Grice ed Ortes – l’implicatura conversazionale del
verso -- filosofia italiana – Luigi Speranza -- (Venezia). Filosofo italiano. Grice: “Being English, I was often confronted with that very
‘silly’ song by Cleese and Idle, but then they were never the first! Which is
good, since they are Cambridge and Ortes is Oxonian! Viva La Fenice!”. Considerato
uno dei più dotati tra i filosofi veneti settecenteschi, precursore
nell'analizzare dal punto di vista della produzione complessiva alcuni aspetti
come popolazione e consumo. La sua impostazione filosofica si fonda su un
rigoroso razionalismo. Nel mercantilismo vide far gran confusione fra moneta e
ricchezza. Fu un sostenitore del libero scambio pur con alcune restrizioni
della proprietà che interessavano il clero, anche se appartenevano al passato ed
è considerato per questo un anticipatore di Malthus, ma con qualche contraddizione.
Malthus prevede l'aumento della popolazione, in trenta anni, in modo
esponenziale, quindi molto di più dell'aumento delle sussistenze. Altre saggi:
“Grandi, abate camaldolese, matematico dello Studio Pisano, Venezia, Pasquali,
“ Dell'economia nazionale” (Venezia); “Sulla religione e sul governo dei
popoli” (Venezia); “Saggio della filosofia degli antichi” -- esposto in versi
per musica (Venezia); “Dei fedecommessi a famiglie e chiese,” Venezia, “Riflessioni
sulla popolazione delle nazioni per rapporto all'economia nazionale: errori
popolari intorno all'economia nazionale e al governo delle nazioni” (Milano,
Ricciardi), Donati (Genova, San Marco dei Giustiniani). Catalano, Dizionario
Letterario Bompiani. Milano, Bompiani, Citazionio su Treccani L'Enciclopedia. Quanto
i suoi studi matematici influissero sul suo metodo economico, vedremo; qui, brevemente,
come in fluissero sulle sue considerazioni filosofiche. Così, scrive egli delle
opinioni ed ecco si studia di ridurre a “Calcolo sopra il valore delle opinioni
e sopra i piaceri e i dolori della vita umana”, Venezia, Pasquali, ristampato
dal Custodi, degli ECON. MOD. FILOSOFIA IN FORMULE MATEMATICHE numero
determinato il valore dell'opinione, che alcun gode, per possedere certa
qualità che lo pone innanzi agli altri nella scelta degli oggetti piacevoli.
Questa buona opi nione nasce o dai natali,come la nobiltà,la patria ecc., o
dallaprofessione,come la milizia,lelettere ecc.,o da qualche prerogativa, come
dall'autorità, dal merito ecc. Ciascun uomo fornito di alcuna di queste qualità
gode di qualche cosa che non godrebbe se ne fosse privo. Ortes si studia di
determinare il valore di questi beni recati dall'opinione. Valga un esempio. Se
si chiede quanto aggiunga di valore alla nobiltà l'opinione della stessa, O. ragiona
così: postoche larenditagiorna liera di tutte le famiglie nobili sia 20,000,
quella che proviene da cariche,magistrature,commende ecc. 3,300, quella che
vien data dall'opinione,cioè coll'autorità di disporre di più posti, e colla
riputazione dei grandi sul volgo, a 700, posto che il numero di tutti i nobili
sia 10,000, il valore di tutta la nobiltà sarebbe espresso da 20,000 + 3,300 + 700
= 2. Falo stessocoin 10,000 puto per le altre opinioni,di cui dice esser
pretesto la virtù,ma verofinel’interesseproprio,poichè,dipen dendo il valore
delle opinioni dalla ricchezza attuale o possibile, è manifesto che si deve
prima d'ogni altra cosa cercare l'utileproprio. Avverte che v'ha sempre
un'opinione predominante che varið col variare dei secoli: ai tempi di Roma li
bera era la conquista; sottoAugusto illusso;ilplato nismo ai tempi di
Costantino; l'investitura ai tempi di Gregorio VII ; le lettere sotto Leon X ; finalmente
lozio a tempi dell'autore! Strana è questa classificazione, PIACERI E
DOLORI. tuttavia 1?O. mostra come il pretesto della virtù coprisse basse mire
di privato interesse. Lo stesso ozio ha il suo pretesto dell'ordine, benchè sia
figlio di vana alterigia.L'uomo che dee servire a molte di queste opi
nionisaràpiù civile, ma piùtimidoefinto;chiapoche; sarà più rozzo,ma anche più
