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Monday, June 23, 2025

GRICE E RIGNANO

 EUGENIO RIGNANO duo (pata Pedpegina [l concetto di fine in Diologia ESTRATTO dalla Rivista Internazionale di Filosofia  LOGOS,, Anno XIII (1930) III. NAPOLI - CITT DI CASTELLO LIBRERIA EDITRICE FRANCESCO PERRELLA 1930-VIII Nk o do S 8 x  SITA o\  nota la definizione che d Arstitile del fine: ll fine  ci in vista del quale si agisce; esso deve quindi esistere allo stato di nozione prima che lazione cominci. Questa definizione, evidentemente limitata solo agli atti coscienti delluomo, cio solo a una ristrettissima categoria di manifestazioni finalistiche della vita,  stata ed  tuttora la causa principale per cui a molti biologhi ripugna di ammettere un qualsiasi teleologismo an- che in tutti i processi vitali in genere. L'ammetterlo sembra ad essi un cadere nel pi vieto antropomorfismo, un comparare artificiosamente e forzatamente fatti fondamentalmente diversi, quali sono, secondo loro, i processi biologici e fisiologici, da una paite, e i fatti psichici co- scienti, dallaltra. Orbene, oggi  possibile dare del finalismo una definizione tale da depuraria completamente da ogni e qualsiasi contenuto antropo- morfico e da estenderne la portata a tutti quanti i processi della vita, i quali, pertanto, potranno allora dirsi finalistici, senza alcuna tema di incorrere in una falsa prospettiva antropomorfica o in alcuna com- parazione artificiosa di fatti fra loro sostanzialmente dissimili. Les- senziale sar che essa comprenda, come caso particolare, anche gli atti coscienti delluomo, i soli suscettibili di cadere sotto la ristretta definizione Aristoteliana. Consideriamo, allo scopo di trovare questa definizione pi ampia, alcune fra le manifestazioni pi fondamentali della vita che comu- nemente si dicono finalistiche: p. es., il processo ontogenetico, cio fo sviluppo embrionale. Che cosa essa ci mostra? Questo fatto im- portantissimo: che, anche mutando profondamente, sostanzialmente, te circostanze esterne in cui si inizia lo sviluppo delluovo fecondato (capovolgendo, p. es., quest'uovo o comprimendo fra due 1astrine i primi blastomeri n cui fuovo stesso si  diviso, in modo che si adagino tutti in un piano e poi, allontanate le lastre, si raggruppino di nuovo ma disposti gli uni rispetto agli altri in modo diverso da 4 EUGENIO RIGNANO prima, o, persino, uccidendo o sottraendo alcuni di questi blasto- meri, oppure isolandoli gli uni dagli altri), anche ci facendo, si ot- tiene, per molte specie, sempre la stessa precisa forma di organismo sviluppato, come se questo profondo mutamento nelle circostanze dello sviluppo non fosse avvenuto. Durante il corso dello sviluppo stesso, in ispecie nei suoi primi stadi, possiamo amputare gli arti incipienti, estirpare dati organi in via di formazione, mozzare per- sino il primo abbozzo del capo: l'organismo finale non per questo non finisce collessere completo, come se sviluppatosi in condizioni normali. Oppure consideriamo i fenomeni di rigenerazione nellorganismo adulto: un mutamento s profondo nelle circostanze esterne da ca- . gionare lamputazione, o comunque la perdita d'un dato arto o dun dato organo d luogo, in molte specie, a processi reattivi tali da rico- stituire l'organismo nella stessa identica forma di prima. In alcuni ca- si, i processi che hanno per risultato la riformazione di questorgano amputato (p. es., il cristallino del Tritone o lintestino anteriore di Tubifex rivolorum) sono totalmente diversi da quelli che ne produssero la prima formazione e si partono persino, talvolta, da tessuti di origine embrionaria diversa: organi o tessuti dorigine ectodermica si rigene- rano da tessuti di origine endo o mesodermica, e viceversa. Nei casi di rigenerazione per via di regressione  (Riickbildung) o di  rinnuo- vamento di differenziazione  (Umdifferenzierung), la parte che resta dopo lamputazione di una notevolissima parte dell'organismo perde la differenziazione istologica gi acquisita e, ritornando ad essere un ammasso di cellule indifferenziate, riprende da capo il processo di formazione del nuovo organismo, riproducendolo identico a prima. In tutti questi casi, vediamo, dunque, che cambiano bens nellorga- nismo, col