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Sunday, January 20, 2013

FORTERINGA, ossia, Roberto Dudley, conte di Leicester

Speranza

Donizetti:

Maria Stuarda


tragedia lirica in tre atti

Libretto di Giuseppe Bardari
Tratto da Schiller

Personaggi:
Elisabetta, Regina d'Inghilterra (mezzo-soprano)

Maria Stuarda, Regina di Scozia (soprano)

Anna Kennedy, Nutrice di Maria (mezzo-soprano)

Roberto Dudley, Conte di Leicester (tenore ---- Domenico Reina)

Lord Guglielmo Cecil, Gran Tesitore (baritono)

Giorgio Talbot, Conte di Shrewsbury (basso)

Atto Primo





Galleria nel Palagio di Westminster.

Cavalieri e dame che riedono dal torneo dato in onore dall'Inviato di Francia, e si dispongono in gruppi ad incontrar la Regina.

SCENA I

Coro

DAME E CAVALIERI

Qui si attenda, ell'è vicina
Dalle giostre a far ritorno.
De' Brettoni la Regina
È la gioia d'ogni cor.
Quanto lieto fia tal giorno
Se la stringe ad alto amor.

CORTIGIANI

La Regina!

Entra Elisabetta.

DAME E CAVALIERI

Sì, per noi sarà più bella
D'Albion la pura stella
Quando unita la vedremo
Della Francia allo splendor.
Festeggianti ammireremo
La possanza dell'amor.

SCENA II


Recitativo e Cavatina

ELISABETTA

Sì, vuol di Francia il Rege
Col mio core l'Anglo trono.
Dubbiosa ancor io sono
D'accoglier l'alto invito,
Ma se il bene de' fidi miei Brittani
Fa che d'Imene all'ara io m'incammini,
Reggerà questa destra
Della Francia e dell'Anglia ambo i destini.

(da sè)

Ah! quando all'ara scorgemi
Un casto amor del cielo,
Quando m'invita a prendere
D'Imene il roseo velo,
Un altro core involami
La cara libertà!
E mentre vedo sorgere
Fra noi fatal barriera,
Ad altro amor sorridere
Quest'anima non sa. TALBOT
In tal giorno di contento
Di Stuarda il sol lamento
La Brettagna turberà? CORTIGIANI
Grazia, grazia alla Stuarda. ELISABETTA
Olà!
Di questo giorno il giubilo
Turbato io non credea.
Perchè forzarmi a piangere
Sul capo della rea,
Sul tristo suo destin? CECIL
Ah, dona alla scure quel capo che desta
Fatali timori, discordia funesta
Finanche fra' ceppi, col fuoco d'amor. CORTIGIANI
Grazia! ELISABETTA
Tacete!
Non posso risolvermi ancor. Ah! dal ciel discenda un raggio
Che rischiari il mio intelletto;
Forse allora in questo petto
La clemenza parlerà.
Ma se l'empia m'ha rapita
Ogni speme al cor gradita
Giorno atroce di vendetta
Tardo a sorger non sarà. CORTIGIANI
Il bel cor d'Elisabetta
Segua i moti di pietà. CECIL
Ti rammenta, Elisabetta,
Ch'è dannosa ogni pietà. ELISABETTA
Ah! dal ciel discenda un raggio, ecc

N 3: Scena

ELISABETTA
Fra voi perchè non veggio Leicester?
Egli solo resta lontano della gioia comune?
CECIL
Eccolo!

SCENA III

(Entra Leicester che bacia la mano d'Elisabetta.)
ELISABETTA
Conte! Or io di te chiedea. LEICESTER
Deh! mi perdona
Se ai tuoi cenni indugiai!
Che imponi? ELISABETTA (si toglie un anello e lo consegna a Leicester)
Prendi, reca l'anello mio
Di Francia all'Inviato;
Al Prence suo rieda messaggio a dir,
Che già d'Imene l'invito accetto.
(E non si cangia in viso!)
(a Leicester)
Ma che il serto che mi offre
Ricusar ancor posso,
Che libera son io.
Prendilo.
(Ingrato!) LEICESTER (con indifferenza)
Ti obbedisco! ELISABETTA
Addio. (Gli dà la mano a baciare, e s'allontana seguita dalle dame, dai grandi, da Lord Cecil; Talbot va per seguirla, Leicester lo prende per la mano, seco lui s'avanza sulla scena, per gli parlare di segreto.)

SCENA IV

LEICESTER
Hai nelle giostre, o Talbo, chiesto di me?
TALBOT
Io sì. LEICESTER
Che brami dunque? TALBOT
Favellarti.
Ti fia tremenda e cara
Ogni parola mia.
In Forteringa io fui … LEICESTER
Che ascolto! TALBOT
Vidi l'infelice Stuarda! LEICESTER
Ah! più sommesso favella in queste mura!
E qual ti parve? TALBOT
Un angelo d'amor, bella qual era,
E magnanima sempre. LEICESTER
Oh! troppo indegna di rio destino.
E a te che disse?
Ah, parla! TALBOT
Posso in pria ben securo
Affidarmi al tuo cor? LEICESTER
Parla; tel giuro.