sicuro e più libero. E come l’Ortes si studia di ridurre a calcolo le opi
nioni,così parimenti i piaceri e i dolori. Meno originale e meno astruso è
l'Ortes in questo scritto.Con molta inesattezza di idee e di lingua, espone da principio
la dottrina chetuttociòcheèconforme alla conservazione e sviluppo del nostro
essere, genera piacere; il contrario,dolore; parla dei dolori e piaceri
delsenso,dei dolori e piaceri dell'opinione; mostra l'uomo naturalmente
soggetto al dolore, e che il piacere non è che un sollievo del dolore; con
ragionamento curioso studiasi mostrare che il piacere non può mai s u perare il
dolore, perchè il piacere essendo preceduto, secondo O., dal dolore, sopito che
questo sia, tutto quel di più di piacere che si volesse applicare gene rerebbe
dolore contrario, come l'indigestione dopo la fame cessata, la stanchezza dopo
la danza ecc. Il calcolo del piacere e dei dolori dipende dal grado della
elasticità delle fibre onde alcuno è fornito,e,quanto ai piacerie dolori
d'opinione, dalla stima che ciascuno fadeglistessi. L'autore
nonpretendeanovitàdidot trina, professa di avere scritto secondo la propria
espe rienza, con un temperamento indolente é coisuoi sensi
inun'etàdimezzo.Vedrem poi com’eglistessone ab bia dato un giudizio severo. Due
altre opere filosofiche si hanno di O.: un ragionamento delle
scienze utili e delle dilettevoli per rapportoallafelicità umana;— e riflessioni
su gli oggetti apprensibili, sui costumi e sulle cognizioni umane per rapporto
alle lingue (1); ma si può dispensarsi dal tener dietro a questi discorsi, che,
a dir vero, son pesantissimi. In sostanza l'uno si riduce a mostrare l'ufficio
delle umane facoltà nella scienza e nelle arti belle,anche queste in
titolandole scienze ma dilettevoli,in contrapposto delle a ltre che chi ama
scienze utili; nelle scienze tiene il campo l'intelletto, nelle arti belle
l'imaginazione; quelle hanno per oggetto il vero com'è, queste il veroma elaborato
dalla fantasia. Quindi discorresi in quali termini sia concesso il lavoro
dell'imaginazione e concludesi sul tenore dell'epigrafe : Sol la scienza del
ver giova ed alletta. L'altro ebbe occasione dallatraduzione del Pope, perchè
volendo ragionare delle difficoltà del tradurre, si trova così accresciuta in
mano la materia, che piuttosto d’un proemio s’appiglia a farne un saggio a sè.
In fatto prende la cosa da alto, e filosofeggia sulla varietà reale degli
oggetti e sulla varietà nel modo di rappresentarseli, onde s'apre l'adito a
discorrere delle lingue e delle loro diversità, quindi intorno l'uso della
parola, e particolarmente intorno all'eloquenza. Infine ritorna donde era
partito, e conclude che se il traduttore può benissimo esporre le verità
apprese da altra lingua, non potrà tuttavia produrne tale impressione negli ani
mi, come ne è prodotta dall'originale, se non facendo sene come nuovo autore,
esprimendole cioè inmodo; tip. Pasquali. SUL MODO DI TRADURRE. Non si può
negare che osservazioni argute si tro vino spesso nell'Ortesa ncheinqueste
riflessionisugli oggetti apprensibili, suicostumi, e sulle cognizioni umane per
rapporto alle lingue; ma pur troppo è d'uopo cercarsele in una lettura assai
noiosa. Qualche volta dà risalto a quell'idea che vedremo poi sua prediletta in
economia, che cioè quello solo riesca ove siavi la pubblica persuasione, non
già ove questa non corrispondaagliimpulsi; e però egregiamente dice, che allora
un ammiraglio potea condurre gli’inglesi in
America, come un tempo un romito potea condurli in Soria, perchè gl’inglesi
stessi voleano e avean voluto così. Qualche volta, faticosamente sì, ma pur si
conduce a qualche sentenza netta e perspicua, come, p. es., dopo GOLDONI,
COLTURA ALLAMODA, PUB. OPINIONE. Adatto all'indolee ai pregi della propria lingua. Chi volesse calcare l'autore
straniero sarebbe come chi cre desse ricopiare un ritratto con soprapporvi
isuoi colori, coprendone così e confondendone letinte,ecangiando il quadro in
