BIIIUOTECA Ii[ SraKNZK SOf:I.\I,l VOLUME XXXVII l':r(iEM() RKJ.XANO T3I UN SOCIALISMO IN ACCuIlUt H>M,A DOTTRINA ECONOMICA LIBEBALK Tiii: I X(i KRATKLI.l liOCC.V KDITUKI ITirAN'i JliiVA b'IKEN'ZE Cono Vilturia En., l. Vi.i .! r..iw, m-ilT. >'. JiUaiirlii earr. EUGENIO JIGNANO DI UN SOCIALISMO ' IN ACCORDO COLLA DOTTRINA ECONOMICA LIBERALE TORINO FRATELLI BOCCA EDITORI KILIHO KOm PIBENZI )BiM Titlorfa Bv., 11. Ti> M Cm, 119-311. (F. LiBiehl iii I> 18 CAPITOLO PRIMO che viene a riversarsi in definitiva il cumulo di tutte queste miserie, di tutte queste rovine, di tutte queste iniquit. Senonch, contemporaneamente a questo dilagare di tante mi- serie, di tante rovine, di tante iniquit, un fatto nuovo ed unico, di una grandiosit imponente, viene a sorgere e a svilupparsi, quale fatale necessit storica, da tutte queste stesse circostanze : Contemporaneamente, infatti, allo scontento il pi profondo, il pi intenso, che tanto dolore e tante iniquit vengono a pro- vocare presso questa classe proletaria, unica scontatrice, e senza alcuna sua colpa, di tutti questi mali sociali, scontento pro- fondo, che il lievito indispensabile e possente onde nasca e fermenti una coscienza collettiva qualsiasi, contemporanea- mente ad esso, tutte le altre condizioni necessarie e sufficienti ad innalzare una collettivit o classe sociale qualsiasi a coscienza collettiva ed a fattore sociologico di efficacia preponderante, vengono, come vedremo, ora per la prima volta, per questa classe proletaria, ad essere soddisfatte sempre pi completa- mente (1). Ci proponiamo perci, nelle pagine che seguono, di investigare, 86 il proletariato, neiripotosi precisamente di un eventuale suo avvento al potere, potrebbe pervenire a soddisfare ai propri in- teressi economici sostanziali coH'istituire un ordinamento della propriet nuovo e diverso dall'attuale, e quale potrebbe esserne la conformazione pi adeguata. A ci vedere, d'uopo passare in rapidissima rassegna le ob- biezioni pi importanti che vengono mosse, o possono muoversi, pr e contro al diritto di testare. (1) V. ultimo Captolo. CAPITOLO n. Del diritto di testare attuale. Gli appunti principali che possono essere mossi al diritto di testare attuale dai tre punti di vista come vedremo, perfet- tamente coincidenti fra loro (1) dell'interesse economico del proletariato, del massimo utile sociale e dell'equit, possono rias- sumersi nei seguenti capi: 1^ Un tal diritto viene nei suoi effetti, cio nell'eredit che ne consegue, a dar contro, anzi ad esserne l'antitesi pii per- fetta, al concetto di equit quale si venuto oggi svolgendo per l'estendersi e il perfezionarsi della coscienza sociale (2) : cio, di rendere, compatibilmente col massimo benessere sociale, quanto pi possibile uguali le condizioni iniziali artificiali della lotta 0 gara economica per la vita, o per una maggiore inten- sit di vita (3). (1) e (2) Vedi ultimo Capitolo. (3) ' Essi ci ripetono incessantemente che la propriet la base delFor- (line sociale; noi pure proclamiamo questa verit eterna. Ma chi sar pro- prietario? Forse il figlio ozioso, ignorante, immorale del defunto, oppure Tuomo capace di compiere degnamente la sua funzione sociale? Essi pre- tendono che tutti i privilgi di nascita sono distrutti. Ma che cosa h dunque l'eredit in seno alle famiglie ? Che cosa la trasmissione della fortuna dei padri ai figli, senz' altra ragione che la figliazione del sangue, se non il pi immorale di tutti i privilegi, quello di vivere in societ senza lavorare o di essere ricompensato al di l delle sue opere? , {Doctrine de Saint-Sitnon^ Expositiony premire anne 1828-29, 3"* dition, Paris, Bureau du Globe et de rOrganisateur, 1831, pag. 40). * L'eredit il punto di partenza dell' ineguaglianza delle condizioni i 20 CAPITOLO SECONDO Ed , veramente, una delle contraddizioni pi notevoli dello Spencer, quella stessa, del resto, della maggior parte della letteratura sociologica in genere e della economica in ispecie, l'aver riassunto, senza alcuna riserva, un tal concetto di equit nella formola *" che ciascun adulto raccolga i risultati della sua propria natura e degli atti che ne sono la conseguenza (I), rafforzata dall'altra *" che nessuno possa scaricare sugli altri lo conseguenze cattive dei suoi atti ,,; e l'aver poi ammesso in tutta la sua integrit o assolutezza il diritto di testare che fa si che l'erede detentore, per nascita, degli strumenti di produzione e il lavoratore-proletario che, per nascita, ne invece privo non ricevano affatto ciascuno secondo le proprie opere, o che questi eredi, anche se del tutto oziosi, non raccolgano affatto i risultati della loro natura e dei loro atti, ma possano, invece, come lo dimostra il fatto che pur non lavorando essi vivono e vivon bene, scaricare le conseguenze di questo loro ozio e magari degli porche la fa incominciare sin dalla culla, prima che ciascun individuo abbici potuto meritiire o demeritare per i suoi atti. Grazie aircrodit, le persone chiamate a concorrere insieme da un reg^ime di libert, non concorrono in condizioni uguali, ci che fa naturalmente acciisare il concorso di essert- macchiato di una iniquit originale che ne vizia tutti i risultati Bisogna dunque lavorare incessantemente a uguagliare per l'avvenire, per qnanto sar possibile, le coudizioni (del concorso). Infatti, se si potesse uguagliare assolutamente queste condizioni, i risultati del concorso non potrebbero non essere equi e l'appropriazione delle ricchezze diverrebbe irreprovevole , (Cour- CELLB Senei.'il, Liberti' et Sociaisme, Paris, Guillaumin, 1868, pag. 53 e 64). * La societ idealo sarebbe quella che offrisse a ciascuno dei suoi membri uguali circostanze favorevoli al loro ingresso nella vita; nella quale cia- scuno potesse svilupparsi liberamente secondo la misura delle sue facolt; nella quale ogni privilegio ingiustificato fosse abolito, e dove ciascuno oc- cupasse un posto strettamente in rapporto col suo merito, il suo grado di valore sociale (Lrtourxeau, Vholution dn la propritt*': Paris. Lecrosnier et Bab, 1889, pag. 500-501). Ed invece: * Noi vediamo sotto i nostri occhi, in certe famiglie, delle generazioni successive trasmettersi il diritto di consumare molto senza produrre niente; e, in altre famiglie, delle ge- nerazioni lavorare sempre senza mai arrivare alla propriet , (De Laveleye. De la propriet et de sfs formea primitives, Paris, Alcan, 1891, pag. 40). (1) Justiccj Paris, Guillaumin. 1893; pag. 31. DEL DIBITTO DI TESTABB ATTUALE 21 stessi loro vizi su coloro sul prodotto del lavoro dei quali essi vivono parassiti (1). 2^ Il diritto di testare costituisce il vero ed unico ostacolo fondamentale a quella socializzazione di tutti gli strumenti di produzione e capitali in genere che, come abbiamo visto, runico mezzo ormai onde por termine alla separazione econo- mica del lavoratore dal suo strumento di produzione, e, con essa, alla sua schiavit di fatto e a tutte le iniquit del suo sfrut- tamento, che di una tale separazione sono, come abbiamo visto, la conseguenza inevitabile (2). (1) Analogamente il Bastiat quando sostiene che: '^ La parola ugaaglianza non implica mica per tutti gli uomini rimunerazioni identiche, ma proporzio- nali alla quantit e qualit degli sforzi , {Armonie econotnicief *Bibl. con. ,, 1* serie, voi. XII, Torino, Pomba, 1851, pag. 194); e quando afferma essere questa uguaglianza effettivamente una delle tante e mirabili armonie eco- nomiche della produzione capitalistica, sembra non riflettere, evidentemente, che i redditi, ad cs., delPerede capitalista che vegeta nell'ozio non stanno veramente ai suoi sforzi nella proporzione istessa che il salario agli sforzi del lavoratore proletario. E il Febbara stesso quando afferma : * Per noi il monopolio, il privilegio, il favore di nascita non sar odioso, non sar un ostacolo, se egli viene dalla natura, se non dipende dall'opera umana il distruggerlo , (Introdu- zione a Bastiat, ibid,, CXX), non scorge evidentemente che se un intelletto ^superiore che il figlio eredita dal padre non pu essere distrutto dall'opera umana, potrebbe invece esser distrutto benissimo da questa il diritto di testare che conferisce all'erede designato sul patrimonio del defunto un privilegio artificiale ad esclusione di tutti gli altri. (2) * A coloro che vengono oggi al mondo non resta niente a prendere, t^ Hc i loro genitori non hanno niente a lasciar loro n a legar loro sono veramente dei diseredati. Essi non hanno altra risorsa per vivere che di mettersi al servizio di altri... Bisogna dirlo francamente : certe conseguenze dell'eredit sono ingiuste. Affinch la giustizia fosse perfettamente rispet- tata, bisognerebbe che i beni fossero distribuiti a ciascuno secondo il suo merito, che ogni uomo ottenesse la parte di ricchezza che gli dovuta, in virt del diritto che esso ha di vivere e di lavorare liberamente. A questo riguartlo l'eredit b contraria al diritto ; c' antinomia fra l'eredit da una parte, e, dall'alt-ra, la giustizia distributiva, il diritto di vivere e la libert . (Gustave Huabd, De rhritage, " Rvue Intem. de Soc. ,, fvrier 1897, pa- gine 91, 100, 101). " Attualmente una gran parte della popolazione non prende parte alla 22 CAPITOLO SECONDO Vedremo, infatti, che all' infuori appunto di certe date o spe- ciali forti e fortissime prelevazioni dello Stato nelle successioni private, quali solo una profonda e sostanziale modificazione nel diritto di testare attuale potrebbe rendere possibili, qualunque lotta (per la vita) che sottomessa a condizioni che le tolgono assolutamente ogni probabilit di riuscita, qualunque sia il merito natunile, o la capacit dei suoi membri. Quando costoro vengono al mondo i posti migliori sono presi, e in perpetuit, insomma. Poich grazie ai diritti che la feudalit ha legato alla ricchezza, noi permettiamo in realt alle classi ricche di metter la mano di generazione in generazione sopra questi posti airesclusione per- manente del resto della popolazione , (Benjamin Eidd, L'coluiion sociale, Paris, Guillaumiii, 1896, pag. 226). " Nello stato attuale delle cose l'operaio si presenta come il discendente diretto dello schiavo e del servo; la sua persona libera, esso non pi attaccato alla gleba, ma ci tutto quello che egli ha conquistato, e, in questo stato di affrancamento legale, esso non pu sussistere che alle con- dizioni che gli sono imposte da una classe poco numerosa, quella degli uo- mini che una legislazione (la trasmissione ereditaria), figlia del diritto di conquista, investe del monopolio delle ricchezze, cio delhi facolt di dis- porre a suo arbitrio, e persino nell'ozio, degli strumenti di lavoro. Basta gettare uno sguardo su ci che avviene intomo a noi per riconoscere che Toperaio, salvo l'intensit, sfruttato materialmente, intellettualmente e moralmente, come lo era altre volte lo schiavo... La ragione prima di questo sfruttamento dell'uomo per il suo simile, oggi continuato e rappresentato dalle relazioni del proprietario col lavoratore, del padrone col salariato, la costituzione attualo della propriet, la trasmissione della ricchezza per mezzo della eredit nel seno delle famiglie... Se dunque si ammette che lo sfruttamento dell'uomo per l'uomo, successivamente mitigatosi, deve sparire intieramente, allora evidente che la costituzione della propriet deve es- sere cambiata, poich appunto in virt di questa costituzione che alcuni uomini nascono col privilegio di vivere senza far niente, cio di vivere alle spese altrui, ci che non altra cosa che il prolungamento dello sfrutta- mento dell'uomo per l'uomo. Dall'uno di questi fatti l'altro pu dedursi lo- gicamente: lo sfruttamento dell'uomo per l'uomo deve sparire; la costitu- zione della propriet, per la quale questo fatto perpetuato, deve sparire essa pure... Un nuovo ordine, dunque, tende attualmente a stabilirsi; esso consiste nel trasportare allo Stato, divenuto associazione dei lavoratori, il diritto di eredit oggi racchiuso nella famiglia domestica. I privilegi della nascita che hanno gi ricevuto, sotto tanti rapporti, dei colpi cos forti, devono sparire completamente. 11 solo diritto alla ricchezza, cio al poter disporre degli strumenti di lavoro, sar la capacit di metterli in opera , (Doctrine de Saint-Sitnon, pagg. 176, 178-179, 179-180, 187). DEL DIBITTO DI TESTARE ATTUALE 28 altro espediente a cui si volesse ricorrere onde effettuare questa socializzazione, escluso quello di una espropriazione violenta rivoluzionaria, non potrebbe non fallire completamente allo scopo. Ora, una espropriazione violenta rivoluzionaria, non solo sarebbe ben lungi dall'essere attuabile facilmente, almeno fin tanto che il processo capitalistico di accumulazione e concen- trazione, ormai del resto ben dubbio nella sua assolutezza Marxi- stica, non fosse ancor giunto al suo limite estremo, s che bastasse " far saltar via l'inviluppo capitalistico per ottenerne, quale frutto gi di per s maturo, il regime collettivista, e non solo, quindi, soltanto a quest' ** ora estrema dovrebbe ad ogni modo essere rimandata, ma essa sarebbe, come vedremo ancor meglio a suo tempo, contraria al massimo grado agli interessi della stessa classe lavoratrice proletaria, anzi per essa quanto mai imma- ginar si possa funesta, sia per le gravissime perturbazioni eco- nomiche che una procella rivoluzionaria cos spaventosa trarrebbe seco, sia a causa di quello sterminato numero di lavoratori pro- duttori di merci di lusso o prestanti direttamente servigi a puro godimento dei ricchi, i cui generi di attivit verrebbero ad un tratto a non essere pi richiesti da alcuno ove tale espropria- zione violenta rivoluzionaria annientasse ad un tratto in questi ricchi la loro potenza di compra (I). Ond' che una modifica- zione profonda al diritto di testare s da permettere queste forti e fortissime prelevazioni rimane, come affermavamo, se non runico assolutamente, certo, all'atto pratico, l'unico mezzo vera- mente efficace ondo attuare, gradatamente ma rapidamente, ed effettivamente, cio non soltanto in proporzioni derisorie, questa nazionalizzazione desiderata. Della qual cosa sarebbe neces- sario che si rendesse ben compresa la classe proletaria, forse pili di quello che adesso noi sia (2). 3 Il diritto di testare, per quella continuit illimitata di (1) Vedi Cap. V e VI. (2) ** Il problema sociale del nostro tempo quello di una migliore di- stribuzione degli strumenti del lavoro; i vizi della organizzazione attuale ])rovengono meno dal diritto di propriet in s stesso che da due diritti che ne dipendono: dalla eredit che fa del possesso dello strumento di lavoro un diritto di nascita; dal diritto di prestare o dare in affitto a 24 CAPITOLO SECONDO azione che d al processo di accumulazione automatica del capitale privato, rende possibile, come abbiamo visto, a queste singole accumulazioni private, e alle rispettive differenze che fra loro possono nascere, di sorpassare qualunque limite assegnabile, dando luogo, in tal modo, a tutte quelle conseguenze funeste che sopra abbiamo esaminato (1). Sopratutto al giorno d'oggi in cui cause possenti recenti e recentissime hanno teso e tendono tuttora a far crescere sempre titolo oneroso, che d al possessore dello strumento di lavoro il mezzo di prelevare una parte sul frutto del lavoro altrui. L sono le sorgenti reali del male; l il terreno di tutti i progressi economici delFavvenire , (Au- guste Ott, Tratte d'economie sociale, citato da Rabbkno, Le societ coopera- tive di prodizione, Milano, Dumolard, 1889, pag. 40). * Il povero pu egli seminare la terra per suo proprio conto? No, egli trova intomo a s il suolo occupato... Ci che il principio d'eredit d al- l'uno non lo toglie forse alFaltro? Non accorda esso a quest'ultimo il di- ritto all'ozio? Non strappa esso anticipatamente al primo gli strumenti indispensabili alla sua intelligenza e alla sua attivit? . (Louis Blanc, Or- ganisation du travail, Paris, Socit de Tlndustrie Fratemclle, 1848, pag. 28, 203204). (1) * evidente che se le ricchezze non si ereditassero, se ciascuno non possedesse che i suoi guadagni personali, le ineguaglianze sociali e il potere che esse conferiscono agli uni sugli altri, sarebbero singolarmente atte- nuati , (Charles ScbAtan, Zjes droits de Vhumanitv, Paris, Alcan, 1890, pa- gina 204). * Se tutte quelle cure che si sono usate per aggravare Fineguaglianza delle eventualit derivanti dall'origine naturale del principio della propriet privata, si fossero adoperate per scemare tali disuguaglianze ricorrendo a tutti i mezzi non sovversivi del principio stesso; se la tendenza della legis- lazione fosse stata di favorire la difiusione e incoraggiare la suddivisione delle grandi masse, anzich cercare di tenerle unite, si sarebbe veduto che il principio della propriet individuale non ha connessione necessaria coi mali fisici e sociali che hanno fatto sempre rivolgere molti ad ogni prospettiva di riforma, bench senza speranze . (Stuart Mill, Princ. di Econ. Fol., ^ Bibl. Econ. 1' serie, voi. XII, Torino, Pomba, 1851, pag. 597). E il Bentham stesso alle due condizioni che, secondo lui, deve avere in vista il legislatore nelle leggi di successione : provvedere alla sussistenza della generazione nascente, e prevenire le pene di un'aspettativa delusa; le quali, come benissimo osserva la Dottrina del Saint-Simon (Doctrine, 242 e seg.), non sono affatto degli argomenti a favore del diritto di testare ; vi aggiungeva come terza condizione quella di tendere alla ugualizzazione delle fortune. DEL DIRITTO DI TESTARE ATTUALE 25 pi, e talora in misura veramente vertiginosa, la rapidit di accumulazione di parte di queste fortune private gi esistenti, sopratutto di quelle gi pervenute ad una data altezza (come l'accre- scersi rapido della popolazione che, solo in questo secolo, ha dato alla rendita fondiaria e specialmente alla rendita dell'area una rapidit di accrescimento fino ad ora sconosciuta; e come la concorrenza che, solo in questo secolo resa veramente libera e sciolta da tutti i vincoli e pastoie di leggi, ordinamenti, o costumi feudali, e solo in questo secolo agevolata dalla nuova e straordinaria facilit di comunicazione, si fatta solo di recente cosi intensa, acca- nita e con azione estesa ormai su tutta quanta la superficie terrestre, e solo di recente ha cos di tanto facilitato ai capi- talisti maggiori la rapida distruzione dei minori e agevolato e incoraggiato il libero infuriare della speculazione pi sfrenata); sopratutto al giorno d'oggi, dico, a tanta velocit di accumu- lazione e concentrazione privata avrebbe dovuto corrispondere, noli* ordinamento della propriet, un'adeguata velocit di scunu- lazione. Ora, invece, nulla, si pu dire, stato fatto in questo senso dalle legislazioni sul diritto di propriet, che, al massimo, in alcuni paesi stata istituita la legittima, e solo sopra una porzione del patrimonio. Ma se la legittima basta, anzi se con- duce a sminuzzamenti eccessivi quando si tratti di piccoli patri- moni e sopratutto di piccole propriet fondiarie come appunto si verifica specialmente in Francia, essa ha invece una velocit di scumulazione del tutto derisoria, anzi spesso del tutto nulla, quando si tratti invece di quelle ingentissime fortune dei ma- gnati del capitale, come la esistenza stessa di queste fortune, non ultime quelle dei cosiddetti miliardari anche nei paesi ove vige questa legittima, sta appunto a dimostrare; tanto pi che, come noto, le famiglie ricche essendo le meno prolifiche, la maggior parte di esse non ha per lo pi al massimo che due figli, e moltissime sono quelle a figlio unico sul quale si riversa cos la ricchezza del padre e quella della madi*e e quella dei parenti prossimi rimasti celibi, favorendo cos l' accumulazione, anzich ostacolarla (1). (1) * He nelle ijuc unioni matrimoniali la borghesia tiene meno della 26 CAPITOLO SECONDO 4 Il diritto di testare attuale ostacolando, e quasi capo- volgendo, la legge Darwiniana della sopravvivenza del pi adatto, provoca una perdita per la societ di individui fra i migliori che altrimenti non avverrebbe, e conduce ad un degenoramento progressivo della specie umana con tutti i mali che no sono la conseguenza (2). classe aristocratica alla nascita, essa forse tiene pi di quesVultima alla fortuna. Ora, fintantoch le famiglie ricche non si uniranno che fra di loro, tutto il 'meccanismo delle nostre leggi di successione (la legge di ugual di- visione fra i figli) non impedir il capitale ereditario di concentrarsi nelle classi privilegiate; e non ne far discendere la pi piccola parte nel seno del proletariato (FBAMgois Huet, Le Bign Social du Christianisnie, Paris, Didot, 1853, pag. 380). (2) * Le leggi civili sulPeredit danno a delle famiglie esaurite, degene- rate, un vantaggio artificiale sui meglio favoriti dalla natura e vanno contro la selezione naturale e la selezione sessuale. 11 figlio idiota o scrofoloso di un duca milionario vede aprirsi davanti migliori prospettive, nella lotta per resistenza, che un qualsiasi figlio di operaio sano, robusto, intelligente. La societ coi suoi monopoli va dunque contro alla sopravvivenza del pi adatto (Gbamt Allen, citato da Gustave Huard, art. cit., De Vhritage, pag. 94). ' Sempre il conflitto umano (nelle condizioni sociali attuali), in luogo di favorire i pi forti, favorisce i pi deboli, e ben lungi d'essere, come la lotta animale, una causa di progresso, un elemento di regresso e di degene- razione .. ci : * grazie a una causa puramente umana, Teredit dei beni , (Loria, Darwiniatne Social^ '^ Rev. Tntem. de Soc. , Juiu 1896, pagg. 448, 445). * La trasmissione della ricchezza ai discendenti, se per un verso riesce airingiustizia coiraccordare i vantaggi di una lotta o di uno sforzo qual- siasi, e della conseguente vittoria, a coloro che non li hanno saputo me- ritare colle loro opero; da un altro canto produce un danno della societ, un ostacolo gravissimo al perfezionamento della specie, perch impedisce, a quanti da natura ebbero doti singolari di animo e di corpo, di farsi in- nanzi e ricevere il guiderdone della loro virt fisica, morale e intellettuale. Goireredit, quindi, vengono alterate le condizioni della lotta, e neutraliz- zata razione benefica delle leggi darwiniane. Golia eredit, con questa po- tente istituzione sociale, molti sono condannati a priori alla disfatta perche inermi di fronte a chi tutti possiede i mezzi deiroffesa e della difesa (Gola JANNI, // SocialismOt Palermo, Sandron, 1898, pagg. 226-227). * Gi che falsa completamente Tapplicazione Darwiniana alle societ ci- vilizzate, il regime deiraccumulazione e della successione dei beni. Fra gli animali la sopravvivenza fra i pi adatti ha luogo perch, a ogni nuova DEL DIRITTO DI TESTARE ATTUALE 27 Ed appunto un'altra ancora delle contraddizioni pii note- voli dello Spencer, che mentre egli pone tanta cura nel distin- guere la giustizia che deve vigere nella famiglia (a ciascuno in ragione opposta dei suoi meriti, cio obbligo per i genitori di avere tanta maggior cura dei figli quanto pi sono in tenera et) da quella che deve reggere lo Stato (a ciascuno secondo i suoi meriti), invece, col diritto di testare anche in favore di uo- mini adulti, egli viene poi a prolungare, a introdurre anche nello Stato il regime famigliare, perch esso Stato, allora, che col garantire agli eredi designati la libera disponibilit dei capitali e strumenti di produzione ereditati, ad esclusione assoluta di tutti gli altri, viene a garantire a questi eredi, per tutta la loro vita, delle ricompense affatto indipendenti dai loro meriti; e che mentre egli accetta solo la giustizia fondata esclusivamente sulle leggi biologiche che favoriscono il perpetuarsi della specie (1), generazione, Tindividuo si sviluppa, si fa il suo posto e si perpetua in ra- gione delle sue qualit proprie, e cos si produce quel processo di purifi- cazione di cui lo Spencer fa rilevare i benefici. Lo stesso processo operava ancora largamente fra i barbari, ma in seno deirattuale ordine sociale, esso non appare pi che nel caso di coloro che hanno fatto essi stessi la loro fortuna, dei self-made-men... Ne segue che quelli che vogliono che la legge della selezione naturale, con la trasmissione ereditaria delle attitudini, si realizzi nelle nostre societ devono prima di tutto reclamare Tabolizione dell'eredit . (De Laveliye, Le socialisme contemporain, Paris, Alcan, 1896, sua polemica con lo Spencer, pag. 385). (l) " Per tutto il regno animale ci che abbiamo chiamato la giustzia non altro che l'aspetto etico sotto il quale si presenta la legge biologica in virt della quale la vita in generale si mantenuta e ha evoluto verso forme superiori. ^ * Gli adulti devono conformarsi alla legge secondo cui i vantaggi ottenuti sono in ragione diretta dei meriti posseduti, questi essendo valutati alla stregua del potere di auto-sostentamento. Altrimenti la specie soffrirebbe in questi due diversi modi: soffrirebbe in un avvenire immediato per la perdita degli individui superiori che sarebbero sacrificati agli individui inferiori e questo a pregiudizio della somma totale di benes- sere ; soffrirebbe in un avvenire pi lontano, per la propagazione di esseri inferiori ostacolante quella dei superiori e riuscente a un deterioramento generale della specie, che alla lunga ne trarrebbe seco Testinzionc , (Jm- stice, pagg. 175 e 5). 28 CAPITOLO SECONDO accetta poi il diritto di testare, cio questa causa efficacissima di degenerazione della specie umana (1). 5^ Infine, quali obiezioni d'importanza minore che potreb- bero ancora muoversi al diritto di testare attuale, possono men- zionarsi quella del nocumento alla ricchezza e al benessere sociale che questo diritto di testare viene ad effettuare collo spingere gli eredi all'ozio e col far perdere cos alla societ tutto ci che costoro avrebbero potuto produrre; quella dell'azione deleteria che viene ad esercitare sul carattere morale di un'intera classe sociale questa certezza del futuro erede di poter vivere nel- l'ozio, che soffoca in lui ogni spirito virile d'intrapresa, che lo predispone a rifuggire da ogni lavoro e da ogni altro mezzo di rendersi utile ai suoi simili, e gli insinua cosi nell'animo il sen- timento che egli non abbia verso la societ nessun dovere od obbligo, ma solo dei diritti, ravvivandone in tal modo l'egoismo innato, anzich smussarlo col sentimento della solidariet so- ciale; ecc. Obbiezioni secondarie queste ed altre che ancora potrebbero aggiungervisi, che possiamo tralasciare per passare agli argomenti che di un tal diritto di testare sono portati in- vece a difesa. E primo &a tutti, come troppo ben noto, e unico che abbia un effettivo e grandissimo valore, quello che senza il diritto di (1) Vedi appunto la polemica De Lavklkyk-Spkncer nel Soc. contetnp. del primo. * Lo Spencer, considerando astrattamente Tuomo nelle sue propriet bio- logiche, assume che le doti intrinseche e la condotta degli individui ne de- terminano la sorte, purch vi sia in tutti uguale libert, la quale basta per conseguenza da sola, secondo Tipotesi ottimista, a fare ottenere la retribu- zione secondo i meriti che costituisce la giustizia, ad assicurare il trionfo dei superiori, la scomparsa degli inferiori, il progresso della razza. Ma pi volte e giustamente stato osservato in quali condizioni infinitamente di- verse si effettui la lotta nel mondo sociale in confronto del mondo organico, e come per un complesso di circostanze sociali e storiche, ossia per ragioni puramente estrinseche che conferiscono vantaggi artificiali, sia avvenuto e possa sempre avvenire che i peggiori trionfino (Icilio Vanni, U sistema etico-giuridico di Herbert Spencer^ prefazione alla traduzione Sitaliana di Oin^ stiziOf Citt di Castello, Lapi, 1893, pag. xliii). DEL DIRITTO DI TESTARE ATTUALE 29 testare che permetta di trasmettere le proprie sostanze ai propri figli 0, in genere, alle persone pi care, gli uomini non sarebbero pi spronati cosi energicamente come attualmente al lavoro, al risparmio, alla indubitabilmente benefica accumulazione dei ca- pitali (1). (1) Cos il Darwin stesso che pi d'ogni altro dovrebbe essere contrario a questo diritto di testare : " In tutti i paesi civili Tuomo accumula la sua propriet e la trasmette ai suoi figli; ne risulta che tutti i figli d*uno stesso paese non partono tutti da uno stesso punto nella corsa verso il successo; ma non b questo un male senza compenso, poich senza Taccumulazione dei capitali le arti non progrediscono , (citato da Gustave Huari>, articolo citato: De VhMtage, pagg. 93-94). ' Lo zelo del padre di famiglia stimolato dalla certezza che egli ha di lasciare il suo avere a un erede di sua scelta nel quale egli si sente rivi- vere. Si darebbe egli altrettanta pena se tutto ci che egli ammassa do- vesse appartenere allo Stato ? Tutto porta a credere che egli si contente- rebbe di produrre ci che necessario al suo personale consumo , (Gustave HUABD. /Wrf., 88). * Sono rari i patrioti che economizzerebbero per lo Stato con la stessa energia che per i loro figli, o anche la loro parentela... Ogni uomo prefe- rir di spendere egli stesso il suo avere piuttosto che abbandonarne la dis- posizione postuma all'autorit governativa , (Thorold Rogbrs, Interprtation cotwmiquc de Vhistoire, Paris, Guillaumin, 1892, pag. 401). * Togliendo ai particolari la facolt di trasmettere i loro averi, si fer- merebbe Taccrescimento della ricchezza pubblica, perch si indebolirel)bc in tutti e si sopprimerebbe intieramente in un buon numero i motivi piii potenti ad accettare i crucci e a superare la fatica della produzione. La ricchezza totale diminuirebbe dunque per Tindebolimento dei motivi che spingono ad accrescerla . (Charles Scr^an, Les droits de Vhuman,, 204). * Il pi considerevole dei vantaggi delFeredit la creazione di un prin- cipio di attivit e di lavoro di una grande potenza. Infatti Teredt invita i padri di famiglia a concorrere alla produzione industriale, a fine di tras- mettere ai loro figliuoli, che prolungano in qualche modo la loro esistenza, le ricchezze che possono acquistare (Courckllx-Seneuil, Lihert et Socia- lisnie^ 55). " Per un uomo comime la certezza che la felicit economica dei suoi figli dipende in gran parte dalla sua attivit e dal suo risparmio una delle pi efficaci spinte verso il bene. Sopra di ci riposa Futilit economico- sociale del diritto di eredit delle famiglie , (Roscher, Grundlagen der Na- iionaldkonomie, Stuttgart, Cotta, 1894, pag. 215). L'eredit non soltanto un diritto privato, anche una forza sociale; 30 CAPITOLO SECONDO Non si pu negare, infatti, essere questo un argomento fortis- simo, sopratutto oggi in cui i modi tecnici di produzione cosi meravigliosamente perfezionati richiedono una quantit sempre maggiore di capitali, e tanto maggiore quanto pi essi sono per- fetti, quanto pi risparmiano le fatiche del lavoratore che se no serve, quanto pi aumentano la produttivit del lavoro umano. Inoltre, il risparmio e la formazione continua di sempre nuovi capitali servono non solo a far accrescere l'ammontare totale dei capitali della collettivit, non solo a sostituire strumenti tec- nici pi perfezionati a quelli antiquati, ma anche a riparare e a rimpiazzare quei capitali tecnici e quei capitali-salari (riserve di sussistenze) che vanno a mano a mano logorandosi o consuman- dosi. Per cui se questo risparmio dal totale del prodotto annuo sociale e questa formazione continua di sempre nuovi capitali che ne consegue cessassero, o si rallentassero troppo, non solo ram- mentare totale dei capitali d'una nazione non andrebbe pi au- mentando, ma andrebbe diminuendo con rapidit spaventosa. Ora, questa funzione di risparmio di una parte del totale prodotto annuo sociale e di conseguente formazione di continui nuovi capitali non pu evidentemente essere adempiuta che dai privati o dallo Stato, come appunto si proporrebbe il Colletti- vismo ; e se non pu essere adempiuta da questo Stato, e giuo- coforza allora spetti ai privati. Esamineremo a suo tempo la dottrina collettivista tanto riguardo alla presupposta fatalit economica d'avvento d'un tal regime, quanto riguardo alla sua attuabilit e utilit sociale. Per il momento possiamo rimetterci a quanto sostiene il Wagner nei suoi Principi Fondamentali sulla " necessit di formare (bilden) il capitale sociale (das National- kapital) per la maggior parte nella forma giuridica di capitale privato , tanto per la poca garanzia che potrebbe presentare un regime collettivista di riuscire ad imprimere alla produzione come Tin^andi mento, il prolungamcuto dolla vita deiruomo individuale: che sostiene e moltiplica i suoi sforzi al di l d ci che necessario al mantenimento e all'abbellimento della sua vita cos corta. L'eredit la pi preziosa scoperta contro l'inerzia , (Paul Lebut-Beaulisu, Le Collecti- risti:', Paris, Gaillaumin, 1893, pag. 383). DEL DIBITTO DI TESTARE ATTUALE 31 sociale quella direzione necessaria ad efifettuare un adeguato au- mento di questo capitale sociale, almeno pari a quello oggi effettuato dal sistema attuale della propriet privata dei capi- tali, quanto per le enormi difficolt che in un tal regime inevi- tabilmente s'incontrerebbero nel comporre e nel mettere in ese- cuzione il *" piano d'organizzazione di tutta quanta la produzione sociale (1). Ora, se questa necessit che sussiste per la for- mazione dei capitali non implica certo affatto quella ben diversa che questi capitali, una volta formati, debbano, per la semplice continuazione della loro esistenza^ per la semplice loro conserva- zione, perdurare perpetuamente in questa propriet privata ; esso per implica, invece, assolutamente, quella di non affievolire mi- nimamente, ma anzi di rafforzare ancor pi se possibile, durante il periodo di formazione di questi capitali per opera dei privati, lo stimolo che oggi appunto spinge quest'ultimi a questo ri- sparmio e alla formazione di questi capitali. 2*^ Altro argomento che viene svolto in favore del diritto d testare che il suo fondamento giuridico basato sul dovere dei genitori all'assistenza verso i figli, cio che il diritto d'un padre di lasciare i suoi beni ai suoi cari nasce dal fatto che egli ha dei doveri da compiere verso di loro (2). Ma ci evidente- mente non vale. Infatti il dovere d'assistenza dei genitori verso i figli, dovere fondato su leggi biologiche reggenti tutto il regno animale, e che alla societ conviene, anche da un punto di vista prettamente utilitaristico, di riconoscere e sanzionare, sia nel- l'ordine giuridico che nell'ordine morale, onde non avere da sob- barcarsi essa di una funziono alla quale sono, invece, infinita- mente pili adatti i genitori stessi all'uopo conformati appunto dalla selezione naturale Darwiniana; un tal dovere dura fino al loro stato adulto, al quale poi pervenuti, questi non hanno pi bisogno di assistenza speciale. I figli, prima che raggiungano lo stato adulto, debbono, come abbiamo visto, conforme *" alla leggo (1) Adolpii Wagner, Grundlegung der politischen Oekowmief Dritte Au- flage, zweiter Theil: Volkawirthschaft und Rechi, besonders Vermgensrecht, Leipzig, Wiiiter, 1894, 143 e 144, pagg. 313-320. (2) Cfr., ad es., Gustave Huabd, articolo citato : De Vhritage, 86. 32 CAPITOLO SECOXD biologica in virt della quale la vita in generale si mantenuta e ha evoluto verso forme superiori , essere retti dal regime di famiglia, a ciascuno in ragione opposta dei suoi meriti (cio, obbligo per i genitori di aver tanta maggior cura dei figli quanto piti sono in tenera et) ; ma, raggiunto lo stato adulto, con- forme a questi stessi principi, che siano invece sottoposti al re- gime dello Stato, a ciascuno secondo i propri meriti. Per cui basterebbe, al massimo, in caso di morte prematura del padre, di concedere a questi figli, se in tenera et, il semplice usufrutto della sostanza paterna, o di una porzione di essa, e soltanto fino al loro stato adulto. Mentre che oggi non solo essi rimangono proprietari, e per tutta la loro vita, dei beni che ha accumulato il loro padre, il che dunque di per se solo gi contrario alla giustizia ove questa dovesse venir fondata esclusivamente sulle leggi biologiche suddette, ma a loro pervengono pur anco i beni accumulati dagli stessi loro avi. E non v'ha invero legge bio- logica alcuna su cui si possa fondare il diritto di un nipote ad essere assistito dai suoi antenati i pi lontani (1). Anzi, se questo diritto di compiere cos esuberantemente i doveri d'assistenza verso i figli, che in tal modo viene concesso ad alcuni pochi, fosse, proprio esso, la causa prima a che la gran maggioranza dei diseredati non pu compiere, invece, questi doveri che in una misura del tutto insufficiente, come lo prova la gran mor- (1) * Se naturale, e per non aboHbiks la propriet individuale, c' pun un'estensione abusiva del diritto di possesso personale, che la ragione re- spinge e che non pu essere difesa con argomenti naturali, ed la tran- missione ereditaria. Certo, Tistinto della conservazione della specie stimola ogni essere vivente a curare che i suoi discendenti abbiano un'esistenza, per quanto si pu. piacente: ma r|uesta cura pi non agisce dall'istiint e in cui i neonati toccano quello sviluppo che li rende atti a provvedere da se a se stessi, come fecero i loro padri... Un antenato ha avuto una ricca fortuna e la volle conservata al suo casato, affinch questo fosse possibilmente per sempre esonerato dal lavoro. Ebbene, f[uesta una ribellione alle leggi della natura ; una grave violazione di quella legge universale, che do- mina tutta la vita organica e stabilisce che ogni essere vivente debba con- quistpre il suo posto al gran desco della natura, se no, perisca , (Max NuRD^ii, Le menzogne convenzionali della nostra civiltf Milano, Dumolard. 1885, pagg. 302-303). DEL DIRITTO DI TESTARE ATTUALE 33 talit dei bambini delle classi diseredate in confronto a quella dei bambini delle classi agiate, chiaro che sarebbe giusto, al- lora, ove la giustizia debba essere fondata appunto su queste leggi biologiche, impedire questo di pi di assistenza, non solo inutile ma contrario a queste leggi stesse, che i ricchi prestano ai loro figli, per far rialzare invece alla misura necessaria quell'as- sistenza che i diseredati oggi non possono prestare ai figli loro. 3** Un altro argomento che, pur riannodandosi al precedente, ne per affatto distinto, tanto che pur rigettando il primo questo pu venire in parte accettato, il seguente: E bene per la felicit della collettivit umana che nell'uomo, tipo cos su- periore d'animale intelligente^ nasca profondo il sentimento della grave responsabilit di dare la vita ad esseri capaci di soffrire e di godere ; questo sentimento benefico di responsabilit fa na- scere nell'uomo superiore il desiderio e il sentimento del dovere, di far tutto quanto e in suo potere onde assicurare una vita la meno infelice possibile a chi egli d questa vita e di assicurar- gliela, non solo durante la sua infanzia, ma per tutta la sua vita in qualunque evenienza. Non potrebbe suo figlio, anche adulto, essere inetto, per innata e imprevedibile incapacit, alla lotta per l'esistenza? E se egli gli ha dato la vita, non ha il dovere cosi pensa l'uomo moralmente superiore (purch poi sappia infondere a questo suo figlio questo suo stesso senti- mento di responsabilit che allontaner quest'ultimo da procreare alla sua volta) di assicurargli i mezzi di giungere al termine della sua vita senza ima quantit di dolore troppo grande? Se si vuole dunque che questo alto senso di responsabilit emi- nentemente benefico, e che gi riscontrasi negli uomini supe- riori, nasca e si estenda anche agli altri, che ancora sventura- tamente non lo provano, si deve accarezzarlo l dove nasce, dando a questi eletti che gi ne sono cos compresi il mezzo di soddisfarlo pienamente, non soffocarlo, togliendo loro invece ogni possibilit di adempiere a questo loro dovere; altrimenti, questo alto senso morale, anzich rafforzarsi ed estendersi, svanir a poco a poco anche presso costoro stessi in cui gi nato e ra- dicato profondamente. 4** Un quarto argomento che si riannoda anch'esso ai due RlOXANO. ^ i 34 CAPITOLO SECONDO precedenti, che ne per distinto, e che vien esposto per lo pi in termini poco precisi, che il diritto di testare e l'eredit contribuiscono a mantener saldi i legami della famiglia (1). Se questa maggior saldezza di tali vincoli fosse veramente un risultato che non si avrebbe senza il diritto di testare, e se, per il maggior benessere della societ, fosse bene che questi vincoli fra genitori e figli, anche quando di natura non troppo elevata come questi mantenuti saldi dalla spada di Damocle della dise- redazione, non si rallentassero troppo allorch questi figli per- vengono allo stato adulto, allora anche ad un tale argomento non si potrebbe effettivamente negare un qualche valore. 5^ Un quinto argomento sempre in favore del diritto di te- stare che gli eredi, dispensati come sono da ogni preoccupa- zione di guadagnarsi la vita, sono essi che forniscono principal- mente la grande armata dei cultori della scienza e delle arti, da una parte, e quella degli amministratori degli enti pubblici, degli istituti di beneficenza, e simili, dall'altra; e che, quindi, tanto gli uni che gli altri verrebbero a mancare per la societ ove non fossero questo diritto di testare e l'eredit che ne consegue. Argomento, questo, in parte vero oggi per quanto riguarda queste funzioni d'amministrazione (e non tanto per l'amministrazione di enti pubblici, quanto per quella delle opere pie); ma se vero che oggi a queste cariche sociali attualmente non retribuite gli (1) * L^eredit e la speranza della casa, il contrafi'orte della famiglia Senza Teredit non solo non vi ha pi n sposi n spose, ma non vi ha pi n antenati ne iliscendenti... Perch la famiglia non deve mai perire, al movimento che porta via incessantemente le generazioni conviene opporre mi principio d^immortalit che le sostenga. Che diventerebbe la famiglia se essa fosse senza tregua divisa dalla morte, se ogni mattina dovesse ri- costituirsi perch niente ricollegherebbe il padre ai figli? , (Pboddhok, Sistetna delle contraddizioni economiche, * Bibl. con. ,, 3* serie, voi. IX, To- rino, Unione Tip.-Editr.. 1882, pagg. 664, 565). Il Bovio invece : * Domandano se, negata la successione, io neghi il fon- damento della famiglia. Rispondo che no, perch il padre lavoratore educa i figli al lavoro, e trasmotte in essi Tcnergia della causa, non gli effetti senza causa; n si pu pensare che il fondamento giuridico della famiglia sia la successione, la quale privilegio di pochi , (Filosofia del diritto, Roma, CivelU, 1894, pagg. 367-368). DEL DIRITTO DI TESTABE ATTUALE 35 eredi di ricchi patrimoni possono dedicare maggior tempo che non se dovessero essi pure attendere a guadagnarsi la vita col proprio lavoro, evidente che un tale argomento cesserebbe su- bito di avere ogni valore appena, come appunto esige lo stesso programma minimo proletario, tutte quante queste cariche so- ciali venissero anch'esse retribuite (e tale retribuzione rappre- senterebbe un onere per la societ infinitamente minore di quello oggi rappresentato dalla detrazione dal prodotto sociale dei red- diti di questi eredi) ; anzi, questo un argomento che si ritorce contro l'istituzione stessa che esso vorrebbe difendere, perch un tal fatto che queste cariche sociali non. possono oggi essere occupate che dagli eredi di ingenti patrimoni viene, da una parte, ad aumentare ancora i vantaggi, gi certo non pochi, che senza alcun loro merito a questi eredi derivano appunto da un tal diritto di testare, e viene, dall'altra, col riserbare a questi posti solo questi designati dal caso della nascita, anzich i pi meritevoli, a far correre il pericolo che queste funzioni sociali di amministrazione di enti pubblici, d'istituti di beneficenza, e simili, che pur sono cos importanti, vengano adempiute male da persone incapaci, anzich bene da menti elette. Argomento, invece, nella parte restante ormai completamente sfatato, perch, evidentemente, se fosse vero che il bisogno di guadagnarsi la vita dovesse costituire un impedimento al coltivare le scienze e le arti, tutti o la maggior parte degli scienziati, inse- gnanti universitari, magistrati, libero-professionisti, artisti, ecc., oggi esistenti, dovrebbero appartenere a famiglie ricche ; il che , invece, effettivamente, tutto l'opposto di quello che avviene nella realt, appartenendo essi, invece, per lo pi, a coloro che tali carriere hanno anzi scelto appunto allo scopo di guadagnarsi col proprio lavoro la vita ; della qual cosa prova anche lo stesso proletariato intellettuale odierno. Per cui dovrebbesi piuttosto volgere il pensiero a tutta quella quantit di preziosi germi che oggigiorno va perduta per il fatto che oggi i figli dei pi miseri, cio della grande maggioranza proletaria, anzich poter coltivare oltre agli studi elementari anche quelli un poco superiori, dove soltanto appunto ha luogo di manifestarsi l'amore agli studi e l'intelligenza eletta, debbono, gi ancora in tenera et, per le i 36 CAPITOLO SECONDO condizioni miserrime delle loro famiglie, piegare il dorso al lavoro manuale, al giogo che ormai premer loro sul collo per tutta la vita; e cos le loro attitudini superiori restano spente per sempre, e la scienza e le arti e la societ restano, con grave loro danno, cos private di un gran numero di elettissimi che, altrimenti, avrebbero potuto svilupparsi (1). 6^ Quanto, infine, " alla buona educazione e alle tradizioni di onore e di morale che, secondo alcuni, la propriet eredi- taria permette di trasmettere (2) , ci sia permesso osservare che esse, non gi colla trasmissione dei beni materiali vengono tras- messe dal padre ai figli, ma cogli insegnamenti e cogli esempi paterni, coi sentimenti morali che negli anni della giovinezza si respirano ncU* ambiente domestico. , allora, se esse da questa trasmissione di beni sono del tutto indipendenti, e solo dipen- dono, invece, dall'atmosfera morale respirata nei primi anni della (1) * Di tutti gli sciupii, ohe rodienia costituzione della societ importa, quello delle forze mentali il pi grande. Quanto infinitesimali non sono le forze che concorrono ai progressi della civilt in confronto di quelle che ri- mangono latenti! Quanto piccolo il numero dei pensatori, degli inventori, degli organizzatori, fatta ragione della gran massa degli uomini. Eppure di uo- mini che potrebbero essere tali ne nascono a profusione e sono le cireo- stiinze quelle che solo ad un piccolo numero permettono di svilupparsi Dare a tutte le classi opportunit di sviluppo intellettuale e morale, sarebbe come dittbndere Tacqua in un deserto. L'arida landa si vestirebbe di ver- zura e i luoghi desolati, da cui la vita sembrava bandita, sarebbero ben presto coperti d'ombre e rallegrati dal canto degli uccelli. Ingegni oggi na- scosti, virt ignote si rivelerebbero, rendendo pi ricca, pi piena, pi fe- lice e pi nobile la vita. Imperocch fra quelli che nelle fabbriche sono ri- dotti a mere macchine o che la necessit incatena al banco o all'aratro, fra quei fanciulli che crescono nello squallore, nel vizio, nell'ignoranza, sono facolt di primo ordine, ingegni splendidi che non hanno bisogno che del- l'opportunit per manifestarsi (Henry Grore, Progresso e povert^ Torino. Unione Tip.-Edit. 1888, pagg. 590-591). (2) '^ La propriet ereditaria permette di trasmettere ai figli la buona edu- cazione, la coltura, le tradizioni di onore e di morale. La propriet eredi- taria ora Tunica garanzia di una buona educazione, l'unica forza che ri- mane ancora nel mondo perch sia continuata una selezione, non dei pi forti assolutamente nel fisico o nell'intelletto, ma di uomini atti, per la loro struttura mentale, ad apprezzare e a conservare le conquiste della civilt , (Garofalo, La superstizione socialista, Torino, Roux-Frassati, 1895, pag. 203)r DEL DIRITTO DI TESTARE ATTUALE 37 vita e dalle abitudini di pensiero contratte grazie a questi esempi e a questi insegnamenti di tutti i giorni e di tutte le ore, evidente quale educazione migliore debba essere l'istillare in questi figli, colla percezione netta della necessit futura, il sen- timento del dovere al lavoro che fa fiorire quello della solida- riet umana e rende l'uomo attivo, intraprendente, conscio e fiero del proprio valore; anzich istillare loro, colla sicurezza della eredit futura, il sentimento del diritto all'ozio che, come gi abbiamo precedentemente accennato, snerva in loro ogni vitalit, ogni spirito d'intrapresa, e che ne rafforza l'egoismo insinuando loro neir animo la convinzione di non avere verso la societ che dei diritti da esigere e nessun dovere da compiere: E che appunto siano questi i risultati inevitabili e diretti, non gi buoni ma tristissimi, della trasmissione ereditaria delle ricchezze sta a dimostrarlo, da una parte, il vergognoso confronto ove si lascino le apparenze ingannatrici di quella vernice lucente e ipocrita che una educazione raffinata nella forma e ci si attenga invece alla sostanza fra il sentimento di solidariet delle classi lavoratrici e la loro forte e sana vitalit e l'egoismo, invece, il pi sordido e lo snervamento il pi degenerato dei caratteri quali predominano nell'alta borghesia; dall'altra, questo senti- mento, appunto, effettivamente cosi diffuso nelle classi ricche, e in esse sole, di non aver che diritti da esigere e nessun dovere da compiere e che il denaro renda loro lecito ogni cosa, che sollecita i rentiers oziosi a non altro che alla ricerca inces- sante e minuziosa della vita la pi gaudente possibile, e che spinge i viveurs delle alte classi, celibi od ammogliati, in ispecie nei loro rapporti sessuali e verso le appartenenti alle classi dise- redate, alle loro gesta pi dissolute, pi immorali, persino pi criminose (1). Ma da queste considerazioni mosse tutte da un punto di vista prettamente utilitaristico, dobbiamo passare brevissimamente a far cenno di alcune altre che, bench fatte proprie dallo Spencer (1) Vedi Gap. V. 38 CAPITOLO SHX^OXDO stesso, hanno pur tuttavia un contenuto prettamente metafisico e le quali, quindi, vanno al giorno d'oggi perdendo sempre pi del loro valore. Esse possono rassumersi nell'affermazione che il diritto di testare inscindibile dal diritto di propriet, che questo diritto di propriet un diritto naturale e che quindi tale pure il diritto di testare (1). Ora, come stato invece osservato ormai ben troppe volte, l'istituzione della propriet non unica e immutabile; non c' una specie sola di propriet, ma moltissime specie: *^ Un errore molto generale che si parla della " propriet come se fosse un'istituzione avente una forma fissa e sempre la stessa, mentre che in realt essa ha rivestito le forme pi diverse e che essa ancora suscettibile di modificazioni grandissime e non pre- viste (2). Per cui, ad es., ordinare in modo diverso dall'attuale (1) * Un legato non che un dono differito. Colui che pu legittimamente alienare il buo avere, pu legittimamente fissare l'epoca in cui la consegna si effettuer , (Spencer, Jusiicff 138). * Non b la volont di un morto che 8 eseguisce (colla concessione del diritto di tostare), ma la volont di un vivo che aveva diritto di dare ci che ha legato. Esso poteva darlo puramente e semplicemente; poteva darlo riserbandoscnc Tusufrutto durante la sua vita. Il legato non b che una do- nazione simile a questa, con questa differenza che Taccettuzione del dona- tario ritardata fino al momento di entrarne in godimento. Se il legislatore sopprimesse l'istituzione tcstamentiria a profitto della comunit, esso si vedrebbe costretto, onde raggiungere il suo scopo, d'interdire anche le do- nazioni fra i vivi, di controllare il godimento, insomma di annientare la propriet presso i vivi per assicurarsi le spoglie dei morti (Scbtak, Ij3 draits de l'human., 206-207). (2) D* Laveleyi, De la Projtrit, etc, 543. Che * questa gran parola propriet abbia rappresentato, a ciascun'epoca della storia, cose diverse ,, come essa non esprima niente di assoluto, ma che, anzi, un tal diritto di propriet sia andato soggetto a continue trasformazioni riguardo alla natura degli oggetti che potevano essere appropriati, al loro uso, e alla loro traS' Missione, insiste pi che altri, come noto, la Dottrina del Saint-Simon {Dortrine-Exposition, 180 e seg. e 219 e seg.). * evidente, dice il Saint-Simon stesso, che in ogni paese la legge fon- damentale quella che stabilisco le propriet e le disposizioni per farle rispettare; ma da ci che questa legge fondamentale, non consegue che essa non po.ssa essere modificata. Ci che necessario, una legge ohe stabilisca il diritto di propriet e non una legge che lo stabilisca in questo DEL DIRITTO DI TESTARE ATTUALE 39 il diritto di testate, e disciplinare, conseguentemente, magari im- pedire, ad es., in parte o anche totalmente, date donazioni fra i vivi, non sarebbe * annientare la propriet, come sostiene il Scrtan nel passo sopra citato, ma, semplicemente, conformarla in modo diverso dall'attuale, come in modo diverso dall'attuale la conformavano, ad es., i fidecommessi, i maggioraschi, ecc. (1). La propriet pi che un diritto e un complesso di diritti varia- bili in numero, in estensione e in qualit (einc Summe einzelner Befugnisse, dice il Wagner) ; e le combinazioni che con essi pos- sono formarsi onde costituire un dato diritto di propriet sono teoricamente infinite: " I diritti che la propriet conferisce, dice il Sumner Maine, sono, agli occhi del giurisconsulto, un fascio di poteri capaci di essere considerati a parte gli uni dagli altri, e suscettibili nel tempo stesso d'un godimento distinto (2). E Adolfo Wagner scevera appunto nel diritto di propriet i cinque diritti distinti: d'uso, di contratto, di donazione, di eredit (di testare), e di accumulazione (3). Il diritto di donare e il diritto di testare sono dunque due diritti che oggi sono compresi, vero. o in quel modo (Vues sur la proprit et la UgisUttion; opera riportata in : HuBBABD, Saint-Simon, sa vie et ses travaux^ atee fragments de ses plus clbres crits, Paris, Guillaumin, 1857, pag. 165). E lo stesso nostro Mazzini: ** I modi coi quali la propriet si governa sono mutabili, destinati a subire, come tutte le altro manifestazioni della vita umana, la legge del progresso , (Doveri dell'uomOt Firenze, Civelli, 1891, pag. 80). (1) 'La propriet privata odierna cos universalmente estesa (in quanto alle specie di oggetti che possono essere appropriati) e cos assoluta in quanto al suo contenuto un fenomeno storico, e, anzi, un fenomeno sto- rico di freschissima data . Il negare a ordinamenti della propriet diversi dall'attuale il nome di vera propriet perch contraddicono al concetto astratto aprioristico della propriet quiritaria "^ un modo di procedere che riposa sopra una petizione di principio (Wagner, Orundlegung, dritte A ufi., zw. Theil, 198 e seg.). (2) hides sur Vhiaire du droit, Paris, Thorin, 1889, pag. 210. (3) GrundUgung, dritte Aufl., zw. Theil, 198 e seg., 272, 277-279. E in altro luogo cos si esprme : * Il dirtto ereditaro privato bens connesso dappertutto, nella stona del dirtto e nelle leggi positive, con la propret privata, la quale col dirtto ereditaro viene trasmessa; ma tut- i 40 CAPITOLI SECOND tutti e due, o in modo pieno ed assoluto, nel diritto di propriet attualo ; ma che domani potrebbero essergli tolti o l'uno o l'altro, o anche tutti e due, e soltanto in parte o anche totalmente, senza che perci osso venisse affatto a cessare di essere un com- plesso ben determinato di altri diritti, o degli stessi ma in pro- porzioni variate, che costituirebbero cos appunto un ordinamento della propriet nuovo e diverso. La societ nel suo avvento graduale a coscienza sempre pi estesa e perfetta non potr, come vedremo (1), per imprescin- dibile necessit storica, non divenire sempre pi prettamente e rigorosamente utilitarista (2) ; e permetter (3) quindi allora sol- tanto quelle forme di propriet che le garantiranno il massimo benessere del maggior numero; rigettando invece, e senza che nessun principio metafisico possa davvero per un solo istante arrestarla, tutte quelle che a questo massimo benessere del mag- gior numero saranno invece contrarie (4). tavia non sembra costituire un elemento necessario della propriet privata... Esso piuttosto un istituto di diritto privato a s, sorto a fianco della pro- priet , (A. Wagner, La scienza delle finanze^ * Bibl. deirEcon. , 3' serie, voi. X, Torino, Unione Tip.-Edit., 1881 ; voi. Il, pa^. 1042). (1) Vedi ultimo Capitolo. (2) Anziy vedremo che ogni istituzione sociale, e Tordinameuto della pro- priet sopratutto, stata sempre conformata utilitaristicamente; solo che invece di esserlo riguardo a tutta la societ, lo fu sempre soltanto riguardo alla classe ristretta cosciente in quel momento dominante. (3) * La legge sola costituisce la propriet perch non vi ha che la vo- lont pubblica che possa operare la rinunzia di tutti e dare un titolo co- mune, una garanzia, al godimento di un solo , (Mibabeau). " Sono le leggi convenzionali che sono la sorgente vera del diritto di propriet , (Thon- chet). "Il diritto di propriet una creazione sociale , (Laboulatb). Sopra questa cosiddetta teoria legale della propriet vedi appunto, ad es., Dk Lavelete, De la proprit^ eie, 551 e seg.; Letourneau, L'volut. de la proprit, 497 e seg.; Hoschbr, Grundlagen der NationalOk., 182 e seg.; e Wagner, Gnindlegung, dritte Aufl., zw. Tlieil, 247-262. (4) ' Il diritto individuale di propriet non pu essere fondato che sulla utilit comune e generale delFesercizio di questo diritto, utilit che pu va- riare secondo i tempi , (Saint-Simon, Vues aur la proprity eie, \ in Hubbard, Saint-Simon, etc, 166). " Ci sembra difficile spiegare il diritto naturale di essere proprietario DEL DIRITTO DI TESTARE ATTUALE 41 Senonch un altro modo v'ha di presentare e di rafforzare questa obbiezione, che il diritto di testare inscindibile dal diritto di propriet, che potrebbe trarre in inganno; ed l'af- fermazione che se il risparmio di un individuo, cio la porzione non consumata di ci che la societ gli ha dato come rimune- razione del suo lavoro, dato in dono o in eredit a colui che viene scelto dal donatore o testatore, questi " non aliena nes- suna cosa che appartenga ad altri , e non usurpa cosi nessun diritto altrui (1). Anche qui, evidentemente, si ha un circolo vizioso: se l'ordinamento della propriet ammette questo diritto completo di donai*e e di testare, egli non aliena alcuna cosa che altrimenti che coirutiliti sociale , (Garmikb, Elementi di Economia Politica, * Bibl. Econ. ,, 1* serie, voi. XH, Torino, Pomba, 1851, pag. 415. *^ La vera giustificazione della propriet Tutilit sociale, il servizio reso alla societ , (P. Leroy-Beaulieu, Essai sur la Rpartition dea Richesses, Paris, Guillaumin, 1897, pag. 64). * La propriet non se non un mezzo per un fine, non essa stessa uii fine , (Stuart Mill, Principi di Econ, Poi., 603). * Se il nostro sistema industriale ha da avere una giustificazione, deve, secondo il mio modo di vedere, trovarla in un ordine d'idee affatto diverso ila quello del diritto astratto o della legge naturale, cio nelle considera- zioni di utilit pratica , (Cairres, Principi fond. di Econ. Poi., * Bibl. Econ. ,, IH serie, voi. IV, Torino, Unione Tip.-Editr., 1878, pag. 183). ** La propriet non h istituita soltanto nelFinteresse dell'individuo e per garantirgli il godimento dei frutti del suo lavoro; essa lo pure nelFin- teresse della societ e per assicurarne la durata e Fazione utile... Questa propriet ha rivestito le forme pi diverso : quale quella che il legisla- tore deve sanzionare in vista della giustizia e dell'interesse generale ?... Ad ogni momento della storia e in ogni societ, gli uomini essendo quello che sono, havvi un'organizzazione politica e sociale che risponde nel modo mi- gliore ai bisogni razionali dell'uomo e che favorisce il pi possibile il suo sviluppo. Quest'ordine costituisce l'impero del diritto. La scienza chia- mata a riconoscerlo e la legislazione a consacrarlo , (De Lavelete, De la proprit, eie,^ pag. XXIII, 552, 553). Utilitarismo, che, come noto, informa anche per intero lo spirito delle opere ili due campioni principali che nella patria stessa delle speculazioni metafisiche, in genere, e del * Naturrecht ,, in ispecic, rappresentano e pa- trocinano questa scuola utilitaristica: Adolfo Wagner, sopratutto nei suoi Principi fondamentali, e Von Iuering, sopratutto nel suo Lo scopo nel diritto. (1) Spencer, Jtistice, 146. I 42 OAIITOLn SEC(^M>0 appartenga ad altri; se non lo ammette, egli aliena cose che spettano, invece, alla societ. Senonch qui l'apparenza di validit a questa obbiezione deriva 1" : dal fare completa astra- zione dalla separazione economica attuale del lavoratore dal suo strumento di produzione e dallo sfruttamento capitalistico che ne consegue; 2^: dal non fare distinzione, anche indipendente- mente da ci, fra boni di consumo e capitali (strumenti di pro- duzione o anticipi), e dal non prendere affatto in considerazione la trasformazione inevitabile dei primi nei secondi che im- plicita, invece, in questo risparmio e in questa accumulazioni private. In primo luogo, infatti, anche ammesso che tutti i capitali attualmente esistenti siano solo il frutto dell'onesto lavoro e del risparmio delle generazioni passate, se essi oggi sono indi- spensabili a chiunque lavoratore affinch col proprio lavoro possa guadagnarsi la vita, e se, per una ragione o per un'altra, la grandissima maggior parte di questi lavoratori viene oggi a es- serne priva, senza alcuna sua colpa, per il solo fatto della nascita che non li ha resi eredi di niente; ed altri pochi, invece, per questo stesso fatto della nascita, e senza alcun loro merito, ne vengono ad essere i detentori esclusivi ; sicch i primi per vivere siano costretti a mettere a completa disposizione di questi ultimi la loro forza di lavoro dietro quella qualsiasi retribuzione che piaccia a questi di fissare; allora questa trasmissione dei capitali lasciati dal defunto in propriet esclusiva agli eredi viene ad essere non altro che trasmissione a costoro di questo potere di sfruttamento (1). Trasmissione agli eredi di questo potere di (1) "Il capitale, quanto alla sua origine, bene il frutto del lavoro umano; ma, per destinazione, e per chiunque lo impiega, esso costituisce dei veri anticipi (quei beni, cio, * che precedono il lavoro e i suoi frutti , ; * quelle ricchezze patrimoniali, naturali e trasmesso, senza le quali il lavoro sarebbe impossibile ,). Questo carattere b visibile nei capitali trasmessi a ciascuna generazione : essi le appartengono senza alcun lavoro da parte sua : essi le ser\'ono al medesimo titolo che la terra vergine ai nostri primi antenati. Alla terra, patrimonio primitivo e divino, si iiggiunge nel seguito delle et, il capitale ereditario, per formare il ^xi/riwiowjo generale sul quale vive Tu- manit industriosa Come avente, duntiue, il suo posto nella serie delle DEL DIRITTO DI TESTARE ATTUALE 43 sfruttamento, che, dunque, si risolve in trasmissione a costoro non gi della facolt di consumare oggetti gi prodotti o gua- dagnati col proprio lavoro dal padre loro e da questi apposita- mente non consumati per intero, ma del potere di appropriarsi del tutto gratuitamente del prodotto attuale del lavoro degli altri (1). E se questa appropriazione del tutto gratuita di parte generazioni umane, ciascun uomo non ha esso il diritto al capitale eredi- tario, che la loro comune conquista? Nessuno certamente deve vivere a spese degli altri. Ma Tuomo che non ha demeritato ha diritto di vivere libero; ha diritto a che la sua sussistenza, il suo lavoro, non dipendano dal- Tarbitrio degli altri. Ora, per quanto libero esso sia della sua persona, se non possiede di diritto naturale nessun anticipo, nessun capitale; se egli non proprietario (o, pi in generale, andrebbe aggiunto, se non ha la libera e gratuita disponibilit del capitale a lui indispensabile), come b uomo e lavoratore, esso non produce, non vive, che per il permesso dei suoi si- mili : esso cade in una vera schiavit reale. L'abbiamo detto, e non po- tremmo mai ripeterlo abbastanza, la propriet (o, pi in generale, la libera e gratuita disponibilit suddetta) una condizione assoluta di libert. Come dunque, invece d'im diritto generale, fame un mostruoso privilegio?... In- terdire ai lavoratori ogni accesso alla propriet (o alla libera e gratuita di- sponibilit degli strumenti di produzione) prima del lavoro, non h forse tenerli sotto il giogo dei detentori del patrimonio generale ed eternare la schiavit reale? dal lavoro che deriver il diritto agli strumenti di la- voro, il diritto allo materie prime e alle anticipazioni di sussistenze senza i quali esso non pu incominciare? Prima di tutto il patrimonio divino, la terra con tutte le ricchezze naturali, sfugge incontestabilmente a questa origine (di essere il frutto del lavoro). Quanto al resto dei valori e capitali di ogni genere, essi, per lo meno per la maggior parte, non sono davvero il fhitto del lavoro della generazione che li detiene. Essi sono, voi dite, il frutto del lavoro dei vostri padri. Ma evidentemente il lavoro dei vostri padri non il vostro , (Fbah^ois Hubt, Le rgne social du Christanisme, 209, 244, 245). (1) * Il diritto all'eredit non insomma che il diritto airozio e al pa- rassitismo. Se Terede non beneficiasse che del lavoro passato, il male sa- rebbe tollerabile; ma esso fa di pi, esso vive da parassitii sul lavoro pre- sente (Malom, Le Socialisme intgraly I, 272). * Ecco qui un ozioso che non fa n col cervello n colle braccia lavoro alcuno, ma che vive, come si dice, sulla ricchezza che suo padre gli ha la- sciato investita in buona rendita dello Stato. Forsechr in fatto, i suoi mezzi di sussistenza vengono da una ricchezza accumulata in passato, o non piut- 44 CAPITOLO SECONDO del lavoro altrui, rispetto al capitalista accumulatore esso stesso col suo lavoro e col suo risparmio d'un dato nuovo capitale, potrebbe magari essere riguardata, e a lui venire concessa dalla societ, come ricompensa speciale a questa sua pena, a questa sua astinenza, creatrice benefica di questo nuovo capitale ; rispetto all'erede, invece, che nulla ha fatto per questa creazione, come non riconoscerla quale ingiustificabile usurpazione e quale iniquo parassitismo? (1) Ma, in secondo luogo, anche ove questo sfruttamento del lavo- ratore che costituisce l'essenza della produzione capitalistica non esistesse, non potrebbesi affatto non fare distinzione fra beni di consumo e capitali e non prendere in considerazione la trasfor- mazione inevitabile dei primi nei secondi : Certo, se la porzione non consumata di ci che la societ ha dato o promesso di dare ad uno come rimunerazione del suo lavoro (e ammesso, dunque, per il momento, non sussistente alcuna separazione economica del lavoratore dal suo strumento di produzione) permanesse in perpetuo sotto forma di oggetti di consumo, e non fosse possibile di trasformarla mai in capitali, sarebbe logico da parte della societ, come appunto fa il Collettivismo, di non occuparsi se questi oggetti venissero consumati dall'uno o dall'altro, perch per la societ, una volta rimunerato questo individuo con il pieno diritto di consumo sopra una data quantit di oggetti, tosto dal lavoro produttivo che si fa intorno a lui ? Sulla sua tavola nulla che sia stato prodotto molto tempo prima, se non forse alcune bottiglie di vecchio vino. Ci che quest'uono ha ereditato da suo padre e di cui noi diciamo che esso vive, non punto ricchezza, bens solo il potere di ser- virsi della ricchezza prodotta da altri. E di questa produzione contempo- ranea ch'ei vive (Henky Georgb, Progr. e povert^ 357). (1) ** La propriet appare attualmente, da parte del capitalista, come il diritto di appropriarsi di lavoro altrui non pagato, o del prodotto di un tale lavoro ; da parte del lavoratore, come impossibilit di appropriarsi del suo proprio prodotto , (Marx, Daa Kapital, 547). " Ci che vuole il socialismo non abolire la propriet, ma al contrario introdurre la propriet individuale fondata sul lavoro (Lassalle, Capitale e lavoroj * Bibl. Econ. , III serie, voi. IX, Torino, Unione Tip.-Editr., 1882, pag. 880). DEL DIRITTO DI TESTARE ATTUALE 45 come sarebbe appunto ove lo rimunerasse con famosi buoii di lavoro, sarebbe evidentemente indifferente trarre questi oggetti dal suo prodotto totale un poco prima o un poco dopo affinch fossero consumati da questo individuo stesso o da altri quali si fossero da esso designati come eredi ; e il solo danno che dunque allora a lei verrebbe da questo diritto di consumo trasmesso ad altri sarebbe la possibilit data a questi ultimi di vivere nel- l'ozio. Ma la cosa cambia immediatamente aspetto quando, ad onta, come vedremo (1), di quanto sostiene il Collettivismo, non sia affatto possibile ne affatto utile evitare che questi oggetti di consumo si cambino in capitali, strumenti di produzione od anticipi: " Immaginando, dice lo Spencer, un ingranaggio nuovo o parzialmente nuovo, dandogli un carattere di utilit pratica, inventando qualche processo differente o migliore che i processi conosciuti, l'inventore (e altrettanto potrebbesi dunque dire, secondo questo modo di vedere, del capitalista che trasforma il suo risparmio in queste nuove macchine) fa delle idee, degli utensili, dei materiali, dei processi conosciuti, un uso che e alla portata di ogni altra persona e non diminuisce la libert d'azione d'alcuno (2) Ora ci completamente falso. Anche ammettendo che tutti avessero, non solo per il non sussistere della separazione economica del lavoratore dal suo strumento di produzione, ma anche per essere le condizioni ini- ziali artificiali uguali per tutti (e quindi fatta completa astra- zione della realt attuale in cui, ad es., il proletario non ha aflfattO; per mancanza di studi e di tempo, la possibilit di fare nuove invenzioni, ne la possibilit, perch ridotto al minimo necessario, di mettere in serbo alcun risparmio), anche ammet- tendo, dico, che tutti avessero piena libert e uguale possibilit d'inventare o di risparmiare ; e che, quindi, l'inventore e il capi- talista non togliessero a nessuno la libert di servirsi di tutti i mezzi che servono a inventare nuove macchine o ad accumu- lare nuovi capitali ; anche ammesso ci, una volta clie per opera (1) Vedi Capitolo VI. (2) Justicy 128-129. 