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Saturday, March 30, 2024

GRICE ED ORESTANO: L'IMPLICATURA CONVERSAZIONALE DELL'OPZIONE EROICA -- FILOSOFIA SICILIANA -- FILOSOFIA ITALIANA -- LUIGI SPERANZA

 

Grice ed Orestano:  l’implicatura conversazionale dell’opzione eroica –  filosofia siciliana -- filosofia italiana -- Luigi Speranza (Alia). Filosofo italiano. Self-described as a ‘Federalista siciliano’ --. Grice: “There is something pompous about Italian philosophers and their isms – Orestano’s ism is the superrealism!”  Grice: “When I was invited to deliver my lectures on the conception of value, I was hoping it was a first, but Orestano had written two big volumes on it!” – Studia a Palermo. Insegna Palermo, Pavia, e Roma. Collabora con Marinetti nella concezione del futurismo, e lavorando ad alcune pubblicazioni comuni. E inoltre vicino alle idee politiche, collaborando tra l'altro con “Gerarchia.” Invitato da Balbo nella Libia italiana, difende gli ideali e gli intenti italiani in contrapposizione al nazionalismo. E eticista, fenomenologo e promulgatore d'un'idea filosofica positivista che egli stesso denomina “super-realismo.” Si ritira a vita privata nel su palazzo di Roma per dedicarsi alla sua opera principale “Nuovi principi” (Milano, Bocca). Membro dell’Accademia d'Italia e della Società filosofica italiana e dell’Istituto Siciliano di Studi Politici ed Economici. Autore di noti aforismi, a lui sono intitolate una via di Roma e una scuola di Palermo. Saggi: “Opera omnia” (Padova, C. E. D. A. M.); “Comenio”, Roma, Biblioteca Pedagogica de “i Diritti della scuola”, Angiulli, Roma, Biblioteca Pedagogica de “i Diritti della scuola”, A proposito dei principi di pedagogia e didattica” (Città di Castello, Alighieri);“Un'aristocrazia di popoli -- saggio di una valutazione aristocratica delle nazionalità” (Milano, Treves); “Verità dimostrate, Napoli, Rondinella); “Opera letteraria di Benedetta, Roma, Edizioni Futuriste di Poesia); “Esame critico di Marinetti e del Futurismo” (Roma, Estratto dalla "Rassegna Nazionale"); “Civiltà europea e civiltà americana” (Roma, Danesi); “Nuove vedute logiche” (Milano, Bocca); “Il nuovo realismo” (Milano, F.lli Bocca); “Verità dimostrate, Milano, Bocca); “Idea e concetto” (Milano, Bocca, Celebrazioni I, Milano, Bocca Editori, Celebrazioni, 2, Padova, MILANI, “Filosofia del diritto” (Milano, Bocca, Gravia levia, Milano, Bocca); “Saggi giuridici, Milano, Bocca); “Verso la nuova Europa” (Milano,  Bocca); Prolegomeni alla scienza del bene e del male, Milano, Bocca); “Leonardo, Galilei, Tasso” (Milano, Bocca); “La conflagrazione spirituale e altri saggi filosofici” (Milano, Bocca); “Pensieri, un libro per tutti”; Studi di storia della filosofia”; “Kant”; “Rosmini-Serbatti”; “Nietzsche”; Contributi vari, studi pedagogici, studi danteschi; Aligheri e saggi di estetica e letteratura; conversazioni di varia filosofia; corsi, ricerche e conferenze, studi sulla Sicilia, Filosofia della moda e questioni sociali,  Dizionario Biografico degli Italiani, E. Guccione, L'idea di Europa in  Federalisti siciliani tra XIX e XX secolo, A. R. S. Intergruppo Federalista Europeo, Palermo, Guccione, Da un diario una nuova pagina di storia, in  La politica tra storia e diritto, Scritti in memoria di L. Gambino, Giunta” (Angeli, Milano);  Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Quando i vincitori scrivono la storia della filosofia: il caso di Lamendola, Arianna, O.  Castellana, Il rapport tra stato e Chiesa nel pensiero politico, Istituto Siciliano di Studi Politici ed Economici. I valori egoistici risultano espressi con le lettere T e e te1 Hay Ja, Un Un,, Tv Uy. Gli valori altruistici sono espresso con le lettere: i. I valori neutrali sono espresso colle lettere : Ym. Siccome non si propone di dare una teoria compiuta dei fatti concomitanti di questo o quello valore, ma solo di ANALIZZARE tal unicasi va   speciali, così, quando adopera i simboli senza l'indice soscritto, intende significare il valore egoistico – con la lettere ‘e’ sottoittesa. Questi simboli possono esprimere questo o quello BENE, ma anche questa o quella volizione a questo o quello BENE riferentisi. Per indicare una volizione, si adopera il stesso segno *fra parentesi quadratti*. Infine, si suppone, di regola ceteris paribus,che la circostanza concomitante sia sempre una sola, la quale, insieme alla volizione, formi ciò che chiamamo il “bi-nomio” della volizione. Se le circostanze sono più, allora si forma un “poli-nomio” della volizione. La precedenza di una lettera in un binomio o un polimonioindica il valore principale, sia desiderato o sia attuato. In che modo i fatti concomitanti del valore sono connessi collo scopo della volizione? Siccome ogni scopo di volizione è anche un oggetto di valutazione, la domanda può formularsi così. Come i valori possono entrare in connessione tra loro? Si noti però che la connessione deve stabilirsi prima del cominciamento della volizione, giacchè questa volizione deve tenerne conto. Le co-esistenze casuali restano naturalmente escluse. Tra lo scopo dellla volizione e l'oggetto della valutazione concomitante possono correre varie relazioni. C’e una relazione d’identità. Ciò che il  artista o un politico come Mussolini crea non soddisfa lui SOL tanto, apparirà sempre in qualche modo come un BENEFICATORE di tutta una sfera di uomini – la nazione italiana. C’e una relazione di CO-ESISTENZA di più qualità di una stessa cosa, o anche di più cose. Per esempio, un tale VUOL comprare un piano che ha (+) un bel tono. Ma il piano ha anche (-) una cattiva meccanica. O un cane da guardia molto vigile (+), il