N 4: Cavatina

TALBOT (gli dà un foglio ed un ritratto)
Questa imago, questo foglio
La Stuarda a te l'invia.
Di sua mano io gli ebbi, e pria
Del suo pianto li bagnò.
LEICESTER
Oh piacer! TALBOT
Con quale affetto il tuo nome pronunziò! LEICESTER
Oh piacere!
Ah! rimiro il bel sembiante
Adorato, vaggheggiato,
Ei mi appare sfavillante
Come il dì che mi piagò.
Parmi ancora che su quel viso
Spunti languido un sorriso
Ch'altra volta a me sì caro
La mia sorte incatenò. TALBOT
Al tramonto è la sua vita,
Ed aita a te cercò. LEICESTER
Oh memorie! Oh cara imago!
Di morir per lei son pago! TALBOT
Che risolvi? LEICESTER
Liberarla!
O con lei spirar saprò! TALBOT
Di Babington il fato il periglio
Non ancor ti spaventò? LEICESTER
Ogni tema, ogni periglio
Io per lei sfidar saprò!
Vuò liberarla, vuò liberarla! Se fida tanto colei mi amò
Da gli occhi il pianto le tergerò
E se pur vittima cader degg'io,
Del fato mio superbo andrò. TALBOT
Non far che gema
Se all'ora estrema
Se sfuggir, no, no, sfuggir non può. (Talbot parte; Leicester si avvia alla porta opposta, e s'incontra con la Regina. Si scorgono nel di lui volti segni di agitazione.)

SCENA V


N 5: Scena e Duetto

ELISABETTA
Sei tu confuso?
LEICESTER
Io no. (Che incontro!) ELISABETTA
Talbot teco un colloquio tenne? LEICESTER
È ver. (Che fia?) ELISABETTA
Sospetto ei mi divenne -
Tutti colei seduce!
Ah! forse, o Conte, messaggio di Stuarda
A te, a te giungea? LEICESTER
Sospetti invano!
Ormai di Talbot è nota la fedeltà. ELISABETTA
Pure il tuo cor conosco;
Svelami il ver - l'impongo. LEICESTER
(O ciel!) Regina … ELISABETTA
Ancor me'l cedi?
Intendo.
(Vuol partire.) LEICESTER
Ah! non partir, m'ascolta!
Deh! ti arresta!
Un foglio … ELISABETTA
Il foglio a me. LEICESTER
(Sorte funesta!)
(Egli s'inginocchia e porge il foglio.)
Eccolo, al regio piede,
Io lo depongo.
Ella per me ti chiede
Di un colloquio il favor. ELISABETTA
Sorgete, o Conte.
Troppo fate per lei.
Crede l'altera
Di sedurmi così;
Ma invan lo spera.
(Apre il foglio, legge rapidamente e il suo furore si cangia in stupore.)
Quali sensi! LEICESTER
(Ell'è commossa!) ELISABETTA
Ch'io discenda alla prigione. LEICESTER
Sì, Regina. ELISABETTA
Ov'è la possa, chi ti ambia le tre corone? LEICESTER
Come lampo in notte bruna,
Abbagliò, fuggì, sparì! ELISABETTA
Al ruotar della fortuna
Tant'orgoglio impallidì. LEICESTER
Ah, pietade! Per lei l'implora il mio core. ELISABETTA
Ch'ella possiede - non è ver? LEICESTER
(Quel dir m'accorra!) ELISABETTA
Nella Corte ognuno il crede. LEICESTER
E s'inganna. ELISABETTA
(Mentitore!) LEICESTER
Sol pietade a lei m'unì. ELISABETTA
(Egli l'ama! Egli l'ama!
Oh mio furor! Oh mio furor!)
È leggiadra? Parla! LEICESTER
Sì! ELISABETTA
Sì! Sì! Sì! LEICESTER
Sì! Era d'amor l'immagine,
Degli anni sull'aurora;
Sembianza avea d'un angelo
Che appare, ed innamora;
Era celeste l'alma
Soave il suo respir;
Bella ne' dì del giubilo,
Bella nel suo martir. ELISABETTA
A te lo credo, è un angelo
Se tu le dai tal vanto;
Se allo squallore di un carcere
È d'ogni cor l'incanto.
Lo so che alletta ogni anima,
Lusinga ogni desir.
(Se tu l'adori, o perfido,
Pavento il mio soffrir.) LEICESTER
Ma … no … Regina
Credo … io …
Bella ne' dì del giubilo
Bella nel suo martir.
Vieni. ELISABETTA
(Lo chiede il barbaro.) LEICESTER
Appaga il mio desir. ELISABETTA
Dove? Quando? LEICESTER
In questo giorno
Al suo carcere d'intorno
Per la caccia che si appresta,
Scenderai nella foresta. ELISABETTA
Conte, il vuoi? LEICESTER
Ten prego. ELISABETTA
Intendo. (Alma incauta!)
A te mi arrendo. (Sul crin la rivale
La man mi stendea,
Il serto reale
Strapparmi volea;
Ma vinta l'altera
Divenne più fiera,
D'un core diletto
Privarmi tentò.
Ah! troppo mi offende,
Punirla saprò.) LEICESTER
Deh! vieni, o regina,
Ti mostra clemente,
Vedrai la divina
Beltade innocente;
Sorella le sei,
Pietade per lei,
Chè l'odio nel petto
Assai ti parlò. ELISABETTA
Taci, taci, taci!
Dov'è? La possa dov'è?
Di tre corone l'orgoglio dov'è? LEICESTER
La calma le rendi, e pago sarò.
Regina, deh! vieni,
La calma le rendi, e pago sarò. ELISABETTA
(Sul crin la rivale, ecc) LEICESTER
Regina, ten prego, ah!
La pace le rendi, e pago sarò. ELISABETTA
(Ah! troppo mi offende, ecc)

