” Essential Italian philosopher. Grice: “I read with
interest his “Nature and spirit.” At that time, at Oxford, there was not much
of an Oxford spirit, so it spirited me.” Prende parte come
sotto-tenente alla grande guerra. Si laurea in filosofia sotto GENTILE (vide).
Insegna a Urbino, Pisa, e Roma. Teorico del corporativismo integrale. Direttore
di Nuovi studi e Archivio di studi corporativi. Altri saggi: Natura e spirito; L'educazione
politica dell'Italia; I presupposti scientifici dell'ordinamento corporativo; Corporativismo
e scienza giuridica; La certezza del diritto e la crisi odierna; Dizionario di
Filosofia Franchi, Per una teoria dell'auto-governo,
ESI, Napoli. Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Diritto, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, su Treccani Enciclopedie Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. La filosofia di Volpicelli costituisce un importante e,
pro-babilmente, ineludibile termine di confronto onde comprendere appieno, sul
terreno proprio del diritto, gli sviluppi più profondi dell'attualismo
gentiliano e le sue possibili conclusioni teoretiche circa la possibilità di
ammettere, nel suo seno, una filosofia e una scienza del diritto. Il peculiare
interesse per i risvolti speculativi della sua dottrina nella corretta
definizione tanto di una Rechtsphilosophie quanto di una Rechtswissenschaft,
fanno, infatti, di Volpicelli un insostituibile interlocutore. Punto di
partenza della riflessione volpicelliana è, per l'appunto, la distinzione tra
filosofia e scienza'. Una distinzione che investe in primis la speculazione 'Tale
problematica viene affrontata, parallelamente, seppur da un versante più
marcatamente economico e sociologico, da Ugo Spirito, con il quale condividerà
le avventure e, soprattutto, le disavventure della rivista Nuovi studi di
diritto, economia e politica che, dal 1927 fino alla forzata chiusura del 1985,
raccoglie i loro principali saggi e, in particolare, il loro tentativo di
indagare - sulla base dell'insegnamento gentiliano - quegli ambiti delle
scienze pratiche nei quali il complesso rapporto con una filosofia unificatrice
ed escludente come l'attualismo determinava l'esigenza di un approfondimento
speculativo particolare. I Nuovi studi, riprendendo la felice sintesi di
Franchi, possono teoretica tout court, ma che poi - come si vedrà - finisce per
calarsi perfettamente nella definizione del diritto e nella tipologia di
analisi e studio che concernono l'esperienza giuridica nel suo insieme?.Fedele
trascrittore della lezione gentiliana, Volpicelli separa schematicamente i due
campi: la filosofia «è la considerazione integrale e, quindi, reale dei
fenomeni singoli come individuazioni assolute dell'intero universo»; la
scienza, invece, «una limitazione operata sull'universale individuo, e, quindi,
una considerazione parziale e astratta della realtà»'. Se dunque
«l'universalità filosofica» si costituisce come «de-terminatezza assoluta»,
occorre asserire che «l'astrazione e limitazione scientifica non si costituisce
fuori o accanto, ma sul fondamento e nell'ambito della conoscenza storica e
filosofica»*. Perciò essa è «distinta e autonoma», ma «entro il circolo
invalicabile della filosofia e della storia». Una storia da pensare, si badi,
sempre e comunque «come l'immanente atto del pensiero concreto. La filosofia,
dunque, non costituisce un Prolog im Himmel, ossia un semplice e grezzo
«materiale aggregato di preliminari nozioni scientifiche», ma piuttosto il
sostrato ontologico su cui la scienza può e deve modellare quelle categorie e
quelle nozioni idonee a favorire l'autentica conoscenza di determinati settori
della vita spi-rituale®. Essa, in altre parole, ha il compito di realizzare un
determinato percorso gnoseologico il cui sviluppo non può prescindere dalla
consapevolezza che il processo di unificazione (o unità) conoscitiva non
avviene per opera della scienza, ma avviene già nella realtà. La scienza deve
solo 'attuare', con i suoi termini e i suoi concetti, una realtà che
storicamente già si compie come processo unitario'. Un considerarsi come
"il manifesto dell'attualismo applicato alle scienze sociali" (cfr.
G. Franchi, Araldo Volpicelli. Per una teoria dell'autogoverno, Napoli 2003, p.
51). Sul tema pure cfr. M. Losano, Prefazione a Id. (a cura), Hans Kelsen -
Arnaldo Volpicelli. Parlamentarismo, democrazia e corporatirismno, Torino 2012,
P. 32 e ss. Sul punto cfr. A. De Gennaro, Crocianesimo e cultura giuridica,
Milano 1974, pp. 362-363. Cfr. A. Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando (II),
in Nuovi studi di diritto, economia e politica, 1927, 1, р. 97. 4Cfr. ibidem. SCfr.
ibidem. 'Cfr. ibidem. Sul punto cfr. F. Riccobono, Intervento, in La filosofia
del diritto in Italia nel secolo XX; Alti dell'X7 Congresso nazionale di
filosofia giuridica e politica (Napoli-Sorrento, 4-7 ottobre 1976), Milano
1977, II, pp. 87-92; G. Franchi, Arnaldo Volpicelli, cit., pp. 51-114.^ Cfi. A.
Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando (II), cit., p. 97. 8 "La scienza -
sentenzia altrove Volpicelli - è, infatti, «vero ed effettivo» conoscere"
(cfr. A. Vol-picelli, Corporativismo e scienza del diritto, in Nuovi studi di
diritto, economia e politica, 1932, V, p.319).' Sul binomio realtà-storia
Volpicelli, nel già citato passaggio (cfr. nota 7), chiarisce così: "La
realtà è una, categoricamente una ed omogenea, talché le sue distinzioni -
innegabili e imprescindibili all'esistenza del mondo o, meglio, della realtà
come mondo - non possono essere, e ciò per defini-zione, assolute, eterogenee;
non possono cioè importare una contraddittoria moltiplicazione reale
dell'unità. Le distinzioni sono e debbono essere per definizione omogenee, e
non sostanziali. Ciò val quanto affermare che sono «storiche», se è vero che la
storia è il processo di differenziamento dell'uno: sì differenziamento 3:59•
openstarts.units processo unitario il cui svolgimento, a sua volta, è
contrassegnato da una dialettica intesa come «ritmo della realtà nella sua
spirituale natura», ovvero non come essere ma come farsi°. Ciò che Volpicelli
tenta di raggiungere, nell'ambito della riflessione giuridica, è la
formulazione di un concetto del diritto che sia capace di incarnare «l'intima e
l'immediata attuazione 'scientifica' della teoria 'filosofica' dell'identità di
individuo e Stato», e, al tempo stesso, di schivare il pericolo di una «arbitraria
traduzione di essa nei disparati termini empirici della scienza
giuridica»".Dimensione ontologica della filosofia, funzione gnoseologica
della scienza: sono questi i postulati da cui occorre muoversi per
intraprendere la costruzione tanto di una filosofia quanto di una scienza del
dintto. La realizzazione della prima passa per un confronto-scontro con Croce
(più tenue) e con Del Vecchio (più violento)- ossia con i due autori che con
maggiore vigore si oppongono al positivismo filosofico di fine secolo, ma da
posizioni differenti: idealista quella crociana, neo-kan-tiana quella del
filosofo romano. La formazione della seconda, viceversa, parte da una revisione
critica della dottrina dei due protagonisti, maestro e allievo, della
pubblicistica italiana a cavallo tra Ottocento e Novecento: Vittorio Emanuele
Orlandoe Santi Romano.2. FILOSOFIA DEL DIRITTO E SCIENZA FILOSOFICAIl problema
di fondo che Volpicelli intende affrontare è, quindi, quello di ridefinire la
filosofia del diritto come scienza filosofica, ovvero come un'attività che
indaga su un fenomeno particolare dell'esperienza esistenziale, ovvero il
diritto. La particolarità del suo oggetto, seguendo questa impostazione,
consentirebbe la possibilità di essere concepita come scienza, 'filosofica', e
quindi subordinata alla filo-sofia, ovvero a quel processo speculativo che
tende alla universalità.Secondo Volpicelli, infatti, un difetto ricorrente
delle filosofie del diritto coeve -soprattutto quelle di matrice positivista -
era quello di considerare «le filosofie par-ticolari» - e quindi quella del
diritto - «come entità irrelative e intermedie tra la filosofia e la
scienza»'2. A causa della deriva sociologistica e positivistica che conduce ad
una «concezione naturalistico-deterministica della realtà umana e perciò del
diritto», la filosofia del diritto alla fine dell'Ottocento, «non conserva che
ilsostanziale dei suoi differenziati momenti, senza di che non c'è processo e
passaggio ma statica e irrelata molteplicità naturale" (cfr. A.