quale però morde (-). O una macchina automobile che lavora bene (+), ma che fa rumore e fumo (-) ,ecc. C’e un nesso causale, nelle sue due forme: a) lo scopo è CAUSA di conseguenze valutabili. Il politico chi, per esempio, promuove il movimento e l' industria dei forestieri, mira ad arricchire la sua nazione (+), ma anche la de-moralizz (-). b) lo scopo non si può raggiungere che come EFFETO di dati valori morali. Per esempio: un fabbricante per  . Ora torniamo alla domanda principale. In che modo il valore morale di una valutazione dipende dai valori concomitanti, e,in caso di un simple bi-nomio della volunta, dal valore concomitante? Abbiamo distinto quattro categorie di valori, “g”, “T”, “u”, e “u”, le quali si applicano anche ai fatti concomitanti. Però il caso u si può omettere, perchè non accadrà mai, CHE SI VOGLIA UN PROPRIO NON-VALORE PER sè stesso. Rimangono così tre possibilità, le quali, liberamente combinate, dànno *dodici* casi che costituiscono la tavola dei valori. Per l'esame di questi casi bisogna pensare che ad un oggetto di volizione si aggiungano gli altri come fatti concomitanti, e osservare le variazioni di valore che questo intervento produce. La VOLIZIONE ‘POSITIVAMENTE ALTRUISTICA’ (benevolenza e beneficenza) è data da una formula. Il momento più importante è qui l'associazione della circostanza concomitante u, IL PROPRIO DANNO. È evidente che l'aggiunta di questo secondo momento accresce il valore di (i) e di tanto, quanto più grande sarà il sacrificio proprio. Indicando il valore con “W” ,si avrà dunque: W(ru) > WV. Se invece si aggiunge “u”, IL DANNO ALTRUI, sia dello stesso beneficato (quando il beneficio produce pure un MALE al beneficato), sia di persone estranee al rapporto (quando per beneficare uno si danneggia altri), allora il valore della volizione con questa circostanza concomitante diventerà minore. E la formula sarà: W(ru) < W(r). Se la circostanza concomitante è pure in favore del beneficato, allora la formula sarà indubbiamente: guadagnare di più deve migliorare la condizione materiale dei suoi operai. W (rr)> Wr.   glianze. Invece L’AGGIUNTA DEL VANTAGGIO PROPRIO AL BENE ALTRUI nè diminuisce, nè aumenta il valore. La volizione egoistica è espressa dalla formula, la modificazione più grave qui si ha, quando al caso si aggiunge la circostanza del  MALE ALTRUI. Allora si avrà: W(gu)<W(9). Se la circostanza concomitante è invece “r”, il valore della volizione egoistica si eleva: W(gr) > W(g). Che poi alla volizione egoistica si aggiunga la circostanza secon aria di un ALTRO PROPRIO VANTAGGIO (plusvalia) o anche di un proprio danno, non modifica il valore di (g). Si avranno quindi le due egua W (99)= W (g)= 0 W(gu)= W(9)=0. Così pure si aumenta il non-valore, se oltre al danno principale si aggiungono altri danni. Epperò: W (UU)< W (U). Per quanto il caso sia inusitato, si può prevedere anche, che al male altrui si associ una qualche conseguenza buona, indiretta,  W (rg)= Wr. La volizione altruistica negativa o anti-altruistica è espressa con una formula. Se per attuare il danno altrui, si fa anche il danno proprio u, questa circostanza aggrava il male e aumenta il non-valore: W (uu) < W (u). W(UY) > W(u). Il fatto concomitante della propria utilità non aggiunge nè toglie al valore della volizione principale anti-altruistica. Si avrà quindi l'eguaglianza: W (ug)= W u. La somma dei risultati ottenuti si può disporre in un Quadro. W(rr) > W(v)? W(gr )> W(g)? W(ur)> W (U)? W(yg)=W(r) W(99)=W(g)=0 W(ug)=W(U) W(ru)<W(Y) W(gu)<W(g) W(UU)<WU) W(ru)>W(V) W(gu)=W(g)=0 W(uu)<W(U). Da questo quadro si rileva che le circostanze concomitanti con segno negativo non sono più feconde di effetti di quelle con segno positivo. Di queste ultime, “g” non modifica nulla, e “r” non dà risultati sicuri, come indica il punto interrogativo. L'influenza dei fatti concomitanti si può dunque riassumere così. Agisce aumentando debolmente il valore. ‘g’ non modifica nulla. ‘u’ diminuisce grandemente il valore. ‘u’ opera secondo lo scopo della volizione -- ora aumentando, ora diminuendo e ora non-modificando il valore. Si è già detto che sarebbe uni-laterale il voler giudicare del valore morale di una volizione dallo scopo ;che però, in quanto lo scopo prende parte alla determinazione del valore, l'altruismo positivo è buono, L’EGOISMO è INDIFFERENTE. L’altruismo NEGATIVO (malevolenza e maleficenza) è cattivo. Ora è importante constatare, che il senso in cui i tre momenti valutativi operano sui fatti concomitanti è completamente lo stesso La validità della tavola dei valori, dianzi tracciata, ma pure prevista. Allora il non-valore si ridurrà, nel modo indicato dalla in-eguaglianza: subisce variazioni, se cambia la qualità della volizione? Itendendo per qualità la differenza tra appetizione e repulsione, che però non deve equipararsi a una contra-posizione logica tra affermazione e negazione, i cui termini si escludano a vicenda, ma considerarsi come una doppia possibilità psicologica, di cui l'una abbia altret tanta realtà indipendente, quanto l'altra. Un'analisi della NOLIZIONE mostra, che esse si comportano egualmente come la volizione, solo che si applicano di regola ai valori “T”, “u” ed “u”, RITTENENDOSI ASSURDO (IRRAZIONALE) IL NON VOLVERE IL PROPRIO VANTAGGIO ‘g’. Indicando le nolizioni con (T) (ū) (T) = (non- T) = (U) (U = (non-- U) = ( ) (ū)=(non u) = (g). Lo stato subbiettivo di rappresentazioni ed i predisposizioni anteriore alla volizione è indicato con il concetto di “Progetto”. E siccome in questo stato abbiamo supposta anche la cognizione delle circostanze concomitanti valutabili, così al binomio della volizione o al polinomio della volizione corrisponde un binomio o un polinomio del progetto. Per indicare questi stati si adopera gli stessi simboli *senza la parentesi quadratti*. Osservando le volizioni in rapporto agli stati predisposizionali, l'analisi delle valutazioni dei fatti concomitanti può rendersi più esatta.  (ū) si possono fare le seguenti sostituzioni, che aiutano a trovare il corrispondente valore nella tavola relativa alle volizioni. Si ponga, per esempio, un bi-nomio iniziale della volizione “uu”, che esprima il mio desiderio di far male, al momento opportuno, a una persona, ma che non mi sia possible evitare, ciò facendo, conseguenze dannose pe rme,u. Se ildesiderio di non danneggiarmi prevale, allora non si avrà più il binomio (uu), ma l'altro (ūr), il quale dice che la volizione è risultata nel senso di non volere il male proprio, pur ammettendo che questa volizione abbia per circostanza concomitante y, cioè il bene altrui. In forma positiva la volizione finale sarà (gr). E così da una situazione iniziale negativa “vu” si riesce nella opposta gr (1). Questi sono i co-ordinati fra loro due bi-nomi di progetti, dai quali procedano due volizioni formalmente concordanti. Anche i due bi-nomi di queste volizioni saranno coordinati fra loro. Essaminemo la coppia dei due binomi yu-gu, dei binomi, cioè, che hanno la maggiore importanza pratica. Il primo bi-nomio esprime l'altrui bene col proprio danno. Il secondo bi-nomio esprime il bene proprio col danno altrui. Nel primo rientrano, nel senso o grado *massimale*, tutte le occasioni in cui si può affermare la grandezza morale di un uomo (magnanimita). Nel senso o grado minimale, i casi della più comune fedeltà al proprio dovere (to do one’s duty). La sezione di linea dei valori morali che comprende il MERITORIO e IL CORRETTO è tutta espressa da questo bi-nomio del Progetto. Laddove la sezione che va dal punto d'INDIFFERENZA al TOLLERABILE e al RIPROVEVOLE corrisponde alla negazione di questo binomio del progretto. Nel binomio “gu” sono espressi tutti i casi che vanno dal più SANO EGOISMO alle negazioni più delittuose dell'altruismo. Reciprocamente, la rinunzia a siffatte volizioni va dal semplicemente dove ROSO ALL’EROICO. Le volizioni che procedono da questi due bi-nomi comprendono adunque tutte le quattro classi di valori, caratterizzati in principio. I due bi-nomi anzidetti suppongono un CONFLITTO (non coooperazione) fra l'interesse proprio e l'interesse altrui. È evidente che dalla grandezza di questi interessi, dalla portata di “g” e di “Y”, dipende il valore morale della valutazione. I momenti “u” e “u” s'intendono compresi nella negazione di “g” e “y”. Intanto è certo che il VALORE EGOISTICO in cui “g” è congiunto con “u” , “W(gu)”, si trova sempre al di sotto del zero della scala, ed ha segno negativo. Mentre il valore altruistico in cui è congiunto con “u”, “W(ru)”, si trova al di sopra del zero ed ha segno positivo. Ciò posto, la funzione valutativa tra i termini dei due binomi dei pogretti si può scoprire agevolmente con una semplice osservazione. Sacrificare un piccolo interesse proprio a un grande interesse altrui ha un VALORE POSITIVO MINORE che il sacrificare a un piccolo interesse altrui un grande interesse proprio. D'altra parte chi non pospone a un grande interesse altrui un piccolo interesse proprio produce un non-valore morale più basso, che non colui il quale per una utilità propria rilevante non tien conto di utilità altrui tras curabili. Questo abbozzo di una LEGGE del valore si può esprimere nelle formule, nelle quali “C” e “C'” indicano le costanti proporzionali sconosciute, condizionate dalla qualità delle due unità “g” e “r”. Nell'applicazione di queste due formule all'esperienza si rendono necessarie talune modificazioni. Se poniamo I valori “r” o “g” eguali ai limiti 0 e 0 ,allora i calcoli diventano molto esatti. Per g per g. L’ESPERIENZA NON è però SEMPRE D’ACCORDO CON QUESTE FORMULE. Ognuno ammetterà che l'adoperarsi nell'interesse altrui si accosti l punto morale d’INDIFFERENZA, quanto più grande è quest'inteesse; e che il trascurarlo divenga nella stessa misura RIPROVEVOLE, “u” pposto costante e limitato l'interesse proprio da sacrificare. È F ,  1 W(ru) = Cg -0 Y Y g W (gu) = - C per r = 00 per r = 0 lim W (ru) = 0, lim W(ru)= 0, lim W (ru)= 0 , , limW(ru)= 0, lim W (gu) = - 0 0 limW (gu)= 0 lim W (gu)= 0 lim W (gu)= – 00.   pure evidente, che la trascuranza di un interesse altrui diviene tanto più INDIFFERENTE quanto più IRRILEVANTE è questo interesse. Epperò non si ammetterà da tutti, che il valore dell'altruismo di venga allora infinito, come nella seconda formula. Osservando però bene, questi casi non rientrano nel campo della morale. Si contrasterà pure che il valore del sacrificio di un bene proprio per l'altrui, cresca colla grandezza del bene sacrificato (formula terza). Ma l'esperienza prova che l'esitazione al sacrificio si fa maggiore quanto più grande è il bene cui si sta per rinunziare. Invece è da riconoscersi che non è esatta la quarta formula. Non si può negare ogni valore al bene che si fa ad altri, solo perchè NON si determina un CONFLITTO con un bene proprio. Le formule anzidette si debbono mitigare nella loro assolutezza, perchè si accostino di più alla realtà. Per far ciò, basta attenuare il valore di “g”, il che si può ottenere aggiungendo a “g” ogni volta una costante “c” o “c '”.  