Grice e Sarpi: la ragione
conversazionale della meta-fisica del fenice, o l’arte del bien conversar – filosofia
veneta – la scuola di Venezia – filosofia veneziana -- filosofia italiana –
Luigi Speranza (Venezia).
Filosofo veneziano. Filosofo veneto. Filosofo italiano. Venezia, Veneto. Very
important Italian philosopher. Definito
d’Acquapendente come oracolo, autore della celebre Istoria del Concilio
tridentino, subito messa all'indice. Fermo oppositore del centralismo
monarchico di Roma, difendendo le prerogative della repubblica veneziana,
colpita dall'interdetto emanato da Paolo V. Rifiuta di presentarsi di fronte
all'inquisizione romana che intende processarlo e sube un grave attentato che
si sospetta sta organizzato dalla curia romana, "agnosco stilum Curiae
romanae", che nega tuttavia ogni responsabilità. L'infanzia e una
ritiratezza in sé medesimo, un sembiante sempre penseroso, e più tosto
malinconico che serio, un silenzio quasi continuato anco co' coetanei, una
quiete totale, senza alcun di quei giuochi, a' quali pare che la natura stessa
ineschi i fanciulli, acciò che col moto corroborino la complessione: cosa
notabile che mai fosse veduto in alcuno. Poi, così serve in tutta la sua vita,
et all'occasioni dice non poter capir il gusto e trattenimento di chi giuoca,
se non fosse affetto d'avarizia. Un'alienazione da ogni gusto, nissuna avidità
de' cibi, de' quali si nutre così poco, che restava meraviglia come stasse vivo.
Nell'anno in cui proseguivano le sedute del Concilio di Trento, Carlo V e in
guerra con i prìncipi protestanti tedeschi e il Parlamento inglese adotta un
Libro di preghiere d'ispirazione luterana. Figlio di Francesco di Pietro S., di
famiglia di lontane origini friulane -- precisamente di San Vito al Tagliamento
-- e mercante a Venezia eppure, scrive Micanzio, per la sua indole violenta più
dedito all'armi ch'alla mercatura. La madre, veneziana, d'aspetto umile e mite
e Isabella Morelli. Rimasta vedova, fu accolta con il suo figlio e l'altra
figlia Elisabetta nella casa del fratello A. Morelli, prete della collegiata di
Sant'Ermagora. Con lo zio, uomo d'antica severità di costumi, molto
erudito nelle lettere d'umanità addottrinando nella grammatica e retorica molti
fanciulli della nobiltà, fa i primi studi, imparando presto e con facilità. A
dodici anni, nell’anno dell'istituzione, dopo la chiusura del Concilio,
dell'Indice dei libri proibititra i tanti, vi finirono il Talmud e il Corano,
il De Monarchia di Dante e le opere di Rabelais, Folengo, TELESIO, MACHIAVELLI,
ed Erasmo, passa alla scuola di Capella, dell'Ordine dei Servi di Maria,
seguace delle dottrine di Scoto. Capella gli insegna logica, filosofia e
teologia, finché il ragazzo fece così rapidi progressi che il maestro istesso
confessa non aver più che insegnargli. Con altri maestri veneziani apprese la
matematica, la lingua greca e l'ebraica. Con la familiarità e co' studii
entra Panco in desiderio di ricevere l'abito de' servi, o perché gli paresse
vita conforme alla sua inclinazione ritirata e contemplativa, o perché vi fosse
allettato dal suo maestro, malgrado l'opposizione della madre e dello zio che
lo voleva prete nella sua chiesa, entra nel monastero veneziano dei servi di
Maria. Continua ancora a studiare con il Capella, rimanendo alieno dalle
distrazioni proprie della sua età finché in occasione della riunione a Mantova
del capitolo generale dell'Ordine servita,
mandato in quella città «ad onorar il congresso e far vedere che
gl'ordini non sono oziosi, ma spendono il tempo in sante e lodevoli operazioni,
difendendo 318 delle più difficili proposizioni della filosofia naturale. Il
qual carico con che felicità lo sostenesse e con che giubilo e stupore di
quella venerabile corona, si può dall'evento argomentare. Essersi così distinto
agli valse la nomina a teologo da parte del duca di Mantova. Prencipe di
grandissimo ingegno, così profondamente erudito nello scienze, che
difficilmente si discerne qual fosse maggiore, o la prudenza di governare, o
l'erudizione di tutte le scienze et arti, sino nella musica, mentre il Boldrino
gli affida la cattedra. Stabilito nel convento di San Barnaba, perfeziona la
conoscenza della lingua ebraica e inizia, col puntiglio consueto, ad applicarsi
agli studi storici. E certo a motivo di quest'interesse che a Mantova
frequenta Olivo, già segretario di Gonzaga, cardinale e legato pontificio nelle
ultime sessioni del concilio di Trento, la cui caduta in disgrazia presso Pio
IV coinvolse anche l'Olivo che fu dagl’inquisitori molto travagliato, col
tenerlo longamente in carcere dopo la morte del cardinale suo signore, ma che
ora, dopo la morte del pontefice, vive privatamente in Mantova. Il gusto
principale che riceva in conversare con lui e perché lo trovava d'una
moderazione singolare, erudito, e che, per esser stato col cardinale a Trento, ha
gran maneggio in quelle azioni e sa tutte le particolarità de' negozii più
secreti, et ha anco molte memorie, nell'intendere le quali riceve molto piacere.
Sono gli anni in cui in Italia continua con vigore la repressione
inquisitoriale di Pio V. P. CARNESECCHI venne decapitato. Gl’brei sono espulsi
dallo stato pontificio tranne che da Roma e da Ancona, nei ghetti delle quali
vennero costretti a risiederee. E impiccato l'umanista A. Paleario. Il papa
scomunica Elisabetta d'Inghilterra, oorganizzò la Lega contro i turchi, ottenendo
la vittoria navale di Lepanto e a Parigi, a migliaia di ugonotti sono
massacrati. Fa la sua professione, entrando ufficialmente nell'Ordine servita.
Anche di lui l'Inquisizione si occupa seguito della denuncia di un confratello che
lo accusa di sostenere che dal primo capitolo del Genesi non si può ricavare
l'articolo di fede della trinità. Ma, poiché effettivamente di trinità divina
non vi è traccia nel vecchio testamento, l'inquisizione gli diede ragione,
archiviando il caso. Dopo aver ricevuto nel convento mantovano il titolo
di baccelliere, e invitato a Milano da Borromeo il quale, dopo aver ottenuto
dalle autorità contro la volontà del Senato, il riconoscimento del tribunale e
della polizia diocesana, avvia un processo di riforma del clero. Ottenne di
essere trasferito nel convento dell'Ordine servita di Venezia, dove e
incaricato dell'insegnamento della FILOSOFIA e continua i suoi studi
scientifici. Nella grande epidemia di peste, che imperversa a Venezia, facendo 50.000 vittime tra le quali Tiziano frimase
immune dal contagio. Dopo essersi addottorato a Padova, e nominato reggente del
convento di Venezia e priore della provincia veneta. Durante il Capitolo a
Parma, nel quale venne rieletto priore G. Tavanti, tenne una dissertazione di
fronte ai cardinali protettori dell'Ordine, Farnese e Santori. Uno dei tre
saggi, insieme con Franco e Giani, incaricati di preparare una riforma della
regola. Il carico suo speziale e d'accommodare quella parte che tocca i sacri
canoni, le riforme del concilio di Trento, allora nuove, e la forma de'
giudizii quella parte tutta ove si tratta de' giudizii accommodatamente allo
stato claustrale. Lascia in questo carico in Roma fama di gran sapere e di
molta prudenza, non solo nelle corti de' due cardinali suddetti, co' quali, per
ordine contenuto in un breve apostolico di Gregorio XIII, conviene conferire ogni
legge che si fa, ma anco e necessario molte volte trattar col pontefice
medesimo. Sbrigato da quale peso ritorna al suo governo. Si tenne a Bologna il
nuovo Capitolo dell'Ordine servita e viene eletto procuratore generale, la
suprema dignità di quell'ordine dopo il generale il carico porta seco di difender
in Roma tutte le liti e controversie che vengono promosse in tutta la religione.
Dove pertanto trasferirsi a Roma dove conobbe e prende strettissima familiarità
col padre Bellarmino poi cardinale, e dura l'amicizia sin al fine della vita, grazie
al quale forse puo prendere visione di diversa documentazione relativa alle
istruzioni date ai legati pontifici durante il Concilio di Trento. Conosce
anche il dottor Navarro, teologo difensore dell'arcivescovo di Toledo, B. Carranza,
accusato di eresia, il gesuita Bobadilla e il cardinale Castagna, poi Urbano
VII. Ha occasione di passare a Napoli per presiedere Capitoli e conversare con
quel famoso ingegno Porta, il quale, anco nelle sue opere mandate in luce, fa
onorata menzione del padre Paolo come di non ordinario personaggio. Scaduto il
periodo di carica a procuratore generale dell'Ordine servita, ritorna a
Venezia, frequentandovi i circoli intellettuali che si riunivano nella bottega
di Sechini e nella casa del nobile veneziano A. Morosini, dove conobbe anche BRUNO.
A Padova frequenta la casa di Pinelli, il ricetto delle muse e l'academia di
tutte le virtù in quei tempi, dove iincontrare Galileo e Bruno, il quale
s'intrattenne a Padova più di tre mesi, poco prima di essere arrestato a
Venezia. Si dove scegliere il generale dell'Ordine servita, e fra i due
principali candidati, Baglioni e Dardano, si espresse a favore del primo. Il
rancore spinse Dardano a denunciarlo al Sant'Uffizio, accusandolo di negare
efficacia allo Spirito Santo, di avere rapporti sospetti con ebrei e allegando
una lettera che fgli scrive da Roma, nella quale sono contenute alcune parole
in discredito della corte, come che in quella si viene alle dignità con male
arti, e di tenerne esso poco conto, anzi abominarla. Senza nemmeno essere
chiamato a Roma per discolparsi, e subito prosciolto da ogni accusa. Ma il
cardinale di Santa Severina, G. Santori, protettore dell'Ordine e capo del S. Uffizio,
mostrò però implacabile indignazione autilizzando tutta la sua autorità per
escludere gli amici dalli gradi et onori con maniere così strane e fini così
bassi, ch'io non ardisco poner i casi che mi sono stati dati in nota, perché
troppo gran scandalo arrecherebbono al mondo. Continua i suoi studi mentre non
cessano le rivalità nell'Ordine servita, del quale venne eletto priore, Montorsoli, che morì tre anni dopo,
succedendogli così, Dardano, accanito avversario del S.. Questi, deciso a
uscire dall'Ordine per sottrarsi all'inimicizia dalla quale si sentiva
circondato, cerca di ottenere un vescovato, prima a Caorle e poi a Nona, in
Dalmazia, che però gli vengono rifiutati a causa delle negative informazioni
che di lui il Dardano e Gagliardi, preposito della casa veneziana dei gesuiti,
diedero al papa. Esse ssente mormorare alle volte che egli con alcuni facci una
scoletta piena d'errori. Non solo: nel Capitolo, Dardano l’accusa di portare una berretta in
capo contra una forma che sino sotto Gregorio XIV disse esser proscritta; che
portasse le pianelle incavate alla francese, allegando falsamente esserci
decreto contrario, con privazioni divote; che nel fine della messa non recita lo
Salve Regina. E assolto anche da queste accuse. La Repubblica veneziana,
stretta a nord dall'Impero, in Italia dalla prevalenza spagnola e papale, in
Oriente dalla potenza turca, e ormai avviata a quel lungo declino politico ed
economico che a la sua sanzione. Alla prudente politica dei patrizi, rasseglla
compromissione con l'Impero e il papato, si sostituì quella degli innovatori, i
cosiddetti «Giovani», decisi a sottrarre la Serenissima all'invadenza
ecclesiastica nell'interno e a rilanciarne le fortune commerciali
nell'Adriatico, compromesse dal controllo dei porti esercitato dallo Stato
pontificio e dalle azioni degli Uscocchi, i pirati cristiani croati appoggiati
dall'Impero. Iil Senato veneziano proibì la fondazione di ospedali gestiti
da ecclesiastici, di monasteri, chiese e altri luoghi di culto senza
autorizzazione preventiva della Signoria. Un'altra legge proibiva l'alienazione
di beni immobili dai laici agli ecclesiastici, già proprietari, pur essendo
solo un centesimo della popolazione, di quasi la metà dei beni fondiari della
Repubblica, e limita le competenze del foro ecclesiastico, prevedendo il
deferimento ai tribunali civili degli ecclesiastici responsabili di reati di
particolare gravità. Avvenne che il canonico vicentino S. Saraceno, colpevole
di molestie a una nobile parente, e l'aristocratico abate di Nervesa, Brandolini,
reo di omicidi e di stupri, sono incarcerati. Paolo V emana due brevi
richiedenti l'abrogazione delle due leggi e la consegna al nunzio pontificio
dei due ecclesiastici, affinché secondo il diritto canonico fossero giudicati
da un tribunale ecclesiastico. Il nuovo doge Donà fece esaminare i due
brevi da giuristi e teologi, fra i quali S., affinché trovassero modo di
controbattere alle richieste della Santa Sede. Venne nominato teologo canonista
proprio S. e lo stesso giorno il suo scritto: Consiglio in difesa di due
ordinazioni della Serenissima Repubblica, venne inviato al Papa. Difese le
ragioni della Repubblica con numerosi saggi. Sono di questi mesi la scrittura
sopra la forza e validità delle scomuniche, il consiglio sul giudicar le colpe
di persone ecclesiastiche, la scrittura intorno all'appellazione al concilio,
la scrittura sull'alienazione dei beni laici agli ecclesiastici e altri ancora,
poi raccolti nella sua successiva “Istoria dell'interdetto”. In quell saggio è
contenuta anche un saggio sulla validità della scomunica, attaccato da
BELLARMINO, al quale rispose allora con l'Apologia per le opposizioni do Bellarmino. Mentre
Micanziosuo inizia a collaborare dopo che Paolo V scomunica il consiglio
veneziano e fulminato con l'interdetto lo Ssato veneto, pubblica il protesto
del monitorio del pontefice, nel quale il breve papale Superioribus mensibus è
definito nullo e di nessun valore, mentre impede la pubblicazione della bolla
pontificia. Obbedendo alle disposizioni del papa, i gesuiti rifiutano di
celebrare le messe a Venezia e la Repubblica reage espellendoli insieme con
cappuccini e teatini. Parteno la sera alle doi di notte, ciascuno con un Cristo
al collo, per mostrare che Cristo parte con loro. Concorse moltitudine di
populo e quando il preposto, che ultimo entra in barca, dimanda la benedizione
al vicario patriarcale si leva una voce in tutto il populo, che in lingua
veneziana grida loro dicendo "Andé in malora!". A Roma si spera che
l'interdetto provocasse una sollevazione contro i governanti veneziani ma i gesuiti
scacciati, li cappuccini e teatini licenziati, nissun altro ordine parteno, li
divini uffizi sono celebrati secondo il consueto il senato e unitissimo nelle
deliberazioni e le città e populi si conservano quietissimi nell'obbedienza. Venezia
era alleata, in funzione anti-spagnola, con la Francia, ed era in buoni
rapporti con l'Inghilterra e con la Turchia. Fingendosi veneziani, soldati
spagnoli, per provocare la rottura delle relazioni turco-veneziane, sbarcano
Durazzo, saccheggiandola, ma la provocazione e facilmente scoperta e i turchi
offreno a Venezia l'appoggio della loro flotta contro il papa. L'Inquisizione l’intima
di presentarsi a Roma per giustificare le molte cose temerarie, calunniose,
scandalose, sediziose, scismatiche, erronee ed eretiche contenute nei suoi saggi
ma naturalmente si rifiuta. Invano il papa che scomunica Sarpi e Micanziosi
dichiara favorevole a portare guerra a Venezia. La sua unica alleata, la
Spagna, minacciata da Francia, Inghilterra e Turchia, non puo sostenerla in
quest'impresa e si giunse così alle trattative diplomatiche, favorite dalla
mediazione del cardinale Joyeuse. Venezia rilascia i due ecclesiastici
incarcerati e ritira il suo protesto al papa in cambio della revoca
dell'interdetto, mentre le leggi promulgate dal Senato veneziano restarono in
vigore e i gesuiti non possono rientrare nella Repubblica. Riceve Schoppe,
molto intimo dei segreti affari della curia romana, il quale gli confide che il
papa, come gran prencipe, ha longhe le mani, e che per tenersi da lui
gravemente offeso non puo succedergli se non male, e che se sino a quell'ora
avesse voluto farlo ammazzare, non gli mancavano mezzi. Ma che il pensiero del
papa e averlo vivo nelle mani e farlo levare sin a Venezia e condurlo a Roma,
offerendosi egli, quando volesse, di trattare la sua riconciliazione, e con
qual onore avesse saputo desiderare. Asserendo d'aver in carico anco molte
trattazioni co' prencipi alemanni protestanti e la loro conversione». Schoppe,
ambiguo provocatore, intende convincerlo a mettersi nelle mani dell'inquisizione come
miglior partito che puo prendere, tanto parvero strane le due proposte di far
ammazzare o prender vivo il padre. I disegni omicidi sono reali. Circa le 23
ore, ritornando al suo convento di San Marco a Santa Fosca, nel calare la parte
del ponte verso le fondamenta, e assaltato da V assassini, parte facendo scorta
e parte l'essecuzione, e resta l'innocente
ferito di tre stilettate, due nel collo et una nella faccia, ch'entrava
all'orecchia destra et usciva per apunto a quella vallicella ch'è tra il naso e
la destra guancia, non avendo potuto l'assassino cavar fuori lo stillo per aver
passato l'osso, il quale restò piantato e molto storto. I sicari, fuggendo,
trovano rifugio nella casa del nunzio pontificio e la sera s'imbarcano per
Ravenna, da dove proseguirono per Ancona e di qui raggiunsero Roma. Si
conoscono i loro nomi: l'esecutore materiale dell'attentato e Poma, già
mercante veneziano, poi trasferitosi a Napoli e di qui a Roma, dove divenne
intimo del cardinale segretario di Stato S. Caffarelli-Borghese e dello stesso
Paolo V. E co-adiuvato da tre uomini d'arme, tali A. Parrasio, Giovanni da
Firenze e Bitonto, mentre «a spia, o guida e Viti, solito offiziare in S. Trinità
di Venezia, che non lascia dubitare quanti mesi precedessero questo bel effetto
prima che fosse mandato alla luce. Poi che Viti la quadragesima antecedente,
sotto specie d'aver gusto delle predicazioni del padre maestro Fulgenzio, anda ogni
mattina in convento de' servi alla porta del pulpito, che risponde alla parte
di dentro, e cortesemente tratta con lui, ricercandolo anco di qualche dubbio
di coscienza. E continua di poi sempre a salutarlo et anco andar in convento a
visitarlo, parlandogli sempre di cose spettanti all'anima. Il pugnale non ha
tuttavia leso organi vitali e riusce a sopravvivere. Il chirurgo Acquapendente,
che l'opera, dice di non aver mai medicato una ferita più strana, rispondendo
allora con la famosa espressione. Eppure il mondo vuole che sia data stilo
Romanae Curiae. Le conseguenze furono la rottura della mascella e vistose
cicatrici nel volto. Il Senato, dichiarandolo persona di prestante dottrina, di
gran valore e virtù gli concede una casa in piazza San Marco ove possa
risiedere con il Micanzio e altri frati, e una sovvenzione affinché possa
acquistare una barca e provvedere alla sua sicurezza personale. Rifiuta la casa
ma si servì da allora di una barca che gli evita si pericolosi tragitti a piedi
per le calli veneziane. Poco più di un anno dopo, e sventato un secondo
attentato, ordito, sembra su mandato di Margotti, d’Antonio da Viterbo, i
quali, fatta una copia della chiave della sua camera vuoleno secretamente
introdurre nel monasterio due o più sicarii e la notte trucidare l'innocente. Inizia
a corrispondere con personalità soprattutto di fede calvinista o gallicana. Fra
questi ultimi, Leschassier e Gillot, che pubblica gli Actes du concile de
Trente, dimostrando le pressioni papali sui vescovi riuniti a concilio, e fra
gli altri l'italiano Castrino, i
francesi Villiers, Casaubon, Thou, Mornay, i tedeschi Achatius e Dohna.
Attraverso il dialogo diretto con gli intellettuali acquiesce quella straordinaria ampiezza di
orizzonti e di interessi, quella solida conoscenza dei problemi dello stato che
gli permite di arricchire la sua cultura storica, giuridica e scientifica e lo
conduce a incidere sulla sua posizione filosofica, ad approfondirne la crisi,
risolvendola poi con l'accoglimento di nuove prospettive e di nuove idealità;
spalancandogli un mondo nuovo, che gli fac sentire più soffocante, più viziata,
la vita italiana. Incontra a Venezia Bedell, che rifere di lui e del Micanzio
come essi sono completamente dalla nostra parte nella sostanza della religione
e, Dohna inviato da Cristiano I di Anhalt-Bernburg, e Diodati, per valutare la
possibilità di introdurre a Venezia la Riforma. La traduzione in lingua
italiana del nuovo testamento, viene diffusa a Venezia proprio in questo
periodo. Altre polemiche suscitano, le prediche quaresimali di Micanzio
che vengono interpretate a Roma come un attacco alla fede cattolica. -- è anche
preoccupato per la tregua stipulata tra la Spagna e i Paesi Bassi, perché vede
in essa un indebolimento di questi ultimi che, o prima o dopo, resteranno
sopraffatti dalle arti spagnole, mentre gli spagnoli ne potrebbero trarre
beneficio anche in vista del loro dominio in Italia. Spera in un'alleanza
generale di Francia, Inghilterra, principi protestanti, Paesi Bassi, Savoia e
Venezia che portasse alla guerra contro l'Impero cattolico ispano-tedesco e
cancellasse il dominio papale e spagnolo in Italia. Se sarà guerra in Italia,
va bene per la religione; e questo Roma teme. L’inquisizione cessa e
l'Evangelio ha corso. E ha bene anche per le libertà civili di Venezia: qui,
anche se il giogo ecclesiastico è assai più mite che nel rimanente d'Italia, in
quella parte nondimeno che tocca la stampa è l'istesso appunto che negli altri
luoghi. Nessuna cosa si può stampare se non veduta e approvata
dall'Inquisizione. Dove si ragiona di alcun papa, non permettono che si dica
alcuna di disonore, se bene vera e notoria. Non permettono che alcuno separato
dalla Chiesa romana sia lodato di qualsivoglia virtù, né nominato se non con
vituperio. Secondo la versione ufficiale, sebbene sfinito, volle alzarsi per il
mattutino, come al solito, e celebrare la Messa. Fatto chiamare il priore del
convento, lo prega che lo raccomandasse alle preghiere dei confratelli e che
gli portasse il Viatico. Gli consegna tutte le cose concesse a suo uso. Si fa vestire,
si confessa e passò il resto del mattino facendosi leggere da fra Fulgenzio e
da Fra Marco i Salmi e la Passione di Cristo narrata dagli Evangelisti. Gli e quindi
amministrato dal priore, alla presenza della Comunità, il Viatico. E visitato
dal medico che gli dice che ha poche ore di vita. Sorridendo, rispose: Sia
benedetto Dio. A me piace ciò che a Lui piace. Col suo aiuto faremo bene anche
quest'ultima azione -- quella di morire. E udito ripetere più volte, con
soddisfazione: Orsù, andiamo dove Dio ci chiama. Secondo alcuni le sue ultime
parole sarebbero state. Esto perpetua, riferendosi a Venezia (v. Bianchi-Giovini,
Esistono tuttavia altre versioni della sua morte che lo fanno apparire più
vicino al culto protestante. Figura assai complessa di filosofo, occupa
indubbiamente un posto di primo piano nella storia della filosofia italiana. Fu
uno dei più grandi filosofi. La sua prosa è una delle più maschie ed efficaci
di tutta la filosofia nostra, che non conosce lenocini né fronzoli, che
scolpisce le figure con raro risalto, che ha un magnifico potere ri-evocatore
allorché descrive dispute e contrasti, ch'è impareggiabile nel sarcasmo, tutto
contenuto in un'unica espressione, tre o quattro parole. G. Papini, parlando
della Istoria del Concilio di Trento, la define un modello di lucidità narrative
e di prosa semplice, esatta e rapida. Lascia orme indelebili nella filosofia,
nella matematica, nell'ottica, nell'astronomia, nella medicina ecc. Galilei e
suo grande amico, e non disdegna di appellarlo: Mio Maestro. Dinanzi al primo
avvertimento a Galilei, lui, che non visse abbastanza a lungo per assistere
alla condanna scrive. Verrà il giorno, e ne sono quasi certo, che gl’uomini, da
studi resi migliori, deploreranno la disgrazia di Galileo e l'ingiustizia resa
a sì grande uomo. Scopre la dilatabilità della pupilla sotto l'azione della
luce e le valvole delle vene. I suoi biografi parlano anche di scoperte nel
campo dell'anatomia, dell'ottica, ecc. L'invenzione del telescopio dice Bianchi-Giovini
il Galilei la dovette per certo ai lumi somministratigli da lui, se pure questi
non ne fu il primo inventore, come pensano alcuni. Sopra la sua sapienza
matematica si cita l'autorevole giudizio di Galilei. Galilei non esita a dire
della ‘fenice’: del quale posso senza iperbole alcuna affermare che niuno
l'avanza in Italia in cognizione di queste scienze matematiche contro alle
calunnie ed imposture diCapra, in ediz. naz., Firenze, La teoria di GALILEI delle
maree, successivamente dimostratasi erronea, riprende le sue idee, esposte nei
Pensieri naturali, metafisici e matematici. Porta, dopo aver dichiarato di
avere appreso alcune cose da lui, lo proclama splendore ed ornamento non solo
della città di Venezia e dell'Italia, ma di tutto il mondo. (Magia naturalis). Passionei gli define dottissimo oltre ogni
espressione. In uno studio il cui intento era quello di misurare il Q.I. di 300
personaggi famosi. si posiziona al quinto posto, al pari del più noto
matematico Pascal. Alla grande intelligenza unì anchecome riconosciutagli da
tuttiun'esemplare integrità di vita.
Jemolo, dopo essersi rivolto varie domande intorno alla sua ortodossia,
da questa risposta. Gli elementi ci mancano per una risposta perentoria: noi
non possiamo dissipare l'alone di mistero che lo circonda. Questo non
c'impedisce di ammirare l'uomo e l'opera. Fondamentalmente lo scontro con la
Curia romana e legato ad un progetto politico volto a contenere il potere di
Roma in ambito esclusivamente spirituale e a pro-muovere un'alleanza tra
Venezia e la Francia in un'ottica anti-imperiale. Per questo intrattenne
contatti con i riformati. Inoltre la sua visione di Roma e un vago ritorno
verso la chiesa primitive. Egli quindi e indotto a condannare il potere
temporale, il processo di mondanizzazione del clero, la superiorità del papa sul
Concilio. Stringe amicizia con Dominis, arcivescovo di Spalato, che tende all'apostasia.
La sua Istoria del Concilio Tridentino costituisce il suo capolavoro storico ed
offre la prima imponente ricostruzione del Concilio di Trento. L’opera e ondannata
dalla Congregazione dell'Indice e quindi posta all'Indice dei libri proibiti. Sono
intercettate dal nunzio pontificio a Parigi Ubaldini compromettenti carteggi di
lui con l'ambasciatore veneziano Foscarini e con l'ugonotto Castrino; carteggi
ben presto inviati a Roma per essere messi a disposizione del Sant'Uffizio, ma
anche da utilizzare per far ammettere una buona volta al governo veneziano
quanto da tempo da Roma si viene denunciando, che lui che si proclamava più
cattolico del Papa e come tale difeso ufficialmente dai responsabili politici
veneziani. Altri non era che un protestante, al servizio delle forze ereticali
europee. Dunque infedele e ipocrita. Una taccia di ipocrisia che non da tregua
alla sua figura lungo i secoli, come stanno a provare innumerevoli esempi, da Aleandro,
che ricevuta da Peiresc la sua Istoria dell'Interdetto appena edita risponde
all'illustre erudito francese con fare perentorio che lui e nero ministro
del diavolo che si dice esser padre delle menzogna, se ben egli veramente non
credeva né nel diavolo né in Dio, al
prelato friulano G. Fontanini con la sua velenosa Storia arcana della sua vita a
Passionei, che crede di avere le carte per dimostrare che l'idea del furfante e
di introdurre il calvinismo in Venezia, come ancora ricorda A. Mercati. Un
parere analogo si trova anche nella recente Storia della Chiesa di Hertling e
Bulla, dove viene definite un ipocrita che fino all'ultimo fa la parte del
religioso, sebbene nel suo intimo si fosse da tempo allontanato dalla Chiesa. Saggi:
“Trattato dell'interdetto di Paolo V nel quale si dimostra che non è
legittimamente pubblicato”; “Apologia per le opposizioni fatte da Bellarmino ai
trattati et risolutioni di G. Gersone sopra la validità delle scomuniche; Considerationi
sopra le censure della santità di Paolo V contra la Serenissima Repubblica di Venezia,
Istoria del Concilio Tridentino, Il
trattato dell'immunità delle chiese (De iure asylorum), Discorso dell'origine,
forma, leggi ed uso dell'Uffizio dell'Inquisizione nella città e dominio di
Venezia, Trattato delle materie beneficiarie, Opinione di Servita, come debba
governarsi la Repubblica Veneziana per havere il perpetuo dominio, Venezia, La
storiografia recente attribuisce lo scritto al patriziato veneziano medesimo. Scritti
giurisdizionalistici, Istoria del Concilio Tridentino (Geneua, Aubert); Pagnoni
Editore, Milano, Gambarin, Scrittori d'Italia, Bari, Laterza, G. Gambarin, IScrittori
d'Italia, Bari, Laterza, Gambarin, Scrittori d'Italia Bari, Laterza, Istoria
del Concilio Tridentino, testo critico di Giovanni Gambarin, introduzione di Pecchioli,
Collana Biblioteca, Sansoni, Firenze, Lettere a Simone Contarini ambasciatore
veneto in Roma, pubblicate dagli autografi, Monumenti storici pubblicati dalla
R. Deputazione veneta di storia patria. Miscellanea, Venezia, Fratelli
Visentini, Pagine scelte, Arturo Carlo Jemolo, Vallecchi, Firenze, Lettere ai
protestanti, Scrittori d'Italia, 1, Bari, Laterza, Lettere ai protestanti, Scrittori d'Italia, Bari,
Laterza, Antologia degli scritti politici e storici. Roffarè, MILANI, Padova, “Istoria
dell'Interdetto e altri scritti editi e inedita” (Scrittori d'Italia Bari,
Laterza); Amerio, “Scritti filosofici e teologici” (Scrittori d'Italia, Bari,
Laterza); “Pensieri naturali, metafisici e matematici. anoscritto dell'iride e
del calore; Arte di ben pensare, Pensieri medico-morali, Pensieri sulla
religione, Fabula e Massime e altri scritti. Edizione integrale commentate, L.
Sosio, Ricciardi, Milano-Napoli, Scritti giurisdizionalistici” (Scrittori
d'Italia, Bari, Laterza); “Lettere ai Gallicani, B/ Ulianich, Wiesbaden, F.
Steiner, La Repubblica di Venezia la
casa d'Austria e gli Uscocchi, Bari, Laterza, Scritti scelti: Istoria
dell'Interdetto, Consulti, Lettere, Pozzo, Collezione di Classici Italiani, POMBA,
Torino); Storici, Politici, e Moralisti, G. Cozzi, Collana La Letteratura
Italiana. Storia e Testi, Milano-Napoli,
Ricciardi, Istoria del Concilio Tridentino seguita dalla Vita, Corrado Vivanti,
Collana NUE Einaudi, Torino, Collana Piccola Biblioteca. Einaudi, Torino, “Pensieri”
Gaetano e Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Torino, “Considerazioni sopra le
censure di Paolo V contro la Repubblica di Venezia e altri scritti
sull'Interdetto”, G. Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Einaudi, Torino, “Lettere
a Gallicani e Protestanti, Relazione dello Stato della Relazione, Trattato
delle Materie Beneficiarie. Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Einaudi, Torino,
Gli ultimi consulti. G. Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Einaudi, Torino, Dai
Consulti, il carteggio con l'ambasciatore inglese Carleston. Cozzi, Collana
Classici Ricciardi, Einaudi, Torino, Dal Trattato di pace et accomodamento e
altri scritti sulla pace d'Italia. Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Einaudi,
Torino, Consulti, Corrado Pin, Pisa, Poligrafici, Letteratura e vita civile.
Collana I Classici del Pensiero Italiano; Della potestà de' prencipi; Collana I
Giorni, Marsilio, Venezia, Scritti filosofici inedita, tratti da un manoscritto
della Marciana”; Papini, Collana Cultura dell'anima, R. Carabba, Lanciano, Manoscritti
Consulti: in Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Fondo manoscritti, Ceretti,
Cinque pugnali non bastano a troncare la sua parola, in Historia, Touring club
italiano, F. Micanzio, Vita, in «Istoria
del Concilio tridentino, Torino F. Micanzio. Scrive tra l'altro nella lettera. E
che volete ch'io speri in Roma, ove li soli ruffiani, cenedi et altri ministri
di piaceri o di guadagni hanno ventura? I cenedi sono gl’uomini che si prostituiscono.
Micanzio, cit. G, Cozzi, Sarpi, F. Micanzio, Istoria dell'interdetto e altri
scritti editi e inediti, F. Micanzio, dove stilo può significare sia stile che
stiletto Ivi Cozzi, Lettere a Groslot de l'Isle, in
«Lettere ai protestanti», Lettera a Francesco Castrino, Lettere ai protestanti,
Citato in C. Rizza, Peiresc e l'Italia, Torino, Giappichelli, Pin, Senza
maschera: l'avvio della lotta politica dopo l'Interdetto; L. Hertling e A.
Bulla, Storia della seconda Roma La penetrazione dello spazio umano ad opera
del cristianesimo” (Città Nuova, Borgna Romain, Lucien, Micanzio, Vita, dell'ordine de' Servi e theologo della
serenissima republ. di Venetia, Leida, in “Istoria del Concilio tridentino” (Torino,
Einaudi); Griselini, “Memorie anedote spettanti alla vita ed agli studj del
sommo filosofo e giureconsulto” (Losanna, Bousquet); Griselini, “Del suo genio
in ogni facolta scientifica e nelle dottrine ortodosse tendenti alla difesa
dell'originario diritto de' sovrani né loro rispettivi dominj ad intento che
colle leggi dell'ordine vi rifiorisca la pubblica prosperita” (Venezia,
Basaglia); Zerletti, “Storia arcana della vita servita da Fontanini in partibus e documenti relative (Venezia);
“Cassani, Le scienze matematiche naturali” (Venezia; Bianchi-Giovini, Basilea, Morghen,
Getto, Firenze, Olschki; Gliozzi Relazioni scientifiche con Porta, Cozzi, Tra
Venezia e l'Europa” (Collana Piccola Biblioteca, Torino, Einaudi); Frajese, “Scettico.
Stato e Chiesa a Venezia, Bologna, Il Mulino); Cacciavillani, I consulti sulla
Vangadizza, Padova, MILANI, Cacciavillani, Venezia, Fiore, Cacciavillani, S.. La guerre delle scritture de la nascita
della nuova Europa, Venezia, Fiore, Cacciavillani, S. giurista, Padova, Pin, Ri-pensando
S., Venezia, Ateneo veneto, Concilio di Trento, Micanzio. Dizionario di storia,
Dizionario biografico degl’italiani. OPERE VARIE DEL MOLTO REVERENDO PADRE F. PAOLO SARPI DELL’ORDINE DE’SERVI DI MARIA TEOLOGO CONSULTORE DELLA SERENISSIMA REPUBBLICA DI VENEZIA
DIVISE IN DUE TOMI. TOMO
SECONDO. 1 HELMSTAT
Per Jacopo' Mulleri.
MDCCXXXXX. Digitized by
Coogle TAVOLA DELLE OPERE CONTENUTE IN QUESTO SECONDO TOMO. T rattato delle Materie Benefiziarie
cx)l- le annotazioni del Signor D.
Amelot, tra- dotte dalla lingua
Francefe. De jure Afylorum. Storia degli Ufcocchi, Allegazione del Frangipane. Dominio del Mare Adriatica della Sereniflima
Re- pubblica di Venezia. Dominio del Mare Adiiaticp , e fue ragioni
pel Jus belli. Indice dei Libri proibiti dell’anno
ijpd. Il Concordato... Digitized by Google . . > • • Digitized by Google I
TRATTATO DELLE MATERIE
BENEFICIARIE D I FRA PAOLO SARPI, nel quale fi narra , col fondamento delle
Storie^ come fi difpenfajfero le limofme
de' Fedeli nella primitiva Chicfa . reddito il fervor antico della caritk , che non folo moveva i Principi , e a donar alle Chiefe copiofamentc ric- mporali , ma ancora fnduceva i Mini- (ìartici a difpenfarle faniamente in ca- m è-maraviglia , fc al prefente pare mancati i fedeli difpcnlatori , c fuc- luogo loro altri diligenti folo in ritc- ac almeno a tollerabile moderazione . I
difetti che ci par di vedere al giorno d
i oggi non fono entraci nell’ Ordine Chc-
ricale tutti infieme , nè cos^ eccellivi in un ifteflb tratto di
tem- po ; ma da una fomma , anzi divina
perfezione per gradi fono di- Icefi air
imperfezione che ora è manifcfta a tutti y c confeflara da- gli fteffi Ecclefiaffici , e da alcuni tenuta
per irremediabile . Con tutto ciò ,
piacendo a Dio N. Signore di donar a’ Fedeli fuoi tanta grazia,, quanta donò a’noftri Maggiori, non
dobbiamo perdere lafpe- ranza di
vedetele medefime maraviglie anche ne’ noftrifecoli: è bennecef- làrio che,
ficcomepergradifiamopcrvenutiaqucftaprolbnditkdimifcria, Tomo //. A cos^ 1 TRATTATO DELLE coc\ per gli ilefì ci «ndumo ahEando | prr
ritornare ve^o quella ioiQ' mit^ di
perfezione nella quale fu la Chiefa Santa t- Il che non po- tendofi fare , fé non conofccndo qual folTe
dapprincipio V ammini* ftrazione delle
cofc temporali ; e come fia mancato quel buon governo ; a parte a parte è neceffario , innanzi ogni
altra cola , dire come la Chiefa di
tempo in tempo ha acquiftate le ricchezze temporali ; e come in ciafeuna mutazione deputaHc i Minidri
per difpenfarle , o pofledcrie : il che
ci Icoprirh gl’ impedimenti che in quelli tempi at* traverfano una buona riformazione ; ^
moftrerli le maniere di lupe- farli; c
quello è il mio proponimento nel prefciue dilcorf^ delia ma-» teria Benefiziale tanto ampia. a I»
Tu il printipio de* beni Ecclelìallic! mentre ancora converfava in quello Mondo N. Signore Gesù Grillo ; ed il
fondo loro non era al- tro, che le
obblazioni delle perfone pie, c divote, le quali eranocon- fervale da un Minillro, e diflribuite in due
opere lolamente : Una per le nccelHth di
N. Signore, c degli Appoftoii Predicatori del Van- gelo; c l’altra per far limofina a* poveri ,
Tutto ciò fi vede chiaro in San Giovanni
, dove dice il Vangelilla, che Giuda era quello che portava la tafea, o borfa, (rf) dove erano
ripolli i danari prclcntati al Signore;
c che il medelìnio andava fpendendo, c comprando le co- fe nccelTarie a loro , ovvero dillribucndo a’
poveri, (b) conforme a quanto il Signore
alla giornata comandava* Confiderà S. AgoUinoche, avendo Grillo il miniflero degli Angeli che
lo fervivano , non era in nccelTith di
confcrvar danari; con tutto ciò volle aver borfa, per dar ( ^efa di q uello ch’ella doveva fare; e per
ciò Icmprc intefe la Cnicik fofle ìllituita la forma del danaro
Ecclefìallìco * dovclTe cavare, c in che
cofa fi dovclic fpendere. È fc nc^em^ro-
Ari non veggiamo oflcrvato qucAo fanto iilituto , dobbiamo conlìdc- rare che , per noftro ammaeAramemo, c per
noHra conioiazione' , racconta la
Scrittura divina che all' ora anche Giuda era un ladro , (c) c ufurpava per sò i beni comuni al
Collegio ApfpAoUco; e ven- ne a tanto
colmo d’avarizia, che, non parendogli aÙai quelle thè rub- bava, per far maggior lomma di danari, pal^
li e elTcr comune della Chiefa , e de’ poveri , pafTì cosf innanzi, che venda anche, per far danari, le
cole facre, c le grazie fpirituali, non
dovremo riferir ciò a particolar mUeria dc’noAri,o d’ alcuni tempi y ma afcriverlo a pcrrailTione
divina , per efcrcizio de’ buoni (4) Loculo* hibent , a qu« miuebintur por. ubit. cip. >>• LÌkuIo* lubcbtc )o«ias , qnoJ auiflét ci jefus : Eme cu , opui &nt nohts
sJ aiem Icllum , U( c^cnii ui tliqtiUi
direi . (ip, ij. quM de egeo» pertinebut
ad cum, cip. II. ftT(hi tr* U funtìmi
dtl fut m'mi- Loculot > ti th* fi
tbism/t Sftdsli il In0go -dovi (!
rr/a«r dS d»’ (f> Fur erat. »p. u.
ciuto. Digitized by GoogU MATER. BENEFIC. 3 buoni; ^nfìderando che il principio della
Chiefa nafccnte fu fogget- 10 alle
mcdefime imperfezioni: ben dovr^ ciafcuna fecondo il grado, e la vocazione Tua, proccurar il rimedio /
chi non può altrimenti, colle orazioni;
e chi può impedire il male, con ovviare, e opporfi agli abuft ; confiderando che , febben Giuda
non fu umanamente pu- nito, pcrchò erano
complici dcTuoi delitti quelli che dovevano ,galli- garlo; modrò nondimeno la divina Provvidenza
qual pena meritalTe; c dil^le ch’egli
ftelTo fofle Tefecutorc in sèmedefimo, per documen- to di quello che dovcflcro fare quelli che la
Macftìi fua avrebbe ne* tempi Icgucnti
dati per tutori , c difenfori della fua Chiela . 1 1 .
Dappoiché Crifto N. Signore Cili al Ciclo, i Santi Apposoli Ic- guirono nella Chiefa di Gerufalemme lo HelTo
ìnituto, d'aver il da- iuro
Ecciefìaflico per Itdue effetti fopraddetti, cioè, perii bifogno de* Miniftri del Vangelo, c per le limoline de’
poveri.- e il fondo di quello danaro era
fìmilmente le obblazioni de’ Fedeli, i quali anche, met- tendo ogni loro avere in comune, vendevano le
loro polTelfioni, per far danari a
quell’ effetto; ficchè non era dipinto il comune della Chiefa dai particolare di ciafeun fedele, {a)
come fi ulà ancora in alcune Religioni
che fervano i primi iHituci. Erano molto pronti i CriHiani in quei primi tempi a fpogliariì
de’beni temporali, per im- piegarli in
limoGne, perche afpettavano prolTimo il fine del Mondo; {ù) avendoli Crillo N. Signor lafciati
incerti.- e quantunque f(^c per durare
quanto fi volcflc, non 1 ’ avevano per confiderabilc più, chefe fofle all’ora per finire; tenendo per fermo
che la figura di quello mondo, cioè, lo
fiato della vita prcfentc trapalfa; (c) per lo che ancora le obblazioni fempre più $’
aumentavano. Il cofiume però di non aver
cofa alcuna di proprio, ma »l «utt© ùi comune, fioche non vi folfe alcuno povero, o ricco, ma tutti
ugualmente vivefiero, non ufei fuori di
Gerufalemme; anzi nelle altre Chiefe che i Santi Ap- pofioli edificarono non fu ifiituico; nè in
Gerufalemme durò molto lungamente:
imperocché zò. anni dopo la morte di Crillo fi legge che il pubblico era didimo dal privato,
conolcendo ciafeun il fuo, ra elTendovi
anche il danaro fondato nelle obblazioni, le quali, polle in comune, fcrvivapo per li foli Minifiri, e
perii poveri; nè era lecito viver di
quel della Cliiefa a chi aveva del Tuo: laonde S. Paolo or- dina che le vedove, le quali hanno parenti,
fieno fpefate da’ loro proprj, acciocché
i beni Ecclcfiafiici posano badar a quelle che fono veramente Vedove, c povere. ( ) , III.
La cura di quelli beni che N. Signore , mentre fu in vita morta- le , diede a Giuda , dopo V Afeenfìone gli
Apposoli per pochiiTimo tempo r
ammtnìArarono eglino IfelTi; ma poi vedendo che , per la diAribuzione , nalccvano tra i fedeli
mormorii, c fedizioni , ( ^ ) pa- rendo
ad alcuni di non participare quanto avrebbono voluto del co- mune , e credendo che altri avelTero più del
dovere ; ficcome il ma- le è comune in
tutti i tempi nella diipenta de’ beni della Chiefa, co- nobbero gli Apposoli che non potevano
attendere a quello perfetta- mente , ed
inficme alla predicazione delta parola di Dio ; c determi- narono di ritener ( c ) per se il minillero
di predicare, e infegnare; ( ) ordinando
per quelV uffizio di tener cura delle cofe temporali un altra Torta di Miniffri j ( ^ ) tutto al
contrario di quello che veggiamo fare
nc’ tempi noftri , quando al governo delle cofe temporali atten- dono i principali Prelati della Chiela; e
l’uffizio del predicare, e infe- gnare
la parola di pio, eia dottrina del Vangelo, è lafciato a* Frati, o. ad alcuni poveri Preti iniimi nella
Chiefa. Maque* nuovi Miniffri che i
fanti Appoffoli iffituirono per governo delle cofe temporali , fi chiamarono Diaconi; c cosi da tutto il corpo
de* Fedeli fu fatta elezio- ne di d. a
quell’ effetto, i quali gli Appoffoli ordinarono a tal miniffe- rio; e dovunque effi fondarono Chiela,
ordinarono anche Diaconi nell* ifteffa
maniera, come anche ordinavano i Vcicovi, e Preti, e altri Mi- niffri Eccleliallici; cioè, precedendo
digiuni , e orazioni, fulfeguendo f
elezione comune de’ Fedeli; (/) fcrvando inviolabilmente quell’
ordine, di non deputare m al wiiwi*
-carica- Fxclcllallico perlAna, la quale pri-
ma non fofTe eletta dall’ univerlaie della Chiela, cioè, da tutti i
Fede- li infteme. Quell' ufo continuò
nella Chida in tal maniera circa zoo.
anni, foftentandofi co’ beni pubblici i Miniffri Ecclcfiaftici, ci
pove- ri ancora; nè eflendovi altro
fondo, falvo che le ubbUztoni eh* erano
fatte da’ Fedeli nella Chiela, le quali però erano abbondantiflìme,
per- chè ciafeuno, per fervore di
caritìi , offeriva tutto quello che poteva
fecondo il proprio avere; ficchè , quando le facoltìi de’ Fedeli d’
una Cittk erano abbondanti per lupplire
a* bilogni della propria Chiela, fi
facevano collette anche per 1’ altre Chicle povere : per lo che an- che S. Jacopo, S. Pietro, e S. Giovanni,
quando riconobbero per con- forti e
compagni nel Vangelo S. Paolo , e S. Barnaba , raccomanda- rono loro quell’ opera, di raccogliere
qualche limofìna per la povera Cliiela
di Gerufalemme, per la quale (g) anche narra $. Paolo aver fatte
(«) Per untm Sibòati , étt*,
unuf^utrqa* \cltruni apiui (e fepuaAl ,
n«np4enf quoi ci bene plottiem . i.Cor.
cap. ultimo. ( i ) faAum rft umrmur
ijrccutuin adver- fui Hehrjtoi , co cne
s’ingannò quel Principe, credendo che i tefori folTero ammalTati, c confcrvati ; perche quel fanto Diacono ,
acconofi della rapacità del Tiranno, e
prevedpndo la perfccuzione imminente , difpensò il tutto in ima volta, com’erano teliti di fare , foprafiando
fimili pericoli.* e la mag- gior parte
delle perfecuzioni fatte alla Chiefa dopo la morte di C^ modo furono per quefia caufa , cioè, perchè i
Principi , o i Prefet- ti , ritrovandofi
in firettezza di danari , per quella via volevano im- padronirfi di quelli della Chiefa Crìfiiana
• IV. Dappoiché le Chiefe furono fatte ricche,
anche i Cherici cominciarono a vivere
con maggiori comodità; e alcuni, non contentandofi di quel vito comune della Chiefa quotidiano, vollero
viver feparatamente nella propria caia,
e dalla Chiefa aver la loro porzione feparatamente in danari ogni giorno, 0 per un mefe continuo, c ancora
per un lunpo tempo : cola, che, febben
declinava dalla prima perfezione , nondimeno era tollerata da’ Padri - Non fi fermò però in
qucfto fiato il difordine;; ma
incominciarono i Vefeovi a mancare delle folite Jimofine a* pove- ri , c a ritener per se quello che doveva
clTcr diftribuito ,• e co’ be- ni della
Chiefa comuni fatti ricchi , facendo anche delle ul'ure , per accrefcerli; e lafciando la cura dell’
infegnare la dottrina di Crifio , tatti
fi occupavàno nell’ avarizia / le quali cofe S. Cipriano (à) pian- ge che nel fuo tempo folTero ufitate ; e
conchiude che , per purgare la Tua . /
(«1 rrnhitrrunr MAceJonia . Se Achij* coll».
iMMlcm sliqvtm licere in puiperei S^ndorum , qttt fuM m Jerufilem .... Cuoi
confainnuvc* rot Se iUtgiuvcm ei«
fruótun hune , protit ikar in Roin.
if. (A) De o(iauoiùs qux- iluoCc nundinu sBcapari de Lapfis. 6
TRATTATO DELLE U fua Chielii da qucfti
errori , Dio permettefle quella gran pcrfccu-
zionc che fu fotto 1’ Imperio di Decio, perchè fempre la Maclli di- vina ha riformata la fua Chiefa, o foavemente
col mezzo de' legit- timi Magiftrati; o,
quando gli eccefli fono paflaci troppo oltre, collo ftrumento delle pctfecuzioni. Ma febben la
Chielà polTedeva tante ric- chezze, non
ebbe però in quelli tempi beni (labili ; prima , perchè non fe nc curavano per la ragione luddetta ,
che (limavano il fine prolCmo, e tutte
le cofe mondane efler tranfìtorie , e di grave pefo a chi tende al Ciclo : poi ancora perche a
neflun Collegio , o Comu- nità, (^) o
corpo, fecondo le leggi Romane, poteva cfTcr donato, o lafciato per tedamenro ; nè quello per
qualfìvoglia caufa poteva pol- feder
beni immobili , le non era approvato dal Senato , o dal Princi- pe : nc ciò ft può metter in dubbio , febben
vanno attorno alcune Pi- llole fotte
nome di Papi vecchi, che rendono ragione perche gli Ap- podoli vendelTcro le pofTellioni in Giudea, c
ìCridiani leguenti le con- IcrvalTero,
con dire che ciò fu, perchè prevedevano gli Appoftoli che la Chiefa Cridiana non doveva rimaner in
Giudea , ma bensì fra le Genti; quafi
che nel Vangelo la caufa del vendere non Qa mollrata efprdl'amentc , quando Grido dide alla fua
Chiefa : Nom temete , 9 piccioU
compagnia : vendete quello che pojfedere , e fatte limojìna’^ (è) e quafichè , febben Gerufalemme fu diltructa,
alla fua riedificazione non avede una
quantità di Cridiani, e anche non fieno date didrut- te delle Città dove le Chicle fra* Gentili
avevano pofledìoni . Ma c fuperfluo
travagliarfi a modrarc queda falfìtà, elTendo cofa certa che quelle Pidole iono fuppode ^ c date formate
circa 1’ Soo. da quelli che aniepofcro ,
come fi fa anche al prefeme , le ricchezze , e le pompe alla moderazione Appodoiica, idiruita,
e comandata da Grido: ma nella
confiifionc che fu nell’ Imperio molto continuata dopo la pri- gionia di V ulw l wu poc o in olTervanza le
leggi > madimc in Affrica, in
Francia, c in Italia^ alcuni lafciarono, ovverodonarono anche degli Stabili alle Chiefe, i quali 1’ anno
302. furono tutti confifeati da
Diocleziano, e MalTimiano; febbene in Francia , per la bontà di Codanzo Cloro Ccfarc che la governava , il
decreto degl’ Impcrado- ri non fi efegui
.* ma avendo quedi Principi rinunziato Y Impcrb , Madenzio otto anni dopo reditul tutte le
ponfedioni alla Chiefa Ro- mana ; e poco
dopo CoiUmino, (r) e Licinio, conceda la libertà di Religione a* Cridiani, e approvati i CoUegj
Ecclefìadici, che con vo- ce Greca
chiamavano Chicle, concelTe generalmente per tutto 1’ Im- perio che potedero acquidare beni (labili,
cos'i per donazione , come per
tcdamenco, efentando ancora i Chcrici dalie fazioni' perfonali pub- bliche , acciò poteiTero attendere più
comodamente al lervizio della
Religione. V. Cnl}e{iuni , fì nullo fpeciali
pnviregio fiiboiKum (ìt , tùredirarciu
capere non pofle dubiuai non ed. Lt.C.dc
hzretiib. infiu leivlit . i bili r«,
iu4, slh Chitfìi m.t farMi fiuti miglithi
omnino nutneribuscxeurentur, ne iàerìle. tivtffe iiuutt mtnn ìmftrurhì
ttglm» »' prt'r» Ro vigere efef ,
pr acmus boa* non folum coritn Dco , feU
etum corjm botninibuf. *. Ctr. i. *c pnpillamm ilmuoi non aileiat, feti publicif ezeemunentar jadicm , ti coi
*i1>ne*e*> min. vel propinqui
pirtimint deleren tot . Cen* fèinu* etùm
ur mraiorari nthil ii« e|ui malie- m ,
cui fe privituo l’ub prxtexru reJiRÌonu aJ-
junxcrinc , Uberxlince «ucuinque . vel cxirc- ino judicio potlint adipiici leant aliquid vel donaiione, vel teAamento
per- cipere . t. io. C. Thtid. de
Seti. C 4 ) Ifli dite ehi
ihEctlefixfiiti del fiulrm fi
c«r/«](Ì4t'4a* a i ItUxmtrhi M«4Xir-
«i44« fattuali i a l'xtiéJI’axMna /ìfia M artfmtxriara V «n«4/Jerint inJigere prartìJio , erigunrur in fuperbinn i tn , t» «» I dalle
fma lettere . ( 4 ) Ipli tanrum
przdioratn riiaram redimi ronrequantr de
quibua féi-vandi , abalienandi , dnaandt
. dillrahendi , relinquendi , vcl quead
fupereil . rei , cuin in ^ta conce.Ìit , 0e libera ei voluntat eft , inre^ Itt petelUt . Nihil
de monilibuc , òc fiip«llev)ili i nihil
de auro , ar- gento , czietifque dare
dotoui infignibui fab reJigiontt
defciiHone contutrur ( fed anivtrra in-
tegra in libftòt, prazìnm , vel in quoteumque allo* arbinii liii cziftiimrione mnfcrilMt .
Ac & quando diem objerii . nullam
Eeddìam , auU lun Cierkttm, nullum
pauperem knbat hzre- dea. l- a/- Cad.
Thtad, Àmm. ( f ) TvCTid. in vita Au^A.
taf. aq. Dìgitized by Google MATER. BENEFIC. 9 anche rifiuti delle ereditai lafcìate alla
Chiefa Aia, dicendo apertamente che ’l
miniAero Ecclcfiaflico non ifUva in diftribuire molto, ma in di- ilfibuire bene. Anzi riprendeva un nuovo modo
d* acquiftare alle Chicle trovato in
que* tempi AelTi; e queAo fu comperando (labili coll' avan* 20 che fi faceva dell' entrate: il qual modo
da quel Santo fu fcm> pre abborrito ;
nè mai egli io volle permettere nella fua Chiefa .* an- zi diceva nelle pubbliche prediche, eh' egli
avrebbe piuttoflo voluto vivere delle
obblazioni, e collette, come (i foleva lare ne’ primitem- pi della Chiefa , che aver cura di
poflèlfioni/ il che gli era grave, e gl’
impediva 1 * attendere interamente al carico principale del Vefeo- vo; cioè, delle cofe fpirituali; aggiungendo
eh’ era preurato a rinun- ziare le
poircffioni , purché a’ Servi di Dìo, e a' Miniftii folTe provve- duto il vivere, come nel vecchio Teftamento ,
(a) per via di deci- me, o di altre
obblazioni, fenza che dovelTero e(Ter foggecii alla didra- zione che portava (eco 1' aver cura di cofe
terrene. Ma con tutti i freni podi da*
fanti Padri colle buone efortazioni , e
da’Principi colle buone leggi, non fi potè però fare che i beniEc- cledadici non crefccflero fopra il dovere/
redava pur il modo del go- vernarli , e
difpenfarli antico, il quale durò fino al 420. fenza nota- bile alterazione: ancora tutte le obblazioni
, e altre entrate Ecclefia- iliche fi
cavavano da' Diaconi ; e in ajuco loro da’ Suddiaconi , e aU tri Economi ; ed erano didhbuite per
mantenimento de' Minidri £c- clefiadici,
e de’ poveri: il Collegio de* Preti, c il Vclcovo principal- mente erano fopraintendenci ; e fi faceva in
fomma ulta entrata , e una fpefa di
tutto : ficchè il Vefeovo difponeva d' ogni cofa, i Dia- coni efeguivano, e tutti iCherici vivevano di
quel della Chiela , leb- bene non tutti
amminidravano. Fa menzione S. Gian Grifodomo che la Chiefa d’ Antiochia in que’ tempi a fpefe
pubbliche nodriva più di 3000. perfonc
t £*an rk' i dtir MHH* f* tke fmt0’ mf$
n* i/titmtt ttmf» ^rim» éi hit .
(^Lxtuer lutrm , tun de rtiiitu , qium
de obtarione fideliom » prout ruiuslibet Ercfe- lis ficoltiiei tdmotit , fin» diklBin
»tioAaU- liter cA decretum, ronvrmr
fieri ponienes > qua- rum fii u /. I.
C*d.TW. d4 Mft/t. ZuUJhsmm- 9 * Ué.
Tarn SanfthuietB , quitn dudure in«r
ruHle pcriiibetnim , & voa , & mancìpu vcllra nallut novia cotratioi^bus robiigavic , Ad
Mré- none faiadebiài . pTJtiete* neq«e
horpitea pierii: de fialiqui de vobit
alimoAÌc cauià natidaein cM»et* ««luot ,
tmauRiMate p*ticiv tur . S. Ctrtlmme
jrtd» ttntr» ffivtìttf , Negodatorem
Ctenewn , dite , de ex innpe tflvi. tem ,
ex tgnobilt glorinfum, quali qmmdunpc-
iUm fiige Cui nundinxr , fiìt* plicent,
de plarex , ac Medicorans ubeteix. a. *d (• )Vidt
Digitized by Google MATER.
BENEFIC. 1 1 tre de’ Vcfcovi vicitii
col confenfo di cflo , c degli altri alTenti : e dappoiché molte Provincie, per miglior forma
di governo, furono po- (le lotto un
Primate, nell’ Ordinazione fu ricercato anche ti conlcn- fo di quello. I Preti poi, c i Diaconi, c gli
altri Cherici erano prclcn- tati dal
popolo , e ordinati dal Velcovo ; ovvero nominati dal Ve- feovo , e col confenfo della plebe ordinati
da lui . Un incognU to mai non era
ricevuto ; nc il Vefeovo mai ordinava chi non
era approvato , e lodato , anzi propoOo dal popolo : e tanto era giudicato neceiTario il confenfo , c la
prclcnz» ( »» ) del pispolo , che San
Leone I. , Pontefice , alla lunga tratta , non poter ef- fcr valida , nè legittima 1’ ordinazione d‘
«« Velcovo che dal po- polo non fofle
richieflo , e approva»® .■ il che anche dicono tutti i Santi di que’ tempi; e S. Gregorio riputò che
non potclTc clTcr con- fccrato Velcovo
di Milano Collanzo eletto da’ Cherici, (e non con- fentivano i Cittadini*, i quali, fuggiti per
le incurfioni, s’ erano riti- rati a
Genova ; e operò che fi mandaffe prima ad intender la loro volontà : cola degna da elTer notata per li
tempi noftri , quando fi predica per
illcgitima , e nulla ( i ) quella elezione dove il popolo volelTc la parte fua : cosi le cole fono
mutate , che lono palTatc in ufanza al
tutto contraria *, chiamandofi legittimo quello che all’ ora fi diceva empio; e iniquo quello che allora
era riputato lanto . Al- cune volte il
Vefeovo, fatto vecchio, fi nominava egli il luccclfi>re : cosi S. Agofiino nominò Eradio : ma quella
nominazione non era approvata dal popolo
: le quali cofe tutte è neceiTario tener in me-
moria , per confrontarle co’ modi che ,fi vedranno ulati nc tempi fulTegucnti. vili.
Ora è neceirarlo lar tm pneo digjclTionc per una nuova caufa, la qual ha apportato aumento grandilfimo a’
beni Ecciefìaflici , e nacque in quelli
fieflì tempi circa il 500. e quella fu un’altra Tor- ta di Collegi Religiofi, chiamati Monalleri.
11 Monacato nacque inEgit- to circa
l'anno 300.(1) fu formato nella maniera che ancora conti- nua in que’ paefi. Ma in Italia circa il 350.
fu portato a Roma da Atanafio, dove ebbe
poco feguito, e appiaulo in quella Citt^, c ne*
Tomo II. B 2 luo- ( « ) Cnm de
Smnmi SeccrJwi» elezio- ne treÀibimr ,
ille enmibut prxpnnitur quem Clerici ,
plcbildfle coafen&it roncoiditer poilu-
lene , tu ut , (1 in eliam forte perfonam ur. tium divifonnc , Metropolitani fodicio it
«iteti ptxforatur quim convenent, cui non licue- nt hati«re quem voluit . Ifjf- oachorum namine ceniérenmr , qui ficut a
bea- TX meoiorùt Evangclilla Marco,
quiprìmoa Ale- nupdrìnx Urbi Pontife»
prxtuie, nontvm folte- pere «ivcndi ,
Atc M. a. dt mfiitMt. Cai- ^ c«p. ). N«
nu Etclelia Olle mter ii’l*' Fvenr.cUipna-
tipi! B. Marrum , B. Petti Apoiloli diinpulum . in omnibua ouque doftoris lui magitten»
coiv- fontmem KiUm fondatoretn , o-c.
Lt* MégAAt tf. fT> *f‘ 4- V- Mfiji-
IO- *d Viemn. fAf. 0. S. Anttni» /« tl
ftim* eln fitt vivtrf i Uà- »Ati in
CcmnniiÀ s fnvs tht In Ctimfimiti Htn
difirmffj In ftlituÀinei cmm t» di-
mcfitA d d' OffÀt A mn AiiAtt dt' Fé-
gliAAti, Vb Ktl^itft, die' igli, (ht inttrvitnt a’ inAttntini, ti Agli Altri n^t-firdiAAti , td
imfiigA il TimAiuntt dii gitrim ndlt
findu, t in Anslthr AltfA tmtfiA
tttufAXi»A4 , ) ftlUAtu «nxe . t'iftu
Dtftrt» ì d CéNvento. Ql* A»t$tht, tkìA*
mAnd« d Cenwnre Cxnobium , t i
luch'», hAnn» fAita tbiAtAimAft vtdrrt tht m U fUMìs C«flMiii4rie. iz TRATTATO DELLE juoghi vicini fino al tempo ^1 500. quando
S. Equizio, e S. Be« nedeitó gli diedero
forma {labile, e lo diffufcro; {ebbene rillituzione di Sf Equizio poco fi flefe, e preflo mancò;
e quella di S. Bencdct* to fi allargò
per tutta T Italia ^ e pafsò anche oltra i monti. 1 Monaci in que’ tempi, e per lungo fpazio dopo, non
erano Cherici, ma fecolari, t ne’
Monaileh (i) che avevano fuori della Citili vivevano delle loro proprie fatiche d’ agricoltura, c di altri
ariifizj, e inficme di alcune obbiazioni
fatte loro da’Fedeli; il che tutto era governato dall’Abba* te.* ma nelle Citt^ vivevano delle loro
opere; e oltra di ciò, di quello che
loro era coilituito a fpefe pubbliche dalla Chicfa t Quelli ritennero la difciplina antica molto più
lungamente.' i Cherici , dopo divifi i
beni della Chiefa, percUttcro afiài duella divozione del Popolo; onde erano pochi che donalTero, o lafciafT«rd
più beni a loro; 0 per- ciò farebbe
fiato il fine degli acquifii della Chiefa; ma i Monaci, con- tinuando il viver in comune, e le opere pie,
furono caula che non fi efiinfe nel
popolo la liberalità; ma, lafciati i Cherici, fi voltò Verfo di loro , i quali furono firumento
grande di accrefcer le ric- chezze
Ecciefìafiiche ; e in progrelTo di tempo crebbero grandemen- te iri poflefiioni, e in entrate donate loro,
e lafciate per tefiamento; effendo ben
fpele all' ora da elfi in mantenimento di molto numero di Monaci, in ofpitalitH, in educazione , in
Icuole di giovani, c inalcre opere pie^
Fa conto T Abbate Tritemio (1) che i Monafteri de’ Monaci Benedettini erano fino al numero di 15000.
oltra le Frepofiture, c i Conventi
minori. I Monaci ftefli fi eleggevano 1 ’ Abbate, che gli governava fpiritualmente, e che reggeva anche
i'beni, cosi gli of- ferti dalla carità
de’ Fedeli, come anche quelli che fi guadagnavano colle opere, e coeI* anifiizj dc’Monaci; c in
progreflTo quelli ancora tho fi cavavano
dagli fiabili. Ma i Vefeovi ne* tempi
che feguirono nel 500. clTendo fatti aflb-
luti difpcnfatori della quarta parte de beni della Chiefa,
cominciarono anche a penlar un poco più
alle cofe temporali, e a farli feguiio nelle
Città; onde le elezioni fi trattavano non piùjcon fine di fervizio divi- no, ma con pratiche; paflando bene fpefib
dalle pratiche alle violenze pubbliche :
perlochè i Principi ^ che fino a quell’ ora non avevano avuto molto penfiero intorno a chi folTe
eletto a quel Minifiero, incominciarono
a penfarvi; effendo avvertiti da’ fanti uomini di quei tempi che IDDIO aveva commefià alla
protezione loro la Chiefa, e però
etano (l> jtltni tffn
MtMsea, die» Mitra a^tra Cbtrua. Aiu
Monacbonim eft cm(ì» ilii CTcnfonim. /
C/arrieàfana * fMjtari, ad » Jda»*ri
fatta la pteara. Ctencip«&unt tivesi Ego
paftor; rp. ad Hdiod. Ms /« vie»
idttamJheM faft •fatta deferratt dalia fiata St- tUfiafika, alla ara fari mn grada fra faina
al Claaruàta. Sk vìve, dir’igti ad «n
Ùamaea, ut Cleritaj effe ire>t
i»vtv* d*l frimnft, t‘ ffnffMmtmUMHalttterm di Déig»^rt9Ti(itit»
ntlU mtd$fimts vie» di S. Drfidtn» tn
enmiitii Juit» Civium peiitimem
nortran» quoiju« con* cor nomine
perfimiiir, Se Pontificali benKiifiinne
fublimstu*, peonobir, 8e
prouniveritsOr«linibusBccleGx Jebeat exorare,
ftaccepiabilesDeoholliM fiudeat otferre a. »d Brumule.Ui, f. tf. Il-, tom. I. Centi/. GaU. ef. %r.
md llttederit. (J. Tbtedtitrt, lei. 7*
'/• i>4* t«** I, C*Atil. CaII. ef. st. (« ) Siene iriiu me Pater , Se Ego
mitco VOt. JtAA. IO, r>:.,;i; >ùz) by GoOglc MATER. BENEFIC. 15 che ras
toccò loro niente , ma rutto iii divifo tra il Vefcovo , e i Cherici : anzi ancora dove la divifione fu
fatta con dehtta propor- zione ,
reflando tuttavia in mano d^li EcclefiaSici 1' ammioillrazio- ne della fabbrica , e della parte de’ poveri
, a poco a poco quelle fi diminuivano ,
accrelcendofi le altre due : e di quello ne lì fede il vedere che in pochiflìmi luoghi la
fabbrica ha proprie entrate; e per li
poveri non rollano , fe non gli Spedali; i quali però tutti fo- no di non antica illituzione . La parte de’
Cherici nel principio non fu tra loro
divifa; anzi il Vefeovo aveva cura di tratiare ciafeuno fecondo i meriti: ma poi i Cherici alTunfero
il carico di dividere , efclufo il
Vefeovo : e poichò ebbero la loco parte , dove nò il Ve- feovo, nè altri aveva che fare, cfli ancora
fi divilèro fra loro , fic- chè ogni
particolare incominciò a conofeer il fuo, e fi lafciò di vi- vere in comune . Ma febbene le rendite erano
cosi divile , rellava- no però i fondi
tutti in un corpo governati da’ Diaconi , e Suddia- coni, e le rendite rifcolTe da quelli, e
confegnate al Vefeovo , e a ciafeuno de’
Cherici fecondo la pteporzione delie loro parti ; e in quelli tempi in Italia le polfelTioni delle
Chiefe erano chiamate pa- trimonj.' il
che ho voluto rammemorare qui, acciò nelTuno penG che quefto nome GgniGchi qualche dominio lupremo
, o qualche giuri- Idizione della Chiefa
Romana, o del PonteGce. Le polfelTioni di qua-
lunque famiglia , che venivano da’ loro Maggiori ne’ tempi de’ qua- li parliamo, fi chiamavano il patrimonio di
quella ; e chiamavaG anche patrimonio
del Principe A fondo eh’ egli pofledeva in proprie- A; e per dillinguerlo da’ patrimonj de’
privati, G nominawa SarriM» Pturimoniiim
, come in mtdte leggi del Itbro u- del Codjc» fi .lqg' ge; fi diede poi per le illefli ragioni il
aeme di lèffioni di ciafeuna Chiefa :
Gveggono nelle pilMe di S- Gregorio no-
minati noB foln i parrimcuii ChtcU n.uui.uia, ma anebe il pa- trimonio della Chiefa di Rimini, il
patrimonio della Chiefa >dir Mi-
lano, il patrimonio della Chiefa di Ravenna. Alle Chiefe poGe in Citik di abitatori di fortune mediocri non
erano lalcute pgfléirtqpi fuori del loro
diflreiio; ma a quelle delle CitA Imperiali, ctmreRo- ma , Ravenna, Milano, dove abitavano
Senatori, e altre fetloM.jir lullri ,
erano lafciaie in diverfe parti del Mondo . pa meniorc S. Gregorio del patrimoni» della Chiela di
Ravenna in Sicilia, n d’,HP aluo
patrimonio ùi Sicilia della Chiela di Milano.' la.jC|gì|fe:jf^|g%- na avea patrimoni in più pani del^ando: fifa
menaione^ì 'patri, monio, di Francia, d’
Affrica, di Sicilia^ delle AlpiCozie, e dimoiti
altri luoghi : anzi in tempo dell' iftelTo S. Gregorip vi fu
littitialui, e il Velavo di Ravenna
perii patrimonj di amendqe le CMAèjiphe
C accomodò anche per tranlazione. Per far anche rifpettare le pof- fcGioni della Chiefa maggiormente , folcvano
dar loro il nome del Santo che quella
Chiefa aveva in ifpcciale venerazione : coiì UChic- fa di Kàvenoa nominava le poITcGloni fue di
SantoApollinare; i^quel- la di Milano di
Santo Ambrogio ; e la Romana diceva il patrimònio di San Pietro in Abruzzo ; il patrimonio di
San Pietro di Sicilia , &c. al modo
che a Venezia le pubbliche entrate G chiamano di S. Marco. Ne' patrimoni del Principe ( quando non erano
alTcgnati a’ foldati) era Digitized by Google i6 TRATTATO DELLE era pofto un Governatore (i) con
giurifdizione nelle caufe che a queU la
profe{Tione fpertavano. Alcuni Ecclefiailici della Chiefa Romana tentarono d’ nfurpare rimili ragioni ne’
patrimoni quella Chiefa , volendo far
ragione da sè ftefii, e non ricorrere al pubblico giudi* zio; la qual introduzione S. Gregorio riprefe
, e condannò, e proibì fotto pena di
fcomunica che non fi faceife . Pagavano le poirelTioni Ecclefiafliche tributi a! Principe , come
manifeltamente appare dal Canone 5#
tribnt$tm , (#)ch’è di S. Ambrogio; ed è chiaro che Coflan* lino, il barbuto, nel 6 %i. conceHè efenzione
da' tributi che laChie> ia Romana
pagava wl patrimonio di Sicilia , e Calabria ; e Giufli- nìano il giovane (a) nel ^87. rimifc il
tributo che pagavano i pa- trimonj di
Abruzzo, e della Baniicata . Non riceveva la ChiefaRo- mana tanto grandi entrate da’ patrimoni Tuoi
quanto alcuno crede ^ imperocché,
narrando le Storie che Leone Ifaurico nel 732. confi* fcò i patrimoni di Calabria, e di Sicilia ,
fanno menzione che ren* devano d’
entrata tra tutti tre talenti d’ argento , e mezzo d' oro , che fanno in nollra moneta, per non far m
imito conto fopra la ve* rith delle
opinioni quanto precifameme rifponda ad un talento , fomma non maggiore di 1500. feudi; e il
patrimonio di Sicilia mol- to ampio non
pagava più di 2100. feudi. X Non è fuori del foggetto di cut parliamo
faper quefli particolari che occorfero ,
mentre le poflefriont della Cht^a recarono tutte in un corpo , e fotto un governo fteflb ,
febbenc le rendite erano divife .* il
che non potè durare lungamente, per le contefe che nafeevanc tra quelli a’ quali appar teneva
i’amminiftrazione, c gK altri che ftavanoal*
la loro difcrezione/ UmiCj; iì^duìon^., cìiftwi* Minidro incominciò a ritener per sè le obblazioni
eh' erano fatte nei fuo Tem* pio , le
quali gtk fi folovano portar al Vefeovo, acciò le dividelTe; ma, per ricogniuone della fuperiortt^ Epifcopale,
ciafeuno dava la terza par- te al
Vefeovo , e qualcne cofa di più per onore , che fu poi chia* mato il Cattedratico (^), perchè era dato per
riverenza della Catte- dra Epifcopale.
Divifero anche i fondi, e alfegnarono a ciafeunò la fua porzione. Quelle mutazioni però non
furono fatte in tutti i luo- ghi infieme
, nè con un pubblico decreto; ma, come avviene a tutti gli ufi , che principiano in qualche luogo ,
e fi comunicano fuccelTi* vamente agli
altri , mafllmc i cattivi , che hanno corfo più veloce, e meno impedito. In que’ tempi , quando le cofe Eedefiafiiche
furono ridotte a que* ^ fio S tÌNtamMVM Cornei munì _MivÉnmm, ptt di/hmmrtU dal Cornei Sucri Pimcnonii . Si fari* di ammdmt *A friwm Ut* d*t Ctditf. «de! frimt att fitti*
JJ. * (iti fttfd* »*i titoU |r> («) Si iribotum pem Impcritor, non
ne(;i> mH. , a^ri Eccktu( (olvant
tributsmt $i egm« ilelìderit Imperator,
poretUreoi hiMi Ten. t. if. (O
traGi^^/lm^aH*, /*t*»d*/[lm*U 4
C^aafiH* il iariat*. )
Cathedratirumeriimnon i«ipIioi, quim
venAi mr>tit effi conAitcrit ^ ab loci Pte> ibytcro norerit exigendum . Ctlafimi Faliaa* MfiTtéf* ama* 4fii.Caa, i.f. Camfa lo.lUoJ
te voUimurmodiianiùUiicuiiadirc^e^i
Epiicofo- nitnSicilis de |»arochiis ad
te pertinentibosno- (Bìm Cathedratici
aoiplius, quam duoi folidotj prvfunant
accipere. aaa* fto. Cam.i, Caafé
I». Digiiized by Goògle MATER. BENEFIC. 17 Ud flato, erano di/lribuiti Ja’ Principi
agli uomini militari i fondi pub- blici
, con carico a chi di cuflodire i confini ; a chi di fcrvire il Prin- cipe ne’ governi civili ; a chi di feguirlo
«dia milizia ; a chi di cullodire le Ci
cù, o Fortezze; e quelli, che con vocabolo Franco, e Longobar- do, fi chiamavano Feudi, nella lingua Latina,
che ancora non era total- mente eilinta
, fi chiamavano Beneficia , come donati per beneficenza dal Principe : ( 1 ) pel qual rifpetto anco
alle porzioni de' fondi Ecclefia- ftici,
ovvero al ]us di poflèderli , fu dato il nome di benefizj > perchè erano donati dal Principe, come i Vefeovati;
o dal Vefeoro di fuo comen- lo, e
concefiione, come gli altri ; e anche perchè i Cherici Ibno Sol- dati fpirituali,e fanno guardie , ed
efcrciuno milizie facrc. Le Badie di Ik
da’ monti erano ormai fatte molto ampi» , e ricche ; per lo che i Maefiri di Palazzo alTunfero in sè T
autorità di fare l’Abbate; e ciò con
ragione affai apparente; perchè i Monaci all* ora, come fi è det- to, erano laici, lenza alcun ordine
Ecclefiaflico * Vero è che non Tem- pre
lo davano elfi, ma anche alle volte concedevano per grazia a' Mo- naci che le lo elegelTero. Ma in Italia, non
elTendovi Monafieri mol- to riguardevoii
in ricchezze fino al fuddetto tempo del 750. i Re Goti, poi gl’lmperadori , ei Re Longobardi non ne
fecero gran conto; on- de la elezione
refiò a* Monaci colla fola fopraintendenza del Vefeo- vo . Ma i Vefeovi alle volte, intenti ad
aggrandirfi, erano troppo mo- lefii a*
Monafieri; perlochè gli Abbati, e i Monaci, dcfideroli di libe- jarfi da quella foggezione, trovarono il modo
, ricorrendo al Pontefice Koiiiano, che
li piglialTe fotto la fua immediata protezione , e gliefen- talTe dair autorità de’ Vefeovi . Fu ciò
lacilmente confemito da’ Papi ; fervendo
loro, e per avere nelle Cittk d’ altri perfone immediatamente dipendenti da loro*, e per amplificare la
podeili loro fopra i Vefeovi ;
importando molto che un membro cos^ notabile, come i Monaci , che in quei tempi quali foli attendevano alle
lettere, dipendefiè toulmence dalia Sede
Romana . XL Dato principio a quella efenzione, in
brevilfimo tempo tutti i Mo- naficri
reilarono congiunti colla Sede Romana , e feparati da’ loro Ve- Icovi . ( 1 ) Timo IL
cirearam, vel undenim. «pie ad
prz#. ^rhfHtt Im f'ttnjtm* di S. Pittri
m mmunrm .tkt M*u i*frr» fiù fi**
mlUSMMtm Sidt. iit- etm* fii rwndMMM m
vmutmffi» driU Certi di Ktmm , mtttf*
rie feel/i rie •trrugtmi frivileif tmnu*
imurtjfedidiffudert F mmtirifm diihilitiu-
€idr. M/l il Pmf» mdff) Viirutieri mllm Urt fufflJ- tu , S- Btrnmrd* , dettjfmud* uevitm ,
fttt «edere » fmfm Eufrm» HI. tb’ trm
uu irmud* eiiuu' Aibmti riemfmff* d'
ulhiim mi fmm Vtfavt, * •/ Viftrvi mi
fu» Mttrtfihtmn* : rie tm Ciò m M«l^«ii/e
devrvm rtiilmifi fui mmdilU detU
trtemfmmti , dm ma' Au^tl* tua bm mmi detti: Io C In Fran- non voglio eflcrealdi ibeto deir Arcangelo
. rè# mvreH* mmi detti ifmifi* trmm
Smnt» , fi ftfft vijfmti in mltmu* d*
Settli fufijmtnii ì S. Birmmr. d» , dice
mvvtjmmril Meumei , e Ztlmm- ej^«e ftr
tm fmntm Stde, trmdmmmmvm mltmunutt
^ufJF iftHtitmi i M^«rri> ifturmri %U AUmti dmllm {lurifditient di' l^tftevi rie tefm
ir», due- vm iflt, fi meli emmmmdmrUri
Im rìMliauì £ mm erm mmm difermiti A mifiiHtfm
mi i»rf* dilla Cbtifm r umirt
mimdimtmimimti «« CafitiU , t mmm Mmdim
mllm fmmtm Sedi , litm uil re^ «mm. m»
l’MJiire mmdit* mllm ttfim f Beli i hntefftrvmrt difmjfm^i* ibi ^mijlm ifemùem* ffiritmmU
entri ftr Im fertm dell' tfim.iini
dm'dirttu ttmfirmlì e*Hti. dmtm Itr» dm'
mtdtfmi Vefetvi . Titnc cibi liciiuna
cenlcat lùit Ecelefiat nmiilare raembrit . confunde- K ordinem, perturbare termmoi, quoa
poAieninc Pacm niif Monftrum £icii, G,
manui (ùbmoven* digitum, (uii pendere de
cwite , fiiperiorem naaai, bciduo
coilaKralcm.Taleed» fiiaChri* ,8
TRATTATO DELLE In Francia ì Vcfcovi
fatti dal Re, c molto più i fatti da' Mac*
(Iri di Palazzo, iminuita ('autorità Regia, fì diedero tutti ade
cole temporali; il che anche fecero gli
Abbati, che coniributvAnu Suida* ti al
Re, e andavano in periona alla guerra, non come Religiofi , per quivi far uHhzj di Minjllri di Grillo, ma
armati, combattendo anche colle loro
mani; perlochè(i) anche non furono contenti deU
la quarta pane de’ beni, ma li tirarono timi a loro; onde i poveri Preti, che nelle Chicle amminiftravano
a’Popoli la parola di Dio, e i
Sacramenti, recavano lenza aver di che vivere; perlochè i popoli per loro divozione contribuivano loro parte
dell’ aver proprio: il che facendoli in
alcuni luoghi più largamente, in altri più parcamente, ne nafeevano alle volte querimonie; perlochè,
irattandofì Ipeilo quan- to folTc quello
che fi dovellc dare al fuo Piovano, palsò in comune opinione, clTcr conveniente, ad efempio della
legge divina nel vec- chio tefiamento,
il dare la decima ; la qual efiendo comandata da Dio a quel popolo, fu facil cola
rappreientare (tf) come debita an- cora
folto il Vangelo di Grillo; febbene da efib N. Signore, c da San Paolo altro non è {b) detto, le non che al
Mipifiro fi dee dal po- polo il
fofientamento (c) necclTario; che il MiniUro , o operajo , e degno della fua mercede; c chi ferve
aU'Altare deve vivere deif Al- tare, (d)
* fenza prcfcriverc la quantità determinata; perchè in al- cun calo la decima farebbe poco ; e in altro
calo la cemefima ba- fterebbe ma perchè
quella è cola chiara, e di lotto avremo bilogno
di trattarla più diffufamente , non dirò altro per ora, le non che
in quel tempo, e per qualche fecoio
Icguentc, i Icrmoni che erano fat- ti
nella Chiefa, iaiciate le materie della fede, non verlavano in al- tro, che in pruovc, cd elortazioni a pagare
le decime: cola ch'era- no sforzati i
Gurati a fare, c pel bilogno, c per T utilità; c nell’ amplificare oratoriamente, come occorre,
fpelTo palTavano tanto in- nanzi, che
paicfa mtta.lu, perfezione nel paga- re
le decime (a); delle quali anche non contenti, nè parendo aliai le prediali, cominciarono a portare per
necefiarie anche le pcrlonali, cioè, di
quello che l’uomo guadagna colla lua fatica, e indullria, della faccia, di ogni artifizio, e anche dello
lìipcndio militare. Di que- C^l «luri delfrviuflt, cnm sicari fxriuù pane .... DotTM'iii tainivit iù, qui
Evanj^rlium «onuncisnc , 4e Evsngelta
vime i. Ctrmih. y. * Vedi V drtttete (») U» PrtdMétfre mi f.mfe di Ctrl»
fredù tst’St (bt m*m fiUmmtt «r*
nueffMne d$ f-i/.ir le Drtim* «’ ^rrfi ,
m» njjiadi* dt ftrtsr’.e ufft Un O/».
Nec e:ic «ptasre k Clerici «111 decun»
vobu rtquusnt, leJ d* triti tbt
prtdtcàiM ttif. siitfp, ttmtrs il fmlt
Aln dentiiaruin elabori qu'S
novetit tniina ApolUitrc pietaus lade
nucneiwit efl, donec trtiiat, convalelcar, *t
roboretar ad Kceptionem lUltdi cibi . (^iii im. ponemlum eli fugum cervkibnt idiorrem,
quod n«c|cie noi , nei]uc fratrea Uullri
lufre-rr {vnue- lune ? £^iyf. i.éfud
ìdAlilleif tim. 4. Ai torpore membra
sliter torta , cjutm ciirpoiuit fplc
Sicuc Sc'tfhire , 0 c Cberubim , tc
c^eri quiepe ufquead Annloj, & A’rhtngcto*
ordinanrur lub uoo capite Deoi lu hic quoque fob uno fummo Pont ibee prinìatei , rei
Parriirr hx , Arrhiepircopi, Epiicnpi,
prabyicri, velAiibaici, & re'iipii
in bone modum Quod lì dicat tp
Cupui.'NQloellélubArrhiepircopui tur Abbtsi
Nolo obedire Epifccqo, hoc de Cxlo 000 eAj ailìcurone Angciorum quempum dicenrem
audi- Hi? Nell fui Artk*»irt“ *jf*, ^ .
dt Ctnfid, hi. }. iini lUtum taluberriffiii fiaerK. a mcisbrM
Ec> deitz ooini tempore (èpareior.
Cnm. f. m fin» . (o, (]) , « fmrldT froftuurnnut , ajjnjara, tfdtftfHt, ) ttnfflMHldt». ilz veilrz falubrt debeamu dirpoGtionc
fÌKcitr- me t de ideo leiundiire
deSdenum vefirum, fratrem , 8c
Coepitropiun oodnim euju! Eceleiìa eli
ab noAiaui occupata, Cardinelnn «eftrz
Ecclcltz, ficutperiftia , lonAituimui Sacer-
dorena» quitenua vot de propitio, At ordinando, de vigilando (óllìeitc Audrai gubcrnarc. cui
de* dimuiinmandatif, nemu{U3m
ordinationet przfu* inac Uticiua. Uitr.
Dinrnm Smmm. I^unif. tir. II. c*p.
1* (c) Hzc vox, diti Ontpto Ptnifint
mtUm fn* iattrprttd*Jt*r dt' mnmu
IrrltS^nfit*i , (vrquent ed in tegiliro
D. Otrgoni, & Epiftoiis PontiScum
R'munoruin, & decrrtalUMU , qutbutÌ! Cardinali! dicitUT Preibyter, vel Oiaconua, qui certz
aliciri Ecciti , vel Diaeoeuz propria! ,
de adcMrtiaJicujau tituli ,Ave Eccieliz
miniAeriunordinatu», inferiot , atuiexui
, de , ut iplc loqaitur , meardtnatm cA . Naia
S. Gregorio idem eA Cardìnalcm conAituere in all- quorituio, vel ficclcAa, quod incardinare
alleai Ec* (Idìz , vel io altqua Ecckita
cardinare . Idem rriam drEpilcopit dirà,
quod de tua EecleAa ad alìani.
ncccATratii caufa , tramUtni^ EpitcopeM etoidem ficcieiàc fijz, iUius vero ad quana uaatUùlìuiri zo TRATTATO DELLE tu, eh* erano le principali, più ricclie, e
con più carichi, e rainifte- ri,
ricorrendo per lo più cjuelli eh’ erano fcacciati da’ propr) luoghi ; e quelle Chiefe , come più ricche, e abbondati,
ricevevano più di quefti foreftieri, e
però avevano più Cardinali: il che anche era ri- cevuto dalle fuddette Chide, perche con
quella via acquiUavano da ogni luogo i
più infigni uomini; ficcome al tempo preicnce fifa*, e però poche volte ordinavano de’ loro, ma
[penilTimo incardinavano foreftieri’,
onde in quelle due Chicle rcllò che tutti fi chiamalfero Cardinali . In quella di Roma dura ancora il
nome *, in quella di Ravenna durò fino
al 1543. quando Paolo III. con una lua Bolla
annullò il nome de’ Cardinali nella Chiclà di Ravenna : cos'ì il
no- me di Cardinali, che moflrava
infermiti, mutata fignificazione , è
fatto nome di maggior digniù, e viene detto che fieno Cardinali, cioè, Cardines Orbis tcrtaTum\ Ti) e quello
che non fu nc grado, nè ordine della
Chiefa, ma indotto per accidente, è ialito alla gran- dezza, e dignità nella quale oggi fi trova.
Ma chi guarderà i Con- cili fatti in
Roma , dove fono intervenuti Vclcovi Italiani , e Preti Cardinali Romani, vedrù che Tempre i Cardinali
hanno fottoicritto dopo i Vefeovi *, nc
alcun Vefeovo era fatto Prete Cardinale anche
ne’ tempi polleriori. I primi Vefeovi fatti Cardinali furono alcuni principali fcacciati dalle loro Chicle , come
Corrado Magontino , (cacciato per
ribello da Federigo I. Imperadore , fu abbracciato da Aleflandro III., c fatto Cardinale
Sabinenfe. Non avevano nem- meno i
Cardinali Romani alcun abito, o infegna dìfiinta fino ad In- nocenzio IV., che nel 1244. la Vigilia di
Natale diede loro il Capello ( 2 ) rolTo
, a cui Paolo 1 1 . aggiunfe anche la Berretta
rofla, (3) eccettuati i Regolari / ma Gregorio XIV. nel noftro
tempo la conche ancora loro. £’ fiata
necefiaria quefia poca narrazione,
poiché verrà Ji§nir\ che al prelcnic è primaria nella Chic- fa, e alla quale pare non trovarfi titoli
fufricicntf . (4) Il Pontefice prefente,
Urbano Vili, ha per Bolla propria conceduta loro 1 ' Emi- nenza. (3) XIII. Suenlotes , Uve Pamificct Cardinal«y vac» t
t»44. Iug^uni,.in Concitio gm«ra!i la. Csr*
i/«v‘ ) fin ft' incarJifure aliqocm S. dioslibui virii ctcelIeneinÌRn^
cr n»ìi. S*ft* frtmv.du* pur lìium , li
opu* efliet, prò I-ccJeiuilira libertà.
ifU, i CHTMti dt Rimi ri/iJvtffiri dt freadiriit te tuenda , gladio
ofiène deberej & prxfettint tinti di
Cirdunii, fif I* mm co rempore quo Romana Etdctu a federilo H. tkt «ttfMi** d'iffm i fi" vHimi mtmijhi
atfifi, Imperaeore vcheioenter oppugnabumr ,
« ÀI firtieifitt dtU* Jm» iUimhiì ■ tJtUitmm' fanvM. fifta i ijmali gita tattiilgl- ta d'efftn
agginan alii nijtn aaniritiiai, par
cnu* ! due lagiait ly. ita Tapcr hot Sede* Apo- grmmditi ni Un muta, fi
lUnarima dalia Un jloliea , touuf
Ecclefur oftium , quiciùl , Ac iiu. dipraienia. ilencatur, (J) ^tjh "Itimi panie feaa
finn ageimn (a) Hic in vigilia lutai»
Domini anno aiP OtfiaaU Jialiaai , a da' Cifijh , • dagli Digilized by Google 1
MATER. BENEFIC. ZI
XIII. Dal principio fino poco
innanzi il 500. come li è detto , ogni
Chierico era ordinato a qualche uffizio, c viveva a fpcfc comuni; dopo fatti i Benefizi, l'idefla cofa era
ordinarlo, e alTegnargli Tuffi- zio da
efcrcitarc, e il benefìzio dove cavar il vivere; nè lenza Be- nefizio fi ordinava alcuno ; ma in progrcflb
di tempo , comparendo qualche foggetto
atto al Chcricato, febbcnc non vi era luogo, c be- nefizio vacuo, per non perdere quella
pcrlòna, i Vefeovi T ordinava- no fenza
certo uffizio, 0 titolo; c però anche fenza benefizio, per afpettare che alcuno nc vacafle; « quelli
ordinati fenza titolo aiuta- vano i
Benefiziar), da* quali loro era dato trattenimento : ma in pro- grefTo di tempo crebbe a cosi ecceffivo
numero quella fona di Che- rict ordinati
lenza titolo, 0 benefizio, e fi diminuì tanto la cariik ne’ Benefiziar) a dar loro foftentamento, che
, naicendone infinite in- decenze, e
Icandali, bilognò provvedervi con legge, c coftringere i Vefeovi, che ordinavano fenza titolo, a
fomminillrar il vitto agli Or- dinandi ;
( V» ) c quelle provvifioni nel principio che furono Itatuice fopirono alquanto il difordine; il quale però
non flette molto a ri- forgcrc ; e più
volte repreflb , è fempre ritornato : al che due cote hanno data caufa infieme : Tuna, il defiJerio
di molti di farli £c- clefiaflici, per
goder Tefenzioni, e liberarfi dalla foggezione de’ Prin- cipi : T altra, T ambizione de’ Prelati, di
aver loggctti molti a’ quali poter
comandare ; nè ancora è provveduto bene a quello dilordi- ne, ficchè per tal caufa non fuccedano in
diverfi Regni molte inde- cenze, che
fono cagioni dì far perder al popolo il rilpetto della Re- ligione.
X I V. Nemmeno è fiato efentc
da quello inconveniente T Ordine Epifeo-
palc, ficchc non fieno fiati ordinati Vefeovi chiamati titolari, 0
con voce deriforia : Nulla tenenti : ( i
) non fono però così volgarmente
trattati, come gli altri Cherici non benefiziati; imperocché,
febbene fi ordinano Preti, Diaconi, e
altri Minifiri inferiori fenza carico, nè
in fatti, nc in nome, non fi è però collumato fino al prelcntc
d’or- dinar i fraintrtimfjlt h.t9H0 frtf» Hit' 0ita*tst.i9iit fatta nrl maf^iat ftr
maa tam- tianaueat dttnjft; tatfatttthì
F.e.ttU framtr- t» iHnaat.1 V tfaltauMl
al di U^* ^«>1# Vili- Epiifoput, fi alivnec { nifi lalit oraioamt de Tua paterna hzreditste
, Val alta, boncitsMi caufa, fubruliutn
polite ha- bete. CauMt i dtl C»ntiii*
lattraHtHjì fm» AÌt^amdn III. , t fi
trava ntl taf. 4. tg. tra ir
fréhtnda. (i> yJaVrft*^'* ntICmfilt*
dìTrta- ta difia, ehf ti Vtftavata
rtetrra una Diattfi, a tk* ti Vifeava, a
la Ckitfa fatta rarrtlattvt , tth wta il
hiariia , a ta hlagiu ia maniera , tha f*
una Mb fu» fiat ftnta Faltra’. tbr dì ^ntfiaar- à:nazJam man fi vedeva fata un vafiigia in
tmi- tn F Antitiiktìk, in rati i Vtftavi
, tha aiianda- navama i lata nftavatt, a
(he n'arana frnau , ntn arana fià
témfiderati ftr (alt i in fatila {ai- fa
affante, thè Ma* \Jemaa, al faale fia eeeana
la JUtf/ir, fià ii tn viem rm fidarata »er Uarira, Refltti nn Vtftava Italiana, thè i Weftavi'
titela- ri, avende félamtntt la fedtfia
dtU'Ordine , uan era nettfiaTia che
mvefitfa ana Chìtfa t ebe fa una valta
nen fi erdméva altun Vefeapa, fan- za
afftinar{lirat nnai rA derivava, ferrhi ntm
fi ardmavana ne' Preti , ne' Diatam fenta tua- ia: thè feftia era fiata rieantfuuta ^tr
t^aum- fati ante al fervitia di Itia,
thè vi fafitTa Preti fenta titeia , ed
in tenfremenza Vtftavi fiuta Dtattfi.
Fra Paaia hh.t. del CentUea di Trentat *
Ftdi FArtitala la. zx TRATTATO
DELLE dinar Vefcovo fenza Dioccfi dalla
quale (ì denomini ; perlochè fé gli
aflegna una Ci[t^ poflcduta al nrdènte dagl' Infedeli , dalla quale prenda il nome; dove non cHcndo alcun
Criftiano , TOrdinato refta col folo
nome, fcnza popolo; e vive fervendo qualche Vclcovo gran- de, il quale non polla , o reputi cofa
inferior a sè , 1' efercitarc per se
Hcdò le funzioni Epifcopali. Di tali Vefeovi titolari ve n' era gran numero innanzi il Concilio di Trento ; ma al
prclente è molto ri- flretto. Ma perche
adeflb i Padri Gefuiti propongono queffioni, fc il Papa poflfa ordinar Vclcovi fenza titolo
alcuno, nè vero, nè finto, Jìccome fi
ordinano Preti, e Diaconi, e decidono che pofia; piaccia a Dio che quella potenza non fi riduca in
atto , e fia perduta la ri- verenza
anche a quell’ Ordine, la quale gi^ era grande vcrlb tutti ^li Ordini Ecclefiafiici , quando non era
ordinato, Ì^e non chi era in- iìeme
defiinato ad un’Uffizio, come lì è detto.* per la qual cagione tutti riledevano al loro carico, perchè non
fi poteva latciar vacuo; c non vi era
chi potefle fupplirc, clTendo tutti occupati nel proprio*, onde era incognito il difordine di non
rifedere .* fimilmcmc era inco- gnita la
difiinzione di benefìzio che ricerca rcfidenza, e che non la ricerca*, e, o ricco, o povero che fofle il
benefizio; o di molto, o di legger
carico, conveniva che il poirclTore fcrvifle perfonalmente : ma dappoiché s’ .incominciò ad ordinare feoza
titolo, avendo i Tito- lari chi mettere
in luogo loro, lalciavano il carico ad uno, che at- tendeva con qualche poca provvifione*, ed
elfi attendevano ad altro. Così i
Vefeovi in Francia Icrvivano alla Corte % come pure i Par- rochi, fofiituito qualche povero Prete.
S’incominciò a provveder al dilordine,
non con legge, o con collituzioni , ma con gafiighi di cenfure, e privazioni in maniera, che ne’
tempi de’ quali parliamo, cioè, ne’
prolfimi innanzi P 800. con quelli gallighi erano tenuti in freno: ma co^ >> a>MÌfìr>ge
dc’bcnefizj, come anche rordinazionc di
non titolari, e le provvifioni per la rclìdenza, non pafiavano
fcnza qualche diverfit^ da un luogo all’
altro*, c anche nella ficlTa Chiela non
paflavano fcnza qualche variazione, caufata sì per li diverfi pcn- fieri de’ Vefeovi che lucccdcvano, come anche
per lo divcrfe provvifioni fatte di
tempo in tempo da’Principi, per ovviare a* dilòrdini cagiona- ti dal troppo volere di qualche Ecclefiaflico
, o dall’ impazienza di qualche
popolare, che non fi poteva veder efclufo totalmente dalle cofe Ecclefialliehe, XV,
Molta variazione pafsò fino a Carlo Magno, il quale, ridotta fot- te la fua ubbidienza l’Italia, la Francia, e
la Germania, riformò anche le cofe
Ecclefialliche, riducendolc ad uniformità, le quali in diverfi luoghi erano divcrfamcntc illituite;
rinnovando molti de’ vec- chi Canoni
Concitiarj andati in difluctudine*, facendo egli divcrfe leg- gi Ecclefialliche per la dìRribuzionc de’
benefizj fecondo rdìgenze dt quei tempi
: reftituì in parte a’ Parrochi le poflclfioni che i Vefeo- vi, come fi è detto, avevano tirate a sè,
ordinando ad ogni Prete Curato ne fofle
aflegnata una della quantità che in quel tempo chia- mava-
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BENEFIC. x3 mavafi Mcnfa . (i) Pafsò
allora in Italia il coflume di dare la de-
cima alla Ghiera Parrocchiale, che gili molto innanzi era
introdotto in Francia. Aggiunlc però
Carlo di nuovo, che il Vclcovo, come
Sopraincendente, e Pallore generale, potefle dare quell' ordine
lopra la didribuzione delle decime , (a)
che parefle a lui; pcrlochè i Vc-
l'covi, dove erano molte, c graffe, ne dil^lero in diverte maniere: ne attribuirono parte a sè llcffi, parte
a’Preti della loro Cattedrale; c ne
aOegnarono anche qualche parte a’Monafteri, con carico che cfli mctteOcro un Vicario alla cura, dandogli la
porzione conveniente: c, oltre
airaffegnazione del Vefeovo, alle volte le Chiefe non Parroc- chiali fc ne appropriavano qualche parte, che
in progreffo dì tempo poi difendevano
colla preferizione . I Princìpi ancora ne applicarono alle Chicle verfo le quali avevano maggior
divozione. Rcllitui Car- lo la libertà
a’ Popoli di eleggere i Velcovi , concedendo che il Cle- ro, e il popolo doveffe elegger uno della
propria Diocefi , il quale folte
prefentato al Principe; e quando da quello foffe approvato, e in- vertito, dandogli il Partorale> e TAncUo,
doveffe efler conlccrato da’Vc- feovi
vicini. Kcrtitui anche a’ Monaci la facoltà di elegger l’Abbate del loro proprio Monartero : {if) rtaiuì
ancora che i Vefeovi doveffero ordinar
Preti quelli che foffero prefentati da’ Popoli delle Parrocchie, Stabili anche Carlo 1' elezione del Pontefice
Romano in fimil ma- niera, ficcome era
anche irtituita , quando gl’ Imperadori Orientali dominavano Roma; cioè, che foffe il Papa
eletto dal Clero e dal Popolo, e il
decreto della elezione foffe mandato all’ Imperadore , il quale fe approvaflc (c) l’Eletto, foffe
conlccrato. Vero è che, mot- to Carlo,
quando gl’ Imperadori della Tua porterità fono ffati deboli di forze, o di cervello, i Papi eletti dal
popolo fi fono fatti confc- crare fenza
afpettar il decreto dell' Imperadore : cosà fece Pafqualc con Lodovico, figliuolo di Carlo; febbene
manJà poi a Icufarfi con elfo lui, che
non era ciò proceduto per Tua volontà, ma per forza del popolo, che cosà aveva voluto. Sono ben
alcuni i quali dicono Lodovico aver
rinunziata la facoltà di confermar il Papa ; e perciò allegano il C. Ego Ludovicui^ ( * ) quale altri
uomini di molta 0) fwL ri) HUfffMrié
ftrvivtrt, t»mt ntr* 5 .Cr^iav# nell»
vit» dt S.Ltfstié d* Arili . Ouncc omnn
«l> iffo eflènt redempri co tTgento mo
AaterriW ejui Conici Eccirlìa Menfa
rcin^ucnt. HitU nM/rrw ftmdaU mn c|
firviMm» munr» dtll» farti» Urnf».
( .« ) Uc Derimz in pcreJkste Epiftopi Hnt , qiuiibét a PresEycerìi dilpcnientur .
t»f.i4i.lti. 1. CsfirmUr. (i; Monichorum (ìipiiiiein caufam , Deo ojmuUiite, «■ pane liilporueninui. Ac
cuo> modo ex (é ipfu libi eligendi
Uccntiam deaeri* tcui , Ac qualiter
cjuiete vivere , propolitunique
indetefli cutV/dire valerent ordinaxenmui , in •lu libcdula diligenter idnotari feamuit At
ut Bpud Suceellorei nofkr» ratum fbret ,
Ac invio- Ubiliter coniervarctur,
conErmavimui . t*f, lt> iii. t-
CtfitmUr. (r) i U fimr*mtiir» tir* fm
dal Clrrt , « dad fafaU XMMa» frràata «
il traigli», •d a Lttaru fu» fi'UmtU 1’
»n»» «14. Proemno ego Uk per Deuni
t^nmipotenreir , Ac per iUa qusruor
Evangelia, Ac per bone Cnicem Domi- ni
aoliri Jrfu Chndi, Ac per corpus BearilTìmi
Petti, prinuj'ii ApoAolonim, quoo ab hoc die in lidtlu ere Dorainis nollr» Imperato* dot tri-
ribus, Hludovico,Ac Hloario, dicbui vitjrnie«, }usr4 vim, Ac imelleòum meum, fine
fi^ude, atqae malo ingemo. Ulva fide,
quam rrprninifi Domino Apo^iicoi Ac quod
non conlentiam ut alitcr in hsc Sede
Romana fisi elegie Pontili* (is, nifi
ciaonue , Se julle, fctundum virci, Se
intclledum meum, Ac iile qui elechii fiierh , me conUatiente , conlécvirui Poimiex non
fiar, priurqu.''in tale làrtan>er.tuni
U^iar in prskmia milG Doaùnici
Smperaions, Ac populi rum pa* ramento,
quale Dominus Eagcoiui Papa Ip n- te,
prò coniérvaiione «^nnitun, Uftutri bibet per
firiptum: nmai. CafiimUr. fag. «47 yid» Tb»- gaa. ad aaaam tiy. ferduravit hxc
confiietu* do, dir* Onifri», ufque ad
BenediAum II., cu- jui fanfìiraie
petmorus ConUmcmus Iniperator, Heradii
pronepm, et'.i&o tuo julTit ut deincepc,
quem ui, pnpululque Rotnanua Pontificcm
aekgiQent, », nulla ampliui Imperatom con- fitnucmrtc expéò-.ia, more vcmiiifiimo,
Aatim ab Epilirop» orduuretur* Aa»»t. ad
m/am fr- laga Jf. l*) D Jtiaff. éj. Vidr Tltrmm dr rltHitnitMi i» fm tfrram Agttardt. taf. 6 , fag. i{t.
, rAi Balnuam. /tdt ttiam Tbtran. ad
oao.liO., & *17. f
i I Z4 TRATTATO DELLE dottrina mf più ragioni meflrano fatfo, e
6nto : (i) nel che è fu* per6uo
aflaticarfì, perchè certo è che Lotario, Figliuolo di Lodovi* co, c Lodovico iecondo, tuo Nipote,
confermarono tutti i Papi elct* ti nelle
loro etli. In quelli tempi, ne* precedenti,
e fulTeguenti, quando, per afpct- lare
la confermazione del Principe affenre, alcune volte paOava qual- che mele innanzi che l’Eletto foife
confermato, e poi coniccraio , egli
innanzi la conlecrazione non il portava da Papa, nè ammini* ilrava, lalvo che qualche cofa particolare, a
cui urgente necclTit^ collringefle di
provvedere fui fatto; nè vi fbflc altri che vi attcndd- fe; come avvenne a San Gregorio; nè fi
chiamava Epifeopus, ma EltBus, Anzi
nemmeno teneva il primo luogo, ma lo teneva 1 * Ar- ciprete ; il quale anche fi dava quello
titolo , cioè : Servaas locnm Seda
Apojìol'tc^: ma dappoiché i Principi furono elcliifi , co- me al fuo luogo fi dir^, pafiava Icmpre poco
tempo dall’ elezione alla
confecrazione*, nè per quello fi diceva che 1' elezione fola deffe il Papato, ma la conlecrazione : perlochc ,
le alcun Eletto moriva innanzi d’effere
conkerato, non era pollo nel catalogo, e numero de* Pontefici*, come avvenne ad un Stefano eletto
dopo la morte di Zac- cheria nel 752.
che non fu conlccrato; c però non fu pollo nel ca- talogo. Papa Niccolò II., (nufei fTriru'-,
Hi"C ob ri(creiu, quoi ab hti vi too^ui rflet ^Aiifioutn irunitt nbì'e . Acirpu bsc
tàmfa- éionf, Lalovicui ‘«'pò i.Ui
Clero, Irta)u;uRi ipiìini», St pitia
M«v8ne drinrrp* ouieftiTnR laelc eni : tu x/itu
fuf.bulit miti»- ^U4nt» *gli Auttri fbt b^m- m* ftriitt rbt Lut^i, il btn/^u» , uxtfit
rmmu- ti dtrittt di rtufiruurt t
t'*ti»9t d*t fu- ftfiuii rr’trr tbt
uufft ftrft d*li' uxtf ttufu- ft (bt
Hutiu» Ttftnftt util» mtitfimu vii«| tbt
il H bli0tHuru Aatfiugi» , itti, il CuuctHu-
rt drHm feere Wr, rutttmt» tb* taduvii» dtt- dt M fu/ifiMU f tturr» fdtfià d' titfgm i
|V fini , a* f •«/ Ptm*ifi-tm ft^ului
fiatim eriafiit , fNi tmia dir
Ptaiiftatmi fm , dumrtt dtmtjhcas
diffcnttt uttifit , mtrb» àfifitxt» rrr-
rrfiut tnttrmt. Dìgiiiied by
Google MATER. BENEFIC. ^5 Papa riceva tutta V autorità : e perciò i
Scrittori mi fmt mi ntlU fmm Cnmìcm
Jt’PMfi. F » ftiammn mtmxMm Ji /ni in
itrmm. Ante qnein tioxn Siephtnut
qui«- U fdf»^ fidi» Sttfdm Ili. f» V
dltr» ftfu fidi» fdfd iftttiv» , I
rietmfrtiu» t ìi rkt damjh» tln dU*r»
tfftr Elcàuf n»m trm ifiir Epilcopui, «
fdfivd drvtntdr F.pili«* nel fm* Ltxitm,
in Cenfitrohoiubiu Imperatorits , enniverlétiam pearitatiooem , colUuòaetii , de prcAeaooem
fi* ! i
nefizj molto ricchi, fi creavano Vclcovi i principali della Cone, c della Cittì, a* quali il Principe ancora
commetteva molta parte del governo
politico, prima llraordinariamente; cpoi, vendcndofi che riu* Iciva bene, anche ordinariainenie; non perh
in tutte le Cittì a!!'iflef- |b modo, ma
lecondo le occorrenze del luogo, e il valore, o la boctì del Vefeovo; e anche Iccondo la poca
attitudine del Conte alle volte, al
quale fi luppiiva col rimetter ai Velcovo.* il che fu caufa che poi, degenerando la poflcritì di Carlo, che
bnalmente fi affogò nel prcton* do
dell’ignoranza, i Vefeovi penlarono cITer meglio per loro non rl.‘him (redo bsc
oppertuni- f(ce Htdriinum. tjuod
CftTOius, {quejh tr» C«r- I* it rnffirì
Iinpcraeor , sb ImIU cum «nrcitu
diicMtiu, in Noroujinot rebeliintn moverat . Stiu vftM d' AdrUn» U. dtl mrdtfimtt
PUi$ms fi 4 i R»m*MÌ, ftr mtier »» P»nt>firMt9 ftmx,' sffttfri l* (»nftrmst.iem* dilT féiU , /*>r« etti i vttifimiU tb* AdrUtu
IH, mì- U i'tftUdtrt P ìmftrmd»- r4 dtl P»f»- (4) Vidi PVitKhmd fég. tt. mtam. to. Omnia, dtrr ii d‘ Agmtfy»»» , &unini*
deben- ror PantiKibiu, 8c non
C'boi^ilcopir , nula f»rt» Cbtltiahrta
rmane Ckmi , quod lum failTc . cum )Un eo devemJtent Ecriclialìici, «tuh> (ine perratonis t^ualtlet dMtunùc.rc
tem- ut, non cnadi. ut aniea, Icd ffKjnte, ^ laigi. pori* de Erciedx rmuiBcraAonr pofTederint
cum nonibuarootifiiium nmnutobuent Rea (>ef- '^aucioriuie Klonotìtlimi Ptincipia nollti ,
in |ui finii «xempli, cum pndea ('ere (einper ferrata bare propnctarium praeCciiptione tempotit non
vncen. conliictud» (il, ut a^priorum Pontifimin fe.p(en. tur, dummodo pateac Ercidix rem fuifTe; Nevi,
tea aut infrinf^erent , aut omnino inlle*enr . R# . deaiuiu eiiam Eprfiupi admimaraitonu
prtjlizx, Manal./rra éStcfsMaVl. rii thi Sttfan* *vav* «ut precatortaa, cuni «rdinici funi,
faceredcbotC fAtia a tarmafa. Steptuni PonitHch Jerreta , Ae le , aut diu lentit Ecclefie ficultaTei
prnpristati «tU ibtim tmprobat . abro^acque . dire iV R/«rin« fux polle tr»nfuiderat buie «tati ut hotninum
indullru in rnitnonc inutilaiui turpuer, alupundia vitam Ju. quovU cenere vittutia (oafeodlertc , nuliii
calca* zie, cum ob inhoitelia vulnera i frababilmeata libui aunibim, quibu» hmuinuiu ingeniaad lau'
ftr tfitr^ii fiata tafliata il nafa, a la erieibu ) dein eiuiirentur. piodire in puliblitum
mibcKcrct . Plaiina in (/JStimphaDUtVI.dirr
il Flaiina malia fna vi. vita, ta, tanto
odio pcrfecuttis cd Formoli Homcn , ut
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BENEFIC. anni Giovanni XL ch’era
figliuolo (4) baluardo d’ un altro Papa (h)
morto 18 . anni prima’, e tanti inconvenienti nacquero in quelli
an- ni, che gli Scrittori dicono in
qiie’ tempi non cflervi flati Pontefici,
ma Mollri . 11 Cardinal (c) Baronio , non fapendo Icufar alcuno di que’dilordini , dice che la Chiefa allora per
Io più (lette lenza Ponte- fice, non
però lenza capo; rellando il fuo capo Ipiricuale Grillo in Cie- lo, che non T abbandona: ed ò ben cola certa
che Grillo non ha mai ialciato, nè
lalcierh mai la Chiela Tua, ne può mancare alla Tua divi- na promelfa , eh’ egli lar^ con lei fino al
fine del Mondo: (d) e in quello ogni
Crilliano dee ientire, e credere quello che il Baronio dice, penfando anche che quello, che all’ora
avvenne, fia avvenuto altre volte; c
ficcorac in que’ tempi la fola alTiflenza di Grillo confervò la Chiefa, cosi l’ha confervata, e la conferverh
in tutti i fimili acciden- ti in quel
medefimo modo, con tutto che non vi folTe minillero di Papa, (i)
Può ciafeuno da sè fleffo giudicare come folTero trattate le altre
Ghie- fe d’Italia, confiderando qual’ è
lo flato di tutte le membra nelle gra-
vi indilpofizioni del capo. («) Non flavano però meglio fuori d' Italia, dove i Grandi davano i Vefeovati a’ioro
foldati , e ancora a’ fanciulli in età
fanciullefca . Eriberto, Conte, Zio di Ugo Capeto, fece il fuo Fi- gliuolo di etk di anni 5 . Arcivefeovo ( a )
di Rems ; Papa Giovanni X. confermò
quella elezione. In que’ tempi nefTuno riccorreva a Roma per divozione; ma Tempre chi di&gnava
alcuna cofa contra i Canoni, e ufi
Ecclefiaflict, fe non trovava nel fuo paefe chi 1 ’ approvaife, ricor- reva
(m) ^ejl* fini* ) riftrif* i» mtl
lArè frutto mi t»p» i J. Onofrio ?mmvitto itti tbt Ì**fio Psfn moH n» di Pof* Srrgto IH. tomo mfierms PUtiM . (^) Di Sorgio III., c di Unroxj* , figìiuolA dtlis Mtrfttitt ToodorA, Ia tfmAle profiimivA
U f"* *’ . Joinnei XI. dir* pAmvimi
. S^gii l'apx. Se aIsickix notuUilimr
inter Rmiu> nof fiéminx {tlU n*
vtdovA di 0»ido ÀtArrbfft d*
T^trtnA"^ filius, vutri*, qux cune in urbepo- teouirima erat, uiàoriuc?, & ttudio
rucceflìt.;.. poli Leuneni VI. 9c
Steptunum VII. Pltuiti» U tbìAms
CiovMMMiXll. patria Romanui, pane Ser- gio
Ponriike &c. (r) Wi fMin ifS* tpAmt
, «fìea PlacÌBa nelii vita di BeneJetio
IV. tAfrivir* ttfit EìcUSa Dti, vttfir
tfM! cnitorAtu a ftutritAt* *d lAftivurm,
ffprrit Atiu tAutA lirtHtiA fttcAAdi b*tportt»tA, A ATAiniitn* , & UtguioAt , fAitOiJimA
P*^ $ri ftdti nrnfAtA tfi forimi .
feffrffA . Bm~ voiu* rbiAAtA imefii
PAfi ftdu AfofioUt* mvAfnri, itom
AfofiAitoi, frd Af^Atirot, a 4 Aaitmm pot.
Jta Pool* (a muA pmdttjoffiiimA imior-
Ito 0I dtftrditu dtll'ttrtnmi ai ami itmfo. Sitf*- pu, dx' *gli ìm kha dtlft fu* Itttrrt, u
h» irnAto Arfomtnfo fori* it provi tbt
Ia fioTÌA dtllÀ PofiffA CttVAAAA f*A
VTr«i tott iitm- PHn* bo ttovAto
TàifioAi AblofiAntA hmont tbt n* mtfiuAo
Ia fAÌfitÀi tilde, p*r pArUr fiaertA-
mtmtt , io f/mdt a trmnlA ftr fAljA , pia non pi ftr firAVAtAntt i poirkh i» fMaa«i
X.)ulutptitiin, in execnplmn cito rtan>
fiic aliorum, ut cumplures hujus Ixculi Princt. fibi tinguine con^nftm adolclcencutos ia unaaC-aUicdraituravaim ^nvinovendos ad
aem. paf. 30 TRATTATO DELLE a Roma, dove fi davano difpenfe d'ogni cofa/
e Fambìzione, o F avarizia fi copriva
con dilpenlazione Appdlolica. 1 Papi, eifcndo qua* li abbiamo detto di lopra, non Facevano
didinzione di quello che po- teffero;
iiimando aumento delia lorp grandezza ogni cola che folTe ib- ftenuca da qualche potente : quelli, per loro
iinerefle, difendevano quel- lo che
impetravano. Il popolo, parte per la lua lemplicitk, parte pel terrore de’ potenti, approvava quello che non
poteva impedire; onde fi fiabill un’opinione,
che di qualunque cofa, lubito che aveflc la con* fermazione da Roma, ogni errore paflato folle
coperto. XX, Alcuno crederebbe che la poca cura che
aveva V ordine Ecclcfial^ico delle cofe
Ipirituali avclTe fatto rafl'reddar il fervore de’lecolari a donar alle Chiefe, ed avelTc pollo line agli
acquilU nuovi degli EcclefiaAici;
nondimeno non fu cos'i*, imperocché, quanto era diminuita ne’
Prelati la cura Fpirituale, tanto più
erano intenti a confervare j beni tempo-
rali, e avevano convertite le armi Ipirituali della Icomunica , che
fi ufava folo per la correzione
de'peccarori , a difela delle poflelTioni tem-
porali, e per ricuperarle anche, Fe per calo la poca cura de’
PreccF- (bri le avelfe lalciate
perdere.* e nel popolo tanto era il terrore delle cenfure, che nefluna colà, metteva maggior
(pavento; e colà mirabile era, che i
foldati, e i Capitani, fenza alcun timor di Dio, che ufur- pavano quello del prolTimo Fenza alcun
riguardo d’ offendere S. D.M.,
gutrdavano con gran rilpetio, per timor delle cenfure, le cofe
della Chiefa: da quello molB molti di
poco potere, dclìderofi d'afltcurar il
filo dalle violenze, ne facevano donazione alla Chtdà con condizione che ella ^lielo^ delTe in feudo con una
leggiera ricognizione. Quello af-
Heurava i beni, che da* Potenti non erano toccati, come quelli, il dominio diretto de’ quali era della Chiela.
Mancando poi la luccefllo- ne mafcolina
de* Feudarar)-, ctTmc- per iè Frequenti guer-
re, e fedizioni popolari, i beni cadevano nella ChieU. XXI,
QUISTIONE I. Poiché (ino al
prefente abbiamo detto in qual maniera fieno fiati acqiiifiati i beni Ecclcfiafiici fiabili, c
la ragione di decimare quelli de’ Laici,
quello luogo perfuadc che fi tratti, c rifolva, prima chcpal- far innanzi, la quifiione trattata ne' nofiri
tempi*, cioè, le i beni £c- clefiafiici
fieno pofleduti /urc divino^ o humano'^ echi ne abbia il domi- nio. la comune opinione difiingue le
poireifioni lafciatc alle Chiefe per
teftamento, o per donazione dc'Fedeli, o in altra maniera da elTe
acqui- fiate, dallc{ decime , primizie,
e alire obblazioni. £ quanto alle pol-
Fefiioni, tutti concordano che fi debbano chiamare beni temporali, e che fono polTcduti dalla Chiefa jura kumano :
imperocché cena cofa è, come di Ibpra fi
è narrato, che, elfendo proibito a qualfivoglia Col- legio r acquifiare ft.ibili, la Chiefa, prima
con permiflìonc degl’ Impe- radori ebbe
facoltà d’ acquiftarc*, e apprefib vi c il Canone : j«r^. d.S., do-
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BENEFIC. 31 d. 8., dove fi afferma che
col folo Fondamento delle leggi umane fi
dice: quella poffeflìone èrnia: quello Fervo è mio: c che, levate Je
leg- gi de’ Principi, nè la ChieFa,nè
altri potrebbe dire che cola alcuna Foffe
lua. ( 4 ) Neffuno può dubitare che la divifione delle ponTcffioni non
fia per legge civile*, e parimente i
modi di trasferire i dominj dall'uno all*
altro, la donazione, il teflamento , e tutti i contratti, e tutte le di- Fpofizìonì non fieno leggi umane. Sono flati
nel mondo Repubbuche, e Regni, dove il
tellamento era incognito.* Jure Romano al iolo Cittadi- no Romano era conccflb di far teflamento: non
c pofiibile che il modo di acquiflare
fia per ragione umana, e la continuazione dcU’acquiflo fia per divina.’ quando alcuna cofa è donata, o
legata alla Chiela, effen- dovi
difficoltà, fc quei titolo fia valido, fi giudica con leggi umane*, c tenendo legittima ragione, fi mette al
poffeffo fecondo quelle.* adun- que
anche in virtò di quelle, e non altrimenti, continua nel dominio, e nella poffeffione : ma poiché in quello
ogn'uno concorda, non pafferò piò
innanzi: lolo aggiungerò, come per corollario, che da quello fi rifolvc chiaramente, e fenza difficoltà, fe T
elenzioni, che hanno le poffeffio- ni
Ecclefiailiche , fono de jwc diviHo , ovvero bumano *, poiché il poffedere , ed il modo di poffedere, vengono femprc
daU’ifleffa legge*, e i Giure- confulti
dicono che dall’ illeffa viene la fervitù, o libertà de’ fondi, da* quali anche viene il dominio. Sarebbe gran
contraddizione dire che la Chiefa aveffe
una poffeffione jure Veneto , la qual aveffe una libertà alio jure.
Ma quanto alle decime, fono due opinioni: una de* Canonifli*, 1* altra de’ Teologi, e Canonifli, che flndiano
infieme la facra Scrittura, e la legge.
Dicono i Canoailli che le decime fono /miv divino, (*) per- chè nel Teflamento vecchio Dio diede a’
Levili la decima, come {b) la Scrittura
divina racconta.* e non è maraviglia che dicano cos), per- chè non fono vcrlati nelle lezioni de’ Libri
facri , non effendo la loro profcillone
d’intendere i nìifieri della Religione Crifliana, cioè, che Dio per Mosè diede al popolo Ebreo la
legge, la quale, quan- to alle oofe
cerimoniali , t giudiziali , fofse propria di quella na- zione fino alla venuta di Criflo, il qual’
era per levarle la virtù ob-
bligatoria.- (r) ficchè la legge delle decime è ben legge divina
Mofai- ca, ma non legge divina naturale,
nè Crifliana*, ed obbligava quel popolo
folo di allora*, adeffo non obbliga alcuno. Può bene chi regge una Repubblica far leggi fimill a quelle *, ma
non obbligheranno come divine*, nè fi
dovranno chiamare uli*, ma bens'i leggi civili del Prin- cipe che le coflicuifce . Fu una legge divina
Mofaieache il beflemmia- tore fofse
uccifo.* quella adeffo non ci obbliga; nè chi non l’uccide pec- ca; e potrebbe il Principe imporre per la
^flemmia pena capiule; e farebbe giuda,
e fi dovrebbe fervale; non però fi direbbe legge di- vina.
(«) Jure Kumano dkitar i h»c vilU mea cft: hcc dofnus mea ■- bit fervut renu eà . )ura
au> «m hunana, jura Imperatoram (uDt.
Tolte )ura Imperatorum , 9t quii aud«
dicere : mea eft ì0a Tiili, auc mnu eli
itie fervui, aut dounii h«c IRM
cft} *) Ctv»rmvi» »a» J d» ftmimtnt».
Vt- il il it, iti Itkn frtmt variarum
refolutio- euin. H ) Filiii Lavi dedi omnes devimas
Kraelii in pofleftìoneTn t>ro
ininlfteTio quo ftrviunt mihi in
tabamaculo nderis.... Decimarum nblatiem
contenti, qiaas in uiùi eonim, de nereftàna Tnnilato Saoerdotio, necefle eft ut & le. il rranilatio fiat . Reprobano fit
prxcedentif man- B(i proptet
iofinnitaccm c;iti , & inuniitatoui .
Htèr.7. 31 TRATTATO DELLE vina, febben Dio gi^ la dicale al popolo
Ebreo *, (rf) ma legge del Prin- cipe
politico. In quelle, c in molte altre occorrenze, dove allegano quelli uomini la Scrittura vecchia a loro
interciTi, e loggiungono ch\ è de jure
divino^ bilògna diflinguer loro l’equivocazione, che quei eh è de jure divini) naturale, o Cnltiano, d
obliga; ma quello eh’ è de jure divino
Molaico non ci obbliga; e fc chi ha un governo fa uno flaiuto fìmile a quello, egli è de jure
bttmano. Non poflb relìar di dire che
non, per ignoranza, cosi trattano qucfla
materia; mt per ingannare gl’incauti, c per convalidare le cole loro
col nome di/nr divma, e mctterfi in
credito: ma fi potranno convincere qui,
e far tacere . In quell’ iltefib tefio della Scrittura Dio comanda
ezian- dio che non pollano pofl’cder
terreno, e fi contentino delle decime.- (^) fé
per quello precetto il popolo è de jmre divino obbligato a dar loro
le decime, efii laranno obbligati a non
aver polTclIioni. Ma apprelTo : Dio
comandò le decime foio de* frutti della terra, (r) e le leggi canoniche dicono che fi paghino ancora della milizia,
della caccia, e di qualun* que opera
umana per la quale fi guadagni. Se Dio comandò ai popo- lo Ebreo le loia decima prediale, lono
sforzati a dire che la pcrlonale non fia
comandata, le non per legge umana. 1 Teologi, de’ quali io non nomino alcuno in particolare , perchè
ndfuno è cldufo ; e molti Canonilli con
loro dicono concordemente , clTer precetto della legge di- vina naturale, che il minifiro della
Religione viva del fuo uffizio che
prefia, fervendo .al popolo nelle cofe divine; ed elTere Ipeaiai
precetto di Grillo N. Sigli, nel
Vangelo, che al mìnillro, il qual lerve al popolo nel- la predicazione della parola di Dio, e nel
minillero Ecclefiatli-o, ila lom-
minillrato il vivere: in che quantità non è determinato, perchè lecondo il numero delle perlone, la condizione
dc’luoghi» c dc'tempi quei eh era molto
una volta farebbe poco un’airra; ficch.' il far parte al Minutro dt Cri- ^0 è de Jure divino* Che quella parte fia una
decima, o una ventèlima, o una maggiore,
o c_llatutiro per legge moana « o per
confuctudinc; che vagliono rilttflb. E quando fi legge in ai^unc
De- p-ciah che Dio ha illituita la
decima, o j^e U decima è de jure divi^
no^ $' intende (ff) la parte determinata per una indeterminata*,
intenden- do decima, cioè, quella pane
che è debita, c neceflaria*, ovvero che i)io
ha iitituiu la decima nel Vecchio Teftamemo, ca lua fimilitudine la Ugge ha i^ituiio lo (leflb nel nuovo.
Pcrlochc generalmente poffia- mo dire
che i beni Ecclefullici, di qualunque Iona fieno, lono lotto il dominio di chi nè padrone, e poflèduti per
leggi umane. Nè al- cuno muova dubbio
fopra quella parte indeterminata che è debita per legge divina naturale^ e Vangelica; perchè,
come ben narrano i Leg- gittij (;) Ortinem meJutlani atei, viui, fra* me I I iiln ileJi, '/•fe Die *d A*r$ tn
uni>erÉi hu^utn imrUf ()iih E*K''** ^
Dunituo deportintur, cedcni ii\ aAit
iuta. (dy (ilitt Levi, étti T)i* , deiì
aman drcimn f€o uiiolUerio quo femiuit
milu m uberoetulo IcJeri*. Nnm.
>1. («) Dominili ordiittvtt iù qui
gfiofcliun to- nuncumt de Eviitgelw
vivere, i. Or. i , elt^ lipoe e^ritelii vettra iDerimu»? Uni beoe
|n«iuoi VrotiyteTi duplici honore difini
hsbeinnir, m». jMice qui loborant in
verbo. Ac d''i£iiiu «U «periTMf mercede Tua- i-T-fUi.I. PI ler cuni |v>pu!ui unive**ut, de iJ
liliov Ifnel loqueru ; Hntu», qui
blalphemaiem D'imen !>>• mini,
OMrte nii>riAtari UptUibui e^lprmiet cuui
mrme muliHud'', Zrwr. a,. Dixit
O’unjnu. sd Aaron: in te rt eorum mhi!
p>(T> c' itii, iKc habebuis piriem inier co*: fi sltnst r$ar dt Nihil «l'ud pnili.!ebtini, dcrtouium ^!«none (unteixi. A'ana.il.