46 CAPITOLO SECONDO di alcuni, sia pure pi intelligenti o pi attivi e pi economi degli altri, questa invenzione sia fatta o questo nuovo capitale sia accumulato, se essi vengono utilizzati per la produzione di nuove merci, allora l'inventore o il capitalista, per questo solo fatto, portano subito pregiudizio, e gravissimo, a tutti gli altri produttori in quanto diminuiscono, e non transitoriamente ma per sempre, il valore normale del prodotto della loro giornata di lavoro: cos, ad es., che il tessitore a mano, per il solo fatto che alcuni inventori hanno inventato e alcuni capitalisti hanno fatto costruire e introdotto nell'industria il telaio a vapore, il clie ha reso loro possibile di tessere ad os. in tre oro lo stesso prodotto che prima ne richiedeva dieci, si vede subito diminuire, quasi nella stessa proporzione (non proprio nella stessa, causa il lavoro immaginario del capitale tecnico), il valore del prodotto della sua giornata di lavoro: cio, questo prodotto, ad es., del suo lavoro di dieci ore che prima veniva scambiato con un pro- dotto pure di dieci ore di un altro lavoro uguale per intensit e difficolt, adesso, invece, se egli persiste a tessere a mano, non pu pi venir scambiato che con un prodotto di quattro o di tre ore soltanto (1). dunque come se l'inventore o il capi- talista menomassero l'integrit fisica di tutti questi altri operai tessitori (2), come se diminuissero la loro forza e la loro abilit, come se mutilassero loro in parte un qualche membro del corpo in modo che in dieci ore non potessero pi lavorare che come prima in tre. Come si pu dunque sostenere che questo inventore o questo capitalista ^ non diminuiscono la libert d'azione di questi lavoratori che non sono riusciti o che non hanno potuto, per una ragiono o per l'altra, inventare o accumulare altret- (1) Cos, ad cs., i tessitori a mano nel Biellese guadagnavano una volta 50 centesimi ogni mille mandate di spola ; nei primi tempi del telaio mec- canico le mille mandate vennero rimunerate con 20 o 22 centesimi; ora poi si discende anche a 12 centesimi (Einaudi, Psicologia d'uno sciopero^ ' Ri- forma Sociale ,,15 ottobre 1897, pag. 948). (2) * La legge di uguale libert ha per corollario, evidente di per s stesso, che gli atti di ciascuno debbono contenersi nel limite in cui esso non infligga direttamente agli altri alcun pregiudizio fisico, grave o leggero , (Spencer, Justice^ 74). DBL DIRITTO DI TESTARE ATTUALE 47 tanto; come si pu sostenere che '^ non recano loro con ci nessun pregiudizio ? (1). Un solo modo vi sarebbe, dopo l'introduzione e il permanere in esercizio di queste macchine, di non cagionar pi effettivamente a questi lavoratori alcun pregiudizio, e sarebbe di permettere a costoro di servirsi essi pure liberamente e gratuitamente di queste macchine cos inventate e costruite ; che allora, evidentemente, se colle loro dieci ore di lavoro questi lavoratori otterrebbero bens tuttora un prodotto la di cui unit di misura avrebbe un valore tre volte minore di prima, queste macchine per renderebbero loro possibile di produrne adesso una quantit tre volte maggiore, sicch le loro dieci ore di lavoro verrebbero a riacquistare il loro valore normale appunto di dieci ore intere ; e, allora vera- mente, da questa introduzione di continue nuove macchine, si avrebbe il vantaggio generale di tutti quanti i consumatori, per l'accresciuta e centuplicata produttivit del lavoro umano che ne conseguirebbe, senza che alcuno venisse a soffrirne nessun danno. Invece, e grazie appunto a questo diritto di testare attuale che assicura il permanere di queste macchine per sempre in propriet privata, questa libert di servirsi gratuitamente delle macchine non loro mai concessa, e cos il danno che queste macchine loro cagionano per sempre irrimediabile. E ci non solo, che quando questa diminuzione virtuale della capacit al lavoro dell'operaio privo delle macchine raggiunge un dato limite, allora quest'operaio, anche se fornito da principio dell'anticipa- zione di viveri a lui necessaria, e giuocoforza soccomba in questa (1) * Le macchine sono altrettante armi micidiali fomite alTindustriale che ha il diritto e la facolt d*impiegarle contro tutti coloro che non hanno questo diritto o questa facolt (Louis Blanc, Organiaat. du travail^ 112). La storia della patria stessa dello Spencer, sopratutto della prima met di questo secolo, piena delle ecatombi dei lavoratori indipendenti di fronte alle macchine, ecatombi accompagnate dalle sofferenze atroci di intere classi sociali (tipica la scomparsa dei tessitori a mano), appunto l a dimostrare, come troppo ben noto, se queste macchine hanno o no diminuito la li- bert d*azione di questi lavoratori indipendenti, se hanno o no recato loro alcun pregiudizio. 48 CAPITOLO SECONDO lotta cos ineguale, e da lavoratore indipendente si adatti a scendere al grado di salariato, e di salariato in quelle officine precisamente contro le quali ha invano lottato : il prodotto delle sue dieci ore di lavoro (ritornando adesso questo lavoro di qualit socialmente normale) torna allpra ad avere di nuovo il valore di dieci ore, ma esso costretto ormai a cederne la maggior parte al detentore di questo strumento di produzione nella cui baFia pi assoluta esso viene cos a cadere. Per la legge di uguale libert, su cui tanto insiste lo Spencer, la societ dovrebbe dunque o impedire agli inventori e ai capi- talisti di impiegare nella produzione le loro invenzioni e i loro capitali che abbassano il valore del prodotto e danneggiano cos i produttori che non possono non continuare a servirsi dei vecchi sistemi (ed a questa misura a cui il Collettivismo verrebbe in sostanza a ricorrere col suo impedire ai btioni di lavoro di trasformarsi in mezzi di produzione, in capitali); oppure, ben conscia, invece, dell'utile che a lei viene da queste invenzioni e da queste accumulazioni private dei capitali, incoraggiare, anzi, questi inventori e questi capitalisti, lasciando loro per qualche tempo i vantaggi che loro possono derivare da queste invenzioni e da questi capitali se applicati all'industria, ma, nel tempo stesso, a salvaguardia appunto, per quanto possibile, e non per le sole classi abbienti, ma per tutti, di questa legge di uguale libert, fonte anch'essa e principalissima di felicit sociale, e meta irresistibile della societ nostra nel suo avvento a coscienza totale e sempre pi perfetta, lasciare questi vantaggi a questi inventori e a questi capitalisti soltanto per quel tempo stretta- mente necessario e sufficiente a dare il massimo impulso a queste invenzioni e a queste formazioni di continui nuovi capitali per via di risparmio privato. Ora, se la societ segue questo proce- dimento utilitaristico ed equo riguardo alle invenzioni conceden- done i brevetti per una durata limitata, dopo la quale queste invenzioni cadono nel dominio della comunit e della gratuit (Bastiat), non lo segue invece affatto riguardo alle accumula- zioni di capitali perch permette ai capitalisti, col diritto di testare attuale, di togliere, e per sempre, da questo dominio della co- munit e della gratuit questi loro capitali , ad esclusivo van- DEL DIRITTO DI TESTARE ATTUALE 49 taggio di pochi ; e questi strumenti e mezzi di produzione con- tinuano cos a portare pregiudizio indefinitamente alla societ restante che ne rimane esclusa. E possiamo tralasciare tutte quante le altre obbiezioni che da punti di vista metafisici diversi, di numero si pu dire infinito perch del tutto arbitrari, potrebbero ancora esser mosse, e sono state mosse effettivamente, a difesa del diritto di testare o del diritto di eredit (1), per passare, invece, con non minore rapi- dit, a quelle modificazioni al diritto di testare attuale che, ad evitare appunto tutte o in parte le obbiezioni pr e contro sopra accennate, sono state proposte. Visto, infatti, che, tanto col mantenere pieno ed assoluto (1) A semplice ttolo d^esempio fra queste tante pu servire la seguente del D*ouAiiNo : " Se vero che, biologicamente parlando, tutti gli uomini rinascono nei loro discendenti, poich questi hanno un organismo parzial- mente identico e medesimamente conformato di quello dei loro progenitori, e lo sviluppo si compie pure in maniera uniforme, ne viene che (?) la legge deve riconoscere questa catena non interrotta, che lega i genitori ai loro discendenti, deve riconoscere questa intimit biologica tra i figli e i loro progenitori. E se la legge ammette e garantisce nelFindividuo la propriet personale, deve riconoscere che questa propriet si trasmetta nei suoi po- steri, che sono una continuazione fisiologica e psicologica dei progenitori. Se ci non facesse la legge, sotto pretesto che non vi ha Tidentit perso- nale, noi risponderemmo che questa identit, nel senso strettamente fisiolo- gico, non esiste neppure nell'individuo. V'ha riproduzione l, v'ha riprodu- zione qua, sviluppo cellulare ed evoluzione in entrambi i casi: ma oltre a ci resta un fondo comune sia questo derivato dalla legge delle ondu- lazioni plastidulari di Haeckel, od altrimenti grazie all'eredit, per cui i caratteri delPorganismo si riproducono, sia nell'individuo, sia nelle specie. Il diritto di propriet che nell'individuo persiste non ostante la continua integrazione, differenziazione e distruzione di cellule, non pu dunque spe- gnersi, quando esistono figli da lui procreati, od altri che abbiano con lui dei vincoli strettissimi di sangue , (La genesi e l'evoluzione del Diritto Ci- vite, Torino, Bocca, 1890, Parte speciale, Gap. X : * Fondamento scientifico dei diritti di successione ,, pagg. 424-425). Ove scorgesi come del tutto arbitrario sia il trarre, per mezzo di un tal processo di immediata e sem- plicista derivazione, da una legge biologica la giustificazione d'essere di una istituzione sociale. RlOMAXO. 4 i 50 CAPITOLO SECONDO un tal diritto di testare quanto coli' abolirlo completamente, si urta sempre contro qualcuna di queste obbiezioni, naturale nasca l'idea di cercare se facendo delle transazioni fra l'uno e l'altro estremo queste obbiezioni si potessero evitare, se non tutte in modo completo, almeno in quanto in esse v'ha di essen- zialmente importante. Da ci le proposte diverse di limitazione a questo diritto di testare attuale, pieno ed assoluto, le quali tutte, almeno le pi importanti, possono ridursi a tre tipi principali (1). Alla prima specie di queste limitazioni appartiene la preleva- zione che lo Stato dovrebbe effettuare di forti imposte di suc- cessione, proporzionali o progressive, il prodotto delle quali ver- rebbe devoluto all'acquisto degli strumenti di produzione da nazionalizzare; tale nazionalizzazione venendo in tal modo ad effettuarsi gradualmente: Cosi, ad es., il De Lavoleye per la nazionalizzazione del suolo ; cosi il Wagner per la nazionalizza- zione dell'area e degli immobili urbani. Senonch tale modificazione al diritto di testare, non solo sa- rebbe certo troppo blanda per le aspettazioni proletario in quella misura cui probabilmente penserebbero al massimo di giungere i proponenti stessi, e il processo di nazionalizzazione che ne na- scerebbe sarebbe perci troppo lento; ma da ritenersi che, anche colle migliori intenzioni di renderla quanto pi possibile efficace, una tale modificazione sarebbe sempre inadeguata e in- sufficiente a tale scopo di pervenire sollecitamente e seriamente ad una nazionalizzazione su vastissima scala di tutti gli strumenti di produzione e capitali in genere oggi esistenti, perch, onde non diminuire nei privati l'interesso alla conservazione dei ca- pitali gi esistenti trovantisi nelle loro mani e i quali appunto (1) Tralasciamo quelle proposte che, pur lasciando inalterato il diritto di testare, vogliono abolito il diritto di eredit nelle successioni ab intestato, sia per le sole linee collaterali (Bentham, Stuart Mill, ecc.), sia anche per le linee ascondenti e discendenti, le quali successioni andrebbero dunque cos\ allo Stato; giacche evidente che se una tal legge fosse in vigore, tutti 0 quasi tutti, anche quelli che oggi noi fanno, farebbero invece te- stamento; e lo successioni che potrebbero cos pervenire allo Stato verreb- bero allora a ridursi a quantit minima e derisoria. DEL DIRITTO DI TESTARE ATTUALE 51 vorrebbesi nazionalizzare, e onde non menomare, anzi, lo sti- molo alla formazione di continui capitali nuovi, tali imposte di successione, proporzionali o progressive, non potrebbero mai es- sere eccessivamente alte, e la progressivit delle progressive troppo forte, e quindi un tal processo di nazionalizzazione non potrebbe mai avere la rapidit e l'efficacia richiesta (1). La pro- porzione dei capitali rimasti in propriet privata a quelli nazio- nalizzati minaccierebbe di non decrescere con la richiesta velo- cit o di non decrescere affatto. E difficilmente potrebbe darsi il caso che si potesse ricorrere alla prellvazione in natura di queste porzioni di patrimoni da nazionalizzare, appunto per questa non grande elevatezza di queste prelevazioni (e, nelle proposte suaccennate, anche per il venire limitata la nazionalizzazione ad una sola specie di beni, come la terra, o gli immobili urbani (2)): (1) Sarebbe sopratutto una progressivit troppo forte che spingerebbe ine- vitai mente e colla massima energia, una volta che le fortune fossero pervenute ad una data altezza, non gi ad accumulare ancora, ma a dissipare d*allor(i in poi Finter reddito, e magari parte del patrimonio stesso, in consumi voluttuari. Non varrebbe per, naturalmente, per tutte queste imposte di successione, tanto le proporzionali che le progressive, ancorch quanto si voglia elevate, l'obbiezione che le imposte di successione assorbenti pi che il reddito e intaccanti il patrimonio conducono ad una distruzione di capitali, perch qui si tratterebbe di devolverle non gi al sopperimento delle spese annuali del bilancio della nazione, ma alla nazionalizzazione degli strumenti di pro- duzione, cio alla trasformazione di queste porzioni di patrimoni cosi pre- levate da capitali privati in capitali collettivi ; si tratterebbe, cio, in una parola, non gi di imposte nel vero senso della parola, ma di prelevazioni dello Stato, come coerede, di quelle porzioni di capitali da passare in pro- priet collettiva. (2) Infatti, ove la nazionalizzazione dovesse venir limitata ad una sola specie particolare di beni, sarebbe impossibile, sopratutto per i patrimoni misti, cio composti di pi specie di beni (terreni, immobili urbani, titoli di debiti pubblici, azioni e obbligazioni di societ per azioni, ecc.), e per i patrimoni tutti composti di quelle specie di beni da non nazionalizzare, sarebbe impossibile, dico, per questi patrimoni, la prelevazione in natura di quella data loro porzione da far passare in propriet dello Stato, per cui la prelevazione in denaro da devolversi poi alFacquisto di quella data specie di beni da nazionalizzare si renderebbe allora di per s stessa indi- 52 CAPITOLO SECONDO Prelevazione in natura, la quale sarebbe evidentemente la via pi semplice e pi naturale di effettuare questo processo di na- zionalizzazione, e ben preferibile, in tutti quei casi in cui essa fosse praticamente attuabile, alle prelevazioni in denaro da scam- biarsi poi, mediante altrettanti atti di acquisto, in quei beni appunto da ridurr in propriet collettiva, ben preferibile, dico, sia per la complicazione maggiore e per la maggior quan- tit di servizi burocratici che questa massa ingente di acquisti da effettuare verrebbe a rendere inevitabili ; sia per la possibilit e agevolazione maggiori che verrebbero fatte alle frodi fra questi impiegati dello Stato addetti a tali acquisti e i proprietari ven- ditori ; sia per il pericolo maggiore che, in casi di pressanti bi- sogni dei bilanci, tali prelevazioni, anzich venire rivolte alla compra, ad es., di questi terreni o di questi immobili urbani, venissero invece rivolto a coprire il di pi delle spese annuali; sia, infine, e sopratutto, per il rialzo artificiale ed enorme che verrebbe a prodursi nel valore di questi beni da acquistare per la grande e continua richiesta che verrebbe a farne lo Stato. Comunque sia, queste proposte di nazionalizzazione fondate sopra una tale prelevazione da effettuarsi nelle successioni da parte dello Stato^ anche in questa forma inadeguata di prele- vazioni proporzionali o progressive del solito genere, hanno il merito pur sempre di additare, giova ancora il ripeterlo e lo vedremo fra poco, Tunica via per cui dovr mettersi il proletaiiato se egli vorr pervenire seriamente ed effettivamente, e senza nel tempo stesso dover ricorrere a rivoluzioni e provo- care cataclismi economico-sociali per tutti quanti terribilmente funesti, ma, anzi, ottenendo un passaggio graduale, senza urti ne scosse, dall'attuale al nuovo regime, a quella nazionalizza- zione su vastissima scala di tutti gli strumenti di produzione e capitali in genere che esso non deve cessare mai di considerare ypensabile. Mentre quando questa nazioniilizzazionc fosse da estendersi in- vece a tutte quante le specie di beni in genere, questa prelevazione in natura per tutti quanti i patrimoni, comunque composti, sarebbe allora t ^ su questa quota e pre- 2 2 levi pur sempre il terzo; i -^y invece, sulla quota b che rappresenta Tammontare del patrimonio che C ha ereditato di prima mano dal suo ef- 1/2 \ fettivo accumulatore B ; ma sulla quota ^- I a I che rappresenta Tam- montare del patrimonio che C ha ereditato d seconda mano, cio mediante due trapassi in propriet privata, dal suo effettivo accumulatore A, prelevi 3 una frazione ancora maggiore, ad esempio i -^j cio la totalit. In modo che all^erede D che 0 venga a designare pervenga soltanto: jlMMl+Mf')+l'(-l'+r)^ e allo Stato, invece : fli(3)l+f(l*)+r' venendo in tal modo esso Stato ad aver gi prelevato complessivamente 7 alla morte di questo C tutto quanto rammentare del patrimonio a, i del- ti l'ammontare del patrimonio h, e il terzo dell'ammontare del patrimonio e, Analogamente, continuando con un tal sistema di prelevazionc, alFeredc E che D venisse a designare perverrebbe soltanto : e allo Stato: l|l(M!+3(r)+* E cos via indefinitamente. (1) noto, infatti, come egli conceda il diritto di testare pieno ed assoluto all^accumulatore effettivo di un dato patrimonio o lo tolga, invece, total- mente, all*erede sul patrimonio appunto che quest*ultimo viene cos ad ere- ditare (Ire rgne soe. du Christ,, 271): il che, come si vede, proprio un caso particolare del principio sovraesposto, la progressivit particolare ve- nendo ad essere in tal caso : r-, -- (cio, prelevazione nulla dello Stato alla { 62 CAPITOLO TERZO di una prelevazione nelle successioni da parte dello Stato pro- gressiva nel tempo : infatti, le imposte di successione o le preleva- morte deireffettivo accumulatore e ^'prelevazione totale subito alla morte del suo erede immediato) : ** Se conveniente, cos appunto egli si esprime a fondamento di questo suo principio, di accordare alla volont del donatore un qualche eflfetto al di l della morte, e necessario forse che questo effetto sia perpetuo, e che, trasportando ai donatari e legatari il diritto di trasmettere arbitrariamente alla lor rolta^ esso impedisca per sempre ai beni acquisiti (beni acquisita sia con un lavoro personale, sia, per lo meno, col risparmio fatto sui frutti del patrimonio, che egli contrappone ai beni patrimoniali, cio a quelli trasmessi a titolo gratuito) di rientrare nella comunit della vita sociale e finisca per ridurre il diritto naturale di propriet (o, pi in generale, an- drebbe aggiunto, di libera e gratuita disponibilit degli strumenti di pro- duzione e anticipi indispensabili al lavoro) a una vana parola? Non abbastanza che ciascuno abbia diritto di lasciare ai suoi figli, ai suoi con- giunti, ai suoi amici, la totalit dei suoi beni acquisiti, per servir loro fino alla fine della loro carriera? Non tempo allora che queste ricchezze ri- tornino alla comunit e vengano a prendere posto fra i beni patrimoniali ? Per quanto riguarda il donatore, * nessun lavoro, nessun merito da parte sua pu conferirgli sulle cose questo diritto di sovranit supretna, questo diritto pi che divino di sottrarle a ogni uso sociale , ; e per quanto ri- guarda i donatari e legatari, " vi una cosa che il donatore, quantunque faccia, non pu trasmettere loro : la sua qualit di produttore e creatore della ricchezza. Essi non possiedono dunque affatto al medesimo titolo di lui. Ci che nelle sue mani era un bene acquisito, diviene per essi un bene trasmesso : dunque, alla loro morte, materia a successione (sociale). Il do- natore padre come Dio (cio creatore della ricchezza prodotta)? e il suo dono patrimonio. 11 donatario pu pretendere al medesimo onore; esso ha anzi una facilitazione sugli altri per divenire il benefattore dei suoi simili : ma se egli vuole alla sua volta trasmettere, invece di usare liberalit colla generosit degli altri, lavori, risparmi. Altrimenti il suo diritto si arresta airuso a vita, e tutto ci che lascia morendo, da qualunque parte egli l'abbia ricevuto, deve ritornare al patrimonio generale e alla nuova gene- razione , (Le Rtgne social du Christ., 269, 270, 271). Proposta questa, veramente, ad onta del principio ottimo che la informa, e indipendentemente da ogni considerazione di merito su tal progressione particolare di fronte alle altre infinite che potrebbero escogitarsi, che risente troppo, per la sua assolutezza e per il suo riuscire ad una formola rigida ed esclusiva, della sua derivazione pi da considerazioni d'indole metafisica, come si pu scorgere dal passo ora riportato, le quali tutte esigono Tasso- luto e tengono in non cale la realt dei fatti, anzich da considerazioni pu- DI UNA PBELEV AZIONE ECC. 63 zioni nelle successioni progressive ordinarie si potrebbero chia- mare progressive nello spazio, giacche, ragguagliando figuratamente tutte le diverse specie di patrimoni a estensioni di terreno pi o meno vaste, una tale progressivit si applica avuto riguardo alla estensione di questi terreni; invece, secondo un tal nuovo ordinamento del diritto di testare le prelevazioni nelle succes- sioni sarebbero progressive non gi riguardo alla estensione o grandezza dei patrimoni, ma riguardo al numero dei trapassi in propriet privata che essi avrebbero subito; quindi, in ultima analisi, in media, riguardo al tempo trascorso da che un patrimonio sarebbe stato accumulato : cio il principio progressivo verrebbe ap- plicato al tempo anzich allo spazio, alla et dei patrimoni anzich alla loro vastit. Tale ordinamento del diritto di testare, quale verrebbe ad essere conformato da un tal principio, essendo proprio quello, come andiamo ora a vedere, che soddisfa meglio di qualsiasi altro a tutte le condizioni sopraesposte, sembraci costituisca quella modificazione a questo diritto di testare, e conseguente- mente a tutto quanto l'ordinamento della propriet, che appunto cercavamo; o, per lo meno, che un tal principio possa servire ad indicare la direzione, la tendenza, di una tale modificazione sostanziale all' ordinamento della propriet quale dovrebbe, e quale potrebbe anche eventualmente un giorno, venire ad essere apportata, onde soddisfare ai propri interessi economici sostan- ziali, dalla classe proletaria, ove questa venisse ad imperare. E che questo ordinamento soddisfi, meglio di qualsiasi altro fra quelli sopra esaminati, alle condizioni sopraesposte, facile sar il persuadercene. Infatti, quanto alla prima di queste condizioni, se esso, da solo, non verrebbe neppure ora a soddisfarla completamente, ramente utilitaristiche che richiedono invece il relativo, e le quali l'avreb- bero appunto condotto ad una formola pi generale ed elastica, suscettibile di adattarsi, colle sue applicazioni o progressivit particolari infinite e di- verse, alle condizioni speciali di ciascun ambiente e di ciascun momento in cui essa dovesse venire applicata, e atta perci a conformarsi alle esi- genze stesse della pratica. 64 CAPITOLO TEBZO poich gli uomini al momento di pervenire allo stato adulto non sarebbero neppure ora posti in condizioni economiche iden- tiche, pure esso costituirebbe un miglioramento nel senso vo- luto, e notevolissimo: sia per il fatto che ai discendenti degli attuali detentori di ricchissime fortune verrebbero a spettare frazioni sempre minori e poi nulle di queste fortune stesse, di modo che anche le pi ingenti sostanze che potrebbero venir ereditate andrebbero gradatamente ma rapidamente a livellarsi ad un ammontare modesto ; sia por la libert e gratuit di dispo- sizione di una quantit sempre maggiore di mezzi di produzione e anticipi indispensabili al lavoro, resa ormai possibile anche ai lavoratori diseredati e proletari per nascita da una tale nazio- nalizzazione dei capitali privati ; sia, infine, per la stessa aumentata retribuzione che da questa libera e gratuita disponibilit degli strumenti di produzione e capitali in genere conseguirebbe, e che verrebbe a dare anche alle masse lavoratrici una effettiva possibilit di risparmio e di accumulazione di risparmi da tras- mettere ai propri figli. E questa tendenza, dunque, di tutte le fortune che potrebbero venir ereditate a livellarsi a un am- montare modesto, questa libert e gratuit di disposizione, anche pei diseredati, dei capitali indispensabili al lavoro, e l'accrescersi continuo della proporzione degli individui che potrebbero ere- ditare qualche cosa, concorrerebbero appunto a rendere sempre minori, e magari sempre pii trascurabili agli effetti pratici, le disuguaglianze iniziali artificiali ancora permanenti fra i singoli individui, fossero pure discendenti rispettivi delle classi ricche e delle classi proletarie odierne. Tanto pi ove lo Stato non si limitasse, data questa impossibilit di pervenire col solo mezzo di un adeguato ordinamento della propriet a questa per- fetta uguaglianza iniziale, a questo mezzo soltanto, ma ricor- resse, invece, a tutte quante le altre misure suppletorie, ausi- liarie, come l'istruzione del tutto gratuita dalla elementare alla professionale e alla universitaria, e simili, che potessero con- correre anch'esse ti far avvicinare sempre pi a questa meta suprema. Neppure il collettivismo, del resto, riparerebbe affatto a questa ineguaglianza iniziale artificiale, perch esso ammette pieno ed DI l NA PRELEVAZIUNE ECC. 65 assoluto il diritto di testare riguardo ai suoi buoni di lavoro. N vi riparerebbe l'Huet, perch egli ammette questo stesso diritto di testare pieno ed assoluto per ciascun effettivo accu- mulatore. Ne vi riparerebbe, infine, neppure l'abolizione com- pleta del diritto di testare, perch, mentre il padre fosse in vita nessuno potrebbe impedirgli di agevolare al figlio con tutte le sue forze, materiali e morali, *" la sua corsa verso il successo , ad es., col dargli una educazione e una istruzione maggiori, col fargli acquistare quella maggior conoscenza e pratica della vita che d il possesso di una forte potenza di compra, potenza di compra di cui il padre, mentre vivente, potrebbe sempre ri- vestire il figlio, col rendergli possibile, mantenendolo nel frattempo, di poter aspettare il momento pi opportuno per en- trare nella Jotta per la vita, col trasmettergli le proprie ami- cizie e protezioni, la propria clientela, ecc. : tutti vantaggi artifi-^ ciali, questi, che anche Tabolizione completa del diritto di testare non potrebbe affatto venire a togliere. N, del resto, un ordinamento della propriet il quale non garantisca questa eguaglianza iniziale perfetta dovr dirsi, solo per questo, non equo : Il concetto di equit, a mano a mano che viene spogliandosi delle fronde metafisiche, si assimila sempre pi, ed esclusivamente, a quello di massima utilit sociale (1); per cui equo dovr dirsi anche un tale ordinamento della pro- priet se, pur mantenendo questo lieve differire dei punti di par- tenza della '* corsa verso il successo , sar per tale che, dati gli uomini quali sono effettivamente, garantisca alla collettivit umana il massimo suo benessere: alla condizione fondamen- talissima per, che, compatibilmente a questo maggior benessere del maggior numero, riduca effettivamente queste disuguaglianze al loro minimo possibile, cio solo a quanto sia strettissima- mente e veramente indispensabile a questa garanzia del maggior benessere sociale. La seconda delle condizioni sopraesposte verrebbe, invece, ad essere soddisfatta nel modo pi completo: L'esempio algebrico sopra addotto ci ha infatti mostrato con quale rapidit, data la (1) Vedi ultimo Capitolo. Ri UN ANO. >*) i 66 OAPITOLO TERZO 12 3 progressivit speciale g q- o" sopra assunta a semplice titolo d'esempio, la nazionalizzazione di tutti gli strumenti di produ- zione e capitali in genere verrebbe ad effettuarsi : come, infatti, alla morte, ad es., del figlio del figlio di ciascun effettivo accu- mulatore (o dell'erede qualsiasi d'un suo qualsiasi erede imme- diato) lo Stato verrebbe gi ad aver nazionalizzato tutto quanto il patrimonio accumulato da questo primo effettivo accumulatore, i ^~ di quello accumulato dal figlio e il terzo di quello accumu- lato dal figlio di questo figlio. Anzi, questa rapidit, col solo cambiare la progressivit da assumersi, potrebbe ottenersi, evi- dentemente, di quella qualsiasi grandezza che, per ciascun dato momento, le circostanze venissero a designare come piti oppor- tuna (1). Per cui potrebbe andare crescendo colla rapidit voluta, non solo la quantit assoluta dei beni nazionalizzati, ma anche, per certe date progressivit pi rapide, quella relativa rispetto alla quantit totale di capitali che ancora permarrebbero in pro- priet privata, quelli non giunti ancora al loro turno di nazio- {!) Al quale proposito va notato come progresuivit che potrebbero sem- brare, anche dallo stesso punto di vista proletario, troppo rapide nel periodo 1 2 di passaggio dal regime attuale al nuovo (quali, ad es., quella ^ , -, o quella 13 -, , 0 altre (X)n8mili, ciob prelevazione dello Stato alla morte di ciascun individuo della met, o del terzo, o di altra frazione, dei beni da lui accu- mulati col proprio lavoro e col proprio risparmio, e la totalit, invece, dei beni da lui ereditati con un semplice trapasso in propriet privata), po- trebbero poi cessare, 0 no, a seconda delle circostanze, di esser tiUi a regime nuovo inoltrato. E, viceversa, come progressivit a rapidit abbastanza grande in un tal periodo di passaggio, quale quella soprassuntii a semplice titolo di esempio o altre consimili, potrebbero poi riuscire magari troppo lente. E come, anzi, in un tal periodo di passaggio potrebbero magari essere pre- feribili, in date circostanze, progressivit a un numero di trapassi ancora maggiore, cio ancora pi lente (non fosse altro per non trovarsi di fronte, all'inizio, ad una resistenza troppo accanita della classe capitalista, per al- lontanare maggiormente ogni pericolo di emigrazioni di capitali, ecc.): Que- stioni, tutte queste, evidentemente, che alla pratica e alla esperienza soltanto potrebbe spettare di risolvere a seconda del momento e delle circostanze. DI UNA PBELEV AZIONE ECC. 67 nalizzazione e quelli che di continuo verrebbero a formarsi dai risparmi privati, e nonostante che piena ed assoluta libert fosse lasciata pur sempre a ciascuno di convertire questi suoi guadagni risparmiati e accumulati da beni di consumo in capi- tali veri e propri. Come abbiamo affermato ormai pi volte necessario che la classe proletaria si renda ben conscia che solo con forti e for- tissime prelevazioni nelle successioni essa potr pervenire effet- tivamente e rapidamente ad una tale nazionalizzazione su vastis- sima scala di tutti gli strumenti di produzione e capitali in genere: ora, il principio della progressivit nel tempo applicato a queste prelevazioni potrebbe essere appunto uno dei mezzi pii acconci onde potere elevare quest'ultime, senza menomare, come vedremo, lo stimolo al lavoro e al risparmio, a percentuali anche altissime, per talune porzioni di patrimoni persino al 100 per 100. Airinfuori, invece, di tali prelevazioni nelle successioni in pro- porzioni alte ed altissime, qualimque altro metodo di naziona- lizzazione, a meno, ripetiamo, di una espropriazione violenta rivo- luzionaria, non pu, come dicevamo, non fallire completamente allo scopo : Basta esaminare, por convincersene, qualche esempio soltanto fra i pi importanti di questi altri metodi suggeriti : Cos, ad es., la nazionalizzazione mediante indennizzo, fronteg- giando l'ammontare di questo con prestiti pubblici, non sarebbe, anche ove fosse cosa possibile, che un vero giuoco di parole: i capitalisti, infatti, rimarrebbero capitalisti come prima. Io sfrut- tamento del lavoratore da parte loro venendo ora ad effettuarsi mediante la prelevazione di quell'immane aumento delle imposte che sarebbero necessarie al pagamento degli interessi di questi nuovi prestiti pubblici ; e per unico risultato pratico si avrebbe un accrescersi spaventoso nell'ammontare della pi importante materia prima e nell'estensione del principale campo d'azione su cui si esercita l'aggiotaggio pi sfrenato e la speculazione pi malsana. E ben facile giuoco ha perci, invero, il Paul Leroy- Beaulieu nella critica che egli muove alla proposta di naziona- lizzazione della terra da effettuarsi appunto mediante tali inden- nizzi da fronteggiarsi con prestiti pubblici: '^ Come si pu pretendere che lo Stato, una volta che sia dive- 68 CAPITOLO TERZO nuto proprietario di tutta la terra, potrebbe sopprimere tutte le imposte, salvo i fitti dei fittavoli? Certo, questo gli sarebbe quasi facile se esso espellesse puramente e semplicemente i pr* prietari attuali e si mettesse al loro posto senza accordar loro indennit alcuna. Se lo Stato vuole, invece, indennizzare comple- tamente i proprietari attuali, so consente a pagar loro il prezza corrente della loro terra, quale sar il beneficio che gli porter questa operazione? 11 Fawcett lo ha fatto rilevare perfettamente: il beneficio non potrebbe esistere per lo Stato che se riuscisse a farsi prestare la somma destinata alle indennit a un tasso d'interesse pi basso della base abituale della capitalizzazione del valore delle terre. Questa semplice formula mette in evidenza che, invece di un beneficio, il riscatto da parte dello Stato, almeno nel tempo presente, infliggerebbe a quest'ultimo una perdita con- siderevole. Le terre nei paesi dell'Europa occidentale non rendono, al netto da ogni spesa, imposte, riparazioni, salari degli am- 1 3 ministratori, ecc., che dal 2 al 2 . p. 100 , eccezionalmente il 3 p. 100 del prezzo di vendita. Lo Stato che pu contraire pre- stiti alle condizioni pii favorevoli, l'Inghilterra per esempio, ha raramente potuto emettere un grosso prestito a un interesse minore del ''\ p. 100. Gli altri paesi pagano il credito al 3 . , 4, 4 , 5 e persino al 0 p. 100. Nelle circostanze eccezionali di cui parliamo, un prestito che dovrebbe equivalere a tutta la ric- chezza immobiliare del paese, valu a dire che dovrebbe ammon- tare por la Francia a circa 100, 120 o 150 miliardi di franchi, il che esigerebbe una annualit di 4 miliardi di franchi, e ad una somma dello stesso ordine di grandezza per gli altri paesi, un simile prestito non potrebbe negoziarsi che a un tasso d'inte- resse molto pi elevato di quello oggi in corso. Lo Stato sarebbe dunque in perdita e in perdita considerevole, poich i 100, 120 0 150 miliardi che esso prenderebbe a prestito gli costerebbero 1, o 1 , o persino 2 miliardi di pi di quanto gli renderebbero le terre che avrebbe espropriate. Avendo fatto un'operazione cosi inabile e costosa, ben lungi dal poter sopprimere un'imposta qualsiasi, lo Stato dovrebbe con- DI INA PRELFA' AZIONE E9 servare tutte le imposte antiche, sarebbe persino obbligato ad accrescerle. La rendita delle terre, infatti, non rappresenterebbe pili per lui una risorsa disponibile, poich essa sarebbe insuffi- ciente a pagare l'interesse dei prestiti che la necessit d'inden- nizzare i proprietari avrebbe fatto contrarre. In tal modo il ** godi- mento ideale del dominio pubblico si dissipa come una nuvola quando si vuole afferrarlo. L'operazione gigantesca di prestito di cui abbiamo parlato sarebbe, per dire il vero, impossibile. Non si trova, infatti, in tutto il paese, una somma di capitali circolanti disponibili, mobi- lzzabili, che possa equivalere al valore delle terre. Il solo metodo di pagamento che potrebbe essere realizzabile, sarebbe, senza contrarre prestiti col pubblico, di rimettere a ogni proprietario di terre un titolo di rendita uguale al reddito netto che la sua terra gli produceva. Ecco l'operazione che cagione- rebbe le minori perturbazioni, che sarebbe la pi semplice, la pi sommaria. Supponiamola fatta: Quale sarebbe il beneficio dello Stato e della comunit? Il reddito netto delle terre non gli appar- terrebbe che in apparenza, perch dovrebbe servire a pagare le rendite dovute come indennit ai proprietari espropriati. Dove si troverebbe dunque per lui la facolt di ridurre le imposte? Ben lungi dal dargliene i mezzi, l'operazione del riscatto compiuta onestamente gli imporrebbe dei carichi considerevoli, non fosse che per il personale e il materiale di controllo, di riscossione e di pagamento (1). Da ci la necessit di rinunziare assolutamente ad ogni idea di riscatto implicante il permanere inalterato dell'ordinamento at- tuale della propriet (2). Ma neppure la nazionalizzazione da (1) Paul Lbrot-Beaulieu, Le collect.^ 167-169; e analogamente il George, Progr. e Pcert^ 527. (2) Infatti questa la conclusione ben semplice ed unica che si pu(> trarre da tutta questa dimostrazione del Leroy-Beaulieu : * Questa osser- vazione (quella del Fawcett di cui appunto parla il Leroy-Beaulieu stesso nel passo ora riportato) esatta. Per cui essendo ammesso che bisogna mettere lo Stato in possesso del suolo per dargli la rendita come reddito, non per via di riscatto che bisognerebbe procedere (De Lavelkye, De la Propriet ^ et e, 345). 70 CAPITOLO TERZO effettuarsi gradualmente, mediante indennizzo pure completo, ma da coprirsi col ricavato di imposte all'uopo, di qualunque genere potessero scegliersi, reali o personali, dirette o indirette, da pre- levarsi sui redditi o sugli stessi capitali, e da tutti i contribuenti in genere o da date classi o categorie particolari di contribuenti, quali la classe capitalista o le sue sottoclassi diverse, purch da prelevarsi sulle sostanze dei viventi, (imposizione, questa, di fortissimi tributi, che non sarebbe altro, in sostanza, che una conformazione nuova essa stessa dell'ordinamento della propriet attuale) neppure questo mezzo, dico, potrebbe mai venire a costi- tuire, altro che in una misura del tutto derisoria, un processo rapido ed effettivo di nazionalizzazione su vastissima scala: Ap- punto per la incapacit intrinseca che possiedono le imposte da prelevarsi sulle sostanze dei viventi, di qualunque genere esse sieno, cio tutte quante le imposte che non siano prelevazioni nelle successioni, di elevarsi oltre date proporzioni molto mo- deste, senza arrecare d'un subito in questi viventi un indeboli- mento notevolissimo allo stimolo al lavoro, al risparmio, o anche alla semplice buona conservazione dei capitali gi esistenti, e senza avere perci sulla economia pubblica tutta quanta effetti veramente disastrosi. Incapacit intrinseca di tutte quante queste imposte da prelevarsi sulle sostanze dei viventi, che, invece, non possiedono affatto, come vedremo, le prelevazioni nelle successioni dei defunti, quando siano conformate in modo da non menomare nel padre, mentre in vita, lo stimolo alla formazione di sempre nuovi capitali nell'interesse delle persone a lui care. Il collettivismo, invece, o meglio alcuni collettivisti, pretende* rebbero alla loro volta di pervenire alla nazionalizzazione ambita indennizzando intieramente i detentori attuali del capitale con ^ una soffocante abbondanza di mezzi di godimento , cio con una facolt d'acquisto, con un diritto di prelevazione dal pro- dotto sociale totale, di tanti beni di consumo e di godimento personale diretto di un valore complessivo esattamente ammon- tante a quello dei capitali da espropriare, ma non pi trasfor- mabili di nuovo in mezzi di produzione : mezzo, questo, vera- mente, che pur lasciando inalterato l'ordinamento formale del 1)1 rXA PRELEVA/JONE ECC. 71 diritto di propriet, non verrebbe perci meno a costituirne una modificazione sostanziale e profonda per la limitazione fortis- sima che all'attuale diritto d'uso sui propri beni sarebbe appor- tata da un tale impedimento a trasformarli da mezzi di go- dimento a mezzi di produzione: modificazione sostanziale e profonda del diritto di propriet, che se del tutto incriticabile, naturalmente, come questione di principio, dal nostro punto di vista, renderebbe per illusoria, e quindi ancora maggiormente ingiustificabile, questa pretesa di lasciarlo invece inalterato. N invero poi si comprende come, sopratutto all'inizio di un tal regime collettivista, allorch esso venisse a sostituirsi all'attuale mediante questa espropriazione, potrebbesi effettivamente impe- dire che gli indennizzi ottenuti si trasformassero di nuovo in capitali tecnici e in capitali-salari (sia che l'impedimento dovesse consistere in una proibizioYie legale o in un'impossibilit mate- riale), tanto pili che quest'ultima specie di capitali, quella salari, la pi importante di tutte, e per mezzo della quale hanno poi origine anche tutte le altre, consta appunto precisamente di viveri, di abiti, ecc., cio, anch'essa, di oggetti di consumo diretto. Che se poi questi indennizzi rigorosamente limitati a beni di con- sumo e di godimento personale diretto non trasformabili affatto in capitali fossero possibili effettivamente, non chi non veda il danno che a tutta quanta l'economia sociale, e al proletariato stesso in ispecie, verrebbe dal doversi ora rivolgere la produ- zione, per la sua maggior parte, a soddisfare un tale sperpero immane di beni di consumo al quale gli espropriati indennizzati verrebbero cos sollecitati, anzich al rifornimento incessante dei capitali gi esistenti, che di continuo verrebbero logorandosi e consumandosi, e alla creazione di sempre nuovi capitali e nuove forze produttive sempre pii perfezionate e benefiche. E cos che il Collettivismo oscilla incerto fra i due estremi di una espropriazione violenta rivoluzionaria e di un'espropria- zione con indennizzo completo. E di ci causa il non avere esso mai voluto prendere nella considerazione dovuta l'even- tualit di possibili modificazioni da arrecarsi, conforme appunto agli interessi economici della classe proletaria, all'ordinamento attuale della propriet; anzi, l'avere esso sempre ostentato di iZ CAPITOLO TERZO non occuparsi di quest'ultimo, sia della sua conformazione attuale, che di qualsiasi altra sua possibile od eventuale modifi- cazione, come se l'occuparsene fosse cosa superflua, appunto per quella sua dottrina economico-fatalista della impotenza intrin- seca di questo ordinamento stesso della propriet, come di tutte quante le istituzioni in genere opera dell'uomo, ad agire e ad avere alcuna efficacia determinativa sui fenomeni economici ; dot- trina, questa, come vedremo (1), del tutto fallace, e che potrebbe riuscire un giorno veramente dannosa per la causa stessa che il Collettivismo patrocina, per l'influenza che potrebbe avere al momento decisivo sull'azione in genere e sull'opera legislativa in ispecie del partito proletario. Un altro sistema di nazionalizzazione, proposto per lo pii per la nazionalizzazione della sola terra, sarebbe quello delle annua- lit terminabili : si darebbe, cio, ai proprietari fondiari, ad es., durante 99 anni, una annualit uguale alla rendita netta della loro terra, ma passati questi 99 anni lo Stato diverrebbe proprie- tario di questa terra senza pagare pi nessun'altra indennit. Senonch un tale sistema non verrebbe a portare alcun frutto altro che dopo un secolo (ed veramente poco presumibile che ove la classe proletaria venisse un giorno ad imperare si accon- tenterebbe di prendere misure che non risulterebbero a van- taggio che di generazioni future lontane) : esso verrebbe poi ad usare verso i futuri discendenti-eredi dei proprietari fondiari attuali (e quindi di rimbalzo anche verso questi proprietari fondiari attuali stessi) un trattamento ingiustificatamente cosi diverso da quello verso i discendenti-eredi di tutti gli altri attuali ca- pitalisti (e, quindi, anche verso questi altri capitalisti stessi): esso non cesserebbe, inoltre, di equivalere in parte, agli effetti pratici, a una espropriazione violenta quando queste annualit venissero, tutte ad un tempo, bruscamente a cessare. Analogo a questo il sistema proposto dal Wallace, cio di indennizzare i landlords attuali, per la espropriazione da part^) dello Stato della loro qiiit-rent (rendita Bicardiana naturale pura), (Ij Vedi ultimo Capitolo. DI UNA PRELEVAZluNE ECC. 73 mediante annualit ammontanti esattamente a questa quii-reni, ma duranti solo tre vite : quella appunto del proprietario attuale, del figlio suo e del figlio di questo figlio: *" II principio che sembra pi rispondente a giustizia, dice questo autore, di con- tinuare l'annualit successivamente a tutti gli eredi del pro- prietario che possono essere viventi al momento della promul- gazione della legge o che possono essere nati in qualunque tempo prima della morte del suddetto proprietario. Ci assicurerebbe a quest'ultimo e a tutte le persone per le quali egli potrebbe avere qualche interesse lo stesso reddito netto della terra che godevano prima di tal legge (1). Questo processo di espropriazione del Wallace potrebbe rien- trare anch'esso nel principio generale della prelevazione nelle successioni progressiva nel tempo sotto la forma della progres- sivit speciale , , (cio nessuna prelevazione da parte dello Stato ne alla morte del detentore attuale ne a quella del figlio suo, ma prelevazione totale alla morte del figlio di questo figlio: cio la proposta stessa dell'Huet ritardata di una vita, riman- data alla morte del figlio del figlio, anzich a quella del figlio stesso). Senonch, in tal modo, la nazionalizzazione, mentre verrebbe dapprima, come nel caso precedente, di troppo ritar- data, poi invece avverrebbe anche qui con rapidit forse troppo grande, da equivalere anch'essa agli effetti pratici ad una espro- priazione violenta. Ne vale, invero, la ragione apportata dal- l'autore: ** La propriet di individui viventi dovrebbe essere rigorosamente rispettata tanto dallo Stato che dai loro concit- tadini. I godimenti a cui si sono abituati, le speranze che ra- gionevolmente hanno nutrito non devono rimanere frustrati. Ma una tal regola non si applica ai non nati; essi non hanno ne aspettative ne diritti di propriet e, giustamente, non debbono essere risparmiati quando i loro supposti diritti sono in oppo- sizione al benessere generale della comunit (2). Ci non vale, dico, giacch non vi , invece, nessuna ragione, a meno (1) Land Nationalisation, London, Sonnenschein, 1896 ; pag. 199. (2) Land Nat., 198. 74 CAPITULO TERZO cho non ci si parta da considerazioni di ordine prettamente metafisico, che i diritti attualmente posseduti dai viventi non possano essere modificati con un nuovo ^ntratto sociale : altri- menti, nessuna nuova legge potrebbe mai essere emanata, spo- stando essa, effettivamente, e modificando, riguardo ai viventi^ dei diritti che essi fino allora avevano incontrastabilmente pos- seduto. giuocoforza dunque riconoscere, come affermavamo, che l'u- nico mezzo adeguato onde pervenire effettivamente e rapidamente a una nazionalizzazione su vastissima scala non pu essere co- stituito che da una modificazione tale all'ordinamento della pro- priet attuale da rendere possibili forti e fortissime preleva- zioni nelle successioni da parte dello Stato : Ma, allora, sarebbe da prendersi in seria considerazione pur anco se e in quali casi, e in quale misura e con quali modalit, sarebbe attuabile pra- ticamente la prelevazione in natura (terreni, immobili urbani, azioni e obbligazioni di societ per azioni, titoli di debiti pub- blici, ecc.) di queste quote spettanti allo Stato, come se questi fosse un privato qualunque erede di una parte del patrimonio lasciato: Sarebbe, infatti, anche questa una misura indeclinabile a cui prima o poi dovrebbe per forza ricorrere uno Stato pro- letario ove volesse pervenire effettivamente e rapidamente a questa nazionalizzazione su vastissima scala di tutti gli stru- menti di produzione e capitali in genere. E riguardo a questo processo di nazionalizzazione, caratteri- stiche precipue d'un tal nuovo ordinamento della propriet quale verrebbe ad essere conformato dal principio della progressivit nel tempo applicato alle prelevazioni dello Stato nelle succes- sioni, il quale nuovo ordinamento potrebbe dunque venire istituito pacificamente por deliberazione legale delle rispettive rappresentanze nazionali allorch in esse venissero finalmente a prevalere per numero i rappresentanti della classe proletaria, e cos venire a eliminare completamente, a meno di una resistenza extra-legale della classe capitalista come restrizioni di voto e simili, ogni necessit e ogni pericolo di quelle rivoluzioni vio- lente 0 di quei terribili cataclismi sociali che non pochi temono DI UXA l'RELEYAZIOKE ECC. 75 e preconizzano per la fine appunto del regime attuale (1), caratteristiche sue precipue sarebbero, dico: In primo luogo, che esso pur venendo a dare immediatamente i suoi benefici effetti (giacche Tindomani stesso dell'istituzione di questo nuovo ordi- namento della propriet il solito numero medio giornaliero di morti darebbe subito in propriet dello Stato una buona parte delle successioni che per queste morti verrebbero aperte, sicch nell'anno stesso i redditi di questi beni nazionalizzati potrebbero, in attesa, come vedremo, di poter cedere l'uso libero e gra- tuito di questi capitali ai lavoratori, alleggerire immediata- mente di altrettanto il peso delle imposte, sopratutto di quelle che pi gravano sulle masse lavoratrici (2)), nel tempo stesso esso permetterebbe di compiere il trapasso dal regime attuale al regime nuovo senza urti ne scosse (3); e, quindi, pure gra- ti) Cfr., ad 68., Loria, Problemi sociali contemporanei^ Milano, Kantarowcz, 1895; lezione settima: " Rivoluzione ,. (2) Secondo il De Foville la morte fa passare annualmente sotto le forche caudine del fisco circa la 35* parte dell'ammontare totale dei patrimoni esistenti (P. Lbbot-Braulieu, Le Collect.y 47; De Foville, La Fortune de la France, * Annuaire de la Soc. de Statistique de Paris ,, novembre 1883, pag. 411). L'insieme dell'attivo suocessoriale sottomesso ai diritti di Suc- cessione (the total amount of capital paying death duties) stato nel- l'anno 1895-96, per tutto il Regno Unito, di miliardi &fi di franchi in cifre rotonde, cifra approssimativamente uguale all'ammontare totale delle suc- cessioni in Francia passivo non dedotto. Non sono comprese in questa cifra di miliardi 6,6 le piccole successioni non oltrepassanti le 100 lire ster- line (fr. 2500), le quali sono esenti dai diritti e sono valutate a un totale di 17 milioni e mezzo di franchi (P. Leroy- Bea ulieu, Essai sur la Rp. dea Rich., 589). Secondo le cifre, invece, riportate dal Gabelli (L'imposta successoria, To- rino, Bocca, 1896, pagg. 188, 141) nel 1894-95 il valore dei beni immobili dichiarati per la valutazione dell'imposta successoria in tutto il Regno Unito sali a L. st. 159.680.000 e quello dei beni mobili a L. st. 141.421.000, e cos ad un complesso di oltre sette miliardi e mezzo di franchi. 11 tettale annuo dei valori successori in Francia nel 1895 sarebbe ammontato a fr. 5.741 .280.596, di cui 2.896.816.527 mobili e 2.844.964.069 immobili. (8) Esso permetterebbe di considerare tutti quanti i patrimoni attuali come effettivamente accumulati dal proprietario attuale, senza bisogno di dover andare a rintracciare, il che sarebbe per la maggior parte dei casi impossibile, l'origine loro: se dovuti, p. es., all'usurpazione di beni comu- 76 CAPITOLO TERZO datamente, senza rovina di alcuno, ma per il semplice indiriz- zarsi delle generazioni novelle in proporzioni diverse dalle at- tuali alle diverse branche d'industrie, potrebbe venire allora a effettuarsi la graduale diminuzione proporzionale nella produzione delle merci di lusso e Taumento proporzionale corrispondente in quella delle merci di maggiore necessit, che di un tal nuovo regime verrebbe ad essere, come vedi-enio, uno degli effetti ine- vitabili e pi benefici. In secondo luogo, che un tale sistema di prelevazioni nelle successioni costituirebbe una misura continuativa, sempre al- l'erta, per riportare continuamente, incessantemente, allo Stato i beni che i privati verrebbero di continuo ad accumulare per loro e per i loro discendenti immediati, la quale permetterebbe appunto di lasciare senza tema alcuna a questi privati piena li- bert di accumulare non solo oggetti di consumo, come soltanto permetterebbe il Collettivismo, ma anche nuovi capitali, nuovi strumenti di produzione, e nella quantit che piii a loro pia- cesse: Se si trattasse, infatti, di una espropriazione violenta rivoluzionaria da effettuarsi una volta per sempre, e lasciante nel tempo stesso invariato per il futuro l'ordinamento formale attuale della propriet, sarebbe allora veramente una imprescin- dibile necessit, onde non far ricadere o prima o poi la societ nelle stesse identiche disuguaglianze e iniquit attuali (1), l'im- pedire ai singoli individui una tale accumulazione di nuovi ca- pitali e il loro privato esercizio, e rimettere, quindi, completa- nali (la parte dei loro antichi o recenti antenati, oppnre se bottino di spe- culazioni d'agg'iotaggio fortunate o di truflPe ben riuscite, oppure se frutto di onesto lavoro e di onesto risparmio; n, in tale ultimo caso, di dovere riandare a investigare da chi tali patrimoni fossero stati effettivamente ac- cumulati, il che sarebbe pure del tutto impossibile, tanto pi che bene spesso sarebbero il frutto del lavoro e del risparmio di pi generazioni suc- cessive. Un fitto velo d'oblo potrebbe dunque venire disteso suirorigine di tutti (juesti patrimoni e tutti potrebbero venire ugualmente innalzati alla dignit di patrimoni onestamente accumulati col lavoro e col risparmio del proprietario attuale. (1) " Non da dubitarsi che le differenze nei talenti e nei bisogni degli uomini, nonostante qualum^ue legge, condurrebbero presto di nuovo ad una DI UNA PRELEV AZIONE ECC. 77 mente la produzione nelle mani dello Stato, come appunto per necessit il Collettivismo si trova costretto a proporre. Ma una tale precauzione sarebbe del tutto inutile, perch un tale pericolo verrebbe allora a rendersi di per s stesso impossibile, allorch si trattasse, invece, di una prelevazione da parte dello Stato ad azione continua, grazie alla quale anche i nuovi capitali di con- tinuo formati e accumulati da questi privati, anche gli strumenti di produzione da costoro ultimamente creati, in breve tempo, magari in una o due generazioni soltanto, venissero tutti assor- biti, aspirati, anch'essi dallo Stato, attratti tutti di continuo senza tregua nel mare magno dei beni nazionalizzati. Senonch, a pervenire ad una effettiva e rapida nazionaliz- zazione su vastissima scala di tutti gli strumenti di produzione e capitali in genere, qualsiasi eventuale stato proletario si tro- verebbe sempre di fronte, quale si fosse la via che esso venisse a tale scopo a prescegliere, a tutte le difficolt pratiche d'at- tuazione inerenti ad ogni e qualsiasi sistema, che, come abbiamo visto, sarebbe impossibile evitare ove a una tale nazionalizza- zione su vastissima scala si volesse pervenire effettivamente e rapidamente, di espropriazione senza indennizzo pieno, o, me- glio, di prelevazione senza corrispondente acquisto e rimborso completo di beni trovantisi materialmente in mano dei privati; difficolt riguardanti principalmente: P tutte le frodi in genere atte a sottrarre allo Stato i beni a lui dovuti; 2I UNA PRELEV AZIONE ECC. 85 Quanto alla quarta condiziono, cio di garantire rapporti di vita sociali tali che la legge Darwiniana della sopravvivenza del pi adatto, anzich venire ostacolata e capovolta come og- gid *" col dare a delle famiglie esaurite e degenerate un van- taggio artificiale sopra i meglio dotati i potesse venire invece ad essere soddisfatta completamente, pur manifesto che al- lorch questi vantaggi venissero ad essere dati soltanto, e in quantit rapidamente decrescente, ad es., al figlio di ciascun accumulatore effettivo, e sia pure anche al figlio di questo figlio, ma non oltre, l'azione di questa legge non potrebbe perci ve- 6 facesse e cos via; cio, se si supponesse che B, C, D, E, ecc. riuscissero tutti a raddoppiare il patrimonio ereditato, si avrebbe : 6=|. 2 44 e = a ; 81 ' , 120 '^=243"' mentre che oggi si avrebbe, in questa stessa ipotesi che ciascuno riuscisse a raddoppiare il patrimonio ereditato: ft = a, e = 2a, d=4a, =8a, cio f sarebbe 32 volte maggiore che nel caso precedente. E ancora ben pi rapide di questa sarebbero, evidentemente, tutte quelle progressivit comprendenti due sole vite, cio un solo trapasso in propriet privata. Mentre invece pi lente quelle a un numero maggiore di trapassi e tanto pi lente quanto maggiore questo numero. 86 CAPITOLO TERZO nire ad essere impedita, ne tanto meno capovolta, ma soltanto un poco ritardata, e di una o due generazioni al massimo: ap- punto perch il nipote o il bisnipote, nel caso in cui il patri- monio lasciato dal loro avo per l'incapacit del primo, o del primo e del secondo erede, non venisse affatto ad aumentarsi, non verrebbero a ricevere, per la loro ** corsa verso il successo , pili da alcuno, ne da quest'avolo n da altri, nessun vantaggio artificiale di qualsiasi genere (1). E quanto, infine, alle condizioni minori, facile verificare che verrebbero esse pure ad essere soddisfatte completamente. Ma dobbiamo ora sostare e soffermarci un poco alla condi- zione oltremodo importante che dalla nuova modificazione da apportarsi al diritto di testare doveva sopratutto venire ad es- sere soddisfatta, e nel modo pi ineccepibile, quella, cio, di non portare la pi piccola menomazione allo stimolo al lavoro, al risparmio e alla accumulazione continua di sempre nuovi capi- tali, onde persuaderci che non solo essa continuerebbe ad essere soddisfatta come lo attualmente, ma che, anzi, questo stimolo al lavoro e al risparmio non potrebbe da tale nuovo ordina- mento della propriet che venire ad essere notevolmente raf- forzato. Il Wagner ritiene che le prelevazioni nelle successioni anche se abbastanza elevate, anzich affievolire; acuirebbero vieppi lo stimolo al risparmio (2). Ma, in tutti i modi, coloro stessi che (1) Etfetti consimili ha gi avuto ed ha tuttora in Inghilterra Tuso antico e in parte ancora vigente presso la classe aristocratica del maggiorasco, che conduce anch'esso a non concedere al restante dei figli nessun vantaggio artificiale notevole nella lotta economica, e che stato ed in parte tut- tor una delle cause non ultime delFalto valore individuale e dello spirito d*intraprendenzu dei discendenti attuali di questi cadetti antichi: che solo i pi attivi e intraprendenti e intelligenti di costoro, fattisi presto una propria fortuna, pervenivano, infatti, a porsi in grado di metter su una propria famiglia e di aver prole (Cfr., ad es., Taine, Notes sur V Angleterre). (2) '^ Non difGcile provare che un diritto di eredit (di testare) illimi- tato come Tattuale, cio non gravato da nessuna affatto o da nessuna im' portante imposta successoria per le eredit fra i pi prossimi congiunti (ascendenti; discendenti), possiede l'azione a lui attribuita di favorire in special modo Taumento del capitale privato in gprado minore che un diritto DI IN A FKELEVAZIONE EC TERZO fondato sopra un'illusione dell'egoismo individuale: Si cerca di perpetuarsi e d'immortalarsi in qualche modo nei propri lontani nipoti. L, invece, dove cessa lo spirito di famiglia, l'egoismo individuale rientra nella realt delle sue inclinazioni. Siccome la famiglia non si presenta che come una cosa vaga, indetermi- nata, incerta, ciascuno si concentra nella comodit del presente: si pensa allo stabilUnento della generazione che segue e niente pi (1). Ma se cos , una tale facolt di far pervenire a titolo gratuito ad altro privato tutti o in parte i beni guadagnati col proprio lavoro e accumulati col proprio risparmio basta evi- dentemente limitarla, per quanto concerne solo un tale stimolo a questo lavoro e a questo risparmio, soltanto a questi discen- denti immediati, a questa prima generazione. Al massimo potr essere utile l'estenderla anche alla generazione seconda (2). Ma completamente inutile, a tale riguardo, sar certamente l'esten- derla pi oltre ancora, in modo da permettere che questi beni possano venir trasmessi in seguito anche ai discendenti di questi discendenti e cos via ai discendenti futuri i pi lontani (3). (1) De la Dmocratie en Amrique, Paris, Galmann Levy, 1888, voi. 1, pog. 84. (2) Infatti, per il nipote che viene ad allietare Tultimo periodo della vita, e non di rado il pi fecondo, si ha spesso non minore affetto che pel figlio ; per cui la certezza data ad uno di poter fare pervenire al proprio nipote, senza bisogno di trasmissione diretta a danno del proprio figlio, al- meno una parte di ci che da sb stesso ha accumulato, anche nel caso in cui questo suo figlio non riesca ad aumentare in nulla il patrimonio ere- ditato, potr in taluni casi riuscire effettivamente ad mi incentivo al la- voro 0 al risparmio apprezzabilmente maggiore di quello che si avrebbe dandogli questa facolt rispetto ai soli figli. Ma altrettanto non pu dirsi, invero, per il bisnipote che ben di rado trova in vita il proprio avo o ve lo trova in et troppo avanzata e quindi infeconda; u a fortiori per idi- scendenti ancora pi lontani. (3) Questo criterio delle due o tre rite, e non oltre, e stato, del resto, gi adottato, e non di rado, anche nei contratti di livello o ad enfiteusi del medio-evo, e anche recentemente negli affitti dei terreni. Cos Vaforatnento a tre vite del Portogallo (Dk Lavklevk, De la Proprit, etc., 521). Cos il fitto a due vite nella Danimarca alla fine del 18"^^ secolo (P. Lerot-Beaitlieu. Essai sur la Itp, des Rich.^ 164). Cos attualmente in Corno vaglia, dove, ad es., la propriet di Sir Dyke Acland concessa in piccoli lotti ai mi- DI UNA PRELEV AZIONE ECC. 89 Ma non solo, dunque, prelevazioni nelle successioni che fos- sero progressive nel tempo non potrebbero arrecare affievoli- mento di sorta allo stimolo al lavoro e al risparmio, ma questo non potrebbe non venire, anzi, ad esserne rafforzato e molto notevolmente, grazie appunto a un tal potere testatorio sui beni accumulati per opera propria che in tal modo verrebbe ad essere concesso in grado molto maggiore che sui beni ereditati (1). L'esperienza giornaliera ci insegna, infatti, che gli eredi di ingenti fortune i quali possono lasciare ai loro figli, senza nes- suna accumulazione ulteriore, tali e quali questi patrimoni vi- stosi ereditati dal padre loro, non hanno oggi effettivamente alcuno scopo ad aumentarli ancora dell'altro e non sono perci affatto stimolati molto efficacemente a risparmi ulteriori; ma, anzi, per lo pi, spendono e dissipano allegramente tutti gli ingenti Datori e ad altri operai, mediante una piccola rendita, in affitto a tre vite (Wallace, Bad Time^f 105). In tutti questi casi evidente il concetto di dare a questi fitti la durata necessaria e sufficiente a fornire la massima garanzia di buona coltivazione e, specialmente, di miglioramenti agricoli notevoli (prima di tutto la dissodazione stessa del terreno); ma non una durata maggiore di quanto appunto strettamente necessario o sufficiente a tale garanzia. (1) A tale uopo per non necessario ricorrere ai due estremi come ap- punto fa r Huet con la sua progressiviti particolare -- , -- , cio lasciando integro il diritto di testare al primo trapasso in propriet privata e an- nientandolo del tutto al secondo : Con tale progressivit, infatti, o con tutte quelle altre che pur non arrivando a tali estremi tendessero per a esa- gerare anch'esse in questo senso, cio che tendessero a non concedere allo Stato che prelevazioni di percentuali piccolissime sui beni accumulati da s stessi e percentuali poi altissime sui beni ereditati con un semplice tra- passo in propriet privata, si verrebbe realmente a concedere a questo ef- fettivo accumulatore un potere testatorio pi grande di quello che sarebbe stato strettamente necessario e sufficiente a stimolarlo a questa accumula- zione, e quindi all^erede privilegi in quantit maggiore di quella stretta- mente necessaria e sufficiente per il masbimo benessere sociale; e mentre si verrebbe dapprima, all'inizio del regime nuovo, a ritardare di troppo. pi assai del necessario, il processo di nazionalizzazione, si verrebbe di poi ad accelerarlo di troppo una volta che incominciassero le morti anche nella seconda generazione. 90 CAPITOLO TKIIZO loro redditi nel lusso pi sfrenato e noi godimenti pi raffinati, o nel giuoco e nei vizi. Quindi, rispetto a loro, il diritto di testare attuale, anzich stimolarli al risparmio, li spinge invece vera- mente, anche se previdentissimi e premurosi dei propri figli, e proprio in grazia del suo modo d'essere attuale, per Io meno a questa dissipazione totale di tutti questi redditi. Ma ben al- trimenti, invece, questi ricchissimi si compoi'terebbero ove si dicesse loro: " badate, di ci che avete ereditato non potete lasciare ai vostri figli che una piccola frazione, o magari, nulla : ma di ci che accumulerete voi stessi col vostro risparmio ulte- riore potrete lasciare ai vostri cari una frazione ben maggiore, anche grande , che questo si sarebbe veramente un argo- mento da convincerli, pi di ogni altro, a moderare^ per lo meno, le loro pazze spese e a tramutare parte dei loro redditi in be- nefico nuovo capitale produttivo (1). (1) Cos se nel calcolo algebrico sopraesposto per la progressivit parti- 12 3 colare -r^ , a , ^ , assunta a semplice titolo d'esempio, facciamo ft = 0, cio 80 supponiamo che B non riesca ad aumentare affatto il patrimonio ere- ditato, esso non potr trasmettere di questo ai suoi cari che un solo terzo 2 uguale ai -^ del patrimonio a ; mentre oggi potrebbe trasmettere loro questo stesso ammontare a integralmente. Se poi facciamo = e = 0, cio se sup- poniamo che tanto B che C non riescano ad aumentare affatto il patrimonio da loro rispettivamente ereditato, C non potr trasmettere pi nulla ad al- cuno. Se 6 poi fosse una quantit negativa b\ cio se B anzich au- mentare il patrimonio ereditato venisse a diminuirlo, allora all'erede C non potrebbe pervenire altro che o ( ^ q ( ^' >7:| wa] ] L*U80 inglese di lasciare le terre interamente al figlio primogenito, scri- veva il Mac Culloch, * eccita i proprietari a mettere in atto tutta la loro solerzia per economizzare una somma di denaro bastante allo stabilimento dei loro figli pi giovani onde non lasciarli a carico del primogenito. Sotto questo rispetto, e sotto altri ancora, Tinfluenza che esercita quell'uso in pari tempo potente e salutare {Principi di Economia politica^ *" Bibl. con. ,, 1* serie, voi. Xlll, Torino, Pomba, 1858, pag. 19). Ben pi ancora, dunque, DI UNA PBELEYZIONE ECO. 91 ben altrimenti che non adesso, anche all'infuori di costoro, un padre premuroso dei propri figli, in qualunque condizione economica egli fosse, sarebbe sollecitato al lavoro e al risparmio allorch ogni cento lire guadagnate con questo suo lavoro e questo suo risparmio gli apparissero, rispetto a questi figli, di un valore doppio, triplo, e ancor pi, di ogni cento lire eredi- tate. Ben altrimenti che non adesso egli sarebbe stimolato a raddoppiare, ad es., il patrimonio ereditato, allorch cos facendo potesse lasciare ai figli suoi un patrimonio, non gi come oggi semplicemente doppio, ma tre volte o quattro volte maggiore di quello che altrimenti, ove non facesse altro che conservare tale e quale senza aumentarlo il patrimonio ereditato, potrebbe in- vece lasciar loro (1). giuocoforza dunque riconoscere che effettivamente, se il di- ritto di testare attuale costituisce uno stimolo efficace che spinge gli uomini al lavoro, al risparmio e alla accumulazione continua di sempre nuovi capitali, una prelevazione nelle successioni che fosse progressiva nel tempo ne costituirebbe uno ben pi efficace ancora. Ma se cos , se una tale limitazione al diritto di testare non solo non verrebbe ad affievolire, ma verrebbe, anzi, a rafforzare e notevolmente un tale stimolo, quale ragion d'es- sere ha allora il diritto di testare attuale pieno ed assoluto? che non le semplici prelevazioni nelle successioni ordinarie, come appunto abbiamo visto che opina il Wagner, avrebbero un consimile effetto queste stesse prelevazioni nelle successioni ove fossero invece progressive nel tempo. (1) Come, ad es., facile verificare avverrebbe per la progressivit parti- 12 3 colare q^i o rispetto a C, nell'ipotesi che B avesse raddoppiato il pa- trimonio ereditato da A. Naturalmente queste differenze potenzatrici di un tale stimolo al lavoro e al risparmio verrebbero a farsi anche maggiori ove invece di questa pro- gressivit si assumessero altre a distacco maggiore fra le percentuali del primo e del secondo trapasso in propriet privata; senonch oltre a un dato punto si verrebbe a cadere negli inconvenienti sopra rammentati ap- punto per queste progressivit che troppo tendessero al caso estremo del- l' Huet. 92 CAriTOLO TERZO Esso non serve ad altro allora, in realt, che ad impedire, ap- punto, che gli strumenti di produzione e capitali in genere attual- mente esistenti cadano mai nella comunit e gratuit per i lavoratori che vi applicano il loro lavoro; e con ci a mantenere e a garantire nel modo pi assoluto quella separazione econo- mica del lavoratore dal suo strumento di produzione e dal ca- pitale in genere che dello sfruttamento capitalistico Tunico e validissimo sostegno. Per cui non l'utilit sociale allora lo rac- comanda, che esso , oltre che causa mantenitrice di questa separazione economica del lavoratore dal suo strumento di pro- duzione, anche causa produttrice di quella enorme disuguaglianza attuale delle ricchezze da cui derivano, come vedemmo, tanti mali sociali, ma soltanto gli interessi egoistici e la rapacit di sfruttamento della sola classe capitalista. Da un punto di vista prettamente ed esclusivamente utilita- ristico la societ non pu concedere privilegi ad alcuni ad esclusione e a scapito di tutti gli altri se non per il raggiungi- mento di un fine di grande utilit per lei e soltanto in quella quantit e per quella durata di tempo che appena basti a tale uopo. E come i brevetti d'invenzione, che investono gl'inventori del privilegio di poter fare uso di queste invenzioni ad esclu- sione e a scapito di tutti gli altri, sono concessi unicamente onde incoraggiare e dare impulso a queste invenzioni stesse, e si concedono perci soltanto per quella durata di tempo stret- tamente necessaria e sufficiente a raggiungere un tale scopo; cos anche questo diritto di propriet e di testare, questa fa- colt di trasmettere agli eredi oltre che i propri beni anche un potere testatorio sui medesimi, i quali vengono essi pure ad investire alcuni pochi, i detentori attuali e i loro eredi, di un privilegio analogo sugli strumenti di produzione e capitali in genere ad esclusione e a scapito parimente di tutti gli altri, dovrebbero essi pure venire concessi unicamente allo scopo di incoraggiare e dare impulso alla produzione e al risparmio (1), (1) * In una societ in cui il riapiirmio non garantito di conservare le ricchezze che esso ha accumulato, la mancanza di capitali genera la mi- seria; presso un popolo che disconosce i diritti dell*inventore, i perfezio- DI UNA PRELEVAZIONE ECC. 93 e soltanto, quindi, " in quella copia bastante (1), in quella misura strettamente necessaria e sufficiente che da tale scopo venisse ad essere richiesta. A questa condizione soltanto la giu- stificazione di un diritto di propriet pu essere completa (2). E se, dunque, queste prelevazioni nelle successioni progres- sive nel tempo, per certe date progressivit, sono atte, come abbiamo ora visto, a conciliare lo stimolo massimo al risparmio e alla accumulazione privata di capitali colla efficacia e rapi- dit massima d'azione del processo di nazionalizzazione al quale esse sarebbero rivolte, esse rappresentano allora effettivamente, fra tutti quelli sopraesaminati, quel sistema di prelevazioni nelle successioni il pi acconcio a rendere l'ordinamento della pro- priet rigorosamente corrispondente a un tal principio utilita- ristico ed equo. In altre parole, un tal diritto di testare cos limitato, e il conseguente diritto complessivo di propriet, quali verrebbero ad essere conformati da tali prelevazioni, rappresen- tano allora effettivamente l'unico ordinamento della propriet atto a costituire, si permetta l'espressione, un vero e proprio brevetto di capitalizzazione o d'accumulazione a durata limitata a quanto sia strettamente necessario e sufficiente. Brevetto di ca- pitalizzazione 0 d'accumulazione, che la societ cosciente dovrebbe dunque venire a istituire, precisamente per queste considerazioni prettamente ed esclusivamente utilitaristiche, nel modo stesso namenti si arrestano e Tindustiia rimane languente e misera. Poich, in generale, in mancanza di rimunerazione delle loro pene, gli uomini d'in- gegno rifiuteranno di torturarsi il cervello (Spknckr, Justice, 131). (1) CuLLoiH, Principi di Ecoi. Poi., 125. (2) * Le leggi della propriet non sonosi ancora conformate ai principi su cui si basa la giustificazione della propriet stessa. Esse hanno conver- tito in propriet cose che non dovevano mai esserlo ed hanno chiamato una propriet assoluta quello che non doveva essere che una propriet li- mitata. Esse non hanno tenuto la bilancia e(juamente fra gli uomini, ma hanno ammassato ostacoli per alcuni per dar vantaggi agli altri; hanno aumentato le ineguaglianze od hanno impedito che tutti imprendessero un'ugual corsa.... Nello stadio attuale del perfezionamento umano, non alla sovversione del sistema della propriet che si deve mirare, ma al suo miglioramento e a far s che ogni membro della comunit partecipi ai suoi benetizi , (Stuart Mill, Principi di Econ. Pol.y 597). 