Queste formule non modificano i limiti funzionali dianzi ottenuti, ponendo r = 00, T = 0 0 g = 00. Cambia bensì la formula del quarto limite. Se g= 0: lim W (ru) = C , lim W (gu) = - ' Sin qui abbiamo considerato l'una variabile IN-DIPENDENTE dall'altra. Che avverrà però, se le variazioni si compiranno in entrambe le variabili congiuntamente, supponendo che “r” e “g” rimangano uguali fra loro per grandezza di valore? Sostituendo a “g” il simbolo “r”, le formule diverranno altri. Si avranno così le formule. T r W (ru) = 0 9 + c g +di  e Y W(gu)= W(gu)=-C' ito Y W(ru)= C y- to' . Da questo risulta che il non-valore deve crescere e diminuire nello stesso senso o grado limite di “r” e “g”, e il valore in senso o grado di limite contrario. Consultando l'esperienza, si può riscontrare agevolmente che un oggetto, per esempio un dono, abbia lo stesso valore per chi lo dà e per chi lo riceve. Ora si domanda, regalare di più avrà un valore più alto o più basso del regalare di meno? Senza dubbio più alto. E se si contrapponga vita a vita, CHI SACRIFICHI LA PROPRIA VITA per conservare quella di un altro, suscita di fatto grande ammirazione. QUESTO è però IL CONTRARIO DI ciò che quelle formule esprimono. O “c” corre adunque correggere le formule e per far ciò introducemo un esponente di “g”, più grande dell'unità, e lo indicamo colle lettere “k” e “k'”. Le due formule diverranno così, rimettendo “y” al posto di “r”.  Sicchè si avranno i seguenti limiti. A questo punto, il concetto di limite non hanno più bisogno di alcun'altra correzione. Per semplicità di espressione ponendo C= 1ek =2, la formula del binomio divienne W(gu)= T. È questa una formula a discuttere. . g2+1 ghto Y gkilt o W(gu)= W (ru)= C per r= 9 perr= g= 0  T g2+1 W (ru)= e Y e limW(ru)=00 lim W(gu) = 0 limW(ru)=0 limW(gv)=0. Preliminarmente non si ne ricava alcune conseguenze. Ogni pr getto offre a colui, che dovrà reagire con una volizione,l a doppia possibilità di fare o di tralasciare. Le due volizioni staranno, secondo la formula principale or ora  ricavata, in un rapporto di RECIPROCITà negativa, per ciò che ri guarda il loro valore morale. In secondo luogo, siccome una volizione di grande valore (positivo o negativo) o e MERITORIA O RIPROVEVOLE. Quella volizione di piccolo valore o e CORRETTA o TOLLERABILE, così potrà dirsi in generale che quanto PIù DISTANTI sono il NUMERATORE E IL DE-NOMINATORE della formula in una scala ordinale (1, 2, 3, … n), tanto più il valore della volizione e indicato dalle parti estreme superiore o inferiore della linea dei valori. Quanto più vicini o meno distanti sono invece quei numeri, tanto più l'indice del valore cadde verso il punto di mezzo di detta linea. La formula si applica inoltre anche ai casi di una volizione I cui scopo non siano accompagnati da circostanze concomitanti. Basta ridurla. W(9)=0(1). UU. Mentre la prima coppia esprime il caso di CONFLITTO D’INTERESSI, la caratteristica della seconda formula è la CONCOORDANZA O INTERSEZZIONE O COOPERAZIONE O CONDIVIZIONE gl'interessi propri con gli altrui, positive, o, come nella guerra o il duello, negativi.  Se il progetto offre l'occasione di congiungere con la mia utilità l'altrui, o se mi rappresenta un pericolo altrui nel quale scorgo un pericolo mio, la volizione corrispondente e espressa con (gr). V'è però anche la rappresentazione del desiderio di un male altrui, cui si associa anche la previsione di un danno proprio. La corrispondente volizione e espressa con “(uu)”. Il conflitto qui non esiste fra “g” e “y”, ma fra “g” e”v”, cio è fra “g” e -Y Questa riflessione ci fa subito applicare al caso attuale la formula principale del primo binomio. Così, go+1 Y. W(uu)= W (Y)= >.  Passamo ora ad esaminare un'altra coppia di binomi: gr g+1 1 T   (go+ 1)r. Mantenendo anche in questo caso il principio della RECIPROCITà negativa dei due binomi di progetto, l'altro binomio diverrà epperò la seconda formula principale così ottenuta e (1): W(uu)= -(g2+ 1)r. Le costanze rilevate in queste formule dimostrano sufficientemente che il valore morale è in relazione tanto con lo scopo principale della volizione quanto con i fatti valutabili concomitanti, com’era di sperare! Recenti studi sui valori morali in Italia. TAROZZI comunica al congresso di psicologia (Roma) un programma di etica scientifica, sotto il titolo: Sulla possibilità di un fondamento psico logico del valore etico. I risultati dell'indagine psicologica sono capaci di assumere importanza di fondamento e di criterio nella determinazione del valore etico delle azioni umane e nell'apprezzamento etico degli individuiumani? Questo il problema.Tarozzi crede possibile una risposta affermativa, e ne dà le ragioni. Il valore etico è il risultato di un apprezzamento morale. L'apprezzamento morale è funzione della coscienza morale, che si forma in noi storicamente e psicologicamente. E siccome lo studio della formazione storica si risolve pure in un'indagine psicologica, così la vera sede della dimostrazione del valore etico è la psicologia. A ciò non si può opporre, che il valore etico dipenda direttamente dal fine etico, e che questo per l'assolutezza sua (o teologica o categorica) sia indipendente dalla causalità psicologica e antropologica. Giacchè, anche ammessa questa indipendenza del fine etico, nulla vieta che essa riceva una interpretazione psicologica e antropologica. Si può cioè voler sapere come sia possibile nella realtà (umana) il fine etico, e ciò conduce anche a interpretare la relazione dei valori etici con quei fini, e a trovare il criterio per la valutazione morale degl’individui umani. Fra il principio assoluto e l'atto concreto,più ancora fra quel principio e l'individuo, intercorre la eterogeneità più radicale. Per giudicare quindi se l'atto compiuto o da compiersi stia in un giusto rapporto col principio, è necessaria una interpretazione psicologica. Senza questa