Volpicelli, Corporativismo e scienza del diritto, cit., p. 319).1º Cfr. A.
Volpicelli, La teoria dell'identità di individuo e Stato, in Nuovi studi di
diritto, economia e politica, 1933, I-II, p. 19."1 A. Volpicelli,
Corporativismo e scienza del diritto, cit., p. 316.12 A. Volpicelli, La teoria
del diritto di Benedetto Croce, in Nuovi studi di diritto, economia e politica,
1928, IV-V, p. 241.nome»13. Il nodo cruciale è, insomma, l'impossibile
distinzione tra una filosofia generale ed una speciale, come appunto si
presenterebbe quella del diritto: una filosofia generale che ammette filosofia
speciali non è più in grado di risolvere «sul suo terreno tutti i problemi
della realtà»'4. D'altro canto, una filosofia speciale che «ap-plica
passivamente lo schema e il metodo» di una filosofia generale perde il suo
compito essenziale ovvero «spiegare e necessitare il suo oggetto»'5.Una
riaffermazione di una riflessione intimamente giusfilosofica, quindi, «è
possibile e intrinsecamente giustificabile» laddove si accetti il presupposto
che il diritto sia «una posizione o forma assoluta dello Spirito stesso»16,
Pertanto, «oggetto e ra-gion d'essere della filosofia del diritto» finiscono
per identificarsi con «la determinazione della forma giuridica nel suo
peculiare carattere e nella sua connessione intrinseca con le altre forme
spirituali»"'. Solo in questo modo la filosofia del diritto «non è
distinguibile dalla filosofia», ma nasce e si sviluppa «nell'ambito e nel
sistema di essa» con lo scopo di perseguire due finalità essenziali: da un
lato, in funzione anti-positivista, «considerare il diritto come attività dello
spirito e non come «fatto» o schema»; dall'altro, in funzione anti-naturalista,
«concepire storicamente il diritto come creazione incessante, progressiva ed
organica»IL CONFRONTO CON CROCEAll'interno di questo quadro, 4:00•UL•
openstarts.units.itIL CONFRONTO CON CROCEAll'interno di questo quadro,
Volpicelli riconosce - in aperto contrasto col formalismo neo-kantiano - dei
meriti anche a Croce: in particolar quello di aver ricomposto «il dissidio tra
la filosofia e la storia, l'universalità e la concretezza, la categoria e
l'esperienza» grazie al superamento del dualismo «di filosofia generale e
filosofia particolari»'. Nonostante ciò, la posizione crociana va rigettata nel
suo complesso per la presenza di insuperabili limiti speculativi: in
particolare, in ambito filosofico-teoretico, la logica dei distinti; su un
piano più specificamente giuridico, invece, la visione della legge come
pseudo-concetto e la sua idea del rapporto tra società e Stato.Procediamo per
gradi. Per Volpicelli, l'ipotesi di una dialettica tra i distinti è una mera
contraddizione in termini in quanto le distinzioni che accompagnano laA.
Volpicelli, Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto, in Nuovi studi
di diritto, economia e politica, 1931, I, p. 26. Si ripropone, perciò, il
problema 'crociano' "dell'essere o del non essere" della filosofia
del diritto "come materia d'insegnamento" (cfr. ibidem).A.
Volpicelli, Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto, cit., p. 28.Ibidem.A.
Volpicelli, La teoria del diritto di Benedetto Croce, cit., p. 242.1 Ivi, p.
245.18Ivi, pp. 261-262. L'errore del giusnaturalismo "non consiste nel
fatto della sua «fissità», nel suo contraddire cioè alla autorevolezza delle
leggi (...) ma nel carattere trascendente di esso, come presupposto e limite a
priori, e, solo conseguentemente, statico e fisso, della volontà" (cfr.
ivi, p. 277).1ºIvi, pp. 241-242.477 Logica e storia: l'attualismo giuridico di
Arnaldo Volpicellicostante e continua formazione dello spirito si rivelano
solamente nel «processo di auto-oggettivazione dell'Io»20. L'attività dello
spirito, prescindendo dalla sua manifestazione fenomenica, «è solo ed
essenzialmente attività etica»?': per cui l'autoco-scienza - del soggetto
agente - «nell'atto stesso in cui costituisce la volontà come tale, ne
costituisce insieme e indistinguibilmente l'assoluto valore etico»22. Questa
ripresa lineare e rigida della dimensione morale dell'intero processo
spirituale dalla speculazione gentiliana è il presupposto che consente a
Volpicelli di attaccare frontalmente «l'assurdità della distinzione spirituale
tra attività economica e attività etica», poiché non è possibile concepirsi una
differenza tra volontà universale e volontà individuale, ossia «tra fini che ci
appagano come individui e fini che ci appagano come uomini»23.Due sono, dunque,
le conseguenze derivanti da tali assunti: in primis, che l'utile «non è quella
forma distinta di attività dello spirito, ma di un semplice, necessario modo di
considerazione della volontà nel suo divenire»24; in secundis, che «il diritto
è una forma distinta dell'attività dello spirito», che può presentarsi «come
econo-mia», ma soltanto «in virtù di una distinzione gnoseologica operantesi e
risolventesi nel reale processo di svolgimento dello spirito come eticità»?.Rispetto
dunque al primo punto, la critica ai 'distinti conduce ad una parziale e vaga
accettazione dell'identità diritto-economia e ad una rapida e sbrigativa
descrizione della relazione tra i vari momenti della praxis: diversamente da
Gentile, e anche da Maggiore, in cui l'approdo alla moralità avviene in maniera
graduale e complessa, in Volpicelli costituisce un dogma non approfondito, ma
assiomaticamente sostenuto?20 Ivi, p. 263.2' Ivi, p. 266.Ibidem.A. Volpicelli,
La teoria del diritto di Benedetto Croce, cit., p. 267.Ibidem.A. Volpicelli, La
teoria del diritto di Benedetto Croce, cit., p. 269.Gentile, criticando la
filosofia crociana dei distinti e, nel contempo, rigettando i presupposti della
dialettica hegeliana, sostiene che la morale investa "ogni momento della
vita dello spirito" in quanto proiezione di "un dover essere imprescindibile
hic et nunc in virtù della libertà" (cfr. G. Gen-tile, I fondamenti della
filosofia del diritto (1916), Firenze 2003, p. 17). Maggiore, invece,
distin-guendo, in un primo tempo, teoria e prassi, colloca la morale al termine
del percorso dialettico di formazione della volontà (sul punto cfr. G.
Maggiore, L'unità del mondo nel sistema del pensiero, Palermo 1913, p. 256 e
ss.); in un secondo tempo, poi, riconsiderando l'esperienza giuridica nel suo
insieme, giunge a decretare la sostanziale identità di diritto e morale (cfr.