Maria Stuarda


Atto Secondo






Parco di Forteringa. Ambo i lati sono folti di alberi, il mezzo si apre in una vasta veduta che confina col mare.
Maria esce correndo dal bosco. Anna la segue più lento; le guardie sono a vista degli spettatori.

SCENA I


N 6: Scena e Cavatina

ANNA
Allenta il piè, Regina.
MARIA
E chè! Non ami chè ad insolita gioia
Il seno io schiuda?
Non vedi? Il carcer mio è il cielo aperto.
Io lo vagheggio! Oh! cara la voluttà
Che mi circonda! ANNA
Il duolo, il duolo
Sai che ti attende in quelle mura? MARIA
Guarda: sui prati appare
Odorosetta e bella
La famiglia de' fiori
E a me, sì, a me sorride,
E il zeffiro, che torna
Da' bei lidi di Francia,
Ch'io gioisca mi dice
Come alla prima gioventù felice. O nube! che lieve per l'aria ti aggiri,
Tu reca il mio affetto, tu reca i sospiri
Al suolo beato che un dì mi nudrì.
Deh! scendi cortese, mi accogli sui vanni,
Mi rendi alla Francia, m'invola agli affanni!
Ma cruda la nube pur essa fuggì
Al suolo beato che un dì mi nudrì. (Da lontano si ode il suono di trombe.) Qual suono! CACCIATORI (da dentro)
Al bosco, alla caccia!
Il cervo si affaccia
Dal colle muscoso,
Poi fugge scherzoso
Del rivo alle sponde:
Si specchia nell'onde;
Correte veloci
Quel cervo a ferir. MARIA
Quai voci! ANNA
Parmi il segno di caccia reale! MARIA
S'avvicinano i suoni ...
I destrieri ... CACCIATORI
La Regina! MARIA
Ah! Qual nome fatale! ANNA
La tiranna pel parco sen va. MARIA
Nella pace del mesto riposo
Vuol colpirmi di nuovo spavento.
Io la chiesi, e vederla non oso,
Tal coraggio non sento!
Resti, resti sul trono adorata,
Il suo sguardo da me sia lontan,
Troppo, troppo, son io disprezzata;
Tace in tutti per me la pietà. ANNA
Ella giunge.
Fuggiamo, fuggiamo. MARIA
Fuggiamo; contenersi il mio core non sa. ANNA
Contenersi il suo core non sa, no! MARIA
Ah, sì! Nella pace del mesto riposo, ecc

SCENA II


N 7: Scena e Duetto

(Entra Leicester.)
MARIA
Ah! non m'inganna la gioia!
Roberto sei tu? sei tu? LEICESTER
Qui viene chi t'adora
A spezzar le tue catene. MARIA
Libera alfin sarò dal carcer mio?
Libera? e tua per sempre?
Appena il crede l'agitato mio cor. LEICESTER
Qui volge il piede Elisabetta,
Al suo real decoro
Di pretesto è la caccia.
Ove ti mostri a lei sommessa ... MARIA
A lei sommessa? LEICESTER
Oggi lo dei. MARIA
Oh ciel! Che ascolto? Che ascolto?
Toglimi a vista sì funesta!
(Vuol ritrarsi.) LEICESTER
Se m'ami, deh! ti arresta. MARIA
E deggio? LEICESTER
Tu dei sperar. MARIA
Da tutti abbandonata,
In preda a rio dolore,
Oppressa, desolata,
Nulla sperar sa il core.
Fui condannata al pianto,
A sempre sospirar;
L'affetto tuo soltanto
Può i mali miei calmar. LEICESTER
No: diffidar non dei;
Ella è poi grande in soglio ... MARIA
Che sperar? LEICESTER
... Restava il cor di lei
Commosso dal tuo foglio ... MARIA
Che mai dici? LEICESTER
... E su quel ciglio io vidi ... MARIA
Oh ciel! LEICESTER
... La lagrima spuntar. MARIA
Ah! LEICESTER
Se m'odi, e in me t'affidi ... MARIA
Che sperar? LEICESTER
... Tutto vedrai cangiar. MARIA
Da tutti abbandonata, ecc LEICESTER
E su quel ciglio io vidi, ecc MARIA
Del suo core, del suo cor
Convinta io sono! LEICESTER
Pur pietà, pur pietà
Vi alberga spesso. MARIA
Non per chi la adombra un trono! LEICESTER
No, tu dici? E allora io stesso,
S'ella è sorda ai prieghi tuoi
Io vendetta ne farò. MARIA
Che favelli! Che far puoi?
Per me esporti! Ah, ch'io nol vò. LEICESTER
Ah! sì, farò. MARIA
Ah! Se il mio cor tremò giammai
Della morte al crudo aspetto,
Non far sì che sia costretto
A tremare pe' tuoi dì.
Solo io volli e sol cercai
Di vederti e fido e grato;
Per te spero che il mio stato
Non sia misero così. LEICESTER
Sì, la fè, l'onor ne impegno;
E il mio cor che t'ama il giura.
Sorgerai dalla sventura
Che ogni gloria ti rapì.
E se allor non t'offro un regno,
Nè la destra di un sovrano
Potrò offrirti almen la mano
Che le tue prigioni aprì. MARIA
Non esporti. LEICESTER
Il giuro sorgerai dalla sventura. MARIA
Ah! no! LEICESTER
Sì, la fè. MARIA
Ah! ch'io nol vò. LEICESTER
L'onore ... ne impegno ... MARIA
Ah! non far ch'io sia costretta
A tremar pe' giorni tuoi. LEICESTER
Sì, la fè, l'onor ne impegno
Sorgerai dalla sventura. MARIA
Solo io volli e sol cercai, ecc LEICESTER
Ah! potrò offrirti almen la mano, ecc (Maria parte, Leicester va frettolosamente all'incontro di Elisabetta che entra.)