interpretazione la valutazione etica alla stregua dei principi assoluti non può farsi. Ove poi si abbia un concetto non teologico, nè categorico del fine etico, la psicologia può darne non solo l'interpretazione, ma anche, coll'aiuto dei dati dell'antropologia e della sociologia, una vera e propria dimostrazione. L'ufficio della psicologia nella dimostrazione del fine etico è anzi assai più rilevante, perchè da questa dimo strazione dipende. Primo se il principio sia ammissibile oppur no. Secondo, quale valore etico abbiano le azioni e gl'individui in base al principio dimostrato. Ma non a questo si ferma l'ufficio dellapsicologia nella morale. Volendo fondare un'etica, umanistica nelle sue basi,e umanitaria nelle sue norme, un'etica cioè rispondente alla concezione di un significato morale della vita umana,la coscienza del quale giusti fichi, non in senso di fine, m a in senso di fondamento, i particolari propositi delle volizioni umane, la psicologia porterebbe i più decisivi elementi a una tale concezione della umanità. La psicologia è scienza sovrana nell'àmbito dell'etica umanistica. Senza di essa è impossibile la ricerca di un significato morale della vita, che assuma valore di fine dopo essere stato fondamento e criterio, e risponda alle tendenze onde la moralità positiva si svolge nella storia dell'umanità. Oltre a questo contributo diretto della psicologia all'etica, vi sono gl'indiretti, consistenti nella difesa,che solo la psicologia può fare contro lo scetticismo morale. La legittimità di una valutazione etica, che abbia forza di per sè, si suole negare da chi crede che il bene e il male siano risultato di convenzioni sociali più o meno inveterate, mutabili secondo i vari tempi e I bisogni, e non rispondenti a una costante necessità della vita e della natura umana. Per riparare dallo scetticismo si è ricorso o all'utilitarismo o alla metafisica. Ora,allo scetticismo e anche ai suoi falsi rimedi (l'utilitarismo e la metafisica) non può opporsi efficacemente che la ricerca psicologica. Essa sola, riuscendo a determinare positiva mente le concezioni fondamentali del valore morale, porge argo menti di difesa sia contro la negazione di un fondamento reale e necessario del valore etico, sia contro le affermazioni erronee od arbitrarie di esso. Un esempio importantissimo dà Tarozzi dell'ufficio della psicologia nell'etica, accennando ai problemi concernenti la ricerca dei fondamenti psicologici della solidarietà o dei fondamenti naturali di essa, come li chiamava Genovesi, opportunamente ricordato dall'autore. Questo esame particolareggiato comprende la crudeltà e le sue varie forme, la simpatia, così in generale, come nelle sue due manifestazioni principali, gl’atti di cortesia e di protezione. Le dispute sulla natura umana, così conclude Tarozzi, attendono la loro decisione non dagli argomenti del razionalismo, ma dai fatti che la psicologia può rivelare e valutare. Quando fosse dato di stabilire, che non è generale nell'uomo l'avversione al potente, ma allenatureavare, fredde, crudeli, quando si potesse esplorare in un àmbito sempre più vasto l'estensione dei fatti e degl'istinti della simpatia, sì da rendere legittimo il costituire con essi il concetto dell'umanità, questa umanità sarebbe il fondamento di una morale immanente, estranea, benchè non opposta, all'utilitarismo. Quando si potesse attribuire positivamente, cioè psicologicamente e antropologicamente, un valore definitivo al rapporto di solidarietà, e stabilire che esso risponde a un istinto originario, valido per se stesso,e non per l'esperienza della sua utilità, sarebbe tolta all'utilitarismo quella base consistente nella proposizione universale, che l'uomo agisce per il suo utile. Ne c'è da temere che i dubbii della ricerca psicologica si riflettano nella morale, perchè i risultati che la psicologia ci potrà offrire non avranno valore di modificazione del contenuto normativo della  morale, ma bensì tenderebbero a modificare il carattere formale di essa, come dottrina del dorer essere e come scienza. Al Congresso medesimo Calò presenta una comunicazione intorno alla Calderoni ritiene che l'assenza della ricerca e della sufficiente analisi di quello ch'è il fatto ultimo e irriducibile su cui poggia tutta la vita morale, il giudizio etico, ha impedito il costituirsi dell'etica come scienza. Molto ha anche nociuto “la nessuna, o quasi, distinzione che si è fatta tra il giudizio etico e il giudizio teoretico o conoscitivo, La morale deve invece ricercare come ogni altra scienza, dei fatti ultimi, elementari, irriducibili su cui fondare l'edificio autonomo delle proprie investigazioni. L'elemento irriducibile, la realtà ultima, da cui deve prendere le mosse ogni dottrina morale, è un fatto psicologico, un sentimento,  non uccidere per esempio, apparterrà sempre al contenuto normativo della morale, qualunque conclusione possa trarre la psicologia intorno agl'istinti di pugnacità e di ferocia. Ma se le conclusioni intorno al fondamento umano delle tendenze alla solidarietà e alla simpatia saranno negative, l'etica e un sistema dottrinale, la cui imposizione presenta i caratteri della accidentalità e della fluttuazione dei fatti sociali, oppure i caratteri trascendentali metafisici o religiosi; e perciò la valutazione etica e una gradazione fondata su altra base, non su quella della realtà effettiva dei fatti umani. Se invece quelle conclusioni saranno positive, l'etica, assumendole come sue proprie, avrà a fondamento il significato psicologico e antropologico dell'umanità morale e potrà scientemente stabilirei valori umani in relazione conesso. Infine TAOROZZI ri-assume