Id., Il diritto e il suo processo ideale, 4:00• UU• openstarts.units.it20Ivi,
p. 263.2Ivi, p. 266.Ibidem.A. Volpicelli, La teoria del diritto di Benedetto
Croce, cit., p. 267.Ibidem.A. Volpicelli, La teoria del diritto di Benedetto
Croce, cit., p. 269Gentile, criticando la filosofia crociana dei distinti e,
nel contempo, rigettando i presupposti della dialettica hegeliana, sostiene che
la morale investa "ogni momento della vita dello spirito" in quanto
proiezione di "un dover essere imprescindibile hic et nune in virtù della
libertà" (cfr. G. Gen-tile, I fondamenti della filosofia del diritto
(1916), Firenze 2003, p. 17). Maggiore, invece, distin-guendo, in un primo
tempo, teoria e prassi, colloca la morale al termine del percorso dialettico di
formazione della volontà (sul punto cfr. G. Maggiore, L'unità del mondo nel
sistema del pensiero, Palermo 1913, p. 256 e ss.); in un secondo tempo, poi,
riconsiderando l'esperienza giuridica nel suo insieme, giunge a decretare la
sostanziale identità di diritto e morale (cfr. Id., Il diritto e il suo
processo ideale, Palermo 1916, pp. 134-135): un passaggio che segna l'inizio di
un lento ma inesorabile allontanamento dall'attualismo e dall'idealismo tout
court che si compirà negli anni successivi. Più in ge-nerale, sull'evoluzione
del pensiero di Giuseppe Maggiore si rimanda a F. D'Urso, L'emersione del
giuridico' nella filosofia di Giuseppe Maggiore: da L'unità del mondo a Il
diritto e il suo processo ideale, in Annali dell'Università degli Studi Suor
Orsola Benincasa (2013-2015), Napoli 2017, pp. 99Il vero problema
filosofico-giuridico, del resto, è rappresentato dal rapporto tra volontà e
legge. Contro l'impostazione di Croce, che la vedeva semplicemente come uno
pseudo-concetto della sfera pratica, Volpicelli considera la legge «regola
imperativa» che costituisce la base di «un momento sui generis e irriducibile
dello spirito pratico»?. Essa, perciò, «non è una costruzione arbitraria»,
bensì «l'immanente proiezione astrattiva e generalizzante della concreta
volontà»28Se ad una prima lettura la legge appare, perciò, come «l'oggetto in
cui la volontà si pone ed è reale», nel momento in cui la voluntas «se ne
stacca», diviene «lo schema ideale dell'agire»; seguendo tale ragionamento, si
può correttamente ritenere che «la sua dissoluzione è la condizione perché
l'atto volitivo sorga e si effettui,?.Il diritto, allora, non può non
identificarsi con la legge, cioè con il voluto «nella sua astrattezza e
rigidezza di posizione innanzi e contro al volere»3°. Mentre la volontà etica
«pone e risolve la legge nella sua libera ed intima creatività», la volontà
giuridica è quella in cui «la legge è esterna però coattiva»''. Ecco il motivo
per cui il diritto assume la coattività e l'esteriorità come elementi -
gnoseologicamente - distinti dall'etica 32.Infine, Volpicelli intravede e
contesta nel pensiero crociano una lettura 'machia-vellica' della politica:
concepita come «la forma individuale o utilitaria dell'attività pratica dello
spirito», essa si apre all'idea che la filosofia politica «non ha più per
oggetto lo Stato» e quindi la sintesi di autorità e libertà, molteplicità e
unità del va-lore33.A. Volpicelli, La teoria del diritto di Benedetto Croce,
cit., p. 269.Ivi, p. 272.Ibidem.A. Volpicelli, La teoria del diritto di
Benedetto Croce, cit., p. 273.Ibidem.Volpicelli considera essenziale separare
l'ambito gnoseologico da quello fenomenologico e deontologico: in particolare,
nel criticare le conclusioni che Vanni prospetta ne Il problema della filosofia
del diritto nella filosofia, nella scienza e nella vita (1890) - ovvero l'idea
che la filosofia costituisca un grado intermedio del conoscere mentre la
scienza una mera filosofia applicata - sostiene che "il problema
gnoseologico include quello fenomenologico, e questo esclude o sopprime il
deon-tologico" (cfi. A. Volpicelli, Recenti indirizzi italiani di
filosofia del diritto, cit., p. 28) . Questo approccio ricorda la distinzione
gentiliana tra la categoria in sé, ossia "concetto universale, o eterno
momento della vita dello spirito" (cfr. G. Gentile, Teoria generale dello
spirito come atto puro (1913), Firenze 2003, pp. 220-221), e la categoria
considerata come "contenuto di un certo atto conoscitivo" (cfr. ID.,
I fondamenti della filosofia del diritto, cit., p. 15).A. Volpicelli, La
filosofia della politica di Benedetto Croce, in Nuovi studi di diritto,
economia e politica, VI, 1928, 4:• UU• openstarts.units.itA. Volpicelli, La
teoria del diritto di Benedetto Croce, cit., p. 269.Ivi, p. 272.Ibidem.3° A.
Volpicelli, La teoria del diritto di Benedetto Croce, cit., p. 273.Ibidem.Volpicelli
considera essenziale separare l'ambito gnoseologico da quello fenomenologico e
deontologico: in particolare, nel criticare le conclusioni che Vanni prospetta
ne Il problema della filosofia del diritto nella filosofia, nella scienza e
nella vita (1890) - ovvero l'idea che la filosofia costituisca un grado
intermedio del conoscere mentre la scienza una mera filosofia applicata -
sostiene che "il problema gnoseologico include quello fenomenologico, e
questo esclude o sopprime il deon-tologico" (cfr. A. Volpicelli, Recenti
indirizzi italiani di filosofia del diritto, cit., p. 28) . Questo approccio
ricorda la distinzione gentiliana tra la categoria in sé, ossia "concetto
universale, o eterno momento della vita dello spirito" (cfr. G. Gentile,
Teoria generale dello spirito come atto puro (1913), Firenze 2003, pp.
220-221), e la categoria considerata come "contenuto di un certo atto
conoscitivo" (cfr. ID., I fondamenti della filosofia del diritto, cit., p.