SCENA III


N 8: Scena

ELISABETTA
Qual loco è questo?
LEICESTER
Forteringa. ELISABETTA
O Conte! Dove mi scorgi? LEICESTER
Non dubbiar;
Maria sarà in breve guidata al tuo cospetto
Dal saggio Talbo. ELISABETTA
A qual per te discendo sacrifizio!
Lo vedi?
Discosta i cacciatori
Da' contigui viali;
È troppo ingombro di popolo il sentier. (Ad un cenno di Leicester si scostano i cacciatori, e i cortigiani si radunano in vari gruppi nel fondo della scena.) CECIL (ad Elisabetta)
Vedi, Regina, come l'Anglia ti adora.
Ah! tu lo sai quel capo ella ti chiede. ELISABETTA
Taci. LEICESTER (ad Elisabetta)
Deh! ti rammenta
Che a dar conforto
Alla dolente vita di una sorelli
Io ti guidai.
La mano che di squallor la cinse
Al contento primier
Può ridonarla. ELISABETTA
(Io l'abborro!
Ei non fa che rammentarla.) (Entra Maria condotta da Talbot ed Anna.)

SCENA IV<

TALBOT
Vieni.
MARIA
Deh! mi lascia.
Al mio asil mi riconduci. ELISABETTA, LEICESTER, CECIL, TALBOT
Eccola. MARIA (ad Anna)
Oh Dio!

N 9: Sestetto

ELISABETTA
È sempre la stessa -
Superba, orgogliosa;
Coll'alma fastosa
M'inspira furor;
Ma tace; sta oppressa
Da giusto terror.
MARIA
Sul viso sta impressa
Di quella tiranna
La truce condanna,
Il fiero livor.
Quest'anima è oppressa
Da crudo timor. TALBOT
Almeno tacesse
Nel seno reale
Quell'ira fatale
Quel cieco furore
Che barbaro oppresse
Un giglio d'amor. ANNA
Nell'alma ho impressa
La tema funesta.
Oh! quale si appresta
Cimento a quel cor!
Ciel! Ciel! salva l'oppressa
Da nuovo rancor. LEICESTER
La misera ha impressi
In volto gli affanni
Nè gli astri tiranni
Si placano ancor.
Salvarla potessi
Da tanto dolor. CECIL
Vendetta repressa
Scoppiare già sento,
Nel fiero cimento
Mi palpita il cor.
Fia vittima oppressa
Di eterno dolor.