il suo credo in queste parole, che tutto si debba attendere dalla scienza, e che essa sola possa spiegare un giorno perchè abbiano universale valore massime conversazionali come queste: Non uccidere u ‘non mentire,’ “Ama il tuo prossimo. Ogni qual volta noi giudichiamo del valore morale d'un sentimento, d'un'azione, d'una determinazione volitiva, tale giudizio si presenta alla nostra coscienza con un sentimento particolare di approvazione o di disapprovazione. L'esame retrospettivo ci dice, che quel giudizio non risulta da un meccanico sovrapporsi dei concetti del soggetto e del predicato (buono, giusto, ecc.), dal paragone delle loro estensioni e connotazioni rispettive, dalla rivelazione pura e semplice del loro rapport. Ciò che interviene, e ciò che più importa, è il sentimento di approvazione o di disapprovazione, di adesione o di ripugnanza. Qui si presenta un problema fondamentale. Trattasi di vedere se il sentimento di approvazione o di disapprovazione accompagni semplicemente, come effetto o come carattere, la rivelazione del rapporto in cui l'obbietto considerato è con quel predicato. O se quel sentimento appunto renda possibile la costituzione del predicato e quindi, mercè la capacità di riferimento propria della ragione, l'enunciazione del rapporto. Questo problema non può essere risoluto senza una analisi comparativa del giudizio conoscitivo e del giudizio valutativo. E quest'analisi mostra appunto che, mentre nella funzione conoscitiva il sentimento è un sopraggiunto, nella funzione valutatrice è, al contrario, costitutivo del rapporto. Conoscere è constatare, attingere ciò che è; mentre nel valutare, l'atteggiamento dello spirito non è di chi constata, ma di chi reagisce. Non di chi afferma e riconosce l'essere, ma di chi vi aggiunge qualcosa risultante da ciò che in lui non corrisponde, ma risponde alla realtà conosciuta. E l'atteggiamento non di chi afferma o nega, ma di chi si sovrappone alla realtà, o che le assenta o che le si ribelli, sia che lodi, sia che condanni. Mentre, per il teoretico, il sentimento è un accessorio trascurabile, per il moralista, esso è la vera realtà etica, poichè il senti mento serve a caratterizzare qualsiasi obbietto di giudizio etico. In ultima analisi, ogni giudizio etico si riduce ad approvazione o disapprovazione d'un sentimento, d'un istinto, d'una volizione, d'un'azione. Ora l'approvazione e la disapprovazione non sono che due speciali sentimenti, due forme diverse d’uno stesso sentimento, il sentimento del valore. Ilgiudizio etico, dunque, intanto è possibile in quanto si compie una sintesi fra l'obbietto conosciuto e la ragione valutativa ch'esso suscita in noi. E, insomma, questa stessa reazione che costituisce tutto quanto noi diciamo di quel fatto qualsiasi ch'è assunto come soggetto del giudizio. Si direbbe che quel fatto tanto ha di realtà etica quanto e come vive nel senti mento valutativo. Questo poi varia e quasi si determina e si atteggia diversamente secondo gli obbietti a cui si riferisce, e di venta volta a volta sentimento del giusto, del buono, del santo, dell'eroico o dei loro contrari, di rimorso o di auto-sodisfazione, di rimpicciolimento o di stima di se stessi,di pace dell'anima, ecc.; di modo che può dirsi che ognuna di queste determinazioni del sentimento di approvazione e di disapprovazione ha una sua individualità e che l'analisi di esse ci dà l'analisi di tutta la coscienza morale. Il sentimento del valore, come fatto fondamentale della coscienza etica, si pone a norma della realtà interiore e dispone gerarchicamente i vari istinti e le varie tendenze. Un'altra sua proprietà è anche quella di avvertire ogni atto che rappresenti un non-valore come un'intima contradizione, il che dà luogo al sentimento particolare dell'obbligazione. Il sentimento del valore è dunque di sua natura tale da assumere, di fronte al resto della realtà psichica, un'attitudine speciale e da contrapporre all'esistenza di fatto un'esistenza di diritto. Esso si distingue profondamente dal piacere e dal dolore, perchè questi sono stati subbiettivi interessanti semplicemente l'individualità del soggetto, mentre ilsentimento del valore è obbiettivo anche rispetto alla individualità del soggetto che giudica. Il sentimento del valore oltrepassa la sfera della mia utilità o del mio benessere individuale; sono io che sento, ma non perme. Altro carattere differenziale è questo, che nei sentimenti di piacere e dolore lo stato subbiettivo è confuso con l'oggetto della rappresentazione, mentre nel sentimento del valore, l'oggetto è nettamente distinto dall'atto valutativo e può essere rappresentato come obbietto di conoscenza teorica. Ciò ch'è piacevole e spiacevole non esiste che nel sentimento e per il sentimento, mentre ciò ch'è valutato è chiaramente rappresentato di fronte all'atto giudicativo, è insomma conosciuto. Non si può valutare se non ciò ch'è ben noto, tanto è vero che la valutazione si presenta spessissimo sotto forma di preferenza e il valore viene appreso comparativamente ad altri come plus-valore o come minus valore. Sebbene il giudizio di valore abbia il suo punto di partenza nel sentimento,esso non esclude, anzi richiede necessariamente l'intervento della funzione conoscitiva, la quale prepari il terreno su cui possa esercitarsi la funzione apprezzativa. La grande varietà dei giudizi morali osservabile fra individui diversi dipende appunto dal diverso modo come sono appresi e considerati gli obbietti,dai diversi elementi che ci pone in luce la funzione conoscitiva. Così, mentre l'analisi del processo della valutazione etica è compito della psicologia morale, gli obbietti