15).A. Volpicelli, La filosofia della politica di Benedetto Croce, in Nuovi
studi di diritto, economia e politica, VI, 1928, p. 322.479 Logica e storia:
l'attualismo giuridico di Arnaldo Volpicelli4. LO SCONTRO CON DEL VECCHIOVolpicelli
riconosce al formalismo giuridico di ispirazione neo-kantiana un importante
merito ma, di contro, attribuisce ad esso un altrettanto decisiva
responsa-bilità: il suo pregio consisterebbe nell'aver riaffermato «l'identità
e l'universalità del diritto», il suo difetto nello «essersi arrestato a un
concetto astratto e antistorico della categoria del diritto», 34.Il formalismo
neo-kantiano, in altre parole, riaffermando «l'apriorità e categori-cità del
diritto», rivendicava «legittimità ed autonomia della rispettiva indagine
filo-sofica»35. Un'autonomia che, in Volpicelli, va sempre però concepita entro
il perimetro della filosofia generale e mai al di fuori e all'esterno di
essa36. L'insuperabile limite del neo-kantismo, allora, appare quello di
inseguire un'illusione, ossia di poter sostenere «l'autonomia dottrinale di
quella particolare filosofia contro i congiunti ostacoli della filosofia
generale e della giurisprudenza»37.E arriviamo, così, all'analisi del maggiore
e più influente esponente del neo-kan-tismo italiano, ovvero Giorgio Del
Vecchio38. Volpicelli contesta due aspetti fondamentali della sua teoresi: la
distinzione tra concetto e idea del diritto - che ripro-pone, sotto mentite
spoglie, quella tra una giurisprudenza che studia il diritto particolare e la
filosofia che studia il diritto universale3; la riproposizione,
consequen-ziale, dei tre 'compiti' (gnoseologico, fenomenologico, deontologico)
del diritto *".A. Volpicelli, La teoria del diritto di Benedetto Croce,
cit., p. 241.Ivi, p. 212.Volpicelli, nel ritenere che la filosofia del diritto
come "un'autonoma scienza filosofica" nasce con Thomasius, interpreta
la sua distinzione tra diritto e morale come specchio della distinzione tra
diritto naturale e diritto positivo (cfr. A. Volpicelli, Recenti indirizzi
italiani di filosofia del diritto, cit., p. 25).A. Volpicelli, La teoria del
diritto di Benedetto Croce, cit., p. 243. Per comprendere meglio la prospettiva
volpicelliana, è interessante la lettura dell'opera di Igino Petrone. Sebbene
consideri la sua filosofia come "unico sforzo compiuto dal filosofismo
accademico italiano per costruire una filosofia del diritto su fondamenti
speculativi", in essa traspare nitidamente il fatto che l'apriori kantiano
diviene "una statica e trascendente idea innata" e, di conseguenza,
la realtà fenomenica come una"bruta empiria avente fuori di sé il suo
principio" (cfr. Id., Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto,
I, cit., 30-31). Pertanto, nel suo idealismo critico "permaneva, in fondo,
tenace la concezione positivistica" (cfr. ivi, p. 29).Quando ci riferiamo
al neo-kantismo italiano, come sostiene nella sua ricostruzione
storico-filosofica Nicola Tabaroni, possiamo individuare tre autori 'per
antonomasia', ovvero Igino Petrone,Adolfo Ravà e, per l'appunto, Giorgio del
Vecchio; in merito cfr. N. Tabaroni, La terza via neo-kantiana. Della
gius-hlosofia in Italia, Napoli 1987, pp. 5-6.Una problematica, questa, che
viene approfondita da altri studiosi prossimi alla filosofia attuale, tra i
quali certamente spicca Angelo Ermanno Cammarata. Si ricordi, a riguardo,
soprattutto il Contributo a una critica gnoscologica della giurisprudenza (1925),
in cui emerge, come scrive Teresa Serra, la necessità di "ridare
legittimità alla filosofia del diritto rifiutando l'elisione idealistica della
realtà del diritto" (cfr. T. Serra, Angelo Ermanno Cammarata: la critica
gnoseologica della giurispru-denza, Napoli 1988, p. 61)A. Volpicelli, Recenti
indirizzi italiani di filosofia del diritto, I, cit., p. In primo luogo, egli
ritiene che «la fenomenologia del diritto» coincida con «la storia stessa del
concetto di diritto»4: tra lo svolgimento dell'idea-diritto e la trasformazione
del concetto-diritto non vi è, dunque, alcun dualismo ma piuttosto una sostanziale
identità. Un'identità che consente a Volpicelli di accentuare
quell'avvi-cinamento tra forma e contenuto del diritto, già riconoscibile
nell'opera gentiliana e già intrapreso da Maggiore, che, pur riprendendo
nozioni kantiane, le plasma e le adatta all'interno della sua speculazione a
consolidamento e sostegno della posizione attualista43.La forma, per
Volpicelli, è sempre «forma viva», ossia «concreta, processuale e
differenziantesi»: una forma che, così intesa, può essere perfino definita come
«il contenuto medesimo nella sua spiritualità»*. Una forma che non può mai
identificarsi con la vuota e indifferente nozione, di derivazione neo-kantiana,
dell'«univer-sale logico»*. Da qui, la seconda fondamentale critica a Del
Vecchio, ossia la sua fatua distinzione tra essere e conoscere. Il fenomeno
giuridico, infatti, va concepito, secondo tale lettura, come un qualcosa «che
non cade fuori dall'atto che la pro-duce», ma piuttosto come una realtà «in cui
si individua, e cioè si converte e rifonde senza residuo, l'universale attività
concepente»*.La riconduzione dell'elemento fenomenico nell'ambito formativo del
processo spirituale determina, altresì, l'identificazione della conoscenza con
il valore, o meglio, dell'attività conoscitiva con quella valutativa. Lungi
dall'accogliere la separazione weberiana tra giudizio di fatto e giudizio di
valore, Volpicelli perviene al rifiuto dell'altra importante dicotomia nella
filosofia delvecchiana, ossia quella tra idea logica e idea valutativa, da cui
derivano rispettivamente il «giudizio storico-positivo» e il «giudizio
deontologico-razionale»47. Per l'allievo di Gentile, «conoscere è,
indi-stinguibilmente, e in sé medesimo, valutare» perché ogni valutazione avviene
sempre in re, e non extra o post rem, e pertanto «è possibile e giustificabile
solo nell'attoUn concetto di diritto che "non è nulla di diverso e
distinto dalle sue manifestazioni, ma è proprio, assolutamente,
quest'ultima" (cfr. ibidem).Il Kant 'attualista' è quello che apre
all'identità hegeliana di reale e razionale attraverso il ribaltamento del
rapporto tra soggetto e oggetto e la negazione della preesistenza della realtà
al pensiero."Una tale conquista - osserva Franchi - che capovolge il
tradizionale rapporto tra il pensiero e l'es-sere, si sarebbe però arrestata,
secondo Volpicelli, con il riconoscimento di un dato che trascende il pensiero,
cioè la materia, a cui il pensiero si limita a dare una forma, e che avrebbe
obbligato Kant a introdurre nel suo sistema il concetto di «noumeno», elemento
non conoscibile dall'intelletto, a fondamento della stessa realtà
naturale" (cfr. G. Franchi, Amaldo Volpicelli, cit., p. 19).A. Volpicelli,
Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto, I, cit., pp. 42-43.A.
Volpicelli, Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto, II, in Nuovi
studi di diritto, economia e politica, 1931, II, p. 108.A. Volpicelli, Recenti
indirizzi italiani di filosofia del diritto, I, cit., pp. 44 e 47.A.
Volpicelli, Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto, II, cit., p.
109481 Logica e storia: l'attualismo giuridico di Arnaldo Volpicelliconoscitivo,
e non fuori o dopo di esso»48. Il valore, dunque, finisce per identificarsi con
l'essere in maniera ancora più netta rispetto al fenomeno, essendo non altro
che «la stessa formale ed infinita creatività dello spirito»:
un'identificazione garantita dai suoi caratteri essenziali, ovvero
«l'autoposizione e l'infinità»49Il valore così definito svolge, all'interno
della ricostruzione volpicelliana, un'ultima importantissima funzione, ossia
quella di offrire un ulteriore e decisivo argomento contro ogni visione
giusnaturalista. Non potendo, infatti, rinunciare alla sua «spirituale natura e
immanenza», alla sua indole «interiore e cosciente» e alla sua«inesauribile
dialettica», il valore, applicato al diritto, trasforma questo in una peculiare
espressione concreta della coscienza umana, specificamente quella dell'«essere
doveroso e continuo»: un diritto che «è sempre giusto»°. Alla luce di ciò,
appare assolutamente inutile ipotizzare un diritto naturale a priori, eterno,
immutabile, espressione di un ideale astratto sempre esterno alla realtà. Il
giusnaturalismo, in ogni sua formulazione, svela sempre il suo carattere
filosoficamente falso per questa sua incapacità di essere immanente e
'procedurale' all'interno della realtà dello spi-rito: idealità e realtà, in
definitiva, non si traducono mai in un dualismo, bensì si rapportano sempre
nell'alveo di un processo dialettico.5. IL PROBLEMA 4:00• openstarts.units.it5.