94 CAPITOLO TERZO che con un atto cosciente, con un contratto si pu dire fra tutti i suoi membri, ha istituito, per queste stesse considera- zioni e di recente soltanto, questi brevetti d'invenzione (1). L' affinit che regnerebbe fra V istituzione del diritto di testare cos modificato e quella dei brevetti d'invenzione vien messa in luce da Bastiat l dove appunto si sforza invece di dimostrare che il modo- d'agire della concorrenza riguardo alle invenzioni di nuovo macchine e riguardo allo accumulazioni di questi stru- menti di produzione non pu necessariamente non essere sostan- zialmente diverso: " Ho fatto vedere che la Concorrenza fa cadere noi dominio della comunit e della gratuit le forzo naturali ed i metodi coi quali un uomo se no impadronisce (le scoperte dei quali costi- tuiscono appunto lo invenzioni umane); mi rosta ora a far vedere che essa compie la stessa funziono riguardo agli strumenti per mozzo dei quali quello forze si mettono in opera... Qui ma- nifesto che la gratuit non pu mai essere assoluta ; poich qua- lunque capitale rappresentando una fatica c' sempre in lui un principio di rimunerazione (2). Ora, invece, i metodi coi quali un uomo s'impadronisce delle forzo naturali sono anch'ossi osta- colati dal cadere nel dominio della comunit e della gratuit dai brevetti d'invenzione; e se questi brevetti fossero eterni, a durata illimitata, anche le invenzioni non potrebbero mai divenire asso- (1) Sull'analogia fra rordnamento della propriet concernente i prodotti immateriali intellettuali, ** das geistige Eigenthum ,, * i diritti d'autore , (propriet letteraria, brevetti d'invenzione, ecc.), e Tordinamento della pro- priet concernente i prodotti materiali ; sulla gran forza che da questa ana- logia deriva alla cosiddetta * teoria legale , della propriet; e sulle con- clusioni che se ne possono trarre per l'ordinamento della propriet dei beni materiali : ad es., che * se una " limitata , (sopratutto rispetto alla durata) propriet immateriale (geistiges Eigenthum) pub conseguire ci non ostante, come constatabile, una funzione economica sufficiente, cos non lecito additare a priori come del tutto inammissibile una propriet materiale essa pure limitata , e magari * conformata maggiormente in analogia della propriet immateriale , (mehr nach Analogie des geistigen Eigenthum einge- richtet); vedi Waoner, Grundlegung^ Dritte Aufl., zw. Theil, pag. 255-262, 259. 260. (2) Bastiat, Armonie con., 190. DI UNA PRELEV AZIONE ECC. 95 lutamente gratuite. Questo impedimento artificiale cos frapposto alla comunit e gratuit dei metodi di impadronirsi delle forze naturali fa esclamare al Ferrara: ^ Gi tutto ci che sia opera umana! Gi brevetti d'invenzione! Gi propriet letterarie! (1). Se questi brevetti non hanno, invece, che una durata limitata, le invenzioni non possono divenire gratuite soltanto (furante questo tempo. Questo, che certo pur sempre un danno per l'in- sieme della societ, per allora un danno limitato e pi che controbilanciato dal vantaggio che deriva dall'incoraggiamento dato agli inventori; e il fatto che si limitano i brevetti a pochi anni, a 15 o 20 anni, denota, appunto, l'intenzione della societ di limitare questo danno a quanto strettamente necessario e sufficiente ad incoraggiare al massimo grado gli inventori. Ana- logamente, gli strumenti per mezzo dei quali le forze naturali si mettono in opera (macchine, opifici, terre dissodate, ecc.) sono ostacolati dal cadere nel dominio della comunit e della gratuit dal diritto di propriet e dal diritto di testare. Questo impedi- mento artificiale cos frapposto alla comunit e gratuit degli strumenti per mezzo dei quali le forze naturali si mettono in opera dunque esso pure un danno del tutto analogo al pre- cedente per r insieme della societ ; danno che sarebbe anch'esso per limitato e controbilanciato dal vantaggio di dare il mas- simo impulso alla accumulazione dei capitali se questo impedi- mento artificiale durasse esso pure per un tempo finito, e pre- cisamente per quel tempo strettamente necessario e sufficiente a rendere massimo questo impulso all'accumulazione. Ora, se ci verrebbe ad essere operato, ad es., come abbiamo visto, da pre- levazioni nelle successioni che fossero progressive nel tempo, e per certe date progressivit, non lo invece affatto oggi dal diritto di propriet e di testare come sono conformati attualmente, i quali costituiscono nel loro insieme effettivamente, si permetta ancora una tale espressione, come un vero e proprio brevetto di accumtdazione a durata illimitata : Da ci, e da ci soltanto, V im- possibilit la pi assoluta riscontrata dal Bastiat stesso per questi (1) Introduzione a Bastiat, ibid.^ pag. cxxii. 96 CAPITOLO TERZO strumenti di produzione e capitali in genere di passare mai essi pure, come le invenzioni, nella comunit e nella gratuit. Ci che, appunto, d forza e apparenza di ragione alle argo- mentazioni di tutti i patrocinatori del lasciar-fare Mancheste- riano, quando combattono ad oltranza come contrario all'equit qualunque intervento dello Stato che si opponga alla libera con- correnza, al libero scambio dei servigi, si che essi non si soffermano a prendere nella pi piccola considerazione, come se passasse loro del tutto inosservato, l'intervento precisamente il pi importante, o che ben pi di tutti gli altri escogitati uniti insieme si oppone effettivamente a questa libera concorrenza fra gli uomini : questo, cio, appunto, che toglie alla maggior parte degli uomini la libert di servirsi gratuitamente degli strumenti per mezzo dei quali si mettono in opera le forze della natura; questo, cio, che si esplica appunto coli' istituzione del diritto di propriet e di testare attuale (1). Anzi, se nei loro ragio- (1) '' Neppure quello che un uomo ha prodotto col 8uo lavoro individuale, non aiutato da alcuno, esso pu tenerlo a meno che la societ non permetta che lo tenga. Non solo la societ pu richiederglielo, ma gli individui po- trebbero richiederglielo, e glielo richiederebbero, se la societ restasse pas- siva, se questa non si opponesse in massa, o se non impiegasse e pagasse gente a fine di opporsi che queiruomo venisse disturbato nel suo possesso. La distribuzione della ricchezza, (quindi, dipende dalle leggi e dalle usanze della societ (Stuart Milk, Principi di Econ. PoL^ 587). E pi innanzi: ** Noi udiamo dire, p. es., qualche volta che i governi limitansi a proteg- gere contro la forza e la frode; che tranne ci i popoli dovrebbero essere liberi, atti a prendere cura di se stessi, e che finche non si praticano vio- lenze 0 inganni, finche non si offendano gli altri nella persona e nella pro- priet, ognuno ha il diritto di fare ([aello che vuole senza essere molestato 0 vessato da giudici o da legislatori Ma sotto quali di questi rami, la repressione della fj)rza e della frode, dobbiamo porre, p. es., Topera delle leggi dell'eredit V , {ibid.. 972). '^ Tutto quanto l'ordinamento della propriet e delle successioni, dice il Wagner, non va considerato quale unji cosa a se, indipendente nel suo fon- damento dallo Stato, come l'idea cardinale dell'economia liberista, ma essenzialmente concepito come il prodotto dell'attivit giuridica di tutto il popolo rappresentato dallo Stato {La scienza delle fin., 889-890). "* La propriet privata della terra e dei capitali, cos questo stesso autore si esprime in altro luogo, come pure il diritto successoriale, vengono qui (nella DI UNA PRBTjEVAZIONE ECC. 97 namenti in favore della libert facciamo astrazione dal signi- ficato ristretto che essi danno a questa parola e le diamo invece il significato pi largo di libert di servirsi non solo delle forze naturali e dei metodi di impadronirsene (ci che avviene allo spirare dei brevetti d' invenzione), ma anche degli strumenti con cui queste forze si mettono in opera (ci che avverrebbe allo spirare dei brevetti di accumulazione), in modo che la gratuit e comunit delle forze naturali, e quindi la concorrenza, siano assolute, allora questi loro ragionamenti acquistano subito un gran fondo di verit e un gran potere persuasivo; la concor- renza appare allora davvero come garanzia efficace a mantenere fra gli uomini relazioni di equit. Coi^, quando il Bastiat dice: '^ E questa porzione di utilit gratuita sforzata dalla concorrenza a divenire comune, quella che spinge i valori a diventare proporzionali al lavoro (1); in errore se parla delle condizioni attuali in cui la concor- renza si svolge, perch il diritto di propriet e di testare attuali impediscono a questa concorrenza di far cadere mai nel dominio comune gli strumenti con cui le forze naturali si mettono in opera; tanto vero, che nel valore delle merci oltre all'ele- mento lavoro entra anche V elemento profitto in grazia del lavoro immaginario o fitto del capitale tecnico (Loria) ; avrebbe ragione se i brevetti d'accumulazione venissero limitati, come i brevetti teora della propriet cosiddetta * del lavoro , assunta dalla scuola eco- nomica-liberale della libera concorrenza e del lasciar-fare) presupposti come gi esistenti; ora questa propriet assieme a tal diritto successoriale costi- ttdsce il fondamento essenziale di quelle condizioni sotto le quali, sulla base del * libero , contratto e della legge deirofferta e della domanda, il nuovo ammontare della produzione si ripartisce come propriet fra i singoli individui ,. Per cui: * Questa scuola combatte l'ulteriore intervento dello Stato nello svolgersi della produzione e distribuzione e dimentica che questo intervento avviene nella massima estensione (im grOssten Umfange) col di- ritto personale e colFordinamento della propriet dati da questo Stato ,, {Orundlegung, dritte Aufl., zw. Theil, 244, 245. Vedi inoltre tutta la prima sezione del 1* capitolo del primo libro di quest'opera: Orientirende Vor- bemerkungen, pag. 1-23; e tutta la prima sezione del l"" cap. del secondo libro: Onent. Vorhem,, 181-193). (1) Armome con., 194. RlOHAJfO. 7 98 CAPITOLO TERZO d'invenzione, in modo che anche gli strumenti di produzione dopo un certo tempo venissero a cadere essi pure nel dominio comune. Cos quando dice : ** Questo fenomeno (il concorso sempre pi attivo degli agenti naturali) sarebbe tornato a danno della societ medesima introducendovi il germe di una disuguaglianza indo- finita se esso non si combinava con un' altra Armonia non meno ammirabile, la Concorrenza (pag. 197); non si accorge che questa disuguaglianza infatti avvenuta perch il diritto di pro- priet e di testare, come conformati attualmente, hanno sempre impedito alla concorrenza di far passare nella gratuit o comu- nit il concorso degli strumenti con cui questi agenti naturali si mettono in opera. Quando dice: " Quale incalcolabile distanza separerebbe le diverse condizioni dogli uomini se soli i discendenti di Gut- temberg potessero stampare, i figliuoli di Arkwright mettere in movimento una filanda, i nipoti di Watt far fumare il tubo di una locomitiva (pag. 197); non pensa che solo i capita- listi passati e attuali e i loro eredi attuali e futuri hanno avuto o hanno tuttora e avranno anche in seguito questo potere di mettere in movimento gli opifici oggi esistenti, di lanciare le locomotive sulle strado ferrate gi costruite ; e come perci una distanza incalcolabile separi le condizioni di questi detentori del capitale, ad es., dei re delle ferrovie dogli Stati Uniti d'America e dei loro discendenti, da quelle dei lavoratori proletari che, invece, nessuno di questi strumenti e nessuno di questi capitali possono mai adoperare liberamente e gratuitamente. Esso chiama la concorrenza la " molla per la cui operazione qualunque forza produttiva, qualunque superiorit di metodo, in una parola, qualunque vantaggio, trapassa nelle mani del pro- duttore, non vi si arresta sotto forma di rimunerazione ecce- zionale, se non il tempo necessario per eccitare il suo zelo, e viene in ultimo ad ingrossare il patrimonio comune e gratuito dell'umanit e risolversi in soddisfazioni individuali sempre pro- gressive, sempre ugualmente ripartite (pag. 197); o non riflette che i vantaggi del produttore proprietario degli stru- menti di produzione vi si arrestano, sotto quella forma di rimu- DI UNA PBELEYAZIONE ECC. 99 nerazioDe eccezionale che il fitto del capitale tecnico, non gi appena per il tempo necessario ad eccitare il suo zelo al lavoro e al risparmio, ma indefinitamente, appunto perch questi stru- menti non cadono mai nella comunit e gratuit. *" Sono questi sforzi, egli prosegue, che si cambiano gli uni gli altri a prezzo patteggiato. Tutta quella utilit che la natura, il genio dei secoli e la previdenza umana hanno posta nei pro- dotti cambiati data per soprammercato (pag. 199). E dimentica evidentemente che i capitalisti non gareggiano troppo, a dire il vero, nel cedere gratuitamente T uso dei loro capitali, cosicch la loro utilit non data invero per puro soprammer- cato ; mentre invece ci succede effettivamente per lo invenzioni allo spirare dei loro brevetti, e come succederebbe pur anco per i capitali stessi, ove un adeguato processo di nazionalizzazione conducesse essi pure nel dominio della comunit e gratuit. " Noi crediamo, egli dice, infine, che tuttoci che attraversa la libert perturbi l'equivalenza dei servigi e che tutto ci che perturba l'equivalenza dei servigi generi l'ineguaglianza esage- rata, l'opulenza non meritata degli uni, la miseria non meno meritata degli altri, con uno sperdimento generale di ricchezze, cogli odi, le discordie, le lotte, le rivoluzioni (pag. 1281). Ed infatti, il diritto di propriet e di testare attuali che attraver- sano la libert di servirsi gratuitamente degli strumenti di produzione, anche dopo che trascorso il tempo necessario a promuovere al massimo lo stimolo all' accumulazione, perturbano tanto l'equivalenza dei servigi che il ricco erede, senza prestaro servigio alcuno in contraccambio, in grado di pretendere i ser- vigi di moltissimi; e in modo precisamente da generare l'ine- guaglianza esagerata, l'opulenza non meritata degli uni, la mi- seria non meno meritata degli altri, e gli odi, le discordie, le lotte che il Bastiat deplora. In questo dunque, ripetiamo, consiste, come si vede, l'errore fondamentalissimo della scuola economica liberale, che non solo vizia, ma rende perfettamente contrarie al vero tutte quante le sue conclusioni pi essenziali a riguardo dell'equit oggi vigente fra gli uomini nei loro rapporti economici: che nemica com' d'ogni intervento dello Stato ostacolatore della concorrenza, ne isi'vssv 100 CAPITOLO TEBZO accetta poi l'intervento maggiore, cio quello che togliendo, e per sempre, alla maggior parte degli uomini, la facolt di servirsi libe- ramente e gratuitamente degli strumenti di produzione, impedisce a questa concorrenza di produrre i suoi benefici effetti l dove, precisamente, pi sarebbero necessari. Ma se cos , baster dunque togliere questo intervento affinch la maggior parte delle conclusioni pi essenziali di questa scuola vengano, invece, a cor- rispondere, allora s effettivamente, alla realt. Ora, come abbiamo visto, solo una conformazione diversa dell'ordinamento della pro- priet, e precisamente nel senso di un brevetto di accumulazione a durata limitata a quanto sia strettamente necessario e suffi- ciente a stimolare al massimo a questa accumulazione, potrebbe riuscire effettivamente, se non a togliere del tutto un tale inter- vento, a toglierlo per rispetto ai suoi effetti pratici essenziali. Per cui precisamente una tale modificazione all'ordinamento della propriet di cui a fil di logica dovrebbero farsi patroci- natrici pi ferventi tutte le scuole economiche le pi sincera- mente liberali. Ma se una tale conformazione dell'ordinamento della propriet tendente a far cessare agli effetti pratici questo intervento mas- simo dello Stato, sarebbe per ci stesso perfettamente corrispon- dente* alle tendenze pi liberali delle pi liberali scuole econo- miche, anzi non sarebbe di queste tendenze che la pura e semplice conseguenza logica; essa non sarebbe, nel tempo stesso, non meno consona alle tendenze pi spiccatamente individualistiche di queste scuole stesse ; anzi, qui pure, essa non sarebbe di queste tendenze che la conseguenza logica pi rigorosa. Tendenze individualistiche sempre pi spiccate e diffuse, queste, che sono non gi soltanto la conseguenza logica di questa o quella dottrina sociologica, il patrimonio di questa o quella scuola econo- mica, ma fenomeno sociale realmente evolventesi e sviluppantesi oggid, come conseguenza inevitabile e diretta di quell'avvento della societ a coscienza sempre pi estesa e perfetta, di cui l'av- vento a coscienza della classe proletaria viene a segnare il passo DI UNA PRKLKV AZIONE ECC. 101 ultimo e definitivo (1). Tendenze individualistiche sempre pi spic- cate e diffuse, alle quali le successive evoluzioni fino a qui seguite dalla propriet, quali si siano le cause o fattori sociali che le abbiano provocate, e vedremo i principali essere il fattore della coscienza sociale e quello tellurico (2), sono andate avvi- cinandosi e conformandosi sempre pi. Infatti, nei primordi barbarici dello sviluppo sociale come nel- l'epoca feudale, e come conseguenza dell'assetto sociale a forte impalcatura pi adatto allo stato cronico di guerra d'allora, l'indi- viduo, nei suoi rapporti colla collettivit che lo circonda, non esiste che come parte di quel tutto omogeneo che la famiglia; egli non si stacca spiccato da essa, ma in essa invece si confonde totalmente (3) ; la collettivit, lo Stato, non riconosce V individuo come tale, ma come appartenente ad una data casata ; gli obblighi di guerra, i titoli nobiliari, non sono riconosciuti al tale o tale altro individuo, ma alla tale o tale altra famiglia; la propriet (dei beni mobiliari e anche delle terre, dopo che le guerre ne sop- pressero la propriet collettiva) famigliare non individuale (4). Ma, a mano a mano che la societ progredisce nella sua evolu- zione, evoluzione che nel suo substratum fondamentale con- siste, ripetiamo, in un estendersi e perfezionarsi sempre pi della sua coscienza sociale (5), l'individuo, essere pensante, appunto come elemento di questa coscienza sociale, va sempre pi acqui- stando importanza a se ; cio le tendenze individualistiche si dif- fondono e si intensificano sempre pi; queste spezzano l'unit prima indissolubile della stirpe, della casata; e l'individuo, anzich confondervisi, si drizza allora spiccato di fronte alla famiglia. E consono a questa evoluzione del modo rispettivo con cui l'indi- viduo e la famglia vengono a stare nei loro rapporti colla societ, la quale evoluzione la manifestazione sociologica forse la (1) e (2) Vedi ultimo Capitolo. (3) Cfr., ad es., Mabio Morabso, La evoluzione del diritto j Torino, Roux, 1893, p. 12. (A) Cfr. Post, Die Anf&nge dea Staats und BechtslebenSf citato da Mario MoRAsso, Ibid.f 43. (5) Vedi ultimo Capitolo. 102 CAPITOLO TEBZO pi importante fra tutte quelle in cui vengono ad esplicarsi questo tendenze individualistiche nel loro diffondersi e intensifi- carsi continuo, consono ad essa, dico, la propriet che dapprima famigliale e non ammette per conseguenza neppure il diritto di testare, viene poi invece a concederlo (1), e la societ viene COSI a riconoscere una maggiore importanza dell'individuo di fronte alla famiglia perch il diritto di testare pu opporsi al diritto famigliale di eredit, ai fide-commessi, al diritto di mag- giorasco: l'individuo, annuente la societ, pu opporsi alla fa- miglia (2). E questa evoluzione seguita fin qui del modo rispettivo con cui l'individuo e la famiglia vengono a stare nei loro rapporti colla societ ci addita, dunque, quale direzione dell'evoluziono futura, questa tendenza della societ a considerare l'individuo sempre pi distinto e staccato dalla famiglia, cio questa tendenza del- (1) Cfr. Letoubmeau, Vvolution de la proprity Chap. XYIII, pagg. 447 e seguenti. (2) Sia pure che tale evoluzione della propriet dai fidecommessi, dai mag- gioraschi, dai diritti di eredit famigliare, al diritto di testare, sia stata de- terminata, come abbiamo gi accennato e come vedremo meglio in seguito, dal diverso modo di essere della potenza relativa delle Tarie classi sociali e del fattore tellurico; che essa, cio, sia stata il portato degli interessi economici della classe della borghesia ora assurta a classe predominante; sta il fatto per che questa evoluzione della propriet ha proceduto in modo sempre pi consono a queste tendenze individualistiche distaccanti T in- dividuo dalla famiglia. Forse, questi fattori sociologici, la potenza rela- tiva delle varie classi sociali e il fattore tellurico, ove, nel tempo stesso, non fossero state queste tendenze individualistiche, avrebbero potuto por- tare anche ad altri ordinamenti pure conformi all'interesse della classe bor- ghese ora predominante e non consoni alle tendenze individualistiche stesse; e queste, invece, che delFestensione e perfezione maggiore a cui la co- scienza sociale pervenne colVavvento a coscienza della borghesia furono la inevitabile conseguenza, resero inevitabile che questa modificazione al- Tordinamento della propriet, conforme agli interessi della classe borghese, non potesse essere che a loro consona: Comunque sia, sta il fatto che la evoluzione della propriet, quantunque, lo ripetiamo ancora, essa abbia per cause precipue esclusive il vario modo d'essere della potenza relativa delle varie classi sociali ed il fattore tellurico, pure ha proceduto in modo sempre pi consono a queste tendenze individualistiche distaccanti Tindi- viduo dalla famiglia, dalla casata. DI UNA PBELEY AZIONE ECO. 103 l'individuo ad emergere sempre pi, per quanto riguarda i suoi rapporti con la societ, come ente a se (1). E per conseguenza ci addita pur anco come perfettamente consono a queste tendenze, che, a guisa dei titoli onorifici e di supremazia sociale, e dello cariche sociali e del potere politico, i quali da nobiliari che erano, ereditari e trasmissibili nella famiglia, sono stati sostituiti da titoli onorifici personali e da cariche sociali non trasmissibili, cos rinvestimento di un dato diritto di propriet sopra date cose, in ispecie sopra strumenti e capitali in genere indispensa- bili alla produzione, il quale d un potere sociale cos grande, tenda ad essere concesso dalla societ sempre pi rigorosamente al solo individuo ; che un tal diritto non possa, quindi, pi essere ereditario o trasmissibile nella famiglia o nella casata, ma sol- tanto un diritto, per quanto sia possibile col massimo benessere sociale, non trasmissibile: ** Lo svolgimento della famiglia, cos appunto scrive Adolfo Wagner, e del rispettivo diritto patrimoniale ci che giustifica sempre pi, teoricamente e praticamente, nei tempi nuovi e nei nostri popoli civili, una restrizione del diritto ereditario famigliare e una estensione del diritto ereditario dello Stato in forma d'una quota ereditaria pubblica accanto alla quota ereditaria privata della famiglia. Fino a che la famiglia, in senso stretto o ampio, o la stirpe, come avviene negli antichi periodi storici anche dei nostri popoli, incontra grandi obbligazioni di diritto privato verso i suoi componenti, cosicch l'individuo apparisce essenzialmente anche nella vita pubblica soltanto come un membro dell'unit famigliare^ logico e, secondo l'esperienza, risponde anche all'ordi- namento del diritto, che il diritto ereditario sia pi rigorosamente limitato a questa unit. Allora il patrimonio privato funziona in genere e sopratutto come patrimonio famigliare, non come patri- (1) * lo credo che questo movimento (i progressi del socialismo) non ser- vir ad altro che a riuscire pi rapidamente a queirindividualismo libero ed assoluto a cui mira tutta la evoluzione della umanit... Considerando in queste evoluzioni parziali (del diritto penale, della famiglia e della pro- priet) il cammino della umanit si scorge un'unica tendenza la quale con- siste in un individualismo ognor pi libero e spiccato ^ (Mario Morasso, La evoluzione del dirittOt 47 e 48). 108 CAPITOLO QUARTO dato, nel tempo stesso, il modo di essere attuale del fattore tellurico naturale e artificiale (1), cio il processo tecnico di pro- duzione attuale, il quale in gran parte si opporrebbe anch'esso, rendendola praticamente impossibile, a questa retrocessione in propriet privata dei mezzi di produzione a mano a mano nazio- nalizzati (grande industria con grandi opifici, cio con strumenti di produzione solo esercitabili dal lavoro associato, dalla coope- razione di molti individui, non gi dall'individuo singolo; e in parte anche l'industria agricola stessa se esercitata su vasta scala e a grande industria); e il quale fattore tellurico, a seconda delle diverse specie o categorie di questi mezzi di pro- duzione (terroni coltivi a coltivazione intensiva, opifici, miniere, immobili urbani ad uso sia di abitazione che di magazzini e negozi, strade ferrate, ecc.), verrebbe a determinare di per se la maniera economico-sociale pi adatta del loro uso, del loro esercizio ; dato, inoltre, le diverse forme sociali di libera associazione in cui gi comincia ad evolversi e a realizzarsi in tutti i campi dell' umana attivit la tendenza attuale della societ all' asso- ciazionismo contrattuale, tendenza a queste date forme di lbera associazione che rappresenta essa pure un moto sociale irresistibile, inarrestabile; dato, infine, questo processo graduale e continuo di nazio- nalizzazione in grazia di questo nuovo ordinamento della pro- priet quale verrebbe ad essere conformato sia da queste prele- vazioni nelle successioni progressivo nel tempo che da qualsiasi altro equivalente sistema di prelevazioni nelle successioni che corrispondesse nei suoi risultati come ad un brevetto di accumu- lazione a durata limitata; dato, dico, questi fattori sociologici, queste tendenze e queste condizioni, dobbiamo ora esaminare in quali modi, per quali vie, questo divenire dello Stato proprietario, a poco a poco, di tutte le forze naturali, di tutti gli strumenti di produzione, di tutti i capitali in genere, potrebbe condurre a quella ri congiunzione (1) Vedi ultimo Capitolo. KELLA STKUTTUBA SOf.'IALE-ECOXOXIGA ECC. 109 ecooomica del lavoratore col suo Btrumento di produzioDO che con tale nazionalzzazioiie dei beni privati il proletariato ver- rebbe appunto a proporsi. n. Della terra. Incominciando dalla nazionalizzazione del suolo agricolo, dei terreni coltivi, che cosi verrebbe ad eSfcttuarsi gradualmente, i vantaggi per l'econooiia sociale in genere che la societ potrebbe ripromettersi dal semplice loro affitto e dalla conseguente riscos- aiooe delle rispettive rendite Ricardiane possono riassumersi, secondo gi stato esposto e ripetuto ormai pi volte dai patro- cinatori appunto di questa nazionalizzazione parziale, nei capi segaenti: I Qaesto venire della rendita Ricardiana dei terreni, dif- ferenziale, naturale o acquisita (1), o di monopolio, ad essere percepita dallo Stato a mano a mano che i singoli terreni ve- nissero a nazionalizzarsi, riuscirebbe di per s a poco a poco ad effettuare la scomparsa di gaell'eote economico del proprietario fondiario, non coltivatore o conduttore egli stesso della sua terra ma semplice locatore di essa, e a far cessare con ci un tal fenomeno di parassitismo sociale, primo per data e tuttora forse aaclie primo per importanza, che coni-iste appunto nella perce- aat da parte di qaesto proprietario fondiario, senza uno lavoro e vu patte d qatito espilale una toIu cL imp.i>^b> al B 4elb Mira ri i4iitifc ^n !crdita di capitale e la conseguente dura lotta per restare a galla, che ha obbligato tanti fittavoli ad eliminare molte spese licenziando i la- voratori e diminuendo gli acquisti di concimi artificiali^ deteriorando in tal modo inevitabilmente la terra^ e rendendo le stagioni cattive ben pi disastrose di quello che avrebl)cro potuto essere altrimenti. L'Unione dei lavoratori agricoli ha pubblicato lo testimonianze di lavoratori raccolte in varie parti della campagna, e la loro deposizione unanime dice che oggid 8*impiega molto meno lavoro di dieci anni fa e che vi una corrispondente diminu- zione nel prodotto della terra (Wallace, B(td Times, 55-56). MODiriOAZlONI NELLA STRUTTURA 80CIALE-EC0N0MICA ECC. 117 menti da esso introdotti, dei nuovi capitali da esso investiti nel terreno. 4 Nelle annate di cattivo raccolto il proprietario rifiuta di abbassare in proporzione il fitto; Taf fittavolo, gi in condizione precaria, cade in gravi ristrettezze e s'indebita e, in generale, pili non risorge e non gli resta, per quegli anni che ancora gli dura r affitto, che spremere dal terreno quanto pi pu : ** Nelle annate di cattivo raccolto il proprietario dovrebbe mostrarsi piti accomodante di quello che , e accordare talvolta delle ridu- zioni di fitto. Egli pu rifiutarsi in pieno diritto, ma allora la professione dell' affitta volo diviene molto precaria (1). i quali svantaggi che da questo lato cosi presenta la pro- priet privata del suolo agricolo di fronte alla propriet collet- tiva, potrebbero per far riscontro i vantaggi che potrebbero derivare, invece, da una eventuale maggior capacit, di fronte allo Stato, dei proprietari privati, ancorch semplici locatori delle loro terre, all'alta sorveglianza ed alta direzione della gestione di queste terre. Ma se una maggior capacit di gestione poteva in parte am- metterai per il proprietario privato coltivatore o conduttore esso stesso in economia della sua terra di fronte allo Stato locatore di essa, ogni superiorit in proposito va invece esclusa per il proprietario privato esso pure non altro che semplice locatore (2): Tanto pi che, 1: come confessa lo stesso Paul Leroy-Beaulieu, (1) Paul Leboy-Bkaulieu, Essai sur la Rep. des Rich., 148. Il Loria cos riassume le cause della influenza della rendita a limitare la produzione: " Il fitto, prodotto della rendita, la brevit del fitto, prodotto del moto ascendente della rendita, Tesaurmento necessario del terreno che la rendita impone, Tisterilimento di terre dedite a scopi improduttivi, in- fine la confisca del capitale del fittaiuolo allo scadere della locazione, sono fra le pi notevoli fra le influenze della rendita a contrarre la produzione (Analisiy 1, 579) Cfr., ancora, La costiiuz. econ. od., 78 e seg. (2) * Quando in qualche paese il proprietario, generalmente parlando, cessa di essere il coltivatore, Teconomia politica nulla ha da dire in difesa della propriet territoriale, come stabilita , (Stuart Mill, Principi d'Econ. Pi.. 608). * Se i possedimenti fondiari privati sono troppo grandi per potere essere condotti (bewirthschaftet) dai loro stessi proprietari, sicch diventi necessario 118 CAPITOLO QUARTO " le vecchio e patriarcali abitudini che creavano un legame per- sonale amichevole, quasi famigliare, fra Taffittavolo e il proprie- tario sono oggi sparite, e, divenuti sempre meno residenti, i proprietari non conoscono i loro affittavoli che di nome e non portano loro nessun interesse reale (1); e che 2^: gran parte dei terreni sono oggi acquistati e tenuti dall'alta finanza non tanto come fonti di reddito quanto: o come investimento di sicu- rezza per una porzione dei loro capitali esuberanti (sicch im- porta loro pi il titolo di propriet di queste terre che non il loro buon andamento e Taccrescersi della loro produttivit), oppure a puro scopo di speculazione (2). Per cui nulla pi rosta a favore della propriet privata del suolo coltivo da far riscontro e contrappeso ai vantaggi suddetti della propriet collettiva riflettenti i migliori sistemi d'affitto che dallo Stato potrebbero allora venire istituiti onde rendere, anche in un sistema di coltura ad affittanze, quanto pi possibile inten- raffittiirli, allora, per tiuauto riguarda la questione della produttivit, non pu^ fare gran differenza che Taffittavolo tolga in affitto i terreni dallo Stato o dai privati , (Roschkr, Grundlagen, 226). 1 motivi che, neirinteressc della produzione, valgono a favore della pro- priet privata del suolo allorch questa la piccola e media propriet ru- rale coltivata dal proprietario stesso (der bauerliche Grundbesitz), * pi non valgono, invece, come gi lo dimostrano in generale i fatti, per la grande propriet fondiaria allorch, come in Inghilterra, essa viene per lo pi condottii, e condotta bene, da affittavoli (Wagner, Grundlegung, Dritte Aufl., zw. Th., 436). (1) Essai sur la Rp. des Bich., 15. (2) Cfr. Wagner, Grundlegung, Dritte Aufl., zw. Th., 469-470. Cos, ad esempio, * nello Schleswig Uolstcin viene lamentato che per le odierne fluttuazioni nel commercio dei beni (appunto in seguito a questo infierire della speculazione anche nel campo dei terreni coltivi) la propriet fondiaria rurale sia minacciata di perdere quel carattere che essa prima aveva allorch il proprietario considerava il fondo come la sua terra nativa che egli curava con amore per s e per i suoi discendenti , (Wrf., 470). Kd questa ormai la lagnanza generale che risuona in tutti i nostri paesi civili: Numerosi dati sulla odierna speculazione sfrenata infierente sulla pro- priet fondiaria, in Loria, La costituz. econ. od.f pag. 254-264. MODIFICAZIONI NELLA STRITTI-KA SOCIALE ECONOMICA ECC. 119 siva e ristoratrice la coltivaziono di queste terre e, conseguen- temente, massima la produttivit generalo del suolo. Ed perci, infatti, che il Wagner, dietro i risultati ottenuti sui terreni coltivi demaniali della Germania, pu affermare che: "* Con un savio ordinamento della locazione temporanea, come si pm bene ottenere^ i beni demaniali sono amministrati dagli affit- tavoli altrettanto bene, se non meglio, che da proprietari privati (coltivatori essi stessi della loro terra) (1). E che il Meitzen, sulle affittanze demaniali della Prussia, le quali gi fino dalla prima met del secolo passato si sono quasi intieramente sosti- tuite all'amministrazione diretta dello Stato, pu dare il seguente giudizio : " Esse hanno rappresentato una parte importante nello sviluppo dell'agricoltura nazionale. Esse hanno appartenuto sino ad oggi alle aziende gestite in modo particolarmente intelligente e ad una gran parte dei loro conduttori, nonostante impieghi di capitali e miglioramenti straordinariamente grandi, hanno in generale procurato ragguardevoli ricchezze . " Questo fa- vorevole giudizio, soggiunge il Wagner, anche adesso il giu- dizio generale , (2). ** Dove dunque, cosi continua questo autore, l'esercizio in af- fitto effettivamente predomina come in Inghilterra, o, come nei nostri demani paragonati alla grande propriet fondiaria che a questi ultimi analoga, si dimostra buono, allora si ha gi la dimostrazione effettiva generale o speciale della inutilit della istituzione (della propriet privata del suolo coltivo) per l'inte- resse della produzione. Persino la difficolt del trapasso dei ter- reni coltivi da propriet privata a propriet dolio Stato non ha pi una notevole importanza ove esclusivamente esista o forte- mente prevalga, come ad es. in Inghilterra, la grande propriet fondiaria e la grande azienda. Poich ci non necessiterebbe nessun cambiamento nel processo della produzione rurale; ma solo verrebbe a cambiarsi la percezione e la distribuzione del reddito rurale, specialmente della rendita fondiaria. Gli agenti (1) La 8C. delle finattze, 836. Suirestensione di questi beni coltivi dema- niali degli Stati Tedeschi e sulla amministrazione loro, ibid.y 344 e seg. (2) Grxtndlegung, Dritte Aufl., zw. Tli., 442. 118 CAPITOLO QUARTO " le vecchie e patriarcali abitudini che creavano un legame per- sonale amichevole, quasi famigliare, fra l'affittavolo e il proprie- tario sono oggi sparite, e, divenuti sempre meno residenti, i proprietari non conoscono i loro affittavoli che di nome e non portano loro nessun interesse reale (1); e che 2: gran parte dei terreni sono oggi acquistati e tenuti dall'alta finanza non tanto come fonti di reddito quanto: o come investimento di sicu- rezza por una porzione dei loro capitali esuberanti (sicch im- porta loro pi il titolo di propriet di queste terre che non il loro buon andamento e Taccrescorsi della loro produttivit), oppure a puro scopo di speculazione (2). Per cui nulla pi resta a favore della propriet privata del suolo coltivo da far riscontro e contrappcso ai vantaggi suddetti della propriet collettiva riflettenti i migliori sistemi d'affitto che dallo Stato potrebbero allora venire istituiti ondo rendere, anche in un sistema di coltura ad affittanze, quanto pi possibile inten- raffittarli, allora, per quanto riguarda la questione della produttivit, non pu fare gran differenza che Taffittavolo tolga in afBtto terreni dallo Stato 0 dai privati (RoscnER, Crrundl(igen, 226). 1 motivi che, neirinteresse della produzione, valgono a favore della pr- priet privata del suolo allorch questa e la piccola e inedia propriet ru- rale coltivata dal proprietario stesso (der bauerliche Grundbesitz), * pi non valgono, invece, come gi lo dimostrano in generale i fatti, per la grande propriet fondiaria allorch, come in Inghilterra, essa viene per lo pi condotta, e condotta bene, da affittavoli (Waonkr, Grundlegung, Dritte Aufl., zw. Th., 436). (1) Essai sur la Rp, des Rich., 15. (2) Cfr. Wagner, Grundlegung, Dritte Aufl., zw. Th., 469-470. Cos, ad esempio, * nello Schleswig Holstein viene lamentato che per le odierne fluttuazioni nel commercio dei beni (appunto in seguito a questo infierire della speculazione anche nel campo dei terreni coltivi) la propriet fondiaria rurale sia minacciata di perdere quel carattere che essa prima aveva allorch il proprietario considerava il fondo come la sua terra nativa che egli curava con amore per s e per i suoi discendenti , (iWd., 470). Kd questa ormai la lagnanza generale che risuona in tutti i nostri paesi civili: Numerosi dati sulla odierna speculazione sfrenata infierente sulla pro- priet fondiaria, in Loria, La costituz, econ. od., pag. 254-264. MODIFICAZIONI NEI.LA .STRITTURA SOCIALE ECONOMICA ECC. 119 siva e ristoratrice la coltivazione di queste terre e, conseguen- temente, massima la produttivit generale del suolo. Ed perci, infatti, che il Wagner, dietro i risultati ottenuti sui terreni coltivi demaniali della Germania, pu affermare che: "^ Con un savio ordinamento della locazione temporanea, come si pu bene ottenerCj i beni demaniali sono amministrati dagli affit- tavoli altrettanto bene, se non meglio, che da proprietari privati (coltivatori essi stessi della loro terra) (1). E che il Meitzen, sulle affittanze demaniali della Prussia, le quali gi fino dalla prima met del secolo passato si sono quasi intieramente sosti- tuite all'amministrazione diretta dello Stato, pu dare il seguente giudizio : * Esse hanno rappresentato una parte importante nello sviluppo dell'agricoltura nazionale. Esse hanno appartenuto sino ad oggi alle aziende gestite in modo particolarmente intelligente e ad una gran parte dei loro conduttori, nonostante impieghi di capitali e miglioramenti straordinariamente grandi, hanno in generale procurato ragguardevoli ricchezze i,. " Questo fa- vorevole giudizio, soggiunge il Wagner, anche adesso il giu- dizio generale (2). ** Dove dunque, cosi continua questo autore, Tescrcizio in af- fitto effettivamente predomina come in Inghilterra, o, come nei nostri demani paragonati alla grande propriet fondiaria che a questi ultimi analoga, si dimostra buono, allora si ha gi la dimostrazione effettiva generale o speciale della inutilit della istituzione (della propriet privata del suolo coltivo) per l'inte- resse della produzione. Persino la difficolt del trapasso dei ter- reni coltivi da propriet privata a propriet dello Stato non ha pi una notevole importanza ove esclusivamente esista o forte- mente prevalga, come ad es. in Inghilterra, la grande propriet fondiaria e la grande azienda. Poich ci non necessiterebbe nessun cambiamento nel processo della produzione rurale; ma solo verrebbe a cambiarsi la percezione e la distribuzione del reddito rurale, specialmente della rendita fondiaria. Gli agenti (1) La 8C. delle finatize, 336. Suirestcnsione di questi beni coltivi dema- niali degli Stati Tedeschi e sulla amministrazione loro, ibid.y 344 e seg. (2) Grxindlegung, Dritte Aufl., zw. Th., 442. 120 CAPITOLO QUARTO dello Stato non avrebbero che da assumersi quelle funzioni di in- termediazione fra il proprietario e gli affitta voli che oggi vengono esercitate dagli agenti dei landlords attuali (1). Secondo il Rau l'ordinamento del sistema d'affitto dei terreni dello Stato dovrebbe essere tale da assicurare il godimento dei lotti di terra per un termine assai lungo, magari per tutta la durata dell'esistenza dell'affittavolo ; " e quando il lotto rientrasse nella massa per essere di nuovo ceduto si dovrebbe indennizzare il coltivatore usciente, o la sua famiglia dopo la sua morte, per gli ammegliamenti eseguiti, le concimazioni, il drenaggio, le chiu- sure, le piantagioni, affinch la terra non venisse trascurata durante gli ultimi anni di godimento (2). Ed infatti nello Fiandre dove l'affittavolo usciente viene indennizzato per gli amendamenti permanenti e per gli ingrassi e per lo stato di concimazione in cui lascia il fondo (e l'indennit, packtersregt, si eleva talvolta fino a 300 franchi per ettaro), la coltura, bench l'affitto vi sia generale, cos intensiva quanto mai pu esserlo (3). Ma, da quanto sopra abbiamo visto, non meno importante per la prosperit dell'industria agricola sarebbe che quest'ordina- mento stesso del sistema d'affitto dei terreni dello Stato si rivol- gesse a togliere quell'altro ancora degli inconvenienti sopra ri- scontrati nei sistemi d'affitto privati, cio che l'affittavolo venisse^ ad essere gravato dal peso di un affitto troppo forte, cio supe- riore alla effettiva rendita Ricardiana differenziale, naturale^ o acquisita, del terreno: per la qual cosa, e per facilitare nel tempo stesso il passaggio dal regime attuale a propriet privata (1) Ibid., 442. (2) Vedi Paul Lkboy-Bkadlieu, Le cotteci, y 141. (3) Vedi Paul Leroy- Beauliru, La Hip, des Rieh.j 148. Cos pure il Wagner per i terreni dello Stato dati in affitto consiglia : " Che al fittuario uscente d'affitto al quale pur sempre si bonifica quanto dalla lavorazione e dallo sementi risulta a vantaggio del successore, si dia anche una indennibi per lo stato di concimazione in cui pu provare di aver lasciato il fondo e di cui questo pu ancora godere , (La se. dette finanze, 872). Sopra altre re- gole per gli affitti dei beni demaniali vedi Wrf., 359-372. In ispecie sulle riparazioni e sui rinnovamenti dei fabbricati rustici, sui miglioramenti del fondo, sulle precauzioni contro il deterioramento del medesimo, ibid., 869-372. MODIFICAZIONI NELLA STRUTTURA S0CIALE-EC0N03IICA ECC. 121 del suolo a quello a propriet collettiva, lo Stato, in questo pe- riodo transitorio, a mano a mano che i terreni venissero a cadere in sua propriet, non avrebbe che a rilasciarli in affitto (arro- tondandoli se di dimensioni troppo piccole, frammezzandoli se di dimensioni troppo grandi) all'affittavolo stesso che gi li col- tivasse 0 li esercisse al momento della loro nazionalizzazione, per tutta la durata della sua vita o per quella qualsiasi altra durata che all'atto pratico risultasse pi conveniente, ma ad un fitto convenientemente ridotto tutte le volte appunto che questo fosse stato imposto dal proprietario in misura troppo elevata, pur riservandosi magari, o no, il diritto di periodica revisione del canone d'affitto onde riservarsi il godimento dei regolari od acci- dentali aumenti della rendita Ricardiana o di qualsiasi altra durevole " congiuntura che avvenissero anche durante il periodo d'affitto (Wagner) ; e, in tutti i modi, coU'obbligo di coltivazione o condazione diretta onde impedire i subaffitti sempre esiziali per l'industria agricola, appunto per il fitto esagerato con cui in ultima analisi vengono a gravare l'affittavolo ultimo (1). (1) Cfr., ad es., le regole d concessione ai tenants delle terre nazionaliz- zate dettate dal Wallace in Land NattonalisatioHy 202-207; la proposta di qiiotizzazione dello Stuart Mill, Princ. di Econ. PoZ., 714; gli articoli di una legge comunale del paese di Baden del 1831 riferentesi al godimento dei beni comunali in De Layeletr, De la proprit etc, 203 e seg.; e gli articoli del disegno di legge Rinaldi (Le terre pubbliche e la questione so- ciale, Roma, Pasqualucci, 1896, pagg. 620-623) di cui alla nota seguente. A garantire poi questa giusta fissazione dei fitti potrebbe essere, a se- conda dei casi, preferibile o far fissare l'ammontare dell'affitto da periti o ricorrere alla cessione al miglior offerente. Cos, ad es., per quanto riguarda Taffitto dei beni demaniali degli Stati tedeschi cos scrive il Wagner: * La domanda del giusto canone d'affitto si fa o solo in base a un preventivo accuratamente elaborato del reddito del fondo, oppure si regola dalla mag- giore offerta airincanto, combinata con un tale preventivo (preso come mi- nimum) o anche semplicemente dalla maggior offerta indipendentemente dal preventivo del reddito. Dicendo preventivo di un podere o di un fondo rustico s'intende il calcolo esatto e minuto del prodotto continuo che si pu con probabilit sperare dal reddito di un fondo con un dato modo di esercizio. Le regole per Testimo in Germania furono fino dai pi antichi tempi ridotte a sistema. Ne abbiamo varie trattazioni (vedine in nota la ricchissima bibliografia). Esse sono desunte da esperienze e appartengono 122 CAPITOLO QUAUTO Nel tempo stosso, il fatto che ciascun singolo terreno alla morte del rispettivo affittavolo, o a quella qualsiasi altra sca- al campo della dottrina della economia rurale. La ricerca del giusto canone d'affitto mediante un preventivo, senza che fosse escluso l'incanto, fu da principio anche in Germania la rej^ola generale (Quando il canone d'affitto pare troppo alto, il concorrente all'affitto a giustificazione della sua minore ofiFerta pu compilare un contro-preventivo, in cui egli calcoli seconeni privati, potrebbe avvenire molto pi semplicemente, come vedremo, colla distruzione dei titoli stessi a mano a mano che pervenissero in x>ropriet dello Stato. (3) Land Nationaiimtiofi, 228-229. MODIFICAZIONI NELLA STRUTTURA SOCIALE-ECONOMICA ECO. 129 Volendo sceverare fra loro questi diversi appunti che sono gi stati fatti, come abbiamo ora visto, o che possono ancora venir fatti, alle imposte in genere, e i quali, dunque, giova ripeterlo, verrebbero ad essere rimossi completamente ove un sistema di finanza a redditi permettesse la soppressione totale di queste imposte, i pii 'importanti di essi possono riassu- mersi nei seguenti capi: 1^ Menomazione alla libert personale dei cittadini, vessa- zioni e molestie che ne conseguono; non di rado, grazie al " complesso enorme, spaventevole, delle disposizioni di legge in ogni sistema d'imposte un po' complicato (1), persino impos- sibilit da parte dei cittadini, pure onestissimi, di non trasgre- dire involontariamente a tante leggi s minute, s varie e sempre cangianti. 2^ Spreco di preziose forze umane nei lavori improduttivi di sorveglianza e di controllo, perdite notevoli di tempo per i cittadini, incentivo alla corruzione e alle frodi: le imposte, in- fatti, " cagionano altissime spese di riscossione, aggiungono spese accessorie gravissime a carico del contribuente, cagionano una fortissima perdita di tempo e di lavoro ; " eccitano (in ispecie le imposte di consumo) a forme di frode deplorevolissime, come il contrabbando e la corruzione, danneggiano, cosi, le condizioni della concorrenza, guastano la vita degli affari (2). 3^ Ostacolano e inceppano l'industria e il commercio ; danno loro spesso una direzione artificiale e impediscono cos che la produzione avvenga sempre l dove e nel modo in cui sarebbe economicamente pi vantaggioso avvenisse; ci sopratutto per quanto riguarda le imposte di consumo, pur lasciando da banda l'iniquit loro intrinseca di servire da strumento alla classe capitalista dominante onde facilitarle il ribasso o il non aumento dei salari reali: '" i controlli e le forme di riscossione di queste imposte (di consumo) opprimono o inceppano la circolazione e (1) W05eb, La se. delle fin,, 1116. (2) Wagner, Ibid,, 1085. RlOMANO. U 130 CAPITOLO QUARTO la giusta divisione locale e internazionale del lavoro, frenano non di rado i progressi della tecnica (1). 4 Difficolt grandi, talora grandissime, che, nel sistema della finanza ad imposte, lo Stato incontra sempre a sopperire, con queste imposte, al suo fabbisogno finanziario che, pure, condizione sine qua non della sua esistenza, e dell'esistenza, quindi, dell'organismo sociale tutto quanto: difficolt che per potere venire superate, lungi dal permettere allo Stato l'impo- sizione di una imposta unica, lo costringono a ricorrere alla complicazione somma degli attuali " sistemi d'imposta , la quale aggrava e moltiplica gli inconvenienti e i danni che di per se gi avrebbe l'imposta stessa. 5 Incompatibiliti intrinseca delle imposte colle tendenze individualistiche della societ sempre pi spiccate e diflfuse, la quale viene appunto a rendere sempre pi insopportabile ed av- versa questa imposizione di tributi da parte della collettivit sull'individuo, menomante la libert di consumo e di risparmio dei propri guadagni, e, quindi, a rendere, anche dal canto suo, sempre pi malagevole e difficile questo sistema di sopperimento al fabbisogno finanziario per mezzo delle imposte; e, invece, sempre pi consono a questo tendenze qualsiasi altro sistema mM;ucip/wfl/io du sol dnnn l's grandea villes^ " Lo Devenir Social , Janv., 1898, pag. 5 e seg., 22, 23j. MODIFICAZIONI NELLA STBUTTURA SOCIALE-ECONOMICA ECC. 143 30 Verrebbe a poco a poco a restringersi e poi a scompa- rire uno dei principali campi d'azione della speculazione pi malsana (Wagner) (1). Ma due questioni, principalmente, e di somma importanza, si presenterebbero immediatamente col venire a cadere in propriet collettiva di queste aree e di questi immobili urbani: 1"^ Lo Stato, o i Comuni per esso, sarebbero essi adatti alla gestione e am- ministrazione di tutta questa massa enorme di immobili urbani che a poco a poco verrebbero a cadere in loro propriet ? 2^ Con quali criteri potrebbero venire a stabilirsi le rispettive propor- zioni nel godimento di questi redditi per parte dello Stato e dei Comuni? Quanto alla prima questione noto come il Wagner stesso ammetta che, in tesi generale, si possa rispondere affermativa- mente, ove questa amministrazione e gestione si affidi ai rispet- tivi Comuni: " Per quanto riguarda la sorveglianza, la cura e Tapplicazione di capitali necessari al mantenimento della casa (riparazioni, ecc.), le quali vengono prestate pi difficilmente da organi pubblici che da privati, il lavoro e spesa relativi ven- gono oggi intrapresi per lo pi non dal proprietario ma dal- l'inquilino, e, negli usuali contratti d'affitto delle grandi citt nell'attuale " libero diritto di contratto , addossati a questo inquilino, fino al punto di addossargli le spese di riparazione delle finestre che il vento e la grandine rompono senza nessuna colpa dell'inquilino stesso . Per cui: " Un immobile urbano una volta terminato in sostanza un " capitale di pietra (ein ** steinernes Kapital ), il quale, per la via semplice dell'affitta- mento, con un minimo lavoro ordinario di amministrazione ed una insignificante nuova applicazione di capitali per ripara- zioni, ecc. (le quali del resto, come abbiamo visto, cos sempre il nostro autore che parla, vengono addossate, nel * sistema del libero contratto , quanto pi possibile all'inqui- lino: persino le spese spesso non insignificanti delTinipianto o (1) Sulla speculazione sfrenata sugli immobili urbani e sulle aree fabbri- cative, vedi appunto questo autore, Grundlegung^ 483-485, 485-487. 144 CAPITOLO QUARTO installamento (Einrichtung) del negozio della casa sono sop- portate per lo pi dal solo inquilino), il quale, dico, a guisa di un titolo di rendita, porta senza fatica alcuna i suoi interessi. Il proprietai'io dell'immobile urbano non pu perci essere pa- ragonato al proprietario fondiario amministrante egli stesso i suoi beni, ma soltanto al proprietario fondiario che affitta questi suoi beni: ma, come gi abbiamo rilevato, dove l'esercizio agri- colo in affitto predomina, viene nel tempo stesso a cadere un altro importante motivo per la propriet privata del suolo (1). Per cui, sopratutto ove il numero di questi immobili urbani da am- ministrare andasse crescendo gradatamente, sarebbe lecito lo sperare che tutte le difficolt di amministrazione di un tale patrimonio che potrebbero venire ad essere incontrate dai Co- muni potrebbero a mano a mano venire superate con relativa facilit. Del resto, noto come i municipi inglesi gi tendano a co- stituirsi, in occasione degli sventramenti dei loro quartieri pi malsani, un piccolo patrimonio comunale colle costruzioni nuove sostituite alle vecchie e a farsi cosi della tassa d'abitazione per- cepita da questi nuovi fabbricati un non indifferente cespite di entrata nelle loro finanze: Cos, ad es., a Birmingham, ottenute le necessarie autorizza- zioni, si procedette alla espropriazione forzata degli edifici da abbattere, contraendo alluopo un prestito rimborsabile in 50 anni. * La spesa totale fu di oltre un milione di sterline, ed il ter- reno fu ceduto in enfiteusi per 75 anni a privati impresari i quali vi costrussero i nuovi edifici ed apersero la splendida Bir- mingham Street, che l'arteria centrale della citt. Interessante il lato finanzijirio: essendo la spesa annua per il rimborso e interessi del prestito di L. st. 0!.OO0, i fitti e le altre rendite (1) (irundlegi'ng , 489. K non Holtanto il semplice mantenimento e la semplice aniministnizione, ma. grazie appunto alle loro peculiari caratte- ristiche tecniche, perwino la vosfruzone di juesti immobili urbani, special- mente i01. Roma, Tip. Nazionale, 1893, pag. XL); cio a circa il 10 per 100 dell'introito lordo. MODIFICAZIONI NELLA STRUTTURA SoCIALE-El^ONliMlCA ECC. 147 un tale proprietario fosse Io Stato, le difficolt di una cosi enorme amministrazione edilizia sarebbero troppo grandi. Se un tal pro- prietario fosse il Comune, il che agevolerebbe d molto, localiz- zandola e circoscrivendola, una tale amministrazione, si avrebbe rinconveniente che il Comune ora, come prima il proprietario privato, si avvantaggierebbe lui solo degli aumenti di tutta la rendita dell'area cittadina, e ci senza suo merito alcuno perch tali aumenti sarebbero per lo pi preponderantemente prodotti da condizioni economiche del tutto generali e magari anche dal- l'azione diretta dello Stato, cio della totalit dei cittadini (citt capitali, citt con grandi istituzioni dello Stato e gran numero di funzionari, ecc.), anzich esser prodotti dall'azione particolare di questo comime o della sua popolazione: '^ Questa considera- zione renderebbe necessario di assicurare per lo meno allo Stato una porzione di questo aumento locale della rendita e del va- lore dell'area della citt, e tutto questo aumento, ad es., nei grandi centri della vita politica ed economica, lo sviluppo dei quali unicamente il prodotto di tutta quanta la vita nazio- nale (Londra, Parigi, Berlino, Vienna, ecc., ma anche luoghi come Amburgo, Monaco, Lipsia) . E perci che: " ove si ri- tenga, e con ragione, la riunione della propriet del suolo e del- l'immobile nelle mani dello Stato come presentante troppe dif- ficolt, allora si presenta come la disposizione pi equa la propriet collettiva del suolo urbano allo Stato, e al Comune un perpetuo diritto d*uso di questo suolo con determinazione di un compenso da pagarsi dal Comune allo Stato e con revisione periodica dell'ammontare di questo compenso secondo lo sviluppo della rendita dell'area locale (1). Ma questo autore considera il caso che il Comune costruisca egli stesso sul suolo nazionalizzato cedutogli in perpetuo usu- frutto dallo Stato. Ove si trattasse, invece, di una cessione a questi Comuni della semplice gestione, con relativo parziale godimento di redditi, di questi immobili urbani che un nuovo ordinamento della propriet fosse venuto a far cadere in mano (1) Grundlegung, Dritte Aufl., zw. Theil, 501, 502. 148 CAPITOLO QUARTO dello Stato, la cosa sarebbe dunque diversa: i criteri per la de- terminazione delle rispettive proporzioni nel godimento di questi redditi fra Stato e Comune non potrebbero essere che del tutto empirici, e variabili poi a seconda dell'uso di questi redditi: Cos, a semplice titolo d'esempio, se il residuo che ri- manesse ai Comuni di questi redditi degli immobili urbani, dopo detratta la percentuale allo Stato e dopo sopperito al loro fab- bisogno finanziario, venisse devoluto, pel tramite, ad es., di ap- posite Banche, a prestiti da concedersi ai lavoratori della pic- cola industria, agli artigiani, ai piccoli esercenti, ecc., appartenenti rispettivamente a questi Comuni; se, analogamente, affidati che fossero alla loro volta i ter- reni alla gestione ad es. delle provincie (o dei comuni rui-ali, a guisa degli allmenden svizzeri e alemanni tuttora esistenti (1)), il residuo che rimanesse a queste provincie, dopo detratta la percentuale allo Stato e dopo sopperito al loro fabbisogno fi- nanziario, venisse devoluto a prestiti analoghi ai lavoratori agricoli appartenenti rispettivamente a queste provincie, cio affittuari di questi terreni; e se lo Stato, infine, dopo sopperito al suo fabbisogno fi- nanziario con l'ammontare totale di questi versamenti a lui fatti dalle Provincie e dai comuni e dei fitti dei capitali-tecnici fissi (opifici della grande industria) e degli agenti cosidetti naturali (miniere, cadute d'acqua, ecc.), di cui si riservasse la gestione, ne devolvesse il residuo o a far passare nella comunit e gra- tuit questi strumenti di produzione o a concorrere, in aggiunta ai capitali nazionalizzati liquidi, a prestiti da concedersi ai sin- dacati operai, alle cooperative di produzione, ai lavoratori in genere della grande industria esercenti questi opifici stessi; allora, dico, sarebbe sulla base delle condizioni e dei fatti sviluppantisi da queste disposizioni peculiari sull'uso di questi redditi, che vorrebbero a sorgere i criteri empirici suddetti, quale quello, ad es., pel raffronto dei singoli comuni fra loro, del quoziente dell'ammontare totale della percentuale rilasciata (2) De Lavklkyk, De la propn't, etc, 131, 144, 147, 152. MODIFICAZIONI NELLA 8TRUTTU11A SOCIALE-ECONOMICA ECC. 149 a ciascun comune diviso pel numero dei suoi abitanti, o quello, ad es., pel raffi*onto fra loro dei comuni, delle provincie e dello Stato, del quoziente deirammontare totale del residuo destinato ai prestiti pel numero dei ricorrenti ad essi, o altri consimili, da servire di guida al potere legislativo per la determina- zione delle rispettive proporzioni nel godimento di questi red- diti stessi fra Stato e Comune o fra Stato o provincia (1). E la pratica e l'esperienza soltanto sarebbero in grado, caso per caso, e colla guida dei fatti che ne risulterebbero (non fosse altro, le varie direzioni della migrazione interna), di verificare se dati criteri e date regole adottati di spartizione sarebbero o no rispondenti, o pi o meno, alla equit. V. Dei debiti pubblici. Questi residui che rimarrebbero dopo sopperito ai fabbisogni linanziar dei rispettivi enti pubblici, residui gi di per se assai rilevanti a nazionalizzazione terminata, potrebbero ve- nire a farsi ancora pi rilevanti, dato un processo graduale e continuo di nazionalizzazione per tutte le diverse categorie di beni privati, per la diminuzione di spesa molto notevole nei bi- (1) Ad es., per i Comuni, che la quota dello Stato sia uguale airammon- tare totale della rendita delFarea degli immobili urbani nazionalizzati pi una data percentuale deirammontare totale delle pigioni di questi immobili diminuito d*una tal rendita delFarea. Oppure che tale quota dello Stato sia semplicemente una data percentuale deirammontare totale delle pigioni, non detrattone nulla, ma percentuale variabile a seconda della popolazione delle citt, le quali, a questo scopo, potrebbero classificarsi in diverse classi di grandezza, ciascuna con una percentuale a se. Oppure altre regole consimili. Non altrimenti del tutto empiricamente vengono oggi determinati dal potere legislativo la quota dei dazi comunali da pagarsi dai Comuni allo Stato, la quota dell'imposta sui fabbricati dallo Stato rilasciata ai Comuni, e altri consimili rapporti di spartizione di contributi o di redditi fra esso Stato e gli enti pubblici minori. i 150 Al'lTOLO ^L'ARTO lanci di questi enti pubblici che potrebbe venire ad essere ap- portata dalla distruzione dei titoli del debito pubblico dello Stato^ delle Provincie e dei comuni a mano a mano che venissero a cadere in propriet dello Stato (1). I vantaggi che la societ potrebbe ripromettersi da tale estin* zione gradualo di questi debiti pubblici, resa cosi possibile e come automatica da un tale processo graduale e continuo di nazionalizzazione, possono alla loro volta riassumersi, secondo quanto implicitamente risulta dalle obbiezioni che a questi pre- stiti pubblici in genere sono state mosse, nei capi seguenti: P L'economia sociale verrebbe a liberarsi dall'oppressione di un peso grave: giacche questi interessi da pagarsi ad un ca- pitale il quale, viceversa, appunto perch nella sua grandissima proporzione eminentemente improduttivo (Loria), non concorre a produrre in genere alcun prodotto da cui poter prelevare questi interessi stessi, rappresentano una detrazione gratuita dal prodotto sociale totale a tutto scapito della retribuzione degli agenti produttori, cio a tutto scapito dello stimolo pi efficace (1) In Inghilterra, ad es., le spese per il pagameuto degli interessi del deiito dello Stato sorpassavano nel 1887-88 i 571 milioni e mezzo di fraiiobi e le spese iscritte nel bilancio nazionale per tutti quanti i servizi civili (le militari eHcluse) ammontavano a 801 milioni; la Francia spendeva per le prime fr. 981.762.000, cio circa un miliardo, e per le seconde cento milioni meno, cio fr. 882.640.000 (tabelle sul rammentare dei debiti pubblici per i diversi Stati d'Europa, sulla proporzione della spesa degli interessi allo altre speac di bilancio, e suU'accrescersi continuo di questi debiti pub- blici, riport^ite in Wagner, Ordinamento della economia finanziaria e credito puhbUco, Torino, Unione Tip.-Kdit., 1891, pagg. 384,385, 622-681). L'Italia, la cui deficienza nei pubblici servizi cos'i lamentata, spendeva nel 1895-96 per questi servizi soltanto 318 milioni (il 20 p. 100 delPentrata lorda), ma in compenso sborsava per il pagamlPICAZI0M NELLA STRUTTURA SOCI ALE-ECONOMICA ECC. 155 profitto del capitale produttivo, il quale, poi, alla sua volta, li estorce ai salariati col riuscire, in grazia appunto di questi pre- stiti pubblici, a tenere al minimo i salari; direttamente per quella parte che viene pagata colle imposte sui consumi, le quali imposte a questa riduzione al minimo cooperano con particolare efficacia. Niente di pi vero, quindi, che i debiti pubblici e i loro interessi sono debiti ed interessi che la mano destra paga alla sinistra, solo che la mano destra sono i lavoratori, e la si- nistra i rentiers oziosi. ci che si nasconde sotto il nome in- gannatore di capitale in titoli pubblici, " semplicemente il potere di appropriarsi il lavoro degli altri senza lavoro alcuno da parte loro; un potere non solo di vivere sul lavoro degli altri, ma di dirigere una gran parte di questo lavoro a prodotti per la dissipazione e lo sperpero e persino nocevoli, come pi a loro piace (1). Venendo, invece, con tale graduale cessazione del pagamento di questi interessi, a cessare gradualmente un tale parassitismo, allora: se i capitali dati a prestito allo Stato fossero stati, come il caso pi frequente, consumati improduttivamente, cio se i titoli che venissero distrutti rappresentassero attualmente un capitale improduttivo vero e proprio, con tale cessazione del pagamento di questi interessi si verrebbe a liberare, come sopra abbiamo accennato, il capitale produttivo dal peso di sommini- strargli gli interessi (Loria); se, invece, caso pi raro, questi titoli distrutti avessero rappresentato capitali effettivamente e tuttora impiegati produttivamente dallo Stato, questi capitali produttivi verrebbero allora, in tal modo, cio con tale cessa- zione del pagamento degli interessi di questi titoli pubblici, a (1) Wallace, Land Nationaliaathn^ L". " Una nuova e pericolosa forma di " servit dei debiti , si nasconde oggi negli Stuti oberati, che contrag- gono prestiti su prestiti per spese improduttive e per coprire i continui spareggi, in quanto intere classi di ricchi rentern percepiscono gli interessi, che, sotto forma di imposta e colla minaccia, spesso coli' impiego effettivo di procedimenti esecutivi, vengono spremuti ai poveri contribuenti, all'agri- coltore, all'artigiano, all'operaio (Wagner, Del credito e delle banche^ Torino, Un. Tip.-Edit., 1885, pag. 461). 15G CAPITOLO gl'ARTO passare appunto nella comunit e gratuit secondo il concetto di Bastiat. Quanto alle due questioni analoghe a quelle presentatesi a proposito delle aree e degli immobili urbani, cio, 1^ se lo Stato o la provincia o il comune sarebbero adatti alla gestione e amministrazione di questa categoria di capitali che verrebbero cos gradualmente a nazionalizzarsi: e 2'^ con quali criteri po- trebbero venire a stabilirsi le rispettive proporzioni nel godi- mento di questi capitali stessi per parte dello Stato e delle Pro- vincie e dei comuni : La prima, evidentemente, non avrebbe luogo di esser qui posta, visto che l'unico da farsi rispetto a questi titoli pubblici cos pervenuti in propriet dello Stato (analoga- mente a come venne in passato e vien tuttora proceduto per quei pochi titoli che i fondi di ammortizzazione di alcuni Stati pervennero e pervengono tuttora a nazionalizzare) sarebbe la loro distruzione. La seconda verrebbe a riguardare il modo di procedere vei'so i titoli dei debiti comunali e provinciali allorch venissero anche ossi a mano a mano a cadere in propriet dello Stato: giacch, evidentemente, la loro distruzione immediata, alla stessa guisa dei titoli del debito pubblico nazionale, verrebbe a favorire queste provincie e questi comuni, a differenza di quelle e di quelli che a prestiti simili non avessero mai ricorso, di un dono gratuito vero e proprio dei capitali rappresentati da questi ti- toli. Invece, una soluzione possibile, pi conforme all'equit, bench del tutto empirica anch'essa, e della quale, anzi, la pratica e l'esperienza soltanto potrebbero in seguito additare le modifica- zioni ulteriori onde renderla pi equa ancora (ad es., le modi- ficazioni da apportarsi alla quota dei redditi degli immobili ur- bani dallo Stato rilasciata a questi comuni), potrebbe essere, ad es., di far cessare a queste provincie e a questi comuni il pagamento degli interessi per questi titoli a mano a mano na- zionalizzati, non lasciando loro che l'obbligo del rimborso, ad es. con leggiere quote annuali, dei capitali che i titoli stessi rap- presenterebbero: giacch la concessione a queste collettivit di tali prestiti gratuiti, cui verrebbe a corrispondere effettivamente un tale esonero dal pagamento degli interessi per questi titoli, MODIFICAZIONI NELLA STKITTURA SOCIALE-ECONOMU'A KCr. 157 verrebbe a informarsi al solito criterio generale, realizzatore della qui propostaci ricongiimzione economica del lavoratore col suo strumento di produzione, di fare entrare per il maggior numero possibile di cittadini, che in tal caso sarebbero gli appartenenti a questi comuni e a queste provincie, nella co-^ munita e gratuit, secondo il concetto di Bastiat, la maggior possibile quantit di strumenti di produzione e capitali in ge- nere, quali sarebbero i capitali rappresentati da questi titoli, ove dai comuni e dalle provincie fossero stati e fossero tuttora impiegati produttivamente. Pochissime cifre basteranno a darci un'idea dell' ordine di grandezza del residuo che potrebbe rimanere dopo detratto dal- l'ammontare totale dei redditi dei beni nazionalizzati (una volta che nazionalizzati fossero tutti i beni privati attuali) l'ammon- tare del fabbisogno finanziario dello Stato: Per i redditi del Regno Unito, nel 1885, si aveva secondo il GiFFEN (1): Rendita fondiaria 65.039.000 sterline Redditi delle case 128.459.000 , Dividendi delle azioni delle Stra- de Ferrate del Regno Unito . 