a cui le nostre valutazioni morali si riferiscono non possono esser tratti analiticamente dalla natura stessa dei nostri sentimenti di valore. Essi possono essere determinati in parte in base alla considerazione di rapporti for mali della volontà, in parte in base all'esperienza storica e sociale, quale è studiata dall'etica storica comparative. Calderoni, nelle sue Disarmonie economiche e disarmonie morali, si è recentemente proposto di porre in rilievo talune concordanze fra le leggi economiche del valore e della rendita e le valutazioni morali sociali. In tal modo egli crede che l'economia politica possa apportare un contributo positivo alla scienza della morale e aiutarne il definitivo costituirsi. La vita morale può considerarsi, così Calderoni, come un vasto mercato, dove determinate richieste vengono fatte da taluni uomini o dalla maggioranza degli uomini agli altri, I quali oppongono a queste richieste una resistenza, secondo i casi, maggiore o minore, e richiedono alla loro volta incitamenti, stimoli, premi e compensi di natura determinata. Questi stimoli o incitamenti prendono la forma sociale di approvazione e di biasimo, di lodi, di gloria, di premio e punizione. Premesse alcune nozioni intorno alla legge dell'utilità marginale e alla formazione della rendita, non soltanto fondiaria, ma anche, in generale, del consumatore e del produttore, Calderoni accenna più particolarmente a due specie di disarmonie economiche che si verificano nei fenomeni di rendita. La prima è conseguenza del principio che, data la unicità del prezzo in un mercato, il compratore e il venditore realizzano un vantaggio, rappresentato dalla differenza tra ciò che sarebbe bastato a indurli a comprare o a vendere la singola dose in questione, e ciò che, per effetto del mercato, vengono a ricevere. Ora, se i prezzi sono proporzionali ai costi marginali delle merci, essi non sono proporzionali ai costi di tutte quelle dosi che non sono al margine. Tutti coloro che si trovano più o meno lontani dal margine di produzione o di i mezzi di produzione si trovano infatti in quantità limitata e variano grandemente per qualità ed efficacia, sicchè la produzione si compie in condizioni differentissime da diversi individui,e l'au mento di produzione fatto con mezzi più costosi, mette quelli che impiegano i mezzi più facili in una posizione privilegiata, ch'è poi quella da cui la rendita deriva. Queste e altre considerazioni mostrano, che il fenomeno della rendita non si può correggere mai assolutamente, e che dà luogo a vere e proprie disarmonie economiche. La seconda specie è descritta da Calderoni così. Supponiamo che sia raggiunta in un modo qualsiasi l'abolizione dei più stri denti ed evidenti fenomeni di rendita. In tal caso tutti iprodut  consumo si trovano a fruire di un prezzo, che basta soltanto a rimunerare quegli individui, i quali cesserebbero dal produrre se il prezzo ribassasse; e godono perciò di un vantaggio differenziale, o rendita, più o meno grande. Nè è possibile la correzione automatica del fenomeno della rendita, mediante aumento di produzione da parte di quelli che guadagnano di più, e conseguente ribasso di prezzi, perchè non sta ad arbitrio dei produttori di ottenere in quantità indefinita le merci in quistione. tori riceverebbero retribuzioni equivalenti, per ciascun loro pro dotto, a ciò che è necessario e sufficiente per indurli alla loro produzione. E nondimeno non si potrebbe ancora affermare che all'eguaglianza di retribuzione per i produttori dei diversi prodotti corrisponda una intima ed effettiva eguaglianza nei sacrifizi o nel lavoro che il prodotto costa a ciascuno. La misurazione di questo rapporto implicherebbe la conoscenza dei bisogni e dei desideri più intensi, dei sacrifizi più gravi per ciascun individuo e porterebbe a risultati assai diversi. Dal fatto che due individui sono disposti a dar la medesima somma per una merce o a contentarsi di una data somma per un servigio, nulla può dedursi intorno alla in tensità del desiderio che hanno o del sacrificio che fanno : come dal fatto che due individuisi scambiano una merce, non puòde dursi che chi la cede la desideri meno di chi l'acquista. Dal persistere di queste differenze è condizionata un'altra serie di disarmonie economiche più sottili e più intime e per loro na tura irriducibili, perchè persisterebbero anche quando si riuscisse a stabilire rapporti equivalenti o eguali sul mercato. Dopo questi cenni Calderoni passa a rilevare le analogie tra fatti economici e fatti morali, le quali renderebbero, a suo giudizio, possibile una concezione economica della morale. Anzitutto, non meno in morale che in economia, ciò di cui effettivamente si giudica è, non il valore complessivo o generale degli atti e delle attitudini, di cui s'invoca l'adempimento o l'osservanza; ma il loro valore marginale e comparativo, valore atto a variare e col numero di questi atti effettivamente compiuto dagli uomini,e col numero altresì di quegli altri atti, cui si rinuncia per compierli  Vi è nella vita una gran quantità di atti ed attitudini, che pure essendo di una incontestabile utilità, puressendo essen ziali alla conservazione ed al benessere della convivenza umana, non entrano nell'ambito di ciò che noi chiamiamo la morale. Perchè? Con ciò Calderoni vuole opporsi a tutta quanta la tradizione intuizionistica e kantiana in filosofia morale. Gl’atti morali non hanno alcun valore assoluto, ma un valore esclusivamente marginale e comparativo. Perchè nonostante la loro desiderabilità astratta, nonostante i vantaggi totali che la società ritrae dal loro adempimento, vantaggi certamente assai maggiori, nel