IL PROBLEMA DELLA SCIENZAPassando sul versante della scienza del diritto,
Volpicelli legge con interesse critico tanto l'opera di Vittorio Emanuele
Orlando quanto quella di Santi Romano. Il confronto con entrambi scaturisce
dall'interesse per lo Stato, in particolar modo per la sua definizione e la sua
funzione nell'ambito dell'esperienza giuridica. In sintesi, pur condividendo
sensibilità e fini che la scienza del diritto pubblico mostra e per-segue,
Volpicelli individua nella dottrina dei due giuristi siciliani degli elementi
critici da cui occorre allontanarsi apertamente: in Orlando ravvisa il pericolo
di una scissione tra diritto e legge con la subordinazione del primo nei
confronti della seconda; in Santi Romano, invece, la riduzione dello Stato a
species del genus diritto rappresenta un presupposto incauto da cui potrebbe
derivare una frammentazione dell'universo giuridico e un abbandono del processo
unitario che, viceversa, lo con-trassegna.Ciò che, invero, preoccupa
maggiormente Volpicelli sul piano della scientia juris è quella che egli indica
come «la tendenza più generale e caratteristica della giurisprudenza
contemporanea», ossia quella «di determinare e porre alla base delle sue costruzioni
il puro concetto di fatto giuridico»; un concetto, in altre parole, «valido**Ivi,
pp. 109-110. Questa interiorità dell'atto conoscitivo, sorprendentemente, viene
trovata da Volpicelli in Kant stesso, laddove "il conoscere",
formandosi "secondo le forme funzionali dell'auto-coscienza"
costituisce "già per ipotesi il nostro conoscere" (cfr. ibidem).49 A.
Volpicelli, Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto, II, cit., p.
111.50Ivi, pp. 112-113.482 FRANCESCO D'URSOuna volta per sempre e per tutti i
possibili fatti»'. E necessario, perciò, una forte contrapposizione a questo
formalismo che, come «mostro insaziabile», divora e annulla la scienza
«nell'assurda pretesa di rendere quanto più rigorosi e universali gli schemi
scientifici»52.Per Volpicelli la scienza, in generale, «non astrae dalla
realtà», ma piuttosto «in funzione» di essa. In questo senso, la logica - che è
in capo a qualsiasi concezione epistemologica - e la storia - che è
l'incessante motore della realtà ideale - determinano due verità che non
possono non coincidere. La logica, infatti, in quanto «immanente forma della
realtà storica», non può mai scindersi dalla cosa in sé, dalla concretezza
dello spirito, ma fondersi sempre con essa 4Ma la scienza non può 'spiegare sé
stessa, dal momento che la sua intima ragione può essere definita soltanto dal
di fuori, ovvero dalla speculazione filosofica, «nes-suna scienza può
scientificamente dimostrare i suoi presupposti» e quindi «la scienza giuridica
non può pretendere di spiegare giuridicamente il diritto»55. La genesi e i
fondamenti del diritto «trascendono la competenza e la stera della scienza
giuridica» perché essi hanno una «vera e genuina natura metagiuridica»56.La
scienza giuridica è «distinta ed autonoma nella politica o nella storia, ma non
dalla politica e dalla storia»57. Il grande torto di Orlando, come si vedrà,
sarà quello di aver cercato di rendere la scienza giuridica autonoma dalla
politica, ovvero dalla storia, e perciò di affrancarla dalla filosofia.6. LA
CRITICA A VITTORIO EMANUELE ORLANDOVolpicelli, in verità, apprezza di Orlando
la posizione antirazionalista e antigiu-snaturalista, nonché l'aver fondato una
scienza del diritto capace di cogliere organicamente quei principia juris che
costituiscono «le premesse storico-ideali informatrici delle istituzioni
giuridiche positive»8. Inoltre, egli sottolinea positivamente51 A. Volpicelli,
Santi Romano (@, in Nuovi studi di diritto, economia e politica, I, 1929, p.
17.521vi, p. 18.53A. Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando (III), in Nuovi
studi di diritto, economia e politica,1927, I, р. 200.54 Ivi, p. 201.SS Ivi,
pp. 205-206.Ivi, p. 206.Ibidem. VITTORIO EMANUELE ORLANDVolpicelli, in verità,
apprezza di Orlando la posizione antirazionalista e antigiu-snaturalista,
nonché l'aver fondato una scienza del diritto capace di cogliere organicamente
quei principia juris che costituiscono «le premesse storico-ideali informatrici
delle istituzioni giuridiche positive»58. Inoltre, egli sottolinea
positivamente51 A. Volpicelli, Santi Romano (I), in Nuovi studi di diritto,
economia e politica, I, 1929, p. 17.52Ivi, p. 18.53A. Volpicelli, Vittorio
Emanuele Orlando (III), in Nuovi studi di diritto, economia e politica,1927, I,
р. 200.Ivi, p. 201.Ivi, pp. 205-20636 Ivi, p. 206.Ibidem.A. Volpicelli,
Vittorio Emanuele Orlando (D), in Nuovi studi di diritto, economia e politica,
1927, L, p. 14. In verità, come osserva Pietro Costa, in questa riconosciuta
affinità con l'impostazione orlandiana, si può riscontrare quel più generale
consenso verso "quella pregiudiziale antropologica (di ispirazione
anti-individualistica e organicistica) che collega Volpicelli non solo ad
Orlando, ma all'intera tradizione giuspubblicistica" (cfr. P. Costa, Lo
Stato immaginario. Metafore e paradigmi della cultura giuridica italiana fra
Ottocento e Novecento, Milano 1986, p. 113).483 Logica e storia: l'attualismo
giuridico di Arnaldo Volpicellil'atteggiamento dichiaratamente critico del
giurista palermitano nei confronti sia del contrattualismo, sia del
giusnaturalismo"".Ciò che, invece, rappresenta - come detto - uno
strappo che determina il rigetto della visione orlandiana nel suo insieme è la
distinzione, di matrice storicista, tra legge e diritto". Una distinzione
che riproporrebbe - in altro modo - il dualismo tra diritto positivo e diritto
naturale, laddove si affermi che «il diritto positivo o vigente (legge)
dichiara e impone l'antecedente, genuino ed autonomo diritto so-ciale»61.In ciò
non può non ravvisarsi, secondo l'interpretazione volpicelliana, uno
sdoppiamento che è matrice e, a un tempo, figlia della medesima scissione tra
Stato e società, già individuata e criticata - da Gentile e Maggiore -
nell'hegeliana dialettica tra bürgerliche Gesellschafte Staaf2. Uno Stato che
rimane mero titolare della legge con la quale riconosce e sanziona un diritto
che non nasce in esso e con esso, ma in una società che precede sempre la sua
formazione. Ma la società, secondo Vol-picelli, «non crea il diritto, se non in
quanto Stato», assumendo in tale veste il ruolo di società politica 3.Il nesso
tra diritto e politica, allora, costituisce il vero nodo da sciogliere, il
terreno su cui è possibile porre le solide fondamenta della scienza giuridica,
delineandone definitivamente caratteristiche e confini. Diritto e politica
rappresentano l'astratto e il concreto del processo ideale che accompagna e
contrassegna perpetuamente l'ente Stato. Se, perciò, il diritto può essere
pensato come «l'obiettivazione astratta» del «concreto essere e operare» della
politica, le scienze impegnate a studiare e definire i rispettivi oggetti sono
agevolmente identificabili: la scienza del59 Orlando, infatti, da un lato
considera il diritto come "una creazione spontanea, incessante ed organica
della società", dall'altro sia allontana da tutte quelle dottrine che
"ponevano a centro e a soggetto del mondo giuridico il puro individuo come
immediatamente dotato di naturali diritti" (cfr.A. Volpicelli, Vittorio
Emanuele Orlando (1),cit., p. 16).Volpicelli scorge in questa separazione un
retaggio diretto della scuola storica del diritto. Una corrente a cui viene
riconosciuto un duplice merito: "contro il contrattualismo, riafferma
l'apriorità e originarietà della società come fonte e principio del diritto;
contro il giusnaturalismo, la storicità e positività di quest'ultimo"
(cfr. ibidem). E, infine, "l'avversione costante e irriducibile di quella
scuola alle codificazioni, che pretende di arrestare il corso storico" e
alle riforme imposte "da una ragione arbitraria (perché metastorica)"
(ibidem). Ciò che, al contrario, valuta come un limite è la negazione dello
Stato come fuoco incessante della società: una società descritta come "una
realtà piena e perfetta prima e fuori dello Stato" e quindi una realtà
"immediatamente statuale e giuridica" (cfr. A. Volpicelli,
Vittorio Emanuele Orlando (D),
1927, I, cit., p. 17).Cfr. A. Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando (1), 1927,
I, cit., p. 17.Il confronto di gentile con la filosofia hegeliana si traduce in
un più complessivo abbandono dello schema triadico della sua dialettica e
nell'adozione di un processo di auto-sintesi che si regge sulla continua
contrapposizione tra 'concreto' ed 'astratto'; sul punto soprattutto cfr. G.