33.270.000 , \ 285.398.000 sterline Dividendi delle azioni delle altre [ (= fr. 7.134.950.000) Societ per azioni del Regno Unito (cave, miniere, industrie del ferro, ecc.) 58.630.000 ^ Altri profitti della schedula A dell' Incoine Tax oltre la ren- dita fondiaria e i redditi delle case 877.000 , Profitti del capitale agricolo (schedula B) 65.233.000 . Altri interessi e profitti della \ 183.861.000 sterline schedula P, o non soggetti al- ( (= fr. 4.596.525.000) Vlncome Tax, dovuti al puro capitale (investimenti entro il Regno) (2) 117.751.000 , (1) The Grawth of capital, London, Bell, 1889, dalla tabella a pag. 11. (2) Dovuti al puro capitale, diciamo, giacch per le imprese individuali, 158 CAPITOLO QLAllTO Interessi di loiuli pubblici stra- nieri 21.096.000 sterline Dividendi di azioni di Strade Ferrate fuori del Rejinio Unito 3.808.000 , Dividendi di imprese all' estero [ 84.763.000 sterline o nelle colonie 9.859.000 . | (= fr. 2.119.075.000) Dividendi di altri investimenti airest. , {Essai sur lo Bvp. des Jiich., 195). (4) * Direz. gen. della statistica ,,, Xotizie sulle condiz. detnogr., edilizie, ecc., 247 e 260. MOPIFICAZIONI NELLA STHL'TXrRA SOCIALK-ECONO.MICA tlCC. 101 V Outer Ring, a L. st. 8.066.417; cio complessivamente a L. st. 41 mUioni = fr. 1.025 milioni (Ibid., 368) (1). VI. Della comiinit e gratuit degli strumenti di produzione e capitali in genere. Rispetto agli strumenti di produzione e capitali produttivi in genere veri e propri, che a mano a mano venissero essi puro a nazionalizzarsi, una via soltanto si presenterebbe allo Stato da seguire, una volta che il prevalere di date tendenze sociali e le necessit stesso della economia sociale esigessero il libSro esercizio privato della maggior parte delle diverse industrie, in ispecie di quelle non a natura di monopolio ma facili invece a permanere nel dominio della concorrenza: e sarebbe quella, evi- dentemente, di cederli in esercizio e concederli in prestito, per mezzo, ad es., di apposite Banche, ai lavoratori stessi, sia della grande che della piccola e dell'industria agricola, uniti, ad es., in cooperative e sindacati di produzione, in associazioni di compra- vendita, in consorzi agricoli, ecc. Senonch, i residui di redditi, di cui sopra, che rimarrebbero rispettivamente allo Stato e alle provincie e ai comuni dopo detrattone il loro fabbisogno finanziario, porrebbero questi enti pubblici in grado conforme appunto a quell'intento della ri- congiunzione economica del lavoratore col suo strumento di pro- duzione e col capitale in genere che la classe proletaria si sa- rebbe proposta, secondo le nostre ipotesi, con un tale processo (1) Naturalmente il fatto che, data una distribuzione migliore delle ric- ohezze, i discendenti delle attuali classi agiato non potrebbero pi passarsi il lusso di pigioni troppo elevate, e i lavoratori, d'altra parte, per la mi- gliorata loro condizione, potrebbero permettersi di migliorare di assai anche il loro alloggio, porterebbe in queste cifre notevolissime variazioni, special- mente nel modo di composizione di questo ammontare totale delle pigioni. Qui non si tratta, naturalmente, che di conoscere a un dipresso il sem- plice ordine di grandezza a cui apparterrebbero questi ammontari. RiUNANO. 11 102 CAPITOLO QUARTO graduale e continuo di nazionalizzazione : primo, di far pas- sare nella comunit e gratuit, secondo il concetto di Bastiat, gli strumenti di produzione, e i capitali-tecnici in genere, di dati rami d'industria, in ispecie di quelli producenti merci di prima necessit; secondo, di rendere gratuiti pei lavoratori i prestiti di capitale-salari, cio gli anticipi delle sussistenze. E, ap- punto nel vantaggio che allora la societ tutta quanta (causa questa gratuit o comunit d'un sempre maggior numero di strumenti di produzione che verrebbe a ribassare di altrettanto il costo di produzione delle merci con questi strumenti prodotto), e i lavoratori ricorrenti ai prestiti in special modo (causa questa gratuit dei prestiti di capitale-salari), cos ricaverebbero, e vantaggio che sarebbe tanto maggiore quanto pi grandi fos- sero questi residui, sopratutto ove una parte loro venisse ap- punto devoluta a costituire o ad aumentare la massa di capitali che Io Stato e gli enti pubblici minori rivolgessero a questi pre- stiti, in tale vantaggio, dico, potrebbe risiedere la garanza, e la pi efficace, a che quell'ammontare del fabbisogno finanziario che il potere legislativo determinerebbe (e analogamente quello dogli enti pubblici minori), si limitasse a quanto fosse veramente e strettamente necessario. I procedimenti che potrebbero essere atti a fare entrare nella comunit e gratuit gli strumenti di produzione nazionalizzati sarebbero naturalmente diversi a seconda dei casi: Cosi, per quelle industrie le quali, perch a natura di monopolio o perch adatte a essere esercitate dallo Stato, venissero assunte appunto da quest'ultimo, e per le quali nel tempo stesso la concor- renza tacesse, sia per impossibilit materiale di esercitarsi (fer- rovie, ecc.), sia perch esso Stato se ne riservasse per legge il monopolio, basterebbe all'uopo, evidentemente, come gi ab- l)iamo accennato, clie nel costo di questi servizi pubblici o di questo merci resi o prodotte dallo Stato (e rispettivamente dagli enti pubblici minori) venisse annullato quell'elemento di costo che oggi rappresentato dall'interesse dei capitali-tecnici d'impianto e d'esercizio. Mentre per quelle industrie rilasciate invece al libero esercizio privato basterebbe, per quella o quelle industrie prescelte, e allorch il numero degli strumenti rispet- MODIFICAZIONI NELLA STRUTTURA SoCIALE-EC'ONOMICA ECC. 163 tivi gi nazionalizzati fosse una forte frazione del loro numero totale, annullare i fitti di tutti quanti i rispettivi opifici, se di uguale produttivit, che allora, in grazia appunto della concor- renza, verrebbe ad annullatasi nelle merci di queste industrie quel soprappiii di valore attualmente creato dal lavoro immaginario (Loria) di questi capitali- tecnici fissi, cio dal fitto in questione. Come un ponte, una strada, un canale, quando non siano di pro- priet privata, ma dello Stato, non gravano pi colla riscossione di nessun pedaggio o fitto il valore delle merci che vi transi- tano; COSI questi strumenti di produzione, una volta annullati i fitti che i proprietari privati oggi esigono per concederne l'uso, pi non graverebbero il valore delle merci da ossi prodotte, e questi strumenti, come le strade e i ponti e i canali, una volta aboliti i pedaggi, e come le invenzioni di nuovi metodi per met- tere in opera le forze della natura, una volta scaduti i brevetti, passerebbero nella gratuit e comunit secondo il concetto di Bastiat. Basterebbe, ad ottener ci, che la concorrenza in questo dato ramo d'industria fosse effettiva ed efficace, che un tale annulla- mento di fitti fosse esteso a tutta la nazione, e che lo Stato in- dennizzasse i proprietari di quegli opifici di questa stessa in- dustria che ancora permanessero in propriet privata, quelli non ancora nazionalizzati e quelli che potrebbero ancora venire ad essere costruiti, di quel tanto di meno a cui adesso co- storo riuscirebbero ad affittare i loro opifici, in causa appunto di tali annullamenti di fitto negli strumenti della stessa specie ma gi nazionalizzati (1). Che se poi questi strumenti di produzione avessero invece una produttivit diversa, sia dal lato tecnico, sia per la diversa di- stanza dai mercati e dai luoghi di fornimento delle materie prime, sarebbe allora opera di giustizia togliere ai rispettivi esercenti (1) N vi .sarebbe con ci nessun pericolo di costruzione di opifici inutili, purch, uatunilmente, un tale indennizzo l'osse pagiito soltanto quando e fin- tantoch l'opificio avesse trovato un'impresa che lo mettesse in opera e continuasse aOCL\LE-E muni nemici, il mutuo riconoscimento e l'attitudine conciliatrice delle or- ganizzazioni degli operai e dei padroni, tutti questi benefici risultati pos- sono essere ascritti in gran parte alla esistenza di queste Working Class e altre Limiteds. Inoltre queste joini stock companies promosse, gestite e posse- dute da operai hanno dimostrato come la classe lavoratrice sia atta ad am- ministrare e dirigere imprese industriali Ma le Lancashire Limiteds hanno fatto ancor pi: Collo scegliere impiegati e amministratori da una classe senza un tenore di vita convenzionale e troppo elevato (cio daUa stessa classe lavoratrice), esse hanno ridotto i guadagni del lavoratore della mente al livello dei suoi effettivi bisogni cio alla spesa personale necessaria per il pieno ed effettivo uso delle sue facolt. I salari esagerati dati da azionisti delle classi superiori a impiegati pure appartenenti a queste classi le 2000 e 5000 sterline (50.000 e 125.000 fr.) all'anno -- sono stati rim- piazzati dalle paghe pi modeste di 200 a 400 sterline (5000 e 10.000 fr.) e ci senza detrimento visibile per la capacit o integrit . (Bbatbicb Potteb, The Coop, Mov. in G, B., 181-182). Sulla * importanza nazionale , che MODIFICAZIONI NELLA STRUTTURA SOCIALS-EOONOMICA ECC. 213 amministrazione e gestione delle rispettive imprese venisse ad efifettuarsi gradualmente, si da dare a queste masse il tempo e i mezzi di acquistare l'educazione e la pratica necessarie. La difficolt di trovare direttori e amministratori capaci e buoni impiegati di amministrazione noto quanto felicemente sia stata gi superata per le IVade-Unians, per tutte le singole cooperative di consumo, per le Vholesales, per le Working Class Limiteds; e, anzi, come quest'ultime collo scegliere i loro diret- tori nella classe operaia abbiano abbassato notevolmente i salari di questa specie particolare di lavoro intellettuale (1). Ne, invero, vi sarebbe bisogno per la scelta di questi direttori di ricorrere soltanto alla classe operaia, se pi facile fosse il trovarne dei buoni anche al di fuori di essa. Le difficolt di mantenere una stretta disciplina, un buon ac- cordo fra i soci, e simili, ancora ben pi facilmente che non adesso sarebbero superabili ove *" un buon sistema di condizioni normative , come direbbe il Wagner, condizione sine qua non airottenimento in esercizio degli opifici e capitali nazionalizzati, e la cui influenza salutare su tutta quanta la cooperazione di produzione in genere sarebbe di un'importanza da non potersi valutare mai abbastanza, venisse ad informare gli statuti e le disposizioni inteme di queste societ; fra le altre, ad es., a richiedere grandissima l'autorit del direttore (2). hanno avuto le cooperative di consumo inglesi ' as a training school for citizenship in ita widest sense ,, vedi ibid., 189. A questo proposito molto istruttivo il rafi^onto fra il triste pronostico che il Paul Leroy-Beaulieu verso il 1871, appunto movendosi dalla pre- supposta incapacit morale e intellettuale deiroperaio, faceva per le coope- rative di consumo {La question ouvrire aii XIX sicle^ Paris, Charpentier, Parte II, Gap. II), e lo sviluppo e la prosperit che esse hanno invece dipoi niggiunto. (1) Vedi nota precedente. (2) Le societ che vollero durare ed acquistare vigore dovettero adot- tare regolamenti severissimi e richiedere da tutti i soci Tordine e la som- missione la pi rigorosa; e fu d*uopo accordare estesi poteri al direttore che acquist per molti riguardi autorit poco diversa da quella che avrebbe avuta un padrone , (Rabbeno, Le coop. di prod,^ 87). Cosi, ad es., nella Bumley Self-Help Society il direttore attuale ha posto 214 CAPITOLO QUARTO Anzi, a rendere maggiore questa disciplina, potrebbe essere altro e ancor pi efficace provvedimento il far sa che il diret- tore di queste cooperative di produzione venisse ad essere no- minato e controllato, non gi dai soli lavoratori componenti ciascuna singola cooperativa, ma da tutti quanti i lavoratori del sindacato operaio di questo ramo d'industria (1) : come ap- punto avverrebbe nel caso in cui i capitali da mettere in eser- cizio venissero concessi, non gi a queste singole cooperativa, ma a questi vari sindacati, i quali poi con successive squadre dei propri membri venissero a costituire altrettante cooperative di produzione per l'esercizio dell'industria: in modo, appunto, che al potere disciplinare emanante dall'imprenditore capitalista o dalla societ dei capitalisti rappresentata dal suo direttore, cio da un ente estemo e diverso dalla collettivit o gruppo da disciplinare, venisse a sostituirsi un potere disciplinare del tutto consimile e non meno efficace emanante da tutto il sin- dacato operaio, interessato fortemente esso pure al buon anda^ mento di ciascuna singola cooperativa, e rappresentato analo- come condizione 8h$ qua non alla tua accettasione, e i membri di questa cooperativa di produzione hanno accontentito, di essere investito di pieni poteri e di non potere essere rimosso per dieci anni. Ogni controversia fra lui e il consiglio d^amministrazione eletto dagli operai deve essere sotto- posta all'arbitrato del direttore della English WhoUsU Society (Beatbick Potter, The Ooop. Mov. in G. jB., 141-142). (1) * In certi casi straordinari possibile che degli uomini nominino essi stessi il loro capo diretto, conservando il diritto di destitusione. Ma per i doveri che comporta la direzione d'una fabbrica, dove giorno per giorno e d'ora in ora devono esser prese delle disposizioni prosaiche e dove esistono sempre delle occasioni di malintesi, assolutamente inammissibile che il direttore sia l'impiegato dei diretti e che egli dipenda per la sua situazione dal loro buono o cattivo umore .. ' Tutte queste imprese della grande industria, quali grandi opifici di costruzione di macchine o di elettricit, grandi eibbriche di prodotti chimici, e altri analoghi, possono benissimo essere esercitate per delle associazioni alle quali tutti i loro impiegati (operai) potranno del resto appartenere ma esse sono assolatamente im- proprie alFesercizio associativo diretto da parte di questi (soli) impiegati , (Bernstein, Socialisme ihoriqu et sacialdmoeraUf prcUique, Paris, Stock, 1900, pag. 174, 175). MODIFICAZIONI NELLA STRUTTUBA SOCIALE-ECONOMIOA EGO. 215 gamente da questo direttore : cio un potere disciplinare emanante, anche in tal caso, da un ente estemo e diverso dalla collettivit da disciplinare, in quanto che i soci di ogni singola cooperativa non sarebbero di questo sindacato che una piccola minoranza (1). Insomma, evidente che questa condizione sine qua non al- l'ottenimento in esercizio degli opifici e capitali nazionalizzati, di un conveniente sistema di condizioni normative, potrebbe sempre riuscire a are adottare alle diverse associazioni operaie di pro- duzione tutti quegli statuti e disposizioni interne che fossero i pili atti ad assicurare loro un buon funzionamento e la pi com- pleta riuscita, non fosse altro, facendo loro adottare, ad es., statuti e disposizioni inteme analoghi a quelli che hanno assi- curato un tal buon funzionamento ed una tale completa riuscita alle societ anonime per azioni. Queste hanno, infatti, risolto un problema che all'atto pratico pareva molto difficile, cio quello di realizzare un'azienda produttrice in cui i pi direttamente in- teressati al suo buon andamento, gli azionisti, non prendono parte alla gestione, e in cui questa invece affidata a un sala- ci) Del tutto analogamente a quanto succede nelle Working Clftss Li" mUedSf nelle quali questo ente estemo e dTeno dal gruppo da disciplinare rappresentato dalla massa degli operai possessori delle piccole azioni di queste societ, della qual massa gli azionisti che lavorano in qualit di operai in queste stesse societ non sono che una minoranza (Ad es., 50 sopra 797 nella fabbrica di fruttagno, Hebden Bridge; 210 sopra 651 nella fab- brica di calzature, Kettering; 50 sopra 487 nella fabbrica confezioni, Ket- tering; 250 sopra 487 nella fabbrica di tessuti a maglia, Leicester: Bebhstsin, Soeialisme tharique et sociaidm. pratiquft 188). Anzi, bene spesso questa minoranza di operai-azionisti non pu, secondo lo stesso statuto sociale o l*uso prevalso, far parte del consiglio d*amministrazione (e non ha perci che il solo diritto di voto) precisamente per il proposito espresso di sot- trarre Tamministratore e gli altri incaricati della sorveglianza deirordine e della disciplina neiropificio dalla possibilit efifettiva di essere direttamente puniti 0 destituiti da quegli stessi operai che essi debbono appunto disci- plinare e airoccorrenza anche punire (Cfr. Beatricb Potter, The Coop. Mov. in G. B,, 140, 147-148, 152-153). E fra tutte le associazioni produttive operaie sono proprio queste che prosperano meglio, che non producono per il profitto dei soli loro operai impiegati, ma per quello " d*una generalit pi vasta , di cui questi operai non sono che una parte (Cfr. Bernstein, Wrf., 187). 216 CAPITOLO (iUAKTO riato, il direttore, spesse volte non possedente neppure un'azione della societ; e, ci non ostante, nella concorrenza cogli impren- ditori privati sono riuscite vittoriose (1). Ove dunque le coope- rative di produzione venissero a costituirsi su modello analogo a quello delle societ anonime verrebbero ad acquistarne tutti i vantaggi senza conservarne gli inconvenienti. Infatti, se i piii direttamente interessati al buon andamento dell'azienda, gli operai, non prenderebbero neppure ora parte diretta alla dire- zione e gestione degli affari, non diversamente dagli azionisti delle societ per azioni (2), lavorando per essi stessi a produrre i prodotti dell'azienda, potrebbero, a differenza degli azionisti che non possono far nulla, contribuire efficacemente al suo buon andamento col fare il massimo buon uso delle macchine, l'eco- nomia la pi scrupolosa delle materie prime loro affidate, col dare ai prodotti la massima accuratezza, col rendere inutili e quindi completamente risparmiabili le spese di sorveglianza che il salariato invece rende necessarie (3), col darsi insomma al la- (1) Il Wagner insiste pi e pi volte suirerrore di attribuire alle societ per azioni i vantaggi delle imprese private. Cosi, ad es., a proposito della qualit e del costo delle costruzioni in materia ferroviaria: * Non 8 riesce assolutamente a comprendere per qual ragione il personale superiore di direzione e quello che eseguisce i lavori debbano avere maggiore interesse ad una buona ed economica costruzione quando si tratta di ima societ per azioni che quando si tratta dello Stato. Anzi il consiglio di amministra- zione, la direzione, ecc. di una societ per azioni, dacch la loro responsa- bilit verso gli azionisti, quella cio di venire a capo deirimpresa con un determinato fondo di costruzione, quasi soltanto nominale, hanno molto meno interesse che gli impiegati governativi strettamente responsabili impossibile non riconoscere la profonda differenza che passa fra una societ per azioni e un*azienda privata propriamente tale , {La scienza delle finanze. 517, 518). Cfr. Beatrice Potter, The Coop. Mot, in G, B., 132. (2) "^ L*as8ociazione non implica mica che tutti i soci dirigano l'impresa, come non la dirigono tutti gli azionisti di una societ speculativa: al con- trario , (Radbeno, Le coop. di prod., 469). (3) * Se si potessero risparmiare le spese di sorveglianza od avere in ciascuno senza distinzione piena fiducia, sarebbe allora possibile di rivol- gere una forza ed un tempo infinitamente maggiori a lavori veramente utili , (RoscHER, GriindlageUf 94). E in quanto alla cernita stessa degli operai il Babbage nota quanto le MODIFICAZIONI NELLA STBUTTUBA SOCIALE ECONOMICA ECC. 217 voro con quello slancio e quell'amore che non pu davvero avere chi sa che questi risparmi, questa accuratezza maggiore, questa maggior produzione, hanno per unico risultato un maggior gua- dagno del capitalista imprenditore (1). Ci che interessa variare nel sistema economico attuale il modo di distribuzione del valore prodotto da una data azienda, non il sistema tecnico della produzione e dell'amministrazione e gestione di questa azienda : Si prenda, ad es., una societ ano- nima per azioni qualsiasi gerita da un direttore non azionista, la si lasci funzionare come ha fatto finora, soltanto ai bilanci della fin d'anno quella parte che va agli azionisti o ai posses- sori di obbligazioni come dividendo o interesse si distribuisca invece, detratto il fitto del capitale-tecnico allo Stato, agli operai, e la cooperativa di produzione esercente i capitali dello Stato gi bella e formata ; lo scopo di una distribuzione pi equa del prodotto completamente raggiunto, nonostante che nell'ordi- namento tecnico della produzione e della amministrazione e ge- stione nulla vi sia di cambiato: Metodi tecnici di produzione, autorit del direttore, unicit di direzione, quantit e qualit delle facolt di questo direttore, suo modo di retribuzione (per cooperative vi si mostrerebbero pi adatte che non le imprese private, per rinteresse che avrebbero tutti di non ammettere come soci che coloro che fossero meritevoli sotto tutti i rapporti, sopratutto per moralit e per in- gegno, e perch sarebbe men facile ingannare tutti quanti i soci che il solo proprietario o direttore attuale delle imprese private (vedi Stuart Mill, op. cit., 967). (1) " Lo sviluppo dcirimpresa capitalista rendendo pi numerosa la classe dei salariati e costituendo interessi pi o meno antagonistici, ha diminuito astai Tenergia del lavoro disinteressato dalla produzione Di qui Tescogi- tarsi di espedienti d*ogni genere (le varie forme del salario, ecc.) per dare artificialmente al lavoro queirenergia che necessariamente gli veniva a mancare . Mentre, invece: " L*interessamento dei lavoratori (nelle coope- rative di produzione) alla produzione e il grande eccitamento e migliora- mento che ad essa ne verrebbero sono riconosciuti da tutti (Rabbemo, Le coop, di prod,y 391, 448, 454). * Massima cura si ha per la quantit e bont del lavoro e specialmente per Tubo economico del materiale, l dove il lavoratore occupato per suo proprio conto , (Roschkb, Grundlagen^ 87). I 218 CAPITOLO QUABTO esempio, interessamento agli ntili (1)), disciplina dell'opificio, con- trollo dell'azienda (solo affidato ai lavoratori cooperatori o al sindacato operaio anzich agli azionisti), tutto potrebbe rimanere invariato ; di variato vi sarebbe solo il nuovo slancio di zelo e di amore al lavoro di cui i lavoratori sarebbero ora animati. Per cui dunque, concludendo, ben a ragione dicevamo che, tolta l'unica causa sostanziale, la mancanza di capitali e di stru- menti di produzione, che attualmente impedisce alla coopera- zione di produzione operaia di sorgere e diffondersi, tutto indur- rebbe a sperare che anche questa forma di cooperazione potrebbe assurgere ad uno sviluppo completo e ad una prosperit rigogliosa, e questa salutare tendenza sociale verso la libera cooperazione sotto tutte quante le sue possibili forme, cos non pi tratte- nuta dall' esplicarsi liberamente e pienamente, venire allora a dare tutti i migliori suoi frutti. X. Di una produzione maggiore e di una distribuzione migliore. Riassumendo, finalmente, i risultati a cui ci hanno condotto le ricerche precedenti, possiamo concluderne che in una tale struttura sociale-economica, quale potrebbe venire ad essere de- terminata da un nuovo ordinamento della propriet istituente un processo graduale e continuo di nazionalizzazione dei capitali accumulati dai privati, e da un libero e gratuito esercizio di questi strumenti di produzione e capitali in genere cog nazio- nalizzati da parte di volontarie associazioni di lavoratori indi- pendenti, tutto indurrebbe a ritenere: primo, che fra le nuove condizioni in cui verrebbe ora a svolgersi tutto quanto il pro- ci) "La prudenza quasi sempre raccomanda di dare ad un amministra- tore di afiari una rimunerazione in parte dipendente dai profitti . (Stuakt MiLL, op. cit., 730). MODITIOAZIONI NELLA 8TBUTTUBA SOOILS-EOONOMIOA BOO. 219 cesso della produzione sociale, quelle che tenderebbero ad au- mentarne la potenzialit di produzione, e quindi ad aumentare questa stessa produzione sociale, avrebbero un sopravvento no- tevole su quelle che si potrebbe temere potessero avere, invece, una tendenza a diminuirla; secondo, che la distribuzione delle ricchezze verrebbe nel tempo stesso notevolmente a migliorare. Quanto alla produzione delle ricchezze, infatti, di fronte a quelle condizioni che potrebbero avere una tendenza a diminuirla, e non consistenti, come abbiamo visto, che nella ora esaminata presupposta minor capacit degli operai alla amministrazione e gestione delle imprese, e nella presupposta immaturit della coo- perazione di produzione, starebbero preponderanti tutte le altre condizioni sopra esaminate che a questa produzione riuscirebbero, invece, indubbiamente ed eminentemente favorevoli, quali, ad esempio, come abbiamo visto: 1^ Quelle derivanti direttamente dal fatto in so stesso della propriet collettiva del suolo, degli strumenti di produzione e dei capitali in genere, come, ad es. : la fertilit diversa dei terreni ridotta da ^ limite pode- roso della produzione a fenomeno insignificantemente dannoso; le rendite Ricardiane fondiarie e i fitti differenziali degli strumenti di produzione rendenti piti uguali le condizioni della concorrenza, e quindi questa non pi micidiale e scoraggiante per gli agenti produttori artificialmente meno favoriti; le norme pi salutari per i sistemi di affitto dei terreni e degli altri strumenti di produzione; le norme nella concessione dei prestiti stimolanti alla co* stituzione di consorzi agricoli, i quali verrebbero a riunire per l'agricoltura i vantaggi della piccola e della grande coltura, alla costituzione delle associazioni compra-vendita della pic- cola industria, e magari, analogamente, alla riunione delle coo- perative di produzione in sindacati di produzione, ove essa non avvenisse di per s in misura sufficiente: costituzione di con- sorzi, di associazioni, di sindacati, che agevolerebbe l'organizza- zione della produzione e la sua coordinazione al consumo; la quantit maggiore di capitali che potrebbe venire ri- volta ad impieghi pi favorevoli agli interessi generali (agri- 220 CAPITOLO QUAETO coltura, industrie), che non allorquando questi capitali continuino ad appartenere ai singoli privati il cui tornaconto particolare pu far loro sfuggire questi impieghi e spingerli, invece, come li spinge oggigiorno effettivamente, a dirigere questi capitali in gran parte per vie che a questi interessi generali siano danno- sissime (capitali improduttivi di speculazione diretti alla distru- zione dei produttivi, creazioni di monopoli a scopo di sfrutta- mento, ecc.). 2^ Quelle derivanti direttamente dal fatto in s stesso della aumentata retribuzione del lavoratore in grazia della sua ricon- giunzione economica col suo strumento di produzione, come, ad esempio : la maggiore elasticit di compressione dei guadagni degli enti produttori contribuente anch'essa a rendere la concorrenza da micidiale e scoraggiante a emulazione effettivamente benefica; il maggior impulso dato allo sviluppo della cooperazione di consumo, che insieme al maggiore impulso ora accennato alla costituzione dei consorzi agricoli, delle associazioni di compra- vendita e dei sindacati di produzione agevolerebbe la suddetta coordinazione della produzione al consumo; la maggior produttivit del lavoro ben retribuito, grazie alla nutrizione abbondante e completamente ristoratrico che esso concede al lavoratore; di fronte a quello retribuito miseramente riducente il lavoratore ad una nutrizione fisiologicamente defi- ciente (1), e grazie *" all'affinato costume dell'operaio che esso produce, il quale ^ accresce anche pi decisamente la produtti- vit dell'industria consentendo l'impiego delle macchine piii de- licate e perfette (2). 3^ Quelle derivanti dalla rimozione delle principali cause ostacolatrici e distruggitrici degli agenti produttori, come, ad es.: la rimozione di quell'ostacolo e inceppamento alle industrie (1) NiTTi, Vecononia degli alti salari; * Riforma sociale ,, 10 e 25 ott., 25 nov. e 10 die. 1895; Valinuntaz. e la forza di lavoro; Loria, Analisi, \, 392 e seg. (2) Loria, La costituz. econ, od., 123-124. MODIFICAZIONI NELLA STRUTTURA SOCIALE-ECONOMIOA ECC. 221 e ai commerci e di quel compressore d'ogni stimolo al lavoro e al risparmio che sono le imposte ; il rialzo del tasso del profitto dei capitali produttivi pri- vati, quelli ancora restanti e quelli che di continuo verreb- bero a formarsi, per il cessare della somministrazione degli interessi ai capitali improduttivi dei debiti pubblici e di specu- lazione, e per il cessare dell' azione analoga diminutrice d' un tal tasso della rendita fondiaria, della rendita dell'area, del fitto dei capitali tecnici fissi delle merci di prima necessit, e delle imposte (direttamente se imposte sul profitto, indirettamente se imposte sui consumi); l'intensit sempre minore dell'opera micidiale della con- correnza di distruzione delle aziende produttrici minori per opera delle maggiori, in grazia dei fitti differenziali^ del maggiore agguagliamento in genere della potenza economica dei concor- renti, e della maggiore elasticit di compressione dei guadagni che darebbe a tutte le aziende produttrici maggior forza di re- sistenza ; il confinarsi entro limiti sempre pi angusti dell'opera nefasta dell'aggiotaggio in genere, per il restringersi continuo del suo campo d'azione e per l'attrattiva sempre maggiore per gli impieghi produttivi, e sopratutto il cessare dello sterminio dei capitali produttivi per opera dello strapotente capitale im- produttivo di speculazione. 4^ Quelle derivanti dalla maggiore alacrit con cui verrebbe spinta l'accumulazione di sempre nuovi capitali: in primo luogo, per la maggiore efficacia a spronare al risparmio della prelevazione nelle successioni progressiva nel tempo, o di qualsiasi altra consimile prelevazione nelle succes- sioni corrispondente come ad un brevetto di accumulazione a durata limitata a quanto strettamente necessario e sufficiente, in' confronto al diritto di testare attuale, corrispondente come ad un consimile brevetto ma a durata illimitata; in secondo luogo, per la possibilit a risparmiare in cui verrebbero posti un numero molto maggiore di individui quando, per la ricongiunzione economica del lavoratore col suo stru- mento di produzione, venisse ad aumentarsi la retribuzione di 222 CAPITOLO QUARTO quest'ultimo, posBibilit che verrebbe energicamente stimo- lata ad attuarsi dal dover ricostituire prima dell'epoca del rim- borso i capitali concessi a prestito dallo Stato; e, in genere, per potere lo stato di una societ, * in cui sia un gran numero di fortune moderate senza che alcuna grande prevalga , ^ essere per avventura considerato come il pi favorevole all'accumula- zione , in confronto a quello delle societ in cui sia *" un numero piccolo di uomini ricchissimi , appunto per la impossibilit al risparmio dei poveri e per la troppo debole inclinazione ad esso dei ricchi (1); in terzo luogo, per la capitalizzazione di redditi che sa- rebbe costituita dai prestiti di capitali effettuati colla porzione dei redditi dei beni nazionalizzati a ci destinata: redditi che oggi, invece di capitalizzarsi, vanno spesi per la maggior parte nei consumi voluttuari e nelle dissipazioni dei ricchi. 5^ Quelle derivanti, infine, dalla maggior produttivit del lavoro libero in confronto del lavoro coatto, e, pi in genere ancora, dalla maggior produttivit di un regime di equit maggiore di fronte ad uno di equit minore. Non altro, infatti, gi lo sappiamo, che lavoro coatto vero e proprio quello degli attuali operai salariati non inte- ressati alla produzione, che bisogna incitare artificiosamente e malsanamente coi salari a cottimo, e simili; e ben misera non pu non essere la produttivit loro in confronto a quella di la- voratori indipendenti, interessati vivamente alla prodozione, perch liberi di spartirsi unicamente fra loro tutto il valore da essi prodotto col loro lavoro e di avvantaggiarsi essi soli di ogni miglioramento introdotto, di ogni risparmio fatto, di ogni au- mento ottenuto nella produttivit del loro lavoro : * Chi pu dire a quale infinita potenza potrebbe essere portata la produttivit del lavoro da ordinamenti sodali, che assicurassero ai produt- tori della ricchezza la loro giusta parte dei vantaggi e dei go- dimenti che essa procura? (2). (1) Giacomo Mill, op. cit., 725, 726. (2) Henry George, Frogr, e povert, 575. ' Fino a che ogni operaio sentir che con nna intensit d lavoro mag- MODIFICAZIONI NELLA 8TRUTTUBA 80GIALE-EC0N0MICA EOO. 223 Ed appunto perch il salariato, associazione coattiva di pro- duzione, bench la pi mitigata, pi non sarebbe atto, secondo il Loria, oggi che per il fenomeno incessante della decrescente produttivit dei terreni ultimi messi a coltura le difficolt della produzione verrebbero a trovarsi ancora accresciute, ad as- sicurare alla nostra societ la quantit adeguata di produzione, causa precisamente il poco stimolo con cui eccita i salariati al lavoro, che questo autore, come noto, preconizza l'avvento dell'associazione libera di produzione, la quale, eccitando di nuovo zelo i lavoratori, soddisfi alle esigenze odierne di questa pro- duzione. Come il salariato, pi mite, sarebbe successo al ser- vaggio, e questo alla schiavit, perch, merc questi passaggi mitigatori della coazione, veniva assicurata una produttivit mag- giore e una maggiore e nuova vittoria del lavoro umano sulle difficolt di produzione, di continuo accrescentisi causa sempre questa produttivit decrescente delle nuove terre successiva- mente messe a coltura; cosi oggi, sospinta dall'enorme aumento della popolazione, che la procreazione imprevidente, propria al salariato, ha cagionato ; sospinta dall'impellente problema di una maggior produzione, che questa popolazione accresciuta e la nuova decrescenza nella produttivit delle ultime terre, rendono ben arduo a risolvere, l'umanit giuocoforza venga, sempre se- condo questo autore, a compiere un altro passo ancora della sua evoluzione, e al salariato venga a sostituire l'associazione libera dei lavoratori indipendenti : * Per tal modo il grado di pr- giore 6gli non fa che aggiungere alla potenza di oppressione di una classe privilegiata; fino a che ogni salariato si avvedr che con uno sforzo di la- voro addizionale, non tenuto a calcolo nel suo salario, egli viene a costrin- gere un suo compagno operaio ad accettare salari pi bassi o a forzarlo a una tensione d lavoro intollerabile dovremo sempre aspettarci la poli- tica disastrosa delle TVmde-UmaHs pi ignoranti, politica disastrosa ancor pi osservabile nelle abitudini degli operai non organizzati, minante la prosperit dell*industria inglese con uno sforzo collettivo inteso ad abbas- sare la quantit e produttivit del lavoro, in luogo della politica illuminata di elevare la quantit e qualit dello sforzo umano in ciascun singolo ope- raio e con ci elevare il tenore di vita di tutta Finter classe lavoratrice , (Beatrice Potteb, The Coop. Mov. in G. B., 221-222). 224 CAPITOLO QUARTO duttivit deirassociazione coattiva del lavoro, necessario ad in- tegrare il grado di produttivit della terra coltivata, si ottiene meccanicamente col metodo di soppressione della terra libera, determinato dal grado corrispondente di produttivit della terra incolta. Questo equilibrio meccanico cessa per nel momento in cui si raggiunto un modo di soppressione della terra libera (l'attuale) che assicura il massimo prodotto ottenibile dal lavoro coattivamente associato, poich appena una nuova decrescenza nella produttivit della terra rende necessaria una forma eco- nomica pi produttiva, impossibile di trovare alcun metodo di associazione coattiva del lavoro che presenti una maggiore produttivit. Perci, a questo punto, l'associazione coattiva di lavoro, o la soppressione della terra libera, che ne forma il sub- strato, deve essere infranta perch inadeguata ad assicurare una produzione sufficiente ; e sulla base della terra libera ristaurata deve istituirsi l'associazione di lavoro spontaneo, la quale diviene appunto ora possibile, poich l'attenuazione stessa nella produt- tivit della terra fa cessare la causa che l'aveva esclusa nei pre- cedenti periodi della economia. L'associazione di lavoro, che per tal modo si forma, sopprime poi ad un tratto tptti quei limiti, che l'associazione coattiva imponeva alla produttivit del lavoro umano, e porge alla efficacia tecnica di quello un impulso vigo- roso, che neutralizza ogni influenza del limite crescente della natura; onde la legge della produttivit decrescente, gi cosi poderosa in seno alla economia dissociata ed alle varie forme di soppressione della terra libera, si ecclissa o si adima sotto l'azione di una forma sociale superiore Di qui l'ultima e pi adeguata forma della evoluzione sociale, forma in cui la concor- renza e libert illimitata dell'economia capitalista si disposa all'accumulazione limitata delle forme economiche anteriori; in cui il valore determinato dal lavoro effettivo e il prodotto si distribuisce fra i produttori in ragione della quantit di lavoro da essi contribuito; in cui delle usurpazioni violenti, dovute alla appropriazione dell'uomo, o di quelle celate, dovute alla appro- priazione della terra, non si ravvisa pi traccia; in cui le con- tese volgari per la conquista della ricchezza, onde la storia so- MODIFICAZIONI KELLA STRUTTUBA SOCIALE-ECONOMICA ECO. 225 ciale profanata, si acquetano in un sistema economico non pi brutale ma umano (1). Ora, pur rigettando, come vedremo, non differentemente da quella del Marx, anche questa nuova teoria economico-fatalistica del Loria, cio, dell'avvento fatale d'un tal regime della terra libera per opera del solo fattore tellurico-economico e indipen- dentemente, quindi, del tutto, da ogni e qualsiasi modo d'essere del fattore della coscienza sociale (2), e pur non potendo ri- conoscere , nel tempo stesso, nemmeno che un tal regime della terra libera potrebbe bastare da solo ad inaugurare questa as- sociazione libera dei lavoratori (3), sta il fatto, tuttavia, che un processo graduale e continuo di nazionalizzazione, quale, ad es., quello qui presupposto, venendo effettivamente a costituire, in misura sempre maggiore sia assolutamente che relativamente, un regime di comunit e gratuit degli strumenti di produzione ancor pi completo di questo regime della terra libera, verrebbe a presentare di quest'ultimo, e del lavoro libero sua conseguenza, tutti i vantaggi stessi che da esso si ripromette il Loria per quanto concerne questa produttivit del lavoro umano in genere : Ad ogni morte di uomo, infatti, nuove terre, nuovi strumenti di produzione, nuovi capitali in genere, svincolati dalla propriet privata, diverrebbero liberamente disponibili a nuovi lavoratori, e questi, liberi allora di spartirsi tutto il valore da essi pro- dotto, pi ad alcuno non ne rilascerebbero nessuna parte sotto forma di profitto o di interesse, e perci stesso alla massima alacrit e diligenza di lavoro sarebbero incitati a completo be- neficio della produzione sociale totale. Ne ci soltanto, che alla superiorit produttrice del regime futuro sul regime del salario per la produttivit maggiore del lavoro libero di fronte al coatto, verrebbe ad accompagnarsi, come dicevamo, in tesi ancora pi generale, la superiorit sua rispetto al regime borghese in tutto il suo complesso, per le ragioni stesse, ancora pi comprensive, che fecero la supe- (1) Loria, Anaisi, II, 460-461, 465. (2) Vedi ultimo capitolo. (3) Vedi capitolo VI. BlOHA!fO. 15 { 226 CAPITOLO QUABTO rort del regime borghese rispetto al feudale, cio d'un regime alquanto pi equo rispetto ad uno meno equo ancora: La maggiore uguaglianza, infatti, nelle condizioni iniziali artificiali della corsa verso il successo, la maggiore possibilit data cos a un numero sempre pi grande di persone di elevarsi nel rango sociale, e le retribuzioni sempre pi corrispondenti al merito che in tal modo ne conseguirebbero, porrebbe un tal nuovo regime di fronte al regime borghese attuale, il quale rende cos disuguali queste condizioni iniziali artificiali, concede questa possibilit effettiva di elevazione solo a pochi, escluden- done efifettivamente la grandissima maggior parte degli appar- tenenti per nascita alla classe proletaria, e f a che ben poco corrispondente al merito sia la retribuzione dei singoli individui, in ispecie di quelli posti dalla sorte ai due estremi della scala sociale, il lavoratore proletario e l'erede capitalista, neUa stessa relazione, per quanto riguarda la produttivit, che questo regime borghese al feudale, il quale questa possibilit di ele- varsi non concedeva addirittura a nessuno delle caste inferiori, e il quale le retribuzioni e il rango sociale, anzich dal merito, almeno in parte e per alcuni, non faceva invece dipendere, esclu- sivamente e per tutti, che dal caso della nascita: Quanto mag- giormente corrispondente, infatti, e per il maggior numero pos- sibile d individui, la retribuzione al merito, tanto maggiore, e per un numero sempre crescente di individui, l'incentivo a ren- dersi utili alla societ; e quanto pi uguali le condizioni iniziali artificiali della corsa verso il successo, e quanto maggiore di conseguenza il numero degli individui possibilitati e agevolati ad elevarsi per proprio merito nel rango sociale, tanto pi libero lo svolgimento di tutte le diverse attitudini individuali, tanto pi facilitata l'utilizzazione massima dei migliori nei lavori e nei servigi pi elevati e pi utili, e tanto pi probabUe d conse- guenza il rendimento o effetto utile massimo, rispetto alla pro- duzione sociale totale, di tutte le forze, di tutte le attitudini e di tutte le intelligenze esistenti nella societ. Ci, dunque, tutto questo complesso ora esaminato, per quanto riguarda la produzione delle ricchezze. E per quanto riguarda, invece, la loro distribuzione, a ren- MODIFICAZIONI NELLA STRUTTURA SOCIALE-ECONOMIGA EOO. 227 derla, nel tempo stesso, come sopra dicevamo, notevolmente mi- gliore, concorrebbero d'altra parte e contemporaneamente: la rapidit di scumulazione delle (fortune private propria d'ogni ordinamento della propriet conformato a guisa di bre- vetto di accumulazione a durata limitata a quanto appena ne- cessario e sufficiente; la maggiore uguaglianza per tutti nelle condizioni iniziali artificiali della concorrenza, e l'intensit e l'estensione sempre minori delle piii attive influenze peggiorative della redistribuzione dovute alla speculazione malsana; l'eliminazione graduale e continua di ogni parassitismo, cio la devoluzione in misura sempre maggiore alla comunit tutta quanta, anzich ad una minoranza minuscola di parassiti, delle rendite Ricardiane differenziali, naturali o acquisite, o di mono- polio, degli aumenti di questa rendita fondiaria e della rendita dell'area, delle pigioni degli immobili urbani (rendita dell'area e interesse del capitale speso nella costruzione), degli interessi dei capitali tecnici non suscettibili praticamente di venire an- nuHati, e degli interessi dei debiti pubblici per Testinzione gra- duale di questi ultimi; e, infine, il passaggio nella comunit e gratuit degli stru- menti di produzione e delle anticipazioni sussistenze (capitali salari), cio la rcongiunzone economica del lavoratore col suo strumento di produzione. Risultato, questo, d'una distribuzione migliore, che dobbiamo ritenere effettivamente, per le considerazioni che andiamo ora a svolgere nel capitolo che segue, non meno importante e non meno benefico di quello d'una produzione maggiore. CAPITOLO V. Della dstrbuzione delle ricchezze attuale Che oggi, coll'ordinamento della propriet attuale (1), la disu- guaglianza nella distribuzione, anzich diminuendo, vada invece aumentando, una questione, come noto, che, sostenuta dagli uni, pur negata vigorosamente dagli altri. Qui non potremo fare altro che riassumere brevissimamente i principali dati e risultati che hanno raccolto e a cui sono giunti alcuni autori fra i pi noti, onde servircene per alcime brevi e necessarie considerazioni. Intanto, per, quello che per prima cosa va osservato, si che la questione viene in genere mal posta per due lati diversi : In primo luogo, non si definisce per lo pi esattamente ci che devesi intendere per una maggiore o minore disuguaglianza nella distribuzione delle ricchezze, quindi non si ha alcun criterio esatto di saggio dei dati statistici che vengono portati in ap- poggio dell'una o dell'altra tesi: cosi, ad es., verte vivace la disputa se la media dei salari reali delle masse lavoratrici sia 0 no andata aumentando in questa seconda met di secolo e si confonde a torto una tale questione con quella, ben diversa, (1) * La distribuzione delle ricchezze fa sempre e sar sempre un pro- dotto deirordinamento del diritto vigente per la propriet e cambia perci con esso , (Wagner, Orundlegung, dritte Aufl., zw. Theil, 246). ' Le leggi che regolano la distribuzione della ricchezza prodotta sono in tutto od in parte istituzione umana , (Thorold Rooerb, Interprtation con. de VhisL, 206). DSLLA DISTRIBUZIONE DELLE RICCHEZZE ATTUALE 229 se la disuguaglianza nella distribuzione delle ricchezze sia andata in questo stesso periodo aumentando o diminuendo; giacch, evidentemente, ed qui appunto che si manifesta la necessit di definire esattamente ci che intendesi per questo andare aumentando o diminuendo di tale disuguaglianza, anche un aumento dei salari, sopratutto se lieve, quale anche nell'ipotesi migliore sarebbe l'aumento verificatosi in questi ultimi anni, non implica affatto di per s ima distribuzione delle ricchezze meno disuguale, ma potrebbe anzi coincidere benissimo con una distribuzione ancor pii disuguale di quando questi salari erano a un livello pi basso. In secondo luogo, questi miglioramenti nelle condizioni delle masse proletarie in genere, o magari anche questa maggiore uguaglianza nella distribuzione delle ricchezze, i patrocinatori dell'attuale regime si danno cos gran pena a cercare di dimo- strarli, perch secondo costoro una tale dimostrazione dovrebbe costituire da sola l'argomento pi formidabile contro le aspi- razioni socialiste e contro l'organizzazione del proletariato in classe a s (1): il che, evidentemente, un assurdo, giacche miglioramenti e minore disuguaglianza, anche se fatto reale, non escluderebbero miglioramenti e minore disuguaglianza ulteriori che il proletariato si prefiggesse di raggiungere in misura pi notevole e pi rapidamente con un nuovo ordinamento sociale, sopratutto con un nuovo ordinamento della propriet ; e i miglio- ramenti, se effettivi, dal proletariato strappati alla classe capi- ci) * Gli avversari del socialismo avevano indicata come inutile pei po- veri e come dannosa per Tincremento della civilt, in tutti i suoi aspetti multiformi, Tuguaglianza delle fortune. Ma quando meno attendevasi, Tevo- luzone nel campo nemico si avverata: economisti e statistici hanno fatto un mutamento di fronte e visto che i produttori affamati non s acquieta- vano all'idea di contribuire colle loro forzate privazioni airincremento della scienza, delle arti e del benessere degli altri, essi hanno abbandonato gli antichi argomenti, e sono venuti ad affermare che Tuguaglianza delle condizioni non solo un bene, ma anche un bene in continua e progres- siva realizzazione. Ne concludono che i socialisti hanno torto a scalmanarsi ed a proporre sovvertimenti pericolosi per conseguire uno scopo che gi siamo in via di ottenere senza nulla mutare nella presente organizzazione sociale , (CoLAiAMNi, Il Socialismo^ Palermo, Sandron, 2* ediz., pagg. 147-148). 280 CAPITOLO QUINTO talista, anzich argomentx) a sfaTore, sarebbero inece potente argomento in favore di questa organizzazione del proletariato come classe economica a se in lotta con tutte le varie sotto- classi capitaliste coalizzate a propria difesa, giacch di questa organizzazione starebbero appunto a dimostrare i buoni risultati finora ottenuti, e la conseguente sua possibilit di pervenire a risultati ulteriori ancora pii grandi. Certo, non sono soltanto gli autori socialisti che affermano questo andare aumentando della disuguaglianza nella distribuzione delle ricchezze (1). Ma prima di volgerci ad esaminare quel tanto di (1) ** Si dimostrato, dice il OairneB, che neirordine dello sviluppo eco- nomico il fondo mercedi di un paese cresce pi lentamente del suo capi- tale generale. Appare quindi che il fondo disponibile per coloro che vivono del lavoro tende, nel progresso della societ, mentre diventa veramente pi grande, a diventare per una frazione costantemente minore dell* intera ricchezza nazionale La conclusione che, disuguale come gi la di- stribuzione della ricchezza nel nostro paese, la tendenza del progresso in- dustriale supponendo si mantenga la presente separazione fra le elassi industriali (capitalisti e salariati) verso una disuguaglianza ancora mag- giore. I ricchi diventeranno pi ricchi, ed i poveri, almeno relativamente, pi poveri. Pare a me, fatta astrazione assoluta degli interessi del lavora- tore, che queste non siano condizioni che diano una solida base per uno stato sociale progressivo (Cairnbs, Principi, 193). ' Pur troppo non si pu negare che appunto all'apogeo dello sviluppo sociale sussistono in gran numero tendenze potenti che, se non vengono a contrapporvisi forze sanative preponderanti, fanno i ricchi sempre pi ricchi ed i poveri, almeno relativamente, sempre pi poveri , (Roscheb, Grundlagen der Nat. dkon., 184). * uno dei lati pi tristi dello stato sociale del nostro paese che Tau- mento costante delle ricchezze delle classi elevate e Taocumulazione dei capitali siano accompagnati da una diminuzione della potenza di consuma- zione del popolo e da una ognor pi grande somma di privazioni e di sof- ferenze nelle classi povere (Gladstomx, suo famoso discorso alla Carne dei Comuni ; in De Lavblbte, Le socialisme eoniemporainj Paris, Alcan, 1896, pagg. XLIII-XLIV). ** La produzione si accresciuta al di l delle speranze le pi eccessive 0 ci non ostante pare pi lontano che mai il giorno in cui Toperaio ne otterr una larga parte, e nella sua miserabile dimora la sua lotta contro il bisogno e la miseria h cos dura come sempre. Ne risultato un'ostilit profonda contro i principi fondamentali sui quali riposa la societ . (Fawcitt, citato Jd,^ xLiv). DELLA DISTRIBUZIONE DELLE RICCHEZZE ATTUALE 231 cifre che appena basti per farci almeno un'idea dell'andamento delle cose, dobbiamo prima accordarci, come dicevamo, su ci che devesi intendere esattamente per un aumento o una dimi- nuzione in questa disuguaglianza. Diverse sono le definizioni dir cos matematiche che possono darsi per l'aumento o diminuzione della disuguaglianza nella distribuzione : Cos, ad es., pa dirsi che la disuguaglianza cresce quando l'ammontare totale dei redditi sorpassanti il reddito medio (red- dito totale diviso per il numero degli abitanti o delle famiglie) cresce rispetto all'ammontare totale dei redditi inferiori a questo reddito medio. Secondo questa definizione un aumento anche in tutti quanti i redditi inferiori pu dunque coincidere con un aumento nella disuguaglianza. Oppure pu dirsi che questa disuguaglianza cresce quando quella somma dei mommti dei redditi massimi (dicendo momento d'un reddito il prodotto dell'ammontare di questo reddito per il numero degli individui che ha un tal reddito) che uguaglia la somma dei momenti dei redditi minimi (ad es., tutti quelli al di sotto della media dei redditi inferiori al reddito medio generale, o anche tutti quelli al di sotto semplicemente di questo reddito medio generale) comprende un numero di individui (cio il nu- mero dei pili ricchi) sempre pi piccolo in confronto al numero di individui compreso nell'altra somma (cio in confronto al numero dei pili poveri). Cos, se in una data epoca i redditi minimi fossero stati di 500 e 1000 lire annue, e gli individui che avevano tali redditi fossero stati rispettivamente un milione i primi e un milione i secondi; e^ i redditi massimi, la cui somma dei momenti avesse uguagliato quella di questi redditi minimi, fossero stati di un milione e due milioni di lire, e gli individui aventi tali redditi fossero stati rispettivamente 1000 e 250; cosicch: 500 X 1.000.000 + 1000 X 1.000.000 = reddito noniero reddito nnmern di indiTdni di indTidai = 1.000.000 X 1000 + 2.000.000 X 2.50; reddito nomer reddito nainero di iadividni di indiTdoi 232 CAPITOLO QUINTO e se dopo un dato numero di anni questa uguaglianza delle somme dei momenti dei redditi massimi e minimi fosse venuta ad essere la seguente: 500 X 2.000.000 4- 1000 X 500.000 = reddito numero reddito nomer di indiridai di individui = 5.000.000 X 200 + 10.000.000 X -^0 ; reddito numero reddito namero di indiridui di indiridui oppure la seguente: 500 X 800.000 + 1000 X 1.000.000 + 1300 X 400.000 = reddito numero reddito namero reddito numero di individui di individui di individui = 1.000.000 X 1000 + 2.000.000 X 150 + 10.000.000 X 60 + 20.000.000 X 1 ; reddito numero reddito numero reddito num. di individui di individui di indiv. allora, secondo questa definizione, si dovrebbe dire che la disu- guaglianza sarebbe andata aumentando, appunto perch le pro- porzioni del numero dei pi ricchi a quello dei pi poveri neces- sario a contrapporre un reddito complessivo uguale sarebbero ... . 1250 250 1211 X 1 on rispettivamente ^^^^^^, -^-^^^^ e g^mooo' CK> minori nel 2 e nel S^ caso che non nel primo (1). (1) A tale proposito, non si potr mai insistere abbastanza sulla grande utilit che avrebbero i diagrammi o curve dei redditi: basterebbe a co- struirli riportare suU'asse delle ascisse le varie percentuali degli individui aventi i diversi redditi, facendo partire dallo zero la percentuale degli in- dividui a redditi minimi, dall^aseissa ultima di questi redditi la percentuale degli individui con i redditi immediatamente maggiori, e cos via; e portare come ordinate i redditi stessi. Ne nascerebbe una curva avente airincirca la forma d'un* iperbole, colVascissa e l'ordinata di ascissa 100 per asintoti. L'area compresa fra l'iperbole e le coordinate-asintoti rappresenterebbe il reddito totale; e la riduzione di quest'area nel rettangolo di base l'ascisia massima 100 darebbe nell'altezza di questo rettangolo il reddito medio. Le diverse curve che venissero costruite a uguali intervalli di tempo met- terebbero il variare della disuguaglianza della distribuzione sotto una forma sensibile di grande evidenza. Queste curve, secondo la legge empirica dei redditi del Pareto, sarebbero DELLA DISTRIBUZIONE DELLE BICmEZZE ATTUALE 233 Ma quando si parla di uguaglianza o di disuguaglianza nella distribuzione delle ricchezze pu non bastare il considerare sol- tanto la quantit del reddito, ed essere invece utilissimo il con- siderarne anche la qiMlit. E cos rispetto a questa qualit pu dirsi che la distribuzione peggiora quando il rapporto fra la somma totale dei redditi retributori del puro lavoro, materiale e intellettuale, e la somma totale dei redditi appartenenti alla categoria delle rendite Ricardiane, differenziali o di monopolio, e alla categoria dei profitti e degli interessi del capitale (redditi i primi, cio le rendite Ricardiane, che sono goduti senza dare in contraccambio nessuna prestazione; redditi i secondi, cio gli interessi del capitale, che alla morte dell'effettivo accumulatore del capitale vengono goduti anch'essi senza prestazione da parte degli eredi di nessun servizio alla societ), quando questo rap- porto, dico, va diminuendo. Il peggioramento della distribuzione compreso in questa terza definizione funesto principalmente perch rappresenta appunto una ricompensa sempre maggiore che vien data all'ozio e ima ricompensa sempre minore, almeno relativamente, che vien data al lavoro. l' aiunento di disuguaglianza compreso, invece, nella prima o nella seconda definizione, o in altre simili che si potrebbero dare, funesto principalmente perch (all'infuori delle gravissime perturbazioni nell'economia del processo produttivo che, come vedemmo, ne sono una stretta conseguenza), denotando che una quantit sempre maggiore di godimenti superflui viene a river- sarsi sopra un numero sempre minore di individui, mentre sopra un numero sempre maggiore di proletari viene a riversarsi una quantit sempre minore, almeno relativamente, di soddis- fate dalla equazione: LogN = LogA Log (a? -j- a); dove: N= numeri individui aventi un reddito superiore a x (x 72 fortune fondiarie da 12-6 V2 milioni di fr. rappresentanti nel loro insieme . . . 4.576 1011 18.189 , nelle quali cifre non compresa la propriet urbana (1). E questi 18 miliardi rappresentavano poco meno della met del va- lore complessivo della terra agricola di tutto il Regno Unito, ammontante nel 1885, secondo il Giffen, a 42.275 milioni di fr. (1.H91 milioni di sterline) (2). Dai risultati concordanti che abbiamo ottenuto per la Ger- mania, il Massachussets, Tinsieme degli Stati Uniti, e l'Inghil- terra, presi ad esempio, si vede come la grandissima maggior parte della ricchezza totale, dall' 85 al 95 ^/o , sia concentrata in pochissime mani, 10, 5, e ancor meno, per 100. I dati ulteriori che andiamo non meno rapidamente ad esaminare ci mostreranno che, diminuisca o si accresca, a seconda dei diversi periodi economici, a seconda sopratutto dell'imperversare delle crisi economiche 0 del transitorio svilupparsi prosperoso delle industrie 0 dei commerci, questa piccola percentuale dei ma- gnati del capitale, la proporziono del capitale da essa posseduta al totale va di continuo crescendo, e di continuo crescendo va pur anco la porzione del prodotto sociale totale che va alla pr- priety sotto forma di rendita, interesse, 0 profitto, rispetto a quella che va invece al lavoro. (1) Dk Fovillk, Les grandes fortunes en Angleterre, * Journal de la So- it de Statistique de Paris ,, octobre 1893, pag. 372. (2) llie Groirth of Capital, 43. 268 CAPITOLO A'INTO La tabella sopra riportata per il Massachussets ci mostra, ad esempio: In primo luogo, che nella stessa popolazione proprietaria il numero dei pi ricchi aumenta in proporzione pi rapidamente che quello dei meno ricchi: Cos, mentre dal 1829-31 al 1889-91 la percentuale dei ricchissimi (pi di 500.000 fr.) viene pi che a quintuplicarsi (da 0.30 a 1.67), la percentuale dei ricchi (50.000-500.000 fr.) viene poco pi che a raddoppiarsi (6.05 a 14.80), quella dei proprietari di fortune mediocri (5000-50.000 fr.) aumenta solo da 42.43 a 55.89, e quella dei paria di questa classe proprietaria (meno di 5000 fr.) viene a ridursi quasi della met (da 51.22 a 27.07), assottigliandosi in tal modo, di con- tinuo, questo anello di congiunzione fra la classe proletaria e la proprietaria. E queste cifre dimostrano precisamente che anche allorquando resti ferma la percentuale del numero dei proprietari relativamente a quella dei proletari, lo sfruttamento di questi ultimi da parte dei primi va aumentando e rapida- mente ; e che di continuo va dunque crescendo il vantaggio che per questi proletari sarebbe apportato dalla riduzione in pro- priet collettiva di questi patrimoni; eliminante un tale sfrut- tamento. In secondo luogo, e conseguentemente, la tabella stessa ci dice che la ricchezza tende continuamente ad accentrarsi nelle classi ricche e ricchissime : mentre, infatti, nel primo periodo la ricchezza nazionale era ripartita alle classi I, II, III, IV, ri- spettivamente, pel 4.16, 34.70, 39.58 e 21.56 ^/o; ora invece queste percentuali divengono 1.16, 18.52, 37.46 e 42.86. E questo accentramento ci porta a concludere che tanto pi facile di conseguenza sar per il proletariato la riduzione in propriet collettiva delle fortune private. Questo fenomeno che nella stessa popolazione proprietaria il numero dei pi ricchi aumenta in proporzione molto pi rapida di quello dei mono ricchi, e che quindi la quantit totale di capitale posseduta da questi magnati si accresce molto pi rapi- damente della quantit complessiva del capitale di tutto il paese, aumentando cos di continuo la sua proporzione rispetto a questo capitale totale, si presenta non meno spiccato anche per tutti DELLA DISTBIBCZIONE DELLE RICCHEZZE ATTIAXE 269 quanti gli altri paesi a produzione capitalista piii sviluppata. Basti citare ancora un solo esempio, quello deiringhilterra: In questo paese, nelle successioni apertesi nel periodo decennale 1863-72, le fortune, le mobiliari soltanto (personalty), che superavano le 250.000 sterline (6.250.000 fr.) erano 162; mentre nel periodo 1873-81 esse erano 208; presentando cio un aumento di pi del 30 %. E le fortune da 250.000-500.000 sterline (6.250.000-12.500.000 fr.) erano aumentate da 126 a 170, con un aumento, cio del 36 % (1). Invece quelle di 500.000- 1.000.000 (12.500.000-25.000.000 di fr.) e quelle superanti il mi- lione (25.000.000 fr.) che erano state rispettivamente 25 e 10 nel periodo decennale 1863-72 (ibid., 63) furono rispettivamente 96 e 28 nel periodo pure decennale dal 1884-85 al 1893-94 (2); le prime cio aumentavano del 384 %, e del 280 ^/o le seconde. Ove va rammentato che qui si tratta della sola fortuna mobiliare (personali jf); e che non vi sono comprese neppure quelle fortune mobiliari dei patrimoni misti, cio in parte mobiliari e in parte immobiliari, i quali pur superando tali ammontari nel loro com- plesso, non li raggiungono colla sola loro porzione mobiliare. La somma dei momenti di questi patrimoni massimi al di sopra di 12.500.000 fr. aumentava, dunque, prendendo, per attenersi al minimo possibile, come media dei patrimoni superiori ai 25.000.000 fr. questo stesso ammontare di 25.000.000 fr. (3), da: 2^ ^ 12j0a00_0 + 25.000.000 _^ ^Q ^ 25.000.000 = 718.750.000 fr., a : 96 X ^ Ji^QQQQQ + 25.000.000 ^ 28 X 25.000.000 = 2.500.000.000, da 700 a 2500 milioni, cio del 257 % in un intervallo medio di 21 anni. E ci mentre il capitale totale ammontava nei venti (1) Wallace, Bad Times, 63. (2) ** Statistica! Abstract ,, Forty-Second Number, 39. (3) Bench, ad cs., nel solo 1887-88 ben due siano state le successioni su- periori ai 75 milioni di fr. ciascuna, e una superiore ai 45 milioni (Leboy- Bbaulieu, Rp. des Rich., 529). 270 CAPITOLO QUINTO anni dal 1865 al 1885 da 6.113 a 10.037 milioni di sterline (1), cio del 63.9 ^/o, rapidit d'aumento quattro volte minore della precedente. Inoltre, circa nella stessa proporzione di questa somma dei momenti dei patrimoni massimi aumentava di conseguenza anche la somma dei momenti dei redditi di questi patrimoni; e circa nella stessa proporzione del totale del capitale aumentava anello il suo reddito complessivo. Ma se nella somma dei momenti dei redditi delle classi agiate in genere cresciuta pi rapida- mente del totale la somma parziale dei momenti dei redditi mas- simi, ci significa che l'ammontare della somma complessiva cresciuto pi rapidamente del numero dei componenti queste classi agiate ; invece, se vero che gli ultimi strati della classe proletaria non hanno in nulla migliorato la loro condizione, 0 magari l'hanno peggiorata, cio vuol dire che l'ammontare della somma dei momenti dei loro redditi cresciuto soltanto proporzionalmente, o meno che proporzionalmente, del numero di questi stessi proletari; e che, di conseguenza, il numero loro necessario a contrapporre un reddito complessivo uguale a quello delle classi agiate cresciuto rispettivamente al numero dei membri di queste ultime. E cos, ancora un volta, vediamo con fermato il fatto dell' accrescersi continuo, secondo la 2^ delle definizioni sopra date, della disuguaglianza della distribuzione delle ricchezze, sotto il suo aspetto quantitativo. Tralasciamo, infine, di discorrere in particolar modo dei mi- liardari americani, dei Green, Gould, Vanderbilt, Havemoyer, Rockefoller, Astor, ecc., e delle fortune loro che si giunge a va- lutare, come noto, oltre i 500, 800, 1000, 1200, 1500, 1900 milioni di fr. rispettivamente, perch ci manca quel corredo completo e sicuro di cifre che sarebbe necessario a trarne qualche pratica conclusione. Tutto ci, dunque, tutto il fin qui detto, per quanto riguarda la distribuzione dei patrimoni nel seno della stessa classe capitalista, e la distribuzione quantitativa dei redditi in (1) (tiffen, The growth of capital, 43. DELLA DISTBIBUZIONE DELLE RICCHEZZE ATTUALE 271 tutta la societ, di qualunque natura siano questi redditi, se redditi di proprietari o compensi di imprenditori o salari e sti- pendi di operai impiegati. Ma, passando adesso dai redditi quantitativi ai redditi qualitativi, se le cifre ora e sopra riportate ci dimostrano che la distribuzione del reddito sociale, della ricchezza sociale complessiva annualmente prodotta, tende, secondo Tuna o l'altra delle due prime definizioni sopra date, a farsi sempre piii disu- guale dal lato quantitativo; le cifre seguenti ci dimostrano quanto essa tenda, ancora, a farsi sempre peggiore dal lato qualitativo: Cosi, dietro i risultati dell' Income-Tax , il Murray nel suo studio sui salari e guadagni delle classi operaie costruiva la seguente tabella sull'accrescimento dell'entrata complessiva annua dell'Inghilterra (1): 1882 Redditi lordi della classe capitalista Entrate della classe media .... Salari degli operai per eeato del totale 47.70 10.90 41.40 100.00 Cio la percentuale del reddito totale toccata alla classe media e alla classe operaia, cio, in prevalenza, al lavoro intel- lettuale 0 materiale, andava diminuendo, nonostante il non mutare, o piuttosto l'accrescersi, del numero degli appartenenti a queste classi rispetto alla popolazione totale, e sola ad accre- scersi era la percentuale estorta dal capitale. E il Bowley, in uno studio, pur bene ottimistico, sui ** Cam- biamenti nella media dei salari, nominali e reali, nel Regno (1) Mas Dabi, Vimposta progressiva^ 595. 272 CAPITOLO QUINTO Unito fra il 1860 e il 1891 (1), perveniva ai risultati seguenti (dalla tabella a pag. 248): aumento del salano medio in questi :U anni: 40 %; aumento del numero lavoratori manuali: propor- zionale all'aumento della popolazione totale (da 10.800.000 a 13.000.000 i primi; da 28.7 a 37.8 milioni la seconda); e, con tutto ci, diminuzione della quota dell'intero reddito nazionale andata a pagare il totale annuo dei salari: dal 47 al 43 Vs P^i* ^n* di questo reddito nazionale. Queste cifre, s del primo che del secondo autore, dovevano con tutto ci essere pur sempre troppo rosee, o il peggiora- mento da esse avvertito deve avere progredito da allora in poi con velocit ancora pi rapida, se 1' Hobson al giorno d' oggi ritiene che il reddito nazionale del Regno Unito venga cosi a spartirsi (2): Rendita (fondiaria, urbana, di miniere, ecc.) L. st. 200.000.000 Interesse , 250.000.000 Profitti 350.000.000 Salari 500.000.000 L. st. 1.300.000.000 Altri dati a conferma di questo fatto, che, cio, nonostante la riduzione della rata dell'interesse o del profitto, la quota relativa spettante al capitale va di continuo e rapidamente crescendo, appunto perch, come abbiamo visto, il capitale tecnico e il capitale improduttivo possono far crescere a qual- siasi altezza la proporzione fra l'ammontare del capitale totale (capitale salari -|-capitale tecnico+capitale improduttivo) e il ca- pitale salari, e, perci, anche la proporzione fra il reddito totale del capitale e il reddito totale del lavoro va continuamente aumen- tando se la prima proporzione cresce pi rapidamente di quello che diminuisca la rata dell'interesse, questi altri dati, dico, e di non minore valore dimostrativo, sono, ad es., i seguenti re- lativi alla Francia e agli Stati Uniti: (1) Journal of the Boi/al Statistical Societyf London, June 1895. (2) Frohlems of Foverty, 1899, pag. 3. BELLA DISTRIBUZIONE DELLE RICCHEZZE ATTUALE 273 Cos, per la Francia, abbiamo visto come il Paul Leroy- Beaulieu, pur cos eccessivo nel suo ottimismo, ritenga il gua- dagno effettivo di una famiglia operaia, in Francia, essere in media aumentato negli ultimi cinquant'aimi del 50-75 ^/o ; onde possiamo assumere l'aumento medio del 60 %, tanto pi che quello stesso verificato dal Coste dal 1851 al 1890 per i salari dell'industria carbonifera (1), che appunto una di quelle in cui, come noto, questo aumento stato maggiore che nelle altre. Ora, le successioni e donazioni annuali sono aumentate, invece, in questo paese, nei cinquant'anni dal 1840 al 1891 da 2.216 a 6.800 milioni di fr., cio del 209 % (2); e approssi- mativamente nella stessa proporzione, quindi, deve essere aumen- tato anche l'ammontare totale delle fortune private. Anche nell'ipotesi che l'interesse e il profitto del capitale siano nel frattempo diminuiti nella loro media generale di un quinto (3), la parto del reddito sociale andata al capitale sarebbe aumentata pur sempre del 167 %. Viceversa poi, anche ammettendo che il numero delle famiglie operaie si sia accresciuto nel frattempo del 20 % (mentre la popolazione totale si accresceva solo del- l' 11 % (4)), la quota totale andata alla massa complessiva ope- raia sarebbe aumentata del 72 ^/o; cio essa sarebbe aumentata pur sempre con una velocit minore della met della velocit d'aumento della quota andata al capitale. Ma ben peggiore ancora era l'andamento delle cose negli Stati Uniti: In questo paese, infatti, l'ammontare del capitale com- (1) Adolphe Coste, Lea hnfices compara du travati et du capital dans Vaccroissement de la richease depuia 50 anay * Journal de la Socit de Sta- tistique de Paris ,, de. 1896, pa^. 