loro complesso, a quelli degli atti che la morale esalta; essi sono tuttavia atti di cui non è deside rabile un ulteriore aumento, la cui DESIRABILITA marginale comparata, in altre parole è zero o addirittura negativa. Gl’atti prodotti dall'istinto personale di conservazione o da quello della riproduzione della specie non sono considerati virtuosi, perchè, ben lungi dal richiedere un incitamento, essi richiedono freni, gl’uomini essendo piuttosto proclivi ad eccedere che a difettare in essi, e a sacrificar loro l'adempimento di altre funzioni che sono marginalmente o comparativamente PIU DESIRABILI. Le nostre tavole di valori contengono tutte quelle cose, per ottenere un aumento delle quali, in noi stessi o negli altri, siamo disposti a de terminati sacrifice. Ma non già tutte le cose che possono apparirci DESIRABILI. Col crescere delle azioni virtuose esse tendono a diminuire di valore, come analogamente il diminuire delle azioni viziose tende a render meno disposti a far dei sacrifici per diminuirle ulteriormente. Ond'è sempre concepibile un limite, naturalmente molto diverso, secondo i casi, oltre al quale il vizio, di verrebbe una vizio, viene infatti per la domanda e per l'offerta etica lo stesso che per la domanda el'offerta economica. In una società di completi altruisti avrebbe pregio l'egoista. L'ALTRUISMO è una virtù il cui valore è strettamente connesso colla presenza di egoisti o almeno di non altruisti nella società. Queste considerazioni confuterebbero la legge morale di Kant, che prescrive di seguire massime capaci di divenire universali. Nessuna virtù e nessun dovere resisterebbe ad un esame fatto rigorosamente in base a questo criterio. Moltea zioni sono per noi un dovere, appunto perchè gl’altri uomini non le fanno e rimangono tali a condizione che non siano troppi gli uomini capaci e volonte rosi di imitarle. Come in una barca sopraccarica, l'opportunità di sedersi da una parte o dall'altra dipende strettamente dal nu  e la un virtù, virtù, mero di persone sedute dalla parte opposta. Se qui fosse seguito un imperativo kantiano qualsiasi, il capovolgimento della barca porrebbe tosto fine ai consigli del pilota e alle buone volontà dei passeggieri. Si può credere che si possa ovviare a questi errori particola reggiando quanto più è possibile i precetti e le sanzioni, individualizzandole in grado estremo. Ma alla stessa maniera che in un mercato non si può variare il Prezzo secondo gl’avventori, così alla legge d'indifferenza del mercato, corrisponde una legge d'indifferenza morale, per cui sono stabilite regole comuni non troppo discutibili e sanzioni precise, non atte troppo a variare e applicabili alla media dei casi. La necessità di dare precetti e sanzioni generali dà luogo a fe nomeni analoghi ai fenomeni di rendita. Alla generalità e rigidità della legge morale farà contrasto la varietà delle condizioni individuali, per le quali si verificheranno vantaggi e svantaggi differenziali da individui a individui. Il dovere per ciascuno sarà di fare, non già quello che nel suo caso è il meglio o l'ottimo, ma ciò che in media è meglio che gli uomini facciano di più,di quanto ora non facciano. Non agendo così egli si attirerà una sanzione, che nel suo caso, potrà anche talvolta essere immeritata. Le pene e i premi hanno un costo marginale che cresce col cre scere della loro severità e grandezza,e colla loro estensione; mentre colla loro estensione diminuisce la loro efficacia marginale. La gloria e l'onore, come l'infamia, diminuiscono rapidamente di efficacia quanto maggiore è il numero degl'individui che ne frui scono o soffrono. Così alcuni si troveranno a godere di lode o gloria molto superiore al loro merito, individuale, per avere compiuto azioni, poniamo, talmente conformi al loro carattere che sarebbe piuttosto stato necessario punirli, se si fosse voluto di ciò premesso, Calderoni trova le analogie fra le disarmonie economiche e morali. stoglierli dal farle. Altri subiranno invece biasimo o infamia di gran lunga sproporzionata alla loro colpa. Se poi i precetti e le sanzioni fossero più particolareggiate e commisurate a ciò che è necessario e sufficiente per indurre ciascuno al ben fare, rimarrebbe ancora una gran diversità nelle condizioni individuali, delle quali non si potrebbe tener conto senza diminuire l'efficacia dei precetti e delle sanzioni medesime. E questo dà luogo all'altra specie di disarmonie morali analoghe a quelle che persi sterebbero nel campo economico,se si correggesse la legge d'indifferenza del mercato. Queste disarmonie morali infatti persiste rebbero,anche se le prime si venissero a eliminare,analogicamente a quello che è stato osservato nei fenomeni di rendita. Grice: “I love Orestano loving Benedetta” – Grice: “Orestano takes Meinong very seriously – as he should! Few outside Austria do! Meinong symbolses the I with ‘e’ from Latin ‘ego’ (Italian io), and the other with a, for Latin ‘alter, Italian altro. So we have W for value (worth), and the possibilities that ego desires the evil for alter – sadism. When ego desires the good, he is altruism. Altruism can be reciprocal. In a purely altruistic society, things go well – but Pound knows who’s against that! That’s why Orestano finds sympathy for Meinong, and so do I” --.  Francesco Orestano. Orestano. Keywords: l’opzione eroica, Alighieri, Galilei, Tasso, Vinci, concezione aristocratica della nazionalita, l’eroe Mussolini, l’eroe Enea, Weber e la teoria dell’eroe carismatico, l’ozione dell’eroe non e una ozione. It’s not an option, Calderoni.  Luigi Speranza, “Grice ed Orestano”.

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