Gentile, La riformaconfronto di gentile con la filosofia hegeliana si traduce
in un più complessivo abbandono dello schema triadico della sua dialettica e
nell'adozione di un processo di auto-sintesi che si regge sulla continua
contrapposizione tra 'concreto' ed 'astratto'; sul punto soprattutto cfr. G.
Gentile, La riforma della dialettica hegeliana (1913), Firenze 2003. La critica
di Maggiore ad Hegel, invece, 4:00• openstarts.units.itdiritto ha il compito di
analizzare lo Stato «ipostatizzandolo e irrigidendolo», considerandolo sempre
come «obiettivo e statico ordinamento istituzionale», la scienza politica ha
viceversa la funzione di approcciare alla realtà statuale «nel suo divenire
concreto», ovvero «nel suo interno rapporto con la progressiva e piena volontàumana»
64.In sintesi, diritto e politica - e con essi le relative scienze - sono senza
dubbio distinti, ma non del tutto separati perché «non rispondono affatto a due
concezioni opposte della realtà», ma piuttosto «poggiano su un fondamento
ideale comune», lo Stato, di cui incarnano l'astratto e il concreto"s.L'approccio
orlandiano, in questo senso, viene certamente 'salvato', dal momento che
l'analisi e il valore degli istituti pubblici «nella loro giuridica realtà»
costituiscono «il fine della scienza giuridica»: un fine che, tuttavia, non si
persegue correttamente se questi «si staccano dal processo storico in cui si
enucleano»66. Proprio qui, infatti, affiorerebbe il secondo e decisivo limite
della ricerca di Orlando, ossia il tentativo impossibile «di accogliere e
conciliare in un più comprensivo sistema i motivi parimente essenziali, ma
inadeguati ed erronei nella loro unilateralità, delle due scuole di diritto
pubblico del sec. XIX»: la scuola 'francese', che continua a dare forma «alle
premesse politico-ideologiche della rivoluzione», e la scuola 'tede-sca', che
al contrario «avvia e apre a sostanziali sviluppi l'assolutismo tradizionale»67Se,
dunque, il legame con la scuola storica lo conduce all'inaccettabile
divaricazione tra legge e diritto (rectius: società e Stato), l'attenzione al
modello francofono lo porta, viceversa, verso un imprudente abbandono proprio
della dimensione storica (rectius: politica) della realtà giuridica in quanto
realtà statuale"8. La vera 'colpa' di Orlando, dunque, sarebbe quella di
non aver realizzato la sintesi tra le due teorie, ovvero di non aver costruito
una scienza giuridica capace, a un tempo, di affermare «l'autonomia e
l'assoluta sovranità dello Stato», nonché «l'esigenza dello Stato giu-ridico» e
«della libertà civile»6. Il suo vero fallimento è determinato dal vano sforzo
di conciliare la necessità delle prerogative sovrane della realtà statuale con l'esigenza64Ivi,
pp. 20-22.6Ivi, p. 21. Sul rapporto tra diritto e politica, come suggerisce
Irene Stolzi, Volpicelli - insieme ad Ugo Spirito con il quale condivide fino
in fondo le avventure e le disavventure dei Nuovi studi, rivendica "la
netta supremazia del momento politico su quello giuridico", ossia "la
necessità che la politica diventasse l'effettivo motore dello stesso
diritto" (cfr. I. Stolzi, Il fascismo totalitario: il contributo della
riflessione idealistica, in Historia et ius (www.historiaetius.eu), 2/2012,
paper 14, p. 6).6Ivi, p. 23.6 A. Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando (III),
cit., p. 183.68 In verità, rileva Aldo Sandulli, le molteplici ascendenze
culturali che caratterizzano la formazione della dottrina orlandiana, possono
essere ricondotte "ad un ceppo comune culturale" rappresentato dalla
"scuola storica di Savigny", dal quale poi si distanzia per seguire
"gli indirizzi dei più rilevanti approdi della coeva giuspubblicistica
tedesca", ovvero Gerber, Laband, e, infine, soprattutto Jellinek (cfr. A.
Sandulli, Costruire lo Stato. La scienza del diritto amministrativo in Italia
(1899-1945)Milano 2009, p. 72).6 A. Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando
(III), cit., p. 185.485Logica e storia: l'attualismo giuridico di Arnaldo
Volpicellidi riconoscimento della libertà politica ad ogni individuo.
Volpicelli risolve questa, per lui, intollerabile giustapposizione orlandiana
con la 'sintesi' dei due elementi, sovranità statuale e libertà politica, nella
nozione di libertà civile che, andando a coincidere con l'autolimitazione
statale, si realizza in «un congruo e determinatosistema di norme
giuridiche»70.La libertà civile, intesa in senso volpicelliano, se traslata nel
rapporto tra i singoli, può costituire i presupposti della libertà giuridica,
cioè di quella libertà «insita e definita nello stesso diritto» che deriva «in
modo indiretto, subordinato e contingente dal diritto posto» e che trova «nella
empirica formulazione di legge il suo fondamento e i suoi limiti»".
Mentre, quindi, l'attributo civile sembra connotare più propriamente i rapporti
tra individuo e Stato, quella giuridica pare riferirsi in maniera più manifesta
alle relazioni intersoggettive: due formulazioni della libertà che, da un lato,
avallano una differenziazione tra ius - in quanto materializzazione dello70
Ibidem. Il problema dell'auto-limitazione dello Stato spinge Volpicelli ad un
naturale accostamento teoretico tra la dottrina Orlando e quella di Jellinek
che costituisce, per il giurista romano, l'occasione per un ulteriore
chiarimento concettuale.Se la dottrina di Jellinek ha il merito di mirare alla
"organica coesistenza" di sovranità e libertà, sulla limitazione del
potere sovrano Volpicelli esprime chiaramente la sua posizione differenziandola
dalla teoria dei diritti pubblici Ibidem. Il problema dell'auto-limitazione
dello Stato spinge Volpicelli ad un naturale accostamento teoretico tra la
dottrina Orlando e quella di Jellinek che costituisce, per il giurista romano,
l'occasione per un ulteriore chiarimento concettuale.Se la dottrina di Jellinek
ha il merito di mirare alla "organica coesistenza" di sovranità e
libertà, sulla limitazione del potere sovrano Volpicelli esprime chiaramente la
sua posizione differenziandola dalla teoria dei diritti pubblici soggettivi:
secondo quest'ultima, infatti, "limitazione giuridica del sovrano vuol dir
soltanto relazione giuridica di esso col suddito: relazione insidente nell'atto
stesso onde lo Stato legifera o pone il proprio comando nella forma di
legge" (cfr. A. Volpicelli, Vittorio EmanueleOrlando (III), cit., pp.