N 10: Dialogo delle due Regine

LEICESTER (ad Elisabetta)
Deh! l'accogli.
ELISABETTA (a Leicester)
Sfuggirla vorrei. TALBOT (a Maria)
Non sostarti. MARIA (a Talbot)
L'abisso ho vicino. ELISABETTA (a Leicester)
Troppo altera. LEICESTER (ad Elisabetta)
Da un crudo destino
Avvilita dinanzi ti sta. MARIA (va ritrosa ad inginocchiarsi innanzi ad Elisabetta)
Morta al mondo, e morta al trono,
Al tuo piè son io prostrata.
Solo imploro il tuo perdono:
Non mostrarti inesorata.
Ah! sorella, omai ti basti,
Quanto oltraggio a me recasti!
Deh! solleva un'infelice
Che riposa sul tuo cor. CECIL (ad Elisabetta)
Non dar fè, te ne scongiuro,
A quel labbro mentitor. ELISABETTA (a Maria)
No, quel loco a te si addice;
Nella polvere e nel rossor. MARIA
(Sofferenza.)
(ad Elisabetta)
E a me si fiera
Chi ti rende? ELISABETTA
Chi? Tu stessa;
L'alma tua, quell'alma altera,
Vile, iniqua ... MARIA
(E il soffrirò? e il soffrirò?) ELISABETTA
Va, lo chiedi, o sciagurata,
Al tuo talamo tradito,
Ed all'ombra invendicata
Di quel misero marito;
Al tuo braccio, all'empio core
Che tra' vezzi dell'amore
Sol delitti e tradimenti,
Solo insidie macchinò. MARIA (a Leicester)
Ah! Roberto!
Più resistere non so. LEICESTER (a Maria)
O Dio! che tenti? CECIL (ad Elisabetta)
Ah! non dar fè, te ne scongiuro
A quel labbro mentitor. LEICESTER (a Maria)
Chiama in sen la tua constanza!
Qualche speme ancor ti avanza.
Non ti costi onore e vita
Una grazia a te impartita,
Un favor che al nostro affetto
Tante volte il ciel negò. ELISABETTA
Quali accenti al mio cospetto!
Parla, o Conte. LEICESTER
E che dirò? ELISABETTA
Ov'è mai di amor l'incanto,
E quel volto amabil tanto?
Se a lodarlo ognun si accese
A favori un premio rese;
Ma sul capo di Stuarda
Onta eterna ripiombò. MARIA
Ah, che sento!
Più resistere non so.
Ah! Roberto!
Più resistere non so! LEICESTER
O Dio, ti frena! MARIA
Quale insulto!
O ria beffarda! ELISABETTA (a Maria)
Quali accenti! Trema, trema! ANNA, LEICESTER, TALBOT (a Maria)
Che favelli! Taci, deh! taci! CECIL (a Maria)
Trema, trema! MARIA
Ah! no, no! Figlia impura di Bolena,
Parli tu di disonore?
Meretrice indegna e oscena,
In te cada il mio rossore.
Profanato è il soglio inglese,
Vil bastarda, dal tuo piè! ELISABETTA
Guardie, olà! (Entrano i soldati.) ANNA, LEICESTER, TALBOT
Quali accenti! Ella delira!
Giusto ciel! Perduta ell'è! CECIL, CORTIGIANI
Quali accenti! Ella delira!
Speme più per lei non v'è!

N 11: Stretta finale

ELISABETTA (a Maria)
Va, preparati, furente,
A soffrir l'estremo fato:
Sul tuo capo abbominato
La vergogna spergerò.
(alle guardie)
Trascinate la furente
Che se stessa condannò!
CECIL
Dell'audace il ciel possente
La vendetta omai segnò! MARIA
Grazie, o cielo! Alfin respiro.
Dai miei sguardi ell'è fuggita.
Al mio piè restò avvilita,
La sua luce si oscurò! ANNA, TALBOT
Quali accenti! Sventurata!
Tu offendesti Elisabetta!
Forse, ah, forse la vendetta
All'offesa destinò (preparò)! LEICESTER
Ah! ti perdo, o sconsigliata,
Quando salvarti bramai.
Quando fido a te tornai
Il destin ci fulminò. CORTIGIANI
Dal supplizio l'onta estrema
La Regina a te serbò.
Sì, taci, vieni, trema, trema,
Ogni speme si ecclissò. TALBOT (a Leicester)
Leicester vieni,
Non ti senta Elisabetta. MARIA, LEICESTER
Addio! Per sempre! ANNA
Deh taci! Ah, vieni! ELISABETTA (alle guardie)
Olà! ... Trascinatela! (Le guardie si avanzano per trascinare Maria.) ELISABETTA (a Maria)
Nella scure che ti aspetta
Troverai la mia vendetta.
(alle guardie)
Transcinate la furente
Che se stessa condannò. MARIA (Vedendo circondata dalle guardie, ripiglia con entusiasmo crescente.)
Or guidatemi alla morte:
Sfiderò l'estrema sorte.
Di trionfo un sol momento
Ogni affanno compensò. LEICESTER
Ah! ti perdo sconsigliata, ecc
Quando fido a te tornai
Il destin ci fulminò.
Per sempre ci lasciò. ANNA, TALBOT
Quali accenti! Sventurata! ecc
Ah! qual dai tormeti
A chi salva ti bramò. CORTIGIANI
Del supplizio l'onta estrema, ecc CECIL
Dell'audace il Ciel possente
La vendetta omai segnò.

ATTO TERZO





SCENA I

Galleria nel Palagio di Westminster.
La Regina sedendo ad un tavolino sul quale è un foglio, e Cecil in piedi.

N 12: Duettino

CECIL
E pensi? e tardi?
E vive chi ti sprezzò?
Chi contra te ragunò Europa tutta,
E la tua stessa vita minacciò tante volte?
ELISABETTA
Alla tua voce sento piombarmi in core
Tutto il poter del mio deriso onore.
Ma - o Dio! - chi m'assicura da ingiuste accuse? CECIL
Il cielo, la devota Albione e il mondo intero,
Ove la fama de' tuoi pregi suona
E del cor di Stuarda e dei delitti,
E dell'ingiurie a te recate ... ELISABETTA
Ah! taci.
Oltraggiata son io.
Come l'altera, come godea del suo trionfo!
Quai sguardi a me lanciava!
Ah! mio fedele, io voglio pace,
Ed ella a me l'invola. CECIL
Nè di turbarti ancora
Cessa se vive. ELISABETTA
Ho risoluto.
Muoia.
(Prende la penna per segnare il foglio; poi si arresta indecisa e si alza.)
Quella vita a me funesta
Io troncar, ah! sì, vorrei.
Ma la mano il cor s'arresta,
Copre un vel i pensier miei.
Veder l'empia, udirla parmi,
Atterrirmi, spaventarmi,
E la speme della calma
Minacciosa a me involar.
Ah! giusto ciel! tu reggi un'alma
Facil tanto a dubitar. CECIL
Ah! perchè così improvviso
Agitato è il tuo pensiero?
Non temer che sia diviso
Mai da te l'onor primiero.
Degli accenti proferiti,
Degli oltraggi non puniti,
Ogni Inglese in questi instanti
Ti vorebbe vendicar.
Segna il foglio, che i regnanti
Tel sapranno perdonar.