449. (2) Pareto, Coura d'con. pol.j * La courbe des revenus ,, pag. 300. (8) la riduzione massima che si pu ammettere, secondo il Coste, per questi cinquant'anni dal 1840 al 1890, visto che * gi troppo l'ammettere die gli interessi ipotecari s siano abbassati dal 5 al 4 per 100 e i redditi della rendita francese da 3.75 a 3 p. 100 , (ibid., 451). Vedi, del resto, tutto questo studio, nel quale l'autore perviene appunto a risultati del tutto analoghi a quelli del testo. (4) Da 34.230.000 a 38.219.000 dal 1841 al 1886 (Mulhall, 445) ; il che significa un aumento dell'I 1 per 100. KlONAXO. IH 274 AIUTULO gllSTO plessivo (la terra compresa) da una media di 220 dollari a testa nel 1840 saliva alla media di 870 dollari nel 1880 (Giffen, 125). e di 1036 dollari nel 1890 (Carroll Wright, articolo citato, TU):?): cio quadruplicava relativamente alla popolazione dal 1840 al 18Sv>, e quintuplicava dal 1840 al 1890. Il sagirio medio del profitto di poco variava nel frattempo; e di poco pu esser variata in questo periodo la proporzione della popolazione lavoratrice alla popolazione totale. La media dei salari, secondo quanto abbiamo visto dal Carroll Wright (pag. 304), aumentava nel frattempo, detto 100 il salario nel 1860, da 87.7 nel 1840 a 160.7 nel 1890. cio soltanto dell' 83 '^o; mentre che, se la distribuzione non fosse peggiorata dal hito qualitativo, avrebbe dovuto aumentan- del 400 *Vo, cio con una velocit cinque volte maggiore. Ma se, come risultato finale complessivo, questa disu- guaglianza della distribuzione delle ricchezze,* che prima abbiamo visto continuamente crescente dal lato quantitativo, ci si addi- mostra ora come anche continuamente peggiorante dal lato qua- litativo, la conclusione generale che dal tutto fin qui detto allora si pu trarre che di continuo e per duplice processo accele- rativo viene aumentando il vantaggio che la classe lavoratrice verrebbe a ritrarre dalla riduzione dello strumento di produ- zione e capitale privato in propriet collettiva, unico mezzo atto a rendere questa distribuzione ad un tempo ben meno disuguale dal lato quantitativo e buona addirittura dal lato qualitativo. Ma non solo questo vantaggio viene continuamente e rapida- mente aumentando: Le cifre seguenti ci dimostrano, infatti, che nei paesi a produzione capitalista pi sviluppata, anche al punto in cui sono oggi le cose, e anche nell'ipotesi che il regime economico che deriverebbe da questa propnet collettiva non venisse in nulla ad aumentare la produzione sociale, esso sarebbe digi ben notevole: Per tutto il liegno Unito si ha, infatti, che il reddito to- tale sottoposto SilVlncome Tax ammontava nel 1894 a sterline 706.130.875 pari a franchi 17.653 milioni (1). Questa cifra coni- il) Statiatical Abstract^ Forty-second number, pag. 35. IIELLA DISTRinrZIONE DELI.K RICCHEZZE ATTUALE 275 prende, dunque, solo i redditi superiori alle 150 sterline (3750 fr.) che sono i soli che vengono colpiti da questa imposta; ed essa nella pratica deve probabilmente essere aumentata di un terzo, l'esperienza provando che l'imposta sul reddito prelevata su delle dichiarazioni che sono, in generale, inferiori del 30 % alla realt ; il che darebbe in cifra tonda 23 miliardi e mezzo di franchi (23.537 milioni). La popolazione in tale anno ammon- tava per tutto il Regno Unito a 38.786.053 abitanti (1); appros- simativamente la quarta parte di questa cifra, cio in cifra tonda 9.700.000 (9.696.513), rappresentava dunque il numero comples- sivo di famiglie e celibi adulti. Il quoziente o il quoziente 17.653.000.000 -oo/. r i 23.537.000.000 moit s u- -9?roosm- = 2426 franchi, nel caso che i redditi valutati dal fisco debbano venire aumen- tati del terzo, stanno dunque ad indicare di quanto potrebbe venire aumentato il reddito di ciascuna famiglia operaia se sol- tanto i redditi riconosciuti dal fisco come superanti i 3750 fr. (cio, in pratica, soltanto i redditi superanti in realt i 4000 o 5000 fr.) venissero ugualmente distribuiti, non gi allo sole fa- miglie operaie, ma a tutte quante le famiglie del Regno Unito : Essi ci indicano che il reddito medio di ciascuna famiglia ope- raia, il Bowley calcolando pel 1891 a 53.8 sterline =1345 fr. la media annuale dei salari inglesi (2), vorrebbe ben pili che a raddoppiarsi, per la grande maggior parte di esse persino a triplicarsi. La qual cosa i dati sopra riportati dall'Hobson vengono per altra via a confermare, in quanto che ci mostrano che se quella parte del prodotto sociale che oggi va alle classi ricche sotto forma di rendita, di interesse e di profitto non ve- ci) Statistcal Abstract, Forty-second number, pag. 236. (2) Articolo citato: Changea in Average IVagea in the U. A". 1860-1891; * Joum. of the R. Statistical Soc. ,, June 1895, pag. 248. 276 CAPITOLO QUINTO nisse invece pi estorta alla classe lavoratrce, sicch tutto il reddito nazionale andasse al lavoro, la quantit di reddito che allora andrebbe a quest'ultimo verrebbe quasi a triplicarsi. E questi risultati, ripetiamo, verrebbero ad essere ottenuti senza affatto tener conto di nessun aumento eventuale nella produzione sociale che potesse venire ad essere arrecato dal regime eco- nomico risultante da tale riduzione dello strumento di produzione e capitale privato in propriet collettiva (1). Questi risultati andranno ben probabilmente diminuiti per la maggior parte degli altri paesi, sia perch l'Inghilterra fra tutte le nazioni forse la piii ricca, sia perch, come abbiamo gi notato, una parte dei suoi redditi sono dovuti a capitali in eser- cizio all'estero (2) ; ove per, d'altra parte, va notato che in Inghilterra il tasso del profitto pi basso che altrove, e che i dati sopra scritti comprendono anche l'Irlanda, il paese della miseria. Con tutto ci questi dati stanno pur sempre a dimostrare come la questione sociale non sia affatto una questione di sola produ- zione, ma sia effettivamente anche una questione di distribuzione. Certo, non potrebbe il proletariato correre alla leggiera verso un nuovo ordinamento sociale che non promettesse, insieme a (1) Nel Tract N. 5 della Fbian Society * Facts for Socialists ,, London, Sept. 1899, pag. 2, il reddito totale, compreso, cio, quello non sotto- posto 2i\VInconie Tax, per tutto il Regno Unito, per Tanno 1896-97, viene calcolato a non meno di L. st. 1.700.000.000. La popolazione nel 1897 es- sendo circa 40.000.000 (nel 1895 era 39.134.166 : " Statistical Abstract Forty-sccond number, 236), il reddito medio annuale sarebbe circa L. st. 42 Vi per testa, o L. st. 170 =fr. 4250 per famiglia. Dunque, secondo queste cifre, ove la ricchezza fosse stata distribuita uniformemente, la retribuzione della classe lavoratrice sarebbe salita da una media di L. Bt. 48 = fr. 1200 an- nuali, la quale, secondo questo Tract, la media dei salari degli operai inglesi, quando se ne escludano gli agricidtural and general labourers che hanno salari i pi bassi (pag. 11 e 12), a un ammontare tre volte e mezzo maggiore. (2) L'ammontare totale dei quali valutato dal GifEen, pel 1885, a 1.300 mi- lioni di sterline sopra un ammontare complessivo del capitale nazionale di 10 miliardi (pag. 26 e 27, e tabella a pag. 11); il che d una percentuale del 13 per 100. DELLA DISTBIBUZIONE DELLE RICCHEZZE ATTUALE 277 una distribuzione migliore, anche una produzione maggiore ; ma questi dati ci mostrano che, gi di per s soltanto, una distri- buzione migliore offrirebbe alla classe lavoratrice vantaggi no- tevolissimi : che il vedere raddoppiarsi o triplicarsi i propri su- dati guadagni non invero per essa cosa del tutto insignificante e del tutto trascurabile. Se le cifre precedenti ci hanno dimostrato di quale vantaggio economico, e sempre crescente, per le masse lavoratrici sarebbe la riduzione in propriet collettiva dei capitali privati, anche nell'ipotesi che il sistema economico-sociale che ne deriverebbe non facesse che rendere piti uguale dal lato quantitativo e mi- gliore dal lato qualitativo la distribuzione delle ricchezze, e in nulla venisse ad aumentare la loro produzione, vantaggio eco- nomico rispecchiantesi in un aumento corrispondente di benes- sere e di felicit per queste masse lavoratrici, le poche cifre e le brevi considerazioni seguenti ci mostreranno, alla loro volta, quale spreco di preziose forze e di prezioso lavoro, del tutto inutile per la felicit sociale, stiano a significare i con- sumi voluttuari delle classi agiate parassite delle masse pro- letarie. Sui redditi degli abitanti della capitale francese il Paul Leroy- Beaulieu compila per il 1896 la tabella che qui riportiamo, alla quale abbiamo solo aggiunto l'ultima colonna, calcolata coi dati delle altre, assumendo come reddito medio di ciascuna classe la media aritmetica del reddito minimo e del massimo (1): (1) Rp. des Rich,, 563. I 278 CAPITOLO Ql'INTO Fitti e redditi di Parigi i Redditi eorrRpondenti a Nomer 1 Proponioie per- Amoitare Categorh ) eiasenna rategoria molti- centoale del n- plieando per 10 i valori locativi di 7000 fr. e al dei redditi nero dei redditi del reddito del valore locativo reale di eiancnoa classe 1 di sopra; por 8 quelli da di eiascona al BOBiero totale di degli allogai 2500 fr. a 6999 fr.; per 7 del redditi qoeUialdi8Ottodi2500fr. categoria parigini ciasroia dasM Al di sopra di 20.000 200.000 e al di sopra (media 330.000) 495 0.06 163.350.000 Da 15.000 a 19.999 150.000 a 199.900 503 0.06 88.025.000 , 10.000 a 14.999 100.000 a 149.900 1.572 0.19 196.500.000 , 7.000 a 9.999 56.000 a 99.900 2.954 0.36 230.412.000 , 4.000 a 6.999 32.000 a 55.900 9.757 1.19 429.808.)00 , 2.500 a 3.999 17.500 a 31.900 14.421 1.77 356.198.000 ^ 1.500 a 2.499 10.500 a 17.400 26.526 3.25 371.364.000 , 1.000 a 1.499 7.000 a 10.490 33.495 4.10 291.406.000 500 a 999 3.500 a 6.990 117.695 14.42 612.014.000 300 a 499 2.100 a 3.490 210.683 25.73 589.912.000 200 a 299 1.400 a 2.090 199.440 24.44 339.048.000 inferiori a 200 inferiori a 1.400 198.590 24.43 ? 816.140 100.00. 3.667.537.000 La inedia dei 495 valori locativi superiori ai 20.000 fr. cal- colata dal Leroy-Beaulieu a 33.000 fr. La media di 380.000 fr. che se ne deduce per il reddito dei ricchi di questa classe e certo inferiore al vero ove si consideri che essa comprende i redditi di tutti quei magnati della finanza parigina ai quali le ricchezze strepitose hanno dato una fama mondiale: ** E chiaro, dice lo stesso Leroy-Beaulieu^ che in quest'ultima categoria si trovano le qualche diecine di persone che, in questo paese di Francia, hanno veramente delle enormi fortune che non pos- sibile di valutare. Il loro affitto, sopratutto il loro afftto ur- DELLA DISTRIBUZIONE DELLE BICCHEZZE ATTUALE 279 bano, un indizio insufficiente ; bisognerebbe aggiungervi almeno quello delle loro diverse case di campagna, e vi d'altronde un grado di fortuna o di reddito, al quale non arrivano che alcune individualit eccezionali, e che sfugge a ogni misurazione , {ibid., 562). Ci non ostante, assumiamo pure questa media di 330.000 franchi come corrispondente alla realt; e cerchiamo quante persone per ciascuno di questi ricchissimi dovranno la- vorare a produrre merci di lusso o prostare servigi a puro loro godimento, nell'ipotesi che tali redditi vengano spesi per intero. Assumendo uguale a 5 franchi il salario giornaliero medio di tutti questi produttori di merci di lusso o prestanti servigi a puro godimento dei ricchi, ci teniamo certo al di sopra del vero, il complesso di costoro estendendosi, per non citare che i pi in vista, dalle lavoranti sarte, modiste, fioriste, ricama- trici, trinaie di Parigi (pure aventi anch'esse un salario inferiore ai 5 fr.), ai pescatori di perle dell'isola di Ceylan, ai cercatori di diamanti del Brasile, agli sfaccettator di brillanti di Am- sterdam, da una parte, agli allevatori del bozzolo della China e alle filatrici della seta della nostra Italia, dall'altra (1); dai mu- ratori e manovali che hanno innalzato i palazzi grandiosi della capitale, dai fabbricanti di ricchi mobili, dai tappezzieri, dai bibelotiers di Parigi, ai terrazzieri e braccianti delle ardite fu- nicolari o cremagliere della Svizzera, agli operai costruttori dei grandiosi alberghi delI'Engadina o della Riviera, ai floricoltori di Cannes e di Bordighera; dai cocchieri e camerieri^ dal ser- vidorame degli alberghi di lusso, dai fantini del Grand Prix, dai crowpters di Monte Carlo, alle stesse prostitute d tutta Europa (2). Assumendo a 300 in un anno il numero dei giorni di lavoro regolare si pure certo al di sopra del vero, il Leroy-Beaulieu (1) Delle operaio addette alla trattura e alla torcitura, le filatrici pro- vette hanno guadagnato nel 1896 in provincia di Cuneo un salario medio giornaliero di L. 1.20, le filatrici di 2' classe 1.10, le torcitrici 1.30, le bi- natrici 1.12 (Annuario statistico italiano per il 1897, pag. 126). (2) Il No vico w, per i suoi calcoli, per valore medio della giornata di la- voro prende 1 fr. per Tumanit intera; 1.38 per il gruppo europeo in senso largo; 2 fr. per il gruppo europeo in senso stretto (Les GaspiUages, 56). A Bruxelles sopra 21.691 operai che si erano fatti inscrivere dal 1892 280 CAPITOLO QUINTO prendendo infatti il numero di 280 (ibid., 555). Comunque sia, accettiamo pure la cifra di 1500 fr. per il salario annuale medio di tutti i lavoratori produttori di merci di lusso e di tutti co- loro che prestano dirottamente servigi a puro godimento dei ricchi (1). Ciascun ricco della 1* categoria, ove spenda tutto il suo red- dito, quante persone teiT impiegate a produrgli e gli oggetti di prima necessit e quelli di lusso e a prestargli i servigi di- retti? Se dividessimo il reddito 330.000 fr. per 1500 otterremmo al 1897 alla Borsa di lavoro, 8009 avevano dichiarato il loro salario e di questi 1155 avevano in media un salario di Fr. 1.18, 787 , . . . 2.01, e 5526 , , . , 3.20; solo il 5.5 per 100 di questi ultimi aveva salari di pi di 4 franchi (Cuakles i>E C2UKKEK, segretario alla Borsa di Lavoro di Bruxelles, / salari correnti a Bruxelles dal 1802 al 1897; * Riforma Sociale 15 sett. 1898, pag. 857). A Vienna, secondo l'ultima inchiesta sul lavoro dello donne eseguita m*] 1896-97, le passamanaie cominciano il loro tirocinio di apprendiste con un salario settimanale di fiorini 1.50 (fr. 3.20); finito il tirocinio, le pi abili pervengono al massimo a fiorini 4..')0-6 per settimana. Le lavoratrici in cap- pelli guadagnano dai 5 ai 6 fiorini pure per settimana. Le lavoranti sarte da 40 kreuzer a 2 fiorini al giorno, la stagione durando solo sei mesi. Le macchi niste (lavoranti a macchina) pel ricamo di scarpette da sera da si- gnora da 7.50 a 8.50 fiorini settimanali: * questo sembra essere il lavon) meglio pagato . Le camiciaie da uomo, le cucitrici di camicie, quelle di mutande, e quelle di camiciette per signora, il massimo salario cui perven- gano col loro lavoro a cottimo di fiorini 8.50 alla settimana; dovendo per provvedere cotone, olio per la macchina, aghi e luce, e questi costando 1 fiorino 24 kr., cos, lavorando 11 ore al giorno, la Domenica compresa, riescono a guadagnare solo 2 fiorini 40 kr. per settimana. Le bustaie: da 2 a 4 fiorini settimanali. Le fabbricanti di dolci da 3 a 6 fiorini settima- nali, la stiigione dunmdo 8 mesi soli. Le lavoranti in fiori artificiali da 2 fio- rini 50 kr. a 8 fiorini per settimana. Le lavoranti in piume, a cottimo, in 11 ore di lavoro, non pervengono a guadagnarsi che 30 kreuzer (65 cente- simi) al giorno (Miss A. S. Lkvktus, articolo citato: Working Womvn in Wien; The Keon. Journ. March 1897, pag. 102-103). (1) Abbiamo visto che il Bowley, pur peccante per troppo ottimismo, va- luti la media annuale dei salari inglesi, che sono i pi alti d'Europii. ~ a 53.8 sterline = 1345 franchi. DELLA DISTBIBUZIONE DELLE RICCHEZZE ATTUALE 281 la cifra di 220 persone, ma questa cifra sarebbe superiore al vero, per il fatto che il prezzo delle merci comprate da questi ricchi differisce dall'ammontare dei salari dei lavoratori impie- gati a produrle, causa i profitti dei successivi capitali salari e capitali tecnici che in questo prezzo sono compresi. Ma dob- biamo osservare che quando la produzione di queste merci, di questi oggetti di lusso, richiede quasi esclusivamente un capi- tale salari (fabbriche di merletti, laboratori di ricamatrici, mo- diste, fioriste, ecc.) il loro prezzo differisce meno che per le altre merci dall'ammontare complessivo dei salari, perch a questo ammontare si aggiunge solo il profitto del capitale salari; ne differir invece maggiormente quando la loro confezione richie- der anche un capitale tecnico variabile, cio, per es., delle ma- terie di qualche valore (per i fabbricanti dei mobili di lusso^ il legname; per le sarte, le stoffe; ecc.); ma specialmente ne dif- ferir quando sar necessario un capitale tecnico fisso di grande valore. Ora, noto che la maggior parte dei perfezionamenti tecnici richiedenti un macchinario grandioso, grandi opifici, ecc., sono stati introdotti nella confezione delle merci di prima ne- cessit, delle merci-salario, ma non in quella delle merci di lusso, primo, perch queste ultime non si prestano a essere pro- dotte dalle macchine, secondo, perch uno dei precipui scopi di tale introduzione delle macchine stato appunto solo quello di ribassare il costo di produzione della forza di lavoro, cio delle merci-salari. Inoltre, noto come una grande quantit degli articoli di Parigi, tutti consistenti in merci di lusso, siano pro- dotti dalla piccola industria, da artigiani indipendenti; per co- storo, e per quelle merci la cui materia prima abbia poco o nullo valore, il valore di queste merci di lusso coincide dunque colla retribuzione dei loro produttori. Oltre a ci va osservato che tutti coloro che, anzich produrre merci di lusso, prestano invece servigi diretti ai ricchi, ricevono il loro salario diretta- mente da costoro e quindi il loro numero allora veramente uguale al quoziente del reddito speso per la media del loro salario (1). (1) Non sar certo soverchio il ritenere che in media un terzo del red- 282 CAPITOLO QUINTO ' Comunque sia, riteniamo pure, ci malgrado, che la cifra ot- tenuta di 220 debba essere diminuita non meno d un terzo. Che ci corrisponde a ritenere che in media un tei*zo del red- dito speso dalle classi ricche vada alla retribuzione diretta di servigi; e che il rimanente vada per un terzo alla compra di merci di prima e di grande necessit nel cui valore i salari fi- gurino per -.- e i profitti e gli interessi del capitale (capitale tecnico e capitale salari) per ; per un terzo alla compra di merci di utilit secondaria e di lusso nel cui valore i salari fi- gurino per "2 e i profitti e gli interessi per altrettanto; e per un terzo alla compra di merci di lusso nel cui valore i salari 3 1 figurino per -7- e i profitti e gli interessi per--: che, allora, ogni reddito speso a rappresenter un numero di individui dato da: i/2 ] i 4 ' 4 ' 4/ 1500 ' A500 3 1500* dito speso dalle grandi fortune vada appunto impiegato alla retribuzione diretta di questi servigi: domestici, camerieri, cuochi, cocchieri, fantini, maggiordomi; giardinieri dei giardini di citt, delle ville di campagna, guardacaccia dei parchi; tutti gli inservienti dei elubs^ croupiers dei ca- sini di giuoco ; tutti i domestici, portieri, ecc., dei grandi alberghi ( noto ohe costoro non hanno in genere altra paga che le mancie dei viaggiatori), tutto il personale speciale dei vagoni Pullmann, tutti gli equipaggi degh yackts di piacere; balie, honnes, nurseSj istitutrici, insegnanti privati, maestri d musica, di pittura, di canto, di ballo, di scherma, di equitazione, ecc.; ballerine, prostitute, cocottes^ mezzane, tutto il personale delle case di tol- leranza di alto rango ; tutti coloro su cui si esercita la corruzione per sod- disfare la vanit dei ricchi desiderosi di un titolo, di una carica sociale; i giornalisti reporters 0 incensatori dei ricevimenti, delle soires, delle feste delle case signorili, artisti in cerca di mecenati, pittori, scultori, concer- tisti 0 cantanti in case private; tutti i parassiti che si attaccano ad ogni ricco signore, al parassita grosso, onde costituirne una vera corte di adu- latori e di umili servi; ecc. ecc.; sono tutti individui che prestano servigi diretti ai ricchi a puro loro godimento e che da questi ultimi ricevono di- rettiimento la loro retribuzione. DELLA DISTRIBUZIONE DELLE BICCHEZZE ATTUALE 283 2 Dunque, a 147 (= -o- 220) ascender il numero delle persone impiegate, esclusivamente per lui, da ciascun ricco della 1 ca- tegoria a produrgli merci di prima necessit e merci di lusso o a prestargli direttamente servigi a puro suo godimento. Per cui : tutti i ricchi di questa 1* cate- goria terranno impiegate 147 X 495 = 72.765 persone Analogamente id. della 2* id. -^ ^ = 39.122 id. , 3 id. 1^^^^= 87.333 , id. . 4 id. |??5^ = 102.405 , id. , 5 id. |^2?^|500_ 190.803 , ;a ca 'A 2 356.198.000 ikqqia id. r, 6* id. g -^^^ = 158.310 id. , 7 id.|?I?-^^ = 165.050 , id. . ga id. |2ii^ = 129.513 , Totale : 945.301 persone. E arrestiamoci a questa categoria ottava comprendente i redditi da 7000 a 10.500 fr. Sommando, abbiamo che 89.723 ricchi parigini, ove spendessero tutto il loro reddito, terrebbero impiegate 945.301 persone a produr loro gli oggetti di prima necessit e gli oggetti di lusso e a prestar loro dei servigi diretti. Di queste 945.301 persone, quante saranno impiegate a pro- durre, sempre per questi ricchi, oggetti di prima necessit? Uno che abbia un reddito annuale di 1500 fr. ha di che soddisfare completamente a questi bisogni di prima necessit, un tal red- dito corrispondendo a un salario di 5 fr. al giorno (1). Dunque, (1)1 filatori e tessitori del cotonificio Cantoni, provincia di Milano, hanno guadagnato nel 1896 un salario medio giornaliero di 2 lire i primi, di 1.86 i secondi {Annuario statistico italiano del 1897 ^ pag. 128). I follonieri nella Valle Mosso nel Biellese guadagnano da 35 a 40 lire 284 CAl'lTOLO QUINTO onde procurare a questi ricchi gli oggetti, non solo di prima necessit, ma anche quelli che rendono la vita gi discretamente confortabile, saranno necessari per ciascun ricco: -j- ^ax operai (1), e per tutti i ricchi : J j^^ X 89.723 = 22.480 persone. E ri- marranno quindi 922.871 persone il cui lavoro, le cui fatiche e le cui pene non serviranno che a procurare a questi ricchi le pure superfluit. Di queste superfluit, una parte contribuisce ad aumentare effettivamente in modo sensibile la felicit di coloro che ne go- dono, ma la parte restante o non riesce che insensibilmente, o nulla affatto, ad aumentare la felicit della classe ricca, anche coU'attuale disuguaglianza di distribuzione che pur crea tanti bisogni fittizi ; o, se riesce a procurare attualmente una qualche felicit di pi, ci soltanto a causa della soddisfazione che con- sente di bisogni puramente fittizi creati dalla disuguaglianza attuale e che non esisterebbero pi ove questa cessasse. Il la- voro e le fatiche e le pene necessarie a produrre tutta questa parte restante delle superfluit sono dunque sprecati totalmente per quanto riguarda l'aumento di felicit umana. Si pu asserire che, al giorno d'oggi e nell'ambiente nostro europeo, le superfluit che vengono ottenute al di sopra di quelle che si possono ottenere con un reddito annuo di 8.000 fr. (2). il mese; i tintori che hanno un salario alquanto superiore da 40 a 45 lire il mese; un tessitore da 55 a 60 lire in media (Luigi Einaudi, Psicologia di uno sciopero, * Riforma Sociale ,, 15 ottobre 1897, pag. 948). (1) Trattandosi qui di merci, nel qual valore, secondo il nostro assunto, i 1 3 salari figurano per .ci profitti e gli interessi del capitale per . 4 4 (2) superiore agli stipendi dei professori delle Universit italiane ; e corrisponde al tasso del 3 p. 100 a un capitale di 265.000 fr. Gli impie- gati dciramministrazlone dello Stato guadagnano in Francia comunemente dai 1500 ai 1.800 fr., e la loro speranza massima di arrivare ai S.OOO fr. (Rp. des Rich., 348). NelParmata francese la paga annuale del colonnello ammonta a fr. 8.136; quella del luogotenente coIonneUo a fr. 6.588; del capo di battaglione o di squadrone a 5.508; del capitano dopo 12 anni di grado a 4.140, dopo 8 anni di grado a 3.780, dopo 5 anni di grado a 3.420, DELLA DISTRIBUZIONE DELLE RICCHEZZE ATTUALE 285 siano appunto di quelle o che non aumentano, anche attualmente, in modo sensibile la felicit dei loro possessori o l'aumentano solo in grazia della soddisfazione che procurano a bisogni pura- mente fittizi. Le grandi ricchezze, infatti, creano di per se stesse date spese d'obbligo ai ricchi che le possiedono; il richesse oblige ancora pi imperioso del noblesse oblige; e una famiglia ricca si ritiene obbligata per il fatto stesso della sua ricchezza, e in grazia dei pregiudizi sociali in vigore, a spendere una data frazione del suo reddito in spese di lusso, anche se questo di pi di spesa, che altrimenti non farebbe, non soddisfa a nessun bisogno da essa veramente sentito. Dunque, questo soprappi di spesa di reddito non aumenta in nulla la felicit dei suoi possessori. Una distribuzione delle ricchezze migliore farebbe sparire questi bi- sogni fittizi e lo spreco di lavoro e di pene necessario a sod- disfarli. Quanto ai bisogni che la vanit crea, essi possono venire ugual- mente soddisfatti con poco o con molto dispendio di forze; ma l'esistenza delle grandi ricchezze che rende necessario a tale soddisfazione un dispendio di forze molto grande anzich molto piccolo. Infatti, il desiderio di un uomo di apparire di un valore venale doppio di un altro, cio di possedere oggetti (gioie, abiti, cavalli, parchi, abitazioni di lusso, ecc.) d'un valore doppio di quelli di un altro, viene soddisfatto ugualmente tanto se il primo ha un valore 100 e il secondo un valore 50, quanto se il primo ha un valore 10 e il secondo un valore 5; dunque un lavoro 100 -|- 50 = 150 e un lavoro 10 -}- 5 = 15 sono atti a procu- rare la stessa soddisfazione al bisogno della vanit; ed il solo fatto che il secondo possieda delle ricchezze = 50 che fa na- scere negli altri dei bisogni il cui soddisfacimento richiede uno sforzo 100; che, se, invece, egli possedesse solo una ricchezza := 5, non nascerebbero allora presso gli altri che dei bisogni il cui prima di 5 anni di grado a 3.060; del luogotenente di prima classe dopo 10 anni di grado a 2.700; del luogotenente di seconda classe a 2.520; del sottoluogotenente a 2.340 (Paul Gabillabd, Le Prltariat dans Varme en France, * Revue des Revues ,, 15 dee, 1898, pag. 577). 286 CAPITULO QUINTO soddisfacimento richiederebbe uno sforzo 10. Dunque questo so- prappi di spesa di reddito (150 15) che fa la classe ricca non aumenta in nulla la sua felicit totale (1). Una distribuzione delle ricchezze migliore, nel mentre dunque permetterebbe la stessa e precisa soddisfazione ai bisogni che la vanit crea, e farebbe nascere, cosi, dal soddisfacimento di questi bisogni, una quantit totale di felicit uguale all'attuale, pure farebbe s che questi bisogni potrebbero venir soddisfatti con un dispendio di forze molto minore. Le ricchezze abituano a un numero grandissimo di superfluit, il cessare di godere delle quali recherebbe, vero, a coloro che vi si sono abituati una vera diminuzione di felicit, ma il coi uso continuo non reca pi nessunissimo apporto di nuova feli- cit, appunto perch diventato una cosa consuetudinaria. Una nuova distribuzione diminuente le ricchezze solo dei discendenti degli attuali detentori del capitale, farebbe dunque s, venendo allora i padri attuali, premurosi dei propri figli e previdenti, a essere sollecitati a educarli pi semplicemente che adesso noi facciano, s da non abituarli a certe comodit troppo superflue, (1) " I possessori di grossi redditi, quelli che hanno uno, due, tre, quattro, cinque milioni di franchi di rendita, o pi, non hauno dunque altro im- piego della loro rendita che Tacqui sto di oggetti rari; vi una concorrenza accanita per procurarsene e il prezzo pu elevarsi senza misura. cos che la riduzione di ci che si chiama il treno di casa e gli equipaggi fa rin- carire gli oggetti di lusso intemo, come i quadri, sopratutto di piccole di- mensioni, le porcellane, i libri, gli articoli da collezione. Il possesso di ci che si chiama, con un nome volgare ma bene appropriato, i hihelots^ clas- sifica un uomo, lo mette fuori del comune, gli d un cachet d'eleganza I pittori sono fra i favoriti della societ moderna, pittori di genere, o pit- tori di ritratti. Si trova in un paese come la Francia un numero ragione- vole di persone che sono disposte a pagare dieci, dodici, quindici, venti mila lire per far fissare i loro tratti sopra una tela da una mano d'autore ; sono mille o millecinquecento franclii per seduta di rimunerazione. In In- ghilterra dove il maggiorasco e il grande commercio e la grande industria danno luogo a un maggior numero di fortune eccezionali, il prezzo di 50.000 fr. 0 anche di pi ancora, due mila ghinee, per ritratto presso certi artisti un prezzo corrente. Si lontani da Rubens che guadagnava 100 franchi al giorno, ci che si considerava allora come una ben larga rimunerazione (Paul Lkbot-Beaulieu, Rp. dea Rich.^ 340-841). DELLA DISTRIBUZIONE DELLE lllCCIIEZZE ATTUALE 287 dello quali pi tardi sarebbe giuocoforza si privassero, s come appunto oggi in parte gi fanno le famiglie pur ricche ma a prole molto numerosa, farebbe s, dico, che il cessare per parte di tutti di godere di queste superfluit, che pur costano tanto la- voro e tanta fatica a essere prodotto, non cagionerebbe a nes- suno alcun senso penoso di privazione, ne recherebbe diminuzione alcuna nell'apporto complessivo di felicit sociale. Quanto a tutte le altre superfluit ancora restanti oltre quelle compreso nelle tre categorie ora menzionate, noto come i suc- cessivi aumenti di felicit che i successivi accrescimenti di red- dito, al di sopra di un dato ammontare, riescono a procurare a quei ricchi che hanno una potenzialit troppo forte di procurarsi a josa i godimenti d'ogni genere, vadano facendosi sempre pi piccoli per il fatto che i bisogni che con questi accrescimenti di redditi vengono ad essere soddisfatti vanno di continuo allon- tanandosi da quelli di prima necessit o da quelli in genere pili intensi: fenomeno del godimento decrescente che vanto ap- punto della scuola edonistica austriaca di aver contribuito pi delle altre a dilucidare e mettere in rilievo. In via schematica, senza voler dare allo schema nessunissima pretesa di rispec- chiare quantitativamente la realt, si pu dire che mentre i red- diti crescono in progressione aritmetica: 1000, 2000, 4000, 6000, 8000, 10.000, , 16.000, la quantit di felicit che essi procurano al di sopra di un certo reddito (che noi, tenuto conto delle precedenti tre cause che rendono possibile una stessa quantit di felicit con un dispendio di reddito molto minore, possiamo ora assumere di 6000 fr.) cresce pure in progressione aritmetica, ma la sua ragione dimi- nuisce in progressione algebrica: 2, 1, 0.50, 0.250, 0.125, 0.0625, , in modo che la quantit di felicit segue la progressione se- guente : 1, 2, 4, 6, 7, 7.50, 7.750, 7.785, 7.9375, e ci, naturalmente, mentre il dispendio di forze e di pene, che 288 CAPITOLO QUINTO tali redditi sposi mettono in opera, cresce colla stessa progres- sione di questi redditi: 1, 2, 4, 6, 8, 10, 12, 14, 16, ; in modo che, dunque, una frazione sempre crescente di questo dispendio di forze e di pene viene sprecata del tutto inutilmente, avuto riguardo all'aumento di felicit totale umana che dovrebbe procurare. La lingua francese ha appunto inventato la parola blas a de- notare coloro la cui felicit e i cui godimenti non vengono pi affatto aumentati da qualsivoglia superfluit o servigio, che col loro denaro possono ancora procurarsi. Questi redditi giganteschi, l'enorme dispendio di forze e di pene che essi pongono in opera, procurassero almeno ai loro possessori, e fossero essi soli capaci di procurare, quei momenti di estasi sublime, quelle ebbrezze divine, che rapiscono, immensamente felice, l'artista dinanzi alle bellezze della natura o dinanzi ad un'opera d'arte, o lo scienziato al momento che una nuova legge dell'universo gli si discopre I Ma no; l'artista o lo scienziato, cui solo sono concesse queste felicit supreme, non richiedono perci dal prossimo che un mi- nimo 0 nessun dispendio di forze; la semplice osservazione d'un fenomeno naturale, la semplice contemplazione della inesauribile variet o splendidezza delle opere della natura, spesso bastano per costoro ; o se all'uopo abbisognano, ad es., di biblioteche e musei pubblici, di laboratori scientifici, di gallerie pubbliche di opere d'arte e di esposizioni artistiche, o anche, ad es., di rap- presentazioni teatrali, di concerti sinfonici grandiosi, o simili, abbisognano con ci, vero, di prodotti dell'opera umana che hanno richiesto o richiedono per la loro produzione molto di- spendio di forze e di intelletti umani; ma questi prodotti, es- sendo tali che possono essere goduti da tanti e tanti nello stesso tempo 0 successivamente, la fatica spesa in loro, rapportata a tutti coloro che ne godono, viene ad essere ben piccola per cia- scuno di costoro. Per il ricchissimo hlas^ invece, lavorano e pe- nano, esclusivamente per lui, centinaia di lavoratori, ma la sua felicit non viene per questo aumentata di nulla; centinaia di DELLA UISTRIDIZIONE PELLE RICCHEZZE ATTUALE 289 esseri umani si affaticano e penano a portare dell'acqua al mare, ma il suo livello, ci nonostante, non si rialza neppure di un infinitesimo (1). Cosi, dunque, al dolore o alla pena di una data quantit di lavoro, che uguale qualunque sia l'intensit dei bisogni che questo lavoro serve a soddisfare, non si contrappone, per queste quattro categorie di soddisfacimenti a bisogni fittizi o infinite- simi, nessun aumento sensibile nella quantit totale di felicit umana. Mentre una distribuzione delle ricchezze pi eguale, sop- primendo questa minima o nulla felicit, ma sopprimendo nel tempo stesso anche la pena del lavoro da tali soddisfacimenti richiesto, oppure rivolgendo questo lavoro a soddisfare bi- sogni effettivi e di intensit molto maggiore, diminuirebbe cosi, da un lato, la felicit totale di pochissimo o di nulla, e l'aumenterebbe invece di moltissimo dall'altro. (1) * Per lo spettatore disinteressato, evidente che i vantaggi oggi pro- cnrati alle classi regolatrici (le classi detentrici degli strumenti di produ- zione e capitali in genere) dalla forma attuale d'organizzazione sociale sono pieni di inconvenienti non appariscenti a prima vista, e che la fortuna esagerata permettendo di vivere nell'ozio d tutto il contrario delle soddis- fazioni che se ne aspettavano... I godimenti ottenuti da coloro che fiinno della ricerca del piacere un'occupazione si riducono a un minimo, mentre che la pena, la fatica, la contrariet, la gelosia, la disillusione montano al massimo. Chiunque studier il lato psicologico della questione vedr essere questo un risultato inevitabile. La vita dell'uomo di piacere una vita mancata, per motivo che essa lascia oziosi dei lati interi della natura umana: essa neglige le soddisfazioni che procura l'attivit fruttuosa e non procuni quella serenit che d la coscienza dei servigi resi. I godimenti egoi- stici perseguiti senza tregua vengono a noia, perch la soddisfazione dei nostri appetiti non basta affatto a occupare tutto il tempo in cui non dor- miamo, e ci lascia cos delle ore vuote, o sciupate nella ricerca del piacere, dopo che il desiderio cessato... Possiamo attribuire questi sentimenti e la stanchezza e lo scontento che ne risultano alla organizzazione sociale che fa affluire verso le classi regolatrici una parte dei prodotti tanto forte da permettere delle grandi accumulazioni provvedenti ai bisogni di discen- denti inutili (Spencer, Introduction la science sociale^ 279-280). Tipica a tale proposito la monografia del Norvins (pseudonimo) sui miliardari americani (Dans le tnonde dea milUardaires atnricainSf nella " Revue des Revues l**" dee. 1898, 1" et 15 janvier, 1*^ et 15 avril, 15 sept., 1"" oct., 1*^ et 15 dee. 1899). RiONANO. 19 290 CAPITOLO QUINTO A quanto ascende complessivamente, per queste quattro cate- gore di soddisfacimenti a bisogni fittizi o infinitesimi, il totale sperdimento inutile di forze per ci che riguarda la sola classe ricca della sola citt di Parigi? Espresso in denaro a un mi- liardo e mezzo (1.408.779.000) di franchi ogni anno (1), cio a circa la met doli* ammontare totale di tutti i redditi di questa stessa citt di Parigi. Espresso in lavoro umano, a tutto il la- voro, a tutte le fatiche, a tutte le pene, di (2): 945.301 2 S ^ ^^'^^^ ^ 706.040 persone, se questi ricchi spendono i loro redditi annuali totalmente; al lavoro, alle fatiche, alle pene, di 529.730 o 470.693 persone se ne spendono solo i tre quarti o i due terzi (3); e, viceversa, al lavoro, alle fatiche, alle pene, di | 706.040 = 1.059.060, o di 2 X 706.040 = 1.412.080 persone, se la media generale dei sa- lari annuali, anzich di 1500, dovesse assumersi di 1000 o 750 franchi. E queste 706.040, 529.730, 470.693, 1.059.060, 1.412.030 (1) Dal roadito totale delle otto prime classi (= 2.126.563.000 fr.) sot- traendo il prodotto del numero dei ricchi (89.723) per il reddito di 8.000 fr. (2) Prendiamo la frazione x- invece di quella adottata prima di -- perch quella prima parte dei grandi redditi che al di sotto di 8.000 fr. viene impiegata principalmente a comprare merci di prima necessiti e di utilit grande ( nel cui valore, secondo il nostro assunto, i salari figurano per \ I 4 1 3 1 \ o per e i profitti e gli interessi del capitale per . o ^- 1; e in poca quan- tit a comprare merci di lusso o a rimunerare servigi diretti. (3) Si noti cie il Leroy-Heaulieu ha calcolato questi redditi in base ni fitti delle case; ora, una persona che risparmia molto abita una casa di fitto modesto e il suo reddito appare quindi pi basso del reale. Per cui il fitto moltiplicato per i coefficienti rispettivi 8, 9, 10, rappresenta pi la s]>e*a totale annuale che non il vero reddito di cui una parte viene risparmiata. Trascuriamo poi quella parte del reddito che viene eventualmente spesa in opere di beneficenza vera e propria, perch, nella media generale, la ri- teniamo certo inferiore al 5 p. 100 del reddito totale. DELLA DISTRIBUZIONE DELLE RICCHEZZE ATTUALE 291 persone ascendono colle loro famiglio a due, tre, quattro, e cinque milioni (1). Non si fa qui, notiamolo bene, una questione di giustizia ; se sia giusto od ingiusto che un milione di persone lavori per soli 90 mila ricchi, di cui molti, i rentiers oziosi, non rendono loro (1) Secondo rultimo censimento inglese antecedente al 1889 in tutto il Regno Unito fra i salariati prestanti servigio a puro godimento dei ricchi la sola categoria comprendente i domestici ascendeva a 1.838.200, e quella dei soli giardinieri a 83.400; e ci mentre i lavoratori agricoli non arriva- vano nemmeno alla met dei domestici (870.000) e i produttori industriali, comprendenti, s*intende, anche quelli di merci di lusso, a nemmeno il quin- tuplo di questi domestici (Lobia, Analisi^ I, 470). Il numero delle fabbricanti di merletti, lavoranti dalle 12 alle 13 ore al giorno, si calcola ammonti in Francia a 200.000 ; ad altrettanto il numero delle ricamatrici (P. Leroy-Bkaulieu, Le Collect., 403). Per la sola Colonia del Capo la media annuale del valore dei diamanti esportati supera i 100 milioni di franchi. Il valore totale, prodotto iu questa sola colonia, nei 18 anni antecedenti al 1889 fu di circa un miliardo e mezzo di fr. (Mui.hall, Dici, of Statisiics^ 338). Per le merci di lusso che la Francia, nel 1895, produceva per le donne ielle classi ricche delle altre nazioni, cio oltre quello che produceva per le signore proprie, si avevano, per le sole undici categorie seguenti, le se- fl^enti cifre (cifre delle esportazioni): 275.5 milioni di fr. di sete, 8 , di tessuto d'oro e d'argento su seta. 30.5 , di nastri di seta, 19 ,. di merletti di seta, senza contare i merletti di seta misti con oro, 3.5 di ricami, 128 di ricami in cotone per Tornamento dei vestiti, 105 , di pelliccie artificiali imitazione martora e zibellino, 49 di guanti da signora, 28.5 , di piume per guarnizione, 98 di guarnizioni. 66 y, di articoli di moda, i ((uali per per la maggior Totale 81 l^ilioni di fr. P^^^'^ sfuggono alla dogana perch sono por- tati dai viaggiatori nei loro bagagli. (* Contemporary Review ,, aprile 1899, articolo della signora Adajionk sulla Influenza della clientela delle signore inglesi e americane sul commercio fran- cese^ * Riforma Sociale Rivista delle Riviste ,, 15 giugno 1899, pag. 609-611). 292 CAPITOLO QUINTO in ricambio nessun servigio, o altri, gli aggiotatori e gli specu- latori, recano loro un danno gravissimo; ma si pone solo una questione di rendimento tecnico del lavoro umano (1): Sctt^cen- tomila persone, fra questo milione di lavoratori, che lavoraDO dieci, dodici, o quindici ore al giorno, per non recare a nessun membro della societ nessuna quantit di felicit di pi, oppure una quantit infinitesima in confronto all'enorme dispendio di forzo richiesto, pu questo dirsi un buon rendimento tecnico del lavoro umano considerato nel suo complesso? 0 non questo, invece, il pi grande sperpero di preziosissime forze che mai si possa immaginare? (2). Una distribuzione delle ricchezze migliore farebbe dunque ces- sare un tale sperpero, sperpero che coli' ordinamento della propriet attuale minaccia, invece, in grazia appunto dell'aumento continuo della potenza di compra della classe capitalista rela- tivamente a quella della classe proletaria, di andare continua- mente crescendo, non solo in via assoluta, ma anche relativa- mente a tutta la produzione restante, a totale scapito delle merci di prima e di grande necessit (3) ; e farebbe rivolgere tutto (1) * La societ deve sempre ad ogni istante della sua vita cercare nei suoi prodotti una proporzione tale che vi si ritrovi la pi forte somma di enossere, avuto riguardo alla potenza ed ai mezzi di produzione , (pBorimos, Sist. delle Contr. Kcon., 178). (2) " Nelle societ incivilite e ben governate (cio nelle societ attuali a produzione capitalistica pi sviluppata) questo (d'impiegare, cio, il lavoro a produrre invece di mercedi cose destinate all'uso dei capitalisti) Tintento principale a cui vien diretto il lavoro, che altrimenti potrebbe essere im- piegato a beneficio dei lavoranti (Senior, Princ. d Econ, Pol.y 665). * L^industria trovando degli sbocchi sopratutto nelle classi ricche deve in gran parte applicarsi alla fabbricazione degli oggetti di lusso, lasciando insoddisfatti molti bisogni di prima necessit ; ed cosi che il nostro si- stema economico che si incarica di soddisfare i raffinamenti inutili e qualche volta morbosi dei ricchi, non riesce a procurare un semplice letto a tutti 1 cittadini (Le Petit, Del Socialismo j citato da Nitti, La population et h' sf/Rt. soc.j 136). (H) * Il numero delle p prietari di terre, creditori ipotecari e detentori di fondi pubblici oziosi; sari^bbero adesso certi produttori e contribuenti che, trovandosi in posses>o di una maggior potenza di compera, conosct^rebbero, credo di poterlo dire, il modo di servirsene. Quc^l Futile funzione, per conseguenza, che alcuni ** profondi scrittori immaginarono di scoprire nella spesa abbondante dei ricchi oziosi, viene ad essere nulla pi di una pretta illusione. L'Economia Politica non offre di tali palliamenti per l'egoismo sfrenato... Io credo im- porti moltissimo da un punto di vista morale non meno che da un punt^ di vista economico di insistere sul fatto che nessun benefizio pubblico i nessuna specie proviene dalla esistenza di una classe ricca oziosa. La ric- chezza accumulata dai loro antenati o da altri in loro favore, impiegata come capitale, aiuta senza dubbio a sostenere l'industria; ma quello che essi consumano nel lusso e nella pigrizia non h capitale e vale a sosteiit-re null'altro che le loro vite infeconde... 11 posto che loro si addice quello dei fuchi dell'alveare, che s'impinzano a un banchetto a cui non dieiiero contributo alcuno , (Caiknks, Prnc. rocliittore di ottenere in camVio della quantit di lavoro da esso im- piegata un valor d'uso, senza che prima sia constatato se il suo prodotto sia realmente un valor d'uso (Loria, Analisi^ I, 175). DEL COLLETTIVISMO ECC. 301 contribuir a richiamare i suoi lavoratori dai rami improduttivi verso occupazioni pi rimuneratrici ; non avr bisogno di severi comandi, tutti i vantaggi essenziali del sistema liberale e della libera scelta della professione si potrebbero allora immaginare accessibili anche nello Stato socialista. La libert individuale nell'esercizio del lavoro sarebbe garantita ed agli uffici della produzione divisa sarebbe resa possibile una dislocazione utile dello forze lavoratrici Senza questa introduzione del valor d'uso nella tariffa sociale, cio, senza un'analoga imitazione di tutte le fasi per cui passa la determinazione del valore sul mercato odierno, non si potrebbe neppure immaginare che una qualunque direzione suprema del sistema unitario di produ- zione possa mantenere la corrispondenza, sia quantitativamente che qualitativamente, fra il bisogno di lavoro e di beni da una parte e le scorte di lavoro e di beni dall'altra ; sarebbe impos- sibile, in altre parole, conservare quell'equilibrio economico del lavoro e del consumo, che attualmente si ristabilisce, sia pure a sbalzi, sotto l'influenza dei prezzi del mercato, i quali devono tener conto anche del mutabile valor d'uso, cio dell'offerta Noi crediamo quindi di poter sostenere, senza restrizione alcuna, che l'osservanza del valore d'uso nella determinazione del va- lore di cambio (valore sociale) dei lavori e dei prodotti, deve considerarsi come la prima e pi decisiva questione preliminare (1). In altro parole: se il socialismo non in grado di conservare tutti i lati vantaggiosi della odierna libert di lavoro e di vita privata, aggiungendovi i suoi propri innegabili, ... esso non avr n speranza ne diritto di vedersi attuato. Poich tutti questi suoi vantaggi potrebbero capovolgersi in altrettanti eccessi con- trari quando si avesse uno stato di lavoro coatto, tenuto insieme da forze meramente meccaniche e non fosse concessa ampia sfera (1; Ma il Leroy-Bcaulieu osserva che l'ammetture possibile sotto qaest.i direzione unitaria della produzione che il valore dei prodotti e la rimum*- razione dei lavoratori siano determinati non per via di autorit, secondo il costo di produzione o la (quantit di lavoro prestata, ma secondo le oscilla- zioni della domanda, secondo i bisogni del consumo, volere una cosa con- traria al principio stesso del Collettivismo {Lv Colect.^ 343 e seg.). 302 CAPITOH; SESTO d'azione alla libert individuale. Strano e consolante feno- meno I Tutto quanto rende il socialismo anzitutto politicamente discutibile, lo spinge sempre pi alla conservazione, anzi ad un pili ampio sviluppo, di ci che costituisce i lati pi splendidi della economia liberale (1). E il Walras: " Al Marxismo sta a dirci come riuscir ad uguagliare l'offerta colla domanda, ci che costituisce tutto il problema dell'equilibrio della produzione economica.... Questa in- certezza sul rapporto dell'offerta colla domanda, una volta effet- tuata la produzione, non ha inconvenienti nel sistema della determinazione dei prezzi sul mercato, poich ci se la cava, per equilibrare l'offerta colla domanda, colla variazione del prezzo. Ma non va nello stesso modo nel sistema Marxista dove il prezzo deve restaro invariabile e la quantit fabbricata esser gettata nei rifiuti in caso d pletora. E se, in questo sistema, lo Stato ignora assolutamente il limite del suo campo di produzione come si metter egli all'opera? Certamente gli economisti non hanno dimostrato scientificamente il principio della libera concorrenza; per loro fortuna la libera concorrenza regola, bene o male, la nostra produzione economica; essi si estasiano sul modo mera- viglioso con cui essa la regola, e il loro compito bello e determi- nato. Ma il socialismo deve procedere altrimenti: esso deve di- stnguersi dall'economismo sopra tutto in questo che egli sapr l'economia politica e deve spiegare perch e come un tale o tal altro principio porter e manterr l'equilibrio dell'offerta e della domanda dei servizi e dei prodotti ; in tal modo uscir dalla fase letteraria per entrare nella fase scientifica. E ci che il Collet- tivismo di Marx non ha fatto : pi disgraziato ancora dell'eco- nomismo che ci d come camminante bene un sistema che cam- mina male, esso ci ha dato come dovente camminar bene un sistema che non camminer affatto.... Nel sistema di Marx, dove i prezzi non variano e non hanno alcuna azione sulla domanda e l'offerta, lo Stato solo, unico produttore, pu sapere, se lo pu realmente, da quali rami di produzione deve ritirare e verso (1) ScHAKFFLE . Lu quinU'ssv.nza del ftocialismo , Genova, Donath, 1891, DEL COLLETTIVISMO ECC. 303 quali rami deve avviare del lavoro. Allora il Collettivismo in- dustriale necessario. Ma nel sistema della domanda all'incanto e dell'offerta al ribasso dei prodotti sul mercato dei prodotti e dei servizi sul mercato dei servizi, dove il rialzo o il ribasso dei prezzi sono un richiamo e un respintore automatico, degli intra- prenditori industriali altrettanto bene dello Stato intraprenditore collettivo, 0 lo Stato intraprenditore collettivo altrettanto bene degli intraprenditori individuali, possono allontanarsi dai rami nei quali il prezzo di costo dei prodotti o servizi eccede il loro prezzo di vendita.. E ci si pu risolvere sia per la produzione individuale, sia per la produzione collettiva per delle ragioni de- dotte dal vantaggio della produzione stessa. Su questo teiTeno abbandonerei allo Stato la produzione esclusiva dei servizi pub- blici, esigerei il suo intervento per esercitare o costituire i mo- nopoli naturali e necessari esercendoli dal punto di vista del solo interesse pubblico, cio vendendo i prodotti al prezzo di costo e non al prezzo di benefizio massimo ; ma reclamerei per l'inizia- tiva individuale tutte le intrapreso dove la libera concorrenza assoluta non incontra ostacoli (1). Su tale questiono fondamentale della impossibilit di attua- zione del Collettivismo, della impossibilit por un comitato qual- siasi di venire a capo, coi mezzi autoritari e centralizzati di direzione e di inchiesta, della organizzazione di tutta quanta la produzione sociale, di riuscire, cio, a proporzionare, senza l'in- dicazione preziosa dello fluttuazioni dei prezzi, la produzione ai bisogni del consumo, cosi si esprime il Leroy-Beaulieu, e il Collettivismo, in ispecie se a scopo di polemica considerato nella sua pui*ezza massima teorica che all'atto pratico naturalmente non potrebbe mai verificarsi, gli d buon giuoco, a dir vero, per una critica ben giusta nella sostanza, bench troppo esagerata nei termini: ** Supponiamo puro doi comitati di inchiesta e dei comitati direttori della produzione formati per ipotesi dulie monti pi forti e pili nobili del paese; non ne fanno parto n un'anima (1) Lok Walras, Thorie de la propritc ^ ** Revue Socialiste ,, juillet 1896, pag. 28, 31, 34-35. 30-1 CAPITOLO SESTO . venale, ne uno spirito confuso. Quale compito enorme spetta loro ! Si pensi al nostro bilancio francese attuale. Quante diffi- colt solleva ! Quanta pena ci vuole per sbrigarlo ! E con tutto ci egli non che di tre miliardi di franchi o tre e mezzo col bilancio straordinario. Di pi questi tre miliardi o tre miliardi e mezzo di franchi non rappresentano che un'attivit dello Stato relativamente ristretta.... Ben altrimenti considerevole, spaven- tevole, por la minuzia e la responsabilit, sarebbe il compito dei direttori generali della produzione. Supponiamoli dieci o cento o mille, non si capisce quale spirito troppo temerario o troppo de- voto potrebbe incaricarsi di queste funzioni terribili. Poich questi direttori avrebbero da assicurare la vita generale, completa, di tutta la nazione. Sussistenze, vestimenti, alloggio, persino distra- zioni, tutto verrebbe da loro. Siccome al di fuori dei loro ordini e delle loro combinazioni nessuno produrrebbe niente nel paese, il minimo errore dalla loro parte farebbe s che la nazione man- cherebbe 0 di pane o di carne o di combustibili o di vestimenti. Un difetto di calcolo di questi " omniarchi , che questo il termine con cui si potrebbero designare, e la nazione o una parte della nazione dovrebbe morire di fame. Qual compito spavente- vole! Esso non sarebbe uguagliato che da quello dei membri del comitato o dei sotto-comitati direttori della ripartizione; poich nel modo stesso che i primi avrebbero a garantire la vita della nazione in genere, i secondi dovrebbero assicurare quella di ciascun individuo in particolare. Al di fuori di loro non n sarebbe ne lavoro, n mezzo di guadagnarsi la vita, n consumo possibile (1). Sarebbero aiutati e guidati, vero, dalla stati- stica, ma essa non pu, all'atto pratico, non riuscire del tutto insufficiente (pag. 325-326). " Quanto la forza istintiva e, in definitiva, regolatrice dell'iniziativa privata e della speculazione (della ricerca, cio, di comprare al minimo e di vendere al mas- simo prezzo), superiore a tutto questo insieme di documenti che possono offrire le statistiche migliori. Quale indice pii ra- pido, pi efficace e pi decisivo della rarit e dell'abbondanza il prezzo di fronte ai rilievi statistici!.... I comitati direttori (1) Le Collectinsme, 324-325. DEL COLLETTIVISMO ECO. 305 della produzione, a meno che non siano condotti dalla mano soc- corritrice della provvidenza di cui essi sarebbero gli agenti ter- restri, non potrebbero evitare ne Tingombro locale n i deficit parziali. Se da parte loro avviene qualche difetto di calcolo, sia in pi che in meno, quale disordine ! Le conseguenze ne sareb- bero ben pi gravi che per gli errori della speculazione privata. Questa non agisce mai nel medesimo senso; i suoi errori si cor- reggono da loro stessi, essa di una meravigliosa prontezza a cambiar strada, non avendo in genere ne pregiudizi n amor proprio. Oli errori dei comitati direttori sarebbero ben pi dif- ficilmente riparabili. H sistema collettivista esigerebbe una bu- rocrazia di cui non abbiamo l'idea, che sarebbe molto pi con- siderevole, pi pedantesca, pi lenta ancora di quella che gi abbiamo e che suscita tante lagnanze. I controlli gerarchici do- vrebbero essere molto pi complicati ; poich non sarebbe soltanto la fortuna privata e neppure la fortuna finanziaria dello Stato che sarebbero in giuoco, ma bens tutta la vita sociale e la vita materiale stessa di tutti i cittadini. In presenza di un compito cos immenso noi non proviamo le incertezze dello Schaffie e rispondiamo : mai una giunta o comitato qualsiasi potr venire a capo di organizzare la produzione in un grande paese, tutte le produzioni, tanto quella degli spilli e dei bottoni che quella del grano e dei vestimenti, senza che milioni di individui cor- rano pericolo di restar nudi o di morire di fame (1). Ma inutile dilungarci maggiormente su queste e sopra le altre infinite difficolt insormontabili che potrebbero presentarsi alla mente. Nessuno ormai v'ha, si pu dire, che non riconosca che, se inteso nella sua purezza teorica, " il collettivismo de- mocratico di Marx, la cosidetta democrazia sociale, presenta un programma assolutamente inattuabile e che condurrebbe a un caos economico (2). E non a torto Adolfo Wagner insiste sulla lacuna fondamentalissima lasciata dal Marx e dal Marxismo in genere (anche fatta astrazione completa di quanto nella loro (1) CoUect.t 324-829. Analogamente, ad es., anche Saverio Merlino, VU- topia coUettivista, Milano, Treves, 1898| cap. III. (2) ScHAEFFLE, QuinU88enza, 96. 306 CAPITOLO SESTO dottrina v'ha di errato) di non avere additato, a completamento indispensabile della loro critica al sistema economico capitalistico attuale, un altro sistema praticamente attuabile (1). Ed effettivamente d*uopo riconoscere, coi tre autori su citati, che questa inattuabilit del collettivismo Marxista dipende in prncipal modo precisamente dal volere abolire la concorrenza, la libert contrattuale in materia di produzione e di scambio, per la quale concorrenza e per la quale libert Tindividuo pro- duttore, piccolissima ruota dell'ingranaggio sociale, pensa da s^ stesso ad adagiarsi, in questo immenso e complicatissimo mec- canismo della produzione sociale, precisamente in quel punto ove pi richiesto: cosicch quest'immane meccanismo non neces- sita affatto di un ingegnere onniveggente che conosca e preveda e disponga, nel suo progetto, ogni pi piccolo moto di ogni suo pili infimo elemento, ma si costruisce da s stesso e da s stesso si mette in moto. Ond', anche, che la produzione avviene da se facendo a meno di una coscienza sociale totale e perfetta (Vedi prossimo capitolo), quale altrimenti sarebbe assolutamente in- dispensabile e quale di necessit si trova costretto a presup- porre il Collettivismo, e della quale, invece, l'attuale societ, od anche una prossima societ futura, non potrebbero non essere assolutamente incapaci. In ci la grave pecca del Collettivismo; tanto pi che non v'ha invero alcuna ragione fondata di respingere cos terro- rizzati questo principio benefico della concorrenza e della libert contrattuale in materia di produzione e di scambio (2). Il pro- letariato ha oggi un'avversione istintiva contro la concorrenza, (1) Grundlcijiing, Dritte Aufl., zw. Th., 285-289. (2) ** Sembra quasi incomprensibile che gli scrittori della democrazia so- ciale non cerchino di sviluppare e perfezionare anzitutto la loro teorica nel senso di accettare completamente e spingere a maggioro energia le jw ranzie individuali di produttivit economica. Ammettendo una feconda con- correnza di lavoro, conforme al principio del valor sociale della prestazione, il Hocialismo potrebbe meglio che in ogni altro modo nutrire 8pen\nz- mini che si conoscono, si amano, e si stimano Tun l'altro, non forzata, non imposta dall'autorit governativa, non ordinata senza riguardo ad affetti f vincoli individuali, tra uomini considerati non come esseri liberi e spon- tanei, ma come cifre e macchine produttrici (Mazzini, Doveri deWiiomo, 84). DEL COLLETTIVISMO EOO. 823 diverrebbe, invece, anche per costei, una effettiva realt. Non pi quindi si passerebbe ^ dalla libert alla schiavit , ma da un sistema sociale, in cui la libert effettivamente concessa a pochi, ad un altro in cui questa libert effettiva sarebbe concessa a tutta la grandissima maggioranza (1). Senonch, ritornando al Collettivismo, di fronte a questo suo andare contro tutte le tendenze sociali attuali di un associa- zionismo contrattuale sempre pi esteso, di un individualismo sempre pi spiccato, di una libert individuale sempre maggiore, che starebbe a provare la poca probabilit pel futuro d'un tale regime (2), sta la teorica collettivista della fatalit, invece. (1) * Minimo d'autorit, massimo di propriet collettiva; o, in altre pa- role, massimo di libert e minimo di propriet individuale; questo il doppio ideale del ' socialismo libertario , verso il quale conviene orientare l'organizzazione sociale , (Gbobges Renard, Le regime socialiste, * Revue So- cialiste oct. 1897, pag. 898). " Il socialismo non vuole creare una coartazione nuova, qualunque essa sia. L'individuo deve essere libero, non nel senso metafisico, come so- gnano gli anarchici, cio libero di ogni dovere verso la comunit, ma libero da ogni costringimento economico nei suoi movimenti e nella scelta della sua professione. una libert simile non possibile per tutti che per mezzo della organizzazione. In questo senso si potrebbe chiamare il so- cialismo: * liberalismo organizzatore ,, (BKRssTEif, Socialisme thorique et so- cial'dhnocratie prcUique, Paris, Stock, 1900, pag. 228). (2) " Se l'economia privata ha da trasformarsi in economia collettiva, uni- taria, organizzata in forma di pubblica istituzione, se la produzione e la distri- buzione dei beni hanno ad essere sottoposti alla direzione e al controllo di organi speciali, se l'azione di questi ha da sostituirsi alla libera iniziativa degli individui, e all'accordo contrattuale la regola, un tale ordinamento inconcepibile senza un sistema autoritativo e coercitivo, presuppone il di- ritto della comunit a disporre illimitatamente del singolo. Yale a dire un regresso verso forme pi basse e superate dai popoli civili; un ritorno a quello stato sociale in cui l'individuo appartiene alla comunanza, vero or- gano suo, privo di indipendenza, di spontaneit, di libert personale. Mentre l'evoluzione umana consste in un processo di individuazione, mentre alla sua volta la storia della evoluzione giurdica addita nel riconoscimento del- l'individuo uno dei segni pi sicuri del progresso del diritto, evoluzione e progresso d'ora innanzi dovrebbero significare precisamente l'opposto (JciLio Vmhi, La funzione pratica della filosofia del diritto considerata tu 324 CAPITOLO SISTO del suo avvento per il processo meccanico stesso della produ- zione sociale, quale viene svolgendosi in seno all'attuale economia capitalista. Ed appunto su questa pretesa fatalit del regime colletti- vista, e conseguentemente sopra il suo o i suoi possibili modi d'inizio, che dobbiamo ora svolgere alcune brevissime ma neces- sarie considerazioni. Che la concentrazione delle imprese non proceda con quella assolutezza, generalit, e parallelismo, che sarebbero necessari per il fatale avvento e l'attuabilit avvenire d'un regime colletti- vista vero e proprio, non pu pi ormai esser posto in dubbio da alcuno. E a dimostrarne questa fatalit d'avvento e questa attuabilit avvenire non basta il dimostrare che il campo della grande impresa vada di continuo, e magari anche rapidamente, aumentando relativamente a quello della impresa piccola e media. Le poche cifre seguenti, che togliamo dal Eautsky (1), servi- ranno a dare un'idea dello stato attuale delle cose e del loro andamento. a ed in rapporto al socialismo contemporaneo ^ Bologna, Zanichelli, 1894, pagg. 54-56). Vi ha ragione di dubitare, soggiunge alla sua volta il Loria, ** se cotesta economia coercitiva (il regime collettivista) sia compatibile colla aspira- zione inesausta alla libert, onde Tepoca nostra dominata. AH* opposto v*ha ogni ragione di credere che, airuscire da un sistema di asservimento della terra e dciruomo imposto da pochi usurpatori, la societ odierna non vorr ripiombare in una diversa forma di servit, la quale, se pur non da- rebbe luogo a sfruttamenti individuali, non sarebbe perci meno intolle- rabile a eulte ed industri nazioni. No. Chi ponga mente all'indirizzo seco- lare della evoluzione sociale, ed al suo moto incessante dalla necessit alla libert, comprende tosto che la forma economica limite non deve darci una riproduzione perfezionata della tirannia primitiva, ma una armonica conci- liazione della razionale uguaglianza colla libert pi completa , {La eostituz. econ. od,, 798). (1) Le Marxisme et son eritique Bemstein, Paris, Stock, 1900, pagg. 113-115. DEL OOLLSTTIYISMO EOO. 325 In Germania si contavano nella industria, manifattura, com- mercio, traffico, orticoltura, piscicoltura, ecc.: Imprese 1882 1896 Aumento p. 100 Con 1 5 persone . . . 2.882.768 2.934.723 1.8 , 6-10 , ... 68.763 113.547 65.1 , 11-50 , ... 43.952 77.752 76.9 , 51200 . ... 8.095 15.624 93.0 , 2011000 . ... 1.752 3.076 75.6 pi di 1000 , ... 127 225 100.8 Totale 3.005.457 3.144.947 4.6 Mentre, dunque, l'aumento totale delle imprese era del 4.6 p. 100, le piccole imprese non crescevano che di 1.8 p. 100, e le grandi imprese di 100 p. 100. Il numero assoluto delle prime aumentava, ma il loro numero relativo diminuiva. Infatti : La ripartizione proporzionale delle imprese era la seguente: Imprese con 1 5 persone . 6-10 , 11-50 . 51200 , 2011000 pi di 1000 1882 1896 95.9 p. 100 93.3 p. 100 2.3 3.6 , 1.5 2.5 , 0.3 0.5 , 0.0 0.1 . 0.0 0.0 . Il numero delle persone rispettivamente impiegate da queste imprese era: 826 CAPITOLO SESTO da 1 5 persone (1) . . 1882 1895 Aamento p. 100 Imprese 4.385.822 4.770.669 10.0 * 610 , ... 500.097 838.409 66.6 1150 . ... 891.628 1.620.848 81.8 a 51200 , ... 742.688 1.439.776 98.9 a 2011000 , ... 657.899 1.155.886 75.8 pi di 1000 , ... Totale 213.060 448.781 110.5 7.840.789 10.269.269 39.9 Il numero delle persone impiegate nello insieme delle industrie aumentava del 40 p. 100, nelle piccole imprese del 10 p. 100 soltanto, nella grande industria in generale (pi di 50 operai) dell' 88 p. 100, nelle grandissime imprese (pi di 1000 operai) del 110 p. 100. Per conseguenza, il personale delle piccole imprese diminuisce relativamente, bench aumenti in via assoluta: Proporzione p. 100 delle persone impiegate: (1) Le cifre riportate dal Bemstein sono diverse per le piccole imprese, probabilmente perch non prende in considerazione che le imprese pa- dronali: Piccole imprese (15 operai) Piccole imprese medie (610 operai) . . Imprese pi grandi (11-50 operai) . . . Impr. della grande industria (pi di 50 operai) NUICEBO DI OPEBAI 1882 2.457.950 500.097 891.623 1896 3.056.818 833.409 1.620.848 Aumento p.lOO 24.3 66.6 81.8 88.7 mentre in questo periodo la popolazione aumentava del 13.5 p. 100 (Bbui- STEIN, Soeialisme thorique et sociaUdm. praU, 104). DEL OOLLETTITISMO EGO. 327 Imprese da 1 5 persone 6-10 , 11-50 , 51-200 , 2011000 , pi di 1000 , 1895 46.5 8.1 15.8 U.O 11.2 4.4 Le piccole imprese, dunque, cos fa rilevare il Eautsky, che comprendevano nel 1882 circa i due terzi (59 p. 100) della popolazione industriale, ne comprendevano nel 1895 meno della met. D'altra parte, innegabile che il fatto, che tanto il numero delle imprese piccole e medie quanto il numero degli operai in esse impiegati, bench diminuiscano in via relativa, continuano pur sempre a crescere in via assoluta, se non giustifica affatto l'apprezzamento del Bemstein che la piccola e media impresa diano prova pur sempre di una *^ incontestabile vitalit , (Bem- stein, pag. 100), in ispecie date le condizioni sempre piii msere e sfruttate e dipendenti, in cui esse vengono a svolgersi, e sopratutto la prima, sta per a dimostrare una vitalit pur sempre ben maggiore di quella che sarebbe indispensabile per la teorica collettivista. Del resto il Eautsky stesso il primo a riconoscere che '^ la concentrazione del capitale (cio delle imprese) non si pro- duce con la medesima progressione in tutte le branche dell'in- dustria : cos la decadenza della piccola impresa molto pi rapida nell'industria che nel commercio: In Germania, sopra 100 persone impiegate, c'erano nel 1895 (Kautsky, pag. 119): 328 OAPITOLO SESTO Nelle imprese occupanti 1 5 persone 89.9 69.7 6-50 persone pii di 50 penAii Manifatture, miniere, costruzioni Commercio, traffico, alberghi 23.8 24.3 36.3 6.0 In cui va notato che le rubriche ** piccole imprese , per le imprese occupanti da 1-5 persone, e " imprese medie , per quelle impieganti da 6-50 persone, non sono permesse che per l'industria; giacche nel commercio, una casa occupante 5 per- sone pu costituire un'impresa media, e una casa occupante 50 persone rappresenter sempre una grande impresa. Tabella dell'accrescimento ( + ) della diminuzione ( ) delle persone occupate dal 1882 al 1895: Imprese occupanti 1 5 persone Industria - 2.4 O/c Commercio t + 48.9 6 50 persone pia di 50 prr>oDe + 71.5 \ i + 87.2 \ + 94.1 + 137.8 , E mentre il numero delle piccole imprese in generale aunion- tava, come risulta dalla prima tabella sopra data, di 51.955 (1.8 p. 100), esse diminuivano di 185.297 (8.6 p. 100) nella in- dustria in particolare. Per quanto riguarda la Prussia in particolare, il numero delle persone occupate nel commercio e nel traffico (senza contare gli impiegati delle strade ferrate e della posta) era (Bernstein, pag. 107): DKL OOLLETTIYISMO EOO. 329 1885 1896 Aumento p. 100 Nelle imprese con: . 2 ausiliari o meno . . . 411.519 467.656 13.6 3 5 ausiliari 176.867 342.112 93.4 6-50 , 157.328 303.078 92.6 51 e pi , 25.619 62.056 142.2 771.223 1.174.902 Se poi per la Germania vogliamo entrare nel dettaglio delle diverse branche dell'industria, sopratutto nelle seguenti che diminuisce la piccola e aumenta la grande impresa (Eautsky, pag. 120): Tabella della ripartizione proporzionale delle persone occupate in queste differenti branche per 100: Branche d'industria Miniere Prodotti chimici Industria tessile Costruzione di macchine e di stru- menti Fabbricazione della carta . . . Materiali di costruzione e inter- ramenti Illuminazione Imprese occupanti 1 '5 persone 6-50 persone pia di 50 persone 0.7 4.0 95.3 15.7 22.6 61.7 26.0 14.8 59.2 22.1 18.9 59.0 17.7 31.5 50.8 12.8 42.5 44.7 15.2 45.1 39.7 Invece il dominio della piccola impresa comprende ancora le branche seguenti, nelle quali la proporzione p. 100 delle persone impiegate la seguente {Ibid,, 121): 330 CAPITOLO SB8T0 Branche d'industria Imprese occupanti 1 1-5 persone 6-50 persone pli di 50 prMM Allevamento, pesca 88.8 7.9 3.3 Industria del vestimento, ripuli- limento 80.4 i 13.2 6.4 Alberghi, ristoratori 74.6 24.1 1.3 Commercio 70.8 25.2 4.0 Orticoltura e orti 60.2 31.5 8.3 Industrie d'arte 58.4 33.8 7.8 Lavori in legno 57.8 29.6 12.6 Per qui ancora constatiamo una progressione della concen- trazione delle imprese: Tabella dell'accrescimento e della diminuzione delle persone impiegate nel 1882 e 1895: Branche d'industria Allevamento, pesca Industria del vestimento, ripuli- mento Alberghi, ristoratori . . . . Commercio Orticoltura e orti Industrie d'arte Lavori in legno Industrie in generale . . . Imprese occupanti 1-5 persone | 6-50 persone -h37.0X I -f- 35.1 Vo - 0.6 . + 70.2 . + 74.4 . 4-65.0 , + 4.2 , - 3.1 . + 10.0 . I + 81.5 . I + 138.7 . I + 89.5 . I + 141.6 . (- 66.9 , + 118.6 , + 76.3 , pii di 50 prMM -I- 700.9 % ' -I- 162.0 , i -1-429.7 . i ' -h 177.6 . .. + 40.8 . -f- 576.1 . I + 138.7 . I + 86.2 . Nei lavori dei metalli, nelle industrie dei cuoi, alimentarie, DEL GOLLSTTIYISMO EGO. 331 costruzioni e del traffico la piccola impresa, a detta del sky stesso, " ancora relativamente forte ,. co le cifire relative a queste industrie (Kautsky, pag. 128): iche d* industria i di metalli 1882 1895 nto 0 diminusdo- 'elativi .... ;nadeicuoi{ ^^ (1895 nto 0 diminuzio- 'elativi .... iriaalimen-j ^^^2 ' (1) 1 1895 nto 0 diminuzio- elativi .... izione nto 0 diminuzio- 'elativi .... 30 (2) (eacliwi i 1882 Sf ""''' ' 1 1895 ato 0 diminuzio- elativi .... Proporzione p. 100 per le imprese occupanti 1-5 penoie 62.8 44.6 -18.2 62.9 50.6 12.3 60.3 51.9 8.4 46.0 27.0 19.0 64.1 54.0 10.1 6-50 pnoie 18.7 24.6 + 5.9 21.8 24.9 + 36 19.6 28.9 + 4.3 36.1 89.6 + 3.5 17.3 18.0 + 0.7 pi di 50 ptnose 18 5 30.8 + 12.3 15.8 24.5 + 8.7 20.1 24.2 + 4.1 17.9 33.4 + 15.5 18.6 28.0 + 9.4 Aneito 0 dinlniioie degli operai dal 1882 al 1895 elle imprese oceopasti 1-5 penoie 1.2 + 6.2 + 18.0 + 15.3 6-50 penose pi di 50 penose + 83.4 + 54.2 + 131.3 + 104.5 + 67.6 + 66.0 + 114.6 + 10.8 + 264.9 + 37.6 + 97.0 W\a quale categoria (industrie alimentarie, bevande e comestibili in 0 appartengono un milione di persone, di cui 153.080 appartengono bbricazione del tabacco, dove predomina la piccola industria domestica ita dai capitalisti; 97.682 alla fabbricazione della birra e 95.162 a dello zucchero, nelle quali predomina la grande impresa; 110.267 lacinazione del grano, dove qui pure la grande impresa fa progressi ; 6 alla panificazione e pasticcieria e 178.873 alla macelleria, dove pre- a la piccola impresa indipendente, ^ella quale categoria, fra i 10.514 commissionari, 10.200 sono a loro fra le 18.737 persone impiegate al trasporto dei viaggiatori e al ser- )ostale, 9532 sono a loro conto ; fra le 3945 imprese di pompe funebri, )ccupano una sola persona. 