193-194).In Volpicelli, dunque, è la legge medesima a contenere in sé il senso
del limite. Essa, infatti, non è mai e solo "un unilaterale comando al
suddito", ma è sempre "un comando a se stesso", ossia "un
continuo organizzarsi e procedere giuridicamente" (cfr. ivi, p. 194). Del
resto, se 'filosoficamente'Stato e individuo si identificano, in ambito
giuridico la teoria dei diritti pubblici soggettivi non è accettabile perché
presuppone l'auto-poiesi di uno Stato, che si astrattizza nella fictio iuris
della persona giuridica. Una fictio che poi si 'sdoppia' attraverso il
riconoscimento della personalità giuridica del cittadino.La teoria dei diritti
pubblici soggettivi presuppone la relazione tra due soggetti ontologicamente
diversi; l'attualismo filosofico, invece, li considera come i momenti distinti
di un'unica sostanza. Il legame sovrano-suddito, Stato-individuo, è sempre 'interno'
e mai 'esterno'. Perciò, su un piano speculativo è inaccettabile; ma da un
punto di vista della scienza, nel senso astratto datogli da Volpicelli,
potrebbe anche essere accettata, quanto meno nei suoi presupposti se non in
tutte le sue conclusioni.Rispetto ad Orlando, dunque, Volpicelli cerca una
sorta di interpretazione attualisticamente orientata dell'opera di Jellinek e
della dottrina dell'autolimitazione. Uno Jellinek il cui merito è quello di
essere partito "dal puro atto legislativo ut sic, senza pretesa alcuna di
assegnare e imporre allo Stato un determinato atto legislativo iniziale",
evitando così lo sdoppiamento tra sovranità e popolo (cfr. ivi, p.196)."Ivi,
p. 190. "Legiferare è limitarsi": pertanto, "Stato legislatore e
Stato giuridico non sono, in-somma, due Stati o parti staccate ed eterogenee di
un unico Stato - una originaria e sottratta al diritto (autocratica,
illimitata, assoluta) e l'altra postuma, derivata e vincolata da esso",
bensì "i due momenti ideali e inscindibili dell'unico Stato nel suo eterno
processo di posizione e costituzione di sé" (efr. ivi,p. 195).Lo Stato
legislatore, in definitiva, "è continuamente e inscindibilmente un sempre
nuovo determinato Stato giuridico", cosicché la legge è l'atto che
garantisce il continuo processo di produzione della giuridicità (cfr. ibidem).Stato
- e lex - in quanto astrazione individuale dello spirito, fugando però il
rischio della scissione perpetrata da Orlando, in cui rimane impossibile
«conciliare la sta-tualità del diritto con la sua preesistenza allo Stato». In
definitiva, attraverso tale duplice articolazione, Volpicelli finisce, volente
o nolente, per assecondare - tramite il diritto - quella indispensabile
identità gentiliana di libertà e autorità (sovra-nità)73.7. IL RAPPORTO CON
SANTI ROMANOIl percolo di una separazione tra Stato e società, già paventatosi
in Orlando, trova, secondo Volpicelli, con l'affermarsi dell'istituzionalismo
romaniano, un'ulteriore fonte di minaccia, ma anche un'apprezzabile opportunità
di sviluppo. Per far sì che «la società sia l'immanente sostanza dello Stato» e
che quest'ultimo si trasformi nella «coestensiva e interiore organizzazione
autorevole» della societas me-desima, occorre che il diritto pubblico, lungi
dal ridursi alla «figura del rapporto politico tradizionale atopicamente
concepito», incominci a «svolgersi e articolarsi in un compatto sistema
d'istituzioni attraverso cui circoli tutta la vita sociale»74.In questo senso,
Volpicelli può ben richiamarsi a L'ordinamento giuridico nel sostenere che «il
diritto non è norma o regola estrinseca di rapporti atomistici», bensì una
«compatta organizzazione sociale in cui le norme e i rapporti rientrano come
particolari e subordinati momenti». Ma, soprattutto, la realtà giuridica è una
«organizzazione, in virtù della quale la società si articola e costituisce in
un ente unitario ed autonomo rispetto ai vari elementi che lo compongono»76. In
sostanza, in tale lettura si accetta, come fondamento incontestabile,
l'inscindibile connubio tra ius e societas. Un connubio che trova la sua
primigenia unità nell'individuum72A. Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando
(III), cit., p. 199. Sul rapporto tra individuo e Stato inVolpicelli cfr. A. De
Gennaro, Crocianesimo e cultura giuridica, cit. pp. 365-366.73 Cfr. G. Gentile,
I fondamenti della filosofia del diritto, cit., pp. 65-88. Sul rapporto tra
autorità e libertà in Gentile, tra le possibili letture cfr. G. M. Barbuto,
Nichilismo e Stato totalitario, Napoli2007. 74A. Volpicelli, Santi Romano (I),
cit., p. 10.75 Ibidem. Per Volpicelli la norma "è una linea divisoria tra
le azioni umane", una connessione tra ordinamento giuridico e realtà umana
• openstarts.units.it72A. Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando (III), cit., p.
199. Sul rapporto tra individuo e Stato inVolpicelli cfr. A. De Gennaro,
Crocianesimo e cultura giuridica, cit. pp. 365-366.73 Cfr. G. Gentile, I
fondamenti della filosofia del diritto, cit., pp. 65-88. Sul rapporto tra
autorità e libertà in Gentile, tra le possibili letture cfr. G. M. Barbuto,
Nichilismo e Stato totalitario, Napoli2007. 14A. Volpicelli, Santi Romano (I),
cit., p. 10.75 Ibidem. Per Volpicelli la norma "è una linea divisoria tra
le azioni umane", una connessione tra ordinamento giuridico e realtà umana
che costituisce "un limite oggettivo" con "due facce
assolutamente congrue" (cfr. A. Volpicelli, Santi Romano (continuo e
fine), in Nuovi studi di diritto, economia e politica, 1929, VI, p. 363). Più
in generale, l'attenzione per le teorie romaniane è un tratto comune a molti
teorici appartenenti alla scuola gentiliana o comunque in qualche modo aderenti
o vicini alla filosofia attualista. Oltre a Volpicelli, come ricorda Irene
Stolzi, anche Maggiore e Panunzio riconobbero a Santi Romano "il merito di
aver sollevato la questione della identità profonda del fenomeno giuridico e di
aver chiarito come tale identità non potesse in alcun modo esser ricavata dalla
mera superficie normativa, dal semplice sistema del diritto positivo"
(cfr. I. Stolzi, L'ordine corporativo.Poteri organizzati e organizzazione del
potere nella riflessione giuridica dell'Italia fascista, Milano2007, р. 105).76д.
Volpicelli, Santi Romano (D), cit., p. 10.487 Logica e storia: l'attualismo
giuridico di Arnaldo Volpicellimedesimo. La società e il diritto, «nel senso
più genuino e completo», sono, infatti, presenti già «nell'individuo isolato»,
il quale, malgrado rimanga «chiuso della sua vita interiore», in quanto
espressione della soggettività concreta dello spirito, costituisce «un solido e
articolato sistema di volizioni e mezzi di vita, di poteri e istituti, di
garanzie e di norme, di facoltà e obblighi»; e quindi una forma di «redenzione
essenziale di sé con sé», motivo per il quale va considerato, senza ombra di dubbio,
come una «società formalmente piena e perfetta»"?.Tuttavia, ciò che rimane
estraneo all'ortodosso attualismo volpicelliano è l'idea di un diritto oltre lo
Stato8. Il diritto, infatti, «è l'obiettivazione positiva della volontà dello
Stato», ossia «l'organizzazione statica e obiettiva in cui, di momento in
mo-mento, si configura e conchiude il vivente processo politico dello Stato».