SCENA II


N 13: Terzetto

ELISABETTA
Sì.
(Elisabetta è incerta; vedendo Leicester che entra, segna rapidamente il foglio e lo dà a Cecil.) LEICESTER
Regina! ELISABETTA
A lei s'affretti il supplizio. LEICESTER
O ciel, quai detti!
(vedendo il foglio)
Forse quella ... CECIL
La sentenza. LEICESTER
La sentenza? ELISABETTA
Sì, la sentenza, o traditor.
Io son paga! LEICESTER
E l'innocenza tu condanni! ELISABETTA
E parli ancor? LEICESTER
Ah! deh! per pietà sospendi
L'estremo colpo almeno;
Ai prieghi miei t'arrendi,
O scaglialo al mio seno.
Niuno ti può costringere,
Libero è il tuo volere. CECIL (piano ad Elisabetta)
Non ascoltar l'indegno,
Or che già salva sei. ELISABETTA
Vana è la tua preghiera,
Son ferma in tel cosiglio.
Nel fin di quell'altera
È il fin del mio periglio.
Dal sangue suo più libero
Risorge il mio poter. LEICESTER
Ah! pietà! Ah! Regina!
Niuno ti può costringere, ecc CECIL
Ah! per chi t'ardeva il Regno
Più palpitar non dei.
Il dì che all'empia è l'ultimo,
Di pace è il dì primier. LEICESTER
D'una sorella, o barbara,
La morte hai tu segnato! ELISABETTA
E spettator ti voglio
Dell'ultimo suo fato;
Dovrà perir l'amante
Dopo il fatale instante
Che il bellico metallo
Tre volte scoppierà. LEICESTER
E vuoi ch'io vegga? ELISABETTA
Taciti, taciti. LEICESTER
E vuoi? ELISABETTA
Taciti.
È morta ogni pietà. LEICESTER
Regina! Regina! ELISABETTA
Vanne, indegno; t'appare sul volto
Il terror che in tuo seno ti piomba.
Al tuo affetto prepara la tomba,
Quando spenta Stuarda sarà. CECIL
Ah, Regina, ah, serena il tuo volto
Alla pace, alle glorie già torni;
Questo, ah, questo, il più bello dei giorni
Pel tuo soglio, per Anglia sarà. LEICESTER
Vado, vado, ti leggo sul volto
Che deliri, che avvampi di sdegno.
Un conforto, un amico, un sostegno
Nel mio core la misera avrà. ELISABETTA
Vanne indegno!
Al tuo affetto prepara la tomba, ecc

SCENA III

Appartamento della prigione di Maria Stuarda nel Castello di Forteringa.

N 14: Scena

MARIA
La perfida insultarmi volea
Nel mio sepolcro,
E l'onta su lei ricadde.
Oh vile! E non son io la figlia de' Tudori?
Vile! Ma Roberto ...
Forse l'ira della tiranna a lui sovrasta.
Ah, son di tutti la sventura io sola!
(Entra Cecil colla sentenza e Talbot.)

SCENA IV

MARIA
Che vuoi?
CECIL
Di triste incarco io vengo esecutor.
È questo il foglio che de' tuoi gironi omai
L'ultima segna. MARIA
Così nell'Inghilterra vien giudicata una Regina?
O iniqui!
E i finti scritti ... CECIL
Il regno ... MARIA
Basta. CECIL
Ma ... MARIA
Or basta. Vanne.
Talbot rimanti. CECIL
Brami un nostro Ministro che ti guidi
Nel cammino di morte? MARIA
Io lo ricuso.
Sarò qual fui, straniera a voi di rito. CECIL (partendo)
(Ancor superba e fiera!)