mutare delle circostanze esterne, i processi di reazione cui queste ultime col loro mutare danno luogo, ma resta pur sempre identico il risultato finale prodotto da questi processi, pur diversi tra loro. Passando dai processi biologici di generazione e di rigenerazione a processi fisiologici propriamente detti, vediamo lorganismo adulto mantenersi inalterato per mesi e per anni, malgrado sia continua- mente esposto a condizioni fisico-chimiche ambientali continuamente cangianti, le quali trasformano invece di continuo i corpi inorganici immersi nello stesso ambiente. Trasportando, p. es., luomo della pianura in alta montagna, o costringendo luomo abituato allaria li- bera a rimanere rinchiuso per lunghe ore in un ambiente affollato carico di acido carbonico, riscontriamo che i processi neuro-musco- IL CONCETTO DI FINE IN BIOLOGIA 5 lari della respirazione si alterano, ma che il risultato finale di essi resta quello stesso che davano i processi precedenti, cio di ripri- stinare nel sangue la medesima quantit di ossigeno di prima. In- fettando un organismo qualsiasi ora con uno e ora con altro bacillo, secretori rispettivamente di date tossine specifiche diverse, lorgani- smo stesso produce, nellun caso, una data anti-tossina, e, nellaltro caso, unanti-tossina diversa; ma il risultato di queste due serie di- verse di fenomeni, con cui lorganismo reagisce rispettivamente al- l'una e allaltra infezione neutralizzandone le rispettive tossine,  i- dentico nei due casi, ossia  il ristabilimento delle condizioni fisiologi- che normali dellorganismo sano, quale era prima delluna e dellaltra infezione. In tutti questi casi, constatiamo, dunque, che il risultato fi- nale del funzionamento di questo o quellorgano o di tutti insieme gli organi dell'organismo,  funzionamento che cambia col mutare delle circostanze esterne,   uno solo e sempre il medesimo, cio quello di conservare invariato lorganismo stesso, il quale, invece, senza questo funzionamento, si sarebbe alterato profondamente, come lo dimostra il disfacimento del suo cadavere, anche solo in poche ore. Disturbando un infusorio, come ha fatto il Jennings, con della polvere di carminio, si fa si che nellanimaletto si producano ora una data serie di movimenti, ora unaltra serie di movimenti diversi, e poi una terza e una quarta serie; ma queste serie di movimenti, sebbene diverse tra loro, conducono tutte allo stesso unico risultato, cio di sottrarre lanimaletto allazione di questo nuovo fattore so- praggiunto nelle circostanze ambientali in cui egli  costretto a vi- vere. Parimenti ad ogni alterazione fisico-chimica che avvenga nellam- biente abituale di qualsiasi animale, inferiore o superiore che sia, questo si comporta bens in modo diverso, con reazioni di allonta- namento o di avvicinamento le pi svariate, a seconda delle moda- lit diverse di questa alterazione, ma queste serie pur tra loro diverse di movimenti reattivi conducono tutte al medesimo unico risultato finale di riportare lanimale nel suo ambiente abituale. E cos via e cos via. Che cosa ci mostrano questi pochi esempi, che potremmo mol- tiplicare a piacere? Questo fatto importantissimo: cio, che, mutan- do le circostanze in cui questi processi vitali si svolgono, mutano bens, corrispondentemente, questi processi, ma in modo che il loro risultato finale resta sempre lo stesso. Questo non succede per nessun processo del mondo inorganico naturale; lirruginirsi di un minerale di ferro, il metamorfizzarsi duna roccia, il fondersi dun ghiacciaio, il condensarsi della pioggia, lo G EUGENIO RIGNANO scatenarsi dun temporale, il precipitare duna valanga, lattivarsi e le svolgersi dell'eruzione dun vulcano sono tutti processi fisico-chi- mici, i quali, se le circostanze esterne in cui si producono cambiano, mutano essi pure e muta allora anche il risultato finale che essi danno. Ecco dunque un criterio generale, del tutto obiettivo, e per nulla soggettivo o antropomorfico, che ci permette di separare tutti quanti i processi del mondo esterno nelle due grandi categorie di processi teleologici e processi ateleologici: se mutando le circostanze in cui tali processi si svolgono, mutano essi e muta ogni volta con essi anche il loro risultato finale, i processi stessi sono ateleologicij; se, invece, mutando le circostanze, mutano bens i processi, ma in modo che il risultato finale resti sempre quello di prima, questa categoria di pro- cessi si dir allora teleologica. La natura finalistica di questi processi.  