332 CAPITOLO SESTO Quanto airagricoltura, il Eautsky stesso riconosce che la con- centrazione delle imprese agricole (da non confondersi con le propriet fondiarie) o procede molto lentamente, o non procede affatto, 0 procede persino in senso inverso (1). E se il Kautsky ha ridotto al suo giusto valore questa " in- contestabile vitalit della piccola impresa in generale, indu- striale, commerciale e agricola, obbiettando che molte industrie che per la statistica sono imprese indipendenti, invece, per l'eco- nomista, coloro che le esercitano non sono che proprietari nomi- nali dei loro mezzi di produzione, e si trasformano invece sempre pi in agenti e in salariati effettivi di qualche grosso capitalista, e spesso anzi in salariati i pii oppressi e i piii modicamente retribuiti (cos le industrie domestiche nella industria del legno : falegnami, panierai, tornitori, fabbricazione di cappelli di paglia, di giuocattoli; cos le piccole industrie connesse deirindustria del vestimento e della pulitura: confezione di abiti e d bian- cheria, mode, guanteria, calzoleria, lavatura e stiratura; cos i restaurants, semplici dipendenze, in Germania, delle grandi fab- briche di birra, e il piccolo commercio, ad es., del latte, del ta- bacco, dei prodotti farmaceutici, ecc., effettivamente semplici agenzie di rivendita di societ capitaliste ; cos i coltivatori pro- duttori della barbabietola, di frutta, di legumi, ecc., non altro che i fornitori dipendenti e sfruttati delle grandi raffinerie di zucchero, delle grandi fabbriche di conserve; ecc. ecc.) (2): Ci pu valere, e vale in realt, fortemente in favore della espro- priazione di questi capitalisti, e della conseguente probabilit avvenire del socialismo, in quanto che denota che il numero (1) Cfr. Kautsky, pagg. 132-141; in ispecie la tabella a pag. 134 e i dati a pagg. 138 e 139; e Bbbnstkin, pagg. 107-113. Che Ja piccola azienda agricola, in grazia del cooperativismo (sinda- cati agricoli, ecc.), che lo permette di procurarsi anch'essa lo strumento tecnico agricolo pi perfezionato (concimi artificiali, sementi selezionate, ecc.), sia ben lungi dal sottostare alla * rapida scomparsa , preconizzatale dai collettivisti, vedi, ad es., anche il Gatti, Agricoltura e Socialismo, (2) Kautskt, pagg. 126 e seg., 146. DIL COLLETTIVISMO ECC. 333 di coloro che si avvantaggierebbero dalla riduzione in propriet collettiva degli strumenti di produzione e capitali in genere cresce di continuo e rapidamente, relativamente alla popolazione totale, non solo in grazia del crescere relativo del numero dei salariati proletari veri e propri, ma in grazia anche di altre classi sociali, ma non vale gi in favore del regime coUeU vista, cio dell'esercizio di tutte le industrie da parte dello Stato. Come pure se l'assenza d'ogni tendenza effettiva delle imprese agricole alla concentrazione non in nulla contraria al socia- lismo, giacch nel tempo stesso il sistema d'affitto si sviluppa e il debito ipotecario progredisce, sicch, e a misura di ci, gli agricoltori che non hanno pi alcun interesse a possedere una terra nominalmente in proprio, e che hanno invece vivo interesse alla socializzazione della propriet fondiaria e dei crediti ipotecari, divengono di altrettanto sempre pi numerosi (1), essa per, inutile sarebbe il negarlo, effettivamente contrarissima al col- lettivismo. E poche cifre soltanto bastano del resto a dimostrare come questo numero delle imprese piccole e medie, e anche grandi, tuttora esistenti, o anche il numero di quelle che con tutta pro- babilit sarebbero ancora esistenti allorch la classe proletaria venisse ad assurgere a classe dominante, sarebbe d'ostacolo in- sormontabile all'introduzione di un regime collettivista vero e proprio. Cos, ad es., in Inghilterra, le fabbriche ed opifici sottomessi alle leggi sulle fabbriche, cio appartenenti alla grande industria, occupavano nel 1896, secondo il rapporto degli ispettori delle Fabbriche, 4.398.983 persone, meno della met degli individui impiegati nell'industria secondo il censimento del 1891. Questo (1) Kautsky, pag. 147. Contemporaneamente allo svilupparsi del sistema leirafGtto, il debito fondiario ha aumentato in Prussia in soli 10 anni 1885-1895) di un miliardo e mezzo di franchi: "* Ci non vuole dire altro ;he in tale spazio di tempo una quantit di beni fondiari di uguale valore 3 passata dalle mani degli agricoltori in quelle dei creditori ipotecari Ibid., 148). Numerosi dati sui ' progressi spaventosi del debito ipotecario, nello gi -ammentate pagine del Lobia, La costituz, econ. od,^ 549-558. 334 OAPITOLO SISTO censimento d 9.025.902 individui, senza contare quelli occupati nelle varie branche di trasporto. Secondo il Bernstein (pp. 95-96), sull'eccedente di 4.626.919 persone si pu calcolare un quarto 0 un terzo come impiegate nel commercio delle produzioni ri- spettive e in alcune industrie medie e grandi non sottomesse alle leggi sulle fabbriche. Restano, in cifre rotonde, tre milioni d'impiegati e di piccoli padroni nelle industrie minuscole. I quattro milioni di operai sottomessi alle leggi sulle fabbriche si ripar- tiscono sopra un insieme di 160.948 fabbriche e laboratori, ci che d una media di 27 a 28 operai per impresa. Separando le fabbriche dai laboratori, si hanno 76.279 fabbriche con 8.743.418 e 81.669 laboratori con 655.565 operai, cio una media di 49 operai per fabbrica e 8 per laboratorio registrato. ' Questa cifra media di 49 operai per fabbrica indica gi, soggiunge il Bernstein, ci che una verificazione pi minuziosa del rapporto conferma: che due terzi per lo meno delle imprese qualificate ^ fabbriche cadono sotto la rubrica delle imprese medie con 6 a 50 operai, di modo che restano tutto al pi 20.000 a 25.000 imprese con 50 e pi operai, rappresentanti insieme circa tre milioni di operai. Delle 1.171.990 persone impiegate nelle diverse branche di tras- porto, tre quarti tutto al pi possono essere considerate come appartenenti alle grandi imprese. Aggiungendole alle categorie precedenti, arriviamo, quanto al personale operaio e ausiliario delle grandi imprese, a un totale variante dai 3 -^ ai 4 milioni d'individui, contro 5 -^ milioni occupati nelle imprese medie e piccole (1). Nell'industria del cotone si aveva: Fabbriche . . . . Oporai Dperai per fabbrica. 1868 2.549 401.064 156 1899 2.538 528.795 208 I Aamento o dimDuzione 0.43 % + 32 , + 33 , (1) Bkrxstkik, pagg. 95-96. DSL OOLLETTIYISIIO SOG. 385 cio un processo di concentrazione piuttosto lento. E ancor pi lento ha proceduto nelle altre branche dell'industria tessile: Cos dal 1870 al 1890 le fabbriche di lana e di magliere sono au- mentate da 2.459 a 2.546, e gli operai occupati in questa branca d'industria da 234.687 a 297.053, cio da 95 a 117 operai per fabbrica, il rendiconto degli ispettori delle fabbriche per il 1896 ha rilevato per l'intera Gran Brettagna 9.891 fabbriche nell'in- dustria tessile, appartenenti a 7.900 imprese e occupanti 1.077.687 operai, contro 5.968 fabbriche con 718.051 operai nel 1870, ci che rappresenta per queste due annate le cifre rispettive e medie di 120.3 a 136.4 operai per impresa (1). Per quanto riguarda la Germania, nonostante che lo sviluppo della grande industria si sia cost effettuato con grandissima ra- pidit (sicch, se non l'industria tessile, altre, quale quella delle macchine, hanno gi raggiunto la media inglese, e qualcuna, l'in- dustria chimica, la vetraria, certe branche di professioni grafiche, e probabilmente l'elettrotecnica, l'hanno gi sorpassata), pure la gran massa delle persone occupate nella industria appartengono tuttora alle medie e piccole imprese: Di 10 ^ milioni di operai industriali occupati nel 1895, un po' pi di 3 milioni apparte- nevano alla grande industria, 2 -z milioni alla media (6-50 operai) e 4- milioni alla piccola (Bemstein, pag. 98). Quanto poi all'agricoltura ecco le cifre della Germania per il 1895, rammentando che qui si tratta, naturalmente, di imprese agricole, per lo pi in affittanza (o in addebitamene ipotecario, se di proprietari nominali), e quindi in nessun rapporto di gran- dezza con le propriet fondiarie su cui vengono ad esercitarsi:' Generi di imprese Numero di imprese Imprese minuscole (fino a 2 ettari) . . . . , di piccoli contadini (da 2 a 5 ettari) . , di medi (da 5 a 20 , ) di grandi ^ (da 20 a 100 , ) Grandi imprese (100 ettari e pi) I 3.236.367 I 1.016.318 998.804 I 281.767 i 25.061 (1) BEBNSTEUf, pagg. 96-97. 386 CAPITOLO 8BST0 Le quali categore di imprese occupavano rispettivamente di superficie : Genere d imprese Imprese minnsoole (fino a 2 ettari) .... , di piccoli contadini (da 2 a 5 ettari) . , di medi , (da 5 a 20 ettari) . , di grandi , (da 20 a 100 ettari) Grandi imprese (100 ettari e pi) Terreno agricolo eotthrMo 1.808.444 8.285.984 9.721.875 9.869.837 Sipeiieie UUie 2.415.414 4.142.071 12.537.660 13.157.201 7.831.801 i 11.031.896 Cio piti di due terzi della superficie totale spettavano alle tre categorie di imprese di contadini, e un quarto circa alla grande industria agricola (Bernstein, pag. 108-109). La Francia contava nel 1882 le seguenti imprese agricole (iirf, 110): Imprese Estensione in ettari Al di sotto di 1 ettaro .... 2.167.767 1.083.833 1 Da 1-10 ettari 2.635.030 1 11.366.274 . 10-40 , 727.088 ! 14.845.650 . 40-100 , 113.285 i 1 1 22.266.104 , 100-200 , ,200-500 , 20.644 1 7.942 1 i Sopra i 500 i 217 5.672.003 1 ) 1 1 j 48.478.028 1 DEL COLLETTIVISMO ECC. 337 E la Gran Brettagna nel 1895 aveva {Ibid., 112) Acri di 40 are Imprese al di sotto di 2 ettari . Da 2-5 ettari . 5-20 , 20-40 , , 40-120 , . 120-200 ," , 200-400 , ...... Al di sopra di 400 366.792 1.667.647 2.864.976 4.885.208 13.875.914 5.113.945 3.001.184 801.852 32.577.643 Per lOu dellt uoperfirle totale 1.13 5.12 8.79 15.00 42.59 15.70 9.21 2.46 100.00 Cio, tutto al pi il 27 0 il 28 *Vo ^^^^^ superficie coltivata della Gran Brettagna spettava alla grande agricoltura propria- mente detta e solamente il 2.46 "/o alle imprese gigantesche. Mentre pi del 66 ^/o era occupata dalle grandi e medio imprese di contadini. * Per tanto dunque, cos conclude il Bornstein, che la centra- lizzazione delle imprese la condizione primordiale della socia- lizzazione della produzione e della distribuzione, essa non fino a qui anche nei paesi d'Europa i pi avanzati che una realt parziale, di modo che se in Germania lo Stato, in un av- venire prossimo, volesse espropraro tutte le imprese occupanti 20 persone e pi, sia allo scopo di un esercizio intero e diretto, sia per affittarle in parte, resterebbero ancora nel commercio e nell'industria delle centinaia di migliaia di improse con pi di quattro milioni di salariati che continuerebbero a essere con- dotte da particolari. Nell'agricoltura, nel caso in cui tutte le imprese al di sopra di 20 ettari venissero espropriate dallo Stato e nessuno pensa a ci resterebbero ancora pi di cinque milioni di imprese d'un carattere privato, con circa novo milioni Rio X A HO. m 338 CAPITOLO SESTO d'impiegati (1). Si potr farsi un'idea dell'estensione del com- pito che lo Stato o gli Slati intraprenderebbero espropriando tutte queste imprese (occupanti pi di 20 persone, o esercenti pi di 20 ettari), se si pensa che si tratta, nell'industria e nel commercio, di pi d'un centinaio di migliaia di imprese (2) con cinque a sei milioni d'impiegati, e nell'agricoltura, di pi di tre- cento mila imprese, con cinque milioni di impiegati , (3). Ma, risponde il Kautsky, ** se la concezione materialistica della storia avesse veramente quel carattere meccanico che i suoi av- versari le attribuiscono cosi volentieri, se essa credesse vera- mente all'avvento progressivo e naturale del socialismo in questo senso che la piccola azienda sar completamente assorbita dallo sviluppo capitalista per mezzo della concentrazione del capitale. e che l'organismo della produzione socialista sar costituito in modo che il proletariato non avr pi che a conquistare il po- tere politico e a adagiarsi nel letto preparato dal capitalismo; se fosse questa la concezione Marxista dell'evoluzione verso fl socialismo, le cifre assolute, isolate, riportate dal Bernstein (sul censimento delle professioni in Inghilterra, Francia, Austria, Sviz- zera, Stati Uniti, in parte sopra riportate), potrebbero avere qualche importanza, poich queste cifre proverebbero che la pic- cola azienda lungi da scomparire completamente e che per conseguenza il regno del socialismo ancora lungi dalla sua n^- lizzaziono. Ma non questa la dottrina Marxista. La decadenza della produzione individuale, che era altrevolte la forma di pro- duzione dominante, genera i proletari, i salariati. Pi la produ- zione capitalista si sviluppa sulle rovine dei piccoli mestieri, tanto minori probabilit ha il salariato di liberarsi come pro- ci) Secondo il Kaatsky (pag. 144) circa tre milioni di queste impref^' agricolo sarebbero aempiici occupazioni accessorie, annessi deireconomia domestica dei lavoratori o degli artigiani, i quali non contribuirebbero che in una debole misura alla produzione di merci, cio di prodotti a scopo di scamltio. Rimarrebb(;ro perci solo due milioni di imprese esercitate da con- tadini veri e propri. (2) Secondo il Kautsky, invece, esse non ammonterebbero per la Germania, piattamente, che a 48.956 (pag. 109). (3) Bernstein, pagg. 150-151. DEL COLLETTIVISMO ECC. 889 3re isolato dallo sfruttamento e dalla servit capitalista, ma 3 pi egli aspira alla soppressione della propriet privata, proletariato nascono naturalmente e necessariamente delle enze socialiste nei proletari, come in coloro che prendono irtito dei proletari, che aspirano alla loro indipendenza, cio loro libert ed eguaglianza. Ma ci non spiega che la genesi ) aspirazioni socialiste, e non dice ancora niente delle sue pettive. la concentrazione del capitale che le migliora )re pi. Pi essa progredisce, pi il proletariato aumenta e rganizza, ma pi essa indebolisce, scoraggia e impoverisce Lassa di coloro che hanno un interesse alla propriet pri- dei mezzi di produzione, cio degli imprenditori indipen- i, pi essa diminuisce l'interesse che essi hanno al manteni- to di questa propriet e pi essa favorisce le condizioni di imento della produzione socialista.... La concentrazione del baie pone il problema storico dell'introduzione di un modo di uzione socialista nella societ. Essa produce le forze neces- alla soluzione del problema, cio i proletari, ed essa crea ezzo di risolverlo, cio la cooperazione su vasta scala; ma non risolve di per s stessa il problema. Questa soluzione pu derivare che dalla lotta del proletariato, dalla sua forza olont e dal sentimento che egli ha dei suoi doveri (1). a se questo avvento del socialismo deve dipendere, non gi btamente dal processo meccanico stesso di concontrazione ) imprese della attuale produzione capitalista, ma ne sia un tal processo la causa esclusiva e indispensabile pi altro dall'avvento a coscienza e a partito dominante della se proletaria, ipso facto, tutta la pretesa fatalit d'avvento regime collettivista viene a mancare d'ogni base : che molto nder allora dall'azione cosciente di questa classe, assurta into che sia a fattore sociologico preponderante rispetto alle 2 classi sociali (2). E pi che cercare di prevedere e profe- Kautsky. pagg. 104-107. I Vedi capitolo prossimo. [o non attacco tanta importanza alla centralizzazione detta automatica i stabilimenti industriali quanto gli aderenti della dottrina della ne- 340 CAPITOLO SESTO lizzare dove andr a finire il processo meccanico della evoluzione economica attuale neiripotesi, implicita od esplicita, che sovra esso, invece, tale azione nulla possa, sar allora il caso di stu- diare e proporre un programma al quale quest'azione proletaria cosciente debba appunto attenersi (1). ci che fanno in realt, all'atto pratico, i partiti socialisti di tutti i paesi, sopratutto per quanto riguarda i loro programmi minimi (2). Ma se ci volgiamo a considerare quale sia il programma mas- simo comunemente accettato dai capi del partito socialista, cio cessit obbiettiva del socialismo. Certo, vi hanno forze che spingono in questa direzione, e non v* dubbio che senza questa tendenza evidente alla centralizzazione industriale, senza la creazione e lo sviluppo dei grandi centri industriali, non ci sarebbe alcun movimento socialista serio. Non possibile negare questa base economica o, se si vuole, materialista del mo- vimento socialista. Ma il desiderio o la volont di un numero crescente di operai e loro partigiani di vedere abob'ta la dominazione capitalista, lo spi- rito democratico e socialista, se basato in gran parte sopra questo movi- mento economico, non perci soltanto un prodotto ; esso pure, dal canto suo, forza creatrice. Noi lo constatiamo ogni giorno nella vita politica dei popoli avanzati (Bebnstein, pag. xxiv). (1) " Ogni partito deve prendere in compito di conquistare il potere po- litico per foggiare lo Stato, e fare agire le forze dello Stato sulle forme sociali, conformemente alle proprie vedute. Ogni partito avente della vita- lit deve pure essere preparato a che il potere venga a spettargli; deve dunque sapere a quale uso impiegher questa forza. Deve aver sempre una risposta pronta a tale questione, se vuole spiegare una certa forza propa- gandista. Un partito che fin dal principio dichiarasse che non pu agire utilmente che neiropposizione, che non cerca che di ottenere deirinfluenza e non il potere, un tal partito si paralizzerebbe con questa dichiarazione e si alienerebbe completamente la fiducia delle masse popolari. Per cui, ogni partito deve avere uno scopo finale, non come termine della evoluzione so- ciale, questa non ha n termine n scopo finale, ma come scopo pro- posto alla sua attivit pratica , (Eautskv, pagg. 832-333). (2) * Mentre che prima certi Marxisti attribuivano, sotto questo rapporto della facolt creatrice, una parte puramente negativa alla forza, adesso si manifesta una tendenza ad esagerare in una direzione contraria. Si del tutto disposti ad attribuire alla forza una onnipotenza creatrice e Taccen- tuazione della aziono politica appare assolutamente come la quintessenza del * socialismo scientifico , (Bernstetn, pag. 293). DEL OOLLETTIVISMO ECC. 341 in qual modo il partito proletario intenderebbe procedere ima volta che pervenuto fosse a partito politicamente predominante, si scorge subito che l'incertezza somma o l'inattuabilit assoluta di un tal programma dipendono sempre appunto dalla teorica collettivista che, implicitamente od esplicitamente, lo ispira e lo informa. E pi che tutto il proponimento di una espropriazione violenta rivoluzionaria. E bench il Eautsky protesti che ^ si tratta non gi di socia- lizzare d'un sol colpo ' in una lunga seduta di notte , come dice scherzando Vittorio Adler, tutte le imprese di pii di 20 per- sone, come si potrebbe credere leggendo Bernstein, ma solo d*un cambiamerUo di direzione nella evoluzioie della propriet (pag. 109), frase, quest'ultima, a dir vero, alquanto oscura, sopratutto se questo cambiamento deve avvenire per l'opera cosciente del partito proletario, non si pu negare essere una tale espropriazione rivoluzionaria il postulato implicito della dottrina Marxista e il proposito confesso o non confesso, anche oggid, di non pochi collettivisti (1). (1) Cfr. il capitolo del Bebnstein, * Marxisme et Blanquisme ^y pagg. 47 e seg. troppo noto, del resto, il famoso passo del Marx, dal quale, anche senza sottilizzare troppo sulle parole, traspare netto il proposito di una tale espro- priazione rivoluzionaria: " Col continuo diminuire di numero dei magnati del capitale, i quali usurpano e monopolizzano tutti i vantaggi di questo processo di trasformazione, cresce per la massa della miseria, dell'oppres- sione, deirasservimento, della degradazione e dello sfruttamento, cresce anche di forze lo spirito ribelle della classe lavoratrice, che sempre ingrossa e appunto per mezzo del meccanismo del processo produttivo capitalistico si ammaestra, si unisce e si organizza. Il monopolio stesso del capitale di- verr infine un ostacolo al sistema produttivo, sorto e sviluppatosi per suo impulso ed aiuto. La centralizzazione dei mezzi di produzione e la socializ- zazione del lavoro raggiungeranno un punto in cui saranno incompatibili col loro inviluppo capitalistico. Questo sar fatto saltar via. Allora batter Tor estrema della propriet privata capitalistica : gli espropriatori saranno espropriati. 11 modo di appropriazione capitalistico risultante dal modo ca- pitalistico di produzione, cio la propriet privata capitalistica, la prima negazione della propriet privata individuale fondata sul proprio lavoro. Ma la produzione capitalistica genera colla necessit di un processo natu- rale la propria negazione. Questa negazione nega quindi s stessa e spinge alla ricostituzione non della propriet privata, ma della propriet indivi- 342 CAPITOLO SESTO Ora, ad una tale espropriazione violenta rivoluzionaria e ad una appropriazione immediata, da parte dello Stato, di tutti i mezzi di produzione e di ripartizione ** non c' neppure da pensare , non fosse altro, come gi abbiamo accennato, per duale sulla base di quanto fu raggiunto neirra capitalistica, vale a dire sulla base della coopcrazione e della propriet comune della terra e dei mezzi di produzione dal lavoro stesso prodotti. La trasformazione della pro- priet privata, sbocconcellata e fondata sul lavoro proprio, individuale del proprietario in propriet capitalistica stato naturalmente un processo molto pi lungo, diffcile, e laborioso di quanto non sia la trasformazione della propriet capitalistica, fondata sopra un sistema di produzione gi socializzata, in propriet collettiva. Allora si trattava di espropriare la massa del popolo per opera di pochi usurpatori, oggi si tratta di espropriare pochi usurpatori per opera delle masso . {Dos Kapital^ I, 728-729). E i primi quattro paragrafi del programma massimo del Manifesto del partito comunista ribadiscono un tale proposito di una espropriazione rivo- luzionaria, pure attenuandolo un poco: * Per i paesi pi progrediti potranno, in generale, applicarsi le seguenti misure : * 1 Espropriazione della propriet fondiaria e impiego della rendita per le spese dello Stato. " 2^ Forte imposta progressiva. " 3 Abolizione del diritto di successione. * 4^ Confisca della propriet degli emigranti e dei ribelli ,. * Misure soggiunge il Manifesto che economicamente appoiono insaifi- cicnti e insostenibili, ma che nel corso del movimento si presentano come inevitabili per trasformare l'intero sistema di produzione (Manif, del Part. Com,, 35). Altri poi procederebbero in modo anche pi spiccio. Valga, ad es., per tutti il Beville: * Appena al potere il proletariato canceller tutti i debiti non ipotecari dei contadini; li sollever dall'imposta fondiaria; confiscker a proftto della collettivit i debiti ipotecari ridotti del 50 per 100... Sop- primer il debito pubblico, per gli interessi del quale la Francia paga ogni anno mille e duecento milioni, cio 32 franchi per testa, in media 160 franchi ogni famiglia di 5 persone. N vi saranno diffcolt per tutto ci che sar costituito sotto forma associata; baster annullare i titoli, le azioni, le ob- bligazioni, dando a tutta questa carta sporca il valore che ha vendendola a peso. Attuata Tappropriazione collettiva dei capitali, essa, senza scosse nel modo di produzione, assumer, invece della forma associata, la quale non proftta che a qualcuno e nuoce a moltissimi, la forma sociale con van- taggio di tutti , (Cenni sul socialismo scientifico , Introduzione al sunto del Capitale di Marx, Cremona 1893, pagg. 69, 70). DEL COLLBTTIYIgMO ECO. 343 tutti quei lavoratori, che, produttori di merci di lusso o pre- stanti servigi diretti ai ricchi, vedrebbero non pi da alcuno richiesto il loro lavoro, se tutto ad un tratto la potenza di compra delle classi agiate venisse annientata da tale espropria- zione; e per i gravissimi, incalcolabili danni, che una tale rivo- luzione violenta, per la strettissima reciproca dipendenza di tutte le industrie e commerci fra loro, cagionerebbe a tutta l'economia sociale, e di cui i primi a risentirne gli effetti funesti sarebbero i proletari stessi (1). Ma il Eautsky protesta, come abbiamo visto, contro l'inten- zione attribuita al partito socialista di una espropriazione vio- lenta rivoluzionaria; per pi innanzi cos si esprime: " Il proletariato non ha interesse al mantenimento della pro- priet individuale dei mezzi di produzione. Anche se egli arriva al potere per le vie pi pacifiche e pi legali; anche se ani- mato dal vivo desiderio di non sconvolgere niente e di non allontanarsi dalle vie della ' evoluzione organica ; anche se scettico a riguardo delle * utopie socialiste, egli non terr conto, nella difesa dei suoi interessi, del mantenimento della propriet individuale dei mezzi di produzione e della produ- zione individuale. ** Invece, un regime proletario deve sempre perseguire un doppio scopo. Da una parte la soppressione del carattere privato dei grandi monopoli capitalistici, e dall'altra la soppressione dei senza-la- voro, armata di riserva degli industriali. ^ Cos facendo, egli colpisce al cuore il modo di produzione capitalista. " Senza i trusts monopolizzatori e senza i senza-lavoro sempre pronti a prendere il posto degli scioperanti, la situazione del proletariato organizzato in faccia del capitalismo diviene pre- ponderante. ** Quando quest'ultimo si lagna oggi digi del terrorismo prole- tario, un'assurdit. Ma il proletariato stabilir forzatamente la sua dittatura nell'opificio il giorno in cui avr conquistato il potere nello Stato. La posizione dei capitalisti, che sussiste- (1) Cfr. Bbrnstein, pagg. 55 e seg. 344 CAPITOLO SESTO ranno dopo la socializzazione dei cartels e dei trttsts, diventer allora insostenibile ; essi non avranno pi che a sopportare i rischi della loro industria senza esserne i padroni pii a lungo. Da questo momento, i capitalisti, con una fretta pi grande di quella degli operai d'oggigiorno, reclameranno una socializzazione vantaggiosa delle loro industrie; essi spenderanno molto pi di forze e d'intelligenza a risolvere questo problema per la via la pi rapida e la meno dolorosa, che essi non ne spendano oggi a combattere il movimento proletario. Il proletariato vitto- rioso sarebbe costretto, anche se fin dal principio non lo desi- derasse, di socializzare la produzione : egli vi sarebbe fatalmente, logicamente, condotto dai suoi interessi di classe (1). Ma, pur tralasciando qualsiasi domanda e dubbio ed obbie- zione sul significato, sull'effettiva riuscita, e sui benefici effetti di questa " dittatura proletaria nell'opificio , che dovrebbe es- sere resa ora possibile dalla socializzazione dei trusts e dalla soppressione dei senza-lavoro, e che dovrebbe condurre i capita- listi ad una posizione si insostenibile da reclamare essi stessi la ^ socializzazione vantaggiosa delle loro industrie, e pur trala- sciando di domandare che cosa si dovrebbe intendere per questa socializzazione ** vantaggiosa , d'uopo porre in rilievo che qui non detto in qual modo il proletariato dovrebbe pervenire alla * soppressione del carattere privato dei grandi monopoli capitalistici, e in qual modo lo Stato potrebbe venire a procurarsi i capitali che gli necessiterebbero per la soppressione dei senza- lavoro. Per la qual cosa anche il Kautsky, come si vede, cade nella colpa comune a tutti in genere i collettivisti di non addi- tare il procedimento da seguirsi per effettuare la voluta naziona- lizzazione dei capitali privati, o di implcitamente accettare quella espropriazione rivoluzionaria, che invece protesta di rigettare. La sostanza, e, nel tempo stesso, il lato oscuro e manchevole della teorica collettivista, quale viene comunemente intesa, dunque questo: Essa sostiene che quando una data industria sar pervenuta al suo grado di concentrazione massimo, sicch sia assurta ad assoluto monopolio, e gi matura, quindi, non (1) Kautskt, pagg. 333-335. DEL COLLETTIVISMO ECO. 345 per opra umana ma delle cose, alla gestione collettiva, lo Stato proletario allora non avr che a procedere alla espropriazione di questo monopolio privato (che di un arrivo di tutte quante le industrie, in un sol tempo, a questo grado di concentrazione massimo, si da poter far saltare ** all'ora estrema l'involucro capitalista, ed ottenerne gi maturo il sistema collettivista, non il caso, come abbiamo visto, di parlare, e da nessuno efFettiva- mente sostenuto) : ma essa non dice, come ad una tale espro- priazione un tale Stato potrebbe e dovrebbe procedere. Se tale espropriazione dei monopoli capitalistici e delle grandi imprese per azioni, onde lasciare inalterato, o quasi, l'ordina- mento formale attuale della propriet, dovesse avvenire per indennizzo pieno, rimarrebbe a vedersi quali vantaggi notevoli potrebbe allora riceverne il proletariato e in qual modo lo Stato dovrebbe procurarsene i fondi, che del tutto inadeguati o funesti gi abbiamo visto che sarebbero gli espedienti di ap- positi prestiti, di forti imposte sui viventi, o gli altri sopra rammentati (1) : e, in ogni modo, oltre che la quantit com- plessiva dei capitali privati rimarrebbe inalterata pel fatto stesso di questi indennizzi, lentissimo e condannato ad un .irresto completo entro brevissimo volgere di tempo non potrebbe non es- sere un tal processo di socializzazione, sia per la gravezza delle imposte, sia per l'ammontare enorme dei debiti pubblici dello Stato o delle provincie o dei comuni, che ben presto ne conse- guirebbero (come sta a dimostrarlo, ad es., l'espropriazione da parte dei comuni mediante prestiti delle imprese private del- l'acqua potabile, gas, tramvai, e simili). Ne possibile sarebbe, d'altra parte, non dar loro questo indennizzo completo, tanto pi se la socializzazione dovesse limitarsi soltanto a questi mo- nopoli e a queste grandi imprese: Infatti, espropriare un Trust, una grande impresa per azioni, significa non altro che espropriare i suoi azionisti (2); e una (1) Gap. UT. (2) Cos, ad es., il Trust di filo da cucire iuglcse conta non meno d 12.300 azionisti, il Trust dei filatori di filo fine 5454, altrettanto il Trust T. e r. Caats, Il numero degli azioninti del gran canale di navigazione di Man- 346 CAPITOLO SESTO espropriazione di alcuni capitalisti soltanto, questi azionisti dei Trusts e delle imprese occupanti pii d'un dato numero di lavoratori, e non di tutti gli altri capitalisti restanti, non cosa cui all'atto pratico si possa nemmeno pensare, per gli scou- volgimenti economici che un tale trattamento s diverso dagli uni agli altri capitalisti di necessit condurrebbe seco : non fosse altro, oltre a tutte le conseguenze funeste sopra rammentate per ogni e qualsiasi espropriazione rivoluzionaria in genere, perch allora ogni costituzione ulteriore di societ per azioni, di aziende cooperative in genere, e di sindacati industriali, ogni ulteriore sviluppo per iniziativa privata di qualsiasi metodo associativo e superiore di produzione sociale, verrebbero ipso facto resi impossibili dal timore appunto di tutti i capitalisti privati, piccoli e medi e grandi, ancora restanti o nuovamente sorti, di essere espropriati alla loro volta appena arrivati con questo loro associarsi a costituire imprese di oltre date dimen- sioni ; di modo che la produzione privata sarebbe costretta a retrocedere ai metodi di produzione sociale in piccola scala e inferiori del passato. N si dica che la societ pi non abbisognerebbe d'allora in poi di questa produzione privata, e tanto meno della messa in opera da parte sua dei metodi di produzione socialmente supe- riori, perch a tutto ormai provvederebbe lo Stato: che, per ipotesi, alla iniziativa privata dovrebbero venire rilasciate tutte quelle industrie e commerci non esercitati da questi Trusts e imprese espropriati. Ma immaginiamo pure, ci non ostante, eseguita una tale espropriazione di tutti i Trusts e di tutte le imprese occupanti pi di un dato numero di operai, facciamo pure completa astra- zione da tutte le conseguenze funeste di una simile perturba- zione economica, supponiamo pure, a dispetto del Bernstein, che lo Stato 0 i comuni potrebbero, magari mutando i rispettivi direttori in altrettanti funzionari dello Stato, prendere in mano e condurre con successo, persino in una tale crisi politica, tutte Chester e 40.000; quelli della societ di commestibili Lipton sono 74.262; Timpresa Spiers e Pond di Londra 4650 azionisti (Bkbmstein, pagg. 81 e 82i. DEL COLLETTIVISMO ECC. 347 queste imprese industriali e commerciali cos espropriate (1), il regime Collettivista vero e proprio esso con ci instaurato ? No, evidentemente; non fosse altro per la produzione privata che per ipotesi continuerebbe ancora a sussistere per tutte le imprese minori, e che in ogni modo in nessun regime potrebbe mai essere del tutto soppressa; per la produzione, sia quella dello Stato che quella privata, che rimarrebbe pur sempre mer- cantile, soggetta, cio, alla legge dell'offerta e della domanda, e alle conseguenti fluttuazioni dei prezzi per il variare del valor d'uso dei prodotti; per la introduzione dei famosi buoni di la- voro che ancora rimarrebbe da effettuare, e che invero non si (1) * Quanto a una appropriazione immediata, da parte dello Stato, di tutti i mezzi di produzione e di ripartizione, non c* neppure da pensarci. Ogni discussione a tale proposito sarebbe oziosa. Lo Stato non potrebbe neppure appropriarsi la totalit delle medie e grandi imprese. i comuni pure, a titolo di agenti intermediari, non potrebbero far gran cosa sotto questo rapporto. Essi potrebbero tutto al pi comunalizzare le imprese locali che fabbricano per la localit stessa, oppure che vi prestano dei servizi pubblici, e ci darebbe loro gi molto da fare. Ma si possono con- cepire le imprese, che fino allora lavoravano per il gran mercato nazio- nale e intemazionale, comunalizzate di botto e tutte in una volta V Pren- diamo una citt industriale di proporzioni medie come Augusta, Barmen, Dortmund, ecc. Nessuno sar tanto sciocco da immaginarsi che questi co- muni potrebbero prendere in mano e condurre con successo durante una crisi politica o in tutt*altro momento tutte le imprese manifatturiere e commerciali del luogo. 0 essi le lascerebbero nelle mani dei loro detentori, oppure, se essi tenessero assolutamente ad espropriarle, essi sarebbero ob- bligati ad affidarle, a qualunque condizione, alle associazioni di impiegati (cooperative dei lavoratori) , (Bkbmstkin, piig. 162). E pi innanzi insiste ancora: * Come ho gi spiegato, sar cosa impos- sibile per i comuni delle grandi citt o dei centri industriali di assumere essi stessi la direzione di tutte le imprese produttive e commerciali locali. Ed del tutto improbabile, per ragioni pratiche, per non parlare ora delle considerazioni di equit, che essi " espropri eranno , del tutto sem- plicemente, in seguito ad un sollevamento rivoluzionario qualsiasi, tutte queste imprese. Ma anche se essi lo facessero, e nella maggior parte dei casi essi metterebbero allora la mano su dei gusci vuoti, essi sarebbero obbligati di affittare la massa delle imprese ad associazioni, sia ad asso- ciazioni individuali, sia a sindacati professionali per Tesercizio associativo proprio , (pagg. 233-234). 348 CAPITOLO SESTO comprende come e quando in un tal regime tuttora a base mer- cantilo potrebbe essere effettuata ; per la trasformazione dei beni di consumo, costituenti le rispettive rimunerazioni o i rispettivi guadagni, in nuovi capitali, la quale ancora rimarrebbe da im- pedire ; per il profitto che questi capitali privati, tuttora restanti 0 che di continuo verrebbero ancora a sorgere, riuscirebbero pur sempre a prelevare da quei lavoratori privi di mezzi che lo Stato non potrebbe impiegare, come gli altri, nelle industrie espro- priate ; per il pericolo che rimarrebbe conseguentemente di vedere riprodursi, a poco a poco, a lato della produzione dello Stato, le stesse disuguaglianze e iniquit del regime attuale, se l'or- dinamento della propriet, dopo il primo atto di espropriazione, dovesse rimanere invariato ; ecc. : Nelle sue grandi linee generali^ tutto il regime Collettivista che potrebbe risultarne, e che il solo che si possa effettivamente concepire e prendere in seria considerazione, non sarebbe che il sistema stesso attuale, solo con un fortissimo aumento nella proporzione delle industrie eser- citate dallo Stato ; ma di un regime Collettivista vero e proprio, nel senso comunemente inteso, quale esposto ad es. dallo Schffle, non sarebbe dunque affatto il caso di parlare. Ma se cos , se un tal regime nella sua essenza non potrebbe mai assurgere, anche nelle ipotesi le pivi favorevoli possibili, a un tal regime Collettivista vero e proprio ; in altre parole, se i fenomeni economici principali, la soppressione dei quali impre- scindibilmente necessaria al raggiungimento di quel tipo ideale di meccanismo perfettamente ordinato della produzione sociale che costituisce effettivamente Tunica ragion d'essere del Collet- tivismo, in quanto sistema particolare di socialismo, non potreb- bero invece venire affatto soppressi; allora del regime Collet- tivista non rimarrebbero, in un tal regime coUettivistoidej che tutti gli svantaggi e nessuno dei vantaggi. Onde ancora una volta, e a ragione ancora maggiore, dovremmo allora doman- darci perch, nazionalizzati pure che fossero gli strumenti di produzione e capitali (e rimarrebbe pur sempre a determinare, non dimentichiamo, il loro modo di espropriazione), non affi- dare, all'infuori, in tesi generale, delle industrie per natura o di fatto monopoli, se non suscettibili, nemmeno con Cahier s de DEL COLLETTIVISMO EGO. 349 charges appositi, di prestare sufficienti garanzie di non sfrutta- mento ai consumatori, l'esercizio di tutta la produzione re- stante, per la sua gran maggior parte, agli stessi lavoratori: Non fosse altro, appunto, per la poca capacit dello Stato al- l'esercizio delle industrie; per il maggior stimolo di questi la- voratori ad una produzione quanto pi possibile massima ed economica, se vivamente interessati al buon andamento delle singole e rispettive aziende, che se semplici salariati-funzionari dello Stato ; per l'insormontabilit stessa del problema di esten- dere il dominio amministrativo dello Stato e dei comuni al grado che comporterebbe l'esercizio diretto da parte di questi enti pub- blici della produzione e della distribuzione della massima parte dei prodotti (1) ; ecc. E inoltre, e sopratutto, lo ripetiamo ancora, se le tendenze liberali individualistiche stesse e la conseguente tendenza all'associazionismo contrattuale non condurrebbero di necessit a questo secondo procedimento anzich al primo. Con tutto ci, non qui, giova ancora l'insistervi, che pi fa difetto la teorica collettivista : queste, se affidare l'eser- cizio del complesso della produzione sociale allo Stato o alle associazioni libere dei lavoratori, sarebbero in ogni modo tutte questioni da rimandarsi a dopo che la nazionalizzazione degli strumenti di produzione e capitali fosse un fatto compiuto, e questioni, lo ripetiamo ancora, da risolversi secondo criteri di pura tecnica economico-amministrativa; ma la questione prima, la questione fondamentale, sta qui : pervenire a questa naziona- lizzazione, determinare i mezzi pi acconci atti ad effettuarla. A questa questione, nella cui soluzione dovrebbe consistere la parte veramente e unicamente essenziale del programma mas- simo proletario, i seguaci del Collettivismo o non hanno per (1) ** Niente di cos istruttivo sotto questo rapporto che Tesitazione della fprande Wliolesale-Society delle cooperative inglesi, che dispone di un ca- pitale quasi illimitato e di una clientela enorme, quando si tratta di in- traprendere una nuova produzione. Tutti sanno che h in gran parte la dif- ficolt crescente di dirgere e di controllare tante branche di produzione che la causa di questa esitazione. Eppure quale porzione inma della produzione nazionale rappresenta la Wholesale-Society ! Nel 1897, essa im- piegava in tutto 5663 operai , (Bernstein, pagg. xxiii-xxiv). 350 CAPITOLO SESTO ora risposto, o hanno fatto ricorso alla espropriazione violenta rivoluzionaria. Ed precisamente questo il lato piii manchevole di tutta la teorica collettivista. Ma se per le ora dette ragioni non possiamo riconoscere nel Collettivismo un mezzo attuabile, n tanto meno il pi salutare, di redenzione del proletariato, in specie, ripetiamo, per i suoi intenti rivoluzionari di una espropriazione violenta, che implicita- mente od esplicitamente conseguono dalla teorica che lo informa, e per la sua caratteristica essenziale di affidare allo Stato, o agli enti pubblici minori, tutta o la maggior parte della produ- zione sociale, nel tempo stesso duopo riconoscere come del tutto inadeguati e insufficienti gli altri metodi proposti. E, cominciando dai pi blandi, la cosidetta legislazione so- ciale in tutte quante le sue diverse applicazioni, innegabile che essa tenda, ed effettivamente riesca, ancor pi efficacemente della semplice organizzazione operaia di resistenza, a diminuire, sia pure in piccolissima parte, le conseguenze inique di quel contratto coatto che, come abbiamo visto, il cosidetto libero contratto di lavoro fra i lavoratori privi dei mezzi di sussistenza e dei mezzi di lavoro e i detentori del capitale. Ond' che su questa legislazione sociale preme fortemente, e ogni giorno pi, la classe salariata semi-cosciente, in attesa che una modificazione ben pi profonda al diritto di propriet attuale le assicuri colla vera libert Temancipazione completa (1). (1) " Lo scrittore il pi geloso della libert individuale e il pi avverso alla tirannia deve vedere nell'azione vigorosa dello Stato per proteggere le classi povere, non il preludio della schiavit futura, ma il principio di un'epoca di redenzione dell'umanit, che sostituir alla libert di un pic- colo numero di privilegiati, la libert dell'essere umano (Lobi, Les hot conomiquea de la constitution sociale^ Paris, Alcan, 1898, pagg. 378-879).'- Cfr. RicARDo Dalla Volta, Del contratto di lavoro nella legislazione society " Riforma Sociale ,,15 aprile 1897. appunto perci che proprio il paese, dove anche la classe operaia ha maggiore il sentimento della libert, e dove in genere sono pi difibse e DEL COLLETTIVISMO ECC. 351 " Io reclamo dallo Stato, dice il De Laveleye (e con lui, le masse operaie), non, come dice il signor Spencer, degli atti di beneficenza, ma nient'altro che giustizia, solamente voglio tutta la giustizia. Quando la gran massa degli uomini esclusa dalla propriet l'ingiustizia regna, come l'ha cosi ben provato lo Spencer stesso. Per cui quando lo Stato interviene per dare ai diseredati l'istruzione gratuita, quando lo difende contro gli ec- cessi del lavoro, quando pone certi limiti al libero contratto in Irlanda, quando espropria delle tane infette per migliorare le dimore degli operai, quando accorda qualche mezzo di sussi- stenza a coloro che son privi di lavoro, tutte misure che il signor Spencer condanna. Io Stato non pratica la beneficenza, perch esse non sono che altrettanti atti di giustizia riparativa. Il giorno, invece, in cui l'ordine sociale sar costituito sulla base dei due principi essenziali proclamati dal signor Spencer: " A ciascuno secondo le sue opere e ** Qui non laborat nec manducet , lo Stato potr allora astenersi dagli atti di giustizia riparativa e contentarsi d'applicare nient'altro che la giustizia (1). Ed questo precisamente, che ora qui occorre di mettere bene in rilievo : Quando, infatti, un nuovo ordinamento della propriet venisse ad assicurare ai lavoratori, colla libera e gratuita dispo- nibilit degli strumenti di produzione ed anticipi, uno stato di reale indipendenza e una effettiva libert di contratto, sicch in tutti i rapporti economici di questi lavoratori fra loro e verso tutti i membri della collettivit in genere venisse ad essere effettiva la garanzia di equit, che, evidentemente, il libero contratto non pu non essere l'essenza stessa dell'equit, se sta- bilito fra individui realmente indipendenti ed effettivamente in condizioni da poterlo rifiutare senza danno, ogni intervento dello Stato nei contratti privati tutti quanti, compresi per primi quelli economici in materia di produzione e di scambio, a sai- intense le tendenze individualistiche, che, per mezzo precisamente del par- tito liberale, si messo sa questa strada pi arditamente degli altri. Della qual cosa lo Spencer non sa rendersi conto : Vindividu contre Vtat^ Gap. I : * Le noureau Torysme ,. (1) Polemica fra lo Spenchb e il Dr Lavelete, in : Le socialisme eontemp., 412. 352 CAPITOLO SESTO vaguardia d una tale equit, sarebbe di per se reso inutile (1). E i lavoratori sarebbero allora essi stessi i primi a reclamare una restrizione sempre maggiore d'un tale intervento, o di ogni altra tendenza collettivista-autoritaria dello Stato, in quanto appunto menomante la loro libert (2). In altre parole, quando i rapporti contrattuali fra i singoli individui venissero a stabilirsi sopra la base di una uguaglianza iniziale delle condizioni e di eiFettiva libert e effettiva indipen- denza, allora s che il massimo benessere sociale verrebbe effet- tivamente a raggiungersi restringendo al minimo possibile l'in- gerenza dello Stato nei contratti privati. Se, infatti, il benessere sociale la somma dei benesseri dei singoli, e quando non s concede ad alcuno mezzi artificiali di sopraifare gli altri, questo massimo benessere sar certo raggiunto meglio lasciando a ciascun individuo la cura di affannarsi esso stesso, con la sua opera e con liberi contratti con gli altri, dietro al suo benessere (1) Per cui non possiamo consentire col Eidd quando afferma che * nel- Tepoca in cui viviamo lo sforzo laborioso e lento del popolo per ottenere l'uguaglianza delle condizioni sociali di lotta, come gi ha ottenuto quella dei diritti politici, implicher necessariamente, in luogo della restrizione deirintervento dello Stato, Testensione progressiva di questa sua azione a quasi tutte le circostanze della nostra vita sociale , (Vvolut, sociale, 231): Riteniamo invece, ripetiamo, che questo contro-intervento dello Stato sar di per s reso inutile, quando potr esser tolto Tintervento suo piil impor- tante che impedisce ai lavoratori la libera e gratuita disposizione degli strumenti di produzione od anticipi loro indispensabili al lavoro. (2) " indubitato che ima tendenza (negli ultimi congressi delle Tradf- Unione) sopra le altre emerge, ed quella di fare intervenire lo Stato a regolare le condizioni del lavoro. Troppo spesso per tutto il ragionamento in favore di queirintervento si pu riassumere cos: noi abbiamo cercato di ottenere (da soli) questa o quella cosa, non ci siamo riusciti, dunque dobbiamo invocare Fazione del Parlamento , (Riccardo Dalla Volta, U XXX congresso delle Trade-Unions , * Riforma Sociale ,, 15 nov. 1897, pag. 1043). poi evidente, che diminuzioni legali delle ore di lavoro, protezioni le- gali delle donne e dei fanciulli, misure legislative per imporre una mag- giore salubrit degli opifici o preventivi contro gli infortuni, e simili, effetr tuata che fosse la ricongiunzione economica del lavoratore col suo strumento di produzione, verrebbero di per s rese tutte inutili. DEL COLLETTIVISMO ECC. 353 individuale, giacche allora, tutte le vie possibili per pervenirvi venendo escogitate e tentate e seguite con ardore, certo che per runa o l'altra via, dopo un numero maggiore o minore di tentativi, perverr a questa sua meta dalla quale egli non avr mai tolto lo sguardo, e ci senza danno altrui quando anche questi altri stiano a lui di fronte con analogo intento e con forze tali da poter respingere ogni sopraffazione (1). Mentre ben diffcile invero che a ci si riesca incaricando di un tal compito lo Stato, sia pure nell'ipotesi che questo possa mostrarsi per tutti ugualmente e veramente paterno, data l'impossibilit che egli possa preoccuparsi del benessere di ciascuno singolarmente, e data la complicazione somma dei fenomeni sociologici, che ben difficile rende il prevedere gli effetti lontani di ciascuna dispo- sizione legislativa, e a fortiori gli effetti lontani e complessivi di pi disposizioni legislative agenti ad un tempo, allorch queste leggi, anzich riguardare soltanto misure larghe e generali, quali quelle intese, ad es., ad assicurare a tutti uguali condi- zioni iniziali artificiali della gara economica, a garantire la giu- stizia e la libert ugualmente per tutti, e simili, siano troppo minute e troppo pai*ticolari : Non altrimenti che, si permetta un tale paragone, date delle sfere elastiche sopra un piano orizzontale da fare andare tutte verso una banda di esso, si avrebbe ben maggiore certezza di ottenere un tale risultato inclinando leggermente verso tal banda il piano, cosicch allora ciascuna sfera, sollecitata a muoversi in tal direzioie da s stessa, qualunque fossero le direzioni in cui esse da principio comin- ciassero a muoversi e comunque venissero poi ad urtarsi e a dar di cozzo fra loro e a rimbalzare, o prima o poi andrebbe certo verso la parte inclinata; anzich cercare di ottenere questo ri- (1) * sorta ai nostri giorni una setta^ celebre per il suo genio e le sue stravaganze, la quale pretenderebbe concentrare tutti i beni nelle mani di un potere centrale, e incaricare costui di distribuirli in seguito, secondo il merito, a tutti i particolari Vi ha un altro rimedio pi semplice e meno pericoloso, ed di non accordare a nessuno alcun privilegio, di dare a tutti uguali lumi e un'eguale indipendenza, e di lasciare a ciascuno la cura di fissarsi da s stesso il suo posto (Tocqueville, De la Dmocratie en Am- rique, Paris, Calmann Levy, 1888, voi. Ili, pagg. 68-64). 354 CAPITOLO SESTO saltato con spinte diverse per ciascuna di queste sfere, giacche allora anche al pi abile giuocatore, anche al pii esperto conosci- tore dello leggi dell'urto dei corpi elastici, riuscirebbe ben difficile il prevedere tutti gli infiniti moti risultanti di queste sfere, le quali, coll'urtarsi le une con le altre, passerebbero dai movimenti iniziali ad altri moti diversi, svariatissimi, infiniti e del tutto imprevedibili (1). In ogni modo, anche astrazion fatta completa da queste consi- derazioni, impossibile non riconoscere che il Socialismo di Stato, il Socialismo della Cattedra, il Socialismo cristiano, evangelico o cattolico, cio tutte queste forme d'intervento dello Stato nel con- tratto di lavoro onde temperarne l'iniquit somma fondamentale, non sono e non possono essere altro, anche allorquando rappre- sentano in buona fede un movimento in favore della classe lavora- trice (2) che derisori correttivi delle ingiustizie sociali attuali e (1) nota appunto la lunga enumerazione dello Spencer dei * peccati dei legislatori , {Vindividu catitre VEtat^ chap. Ili), cio dei risultati pessimi delle varie disposizioni legislative; risultati, molto spesso del tutto opposti a quelli che con tali atti volevasi ottenere ; e come egli ne concluda che sarebbe im- mensamente vantaggioso per la societ tutta quanta che il potere legisla- tivo si astenesse sempre pi dairintervcnirc a regolare le azioni reciproche dei cittadini gli uni sugli altri. Senonch fra questi * peccati dei legisla- tori , egli si guarda bene di annoverare le disposizioni legislative che nei nostri codici informano Fattuale ordinamento della propriet, e che costi- tuiscono, come abbiamo visto, Tintervento primo e fondamentale dello Stato che determina, in modo s iniquo e socialmente cos fiinesto, le azioni eco- nomiche reciproche di tutti gli individui fra loro, e, primissime fra tutte, quelle di sfruttato a sfruttatore fra le masse proletarie e i detentori del capitale. * Avendo tolto ad imprestito dalla economia poltica ortodossa ridea che basterebbe restringere Tintervento inopportuno dello Stato per far regnare la giustizia, il signor Herbert Spencer pretende che le sofferenze delle classi lavoratrici sono dovute in gran parte ai legislatori che hanno fatto la legge dei poveri. Ma non si pu forse rimproverare a coloro che hanno fatto la legge o, se si vuole, all'organizzazione sociale, delle misure ben altrimenti funeste, per es. quella che ha avuto per effetto di concen- trare la propriet in un piccolo numero di mani? (Polemica De Lavkletk- Spencer, Le socialfSfne contemp., 386). (2) Quanto pi vibrato ed energico tuona il socialismo cattolico contro il regime attuale (talvolta supera in violenza i socialisti rivoluzionari pi ac- DEL COLLETTIVISMO ECC. 355 palliativi inefficaci alla condizione miserrima proletaria, appunto perch lasciano intatta nella sua sostanza la base su cui si erige lo sfruttamento capitalistico, cio la separazione economica del lavoratore dai suoi mezzi di lavoro. E solo la considerazione del poco peso che ancora possiede la imperfetta coscienza della classe proletaria, quale fattore con-determinante dei fenomeni sociologici, pu spingere, per il momento, ad approvarli (1). cesi) tanto pi derisori sono i palliativi che propone e che si riassumono per lo pi 0 nella solita cosidetta legislazione sociale pi o meno estesa, ma comprendente sempre il riposo domenicale reso obbligatorio per legge, o in un ritomo puro e semplice alle corporazioni medio-evali, o, pi sempli- cemente, nel ricorso ai sentimenti cristiani-umanitari deirimprenditore-ca- pitalista (vedi, ad es., il Nitti, Le socialisme eatholique), " I socialisti con- servatori, dice il Laveleye, come i socialisti cattolici, sviluppano delle idee generali molto elevate e talvolta molto giuste (parte critica); ma sopra il terreno delle riforme pratiche i due gruppi si mostrano poco chiari o poco pratici , (Le socialisme contemp.y 110). E pi innanzi : * Quando si ve- dono le grandi masse di queste innumerevoli associazioni (operai-socialisti) dirette ed eccitate in vista dello scrutinio, e il clero allearsi, senza esita- zione, a questi democratici che hanno pronunciato contro il cristianesimo il giuramento d'Annibale, si cessa di credere che tutta questa campagna, con- dotta cos sapientemente, non abbia altra aspirazione che Tamore del prossimo e non altro fine che di venirgli in aiuto : Evidentemente, il fine supremo il trionfo della Chiesa; il resto non che un mezzo La Chiesa non rinun- zier mai, senza una lotta suprema, alla onnipotenza che essa ha esercitato altre voi te e che essa spera riconquistare. Siccome la borghesia, fiera delle sue libert, non le abdicher volontariamente nelle mani del Clero, bisogna dunque che la Chiesa attiri a sb i lavoratori dei campi e degli opifci (ibid,, 166-167). (1) Vedi capitolo prossimo. * Noi affermiamo, scrive il Loria, che le disquisizioni rispetto alla giu- stizia e Topportunit deirazione economica dello Stato non arrivano ad alcun risultato, poich i limiti delFazione collettiva non sono tracciati da un principio supremo di moralit e di giustizia, ma esclusivamente dalla struttura organica dello Stato e dagli elementi che lo costituiscono. Si potr riconoscere, ad es., la giustizia delFinter vento dello Stato per Tabolizione della schiavit, ma non si far mai the uno Stato composto di proprietari di schiavi proclami la libert del lavoratore prima che le condizioni eco- nomiche la rendano utile alla classe stessa dei proprietari. Non dunque una ricerca di giustizia astratta che potr rivelarci se l'umanit attuale pu attendere dall'opera dello Stato un rimedio ai mali che la travagliano, 356 CAPITOLO SESTO Correttivi derisori alle ingiustizie sociali e palliativi inefficaci ai mali sociali che queste ingiustizie cagionano, che, anzich acquetare il proletariato, non potranno naturalmente che spin- gerlo, dopo averne accresciuta ancora di un poco la potenza economica di classe e sviluppatone ancora di ben pi la coscienza collettiva, a reclamare e a imporre finalmente quella o quelle modificazioni fondamentali nell'ordinamento della propriet che modificando, da sole, e sostanzialmente, i rapporti economici so- ciali possano renderli veramente e completamente conformi ai propri interessi di classe ed alla equit (1). Infatti, lo Stato, grazie all'estendersi continuo della coscienza sociale anche alla classe operaia, passa gradatamente da governo di classe (Marx, Engels, Loria) a organo principale per cui di continuo si rinnuova e si stringe un vero contratto sociale (2). Ma in questo periodo transitorio, in cui si effettua un tale pas- bens la soluzione d questo problema, pi modesto e pi positivo, cio se, essendo data la composizione moderna dello Stato, un'azione collettiva sostan- zialmente modificatrice del sistema sociale praticamente possibile , {Lr$ bases con. de la constit. soc, 379). Solo che il Loria ritiene che su questa azione dello Stato, costituito, per ora, quasi esclusivamente dalla classe capitalista, non possa avere un peso apprezzabile la coscienza collettiva della classe operaia. Mentre che, invece, vano negarlo, anche questa coscienza ha effettivamente un peso, piccolo ancora, vero, ma gi abbastanza ap- prezzabile da forzare la classe dominante a legiferare, bench in piccola dose, contro i propri interessi di classe sfruttatrice. E quanto maggior peso verr ad acquistare questa coscienza proletaria, grazie al suo estendersi e perfe- zionarsi continuo, tanto pi quest*azione dello Stato verr ad avvicinarsi a quanto insediano questi principi supremi di giustizia, la cui ricerca, dunque, non affatto inutile. Vedi capitolo prossimo. (1) * A meno che il progresso della mente umana non si arresti, tali teorie (contro la propriet) non cesseranno se pur le leggi della propriet non vengano purgate da tutte le ingiustizie che contengono e quello che solido nelle opinioni e legittimo negli scopi dei suoi oppositori non sia adottato nella costituzione della societ , (Stuart-Mill, Principi di Econ. Poi., 588). (2) La concezione dello Stato di Hobbes, quale un Leviathan mostruoso e la concezione della societ del Rousseau, come stretta da un contratto sociale, rispondono, dunque, l'una ad una realt passata, Taltra ad una realt futura. Vedi capitolo prossimo. DEL COLLETTIVISMO ECC. 357 saggio, data la ancor grande imperfezione della coscienza collettiva della classe operaia, che fa di questa coscienza pro- letaria una forza ancor debole^ e data, grazie alla tanto mag- giore strenuit con cui esse sono difese dalle classi interessate, la tanto maggior forza di auto-conservazione delle istituzioni sociali quanto pi queste istituzioni sono fondamentali, quanto pi, cio, da esse dipendono gli interessi pi vitali di queste classi, queste nuove classi sorgenti a coscienza, anzich muover dritte a modificazioni radicali e sostanziali dell'ordinamento della propriet attuale, determinato dagli interessi esclusivi della classe capitalista dominante, giuocoforza si accontentino di ricorrere a tutti quei ripieghi, a tutti quei rimedi empirici, com- prosi precisamente sotto il nome di legislazione sociale, i quali, onde trovare appunto la minore resistenza nella classe capita- lista, tentano per vie indirette e complicate di ottenere, bench in ben misera parte, ci che tali modificazioni dirette e sostan- ziali dell'ordinamento della propriet di per s, e da sole, e in ben altra misura, potrebbero apportare. Onde, se da una parte, visto la ben meschina efficacia di queste misure, saremmo fortemente tentati ove non fossero le ultime parole, e ove per " correzione degli ordinamenti sociali ingiusti si dovesse appunto intendere una modificazione adeguata all'or- dinamento della propriet, s da togliervi, per quanto possibile, quelle disposizioni che in esso rendono le condizioni iniziali della gara economica artificialmente cosi disuguali, a far nostra la seguente importantissima dichiarazione dello Spencer, con cui egli chiude la sua polemica col De Laveleye : '' Se il signor De Laveleye sostiene, come sembra, che far prevalere le conse- guenze normali che devono risultare dalla condotta d ciascuno, per quanto giusto ci sia in principio, impraticabile nelle con- dizioni sociali attuali, che son tali che in molti casi gli uni ricevono ci che non hanno guadagnato o altrimenti meritato in un modo equo, mentre che altri sono impediti persino di vi- vere col loro lavoro (e il De Laveleye accusava di tali conse- guenze il diritto di testare e di eredit: pag. 385, 389, 397). in questo caso ecco la mia risposta: Quando questo stato di cose dovuto ad ordinamenti (arrangements) sociali ingiusti, sforzi- 358 CAPITOLO SESTO moci di correggere questi ordinamenti pi rapidaniefite che sia possibile, ma non adottiamo questa politica disastrosa (la legis- lazione sociale) di creare delle ingiustizie nuove, per diminuire i mali prodotti dallo ingiustizie vecchie (1). D'altra parte, non possiamo disconoscere la giustezza della replica del De Laveleye: " In quest'ultime linee il signor Spencer mi sembra concedermi il punto capitale che io tenevo a stabilire. Se le istituzioni attuali, per la troppo grande inuguaglianza che mantengono, danno luogo a numerose ingiustizie, siccome non si pu " rapidamente modificare uno stato sociale risultante di tutto il passato, bisogna riparare intanto a queste ingiustizie. Questo sar, se le misure sono intese bene, come sarebbe per esempio l'organizzazione d'una buona istruzione popolare, il solo mezzo di preparare a poco a poco l'avvento di quell'ordine normale e razionale, in cui le conseguenze normali degli atti umani e del libero contratto saranno realmente conformi all'equit (2j. Purch, cosi facendo, pur sollecitando, cio, per il momento, questa legislazione sociale, si renda nel tempo stesso ben com- presa la classe operaia dell'assoluta inefficacia di questi pal- liativi a correggere sostanzialmente l'iniquit somma attuale e le condizioni sue miserrime che ne derivano, affinch essa non esaurisca tutta la preziosa sua forza sociale di classe sorgente a coscienza dietro all'ottenimento di questi palliativi derisori, e vi si acqueti una volta ottenutili; ma riserbi invece la sua mi- gliore energia e tenga fiso lo sguardo delle sue troppo legit- time aspirazioni a quelle modificazioni fondamentali dell'ordina- mento della propriet che le assicurino non correttivi ad ingiustizia ma la giustizia stessa. Ma accanto alla cosidetta legislazione sociale fa parte del socialismo di Stato o della Cattedra anche la *" politica tribu- taria sociale r, del Wagner, la quale tende: "* Ad introdurre col concorso del sistema tributario una distribuzione del reddito nazionale diversa da quella che ora si verifica nel sistema della libera concorrenza sulla base dell'attuale ordinamento della pro- ci) Polemica Spenckr-De Lavkleyk, Le socialisme confemp,^ 412-413. (2) /6iU, 412-413. DEL COLLETTIVISMO. ECC. 359 priet 9 ; per il qual fine, " a fianco del punto di vista pura- mente finanziario, occorre stabilire per l'imposta ancora un secondo principio, quello politico sociale, in forza del quale l'imposta non costituisce soltanto il modo di sopperire al fabbisogno finanziario, ma pure uno strumento per agire, correggendo, sulla distribuzione del patrimonio e del reddito che prodotta dalla libera concorrenza (1). Senonch, evidentemente, ben sproporzionare i mezzi al fine l'attribuire alla politica tri- butaria il compito di correggere nella misura adeguata l'ingiu- stizia fondamentale della distribuzione odierna prodotta dall'at- tuale ordinamento della propriet; ed un voler correre il pericolo di ben gravi perturbazioni nell'organismo sociale, l'at- tribuire ad un organo istituito e adatto solo per date funzioni, funzioni invece spettanti ad organi di tutt' altra natura, l'attri- buire, cio, alle istituzioni finanziarie, la cui funzione consiste nel sopperire alle spese della nazione e che, quindi, troppo strettamente dipendente e circoscritta dall'ammontare del fab- bisogno finanziario da coprire, la funzione, del tutto diversa e del tutto indipendente, di determinatrice dei rapporti sociali fon- damentali d'equit che dovrebbe spettare effettivamente ed esclu- sivamente all'ordinamento della propriet istituito a tale scopo appositamente. Per cui, se anche tale politica sar giuocoforza venga seguita, e sempre pi estesamente, nel periodo transitorio del passaggio suaccennato (2), anch' essa per verrebbe a (1) Wagner, La scienza delle fin., 40, 888. (2) Il Loria nega, invece, la possibilit di una tal politica tributaria so- ciale: * Certo il sistema economico fornisce la base, il substratunit alle im- poste che lo colpiscono nelle sue diverse ramificazioni e che, per questo, cambiano col cambiare di queste ramificazioni; ma esso determina anche, in un modo ben diverso e ben pi efficace, il sistema tributario, venendo a stabilire quale la classe che predomina politicamente e al cui arbitrio, per conseguenza, e abbandonata la costituzione finanziaria. Il pi caratte- ristico fra i teorici moderni, Wagner, cade a tal proposito nelle contrad- dizioni pi flagranti ; poich, mentre proclama Tonnipotenza dello Stato a modificare i rapporti economici per mezzo delle imposte, riconosce che l'evo- luzione del sistema tributario non stata fino ad oggi che il prodotto del- Tevoluzione economica. Ora, se la dipendenza dei rapporti finanziari rispetto 360 CAPITOLO SESTO perdere ogni ragione d'essere, quando la coscienza proletaria venisse a raggiungere quella tal forza necessaria a muovet dritta a modificazioni radicali dell'ordinamento della propriet, che assicurassero direttamente una distribuzione conforme al- l'equit, s da non aver pi da ricorrere, per la correzione, ad altre istituzioni che a tale funzione di giustizia, per la loro stessa natura, non sono certo le pi adatte. N maggiormente di queste misure ora esaminate, contro la cui denominazione di " socialismo a ragione protestano tutti coloro che ne scorgono la ben misera portata (1), me- ritano un tal nome le proposte del Louis BlanC; del Proudhon, e del Lassalle stesso, le quali, bench ormai appartengano al ai rapporti economici, la legge di tutta la storia umana, come ammettere che essa venga a cessare bruscamente nell'epoca presente e che solo in questa lo Stato possa modellare a suo piacere il miglior sistema tribu- tario ? (LoBiA, Lea bases con, de la constit, soc.f 265-266). Come in tutto le altre consimili questioni riguardanti la pretesa fatalit dei fenomeni eco- nomici, da una parte, e Tefficacia dell'azione collettiva cosciente delle varie classi sociali, dall'altra, non possiamo qui consentire col Loria: Il sistema tributario h stato sempre determinato non solo dal sistema economico che ne forniva la base, ma pur anco dal modo d'essere rispettivo dei pesi delle varie classi sociali in lotta fra loro nello scaricarsi il peso di queste im- poste, sia stato 0 no questo loro modo d'essere rispettivo la conseguenza diretta ed esclusiva del sistema economico in vigore. Per cui se oggi il sistema economico ed altri fattori sociologici determinano il fatto deiruv- vento gradualo a coscienza della classe proletaria, s che quest'ultima, in- sieme alla classe capitalista tuttora predominante e insieme al sistema economico vigente, diviene un fattore sociologico di una forza sociale sempre maggiore, questa contraddizione non sussiste, in quanto appunto per mezzo dello Stato che questo nuovo fattore sociologico viene ad agire. Vedi capi- tolo prossimo. (1) Fra gli altri lo stesso Rae, appunto perch * non chiedono che dei correttivi e dei palliativi pei mali attuali (Il soc, contemp,^ P^^igS- 10-1 lj> L'Hamon, per tagliar corto colle espressioni ambigue, definisce appunto il socialismo : " sistema sociale in cui dottrina sociale secondo cui i mezzi di produzione sono socializzati , (Intorno alla definizione del socinltsmo e delle sue variet^ ** Riforma Sociale , 15 luglio 1897, pag. 642). DEL COLLETTIVISMO ECC. 361 passato, pure d'uopo esaminare, almeno di sfuggita, onde con- vincerci come il loro discredito attuale derivi non gi dalla caratteristica che esse hanno a comune di rivolgersi, per la pro- duzione, alle associazioni stesse dei lavoratori^ anzich allo Stato, ma perch, come noto, esse mirano all'emancipazione del pro- letariato salariato senza dare a quest'ultimo, neppure in mismui lontanamente adeguata, quella libera e gratuita disponibilit degli strumenti di produzione e capitali in genere che, come ab- biamo visto, proprio ci che a questa emancipazione stessa assolutamente ed unicamente indispensabile. E nota, infatti, la proposta del Louis Blanc di creare me- diante un imprestito governativo degli opifici sociali (ateliers sociaux) nei rami pi importanti della industria nazionale, dap- prima pochi di numero, non potendo il prestito sorpassare certi limiti, ma che *" in virt della loro stessa organizzazione sarebbero dotati di una forza di espansione immensa (1) ; forza di espan- sione che loro verrebbe, prima, dal destinare, come degli statuti imposti dal governo prescriverebbero, la terza parte degli utili ** a fornire degli strumenti del lavoro quelli che vorrebbero far parte dell'associazione sicch essa potesse estendersi indefinita* mente (p&g* 104), e poi anche perch ^ l'opificio sociale avendo sopra ogni azienda individuale il vantaggio che risulta dalle economie della vita in comune e da un modo di organiz- zazione dove tutti i lavoratori, senza eccezione, sono interessati a produrre presto e bene (pag. 105), vincerebbe nella concor- renza le industrie private, e si espanderebbe vittorioso a tutto quel dato ramo d'industria, seducendo ad accorrervi gli stessi capitali privati, a cui verrebbe pagato il loro interesse: ** Ben presto infatti in tutta la sfera d'industria dove un opificio so- ciale sarebbe stato fondato, si vedrebbe accorrere verso questo opificio, a causa dei vantaggi che esso presenterebbe agli asso- ciati, lavoratori e capitalisti (pag. 106) I capitalisti riscuote- rebbero l'interesse del capitale da loro prestato, il quale interesse sarebbe garantito sul bilancio (pag. 105). Risultato finale di (1) Organisation du travail, Paris, Bureau de la Socit de Tlndustrie fra- temelle, 1848, pa^. 103. 