Nontu> bebuni Saeerd.ne», &
Levirit psreem. de h«re ertem eem
rrliqno Itraci, quia bcrifiria D'xtunt,
& oblatuinet eMi corpc-’^nr . V uim! aliud aeri, pieat de pofldliooe Irinumliiorum. Unii. ra/.
il. Digitized by Google MATER. BENEFIC 33 gilli, altro i che una cofa Ca debita; altro
i che fé ne abbia domi- nio : la cola di
cui li ha dominio C pud dimandare drittamente in giu- dizio , come fi dice , Mont rei wneleesmnh ;
ni fi foddisfa con dargli r equivalente
; ma il creditore pud folo per azione perlonale dimandar il debiiOt efièndo il debitore obbligato a
dargli tanto, ma non pid quello,
chequello. Da quella rifoluzione rella anche con faciliti decito, le i benefizi lono ite /m* Rivinti , e Je
/ere pofit 'mù ; imperocchi, elfen- do i
(labili, e le decime poflèduti ite /ere èemme, anche i benefizj fondati (opra quelli avranno la forza
deirilteiTa ragione: olirà che dal- le
cole iuddette fi potrb pid agevolmente certificarfi di ciò; perchè, fe la Chiela è (lata tanti anni con beni
(labili goduti in comune, e non divili
in benefizj, come di fopn è fiato narrato, chiara cola è che i benefici tono (lati creati dagli uomini
in progrelTo; e perciò in quello tutti
concordano- Non mi ellenderd pid in lungo.- folo dirò che, Icbbcn quelle conlìderazioni pajono aliai
lottili , tono però neccOarie , come le
cole feguenti mofircranno. Q.U I S T I
O N E II. Dalla rifoluzione della prima
quifiione farebbe facile rifponder alla fr'
conda, cbi abbia il dominio de' beni Ecclefiaftici ; ( degli (labili fi
parla, poiché de'Irutti fati il fuo
luogo nel quarto quefiio) (l) imperocché, fe
tono polTeduti per legge umana , non iella le non vedere a chi la
leg- ge gli abbia conceSl. Alcuni dicono
che quelli beni fono di Dio; e lenza
dubbio dicono il vero; perché la Scrittura divina apertamente dice che della Maellh fua divina é tutta
laterta, («) e qualunque co- là é
foilentata da quella: ma in quella maniera ogni cola é di Dio-, e non pid quelli beni, che tutti gli altri:
una fona di dominio uni- verlàle é il
divino/ un' altro dominio ha ogni Principe fupreno nel filo Stato, il quale, fecondo Seneca, fi può
chiamare dominio d'impe- rio, (é^
ovvero, fecondo 1* dottrina de'Gìureconfiilii, dominio dì pro- tezione, e di giurìfdizione : (r) Un'altro
n'ha ciatcun privato, che é il dominio
di proprietà, dei quale parliamo, e del quale cerchiamo adeflb: né fi pud dire che Dio abbia
l'unìverlàle dominio di tutto, ma che
abbia infieme la proprietà di que'beni come il Re ha l'univcrlale in ratto il Regno, e nondimeno poQiede in
privato, e ha la proprie- tà di quella
porzione che é di caufz fua. Imperciocché al dominio uni- vcriàle del Principe fi pud far aggiunu col
partfoolare della proprietà, per la
quale crefoe, e fi aumenta; ma il divino di Dio ha una uni- veriàlità cosi eccellente, e infinita, cin
non pud ricever aggiunta , e al- b quale
ripugna I’ «fière particolarizzat^ ficcome anche ripugna che £a comunicata a qualfivoglia creatura; p^oà^
neffuno pud dire, ef- Cendo Dio padrone
di quem beni, io, che ho J'iAalE> tribunale, T ifief- fi) confifloto, e rifieflà Corte con lui, fon
io ancun fi^lrone . Egllé non meno fervo
di qualfivoglia Uomo minimo. Teme li. E
Peid l«t mprkm. fMb r. Cbìm eli, ttm9, U ^aiA^oiaefl omflÌMif «un&nt ita t m
4- Domiu cft wm, picaitado oÀù
(cncnun , li unià-edi qui htbiwBC ta co.
ffttim, ( noi» iwMa funi f;ti» . vi mini. poflc^Torii , i. %. 100. «rr. 1.
rrff, «U Ui*S.7‘ tr) rtpv rwo fed ciilV«nrater p«iun.« ■' pt doiiiinus, feiJi. fpeaCitwr, (èquitui quod de p!e ipiii ed
do> minai quìa don^iortM a«ii
«litnant. trvmfetur^ >»ra loft tu
rapunf .aut Pr^.(v«n, fc.i i« Zccie*
lìim Kctnananij ve 1 ialem. (tv/j r ttitadio tttf / «a/ 4 r 1 f sdra- iti, t ftmnfrmt luu d far Ur* Is
frnsrrtm Ncc pum , il , ^ojnetaa quod
IV Pi hibec plnuiudmcm pdtcftnl?
Ecctettimcx ,Db bóc podlt de
SottuZiLldis dtipi^eic^ fMt pqoelk
Érclelia; quoiM.ini ‘pleniiudo p|itelUlii EiMletitlti- t* mcciligttur in fptriuiahbos Onmnt . a 4. y «rr. 4 J. . (1) # unsCtafrÀteraits in i’mtgJ», d*\*
tmtt ir Cta^sitrait* fi (iusmsm* dra«l«. \.i)L'A»t*rt dutdt'Frsn, tk'i li uem* ft»
(ai S (ìtuum» .olare, o universale, a favore di cui la donazione, o
il legato fu fatto. Perlo- chè dovrebbe
anche ogni Rettore di Chiela veder con diligenza le ob- bligazioni lafciaregli, per eleguirle; e fe
altritnenti fi fa, biiogna im- putare
all* impertezione umana : nè può alcuno perluaderfì che, per la lunghezza del tempo, pofla clTervi
prclcriziunc; imperocché quella lup->
pone la buona fede, la quale non è mai m alcuno; lapcndo ognuno in lua colcienza che quei beni non
lono Aati Jakiati, acciò li faceta quello
che fi fa. Q. U I S T I O N E HE. Ma chi avrk il dominio di quei beni
Ecclefiallici de' quali non fi fa
rillituzionc? la legge naturale, c civile è, che in qucfli a’quali è
man- cato totalmente li padrone privato
lucccda la Comunità: adunque di quelli
rcllerìi padrona la Chiela. In modo cKc in poche parole i Bc-' nefiztarj lono dii penlatori de beni dei
betttftzio, ma padrone ne è quello a
favore di cui è Hata fatta la donazione^ ovvero il tefiamento / t quando non fi lappia, relìa padrona la
Ghiefa» Non olla a quello che vi fieno
leggi de’ Principi, ed Ecclefiaftichc ,
che proibilciino Valienazione; imperocché il pupillo è vero padrone
del fuo, c pur non può alienare : il
dominio è un jus di fare della cola
quello che fi vuole, quando la legge permette; la qual legge
obbliga alcune Ione di perlonc che baono
bilogno di governo alieno : tafè 1*
Univcrfitk, o Comuniii. Non fi
dovr^ maravigliare alcuno, fe tanti moderni Scrittori in fi- mili quiltioni, come in quella, che fa il
Pontefice padrone alToluto di Tomo IJ, £
1 tutti Digitized by Google 36 TRATTATO DELLE jtutti i Btnefìzj, nini i beni EcclcGaRìci,
difendendo opinioni con- trarie ali’
Antichiù, c a quelle ittkuzioni che ebbero origine eia’ me* dcGmi Af>polioli, e uamku Appoltolici,
perche, come con gran fenti* mento n
doleva S. Opriano , è una dette umane imperfezioni che , dove i colHimi fi dovrebbono conformare alle
buone dourine, eleggi, per lo contrario
le dottrine degli uomini intereffati s' accomodano a’ co* fiumi; e fi potrb offervare io tutto il corlo
di tanti fecolt, non eflcrfi introdotte
novith, eziandio concernenti alla Religione, che immediata* mente non abbiano incontrati difcnlori , Che
maraviglia fark che ciò avvenga in
quelle noviù , e introduzioni che icrvono a ricchezze , comodi, e umani incerefiì a'quali molti
poiTano afpirare? La confufione che fu
ui Italia nelle cofe politiche , per tanti che
furono in quei tempi fatti Ré, c Imperadon, cagionò anche nelle
altre Cictà^ efiremo dilordme nelle cole
Eccicfiafiichc; elTendo i Vefeovi, egli
Abbati ora fatti da' Principi, ora imrufi dalla potenza propria; e gii
altri Miniliri Ecclefialtici fìmilmente
fatti, ora da quelli che dominavano
nelle Citù, e ora da'Veicovi; e alcune votte i benefizj anche
occupa* ti da chi aveva- potenza, o
favor popolare. Nell' anno p&i-
venne in Italia Ottone di Safibnia coll’ armi, (*) e fc ne impadronì ; e per dar forma al governo
, congregato un pio ck)l Concilio di
Veicovi , privò Papa Giovanni XII., febben della maggior Nobiiù Romana, e di gran icguito in
quella Citù, il quale, fatto Papa in ctk
minore di anni diecioito^ viveva nel Pontificato con eicrcicar adulteri, Ipergiuri, e altre
maniere poco rcligiofc : fi fece ri*
mmatar Ottone: dal popolo, (a) e da Papa Leone Vili, creato da lui in luogo di Giovanni, ramonù di creare il
Papa, (^) e gli altri Wfeo* vii in Italia^; la quale ritenne efib, c il
Figliuolo, e il Nipote fuo , dello
fiefib nonir, fino ai looi. per gd. anni; c del numero di dode* ù Papi che furono in quei rompo, due ne
furono creati dal Principe quietamente,
gH* «W* ùk.£edizioni/ periochè anche li primo. Ottone(i) TìC menò uno prigione in Germania; e Ottone
III. ne menò un’altro.' uno fu
lUangolato ( 2 ) da quello che volle effer fatto in luogo fuo; uno fuggì, (r) rubbaio il telerò degli
ornamenti della Chiefa; e un’al- tro fi
rmiò a voionurio cliiia; (d) di modo che anche in quefii an* ni in-
StfnjH tr^Omnr, , jSgUtuJv litiP
ftpfrtMMmo i ÙcctUmcrt. flmrin*
inlutf dì XÌI. XÒmMMit- AloWK» pai^u
f^atì- aufuiB occu^tti ho*» An« onsubus
{tfoom , u turpnuOifM conMiintuti
«cfritionibus maj.f , C (rapo ' 19 a
Itàndiniliw rup*rt-iv noni a mUm»» dtft
i P tli^McutUuia lU. n ciritKfu. Con .1
ina inJitit, - fid* Cjt^. I • . (1) D mt J mt» V. •ìfttt ft d in Mf ttm n H d»lU
/* jùoat, » d»l fMT*Mt»d» a/Oi^i*««rXl(
Cuiu li». peraor. du* il fUun», haAc
clcàioMin omui. IWam prol’tKt. UoBtA'x
compulit , putto Brne- Jiixo, vel
diiàum ipluni duiit, qui oon iptilto
poi) dolore animi «pud HamUirgum
rooricur, um (elcgitm e»t . rtdi
ImitfrMndt II. (OJMVfiitr/rrr/. • fi»
ttfit , ferendo Stntdffii y. f»i(bì
fmtlU di »«mt, tkt f» tfrtt» dulU
jAtJmt di Cnvuniii Xtll. rra A»:i>
jMf*. p** thttt Tivrodr Irm» Vili.
Itfittimémtn/e lìttté . UcMciiifhic Vi- diti il fUtin», a CiJinoltooiaoocive pra-pote(M «aptiH. in
Omfti iKon inctuditur, eoOaiuque in loco
noo niuUo polt Araneulacur. (f> oonffeiui vii- diri UyUtim»,
rcUnqueie «rbem coodut. pwiolìiCnu
qujcque e Balìlira Te- tri (ubtrahent.
ConAaRonopolitn ronfucic . ubi landw
fubihm, quuad, diveoditu qu« ucriteio
abitulerae. imgnain viin pecunùmim cooparallet. l'ontite Romanus Ijcrorum Picer, 9cKcx, Ocra iplii hirto abftuliti & qui
vindicari Acrile- gij deWerat, taiiu
OtriUg)! fiOus eA au>%or. liAui,
dit» ilPìnùn* ntU* fm» vite, Joaiinì
Aiehipreihytero S. Vanim ad po i^m La-
imam, qui polle» Gregoriui VI- appeitaius eli, Ponuficium irnnai, ut quidam a.lìrmant ,
vendi- diti td nl(M »4 T/gt dtfn; Dunt
»nnn «lecexn per infciraU» Sedein l'etn
occu^'allet , tandem mori- tur. Nec
vataflé rum fedet dici poteft, curoPoo-
tificafum vendiderit. (f) Vide
Otbun Frifing. ad ann. 1040. lib. 6.
C.3». (f) Hu ob rei, diet *t
Plmin* ntU* vitn di CriftritVl. Henrteo
li. ni ranca difli Attmnwmi i fama III.
nitrimtntt dnt» JitnVa il Nrrt , in
lialtam tum magno exercim vemei», habii# Sy- nodo, eum bencdidum IX. Silvrfimtn IIJ.
Gre- gorium Vi tinquam tria ier«TÌin»
monftra abd»- 38 TRATTATO DELLE Papa' (a) c fece c^li tre Papi
fuccefTivamcnte, tutti Tedefchi di nazia*
nc ; i quali, eletti, dall* Impcradore afTunfero Tlnlegne, e
l'abito Pontificale fenza altro : il
terzo, che fu Brunonc , Vdcovo di Tul , aven-
do afTumo per la deputazione deli* Imperadore l’abito in
Frcefingen, (i) e fatto con quello
viaggio fino a Ctugn’l, Ildebrando Monaco, al-
lievo della Chiefa di San Pietro di Roma, uomo di fingolar accortez- za , voile con arte reftituire reiezione a’
Romani*, c configli^ Bruno- nc, che,
vefiito d’abito Pontificale, fi chamava LconIX. a vcflirfi da pellegrino, centrar in Roma (^) cosi, che
farebbe fiato piu grato al popolo
Romano. Acconfenti Leone, cd entrò in Roma vefiito da Pel- legrino*, c dal Popolo, a fuggefiione
d'ildcbrando, fu acclamato Pon- tefice
Romano.* ma quell’ arie non impedì che, morto Leone, Tlmpc- rador in Magonza non cleggelTe Geberardo
Elchfiat, che immediatemen- tc mife
l’abito, e fi chiamò Vettor II. (c) L’ Imperador allora non folo donava i benefizj, ma fece anche
Cofiituzioni contra quelli che gli
ottenevano perfimonia; perdonando gli errori commcflTi fino a quel tempo; ma imponendo pene per l’avvenire. XXIII.
Mori Enrico, il Nero, ( 2 ) lafciato P Imperio al figliuolo Enrico IV,, che gli fuccefle in ctb puerile; durando
la minoriiii del quale, febbene i Papi
erano creati col conIcJìfo de’ Tutori dell’ Imperadore, c i Vc-
rtre Se maglAiaiu Ascgliìtt, SviJegenmi, Eim- >i»m fcfti,
jifrfttafere ttt, Jtpolìro l^ontificsli or-
b*r^«nrefi) fpifcopum, a due. ùu
luii, Puotificcm trtat. rem Hcnnrum nuUatn (reandi pontifieu ootelU- m amtrUVI. U ùtnt fntmf lem • Deu habere,
fei ad acnim . populuinque / Itfnitm*,
dktnd» thè wtH ft$ ilett» , fe ut» /ra4}iur. Al vero Ronuauì denat ,
futdenacHil. r«* def» «wr fc»ttt»to Si'tf^reTn..
Siì*mmW. auuiidruu Ikun**neiH in Pcuuàhrem eligir, itr» Tifitmn* iiPuirefifMftx dite, probo- co
hbenttua, «)us7 oinucfu aunuritaceia eltgendo-
rutn hommeni precibuf , fteerdtiitrum fuvrum jw- rum l’i ;uiAevin ab
lmpara(jte ad CicTUin traa. rtcedcniibu^
, aiaartui fiiAcébut cA Josnim Grecia- tUcliflec . flatiM i« \>its . jiui, An.hipre»bjrccr S.Joanni* ami poiiam
Lati- (r) Vjòor II. -iut Qmtfri» mila faa Crtmua barn, Grrgortut VI. \o ab Imp. Hentko IH.
tele- Calbeniii. Epifcop. EicAatculU. Henrici III. lai. cacai fiicrat , nioftuui eA . Amttti ad vir4«
Or». ucratom Confilianns * pcop liiquu* , creami ab j(«rH Vi. t fi [futa amara ftm rkiaramtatt
mtla HemicoIII. Mogumlc, coronami Komx idib.
fma Cramta dt'Pafì. Culti fponieabdicalTet , dèe' Aprii, loid. ajb farlanda dt BtmdttiaVlU. ehiaokUaìX. dal
(») llPtatmadìet th'tta fiati tletiePfèftradtrt
tlafiea, in ejui Jocum fa Vcccor 11 Ma Zana IV. m» fueieta Cutà dtl J*4rrjiio»jH» di 4- htirt m
Trft i- avtva lafìsaid'ifiir tinti da lidtiraada , ftrfmt- 114 , ab Imp.Hcorcco 111. toogregjtn ,
abdicavit ttdtrt alVlmftm, d ^»al ita aUtra rrrd«r4rà» : anno 1046 . & ad MoaaAeriuDi ClUDÌare»rc
relè- Cxfam. diti tìtUafit m rtft. fr» Imfent, t. 1 *. gatui, ibidéoi Mulo poli obiit , &
lepulcus ciì . ulque sJ Heniitum V. legitinia fucteAluRe Im> jr É«, fruna di aemaart Citmrmt U. P imferadtr E»- jutiu Imperarorit id faccrv cogeremur.
PUtiaaim na li. ftr dnaanta Cinte di Bamitrta, Orco. ■vita Clrmmtu il. HI. fobrina» , hxreditario
fibi Jure impenttm ( I ) Città di
Baxitra fitti l' Artiytftnate di deberi coatta Coloncenlèin lonwndeta* .
Lamfad. Saltabiars. Jltif. Rtmam .
Ctrinaaua p4rr.|.r.4. Z frr altri, (i)
Cui Ronum Pontificio habitu petenti , Ab- « attaccarifì anche ad una par- te de’ Tutori , che vennero , per loro , a
diflerenza , e fecero fa«. zioni .* onde
Niccolò 1 1 . fece una Cofhtuzione intorno ali’ elezione del Papa, ordinando che pairafTe prima per li
Vefeovi Cardinali; in fecondo luogo per
i Cardinali Chcrici ; in terzo luogo pel Clero , c Popolo*, c in quarto luogo fi ricercalTe il
confenfo dell’ Imperadorc : nel qual
modo (4) eflendo fiato eletto Aleflantlro II., fuo Siicceflbrc, ITmperadore non volle confermarlo, nè
accertare la feufa che i Cardi- nali
mandarono a fare coirambafceria di uno di loro, dicendo che ciò foffe fatto, per fuggire un afpra diflenfionc
civile *, e il tutto con gran rifpctto
deir Imperadorc , clTcndo TEletto fuo amico*, ed clefle ITmpe- radorc per Papali Vclcovo di Parma (i) ad
ifianza di Gerardo di (2) Parma, fuo
Cancelliere. Ma tre anni dopo, mutate le cofe nella Cor- te Imperiale, c depofio Gerardo Cancelliere,
fu infieme depofio il Ve- feovo di Parma
dal Papato, e accettato Alefiandro, (j) il quale nel 1071. eflendo fiata fatta in Germania
congiura da’Bavari, e SalToni centra
Tlmpcradore, fi congiunle con loro, e entrò nella lega; e P anno fèguente citò rimperadore a Roma, come
imputato di nmonia , (^) per aver
conferiri Vefeovati per danari. Fu fazione Pontificia molto maravigliola , non eflendo mai alcun
Pontefice paflato taiit’ oltre; ma pre-
fio andò in filenzio, per la morte del Papa*, dopo il quale pervenne al Pontificato Gregorio VII., Scnefe , Monaco,
che fu Ildebrando (4) di fopra nominato
dall’lmperadore.' ma nel 107^. eflendo fiato 3. anni nel Pontificato, ritrovandofi f Imperadorc
ancora giovine, e con molti moti in
Germania, deliberò di voler efcluderlo in tutto dalf elezioni de’Vefcovi, e degli Abbati*, e gli fece un
monitorio, che non dovefle per favvenire
ingerìrfene. (5) Fece gran refifienza l lRiperadore; onde il Papa Io fcomunicò, aflblfc i Ridditi dal
giuramento di fcdclù , (r) c lo
fo- Jmferéd*rt, aufioriticc
J.ecariooif, rsmt diti U , fluii* ti
Pmft mrdtfimo »viVé fédtfiài Muu
rtlniaii é*l f*f* tiifmdn* JaUs
timftrmjitUBI étir In^eradirt J
( « ) Occeruioiut , arque H^tuìnH» ur , obeuote blinda Rornaiu; Bcclelìjr Poniificc, in f
nmii Car. dinalea J^itcopi .limul
iIcclecuoaerraCuiHet, mox ChniÙ Clerìcn
Carelì , crtcr.iqtae Roaoiillii uiagfli
cincndaiusee purgaiMìt , tiipcr qciibui
Rotbc erat delstui. Krama, bili. Sixon.
pg. lod. Ac Abbai Ur(a di Siaaa ,
fkeuia Citta di Tiftaaa fHta ì' Aietvi-
/(•tiatt.di Sitma. regta Comi.
uUu Pitiluiu. deSossK. Mon^chm tc prioreiua CluiuaccntU- la Chn-a.V*»f. Rum. tc ) il ì'iatiaa Axt tht (irifarw gU pretvt
fai*, menti di veaairt i i'iftivati , i
i itàffiu ft*n fa- ma della tm/ari
kfiiijlajhilit , aiUa mila diliii- gmi
VII. (a) li Platina tif*T/ftt la
farmiAal/a f/ommnir» d'£mrifo IV..MI
tjurjh marni. R«aie Petre , A*
poiluloram Priiuiq>'', «mIjiu, atam itiaa, tc me lèrruni tuuiu callidi. n in te
fde odetunt. Se peiiccuti funt. fateer
ego imbt graiu, Aoa mertiit mcii. populi
Cbriftuaicuram dnioodamn eCc.
«oflceBiinque ligandi . Ac bl- vendi
pocdUteni . Hac itaque fiducu Imi» , o-
mnipotentu Dei nomme. Pairii, l-iltit&Sptrttus Sanai, Hcnrìcua Rc|cm, Henna quoùdam In- peutorii lilium, qui atiiaUei nimium &
uinera- 40 TRATTATO DELLE Io rofpefe dairamminHlrazione del Regno
d’Italia, t di Germania: fco- mimicò
anche i Velcovi Cuoi Mininh*, fi coUegò co'fiioi ribeiU % con- citò U Madre pcopria deirimperapre centra il
Figliuolo*, e nel tem- po in cui pafsò
fino al 1085., quando il Papa mori efuJe in Salerno, komunicò Tlmperadoic 4. volte, e fece un
decreto generale, clic, ie alcun Cherico
riceverà Vefeovato, o Badia da mano laica, non fia te- nuto per ClierJco da alcuno, e fia privato
dall'entrar in Chicla*, c il fimile a
chi riceverà altri bendìzj: alb qual pena foggiaccia anche T Imperadorc, Re, Duca, Marchelc, c Conte, c
ogni Podcft^i, o perfo- na fccolare, che
ardiri di dare invelliture di benefizj. (^)
Solienne la fua catifa V Imperadore colf armi centra i Collegati
col Pontefice/ e fu ff^uito dalla
isaggior parte de’ Vefeovì; onde il Pon-
tefice fu in grevifUmo pericolo: ma egli, che gi^ aveva fcomunicati
i Normanni come ufurpatorì de’ Regni dì
Sicilia, e Puglia, fi voltò all* ajuto
loro; lor confenti tutto quello per cui li perfeguìtava; e gli af- foUe dalU fiuimunica.* e fe per quella caufa
Roberto (i) Re di Napoli, e di Sicilia;
che per innanzi era perlècutore del Papa*, non fi fofic vol> tato a Tua dtfeia, per far contrappelo aU*
Imperadore , egli avrebbe iofientata la
Tua caula con intera vittoria.* (a) ma per gli ajuti di Rober- to, il Pontefice, febben efiile, fi fomentò;
e morto quello, porgli aju- ti ifiellì.
e di tre Rugìerì dell’ ifiefla famiglia, continuò l’ tficna con- tefa anche co’ due Succ^Ibri di Gregorio,
amendue Monaci deli’ ifief- fo Ordine: f
ultimo de’ quali, che fu Urbano II., in premio de’ fervizj prdUti da’ Normanni, diede ad un di
loro la Bolla della Mo- narchia di
Sicilia, (3) concedendogli in iatco maggior maneggio nelle cofe Ecclefiaftiche di quello che voleva
levar alf Imperadore .* perlo- chò,
olcf» le &omuniche che più volte replicò colf Imperadore, e le ribel-
rie m EccIrGam eaun «nsiius igjecit , tmperàiorié Kegitwe *manim|'«rio fi ì jm m jn iiii n a n
illi •VMiamu ftdeot vexii R^ibut prsftarc
confueverunt . AMm ritti nut, tb* t»»
tfutjf» fttmmiMM i fdfi bsMit ttmautmlt
» ftmutrt it gm« dtii' im- firstUri, 4t’
fiuti tTAtn PsfftiUn t ti* tb'i fi», md
mfumtrt il diritti di tmar U Crru* »
tfuillt tbi fttafrt tnHtm U féiifià di
dtptrU, ftumd» àtlF timtiriià fntiifi-
t*h. ( 4 ) A«Aorita«
omnipotenrii Dei decernttntu ut «ii«
m’ùn , t m’l»n Hm*pfr%'. nofinuhì i!
din cb* , fertbi i nftim tngmi no
biìfimpaPimh , tbifpttPtmgmt^iuÀtni ffirittnh full* Im *rnti4 , ! p#rr«M no mlli im diti , per mipiMn ilt b*»Hi eimtrirti mirriminié
til- Ì4 lin ebufm , porr ibt i i*ri»(ipi
xigiimmi mgt- ttrfi di d»n U
p^*mi,MffiritMAltcii« »*« b4n»4 , >
m»m mftrfrtt»t.ii9i fifPira, tkitmfmdiil firn’
pirati dal biaifitii, imdi il friatifi ba la diffifi arimi, eeim frani Prifrittérii, irifgnfmUanti
la fuftma tir ffaH, reW» f funmatt ,
ib^_mim ì ria- vmti , fi Mia rWi’iH^i^MNr
dilli mam di tiliri ibi tenfaeraac
iVtfrivi. C«e/orroaM*e, fbt firii- h
imititi, I dtrfirii, fi l’imvejhtma dii fri»-
tifi naftrtfi P aaiiriià ffimmale .
^0 X>«/e Caifrhard, ttii, l'a/hiti,
Cij // MittbiivtUi all libri arrove drU* faa Stmia di Ftrtmai diti rht dalli eiattfi di
guifii tmievadiri n'Pafiaaffairi U
fatiimi di*Cmtlp, • drCbibtUiaii i pròni
di’ f mah temrvami il Pierri' ti dii Fifa,
ifli altri faitU diU’ ìmf traditi . ijì
ibi il dtrkiarava Ligati dell» Saura Sedi,
I nmt tali, U ttpitaiva Gimiin dilli Ca^i Et- ilifiajlubi- Awigmaihi amt/la nmet^imi fia
afi- trifa, t al riodrti'v dieltxjimim
dmìafitti JaU fa, il Rt di Sfagma prH .
f i Cali Jdàayf ri ia Si- citia mi»
laftiami di primalirfimi tim rmrti W ri-
giri, fimi a (iimamifan i Prati, i Frati, gli Ab- biti, i Viftimi ,td taiaaàu i CardinaUtbi
rifia- diai mi JUgmi , t ad attribmirfi
il tifili di Sam- tifiim Padri. Kiiramai
USb. ilCùm/tglii distati di Sieilia, il
fmalt frrmdi altrui ia fmahtà di Saffi
Ciihgii, fabbliti mm libri imiitAati la Me.
fiatrhia, ftr aimritjtan fmifiafnraaìrÀ /^ritma- le . Il Cardimat Sarimii vi ma firitti tmira
mili’ mnduiimi lami de* fan Ammali : ma
rami i hm- tam tb'igli firn rimftiti «»
ri) rbt frttimdema , tbt amrj i Vfit pi
diKafili, i di Sieilia, i il Omar- malm
di ttifami prri^rma fari Filmimi, mm af
tiliandi imai i limt^ti ibi il Càrdmali mi fin eia Itti tre al Re d: Sft^am , Fìliffi IH- y
Digitized by Google f MATER. BENEFIC. 41 ribellioni che gli eccitò centra, gli fece
anche ribellare il fiio Primo* genito
*,j(x) e col mezzo di quello efclufe T Imperadore quali d* Ita- lia: ma morto quello, il Pontefice che
fuccelTe , (2) replicate le feo- muniche
concra l'imperadore, e fufeitate molte ribelliont , fece anche ribellare T altro Figliuolo *, co! quale
venuto il Padre a guerra, una volta
vinto, e l'altra victoriofo , finalmente venne a condizioni d’ac- cordo, nelle quali fu ingannato, e ridotto in
vita privata, lafciato V Imperio al
Figlio, che pur Enrico fi chiamava. (3)
Morto Enrico IV., Palquale, che così fi chiamava il Pontefice (4) quarto era quelli che, incominciando da
Gregorio VII., combatterono con
Icomnniche , c armi fpirituali , per levare T invefiiturc de Vefeo- vati, e delle Badie all’ Imperadore •, fece
Concilio in Guadalla , (*) e poi a Trojà
di Francia*, e rinnovò in ambiduc i Concilj i decreti di Gregorio VII., e di Urbano II., che neflun
Laico fi potelTe ingerire nelle
collazioni de* benefìzj. (5) In Francia non fu accertato il decreto
dal Re; anzi egli continuò fecondo il
cofiume; e anche Tlmperador Enri- co V.
fi oppofe; il quale finalmente nei ino. venne in Italia armato per la Corona dell’ Imperio : al che
elTcndofi il Papa oppofio per le
controverfie vertenti tra loro, convennero che Enrico andalTe a
Roma per la Corona, meffa in filenzio la
coniroverfia delle invefiiturc, delle
quali nè l'una, nè Taltra parte dovelTe prlare. Andò Enrico a Roma, dove il Pontefice Palquale, parendogli elfer
fuperiore di forze, non fian- do fermo
alle condizioni, voleva che rinunziafie le invefiiturc; e Enri- co, confidato nelle forze Aie, ardi, in
contraccambio, di proporre che il Papa
rivocafie il decreto; dicendo di non voler efiér inferiore a Carlo Magno, Lodovico il pio, e ad altri
Impcradori, che quietamente , e pa-
cificamente avevano date le invefiiturc: (*) onde, crelcendo le
con- tefe, l’ Imperadore fece prigione
il Papa, e la maggior parte de’Car-
dinali; e con loro fi allontanò dalla Citt^ : fi trattò l’accordo; e
final- mente convenne al Papa
incoronarlo, lafciargli la collazione dc’bencfizj, (tf) e non ifcomunìcarlo; c perciò fu giurata
roflcrvazione dell’accordo : Tomo 11 . f
il Pon- ti) Ctffti*. tht frtft il
tU$lt di Rj d* ItMlim, t fi fttt
€»Mp^r»rt * indi /^ììa fyhi»- Is d$
R«- am titin Kpifcopii , Caruvabo. Et do veram pscem Caiifto. Cinftx Komaax
£c- clelìar. 0c ocnnibui (|ui in parte
iptìuifiint, vet Eie* runti flcini^ibas
banfta Romana Enletla aaiiliam
poftulavcrit tidclKer juiabo. Ur/^ffn/ìi imCirM, «Jrna 1 1 ss. iium,
elcAU . maelKmtatn virgx, Se annali cwnterati pni) invellitionem vero, canonice
conferranonrm iccipianr ab Epifropo ad
quem pertmuerii. ifremi is CirMÌia ■■».
iiu. aifmt yrff*ri*m~ fit f»i*m mmn»
. (a) ConErmaito parit inter ApoRotinim
, & tmperarorem , dum in
eelcbratiotie mittx irade* m ei Corpus
de Sanguinem D. N. lefii Chri* Di:
Domine Impentor , hoc Corpus Domini natum
ex Maria Vitgine , paflum in truce, damus tih) in cuiibrmacionens vere pacit inter me Jx ce .
Stge* bertiu in Chron.anno cit. Vide
Juret. in nodi si ep. %ì6. Yvonts Carnm.
pag. ipf. ( ' ) §l""»i* V
limftrMÌ*Ti fi lamini* dilla /i#>
muinita fulminata ràdi i Cmalta: al iti larù» l*- tevarniican thi^meila fumumitatra ma
fattidtl- la fiifa t'af^mali , pttrM
Ta^vva tenfermatm teìta tivaatitni dilli
imfitnihi itati fu- ttndini ih* gli
4/r> Heiiritu» , Dei grana
Digitized by Google MATER.
BENEFIC. 43 dovrebbe tener per invalido
i[ confenfo predato dall' Imperadore , per
timore di tante fcomuniche, e anatemi, di tante ribellioni, e mac* chinazioni . Perchè caula è (bctopodo a
redituzione quello eh’ è facto per
timore di prigionia, e non quello eh’ è fatto per timore d’anate- mi, e per paura di veder tutto il (uo Suto, e
popolo in confufione , e guerra civile?
Ufavano alcuni in Concilio alla prdenza di Paf
lenendo il Re la fua autorità, e difendendo l’Arcivelcovo coU'(2 )
a;u- to del Papa la fua oppofizione.
Credette il Re di poter perfuadere quel-
lo che riputava giudo al Papa; e gli mandò perciò un’
Ambafeiadore*, il qual ebbe dal
Pontefice cosi dure riipode, e minacce , che , per rin- tuzzarle, r AmbalcUdore fu necediiaco a
«Urglì che il Re non voleva cedere la
fua autoriili, fe avefle dovuto perdere il Regno .• al che ar- ditamente replicò il Papa , che non lo voleva
permettere , fc dovefle perdere il capo.
(^) Stette il Re collante*, e ad Anlèlmo convenne Tomo IL Fi.. 1 parti» Abbt, UrpergctiJit in Chron.
ftnioiii&. ( I ) Is ìtfft
JrvmmHMtmralt fi 0 tf- f» Ìmm , ti
immutmMt , t tttMitis e*f* tmmtntt
metffarit sii» frrtti, jttsnis S. i
irmsndsrmnti iìDit MItgsm sf*l»-
xsmtHtti il rirt ss» /smMo i etmsnismttti itil» Chirfs , i , nem »rii»*»it rffr
sffolutstmntt ttterff’sru sii» fàlttU,
fsffitm» s\tri ^nsltbt imfi. titimst»
tht difftsji islV ^trosrlt. (*) VHe
OolTnxl Vindocin. rrift. 1. & 4.
4*} Vide Ivoo. Ornot. ep. 60 \
Endcm anno ( oij. ^ Aaiétma* Cintua-
yieofii Epirco,‘a- hibcre le rewuni opjKimmum , Epircopomm libi min L^alaiu, tu PsUiio Regu. prfluicnic
Ar> relUtui invcAinirti, quw ib ejuCicm prcdecefloie chiipifirepo AuiÙmo, cui innuit Rei Hetukus»
Inip.Hciuico per qvuiìdoi libom RmiuiuEccU*
6t lUiuit u{ ab co (emport mtciiqnum nunquam iU vnulicant .
Exjpave&entibut Ratnanh Rcgii po>
per donationcBt bànlipuAoralia, vclaAsali, quiC nnnani, munim k oppniùit
Abbai fanflui . Au> quam de Epil'copMu
, vel Abbaiia per Rcgem, dadei CQlm rclìiteni Regi, verbaoi oulignum mi- vel qutmlibcf Ijicam manuBi inTefliretur in
An. ra libertace redarguii, min auftoruate cotnpercuii: glia, concedente Archieptkopo ut nullui ad
pr«. iitil* fuA vù» é» Aìm» , Vtfen» d' A m»
lattonem eteCiiu, prò nutntgiu «)ttad Regi lare- Ktrm, tMf.it. rei, conkcratMne lukrpti huootu privaretur
.Afa* (c) Mtltdù, din Tacito , ftr fuM rifmriirtt il Mtttfi» t il** fttfn»- Am. y m$9t* n«M »rs, cbt di/rr>w*j; im- (d)
E0ij adbucvìfliaviresi ambiguta, fijelibera-
ftfteM làifrt/lMMmMggié t diftMdtÀMt- nati aerei, (ì delperifleiu;
vidoriiiu conEliu, de Im ftrffMM mìU
^»mU k prr/oi msiU vii» di tf- latione pcrEci . uìfi.i. iiffM AMt»ft». (*) Abbai Urlpergcniìt, anno
usi. ( I ^ ri auslt, ftt*»d* OM^rta ,
f» ftiMit m*l (a) Zn 9itg»U» »»n dar» ftiamtat» fiaa mlU jierna mtdifmiM i» i*> f» rran/a
lamoteMtJi IJ, tuauMmi iti Satctfftrt , m» fa ti'ifli »Sh» fri- # ttam U fidi» fiut »»•* , a nava mtfi . J».
fiali W ainrnaaan/a di ftitU» »l Xa, td mìAi» ae- BMitmtM f» ilitt» d» >r) colla privazione
del Re, e colla conceflione del Regno ad
Alberto Imperadore, fe l’avcfTe
acquillato, fu pollo in gran pericolo, (i) Nel principio, quando
s’af- fenti da quelli a’quali tornò
conto in conceflione Appollolica di confer-
varfi quello ch’era proprio del Principe, non fu ben penfato che i
Pon- tefici pretendono poi di poter
rivocare i privilegi concefli da’ Predecef-
fori , anche fenza caufa •, febben mai non mancano pretelli , Kr finger caule', e chiunque poflcde per titolo
proprio, e fi contenta di ricono- fcere
per grazia altrui, è come chi, lalciando il proprio fondo, va a làb- bricare nell’alieno. Ma all’ incontro, quando alcun Principe,
rotta la pazienza, conferi- va qualche
benefizio principale; il che i Re d'Inghilterra, e di Sicilia facevano Ipefle fiate; i Papi, per non
attaccare contefe, non dicevano altro al
Principe : ma , per non lafciarfi pregiudicare , colle pratiche per mezzo de’ Monaci operavano che 1 ’ Eletto
rinunzialfe in mano del Papa ; (i)
promettendogli che farebbe dal Papa invellito , e cosi avrebbe quie- tamente quello a cui, fe non fi fofle
contentato, il Papa fi farebbe op-
pollo, e gli avrebbe meflb tutto in difficoltìi. Di quella pratica
ufata all' ora frequentemente da’
Pontefici ne fanno lunga menzione Florenzio
Wingerinenfe, e Ivone Camotenfe, Scrittori di que’tempi, (*) come
di cofa ordinariamente fatta in
Germania, e in Francia con quella forma
di parole, che i Pontefici con una mano pigliavano, e coll'altra
ren- devano. Quello partito era
facilmente accettato, come quello che fa-
ceva ufeire di travaglio; e il medefimo Re, fc lo veniva a rifapere dopo, lo tollerava, come cofa ehe non faceva
mutazione in effetto, fenza confiderare
quello che importalfe per l’avvenire: del qual modo fi vogliono anche adeffo contro i Vefeovi
Cattolici di Germania che non
ubbidifeono alle loro rifervazioni , come a fuo luogo fi dirh. (') In Spagna la natura quieta , e prudente
della Nazione infieme col buon governo
di quei Re furono caufa che in un moto cosi univerfitle efli
(«) Miflb io Fnnci*lR Ar(bi 4 ixoAoNirbonen- (ì , Philippum «me ( Booibciui ) qaid Ha(
Tatiooe, atque ordine PoniificatDs Ca.
(tiedruD feandere coadùa, qntdem, flc emn otuiu hzfitatione confralic, propter
eontcntiostaa iUam qux «rae inter
Regnum , Se SacerJerìum ’»c*are ,
Ebiqite vindicare plus zquo imebacur
Impetialit auMritas . Rur^t autcoi vciebatur , flon iìne Diriaicatii Doeu, jun terno (ibi
auteni Epiicopatum , «oinque, (i tertio
repudiarci , pofle in ipfem competere
ilU (cmentiam; Noluit benc-
di&ooeni, Se elongabitur ab eo . (mcr hai igicQC aagultiis poiims, qued «iwm bluure eiilUinabat, ad SaudjtSe Apo(iolic« fedU auzilium
eoit&ig«re decrevit . In ipro igitur
Artieulo, adhuc in Aula
Imperatoriieflet, wmm tm/Kmp/tvit DriRr*#, mo. fuam ft im nifi tanfim. titntt, ^ ftflmlmnl* Etdtfin f»n,
Faniiieh U*xi»imétni , {^ftnftffari, ^
invtjUturnm e*n- ft^mi wnTtrttmr.
Ananym. io viuS. Ottoo» anoo 1 ioa. (•> EpiRipo. ipt. Sca»}. » t'»nni%'-\7- inno fìstmurn eli Rome i Dumino Papi , Ce
frnribu, CiTdinilibcs, qui vigittnter
flit letnp 'ralla prò. corant commoda,
9c emnluinen» , slie.ia non ramei , ut
qatlibet. qui la Abhaiem exem['4UiQ ex
tUBc cligereiar, RgnuMmCurt'.in adirei coiv-
Sruundut, & bcneZiceudiu . in HmritiiM. Digitized by Google MATER. BENEFIC. 47 TA dirpofizionc Epifcopak. Rcflava tl
Pontificato Romano, che, efdu> lo il
Principe, pareva doveffe ritornar alla libera eiezione del popolo: ma nel ii45> venuto Innocenzio li. a
dilferenza co' Romani, ed dTeD* do da
loro tcacciato dalla Citili, egli, in contraccambio, privò lorodel* la podeltk d'eleggere il Papa, (a) Nelle
turbolenze che lucceltero, per le caule
fuddeiie, molte Ciiik lollevate da'Velcovi confederati col Pa- pa fi ribellarono dairimperadore, e i Vefcovi
le ne fecero capi, onde ottennero anche
le pubbliche entrate, e le ragioni Regie: e quando le differenze fi compolero, (i) avevano prefo
cosi fermo- poflefiTo, che fu
necefiìcato il Principe a concedere loro in feudo quello che di fatto
ave- vano ulurpato*, (z^ onde anche
acquifiarono i titoli di Duchi, Marche-
fi, Conti, come molti ne lono in Germania, che reltano anche tali, e in nome, e in fatti, e in Italia di nome
I0I0.* il che fece Ecclefia- Rici gran
quantitli di ^nifecoiari; e fu aumento molto notabile, non folo nelle turbolenze delie quali abbiamo
parlato, ma in quelle ancora che
feguirono folto gflmperadori Svevi.
XXVI. I Monaci in queRo tempo s'
erano imromefli grandemente a favorire
rimprete de' Pontefici contra i Prìncipi; (3) perlochè anche
perderono affai della riputazione di
fantiù anzi fi perdette anche ia vehth mol-
to della dilciplìna, e ofiervanza regolare ne' Monafieri, poiché
s’tntro- mifiero ne’negoz) di Stato, e
di guerra; onde anche celarono gliacqui-
fii loro , le non in alcune picciole Congregazioni ifiituiie
nuovamen- mcnte in Tolcana , le quali
non s' intromilero in quelli moti, e coiv
fcrvarono la dilciplina ; (4) e però, continuando la divozione del
po- polo verlo loro, furono Itrumcnti
per acquifiare nuovi beni, ma non molti
parò, eflendo eifi pochi. XXVII. Ma un'altra occafione pafsò, la quale fece
fare grandi acquifii ne’ fe- coli
de'quali fi è parlato, e fu la milizia di Terra lama. Fu allora cosi intenfo il fervore d'andar, c
contribuire a quell' acquillo , che le
pcrlo- («) l»nM*ns.ì»
tl.iUtOtufnt, quiptcfm, ^nì*Zì } eh* U Karnma^
v$ltv» UutttT* ii (Uff di’Prni, $ rifiékUiT$ f *mu* itvtrnt In qutbui rant'ovcr. fin po^lat Ronunot, quod pontifici rebelli*
tC (et , aimheinaie nttrinit, tunc
primuni a rnntifitm comxiii onmjno
ezclufineii, dca .1 (nIoaCarZiniles
poaiilkn eleOio putlatim. Cleri etbm primoribua ooinine eac’utu , revlaUs. P’itrur porro,
fine ol- io popoli inteircnru , Papa
creanti eli. inutiuo Innoceniioll.
Czlctlinui ( 1 . A»n$t. aiwtém l»-
**e. (1) Tn€it» dUt tk'ì 1/
ftlt» d^it mf»TfstwTÌ t MH lmai§ , td
tnpufi» fir mm ritWe ùgutumi Regi!
Apioni>t|trr mialcrani. diiitjnic{ue luentia. Se mforia . ujli jore. ft Jc«fao nitebancur. /en. 14. /
Gre». I '■«»« me/u *d ffrtfrutffi
/>»&» /ir*- r» tht Ut ttr»»
hn. A régUa* dì futdi, melti Vtfervi,
0 AlfT"0>i»f , 0 FfSHfr/i,
070/00 0t4hf0/l » f 0 rt»rfi a» mUm 0 U
0 ft 0 . --Ve) Utxjray di(0 tbì , in
rtc«i«»iN'*/4 d*'ftrvìgi nel tempa dtUt
cea/e/V d0ll» fdnt» StJf etgf
lr»ftrsd0TÌ , 1 f»f> Mer4.fiM f^i Akhati
friniifaìi dtfb frnnmiali Efift 0 faU , (mÌ , dilln Uut» . d/IU T/hu/H», dignmnu, dt'SnndnUt
0 fH dt! f»fl 0 TmU ! nella nta Zi
tiiippo Au.utló. (4) t- fa0l0 Ud»
tMii/smn/é POrdint mt'Str~ vi , U tni
0Ùit0 f0rrsvMi imffT0hqìulinrxli par
tuum (e-ixerat.Quod ia laudibui D.Vir^inn raa* tandU adìdue occuparentur . . . . a vulgo
tunc Stnd B. Mmti0 vocati , onde ad ooa
fuccclTorea do- men. 48 TRATTATO DELLE perfonc, non tenendo conto delle robe, delle
Mogli, e de* Figliuoli, fi mettevano in
nen> coueiUin«i>, & domot.
& ftmiliaa , sti^ue orniti» bnn» enrunt
10 b. I^ri, Oh Roma/ix firdclic (ìroMOtOBC. lì- cu( » Ormino noAro Pipi Urb«no tUtuiutn
hiit, tufitpimu*. Ijuiiumque rrgo
ciaulrahcfei veiig- terre, qjeitidiu in
vu ili» mor.-.rinir , prae&mplc.
nnc, eKooMitunKiuoni» uluone pieitannir . Ctir. Csìixi» tl. 't»i. cxf. n. yrJt 11 fitand* C«ai«*« dtl di ChisrsxMtttt, t
U 4$0iutsi.uMi del JjjMr di, ) 4 *r (0
, Ivemt di Chtr- tra. ntlU fi. 4 'y/.
xÌMfMm» Artivtft»- ve dt Tir# ntl /Ore
pum» e»p. «f (irnslulau di Sen^MfS n*l
IH.}. Knitfr» Utvvtdr» aìU U*rtn fArti
mill'Mnx» Oiiem di Fiijiagim di itfu
Ffiàtrtri fep.Jf. *IU pi- fi»U \97. d'
ÌHHoteatM III- »tl lil >*4 15. S»0,
pmfsmd», tht i'Auivtfttv» di Tir» dirt ebt mtlfi GtBliliiemuu fitte* ftùmentt il Mitigi* di
Tter» $4040 , per effAtéra dml ptfsre i
Ite* dtii/i al th fi rifteifee U leils
IX. Si S t vero pioStitrtiuiuai liluc,
du' ^'VJVJR« 4 *fna- tipi d'smlMrfi {
rirfmev4Bt il fiiprtm» *» •fmtgU « /
i.iiiri wM dt'lM* i t fi TtvdlX4. 44 I»
tm» mule i Spatri di imiti iCrteimin 4»m
fpjamtm/e ptrihi m'tfiirvAB» uUiduntA, rm ptriht h premdrvmmt felte Im l*rt prtitKxhr
fi»* 4 I Ur» eiier»*:lt f»»ìi ttft era»*
ie»at Ittieri di Star*, fbt jifptmdnan»
pmalfifia tfumxttue tivtle, 4 tnmnaU .
Nell» tiu ..i I tiippo Augulio. (^>
TempUrionim tmlitbm Ordo inftiiutus an-
M Mi*. Jernlblnmt ab Hugne de Pagana , Ac Gaafredo de S. Aldeniaro : n>irunim>e
a.1 làlu* tein pe'cgtmoram contea
Ucrnnufa & incurlàn* tiuni iRlidut
prò viribuicoiktervarciu. Cumautem n
>eot annit peli corum tniliiuitoneni in habiiu fuiflcnt lèculan , ini oncilio Trccenli data
(iuit eia regub, Ac habitut alTignicus
albut, vtdeliret, de mandato Hononi
l'ipat. Ac Stcphani jctorulùiiita' m
PatruTchx: poilmixiuin tetu fub Eugenio Pa.
pa crucci de panno rubeo, ut intct ccieroi eflent noiabiliùrei , zlTuereccEperui't ,
tamEquiies, cjiunt eorum fiaim
infcnotcì, ,um militei , quacn al(er:iii condiiionit, ut in ea, relinu parcrtibut, Ac p-opriii
patrimn* fliii, regularicer tivereat
.ncitavit, actraait. Ac il* lene I
i;uorum qui.iiia Holpiuloiii , (ìvc {ratrei
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BENEFIC. 49 battere contra i Saraceni ;
la qual cola , fcbbcn nuova ^ che folTero
irtituite Religioni , per fpargcr fanguc , fu però ricevuta con
tan- to fervore , che in brevUTimo tempo
acquiftarono ricchezze grandi : tutte
quelle maniere portarono grande aumento alle ricchezze Ecdefia- Aiche.
XXVIII. Fu anche un modo di dar
accrcfcimento affai notabile a’ beni Eccle-
fiaffici il riveder bene la materia delle decime; c dove non erano pa- gate procedere con cenfure, che fi pagaffero
non folo le prediali de frutti della
terra, ma le mifte ancora, cioè, de’ frutti degli animali, e ancora le pcrfonali deirinduftria, c fatica
umana. Alle decime aggiuo- fero le
primizie ancora , le quali furono primieramente iftitnite da Aleffandro II.; iraiwndo in ciò là legge
Mofaka, nella quale furono comandate a
quel popolo.* la quanriih di clic da Mosè non fu Aabilita, ma lafciata in arbitro deli’offerente: ì
Rabbini pofeia, come S. Gerolamo
teAifica, determinarono la quantità , che non folsc minore della fcfsa- gefima, nc maggiore della quarantèiima; il
che fu ben imitato da'no- ilri nel piò
profittevole modo, avendo Aatuito la quarantefima , che ne’tcmpi noAri fi chiama il quartefe.
Determinò Alcllàndro III. circa il 1170.
che fi procedefse con Icomuniche, per far pagar interamente le decime de’Mulini, Pefchicrc, fieno, lana,
(i) e delle api ; cchc(2) la decima
foffe d'ogni cola pagata prima che fofsero detratte le fpele fatte nel raccogliere i fruttile (?) CclcAinoIII.
nel 1275. Aatu'tchc fi procc- ilefse con
Icomuniche, per far pagar le decime non folo del Vino, dc’Gra- ni, Frutti degli Alberi, Pecore, Orti, e
Mercanzie, ma ancora dello Ai- pendio
de’ l'oldati , della caccia, (4)6 ancora demulini a vento: (5) tutte qucAe cofe fono elprclw nelle E)ecrctali de*
Pontefici Romani: ma i CanoniAi fono ben
pafsati più oltre, dicendo che il povero è obbliga- to a pagar decima di quello che trova per
Umofìna , mendicando alle Porte; e che
la meretrice è tenuta a pagar decima del guadagno mere- tricio; e altrettali cofe, che il mondo non
ha mai potuto ricever in ufo. Le decime
erano pagate a'Curati pel fervizio che preAavano al 'po- polo nell’ infegnare la parola di Dio,
amminiArare i Sacramenti, e fa- re le
altre funzioni EcclefiaAicbe*, onde per queAi miniAeh non fi pa- T om 9 IJ, G gava ItafpitAlU S.Ja3Ani*i ahi, frarrci nulitic
templi^ «In, fratte» HoIpiiahfSar^
IttjrixTeutonicotam IO lerufUem
nuntupoomr . Jm 0Ì dt Ktrist» tsf.
l'Ordmt d*'TtfMt»r'i, i Uro hmi fmrono
doti ifU SptdsUtri : il tho ) n/tritt diffitUmetni d*i CfUtUmolOTi Vrfftrjtnfii it. ( I ) Miniimus eaiitperte]JÌ. Volumut ergo, flcdiilrifte prxcipirnui.quatenu»
dccimatEc- clelìii CUOI iiKegntate
ddbita pctiblvatti . tini. t. ta. (f ) Quia fidelii homo de ornnibui, quv
Ikiie poieA ficquircre , dceimis erogare
cenetur i Maiv- damuN. (Maeenm H*
miJitem ad tblutionem deci- maium de
hit. qux de inokndiiio ad ventutn
provemunt. (ine diminurioDcaliqua. comptUatii. UfJ.f.i.
5Q I RATTATO DELLE ^ava cofa
alcuna: qualche perfona pia, e ricca donava, fe le piaceva^ per la lepulrura de’luoi, o nei ricever i
Sacramenti, qualche cofa*, c palsò COSI
innanr.i l’ulo, che la cortefia fu convertita in debito*, e s* imrodufTc anche in conluctudine il quanto fi
doveffe pagare*, c fi ven- ne alle
controverfie, negando i S'ccolari di voler pagare cola alcuna pel miniftero de’ Sagramenti , pcr#hè per ciò
pagavano le decime*, c gli EcdcfiafUci
negando di voler far le funzioni , le non fì dava loro qiieh 10 eh’ era in uiànza. Rimediò a quello
dilordinc Innocenzio III. circa 11
1200. proibendo veramente a' Chetici di pattuire cola alcuna pel imnidero; e di negarlo a chi non voleva pagarli;
c comandò che lenza altro faceflero le
funzioni* ma dopo quelle -lòflero i Secolari con cen- lure sforzati a fcrvarc la lodevole
conluctudine (così dice il Papa) di
pagar quello eh* era (olito; (i ) mettendo molta ditierenza tra lo
sfor- zare innanzi per patto, e sforzare
dopo con cenlure; approvando que« fto
per cola legimraap proibendo quello come fimoniaco. (2) XXIX,
Ifn altra novità ancora fo introdotta centra 1 Canoni vecchi , la qua* le fece molto per 1 ’ acquido : era proibito
per i Canoni di ricever alcu- na cofa
per donazione, o per tedamemo , da diverlc forte di pubblici peccatorf; da fagrileghi ; da chi redava in
diicordia col proprio Fratel- lo; dalle
meretrìci, e altrettali perfone: (4) furono levati affatto quedi rilpetti, c ricevuto indifferentemente da
tutti.* anzi appunto i maggiori, c piò
frequenti legati, c donativi fono di meretrici, c diperlone, (3) che, per difgudi co* lor parenti, lafciano ,
o donano alla Chtefà. Così i Pontefici
Romani ufavano gran diligenza, per ajurare gli acqui- fti , quanto anche per confcrvarc la podeM di
didribuire gf acquilli ; la quale, come
fi c detto, era con tanta opera, e tanto fanguc cava- ta di mano de’Principi, c ridotta nel Clero.
A ciò, per proprio intereffe, tutto r
ordine Scctefìadìi» «Ma £olo acconfentì , ma fi ajutò colle pre- dica-
fanftjin EtcleOun iDiroduàam niiumor idrin- gere. Qut propter pr«vu «uàionn 6en
prohibe* niuj, de pis« confuetudinn
pweipimut obfervvi, enefiziarfì nel loro
Regno, iiebbcn erano beirignameh* te
ricevute, ed eleguite da’Vdcovi, i quali, attenti loio ad clciiidcre i Principi f non penlavano mai che altri ,
col privar clH , potelìe al trronim, ft
pIftNinqftediKmttMi, ac benefirù it*.
tabiluarc perionit cuniciuaiiir iMWcutit.ft iran probdm, ia oifiicin b«ti«C(Jii uon fedìent
i ticque aultui ftbi roauiuili
nonaRooteuM. IjnRutm altquaod» a»»
iaicfliauetr qmn tiimw. taiatram cura
ncglcóa , \eiat mmaaarii»^ htxmiMiio
TcmpoMla locra . Praevu Prarinancr
Saad. p»g. $a. l’aaarm. av*%»atk't tt
altana, fi ìatatatm altra\ di qatfPéktlft. Effer, dù'aiti, vsidc boatHum, ft Intcauwrum, ut
qoiT. qoc in Puria fua ben«fium me feci.
Lon|;e-eft iflud a te. Nam par
iniqòitsran filionm boAitDam, qaonuin ia
t«c«npen tUa fu taamilata dal fua PmIm Mjar a f fLaimauéa di fmmaftrt , Oatutmtaaa , dd rfi
b mitrati tkitm»t» 1* Caapilasiaa*.
di Digitized by Google MATER. BENEFIC. 55 I vecchi Collettori dc*Canoni, Graziano
parricolarmcncc, raccolfe tut- to quello
che (limò proprio alla grandezza Pontifìcia^ eziandio non fenza mutazioni, alterazioni, e anche
falfifìcazioni de'luoghi onde cavava le len-
tenze; (i) e credette d’aver innalzata qucirautoruh al fommo dove po tefTc afccndcre; e per quei tempi non
s’ingannò.- ma, mutate le cole, quella
compilazione non fu a propofito, ma al Tuo chiamato Decreto (2) (uccefle quella Decretale, che poi anche
non ha lodJisfatro : ma, fecondo che di
tempo in tempo i Pontefici fi lono andati avanzando in autorità, fono (late formate nuove regole;
onde nella materia bene- fiziale
particolarmente non hanno più luogo, nè il Decreto, nè la Decre- tale, nè il Sedo, (3) ma altre regole, come
fi dirk. XXXII. I! modo grande di beneficare della Corte
Romana col donare tanti benefizi tirava
Ih ogni lotta diChcrici; quelli che non avevano bene- fizi, per acquillarnc; quelli che' ne
avevano, per afpirar a maggiori, o
migliori; onde, oltre alle caule vecchie, s’ag^iiinfc anche quella a
fare che molti non rilcdelTcro. La Corre
non potè dilTimularlo, perchè ogni Diocefi fi doleva che le Chiefe fodero fenza
governo ; c del male ne dava la caufa a
chi veramente l’aveva.* perlochè fu rifoluco di farvi qualche provvifionc. Non parve però
a’Pontcfici di quelli fecoli che fof- le
bene procedere, come il dilordine era troppo comune; come anche perchè quello era un modo di mandare fuori di
Roma tutti : il che quando fodc dato
fatto, la Corte redava vota; c ogn’uno avrebbe at- teib ad acquillare i benefizi dal fuo Vefeovo
predo al quale perlonal- mente fode
dato, più todo che mandare ioidi, c medi a Roma, per acquidare alpcitativc : fi trovò per tanto un
temperamento, che fu, far leggi che
comandadero la refìdenza a quella lorta di Beneficiati che poco potevano afpcttare dalla Corte, non
parlando niente degli altri: (4) cosi
Alcdandro III. nel 1 i7p. coman^lò la rcrulenza a tutti i Bene- fiziati che avevano cura d’anime: (*) furono
poi aggiunti anche tutti quelli che
avevano dignith, amminidrazione, 0 Canonicato: d'altri Be- nefiziati inferiori non m mai detto che non
fodero obbligati a rcfidcnza; non fu
però nè meno comandato loro che riiededero; perlochè a poco a poco fi riputarono non obbligaci in modo,
che anche nacque una di- dinzione di
benefìzi che ricercano refideiua, e d’altri lemplici, che non obbli-
do. £’ thisimitM , Extra, m téfìtBt tk'tU l» i imi Dttrot tmnfilttù iaUrBttMB*-, t l*eattcvtieaa , ftrrhi trntrrm4 Uiri
t/frffi Am Aifiu$:Ti\idtx , Judiciarti,
Cleriu, Spon. en : Harc tik>i
ddìgnant quid quinqnc volumina li^nam.
£llm md tffirt in nfr B*t ixji. Grti»*i
0 IX. trm nifut d'InmmrwiiMUl. td
nmtndmt deHm fmmijii» d*'Cmnti, arffdì
«n-t dtUt ifMmttn fbt ftrimn* il nttlt di Uarooi Romani .
( I ) U» GìMTttmafnìtm Trmnttft diti (ht il IV- ttttg , * it OttrtimU fuftt compiUtiOACt, ac
lar- raginn tatn bunanini,, rum privarum
r«'uni, in- cnitdite a‘trtt», tmmt
mffrrv» tUrtÙ it PUtmm Mrl medrfim Imm^m (1) liU > mn Mrm rari fhumfm, ftrfbi
ftrva di fMffirmratt m’ nm^ut libri dtUt
tìttritmii . Fm pmbblKAtm dm
BmnifmtMWill. layH. de i deamminmtc
Codrx BonilMiinitt. (4) iiUnttm,
diublii.e cumplcinnir. ài ftmp U di
RriiHàiu , jfmttrt iti itrtm» fm»U, mt!
taf» mK. ItirafrimpàttlM (»• rst- ttlt»
C$re* r»r* dciU Vetrmt —f f_ diti tbt
n»n fmrpn* »réiM»te, fi *m kiU'akm loyi.
Anno Di>mtni lopf. Urhanut Pa|M,tn
OalliK venieaa, Gregom l^px d«crm rcnovat, ti confInnK . . . . Claromoa'c, in Arveraia
Con cilium te^elnat, meofe Novembri hoc
anno (écjaen- u, in qno Ihmtum cil, ut
Horx Beate Mane c^yotiilic Jicantur ,
otfitiumque eiut, diebui Sabba- li fiat.
Jm Ckrmui, taftt. tr. (ONt'^rinNeMipi,
dieeF.Poolo, i ^radULnUfis- fitti Ȏtt
iTMH» dignità , «e’Mvri , timi futa d* uni-
ti fettfi , m» tstubt, t mntfhn , tbt S. ì'nalt ehmtnn tftri, t fmntitai, i tìifi Grifi»
Oftrni. Opus fac EvangelilUr. minillenuni
tuuin imple. a. Tinvx, 4. Si (|uit
bmU auinopus dtlìdctat. i. t. Wma quulem
multa, ope- rarli tuiem )«auei. Man- 9.
& Luc.ie.> im m^nier* tbt *U»rM
»piiv pTomorcntut . Digilized by Google MATER. BENEFIC. 57 il Parroco è impedito kgittimamente, egli
può deputar un Vicario che lèrva per
lui, dandogli conveniente mercede: fi ritrovò che fipotefle, coll'autorità del Papa però, crear un Vicario
perpetuo, ( i ) alTegnatagU una porzione
badante, e lafciando il rimanente al Rettore; obbligando quel Vicario alla refidenza, febben il
Rettore tira la maggior parte deir
entrate, redando libero; della porzione del quale è fatto un. Bene- fizio, come femplice, e quella del Vicario
feda per la provvifionc del Curato. £ ficcome
fu incognito alla Chiefa antica che alcun Benefìzio fode dato, falvo che per luffìzio, e affinchè
ciafeuno fode obbligato a fervire nel
Tuo carico perfonalmcnte; cos^ non fu mai deputato uno a due carichi, non folo per efler impodìbile,
quando s’hanno da cferci- tare in
diverfi luoghi; ma anche perchè reputavano quei fanti uomini che non folTe poco il fame uno bene; e vi
fono molti Canoni, dove fi riferifeono
le idiruzioni antiche , che uno non pofla clTcr ordinato a ti- toli, nc fcrvirc in dueChiefe. (4) XXXIII.
In quedt tempi, quando fi didtnfero i Benefìzj in quelli che hanno annefla la refidenza, ed in quelli che non
l’hanno, confeguentemente fi pafsò a
dire che di quelli, dove non era neceflarìo in perfona pro- pria fervire, fi poteva averne ph't d’uno;
(*) e nacque la didinzione de' Benefìzi
compatibili, e incompatibili: quelli che vogliono refidenza fono tra loro incompatibili; non potendo
l’uomo dividerfì in due luo- ghi; ma
quedi cogli altri, e clTi tra loro, poiché non è neceflarìo fer- vire perfonalmcnte, fono compatibili. Nel principio però fu proceduto in queda
materia con gran rìfpct- to, e non fi
paCÀ piò oltre, che a dire folamente, quando un Bene- fizio non fofle fufficicncq, per far vivere
il Cherico, le ne potefle aver un'altro
compatibile; ma non ardirono di paflàr al terzo mai; nè me- no al fecondo, fc il primo foflc dato
badarne. Al Vclcovo non fu dela mai
rautoriù più oltre, ma al Papa fu aggiunto che avefle autorità di concederne anche più di due, quando i uuc
non badaflero per vi- vere; (2) e queda
fufficienza per vivere da’ Canonidi è tagliata mol- Tom» //. H to lar- ( I ) Ttimp n dtilji SttrUdì tt9 fjìrù, th* Vmft di tjmrJH nesristi
etm/Mcii d*ir iKfbUnrré p tfmnUht ttmfo
frtmM dtl CtmedU LétttMMmf» f»it»
jiltffMKdr» III. Ptrni i trtfti- , Extra
de Officio Victrii , ft»o tmdi- ritiéti
•'Vtfrn/id'h^ftUttrrA. Vedi ritlwuadcip.
I. bxira, de Odìcio Vicirii* « Ttmméfi VvAlfiit^ 17^.
(4) in ilio titolo perfeTereat « *d quem
confetnii funt, ifìiut nulinm de altetiiu tmxlo I>rabiteniin , aot Diaconatn ,
&(ciperc przfliout. CotKil.
Csichuicoié . ann.7>7. cjp, «. Coor. Re-
tuenle aon.li}. up. te. Conr. Mctenfe, ann.sn. On.|. Cui. 1. peni;, t. difìiod. 10. ex
Ceacilio Utbaiii li. (ubilo riicentijc
finw lopf. 8c C&n. 1. CauE XI, qn.
t. ex f, Syiiodo , cxp. if. ano. fi7>
Prtffi m'titMhli »ntfA i Pnti tr*Ma ti
mUm T*j!dn$tA . QuorJsiB exilix , dk* Srntt4
«juofdxm (xcerdotix uno loco tcnetu . Oc irxn> ouiUiute vite. Virus eft libi quis, iitt ma *Itr» Gamtilt, xd firraunennun tempii Nepnini
ruent ahigitos «fi;; £idui di
CKerdfosNeptuAÌ: opottc. bit enito
ipfiun infÓMnbiIen elTeCicerdoieni.'Ar.
ttmidor . Iib.f. de tomnionim evcatibui , Ibmnio t. Vide Ulpianom in 1^. x. if de in jus
re* cxndoi &tcg. pea.ir.de Vicit.dc
excude. Muaer. (* ) Vide Caput, dudum. 54. exerx de
eie. Alone , Se ibi glolT. & Girciam de Benef. pene underinu tip. (. p«rag.x. & y (O L’Autore coù rarcontt Torigine delle
piu* rtlità de* Benefizi nel libro
fecondo delle fux Storia del Concilio di
Tremo. Sktatm, dir' egli, aatv» gli
ttniithi Cexani , t»(i u Citrita VM
fatava ^rt dmt titaii, »> im ttafi-
[uant.» dtta Bttuft.)'. raminàmnda « iùeMiiMr-. fi la rtadiit, a ftr U firagi dtlU gmarra, a
ftr l* inandatkaiti, fi taaftrivm »»
BamfixJa » tjasltUt Cherka il amala ma
fafftdtva già mma, fmrtUì tifii
atraadtrt ad amamdtta ; il tUt fi fraaki fa-
f(ia , ma» già im favara dal Stn^Uàaia , «4 da!- U Ckiafa , m^mtb^ , ma» fattida fremdtrt
m» iiimifira farikalara, far mamtant.»
d'm»a raadù ta Jmffiaknta » aumttmttla ,
alla m» laftuaffa d‘ afera firait» : ma
tal fraifia, tha w inafiztm 58 TRATTATO
DELLE to larga , (*) perchè nc’femplìci
Preti dicono «he comprenda il vivere non
lolo del Benefiziato, ma per la iua famiglia, de’ Parenti, e per tre Servitori, e un Cavallo, ed anche per ricever
fordlicri; (i) ma quan- do il
benefiziato folTc nobile, o letterato, («) olcra quello, tanto più, che fi uguaglialTe alla lua nobiltà. Per un
Vclcovo poi è maraviglia 3 ueIlo che
dicono; (a) che de’ Cardinali (*) baili il detto comune ella Corte: JEquiparantur Regibtts . (3) Ma
tutto quello procedendo co’ termini
ordinar), e per dilpenla, ogni Canonilla tiene che il Papa polU conceder ad uno di tener Benefizj fino a che
numero gli piace ; e in fatti le
difpenle della pluralità de'Bencfìzj paflarono tanto oltre , che circa il 1310. le rivocò tutte, rillringendo
le diipenlc a due ioli bene- fizj: {b)
il che elTcndo fatto con rilcrvare a sè la dilpofizione degli altri, (come, parlando delle rilcrvc, (*) fi
diri) non fu creduto all* ora che folle
fatto, per levare l’abufo; ma pel guadagno, mafiima- mente perchè quel Pontefice fu lottil
inventore de’ modi, per accrelccr
l’erario : e ne fece fede il tempo; imperocché fi tornò non lòlo
alla pluraliti di prima, ma ancora a
maggiore; e fino a’ tempi nofiri ab-
biamo veduto, e veggiamo dilpenfe lenza mifura » Concordano tutti i Canonilli, e Cafifii, che tali dilpcnle
debbano efier anche date per caulà
legittima; e che pecchi il Papa, fc lenza quella le conceda/ ma fe chi fi vale della dilpenla lenza legittima
caufa concefia fia feuiato, non fono
d'accordo: (*) altri dicono che quella lulfraghi innanzi agli uomini; altri , che ferva, per fuggire le
pene delle leggi Canoniche, e che in
cofeienza , e prefib a Dio non vaglia punto . Quello parere ^ feguito dalle perlone pie. (r) li primo è
più grato alla Corte, alla "
quale nt» ftr , th* nìum^ {Mrftm li t»TU0, fi fftfi il fsrtitQ di
d^tnt nw/- ti sd H» ftU, SMitrthì ti0
ara fnnta MnfSdrié fti ftrvmm dtiU
Cbt^u 0 « f0 fafiaaa tffe re malti fia
tara, e tagli altri. (*)Cloflà td On.
Ctericat . l. CmC ii. qu. I. (O i» tftimmavaaa in ^mefia rmada Ir taft,
t»i fariHaaa al /• d’mi fim freti, tbt
Laùi ; td i ^imafi » 0 » fartilaaa , fa
maa $ Caudatari dt* fafi . Tatti ì
Camaaifii frri Barn fiat dt qarjla
fiwiimata. Vide Oomei de expe^t. num. 1&7. llioùn. I‘am de rdtgn. beneC lib.5. qu. 4. num. lj>. Asor. p. 1. Iil> 4. »p. le.
qu. I. {fc PvMe> noch. de Arbitrar,
iìb. ». cafu N^rarr. Mi- kellen. 61. de
Orif. dt ClotH »d cap. 5. citi» de
petulio Clericonim . (a) Vide
cap. de molta al. ia fine, extra de
prxbcadii. t a) fatila tha aaaQurmeatt
farfrtndi ì il vr- dart il fata eaaaa
rha la Carta di Kaaaa fa da't'i- feavi
italiaai dalla Stata Zalrfiajhtt, i ^ati nam
falaaaaata fiamma ia fiadi alla frafaata da' Cardi- aaii , aia aatara aaa fiiaaaaa difaaara il
fatvirli a tavaUi (aait il Vaftava di
Ciafaa Cbia/a, Atra- fimfiiadart dalT
iaftradara al Ciatilia di Trtmta , la
rirpfrantra al Vefiava di Mirti ia piana Ca^r»
faziaaa : fra Paolii, lib. tf. della Tua Sicria del Contili». Oleta di fki , i lata Viftavaii
fama tai- rmnit taiuki dt ftnfiaai , tht
fi npmtartbbaaafali- ti^mì , fa il Papa
valafia raaetder tara il rapar *‘*ere,
aha i Caatnifii afi^mana a'/ampiuà Prati
. (*) Vide Nicol, de Clemangit de
comipteEc» cleux Uaiu cip.it. dt Pet. «ieAlliico de reliorni. tapiti», ieu ilatus I^palù, de lue Rooi.
Cutis, dt Cardioalium. ( } ) Damdr atnthimiana , dìc’ egli ibidem ,
rbt aajfmaa ramdita i frappa grandi pir
tara, fa naa ì faprahhaadamta ptr gli
fit$ Rii 1 ptrtA il Papa ha tenetdata
lata il frivilapia d' axar aa apemm ad
omnia beneficiai dai, ìù pater gadtrt apti fat-
ta di irnafiz), a fataUrt , a rtgaUri.
(^4) fai>,parhfia dalla Diaetfe di Caari tnFriifl. tia. figitaala d'ma pevere Ciahattina. ih) Noi omnn, & lìngulu difpenlatiofld
lit- per receptione, aut reteitnoAC
plurium digniu- tvui, aut beneficierum ,
dee. quinis cura anima- runa Ut annexa
.... cuieuntpte perlóaz con- cellas,
(Cardinaiibui ramen cxcepm J duiimuita-
htcf moderando, qood per nttMeraioefl .noiìruin clinnatam nliuni beneficioruni nmltnudinem
re. Irertemui. Siatuipiu itaque quod
obuncntn piu* raliMtnn hujurmodi
beneficiorum unum tantum ex bencfliiii
, quibui cura unmmcc ani- marucn, aim
beneficio Itnecura, quod haberenu-
hiennc , polTint licite rcttaere. Zxtrav- tit. da prahtndU, tap. Emarrahtlit , (*) Fedi r attirala 37. a ramattazieaa
terza. Vide OloQiun a.1 capii. pi' CÌo* Tanni di Verdun 1 Bencdinino, Franccfe.
dille molto di?erÌBiDeiRe il (ùo parere
. Ki leggi um*- nt, difi*egli, f*nt
ft’Srtt* *U* dif^nf*, » rafie* n* dtir
ìmnirfttMi del Ltfitlntirt, il mm*U nin
fui frevidm tutti i tufi f*rtit*l*rt t£* dimun- d*n» mnìietn.i*ni ; m* deve Oia 1 i7
Leiitlntin , tj* l*H* ^ fent.*
eteiniimit ferrh* tuffnnn *tfs hm f-
tui» * Im nnftmdrrfì. Chi difnenf* n»m fu* m*i dtf*Uti(*ri U firfin* th'i eUlig*t* , uà
UftUr »Ulig*t» »ll* foalt **i*
ingiu/Umunt* l* dtffenf* : à un rrnr
fefiinrt tl rrtdtri th* il di- fftnfnr*
fi* fnrt nn» gruu*, pàthi U iiffmf* i un
*tt* di pmjliti» diJhUmtiv» , ft tu n* fu
limmmeli * feer* thi n*n U d* *IU ftrfini nlU quali ì dtvut* . L» Cbi^u u*m ì un* Jtrv* ,
ni il Puf* i il fmtPudran*. T*et* *l
P*f*, ilqu*‘ U nt» à , rii* ri firvidtrt
di thi th» frtfijl» sii» Tumigli*
Crifiiun» , U d*rt * tiufthtdun* l» f»*
fr»fri* mffur*, ei*ii , quella th* gh ì devu-
t*. Quem confliruirDoininiu &per familiam fitam, ut det illia in lempcte tritici mnifuram.
Lnczia. L* àfffeufm M tigliezza umana, volendo dare due Benefizj
incompatibili ad una perlò* na, unirne
uno all’altro, durante la vita di quella ( i ) in maniera, che, dandole il principale, era dato in
conleguenza anche Tunito; di modo che fi
Ulva va benifiimo la legge di non aver pjù, che un Be* nefizio in apparenza; ma in efifienza non
era, fe non oflcrvanza delle S arole
con iralgrcnione del fenio; la chiamano i Giureconfulti fraudo ella legge, (a) Quello fervi ancora per poter
dare un Benefizio Cura- to ad un
fanciullo; o ad altra perlona fenza lettere, e lenza obbligo di ricevere gli Ordini facri : unendo il
Benefizio Curato ad un lemplice ,
durante la vita; e coHlerendo il iemplice in titolo, rellava il
Benefi- ziario padrone anche di quello
Curato; e le parole della legge erano
bcnilTimo olTcrvate. Ma il poter unire Benenzj ad vitam non fu mai concelTo a'Velcovi per caufa alcuna, anzi
rilervaco ai folo Pontefice Ro- mano.
Alcuni Leggilti la chiamano unione in nome, ma in fatti è ri- lalfazione della legge; e l'hanno per
dannabile: (3) perlochè anche in qualche
Regno è Itata proibita. Fi; lungamente utata dalla Corte Ro- mana.* adelìb non è più in ulo ; (4) come nè
anche molte altre cau- tele^ per non le
chiamar fraudi, come quelle, che parlano troppo le? galmemc, per le caule che fi diranno, venendo
a'noitri tempi. XXXV, Anche la Commenda ebbe una buona
ifiltuzione antica ; imperoc* ché,
vacando un Benefizio elettivo, un Velcovato, una Badia, ovvero un Benefizio che fofic julpatronato, al quale
l’Ordinario per qualche ri- fpctto non
poiclTe provvedere immediatcmente , la cura di quello era raccomandara «M- nnal r.hg losectto degno,
(*) fintantoché la provyifionc fi
facefle*, il quale peri non ivéVa racoiift' dl valcrfi dell’ entrate, ma foto di governarle*, c a quello
fi pigliava perfona eccel- lente, e
perciò d'ordinario era un Benefiziato, al quale la Cura com- mendata era di pelo, perchè |>ilognava che
la prendefle per lolo ler- vizio delia
Chiela. Quelli non fi poteva dir avere il Benefizio com- mendatogli, le non molto impropriamente; c
perciò in realtà non ave- va due
benefizj: («) con tutto ciò, per non far diificolt^ di parlare, nacque una maflìma tra’Canonìlli, che uno
poteva avere due Benefi- zj, uno in
titolo, l’altro in commenda (*)• Non durava la Commen* etra ptionltt defit «noli. Yfl lUqaid deCt
cq* Ctrtt. Quid da aniooibaf bcflcficioniiii ,4 tìcub t» fslioru. Immt.Wl. tf- fa. /mk. a. unmi, tf
, nt, dilicct, obAct iDa bent»
fttxunfrm. fifiontm pleralitsa ad obnnenda lacompstìbilU » d ftmf» dtfrmmdmt» , fHthi ilCtmm9»dmtmti»
isvi. (cm CommcDdim, ut przmtmtur, ntc
(ifhinde* tm n*» trm diftrnut im vrrm» reati dmlTùmlmrt: cbrjBmt ultn femeAm temporit fpscium non da-
tijlimnié mt Jm fa^a fmmmU d*lU Mit dtUm
rsrei lUtuenrct «juiccjaid iecui de Cotnmcadu Ec. Ctt mum dm i Curim
mofMAern. tc tegicnen, de deiìanim
{Mrceciilium adiun Aieht eiTe irrirum «dminillritìoDent libi m rpirtcualibus ,
de retnpo- ip(b jar«. Ca/ÌA Ctmatrmis. Ma i fApt, fAttwiefi fuptrttri aUa U^ t , pr$luaiATAt%t i tirmiu* itllt
CAAvuatit , • AAmetdttrtr* Mmtf it'
frutti 0^1, ArnuumprA- ttrii ÌAÌi fAg
Attua fini a itnurt — ■ i it ia vi/4
ttm tutti It lari rtuitlt | étp* di tbt
muturiut uUrtJÌ It Jlilt dtilt Un MU, iumdf ti rvconuiiduaio «yuclU Cbielà, uKachi tu poiTi (ulleanre ii tuo iUio ) DtlU FauuiIia
Fiifeki, it’ Cauti ii La- VàfnA, liuti
««Ì114J* ikiAmAti il pAifl uimifii
. (i) Circe idein tempm milìc dommtu
aovut I*epe quemdpRi nomm in Angliam
pecunie ee> torlotem. Megittrum,
videlieec. Meninuin aaten. tkum pipale
delìrteniem. de habentem poteiUtcìn
eecommunicendi , fialpeBdeadi , de multipliciter vu. lunati fii2 refiilenrn punieadi. Idem. £' do
if- ferVAtfi, tké i Ao/i priuàmua uum A
grAuii au- tpriiA r«/r /«fbilrrrro i» virtù
à'uu uutua diru- ti fiuuAti JulU
d«e4e.i4«e di Cifiumiiui, par ttd tutti
l’//«lr, par nutUt tkt pritiuiavAut , uppur-
tiuavAui uliu Ckufu JUaioAo . Ad precei meu il* loUn Regi Angloram Henneo II. cooeellit,
da dedite Haarianui)Hiberniun fare
bicrediterio poC (idendain. Nem omne»
infiilx, de jgrc anoipw , tx dooecKine
Confbnrini, qui eun bindevM • d(
dotavit, dicuntur ad Rotneaun EcclefUm petti* nere . Joaaods Surobcticniii |ib. 4. MetèlB|ici , «p. 4»*
Digitized by Google MATER. BENEFIC 63
ta del Re, cioè, doooo. marche. Propofe (i) il Re di ciò querele
nel Concilio di Lione, lamentandofi de'
fuddetti aggravj.* al che rifpofe il
Papa, che ij Concilio non era congregato per ciò, e non (1) era
tem* po di attendervi. Nella flelTa Cirù
di Lione, al tempo del Concilio, il Papa
volle dar alcune prebende di quelle Chiefe a’iuoi Parenti; di , che fu moto grande nella Citt^, e fu il Papa
avvertito che fareb^ro flati gettaci nel
Rodano; (a) perlochè il Pontefice li fece occultamente partire.
Non reftò per quello la Corte dalle fuc imprefe; (*) anzi nel 1153* riftefib Papa comandò a Roberto Vefeovo
Lincolienfe , uomo in quei tempi celebre
in dottrina, e bonù, che confcriflc certo Benefìzio ad un Genovefe contra i Canoni.' il che parendo
al Vefeovo inconveniente, c ingiuHo,
rifpofe al Papa, che onorava i comandamenti AppolloUci, conforme alla dottrina Appoftolica; ma che
quel abftam'tbu% era un diluvio d'
incollanza , un mancamento di fede, una perturbazione della tranquilliti del Crifiianefimo*, ch’era grave
peccato defraudare le pecore del loro
pafcolo*, che la Sede AppoHolica aveva ogni podelli in edifica- zione, nelTuna in dillruzione. (^) Ricevuta
quella rifpolla, il Papa fi fde- gnò
grandemente.- (c) ma il Cardinal Egidio, Spagnuolo, uomo pruden- te, ten-
(i ) Il mdtfimt Sttrir» diti tfn Ì0 rtmdìtM dt' aràqiftM/i UmUmì fi»ktlitt in dm» » fii di 70. imt» manh* d'*rgtntii t
tht tv. »vn» fi» imfmrrita l» Ckitf» di Jh$ , dt tht »vtv *»4 jfattp tufri $ V»fi
d»- S.fittn. Epifcoout Kobenus
Liflcolnienl» fi- cit A io'u Clertcis
ailigemer cooipumi Alienoram pmeann in
An^lù, Bc invennim rft. Se vert- caniibua
qao£lam alicfugenas ronfàoguineoa , vel
affìnea fiiM, inconEiho Capitulo, iocrudere, re. fiitcrunt « in brie Canonici Lagdunenfès.
coot' ffitaaiiTcì, Se eum
juramentoobteltintei, qood*, iì tiki
ipud LugduBucn apparerenr, non pòilét eoi
velArchiepilcopuf, vel Canonici , pro(c|;^re, Mat. Vvtfiaaaafiar. Oroflet «ft. (S) Mandatu ApoAolicit, du'aili valla fa»
ti- fpafla al Fapa , aSedioue filiali
devou Se reveren. ter oMio : hit qno^
qiaae nuodatia ApoAoìiria adrcrtiintur,
paternum xclani honorem , adverìor
Scobftoi ad Drmmque enitn teneorei dirtnomn. dato.,» Non «là igitor Itterz renor
Afoftolica fimAitati cxmibniu, r«l abionua
pluràmutn Se di» icort. Priioo, luparbo animo
aitr Quia eft ifte fenex delirua , furdua, St ab- lurdua, qui fii^ mudar, imo tetnerariua
judiear} Chi atai di ^aafii daa
vaatfriav» , il Papa , akt walava i
Caaaai, a Lineala , rlta li. difandtvaì
Cki di ^aafii daa tra fardat tÀaaala , r*« «■/«». dava Jt iaat la vaca dal Sigaara , a
laaartatia » aUa aam vaiava aftaltar
gatlla d'm» Variata Ap- pa^aìtta, tkt
rl'^agnava il far davart ì Per Pe-
tratti , Se PauTuma yi. giarava par Saa Piatta, a Saa Parla marre Listtain , tha gli fatava
aliar» l» settdafim» eaTrtt.iaaa tha Sa»
Patir avtva fat- ta a Saa Pittra , quia
repreniibilii erat , Se non fede
itnbulabn ad \erttatem Evangeliii Galat.x.
la xsatt i' imitata le» PUtra, il qaala prtfiul sii grufi» earrttàaati nKì moveret noa innata
inge- nuitaa, iplàim in lanrain
conliilìancm przcipiti- r«m , ut coti
munds bbula loret Se exemplum .
Ihtdtm. Digitìzed by
Google 64 TRATTATO DELLE t«, tentò di mitigarlo, moflrandoglt che il
procedere contri un uomo cosi riputato,
per fiuia tanto abborrita dal mondo, non poteva parto* rir buon effetto. (4) Ma mentre il Papa
penfava al modo di rilcmir- n, s'ammalò
Roberto; e in fine della vita tenne gli ftefli ragionamene ti: (^) Mori con opinione di fanritli, e fu
fama che facelTe miracoli. Il Papa,
udirà la morte, fece formar un proceffo al Re, che il mor- to fodè difotterrato *, ma la notte feguente ebbe
il Papa in vifione, o in fogno, Rcberto
veflito in Pontificale , che lo ripreie della pcrlecu- zione alla memoria fiia, e lo percolTe in un
fianco col calcio dei pafio- rale ; (c)
fi dcflò il Papa con ccccflivo dolore in quel luogo che lo col- pi fino alla mone; la quale {d) fcgul indi a
pochi mefi nel 1^58. Alcffandro IV. fuo
fucceifore, (*) fcomunicò TArcivefcovo di Jorck per una caulà fimilc; il quale, perfcverando
nella fua deliberazione, foppor- tò la
pcrlècuzionc con molta pazienza; (/) c avvicinato alla morte, IcrifTc • al Pa-
tti) Nt^n ctpcdim , Donrin* , ut altqaid da- ruin contri i|>tum epifc(i«in
^'ini«rctna>{ utenim vera fateainur ,
vera Ciat cmx duit • noo poC fnntui cum
condemam . CaiholKUi eft , nno Ik
(mdiCriotiii , eol>U religiufìor , nobù (in-
dlior, eice{Ìenùor, de ecccHeRnorti ritz ita , ut non credatur inter oenno l'rckioj inajorem,
imo noe parem habert . NoTÌt bnc
GiUicaiu , Se An- glicana CUn
Univerlìiaij noan nou przvalem coniradiAio.
Hojuftnodi epillslx vtritas, quzjam
torte muUis innocuità muicoi centra no* poterit cominovere. Kzc difcrunt Dominut iEgi-Uut
• Hifpanut Cardinalif , dr atu. coniUium
diucei Div mino Pape, ut oninu hzc
conaivearibui oculit fub dilTimulatton*
ttontire pcrmitieret, ne fuper hoc
tamuiiuf eiritamur. Ui^- ^t//« «/ ir/
mtdtjimt Psris , tra m» fran ptrftaafs*»'
carCD*. iu' t^U , coluntRa in Curia
Komartn veriutn Se iuftiar. & mune-
Tum aTperaaiar, qux ngernii «quirarh fleAere uL /w r.T,! .. PrivilMia (kadonim pomibcuBi Romane. rum prxdKcIwum fuorum Pipa impudenter
in. nulisrc per hoc rrpagulum, m«*
tSfiaatt, noo •rubefeit: qaod non b(
line corum prz/udKÌe , & incuria
rmniielia / /k cniru reprobat , & dirute
quod unti) St tot (anAi xdificarunt . Nonne di. cu Papa de fu» plerilque PratJerclToribu* ,
iìU, vai tUt fu rttirdaritai* PraJtttftr
ntfitr , tc fz* p«: adhartam fanUi
^Tadtttfftrn aa/ht vtftuiis , Sei. (^are
ergo, quz lecenint, duuant iunda- menta
qui lequuniur/ Nonne pluiti, divina gra-
ta klirati, majotet funt uno fi>lo adhuc perieli. tanK? Uode ergo hre injuriok lemeritss, prmlegia laiiquorum Sartftorum multcrrum in
ir* rituni levonre ? Ciaè i il Pafa aaa
ta rtfftri di aafart, a d’aaaaUar* cmm*
Nonobtlance la Ce»- atfiami, a {U atti
dt'fmai fanti Aattctffari , fiata
tta^trar il sarta, a‘l difaaara rlt'tfli fa alla li- ra mimaria . gaitaada a urta tutta tl lata
tdtfetta fairianaU. j/hj^amda ài Pafa
farla nalla ftta Balla d' aitami ddjiai
Aatrttffar$ , ma dita il nolìro An*
icce/lotc N. di Dia memotia? volen-
do (egujr le TeftigM del oofiro Ciaio Antecc/To- rtf Pttik!*dma^na*aaiuart i faadamemti fa/t
dagl' altri ì ideili Pafi, i gmah, ftr
la Dia gratta, fama arrivati ftUtamanta
u» Mrre, nam iuamamag- giar tradita, t^a
ama fata, il gnal ì mmtara im ft- rirala
dt far naafragiaì Damda maftt dmagaa tka
Jmaatantia vaala tan una uaaaritd ftifmaliufa rai- mavart i friviltgi aamtadmti da tanti Saati
Pamtt- fui Bamant t Paria nella BKdefima
TÌri . (c) Hoc anno (ttf4-) D'tniinut
Papa, dum, imut fnpra modum, vellrt oQa
Epi£:ofH Lincot- aicniis exua Ecclelìam
mojkere..... Juint taleni litenm fcribi
Domino Regi Angliz tranfinirren- dam;
fcieni quod ipr# Rex libentcr dcCrvirei in
ipfucDtMiprracri&è , fir fatila tbiditi il aa/lra Sta- rila fai, a futi fagina immamti , ila^rre tra
Do. mini Papi, de Rzgii redargutor
nuaifellui.)Seil no^ léqucnii appiruit
CI idem Epilcoput LtiiroU nieotU ,
pontiScaitbua redimiti» i ac voce icrri.
bili tpÉim Papam in ledo fìoe quiete quiekecu rem aggredUur, Se aAiiurt pungenv iplum in
la- teff iUu impetuofo cufpide bacuLi
fi» palloialit: Et «liait et: Simbnldo ,
Papa miièrriiM , propoTui. iUoe oda mea
extra E. mneni , 8c molclUin . J^d
. (e) Ftrfa il fina diU'anna iaj4> »
awdrjCew Matita Pari* nfcrua tha
lanatiatia, travaadafi uà fama di marie,
« vrdtada fugatri i faai f èrtati g iar Jiffa
t Quid piangiti! , milen I Nonne voe
otnnea divitrv relinquol quid ampliiia exigitia t id eli: faribf mai fiagaitt, a ftmfluiì ia vi
ta- ftia talli rtecbij tht vaia a di
fitti ( * ) J^l‘ ara di Cafa Canti ,
tama Xatatiatia III-, * Urigaria
IX- (/) Anno ix{p. aggravxvic manum
luam Do- minus Papa in ArchicoikopQm
Eboraccniètn , pif. fitqoc eum
ijnoiriinioie nimii in tota Anglu ex*
ronunurucari . Ipk lauwn Archiep. excmplo B. TiMuz Durtim, nec non B. RoIkiu Epilc.
Lin. colnienlis, fidelitata «rudkua , ^
lolatio csdcaa mirtendo minime
dclpeiDvit, oennem ppalem ry>
rannideiB piuenier lullinendo: t atta fagut dtfai Remili genuaSeUere Baal , & indignis
berbarii opi- ma beneficia Eccidìc lux,
quafi margaritai por. eia, imo rpurcia^
diHribueie . IbuUn , iero dichiararfì
affoluti Padroni in tutte le collazioni de' benefìzj per tut- to il mondo ; e levarG dal bifogno di trovar
Tempre modi , e arti , per tirare le
collazioni a Roma; e fece una Bolla la quale non con- chiude altro, l'alvo che la .rifcrvazionc de’
vacanti in Curia; dicendo che le
collazione di quelli per antica confuetudine è rìfervaca al Papa; e però ch'egli approva quella confuetudìitc, e
vuole che Aa olTcrvata : ma, per
conchiudere folo quello , intanto fa un proemio ipotetico , dicen- do: benché la plenaria dilpoAzione di tutti i
BeneAz) appartenga al PontcAce Romano,
Acchè non folo può conferirli quando vacano; ma
anche può, innanzi la vacanza, conceder ragione per acquillarli ;
nondi- meno lantica confuetudine più fpezialmenie
ha rifervati i vacanti in Cu- ria:
perlochè noi approviamo tal confuetudine. (^) Se il Papa avelTe fatto un editto conchiudente che la difpoAzione di
tutti i BeneAzj toccava a lui, il mondo
A làrebbe melTo in moto; e, cosi gli Ecdenaflici, cornei Principi, e gli altri Patroni Laici avrebbero
detto le loro ragioni/ ma que- lla
propoAzione meffa in una condizionale, fenza conchiufìone, pafsò fa- cilmente lenza che foflè avvertito quanto
imporiaCTe . Anzi due anni dopo, cioè
nel iz6$, fenza aver alcun rifpctto a quella Bolla, S.Lodo- vico. Re di Francia, vedendo che le
provvifioni fatte dalla Regina fua Madre
Reggente, mentre durò la fua minoriili, c TalTcnza in Terra (anta, non giovavano, per levar le confuAoni
introdotte nella materia bencAzia- le,
fece la fua celebre prammaticha, (*) dove comandò che ieChiefe Catte- Tomo Ih I dralt tri, 0 tinijMt P0tÌ0* dtf0t N« «enfi»
prartereon. dum qaod B. Hdmandus, Le^r
in TheologuO- XODiali , t ^ Arrhrrfr»V0
i* C»Mttrifty , et dire* re roofticeK i
O Servale» fWjfd rr* H rum* di
Artrvtfttx^ di /erlc , nutt/r ab hoc Ixotio tnnlinterabU| kao» vel làltem gravibut , St
in* Càperabilibut in muodo
tribnietionibiu impemits , He trucidami.
ì^itm »d & tifi. (4) In
anurt(sdi/.e amiu« fctipùtl'apz, esem.
I loRobeni Liocolnientif Epiùopi pntvo.uua» do- !M ioconlbUixliter quott
camraauifirmicertplum fttigarat , co
quod iacxpcrioi » de ltngu« AaglKa- nx igxan»
renate accepure» nane tulbentieoda, nane
tb iiedetìa eliminando , nuoc Craeem aa-
krendn, dee. U pnii't 0I ftu frtm> Umùfi’ ntttr dt f 0 rt 4 rgU ù Crtrt po.
teli de ^re mnrerre» Tcnim eium juj in ipTrt tnbuere vacatami colUrionem carnea
Bccldia. tum» dignittnim» de
beneficiontni » «pud Sedem ApotlolKim
vartunuin » ^cialiin cxterii antiqua
oon^uctudo Ronunii Poatititìbui rdervavu . itaque laudabilcm reputante* hojuftnoii
cojkòeta* diiieiii, de eam auclònuie
apoUolica approbanrei» ac niltilominiu
volentet ipkin innolabiter obkr. vari,
ead^ auAoritare ftaruimus ut beneficia qux
apod Sedem iptàm dcinccpi vacare conrigrnt ali. quia» OTxter Romanutn Pcimifi^m, coninre
ali- Oli . icu afiquibai , non prefunut
. Sarti Owrar. m.j. tu. dt praitBdit.
taf. a, (*) Si dmku» tmité tbt ^ut/ta
framxtatitx ffa di Sa» Ltd0vtt0, ma» m*
farUmda im eamta vtfitMt gli Sfrittari
r«reiM#r«»n : altra di tha »t» fi vaia
tkt il Pafa , il ^xalt Tignava alt», ra
, aUia avuta altn» dtffartrt ea» fati Ut ; il
tbt fariUi ttrtaaaatt» attadmta, fa da la» fafa vernata una tal ardatatiaat. diBamr- itìlUt tht la rigHta «al ttxafa dt tadbanr#
XI. / 66 TRATTATO DELLE jdrali aveflero reiezioni libere, e i
Monaderi fìmilmente, e che gli altri Ber
neiizj tutti folTcro dati lecondo la dilpolizione della legge, c non
potelTc eflèr levata alcuna impofìzione
dalla Corte Romana Topra i Benefìzi fenr
za confenfo fuo, e della Chiefa del Tuo Regno, (a) L’andata del Tanto
Re in Affrica contea i Mori; la Tua
morte, che TucceTTe nel iZ7o’, il biTo-
gno che la CaTa d’ Angiò ebbe del lavare Pontifìcio , per idabilire il
Tuo Regno in Napoli, e ricuperare quello
di Sicilia, e la Tacoltb che il Papa
concelTe al Re d' impor decime Torto pretedo della guerra di Terra Tan- ta, fecero che i Francefi facilmente
lafciarono racquidare alla Corte 1 '
idefla autorità', onde nel 1398. Bonifazio Vili. poTe la
Codituzione di Clemente nelle Decretali,
e fece che quello ch’era ipotetico, e in-
cidentemente detto, folle il principale: e, per darle maggior
autorità, la poTe fotta nome di Clemente,
lafciando in ambiguo. Te follé il quar-
to, o il terzo", onde adedb in alcuni cTemplari fi legge in
altri quario-, (*) perlochè all’ora fu
dato principio a creder queda prowjfizio-
ne, cioè, che la plenaria diTpofizione di tutti i Benefizi Ecdefiadici
ap particne al Papa ", il che
pretendefi intendere in TenTo non affatto perver- to, cioè, che il Papa abbia piena podedb, ma
regolata perb dalle leggi, p della
ragione, (f) Clemente V. indi a poco fece ceflàre ogni buona intelligenza , con dire che 11 Papa abbia non
fola piena podedb , ma anche libera
Topra tutti i benefizi S W 1 ^ liberà ì intende da’ Canonidi piente da ogni legge e ragione: ficchè egli
può, non odante la ragione , o
l’interelfe di qual fi voglia ChieTa, o particolar perlona, eziandio Padrone Laico, farne tutto quello che gii
piace. Queda propofizione con ogni
occafione fi pone nelle Bolle", e non è Canonida che non la palli per cliiara, anzi per articolo di fede,
dicendo che il Papa nella col- lazione
di qualfivoglia Benefìzio può concorrere coirOrdinario , e anche prevenirlo ", e , piacendagli cosi , dar
anche autoritli a chi gli piace di poter
fimilmente concorrere coll’Ordinario, e prevenirlo, ficcome hanno poi data queda facoltà a' Legati con
una Codituzione gene- rale, NelTu-
te» »» Uhth iutìieUt» t Dc&n(brium CoiKortlA* toruffi iiucr Seitm ApoflolKun , & R«^ni
tnn- cùr Ludovicum XI, tht Àu» th'***
■*** ^ di S. LnUviee , it ni psrli* i»
ttrmÌMi t Quod BUtsm etdem afcrioinir
fecill« pragnurKAio, |«r qutiR quuiun
juAi&cafe nituatur PraKiTutt- cim
per Scicaifi. Principem Ctroiiua Rc{[cni
(VII.) donÌAi aoflri Lttduvici genKorem «ditam, Ot per «(undcin dominum naliruin Liidovkuin
«• tboike aiiscr •bro^tMoi, nlhìl
prtxietit cis , tie« qui prodenè fi
tttendAnnir fingaU verbi ejufdeni
benfli iùb tenore bnjas aferipue libi Prtg*
punea bcani, & uoicuique faa
jurildidio lérvetur .... Item
prouMiioAca, MiUiionei, proTÌfiono, jlcdi*
fpofìtionea prxlaturaxujB , digaitatam , St alioruin ouoraowiUDque bencficiontoi « & OtlUiorum
fec- (Wiaftk.aTuu Regni ootlri ,
(écutidum ddpofitio- oetn , orduucioneis
, Oc determinadtiacm juria (ooifuUAu,
Sactorum Conci lionim ficclelùe Dei, ttqae
infittutonia anitquorum Sarklnnitn rarruot,
fieri ToJuatui, & ordinanu». Iretn eu^onct,& onera gravillìnu pccumarum per Cunam Roau> oam Ecdefiat regni noflri impollta , tei
impofirato quibu* eiitcrabiltcer regnutn
ooltrum depaupera- rum enitk; lìveeuam
un^toneiub», vel inipocven. da, ievtfi.
ast rolligi iwIIìucrui votiimut, nifi
dumtucac prò rationabili, pia, &ura[e.’uiflìma cau li*, il quale è con proibire ogni torta
d’alienazione*, cole per diame« tro
contraria a quello che la primitiva Chiela olfervava. Imperocché, febben le Chiefe, quando fu lecito per le
leggi de’Principi lacquiilare (labili,
ritenevano quelli eh’ erano donati, o lalciati*, era però in liber> del Velcovo non lolo di valerfì dell’
entrate, ma di vendere anche i fondi
fle(H , per fare le fpele necclTarie nel mantenere i Minillri , e i poveri*, (*) c anche di donare, (ccondo
l'efìgenza ■, e T autoritli di
difpenfatore concelTa al Velcovo non fi llendcva lolo (opra i frut> ai, come adelTo, ma anche (opra i fondi
llcin, e altri capitoli.' il che da
principio era amminillrato con fìncertt^ , lìcchè però non ne nafeevano inconvenienti*, e durò anche
lungamente nelle Chiefe po- vere*, dove,
per elTervi pochi beni, e i Vdcovt di non grande autoi* ritV ) non yi era materia di traigrellione :
ma nelle Chicle ricche , e grandi, dove
la riputazione dava ardire a* Velcovi di tentare quello che ad ogn’uno non larebbe (lato permeflb; e
l’abbondanza dava ma> teria di poter
vaicrfi di qualche parte ad arbitrio , i Velcovi comin- ciarono ad eccedere i termini della modedia ,
dal difpcnlarc pafTando al didìpare;
onde fu neceffario provvedervi; nè la provviGonc venne dagli Écclefìadici , ma da’ Secolari , in
pregiudizio de’ quali era : im* perocché
, diminuenJoG i beni pubblici della Chiela , non pativano t Cherìci, eh' erano i primi a cavare il loro
vitto, ma i poveri, che fella vano nell’
ultimo luogo. (*) Nelle principalilTimc
Chiefe, ch’erano Roma, e CoflantinopoU, la
provviGonc fu anche primieramente ncceG*aria; perloc he Leone Imperado- re con una fua legge del 470. (i) proibì
ogni-aliehazione alla Chiela di
Codantinopoli e nel 4S31. PrAfetto Pretorio del Re Odoa- ere in Ronta, (2) vacante la Sede di
Simplicio, con un Decreto fatto nella
Chiefa ordinò che non poteffero elTcr alienati i beni della Chiela llomana; il che da tre PonteGci Icguenti non
fu trovato Urano: (3) nel 502. Simmaco
Papa, effendo gili morto Odoacre, e Gnita ogni
fua potenza, congregò (4) un Concilio di tutta Italia, dove
propolc, come per grande ilravaganza,
che un Laico avelTc fatte Colticuzioni
nella Chiefa; e con affento del Concilio le dichiarò nulle: ma, per
non parer che ciò facelTe per vbler
feguire nel dilordine, fu nel Concilio
fatto decreto, che il Ponte Gce Romano, e gli altri MiniGrì di
quel- la Chiefa non potelTero alienare;
(5) Ipccifi cando che il decreto non
obbligalTe altra Chiefa, che la Romana lolamenre. 1 tempi feguenti moGrarono che vi era
bifogno della GcHa legge in ^utee le
Chiefe; perlochè AtutGagio Gele la legge di Leone a tutte le Chiefe
(•) ViJe C»n- 1 }. ac I®. C4jt* *»•
(*) Vidi Ititi r. $ 9. IO
Sl»tfi* i U Ufi* 14. Co 4 Sact«CiD{^.
£(Ueil»> tk'ì di Lttf*, • di
(») dio; iJ MuchÙTcHi. tmfmdrtnifé-
fi dtll' hmffTM , dtft mtmr mmm»tXJU0 Ortfi* , t imff» in j"i» AngmJhU , fm* , Ufti»
il pH i'Jmftrsdtrt, * fi fnt tbimpur*
JU di Ktau, Urna tamtiafft tù^, tMH Hb- ». dtlU fnm Sttfi* di Timtt. ( } ) F flirt IL * ftrtndp altri III.
Qtlafit I. « Jlnafiélit IL (4} ^ Jtivrm*. O) Qmtdt CiiHtmt > riftritt
dMGr*iMB*CsMf. t ». f w. ». Cm. ut»
M. Digitized by Google MATER. BENEFIC. 69 Chiefe foggette al Patriarca
Coilantinopolitano, (i) alle quali tutte
proibì il poter alienare. Ma Giuftiniano Imperadore nel 535. fece
una Coftituzione generale a tutte le
Chicle di Oriente, di Occidente, c di
Affrica, c anche a rutti ì luoghi pii, con proibizione che non
pote(Te> ro alienare ; eccettuato
Colo per nutrir poveri in cafo di fame RraordU
naria, e di rifeattar (2) prigioni, gli concelfe ralienazione, confórme air antico coRume del quale S.Ambrogio fa
menzione, che non lolo le polTenioni, ma
anche i vaA fi vendevano per quelle caufe. (4) La leg> ge di GiuRiniano fu olfervata ne* tempi
feguenti nell’Occidente, (3) li- no che
Roma rellò fotto l'Imperio Orientale; e vi fono molte pillole dì S. Gregorio che fanno menzione de' beni
alienati per rifeatto degli Schiavi,
Anzi da’tempi di Pdagio II. fino ad Adriano I. (4) per an* ^ ni 200. fu incredibile la fpefa che faceva la
Chiefa Romana , per ricomperarfi da’
longobardi, così acciò levalTero gli alfedj, come acciò non molefiafTero il Contado : e S. Gregorio
ne rende buon tefiimonio del fuo tempo.
Non aveva credito all’ora la dottrina che corre al pre- fente, che da’birogni comuni (5) fieno efenii
ì beni Ecdefiafiici ; an- zi tutto il
contrario, quelli erano ì primi ad elTere fpefi, innanzi che fi venifle a porre contribuzioni fopra le
cofe private. Nè meno fareb- be venuto
in penfiero di porre in controverfia lautorìt^ de’Principi nel fare le leggi, perchè, oltra la perpetua
olfervanza, vi era il lodo fon- damento,
che quelli erano beni delle Chiefe, cioè, del comune, e del- la congregazione de' Fedeli; (d) onde toccava
al Principe procurarne la confervazione
• Dappoiché fu fiabilito l’ Imperio in
Carlo Magno, reflando le leggi Romane
fenza autorità, tornò l’abufo; onde furono fatte diverfe proi- bizioni da diverfi Concilj, (7) in Francia
malfime, dove la dilfipazio- ne era
maggiore. (8) dappoiché ì Pontehei Romani aflunfcro piò parte nel governo dell’ altre Chiefe, vedendo
che la proibizione untver- iale faceva
poco efiètto, non mancando preteRi a’ Prelati , per eccet- tuare
17. Cod. de Sacro&oftù
Ecclcfiu . (t) la Unitila 7
.eaf.l. tir. l. telLi, Pro redemptione
Capeirumui. Jut S.Ttat’ maft , Se aliis
n«ceirir«cibus ptuperam , vaTa cuU nii
divino dieau duinhunrai', it AinWoiìu» di*
eie >• l. itf. mrr.7. m rtff. a 4 J. Vtde- Tur. itet iìGatiami JMn», r « Ramat
CardriM- U Rcgibut zquipirantuT )
duiimu* taliter mode- nndit, qood per
cnodenmen noftmm eftrcnatain riUum
beseiictoniia muintudmem refreneoMis ,
ipdque impeiramet tru^ dif^nrationutnhuiulino- di toulittr non AuArentur. btatuiv.uu
itaqueqaod obtinencet nunc ei di^nUtione
leginma plurali- tatem huiul'inodi
beaeheionim unum tantum ex bencEcna,
quibui cara imininet antnurum , culli
dinirite, vei beacEcìo line cura, quod h*-
bere nuluerint. poflìac licite rvtiurre: t mna (i«a dtf*. Qac omnia ScEngula beneEcia
vacam- ra. rei diiruUi, noArc, 3t Sedi Apoft.
dirpofino- m reCervaimu: inhibenen ne
quia, prcrer Ram. l>ontifieem , de
hu^finodi benefciii difponere , vel
circa illa per viam permiiutionit. vel alias .
innovare quoquomodo praduoiat. ZjcrraMg. tit. dt frtk. t*f. ZxtttMhHt, (t'i a fHsU immidiMtsmmtf gli fnettf*
- f]) Speculiter fiurdcgaleniem
Erclefuni . 8c Moniilrrm— Cni*.i>
Buidegalentìi , C>di. eie UnCìi
Henedidi Et generaliur Patria^ ctulea .
Archi^'^.tcopalei » Epilcopale^ Ecclefias .
MonaAeria, Priurttui nec non Cinonicicat , Prz- bendai. EcrIetUs nia cura, velgna cura. Se
aUa quziibet beoetìcia BcrleSalìica, qu«
apud Sedea ApoAolicim vacare a itoiaiur
ad prz^cu . & que toto aoliri
potniEranu tempore vacare conticerK in
Eirurum, pravitiofii, collationi , li difpofitio. ni nollrR , 8c Sedia c)urjem , lue vice
aucioriate Apollolica relèrviimui .
Extrsvtg. CummiB. 3. rù> df
f^éttmdit, mp 3> C 4 ) Adeo rcboi
oorìi fluduit . ditt U ?Uth M tuli» fu»
wtm, ut Se timpticea Epitcnpami bi«
iàruin diTitèric , ac dtvìfoi in unum rcdcgcrti . & Abbaiiw in Epikowruv, 8t Epifeopami
inAb* baciai vinflim mnihilenc. Novat
quoque digoi- tatet, nova collegii in
Eededìt cooiluuit, &c. tgU dìvtf*
gmtlU d$ T»Uf» i» rnifiw. rrgtmjUU M
Artivtferauté , t duuJpgli ftr l§
^»ttr$ Cirri eh’tgU fmtmh»v» d*ll» fu» ’>w»* U»9f»mSu», L»vu»r , fUtug , * Ltmii» . Gli uSrgiù aai-tadie Eumett. . tkt BmifuMà»
Vili. uvtv» mtft f»tt» NArhtnu, di
euìAUt , «S fwir- d$-Tt">itrt
divtmutr» fuffAtunù et» mw "utvu
ttezitut . Stmmifi Cuftrtt i»l nfetvtt» d'AUi^ S»i»tf»»r d»lU Cbir/ nrts U ^rnspiitm
dtlU ms, uuutftkt rht
ptrtUtmtltilpàttfsisrt il v*— ufism
dtlls mdfint n) nrts ts msmitrs , ftrtki
■M dttrrtUt fi mtm mtl fmt itlV enne. K
Paole nel iib.t. del uo CoocUio di Trcnte. Digitized by Google MATER. BENEFIC. 73 na; e tanto più per grave, quanto quella
opera è congiunta con fpe> ic di
Bolle, difpenl'c, c prefenti precedenti; che tutte levano il dana- ro, eh’ è il nervo delle forze, il quale non
torna mai, come fa per via dell’altre
mercanzie. Quando quella novicù fu
introdotta dal Pontefice, le perfone ordina-
rie non feppero vedere che differenza fofle tra quello pagamento ,
e quello che fu cosi biafimato ne’ tempi
in cui i Principi davano i Be- Hzj . Ma
gli uomini letterati in que’ primi renapi univerlalmente la dannavano come cofa fimoniaca . ( o ) In
progreflb di tempo alcuni iludiarono
modi di giuili6carla in maniera, che lì divifero ; altri ri- prendendola come cofa illegittima, fimoniaca
, e proibita dalle leg- gi divine , e
umane ; altri lodandola come cofa lecita , anzi ne- cclTaria, e debiu al PontcBce Romano;
pollando quelli innanzi li- no al
difendere che il Papa, non fulo polla dimandar un’annata, ma anche più , come quegli che c aflbluto
padrone eziandio di tutti 1 frutti , Bon
che d’ una parte .* e dicono che per qualunque contrat- to che il Papa faccia nella collazione de*
Benenzj, non può commet- tere limonia ;
e certamente, (^) fe egli folTe padrone, come dico- no , la confeguenza rollerebbe chiara ;
perchè ogni perfona può con- trattar il
filo in quella maniera che più le piace, fenza far torto ad alcuno : ma nè Dio, nò il mondo pare che vi
acconfentano . Quello Pontefice fU cosi
intento a cavar danari (fogni cofa, che in 20. an- ni di Pontiiicato congregò incredibile teforo
.* certo è che nello fpen- dcrc, c
donare non fu più riftretto , che i fuoi PrcdecelTori ; e pu- le lafciò alla Tua morte 25. milioni.
Racconta Giovanni Villano che ad un fuo
Fratello dal Collegio de’Cardinali dopo la morte del Papa fu dato carico d’inventariar il danaro, e che
trovò iS. milioni in monca coniata, e 7.
milioni in vali, e verghe da lui pefati . (1^
L'annata nella fua illituzione da Papa Giovanni XXII. non fi Re- fe , falvo che a’ Benefìzi che fì conferivano
, e pagavalt nella fpedi- zione (ielle
Bolle : cofa , che continuò Ano a quel tempo ; ma pò- feia fu anche impoRo obbliga di pagar 1 *
annata ogni quindici Tomo Ut IC a
pnj C«} Separ qiurlltum eft, diti md
frs» tiufulté, ui iure poffit eirip, Ac
l»c Icre Tiira- logarum eft opiiuo,
Junlque l*QncilicM Coatilca. THm,
Roimnum Poniiticcin irge (imonitet
bitiu, ut c«(erm Epiliopof, tencr^ fi prò Sicrit mimàeriis {KCriaum accipiat. Not. la »p. 1.
de Simon. Nam , pnrter ònon«t . tbf U
frimrifmU i iAtm fm mri . tpmt mfitna t
Tmmtff MtU'Mrunl» iht ha diati. A jMrftm
riftfimi ma MfimfMiri Mrrro m» Mitra, U ^umI i, tht l» Chitfa CslUtMMM mam ì miai
fiata firn MfnMvatM , «> fiù ifif*
mi"/"” dtritri tire» la
iU’kintfit.1 , fmanta da'fafi Traati^
fii t nt famta tifiimmiMin.a h talli di CltMunte IV. Ciemtnra V. a Giavanni XXII. rifirita
dall* Amtara, a eit iitvarajf dui dì
Cltmnta VII. ?«• fa d’AvknMM*. Sm
paffaaa, dk'cgH nella vita di Carle Vi.
ratimtarfi fnta fdifaa tutta t* rfati«'
ni, a la vMimia tht fi tamattuavana [afra ilcta- ra, J trantafn CardinaU d’Aìainmt nana
tanti TirMiuat • Sfalla avtvana fer
tutta Vraumratati eam natia ii*
abitativa , tha raffmxaaa tutti i hm^tU
fi* Claufirali, la Caumniide; ri-
ftuavana i mifliari far ù mtdtfimi , a vndavana gh altri, 0 gli mfatmvana. Cltmmta firfa ,
altre tha %'imfadranìva daile f^lu di
tutu i V^eavi , a di tutti gli Attuti
età luanvana, e fttndn.M iim' annata
dalla nudità da' tanafit) ad agni wu.
tMtjaui di Titalare, a futftdife ftr varauta , far nfegna, a far ftrmuta , .malmnava la
Chiifa CalUtama tan Urna guantità iufmua
d' tfinfiani, a di tanfi (traariinaria
. t«) l'rofiTcrea quod bcaeficia Onira
Iiujufnmdi «itipliue vacare noi»
fpenretur , 6c eainde CauK- ra, &
Oscilla Sedit Apoil. «lenuneAfum non
modicum MieteiKur . (*) Vam il
taf, 4. « $. de Aonam in de*
(rcrtl. (I ) Virfa 1470. (a) Jata^ fmaia, Mmata deirOrdima
dfirr- tienfa, uatiiia dalla iÙatifi àt
Pamirt, in Linama- data. tUtta utU’anna
1334. addì la Ditemfn. (i) Genmiu in
n'illrit dendenh, ut tlebni'us, ejand
per QQl\ra diligentix iludium ad cjui un>ii-
de klpnadenoTuin r^innna . alu
beneficia eccleiuàira viri sllumantur ubmei.
AoruiD, d( thclàurcriorum . . . . nane vacauiia, & in antea vacanira , nbicumquediSoiLcptot,
vclNuo. riot , leu leclom, aui
cheiàurariae , antec^uten ad Rncn.CuHam
redierint« leu venenoc, rebus eiimi
contipr’'i( ab hamanu. Nec non ouoriialibet prò quibuiiuincpic negorìit aJ Rom. Curiim
veuien* tiom, léa cTiam rcteJentìun ab
cadcm.fi in lo* cii a dida Curia ultra
d»as durus legulei non di&antibui,
cio^ in InagUi tha uam fitaa piiir diina
tuanagmaatalantam da Rane . jam |ir>i&n obierint. vel eu in antea tramite icuitigcrtr de hac lu.c .. . Nec
non enim Bituzione , che incomincia .* Paftoralis ^ la quale al prefente non fi trova*, ma di elTa fanno
menzione motti celebri Cano- nici : e
l’iBelTo è avvenuto di unte altre, per le quali farebbono pa- lefi gli abuiì, e le ufurpazioni*, come anche
dalle etolfe fu levato nu- lo CIÒ che
non favoriva la Corte : ma peggio rooftrano gl* Indici fpur- gatori ( 3 ) fatti da*Dotcorì, per accomowU
agrimereOt di Roma, pri- ma ai lafctarli
iilcire alla Campa. * Tom» II. acionua coliuorum , a toBfamdomm inp» Acram , Mine « flc in aneti vteamra , àiffofnom , provilìosi noftrs , dnaec
aiifera* tinan dtvìMt dcatntia noe
nnimiali* Eeckfic TtgMÙni prsAatre
emeeSatir , nfinvanus , acc. émnt$ >
irf mtfi di CesMje dtlFMUt (0) Qes
fnvh, atijae tneoleranda, féd imccC Cui*
arrooniin eicu&ca, criam in pace nuBiere,
étti T»eit« fitf. a. ria! : Vifttim «rane ftmfmtt Mm»
tiffima; e i benefiz; {b) fi vendevano alla libera, e A levavano di
ma- no degli Ordinar; quanto A
poteva. Sino a queAo tempo non A era
fcopcrta la Corte Romana aperta- mente,
che non fi miralfe ad altro, che al foldo : di tutte le cole che A facevano A rendeva la canfa eoa qualche
apparenza, o di provvede- re alle Chiefe
meglio che gli'-Ordinar; non facevano; ovvero di prov- veder di Benefizio qualche perlona
meritevole, (e) Ma Urbano VI. A
dichiarò, perchè s’ incromcctcflc nc' benefìzj, ordinando che non
valei- fe r impetrazione, le non era
fatta menzione del valore del benefi-
lào .* £ i 4 coTTÌgendum
occurrit, pagi donati, , au( addili),
cmendari poHc \ideaiur , fd Corre- dueei
tancndum curent> lilii Biinut, oninina de-
Iciciir. Df ttrriài»** Mtvfmm, f*r mrt-
nrt Mi «Mttinua egli, ftutttt, ft
ff/h i/t jiÀ ftt AMiM fiUmt»/* , t p»
, e da 70 . ««nirj» fit«t Jt
Sert/ttri Mn fi tri/vt- r* tuaM^
Jaitrum f»v*rn/»l* Mmtafitm rsU , rèi
l’b» Icvmt* i (t fi trtvrtb jia*
vart>*U />rr TfLtthfi^itA , rkrt' 0 n t 0 Tf^fis$ td i» f$mm» papmma ijir ttrH di
«m fvtr itira sUwté fimttfa. M Mi dam /«/. ti k pnftfftS*'** f***
tmirlinwltfWTyèma^ mmauà , 0 U
iimifd$tjm0 ; 0 elf fi AratnSUfà ;«//#
tkt «•;ar /»4 f 0 Ìttt* tirsMte», fi 0
lfi 4 mmt 0 thtrmmtM itiiualnu Rnrtfn di
SUU0. Expurgiod* (iiat propoiltiones quxUnc
, deluntur. Sm %»0fi0 {0idMmimt0 miti 0
triMcifi /wM tiraami, imfi'arcLì, ftr * T 0 ~ hgiéfi ibf firma, tmrri bm a 4 |(éa« «1 r/ 4
- fai * /rou dH> 0 at di Stait ««»
vi fmrtb- Ì0 fnr MB0 rht f0t0fi0
mamtamarfi i*' fimat Ì0iit*i*n*
dittiti. Onda F. fa0Ì0 ka tutta la
raii0U0 di dira ut ma Imait dtl libra ftfia dii [ma Cmtiiia dt Tftnta, ibi U Carta di Ramm niu
uà- wmaimm ftinta ftr imiafiardirt, a
futt- ti,Ì0 ftr far Jivntmr brfitt ilt
\J animi, tamtt ami- la di »fiV 4 rii
dilla (ffBittama tba lata imifi/aria ftr
dtjtadtrfi dalia fut mfmrfa t Mm, Cbt fmtiadarÀ
dmn^me , fa i mafin kUnfirati tt^muana a (af- friri tha fu ZccìaJUfim fraibJtttfU i bmami
Mrit il Drttata, ibi £a mafia U imi* dii
CameiUa di Tram/a da F- FaaU mal Catubga
rde'Zi^ri perdi// Mtl ibif, Ì 4 fir/a
svmta «a li^ x«/«i ma i /ri mvwdmti dii
tk^ma di frMttié hamaa detta ebeit fma
tala maa ara fitamda la frmata } t tba m» Bi-
bliatHétta davrtbbt mamlta tatandarfi i» matana di flint a malli amaaraduanaebt, frrfianda mm
iman farvigia alla Cyte di Hama , ma
ha fnfiéta «■ faf- fima a rjmtlla a» C*) PViif Nauticr. in Cfiroiricn, voi. %, gener. 46,61 Albert. Knukta. in Hin^.Suon. Ub-iu.
cap. 4. & ia Hill. Viiidal. lib. p. caf.6.& Gigum. li». f. capti, ilt CamUVl. (4> riverì ia Romano Pootifirani
alter. cit|o mali» itKotiimefs Ap>!t!ic«
debtri Komini cnniendunt. Ctaium. fed.g.
eaf.i- la Ca- ratavi- Vide Nie- de
C^uMngis de comipto bc- clclì/e flnu,
ctunÌ3/n otTereniìbu. «la. tentur.
^k^uc|er. ia Cliron. voLu gener.4p.anu.
IjSp. {t) Elli, diti Ctaaeata V.
in temporaliiun di. Ifolitionc bonorupi
hsbcaJa fit diIrreiicHi» caute- u,
precipue ut ea digne, 5 c iuuiabiliter dirpo*
nantuti in btclclUftivli tunen rebus BiuUofornu» iovigthre iiotìra debet intamio, ut
peHboi* rum conditionei de Aami, ad (ìm dequibes his fiisntpro- >ifum , T«J coAcefliim , aut minittucn
providerì , vct«s anaaitt valor» per
mare» argenn, aut iter» lingonini, vel
libra* taroncniìam parvocuin , (m
flonnoa «urf, ant ducara» vcl anicat aan , leu iliam monetam , fimindum communem
arlbmad^ oem exprinacor , nifi porfoos przdidc
beneficia , qiuB luoc obtinueriat i aut
in tjaibur» vel adquc fui eii compeiit»
juita ip&rum ohligarioiiei , aur
tbaa diniitrere teneanrur : atioqmn entir prs4i- tìjt film ullz. Jtfrfflt d* UrS«»a >
di- mm» CanttlUris , tdi !» dtU l» nifi» itUa Ca'*ttl{nta fadUttutt d* Imnoteniit V- Vulc RebuL ail Rubric. de
Ao- natii in ‘ConcsrJam, Se feitn. ad
caper Ad am- nt S. no. 4. barn de
Refiriptii . (t) Ci) fifa tanpMiUi fer
aiilìgar tbt 'MW rhanna * fmdtrt dtUt
frtvvi^ firn» firn tan dtilt ffènm, frr
apeararfi ad ttmé- fiM tatfttrat». Ch*
dirM* diMfw ag^i jutlSaik- t» Vtfnv» di
Tamr 'aai , il tfaaìa, tbitdtad» ad u»
fa» amin dtl danat», ftt taaiftrart dtl fmatia, a$a di tafrir la fa» Qkitfa , ali fcrivrva is
ama- jft uraUa* I Rogamuf, Se peiimus,
ui alit^id de bcaevoiU , ac benefica
liberaliate vellra Dgbsinnc* tiiU, quo
plumbuin euumur, nonRomanutn» litd AdcUcuiii
i quoniani Anglico pluu^ teguntur
Ecclefìz, mJimur Romano. Ztrjkan. Twmattafit ad Valdtmxfam, ( * ) le tatti i frnuipi Crifiiaai avtjfrra
fatta U fitffa, ftata iadart a dumjlrart
fartialitm far ama dilli farti, ^mifta frifam,
tha dm^ ria^attat* amai, nan avfMa a»aj
fatata darart tiaaaaata frttitaaa* ; im
f mik tU fw* fafi mtm /tfartÙaaa
afiiaati a Wrr £t\wiadm favata
»> atiU, lù aaan. Ciàfrhtdaaa pt u
kttfn tfett» tht kaan» fradatta la liittfa di
fttfPkU^ tht il Ri di ka faHluatt t*
mnt HuMCCBtiiu Papa Legarnm fiiamEn*
Ccopum CalnitfMn prò (ùoGdio Camerz.» Scae* dir CI poiellacMi^tMMoCmdi cam ClerìcU ad
be> neficia ninti , vai Bnerura, ad
dignitiiet , aot elTtcM» qux tniRut
tanonicehaberenc» aur fuifliant aJq^i ,
cum fructibua inde perrept». Enne ibi
ciitm Saltarne, & Bm'izDu ci, vocavjtque Io. pertror Icgatum, Se au Adde Paralipdincna
rentoi nemoè^ liuffl CtatoBìi Mylii an.
ti7f. Se Chxoaictui Gmv ( naiu Mtttu ao.
1 3S0. 78 TRATTATO DELLE gualche parte alla Camera : ma dovendo per
tal caufa ufeire molto danaro di
Germania, Carlo IV. Imperadore H oppole, e proibì letiraF zione , dicendo che bilo^nava riformare i coflnmi
del Clero, non le borie . Tutte queièe
confufìoni crebbero maggiormente quando fi ag*
giunte il terzo Papa nel I407. (1) al quale tebbene ì Trancefì
aderi> Tono , e rendettero
ubbidienza, nondimeno tennero fermo un editto
del Re (t) fatto Tre anni innanzi, (*) con cui proibivano le
rìferva* zioni, e altre dazioni della
Corte, Hnchò da un Concilio Generale legittimo
foITe provveduto. Non era il Re molto capace del gover- no, ma Lodovico Uuca d’ Orleans, che lo
governava, era autore di tutti gli
editti : perlochè, occiio quello, (3) fu facile a Papa Gio- vanni XXIII. racquiflar l’autoritìi di
conferire i Benebzj in Francia , dando
nominazione al Re, e alla Regina, e al Delfino, (4) e alla Cala di Borgogna per tutti i loro Servitori ;
valendoli poi egli del rimanente.* il
che U Corte conlervò fino alla mone dì quel Re; im- perocché Carlo VII. Tuo Figliuolo, che gli
fuccedecte , rinnovò gli editti,
(j) In Italia ancora furono fatte varie
provvifioni da diverfi Stati di-
verlamcme, le quali tutte tendevano a levare gii abufi. Teftifica BaU do, che fino i fiolognefi fecero provvifioni
benefiziali ; e in particola- re
ordinarono che non folTcro conferite, lalvo che a’ nativi di quella Città, e fuo Contado; nè i Papi erano molto
Rimati all' ora; anzi, clfcndo Giovanni
XXIlI. in Firenze colla iua Corte, nacque certo ui- lordine nella collazione di un Benefizio,
perlochè quella Repubblica lo privò
della podellk di conferir Benefizj nello Stato per cinque an» ni. (i)
In quelli tempi s' inventarono claufule ineflricabili da metter nelle Bolle , come mettendo difTerenja tra le
fupplichc lottukiriiie per cmcejfnm, e
quelle che fono lottofcritte ptr fita; ( 5 ) tra le (pCf (lite con cla^fot. Mmh proprio « e le altre
con cLnilula tmrtftrri , ( 6 ) Ù 1 1 ^ V. tUnt 4»* C 0 rÌi»Mfi, Cru- tmrt dtp'éUri dmtt (• «ir/» JtlU ftttrmuw
tht U CrMrt/>» di hi» irdim mÌ
ffrmfit di tr» fi»t» fmttM I» TrMmti»
. lt> ÌlQ»rdm»t dtTmr),
JkeM«nrtreI«, *a«v re roAtemporine i ,
/S Ètrri » a * 4 enfili», *
rUnivttfitk, rt» ftrmttttfftf*»
Jllrjf»»dr 0 , d4 fftrr f*rt m»ff !$rt tf»*j»»i f»il» Ckirf» TtéiKiff, I U fmpflK» »«* lU f» ftrtii dtir Vbìvìt/Ìi» éili'tPfMtr* r# f*T tmtt» l» dittsClHtl» , •Utr»ttT0 M»'
Mut» in /» iti fierue d«'i}. Afd» 14- ».
ed i ryVft/# nella CeafeTmta delie
ardtaatetmi lei. I. tu. f. pert. ».
fataf.i. (il rtorc.inni , proDter
uairiun akifitm • P*s ft loatmillBin in
ronwrerkio unirp Abb:nun &• um iB
eoninr ditione , privavcrunt loannem ZXIIL
Wpun , in «orun civitaie tuoi dn;Mtati. pur«. fiate rAn^erervdi beiveficia io enrom dnioM
fit» ulque ad oumquennium . fdeUaeui i»
aatii adSét maiat teaf»ltmm r«- fa mette fiat ut peiimr, ì , eàt fatila
teatrdam fempre fualdet fratta , e feae
feetefttitte dt marna prep'ta del Papa
cella prima Uttera dtl fa» aaata di
iatttfim» fra la fauhca , e le tlamfale i tad-
deve l'aitre ma» fame fettefeture , tkt dal metai/ha dtl Coocefiufi r«« fatfia fermata • CooceiTun
ue petitur in pecientia Damini noRri
nap« taUa pri- ma lettera dei fae aame ,
e del fna eefmeema fra la fapplua, e le
Àmafale ^ e CuAuffitn a late della
tlaafmU talir dae lettere raatiali ile' fmat aam • Vedi la rtfeia }*- di CeaeilUria , 16 ) ratte furfie rndrjri# rNW»ri«r#w fette
II Pentifitatr de Rea tfatte IX. Rapa di
Amm , e fetta faellt di Stmtdut* XtU.