determinata, in altre parole, unicamente e semplicemente, dallinva- rianza del risultato finale cui essi conducono, in via normale, col loro reagire, mutando essi stessi, a circostanze mutate. Ci sembra che nessun criterio pi obiettivo e pi impersonale di questo si possa immaginare. Possiamo allora dare del fine, invece di quella di Aristotile, la definizione seguente: // fine  quel risultato finale, sempre lo stesso, cui conducono, in via normale, dati processi, nel reagire, mutando, @ circostanze mutate. Questa definizione include senzaltro, immediatamente, come ognuno vede, anche gli atti coscienti delluomo, per i quali soltanto Aristotile aveva dato la sua definizione. Se nel rigido inverno luo- mo si copre di lana e riscalda la propria casa, mentre durante il caldo estivo veste leggiero e si rifugia nellalta montagna, egli agi- sce bensi, secondo la definizione di Aristotile, in vista dun fine che esiste allo stato di nozione prima che lazione cominci; ma anche d luogo, secondo la definizione pi ampia di fine da noi ora data, a due comportamenti di reazione alle mutate condizioni ambientali, i quali, pure essendo del tutto diversi, hanno tuttavia ambedue lo stesso unico risultato di mantenere lorganismo su per gi alla me- desima temperatura, tanto nellun caso che nellaltro. Parimenti, un uomo daffari, agisce bens in vista del fine di lucro di cui egli ha ben chiara in precedenza la nozione ogni volta che si mette in qualche impresa; ma il suo comportamento pu dirsi finalistico, anche secondo la definizione nostra, in quanto che vediamo tutta una serie delie sue azioni, implicanti rapporti coi suoi simili, per quanto diversissime possano essere tra loro a seconda delle circo- stanze, avere tutte ci mon ostante, in via normale, eccettuati solo IL CONCETTO DI FINE IN BIOLOGIA 7 certi cas eccezionali che si chiamano perci dinsuccesso, il mede- sime ed unico risultato, cio di aumentare i di lui guadagni. Questo caso qui discusso di un concetto strettamente psicolo- logico, che, una volta adeguatamente ampliato, ha potuto abbrac- ciare anche processi biologici e fisiologici propriamente detti, non  il solo che sia venuto in questi ultimi tempi ad ampliare e pre- cisare maggiormente la nostra concezione della vita. Un altro esem- pio  quello del concetto che ci facciamo della memoria. E noto come alcuni biologhi eminenti abbiano avanzato lardita idea che lo sviluppo ontogenetico, colla sua legge biogenetica fondamentale della ontogenesi ricapitolazione della filogenesi, non sia altro che un pro- cesso mnemonico, in grazia del quale lorganismo in via di sviluppo non farebbe che ricordarsi dei vari stadi filogenetici, pei quali sa- rebbe passata linterminabile serie dei suoi antenati durante tutto il corso dell'evoluzione biologica. Senza accennare alle intuizioni geniali ma molto vaghe di Butler, di Haeckel, di Orr, di Cope, ci basti citare i) celebre discorso del sommo fisiologo Ewald Hering, Ueber das Geddchtnis als eine allgemeine Funktion der organisier- fen Materie, e lopera s discussa del compianto biologo Richard Semon, Die Mnerne als erhaltendes Prinzip im Wechsel des organi- schen Geschehens. Ma sono note le vivacissime opposizioni che questa compara- zione audace ha incontrato presso la maggioranza dei biologhi, ai quali non troppo ingiustamente, a dire il vero, sembrava non avere questa comparazione altro valore all'infuori di quello di una inno- cente metafora, visto che fenomeni diversissimi, se altri mai, sono, al primo aspetto, i/ ricordo cosciente, p. es., della vista del golfo di Napoli e lo sviluppo dei tessuti e degli organi dun vertebrato da una minutissima cellula iniziale, quale luovo fecondato. Questo dipendeva perch del fenomeno mnemonico si aveva soltanto }a ristretta concezione di  ricordo cosciente di una data percezione del passato. Se invece definiamo la propriet mnemonica ne modo seguente: consistere essa nella riproduzione, per cause in- terne, di processi fisiologici