362 CAPITOLO SESTO questo espandersi deirassociazone a tutto il ramo di quella data industria sarebbe la scomparsa della concorrenza, di questo fla- gello a cui il Blanc addossa tutta la colpa dei mali sociali. Ove va notato: Primo, la supposizione utopistica che i van- taggi che avrebbe Topi Scio sociale di fronte all'industria privata, e il capitale collettivo inalienabile (concetto tolto dal fondo in- divisibile del Buchez) formato col terzo degli utili annuali, sa- rebbero sufficienti a dare alle associazioni quella forza di espansione irresistibile che egli s'immagina, tale da attrarre a s anche i capitali privati, e tale da pervenire, colla soppressione di ogni concorrenza fra tutte le diverse aziende d'uno stesso ramo di industria, alla desiderata " organizzazione del lavoro . Secondo, che anche ottenuta questa espansione completa delle associazioni sui vari rami d'industria, lo sfruttamento dei lavoratori per opera del capitale privato, disgiunto pur sempre economicamente dai lavoratore, permarrebbe pur sempre, perch questi capitali privati accorsi all'opificio sociale otterrebbero il solito interesse. Dal canto suo il Proudhon propone, come noto, che tutti i fabbricanti, manufatturieri, estrattori, agricoltori, operai, ecc., di tutta la nazione, costituiscano la ^ Societ Nazionale della Banca di Scambio allo scopo di scuotere la " tirannia dell'oro di sostituire al " credito unilaterale attuale, al " prestito ,, per il quale il solo detentore dell'oro pu dar credito, mentre egli stesso non ne riceve, sicch tal credito riesce oneroso, il " credito bilaterale , lo " scambio , per il quale tutti si facciano reciprocamente credito, e gratuitamente, d'una parte del proprio lavoro. Problema questo, secondo il Proudhon, non altro che di circolazione, e il quale consiste tutto a " generalizzare la lettera di cambio, cio farne un titolo anonimo, scambiabile a per- petuit, e rimborsabile a vista, ma solamente contro mercanzie e servizi; o, per parlare un linguaggio meglio compreso dalla finanza, a garantire il biglietto di Banca non pii con scudi, ne con lingotti, n con immobili, ma con prodotti (1). (1) Proudhon, Solution du Problme Social. Organisation du crdit etdeUi circidation, Banque d'change^ Paris, Marpon et Flammarou, pagg. 112. 113, 114, 185. DEL COLLETTIVISMO ECC. 363 A tale scopo appunto destinata la sua Banca di Scambio (1). Essa si costituisce senza capitale, emette dei biglietti che " ciascun sottoscrittore si obbliga a ricevere in ogni pagamento, da qua- lunque persona che si sia, e alla pari (pagg. 115, 186) (2). La so- ciet si propone: '^ di procurare a ciascun membro della societ, senza il soccorso del numerario (mediante i soli suoi biglietti), tutti i prodotti, derrate, mercanzie, servizi, o lavori n? a lui necessari per la produzione (pag. 186); cio: lo sconto, mediante questi bi- glietti o *" buoni di scambio , della carta ordinaria di com- mercio, tratte, mandati, lettere di cambio o biglietti all'ordine, senza che venga prelevato alcuno scanto , salvo una commissione percoprirele spese di amministrazione della Banca (pagg. 115,189); la concessione di prestiti, senza interesse^ allo scoperto sopra cauzione, sopra ipoteca, ecc. (pagg. 191, 199, 221); infine, ci che per noi della massima importanza, perch i prestiti gra- tuiti alle societ di produzione operaie operano effettivamente la ricongiunzione economica del lavoratore col capitale, l'acco- manditazione " di ogni esperimento di associazione operaia e di organizzazione dei lavoratori, che, secondo i dati della pratica pi ordinaria, presenter garanzie sufficienti di successo (pag. 192). (1) ' Articolo 9 (del Progetto di costituzione della Banca). La Banca di scambio una istituzione di credito destinata a operare lo scambio di tutti i prodotti senza il soccorso del numerario. ' Art. 10. In luogo di numerario, la Banca di scambio si serve d'un bi- glietto 0 carta sociale. " Art. 11. Questa carta non rappresenta il numerario, come i biglietti di banca ordinari; essa rappresenta le diverse obbligazioni particolari dei membri della Societ e i diversi prodotti che le hanno originate. * Art. 12. La carta della Banca di scambio, accettata in precedenza da tutti i soci, circola di mano in mano, serve ad ottenere i prodotti dei di- versi soci, in una parola, rimpiazza la moneta come mezzo di scambio (iftjrf., 187). (2) ** Articolo 3. La Societ universale. Tutti i cittadini senza eccezione sono chiamati a fame parte. Per essere socio non c* bisogno di alcuna messa di fondi; basta di aderire ai presenti statuti, e d'impegnarsi ad ac- cettare, in ogni pagamento, la carta di credito della Banca di scambio. * Art. 4. La Societ non ha capitale. * Art. 5. La sua durata perpetua , (ibid,, 186). 364 CAPITOLO SESTO "^ Il biglietto di Banca cosi formato, prosegue quest'autore, avrebbe tutte le qualit del biglietto il pi solido. Non sarebbe affatto soggetto a deprezzamento perch non sarebbe consegnato che contro buoni valori e lettere di cambio accettabili e ripo- serebbe perci non solo sopra prodotti fabbricati, ma sopra pro- dotti venduti e consegnati, il rimborso dei quali, per conseguenza, sarebbe esigibile. Esso non avrebbe niente a temere daireccesso di omissione, poich non sarebbe consegnato che di contro a carta di commercio di prima qualit, cio contro promessa certa e autentica di rimborso (pag. 184). Senonch, per arrivare ad aver gi fabbricato, venduto e con- segnato questi prodotti necessario aver prima un capitale, e questo capitale la Banca non potrebbe mai anticipare: Infatti, non si comprende come potrebbe venire attuata la concessione di prestiti allo scoperto sopra cauzione, di prestiti sopra ipoteca, e, sopratutto, i prestiti gratuiti ai lavoratori, in ispecie se dovessero venire estesi in quella misura che sarebbe necessaria per incominciare ad effettuare realmente la loro emancipazione, visto che la Banca non avrebbe capitali e che i biglietti, onde non venire deprezzati, dovrebbero esser emessi e consegnati soltanto di contro a lettere di cambio rappresentanti prodotti gi fabbricati e venduti e consegnati (1). Onde il dilemma: o la Banca si atterrebbe al solo sconto di queste lettere di cambio e allora non sarebbe che una specie di Stanza di Compensazione popolare, nella quale la compensazione si effettuerebbe mediante i buoni di scambio, anzich mediante le volture (2) : oppure questi biglietti 0 buoni di scambio verrebbero emessi anche per costi- ci) Neirarticolo 13 dei prncipi costitutivi della Banca, infatti, egli toma ancora a rpetere: * L'emissione non pu mai essere esagerata, perch essa si fa ** fur et mesure , della consegna dei prodotti e in scambio delle fatture accettate o obbligazioni che risultano dalla consegna , (pag. 187). (2) Infatti, in rsposta a un suo obbicttore cos si esprime : ** Noi pure con- cepiamo una societ in cui tutto si regolerebbe per delle volture di conti: ma rflessione fatta, ci sembra che necessiterebbero troppe scritture, e che infinitamente pi semplice, nell'immensa maggioranza dei casi, di impie- gare il biglietto di scambio, che offre, come la moneta, il vantaggio di essere un conto gi voltato (pag. 247). DEL COLLETTIVISMO ECC. 365 ture i suddetti prestiti, vere e proprie anticipazioni di capitali, e allora tutta la solidit loro contro ogni pericolo di deprezza- mento, la quale dovrebbe derivare dal fatto di non essere conse- gnabili che di contro a lettere di cambio rappresentanti prodotti gi fabbricati e venduti e consegnati, verrebbe ipso facto a ces- sare ; e il deprezzamento loro condurrebbe di necessit al loro corso forzoso per tutti i cittadini, anche non soci, cio al fenomeno precisamente degli assegnati, visto che lo Stato dovrebbe impegnarsi a ricevere la carta della Banca in tutte le casse pub- bliche (pag. 193), e che sarebbe in questi biglietti che la Banca gli anticiperebbe tutte le annualit e prestiti a cui da ora in avanti egli ricorrerebbe per tutti i suoi bisogni, si da permet- tergli persino la soppressione delle imposte e del debito pub- blico (pagg. 193, 202, 203, 204). Dilemma, questo, non altro che la diretta conseguenza del ben noto errore fondamentale del Proudhon, gi cos comune, ma ormai completamente sfatato, che il credito, semplice mezzo di trapasso dai proprietari a coloro che li eserciscono, dei capitali gi precedentemente for- mati e accumulati, possa, invece, addirittura crearli. Di queste pi notevole , infine, la proposta del Lassalle delle * associazioni produttive dei lavoranti col credito dello Stato : ** Se lo Stato si decidesse ad una simile emancipazione del lavoro in grande, in ogni citt si presenterebbero non lavoranti se- parati, ma tutti i lavoranti del mestiere in questione, adunque tutta la corporazione od almeno tutti quei lavoranti che vor- rebbero riunirsi in associazioni produttive Lo Stato seconde- rebbe questa tendenza accordando in ogni citt a un'associazione di ciascun ramo di mestieri il credito necessario, e lasciando naturalmente l'entrata libera a tutti gli operai di quel mestiere. Certamente non verrebbe in mente allo Stato di produrre nel mondo operaio gli stessi fenomeni che caratterizzano la borghesia e di convertire i lavoranti aggruppati in piccole societ rurali. Sarebbe un peccato ! In poche parole, le associazioni produttive, merc l'unione di credito e di sicurt delle associazioni, forme- rebbero un'associazione produttiva che in ogni luogo si divide- rebbe in differenti rami di produzione. Adunque vi sarebbe presto in ogni luogo un concentramento di tutto un ramo di produzione 366 CAPITOLO SESTO in una sola associazione produttiva, ed allora ogni concorrenza tra le associazioni d'una citt sarebbe impossibile a priori; e con ci il pericolo che corre l'impresario isolato pel suo capitale, sarebbe messo in disparte dalla associazione, che camminerebbe con passo sicuro verso il sereno aumento progressivo, proprio della produzione (1). All'obbiezione che le finanze nazionali sarebbero sovraccaricate da una tale misura, egli risponde : ^ Queste finanze nazionali non avrebbero bisogno di sborsare nulla: Ogni capitale un'antici- pazione di produzione che si restituisce da s nella produzione coU'ammontare dei prodotti e che si divide in due parti: 1^ Capitale circolante, che si restituisce nella produzione nel termine di un anno o anche di qualche mese , (pag. 886) ; e qui il Lassalle non riflette che un tal capitale, cos riprodotto dal processo stesso della produzione nel termine d'un anno o di qualche mese, da capo necessarissimo come prima alla continuazione della produzione ; e che non pu, perci, se un capitale tolto a prestito, e se la produ- zione deve essere continuata, essere restituito al creditore finch il risparmio non sia venuto effettivamente a formare un nuovo capitale di uguale ammontare; sicch anch'egli cade, come il Proudhon, nel solito errore che il credito possa creare i capitali. " Nella maggior parte dei casi, cos egli insiste, questo capitale circolante non pagato dagli impresari, i quali hanno credito presso i fornitori delle materie prime, se non dopo che questa restituzione ha avuto luogo {ibid.) ; e non riflette che per la continuazione della produzione, ove gli imprenditori non abbiano un capitale proprio o tolto in prestito, necessario che i fornitori delle materie prime riaprano loro immediatamente, appena avve- nuto il loro rimborso, un nuovo credito, cio diano loro di nuovo in prestito il capitale circolante necessario all'impresa. '^ Ma questo credito, cos prosegue, le associazioni . operaie garantite dallo Stato lo troverebbero anche presso i loro provveditori di materie prime come presso i pi ricchi impresari privati, e quanto agli altri bisogni di denaro, potrebbero essere pi che sufficien- (1) Lassallk, Capitale e larorOy pagg. 884, 885. DEL COLLETTIVISMO ECC. 367 temente soddisfatti da una semplice garanzia della ^ Banca na- zionale n, che sconterebbe le cambiali di queste associazioni ope- raie (ibid.); ma tali sconti, in una parola, non sarebbero che prestiti veri e propri che la *^ Banca nazionale o lo Stato fareb- bero ai lavoratori, onde sarebbe d'uopo indicare in qual modo questo Stato potrebbe fornirsi dei capitali a ci necessari. L'altra parte, prosegue ancora il Lassalle, il capitale fisso : ^ Ordinaria- mente nella nostra produzione industriale si ammortizza anche nel corso di qualche anno. E l'anticipazione di questo capitale potrebbe essere facilmente realizzata con una " Banca di Stato , di modo che non si avrebbe bisogno di ricorrere alle finanze nazionali per questa rigenerazione del genere umano {ibid.); e non fa cenno neppur qui in qual modo questi capitali potrebbero essere fomiti alla Banca (1). Sicch, come dicevamo, non poteva un tale errore fondamen- tale che tali proposte del Louis Blanc, del Proudhon e del Lassalle, e le altre consimili, hanno in comune: di pretendere, cio, di emancipare il proletariato, la classe soggiogata, pur lasciando i capitali e tutti gli strumenti di produzione, i mezzi di soggio- gamento, alla classe capitalista ; di voler, cio, libero lo schiavo senza infrangere le robuste catene che lo tengono avvinto; non condurre, e ben meritatamente, al loro discredito attuale. Ma di ben altra importanza del Socialismo di Stato o della Cattedra, e cristiano, sopra esaminati, e di questi socialismi ora (1) Bench in misura del tutto derisoria, vi adbenuava almeno il Mazzini nella sua proposta di formare, coirincameramento dei possedimenti eccle- siastici, coi terreni tuttora incolti, cogli utili delle Strade Ferrate e altre pubbliche imprese esercitate dallo Stato, coi terreni comunali, e colle suc- cessioni collaterali che al di l del quarto grado avrebbero dovuto ricadere nello Stato, un fondo nazionale ** consacrato al progresso intellettuale ed economico di tutto quanto il paese ,; una parte considerevole del quale avrebbe dovuto * trasformarsi, colle precauzioni richieste ad impedirne lo sperpero, in un fondo di credito da distribuirsi, con un interesse dell*uno e mezzo o del due per cento, alle associazioni volontarie operaie che porge- ix-y:^Tinji: atit^riori al Marx. . iEvec*. fl socialismo agrario del ^e^'.rire. de! Wallace, e dei 3oro ar:ec*s5vr* ri d^ fV Como. Roma, 1 S9 1 . pag. 9 j- 1 * il diritto di partecipare all'ubo della terra ugualmente per tutti i itta-Jiiii dovrebbe e^-iere dicfciarat:- 1" imper5orittibi:tf diritto naturale iindt- f'-'tifihh hirthright -li o^i iijjjleae. *: afSnche qufsto diritto posca essere ottrnuto. la t^rrra d.-vr ri tornir^ allo ^tato. il quale non avrebte mai dovuto dam*' il [y.-T^eeso ad individui , Wallace. Land Xafiomalitntion, ^). 'Gli 1] orni ni impareranno un giorno che privare gli altri dei loro diritti dU'ij-o del! il terra, commettere un crimine inferiore solo nel grado di per- 'rrrita al crimine di toglier loro la vita o la libert personale , Spevco, .^oci^il Statici', London. William-? and Noigate. 1S6S. pag. 143;. '2) V.rfli C.tp. III. Ctr. anche il L, per la nota legge d'indiilerenza del Jevons, do- mina il prezzo unitario, ad un prezzo superiore al costo, percependo cos un lucro a danno del consumatore. " La considerazione esclusiva del diritto astratto verso la terra, indipen- dentemente dal diritto verso il capitale, doveva necessariamente colpire d'unilateralit Tesame del Loria. Non b possibile istituire nessun esame po- sitivo dei fenomeni economici senza tener presenti le condizioni generali della produzione: la trascuranza d*una di queste condizioni, il capitalo, fa ])alesi tutte le conseguenze erronee in cui cade il sistema loriano (Enrico Leone, I/tdtitna fase, ecc.; fascicolo 16 Maggio 1900, pag. 153). PEL COLLETTIVISMO ECC. 379 cato sempre nuove masse di terre deprezzate , e quando, conse- guentemente, ** ogni tentativo di ricostituzione della economia capitalista verr ad essere vano e funesto a quei medesimi che se ne facessero autori ^, cosicch "" la stessa costituzione organica dei rapporti economici render, a questo punto, irrazionale qual- siasi conato di occupazione esclusiva della terra, o di ristabili- mento della economia capitalista, allora l'interesse pi intuitivo consiglier omai i produttori a sanzionare, nelle istituzioni civili, mia condizione economica fatale^ sopprimendo senz'altro la pro- priet fondiaria esclusiva per surrogarla colla propriet fondiaria libera, ossia col diritto riconosciuto a ciascun uomo di occupare una unit fondiaria, od almeno un'estensione di terra uguale al territorio totale diviso pel numero dei produttori (1). Analogamente, dunque, al Marx e ai suoi seguaci, i quali presentano il regime Collettivista, non come un sistema econo- mico cui la coscienza collettiva proletaria, sorta a potente fat- tore sociologico, tenderebbe a pervenire, perch rispondente ai propri interessi economici di classe, sia pel mezzo di una modi- ficazione adeguata all'ordinamento della propriet, o per qualsiasi altra via ; ma come un sistema al quale, volere o no, fatalmente conduce il processo meccanico della evoluzione economica di accumulazione e concentrazione continua dei capitali; cosi il Loria presenta il regime della terra libera, bench agli antipodi (1) La Costituzione econ, odierna^ 783. * Di guisa che, cos aggiunge poco appresso, la istituzione di questo diritto alla terra non crea gi una nuova coittituzione economica. ci che sarebbe inammissibile, poich il di- ritto impotente a mature i rapporti economici, dei quali invece natura e strumento, ma d riconoscimento e pacifico assetto ad uno stato di fatto, che imposto omai dalhi evoluzione economica e che si realizza ad ogni modo, con isfrenata veemenza, anche senza intervento di logge. La istituzione del diritto alla terra, cio, cristallizza e codifica (luella accessi- bilit della terra ai lavoratori, che a questo momento si produce per la forza inesorabile delle cose ; regolarizza quel rapporto di distribuzione della ricchezza, che sulla accessibilit stessa del territorio necessariamente si erige; e spogliandolo d'ogni nociva influenza, ne affretta la definitiva as- sunzione a forma fondamentale e i^uprema della costituzione economica , {Ibid., 783). 380 CAPITOLO SESTO del sistema collettivista, come non meno fatale. Anzi, mentre il Marx richiede, come indispensabile, all'ora estrema della accu- mulazione e concentrazione capitalistica, l'intervento della co- scienza proletaria per " espropriare gli espropriatori ,, onde lancia il fatidico grido ** Proletari di tutto il mondo unitevi! , il Loria, invece, accentuando il lato di necessariet della dinamica cau- sale dei fenomeni economici, fa a meno anche di quest'unico atto cosciente della classe proletaria, perch afferma che la per- manente crisi fondiaria stessa *" lancer sul mercato sempre nuove masse di terra deprezzate , e verr con ci di per s stessa, sia pure a traverso grandi cataclismi economici, ad in- staurare il regime della terra libera. Senza voler qui discutere se, dato che fosse immutabile l'or- dinamento della propriet attuale entro il cui inquadramento il procosso economico si evolve, questo processo tenderebbe effettiva- mente, con la inflessibilit del fato, a condurre a un tal regime, certo si che, in ogni caso, le deduzioni, per le quali il Loria giunge a tale previsione, varranno soltanto fino a che questo ordinamento della propriet permanga invariato; che, ove ess^o venisse a cambiare, ogni ragionamento o deduzione o previsione, ancorch giustissimo, verrebbe di per se a crollare, perch fon- dato su date premesse che verrebbero ora a cambiarsi. Ora, nel processo catastrofico del Loria tanto pi inammissibile che questo processo economico, che dovr condurre a cataclismi sem- pre pi frequenti e grandiosi, sempre pi funesti e terribili, possa continuare ad evolversi e a seminare guai e dolori infiniti, senza che l'uomo, questo fattore tutto azione, questa forza pur ben naturale che rifugge dal dolore e tende al benessere, e che quando ven^a ad addizionarsi, nelle rispettive classi sociali, pu raggiungere, come ha gi raggiunto pi e pi volte, una forza sociale di grandissima potenza, non reagisca in tempo contro uno stato di cose cosi insopportabile, magari, e sopratutto, col modificare l'ordinamento della propriet che, per il modo onde inquadra i fenomeni economici che si evolgono, per la direzione in cui incanala il processo economico, di questo stato di cose principalissima con-causa, tanto pi, dico, che in questo processo catastrofico loriano, non solo le classi proletarie, DEL COLLETTIVISMO ECO. 381 ma anche le classi possidenti, che oggi sono le pi coscienti e quelle a maggior peso in quanto fattori sociologici, verrebbero esse stesse fortissimamente a soffrirne. Ma se queste forze sociali di grandi masse umane agenti collettivamente all'unisono reagiscono infine e mutano comunque l'ordinamento della propriet, ipso facto viene a cambiare l'in- quadramento entro cui si evolveva il processo economico, ipso facto un tal processo viene incanalato in altra direzione, ipso facto, come dicevamo, le premesse che avevano portato alla previsione di dati fenomeni economici vengono a cambiare; e il regime previsto in seguito a queste date premesse non sar ormai pi quello verso cui tender il processo economico, incana- lato ora verso altra direzione, evolventesi ormai entro un ben diverso inquadramento. In altre parole, se un dato fenomeno, un dato processo econo- mico, implica di per s un dato modus vivendi fra gli uomini, che regoli questi rapporti economici che essi vengono ad avere fra loro ; e se questo modus vivendi, queste istituzioni civili, questo ordinamento della propriet, per la loro natura stessa sono feno- meni che hanno per sostrato la volont umana collettiva, e che da questa, come vedremo, possono effettivamente esser mutati quando una data classe economica viene ad avere il sopravvento, per una ragione o per un'altra, sulla classe fino ad ora domi- nante ; allora quell'assoluta impotenza della volont umana, anche se agente collettivamente s da addizionarsi all'unisono un gran- dissimo numero di volte, ad influire sulla direzione del processo economico cessa di essere ammissibile; e la terribile fatalit di questo processo cessa di corrispondere ad ogni realt (1). Esclusa, inoltre, la possibilit di questa influenza della volont umana collettiva a modificare, neppure pel mezzo di un modus vivendi diverso, i rispettivi rapporti economici, allora non che un vero resto dell'antico concetto metafisico teleologico di una finalit nei processi della natura, questo pretendere del Loria che l'evolversi naturale dell'economia capitalista debba condurre fatalmente proprio a questo regime di massimo benessere e di (1) Vedi capitolo prossimo. 382 CAPITOLO SESTO assoluta giustizia, che l'autore stesso si rappresenta come il suo massimo ideale (1). Mentre che ove invece si ammettano i semplici fatti naturali che ogni uomo tende al massimo suo benessere, che il regime economico attuale ha posto la grande maggioranza della societ, i salariati, in condizioni tali e cos analoghe da rendere per tutti ugualmente e sommamente van- taggiosa, ad es., una data modificazione nell'ordinamento delia propriet, e che, infine, questi salariati riescono ora, per la prima volta, per date cause naturali che solo ora vengono ad agire, a stringere accordi fra di loro e ad agire tutti nel me- (1) * Ben lunge che la fantasa del veggente si richieda a discemere, o il fervore dell* apostolo a promuovere la forma economica adeguata ed i mezzi per pervenirvi, il mostruoso ingranafba propugnare una cosa senza sapi^re e senza curarsi di sapere di che propriamente si tratta, che si debba mettersi su una via senza sapere dove pi vada a parare , (IJ Utopia collettivista^ 24). (1) * La questione sociale non una questione di mali assoluti, bens di mali relativi: se, cio la Homma di pene che oggi ci affligge sia o non sia minore di quella che ci affliggerebbe sotto qualunque altro regime , (Spescei, DnVa libert allu schiaviti) ^ 14' 15). (2) Con ragione perci il Merlino insisto egli purt* sul danno che viem' alla causa socialista dal fare tutto una cosa del Socialismo e del Oollotti- visnio iPro e contro il Sf)C,, 43 e seg.). Ma d'altra parte ^ innegabile che DEL COLLETTIVISMO ECC. 401 dato sistema socialista non lede minimamente i principi fonda- mentali di giustizia che soli sono l'essenza e tutta la forza, irresi- stibile e imperitura, del Socialismo. sarebbe errato il credere che le sterminate masse operaie che sorgono a coscienza e si agitano e domandano giustizia siano collettiviste nel vero senso della parola. Apparentemente s, perch esse si reclutano quasi tutte sotto la bandiera del Collettivismo- Marxista ; ma questo unicamente perch il Collettivismo rias- sume e rappresenta l'idea socialista in genere, non perch esso vuole irreggimentare e regolare la produzione in questo o iu quel modo: questioni, queste, di tecnica-economica, e non di principi fondamentali di equit, le quali perci non possono non essere del tutto indifferenti per le masse operaie in quanto aspi- ranti alla loro redenzione. La classe proletaria sorgente a co- scienza semplicemente socialista perch la socializzazione di tutti gli strumenti di produzione e la cessazione dello sfrutta- mento capitalistico, la quale ne la diretta conseguenza, che essa esige. Qualunque altro sistema ^socialista che fosse in grado di garantirle queste condizioni fondamentali, e fosse di pi attua- bile, anzich utopistico e di impossibile realizzazione, sarebbe da essa abbracciato con non minore ardore ; e con ben maggiore certezza di vittoria, allora, essa potrebbe muovere alla conquista del potere. Ma comunque la sostituzione di un programma socialista con- creto ed attuabile a quello indefinito e inattuabile del Colletti- vismo riuscirebbe di notevolissimo vantaggio per la causa socia- lista, qualunque possa essere il giudizio sul Collettivismo stesso e su tutti quanti gli altri sistemi socialisti gi proposti o pro- ponibili per la redenzione del proletariato, magari anche se tutti dovessero venir rigettati, e se dovessimo effettivamente confessare che proprio ewi l'impossibilit ora come ora di delineare, nep- pure nelle sue grandi linee generali, alcun programma massimo quegli autori neo-socialisti che si allontanano dal Collettivismo non riescono, in genere, a contrapporvi che misure blande e derisorie o formule vuote, d'una grande indeterminatezza, piuttosto espressioni di desideri e di aspi- razioni che proposizioni concrete. RtoxANO. 26 402 CAPITOLO SESTO socialista ben definito, rimarrebbe per, in questo d'accordo con tutti gli altri socialisti, non minor dovere, per il mo- mento, per tutti coloro che hanno a cuore la causa proletaria, cio la causa stessa della equit, di stringersi compatti, quando si tratti di passare dal pensiero all'azione, in quell'unica colonna formidabile di difesa e di attacco oggi posseduta dalla classe proletaria, che la cosiddetta democrazia sociale. E dessa, in- fatti, il partito che si denomina Socialista-Marxista, che l'unico e Teffettivo difensore degli interessi di questa classe; e l'importante oggi appunto, per prima cosa, di aumentare il pili possibile la forza e l'organizzazione di questa classe, di accrescere il pii possibile presso il potere legislativo il numero dei rappresentanti e patrocinatori dei suoi interessi: quanto pii numerosi saranno costoro, si chiamino o non si chiamino colletti- visti, tanto meglio questi interessi saranno difesi e salvaguardati, per quanto sia possibile nel regime attuale. Appoggiare nell'ora presente un tal partito , dunque, un dovere assoluto per ogni socialista; purch, nel tempo stesso, lo ripetiamo ancora, non minore dovere rimanga pur quello di studiare e discutere e formulare un programma massimo clie dell'attuale sia meno indefinito e pii attuabile. E tanto pi doveroso, per il momento, anche per i non collettivisti, un tale appoggio incondizionato al partito socialista attuale, bench in gran parte tuttora imbevuto delle teoriche collettiviste, che possiamo fermamente ritenere che all'atto pratico non sar mai da temere che esso possa effettivamente un giorno venire a istituire un tal regimo collettivista: Che, appena cre- sciuti che fossero i suoi rappresentanti in numero tale da potere avere nella legislazione un'influenza, non derisoria, ma sostan- ziale, non v'ha dubbio che questo stesso trovarsi per la prima volta in grado di agire per via legislativa, li obbligherebbe, por la necessit stessa delle cose, non potendo, come vedremo, un'azione legislativa esercitare un'influenza profonda e duratura sui rapporti economici altro che pel mezzo di modificazioni .so- stanziali nell'ordinamento della propriet, a indirizzare tutti i loro sforzi precisamente verso un'adeguata mutazione radicale di questo ordinamento, che venisse ad effettuare la nazionalizza- DEL COLLETTIVISMO ECC. 403 zone voluta degli strumenti di produzione e capitali, senza dover ricorrere ad una espropriazione violenta rivoluzionaria, la quale le classi lavoratrici stesse sarebbero le prime a rigettare perch troppo evidenti le sue conseguenze funeste. E il loro programma verrebbe perci inevitabilmente a cambiarsi nelle loro mani stesse nel momento appunto di attuarlo ; che da collettivista, non alte- rante in nulla l'ordinamento formale della propriet, e irreggi- mentante tutta la produzione nelle mani dello Stato, verrebbe, invece, ad attuarsi in questa trasformazione adeguata dell'ordina- mento della propriet, e nella concessione, nel tempo stesso, della libert massima di produzione e di scambio alle masse lavoratrici, che, ora redente, sarebbero le prime ad esigerla. i CAPITOLO VII. La coscienza collettiva della classe proletaria quale fattore sociologico. I. Della coscienza sociale e della equit. Diremo che una collettivit cosenUj allorch i suoi membri hanno la facolt di agire di concerto sotto l'influenza della ra- gione (1); la diremo, invece, incosciente, allorch i suoi membri 0 non agiscono di concerto, o quando agiscono, invece, in date circostanze, di concerto, lo fanno istintivamente, senza, cio, esser guidati dalla ragione : nel qua! caso si dir, anche, animata da istinti collettivi. Una collettivit cosciente rivolger, quindi, ogni suo atto ad un fine determinato e conforme ai desideri dei pi fra coloro cui questo atto interessa. E come il fine di ogni individuo co- sciente la felicit, cos il fine di ogni collettivit cosciente sar di aumentare la quantit totale di felicit collettiva (somma algebrica delle felicit individuali) e di distribuirla fra il maggior numero possibile di individui. Nella quasi totalit dei casi un aumento o una diminuzione nel numero degli individui felici im- plicher un aumento o una diminuzione nella quantit totale di felicit collettiva, ma, in tutti i modi, il fine di distribuire questa felicit fra il maggior numero possibile d'individui prevarr neces- sariamente, data la natura d'una collettivit cosciente, su quello di aumentarne la quantit totale. (1) Cfr. KiDD, UvoliU. sociale, 60. LA COSCIENZA COLLETTIVA DELLA CLASSE PBOLETABIA ECC. 405 Un tal fine implica di per se che le varie relazioni fra loro dei componenti la collettivit si stabiliscano in modo che a cia- scuno di costoro sia assicurata la massima felicit possibile coni" patibilmente con questo massimo ammontare della felicit sociale totale 0 del numero degli individui felici. Per definizione, chia- meremo eque le relazioni fra i consociati di una data collettivit allorch soddisfano a queste condizioni; allorch, cio, per esprimerci con altre parole, pervengono a rendere, come direbbe Io Spencer, quanto pi possibile perfetta, o meno imperfetta, la conciliazione degli interessi dell'individuo con quelli della collet- tivit, necessariamente prevalenti. Diremo, inoltre, e conseguentemente, che una collettivit pi 0 meno perfettamente cosciente, quanto pi o meno facilmente e quanto pi o meno completamente i suoi membri riusciranno ad accordarsi e a procedere di concerto nei diversi casi di una azione collettiva, e quanto maggiore o minore sar il numero delle questioni e dei fatti sociali in cui verr a svolgersi questa azione collettiva. Per cui, pi o meno perfetta sar la coscienza collettiva di una data collettivit, pi o meno perfettamente i suoi membri, nel mettersi d'accordo e nell'agire di concerto, riu- sciranno a conseguire questa maggior felicit possibile del maggior numero possibile dei suoi membri. Si dir, poi, che una societ parzialmente o totalmente co- sciente secondo che una parte soltanto o tutti i suoi membri co- stituiscono una collettivit cosciente : Cosi, ad es., le collettivit dei cittadini delle antiche repubbliche greche costituirono, in dati perodi della loro stora, delle collettivit altamente coscienti; ma la societ, oltre questi liberi cittadini, comprendeva anche gli schiavi, i quali costituivano la massa incosciente. Ed af- finch una societ a coscienza parziale assurga a coscienza totale chiaro che sar necessario e sufficiente che la porzione ri- masta fin' ora incosciente si elevi essa pure, magari separata- mente, a coscienza, s che possa anch'essa partecipare all'ac- cordo e all'azione di concerto colle porzioni fino ad ora le sole coscienti. Se gli atti di ima societ sono diretti da una coscienza col- lettiva parziale, essi saranno rivolti a procurare la massima feli- 406 CAPITOLO SETTIMO cita non al maggior numero dei componenti la societ tutta quanta, ma al maggior numero dei componenti questa colletti- vit cosciente ristretta. Valga ad esempio il modo d'agire delle classi dominanti coscienti, di tutti i tempi e di tutti i luoghi, verso le classi soggette incoscienti e sfruttate. Se poi questi atti sono, invece, diretti da una coscienza collettiva totale, essi sa- ranno rivolti a procurare, allora veramente, la massima felicit al maggior numero possibile di individui componenti la societ tutta quanta; e allora soltanto, per conseguenza, saranno possi- bili rapporti sociali conformi all'equit. La facolt di agire di concerto sotto l'influenza della ragione posseduta dai membri di una societ cosciente verr ad espli- carsi sotto forma di diversissimi e infiniti contratti, stretti cia- scuno fra un numero diversissimo di individui dal minimo di due soli individui al massimo di tutti quanti i componenti la societ, e riguardanti tutti gli infiniti possibili rapporti suscet- tibili di nascere fra questi individui. Numerosissimi e diversissimi saranno gli organi sociali per mezzo dei quali, in questo regime perfettamente contrattuale, verranno ad efi'ettuarsi tutti questi infiniti diversi contratti fra i diversi membri della societ: istituzioni dello Stato, ammini- strazioni comunali e provinciali, camere di agricoltura, industria e commercio, borse di contrattazioni commerciali, sindacati indu- striali, cooperative di produzione e di consumo, societ per azioni, associazioni, circoli, clubs, ecc., ecc. Ma lo Stato sar il pi importante di tutti questi organi, quello per cui, col mezzo dello istituzioni civili e delle leggi, si stringer di continuo e conti- nuamente si rinnover il contratto sociale per eccellenza esteso a tutti i membri della societ e riguardante le condizioni essen- ziali affinch la convivenza sociale, secondo esige una coscienza sociale totale, si mantenga con relazioni eque fra i consociati. E piena garanzia si avr che la maggioranza, in una societ perfettamente e totalmente cosciente, non soprafaccia la mino- ranza e non proceda non equamente: l"" perch in una societ totalmente e perfettamente cosciente ogni membro della maggioranza non potr fare a meno, nel legiferare, di tener presente la possibilit, anzi la somma pr- LA COSCIENZA COLLETTIVA DELLA CLASSE PROLETARIA ECC. 407 babilit, per lui, d venire un giorno, o in altra occasione, a far parte alla sua volta della minoranza, o di venire un giorno a trovarsi anche lui, in ispecie quando si tratti delle istitu- zioni civili fondamentali, o di leggi con largo campo d'azione e di natura tale che l'utilit sociale richieda la loro immutabi- lit per lunghi intervalli di tempo, in quelle circostanze so- ciali alle quali verrebbero ad applicarsi le disposizioni legislative da lui sanzionate quando ancora non lo tangevano: e questo tener presente tali possibilit lo spinger a considerare le que- stioni in discussione da tutti i differenti punti di vista dei diversi interessati e dar alla sua azione legislativa un movente di equit che costituir per la minoranza la pi completa ga- ranzia contro ogni trattamento non equo; 2^ perch la minoranza, cosciente anch'essa, se si adatter ad accettare le condizioni contrattuali eque concordate dalla mag- gioranza, perch appunto le appariranno necessariamente come le sole possibili e come le pi vantaggiose per lei, dato il suo essere una minoranza, non le accetter, invece, se non eque, se suscettibili, cio, di essere pii vantaggiose per lei, dato pure il suo stato di minoranza : e il suo agitarsi, il suo rivoltarsi contro le decisioni della maggioranza, recando allora a quest'ultima danni ben pi grandi dei vantaggi ottenuti colla trasgressione dei prin- cipi di equit, far si che questa maggioranza si render subito ben conto, una volta per sempre, esser pi conforme ai suoi interessi ben intesi l'attenersi a questi principi di equit anzich infrangerli. Primo per importanza nel contratto sociale per eccellenza stretto fra tutti i membri della societ e riguardante le condi- zioni essenziali affinch la convivenza sociale si mantenga con relazioni eque fra i consociati, sar l'istituzione civile dell'ordi- namento della propriet ; il quale, quindi, verr pattuito ed ac- cettato non quale verrebbero a determinarlo l'uno o l'altro dei vari sistemi filosofici metafisici del diritto, dal diritto divino al Naturreoht, ma tale da assicurare la maggior quantit possibile di benessere al maggior numero possibile dei consociati. Una societ perfettamente e totalmente cosciente non potr, cio, non essere prettamente e rigorosamente utilitarista; e sar l'ordina- 408 CAPITOLO SETTIMO mento della propret che pi che ogni altra istituzione la so- ciet cosciente avr interesse a conformare secondo questi prin- cipi di utilit sociale (1). n. Delle condizioni che favoriscono il formarsi di una coscienza collettiva. Se passiamo ora ad esaminare quali sono le condizioni che facilitano od ostacolano l'innalzarsi di una collettivit sia la societ tutta quanta o ciascuna singola classe sociale ad una coscienza totale e perfetta, possiamo annoverare, come le pi importanti, le seguenti: P II numero dei suoi componenti: Quanto pi numerosa sar la collettivit tanto pi le sar difficile, a parit delle altre con- dizioni, di elevarsi ad un alto grado di perfezione e di esten- sione di coscienza collettiva. Persino, infatti, in quei gruppi sociali minuscoli, quali, ad es., le societ private di affari, le associazioni private di difesa d'interessi o di mutuo aiuto, i cir- coli 0 clubs di ricreazione o di lettura, ecc., nei quali l'accordo parrebbe dover essere di somma facilit ad ottenersi, pure anche in costoro il solo fatto d'un numero troppo grande di consociati talvolta proprio ci che impedisce il loro accordo sull'andii- mento della societ, sicch si sciolgono e si scindono in pi so- ciet, e che impedisce loro, cos, nella materia stessa che costi- tuisce lo scopo della loro associazione, di agire di concerto sotto (1) " Non s ]>u negare che un tal principio (quello di Bentham della niasHma felicit del pi gran numero) diviene rapidamente il principio re- ^'olatore di ogni legislazione nel mondo moderno (Hknby Sumncb Malnf., tiidi's sur Vhist. du droit, 304). ** L' utilitarismo eollettivo, di eui il Bentliamismo stato una forma i>ar- ticolare e abbastanza ristretta, i pure al Giappone, dove il sovrano passa per divino, la maggior parte dei crimini sono puniti con la morte; si infligge la pena meno per la grande;ua del crimine che per Taudacia della trasgressione delle leggi sacre dell'im- LA COSCIENZA COLLETTIVA DELLA GLASSE PROLETARIA ECC. 425 Da tale funzione della religione, di ostacolare ed impedire una coscienza sociale totale, anche, come dicevamo, le caratteri- stiche generali di quest'organo (1): n dogma e Tintolleranza religiosa : dal Dio geloso delle tribii dei Ben-Israel, e di tutte lo tribi selvaggie e barbare in genere, alla infallibilit del pontefice attuale. Il dogma, infatti, narcotico eccellente, non tollera il dubbio, distrugge lo spirito critico, in- catena e annienta il libero raziocinio : " Il filosofo, dice il Guyau, pretende agire sulle menti per mezzo della convinzione, il prete per mezzo della inculcazione ; l'uno insegna, l'altro rivela; l'uno cerca di dirigere il ragionamento, l'altro di sopprimerlo, o, per lo meno, di stornarlo dai dogmi primitivi e fondamentali; l'uno sveglia l'intelligenza, l'altro tende ad addormentarla pi o meno. Come potrebbe la rivelazione non opporsi alla spontaneit e alla libert dello spirito? Quando Dio ha parlato, l'uomo deve tacere.... E sempre allorch l'umanit ha voluto dimostrare a se stessa le sue credenze che essa ha incominciato a dissolverle : chi vuole con- trollare un dogma molto prossimo a contraddirlo. Perci il prete. pero (Spkncek, Princ, de Soc, tome III, 697). Cos al Messico * si faceva del sovrano una divinit e della sottomissione assoluta un dogma , (Letourneau, Vvolut. relig.y 233); e i re del Dahomey, dell'antico Egitto, ecc., tutte na- zioni eminentemente militari, avevano tutti un carattere sopranaturale, sacro, divino (Spencer, ibid., 772 e seg.). Cos il mezzo adoperato immancabilmente e indistintamente in tutti i luoghi e in tutti i tempi per assicurarsi la pi cieca obbedienza, la piii salda disciplina, era appunto di legare a questa obbedienza e a questa di- sciplina mediante il giuramento, mediante un atto religioso, cio, con cui si evocava la collera divina in caso di mancanza alla promessa fatta; quindi TeflGcacia del giuramento era funzione della intensit della fede religiosa, ' funzione di questa fede era, quindi, la obbedienza, la disciplina, la com- pattezza, la rapidit e simultaneit d'azione della collettivit combattente. (1) Per comprendere la funzione sociale della religione non bisogna sof- fermarsi a considerare le varie dottrine religiose, elaborate ed elevate ad astrusi sistemi metafisici da llosoti : questi sistemi filosofici, come fattori sociologici, non hanno avuto che un'influenza infinitesima del tutto trascu- rabile. L'importante, invece, tli considerare il sentimento religioso quale nelle masse, di esaminare in che essenzialmente consiste una collettivit animata da fede religiosa in genere. 426 CAPITOLO SETTIMO per il quale la contraddizione una mancanza di fede, si vede sem- pre obbligato dalla forza stessa delle cose ad evitare il controllo, ad interdire un certo numero di questioni, a rinchiudersi nel mistero. Quando gi il prete ha fatto entrare la fede nel cervello, osso lo chiude. Il dubbio e l'investigazione, che per il filosofo sono un dovere, non sono, agli occhi del prete, che un indizio di sfi- ducia e di sospetto, un peccato, un'empiet; bisogna battersi il petto quando si osato pensare da s stessi , (1). Da ci l'altro carattere generale di tutte le religioni : Avversa- mento della scienza, misoneismo, inquisizione di ogni libero pen- siero, messa all'Indice delle idee e dei libri atti a svolgere una coscienza sociale totale. Da ci la lotta eterna fra l'Ateneo e la C)hiesa (Bovio, Filosofia del Diritto), fra la Scienza e la Superstizione, fra il Dubbio ed il Dogma, fra la Ragione e la Fedo (2). (1) Virrlig. tlf l'ar., 227-228. Suirintolloranza religiosa e sul ilogmii. quali caratteri generali di ogni religione, vedi anche Lbid., Ili e seg. * In ogni ciujo, dice lo Spencer, la cosa che ha maggiore im])ortanza nelK- ingiunzioni speciali di un culto, h la conservazione del culto e delle isti- tuzioni nelle quali esso s'incarna. Cos il dovere principale quello dolla obbedienza a una prete&i volont divina, qualunque essa sia. Cosi i membri d'una gerarchia sacerdotale e i loro aderenti riguardano Tautorit della loro chiesa come un line che non la cede in importanza che alla autorit della volont divina stessa. Cosi le storie ecclesiastiche ci mostrano il di- sprezzo che i preti fanno dei precetti morali quando impacciano la loro supremiizia. Naturalmente le atrocit commesse dall'inquisizione e i delitti dei papi si presentano subito alla memoria. Ma vi hanno ancora esem])i pi spiccati >. Ecc. (/ViMc. de Soc, tome IV, 1887; pag. 180-181). ' La rcM- sb.'nza che i funzionari ecclesiastici mostravano al cambiamento degli usi, l'opponevano pure, naturalmente, ai cambiamenti nella credenza, poich ogni rivoluzione neireditzio tradizionale delle credenze ha per elFetto di scuoterne tutte le parti, indebolendo l'autorit degli insegnamenti iledi antenati , (Ihd., 129). Ed infatti, l'autorit indiscussa della chiesa ' dt?l domma condizione sine qua non^ per ogni religione, all'adempimento della sua funzione sociale di impedire lo svilupparsi di una coscienza sociale to- tale, giacche uon esito della pugna quanto pi grande era questa fede: ele- mento psicologico collettivo, questa certezza nella vittoria, importantissimo a conseguirla realmente : Cos, i naturali delle isole Sandwich trascinavano LA COSCIENZA COLLETTIVA DELLA CLASSE PROLETARIA ECC. 431 Data questa funzione complessiva della religione, ne viene dunque di conseguenza che alla coscienza collettiva delle classi dominanti, la quale le fa agire secondo il loro movente econo- mico, fanno riscontro, nelle masse sfruttate, l'istinto collettivo di una sottomissione supina, e, in tutta la societ in genere, questi istinti collettivi, quali il patriottismo, l'odio di razza, l'odio di religione, ecc.; istinti collettivi che consistono, ripe- tiamo, in una polarizzazione in un dato senso, rispetto ad una data questione, di tutte le intelligenze degli individui della col- lettivit, sicch, rispetto a tali questioni, questi individui tion 9 1 loro Dei di guerra con loro nelle battaglie (Spencer, Y'inc. de Soc., tome IV, 134). Cos presso gli antichi Messicani, neirYucatan, presso i Chibchas; cos i Filistei. Gli Ebrei portavano spesso alla guerra Tarca santa: cos, ad es., si legge in Samuele " che gli Ebrei vedendosi battuti dai Filistei, inviarono Tarca santa in avanti affinch essa li salvasse, * e quando Tarca dell'al- leanza del Sgpiore entr nel campo tutto Israele mand fuori delle grandi j^rida, in modo che la terra ne rintron; e i Filistei furono spaventati perch dissero: Dio entrato nel campo ' (Ibid,, 135). E nel Deuteronomio $*i legge: * Quando bisogner avvicinarsi per combattere, il sacrificatore i^i avanzer e parler al popolo e gli dir: ascoltate, figli d'Israele; voi mar- ciate oggi per combattere i vostri nemici; che il vostro cuore non divenga codardo, non temete, non rimanete sorpresi, e non abbiate alcun terrore di loro ; poich l'Eterno vostro Dio marcia con voi, per combattere con voi contro i vostri nemici e per preservarvi , (/Wrf., 139). Sui sacrifizi e altri atti propiziatori per guadagnarsi il favore divino nella guerra, vedi Ibid,, 136 e seg. Cos, ad es., i Samoani conducono con loro un prete alla guerra * per pregare in favore di loro e maledire il nemico , ; nella Nuova Cale- donia " i preti vanno al combattimento, ma si tengono a distanza, digiu- nano e pregano per ottenere la vittoria; ecc. Oggi questi atti propiziatori persistono ancora colle funzioni religiose prima e durante la guerra, colla benedizione delle bandiere, col battesimo delle navi da guerra nel momento del varo, ecc. Anche in questi cayi, dunque, f^empre sopprimendo il libero raziocinio e la volont individuale e suggestionando hi ma-^sa dei combattenti colla fede, che la religione riti^ce a far muovere come un sol tutto, colla mag- giore compattezza, colla maggiore simultaneit d'azione, e col maggiore slancio possibile, tanti elementi che di per se sarebbero invece diseiolti, inclinati a muoversi ciascuno di propria iniziativa indipendentemente dogli altri, e inadatti, quindi, completamenti', a costituire oi r TAfV^irfiVf; Paris, Reinwald, 1892; Chap. VI: La reproduction sexuelle et sa signification pour la thorie de la slectian nat tirelle; e Ger- minai Selection, in ** The Monist ,, Chicago, January, 1896). Data la struttura psichica, il grado e la qualit d'intelligenza dell'uomo primitivo (l'impulsivit del suo carattere la facilit con cui gli riappariva RioxAXO. 28 434 CAPITOLO SETTIMO guerra sospenda questa aziono suggestiva. L'uomo riacquista allora gradatamente il suo libero raziocinio e tende, quindi, a poco a poco, ad agire di concerto coi suoi simili sotto l'influenza della ragione: la societ, cio, diviene sempre pi irreligiosa, e tende ad elevarsi gradatamente a una coscienza sociale totale. Da ci si pu dunque concludere a priori, e i fatti poi lo dimostrano pienamente a posteriori, che ad uno stato di guerra prolungato succeder una forte religiosit e Tincoscienza sociale; ad uno stato di pace prolungata, invece, far seguito una irreligiosit sempre maggiore, una tendenza della coscienza sociale a farsi totale, un agitarsi dello masse a rivendicare l'equit nei rapporti sociali (1). Caratteristiche sociali quest'ultime, in sogno qualche defunto da lui, in vita, temuto, ecc. (*)), era inevitabile che nella mente del selvaggio restasse un timore vago per lo spirito di questo defunto, suo antenato, o capo del suo clan, della sua trib, o ^uo nemico, in ispecie se morto nella mischia dopo aver seminato colle sue stragi il terrore intomo a ah e colpito colle sue gesta orribili Timmagina* zione di tutta la trib. Questo vago timore, condiviso da tutta la trib e costituente in embrione un sentimento collettivo religioso (di timore, cio, verso rignoto), se abilmente sfruttato dal nuovo duce della piccola collet- tivit guerriera, sopra tutto se figlio o amico prediletto del defunto temuto, dava ad essa, a parit delle altre condizioni, facile vittoria sulle altre, perch, grazie al rispetto religioso verso questo nuovo duce, veniva a formare un tutto pi compatto, ad azione pi rapida e pi simultanea, delle altre col- lettivit: su questo vago e tenue sentimento collettivo di timore verso rignoto che venne dunque ad esercitarsi quella selezione naturale che poi via via ha condotto a quel sentimento religioso il pi intenso che ha oscu- rato e oscura ancora Tintelligenza della gran massa umana. (1) Idee analoghe, sotto certi rispetti, circa alla funzione sociale della religione e ali* avvicendarsi di epoche religiose con epoche irreligiose, e che anch'esse richiamano alla mente il vicendevole succedersi delle epoche organiche e delle epoche critiche del Saint-Simon, sono gi state esposte, del resto, dal Golins. Cos le riporta il De Lavelkye nel suo Soctalisme con- temporain, pag. 291-293: * Da principio la sovranit della forza brutale si impone: il padre di famiglia ordina; il pi forte della trib comanda. Ma (*) Spencer, Princ. de Soc; premire partie: Donnes dv la Sociologie; LuBBocn, The origin of Civilization , Gap. VI e seg.; Lktoitbneau. Vrolnt. relig., Chap. I e seg. LA COSCIENZA COLLETTIVA DELLA CLASSE PROLETARIA ECC. 435 per, che pongono di per se la societ in condizioni oltre modo in una agglomerazione umana un p* considerevole, (questa specie di sovra- nit non ha mai potuto avere che una durata effimera, perch colui che possiede un istante la forza, non pu restar sempre il pi forte. Che ac- cade allora? Affine di restare il padrone, esso trasforma, come dice J. J. Rous- seau, la sua forza in diritto e Tobbedienza in dovere. Esso afferma, a tale scopo, che esiste un essere antropomorfo, onnipossente, chiamato Dio; che Dio ha rivelato una norma delle azioni, ed ha nominato lui legii^latore e interprete infallibile della rivelazione: che Dio ha dato a ciascun uomo un^anima immortale; infine che Tuomo sar ricompensato o punito, in una vita futura, secondo che avr o no conformato i suoi atti alla norma rivelata. ** Ma non basta al legislatore di affermare questi dogmi ; bisogna ancora impedirne Tesame, ed ci che appunto ha luogo col mantenere Tignoranza e colla compressione del pensiero. * La sovranit teocratica o di diritto divino si costituisce, e la societ aristocratica diviene feudale. il periodo storico che il socialismo razio- nale chiama: periodo di ignoranza sociale e di compressibilit delV esame, * Dopo un tempo pi o meno lungo, in seguito allo svilupparsi della in- teUigenza, delle scoperte che ne sono la conseguenza, e della facilit delle comunicazioni fra i popoli, ecc., Tesame finisce per divenire incompressibile, per lo meno momentaneamente. Allora la base sociale antropomorfica contestata e la sua autorit cade, la sovranit si trasforma: essa perde la sua maschera teocratica e non pi che la sovranit della forza, cio delle maggioranze o del popolo. La societ da aristocratica diviene borghese ; essa entra nel periodo storico di ignoranza e di incompressibilit delVesafne. ' La societ profondamente turbata e la disorganizzazione va crescendo. ' I principi che assicuravano la sottomissione delle masse perdono il loro impero. Tutto discusso e messo in dubbio. Cos, negazione della sanzione ultra-vitale e della personalit del Dio antropomorfo, negazione della im- mortalit dell'anima, per non parlare che di questi punti, infine afl'erma- zione del materialismo, ecco dove arriva il libero esame, in questVpoca. Allora r interesse personale predomina sempre pi che non le idee d*ordine 0 di sacrificio, e sopra un numero continuamente crescente d'individui; da cui risulta il fatto che: In epoca di ignoranza sociale l'immoralit cresce proporzionalmente allo svilupparsi della intelligenza. ** Siccome nel medesimo il pauperismo aumenta secondo le medesime pro- porzioni, ne segue che la forma sociale borghese non pu durare. Per cui il regime borghese non tarda a crollare in un modo o in un altro, e la sovranit di diritto ristaurata fino a che una nuova rivoluzione conduca ancora una volta il trionfo della borghesia. Le societ non possono uscire da questo circolo vizioso nei quale esse si aggirano fin dalle origini della umanit, che quando, in seguito alla invenzione e allo sviluppo della stampa, 436 CAPITOLO SETTIMO sfavorevoli per la lotta in massa e che quindi la pongono m serio pericolo ove la guerra venga di nuovo a funestarla (1). E i fatti, dicevamo, confermano pienamente a posteriori la deduzione a priori : Cos gli Eschimesi, gli Arafuras, ecc., trib essenzialmente pacifiche, sono menzionate come non pobsedenti nessuna reli- gione (2); e le trib, invece, sempre in istato di guerra sono e della incompressibilit generale deiresame che ne la conseguenza, ogni ritorno alla forma teocratica divenuto radicalmente impossibile. Allora Tumanit deve perire neiranarchia o organizzarsi conformemente alla ra- gione metodicamente riconosciuta e dimostrata. allora che Tamanit entra nell'ultimo periodo del suo sviluppo storico, nel periodo di conoscenza che durer per sempre fin che la vita della specie umana sar possibile sul globo ,. (1) Cos, ad es., una delle cause che resero impossibile al popolo d*J8raele di resstere ai potenti imperi assiro e persiano fu la grande influenza che sovra esso popolo esercitarono sempre i profeti, nabif veri tribuni rappre- sentanti delia classe povera, che, tenendo sempre desta la coscienza del popolo, provoc^indo continue agitazioni interne, impedirono il costituirsi di una forte monarchia, ostacolarono quella devozione cieca ad essa come ap- punto il regime militare esige, resero impossibile insomma per quel popolo quella costituzione o struttura che sola avrebbe potuto renderlo atto alla guerra: * Ci che importa di rimarcare, scrive il Renan, che Tautorit profetica cos ostile alla monarchia non lo meno verso il sacerdozio. 11 profeta non proviene dalla trib di Levi; esso non insegna nel tempio, ma sulle piazze, nelle strade e nei mercati ; lungi da spingere alle osservanze, secondo Tabitudine del prete, esso predica il culto puro, TindiSerenza delle pratiche esteriori quando siano disgiunte dall'adorazione del cuore. 11 pro- feta non tiene la sua missione che da Dio e rappresenta gl'interessi popo- lari contro i re e contro i preti, dei re spesso alleati Gli Ebrei colle loro idee cos semplici in fatto di organizzazione politica e militare provarono una viva impressione di meraviglia e di terrore, quando si trovarono la prima volta in presenza di quella spaventevole organizzazione della forza (le monarchie assira e persiana), di quel materialismo empio e brutale, di quel dispotismo dove il re usurpava il posto di Dio. I profeti non cessavano di respingere la sola politica che potesse salvare Israele, di battere in breccia la monarchia e di eccitare colle loro minaccie e col loro puritanismo delle agi- tazioni inteme , {Histoire du peuple d'Israel negli tudes d'histoire religieuse; Paris, Michel Levy, 1864; pagg. 104, 113-114). (2) LuBBocH, On the origin of Civilization of Man; London, Longmans Green, 1889, pag. 214. LA COSCIENZA COLLETTIVA DELLA CLASSE PROLETARIA ECC. 437 quelle in cui la religione ha maggiore sviluppo, come presso gli antichi Messicani, nel Dahomey, nelle isole Fdgi, ecc. (1). Cosi nel Medio Evo alla guerra allo stato cronico fa riscontro il fanatismo religioso al suo massimo apogeo (2); e, come con- seguenza, una ^ sottomissione profonda e volontaria della ra- gione ,, la pi completa " scomparsa di ogni forma d'indipen- denza nel raziocinio : '^ In questo periodo la ragione stata vinta come non lo era mai stata nella storia del mondo (3). E, viceversa, in sul finire del Medio Evo, lo sviluppo mera- viglioso e subitaneo del commercio, e il conseguente rilassarsi della guerra, di cui le truppe mercenarie furono il piii diretto risultato (ed noto che sopratutto nel XV secolo i combatti- menti dei condottieri fra loro erano divenuti, si pu dire, sem- plici parate militari, s che talvolta vi erano battaglie che non costavano la vita a un solo uomo), producono la irreligiosit del Rinascimento, e come conseguenza, l'alta ed estesa coscienza dei Comuni italiani. A questa fa seguito, per, l'impotenza a re- sistere alle invasioni francesi e spagnuole. Cosi al seguito incessante di guerre fra i Cristiani e i Mori in Ispagna va di pari passo un crescendo spaventoso del fanatismo religioso; e ad analogo seguito incessante di guerre in Iscozia, un analogo formarsi di una intensit straordinaria del sentimento religioso: e mirabilmente, appunto, il Buckle ci fa assistere a questa graduale generazione d'uno stesso sentimento religioso cos intenso, in due paesi cos diversi, per opera di un'unica e stessa causa, il seguito incessante di guerre (4). E, viceversa, appunto allorquando l'impero dei Cesari (1) Spencer stesso rimarca il rapporto che ha sempre esistito, nello spazio e nel tempo, * fra le istituzioni relativamente libere proprie deirindustria- lismo e Farresto delle istituzioni saoerdotiili , e fra * la sottomissione senza resistenza a un dispotismo politico assoluto appropriato al tipo sociale del militarismo , e * un sacerdozio enormemente sviluppato (Princ. d*- Sor., tome rV, pagg. 162-163). (2) Sua impronta incancellahile \o Bii\e gotico (Taisk, Philonophie de V Art), (3) KiDD, Uvolut. soc, 126, 127. (4) BncKLE, Histoire de la Civilisation en Angleterre; Paris, Marpon et Fhim- marion, 1881; tome IV e V. 438 CAPITOLO SETTIMO venuto ad assicurare ai popoli Mediterranei ** la gran pace ro- mana (1), allorquando, in seguito a ci, il sentimento religioso pagano si affievolito estremamente (2), e Timpero divenuto " la proclamazione pi assoluta dello stato laico che sia mai esistita (3), allora che l'agitazione proletaria, che gi da lungo tempo fermentava nei discendenti dei Ben-Israel (4), si diffonde vittoriosa, colla parola socialista di Ges di Nazareth, in tutto quanto l'impero. Non altro, infatti, questo straordinario movimento sociale del Cristianesimo primitivo, nella sua intima e profonda essenza, che vera e semplice agitazione proletaria, bench, esteriormente, con caratteri e forma di movimento religioso (5). Ed appunto (1) Vedi Renan, Uistoire des Origines du Christianisme , Les Aptrrs: Paris, Calmanu Levy, 1894; Chap. XVII: tat du monde vers le milieu du premier sicle. (2) ''Le vecchie religioni, dice il Froude parlando dell*epoca di Cesare, ii estinguevano dalle colonne d*Ercole alle rive deirEnfrate e del Nilo e con loro anche i principi su cui era costituita la societ , (Vedi il Eidd, VvoluL soct 121). Su questo mancare da parte del popolo in tutte le parti deirimpero di * un alimento religioso * analogo a quello che ricevono, nella Chiesa, le porzioni le pi diseredate delle nostre societ ,. vedi ap- punto anche il Renan, Les Aptres^ pag. 884 e seg. (8) Renan, ^i^^ des Orig, du Christ., V Antchrist ; Paris, Galmann Lev;. 1893, pag. 284. (4) Vedi Renan, Hist. des Orig. du ChrisL, Marc Aurle et la fin du mcmd antique; Paris, Calmann Levy, 1895, pag. v-vi; e Histoire du Peuple d'Israel negli titdes d'Hist, relig., pagg. 104, 118-114 sopracitate. (5) Ofr. il Renan, Hisi, des Orig, du Christ., sopratutto Les Aptretf, Ghap. XVIl su citato, Chap. XVIII e XIX, e Marc Aurle, pagg. 598-608. Vedi, inoltre, ad es.j Federico Engels, Zur Geschichte des Urchristenthurns, in * Die Neue Zeit ,. 1894-95, Nr. 1 e Nr. 2. E il Nitti, Le Socialisme catholique; Chap. HI: Ori- gines canomiques du Christianisme. il Lokia, Les hases con, de la conti, soc.y 55 e seg. * Non contro i principi religiosi, dice THestcka, ma contro la propriet, che fu diretta la rivolta di Cristo ed perci che do- vette morire. Con ci si spiega perch i Farisei lo combattevano; essi costi- tuivano la fine fleur non soltanto intellettuale ma anche materiale del Gio- daismo; essi erano i pi istruiti e i pi ricchi; e se avrebbero provato piacere a discutere con un settario religioso, essi odiarono fino alla croce l'uomo che aveva cacciato i banchieri dal tempio e che si era dichiarato l'avversario dei pubblicani , (Loria, Les hases, etc, 222). Sui numerosi L COSCIENZA COLLETTIVA DELLA GLASSE PROLETABIA ECC. 489 quando questa classe sociale di proletari cristiani assurta ormai a partito politico di grande importanza (1), che Costantino, rappresentante la borghesia d'allora, le classi ricche delle Pro- vincie, ricorre al suo appoggio per controbilanciare e superare la potenza delle avversarie varie classi riunite dell'antica ari- stocrazia romana (2). Tanto pi che, ormai, il ricorrere a un e notevoli punti di Bomglianza fra il movimento del Cristianesimo primi- tivo e il movimento socialista attuale, vedi appunto questi scritti ora citati. Il GiBBONs, appunto, non sa spiegarsi come mai i Romani, cos tolleranti verso tutti gli altri culti religiosi dell'impero, abbiano, invece, perseguitato cos crudelmente i cristiani (Kidd, L'volut. soc.j 147). Piena libert, infatti, di espansione nell'impero ebbero il culto d'Isis, il Mitriacismo, ecc. (Renan, Marc AttrHff 571 e seg.); n meno indisturbati furono sempre lasciati i filo- sofi Epicureiani, bench fossero non meno dei Cristiani ostili alle supersti- zioni volgari (Ibid.j 61). Sulla qualit proletaria dei primi cristiani, vedi i notevoli brani del filosofo Celso, loro contemporaneo, in Rknan, MarcAurle, 362-365, e il Renan stesso, Ibid.t 453-454, e Federico Engels, ZurGeachichte dea UrchriatenthumSf 36 e seg. Sulla avversione di Celso al Cristianesimo per la sua caratteristica, a diiferenza di tutte quante le altre religioni che erano eminentemente nazionali, di non essere la religione di nessuno, ma solo protesta contro la religione nazionale dell'impero, Ibid.j 365-366. ' Cosa strana, osserva appunto anche il Renan, il Giudaismo, che si rivolt tre volte contro l'impero con un furore senza pari, non fu mai ufficialmente perseguitato... Al contrario, il Cristianesimo, che non si rivolt mai, era in realt fuori della legge. Il Giudaismo ebbe, se ci si pu esprimere cos, il suo concordato con l'impero ; il Cristianesimo non ebbe il suo. La politica romana sentiva che il Cristianesimo era la termite che rodeva interiormente V edificio della societ antica (Les vangiles et la seconde generation chr^- tienne; Paris, Calmann Levy, 1877, pag. 213). (1) * nel quarto secolo che la lotta contro il Cristianesimo diviene grande e accanita. Le classi ricche, quasi tutte attaccate al culto antico, lottano energicamente; ma i poveri la vincono , (Renan, Marc Aurle, 602). (2) ' L'Occidente si mostrava ancora (alla fine del secondo secolo) ben refriittario (al Cristianesimo); l'Asia Minoro e la Siria, al contrario, conta- vano masse dense di popolazioni cristiane aumentanti ogni giorno di impor- tanza politica. Il centro d gravit dell'impero si trasportava da questa parte. Si sentiva gi che un ambizioso avrebbe la tentazione di appoggiarsi su queste folle, che la mendiciti metteva nelle mani della Chiesa, e che la Chiesa, alla sua volta, metterebbe nelle mani del Cesare che a lei fosse favorevole. La funzione politica del vescovo non data da Costantino. Fin 440 CAPITOLO SETTIMO tale appoggio non pi di nessun pericolo affatto per riisieme di tutte in genere le classi possidenti: In primo luogo, infatti, il carattere esterno del movimento religioso proprio di questa particolare agitazione proletaria, raf- forzatosi sempre pi in seguito all'antecedente stato cronico di persecuzione che fece del terrore ** lo stato abituale della vita cristiana ^ (1), persecuzione cronica che, agli effetti pratici della suggestione di una fede religiosa, corrisponde esattamente ad uno stato cronico di guerra, ha ormai trasformato quasi com- pletamente il movimento stesso da agitazione proletaria con veste religiosa in nuova e vera religione. In secondo luogo, la cieca obbedienza che questi nuovi cre- denti ormai portano ai loro episcopi (2), la quale in gran parte frutto appunto di questa fede religiosa in tal modo penetrata e rafforzatasi in queste masse, e la facilit con cui questi ve- scovi possono essere guadagnati alla causa dell'impero, affdano completamente che queste classi proletarie pi non sono di alcun pericolo per le classi possidenti reclamanti il loro appoggio. Sopraggiungono intanto le irruzioni barbariche e incomincia lo stato cronico di guerra del Medio Evo, e il Cristianesimo, ormai religione ufficiale dell'impero e ormai diffusosi presso i barbari stessi, perde sempre pi, e infine del tutto, la sua in- tima essenza di agitazione proletaria per non conservare che la sua veste, ormai divenuta sua nuova essenza, di vera e pro- dal III secolo il vescovo delle grandi citt d'Oriente si mostra come un personaggio analogo a ci che , ai giorni nostri, il vescovo in Turchia presso i cristiani greci, armeni, ecc. I depositi dei fedeli, i testamenti, la tutela dei pupilli, i processi, tutta Tamministrazione, in una parola, della comunit sono confidati a lui. un magistrato al lato della magistratura pubblica, avvantaggiantesi di tutti gli errori di questa. La Chiesa, al III se- colo, digi una grande agenzia di interessi popolari, supplente a ciche l'impero non fa. Si sente che un giorno, l'impero, venendo meno, il vescovo ne sar l'erede. Quando lo Stato ricusa di occuparsi dei problemi sociali, questi si risolvono a parte, per mezzo di associazioni che demoliscono h Stato , (Rena, Marc Aurle, 586-687). (1) Renan, Marc Aure, 66. (2) Cfr. Renan, Ihid,, Cap. XXIX. LA COSCIENZA COLLETTIVA DELLA CLASSE PROLETARIA ECi\ 441 pria religione: da elemento dissolvitore, come tutte quante le agitazioni proletarie, delle qualit pi belligere, del sentimento vivo di patriottismo, dello spirito forte di disciplina militare (1), che avevano reso invincibile l'impero romano, diviene invece anch'esso, come tutte quante le altre religioni, strumento eccel- lente destinato appositamente a infondere nelle masse questi istinti collettivi cos indispensabili alle societ in guerra; e da focolare pericoloso di agitazione proletaria si muta, invece, in organo sociale atto a meraviglia ad impedire precisamente ogni agitazione proletaria in genere, ogni risveglio d'una coscienza sociale totale: " meraviglioso di vedere, dice appunto il Loria, come questa perversione dell'egoismo dei lavoratori (il soflFocamento, cio, della coscienza collettiva della classe proletaria) si deduce, per mezzo di un semplice artifizio dialettico, dalla morale stessa che aveva ispirato le rivendicazioni degli schiavi ribelli. Infatti se il pi grande fra i riformatori, Ges, denunziava la base furtiva della propriet e l'usurpazione essenziale della ricchezza, che egli escludeva dalla felicit futura, i suoi discepoli si affret- tarono a tirare da questa stessa dottrina una deduzione con- servatrice; poich l'esclusione fatale dei ricchi dal regno dei cieli, il trionfo necessario dei poveri nella vita futura, forma- vano precisamente un eccellente argomento per riconciliare gli oppressi col sistema sociale sotto il quale gemevano. Cos questa morale stessa che aveva, un istante, illuminato l'egoismo dei lavoratori, diveniva, sotto le demoniache influenze della proprieti, m un mezzo efficace per pervertirlo e stornarlo dal suo vero oggetto. E come la Bibbia, malgrado il suo spirito repubblicano, stata sfruttata per la difesa dei re, cos il Vangelo, malgrado il suo spirito comunista, divenuto un possente strumento di prote- zione delle classi ricche, grazie agli sforzi dei sofisti mitrati, che hanno saputo fare del pi gran libro del socialismo la pi meschina difesa della propriet (2). (1) Cfr. Renan, Ihid., Gap. XXXII, pafjg. 589-596. (2) Les bases etc., 55-57. Analojs^amente il Kknan, Leiar- ticolare non ultimo del hi causa generale della cessazione definitiva della guerra. (3) Sui danni che la guerra arrecherebbe oggigiorno alla classe capitd- lista, vedi appunto I)k Molinari, Thid.y Parte II, Gap. VITI: Le profmbiW') di jtcfce e i rischi di guerra. (4) Che la piccola minoranza plutocratica, classe dominante, "* avida di LA (.'OSCIENZA COLLETTIVA DELLA CLASSE PROLETARIA ECC. 455 V. La teora del Eidd sulla religione e la religione nella razza Anglo-Sassone. Ma se la guerra, questa lotta in massa fra le societ, viene inevitabilmente a cessare, cambiano allora completamente le condizioni che assicurano la sopravvivenza agli esseri umani. Questa che era prima assicurata, non tanto per via diretta col dar la vittoria ai singoli individui a seconda delle loro attitu- dini, ma principalmente per via indiretta coU'assicurare anzitutto questa sopravvivenza alla societ in massa di cui facevano parte ; col cessare, invece, della guerra, torna ad essere concessa o vivere troppo ,, non abbia oggi pi interesse alla guerra, perch appunto nella pace e coi procedimenti pacifici dello sfruttamento economico che riesce, oggi per la prima volta, ad appagar meglio la sua cupidigia di lauti lucri, e che questa sia la vera ed unica causa che porta alla cessazione della guerra, cfr., ad es., anche Fkbbebo, // Militarismo; Milano, Treves, 1898; ultimo Capitolo: Dal passato alVaiwenire, Sui rapporti economici, predominanza crescente del capitale investito nelle industrie, spese enormi che la guerra rende necessarie, ecc., i quali, " altre volte fermento di guerra, divengono oggi un elemento di pace , vedi anche il Loria, Les hases con. de la const. soc.^ 292 e seg. Ed inoltre, vedi pure cost (pagg. 308-314), come quegli stessi interessi economici della borghesia, come quello sviluppo stesso della ricchezza capitalista, che hanno condotto alla formazione delle diverse unit nazionali (ultime in ordine cro- nologico ritaliana e la Germanica), conducano ora * a relegare il patriot- tismo fra le anticaglie psicologiche ,, e ad aspirare a una confederazione pan-americana al di l dell* Atlantico e ad una confederazione degli Stati Uniti d'Europa nel vecchio mondo. Come il Novicow stesso ammetta che si rinunzier alla guerra, non per il sentimento altruistico della carit, ma solo per interesse, come per puro interesse del vincitore le societ sono passate dalla guerra fisiologica alla economica e dalla economica alla politica allorch riusc pi vantaggioso pel vincitore la riduzione in schiavit dei vinti anzich la loro stermina- zione a scopo di nutrizione (cannibalismo) e la riscossione di tributi anzich il saccheggio dei beni mobiliari dei vinti, vedi: Les Uittes entre socits hu- maineSy libro 111, Cap. Vili: Sguardo generale sulle lotte sociali. 