un mascherone o in un empiastro. necessità invece che gli scrittori s'accordino
sempre col carattere nazionale de'lettori; e qui l’Ortes osserva, che il
miglior poeta comico italiano de'suoi tempi potea bensi starsene in Francia per
passar quivi meglio i suoi giorni, ma non giammai perchè il suo talento comico
fosse così ben rilevato nella lingua francese a Parigi, come il fu già in
Venezia nel dialetto suo veneziano. Qualche volta sembrerebbe anche gaio,come
quando si lagna che, temendosi la fatica dello studio, si trascu rassero le
cognizioni vere, contentandosi di dizionari, giornali, compendi o altri
repertori per dilettare, diver tire,ocome diceano,per amuseare! È USO
DELLA PAROLA PEI GOVERNI avere deplorato che il mondo governisi da chi più
ciarla , non da chi più sa, egli conclude: se chi preten desse governar altri
senza render ragione del suo go verno,sarebbe uomo assai vano;ilsarebbe non men
certamente chi pretendesse governarli per sola copia ed eleganza di voci.
Qualche volta infine dimostrasi d'animo aperto e sollecito per le innovazioni.
« Qui cade a proposito (così egli) d'avvertire l'errore di quelli che si
figurano di richiamar nelle nazioni la verità e la ragione comune (cioè gli in
teressi comuni, pubblici, universali in contrapposto ai particolari, privati, speciali)
perquantovi sifosse smarrita, col rinovar quelle leggi che ne prescrivevano le modificazioni
a'tempi de'lorobisavoli, progetto al tutto assurdo e impossibile. La verità e
la ra » gione comune potrà ben richiamarsi per leggi, per quanto a'tempi
trasandati fosse stata più riconosciuta » per sè stessa in quei costumi, di
quel che il sia ai tempi presenti per costumi che la modificassero in contrario
di sè medesima; giacchè essa in sè stessa è una sola di tutti i luoghi e di tutti
i tempi; ma il richiamarla al presente per le sue modificazioni antiche, quando
tali modificazioni debbon ad ogni tempo esser diverse, non può essere che una
miseria » di mente, per cui si creda la natura non più capace » d'invenzioni in
sua natura, di quel che siasi un po vero consigliere segreto che creda operar
in sua rece. Chi declama contro i nuovi costumi che si vanno in » troducendo, e
deplora gli usati che si van disusando; ha molta ragione se inuovi costumi son
modificazioni di una ragion men comune, di quel che siano gli usatichea
quellidan luogo. Ma seinuovicostumi son » tanto buone modificazioni della comun
ragione, quanto gli usati che siperdono; ei declama inutilmente, come se
ciòfosse contro il variar de venti, essendo l’una e l'altra cosa quanto
innocente, tanto inevitabile e necessaria,e potendo,anzidovendo,quella comun
ragione,per disposizione di natura e per sapienza illimitata del supremo suo
artefice, praticarsi sempre per modificazioni diverse, e comparire in sembianze
ché non siano giammai le stesse, essendo nondimeno la stessa per sè medesima.
Senza questo una simile verità o ragione correrebbe rischio di non esercitarsi
che per inganno; ed è ancor vero che talvolta con richiamare la verità, la
ragione, e la religione stessa per le sole loro modificazioni esterne di tempi
molto remoti, si riesce a perdere tutto il senso reale ed interno di queste
virtù, incariabili per sè stesse, riducendole a quelle materiali loro
modificazioni esterne, senza alcun rapporto a quell interno lor senso e
significato. Si pigli intanto l'Ortes in parola, poichè avrem campo di trovarlo
in seguito così reluttante a certe modificazioni che non sembra quel desso.
Meglio avremo occasione di riandare alcuni suoi pensieri dello stesso libro,
che con certo apparato filosofico mettono innanzi quell'armonia degli interessi,
da lui tanto raccomandata nelle sue opere economiche. Ma lasciamo per ora
queste meditazioni di filosofia. Gianmaria Ortes. Ortes. Keywords: verso. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice ed Ortes” – The Swimming-Pool Library.
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