e biologici in genere, a produrre i quali  stata necessaria, la prima volta, lazione del mondo esterno; ecco che questa definizione, mentre comprende evidentemente tutti i casi di memoria psichica propriamente detti, abbraccia nel tempo stesso anehe fenomeni biologici e fisiologici i pi svariati e fondamenta- lissimi. Lo stesso sviluppo ontogenetico, p. es., non farebbe che ripro- dusre, per cause interne, presenti in potenza nelluovo fecondato (le _ mia 8 EUGENIO RIGNANO nostre  accumulazioni specifiche  depositatesi via via nella sostan- za germinale), quelle trasformazioni filogenetiche, a produrre le quali la prima volta fu necessaria lazione modificatrice dell'ambiente ester- no. Se si abitua a poco a poco un animale erbivoro a una dieta carnivora, esso vi si adatta col secernere succhi gastrici appropriati; ma questa secrezione, a produrre la quale fu necessaria la prima volta lazione di questo fattore esterno rappresentato dal cibo car- neo, pu poi riprodursi spontaneamente e anticipatamente, per cause interne, quando allora solita dei pasti il cibo carneo tardi a venire e lanimale ne senta solo lodore da lontano. Anzi, come  noto a tutti coloro che hanno seguito i nostri studi di sintesi biologica, riassunti e rielaborati in modo definitivo nel nostro volume  Che cos la vita ? ,  questa propriet mne- monica, concepita nel modo amplissimo della nostra definizione, che ci ha permesso di fare rientrare in essa, e cos di Spiegare come altrettanti casi particolari d'una propriet generalissima, tutte quante le manifestazioni finalistiche della vita, dall'uno estremo dello svi- luppo embrionale allaltro estremo dellattivit psichica anche la pi complessa e la pi elevata delluomo di genio. N deve fare meraviglia che questo metodo di ampliamento via via sempre maggiore di dati concetti psichici, s da far loro com- prendere anche processi biologici e fisiologici propriamente detti, dia risultati fecondi: al dualismo antico, irreconciliabile, fra lo spi- rito e il corpo,  andata via via subentrando, nella scienza, la vi- sione pi giusta della unit fondamentale e sostanziale delluna e e dellaltra categoria dei fenomeni della vita. Ne consegue che tutte le propriet peculiari e le pi caratteristiche dello spirito, della psi- che, non possono essere che intensificazioni o variazioni specifiche o modalit complesse di propriet generalissime e pi semplici, pre- sentate da tutta quanta la vita. Si tratta allora di assurgere a una concezione la pi ampia possibile, la quale, pur comprendendo i fatti psichici come casi particolari, abbracci nel tempo stesso anche i fenomeni biologici e fisiologici in genere che questa propriet stessa manifestano nella forma pi generale e pi elementare. Ed una volta che propriet peculiari e complesse siano cos ridotte a propriet pi generali e pi semplici, riesce allora anche pi facile di escogitare nuove ipotesi capaci di spiegarle, come  stato il caso della nostra ipotesi della  accumulazione specifica , atta a spiegare la propriet mnemonica fondamentale della sostanza vivente. | E questa indagine, per pura via intuitiva, volta a scoprire /a IL CONCETTO DI FINE IN BIOLOGIA 9 forma pi generale e pi semplice che le pi caratteristiche pro- priet psichiche, ridotte una volta che siano alla loro pi semplice espressione, rivestono nei processi biologici in genere;  lo scrutare questi ultimi collocchio intento a cogliere in ogni loro pulsazione l'eco affievolita e semplicizzata di corrispondenti attivit psichiche pi intense e pi complesse,  le une e le altre pur riconducendo a manifestazioni puramente energetiche di una nuova forma di ener- gia, con propriet peculiari sue proprie, posta a base della vita;  questo metodo di sintesi psico-biologica che consente una conce- zione della vita stessa ben pi completa e ben pi adeguata che non la visione meccanicista, oggi imperante, per la quale ogni es- sere vivente non sarebbe altro che un seguito di puri processi fisico- chimici, senza alcun significato e senza alcun fine: concezione, que- sta, fredda come la morte, di ci che ne , invece, coi suoi palpiti e fremiti, lantitesi pi completa e pi assoluta. Milano, Gennaio 1930. EUGENIO RIGNANO.

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