SCENA V


N 15: Gran Scena e Duetto della confessione

MARIA
O mio buon Talbot!
TALBOT
Io chiesi grazia ad Elisabetta di vederti
Pria dell'ora di sangue. MARIA
Ah! sì, conforta,
Togli quest'alma all'abbandono estremo. TALBOT
Eppur con fermo aspetto quell'avviso feral
Da te fu accolto. MARIA
O Talbot! il cor non mi leggesti in volto?
Egli tremava.
E Leicester? TALBOT
Debba venirne spettator
Del tuo destino;
La Regina l'impone. MARIA
O l'infelice!
A qual serbato fia doloroso castigo!
E la tiranna esulterà.
Ne ancora, ancora pimoba l'ultrice folgore. TALBOT
Deh! taci. MARIA
Tolta alla Scozia, al trono,
Ed al mio culto, presso colei
Volli un asilo di pace,
Ed un carcer trovai. TALBOT
Che favello?
Non ti concesse Iddio sollievo a' mali? MARIA
Ah no, Talbot, giammai.
Delle mie colpe lo squallido fantasma
Fra il cielo e me
Sempre, sempre si pone,
E i sonni agli estinti rompendo,
Dal sepolcro evoca la sanguigna ombra d'Arrigo.
Talbot, la vedi tu?
Del giovin Rizzio ecco l'esangue spoglia? TALBOT (Si apre il manto e comparisce in veste sacerdotale; egli cava il crocefisso dal petto.)
Ah, riconforta lo smarrito pensier.
Già t'avvicini ai secoli immortali.
Al ceppo reca puro il tuo cor
D'ogni terreno affetto. MARIA
Sì, per lavar miei falli
Misto col sangue scorrerà il mio pianto;
Ascolta; io vuò deporli
A piè di questa croce! TALBOT
Spera! MARIA
Ah, dal cielo scende tua voce! Quando di luce rosea
Il giorno a me splendea,
Quando fra lieti immagini
Quest'anima godea,
Amor mi fè colpevole,
M'aprì l'abisso amor.
Al dolce suo sorridere
Odiava il mio consorte;
Arrigo! Arrigo! ahi! misero,
Per me soggiacque a morte,
Ma la sua voce lugubre
Mi piomba in mezzo al cor, ah!
Ombra adorata, ah! placati,
Nel sen la morte io sento.
Ti bastin le mie lagrime,
Ei basti il mio tormento. TALBOT
Ah! da Dio perdono, o misera,
Implorerò per te. MARIA
Perdona a' lunghi gemiti
E prega il ciel per me. TALBOT
Un'altra colpa a piangere
Ancor ti resta. MARIA
Ahi! quale? TALBOT
Unita era a Babington? MARIA
Ah! taci: fu error fatale! TALBOT
Pensa ben che un Dio possente
È de' falli punitore,
Che al suo sguardo onniveggente
Mal s'asconde un falso core. MARIA
No! giammai sottrarsi al cielo
Si potrebbe il mio pensiero;
Ah, pur troppo un denso velo
Ha fin'or coperto il vero.
Sì, morendo il giura un core,
Che da Dio chiede pietà.
Lo giuro a Dio! lo giuro a Dio! TALBOT
Il perdono del Signore
Sul tuo capo scende già. MARIA
Sì ... sì. TALBOT
Lascia contenta al carcere
Quest'affannosa vita,
Andrai conversa in angelo
Al Dio consolator.
E nel più puro giubilo
L'anima tua rapita,
Si scorderà de' palpiti
Ch'hanno agitato il cor. MARIA
Or che morente è il raggio
Della mia debil vita,
Il cielo sol può render
La pace al mesto cor.
Ah! se di troppe lagrime
Quest'alma fu nudrita
Versino i lunghi palpiti
Nell'ultimo dolor. TALBOT
Dunque innocente? MARIA
Vado a morir. TALBOT
Infelice! Innocente tu vai a morir. MARIA
Sì, innocente, lo giuro, io vado a morir. TALBOT
Ah! Lascia contenta al carcere, ecc MARIA
Ah! Se di troppe lagrime, ecc (Maria s'appoggia a Talbot e vanno nell'interno del Castello mostrandogli sempre il crocefisso.)

SCENA VI

Sala attigua al luogo del supplizio. Gran porta chiusa in fondo. Notte.

N 16: Inno della morte

FAMIGLIARI DI MARIA
(alcuni)
Vedeste?
(altri)
Vedemmo.
(tutti)
O truce apparato!
Il ceppo ... la scure ...
La funebre sala ...
E il popol fremente
Vicino alla scala
Del palco fatale.
Che vista! Che orror!
La vittima attende
Lo stuolo malnato.
La vittima regia.
O instabile sorte!
Ma d'una Regina
La barbara morte
All'Anglia fia sempre
D'infamia e rossor.
(Entra Anna.)

SCENA VII


N 17: Gran Scena a Preghiera

FAMIGLIARI
Anna!
ANNA
Qui più sommessi favellate. FAMIGLIARI
La misera dov'è? ANNA
Mesta, abbatuta, ella s'avanza.
Deh! col vostro duolo
Non aggravate il suo dolor. FAMIGLIARI
Tacciamo. (Entrano Maria vestita di nero, in gran pompa, ornata della sua corona, e Talbot.)