Esso è certamente 'organizzazione' - come sostiene Santi Romano - ma soltanto
quella che si incarna nella forma', ma soprattutto nella 'sostanza', dello
Stato. Inoltre, è la sua presupposta mutevolezza a fornire quella solida e
irrinunciabile garanzia di adeguamento continuo all'azione dello Stato e, di
conseguenza, della società tout court.In definitiva, se, da un lato, viene
accolta favorevolmente, in funzione anti-for-malista e anti-normativista la
nozione del diritto come istituzione, dall'altro non è possibile sostenere la
conseguente visione pluralista, derivante - per il vero - da una lettura
accentuatamente 'progressista' e 'innovatrice' del saggio di Santi Romano8:l'istituzione,
in ultima analisi, secondo Volpicelli, non può che essere lo Stato, ossia il
soggetto che, per affrancarsi definitivamente dalla sua ipostatizzazione
moderna,"Ivi, p. 18.78 Volpicelli, del resto, legge in chiave assai
personale anche la crisi dello Stato moderno: nella sua ottica, il superamento
dello statualismo ottocentesco rappresenta "il passaggio dalla concezione
nor-mativa, e quindi individualistica e privatistica, a quella istituzionale e
pubblicistica del diritto", ovvero"dalla concezione atomistica e
formalistica a quella socialitaria ed organica dello Stato" (cfr. A. Vol-picelli,
Santi Romano (continuo e fine), cit., p. 363).79 Ivi, p. 351.8 In realtà, la
teoria di Santi Romano andrebbe letta come un tentativo di conservazione.
attraverso l'adozione di un modello organicistico e anti-individualistico,
dello statualismo. Uno statualismo che, tuttavia, avrebbe dovuto
definitivamente accantonare le forme giuridiche ottocentesche. In tal senso,
come scrive Sabino Cassese, la visione di Santi Romano rappresenta "il
contrario del plurali-smo" (cfr. S. Cassese, Lo Stato, «stupenda creazione
del diritto» e «vero principio e vita», nei primi anni della Rivista di diritto
pubblico (1909-1911), in Quaderni fiorentini, Milano 1987, p. 507). Pertanto,
seguendo le parole di Alfonso Catania, si può ulteriormente concludere che
Romano "elabora una concezione giuridica che, lungi dal riflettere e
comunque lungi dal mettere in evidenza anche la possibilità di una lettura
conflittuale della società, giuridifica la realtà stessa, in questo senso la
forma-lizza, in questo senso depotenzia il conflittualismo perché in qualche
modo la visione giuridica, nella sua struttura ordinamentale-organizzatoria,
tende ad esaltare tutti i momenti in cui appunto l'azione sociale si mostra
fondativa e corroborativa dell'organizzazione stessa, senza che minimamente si
formulino ipotesi sulla reale composizione e sul reale scontro delle
organizzazioni sociali irrompenti sulla scena storico-politica" (cfr. A.
Catania, Formalismo e realismo nel pensiero di Santi Romano, inId., Teoria e
filosofia del diritto. Temi, problemi, figure, Torino 2006, pp. 117-118).Sull'interpretazione
della dottrina romaniana, ancora cfr. A. Sandulli, • openstarts.units.itdeve
assumere l'attributo dell'organizzazione. L'addivenire ad una qualsiasi «teoria
della pluralità degli ordinamenti giuridici» rappresenterebbe «il logico
corollario» di una concezione formalistica del diritto e, a un tempo, «la
negazione flagrante della istituzionalità del diritto»8'. Il diritto, in altre
parole, «è istituzione» solamente «se e perché il mondo dei rapporti giuridici»
si origina, si sviluppa e si conserva come «una compatta unità» 82.Ciò che,
dunque, finisce sotto la lente critica volpicelliana è l'ipotesi di una
elaborazione dottrinaria, da parte della scienza giuridica, di una teoria che
consideri «il diritto o l'istituzione ut sic, nella sua purità e generalità», e
che risponda così, in maniera fatua ma pericolosa, «al più tormentoso ed
insistente problema della moderna giuspubblicistica», ovvero quello di «legare
o subordinare lo Stato al diritto»83Un'operazione considerata vanamente astuta
perché, passando da una surrettizia e apparente identificazione tra Stato e
ordinamento, si traduce in un'inaccettabile riduzione del primo termine a
species del genus 'istituzione'.Nel rigettare contestualmente l'identità
Stato-diritto e l'assorbimento dell'ordinamento statuale nella più ampia
nozione di istituzione, Volpicelli ravvede il verificarsi di una fallacia
analoga a quella naturalista. Sebbene, infatti, lo 'statualismo' sia,
storicamente e filosoficamente, antitetico al giusnaturalismo perché dà al
diritto «una'fonte' immanente e positiva», ovvero un «istituto», esso finisce
per cadere nella stessa fallacia, ossia di «subordinare al diritto lo Stato,
che da tale subordinazione trarrebbe la propria esistenza e legittimazione
giuridica, 84. L'unica legittima identificazione - su un piano filosofico - di
Stato e diritto è quella che vede il secondo come «l'incessante organizzazione
obiettiva del concreto processo politico», laddove 'politico' corrisponde con
'etico'85.Questa familiare dialettica tra oggetto (diritto) e soggetto (Stato),
tra astratto e concreto, che trova ampio riscontro nella filosofia di Gentile,
in Volpicelli viene ulteriormente sviluppata attraverso l'approccio al tema del
diritto internazionale. Se lo Stato è, dunque, quella «concreta realtà politica
che pone e riforma e vivifica incessantemente se stesso come entità o
istituzione giuridica»8, si pone il problema di definire, in maniera coerente
con le premesse dell'attualismo filosofico, l'ordinamento internazionale,
ovvero rifiutando qualsiasi soluzione dualistica e, a maggior ragione,
pluralistica. Volpicelli affronta la questione sostenendo che l'ordinamento
internazionale «trascende e comprende bensì i singoli Stati come soggetti
giuridici» (rectius «i singoli ordinamenti giuridici statuali»), ma mai e «in
nessun modo gli Stati come soggetti politici» in quanto «centri vitali,
costruttori e riformatori8' A. Volpicelli, Santi Romano (continuo e fine), VI,
1929, pp. 365-366. 82Ivi, p. 360.83 A. Volpicelli, Santi Romano (I), cit., p.
19.84Ivi, pp. 22-23.85Ivi, p. 24.86 A. Volpicelli, Santi Romano (continuo e
fine), cit., p. 352.489 Logica e storia: l'attualismo giuridico di Arnaldo
Volpicellidell'organizzazione giuridica internazionale»8. Solo in questo senso
l'ordinamento internazionale può delinearsi come «unica istituzione o
organizzazione giuridica» all'interno della quale sussistano molteplici
«relazioni giuridiche» che sono appunto«di ordine intra-istituzionale»88.Ecco,
allora, svelata la ragione del mantenimento della nozione di istituzione in un
sistema rigidamente identitario e monistico come quello implicitamente o
esplicitamente avallato dalla filosofia 'attuale': lo Stato si identifica col
diritto astratta-mente, ma non concretamente. Sia nel rapporto interno, sia nel
rapporto esterno, il processo identitario a cui Volpicelli continuamente fa
ricorso concerne l'analisi giuridica (e quindi scientifica), non quella
politica (e quindi filosofica). Lo Stato, come realtà concreta e agente, crea
sempre il diritto con cui, nell'atto creativo, va a identificarsi. Una cosa è,
pertanto, lo Stato politicamente (o meglio, eticamente)inteso, un'altra lo
Stato nella sua obiettivazione giuridica: alla natura distintamente ontologica
del primo, corrisponde - rimanendone ineluttabilmente separata edestranea - la
natura fenomenica del secondo.Arnaldo Volpicelli. Volpicelli. Keywords: natura,
spirito, corpi e corpi, corporazione. H. P. Grice Papers, Bancroft. Luigi
Speranza, “Grice e Volpicelli: il naturalismo,” Luigi Speranza: Grice e
Volpicelli: natura e naturalismo” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza,
Liguria. Volpicelli.
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