446 CAPITOLO SETTIMO Chiameremo tanto il primo che il secondo e il terzo metodo col nome di perfezionanieitti o miglioramenti alVinterno. La tendenza della vita organica nella sua forma di vita umana ad accrescersi oltre la quantit che l'ambiente cosmico prede- terminava, si esplic come pressione della popolazione sulle sus- sistenze. E quando l'uomo, in seguito alla selezione naturale che f' sopravvivere come pi adatti coloro che si mantenevano uniti a difesa comune nel loro gruppo famigliare, embrione delle societ future, di fronte a coloro che vivevano isolati, venne a costituire dei gruppi sociali, questa pressione, allorquando le carestie, le pestilenze, la mortalit economica, e gli altri flagelli naturali consimili, non venivano di per se a risolverla (Malthus), venne ad esplicarsi collo spingere i componenti il gruppo sociale, ali 'infuori dell'espediente anormale e transitorio, bench fre- quente, dell'uccisione sistematica dei fanciulli e dei vecchi e degli infermi, e talvolta delle donne, per l'una o l'altra delle due grandi vie: collo spingerli, cio, ai miglioramenti alVitUerno; o collo spingerli alle guerre all'esterno, allorch la pressione, dive- nuta troppo forte in troppo breve spazio di tempo, mutavasi per cos dire in urto. La guerra all'esterno, la cui origine primordiale dunque indubitatamente dovuta a questo urto della popolazione contro le sussistenze, si che all'origine altro non che vera lotta in massa per l'esistenza fra le varie societ (1), veniva a risolvere Tenergia solare (Cfr., fra gli altri, anche il Tesla, The problem of increasing human energy^ icith special reference to the hamesaing of the sun's energy; * The Century Magazine , June, 1900), si risolve anch^esso in definitiva in un maggiore trattenimento di questa energia: Cos, una caduta d'acqua uti- lizzata alla produzione e trasporto di energia elettrica, di poi utilizzata nel riscaldamento di locali, trattiene sul globo quelPenergia della caduta d'acqua, la quale, non utilizzata, si sarebbe trasformata in energia termica (riscal- damento deiracqua in seguito alla caduta) e si sarebbe poi persa coirim- diazione notturna: A guisa appunto della irrigazione e concimazione di un'arida landa, sopra rammentata, che trattiene essa pure l'energia solare irradiatavi sopra, e che altrimenti andrebbe parimenti perduta. (1) ' negli atti primordiali della nutrizione che bisogna cercare la causa principale dapprima della lotta per la vita nel regno animale, poi della LA COSCIENZA COLLETTIVA DELLA CLASSE PROLETARIA ECC. 447 per qualche tempo, presso la societ vincitrice, questa pressione troppo forte sulle sussistenze in uno dei due modi seguenti: 1^ Riduceva la popolazione della stessa societ vincitrice, grazie alla decimazione dei guerrieri e alla sterminazione anche presso d lei di non piccol numero dei non combattenti, mentre nel tempo stesso veniva ad aumentare le sue sussistenze: La vittoria, infatti, o la provvedeva dei vinti stessi quale alimento (cannibalismo); o le procurava ricchi bottini di bestiame e di granaglie, o ingenti tributi e imposte in natura, cio in viveri ; o aumentava, grazie alla occupazione del territorio dei vinti ster- minati, l'estensione delle sue terre dalle quali trarre colla caccia o colla pastorizia o coiragricoltura la dovuta maggiore quantit delle proprie sussistenze. 2^ Veniva ad introdurre di per s, inconsapevolmente, dei miglioramenti all' intemo coli' introdurre, grazie alla schiavit, una divisione e una organizzazione del lavoro anche l dove non si sarebbe costituita una cooperazione spontanea ; col costringere l'uomo primitivo fatto schiavo a un lavoro sedentario pi con- tinuato e di maggiore durata e intensit di quello a cui forse, dato il suo stato morale e intellettuale, si sarebbe applicato se guerra , (Letoubneau, La guerra^ 7). Vedi infatti cost questo bisogno di nutrimento quale causa di guerra presso i selvaggi dell* Australia e della Tasmania, della Nuova Caledonia, di tutto in genero le isole della Mela- nesia; presso i Boscimani, gli Ottentotti; nel Gabon; presso i negri inferiori deir Africa Orientale; presso i Mombouttous e i Niam-Niam della regione dell* Alto Nilo; presso i Massai nella regione dei grandi laghi; presso i Cafri; nella zona Africana Nord-Equatoriale, come, ad cs., nel Dahomey; nelle isole Marchesi e nella Nuova Zelanda; fra i Pelli Rosse; presso i Turco- manni, i Eiigkisi, i Ealmucchi, ecc. ecc. (pag. 29, 45, 52, 55, 56, 58, 64, 70, 86, 88, 91, 93, 102, 119, 120, 144, 217, ecc.). Bene spesso come causa apparente di queste guerre, anche allorquando la loro causa effettiva proprio questo bisogno di procurarsi gli alimenti con razzie di cibo umano o di bestiame, di occupare un nuovo territorio di caccia 0 nuovi pascoli, ecc., si presenta, invece, un qualche istinto collettivo, come ristinto della vendetta di trib. Tedio di trib, di razza, di religione (ravversione naturale di ciascun gruppo singenetico verso i gruppi etero- genei, direbbe il Gumplowicz). Talvolta per questi istinti collettivi, una volta formatisi, possono veramente assurgere da soli a causa di guerra. 448 CAPITOLO SETTIMO libero ; coll'integrare e fondere i gruppi sociali minori in gruppi sociali composti sempre pi grandi e potenziando in tal modo Tefficacia produttiva collettiva (1). (1) Cfr. GuMPLowicz, La tutte des races; Paris, Gaillaumin, 1893; Chap. XXXV: Comment a'ohtient la domination, Ordre et ConsenxUion; Chap. XXXVI: Comment s'organise la domination, Civilisation; e Spemceb, Introduction la Sociologe; Paris, Alcan, 1894; pag. 211 e seg. L'introdazione della schiavit, prodotto della guerra, se ha costituito effet- tivamente, di frequente, uno dei primi perfezionamenti all'interno , non fosse altro inaugurando il passaggio dal lavoro dissociato al lavoro associato, e con esso una primordiale divisione del lavoro (Lassalle), non va considerata per quale il fatalmente necessario ed unico mezzo ad effettuare questo pas- saggio stesso, mezzo unico e reso fatalmente necessario a un dato mo- mento storico da un dato rapporto della popolazione al grado di fertilit della terra (Loria), che tale passaggio sarebbe ed in molti casi real- mente avvenuto, senza bisogno di coercizione di sorta, anche in societ pacifiche e con rapporti di equit; come stanno a dimostrarlo il mir e le Ariele delle popolazioni slave e tutte quante le forme di cooperazione spon- tanea (Kabbeno, Le coop, di prod,\ gli aiuti reciproci che si prestano i col- tivatori di riso nei dessa di Giava (Db Lavbleye, De la propritj etcX e gli Eschimesi nella pesca, e i selvaggi stessi nei loro lavori primitivi, e tutte le trib barbare delle comunit di villaggio, antiche e attuali, nelle loro coltivazioni in comune e nella costruzione delle loro strade, dei loro ponti, dei loro canali d'irrigazione, delle loro stesse capanne (Cfr. Kbopotkin, Mutual aid among savages; Mutual aid among the barbar ians^ in * The Nineteenth Century ,, Aprii, 1891; January, 1892). La pressione della popolazione sulle sussistenze spinse alla guerra scio allorquando^ bench certo questo fosse il caso pi frequente, i perfe- zionamenti air interno o non furono di tale importanza e non si seguirono con tale rapidit da risolvere essi stessi da soli una tale pressione anche (quando la popolazione si accresceva molto rapidamente, o non raggiunsero una entit tale da impedire che anche in circostanze straordinarie di carestie e simili la pressione normale non si mutasse mai in urto. cos che pro- babile che i miglioramenti airintemo di straordinarissima importanza della introduzione della pastorizia e della agricoltura, e la diminuzione note- volissima che ne consegu e permase a lungo nella densit relativa della popolazione rispetto al territorio, che prima, servendole invece solo per la eaccia, le era divenuto appena sufficiente (Cfr. Waoiieb, Grundlegung, 413 e seg.), fecero tacere per lunga epoca la guerra, o per lunga epoca ne tardarono il cominciamento : Da ci, la gi riscontrata rigorosa e minuzie^ equit delle antiche comunit di villaggio, conseguenza della totalit e per- fezione della loro coscienza sociale. LA COSCIENZA COLLETTIVA DELLA CLASSE PBOLETARIA 449 Ma a mano a mano che venivano ad accrescersi nelle singole societ, sia in grazia della guerra, sia nella loro maggior parte indipendentemente da essa, per opera diretta della pressione della popolazione sulle sussistenze operante incessantemente anche air intemo, o del suo succedaneo, l'interesse economico delle classi dominanti) i perfezionamenti all'interno (concorrenza sostituita al costume, divisione tecnica e sociale del lavoro, col- tura intensiva e progressi ulteriori nella tecnica agrcola, inven- zioni tecniche industriali e introduzione delle macchine, sostitu- zione della grande alla piccola industria, ecc.), l'efficacia della guerra quale risolutivo, anche temporaneo, di tale pressione sulle sussistenze andava via via decrescendo, non solo fino ad annul- larsi completamente, ma al punto da fare della guerra, anche per la societ vincitrice, un peggiorativo sempre pi grave di tale pressione: Grazie, infatti, all'aumento incessante della popolazione in ciascuna delle singole societ, che i perfezionamenti all'interno rendevano possibile, e grazie all'integrarsi, per effetto della guerra, dei singoli gruppi sociali in gruppi sempre maggiori, anche le guerre le pi micidiali finirono per non pi poter riuscire a deci- mare abbastanza la popolazione dell'uno o dell'altro gruppo in modo da riuscire, per questo solo fatto, a risolutivo efficace, sia pur temporaneo, di questa pressione sulle sussistenze, o in modo da ridurre a terre spopolate notevoli estensioni del terri- torio dei vinti s da fame teiTe nuovo sfmttabili dai vincitori (1) ; e anche le pi abbondanti razze e i pi ingenti tributi di viveri non divennero che quantit sempre pi derisorie di fronte alla quantit che poteva ottenerne col proprio lavoro il gruppo vinci- tore stesso assistito da tutto il complesso dei perfezionamenti air intemo. Ne succedeva diversamente rispetto al secondo modo con cui la guerra era riuscita nei primi tempi a risolutivo temporaneo della pressione sulle sussistenze, rispetto all'introduzione, cio, per mezzo di essa guerra, di nuovi miglioramenti all'interno: (1) Cfr. Novicow, Lea luttea entre socits humainesj Paris, Alcan, 1896, pag. 406 e seg. RioxAxo. 5i9 450 CAPITOLO SETTIMO che la guerra, quanto pi cresceva il complesso di tutti questi miglioramenti, diveniva sempre pi incapace ad introdurne dei nuovi: ed oggi ormai l'integrazione ulteriore dei gruppi nazio- nali in gruppi intemazionali, che sarebbe Tunico perfezionamento che ancora le resterebbe da compiere, non pu pi avvenire, data la grandezza dei gruppi da integrare, alla quale essa stessa ha condotto, per annessione violenta, ma solo per confederazione pacifica consensuale. Ma non solo la guerra veniva a costituire un risolutivo tem- poraneo sempre meno efficace della pressione della popolazione sulle sussistenze, ma essa a poco a poco venne a costituire, anche per il gruppo sociale vincitore, un peggiorativo sempre pi grave di tale pressione : grazie, infatti, all'importanza sempre maggiore che venne ad acquistare coll'accrescersi del commercio intema- zionale la divisione internazionale del lavoro, l'interruzione di ogni industria e la distruzione di capitali e di lavoratori nella nazione perdente ed invasa venne a recare un danno sempre pi grave anche alla stessa nazione vittoriosa e invaditrice. Mentre prima una trib spinta dall'urto della sua popolazione contro le sussistenze trovava vantaggio ad invadere il territorio nemico ed a razziarlo, che cos vedeva aumentati per lei gli alimenti; oggi la distruzione delle sorgenti di produzione del paese vinto porterebbe una diminuzione di consumi anche nel paese vincitore. Ma, appunto, nel tempo stesso che l'efficacia della guerra quale risolutivo temporaneo della pressione sulle sussistenze andava gradatamente estinguendosi e trasformandosi, anzi, in peggiorativo, nel tempo stesso, dico, una tale pressione veniva ad agire con intensit media sempre minore e con intensit sempre pi uniforme, anzich soggetta a brusche variazioni; i modo tale, cio, da non pi mutarsi, in qualsiasi circostanza, in urto di tal forza da spingere, di per s stessa, alla guerra. Grazie, infatti, al perfezionamento all'interno in generale di uno sviluppo sempre maggiore del commercio nazionale e inter- nazionale, e al perfezionamento all'interno in particolare riguar- dante le facilit di trasporto, le carestie scomparivano. Grazie al complesso di miglioramenti all'interno ed alla copift LA COSCIENZA COLLETTIVA DELLA CLASSE PROLETARIA 451 abbondante di ricchezze che ne risultava, e ad onta e co- munque fosse ineguale la loro distribuzione, un numero sempre meno piccolo dei componenti la societ veniva a porsi in grado di consumare ben oltre alle semplici sussistenze strettamente necessarie, e quindi di ridurre airoccorreuza il superfluo senza toccare al necessario. Grazie, ancora, alla stessa grande quantit dei miglioramenti gi introdotti veniva ad accrescersi la rapidit con cui si intro- ducevano miglioramenti nuovi ulteriori, che ogni nuovo migliora- mento avendo per punto di partenza un miglioramento gi intro- dotto, quanto pi numerosi sono questi ultimi, con tanta maggiore rapidit se ne effettuano dei nuovi ; e ci che conta ad impedire che la pressione sulle sussistenze divenga troppo forte non tanto la quantit in se dei miglioramenti gi introdotti, quanto la rapidit con cui se ne introducono dei nuovi. Grazie, infine, alle strade ferrate e alla navigazione a vapore, non soltanto veniva ad accrescersi in sommo grado la facilita- zione allo scambio nazionale e internazionale ora rammentato, ma, ora per la prima volta, diveniva possibile e facile alla razza bianca di emigrare dai propri vecchi paesi, di internarsi negli sterminati continenti del vecchio e del nuovo mondo, ed occupare cosi, e si pu dire senza guerra data l'immensa superiorit delle nostre popolazioni civili sulle selvaggie, tutta questa immensa parte del mondo finora per noi rimasta inabitata. E da una parte, questo riversarsi di questi popoli su nuove terre le quali rispetto alla nostra produttivit di lavoro potevano e pos- sono ancora considerarsi come quasi spopolate, e dall'altra, l'ap- porto nei nostri vecchi paesi dei viveri esuberanti di queste nuove contrade, veniva a creare per la pressione delle popola- zioni Europee sulle sussistenze uno sfogo sempre pii ampio e sempre pi completo. Ormai, infatti, quest'urto della popolazione sulle sussistenze avviene soltanto, sotto forma di mortalit economica, negli infimi strati delle masse proletarie, e non ha pi affatto forza tale da assurgere a causa di guerra. Senonch, nel tempo stesso che andava di continuo diminuendo l'efficacia di questa pressione sulle sussistenze a spingere di per 452 CAPITOLO SETTIMO s stessa alla guerra, veniva a sorgere, ad accrescersi di con- tinuo ed a sostituirvisi completamente, come causa di guerra, una nuova forza sociale di non minore efficacia: l'avidit di lucro, l'interesse economico, della classe dominante. Glasse dominante che, srta, come abbiamo visto^ dalla lotta in massa per l'esistenza fra le varie societ, e per somma loro utilit, sotto forma ordinariamente di classe aristocratica proprietaria delle terre e degli schiavi, veniva poi gradualmente, nell'andare dei tempi, a subire modificazioni diverse, anche non lievi, nelle qualit economiche dei singoli suoi componenti, e a fi*azioiiarsi non di rado anche in sottoclassi pi o meno diverse e pi o meno antagoniche. Cosi, si ebbero le guerre per procurarsi nuova msse di schiavi: si ebbero guerre per venire in possesso di nuovi territori sui quali gli antichi proprietari, ora vinti, erano rilasciati a lavo- rarvi in qualit di schiavi o di servi ; poi guerre che la dinastia o la casta aristocratica e militare facevano per annettere sotto la propria dominazione politica nuova quantit di sudditi onde estorcere cos con i tributi o le imposte quantit di ricchezze ancora maggiori (1). Poi, allorch il continuo accrescersi dei miglioramenti all'interno, e l'evolversi del processo economico che ne risultava, elev a classe dominante o predominante o condominante dapprima la classe commerciale e poi la classe industriale, si ebbero corrispondentemente le guerre onde impa- dronirsi di un mercato, di un commercio, ed escluderne i mer- canti degli altri gruppi sociali, e le guerre onde aumentare il possesso coloniale, il quale, grazie ai prezzi di monopolio che il sistema mercantile imponeva alle colonie per i prodotti delle industrie della madre patria, a ragione era considerato come il campo di sfruttamento di tutti il pi lucroso: valgano ad esempio, per l'uno e l'altro caso, le guerre delle antiche repubbliche ita- liane e quelle del XVI, XVII, XVIII secolo fra Olandesi e Portoghesi, Olandesi e Spagnuoli, Inglesi e Spagnuoli, Inglesi e Francesi. Infine, nel nostro secolo, allorch la grande industria e la grande (1) Cfr. Novicow, Les litttes, etc., 51-53; e Gap. II, III e IV della Parte H- LA COSCIENZA COLLETTIVA DELLA CLAiSSE PKOLETAKIA ECC. 453 accumulazione di capitali vennero a rendere necessarie, qui, la formazione di un mercato unico sempre pi vasto, l, la con- quista di sfoghi nuovi per Temigrazione dei capitali, minac- cianti, questi ultimi, altrimenti, colla loro esuberanza, un troppo forte rialzo dei salari, che troppo a stento ormai perveniva a scongiurare l'accrescersi, ancorch in misura altissima, della pro- porzione del capitalo tecnico e del capitale improduttivo al capi- tale salari, si ebbero le guerre per la formazione appunto delle unit nazionali e per la conquista dei nuovi territori, di nuove zone d'influenza. Ma nel modo stesso che il continuo progredire dei migliora- menti all'interno aveva mutato lo guerre primitive, da efficaci risolutivi temporanei della pressione della popolazione sulle sussi- stenze, a risolutivi di efficacia sempre minore, e infine a veri e gravi suoi peggiorativi; analogamente il progredire ancora ulteriore e sempre pi meraviglioso di questi miglioramenti al- l'interno, per opera appunto o della pressione sulle sussistenze o dell'interesse economico della classo dominante suo succedaneo, fece s che questo suo interesse economico, anche in caso di vittoria, venne ad essere soddisfatto in proporzioni sempre mi- nori rispetto ai danni sempre maggiori che la guerra veniva a cagionarle ; finch oggi siamo ormai giunti al punto che i danni che la classe capitalista, la classo oggi dominante, verrebbe a risentire da una guerra fra le odierne nazioni civili sarebbero, anche in caso di vittoria, talmente enormi da ridurre al con- fronto a quantit assolutamente derisoria i vantaggi clie la vit- toria potrebbe venire ad assicurarle. Ed infatti, grazie al complesso meraviglioso dei miglioramenti airintiirno ultimi introdotti, somma facilitazione nei mezzi di trasporto e di comunicazione operata dalle ferrovie, dalla navigazione a vapore e dal telegrafo; somma facilitazione alla circolazione dei capitali operata da un meccanismo del credito sempre pi perfezionato ; avvento e sviluppo enorme della grande industria e conseguente necessit di mercati vasti quanto pi possibile ; specializzazione sempre maggiore di tutte le industrie in genere e conseguente divisione sociale, nazionale ed interna- zionale, del lavoro sempre pi pronunziata, troppo stretta- 454 CAPITOLO SETTIMO mente collegate e dipendenti Tuna dall'altra sono ormai tutte le industrie, non solo d'uno stesso paese ma di tutti i paesi, troppo direttamente gli interessi di una data branca d'industrie, o di un dato gruppo di produttori appartenenti ad una data nazione, sono legati agli interessi di infinite altre branche d'in- dustria, di infiniti altri gruppi di produttori, di uno stesso e di tutti gli altri paesi. A pi di 80 miliardi si calcola ormai il commercio intemazionale annuale per l'insieme delle nazioni civili ; a pi di 80 miliardi i loro prestiti all'estero ; a pi di 50 miliardi l'ammontare del solo capitale inglese collocato fuori d'Inghilterra (1). Immensi, dunque, sono ormai i danni che la guerra, coll'annientare o fortemente ridurre anche in un solo paese, da una parte il consumo, dall'altra l'industria ed il com- mercio, arrecherebbe alle industrie od ai commerci di tutti i paesi restant, belligeranti e neutri in egual modo (2); immensa la crisi economica universale che deriverebbe da un tal ristagno generale della produzione e dello scambio; immenso le perdite e la rovina della classe capitalista posseditrice dei capitali di- rettamente investiti in queste industrie e in questi commerci, dei capitali prestati sia entro che fuori del proprio paese, dei capitali dati a prestito al proprio e agli altri Stati (3). A questo punto la guerra condannata inevitabilmente a sparire per sempre dalla faccia della terra, come per sempre sono scomparsi a suo tempo, presso di noi, il cannibalismo, e le razze, e i massacri in massa di intere popolazioni, e altri simili orrori (4). (1) De Molinari, Grandeur et dcadence de la guerre; Paris, Giiillaumin. 1898; paff. 162; e i calcoli del The Economist nella * Riforma Sociale, Ri- vista delle Riviste ,, 15 Marzo 1899, paf?. 276. (2) noto il danno che sofTerse l'Inghilterra durante la guerra di Seces- aione Americana: da ci l'interesse dei neutri ad intervenire onde impeiliri" la guerra; intervento sempre pi attivo ed efficace, che sar elemento pa^ ticolare non ultimo della causa generale della cessazione definitiva della guerra. (3) Sui danni che la guerra arrecherebbe oggigiorno alla classe capita- lista, vedi appunto De Molinari, /Wrf., Parte 11, Gap. Vili: Lv probnhiW'^ d pace e i rischi di t/uerra. (4) Che la piccola minoranza plutocratica, classe dominante. * aviJa di LA COSCIENZA COLLETTIVA DELLA CLASSE PROLETAKIA ECC. 455 V. La teora del Eidd snlla religione e la religione nella razza Anglo-Sassone. Ma se la guerra, questa lotta in massa fra le societ, viene inevitabilmente a cessare, cambiano allora completamente lo condizioni che assicurano la sopravvivenza agli esseri umani. Questa che era prima assicurata, non tanto per via diretta col dar la vittoria ai singoli individui a seconda delle loro attitu- dini, ma principalmente per via indiretta coll'assicurare anzitutto questa sopravvivenza alla societ in massa di cui facevano parto ; col cessare, invece, della guerra, torna ad essere concessa o vivere troppo , non abbia oggi pi interesse alla guerra, perch b appunto nella pace e coi procedimenti pacifici dello sfruttamento economico che riesce, oggi per la prima volta, ad appagar meglio la sua cupidigia di lauti lucri, e che questa sia la vera ed unica causa che porta alla cessazione della guerra, cfr., ad ea., anche Fkrreko, Il Militarismo; Milano, Treves, 1898; ultimo Capitolo: Dal passato alV avvenire. Sui rapporti economici, predominanza crescente del capitale investito nelle industrie, spese enormi che la guerra rende necessarie, ecc., i quali, * altre volto fermento di guerra, divengono oggi un elemento di pace ,, vedi anche il Loria, Les hases con. de la ronst. soc, 292 e seg. Ed inoltre, vedi pure cost (pagg. 308-314), come quegli stessi interessi economici della borghesia, come quello sviluppo stesso delhi ricchezza capitalista, die hanno condotto alla formazione delle diverse unit nazionali (ultime in ordine cro- nologico ritiiliana e la Germanica), conducano ora * a relegare il i)atriot- tismo fra le anticaglie psicologiche ,, e ad aspirare a una confederazione pan-americana al di l deirAtlantico e ad una confederazione dogli iStati Uniti d'Europa nel vecchio mondo. Come il Novicow stesso ammetta che si rinunzier alla guerra, non per il sentimento altruistico della carit, ma solo per interesse, come per puro interesse del vincitore le societ sono passate daUa guerra fisiologica alla economica e dalla economica alla politica allorch riusc pi vantaggioso pel vincitore la riduzione in schiavit dei vinti anzich la loro stermina- zione a scopo di nutrizione (cannibalismo) e la riscossione di tributi anzich il saccheggio dei beni mobiliari dei vinti, vedi: Les lattea e nt re soci eti-s hu- maines, libro 111, Cap. Vili: Sguardo generale sulle lotte sociali. 456 CAPITOLO SETXniO rifiutata direttamente a ciascun singolo individuo separatamente a seconda delle sue qualit che lo rendano pi o meno atto alla lotta per la vita, ormai non pi bruta ma economica. In altre parole, mentre prima la cosa pi importante per la sopravvivenza di una societ era di rendere atta a questa lotta por resist arondonza, vanno allo pi lontane estremit della terra a crearsi una fortuna, e solo dopo osservi jervonuti tornano in patria ad ammogliarsi; cosicch quelli che non vi riescono o vi riescono pi tardi tardano molto a metter su famiglia o vi rinunziano del tutto (Cfr., ad. e., Taixe. N(^f. D*o. 18^7. 11 Oe>i{r^?tc2^(in^: La grande difficolt delle discipline sociologiche sta appunto nel secernere, per ogni fenomeno, questi suoi fattori principali, come pel medico lo sceverare, per un dato fenomeno morboso, la causa principale dalle cause secondarie e concomitanti pro- dotte dalla causa prima. Quando gi sia stato accertato che un dato fenomeno dipende da tali e tali fattori preponderanti (ad es., quando sia stato accertato che uno dei fattori preponderanti del processo econo- mico l'ordinamento della propriet), e che questi, alla loro volta, dipendono da altri fattori puro preponderanti (ad os., che questo ordinamento della propriet dipende, a un dato istante, dal vario grado di coscienza collettiva e di preponderanza delle varie classi sociali in questo istante); allora l'esame del come tendono ad evolversi questi ultimi (ad es., la coscienza col- lettiva delle varie classi sociali), potr farci prevedere come varieranno i fattori che ne dipendono (ad es.^ l'ordinamento della propriet), e quindi come varier il fenomeno in discorso, risultante finale di tutti questi fattori (ad es., l'ordinamento economico futuro). Senonch, una teoria sorta in questi ultimi tempi, la quale, in ispecie allorch portata alle sue ultime conseguenze logiche, ha creduto di dover negare nel modo pi reciso ogni efficacia, (1) Sulla eatisalit fruttificante nei fenomeni sociologici e sulla prepara- zione a tale indispensabile concezione per mezzo degli studi biologici, vedi Spkncer, Introduction la sociologiey pag. 347 e seg. RlOHANO. 81 482 CAPITOLO SETTIMO quale fattore sociologico, a questa coscienza collettiva delle varie classi sociali. Elaborata dal Marx colla sua famosa teoria che lo svolgersi attuale e futuro del procsso economico sia qualche cosa di fatale, di irresistibile, del tutto indipendente dalla volont degli uomini, e che quindi conduca fatalmente e irresistibilmente a un dato e ben predeterminato regime futuro, sulla plasmazione e conformazione del quale nulla potrebbe l'o- pera degli uomini, ancorch collettiva, cio, al regime col- lettivista, stata continuata con logica e rigore ancora maggiori dal Loria, colla sola diFerenza che questi ritiene che il regime attuale conduca, invece, non meno fatalmente e irre- sistibilmente, al regime della terra libera. In particolar modo, poi, Tuno e Taltro trascurano con ostentato disprezzo l'ordina- mento della propriet come oggi foggiato e come potrebbe essere foggiato domani da un altro modo d'essere del fattore della coscienza sociale, ad es., se le classi proletario sorges- sero a coscienza maggioro ; non ammettono, almeno implici- tamente, questa possibilit per gli umani mortali, ancorch e comunque agenti uniti per grandi masso, di modificare, per atto di propria volont, questo ordinamento stesso; non ammettono per qualsiasi possibile modificazione di questo ordinamento nes- suna efficacia a mutare sostanzialmente i rapporti economici, i quali invece si evolgono appunto per legge cosmica fatale del tutto indipendentemente dalle volont umane (1). Eppure anche queste volont umane, in ispecie se unite e agenti all'unisono, costituiscono esse pure delle forze sociologiche (1) cos, ad es., che il regime della terra libera che il Loria preconizza per l'avvenire, ** la istituzione, cio, come abbiamo visto, del diritto rico- nosciuto a ciascun uomo di occupare una unit fondiaria, od almeno una estensione di terra eguale al territorio totale diviso pel numero dei pr* duttori , questo nuovo ordinamento, insomma, della propriet, * non creer gi, secondo questo autore, una nuova costitazione economica, ci che sarebbe inammissibile, poich il diritto i impotente a mutare i rapporti economici, dei quali invece creatura e strumento, ma dar riconosci- mento e pacifico assetto ad uno stato di fatto, che imposto omai dalla evoluzione economica e che si realizza ad ogni modo, con isfrenata veemenza, anche senza intervento di legge (La costit. econ. od,j 783). LA COSCIENZA COLLETTIVA DBILA CLASSE PROLETARIA ECC. 483 ben naturali. La loro efficacia come fattori determinativi dei fenomeni sociologici, se si potr discutere dal lato quantitativo, e impossibile negarla in via assoluta, visto che la caratteristica precipua e fondamentale degli elementi stessi della fenomenalit sociologica precisamente la volont. Nella produzione sociale della loro vita, cos dice il Marx nel suo passo famoso in cui getta la base della sua teorica sulla concezione materialistica della storia, gli uomini accedono a rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volont ; rapporti questi di produzione i quali corrispondono ad un grado determinato di sviluppo delle forze produttive materiali. Il com- plesso di questi rapporti di produzione forma la struttura econo- mica della societ, la base reale, su cui si eleva la superstrut- tura giuridica e politica, e a cui corrispondono determinate forme di coscienza sociali. Il modo di produzione della vita materiale condiziona il processo della vita sociale, politica, e spirituale, in generale. Non la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma, viceversa, la esistenza sociale che determina la loro coscienza. Ad un certo punto del loro sviluppo le forze produttive materiali della societ entrano in conflitto con i rap- porti di produzione esistenti, cio a dire, la qual cosa non se non una espressione giuridica dello stesso fatto, con i rap- porti di propriet, entro i quali esse sin qui si orano mosse. Da forme evolutive delle forze di produzione, questi rapporti si trasformano in loro catene. Allora subentra un'epoca di rivolu- zione sociale. Colla trasformazione della base economica presto o tardi si rivoluziona tutta la mostruosa superstruttura della societ (1). Con ci si viene dunque ad affermare, primo, che il fenomeno economico viene ad essere determinato in modo unico e fatale da un dato grado di sviluppo dello strumento tecnico in senso lato ; secondo, che esso fenomeno economico la base e la con- dizione di tutte le altre manifestazioni sociali, della morale, del diritto, e di tutte le istituzioni civili in genere, senza. (1) Zur Kritik der PUiischen OeJconomie (1859) ; Stuttgart, Dietz, 1897 ; Vorwortf pag. xi. 484 CAPITOLO SITTIMO nel tempo stesso, essere da nessuna di esse, alla sua volta, minimamente influenzato e modificato. Ora, n l'una n l'altra cosa, Tuna conseguenza logica dell'altra, possibile che corrispondano alla realt, perch impossibile negare l'evidenza che questi fenomeni economici siano essi stessi alla loro volta il risultato, ad es., anche dell'ordinamento della propriet entro il cui inquadramento essi si svolgono; e che, quindi, anche a parit di tutti gli altri fattori, anche a grado uguale nello svi- luppo dello strumento tecnico, ordinamenti diversi della propriet debbano di necessit far s che se ne svolgano fenomeni eco- nomici diversissimi. Si dir forse che questi ordinamenti della propriet sono la semplice conseguenza dei fenomeni economici? Ma il fatto che un fenomeno economico ha avuto luogo implica esso stesso di per se un qualsiasi antecedente ordinamento della propriet, un qualsiasi modus vivendi fra gli uomini, entro il cui inquadramento questo fenomeno economico abbia potuto svol- gersi. Dunque, ogni fenomeno economico in genere^ in quanto fenomeno sociologico, implica in antecedenza l'opera del fattore sociologico della coscienza sociale, dell'azione collettiva. Dunque, in ultima analisi, il fenomeno economico dipende di necessit anche da questo fattore sociologico della coscienza sociale, della azione collettiva, quali si sieno le cause dalle quali i vari modi d'essere di questo fattore vengano ad essere determinati. Come noto, il Loria, anzich nel mutare del modo di produ- zione della vita materiale per opera dello sviluppo delle forze produttive materiali della societ (lo strumento tecnico nel suo senso pi lato), fa risiedere la causa prima e unica dell'evol* versi del processo economico nel variare del grado di densit della popolazione rispetto alla produttivit della terra ; ma non meno fatale e indipendente dall'opera umana, ancorch collettiva, per lui il processo economico stesso e il suo evolversi continuo: " L'interesso personale, cosi, ad es., egli si esprime, non la causa dei fenomeni economici, ma per il tramite pel quale la causa dei fenomeni economici giunge a determinarli. Infatti : la causa dei fenomeni economici il grado di densit della popolazione, o di limitazione nella produttivit della terra; ma i fenomeni economici sono fatti umani sociali; onde questa LA COSCIENZA COLLETTIVA DELLA CLASSE PROLETARIA ECC. 485 causa extra-umana non pu mai agire a modificazione dei feno- meni economici se non agendo direttamente sull'uomo che di quei fenomeni l'immediato soggetto. Ora, la terra non pu agire sull'uomo se non attaccandolo nell'interesse personale; cosicch quando il grado di densit della popolazione impone un determinato fenomeno economico, esso deve agire sull'inte- resse personale dell'uomo e sollecitarlo con ferrea potenza alla produzione del fenomeno stesso (1). Ora, pur tralasciando la questione che il Loria viene cos, di tutti i fattori compresi nella classe del fattore tellurico in senso lato, a non prendere in considerazione che questo solo del grado di densit della popolazione in rapporto alla limitazione nella produttivit naturale della terra, e trascuri, quindi, fra gli altri, completamente, tutto quanto il fattore tellurico artificiale dei perfezionamenti all'interno (almeno cosi sembra, altrimenti si ricadrebbe, come causa della evoluzione economica, nello stini- mento tecnico in senso lato del Marx), si pu qui osservare che non il solo grado di densit della popolazione che e su- scettibile di cambiare, ma pur anco il tramite stesso per cui opera questo fattore tellurico, perch questo tramite non costi- tuito soltanto dai singoli individui, ma anche da tutte le diverse collettivit di pii individui che agiscono concordi di concerto ciascuna con moventi economici suoi propri : onde varier a seconda del modo d'essere della coscienza sociale; a seconda, in particolar modo, della sua estensione e perfezione ; a seconda, ad es., che gli individui, mossi ciascuno singolarmente dall'in- teresse personale, e, nel tempo stesso, collettivamente coscienti, saranno una cerchia ristretta, o una grande frazione della societ, o la societ tutta quanta ; perch diverse saranno allora, in cia- scuno di tali casi, anche a parit del grado di densit della popolazione, le forze stesse, sia nella loro intensit e dire- zione che nel loro punto d'applicazione, per cui viene ad esplicarsi questo interesse personale. Senonch, se in alcuni passi il Loria nega nel modo pi reciso ogni efficacia determinativa nei fenomeni economici a questo (1) La propr, fondiaria e la quest, oc, 117-118. 486 CAPITOLO SKTTOIO fattore della coscienza sociale, in altri sembra ammetterlo, almeno sotto certe condizioni ; e cade cos in gravi e frequenti contrad- dizioni. Cos, ad es., nel passo seguente non si sa se egli am- metta 0 no questa possibilit per * l'opera razionale dell'uomo , di poter conformare l'ordinamento, ad es., della propriet ter- riera in modi diversi anche per uno stesso dato rapporto della limitazione produttiva del suolo alla densit della popolazione: " Se l'uomo, cos egli si esprime, non pu attenuare la miseria dei molti agendo sulla sua causa prima, il grado di densit della popolazione, pu con fortuna attenuarla, agendo sulle sue cause immediate, la costituzione agraria e la condizione economica del maggior numero. Che se la costituzione agraria il necessario prodotto della densit storica della popolazione, lo per solo in quanto noi si frapponga a modificarla l'opera razionale del- Vuoino ; ne il riconoscere la necessaria dipendenza del sistema fondiario attuale dal grado attuale della limitazione produttiva del suolo toglie punto allo Stato il diritto e il dovere di inter- venire con provvisioni sapienti a modificare l'ordinamento della propriet terriera (1). Ma impossibile, veramente, negare questa eFettiva efficacia determinativa nei fenomeni economici al fattore sociologico della coscienza sociale, in genere, e all'ordinamento della propriet, in ispecie, il quale ad essa strettamente connesso, se da infiniti fatti questa effettiva efficacia determinativa messa in piena e chiarissima luce. Cos, ad es., il Loria stesso riconosce la grande efficacia delle Trade-Unions e di tutte in genere le organizzazioni operaie di (1) La propr. fond, e la quest, soc.y 123. E in altro luogo : * Quando Taumonto della popolazione ha fatto della terra un agente naturale limitato, la volont delViiomOj o le leggi che ne sono il prodotto possono sempre e nel modo pi completo surrogare la liberalit primitiva merc Vistituziofte del diritto alla terra; sulla base del quale si organizza T associazione mista con fenomeni e caratteri sostanzialmeute identici a quelli che si producono quando la terra illimitata, e si perpetua i[\iel sistema economico egualitario ed associativo, che si manifesta in tal modo come il corollario normale della terra libera, a qualunque causa do- vuta , {La cost, econ, od., 82). LA COSCIENZA COLLETTIVA DELLA CLASSE PHOLETARIA ECC. 487 resistenza, d questi organi, cio, per cui ha cominciato ad espli- carsi la coscienza collettiva della classe lavoratrice, nel fare alzare i salari (1). Dunque, anche per questo autore, lo stesso grado di densit della popolazione conduce ad efifetti economici diversi a seconda del diverso grado raggiunto dalla coscienza collettiva della classe operaia. E se questi sono gli effetti che il fattore della coscienza collettiva opera sui fenomeni economici, pure agendo su loro direttamente, che il modo meno efficace, effetti infinitamente maggiori sar allora giustificato attenderne quando questo fattore operer, invece, su questi stessi fenomeni pel tramite di opportune modificazioni airordinamento della pro- priet, che , come vedremo, il modo di efficacia massima. Cos, ad es., in Inghilterra, Tordinamento della propriet fon- diaria istituito dagli antichi usurpatori del territorio e loro di- scendenti, cio dai landlords, cerchia ristretta di individui collettivamente coscienti, coirelevare costoro a proprietari assoluti del suolo, e coll'istituire il diritto di maggiorasco e il fidecommesso, ha favorito i latifondi (2); mentre in Francia (1) Anzi, egli viene ad assegnare, in tutte le manifestazioni principali del processo economico, alla coscienza collettiva delle varie classi sociali, una perfezione, e conseguentemente un'azione, anche troppo superiori alla realt. Cos, lul es., nella fase del profitto sistematico (vedi la sua Analisi), egli presta alla classe capitalista, a proposito dei mezzi usati per la riduzione ^sistematica dei salari al minimo, una coscienza collettiva troppo perfezio- nata, che nella realtii essa ben lunge dal possedere. E cos in tutta la sua ultima opera La costituzione economica odierna (ad es., Cap. II, 3), egli presta alle diverse classi sociali una coscienza collettiva s perfetta che nessuno dei loro membri supposto agire per proprio tornaconto par- ticolare se ci arreca danno alla sua classe (ciascun membro, ad es., rinunzia sempre, anche con danno proprio, alla concorrenza cogli altri membri della sua classe, allorch questa concorrenza verrebbe, non piti soltanto ad ugua- gliare per tutti i membri la rata del loro reddito particolare, ma a sce- mare il reddito totale massimo di questa sua classe). E con tale ipotesi, dunque, ipotesi, ** di cui invano nel suo libro si cerchereblje la prova convincente ,, egli esagera nel modo pi eccessivo, per tutte queste classi, il grado di perfezione, e la conseguente efficacia operativa, della loro coscienza collettiva. Cfr., appunto, Enrico Leone, L'ultima fase della economia Loriana, ** Critica Sociale , 1" Febbraio 1900, pagg. 41 e seg. (2) ** Influiscono anzitutto, cos confessa il Loria stesso, a foggiare la distri- 488 CAPITOLO SETTIMO rordinamento della propriet istituito dalla borghesia rivolu- zionaria (frazione assai maggiore della societ che non la cerehia ristretta dei Uxndlords), colla distribuzione agli appartenenti alla borghesia delle terre tolto alla nobilt e alla chiesa, e colle sue leggi testamentarie, ha favorito la suddivisione della terra : dati questi due quadri diversi, in cui i fenomeni economici hanno dovuto svolgersi, questo svolgimento ha condotto nei due paesi ad eFetti del tutto diversi: in Inghilterra, ai latifondi smisurati e alle evictimis con tutti i loro orrori ; in Francia, allo sminuz- zamento eccessivo dei terreni (1). Cosi, ancora, il Loria stesso riconosce che nella Nuova Zelanda, nonostante la vasta estensione della terra libera, non fu possibile introdurre la schiavit, come, altre volte, nella Virginia; e ci perch " Tavversione dell'opinione pubblica non lo permet- teva (2). E che era questa opinione pubblica se non il semplice frutto d'una coscienza sociale piti estesa, la quale incominciava buzionc della propriet foDdiiiria le condizioni in coi si compie la occupa- zione primitiva del tciTitorio da parte dei suoi conquistatori; e la maggioro 0 minore abilit, grazie a cui essi pervengono a conservare le terre con- quistate, sia che a tale uopo si valgano della violenza, o delle leggi eredi- tarie, 0 dei vincoli alla alienazione {La costiiuz. econ. od.^ 251). (1) " La codifcazione creatasi dalla rivoluzione francese, secondo lo spirito dei tempi nuovi che riconosceva ed applicava nelle legg^ le mutata; condi- zioni della organizzazione economica e ne avvalorava le esigenze e gli scopi, portarono un pi formidabile colpo al perpetuarsi delle grandi fortune e delle albiigie burbanzose delle grandi case nobiliari, coH'istituire e sancire il principio della legittima porzione e Tuguaglianza ereditaria per tutti i figli sul patrimonio famigliare, che non Tabolizione e il divieto dei lde- commesR e delle primogeniture. Anzi, Tefficacia di tali disposizioni fu cos eccessiva che lo scopo di liberazione della propriet devi e si corruppe in uno scopo di disintegrazione della piccola propret e di cosi rapida disac- cumulazione, che oggi assistiamo in Francia, in Germania, in Italia, in Ame- rica, a tentativi di ricostituzione dei iidecommessi di famiglia a favore e a difesa della piccola propriet fondiaria , (Mas Dari, L'imposta progr,, 584). Vedi, del resto, in Tocqukvillk, Dmocratie en Amrique, la grande im- portanza che esso attribuisce ai diritti successoriali nclVagire su tutta la struttura e su tutti i fenomeni sociali: Ad es., voi. I, pag. 80. (2) Analisi, li, 417. LA COSCIKN'ZA COLLETTIVA DELLA GLASSE PROLETARIA ECC. 489 ormai a imporre qualche limite alla spudoratezza della classe capitalista nel soddisfare alla sua avidit di lucro? Dunque, anche secondo questo autore, lo stesso grado di densit della popolazione ha condotto nella Nuova Zelanda e nella Virginia ad ordinamenti della propriet diversi, in grazia di un diverso grado della coscienza sociale: qui la schiavit, l l'accaparra- mento di enormi estensioni di terreno; e, conseguentemente, i fenomeni economici che derivarono da questi diversi ordinamenti della propriet furono tra loro diversissimi (1). E l'atto per cui le terre inoccupate dell'Australia non si ven- devano che ad alto prezzo e il ricavo di tali vendite si volgeva a favorire l'immigrazione di sempre nuovi proletari a sostituire coloro che andavano a lavorare sulle terre acquistate coi loro risparmi, bene stato un ordinamento della propriet dovuto ad atto cosciente della classe capitalista, per il quale questa venne a procurarsi e ad assicurarsi sempre nuova msse di lavo- (1) Il tnipiantamento stesso sul continente Americano della razza ne^a in mozzo alla razza bianca Europea, fenomeno sociale importantissimo e gravido forse pel futuro di gravi conseguenze, esso pure una prova della grande efficacia determinativa nei pi importanti fenomeni sociali di questo fattore della coscienza sociale. Infatti, il rapporto della scarsa popolazione alla estensione smisurata e alla feracit grandissima della terra inoccupata, insieme alFavidit di sfnittameuto economico contratta nella madre patria dalla classe capitalista emigrante nelle nuove colonie, rendevano necessarie o la sottrazione della terra inoccupata dallo stato di terra libera o la isti- tuzione della schiavit; e pi vantaggioso, pi speditivo, e pi sicuro, era questo secondo metodo che non il primo. Ma un dato grado di semi-co- scienza della classe sfruttata, se rende possibile una data gravit di oppres- sione, rende invece impossibile una gravit di oppressione maggiore. E cos, se nella madre patria la coscienza proletaria era a quel tempo ancora s imperfetta da rendere possibile uno sfruttamento capitalista, anche oltre- modo oppressivo, non era pi per tale da rendere possibile, da una parte, la sua acquiescenza a che dalle sue file stesse venissero ad attingersi uo- mini da far schiavi, dall'altra, di spingere l'oppressione in queste masse lavoratrici prescelte fino a ricostituire la schiavit. Per cui divenne neces- saria rimportazione di schiavi dal di fuori, e specialmente di una classe lavoratrice tale, che fosse facile, merc la scliiavit stessa, a ridursi alla incoscienza pi completa ; ed incominciarono allora le gesta della caccia e del commercio dei negri africani per opera delle nazioni cristiane. 490 CAPITOLO SETTIMO ratori da sfruttare, senza bisogno della schiavit a cui anche in tal caso la coscienza sociale pi estesa e pi perfetta le im- pediva di ricorrere, e il quale condusse cos, ad onta delle stesse condizioni telluriche, l'esistenza di terra inoccupata, a uno svolgimento dei fenomeni economici ben diverso da quello ove ad essa non venne invece impedito di fare appunto ricorso a questa schiavit. E il rafronto stesso fra la Nuova Oalles del Sud e Vittoria, uguali fra loro per le condizioni telluriche di densit della popola- zione, " in sommo grado istruttivo, il Loria stesso che cos si esprime, dacch permette di raccostare lo sviluppo sociale di due regioni, le quali per nessun altro elemento essen- ziale dell'organismo economico differiscono fra loro, che per la diversa intensit e rigidezza della inibizione del terreno. Mentre infatti nella Kuova Galles del Sud la terra monopolizzata da un picciol numero di proprietari, rappresentanti appena il 4 o 4 -^ ^/o della popolazione, i quali nemmeno si curano di farla coltivare, in Vittoria fin dal 1883 si iniziata una legislazione radicale, la quale merc l'imposta progressiva sulle successioni, variabile tra il saggio dell' 1 % e quello del 10 ^/o secondo l'am- piezza della terra ereditaria, l'esenzione delle piccole pro- priet dall'imposta fondiaria, ed analoghi provvedimenti, intende a sgretolare il latifondo e ad infrangere l'inibizione della terra. Orbene, quali le conseguenze di questa diversa costituzione della propriet terriera nelle due colonie australiane ? Nella Nuova Galles del Sud una depressione persistente, un numero crescente d disoccupati, e, pel Governo, la necessit incalzante di organizzare giganteschi e spesso infruttuosi lavori, allo scopo di provvedere al sostentamento di quelle turbe minaccianti e fameliche; in Vittoria invece un discreto benessere, una minore intensit della depressione, una relativa quiete sociale (1). Lo stesso sparire, infine, al cominciare della guerra, della pro- priet collettiva e di ogni altro rapporto di equit nelle antiche comunit di villaggio grazie all'istituzione, per opera delle collet- (1) La costituz, ecft. od., 643. LA COSCIEN/A COLLETTIVA DELLA CLASSE PROLETARIA ECC. 491 tivit vincitrici, della propriet privata della terra e della schia- vit, schiavit, che venne subito di per s stessa ad annientare^ in attesa della funzione della religione, nella collettivit vinta la sua coscienza sociale, sta a denotare la somma importanza che il fattore dell'azione collettiva ha nella determinazione anche dei fenomeni i pi fondamentali della storia (1). Data la coscienza collettiva della classe dominante e l'inco- scienza della maggioranza restante, questa classe dominante ha foggiato, ammettiamolo pure, le istituzioni del diritto sulla base o della schiavit (diritto romano) o del servaggio (diritto germanico) o del salariato (diritto borghese) secondo che la fer- tilit esuberante della terra libera (Italia) rendeva necessario " un regime di ferro e di sangue onde riuscire ad impedire i lavo- ratori di stabilircisi, oppure secondo che questa terra libera, causa la sua debole fertilit (Germania), " poteva essere sottratta (1) Su questo passaggio, appunto, delle comunit di villaggio al regime della schiavit o al regime feudale per opera della guerra, vedi, ad es., Spencer, Prine. de Soc, voi. Ili, 728 e seg. ; e Henrt Maine, Etudes sur lea transforfnationa du droit; Paris, Thorin, 1889; Part \^\ Le comunit di vil- laggio; Gap. V: Origini della feudalizzazione ; pagg. 189 e seg. * Volgendo lo sguardo, cos appunto si esprime un confutatore del Loria, alle tre grandi fasi deireconomia, a schiavi, a servi, a salariati, noi vediamo che la terra libera, lungi dall'agire su questa evoluzione economica, ha avuto bisogno di essere violentemente soppressa, mediante la forzata esclu- sione di una parte della umanit dal possesso tennero. E qui appare a luce meridiana il teleologismo del sistema Loriano. Il punto di gravitazione del- Tequilibrio economico, cio a dire, un reddito massimo, e pi particolar- mente una rendita massima, asseguito dall'uomo col violentare le forze economiche che vi si oppongono, colla soppressione della terra libera. Dunque non sono le forze economiche che, mediante un processo causale di sviluppo, generano il reddito, ma Tuomo che, facendosi arma della violenza, tende ad asseguire un reddito ponendosi contro le libere forze economiche che ne ostruiscono la genesi. Onde il sistema di causalit economica ai risolve in una serie di azioni umane che attendono mediante leggi artificiali isti- tuti connettivi ad assicurare la persistenza di un reddito, che nasce anche prima che la sua causa eftettivamente economica lo renda possibile, prima cio dell' intera occupazione territoriale da parte della popohizione umana (Enrico Leonk, L'idtimn fase deW economia Loriana; ** Critica So- ciale 16 Die. 1899, pag. 343). 492 CAPITOLO SETTIMO al lavoratore senza ricorrere a delle violenze troppo gravi , (1), oppure secondo che l'occupazione totale della terra, rendendo inutile ogni legame coercitivo di schiavit o di servaggio, poteva permettere di far libero il lavoratore privo di ogni strumento di produzione ; cosicch pu affermarsi, vero, che furono i diversi rapporti della popolazione alla terra che determinarono queste tre forme di diritto, ma ad una condizione per : che si tenga, cio, ben fissa la premessa di una classe dominante cosciente e d'una classe soggetta incosciente, la prima delle quali, appunto perch cosciente, foggia queste diverse forme di diritto a se- conda che il fattore tellurico le suggerisce una forma o l'altra come pi adatta e come pi conveniente, dal lato economico- produttivo, allo sfruttamento della classe soggetta incosciente. Che, dato questo stesso fattore tellurico, dati, cio, questi stessi rapporti della popolazione al grado di fertilit e di occupazione della terra, ma dato nel tempo stesso un diverso modo di essere della coscienza sociale, dato, ad es., ove i perfezionamenti all'interno fossero pervenuti a far tacere la guerra, un perdu- rare ininterrotto della coscienza sociale totale delle antiche co- munit di villaggio, allora i rapporti suddetti della popola- zione all'ambiente tellurico avrebbero dato luogo a forme ben diverse di diritto, pur sempre varianti col variare delle condizioni di questo fattore tellurico, ma pur sempre eque. Dobbiamo, dunque, concludendo, rigettare nel modo pi reciso dalla dottrina cosidetta del Materialismo Storico questa pretesa dipendenza diretta e fatale dei fenomeni economici dal solo fattore tellurico, sia che di questo si consideri solo le forze produttive materiali della societ, o solo il rapporto della den- sit della popolazione al grado di produttivit naturale della terra, sia, anche, che lo si consideri in tutto quanto il suo com- plesso. Ci che, invece, di questa dottrina dobbiamo accettare, e senza alcuna restrizione, si il principio della lotta di clusse. Principio, appunto, che di per s stesso viene a contraddire l'as- serzione di questa dipendenza diretta e fatale dei fenomeni eco- (1) Cfr. Loria., Les basca con. de la conat, aoc, 87 e seg. LA COSCIEyZA COLLETTIVA DELLA CLASSE PROLETARIA ECC. 493 nomici dal solo fattore tellurico, e a dimostrarne, perci, anche da solo, tutta la erroneit. Lotta di classe, che consste, come noto, nel fatto che le varie classi sociali, collettivit di individui aventi in comune un dato movente economico, hanno, se coscienti, per unico loro propulsore precisamente questo movente economico loro proprio: se coscienti, diciamo, che, se fra di essi ve ne ha di incoscienti, non pi lotta si ha, ma semplice acquiescenza di quest'ultime al loro asservimento e sfruttamento per opera delle coscienti (1). In altre parole, consiste questa lotta di classe nel fatto che ognuna di queste classi sociali sempre di non altro intenta che di accrescere il proprio vantaggio economico a sca- pito magari di tutte quante le altre classi restanti e sia pur grave questo scapito quanto si voglia (2). Lotta di classe, dunque, che riposa sixWegoismo pi assoluto di queste classi. Egoismo il pi assoluto, dal quale quest'ultime, ancorch alcuni dei loro membri possano venire ad essere animati da moventi morali quanto si voglia elevati e disinte- ressati, vengono di necessit ad esser mosse, per il fatto ben noto che una collettivit non ritiene, come caratteristiche morali collettive sue proprie, che solo quelle caratteristiche morali dei suoi membri che sono fra tutto le pi comuni (3). (1) Solo allora, osserva giustamente il Croce, la storia lotta di classe: 1 quando ci sono le classi; 2** quando hanno interessi antagonistici; 3" quando hanno coscienza di ([uesto antagonismo. * Che talvolta, egli sog- giunge, le classi non hanno avuto interessi antagonistici, e molto spesso non ne hanno la coscienza {Per la interpretazione e hi critica di alcuni concetti del Marxismo; Napoli, Tipografia R. Universit, 1897; pag. 25). (2) Ne sono prova, ad es., le guerre anche le pi sanguinose e le pi disastrose per la classe proletaria cui la classe capitalista ha spinto anche per lieve suo interesse economico; e Tassenza assoluta di qualsiasi senti- mento di piet, 0 d'altruismo in genere, con cui questa classe capitalista ha sempre proseguito nel suo sfruttamento rapace e insaziabile delle masse lavoratrici, si da arrivare allo stesso sfruttamento pi inumano delle donne e dei fanciulli per evitare appunto anche il pi leggero rialzo dei salari; e tutte le altre sue gesta consimili. (3) * Nella questione, cos il Colajanni, che riflette l'intima natura umana e i moventi che eternamente guidano gli uomini nell'azione, gli economisti 494 CAPITOLO SETTIMO Ke deriva che, nell'ordine politico, ogni classe sociale sia tratta a fare leggi, a istituire ordinamenti sociali, a consacrare ortodossi s sentono invincibili, e su questa intima natura iVhomo cecono' micus credono che sieno assise su basi incrollabili le * leggi naturali . (regolanti i fenomeni economici) che condannano alla irreparabile disfatta il socialismo Ma la legge naturale madre che viene dedotta da una tale premessa edonistica, cio il principio dello sforzo uniforme, invariabile, co- stante, non interrotto, di ciascuno per migliorare la propria sorte che costituirebbe la grande legge dell'egoismo, del tornaconto, deirinteresse in- dividuale anzich servire per annientare il socialismo, servirebbe effi- cacemente ad allargarne la base. Dato che questa legge sia unica, esclu- siva, inesorabile, non se ne trarrebbe che questa sola rigorosa illazione : bisogna dare alle masse lavoratrici, alla grande collettivit, coscienza piena ed intera di tale legge per farle agire conformemente alla medesima; non per creare il benessere altrui, ma per assicurare il proprio e si com- prende benissimo massimizzarlo. Questa coscienza cerca di dare il so- cialismo; e in questa massima edonistica ^ rigidamente ed esclusivamente intesa, sta il capo saldo del metodo e del principio giustificatore della lotta di classe, Potevasi in altri tempi invocare trionfalmente cotesta tnassima contro i socialisti sentipientali ; non pi contro i socialisti contemporanei Marx in capolinea che nella massima trovano la leva pi poderosa per destare e spingere alFazione le classi lavoratrici e che alle future tras- formazioni le guidano in nomo deirinteresse, del tornaconto, dell^egoismo. Non si riprovato il socialismo contemporaneo, specialmente il Marxismo, per la sua amoralit? I socialisti contemporanei non vengono ogni giorno fatti segno agli strali dei loro avversari, solo perch in nome del materia- lismo storico tutta la questione sociale riducono ad una questione di sto- maco? Rispettateli: essi vogliono applicare rigorosamente il principio dello sforzo uniforme^ invariabile^ costante^ non interrotto per il proprio migliora- mento e se ne servono per riunire e disciplinare le forze dei lavoratori sotto la divisa della lotta di classe. La massitna edonistica, cos, sarebbe come il diavolo, di cui si avrebbe paura dopo averlo evocato , (Il Socialismo; Palermo, Sandron, 1898; 322, 323-324). Del resto, questa lotta di classe, questo movente economico che spinge le varie classi sociali ad anteporre i propri interessi a quelli generali, sono completamente riconosciuti dallo Spencer stesso: * L*egoismo degli indi- vidui conduce all'egoismo delle classi e produce, oltre agli sforzi individuali per appropriarsi una parte esagerata dei prodotti complessivi delFattivit sociale, uno sforzo collettivo diretto verso il medesimo scopo. Le tendenze aggressive che si sviluppano cos in ciascuna classe devono essere contro- bilanciate da tendenze ugualmente aggressive nelle altre classi Da ci che ciascuno di questi gnippi si afferma e cerca di conservarsi ne risulta LA COSCIENZA COLLETTIVA PLLA CLASSE PROLETARIA ECC. 495 costumi e credenze che rispondano all'utilit sua diretta o in- diretta: " Leggi, istituzioni, credenze che poi per trasmissione ereditaria e per tradizione velano e nascondono l'origine loro economica, e sono quindi, assai spesso, sostenute e difese da giuristi e filosofi, od anche da profani, come verit per s stanti, senza avvertirne la sorgente reale, la quale per non resta meno la spiegazione solo positiva di quelle leggi, istituzioni e cre- denze (1). Principio della lotta di classe, dunque, come sopra dicevamo, che motte a nudo la grande importanza nella evoluzione socio- logica del fattore della coscienza sociale: Se, infatti, ** la storia della societ sinora esistita la storia di una lotta di classi (2), se, in altre parole, la storia non che il risultato, l'esito, di questa lotta, e conseguentemente del modo d'essere rispettivo dei pesi di queste classi in quanto forze sociologiche antago- niche, e se i pesi di queste classi, a parit nel numero dei loro membri, sono funzioni in principal modo del grado di estensione e perfezione della coscienza collettiva di queste classi^ allora di la disposizione a riguardare tutti gli ordinamenti sociali dal punto di vista dei loro rapporti con grinteressi di classe, e, per conseguenza, rincZA COLLETTIVA DELLA CLASSE PUOLETABIA ECC. 505 innegabile. Ma ci che principalissimamente d ad una data classe una efficacia grandissima, un peso preponderante, in quanto fattore sociologico, sopratutto il grado di perfezione e di esten- sione della sua coscienza collettiva, di fronte al quale tutto il resto ha un'importanza molto minore. I singoli individui, infatti, come forza attiva su per gi si equivalgono ; tutta la loro effi- cacia ad agire dipende quindi dal somnmre queste loro forze attive^ cio, dall'essere d'accordo e nell'agire di concerto e all'unisono sopra un dato punto: Una tale collettivit di soli cento indi- vidui posseder una forza cento; un'altra collettivit, anche se molto pili numerosa, anche se a potenzialit economica molto mag- giore, potr possedere, se discorde su tal punto, una forza ma- gari inferiore, magari zero (1). Di fronte a tale unione nell'azione, di fronte, in altre parole, a una coscienza collettiva di alto grado di perfezione, anche la potenzialit economica la pi forte passa dunque in seconda linea (2). Dato, perci, un alto grado di coscienza collettiva della classe proletaria, a nulla pi varr la maggior potenzialit economica della classe capitalista, tanto pi ove si ponga mente che la potenzialit economica stessa del proletariato, in quanto classe, va di contiimo e ben rapidamente aumentando, grazie al numero imponente dei termini della somma dei lievissimi aumenti indi- viduali. E un altro elemento di forza, ben pi potente, star allora dalla parte proletaria: la preponderanza del numero. E (1) Da ci una causa di debolezza della classe possidente dominante per il suo bipartirsi in pi sottoclassi a interessi antagonici, perch ant agonici rispettivi redditi, quali la rendita e il profitto, il profitto del capitale pro- duttivo e rinteresae del capitale improduttivo, ecc. (2) * Per le variazioni nei rapporti di relativa potenza sociale delle diverse classi, lo sviluppo economico h naturalmente di grande importanza. La crisi, nella quale si trovano innegabilmente parti importanti del nostro sistema di diritto, determinata per principalmente da due fatti economici, i quali stanno del resto in istretta connessione fra loro: in primo luogo, dalla for- mazione di numerose grandi citt in tutti i paesi civili; in secondo luogo, dall'avvento della grande industria la quale ha riunito in dati punti grandi masse di lavoratori (Mkngkr, Ueber die socialen Aufgaben der Rechisicissen- sehafty 22). Condizioni queste, infatti, come abbiamo visto, che sono state fra le prime a facilitare il sorgere e lo svilupparsi della coscienza proletaria. 500 CAPITOLO SETTIMO COS, ad es., se col perfezionarsi della coscienza collettiva della classe proletaria a nulla pi varr la potenzialit economica della classe capitalista dominante, ad es., per la compra dei voti, che la sanzione morale di classe sar allora pi che sufficiente a rendere impossibile fra i suoi membri Tatto immorale della ven- dita del proprio voto (1); cos, grazie a questa preponderanza del numero delle classi lavoratrici, a nulla varranno medesi- mamente, ove la borghesia , vedendo che " la legalit l'uc- cide , tentasse restringere od annientare il diritto di voto, lo stuolo di lavoratori improduttivi che essa tiene assoldati in sua difesa (2). (1) " Per una classe operaia numericamente e intellettual mente ancora inferiore, il suffragio universale pu, per lungo tempo, rappresentare il diritto ili scegliere il suo * beccaio , ila se stesso. Ma col numero e Tintelligenza crescenti esso diviene lo strumento per il quale si cambiano i rappresen- tanti del popolo da padroni che essi erano in servitori del popolo , (Bkrnsteis, Sfjcialifitfe throi'iqiie et social -dmocratie pratique, 215). ** Che il proletariato s'impadronisca del potere politico, ci non impos- sibile, dacch i governanti ebbero Tingenuit di spianargliene la via me- diante il suffragio universale. Gi si osserva in molti luoghi un fatto asso- lutamente contrario all'aifermazione del Loria che Telettorato non si sottragga mai all'influenza delle classi possidenti: invece nei grandi centri industriali l'influenza politica trovasi spesso in altre mani che in quelle dei capitalisti. E gi riesce difficile al padrone di una grande officina l'essere eletto con- sigliere comunale nel proprio villaggio. Cresce nei Parlamenti il numero dei borghesi spostati (che professano, cio, idee socialiste) e vi gi in essi qualche operaio en bonse. Certo essi non formeranno, per molti anni ancora, che un'esigua minoranza. Ma non erano forse in minoranza i Giacobini quando nel 1793 s'imposero colla violenza all'assemblea e misero la Gironsa in accusa? (Garofalo, La superstizione socialista, 176-177). (2) Del resto, il Loria stesso ammette la possibilit di un'azione proletaria cosciente e vittoriosa: ** Spezzandosi l'alleanza fra il lavoro improduttivo ed il profitto, s'infrange il piedestallo stesso della soppressione della terra libera e gli antichi avversari del lavoratore si associano ad esso illuminando e disciplinando la sua ribellione contro i proprietari del capitale. Quella cappa di piombo che il lavoro improduttivo faceva pesare sul salariato, e che n; schiacciava ogni moto, vien cos a liquefarsi col scemare del red- dito, da irui ((uella cappa era formata e temprata e si converte in uu bol- lente incentivo alla reazione del lavoratore. Perci a questo punto la claase salariata interviene por la prima volta colla propria forza nella evoluzione LA COSCIENZA COLLETTIVA DELLA CLASSE PROLETARIA ECC. 507 Onde appare, pi che possibile, ben probabile, che la classe proletaria, sorgendo a coscienza collettiva sempre pi estesa e perfetta, possa gradatamente pervenire a fattore sociale di tale efficacia da neutralizzare completamente, nella ordinazione delle istituzioni sociali fondamentali, primo fra tutte l'ordinamento della propriet, il peso preponderante fino ad oggi esercitato dalla classe capitalista dominante, e pervenire cos ad istituire, dopo lunga epoca di iniquit, un regime sociale nuovamente equo (1). economica, provocandovi una mutazione radicale, cio il passaggio dall'in- conscio al cosciente... Di questo moto spontaneo della classe lavoratrice, che caratterizza Testremo lembo dello sviluppo capitalista, il trionfo ine- luttabile; il numero che forma la debolezza della gente lavoratrice nella lotta economica, ne forma la forza nella lotta sociale e ne rende irresistibile la riscossa , {Analisi, I, 775-776). Lavoratori improduttivi, i quali per abbandonano la classe capitalista e vengono al proletariato a illuminarne e guidarne la riscossa, non gi perch il tasso diminuito del profitto ormai incapace a ritenerli presso di s, che alla diminuzione del tasso va di pari passo un aumento nella quantit totale del profitto, ma perch, come abbiamo visto, il proletariato, in quanto classe, acquista la potenzia- lit economica sufficiente ad attnirli a se. (1) Lo stesso Engels ammetteva che ** mentre in tutti i periodi veramente modello (i periodi normali) lo Stato senza eccezione lo Stato delhi classe dominante ed essenzialmente una macchina per tener bassa la classe oppressa e sfruttata; eccezionalmente per possono presentarsi periodi nei quali le classi in lotta stanno l'una di fronte all'altra in tale equilibrio, che il potere dello Stato assume l'apparenza d*un mediatore e momentaneamente acquista una certa indipendenza rispetto a quelle (Vedi Carlo Ferraris, // Materia- lismo Storico e lo Stato; Palermo, Sandron, 1897 ; pag. 6 e 102-103J. Fatto la cui possibilit viene ad essere ammessa anche dal Labriola quando afterma che: * In ogni sua forma e variazione lo Stato non se non l'ordinamento posi- tivo e forzato di un detn pu non generare nell'uorao di cuore e di azione, arrestandolo sfiduciato LA COSCIENZA (.'> 16 2. LORIA. Teoria economica della Costituzione politica. 188G L. 3 4. DEL VECCHIO. La famiglia rispetto alla Societ civile ed al problema sociale. 1887 .... L. 6 T). DELLA BONA. Delle crisi economiche. 1887 . 2 (). MASE-DARI. faggio sulle infuense della coltivazione intensiva nella rendita fondiaria. 1888 . L. 3 7. COGNETTI DE MARTIIS. Hocialismo antico. Indagini. 1889 .' L. 12 S-9. LORIA. Analisi della propriet capitalista. 1889. Du(3 volumi L. 22 10. ALESSIO. Studi sulla teorica del valore nel cambio interno. 1890 L. 5 11. LORIA. Studi sul valore della moneta. 1891 . 3 12. SUPINO. Teoria della trasformasione dn capitali 3 K^. ORAZIANI. Stvdi sulla teoria rconomicn delle mac- chine L. 3 11. Aleuw* guestioni relative alla dottrina del salario 2 15. ALBERTINI. La (piestione delle otto ore di lavoro 2 oO IG. PIERACCINI. La difesa della societ dalle mnlatfie trawxissibili L. !i 50 17. MAIORANA. La trorio sociologica della costituzione politica L. 5 18. SUPINO. Storia della circolasione bancaria in Italia dal 1860 al 1894 L. VJ. GARELLI. 1/ imposta successoria ;> :ii). CARUSG-RAS. La i/nestione siciliana degli solfi. C(u carta L. ii 21. FLORA. La jinanza o In questione sociale . . . ^> "J 5u 22. MASE-DARI. Ln iinposfa f/rof/r'Siiira. Indaijirti di storia ed l'conomia della tinanzti L. l'J r,' 2ii. VEGLIO-BALLERINI. Ln mppvesminnza politica degli ordi/ii incinti L. .** *J1. Vl'^GILI. Lo .stinprro nellti cita moderna ... > .*} 25. BAIIDEKIS - l\!A3E-DARI. Lo sviluppo della rete f erro tiufid atolli Suiti Uniti e i sue variazioni L. l 20. ORAZIANI. Studi sulle dottfiw^ dell'interesse . . ^ :; 27. RABBEiO. La ijuestione fondiaria tiei paesi nuovi "> 2S. LORIA. /,:' Cih^^iivz''ine eeonninica odierna . . \\\ 21. GRAZIADEI. l'I jtroduziune cnpitali.stic/ ... i .'5. EINAUDI. Ln ffinrii)'J mervanff' i; - >1. FLORA. Le linanzf dei/li Sto fi compnsfi ... 'J ."() iV. Jr'ATTECTTI. L^'iss'Lin azioiie eoiifrn In disoccupazione h o.*i. F2i*i'"!A. /." coop, razione in Piemonte. ... 1 il. L i i vMLliiihl. If' /. /''f t".r'jazif)/ii rrononic/ie . ^ L' .;. . GAL-UA. ' I ' !.' ti ,,,i in ie':'slnzinne sormle . . il I<. MORELLI. L'I in'fiiriji'd'^Z' Z'''.fi' dri S' rvird pn/Mici y '-\ ^ -xe-
Monday, June 23, 2025
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