SCENA VIII

MARIA (ai famigliari)
Io vi rivedo alfin.
ANNA, FAMIGLIARI
Noi ti perdiamo! MARIA
Vita miglior godrò. FAMIGLIARI
Ah! MARIA
Vita miglior, sì, godrò.
Contenta io volo all'amplesso di Dio,
Ma voi fuggite questa terra d'affanni. FAMIGLIARI
Il duol ci sprezza il cor! MARIA
Deh! non piangete!
Anna, tu sola resti,
Tu che sei la più cara,
Eccoti un lino di lagrime bagnato;
Agli occhi miei farai lugubre benda,
Allor che spenti saran per sempre al giorno.
Ma voi piangete ancor?
Meco vi unite, miei fidi,
E al ciel clemente
L'estrema prece alziam devota e ardente. Deh! Tu di un'umile preghiera il suono
Odi, o benefico Dio di pietà.
All'ombra accoglimi del tuo perdono,
Altro ricovero il cor non ha. ANNA, FAMIGLIARI
Deh! Tu di un'umile preghiera il suono
Odi, o benefico Dio di pietà.
All'ombra accoglila del tuo perdono,
Altro ricovero il cor non ha. MARIA
Ah! sì ... Dio!
Fra l'ali accoglimi del tuo perdono,
Altro ricovero il cor non ha. ANNA, FAMIGLIARI
Fra l'ali accoglila del tuo perdono,
Altro ricovero il cor non ha. MARIA
È vano il pianto, il ciel m'aita. ANNA, FAMIGLIARI
Scorda l'incauto della tua vita. MARIA
Ah! ANNA, FAMIGLIARI
Tolta al dolore, tolta agli affanni,
Benigno il cielo ti perdonò. MARIA
Tolta al dolore, tolta agli affanni,
D'eterno amore mi pascerò. ANNA, FAMIGLIARI
Distendi un velo su' corsi affanni,
Benigno il cielo ti perdonò. MARIA
Dio! ah! sì!
D'eterno amore mi pascerò.
Mi perdonò. ANNA, FAMIGLIARI
O Dio! Pietà! Ah, pietà!
Beningno il cielo ti perdonò. (Si ode nel castello il primo sparo del cannone.)

N 18: Aria del supplizio

FAMIGLIARI
O colpo!

SCENA IX

(Si apre la porta in fondo, e lascia vedere una scala grande, alla di cui vetta sono le guardie e gli ufficiali di giustizia con fiaccole. Cecil viene dalla scala.)
CECIL
È gia vicino del tuo morir l'istante.
Elisabetta vuol che sia paga ogni tua brama.
Parla. MARIA
Da lei tanta pietà non isperai.
Lieve favor ti chiedo.
Anna i miei passa al palco scorga. CECIL
Ella verrà. MARIA
Se accolta hai la prece primiera,
Ah! altra ne ascolta. D'un cor che muore reca il perdono
A chi m'offese, mi condannò.
Dille che lieta resti sul trono,
Che i suoi bei giorni non turberò.
Sulla Bretagna, sulla sua vita,
Favor celeste implorerò.
Ah! dal rimorso non sia punita;
Tutto col sangue cancellerò.
Ah! d'un cor che muore reca il perdon,
Ah! dal rimorso non sia punita,
Tutto col sangue cancellerò. ANNA, TALBOT, FAMIGLIARI
Scure tiranna! Tronchi una vita
Che di dolcezze ci ricolmò. CECIL
La sua baldanza restò punita;
Fra noi la pace tornar vedrò.

SCENA ULTIMA

Leicester e detti, poi lo sceriffo e gli uffiziali di giustizia.
TALBOT
Giunge il Conte. MARIA
Ah! a quale ei viene lugubre scena. LEICESTER (a Maria)
Io ti rivedo.
Perduta, opressa da ingiuste pene,
Vicina a morte ... MARIA
Frena, frena il dolor!
Addio per sempre! CECIL
Si avanza l'ora. LEICESTER
Ah, che non posso lasciarti ancora. CECIL
Si avanza l'ora. LEICESTER (a Cecil che vuole allontanarlo da Maria)
Scostati, o vile! MARIA
Taci! LEICESTER
Tremate! Iniqui tutti!
Temete un Dio
Dell'innocenza vendicator! MARIA
Te stesso perdi! (Secondo scoppio di cannone. Scendo lo sceriffo col suo seguito di uffiziale e circondano Maria.) FAMIGLIARI
Ah! Perchè non posso nel sangue mio
Spegnere il cieco vostro furor! CECIL
È l'ora! LEICESTER (a Cecil)
Vile! MARIA (a Leicester)
Roberto! Roberto! Ascolta!
(Si appoggia al braccio di Leicester.)
Ah! se un giorno da queste ritorte
Il tuo braccio involarmi dovea,
Or mi guidi a morire da forte
Per estremo conforto d'amor.
E il mio sangue innocente versato
Plachi l'ira del cielo sdegnato,
Non richiami sull'Anglia spergiura
Il flagello d'un dio punitor. LEICESTER, TALBOT, ANNA, FAMIGLIARI
Quali accenti! Qual truce sventura! Ah! CECIL
Or dell'Anglia la pace è sicura, sì! MARIA
Anna, addio! Roberto, addio!
Ah! se un giorno da queste ritorte, ecc (Terzo scoppio di cannone. Sulla scala comparisce il carnefice colla scure e quattro suoi assistenti vestiti di rosso.) TALBOT, ANNA, LEICESTER, FAMIGLIARI
Innocente, infamata, ella muor. CECIL
Or dell'Anglia la pace è sicura,
La nemica del regno già muor. (Maria sorretta da Talbot e circondata dalle guardie, si avvia pel fondo. Leicester si copre il volto colle mani.) FINE dell'OPERA

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