Pa*» d' Avìfmaat. Pe«c* Digilized by
Google MATER. BENEFIC. 79 che (i migliore la condizione; dalle quali
invènzioni nafceva ch^ più Bolle erano
impetrate fopra T ìflefTo Benefìzio , e oltre alle maggiori annate pagate, nalccvano anche liti, che
bifognava poi trattare a Ro> ma con
benefìzio della Corte. Si aggiunfe il cofHtuir un’altro licigan* tC) fe uno moriva, acciò col Tuo 6ne non
foffe il fine della lite; ma dalla morte
di quello fi cavava un'altra annata, e la continuazione della lite, la qual anche moltiplicando,
furono trovate le claufuIe:S'>
fiiteri : Si neutri : Si nulli ; per le quali fi dava anche il Benefìzio
ad un terzo , durante pure la lite tra i
due primi : il che coftrinfe i Prin-
cipi, per levare le confufìoni, il difordine, e le liti tra i loro
fuddi- ti , a ripigliare nel foro
fecolare la cognizione del poflcflorio de* Bene- fizi.- cola, che, (ebbene legittima, era
fiata per connivenza de’Principi levata
da'Magifirati Secolari, e alTunta dal Foro Ecclefiafiico. (i) Dalle provvifioni eh’ erano fatte da qualche
Principe, per ritener il corfo delle
introduzioni nuove nella materia benefiziale ne’ loro Stati , pigliava la Corte occafione di trovarne
dell'aftre, xosi per fare gli fief- (i
eliciti lotto altri preiefii, come per moltiplicare modi dove poteva- no; e con quelli lupplire a quanto non fi
poteva lare, dove era gilt
provveduto. XL. « In
qucfti tempi fi trovarono le rifegnaziont , non le buone, e lode- voli, che quefte fono antichiflìme; ma cene
altre, delle quali il Mon- do al
prefente non fi loda. Non fu mai lecito a chi era pofio in U14 carico Ecclefiafiico di lafciarlo di propria
autorith; ed era ben conve- niente che
chi s’era dedicato ad un lervizio, e ne aveva ricevuta la mercede, ch’era il Benefizio, pcrlevcrafic
fervendo: nondimeno, (2) perche qualche
legittima caufa poteva occorrere, per la quale foffe nc- ceffàrio , o almeno utiliih pubblica , o
privata , che alcuno fe ne fpo- gliaflc,
fu introdotto per cofiume, che fi pocchc con autorith del Su- periore, (3) per qualche caufa legittima,
rinunziare.* e le caufe cheli
praticavano erano, fe per infermirh di mente, o di corpo, o
vecchiez- za, foffe fatto inabile; (4)
fe, per inimicizia d’uomini potenti nel
luogo, non poteflè fenza pericolo fare la refidenza . Quando la rinun- zia era ricevuu dal Vefeovo , il Benefizio
era tenuto per vacan- te. XIII. ditt Csrlt M Htlim ntUt fui «»»»• fmU'HUtl» fmtn l’émm» 1 40*. r»ntrm zmm* MIm
fil.a. Se (1 ) /I f0rlMmt»t»
difmrigi, tr»infari tt di Ctnfigliart
Gnriei , malto mlU dimutmxjom* drlf
aHtortti Àt'Qiuàui £rrfr^- Jfjrt . Icem
Junldidio tecnporali» per rpirimalem non
debet impediti 1 &, u contralìat, Curiaprc*
ìtni coDfuevit compellrre fpirìtaslem ad reato* vendum impedinicnn talia per captionem
Ttue temporaliram. Ita dinnm luit per
Arteilum Co« ri« in l’irlantento anni
i|tf. contra Epifcopuoi Khemenlnii prò
Capiralo di^EccleCs. Cup.apw pMuitl.
filli Cane farlsm. ( a ) Cari, fì nui
vero ■ (l'an. li quii preibf- ter. Se
Cau. E^ihrt>pani f. an. 1, Ctn. Cleticut
ai.qo.i.Can.Sannonun^o. dift. Et YvoUe. «or. ep. i » I .
(}) Vide rap. 4. estri de renannsrione.
( 4 ) Vide cap. io. extra de rcauntutioac . So
TRATTATO DELLE «€, (é) c 4 Collatore a
cui apparteneva, Io conferiva cogli ftcIG mo-
di, come fc fofle vacato per morte, S'imrodufTc in quefti tempi il ri* ounziare, non per alcuna caufa urgente, ma
folo ad effetto che il Be- nefìzio fofle
ccnferico ad uno nominato dal Rinunziante: (ò) e come a cofa nuova convenne anche dar nome nuovo, e
chiamarla : Rejignatio ad favorente
imperocché è fatta fòlo per favorir il Rifegnatario, accioc- ché abbia il Benefizio : c bcns'i in liberà
del Superiore ricever, 0 no, la
rinunzia/ ma non la può ricevere, fc non dando il Benefizio al no- minato.
Quello ,‘ febben fu un modo d’introdur fucceflìone ereditaria
ne’Bcnc- fizj, c perciò dannolo
alfOrdine Ecclefiallico, riufci utile alla Corte, in quanto più frequentemente fi conferiva il
Benefizio, e ella ne rice- veva maggiori
annate. L’avarizia, e gli altri affetti mondani infegna- rono anche a molti d'impetrare, e ricevere
Benefiz;, non con animo di perfeverar in
quelli , ma con penfiero di goderli finché nc orrcneffero di migliori, ovvero finche mettcflcro a fegno
qualche dilegno di matrimo- nio, o
d'altro genere di vita: o pur finché qualche fanciullo pcrvenil- fe all'etk, al quale ppi potcfTcro rinunziare
:coia, che dagli uomini pii non fu mai
Icuiata; e fi tiene per comune opinione, che chiunque ri- ceve un Benefizio con diiegno di rinunziarlo,
non pofla con buona co- feienza ricevere
i frutti : il che alcuni di più larga cofeienza non vo- gliono dire cos^ ecneralmenie di tutt^, ma di
quelli foli che lo fanno con diiegno
d'abbandonare l'Ordine Chericate . Per le rinunzie ad fa- wrem riulccndonc emolumenti a chi le riceve,
la Corte, acciò il frut- to fofle tutto
Igo, proibì a’Vefeovi di ricevere tali rinunzie, e rifer- fiò che il lolp Pontefice BLpmano le poieffe
fare (l). £ perché molti Benefiziarii,
quando fi fentivano vicini a morte, per tal via rifaceva- no un lucceflore, fu ordinato per regola di
Cancellerìa, che non va- iefle la
rinunzia fatta dal Beneficiato infermo a favore d’uno, le il ri- punziante non fopraviveva venti giorni dopo
preflato il conlenlo. (r) XLI, In quelli tempi pareva feemato il fonte
delle obblazioni de’ Fedeli : pa mentre
durò U guerra in Terra Santa, e durò per qualche anno, mentre
Zignooi, «cl quu> ie indignua rehttamio judjcs- VII, conatur altendcre, hoc fraterniraa nir
re* ^udeo, quia jullum eXl ui in
judicio, quod de K judietvit, permaneat
, 0c fpoaUm quam rrpu- diavit, rivcnie
iratre qui ei leeitime ipcardittaiia
eli, adultemc nonprztumu. YvoCarnot.ep.iri. .Vide cap. ). ettr. de renuntiat. (t) Bmlftmotu fulCamtmt jb, Apf*/Mi ,
di- ti thf avtnd» W*/« «»• Vtftrvt amu*
nftfna- rt il fmt l'rfttvat» ad ma fmt
amira , V di’ Vtftavi »am valli
aamu/iiri la /ma rifiraa , ^7 pafft
nadiifi i» latim» , U^maU(itama jUtafim
diri iffm di malia tanfidrratiami . Tu au>
tem dìcquod, etiamfi non ad Uun (i«oatum Ept- feopuj Epitcopanlm traormilèrii , iéd ad
aiteuum, idcmCTÌT • F.piicopM
enitnaSyRodii fiendecreium eft . Et ideo
ctiom vita fun^i lile urhia Phihppi Me.
iropoUtanui itujiùtuu ^ lìiz Metropoli iiib bar cop> diiiotic renoRtians, fi cju Occenoainin
nrtniPki* lippi Metropolitaouin prò ie
ipio iiiafta SyaodM comthiuerct , non
edeiaudinui Mtiadiiiquod, fi rciquai
polì cleàMnrin ea Ecelefi* «edinbiM acqeà*
rtt , non potrAdare, vel ed quo» volt tnnlinute* re, inulto m^uEpilVopanun. VideCan. ja. Cotte. Caribag.Se aj. Antioih.di Can. i,.
Cwt.y.qn.)* ( I ) ìteamda é Camami/h ,
am ifitadavi aditi, ehi il Vafa, tha
fifa efimtari dalla fimimia ■ Ve' di la
Ulàfa ai taf. 4. racra de pa^i, verbo iUt*
8c poAea inlra vinnti din, a die
per iptun reUfnamcm {n^vdandi (onknlut
cocnpoiandoa , de tptii infima laie
dcceflcTji , ac ipium beneficrain coolìrrarur per relìgoertoneiB fic fadam, coILmio hapifinodi
nulla fil , iplumque brnrficiuni per
obiiujn vacare ceo> firrtur. Vidi
Malia, ad hmnt tei. aa.h^ Digilized by
Googli MATER. BENEFIC. 8r mentre vi
fu fperanza, per quella caufa mole' oro perveniva all’Ordi- ne Ecclefiaftico; ma, perduta ogni fperanza,
fi fermarono le obblazio- ni ■' fu
nondimeno prclo efempio da quell’ opera , e fu introdotto il dar rindulgcnze, remilHoni, e conceflioni a
chi porgelTe, e conrribuillè per qualche
opera pia; c cotidianamente s’ idituivano nuove opere per ciafeuna Citch, per le quali era data
Indulgenza da Roma; partoren- do quello
molto frutto all’Ordine Chericale, e alla Corte, che ne par- tecipava ; e ciò tanto innanzi pafsò, che nel
1517- nacque in Germa- nia la novith che
ciafeuno fa . ( 1 ) Papa Pio V. all’etli noflra provvi- de con una codituzione, con cui annullò tutte
l’ Indulgenze concede colla claufula
delle mani adjutrici, (a) cioè, con obbligo d’ofierir da- nari ; cola che non ha ancora fermato il
corfo di queda raccolu- Im- perocché,
febbene le Indulgenze ora fi danno fenaa quella condizione, indimene nelle Chiefe fono mefie fuori le
cadette, e il popolo crede di non
ottener il perdono, fe non offerifee.
XLII. Ma tornando a quedi anni
della feifma, per quanto tocca all’acqui-
ftar di nuovo entrate, e beni dabili alle Chiefe, pareva che fède
af- fatto perduta la fperanza. Giò i
Monaci non avevano più credito di
fantith ; il fervore della milizia facra era non folo intiepidito , ma
edin- to; i Frati mendicanti, che tutti
furono idituiti dopo il 1200. perciò
avevano credito, perche s’erano Ipogliati adatto della podeflò d’;acqui- dar dabili, e avevano fatto voto di vivere di
fole oblazioni , e limo- fine ; onde
pareva che qui dovcilc icrmarfi l’aumento de’ bòli dabi- li : Iti però trovata una buona via , la
quale fu il concedere per pri- vilegio
della Sede Appodolica a' Frati mendicanti il poter acquidare dabili; il che per voto, e idituzione loto
era proibito. Molte per- fone loro
devote erano prontidime ad arricchirli; nè redava fe non il modo ; quello trovato , lubiio i Conventi de’
Mendicanti furono in Italia, in Spagna,
e in altri Regni, fatti in breve tempo affai comodi di dabili : lolo i Francefi s’oppolero alla
novità, dicendo che Cccome erano entrati
nel Regno con quelle idituzioni di povertà, conveniva che con quelle perfeveralfero : nè mai lino
al prelénte hanno vo- luto permettere
che at^uidino; ( 3 ) dove in alcuni altri luoghi gli acquilli loro fono dati affai notabili ,
madime ne’ tempi dello Ici- fma; quando
tutto il rimandate dell’ Ordine Chericale era in poco credito.
Tomt II. L Fu le- iì") Li
frifmd ZMtm. (») Omne* fc Tinnlai
induT^ntiu, «tiamrer- ftniM
qu>HranufM Ko«um« Pootibc* noAm, *c
«um mm, fiib cHBMde tenoribui, tc
Satmis, ac cum cUuiuIii, tt decrtfU, ac
ex ^mbaTm mia or. {cnnOimia canfii,
ctiaiR caufa radoi^ionis capti, xerem,
0c alùa qimnoiiolibct coaceflaai prò qui.
bai coofaqutadit laac purrigendu sdfmtri. ttt. Oc quu quftuadi facatrarem qunmode
libet coatiftcm.... auAarktit apoAoIka ,
teoert pr». fauiium, ptrpcao rwocaimu ,
eairooos , irUTsinas, 6c aanulbuRM, ae
vtribaa facaàRHH. VII. Dtrt- rif.
tf. C|) fsrummtt di Parigi, Ì 4 ÌU fma St0ri* dei Ctntilié dì Tmu » ,
um previTM il dterH0 eh* jtrmttit
MgCOrdini mnUh. tmati di f*S*dwr h*m
/fmhtU , diend* eh * , tftmd* pmi futi
il/ netymti 1» Trsnei* t*m mm'i/k- ime»
etmrmtit, wu trm etfm gimfl* iln**-
^trU »l*rim*»t*i * td« ^mlU trm mnmntfitii* U Ctrl» di Btmm, per tirmrt m li i hni
dt’fm» Urti im pi r t e ehì fmtilm Ctrtt
Imftim primtrmmiemtt mt^Mìfimr trtdu»
«'frati raa fur/a vtit /f**^t di
ftvrrtà, ^ li fà tnfdtrmr* emme ftrftni ebt
Ma hm»m» «iru* ÌMttrtS», » fmMmt tmit» per rudi t fri, fa wd * fi ftwt ftmhiUii n
etmtttt , tUm li mifimfm imi Itrt vttt ,
per dtr Urt U mt~ dt d'mrrieet^fi. Vedi
U Cmifernim deil* trdtnit^ Miti W. t.
tif.j. pmrt.t. pmrmg.f. 8x TRATTATO
DELLE Fu levato lo fcifma nel Coacilio
di Coflanza, avendo uno de* Papi
rinunziato, (i) ed eifendo (lati gli altri due (a) privati; e nel
1417* fu eletto in Concilio Martino V.
(j) Speravano tutti che dal Conci* lio,
e dal Papa fofle polla regola a tanti difordini della materia be* nehziale ; e di fatto il Concilio propofe al
Papa gli articoli da rifor- mar le
riferve, annate, grazie, afpetrative, commende, e collazioni : ma ddìderando il nuovo Papa, e la Corte (4)
di tornar a cala; ed eifendo anche rutti
i Padri del Concilio Aanchi, per la lungha a 0 en* za dalle cafe loro, fu facilmente rimelTo il
trattar materia cosi ardua, e che
ricercava tanto tempo, al futuro Concilio , ch’era intimato per celebrarfi in Pavia cinque anni dopo : il che
molfe i Francefi a non voler alpettare
nuovo Concilio; onde fu per arredo del Parlamento or- dinato che non fi predaife ubbidienza al
Papa, fe prima non fofle in- timato, e
accettato da lui Teditto regio, (5) che Jevava le riicrvazio- ni, e ledrazioni de* danari / perlochc,
avendo Martino mandato Nun- zio, per dar
conto al Re della lua elezione, rilpole il Re che l’avreb- be accettato con condizione che i Beneflzj
elettivi fofsero conferiti per elezione,
e le riferve, e afpertative levate. Il Papa fi contentò per all’ora; ma nel 1422», acquidati alcuni
deirUniverfitlt a fuo favore , tentò di
far ricevere le rilervazioni con tutto ciò non potè ottener rintcnto; anzi fu proceduto contra i luoi
fautori con prigione, (d) 11 Pontehee
mite l’ interdetto in LionC, e il Parlamento ordinò che noti folse Icrvato; (7) e durò la contela
fino al 1424- quando il Re fi compofe
col Papa, che Sua Samii^ avelTe per legittime le collazio- ni fatte fino all'ora, e per l’avvenire
foflfero accettati tutti i iuoi co-
mandamenti: ma il Proccuratore , e Avvocato Generale con molti Si- gnori fi oppofero airefecuzione; e
rapprelentato al Re il danno dei Regno,
fecero andar in fumo l’accordo fatto col Re*
In quedo mentre fi fece il Concilio di Pavia, (8) il quale, appena principiato, fu trasferito a Siena, (p) e
fpedito con gran celerità ; (10) non
eifendo data in elfo trattata cofa di momento, ma iolo da- ta jperanza che nel Concilio da celebrarfi
indi a fette anni in Bafi- lea lì
farebbe riformato il tutto : nel line de'quali lette anni mori Martino , e lègul nel Pontificato Eugenio IV.
(11) lotto il quale nel Concilio
^filenfe J431. fu (12) fatta la provvifìone tanto ne* ceflaria , e tanto defìderau a* difordini
della materia benefiziale : fu-
rono (1) CittMUiì XXIII. Jgf*
tjfrr fili*, $ def* ijfrtii fi*t»
ftttmiuta fjT (») Crum* Xll> •
Btntd*tt*^f^h l}) 0/r«M CéUmm^ ert*t*
éUS.M**’ tm*i • tntii fftf* fm*l
a«mi- ( 4 ) t'I * l» f"* CM* tfit
é lm n t* t*- tk» M Ctluilt* f' m awi/f
t 0 ft , * m*m Itiftgrtii im*
dimuHAia»»* U. Il fm tkimf* *idi la.
Afttlt dtlV *•• w l4i>. 4 wr àmtM*
irt sm* * miM.9*. O) D*l ttrmà d*Uj.
Wfdi UC*m- ftnkt* étti* OrdiMSM**mi j (« ) // JU/rtr* dtU’ V»rvrrJj/4t ,
4)1. Digitized by Google MATER. BENEFIC. 8 3 rono proibite le rifervazioni, eccetto de'
vacanti in Curia*, furono an* che
proibite iafpettaiive, le annate, e tutte l'altre efaziont della Cor> te. 11 Pontefice, vedendo che gli fi
riUringevano la podell^, e le ric-
chezze, non potè fopportarc; fi oppoiè al Concilio. Tentò prima di
tra- sferirlo altrove, in luogo dove
potefTc maneggiare i Prelati: (i) il
che, ripugnando e(Ti, non gli potò riufeire, e palTarono molte contefe tra il Papa, c il Concilio; alle quali alla
giornata gli uomini pii, in-
rerponendofi, trovarono temperamento: finalmente cITcndo il
O)ncilio rilòluto di provvedere
airellcrfioni de’ danari, e il Papa di confervarc Tautoriik, e comoditi fua, vennero a rottura
irreconciliabile. Il Pa- pa ( 2 )
annullò il Concilio; e il Concilio privò il Papa, e n* elelTe un’altro*, (3) onde nacque feifma nella
Chiefa. Fu accettato quel Concilio in
Francia, e in Germania*, e nel 143^. fu pubblicata in Francia la prammatica tanto famofa, (4) per cui
fi refiituirono reie- zioni a’ Capitoli,
e le collazioni agli Ordinar) *, e fi proibirono le ri- fervaziont come nel Concilio Baftlienfe. XLIV,
In Italia quel Concilio non fu ricevuto, e tutti aderirono al
Papa., onde le rifervazioni prefero
piede : anzi ciafeun Pontefice le rinnova
lenza difficoltk, e introduce ancora nuovi aggravj nella collazione
be- nefiziale*, nefiun de’ quali mai fi
modera, fe non quando fi trova modo di
fare lo (le 0 b effetto per via piò facile . IntrodulTero Giu- lio II., e Leon X. le rifervazioni mentali,
che cos\ le chiamavano, e con un altro
nome , rifervazioni in pecore *, ( 5 ) le quali non fi pubblicavano come le altre., nè fi
facevano : fe non che , vacan- do un
Benefizio, fe T Ordinario lo conferiva, o alcuno andava per impetrarlo , rifpondeva il Datario che il Papa
l’aveva in fua men- te rtfervato : modo
, che { 6 ) durò qualche anno , ma poi fi di-
fusò, (7) perchè tornava incomodo anche alla medefima Corre di Roma. ( 8 J Gli altri modi pa(Tar«no tutti in
eccenb *, imperocché circa le
rilegnaziont in favorem gik introdotte , e praticate , s* ag- giunfe il rifegnare folo il titolo del Benefìzio,
rifervando a sé tuct* Tomo li. La i
frutti Ut» vi fu m»i, dice MeiCrjy
, tM ftrfttf fr» imi, ! i fmdu di putita
Smnt* AjtmèUMi imftrmtrki , ft d*i Un
tmmtt i fmdti ftttr$ ftmferr» tét
vltvsm» f*r frtm* stU fm* mmtmtà,
ft/hntmd$ hrnmtMtt pttirémtttm Is , tht
1/ C*mciUt e ti { tfU ^rimtmtt »
Ritmai*, ftr farfi Frtmua, td abbamdn^
fmtt il fm» trema, ftr tffer f»f* •
f" aitila mill'aan» 1 43^ « rua-
maftimra dalia framtia, dall' Aitmaarma a dalia jiMQwr farle deli'Oftidemii fi»» aita
maiitd’£m> Siate ( dafa la ifmale
efemde/S nvaiti i friatìfi dal- la farle
di SuiaU V. , fm aUligat» fané tea
frirkiere, fané tan mimane ad attaafemiiri mila rtmmtaae della Cbiefa, tiamaajaad» al
Pamtifiiaief li tht feti nel 1447. nel
Centiii» tb' ili tf^tjfameaie
iratferita da BaSlaa alamfama aag'i
Svttjari, IXifa da ibe i Padri lanfermaraa» l'eia- AtMf di HiteaU fatta dma anni utaamii a
Rea» da'Cardtaali dal fartit* iT Smseait
Amedea , eh» aveva fref» il marne di
Feiin V. f4) Mexerty U cbiaau tl rifar»
dalla Cbiefa Gallitama . (O Ciri ternate i* futa. (tf) Giavaaai Smarei., Veftava di Cambra
ha fartiallt, fartamd» mel Camelli» di
Tremi» mtaraa alla rifirve mentali , U
tbiamb fmrn \ a dift tba fattUe fiata
mnlta lafnart al Fafa U eaJlatiana di
tatti i btaifiti, ì» vaeedi faffartart eb'ishdif- fe fatta ad mm ftmfirr» mtm rammairala, maa
fai- Hirai» , a fatava fimfiaamte
eredarfi aaa ejfrr ve- anta al Taf a, fa
aa» defa la fmetefa vmeaata . faaU fiar.
dtl Carne, iti. t. tri La riferva fkrtat
frtibit» dal CtaeiUt di Trtat». Caf.t^
Itila Rifatma . feff'.%4, . {t) La
faale davava faffartart egmttlara» eaa-
irarietà, U effafiaitm dalla farle ae’CalUtari erdiaai ) .
84 TRATTATO DELLE ì frutti
d’efTo; il che in eHIicnza non era altro, fé non reflar padrone del Benefizio appunto come prima che folTe
rinunziato, ma colìituen' dofi loio un
lucceiFore, il quale folTe ben in nome di titolare innanzi la morte del riminziante, ma in fatti non
avdfe ragione alcun^.- c ao ciò il nuovo
liiolare, volendo raccoglier egli i frutti, e aflfegnarli al Kinunziantc, non fi potdfe far padrone di
qualche colà, fu aggiunto anche che a!
Rinunziante non iole fo/Tero niervati tutti i frutti, ma ancora egli porelTc efìgerli con propria
autorità. Non reOava al Rile- gnante
altro che lo facelTe diHcrcnte dal total padrone, le non che, le il Titolare folTc morto prima di lui, egli
beni! relbva con tutti i frutti del
Benefizio, ma non poteva più crearli un fuccclTorc; c il ti- tolo poteva elTer dal Collatore dato a chi
piaceva a lui che dopo la morte del
Rinunziante folfc liicceduto. Non mancò alla Corte ottimo rimedio anche per quello, il quale fu il
regreflb. (i) XLV» Ne’ tempi primi della Chiefa era un fanto,
e lodevol ufo, che chi era ordinato ad
una Chicla , mai in lua vita non iat eiava il carico , per aver Benefizio di maggior rendita, o di
maggior {a) onore : pa- reva a cialcuno
aOai fare T uffizio fuo al meglio .* per ncccfUt^ alle volte il Superiore, che non aveva periona
atta a qualche gran carico, ne pigliava
una occupata in altro minore, (*) e per ubbidienza U tra- sferiva al maggiore: cola che poi fu per
maggior comodo, ovvero uti- le,
ricercata da alcuni; onde la traslazione (a) inufitata fi fece ufita- tijfima: e tanta era la follecitudine di
ciaicuno di crelcer in grado, che IpefTe
volte, lafciato il pofleduto, e impetratone un altro, riufccn- / .. do r impetrazione viziola, rdlava
privato d'ambidue ; il che cflèndo in-
conveniente, l’ufo ottenne che, fc rimpctrazioue del fecondo luogo non poteva aver ritornafl'c lenza altro al
primo; (/») c quello fi chiamava
regrefio. À TTriUTitudlnc d1ci6tu inventato di
conceder al Rifegname una facoltà, che qualunque volta il
Riiegnata- rio morilTe, o rinunziaflè il
titolo, egli poieffe lenza altro riiornar al
benefizio rilegnato, e con propria automi prender di nuovo la pofTcf- fione, e farlo luo, come le mai favcirc
rinunziato : e quando anche non avefic
ricevuta la pofTcffione priiiia deda rinunzia, (nei qual calo il regrcHo non può aver luogo ) potefle per
accclTo , c ingrelTo ( 3 ) prender la
poflcllionc fimilmeiuc di propria autorità, lenza altro mini- llero
H) Intclkitmut, C.Caaonioo retereiK* , ouoj tuoi tpiè L
n (MilTeDt Eccldùiltta bcncEcù pernuj» r , ut taoieo lii»p>icniti ve.tu tnbiunif ,
mandanuii a uaiciiu) coaUueiu prxiavium
O. uUier ‘uilfe eicf^unit amotu a
prtebeiula Tua crtnLingUineo ipliua L.
vei qoijlibet alto illicito deientore, e-in
ledicui &CUU1 eiticin. Cip. >. ulta de tctiun perimit.
(j) Cit^, eiur allei a. IcJ oicbie & propria^ ut ncc iJ* p-ò che, quando fi faceffe che il Coadiutore
anche fuccedef* fc, ne nalccrebbc
maggior bene: prima egli farebbe più diligente, ma* neggiando cola che doveva cfTcr fua; gli
altri ramerebbero, e ripute- rebbero più
come proprio, che come alieno; onde fi fece il Coadiu- tore con futura fucceffione : cofa eh’ ebbe difenfori,
c oppugnatori. Si oppugnava con dire che
ogni fuccelfione nel Benefìzio Écclefiallico è
dannabile; porge occafione di proccurar, o defìderar la morte altrui. Si difendeva col celebre efempio di S.
Agoflino, che da Valerio, fuo
antecefsore , fu fatto Coadiutore con futura fucceffione: il qual
efempio non ferve troppo bene, perchè S.
Agoliino flefso poi lo biafimò, e non
volle imitarlo; e non fi vergognò di dire che da lui, e
dall’Antecefsorc ciò fu fatto per
ignoranza. (^) Ma i tempi, de’ quali parliamo, non folo davano i Coadiutori con futura
fucceffione a’ Prelati, z altri che
tengono amminiflrazionc; ma ancora ne’ Benefizi fempHci, dove non vi è a chi ajutarfi, in maniera che il Coadiutore
reila col puro nome , e non vi e di
reale, fe non la futura fucceffione; ch'è la cola cosi abborrira da’ Canoni . ( Dsl Cémntit, C*uf.T- U > H /r/jfw Vtf{» r fi tirdt tki CÀtdiMttfi m*M *r*i*«, ft ptrfém*
fiiftndiMtt, ttucr Ac Coc(4fro||'ut
Joinnei. ab hoc, nt oectflkrù cumpeccaii
«lirponeiuc IÌKÌinJuufuut ..... vien«iue
prclenti vobtt juiTioflc prsi ipimut Uf,
lervsn priuxi in loco KpttVopo mcBiutato re>
voren» , quieti w» convenit inculpibilucr cobi, bere, prbext» obcJientum ConlLtufo
coDipccen* tnn, in nullo dif)«fitionti)ui
ejua rpiritu conni* nuci rrfulianteii
immo commenti vq;ihtiti« ve* ihr (luJio
c(uie prò EcclclMllifa utilitste gerencU
Conflitumt- otonueric adimplenin i ut , hit iia dirprrntia, At etm/ttttm vt^ìJ JfiftudÌA
minifirtnimr. Ac qujtcuinque in
pixfaccfectdùe patruuonio, vel Si
ufa- de rebus ad cani perrinenrtbut
repeten.:» tunc ne* celTari* conipleaniur
. i fermtifiMJM quMleht vtllq s'
Vtfltvt. di dlflt»»ri fHtfli C*»- tmiér*
ftt Ut» fqutfftriì t. ntlPHlMìtt flA
^tAXiA n* AfutTA TértfitmA, Vidi tl \T.
O.Ce»/.?. I. S.Vé»Un» dkt Ut ttrmini
ftrptaVt, firn fon» di C*Ad)mt»ris rr» aSat
firandinat»* i Noa auiein, da t»!i,
ranmiu line icribitnm gra* tdbndvm ,
quod Epircnpatiim Augudinut acce* per»,
(èJ qiod Kanc Dei turato uirruerìt Afri-
caiiT rrcleuc, ut verbe teleilu AiguRjni ore perciperenc, qui ad wiJortQi Ocunìniei
muiient gramin ntvt mtrt pro«ftu*, ita
ronfecracos eJ>, uc non futeedem in
Cacbeiri Ei'ilc'ipo^ léd ac* téderrc.
Nam incolumi Valerio Hipponedit Ec-
rtefìr Coepitcoput Auguìhnus cA.ep.s7. num. a. Ae Cin. t so. r. qu. 1 . 86 TRATTATO DELLE Si tifava in quelli tempi da qualunque
Benefiziano , che voleva farfi un
fuccelTore indifferentemente, fecondo il divcrfo gullo, o fare un Coadiutore con futura (ucccifione, o rilegnar
in favore di quello, ri- fervandoli i
frutti , e con regreffo : ma peri quello era rifervato al fo- to Pontefice, e per neffuna maniera conceffo
ad altri Collatori. In Germania il
Concilio di Bafilea fu da alcun ricevuto, e da altri no; e per ciò diverfamente erano intefe le
caule benefiziali. Per prov- vedere alle
diverlitk, e diffenfioni, nel 1448. fu concordato tra Nicco- lò V. e Federigo Imperadore in quella guila :
(i) che i benefizj va- canti in Curia
foffero rilervati al Papa, e nel rimanente degli eletti- vi fi procedeffe per elezione quanto a gli
altri i vacanti, in lei me- fi foffero
del Papa, negli altri lei foffero dillribuiti dagli ordinar] Col- latori; aggiunto anche, che, fe il Papa non
aveffe in termine di tre inefi conferiti
gli fpettanti a sè, ne cadeffe(z) la collazione negli Or- dinar]. Non fu per tutta Germania ricevuto il
concordato; e alcune Diocefi fino dal
1518. fervano il Concilio Balìlienfe, che annulla tut- te le riferve . Ma in prc^reffo di tempo
anche chi ricevette il concor- dato nel
principio, reltò poi d'offervarlo, e G difendeva, dicendo che il concordato non fu ricevuto generalmente,
ed ha perduto il vigore per la
diffuetudine in maniera, che (non trattiamo di quelle Citth do- ve i Velcovi, e i Capitoli fi fono divifi
dalla Chiefa Romana) anche nelle Chicle,
che rellano l'otto l’ubbidienza, poco, o niente era olTer- vato. Clemente VII. nel 1534- fece una leverà
Bolla,- ma ebbe poco effetto : un’altra
ne fece Gregorio Vili, nel fenza miglior fuc-
ceffo. E»m» y» ,ffj afart, » far/ai d» gt.'efi* tr»/r,
fiver» jta aaert, ,n iaefki d,fi*au feiameif'
dm puaate àt tammiae , e\i
f^ij?dtti»i»lala re mette f at» f.^e ti
huge delia tén étdì^^^ tauame f t
fartmm* tatii i Seiufiai firmari, •
gelati, thè ufedatfamte^temf» delia Irte f rum ae ifmelii ebt tem ftema^ alte dignità
ta- I narrali, Artiefìfti^U , ed
£fiftofali et» varan fi, > tilt
vae^rénat per i* 4 Vtr»*er«. Utile
ciiefe ìdetr^alitaat, e CattrdraU , aia feetette
èm me diat umn it alla Sede Appidthea , i
Mftdeaa/hri ebt vi f»»a imnt.haiameate fe^tut , i' eUtitai fi faranae Uitrameste , e fai
feraitanpet' tate alla dell» sede , eUe
Uiea^iemer», fe fataant i»itaicit. £ et'
àù^jteri tif ,ie» fine lev»»-
diatameaie faggettì, ed altri Benifia.] ngrUri, ftt h guai* nam fi fati! ruarrtre alla faataSede,
gli Utili aa» /branma aUligati avtmra a
Raau perita lrra.tamftrmat.iana, a
prev9tfiame\ aUrp ditpigiiii' fii
lentjin ma» laderanni futa tafptuatne , nè»
hinfit.f dilla Uanaebe mam efeati fati* l» difpafium ma éa» Umfm « Qgaata arti ahrilantfit.) feealari,
arnatarinaa eamprefi niile uftrve effriffi
di fefra , ma* im- ptdirtau eh*
hitramemii aaa nt fi» Caliatati
ardinarl, fmaada vailùraiiHa ae'mtfi a»
febbrai», ^rile, Gimgae, Agafia , Qet^rt, at>t- timbri, t m*(i di Gaamapa, Mara.», idaeei»,
Lm» gtu, btiitmbii, e Nnembre, faraana
rifttbaii al fapa ; ma fe fmteedarà tba
i aim^ai , eba vatbm raaa» f» ^mefii
mefi , man fiea» fiati tamfenti dal Vapa
mi‘i**m*fi , eamiaeiaada dal giama della va^
r«u« fepma atl larga del itaefitua, U CallaKÌa- ai niaraarà , a ad igni altra al fma- le fprttird la difpt'fieiomt . Ma awd» gaefia ahima lameifìaitt aperta
Fa- dna a malte Ini tbe aafervama di
giara» im gur- a» fra fatili elee UVapa
avena ueirntdiuiimaaa- et tl termnae
ffirata di tre mefi, e ameilitbeav»’
vaa» alienata la tallagdaae dagUOrdiaarf, ipim* U teaftrivaaa i bi»rjfz.t dal gura» im tm
fpirava- aa 1 tre uefi, per ^r«vritir«
leprattvifieaitìeeelP*' pa pattfie aver
fatte verfa 1 / fiat del termaan Or^
garie X(ll. fiee ama fiali» m data del prema di Ha vtm br* ij/6. tea tm iuftiarì eie ìd
Camtefie- me di Papa Pftttal» V. aaa
dava altmm Imàgf Oreiear), «> agli
altri Cellatari di difparrt forati i tre
mefi de' beaefiat ama vetta teweprep
fette fmefià brttifa teneijiami ( m» attriti thè fn V awtnaire gutUì, tbe il Papa avrà
prevnednti di tfnrfit benefi».}, faranm»
ttnmti a a fifaifitatelm lira
impetranene a'CelLiteri atti» fpazia di tre
mefi, fimianaada dal riama dtllav*eamKa fepnt» nr! h"« dtl lr-'f%ìT , o n p^nil.ttrln
im fuiiffi / Digitized by f ■> MATER. BENEFIC. 87 cefib. Nella Dieta di Ratisbona de! 1 ^ 94 .
il Cardinal Madruedo, fi) Legato di Papa
Clemente Vili, fece gran querimonie per nome del Papa fopra di quello; nè apparve frutto. Al
prefentc rella ridcfsa va- rietà 9 e
confuftone. La Corte Romana non ba^ le non due rimedj .* uno per mezzo delie ConfelTioni de’Gefuiti, i
quali operano per ter* mine di cofeienza
che i Benefiziar) provveduti da gli Ordinar) lì con- tentino di pigliare le Bolle da Roma; e
alcuni lo fanno: l'altro rime- dio ufato
dalla; Corte, ma ne’Benefiz) importanti, e con perfone in parte dipendenti da loro, è, che, fatta una
eiezione , o collazione cen- tra il
concordato, la Corte l’ annulla, ma conferifee poi elìà il Benefi- zio alla llcfia perfona : rimedio in altre
occalioni ancora gi^ molto ulato; non
perchè giovi neiriHelTo tempo; ma perchè, fervando quel- le Scritture, le ne vagliene poi a’tempi
feguenti, per mollrare che avelTcro
ubbidienza, come tante altre Decretali, che non ebbero effet- to: lono però ne’ Libri Decfetali per lo
ftelTo difegno. XLVII. In Francia la prammatica > ebbe rigidi
combatrimgpti da Pio IL, (2) acquali
s’oppolero collantemente il Clero Francele, c rUnivcrfii^ di Pa- rigi ; perlochè il Papa fi voltò al Re Luigi
XI,, e gli mollrò comò era dildicevole a
lui che nel Tuo Regno fi lervalfero i Decreti del Conci- lio Bafilienie, contra il quale egli, eflendo
primogenito regio, (*) c partito dal
Padre per dilgulli, andò con arme, ricevuti danari da Pa- pa Eugenio IV. per dillurbar il Concilio:
alle quali ragioni il Re Lui- gi nel
14Ò1. cefie, e rivocò la prammatica: (3) ma feguendo oppofi- zioni deinjniverfitk, e rimollranze del
Parlamento, le quali ancora fi
ritrovano, nelle quali rapprclcntavano al Re gli aggravj del Regno, c deir Ordine Ecclellallico con conto fatto
minutamente, che in tre anni erano
andati (4) per caule benefiziali a Roma 4. milioni / dopo tre anni la prammatica fu daU’illcilo Re
rellituita. Se le oppofc poi Siilo IV- c
fece un concordato per diftruggcrla, il quale fi ritrova an- cora; ma quello non fu ricevuto, e la
prammatica reftò. Innoccnzio Vili.
Aicflindro VI., c. Giulio II. fecero ogni sforzo, per levarla/fg) nè mai poterono ottenerlo, . fi» n/t mtd/fm Im/fé d/i i di- ihin/*ndo mmlU, t di nimns f/rZM, t VMÌ*rt
tut- tt t* àifftjiùeni, • fr/vvifi/iti
fsit/ dn'fnddetii CfUdttn dif» t»l »
fmUlitntjdnt ; t fej^ndtndn U t«U*t/»nt
di tmtu i , ed mjftf s ftuii iCeildferi
rht Mrdirdnned’infrsnge- re t* fi»*
duki*rdti»ni fin (he ne Minae thitfie
ftrdene *11* f*at* Sede, ^tufi*
téli* di GrtftrU XIII. iimtjh* tbt $
taf* ertJenó femfrt di fétte annutUre j Ceneer- d*U , e [li Mitéimdamenti (he fanne te'
trintifi . fer non f**mdé le frtttmfitni
dell» Carte di Atm* , (he fer fre^tSene
, e ftt mm rertt temfe , fin (he féff*»*
ferviefi del lare diritta ta» intia it
rym. (t > Zadewa, Nifete di
Crifitfera Madrnfria , C*r/ìn*lt yiftava
di Trtnta, a fma fnettfiera tm
Viftevata. (!) Etti [Tidmv*
gmirr* , gntrr* , iil({ue ad «•
filloa. xLvm. (*) toQuif**-’ 9 p«rtl(o dal Psdn per
di%s. fti; it tha né* f* niente mt
frefefite. L'nmma 1461. »«/ [matta
narft dat fma iU- ima. (4> ?a»Ulì. U [H*U fmtttfit *Ha, mandi
al ta Gìavanmi Gwfftdi ^ CmràirnaU,
V^eave dAldi, fer fatili vtr^ara la
riveeauamt dilla prmnma- tka. Ha faffatm
[mefia ri^aaitna nelCa/klUt- ta, [nefia
CardiaaU travi nel Parlamenta Già- vanni
di S.Rammna, frattutatar lemaraU , thè vi
fece e^fitàaae-, e ntermata a tafa, PVmnerfità,- tha pi nnifiti U fna affaUmmiana al
futura oÌM, t fai mudi m farla regi/hari
maiCafitUeum Vtdi t'aediMag,tme di
Ladevka XI. dtl parmii^itf Srtttmdre
>464. mtUa Cemfemza dilla OadpeanJn-
mi bh.i. tit.f.far.i.farng.i.
(S*) Imfiratfhi avevmma mm pamdigllmi limmei (belli altri Prtarifi Criiiami, ad delia Stantia, mm femfafftra m far fttm ali,'
amteritd Pafata tam fimli frammatuht
. V
Digitized by Google 88 TRATTATO DELLE XLViir.
Fiiulmente Leon X fece un concordato col Re Francefco I. per cui fu annullata la prammatica, e fu lUtuito che
a’ Capitoli delle Chiefe Cattedrali, e
Conventuali fofle affatto levau la podeflk d'elegger il Ve> fcovo, e l’Abbate; ma, vacando ì Vefcovati, e
le Badie, il Re nomi* nalTe perfona
idonea, alla quale fofle dal Papa conferito il Benefizio. Che il Pontefice Romano non potefle dar
alpettative , nè far riferve generali ,
o fpeziali ; ma che i Bcnefizj vacanti in quattro meli deU’an* no foflero conferiti dagli Ordinar] a'
Graduaci delle Univerfirìi; e i va- cami
negli altri otto mefi foflero da efli Ordinar] conferiti liberamen- te ; che folamence ogni Papa nella Tua vita
potefle aggravar qualunque Collatore
de’Benefiz], fe ne avefle a conferire tra io. e 50. a confe- rirne uno fecondo la dirpofizione di fua
S^tith/ e fe ne avefle 50. o più , a
conferirne due : ( i ) e febbene neU'accettare il concordato vi fu- rono molte diffìcolth, e TUniverfith appellò
al futuro Concilio legitti- mo, vinfc
nondimeno Tautorità, e utiliih del Re Francefco; e il con- cordato fu pubblicato in Francia, e pollo in
efecuzione. (a) In ma- niera che,
dappoiché canti Pontefici dal 107^. fino al 1150. combat- terono con fcomuniche d'infinite perfone,
morte d’ innuraerabili , (3) per levar
a’ Principi il conferire i Vefcovati, e dare reiezione a’ Capi- toli ; per lo contrario Pio IL, e cinque
de'fuoi Succeflbri (4) hanno combattuto,
per levar a’CapitoU di Francia l'elezione, e darla al Re; e finalmente Leon X. l'ha ottenuto: cosi la
mutazione degrinterefll porta feco
mutazione, e contrarietà di dottrina. Hanno llimato gli Spe- colativi la ragione di ciò eflere, perchè
l'efempio che il Vefeovo, e'I Clero
conferilca, tiene viva la pratica, e dottrina univerfaliflìma della Chiefa, contraria alla moderna : altri perchè
fia più facile levarla an- cora d^e
niMii d’ua Re, che fofle o di fpirito debole, 0 in bifogno del Pontefice, che da’Vefeovi, e dal
Ocro. Il Re Francefco fece molte leggi
ancora, per regolare il poflèlTorio de
Benefiz]; e il concordato fu fervato da lui: ma dal Figliuolo En- rico IL quando fu in guerra con Papa Giulio
III. per caufa di Par- ma, fu interrotta
l’cfecuzionc per qualche anno; (5) imperocché nel i55 // etere di Freéné , dice il medrlìmo
ia un «Uro lu(^, le Umverfiie, i
Pérlememet, e tétte ie ptr/eme dsHtee vi
fi tfpefi'e tem iémté- tif rèm^ééte,
pretifietiemi, éffellét.'eéi el fu- tmte
Ceétilie. Tmttévié i« téfe e ime eent fm
éK^érèe di tedtre siFéMerìti mfeimte , e di te- lifitéte 4 tenteedàte mel Fertééiemre. 1)1 Dm armerie VII. fime mi IheeeeniJe I
V. ttei , rnelie fimeee di deigmte mméi
feme flèti fet- te tmfermderi feemmmùmti
, tiei , FétueW.Eérke V. Fedente I.
FUiffe 1. Otteme IV. Fedetifell. e
Cerrmde f, (4) P4«I*II. SiJhlV.
léMettMàJe Vili. AJ^mm- dreVl. e
Gmliell, il Dme* di Fmréem ere ftifimee
fette U fre- ttfeeme deUm Ftétteim , fer
fetet itfknierfi temtrm Fhmptrmdere ,
fme fmettre, 4 fémlt Vetevm imfé-
dremttfi di fwi Dmtete , teme mvev* fette il Viettéà» , Il fepm eite 4 Dmei e Reme , e fei
l» dukimri riFnle , per mem tftrvifi
prtfenimte . L* léepermdert, U f»«/«
4vrtr« nfveelìet» le fé, prife i» lè le
fmmfm /r/Pii/4, e'I EediTtmé- firn
fmèllé del Dite tentrm 4 Pepe, e F Impptp-
dere. Dìgitized by Google MATER. BENEFIC. 89 1550. il Re proibì che fi riccvcffe alcuna
provvifione de’ Benefizi pjpa; e comandò
che tutti folTero conferiti dagli Ordinar} ,• (1) ma, fatta la pace, il tutto lì compofe, e tornò
Tofiervanza del concordato . Ma nel
14Ò0. furono tenuti gli Stati in Orleans nella minoriti di Car- lo IX. dove furono regolate le collazioni de'
Benefizi, e levate molte delle cofe
contenute nel Concordato. (2) Succeffero le gran confufiom, e guerre nel Regno; e fu mandato il Cardinal
di Ferrara (3) Legato in Francia, il
quale ottenne che fi foprafedefie nelle Ordinazioni d’Or- lc.ins , ( 4 ) con promeffa , che il Papa
avrebbe provveduto efib a gli abufi ,
per li quali le ordinazioni erano fatte : del che poi non fi fece altro; onde al prefente il concordato refla :
cosi fono paiTate le cofe in Germania,
ed m Francia. XLIX. Ma lo fiato d’Italia, che ultimamente
abbiamo deferitto, fi è muta- to in gran
parte, per la celebrazione del Concilio di Trento, il quale fece molti decreti in quefia materia, per
provvedere a gli abufi foprad- detti che
dominavano/ e febbene dal Tuo principio, che fu nel 1547. in- cominciò ad attendere a quelle correzioni, e
fece molti decreti , non furono però
polli in efecuzione, falvo che dopo il fine , che fu nel 15^3. perloche fi può dire che tutte le provvifioni
fi riferifeano a quello tempo. Fu
intenzione di quel Concilio rimediare a tre cofe : prima alla pluralità de'Benefizj; Iccondo alla
liicceflìone ereditaria; terzo all’
aflenza de’Benefiziati : c, per proibire ogni pluralità, ordinò che uno, eziandio che fofle Cardinale, non potelTe
aver piò d'un Benefizio: e fe quello
fofsc cosi tenue, che non ballafse per le Ipefe del Benefiziato, potefse averne anche un altro, che folsc però
fenza cura d' anime.* (5) proibì le
commende de'Benefizj di Curati advifam^ per efser un.i coperta di farne aver due : (rf) ordinò ancora che i
Monafieri per l’avvenire non Tomo li. M
folsc- (i> dirns »*i fm$ eéifr»,
tktM*» fi» thr l* ftmminiftrrnfft dmnmr»
si ftr fsrmt l» gmtTTM m'frtsetfi; eh»
enfrf,Mt». t* fruhivM sjftlMtsme»/» di
f»rr»r »r» , m* sr- M R»im» , 9 m
saslfifi» altr» lu»g« eh» fifi» fini»
l'mdhiduatm d*l P.tfs , ftf dtfpenf», •
altre grai.it , fette pna di t»m/if{ai.ttni^ agL £ ) /« ^aefit Stati il
deputate del Cl»r» dìfie , eh' era fiat»
èfitmat», eh» /' Eeefia di Lmter» era
mata meli» fitf» ann» dii Ceuterdat».
ig) tpfelii» fEfit della tafa de' Daehi di Fer- rara , Ntpeet di Papa ^trfandreVl, (4) una delle guati prtthva di pagare le Aa- nate, e di mandare danare altane a Rema »
per htnefiny , e per difptnf» . (f) Quoouin muUi « ,r-> chiilct ( rr eii.ts obtiitenc , tog:^n(ur
ott-oinu, qui- buftuitique frimnibut , c
t>uin Icx u^nlium aimitrcre, A( line
o.ltnlenuitic», ac in t)«iibu|ue iterfjnja, ct^oi C d'àiKai-tu^ Inm-i'e rulKentiuu>. Invitm
h.leit ^ ]n 04 Ì)«.‘«>^iilqaoque eum
futura ,i‘W^ 14 *. rd / frimi thè ritmmriareH»
m r^veghart gii feriti la yreffitt fureae tÌMi D«mrr.iV4«i ifaruitali,
BarulemmeeCaraKia, e Drmnue Sete, i
ijttali frexarema feritmcai» eia l'all.'
g» dt rtf diit è ór jure d vino. Ofi>iieHe tha il C.rediaal(jaetane, fariunate DemmUaHe,
ara- vi ftfirnuia aleam mani frinai la
^nalt fi dna eh' egh mHie ^uande fi
Vifteve, aeagieat thè a*» fi fa>t»
atai a! fue f'.fravate. Nel teli"
li'tro della (iia Storia del Con. tilni
egli dite (he i L>‘ati Jeif'e lig-rre in mas
lieagregatieee eea.rAle uà» /fritte, aea fui i !*•- dri tran» fregali a riCfeudtre teli* fila
f*fela ptirtt, q phter, fi fi
éerfirarafe la rf^ldtm- jt,a de jiite
ditiiia4 e fh'iffiade Jtarr raeedte U
rati, 6(. f arena di pia ex, de aea phtct. ij. di plj«jii' >■■■ ii». llro, c >7, di non pia et, iw.t p .us
ccAt-ito S- D.N. j' g.''n >7
dif’cr.ie-redt! . iT.ftr ^hA- It ibe
Ji’unr, ^avJH/ I* ai'L.i-atue'tt ce jjre de-
vntef laJde-.t le i-, uja la l'./rvjw >a turte, me w Hirettiari^-tai, ft il T,ifa fi
ei-'teiiuva , £ ex-vfg-iaial ‘jae/.e
d:!hax>eai /•atrè afin meta- fifi'hr,
le 1 ,t e le >j.nea lafiiava»* di ferieggiar
egii.ilrmeate bear il Pafa. (6)
l'soto Giov.c», diceoto il (uo pi-ere nel
C««ipcF- jff, »•»•« velia u,
evale, teli « tVrew rr*e.’-J :'«•
vrei-'eae nJ-ferata teme mae ffmd- temtra il fa- fa, quandi eie avrffe tinti a fti>vta ,
ftr rei,att leale delle lera atieai, e
della ̻re D.tiriaa , em- me aveva fatta
ma Arrivefiev* dii plana eeatra l'aele
HI. th'tgh temeva aeelie thè aitaat Vefeard
aea xe'.iffiit tei favere del )U» Divinuni fetttarfi dall' mhbtdientA del l'afa, da teu daiadevm
Vie- miaat della Chtefa , ma thè velevm
aeae dir lare (he ^mefie fartiit ma
tfamf'V thè dareidiina 4*C*> rat! ,
fer fitmelrre ilgieg* l^iftefait 4 feribl, ejftade ì'ajlpri uamtdiatì , freUmdertLlmaa, thè U
late greggia fftUafie fih ad rfì, ehi al
lere Veftevei endt fai la Oer4ri.« atila
i.htfa ira^nmerelrhe ta Aaattkia. Stcìia «.et ConciUo lib.
C7. Digitized by Google MATER. BENEFIC. 91 tmbe le
parti foflenuta lopinione con grande ardire. Lacofapafsò al- le pratiche; onde dopa 14. mefi fi comandò
bensì la refidcnza , ma non fi dichiarò
però quo jure il Curato folTc obbligato : folo furono ag- giunte pene a* non refidenti; (i) nel
rimanente furono le cote lafciate nello
flato di prima. Quelli però che fi trovarono nel Concilio, e hanno lafciate opere fpezialmence di Teologia
, hanno foficntata la refidcnza de jure
Divlno^y pafiando tant’olrre, che raffermar il contrario l'hanno Rimato un deludere la facra
Scrittura, e la ragione Refia na-
turale, (a) c tutta r Antichitk.’ ma, per non irritarli la Corte
cen- tra, hanno ritrovate delle
eccezioni, per le quali il Papa polTa farvi
delle difpenfe. Delle
rifervazioni, punto principaliffimo , le quali erano crefeiu te fo- pra modo, il Concilio non parlò, perchè
toccavano la pnmria perfona del Papa;
perlochè anche rcRarono, anzi furono poi accrefeiure. (*) L.
Pareva che con aver levate le unioni, e commende etdvìtamy ì re- grefiì, e le Coadjutorie, folfe in gran parte
provveduto, fe non al tut- to, almeno a
gran parte. 'Fu però trovato dubito un rimedio, che non folo fece lo RelTo, anzi ne fece un maggiore
de’ quattro fuddetti ; e queRo fu la
penfione. E’olTervazione delle perfone pie, che in queRi tempi mai la Corte non fi lalciafie indurre
che venifie annullato , e corretto un
abufo lucrolo, che non ne aveflc preparato un maggiore, e più utile ; ma in queRo è ben certo effere
cosi : è però da fapere che non è cola
folo di queRi noRri tempi il metter penfione fopra i Benefiz); folo è nuovo il modo, e la
frequenza c propria de'noRri tem- pi.
Quando i Beni EcclefiaRici erano in comune, il nome fu inaudi- to; dopo fatti in Benefizj,- la Regola, o il
Canone praticato da tutti era, che i
Benefizj fofTero interamente, e fenza diminuzione conferiti. Dappoiché i Chetici diedero principio a
litigare , quando U caufa era dubbiofa,
cedendo una parte fe ragioni (ue, le le concedeva una parte deir entrate con nome di penfione: ( *)
ancora di due Benefizj quando l’entrace
non erano uguali, fi rifarciva quello che lafciava il più ric- co con una penfione* (T) Apprefib ancora,
quando alcuno hlegnava IJ* M 2 con rut a (KroCinàx Sywlt meoee a- hmo* trahancur . . . . Jalarat làcTolanàa
SynoJua aannei Patrurchatibni ,
PrinwiaUbua , Meirofoli- unii . ac
Catheinlibua Bcdcfì» che lenza caufa
alcuna il Papa può dare pendone lopra qualfivoglia benefizio a qualunque perfona che gli pare*,
e colui che riceve ezian- dio fenza
caufa veruna, ma !per fola volontà del Papa, in cofeienza è ficuro. Una volta fi teneva due benefìz)
Curati*, uno in titolo, l’altro in
Commenda*, ovvero fi univano ad vitam*, e il Benefiziato era co* (fretto a ftipendiare chi ferviva in uno d'
elh : al prefente il Benefizia- to fa
dare a quello il titolo, e a sè la pendone ch'egli ne cava*, la qual cofa è di maggior fuo vantaggiò*, perchè una
volta era (oggetto a dar conto degli
errori che il fuo Softituto faceva, e aveva pur qualche nc* ceftìtb di penfarci *, clic cosi niente
ripofa fopra lui , e l'utilith è fiftef-
fa. Similrnente chi faceva un Coadiutore, 0 rinunziava con regrelTo
, doveva aver qualche penderò del
bcncdzio di cui aveva parte*, e po- teva
tornare tutto fuo*, ma rinunziando, rifervaiafi una pendone, re- fta libero d’ogni cura, d'ogni penderò*, e fe
il Rjfegnatario muore, o cede, a lui non
importa, U quale la fua pendone Ubera, c lenza
faftidio. Ancora è molto piu
utile aver pendone, che benefizio. Prima mol-
ti Benefizi ricercano TOrdinc (acro, e l'ctb di poterlo ricevere;
per la pendone bafta la prima tonlura, e
Teth di fette anni. Anzi le pen- doni fi
danno a’ Laici* come per Tordìnario a’ Cavalieri di S. Pietro, iftituiti da Leone X. c a quelli di
S. Paolo iftìtuiti da Paolo in.
a’CavaUeri Pii, iftituiti da Pio IV. e a quelli di Loreto, iftituiti da Sifto V., i quali podono avere, chi 150.,
chi zoo. feudi di penfio- ne; e a tutti
quelli a’quaU vuoi darle il Pontefice. De’ Benefizi, an- che ne’ tempi che fe ne teneva più d’uno, vi
era fempre che dire : era necelTaria la
difpenfa, che pur faceva fpcndere : con tutto ciò i Dottori mettevano in dubbio, ;le chi 1 *
aveva ottenuta era ficuro in cofeienza.
Delle pcnfioni fc ne poflbno avere fenza fcrupolo in ogni numero; e non vi è penfione incompatibile. Si
può dare la pendone con autorità di
trasferirla in un’altro a proprio beneplacito; cofa che non fi può fare ne’ Benefizi fenza paftare
per li termini, e per le cerimonie delle
rinunzie; c le rinunzie non vagliono, fc non foprav- vive il Rifegnatario zo. giorni: la pendone
fi può trasferire anche in punto di
morte. Quello (•) vide C«p. ex parte it. ex»* , de
ofCcio )udkit ileSeg. & ibi FcJio.
oiim. i.Felin. ad Cip. »d audiemiam.
num. i. extra de refenpe». (^) Vide
RcbuC traó. de paciticu oudi. mo.
DuareD. de Bene&c. Itb. 6. top. 4. Coni (acerd. paraph. i. cap.,. num. la. & Joau.
Davean de penltooib. beuefic. psg. SI. Cap. per
tu»i, «irra, de doiuitonibux. (* ) Cap.
ce multa, in fine . extra, de prs>
beodu. DÙveun de
renfiunib. p.l^. Digitized by
Google MATER. BENEFIC. 93 Quello che
foprattuto importa è, che la penlione fi può ellingucre ; il che in Italiano vuol dire farne pecunia
numerata; e ogni contratto fatto nel
Benefizio fi reputa fimoniaco. Eftinguere la penfione non vuol dir altro, che ricever una quantità di
danari, per lilxrar il Benefizia- rlo
dal pagarla; la qual quantità fi tafla per accordo , fecondo la mag- giore, o minor età del Penfionario. Non vi
era gfa innanzi 1 * età no- lira modo di
fare d’ un Benefizio danari con un ti ; ciò farebbe fiato con affefa infinita di Dio, e degli uomini:
adelTo fi fa lecitamente, lo ho un
Benefizia di aoo. feudi; lo rinunzio ad Antonio, rilervandomi una penfione di loo. la quale , immediate ricevuu
, con 700. feudi io efiin- guo', ciò è
la rinunzia', e così ho del mio Benefizio fatti doo. feu- di contanti lenza peccato . Sono alcuni poco
penetranti, a' quali pa- re che quefto
circuito non fia rifieflb, come fe vendefli il mio Benefi- zio per 700. feudi ma mofirano ben d’ avere
groHb giudizio . Mal- te altre cole fono
nelle quali i molto piò comoda la penfione , come fi ulà adefib nelle unioni. Commende,
Coadjutorie, e regreflì. Alcu- ni ,
magnificando la comodità di far danari che il Papa ha per li bifo- gni della Sede Appofiolica, dicano che, fe
aprifle i regreflì, cavereb- be quanto
voleflc; e mofirano di non intendere la materia benefizia- le. Non avrebbe per quefto quattrino.- (1) i
molto piò utile, e co- moda la penfione
perciò fu facile efeguir il Concilio , perchi tornò anche comodo ; ma il levare le Commende
da'Monafierj, (2) che pa- rimente il
Concilio comandò, non è fiato pollo in efecuzione fino al prelente ', (3) anzi molti, che erano in
titolo, fono fiati di nuovo commendati',
non elTendofi trovato modo di farlo con comodo. La penfione non può efser impofta da alcuno ,
falvo che dal Papa ; cofa di grande
emolumento alla Corte Romana. Quella
mutazione ha fatto in Italia il Concilia di Trento-, il quale, non avendo trattato delle nfeivazioni, ed
eflendo quelle anche crefeiu- te', e ogni
giorno crefeendo , reftano bene cinque felli de’ Benefizj d’ Italia alla dilpofizione del Papa, con buona
fperanza che il fedo che rimane fia per
compire l’intero. Per le regole di
Cancelleria fono rifervati al Papa tutti i Benefizj che fi rifervarono (*) Giovanni XXII. e Benedetto
XII.; e in appreflò fono rifervati tutti
gli ottenuti da qualunque perfona , efsendo Minifiro di Corte, febben dopo folte ulcito dell'
Uffizio. Sono ancora rifervati tut- ti i
Patriarchati , Arcivelcovati , Vefeovati, e Monafieri di uomini, eh’ eccedono il valore di dugento fiorini d’oro-,
(») e ancora tutti i Bene- fizi che
fpettano alla collazione di chi fi fia, e vacano per la ceflione, privazione , o morte del Collatore , finché
il Succeflore avrà pigliato pacifico
poflelTo .- ancora le dignità maggiori dopo le Pontificali nelle Chiefe Canedrali -, e le dignità principali
nelle Chiefe Collegiate-, (ò) i
Prio- (I ) In^trtffliì gufili, i jm/ì
gli «f/rrrri^Mw, rt i» C*mmmd», fétrwuu tffrrxi BM /t >t* fDtrtiitmt ftTMÌrt, M Imfttsti.
Or» i* pi» à» ttnt' »m»i i dt'ytftivt,
t dt’ i ftpTMttmttt im «vrvM* mtfi ì»tii j BtmtjUf iw i dm it FstUmiMt di t»rigi h* ftw^é C»mmtad»
, tth im tln «m impidit§ di ricrvrrti,
»veff*rt «vari lid dmt, « tf» CtmmmdjttMr) i td (t) Ntt r»p.tt. d*lU rifttm* dt'Rr*»ÌMfÌ
d*lU i» tpuft^unt* fi trmtv» €b'tr»»»
XXV. fitétt »tlU MMttMfdnu dtU'srtuti* fritti »d tfftrt ta Ctamiad »
. aattitdtiitt . (’*) Vidi l» R^ri» di
,C»a€tUtria d’IaimtwaJà ( 3 )
Jmftréttti la Ciati di Rama , fiacri f*ltù Riitla i. le i» difiiaùaaì, di dhi^hinfa ibi fa ro; o perchè fieno partiti; o perchè il
Cardinale fia morto: ancora tutti i BeneBzj
de’ Collettori, e Sottocollettori; tutti i Benefìzj de’ Cor- tigiani Romani che muojono in viaggio, quando
la Corte cammina; lutti i Benefizi
dc’Camerieri, Curfori .* (a) olirà tatti quelli Benefìzj, che comprendono tutti i principali, e una
gran parte degli altri , It riferva il
Pontefice tutti i Benefìzj di qualunque lotta che vacano in otto meli (h) dclfanno, lafciandone a gli
altri quattro raefi folamen- te; e ciò
quanto a gli altri Benefìzj non nominati di fopra * Oltre a quelli ancora lòno rilérvati per Collituzione
di Papa Pio V. tutti i Be- nefizi
vacanti per caufa d’erefia (i), o per confidenza ; (2) c tutti quelli che non faranno conferiti fecondo il
decreto del Concilio di (3) Trento. Chi
metterà infieme tutte quelle rifervazioni , [ritroverà che almeno cinque felli fono del Papa, e un fello
di tutti gli altri Colla- lori
inlìeme. Per render le lodi a chi fono
debite, non è da tralafciarc la dili-
genza ufata da’ Pontefici Romani, per non lafciare che i Vefeovi ,
e altri Collatori de’fienefìzj, delfero
luogo ad alcun abufo. Mai non han- no
permeflò loro il poter unire Benefìzj aà vham\ nè parimente il commendarne ad vitam : non hanno permelTo che
potefièro difpenfare fopra la pluralità
degl’incompatibili; nè concedere regrelli, o Coadju- toric con futura luccelfìone : e ufando l’
ideffa diligenza adelTo, non concedono
che pollano imporre penfione, eziandio minima, fopra il Be- nefìzio : medefimamente non ammettono che
poflano ricevere le ril'e- gnazioni ad
favorem : anzi ancho nel ricevere le rifegnazioni aflblute , che (ono date antichildmamence nella Chiefa
ufate. Papa Pio V. nel 1508. (a) Rigti» ••‘t».. (*) 9.
(t)Omma Se iln^U beneiUia Eecl«(uftici.
rum (Ora, & due tura, recularit, te qunnimvit Or(Ìmum, ctiam S. J niiraln ma)ore$, rulia, prioratus, pi», potininr, prcpofiunti, dignitites, euam
ronven* nMJo, vef oiHcia eciam
ciaullralia. ac hafpttaha, le pr
jcceptorLc , ordiiuuioni ScdilpeaiàuoQiAOllrjr,
At lèdU Apoftui. bac perpetuo valicari(on0itutto- ne. audontaie apojtolica. tennre prarientium,
re> ierramut s Dcclsranrei emnet Ac
quafeamque im- peCTitior.et de
beneikiii, quomodocumque quabii-
c&m, in iumrutn iàcieudas Ac obnneiidat, beneli* (ia buiufinodi, propier iurreiltn vacaniia ,
At in fu* furtim vatitura. non eomprcheodere
, niiì fpeeiaii. ter vacuionu mndui
propter crmxn hsrelìt ex* prciTui
fueric. Oteretul. iet,?. rir.ii. )U
Ctfittut**»* ) dii mtft di (a> Ad
siires noftru perventt ut nonnuliiaon
vereanrur . . . . beneficia CècuUria, Ac regularia in cMijUrn/MD» . qaam liinonuciin pravitaccm
fapere ignorant. accepure. Ac retinere
. Nm ne • burnì , ,vel potila deiiAum
tupiftnodt ukenui pr ny Jiawi , ceUrì
mneJio pfoviJere ro!eafrt $ ptooinunnn
omnium cognkioi>nn oubiii Ai Sue*
ccfToribu» nnAra Rom. Pontificibut refervaDtef , o* mnn Ac iijiguJa r««>tdrfirijr«M
bafulKiodìcauùs. per no» (ùmmarie.
limplkiter. Ac de plano ad* «tiendat.
toguofcendis , decidendai . Ac totaiiter
eaequendas, ad noi avocamuii decifìoniqucAc ter* mifutinni per boi ftipcr illts fiactendx
lUndum , accjutei'cendum , Ac odidÌdo
porenduen & obedien* tium tbre.
lUtuiinui, Ac otaiinamii . DKfit.7-tit.
IO. cap.io. rj) Noe, ad quorum
nonriara pervenir, noo- nnJlof ex venrr.
Irarribui aoilrii , ArchiepiCcopis. Al
F-pircoptt . oceurrenre racatione paroebialUuta
Ectletianim. «s ouljo, aut djiaui rite (ervato . cxtmine, prcl'eniui lUÓ qood per coacurfoin
fieri debet, CI OmciJio Trideitrifto.
veUuam riceter^ veto , neribnii ininui
dicnii . camilititis . aut ahum liuirunx
palTìonif a^*'tuni . non rationiiiu.
deciunt fequente» , cuniitUAct volcntei bujurmodi^ flc rtiam iunuii periculU octurrere.
auOoritate a* pofiolita, tenore
orgifcniium . emnet Ac fingulai
collaxtonct, proviuonct, inlliiunonei . Ac quafva dirpofitioneti parochieliam Ecclefiaram ab
eirdem Epifcupii, Ac Archtcptlcopis ,
acquibufirìseliKCoU iuurilma , prarter,
Àc contra iurnum ab eodem Concilio
Tndemino ptjrkriptsm, iaOai , aat in*
fiiturum fiictcnilaa, Bullai . irnrM , ac nulliua ro* bori» {ore. Ac ei)«, dcternimut. Se detUramui
. ealqiie crRines fix cecantn nortri;,
Se Sedia Apc^ flohee dilpo^inni
rctcrvaiuua. ì^idm re/.a* Digitized by
Google MATER. BENEFIC. 95 15^8. proibì fotto gnviflìme pene a tutti
gli Ordinar;, che, ricevuta la rilegua
d*uu Benefizio, non potefTero conferirlo ad alcun confangui* neo, alfine, o familiare del Rilegnanre*
avvertendo che nè con paro- le, nè con
cenni, o altri fegni folle loro dimoArata altra perfona a cui il Rifcgname defideralTe che foffe fatta
la collazione del Benefì* zio. (l) LI.
Si afferma coftantementc da tutti i Canon irti , c Cafifli, che
ogni patto in materia benefiziaic è
firooniaco, rjuando fu fatto fenza parti-
cipazione del Papa; ma con Tuo conlenfo ogni cola lìa legittima;
aven- do per coffame quella univcrlale
propufizione , cioè: il Papa in mate-
ria benefiziale non può commettere fimonia*, la quale non ai troppo buona edificazione al mondo*, Icbbene i più
modelli Canonìffi la limi- tano,
diffinguendo effere alcuna Iona di Emonia proibirà per legge di- vina, c altra per legge umana*, aggiungendo
che il Pontefice è elente folo dal
commettere la fimonia proibita per legge umana /( 2 ) ma con tutto ciò inciampano nelle medcfime
difficoltà*, perchè quello che non è
male di lua natura, nè proibito da Dio, non merita quello nome*, ed è fuperduo far una legge umana, per non offervarU*,
e chi mire- rà Tinterno, c non fi farà
prcielio colle parole, vedrà che tutto è
proibito da Dio.* c certamente non fi può dire che in quella parte, di tenere gli altri Vefeovi in Uffizio, il
Pontefice abbia mancato*, cd è (lata
grazia divina molto grande fatta a'Pontefici, che abbiano po- tuto tener fincero da fimonia il rimanente
UeiU Chiela ^ Icbhcnc nofv hanno potuto
Rendere quello bene a sè meciefimi, nè alU loro Corte: c le un giorno, come vi è Ipcranza, ( 3)
entrerà penfiero in alcun buon Pontefice
di riformare la Corte, larà cola facilillima il farlo, col Io- le ricevere anche per sè quelle leggi che
fono date agli altri Velicovi*, c
potremmo afpettare in breve una coA utile nformazionc, quando f adii, azione non la tencP'e lontana, col
metter innanzi a’PonccDci, che, effeado
eglino in pofleffo, almeno in lulia, c in altri pochi luoghi , di non dar loggetti a regola alcuna, non è bene
che le ne privino, (4) e facciano quello
pregiudìzio alla Sede AppoRolica; eh* è il contrario appun*
(O Cav«»nr tpire>'{ii, ìtecmjue o«tin« tffSa- m, PrxreiiMìgrci. Oc Ì*jirr CKiin.t, ne ip!ì bpfcoi'i, aut aUiCollatoce»
, de bcscfiuis, Se o;1iui« te^fnanJiv,
sut fui», aurjd- mtnentium enpUn^ineu,
eilìmbat , vel fiUDÌlia- nbu», etùm per
lillà. em riminum inuliiphrata» rum in
eztrsneof cullatifìnum, auCcnt providete
...... .i(iijne, camdiu.fiili'cnfi remaiteant, dvMX *e*tii(liofle:n ■ K(Hn.roDtittrit»U ì
tn'dMim dii 4' itfriUlfòt, ( ») ) Is dtìUCUf» ptlrMfi rum p-idem 4 . vetb», llltcns, e*»ni de
pacrt, U i figiit* d.t tulli gi$
o/rr4XfM/««i.Kt- d$ F«/ia.3(l eap.ea
patte t». lum. 1 . extra, de oC fino
jaditi» dckg'ti. mini mn, td n fami
marra ni Stimdi t Mibi Mufkiu»
CruLilìzu» cA, MjiiJo, Gm- Ut.
m't. 14) tmfrriffht Im Carli di Kimm kt
0JÌiHt» ptr faad.imrmtmU , iln il mm i
il hdriu , na fjUmtmie il Drffitmiii
dt'.l'uHlirih tÀ Pnt-,ftm’i, ! lU im
tinfi;"t’>t.i mam fmì , •>
Ittiimminti, me vilidmmmte ttdirmi ftr ^mmlf^ TUgiimt virmm diruti. 96 TRATTATO DELLE àppunto d^Ia dottrina profdTata dagli
antichi Santi Pontefici, e Dot- tori. Ma
dalie cofe di lopra dette è molto ben chiaro, fé il Pontefice Romano abbia pieniflima autorìtk fopra i
beni, e fìeneifizj EcclefiaUici^ ficchè
non fu (oggetto ad alcuna regola nel maneggiarli; imperocché, procedendo con ragione, fe la Chiefa di
ciafcun luogo è padrona de* beni che
poiTede, perchè il dominio è fiato trasferito in lei da chi n* era padrone, prima colla permifllone del
Principe, il quale colla legge le ha
concedo T acquifiare; refia che i beni medefimt debbano edere nel governo, e nella aiuminifirazione di
quelli che lono deputati a tal carico,
prima fecondo la difpofìzione della legge; poi lecondo le con- dizioni che hanno preferitto il Donatore, e
Tefiatore, anteriore padro- ne; e
finalmente lecondo che la Chiela, latta padrona, ha concedo; non però contrariando alla difpofìzione di
quelli da* quali ella ha cau- ia .* e
quefio è tanto chiaro , ed evidente , che non può edere medb in dubbio, fe non da chi o non ha lenlo comune;
ovvero nel trattare, e parlare, non
fegua quello che interiormente fente. I Cherici fono fat- ti amminifiraiori di quefii beni per leggi
che hanno concedo a'CoHegj Criftiani il
poter acquifiare fiabili; e per lì tefiamenri, e per le dona- zioni di quelli che hanno lafciati i beni
loro ; e per 1’ autorità che la Chiefa
ha data ad efli Cherici ne* Canoni: adunque cfli fono .obbligati a governare, e dilpenlare que*beni fecondo le
leggi, dilpofìzioni , dona- zioni, e
dìlpofìzioni tefiamentarie, e fecondo i Canoni; e quello, che in contrario fofle fatto, non fi può
chiamare, le non ingiufiizia, in-
giuria, e ufurpazione. Dicono i
Canonifit, che il Papa fopra i beni, e Benefizi Ecclefiafii- ci ha pienifiima autorità, ficchè può
congiungerli , fminuirli, iltituime de'
nuovi, darli ad ttutum^ conferirli innanzi che vachino, impor loro « fervitù, gravezza, e penfioni; (i) e
univerfalmente che nelle cofe be-
nefiziati la volontà del Papa è in luogo di ragione. Non balla
quefio, ma* aggiungono che il Papa può
permutare in altre opere Ì ( 2 ) lega-
ti ài pitts Càufes ’ e *pnC) *kcorBr« le dtfpofizioni de' Tc datori,
applican- do ad altro quello eh’ elfi
avranno ordinato ad un o(>era pia : e non (i
può negare cW quefia fia la pratica che ha mutato tutto il governo, c tutti grifiituti vecchi: ma refia lempre in
dubbio chi faccia male, e (e errino gli
Antichi, o i Moderni, le pure vi cade dubbio.
Martino Navarro con alcuni de'Canonifii piò moderati limita quefia propofizione, che il Papa po0*a commutare T
ultime volontà, rifirìngen- dolo , «•/«/ tìft , $ 4»l t ft mtr*»t Jitt iW
/« Tfli iti* tht il Tuf* «»■ i , tk* il
{fi* natmraU ) ibi dà ttt» \»Urt . fi ri»
fruKtfU tifftitfélirf, 1 rè* U tiMiim ì mmm r*m th* ftr uffmm» fU
vi diu»»* MfféimtAMnn rutmfiM *t
difftifsrtrt ^ bc- ÌMa»* AVtf$ mt»» d' f«tikìn*» cletuliK''rum bonoruoì, dit'nli, fjrÌMnd» dr
y*- vt b» , fe »»» U \ emaft il /rni,
fr* i ^mslt ttmfmdt tl \mfm mtdefmt , dm ifutfiA Itfgt , ^tund» e%h aUia mwolw
dt f*r» iuQt dir['cnÌs(Oiei . tei prof
unrores. . . . aJ té . O^a , ftttnd» S Pé»l« , i Xliaifiri di (Jtii Cr S» fatnreni autem rcuuifkur bona iù'e,.. .. «m
hsmM aUia AmmnAifiTAx»«i*4 , f* mtm ^mAl*
ite. ATt 7 Or4 lA Umiià, » /f ad DUtuni . /*«« Qfitfruru, Àit» tà ftf.
qu In Ec- clcfinnun mm. 44 . Eim de
ConiUcuctnmb. n- ipecht benc6cioriuii (U
poteftu Pipar, mn reljpeftu bonoram
ip6ruin ficdefiinun tecni. Unire non PO
smttrs fìi èà$$, 4* €Ui k* uittt im,
fhi mm nvr«M« «A tuaA » tmnt tu mìl*
lei», « fr'mn. u, ft Rj fU ftgtu
tmfrriti r DitUtmrmmimé ì'h» U#*» tk*
mmi ni dtlU t^im* tk* (f.z ni Ji fmitim
tkt hm mUmmémmrm , fff d*Bt»t,Ìx.ii *
fht f'» fh mkn m$ uff. dt U4t ds Im si
CtUsnu m mm* ^cu» dt fkfktff». i
,t ( 4 % l.Csmn^, mm ttmttmti di dmrt
e/ pmfm •t*s ftfr» tutti fUUmmm,
t'ìmn- ^ M* sfU Amitit. Vtdi Ftitmt
u quell’ autorith, qual’è la cagione
per cui i fuoi Antcccflori di mille, e
piò anni, non l'hanno mai efcrcitata; nè alcun antico Dottore, nè
Con- cilio, nè Storico, nè Padre, nè
Canone, ne ha pur fàtta menzione? Non fi
può attribuir ciò all’ elfervi più bifogno adelTo , che in quei tempi, imperocché ne’fecoli che pacarono
dall’Soo- fino al Iioo. per 30a anni i
difordini furono cosi grandi per tutta Europa , che , in com- parazione di quelli, i prcfenti Ibno
tollerabili; e pure neffun Pontefice
dintromife m^am daU’altre Chiefe, eli quali avevano tanto bifogno
d’ rifere governati. E ancora dappoicHt
i n cuml i icim ii w i Papi ad intro-
metterfi in qualche parte, ncfluno prcfe mai, fino a Clemente IV.,
co- si ampia,' e alToluta podefili anzi
lo fielTo Clemente non ha diretta- mente
pubblicata tanta podefiì; ma trattando altro, e quaC incidente- mente.- (*) modo, che non fuole far intera
pruova, poiché le cofe in- cidentemente
dette in un modo, diretumente confiderate, ed efamina- te, bene ipelTo fono in altra maniera
efpreffe. Nè meno fi può dire che ^uefi’
autoritk ferva a bene; imperocché per quello pare che fieno fiati introdotti quali mtti gli abul! . Di qua
fono venute le Commen- de, le penfioni,
i regrelfi, le unioni, le rifegnazioni, le afpettative, le riferya-
I* tb* bmmtt9 imfitmt tutti iS*MÌ. Ma^eftì dù‘ tflt, ittàQritw Hfipa. (]utfn S*nA»nun. ftr vuétn (•fru fin «fmtd*t» Im
prttmfitintht iu.it fufut éiijiltt UPudmt»
ài tuttu /• terr»,
l*fiir*UC«mm$ittMrmà'Ìm u ef m *M IV. ftfrm il Cuf t. kitn de voto, devoti rodempt.iM
umtjl» ftttnfimt i ii mfi tm fmfmtmt» du
Ftfmuuiu K»« /futi libai. Cdotromf.
iUHA.ctp.hi. « àuGfttJ» tut }. d$i fu»
Mire iibcrum. («) Tibi date, dira
O'aii- Cnjfc a S, Fittr», tUves regni
csloruni i Et quodcunvjtie ligaveni
tHper cctnsi, ern liganiai & in c«lu. Maer.ié. ($•1*. Quorum rcmlfentu peccata «
ramituiiiar all & quonitn minuerina
, menta lóm . Jaamd ao. ^tr U citavi dtt
Eejor dt'CitI* fa imtiadtrt a $ ^trrrr,
eia mn gh dà fl mammut pmnfduàam
ffiritmala , attafa ria il fa* Wagaa i
C amamtt ffirttmak. Regnum memn non «A d« Mniido. Juan. 1 1. ti tata luipta MWi è
MtitpCH ralc. C*) ArtiraUta. gmaft.ì. (*) Vedi Partitala jf. r taDHratata di tt malta ammatautai . ( I Digitìzed by Google MATER. BENEFIC. 99 lifervazioni, le annate, i quindennj, e
altri modi, che nelTuno difende, fe non
il'cufàndolì colla corruttela generale de’ tempi. Reità ancora una terza dubitazione non meno
confìderabile in quC' ita materia, ed è,
che di quella autorità cosi aifoluca, dappoiché i Pontefici hanno principiato a valcrfene, i
Regni CriHiani Tempre ft To- no doluti,
e loro hanno fatta qualche oppofizione, come nella Storia di Topra fì è narrato; ficchè i Pontefici
lono (lati necelTitati a mode- rarli. £
la moderazione non è fiata condeTcendendo elll a laTciare d’e- Tcrcitare l'autorità prctelà, ma per modo di
tranlazione, ufaro nelle ra- Vioni non
chiare; concordando co’ Regni, e per forma di contratto rk ìolvendo fino a che termine la podeflli loro
fi flendeire : cola che non s aVrebbe
potuta fare in pregiudizio de’Succeflbri, quando foflfe nel Pon- tificato oueU’aurorit^ cosi lil^ra. Papa
Leone X., per levare la pram- matica,»
il concordato*, e cos'l egli fleiro Io chiama nella Bolla . Non concorda chi (i) ha una pienilTima autorità,
ma tratta co’Sudditi co- me Superiore, e
per modo di conceflìone . Non To forza fulla voce, ma Topra tutta la cola ftelTa. Non Iblo Leone la
dimanda Concordia y (a) ma dice ancora ;
Iliant veri contraHuSy Ù" obligaeìonis inter Nos , & Se- der» Apojiolicam pradidant ex unoy Ò"
prefatam Regem ex altera partibus le-
girime initi- Dimanderà alcuno che ciò fia dichiarato; Eflendo il
Pon- tificato Romano in differenza col
Regno di Francia , pretendendo il
Pontefice d’avere affoluta autorità Topra i Benefizj, per rifcrvarfcgli
&c., e pretendendo il Regno, che
l'autorità ila de’ loro Prelati, foraiano
due parti litiganti; e per impor fine alla controverfia , fanno un
con- tratto legittimo di obbligazione,
con cui dichiarano qual debba efTere 1’
autorità dell' una, e quale dell’ altra: come potrà dir alcuno che la
pre- tenfione del Pontefice fia
legittima, e chiara? Non pofTo dire di Taper
riipondere ad alcuna di quelle difficoltà; e rimetto al giudizio
de’Savj, fe vi fia qualche riljpofia:
dirò bens^ che, lervando quello che per più
di mille anni è flato lervato, che i beni Ecclefiallici fieno
amminiflra- ti in ciateuna Diocefi
da’Mintflri proprj, fi fugge ogni difficoltà; e Te gli elempj ci debbono iflruire, laranno
meglio, e più fruttuoTamentc diTpenlaci,
che ora non Tono. (*) Q U I S T I O N
E IV. Nelle tre QuiTlioni (*) prime fi
è trattato de' fondi, e beni ftabili
Ecclcfiaftici : ora rcfla la quarta, dove fegue il trattare de’ frutti ,
o delle rendite , ed entrate di quelli.
1 Santi Padri, che hanno Icritto innanzi
la divifione de’ beni in quattro parti, tutti concordemente han- no detto, ì beni Ecclcfiaftici efler beni de’
poveri; c il Miniftro Eccle- fiaftico
non aver altro potere in quelli, falvo che di governarli , c di- Tpenlarli fecondo i biiogni di quelli;
dichiarando non Tolo per ladri, ma anche
per lagrileghi quei Miniftri che fc ne vaìeirero per altri ufi , fuo- ri della loro iilituzione. Non maneggiavano
tutti gli Ecclefiallici i be- T omo II-
N z ni ; c (t> > ftfft M guita la divifione, S. Gregorio, che fu poco
piu di 100. anni dopo, e S. Bernardo,
che fu quali mille anni dopo, efclamano gravilTimamente centra quelli che fpcndono in mali ufi
l’entrate de’ Benefìzi, come con. tra
perfone ufurpatrict de'beni comuni, e uccifori de'poveri,i quali do- vrebbero eflcr follcntati da quelli, {a) Cosi
fcriflero tutti i Dottori fi- no al
1250., quando s'incominciarono a trattare le cofe piò fotcilmen- te: e tenendo per cofa ferma, come da tutti i
Vecchi era fiato detto, ch’era peccato
IpendcTC malamente quello che fopra vanza al moderato bifogno del Chcrico, fu ricercato fe i
Benefiziaci , non fpendendo ne- gli ufi
debiti quello che fopra il bifogno loro avanza, pecchino fola- piente come chi fpcnde male il fuo, o pure fe
anche, oltra il pecca- to, fieno
obbligati alla refiituzione, come chi malamente confuma quel d’altri: le efii fono padroni de'frutti
de’Benefìzj, o, come le leggi dico- no,
ulufruttuarj, quantunque pecchino mal amminifirando , però non fanno ingiufiizia contra alcuno, nè fono
tenuti a rifarcirc alcuno, poi- ché non
hanno mal governato quel d’altri, ma il loro propria / ma fe elfi fono dilpeufatori con fola podefik di
ricevere i loro bìiogni, che la legge
chiama ufuarj, (^) quando non «U^mioao.rettamente, refiano con ' obbli.
( I ) ijfraia U Ctitf* iivntut» riee» ìm Cafi- tsUi ut fffradB i t i Vtfttvi dijtraiti ialU r«r4 dtlSt ttft f» •rimato dal CaBùlia Caittdantnft , ih* i Vtfttvi
ifiitmjtr» a* 2t*nam» , faniò tura dtllt
rndiit dtUt laro Ckieft. Quomiin,
diet in noBouli» Bccleiiii Eplfcopi
abfque Occonora» tnéUfiT rn EtddladKU,
pltcuit ooinctn Ecc(«- Jìitn Epiftopum
habeotem «x propjio CJero Of. conomum
qut!eo ret cius liilfipemur. Se
ptubruin, ac dedetuf Cucrdo- tio
iniiramr: fi ameni hoc non fecerit , eom di*
viob niam Cononibua fiibiict. VideCan.ii*Cnn* ctU Nit^ni u GU £ù traat thiamati Vice* diMnini, tono* fi vtdf dat Caaoiù Volonuii a.
& Diaconum J. difi. *9. i ^uali ftnt
tavati da $. Grtftria. KircdxMMi
dt'nftovi, duo la V*rromia- ma, fi
thiamavaaa tmt Stgmari è ituali tra»» Vf-
tar) it'Vtfttvt ntUa ttmftraluà àPlara V^tavan , ■M Sknari dtll» ttrra . l*; Vide Nooiocan. rhotti, tit. la cap. i.
8t ibi fialzamon. (a) 0» thiama^afi il CW/ijò if'Prrti, r do' Dlatami. Tatti iFafari p fartavaao a f»
C*f>' Uri», affiuilt} fU ijAmmaHf , t
fei m jaeifit la [ma Ttlavtnt
allaÌ,»afTr^aiMa* giatraU, tUì , a tutta
la dt'Ftdtli. ( 4 ) Cuoi BOSf diti
S.Gr»i»ri» A4, j. dtUa faa fafi. amm.
aa. neced'arU indif^niib”'intnillraiMut,
luailUireddiimu, jui'(jirqucp«iiitdd>itum, quatu miièriciRdÙE opta, implemot. Cm^ 94-:.^*
mai dtaaté il ntdrimtnt» afmri, nei rrmdiam.*
Ura tà dt Uro, i facriama fia tifi» ma'
tptra di pmfiitia , fhr ma aftra di
«i^r«ri/Ì4 ■ Perciò dietro Cantore dice
rbc i Stmefiuau a*» [anma lata Uatefima
, frfiamda lor» afifimta, arttfótbi rii
ehi donamo »«a > di Itr», ma di Gita Cri-
fi» , il rmi fstrimamta aoamiffian» im 9 « 4/ netur Epifcopui duan nuanai ad miniu
diftrìbae- re ia pau[ unomembro. fciijcer,
Clero, a uli coaununiq^, quia jaai tubet
propnas pr»> bendat loro fux
poninnii , reminem bona epifio« palla
cooimunta reliquia trtbua tu, quod p;itiperi> tma remaneat debita quaru portio, de
Eecldùeit- bricc fimiliier lua quatta
pórttn . Camamat. a. a. }«. ilf. art, 7.
ia raff. ad qaafitanam l. Sì aurem,
aU'tgii mila ttf^a alla fttanda faifi. redirua Epifeopi untureti, ut rationabilitcr amareat
quod non quali prebenda fibi refpondetr,
led quia pa* ter di paupenim, iRÌnit
ranta bona lux funi fi. dei romnimt, ut
diflribuenda ..... ita quod £pi« (icopui
taiU male dirpenfaiu, de illi od quot hxe
perveniunt, teivei^tur ad reilituuonem orni urnil. In^m f)ti« puuicnbut, vcl Ectlefij*
dcbemur.R*. tiotubiie lUtem videtur
quud, fi abuitdanter redi, tut ex
eccl«nafiici( dRÌm», aut poflcfitonibuiroR.
ftant , «ommilla line Erilcopii, ut pitribut paupe* rum.... PofleSìoaei aurem lepre, aatdonatx
Ec. clcfix caibedfìtU in ranu abundanria
, proculoubio tTcdendum eli quoti ut
patri piupermn Epifcopo treditx
fiiDcideo enim Epilcop» datx funr, quia
occutara fide perlpjciebiiiif eoi effit pitres uupe. (*) Neepum, dit’tfli, propterea quod Papa
ha. bet picnitudincm oorellatit
Ecclefiaftir* , ^boe poflit de bonia
Ecclefix dirpqnerej quoniam pleni- tudo
potcHatit Ecciefiailica; intelliKìmr in ^frinii, libi» uiitum .... Unde ita tcnentur ad
reniiutio. nem qui a Papa bona Ectlefix
fra lihita fafa ha. buerunt, ut
ditcotur, exaltennir , de magnifircn.
cur , Cià tarea fUramaatt il Iftfatifmta , ataadaama faraaalaatata la Dattriaa dt'Qaaanifii , i
^mati dira» uà eha il Fafa fai dart i
Bemfit) ad nurum, « a. fu. a. dUa tba
papa p«c. rat monaliter, fi vult rei
Eeclefialticas confiimere in turpe*
ufiu, vel dare Contàniuineii , ut eoa
dìvttes prz aliit vel ut ipfi con&nuoc p*.* lOZ
TRATTATO DELLE Io erodo che
lenza una Cottile difputazione fi poITano risolvere tutti I dubbj occorrenti in quclU materia: e
primieramente, per parlar a parte di
quell’ entrate che per li teflamenti, o altre loro originarie iHi- tuzioni lòno dedicate, e ordinate a qualche
opera pia, io credo che fieno cosi
obbligate a quella, che lo appropriarle a sè, o ad altri ufi mondani, po0a efier chiamato liberamente
ufurpazione di quel di al- tri : e Ce
alcuno de'Bcncfiziati Ecclefiallici refia di efeguire le ifiituzio* ni delle quali ha cura, applicando a sè, o ad
altri quell’entrare, non credo che pofTa
Cotto pretelle " t ,• di non elTcr
in pari grado ad a se quello eh’ è
laCciato dal il quale non ingannerà sè
Ilei altro canto il debito vuole, che
chi è Cervito paghi la mercede all’o-
pcraio, il quale polla fame quello che a lui piace : nè può efler
dub- bio, che il Cantore, l' Organica, e
altri uli che fervono la Chiefa» non
fieno padroni della mercede che perciò hanno. Non è incovenien- tc dire che anche i Preti, c altri Chcrici,
per li fcrvizj che preflano alla ChieCa,
debbano avere la loro mercede, della quale fieno padroni: e quando un Benefizio e ifiiruito con un
particolar obbligo di lervirc in
determinata coCa alla ChieCa, come fono molti Canonicati, manfio- narie, ( 4 ) Prebende Teologali, e altri tali
Benefiz; , non è inconve* niente dire
che fia mercede di quell’ opera. Sono
cos^ antichi i Benefiz), ch’è perduta la memoria della loro ifii* tuzione; e però non fi fa, Ce aveitero
obbligo alcuno, ovvero no: ma anche
l’uomo di coCcienza Car^ ben certificato, quando confiderei^ la quantità dell’ entrate, e il fcrvizio ch’egli
prefta alla ChieCa; perchè, le quelli
due fi bilanciano, può credere che il Benefizio fia un luo fa* J.irio; ma Ce l’entrate avanzano di molto,
non potrà mai in sè ftcITo fingerfi cosi
lemplice, che creda tante entrate cllergli fiate Ufc late per fame quello che vuole; c non Cappia clCer
nccclfario che riftituzione portalfe
Veco qoftlche obbligo; non elTcndo veriCimile che per lui lolo tanto folTe aflcgnaio. (è) La conirovcrfla
tra ì Donori; ch’è difficile, dilputando
in univerfale, da riColvcrc; è faciliflìma, e Cenza difficoltà, dilcendendo a particolari; c la coCcienza, a
chi non l’ha per propria malizia
foffogata, (i) fui panicolare rilolvc facilmente tutte le diffi- coltà ; (e) imperocché Dio non ha lafciato
incertezza ad alcuno che voglia
camminare fecondo i luoÌ conundamcnci. (d)
ì di quaiiivogua icuia , o colia , ictiiam ogni elecutore di tefiamento che applica Tefiatore ad altri : e reputo che ogn
uno, [fo. avrà per collante quella
verità. Dall* LUI. (f ) Minfjonjnu», Ourfrit HtlU fus
imttr- }t*t*u*m* it'nmn titiffimpin ,
difilli tft orti». * (onterraior acdium
EccUfiiftkanim , te»pl^ inni , «c
»lf«riuin . l«»n . & domeftì* tu» •
mtnfinne . Hodi* in nmltii Etflcnis Mwnt.
curitnquf pÉilmodi* , fi «luriuBi hsbene / OmJ* il r»fi*m$[liM m»ii» *1 . ) Iniqua, iùt il cHn In decima* nm in novo TdUuicRto , fi ultra hooorabilc
fii* pcndiiun MiniArorum Dei, fuica
lenun aEAaeflón uni depueirerur cam
ditnno rotiiu populi. aifiae patri
poupcnim ■ CMMwu/.a.a. «mr. M uff. »d
». (* ) Ck' > (!• tkt S. rirtmfft
l* vrnra nr/rtMjmjfiun , ventoiem Dei
in injulUiin detinent. X*». i> (e) Intcllcfiai ben» ocnnibui fi^ientibui
eum. P/u/.tio. (d> Deui «nim iUit nuniieiUTÌc IUin.i. Dìgitized by Google MATER. BENEFIC. 105
LUI. Quanto a gli acquifti nuovi
, ogni perfona prudente avrebbe penfa.
io che foflero al fine, ovvero almeno che poco più, e aflai
lentamen- te fi potelic acquiftare. I
Cherici, i Monaci, e le Milizie non hanno
più petfona che porti loro divozione: i Mendicanti, che gii hanno a- vuta facoltli di acquiftare, non poflbno
fperare d'efeguirla dove non 1 ’ hanno
potato fare fin ora; e dove hanno acquiftato, fe infieme non hanno perduta la divozione, poflbno fMrar
ancora qualche aumento, ma molto
leggiero : quegli altri, che fi fono fatti deludere dal privi- legio che il Concilio di Trento ha conceffo a
tutti, dell’acquiftare , co- me 1
Cappuccini , coniérvano la buona opinione per caufa della loro povertà: laonde, fubito che mutaflèro in
minima parte il loro iftituto, non
acquifterebbeto ftabili, e perderebbero le limole. Adunque pare ebe non redi modo d’andar più innanzi. Chi
vorrà iftimir Ordine con facoìtb di
acquiftare, non avri credito: chi lo fari con vera mendicità, non può fperar acquifto, durante quella; nè
'credito, fe la muterà. Ma con tutto ciò
non è mancato anche modo proprio, e fingolare al no- ftro fecolo, c non inferiore a tutti i
paflàti; e quefto è fiato l'Iftitutp de’
Gefuiti, il quale, profeflando una miftura di poverrà, e di abbondan- za, colla poverrà acquUla il credito, e la
divozione ; .,e ha 1 altra ma- no capace
di pofledere, la quale riceve quello che la Compagnia acqui- fta. Hanno iftituite le Cafe Profefle (l) con
proibizione di poter pof- federe ftabili;
ma i Collegi con facoltà di acquiftare, e pofledere. (z) Dicono , e bene , che neflun governo femplice
nel mondo è perfetto , ma che la miftura
è utile ad ogni cofa: che lo flato di poverrà Evan- gelica pigliato da' Mendicanti ha quello
mancamento, che npn fi pof-. fimo
reggere con quello , fe non i giù incamminati il numero ' de quali non può effer grande : ma effi ne’
Collegi ricevono , e iftrui- icono la
Gioventù , e la rendono atta , dopo 1’ acquifto delle virtù , a / vivere nella poverrà Vangelica ; pcrlochè U
poverrà è bene lo (copo , e il fine loro
effenziale , ma accidentalmente ricevono le pofleflloni : con tutto ciò è meglio fermare la credulitì
fopra quello che Q ve. de in effetto,
che iopra quanto lì predica in parole. Sino al pre- fente fcrivono elfi d’ aver Cafe Profefle zi.
c Collegi zpj. dalla proporzione del
qual numero ogn' uno potrb conchiudere , quello
che ila loro effenziale , e accidentale . Certo è che gli acquifti
fat- ti da loro fono grandilfimi, e che
camminano ancora verfb l'aumen- to. ( 3
) Siccome il temporale tutto’, che la
Chiefa poflede , viene da limofi- ae, e
obblazioni de’ Fedeli, cosi parimente la fàbbrica dell’antico San- • tuaiìo
( I ) NtlU fmali U Cm»- JUmit .
ttm éiktv* uG*mtrMlL*ì»*t. (s) Ifmdt
fim$i ÌmàM% f«t «MMfwr* wutti
fmdmm. l'htM tgtrvm fw
MttUtmtélmtntt , tSt* t. tJuU ùdiév»
mkt» i Gtfmùi, * e*mt imt» Vt- mftrmtk'i
/un ftn» «Mi jf«ri »m*ti » Vmnxi»t $
(tm ft (In il Urt I/Httut , , fi» autmfmtkiìt etti* MUMM . t f» MM itìU firn ftrti r»timù ìIh »U*ii il Ehi* 0 #M/« mI C*ritM»l Jì Git)^0j il yiM/r fMteitsv» il Ur» r
'utrm» um «M ttetfiv» frtmmrs mtir»m»*
1607. « (à eh* U b* fti ffirit* , «
dtfitfni. mtMt di tkt fi \»»U I» mm
G«v#pm , vt tute* fs tmief! , *d » etti
imftrt» per etrt» editai di Stmto, eii*
i Ireti, i twtuif » i ftfUi 104
TRATTATO DELLE tuario nel vecchio
Tellainento fu fatta di UmoGne , e di obblazioni . All'ora quando fu offerto dal popolo quanto
ballava, e tuttavia le ob- blazioni
continuavano, i Ibpraflanti alla fabbrica ebbero ricorfo a Mosè, dicendo : il popolo porta troppo per
raperà che il Signore ha comandato.- e
Mosd fece un bando, che neffuno faccffe pià offerta al Santuario, perchè era flato offerta quanto
ballava, e di piùtonde (d) fi vede che
Iddio non vuole il fuperduo nel fuo Tempio; e fe nel Tellamenco vecchio , ch'era mondano, non
volle tutto per li fuoi Mi- nillri, meno
lo vuole nel nuovo. Ma dove hanno da terminare quelli acquilli’ Quando s'ha da dire tra noi; il popolo
ha offerto più di quel- lo che balla è
Alf ora che i Minillri del Tempio erano la 13. pane del popolo avevano la decima, e non era
lecito di paffare 1 (r) adefe lo, che
non fono la centefima, hanno forfè più della quarta pane. Non è conveniente che Taumento de' beni
Eccfefiallici fia inlìiiito, e lìa
ridotto tutto il Mopdo ad effere afiìttuaie. Le leggi umane
tra'Crillia. ni non hanno determinata la
quantità de'beni ad alcuna , perchè chi
oggi acquilla, dimani aliena : £' molto Cngolare uno flato perpetuo
di perfone che fempre polfono acquillare
fenza mai poter alienare. ( i ) A'Leviti
nel Vecchio Tellamento erano date le decime, perchè erano l'eredità di Dio; (d) e per ciò era proibito
loro aver altra parte; (e) cofa, che
conviene a chi vuol valerli de' privilegi loto, pigliandoli tut- ti , e non quel fo|o che conviene al proprio
profitto, (a) LIV. I E'
flato abbondantemente detto come fieno flati aoquillati i beni Ec- clefiallici/ a chi foffe commeffa là loro
cura; e come foffero difpenfa- ti. Non
fi è parlato niente di quello che £ faceffe, quando alla mor- te del Benefiziano fi ritrovano alcuni de'
frutti non ancora difpoili, fe egli per
tellamenco ne difponeva , 0 fe «è inttfttn pafiàvano in altre - - - ■ ... petto. $ 4vvitif(tn» vhs lUtntié/t , t BiW f rsmtM.
(») Obt^tfnint meme prnffip*tffnu «qtte de- vota firimitÌA» Domino, ad facie^idum ofui
ial>er. fàacuh ««ftimaiiit t ^ntcquel
«id raltom netedi- tttim «rat «tri cun
nialieribiif pr»buct/rMa M mifmrs eh* il Ckr* fm\ KtddCsni fui Traicaco della Politica di
Trao» eia. id) Ariff , dir* Di* ad Arem , da hù
tfuar ànttiàuumir, ét oblau iunt Dotruno
.... Ooioia obiniio, & ehi, dk'e^li, m mtdtjumt f*mt U trntft r
utm, • U tmm nZlirÀ. It>l. emmf.tm.
fw.i. Dìgitized by Google io6 TRATTATO DELLE con fiJcnuQ , lènza che vi folTe alcun
ordine , o legge che ci& con-
cedcfTe ; ma fempic con qualche mormorio , cosi degli eredi del
Pre- te morto , come anche delle altre
perfone , per le lèvere eftorTioni che
^cevano i Collettori , e $otiocollettori , i quali mettevano in conio di fpo^tie eziandio gli ornamenti delle
Cbiefe, c davano molta molellia a gli
eredi, anche fopra i beni acquillati con induftria, oca- vati dal patrimonio; tentando di farli
apparire come cavati da’ Bene- 6 zj; e
io dubbio di qual qualità foflcro , fentenziando che appartenef- fero alla Camera; e travagliando chi loro fi
o^oneva con Icomuni- che, e
cenfure. In Francia l’ulb aveva
introdotto che le fpoglie de’Vefcovi, e de-
gli Abbati lì applicalTero al Papa : ma nell’ anno 1385. (*) Carlo VI. Iq proibì, ordinando che gli eredi
fuccedcflèro, cosi in eflè , co- me ne’
beni patrimoniali > ( i J In molte Regioni fa l’ ufo introdot- to , e continuato lino a quello lècolo ;
quando per 1 ’ eUorfìoni de’ Col-
lettori crebbe cosi la querimonia di molti, che alcuni ebbero ardire di opporfi apertamente, e negate che le fpoglie
de’ Chetici morti toc- caflèro alla
Camera del Papa : Perlochi nel 1341. Paolo III. fu il ^rìmo che fopra quella maceria fece qpa
Bolla, dicendo che al- cum curìoli , ( a
) per ufurparfi 1 ; ragioni della Camera Appollolica , e defraudarla , mettevano in dubbio fe i beni
de’ Prelati , e di al- me perfone
Ecclelìadiche , chiamati, Sfoglie, appartengano alla Ca- mera , per non eRèrvi alcuna Coflituzione
Appollolica che glieli ap- plichi :
febben dall’ aver mandati Collettori in diverli luoghi appari- fee chiaramente cOcro fiata mente della Sede
Appollolica di rìfervar- li , e
appropriarli alla fua Camera : per tanto dichiara , e ordina , e collituilce , che alla Camera Pontincia ( 3
^ appartengano le 1 ^ glie é. Otltitt.. Ó.) OrJùisuétu > riftriis »IU
iifiaf* fart. ). luI.farlun'.TH. ar.
tdm fittifm tlU t /«»• fkMms , ft/'t
i/h^riu fmtln «• Jl éU4 Jtll* iJltrSni,
$ d*lf4 tfif^fertsàUì rW TMifutmtt. ^od
iptcwnabik, & ir- rauopabilc
exiftit, Ikci deiure.ufa, Accoofuetu-
.dine, Ac rommunt obrervantia notorie obferritii. £piln>pÌ5 re^i noftri teftari iicest, Ae
in IbU re- ftamentu ft^utore» ordinarv i
qnt prediAi ex*- cutorv*> kìtrm
ipforuen Epi- dujB (afiu ereniunt, per
iudicei i Ac ntEriarioi noilroe
cocBpelluBiur, A( cocnpelli con-
l^aeruat. Et cam ita Est, zdiÉc» , le poJTclKo- nea didonim adiEcieoim Epiftopaliiun in
Qain non dcloniu pennanebuat » onni
ruins carvnen. Anatm. bboc> ^un
Bpifeopum in recno noltro ab lufc
migrare contingir , Cotleaaroi , sut
^bet^ledoret uumni Pontiiina tn provinciù, qui* bui iub&Qt hujnfiaodi Epiiropt , ipuiu
fiimmt Pon- riiitie auAonute, bona
moWia, tnmobtlit, «x ^ceiTu talium
^iftoponun relìAa, ctiain illaoii* j«r
fuiot induQrum quaiìeraK • que aoipliiu
ipfbnim EpiEopo un ncquecanfeanir , iéd ad (boa bereder, aiu comcn «aecutota rpcàaói,
capiunt. .... Notum i|itur kcimut,
Acc. ( a ) Km i ^rfi titt/» emrùfitm ,
*mmuU fi Lt « fart fM frntnpmi
trttfivaf Carta di Sjms à* prattft
tamta taft , rie fimsi- mtnta ì fimta
tmtfisna dma»darU U /rrrU. X# imtrapTifa
da* /«pi kmmffaffa ftfimui trimaipi «
pmdar Taratj, r %U UanNor datti m fmndat la
ptaaa , far liufiifitart l'armi .
Cuoi a aonnuUir nimìum curìofìs, qui |u*
*•- OmiiiM Apafiilw uiiarpara , ac Caineium pr«* fiuam illta detraudare vdleni, in dubiom
reniga, tur, an rei. Ac bona,
nur-ntpata. Prelato- rum, catcraronqoe
perióoarum Erclefiadica’ucu ,
iècuIariiLm, Ac rcgularìum, Mmpore obhua iptò-, rum rananentia, ex to quod Rom. Pontifici ,
Ac Camere prsteu rciervaii fore, aliqoa
gencraJi i^ftolica cooftituriooc fbrfin
non caveatur, a4 Camcnin predi Aam jure
Iwititno tMftare Aeper- linerc debétne.
Noi, età wu evidcatcr conibrc Ac
appareat , prsdetsBonun noftronim Romao,
ponnneum , Ac nollram indubiaro intentionem Ac voljtuatem faaper fuifle, ut haidaKiiti
aa diebun Camerarn CpeAnreocAc
^rrinereiK, Acquod prò eadem Camera
eiigcrcntur , Ac mqperaikm cur, mai Pnrrdeeenbm
pnciiii divcrCa difiortim fpolioruu, ut
ad Csmerapt rpcAanrìum Ac perti-
ncimuin, Coltedom, Ac Exa&orci in variu prò- vincili Ac loctt depataverint Ac
rooiiituerinc , Ae noe depatavertmut Ac
conlbnierinuis t ac (ftnper de tlUs diài
PrndeceiTotei per picrai'que liter» ,
lantnam de rebua adCanMram pemneoribut, dc^ naoM, vel craoilgendodifMAieriu, Ac noe
di^o* faerioiga.., . dubrua huiolinodi
enucleare, ac ia pt« que qatlitat», de ejaamitam exiftentu,
aciaqni* bufrii regionibui, de regnii ,
ae doenìniù , uni citta, quain oltra
montei , de maria coadQeotia^ per quotTÙ
Clericet, tam (ècatarei, qoatn tega,
larei, dee. ex negonaiioae tlticita, aut aliai con* tra (icrot caooaei quomodoiibetacquifìta, ad
eam* dem CaiDcram , de non aliot, etom
10 quiboC vis CathedraJibiu , etiam
Metropolicanif, de Col* legiitit, ac
aliii EetleGit, Monaftcriii, holpitali* boi,
itvìIkì», dee. racceflbret fpeAare, ac fób no.
mine rpeliorum veaire, ii!sqae oti ff^s ad Ca- meram pertinentia , perpetuo eolligi
potuiffè, poC (tf oc debarc. tft vtm .
1560. iM. taf. mltim. o8
TRAT.DEL.MAT.BENEF do, e pagato quanto
fi h convenuto, ogguno dice che del rimanente
fia aflbluto, e lo poflà lecitamente tener come fuo, perchè il Papa
è, come fi è detto , o padrone , o
amminiflratore univeifale / e quello
chiamano compo^ colla Camera Appoilolica : il che viene anche lle- fo molto ampiamente, ficchè quelli che o fanno
in cofcienza, o dubi- ttno almeno di
avere cofa che loro non appartenga, onon fanno a chi reftituirb, fanno la compofizione i 109
DE J U R E ASYLORUM LIBER SINGULARIS RETRI SARPI
J. c. AUGERIUS
FRIKELBURGIUS I- G. GERARDO MALDECHEMIO S. D.
I NcidIt tiuper iti manus neas Itali cnjufiam traSatus De Jure Ajylorum , quo cuuSa qua hoc de re in
memem w- nirt pojfum non perpenduntur ,
«Ir examinantur nodo ; fed &
definiuntur ex legum prefcripto clara profe3o -, doSaque^ (y perfacili methodo . Oper^ me pretium
faSurum exijlimavi , fi , utcunque
pojfem , Latine facercm qua nagnus vir Italice confivi- pfit , tum ut ekgontijjimum opus ab iis etiom
, qui Italico nefciunt, legi , dr
intelligi pojjit ; tum etiam ut tu ipfi , mi Gerarde , tui- que fimiles, pietate aliquanto plus quam aMSit
cogmfiere pi^ tis quid Itali-, nationum
omnium religiofijfim -, hoc de re fentiant-,
dum Ecclefiarum quidem immunitatem non filum tuentur., atque fartam teSam conjervant; fed au&am,
&• ampl'ficatam quam ma- xime volunt
. JuJUtian vero qua delilla pleSuntur , ó" publica quies-, eb* tranquillitas maxime fufinetur-,
tantum abeft ut oppri- mani , ut etiam
ubique adniniftrari , atque exerceri decernant . Quo egregio umperamento non Ecclefia minus , quam
Forum , dy Tri- bunalia, fitum jus
retinere ptffint . Vale. INSTI. Digitized by Google I IO
INSTITUTUM O P E R I S, ET S U M M A. Criptorum in Jurifprudentia gregcs,
atque adeo rem quamlibet facilem 8c
cxpcdìtam obruunu & abfcondunt, ut
per mihi mirum videri non poU iìt, fi
EcdeGanim, quam vocanc, immunius,tot
Poniificum dccrctis* ftatuiifquc legibus clara, Do- dorum adverfis opinionibus acqua fcntcntils
mirum quantum di(ba£la, ac dilaniata,
vix fpeciem re- terai fui; fitque fxpius
in esula , ut intcr Eccle^ fiaUicos,
dcLaicos Magiftratus, muli* & mago*,
immo vero inexplicabiles coatcntìoncs oriamur. Quam ob rem frequen- ter in mcntem venit quam re£le, & ex ufu
publico faccret is qui rem tanti
ponderis ac momenti , dilputationibus qu« vcritatem bue Uluc trahcrc lolcnc omiflìs, fine fpe,
Scambitionc, gravitcr, & accurate tra-
ftarct. Sed quo niagis id optabam- fieri, eo quoque impenfius a
fcriptione abhorrebac animus. Modo vero,
cum mas accepi licteras , Prsful fan-
{lUIime, quibus me diu repugnantem, & inviium ad fcribendum hac
de re lumma qua poUes au^orliate
compellis potius, quam invitas, & aU
lids; tuo quidem imperio, prout maxime dccet, obtempcrarc decrevi; fcd brevi, ccrtaque methodo, ut 1. Quid leges Principum, Quid EcclcfislHo» iuca. Aatuant primo
videamus: 3. Rationes deinde, e quibus
tot Scriptorum opiniones incer fe re-
pugnames originem traxerunt , afieramus in medium ; ut de- roum
3. Quid in judiciis, 5 c praxi oiimìno Hatuendum fic a quolibet cognofei polTic; nec valeant in
pofterum nonnulli e dupon- dio
Turifconfulti, aut verius, numeris omnibus abloluti aHentatores, tam preclare imponere, & fucum facere
judicantibus» CAP. r. De Princl^ ìegìbas^ EcdeJiaJÌkif(jue
eonJlU iutìonihus, T Otis quingentis annis poti Chriilum Jefum
natum, nujlus cft Ec- clefialticus Canon
qui de hac iromunitate decemat. Imperatorumi
tantummodo legibus Gatuitur; quarum fex a JulUniano in Juris
Civilis corpus rciat* mnt. Harum primam
Arcadius & Honorius, Augufti , anno
poli Chriftum natura CCGXCVII. ftatucninc, qui
reatu de Ut , qui ad
Eccitf. Digiti-etì by Google A S y L O R U M. Ili no» diqm), vel ieihù fotigéti , fimdant fe
CImJHau legi vtHt no- jMgi, M, ai
Ecclefua (mfiàgientn, evitate fojftnt crimma ^vel paniera ie- bitanm, aneti debire; nec ante fafcipi, quam
ieiita varuttfa reiiiieritit^ vel
fnerint, innecentia iemoaftrata, purgati.
Poli hanc iMem idem Honorius cum Theodofio anno CDXIV. gene- ratiin fanxiCy Netnini licere ai facrefaaSas
Ecciejias confugientas abin. cere , ea
condjtìone ^ ut ^ Ji quifquam cantra barn legem venire tentajfet ^ fchet fe Majtjiatis ctirnine effe
retinenium. At anno CDXXXII. Tbeodofius
ipfe una cum Vaientiniano leg«m tuUt, ut
( A ) fermi, fi in Ecclefiatn , altariave armatut trruarit, exinia prMinns abfirabatur , vel caniinuo Damine
iniicetur, eUtmque max abflraien. ài
capia nan negetnr ; imrao vero, fi armerunt fiducia refifienii anhuum canceperit, abripienJi, extraeniique quibut
ii parafi efficert viribut, atqua
pugnanda impune accidendi, Eadem lege Domino fàcultatem facic. Mar- lianus vero Imperator anno COLI, edita tege,
{c) feditianet amnes , canctamarianei ,
tumultum, & impetum in facrafanSii Ecclefiit, & aliisve- nerabitibus lacis, in quibut vara campetit
celebrati , omnino vetuii ; ultmù
fupplicii poena propoliu. Et
anno CDLXVI. Leo Imperator (d) lege decrevit per amnia laca valitura, excepta urbe Regia, in qua degem
ipfe, quatiet ufiu exigeret , preUntanea
eanftituta prafiaret ; nullas penitut de facrafandis Ecclefiit ex- pelli, aut trabi, vel,panabi canfigat, nec
pra bis Epifcapas exigi qua ab ipfis
debeantur- iis, qui bec maìiri at^s juerint, capitali, & ultimi
fuppli- cii animadverjtane pleStendis :
fed , ipju Jervata lacis reverentia , vadati paf- fint^ r^uga , (5* Judicum, quibut fuojacent ,
feneentiit maneri, atque earum arbitria,
fiate per fe, five infiruRa felemniter pracuratare, in ejus judicis , cujus pulfatur fententiit, examine refpandere
■. Multis conftitutis tuiflioni- bus, ut
credilores folvi pofTint a debitoribus ad Ecclefiam confugicnci* bus : Servar autem, 0* Calanas, ftmiliaret,
five libertas, 0* alias amtefii- cat
perfanes , vel canditiani fubditas, fi ad faerafanSa fe laca contulerint , uhi remijfiane, venia , & ftcramenti
interventiane fecuri fine, ad lacum fia-
tumque praprium reverri aebere. ^
Juftinianus deniijue ipfe anno DXXXVI. vcluti non minus jullam & reélam, quam ufu receptam, fanaionem refert,
& conftituit; (e) Ne- qua, bamicidis
, ncque adulteris , ncque Virginum raptaribus delmquentibui terminaram caueelam cufiadiendam; imma
extrabandas, & fupplicium tis in.
ferendumt Cum templarum cautela, nan nacentibus, fed detur 4 lege'. ir nata fa pajfibile , utrumque neri cautela
facrmum lacarum & 1^- tem, &
lafum. Fiuta fune notabilia, qua: ex hifee legibus manifefte conlUnt.'
L Ecclefiallicos Prsefules iis tempo^fana ne cogitaffe quidem ad
ofii- cium iuum pertinere ut leges, aut
conllitutioaes conderent de Eccle. Carum
immunitate; immo vero, cum certo Isiceot Principis eflè id (la- tore, ab eo leges accepilTe. Huc accedit quod
aiuto CCX^XCIX. Con- cilium, ut vocant,
generate Africanum mifit &ugonium , i(. Viocen- ^m, Epifeopos, ad Honoriust Csdàsem, qui
i^^liciter petetent ut m qui ad
Ecclelias AIricanas confiigecent , licer deli^ pcrpettaOént ab iis non extraberentur. IL De
( a ) Sai. I. rUclH . { b ) Ead. t. Si fcrvut . (c) Eoi. I. Dauaàamai
. (.a) Ead. LVrt^l . ( e ) .aut/x Ite
nuui frinc. tal/, , Digitizod by
Google I IX DE J U R E
II. De hac Ecclefìarum immunitatc ne vcrbum quidem faflum fuif- fC) non modo dum Romani Imperatorcs Idolorum
culrores fuerunt; fed ctiam centum annos
poflquam fibi Chriftianam religionem ìnduerunc , nuUam omnino ejufdem immunitatis mentionem
effe fa6lam; cum nul- la hac de re lex
repcriatur ConlUntini, aut alionim Imperatorum , ufque ad Arcadmm. Hujus autem rei ccrtilTima
caufTa haud longe quz- renda eli.
Etcnim, fi Chrifli fideles ea temperare, prouc omnibus con- fpicuum ed) nulla ratione in Ecclefiis
admictebant eos qui cujulvis ge- neris
deli ab Ecclejie 'Atriit, vel Pomo
Epifcopi reos abfirahcre omnmo non liceat; JeUna al- teri coa/lgnare, nifi, ad Evangelia datis
facramentis, de morte, p- tlcvili- tate,
O- Omni panaram genere fint fecari: ita tamcn »f ri, coi «*/ f"* niinlfttS fiterit, da fatitfaHione conveniat
: Servas etiim qai ad Ecriejiam
confugerit prò qualibet culpa, fi a B m im. odtnifia colpa
facramentim Mcepertt,fiatim ad
fervitiam Domini fai rcdirt cogatae. '
Hifce in Conftituiionibus mulu funt animadverCone dignillima." Primo non effe in iuris Canonici corpus
redaflas , temporis habita ratinw
VTearum primam effe llerdcnfis Concil.i, Anno DVII. ouam Hifpaniz a Romano Imperio le
fubtraxerant : qw faaum eft ut Episcopi
il, qui certo fciebant quantum lua fe extenderet auilorius , EccleCallicis tantum viris imperarent;
citeris non iiem; ut ex iploitiet Canone
clariflimum, & cuique obvium eft. (g) Sed cenwm an- nis ut Laicos etiam includerent, Reges
rogarunt, ut ad EcclefiM con- fuEientes,
ob lacrt loci revercntiam. Regi* lolum
committerentur : tandemque anno DCLXXM. in ea Conftitutione qu« decima eff ex iis qu* fupta adduil* fuetunt,
omnibus commune dwre- tum fanxemnt; fcd
Regis coiffenlu ^hibito : qu^ in tpt Conulu li-
bris particularitet expreffum eft hu ipfit verbtsr Confenttcnie
glortofijfi. no Domino Nofiro Eringio
Rege, hoc fanaam Ceuciliam defintwt ;^ce(
(1.) yr.Eod. Co mctuentei . ( b ) ^//. Eoi C- ifxar. ( c ) W/A C. miUui
. (d) JX. £-iit,C.fi
(e^X.Sod.CoiÌefir.m]to ({) Xo'o £od. Co
ccrfiitmmuf o (g) meeo6.caf.tio Dìgitizediby
Google — - *r A S Y L O R U M. 115 in corporc Concilionim fcriptum fit
folummodo, DcJfjiww C»»- «//e ut, fcilicet, reo avulfo ab Ecclefia, fit
Ulico qui eum dirà devotus, &
Chrirti-fidclium commumone privatus. Sed lunt O- Mnes. ut vocant, ferendo /e«eW; ut, poftquam
reus exiraaus fiie- At (ùbeat Prxlatus
monete; & nifi fuerit reftitutus, aut ,ufta det.nen- di caufa aliata, lune demum polfit ad
cnemnmnicatmm fententiam le- rendam
accedere. . ,, . i- Quatto
confiderandum eft, Epiftolam Auguftmi nomine aUatam, ep.l- dero cene non effe; ficut etiam 15. alix qux
Sanai Ulius nomine fe- runtnr ad
Bonifacium Comitem conlctiptx, «c Bonifacii ad Auguftmum , eujulvis potius, quam eorum, effe poflunt. Id
vero cum ipfa rauo latis fuperque
demonfttat; tum multo magis verbo illa, SpeH.»f- il & Magnifici, honoris caufa Corniti
tributa, abepis tempeftatis con-
fuetudine ionge remota, n« ab ipfomet Auguftmo uni^uam adhibita iis in literis quas ad eumdem Comitem ipfe
Mrfctipfit ; m quibus etum quammaxima
Divus ille vir agit cum modeftia, non autem fuperbe, & arroganter, atque imperiofe, prout
Sycophanta, quifquis ille, fcribere
voluti . Quod vero multo magis earura falfitatem yel coeco demon- ftrat, Bonifacius Comes nunquam Hipponam
incoiali Divi Augiiftini V«*>» Ji- ^ (a)lii.i.tjifl.S. Digilized by Google 1
j'i6 DE J U R E civitaiem; ut
fieri omnino nor luti fucfiiJi;,
tìullibct eorum , prout fibi, atquc fcgionibiis fuis condu- ccrc vìtuin Canones confijtuit. Cum iiaquc varias
rcgion« diverfas ctiaui Icgcs
itquirercot, prout homìncs plus, minufve ad dclffla pro- penfì crant,^ uftufquifque proprias leger ad
regionis lux nores adapta- vit. Hi vero
Canones omnesante annum a Crìilo nato MCC> promuU. gati funf;^ deinceps vero Romanorum
Pontificuin Decretales, quas vo- cant,
rc. uregorim autem, ejufdem norninis {b) Nonus, Pontifex, declaravìt Ecclejia y in qua divina myjìeria
celebrantuTy licet adéuc non extiterit con^
ftcra/My nullo jure priviiegium immxnhatis adhnii ' Idcmque addiditf cum nonnulliy tmpunitatem
fuerum exceffman per de- Eccle/U
obtinerè f perente^ y bomtcidiay tT mutilationet menu Trm-m fpjU Etcfejih y vai amum atme^eriìs.
coipmiteere non veremtm f quey njji fer
Ecclcjìamy ad quam refugfunty crederent fe defendi y^ nutìtu tenui fuerent commiffu/fy rales non debere
gaudere privilegio quo faehuie fe
indfgnos» ^ \ Hifce' Joannes, 'ejus
norninis XXII., Pontifex Romanus, adjunxit etiam, (d) Hereticos fefe Ecclejiis tueri non poffe,
. Nec alic in medium afierri poflunc
ieges quibus Ecclefiarum kÉmu* nitas
inniratur. Hz vero omnes adco clarz lunt, adcoque faciles, ut., fi in judiciis, aique Eraxi fincere, &
prout verba exprimunt, adhibe* /
^enfur,^^' nihii oranino difficulratis fupereircr. At cum Jurikonfultorum òpinionU)US, & interpretationibus ad
diverfa protrahantur, de his etiam,
capOrque unde tot Scriptonim fententiz originem duxere ,
fingillatiiii diccndum eli. CAP.
hnmmìtatm . ( d) Exnavag. DigitiztxJ by Googic A S Y L O R U M. 117
C A P. li. De variis Scripeertm
epiniomika órca Eniefimm • *
mmunitafem^ Ó" tanm caujk, . . T
Anta profeto eft fententiamm vxrietas intet Jurìrperitos qui de Ecclefìarum immunitate hai^cnus fcriprenuit,
iildemque Ugìbus innituntur, ut line
dubio lAirmarì poHlt nullam omnino hac de re
quz(tk>ncm proponi, aut Cafum accidere, in quibus in utramque
par- tem res terminari non valeat , atque
adeo Doélorem aliquem tefiem , &
aufìorem laudare. Ex iis tamen non pauci funt qui non modo fx- cufationem promereri, fed commiferationera
etiam tommovere debent/ librifque
vulgatis, non Auftoribus, nota quzlibct inurcnda . Etenim fi- cuti 'in rebus aHis quz Ecdefiafticam , aut
fccuiarcm juriididionem at- tingunt, fic
etiam in hac ipla, nov^ims imprefliones cum antiquis non convenHint* led quscnnque Principum jus,
& audoriutera {M'onxv verent, ablata
fuerunt; & fzpius negativa particula, ut Grammatici lo^ qnuntur, addita, ve! delcta, mifcellos
libros, vd invitos, & centra Seri-
ptoris mentetn, prò ConTflem arbitrio loqui cocgcrunt . Id vero non modo ex librorum ipforum variis impreflxonibus
invicem collarìs mani- fcfto
deprehenditur; fed W/cifair folummodo £x/>argarorw infpedis, qui- bus facile fingala quz immutau funt uno
afpedu v:deri po^funt. Qiia- te, ut in
re tam dubia rc£lam, tutamque viam amplefli iiceac, Ila- tuendum eft ante omnia, quafnam rcjicere
dcbeamus,,quarve icqui Do- dorum
interpretationes, Id vero fàcillime cognoTci poteri^ , li vcratn illam, 3c germaham caufam, ex qua opinionucn
varietas exona c(^, a- nimadvcrtcrimos.
Hac vero eft, quia noluerunt Doélorcs intra iegum ipfarum, 3t canonum verba luas opiniones ,
& dida contincre; immo vero
amplifìcationibus, 8n exceptianibus, quas fslkHtiat dicunt, eas ada- ptarunr, prom aquitati convenire
exiftimaverunt. Qua de caufa in nuU lam
debent reppehenlioném incurrere.* omnes enim nihil anciquius habue- runt, qu.im ut communem iUam, aique
difpatatìonibus cundis necefta- riam,
Reguiam jurk fervatene, qua ftatuitur.* fi juris ipfm difpofitio be- ne finum alferius^ prsmiumve refpiaat,
fififue favorMis^ l^um verba y lì. cet
prejfa , atque Jìr 't^a , ampl'tjìejntda , atqut entcndenda ejje } fi vero
ptz- naruTrty atque rìaerU rationem
babet y fitque invidio fa y quam odio/am appef
hm y voces eafdcm quanhìis latmty Ò" uberius loquanfuty prejfe
ta- mtn y firi^imquey quatet^us jus
patituty expiicattdas effe». • Qj 2
certe regala nanira maxime conlona. coovenienfque apparet.Et enim, ficut rerum hitmanarum fapientes
coofìderant,, adiones omnes flint
fìngulares; nec ulla ratione fieri poteft ut due qualibet ex parte fine inter fe fimilcs, atque omnino pares.*
quo fit ut fingufis propria indiecant
regola: lex vero, quz mi segula quxdam univerfalis omoino conftituenda eft, necelario ob id ipfutn,
quod untverialis eft» manca quodainmodo
fint, & imperfeda, aut comprehendens quas excipere, auc CTcipiens quz comprehendere deberec .
Qnamobrem neceflàrìa omnino videcur
benigna quzdam interpreutb, quz legem.dirigat, & ad zqui. tatem reducar. Hinc vero prolìcifciiv ut, fi
zquius amplior. videtur , quam legis
verba, hzc debeanc amplificari quamum «quicas ipTa po- ftulat.
Digitizad by
Google Ii8 D E y>U R E Enlat. Ae fi lex eadem verbis extra «quluris
fines, 8c limites egredia» tur, aequunt
maxime eA ut interprecationibus intra eos coerceatur: Ut n lege lata pana impofita fueric iis qui Dei
optimi maxiroi nomea yanfiiflìmum
maledif^is, probrifque prolcindant, cum res ìpfa de qua decernitur, pietas, fcilicec, in Deum, maxime
favorabilis exìAat; juAa intcrpretatione
a nomen etiam facratiiTima! Virginis, epis matris, at« que SanBorum omnium extendicur» Quod fi lex
altera excipiat , qui motu quodam animi
violento percitus, atque ira prsceps furens, ver* ba promleric igoominiolà in^eum ipfum; hoc
invidiolum eA, nec de quavis ira
intelligendum/ fed juAa interprctafione ad eam tantummodo rcdigendura qua celeri, atque inevitabili
impetu fenur , mentifque & ratiunis
uium ita impcdit, ut quid homo Abi velit, quidve dicat» aut fadat, omnino nefcire poRit« Quod vero IpeBat ad EccleAarum immunitatem,
NonnulIi,cum ani* madverterent eam non
alia ratione conAitutam effe, quam ob revereiv
riam in locum Deo facrum, & ex co ad ipfius Dei maximi honorem, & cultum pertinere; bu)us przcipue
rationem babueruni; idque veluii
zquitatis regulam lìatuentes, cui legum verba adaptari debeani ,
este- ra cunBa fulque, deque daxerunt.
Cumque nullus omnino reperiri pof- fic
honor quo multo major Deo tribui non debcai, interpretati lunt eamdem pariter rcvcrentiam tribuendam efle
non folum Deo l'acris lo- ck,*fed
omnibus etiam qus iis adhsreant; iifque cunBif habendam ef- te quantam maximam animus capere poieA, vel
jultiùa ipla Aias fibi res habete juAa;
atque, ut ajimt , quibulcumque pravorum hominum
oppreflionibas tokraiis, ut iramunitatts honos iis omnibus tocis
religio- le concedatur qus Ecclefiarum
fpecicm aliquam quomodolibet referre
poHìnc. Hifce vero, quafi fundamemis, pofìtis, leges , & Canones
omnes de Ecclefiis decememes, ad ea
cunBa protulemnt qus Coemccefia, Mo-
naAeria, Oratoria, Sacella, Holpitalia vocam, feu quovis alio
nomine cenfeamur, ea in quibus pictatis
opus gliquod peragi videatur« Ubi ve- ro
leges i|^x, le Canones Ecclefiis immuniiatcm concdTerunc iis tan- tum in rebus qus vel comimfenMìoaem movere,
ve! ^Aa defendi ex- culatione poAint;
idque honeAis, ac tolerabilibus conditionibus ; Urdem amplìAcarc, atque dilatare rem totam ita
voluerunt, ut cnormia quae. que, &
graviffima facinora comprehenderent / quod A, ragione coaBi , aliquid exccperini, jnlHiis tamen, atque
judicibus ipAs eas impoluerunc
condiriones, ut, iis obiervatis , Aeri nuaquam omnino poAìc ut
debi- fum juAitia Anem obtinere, vixque
nomen Atum, aut ne vix quidem rctincre
poAit : quodque caput eA , non modo perpetrata facinora , at* que 4Bi^, EeeltAaruffl immunitate inulta,
impunitaque remanerenr ; Icd novis
etiam, iifdemque enormibus criminibus aditus tuiìAimus ape» ritur; ut qui jam oommiAlTcnt, fecuri in
utramvis aurem dormire £a» Cile podent;
3t qui admitterc vellent, facilitate aìleBi, & lecurirace in» vitati, nihil prorlus tutum, aut a crimine
vacuum relinquerent, Id enini imcr
estera DoBores aflìrmarc auA funt, Principes ncque fententia da» fonare, ncque habere ^tisAionem poAecontra
eos qui ad EcclcAam con» fugeruAt, ncque
dum tnibi pcrmaneanc, nec poAquam ab ca difeefle» hot / quodque rifum nagis, 8c Aomachum
moveat, flatoerunt Ecclc» fiam i^m
teneri ad alimenta feeleAis homimbus prcAanda, dum ad eam cònfagientes ibi reAdent. Digitized by Google A S Y L O R U M. 119 Alii Do£lores contri ei^inurunt iuflitum ,
atque deIi£lonitn pce> lum ,
publicarque tnnquulitatis confcrvationem magis cITc Dea maxi- ma graiam , quam EccIcGarum immunitatem :
idque velati zquitatis fundamentum
inrpicientes , legum verbis, ut iplà rem quamquc nount, aeceptù, non petmittunt ut leges, &
canone: ad alia loca pcrtrahan- tur
przter ea quorum rigillatim mentio fa^ fuerity EcclePus, fcilicet, ipfas , quz reapfe , non autem nomine tantum
, Ecclefiz funt . His enim temporibus
tanta eli ubique locorum frequentia quz piotati
alicui mancipata vìdentur , ut , C omnia comprehenderentur , jam quzcumque incolimus Ecclefiallicz immuniutis
privilegio donau ef- lent. Et quoniam gravium deli£lorum exceptio , in
quibus nulb conceditur imminitas ,
fpectare jullitiam videtur quam zquitatis regulam llatue- nint , exceptiones illas aut ufdcm
rationibus, aut etiam firmioribus , k
validioribus ad alia facinorum genera extenderunt quz a legibus ,
Se canonibus minime nominantur: idque
tam ampie, ut nihil immunitas meri
polGt, nifi ea quz mifcricordiam merentur , prout etiam anti- quorum fuilTe videtur fitntentia. FaSlum eli
etiam ut Doflores aliqui , cum, velati
juris. Se zquitatis regulam, modo hanc, modo illam ex iis quz diximus fumpfilTent , varie loquuti
fint , atque a femetipfis non femel
del'civerint; alii vero, nelcientes cuinam precipue ex iiliem re- giilis adhzreicere debeant, adeo confule. Se
obicure pcrfcrlprcrini, ut nihil omnino
ex eorum fcriptis elici poflit ; alii vero do^rinam fibi- met repugnanicm habere viC fuerint, ex eo
quod ii qui eorum libros, prout ipfis
conducere vifum eli, interpolarunr, non mutaverint omnia : quamobrem alibi Cncerz, atque germanz
Scriptorum opùiionis vcftigia permanent
; alibi vero eorum verba , Se fenientiz dumtaxat apparent qui Auflomm mentem detorquere prave voluerunt
; ut Dollores fz- pius fibimetipfis
contrarii. Se inconflantes, atqde volubilcs aliorum cul- pa exillimentur. Igitur qui velie ex Do£lorum leflione
fruSlum colligere, facileque ftatuere
quid ipfe judicare debeat , atque adeo in praxi executioni mandare, nccefie eli ut ante omnia certo
fcìat quznam ex iis duabus regulis norma
effe debeat , qua opinione: examinare , Se afliones inlli- mere, ac dirigere valeat. Id vero cum tanti
ponderi:, atque momen- ti exillat ,
quanti unulijuifque facillime cognolcere pote|l, operz prcr tium eli ut exafle de ipfo trailemus. C A P. III.
^asnam tqmtatis norma in juJicìù, tf prJxi /equendn J!t, XTOmines cunflos ad honorem. Se gloriam Dei
Optimi Maximi non orane: modo, fed etiam
languinem , Se vium profundere de- bere,
adeo notum, naturzquc legibus in omnium animi: infcriptum eli, ut nihil magis; nobis autem
Chrillifidelibus ipb quoque fide, ac
Religione certiflìmum; ficuti paritcr clarum eli nobii , ac minime ani- bigmim , duo effe honorum genera quz Deo
tribuuntur : Alterum eadem ipfii ratione
aibuitur quam Deus ipfe nobis conllituit , quam- qu« a
Digitized by Google I^o DE J U
R E que a nobis fé cxìgere dedaravit :
Airerum ^vero ea forma qua nos Ipfi
honorem habendum exiftimamus. Scatuit igitur facrofanéla Ecclefìa linumquemque utrifque teneri ; fed primis ,
Àvinis , fcUicec , praxe* ptis, multo
magis : quod fi aliquando evenirec, prout rerum humana> rum conditi© fcrt, ut non poflemus utraque
fimul integre praeftare, iis exa6le
parere dcbemus quae Deus manda vit, omiiTis iis quz pendent a nofira voiuntate, fi impedimento fint
quominus divina prxcepta exe* qui
poflìmus . Cum enim divinura przceptum foret Mofaica lege fìr* matum, Parentibus opem ferendam; cumque ex
hominum pietate fpon* te induAum fuiflet
, Tempio maxima dona elargiri y Chrifius jefus y Deus nofler, reprehcndit acerrime Fharifxos
qui tempio munera olfer- re, quam
Genitoribus auxilium ferre, atque fubvenire, impenfius lau* dabant : eamque divino ilio, atque
fanétilTimo ore caufam adduxit, quod,
fcilicet, hoc divinum, illud vero humanum przceptum elTet ; luofque docuit fideles nulla efic ratione
laudanda munera quz tempio tribuuntur ,
fi impedimento fint quominus Parentibus auxiliari pofiì* mus , prout Deus ipfe przcepit . Id vero ad ea quz nunc agimus mirum in modum conducere, atque accommodari
pofle manifefio con- fiat. Exploratum
fiquidem efi jufiitiam diferte, atque exprefie a Deo przcipi , eaque Deum fummum honorem fibi
haberi declarafle: quz fi jufiitia defit
, Principibus ipfis , ob id , atque Regibus regna , & imperia auferenda, atque in alios
transferenda docce : cujus doflrinz
innumeros polTem facrarum litterarum locos tefies laudare. Cercum
pa- riter efi Ecclefiarum immunitatem ob
innocentium fecuritatem , & eo- rum
qui jufiam aliquam erroris excufationem afierre poflent , infiìtu- tam fuiiTe Principum legibus , &
Ecclefiafiicis confiitutionibus fanci-
tam, ob reverentiam qua profequi decet locum illum Deo lacnim ', non ut Ecclefiz ex orarionis domihusy
fcclerum omnium rcceptacula , &
Utronum fpclunca fierent. Ex his omnibus confequens efi necefla- rio ut jufiitiz habenda ratio, eaque veluti
norma, & regula fpeflan- da fit, qua
legum omnium de Écclefiafiica immunitate fententiz, & verba tanquam tratii»» ponderanda fint;
legefque omnes, & conftitu- tiones
ita interpretentur, ut nulla ratìone Jufiitiz obdTc, aut impe* dimento quomodolibec effe pofiint. Quoniam
jufiitia, ut diximus, ho* nor efi in
Deum , ab ipfo Deo nobis przcepius , & procul dubio fem- per optimus ; Ecclefiarum vero immunitas
honor efi quem homines Iponte, ac fine
ulla divina przeeptione , Deo tribuunt ; quique, nifi, prout maxime decet adhibeacur, Ecclefiam
ipfam non honore , (ed ignominia quam
maxima afficit , la$ronumfuc fpcìuncam reddit , & fee* leftorum homimim infiune Alylum . Hzc vero
cun£U clarius often- dit quod ait
jeremias Propheta, dum populura reprehcndit, qui ex- ternis hifee revcrentiz fignificatìonibus
erga Dei templum plus zqu« fidebat ;
eumque monet , ne hac fiducia niteretur , fed in Deo fpem poneret , qui in genus hominum quodlibec
jufiitiam exercc- •rct . Quam ob rem rationi maxime confentaneum ,
tutum, atque optimis innixum fundamentis
efi eorum confilium, atque fentenria, qui lacro* rum Jocorum immunitatem tuentur quidem , fed
intra ccrtos limi- tes, ne jufiitia
pereat, adeo necefiaria ad publicam tranquillitatem con* fervandam , tolleifdafque injurìas , &
dethmenu quz prìvatis infih
ntntur. Digitized by
Google A S ¥ OOIR .17 M. i«« ninnr. X( in quotilxt -«vtiini jiMcrk fanc
««i» fivi,* &ChrttùuHM j» dex, fr
ccntrarias jaiit-^nfaliorani a^ioiM* 'àri^crit, M la frót iacMadnm ftaiiien quod Eccldlanim
ihioMninwlavnt, n tanna ntio- ne, B«
jaftiiiam ap[irimn. • • J Quilitiet
auKcn, t]u( aenm actem inwpdeK t ^ la arit, dare cogndcet hanc éfle rationem qua cunda tolii poICnt
oftenfiones , 8c mala qtn » riginem
craxeruM aa ipia vilrittaia aon opniònant’ laaxn, gnem pri> vatarum rationum . ut qaivis bcitios po8w '
palpicene y aiTeram quid hac in Te
Jtirta..€oiaài(i ftatubadan cenloerinc, qaodqua kì opii- niz juTta, atque neceflanlB titilioncm
‘atiqaan »/hrte pofiìa* Ubi^veia ciitiÀi
in eamden opiaionem non cdavemcac, AuAarum noauaav qoi lentcntiam ^uioMni’ paobaverìnt « adfcnbam ;
'ta i am qae tantaamuàia rocncìanem.
t'aciam qui jhxioria, Bc cclebriarir fait aMoina, fc exiAV marionù : Seplua ' SpH'capuan Covaiùviaai
M(le«a kiidaba, nim quia Pnrfbl
Hil'pahua eft, qui ThdencàtatCaacilio i an a ^ ; tuia eAam- quia dodrina, probiure, 8i pietaK minime datus ab
omnibua, fi ctadpi- cuut habctur :
Sapinc Prolpemm Faaaaciiaai, qili diu Rena *nit , Ad- voeatus prima, max Audiioris /.untai m aaiw ,
ft'Fifoi deniquc PatnHit», etiam iiib
hoc ipfo Patito V. Pontifiet. Ad atam-wero cairanaiB It- bri, Bt Do/h Viri Traufetlpini tnlciìt, loca
ad n a t a hr i, ur, fiqaia oGÓn-
liliariis tuis, 6c Jurii-CatiUiltis inWe^A^are cupiat, Àcilidi cua/Va
&i». venire, Se imdtigere pqffit.
-Otania autem hac dilqailìtio facilliiaa ad
cria capita ledigi potorie : m , .
Primum ; Qnzmun fiat ea (acni lata qua ad fr aonfugiema Meati- tur . . • j
Seenndum': Qinenaai pcf(ó«aMai toaditia, tt qaodnaoi deliéKi gc- nus loco facro pr»tegi,^aut ma paoxegi pOSit.
' ,■ .1 Teraium ; Quanaan ratioae a
(acria locis eatrahi dafaeaat ii qui eiliiA
tagi idvctios jullitiam non poflìiat,.. ,'u . ■ ^.i t . • . . ' , ■ . /■ _■ ■ ■ ■ , .r .. Ul CAP. IV. • .1 I - . . ^ . .1 { ftet* Ik 4 td'fi amfiipmm ntmuwr. ’ • . -
~-comprehendi; Ecclcfiamj- fcilieótiQmdEcdefix adhkrent, leu folum fuarit adificiia omnibus vacuum, Mi
domibus tedhtm; ^ Xlwpaf- iiium Ipatibm,
fi Ecdeha MetropoliiaBa fiicrit ; XXX. vero, fi co tinllo iiifignita Mn fit; Et Epifeopi domum. Nfee
alind eli de quo raen-tio iis in
legibut, A Canonibtts ftfia fit. *
Ecclefix nomine Haiuunt unanimea Dodores omnes Oranriu non cora- prehendi ^ quanv^m in où aliquando rct (aera
fiat ; aut ea qnc in privatomm doatibos,
& in GoU^iìs hicorum , quas vulgo confntcnii- tates vocant, zdilicantur, quafque domini
diruere, atque mutare prò votnntatii
arÙtrio fàcile pofTunt. Ncque omini debet , immo attenta cura animadverti, quod EpiTcopus Covaruvias
hac de re diflerit, (a) Hifce,
videlicet, temporibus occurrendum maxime effe eorum temcriuti qui, Ecdefiarum immunitate confili,
quodeunqua ddiflum perpetrare Tom» il. Q
audent. • (3) fovaiwiar /. i. var. r.
io. by CiOOgk' i
I1LA .D ;r joU' H ?E/ WI(Ì 4 M«
coin «M! wwtowi» M W f w i h B i itnaiftmum Buciwriaia itcrMMacMi lubcnt. Ubi umen Prxiutcs hac juiU modowioM
"ooii Ec ci«(ì«r«M iMfnin* «Mtemir
^«uKuii^e ùim «erto, ac pxe|x:f«w divino
«litui dÌMMC-A nen lintiv n .
uiPt dM sui «dbatet Eukfia Xt> (tu XXXi pi£>un fp*tio« ajuUnn àmaanitatrm Ecairrisàii 91M1. (dnt Mua
Ctviiaiia, vd^Catorun-moe- Olia., iwuil
convwirai^actifiiciaa Has enin 4 c.ie-.Ca«on ex- frede-ftamia, D a ft a r ar oanianitcMH nec
.atla pottft ho- mi /èaUaatio; iauMi
aero noa daiuiu i)ui id oiaat cuoi Urboi oouii-
m Mteoi» CIMI diaMK.eàtl«Mdi^jus ni sudtiiani ulu obtiiuUfe, ^ dine amlucBidinv, ik^u» fuac, danagaiuiD dk.
Cauta me, cur nei-
MiiaierconclitdaM'dnMM ipMMn iUiid niiUana. pradua habere immiui- Miam^ilicH al>rMaM«aM iaafoa- aautem
, cum «lio Canone Muntimi il qui tacMÀ hao paecat, eum
laatj’-cujaajibeci laca immu- focaia
dafopfore ie J«nd pafla,-ridM|. & XI^ fadaun tpatuM focnin afot, ifov-iàciatn aliqnad in co ^mpetrarant,
éideai ouliifei, ab Eccla- Earna».
{requantiaoi, Jcl» imaH«MaiaMcn pi^r. Sad ^ ea «un- qiie fuerit canfa , parvi rrfert , cune illud
cxpfomuini omniao fic in Cdfoan'ihaif
& Calw buUmh anpina hujniceMÉdi. ffatiii immuoitaKin concedi,
i-Htac- etiaai cafoUftiur, qwid Manfoi)iiiir aadde» , An.-fohcat
li- florej polTmt cura qui ad Ba:OViPtm,
dura de Ecclefiarara traaiiiniuie apiau-, foe
àia ^c||À« tfoinm tvmo cft qux extra Civicirà, & Caltronn* m#. ma poCuit inHOUilitatcìii _adj^ pafUmm
ipatium portiguiit^ . Quod qfro
atcinet.ad.E^ra^i im>m, non canveniust iatfrtiDo- dfoe«s{ rasici pamqqt. ex aaroni uimmo
animadvcrcuni alia Caaont Un-
^iu»>aflà.fo Bpfoopm doraaira hum .£c«lefic ( e > proeimatn, de
ad- hxremem hibcat. Quare neceforio
intra XC pafitwai t)uiium efltt ■ k
.jfto certo «ondiiuuoi Kpdcafo ’domnra , fi loogius ab E«laAi
dtjcc, rauiiam qsiniuq iqimumtiiteni
obtiaeM. Cura ncro EL. [foruum fo cà-
viiaubua, & qaftria qqn babeat kicura, conlaqindls ed ut Jfifdcapi
do- mila raiUóra panici Munamcaiera
babera potEm . -- , . -c - iV* ... -V
De eie- , '.ìu*' - •••'• ‘ tajAx. fi) (pr»f ia.
a,*.™’ ^Ux*rat\/,ilr. f*. TW a i«. /. ria K to.' iy# •- *> . ihyCmhmHr.ir.ttem de ìmm- a^e . (c) 0 i./r 4
rf.«*|C yy. Clnf.e. CUnf. jo. DC(Uk.
lìb, 6 . e.zy. 5. 14- Farfn. / .jS. fetw. yauUue,ioit:»s» A S Y L O R U M. 1X3 De coemeteriis vero, Hofpiulibus, 8c
ConcUvibut, ubi Fiatres doi- miun[,-ae
verbum quidem lex ulla fedi. Canoniitz taniummodo, qu« ignoramia f»pe, aut ambitio tranfverlbs
rapir, Ecclefiarum nomcn am- plificare,
acque ad hJK eiiam pcrtrahcre voluerunt; plurimis tan-.en condiiionibus, iifdemque adeo variis, ac
itucr fe repagnaniibus, ut vix duo
conventant. Ex corum auiem lenccntiis confuetudo diverfa induda eft, prone iUi plus, minufve audoritatis
habuerunt, & hujuicemodi lo-
corum,iaal etiam deliftorum numerus exigere videbatur. Quo fit ut, ficuti ddiit locis nihil omnmo legibus
làncitum eft, led conliietudine tanium,
atque interpretationc eorum immunitas inirodufla , ita ubi con- traria eft confuetudo, eadem a quocumque
judice fervati debeat, citta uUam ertandi
formidinem . i i - , ‘ C A P. V. Perfbnarum
condì fio ^ & quodnam deìi9i genus
loco jnero frotegi, mt non • pniregi
po£it. E st omnium certilCma fententia,
qui in loco facro deliquerit , («) licei
leve delidum, nec atrox fadnus fuerit, eum tamen facro eodem loco non defendi; iitimo vero &
ibidem, & quocumque alio fa- tto
loco fifti a lifloribus, k in carcerem trudi polfe .■ Cum aquum nul- lo modo fit ut Ecclefia eos tueatur qui, in
ea peccames, injurias ei- dem
intnlcrant; (i) nec Ecclefia: ca:tera! defendant ejufmodi teum, cum omnes unum, ideraque fint, ob earum in
Chrilluro . Jefum conjunflio- nem. Quod
ita clarum, atque certum eft, ut fupetvacaneum omnino iiierit pluribus confirmare. Hinc etiam illud confequitur, ut eadem
Ecclefiarum immunitas nul- lo modo
protegat eum qui verità legibus arma in Ecclefiam detulerit,- ea naroque deferre peccatum eft quique ca in
Ecclefiam defert , in Ecclefia peccar:
quo fit ut in ea a lifloribus vinciti poflit, 8c in quo- libet alio facro loco. Quod ob publicam
tranquiilitatem judicarunt Do- aores
fingillatim monendum, & animadvertendum effe. Fnres etiam, qui aut in Ecclefia furtum
fecerint, aut cum re abla- ta in ipfam
confugerint, ex eo quod in Ecclefia peccant, ab eadem divelli queunt. . Poffunt . itidem ii a facris locis
abftrahi qui in Ecclefia crimina tra-
aare audent, quz fponfionum vocant, aut quodvis aliud negotii genus legibus prohibitum, ex eo quod in ipfa
delinquunt. De fponfionibus vero
przeipue adeft etiam Xyfti V. Pont. Max. dcclaracio, buie ratio- ni, veluti fundamento, innixa. Nec differt an deliflum totum in Ecclefia
perpetratum fit, an quod extra Ecclefiam
initium babuerit, in ipfa finem, vel etiam contra . Pa- riter namque Ecclefia nec eum tegit qui ,
Hans in /acro loco , aut extra cum,
bominem in Ecclefia exiftentem interficit.- nec eum qui. Tomo II. Q. * CUOI (a) C.imnuaUotem. De trnmmiìtate . (b)
Olìltnf.c.fm. de Inm. Eecì. .Aldus ìbitU TeUf.
dec.^is. Faróueap.iS. Jitait. 66. Cler. ept.jo.Coceriev. Fsr.Ub. i. cap.io.
p. iS. Iunior. Deciso, i. 6. e. x6. 0.1.
HÒflieo.infum. Jo- de Fìf ct.de m.p.6s.
Coofer. Con.io.FoUer. prioe.e.mUe iut.jO. feuuc.e.iS. ««. 154 . Cox’ar.
Fsr.l.tA.io.f.tS. Digitìzed by Google 1X4 D E J U R E nim Ct ipfe in EccIcRa, auc bellico tomenta,
aut fagitta, aut mifli> lìbus aliis
alienim inceriicic qui extra lacrum locum fuerit. Hac igitur certa, atque clariflim^t enunciaiione ,
abllrahendi a qua vis Ecclciia, &
iacro loco cu|u(vis generis reos , quamplurimse dubitaciones e medio ablacx videmur. Etenim qui diligentìus
attendere voluerit, cogoofeet &•
carios omnes, qui ad Ecclefias confugiunc, arma fecum ferre, atque hahere, legibus etiam vetita, ut adverl'us
juOitiam iplàm , fi ras ita ferat, fefe
tucri podìnt. Quare ii omnes EccIeCarum immuniute uà nequeunt, & in quolibet facro loco
prachendi pofTunt, lieet alia ratio- Aes
non concurrercnt in id ipfutn. Statutum
etiam exprellìs verbis Canonis ed, eot immunitatis privi- legio protegi minime pofle (a) qui delizia
commiferint ca fpe, atque confilio, ut
facro le loco tueantur. Siquidem Ecclcliarum auxilio uri debemus, ut peccatorum veniam confequamur qua
jam admifimus; non ut nova facinora
perpetrare turo valeamus: quod etiam nullam habet omnino difficultatem . Verum enim vero, cum hominum mentes, atque
co nfilia fint ab ocu- lis omnium
remota, atque penitus abdiu, non polTumus, nifi conieéha- ris decernere, an reus deliflum admiferit (i)
fpe excitatus ad Eccle- fiam
confugiendi. Doflores vero dicunt, qui, llatim ut làcinus perpe- travit, ad Ècclefiam fugit, eumdem eo
confilio perpetrallé, ut co con-
fugeret, datuendum elle. Et certe qui jam datutum, atque decretum habet ut facinus committat, necelfario
ftatuendum videtur, eumdem etiam
cogitalfe , non folum quanam ratione ìllud polfit admittere; fed multo magis, quonam fugete debeat, ut lefe
tueatur : Skut etiam qui de improvifo in
errorem incidii, ficut nunquam antea de fàcinore co- gitavit, ita quoque alfirmandum ed ne de
refugio quidem cogitalfe . Quare ,
quotiefciimque confilium , atque deliberatio deliSum preverterit, & reus ad Ecclelìam confugerit, id
coniulto iàdlum; ideoque loci lacri
immuniate defendi non pulfe certiflimi juris ed. At quoniam de con* jedluris agitur, uirum impeto quodxm, fc
perrarbaiiiMie; an potiuscon- fulto,
& cogiato perpetratum delidium fuerit, Judicem ipfum pniden- ter, atque ex animi fententia cognofccre
oportebit. Hac autem immuniatis
exceptio, qua reum cxcludit, cogitato , &
confulto ad Ecclelìas & facra loca confugientem , quodeumque
delidit genus ampledlitur gencratim. Quod vero dngillatim ad homicidia pertinet,
frequ entius deliAi ge* BUS, eum non
tegi ab Ecclelìa qui alfadinium , ut vocant, commifit , ceniflimi juris ed; nec Scriptor ed qui
didèntiat. Etenim juda Cano- nis
leveriate in (r) Lugduncnfi generali Concilio idiplum fuit diferte decretum. Veritas tamen eli ance CCCLXXVI.
circiter annos, cura Canon ille latus
fuit, aflaflìnos extitilfe quoldam Mahomecana perlua* Ikmis populos qui fìcarios le ptolicebantur;
atque eorum caufa Canoa datutus fuit .
Podca vero , cum Dodlorum omnium interpretatioBe, tura etiam ufu, atque adeo communi omnium
locorum praxi , Alfaf- Gnorum nomine
delignaacuT hodie quicunque , padlo pretio & mer- cede ,
(a > C. ÌMminiifate. lìe ìmm. EctUf.
(b) ./rlWar.prrff. B. i6. Meno. pra/. IO./. iC.
jliictf‘Ponf.Ocf.;4.Cltr.4H.io.far.c.r8.f.ti.C>' t. Far, f.io. J. i.j.(c)0/*j'.f'inr.s4. l.i.CjJfM.
TrrcI'Salde Jrclì.c.f. de inju$ y
ìgncv.$ TiÀoj. Bc«Mlii.'fgHardb>>J«« dclicluia-inpiiàa elfet, aquuBl viikn «•« pottA W £celeCa cat
lanMuf qui toM, iSc batta)
>Raipuhlic»f cum nulla omniMLilea OivUib, mila •Ca- nonica, Ucaaniin im>ima MBaluaiuM itafcaiH
^uui-^iom laatoKia cUmnavii; led eiK
'iamuBHiraio 9U«ii%julli«a iata|intaur| antc^ttn- Icn- temum fwci Eaal :)«■»■ jam.ilaaMaoB «A,
Jn-.d«ÌMa opeta, a«]ue nulki4c'i>i>)
v*uiae éuesringradùiKainaMa, praaar ìAcuìib catffa «ai- I» mnlftatm eli, gr i mH cóam ddifliia
hunnari vero ad uiraaMi, C.- dh p wn tt.mqBcanapaaber ■pdeAacum iamnnicatt defendi , atque ledcam ad. .paa- Mmpianna ab e« qua. diaiOMa, «aaatfaai 4
>bhmu lb(riat;riS«abru ve- ra non
damnans qiudem , •Acd.aoi aaatummodc^ii^ «MliMa itàtem» laiiidum damnati faB, «aecàipofliH «ci«B>A||iwldlmMHà'
ad ,iaan- Ara pape
(«dilicia.-làraiacdMbdMut/ilPadcgibuci, aiyi'tcìinnBibus (id'aiui ad Ecclcfiam confugicnies non polTunc Domini
imperiiim excuier«;.Al.di>- tuna-'
ibMnanKateni a lu piaa a aijuttaa , vitate ■ladùic.'ad iocviiio,. fau- ci admodom bac de ae-BuflorcK^-diribuot, cmi
id cara ,. de «te eiifi nantiiai) in Civitatibuc,
qua L&uinicai amiare tgteK, 'accidat.-;«a va- ra (Muadfime liint. m al i tewiua Gramaui naa
ialam’ m ca- tioni conteain in mediura
attect; (mL Miim ali ufii caed^tuai y dbde-
ge^in Luiitania làacitiim, qood.aaaoi prafaat Vinccaduc f'> Multa cctub qiua lìngillatiin baqtMnicr.
ialeai accidere, utaB -Juga. neratim
colligi pottii laacoraa fa facorura r~r~iif) cardcfàBdte osa putte qui quzvìt alia gravia tc enonaia
deliba comai^mf drente , aut iildem, aut
mcfarfaiis oiiam dtv eaulis, quu liipra leeenfainiu», quodeunque alind gnve.delttea cotapfafbaitur.
Hac autam coaclidip in univerlite
prolataraaura , (cilieaf, cupifais atroeis facinacic, A èd facra loca oonfugerit, ULproicgi haud potte|
ima» a fattitia liaeMBi- pli violatione
extrahi fas «dày probatia a Jacate Ravamts-^ Cyte Piftonenic, Petra Bellapeitica, ) n am «
Igneo, Antonio a Buariai,.|facro
Ancarano, Alphonlb Aivarea, Petta.Cetgorio Tofatano, Tibatefi^tcit- ' ■» ...lu *■-. néy Ab> ( b ) Cam, dcf.^6, Fratr. ctefai jo. OUra, *
(c) ytw./.i.r.* O^/.' /« mr.c.U- ver* Dt Imm. f. iS. yintàr. codem . ^Izdre^
I» thef, t.i j. «. jo. Syittaj. l. j j, c.\ x. De- rÌ4E./.
nut mOud omnino EcoMiam Rofliz hu ai» imouinma;* ied .pudica ip4n tÌMuiora rat» a ^iW»« Ecclefi» vi
«Mtiahi ) nh cw p ywd a iW tiic«>Manmo
perantaenr, ae jalMiia’ priauniwr iJ>«snim diòtac ncUTamiai jndica- luf. fa^-Quacc Pnip«r Faritiacnifran« ulìaa ftcBia recepcuai, afirmat Bcoiofearim
ipa uma ii in oai, cun ftaiu- fa inen»
ab ddiSs qua' aalto coa61ào,,fcd impaa» quodim fiant. Siti rdugam» milòranim, non dcbei» KccleCas
latnauw tpolaaca& c^cK , &
«ornai ricapnculaa qui aooaia facàtera pcrpsir«\ c>iac ; aieaqnO talk,’ tap^rqua efloy iì Judkies miinoria
>bibl«llii , qui Itvidia 4elii^
juilkant eam ' obloroeiu led OM^roi jndicni in aarooocibai ;ba non le- ncri; prave oiiam Veneti 1 k» logr
contUtueiam ilL Noa.> Aprili»
Md>CX. ■ Mii . . '•io»l . .W.Ì
Qnanam vero dtliAa aeibcianm luxnÌM otnfeaanr, peatar ùlqaeil ipfum delifli gcnui prafefert, k » ic^bn».
impafita fack «dtipi poteA; dnbet
JtiMck tiomemia oagnoKly baiiiu aaiioBe flatus, comlkio- niique, BM «jus qui inpriam iirfiae, lam «jua
ctiam qui cam paflia fuity aVaMniBi ^i^
oanla, ccrapork, qua, fciUctt, de caufa, «by & quando, onaamifluaa fueric delkluni ; roran
etiam qua ob id evena> runt,
perflirbaeionisi, kfleniionisy tt aliafwn, qas ém majos angeni pct- peinoim làciau», iacmnique ut mugn, inagil^t
in odio kabeaur ab oauMbnt. •« ’uU leu i- ribus de eaufis, qa« iingni* fluir pon
eflent, in enormu atqueatrocia facHioca
evadunt. Cun» ver» iannnlaaabiies rmt.aalas qui flepius accido- IV |Mnva»
vas aliquot opiniones habeant, baptiffiiatis tamen chara^ere infigniti
, Chrifium Jclum aliqua faltem ratione
venerantur, quem infideics aver- fantur,
atque execrantur. Teme //. R CAP.
« STO- Digitized by Google 137
STORIA DEGLI USCOCCHI
SCRITTA DA MINUCIO
MINUCCI, ARCIVESCOVO DI ZAKA, Co' progre/Ji di qoelU gty»o, rnirìiauta
fino alt anno MDcxri. DAL P. M. PAOLO DE’SERVI» della Serenijpma Rept$bbiica Vènn^a,
JON mi pongo a fcriverc la Stona degli Ufcocchi per far celebre il nome di gente tale preiTo
a quel* li ebe la leggeranno; nemmeno
per foddisfar l'em- plicemcnce alla
curiofìt^ di chi fi perfuaderli forfè di
aver a vedere in quelli fcritti varj accidenti
feguiti in molti anni nelle fcorreric di terra, edi mare, colle quali quella razza di ladroni ha
fpo' gliati ì mercanti innocenti, e
dilettate le Provin- cie, turbato il
commercio, e cimentati in perico- lofe
guerre i maggiori -Principi dei Mondo con dubbio di maggior tur- bolenza nella Cridianitk, fe raltrui
prudenza, e autoritlt non avelTe fem-
pre attefo a divertirle. Non è quello il mio fine, nè per quello vor- rei io perdere il tempo, che polfo, e fono
obbligato a fpendere in pili giovevoli
eferciz) fecondo lo dato, e la condizione nella qual verfo, con obbligo piuttodo di operare, che di
fcrìvere.* ma penfo che fta fervizio di
Sua Divina Maed^ , e utile a’ Principi Cridiani, che fi fappia onde fie* no derivate le ragioni, *che in fettanta anni
non fi fia mai, potuto ri- mediare alle
rubberie degli Ufcocehi; e come fi fia ritrovato il modo di farlo in quedi ultimi tempi, quando
Tinfolenza loro era arrivata a ta- le,
che non erapih pofiibile il folferìrla; ma dinecelTitk fi aveva a re- primerla, o ad adpettare un'aperta guerra
fuor di tempo, colla Cafa d* Audria, e
la Repubblica di Venezia. Il
difeoprimemo di quede faccende cred* io che tanto pofia fervìre a* buoni Principi, per tener T occhio alla
mano, e agrinterefii de* ma- Tomo II, S
li Mi- ; Digitized by Google 13 » STORIA li Mipiflri in qaefta, o in altre limili
occorrenze^ biffine di non U- fciarG
ingannare in pregiudizio della fama, e dello llato proprio, quan fogliano tener
celau la verità altrui , preferendo
ringiufliOìnio guadagno alla riputazione, e al buon fervizio de’ loro Padroni; ficcome anche una tal
notizia far^ atta a far conofce- re al
Mphdo (he, quan^p i Principi dicqno,' e fennò daddovero , e fi fervono di flrumChto fecale, c valoròG), non
pnffono. aver tempo i la> droni che
inquietano, e danneggiano i vicini; e fono fpeiTo cagione di pericolofìflìme guerre. Quefli lono adunque
tutti gli (limoli che mi han tevano agli
fpetracoli luUe Forche, cominciarono per vendetta, o per rapacità, ad ammazzare, depredare, e
ipogliare anche i Valcelli, le Vil- le,
c le Terre, e i fudditi Veneti; onde Gnalmente fu coflfetta la Re- pubblica anche di perfeguitarli non folo lui
mare , come aveva fatto per innanzi, ma
anche nelle Terre, Caflella, c Città ove fi ricovera- vano, fenza mirare a’ padroni de' quali
erano; e lenza altro riipecto , che di
levar dal mondo gli affailini, che ogni giorno diventavano più fieri, più barbari, c più ianguinarj : il che
minacciava una manifeila guerra
tra’Principi Cnfliani, le Papa Clemente Vili,, vedendo il peri- colo, non vi aveffe a tempo incerpolla la lua
autorità con graviflìmi configli , acciò
, mentre fi guerreggiava in Unghcru contra il Tur- co con tante difficoltà, quelli nuovi femi di
comefe non rocrceGero i Crifliani in
maggior rilchio .* onde ne feguà in fine il defidcrato ac- comodamento, che farà anche il termine al
quale ha da arrivare con l’ajuio di Dio
quefla delchzione per l’ordine divifaio.
( / Digitized by Google DEGLI USCOCCHI. 139 Gli Ufcocchi fono gente Diltnatinà, dallo
Stato di iln Principe, o . per delitti
commeni, o per impazienza del giogo tirannico, fuggiti ai Dominj di Principe vicino; e ciò fi dimoftra
dall' ilielTa voce fioco, che in latino
fi direbbe transfuga . Quello nome , lenza titolo però d’infamia, cominciò ad acquillar grido, non
fono ancora cento anni, in quel tempo in
cui l’arme Turchelche , eflendofi dillefe per 1 ’ Un- gheria , e per la Grecia , nella Bulghcria ,
nella Servia , e nella Rafcia,
travagliavano i confini della Croazia, e delta Dalmazia; per- chè all' ora molti Uomini valorofi , non
potendo viver fotto la tiran- nide
Turchefea, ricordandoli di elTer nati nella vera Fede dei Van- gelo , partendo dal paefe gib foggiogato da’
nemici , fi ritiravano a qualche luogo
forte de’ Criiliani ; e di Ib, flimolati dal dolore delle cofe perdute , e della patria foggiogau , con
molta ferocia ajuuta dalla notizia de i
palli, e dalle legrete intelligenze de’ parenti, e de- gli amici , corfeggiavano ogni gbmo , e
portavano a’ Turchi molti danni. La prima, e piò faraofa piazza che fi
cl^gelTero gli Ufcocclii , co- me piò
opportuna a quelli loro furtivi alulti , fu quella di Clilfa , Fortezza polla fopra Spalatro, poco difcolla
dalle antiche rovine di Salona , in fito
fortillimo , ove fi apre un fenticro flretto , e pel qua- le foto fi cala dalle vicine montagne della
Morlacca verfo il mare ; ove portandoli
diverfe mercanzie , chi è padrone del luogo ne cava anche dazio importante. Era all’ora Signor di
Clilfa Pietro Crofichio, come feudatario
della Corona di Ungheria, il quale, fidandoli nella qualitb del fito , che pareva inefpugnabile ,
dava volentieri nccrto agli Ufcocchi ,
giudicando incautamente di poter colf opra loro render piò ficure le cole proprie , e forfè dilatare i
confini , e arricchire di fpo- glie . Ma
gli fucccCfe tutto il contrario; perchè, prov9cati i Turchi da’ continui danni , voltarono il penfiero
alla efpugnazione di Clilfa nell’anno
1537. al che forfè non avrebbero afpirato mai per la diffi- coltb dell’ imprefa, fe il Crofichio fi folfe
contentato di mantenere le cofe fue
lenza fluzzicare il verpajo, come fi dice : il efie può fervi- re di avvenimento ad altri piccloU Signori,
di non provocar l’ira del maggiore,
confidandofi , 0 in forze, o in appt^gio ^ altri Potentati; per^è Umili fperanze rìelbono per ordinario
fallui. Vedendo adunque il Crofichio la
rovina che gli veniva addoflb, fu af tempo d’invocare, c ricevere gli ajuti di Papa Paolo 111 . e di
Ferdinando Imperadore , co’ quali
elfendofi pollo a dillruggere due forti che fi fabbricavano da’ne- mici, a fine di llrignere Clilfa con alfedio
lungo, fu con improvrifo af- falto rotto
da’Turchi, e uccifo; onde, mollrando la fua tella a’Clilfa- ni, mifero unto Ipavcnto, che tollo rilolfero
di arrenderfi , diffidandoli di poterli
piò mantenere. Nell’ alfedio di Clilfa,
che durò piò di un anno, occorfe un fatto me-
morabile, del quale non cifendo (lata fatta menzione da altri, non mi è paruto fuor di propofito il riferirlo in
quello luogo : pafiò egli dun- que in
quella maniera. Nel campo di fuori fi
trovava un Turco nominato Bagora , di na-
tura grande , e di forze tremende , il quale , come un nuovo Go- lia, sfidava ogni giorno quei di dentro a
fingolar batuglia, rimprove- rando loro
la viltb , e la chiufura della muraglia : arroflivano i Crillia- Tomo !!• S z ni di 140 ’ STORIA fii di vergogna; nu ritenuti forfè dalla
prudenza del Capitano, e for« fé anche
da ragionevol timore, non ulcivano da* ripari : quando un gio- vinetto, nominato Miloflb, il quale ferviva
al Crofìchio di paggio, (t fece innanzi
al padrone, diman^ndo il combattimento contra Bagora : ma riprefo come troppo audace , e dilugaule à
tanto nemico , f^giun* le ch’egli
confidava in Dio di doverlo vincere.- c (c pur rimancfle per- ditore, farebbe poco danno, c poco dilonore
de’Criftiani, che un Tur- co di tanto
creato foire recato fupcriore ad un garzone : in fomma queOo era (laro detto da Dio, come un nuovo
David contra Golia, a- domare la luperbU
orgogliola di Bagora. Ufei egli adunque accom-
pagnato da divote orazioni dc’Fedeti CrifUani, c con un colpo di fei- mitarra, che fu forlc il primo, tagliò netta
una gamba al nemico; il quale,
f^ermatofi nondimeno falla colcia manca, tutto rabbiofo fi anda- va girando con tanta furia, che l’ardito
giovane, febben gli laltellava intorno,
per venire a fine della vittoria, non poteva però avvidnarfe- gli per far alcun colpo; ma aveva che fare
alTai a fchifar quelli dell* infuriato
nimico, il quale nemmeno con tanto empito, che, Icaniando- 10 il CrilUano coll’ agilità della perfona,
non potè il Turco reggerfx lui- la gamba
tronca, o lulla lana, ma cadde boccone, c nel medeGmo tempo gli cadde di mano la feimitarra; febben
altri riferifeono che U gittò via
fpontaneameme, con dire a MilolTo, che lo feriva di lonta- no con-fain, che non lo volciTè uccider come
cane , ma come Uo- mo di guerra; o ooù
colf arma propria gli fu troncata la tefla , la
quale fu portata con allegre grida dentro a ClifTa; ma eirendoll
ei- 11 poco dappoi perdura*, non potè
eifer lunga Taltegrczza di cosi nobil
fatto. Venuta* Cliilà> ia
mano de' Turchi, rellò loro libero il pafTo, per fare feorrerk in tutta la Dalmazia, e Croazia,
lenza impedimento; e lì a- jirirono il
primo adito nel Contado di Zara , dfendofi loro io quei me- defìmi gioni renduto anclic per tradimento
Nadino, Camello importan- re, poAo nel
bellico del medefimo territorio di Zara: ma gli Ufcocchi a^'anzati alla infelice battaglia lì
ricovenron» tu Segna, Citch polla in
un'intimo rcccflb del icno Flanonico, oggi detto corrotumente
Quarna- To, o Carnaro, da’ monti di
Gamia che l’inquietano con tempere con-
tinue, di rincontro allTlola di Veglia; giudicandola opportuna a’
difegni loro, per; la fortezza del fìto
naturale , ajutaio anche aìTai con'arteiper-
chè per la via di terra, rilpetto a’bolchi, c monti, non vi fi
poteva accoftarc cfcrcito, ne condurvi
la cavalleria, non che le vettovaglie ,
o i arriglieria; e per mare non vi era porto capace , nè anche di
poca Armata; c il tenerfi fu quel canale
era perìcolofo eziandio in mezzo al- la
State, pel vento di ^rea che vi lòffia fpelliflìmo, c che, per co- mune opinione, (febben par favola il dirlo)
li può concitare a voglia Perciò gli
Ufcocchi tanto piò volentieri fi
ridulTcro in quel ricetto , condotti anche con o- norati liipendj militari dalfimperadore,
perchè, eflendo ellt uomini fe- roci, e
ufi non folo a camminare, ma anche a correre con piedi fal- di per bofehi, e per balze, pensò, mediante
l’opera loro, di tener lon- tani t
Turchi da tutti quei confini, c far difabicare la Lica , e la Cor- bavia, dalle quali Provincie foprallavano 1
piu vicini pericoli. Nè gli riufe^
all'ora male il difegno, mentre gli Ulcocchì attefero con gaglia- di ftratageromi, e con repentine lòrtite a
battere il nimico: ma tolto cominciarono
a convertire le onorare imprefe militari in latrocini , e rubbamenti de'Criltiani, onde fi rendettero
odiofi a tutti i vicini. Li medefìmo
MilolTo, che fottoClilTa nell' ammazzamento di Bagora ave- va acquifiato tanto onore, corrotto in Segna
col mal’ ufo delle ingiu- fle
depredazioni , dappoiché era diventato Uomo di maravigliofa for- tezza di corpo, contaminò la lua fama, e fìnt
poi la vita in Zara con un capefiro. Gli
altri, valcndofi della comoditi del Mare, e de'recefll fallaci, ne’ quali difficilmente potevano
elTer feguiri, avevano introdotto
rcfercizio di alcune Barche vclociffime, colle quali coiteggiavano le marine, e afficuravano le prede che facevano
in terra da qualunque improvvifa furia
de’Turchi; coftumando di nafconderlc ne’cefpugli, c anche di fommergerlc fotto l’acqua, per
cavarle poi negli urgenti bi- fogni.
Colle medefime barche affairavano anche! Vaiceli! de’Mercanti, o dentro i poni , o in altri luoghi opportuni
con infidie notturne ; profelfando però
dapprincipio di non voler toccare nè le robe , nè le pcrlonc dc’Crilliani, ma Iblo de’ Giudei, e
de’Turchi; Icbben fpeflb trattavano
tutti ugualmente. Onde la navigazione veniva impedita, e il commercio interrotto; c in Coftantinopoli
fi facevano lamentazioni, c minacce
contra i Veneziani, come quelli, a’quali, per le condizioni^ della pace, toccava di tenere netto il golfo
Adriatico, e libera la na- vigazione per
i Mercanti, e Sudditi Turchefehi,* onde Solimano fi la-' feiava intendere liberamente di voler mandar
l’Armata propria alla eftir- pazione
degli Ufcocchi, e afficurazione del Golfo; cfib nei capellri, e nelle catene. In quelli tempi l’Ilole di Veglia, d’Arbc,
di Pago, cogli Scogli di ^ara patirono
tanti danni, che ne fegui poco meno che la defolazione : molte Ville fi abbandonarono, i greggi, c gli
armenti, che erano nu- merofi, fi
dilpcricro; c le genri, per difperazione , ftavano per abban- donar il paeie : quelli che erano atti alle
arme, e alle fatiche, corfe- ro tanto
più prontamente ad alcrivcrfi fu le barche lunghe, che fino al numero di trenta s'andavano armando dalia
Repubblica, come piò at- te d’ogni altro
Valceilo a Icguitar i ladroni per li ftretti canali, e per le Ipiaggie di poco fondo, colle quali ft
veniva anche a metter gli U- fcocchi in
maggior, dilperazione, a’ quali in Segna non fi pagavano gli ilipend) dalla Corte Cefarca; anzi di Ib
proccuravaoo di addolTar qual- che
carico all’ Arciduca di Grata, per eflTcr Segna Frontiera particolare de’ fuoi Stati, lébben apparteneza del Regno
d’Ungheria : e dall’ altro canto il
pacle non dava comodità alcuna di agricoltura, o di altra in- duftria; le Icorrcrie di terra rilucivano di
molto pericolo, c di poco frutto; c
quelle di ntare, per le caule accennate , conducevano ben fpef- fo alla forca, e non fempre alla preda: onde
di pura rabbia gli Ulcoc- chi, non
potendo faziar la fame col cibo, la sfogavano col languc, e colle uccifionì piene di crudeltà. J)a tutte quelle infolenze degli Ufcocchi,
oltra il danno che riceve- v.ano i
fudditi della ScrcnilTima Repubblica, e le continue lamentazio- ni che portavano a Venezia elli, e 1 Mercanti
che fpcflb erano fvali- giati, venivano
ad irriiarfi maggiormente (come fi è giU detto) i Tur- chi- onde il gran Signore, c i Batà ne
facevano in Collantinopoli con- tinui
rifentimcnii con protellazioni che , non provvedendovi la Repub- blica, «fiì vi. provvederebbono da sè llcfli.
I Veneziani all’ incontro, procèdendo
colla iblita loro propria ^denza, olt^ la iòllecitudine che ufavano fempre maggiore di pcricguitar i
ladri, e gafiigarli , facevano anche
continui uffizj colf Imperadore', che non tolleraffe né' fuoi Stati una
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USCOCCHI. 145 uni tana ingiufiizia; nè
permctteOè contri quello che apparteneva al-
la dignità fui , e alla perpetua fama dell’ integrità della Cafa
d'Au- ftria , che ne gli Stati fuoi fi
deOe ricetto ad Uomini fcelleratilfi- mi
, e a pubblici corfari congiungevano gli ufhzj a quello medefimo fine i Papi , moOi parte dal pubblico
fcrvizio della Crifiianità , e dal
peticolo di qualche guerra tra’ Principi fedeli ; vedendofi bene
che a lungo andare non avrebbono potuta
i Veneziani dar faldi a tan- ta ingiuria
; parte anche fpintì da' proprii intetelC loro , perchè nè anche fi portava rifpetto a' Mercanti d’
Ancona , e di altre Città della Marca ,
e della Romagna ; e veniva ad impedirli il commer- zio , e il traffico con danno delle gabelle ,
e con rovina de’ Suddi- ti , Le quali
tagioni movevano anche i Re di Spagna a concorre- re nel medeCmo defiderio , e nelle medefime
illanze per quello che pativano gli
abiranti del Regno di Napoli , foliti a portar vi- ni , grani , mandole , e altre preziofe merci
a Venezia ; le quali medefimamente erano
mal licure dalla rapacità di quella canaglia :
oltra che il Re Rimava fua vergogna grande , che il mondo vedef- fe elTer ricettati , e alTicurati nelli Suti
di Cafa d'Audria i pubblj^ ci ladroni ,
oramai infami per le loro infolenze in tuta Europa, ? luori d’ Europa. Ma un’altro detrimento confiderabile moveva
il Papa, come il Re Cattolico , a defiderare
che foflc melTo freno a tante rubberie,* per-
chè , impiegandoli le Galee Veneziane nella perfecuzione di quelli ribaldi , non potevano elle a'tempi debiti (
come erano folite) feor- rere U marine
Pontificie, e Regie, per aflicurarle da’Cotfari, i qua- li , fatti perciò più arditi, volavano
ciafeun anno di Barbaria , e di Grecia
nella llagione delle Fiere , e ne riportavano fempre ricchif- fime prede con numera grande di Schiavi,
quafi a mano falva, non potcndofi tener
netti quei mari con altri Vafcclli , parte per non elTere frequentati i porti ; parte anche per
antico Dominio fempre lafciato libero a’
Veneziani di tutto il Golfo ; fotto il qual nome fi comptende quello fpazio di mare che fi
rinchiude tra Otranto, e la Vallona ,
feorrendo verfo Ponente fino a Venezia .
Tutte (quelle conliderazioni , e inierelli rapprefentati a Cefare
con anta autorità della Sede AppoRolica
, e della Corona di Spagna , non
facevano altro effetto , che di Ipeziofe promeffe , e apparente indignazione , dichiarandofi di volervi
provvedere in ogni modo; ma nel fegreto
li vedeva che a’ Minillri corrotti piaceva il diflurbo che fi dava a’ Veneziani ; e forfè più la parte
che loro perveniva -• delle prede . Si
mandarono però alcune volte a quello effetto Com- nicffarj a Segna con ordine di regolare
quella milizia , o mafnada di ladroni ;
fe n’ impiccò ul vola qualch’ uno , forfè de’ meno col- pevoli ; fi reflituirono alcuni Vafcelli , e
alcune merci di minor prezzo ; fi
diedero ordini divulgati al Capitano di Segna , di non lafciar ufeire gli Ufeocchi per mare , e di
non ricettarli dopo le lubberie : dopo i
quali rimedj fi procedeva per alcuni mefi con
qualche maggior modellia.- ma indi a poco, come ave llerò a rifar- C del tempo perduto , fi faceva peggio , che
prima . E febben , ar- rivando i
malandoni con qualche groffii preda, il Capitano, per mo- firarfi efecutore degli ordini, tal volta usò
di chiuder loro le porte in fac- Tomo
II, T eia, e 146 STORIA eia, e di fparar anche loro ianiglieria
contra, (ma fenza danno per&)
molìrando di non ammetterli , acciocché di tal Tua rifoluzione
nati* dafle ravvilo all’ Ifole Venete, e
da quelle poi all’ armata, e a Ve- nezia
; nondimeno di notte s' [introducevano gl' Uomini , e le prede/ la maggior parte delle quali era del Capitano
> c i predatori ne riportavano lode ,
e ciò che badava a trionfare colie loro famiglie per alcuni pochi giorni ; dopo i quali
conveniva trionfare alla bu- Ica , o
morire di fame ; perché tanto contribuivano i mefehini in faziare l’ ingordigia del loro Capitano , e
di qualche altro che co» mandava al
Capitano ; c in mantcnerfi i favori d' alcuni Miniftri nella Corte Celarca , c dell’ Arciduca di
Gratz, (che dovevano ef- fer di quelli i
quali , per mancamento di fede , fi curavano poco delta Bolla in Cccna Domini , o d’ altre
cenfure ) che picciola parte ne rimaneva
loro , come fi può argomentar facilmente dalia pover- tà , e milcria colla quale fono fempre
vifTuti ; né mai fi è intcTo che alcuno
fia divenuto ricco .■ anzi fi è fentito dir di un Ulcocco vecchio , fìorpiato , che , dando lèmpre a
giacere in Ietto dedituto ^ ogni ajuto ,
confedava di efrerft ritrovato ne* fuoi d'i a tante pre- ac , che le porzioni toccate a lui per certi
conti tenuti cos'i di grof*. fo
pafiavano ottanta mila ducaci; nondimeno era miferabilc, e mendi- co, cosi permettendo la divina eiudizia. £ fu detto piu volte, che alcuni mercanti
fvaligiati , efifendo ri- corfi alle
Corti Audriache, per lamcncarfi, c per ottenere qualche re- integrazione de’ loro danni , avevano riconolciute
intorno alle mogli de’ principali
Minidri i giojelli , c altre cole prcziolé tolte loro. Co- si i Principi ottimi, e d’ imegriii, e
giudizia incomparabile, vengo- no fpelTo
ingannaci da’ mali configli, abulando della bontk, c clemen- za loro, con denigrazione » della* fama • c
nel mondo fi celebra per gran gloria
della Cafa d’ AudrU , che , dominando gìH 300. c più anni , cost lungo Impero , c cosi potenti
Regni , abbia però rarif- fime volte , o
non mai gadigato per qualunque fallo minidro alcu- no , o nella vita, o nella roba mal acquidata
: ma forfè merita- no maggior nome di
prudenza quelli che , ficcome fono liberali nel
premialo i meritevoli , cosi gadigano .con feverii^ i mancatori :
nè farò alcuno che polTa biafimar
Rodolfo Imperadore della ientenza che
fece contra Giorgio Popel , per nobiliò , c ricchezza tra' principali Cavalieri di Boemia , fc furono vere le colpe
fiie , privandolo della libertò , e
della facoltò : piò todo fi poteva dedderare che al mc- defimo rigore arrivane la giudizia contra
altri due minidri che ul- timamente fi
fcacciarono di Corte , i quali forfè predo alla Maedù Cefarea furono autori di piu dannofi
configli.' non fi è però anco ra
pubblicato , fe edì fieno veramente dati anche fomentatori de* rubbimcnti degli Ulcocchi.* ma fc un giorno
fi pubblicheranno i procedi che s*
intende eder fiati fatti da’ Generali Veneti , cavando da diverfi cofiituti di rei condannati a
morte t nomi de’ loro par> ticolari
fautori ; e con quali , e con quanti prclenti le li lenedcro amici ; forfè fi feopriranBo cofe che daranno
cagione di arroflire a molli ; e
apriranno maggior lume a’ Principi di conolcere le frau- di colle quali è fiata per tanti anni tradita
. la fama , e il fervi- zio loro. Con
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USCOCCHI. 147 Con qncfti mezzi fi
foftenevino adunque gli Ufcocchi ; e reftando fru- ftatori tutti gl’ufliz; che fi facevano, per
reprimere le loro infolenze ,
foddisfacendofi folo agl’ intereflati in parte con certe apparenti
dimoftra- zioni nel redo fi adducevano
per ilcole l’ordinaria natura de’ confini,
che produce lempre uomini di mal’ affare; e che in quello di Segna, tanto importante, che difendeva lunghe
frontiere contra il Turco, non fi
potevano cos'l vedere tutte le cole per minuto, nè gaftigar con ri- gor di giuftizia ogni misfatto, per non
diftruggere gli Uommi forti, Lceffari a
quella difefa: fi allegava l’efempio de’Cofachi, i quali, abi- tando alcune ifole forti, e inacceflibili del
Borillene; effendo effi colle- gati
de’Pollachi, e Mofcoviti, e de’ Tartari, danneggiano per mare , e ìtr terra fpezialmente le Citt'a, e i
Vafcelli de Turchi; ne bafta dili- «nza
alcuna ad eftirparli: e lebben efft dipendono particolarmente da Pollachi, e da quel Re fono loliti di
ricevere il Capitano al quale ub-
bidifcono, nondimeno, quando da Coftantinopoli, o dalla T«taria Pre- copenfe vengono querele delle depredazioni, e
degli incendjloro, che fanno affai
fpeffo verfo Moncaftro, e l’altre marittime terre della Mol- davia che fi tengono con prefidj dal gran
Signore, e fono mercati ce- lebri’ il Re
di Pollonia luole Tempre Icufarfi, che non è in lua mano di raffrenarli, dando nel rello buone
fperanze, e parole. I Colachi, per
aggiungere quello, (poiché fiamo venuti in propcn- to delle condizioni loro) abitano, come
abbiamo detto di fopra, I ito- le del
Boriitene, che, febben’è fiume ncchiffimo d acqua, non fi navi- ga però per effer rapidifiimo, e pieno di
Icogli , e di falfi eminenti; ma i
Cofachi lo paffano parte con picciole barchette, o d’un fol legno durilfimo Icavato, o di cuojo cotto, acciò,
urtando impetuolamente ne- gli fcogli,
non fi Ipezzino; pane s’ajutano co ’l nuoto; neaqueUi, che non fono ben pratici, è ficuro accollarfi
alle loro tane, dove provvilli che fono
di vettovaglie, non temono furia, o potenza di qualunque nemico- neirilole cullodilcono le mogli, e i
figliuoli in mal compolle capanne- e
quando elfi efeono, lafciano lempre alla guardia qualche pane della milizia. Sogliono effere intorno a
5000. combattenti in ere- dito di tanta
virtù militare, e di tanta giullizia nella dillribuzione del- le prede che alcuni nobili Pollacchi hanno
quella per buona Icuola , ove n’allevino
i figliuoli loro nelle arti della militar difciplina . quelli daMi Scrittori Pollacchi fono chiamati
Niforj; perchè il Borillene, che
da’vicini popoli è chiamato Nieper, da efli è detto Nis ; e Niforj
fi nominano, come abitatori del
Borirtene, effendo il nome de’ Cofachi m
Pollonia più generale , col quale intendono la cavalleria leggiera .
Ora i Cofachi o Nilotj, in tempo di
guerra crelcono maravigliolamente di
numero, 'perchè molti s’accollano volentieri alle b^e loro, o per la fama del loro valore militare, o per la
fperanza della preda; onde fi unifeono
anche de’medefimi Sudditi Turchelchi, non lolo Moldavi, e Vallachi, ma anche Tartari; delU qual nazione
lono in gran parte gli abitatori delle
circonvicine riviere del mar maggiore, fpezialmente di Orzunia, e di Balograd. . - ,, , . « Ma tornando al nollro propofito, Cccome gl Impenah
moftravano coll’efempio de’ Cofachi che
ne’ luoghi de’ confini era neceflario tollera-
re anche le genti rapaci , e predatrici ; e che efli coll opera degli Ufcocchi difendevano queUe importantilfime
frontiere, arte qu^, per Tom. II. T a
lafprez- , 148 STORIA lUfprezza de’ monti, niun’ altra Torta di
gente farebbe ftau egualmente jitta ;
così promettevano nondimeno di azi ordine tale al Capitano di &gna, che ptpibifle, e gaftigaflc quelli
che danneggiaflTero > confini Ve-
neti, o in alerà modo deflero molelHa a’ Cridiani .* ma U Capitano
(ì fculava poi di non poterlo fare, per
la tardanza, e pel mancamento de gli
fUpendj, fenza i quali era impolfibile trattener quei prefìdj, ne* quali ordinariamente fi fpendevano venti mila
Ducati all'anno; e niu- no rilblfe di
metter qualche fermo aflegnamento per quella poca fom- ma, onde cenfalfero le querele, e le feufe:
anzi quando l'Arciduca Car- lo rìfiedeva
in Gratz, e poi l’Arciduca Ferdinando, Tuo figliuolo, mof- fi, o dagli interein de'loro Sudditi, o
dall'onor della cafa d'Aullria, o dalla
propria cofeienza, (come fono itati quei Principi dotati dì una ingoiar virtù, e zelo) facevano iflaoza alla
Corte Cefarea che non fi tplieraflero i
latrocin) infami, e che fi mandafiero a tempo le paghe, per levar quella feufa a' ladroni, e per
metter loro il freno; fi nlpon- deva che
elfi, come più vicini, pìglUfTero la cura di pagar detti ih- pendj, e poi regolalTero le cofe a modo
loro.* ma gli Arciduchi fi Icu- lavano,
che Seg-na non era dello Stato loro, ma appartenenza del Re- gno d'Ungheria; e che a quella Corona toccava
la cura,* die elTi pe- rò non potevano
addofiarfi quella fpefa di più, avendo da guardar tan- te altre Piazze centra il comun nemico. Con
quelli trattaci, e con quelli fviamenii
s’andava prolungando il rimedio, che con onore non fi poteva negare; ma, per altri rirpétti, non
li penfava di applicare. Sopportavano
nondimeno i Veneziani con una prudente pazienza tan- ti aggravi, e tanti pregiudizi, rifoluti di
tentare ogni cola primacchè venire ad
una manilefla guerra, la quale abborrivano per tre cagioni.* prima perchè vedevano che la rovina
cafchercbbc Ibpra grinnoccnti Sud- diti
degli Arciduchi, alla maggior parte de’quali lapevano fermamente difpiacerc le fcelleraggini degli Ulcocchi,
ormai abl^miuaii da tutto il mondo ; nè
fi poteva andar contra Segna, che ì primi a fentire le mi- ferie della guerra non folTcro i vicini
Fiumani, quelli di Lovrana , e di Novi,
e altri non principali nella colpa. La lècoada caul'a, e più im- portante, era, che, movendofì i Veneziani per
mare contra di Segna, i Turchi fi
offerivano di movcrfi liibito per terra; nè clTi volevano in quel modo aprire la porta a’ Turchi da
penetrare nelle viteere d'Italia, per
non effer rei dinanzi a Dio, e nel colpetto degli Uomini, di aver voluto vendicare le private ingiurie con damo
uiiiverfale di tutta la Crillianitk .
Moveva gli Uomini prudentilTimi una terza ragione piti profonda, fondata nel loro panicolar
lervizio; perchè, elTendo loro ri- mafie
in Dalmazia, dopo l’ultima guerra de’ Turchi, le fole Citta ma- rittime colle gengive di pochilfimi
territori, dubitavano che i Turchi, gih
invaghiti della bellezza e fertilità del paele, non s’ annidalTcro con villaggi, e palazzi fin fugU occhi delle lor
Cittì»; con che i Sudditi fa- rebbono
fiati elclufì da tutto l’efercizio dell’ agricoltura, e le Cittù (à- rebbono fiate fogeettc a continue infidie
della gente di quella regione barbara,
prelTo alfa quale non viene fiimata ragione alcuna di pace, di patti, o di leggi. Quefie furono adunque le
confiderazioni, c le ragio- ni, per le
quali s’andò portando innanzi il negozio, e proccurando il rimedio con pazienza, fenza prorompere in una
aperta guerra; perchè in fomroa fi
defiderava di vedere moderate le feorrerie degli Ulcocchi, ma non
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USCOCCHI. 149 ma non di vedere t buoni
eftinti ; e fì aveva riguardo di non facilita-
re la firada alle maggiori rovine d’ Italia , e della Criflianit^ ; nè
It veniva volentieri a partito di far
patir a gl’ innocenti la pena de’ falli
altrui .* onde da’ Sommi Pontefici, che Capevano U fegreto, fu
grande- mente lodata la pieù, e la
prudenza del Senato Veneto, colla quale ve>
niva anche moderato l’ardir di quelli che avevano Tarme in mano, e reggevano Tarmata; i qu^li', fecondo la loro
natura militare, i più im- pazienti non
potevano lòpportar tanti oltraggi . Ma
era necelTario che tanti peccati di gente ribalda, tanti faccheg- giamenti, e ammazzamenti di poveri, tante
lagrime di miferi affUcd movelTero Tira
delT eterno Dio, acciò, fé in terra andavano impuniti si gran delitti, ne moflrafTe vendetta il
Cielo.* onde venne in penfieroad AfOm
Bafsh della Bellina, regno che confina colla Dalmazia , di np> prefentare alla Porta le molefiie, i danni, e
le rovine continue che pa- tivano i
Sudditi del Gran Signore da quello poco numero di ladroni; e che con grandifilma indegnità d’un si grande
Imperio, e di una tal po- tenza era il
tollerarlo : che egli, fé gli foflfe data autorità, colle forze del fuo governo avrebbe non folo dillrutti
gli Ufcocchi, ma allargati i confini per
le reliquie del r^no diCrovazia, e de’ vicini Stati Aullrìaci fino a Segna, e piò innanzi folto i felici
aufpicj Ottomani . Era Af- fan per
vigore di corpo, e prudenza d’animo affai inclinato alTarte del- la guerra; nè contento degli onori, a’ quali
da debole principio cosi ol- irà il
corfo di mondana profperic^ era arrivato, che afpirava di farli flrada celle fatiche militari a primi gradi
di quel barbaro Imperio: pe- rò difcorlè
del negozio in maniera, che eli fu facile il periuaderlo al- la Porta, ove fi defiderava grandemente di
galligare la temerità degli Ufcocchi, ed
erano inalpriti gli animi dalle continue lamentazioni de' Sudditi, i quali deferivevano in modo la
crudeltà dc’iadroni, ei flrazj che
pativano i fchiavi i quali capitavano in mano loro, che ormai fi- no in Cbllantinopoli , e nelle vicine
provincie Europee , quando fi vo- leva
pregare ad alcuno che non cadeffe in cllrema mileria , fe gli di- ceva cosi.* Dìo ti guardi dalle mani
de’Segnani. Però furono volentie- ri
afcoltaci dai gran Signore, e da i Bafsh i configli, e le proferte di Afian; onde gli fu data commilfione, che
rómpelTe la guerra, la quale per tal
caufa cominciofii Tanno 15572. e durò fino a quello del 1602, con variati luccelTi, ne’quali hanno avute
continue occafioni i Crifiiani di
riconofeere la particolare protezione dell’onnipotente Dìo, il quale, febben mollrò dapprincipio di volerli
gallìgare, non ha però permeiTo che fin
ora fieno affatto caipcflaii da’ nemici del fuo tanto Nome. £ quantunque ad Affan vcniiì'cro profperi i
principj della guerra, poi- ché lenza
molta difiicoltH s’impadronì di Sifacn, eBichiach, quefio fui fiume Una, e l'altro sò la Cupa, come oggidì
lo nominano i paeiani; ambi luoghi
opportuni a’fuoi difegni, a’ quali fi credea poterli dilficil- menre far conveniente refiflcnza colle forze
dell’Ungheria, che s’ erano debilitate ,
per eflerfi colla fperanza della lunga guerra che avevano avuta i Turchi in Perfia diimelTo nel regno
Tufo dell' arme ; ed erano annichilati i
prelidj di cavalleria, e di Isteria, che per djfela delle frontiere fi folevano ne’ confini mamene;*e
nuracrofiinmì colle contribu- zioni dclT
Imperio; le quali, parendo che gih ceiralfero ì pericoli, fi coo- vertivano in alui ufi. Ma
/ 150 STORIA Ma quando cominciò la guerra, fi accofTcro
tutti quanto farebbe Ila* to utUe l’aver
in tal occafione alla mano un corpo di milizia tale , ve^ terana, ed cfercitata; c fi vedeva che
lalpctcar foccorfo da’Principi dell*
Imperio, o da altri Potentati più lontani, era colà lontana, e
incerta; ORoc fi temeva ragionevolmente
che non andafie la Crovazia, e TUn-
ghcrìa tutta in poter del nimico t però fi maledicevano UÌcocchi,e fi (kfiinavano loro gli ultimi lupplizj, come
ad Uomini icelleraiiffimi, c autori di
tutte le rovine. Ma ne’ maggiori mancamenti di forze, c di configli, volle la divina miiericordia
loccorere i Crifiiani in modo, che tutti
conofeefiero efler ugualmente facile a lei il vincer con pochi, o con molti: perchè, circndofi l'anno
leguente condotto Afian collcfcr- cito
vittoriofo, c invigorito da i profperi luccefiì, vcrioSifach, c paf- fata la Cupa con dilegno di calate poi verfo
il fiume ,^e per quella via farli la
lirada alia prcla di Segna, c all’ertirpazione degli Ulcoccht, e ad altri più valli progrefii, fu Icopcrto da
alcune compagnie di cavai* li, che*^ fi
erano meflc infiemc de’ vicini prefidj Audriaci, con fine d’of- fervare gli andamenti del nemico, c di fargli
alcun contrado in qual- che anguilia
dc’paffi, o d' impedirgli le vettovaglie, più tofto che di far teda, e di combattere a bandiere fpiegate
in tanta dtiugiiaglianza di numero,
efiendo i Turchi più dÌ40ooo., e iCrilliani intorno 4000. ma edendo quelli tnafpettatamciue avvicinati
alla Cupa, e avuto l’av- vilo che il
nemico giù cominciava a paiTare, fi leniirono infiammare da un’inlolito ardore, che fi vide poi cnere
miracolofo dono del Cielo; perchè , ove
alla prima nuova della vicinanza deli’cfcrcito Turchefeo , tutti gli animi fi vedevano volti alla fuga
con dubbio che nè anche quella fervide
allo Icampo; ad una loia parola pronunziata dal Capi- tano , che meglio era combattere con quella
parte che era giù paca- ta il ponte, e
che le ne poteva Ipcrare qualche gloriofa vittoria, il gridar di tutti, che fi vciiilfe alla
battaglia, e il marciare in dretea or-
dinanza arditamente contra il nemico. Tu tutto uno; ove T affalto im- provvilo miie a’ Turchi tanto tpavenco, che,
lenza far un colpo di lan- cia, o
d’archibufo, fi mifero m una dilperata fuga : c perchè giù era- no padati quali tutti per un pome non molto
largo, (edendo il fiume crclciuto
d'acque, che non fi lalciava gu^zare ) pei medelimo ponte conveniva ritomariene; il qual non era capace
dì più di due cavalli al paro; e
perniile Dio, per maggior dragc de’ nemici del Tuo l'auto Nome, che nel mezzo del ponte cadellè un cavallo
ferito, che chiule il padb a gli altri;
nè riirovandofi in tanta fretta chi fi pigliad'e cura di farlo rilevare, o di farlo cader nel fiume, fu
cagione della morte di molti.* perchè
inanimiti dalla jnalpetraia fdicitù, attendevano co- archibufi, e colle Ipade a farne drage; onde
i Turchi fi i>ittavano
prccipirofamente nel fiume. Le rive erano alte; l’acqua groda; il
tu- multo grande; la mano di Dio
Idegnata; onde di tanto numero po-
chidlmi fi lalvarono; poohì morirono di ferite rìlpctto a quelli che fi
an- negarono; fi penderono ìt bagaglio
tutte, e i cavalli; rimale morto, tra
gli altri, Adùn con un fuo Iraicllo; c i Cridiani, allegri d* una si
me- morabile vittoria fcAza pur una
minima perdita, carichi di preda, ricu-
perarono indi a poco Silach, c cominciarono fperar meglio di tutta
la guerra, la quale ha portato in quedo
fpazio di dieci anni varj avveni- menti
certo , mù nondimeno uli , che ciafeuno è tenuto di confelftre , edeili
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USCOCCHI. 151. «iTer(I manifeftamente
fcoperti fegni evidenti della protezione deironoipo- lente Dio verfo i Crìdiani, perchè fono date
efpugnatc le Cità xeaii, rotti gli
efercìti formati, meifo in fuga il proprio gran Signore : nò fi può che nella pre- là di Cliffa confifleffe la diffruzione
de’Turchi; nè credevano altro, fé non
che il Papa foffe per pigliarla per sè, e per quella via mandar efercitt Crifliant nella Boffina, e far follevare
tutte le Provincie con fperanza di li-
berti: ma i difegni del Papa erano quelli che fono llaii accenn.ui di
fopra; nè fi giudicava conveniente fcoprìrli
per fola Cliffa; nè meno il manìfeflare
a gente mal cauta la caufa della tardanza .però s’andavano trattenendo,
con induUria afcoltando in tanto le
pretenfioni eforbicanti colle quali ogni
giorno fi facevano innanzi/ e l'Arcidiacono di Spalatro , fratello di
Giovan- ni Alberti, diceva che la
nazione Schiavona non voleva mettere mano in
quella faccenda, fe non fi faceva un Cardinale della lua lingua ; e
penfava che doveffe toccar a lui , o ad
un Aio fratello Dottore . Era anche venuto
per quello effetto Gaudenzio Canonico; ma più importuno de gli altri
era il Cavalier Bertucci, uomo
arrogante, e di pochiffima levatura, il quale
dimandava il governo perpetuo di Cliffa con groffi Hìpendj; e già fi
fa- ceva padrone lolo del negozio;
parendogli di meritar molto, (ebbene ne
aveva pochiflima parte, perchè nè a lui, nè a gli altri fi rivelava il
fegre- tò; ma le generalità del trattato
erano in bocca, per la poca avvertenza di
coloro, di tutti i Dalmatini che fi trovavano in Roma; onde pareva im- pQfiìbile che non ne arrivaffe il fentore
a'Turchi; e che non faceffero le de-
bite provvifioni per afllcurar la Piazza. Tutta quella gente negoziava col Segretario
Minuzio; il quale, men- tre afpetrava la
maturità degli altri più importanti difegni, loffriva que- lle impertinenze al meglio che poteva.* ma
infallidito dalie contìnue mo- Icllie
del Cavalier Bertucci, come egli era tenuto per natura, per la moltitudine delle occupazioni, e per la poca
laniià, collerico, e impa- ziente, fe lo
levò dinanzi, accufandolo di prefuniuofo, e dicendogli che forte il governo di Cliffa fi darebbe ad uomo
di più merito di uii ., c che non
conveniva innanzi tempo pattuire della pelle deU’Orfo non an- cor prefo . Il Bertucci, il cui camino
s’empiva di fumo con poco fuo- co, fi
voltò fubito verfo il Barone diNorad, all’ora Ambafciadorc dell* Imperadore in Roma, e gli efpofe tutto
l’ordine della trattazione, mo- tirando
che ella era già matura; ma che il Minuzio, come fuddito del- la Repubblica di Venezia, la impediva co’fuoi
configli. L'Ambafciado- re fenz altro
predò fede a quello gli fi diceva ; matfime che , per al- tre cagioni, era fofpetta a gli Imperiali la
perfona del Minuzio, cosà per effer egli
nato fuddito de’ Veneziani , come per effer dipendente da' Duchi ai Baviera, tra i quali, e la Cafa
d'Auflria correvano all' ora alcuni
difpareri ; onde egli abbracciò il negozio , e fubito fup- plicò il Papa, che fi conccntaffe di lafciar
andar il Bertucci alla Cor- te Cefarea ,
e che 1' imprelà di ClUIà fi tentaffe a nome di fua Tome if. V Maeflà: ,54 STORIA .* il che non fii diflidle da ottenere,
eifendo ormai infìilìidict fua,
Beatitudine della prefunzione del Bertucci, e delle impertinenze di altri partecipi di quel maneggio. , Il Segretario Minuzio, quando vide dalla
pazzia d un'Uomo impedir* fi U pubblico
fervizio, e i concerti ben ordinati, cercò di divertire il mal configiio; e trattandone con Tua Santità^
fi sforzò di perfuadere che fi defie il
Bertucci al Commendator Pucci, Generale delle galee Ponti* ficie, il quale all'ora fi trovava in Roma,
acciò lo cufiodifie lopra la ^alea, ove
non potefie metter lòtto fopra materia di tanta importanza : tut* to fu indarno, perchè, follecitando
TÀmbafciadore da una banda, e il Ber*
tucci daH’altra, egli fu Tpediio fegretanaence in fretu verfo la Corte ;
nè fi perde tempo, che indi a poco fu
forprela Clifia in nome di Cefare, fen*
za aver prima penfato al modo di provvederla di vecovaglie, e di munir- la contrale forze Turchefche. Vi entrò dentro
Giovanni Alberti, fecon* Qiiello
fucceflb di Clifia elaccrbò gli animi de gli Aullriaci, e de’lo- ro Miniliri contra j Veneziani, verlò i
qualli non parevano nè anche ben
difpolli, parte per grinierclfi de’ confini, e per lunghi contraili frù
dt loro; parte ancora per la mala
inclinazione naturale che , portano i Principi
alle Repubbliche ; ora pareva loro che i Veneziani avrebbono potuto provvedere CUllà di vettovaglie, o chiuder
gli occhi, mentre i ludditi loro , Digilized by Google DEGLI USCOCCHI. 155 loro, affezionati alla cauta, le
provvedevano; ma chi fi trovava fuor
d'interelfe, ben vedeva, fc era pofiibile farlo: oltracchè , la
vicinanza degli Ufcocchi farebbe fiata
loro incomparibilmcme più molefia, e pià
travagliofa di quella de’Turchi, co quali in tempo di pace fi vivequie* tamente con libero commerzio. Nel medefimo tempo, per la ifteffa cauta,
crebbe anche la rabbia*, e il numero
degli Ulcocchi : la rabbia, per la tagliata ricevuta folto ClifTa, e per non eficre fiati favoriti, come
forte pareva loro di meri- tare, da’
Veneziani : il numero, perchè i fudditi Turchetchi che ave- vano avuto mano nel trattato, alcuni de’
quali erano propriamente di Clifla,
altri di Polizza, temendo di gaftigo, fc ne fuggirono a Segna: il che fecero ancora non pochi fudditi della
Repubblica, che imprudente- mente fi
erano ingeriti in quel negozio , e dubitavano però de’ cafi lo- ro. Le quali faccende la Veneta prudenza non
giudicò però doverfi an- dar più
Ibttilmentc inveftigando, per non moltiplicar diffidenza, e dif- pcrazioni, e non aumentar di vantaggio il
feguito agli Ufcocchi, i qua- li, dopo
quefii avvenimenti, parte per isfogar Tedio conceputo, parte per certa opinione di far cofa grata a’ loro
Superiori, da’ quali forfè an- che
venivano infiigati, fenza alcun riguardo fi diedero a danneggiare i fudditi Veneziani, Ivaligiando i Vafcelli
de’proprj Dalmatinì , ove non poteva
effer pretefto dei Turchi, o dei Giudei; levando dall’ Itole gli ammali, i vini, e ciò che vi era, e
ammazzando anche gli uomini per
qualunque minima refifienza, per caprìccio: onde fi vedeva che
avreb- iMno in breve dilolata la
Dalmazia rutta, fe fi differivano le neceffa-
ric provvitioni , la cura delle quali fu comn^effa in Venezia ad
Ermolao Ticpolo con titolo di
provveditor Generale, e con libera podefi^.
Il Tiepolo fino da fanciullo sera efercitato fui mare, e aveva in
di- verfi carichi fatte cote
maravigtìote contra Cortari, ed era grandemen-
te temuto dagli Ufcocchi, perche era folito di fame
irremiffibilmente impiccare quanti gli
nc capitavano in mano; onde fi giudicava che fof- le ora per far molto peggio. Si tapeva in
oltre che era di parere che fi dovelfcro
aflalire con aperta guerra i nidi de’ malandrini , e difirug- gerli con ferro, e fuoco, c ne aveva dato
principio, battendo Scriffa,
terriccivola che gli Auftrfaci chiamavano Carlo Iwgo, porta fui
canale della Morlaca, dirimpetto all’
Itola di Pago, la quale poiché ebbe pre-
fa a furia di artiglieria, fece lubito impiccare quanti nè trovò
dentro, cominciando dal Capitano, e
Luogotenente con venti altri di quella
ftirpe; e moftrava di dover feguitar nell’ ifteffa maniera in tutti i
ri- cetti de’mafnadieri, fe dalla
Repubblica non folfcro fiate temperate le
ritoluzloni fue troppo ardenti, la qual era moda, dalle ragioni
toccate di fopra a non correre ancora ,
tirata dalla neceffitli, in una manife-
jla guerra: ma ora aveva una confiderazione di più, che, effendo
gi^ acccla la guerra tt\ T Imperadorc ,
e il Turco , non pareva convc^ nire alla
pietk, e prudenza della Repubblica, fe aveffe nel medefimo tempo moffe le armi contra la cafa d’Aufiria;
la quale fe in tanto foffe fiata
afirecta da altri rifpetti, come grandemente fi temeva, di con- chiuder la pace co’Turchi, eziandio con patti
difavvantaggiofì, la colpa ne farebbe
fiata rovefeiata tutta fopra i Veneziani ; onde efll prudentifiima- mente fi aftenevano dalTapcrta guerra,
febbene le fpcte, e le forze erano tali
, che avrebbono potuto bafiare a farla , mentre i più prudenti volevano Tonu //, V 2 pur Digilized by Google 1^6 STORIA por vedere fe la dilìruzione dt Scrifla
pofefta ballare a metter pende' fo kd
altri d’ovviare a maggiori pericoli; al che adoperava Papa Cle* mente tutta T autorità de' Tuoi configli; c
vi s'impiegava anche il Rè Cattolico per
zelo di giulhzia, e per riputazione della Tua cafa. Ma men- tre che i Minillri di Tua Samitk cosi prafifo
a Celare > come prelTo agli Arciduchi
accufavano le rapine, ed i misfatti degli Ufccochi, efTì, per difcotparfi in qualche parte, avevano mandato
a Roma il Padre Cipria- no Guidi,
Lucchefe, deU'Ordine di S. Domenico, uomo di qualche dot- trina, ma di più audacia, di molle ciancie, e
di gran vaniti, il qua- le e in voce, e
con lunghe fcritture pretendeva di giudificar nel Mon- do le azioni degli Ulcocchi, efaltandoli come
tanti Maccabei, e actrì- .buendo loro la
falute d'Italia, è la difefa di quei conhni .* diceva che le depredazioni dc’Vafcelli di Levante erano
idituite per zelo della fe- de, Up meme in «iw.fan»di ladaa fawodo upuione,
efapata» vano aaiaanafi l'im falò», ni
aliai potevano avanzare alcim di b>M.
qnelb ara la fada na’p n bW ir i maneggi, c Belle aaminillcaaiaat del
pafa biKO danaro.- ad ok» owlbaRino
tempre ebe pili ia^rafie laro l’uiil»
dei^ Patria, che le paiefte comodià; e tàiltir vera la doiniaa di
IVh cidide, efie era magli» efiàr poveao
Cictadiae in rioca Repubblica, eh» rioco
Ctnadino i» paàeca Rcpubblica^Médema» gnelli mediocri làaa)- tb, baftami però a fafiamaM onoramaeme le
Ifato cndkario da gU An- tca»ei/ e cen
«jnelle vivevano modaniamete, fanza aadar con ^ aa> fiatb ocrcaad» quegli avanzamenti di factuaa
che ia qaeftì u lt i mi Ma» pi hanno
rnarinnitn pah n dafiderarfi in Venezia , per eflére erdeàna pib il lafln', e la pampa aaaoa i
lodevolil&iiii coftarai de gli An-
tiche. Oia non patendo, per
altre ocanaaaiatil, sbrigaifi à «aA» li ■»»»»
da Vnnezia,-ad cftD^ d ai m a n di Bembo dalte-fae iadi%ofaiaai a
■- totaarvi fubiaa, fa per deetea» .dal
9bnaa» eommAà ia ttam tuo* 1» cute dèi
nagazio ad Anma i o Gii iftin iaaa, Cavaliere, C a p i ta a o dalM* fo, che, dopo eflèrC pebaatfo di iepa anni
eootiau» eletcicaia oaaa». lamcat» in
diverfi «pNcfci maaMmi falle Galea, fa aa taraava allBP»- tra eoa gialia Iptt ml aa di maggiati aneti.
U ^ftiaiajro era gbviaa^ e nvMNio vaduie
fn dbaa le pih canuta talk fona agella faerigMìCaao nagaaio degli Ufooaahà, pcoo atl av a .eaa
aaolm ai r aalp ea ioae, ma aon ima
inifafa- ddigenaa» latpmlagli letvt pai coahere fapta l' Itoli di
Ikav» niM*,'pregtnlifa«atc dd bada,, iaeiaat al numero di t^, pofia ia hmgo
pabhiioa, diadan gmm daime iMtiaceU a gli
oocbi. di gidlli ebe taaaivana ogai giafaoir t*a vidi delle nefande opemzieai di qalblU mala
gente nd iè ri 1 11 É mm tTavarna vedute
in thrt tempi mma in una \ml(»r‘ onde ibtmata ‘dal Ghifiiniano veniva ia Venenia alnaw fa|>ta
le IbcHe; e parmra abdfa Ibn Wioiib
poteflè pnrmr anche gunkbe iMg^ bene, pafcbb‘b>ga4 gfarni a' era aperta la (bada a% nranaaiooe
d’aaaomodanmmo di tuoa il negotio.
- Perebi, avendo i’Aicivtfoovo di Zara
ptapofti ab Papa dhreti! modi di
Ttrminaelov ^ Santnb.gli c o m m dt chce’abaceaflà oel VdcBvadbSa. gna ' che faa loro vedifaio dt i nri ma pn
are H mgnaioa qnalcha via di«oi>
Sellane, per poterla praporte a gTfamc eff aii aa« nRipn fandaaiadco. n Vcleovo di Segaa àMitai» daU'Areivetehvo pw
n Zatay 1 fii fora fi maaciD dirwle
coafarnuc per plbigforni, la gadfLdI maao in maao fi eomumeavano al fopeaddetto Gin fii aiana. Per
nadir la facili* della fa» faba y- M
fiaa 4 delibati eba II IMòafa anddfc afa Ora di 4fcua, «‘ dì'dPtaga, per panar di fa gaalahe
«onuneCaM famm iella rtffai xieac
di'partiti, fafamma de’-gadi tra» che ipMHa amltitadiat # aa- afan rapaai non fi dfafadfe tataa-mMa in
fiagna, aia fa maggia»-]*». « fi
omiddaefie a gaaidia.fa mrnf e -^aal».pacevaaa afiàe pifi alili *1. U fifiefa de’ coafiai , a amna atfa afle
■eabbama fi an fama da emgofa XbtI. par
bene de’tlbagulei , i oaif il gnale ricusH 4’andarvi, # fg privato
deibilttpcudio: per kicbe lùarrtò a
Segua, ove viveva luetavb, «a meidiiinos e carico di. iigli- ualà, fcnia credito, e mezzo fcenip. di
ccVvella, Ma tornando ah ptopofiio
noAio, à Vaibovo di Sogna , arrivato aGratz,
tiDvò in quella Com agni cofa beo ddpoAa, e unedbecra incUnazione
all' acoooodamenro,' perchè il Priocipe,
ottinio, t gioMfimo, era modo aon lob
dalla -diminnzioac delb proprie gabelb, a dal pctimemo de'ludditi, w gl'interrotti con f erai, e per rimpedna
vettovagUa; ma moim più palla prapiia
caicicnta, e dall' intcìelb datb ripotaziasie della Cala d'Au- . liru, che, onorata nel mondo per «ami
imperadori, e tanti Re, veni- va ora
htad'xtia di fi>mentare nc'&ioi Stati pubblici Itdroat, crudalUi- aw, miai imbranati di langtie Criiinno : ma
perghi aon dipendeva rac- comodamento
daU' AicidiKa, il Vebovo 111 canfigliaio da lui di trasfe- rirli olla Corte Celareai c lìi aecoorpagna»
a quaU'sBciio con lettere a ' peopolito.
Ma in Praga la dtfiicolih ota'era all'ora di veder la bccia delllm- poradofc, eoo che di negoziare Icco, c il mal
animo d'alcuni principali Mi- nifiri, i
quali godevano di vedere cos'l travagliala la Repubblica di Venezia, o' perchè avevano altra canb di bvorir le
rapine degli Ulcocchi , fece perdere il
tempo al Vcliavo, chi noe ne e^rh, le non buone parale , c dilcoifi di rmieiici tutta lo biKenda. oli'
Arcidnea . In tanto era nllr‘"T'‘‘
Venezia il Genezal Uooato, e datb una occhia-
la al pacb y coniidefamfa i ptlTi per. h quali gli Ulcocchi potevano
ufeire dal-Caneb di Segnlbforrerc pop I»
IMmatia, riloile con pruden;ifli«no
«anfiglÌÉ di cisiuderne con Foni oppartnni, e muniii dt geme, e di
oriiglie- rin, l'tmqnell'Udla «NVeglb el
canafeiefelb MorUgea, ove è I «panguAa
hoese ,.per la quale erano tolih-gli Ufeooahi di patfaroìèrequcMe- benu. Qnelli Rccoam erano t più coowdi pofli
a chi voleva ulcira, ed ea-
iatie.&nmmcnce,-«aai erano piu Acili a temi* per l'anguOia del
fieove fehhene rimanevano o'hdrooi
alcune altre pocboutcMc kherc, nopdimt-
no, quandafi davo fero b caccio nei ritomoy .- D
DEGLI USCOCCHI. 163
grantliflinio rifchio : però fi vide daircffetco che quel pmdentiflimo
con. figlio mife i ribaldi in efirema
difpcrazionc, malTimc che col primo forte
di S. Marco s’impedì a’Segnani il commerzio di Fiume, donde erano fo. liti cavare le vettovaglie, e provvederfi de
gli altri bifogni : con che fi può dire
che fi toglicirero loro gli alimenti; però fi riduflero tofio all’e. flrcma necediih di tut^c le cote.* e come
un'impecuofo torrente, a cui fia pollo
innanzi un gagliardo riparo, è forza che sbocchi colla fua furia in altra parte; così cofioro, (limolati dalla
fame, ne potendo più ufeire per mare
fenza manifeilo jsericolo; vedendo che quanti di loro veniva- no alle mani a' Veneziani ( c ne venivano
molti ) tutti s’ impiccavano verfo i
confini de' Turchi; (dfendo giìt, come fi è detto, dilettata la Licca, e Ja Corbavia) non rcllando loro
ipcranza, fc non di mii'eric , e
diffìciiilTime prede, fi voltarono temerariamente, e rabbiofillìmameme (non mirando quanto importava tirar una nuova
guerra addoflb alla Ca- ia d’Auilria,
come ?rano fiati foli autori deli’ altra co’Turchi ) fopra rifiria, e con terrore dì manifefia guerra,
non che di rubberic, e lac- comani,
entrarono ne'iuoghi murati, e anifièro fiendardi imperiali; iac- cheggiarono le terre, c le Caftclla, c fecero
fino de’ prigioni ; onde fu ammirata la
difcrczione, c fapien za Veneta, di iaper divorar oltraggi ta- li, e non venire, per le cagioni narrate di
fopra, a manifefia rottura., Provvide
ella bensì con fubtti foccorfi alla ficurezza de'fuoi fuddici, in- viando quel numero di cavalli, e fanti che
pareva necclTario al bifogno.* il
governo della qual gente, e di tutto il maneggio deli'imprefa fu dato a Francefeo Cornare, Gentiluomo giovine, ma
che nel carico di Prov- veditor della
Cavalleria di Dalmazia aveva dati legni chiari di maturo giu- dizio, e di una incorrotta fede nel negozio
de' danari pubblici*, le quali virtù
l’avevano fenduto maravigliofamcnce grato al General Donato, il quale lo predicava con continue lodi, ovunque
occorreva : c inficmc colia commelfionc
di provvedere alla ficurezza delie terre dell’ Ififia , e di quei, popoli, gli fu dato il comando di non
afialtar però i luoghi dcU’Arciduca iu
s^uei confine, ma di gafitgar i malfattori, di vendicar ringiiirie, c di
ri- farcire i danni, 0 pubblici, o
privati a mifura colma: Il che egli andò
efeguendo con tanta vigilanza, c con sì accorta maniera, che, feJgU Ulcocchi trionfavano di qualche preda, tofio
ne piangevano i fudditi Arci- ducali, c
maledicevano chi n’era caufa*, accorgendofi dì dover in breve (fe non fi accelerava il rimedio) rimaner
tutti diftrutti; perchè non in-
dovinavano che Tarmi Venete s'aveflcro fempre ad adoperare con
quel- la rilcrva, e quella dilcrczione
la quale negli fieUì lagrimofi danni ve-
niva lodata, c ammirata da chi non s’internava neli’iiìternc caule
d’im tal procedere. Quelle faccende fi
maneggiavano in Ifiria col configlioj e
coir autoriih del Capitano di Ralpo , ch’era ^rnardo Contarini , Sonator gravifilroo d’anni, e di prudenza,
folendofi dar quel carico, benché di
luogo piccolo, ad uomini tali , e benemeriti della Repub- blica , alfine di rilàrcirli delle fpefe
fatte in fervizto della Patria coll'
utile importante che fe ne cava*, onde s’ era trovato nei medefimo Magiftraro il Ticpolo, quando egli fu creato
Generale contra gli Uf- cocchi: ma il
Contarmi, alla fomma degli affari,^ e delle fatiche mon potendo refificre Perù fua, che palTava giù
80. anni, chiamò Giulio, luo figliuolo,
che ne lo follevalfe in qualche parte; il quale, elTcndo d’ ottimo giudizio , e molto rifoluto ne gl’
importantidìmi negozj , Tpjw* il X a c
con- i 64 storia f congiunrifTiino in amore col Cornaro, ebbe
la mira Tempre a portar (juella nuova, e
infolita forma di guerra a quei fini che lono flati de- Icritti con maniera molto accorra, e
lodata. Ora mentre che in Iflria cos^
s'andavano bilanciando le cofe , c fì
temeva che non riufcilTcro finalmente in una manifcfla guerra, il
Do- nato aveva gili fatto Taccheggiar
da' Tuoi l'oldati la Terriciuola di Lou-
rana, non lontana da Fiume, con maniera tale, che ben fi vedeva ef- fer lua intenzione, piuttollo di pizzicare,
che di ferire, a finche altri fi
rilvcgliaflcro al rimedio, c dopo aver con diligenza finiti i due forti fuddetti, e dopo averli provveduti cos^ di
milizia, come d’ogni altra cofa
necelTaria, e vedendo andar a lungo raccomodamento, il quale tut- tavia fi trattava, aveva in animo di palTar ^
qualche maggiore progreffo. Nondimeno il
Papa, il quale aveva per quello accomodamento già mol- ti mefi 'contuinui in Corte CeTarca Flaminio
Delfino, che non cavava rifoluzione
alcuna, bens'i Tempre fperanze buone, e promefTe , fui fondamento di quelle continuava a pregare i
Veneziani a procedere co’ foliii
riguardi, lenza venire a guerra aperta, con rutto che parelTe lo- ro grave la fpda, c ormai foflcro infafliditi
dalle lunghe, c vane fpc- ranze; poiché
efTì confumavano teforo tale, che avrebbe potuto balla- re per una giufta guerra, ove almeno
avrebbono potuto pretendere non folo di
render danno per danno, ma di ridorarfi con qualche acquido dc’gravi patimenti. Ma elTendofi in qiieda
congiuntura accampato l’c- fercito
Ottomano guidato da Abram Bals^, Cognato del gran Signore, fotto CanilTa, Piazza non lontana dalle
Frontiere della Crovazia, e dell* Idria,
parve piucchè mai necelTaria la pazienza, acciocché, fuccedendo qualche finidro accidente, il Mondo non nc
dede la colpa alla Repub- blica, che
avede in tempo d’un tanto bifogno tenute occupate altrove le forze Aullriache; onde non farebbe mancato
chi 1' avede calunniata d’hueiligenza
co’ Turchi. Per quedo il Donato attefe a regolar le mi- lizie, ordinandole in modo, che un numero
minore potedè predar il medefimo
fervizio, e cosi fi diminuiffero Icfpcfc. Erano neH'armata di- ftribuite parte lopra le Galee, parte fopra
le barche lunghe quattro di- vcrle
nazioni, unte valorole, c acccfc di una onorata emulazione di virtù, Italiani, Cord, Dalmatini, e Albancfi,
co’quali era opinione dì molti Capitani
pratici, che s’avrebbe potuto tentare, c condurre a fi- ne ogni ardua imprcià; madimc comandando loro
il Donato, che era mirabilmente ubbidito
da tutti, perchè, oltracchè li pagava a’tempi de- biti di moneta con vantaggio, ufava di
trattenere i Capitani di tutte le dette
nazioni, coridlemente ammettendoli di continuo alla fua tavo- la, nella quale, febbene non voleva il ludo,
biafimato in quelle d’al- tri, fi vedeva
però un’ordinaria fplendidczza; c Tcbbene nel volto, e nelle parole lue fi feorgeva natura inclinata
anzi a fcvcric^, che a pia- cevolcza,
nondimeno fapeva temperarla in modo, che riufeiva grato z tutti.* ma principalmente i popoli di
Dalmazia lo benedivano, per l’in-
corotta fua giulìitia; c i Magillraii inferiori lo temevano, per
Topinio- ne d' inviolabile
integriti. Dilpoflc adunque le cofe nel
modo che fi è detto di fopra, il Dona-
to con buona licenza del Senato fe ne tornò alla Patria , edendofi
in fuo luogo (con un giudizio
univcrìale, non di Venezia loia, che lo
elede, ma deU’armata inficme, c di tutte le Cittì» marittime , che
mol- to pri- Digilized by Googic DEGLI USCOCCHI. 165 ro prima Io prcdifTcro) commclTa la
fafHdiofa cura degli Ufcocchi a Fi-
lippo Pafqualigp, ch'era all'ora Provveditore dell’ armata, ed era
palTa- to, fi può dire, per tutti i
carichi che comandano fui mare, nel qua-
le aveva menata la maggior parte della Tua vita fìno dal tempo in
cui dall' armata CriOiana fu rotta la
Turchefca a Curzolari ; ed era flato
riputato Capitano valorofo, vigilante, e rifoluto, mafTÌBie contra i
Cor- fari, de' quali fi faceva conto,
cha avea prefo fìno a quell’ ora gran nu-
mero di Vafcelli armati; onde tutti andavano indovinando che per
ma- no lua dovefTero anche reflare
domati finalmente gli Ufcocchi, contrai
quali egli, conforme all' ordine ricevuto, fe n'andò colla Tua Galea
vec- chia, e veloce: ove fi vide toflo
ch’era per camminar dietro a gli an-
tichi configli, col perfeguitar i ladri, e impiccarli ovunque gli
avefse colti; e con rifarfì de’ danni
de’fuddìti fopra chi gli inferivano , fofsc-
ro chi fì voleffero: nella qual imprefa entrò, oltra gli ordini pubblici, con gagliarda rifoluzione propria, con si
fatto fpa vento de’ malfatto- ri, e con
tanta fperanza dc’popoli afflitti, che la Dalmazia, e Tlflria cominciò fubito a credere che fofTero toflo
per finire i loro lunghi tra- vagli.
Tenne egli bene cufloditi ì luoghi fortificati dal Donato, e or- dinò le guardie a gli altri paffì di mc^o,
che ogni ufeita fo(Te agli U- Icocchi
pericolofa; e perchè il porto di S. Pietro di Nembo neH’llola d* Oflcro era ordinario ricetto di molti
vafcelli , t quali o dalle oppofle rive
d’Italia paffavano in Dalmazia, o di Dalmazia navigando verfo quelle parti, o verfo Venezia, quivi fì
fermavano, per afpettare tempo opportuno
al loro paflaggio, onde gli Ufcocchi erano ficuri di trovarvi lempre occafìone di preda, quando potevano
tirarfi fin 1^; Ì1 che face- vano tal
volta cacciati dalla fame, e dalla difperazione ne’ tempi piò fortunevoli di borea, quando nè le galee, nè
le barche armate poteva- no reggerfi
alla furia del ventosi! Pafqualigo, per toglier a’Iadri quella comoditi, e per aflìcurare a naviganti quella
danza, fì fervi prima d’ una Chiefa
vecchia, e derelitta, per collocarvi dentro a quello fine un prefidio di foldati; c poi vi fabbricò un
forte in fito opportuno , con comoditi
anche d’alloggio per qualche pafTcggiero che vi capitafle ; c ridorò la Chidà, provedendola delle cole necelTarie,
con ordine che vi rifiedenc fempre un
Cappellano, acciò a quei foldati nè anche mancaf- fero le confolazioni fpirituali : il che
tutto l’efpericnza fin qui modra clTerfi
latto con prudcntifllmo configlio. Con quede diligenze redò, (i può dir, aflicurata tutta la Dalmazia; e i
ladri, fuor di qualche ben repentina
fortita fopra Tllola di Arbè, e di Pago, ove depredavano qualche animale, poco ardivano di folcare piò
i canali di Dalmazia; e per ogni poco
danno che facevano a' fudditi Veneti , ne pagavano U ho, o cfli, o altri fudditi Arciducali con
ufura; perchè il Pafqualigo faccheggiò
primieramente Ledenici, poi Mofehenizze, c Terzato , c Be- lai , tutte Cadella del Contado di àgna :
fpogliò altri vicini luoghi di animali,
e di abitatori di maniera, che ogni cofa era piena di pianto, e di fpavento, nè alcuno fi teneva ficuro, fe
non ben lontano dalle ma- rine, 0 in
fortiflìmi ricetti: gfinnocenti maledicevano i malfattori, che erano cagione della rovina loro; e i
colpevoli reflavano confufì , confi-
derando a quanto incendio avelTero elfi data occafione » In quello mentre co’medefimi paffi
camminavano le cofe d’iflria, ove i
ladroni, vedendofi ormai chiufe le firade in Dalmazia , cercavano di ri-
# \ I
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STORIA di rimediare alle loro
neceflitìi : ma il Cornar© vigilamiffimo, ficcome roetteva cura di non clTer il primo all’
ingiurie, e a i danni, cosi non era
pigro di vendicare ogni minima ini'olenza; e gi^ aveva empiute \ timo quelle frontiere* di terrore, c
arricchiti i loldati colle prede, col-
le quali s' erano anche rUiorati molti danni de’ poveri ludditi , e
quelli di Marc'Anionio Canale, che,
mandando le lue bagaglie a Zara, ove era
desinato Conte, ne era Oato ipogliato da’ maledetti Uicocchi nel cammino: Onde i ludditi Arciducali di quei
contorni, afflitti da si fat- ti danni,
e temendo lempre di peggio, dopo il primo ricorfo che fe- cero all’Arciduca Ferdinando, che gli
liberafle da tante oppreflioni, c
provvedelTe che gli Uicocchi nqn fon'cro cauia delta dillruzionc di
tut- to il paefe; nel qual tempo era
flato loro rilpoflo con termini gene-
rali, che non fi prometteva fc nop tardo rimedio, c incerto; ma fi
con- fortava alla pazienza ; rinnovarono
poi Tinflanza con concetti piti ve-
ementi, moflrando che non era pu'i pofllbilc fofferir tante rovine per colpa di pochi Matpadìeri; e che elfi
làrebbpno sforzati a metter alle cofe
loro altro compenfo, fc fi differiva la provvifione: c pareva vera- mente che, andando le faccende più in lungo,
fc ne potefle temere qualche rivolta;
però, eflendofi già per le molnpiiqate iflanze del Pa- pa, c per le replicate propofte dell'
Ambafciadorc, deliberato in Corre
Celarea di commettere con un'affoluta autorità tutto il negozio
all'Ar- ciduca, fpediti furono
finalmente i difpacci, dappoiché Celare s'aveva
levati d’ attorno quelli che erano creduti ^iflu^hatori di buon
confi- glio. L’Arciduca, fenza perdervi più tempo, avendo
fempre dcfidcrato di liberar la lua Cala
da un tanto obbrobrio, volle fra tutti i Miniflri fnoi Giufeppe Kabatta fuo Configliere, e
Vicedomino nel Ducato di Camicia, di cui
fi fece menzione di Ibpra; c centra l'iflituto della Ca- fa d’Auftria, lo deputò folo, c unico
Commeflario, con libera podeflH all’
accomodamento degl’ invecchiati contraili « ai gafligo degli aflaflìnì; con ordine di dar ioddisfazione tale alla
Repubblica di Venezia, che z' ormai fi
ccflafl'c da’danni, cos\ nciriflria, come nella Dalmazia; fi le- ' vaffero gli affedj delle Citt'a marittime,
e fi rcfliiuiflc il commerzio a’
fudditi con fìciira navigazione. S* induflc f Arciduca a preferir
quello foggetto a gli altri,
conofccndolo Cavaliere d’ottima fede verlo Dio,
e verlò il Principe, come l’aveva efpcrimcntato nell’ eflirpazione
dell’ erefie per la C.arniola; nel qual
negozio aveva Ipcffo moltrato di flimar
poco i pericoli della vita, putehe adempifle compitamente i’iiflìzio
fùo: cos'i fi ipcrava ch'egli folle per
far anche in quello, il quale importa-
va alla buona fama de’ Principi, alla lalure de* ludditi, e alla gloria
di Dio, in cui ditonore facevano uomini
Icclteraiiffimi patir tanti poveri
innocenti, e perir tante povere anime. Il Kabatta era di languc
Ita- liano, e i progenitori lùoi con
carichi di guerra erano di Tofeana ve-
runi al lervizio dell Imperador Carlo V-, lotto il quale colla virtù
acqui- flarono onori, e ricchezze.* nè
egli degenerava punto dal valore de ’luoi
Maggiori: però, volendo corritpondere all'opinione dell’Arciduca, c al giudizio che fi faceva della pcrtona lua, fi
mife con tutto lo fpirito al maneggio
impoflogli; e prima dogai altra cola deliberò dì abboccarfl col Cornar©; c per allicurar di poter anche
levar da quei confini alcu- ni foldaii,
c che in tanto non fi avclfc a proceder in quella parte con termi-
Digitized by Google DEGLI
USGOGCMI. 167 icrmùù d'oAilitì, ove il
Coriuro mollrò che, purché non iolTm cUn-
neggiati i luddiii della Repubblica, egli Aon fi moverebbe di ui
pel- io , eflèlido tali gli ordini fiioi
, e avendo caiqoiioWb fin eli’ ore -con
qiiella diicmione che i Minifiri Auftriaci dovevano lodare: poiohi,
Éeb- benc aveva forze confiderabili
foliemue con molu ^la , colle queU
avrebbe potuto far infiniti mali in pacié poco (am, e poco
prowifto, nundlnneno non s'era mofirato
nemico; k neo ^ade l’infialeBxn degli
Ulcocchi, e la difela, o follevameiuo de’propr) fàddiii l’ avevano
indot- ta! perb provvedeflc pur U
Rabatia ^e dal canto fuo non fi rinno-
vaifero l'ingiurie, che egli, tenendo le vecchie per ben veadican,
a'a- licrrebbe v^eniien da ogni altra
oStfa. Il Rabana redi conteonfiinKi
della riletta deldCniMio; e fi aaarayi|li& di vedeee un giovine coti valorolo peli' armi, ooai pendente ae’
configli, e caci accorto nelle rifpo-
{le; nè dubitò che potowc elTergli maBcato da ijaeila parte, vedendo che fi ptycedeva finceraoMOte : potò, avendo
abbaftanaa prawifto che con nuove
rubberie non fodero provocate quell' acme , levò ficuramen- te la gente di quella perù «he parve
neccllària a' Cuoi fini, e coadfii, e
con altra raccolta' in altre pani, fé ne venne verib Segna armato in modo di jntet ilbrzar afi'ubbidieoza quelli
che voloncariamence non vi c'
inehinailero . Giunto adunque il Commeirano nella tetta di Fiume con ul apparecchio; e fapaado che, per le molte
pnwve, i Veneziani. h- vrebbono potalo
afpetiare poco ^ttO| della fua commedieoe ; poiché tutti glà.altri venuti in altri tcn^d cbn
.fimil calicò avevano avuto po- co
penfiero di medicale il male della radice, ma s' erano oonteneati di dame un'apparente loddbfazione , non
accomodamanio ; non coaando che poco
dopo la partenza loro le facceuda risadpITaaa :oef^adoCau dilbrdi- oi; elferiio nwluta 4 é-drizar la paaunn.alU.via
d’un reale, e fodoae- comodamento, il
quale conycoiva alMl . dignità db' fiioi Principi, e alla ficurezza de'fuddfti, pensò eder necedàrid di
levar primieramenM fot»- bw, e i
fofpetti, che potedeio aver, contrarii, e poco iinceri dilegni i Veneziani ; onde procciwò con lenere
coufidenia predo at Generale Pa-
Iqualigo; che, per piti facilitare la trattazione , fi era trasferito
con paiv re dcH'aamaia lopn Pifida di
Veglia,, ove db da -Calici- Mufebào mi-
ra con p04n anicrvallo le .-vicine riviere de gli Auflriacia i Qpivi dunque fi portò il Vèicnvfli di Segna
per oediae del CommU- fario al Generale,
per alficuraria-che fi faceva da davero; e par pre- cario a cornfjpoodere dal canto fuo olla
buona vnloacb degli Autteqtci,- dove il
Vclcovo riferi che i punti dé^ corameflione erano veramciur di galligare i ladroni fecondo i
merici;>(a non tutti , almaio i capi ;
difcacciar di Segna, e da tacco quel cragta> IduUjpi Veu^i
sbandici, fuggitivi, e fallili, dalle
Galee con perpetua peoihnMa di ano ricettar-
li per r avvenire; e, quplU che piò importa, dà levar gli ilfigocchà
da Segna, e da' vicini luoghi marittimi,
tralporunduli mdi.ulcuni .CallvUi fn
terra, non raeim oppornini ajla difela de' confiìfi^ -eha .-dtaie àcsu- nudati alle rapine del mare;, e in fine. di
proibire a quelli che nmt- .nefiÌHo in o
in altri luoghi mnrireimi, -ogni ule di bauahat-aa- onare (VàevaMo l'autofitli anche aà
Capitnnla.di Segna di far limili Ipe-
diniiaàp R I A imi • voiwo
rirolvu-e; * f>rii bene, poiché fiams vewKi ia pnipofld), che qui li ne difeorra
bravcoienlc la caràne. ’MoAcaThno i
MùùAri Imperiali d'aver gran geloCa delia &ctena di Segna, • KrI'uadcvano i Principi, che,
levando gli Ulcocchi da quel pnlidio,
(quafi che altri non /olièra atti alla difcla) o i Turchi l’oc- cuperebbene, q t Veneziani, che gik
podèdevano tutte l'liòle, e le par- ti
marittime della Daloizain, fi iatebbono tetto padroni anche di quel pone, e che alla digiiitè della Cala
d'Auttria, c della Corona d' Un- gheria
, impoKaea rnelto conlcrvaz quelle picciole reliquie di dominio marittimo, si per dipender da quelle la
conlcrvazione d'altri Suti, co- me mobe
percÀè mi giomo avrehbono potuto eflèr oppoRimc alla ri- cupe-nuimte deU'altre co/e preiqfè; poicÙ cop
eA Ièlle fi imaeerrebbe l ' mo della
navigaziom per (didnatiao .. Qwttì, erano gli argementi ap- parenti co'quali fi andava divenmdo ogni
innmmiione ne gli affitti di Segna , c
per coniegnenza lotteuendo’ l’ io^natih da’ delitti i^li Ulcoc- chi: imehè in iàtio non latebbe mancata altra
nazione molto pih atta aUa dileià di
quella Piazza, la quale in mano- de' ladroni era anzi ma- Ufiimo ficum, 'panc .per la loro inlèdelih, e
per elTere la maggior par. te amefii
a'iiimiti de'Tnrebi, e qmlla cittadinanza lenza alcun riguar- do; cade facilmeatt avrebbono potuto entrarvi
de' traditori ; pane per. che fpeSe
volte FaaKir della prùda, e delle rapine /aceva iaiciac vota attimo la Piazza , ulcendo tutti , or per
terra , or par mare , alla bn- icaf Bai
qual calò rìmaneTa la Eiaaaa c/potta a i repeatini allkiti , e all'ii^die de'aemici.' eitre a che, le
mbberic continue degli Ufcocchi anzi
acctclcevano i pqticoli, irrimado caci i Turchi, come i Venaai»- ni a tcacaiarli filari .di qaa^ iofimii
nidi.- onde più volte avevano i Turchi
ièna iftaaea a'VeBeziani, O'cke etti •’ impadioiiilièro di Segna, e permeitclièio kno di venir coU’ armata per
mate, e pon> eli mii i di «cin
aU'cfiirpiuioBc de gli allèilHii, comuni Bo a n ci. Ma i Ycaevaot , coafideianrio ^ pmiòadamcBte t’ùàaarfaBaa'di
tal neg eai b ^ avevaao (emprc aolla
toro pradona dtvartM iHilt B*ni|^ , taiaa pammiifi, bob fido alta Cafa d’Aufirià, ma n taro
itieiiefimi,.c a tutta /Italia ‘liifie-
ma; aè per sè ttcttb potrebbe crcdeie alcun iwmo bivio eh’
alpirattèn mai i Veneziani al daininio
di Sopra, jxrchè con etto t'addottèrebboaa
una grotta Ipeta, -c ua centhuiO rame di contraili /enza guadagno,
o utile otauao , o cantbdiih Verona di
roomeato per tempi di guerra , o di pace
t nè è venfimilc che » Minittri Aullnaci non fofe» affiti bea note tutte la rag ioni a ma con quei fimi
lòlpatii coprivano altre loco imerac
pattanr, le qnali in alcuni pochi derivavano da un vii intgrefi le detta pamnpaatataa delle prede; e in miti
da ua comune mal-MHa vcrlo il Baine
VÒSiano, geneedio dalie amiche guerre , nelle qiuuoa> àcrano in oumo dc'Vcaeziani molte colè che
pfi altri pracemkaaiio tt- ièr di loro
ragiaae ; d ita Mei naturali ttimuli che rcndoiw fenipre a- diidè le fteanbUiclatini^ £aó tetti da un
iolo, e loipcRi i Principi Manarebi a'
fa^Fcaai-dr tnplùtudiaè ; fé pure di quelle avverta inclino- aiou non vàgleBaro ^ ta alla divetfitb deUe
naaioai , eba, doennfMiaaafiMM èowana,
lotto ioliaa a aoo miraifi con basm
ocebéa, ara m». lan fcmpae i còKibbì dillihna^d'qgttb. mipànoato- vnimno piglia baabta. o« lag ta naw tai,
«prtMÉtéMaU cfitatrtalim^ aiaii, ed
attiaaa la voimnb; M che fivpofièbboao adthace tabetai efempj,
Digilized by GoogU; DEGLI
USCOCCHI. 169 cfempj, cos'i dc’noftri,
come di altri tempi.* ma non facendo più che
tanto apropofìto, li tralafcieremo . Il Kabatta a quelle ragioni ne
ag- giungeva un'altra piena di
malvagità, e di fellonia, la quale nondime-
no egli teneva per la più reale, dicendo che i Miniftri eretici,
Ipezial- mente di Grata, impedivano lo
accomodamento cogli Ulcocchi, pcn- landò
che per quella via avefle il Principe loro ad intrigarfì in guerra anche co’ Veneziani; e che, immerfo in tante
occupazioni, avclTc fi- nalmente a
defUIere dalla riforina della religione, nella quale con ve- ro zelo di Principe Crìiliano, e Cattolico
egli procedeva, non olUnte i pericoli
della guerra Turchefea. Veggafi di qua quanto importi va- lerfi di Miniilri di mala fede verfo Dio, i
quali fono anche per ordi- nario
infedeli verfo i loro Principi. Ma
torniamo ormai alla Storia nodra, per dire come finalmente i Princip i, adretti dalle accennate ncccHitH,
e follecitati da’continui uffizj del
Papa, c inficme del Re Cattolico, non oiando i Configlieri cattivi contrapporfi alle neceffarie riloliizioni,
deliberarono di rimediare leve- ramente
alla malvagità degl' Ulcocchi, e di dar ordine il Commilfa- rio Rabatta, che dopo il gadtgo de' capi
riformane gli altri alle Ca- dclla
fraterra, nè UrcialTe alle marine, fé non quelli da'qujli p')ceire promeiterf» più moderate azioni j c a’
mcdefimi impedifle ogni elcr- cizio di
corto, acciò tutto il dellderio, che avdfcro di preda, andadè asfo- garfi fopra 1 Turchi . Col ledimonio di quede
commedioni avendo il Com- meffario data
fperanza al Generai Veneto che le cofe centra la prima credenza fodero per palfar felicemente , e
che egli per la pane fua rincamminerebbe
con t^ni finceriih, ottenne all'incontro ficurezza, che in tanto nè in Idria, nè in Dalmazia l’arme
Venete ofiènderebbero i fudditi
Audriaci, e che a lui, alle genti fue , e alle munizioni, e vettovaglie, che d condiiceflcro in Segna,
farebbero liberi i partì lenza alcuna
molcdia: e con queda Ambalciata ritornò il Vefeovo di Segna a Fiume, dove tiittavra lì tratteneva il Commeflàrio,
actenJijndo a* necertarl apparecchi, e a
prender quelle nccelfarie informazioni elio pò-
levano ertcrgli di bitogno nel progrelTo del negozio; follecitamio iopra tutto copia di vettovaglie, delle quali
fapeva dfer in Segna grandif- ftma
penuria; la qitale fi farebbe accrclciura colla gente d'arnie che fi doveva introdurvi, c-di gi^ aveva cominciato
ad entrarvi: c con que- fto mezzo fece
anche fegretamente trattato 'con fua Eccellenza, che volefi fc con qualche deliro uffizio provvedere che
gli Ulcocchi, che fuggif- fero dagli
Stati Arciducali per timor de’ iupplizj, non avclTero ricetto prelTo a'I'urchi; parendo che così
convcnifse, non tolo acciò non fiiggilsero
il meritato galtigo, ma anche acciò i medefimi rifuggili in quella
occafio- ne non fcrvificro poi colla
pratica de’ fui, c colla notizia tic’ parti a’ me- defimi Turchi nella guerra contra i
Cridiani.* il qual uffizio confermò mag-
gior opinione che il Commiflario forte per camminare di buon parto. Del qual animo fi videro indi a pochi giorni
fegni più certi; perchè non folo a
richicrta del Generale fece rertituir un grippo di Licfina che, carico di lardelle, era fiato prefo poco
prima da’ ladri, e condotto a Ter- lato;
ma avendo il medcftmo Generale fatta ifianza che fc gli dcfl'ero in mano alcuni luddui Veneti, fuggiti' per
misfatti, c annidati in Segna; egli,
vedendo efler nuovo rclempio, c inlolito tra’Principi, e die a tanto non arrivavano forfè le fuecommirtioni, prefe
parcitodi fcrivcrc al General di Tomo
il. Y Crova- 170 STORTA Crovazia, mo(\rando che fcnza cjueflo
farebbe come imponìbile Tacco*
moiiamcnto ; c che perciò egli andava penlando di dar a’ Veneziani
una tale foddisfazionC) poiché in ogni
modo pareva miglior condglio il darla
coTudditi loro, riiparmiando quanto piu potelfe t proprj. Di queAa
let- tera mandò anche copia alla Corte
di Gratz con penfiero che il filen- zio
gli icrvilTe per licenza, per cosi elèguire; lapendo bene che, chieden- dola, mai non l'avrebbe ottenuta; e fu
partito di accortilTimo minillro : e
quando mafìàme s’ha da far con Principe di carda riioluzione / per- chè cosi dalla tacitumitk fi prefuppone
conlènfo, nè fi mette in di- fputa
quello che maggiormente importa alla conchiufione depili iunpor- tanci negozj. Dopo quelle preparazioni, il Commeflario
rilolle di trasferirli in Se* gna, dove aveva
già fatto intimare che tutti gli uomini della Città, c delle milizie dovclTcro ritrovarfi prclcnti
alla fua venuta fotto gravi pene; i
quali, ricordandoli che gli altri Commillarj ancora avevano dato principio a* loro uliìzj con certa apparenza
di terrore, e con molta vet- nicnza;
credendo che quefta volta dovclTe fucccdcre il mcJcfimo , e fi- dandofi de’buoni amici che avevano nelle
Corti, non cominciavano an* cora a
dubitare de* cafi proprj ; e pare che peniafTero che fi avelie ad impiccarne alcuno in («^disfazione degli
altri.* onde i meno fccllera- ti fi
confòlavano colla fperanza, che fi dovelTe cominciare da’ più ri- baldi: e quelli, avendo coi più grofll bottini
avuta comodità di farfi maggiori amici,
e di acquiUare più credito, credevano pur di poter fuggire in qualche modo il laccio, almeno
colla fedirione , c col tumul- to:
pcrlochc ordivano trame di lìar tutti uniti alla comune difefa, e di tenerfi in piedi colle minacce, o
d’abbandonar i conhni, o di tra- dirli:
colè che in fimili cafi aveva loro altre volte giovato a feanfar pene capitali: con tutto ciò fcntcndofi
avvicinare il tempo della venu- ta del
CommclTario, e rilèrcndo quelli che avevano trattato feco in Fiume, c altrove, ch’egli era Cavaliere molto
rtloluto, c fevcro, al- cuni Himavano
miglior partito TeiTcr uccelli di bolco, che di gabbia, e fi aflentarono fino a do. fpcrando di
potere, palTate le prime furie, feufar
poi in qualche modo la dilubbidienza.* fu creduto che Daniello Barbo, Capitano di Segna, fautor degli
Ulcocchi , e poco affezionato al
Rabatta, li configliaire ad «feire; almeno è chiara cofa, che, aven- do potuto, e dovuto proibir la loro partenza,
non Io fece: onde fi ca- vò certo
argomento, come poi fc n’ebbero de’ più chiari, della ina mala volontà.- lebben in quello egli venne a
facilitar i difegni del Commiffario
. Quelli, elfcndo indi a poco entrato
in Segna con 1500, archibuficri, trovò
che la partenza di pochi aveva impauriti gli altri, che non era- no più di 300.; i quali maggiormente fi
sbigottirono, quando videro perduta ogni
fperanza di fuggire dalla Città, per la cudodia llrcttifli- ma delle porte; e udirono i rigorofi bandi
che commettevano , lutto pena della
vita, che ciafeuno deponefie Tarmi, nè fi laicialTc trovar con eflé nè di giorno, né di notte: che
quando alcuno folfe chiamato al
Caflello, dovdfc pretcntarfi fubito: che in termine di due giorni
dovef- lero tutti unirfì a darfi in nota
dinanzi al Commiffario, fc volevano
fedelmente, e modeflamente fcrvjre alla Cafa d’Auflria: e che
quelli, che fi ritrovavano confape voli
di gravi delitti, veniifero fpoouncameme
a chie- Digitized by Google DEGLI USGOCCHI. 171 » chiedere pentono de’loro falli, per
efperimentar la clemenza, la quale non
fi IhKbbc negata a chi con opdre valorofe avefle prima prellaco, o foflo dHpollo di predare nell’ avvenire
ntil» fervizio alla Patria: ma chiunque
arj^aAé che la giuftizia gli metteflè la mino, indarno griderebbe poi mifericotdia, perchè fi
procederebbe concia tutti coneilremo
rigore. Quefte cosi gagliarde determinazioni attcrirono gK animi
affatto; nè cofa alcuna pareva più
«rana, che il depor l’arme, non effendofi
quello mai più veduto in Segna.
M f-'*pùano della Cictù, che di gih fccmrfva più chiaramente idifegni del Commifiiario, cominciò a' diflUaderlo
dall'imprefa con apparen- za di gravi
pericoli, e di mille fpaventi ■ dicendo che rederebbono abban- donati i confini ; e che quella gente ardita
, e pratica del paefe fi potreb- be unir
co’Turchi, e apportar a’ Principi qualche nocabH danno: onde egli non foto biafimava il configlio, ma
protedava di non volerne parte in modo
aienno. II Commillìirio, come quello chd conofeeva 1’ umore interno, non fi mode però punto dal luo
propofito; anzi ve- duto un’Ufcocco in
Chiefa con nna accetta in mano, gli fece una gran paura di tagliarlo fubiio -in pezzi, fé non
foli: dato il rifpetto del luo- go'
facro, onde tutti rimafero sbigottiti , e facevano idanza, che fi lio- minìdrero i delinquenti dedinati al gadigo,
acciò gli altri poteflcro ufeir di tema,
e viver ficuri. ' Ma dfcndofi quel
me^imo giorno cominciato a fiir la deferizione, e dar in nota quelli che fi 4trivano di viver
modedamence, e di fervir fe- delmente
alla Cafa d’Audria; pel qual effetto comparivano in Cadello difarnlati, e umili; il Commiffario fece
ritener prigioni Martino Conce di
Poflidaria, che sera' latto capo de gli afiàffini, per l’aviditi delle prede, centra quello che richiedeva la
nobiltk dei fuo lingue, e la virtù
de'fuoi Maggiori; e iniìeme Marco Marchetich, che era Vaivo. da, o Capitano di Ledenizze, Cadello delle
appartenenze di Segna: aveva dUegnato
d'imprigionare nel medelimo tempo anche Giorgio
Maliarda, Ragufeo, più Icellerato, e facinorofo de gli altri: ma
egli nel delcriverfi era pallàto con
nome fuppodo; nÒ il Commdfario lo riconofeeva
di faccia: ma quando feppe la ftaude, mandò a chiamar- lo , effondo gik intorno a due ore dt notte,
oèe egli, che fi l'entiva reo di mille
inauditi misfatti ; fpezialmente d' avere dopo lo iValigia- mento della fregata colle fuppellettili
delCanale, Conte diZara, confinati i
macinai lotto le coperte, e alzando la vela, fpinta la barca in mare lenza governo, e, fenza cudodia/, a
difcrezione dell’onde, e deVenti» latto
veramente barbaro, e orribile a raccontare; s'apparecchiava colla feimitarra alla refidenza: ma fu prevenuto da
Odoardo Locatello, Ca- pitano delle'
milizie di Gorizia, ohe gli cacciò uno docco ne’ fianchi col quale lo pafsò da banda' a banda,
lafciando poi che i fuoi foldatt lo
faceffero in pezzi. Era il Maslarda fra i capi de’ladroni uno de’più Rimati e di maggior fegnito: nè la fua mone
farebbe per avventura da- la lenza
qualche tumulto del popolo, fe gii non fi foffero trùvau gli animi ingombrati da draordinario fpavento.
° Il che intendendo prudentemente il
Commiffario, per acerefeer terrore fopra
terrore , fece la medefima notte appiccar alle mura del Odello il Puffidaria, e il Marchetich; il qual
fpetiacolo la mattina fini d’atterrire
la Citti retta; nè alcuno fi teneva più ficuro della vita, herebè ninno
era Twio //. Y a che 17 ?- ‘S ’T O .^R I A I che in propri*, cofùcozz non. Q conotccIT^
reo di loone ; k porte Aavano chiufe, k
(Inde goard 4 te d* miìi»k ibrelUcre, oy* niuno aveva ardi- re d( ufcii di cau, ni di dormir ia notte
netta propria ftaqea r però il
CommilTario, per lakiar ad alcuni quaUlK fpecanza di, vita., fece loro intendere cbq, quando gli fòdero dati in
mano alcuni capi, e re- Rituito tutto il
bottino che s en ultimamente fatto in alcuni va6cUi dello Stato Eccleftajlico; di che il Papa
faceva grandURmo romoit,' atta fi
farebbe a tutti chiufa la ftrada del perdono ■ Con tal artifiaio ebbe in mano il Moretto, (araolò*(iapo di ladri,
con un fuo compagne,- che furono con
inganno prefi' da gl» altri , « prefenuii con certa l'peranza che 1( tcRe loco poteficro Xalyar -da vita a
atolli.' nondimeno co' mede- fimi che
fi^o f impala fu tifato con tqolu (evecià , lafciaadoH piò toRo t'n dubbio della morte, che ficari della
viu; con tanto rigpre fi procedeva al
uRigo,. de’ ribaldi, > Aveva il
Commìflàrio al Rio piiaio arrivo a S^na ricercato il Ce- nerai Veneto a mandar qualche perfonaggki che
rifiedefle preflò iR .iui, conte
teRlmonio-, e Ipfttaiore di cjò $he fi faceva fincerameme , e rilb- luiamente, per. àcconodamento RablWv-q reale
del, negozio ; .e acciò proppnede ancora
ili mano in mano quello che gli par efle opportuno a tal fine. II. Generale deputi a quello
.carico Veitor Barbaro , fno Se-
gretario , come ben pratico di tali afiàiri, è cosi pet natura, come
per elperienza prudente, e atrifiìmo a
fimili maneggi.' ma fu in ^i gior- ni,
come Ipcflb interveniva in quei canali, dS S^an furia di Becca, che il Segrcurio non. potò accoRarfi cosi
predo, come defiderava: onde arrivò
quando appunto i era dato cosi notabil principio alla faccenda, e nel medefimo tempo in co», fi conducevano
-alU forca il.'Mnrettq, e Niccolò. ivo
compagno;.! quali furano gratillimo fpeuacolo a gli Albo- nefi, che- avevano condotta, colle loro Mtche
armare il SegRtario; nò poterono
contcnerfi, c)^ verio la fera non troncalTero k loro tede ; parte per faziar l'odio particolare della
nazione; parte anche per por- tarle con
dio loro, affine di JcndCr ad altri tedimonio reale di tal ef- fetto. U Barbato s'abboccò la prima volta col
CommilTario alla prefen- za del -Vcrcovo
di Segna, che aveva in quei giorni appunto pigliata il poflefTo della fuz Chielà, e col cui
configlio s'indirizzavana tutte k co,
fa, per efler Furiato ebe nelle Scuok -de' Padri della Compagnia di
G*. sò aveva acquidaic feienze profónde,
che, accompagnate còli' rio delk cefe
del mondo, T avevano reoduio grato a' -Principi Audriaci, e al medefimo Rabatut; ficcome,, per elTer della
Fam^ia de Oominis, no- bile d'Arbò; ma
piò p» euerfi modrato bene affetto al negozio, ed cfférC per ben pubblico, e della patria fua
molta affaticato intorno; e per cOer
anche confidente dc'Vcoeziaoi, In quel primo colloquio il Er- bato, paflati i Coliti termini di cortefia,
feuiau In la fortuna del mare la tarda
venuta, rapprefentò la fpcranza che ^ en conceputa dai Ge- nerai Pafqualigo, c da. altri, di veder ormai
gadigate k fceltcratezze degli VHcoccha,
poiebf s' en dato cosi buon principio; e , oomiticiando a dire gli afTaffinamenii, k trucidazioni d*
uomini innocenri, le crudel- tà di fiir.
drazio de'corpi morti, « rii fiere il liuigue, di icorricarli, per far dringhe deUe ,priH, li dnpri,. k rapine
di .donzelle, e k infinite rubberk
colle. quadi.t' era turfiata la quiete del mare, e della terra , modrò con malta eloquenza^ ed efficacia, eh'
era -bidono di rimedia • celere. DiyT'- — 1 -y > 8 '
DEGLI aSCOCCHI. 175 cckfe, e
gagliarcki; e eonchiufe, che Tperava di vederlo appiicito op- pertQnameate da mano cosi perita , e valorola
. Il Commiflarìo andh nella rilnlb'
fcufando in parte gli eccedi aecen- ■ati
t come aggranditi dalia paffione de gli uontini, o c^ionati dall ar- mata Veneta , che , quando anche non fi
ofièndevano I fini fiid£ti , ara foiia
di cercar gb Uicoahi a morte, e di tiior loro le prede fin- te nella giiifta guerra conira i Turchi; «
finalmente commelB da altri, e
poiqutribuiii a gb Ulcocchi; à quali confiifaiva però degni di gra- viamo gal^, coma turbatori dalia pubblica
pace; e che peiciò egli ne aveva 'gib-
tolti di via cinque de' principali, che aveva potuto aver nelle nani; lenderido in tanto le rea a gli
altri, che ('erano polti al- le Iclwi, 0
davano nafcodi nella Citth : nel che aveva fatto chiaramen- K-conoKerc la fua diligenza. £ qmndi, come
Cavaliere'di natura li- bera', e apena,
incominciò ad aprir 'il foglio delle Commiffioni; e de' difegai fnoi; dicendo che teneva ordine
primieramente di edertninar aflàtto i
.capi de'ladri, e i priocipaU mafitadieri avvezzi a corfeggiar nel mare ; foeondariamente difcacciar di Segna
tutti t Dalmatini o altri fiiddiii della
Repubblica, chiudendo loro per fempre le fperanze di ri- covrarfi in quel alido : poi 'di lafciar Iblo
in Segha cento di queib na- zione de'
pih quieti , condiicendo tutti gli ahji piò addentro fra terra in altre Piazze di frontieia per difela de'
confini; e uliiiqamentc di ridrin- ger r
nlb delie barche armate, che non poflàno ufeire lènza clpredà licenza del General di Crdvazia-. - Il precario, al quale erano piaciuti gli
altri pttnti, còme quelb da i quaU
veramente dipendeva ogni Ccurezza del defidemo componimen- to, ripigliando pih di propofiio l'ultimo
delle barche armate, difse che iperava
che l’uto loro firirebbe dato proibito affatto, poiché la Repub- blica non era por confentim in modo alcuno
che con l^nza del Ge- nerale
di.Crovazia, né feaaa, tranriafsero limili valcelli ndte apparte- nenze della bre incera, e invaiata
giurifdizione . Il CommilTario replicò
che quedo 'era incerelse non folo del Regno d'Ungheria, e di Crova- zia, ma anche della Sede Appofiolica, e del
Re di Spagna; però che a lui fob non-
toccava di decidere controrcrfia cosi imponame , né di za pubblici larrocin;, e abboipinevoli
aflà0ÌMamenti, era hfoluco dì con-
tiniiare dctenninatameare il rimedio, i-. . .. Per quello il Barbaro, quaniQ più vcdci^
infervorato il CommiflTario, unto più Io
ifqportuqava , nè ^ mai moflrava di conrenurft di quello che fi faccvai aè di vederlo liooiikorcere
come fatto in eompiacimento della.
Repubblica, ma come a lervizio di necelfaria giuiUzia, e gallico 4e‘ privati delitti; dicendo ^e il Moslarda
era fiato facto morire, per opwfto
coll'arme a .chi.lp chiamava; il Pofiidaria per concetti fedixiofi iparfi da lui, quando fi ricercava
T opera della milita, per ritrovare i
colpevoli nalcofii frale cafe^ e il Marchetick perchè aveva abbandonato Ledcmzze, dove egli era Capitano,
c aveva data oecafiooe che il luogo
foflfè laccheggiato dal General Pafqualigo: ficcome ellèndo* gli fiati confcgnaii ■ nove Iùdditi Veneti,
di molti, e molti che erano dimandati,
parte nominatamente, c pane con termini Onerali di mrti i Iùdditi, fi doleva che fe gli defiero
Iblapienre poveri artigiani, e che a'
maUatcori fi laicialse Ipazio di fuggire: febea in vero il Commcira* rio alava ogni diligenza per poterli avere
tutti in mano; ma elfi ic PC Ila vano
alla montagna, provviftì fcgrctamcnte da’ parenti, amici, e da quei medefimi, che fi mandavano a
pcrfeguiiarli, delle cole ncceiTarie; nè
era poffibile a rimediare a quello difordine, le non fi voleva difirug-« fiere tutta quella milizia: il che certo
farebbe fiato cantra il pubblico
lervizio della Cafa d' Auftria, anzi di juiia la Crifiianiti. Dolevafi
pe- rò il Commefiario di non poter
loJdisfare con tutta la fua lollccitudine;
e fi rararharicava principalmente che erano fuggiti dalla^ Citik
cinque Dalmatini, de più crifti, c de’
più defiderati dal Generale; onde tene-
va che refiafle forpetta la fua fioceriib; c fu per far appiccar due
Capi- tani, alla neglkenza, e edeienza
da’ quali s' imputava quella foga: nè a-
vreb^ lafciato aefiguirjo, fc i parenti non gii aveflcro promcITo di
por- targli ovivo, o morto 9 kuno di
quelli che fiavano alla montagna; come
fobiio fo facto: perchè un fratello d’ uno di quei Capitani, ufeito
con altri alla caccia, prefe up famòib
de’ richiefii dal PafqtMligo, e lo con-
dulTe in Segna ferito d' archjbugiata nel capo,d 9 vefu fobico impiccato lemivivo, egli fu data la teila; come indi a
poco gli forqno conlègnati vivi quattro
altri, acciò vedefle pure che fi faceva, daddovero. In Venezia quelle operazioni erano intelé
con. grandilTmio gufio; e molti
Senatori, nc paalavaqo con dolcezza col Rofii Segretario refidepte in queli^ Cictb ^pcr la Maefi^ Cefarea, dando
lodi al Commefiario, e gra- zie
a’Prmciu, che finalmente avevano leriamente rilolto di gafiigar i ladroni., II Commefiario avvifato dì ciò dal
Rofl» lo riferì al Barbaro, Umenìandofi
che tutti gli altri mofiraflero d’ efler contemì ideile opera- zioni fue, fuor che egli folo; pregandolo a
confidcrare la importanza delU difelà di
quei confiti anche per particoiar intcrefie deila Repub- blica di Venezia; onde non conveniva
annichilare «mua quella milizia, la
quale, ridotta orp^i a difperazione , avrebbe potuto prendere qual- che danoofo configlio^ Giudicando i
medefimi>Segiij|iii che per gli ufiì-
zj del Segretar io crefccfie il rigore dèi Rabatta ,, A' almeno
aìmpedìfie il miiigamento fpcrato,
riTolfcro di placarlo con uafcamune ambalcerìa, > faccn- Digitized by Coogic DEGLI USCOCCHI. 175 facendo capo il Vcfcovo medefimOf il quale
accomp^nato da* più vecchi entrò nelle
fìanze di cHo Segretario, recando gii altri lu la piazza; e quivi con molta umiltà, e lolpiri lo
pregarono a contenrarH del fangue
fparib, e di tanti condotti alle galee, e d’intercedere per un pcidono generale, riduceodogli alia memoria i
Icrvizj che nelle paHatc guerre avevano
i medefimi Ulcocchi latti alla Repubblica, e offerendo in altre occafioni di fpendere per T ifleffa
cauta le vite che ora fì con* fcrvaflcro
loro: in fine del qual ragionamento gli offerirono in dono due tappeti fini, non teffuii gi^ in Segna,
nè comperati. 11 Segretario con brevi
parole mofirò che egli, come lemplice minifiro, non poteva preterire i termini della fua commellione :
nondimeno che averebbe giovato loro in
quello che aveffe potuto: fiimò che foife mezzo afiron- to r obblazione de' tappeti ; nè al Velcovo
fu di lode T efiere fiato ilfromento;
febbene Icusò l'ufo del paefe, che non tollera acceffo dell’ inferiore al fupcriore fenza prelènte:
cofiuine appunto da barbari, e che fra’
Turchi rare volte A tralalcia, ma che agli Ufcocchi era forfè fiato inlcgnato altrove. IDopo ciò il Segretario rifolfe però di
procedere con qualche più di foaviti,
anche perchè in quei tempi fu avvertito da Venezia di dover COSI fare: onde piacevano molto gli andamenti
del Commiffario; e fi giudicava che non
mettelTe conto tanto aflbitigliamento, per non met> cerfi a rifehio di romperla; e che egli anzi,
procedendo cos^ chetamente, meritaffe
corrifpondenza di uguale finccrìtli: dall’ altro canto tornavano gli Ulcocchi a liipplicare il Rabatta che li
levatfe di fpavento, e fi dichiarane, fc
altri di loro erano defiinati alla morte; o lo in fine ave* vano da rimaner tutti efiinci; perchè il
vivere con tale angolcia era peggio, che
la morte fieffa. Quelli uffizj, e i continui pianti delle donne, molTero a compafiione il CommilTario ;
onde rallencandofi dall'al* ero canto,
per le caufe accennare , l'ardore del Segretario Veneto, ne fece proclamar venti de’ più colpevoli , lafciando
cos'i fperanza di perdono a gli altri, e
afiègnando a quelli un 'breve termine; dopo il quale cadef* fero in bando capitale con taglia, e con
grazia di poterli aiutare l’uno colla
tefia dell’ altro. Poi, per venire al
rimedio più fodo, più ficuro, e più atto ad im*
pedire i corfeggtamenti, e i lacrocinj di mare, deliberò il
CommilTarìo, di tutta quella milizia non
lafciare in Segna più di cento fiipendiati,
e con loro cento molchettieri Alemanni, e di trasferire il rimanente ad altre Piazze più fra terra , volendo a quefio
fine che ufeiflero non foJo gli
fiipendiati, ma anche dei proprj Cittadini tutti quelli che foffero conofeiuti aderenti nelle prede, e
volonterofi di continuarle: pel Icro
oafcere/ ma che avrebbe ben egli colla Tua autorità dato ordine che n iaiciaifero pafTarc liberamente tutte
le barche non armate , fen- 21 pih
rìconolcerle, o cercar dove andalTero, nè d’onde vcniflero , 0 cib che portaikro: e ciò doveva ballare alia
lil^nU della navigazione, e del
commerzto amichevole tra 1 luddici dell' una, c dell' altra parte; tra' quali, e ara'Principi raedefimi pareva
che doveffe Correre ndiawe* nire
migliore intelligenza, perchè V accomodamento epa piaciuto unto ^ a’ Veneziani, quanto agli Arciduchi : di
che può addurli quello cerco argomento,
che, dopo ravvilo che n'ebbero i Principi AuHriaci; quan- tunque lìa trerifimile che il Barbo avefle
rapprcfencaiò gli avvenimen* ti lecondo
la Tua propria palTtone; nondimeno fu al CommiiTario rinnova- ta laucoriik.; ^giungendoli alTolucanientc il
Capicaniaro di Segna, del qua- le era
gih fpogliato il Barbo, acciò tanto piò comodamente egli potef- te perfezionare il negozio, e levar affatto
l' infamia di cosh nefandi la- trocinj
dadi Stati della Olla d'AuHria. Onde fu chiaro l’error di quel- li che ardivaho d-impucar a Principi così
religiofi, gialli, e benigni, il
confeqtimtnto di sì fatte iceileracezze, le quali li dovevano piucuillo
at- fribuire a gli inganni de’ mali
roinilln Eretici, che nò temevano Dio, nè
miravano aU’ooor de’padroni, o all'onor prozio; i quali co’loro artiBzj
da- vano ad ìmendere che foflè
ùnpolhbile rimediare a quef diJbrdìni ; e li dipin- gevano dinanzi a’Prìncipi come trafgrefioniordinarie,
e neccBarìcde’conbni. Ma ficcome quelli
tali rimafero cqpfufi nella loro malizia, e privi degl’ ingiulli emolumenti che ne folevano cavare i
così arfero maggiormente di Idegno^ «
invidia contra la virtù del Rabatu, vedendolo in difpregio loro colmo di gloria, e di premj da ogni
parte: perchè anche i Venezia- ni ,
conforme all’ordinario loro collume di corteCa, io avevano facto re- galare d una grolla catena dì cinque, o fei
miladucìiti; i quali egli però non volle
accettare fenza dame prima conto a’ Padroni, con offerta d’ impie- garla in pubblico fervizio, come aveva fatto
di fonitna maggiore de’ fuot proprj
danari nella tardanza delle prowifìoni, feufabile, per le più gravi urgenze delia guerra Turchelca: oltra di ciò
li fabbricava in Venezia una barca di
piacere, e da viaggio, per donarla al medefimo Rabatu, fornica di dtverfe comoditi, che a lui nel governo di
Segna farebbe Hata di molto (èrvizio
nell’andare innanzi, e indietro per quei canali, e per le vicine Ifo- Ic. Tutte quelle cortefio, benché Ic^icrc, c
difuguah a’ meriti di sì buon.
Cavaliere, tervivano di materia a gU emoli ftx>i, per lacerarlo, c
aecter- lo in dtlgrazia de’ Principi:
perchè li Bvtp, irovando nella Corte dìGratz
accefi i cuori di molti Miniltri, fpexialmcnk Eretici, illrumenii reali
del Demonio, c Rimici della pubblica
quiete, cominciò ad acculare l'opero del
Eabatta, affermando che egli, corrotto da’Veaeaani, non aveva avuto altro fine, che di lóddisfàrU in pregiudizio
di Ctfkte, della Corona d' Ungheria, e
della Cala d'Auflria; onde a fola riebiefta loro avevai^'fttio a iccare uomini valorofi, c benemeriti,
dandone altri contra ogni onotJtu ime
de' Principi in mano loro; e raettendoU in neceffith di volaaifi a fervile- negli «ferciti Turchefehi, con
manifello pericnio che, perla noti- zia
che elh avevano paele, e delle Piazze, av^ a cader ratto quel confine in mano de' nemici. k n Di i,ueft II- Z intcn- Digìtized by Google 173 s. ’tT or n': T A. ’ intenzione, vero imitatore della vinti di
Carlo fuo Padre, c Ferdioan- do
Impcradorc ììk) Avo, crede del nome; ma, per Tei^, non ancora cipaxto deile fraudi cortigiaoelche, c degl'
intcrefìì de’ mali Miniftri, feb* beo
per Datura, e per religione, nemicillìmo de gJi Eretici. Movevafi ffdunqur con tali artifìzj inganneroli
Tanitno del Principe, ma più queU io
dfif ArciduchelTa Tua madre, la quale più veniva combattuta da quel- li che lapevano come elTa poco prima era
rimafla difguflaia , per aver egli
cercato d’ impedire il maritaggio dell' Arciduca colla Figliuola del Duca, di baviera, la quale era nipote delia
medeOma ArciducheOa; pel quale
.iinpcdimcnto fì dice che il Rabatta divulgalTc m Venezia che la luddetia Spola fofle macchiata di lebbra; il
che lì trovò poi falfo, c Icguirono le
nozze; nè al Rabatta fu facile a purgarfi dell’ imputazio- ne; c gli convenne adoprarvi molti
intcrce0bri; lopra la qual cicatri- ce'
ieppefo beo dimenar 1* unghie i luci cnuilt : ónde gli accefero con- tra i'aniiTib della Madre, e del, Figliuolo
in male maniere^ appoggian- do tutte le
loro macchine alle maligne relazioni del Barbo. Fu il Com* mtflario avviìato da gli amici di rezze fi raccordafìfero delle lamentazioni,
e de' gemiti dc'Ioro poveri lud* diti
deinUria, e della Libnrvia; i quali, per le colpe di pochi ladro* ni, venivano Taccheggiati, e rovinati, ed
erano (lati a termine, per pura
difperazione, di vacillar nella Fede, perchè i Veneziani avevano gik prefa una riloluta forma intorno a quelle
feorrerie, ch’era, di non rompere in
mamfella guerra, per non iirarfi addolTo la malà fama nel Mondo d’aver molli) le armi centra i Principi
CriJUani, mentre gucr- reggiavano contra
i Turchi; ma rifarfi d’ogni oltraggio, o danno che rlccvelTero i loro fudditi fopra i ludditi
della Cala d’ Aulirla a buona mìfura :
onde il fomentar le rapine de' ribaldi non era altro, che di* llruggcr, c dìfabitarc le proprie terre delle
loro Altezze, e neccflltar i Varialli a
pigliar altri partiti : che cosi s’ intefe il negozio , quando a lui ne fu data commiflionc; c ch’egli, nell’
averla fapiita efegutre in quella
maniera, pretendeva anzi merito, e mercede: che non bilogna* va dar orecchie a gli Eretici, i quali, vedendo
procederfi contra con si gagliarde, c
pie rifoluzioni, c che i bilo^ni della guerra Turchefea non badavano ad impedir Panimo zelante del
Principe per rellcrmina* zioiic loro,
volevano anche vederlo intrigato di più in nuova guerra colla Repubblica di Venezia , acciò folTe
necelTìtato ad abbandonare V imprcla
contra di loro; c ch'era ormai conolciuta per tutta ‘Alcma* gna, e per tutta Europa la malizia fcellerata
de’fettarj, i quali, per mantenerli
nelle falfe opinioni, non fi guardavano di tradire i proprj Principi, e la Patria; e che di qua era forfè
derivata la perdita di Giavarino, c poi
di Canilfa .* che le loro Altezze foiTero certe, o che bìTognava reprimere la rapacità degli
Ufcocchi per la via comincia- ta, ovvero
didruggere, e dcrolare tutti i luoghi di marina, e gli al- tri de’ confini; perchè egli aveva affai bene
penetrato che i Venezia- ni erano
rifoluti di vendicar in quel modo le ingiurie degli Ufcocchi ; ovvero, fc in fine bifognaffe, pigliar con
effo lóro un aperta guerra: \ la qual
cofa in niun tempo poteva metter conto alle cofe delle loro Altezze; ma ora meno che mai, per li travagli
maggiori ne’ quali (ì trovavano col
Turco.* che a quedo fine i Veneziani avevano giudifi- cata la caula preffo al Papa, e predò agli
altri Principi Crilllani , a* quali
tutti pareva drano che fi voleffero fomentare nc'proprj Stati pub- blici, c infami Corfari a danno de’ vicini.*
che in cau> tale non s'a- vrebbe da
far fondamento negli ajuti del Re di Spagna, il quale, ol- irà i’effcr occupato in tante altre parti, e
altre molte difficolà di pò- ter mandar
armata in quelle bande , dimerebbe fua vergogna , per la pict^, e giudizi! fua, il favorire caufa tale
.'il che fi poteva anche ar- gomentare
dairefiio deir uffìzio che a fuggedione del mcdefimo Rabat- ta fece in Venezia Don Inico di Mendozza,
Ambafeiador Cattolico, mi- nacciando le
arme del Tuo Re, fe non fi liberava dallo drccto affedio Tricde, c Fiume.- di che fi dimò affrontato
il Re; e per fame chia- ra la
Repubblica, e il Mondo, levò todo il Mendozza da quell’ Am- bafecria .* che quanto a t pericoli che gli
Eretici malignamente met- levano innanzi
di perderfi Segna , foffero certe le loro Altezze che Temo II. Z % meglio i
i8o STORIA meglio era afiìcurata
quella con poche genti quiete, e fedeli,
che col numero maggiore di ladri; i quali, olrra il continuo
irraiamen* IO de’ncmki, erano loHii
rpcffiHimo di abbandonar la Cicih, per atten-
der alle rubbcric; onde non vi rimanevano per molti giorni, fé non le donne, e le genti inutili; co’ quali
mancamenti s’ èrano a’ Veneziani aperte
mille occafioni di lorprcndcrla , le v’ alpiraflcro : ma cfler cofa iroppo notoria tri gli uomini prudenti, che i
Veneziani Jafeieranno Icmpre volentieri
a fpefe, e carico di altri la difefa di quelle frontiere, eh' e/n mede/ìmi, confinando con loro
paciBcamente , ajuterebbono Tempre, pel
proprio intcrelTe, almeno fotte mano a difenderle. Onde non potendo i Turchi per terra avvicinarli a
Segna, ne condurre artiglie ria; nè clTendo mai i Veneziani per conl'cntire
ch’ivi s’ accodino per mare, fi poteva
tener fenz' altro la Piazza per ficura , purché gli U- fcocchi colle loro rapine non ncccfiira/Tcro
i Veneziani ad accorJarfi per la
dillruzione di quel nido co’ Turchi, che oe avevano più volte promoisa la pnitica; o elfi llcffi non la
tradi/Tcro in mano de’ Turchi, de' quali
lòno per la maggior parte fudditi,e molti hanno fotto di loro i padri, le madri, i fratelli, le foreile, e
altri parenti: che in quefto confillcva
il pericolo di qualche gran perdita, non nelle vane inven- zioni de gli Eretici. Aggiunte il Kabatia,
che, per maggiormente affi- curare quei
confini, e per la ipcranza di poterli allargare a danno de' Turchi, larcbbe /lato utilifTimo il
compartimento latto da lui di quelle
milizie a i luoghi (oprannominaii di Otiolfaz, Brigne, Profor, e Bortog, mediante i quali fi metterebbero in
ficuro fpazio di terreni fruttiferi,
onde la gente potrebbe con giufie fatiche iofientar la vita lenza illecite rapine; conchiudendo, ch'egli
avrebbe poi mofirato il mo- do di
ridurre ì detti quattro luoghi in lìcura difcla lenza che fé n'ag- gravaflTero le Oincrc di Sua Maefi^ Cefarea,
o delle loro Altezze. Furono alcoltate
quelle ragioni, portate con molta eloquenza, e
grand’efficacia, attcntiffimameme; e to/lo fi accoriero i Principi
che fuor d’ ogni Tuo merito veniva loro
mefso in diicredito un tanto Mini- erò,
pieno di prudenza, e di fede; onde lo reintegrarono collo nella pri/lina grazia: e per darne fegno in faccia
di quelli emuli fuoi, eief- ièro luì
medefimo con amplilfinia autoritli che andalse a ricevere a'con- fini Gian Francefeo Aldobrandinì , Nipote di
Papa Clemente, che in quei giorni doveva
sbarcare alle marine di Tricitc, e di Fiume con
dicci mila fanti Italiani pagati da fua Santitli, e D. Gian de’
Medici, che ne conduceva due mila,
pagati dal Gran Duca, iuo fratello, in
fervizio della guerra contra il Turco; la qual gente della marina
do- veva guidarli a Zagabria, defiinara
per Piazza della mofira, donde poi per
acqua aveva a trasferirfi, come fece felicemente, airafscdio di Onilsa. Amminiflrò quel carico il Rabatta con
intera loddisfazione, e de’ Principi, e
de' Capi della gente Italiana; e sbrigatofi di III, non vide l’ora di tornar a Segna, per dar
compimento a quelle faccende; nelle
quali non pareva che rimanelse più difikoltìi alcuna ; poiché da* Principi Aullriaci erano fiate approvate
tutte le fue azioni, e tutti i partiti
prefi per rimedio del male; e pareva che f autorità Tolse accrc- Iciuta tanto, ch’egli dovcfsc lofio elscr
elaltato a più lublimi carichi, defii-
nandotegU gib il Generalato di Crovazia. Ma dopo la lua partenza, la malizia
diabolica de gli Eretici s' afsor-
ligliò Digilized by Google DEGLI USCOCCHI. i8i figliò ranto più a* Janni di Ini, e fi
sfoderarono nuove calunnie, le quali, fe
pure non erano afcohate da* Principi, almeno non erano ribui> tate con quella fermezza che pareva
convenirfi a’ meriti di un tal Ca>
valiere. Le cole arrivarono ad un tale lUco, che giù fi mormorava
per le Corti che fi formerebbero
procefli contro di lui, fpezialmente per
dimandargli conto della morte del Conte di Poflidaria / nella quale $* interefiiavano forte con poco onor loro
alcuni principali , mofirandofi parziali
d' un pubblico alsalUno, indegno d' elsere ufeito di quella nobile famiglia. Sentivano quelle voci, e quelli
grandi roraori gli Ulcocchi, che per
cauta loro veriavano nelle Corti; ne mancava chi loro feminalfe nell' orecchie che il Rabatta era in
difgrazia de'Priiicipi, a* quali non era
piaciuto il fangue di tanti foldatt valorofi ipario da lui
furiolamente a compiacenza di altri .
Qitdli ragionamenti fi rapportavano poi in
Segna, c fervivano a dimmuir l’ ubbidenza al Commifsario; il quale, rrovandofi fearfo di danari, era anche llato
sforzato a fpogliarfi di quei prefidj
che I* avevano fino all’ ora renduto tremendo in Segna. Accadde in quei giorni che da’ Principi ebbe
il comando di mandar al campo fotto
Oinitsa quel maggior numero di gente che potefse ; col> la qual occafionc pensò anche di Icvarfi
dinanzi il retlo de* più inquieti, e più
ingordi, per lalciar poi gli afl’ari di Segna meglio regolati/ rac llrema cura le Galee, e le barche armate,
lenza impedir però il corto delle
vettovaglie a Segna, per non metter la geme in maggior difpe- razionc ma vedendo per alcuni mefi che niuno
fi moveva, c che fi olTervavano i patti,
e che piU in Segna fi rendeva agli Aufiriaci la fo- lita ubbidienza, e che i Principi erano
rifoluti di mantenere gli accor- di, e
d’impedir l' ingioile rapine, ottenuu la licenza dal Principe, fe , ne ritornò a Venezist, gloriofo, per aver
mcllk T ultima mano a così collol'o
travaglio coll’ autorità, e colla prudenza fua; e tutto il Mondo s’avvide che in mano de’Principi Aufiriaci
flava il raffrenar quei la- / droni,
con tutto che i mali MiniUri gli aveffero per tanti anni dato a credere altrimenti: onde non pareva
verifimile che doveflero acconicn- tire
mai più ad una tale infamia ; malTime avendo anche imparato i Veneziani il modo di far ad altri celiar caro
il danno che fi dii allo- ro
fudditi. Cqn tutto ciò molti uomini
pratici dubitavano che, llando gli Ufcoc-
qIiì in quel luogo fenza altro follentamento, folTe quali impofiìbtle
che fi follentalTero fenza danno
de’vicini; malTimc cficodo gli llipendj leg-
gieri, e difiicilmcnte pagati; nè participando di elTi tutta la gente.
Per li quali rifpetti fu prudentemente
confidcrato che T unico rimedio con-
filleirc nella traslazione di quella gente a’ luoghi dilcofii dalle
naarine , come Ibno i foprannominati,
opportuni alle tcorreric comra i Turchi,
e capaci di qualche agricoltura; ne' quali ancora fi dice elTcre alcune veo# di ferro, nelle quali potrebbono
efcrcitarfi, e nodrire le loro fa-
miglie con utile induima quelli che eleggedero di preferire un'onello , e legittimo modo di vivere alle maledette, e
Icomunicate rapite, cal- le forche,
nelle quali, o prefio, o tardi, inciampavano poi tutti . Ma perchè di fopra fi fece menzione d’ un
partito propello dal Ra- batta
all''Arciduca, fU fortificare alcuni luoghi di Frontiera fenza dì- fpendio delle camera Ai'Ctducali ; e perchè
nel punto della traslazione delle
milizie Segnine a’Cafielli fra terra, e in quello che fi accenna , gli uomini vertati nel negozio hanno creduto
(cnipre che coniìfietTe la certa
fperanza di reprimere i latrocin; degli Uicocchi, e ovviare a’ pe- ricoli che ^ l^tteUi venivano minacciati,
(àrX bene, prima di metter fine a quefU.
anche quella materia fi dichiari qui co*
iiioi /o^amentf. .j. ^ •1*"*
^ da fapere che il Vefeovo ^ Segna, Prelato ornato di pro« 'dotjrma, pratico del paele, e pmidenre,
propofe che fi facefle un* appalto co’
Veneziani d’alcuni bokhi vicini a Segna, abbondami tanto di per arbori , e antenne di qualunque genere
di VafcelU , quanto anebe di faggi, del
qual folo legno fi fanno i remi per le galee;
e cbn proccuraflc di avere da loro un’anticipato sborlb di 50000.
du- cati, i quali fervirebbono
abbafianza al difegno di fortificar i luoghi
dc^ confini nominati di fopra. Il configlio era molto opportuno,
perche i boTchi veramente abbondano di
materia attifllma a’ bilogni luddctii ,
e fono \ Digitized by Coogic DEGLI USCOCCHI. 185 e fono cos'i vicini al mare, che con poca
fatica, o fpefa, per fenticri declivi,
ufati anche in altri tempi, fi poflbno condurre all’ imbarco; la qual copia , e comoditi efagerandofi un
giorno in Segna dal Commiflà- rio col
Segretario Barbaro, e dicendo egli che quello era veramente un teforo, l’altro rifpole cos\ eOcr in
effetto; ma teloro di metallo, o di
moneu tale, che non avrebbe mai fpaccio altrove , che in Venezia; la qual prudente rifpofta fe foffe Hata ben
confiderata da gli Auftriaci, non fi
farebbono frappoffe nella conchiufione di un utililfimo partito tan- te difficoltà; ma mentre l’Arciduca fu
collretto di darne parte alllmpe-
radore, primieramente fi dubitò che quel taglio poteffe agevolar la
(Ira- da a’ Turchi d’ infeffare i
confini: ma chiamato alla Corte Cefàrea, per
queffo effetto, il Vefeovo di Segna, con ordine di portar feco
ddegni reali di tutto il paefe, egli
colla Ina prefeaza, e con vive ragioni levò
quel dubbio; onde gl'imperiali cominciarono poi a pretendere piò
grof- la fomma, e dimandavano sborfo
anticipato di joo. mila feum, lenza
penfiero forfè di fpendeme parte alcuna in fortiheaziune di quel conG- ne; non ponderando effi che i Veneziani,
febbene poffono ricever qual- che
comoditìt da que’ legnami, non hanno però piò che tanta neceffitò , perchi non mancano loro felve che
fomminiflrano materia fufficiente per le
loro ordinarie, e flraordinarie armate. £’ vero che la condotta de' remi, che ft ugliano principalmente
ne’bofchi d’Alpago, e di Can- cerio, fi
fa con dil^ndio, e con gravezza de’fudditi, a' quali li aifpar- mierebbe volentieri quel travaglio; nel retto
la materia i inefaufla, tanto per remi,
quanto per ogni altro bifogno di piò numerofe arma- te: è però verifimile che anche per folo
rilpetio della fortificazione de’ luoghi
tante volte nominati i Veneziani farebbono condefcefi allo sborfo di qualche mediocre lumma a coojp di detti
legnami, per interefle proprio di veder
ordinato in que'jconfini piò mimeroft, e gagliardi rite- gni contea i Barbari che penlaffitro mai per
quella Brada d’infettar 1’ Italia, come
hanno fatto in altri tempi. \Ma il
maggiore, e piò certo lérvizip , che fi farebbe cavato da quell’ accordo, conullcva nell’ occupare la gente di
quel paefe nei taglio, e nella condotta
; che cosò ella fi lardffie avvezzata a vivere delle lue fa- tiche , nè avrebbe avuta feufa , ohe la fame
, e la neceffitò fpingelfe in torlo •
perchè que'bolèbi avrebbono data póftetua materia , non fo- lo di foltentarfi , ma anche di arricchirli;
perchè, oltra i legnami op- portuni per
le armate, fe ne làidlbBno tagliati infiniti per ogni altro bifogno di fàbbriche; la comoditti portar le
travi, e le tavole per mare verfo
Venezia, o agli oppolti lidi della Romagna , e della Mar- ca, ove fono cariffirae , avrebbe iltituito
un traffico di molta ricchez- za; ove
ora i bofehi Hanno inutili, e la gente oziolà ; elfendofi , perle caule
accennate, dilmeffa già la pratica; ed effendo infieme, come fi diffe di Copra, ritornati gli Ufcocchi alla
vecchia tana di Segna . In quelli due
punti gli uomini prudenti, e pratici giudicavano c& confi- lleffe la llabilità de gli accordi, e del
ripofo. Però è molto da temere che in
breve tempo non fi rinnovino le mi-
ferie (febben farà Tempre in p oter de’ Principi il rimediarvi) a
'mag- gior danno della Criflianità ;
perchè febben anche gli Ufcocchi s’ alle-
neffero per Tempre di non toccare le terre, i Vafcelli, o i fudditi
de’ Veneziani, nondimeno le continue
fortite che fanno verfo Obruazzo, Teme
II, Aa ove •V Digiiized by Google i86 STORIA
pvt tcrmin* il canale della Morlapa, far^ fina lmente aprir gli occhi
a’ Turchi , ^rr provvedere a’ fatti loro
con un cpnfiglio non diflkile da
cfeguire, che ritornerà in notabii {iregiudizio , e della Cafa d'Aullria
, e d’altri; il quale non infegnerò gih
io in quella parte, ma egli era ben
intcfo dal Rabatta ; che pereti fi mollrava rifoluto di proibite che quel canale con barche armate non fi navigale
pib oltre , che da Se- ^a a Scrillà,
accib l’ingordigia di picciola preda di pochi animali, o pochi fchiavi, non Tenifié una vola a pagarli
con amare lagrime , e colla perdita d’
infinite anime Crifiiane ; il che piaccia a Dio che non fegua, e che i Principi CtiUiani cohofeano a
tempo, e attendano a divertite i
pericoli, acci^ ad altri non relli campo di fcriveie pih do- lorofe, e lagrimevoli Storie; dove qnella
finifee con un’ incera fperan- aa di non
^ fondaa quicw; la quale piaccia a Sua Divina Maeltk di rendere (labile colla Aia lana grazia ,
p terpreuzionc a cola che li polTa
ricever per buona; e fon licuro che,
-leggendo quelli fncceffi, ogn'uno fi c#tificheri che nei diiordini
civili, noQ aliripemi che nei morbi
naturali, i rimqdj lenitivi, lcb|iÀ pare
che di pRfen^ giovino, ènafpidlcono nondimepo il male, e lo' rendano a 1 remp feguetlti più fiero, è atroce; e
che, quando coH'nfeldc'iwidi e
appropriati rimedj, il male è guarito, conviene per lungo tempo aver loipttto di recidiva, e governare il cor^,
non meno il civile, che il naturale f
non colle regole de’lani, ma con quelle degl'infermi; e Ibprat- tuito appa^rù chiaro, che' il buon'ordine in
maceria fluttuante non può elTcr
incedono , le avA ì£ cura di proaurarlo thi dal dilofdinc cava profitto ,
E per bene incamAinare la narrazione, mi i neccirarioriferiFe tutti infieme gl'ntaieoli (iabilici tra il Rabat»,
-e il Palqnaligo, che'dall’Arci- vclcoto
furono commemorati Iporlamcncc, acciò fi vegga in che, e guanto Intono oRervaii, o inìmrediti; d'onde ebbero
origine le qaeAte feguite. Conteneva
quell' accori»to lei capitoli, »• Che
gli Ufcocchi non poteflcro' navigare, fe non nel canale dell» Morlaca, tra Segna, e Serdfa, con altro nome
detta Carlobago. Che non poteflono
accoftatfi all' Ifole della Repubblica, nè sbarcar fo> pra i territori di quella, Che a gl’ altri luddiii Aollriaci folTe
Ubera la navigazione con VafelU
difarmati, e il commerzio per tutto aperto, come per l’innanzi. Che non foficro riconofciuii, paflàndo
innanzi il Forte di San Marer cuardia, col fcguitarli , 'ioapodi* vano loro f efecoaióné de'dilegni , avevano
però trovato un lociit modo di fatvar
sé fteflì, e le barche .proprie, ion aver far&> nel fbruio-'di ÉÌaicu^ un forame, il quale
'renevanotucato eoa una grap fpina;
e,vedth leo le pcffiÉie, indi , po0ato
il pericolo, ricuperavano le barche» Il
Denaro, che im quei tempi fu rimandato in Dalmazia Generale per di- veric prowifioni, vedendo ripullulare i
troncati inconvenienti, fece trac- rar
col Capitano di Segna, e fargli apertamente intendere che, ficco- erte concedeva molto cortefemente il libero
t&mfito alle barche per vtag- e
mercanzie, cos\ non era per confemire che gli Ulcocchi [tranfi* ralfcro armari, come pareva che s’aveflcro
arrogala facoltà dì fare nc*c- gh
emergenti che nacquero da quefte occorrenze, e come ebbero fine, non fa hilogno dirne di più; non avendo altra
conncflTione colle cofe degli Ulcocchi,
fc non che efiì allora, come Cavalli lenza freno, corlcro co- me per gradì & maggiori latrocini,
eofi'cfb; fi diedero prima a fvaligia*
re le Caravane de’Morlachi, che conducevano vettovaglie, t mercan- zie alle Città della Repubblica. Per miglior
Comodo, fi ridncevano col- le barche ne
i porti delia Repubblica, opportuni per Icvarfi di là , e andar al bditino ip Narerfta, Obroazzo, c
altri luoghi de’ Turchi : irw troduflero
di corleft'iar anche nel Canale di Cattare; cofa da loro non più tenrara, fervendoli* altresì per forza
dcllè barche de’ luddici Veneri per
caricar ^l’animali, -e gli khkvi predati nel parie de’Tuixhi/ fi fer- mavano nelle Ilole Venete a partir le prede,
c a dar rifeatto a’ prigio- ni con tanta
libertà, e ardire, come le le operazioni loro foflcro di Icr- vizio alla Repubblica, c di benefizio
a’iuddiii di lei, c ne ntcritaflero
commendazione. Aggianfero a 'ciò il levar le mercanzie, c t dinari agli Ebrei, e à’Turchi naviganti per Venezia,
e far prigioni anche le j«crlunc; nè
fedivano d’inferir qualche danno ancora lopra le Ilole di Pago,
Digitized by GoOgL DEGLI
USCOCCHI. 191 Pago, c d' Arbi.’ c acciò
non rìmanelTc alcuno de ■ capitoli accordati
al quale non contravvcnillero, ricettarono nel loro conlorzio i banditi Dalmatini, e i fuggitivi di Galea ; onde il
numero degli Ufcoccht creb- be
grandemente; e i nuovi aggiunti, o per dcGderio di vendetta, a per modrarfi non meno fcellerati, lervivano a
gl' altri d'incitamento a moltiplicar le
olTele. Non racconterò in particolare le rapine, e vio- lenze in quefto tempo occorfe, cosi per effer
troppo in eran numero, come per non
infallidire chi leggeri colla fimilitudine degl’ accidenti ; il che oflerverò anche all' avvenire , fc non
quand o qualche fingolare qualità mi
collringerh a farne particolar menzione ; e febben io fo thè le leggi della Storia ricercherebbono che
folTero tralafciati molti de i
particolari che fono per narrare, e che i narrati anche folTero più fuccintamente riferiti, per non caufare
fazieth, e tedio; con tutto ciò
fcrivendo io non per la poderitù , ma principalmente per notizia di quei che al prefente defiderano minuta
cognizione ancora per altri ri- Ipetti,
che pel frutto che fi cava dalla lezione ;delle Storie, ho giudi- cato di dover trapanare i termini dello
Storico, e più rodo allargarmi a far T
uffizio di chi informa in controverfia giudiziale, affinchè ila pro- nunziata lineerà, e giuda fentenza. Le tante temerità, e cos'i ingiuriofe ,
codrinfero Andrea Gabrielli , all'ora
Provveditor Generale in Dalmazia, a rimandare fuificiente cu- dodia in quelle acque , per levar
a'malandrini il comodo di corfeggiarc ,
con feguitarli dovunque s’ incamminavano, e impedire T alfaltar
barche in Mare, e lo sbarcar in qual fi
voglia luogo in terra: cofa che all’ ora
a i ladri non fu difeara , valendolene per pretedo di prevenire predo l' loro Principi , figurando loro di non
effer dati i primi ad’ offendere ; e
qiierelandofi che folTero a corco perfeguicati, e mal trattati, mentre andavano per li fatti loro fenza far danno
ad' altri, che a’ Turchi; e alcrivendo a
necelTaria difefa, ovvero a giuda vendetta gli fpogli, e le altre tngiurie inferite a i naviganti, e
fudditi della Repubblica in mare, e in
terra. E per le confeffioni d' alcuni di loro, che pofeia capitarono in mano de' Veneziani; fi ebbe per
cofa ceru, che defideta- vano, e
proccuravano di edere non folo impediti, e feguitaii, ma an- cora provocati con qualche afsalto, per poter
con più gindificato colo- re impetrarne
da i loro Principi licenza, e darli liberamente a faziare le ingordifiime voglie in qualunque modo. Nè
è da tralafciar di dire che alcuni
Pugliefi colla iiberth del tranlito incrcdulsero di andar a Segna per comperare la cole predace, c a
quedi vendevano i Morlachi, e le
Morlache Cridiane, predati nel paefe de'Turchi, accertandoli che non erano battezzatti, de' quali era facu
pubblica mercanzia, come fe fofsero dati
infedeli . Al principio di quede predazioni non è certo che il Capitana predafse conlenfo efprefso; ma
bensù, dappoiché Giovanni Vularco,
famofo capo degli Ulcocchi, ritornato da una gro^ preda infieme con Pietro Rofantich , gli donarono
1500. Tolleri , e un Ca- vallo di
prezzo, fornito, fi moltiò aperto protettore del corfo. Mandò in qualunque ufeita generale un fuo
famigliare infieme con loro alla preda,
al ritorno participando la fua porzione del bottino: e pafsò tan- to innanzi, che fi mife egli defso capo nella
compagnia loto: la qual cofa anche un
giorno gli ebbe a fucceder male; perchè, avendo con- gregati non folo gli Ulcocchi di Segna, ma
tutti quelli del Vinadoli, e aven- Digilized by Google I9^ S’ TORI A e avendoli fatti fcorrete nella I.icca, non
foto reflò defraudato del di- fegno, ma
gli convenne anche fuggire con qualche pericolo,- perchè ■ Turchi, avvifati, lo perfeguitarono; altri
coriero ad alTaltar Segna, la- (ciata
lenza guardia fuflìcienre, che con difficolih fi difefe. Di tante ingiurie, e inlolenze a’ tempi
opportuni furono dall’ Amba- Iciadore
della Repubblica fatti lamenti alla Cone Imperiale, e furono riportale fempre gran dimollrazioni dall'
Imperadore, e da quei Mini- Uri, di
léntirne difpiacere, e promelse di rimedj.- ma efsendo occorfa nel idoj. la prefa di una Fregata della
Brezza nel Porto Cigalz , fo- pra la
quale erano diverfi Mercanti con alcuni groppi di Zecchini, e altra buona quantità nelle borie, e flati
Ivaligiati tutti con mal trattamen- gralirt fmontati alfaltarono Scardona,
Città de' Turchi , c riulci loro lenza
alcuna difficoltli I’ imprefa , avendovi
trovata quella gente lenza nefiuna guardia; e uccifi quelli che, eccita- ti, fi oppolero, depredarono la terra, fecero
grolTo bottino di merci , e robe, e
prefero 300. Ichiavi, e accelo il fuoco nelle cafe da piò par- ti, partirono, e all'aurora predo arrivarono
al Canale,- e quello jiatTa- ro colle
barche proprie, e con quelle dc’Sebcnzani, ( le quali poi ado- perate forarono, e milero a fondo) inviati
per terra quelli che non ca- pivano
nelle barche molto caricate, gli altri per mare fe ne ritornaro- no colla preda. I Turchi imputarono i Sebenzatii per
complici , e fecero querele a
Collantinopoli; perlochè fu anche mandato un CiTiaus, e con molte
dif- ficoltà la cola fi pofe in negozio;
c con maggior opera, e fatica, e fon
lunghezza di tempo fu fatto conolcere che gli b'cardonefi , per la loro negligenza in guardarfi, furono
principaliOima caufa del danno; « che i
Sel^Dzani non ebbero alcuna parte.
Gl'Ufcocchi, e i Minidri Audriaci difendono queda forte di azioni con dire che i Turchi fono nemici della
religione Cridiana, e de’ loro Principi,
e giudamente polTono offenderli, nè con ragione da altri pof- fono effere impediti; e fi lamentano che
fieno impediti da' Veneziani. Ma elfi
dall’altra parte rifpondono, che non appartiene in alcun conto loro attendere, o doleifi, le i Turchi fono
danneggiati da' nemici loro: e ficcome
non attendono a quello che facciano i Perfiani , ovvero gli Ungheri centra i Turchi, cos'i non
attenderebbono a quello che gli U-
fcocchi tentaffero dove co' Turchi confinano : ma quello che loro
tocca, e che loro importa, è il tranfito
pff^li loro territori, o pct le loro
acque; non tanto perchè cos'i vieiM jioiata la giurildizione, quanto
per- chè i Turchi pretendono di elfer
rifatti, come queda volta ; ovvero pi-
j;liano di fatto il rifacimento fopra i Ridditi Veneti, come in altri
tem- pi è avvenuto; imputando loro che
tengano mano, 0 fieno complici, o almeno
che fieno tenuti ad ovviare, e nonlo facciano. Se vi e tan- to zelo di religione, c di perfeguitar i
nemici della fede , vadano per li loro
confini, che fono larghi, e fpazioC, e là efercitino il loro zelo, e va ore. Che, per offendere i nemici della
fede, entrar violentemente in ca- la
dell'amico, violarla, e metter le cole di quello in pericolo, e in danno, non è uffizio, ma pretcflo di religione,
contrario g i fanti precetti di queda.
Il Ba- Digitized by Google di Pifino per li» lìcdrciaii, promife con
lue lettere al Genera! iRTo che avtehbe
ifancenuca la fua roldaéelca in difciplifia , fìcdKc ncf- Ibno avrebbe occafibne di querelarli . Diedè
-principifi ili’ informazlonè per mandar
alla CArce, e delle cofe predate ricijperb tre mila 'zecchi- ni dc'gropii, perchè quelli erano capitali in
ftunò de' priocipali'/ ^r qdellh 'dhe
Tbccava la robe',* ficcoma per li tempi palTati 11' mandaf per informazione ilon pdrrorl Inai ahrd
efrecn>,~fe non tfllazione', accioccU
il rubbaro poteffe eflTer trafugato con comoAj; e TIldfi, per non fSV
la rHRtiizione, ne facelTero parte a chi
poteflé'prdl^crli; cds’i nelTocc*- finne
preftnte refe la ricoperzzSsne impoflibile . Imped'i il Baronè agli Ufebethi Pufeir allS peda; e ^1 tempó'di fei
raefi, che dimorò in Se- gòa, le cofe
panarono afiài Quiete Parti all’ improwflb pr Spagna, per la ’lffórte di un fuo -fratello , e lalc^ le
trfè in cdhMone; e de 1 tre mila
‘zecchini de’groppì Hcòperari non li lepp mai che cofa ivvenilTe . Von Mterono i pdroni'Vitrame parte alcuna,
quantunque, ajutati da- gli nmaj
de’Minilirr della RepaWiea, JafèlRro continuate iHanze in Se- ^af e aXìratt pef rtlHtuzfShe/ jdeW Ih line,
ftanchi , non tor- nardfr piò loro il
cifnlò di profeguire, ihbandonarom 1è loro ragioni. Fu un’ arcano ufato in tutti i tefpi da chi
comanda agli Ufcoccnl^ di deibdere gli
uffizj de" Minillri * della Repubblica, e If private iltanze', llancaido gf in tereffati colle diUèfimi, e
nhtrehdo 1 pubblici MiniDri di fpranze
d*^tera rèWruzIonc dei tolto, e galligo de’ifelinquenti, fili tanl tq che, fitccedehdo uh altro rubbamento, e
dopo Quello un’altro, il par- lare
de’liiècelli frefcfii faccia porre prima in lilenzto, e poi in obblivio- ne i primi .■ e fi può ftire generalmente che
fempre hanno pollo in fi- knzio, e
coperto ogni 'fiìblnmenro con un'altro nuovo.
Per la partenza del Barone, gli Ufcocchi, reflati liberi, fi
avanzaro- no nelle iniblenze con dtqni
di ‘tutti i generi di fopi^ raccontati ; e in-
traprefero -di più tih tentativo chO ne'feguenti tempi ogn’anno
tentaro- no di metter ih effciro. E’
pollo in ufo che da "Venezia parte una Ga.
le,! , che chiamano della mercanzia , per Dalmazia , donde leva le
mer- ci che fono portate aquella fotta.’
Gii Ufixcbhi penfanno che, venen- do
loro iicto di poterla una volta fpoglldfe, foiebbe (lato un' grofiìlfi- mo boKìno per loro, c gran fervizio a’Ioto
Governatori, fe quel com- merziO' foffe
ftatn'- imcirotto ; però ile’ tempi dell'andata, e del 'iitomq maraviglia è quante. infidie*s'ingegnarono''di
porle; ma non hanno mai potuto colòrir
il difegnb, perche h Galea, per fila ficureiza, fempre i fiata da Galee, o barche armate accompagnata
; ma quantunque la mi- andaflè fallace,
^on rdlavano di (jdiptrè in altro, Icbben non di tan- to fratto, perdiè ,- mentre fi attendeva alla
cullòdia ’ della Calcai, con- veniva in
qualche luogo rallentare l^'guardie; e reftava qualche parte del mare non cullodita , e loto aperto il
luogo datwtcr far de'mali pa- ri a i
loprannominati.- A queili Igginnferu apprefliptn nuovo , e lira- no ufo di violenza dove era ^nalche figliuola
da marito di buon paren- tado neU’Ifole,
0 Terre marittime (tf -Dalmazia; andati improwifamen- te,‘o di notte, o in ^Itfi tempi più
opportuni, con inforzar lecafe,Ia
rapivano in matrimonio di alcuno di loro; e poi co’congiuuti .(che
al male palfato non potevano rimediar^’)
iratiando {bee, e feofando il fat- loj
pròecuravano d’ indurli a ficonoftérli per. parenti, e favorire le cofe Tomo li. Bb z loto -i :.y CVtJOgU ig6 STORIA
loro eoa intelligenze, zvyifi, e zltri zjaii- Pochi ne poteyzno
periiia- dcrc, |>er le gran pene
cb'cleguiva la giullizia contri chi era trovato
aver parte con lofi; ma citi contra qoclli che liculàvano
oftilmentc procedendo, valendoli di
preteOo della dote della moglie , tenevano in
continua venazione le perlbne, c gli averi loro fin tanto che
lioflcco eoodotii a mileria
efttcma. Alle violenze, arrapine
ovviava ,Giam • Battifia Conntii^, Generale
Veneto, guanto «jr’foflibile a chi non voleva ulare i mezzi proprj
di alidar a i nidi dp’iadroni, per non
difpiacer a' Principi confinanti; ma
Iblo* difendere le cole proprie: il che riufeiva difficile, avendo a
guar* una Riviera di joo. miglia con
unte Itole, e fcogli, cooira gente
ardita, veloce, e temeraria, che, fingendo andare in un luogo,
paflàva ad nn altro, e con ellrema
preftezza fi Ipcdiva da quello, c ririravaC
in licuro. Occorfe nel (idod. che, ritrovandoli .nel porto di
Veftria, rreCò a Rovigno in Ifiria, una
Fregata Catearina , la quale portava
Icttere del Principe, c. lei mila ducati di danari pubblici, e altra
fom- ma ge' privati di circa quatira
mila, con mercanzie, e robe di valore,
te barche di quelli fccilcraii raffidtarono, e In lQ|p>gÌiorona di
tutte le robe, e de' danari j, e, quello
che peggio di luitoifu, afponate k pub-
hliche Iettare , e partendo di li, con maggior crudeltà Ihccheggiarano altri navilj ritrovati in altri porti della
Rcpubhbca, levando a' ^dan- ti, ,o a'
Marinai ic camicie, e le fearpe; e 1 capi, dopo aver prefo per sd (Icifi una grofià porzione della preda, il
rimanente del botiino divife, IO in
i$o., che tanto era il numero. 11 Coniarini , che fin allora fi era contentato di ftar loia alla difela, ed
impedire ilenuiivi , cqnofcendo che per
tal via era impolfibile conseguirne il fine, vedendo giornalmen. te crefccrc gl’ inconvenienti, coofidcniado
il danno per la preti della Fregata, e,
quc|ia che più filmava, il pubblico altronio per le lettere interceite , giudicò neceifario lerrar i
palli a Fiume, Bttcari, e Segna , e
impedire rufdca, e andata di ogni t>ru di valceUb a quei luoghi, acciò quegli abitanti folfero cofiretti a
defiftere dal ricettare, e fitvoriK i
predoni, ovvero trovar modo di conrenerli m uffizio. la fola perle, dizione de'ladroni nel mzre non può aver
rimerò cilctto di reprimer* li; imperocché,
riduceqtlofi elfi, per dividere le prede, fono là monta, gna della Morlaca, fito fortifiimo, e molto
comodo, per la moUipUci- ib dclté valli,
e. de' porci, e per la proffimiib dcircmiiunae, d'onde col- le ^ardie fcuoprono da lontano, ktuvano la
maggior parte de' perico- lì . Per tanto
i Veneziani , ammaeftrati dall' efpcrìenza , hanno fiabilica una mafiima, che fia di poco frutto, cosi il
pcrfeguitarli , come impe- dir loro
l'ufcua; ma folo giovi l' impedire il ricetto che hanno |nellc terre, fon gafligarle, levando loro il
commerzio. I^r quella caiÀ il Generale
pybhlicò un leverò bandAv ohe nefiqno de j fumiti poteffic a- vere commerzio con quelle terre; e neffun Vafcello
di qualunque luo- go vi fi potelTe
aaA^are; e per aggiunger la forza a' precetti , accreb- oc il numero delle bapchp frmaie ;
a&ldaia molta gente Albancfe ,
chiamò altre Galee, e fece cosi potente annata, ^che fuor della fua
in- lenzione diede gelofia agli
Arciducali di aver animo di efpugnar le For-
tezze, Per quello timore Gian
Jacopo de Leo, Vice-capitano (che il Capù
rane Francol era allèntc) per, nome proprio, e della Citth, fi
purgò con Digitized by Google DEGLI DSCOCCHI. 197 con lettere predò al Ceotarini, mollrando
dirpiacere di quello che al- cuni pochi
ribaldi centra il voler fuo, e della Ciiih, avevano operato; o&rendo foddisfazinne.- e il Baron di
Khisii, Gcncnl di Crovazia, ca- lò a
Segna in diligenza , per rimedinte : fubito fece imprigionar quat- tro, i ^ calpevoli, e con léveri bandi &
diede a ricuperar quanto po- teva del
bottino, fiteendo intendere al Contarini di aver ricuperata gran parte de' danari, e delle robe; e che
attenderebbe alla ricuperazione del
rimanente ; che darebbe il gaftigo a' colpevoli ; reftituireìdie i
danari pubblici a ehi folTe mandato per
riceverli; e i privati a' padroni che
andalTcro con iuficienii giultificaziooi : léce ìmjMCcare un Albanefe ,
e uno di Segna, i due più colpevoli de'
quattro prigioni. Al Segretario del
General Veneto , che a tal efictto fu mandato a Segna , rellitu'i 7500. ducati, e la porzione di robe allora
ricuperate, oiTerendoli di ri- cuperare
il rimanente; che quanto a' danari non arrivava a 3000. du- cati; rellando però ancora buona quantità di
roba ; il che per eSèttua- re', fece
intendete a 150. che s' erano ritirati , che perdonerebbe loro , tellicuendo cufcuoo compitainente la parte
toccata toro ; avvertendoli che lenza
quello non av^bbono trovato perdono ’, e f ece pubblicar un fevero bando da tutti gli Sud di S. M., e di S.
A. in pena della vita , e con taglia
contea lèi aifentad de' molto colpevoli, ordtnando cheli dif- ferilTe a procedere contea gl’ altri, fe però
refiituHTero, Ciò fatto, il Baron
ricercò per corrifpondenza la rilaflàzione delle barche trattenute, la livoeazionc de’bAidi
pubblicati, e la liberazione del
commerzio. Il Contarini, quantunque teneflè per impoflibile, più to- lto che diAcile , che dopo 1' aOédio levato
lì dovcBe parlar più di ri- cuperar il
rimanente, reputò nondimeno di dover contenmrfi della pro- meflà; foggiuogendo che ferebbe reltato
laddisbcto, quando gli foBno coiifesnati
i due prigioni intervennti nel mitfatto, che orano ludditi Ve. neti banditi; e folientava la fua dimanda,
per efler loro flato dato ri. certo
contea i Capimli eoncordad col Rabatta . II Baron non-poteva fen- tir a parlare di quello. Diceva che il ferlo
era cola da sbirro ; ohe pre- tendeva r
accordo in quella parte nullo ; riprendeva il Rabatta , che in ciò non fi foflè portato da Cfavalicie : e
replicando le iflanze il Conta- rmi, ed
egli le teufe, i Cittadini, anfiofi per aver il commerzio Klie- ro, fecero iflanze cflìcaciflime, acciocchò
per due fcellerati canti aferi noti
patilTero ; e quei di Bucati, e di Fiume, intendendo la difficoltà,
man- darono i principali de’ loro ad
unire le preghiere cogl’ altri. Il Barone,
prclQ un partito, di fare la giufliaia, e infieme di loddistàre sè
fleflò , clevar il modo al Contarini di
far maggiori iflanze, una 'mattina,
nella quale fi afpeitava il Segretario Veneto, innanzi la fua venuta
fe- ce atuccar amendne ad una forca. Non
piacque al Contarini rdfer de- fraudato
della fila iflanza, la quale repuuva giufta, e neccITaria , -per contener i fuoi in uffizio; tuttavia, non
eflendo alcun rimedio a colà làia,
mollrò di contentarli. Fu dì nuovo confermalo da ambe le par- ti che farebbono fermati i Capitoli
concordati dol Rabatta ; c promife il
Barone che innanzi la fua panenza avrebbe lafciaii ali comanda- menti, e ordini dì procedere col rigor della
giuAizia , che più non fi feniirebhono
inconvenienti. Quello fuocefib lUede maggior Iperanza di vederi nerpetuau la quipte, che l’opOTto dal
Rabatta; perchè, eden- do queffli flato
uccdiP, pareva che gli oiduti da lui polli reflaflero fen- za prò-
*98 s T O .R' I A zz protettore,
e che quell' el'empio dovclTa ipaventar ognuno mandato per p{ov vedere. Ma rcflando m vita, e nel
carioo/ lòtto la. fede ad abboccarli eoa
loro, conduccndo leco i prigioni; dove,
avendo loro dato rilcaiio per quello che poterono avere, fiabilirono
una fer«ni0ima amicizia co* Torchi,
avendo mangiato, e bevuto con loro, e
fatte aliegreize, e fefle lolcnniUime per la riconciliazipneé-il Il Radich alla Corte Cclarea avendo
inoltrato, elfcr’ impoffibtle che gli
Uioocc|ii^reflairero in Segna lenza le prede, quando loro non' folTc
dato ahro.modo di vivere, e mameneiTi; e
avendo ritrovato ncllTinpcradore, non
maniunientodi volontà^ ma di forza per poter far aflcgnamenio pervie paghe , fu|^licò che gli folTero cence^Ko k
eonthbuuoni che da molti Yiikiggi de
MorUchi di quel pack tnaù rifeo^ dal Gecerale 41 Crova- m; modrando non eire(e neod&ria la
fopraimqntkRza di querGéoem- fcv. le,
che Digilized by Google DEGLI USCOCCHI. 199 le, che con quegli alfcgnamenti li faceva
ricchiHìnio fenza predar alcun lervizio
a Sua Maefth ; ma che quelle con )wca cofa apprcITo làrcbbono badate per pagare la Guarnigione dì Segna , e
per mantener un Ca- pitano (opra tutto
il paefe : al che fu predato orecchio dal Configlio Cefareo, e trovato buono di alTegnare le
contribuzioni al pagamento della milizia
: dì che il Radich fu molto contento, fperando di cavare dagli affegnamenti tanto utile, che fi
potelTe fodentar il prefidio. E oiienute
diverfe efenzioni per tutto quello che portadèro fuori, o den- tro della regione , parti molto foddisfatto ,
con deliberazione di far ogni sforza,
per racquidare la grazia della Repubblica; avendolo per cofa fa- cile, quando fode adìcurata di non fentire
moledìc da quella gente; di- fegnando,
tralafciato il corfo, e accomodate le didcrenze, far ben i fat- ti Tuoi con mercanzie di legnami, Quedo era certamente un ottimo, e perfetto
penderò per benefizia di tutti quegli abitanti, molto più riufctbìle, che l'
introdurre negozio di quella mercanzia
tra’ Principi ; al quale, per li rifpetti , e fofpetti , è impedibile trovare forma che non abbia infiniti
contrarj; che tra pri- vati l'introdurlo
non averebbe difficolti alcuna; s’incamminerebbe a po- co a poco ; e da sè dedb per le vie che gl’
accidenti giornalmente fomniinidralfero
; non vi farebbe bifogno di Ipedizione di CommilTarj, n^ di altre lunghezze, e fpefe fuperdue/ ma
il mal codume di tjuegli abitanti , e la
maggior dolcezza che porta il viver di quello d’ altri più todo, che delle fatiche proprie , non
lafciava loro metter in efecu- zione un
canto buon penderò. Partito codui dalla
Corte, e rifaputafi la deliberazione Imperiale a Gratz, dal Generale di Crovazia fu podo
impedimento all’ eiccuzione del
deliberato, perchè veniva levato un grand’ emolumento al carico di quel Generalato, che fi dava per
rimeritare un l'erviiorc di Sua Al-
tezza; nè gli Ufeocchi di ciò fecero rifentimento , attefo che, dfendo interrotta la trattazione delle tregue
co’Turchi, per aver clli dato titolo Regio a Valentino Umonaj in Ungheria; e
per confeguenza cedata la cauli della
proibizione di predare, gli Uicocchi (tanto può la mala inclinazione aggiunta ad una coniuetudìne
pcrverfa ) ebbero più cara la liberti de
i foliti ladronecci, che 1’ alTegnamcnto delle paghe; onde ri- tornati all’ infame corfo , e ad infedar la
navigazione , e le Ilble , co- drinfero
i Veneziani a prefeguitarli in mare, e a metter impedimenti all’ufcita loro. Dalle quali provvifioni
febben era prevenuta gran parte del male
che lenza que’ rimedj (irebbe fucceduta, non erano però luffi.' cienci di fare che i ladroni non pizzicalTero
le Ifole, e che qualche Vafcello non
capitaffe loro in mano. Il Generale Veneto, per ovviare interamente al male, fi voltò a inidi, dove
fi falvavano colla preda, e proibì il
commerzio a tutte le terre Audriache dove fi ricoveravano ; onde, riufeendo maggiore il danno de gl’altri
abitanti, che de i mede- fimi Uicocchi,
concorrevano perciò continuamente in Gratz le querele, e le efclamazioni de’ Citadini contro di
loro, eleidanze, che finalmen- te una
volta folle daddovero rimediato in modo, che non patilfcro ogn’ anno un’ affedio : e mentre a quella Corte
moltipicarono i lamenti dei fudditi,
quei Minidri opportunamente ebbero indizio, che i princi- pali Ùfcocchì, 0 difgudati per la proibizione
di non ufeir alla preda, - ovvero
intimoriti che non folfe rinnovata , rifpetto al trattata di tregua , eh’ erg
■LOO S T ORI A ch’era rimenb in negozio; o per loro
maligna, t inquieta natura, ave> vano
contratta qualche i'egreca intelligenza coi Turchi , e iemintvano pernizion, e fcdizioG concetti negli Ufcocchi
minuti: per le quali cau« le unite
inficmc fu deliberato in quel Configlio di mandare CommUTa- rj di tutta la Crovazia Lodovico Baron
Diatriliain, e Giorgio Andrea Khazian; i
quali, fatta inquifizione de’ colpevoli, c ritrovato vero più Jore di quattro mila ducati, fi ritirarono
in Campagna prelTo a Segna, dove
divifero la preda; e le loro donne, ufeite di Segna, come per an» «Ur a veder i mariti, e parenti, la portarono
in quella Città. Quei di Segna, per
timore che il commerzio non folte loro levato, mandarono a far lamenti di quello fatto con Gian*
Jacopo Zane, Generale, che poco innanzi
era luccelTo al Contarini, e a mofirar d' cirer in quello lenza colpa; poic^^ t malfattori erano
banditi, e ribelli. Dallaltra par» te
Rimavano i Veneziani quelli tutti artifici; anzi avevano qualche dub* bio che i bamii tufferò finti; poiché
permettevano che le donne abitaf* lero
io Segna, e i Fuorukiti praiicaficro vicino alla Città, ^ forte an- che dciiiro occultamente; e fe non davano
ricetto a’ Predatori, lo da- vano
nondimeno alle prede : però giudicò il Generale che l’aver rice- vuto le donne colla preda folse cai^
fuBìciente per rilentirfi centra di
loro. Foie l’armata in guardia alle bocche di Segna, che dava loro grand'incomodità; dal che nafeendo mancamento
di vettovaglie, grida- rono centra gl’
Ulcocchi, e vennero anche alle mani i Cittadini co' gl* Utcocchi; e tra' SegnaniJ, e Fiumani nacquero
grandiilime difeord/e , perche Digitized by Google DEGLI USCOCCHI. xor perché que(K pativano effi ancora , e
dicevaao «iiifr de’ Segnani . Il bilbgno
fece ulcir furiivamenit in una barca ad. Ufcocchi , i t^uali temen£> il Capitano di Segna che col far
nuovi danni foITcro caufa di far
rillringere maggiamente la Cittb ; e avendo avute comandamento di guardare che non fofféro fatti danni a i
Turchi , acciò non foHe dato impedimenm
alla tregua, eh’ era tornata in trattazione ; fece Ca- per alle barche de’ Veneziani che fi
guardafleco ; onde gl’Ulcocchi fu- rono
perfeguitati , e combattuti, e ne refiarono i(. morti , prigio-' ni , e 3. falvati. Di ciò gli Ufcocchi
entrarono in gran contefa col Capitano ,
il quale fi feusò con dire di aveva avuto ordine dalla Cor- te di coc\ fare ; e che qualunque volta
ufeiranno lenza Ina licenza , lo farh
intendere o con avvilì, o con tiro d'aniglieria , ficchè non fa- ranno ficuri. Il che fe fofle fiato olTervato
, era una via di fnidare i malvagi, 0
contenerli nei debiti termini.- non feguì più efempio tale, o perchè i comandamenti foflero mandati per
apparenza; o perchè a i Minifiri
bafiaife mofirare di dar loro efecuzione con ofiervarÙ una vol- ta , 0 quanto meno folTe poffibilc ; ' I Segnani, per liberarfi totalmente dagl’
incomodi che fofienet-ario per
l’impedito commeizio, vennero in riloluzione di congregar quello che poterono avere del bottino, e far andar a
Segna Girolamo Barbo, Cittadino di Fola,
per convenire con lui della rellituzione . Il General Veneto fece rifolnzione di fiat a vedere fe
quelle dimoftrazioni erano reali, o pur
de’foliti artifizj, per addormentare; e l’evento dimolirò che tali erano; perchè al Barbo non fu renduta fe
non una poca pane di quello ch’era fiato
tolto di fua ragione; quanto al rimanente ricercava- no tante ginftificazioni, che fi vedeva
chiaro che non volevano far- al- tro .-
il che fece anche dubitare fe aveflero qualche intelligenza con GiurilTa, fe ben bandito, la 1 1 1 . ' Ma fe'i bandi fodero veri, o finti, non fi
può affermare.- certo è bene, che
innanzi il fine di fei mefi dalla pubblicazione d’eflì, Giurif- fa', e Vulatee con tutta la compagnia furono
ricevuti in grazia dal Ge- tKrale di
Crovazia, e rimefli le colpe, ritornarono in Segna ; e Giil- rilla fu anche nel medefimo grado di comando.
Ma non fi venne gih ad alcun’effetto
della rellituzione.- anzi a quei di Fola, alcuno delqoali andò per ricuperar il fuo, rifpondevano di
voler relhtuire a perfona pubblica ; fe
il Generale diceva di mandare per ricevere, rifpondevano effere neccITarie le giufiificazioni de’
privati; anrochè i poveri Polani ,
fianchi , celfarono dalle ifianze . . -u Stettero quieti gl’ Ufcocchi alcuni pochi
mefi , edendo conchiufe le tregue co’
Turchi, c pubblicate in Segna infierire con una proibizione in r na della vita, che nedu'no andade a’ioro
danni , nè ufeide per qual voglia caufa
in corfo per Mare, con ammonizione di contentarfi del- le paghe; e a chi non paredero badanti, o non
bafiade l’animo di vi- vere fenza
predare , fode libertk di portirfi . Non fu alcuno di loro che reftade contento ; perchè , aOiiefetti a
vivere con abbondanza di botti- ni, fi
conofeevano inabili a poterli foAenure, malfime non feorrendj le paghe; ma, attefa la liberth conceda di
partire, utM parte di loto die- de
orecchie a perfona capitau a Segna , che trattava di condurli al fcrvizio del Gran Duca di Tofeana. Un’altra
parte, ch’era de’ foldati vecchi , a i
qbali non piaceva mutar paefe , e ufeire di D.ilmazia , Temo //. Cc tratta- ^o^
STORIA tniMrono di condurfi ^
liprvizÌ9 delU Repubblic*. Mandi rano per ciì
Viaccnzo Sp^derich o trattarne per nome loro col Generale,
oiièrendo- lì di fervile o nelle barche,
0 nell? tene, o tutti tenuti, odiviC, co-
me (’ Principi lòde piaciitto ; ed cflcndo ftau oppolU loro la
profeffio- ne del corfo tanto odiato
dalla Repubblica, ritpofero cbiaraiDcnte |ch'
erano andati in corfo (piando chi loro comandava voleva che così
£i- cedèro; e ch'emendo in fervizio
d’altro Signote che loro comandaliè il
vivere quieto, e ftare ne’ loro termini, ubbidirebbeno puntualmente.
Si offerivano che, quando ben abitaflèro
divilì, avrebbono fatta licurtb 1’ uno
per l'altro, e tutti per cialcuno di qualunque male follé flato com- meffot I-e parole certo erano molto belle, e
meriuvano che foffero lo- ro aperte le
orecchie,- ma le operazioni di chi le urtava le chiudeva- no aJffatto ; e farebbe flato moltq femplicc
chi avelfe creduto che uomi- ni, vifTuti
Tempre fcellerati, in un momento potefleio farfi buoni,- pe- rò il Generale non diede loro fperanza alcuna
nò meno li lafciò in di- fperazione, che
non poteffero ai'pettare colla mutazione delle operazioni qualche grazia, La condotta dal gran Duca fu
maneggiata quali un’an- no, della quale
qual foffe la conchiufione al fuo luogo fi diÀ afflìtti i fudditi della
Repubblica per U frequenza de’dan* ni, c
intimoriti per rafpcttazione de’ peggiori, indufTero Marc’ Antonio Veniero, Generale Veneto, ch’era lucceflo al
Zane, a farne querimonia col Capitano,
che contra le promefTc tante volte replicate, agii Ulcoc> chi foflc permeiTo il dannificarc i vicini ;
c che i proprj Governatori delle terre,
in luogo di mortificare l’ardire loro, lo fomentaiTero con permetter loro di fabbricar barche contra la
promelTa, c l'ordinazione dì Sua Macfl^
. Qiìefli lamenti non riufeendo di alcun giovamento , perchè il Capitano foddisfaceva Tempre colla
medefima rilpolla , che non iifcivano
con lua laputa, ma contra gl’ ordini di Tua Altezza.* eh* egli non aveva forze per far loro
impedimento, ma bensì che a(ipet>
riva 500. Alemanni per regolare quella milizia , la quale confcUava ch'era trafcorla troppo, e pih che mai che
per lo paflaco. 11 Genera- le,
certificato che tutte erano parole, c lufinghc, ricorfe al folito ri- medio dì otturare le bocche di Segna, e di
altri luoghi Audriaci. Un calo avvenne,
che codrinlc gl’ Arciducali a porgere rimedio; per- chè VuUteo, ufeito di Segna con grofia mano
d’ Ulcocchi , alTaltò un Galeoncino
partito d’Ancona, per pafTar a Raglili, carico di panni di feta, e lana, di valore dì 15. mila feudi; la
maggior parte roba di Crt- diani; la
qual tutta depredarono, fatti prigioni quattro Turchi , e quat- tro Ebrei che erano (opra il Valcetlo; al
rittiedio della qual cofa, pel f rave
lamento del Nunzio di Gracz, da quella Corte furono fpediti raimo Dìatridain, e Feliciano Rogato
Commiffar;; i quali, giunti, prefero
informazione delle qualiù di cialcuno de capi, e delle male o- perazioni commenb da alcuni anni fino allora,
e ritolfcro di tornar a Graiz, per dar
conto del tutto, e trasferirii di nusvo a Segna con for- zc, per poter clcguire quello che giudicavano
neccllàrio; avendo ordi- nato al
Capitano che fino al loro ritorno non latciafTe ufeir alcun U- fcoccho di Segna. Fecero anche ridurre
inficme tutte le barche da cor- fo, per
mandarle a Fiume; affinchè foffero in quella terra abbruciate. E’ fama, che all’ arrivo di quedi Signori in
Segna foHc loro prclcntato in dono una
porzione della preda, c che da effi foiìc riculata con mor- morio dc’ladri, che l’alcrivcvano al voler
coftringerli, quando ritorna- ti
fofTcro, a farne loro parte maggiore; aggiimgcndo effer co%\ avvenu- to ne tempi pafTati ; e qualche volta aver
convenuto donare tutto il bottino. Non cosi predo furono i Commiflarj partiti,
che gli Ufcocchi, ec- citata fedizione ,
contra la voiontk dei Capitano ( che dopo l’ aver tenuto le porte tre giorni ferrate, fu
codretto, temendo della Tua vita, o
fingendo di temere, ad aprirle) ulcirono di Segna, e andati a Fiu- me, levate violentemente le barche ch’erano
ridotte in terra, per c0cr abbruciate, c
occupatene molte altre dc’Dalmatinì, che fi trovarono in quel porto , fi pofero in mare ; c lenza
alcuna didinzione de luo- ghi
depredarono nell’ldria il Territorio di Barbana ; c poi rivolti veiv lo le Ifole, e fatti molti danni, in Bue
diedero anche fupra il paefe dc’Turchi :
non riufeirono però loro profpcramcntc tutti i tentativi, ficchc poceflcro gloriarli d’ aver piò
avanzato , che perduto . Incon- trarono
a cafo tre delle loro barche ben armate il Capitano di Gol- fo , dal quale lèguiti , furono codretti a
combattere , e morti buon numero di
loro^ gl’ altri , dati in terra, fi ùtvarono, abbandonare le barche,
^o6 STORIA turche, che furono
abbnitiate; e liberati quindici Vafcelli , che da lo- ro erano flati arredati nelle acque di Premoniore:
un'altra bacca fu in- contrata dagli
Albanefì, c combattuta, dalla quale fu rkuperan buona preda fatta fopra una Fregata
de'Padrovicchi, Il ritorno de'
Commiffar; fi differì quafi un' anno ; durante l' affenza de'quali, erano frequenti le ufeite degli
Ufcocchi alla preda, e in grof- fo
numero, fino di 400. Con molte barche faceva dimodrazionc il Ca- pitano, quando era nella Ciitb, 0 il Tuo
Vicecapitano , quando egli era fuori, di
refidcre : ma non i cola facile da perluadcre che refidclfcro daddovcro all'ufcita di quelli che al ritorno
ammettevano nella Cittb fcnxa difficolth
alcuna : che le avedéro avuti per contumaci quelli che lontra il loro volere ufeivano, con facilicb
avrebbono potuto tenerli fuo- ri al
ritorno; o almeno punirli nelle cafe, e nelle robe che lafciavano nella Citib; ovvero far avvUare le guardie
Veneziane, e in quella ma- niera vendicare
gli fprezzatori dell'ordine del Principe, e dell' autoritli loro. In molte ulcitc di quel tempo non
fecero prede di gran momen- to, per gl'
impedimenti che l'armata della Repubblica loro attraverià- va,' nè occorfero cafi memorandi, falvo che
uno ridicolofo, e due elem- plari . Il
primo fu , phe , avendo prefb un valccUo da Lanciano carica per Venezia, penfando d'aver fatto graa
bottino, fi ritirarono predo 4 Segna,
per dividerlo; e trovarono il carica tutto di mele con molto nu- mero di Icattole di manna, della quale, parte
per fdegno di eifer in- gannati dalla
Iperanza, e parte per appetito, credendo che folfe con- fezione, ne dtvurarunu quantitli grande : il
che inte fo dal loro Medico in Segna ,
ebbe opinione di doverli avete tutti ammalati di fluflo : re- dò nondimeno l'arte dclufa, e ncOun di loto
ebbe pur minimo moto di ventre. Ma degli
accidenti confiderabiii uno fu, che, avendo prefa una Fregata, ed effeudo dati lopraggiunti da tre
Galee Veneziane, fi die- dero alla fuga,
e li ritirarono verlo Buccari, terra del Conte di Sdri- no, dove dalla Fortezza fn tirato un pezzo di
ficurczza alle Galee; di che quelle
fidandofi, fmoniati, e gli Ufcocchi fuggendo , le Galee an- cora pofero foldati in terra; e non
mefcolandofi m conto alcuno quei 'della
fortezza, redando folamente alla guardia delle fue mura , furono combattuli, e uccifi parte de'ladri; il redo
fi falvb con difordinata fu- ga
ne'bolchi; c dalle Galeefu condotta via la Fregata, e la barca de' ladri col bottino, che però non eccedeva il
valore di 400. ducati , e fu venduto a'
padroni. Se dalia Cittb di Segna, e dalle altre terre do- ve gli Ufcocchi fono dati ricevuti, e lai
vati , foffe dato ulaio quello jnedcfimo
debito, per edirjMakine de' ladronecci, che fu quella volta u- iato da quei (li Buccari , u male non avrebbe
fatto pragreflb , ma fa- rebbe da^
rimedialo nella fu» origine . L'altro
accidente fu, che, fatta un' ufciia generale, avendo penetra- to nella Licca, per rubbare, furono adaiiti
da'Turchi , c Morlachi in gran numero; e
rimanendo uccifi molti di loro de' pih principali, e pili arditi, e numera maggiere feriti, rellarono
gl'aliri aldini molto, e con gran
penfiero di vendicarfi wr la morte de' compagni . Sarebbono lue- ceffi molti mali edetti, fc u ritorno
de'Commilfarj non avelie coftretti i
Malandrini di peulare ad altro : i quali Commeflàrj , giunti in Se- gna, avendo fan» impiccare ad un merlo del
Caltello Purilfa, uno de’ Capi molto
infolonte , pofero tanto leriore , che molti fi ritirarono fuori colle
Digitized by Google DEGLI
USCOCCHI. xo7 colle bmiglie, pane nelle
altre terre del Vinadol, c i più colpevoli
alla monugna> Alcuni di cffi entrarono nel Callell o di Malvicino,
non guardato, con penfiero di
fortificarn dentro, e tenerfi finché paflallé 1' impeto della giullizia; né lo poterono
elèguire, perchè in quell' illeflo tempo
pallando di Ci la Galea Morofina, gli alEtltò colla miliaia polla in terra; e da mare eoa l'aniglicria, e li
cofirioTe a ritirarfi alla mon- tagna, efiendo
rellati morti alcuni di loro. Mandarono i Conamifiari oidinii, e bandi per tutte le terre, che ao.
nominaci da loto foliero prefi vivi, o
morti. Quelli principi diedero fperanza di qualche buona provvifione : ma durò poco, e non ebbe
efietti dillimili dagli occoifi altre
volte. Imperocché i Commelsarj, lalciaci feverì ordini, e proibi- aùni del coriéggiare, e predare, e latta una
compofizione per l e paghe decorfe , con
promefsa che in breve làrebbono fiati mandaci i danari , e che per l' avvenire le paghe làrebbono
fiate a' loro tempi sborùte ,
partirono. Ma lenza riTpecto di
quelle provvifioni, indi a poco tutti gli Urcoe- chi tornarono in Segna, e a vivere lecondo
rufato; c di paghe decor- fe, o correnti
non fi parlò più ; ma al coriéggiare fi actefe, coma fe mai non fofse fiata ratta proibizione; non
Colo non vietandolo- il Ca- pitano di
Segna, ma dando anche molti légni che vi acconfentifse : an- zi la terra di Fiume col Capitano Tuo non
prefiava loro minori favo, ri , che
Segna , ricettando le prede , e fmaitendole di là per diver- fi luoghi ; e pareva appunto che la
provvifione foibe lana momentanea di
concerto; poiché , paniti i Commifsar;, le cofe peggiorarono con danni maggiori del folicq a' naviganti, e
agli abitatori delle Ifole. MoU
tiplicando le ingiurie, non falò 1' armata Veneta accrebbe [la diligen- za , per impedir quanto fi poteva i ladri , c
perfeguitarli , quando funivameme
ulcivano ', ma il Veniero ancora ebbe in confidenzio. oc che, conforme a quanto da’fiioi Ancecebori
era fiato più volte fat- to in fimili
occafioni , era necefsario levare il vivere a t luoghi do- ve fi ritrovavano, e che li fomentavano : per
lo che pubblicò nn bando, che neiruno
de’ fudditi avellé ardire di portar robe, vettovaglie, o mer- ci, né di avere commerzio, trafiìco, o
pratica colle terre Arciducali, dw fono
da Fianoaa nell' Ifliia fino incontro allo filetto di Gliuba fa- fa il Canale della Moriaca; e ordinò che
faflé ritenuto ogni Vafcello che
partilTe da quelle rive, o che cranfitaffe da luogo a luogo, ovvero d' alcrondc folTe inviato a quelle terre. Per
quelle prowifiom reilavano impediti i
ladroni dal fare tutto il male che in animo avevano; ma non era che alcuno de i tentativi non riulcillé
loro; imperocché il Maro è come un
Bofeo, impofilbile ad elTer cufiodito rotto , mafiime in quel- la tenone abbondate di ante Ifole, . e feogU;
né le bocche fono coti angufie, come I
difegni le Ggumno. L’ ofcuriià della notte ancora, e i tempi cattivi, c bnrrafcofi, prefiano comodo
di fcanlàre le guardie, aaaflime a chi
Ila attenta, come gUUfizicchi, ad afpettarli con pazioa- za: nu bei) al certo ne fegui che a molti
nuli fu ovviato; c quei, che non fi
poterono impedire , furono vendicati, quanto le occafioni comporurono: e chi leggerò, che tante volte
fieno fiati i ladri peife- guiuti, e fia
fiata loro impedita l'ufcita, e il commerzio alle terre proibite, e infieme vedrà narrato che, con
tutto ciò, fàcefléro grandi, c freqoroti
danni, pòn dovrò credere che fia eoa lepagnaiiza nda nar- mio-
zoS SI T O R I A razk>ne, ma
che la condizione di quei tempi, e luoghi pm-taflc che queflir rimcdj baftaflero per fminuire , non
per oftirpare gi’ inoove- nienti. Fra gl' incontri in quefto tempo avvenuti
uno dee efler narrato, per aver data
caula a molti inconvenienti feguiti poi, che al loro tempo faranno narrati. Le barche Albaneh
raggtunfero due degli Ufcocchi, e fi
azzufTarono infieme; nè potendo gli Ufcocchi Ibflenere il valore, e maggior numero degli Albanefi , di^ero io
terra, e abbandonarono le barche, e
reftò in queffa zuffa prigione Giorgio Miianficich, Capicanio del Caffeilo di Brigne, uomo fagace, e di
teguito; uno de i pih vec* ehi, e meglio
apparentati Ufcocchi di Segna; il quale, febtm, per gli innumerabili misfatti commeOì nel corJo,
e per le molte ingiurie inferite, era
meritevole di mille morti, nondimeno per molti degni ri- fpetti fu rifervato in vita, e lotto
cullodia. Da quello uomo fopratcucto
dcfiderolò di liberti, e comoditi, ch'era confapevole di tutte le
cofe più fcgrcte, s’ebbero informazioni
molto importanti per dilucidazione de’
dilegni e palTati, e futuri; e la prigionia lùa fu a glt Ufcocchi ora freno, ora ipronc al far male; imperocché,
quando fperavano di poter con
trattazione ricuperarla perfbna fua, in buona parte lì contenet^no in uffìzio, e sì allenevano dalle ingiurie; e
quando la fperanza fi fee- mava,
facevano alla peggio, acceft allo (degno, e alla vendeKa. *■ Ne* quattro anni precedenti non fu parlato
degli Ufcocchi alla Corte Cclarea, per
caufa delle diffìcoitb che fi maneggiavano tra i Principi della Cala di Aulirla, che non lafciavano
dilccrnere con chi convenille trattare;
delle quali non è ncceflario al prelente propofito far relazio- ne, poiché non evvt perfona che tanto poco ne
fappia, alla quale non fìa notiflìmo che
T importanza di quelle non permetteva che colla
Maeltà Imperiale, o con alcuno de gl' Arciduchi fi pronaovefle altro
ne- gozio : nè merto entrato l’anno del
idii. fi aprì congiuntura* di farlo: anzi’
che al contrario, elTendo nel principio d’eflb hiccefib il tranfito a miglior vita deirimperador Rodolfo, per caufa
del qoale quei priaci- pi reliaioao
molto più occupari nelle occoivcnao che quella Corce^porfh in cOnleguenza ; vi era poca probabilità che
per* più mefi avofiero po- tuto prcliar
orecchie ad altro negozio : perciò i Veneziani , non el^- dovi Ipcranza di rimedio per via di
trattazione, tanto prik giudicarono
Dcceisaria quella dell' operazione.
£ per la ilelsa caufa prelero anche animo ^KUfcocchi di far H peg- gio, non temendo che potofsero, lecondo il
lolito, andar Gommefrar) ad impedir loro
le ulcitc, ovvero ad alportar loro, come aitrt volte era luccelso ,' la maggior parte della preda
: e per ordinarfi a far im- prefa, e
fuperare gl' impedimenti oppolli da’ Veneziani, follecitmnente preparavano materia in Fiume per la firuttura
di molte barche; e die- dero principio
alla fabbrica di una di grandezza inufitata , divulgando che Sua Altezza era fiata concci» licenza di
fabbricarne fei, (btm ^hrt pretefii
afsai lontani dalla verifimilitudine. Comunicato il oohfiglio infieme da quelli dr€egna ad altri di Novi,
Ledenizxe, e Brì^e , e prefi in
compagnia alcuni fiKlditi Turchi, chiamati Garpoti, ovo- lo Carpochéani, che, nuovamente partiti colle
famiglie dal loro paefe, invican dalla
dolcécfea del vivere di latrocinj , Crino pafsatt ad abimr in quella ^>Marinf; iiomhù allevati dalla
fanciuUetza duramente, atti a i**
foppor- Digitized by Google DEGLI USCOCCHI. 109 fopportare ogni diiagio ; facili ad efporfi
a qualiìvoglia manifeiìo peri- colo, e
gran Iprezzatori della vita; fecero divcrfe uicìte. Nè le prov- vilìoni del Generale Veneziano furono badami
ad impedir loro in tutto» perchè,
eflendo molti ì pa(& da guardare, e t tempi molto contrarj al pocervifi fermar in guardia, e elTi in coù
groITo numero, che potevano tentar in un
tempo AelTo diverfi palTt, e con riioluzione, maflìme de* Garpoci, di efporfi ad ogni 'pericolo; quello
che un giorno loro non riufeiva,
fuccedeva T altro; e T impedimento che rifeontravano in im luogo, non lo trovavano nell' altro. Si
riducevano ora in uno, ora in un'altro
de i porci Veneti, che trovavano non eulloditi, come in quel- le Ifole ve ne fono molti (dlirarj; di Ik
partendofi a far li bottini, paf- -fando
ora per lo drettodi Novegradi , ora per li territori della Dalma- zia cos'i all* im|>rovviro, che non
potevano eflère prevenuti: inferirono
molti danni a -1 Turchi, e fudditi loro CriOiani, con rapir loro gli
ani- mali; e, aiceli 1’ odinaztone che
li conduceva, avrebbono fatte gran cole,
fe le nevi, che furono quell'anno altiflime, e gl’ impetuofìfnmi» e continui venti boreali non avelTero combattuto
centra di loro. Certa cofa è, che nella
feconda ufcica, quantunque fieno corpi atti, e aflue- facti al patire. Tei di loro redarono morti
per li dilagi; e nel ritorno quaranta
furono condotti cosi dal freddo maltratuti, che poca fperan- za avevano di ric^perarfi. Il maggior bottino
fu nell* apertura de* tem« pi, quando,
fmomati in terra nella giuhldizione di Selenico, od inter- natili in quella de' Turchi, depredarono la
terra di Gracevaz, uccid dieci Turchi,
fktti molti prigioni, e carichi di robe, conducendo anco- ra 400. animali grolTi, e aooo. minuti, parte
per terra, e parte pel Canale della
Morlaca, ritomarono a Segna» Alle
rapine aggìunfero in quedo tempo un* altra offefa , che per tut- ti i luoghi dello Stato Veneto, dove
tranhtarono, c dovunque in quei de*
Turchi fecero preda, lafciarono infieme fama d* aver intelligenza co* Minidri Veneziani a* danni de* Turchi;
facendo correr voce che con loro
confenfo, anzi convenzione contratta, erano ufeiti a predare: e fomentando, e confermando la voce, modravano
patenti falle col no- me loro con fìnti
fìgillt, 0 fotiofcrizioni. Il che da* Turchi fu facil* mente creduto, cavandone argomento, per edere
alcuni mefì prima, come fuol’ avvenire
tra’ confinanti, luccefle divcrfe prede, c rifacimenti fra le parti a quei confini, per li quali
anche s’ inlanguinarono gl* uni contra
graltri, fenza però che i pubblici Minidri de i Principi ne avef- fero dato conlènfo; i quali, febb^n fecero
ogni sforzo, per reprimere ciafeuno de'
fudditi loro, e riconciliarli; non rinlcl però fenza diflicoltk, e col rimanere gl’ animi alterati, e pronti
ad eccitarfì per ogni minimo foljpetto.
£ non tanto t Turchi, quanto anche il numero maggiore degl’ Ulcocchi lo credeva, ingannati da t capi, i
quali, congregati nella pub- blica
Piazza di Segna in numero di circa mille, affermando loro di ave- re parola da* Veneziani di andar liberamente
a* danni de* Turchi per Mare, cforundoli
a corrifpondere verfo loro in corcefia; e portato in quel luogo un Crocifìflb, fecero loro predar
un folenne giuramento, di non offender
in parte alcuna i luoghi, e i fudditi Veneziani; nè meno in Mare i Turchi, e gli Ebrei che fopra
vafcellì Veneti tranfitaffero con
mercanzie ; e di perfeguitar i contrafìacicori, quantunque foffem congiunti di parentado, e con ogni altro
vincolo. £ ^ tutto ciò fecero /A Dd
iludio* Z IO S T O R •! A liudioramcntc andar la nuova per la Licca ,
e per le altre regioni vici- ne in
modo, che anche il Baisi di quei confini ne prefe Ibfpetto, e ne fece acerbe querele col Generale Veneto con
elprcffionc di concetti mol- to
rifentiti; e ne diede conto alla Porta in Collantinopoli. Per le congiunture di quei tempi, quando era
incerto dove fofiero per voltarfi
quell'anno le arme de'Turchi, a i Veneziani pareva di do- ver tenere grandilTimo conto di quelli
tentativi ; (limando la fama dif-
feminata, le falle patenti, e il finto giuramento, elfer inviati tutti
ad un medefimo fine di provocare farmi
dei Turchi contra la Repubbli- ca; e fi
perfuadevano che gli Ufcocchi, nè foli, nè principali follerò autori di quei configli, perchè il giuramento
pubblico in Piazza, la fab- brica delle
barche a Fiume, patrimonio di Sua Altezza, facevano pa- lefe che il primo moto proveniva da chi aveva
il governo in mano ; maflime per la fama
fparfa, che tra gl' arcani de’ configli de' Miiiillri Aullriaci una maflima folle (labilità, di far
ogni cofa, per inviluppare la Repubblica
in guerra co’Turchi, per quei fini che ad ogn’ uno pof- lono clser molto ben noti. Ma gli Ufcocchi, fidatili che quelle
apparenze ingannafsero i' Dal- maiini, e
che da loro non dovefsero aver alcun impedimento, anzi di- verlì favori , fecero come una ferma dazione
ne i contorni d' Almilfa , di l!i
frequentemente palfando a’ danni dei Turchi. Quelli avendo man- dato prima a protcllarc a gli Almilfani vendetta,
e danni fopra le vi- gne, terreni, cale,
e anime loro, non tralafciando la prima occafione che fi porfe loro innanzi, prefero per
ragione di rapprelàglia nella ter- ra
loro di Macarfea do. fudditi Veneti, andati fa per negozj della Braz- za, Lefina, Almilfa, e Pago; laonde in fine
avvenne .quello che più volte anche era
accaduto nei palTati tempi, che il danno lellò, non a gf infedeli inferito, ma (òpra i Cridiani
caduto. Partorì nondimeno que- llo di
buono, che, giunti i comandamenti venuti da Codantinopoli , fi compofero interamente le differenze tra'
confinanti : e gli Ufcocchi, Ve- dendo
di non poter più peniate che i fudditi Veneti li unilfero con lo- ro, nè fi rompelfe la guerra tra la
Repubblica, e i Turchi, depofero la
jnafchera; e, non odante il folenne giuramento, corfeggiando
intorno all' nòie, Ipogliarono una barca
che da Venezia conduceva mercanzia per
la fiera di Cherfo, e un Grippo Ragufeo carico per Venezia di merci di ragione d' alcuni Armeni Cridiani ;
a parte de^quali tagliarono la teda, e
fecero altri prigioni; e ridotiifi con 14. barche all'Ifola di Onia, prima che Agodino Canale, luccelfo
Generale in luogo del Ve- niero ,
avvifato , potelTe mandare per ifcacciarli , fpogliarono tutte le bar- che de’ viandanti , eziandio quelle dove non
era da fare preda, fef non di vedimemi,
e drumenti da navigare, non perdonando a'pefcatori, e Uomini dell'Ifole, che per loro affari
tranfitavano. Scacciati di lù , e ora in
uno, ora in un’altro luogo ritirati, non celfavano dalle mole- die', le quali lungo, c tediolb larebbe
raccontare: ficcomc , per la def- fa
caufa, è bene tralafciar di dire come, feguiti, più volte furoiv) co- dretli ad abbandonar la preda, e le barche, e
falvarfi ne’ bofehi con difficoltli', e
altri ribaldi ancora fono nome loro non mancavano di com- jnetter ogni fona di fcelleraggine. Un certo
Giovanni Uibich, nativo di Gliuba,
commife in quei giorni in territorio della Repubblica un’impor- tante , e violentinijna latrocinio con
diverfe male qualità*,: peclocbè il
I&OVVC- Digitized by
Coogle DEGLI USCOCCHI. xn Provveditor Generale giudici neccBario di
averlo in mano; e intenden- do ch'era
nelia viila di Artina, appartenente a Gliuba, mandi a quel- la il Govemator Paolo Gbini con loo. Aibanefi
per prenderlo, come gli fuccefle. Ma mentre perfeguitava quello, vedendo un
altro fuggire, giudican- do qualche male
di lui, lo fece feguire, e fermare. Quelli notifici al Governatore d' eflcre Uicocco, e che con lui
erano nella terra llefsa cinque altri
Ufcocchi. Il Governatore, avendoli per complici, deliberi di pigliarli; ma elTi, ritiratifi in certe
cafe, in iito avvantaggiofo , lì
prepararono a combattere. Il Governatore, che poteva o col fuoco
far- li ufeire, o alTaltandoli con
numero unto maggiore, eollringerli , per-
donando ailc abitazioni, e al fangue loro, o per qual fi voglia altra cauta, gli accetti con quella condizione, che
non riceverehbono offelà; e fe il
Provveditore non avefse approvata la fua promefsa, gli avrebbe ritornati nel luogo ficfso, e nello llefso
flato, per combatterli . Il Prov-
veditore fece efeguir quello ch’era di giullizia contra il Libieh.
Quan- to a i cinque Ulcocchi, nè approvi,
ni riprovi la promefsa del Go-
vernatore, ma diifer'i la Tifpolla'^ e ordinò che frattanto fufsero
cu-, floditi. Per quello ac/'id.itiv .citarono quel tU
multo efacerbati / e feb- ben da loro
erano fiati ufati per lo innanzi tutti gli artilizj , c fatte promefse, per liberar il Milanficich, e
riporuta tempre o poca fpe- ranza, o la
negativa; aggiungendo quello alla prefe de’ cinque, manda- rono a far ifianza per la rilalsazione di
tutti fei,* e mifero in opera il
Vicecapitano di Leo , e i Giudici della Cittb per Intercefsori ,
a’qtiali non fu nè data, nè levata la
f^ranza ; fu folo uu intenzione di dovervi
far confiderazione, e gratificare dove fofse fiato conveniente. Ma gli
U- fcocchi, non definendo per tanto
dalle rapine, e da i latrocinj, fe erano
impediti loro i grolTi bottini, non s'allenevano da i leggieri, e dal
mol- tiplicare Pofiefe, che, non porundo
loro militi confidcrabile , caufava. no
fofpctti di difegni piò dd folico pemiziofi. Quelli movevano il Ca- nale a continuare con piò diligenza
ne’rimedj, conducendo numero mag- giore
di foldati , e accrefeendo l’ armata de' Vafcelii con rinforzo di gen- te ; onde le terre , elsendo ferrate gii piò
raefi , fenza commerzio , e con
ftrettezza di vivere, allora maggiormente riftrerte, refiarono quali private totalmente. Mandarono perciò
aH’Arciduca a rapprefentare i lo- ro
patimenti, a far cl'clamazioni, amplificandoli piò del vero, e richie. dendo protezione, e follevamento . Era in quello tempo felicemente fucceduta la
nuova elezione di Re de' Romani; onde
l’Arciduca, follevato da quel grave penlìero , porfe orecchie ai lamenti de’fuoi piò volte
replicati. Pensò prima dimandar- come
altre volte, Commifsarj a Segna, che facefsero qualche dimofira- zione , e ponefsero qualche freno , tenendo
che , ficcomc per lo pafsa- to, allora
fimilmente da’Veneziani gli farebbe corrifpofio . Ma da’ fuoì fu fconfigliato, acciò non parefse che,
cofiretto, per timor delle forze loro,
facefse la provvifione ; laonde prefe partito di mandar a Venezia Stefano della Rovere, Capitano di Fiume; il
quale fpedito, mentre fa- ceva il fuo
viaggio, quantunque fofse di mezza fiate, una tempellofa, e grave fortuna apri l’adito agli Ufcocchi di
ufeire con i6, barche, e con rifoluzione
di cfporfi ad ogni pericolo, non folo per bottinare tan- Tima li. Dd I to, che ila
STORIA tP, che fi rifaccfsero
del perduto per grirapedimenti pafsati; ma anco, ra per prendere qualche perfona infigne, col
rifeatto della quale pocef. fero aver
alcuno de’ prigioni. Loro fu dato in ifpia che Girolamo Mo. lino in una Fregata ritornava da Cataro, dove
era fiato Rettore di quella Citth.
Furono allegri lòprammodo, cosi per l’occafione del bot- tino delle robe, come per la perfona,
penfaudo di dovere certamente riavere il
Milanficicb, e tutti gl’ altri uol cambio di un Magifirato Ve- neto, Volarono per la via dove furono
indrizzati; rifeontrarono la Fre- gata,
e l’afialirono , Non vi trovarono altro, che le robe, elfendo il Provveditore per buona fortuna prima fraonuto
in terra, NelTuna cofa affligge più
l’animo, che il vederfi defraudata d’una fperanza tenuta per certa, Quei ribaldi tanto certamente
credevano di dover far prigione quel
perfonaggio , che , non avendola travato , pareva loro che piit torto folTe lor fuggito, che non dato loro in
mano, E tanto fu l’aido- re d’ aver nelle
mani un pubblica Minifiro Veneziano , che eccitatili l’un l’altro come a furore, immediate
voltati, palTarono verfo Rovigno
;iell’Iftria, per far prigione il Podefth di quella terra; il quale non
po. tendo avere, perchè fi falvè,
alTalirono i Valcelli che nel porto fiava-
no afptitando vento per Venezia, e li fpogliarono , uccifi i Mercanti, C i Marina] che Inm .wOa— — , rifpetto ad
alcu- no, nè a grandi, nè a piccoli.- e
più infervorati, perchè anche il fe-
condo tentativo f©nè loro riulcìto vano, ritornati con celerità ,
palTaro* no fopra l’Ilola di Veglia,
dove ritrovandofi Girolamo Marcello, Prov.
veditore ^ell’lfola iq vifita di Befca, terra deU’Ilola medefima , lo
fe- cero prigione infieme co’fuoi
miniftri, e l'ervidoti, e lo conduflcro eoa
vilipendio, e indigniti grande in certe grotte vicino a Segna, tramu- tandolo fpelTo da una all’ altra , Nè è da
tralafciar quella particolare, che la
barca , colla qual fu condotto prigione il Provveditore , fu quel- la fabbricata in Fiume, della quale è fiata
fatta menzione, Infieme coll’awifo di
quello misfatto il Capitano di Fiume arrivi wì
Venezia. Non poteva giunger in peggioe congiuntura, attefo che le ot. fole degli incocchi mai non furono cosi
frequenti, come in quell’ an. no-, né
meno cosi rilevanti, e malTime l’ultima-, la qual, intefa dal Capitano, poi giunto, lo fece reftare molto
prerpleffo , fe doveva dar immediate
principio alla negoziazione, ovvero alpettare fe da Grata, pel nuovo accidente, gli foflero mutate le
iftruzioni; e fe doveva fama menzione
eflb, o tralafciare di parlarne. In line, prefa rifoluzione, die- de principio coll’afliftenza dell’
Àmbafciadorc della Maefià Cattolica al
fuQ negoziato, incominciando dalla buona mente del Sercnillimo
Arci- duca, dall’ottima difpofizionc fua
verlò i Principi confinanti, e la Re-
pubblica malfime ; loggiungendo che perciò 1’ aveva mandata con am- pliflima autorità, per pigliare fpedientp di
foddisfazione di ciafeuno , e
tranquillità de’ludditi; e aggiunta un’ affettuofa condoglienza del
fuccef- fo di Veglia, con afiicurare che
nè l’Arciduca, nè alcuno de'luoi Mi-
piftri, nè maggiori, nè inferiori, vi avelTero conlenfo , e
participazio- ne ; ma forte fiato motivo
di quei di Segna difubbidienti a Sua Altez-
za,- dilcefe al fuo negozio, e per nome dell’Arciduca fi dolfe di
tre particolari ; Che certi Mercanti ,
andati alla fiera in Albona fotto la
pubblica fede, fortero fiati fpogliati delle merci da loro portate.-
Che pofeia fatto in Segna da tutti gli
Ufcocchi un giuramento tanto folennf di
non Digitized by Google DEGLI USCOCCHI. xij di non offender I* cofe della Repubblica,
cinque di loro, fudditidiSui Aueaza,
fodero (lati preG, e tenuti prigioni contra la fede loro data : Che un Frate foffe flato porto prigione, e
gli foflè flato tolto l’abito per
pagamento delle fpefe; c con lunghe ampliflcazioni aeeravati que- fli tre accidenti, ne richiefe
foddisfazione. Quella forma di trattare
da alcuni fu tenuta prudente/ perchi, quan-
tunque dall’atra parte vi folTero da contrapporre non tre querele,
ma trecento, nelTuno però è in obbligo
di dire, falvo che le ragioni pro- prie.
Ad altri pareva che quello non avefle luogo, fe non quando le ragioni di ambe le parti folTero del pari/ ma
in quella occorrenza pa- reva, attefe le
molte male operazioni degli Ufeocebi, che lo flato del- le cofe - comportalTe più d’ufare feufa per
lo paffato, e promelTa di ri- medio per
1 avvenire, paflando poi a richieda di corrifpondenza ne’par- ncolari deliderati , Ma lafciando di ciò il
giudizio a gli uomini lavi, per intera
cognizione di quella che fi trattava, è necelurio narrare i parti- colari di Albona, e del Frate, che non fono
flati raccontati a’ loro tem- pi, come non appartenenti agli Ufcocchi, e in
foftanza leggieri. 11 latto in Albona
pa6ò in quello modo. Dovendofi fare la fiera in
quella terra il penultimo di Giugno, fecondo il confueto, i Mercanti
di j I o j ni'’ P'"'“tvi le loro
mercanzie licore, ottennero paten- n dal
Podelti del luogo,- portate le merci in fiera, i Dazieri preiefero contrabbando, non per ragione deUe perfone de
i Meicanti, ma peri» qua ta delle merci,
e vi pofero mano fopra. Il Segretario Celareo in ' ®’'Vifato, ne fece querimonia, dimandando
la reftimzioiic ; ed ebbe rdpolla , che
s avrebl^ fcritto p« , e fatto quello ,
ncercafle il giullo. Cosi fu efeguito immediate , con aver dato
ordino di più, che le mercanzie li
confervaflero tutte interamente; e di tanta
, Segretario per all'ora, afpettando giullizia , venuu cho foffe r informazione ; nè aluimenti fi
doveva procedere in negozio cho non fu
tentativo di oflèfa, ma pretenlìone d’ordine dì mercanzìa e fo- lito tra’ confinanti avvenire giornalmente
fenza turbazione della 'buona
intelligenza; effendo frequentiljime, e cotidiane le differenze fra’
Dazie- ri, e mercanti non folo foggetti
a diverfi Principi, ma ancora quando
ambe le parti fono del medefimo Suto, c anche delU medelima Cic- ti. Il Segretario avrebbe voluto che, prima
di replicare alcuna cofaia quello
negozio, fi aveffe afpettato che ferviffe il tempo di venire lari, fpolla.- nondimeno al Capitano, o perchè
avelie quello particolare in
commiflione, o per proporre maggior numero di querele , o per altra caufa, parve di non afpettare. L’evento
mofltò buono il parer del Se- gretario,
perchè al fuo tempo la informazione tichiefla venne, e il ne, gozio ebbe fine con intera rertituzione delle
mercanzie. Il cafo del Frate fu in
quella maniera. Fra Antonio da Fiume , dell*
Ordine de i Minori Offervanti, fi pofe fopra una barca d i làrina
cari- cata in quella terra per Segna.:
quella fq feoperta dal Forte chiamato di
San Marco, c arredata, in efecuzione de i bandi del Generale di fopra racomaii. Il Frate diffe la farina
effer fua, e portarla al Conven- to di
Ipitir Ordine in Segna/ ma i Barcaruoli parlarono dlveriàmente • nominarono il Mercante di cui la farina era,
e che il Frate era im- barcato per
paffar in paefe de’ Turchi. In quel tempo s’era feoperta cer- ta macchinazione di quelle alle quali viene
preflato orecchie folto pre. ii4
STORIA tcfto di pieiV, (he terminano in
fine calla morte dc’poveri Criftiani che
fi lafciano follevare : perlochè il Frate, non rendendo buon conto
del iuo viaggio, trovato in varie
contraddizioni, fu filmato fpia, e tratte-
nuto in quel Caftello, dove mentre dimorò, leggendo con quei
foldati ne i libri fciolti che elfi fono
foliti a fiudiare, vi lafciò qualche dana-
ro, ed alcune robiccivole che aveva. Non fi trovarono fermi rifeontri per convincerlo, o per la fua fagaciii, o
perchè non fofle fpia: fu ri- fafeiato,
e condotto da una Fregata in Venezia, yeftito da frate; e co- comparve innanzi al Principe, richiedendo
refiituzione del perduto nella Fortezza;
allegando che. come Religiofo, non fe gli poteva gua- dagnate. Fu rimefib ad attender alla fua
profelfione, e altro non fuc- cene in
quello cafo, » . . La querimonia de i
prigioni fu ftudiofamente dagli Aufiriact pubbli- cata per tutto, e la foflentavano con quelle
ragioni : Che quelli erano fudditi di
Sua Altezza, e fotto la protezione fua; ebe non poteva con fua riputazione abbandonare la loro dlfefa:
eh’ erano fiati ritenuti con- tra la
fede, fiante la quale, fi dovevano lafciare liberi; e fe quel Go. vernatore la diede, non avendo facoltà,
eflervi obbligo, fecondo la ra- gione
delle genti, di mettere lui in mano di Sua Altezza. Per lo con- trario fi difeorreva, che gii tra il Rabatta,
e il Pafqualigo fi era con- venuto che
gli U fiocchi ufiiti in corfo non folfero licuri, nè protetti: che Matteo Tomiz, fervitorc di Giurifla,
nativo di Zara vecchia, uno de' cinque,
fu bandito l'anno innanzi da tutto il dominio per omicidio commeflb nella perfona di Tommafii
Malfiifich; però nè come bandito,' tiè
come fuddito fuggitivo ooteva capitare nello Stato : che gli altri due èrano di nuovo venuti dal paefe de’ Turchi ad
abiur in Segna; gl’altri t>cn nativi
di quella Cittì, ma eSi ancora Ufcocchi , ufati al corfo : E quando, neffuna di quelle cofe fofiè, che
la fede non fu loro data , fe non di
ritornarli neinfielfo luogo, e fiato, e combatterli, fe il Ge- nerale non avefic voluto lafciarli liberi.-
adunque non fi poteva per que- lla
ragione pretendere che folfero rilafeùti allblutamente, ma ritornati, e combattuti.' E chi può dubitare che,
ritornati con t oo. Albanefi at- torno,
non folfero refiati motti, anche fenza alcun danno degli alTali- tori coll’ufo del fuoco; e non elfcre però
alfolutamente, e univerfal- mente vero,
che il Principe fia protettore di tutti i luci fudditi che fi ritrovano nel paefe del vicino, ma filo di
quelli che vanno in cafa dell’ amico per
negozj, o per altro bene; non gii per far male, o per accompagnar banditi, o dare fofpetto: che in
quelli cafi , per ragione de’ delitti,
fono foggetti alla giuftizia del luogo; altrimenti per la ra- gione loro i Magillrati Arciducali non
potrebbono mai giudicar alcun faddito
Veneto colpevole, o indiziato di delitto, fe quelli colpevoli, e indiziati non erano foggetti alla giufiizia
Veneta. Altri fi maravigliava- no della
nuova forma di trattare, poiché gii molto tempo era divul- gato che negli uffiz) fatti a i tempi
palfati, per la refiituzione del com-
merzio levato alle terre percaufa degli Ufcocchi, i Principi, e i
Mini- ftri Aullriaci erano foliti a
colorire la richiefia con dire che, fe la
Repubblica era oftefa da quella gente, la facelfe perfeguitare in mare, la prendelfc, e la impiccalfe; ma non delfe
molefiia alle terre per loro calila' il
che pareva molto repugnantc a querelarli all’ora, perchè fof. feto prefi nelle 'erre deUa Repubblica, Ma ri-
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USCOCCHI. xx5 ^ Mi ritonundo alla ferie
delle cofc, T Arciduca, immediate imefa U
prigionia del Provveditore di Veglia, mandò Gian Jacopo Ccfglin
Com* midàrio EipreiTo a' Segnani, il
quale con un leverò editto, pubblicato
in quella Citth, comandò che il Provveditore folTc condotto innanzi,
a lui; al quale ubbidirono gli Ufcocchi;
c levatolo dalle Grotte, lo con- dulicro
in Segna al Commi/Tario; ed egli, ricevutolo co rtefemente, lo liberò immediate, dicendogli che il
Scrcniffimo Arciduca, intclà la fua
pattivitli, aveva Ipedito immediate lui in pulU lolo per metterlo in
li* bertb, e che larebbe feguitaio da
altri CommilTarj, che venivano per
punire i colpevoli. La preflezza, c prontezza di Sua Altezza a
rime* diar immediate alla tralgrclTione
de* Tuoi; la diligenza, e rifoluzlone
del Commiirario nell’ elecuzione; c l* ubbidienza pronta preiUra da
gli Ufcocchi, eziandio ritirati nelle
Caverne delle montagne, ad uno che fenza
arme, e fenza alcuna forza andò a Segna col folo nome di Com> lniffariQ Arciducale, ficcomc fono indizio
della buona mente di quel principe, e
che Sua Alrezza ha Minidri che, fe vogliono, fanno efe* guirla; c che gli Ulcocchi, Icbbcn nodriti in
tutte le fccllcratczze, non fono però
ribelli, c cotumaci alloro Principe, quando cificaccmen* le vuole circr ubbidito, o non modra
contcntarfi d* effer difubbidito; cosi
dimodrano che colia medcfima faciUù con cui fu provveduto a quel difordine, fi potrebbe, e ft avrebbe
potuto provvedere a qualun* que altro,
quando gli interedì non avcflcro pr eponderato, c preponde- radcro tuttavia al debito Cridiano, di
lafciar ad ognuno il fuo, cd ef> fere
buon vicino. Nò da alcun’avvenimento più, che da quedo, fi può meglio penetrare nel fondo del negozio, c
veder al chiaro le cau- fc de i mali
padati; e conqfccrc con fondamento quale fu il vero, c proprio rimedio di queda pede* Dopo la prigionia del Provveditore, i
Minidri Veneti non fì conten- nero, come
prima, nella fola difefa delle cofe della Repubblica, e nel- cudodia de f paiTi; ma cercarono per ogni
via, e modo il rifacimen* to : ma
(eguita la liberazione, fi farebbono contentati di dare fu le lo- ro guardie, come prima facevano, fe le cofc
fuccede, mentre quella du- rò, non
avedero tirato dietro altri accidenti; accadendo in quede oc- correnze come avviene nel moto delle bilance,
che, levate dall’ equili- trio,
trapadano pivi volte dall’uno, c dall’ altro canto, prima che pof- {ano ritornarvi. Elfendo ancora il
Provveditore ritenuto nelle Grotte,
alcuni foldati Veneti Imontarono otto miglia vicino a Segna, e
diede- ro il fuoco a certi Mulini di ufo
di quella Cittù, per fare danno fpe-
^ialmenie a Giorgio Danicich, padrone di parte di elTi, che fu
princi- pale nell’infulto di Veglia, e
cuilodiva il Provveditore nelle grotte»
Dall’altro canto gli Ulcocchi, non potendo vcndicarft, e far male
iti 2 uei contorni, per le grandi, e
diligenti guardie, padaco con viaggio i
terra il Monte maggiore, ed entrati in Idria nelle Ville di Bergo- dai, e Lanilchie, abbruciarono gran numero di
Calali con fieni, e im- jnenti,
conducendo via molta preda di robe, animali grodì, e minuti: dal qual accidente eccitate, e irritate le
milizie Venete, che in Idria erano,
deliberarono di non camminare più per via di ripetizione, te- nendo che dalla fperienza di tanti anni fode
abbadanza dichiarata fu- perdua; ma
fecero rapprefaglie nel Cadello di Bugliou, e in altri luoghi del Contado di Pidno; e dUendevanQ la loro
azione , perché in quedo occor- zi6 STORIA occorrenze la ripetizione caufa pemizie
colla interpofizione del tempo,
aicefochè, fe poi, quando l'ofTclo fì vede delulo colla lunghezza
delne- gozio, viene al rifarcimcnto di
rapprel'aglia , valendoli gli offenditori di
ogni vantaggio, e come le Toifela folTc dimenticata dal tempo
interpo- llo, danno al tifacimento nome
di provocazione: la onde, atteft quelli
rifpetti, era commendata la celeriA nel rifarcitri, per evitare le
mole- Itie di dovere, oltra il danno,
far anche una ditela. Ma giunto a
Venezia ravvilo della liberazione del Provveditore , co- me le con quella loderò emendati tutti i
lalli degli Ulcocchi , e lode- rò cedate
tutte le caule de i padati dilpareri, e i rilpetti di dare lul- le guardie, il Capitano di Fiume colla
medelima adiuenza dell’Amba- Iciadore
Cattolico, magnificata, come meritava, l’azione di Sua Altez- za nel liberarlo , lece illanza che le lode
corrilpodo colla liberazione de gli
Ulcocchi prigioni, e coll’apertura del commerzio; cosi meritan- do la buona volontfi dell’Arciduca, e le
azioni latte gi^ tanti anni in
foddislazione della Repubblica. D’Albona, e del Fiate più non parlò. IMon è da tralalciare la narrazione de i
concetti ulati da quedo Mini- dro per
tre meli che dimorò in Venezia, potendo da quelli prenderli grande idruzione de i penfieri che nodrilcono
quelli che hanno il gover- no degli
Ulcocchi, e delle mallime colle quali li reggono. Egli diceva di richiedere i prigioni, e la redituzione del
commerzio lolo per riputa- zione del luo
Signore, figurandolo defiderolo di rimediare alle male ope- razioni degli Ulcocchi; ma impedito dal
larlo, per non modrare di el- ferne
codretto per la prigionia de i luoi, e pel commerzio levato alle terre; colla rediluzione dc’quali gli larebbe
aperta la via, ptomettendo per nome di
Sua Altezza, che all’ora fi rimedierebbe si fattamente, che mai più non fi femirebbe moledia alcuna.
D^Ii Ulcocchi diceva, che fono gente
fiera, e indomita; che non fi podono gadigate ; che, non fi polTono aver in mano, perchè fi
ritirano a i Monti; onde elle- re di
bil^no con dolcezza mitigarli più, che reggerli con leveritll : chs colla rilaOazione de i compagni, e r^tuaione
del commerzio, fi la- reb-bono addolciti
; dove colle durezze fi larcbbono renduti più contuma- ci.- eh’ erano zooo. in numero, nati,
allevati, e fortificati in qnei fili;
che a sforzarli vi larebbe bilogno di ze. mila foldati; che non
larebbe decoro di Sua Altezza, per
leggiera caufa, far cos'i gran moto; nè me-i
no poterlo fare, non effendo Segna lua, ma del! Imperadore : e
quan-^ do folle fui , r avrebbe fpianata
, non cllendole le non di Ipela col man-
dare fpello Commiflarj, che le codavano dooo. feudi alla volta; e
tan-i te volte, che con quel danaro
Segna farebbe due volte comperata ; che
farebbe la provvifione conveniente aU'autoritk che teneva di Governa- tore.- ma volendo un rimedio totale, e
durevole, fi doveva trattare C09 fua
Maedù , eh’ era lupremo Signore . Che non però fi poteva cogli V- fcocchi tutto quello die fi voleva; nè
conveniva metterli in difperaz io- ne,
ellendo buoni Cridiani , e difendendo quella Citth, e quel paele da’ Turchi: che vi era bilogno di tempo, e
opportunith; e conveniva fop- portar
qualche difetto , e alpettar quella provvifione che Sua Altezza fa- rebbe, tubilo redimiti i prigioni, e il
commerzio; e poi negoziar il di più con
Sua Maedìi . Colle quali forme di parole dava ceru fperanza d’ intera provvifione ; prometteva gran cofe ;
ma infieme inferiva che non ^rebbono
cdctcuatc, mettendo al pari la caule , che fitrebbono ulate P"
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USCOCCHI. xi7 per prerelti ad ifcufarc
il ttuncamento delle promeflè : pareva ehe di-
inandane un puariglio, e tuttavia dimand-ava quello ch’era il tutto nel negozio, cioè il commerzio; perchè col folo
impedimento di quello era pollo qualche
freno alle operazioni nefande. Ma, olita il modo di trat- tare luhrico, e in sè delio difeordante, la
perfona ancora di quedo Minidro non era
ad alcuni molto accetta, per edere cob certa che gran parte de' bottini li fmaltivano in
Fiume, andando quei della Ter- ra a
pigliarli in Segna, per non lafciare che gli Ufcocchi medefimi vi eompatilTero; e il meglio fi riponeva in
Cadello, dove il rafo, e’I da- mafeo era
pagato mezzo tallero il braccio. Ed era anche fama, febben non tanto certa, quanto quedo, che i panni
alti, de' quali la cab fua era fornita,
fodero deUo Ipoglio fatto alb Fregata gb tre anni nel por- to di Torcola, del quale s’ c parbto a fuo
luogo. Ma avendo quedo Minidro prefo
per ragione di feufare la tolleran- za,
per non dir approvazione, di tanto male, il numero grande, e le forze degl’ Ufcocchi, e il pericolo di perdere
Segna, privandola delb loro cudodia;
argomento ubto altre volte con maggior amplificazione, fino ad adermare che . fono un propugnacolo
della CrilUanith ; e che altra milizb
non brebbe atta a difendete quei confini, e quella regio- ne da’ Turchi; predicandoli per buoni, e veri
Cridiani, partiti dalU loggezione degl’
infedeli folo per blvare 1’ anima, e per educare b Po- derità neUa l^ta religione,* che non è giudo
fcaccbrli contra la lede data, con
pericolo che rinneghino, c altretuli fciocchezze; quedo luo- go ricerca che da narrata il numero, la
qualitli, e k imprefe loro in queda
etli; non potendofi trarne cognirione dalla notizia dello dato loro nelle eb (uperiori, edèndo geme che, per
b mobiliti, cosi dell’ animo, come del
corpo, è foggetta a |varie mutazioni,* nè Colltnte in altro, che in non voler guadagnar il vivere
colb fatica, ma col l'an- gue; e da
quedo apparirà chiaro che nè per numero, nè per valore fimo da brfi temere^ nè la cofeienza loro
meritevole di dfere favorita, ovvero
dimata Cridiana; nè il loro fervuto utile alb oonferyaziooe di quelle marine, . : Sono tre forte d' Ufcocchi in Segna, cos'i
didimi, e nominati nelb Corte
Arciducale.' Stipcndbti, Cafalini , e Venturieri. Caiàlini fon» ? ueUi che, nativi, o gik abituati nella
Citb, hanno da pih. fucceSioiu èrmo
domicilio in quella; i quali anche fi chiamano Ckadini, e fon» al numero di loo. Altri zoo. fono con titolo,
e narae pih rodo, che in realb, di
dipendiati, divill in quattro compagnie, a yx per cbfcu- na, con quattro Capitani, da loro chbmati
Vaivodi. Ma olm quelli quattro (vi fono
altri Capi di Ufcocchi, col qual nome tòno chiamati tutti quelli che hanno ii modo di armar
barche, per andar in corfo. A quedi
aderifeono, e fono compartiti, come in comitive,! vagabon- di, c quelli che, nuovamente partiti di Turchb,
o banditi, di Dalma- zb, 0 di Fuglb, non
hanno fermo domicilio in ^na; e tutti li Chia-
mano Venturieri , e danno all’ ubbidieaza di quei Capi mentre fon» applicati alle barche codeqaali vanno, oca in
poco , oca in maggior numero, rubbando,
e predando fopra i vicini. Ix oidiuarie bacche de- gli Ufcoeahi bno capaci di 30. per una- Alb
volte ne hanno bbbrica- ta alcuna
maggiore, capace lino 50. come quell’anno in Fiume. Fan- no più fiate aie anno, fe non fono impediti,
ulciu generab,* ma due Tomo II. E e
bno S T O R I A fono piCt ordinarie.- per PaTqua, e per
Natale, aggregandoli loro anche ^eUi che
fono fparh nelle terre di Vinadol; e all' ora quei di Segna votano cosi la Gitth, che reità culladita
d>' pochilTimi vecchi, infermi, dalle
donne, e da’ fanciulli. Per le fpefe delle fpedizioni generali contri- buifcono i Vaivodi, i foldati ricchi, anzi
le'donnc ricche ancora, le V e- dove, e
i Preti, e Frati, facendo la loro parte delle fpefe, c participan- do parimente la parte de' bottini. £' cofa
notoria, che in quelli ultimi anni le
loro ufcite fono Hate con 15. in 10. barche al pih, in modo che il numero, il quale ora è maggiore, ora è
minore, fecondo che i Venturieri più, e
meno concorrono ; più; quando il Mare i aperto; me- no quando è chiufo, e ferrato, è di doo. in
700. uomini da fazione : ma volendo
metter in conto i vecchi, fanciulli, e donne , fi potrìi dire che afcendano a aooo. Il numero crebbe quando
lì congiunfero con lo- ro i Carampotani,
altra gente ufcita di Turchia. Crelcerebbono fenza dubbio giornalmente, fe il corfo non fofle
loro contefo, e impedite; perchè molti
Morlachi, allcttati dalla dolcezza del vivere di quello ed - gli altri, fi adunerebbono con loro; e può,
ben ciafcuno penlare, fe, accrefciuti di
numero, farebbono darmi maggiori. I Veneziani fono fla- ti coliretti a perfcguitarli , non tanto per
li grandi , e frequenti danni inferiti
da loro, cosi a'naviganti in mare, come a'fudditi loro in ter- ra; quanto per li maggiori imminenti che
avrebbono inferito, quando, tol- lerata
quella licenza, folTero crefciuti a numero fpavcnievole, come fareb- bono: c non v’ha dubbio, che, quando la
R^bblica non avclTe rimedia-' to
giornalmente, come ha fatto, rillringendoli , e incomodandoli, le for- ze loro fi farebbono fatte filmabili; i
Turchi; farebbono fiati cofiretti a
rimediarvi da dovere , e per femore , come fogliono fare quando ri- folvono : e fccome i ladronecci, eie
incurfioni, che quella fona di gente
ofava giù 80. anni , abitando in maggior numero nella Licca lotta il Conte Pietro Cmfiob vecchio , firono
caofa che la Licca , e la Corbavia
follerò occupate da’ Turchi; e quella medeCma caufa fe- ce perdere Clifia al Conte Pietro Crufich
giovine; cosi a quell' iflelTa fine
farebbono ormai giunti i Contadi di Segna, Vinadol, e Fiumean- cora, fe la Repubblica non fi folte colle
forze oppofta al libero corfo degl’
Ulcocchi . 11 che febben da lei è fiato fatto per difefa delle co- te proprie, è nondimeno feguka da quello la
confervazione di quei Contadi alla Cala
d’ Auftria , che da' Turchi fenza dubbio farebbono fiati occupati. Sa ognuno, che per caula
degli Ufcocchi fu mollà da’ Turchi la
guerra nel 1593. che durò 14, anni , nella quale , oltre al- la perdita d' innumerabili foldati Crilliani,
la CrillianiA con tanto de- trimento
refiò privata d’Agria con gran pane dell’Ungheria fuperìo- n , e di Canifla coi meglio della Grovazia ;
e quelli tono i bàiefizj che dagli
Ufcocchi riceve. Hanno aflài leggiera
cognizione di quel paefe, e di quella gente ,
quelli che dicono eOere vadorola, c tener a freno i Turchi, e
cufiodi- re quelle marine, che fenza
loro fi perderebbono ; non elìéndo veto
che mai dopo il 1540. abbiano tentato di fiu- ineurfione nel paefe Turco , nè depredare le loro Terre, ovvero
combattere con loro a i confini del
Contado di Segna, dove i Turchi fi guardano; ma contra di loro fono fempte andati paflàndo
funivamente per mare , e per li
tetritoi) Veneti , a i confini de' quali non compottandofi Icorrerie
nè dall’ una. Digiiized by Google DEGLI USCOCCHI. X19 ^runa, nè daU’altra parte, gli abitanti
fbmno per rordinario non cnllodici. Se
hanno cosi gran defiderio, che fieno predati, e prò* vocati i Turchi, hanno comodo di farlo aMoro
proprj confini, e non debbono palare pel
paefe del vicino con pericolo, e danno dell'
amico contra ogni legge divina, e umana, fervendofi del territorio di quello con detrimento di lui, avendo il
proprio, e i proprii con- fini , per
dove più da vicino polTono fare lo fteflb . Ma gli U. fcocchi non fono buoni di far imprefa fenza
foperchiaria, nè per aU tro fine, che
per alTaiTinare; e i Minifiri Arciducali
non ricevereb- bono benefizio alcuno,
fe combatteflcro a’ loro confini, dove trove«
rebbono la refiftenza , e non comodo di rubbare . 11 valore degli Ufcocchi è infidiare i deboli; uccidere, e
fpogitare chi non fi d^ fende . Non fi
potr^ mofirar mai un* azione fatta in campagna da loro; nè che mai abbiano difefo un luogo
afialito: ognun la con qual
vigliaccheria voltarono le fpalle neirafialco di Petrina; e qual danno causò neirefercico Crifiiano la lor
infame fuga . Non potrh alcun dire che
abbiano mai fatto una fcaramuccia ; non fanno che cola fia fcaramucciare ; fe fono molto
fiiperiori, danno la caccia; o fe non
fuperano di molto , la ricevono : mai non hanno impedita una tncurfione de'Turchi: anzi è cofa
meritevole da efiere laputa,' che molt e
volte i Turchi hanno fatte delle feorrerie fino a Segna, e fatti de’ prigioni a villa della Cittb; e
fempre in tempo, che gli Ufcocchi erano
fuori alle prede, avendo i Turchi a bello fiu.
dio elette fempre tali occafionì, che avrebbono dovuto indurre i Govematori di quella Citth a ritenere la
guardia dentro, c levare r opportunità
a* Turchi di feorrere fenza rifpetto , quando loro fofic fiata più cara la difefadel paefe , che la
porzione delle nibbe- rìe. Mai loro
protettori, quando trattano con perfone non informate, dicono che gl’ Ufcocchi di Segna fono un
propugnacolo della Crillia» nit^; che
difende la Caxintia, ITllxia, e Vltalia ancora da’Turchi; febben la verith è incontrario, non facendo
elfi fe non tirare i Tur* chi in quelle
regioni .* i quali molte volte fono corfi fino a Gor- bonich; nè pofiboo eflèr impediti che non
corrano anche nella Cla« na, e Piuca, e
più oltre ancora, fenza che da Segna pofla efiér loro Jimpedito . reftano i Turchi per li
pericoU nel ritirarfi ^ eflendo aflaliti
dall’unione che in quelle occafioni fznoo le genti dì Carlillot, e altri Crovacini del paefe; da’ quali
alle volte fono fla- ti rotti con grande
uccifione: nè gli Ufcocchi fi fono mai trovati a quelU latti, occupati foto nelle rapine, in
modo, che fenza gli U- fcocchi il paefe
è ben cullodito : e da loro non fi^ha altro , che pro- vocazioni. Ciò è raccontato affine di
moflrare che, per difendere quei luoghi
a fervizio della Crillianith, non vi è bifogno di loro; anzi dii^ ficulcano efiì la difefa; febbene i fautori
loro, come feci racconta A fero favole
d’india, dicono ch’efli difertano per fei giornate di paefe Turco; che da quegl’ infedeli non può efler
abitato; che, quando effi non fodero, i
Turchi abiterebbono quei terreni; e, fatti più vi- cini , fi darebbono alle incurfioni : però il
mendacio non è facile da follenure in
cofe permanenti , e vicine , che fi pofibno o-
gni giorno vedere. La Licca, e la Corbavla , regioni de’ Turchi a quei confini, fono pienC) e abiiaciffime.
DaOttoiàz, ultima terra ap- Tttno IL £e
2 parte- lio STORIA parteiiente al Regno d’Ungheria, e lunghi
40. miglia da Segna, ad entrar in
Corbavia ncU'abitato da’Turchi fono io. miglia; c quelle poche miglia lòno delle appartenenze
d'Ottofaz; e non gl’Ufcocchi le rendono
inabitabili a’Turchi, ma i Turchi a' Criftianj, a’ confini de’ quali appartengono; che il proprio de’Turchi
è tutto abitato', e pur mai gli Ufcocchi
non hanno ardito d’ entrare da quella parte in quel- lo de^Turchi, ovvero far abitare il proprio
confine, non che far a’ Turchi danno,
falvo che paflando pel territorio Veneto, che non vo- ■ gliono urtare , le non i dilarraati . Viene
rapprefentata per cofa prelente quella
che una volta avvenne innanzi il 1 540. nel tempo in cui gli Ufcocchi profelTavano la milizia,
non i ladronecci, quan- do per tre anni
diedero molta raoleftia a’Turchi confinanti; ma con- vertita la virtù in vizio, hanno pofeia
foftenuto,e foflengono al pre- lente gli
ftefii incomodi da’Turchi eh’ elTt inferivano loro, quando profelTavano di eflcre foldati, e non
ladroni. Il corfo da loro è fia- to
efercitato con qualche profpcritù, non per valore, ma per la co- moditi di tante Ifole, Icogli, e porti
folitarj, de’ quali abbonda quel mare,
opportuni a tender infidie; nel che foUmente gli Ulcocchi va- gliono. E il folo confiderare le armi che
portano , farà certezza che non fono
foldati, nè abili per combattere. NefTuno di loro por- ta fona alcuna di armi difcnfivc/ non
mortone, 0 celata, non ar- me in alla:
portano folamente lin Archibufo a ruou, ben piccio- lo, debole, e leggiero, come bifogna a chi
confida più ne' piedi, ehe nelle mani; c
una picciola manna^. Alcuni di loro hanno di
più uno fiiletto, tutte armi, ficcome proprie per la profelTione
del rubbare, cos'i inette alla milizia,
e per difendere nc'prcfidj, e per
otfendere in campagna. Quelli
particolari fono fiati efplicati cosi diffufamente, per levare la malchera a quelli che feufano colla impoflibilirà
del remedio quel male eh' elfi
fpontaheamente fomentano a proprio profitto. Se 1 ’ e- feropio del Rabatta non fofle recente, folto
gl' occhi di tutti fi po- trebbe
fingere, e palliare la verità; ma egli fenza ventimila jwrfo- ne con una guardia di Tedcfchi, fece morire
alquanti Capi di lo- ro' diede in mano a
i Miniftri Veneti i banditi dal loro dominio;
fcacciò molti indifciplinabili ; trafportò ad Ottofaz due terzi de
i rimanenti* ed era per mettere fine al
tutto. Non fu uccifo quando molti
Ufcocchi erano in Segna , ma quando erano ridotti al fud- detto poco numero; e le quei non folfero
fiati fomentati da chi non poteva
vederfi privato dell’utile, con molta lode del Sereniffimo Ar- ciduca fiabiliva quel negozio in modo, che
con quiete de’fudditi la buona
intelligenza tra’ Principi non farebbe mai fiata feemata. Ma poiché fono anche lodati gl’ Ufcocchi di
buoni Crifiùni, C ha da dire la verità
.■ Non fono Luterani ; nè in Segna vi fono
altre Chiefe, che della Cattolica religione; ne fi può dire ch’efii fieno miferedenti in alcuno di quegli
articoli che fono controverfi co’
Protefianti . Però la purità della nofira Religione non comporta che fi pollano chiamare buoni Crifiiani quelli
che non credono il furto , le rapine , i
latrocini elfcre peccati ; nè fi ha da dire che
lo credano quelli che, non per fragilità, non per ignoranza, non per
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USCOCCHI. per qualche tempo, ma per
tutta la vita loro, e come per pro-
fclTionc , c di padre in figliuolo, e con pubblico cortame di tutta h nazione, perle verano nel corfo, e
latrocinio, non rertandone al- cuno
elclufo; poiché quelli, che non vanno in mare, vedove, vec- chi, c Religiofi , come s’ è detto, fono alla
parte; c le maritate fono d* incitamento
a gli uomini di provvedere le cafe di quello
d’altri a concorrenza: e, quello cb’c notabile, ciò fi efercita piò ordinariamente al tempo delia Fafqua, e del
Natale, per diroortra- re ben chiaro,
ch'efìfL tengono i iatrocinj, e le rapine nel luogo che i Criftiani tengono le opere di
penitenza. Nè fi polTono dir gPUfcocchi
più buoni Crirtiani, che i Zingani, che profertano il furto: fe non che gl’Ufcocchi in tanto fono
peggiori , che paffano alle rapine, c
alle uccifioni, dalle quali i Zingani s’artengono. Ma tornando all’ordine della Storia, da cui
il tertimonio della veri- tà mi ha
divertito, il Configlio di Gratz, vedendo che col negozio di Venezia non fi poteva ottenere la
refiituzìone del commerzio, fe non fatta
prima una provvifione durevole, che IcvalTe per fempre le molertic; la quale, o non potevano fare, per
mancamento de’danari da pagare la
milizia; o non volevano, per le private comoditìi, e for- fè anche per mantenere la prctenfionc di
poter corfeggiarc per l’ Adria- tico;
deliberò di voliarfi alla Corre Cefarea, e indurre quella Maertk a congiungerfi allo rtclTo fine. Perciò
mandarono a Vienna a far quere- la degli
aH^cidenti in Ifiria occorfi, e di fopra narrati, come fc i luo- ghi di fua Altezza fofiero fiati non folo i
primi, ma anche foli afia- liti; c foli
aveffero fortenuto danno; eccitando fua Maefib ad afiirterli, così pel rifacimento, come per liberare i
luoghi tuoi patrimoniali, e gli
appartenenti alla Corona d’Ungheria, tenuti rirtretti, c privati del commerzio con indigniti di fua Altezza, e di
fua Macllk, che n’è fupremo Signore. Ma
dall’ altra parte efiènJo fiata fua Maefiì i-iforv mata dell’intiero; ed eflcndolc fiato
mofirato Toriginc del male cflcrc
provenuta dalla pertinacia del prefidio fuo di Segna, ofiinato a volerli arricchire colle facoliò de’ Mercanti, e
popoli; c dalle terre così dcIP
Ungheria, come patrimoniali d’Aufiria, c da' Governatori di effe,
che fono fiati a parte della colpa; e
che la Repubblica, non avendo altre modo
d’ovviare a i danni de’fudditi fuoi, operava a necciraria difefa; che la cufiodia tenuta in quelle acque non
era per pregiudicare alla dignitìi di
lua Macftò, ne di fua Altezza , ma per proteggere le cofe proprie; c quanto alle cofe ultimamente
feguite in Ifiria, che gl’ U- Icocchi,
non potendo ulcirc per mare a far danni, erano prima pafia- ti in quella Provincia, e avevano abbruciati,
faccheggiati , e dclolati molti Calali;
onde i foldati Veneti^, dopo i danni ricevuti, erano fiad cofirctti,pcr kidcnniù dc’popoli, a
rifarcirli con rapprelaglie; Sua Ma-
efPa refiò con loddisfazione, e fn molto bene conolciuto a quella Cor- te che non era poflìbile far cefiare il moto,
fe non fermando la pri- ma caufa d’eflb:
e fu rifoluio in quel Configlio, che fi trovafiè ri- medio per via di trattazione; c che Cefare
pigltafie in sè i’aiTunto di fare le
convenienti provvifioni; c che non fi doveva incominciar a par- lare della reiUtuzione delcommerzio , ma folo
fare che fi cefiaflc dalle ofiilitk da
ambe le parti, defifiendo da nuovi danni. Deliberò Tlmpe- radore di mandar a Segna il Traumefiorf,
perfonaggio di valore e ri* puta- STORIA putazione, con danari, per rimediare fui
fatto. Quefta deliberazione^ che farebl^
(tata un* ottimo principio, non fi mife in effetto^ perchè, eOendo ciò fìgnificato all* Arciduca, per
farlo dì fuo confenfo, non vi alTenti ;
ma fi offerì elfo di provvedere di perfona di comando, pra« tica dei paefe, e del governo degli Ufcocchi,
che farebbe ogni necef- iaria
provvifione.* il che fu appunto il contrario di quello che il buon cfito del negozio ricercava, cioè, che gli
Ulcocchi foffero per Tavve- nire
governati, non lecondo le pratiche, e i modi fino alfora ulati.* ma ben fece chiaro in poded^ di chi foffe il
rimedio; poiché imme- diate dopo la
rifpol^a dì lua Altezza, la rifoluzione dì quelb quantunque pubblicata, e lodata, non ebbe
luogo; anzi fi raffreddò an- che
l'ardore col quale il Configlio Celareo prele penOero di rcmedia^ re; e non fu più parlato che flmperadore
affumeffe a sè il carico, ma che
l’Arciduca deffe principio all’ora per mezzo di perfona man- dau efpreiramente; e l’ultima mano s’avrebbe
applicau, quando fu» Altezza foffe
andata alla Corte. Fu in un’iffcffo
tempo pubblicato neU'armata Veneta , per comanda- mento del Prìncipe, che, reffando i Vafcelli
alle loro guardie, fenza pun- to
rallentarle, s’affeneffero da metter in terra, e fare danno ia luogo al- cuno.* e nelle terre Auffriache per nome dcU’Arciduca
fu comandato che da'fuoi non folle
inferito alcun danno a’fudditi della Repubblica. Deputò anche Tua Altezza due Commidarj, come per lo
più nelle occorrenze paf- late s’ era
fatto . Non affermerò gii, a quello fine; ma dirò bene, cho dal numero di effi ne feguiva che Tefecuzione,
per la varietà delle opi- nioni, era
divertirà, o almeno allungata tanto, che idannificatì, Ran- chi , deffiReffero dalle iRanze . Si
fpedirono anche i Commiffarj lenta-
mente pure, fecondo l'ufo ordinario, dal quale era fempre leguica una pretenfione di tralafciare il mal
paffato, come troppo vecchio, e che
mcrìtalfe effere poAo-in obblivìone. Ma
ne* tre mefi che feorfero, pubblicata la fofpenfione delle offefe,’ fino al line dell' anno, eziandio dappoiché i
Commiflarj di fua Altez- za giunfero in
paefe, non ceffarono grUfcocchi, per quanto pote- rono, fcanfate le guardie, d’ ufeire di Segna
in picciol numero a far danni ,
riportata fempre la preda nella Citiù; poi paffarono con più groffe incurfioni fopra l’ilola di Pago^
; e dappoiché fu prov- veduto col
ritirar ne i luoghi fìcuri le robe, e gli animali, ritor- narono all’ Ifola d' Arbe , Veglia ,
molcllando , e rubbando in più volte in
divcrfi luoghi quantità d' animali , e di vini . Nel Ma- re ancora preffo a Zara vecchia facheggiarono
una Marciliana; e nel Canale della
Morlaca fpogliarono un Grippo , e una Fregata
con robe, e danari , levando loro anche gli finimenti nautici. £* cofa degna di fpezial relazione , che ,
ritornando col bottino dt una barca
Chiozzou , e feguitati da una Galea, effendofi falvati nel porto della Cittù , non furono ricevuti
dentro per la porta del mare, per dove
era il folito entrare; ma., lafciate le barche in porto , c circuita la Cittù , entrarono per
la porta oppoRa di terra , e poi partita
la Galea , con comodo ricevettero b pre-
da bfeiata nelle barche, e b porurono nelb Citti, In tante rub- berle ebbero fortuna di non incontrar , (alvo
che due volte, nel- le guardie, che li
conRrinfero a lafciare la preda e le barche, e
falvar- Digitized by
Google DEGLI USCOCCHI. iij iilvarlì né’bofchi: e forfè maggiori
incontri avrebono avuti, fe, caiifa
della infermitìi, e morte del General Canale, non foffe Hata ral- lentata r riatta diligenza da lui ufata. I Commilfarj Arciducali , giunti , fi
fermarono in Fiume lungamente^ dove
attelero a far procefli, per verificare la quantità de’danni da'fud- diti Aullriaci patiti in Kiria/ i quali,
fecondo il loro conto, facevano
afcendere a loo. mila feudi. Non farebbe alcuno che non fi
molirafle creditore di molto, quando non
mettefle in bilancio i debiti fuoi. Se i
danni di quelli pochi anni inferiti dagli Ufcocchi, e non rifarciti, fof- fero contrappolli , fi troverebbono afcendere
al decuplo di quella fom- mat ma i
Comminàrj aggrandirono i danni ricevuti, e degli inferiti ne lafciarono la cura ad altri. Quello fatto,
chiamarono a sì il Ca^ tono di Segna, i
Vaivodi degli Ufcocchi, e altri principali di quella Città; intimarono loro comandamenti di fua
Maellà, e di fua Altez- za, che non
doveflèro ufeire a' danni della Repubblica, fono pena del- la vita, con grandi, e feveri minacciamenti :
levarono il Capitano dal carico, per
aver avuta parte nelle turbazioni; quelle parole appunto tifarono . ferivendo a Venezia al Capitano di
Fiume , e dandogli con- to dell'operato,
conchiudenda che i capi degf Ufcocchi, e i primi Cittadini avevano promelTo religiofamente di
ollervare quei coman- damenti; e ch'elTi
Gommiflàrj avrebbono ufau ogni cura, che folTe-
ro ubbiditi ; aggiungendo che lellava fola il galtìgare feveramente i malfattori per li delitti pallàti; ma lo
differivano a quando folfe- ro compolle
le differenze colla Repubblica,- che cosi fua Altezza ave- va loro comandato; e parimente farebbe flato
all’ora punita il Ca- pitano; che
avevano mandato a richiedere danari per pagar il pre- udio; e le cofe eflere tanto ben ordinate,
che fenza dubbio gli Uf- cocchi non
farebbono pih danni. Perì la dilazione ad efeguire quel- le deliberazioni fu cosi lunga, che mai fe ne
vide effetto e po- Icia fu rifaputo che
il Capitano fu levato non fenza fuo confenfo ,
e pollo ad altro carico. II
Capitano di Fiume, fatta quella relazione in Venezia, e ottehuto che Ibfle dato in commiflìone a Filippo
Pafqualigo, che doveva andar Generale in
Dalmazia, che, quando avelfe veduto chiaramente prov- vifioni che ballalfero per renderla ficuro di
non poter ricevere danno, potelfe
rallentare le flrettezze delcommerzio, o auolutamente, o quan- to gli parefle potere con ficurezza; e
vedendo ch'era irimeflb a Vi- enna il
dar perfezione al negozio , fi parti ; e giunto in Fiume , riferì a i Commiliarj eflcrgli flato detto in
Venezia nel licenziar- li, che la mente
delia Repubblica era, e farebbe fempre, d' eflér buona vicina di fua Altezza , mentre folfe
rimediato a gl' inconve- nienti degli
Ufcocchi ; cafo che no , avrebbe anche fuperata quells difficoltà, come aveva (atto d'altre
maggiori. Ma il Pafqualigo, giunto al
fuo carico , pratico del modo , co- me
doveva procedete in ul’aSue, volendo ular tutti i termini con- venienti, in una lettera, ferita a i
Commiflàr] a Fiume, fece intera
narrazione di tatti i danai inferiti cantra la parola daa alla
Corte Cefitrea, e in Venezia; e fece
efficace ìllanza di provvifione per man-
tenimento dell» ripuazione loro. Rifpolero cortefemente i Commiflàr;, aver intele con difpiacarc le male operazioni
degl’ Ufcocchi, non fapu- te da ft»4 ' S ’T* O R. I A te ^ Jbrp finp > quel tempo ; p che fr»
quattro giorni farébbono m> dati
;> Segna, pee gaftigue i colpevoli, e (arrendere le cole depreda* te; inaOlme ie andalTerip neU’illeflp luogo
grinterelTati per dar piiV chia- ra, e
minuta informazione. Ma lenza andar a Segna , il Baron Au- fpergct; principal GomraeKario, ritornb alla
Corte, dato compimento a quello, perchè
era venuto, cioè, di prender informazione de' danni in- icciti, e in luogo fuo fi) mandato Daniello
Gallo, il quale colf altro Commeilàtio
Ghetlin andarono a Segna accompagnati da t50. (bldati; d’onde alla fama della loro andau erano gdi
partiti Viccnzo Craglia- oovich, e
Giorgio Danifich con circa altri 40. Fecero i Commel^j pubblicar un bando, che i Fugliefì,
Dalmatini, e altri foreSierì, che
avevano prelb domicilio in. Segna, dovefero partire in termine di
otto giorni colle mogli, c famiglie; e
crearono Capitano della Terra Nic- coli
Frangipane, Conte di Terlàtz, chiamato dagli Vfeocchi Micleo; Terfatzi, Orppierc diijba Altezza. La mutazione de’Capitani per li tempi
addietro non causi fe non peggiori
efietii; non avendo portato i nuovi minare difpofizione, che I rimuiS , a pariicipare de’ latrocini di
quella gente ; ma bensì . fempre entrati
in governo meno (limati dc’preceflbri, e pii avidi di arricchire,' con tutto cii di quella vi fu quiebe buona
Ipetanza, clTendo giovane ben nato, c
Signore di Novi, Caftello poco da Segna difcofto, che come inierclTato nella giurifdiziooe , faceva
credere che dovefle regoU- te il tutto
bene; maflìme intendendofi che aveva penfìcri di far bene il fatto iuo con alcuni bofehi; quantunque
refler naturale del paefe, e la maniera
iua molto limile a quella degl’ altri Ulcucchi , rendelTe il giudizio iorpelo, £ egli )cr la prima fua
azione, congregati tutti nel- la'
Piazza, lue un pubblico ragionamento, preferivendo i modi del go- verno che voleva ulare; particolarmente
afi'ermando di non dover per- mettere
.l’andar a bottinare, nè far colà diverfa dall’ obbligo di buoni, Crilliani; giurando di voler ehim ubbidienza,
quando ben credefle d’ aver perciò a perdere
la tclla; promettendo che all’avvenire farebbo-
no pagati ; olfereudufi , che , le non trevalTc danari da follentarli ,
fi la- memallero folo di |ui. In
efecuzione del bando de’CommiUàrj mandò
fiuiri di Segna too. Ufeocchi Venturieri colle mogli, e co’ figliuoli,
i quali fi riduficro nelle marine di
Selze, e Cerquinizza, tra Buccari,e
Nuovi; che fu un cavar Colonie di ladroni dalla Metropoli de’
preda- tori, e di ua nido fame molti, c
dar maggior comodo al mal ope- rare. Poi egli infieme col Gallo, partito gih il
Cheslin, congregati tutti gl’Uloocchi
ftipendiati nella Piazza a luono di tamburo, fecero in loro pretensi pubblicare un lungo editto, o più
tofto una diceria, con mol- li capitali,
che in lolianza proibivano le prede contra i Crifiiani, e comra i 'Turchi, Efclamarono all’ora
tumultuariamente, dolendoli co- me
avrebbonn potuto colla poca paga, che loro era data, vivere; eh’ «ano coàilaiti colla facoltà di poterli
procacciare ; t che quella fofle lo- co
mantenuta, ovvero la paga accrefeiuta ad onefta qnantiih, Acquic- uto alquanto il tumulto; rifpofe il Capitano,
ehe la paga farebbe ba- dante, c
d’avvamaggio, quando s’aSenelIm dal. giuoco, e dall’imbria- pirfi: che Totcndo l&e in Segna,
conveniva che fi contentafleio; e chi
pon fentiva di poterlo fare, £ n’andaOè, che la porta era aperta. Il turoul-
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USCOCCH . iz^ tumulto fi fece maggiore
, dicendo eh’ erano creditori di molte pa-
gbe, che i^he volte corrono; e anche quelle poche fono defrauda- te , e diminuite; raccordarono che anche nel
idod. fu fatto £mil editto , che non fi
andalTe alla preda , con proroeflà , e giuramen- to di dar loro le paghe intere', nè però
t'era mai elèguito. Bifo- gnò, per la
gran conhjfione, dar 6ne a queU’azione, acciò non ter- minaffe in qualche finidro; e quella difciolta,
i tumulmanti furono facilmente acquetaci
da iCapi, principalmente da Giorgio Danilìch più volte di fopra nominato, il qual inCeme co’
compagni effendo ritorna- to in S^na,
ottenuto generai, perdono di tutti i falli commeflì, a' adoperò più degl’ altri nel dar loro buona
fperanza. Compolle le co- fe in quelli
termini, parfi anche il Commillàrio Gallo , lafciata fa- ma che altri Commilur) farebbono venuti per
raa^iori provvilioni; nè della
rellituzione, nè del galligo de i colpevoli ptomeflo in let- tere al Pafqualigo fu detta altra colà .
Quello fu il fucceffo della cosi
lungamente preparata , e canto bramerà venuta de' Commifl'arj in Segna ; elTendoli tutta l’ opera loro
rilblia in proibizioni, e mi- nacce di
gaftigo , e cSétti £ perdono ; non avendo efeguito una minima pena centra alcuno ( che pur molti
furono , e manifelli )
de’.Concrafacicorì a i loro tanto Teveri bandi; ma folo , col tene- re le porte della Ciiib ferrate tre giorni ,
tentata d’ aver prigione Andrea
Ferletich, famofo Capo, e molto fceleraco , in maniera, che rellò quali chiaro che aveffe avuto lo fcampo
da chi ordinò la cat- tura . Quelle cole
lafciarono nell' animo delle perfone prudenti dub- bio di vedere ridotto nell’ avvenire il
negozio in peggion termini, co- me per
li tempi pollàci fecero le altre azioni «’Commillàrj, offen- do il collume de’ malfattori, che innanzi le
proibizioni, e prima de' tentativi
inefficaci di galligarìi, per timor di quelli, non làpendo i mo- di, come efentarfi traila giullizia,
camminano cautamente, e riienu- tamente
nel mal fare; ma dopo avere fpecimentato_che la giullizia non può, o non vuole raffrenarli da dovere,
rimoffo ogni rifpetto, e certi dell’
impuniti, ardifeono quello a cui prima non avrebbono pen- fato; è tanto più confidentemente, quanto più
volte la giullizia tenta fimulaiamente
di proibirli, o galligarìi. In quello
fiato di cofe nel principio dell’anno idi;, arrivò il Se- reniffimo Arciduca Ferdinando in Vienna alla
Corte, accompagnato dal Capitano di
Fiume, daU’Echemberg, e da altri luoi C^nli^eri, rifoluti ttb loro di non raffare più innanzi,
che quanto fin all’ora era fiato fatto
da i Commiuàri in Segna, per dovere poi lafciargli ave- re quel corfo che altre volte ebbe, quando fu
ridotto nel termine fteffo; a quello
effetto vennero con due propofizioni non più- ptemeffe nelle trattazioni di quell’affare; l’una, CM
i danni fatti dalle milizie Venete in
Ifiria alle tene Arciducali foffeto pagati, e che degl’infe- riti a i territor) della Repubblica non fi
pariafiè; I’ altra , che a’fud- diti
loro folle concellà libera la navigazione. Quella feconda era ba- llante, per portare la tratazione, non folo
in lunghezza, ma anche in diuturnità;
poiché era pretenfione ritrovata dall’Impcradore Fer- dinando, e a fua richiella trattau, e fatta
conolcere poco fondata | e poi rinnovata
dall’ Arciduca Carlo, e maneggiata alla Corte di Maffimigliano , e di Rodolfo collo fieffo
fucceflò , Quanto alla pri- Tanw i/. Ff
ma, ax(5 .STORIA ognuno avrebbe per inverifimile che foffe
(tata fatta propofla -di hf^imemo per
ima parte, elTcndovi parùK di ragioni da amcndue; però non è da tacere qual foiìe la differenza
che pretendevano. Di* cevano i danni
dati a ludditi della Repubblica effere venuti da priva* te pcribne contri la pubblica volontà; ma gl’
inferiti da loro agl’Ar. cidiicali,
eflcrc con confcnlo de’ pubblici Miniffri; però qucfti dover effère rifarci dal Pubblico immediate ; c
(opra quelli dovcrfi prima in* tendere
le ragioni dcgl’interelTaii, Ma nel Confìglio
Imperiale, mafflme negli a/Tunti a quel carico da fua Maeffk, non era riffeflo pcnOero; anzi
una gran dilpofìzione dia* (lopcrarG per
compito affetramento; perchè, conbderando quante que* relè erano (bee portate a fua Macff^,
dappoiché a lua contemplazione fu
pubblicato da ambe le pani che fi fofpendeffero le offde, e gli Uf* cocchi mai non ceffarono dalle rapine, e da i
latrocinj, facendofi fen* tire
moleffiffimi, e infolentiinmi ogni giorno; e raccordandofi quante ne udirono gflroperadori, Padre, e Fratello
fuoì, giudicavano effere bene libc*
rarla in tutto delle moleffie con un compito affettamento. In quello principio s'applicò fua Macffk, e
il £uo Confìglicx per al* curii giorni
ad intendere le ragioni di Sua Altezza, querelandufi i Tuoi Configlicri degl’ Ufcocchi ritenuti nella
villa d’Arctina , che, pretenden- do
offela dagli Ufcocchi , aveffero penfato i Veneziani di rilarcirfì Ibpra altri fudditi fiioi particolari, e
aveffero invafi gli Stati proprj d’efla,
non appancnemi alla luogotenenza fuprema di Crovati, alla qual ^gna appartiene; che per danni fatti da
private peribne folTero tenute
afi'ediatc le terre. I^olcvanfi anche molto, che, avendo man- dato a Venezia il Capitano di Fiume , non
aveffe ricevuta foJdif- fazione alcuna,
con tutto che fua Altezza molte ne aveffe date ^ e tenendo perciò J' onore d’efla intereflàto
, conchiudevano non po* ter fare di più,
fe la riputazione fua non folTe reintegrata, e per- ciò richiedevano prima quattro cofe: che
foffero riialciati i prigio- ni t che
foflc liberato il comracrzio alle terre; che a’ luoi ludditi fbffc lafciaia libera la navigazione : che
foffero rifarciti de’ danni ; le quali
cole elcquire; Sua Altezza avrebbe compito quello che ri- maneva per rimedio totale. Veramente è degna
di maraviglia Y aflbluta promeffa di
total rimedio, lenza parlar più, che foffe bifo- gno della regia autorità dell’ Imperadore; nè
che alcuna parte del rimedio Ibfle
rifervata alla Maeft^ fua, come Principe lupremo di Segna; il che tutto l’anno innanzi era flato jl colore, col
quale il Capitano di Fiume dt- pinfc le
provvifioni fatte da’Commcffarj tutto quello che fua Altezza poteffe fare, effendo rilervato il foprappiù
alla Maelb Cclarea , Dopo lunghe
confultazioni , fua Maeffù fece intendere aU’Ambaf- ctadorVeneto la buona volonb iua, che tutte
le dilBcolb foffero ac- comodate, e la
prontezza d'imerporG come mediatore, e amichevole com- poGtore, e metter Gne a tutte le differenze:
che le erano flati elpoffi tutti gli
aggravj, e le richiede di fua Altezza; però defiderava d'in- tendere anche la volontà della Repubblica. L’
Ambalciadore non voile fare alcuna
particolare querela di cofe paflaic , forfè perche, avendole per manifede, la giudicalTe fuperdua; ma G
riffrinfe alle richiede. Della navi-
gazione diffe, che quello cran^ozio altre volte trattato, del quale la
Re- pubblica non avrebbe rkufato di
trattare di nuovo; ma non avendo alcuna
5 ■■ ■ • con* Digilized by
Google DEGLI USCOCCHI. ^^7 connefTione cogli Ufcocchi, non era giuHo
confondere infìeme materie di- verfc ;
del rifacimento rifpofe che conveniva fofle reciproco; fi conofce0e chi aveva participato nei danni, e a
refHtuire incominciaffe chi pri- ma
aveva inferito danno . Dimandò egli in fofianza che di Segna folTero fcacciati affatto tutti i ladri , e
la mala gente , che inquieta- vano i
vicini; e gli fcacciati non foffero più ricevuti, nè foffe dato ri- capito a' banditi dalla Repubblica, e a*
ribaldi; che in Segna folTe po- llo
prefidio d'altra nazione, e pagato ordinariamente; che fofle prov- veduta per Governatore di perfona d’onore, e
difintereflàta; che fof- fero abbruciate
tutte le barche dacorfo, e airavvcnire nè in Segna nè al- trove in quei contorni ne foflero fabbricate ,
poiché non poflbno averne bifogno
perdifefa, non avendo moleflia alcuna in mare; e non fono più utù li, anzi molto meno delle comuni, per portar
vettovaglie, e mercanzie. Dopo diverfe
conferenze colf una, e coll’altra parte , lafciati i particola- ri che non era opportuno di trattare, parve
alla Maelfù Cefarea che le difficoltà
poieflero eflere compofie nella forma in cut di fotta fi dirh; e mandò il Vicecancelliere a darne conto all’
Ambafeiadore con dirgli, che r Arciduca
aveva accecuci quafi tutti i Capitoli da lui propofli, « aveva data parola a fua Maeflh Cefarea, che
la Repubblica non avreb- be più dtflurbo
immaginabile, e che Tlmperadore era rifolutiflimo che ciò reflafle efeguÀo; il quale dava parola
che rutto paflarebbe con quiete.* che
mai non il era parlato cosi chiaramente; e che poteva ilare ficuro che il negozio farebbe ben
accomodato; foggiungendo che anche dal
canto della Repubblica conveniva corrifpondere con rimovere TafTedio, e con rendere i prigioni. Gli efib^
il Vicecancelliere una fcrit- tura , che
conteneva le promefle di fua M. e di fua Altezza flela in lingua Italiana, la forma della quale è qui
polla in copia. L'IlUflr. Sig.
Vicecancelliere ha detto, per ordine di fua Maeflh Cefarea, che il Sereniflìmo Arciduca
Ferdinando si ha dichiarato fopra i
punti che cflb Illuflrils. Sig. Vicecancelliere fcrifle nel Configlio di Stato; che fua Altezza promette a fua Maeflà,
che il mare reflerh netto, e libero da’
Pirati di Segna, e altri luoghi fotto il fuo coinan* do; e che non nfeiranno di Segna , nè di quei
contorni perfone per dan- neggiare la
navigazione, ne i vicini fotto pena dellaviu. I ribaldi fa- ranno aflblutamente fcacciati di Segna. II
Governatore gib è mutato, cd è perfona
di valore, e difintereflata .* che avendo fua Altezza dato prin- cipio a rimettere in Segna prefidio Tedefeo
aflbldato, ovvero pagato, conti- nuerb
anche ad ampliarlo; e che non lo fa ora puntualmente, perchè non vuole moflrare di efleme affretta. Ma fua
Maefli Cefarea procurerb aflblu- tamente
che ciò fegua , e che tutte le fopraddette cofe fieno interamente e- feguite, quando la Serenifllma Repubblica
rilafcierb i prigioni , e leverb 1'
aflraio da lei meffo, dovendo reflare la navigazione de’ commerci nel
folito termine, e mantenuta la buona
vicinanza. Quanto alla libera navigazione
del mare, fua Altezza non meno, che TAmbafeiadore l'ha rimefle ad
altra trattazione. La ccnchiufione prefa in Vienna fu fenza
alcuna difficoltb ricevuta in Venezia, e
attendendo Toitìma volomh di fua Maeflh Cefarea, e la buona rifbluzione alia provvifione, per
corrifponder a lei, e al Sere- niflimo
Arciduca, e dimoflrare la (lima verfo laCafad’Auflria, fu ordinato al Fafqualigo di ritirare le guardie da
Segna, e da Fiume, e altri luoghi, Tèmo
II. Ff a c la- STORIA e lafcìar il conmerzio libero a’fuddici
Aufbiaci, come era. innanzi gli
accidenti occorfi; e di far coniegnare a chi Tua Maeilh
comanderebbe i prigioni: fu anche
commeflb airAinbafciadore, di darne conto del
autto alla Maeflk Imperiale. Arrivò l’ordine al Pafqualigo il
fecondo di Marzo, e quell’ iiìelTo
giorno fu ei'eguito con molta allegrezza de*
fuddiri Arciducali, e rilcontrò, per buon accidente > che il
medefi- mo fu fatta Tambafciara alia
MaeA^ Cefarea; alla quale rìufc^ tanto
più grata, qtiando alla Corte non fi fpctava che doveflero le
condizio* ni cilere accettate per
iutheienci in Venezia, elTcndo in altre occafioni pm volte Hate oflerte, nè mai vi era (lato
acconfemito. Della grati’ rudine ne fece
fua MacfUi dimodrazione non folamente con lodare la deliberazione, e i’elècuzionc immediate data,
ma con alTicurare fopra la parola
Celarea che da quella parte non si avrebbe avuto per l'av- venire difgiido immaginabile. Fece del tutto
dare avvifo a fua Altez* za, ch’era già
partita di Vienna, con una buona eforcazione all’ of- krvanza delie cole promelTe. Comandò anche la
Maefl^ fua al Conte di Sdrin, (otto pena
di perdere il feudo, che ne’luoghi fuoì del Vina« dol non folle dato ricetto a’Piratì, o
ladroni, e all' Ambaiciàdore fece dire
che intorno a’ prigioni s’era fcritto a Gratz, e che sì avrebbe prefo ordine come riceverli, quando fofle
venuta la rilpoda* In confeguenza di
ciò il Segretario Cefareo in Venezia per ordine
efprelìb dell' Arciduca diede conto delle provvifìoni gih fatte ^ e
degl’ ordini dati in Segna, per
rimediare a’ mali palTaii; e della rifoluzio-
ne fua deliberata a dare perfezione al rimanente per. intera oifervazio* ne delie cole promelTe in Vienna; e dell'
ottima volontk fua a perfer- vcrarc in
buona vicinanza; c del piacere, che fentiva, per clTcrc le palTatc differenze accomodate. Non farebbe facile diilinguere, fe i popoli
di Dalmazia, gl’lfolani malTime di
quella regione , o pure t fudditi Auflrìacì confinanti fen- tiffero maggior piacere di un’accomodamento
così facilmente fucceifo dopo le molte
diflìculTa, dalle quali furono ambe le parti per tanti an* ni travagliate, k non che dagli Aullriaci il
frutto era goduto in re* alt^, i quali
con l’apertura del commerzio recarono liberati delle ìn> comoditk che lentivano/ ma i fudditi Veneti
non godevano fc non la loia fperanza di
quiete, la quale nè men ardivano di ben abbraccia* re, e tenere per ferm a, afpertando di vedere
prima qualche principio di efecuzione
che la confcrmalTe, o colTabbruciamento delle barche da corfo; o collo (cacciare gli Ulcocchi
Venturieri non folo fuori di Se- lozione
di non voler abbandonare il corfo. In Digitized by Google DEGLI USCOCCHI. zss In poco tempo ancora vide pian piano
ritornare i fuggitivi a Se- gna, ed
elTere ricevuti in modo, che in termine di un mele furono ritornati tutti.- del che non intendendo la
vera caufa , ni penetran- do, fe fofle
con ordine di fua Altezza per adunarli, e fervirfì di loro in altro luogo , rimafe in molta ambiguità
dove il negozio dovefle ter- minare t ma
predo redò chiaro a tutti che l' accomodamento -fatto non poteva fortir fine migliore degli altri
in altri tempi conchiufi. Im- perocché,
avendo gli Ulcocchi la fettimana Tanta fatta deliberazione di far un ufcita generale, e avendo, Iccondo
il lolita, contribuito an- che i vecchi,
le vedove, e i religiofi, a metter infieme una munizio- ne di polvere , e viveri , e danari per
comperarne , quando quella mancafle-
ufeirono il di de' fette Aprile, giorno della Santidìma Refur- rezione di nodro Signore, in numero di
quattrocento in dieci barche; e avendo
navigata per ito. miglia, fmontarono a Crepano , giurifdizio- ne di Sebenico, e per quel territorio
padarono nel paefe deTurchi, fa- cendo
preda di uomini, animali, e robe;c ritornati pel medefimo ter. ritorio , nelle marine di quello imbarcarono
la preda , e la ridulfero in Segna;
avendo lafciata fparfa voce, ch’erano accordati co’Veneziani di poter andar a' danni de’Turchi pel
territorio Veneto , mentre non
oifendedero le perfone, e i luoghi per li quali palfadcro, e ne’
giorni feguenti , palTando piu innanzi ,
all’ improvvifo fecero molti danni in
Macarfea, e Narenta ; e internatili piò oltre per le terre de'Ragu- fei, depredarono la Villa di Trebigne, la
migliore, e piò ricca che fia ne’
contorni di Gadel Nuovo , con grodo bottino d’ animali , e prigionia di uomini ; e nelle molto andate ,
e ritorni , fi ricovera- vano ora in una
, ora in un altra delle Ifole Venete dove intende- vano non effervi armata; cosi per ripofare,
come per provvedere i viveri; i quali
ora pigliavano con violenza, ora pagavano. Durò per alquanti giorni quella imprefa, che tiufcf
loro felicemente; perchè la fama
All’accordo llabìlìto, e la credenza certa di non avere piò moledie dagli Ufcocchi, fecero redar i Turchi
lènza guardarli, c quei dell’ Ifole
Venete fenza la diligenza eh’ erano foliti ufare ne’ tempi de' pericoli. Ma i Turchi, podit in arme, e
fatta calare moltitudi- ne grande in
ajuto, minacciavano di vendicarfi centra le terre del Dominio Veneto confinanti ; e mandarono a
protedare a’ Rettori delle terre della
Repubblica; e il Bafslt di Bodina, nuovamente venu- to a quel governo, ne fece rifentimento
gagliardo col Generale, ufan- do quedo
concetto alla Turchefea, che la complicità non fi poteva negare, valendofi gli Ufcocchi della cafa
della Repubblica , come della propria ;
minacciando di avvifar la Porca in Codantinopoli ; e che fa- rebbe mandata armata; per guardare quelle
marine. Nel principio di quelli mfulci
il Generale, non con fperanza di
provvifione, ma affine che i Minidri Audriaci non poteUcro nega- re di averla faputo, mandò a Segna a dolerfi
che centra la parola daa, non elfendo
ancora afeiutto finchiodro del decreto Cefareo, e delle promilfioDi Arciducali, fi
contravveailT* cosi manifedamente al- le
promede tanto confermate , violando le giurifdizioni col tranCto di gente tnnau; provocando con quede azioni,
e con falfe didènu- nazioni, la flndctta
de’Turchi fopra i fudditi innocenti. A quedi
lamenti Gioan Deleo, Vicecapitano di Segna, rifpofe, fentire Tal»» //. Gg gran 154 STORIA graiì difpiacerc di cos'i finlftri
avvcnìmemi , c che il vale era pro-
venuto da perfone bandite da quella Cittk, alle quali egli non po- teva comandare. Si fdegnò grandemente il
Generale della rifpoda, co- me che foffe
riputato tanto femplice, che fi potefTe fargli credere, quattrocento banditi eflèr entrati in una
Cittlt; e valendoli delle bar- che
proprie di quella, elTcr ufeiti dal porto, e ritornati colla preda più volte ; clTere i^aii Tempre ricevuti , e
il tutto contra il volere di chi
governa* Più fi riputava offelo per le vettovaglie pagate nel- Vlfolc, che per le rubbate, tenendo che foife
cos"! latto, per met- terlo alle
mani co'Turchi* £ lebbcne in quella occorrenza era più urgente bifogno jl guardarfi di non ricevere
danno da'Turchi, che r ovviare
all’infolenze degli Ufcocchi , deliberò nondimeno di atten- dere all’uno, e alfaltroy e a quciìo effetto
ordinò che dodici bar- che Albancfi
fotto il Governatore Giovanni Dobracuich bene rinforza- te di uomini trafeorreflero per tutto, con
ordine erpreflb di non offen- dere i
luoghi, nè meno i fudditi Aaffriaci che foffero ritrovati in barche da viaggio, o difarmate* irà folo
ovviare alle rubberie degli Ufcocchi, e
perfcguitarli, ritrovandoli ne’ mari, o altri diff retti del- la Repubblica. Ma gli Ufcocchi, che avevano
fatti grpffiffimi botti- ni, tnaffime di
fchiavi, fra i quali vi erano anche perfone ricche, e di conto, per cavare il frutto, levarono
bandiera di rifeatto in Sabi- oncello,
territorio de‘Ragufet,> dove andando i Turchi per contrattare con loro, effi ancora fpeffe volte
tranfitavano trh Segna, e Sabioncel- lo
per le occorrenze che quella negoziazione portava, Avvenne che la lèra del giorno degli otto
Maggio ritrovandofi con dodici barche
armate da corfo, incontrarono a S, Giorgio, a capo di Tielina ,'ialtrettante barche di Albanefi
, e combatterono feroce- mente inficme,
attaccata una fanguinofa fazione, die durò Cnp alla notte, la quale li divife; e in quel
combattimento reffarono prete due barche
dt Ufcocchi con morte di feflanta perfone; e trh queffi Nic- colò Craglianovich, capo principale di loro,
t dal canto degli Alba- nefi reffarono
uccifi otto loldati ‘con dicianovc feriti, tra* quali il fi- gliuolo del Governatore/ le altre dicci
barche prefero la fuga, fal- vandofi a
Segna. Queffo conflitto fu dagli Ufcocchi, e dagl' Albane- fi divetfamenic riferito. Quelli differo di
efferc fiati aflìcuraiì dagli Albanefi
di poter entrar in porto; e dopo entrata due barche, queU le efferc fiate affalitc, che le altre non
potevano focorrerJe, e però fi
ritirarono * Quelli affermarono di aver combattuto con tutte le dodici barche da buoni loldati, e di averne a
buona guerra prefe due, adduccndo, per
confermazione, che fc dodici barche di loro con cin- quecento uomini eh’ erano, aveffero affali to
a tradimento due fole, non larebbe
refiaro morto, c ferito tanto numero di loro, Ma comunque quello fi foffe, certo è bene che il
conflitto non fucceffe in porto, ma nel
mare aperto tr^ ITlola diLiefcna, eia terra ferma* Gli Uf- cocchi fuggiti per la vergogna, e per li
compagni perduti, refiarono pieni di
rabbia, e di appetito di vendicarli; e più di tutti Vincenzo, fi-atello di Niccolò Craglianovich, uccifo
nella fazione. La mala ventura
s'accoi^ò colla rabbiofa maligniti loro a far fuc- cedcrc un altro accidente di peffima
confeguenza. In quel tempo fitf- fo
parfi d’Ififia, per andar all’ubbidienza del Generale, la Galea di Criffo*
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USCOCCHI. 135 Cridoforo Veniero,
ilquile, non avendo alcuna notizia del fucceflb occorfo a San Giorgio, lenza alcun Ibrpetto facendo il
fuo viaggio, cri giorni dopo quel
conflitto, capitò la fera nelportodi Mandre dell’Ifola di Pago. Gli
Ufcocchi, avutone l’avvifo da una
fpia,in gran numero fmontarono in terra, e fipofero occultamente fopra il monte che circonda il
porto, in aguato,- e la mattina fet
barche d' elli, entrate in quello , aflaltarono la Galea, e quelli eh'
erano in terra, in molto numero con
archibufate , e fafli uccidendo , e ferendo dalla parte fuperiore, levarono il modo di pocerfi
metter in difefa, fene impadro- nirono;
e preti ifoldati, e grUlBziali della Galea, ad unò ad uno, facendo- li palfar alla fcaletta , gli accopparono
crudelmente , e gettarono i corpi in
mare. Fucofadi gran compaflione, chea fangue freddo folTero cosi
barbara- mente uccife quaranta perfone
innocenti ; fecero vogare la Galea pel Canale ver- fo Segna , e nel viaggio cagliarono la teda
colle mannaje a Lugrezio Gravile ,
Cavaliere, gentiluomo di Capo d’Idria, e al fratello, e nipote, ch’erano
fo. pra la Galea per paflTaggio ; e
fpogliarono delle perle, monili, anelli, e ve-
di Paola Stralbldo , moglie del Cavaliere , colle fue donne , ch’erano
in com- pagnia del marito. Servarono
vivo il Veniero folamente- Si conduflero lotto
la Morlaca, pocolonunoda Segna, e quivi difcefi in terra, per flgillo
della barbarie, fecero fmontare lui
ancora, e gli troncarono il capo colla mannaia,
c fpogliato il corpo. Io gettarono in mare, e apparecchiato il deCnare,
po- terò il capo deir infelice Ibpra la
menfa, dove dette mentre durò il convito.
Quede cofe tutte furono vedute dalle donne , e da'Galeotti redati fopra
il Vaf. cello; alcuni de quali
afiermarono ancora che dimandò con molta pieth la con- felUone, e gli fu negata. Altri diOero che
gli mangialfero il cuore; altri che
folotingeflero il pane nel fangue, per certa fuperdizionetrìi
lororadicau, che il gudar inficme del
fangue del nemico Ga un'arcano, e una Gretta obbliga- zione di non abbandonarG mai , e correre la
medefima fortuna . Finito il de- linars
, condulTcro la Galea a Segna , dove divifero le robe , e le munizioni di quella; rilafciarono i Galeotti con minaccia,
e obbligazione di non ritornare nello
Stato della Repubblica; e didefero l’artiglierìa fopra lemura della Cittk. Andati gli avvifi di cosi atroci fatti a
Gratz, da’ fautori degli Ufcocchi fu
perl'uafo l'Arciduca che tutto fatto dalarofofle con ragione; e alla
provvifio- ne fatta da’ Minidri della
Repubblica fu data Anidra interpretazione , incitan- do fua Altezza alla rottum, e guerra; cofa da
loro glh molto tempo defidera- ta , per
una vecchia Iperanza di facilitò conceputa , che fua Altezza acquide- zebbe, e aggrandirebbe, sò, e loro con quel
mezzo : il che fu anche caufa, che
fcrilTelua Altezza a tutte le terre fue diconGne, che delTero fopra le
guar- die , e A fortìAcadcro , dal qual
comandamento nacque che a Segna con gran
follecitudine portarono terra, e prepararono legname, per munire
laFortez- za. Il Capitano di Fiume
ancora fece fpianare gli orti, le vigne, e gli u- liri attorno le mura di quella terra , e in
tutte le terre a’ conAni eziandio in
iflria A dava qualche fegno di preparazioni militari , il che diede gran
fo- fpetto a’ Veneziani che iblfe un’
apertura di guerra ; perchè , non paren-
w loro di vedere che, pel conflitto di S. Giorgio, caufato e riufeito in
qual modo A iblle , i Miniftri
Arciducali avefléro caufa alcuna di dolerA , non putendo, nè dovendo loro importare , fei
violatori della giurìAUzione Vene- ta, e
contumaci del Principe loro proprio , che centra la volonth, di quella erano andati in corfo , folfero flati ucciA
fuori della fua giurifdizione in qual A
Aa modo , tenevano d aver ragione di credere che quei preparamenti folfero , non peraflieurarfL, non cflendo preceduta
occaGone da generar fofpetto, ma
perdilegnodi mettetele cole loro in Acuro, e aflalure Io Stato della
Repubblica. Toma 11. Gg ^ Rice- Digitized by Google STORIA
Ricevettero un gran difgafto , avendo intefo per la confeDìone d’ un
Ufcoeco prefo vivo nel combattimenioa
capo S. Giorgio, e di quattro altri prefi dopo in Arbe, chel’urcita fu con partecipazione del
Vicecapitano, il quale centribui anche la
fua parte; mcfirando chiaro l'evidenza del fatto che non potevano elTere
ufciti alla preda in tanto numero fenza
Caputa de'Minillri Aullriaci ; e i’alfalto, eia
crudeltà commeflà contra la Galea, febben poteva eflère fatu fenza confenfo loro , per rabbia e vendetta propria di que'
ìcelerati , nondimeno non fu fenza
precedente caula, dau dalla pubbHca Autorità, col permettere l’ufcita al
pre- dare contra la promelTa del fuo
Principe, tanto recente, e con fuccedente ap-
provazione, dimollrata nell'avere ricettati i malfattori , Se gli
Ufcocchi , per vendicare la morte de’
compagni , hanno ufata la crudeltà contra i foldati, e padrone della Galea , quando bene ciò valeffe
per feufa loro, non farebbe buo- no per
ifeufar il governo di Segna dal conceder loro la facoltà di predare; dal riceverli colla Galea; dal portare le robe, e
munizioni nella Città; dal difien- dere
le artiglierie Culle muraglie . Quelle opere non pofTono aver il primo mo. to dagli Ufcocchi, ma da chi governa Segna; i
quali, oltradi ciò, anche nel- la prela
della Galea , e morte de’foldati , e del ^praccomito , non fi polTono feufare , di non aver parte , almeno in
quanto hanno alficurato , e partecipato
con chi hà commelTe le fceleratezze.
Ma Niccolò Frangipane, Capitano di Segna, ch'era allora alla Corte, per
a- ver danari da pagare i foldati ,
pafsò immediate a Novi , fua terra, e rac-
colti cinquanta buoni uomini, con quelli accompagnato andò a Segna.
Chia- mò a fé in Cafiello Cotto la fede
i principali intervenuti alla prefit della Galea c da loro pigliò informazione del (ucceffo, e
ne formò procelTo, il quale mandò alla
Corte di Gratz in diligenza. Vifitò anche l'artiglieria polla Còpra le mu- raglie, non facendo dimofirazione alcuna di
approvare, o non approvare il fau to. Il
Generale Veneto, per bene certificarli le il Colo Vicecapitano Dcleo trà i Miniftri Coffe in colpa, udito l’arrivo del
Frangipane , mandò in Segna per- fona
efpreffa con lettere lue , dimandando la refiituzione della Galea , e
delle robe , e CfKcialmente delle
artiglierie , anela la buona intelligenza , e amicizia tràiFrincipi,eraccordoultimamentcfeguito. Dal
Capitano|fii rilpollo pel me- defimo
Meffo con lettere , le quali fono ancora in effere , dolcndofi del male fuccef- fo con molte parole di cortefia; e quanto
alla refiituzione della Galea rifponden-
do che già l’Arciduca fuo Padrone aveva ordinato che la Galea Coffe
tenuta cosi; però egli non poteva far
altra dilix>fizione;maavrebbeavvifaio fua Altezza del- la riebiefia fattagli, per efeguire ciò che
da quella gli foffefiato comandato.
Dopo molti giorni il Capitano, per qual caufa fi Coffe, mandò al
Generale una caffetta colla tefiadel
Venicro inclufa; egli feriffedi mandarla, per mofirare di non cffergli nemico; einfiemefoggiunfe che in
materia dalla Galea nonaveva avuta
riipofia alcuna; ma però mandò uno de'pczzi dell’ artiglieriadella Galea a Novi , Fortezza propria lua ; dalle quali
azioni fi certificò il Pafqualigodell’animo
fermoanonrefiituire; e giunto quello indizio alle frequenti ufcite,e
a’paffaggi degli Ufcocchi pel Canale
della Morlaca con maggior numero di barche forni- te, di fuochiartifiziati,eaItri
apprefiamenti, e provvifioni non piò da loro ufate, ebbe dubbio che vi poteffe effere qualche
penfiero di fare un’occulu guerra alla
Repubblica Cotto nome degli Ufcocchi.- laonde giudicò neceffario
aflieurarfidi non ricevere qualche
affronto maggiore; congregò le fue forze, per ferrar i palli, je impedirei foccorfi di munizioni, e
vettovaglie a Segna, afienendofi però di
sbarcare ,o d'inferire alcun danno alla terra ifolo proibii ad ogni
Corta di Vafcel- li,chenon ufeiffero, ni
entrafTero;e a'fudditi ogni fona di commerzio con Se- gna, ealtre Terre di quel Capitanato. La
provvifisnenon fu di quel efficacia,
come Digitized by Google DEGLI USCOCCHI. come altre volte era rìufcia ; percbi ,
eirendò Fiume Ubero , di IV andava per
terra vettovaglia , febben v’interveniva pib fpefa. Ma il Generale
Veneto non giudicò condecente
operaralcuna cofacontra Fiume, perché dopo raccordato di Vienna non l'aveva trovato in alcuna
complicitV cogÙ Ufcocchi. Arrivò il Ge-
nerale di Crovazia a Fiume, e raunò deToldati in quella Terra con
difegno di paflàr a Segna, diceva egli,
per dare rimedio a quegl' inconvenienti/ febbene poi non relegut, Mr la urettezza del vivere
cbe in quella CittV era, la quale non
comportava ette accrefcelTe numerodi gente; mV Tdegnatopel commer- zio impedito, che la teneva in Urettezza ,
fece correr voce per tutto il paefe che
Sua Altezza aveva deliberato di non accommodarle differenze co'Venezia- ni , fe non avendo libera la navigazione del
Golfo, per andar a danni de’ Tur- chi:
cofa della quale gli Ufcocchi furono molto contenti, e pieni di fperanza di dover vivere in felicitU. Da quello moflb
il Ferletich, andò a Fiume, per divilare
fopra il modo d'idiluire un corfo formato per l'Adriatico. Ma dopo diverfe trattazioni fu dal Capitano di Fiume,
o di legreto ordine del Genera- le, o di
proprio moto, pollo prigione. Corfe Tubilo la moglie del carcerato a Fiume ; portò in dono al Generale due pezze
di panno d’oro , e un padiglione di
prezzo ; donò anche a Volfango Frangipane , fratello del Capitano di
Segna, una littiera di valore; i quali
prefenti, uniti allalperanza d’averne de'maggio- ri, ebbero forza di conciliar l'animo del
Generale in tal maniera, cbe tentava
diverfe vie per levarlo di prigione.- al che non conlentendo il
Capitano, oper zelo di giuflizia, o
perchè gli pareffe Urano che il Generale godclTc il frutto dell’ opera Tua, palfarono uh loro gravi
parole, e in 6ne il Capitano condannò il
prigione a morte, e il Generale lofpele la fentenza. Scrilfero ambidue
alla Corte, e venne rifpolla che foOc
giudicato fecondo le leggidi Ungheria/ onde
nefeguiva,chc non fi poteva far il giudizio in Fiume, non appartenente a
quel Regno; e per non tornar a parlar
piò né del prigione, né del Generale, dirò
folamente che, elfcndo quelli dimorato in Fiume fino alla partenza dalla
Cor- te Cefarea de'Commilfarj, de’ quali
fi dirò a Tuo luogo, fenza far altro di piò,
che udir piò volte la moglie del prigione, fe ne parti, menandolo leco
in Crovazia . Mh nel mcdefimo tempo
alla Corte Cclarea, fecondo chei difordini luccef- (èro, furono rapprefentati a Sua Maellh dall’Ambafciadore
Veneto con illanza di provvifione ; e fi
dolle Cefare degl’ inconvenienti occorfi , e maflìme della morte crudele de’lóldati, eSopraccomiio della
Galea con tanta atrocith/ epro- mife di
dare fodddUfazione, e rimediare daddovero. Fece dire per nome fuo all’Ambafciadore da principale Minillro, che
la Repubblica era in illatodi ra- gione/
e cbe Sua Maellh aveva inclinazione a levar quella gente dalle marine nel tempo delle palfate differenze ; ma
incontrò divede opinioni de’Minillri,
che non la lafciaronofpuntare: cheDioaveva permeflbpolcia
queigrandifean- dali, per porvi quell’
ultima mano cheli doveva porre all'ora. Alle illanze dell’ Ambafeiador Veneto s’aggiunfero quelle
del Nunzio Pontificio ,Mrché il P gior amplifìcaztonelc querele contri il
commerzio interdetto a Segna, conrap.
prefentarlo come una dimunizione di riputazione, e di ofiefa della
dignità Im« penale , e di tutta la Cafa
d’Aullria , acciò l'uà MaelU fi dichiarane congiunta ne« gl'intereni loro :
ealcunide’ConfìglieriCerarei, da quelle propodc molli, entra- Tono in alcuni pareri marziali , per
compiacere ai defìderio degli Arciducali.
altri di loro ebbero per inverifimile che il Generale Veneto avelTe
concedu- ta licenza agli Ulcocchi di
ufeire contri iTurchi, acciò elll aveflèrole prede, ei fudditi le rovine; e pareva gran llravaganza,
chegliaveire fatti combattere per
quelloche gli avclTe ali ora conceduto . Ma quei di loro, che fi
raccordavano che per ottanta anni
continui i Veneziani s’ erano dichiarati di ricevere ugual dan- no, e offefa, quando gli Ufcocchi paflavano a
predar altri per li diUrctci della
Repubblica, come quando bottinavano i fudditi loro proprj; Tebberoper
un’in- venzione molto fctocca; e non
pareva loro conveniente nè alla dignità , nèalla re- ligione di tanto Principe, che movefle una
guerra, per mantenimento di ladri in-
fami. S. M., alla rapprefentazione del commerzio levato a Segna, H
commof- fe alquanto, come che foflc
airediata una.fua Terra; ma, certiheato che non
iì pretendeva di far offefa alla Citt^, ma folo di afncurarfi che
nonfoflcro inferiti nuovidanni,
comegrufcocchi giornalmente tentavano, reilòquieta; eavendo colla prudenza fua penetrato il vero, preflo
conobbe che tutto il male era na- to per
rinolTcrvanza delle cofe prom effe ; e nel ConHglto fu conchìufo di
mandare CommifTarlpernomediCefarechc con
fuprema autoritli metceflero la mano,eap-
plicaflcro il rimedio proporzionato al bifogoo corrente ; e furono
nominati il Con- te Altani,il Baron Bech
, e il Sig. fiuonomo, a’quali furono date commiifioni molto ampie, e chiare, di levare da Segna gli
Ufcocchi, e mettervi prefìdioTedefeo, e-
gafligare pofeia i colpevoli degli ecceflì commeflì . Il Sig. Buonomo fu
fpedho immediate a Gratz , per conferire
la rifoluzione prefa , e ricevere iflruzione anche da fua Altezza. Ma avvenne quello che piò
volte eraoccorfo, c regnante ITmp.
Rodolfo, che nel Confìglio Cefareo fu prefa rifoluzione, per rimediare
al ma- le, la quale in Gratz fu
convertita fempre in quella forta di medicina che lo fa peggiorare : cosi occorfe nell’occafìone
prefente , che gli Arciducali diflero eflfe-
re cofa giuda il gadigare, e rimediare; ma, per farlo in modo che metta
fine,
efrerneceflarìocheiCommiirarjs'informaffero, cractafleroco’Minidri
Veneti, e riferifTero a’ Serenifs.
Imperadore , e Arciduca ; e non efeguiffero , fe prima da fua Maed^ eda fua Altez. non foffe deliberato
quello che fi dovede mettere in effetto.
In Venezia comeladeliberazionedegr Imperiali fu commendata di giudizia e finceriik , cos'i fu immediate intefo dove
mir^e f aggiunta degl’ Arciducali , cioè,
che, non potendo trovare pretedo di difobbligarfi dall’accordato di Vienna
con al- legare eccezione alcuna contra
di quello , penlalTero difobbligarfi con idi mire una nuova tratuzione,nella quale obbliquamente
fodero introdotte le medcfime cofe, e
con qualche maniera , o hdrette , o glofate , fìcchè rimanedero fenza effetto:
im- perocché in altra maniera non
vedevano pretedo , per dipartirfi dalle cole promef- fc; poiché dall’altra parte era efeguito
quello che le toccava, e in quelbche re^
dava far loro non potevano pretendere aggravio; non eflendo cola piò
giuda, quanto proibirci! corfo , e nelle
guarnigioni tenere mfidio pagato ; ch’era la fo* danza delia promefTa;né avendo
probabilità,perinodrare d'edere dati in pane al- cuna gabbati; poiché lafcritturafufonnata,e
defa non, come è folito, da am- bo le
parti, ma dallaloro folamente , fenza che v'imervcnilfero i Venezia- ni , da’
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USCOCCHI. ni, da' quali poi fu
accettato. Non fi venne in Senato a delibera*
zione di mandare perlona alcuna a trattare con quei Comminar] , 0 per la ragione fopraddeita, o perchè era
noto che il motivo non veniva dagl'
Imperiali, ma da'medefimi Arciducali; o forfè anche per* chè volellero alpettare di vedere le prime
operazioni de'Commifiarj in efecuzioae
delle cole promclTe, per regolarfi poi come quelle aveffero infegnato«
Mentre i Commiflar) erano in viaggio, occorfe all’ Arciduca, per li Tuoi negozj, vifitare la Maefi^ Imperiale
in Lintz, dove, confor- me a quanto
prima da Gratz era fiato fcritto, furono replicate le feu- fazioni degli Ulcocclii , e rinnovate le
querele pel commerzio ,le- vato alla
Giuli; e propofio il progreflb che potrebbono fare le ar- mi Imperiali in Ita^a colla fponda
deirefercito che fi trovava am- mafiàto
in Milano; e furono anche fatti diverfi ulBzj , acciocché non foife difarmaco prima che fi vedelTc l’efito
delle cole di Segna. Ma 1 CommilTarj ,
giunti a Fiume , chiamarono a sè i Capi degli
Ufcocchi da Segna , i quali ricufarono di andarvi fenza falvocon- dotto. Furono i Commiflar] cofiretei a
concederlo, parendo loro ciò minore
Indignitk , che fe i chiamati foflero refiati contumaci. Col falvocondouo andarono a Terfau , e di 111
mandarono a richieder- ne un piò ampio,
diffidando del primo; e ottenutolo, andarono a
Fiume, dove furono ricevuti con termini amorevoli, e correli . I
Com- fniflàri prefero da loro
informazione del conflitto cogli Albanefi a Liefi- na, 6 della prelà della Galea, e delle altre
cole occorfe dopo il concor- dato , e
fubito li licenziarono , per ritornar a cafa ; o perchè da loro altro non volelTero, o perchè, fiance il
faivocondotto, non potelfe- ra efeguire
altro difegno. Dopo alcuni giorni mandarono il Segretario loro a Segna a comandare che folfero
confcgnaii i Turchi fatti prigio- ni in
Trebigne; e il Segretario non folo non fu ubbidito, ma git con- venne partire fenza veder efletio alcuno
degli ordini de' Commiflar]: e
quantunque ufafie minacce di feveriffimo gafiigo contra i contuma- ci, nè meno gli fu data rifpofia per
riportare a' Padroni.* le quali co- fe
dimofirarono in fatti quanto ditferente foflè la filma che da quei ribaldi era fatta de Minifiri di Celare
fupremo Signore , dal rifpetto, e dalla
ubbidienza che fu da' medefimt prefiata un' anno prima al Cheslin Commiffario Arciducale; e diedero
materia agli fpecolativi di credere che,
quando alcuna cofa da quei di Gratz èrimefla a quel- la Maefià, come eccedente la podefià
concefTa, ciò fia per forma di
apparenza, e coperta di Icufa*
Mentre che furono i Commiflar] in quel luogo, altro non fucceffe di conftderabile , fe non che i Kagufei
Ipedirono Achille Pozza a ri- chiedere
loro rimedio, per li danni degli Ulcocchi , e per li perìcoli Turchefobi, ne' quali li gettavano , il quale
non ottenne provvifione alcuna. Avvenne
anche che la Galea, o per fortuna, o per malizia, andò a traverfo, efidifllpò in tal maniera,
che fe ne vedevano le par- ti nuotare
per la riviera; e finalmente il corpo fi ruppe Cotto la tor- re Saba : c quello eh' è di maggior
confiderazione , fu gli oc- chi de
medefimi Commiflar] fette barche di Ufcocchi ufeirono di Se- gna , camminando dietro terra lotto la
Morlaca , e pizzicandt» le Ifole quanto
poterono ; il che fu poco , per la fquifita guardia Ttmù IL Gg g, eh* x3« STORIA ch’era in quelle, rirtirono i Commiflari nn
dopo l' altro, mandata a Grata l’
informazione fenea aver fatta altra cofa che ibfle veduta, o faputa; non mancando gli Arciducali in Fiume
di luggerire, e impri- mere, eflère
paflàto con loro dilbnorc che non fóllè ttato mandato a trattare foco ; e aggravando , con dire che
altre volte fi era mandato a trat- tare
cogli Commiliari Arciducali tanto inferiori degl'imperiali. Della dimora, e opera infruttuofa di tre perfone
infigni fpiccate dalla Corte Im- periale
era attribuitala colpa diverfamente . Altri l'afcrivcvano a man- camento del Senato Veneto, che non aveflc
mandato alcuno per fu» nome, allegando
che, quamfe fi tratta caufa comune, come fono tut- te quelle di (Ubilire una buona vicinanza,
conviene che fia per Mi- niftri da ambe
le parte maneggiata, acciò riefea con reciproca fodditfazio- ne: che i Cefarei non avellerò fatto colà
alcuna, per elTere mandati, non ad
operare foli, ma uniumente co' Veneziani : e quando bene a- velièro veduto foli applicare qualche
rimedio, non avrebbero potuto lar-
k>, per eflèr incerti fe quello folTe poi piaciuto a'Veneziani, e gli
a- veflè renduti contenti; e però che
con ragione dovevano eflèie feufati gli
Aoftriaci di ogni inconveniente che fol^ potuto fuccedere. Altri di- cevano che alfora fi tratta per comuni
Minillri, quando vi ò bifogno di
concordare diffèrenze; ma per efeguire le cofe concordate, ognuno dee fare la fua parte da fe fteBb: che quando
il Generale Veneto re- fiàtul il
comerzk), lo fece da sò, lènza alTiflenza di altri; che i prigioni erano fiati liberamente offèrti a chi fua
Mael& avelTe comandato fenza tra-
tare del modo di darli: che, quelle cofe fatte, i Veneziani non avevano
al- tro che fare, fe non afpettare
corrifpondenza coll'oirervanza delle cofe prò-
meffe ; che il mandare la Repubblica Commiflàri , per trattare
accomoda- memo, non farebbe fiato altro,
che rinunziare l'accordato di Vienna, nel
quale, poiché la parte Arciducale era fiata tanto avvantaggiata, ed era
efe- evito interamente tutto il
vantaggio di quella, nel nuovo congrelfo non
n poteva propone, ni rilbivcre fe non qualche cofa di più per gl’Arv ciducali, e qualche maggiore difavvantagio
per la Repubblica.- lenza, che fi poteva
con cenezza prevedere che, non avendo avuto luogo qoello che fi era fermato colla Maeftà
Imperiale, e coll’Altezza dell’ Arciduca
, molto meno fi avrebbe potuto fperare della trattazione de’ Minillri, i quali fe erano andati per
efeguire le cofe concorda- te, neflìin
impedimento fi può diré che aveflèro ritrovato, il qua- le colla prefenza de’ Veneti poteficro
fupetare.- ma fe con altro dife^ gno,
che daU’alTenza de’ Veneti, folTe fiato difiurbato, non poteva quello eflère fe non pregiudiziale alla
Repubblica. Gl’intendenti del- le cofe
di governo dicevano di più, che occorre fpeflb trà i Principi mandare Minillri per negoziare, ni mai quella
fi fii altramente, che avendo prima
rifoluto l’uno, e l’altro, che il bifogno vi fia, e con- cerrato quello che s’abbia a trattare, il
luogo, e bene fpefia anche il modo a
tenere. Ma che uno fpedifea Minillri dove, e con quelle com- miflìoni che a lui piace, e fenz’altro dire,
afpetri che l’ altro mandi a tratura con
quelli, ficcome i cofa non mai ufata, cosi, quando avveniflè, più rollo avrebbe ragràoe di
dolerli rinvinro lenza precedente
concerto, che l’ invitante a cui non folTe corrifpofio.' non poterfi
però aferivere a mancamento di fapienta,
e prudenza in Cefare, che non fu autore
di ut configlio , ma di chi T inventò, e aggiunfe in Gratz oltra
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USCOCCHI. 137 oltra le commiflìoni
Imperiali. Partiti i Commiflkn, refta^oBo i kdfi alTicurati deli'impuiiiik per le cole facte^
e inanimiti a tenere ritafiTa (lile
alPavvenire. Non racconterò le pertico lari prede di barche, o re* (celli, e le incurfioni fatte l'opra le Ifole
con una, ò due barche, perchè moh te
furono; e futbbetedio, perl'uniibrmitb, commemorarle tutte.* nar> retò folo una generai ufeita fatta mentre il
rigor del vento doofteinfe rallentar le
guardie, nella quale prefero quante barche incontmroRò alle riviere d’illria; e in Dalmazia i due
grippi con mercanzie, e da» nari; e alii
fcogli di Zara tré marciliane cariche di pannina, renft, c fpczicric; e una Nave che poruva drappi di
feta, lana, zuccheri, e altre merci di
valore v Paflkrono dopo quelli Ipogii ad offefe non più da loro ternate. Si ritrova in faccia di Zara
uno Scoglio, nominato di San Michiele,
con un CalUllctto nella lòmmith , dove ne i tempi de’fofpetti 0 tengono guardie, e lentinelle,
per ilcoprir il mare; ne i tempi
tranquilli reità il luogo , come di leggier momento , lenza guardia 4 Quelli uomini, con molto ardire ivi
montaci, e munito il luogo per quello
che poterono repentinamente, pofero dentro guardia della loro gente, per ben ifcoprire il mare,
e non folo ìnGdiare la navigazione,
dando legni accompagni de* Valcelli di viaggio, ma an- cora per awifarli di ichivar Tarmata
chetrandea per guardia di quel- le
riviere; e ciò fatto, con incredibile audacia fi mifefo ìoGeme in forma digtulla guerra, e in numero dÌ 40 o.con lèi
iiilègnc sbarcarono a Ro» iiaoze, vaia
della medefìmaCitth, e predato in qirella quanto vi 0 ri» trovò, pailatt innanzi ad Islan,
luogode’Turchi, preferoanimali, don- ne,
e nnciudt; ritornali per la via Aefla , portarono tutto a Segna, linfbrzata prima la guardia, e la munizione
di S. Michele ;donde per dilcac’* ciarli
, eflèndo lo fcoglio forte di Geo, fu bifogno di congregare la foldate» ica, e adunare molta gente, per paflare nello
fcoglio, e alTaltarii : di che elfi
avvedutifi, la notte fuggirono . A tanti inconvenienti avendo con0* dcrazione, il Generale Veneziano riputò
neceflàrio ufare più potente ri» medio,
che T impedimento del commerzio a Segna, per confolazione dc’fudditi, che, ritrovandofi danneggiati e
afflitti, erano vicini alla
difperazione, e a gettarfi lotto la volontà degTUfcocchi. Era
debole il rimedio ufato contra Segna
folamente, poiché quella gente, con ar«
rifchìarh ad ogni pericolo, luperava parte delle difficoltà; e col
riee» vere per via di terra fbccorfo da
altri luoghi Arciducali, rendeva io»
fruttuola Topera impiegata nell’ incomodarli. Sino a qucRo tempo i’ era alìenuto di levar il commerzio all’ altre
terre, per non diipiacere a fua MaeOà, c
a fua Altezza: all' ora, vinto dalla ncccffità, pensò che quei (Principi colla prudenza avrebbono
bene conofeimo che, quan* do fi foflè
riientico con tutte le terre loro polle a quella marina pel favore preparo a cosà fceleraci ladri , non
doveva cflère hcevuco per ofièfa da chi
fi difendeva da cosà gravi olt^gi , mà da chi lì cotn* metteva fono T ombra loro; e perciò proibì ad
ogni fona di perfone di poter andare
cofi vafcelli, .0 barche di mercanzie, vettovaglie, e di ogn’ altra Ibrta diprovvifìoni a qualunque
terra polla fopra il Quar. ner, c fopra
il Canale della Morfaca dì Bcfezfino a ScriUà. Ancorché 0no al tempo prefente non fia mai (lato
applicato rimedio proprio , che abbia
potuto ovviare pienamente alle fcorreriedegrufcoccni, que- 00 nondimeno é Rato in tutti i tempi il più
efficace ; perché, oltre al x 38 storia al levar a' ladri la comoditi di Ilare rutti
uniti in uni uogo , pel mancamento delle
vettovaglie , gli altri ludditi Audriaci , che
per cauli loro pativano , fi Iòno concitati centra i ladri , ed
efcla- mando alle orecchie della Corte
Arciducale, hanno collretti quei Mi-
niftri a fare qualche provvifione, per cllcre liberati dall’ incomodo
per all’ora. Cosi in quella occafionc le
querele, e i lamenti de’fudditi an- dati
a Grata , giunti cogli lifliz) dall’ altro canto fatti da i Miniflri della Repubblica alla Corte Cclarea,
indulTero gl’ Imperiali apenlàr di
levare quella molellia a lua Maellb con rimedio perpetuo; e gli
Arci- ducali a peniate di portar il
tempo innanzi, con dare qualche appa-
rente, 0 almeno leggiera loddisfazione : e communicati i configli
infieme, rimilèro a trattarne unitamente
al leguente Agollo, pei qual tempo
avevano i Principi di Cala d’ Aulirla intimato un congrelTo dì
tutti loro, e de’ deputati delle
Provincie foggette in Lintz, dove l’Impera-
dore fi ritrovava, per rilolvere negoz) importanti de’ loro Principati. E per dar ingreflb a quella trattazione,
fecero gl’Aullriaci per nome di lua
Altezza querela coll’ Ambalciadore della Repubblica, Refidentc prcITo a lua Maellb, che il Generale in
Dalmazia avelTe pubblicato un bando,
proibendo il commercio alle terre, c a’ ludditi tuoi di quelle riviere; e con effetti avelie trattenuto
diverfi valcelli che navigavano a quei
luoghi, per fomminillrar vettovaglie ; e ne avelie anche gettati a fondo parte di elfi ; e che ciò folle non
tanto con fua offefa , e dan- no
dc’fudditi, quanto ( il che piò loto importava ) a pregiudizio del- la libera navigazione che pretendeva nel
Mare.- al ch'era flato giullo, e
neceflario rimediare; che gib in Vienna fi erano ptomoHe parole di quell’ ìflellà materia, e concordemente era
fiata rimeflz ad altra tratta- zione:
che quello era il tempo, e luogo opportuniflimo di trattarla, che facilmente non fi prelenterebbe una
congiuntura ule, quando fof- fero
prefenti in una raunanza tanto frequente tutti i Principi di Cala d’Aullria, e anche i Deputati degli Stati
loro; deU’inicrelle de’quali tutti fi
trattava: e che, decifo quello capo, infieme fi avrebbe trova- to rimedio alle cofe degli Ulcocchi. A quella propofizione fu dall’ Ambafciadorc
rifpollo in follanza.- che in quella
materia dì navigazione non era fncceduta novitk alcuna; ma era fiata femjrfe libera ad ogni torta di
perlonc lotto le leggi della Repubblica,
che fono neccllaric per conlervarla; e tale cllece la men-, te di lei che fia mantenuta tempre. Elfere
flato proibito nuovamente^ il commerzio
alle terre, dove gli Ulcocchi erano ricettati, foccorfi, e favoriti , appunto per ovviare alle
infellazioni loro maritime princi-
palmento, e mantenere libera la navigazione, e a’ danni, e alle
ollefe che inferifeono in terra.- che
mentre gli Ulcocchi avellerò ricetto in
quelle terre, nè elfi potrebbono allenerli da’ ladronecci, nè la
Repub- blica lafciare di perfeguitarli,
e ribattere le offelc. Raccordò le pro-
melfe fatte in Vienna con parola di fua Maellk, c di fua Altezza in ifcritto, e replicate molte volte in voce,
che il Mare rollerebbe net- to, e
liberato da’Pirati di Segna; e che nè di la, nè da quei contor- ni ufeirebbono perfone a danneggiare la
navigazione, nè i vicini: e recitate
tutte le molcllie, e offelc dagli Ulcocchi inferite dopo il trat- uto di Vienna fino a quel tempo, loggiunfe
che per religione, gin- ftizia, e
riputazione de i Principi, erano obbligati ad efeguire le pro- melfe;
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USCOCCHI. 139 melTe, con che anche per
corrifpondenz» farebbe retiduto il commer-
zio alle terre, ficcome fu renduio l'anno innanzi per rifpetco, e
of- fervanza verfo fua Maedb
finceramcnte, fenza aver altra fìcurezza,
che la fola fua promcfsa, quantunque le ingiurie ricevute dagli
Ufcoc- chi fin’ all’ ora folTero da non
fcordarfi facilmente; e che gli at;ticoU
da fua Maeflli, e da fua Altezza promefli all’ara non conteheiTero, il total rimedio, e folTero flati conglciuti
per molte fpertenze paflàte
infufficienti ; laonde, per debita corrjfpondenza , fe la ragione,
l’one- flb, e roITervanza della fede
debbano aver luogo , fi dovrebbe ormai
vedere Teffetto delle promelTe: ch’egli afpettava che da quella
rau- nanza, fecondo la intenzione
datagli, da Configlieli di Cefarc folfc
pollo fine a tjucllo fpinolb negozio. E perciò riulcirgli cofa molto in- afpettata l'udire in luogo di qnello, che fi
trattafie d’ implicarvi altri negozj di
lunga digeflione, che non potevano fervire ad altro, che a portar in lungo Tefecuzione delle cole
promelTe; che il negozio degli Ufcocchi
gik era in piedi, e fi ritrovava in tale flato, che non fi vedeva adito, nè apertura di ravvilupparlo
con pretenfione di libera navigazione,
ovvero con alcun’ altra fomigliante; ma bensì, termina- to quella, che non aveva bifogno di
trattazione, ma di efecuzione del- la
parola, e fede data , la Republica non farebbe fiata aliena di trat- tare ogni altra difficoltb : anzi il metter
fine alle moleflie degl’ Ufcoc- chi
farebbe flato un facilitare la tratuzione di navigazione; che la Republica aveva fempre ricevute , e
incontrate tutte le occafioni, per
metter fine a qualunque differenza colla Cala d’Aullria,- e che in Vien- na erano fiate conofeiute le urgenti ragioni,
per le quali non fi pote- va trattare,
nè di libera navigazione, nè d’altro negozio prima che a quello degl’ Ufcocchi folTe rimediato; e
perciò di comune confenlo era Hata
rimelTa ad altra occafione: e rellando le caule le medefime, conveniva tener per decifo, che nelTuna
opportunità di trattar altro poteva
venire, (e non era levato di mezzo quello impedimento, che non concedeva T unire altra cola con lui. I
Configlieri di Gratz per quello non fi
molTero dalla loro rifoluzione; ma fi fermarono collan- temente in quello, che non occorreva parlare
degli Ufcocchi, fe in- fieme non fi
parlava di quell’ altro punto; il quale tanto premeva a fua Altezza, che fenza quello non avrebbe
potuto afcoltare ragiona- mento di
altro; febben gl’imperiali non fecero fopra illanza alcuna. Quelli che fludiano, per indagare i fini
delle deliberazioni, credettero lo feopo
degli Arciducali non eflcre flato altro, che di fcanfare il par- lare degli Ufcocchi; cofa molto abborrita da
loro in ogni tempo; e la mira de’Celarei
elTere fiata di vedere prima rifoluto un altro pun- to, che fu propollo, e rellò iniecifo nella
raunanza, cioè, fe fi do- veva attender
alla guerra, o alla pace co’ Turchi, forfè a fine di ca- var alcuna fomma di danari, quando fofle llau
la guerra rifoluta, con negoziare
qualche cola d; Segna. Quello che in ciò fólTe di vero non fi può affermare. Ma poiché il negozio della libera
navigazione Tanno precedente in Vienna
fu difgiumo da quello degli Ufcocchi, e rimelTo ad altra trat- tazione, e a quello tempo in Lintz fu
promollb dagli Auflriaci, per riunirlo a
quello degli Ufcocchi, e non fu trattato, avendo i Vene- ziani perfeverato m tenerlo difgiunto; quello
luogo ricerca un poco di di- X 40 STORIA di digreflione , per efplicarc che cofa fi
pretendeva colla richief^a dì libera
navigazione, e in che tempo ebbe origine la pretenfione; e qua^ li ragioni aironi ^fTero ufate da ambe le
parti. Dopo una lunghiflìma pace trli i
progenitori di Mafllmigliano I.
Imperadore, e la {Repubblica dì Venezia nel 1508. ebbero principio leggiere perturbazioni, le quali fecero
progrclTo a notabili, e memoran- de
guerre ; e fu la Repubblica per zz. anni feguenti con quel Prin« cipe, c colla pofteriib lua per varj
rifpetriora in guerra, ora in pace, e
ora in tregua; nel fine de quali, l'anno 1528. furono compolle tut“ te le differenze, e conchiufa in Bologna una
pace, la quale durò oltra tutto quel
fecolo con Carlo V. Imperadore, infìeme con Ferdinando fuo fratello, Rè d’ Ungheria > e Arciduca
d’AuRria, Perchè nella divì- lìonc tra
loro fratelli lette anni hmanzi fatta, tutte le Terre AuRria- che conhnanti co' Veneziani erano toccate al
Rè Ferdinando; \ confini delle quali
colle Terre della Repubblica erano molto intrigati ; per- lochè molte difHcolt^ erano da decidere,
parte per le ragioni pubbli- che de'
Principi, e parte per quelle de’fudditi privati, che non pote- rono, per la moltiplicitb, e per la lunghezza
della cognizione che ri* cercavano,
elTere terminate in quel trattato di pace. Fu aU'ora il tut« to pollo in quiete con un capitolo, che
dovefle elfer iRituito un tri. banale
arbitrario, per deciderle. II tribunale fu eretto in Tremo, dal quale fu la Icntenza pronunziata nel 1535*) c
tutte le differenze ( eh' eccedevano il
numero centenario ) difHnitivamente furono terminate. Qui però non ebbero fine le diihcoltky
imperocché, neU'eleguìre la Temenza,
altre si attraverfarono, e col progrclTo di tempo ebbero origine da ambe le parti nuove querele;
pretendendo ciafeuna che dal- Taltra
folTcro fatte varie innovazioni. Laonde, per metter fine a tut- te le differenze, fu da Ferdinando, fuccelfo
all’ Imperio per la cefllo- ne del
fratello , e della Repubblica dì concerto comune iRituiu in Friuli nel 1503. una raunanza di cinque
Commìflàri, un Proccurato- rc, c tre
Avvocati per parte, i quali trattalTcro le dilhcoltli, cosi an- tiche, come nuove; e da’ Commilfarj folle
poRo fine lotto la ratihea- zione de’
Principi. QucRo cosi gran numero di giudici fu dall’ Impera- dorè richieflo, per loddisfare a’fudditi fuoi
di varie Provincie intcref- fati in
quelle caule . Per la parte Imperiale i Commillàrj furono , An- drea Pcghcl, Barone in AiiRria, MalTimigliano
Dorimbergli, EIcngero da Gorizia,
Stefano Sourz, Antonio Statemberg ; Procuratore Jacopo Campana Cancellier di Gorizia.* Dottori,
Andrea Rapizio, Qervafìo Alberti,
Gian-Maria Grazia-Dei « Per la Veneta CommiRàrj furono SebaRian Veniero, Marino de'Cavalli, Pietro
Sanudo, Gian BattiRa Centanni, AgoRio
Barbarigo: Procuratore Gian Antonio Novellò Se-
gretario.* Dottori, Marquardo Sufanna, Francefeo Graziano, Jacopo Chizzola .
Nella Radunanza furono da ambe le parti efprefle IcrichieRe; e do- po aver difputato, e parte compoRo, parte
decifo le altre differenze pubbliche, fu
prefa in mano una richicRa del Procurator AuRriaco in qucRa forma .* Ejufdem Ì/Iajejlatis nomine
re^uiritur ut poft bac illm fub- ditisy
atque ei'tis in Jìnu Adriatico tuth navigare ^ ac negotiari liceat» Jtem ut damna Tergejìitth Mcrcatoribus , atque
aliis illata rejlituantw\ c accompagnò
il Rapizio Avvocato la dimanda con dire che quella non era
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USCOCCHI. ^4I era caufa da trattare
fotttlmente : effer cofa notininia, che la naviga- zione doveva efler libera: con tutto ciò i
Navilj de'fudditi di Tua Mae- fìò erano
alle volte fatti andar a Venezia, a pagar dazj; che di que- Ao fua MaeA^ A doleva, e faceva idanza, che
vi fì rimediafle. A ciò rifpofe il
Chizzola, Avvocato della Repubblica, elTer coÌk
chiara che la navigazione dee eflfer libera; ma a queAa libertà non eflere ripugnante quello di cui fi dolevano;
poiché ne i paefi liberìflU mi chi
domina rifcuote dazj, e ordina per qual via debbano tranfita- re le mercanzie; e nelTuno fi può dolere,
Tela Repubblica per li fuoi rifpetti ufa
quoAa facoltà nel Mare Adriatico, eh’ è fotto il fuo Do- minio: e foggiunfe che, fe intendevano di
difputar la loro richieda, gli avvertiva
che non poteva elfer introdotta tal caufa in quel giudi- zio, idituito folo per elecuzione delle cofe
fentenziate; elTendo cofa no- tidima che
la Repubblica, come Signora del Mare Adriatico, efercita- va appunto c^uel dominio che da immemorabile
tempo aveva fenza nef- funa interruzione
el'erciuto, cos^ nel rilcuoter dazj, come neU’adegnar luogo per la efazione.* e che la protenfione
propoda era nuova, e mai piò da nedun
antecefsore delflmperadore, nè come Rè d Ungheria, nè come Arciduca d'Audria,e delle Provincie
adiacenti, nè da fua Maedà in tanti anni
mai per innanzi permefsa. Interrogò ì Cefarei che dicef- fcro quando mai piò era data pretefa tal
cofa.* che non fu pretefa in- nanzi la
pace di Bologna, perchè la differenza farebbe data terminata all' era, ovvero nmefsa al giudizio
arbitrario: che in Trento furono
traratte piò di izo. controverfie, e di queda non fu fatta menzione:
adun- que fino a quel tempo non fu in
piedi una tale pretenGone.* Mà s’era
nata all’ora per innovazione fuccefsa dopo la fentenza di Trento,
dicef- fero quale, e quando ebbe
principio; perchè egli era pronto a modra-
re ogni cofa efsere di aniichidimo ufo, fenza una minima novità:
però non doveva elser udito chi veniva
con dimando non originate , o dalla
fentenza, o dall* innovazione. A
ciò il Rapizio rifpofe che non intendeva far il fuo principale fondamento fopra quello che a rutti è
notiflìmo, cioè, che il Mare è comune, e
libero; e che però a nefsuno poteva proibirfi il navi- gare per qualunque luogo gli parelse, e
febbene alcuni Dottori di- cono che la
Repubblica hà preferitto il Dominio dell’ Adriatico col lungo pofsefso, però non Io provano; e a*
Dottori che affermano una cofa di fatto
non fì crede lenza pruova ; e perciò non voleva di- morar in quedo, ma venir al principale, cioè,
che, quando anche la Repubblica folse
padrona del Mare, i fudditi Imperiali potevano
navigare Uberamente per le capitolazioni che trà i Principi tono
da- bilìre; e però cfser appartenente a
quella Radunanza la richieda pro- Mda;
alla quale, poiché cosi era da' Veneti richiedo, aggiungeva per fondamento: ^ra libera navigaM mmris
Adriatici cum Majejìatis fu€ Cefarex ,
tur» fttbditorum damno^ Ò" incommodo ab Jllujhijpmi Domi- nii Veneti triremimn PrxfeBis impedita ftmit
cantra capttula Vorma^ tixy Bononix^
Andeeaviy & Venetiis inita, £ qui portò U pafso della capitolazione dì ^logna, la quale cosi
dice: comune% fuhdito tiberey tutOy
& featre pojjjint in utriuftpue StatibuSy & Domi- niis , tam terra , tjuam mari moran ,
negotimi non bonis fuh ; be- neqke (T
umamter tradenìur y ac Ji cjjcnt imoUy tT fnbditi iUius Prit^ Tomo li. Hh
X4X STORIA r^ù, X Domlali, m/ui
fratrias & imùaia rJihuu; pnvUexur^ ni
va , auf alitfua iajuria ulta de caufa iis inferatur > celeriterque
fvt adannijintar , Recitò anche i
capitoli delle tregue d‘ Afigiers , e de
Vomies, e della pace di Venezia, che fu regidrata a’fuoi tetn> pi , benché non folTe bifogno , per elTere
dello fteflb tenore . Pon- derò la
parola libere , confìderando che libere è aggiunto al verbo navigare ; perlochè fi dee intendere fecondo
la legge comune , per cui ognuno può
navigar liberamente: e non farebbe libero chi fol- lie corretto andar a Venezia. Aggiunfe di più
che la parola libe- re conveniva che non
folfe fuperflua , ma bifognava che operalfe
alcuna cola di più, che le due parole iati, & fecare ; nè altro poteva importare , falvo che , fenza
impedimento , o molellia , o pagamento
di dazio : a ciò aggiunfe che vi erano più di 400. ijucrele de’fudditi con vafcelli fatti andar
a Venezia, e fatti pa- gar dazj , per
elTere capiuti ne i Porti per fortuna , o per altro . Leflc una fentenza d’un Rettore di LieCna,
che liberò una Nave ca- pitata a quell'
Ifola per fortuna; e narrò che alcune barche di fale erano Rate lafciate andare dall’armata Veneu
al loto viaggio fenza mandarle a
Venezia. Conchiufe che la fua richicRa fi Rendeva a que- lli tre ponti.- Che i Ridditi AuRriaci
poteflero navigare per tutto dove loro
piaceva.- Che per andare ne i Porti della Repubblica per tran- Cto non pagaRero; E andando per mercantare in
quelli non pagaflcro più, che i ludditi
del Dominio. Replicò il Chizzola promettendo di
rifolvere chiaramente le obbjezioni dall'altro introdotte, ficchè
non rcRcrebbe luogo a replica; e di
moRrare con ragioni vere, ed elhca- ci,
che quanto veniva operato da’MiniRri della Repubblica nel Gol- fo era fatto con legittima autorith . £
rifervandoR a parlare dei Dominio del
mare dopo , ma prcfupponendolo , nel prmcipio inco- mmeiò dalle Capitolazioni, e difse prima che la
parola libere non Rava appoggiata, come
il Rapizio diceva, al verbo Navigare; ma
a' verbi .- marari , tS" negaeiari tàm terra , qudm mari ; e però
con- veniva intendere libere come la
legge comune intende, quando fi di-
mora, o negozia in cala d'altri; ch'è olfervando le leggi, e
pagando i diritti del paefe. So^iunfe
poi che quelle capitolazioni trh la Cafa
d’AuRria e la Repub^ca erano ugualmente reciproche, e che non vi ora convenzione più a favore degli AuRriaci
nello Stato di Venezia, che de’ Veneziani
nello Stato degli AuRriac^ nè cRer paniita maggio- re liherth nel mare, che nella terra; ed
edere chiare le parole colle quali fi
dice che i Ridditi di ciafeuna delle due parti poRano (limo, rare , negoziare e mercantare negli Stati
dell’ altro , cosi in terra , come in
mare, e fieno ben trattati. In modo che i Ridditi Veneti non hanno d’avere minore liberih nelle terre
AuRriache, che i Riddi- ti AuRriaci ne’
mari di Venezia; e per virtù di quelle parole, quello che Sua MaelHi vuole avere nello Stato della
Repubblica, conviene che lo conceda a
lei nel Rio.- e fe Sua MaeRù Cefarea nello Sato Rio di terra non concede a’fudditi della
Repubblica fare la Rrada che loro piace
, ma li coRringe paRare per quei luoghi dove fono pa- gati i dazj , non può dimandare che i fuoi
poflàno andare pel mare della Repubblica
per tutto dove l»r» piace, ma ded contentarli
ohe vadano dovei rifpetti diRuelU che ne bù il dominio comportano. Digitized by Google DEGLI USCOCCHI. 143 Se Sua Maeft^ fa pagar dazj nella Aia terra
, la Repubblica faccia pagar nel Tuo
mare. Gl'interrogò, fe pel capitolo volevano che foC» ie levata, 0 riAretta la facoltà all’
Imperadore di efigere dazj? le nò,
perchè volevano che folTe levata, 0 rìAretta alla Repubblica per un capitolo che parla di ambi i Potentati colle
Aefle parole? MoArò con narrazione
particolare , che dalla pace Veneta del 1523. fino allora V Imperaaore aveva crefeiuto dazio con
aggravio de’ ludditi Veneti alle
vettovaglie , e mercanzie che palTano dall’ uno all* altro Stato in maniera, che ciò che pagava uno era
aumentato in alcune a 16. in altre a 20.
In particolare narrò che il ferro già a quel tempo aveva libero tranfito,| e non pagava cofa
alcuna: che di nuovo Sua Mae Ah aveva
impoAo per dazio lire 18. per miglia)o, e aveva ordina- ti i luoghi per dove fi paAalTc a pagarlo;
fuori de’quali foAe contrabr bando, dove
prima il mercante poteva fare che Arada gli piaceva; che fi pagava un carantano per manzo che fi
conduceva per Venezia e l’a- veva
accrclciuto ad un ducato con danno delli Beccati di quella Città: e fe Sua Maellà Aima lecito nello Stato Tuo
fare quello che le piace, fenza repugnar
alle convenzioni, non può penfare che la Repubblica, facendo quello che le torna bene nel proprio,
le contravvenga: aggiun- fe che in ogni
pace Aabilita trà due Principi dopo una guerra, h con- viene che i fudditi poflano dimorare, e
negoziare liberamente, non ad efclufione
de’daz), ma bensì sì efcludono le violenze le oAiliià , e im- pedimenti ch’erano ulatt prima, durante la
guerra, e non fi leva, o rìArin- ge
l’autorità, nè dall’uno nè daU’altro Principe, nè in terra, ne in mare. Alla clùarezza, e forza di queAo dilcorld
rcAarono così lotpefi gli AuAriaci
mirandofi Tun Taltro, che il Chìzzola giudicando non else- re ncccfsario fermarfi più in ciò, pafsò alla
pruova del capo prefuppo- fio che la
Repubblica abbia il dominio del mare, e dìise; Efsere verif- fima la propofizione che il mare è comune, e
libero, ma non altri- menti di quello
che fi dice ie vie pubbliche elsere comuni, e libere: il che s’intende, che non polsono etscr
ufurpate da alcuni privati per loro
proprio fervizio, ma rcAino alfulo di cialcuno;non però libere sì,
che flon fieno lòtto la protezione, e l’
imperio del Principe; che ognuno pof- ià
far in quelle liberamente tutto quello che gli piace, a dritto, e a tor- to; che tal licenza, e anarchia è abborrita
da Dio, c dalla Natura, così in Mare,
come in terra: che la vera libertà del Mare non el'clude la protezio- ne, c fupcriorità di chi lo nunticne in
libertà; nè la foggezione alle leggi di
chi ne ha l’imperio; anzi ncccAariamenic le include; che tanto U Ma- re, quato la terra è foggetto ad elser divifo
trà gl' uomini, e appropriato alle Città
, a’ Potentati ; il che, già ordinato da Dio nel principio del ge- nere umano come cola naturale , fu anche
molto ben conofciuio da AriAotile quando
diAc che alle Città marittime il mare è territorio, perchè da quello cavano l' alimento, e la
difcla: cofa che non potrebbe elTere, fe
non fofle loro appropriata parte di effo, non altrimcnte che al modo, come fi appropria la terra, la quale
è divila trà le Città, non in partì
uguali, nè proporzionate alla loro grandezza, ma quanto hanno potuto dominare, e guardare. Berna non
è la maggior Città deU’Elvczia, e pure
hà tanto territorio, quanto le altre dodici inficme, c la Città di Norimberga, molto grande, appena
efee col territorio fuori delle mura. La
Città di Venezia molti anni è vifiìuta lènza punto dipofiènìone in T0mo II, Hh 2 terra 144 STORIA lena ferma. In mane parimente alcune Citt^
di molta fona, e vitti hanno occupato
molto mare; altre di poche forze fi fono contentate delle proflime acque; nè Inno mancate di
quelle che, (ebben maritti- me, avendo
alle fpalle terra fertile , fi lono contentate di quella, fenza ulcir in mare; altre che, impedite da
pii potenti, fono fiate coftrette ad
afienerlene,- per le quali due caule una Cittì, febben marittima, può Aare fenza poOédcr mare. Aggiunfe che Dio ha ifiituiti i Principati
per mantenere la giufii- zia ad militi
del genere umano : che quelli fono nccelfarj cosi in ter- ra, come in mare. Che San Paolo dille per
quella cauta eflère debi- te a’Principi
le gabellee contribuzioni.- che larebbc una gran firavat ganza lodare le terre guardate, regolate, e
difefe, e biafimaie ciò nei mari. Che fe
qualche mare ^r la fua ampiezza, ed ellrema lontanan- za dalla terra, non può eflere protetto, e
governato, quella è pena del genere
umano, Cccome è anche, che vi fieno difetti cosi grandi in terra, che neflimo pollà proteggerli, come
nei fabbioni di Affrica, e in molti
luoghi immenfi dell' Atlante . E ficcome è dono di Dio che una terra fia colle leggi, e colla forza
pubblica retu, protetta, e go- vernata,
cosi il medefimo avviene in mare ; che furono ingannati danna grolla equivocazione quelli che diisero , la
terra per la fua llabilià poter elser
dominata, ma non il mare, per efser elemento inconllan- te, ficcome nè anche l’aria; imperocché, fe
pel mare, e per l’aria intendono tutte
le parti di quegli elementi fluidi, certa cofa è che non polsooo eÈere dominate, perxJtè, mentre fi
fervono gli uomini di una parte, l’altra
fcorre.- ma quello avviene anche a’Fiumi, che non pof- lono elsere ritenuti. Quando fi dice dominar
il mare, overo il fiu- me, non s'intende
l'elemento, ma il fito dove quelli fono polli . Scor- re ben l’acqua dell’Adriatico, e non può
efsere ritenuta tutta,- ma il mare è
l’illefso, ficcome il fiume; e quello è quello che flhfoggetto alla proiezione de' Principi. Interrogò gli Aullriaci, fc la pretenlione
loro era che il mare fot fe lafciaio
fenza protezione , ficchè ognuno potelse lare in elso , e be- ne, e male, corteggiarlo, depredarlo, e
renderlo innavigabile? que- llo efser
tanto firavagante , ch’egli voleva per loro rifpondere che nò.- adunque conchiufe che per necefsaria
confeguenza la Maellh fua voleva che
fofse guardato, protetto, e 'governato da quelli a’ quali toccava per dilpofizione divina: ma le cosi
era, ricercò, fc loro pa- reva ginfta
cofa che quelli tali lo facelsero con fola loro fatica, loro fangue, e loro fpefe; o pure che vi
coniribuifsero quelli che ne go- devano
frutto? A quello anche rifpofe per loro, eh’ è troppo chiara la dottrina di San Paolo, per non alleare la
Gmrifprudcnza , che tutti i governali, e
protetti fono obbligati alle contribuzioni, e ga- belle. Adunque conchiufe che, fe la
Repubblica è quel Principe a cui
appartenga dominare, e prot^ere l’Adriatico, fegue neccefsaria- mcnie che chi le navin debba Ilare foggetto
alle fuc leggi, non al- trimenti che a
quelle «Ila rcgioiie ttrrellre chi tranCta per quella. Pafsò allora a moflrare che quefio dominio
da immemorabil tempo era della
Repubblica, e fece leggete da una raccolta i luoghi di tren- ta Giureconfàlti , che dal ijoo. fino all’eth
fua parlarono del domi- nio della
Repubblica fopia U mare, tome di cofa notilIima,e imme- mora-
Digilized by Coogle DEGLI
USCOCCHI 145 morabile ne' loro tempi ,
difcendendo alcuni fino a dire che la Re-
pubblica hb dominio di eflb non meno che della Citth di Venezia; dicendo altri che l’Adriatico i il
territorio, d il diftretto di quella Cit-
tb, facendo menzione della legittima podeltti fua di lUtuire leggi
alla navigazione, e d’imporre dazj a’
naviganti; e foggiunlè ch'egli non fi
raccordava di aver veduta alcuno che diceflè in contrario; e
rivoltoG al Rapizio, dilTe che, s’egli
non voleva credere a quegli Scrittori i
quali attcllavano, che il mare foOé de' Veneziani, poffeduto da imme- morabile tempo, precedente la loro eth, perche
non lo provavano, non però poteva negare
di riceverli per telUmonj di quello che nel
loro tempo vedevano; e averli per fuperiori ad ogni eccezione,
efièn- do uomini famofi, e che, da tanto
tempo morti, non fono interelTa- ti
nelle cofe prefenti, e per 150. e più anni corrono dal più vecchio degli allegati all'ultimo, teda per
l’attellazione. loro provato che giù più
di unti anni la Repubblica hh dominato il mare, e per ciò non poterli negare l’immemorabile poflelTo al
prefente. Indi rivolto a’ Giudici, li
pregù che fopra le autorith allegate afcol-
talTera una fua breve coqfiderazione, la quale lafcierebbe Toro com- piutamente impreflà la verith. Ponderò prima,
che febbene alcuni de’ recluti luoghi
parlano con parole generali, dicendo, il mare de’ Vene- ziani, non efprimendo quale, e quanto quello
fia, altri però lo Ijpeci- ficano,
ufando il nome di Golfo, e altri con termine più erpreluvo, dicendo l’Adriatico, che fpecifica non loia
il fito, ma anche la quan- tità del mare
poffeduto; e con quelli che parlano più cfprellàmente modrò doverfi dichiarare quelli che in
termini più generali fcrivono, conforme
al comune precetto, che co’luoghi chiari conviene illumina- re gli ambigui. Confiderò apprefib che il
varùi parlare di quei Dot- tori, facendo
derivare il dominio della Repubblica in mare, chi da preferizione, altri da fervitù indotta, e
alcuni da privilegio, è nato, perchè,
ficcome erano inrormaiiRlmi del poOeflb, ed efercizio di quel- lo che vedevano, e udivano ellèrc dato
l’ideflb da tempo immemora- bile; cosi,
fcrivendo in quella materia, non ad idanza d’ alcuno, ma di proprio moto, e per forma di dottrina, ciafeuno
giudicò erprimcre meglio il titolo, chi
con un termine, chi coll’altro, fenza curarli di ufare il foln, vero, e proprio, come
avrebbono fatto, dove fofl’ero dati
condotti a fcrivcre per interede di alcuno; nel qual cafo i Con- fultori fono fempre conformi, ricevendo
daU’intereffato la medefima idruzione.
Soggiunfc che però quella varictb non diminuifee punto la fede, anzi faccrefee, come Sant’Agodino dice,
parlando della diver- fitli che trù i
Santi Vangelidi s’odcrva; perchè dal modo diverfo, ufato da que’ Scrittori, può redare ognuno
certificato che nefliino di elfi ha
fcritto nè pagato, nè pregato; ne’ quali cafi non lì farebbono partiti dall’tinico modo, dall’ interede loro
preferitto.- anzi da chi ben efitmina,
vcderfi tiù quei Dottori una mirabile concordia in queda unica, e lineerà veritù; e che dopo la declinazione
dell’ Imperio Co- daniinopolitano ,
ritrovandoli 1 ’ Adriatico per più anni abbandonato ( come anche molte Ifole, e Cittù di quello
Stato ) in modo, che redava non
cudodito, c lenza protezione, e governo di Principe al- cuno, c fodit la giurifdizione di neduno, fu
dalla Repubblica, per ri- cevere il fuo
vitto da quello, codretta a mantenerla netto, prelò fot- ta la
^^6 S T ORIA. to* la fua
protezione, acquiilatone governo, e dominio nel modo in cui per diritto naturale, e delle genti le
terre, i mari, e le altre co> le che
non fono lotto il dominio di alcuno, diventano di quello che prima le occupa; colla qual ragione furono
fondati i primi Imperj, COSI in terra,
come in mare; e alla giornata le ne formano de’nuo> vi, quando alcuno, per la vecchiezza, e per
li vizj, indebolito, man> ca di
forze, e cade. £ in quella cudodia, e in quel governo del ma- re cos'i acquidato, la Repubblica s"è
andata avanzando con potenti e fempre
maggiori armate; con fpefa di molti teforì, e con profufìo- ne di molto languc de’ tuoi Cittadini, e
fudditi, continuando lenza in-
terruzione in colpetto di tutto il Mondo rincominciato domìnio, e cudodia, e fuperando, e rimovendo tutti gl'
impedimenti che in prò- grelTo, o da
Pirati, o da Potentati, cos\ d’Italia, come dalfoproda riviera, le furono in diverfi tempi eccitati.
Soggiunfc che ì Profcflbri del parlare
con erquifui termini di gìurifprudcnza non codumano dire acquidato per conluetudine, falvo che il
poter valerfi di quello che de jtrrc
civili è pubblico ad alcun ufo privato, fenza impedimento dcirunivcrlàle, come di pefcarc nel fiume
fenza impedire la naviga- zione; con
tuttociò nem impropriamente fi dar^ anche titolo di con- fiietudine, dove lark acquidato, e
continuamente tenuto in protezio- ne e
dominio, un didretto, o terredre , o marittimo, abbandonato, c da neduno pofleduto, come Bartolo, Baldo,
Cadrò, e altri alTegna- no. Ma bensì per
virtù di prclcrizionc non poterfi dire propriamente pofTcduto, fé non quello di cui colf ufo fia
dato un’altro IpogUato; il qua) titolo
non cade in quedo luogo, poiché la Repubblica non hù ipogliato alcun poflcflbre del mare, ma l’ha
acquidato, ritrovandolo abbandonato, e
lenza Padrone, o podeffore; poterfi però dire in certo modo prefcrizionc, come fe un Falcone,
abbandonato dal Padrone, e inlelvatichito,
poi da un'altro prefo, fofle addomedicato, e per lungo tempo nodrito; lebbene non propriaaittnce ,
però non inconvenicntemen- te d*rebbc
codui d’ averlo prelcritto. Similmente la proprietà di par- lare non ammettere Tufo della voce, Servitù,
fe non quando al pro- prio territorio è
acquidato alcun particolar ufo in quello del vicino, il quale però redi Padrone del fuo: in quedo
fenfo U Repubblica non ha indotta
fervitù nel mare alla lua Cittù, perche non vi ha acqui- dato foio un ufo l'peztale, redando il
dominio ad altro Padrone; ma vi ha
aflunto l’intero, c totale dominio di quello ch’era abbandonato, nè da alcuno governato, o dominato.* poterfi
nondimeno, per certa projxirzionc ,
chiamare lervitù , in quanto la Repubblica è data codrct- ta ad adlimcrc quel totale dominio, e governo
per fervizio della fua Citr\, che nè
aveva bifogno. Qiianio a privilegio, ceru cofa edere che qui non può avere luogo alcuno, poiché
non vi era all’ ora chi lo potefTe
concedere. L’imperador Occidentale in nedun tempo mai vi ha avuta podedk, nè autorità alcuna; nè i
Principi in Occidente vi hanno avuta
alcuna giurildizionc, o lupcriorith, tanto meno pote- vano darla ad altri. In Oriente queirimperadorc,
per non avere for- ze da tenerlo, gii
l’aveva abbandonato, e perciò fpogliatofi di ogni forta di podedi, c di quella podèdìone, che
avvede potuto ritenere coir animo, ne
fece cedione nelle paci, etranfazioni fuccede pofeia tri queir Imperio', c la Repubblica. Con tutto
ciò i Giureconfulti Italia- Digilized
by Google DEGLI USCOCCHL147 oi, come profeflbrì del jus CefareO) e
giurati nelle parok di qudloi
dcvotiflìmi della Maedà Imperiale^ come fc ancora regnafle Augudo) overo Antonino, G fono sforzati con ogni
eftorGonc di verificar neU* Imperador
Occidentale quel detto.* Imperata tft Dimtinm Mtindi^ il quale fino in quel tempo, quando Ga
pronunziato, non era vero in , una
centefima parte del Mondo, e al prefente non è in alcuna confi* derabile proporzione/ e mentre vogliono far
onore alflmpecidore, e dargli con parole
quello che nè bk, nè può avere, non fi guardano
dalla firavaganza di parlare: e ficcome diflero che neflun Rè
pofiede Stato alcuno legittimamente , fé
non per concefiione Imperiale, diflero
ancora che la Repubblica pofledeva il mare per privilegio
deirimpera- dore. Mli ben apparifee in
che fcnlb fu da loro detto, poiché neflu*
no di elfi vuole che vi fia intervenuta mai conceflìone; ma chi lo
fi- gura privilegio prefunto dalla
immemorabile pofleflìone; chi interpre-
tativo dalla feienza, e pazienza deiflmperadore, che vuol dire
tanto, che fe diceflero che i Rè
Crifiiani pofleggono i loro Regni, e la Re-
pubblica poQ'ede TAdriatico cosi legittimamente pel titolo del loro ac- quifio, come fe que' Regni, e quel mare
foflero fiati deirimperadore, e da lui a
quei Principi, c ad efla Repubblica conceduto. Cosi fi di- latò il Chizzola rpaziofamence in parlare
de'Giureconfulti, per eflèrc campo di
Tua proteflione; e conchiufe poter ognuno refiar certificato, che cosi in fatto, come in ragione) coll'
autorità di quei Dottori era- no pofii
fodi fondamenti alia caufa che difendeva.
Indi al tefiimonio de’Giureconfulti aggiunte gli Storici, i quali nar« rano che la Repubblica già più di 300. anni
rifcuoceva dazj da’ navi- ganti, e
teneva barche armate in guardia con ordine di far andar i NavUj a Venezia; tefiificando che
continuamente dopo fino al tempo loro fi
fcrvò i’ificflb; ma fopra le loro attefiazioni non fi fermò mol- to, dicendo che ficcome fono buoni tefiimonj
de i fucceflì occorrenti , cosi, quando
fi tratta di provare le ragioni de'Principi, o de’privatt, convien valerfi di fcritture autentiche, e
ufar gli Storici con gran dii- crezione;
eflendone alcuni mofli, chi da amore, chi da odio, e da fperanze ancora, che li cofiringono ad ufare
adulazione, ovvero iper- Mi, fopra le
quali non fi può fare fodo fondamento. Portò ancora l’atto del Concilio generale di Lione nel
1274. dove l’Abbate di Ner- vefa,
delegato dal Pontefice in una pretenfione degli Anconiuni, d« avere libera navigazione, fencenziò che la
dimanda fofle rigettata, e che i
Veneziani non foflèro molefiati nella difefa, e protezione dell* Adriatico da’ Saraceni, e Pirati, ne foflero
turbati nella pofleflìone loro d’efigere
i diritti delle gabelle, e de’noli.
Aggiunfe il Chizzola, non eflervi memoria quando primieramente fbfle fiata creato in Venezia un Capiuno di
Golfo, perchè nel 1230. fi abbruciò la
Cancellerìa colle memorie di tali elezioni: mà da quel temp o fino al fuo fi poteva mofirare
da’regifiri pubblici la continua
fucceflìone degl’ eletti fenza alcuna interruzione. Similmente
aggiunfe ancou che refiano i regifiri da
quel tempo fino all’ora delle licenze di
tranfitare pel mare con legni armati, o con perfone, o con robe per loro ufo, da diverfi Principi poflelfi}ri
di riviere fopra l’Adriatico xichieftc,
da Pontefici Romani, Legati, Vicari, e Governatori, c Co- munità delie terre di Romagna, e della Marca,
da’ Rè di Napoli per la Ph- 2.48 STORIA ti Puglia; delle quali molte furono
concefle, alcune negate, e alcune anche
in parte folamente concedute; mk elTere fuperfluo allegare i fat- ti di quelli, i fuccefibri de'quali non
promuovono dillìcoltk. Difcende- rebbe
allo ipeziale folo de’ PrecelTori di Sua Maeftk , come de’ Rè d’ Un- gheria, e dell’Arciduca d’Auftria. Recitò un
breve di Papa Urbano Sello diretto al
Doge Antonio Veniero folto la data in Lucca 14.
Giugno I j88. in cui gli rende grazie che colle fue Galee deputate
al- la cuRodia del Golfo fia Rata
liberata Maria Regina d’Ungeria , rite-
nuta in prigione a CaRel nuovo; e due altri congratulatorj; uno
alla Regina fuddctta ; l'altrp al Rè
Sigifmondo , che poi fu Imperadore ,
marito di quella, rallegrandofi parimente con loro deiriRcffa
liberazio- ne fatta per opera del
Capiuno, c delle Galee Veneziane deputate al-
la cuRodia del Golfo. Indi fece
leggere un falvo condotto conceflb a richicRa di Rodolfo Conte di Sala per nome di Ladislao Rè di
Napoli, e di Guglielmo d’ AuRria del iì
99 - ta. Dicembre, che la forella del predetta Rè, fpo- fata al foprannominato Arciduca , fi poteflc
condurre per Mare dalla Puglia alle
riviere dello Spofo con Galee, e altri legni in tutto in nu- mero circa di dodici, con condizione che,
fopra quelli non folfe rice- vuto alcan
bandito da Venezia , o che avelfe operato contra il domi- nio cofa per la quale meritalfe la mone ; del
qual làlvocon^otto fi val- fcro gli
AuRriaci, che a TrieRe s’imbarcarono per Puglia a quel fine COSI nell'andare, come nel ritorno. Non fu
però la Spofa condotta , perchè avendo
il Rè differito alquanto tempo la partenza della forella, in quel mentre ella s’infermò, e pafsò
all’altra vita. Ancora portò due
lettere dell’ Imperador Federigo al Doge Giovan- ni Mocenigo, la prima in dau di Gratz l’anno
1478. 24. Settembre, la feconda nel
147?. a. Aprile dal medefime luogo , nelle quali nar- ra d’aver ordinato che fia portato di Puglia,
e Abruzzo a’ fuoi CaRel- li del Carfo, e
dell’lRr», «srta quantitk di frumento, e richiedendo permiflione che fia portata liberamente;
chegli fark unpiacere il qua- le
riconofeerk colle maggiori grazie.
Soggiunfe una lettera di Beatrice Regina d’Ungheria a Giovanni Mocenigo Doge nel 1.^1. ultimo Gennajo, dove
narrato il fuo defiderio d’avere per ufo
proprio diverfe cole da’ luoghi d’Italia; le quali non potendoli portare fenza permiflione della
Repubblica, dimanda che per li^ralitk, e
amicizia le fia conceflb, che loriceverk percola grau, e corrifponderk . E un altra del Rè Mattia d’ Ungheria
alTiReflb Doge nel 1482. atf. Febbrajo,
in cui dopo aver narrato che la Repubblica era folita a concedere licenza ogn’anno a’Conti
Frangipanni, padroni di Segna, c altri
luoghi marittimi, di portare dalla Puglia, c dalla Marca una quantitk di vettovaglia, e dappoiché erano
paflàti quei luoghi in ma- no fua, s’era
tralalciaio il farlo; pregava che folfe conceflb l’iReflb a lui, e fofsero fpedite le lettere fopra di
ciò, e date alla perfona man- data
efprefsamente per riceverle, che lo riconolccrcbbe in grazia e corrifponderebbe . E un’altra del medefimo Rè ad AgoRino
Barbarigo Doge 1487. 18. Ottobre, nella
quale, dopo aver narrato di avere bifogno di le- gname, per riftaurar una Fortezza nella bocca
di Narenu; prega di poter Dìgitized by Coogle DEGLI USCOCCHI 149 poterlo condurre da Segna per mare, e che
gli fieno fatte le lettere patenti,
ofierendofi a gratificarne anche incofe maggiore. Aggiunfe aquefie una lettera di Anna, Regina
d'Ungheria, nel 1502 30. Agofto, nella
quale narrata la fterilith del paefe di Segna, pregat dipoter farcondurre inquella Citth cerca
vettovaglia di Puglia, e del- la Marca,
dando al portatore mandato erpreOamente la lettera della licenza, offerendo di riceverlo in gran
piacere. Per ultimo portò una lettera
del 1504. 3. Settembre, di Giovanni da
Dura, Capitano di Pifino, Minilfro deU’Imperador Maflìmigliano , il quale ferivo al Doge Leonardo Lotedano, che
Jacopo Croato, fiiddito di SuaMaefih,
partito da Fianona, entrò, nel mare il qual i fàtto- pollo al dominio della Repubblica , per andar
a Segna , e fu aflalito da una barca
armata di violatori del Mare in vilipendio della Signo- ria; e fupplica che fia fatta qualche
provvifione. , Sopra tutti quelli
particolari ponderò quello che meritava di elfere confidcraco, rifpetto a i tempi, alle
pecione, e qnalich de’Principi: e per
maggior confermazione deU’aflcnfo loro, raccordò, l’anniverlària ce- rimonia di fpofare il Mare in prefenza degli
Ambafeiadori , e partico- larmente di
quello di fua Maeflh, e de’ tuoi Antecefibri, coile parale tifate : Dcfpmfamia te Mere in Jigman veri ,
& perpetui àominii . La qual
cerimonia febben dagli Serheori è detto che avefle principia alfendo Alelfandro III. in Venezia; dagli
llefli nondimeno ò aggiun- to che folfe
illituita in legno del dominio acquillato innanzi jme te! li.
Alle 400. querele , e alla fentenza di Liefìna rìfpofe ,
ringraziando come di cofe portate a
favor fuo, perché le querele prefiippongono
la proibizione; e le fentenze, o condennatorie , o alfolutorie ,
provano la giurifdizione : e intorno
alle barche di tale diffe che non furono
fatte andar a Venezia, come non fi fa mai andar alcuna, per elfere proibito ch’entri in quella CitA l'ale
forclliero; e fe non lu gettata in Mare,
fu cortefìa, che non dee effer imputata a pregiudizio . Con- chiufe di avere dato il vero fenfo alle
capitolazioni, eprovata la pof- felfione
immemorabile dell'Adriatico; che avrebbe potuto dire più co- le; ma gli pareva fuperlluo , rollando chiaro
per quelli due punti che la pretenfione
era nuova , e la richiella non poteva aver
luogo. I Cefarei, dopo aver
trattato infieme , vennero in rifoluzione di non. perfeverare nella dimanda per giullizia; e il
Barone del Suora aperta- mente differo
la Repubblica elfere Padrona del Golfo, e potere metter i dac) che le piace; • che cos'i fentivano in
loro cofeienza: ma infie- me aa 'be
erano di opinione che, per l’onellh, e per l’amicizia della Cala H' Aulirla, dovefle farlo col minor
incomode de’fudditi di quella che fjf.
;ogibile. DilTero gli altri tre, che non era tempo di appro- vare, nc «il contrailare il dominio del mare,
ma bensì di ritrovare per curtefia
qualche temperamento: che la Repubblica riceveflé i fuoi diritti da'UiJditi Aullriaci naviganti, e
folfero levate quelle condizio- ni che
lOno d’ iiieomodo loro, e di nelfun utile a lei. Furono efaminari diverfi partili, e fi conchiufe di
riferire a’ Principi, ficcome
convenivjTf^erire ogni altra cof.v determinata; eflendo lacommilCone
fotta )aratilicaziomdiefli,elaraunanza
ebbe fine. Ma la relazione arrivò in tempo
T om, It ‘ li che t.50 STORIA rherimperadore ,pcr
gi«veinfennid,nonpoMviati«a animali, e grofli, e minuti. Quefto accidente difpiacque molto a fua
Altezaa, per le circoftanze di efler
occorfo nello Stato proprio , ej contra la fede daa da’fuoi Miniftri; e con indizio anche molto violenta
di complicithcosl attefo il lungo
viaggio fetto dagli Ufcocchi per la giurifdizione Arciducale feima elTer mai fiati impediti, n- divertiti;
come anche attefa la re* fiituzione btu
per ordine de’Magifttatia’fudditi.loro folaiqente, reftan- do tutto il danno agli altri. 1 Miniftri della Repubblica riputarono che
per li danni inferiti non baftafle
rifentirfi cantra gli Ufcocchi fojamente ; ma convenire appref lo in tal accidente , per debito delia
protezione dovuu a’fuoditi , che si
adoperalfeto per zilàrcirli con appreiaglie : opera , che fu fata da una, Galei che sbarcò veriò
Fianona,emcoòvia , febben non ugua- le numero
di animali , quanti gli Ufcocchi avevano predato , quei perù che fi poterono aver ne i luoghi vicini
, i quali furono ìm* mediate diftrihuiti
a proporzione a dannificati per rifacimento .
Per quefto fetto gli Ardwali rimaUi alla Corte. Ceferea , dopo la
Digitized by Google DEGLI
USCOCCHI la jarienza del lor» padrone,
fecero grave lamento, che fua Altezza foT-
(e fiata provocata da’Veneti nelle terre fue patrimoniali lenza
nelTuna olTela precedente dal canto fuo
e de’fuoi fudditi; e rifpondendo a chi
loro opponeva la prenarrala , che non era con violazione della
giuri- fdizione Veneta; che toccava a
liiaAlteaza rifentirlì come di malecom-
mellb nello Stato Tuo proprio ; e che prima del partir fuo da Lintz aveva rifolnto di volerlo fare ; quefia
rirpolla fece maravigliare cia- fcun
intendente delle leggi, e del diritto delle rapprefaglie, che appun- to fi concedono , , perche quegli , cui tocca
fare riTeniimento contra i malfattori
colla giuflizia ordinaria, non lo là.
Ma la Maefh Cefarea, acciò, moltiplicando le offeCe^ non nafceflè qualche grave fcandalo , fcrifle lettere all’
Aroiduca , cfonandolo efficacemente a
mettere la mano, e provvedere . Mentre a Gtatz
fi configlia come foddisfare alla volonà della Maeflk fua,
accollato- fi il verno, quando alle
guardie riefce dannofo lo Ilare lungamen-
te in mare , fecero gli Ufcoahi diverfe furtive ,] e improwife ufcite .
Diedero fopra l'Ifoh d'Ofléro con generale preda delle due Ville di Luffin , fpogliatt delle proprie vedi fino i
fanciulli , e le donne ; baflonati, e
feriti quelli che fi dolevano , e pregavano di mifericor- dia ; e fopra Pago fvaligiarono la Villa di
0>lune , e poi lo Sco- glio di
Proveechio appartinente all’ Ifola di Veglia . In mare non perdonarono a Valbello di qualGvoglia fora ,
non fo!u rubbando ; ma ritenendo i
marinai più principali , e dando loro rl'-rtco. Tanti inconvenienti , e le lettere della Maellh
Cefarea m..ro.o finalmente il
Seteniffimo Arciduca a mandar a Segna il Signor Ha’:, Baron di Echembeig , General di Crovazia ,
accompagnato i! a buon numero di
faldati, parte Tedefchi , parte del Contado di Gorizia, acciò potelTe sforzare i contumaci , e regolare quella
Cittb . Qucito Signore , giunto in Segna
, con fcvero comandamento fece adunare il bottino^ delle teire di Luffin , e altre del dominio
Veneto ultimamente fat- to , e fece
pagar lire quaranta per tclla a cinquanutrè Ufcocchi che intervennero a quella preda , pel
mancamento che fi poicf- fe trovar in
efla • Fece un bando , che io termine di quindici giorni tutti i Venturieri fi prefentaflero a
lui , altrimenti reflaf- lero banditi
colle loro famiglie; de’ quali una parte ubbidì, e un al- tra fi ritirò alle montagne. Dopo aver fata più volte la moflra , e
rafiegna di tutti , im- prowifamentc ne
imprigionò noi CalleUo trenunove , nel qual nu-
mero furono i C^pi tutti , e alcuni anche di baffa lega , e degl’ infimi ; a’ quali tutti fece immediate
fvaligiare le cafe da’ Tede- fchi
condotti ficco ; e per sé pigliò l'oro gli argenti , le fete, e altre cofe di prezzo ; immediate fece tagliare il
capo a quattro Ufcoc- chi , ladri , ma
uomini lenza feguito , di baffa condizione e de’ più miicrabili . Fu anche Autore che in
Bucati foffero imprigio- nati da quel
Governatore due Ufcocchi fuggitivi da Segna ; e ne| giorni feguenti imprigionò , e fvaligiò la
cafà ad alquanti altri ad uno ad uno ;
fece correr voce di volere lafciar in Segna pez
guarnigione cento Tedefchi , e cento nativi di quella Citih
lolamen- tc, e trafponar* gli altri in
Ottofàz ; ma indi a pochi giorni gl' int-
Tom, II. ' li I prt Digilized
by Google a5^ STORIA prigioiuti, eh’ erano al numero di
trentarei, avendo dalle lorofacohì, e
dagli amici, trovato modo di ricompetarfi , pagando tutto quello che poterono, furono liberati T Non ardf peri
egli di liberare apertamente Vincenzo
Carlinovicli , capo, e autore d'innumcrabili mali, particolar- mente del barbaro trucidamento di tutti i
faldati, e pafleggicrì della Galea, e
dell’atroce, e hera uccifìone del Sapraccomito, febben donò grolTamentc per cjuefla caula; ma lolo gli
diede modo di fi'^ire. Fatte queue
elecuzioni, mandò il Conte Cefana a parlare col Ge- nerale Veneto, e dargli parte delle caufe
della fua miflìone, e richie- dere che
foITcro aperti i palli,- folTe reflituito il commerzio, offeren- dogli, quando dcfiderafle alcuna
foddisfazione particolare, far tutto il
poflìbile, acciò la ricevelTc. A quell' uffizio il Generale corrifpofe ,
nar. rande la mente della Repubblica
elfer tutta volta alla quiete, nò al-
tro efla defiderare, fe non l'cfecuzinne delie promelfe fattele.- che
i Venturieri toffero tutti fcacciati;
non folfe dato ricetta a’banditi; e
foOero levati i ribaldi dal nido dove ricevono comodo di offender
il vicino: che, quelle cole fatte, egli
troverebbe in tutti iMiniflri della
Repubblica una perfetta corrifpondenza di buona vicinanza.- mi non
fa- peva gik come perfuaderfi di vedere
melfo in opera quello debito, men. tre
le reliquie della Galea erano nel porto di Segna, c Icartigliericfopra le muraglie, e gl' imprigionati gittflamente
per quello, e per altri midat- ti,
liberati, ^uell’ uflizio non ponò in confeguenza alcun buon'effetto; anzi i Capi gl'; tmtti di prigione Aitoiio
onorati, e favoriti, partico- larmente
Vincenzo Carlinovich Ji fopra nominato; il quale, dopo effer fuggito, gli donò, oltra le cole dette , un
prigion Turco, a cut era fiata impolia
una taglia di quattro mila ducati . Non loto egli fu richiamato in Segna , ma gli fu dato uno de'
quattro Capitanati , e fu pigliato tn
protezione di- fua Altezza Fu. pgfta m -filenzio la traslazione in Òttolaz ; i rifuggiti alla
a poco prefero annuo di ritornare / e
il Generale, dopo tfere idtlBoylftin quel-
la Cittk circa cinquanta- giorni, parti ioicp ^ conto a fua Altezza delie cofe fatte, e
ricever ordme mnllielle che doveva fare,
lafciata parte dei prefidio de’ Tedcldtt che feco aveva condotto, e Iparla fama, che Ira due mefi
farebbe ritornato . Pigliò in compaoM
fua Vincenzo Carlinovich, per condarlo alla Corte, e fargli comennare il Capitanato. Candulfe feco
dodici cavalli da foma, due carichi tra
danari, e argenti,- dicci carichi dipanni; e altri lavo- ri di leta , tappeti prcziolì , e cùmbelioti
cavati , parte da’ prigioni che liberò,
e ^rte dagl’altri cbe.^ «menda il medefuno, prevennero la mata ./ortuna , avendo .reBdutaiquclla
gente piò avida alle prede
coll'inpoveiirla, aggtula impalilo di chi, ellratto dalle giumente
tutto il latte , le manda. a PUtdo
altrui , acc^ fi riempiano delle foflumze di altri'. S' ceno che in
danari portò via cento cin- qoanta mila
fiorini: di quanto prezzo iblfcro le altre cofe afporiate li parlò variamente; c, quello eh' c notabile,
appropriò anche a sè quel- lo che,,
raccolto aveva de’boitini fatti ultimamente a Lufiìn, e a Col- lane. (
Immediate dopo la fua partenza ritornò in Segna il rimanente di quelli «h’ èrano fuggiti alla . montagna , e
iodi a pochi giorni parti la
Campagoiade’Teddchi, da lui lafciata^ per mancamento di viveri ; fe però ciò
Digitized by Google V. /
DEGLI USCOCCHI però ciò non fu
piuttonopretefto, cheveritli; e quello fu il fine limi- le in tutto a quello che le altre milfioni
Je’ CommilTar j hanno cotife- guito; fe
non che quello eccede, avendo non participato, come gl’ al- tri, ma prefo il tutto, e lafciati gli
Ufcocchi dirguflatilTimi, che fi
querelavano al Cielo dell’ ellorlioni fatte all’aperta, e fenza alcun
ri- guardo; e a bocca aperta dicevano
ch’egli aveva potuto operare con
confidenza tutto quello che gli tornava meglio, confidato nella
poten- za del fratello, uno de’ piò
favoriti Minillri di fua Altezza. Il medefi-
liao Capitano Frangipane rellò tanto difgullato , che rinunziò il
Capi- tanato, e fi ritirò alla fua terra
di Novi, feben la rinunzia alla Cor- te
non fu accettata. Ma i Minillrà Ifeaeti,
dopo il facco generale delle terre di LulTin,
di Collane, c di Porpecchio, gih preparati al rifacimento de’ danni
de’ fudditi, intefo l’ordine dato da
fua’ Maefiò , e poi la rllbluzione di
fua Altezza coll’attuale milfione deU’Echemberg, giudicarono bene
fo- pralTedere, e afpeturo le
provvilioni che folTero da lui fatte: e quan-
do intefero ch’era raccolta quella preda per ordine fuo, tanto piò
lì confermarono che convenifle veder
feCto . Ma udita la fua partenza da
Segna nel modo deferitto, irritati, maICme dall’ aver applicato a sò il bottino fatto io quelle terre, vennero
in rifoluzione di rilarcire ì fudditi
colle rapprefaglie, cosi per conlolazione loro, che, veduti i finillri andamenti, s’alìliggevano, difperati
di poter vedere folievamen- to ; come
ancora per gaitigo, e per metter freno a’ misfatti; e il Ca- S itano del Golfo, pollato nella riviera di
Valofca, e Lovrana, depre- ò quelle
urre. Ritrovò tra le altre cofe alcuni maggazzini con mol- ta quamitò di frumento, biada, e farina, che
raccolta dal Contado di Pifino, era ivi
polla in rilerva, per ellòre condotta a Segna; del- la quale riputaudo necelTario privarne quella
terra, ricatto de' ladri, nè potendo
afportarla, ordinò che felTe abbruciata; e palsò l’ incendio oltra quello che fu creduta, parte per la
vicinanza degli edifizj, e par- te per
gli eccein de’lolJati, in modo che rellarono molte cale abbro- ciate; e fu maggiore il danno del fuoco, che
delle robe tolte,* le qua- li
elfendodillribuite a' danneggiati, non ballarono per rifarcirti iKlIa me- th. Non rellò oifefo alcuno nella perfona, e
leChiefc rellarano intat- te per
efpreflo comandamento del Capitano; e quantunque la princi- pale li rìtrovalfe piena di frumento, quello
rimale lalvo per rìverenaa del
luogo. Un’altro accidente fuccelTe
nella fortezza di ScrilTa, con altra no-
me chiamato Carlobago , eh' è uno dc'fcUi degli Ufcocchi dirin^pet- to, e tre miglia Iblamente lontana da Bagof
Ctuata in luogo eminen- te della
Morlaca, che domina tutta quell' Ifoia, la quale dagli Ufcoc- chi di quel prcfidio viene dannificata , non
come gli altri luoghi, al- le volte, c
con intervallo, ma perpetuamente; avendo quelli della For- tnza comoditb, come da luogo* fuperiore, di
veder dove li facciano le adunanze dì
animali , andando appoftatamente a' luoghi , e fenza fallóe. Gli Ufcocchi che guardavano quella
Fortezza , ben confapevo- li
deV^difperazione degl' iTblani , e quanto fitrrebbono Rati pronti ad attentaW|,ogm cola, per lìberarfi, penfando
di ulare la miferia e fem- plicitò dt
poveri uomini per mezzo di acquilbr premj da i loro Padroni, ouMuoaiono un trattata doppio.
Negoziarono Con ogni for- ta Digilized by Google Z54
STORIA u di apparai u di
rcaltii, e promirero al Conte di Pago, che ad ua legno ravrcbbono introdotta nel Callello.
Dall'altro canto mandarono a Segna ad
avvilàre il trattato, donde fu immediate fpedito fegreta- mente Paolo Dianifi vich con 30. Ufcocchi. Al
giorno deilinato il Conte , prefa una
parte di una Compagnia di foldati , ch’era alla guar- dia ordinaria dell'Ifola, e buon numero
d’ifolani, al fegno dato an- dò; ed
elTendogii aperte le porte, lenza ufare le canzioni debite, e folite in fimili occorrenze, molto
fcmplicemente entrò il primo, e fu
feguito da tutu la gente con molta confufione: furono immediate
col- le archibulate alTaliti dagli
Ufcocchi, che ulcirono dalle infidie, onde
renarono morti il Conte, e il Capitano de' foldati, e alquanti de'
pri- mi; e degl' altri parte fuggirono,
e altri circondati furono tagliati in
pezzi, e reliarono morti quaranta foldati, e altrettanti uomini
dell* Ilola , perduta la bandiera cosi
degl’lfolani , come della compagnia de'
faldati, le quali dagli Autori del doppio trattato furano portate
pri- ma a Gratz alla Corte Arciducale, e
poi anche aH'Imperiale, per ri- cevere
premio. Quello fecondo accidente fu fentito in Segna con pia- cere; nè è maraviglia, poiché fu operazione
degli Ul.occhi; ma è ben maraviglia che
fentUfera con gudo il fatto di Lovrana , quantun- que folTero reftati privi della vettovaglia,
(perando che per quello fof- fe loro
concefla aperta liberà di Icorrerie dal loro Principe, 1 Miniftri di fua Altezza fecero gran lamento
alla Corte CeOirea per tutti due quelli
fuccelD, ehtgerando il primo per l'importanza del unno, e il fecondo pel rilpetto della
Fonezza; e aggravando, che, per elTere
terra della Corona di Ungheria, era flato tentato un’atta odile contra la Maelà Cefarea principalmente.
Ma quanto al fatto di ScrilTa tre cofe
dicevano i Veneziani.- Prima, per quello, che toc- ca gli Autori del doppio trattato, che le
infidie tele a quei poveri innocenti
furono effetto della perfida di quella gente, che tempre da nell' inventare modi di feminare dilcordie
tra i Principi, per confer- varfi nella
licenza del far male : poi per quello che appartiene al Con- te, e a gl'lfolani di Pago, che il loro hne
di liberarli dalle molcdie degli
Ufcocchi m qualunque modo fu buono, elfendo per necctfaria di^; ma il difetto di prudenza, in non faper
dtfeernere un tratta- to finto, fu alfai
pagato da loto colla vita. Ma per quanto tocca i Principi; che il tentativo, quando fofTe
anche riulcito, non avrebbe avuto fine
con ofiela della Maedi Celarea : e per fede di qtu-do , nar- tavano che nel I5pz, avendo gli Ulcocchi di
Scnlfa fatti danni no- tabili in Pago,
il General Veneto aflaitò la Fortezza, e la prefe; e pochi giorni dopo mandò a lignificare
a’Commcflài; Celarci, che al- lora erano
in Segna, non aver avuto altro fine, che di gailigare gli Ufcocchi con ogni rilpetto allaMaedli
deU’Imperadore ; però mandaf- léro altri
Soldati, che Ulcocchi, per guardarla, che l’avrebbe confe- gnata: il che quando non aveffero fatto, egli
però non intendeva di tenerla, ma
l'avrebbe fpianata, acciò i Turchi non fc ne impadronif- fero,I CommelTarj mandarono nn Capitano
Tedclco che con loro era, al quale fu
coniegnaca immediate ; ficchè l’Imperadore non udì prima la piefa, che la confegnazione , e cosi fua
Maellk , come 1 ' Arciduca Ernello, che
allora governava per la minor eih di Ferdinanda, iniele le caute dd fuccelTo,nan riputarono che loffe
coatta la buona intelligenza. Ma Digilized by Google DEGLI USCOCCHI ^55 tm, cucilo che m yiieuQ» er* coavci^ito :
e w u ui i»»** m fe cob impofllbile^' e
«he le «ofe opecue ae',mfnifto Veneti so» M-
fero i>er neceflitìi di fjcurexza , o per ^ullo riiarcu^to de duni dp fudditi, ccene predicaveng / poifhe non era
proceduto al,cim dannolg- ro dagli
Ufcocchi, ma eia uea pigvof^iaM, e dUwne di oneUcw intacco della riputaaiooe di fua AIuim^ la
|luaU> quando non joDe reintegrata
colla relUtuzione , e con laftiare libero il
naceva effer falvan, fe non colla guerra; non manundo chi loltenel- le la parte de’ Veneziani, rifpondendo, non
eflere biu^lp> di dilcono, ma
d’infpezioae g dimollrare, fe Taccordaito fofc (lato adempiuto, ve- deodofi tutti gli Ufcoecbi ritorngti in ^ nazioni, e incurlioni non pib per intervalli
di Wpu , continua ferie di oSéfe; non i
Qipi, ma alcuni miferi, S'“' lÙzìati
per fola apparenza, eflere de’meno colpevoli ; che niente eia dato operato dai Miniftti Veneti, fe no"
8^*" prvocazione : u ìucccflo delle
barche ptefe efler originato dalle prede, e da altre mgiuM precedentemente latte : quello di tovrana
elfete dato una giuda corri- fpendenza
per li gravi danni di Lufm^ C Collane; eia dilazione ^r a- (pettare, le TCctiemberg avefle provveduto, non
dover pregiudic^.; f/t il tempo
ÙKcrpofto ildanno, e'J riiarcimento, che non amvòa tje meli, poteva date nome d’ illazione
d’inporia a quello che tu ^ bcimento
differito; mentre vi ea mgione d’afpettar® 1 *• •* andava pubblicamente lettera del Vedovo m
"S"*» fu-itm ad un'altro
Prelato alla CorteCeiàrea, la quale attribuiva all Eehembere la caufa di ogn’ iuconvcnience , .
• i. la Maedh Cebrea, eccitata dalle
moltiplicate querimonie ^ ambe k P*^ti,
oosi precedenti b mildone deU'Echemberg , come fmeguenti la partenza dì gnello, deMftnla di metter
fine a cmi moleuo oMO- aio comandà m fuo
Gonfiglio c!« vi applicaffe 1' apirao con maggior ac^ratczza- e fu tifiJuto di tenere una
confiiltazione , nella qi^ veniflè
ancora l’Ambafcbdor Veneta , accib con difculjone di ambe If parti più beilmente foffe trovato lo
fpediente. Furònoanclie rn^rn- u in
ConfinUo l’ Ambafciador Cattolico, e il Fiorentino, Minidti di Prìncipi cerumente colmi di bonth, e giudizb,
c cosi «ingiunti cm SereiiiBimo Arciduca
Ferdinando, che per fangue, e ^nith, umpoi-
feno effer più prollimi. Non è certo fc foffero inv.tar^ per
«Viatori non parendo che nè delluna, nè
dell’altra gualuh Vi toffe bilb to.
In^lU Raunaiua, dopo tango dihaKimento di tag^, * fio», fu conchiulbche, affermando una Wtte di condii, e negando 1’ altra , hifognava
vederne U venb ; e perù cho l’impcradorc
fpeditehbe immediate Comminino a Segna, P« •j?’’ cuziow aUe cofe concordate, quando nttovaffe
™ efeeuita msiù fi eSèttuerebbe in
termine di un mef; Che la EepabWica pm
irebbe manèbr Miniftti ivi, non per trattare, maperap^e >.f afficutarfi cha in acfiun conto fofte
.mancato; nmeirouJo P*” / Digilized by Googlc z^6
STORIA mandar, u non ^uUlfcre,
come' meglio le foITe parato ; e fn tanto
da ambe le pari? fi fofpendcflero le oflefe. Fecero iftanea gli
Arcidu- caU. che folfe dichiarato
dovcrfi imendcrc lotto nome di fofpende-
ofTcfe, il celTare di tenere le terre rifirctte ; inretelTando
qtiiden^ tn f-tmpenidqre con dire, non
elTere dignità di Celare operare cola
U'Rnubblica teneva la Ipada in mano minacciando, tóme fe per foni .'\^i^e. cnftringete foa
Maefià ; e tanto maggior, mente, quanto
elm ipcótnIiilMfva a far fatti colla milTione di Com- milTario. Ma daU'ahta ^He era confiderato non
potcrfi fperare che 'la Repubblica
condifcendelTe ad allargar comodo a' ladri di faredam ni ma^iori, avendo tante volte veduto che
mainon erano flati aper- ti i pam fenza
quella confegnenza; e che larebbe difficile farla venir a fatto cosi importante, non dando in cambio
altro che. parole: im- peroccl)^ la
miluone innanzi che il Commiflàrio aveffie eleguito con-, fiflcva in parole, e non i fatti; e che non
teneva la Repubblica le arme in mano per
minacciar Principe alcuno , non che fua Mae-
flh , fcmpre olTervata , come metiu tanu dignità ; ma folo per
difen- dere lì flelTa, e i luoi
fudditi.- che le continuate dimoflrazioni diper- petua olTervanza della Repubblica verfo
quella Maeflà non lalciereb- tono
entrare Cmili conce tti ; e la virtù dell’ Imperadore rendereb- be certo ognuno che farebbe molto folo dal
fuo religiolo animo, e per puro zelo di
giuflizia: anzi,pinttoflo che potelse el'ser alcritto a timore di quello ch'era per debito di
religione, e di promelsa, po- trebbe dar
a molti maraviglia la dilazione neU’eleguirlo - I Celarci con^ chiufero che alla Repubblica fofsc rimelso il
levare, o non levare le guardie ; e folo
ballar loro che operalse in tal maniera , che il Commilsario potelse ftar in quelle terre con
dignità di Sua Maeflà . Di quella
riloluzione fu data parte all’ Arciduca con lettere Impe. riali; c lua Maeflà ordinù al luo Segretario
refidente in Venezia, il quale
accompagnò con fua fpezial lettera credenziale per quello par- ticolare, d’ efporre, come anche, dopo aver
prclentata Inietterà, ef- pofe,cbe Sua
Maeflà aveva rifoluto di mandare Commilsario a Segna, per vedere, intender, e regolare tutto quel
negozio, e fare quanto conviene alla
buona vicinanza: che pregava Sua Serenità a dare que. gli ordini le parefsero concernenti pel .buon
fuccefso, ed effetto, di quel- la
fptdizione- A quello uffizio, degno della religione, e giuflizia di tanto Principe, iu corrifpofto con
lignificare al Segreurio quanto fof- .fe
grata la comunicazione di mandare Commilsario a Segna; e con quanto maggior contento si avrebbono intefi
gli effetti; aggiungendo, obblazionc di
non tralalciarc cofa alcuna, per foddUlàre Sua Maeflà, e per far ogni dichiarazione co’ fatti
dell’animo fempre diipoflo. a con- tinuare in buona vicinanza: e con lettera di
fpeziale creanza peri’ Ambafeiadore le
fece dire lo fleflb- Fu gratiflìina a’Veneziani quella de- liberazione dell' Imperadore, cosi per
defiderio di veder il fine delle
moleftie; come per efsere chiaro teftimonio che Sua Maeflà medcfima non feiuiva efsere flato mancato ad alcun
debito di csnvenicnzaquaq- do non fu
maudato alcuno a trattar col Conte Aluni, e coi CoUe- ghi a Fiume . Diedero immediate ordine al
Generale di Dabnazia che fofse fatto
ogni onore, edita ogni comodità a quello che per nome di Sua Maeflàandafse aSegna,
einqualunquealtro luogo di quelle marine.
Deli- 'd by ( -■ >Oglb DEGLI USCOCCHI a57 Deliberò Su* Maeft^ mandare per CommiBario
Giovanni Prainer, Governator di
Giavarino, pcrfonaggio di gran qualità, reputato giu- (lo, di valore, e con riroluzione; il quale
lebben fi ritrovava allora in Ternavia
per negoziazione importante (opra le cofe diTranfilvania, lo fece andar alla. Corte, e lo fpedi con
iftruaione, dcU* if capo principale fu
di vedere fe il trattato di V^nn* *t* eieguito; c fare quello che fofle neceflarip per total
efie^uaione; con ordine che andaflc
prima a Gratz, conferifle l’iftruzione coll’ Arciduca, e im- mediate paflàlTe a Segna per l’ cfecuzione ;
tenendo per fermo che avelTe Sua Altezza
lo lleflb fine, e defiderio di una buona prov-
vifiione ; e folfe per coadiuvare ; aggiungendo alle iftruzioni im- periali le fue maggiori faciliti, e la lua
fermezza. Andò il Prainer a Gratz , e
dall’ Arciduca non gli fu ^rmeflò il
palTare piò oltre; ma rifpedito indietro nel fine di Luglio con ri- fpolla in ifcritto alle cofe da Sua Maefti
ordinate; la (oftanza della quale fu ;
che non poteva aifentire al levate gli Ufcocchi, e fare le altre cofe ricercate dalla Repubblica ,
mentre quella (lava armata, per non dare
fegno che lo facefie fer forza, e violentato; ma, le- vate le armi, (irebbe pronto a far il tutto:
anzi che gii aveva in- camminate le cofe
ad ottima difpofizione , avendo ridotto quel pre- fidio , che richiedeva due cento mila fiorini
per le paghe (corfe , fe doveva partire,
a cento mila, con ifp«anM di ridurlo a molto
meno : onde , levato lo fcrupolo di apparir violentato , metterebbe mano all' opera - Siccome il veder partire
dalla. Corte Celar ea cjucl perfonaggio
con tanta rifoluzione di Ccfare, del ConCglio. Imperiale, e fua propria, di metter fine all’ imprefa,
fece tenere quello travg- gliofo
negozio, per ridotto a buon yalTo; cosi la canfa, perchè fu rimandato indietro, diede gran maraviglia;
poiché avendo confidera- tamente
rifoluto la Maefti Celare*, Principe fupremo, e Padrone della regione, che la miffione d’ un
CommiOàrio fuo non derogava alla fua
dignità Imperiale, non pareva eOervi coperta di pretendere che derogane alla riputazione Arciducale. Non
mancava chi artri- builfe il male
a’Miniftri, che, non volendo il rimedio , nè per ter- mine di buona vicinanza , nè di amicizia, nè
di colcienza , nè in qualun- que altro
modo, non potendo addutrefcule apparenti, nonaveftèro rifpetto di dare nelle ftravaganti, purché in qualche
modo impedilfero l’effetto. Il ritorno
del Prainer non fu di gufto alla Corte Ccfarea, paren- do che folfe con poca dignità di quella
Maeftà , che una rilo- iuzione prefa da
lei confideratamente , con aflìftenza, e approvazio- ne ancora di Ambalciadori di altri Principi,
e di uno 'cosi grande, come il Re
Cattolico, c fignificata anche elprcltamente a Venezia, folfe attraverfata fenza ufar almeno qualohe
colore di riverenza; e con chi ne
parlava con loro non fapevano fcufarla, fe non con ri- ftringere le fpalle, o divertire il
ragionamento.- e ficcome a Venezia
riufcl molefta , privando della fperanza conceputa , cosi certificò che , quando i Miniftri Arciducali rimettono
qualche cola all‘ Impcradore , ‘lo fanno
per futterfugio , ma tutto proviene da
loro . In quello mentre gli
Ufcocchi , che fono temerarj in ogni im-
prefa , e inconfiderati del fine che ne polla feguire , fecero
molti Tom.'JJ Kk tenta- x 58 storia tentativi; che, per la grande oppofizione,
non poterono mandar ad ef- fetto , le
non in cofe leggiere, che non meritano di edere memorate particolarmente; ma ben occorlc quello che
luole partorire la lun- ghezza de i
negozj , quando ogni minima preparazione di arme fìa in edere; imperocché le lòfpezioni che nalcono,
e la inquietudine de* foldati, le
minacce che alle volte imprudentemente cleono di boc- ca , aumentano le diffidenze ; e il lungo
negoziare caula motivi di ofiefe ,, e le
nuove offde aUungano il negozio.
Avvenne che Niccolò Frangipane , gih nominato per Capitano di Segna, e Signor di Novi, adunò in queffa lua
terra, quindici mi- glia lontana da
Segna, molte vettovaglie, e altre provvidoni; con- dulTe quivi le armi, e le munizioni, e tre
pezzi di Artiglieria del- la Galea
Veniera; e li fece mettere fopra le muraglie; e vi con- dufle numero maggiore di Uicocchì, che diede
veemente lolpetto al Gene- rale Veneto
che avelfe in trattato qualche importante imprela; e fì accrebbe Ve fbfpezione, perché, dopo efler
(iato rimandato il Prainer da Gratz, e
pubblicato che fua Altezza non alTeniiva all' accomo- damento, andò a Segna Groffredo Stodler, al
quale davano titolo di Prendente, con
numero di foldati, e aveva in compagnia il Fran- gipane. Quefh mandò a vedere la Fortezza di
Scriffa; icorfe a Fiu- me, e a Buccari,
trartenendofi in quelle regioni quindici giorni; ne ì quali furono molte andate, e ritorni di
Ulcocchi da Segna, così verfo Scrifla,
come anche a Novi , che milèro in gran timore glilola- ni di Veglia, {limando effì ciò cfTere fatto,
o per qualche imprefa iopra di loro;o
perfermarvi dentro per ordinario una cosi numeroLa guarnigione di Ufcocchijchefc^effata unacontimiadiftruzione
deU'UoU. Ne fecero gran lamenti col
Generale, pregandolo di liberarli da quel pericolo . A quello fi aggiunfe che 1* armata Veneziana ,
la quale (pedo tran- ntava di là ,
vedendoli quell' artiglieria dinanzi agli occhi , fi commofle talmente a fdegno, a vendetta, c a
defidcrio di racquì- flarla , che i
Opitani, confìderata la facilità della ricuperazione , lo efqftarono all’ imprefa. Egli , per
prevenire i mali desìi nola- ni , non
fenza cauià temuti*, e per rilarcimento della pubblica di- gnità , le cui armi erano tenute come trofei
degli Ulcocchi , ven- ne in rifoluzione
di alTaltar quella terra , e Imantellarla *, e diede gli ordini necelTarj, non loto per effettuare
1* imprela con ficurez- 21 , ma ancora
per farlo fenza danno degli abitanti » Fu la terra , che é iìtuata lopra il mare , affaiita una
mattina con pettardo , e Icalata così
ordinatamente, che non morirono in quell* adalto di quei dentro le non venti che fecero
olìinacamente refillcnza colle arme in
mano ; rellarono intatte le Chicle , e 1’ onore delle donne *, fu ricuperata rartiglicria , e abbattuto il
Torrione ; e le mura fu- rono in divede
parti aperte : ciò facto , il luogo fu abbandonato , e iafeiato in podelVà degli abitanti • La
fama del lucceffo , come fpeffo avviene,
paffò a Gratz amplificata , effendovi flato aggiunto , che foffe fiata ulata crudeltà contragli
abitanti, conculcazione di reli- quie ,
incendj , e diffruzione di Qiiele : rumore che predo Iva- ì\\ , cflinto dalla verità ; poiché fi videro
reflatc le Chicle cogli ornamenti loro
nell’ effer iftcflb ; c nella terra non vi fu vefti- gio di abbruciamento alcuno , Ma
Digilized by Google DEGLI
USCOCCHI 2-59 Ma da quella Corte,
immediate doporavvifo, fu fpedito un Cor-
riera all'Imperadore, aggravando il fucceflb; e furono aggiunte
alle querele, per qucDo accidente ,
altre ancora, per un'ordine dato an-
tecedentemente dal Generale Veneto, col proibire il commerzio an- che per terra; e una fama dagli Ufcocchi
liudiofamente dilfeminata, che Segna
dovelTe eOere aOaliu. Ulàrono ogni arte, affine di perfua- dera che la demolizione di Novi folTe una
rottura di aperta guerra. Alla Cone
Cefarea non la tennero per tale ; piuttolio ebbero opinione che a Venezia, veduta la milTione
del Frainer con ampie commillioni di
rimediare, e come a mezzo viaggio era (lato riman- dato indietro, fofle (lato giudicato
necefsario fare qualche motivo, non per
rompere, ma per eccitar al rimedio che (i andava procra- (linando; non parendo che l'aver aperta la
Fortezza, e 1' averla ab-, bandonata , mentre ft avrebbe potuto ritenere fenza
timore che fofse ricuperau, folfe
indizia di volere pafsare pid oltre.- anzi dicevano i Veneziani quello efsere chiaro indizio che
lei mcC prima il Conte di Pago non ebbe
penliero d' occupare Scrifsa, ma di levare folo a quel- la il poter offendere la fua Ifola. Ma lo Stodler, e il Frangipani, quelli,
peldanno della fua ter- ra, e ambedue
forfè perchi folte prevenuto qualche loro difegno, fe- cero uffizi cos'i efficaci, che fu da Grata
daa libera licenza agli U- feocchi di
far tutto quel male che potefsero; e a loro data facoltà di levare parte della milizia di Crovazia ,
per fare rifentimento : per lo che
immediate in Segna rilarcirooo, e armarono tutte le b arche al numero di venticinque; unirono tutti gli
Ufcocchi fparfi per I» altre terre della
regione/ fecero diverte ù^e, ora in. molto, ora
in poco numero.- non perb riulcl loro di poter metter in efietto
dì- fegno alcaao, perchi i Veneziani
ancora erano beo preparaci , e avevano
accrefeiute le lOTOforze; e quandonon potevano impedire gli incocchi daH'ufcire; ufeici. Li perlcguitavano
fenza lafciarli fermar in luogo alcuno.
, Di tempo in tempo cha gli avvili
degl' accidenti giunfero zGrat^ furono
anche di Ut fpedite IlaRctte, per dar coniu all' Imperadore de'fuc- ceffi , con interpretazione che fofscro
oifele priucipalmence inferite a fua
Maella; e che a lei coccalse mentirli colle armi; portando di- verfe perfuafioni, per indurla alla guerra.
Con tutto ciò a quella Corte non fi
defilleva dal trattare negozio di accomodamento; • tutta la differenza era da qual capo cominciare;
iltando i Celare!, conforme alla volonih
dell'Àrciduca , che s' mcomincialse dall' apertu- ra de'paffi; e i Veneziani dal levar gli
Uliocchi dalle marine: quel- li,
comendando le opere fatte dall' Imperadore me la concordia, che farebbe (eguiu ; fe da altri non foire
fiata impedita ; e la buona volontà di
far il di piò che fi poiefse con lua dignità ; efor- tavano a corrifpondergli con quella
dimoflrazione di onore ; confidan- do
oeUa fua parola, acciò potelse proleguir innanzi, fenza far crede- te al Mondo che lo tacelie sforzato ; e dall'
altra pane a' Veneziani pareva «(tc
nefsuno fi potcfse dolete e di quello ch’era (lato fatto per difela , ei;blicarc il bando contra 41 Peuzzo co’medefimi termini da lui ulàti.
Ma mentre era olirà il Itorrente della
RoCanda, confine tra i territorj Arciducale di Tric- Re, e Veneto di Muglia, in dalle genti di
quei luoghi avvertito «he in quelle
marine erano certe faline del Pcuzzo fabbi icate , e che alla bocca della Rofanda erano fiate da chi
fi fofie riedificate alcune, uhc già
circa quarant’ anni di nuovo erette, furono in quel medeC- noi tempo tUfirutie come quelle che
fpingevano il torentc lopra ■ «onfiui
del vicino con gravilfimo danno. Per quelle caule il Prov- .veditort, non -parendogli avere iàttoalfai
per reintegrazione dell’ono- refuo
cqiKra . if Petazzo ; e per levar le novità fitte a’ danni di quei «onfioi, deliberò di andare alla devafiazionc
: e mentre chiamava in •jnio una Galea,,
e congregava le barche che per l'opera erano ne- cedàrie; difcele in quelle parti b geme che col
Terlatz,e col Fran- co! veniva alla
quale s’erano aggiunti altri ancora per viaggio, mof- fi dalb fperanza di rubbare : Andò il
Frovvediiote con buon nume- io di
padani, per far l’opera, e co’foldaci, per guardarli, e difen- derli. Il Petazzo s'aflaiieò per far loro
impedimento,- ma non gli riu- fcl.
Mentre però quelli fi trattenevano nelb difiruzione degli argini, b gente di ’Tcrfatz venne in loccorfo del
Pcuzzo in numero di 3000. dalb -quale
allaltato il Provveditore nel ritornarfi, eflèndo fopr^tto Digitized by Google DEGLI USCOCCHI ^ 6 ^ il numero tanto maggiore, non eOendo -con
lui fe non 800. perfo' ne tra a piedi, e
a cavallo, dopo aver combattuto, e fatto rcnUen. za a (juella milizia, gli convenne cedere
alla forza maggiore, e riti- rarfi in
Muglia. Durò il conflitto due ore, nel quale intervenne la morte di 12». de’ tuoi con alcuni feriti, e
dalla contraria con per- diu di alquanti
mentre il combattimento durò dal qual lucceflb ina- nimiti gli Arciducali, eflendo loro anche fopraggiunto
qualche nu- mero maggiore di Cavalleria
di Crovazia , fcorfero tutta l'illria ; met-
tendo ogni cofa a fèrro, e fuoco, e depredando, e fvaligiando tutto il paefe. Reitarono tutte abbruciate le Ville
di Ofpo', Abrovizza , Bettovizza, e
Lonchi; e in quella, ch’era aflai ben abitata, fpoglia- rono le Chiefe, guallarono le Immagini
de’Santi, gettarono in ter- ra il
Santilfimo Sagramento, per afportare la pillide d’argento. Fece- ro l’illcfl'o ancora nella terra di
Marceniglia, e ne’territor; di Bar- bane
, e San Vicenzo ; Poche delle Ville non murate rellarono eienti dall’ incurfione di quella gente , c maflime dagli
Ufcocchi , che ufarono ogn’ immanità
contra le perfone, e ogni rapacità comra le cofe di- vine, e umane: il che loro fu ^cile, effondo
la Provincia tutta a- perta, ed efpolla
alle fcorrerie. Per dodici giorni durarono gl’incendj, ne’ quali rellarono abbruciate , oltre alle
terre nominate di fopra , Xafe ,
Grimalda , Rofarolo , Figarolo , Recatovi , Valmorola , Craficchia, Sacemo,Cerncza, e Barato, le
Ville del territorio di Di- gnano, c
molte di quello di Rovigno; e pareva quafi che tutto fol- le fatto affine di devaftare tutta la
regione, acciò, combattuti poi i luoghi
alquanto minuti, fblTe loro facile occuparli, e fortificali den- tro. Tenurono a quello effetto l’oppugnazione
del GaQello di Dra- f uch, donde furono
ributtati, e colli etti a ritirarfi , abbruciato il orgoj. Avvenne l’IlelTo alCaflello diColmo.
Indi in maggior nume- ro, con maggior
ordine a bandiere fpiegate affaltarcno Ducallelli, come luogo- di confeguenza, dove diedero
fcalata,e con tutte le for- ze tentarono
l’oppugnazione; la quale durò quattro ore con. morte di molti degli aflaliiori, i quali in fine,
coflretti a ritirarfi, polero fuoco in
tutte le Ville del contorno per dove palfarano: Ma etTen- do giunta milizia di Corfi, e AibaneG,
fpediti immediate che capi- tò l’avvito
delle prime devallazioni , furono coflretti gli Arciducali ad abbandonar l’imprefa difegnata di occupar
l’I Uria; la quale i Ve- neziani, ai efa
1’ univerfale devaflazione del paefe tutto, e gli affal- ti de' luoghi forti, tennero per principio di
guerra formale; e fi coiw fermarono poi
per quello che legul pofeia immediate : imperocchi i Capi Aiiflriaci, perduta la Iperanza d’
impradronirfi d’ alcun luogo munito,
lafciati in quella Provincia i Villani di PiCno, e ZiminofoD- to Aianagij Callioti da Sogliaco, e alquanti
Ufcocchi, e Tedefchi per dilcia delie
cofe proprie, col rimanente della gente paflàrono le montagm del Carlo; epe! vallone di
Vermigliano entrati nel terri- torio di
.Monfalcone, che folo i nel Dominio della Repubblica oltre al Ulonzo, tra quel Fiume, e le radici del
Carlo, e fvaligiace nuo- ve Ville; e a
fette di quelle dato il fuoco, colla llellà impieth ver- fo le chiefe, non perdonando alle donne, a’
fanciulli, e alle altre perfone
innocenti; alTaltarono la Rocca per impadronirfene , e fermar- fi quivi; fecero ogni sforzo per occuparla:
il che veduto non effero Digilized ta»
Googli 2.64 STORIA riufcibile, e fopravvenuti foldati dì Palma
per foccorfo, fi ritirarono nel
Cario. Quelli motivi, non più di
rubberie degli Ufcocchi, ma di eccelli
militari dc'Capitani, e foldati Arciducali, collrinfcro i Minillri
della RepubbUca , per ficurezza de i
confini loro , fare camminar a Fai* ma
le milizie del paefe, c quei numero di altri foldati che fi potè rac- cogliere all' improvvifo quando ogni altra
colà era afpettata , falvo che fentirc
guerra in iftria , e molto meno in Friuli . Ma capitato l'awifo a Grata , eccitò maggior allegrezza
della foUta in quella Corte; la quale
qualunque volta ne’ tempi palTati ha udito avvifo che gl’ Ufcocchi avelTcro ufato qualche
notabil infolenza, danno , o ingiuria,
non fi è allenuta con parole, e con altri modi di moltrar- ne la giocondità interna, cosi pel benefizio
che le veniva in parte ; come per l'
invidia verfo il nome Veneto ; e pel defiderio di veder che fuccedeflero mali maggiori ; eccitando ì
loro Principi a’medefimi aifetti, e a
tutto quello che potelTe caufar rottura.
Ma nella prefente occorrenza, parendo loro avere ottenuto colà da tanto tempo defiderata, l’allegrezza fu
fomma, divifàndofi vana- ‘ mente
vittorie , e aumento di Stato, e ricchezze immenfe. Rivol- ti però a’ configli della guerra , fu dato
ordine alle genti del Conta- do di
Gorizia, e della giurisdizione di Gradifca, che fi mettelTero in arme nelle cale proprie: Al Conce di Terfatz,
e al Francol, che paflaifero ad
alloggiar in quelle parti: Alle milizie paefane di Carin- tia, e di Stiria, che difeendefiero ne i
luoghi medefimi. Conlìgliaro- no ancora
di levar fei mila Aiduchi , che fono Villani Ungheri , con una paga fola , che non farebbe coflau
-più di dicci milla fiori- ni; e pel
Contado di Gorizia, e territorio di Aquilefa fpingerli in Friuli, nel paefe della Repubblica, e farli
vivere in quello; penfan- do far anche
cofa grata aH’Imperadore, al quale la partenza di Un- gheria di quella geme fenza dtfciplina
avrebbe fervito a levare gl’
impedimenti, per metter in efecuzione le cole convenute co’Turchi; e liberarlo da molti pericoli di fedizione; e
a Sua Altezza farebbe flato di mollo
utile, facendo la guerra fenza fpefa. Furono Icritte lettere all’ Imperadore con difcollarfi
maggiormente dal modo del componimento
trattato , e con avvifo eh era feguiio conflitto tra ambe le parti; nel quale ■ fuoi erano reflati
fuperiori; amplificando molto il valore
della fua milizia, e pregando S. M. di prendere la difefa di S. A. colle armi; mollnndo facilità
di aver una preda, e intera
vittoria. Ma a’Capitani, e Minillri
della Repubblica ridotti in Palma, per
prendere configlio fopra la difefa dc'fuoi confini, era data molta
ma- teria di conlultazione , e
difficile, avuta la debita confiderazione fo-
pra il tentativo delle genti Arciducali di foriificarfi in Monfalcone; e avvertiti del numero di milizia di Cariniia
che già era giunto a Tolmino; che il
Conte di Terfatz, alloggiato a Profeto colle fuq genti di Crovazia, e 'cogli Ulcocchi, fi
ordinava per palfar innanzi; e
intendendo che quei di Gorizia offerivano laro contribuzione con condizione che pafTaReco il Lifonzo; e che
l’Arciduca aveva fpedite patenti per far
joo. Cavalli in Audriay e ne i confini di quella Provincia fi congregavano di foldati a piedi
i vagabondi', eponderato an- - cora Digitized by Google DEGLI USCOCCHI z6s ancon il difegne di levare ì lei mila
Aiduchi^ molto facile da efTer- tuare, e
molto pericolofo, pofto in opera; e attefi i molti configli di guerra tenuti in Grata, e che il Conte di
Sdrin s'era offerto di condurre Coliuhi
, Cavalleria Unghera , lolita pure alle incurfìoni , c per queOo erano ordinate preparazioni di
alloggiamenti nel Contado di Pifino; e
che in Gorizia fi erano ridotti i Capitani Imperiali a con* figlio, correndo da più parti voci, che,
quando foffero accrcfciuti du- ^nto
Cavalli Valloni, ùtti dal Ferino in Vienna, e alcuni fanti rac* colti a Gratz, che tutti erano in viaggio,
larebbono palfati nel Friu* li; e che
eli abitami nel contado di Gorizia fi preparavano, per co- adjjuvare; b videro in necelTith di prevenire
tanti pericoli, e tanto certamente}
imminenti perlocbè,coDchiudendodienereiniHato di necefìTa- ria difeia da una imminente, e certa
incurfione, che, pereifereil Friuli
paelc piano, c aperto, farebbe liau dannofìflVma; perù deliberarono
di farfì innanzi ad occupare i podi
Gtuati ne’confìni di quel Contado ac»
ciò qualunque geme venifTe fode codrecta a femurfi in quello, e non potede far incurfìone nel Friuli; e il d\ xp.
Dicembre fpinte le geiK ti raccolte a
Palma, che fino alfora erano date tenute folo per foc- correre, e proibire le feorrerie dell' altra
parte, furono occupati Me- dea, Sagra,
Cervignan, Cormon&, Merian, Porpeto, ed altri luoghi aperti lenza violenza , nè ingiuria di
perfona alcuna, mandati paciR* cameme ad
abitare in altri luoghi que foli che fii modravano mal contenti di quella mutazione; c furono quei
luoghi trincerati , e vi fu pollo
(dentro, prefidio fufiìciente per difenderli , e man^ tenerli.
Alcuni giorni dopo eflendo partita quella poca guardia Arciducale ch'era in Maranuto, gli uomini della terra
andarono fpontaneamcntei a darli ; e
i^j^uìleja col terrkoiio. ^o fi diede, da lè ali’ubbìdìenza ien*^ za contraddizione di alcuno.. La Corte di Gratz, avuto avvifo che le
miliziè della Repubblica la arano
alloggiate nel Contado di Gorizia, prete di qui occafionc dà dichiarare la guerra elTer aperta; e di ciò
darne conto^ a tutti i fud- diti
Aullhaci , e a* Principi di Germania amici, cosi Ecclefiallici, ce» me fecolari, con lettere contenenti in
foRania, che avendo la Repub» blica. di
Venezia inferìte diverfe ingiurie, a danni- alle terre, e lud» diti della Cafa d'AuHria fotto colore di
rifarcirfi de danni dati dagl» Dlcoccht,
quantunque gli efagerafiè oltre al dovere, fua Altezza, per levar ogni occafìone di difparere, aveva
tempre ofata intera diligono za, per dar
ogni IbdJisfazione, cosi galtiganck) i colpevoli, come mef- tendo buoni ordini, per impedire nuovi danni;
ma che i Veneziana non crauo fiati di
alcuna cola concenti.* anzi, proleguendo nelle of* feie, uliMiainente avevano invaio il Contado-
di Gorizia, e gliene ave» vano occupata
pane lenza alcun fondamento di ragione; ma con dk fegno, e dcRderio di ulurpare Palmiì, com'era
tuo ordinano cotlu» me, e icacciare la
Caia d’Aufirja d'Italia; onde tua Altezza era ila* ta coltretu a pigliare Tarmi per
confervazione del luo Stato e della
riputazione propria.* Ricercava però da cialcuno alTillcnza , e ajuto , per onore della nazione, e favore della
Giultizia. 1 Miniftrì prelcntatori
delle lettere a^iunlero il loro uffizio , e-
{ponendo in panicoiare tutte le miffioni w Commifluj a Segna, e a Tom^ II LI Fuk 1
Digit by C'- sogU STORIA Fiume òz alquanti anni in qtia ; narrando
fpezialmeote ì gaflighi , e gii ordini
poAi da loro/ moUrando che da' Veneziani dovevano ciTer nimati baiUnti, perchè lenza quelli avrebbono
gli Uifeocchi fatti dan* ni maggiori,
pretendendo di elTere provocati da loro.* maebequei Si* J mori non fi erano contentati degli onelU
rioicdj, infillendo in quel olo, che
tutti gli Ulcocchi foflero levati da Segna; rimedio inuma- no, imponibile, e contrario al bene della Criftianith
; propplto non per- altro, a hne di
trovar apparente preteso, per ect^iur una guerra contra la Cala d’Auflria; gii Stati, e le
giurildizioni della. quale han no
leinpre proccurato d’intaccare, com’ è manifedo per tante Citth» e Terre che tengono, levate a quella
Sereniflìma Caia, Qhe Ugitti-, inamente
le poiTedeva prima: e quantunque, per confervare la buo* na vicinanza, deno date dabilite da cento
anni in qua diverfe capi- tolazioni in
BrulTeUcs,in Vonnes, in Venezia, in Bologna, c in Tren- to, non fono mai date da’Veneziani olTervate
; e Xpezialmente, ieb- bene da ambe le
parti fu promcITo che i fudditi dovdTero avere per terra, e per cotnmerzio libero, come le
fodero di un’tdedo do- minio, edi
avevano aggravati i luddiii della C^la d'Àudria che ne- goziavano nel loro Stato con ogni iorta di
novìth, con inufiuti da^ z): avevano
impedito loro Tulo dei mare conira quel)’autoriilt che preten- deva iua Altezza di avere, che i iuddixi
Audriacipoiedero navigare, con-
trattare, e corleggiare per TAdriacico con ogni li^rik, lenza che
alcuno potede loro contraddire; e che i
Veneziani non potedero adìcurare lopra i
loro valceUi , nè in loro cau , Turchi , Giudei , e Mori dalle forze di fua Altezza , per li diritti ,
e ragioni che aveva in quel mare . £ in
terra ancora , violando le convenzioni , aveva-
Bo con falle pratiche , e aduzie ridotto lotto il loro dominio la
For^ uzza di Marano*, e dnalmence
edificata la Fortezza di Palma nel
Territorio altrui centra le protedazioni del le|ittimo Signore dH Territorio t
Fu anche mandato Gian Criftkao Smidlino Amhafctadore agli Sviz« zeri, per dar loro conto della guerra co* Veneziani
aperta*, e richie- dere a quella
viaorola nazione il non permettere che alcuno fì con* ducede al lervizio della Repubblica : dal
quale Ambalciadorc fu pre- fentaca in
ileritto un'elpofizione, che per tutto fu pubblicata colle querele, e precenfioni di lopra narrate. E per pubblicar, e imprimere ì concetti
delfi anche nelle menti de i )K>poU,
fu dampata in lingua Tedefca una relazione contenente U mededme fcule de'Principi Audriaci,
querele, e imputazioni nuo« ve, e
vecchie contra la Repubblica, con difefa delle azioni degli Ulcocchi*, con particolare narrativa di
divcrfi accidenti occorfi, acco- modata
però a’medenmi lenG con molta amplificazione. £ polcia an- cora m lingua Spagnuola fu da pedona nominata
con pubblica parti- cipazione di quel
Governo mandata in luce una arttfìziola narrazione dclieiitcde cole, e ragioni co’medcdmi
concetti del dominio del ma- re, della
facoltà di corleggiarlo , della fabbrica di Palma, e in di- fela degli Ulcocchi. Ma i Minidri Veneziani, uditi grufiìz) eh’
erano fatti contra i lo ro Signori , elG
ancora informarono i Principi prelTo a’ quali rifìde- vano, e altri amei delia loro Repubblica , di
quei lolo che alle co- fc l
Digitized by Google DEQLI
USCOCCHI z6^ fe allora profenti
apparteneva*, giudicando che pienamente rcItafTe giu- ftificata la lua caula, quando folTe
dimollrato ch'ella avefle prefe le armi
per neceffaria ^fefà. Erpofero in foftanza che gli Ufcocchi han- no per un corfo di molte decine di anni
diliurbato il commerzio, inquietata la
navigazione, depredate le terre de’ vicini con cftrema inlolenza, e con ofTefa delle pcrione, fenza
rifpetto diqualfivoglia qualità, fcnza
rifguardoa’piibblici Rapprefentanti, e alle pubbliche lettere: Che oltra le ingiurie pubbliche, e i danni
inferiti a’fudditi col palTareper li
Territor) della Rpubblica a bottinare, hanno molTi i Turchi a ri- farfi centra i Sudditi di quella, e le hanno
eccitate diverfe difficolth alla Porta
di Collantinopoli : die da’ Miniltri Aull/iaci fono flati ri- cettati, confentendo loro dividere le cofe
rubbate, e venderle, e do- narle a' loro
Fautori.- che non fi i veduto contra i colpevoli dimo- flrazione alcuna, nè provvilione effettiva,
per ovviare a nuove offe- le, quantunque
piii volte l’uno, e l’altro rimedio fieno flati richie- fli, e promeffi già dagflmperadari defunti, e
ultimamente nel trat- tato di Vienna ;
anzi tutte le miffioy de’ Commiffarj aver partorito contrario effetto, avendo coll’ efempio
alGcurati i ladri, che mai i bottini non
farebbono reflituiti, nè i depredatori gafligati,- anzi aven- doli fpogliati, e refili piCi bifognofi, e
avidi alle prede: ch’è colà in- degna,
contra ogni ragione divina, e umana, il foftentare gente cosà perverfa, e nimica della pace, e quiete: che
da alquanti anni è flata fatta alla
Repubblica una occulta guerra col mezzo di quei ladri nel- le fue acque, Ifole, e marine del Quamer, e
della Dalmazia; nel- b quale,
oltral’effere fiata difertau la regione, e diflurbati i commer- zj, il Pubblico ha fpefo ogni anno non meno
di quello che fi fareb- be fitto in una
manifefla guerra.- e che finalmente, veduu la rifo- luzione deUa Repubblica a volerfene liberare,
U guerra occulta fi è convertita in una
iQoffa di arme manifefla con molte provocazioni, e oflilith inferite prima nell’Iflrb, e poi
nel Friuli: per le quali, e per rifpetto
delle molte prowiConi di arme ridotte in quei confini, i fuoi Capi di guerra fono flati coftretii ,
per ficurezza dello Stato, e per difefa
dalle rubberie, e ìncurConi che loro erano minaccbte, e preparate, fpingerfi innanzi, e alloggiarfi
in polli Ccuri pih prefló al Lifonzo.
Non aver avuto la Repubblica in tutte le azioni fiie paflà^ te altra intenzione, fe non che le promeffe
le faffero olfervatc; e k foffe
finalmente corrlfpofto nell’ offervare una buona vicinanza co'fat- ti , e non con iole parole , per tanti anni
efperimentate len- za effetti; e le cofe
fue reltaffero alficurate: il che quando foffe efà fettuato in modo, che poteffe avere certezza
di buona vicinanza , cor- rifponderebbe
interamente, ritornando le cofe nello flato di prima con ogni fincerità. Fu anche divulgala una
fcritimra in forma di manif» fio con
fuccinta relazione delle frequenti rubberie', ingiurie, e cru* deità degli Ufcocchi , e del conlcnlo. , anzi
della participazione de’ Mìnillrl
Arciducali, e del mancamenia de’ Principi a porgere i debi- ti, e ptomeffi rimed); e gli artifizj co’
quali tòno fiate delufe, anzi derife le
querimonie delU Repubblica e fu traitenuia dal provvedere all' indenti^ fua colb forza. Per quelli
mezzi reflarone divulgati per r Europa
iffi folo i motivi di guerra, ma lecaufe loro ancora colle ragioni, e prcmtCpai delle pani; onde cufeono
fecondo ' b pror Ttm. Ù. LI a pria r"
% 6 % SI T O R I A pria
pcrfuiftoné, è inclinazione afpetrava Tcfito, c difcorreva dell^ èiuftìzia, ' >. A favore d’Auftrra, poiché gli Ufcocchi nòh
potevano cITcr ftufa- ti , le cólpe loro
erano alleggerite con dire, che clTetido in padc ftcrilc, e fenza paghe, non potevano altrimenti
vivere, che dclìotuni; non peri di
quello poteva efler attribuito colpa a fua Altezza , che Icmpre gli ave^ va proibiti centra ’Criftuni; e che non
poteva fare di piu, quando non tveflè
voluto tentare di fcacciarli tutti colle mogli, c co’figUuoli , e vec-, chi ; che (arebbe (fato cola inumana: oltra
che farebbe (lata impoifibile mandare ad
eflèito, clTendo quella gente fiera, c indomita, c in pae* (e di accélTo difficile: e quando bene folTc
riufeito lo fcacciarli, fa* rebbe (lato
con difervigio della Crillianit^, alla quale era utile che fi conlcrvafTe queirantemurale contra
gl’infedeli. Che a* Governato*, ri, o
Capitani di Segna non potevano effer imputate a colpa le u* feite pcrmclTc loro nel mare, pferchè un capo
della commilfione che fua Altezza dava
ad ognun Capitano era formato con oueffe precife parole: Non pèrmetrfraì che JM fatto alcun pregiudezio
alia ^iurtfdÌT^io- he nojha nelin
naitigaifone ai quel tnare. E poiché altri non cranq che poteflero mantenere quella giurifdiziorie
, fc non gli Ufcocchi, fi poteva dire
elTere in facoltà del Capitano proibir Tulcita.* fe jpox ttfeendòv facevano dei (naie, la colpa
era della rtiala confuctudi- «e loro ,
non di chi fe ne valeva a bene : cosi avvenire in ogni luo- dóve i foldati dannificaho i popoli; nè però
aferiverfi a colpa del Plihcipc, o del
Capirano, collretti a valerfi dell* opera loro. Ma ^chè parevano tjuéfle giuflificazioni aver
bifogno di c(Ter appoggia* «d altre di
maggior apparènza 1 acciò folTcro portate s’i, enepotef* fero ^effer approvate, le accompagnavano per
loftcniatnento colle prc* \enfiohi
vcctÀic delle convenzioni non fcrvate , de* (udditi aggrava- ti contra i mpatti , della navigazione libera
non concelfa, delle tet- te póflèdute
dalla Re^bbUca^. ite erano d’Aultria, nominan-
do parte del Contado di *^Gorizia’,* C *Màftino, uliimamchte dopo le convenzioni (òttoihd!^, e Palma nel diltreito
Auffriaco edificata ;còi\ Quelle
fortificando le proprie nella caula degli Ufcocchi, e che (ola fi trattava, ' Ma per dìfefa de’ Veneziani difcorreva , che
nel panicolate degli yicocchi ti poteva
dire Iquanto ognuno voleva per iteufa dc’Govcr-
tetori, c di altri, che fìnalm ente rutto fi rilolveva con urta fola
pa- òhe la caufa era di ladroni
abbominevoli a Dio, e agl* nomi- *%ii;
^He flon folo il proteggerli, ma anche il fopportarli, c il parlar % faVófe Cosi di loro, come di chi li
fomentava, è tollerava, era \co(a
it^egna ; e che la vcriA fi poteva tene palliare con àp* |Ktrenza di parole -, ina in lóffanza fi
vedeva ben chiaro la differen- za
elTcre, che unà parie dimandava di viver in pace, Taltra voleva foffentare ladroni a fpefe altrui. Che al rimediare
alle (celleraggini loro coti levagli da
quelle ma'rine non fi poteva dare titolo d’inuma* flirti , eflèndo ufhanità grande verfb, ì
miferi vicini, e i navigami, Kht da lóro
'erano (pogliati , uccifi , e coh ogni barbara fierezza trar- rti. Che il levar lóro la comodici, e
l’occifiohe di rubbarc eraler* vizio
divino, c benefizio loro, cóftiii|gertdoti ad iftenerfi dall’ offende* ^ lua divina Maeffb: bendt^ «fipckhb de’ loro
figliuoli, togliendo^ Digilized by
Google DEGLI USCOCCHI 165 |()rq il comodo di allevarli nella itieddima
{imfelinotie efccrandt; ^ levandogli
dallo (lato di dannazione in cui fi Mantenevano effi, i 8, gli, e le mogli, e ogni altro abitante di
quella regione. Che non fi poteva lenza
ingiuria della verità dire che le donne, 0 glcuno dt loro foirero fenza colpa, poiché quelle hon
fapevanti che cofa fb/Te ago, o
conocchia, ed ergqo incitamento a' mariti di fornire cafa col fangue alimi . Che gl’iftefli Religiofi nelle
pubbiiche prediche efertavanq alle
mbberie ; che del rubbatq le Chiel'e ricevevano la decima . Che in Segna, e iq rutta quella regione le pib
onorate famiglie erano quel- le che da
pid difcoda eù traevamo Argine dg una continuata dircenden-; za d’impiccati, ovvero uccifi nell’eferciziq
del ladroneccio. Che alti-' tolo d’
impoRìbilith era nuovamente inventato , e troppo' apparentemen-. te alieno dalle cole vedute; perchè, fe iólse
impolfibile,' non fareb- be flato tante
volte promelTo. da due Tmperadori defunti ultimamen-, te .• perchè nella fcrittura del trattato di
Vienna' non fi feusè Ina Al- tezza,
della dilazione di rimoverli tutti per impqflìbiHth, nè tampoco per. difficoltà, ma diSè per non parere di
farlo, coll retto. Chela pot fibilith, e
fàcilith, t r utilità anche fu, mofhata dal Habatta; il che elTendo (lato da lui feoperto contra
rintereffe di chi voleva mollrare
impoffibilith , gli coflò la vita. Se il levarli di Ih folTe di danno
al Crillianefimo , badava dire che, per
cauta loro, veniva ogni giono minacciato
da’Turchi di fare cofa che avrebbe meda in pericolo., non foto la Dalmazia, ma la Puglia, la
Romagna, e tutta l'Italia. Che il
confervare le pretenfioni del proprio Principato non era cbfa riprenfibile , quando non fofliiro volontarie,
avelièro, qualche aj^taiea^ za di
giudizia; ma il volerne acquidarè, e mantenere le inmagiim. rie a fpefe , e con danno del vicino amico ,
era cofa di chi reputava i pro- pr;
appetiti regola della ragione , e della Giudizia . Che del male fat- to da^oldaci a'proprj, liidditi il Principe
aveva da rendere conto a Dio folo; ma di
quello ch’era dato a’iudditi del vicino, era in debi- to di renderne conto al danoificato; che
poteva anche, feconlo il di- ritto delle
gemi, rifare con rapprefaglie . Che l’attribuire a diicem di cacciare la Cala d’Audria d’Italia le
azioni della Repùbblica , Sm- te per
Uberarfi dalle inginrie , e moledie di quei ladri renduti incor- rigibili, e intollerabili, era contrario a
tutto quello che aveva veda- lo il Mondo
da'fucceflt di più centinaja d’anni, in qua; neflano de’ quali aveva modrato nella Repubblica avidità
di dominare; ma bea rdbluto animo di
mantenere quello che Dio le aveva donato. Non
mancavano ancora di quelli che difendevano le azioni de’- Veneziani ne’ tempi palTati, fodentando che mai la
Repi^lica non aveva mof- la guerra ad
alcun Principe Auftriaco, ma' folo. provocata prima, era data codretta a difenderli . Che farebbe
molto difficile da mante- nere. che il
Contado di Gorizia , apperfcnentelalla Repùbblica per 1» motte dell’ ultimo di quella Cala, non fofre
dato occupato lenza bu». na ragione. Che
Marano particolarmente, foprail quale facevano, rame parole , era dato dal Re Francefeo Primo di
Fnncia con ragione g>u* da guerra
occupato , e per più anni difelò. comra le forae di Culo Imperadcd^, e di Ferdinardo Re de'Romani
unite, nnici anche i fa- vori della
Hh^nbUma. Ma quando l' elpugnazione parve impoffibile, e fucceflè pcrìedftelie cadeflc in mano di
Principe, la cui vicinatnn in Digilized by Google DEGLI USCOCCHI gazione h reciproca, e debbono eflér trattati
gli Aunriaci nello Stato di Venezia come
i fudditi Veneti negli Stati Auftriaci; ma ben ve> dcrìì in quelli tempi in fatto, per non
andare troppo lontano, che nel fola
dillretto di Trieile fono aggravati i Negozianti Veneti pib de'fudditi AuHriaci incomparabilmente; poiché
quelli per alcune mer- ci 15. volte più
, e per altre fino a ì 6 . volte tanto come quel- li pagano, cosi nell’ afportarle, come nell'
introdurle nel paefe. Ma eh’ era ul'cir
del cafo , e confelTare mancamento di ragione nella cau- fa degli Ufcocchi, il paflàr in altre
materie; e tanto più, quanto in quelle
non fi poteva dimandar efecuzionc di cofa decila, dove quella degli incocchi era ponchiula con accordato, e
promilTioni. Ili quelle conirarietV di
gSltri, e di dilcorfi a me non conviene
il dare fentenza , né da qual parte abbiano origine i motivi di
gue- ra, ni quale d> effe fomenti
caufa giulla; ovvero nelle antiche oc-
correnze fi fia portata con mancamento, ma bensì, come aggiunto, e lupplito alla Storia dell’ Arcivelcovo di
Zara, affine di lommini- ftrare materia,
per ibrmaro (ano giudizio -fopra gl’ accidentu moder- ni, oiiginaii dagli Ufcocchi; cosi mi .vedrei
invitato dall’oppartani- th, anzi dalla
neceOìtì dèi mio Atie coftreito a-telTerc una: bitve, e vera relazione delle guerre, e convenzioni,
oflervanze , ed inolservan- ze delle
capitolazioni per li tempi palsati occorfe tra quelli duePo- tentati; e in quella occafione rammemorarle ,
e rawiluppatle a colle prefenii , fe la
Iperanza di vedere ben prello rinnovata la pace , c miona intelligenza tra i Principi , e la
uanquilliih de'fudditi, non pii fàceite
credere che làrebbe opera fuperflua, e importuna. I L F I N -E. Digitized hy CìoogL ALLEGAZIONE, OVVERO
CONSIGLIO l''N IURE di Gl. Corndio Frangipane J. C. ftr la 'uiueria navale contro Federigo J.
Im^adi/re, eJ Alto di Papa Alejfatidro
III. PROPOSTA DA aRILLO MICHELE per Dominio i^Ia„Screniflìma Repub» blica di Venèzia fopra il fuo GOLFO, CONTEA ALCUNE SCRFITURE DE'NAPOUIANI. {
Digitized hy SOMMARIO. 1 TNtcnzion deirAutore di difender
l’attcftazione che della Sto- X ria di
Papa Alcflandro fa la Sedia Appoltolica nella Sala Re- gia, e la Repubblica in quella del maggior
Coafiglio. 2 Autoritli che hanno
gl’inferiori di buon zelo neirerror de’ Mag-
giori • 3 Dilcordia degli
Storici circa la venuta di Papa Alcflandro a Ve- nezia in che confìfla. 4 Modi Averli di provar una Storia* I. ISCRIZIONE DE’ MARMI. 5 Stilografla deferive le Vittorie nelle colonne
, e in altri marmi pubblici. Efempio di quelle di Augufto, di Irajano ,
ejdi Antonino , num.17. 4 Vittoria
navale de Veneziani contra Federigodeferitta in un mar- ino antico pubblico dove è intravenuta. Opere pubbliche fondano le Storie. 7 Colonne , c pietre pubbliche fanno fede
certa di quel che è fcritro in
elle. 8 Ifcrizioni pubbliche inducono
il notorio , non eflendo contraddet-
te, num. 25. 5) Ifcrizioni
pubbliche contraddette, num. i6. rp
Pratica di contraddir alle memorie pubbliche pregiudiziali im- parata da’Greci. ti llcrizioni nc’fepolcri non s’intendono
pubbliche^ ma private * nè fono affine
di memoria pubblica y quando vi fono denuo 1
cadaveri. 12 Ifcrizioni
deTepolai , fe non fanno prova certa, fono admini- colo di pruova*. (3 Maraviglia vana del Sabellico , perchè
nel fepolcro del Doge Ziani non fia
fatta menzione delia vittoria navale contra Fede- rigo .
Ragioni che ne’fepolcri de’ Principi , e Capitani non lì fuol far , menzione delle lor vittorie. Sepolcro del Doge Andrea Dandolo fenza
narrazion delle fue imprefe. 14 Ulo de Dogi antichi, di non aver
iferizione ne’lor fepolcri « 15
Sepolcro del Doge Andrea Contarini lènza menzion delle fue imprele, cos^ di fuo ordine. 16 Mctid.'icio di Giorgio Merula
neU'Epitaflo del Doge Ziam a S. Giorgio
maggiore. H. PITTURE. 17 Stilografla che fa fede pubblica delle
vittorie è anche la pittixra. Vittorie
degli Antichi ordinariamente defcriite in pittura. 18 Pittura è orazion che tace , ed è di maggior
efficacia nel ri- cordar, che la
orazione. Tomo il. Mm
19 Pit- 1 \
2-74 ip Pitture pubbliche della
Storia di Papa Aleflandro in Venezia ,
in Siena, in Germania, in Roma nclLatcrano, nella Sala Re- gia del Vaticano di quanu efficace fede fieno
da per loro. (P^'Ilcrizione (otto la
pittura del Vaticano. IO Congrcgazion
de' Cardinali ifiiinita da Pio IV, per canonizzar la veriib di detta Storia avanti che fì
dipingeflc nella Sala Re- gia da
Giiileppe Salviati, at A’ Principi liberi
fi dee creder, ne’ quali non cade mendacio,
aa Dio non lalcia, che la Chiefa s'inganni per le male confeguen- ze, che luccedercbbono. a3 Repubblica di Venezia , che dica falfith
affermano i Giurecon- fulti, che fia
bellcmmia a peniate, non che a dire. Z4
Conluetudine di creder alle fcritture della Repubblica dove fi tratta anche del luo comodo, Autorità del
Cardinal Tofco. 2 $ Pitture non
contraddette dagl' intereffati inducono il notorio. a 5 Contraddizione di Federigo alle pitture
fatte far da Innoc. II. nel
Laterano. 27 Intelligenza del verfo d'
Orazio fopra la licenza de' Pittori. 28
Effetto mirabile che operano le pitture a’ lifguardanti , autorità del Conc. Nic. II. ‘ III. C R O N I e H 2p Croniche fanno fede di quel che narrano
quando è folito , che lor fi pretta
fede. 30 Croniche che narrano la Storia
di Papa AlelTandro conformi al- le
fuddette ttilografie. Cronica Delfina,
e Sanuta. Cronica del Doge Dandolo
allegata dal Cardinal Baronio. Cronica
Alexandri/ fuo Sommario a S. Ciriaco^ in Ancona , ed a Parenzo,
Cronica amica ritrovara nel Monatterio delle Vergini, num. 33. de' Ginonici di San Salvator, num. 75.
Generale dell' ordine de’ Canonici
Regolari, num. 32. 3 1 Epittola del
Vefeovo Capitenfe fcritta al Doge Giovanni Delfino già anni 300. in circa, che fa '1 tranfunto
di detta Storia da un libr 100 Libri fenza nome d’ Autore non ancora
ricevuti fi chiamano apocrifi, e non fi
debbono leggere. 101 Libro fenza titolo
è come uno Strumento, lenza nome del Noe
tajo, che lo ha fcritto, però non ha credito. tea Autor quando non vuol fodentar le cole,
che dice nel libro lafciato fenza titolo
, non può un altro fondarli sò detto libra
per foficntarle efib. 103
Vangeli co’l nome d’ alcuni difcepoli, che furono prefenti agli atti di Grido rigettati come Apocrifi. 104 Libro di Romualdo prodotto dall’
Avyerfario ha molte, e gra- vi
oppofizioni. 105 Stnanenti imperfetti
non hanno nome di Strumenti, e non fi
rilevano in pubblica forma. lei
Volumi del Cardinal Baronio quando fodero imperfetti non fi potrebbono legger per le cofe, che dipoi
tante volte muta, e rimuta. 107 Romualdo Autor allegato dall’ Avverfario
facendo menaion d’ ecclide del Sole nel
legno della Vergine, che accadede ai tem-
po della pace con Federigo prende grave errore, che lo dóno Ara poderior al Belluacenfc. log Regola legale per accordar gli Storici
quando difeordano in un atto iterabile. Autorith , e precetto di Sant’Agodino fopra
i Vangelj quando pajo. no dilcordi. lep Storie che parlano della venuta di Papa
AleOTandro a Venezia incognito fcrivono,
che ciò folfe avanti la vittoria fuccellà nel
ii7d. Storici che fcrivono della
venuta di Papa Aledandro trionfante, per
quanto allega lo deflb Avvcrlario, dicono, che folfe nel 1177.
L’ Avverfario per la regola legale aveva obbligo credendo a’ fuoi Storici di dire, che due fodero date le
venute di Papa Alef- fandro . Regola legale fopra gli atti iterabili in
altre controverfie Pontifi- cie gl. in
cap. fi Petrus 8. q. i. 1 . j. C. de fum. Trin. Card.
Bellarm. Digitized by
Google 2-79 ^Ilarm. de Romano Pontifice lib. a. c. 6 , verf.
non (amen ral. dij. XIII.
VERISIMILEI. fio. Argomento dal
verilimile della venuta di Papa Aleflàndro a
Venezia per rifugio. Ili Luoghi
diverfi ricercati dal Papa per falvarfi .
Ili Venezia fatta da Dio Cittì di rifugia per ialvezza dell’Italia ' contri ’l furor de' Barbari. 1 1 3 Venezia Paradifo di delizie dove i
Papi ed altri Principi rifug- ' giti non
hanno piii defìderato ni il Principato perduto , nè 4 Patria.
114 Auioritì de’Giureconfulti fonllieri. Autoritì del Petrarca, e d’altri. ilj Veneziani difendono Papa Gregorio II. e
la venerazion delle facre Immagini
contri Leon Imperador Iconomaco . 116
Cardinal Baronio in lode de’ Veneziani per la difefa del Papa, ' e delle Immagini, e per la lor
religione. 117 Chiefa di San Marco
carica di fante Immagini come trionfan-
te contri rimperadore. 118
Certezza della Storia di Papa Gregario fa argomento verifmi- le di quella di Papa Aleffandro. XIV. VERISIMILE E SEGNO IL, lip Papa Onorio onora i Veneziani con titolo
di Repnbblica Cri- ftianilTima per
difender la Religione, per la qual fempre crebbe. 110 Trionfo della Chiefa per opera de’
Veneziani fopra Federigo la vigilia di
San Jacopo a’ 24. Luglio 1177. Dall'
ora in poi i Veneziani nel mefe di Luglio ebbero da Dio fingolari grazie. 111 Mele di Luglio per avanti infaulio a’
Romani , ed all’Italia per diverfi
infortuni ^be occorrevano. Circuito
d’armonia di Platone, che in certi tempi altera le Re- pubbliche come ne’ giorni decretar] , ed anni
climaterici i cotw pi umani. Ili Romani rotti due volte nel di XVII., di
Luglio; nel XIX. due volte Roma
abbruciata; oflervazione di Cornelio Tacito.
113 Due volte il Tempio di Getulalemme abbruciato nello ftelTo giorno di Luglio , che ora cade nel d’i di
San Jacopo; ofler-, vazione de'facri
Canoni, e di Giufeppe, 114 Chiefa di
San Jacopo prima fondazion di Venezia per occafion di voto per cflinguer un’incendio. 113 Allegrezze, e felici avvenimenti alla
Repubblica dal 11-7. in qui nel mefe di
Luglio, nei quale indi ad anni 24. ella fe-
ce il primo acquifio di Coliantinopoli . (id Argomento della vendetta della morte di
Crifio dal tempo mcdefimo, che
intravenne f eccidio di Gerufalemme dopo anni
quaranta, ed altri efempj. 117
Pri- Digìtized by Google z8o
J27 Primo di Luglio celebrato da’ Veneziani per la fella di San Marziale, nel qual ebbero diverfe
vittorie. 128 Fella della Maddalena per
Tacquiflo fatto nel concluder la
Capitolazione di pace co’ Genovefì ; della qual Angelo Aretino nel conf. 2Sp. I2p Fano d'arme del Taro adi 6. di Luglio,
nei qual fi ccuninciÀ a ricuperar T
Italia dalla man de'Francefi, e la preda che da
efla gloriofi portavano via. 130
Prefa di Colfantinopoli la prima volta adì XVII. Luglio nel giorno di Santa Marina. 131 Feda di Santa Marina celebrata, nel qiul
giorno la Repub- blica acquidò due volte
Padova , e diè principio ad acquidar il
redo dello Stato occupatole dalla Lega di Gambrai. Parole della parte di celebrar detta
fedivith. 132 Prefa di Cadiglione, e
Lodi dopo Tettava di Santa Marina , che
cade nella vigilia di San Jacopo. 133
Capitolazion tra Collegati dove fi conferrnano gli Stati diTcr- ra ferma alla Repubblica fatta adi 2p. Luglio
1523. 234 La Serenidima Signoria vifita
folennemente la Chiefa del Re- dentor la
III. Domenica di Luglio , nella qual la Citt^ fu lù berata da una orribile, ed inaudita
pede. 135 Repubblica riceve vittorie,
cd altre allegrezze da Dio nel me- fé di
Luglio in fegno di remunerazione d^l fetvizio predato a fanta Chiefa in detto mele. 1^6 Domenico Memmo, Procurator di S. Marcp,
uno de’Capitani di galea che combattè
nella giornata contra Federigo. 137
Filippo Memmo, Dottor, guidò Otton prefo nella giornata navale al Padre, che lo fè venir 3 Venezia ad
umiliarfi la vi- gilia di San
Jacopo, 138 Dio non ceda di dar premj
a’difcendcnti difeendendo in edi S er
ragion ereditaria la virrii, e meriti de’Maggiori. Sercnldimo M. Anronìo Mommo rapprcfcntantc
,i fuoi Mag- giori col merito , e colle
virtù cfercitate ne’ fupremi carichi
della Repubblica. 140 Creato
Principe la vigilia di San Jacopo miracoloramente, nel- la quale per opera de’ fuoi maggiori Papa
Aleffandro pofe il piè fui collo di
Federigo. 141 Portato fuora il dì
feguente dal luogo dove Papa AlefTandra
fece il detto atto trionfante a Ipargcr oro e argento con /in- goiar applaufo di tutti gli ordini della
Cittk. 142 Dio ha voluto dar fegno di
raccordarfi del merito pel fervigio di
Santa Chiefa. Efempio che di quanto ben
fi opera fi crafmecta il merito an-^ che
3 i poderi ben lontani. // del
Sommario^ PER Digitized by Google ^8I
PER LA storia DI PAPA ALESSANDRO IIL Pubblica nella Sala Regia a Roma , e nel maggior Configlio a Venezia, ALLEGAZIONE
DI CL. CORNELIO FRANGIPANE J. C.
Contrd h narraj^one contenuta nel Duodecimo Tomo degli Annali Ecclejiaftici . Deus aferiat labia mea ad veritateìi. Leu NI penfano fottrarre alla Sereni/Tima
Rc> pubblica di Venezia il fondamento
delle Tue prerogative ) fé impugnano la
veritk delia Sto> ria di Papa
Aleflandro III. venuto qui profu*. go
dalla perfecuzion di Federigo I. Impera-
tore, rimeflTo in Sedia, dopp la vittoria na- vale centra quello ottenuta dal Doge Ziani
. Nel che quanto s*ingannino ognun potrb
ve- der , c coaolcer dalla noiira
Allegazione del Mar Ubero fcritta centra
il Valquio , e Ugon Grotto , Auto- re
del libro intitolato : Mare liherum * e centra altri : tanto ancora s'ingannano, negando quella Storia,
dove, in vece dì acu* tezza d’ingegno,
cortezza, e ^arlitb ne mollrano • Alcuni con
femplicc narrazione diverfa, altri con alTai poco penetrar di pen- na, ma a guila di Scorpione, la pungono;
altri fcrivendo, non mano, ma calcio par
che adoprino, cosV l^n calpedano. Aperto
morte la impugna 1* Autor degli Annali Ecclefìadici , collante- mente, intrepidamente tanto, che egli, come
foldato gloriolb , avanti che combatta ,
Tuona la tromba , vantandoli di doverla
far conofeer una impodura ; quafì , per ingannar il mondo , Te l’abbia fìnta; e dice di proporre una pietra
Lidia da paragone , per conoicer la
veritb dal mendacio. Ma fe fìa tale, o elitropia del mugnone, efamineremo nella prelente
Allegazione. Non re- do però di
compianger PAutor in molte parti de’ Tuoi volumi , che, ùtrovatafi una teda come di acciajo a
tanta fatica di Icrit- tura, Opera già
grandemente defìderata ( come riferifee il Ca-
rio ) da’ Padri nel (acro Concilio di Trento; dovendofi impiega^v re in avvivar' le memorie di fanu Chiela, e
de' Tuoi Fedeli, e Tomo IL Nn
devoti, Digitized by Googli z8% ALLEGAZIONE col raccontarle cofcfucccfle, come è oggetto
de gli Scrit» tori delle Storie; fi è
affaticato in alcune fcriver contra il co
appiglia alla narrazione di due Autori uovati da nuovo , con- temporanei ( com' egli dice ) del fucceflb ;
'uno i lenza nome , che [crive i fatti
di Papa Aleflàndro ; l'altro i un Romnaldo Arcive- fcovo di Salerno, che fcrive le Cconicke del
Mondo; i quali Au- tori dice anche elfer
Dati prefenti.- parò gli elàlta come tedimonj
maggiori di ogni eccezione, che lor non G pofla dir in contrario; da’ quali cava che Federigo I. Impeindore
l’anno precedente, che fu del tipd.,
vinto con gran (Irage da’Milanefi, non Papa Alelfan- dro , ma eUQ era che fuggiva ; e ili quel che
mandò a dimandar pace al Papa in Anania;
e che il Papa, aifcntendo, non profugo,
.ma trionfante venifle a Venezia accompagnato da tredici galee dd Rè di Sicilia , che lo conduBcro pel mar
Adriatico in lllria , e poi a San
Niccolò del Udo, dove il Doge Ziani io andò a le-, ^ar, e io condulTe dentro a Venezia: indi che
andalfe a Ferrara, e poi tornalTe, q che
trattalTe coi Minillri Imperiali la pace ; vi
venifle l’ Imperadore , e che la vigilia di San Jacopo andafle alla Chiefa di San Marco a baciar il piede al
Papa; il quale il di fe- guente a
richieda dell’ Imperadore cantalfe la Meda , e fermo- neggiade in un pulpito ; e le parole che
Latine diceva , acciò, r imperadore le
intendede , un Prelato gli replicava in Tedefeo ; e vi narra di mofebe, e zanzare , e di altri
liroili particolari accaduti , e la
dimora , e la partita de’ detti Principi . Que-
di due libri vuol che fieno una pietra Lidia da conofeer la ve- rich dal mendacio delle cofe che narrano le
Storie Veneziane . Ma quelle per
principale , e in fodanza, dicono.- che Papa Alcdan-. dro fuggidc incognito per fua compiuta
ficurth a Venezia che per lui ,
divotamente ricevuto , la Repubblica mandade Am- Mfeiadori all’ Imperadore per uffizio di Pace
: che non folo non la conccdcde , ma che
m andade un’ armata verfo Venezia , per-
chè gli fi dede nelle mani il Papa ■* che la Repubblica ar- malTc , c gli mandade il Poge Ziani contra :
che combattede , che vincede, c che
menade cattiva l’armata con Otton Figliuolo
dell' Imperadore, che ne era Capitano, prigion a Venezia : e che egli , mandata con compagnia di Senatori al
Padre , fodc mez- zo di coochiuder la
Pace : che 1’ Imperador venide a Venezia a
geitarfi a’ piedi del Pontefice, il quale gli mettede il piede fui
collo, dicendo le parole del Salmo Super
afpidem &c. che l’impeiadore gli
Tomo II, Nn z rifpon.
Digiiizeri l .y Google ?.84
ALLEGAZIONE f irppndefTe che ’l Papa
gli replicafle, per la qual azione folTe
iHituita la folennick di Spofar ogn’anno il Mare. Narrano anche la conccITtoD delie infegne che in cerimonia
la Sereninima Signo- ria porta, e delle
Indulgenze: ma il lodo che vorrebbono elpu*
gnar è la vittoria ottenuta centra l’Imperadore; chelaltre circo- Hanze poco rilevano, fe non in quanto che
Ibno adminicolo del- la prova
principale. 4 £ perché a provar le
vittorie li fbgliono allegar opere pubbli-
che de’marmi, o delle pitture , dove, lucccfle, dcfcriverfi
fogliono, o Croniche, o Storie, o felle
pubbliche, ofatna, che, correndo, e
Tuonando, a guila di fiume, nella poHerith fi diffonde, e ne perpetua la fede, e la memoria loro; benché
una di quelle at*. tellazioni ci
ballerebbe, le addurremo tutte; così ben e fondata la verità di quello iucceiro; e mollreremo
che gli Autori i qua- li pare che
ferivano fin in contrario, ne prellano il confenfo, da- to anche che fufTcro legali, e degni di tffer
creduti. 5 La prima pruova fi chiamava
iStilograha, che é, quando, fuc- celfa
la vittoria, fi delcrive in colonna, o altra pietra che fi mette in pubblico. Quello titolo predò
a'Settanu Interpreti ha •1 quinto decimo
Salmo, dove Teodoreto dice: Columna Vincen-
„ TiBUS quoque nigitur ceeUta Uttem nefcìentibus , viCiorism^ indi- ,, ctmtibus • Come anche ordinò Augullo, che
le fue imprefe fece fcriver in colonne
di mecalb avanti il Tuo Sacrario. Se ne veg-
^ gono anche di altri Impcradori , e Re per tutto il mondo. La vittoria contra Federigo l'abbiamo dcfcriira
in una pietra a Salbo- re affida alla
Chiefa avanti la quale fucceffe la giornata: le let- tere fono antiche ; e quando fu polla , 1 ’
Iflria era nel tempora- le fotto il
Patriarca d' Aquile)a .* in ella i feguenti verfì leggono:
Hbus, porut. 1 , celebrate
locum cìuem Tertius olim Factor
alexander donis coelbstibus auxit.* Hoc ETENIM PELAGO VENRTAE VICTORIA CLASSI DbSUPER ELUXIT, CECIDITQUB SVPBRBIA
MACNf Indvpbratoris Federici, rbddita
sanctab ECCLESIAB pax; TVMQVB FVIT IAM
TEMPORA MILLE Septvaginta dabat centvii,
sbptemqve supernvs Pacifbr advbniens ab
origine carms amictab, Quella pietra, a
ragion di Scoglio, l’Autor degli Annali ha
fuggito di toccare, perchè certo, le ci avede ben penfato fopra, non farebbe andato ramo oltre a fcriver come
h^ prclunto; per- ché quello folo
ballerebbe per piena fede, c tcflimonio, quando
anche altro non ci fode: al che tutti gli uomini ragionevoli, e legali fon tenuti a prcfiir compita fede,
perché quelle fono vere pietre Lidie da
far conofeer laverith dal mendacio, fenza le qua- li è ncceflaiia alcuna Storia ^ per
atiellarci la verità , fecondo „
Ciuleppe ad Apirne, che dice. Eo quod ab initio non fuerat jìu- d'tum apud Gr^cos publicas de bis qua femper
agunttsr proferre con- ,, fcriptioneSy
bec etenim praeiput (T erroremy poteflatem merendi ^y pojìsris vetus aliquod volentibus
fcfiptitare cencefpt\ però dicono le „
Glofe, c ì Dottori.* Sì in aliquo Lapide, vel columna inveniatu „fcripn.
Digitized by Google DEL
FRANGIPANE. ^85 ^ Jqriptyra ejì
éàbihenéa, in c. fané in vcrb. dijiich 24^
q, 2, & in c, cum cavjja de probat. & ibi omnes Scribenres»
Spe- atl. de prober. •ùidendumy num. 12.
taf. in l. fané, num. 26, ff. fi cert.
petat. Aret, infi. de
eHion, §. psneles^ num. 2. H/ppol^r. in
l. prenatn, §, in rationibus. C. de felfisy Ù" de probar. num. 191. Hier. de Monte de finib. cap. 61. per
totum. Mefeard. de prò- bar. conci. 105. pofieaquam, nu. IO. Ù" conci. ^99.
confineSy num. 5. & allegata per
Cagnol. in I. 2. num. 6y. ff. de orig. jur. Ò*pcr Potjfdorum Ripam obfervar. 6%, Craver.de antiq.
tempor.par, l. verf. oB/rva daruTy man.
13. traB. ro, vj. fol. 141. ) dove dicono U
8 ragion dcllcfficacia di tal prova. Talis fcriprura in Lapidibus^ aut ^y cofumnis publice apparet y (T inducit
nororium: ob id impuratfdum yy viderur
et de cujut jnajudicio agiruTy cùr non contradixerir y come . fece lo ReiTo Fedengo, il qual contraddìlTe
alla memoria, e iferi- 9 zione che fì
trovava nel palazzo Laterancnlè ; tenendo egli,
roa centra ragione, che foffe pregiudiziale alllmperio.* di che lì ragionerà più ^ ^Hb; e come è il cafo che
narra il Coppola. ( de fervir. urb.
prted. c. 70. nu. 9. ) Quella pratica forfè fh ap- io prefa da' Greci , come da quelli da^ quali
fì hanno, imparate le altre leggi; (A
a. ^ de orig. /ur. T. Uvius dee. \. lib. 3. Dio. Halicarnas. lib. io. } perciocché i Mantinei,
avendo fatta giorna- ta con i Tegeati
preifo Laodicea convittoria incerta; ìTegeari, a che chi leggeva le ifcrìziont
de'fepolcri pcrdefse la memoria.* di che
ne artefta Cicerone: ( de feneBurv in
princip. ) „ fepulcbra legens vereoTy quod ajunty ne perdam me- moriam: onde di certa forta di memorie
ne'lalfi vicn detto ap- prdfo Digilized by Google ^86 ALLEGAZIONE preflb Tacito* prò fcpulcèrh fpcmuntur (
lìb. 4. ) Con tutto ciò non fono tanto
prive di fede, che non diano adminicoio di pruo* va; come, per provar il buon fucceflb del
fano di arme delTa* ro, dei qual fi
parlerà infra al num. jip, il Guicciardini addace la infcrizione del fepolcro di Melchiqr
Trivifano qui nella Chic* fa de’Frati
Minori: per i’acquillo di Ceneda facto dalla Repub" blica, oltra altre pruove, fi adduce
i’epicafìo nella fcpoìcura de! Doge
Tommafo Mocenigo t S.S. Giovanni e Paolo . ( Mafcard, (ie probat. con. conpnes aum.n. Guicciard.
bijì. lib. z. Onde, fe non li cava fe
non tal qual pruova delle cofe dalle if-
crizioni de’lepolcri, non doveva il Sabellico, contrario a sé llcf^ fo di quanto ha ferite* nella Storia
Veneziana , nella univer* fai che fcrive
( lib. 5. Eneadc p. ) maravigliarn che nel fe-
polcro del Doge Ziani non li facefle alcuna menzione dì tal vit- toria; perché loimlTione in fimilì luoghi può
venir da diverfe caule; o da umiltà, o
da grandezza, che balli a dir il nome
del perlonaggio che fì rinchiude, come quel che, dettoli nome, dice carera norunr Ù" Tagus, &
Cnages, Scrive il Guicciardini che Gian
Jacopo Triulzio , tanto celebre Capitano, non avelTe al- tro Icritto nel fuo fepolcro, le non, in
quello eflb ripofTarfì chi innanzi non
s’era mai ripofato. (lib. pag.^po.) Può ancora av- venir una tal ommilTione per non render
ingrati i fepolcri a’vin* ti, ed efporli
alla loro ingiuria, col commemorar le vittorie oi'« tenute: perlochè Ciro, Rè de'Per/l, nel fuo
(epolcro, dove loit „ narrate le fue
gtandezze , vi fe in 6n aggionger : Jra^uc ne mi- I, hi ob hoc monurnentum invideas rogo . A
quello fin nel fepol* ero del Doge
Andrea Dandolo, che è nella cappella del BattiHe- rk> di S. Marco, fu tralafciato l'Elogio
fattogli dal Petrarca, che £ l^ge nella
pillola 25. foritia al Bcnimendi, Canccllier gran- de, che ne lo aveva richiello dove
commemorandoli le fue im' prefe di
Candia, del Tirolo, dciridrìa, di Zara, della rotta da- ta a'Gcnovclì a Sardegna, fu tralalciato, e
poHovi quel che al prefente fi legge,
dove non fì Hi menzione veruna di quelle im*
14 prefe. Oltreachò , è flato ufo de Dogi antichi ne’ lor fepolcri non metter nè ornamento Ducale, nè anche il
nome proprio, come neirillefsa cappella
fì vede quel del Dcge Soranzo. Il Do- ge
Andrea Concarini fepolto a San Stefano nel claullro non vi aveva ornamento Ducale, nè veruna lettera; e
pur fu quello che liberò la Patria
daÌi’alTedÌQ con vittoria cost fìneolaro, e al tutto "^ifognofa centra i GenovefìaChioggia.
Scritte da me le fuddetee cofe, mi è
venuto a mano il Libro della Repubblica del Cardi- nal Contarini , il quale nel Libro primo in
quello propofìto co- si fcrive: „ Mk gli
Antichi nollri tutti di uno in uno confenti-
,, rono dì aggrandire la Repubblica fenza aver rifpetto dell' utilità
pri- ,, vata, e deironore. Da quello
cialcun può far conghiettura, che ,,
nclTuna, o molto poche memorie di Antichi fono a Venezia, di „ uomini per altro chiarilTimi in cafa, e
fuori: dirò un’efempio fo- „ lo, tra
molli, di Andrea Contarini Doge, mio parente, Al lem- ,, pQ della guerra Genovefe, importantilfìma
, e pericolofìfìima di „ tutte, con
incredibU fapienza, e (ingoiar grandezza di animo, „ lalvò
Digilized by Google DEL
FRANGIPANE. z 87 ,) falvò la
Repubblica; e data loro un^ grandifllma rotta, fracafsò yy i nemici gii vitioriofi, tutti, o
ammazzati , o fatti prigioni .
Confervata la Patria , ordinò nel Tuo tcllamenio che alla IcpoU yy tura fua , la qual ancora al «fi d* oggi
fi vede a San Stefano , yy non fi
mctteffero alcune infegne , nè armi della famiglia noUra; yy ma che pur ivi non vedrai fcritto il nome
di $j gran Doge . Il nome, e
adornamento, che ora fi vede, è per opera di Jaco- po Contarmi, Senator di riverente memoria ^
il qual , tutte le buone arti, e ogni
virtù amando, ravvivarle fi affaticava : Egli
fù il promotor, coadjmor, e mantenitor del Bardi, che le la rac- colta della Storia di Papa Aleffandro , alla
qual però TAvverfa- jdrio non fi ha
fapuio acquetare . Qu'i non debbo ommettere lo
sfacciato mendacio che contra le predette cale dice Giorgio Me- nila ( Uh, 6 , Ccograpb, Jivc anriq. Vicheom.
) che nell’ Epitafio del Doge Ziani ,
dopo aver numerate le vittorie ottenute da al-
tri, di queffo fatto di Papa Aleffandro. non dica altro , fe non : kinos conjunxir gladios : fc quello folle
vero , forfè avrebbe qual- che ragion
effo. , e il Sabellico di dubitare. Ma la Icrittura è molto diverfa; la qual, avanti che fi. perdeffe
nella nuova fal> brica della Chiefa
di S. Gregorio Maggiore, il Sanfovino, tanto
benemerito di quella Citt^, nel dar conto delle fuc preclare co- le memorande , l’ha regifirata nel libro quinto
della fua Vene- zia; non mi difpiacerb ,
qui fcrivendola , farla legger , per con-
vincer di tanto mendacio l’Autore, qualunque i verfi fiano, f/ic Dhx egregiwr, fapicnSy dives
cenerefeity Vivir cum CbnJÌOy Mundo. fua
famrn_ nhefeity Sebafìianus vochatus in
orbe ZianuSy Cum Papay PrincepSy CleruSy
^tebs Jbunc rccolebaty JnJìut^ purusy
cajìusy mìfisy cutque placcbap.
Confitto poilcns , bona planrans , & mala tollens , Robur amicorumy patria luxy fpei
mìferorum Et flos cun^orumy Duk eteClus
Venetorum ', Binos eon/unxìt gtadioSy
O' more rcfulfty Etoquìum fenfus ,
bonitas. degnila cenfus , liti parebanty
nulla •virtute cartbat. Dove le parole
: mundo fua fama nitefeh , cum Papa Prineeps
Jbunc rccokbat \ bona planrans y & mala tollens , robur amteorum ,
fpes miferàrumy binos conjunxit gladios
y non venendo a nomi partico- lari, per
li rifpetti gi^ detti, ma applicate al fatto tanto noto- rio , come era allora , ed è al preleme , pur
troppo ballano : maflime che fotte di
Ini non vi è da raccontar altre vittorie ,
nè fatti notabili, come afferifee i! Merula.. II. Seconda fiilografia è la pittura roeffa
ne’ luoghi pubblici, dove 17 fi
deferivono le vittorie ottenute ; come quelle marittime di Agrippa , che le fè dipinger nel portico di
Nettuno ; quella di Gracco nel tempio
della Concordia .• ne’ pubblici, trionfi ancora
fi poruvano .• di quella di Meffala , di L. Scipion , di Ollilio Mancino Ch menzion Plinio ( lib. 30. cap. 4.
) : quelle di Tra- mano , e di Antonino,
lono defericte nelle loro colonne a Ro-
ina , ma con figure di mezzo rilievo in marmo , che ancora fi V veggo-
x88 ALLEGAZIONE vedono : quefla
fk fede , come le lettere feoipire neTaHì , non
efl^do altro la pittura, che orazion che tace , c Torazion pit- tura che parla* onde i Greci, non facendo
differenza da Pittura a Scrittura, come
confìdera il Cardinal Paleotto , ambe le chia-
mano yp^m : anzi per memoria ^ piu efficace la Pittura, che la narrazione in iferitto , come fi vede
nell' uio della memoria sSartifiziale,
che per via d’immagini lì fupplilce alla naturale .* fopra che dice Qiiintilliano : ( Uh. ii. cap,
3. ) pidura taccns ,, aÙus y Ù"
babhui femper cofdem Jic ìntemos penarat affehius , uf „ ipjam vim dicendi nonnunquam fuperare
videatur : „ dove i Padri nel Concilio
Niceno fecondo differo : „ major tft intano , quam „ orario ; atque hoc providentia Dei conttgu
propter idiotas bomiftes , perche
fervono per lettere degli ignoranti. ( j^dion. 5. Concilior, rom, 3. foi, 501. c. ptriatum de confecr.
dijì. 3. D. Tbom. %. a. q. P4. arr. 1.
primum. CapcHa Tbolofan. q. 303. Ct* allegata per Cardinalem Paleottum de Jacris imaginihusy
& profan. lHt*l. cap.^» Frane. Curt.
de feud. par, j. in princ. num. i6. (T per Cepollpm de fero. urh. prsd, c. in f. ( 5 * per Dod.
in c, l. in prin. ae pace Ijtenend. )
Dove l’Alvarotto, volendo addur teffimon; della verith di detta Storia, dopo aver allegate fopra ciò
le croniche , e gli annali de'
Pontefici, allega le pitture che la deferivono in Vene- zia, e in Siena.* „ Ut de prxdidis pa/ee in
aula folemni Civitatit ,, Venetiarunìy
uhi bac bifiorta mirabÙiter pida ejl. Fraterea dieta ,, bijioria fatU diffufa in aula Civitatis
Senarum , ex eo quoà àidut „ Papa
jilexander fuit nationc Senenfis. Così anche altri, come te- ffimonio degno di fede, allegano dette
pitture; Ermano Schedel nella cronica
ffampata in Norimberga , Giovanni Stella nelle vi- te de'Pontebci fotto AlefTandro; Erancefeo
Modello nel libro z. della fua Venezia
di Pietro McfTia nella vita di Federigo ; Re-
migio Pofliilator di Giovanni Villani , per fuppiir quel che ivi manca { Uh. 5. c. 3. ): ma Francefeo
Sanfovino nella Ina Vene- zia vi
aggiunge quelle di Roma coq le fue inlcrizioni : dice eh; ve ne era una nel Palazzo Laterancnfe con
alcuni verfi ; gli ul- timi de’qnali
dicevano: Naw pRorucus Latet in VenetJs
tandem manifejlus Regi Romano pacifeatus
abit. La ifcrizione fotto la pittura
del Vaticano nella Sala Regia co- sì
dice: „ Alexander Papa III. Federici I. Imp. iram , bt ,,
IMPBTUM FUGIENS, ABDIDIT SE VeNETIAS J COGNITOM, BT A ,, SENATO I’ERHONORIFICE SUSCEPTUM , OtHONE
ImP. Fìtto NA- ,, VALI PROBLIO A VeNBTIS
VICTO , CAPTOti. FeOERICUS PACB „ FACTA
SUPPLEX ADORAT, FlDfeM,ET 0BE9IENTIAM POLLICITUS. 5, ITA Pontifici sua dignitas Venet* Reip.
beneficio re- „ STITUTA. MCLXXVII. ■2.0 B perchè non fi creda che ciò Ila flato
capriccio del Pittore , come vuol
inferir T Autor degli Annali , è da laper , prima che detta Storia foffe dipinta , c col predetto
Elogio fottofcritia , fu da Pio IV.
ordinata una congregazione di Cardinali , tr^ i quali entrava 1 ' Illuflriflìmo Cardinal Sirletio
di veneranda xnemotia .* di che me ne
diede conto Marc’ Antonio Gadaldino , luo fapula- m, c
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FRANGIPANE. z8p re, e gentil* uomo
letteratiflimo : quefli fecero dìIigentUTimo pro> ceffo degli Scrittori, e delle fcritture ,
come de’tcHimonj degni di fede , in
guifa che fi dovefle far una canonizzacione , e in quella maniera che Dio non lafci fallar la Chiela
nelle liie.aP ferzioni : pervenuto il
Pontefice in fondatiilima cognizione di ve-
rità, ordinò la pittura a Giufeppe Salviati , Maeflro celebre , e ringoiare, che da Venezia fb chiamato, e di
tal lavoro mi dilTe aver avuto mille
ducati , che non fi fpendono cosi in meri ca-
prieej de’ pittori* £ .perchè la pittura cosi ordinata dee far
pnio> va, e piena fede; Aleffandro
VI. fè dipingere in una loggia dì Cafiel
Santo Angiolo rofTequio, e la riverenza di Carlo VIU. fer- vente alla fua Meflà Pontificale, acciò tal
cerimonia fi confervafle nella memoria
de'pofleri. ( Guicciard. lib. i. car. 35» )
21 Quelli fono lenimenti pubblici rogati db Principi iit^ri, e che non co(^ofcono fuperiore; che la lor gloria ,
e grandezza è la li- berti/ ne’ quali
quando cadeffe mendacio, imbrattar il lo-
ro fplendore; perchè è qualitb quidditativa di chi è libero non dir, fe non verità; come è qualità fervile
dir il mendacio. 12 Però dicono t facri
Canoni che Pio non lafci mentir la Chiefa
Romana, (e.srcHm, gi. m Z4. 1.) alla qual anche fi convien quel che fi dice delle perfone
pefate, e. gravi; Nm éiirJ il fsljo
effetti il fntdtntt. Qui corre la
fleffà ragione che cade , fe occorrefTe feoprir un men- dace nelle làcre Icttercj delle quali dice
Sant’ Agollino {inEpifl, MdHi lamente , non fuggitivo , non è da
tralalciarc il tdlimonio di Pietro dalle
Vigne, il quale 6or'i in que’ tempi,, nè maneggi, c negozi dell’Impcradore con Sanca Chidà ; nel
principio delle Tue piitolc , dove
intieramente è regiArato il c. ad apojìoiico de te jud. in 4 . dice! ,, fece ( Federico ) uri
altro Papa ^ e pìife altri „ Vejcovi
nelle Chieje dell Imperio^ ma alla fine andh a ({inedia y ove ,, il diritto Papa era FuciTO, e li fece fuo
comandamento : “ la qual autorità (i può
-aggiunger a quello che di quello dice di
aver villo il Bardi; cioè, nella vita deU’Imperador che fcrive , fa menzion della prefa di Ottone. Con quella
AclTa regola rela- ^'tum cenfttur in
referente fi poObno legger i Commentatori di
Dante, luoi fcolari, che furono gih trecento anni, nel commen- to del I^ndino al canto i8. del purgatorio, i
quali egli afferma aver veduti , c ad
unguem ferivo la detta Storia come i Venc-
. ziani la narrano e dipingono ; parte de' quali regìAra il Bardi con molto numero di altri Storici che in
conformità fcrivono ; ^ al quale
aggiungerò i feguenti da lui tralalciati colle confidera- 2Ìoni fopra alcuni che egli fimplicemente
nomina : quanto agli ^paltri, che egli
allega, intendo, per corroborazione della verità, che qui lì abbiano per rcpetiti. Benvenuto
de’ Rambaldi, Autor di trecento anni,
nel iuo AuguAal , che irà le opere latine del
Petrarca fi legge lotto Federigo, Icgue detta Storia / e in fine dice: „ Alexandram Papam perfecutuSy apud
Veneros vitlusy “ (?*r. 40 che è (guanto
piò difiiiiamente fcrive il beato Antonino nella ivia 'Storia; ( p. 2. tit, 17. c. i. io. in fi,
fot, 214. ) „ Cum Fri- yy deritut Imper,
veniret ad Urbemy Alexander y timens ejus potentiamy „ Fernet ias refugity ut manut e/us evaderet
: fuper quo indignatus Jm~ „ perator y
armavit cantra Venetot claffem , cui prafeùt Otbenem fi» ,, iium fuum ; 0 “ ad repofeendum
AlexandrurH Pontifkem mijit . Fe~ * rum
Otbo fUius Imper. primo concurfu navali prodio fuper atw J yy Clajfc Fenetorum , qui juvabant partem
E(cUf$te .SanSìx , Ù" Ale- yy
xanàri , captus , duéius ejì Fenetias . Anno autem fcqueuti , procu- rante Otbone filio Imp. qui captus erat ,
ablata e(l dijjeafto inter yy Papam ,
Imperatorem ; & faHa afì pax , indeque magnus ■ bonor ,, & gloria fecuta funt Fenetos , quibus
ad ptrpatuam tei memoriam „ Pomifex
Jummus quadam injignia perpetuò ferendo donavd, Miror „ autem quhd nec Fincentìus in fpeculo
bijìorialiy nec Joannes de Co. yy li
faciane mentionem. “ Dove è da notar che fcrive la fuga di Papa Alclìàndro a Venezia; la vittoria avuta
contra l'impera- dore; e la prefa di
Ottone fuo figliuolo. Si attenda ancora che
la battaglia fu un’anno avanti la pace fatta ; e che in quello luogo non vi metta il calcar del piede del
Papa fui collo dell’ Impcradorc; il che
riferilcc poi in altra fcritiura , come diremo
ai luo luogo , ai num. 55. Oltra ciò , la maraviglia che fa , che Vincenzo , nè Giovanni di Coli , non
abbiano tocca queAa Storia. Confidcrafi
poi la gravità dello Storico, che è Teologo,
\ ^96 ALLEGAZIONE e verfati 01 ino in tutte le Storie ,
avendole fcrìtte dal principio del Mondo
fino a i fuói tempi. 41 Nello fiefib
tempo Laonico Calcondila , Areniefe , nella fiia Storia Greca al lib. 4. fcrive dello fiefiò
fatto , come i Venezia- ni hanno meno in
Sedia Papa Alefiandro dopo la vittoria ottenu*
ta centra Federigo , il quale chiama Re barbaro , infinuando il fuo cognome di BarbaroUa. 42 £ perchè gli Scrittori delle Storie
dicono : lUud veritash „ bijìoria
Jifftum eertum effe y fi de iifdem tebus wmes confentiant : „ ( Jofepk. cMtTM Apptenem lib. j. ) emnes
fcilicer y ^ued a pluribus yy
dignieribus ( gl. in eap, de quibus. difiin. 20. r. in eanonicis. ^ fui* dem de conjecr. difi. 1. Barbai, cmjtl. 12.
illum num. 21. W. 4.) Reciterò alcuni,
olirà i predetti, che feguono la detta Storia fo* relheri, e alfai interefiati per l'altra
parte, che, non elTendo ve- ra,
dovrebbono piò lofio contraddire; e fono di tal graviti, che il Mondo lor crMer fuole ; anzi alcuni dì
efll come tali fovente fono allegati
dall’ Avveriario. Raffaello Volaterrano in due luo- ghi ne fcrive, ( Urbanor. •commentar, lib, ^
& 27 , ) il quale è da attender ,
come quel che aveva alle mani , e verlava i libri della libreria Vaticana, come egli attefia
nel lib. 3. nè fi è ptin- to moflb dagli
firaccioni de* libri , come ha fatto rAvverfario , fe pur vi eianoi al luo tempo : ha dedicata
l’opera a Papa Giu- lio li. in faccia
del quale , e di tutto il Mondo nell’ arringo di Roma fcrive detta Storia eOer fuccefia come
la narrano i nofiri 43 Scrittori : così
fono lo fieffo Giulio II. ha fatto Giovanni Stella nelle vite di 230. Pontefici che fcrive.
]acopo Spigellio, Tede- feo, parlando di
Ottone dice : „ fttem cateri Scripteres y & e»* ,, temi y ò" nofiri , ■ vi&um navali
praiio a Venetis ajunt in caafit „
fuijfe fuibd fiater ex diutina difeordia in Alexandri Papa gratiam „ redierit . ^ ( >« Scbolm ad Gumermm lib.
1. de gefiU Fnderici ) Ertemano Schedel)
Tedefeo , nel fuo volume De biflortis atatum
mtmdi fol,t%i. Rampato in Norimberga, fcrive parimente la pre- fa di Ottone, e la pace feguita per opera de’
Veneziani . Alberto Cranzio, Autor
diligemiffimo delle cole idi Germania, che Icri- ve, fpefib allegato dall’ Avverfario , fegue
la detta Storia, e dice ( Metrop, Saxon.
lib, 6 . cap, 37. „ Annui erat feptuagefimus fe- „ ptimnSy Ò" Eufebii contìnuator tradir
, oSavus , ut AH nonni pofl „ mille
eentumy cum- Imperaror y capto Otbone fiUo , quem rlajfi prg*. yy fecity Veneta classe intercefto, Vbnbtias
, ubi erat fummus yy Pontifex Alexander
y ebeoucto, de pace , Ò" reeonciliatione tffira* ,, citer cogitavit. Il Contìnuator di
Eufebio dice lo fieffo tutto di diretto
contra quanto vuol affermar rAvverlario; come Mar- tin Cromero nella Storia di Pollonia , ( lib,
ii, p, 2. ) e gli al- 44legati dal
Genebrardo nella Cronolt^ia. ( lib» 4. foL dii. ) Vi fi aggiungono altri forefiieri, Giovacchimo
Becichemo , Scodren- fe, nel fuo
panegirico; Gregorio Oldovino, Cremonefe, nella fua Venezia al lib. 3. Orlando Malavolta nella
Storia di Siena p. i, lib. 3. car. 34.
tien quefia narrazione per maggior verirh. Mo-
dernamente Giofeppe Bonfiglio , Cofianzo , Cavalier Meffinefe , nella Storia Siciliana p. i. lib. d. e p. 3.
lib. 2. e per ultimo i Padri Digiti. by Googlc DEL FRANGIPANE. Padri Gefniti, nel cui feno ora unico
refugio hanno tutte le fcien- ze,
dottrine, e buone arti ( minalecito, quando allego uno di cflt che Icriva, allegarlo così in plurale; poiché
i loro Icritti non cleo- no, le non
purgati, ed approvati dagli altri) dicono per cola chia- ra, lenza veruna dubbierà, parlaiido de*
Veneziani : „ licere Fi- ,, itum F
edntci Aembarbi Otbonem^ captumque ohulere AUx. Ul.Pon- „ tifici^ ijui Vertetias Profug&rat. “
Marrmus del Rio diftfuijitio. Ultimo,
lalciando altri moderni , non la- feierò
di allegar anche i noltri Giureconfulti , i quali léguono la detta Storia, effendo Autori di profcHione ,
dove fi tratta di ro- ba, e di vita, che
gli uomini pih cauti, ed accurati; e Mrò
degni di efler leguiti in quel che Icguono. Pietro Ancarano, IX}C- ror antico, nelle lue letture canoniche {in
c.i, nu.io. de conjìit.) facendo mcnzion
di Papa AlelTandro , dice tanto , quanto balla
per confcrmazion della Storia : „ prò quo Vr.NBTi arma fumpfere ,, contro Imperatorem Federirum y Ò"
ohinuerunt in beilo. ^ M. Anto- nio
Pellegrini de ;wre fijci nel tib.Z. ai titolo de mari num. i8. fìt la iìefla narrazione. Camillo Borello nel
volume fuo de RegisCa tboltci praftentiay al cap. ^6. num. a^4. allega , e
iiegue Angelo Mattiaccio de vta jurisy
nel lib. i. cap. ^6. e gli allegati dal Dot-
tor Marta, i quali fìegue parimente (ri» Jlar.de /urifdiBione p.t. cap. i8. num. 21. ) : i Dottori Francefi
parimente la feguono : Stefano Forcatulo
J. C. { deCalUr.Jmper, fib. pag.q.ij.) yy Planb
^ Duch {Venetiarwn) ematus didici non parum aMÌàilfe Alexandrum „ III. Pontificem renmutrantem fcilicee
Venetos y quiy SebapianoZia» „ noy
Federkum AemAarbum Imp. navali pralio profiigarunt . Gu- glielmo Sodino nel luogo contra il quale
fcriveremo infra al num. 67- fegue la
detta Storia , come egli dice : „ qua omnibus
,, omnium feri biftoricorum fctiptis eonsinetur : e da alcune paro- le ivi molila di non creder sì facilmente
certe cole ; e pur cre- de queOa.
Crifioforo Sturcio, Dottor di legge , Tcdcico, nel luo libro de Imperio Gtrmanorum cap. 4p. num. 17.
inerendo alla det- ta Storia, conferma
la rotta dell' armata* di Federigo da' Vene-
ziani; e giuda la dottrina legale di accordar la dilcordia de* te- dimonj in quel che dicono alcuni , che non
Ottone, ma Arri- go, phmogeniio di
Federico, folle Capitano ; alTcrendo altri che
Ottone non avelTc et^ abile a quel carico , egli Icnve che vi 45folTcio due hgliudi. Ma io non mi contento
di quello accordo, perché non c é
bilogno ; che punto non olla Tardilo argomento
del Sigonio centra la detta Storia , il qual ha tralatuaca di nar- rare .* die* egli che Arrigo dei 117^. aveva
anni undici ; onde Otton terzo fratello
allora non poteva aver ec^ abile a trattar
negoz; , pruova che Arrigo m quell* anno avvflc anni undici , perché di lopra ha riferito che ave/Tc anni
cinque , quando fh fatto Ré di Germania
, che fb del 1170. le lue parole così
dicono .* ( de Oicident. Imper. lib.ì^ fub anno iiyó. fol. ^43.) „ Hcnricus fuit Rex Germania y ut fupra
diximus y qui cum annis zi. „ ejfet
natusy fatili quam atatem agere Federicus , Ù" Otbo pofì eum ,, nati pofuerint , ìdefì , quam minhnè rebus
agendis idoneam , „ vidersnt li , qui
Otbonem ante bac tempora pralio navali eum
Tom IL Pp ,, Fade- ipS
ALLEGAZIONE „ Faderatìs nnflixijfe
fmpfcrmt, con quii pruova poi di fopn ab-
bia detto che Arrigo avelTe cinque anni quando fu latto Re , Dio ve lo dica; perchè egli non dice altro, che
cosi. „ Henricum fi- „ /ivi» Minmim
gu'mquc punm Refem Ccrrnmit legi , tvmdem^uc
„ per PhUippum CoUmieaJem jtrehiepifcepim Aqws currnit, “ Quello e quanto il libro del Battefmo adduce, per
provar la fua etìiy con che intende aver
a fcriver contri quella Storia contri le atte-
4$ dazioni di Roma, e di Venezia , e tante altre. £’ da notar ancora, che egli non vuol che Otton , il
qual, elTendo terzoge- nito, poteva aver
otto, o nove anni, ( al fuo conto ) non po-
tefle effer Capitano , ma fh che Arrigo di cinque anni Ca dato fatto Re : al che non fi può rifponder altro
, che un Regno può aver un fanciullino
per Rè , e poi elTer governato da fapien-
ti perfonaggi : perchè adunque un' elèrcito non può aver un fan- ciullo per Capitano per infegna , per dover
poi efler retto col confìglio dei
Veterani ; Mrlochè Caligola confidava ( come ave- va in mente di fare ) di crear Confolo un fuo
cavallo predilet- ta, ( Suet. in Calig.
pag. ioa. Die. Ut, 6p. ptg, 830. ) Pofeia-
chè anche egli cosi era dato condotto nell' elercito Romano ; cosi anche i Rè di francia fono dati portati
bambini . Non odan- te la eth tenera di
Corradino , i Guelfi di Tofeana non manca-
rono di far idanza per via di Ambafeiaduri in Alemagna di far- lo venir contri Manfredo fuo Zio , che gli
occupava il Regno di Sicilia , e di
Paglia .■ al che non acconfentendo la madre ,
forfè impauriu dal cafo di Ottone, fi fecero dar un fuo mantel- lino, e lo portarono a’ Tuoi, che gran feda
ne fecero; follmente ^ aver pegno , ed
infegna da moQrar contri i nemici ; acciò
fapelTero che fotto l' ombra dell' imperio combattevano ; venuto poi Corradino a maggior eth, ma pur ancora
fanciullo, non redò d'andar contri
Carlo. (PsuJns AemUius tifi. Sut. Edutrrdo.Jo, Pii. luna! Ut. 6. cup.8ì. ' M.p. eup.%ì. ) C «1
Otton non farò dato „ il primo, ut quem
vet imperare jujjilìis., is Jiti Imperuterem etium „ queret, fimut eliqutm i pepulo meniterem
effitii fui; SaJluJi. de teli* Jugureb.
pag. no. } jdclla qual colà i nodri Giureconfulti dicono: ht- fant petejl effe miteif Ò" Rex, (Bar.
ini, l. in prine. C.de muner.&be-
ner.fii.io.O' allegat.per Hippet.de MarJU.in l. infans. nu.p.ff.ad
l.Cem, de Jicar.iT S/lvan. de feudi
recegnieienem q. jd. ma». 7. ) Ma che Ot-
tone non poflà elTer dato abue a quel carico , fe cosi poca età avelfe di otto , o nove anni , l'argomento è
da retorquer con- • tra '1 Sigonio , che
, eflendo dato Capitano in quella fazione ,
foflc dato di età abile; da ehe fi potrebbe argomentare che Arri- go avelfe molto piò anni, dopa che fi vuol
argomentar la età di un fratello
all'altro,' maflime di Arrigo fi potrebbe , non avendo altra pruova, che quella di fopra , la qual
oltra che è leggerif- fima , ha
congettura che mollra certezza in contrario ; perchè nella Cronica ai Otton Frigingenfe ,
(lit.j.cap.fi.) ed in altri autori fi
trova, che ad Arrigo nell'anno 1170. quando fìl coro- 47 nato il Padre , diede moglie Codanza ,
figliuola del Rè di Sici- lia, di modo
che in quellàmto , elfendo uomo da moglie, non po- teva aver anni cinque . £fe il Sigonio fi
feufa d’aver ieguito Gotti- freddo Digitized by Google DEL FRANGIPANE. 199 freddo Viterbienfe , ilqual ferivo che tal
matrimonio foguifTe del tiSò. fi
rilponde colle lue proprie parole ( lib, 15. de reg. hai* yy f
to meno lo doveva fare, quanto che il numero di quegli anni con corrilponde aU'indizione che vi mette i hcchè
ragionevolmente li può fofpettar effeme
errore ; però del tempo di detto matrimo-
nio non h fidando il Nauclero , per la varietà degli Scrittoti , dice
; yy Vides bic qubd Scriptotts fantpji
non folum diverfa , fed adverfa ferh yy
pferunt. Utruu verius s(t Qbus novit. Qlcra ciò, fi lu un* 48 altro argomento contra ilSigonio, che
Arrigo in quell’anno tiy6* folfe molto
maggior di età ; perciocché vi Hende l' illrumento della pace (atta da Federigo col Pap a , e della
triegua col Ke di Sici- lia, e co’
Lombardi/ dove il Padre, e Arrigo Tuo figliuolo giurano la manutenzion di dettò frumento: fe Arrigo
adunque del 1176, • folfe (lato minor
in quella maniera di undici anni , non avrebbe
potuto giurar dante i capitoli dei Lombardi tranfunti ne’facri Ca* noni, e feguiti dalla Chicla, e oflèrvati ne’
comuni giudicj; (r, vuli. e, pu^i* 22. ^.5. S. Thomas, 2.2. 8p.
arhc. 10. in, corpotc, (T allegata per
AffitH. in cap> i. §• hem facramenta* mtnu 7, 8. de pace ptranu firmand. Socin, conjil, j 3.
vtfis copJUiis , num, 3. vo- ium, I. )
perchè fpccialmente i Lombardi non avrebbero accetta- to il Sagramento di un fanciullo di undici
anni, fe fecero queri- monia contra la
legge promulgata da elfo Federigo, che i minori
codituiti in pubertà di anni quattordici potedero giurar, per va- lidar i contratti ; per la qual querin^nia
Arrigo era rifoluto ri- vocarla; e non
io avendo fatrq, ( percioochè 1^ da morte foprap- prefo) molte Città di Lombardia le hanno
derogato efpreflamen- te ne'lor Statuti
, come le predette cofe attedano. ( Jifjlt8us in
d, §. jin, nu, 8. Àtber. Fuìgof Paul, relat. per Igneum tn autben» Sjtcram. pub. C. fi adver. ven* d'u* Qumer. ltb.%, de
uftisFridersci fot. 127. ) Avendo
adunque i Lombardi accettato u giurameni»
di Arrigo, è conghicttura fondata, che egli non avelTe quella età di undici anni; ma per aver fottoferitto, e
giurato, fi dee cre- der, e tener che
folfe molto maggiore di quattordici anni. ( per
glo. in c. prttfentia de probat, allegat. per Alciat. de prxfumpt,
reg. 2. prsfumpt. 14. nunu d. traS^.
som* 4. foL 313. & per Mcnach.
^^prtefumpt. 50. nitnu 22. Uh. 2, ) Onde il Sigonio , fondandoli in cofa si dubbia , non folo non prova quel
che intendeva di provare, ma s’incende
aver provato tutto il contrario per r^ion
legale , che dice : „ Dubia prchatio facn cantra prodttcentem . „ ( f. in prafemia de probat. Ò* ibi Card,
col, 2. Abb. num. 34. „ Bero. nu. 138.
Mafcard. concluf. ^71. Dubia res- num. 2. Sytag*com. ,, mu». opin, Cod, fit, eod, num. &
sìlegat. per Vincent, Annibat. ,, m
nddit. ad Albam confil. 244. dedu^um in fi. & per Cardin* „ Ti^. pnabL conclufi in verbo probatio dubia
conctuf. 766. num. 8. voi. 6, fai' 5P4.
) Però, tornando ad Ottone , e
recorqueodo , come dicemmo ,
l’argomento, cheOccone, cflendo dato Capitano deirarmaia^ave- > va età abile a qoel carico: quedo fi
conferma, perchè egli reggeva Tomo II.
Pp 2 la Bor- 300 ALLEGAZIONE k Borgogna, e tutto quello Stato, fuccelTovi
per eredik mater-i na, del qual fcrive
Guntero, Autor che feguiva la Corte di Fe>
dcrigo. ( lih* I. de gcfìis Friderici /. ) „ Òubium puer incfyte dici ,, Resene y Come/ne veln\ vererum nant Rcgné
PoTBNTER ,, AUobregutn materna R e G I s
, regntque decore „ Dignns ab encelfo
nomen deducit Otbone , 51 Dice, dnbittm
, &c. perchè fi legge eh? il Ducato di Borgot gna per avanti folTc Regno, ma de’popoli
fieri: ebbe Re piu di cento trenta anni
fin a Rodolfo ; il qual , non potendo pih lop-
portar le continue fedizioni di qucTudditi, rinanziò il Regno a Corrado Impcradorc , che fh ridotto in
Provincia , come era di prima • ora è
Ducato , ma con potenza , e prerogativa regia.
^ r* vùìumvs. li. l* cap, cum Captila de privil. Cencil. Tridente cap. II. fejf. 24. de reformar. Abb. conf.
62, in controverjia p. 2. Cbejfan in
princ. Juper confuet. Burgand, Ò" in catalog. p. l. con- Jider. 44. Sigibert. in cbronico fub anno
1032. lare Frane. Gnì/ì- man. de reb. Heluet.^ lib. 2. c. 8, (Sr 13,
Jac. de Ardi?^n. l. f. i. quibus mod. feud. amir. Petrus. Caiefat. de equeflr.
dignitar, mmu 120. rraH. tom. 18. fot.
31. ) Ma il Sigonio dice che Ottone non
aveva ek abile a maneggiar negozio tale di combatter co* Veneziani; e ciò dice , come gli Storici
diceflero , che fi abbia portato bene ,
e vinto ; c poteva penfare che quefia fofle fiata fa caufa , che egli non avendo eth di
fperienza forte rotto , c prefo quafi
dalla mek meno di numero di galee; fcrivendo Obon Ravennate : pars Otbonem increpare , qui inesplorato
es IJÌriee ora foìvtjfer. Or lafciamo
d’inveir piu oltre, come fi potrebbe, cen-
tra quell’ uomo in altro cosV benemerito delle buone lettere . 5iManco crror è quefto del Sigonio, che la
sfacciataggine di Gior- * gio Menila; il
qual, icrivendo d# ansiquieare Viceeomitum al lib. ò. per tirar ancor erto che la concilìazion con
Papa Alelfandro fia fiata per U vittoria
de’ Milancfi , nega la vittoria navale de’ Ve-
neziani, c la preCa di Ottone ; procura diverfi argomenti vanif- fimi, c frivolìflimi; fpccialmente nega che
Federigo averte alcun figliuolo nomato
Ottone; e dice non aver letto che ne averte i'e
non due, Arrigo, e Filippo : adunque le la Storia non è vera per lui , che non ha letto che averte altri ,
che i predetti due figliuoli ; farà vera
per gli altri che avranno letto , c tutuvia
leggono, che ne averte cinque, tra’quali il terzo genito era Ot- tone , come abbiam veduto di fopra jper
Guntero , Corti^ano dì Federigo.
L'Abbate Urlpergcnfc, viciniflSmo a quc'tempi, e for-, fe contemporaneo, nella lua Cronica fotte
l’anno nytf.dice : „ Jm* „ pcrator
quinque jam gcnucrar filioSy Enricum^ videlicet y quem defu „ ^avir fieri Jmperatorem y Friderkum y quem
effecir Ducem Sitevo^ ,, rum , ér
Otbonem , qui poji modum babuir terram matris fine : “ poi tratta di Corrado , e Filippo : qui fi
leggano tutti i l’ede- Ichi , la Cronica
di Suevia, la fpofizion , la Cofmografia della
Germania, il Teforo delle GeneaU^ie. Il Nauclero generat. 40. fot. 2^6. ) oltre ciò nega che pqtcrtc aver
annata , perche non aveva erre marittime
; fopra di che dilcorreremo nella fecondi^
parte Digitized by Coogle DEL FRANGIPANE. 301 Mrte di quefb allegazione : il Bardi fopra
ciò dice tanto che ba vi è quello connunaerato , che dice . „ Ante prin- „ Cipem portam templi y inter angiporti
ojìiay lapis ma^nus rubeus qua- „ dratus
tjìy in quo aris quadrata itidem lamina infixa foliis vefiitOy „ in qua Alexander IH. Federici Imperatoris
Collo pedem imponi „ /wr; ubi propterea
litterx incifas leguntur : Super Aspidem &c.I ( Itinerarium Ital. p. i. pag, 34. F.
Sanfovinus in deferìptione Ve- net. lib.
1. pag. 34. Jofepb Bonfìl'tus Conjìantius in bijìoria SicuU p. I. lib. 6. pag. 241. ) Egidio Bellamera,
Prefule di Avignone, vicino molto a quei
tempi {in c. faerk de bis y qua vi metufque)
dice: ,, Alexander Papa y ponens pedem fuum fuper Cervi CEM j, Imperatori , ipfum cenando (iixie : Super
ofpìdejn , Ò“ Bajilifeum 0'c. 11
Cardinal Giacobazio nel fuo libro de Concilio ( lib. i. art. 18. fol. ì6. col. I. ) „ Alexander III. pojìquam
apud Claramontem ( Federicitm )
Imperatorem damnaverat , & Venetik ante fores S. Mor-
ii 3o^ ALLEGAZIONE ^ S, Marci frQjhatttm collo caUover^ , QucfH
fono PrcUti gn^i^ e Canoiiifli
dotcilTimi , e por lo credono , e rifcri-
fcono , come fanno gli allegati dal Dottor Marta ( frsB, de /»« fifàid. p. a. e, antichi Qommentacori di
Dance» che fi leggono rifioriti dal
X^ndino , nel iS. canto dei Purgato» rio
, per quel che dicemmo fopra al num. jS. riferifcono Io ftcRb atto. Lo riferifce Giovan Villani»
tutti quelli vicini aque* tempi , ( hb»
i* bifi* ^»p* 3^ ) Gennadio , Patriarca di Collanti' nopoli ( de primatu Petri cap, i. fe 3 . 6 .
) COs!i dice. ,» Romano^ »» rum
Jmpcrator Aioxandrc Papa inclinata cerwe » coUum ejus pedi „ fubmijit^ arm dteeret'. SupiR afpidem ^ tT
bajilifeum, &€. & ille j»
re/pondif : non (ibi » fed peno obediemiam exbibeo : (Sr Pontifen : ^ Cjr mibi , & peno , “ Il B, Giovan
Gerfone , fehben non loda quello atto,
non rella però di crederlo.- de ponft, pcclejiaft. p.U conjiderat.^f» ) Il B. Antonino nell* orazion
a Pio II. ( bi/ì.par,^, fif. 11. cap,
17. §. I. col, 4. foL 185. ) dice: „ Alexander III, „ ut juhar emicuit^ fridericum J, Imperatorem
ut afpidcm ^ 0 ! baJUh, „ feum
perfecuforem Ecclefie proprio pedo concjtlcam» “ Quello è làn- to , e iettcratilQmo Teologo , e CanoniUa , e
ciò riferilce per 5d trionfo della
Chiefa , tanto è lontano che fi fcandalezzì , corno fa TAvverlario. Non fi fcandalezza manco
l’Abbate Tritemio » diligentifiimo io
tutto quel che fcrive : dice che Chiliano , Ar-
cicancellier di Federigo, ilqual dalla Storia di Obon , e da altri è mentovato eOer fiato prefente , abbia
icricta un opera che in* titola :
Friderici Imper. gejia^ 0 vita ^ riferifce ( de feriptor. Ec* clejié^. fub anflo xiòo- fol, p, ) ,,
Alexander Papa IIL fedir in „ Cattedra
Peni annis uno , & viginti .• multas in/urias d Friderieo », Imperatore fuftinuh ; ipfunufue
Imperatorem tandem fuperans , in „
SiGNUM suBtECT(ON(s e/US COLLUM pcde eonculcovìf , dieens : I, fcriptum eft » Suptr a^idem , 0 e, Non fi
fcandaleziano manca i Greci, i quali,
aderendo a quanto è fiato conchiufo nel Con-
cilio Fiorentino , che 1 Primato di Pietro continui ne’ Romani ^7 Pontefici che di tempo in tempo fuccedono,
nella cenfura Orien- ule recitano la
detta Storia per le parole che difle Federigo al Pontefice : non tibiyfed Petroy efiendogli
mefib il piede fui col- lo ; unendo
quelle a quelle di Cofiantino dette a S. Silvefiro : ( Cenfura Orientai, cap. 13. pag. 334. ) Però
i Moderni che Icri- vono le Vite de i
Pontefici recitano la detta Storia in quella di
Papa AlelTaodro^ ( Alpbonfus Ciaeonius fol, 470. } Lo recita me- defimamente Lodovico DomenicKi nella Storia
de’detti , e fatti de’ Principi. ( lib,
6 , ear. 287. ) Non lo ha manco faputo negar
Giorgio Menila, dove nega il refio della veritb di quella Stona; ( de antiq, Vkeeom,) il qual atto febben non
è efpreflb cosi ben dagli Autori, che
dice rÀvverfario efier fiati prefenti, non va la confeguenza , che non fia fiato vero : come
non va la confe- guenza di fopra al num.
48. il B. Antonino ^non lo riferilce ,
adunque non io ha faputo , nè creduto ; perchè lo riferifce por ( come abbiam mefirato ) in un’altro libro :
ma i detti Au» Digitized by
Googic DEL FRANGIPANE. 303 5Stori rlferifcono la umiltazion dell’
Inperadore con certe circo* Aaoze che
non danno a creder che non fia vero il redo. L’Av- verfarto riferifce che Romualdo Icriva: „
Cumque ad Papam ap- n y traBus divino
fphiiu y D E U w in Akxandro vcne~ „
ransy Imperiali dignitate poftpojua ^ rejeBo pallio y ad pedes Papa ,, rotum fe extenfo torpore iaclinavir. “ (
fol, 450. ) Recita pari- mente che
l'Aucor degli atti d’Aleifandro dica : yy Depofito da- ,, m/dcy proflrmjàt fe in terram y &
deofculasis PontificiSy Tamquam „
Principis Apostolorum , pedibus'y *•*" che è ^uei che gli altri Storici raccontano elTer dato detto dall’
Imperadore : Hon eibi , fed Petto y di
modo che quelle parole , tamquam , verranno ad
eder dell’Impcrador, e non dello Storico. Provata con tanti te- 5pflimonj quell’azione , fi prova la vittoria
antecedente; perchè metter il piè fui
collo , 0 il giogo a i nemici , è ngiUo , e
confermazion delle vittorie : onde i Grammatici dicono dare yy CoLLUM ejl BELLO viCTUM effe “ ( ejp
Propertio ) ,• come fece- ro i Milanefì,
che, vinti da Federigo, fi gettarono a’ Tuoi piedi co* coltelli al collo . ( Abbas Urfpergenjis
in Chronieo fol, ipp. ) Scrivono di
Marzian Imperadore , per modrar che vinfe i fuoi nemici ,, omninmque inimicorum fuorum colla
Domini virtute yy CALCANS, fex annis y
me^e y regnans y in pace quievit, “ ( /or*
nandes de Re^torum fuctejpone fd, 78. ) perchè il vinto , jnre belli redando di ragion del vincitore con
quell’atto fe ne toglie- va il poflelTo;
giuda quel che è fcritto nell’xi. del Deuteronomio : ,, quem calcaverit Pet vqfter , erit : dal
qual calcar de* yy piedi è propriamente
detta pjfejfioy quafi pedum pofirio,yy ( /. r.
& ibi ff. ff, de
acqtùr, fo^ef, Ù" Axp* nnm, Pad, de Caftr,
nunu 5. Jaf. nwn. z, AffitB, decif. zpq, Rex nnm, 7. Facon, de^ dar. lib, 2. cap.^ 6 . poft medium. Tbolofanus in Jj/ntag. /uris Itb.Xy cap. i3« num. q. ) In contrario di quede
pruove 1 * Avverfario dice che Papa
Aieflandro non puè aver fatto qued’ atto , edendo vergognofo , arrogante, e totalmente infoUto
: cosi appunto egli dice. „ Magie
indeeorumy qno ajferitury Factum iliud arrocans, ,, Cr FENiTUs iNSUETUM, quhd bumiliatmn ad
pedes Pontificit caput ,, Imperatorie
pedo ipfe prefferity acque infultaverit verbis ilìit e Super ,, afpidem Ù'c. Come arrogane tT injuetum ?"
Si legge nelle lacre di lettere che
Giol'uè fì lece condur avanti i cinque Rè amili , e tremanti, i quali , rotto il lor elercico ,
fi aveano nafeodi in una fpelonca; ed
ordinò a’fuoi Capitani: „ ItOy & ponite Pedes „ SUPER colla Rbguu ijlorwn , " ( Jofue
io. ) Virgilio induce Turno a far qued*
atto fopra Eumede vinto a mone. ( Aeneid.
lib.io.) yy Semìanimie lapjoque fupervenity Pedb Collo
iMtR&ESO* £* da creder qued' ulo
eder continuato , e fe non fe ne fa men-
zion nelle Storie tal volta , fia per efler dato tanto ordinario , che, fenza dirlo, s’intenda; perchè fi legge
a’ tempi piò moder- ni queda dd&
cerimonia col verfo del Salmo ; Super afpidem
( ferivo .Otcon Friimingeilfe , il qual dicono edèr dato Nipote di Federigo ) che fede mta da Giudiniano ,
ilqual , preib Tiberio Apfimaro ,
avendofi concia lui fatto Imperadore infieme con Leonzio , dice : „ Trberinm , Cr Leomium
captat y ae in cateni^ „ pfuos Digitized by Google 304 ALLEGAZIONE „ pojttos per platees trabìy (JT pofiy
univcrfo pepalo adamante y Su- yy PER
ASPiD^M & hejiiifcum y Ù'c. Ò*Pedibus COLLA corum CaLCANS. ( Cbronic* tib» 5. cop. 174 ) La ftefla
cerimonia ferivo Zonara di Diogene
Imperadore, quando fu prefo in battaglia da A(Tan Sol- dano, condotto alia fua prefenza: „ Sdtanusy
nomine Axan y ga- yy vifus efi y ut
natura fere , neque tamen fuperbia elatus y de cupu yy moderetione y Ù" jujìitia multa
memorantury addudus ( Diogene! ) „ ad
pedet fiens fe projìravif* Tum ( Ananas ) quafi numine j> ^ exiìtìt\ (T de MORE bumi jacentem
calcavit : „ deinde erexity atque
amplexus ejl eum bujufmodi verbis: Noli mae-
yy rerCy hnperator'y ita enirn fune res bumantr. Ego verh te y non
ut yy captivumy fed ut hnperatoremy
traSabo, Et Jtarhn ei tabernacula ,,
Imperatoria , menfafque adbibitum Juxta fe collocar y captivi! quot~ yy quot redditi!, ^ Qui è da notar che il
metter il piè fui collo del vinto , per
umile che fi apprefenti y è de more, Jtem che
quefto è atto di poflefTo debito , non di Àiperbia ; perchè dice , ncque fuperbia elatus, Jtem che Alhm y avendo
l’animo modera- to, e volendo trattar
Diogene da Imperadore , non reflò di cal-
carlo. Item che ciò fece come tnfpiraco da Dio, che dice : quafi numine affata! , da Lo fieno fecero i Romani , perchè T.
Quinzio Cincinnato , volendo rilafciar
gli Equicoli da lui vinti , volle però che fotto* metteffero il collo al giogo.* ,, ut
exprimatur tandem confe/fio fub^ „ oHam
domìtamque gentem fub jugum abituro! ) come fecero anche I Sanniti a’ Romani : quoniam vidi, & y
forrunam fate^ yy ri feirent. " (
T. Uvius lib, 3. Cf Itb. p, dee, i, ) In vece di piè, con che dovevan calcar il collo a* vinti
, era il giogo diriz- zato con tre afte
in forma del Fi Greco, che forca, come ora,
djfi chiamava. Era fatta quefta cerimonia, acciò non fi mettefle in contefa , cerne fpeflb fi fa , la vittoria
; dicendo Ennio ( ex Prifehmo hbro 4.
) vkit non eft viUory nifi vtdus
fatetur, Dionifio AUcarnaffeo nel libro
io. vi aggiunge che quefta era meda in
cerimonia dì religione, dove, cosi pafl'andovi i nemici, toccando l’afta, di fopra , chiamata tigillo
, era far confeffione , come di fopra, e
reftavano Uberi, ed aflbiri; forì'e fu ombra di
quel che, venuta la luce, fi vede nella Chiefa adoperato; come tante altre cofe fimiU fi veggono . Nè manco
quella è fpiegata fempre dagli
Scrittori, quando fanno menzion della confelTion de* vinti. Efleodo vinte le navi diAntioco avanti
il porto di Efefo, non iferivono, fe non
„ pofieaquam conftjjionem vidh fatti expref,
yy ferum, “ f T. Livius dee. 4. lib. 6 . inf, ) Vifto adunque che quell’ atto è ordinario , che il vincitor ,
per modello che fia , fuol ufar,.
togliendo il poirelTo del vinto, ne vk confeguenza^ che fia preceda vittoria contra Federigo ; che
non può elfer fiata , come fi dirV a
baflb al nom. y 6 , , fe non la Navale de’ Vene- ziani , dove fii prefo Ottone fuo figliuolo,
Duca, anzi Rè' di d4 Borgogna. Ora
veggiamo fe era lecito a Papa AleflTandro di pre. icrmctterlo : troveremo che no , dicendo i
Giureconfulri : „ ij „ quod confuetum
eft fitti non dicitur aréitrariumy fed neeeffarium, ( Bai
Digitized by Google DEL
FRANGIPANE. 305 Bill* if 9 /« qutatm^ue
netnh, 4* Everard, in Topica /vrh y loco
facit gl, in c, ad yipojìolicie in vcrò. fadtfoHionemy de re
/ttd.iné, vide Novar. in terminis in c,
inter verba, un. 47. 11. g. opewum ìom,u
fol,io. Late Cenehardus Cronaleg, lib,^, fot, 50^.) Ma Pa- Aieflandro bilognavache lo facelTe in
efecuzion del precetto di Dio, per quel
che è icritto nel 33. del Deuteronomio i „ Nega^ bunt te mimiri tui , (27* tu eorum Colla
calcasis : ^ a nei Sai- '1 roo 17.
Cadent fubtus pedes meos , conforme al vedo che egli difTe : Juper ajp 'idem , dove dice Eufebio :
„ Dig^atem propbeti* yy ci fpirhus
contemplare , qua pronùjjionem ArosTOLiS Salvator fe» ,, citi Ecce^ da vobis porejlatem oalCaNdi
fuper ferpentes > & fior» ,,
piones y (y [uper omnem virtuten» inimici, ( Catena Barbati fu- perPfal.ty,) Ónde anche A può conghietturar
che forfè per pre» 66 rogativi di quelU
promiOione i piedi del Pontefìce fi dicono
beati. Non far^ fuor della mia profelfion legale dir quello/ per* chè i nofirì Dottori prendono argomento, come
lor torna bene, non (blo dalle voci
delta lingua Ebrea, e Greca, ma anche dal*
la Caldea v gl. in rubr. ff, fol, matrhn, Efièndo adunque quello un trionfo preordinato , • pronunaiato da Dio
agli Apposoli , e alia dignità loro ,
Papa Aleflandro non lo doveva pretermee*
eere lotto pretello di modefiia, per mio parere ; perchè avrebbe mancato , come Saul , il ^ual credè far
meglio laJvar le pruni- aie della preda
pel lacrìfizio , e non le uccider, come Dio ave- va comandato, (i.ileg. 15. r. fiiendumZ.q.
i.) Gli Atcniefi , da* quali i Romani,
come dicemmo, hanno imparate le leggi , par
che anche eifi decidano quello punto come riferifee Tucidide . y, Gli uomini, dice egli , dalla naturai
ncceflìth fon modi a figno- „ reggiare ,
ciafeun a colui il qual è fiato vinto da eflb. ^ Però Papa Alelfandro, trovandoli in quello fiato ,
gli conveniva dir , e ollcrvarquel
chefegue: „ itane autem hgem ncs ncque tuUmusy
„ nequCy ea latay primi ufi fumm\ fed jam reeeptam à Matoribui oc- „ cepimus y O" ufarpemus , perpetuarti
funtram reliHuri . ( T bweyd^ Itb.é,
inf ) Onde fi v^ qual ragione abbia il Cerione nella fua Cronica, il Bodino , e altri, benché
Cattolici , a dannar quello atto; tra’
quali danno maraviglia ilGerfon, quello Autor degli an- nali, e Francefeo Duareno ; {de beneficih
lib. i. cap, 3.) uomini di caiua
letteratura, a‘ quali lono da rii'ponder anche le coie (critte da Giuiep)>e Stevano, leguace anche egli
di quefia Storia: (deA- doration. pedum
Roman. Pont, cap. 5. col. 3« tr^^. tom, 1 3. p. 2. fot, 53.) „ Alcitandri III, fa&umy quoé tantopsrCy
ut tjvannicum ^ elevat Fran* „ cifius
Duarenus , commendare pottfì cum jure , meritoque in religia- „ nisy Ù’ Ezclejue infenfiffimum bofìem
Federicum Barbarujfam , non „ ut in
falem infatuatum^ quem jubet Cbriftus pedibus protereri , fed „ potius in borrendam belbtam calcibus
infultaverit , ^ Però Papa Alcf- fandro
non doveva mancar (h eiercitar il luo )u^ , per la vittoria conceifagli da Dio colle felici arme di
quella SerenilTima Repub- blica; col
qual atto ora ne vien a far foie al mondo a confu- fion de’luoi contraddittori. VI. L*Avvelario col Tuo argomento ci dk
materia di far un'altra dppruova di
detta Storia. Se il calcar del piede è atto unto info- Tomo II. Qq lente, 306 ALLEGAZIONE lente) come egli dice „ uf gàb^ tanto hherc
inàu^um Imperatortm y yy- Jttfifiim to
modo exnfperfitum faHis y & di^is iwtrban 'n tnnJU „ taùsy dkrisy efptrisy ptr Pontificcm
enacerbatum y cum a panìtentiee yy
tempio procul abfgcm. “ ( eod, fol. 456. ) Se adunque, facendo detto atto, flmperador fe ne farebbe tornato
addietro , e ritrat^ tata la penitenza
di che era compunto , come egli fuppone , con-
flando chiaro per tanti tefUmon) che Papa Aleflandro lo fece ;ed avendolo tollerato i’imperadpre luperbiHìmo,
bifogna che la cau> (a fta prima,
perché il Pontefice efercitava quel che gli compe* teva jure belli; fecondo, per ricuperar il
figliuolo, il qual, non feguendo la
pace, (lava ne’ patti di refiar prigione. Cos\ allegano i Dottori. „ ImperatOT FtdericMsBarbatubeay
ut Kecupbraret ejus „ jìitumy pajjus cjì
Paptm Aiexandmm JIJ, calcajfe ptdìbus ejui ca> „ fmt, ‘‘ ( allegata per DoU, Martam d.
C4p.l8. nu.2l,) Nè fi per- 7ofuada
rAvveriario, come facciamo ancor noi, che ri' umiliazione deU’Imperador folle atto di vera interna
penitenza, perciocché non lo inoltrano
tale le parole dette al Pontefice: „ non tibiyfedPe- „ tro ; Itantechc petnitemU cogit pcecatorem
omnia libenter fufferre ; yy in tarde
ejus conttitio , in ore ejus confejffo , in o^ere tota bwmlu „ “ ( r. perfeiia dìft, de panie. ) comC: ne
(ù 1 efempio il Van- gelo nella
Cananea, che, più che era fprezzata, ed ingiuriata, più s’accendeva a dimandar la grazia della
fanii^ per la figliuo- la a Crifto. (
Mattè» 15. ) Si accorda ancora che non vi folle
7icontrizion nella lettera rhe poco avanti i’imperador fcrilTe al
Pa- pa-, piena di accufe , e di
iir^properj , fenza ninna confcfnon del
iuo peaato ; della qual lettera , trovata a Roma nella Badia di S. Gregorio, ne regiftra parte U Bardi a car.
151. dove tra le altre di- ce.* yy Et
quod manimwn eji y novijfme Vbnetos , 0“ Veneti a- „ RUM ’Dmqs.vl adverfui nos dhrexijìi quorum
ope y (T auxilio terre- „ firn , Ù"
maritimas noflfài copias in unum conera Mauros congrega- yy tot y Uffa cum F I LIO . /^fito . y qmm vi
y Ù" dolo Coepf.runt , „ difperdere
volutjìiy \. 55. Candinus in traila. moUf.
fub ruèr^ qualiter Jit jidett, tortur, Ò" at^ togat, per lo. Baptifi, Bo/ard, in addition.
ad Clar. ji, 64» nu, pi. Ó" per Tiraq. in Jnrtef.
icgis Ji mnquam. C. de revoc. donat, nu,
7. Ò' fequen, Bernaràm Scardonius. de motejiiis conjugatorum. lib. 4. eap. 14. ubi. ,, ^ippe nulla re parentet
afficiuntur atrociui , „ qudm ntàloy
& incommodis jilionmy ut qui /ape etiam ftviffimosfui „ corporU cruciatui neglexerinty eorum
tormenta nequiverint iene: re- „
pertìque Junt quiy ut feryarent viram filiisy fe ipfos perdiderunty vh „ ta ìaHura ìltis fuccunere non verentes. ) I Canoni Ai, da i caA fe* guentt confermando.* Che Bater diligit ma^s
filiumy qudm feipfumy recitano un cafo
imravenuto in Puglia fotto Carlo li. d’ un omi-
cidio, dove il Padre, dopo efler Aato coAamiflimo ne* tormenti, trattandoA di liberare il figliuolo, confefsò
aver egli commefib il delitto, e cos^ ne
andò all'ultimo fupplizio • ( Aod. Barbat, i" c. atm in prefentia nu. 8l. de probat. alias
eafus vide apud Dh.bifi. tìb. 15. de
Àqudio fioro pag. 88d. Valer. Maxim, li. 5. cap. 7. Kavijiui Textor in officina, p.i. tit. amor
parentum) Appreuo gli efemp) che
add&cono i predetti Autori A da aggiunger que* Ao di Federigo, al qual non avendo potuto
ammollir la ferocia dciraniroo tlpfut
ricuperar il figliùolo, abbia ceffo, e
A abbia umiliato a ricever gl* infoiti ordinar) che fanno i vincitori a i vinti, ma ordinati da Dio a i
fommi Pontifici. Vili. Si dice per
argomento^ legale :• La ciofa limitata produce
effetto limitato; on^ da tal efietto A conofee la caufa, dr è con- 77 verjo da tal caufa, l’ effetto. ( Bai. in
rubr. ff, fi eert. pet. ver/* Cr dÌBo de
caufa,. Card, in 'c. cvm dilcBi verf. & nota argumen- tum de accifat, Thatml. trBat. ctjfante caufa
§. z.nu. 147. & al- leg. per Affi,
in confit. fi quìs ahquem q. 5. in fi. allég. Card. Tufebum
praB, concluf. in verb. effcBus regulatur conci. 47. & per Menoc. confi ^16. hi eadem. nvm. 6. Capo, confi. 133. multa, nu. 31* ) Se la rotta data da*MilaneA a Federigo
aveffe caufaca la 78 pace, e la
umiliazione a’piedi del Pontefice, ciò avrebbe caufa* to prima a’MilaneA.* e fe cAi ebbero appena
fei annidi triegua, bifognava che il
Papa aveffe triegua di altrcttantitonde, effendoque- ' Ai effetti diverfi, bifogna che nonfia una
la caufa, ma dìverfa.Oltra di ciò, non
può Aar che chi ha vinto acquiAi manco beneficio di quel 77 che ha acqulAato chi non ha vinto;
nafeerebbe una Aravaganza, dicendo i
Giureconfolti:,,^! vicit ahum tnneit propter ficy non propter ,, aliumy ( jBtf/d. in l, fi d^un^us nu. 4.
C. de fiuis Ò* le^thn. li- P^- • ' ••vvr Digitized by Google DEL FRANGIPANE. 309 „ Atfr. & in A y? ^uis vtt Jt que, »«.i,
C. Tertul, Cam. conf, vjx „ ie ha
nnltjiom m. 5. iW. 4. ) Altra era la conterà de’Milane.. fi, conte aUtiam deno, che era, per liberarli
dal giogo de'nii- oifiri imperiali;
altra era quella di Papa Alcflandro, che era, di eflér me&> in Sedia, erduii gli
Antipapi ; però, combattendo i
hdilanefi,pcr fe dovevano vincer, ed ottenere il fine per cui com- battevano; non erano come i Veneziani, che
combatterono, c vinfero, per metter in
Sedia Papa AlelTandro. Però fe i Milane-
fi per la detta rotta aveflèro aftretto l’imperadore alla pace, ed alla umiliazione a' piedi del Pontefice , e a
conceder la triegua di anni quindici ai
Rè di Sicilia, avrebbono vinto per altri, e non
per fe , che non ebbero , fe non i fei anni di triegua : blfogna- va ben dir loro ; per altri, e non per voi,
avete arato, o buoi.- Onde bea fi adagia
la rotta che dietro con la triegua che otten-
nero, e la rou dell’armata, e prela del figliuola con la umilia- zione, e pace col Pontefice. E fe fi vorrS
trovar caufa, perchè, gonel trattar la
pace con Papa Alcflandro , fi trattaflè la triegua co'Milanefi, e col Rè di Sicilia, fi trove^
che il Papa, favoren- do i Milanclì, e
le altre Citth confederate, e, vice verfa, cflè
favorendo il Papa, ma non per ragion di Lega, non doveva con- eluder pace fenza la ficurth di elfi: il che
è arto proprio della Chiefa Romana, come
ne fcrive Papa Innocenzio ( in diSo c,
jfpi^nlicn, n». 3. Cr Hi Jom, Monah. nu. 3. de re jude. in d.) „ Nera fdeluetem Ecclefu Remmie , numjatm
voluit hn- ,, bere faem^ na pais
/raèfanrm, niji prius exprimeret de pae ytfi
„ ndhnreniium , 6 " de perpetue feenritate emtm . “ Oltra di ciò,
fe i Veneziani, invigilando alla
follevazione, e liberazione dcllltalia
fecero far efli la Lega delle Citth di Lombardia , per liberarle
dal- la mala amminiflrazion de’minillri
Imperiali, ma con patto, che
oflervarfero la fede data aH’Imperadore; '( Blend. dee. 1. Hi. i. Siun.de Regna Itel. Lii. 13. ftd. 518.
6" JIJ. Bare», d. rem. iz, [tX.
anno 1104. Jb/. jt^. ) è ben da creder che, trattandoli di pace in Venezia coll'lmperadore, non abbandonaflero
la caufa di quelli che per opera loro
erano fiati mclfi in guerra ; profelTando
la Repubblica di non aver mai mancato di fede ad alcuno; come fegnalatamente narrano le Storie , ( Saiell.
dee. i. li. i. c. 58. Gniceierd, li. 3.
c. pp. ) IX. La pruova della detta
vittoria la fella che s’incomincia a lò-
lennizzar la vigilia dell' Afeenzione colla Indulgenza nella Chiefa di San Marco, e colla cerimonia di fpofar il
mare il di feguen- te, pel trionfo che
in effa Chiefa celebrò, il Papa per detta vit-
toria; fopra che dicono i facri Canoni:,, ( trnnkxrferie recordetio „ repreefentet ^qnod elim foRum. efi^ &
Jte not fait moveri^ tom^m „ ’tèdeamus,
“ ) e. femel. difi.^ 2. de confecr. ) Per lo fieflb effetto di memoria de’ felici fuccelfi anche le genti
infiituivano folennità di felle.- nel
qual propolito fcrive Amobio net lib. 5.,, Acne illem „ ( bifìoriem ) vis tempority Ó"
vetejlatis obfolejeeret ìongitudoy per.
„ petuitais honore mandafìis: perocché quella folennith di fpofar il mare che fi faceflè col concorlb di tutti i
popoli circonvicini, gih tKcento anni ne
la fede il Petrarca ( Senilium lii. 4. epi/le- 310 ALLEGAZIONE ^ 4. ) A quV tempi, ne’ quali ancora il
fatto era recente, ancor feguiva a
giubbilarne I* Italia ridotta in liberti l'uor del dorai* nio de' Barbari per tal imprela, perchè per
le vittorie acquillate è flato coflume
de’ Popoli, ed è meflb in obbligo dalle leggi, idi- tuir un giorno fedivo , (che ferve come
Stilografia deirallegrez» za pubblica, e
ferve per riconofeer il Sign. Dioche l'ha donata. ( L I. C. ae pubiic. lath. tib. xa. CT ibi And* de Band, man*
a. Jo. de Platea in princip* lofepb. Moniard. verf nane tjuibttSy nnm. • 2. ) dove fcrivono: „ oh viHeriam^ quam
Jibi gloriofam imp. confc' ,, curut
fnijf^ì fa/li dtes celebrari confuevcrune ^ Jiqtt gentes fe iniùjìb „ faOuToSy Ji Diis dies In perpetuum opthd
rei gejìay Ò" nmneris „ memoriam
non dedicabunt: però conchiudono che della pace, che fegu'i a S.Chiefa, ed a tutta la Lombardia,
nominata la pace di Codanza, che fu
parto, e frutto della detu vittoria, le ne doveva far allegrezza pubblica folenne. ( allegat*
per lo* de Platea ibi Refiaurus q. Ji.
Cajlald, traHat* de Imp^at. ) Conforme a quelli
dice il Card. Earonio, per la pace feguita.* ( tom* eod. fol. 4^5. B ) quis bac ,, tanta nondejiciae admtrando
Imgua^verb viBorialem „ occinat bj'mnum
Cbrijìo FiHeri, etti Ù" erigat Jtmut de fuperatis bo‘ „ /iibuSj infuperabilibus inhnicis , tropbtea
perpetM permanfura. Il che non fi vede
fatto, fe non a Venezia, perchè ivi è fuccefià la vittoria, e la pace, effeodo fcritto
neU’ApocalilTe. 2. Vincenti dabo
calculum candidum: dove dicono i Teologi: y^conjlat apud Ve» ,, teres VlCTORlARUM DIES publieit fajiorum
talfulis infcriptos confuc" 51
candido lapillo pranotari , a quo elarius a caterif diebus difeef „ neretta', pofuit autem^ hoc loco calculum
candidum^ quod ir nottts ef? yy Jet bity
qui in tbeatrisy oc Jìadih certabanty & Vincentibus tra» „ debatur* ( Sixtus in bibliotbeca p. 1*
Ìd>. 2. in •verb. calculus y fa- eie
glc. in l. i. in yerb. errorem, C.de error. calcidi*)SQ adunque fi debbono celebrar le fede, fi debbono
celebrar dal vincitore, perchè cos\ è
confuetudinc; cd il tedo dice .* ,, Vincenti dabo ,, calculum candidum.^*- Ma della vittoria
con tra Federigo, onde fe* ? ;u'i la
pace alla Chiefa ed a tutta la Lombardia, non fi celebra eda altrove, che a Venezia, viene la
confeguenza certa, che i Veneziani
abbiano ottenuta la vittoria, e non ^Itri: cos'i quelli che combattono, debbono aver la corona, non
quelli che danno 82 a vedere. Se muove
qualche fcrupolo perchè la commemorazion
del trionfo intravvenuto 1 nella vigilia dì San Jacopo fi fia
ridot- ta all' Afeenzìone, fi può dir
con buona ragione, che ciò fia,
acciocché in quel giorno nel giubbilo che la Chiefa colla me- fn.oria deU'afcender di Cbrido in Cielo,
efprimefTc anche quella del Trionfo che
ebbe fopr» la perfona del iuo perfccuiore ; per* ciocché in quel giorno nella colletta de’
divini uffizj fi legge nel- le
lczioni(:.*„ , bumilia refpicit , Ò" alta a longe cognifcit : ilìa
utex- „ tollaty bete ut deprimati le quali
parole fanno memoria di. quel „ che
l’imperador rifpofe aH'orazion del Papa, come riferifee il Ba- „ ronio: ( to. 12. fub anno 1177. 45 ^ faHum
efi qubd yy *^^^y 0 *** bumilia
refpicit y & alta a longe cognofeity patientiant no^ „ Jlram , ( 5 " adverfte partii
bumilitatem confiàeram , more fuo potem de
^ fede depofuity & bumiles exalavit* Oltre a ciò nella pidola alla mcl-
Digitized by Google DEL,
FRANGIPANE. 51 r meATa, e ne"
refpoiiforj fi legge ,jifccn 4 ens in ahttm ceptiv*mi!u- 83x1/ captivitatcm ^ ch*é del Salmo ^7. nel
qual avanci per canto tempo dallo
Spirito fanco h ^A^ta dclcritia rninutamcme qucAa vittoria, come dime Areremo in altra carta;
qui baAandoci dire che, ficcome il
verfetto.* AfcewUf io altunty Icritto da David per una uittoria, che [doveva luecedcr, è ridotto
dall'ApoAolo; e dalla Cbiefa
airAfccnfìon dì CriAo, cosi al giorno di eAa c ri- dotta la celebrazion di detta vintala colla
Aefla colletta^ che fer- ve aU’ur^a, ed
k ali’ altra- X. Perchè tutto l’
argomento dell’ Avverfario verfa fopra queAo,
84che gli Autori da cito trovati dicono che Papa AlelTandro fia ve- nuto a Venezia accopipagnato da tredici galee
mandategli dal Rè di Sicilia; che par Aa
totalmente contrario a quei che noi alTc-
rimmo, che veniAc incognito in abito di Cuoco, e A accomodaf- fe nel MonaAero della Caritk; par di averci
convinti di falfo in tutto; avendo per
coAantc che qucAo Aa fallo: però ci reAa un’
altra pruoya, ch’è la indulgenza della Caritk, dove ogni anno concorre tutto il popolo a riceverla con
queAo concetto ^ che Pa- pa AleAandro la
lafciaAe, per quando fconolciuto ivi capitò per
refugio, come ne fa memoria e fede la Cronica di que'Padri me- morata di fopra. Il Popolo concorre parimente
alla porta della Chiefa di San
Salvatore, dove. ha. per coAante, che il detto Pa- pa, giunto la prima notte a Venenfa, vi dontniAe
fotto la coppo- la che vi era.’ la qual
memoria è regiArata in una Cronica di
que’Padri, A trova copiata nella Cronica Sanuta, che cqsV dice: Alexanàcr III. Pontifex^ „ dum morem trsèerer
tl^tnifiisy confecra- „ vh AtMTf S.
SAvaioris , prasjentc Federico Imptfatote , fuper cjftod „ etiam Mijfam ceUbravit anno 1177. die 2p.
Augujìi, Ù" Ecclejiam „ dedicavit
ù" multas indulgenttes conCeJJit i Ù“ in fc/ìo Transfigura^ „ tionisy 0“ omnibus tranfeuntibus per
porticaU^ fub quo ipfe dotmierat „ prima
noQcy quando Vcncnas applìcuit erat Prior D. Vivìanus^ qA „ pojìea anno 1180. menfe Martii fui$
eonfecratus Epi/copof Em«s» 8 5 QucAa
continuata amica memoria di un Popolo A tiene per pruo- va di verità infallibile; fopra di che, come
teAimonio ordinato da Dio lenza altr^
fcrittura, è fermo nel Salmo 77. ,, ^anra
mandavit paìribus nojìris noia facere eafiliis fuis^ ue cognofeas
s^ene- „ ratio Aia, Filii qui nafccntuTy
0 exurgenty 0 narrabunt filiis Juis, Per
qcAa via i Principi mandavano i raccordi importanti a’ loro PaAori, come faceva Antigono;, qui pracepijje
fiJis diceretury ut 0 „ ipji
meminijfcnty 0 ita pofieris prederant,^ ( T. Livius dcc. 3. /zè- lo p, 505. ) Però dicono i Giureconlulti:
Longa^ 0 tenax Po-’ » putì, Jeu
Republicae memoria prò vernate] bAetur „ ( BAd, conf, „ 48. ses. probibita, num. 2. vol.i.frquitur
Ttraquel de prK pri, ma parte nu. 2
treB, tom. 17, fA 141. ) perchè dicono:,. Raro
fi fAfum invenitur quod Universi dkunt\ però danno il precetto di Catone, che doveva cAcr oHcrvato dall’
Avverlario .* yy Judicium /•opULl
nunquam contempferis unus. ( Alex, confi, 53. profpcHis num, IO. vA. 4. Barbato, in c, tertio loco
num. 3Ò. de probat, Af- jiiH. de pace tenend,
quarto notabili num, 22. ) 11 che ferve per
U 3IX ALLEGAZIONE il redo detto di fopra^eflTendo anche di
quella tenace, e continua* ta memoria
appreflo tutto il Popolo. 3 C 1 .
Seguendo ancor io l'antica memoria della Repubblica, e di Sd tutto il Popolo, ricevuta ancora da quelli
che non fcrìvono pun> to della
vittoria centra Tlmperadore; i quali dicono che Papa AlelTandro concede le infegne le quali porta
la SerenifUma Signo* ria in cerimonia;
dico eder ringoiar argomento di quanto i Ve>
nezianì hanno operato per lui, e per la Sedia Apodolica; perchè quelle infegne fono le itede che portavano
gli Inmeradori Orien- tali, come fi può
veder nel Curopalata, ( de official'thus Palatii Cenft. ] come altrove pienamente abbiamo
dimodrato . Quedo di* chiara che la
Repubblica predaiTe l’uffizio d’Imperadore nel difen* der Santa Chiefa; che è proprio di chi ottien
l* Imperio di effer fuo Avvocato, c
difenfore. f c. vmerahileM^ , tm. é, fot. }ó 6 . ) onde dicono mem» nudi- far i Ttgulis. j»TÌS,, Qiuncp all'ofinion di Giovan Andrea, sii che
gli altri (i fon- dano, l’addizipna.
l’Abba^ nel. detto capitolo aun inflmtis, e dice „ Std ofonte , io, jladrets femit oppa/imm,
dnm dkit Regem „ frtmit ex frivilfgia
jifeflolm mw» pojfe McemnmKrori 4 borni-
„ »e, mn à cmooxe^^ Scrivono di pib i Dottori Francefi efleie ftato pi^, dichiarato , che ta\ pivilegio li
elienda ancor uli Uflìziali, five
Magiftrari delKegno; perchè il privilegio cancello al Padrone com- prende anche la ina famiglia.- ( r. ecdtfìa
i%. p. a. glof. in c, etniconun 1 1. tf.
I. re/»», lo, Rerctd. de /'«r. Cf prèvi/, Reg. Frane, m. p. Cero!. Degroffal. Regalium Francia d.
verf. marna /»» §. hmc ejiy & fcemdo
(T allegata per Prohan in addit. ad lo. Monacò,
in c._ ne aiiqm de pnvil. in 6 . ) \e quali cofe s'intendono qui
in- trodotte remiffive con tutte le loro
oppolizioni, eccezioni, c in- telletti^
^ «flèndo Hata bm una tal concdCone
fuori delle tegole (di ragione , fi cavi argomen- to y efler giandillitno il merito ^Ua Kepnbhlica/
che vicino a ^ue' tempi fu combatter, e
vincer in difela della Sede Appollq-
IjEa. Mi refian certi altri
argomenti, i quali lin fin del prefente
difeorfo^ pe-r finiilo in ricreazione, ho deliberaro riferbare; e
di- rò le (eguenti cofe, traponcndole
come intercalari. Abbiamo vide tante
pruove tratte da memorie pubbliche di
marmi, di pitture, da Croniche, da Storie fcritte dagli Autori di quei tempo, e da’ vicini, e da tanti altri poderi,
che han lor creduto.- oltra di ciò, da
tanti altri argomenti neceUàrf, ficchè a
Roma, nella fala Regia fc ne è filtra pubblica atteftazione. Non è però da prender maraviglia, che vi fieno
così arditi, che la vogliono impugnare,'
perche iìnahè vi farh Sannaflb al mondo,
vi faranno miriti di 'contraddizione, che a vele piene urteranno ,
ed opporrano alla vcrià, come le tenebre
s'agitano alla luce . Chi a P7CÌÒ
guardafle, non leggerebbe mai Storia , fe non a ragion di Ro- manzi . Volendo il mondo anche neHe azioni
palfiite de'miferl mor- tali aver mano
con innalzarle, abbaflarle,ed a fuo arbitrio anche annoiarle, e come alle cofe future, non
lafciarvi verith determi- nata. „ aidee
mìnima ( dice Tacito IH, j. ) „ tfanfue amiigaa
funt , dam ali/ quoque, ntode audiea pre corrtpertis baione/ ali/
vera ,, «I! eentrarium vertunt, &
gUfeit utnmque pmfieritaee. Cicerone nel
Bruto imbrutta tutte le Storie Romane, dove dice.' ,, multa feri- j, pta funt in eh quafaSa non funt ; fatji
triumpbi plures confulatus ,, genera
ttìam falf‘y Arar beinngegnoj vpol moArar
Dion Grildftomo, che Troia non lìa lUta
iprela , contra la fama impennata da tahtt Scrittori , e anche dalle noAre leggi: {Lverbum in fi, ff,
deverb,fign,Bórbat,m t
rubr.deptobat.»u,29,) yoXgzxvttA'^cìst il detto'dì Paufania, e di > Licofìone, che Penelope non fìa fiata
pudica': - -1 • • I i che ferfe non fi
pub legge* re, dicendo di quelli libri i
facri Canoni.- „JùigfJari ctuelt intRtr
„ mau Enlejia «m Icguntiir, emm qi$i firiffirttìouitiA PeNiTua IcNoaANTUa.^ c, fanH» ^ item gefla fanHorum
diji, 15. ) dove la gioia , e
l’Arcidiacono dichiarano, che apocrifo fia quei libro nt/M mmen >gnm»r*r, I libti che non hanno
il titolo del .nome loi dell’ Autore non
hanno credito, perchè pub avvenire che l'AB-
tòre lo abbia lafciato, per non aver obbligo di difender )• cofe che vi narra ; cosi fcrive S. Girolamo in una
fua pillola ( t4 Evo- pnm 1x1, j, fui,
jg. cosi fcrivono i Canonilli ( /e. jiaJr. ia
Diut. Iti. 6. max, a}, vaf, qumui quando id agii, ) Titolo, fe- condo i Grammatici, vien detto a tiùndc; onde
un libro lenza ti- tolo viene a dir
lenza difelà, che ne abbia a far l’Autore, tol-
to il traslato da’foldati, che fi chiamano Thuiiy quafi nndi , quad fatriam auartntur: ( Feflus, & Bhmdus
mumfbanth Rema Hi. 6, a* Ulpiam { ait )
da militari teftamtn. ) ed è pallàto in comun
parlare, che, riptovandofi un libro, febben fi sh l'autore, non ne avendo il nome, fi dice, che è fenza titolo,
e cosi fenza auto- rità. ( Aueraet Hi,
4, phffic, nmm, 15. Baccachu in quarta ditta
Decameranis in princ. ^ allegra in liiro nofiro; da aiuSoritattf
Ò" Judic'tB paitorum tit, da liiris
legati! . ) Dove un’Autore non vo- lendo
loilentar le cofe ch’egli nana, cab non pub lare un’altro; loacome quando uno rinunzia ad una lite
occorla ibpra la fede di fuo illrumento
, il qual fi prefume che abbia confellàto che poflà eflèr fallo, non può egli, nè altri mai
ularlo: ( t. peftaquam liti C, da pad,
(T t. }. C. da fide injhrum, Barèat. eanf iz. illud ifi- ftram nu. g. voi. 4. ) di modo che, fe l’
Autor non ha voluto metter il nome, per
non aver obbligo a foUentare le cofe che
dice de i fatti di Papa Aleflàndro, per la incertezza che ne ha di effe, manco lo può far l’Avverlàrio. Le Oeffe oppofizioni ha Romualdo, perchè,
ora ufeendo in luce, non ha ufo di
effergli creduto; e non ha opera pubblica, come
a’ è detto, che (t gli confórmi; nè farh che fe gli creda, febben dica effer flato prefente; perche chi finge
un mendacio di un li- bro, finge anche
il nome di Autore che fia flato prefente; lo
conferma lo fleffoAvvertarìo in altra materia; Falieas oanas
fiarent „ impofloret, fi e* falfo tantum
fuper pafite titula quad cupereut fra- „
batum iaberent { tam. iz. fui anna ligi. fai. 535. ) Però non fi 103 legge il Vangelo di Nicodemo, nè gli
altri con nome di quelli che fono flati
prefenti, di Taddeo, Tommafo, Barnaba, &uto- lommeo, Andrea; perchè, non fi avendo
certezza che fieno fla- ti feticci da
elfi, come apocrifi, non hanno
acquiflato fede; anzi fon rigettati da
fama Chiefà. ( O. jbgufiin. da confenfu Evange-
lifl. Ili. t. cap, I. & d. cap. Romana. §, item Cbranicam.
Candì. Trident. feff. 4. in prineip. cum
cancardantis iU. Cardia. Bateaius tam,
I, fui anno 44. fai, Z34. ) E fe il libro è di Romualdo, dove è fede che fedelmente Ila flato copiato;
che non vi fia fla- 104 to aggiunto, o
diverfificatoè Ma come fminuito fia, lo ftefio Av- verfario il conferma; che di due copie, una
trovau, dice, nella Libreria Vaticana,
l’ altra a Salerno, ( fai. 444. nwr. iz, ) » in. Cadi-
3i8 allegazione Ctniice
LMgobarào Sakmhano ^ ubi àtfinit ,, Impbrfectb , ftcut ^ tùem idem S. Pem-codex eft Imperfectus : cd
altrove ( eod, » fol. 7^0. ) collarus
cum codice S* Peni in Vaticano Haud inte*
GRÒ, SBD FiKE CARENTE* Abbiamo in jure che le cofe im- perfette fi hanno per nulle/ ( /. cum
Sillejanum, C. de iis quibus pt indign,
per Canones concordantes ibi, Cravet. de antiqu. tem~ 'fot, p. 3* wr[, vidimuf . num.Ji. troBat,
ìom.i'p, fol. iqp. Menocb, confai, /uris
num. 13.) pcrlochè concludono. „ Imperia autem
,, infirwnenta inflrumentorum nomen non retinent ob id in publicam ,, Jormam bevati ^ Ù" redigi non poffunt
! onde fe quello libro era 1053! tempo
del Volaterano nella Ebrerìa Vaticana da lui , come afferma, maneggiata, meritamente, e fanamente
ha fatto a non hCr tener alcun conto ,
avendo ferino in altra forma , come lo
abbiamo allegato fopra , al numero 42. Non ne hanno manco tenuto conio i Cardinali della Congregazione
lotto Pio IV. che non abbiano perfaafo
il Papa a far la iferizione di tale Storia
nella Sala Regia; còme non hanno tenuto conto del libro degli Atti di Papa AlefTandro. loò Sb bene il Cardinal Baronio come riufeirebbono
i Tuoi volu- mi de gli Annali , fe vi
mancadè il fine di alcuni tomi , dove
tante volte con appendici muta , e rimuta , aggiunge , e ridice quanto per avanti aveva detto, ed
ingenuamente confeflTa Ter- rore. „ A
priore fententìa recedere^ ^ & qm firmiter pabiliijfe vi- „ debaty re&aHare minimi diffidam. £ pih
oltre. ,, Re autem vi- » gdantiffimo
fiudio exaBius pervefiigatay atque attentius difqui/tta a „ priore fententia volensj tibenfque
difeendens ^ in eam potius vento , „
quam verteas perfnadet. ^ (Annoi, tom.j. fol. Sé.) Se il libro non ioffe Siterò, e vi mancafle quella pane, e
quella delle appen- dici, fi direbbe che
T Autore aveflc una opùiiono, k qual aven-
dola retrattata, non ebbe per vera.
107 Nel margine che vi è meffó al teAo di Romualdo citato da-ll* Avverkrìo ( fol. 444. ) fi dice „ incìpiendo
ab illh verbis’. in hoc ,, eapitulo Fodericus
Jmporator^ ò'c. ufque ad illa verbo; Eccl/fationes „ Solit. f. in figao Virginisì ^ le quali
parole però fi è Icordato di porm; o che
fi è Icordato di levar dal margine; non avendole polle nel tallo / forfè per non levar la fede
all’ Autore , il qual pare attefii che
fia in quel tempo fucceduto Eccliffi del Sole nel legno della Vergine; il che è fallo; perchè
per quanto fi ha dal Calcola Allronomico
non fon fuccefii tali Ecclifli , nè fucceder
potevano , non fervendo alcun dei nodi a quel fogno . Secondo i Compuùlli del 1 177. furono due Ecclifiì
della Luna ^ il primo fu nel di 2Ò. d’
Aprile, T altro a’ tp. d’ Ottobre : Ecclifli del So- le non fu fe non del iiSo. a’aS. di Gennajo ,
c del 1181. a* 1 3.' di Loglio ; nel
qual tempo il Sol non poteva elTer in Ver-
gine : di che TAvverfario , forfè avvifato , non ha polle le pa- role del teflo promefle nel margine. £* vero
che fcritte le fud- decte cole , mi è
occorfo veder d'un EcclifG accaduto in quell*
anno 1177* nel di 8. Settembre, prdfo Vincenzo Belvacenfe nel- lo Speculo lllorkie lib. 2p. cap. ar* ma
quello appunto ci pone il fofpetto , che
il detto Autor Romualdo, feguendo l'error del
Belva- Digilized by Google DEL FRANGIPANE. 319 ' Selvtcenfc in queftn Tua Cranici, fìa autor
|»fteriore al 1144. Ca dove ó:rifle il
Bcivacenfe , e non prefente al fucceOb del 1177. come vuoi r Avverlario, Della ^ual falfià di
Ecclillì non aven- do veduto il tello di
Romualdo , le non quanto fcrive l’ Avver-
brio nel margine non fò alKduiamente fondamento fino che non lo vegga.
Ora quelli Autori dicoaa che Papa Aleflàndra venilTe trion- fante con tredici galee mandategli dal Rè di
Sicilia , cosi nega- no che avefle
bifogno dell'.ajuto de' Veneziani, per vincer Federi- go, che gih era vinto, e ne ricluedefié la
pace ; e vogliono far . mentir gli
altri, che venilTo. profugo, e di nafcoHo; che fcoper- to poi , la Repubblica toglieflè la Tua
difefa , e ne feguiflero le cofe
prenarrate. Qui laicio di confideiar le flat^ite, che dicono in numero aflai dove, dato che detti Autori
fodero ftnza quelle mende che li modrano
mendaci , e fenza credito , è in obbligo
chi vuol por loro penderò, e tener conto d’adopnr le regole le- loSgali, che infegnano quello G ha a bre ,
quando vi' fono tefti- . monj difeordi ,
per fuggir la bIGth di efli , per rifolverd come G abbi a credere . Se trattano di atti
iterabili , la contrarietà fa che ft
abbia a prefumere eder lùccedi più d' una volta.- ( ri t»» ( 14 . de ttflH, & lèi glaf. 0 ~ omnes
ScrHe4U(i & m cap. m prafen- (ia de
proiat. Bar. (rriit, de ta/tii, coi, 1. jirtr, m fi 4»ima in p, Ittliu. dt efl». Ancbm. cm[, J35. /iree
primt , imm. t, Frane, Care. tir. eod.
p. 7. nam. 1^6. varf. ftcmi& rtdncrauar. Fot, Ant. pietra de fideicammifi. 4. ta. Nkelatts
Lejènt, de ttjì 'ti, verf. een-
fequttuer traS. rem.4. fol. Z37. dove G dico in torminis : Conetr. datar ficnt Bvangelifta , juiM quei dkitnr
difihtgue ttntptra , & rencardaiis
Scrtpttlras^ ite tttagii ahfervandttt» tttea dherfitatem Hi- fiericomm Ctrtmograpiemm . Quella Dottrina Circa gl' Evangelìdi infegnb Sant'Agodino molto avanti , de
Certfenfu EvartgeUftarttm IH. a. cap.
50. oper. Toiei. 4. fot. 153. Sk nii fintile invenittr fa- tìttm a Dwnioe , qnaà in aliqne alteri
Evongellfia ita eepttgrtare videtmr, ttt
emnhii pdvi tiett pefftty triiil alind intelligittir, quam utrttmqtte faÉhm ejftj & alittd ab alio
eonotterrteratttrH ^e. Cosi G dee far
degl' altri Storici ; cosi doveva far l'Avverfario nel cafo di Papa AlelTandn) : il che non avendo egli
fatto , lo faranno gl' altri , dando
loro ampia materia , e teftìmonio i proprj Av-
vefarj . lop I Nollri affermano
che Papa Alelfandro. venilTe incognito a
Venezia avanti la Vittoria, la qual fia fuccedà del ityó. e Tan- no feguente feguide la pace ; cosi lo
atteftano anche i Foreflieri Beat.
Anton. Hiftorico par. 2. eie. 17. Cap. i. §. io. Polater. IH. az. /e/. 234. Coritts par.i. fot. 51. La venuta
poi, dicono, colle Galee del Rè di
Sicilia fu del 1177. cioè nell'anno che fi fece h pace- cosi per li fuoi Autori Tanefta T Avverfario
l. D. Tiem. 12. pH anno 1177. Jot. 430.
Gli Storici dunque, parlando di due anni di-
llinti, danno all' Avverbrio obbligo di dire che due Geno fiate le venate del Pontefice; una quando venne
incognito , dove dimo- raffe finché la
Vittoria Giccelfe contro Federigo , ed il trattamen- to, e la conclufion delb Pace lo aflìcuralfe
cb potefie andar libe- lamente Digitized by Google 3ZO ALLEGAZIONE ninente dove pI 2 ì gli piacefle, poi
dovendo venir Federigo ad umtliarA a’
Tuoi piedi a Venezia, il Papa venire la feconda volu trionfante con tredici Galee del Rè di
Sicilia.* non oftante dun* Gue r
improperio, e la oppofizione che hanno gli Storici addotti dall' Avverfario, concedendo ancora che
integri fieno, punto non
contraddirebbero alli nodri, quando l’Avverlìario ha un obbligo di credere, e dire, cóme infegna
Sant'AgoiUno, Ihrumqut faHum ffffy Cr
aytud alio omijfum. Stante le quali cofe , febbene all* ora per opera de' Veneziani fu levato quel
fcifma, e conoiciuto il vece Pontefice,
ed ottenuta la pace, ben farebbe conveniente ^n• cera che da qui folle levato Io fcifma trb
gli Storici, e fermata concordia trb
e0i; fofle conofeiuta la veritb certa di quanto ap- prclTo la Sede Appoftolica nella Sala Regia,
e nella Regia del Maggior Conlìglio in
Venezia è confermato. Alle predette
cofe s'aggiunge per argomento più rìfervato, che fi cava dal veribmile, prova efficace, cera,
econcludentene'Giudizj con che f( fanno
le X^^i> e fi dlfinilcono i Litìgj, come fi ten« ga per vero quel che e verifimile. jfUcgtt.
per lìipolit, im tvè. dt pnéét» num*
lo8. & fea, Tiraq, in ptxfat, /. fi unquam «m. 37* & ftqq. C. de revoc» aonats 0 “
Mafcard, de pnbar, eencl. 1402.
verijimiiie$tdù in prinàp, 0 nu^ 22. 0 feq, Parfan, de probat. lib, I, Cép. 8. 20. 0 fca* Mandof. in - regul.
Camelb, in prafat» per $ 9 fum lat^
Card, Tufil, pad. Cenci, in verb,
verifimHe quid fit 9 M. 0 feq. tom^ 8.
fel, 375. Chi dià che un Vafcello travagliato da grave tempefia
di Ma- re, o da perfecuzion de'Corlàrì,
non fi fia ridotto in Porto ficu- IO,
che gli fia vicino ogn* altra pendice, minacciando cattivici, e storte? £ dove Papa Aleflaodro, per
afficurarfi andò? prima rac- contano:
Pimijffe Lateranenji Pélatio^ ad tutor domet ìb^ngipanas ad Ciftemam Neronis , m qua latuit Nna
fi*giem Rotnanos infe- quentes metu ab
Urbe fugam , medhantem Cuglielmui Rea fuis Trf
temibuky e Terracina in Franciam deduxit^ poftea Francia y 0 An* glia Regum Conjtlio Remam. Ex, Ottene Fringenfi de rebus
geflis F rider, lib. X. cap, 66 . Tbom,
Favelli de rebus Skulis dee. 2. Uh. 7.
fot. 410. 0 ex olieg. per Baren, D. Tbom. li. fd. 342. Di modo che è
verifimile, e coti fi dee tener por vero quel che feri- ve Obon Ravennate.- Defperaiis rebus
Vtltelmiy ad tamos Friderki Exercitus
vires imbccillas fuadebanty ne illi falutem fuam facile ere- derefy PrefeBionem in Cahiam ut rnanimumy 0
qui prater fuga di^ verrkulumy nibil ei
adverfus Friderkum praft intra effe damnabaty
Venetam Chitatem liberam y 0 oh id minimi fufpeBam , quam ifem amicam potius , 0 fuarum partiunt fuifse
cognoverat maxuni ad eumdum
probabat. Chi può dunque in quella
difperazidn di cofe non credere eh* egli
fi lift ridotto a Venezia, la qual Iddio, in vece delle Ciith di rifugio concefib al fuo popolo, ha fatta
riforger per falvezza l'Italia contra il
furor de’Barbari? Per lo che Leon IX. fuo Pre-
decelTore, vi fi trasferì perfeguitato da* Greci, e da' Normanni, dove fono cacciati tanti altri Principi da'
loro fiati iòccorfi, e ne hanno ricevuta
tanta confoUiiooe nelle efireme loro miferte, che han-
Digilized by Google DEL
FRANGIPANE. 311 tanno confelTaro non
aver più defìderio nè della Pairia, nè del per-
duto Principiato SM. dee. 3. li. i. pag. 152. ne fuona la Tromba per tutto il Mondo. I nodri Giurc-Confulti , benché efteri, di
lei dicono ; Urie prtela- riffima,
deevs. fplnidm eeiius Italia, v'trntihts, divitiis, ac Religione ornata, Paradifus delitiarum'. Bald. conf. 41
1. qu'tdam man. 2. voi. 4. Carnati,
conf. 72. de fare Col. }. Menoei. conf. 75. tac /am dici nam. yS. Jaf in l. fi Infalam nam. y. ff. de veri,
oiligat. Gomef. li. ft faerat tnjlit. de
aHion. Kevii^n. Iti. 5. nam. jy, Catelian. Crfia Memorai, in Veri. Fenetis. Tomai Deplovat. in Mditio
ad Cepoltam de fervit. raflic. prad, e.
16. Mandof reg. 1 3. qu. 6. in fine Pietro Antonio Petra de Principe Cap. 3. qa. 4. nam. 34, Ai quali
fi aggiunge Pietro Bel- lino Configlicr
del Serenilfimo Emanuello Duca di Savoja nel fuo trattato de re milit. lit. 5. i» princ.
traCl. tom. tS. fol. 335. Il quale cosi
dice, Urne Uriem Novam Romam dixie Falgofas, & Commanem Patriam vocat Cama, eamque, & noi non
immeriii calme n , & decui Italia
dieemas, ehm fola, nel exorieni conira Bariaricaa Gemei, & ra- pin.ti, er vifiationei tatiffimam praiuerit
llalii refitgium, folaqae te- dia
halicam liiereatem, tr dignhatem confervet, & taeaiar. Il Petrar- ca che godeva lo ftefeo rifugio. Seniliam,
hi. 4. Epiti. 4. Aaga- flilfitma
Fenelianim (Iris, qaa ana todie liiettatii, ac pacii , & tifii- Ha Domai e fi, anam ioaorum refugiam, ama
Portai, qaem IM vi- vere capientiam,
tjirannitii andiqaeiellicii tempefiaiiim ipuafia rate: pe- lane, Urli, aari divei, fed ditior pradentia,
poiens opiiai, fid vina- te poteniior;
folidii fandata marmor Hai, fed filidiori eiiam fand.imento Civili! concordia fiaiilita, falfit einSa
fiaàiiat, fed falfioriita tata Confila!
tee. Onde Sabba Calliglionc ne’fuoi ricordi num. 114. di- ce, Fenexia bonor , repataxion, ed ornamento
dell afflitta, e fconfolata IiÀia : per
la Cai confcrvaxione ogni iaon Italiano dovreiie pregar no- ftro Signor Iddio . E certo a me pare
mirabile b continua conlervazione della
prima liberti fino a’prefenti tempi, e per Mar, e per Ter- ra, in Levante, e Ponente, col Senno, e colle
Mani valorofamen- te confervata,
mantenuta, e direfa, cosi poITiamo fperare in Dio che fi confervi per l’avvenire di bene in
meglio per la vera Giu. flizia, per la
Religione, pel cattolico Culto di Dio, e per le ope- re pie, e fante, ch’in queUa abbondano ad
onor e fervizio di no- ftro Signor GESIT
CRISTO; Onde in modo di profezia è intro-
dotto a parlar l’Angelo neU'Italia ìibettu da Gin; Giorgio Trifin. Hi.
y. Mira qaetla Cini, ci' a mexpep alt
acque Sorge tri'l Sde, t Adige, e la
Brenta I^uella è Fenexia gloria del
Terrena Italico, e Rifagio delle
genti Dalla Sevi-gia' Barbara percoffe
. $mfla Regina è di late' il Mare Specchio di liberti. Madre di fede. Albergo di Giuflixia, e di qaiere. Le cui virtìt fempre faranno eccelfe. Ed ampie in ogni fan futura etade. Però la fama che con fimili Trombe fuona
poteva invitar Papa Aleffandro ad aver
quel ricorfo, coU'cfcmpio de’ fuoi Predcceffori , cb’ Tomo II. Ss eb- Szz ALLEGAZIONE ebbero foccorfo, e difesa coatra i
Perfeemorì loro, e di Santa Chìcla- Lo dovea fpcztalmente inanimar il cafo di
CregorÌ0 //. qoaB fìmi* quando JUcn
Impttudort^ eiTendofi meflTo aD’imprcfa di diflrugge- f« tucte k Santi Immagini della CriHianit^
far ciò oOinatamente ne lo richiele;
qual villo che il Papa non volle, come non poteva ubbidirlo, richiefe il PuceOrfo, cd i| Popolo di
Venezia, o a dargli in man il Pon* tefìce,
0 che Tainmazzairero; arditamente gli rifpolero quel che è re* giurato da Bernardo Giudiniano nella Tua
Storia al Libro X. Refponftan iis magno
animo advertero po$utJfc quanto femper fiudio^ & bonort omnU bus ttmporibui Imptraroriam
enolZcrcMa/eJlatem : maximb ramtn nowjji*
ma Ravenna Urbis retfptione ^ non verim in corum gratiam Regem ami- Ò" ficderatitm belìo ìacefeere : efse
tamen ita a Majoribns injìitur rum, Ht
ubi de facrofanbia agatnr Religiotte Romanee Ecclejùe /aiuti y Cr bonari mtllo modo dejint , rum omnipottnti
DeOy porìus quam tdli mortaliwn fit
partndum, Jraqtte Romanum Pontificem non daferturos» Ma farh meglio feguitar il fatto con quel che
regi&ra, e diceda fe per meraviglia
il Cardinal Baroinio. Sub amo 7 ad. num. 37. tom, p. fol, 18. perrmti Venetiarum Esttreitus
jujjioni Impcratorit re- Jiituerunt \
Ijla ingenti prsjìantique animo Veneti Tkef terra y marique protrimi ejsenf Imperatori , a quo deieri
timere ponti ffettt , fi adbuc viri- bus
y adeò fortes prò Ponti/ce certamen èrme adveìfia ipfum atiquo mo- do prafumerenty fed ubi de Religione feient
effe certamen y eun 3 a ei pojì babenda
nterith cen/uerunt. Indi ne ebbero tal
gloria che contrariando^ airimpieib deU’Impe*
radere, ne riportarono trionfo, ch*ad onta fua hanno fabbricata la Chiefa di San Marco carica di Santi Immagini
didentro, e di fuori ùi (cultura di
Marmo, d’oro, e d’ Argento, di Bronzo, di Molaico, nel letto, nelle Pareti, nelle Colonne (ino
nel Pavimento, ma prò* por7Ìonatamefite
collocandone. £d ivi contro la Pazza erefta deH'lm* perador Iconomaco, che alTeriva ciò effèr
Idolatria , fcrifle in Molaici verfo la
Canonica. Nam Deus efi quod Imago docety non Deus ipfa- Hanc videaSy fed mente calasyquod cernii in
ipfa. Chi è quello dunque, che avvuta
un ardentilTtroa, e mortale feb* bre,
fie tic rìlànato per opera d’un fuo valorolo Medico amorevole, cd affezionato, che trovandofi con gli flefli
fegni, e parofilmi, non torni allo deflb
Medico come certo di liberarfi. Però la Chiefa cd il Pa- pa liberato dalla pcrlecntion d'un empio
Imperadore per opera de* Veneziani; chi
dir^, che tornatagli li lleflì travagli non Ha ricorfo alli HelTi, 0 incognito per llar Ccuro; o feoperto
per efler difefo? Cer- to il
vcrillìmilc, c la prelunzione è per raffermativa ; perche dalle cofe pallate, ft conofeono le prefenti, C.
mandata C.Scriban, de prO' fumpt,
Menocb. eod. lib, i. prafump. 24. ir». 8. La Storta dt Papa Gregorio certamente vera lo fcrive il
Bibliotecario allegato, e feguito dal
Cardinal Baronio è regillrata nel Pontibcal Tom. i.conf. 410. è Icrit* ta parimenti da Paolo Diacono nella Storia
de’ Longobardi nel Libro 6 . Cap. 4p. Se
quella di Papa AIclTandro non foffe fiata vera, nè la Sede Apollolica 1 avrebbe fatta dipingere, nè
i Veneziani lafciando quella ^ Gregorio
vera, e^ tanta gloria; Ufquequb gravi cor-
dcy ut quid iiligitis vanitatemy & quaritis mendaciumì Pfalm. 4.
perchè giu. Digitized by Coogle DEL • FRANGIPANE . 313 giufla il proverbio, ]!le matici in favor di Papa Onorio, dice, cbe
acquiilarono dal Papa titolo di
Repubblica. CrilHaninima, e di Dominio ampio per Terra, e per Mare, perchè Nallum kommt mtpouneratum
Tom, 5. fub tmM 6^0, n, 17. fol. 6i%,
to, p. fub an. yi6, ». 37. fui. 58, quedo fi
vede conlcguito fobico dopo la vittoria conF^erigo, e meìlb in
fe> dia Papa Ai^lTandro , perchè
oiiracolofamente la Repubblica colle*
gata co’Francefi, fece l'acquida dell'Imperio d’Oriente, che di
fo> pra al numer. 78. abbiamo narrato,
e poi fempre piò crebbe. i Il trionfo,
e fine quando il Papa milè il piè fui collo di Federi' go, e figillò la pace, fu adì 24. Luglio la
;VigiLia di San Jacopo come dicemmo del
1177. dall’ ora in poi il Signor Iddio G è com*
piaciuto di donare diverfe grazie, ed allegrezze immenfe alla
Repub* blica fino ad oggi giorno nel
detto Mefe, che ben d^ fegno in rì-
compenia di quanto merito 6a.
Per avanti il Mefe di Luglio era infaudo a’ Romani, ed aH’Ita* lia per li sfortunati avvenimenti , cbe loro
intervenivano , e par che ave^e principio
da peccato di Religione; per lo che alcuni Politici, e Qiure^Ionfulti , pcrGufi della Dottrina di
Platone ofTervato che certi cafi G
trovavano iterati quafi all'idefib tempo, differo, che era un Orcuito di proportion armonica cbe girava,
e giunto alle corde dello deflb numero
iterade lo deffo tener di cole, come nel Corpo
umano, quando è infermo per lo perìodo degli umori fi fanno le crifi nelli giorni decretor), e l’altre
alterazioni negli anni climateri* ci,
allegar, per Valentin. Forjlerum de hifi, /ut, civiUs, ì. i. in prin^ cip, frati, tom. 1 fol. 25. AUi II. di Luglio i Romani ebbero due rotte
d’Eferciti in di* verfi tempi cioè f
Alienfcy c la Gremercnfey però quel di fu chia-
mato ni j^uJÌOy ni infauflo Corm Tacir. tib, 18. Tir, Uvitn dee. r. Uh, 6, Macrob. Satttrnal. l, I. c, 16. alti
II. Nacque Giulio Cefare che diè nome al
Mefe prodigiofamente ufeito a guifà diferpe, tagliato il ventre della Madre, e ne fegui con tanta
uccifione ledinzion del- la liberti
della Patria, della qual ben dide il Voicì. ^ Socerque y Gener, que perdidijii omnia. Succederò poi a
dominarla i Tiberjy i Cajy i Ne- reaiy e
tanti altri ferpi. AUi ip» cominciò Tincendio in Roma, co* mandato come alcuni vogliono da Nerone che
tutta Tarfe.’ nel qual giorno per avanti
da Calli Senoni fu prefa, & abbruciata. Tacitò Tib. 15 ,
AUi X. Tito, non valfe ad impedire che a fuo difpetto i fuoi Soldati non abbruciadero il Tempio di
GeruQUcoime, abbruciato la prì* ma volta
da Nabucodonofor nelb dedb giorno, che fu il decimo del Mele quinto, che appredb i Latini è il
LugUo, però detto tilcy ma comandofi
perKaIende,che retrocedendo, principiano a'feoici, fi chiama Agodo, il qual giorno per^edi
incend) Giufeppo chiama Tomo il. Ss 2
fa- 3^4 ALLEGAZIONE &ulc, e cadetcbbc a'i5> Coà lì Calva
quel che dice San Girolamo Copra
Zaccheria S. Tt/mfumpùvi i» r. jciimmm àifi. Jcfcpbo Je itilo Juào'uo Hi. 7> e. e dove in. tal
giorno per meilizia era inftiruto U
diurno. In contrario qu^ lì celebta la
feda di San JacopO in Rialto, quel- la
Chiefa la qual la Cùtìi volle che foflc prima Pietra, e fondame- to della dia foodazionequando ottenne grazia
Cubito Catto voto, che li eflingueflè
rincendio appiccato, che di giìi abbruciate 14, Cale era per abbruciaala tutta; così avendo colle
Cue Celici armi ottenu- to che d
edinguelCe l' incendio di tanta guerra con Federigo che af- fligeva la Chiefa, e cenCumava tutta
l’Italia. Quel MeCe dall’ora in quh Dio
condituì che folTe tempo di dar la paga
a' tuoi Soldati benemeriti, perchi in elfo Ce che la Repub- Uica conùnciaOc a far il predetto aoquido,
prima col romper l’ar- mata dell’
fmptsadore nello AelTo Areno di Collaniinopoli, e dopo af- fediata, e prcià la Citth, fugato il Tiranno
AlelTio, col rimetter in ie^ liàccio, ed
AleOio, fuo h^Iiuolo, i quali Cubito uccili da Mar- cilo occupò, la feconda volta V Imperio ,
dico la Città , e l' Im- pcrio ; non
ancora partito 1’ Efercito nè 1’ armata dalle mu- ra, uccifo Marcirò , a lui rimafe la Grecia;
del qual primo acqui- flo , fcrive
Niceta . Aniwlium Lii. 3. Col. i a. fri, 177. ABom toc tfi Menfe JuHo onno lyii. che rifponde
all’anno del Signore izol. cioè anni 24.
dopo la detta imprela; l’anno feguente fu poi il to- tal acquiAo : la qual’imprefa ora^i man di
Jacopo Palma rendè fplen- dida la fua
arte colla Pittura nella Sàia del maggior Configlio a di- rimpetto deH'imprefa fatta per Papa
Alefiandro, quafi due partite de’ libri
de Conti aU’incontro di dare, e d’avere.
Dalla Morte di CriAo lino aU’imprefa, e diAruzione di Gerufa- lemme, che fcgu'i per vendetta, pallarono
anni quaranta, e qui 24. Coli, volendo
il Signor eAer affai piò preAo alla rimunerazione, eh’ alla pena, dove Eufebio In Cronico
confiderando il tempo della PaC- qua,
nel quale per quella imprefa fei cento mila Ebrei furono uo- cifi, ne cava argomento che ciò Iblfe per
divina vendetta dal fegno del tempo ,
come intendiamo ora di far ancora noi , e dice , Opor- tliif onim iifilcm ditha Pojcbtt coi mterfei
in quihn Solvotorem cru- tifxcnmt. Però nel Mefedi Luglio la Città feAeggia per
diverfi altri felicif- fiini
avvenimenti, come per avanti forfè per altre fimili caufe lein- teivenivano il dì di San Pietro. Nel primo
celebra la feAa di San Marziale per tre
Vittorie da lei in diverfi tempi in detto giorno ottenute; Al che fi aggiunge che nello Aeffo
giorno il Doge An- drea Contarini fi
refe a Chiozza trionfiinte per la vittoria contra Genovefi narrata di fopra al num. 15. Contra gli Aefli alli 22. fi conclufe la
Capitolazione, e pace con tanto onore,
ed acquiAo della Repubblica, che ancor fi celebra per memoria di allegrezza pubblica la fella di
Santa Maria Maddalena. Alli 6. fucceffe
il fatto d'arme al Taro, nel quale il Rèdi Fran- cia ricevè così buon accordo, che fuggito per
voto, come riferifee il Guicciardini Hi.
z. cor. jg. e sbigottito da queir angofeia , gli feappò la voglia di fapct dove piò fbAe
l'Italia, intento all'ora folamente
al Digitized by Google DEL FRANGIPANE. 32^ ai pafTàr avanti nonvolendo^mtender più pratica
alcuna, con celeri* tk fegultanda il Tuo
cammino, levandofi aguifa di vinto fcnzafaonar
la Tromba* Gmcciard. lib, 3. car^ 5p. e 6 p. ed ivi queirifteflb gior* no cominciò a ceder forzatamente i luoghi che
teneva confederati della Repubblica
richiel^ill dalli Provediiori Veneti nella rifpofU da- ta al fuo Araldo quando richiefe U paiTo,
Bentbus Hb. 2. cor. 44. j 4 lexanà, in
diario ejuuUm belli y Jov/uilib» 2. car. 8^ per- chè all’ ora angoTciato a difender la
propria perfona più colla fero- cia del
fuo Cavallo, e colle orazioni,che da* fuoi eHèndo. anche eflì occupati nel difender la Tua,, cosi che io
avevano abbandonato, non potè mandar
come doveva la gente fui Genovefe,. però ufcita Tar- mata di Genova,, prefo fenza difllcoltk il
Borgo di Rapallo col pre- fidio de*
Francelì che lo teneva, e prefa l'Armata loro che ritirata in quel Golfo di li a poco il Rè Ferdinando
ricuperò il Regno di Napoli , ed il Duca
di Milano Novara : pel qual fine la
Repubblica s’armò e combattè, ed avendolo ottenuto da Dio, ne vicn aver avuta la vittoria all’ora felice
per T Italia, colla ricupe- razione
della ricca, e gro 0 a preda, che dalla mifera Italia, fpoglìa- ta in Francia gloriofi riportavano. Allt 17. che fi fece appunto U primo acquilo
di CofianttnopoU y come di fopra al num.
I20. fi fcfieggia la memoria di Sanu Mari*
na, perchè in quel giorno fcrive il Bembo, fi fece Tacquifio diPa* dova due volte, ma la feconda Dio fece, che
ficcome era d^ di San* ta Marina foflc
luce di Stella Marina per ralTèrenar le tenebre della Repubblica, in mezzo della fiera tempefia
della Lega di Cambra;, fopra che dice la
Parte prefa nel Sereninimo Senato per folennizza- re detta Fella 1712. Die XXK Junij fide
prhtcipiam Uberationis a eonventu
maiignanìium y CT a fmcibus inimìcontm nojlrcrmn y Civi^ fas Padiue non bumana opv, aut ConJUtOy fed^
Divino auxilio fiiir cuperatay t per
dame qualche argomento, e fcgnodicc, In cuyasetimt T'empio tppcnfn ClavesÒ" Sigillo
Civitatit fitb feptdcro Serenifs. Dtteis D.Mi-
ibaei ’hSfeno in monwmntum prim^ %pfiu% acquifmonis , Quello giorno
fu principio tale, che da indila
Repubblica ricuperò tutto il fuo Stato, cho
aveva perduto, c ciò con tanta gloria., che il Guicciardini dice
/i^.4* r. 327. Con ejini Icp^ieriy e
poco dwrabili fi terminarono i movirnertm
ti dell armi fen- 3 ^ utilità y ma non ferrea ignominia del nome di
Cefo* re , e con accrtfeimento della
riputatone de' yenezi^*** 9 ^be a ff aitati
dagli Eferciti di CefarCy e del Rè di Francia mantenejjero alla fine le medefimt forze , ed il medefimo
Dominio, Indi alTottava, che è la
Vigilia di San Jacopo. Renzg da Ceri
ufcico da Crema prefe Cafiiglione , e menò prigione Ì 1 Capitano, che Io teneva, e iubito prete Lodiy c
confegnollo a’ Collegati. Ale- man.
Tinus in Hifi, Erement, lib, 8. AlU 2p.
di Luglio del 1523. fu fatta la Capitolazione della pace, colla confermazione di quanto pofledeva la
Repubblica in Terra ferma • La Signoria vifìta folennemente la Chiefa
del Redentore la ter* 2a Domenica di Luglio
, nella qual fu liberau la Citta da una
gran pelle. Cof^ il Mefe,
temperai per avanci degli Infortunj , è divenuto (Ragion
Digilized by Google 3zo Raven.
fih. 8. Bard^ cor. 24. FiJi(q>o Memo Dottor andò ad accompagnar
Ottone, che fu pre- fo all’ Imperator
Tuo Padre, Crontcs Samtìa M. S, fai. 84. ed ambi ebbero in tal fatto merito, uno per la
Vittoria, l’altro per la con» clufion
della pace col ridur T Impecadore a* piedi del Pontefice nel jnunesazione io quel giorno, e celcbrandofi 1*
annuale dell’Afcenfione ravvivar la
gloria della Repubblica con ravvivar la memo^
ria del trionfo, confeguito contra i Perfecutori di Sama Chiefa , c fpiegaic elempio a’prcfentt) ebe abbino a
perfeverare, e non ef- fere , degeneri
a* luoi Progenitori , dovendo per le proprie
confeguirne premio Gngolare in perpetuo, e trafmettere il merito anche a’ pofleri, per lo che ogn’uno dee
defiderare, e pregare con devoto Inno di
Policromo, che il Signor Iddio faccia perpetua quella bnta, gloriola, ed a lui gradita REPUBBLICA,
che fia cuBodita flagl’ Angioli^
Grazia-. DOMI- Digitized by Google D O M r N l’*Ò DEL
MAR ADRIATICO DELLA SERENISSIMA REPUBBLICA DI VENEZIA
SERENISSIMO PRINCIPE. t L
Dommio della Serenedima Repubblica fopra
il Mar Adriatico i cos» celebre, e famofo , che forfè non fi troverà akan’ altro, del
qua- le dopo la declinazione
dell’Imperio Romana più Storici,
eGiureconfulii abbiano fatta menzio- ne,
ed approvato di comune confcntimento per le.
gicimo, e giuflii&mo; nel che elTendo tutti con ^ cordi,fifone però trovati differenti
neiraflegnar* vi l'origine, e
varj'nell’allegar il tellimonio , fondandolo , chi lopra privilegio conceffo dal Papa, chi fopra
privilegio, e conceflione dell*
impcradore, ed alcuni fopra la prucrizione, altri ancora fopra
anti- ca confuetudine. L’opinione, e ragioni de’ quali avendo io
confrontato con le Puh. blice Scritture,
che per comandamento di 'Voftra Serenità mi fono Ihte mollrate per dover metter infieme
un'iniera relazione, ed in- formazione
delle ragioni di quella antichiffima, e nobililfima giurif- dizione, confiderato il tutto accuratamente,
ho creduto che que- lla materia poffa
effer ben dducidata, ponendola in cinque confi-
dcrazioni . La prima tratterà il
vero tellimonio, e poffeflione, de’quali que-
llo Dominio colla, mollrandolo non acquillato, ma anche infieme con la Repubblica confervato , ed aumentato
con la virtù dell’ armi , e fiabiìito
con la conluetudine eh’ eccede ogni memoria .
La feconda larà in mollrare non effer vero , ni utile il dire , che la fercniffima Repubblica abbia il Dominio
del Marc per privile- gio del Papa , o
dell’ Impcradore, ni meno per preferizione .
La terza confiderazione farà vedere fe il Dominio del Mare comprenda i Seni, Porti, & altri ridotti,
ed inclufi i Lidi ancora, e le quella
giurifdizione s'^llenda a llatuire, ed imponer Leggi a’ Na- viganti, facendo quell'otbuùzioni , che
ricerca la pubblica utilità, ed a pe- Digilized b, - ìoogle 3z8 DOMNIO del a punire i delitti commeflì in Mare ^ e ^
imporre gravezze a quelli, che fi
vaglino dell’ ufo di elfo. . quarta
far^ in efplicare , e rifolverc ropinioni d’ alcuni che vengono fatte in contrario. ^ Nella quinta metterò infleme le ragioni
particolari , c proprie della Sava di
Goro^ ed in quelle ^coofid^zioni non mi vaierò fe non di cofe » chq fi poffono moftrare per le
Scritture pubbliche , ed
"autentiche di Voffra Sereniti, ovvero per tefiimonj, ma degli Storici, c Giurcconfulti approvati^ Il vero Tefiimonio, pel quale la Serenifiima
Repubblica ha il Dominio del Mare è
quell’ ifieflO) pel quale ella ha la fua liberti, fi che al piiqcipio del fuo nafeimento per
una IWfia caufa ella nac* que libera^ ed
ebbe rimpcrio maritimo , e quella caufa fu reffer edificata, e cofirutt^ in Mare, il quale
all’ora non era fono il Do- minio
d’aìcuno. E’ termine indubitato
appreffo i Giurcconfulti effcrc de ]ttre Gett^
ri»m, che ognìCiti^fia libera s’ è fondau nel fuo, ficcome le
Cincin luogo dominato fono dal fuo
nascimento Soggette al Dominante;
quelle, che naicendo in Terra non foggetea ad altri , nafeono
libere per quella ragione, che fono
libere per la Slcflà fono Padrone della
Terra dove hanno il loro principio.
Co$‘( quella inclita Citt b nata nel Mare, del quale non eia alcun Padrone, è nata libera, e per rifielTa
r:tgione Padrona dell’acqua do- ve ebbe
il fuo principio; per Io che tanto è il ricercare rimpcrio Maritimo di Venezia, quanto ricercare
roriginc della liberti fua, ovvero la
fua fondazione. > A quello non olla,
che ne* tempi precedenti la Repubblica Ro^
roana abbia fignoreggiato rillefib Mare; ùpperocchè non fi ricerca per l’edificazione ad una libera Cittì, che
il luogo mai in alcun tempo fia ftato
dominato da altri, elTendo che per ifiabiliiì dello cofe mondane, non v’è ragione,che non fia
fiata loggetta ad innu- merabiii
mutazioni, ma bens'i ricerca , che nel tempo deiredilicazio* ne il luogo non fblTc fo^getto ad
alcuno. L’Imperio di tutto rAdriaiico
per molti fecoli innanzi il nafei-
inento di Venezia, fu deirimperio Romano, ma nè Dominj de'Po- poli avviene quello ftcITo che net Privati;
cioè che cìafcheduno per tanto tempo è
Padrone della fiia cifa per quanto la tiene in pro> prietì Sua , nel qual tempo non gli può
eflcre legata lenza ing^- llizia; ma s*
egli l’abbandona, o non ne tiene il polTeflb , o irait ne può piò tener conto , quella difoccupata
può elTere privile- giata per propria dì
qual fi voglia , che primo le mettcrii la ma-
no fopra. Così le Cittì, che foggette ad un Principe, non poflbno eflérgii levate fenza IngiulHzia, ma s’egli
abbandonerà la loro cu- ftodia, c non la
govcrnerì, o perchè non voglia, o perche le for- ze glie fieno tanto mancate, che non poffa ,
faranno di quello, che prima ne piglierà
il governo, c protezione ; c per legge divi-
na, ed umana dovranno fiare fotto di quello, mentre egli cominue- A a reggerle . Anzi il Dominio così acquifiato anderì
prendendo fcropre maggio- ri radici, e
confermandofi per quanto nuggior tempo durerà, in mo- do
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ADRIATICO, szg do che avendo continualo
in cosi lungo Tpazio d’anni, che non vi
fu memoria d'uomini in contrario, fata perfcMamente
llabilito,e& poirh dire acquillaio
per confuetudine. Certa cola i, ehe
innanzi l'anno 400. dalla Nafcita di nodro
gnore , gl'imperatori pollédevano Tacque del Mar Adriatico, partW colarmente le Lagune dove quella inclita Citth
i fondata, ma ef. fendo dedicata la
forza dell'Imperio in Occidente per Toccupazione di gran pane dell'Iialia da' Barbari, quelle
acque furono dagl’Impe- radori
abbauJcnate; onde redando fenza Dominante, per legge Di* vina, ed umana, poterono i Popoli, che fi
ritirarono per l’inonda. alone de’
Barbari , indituire in qued'acque una Repubblica libera, e per virtù della fila Nativith Padrona del
luogo , abbandonato da chi prima lo
dominava era all' ora fenza Padrone , e difoccupato. Ma mentre dico, che il Dominio del Mare fia
naturale a quella Repubblica, e nato
infieme con lei, non voglio intendere, che tut-
to in un tempo abbia ac^nidata la padronanza di tutto TAdrfatico, perchè le forzo nel principio non erano tante
di poterlo cudodire, e guardare tutto;
ma nel fuo principio ebbe Dominio di quel tan-
to, che con la virtù delle lue forze poteva cudodire, e proteggere, che fu il tratto contenuto trk Ravenna, ed
Acquileja; redando il rimanente fenza
Padrone come abbandonato dalTImperadore, e non
dominato da’ Barbari, che s'impadronirono d’Italia lenza forze
mari- time, fintato che Giudiniano mandò
per la ricuperazione d’Italia E* fercito
terredre , ed Armata di Marc, e fcacciati i Barbari , ripigliò il Dominio, e cadodia dell'Adriatico,* nel
che avendo avuti favore- voli i Popoli
di Venezia, non toccò, ma lalciò nella fua liberti la parte, che è da Ravenna in qiù , come
polTeduta legitimamcme dalla Screnilfima
Repubblica, contentandoli di quell'altea parte ch’ò oltre Ravenna : ficchi ilSerenifilmo Dominio
della Repubblica in Mare fn di quella
fola parte di edb, che è prollima a queda inclita Citch. Ma in progreflo di tempo fatti gTImperalori
un’altea volta debo- 'lì, ceflaronu di
mandare Arma» in Ravenna, ed abbandonala quel-
la parte, che è dal fiume di Tronto in quh fi ritirarono nella Pu- glia, il che mife in ncceflìtii queda
Repubblica, la quale era cref- ciuia
anche di forze a pigliar cudodia piò ampia del Mare, e tener- lo netto da'Cotlari per mantener Scura la
navigazione, incominciando dalla Riviera
della Marca Anconitana, e dal Quarner fino a Venezia: il che lecoftava ogn’anno moltoifangue dc'fuoi
Cittadini, e molto tefoio. Seguile le
cole per alcun tempo in queda maniera, fu moda guer- ra da’.Normani aU'imperadorCodaatinopolicano
nella Puglia, il qua- le non elTcndo
badante a difenderfi per fe IlelTo in quella regione ricercò Tajuto della Serenifiiina Repubblica,
il che fu uccafioneche ella palTafle con
le file armi anche nella Riviera di Puglia. Molte fazioni Icguirono, nelle quali avendo AleOio
Comneno Imperadoco fodenuta la gueira
piò con Tajuto Veneto, che con le forze proprio
per tré anni in circa, il quarto abbandonò Timprela, ne mai piò mandò Tarmata neU'Adtiatico - per lo che redò
la Puglia occupata da' Normani , i quali
elTcndo fcaz'arme maritime, il Golfo da quel-
la parte fino a capo d'Octanto, abbandonato deUTmperadore, non poteva elTer , protetto , e cudodito , falvo
che dalla ScreoiOima Tomo IL T t
Re- 3 30 DOMNIQ DEL Repubblica.; oiide per neceflitìt di. render
Scura la navigazione aTuoi Sudditi^ eOi.
che gib. aveva con la forza acquiftato, quel Mare, con- • tìnuò. a cudodirlo, e difenderlo da’
Corfari, e da altri turbatori, e oc
acquiSb. il Dominio come di cofa abbandonata, e non poCTeduta da alcuno. Per lo. che ficcome s'i detto,
ch'il Dominio del Mare d: naturale alla
Repubblica, principiato inficmc con lei nelle parti proflimeaquell’inclitaCittk,cosV anche
infìeme fi dee dire, chefiaam- plificato
fuqceflivamente neiraltre parti di elfo Mare, che fono ab- bandonate da quelli,
che le pofledevano. prima, e prefe in prote-
zione, c cuSodia dalla Repubblica fin tanto ch’ella s’è fatta
Padro- na. di tutto il Golfo, e perchè
cib eccede fei centinaja d’anni, fu-
pera , e di giìi, molta ha fuperato ogni memoria , ficchc è
conferma- to con la confuetudine
immemorabile. Di tal confuetudine
convien fare ogni capitale , perchd la legge
la ptefuppone tempre buona, ragionevole, e lodevole, e che fia in- tervenuto tutto, quello, ch’era neecITario a
làr cofa legitima , che fia
equivalemeadogni contratto, e convenzione. Per dottrina de’Giu- rtconlulti a (labilir una giurifdizione per
conluctudine irrevocabile fi ri- cercano
, che fieno fiati fatti atti giurildizionali continuamente da tem- po. che non vi fia memoria in contrario, e
che altri non abbiano elercitato. atto
alcuno , fe non con licenza del Polfellbre : c che da. quello, fe alcuno, ha tentato, di farlo,
gli fia fiato proibito , tutto ciò non
occultamente , ma con faputa , e tolleranza di
quelli , che avrebbero potuto pretendere altramente , le quali cole tutte fono intervenute nella continuata;
polTel&one di quello Mare, Da tempo che non vi ò memoria in contrario è
fiato eletto con- tinuamente un Capitano
di Golfo, fono fiate tenute Galee, ed al-
tri Legni armati per cafiodia ordinaria, continuamente è fiato
proi- bito efiicacemente , o con tutta
tratuzione, o con forze a qualun- que
altroPotentato il tenervi Legni armati; ed i Pontefici, Imp'cradori, ed altri Principi hanno aflcnciio a quella
giurifdizione, o col confef- farla in
parole, ovvero per effetti , ricorrendo , implorando l’a)uto,e quando hanno voluto trafportar|Vettovaglie ,
od altre cofe pel Mare ricercando
licenza , ricevendo le Patenti della conceflione ; e alle vol- te anche fono le licenze fiate negate ,
ovvero concedute limitatamen- * te, e
non quanto la loro dimanda richiedeva.
A’ Naviganti fono fempre fiate date le Leggi fopra la navigazione, coti quanoo al luogo, dove dovevano far la
Icala, come alla quali- tà delle merci;
Li Conaabbandi fono fiati confilcati, e fono fiate impofte dazioni de’ Dazj, azioni tutte di
giurifdizioni , e fupreme Dominio. Non v’ò memoria quando avelTe principio
l’elezione d’un Capita, no di Golfo, ma
ben nel ijp;. fi vede una lettera dell’Eccellentif- iimo Senato ferina al Capitano dì quel tempo
con precetto , che feo- refle la Riviera
della Marca Anconitana , e la Puglia fino b Capo d’ Otranto, e dal tcnor di quella lettera appare
che il carico di Capita- no non
comincialTc all’ora . E' notoria la cufiodia tenuta continuamen- te con Galee, e Vafcelli armati per
difenderlo da’ Corfari, e Ladri mari-
timi, «dopporfi a quelli, che voleficro impadronirfene;efisbinficme quante
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ADRIATICO. 551 civefeovo di Magonza
Vicario imperiale in Italia con la Sercnil&ma Repubblica nel 1174. che Ancona fodeadaltata
con l’Armi Imperia* li per Terra, e con
quelle della Repubblica per Mare, ficcome fu
anche pugnau, ed elpugnati.
Fu-.ancora un’cfprcflb confenfo del Papa, e dell'Imperadore Fede- rigo infieme l’anno 1177. imperocché avendo
il Pontefice Alcflàndro Terzo implorate
le pie Armi della Repubblica per difefa Tua, t
della Sede Appodolica dalllmperadorc Combattuta, ed avendo Tlmpc- radore dopo la rotta della Tua Armata
acconfentito di venir a Ve- nezia, Tuno,
e l’altro confeflarooo in quede lue azioni legicimo il di lei Dominio Maritimo; e fé bene alcuni
pochi Storici non fanno menzione di
battaglia, e vittoria marìtl ma , attedano non di meno che il Principe Ziani incontrò prima il Papa,
e poi Tlroperadore con potentidlma
Armata, con TideHa li condude nella Marca Anconita. na, ed. aggiungono, che fu eletta la Citù di
Venezia da ambe le parti, come quella
che non foggetti ad alcuno aveva forze d’impe-
dire, che dall’uno non foffe fatta violenza all’altro di quei
Principi Valendofidel Dominio maritimo
della Repubblica, come loconfeifarono.
A qufda s’aggiunge, che il medefimo Federigo Imperadore quan- do' i’anno xi88. fi mife in viaggio per Terra
£inta, Icrìvendo una lettera
comminatoria al Palatino, e magificando le forze del Cridia. nefimo, oberano in fuo ajuto, mife frh le
principali aver in lega, e compagnia la
Repubblica di Venezia, encrau a fua difefa ad in- danza,, e preghiere del Pontefice Romano,
lafciato ben gorvenato, e cudodito il
Mare.* il che tutto modra non folo ralTenfo di elfi Pontefici, ma anche quanto fofle loro grato
per fervizio pubblico della Cridianith,
che la Repubblica av^e forze non foto da pro-
tegere il Mare Adriatico, ma da mandare anche in Paefe lontano. Celebri furono ira le altre le fpedizioni
£ute ad indanza d'Urba. no Secondo, e
nei 1111. a preghiere diCalido Secondo; ma foprar- tutto è notabile la fpedizionc fatta h
Coftantinopoli l’anno 1202. con
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ADRIATICO. 333 il potente Arnuu , che
inlìene con la Nobiltà Fraticefe , che vi
era lopra fu fufficiente di reftituire in Coftantinopoli
l'Impeiadore I fcacciato il Tiranno , e
dopo la morte di elfo Imperadore acquila*
re il Dominio della Citth, e delflmperio, lafciando peri tanta Ar- mata in Golfo, che fu fufficiente a
guardarlo, ed a ricuperar Zara, che
all’ora fi ribellò fenza muover le forze ch’erano in Coliantino- poli. Forfè la più notabil memoria ò, che nel
ia7}. avendo con- giurata quali tutta la
Riviera della Romagna, e Marca Anconitana
per ufurparC il Dominio di quei Mari, turbando la poireffione del- la Serenilfima Repubblica, fu nundata
potentiifima Armau per re- primerli; e
dopo alcune Batuglie, fu fatu pace con quei di Roma- gna, de’ quali erano Capi i Bolognefi 4
convenuto, che la SerenilE- ma
Repubblica continuaflè nella poflefCone fua dicufiodire, e dominar quel Mare; Per lo che quelli della Marca,
refiati foli, non poten- do far
rcfiflenza, fecero ricorfo al Pontefice Romano Gregorio De- cimo, il quale tentò di far comandamento al
Duce di quel tempo di defifiere, al che
avendo egli rifpofio, che il Dominio del Mare
era della Repubblica, e che voleva in ogni modo difenderlo, e proi- bire a tutti il tener Legni, e Galee armate,
e trattar da nemici quelli, che avelfero
pretefo di tenerli, il negozio fu poitato dallo
flelTo Pontefice nel Concilio Generale di Lione, dove fu commeflà
la caufa degli Anconitani all’Abate
Naverfa , il quale udite le loro ra-
gioni folamcme perchè la Serenillìnia Repubblica non confenfi di mettere in litigio quello, che da tanto tempo
poffedeva , conobbe il Giudice, che gli
Anconitani non avevano fondamento alcuno; on-
de furono coftretti d’ acquietarli, e cedere. Fece parimente guerra la Serenilfima Repubblica col Rè d’Ungheria,
tth le altre caule, an- che pel Dominio
del Mare dirimpetto alla Dalmazia, ed in fine fi fece la pace in Tarino nel ijSt. dove fu
convenuto, che la giu- rifdizione di
quell' acque rellalfe alla Repubblica. Di quella ulnma guerra, e pace fono le Scritture pubbliche in
Segreteria; le altre co- te narrate di
fopra fono tratte dagli Storici, eDendo cofe fuccelfé innanzi l’anno izji. quando furono abbruciate
tutte le Scritture pubbliche . ‘ Più efficace prova ancora fi cava da’ricorfi
fatti -da diverfe Citth, e Principi
polli fopra il Mare Adriatico, i quali avendo ricevute irt‘ giurie nel Mare da’Corlàri, ovvero altri
Ladri maritimi, fono ri- corfi a quella
Principe, dimandando ragione, e giulliziz.
Per le Scritture pubbliche appare, che nel 1377. gli Anconitani prefero ardire di far diverfe novitb in Mare
contro i Mercanti di Fermo, eÌAfcoli.
(^elli di Fermo fecero ricorfo a Venezia, e dal
Principe fu mandato in Ancona a ricercarli della Conveniente emen. da , ed a dolerli delle novit b da loro fatte
in Mare, la cui guar- dia era acquifiata
con tanto fangue: al che avendo elfi finillramen- te rifpollo, e non celfando di velare il
Mare, fu perciò mandata una potente
Armata per reprimérli; nel che volendo interponerfi il Pontefice Papa Gregorio Undccimo, al
qual-efiètto mandò un’Am- hafeiadore a
Venezia, gli ih rifpoflo eoo aperte parole, non elTervi altra maniera d’accomodamento, fe non
celfimdo gli Anconitani di molcllare i
Naviganti, perchè la cullodia del Mare en llau dalla Digitized by Google 334 DOMNIO DEL Repubblica icquillata con fuodori, e fangue
da tanto tempo, cht non vi è memoria in
contrario, come i ben noto; e perciò faceva-
no intendere a Sua Santità, e cosi erano per dire a tutto il Mon- do, che volevano foli culfodire il Mare, e
proibir^ ad ogn'uno l’of- fendere in
elfo chi fi fia. Furono coftretii in
fine gli Anconitani a deri(lere,ed a ftxldisfare ancora a danni dati nel Mare a quelli di
Fermo, e di Afcoli, Ebbero ancora
ricorfo quelli di Spoleti airEccellentiflime Senato nel iì 9 ì- per elTcre ftau prefa una loro
Barca fopra la Spiaggia di Rccanaii,
onde fu comincio al Proveditore d'andare in Ancona, o sforzare gli Anconitani alla rcllituzione
come di cofa prefa indebi- tamente nel
Golfo di giurifdizione della Repubblica ac^uiftau eoa indori, fangue, e fpefa. £ nel 1408. corteggiando intorno alla punta
d'Italia alcuni Ge- novcC con una Nave,
una Caravella, ad una FuRa facendo danni
particolarmente a Sudditi dal Principe di Taranto, egli fcrifle una lettera al Duce, avvilando i danni ricevuti,
c ft^iuitgendo, che la forze fue
farebbero Baie baflanti per rifarcirli de’ danni de'fuoi Sud- diti; con tutto ciò aveva voluto prima darne
notizia a Sua Sereni- tb, fperando, che
vi rimedicrli, ficchò non fatò nOceflario per altra via provedere all' immunità de’fuoi
Sudditi. L'illeflb anno eflendo fuggite
due Galee al Rò Ferdinando di Si- cilia
di quà dal Faro, ed entrante net Golfo Adriatico, quel Rò non giudicò gli fo 0 c lecito il léguitarle,
ma mandò a pregare il Se- reniflimo
Dominio , eh’ effendo enitate nel Mar fuo, voìeflie perfeguà. farle, e prenderle. In quegli (lem tempi del nti, eflendo fatte
diverfe novità, e pre- de da' Golfari
nelle acque della Marca, ficchè anche il viaggio al- la divozione della Madonna di Loreto era
impedito, quei della Ri. vieia mandarono
a Cgnilìcarlo al Principe, avvifandioio della viola- zione della giurifdizione del fuo Mare , e
che le prede fatte in quel- lo erano con
danno, e vergogna fna, pregandolo a prevedere con la fua potenza, e giulliaia, maflitee per
heureeza di quelli, che do- vevano
andare alla Madonna di Loreto.
L'illeflia illasza fu fatta nel 141(4. dall' Ambafeiadore dello
Beflò Ri Feidinando per le Riviere della
Puglia. Nel 1483. eflendo Baie predate
da un Corfaro alcune robe del Ri
d'Ungheria, i fnoi Miniflri ebbero ricorfo al Principe Cgoifican- doli, che le offefe erano fatte a lui eflendo
occorlé nel fuo Marc, c dimandando
provinone, acciò la Navigazione fofle libera.
E quello che i di maggior momento nel i48d. avendo i Turchi fatta una incurliene ikIU Marca Anconitana,
predando uomini,e robe, Rapa Innoccnzio
Ottavo con un fuo Breve, che ancora G ve.
da, ordinò al fuo Nunzio AppoQolioo di fare doglianze con l'Eccel- lentiiGiao Senato, e GgniGcarli, che all'onor
fuo conveniva, che il Mar Adriatico
faflc tenuto libera' da' Coefari, t far anche efficaci inflanze acciò raflrenafl'e l'ardire di quei
l'urchi, che corleggiavano il Mare con
vergogna, e fprczzo della Sereniflima Repubblica, ag- giungendo, che cosi facendo farebbero opera
gloriofa, e gratiffima alla Sede
AppoRolica. In Digitized by Google mar.: ADRIATICO. 335 quelli ultimi tempi attenta nel 1577. Papa
Gregaria Decimo- Wnio fece pregare
rEcc^llentiflimo Senato di liberare il Golfo dall’ infedazione di una Galea del Marchefe di
Vico, dicendo, che alla SerenilEaia
K,cpubb.lica fpettava la coliodia d'elTo Golfo. Non i da tralalciare una lòtta d'ai^ellazione
de'Pontefici Romani, che ii Do- minio di
quello. Mare fpetti alla Repubblica, alla quale hanno fat- to alcuni d’elTi nel conceder le Pecime
particolarmeule per le fpeGc della
guardia del Qolfo^.Viè un Breve d’Adriano Sello noi un'altro di clemente Settimo nel ijzd. uno di
Paolo Terzo nel ijjS, ed uno di Pio
Qaaito nel 1504. che ciò dicono erpreOànien-
te, e forfè chi ricercaOc piò minuumente ne’ tempi innanzi , e dopo ne troverebbe degl’ altri dello flelTo
tenore. Similmente manifeliilTimo
confenfo degl’Imperadori fono le Sei
Bolle Imperiali d’Enrico Quarto, Lotario Secondo, Federigo Primo, Enrico Sedo, Ottone Quarto, e Federigo
Secondo, refemplare de' quali ò nella
Segreteria , dove ciafeheduno d’efli pattuifee, che i Sud- diti Veneti pol&no liberamante tranfiiare
per le Terre, e Fiumi del- i' Imperio,
ed i Sudditi Imperiali pel Mare, e Fiumi di Venezia. Non fi dee tralalciare trb le dichiarazioni
Imperiali la pace con Carlo Quinto, ed
Ferdinando Secondo nel i5Zp. nella quale vi ò un Capitola, dovei! contiene, che i Sudditi
polTano negoziare in Terra, ed in Mare,
che è ben una chiara canfclTione, che la Repubblica ha il Dominio del Mare. Ma che quedo Mate fi
debba intendere tutto l’Adriatico, Io
moflra un’altro Capitolo dove dice, che la Se-
TcnilEma Repubblica continui a poircdere,come in quel tempo pode- deva Terre, Fiumi, Laghi, ed Acque; il che
non fi può intendere fe non dell’ acque
del Mare, avendo prima detto Fiumi, Laghi, ed
Acque; ma all’ora polTedcva tutto l’Adriatico, (wrehè ella in qud tempo y’ aveva l’armau dentro: Adunque quei
Principi acconfentiro- no ìa poiTcuione
dell Adriatico. La cerimonia ancora di
fpofiir il Mare, che annualmente fi fa in
prefenza degli Ambafeiadori, e Miniftri del Papa, e dell’ Imperado- re, che non è data mai interrotta,è
un’indizio deU’attedazione di quei
Principi . Modrano ancora il confenfo
di molti Principi, e Potentati le li-
cenze chiede da loro per tranfirare con vettovaglie nel Mare. Ve ne fono innumcrabili concedè ai Marchefi
di Ferrara, alla Cittì di Cefena , ai
Signori di Ravenna , ai Malateda Signori di
Rimini , ai Rè d’Ungheria , ai Ragufei , ai Rè di Napoli, ed all’ Imperadore deifoj ed al Pontefice
ancora, che farebbe troppo lungo
riferirle tutte. Io ne ho da’ Libri pubblici raccolte trenta na- ve, e fono certo, che ve ne fono dell' altre.
' Fra quelli fono notabili per la
grandezza de’ Principi , Che le han. no
richiede le concedioni fatte a petizione ;del Pontefice , e de’ fuoi Minidri, come nel ladp. all’Arcivefcavo
di Spalatro Governa- tore della Marca, e
Patriarca Antiocheno Governatore della Roma-
gna di poter condur grano dalla Marca, e nel 1477. il Pontefice Sido Quarto per un luo Breve ricercò di poter
trasferire grano dal- la Marca in
Cefena, e nel 1505. Giulio II. per un fuo Breve chie- fe licenza di portar {rumenta dalla Marca a
Roma. Si- 33 che nel 1 3pp. efRtndo con* tratto matrimonio erb Guglielmo Arciduca
d’Auflria, e la Sorella di Ladislao di
Napoli, la quale volendo il Fratteilo, ed il Marito condur per Marc di l^glìa alla Riviera di
Dalmazia con la. Va- feelli, tré Galee,
e Navigli, dimandarono falvocondottp per li legni, c per le |>crfone^ ed il lalvocondotto fu
concelfo a compiacenza di que’ Principi
, a tutte le perlone, eccetto quelle, che fofTero bandU te da Venezia per delitto di Maeflh ofTelà, o
per omicidio; col qual falvo condotto la
Spola palsò con tutta la fua Compagnia; pniova
noubiliinma della luperiorith del Mare; poiché i Banditi da Vene* zia tono banditi dall’Adriatico, come da
Territorio fuo, e non è loro permeflb il
femplice paffaggio, tranficando di Terre aliene in Terra aliena , ed in compagnia di gran
Principi , Aggiungerò con
qued’occafìone, non efler leggiera pniova di giuriidizioac in tutto
il Mare il colhime antichidimo di bandir
da’ Navigli armati, e dilar- mati, che
fi vede efegmto caiandy) ne* Navigli d’altri Principi, co* me neiroccafioni narrate* ^ f Dell’ aver ftatuite leggi, ed ordinazioni
fopra fa navigatone, e deU’efazione
de'Dazj, urh il luogo dì dilccNTcre à|l particolare nella terza Scrittura, ficcome anche il ledknonio
de’Gìdreconlulti (i rife> ridi nella
feconda, come in luogo proprio. Per compimento di que> ùo teda folo raccogliere con bwiÀme parola
tutte infìemo le con« chiiìoni propode,^
o per dir meglio provate* Ogni Dominio
conda di titolo, e pofleflb « 11 titolo del Dominio dalla Sereniifima Repubblka fopra il Golfo
contiene quattro condì» zbni edenzialt^
La prima, che non é in modo alcuno acquidato,
ma nato ìnfìeme colla Repubblica, a colla liberti fua in acque li* beiQ, non foggette allora a ;giuriidnions d'
alcuno.* la feconda che fi é- aumentato,
c dUaiak» per occafioni fopra le acque/
dappoiché furono abbandonate da chi le podedeva, e redavano fen* za Padrone, che vi avelie giurildizione ; la
terza, eh.' è conlervato colla forza
deir armi, con fpargimenta di langue, profufione di ce* fori, o. tutto a cagione di rendere più
ficura la navigazione; la quarta^ eh’ è-
confermato pec una lunghidlma confuecudine, il prin* cipio della quale fupera ogni memoria* Ma oltre quede quattro condizioni
intrìnfeche, ed eifenziali, s‘
agghusgono altre tre, che febbene noa apponano ragione, lervono a maggior decoro , c manifedazione della
veriii , e lono quede* La prima,
raflènlo di molti Pcincipi coli’ implorar gli ajuti ma* rìtimi , o chieder licenza di) iralportare
robe o con pace, o con* venzione; la
feconda il tedimonio degli Storici; la terza 1 ' atte- dazione, ed approvazione de'Giureconluici, la
poflelTionc continuata attuale, e veduta
in tutti i tempi, e fi vode ancora al prelenre da tutti per quattro .continuati, e non mai
intcrxotti cfercizj di Do* minio. Il primo per la continuata elezbne de’ Magidrati,
ch’elercUana il Governo panicolaie pel
Capitano di Golfo. W Digitized by Google MAR ADRIATICO. 337 Il fecondo per b cuRodia armata
continuamente tenuta, con proi. birc ad
ogn'uno if entrarvi armato, j 11 terzo
per le leggi ogni tempo Ratuite fopra la navigazione, ed efeguite con pena centra i trafgrefsori
. Il quarto per refazìoni impoRe, c
rifeofle in c^ni tempo; le qua- li cofe
eflèndo tutte notorie, non può queRo Dominio eÓcr dedotto in controvetlia, nè dilputato; ma reRa falò
il continuar la polléflio- ne
cott’efercizio de'medefimi atti giurisdizionali, opponendo la forza a tentativi, che foflero fatti in contrario;
perchè ficceme le ragio- ni, ed i titoli
de’ privati fono cadaveri fenz’ anima, quando non fie- no vivificati dalla forza della legge e del
giudizio, che danno il vi- gore; cosi la
ragione, ed il titolo del Principe fono cadaveri, quando non fieno animati dalla forza, ed ufo di
quella, dalla quale ricevo- no la vita.
1 I Principi tengono vive coll'
efercizio , e coll’efecuzione le proprie
ragioni, per uno di queRi tré rifpetii, o perchè portino dignità, e utile; o; per efler necefiàrie alla
converfazione del Governo. Si vede con
quanta accuratezza i Regni di Francia, c di Spa- gAa. IbReptano le loro pretenfioni dì
precedenza , dove non vi è pun. to d’utilit'a,
fenz’aver rifguardo a' difguRi, che perciò fi danno 1' uno all’altro; ed agrìmpedìmenti, che portano
alle negoziazioni; E queRo folaroentc
per confcrvare l' onorcvolezza . Delle ragioni, che portano utile non occorre parlar più innanzi
, elfendo certo che gli Stati non fi
mantengono fenza fpefe, e la fpefa non fi fa como- damente fe non fi cava l’ utilità : dove la
ncceflith interviene , ella ha ranta
forza, che non permetre dubbio, nè lungo configlìo; ma fpi- gne immediaramente all’efeCDzione. . . Ma la giurìfdizione di queRa Repubblica
fopra il Mare ha le due pri- me
qualii'a, la dignità; eflendo un titolo molto fpeziofo, ed onore- vaie l’elfcr chiamato Signore di tutto
l'Adriatico. Che fe i Rè dì Portogallo
ebbero per titolo d’onorevoiczza il chianurfi Padroni d’ un Commerzio dclflndie Orientali, che
s'intitolavano nelle loro pub- bliche
lettere ; molto maggior dignità fi dee fare 1’ elfer detti Si'I gnori non del Commerzio raaritimo, ma del
Mare fldfo. , L’ utilità è manifeRa;
poiché oltre il benefizio de’Dazj, riduce il
Commerzb in Venezia, accrefee il negozio della Citti, e. quella fi fa più ricca , ed abbondante; dacché il
Principe può cavare maggior frutto
pubblico; ma all'utilità, e dignlth s’aggiugne la ncccRiih an- cora; poiché la vita di quell' inclita Citth
Rànci Mare, efuoCom- merzio, con quel
fole è ridotta a queRa grandezza ; fe quello è di- minuito , bifogna ancora , che queRa
indebolifca , onde per confcrvar- la é
neceflario mantenerlo, e s'è diminuito, teRituirlo come prima; e dove fono congiunte tutte qucRe tré ragioni
infieme, non fi può aggiugnere
eccitamento maggiore . £ qucR’é quello,
che ho giudicato rapprcfentarc a V. S. per cf-
plicazìone del vero titolo, e poflcRione tua fopra il Golfo; il che apparirà maggiormente neceRàrio, quando
nell'altra Scrittura trat- terò gl’
inconvenienti , che feguirebbono, valendofi d'altro titolo. Tomo //.
V u SCRIT- Digitized by
Googlc 538 DOMINIO DEL SCRITTURA SECONDA. A vendo, efplicato. nella prima Scrittura ,,
eh» il titolo di V. S. fopra il
Dominio, del Golfo non t in. alcan Modo, acquiftato, ma nato, colla liberti deiJa Repubblica ,
aumentato c confervata col- la Tirtbi
delibarmi, e fpefe di lefort, e confetvaio. per immemocabils confuetudin* conleguita neceffiinameme^ che
preferizìone, o privilegia Boa vi
abbiano, luogo - ne (irebbe bilogno conftderara gtlncovenienù di quelli ckoli, quando riifarli non blTe di
pregiudizio. Non b Iblo opinione tuia ,
che fia cofa pregiudiziale allegar privi,
legi in quella matetn, ma alcuni ancora de’ ■ ane ediGcare un’ediGaio fopra fuolo
alieno. AppreGb di ciò è cofa cena, che
ninne può concedere Dominio ad adtri di
cofa, che non Ga fua; ed infieme è ceno, che nè il Pa- pa, nè rimperadore da Carlo Magno in qui, dal
quale viene l’ori- gine di queG’Imperio,
nui hanno avuto Dominio, ne cuGodia di quefto
Mare; nè. mai hanno tenuta Amata in cGb ; adunque non ^nno mai poiuth concederlo ad altri; laonde fe V.
S. che tiene quello Dominio da fc GeGà,
diceffe d' averlo avuto dal PontcGce^ o* dall’
Imperadore, G priverebbe di quello, ch’è fuo; e darebbe loro quel- lo, che non hanno, nè mai hanno avuto. A quello G aggiugne, che chiunque afferifee
di poGédere per pri- vilegio alcuna cola
, oltre l'obbligo di confeflare , che il Conce-
dente fia legitimo Padrone, e fuo Superiore quanto a quella, è tenuto anche a moftraic la conceflione , fe
fu fatta in tempo , del quale vi Ga
memoria; il che non è neceGàrio, fe è da tempo
immemorabile; noi qual cafo bada la fama, ed opinion com^ che il privilegio vi Ga, e hafta allegarlo;
ma oltre di ciò è oh- hligato chi
l’allega a rifpmdere a quelli, che voleffero provare che non Ga vero; E gli EccleGaGici fi fono
dichiarati di voler eombattcre la verith
della .Srorii |d’ Aieffanòro terzo , quanto fpetta alla vittoria avuta dal Principe Ziani conera
il Gglìoolo dcH’Impe- tadore; e potò
hanno fatto lérivcre al Bironio un lungo difeortd nel Tomo fecondo in contrario, dove G sforza
con molti arteGz^ e con grande
aflètiaaione di molfrare, che allora il Papa era al di fopra, e che non ebbe infogna d’ajuto
nè v’imervennero le forze della
Repubblica ; e naolte cofe dice , abbaffando anche, e vilipendendo quanto può il Governo , e la
potenza della GeGà Re- pubblica in quel
tempo; il qaal difcorfo, fe ben è impreGb da
lui con proicGa di vetith, e Gncerith,' non afconde però affat- to G vero Gne Romano, ch’è di GabUire due
pretenGont loro- una, che il Mare debba
effere riconofeiut» da Roma; l'altra, ch’i
per pura, e mera grazia, e non ricompenfa d'ajuti pieGati. Lo icopo di tolta l'Onta del Baronio non è
altro, le non moGrare, che tutti i
Principati hanno dipendenaa dal Papa, ed ora tocca que- Go, ora quello. Nell’ XI. Tomo fcrive centra'
U Monarchia di Sicilia, Gccome nel XII.
concia la Storia d’Aleffandro; ed il Sere-
niGimo Rè Cattolico, con tutto che parrebbe, che la fua potenza lo doveffe nodere illefo da tutte le
macchinazioni , che poteffero ef- fer
fatte, con Sciitiute, t libri, nondimeno vi ha fatta riGeffione fopra, , Temo II. V u a e l’ha 340 DOMINIO DEL ( rii9 Annatx coTi dx non fprczzare, ed i
venuti quella Macflì in riiblpzione,.
non folo di proibir quella parte d'opera del detto Cai- dioale io tutti t fuoi Stati con pene graviilime
a chi la ponalTe, a htenelle appreCTo di
fé- ma ancora con fuo Editto pubblico per tut-
ti i liiaii Stati pronanziò una fcvcriiriuia Centura cantra il Cardina- le, il qual eferepio mollra, che'
quett'altro- tentativo del Baronio cir-
ca la Storia d'Aleflàndro Terzo inerita, che dalla Sereniti Voiln vi fia avuta (opra la debita confìderazione,
acciò in progtelTo di tempo non
partorilca qualche Icandalo ; ma perchè quaG tutti i Ciureconlulti atteilano quello Dominio del
Mare, e rattribuifcono a privilegio,,
alcuni pochi dicono del Papa , altri in gran numero di- cono dciriinpcradore,èneccirario fcoprire la
cagione del loro errore, per aver che
rilpondere a chi rallegaflè. Quelli,
che l'attribuiJcono a privilegio Papale fono i Fautori del- le prccenfioni Romane, che hanno tentato di
fottopone con varie invenzioni tutti
gUStati ai Ponieiici piòvecchi, innanzi che le forze maritime della Repubblica Ci Gendelfero a'
luoghi lontani ; >' arreda- no però
per noa aver vcrifimilitudine; ma Teircr fatta in Venezia con tanta iblennith la pace trli Papa
Alellàndro, e l’Imperador Fe- derigo
preda loro probabiliih, come fe folTe dato per allegrezza del buon lucceflo, come volgarmente li dice per
buona mano. La falli' tb fi convince,
elfendo quafi cent'anni innanzi liiccellé tante fpedi- zioni in Terra Santa, che fecero fentire a
tutto il Mondo le forze, che la
Repubblica contibul, oltre le altre guerre latte in Dalma- zia, ed in Puglia; e dall'altra parte non
avendo mai quel Pontefi- ce avito in
Mare un Legno armato, e nella Riviera di Romagna, non avendo come nella Marca fe non qualche
ben generale ricogni- zione ; onde
fecondo quafi , che non aveva niente a che fare in Ma.- re, lo concede a chi prima lo polfedeva.
Credo bene, che alcuni abbiano
equivocato, e preio lo Ipofare del Mare in luogo di domi- narlo, e cuftodirlo. Che io fpofare veniffe
da Aledandro Terzo,efe tie fa menzione
in alcuni libri antichi, de' quali v'j copia nella Se- gretaria, perché le Icritture di que' tempi
s'abbruciarono dopo. In quella Copia fi
fa menzione, che al ritorno del Duce, dopo otte- nuta la vittoria, il Pontefice le falutò
Dominator del Mare ; per tanto gli
concede fpofare il Mare, ficcome il Marito fpofa la Mo- glie nelle dita- Non v'é parola alcuna, che
concedede Dominio d' autorità,' cofa che
non farebbe data taciuta, come più importante
dà chi fece menzione della Cerimonia ; la quale chi conudereiù, avvertendo quanto rEcclefialtico
v'iniervenga, e quanto fia ringoia- le e
fenza efempio,fi tenderh facile a credete che poteva eflére in- flituità dal Papa. Primieramente il nome di
fpofare é quell' idedo, che fi ufa nel
parlare del Sagramertto del Matrimonio ; v' intervie- ne benedizione; tutte cofe, che niun Principe
temporale avrebbe ar- dito d'indituire
da fe medelimo, ma dime in que'tempi, quando i
Principi, e Monarèlti dipendevano tutti da'femplici cenni del Papa, If quali ben confiderate fervono a levar
l'equivocazione, e modra- tc, donde ha
avuta origine queda falla fama. Più
abbiamo da penlare a que’Giurecoafulti Legidi, i quali fo- dengono, che qualunque Fomentato podeda Mare
de /aS» l'abbia per con- Digitized by Google t
MAR ADRIATICO. 341 concdliane
Cefaru ; ma aocorach! non po!Ta «Ocre itgicimzmenie da alcimo' tenuto fe non per privilegio
deU'Impeiadore, e fono-molu e £unoll,
che diTcendcndo. a. tal particolare ancora dicono, che ^ privil^io. Imperiale la ScceoilTiaria
Repubblica tiene il Mare Ad^ tico, ed
ogni altro li»' Dominio,, e la liberti fua medefima; edAt bcrico da Rofates antico Giurecónfulto attelU
d’ aver veduto fteflb il privilegio
Imperiale autentico boUato con bolli d'oro ed i
Dottori feguentt, fccoiKlo ch'è loro coRumedi citarfi Tun l’altro
{an- no menzione del fuo tcRiraonio
occulto, e lo feguono; anzi il Dot- tor
Marta configlia la Repubblica, à guardarli dal dine di dominare il Mare per altro titolo, che per privilegio
Imperiale, perché ogni altro farebbe
ufurpativo, e tanto peggiore , quanto più antico. Ifoo- damenti loto tono, che il Mare I del
Principe, e del Popolo Ro- mano, perchè
da niuno può eiretepoireduto,nè occupato, nè ufurpato; onde fé alcuno lo poDede, conviene, che ciò
abbia avuu origine da conccOione
Imperiale , della quale le la memoria non refla, C de* prefuporre, che per l’antichiii fia perduta,
perchè altrimente il prin- cipio larebbe
viziolà- Ma queRi Eccellcntiflimi
Dottori foliti a Rudiare nelle antiche leg-
gi Romane, e quando con veriti -que'Principi fi chiamavano Padro- ni del Mare Mediterraneo, e de’Golfi di
quello, e fpellb anche IV droni del
Mondo, intendendo però del Mondo praticato da' Romani, hanno penfato, che ficcome gl’Inaperadori di
quelli Secoli fuccedo- BO a quelli in
nome, cosi fuccedono in ragione, ed in podeRà, e che tutto fia di queRi quello, che fu di
quelli; ed ancora in que. Ri temj» vi
fono de'LegiRi che fcrivon», che 1' Impeiadore è Pa- drone di Francia, e di Spagna de jm fe bene
me de feSe. Ma rimperadore è Rato
Padrone del Mondo Romano, menireha avute
fora* terreRri da dominarlo , e del Mare, mentre ha avute forzo maricime per difenderlo, e cuRodirlo; e
quando non ha avute for- ze con che
tenere , e guardate il Mare, quello è leflato fenz* Padrone, e paflàto poi nel Dominio di chi.
avendo forze ha prefo a cuRodirlo, e,
proteggerlo.. E' veriflimo, che le cole pubbliche dej Principe non pslfono eOère appetiate da
alcuno; ma. s'intende con due
limitazioni; runa da niun privato; perchè da m‘un. altro.- Principe poObno eflér vinte con guerra, e l’altra
limiuzione è , che s’inteiw de mentr’
elio le cuR^ce, e protegge; perchè fe le abbandona affat- to reRano di chi prima colla fua protezione
le occupa ; onde le leg- gi, le quali
dicono, che il Mare è del Popolo Romano,' o dell’Iin- peradore, s'intendono, mentre il[Popolo
Romano lo cuRodiva; e pro- te«eva colla
fua Armata, e non pel tem^. presente , quando non retta deila Repubblica Romana altro, che il
nome. E quando dicono, che la
confueiudine immemorabile preRippone
privilegio, conviene intendere cosi quando fi tratta del fupremo
Prin- cipe al fuo fitddito, il quale
pt^eda alcuna giurisdizione che fpet. '
alfe gà pet l' addietro al Principe, fi dee prefuporre privilegio,
per- chè per nelTùn altro titolo la
giurisdizione può paffar dal Principe al
privato, liilvo che per concelCone; ma quando fi trata tA due Principi fupreini, ed uno tiene da tempo
immemorabile Territorio, o
ginritdizione,chel'altrQ aveffe prima, non fi bada pitfupporre privi- legio;
Digilized by Google 34^ DOMINIO
DEL legio; imperocché non cade tri i
fupremi: ma kens^una dcU'altrc ragioni,
coUe quali iDominj paflano da Principe a Principe, che fono ragioni di guerra, convenzioni, patti, ovvero
mancamenti di forze; onde a- vendo la
Sereniflima Repubblica da tempo immemorabile il Domi- nio del Mare, che gii fu del Popolo Romano,
fc per le Storie non fi fapeflc , come
fia {Htlfats in lei , fi dovrebbe prelupporre uno de'fud- deiti titoli; il che non occorre trattare
alternatamente; effendo cer- to, che
v’intervcnifle la debolezza di quello a poterlo pih tenere, e le forze della Repubblica a cuRodirIp; e fe
palsb qualche Scrittura , che quella
folfe una confelliozic di legitimo titolo gii acquifiato.Ed in fatti è cosi ; perché nella fegreta di V.
S. vi fono lettere di lei Imperadori
Enrico Quinto, Lotario Secondo. Federigo Primo, Enri- co Sedo. OttoneQuarto, FedcrigoSecondo, che
durarono pili di cent' anni,
incominciando dal un. fino ai izio. nelle quali fimo def- critic le convenzioni, ed i patti loro colla
Sereniflima Repubblica, ed é
fpecificatamente convenuto, che fia amicizia trh i popoli fud- diti dell'Imperio in Italia, cd i fuddiii
delta ftelfa Repubblica, e fat- ta
nominatamente menzione di quelli, e di quelli; fòggiugnendo,che i fudditi di Venezia poffano andare per le
terre, e Fiumi deU'im- petio , ed i
fudditi dell’ Imperio , poOano andare pel Mare , e Fiu- mi di Venezia ; dalle quali convenzioni fi
veggono tre cofs chiaie . L' una che rimperadore non aveva Dominio d'
alcun Mare. L’altra che la Repubblica
aveva Mare dominato da lei, e non
concelTole da loto. La terza,
che fi convenne del pari tra la Repubblica, e 1’ Im- peradore, che i fudditi dcU’uno fieno ficuri
per li luoghi dell' altro. Al prefente
le convenzioni tea' Principi fi fanno per un Infiru- mento, che poi è ratificato da loro. In
que’tempi la grandezza dclF Imperio non
cofiumava di fare IiUlmmenro; ma le contrattazioni fi fpedivano folamentc per Bolla Imperiale;
appunto come collu. mano di fare al
prefente i Turchi nel trattare con Principi Cri- ftiani .
Ma di quelle. Bolle Imperiali o alcuna non farh fiata veduta da Alberico , o egli pel troppo aSetto, che i
LegiRi in paeticolaro por. uvano
ail’antoriih Impeciale, che perniò fii anche in poca grazia della Corte Romana, e fegui Lodovico
Imperadorc comra PapaGio- vanni XXII., c
per onorar piò rimperadore 'avrò voluto chiamarla ptiviIegio.,ovvcTO avrò veduta la Bolla col
figlilo in oro, c letto il nome
dcU'Imperadore, e non pafihnd» più oltre, avrò per conghiet. pire imefo. il ioggetto, ed avtù dato quel
nome , che larh Rato ca. sione
dell'errore degli altri, che lenza efóminace piò oltre hanno le- rotto il fuo tcRimonio. ° Seno altri Giureconfulti , che aRérifeon»
il Dominio del Mare al- la Repubblica
per titolo di prelchzioae, il quale non fi può, réfi dee in iciodo alcuno ufare; principalmente
perchè non è vera; poi ancora, perché
mette in campò molte diHìcolth. : Si
dice acquiRata per ptelcrizionc quella cola , la quale effendo veramente id'un altro, tifando per lungo
tempo |con buona fède co- me propria,
per virtò del lungo ufo muea Padrone, e palla dal pri- . i ma di
Digitized by Google MAR
ADRIATICO. 343 rao di chi ai ai
fiKoodo," che l’ha ufaik ia modo che pce ciwiodj prefciizionc non li pofledonio fe non cofe
d'altri. La natura della ptdctiztone d
qucliav che linfa accompagnaiodal- k
bnona fede' lena la cagione, e ’l titola,. che un altro ha, e trasferì, fce il. Dominio, in chi ha poflèdiua
ultitoamente.k cola . . Hifittifcona i
Dottori, che dilborrona dà giuriadiuone, che il Marc fi>nè. delllmr pnadotc di Geonania, • che: la Repobhto
ufandplo per lup^ilE. mo tempo, del
principio del quale i»n v Memoria , fenaa.ch’
efc Impcradote' fi Isa appofl», ne ha acquillato il Domàiio. A quella dottrina divcrfe oppofizioni fi
fanno , una che il Ma-, re Adriatico non
fa mai dell’ImperadaK Germanico, lìcchà pglkef-
fere preferino cantio di luii, raltra, che k pKfcriziooe i ooia
odio* hy pigliando a Ho, e legitimo. Quelli fono Alberico di Roface, Bartolo,
Baldo, Angelo Bonarb,. Bartolonmieo
Saliceto, Selino Sardco, Paolo da Ca Uro, Angelo Are-, tino, Gialone, Bartolormmco Cepolk, Lorenzo
Colca, Gtoranoi da Imola. Carlo..... E^o
Balco, Giulio Folcilo, Giovanni Beitachr-
no. Benvenuto Inaccia, Martin Laudeirfe, Fiaocefco Balbo, Nicolò Triftavio, Angelo MuÀ)', Gio.- Jacopo Marta,
e'I Collegio d’Ingol- llad, de’ quali fi
pone k fola conclufione, che la RcpubUàca di Ve- nezia ha il Dominio deirAdriaeico, lenza
(Blcendcre ad cfpUcare il titolo ; otto
r alcrivoro a privilegio , quattro a prefcrizione . Ma i più celebri, che fono èrtolo. Baldo,
Saliceto, Paolo da Cadrò, c Franccteo
Balbo, tengono il fondamento, ch'è k fokpofi
feffionc peramichitliditeinpe,'eiunghiffimaconfùetudine immemorabi- le; al quale io aggiunga, anzi mando innanzi
quello d’ rifer nato inficine colla
Repubblica, aumcniaKi, e mantenuta con virtù fem- pre con fangue, e f^k; e vi aggiunga pofeia
il confenló degli al. tri 344 DOMINIO DEL tn Pilitcipi, il tefbmonio degli Storici, e
1 ' apptavaziaoe de' Giure- confulfi,
quantunque non debbano elTcre ricevuti quelli, che G va- gliono'di privilegio, o confuetudinc recita,
ovvero efprefla, o prefun- u; nè quelli,
che G ibndano in preferiaione- Quanto a quella ra- gione, dove fanno il fondamento, dobbiaina
-però valerci della loro autoriilt , in
quanto tengono il Dominio della Repubblica fopra il Mare per giuGo , e legitimo , ed in quanto
rendono chiaro teìlimo- nio,'cbe gìk
300. anni a tutta l'Italia em noto, che il Mare Gpof- fedeva gii canto tempo, che allora non vi em
memoria del prin- cipio. ' r E (è alcuna diceflìc, che -non è lecito di
valcrG di. parte nel detto d'un
Teftimonio, fe non ricevendolo ‘ tutto , rifponderemo ciè effer vero- nelle cofe dt fa(h , che il TeGimonio
dice di propria icicn- za ma non di
quello’, ch’egli conghiettura fopra, ovv«o difeorre ef- fer de falUy. - - • . i: , QueGo Hi de fede , che nè tempi de ij.
GiureconGtlti foprad- detti era notorio
il Dominio della Serenifllma Repubblica (apra il Mare, e che del principio d'cfTo allora non
v’era memoria; maqual ioGe il titolo di
qucGo Dominio , non apparteneva ad alcuno il dir- lo per conghiettura; ma folo a chi iblTero
Rate moGratc le ragioni pubbliche: onde
con buone ragioni G riceve il loro lefiimoniodi quello^ che hanno per licenza in fedo, e C riprovano
le loro conghietture in Jure , Dal che G
avn come rifponderc a quelli , che hanno
introdotti falQ titoli di privilegio, o prclcrizione , o fecondo il
mio riverente patere, il quale rimetto
al giudizio di VV. ££. G ufer^il vero,
e’I p*Dprio tante volte replicato. Grazia.
•' .1 SCRITTURA TERZA. i O
Ltre hi conCderazionfe: del Dominio del Mare in generale rcAa il terzo capo propello, cioè particolarmencc
parlare de* Porti, Ridotti, e Seni, lion
per que’ luoghi, dove lo (leflb Principe è Pa-
drone del Mare, e deitaiTerra, come in Idria, e Dalmazia, ma rìf- petto a quelli, dove il Mare è lòtto la
giuriidtzione d’un altro, eia Terra
lotto quella d' un’altro, come occorre in Puglia, Rom;^na,cd altre pani deirAdriatico: la qual diveifit^
di Dominj può far naice- xe difputa , (è
le acqtie vicine a ter/a debbano feguire le condizio- ni dellaltro Mare, cd effere fono la
giurildizionc della Signoria d' eflb,
ovvero quella del Continente, llando foggette al Signore della Terra; c vi e apparenza, che non G dovelTe
aver riguardo al Ma- re; perchè Tacque
de'feni tono cosi poco profoflde, che piuttoHo G polTono dimandar Terre; appreflb ciò G può
allegare Tautoritb di molti Dottori, i
quali dicono, che ogni CitiX è Padrona del Mare
vicino a fe; e maggiormente de* Porti , i quali alcune Cittk han- no edificati di nuova , ferrandoli con Moli,
o con altri EdiGzj , che farebbe grande
inconveniente volerli fottoporre ad altri.
Ma in contrario è l'opinione univ^rfaJe de’Gìurcconfulci, che de* Seni, e de’Poni ( degli aperti parlando, che
deTerrati G diri a Tuo Uiogo ) abbia il
Dominio quello Geflb, ch’è Padrone del Mare, e
nofninacamente delTAdriatico. Que’ Dottori, che attcGano il Domi- nio *
Digilized by Google MAR
ADRIATICO. 345 DÌO della SerenUStna
Repubblica, cfplicando, ch'eflèndo a' Seni, e
Ridoni, eh’ e&t chbmaao ftaaioni, ed a’ Foca, adducono per
ragio> oc , che quelle acque che fono
continuale a quelle del Mare, fi che frh
loro non fi pub metter termne, che le divida; iti fi pub trovare un confine, dove l'uoe fòmilca, e
l’altio principj, non ^ tendo, eflére
fctio il governo di due, ledano alla confiderazione del Mare^ del quale fono i Porci, non mettendo
difTerenza tra acqua pro- fonda, e non
proionda,' poiché può anche elTere in qualche luogo vicino a terra maggior profondià, che in un
altro molto lontano. Ma la, formai
ragione , per la quale tutte le acque marine debbo- no cITerc fottopode a chi fignoreggia il
Mare, i pcrchò il Dominb del Mare fi
dice protezione, e cudodia per ficurezza de'Naviganti, ed i Seni, Ridotti, e Porti hanno maggior
bifogno di queda prò. lezione e difefa,
come luoghi, dove i 0>tfari, e Ladroni maritti- mi hanno maggior comodo di fax ruberie/
adunque lupra quedi il Signore del Mare
ha da efercitare la Tua cudodia, e protezione, co- me nell'alto Mare ò più eflèndo. il bifogno
maggiore: S’aggiunge, che vana farebbe
la difeia dell'alto Mare, quando i
Violatori di quello fof&ro bivi ne’Seni, e Porti, potendo edi
dopo aver fatta la preda loro) aver dove
ritirare , fenza timore d'alcun , il che
riufeirebbe anche a danno delle CittV vicine , le quali non han- no forze marittime da reprimerli, fe non
foOero raflrcnati da chi domina il Mare
, fiuebbero le prede fenz’alcim impedimento: per la qual 'ragione la giurifdizione del Marre fi
dende anche a’ Lidi, che hanno bifogno
della defla cudodia , e protezione : e buona par- te de'Giureconfulti ateedano. nominatamente,
che b Setenidìma Re- pubblica abbb anche
la giurifdizione ne' lidi ; e fi può provare con una legge, la quale dice, che ilPadrone
delMareha infieme Domi- nio di tutte le
cofe, che il Mare non lafcia altri tifi, come il fuo. fondo, che col dufo,e rifludb ordinarìaihente
copre, e difcopre,fu eoa molta, o poca
acqua, e quella poca arena appena, che copre
nelle fue eferefeenze, fe ben d’ordinario non ò coiidianamente coperta. E’ ben necedario metter didcRoia tih i Seni,
Ridotti, e Porti aperti a' Porri
ferrati, perrifblvere queU’inconveniente, che feguircbbe,fit. le Citth non fodera Padrone de’ Porti
edificaci irò bro. I ferrali, Ire- come
fono cudoditi da Terra, cosi appartengono ad ed'a, e non al Mare, e fono folto la giurìfdizbne dd Padrone
della Terra/ perla che il Dominator dd
Mare non ne ha ragione, dove non i Signo-
re anche della Terra; ma gli ^rti, non elTendo cudoditi da Ter» ra, ma folo da Mare, e colle forze-
marittime, fanno un'deda giu- ritdizione
coll’alto Mare. Il detto d’alcuni
Giureconfulti , che ogni Citth marittima podeda
la pane del Mare vicina a fe non. conclude, che il folo Mar alto fia fono il Dominio dd Principe, ed il
prodimo a Tetra, appartenga alb Cint, fc
farù iniefo il beo veto fenfo il qual è, che il Do* minb univcrbie del Prmeipe fopra tutto, il
Territorio fb infieme con un altro
fpcziair, che cufeun privato ha fopra una parte d’ eflb b qual poflede, e non s'oppugna l’un
l’altro., anzi per b con- trario uno
fenza l'altro ceda impenetlo. . £ dove
il Principe ha la giurifdizione, c più d’una Citth viòuo, Tomi X X ter- 34« DOMINIO DEL terzo Dominio , intermedie, che cUrcheduna
Citth ha fopra il fuo' