1939-1989: fa esattamente mezzo secolo da quando Calogero Angelo Sacheli prestava il suo insegnamento di filosofia morale presso la facoltà di lettere, a conclusione del suo periodo universitario genovese. Egli fisso proprio allora a Genova un punto culminante del suo pensiero che pertanto merita di essere rievocato negli Atti dell'Accademia Ligure di Scienze e Lettere nella ricorrenza del cinquantenario del corso. Sacheli, come filosofo e pedagogista aveva esordito nella nativa Si-cilia: dallo studio universitario a Palermo, sino al primo insegnamento a Girgenti, dove conto tra gli amici l'inconvenzionale Parroco Angelo Fi-carra che sarebbe poi divenuto lo scomodo Vescovo di cui parla Sciascia in «Dalla parte degli infedeli». Sviluppò quindi il suo itinerario filosofico durante gli anni della prima guerra mondíale, nell'ansia della ri-cerca, sino al trasferimento (conseguente alla malattia) nel salubre clima di Bressanone (*), dove lo confortò l'amicizia dell'avvocato Carabel-lese e del di lui fratello filosofo, nonchè la gioia dell'amore e delle nozzecon Mina, la docente di matematica del locale liceo, quando egli vi insegnava filosofia, fino allo spostamento sul Tirreno a Genova, città natale della moglie. A Genova Sacheli portò all'acme la sua riflessione sullo axiofenomenismo, incentrandolo nell'eticità. La sua concezione della conoscenza propone un fenomenismo dove la gnoseologia è empiristica e l'ontologia problematica, ossia critica, in profondità di pensiero e concretezza d'esperienza. Per fondare il suo empirismo assiologico, da una parte Sacheli risale a Hume a all'associazionismo delle sensazioni, dall'altra a Berkeley e al suo «esse est percipi». Senonchè la percezione viene sottolineata dal Nostro come fatto soggettivo attivo, in sintesi con l'oggetto nell'atto im-mediato. Nello sviluppo della valutazione critica ogni giudizio ha un valore che pretende all'universalità per le connessioni su cui si fonda e che instaura a tre successivi livelli: empirico immediato, epistematico, morale. Della filosofia sacheliana trattarono ampiamente il Congresso di Messina del 1948 e quello celebrativo del decennale della morte, del 1957 che in Sicilia approfondirono l'interpretazione del pensiero sacheliano. Là Caramella (), Albeggiani, Attisani misero in luce l'autenticità del pensiero sacheliano orientato nelle dimensioni della filosofia e della pedagogia, che aveva preso le mosse dalla scuola del Collotta e del Guastella (). Per ragioni contingenti, meno generoso nella rievocazione di questo autore, venuto a mancare a Messina nell'immediato dopoguerra, (1946), fu l'ambiente genovese: di qui l'opporunità della presente rievocazione. Ispirato da istanze assieme positivistiche e moralistiche, egli rifiuta l'etica aristotelica aggiogata al carro della logica deduttiva da lui considerata ormai «defunto scheletro nell'armadio». Per contro risponde all'appello morale ed educativo, avvertito come istanza primaria, da lui considerato nel rigore giansenistico (già presente nell'Agrigentino dei secoli XVII e XVIII (*)) e accostato al romanticismo spontaneistico dell'ottocento risorgimentale che della Sicilia aveva segnato il risveglio. E di conserva considera come irrinunciabile l'epistemologia empiristica: da quella inglese a quella del suo Maestro Guastella. Linea parallela in questo sviluppo di pensiero è segnata dalle istanze socialiste. Come giustamente sottolinea Santino Caramella, già nel periodo siculo Sacheli aveva avvertito il passaggio dalla cultura contadina a quella industriale, al momento dell'imporsi dei nuovi strumenti acquisiti alla vita quotidiana dal progresso della tecnica nonchè al prospettarsi del nuovo rapporto sociale. Di qui la necessità di un nuovo incontro tra gli uomini e la realtàProprio per questo il filosofo si impone il proprio compito sulla via della più rigorosa epistemologia, sino all'emergere della preminenza della vita morale, e sviluppa il massimo interesse per l'eticità del singolo, perchè ogni individuo si possa trasformare in persona e l'insieme delle persone possa costituire un tessuto sociale di gente responsabile, capace di scelte e di creatività. Lo studio della religione, il problema dell'edu-cazione, la critica del giudizio, la ragion pratica, sono pietre miliari che contrassegnano i momenti succedentisi del pensiero sacheliano: a ciascuno di tali momenti corrisponde la pubblicazione di un'opera sino al conferimento dell'incarico all'Università di Genova della Cattedra di Filosofia Morale. Già al momento iniziale per via di riflessione Sacheli sottolinea come la soggettività empirica precritica implichi per se stessa una oggettività intima, proprio quando gnoseologia ed ontologia a livello empirico si manifestano nello sforzo delle plebi di prendere coscienza della realtà. Nella conoscenza dell'esperienza esse presuppongono la verità Per esse la connessione temporale oggettiva si realizza nel ragiona- mento induttivo che si fonda sulla certezza di tipo empirico. Nell'apogeo del positivismo, procedendo per sviluppi successivi, le sintesi delle scienze positive costituiscono serie di sintassi empiriche, fondate sulle leggi con connessioni costanti, mentre quelle matematiche risultano essere sintesi logiche. Per contro, sviluppando il rapporto idealistico tra soggetto ed og-getto. la sintesi dialettica tra essere e non essere falsamente riduce all'identità l'essere e il non essere; dove il non essere è solo concetto fittizio e quell'identificazione un inganno. Per queste vie Sacheli riprende le ragioni della fenomenologia del Guastella, suo maestro a Palermo, con l'asserzione che irrinunciabile è l'empirismo solo se il fenomeno risulta un atto, un valore, ossia un dover essere: (axiofenomenismo) in una fenomenologia del valore. In questo passaggio dall'empirismo acritico alla fenomenologia del valore si evidenzia innanzitutto la modalità del procedimento logico per vie in- duttive. Nello sviluppo critico solo a questo punto per via di analisi la causalità emerge come dover essere accanto all'idea di essere che sta a fondamento della presa di coscienza nel ripetersi dell'esperienza. Sacheli già nella riflessione degli anni giovanili appunta la sua attenzione non solo sull'axiofenomenologia di Guastella ma anche sui singoli aspetti del dover essere rivelantisi nelle diverse faccie dell'anima.La promozione da carattere a persona, lo svolgimento dell'essere al dover essere nelle scienze, l'accostamento all'etica, alla religione, alla metafisica; dell'esperienza empirica, al valore, alla morale, al regno dei fini, alla fede: tutto si svolge su una linea induttivo-conoscitiva, dove esperienza e conoscenza già costituiscono un continuum nell'axiofeno-menismo, via via fino alla metafisica. Cosi per le vie della pedagogia come per quelle della filosofia critica. Tutto cio costituisce la premessa del corso di filosofia morale tenuto da Sacheli a Genova nel 1938-39, in una visione universale. lo intendo qui in effetti soffermarmi sul momento genovese di C. A. Sacheli e in particolare sul suo corso di filosofia morale del 1938-39, mai licenziato alle stampe nella precisa forma in cui venne tenuto dato che gli anni del conflitto bellico frustrarono l'intenzione dell'Autore di pubblicarlo. Gli scritti anteriori di lui, le note da me prese allora e alcuni saggi posteriori consentono a me, fedele allieva di quel corso, di ricostruire il nodo di quel momento cosi essenziale nello svolgimento del pensiero etico sacheliano. Questa puntualizzazione mi pare importante, perchè essa contrassegna un momento di ricerca particolarmente sofferta e approfondita, in mezzo all'imperversare dell'attualismo gentiliano imperante) nel punto chiave dove il sistema dell'axiofenomenismo individua gli strumenti conoscitivi e la portata del valore etico nella loro connessione. ..* La terminologia del linguaggio filosofico a questo punto dello svolgimento del pensiero sacheliano riscontra la massima ricorrenza nel br-nomio axiologia ed epistematicità, perchè queste due dimensioni indicano il convergere dei due motivi irrinunciabili su cui il discorso etico di sacheli si muove: il rigore conoscitivo e l'essenzialità del valore. Nell'ambiente filosofico dell'Università di Genova, dopo lo scetticismo di Rensi, occupava la posizione privilegiata in campo teoretico l'empirismo critico di Adelchi Baratono con insistito accento sul momento estetico-critico (°). Sacheli, negli anni genovesi, ripercorrendo in modo nuovo il passaggio dall'istanza conoscitiva alle tendenze del dover essere, intende puntualizzare nuovamente la precisa definizione della sua axiofenome-nologia, portandola a un nuovo innesto in campo etico.La prima sua caratterizzazione avviene nella determinazione a livello epistematico. Prese le mosse critiche dai Prolegomeni Kantiani, ed esclusa la logica puramente formale, alla sintesi a priori kantiana Sacheli sostituisce come punto di partenza il primum nell'incontro fenomenolo-gico tra soggetto e oggetto, che trova il suo punto iniziale nell'atto. L'atto è sintesi indivisibile e originaria nella sua concretezza; impre- vedibile, quindi incausale in quanto immediata. In campo conoscitivo risulta come frutto di induzione, dove solo a posteriori si evince il carattere formale delle categorie Il sapere epistematico si fonda sulla metodologia: il primum esisten-ziale, sintesi induttiva, acquista via via coscienza dell'oggetto, del me, e, attraverso questo, del soggetto. La successiva tematica in cui si snoda il discorso, muove discettando sui termini di essere, di identità, di diveni- re, di dialettica, di dover essere (°). Siamo ancora a livello conoscitivo scientifico: nell'epistematicità iniziale, nella conseguente analisi emergono fenomeno e valore, oggetto e soggetto, come componenti dell'iniziale sintesi in nome di un principio di causalità. Pertanto è importante detto principio: la causa si impone per la sua evidenza intrinseca, a livello fenomenico, assieme come per-cetto e come possibilità di ulteriore atto percettivo. Procedendo per questa via a sua volta il soggetto come «me» e come «io» risulta valore nella presa di coscienza, in opposizione all'essere, (A. p. 155), divenire contro staticità, o contro passività. Il percetto nel suo darsi, come determinatezza particolare si pone condizione formale dell'atto, dove la sintesi è orientata sempre verso il nuovo e l'ignoto. Dall'empiria alla percezione; dalla presenza alla rappresentazione: se nella sua posizione assoluta di originale spontaneità l'atto è già valore nell'empiricità, l'atto percettivo è categoria vera e propria, condizione di intelligibilità, mentre le nuove generalizzazioni induttive presuppongono via via la sinteticità dall'atto (A. p. 163). Il duplice aspetto soggettivo e oggettivo evidenzia cosi il carattere assiologico e sintetico del processo induttivo, con inferenza dal particolare al particolare, ma dove la sintesi stabilisce un rapporto di connessione nella graduale estensione del possibile, e del deontologico, a livello dell'oggetto prima e del sog getto poi. Nello sviluppo dello studio delle condizioni formali dell'atto Angelo Calogero Sacheli si sofferma sui caratteri di identità, determinatezza, univocità e non contradditorietà, presenzialita o rappresentabilità, modianalitici di presentare la sintesi (citata). Tutti caratteri che, rispetto alla concretezza in cui si pongono, risultano esigenze e valori, mai completamente esaustitivi; ed evidenziati grazie a procedimenti di sosta e di ri-flessione. Tanto più vero qaunto più nel processo induttivo si avanza dalla mera empiria ai gradi più alti del dover essere. Ma nota inequivocabile dei valori è sempre la spontaneità, fresca, viva immediatezza (A. p. 164) originale dell'attualità spirituale che «si manifesta ponendosi per altro», «se la nota differenziale di essa è non l'essere (uguale a se stesso), ma il dover essere, bisogna riconoscere che solo nella spontaneità sintetica del fenomeno si ritrova il vero e proprio carattere del valore. Nel fenomeno, appunto, apparente, che in sè si circoscrive, ma che significa e cerca inesaustamente un'integrazione alla propria incompiutezza». Per questa via si passa dalla conoscenza alla necessità al dover essere, dove la nozione di forma pura è una meta scientifica e dove nello stesso tempo il mondo dell'esperienza risulta quello del valore, appunto del dover essere. «Abbiamo troppo poca fede nella spiritualità essenziale della nostra pur frale umanità» (A. p. 164), egli esclama, e nel momento della sintesi induttiva coglie il percipere assieme col percipi (). Sacheli approfondisce questa posizione dello spiritualismo proveniente (R.P. p. 8) dalla sua iniziale impostazione positivista e segue con attenzione puntuale il passaggio dalla necessita nell'immediato della co-scienza, alla nota della necessità in tutte le valutazioni, al carattere axio-logico della sintesi di forma e contenuto, di atto e percetto, a livello morale di cui ci sfugge la connotazione del valore proprio per la millenaria abitudine realistica che diventa istintiva attitudine ontologica a vedere nel reale solo «res extensas» o «res cogitantes». Qui per Sacheli il rapporto oppositivo tra necessario e contingente, è di una illegittima dialetticità. Egli sostiene, (A. p. 197) «La contingenza è una veduta astrattiva dell'analisi» che si appalesa nel percetto, ma che tende a divenire rappresentazione e, quindi, possibrita In effetti, come la negazione di essa porta via l'atto stesso, essa è ne-cessità; è axiologica se vi si interviene per induzione connessa alle condizioni formali dell'atto. Tutta la coscienza si muove a questo livello sul piano del dover es- sere. La via è ascendente.Sviluppato in questa direzione, a livello axiologico, in ultima istanza «l'io è altro dei suoi contenuti» (A. p. 277), anche Sacheli riconosce coi formalisti puri. «L'io e le sue condizioni epistematiche arrivano a costituire il contenuto; in quanto sintesi il soggetto è assieme valutazione e valore»..., «ma la concretezza di esso ci vieta di distinguere appositiva-mente i suoi elementi; dove l'oggetto ha valore di certezza, il soggetto è posizione epistematica». Quindi il filosofo passa dalla continuità del me all'unità sintetica dell'io; dal porsi dell'io come soggetto, al porsi predicativo del giudizio; dalla presentazione alla rappresentazione della rela-zione. Anche nel legame tra soggetto e predicato la caratteristica è l'unità sintetica: tutta la filosofia trascorre così dalla continuità all'unità sin-tetica, nella concretezza per processo induttivo. L'io individuale, unità sintetica del me, è la coscienza formale: di qui, con l'assenso di fronte alla certezza, si afferma la spiritualità dell'io, attraverso l'autocoscienza: il passaggio dal quod est al quid est è passaggio da esistenza ad essenza; con carattere axiofenomenico e non trascendentale (A. p. 253). L'io è adaequatio rei et intellectus, come verità nella misura in cui il soggetto non è io puro, ma complesso di termini re-lazionali. Esso si realizza in circolarità, attraverso l'atto con giudizio predica-tivo, per induzione, e analisi derivate (causalità, identità, etc.), nella successione temporale (A. p. 259). In altre parole: nel dispiegarsi concreto e reale si attualizza l'io, nella mera sinteticità dell'atto. Piuttosto che accettare l'idealismo dialettico non evidente e non ve-rificabile, Sacheli preferisce l'atteggiamento nominalista, cosi ricco di creatività e di invenzione, ma non si sofferma su altre posizioni: procede rigoroso per le vie di epistematicità di tipo scientifico. Sulla linea dello sviluppo epistematico della coscienza egli approfondisce la ricerca nelle sfere della moralità, per lui sempre essenziale, del vivere umano e oggetto particolare del suo corso universitario genovese (1938-39). Le implicanze della conoscenza scientifica dell'oggetto già a livello di epistematicità axiologica oggettiva danno una responsabilità ben più complessa e vasta, chè coinvolgono il mondo della natura e dell'univer so con gli strumenti di conoscenza del soggetto morale. Pertanto nei confronti dell'oggetto di cui l'uomo scopre le leggi, per l'uomo stesso emerge un imperativo morale. A distanza di 50 anni oggi gli ecologisti nel relativismo scientifico mettono in evidenza la validità di questa impostazione che comporta per luomo la verifica delle conseguenze diogni suo atto anche nei confronti della natura, con inquadramento di sintesi nel complesso reticolo delle cause e degli effetti a catena, con piena apertura, al di là delle impostazioni singole e parziali, in una visione universale. Sempre su quella linea, nello studio della semplicità dell'atto, Sa-cheli indaga circa la ragione pratica pura nel campo dell'azione e del sentimento umano abbinati. Nel dovere etico trasferisce per una piena e comprensiva intelligen-za, il dover essere della vita, dell'esistenza e dell'esperienza che supera l'ordine cosmico nell'ordine morale. (Si veda il commento di Santino Caramella: nota n. 2). L'atto è la causa dell'essere, che unisce il soggetto e l'oggetto in relazione sintetica, con un principio causativo di sè come dover essere. Così alla normativa tradizionale Sacheli sostituisce l'epistematicità deontologica nel campo morale, introducendo gli accenti particolari con cui vuol mettere in risalto e caratterizzare il respiro del suo pensiero etico. Egli non ammette un formalismo universalizzante che appiattisca tutta la drammaticità della vita morale. L'atto comporta una sintesi tra soggetto e oggetto, a priori in quanto posto come primum iniziale, che si svolge per via induttiva nell'atto di conoscenza del mondo fenomenico, ma che si sviluppa attraverso lo scontro con gli ostacoli della vita; atto morale, dotato di epistematicità analoga a quella dell'atto conoscitivo, e assieme di drammaticità. La vita è qindi un divenire, dove pensiero e azione si risolvono attraverso la sintesi in una funzionalità sperimentale che dà valore all'essere nella dialettica e faticosa drammaticità del vivere. Solo con questa concretezza si può cogliere l'identità del soggetto morale alla cui azione i contenuti danno di volta in volta valore (ciò che sfugge all'etica kantiana per il cui formalismo i contenuti sono indifferenti). Il valore dell'azione morale, secondo Sacheli, emerge solo nella sintesi tra soggetto e oggetto che si realizza nella concretezza: solo il contesto fenomenico concreto dà all'atto la portata axiologica che gli compete, conferendo al soggetto etico la responsabilità individuale e inalienabile. Così nel campo etico la vita risulta un generoso porsi del soggetto in solidarietà con l'universo. Se il positivismo attribuisce i caratteri di comune e generale al fatto, l'eticità attribuisce i caratteri di comune e generale all'atto. Il filosofo riprende lo sviluppo seguendo le linee convergenti dell'epistemologia e dell'assiologia.A livello iniziale la certezza ha carattere empirico. Nella conoscenza scientifica l'elemento subiettivo e obiettivo sono due termini opposti. Quando la scienza giunge alla certezza induttiva con esplicazione causa le per via epistematica, l'oggetto risulta presente come atuale, come an-tecedente, come possibile. L'universo cosi si risolve nelle nostre percezioni (A. p. 308) in una attrezzatura di idee umane, mediante le sintesi dove il fenomenismo risulta assieme gnoseologia e ontologia. In questo ulteriore approfondimento sulla linea epistematica Sacheli sposta il passaggio dalla necessità della scientificità al dover essere della morale. Egli pone come «discutibile che il criterio di universalità scientifica sia il discriminante necessario e sufficiente per distinguere il giudizio etico da ogni altro giudizio di valore» (A. p. 308). Per Sacheli è legittimo si il generalizzare e considerare l'universa-le axiologico in quanto universale come fondamento dell'oggettività (A. p. 185); ma a questo punto del processo induttivo e generalizzante egli valuta come motivo epistematico il criterio che spinge il soggetto a fruire del valore logico di certezza (A. p. 277), in direzione aperta, sulla linea della causalità efficiente, a livello di concretezza. Già il Guastella dimostra la derivazione necessaria della nozione di libero arbitrio da quella di necessità efficiente in base al principio di evidenza, essendo: «l'evidenza che ci impone l'affermazione del libero arbitrio» (A. p. 278). Per questa via Sacheli va oltre, passando dall'imperativo logico del fenomeno all'analogo imperativo etico del dover essere. Analizzando la ragion pratica sul versante epistemologico, con le sue dimensioni assieme epistematiche ed axiologiche, Sacheli definisce il tipo di giudizio sintetico (a priori) che è proprio di questa sede. La sintesi (R.P. p. 234) non è solo «attualità determinata, unità di determinazioni e di sensi, bensì - percettivamente - unità in atto, determinazione immediatamente colta, senza possibilità di ulteriore discriminazione, forma pura di coscienza di cui i percetti appaiono i contenuti»... E anco-ra: «l'esperienza ci appare qui connessione unitaria di valutazione e va-lori, delle posizioni ponentisi e del porre una molteplicità di percetti». In altre parole: nella sintesi etica i vari livelli e le varie componenti confluiscono, i fini ed i mezzi hanno ugualmente valore, rientrano nell'universo axiologico che appare tutto sotto il crisma dell'epistemati-cità, dove i termini di conoscenza e coscienza si identificano. Nell'esperienza degli atti che rinnova lo sforzo dell'impostazione critica, ad ogni acquisizione di valore l'uomo realizza la propria dignitànella misura in cui si pone l'universo, lo percepisce, lo conosce e si dispone col libero atto morale a formarlo e a trasformarlo, o a formare e a realizzare sè stesso. Dal fenomenismo axiologico l'autore vede emergere un idealismo empirico che deve riuscire a fondare in termini epistematici il problema dell'etica, si da stabilirne le possibilità costruttive. Il problema del dover essere razionale risulta al centro di tale ricerca speculativa. Nella piena apertura della disponibilita etica Sacheli pone l'accento sugli atteggiamenti morali di creatività e spontaneità: la virtù non si insegna più che non si insegni il genio. Ma proprio per la personale vocazione morale e filosofica Sacheli si dedica con passione ad indagare nel mondo della coscienza per stabilirne le condizioni e studiarne la funzione imperativa. La morale moderna vuole essere indipendente e l'etica non norma-tiva, dove molti dei punti di vista antichi appaiono come pedanteria superata e inaccettabile, dice Sacheli (R.P. pag. 21): «il dovere uscito dai sacri templi della meditazione personale, dal misterioso balenare in momenti eccezionali di vita, diviene fatto quotidiano... Il punto fermo della nostra attività è e rimane un senso vivo dell'obbligo... Ma la scienza è in ritardo sul tempo, solo essa non si adagia ai bisogni dell'età nostra e la moralità nostra procede incerta per difetto della dottrina... I sistemi morali chiamati a render conto e a sorreggere la nostra esistenza, non individuano la saggezza... Per sete di sapere, sete diabolica di adeguarsi all'essere, per una sempre maggiore "libertà", amore solo di "conoscen-za", ci è impossibile credere alla saggezza»: e passa in rassegna gli idoli che traducono i principi morali in volontà di adeguamento alla realtà in fieri, con spirito di asservimento. Cosi la libertà diviene pseudolibertà e la coscienza pseudoco-scienza. Perchè le mete si adeguano sul potere e sull'essere anzichè sul dover essere. Per risalire alle fonti della morale, spontaneistica e creativa, con spinte di apertura in campo educativo e sociale Sacheli si rifa ai pensatori romantici, nel corso 1938-39, specialmente a Schiller e ancor più a J. M. Guyau, poetici assertori della spontaneità e della bellezza emergente dal regno dei valori (Schiller parlava appunto di anima bella). Per spiegare le ragioni della anomia nella morale moderna il Sacheli analizza in particolare le ragioni di J. M. Guyau, di questo poeta pensato-re, che egli predilige per simpatia personale, perchè non egotistico di- scettatore, bensì filosofo generoso che tutto si espande e dona.Per l'autore francese la vera autonomia significa mancanza di legge, in quanto non vi è dualismo tra senso e ragione, tra norma e bisogni dell'anima Già Schiller - ricorda Sacheli - aveva trovato nell'amore la pienezza della ragione e la sintesi di questa con la sensibilità. L'amato non è opposto a noi, è tutt'uno con noi. Con l'amore è superata la legge: esso è complemento della legge... Secondo il Guyau è l'amore a compiere la funzione di eliminare l'imperatività, in un universo che è tutto mo- ralità. Quando la norma nella realizzazione va al di là dell'umano le anime cercano ansiose la spontaneità viva e calda. (R.P. p. 16). «Anche l'arte non basta - dice Guyau - l'arte è troppo vana e solitaria... in questo mondo, io ho da far meglio che sentir battere il mio cuore. Che l'amore mi leghi agli altri! Nel cuore degli altri io mi perdo. La fecondità morale. la vita che prende coscienza della sua intensità, sono la giustificazione dell'amore. Ed è la vita che lo esprime come sorgente comune dell'in-conscio e della coscienza, il teorema fondamentale di ogni etica». Per la sua forza intima tende ad espandersi ed è un dovere in questa direzione, perchè il potere urge come dovere. Il Guyau giunge a fondare la teoria degli equivalenti del dovere; come: poter fare, l'idea dell'azione superiore che diventa esigenza della vita, l'identità tra pensiero e azione come unità dell'essere, la fusione crescente della sensibilità e il suo carattere socievole. È la spontaneità che crea la ricchezza morale. Di qui l'audacia del rischio metafisico che affronta le mete più impossibili ivi compresa la morte. E tutto questo itinerario a livello di coscienza. Infatti secondo il Guyau per il filosofo non ci deve essere un solo elemento di cui il pensiero non cerchi di rendersi conto (R.P. p. 30). Su questa base egli critica i tipi di morale esistente. La metafisica realista impone un obbligo assoluto che deve dedursi da fuori; ciò che sfocia nel dogmatismo. E se la morale della certezza pratica nella variabilità del dovere denuncia l'errore di ogni morale intuitiva, perchè troppo arbitraria, la morale formalistica kantiana non può produrre che una soddisfazione logica, nella variabilità e nell'incertezza dei contenuti; d'altra parte la morale della fede metafisica si fonda per conto suo su postulati. L'etica del dubbio proposta da Foulle, maestro di Guyau, ha il merito di ridurre la morale a un'interrogazione che presuppone una scelta da parte del soggetto. Ma Guyau nel suo tentativo non riesce a dimostrare la possibilità di una fondazione razionale dell'imperatività che è di momento in momento sempre nuova a sè stessa. Dando per scontato che l'unico procedimento scientifico sia quello della deducibilità a priori egli è costretto a rinunciare alla fondazione di una morale scientificamente coerente e criticamente autosufficiente.Il punto debole della critica di Guyau, secondo Sacheli, sta nel residuo dogmatismo della deduzione a priori. Pertanto il pensiero del Guyau, pur cosi avvincente rimane in sospeso. Sulla stessa linea guyautiana il filosofo siciliano perviene ad attuare la sintesi nella connessione tra esigenza affettiva e volontà. Sacheli svilupperà le premesse implicite nella ricerca guyotiana riportandole col suo rigore epistematico a un'istanza d'imperatività e di obbligatorietà atta ad inserirsi nel quadro della morale formale, ma osservando l'afflato di libertà costruttiva così aperta sulle elfettive dimensioni del mondo at-tuale. Mosso da un suo senso vivo di responsabilità speculativa, Sacheli affronta il problema della razionale imperatività individuale, ponendola al centro dell'eticità. Con coerenza e rigore epistemologico, portati ben più oltre di quelli del Guyau e degli intuizionisti francesi (da Renouvier a Bergson), Sa-cheli sviluppa il significato del rapporto atto-valore. Si tratta di definire e qualificare le ragioni dell'etica e della spiritualita nel concreto contesto. Egli mette l'accento sulla realtà della coscienza, tutta integralmente valutazione e valore, di fronte al dover essere. Nell'axiofenomenicità, secondo Sacheli, la coscienza ritrova le concrete detrminazioni del dover essere universale e imprescindibile: (A. p. 180). Ciò per la costituzione di un idealismo empirico, criticamente non dedotto dall'essere ma costruito interamente sul dover essere. Sì che il dover essere, nella sua axiofenomenicità, esaurisce in sè l'essere, figlio del pensiero precritico. Nel passaggio dall'essere al dover essere, a livello morale, l'impera-tivo, il comando non si può imporre dall'esterno alla singola coscienza: il filosofo non va in cerca della legge formalmente obbligatoria, bensì mette in risalto il carattere della sintesi reale, valida proprio per la presenza abbinata del soggetto e del contenuto oggettivo, nella portata axiologica. Questa Lebensanschauung del reale trasferisce sul fondo di un sereno umanismo tutte le possibili costruzioni e le relative ambascie metafisiche del mondo (A. p. 10l) nel piano del pensiero, e perciò stesso ne garantisce la nobiltà e anche la risolvibilità. Sacheli non si lascia allettare dal fascino del buio, come in quell'epoca B. Varisco, o dal male e dal nulla vanificante: lo rifiuta come tenebra, come negatività, come non essere, che non può venir posto in termini di bipolarità, equivalente con l'essere. Egli pone la sintesi iniziale confrontandosi con la positività di essa: vede lo sviluppo nella dram-maticità, nello sforzo del divenire, nell'impegno della scelta e del supera-mento, tra il bene e il meno bene. Prese le mosse da un punto precosciente si sposta dal dato sintetico all'atto nel rapporto col mondo e con l'altro. L'acquisizione di coscienza per gradi si dilata nella direzione del sociale. Di fronte al dato nel momento della conoscenza, nell'atto etico comporta una scelta radicale: il riconoscimento dell'essere si sposta a quello del dover essere; si svolge dalla conoscenza epistematica a livello scien-tilico, a quella più avanzata a livello etico deontologico: nel passaggio non c'è differenza di qualità, ma di grado, sì che tutto il dramma della vita, superando gli ostacoli che si oppongono, muove verso un'unica armonia. Il problema generale dell'axiologia umana non è quello di dare le basi dei valori, bensì quello di assicurare l'esercizio, nel superamento etico verso il regno del dover essere, dove la certezza dà la misura della necessità. In effetti l'atto conoscitivo dove l'induzione è strumento del sapere, a livello morale porta dall'attuale al possibile, dal contingente e condizionale all'assoluto e incondizionale. Se l'effetto può avere rapporti di identità con la causa, a livello morale è sempre un dover essere che comporta continuo accrescimento spirituale. Nella complessità del suo vivere axiologico il soggetto morale sco- pre il significato dell'alterità. I soggetti al plurale, tra di loro sono in relazioni interdipendenti, e realizzano un sistema oggettivo, universalizzante, che li sospinge verso un'unità axiologica incondizionata. Anche il riconoscimento dell'alterità per la via epistematica è una funzione analitica, dove la relazionalità è scrittura del mondo fenomenico. Nel contesto della fenomenicità il soggetto, promosso a persona, riconosciuti anche gli altri soggetti ne aiuta l'ulteriore promozione. Per tali vie le persone diventano società attraverso atti di coscienza individuali, soggettivi, personali. Cosi cinquant'anni orsono Angelo Calogero Sacheli nella sua filosofia morale procede per le vie della percezione, dell'induzione e dell'analisi in momenti di mediazione, dal fenomenismo alla axiologia più costruttiva attraverso una rigorosa epistemologia razionale e individuale. Soggetto e oggetto, percezione e percetto, atto e sostanza, si pongono nella sinteticità dei termini dove la differenza tra me e io non è nè gnoseologica nè ontologica, ma è indicata da diversi gradi di riflessione. Sacheli sviluppa la sua linea studiando nell'effetto il nesso che spiega il perchè oltre al come (*), nel fenomeno che è presente ed assieme possibile «nella sfera del pensiero» dove «l'infinito non può che esserepotenziale». (Sacheli «Fenomenismo», Genova, 1926, pag. 17). Con ciò apre una finestra sulla metafisica, per la ricerca di un assoluto. Ma in questa sede dell'eticità epistematica egli non sviluppa la ricerca nella direzione metafisica, lo farà più tardi. Egli qui si limita ad esemplificare sino a confrontarsi con il modello incarnato dell'Uomo-Dio (A. p. 181) «Il Cristo lega con l'immanenza sperimentale dei valori la nostra caducità al soprannaturale, sopravveniente regno di Dio, Egli Figlio di Dio Padre, travagliando al farsi della sua volontà, chiamandoci a quest'opera inesausta, unica grandiosa e terribile, pregando Egli stesso, operosamente e solidalmente con noi, per la realizzazione di tutte le nostre autentiche necessità di vita. Egli assume - vale a dire - decisamente e coraggiosamente come valori le nostre più marcate determinazioni empiriche...› chè solo nella sua concretezza tutta la nostra vita è valuta- zione; tutta si dispiega in valori. «La nostra giornata è piena di questa esaltazione spirituale senza interstizi o vuoti e senza che un istante solo riafliori il non valore o il nulla, se non ci associamo alla monotonia dell'abituale concettualizzan-dolo... Non c'è posto per il nulla nella realtà fenomenica della coscienza». Non la ricerca metafisica, ma il carattere epistematico e personale stanno a cuore nella ricerca axiologica sacheliana del 1938-39. Il momento dell'induzione diviene una seria operazione dello spiri-to, che fa presa sul reale, ed è «esperienza... di un soggetto, un rappresentare mio, tuo e nostro» (pag. 147, «Fenomenismo»). «Un accrescimento spirituale» che il soggetto, particolare persona empirica, attua con una promozione di valore. Si afferma qui «la natura axiologica» del dover essere che si realizza in spirito di libertà. Nella vita associata considera l'interferenza fra i soggetti sul piano della sinteticità come «anapodittica necessità», come già affermava Vari-sco, assimilati per un processo d'induzione «senza neanche la necessità di riduzione all'uno» (A. p. 319). La consistenza dell'io affermante e dell'io affermato, l'equivalenza dell'io e del prossimo appare meravigliosa a Sacheli; sistema oggettivo per l'idealismo empirico dove ogni soggetto è contenuto nella coscienza dell'altro. con tensione verso l'unita, ma in autonomia, quasi vera e propria rivelazione metafisica: il fondo del reale (A. p. 326). Tale verità resta problematica, mentre il soggetto nel trascendimen-to di sè riconosce l'alterità dell'altro soggetto. Il reale come molteplici- ta di unità sintetiche attraverso la percezione tende all'unità axiologi-ca nell'insieme dei soggetti. Ma per il pensiero critico (A. p. 330) diceSacheli ‹il reale rimane un acosmismo di spiriti fraterni per il quale sono state poste tutte le condizioni di superamento, dove le condizioni dell'atto (causalità, universalizzazione) sono connesse con l'unicità del dover essere». «Nel reciproco riconoscersi essi realizzano un sistema di relazioni interdipendenti e cioè un sistema oggettivo universalizzante che li sospinge verso un'unità axiologica».... «ordine morale, universalità etica, che si adempie nell'universalizzazione induttiva» (A. pag. 300). Il riconoscimento da parte del soggetto degli altri soggetti rappresenta una crescita e «garanzia del dover essere, nel mondo» (N. Rocchi) (*) «dell'axiofenomenicità». Cosi si accentua il valore della concretezza della vita associata, fondata sul rigoroso procedimento epistemologico assieme positivista per la sua concretezza e spiritualista per la sua finalità, che rispetta in ogni soggetto l'altro per aiutarne la crescita nella spontaneità, sino a trasformarsi da soggetto in persona, nella tensione verso l'assoluto. Nel 1938-39, memore dei drammatici anni della prima guerra mondiale e presago della bufera imminente, forte delle teorie associazioniste del Wundt (R.P. p. 284), Sacheli insiste nel sottolineare che il sapere positivo e la coscienza dei singoli nella pluralità dei popoli porta a un cosciente umanesimo dove il senso di responsabilità dell'uomo colora di sè la vita del mondo. L'iniziale positivismo irrinunciabile nell'impostazione originaria del dato fenomenico si svolge in un clima di certezza, di epistematicità e di scelta, si da ridare all'uomo la dignità del suo essere e al mondo il destino del presente e del futuro, posto sotto il segno della conoscenza, della verifica e della bontà dell'uomo. Soggetto tra soggetti, dove la totalità di ciascuno, con integra l'indi-vidualità singolare di ciascuno, garantisce della concretezza, ma dove nei singoli si trovano le condizioni epistematiche dell'atto che, come va-lore, tende verso l'universale concreto. Dove la soggettività etica è insostituibile, il regno dei fini si instaura con la nostra tremenda responsabilità nella nostra singolarità mortale (R.P. p. 253 e passim) nella nostra empiricità individuale, nella tensione verso l'infinito. Quivi la stessa preghiera, comune ispirazione ed esigenza, è l'uni-versale della coscienza, dover essere proprio a ciascuno; come in ogni opera d'arte, in ogni sapere scientifico. C. A. Sacheli, se insegnava a pregare alla nipotina bambina, Giusep-pina: «Padre Nostro che sei nei cieli; sia fatta la Tua Volontà in cielo e interra; dacci il pane quotidiano; perdonaci come noi perdoniamo; liberaci dal male...», agli studenti universitari insegna a pensare, in un momento in cui si è dimenticato il significato della parola «coscienza», indicando l'identità di coscienza e di esperienza e nel trapasso dall'atto al valore affermando la preminenza assoluta della spiritualità. Tutto il corso del 1938-39, senza sosta, è una testimonianza del filosofo che crede nel sapere e annuncia sapienza e verità attraverso l'uma-no itinerario della coscienza: dall'empiricità alla conoscenza scientifica, all'epistematicità morale, in gradi successivi. Atto, induzione, sintesi, immediatezza, certezza, evidenza, necessità; analisi e derivate secondarie, identità, essere, causalità, causa efficiente; valore, liberta, scelta; e di nuovo sintesi del prima e del poi, del fatto, dell'atto e del valore, nella continuità del vivere, in ogni attimo che ricade nel dominio dell-homo sapiens» L'uomo questo individuo concreto e finito in un mondo di relazio- nalità sa pensare, giudicare e volere, ponendosi un fine. Emerge cosi l'epopea della società degli uomini, cimento inimitabile e creativo per ogni esistenza, dove ogni singola persona è responsabile di momento in momento; razionale soggetto di pensiero e di azione, unitamente agli altri soggetti di responsabilità: tutti nell'impegno epistema-tico, di fronte al mondo in costruzione, sapienti operatori di valori in una cospirazione verso il destino finale; con un'apertura metafisica, non fittizia finestra dipinta sul muro, ma effettivo spiraglio aperto sull'infini-to, nell'universalizzazione induttiva, verso l'unicità del dover essere. Il discorso filosofico di Sacheli si muove attraverso continue valutazioni a livello gnoseologico, con rigorosa e intricata critica analitica, in genere basandosi su giudizi di tipo riflettente, spesso riferendosi, per esemplificare o chiarire, alle singole impostazioni di contemporanei, come a quelle di Levy Bruhl, di De Sarlo, di Scheler, di Orestano, di Calo, di Martinetti, di Carabellese pur diversi nel loro sistema filosofico d'in-sieme, ma d'interesse esemplare per il convergere di problematiche non solo di quell'epoca, ma della logica in assoluto, in tutti i possibili risvolti. (A questo riguardo è interessante la presentazione della problematica da parte di A. Poliseno, ma nei confronti di Sacheli riduttiva e defor-mante). Vero è che Sacheli fu mosso da un'autentica passione per la filosofia morale, in una lotta per la dignità dell'esistenza umana nel momento del naufragio del formalismo dell'etica pura, come della vaporosità del sogno idealistico, volendo ridare all'esistenza umana la sicurabussola della ragione nel tessuto del concreto. Aperto all'istanza di dilatazione del reale conoscibile, nell'era nuova del conoscere e del sapere, Sacheli propone all'uomo l'imperatività morale, come garanzia di dominio di sè e del suo destino. Al di là della moderna istanza metafisica che si sforza di assorbire i cieli sulla terra con paralogismi surrettizi, Sacheli tende a restituire a Dio i Cieli e la terra metafisici, per riconquistare all'uomo l'ineludibile regno della sua responsabilità. Il messaggio di C. A. Sacheli, penetrando fino alla radice dell'esiste-re umano, in spirito di umiltà e di verità, addita il vigoroso impegno del soggetto nella varietà dei mondi reali e possibili emergenti come dato at-tuale, per un rinnovato regno della persona, dove pluralismo dei popoli e democrazia si riconducano alla sovranità della coscienza singola e insostituibile d'ogni uomo, cittadino nel mondo che egli sa porre. N.B. - Faccio presente che le citazioni delle opere del Sacheli edite nel 1938 •Atto e Valore» (= A.) e «Ragion Pratica» (= R.P.) sono riportate nel corso del testo, perchè in realtà stanno al posto delle espressioni che il Professore usava nel contesto del corso universitario genovese 1938-39, di cui qui ho rispettato fedelmente lo sviluppo. In altra sede presenterò l'atteggiamento filosofico di Sacheli di fronte al problema metafisico. NOTE (*) Mi corre obbligo esprimere la mia gratitudine alla Dott. Giuseppina Ferrante, nipote del filosofo Sacheli, per le notizie biografiche che mi forni e per le opere dello Zio che mise a mia disposizione, grazie alle quali potei ricostruire il corso accademico 1938-39, di cui è oggetto questa memoria. (4) S. CARAMBLLA, «La Figura e l'opera di C. A. Sacheli», pp. 7-17, in «Conferenze sul pensiero di C. A. Sacheli», Palermo, 1959. (3) G. A. CoLOzzA, tra l'altro v. «Potere d'educazione», Napoli, 1882. C. GUASTELLA, v. «sag- gio primo sui limiti e l'oggetto della conoscenza a priori, Palermo, 1898. «Le ragioni del feno-menismo», tre volumi, Palermo, 1921-23. (*) «I nuovi metodi di Portoreale», in « Rivista pedagogica», v. 1, 1915, gli studi su Pierre (°) Nello stesso anno 1938-39 Adelchi Baratono teneva a Genova il corso di filosofia coretica sull'empirisme e valore, parte i discete andato ne les edither, Copera la, i nato in Atl pagina. ) Negli elementi della sintesi induttiva coglie il percipi e il percipere. (R.P. p. 329 (v. Ragion Pratica. Firenze, Sandron, 1938(8) Le soluzioni alla Blondel dove il principio di causalità si inserisce come categoria essenziale a priori vengono rifiutate dai metodo sacheliano dove il criterio di causalità è risvolto di giudizio rifiettente nelle vie principi dell'induzione. (*) A. M. Rocchi ha recentemente studiato il tema dell'alterità in Sacheli. Per il nostro assunto è particolarmente importante sottolineare l'irriducibilità dei soggetti tra di loro, sì che la responsabilità è sempre fondamentalmente legata al soggetto nella sua singolarità. Fondamentale tema di riflessione oggi, proprio per la responsabilità del singolo nei confronti di tutti gli altri soggetti. Ma l'accento resta sempre collocato sul carattere irrinunciabile della conoscenza da parte della coscienza personale. BIBLIOGRAFIA Note personali di Giuditta Podestà sul corso di filosofia morale di C. A. Sacheli, tenuto nel 1938-39 presso la Facoltà di Lettere dell'Università di Genova. C. A. SAcHELI, «Indagini Etiche», Palermo, Sandron, 1923. C. A. SACHELI, «Atto e Valore», C. C. Sansoni, Firenze, 1938. C. A. SACHELI, «Ragion Pratica», C. C. Sansoni, Firenze, 1938. C. A. SAcHELI, «Preliminari per una metafisica del valore» Ed. Ferrara; dispense univ., Messi- na, corso 1943-44. C. A. SACHELI, »De magistro• Testi latini, introduzione di C. A. Sacheli, Lezioni di pedagogia anno 1945-46 - Università di Messina, Edizioni V. Ferrara, Messina, 1946. CARAMELLA, ALBEGGIANI, ATTISANI, BIANCA, «Conferenze sul pensiero di Calogero Angelo Sacheli», seguite da dibattito e bibliografia: Centro di studi per la cultura siciliana. Quaderno n. 1, Tip. Italmondo, Palermo, 1959. GISEPPINA FERRANTE, «In ricordo dello zio C. A. Sacheli», manoscritto, Genova, 1989. A. PoLISENo, «Dall'etica formale alla morale teorica» in: Spazioscula, 1989. SCIASCIA, «Dalla parte degli infedeli», Sellerio ed. Palermo, 1979. ANNA RoccHi, «Valore e alterità di Calogero Angelo Sacheli, Labor, Rivista trimestrale di cultura e attualità. Luglio-Settembre 1989, Via Tunisi, 4 - 90145 Palermo.
Saturday, June 21, 2025
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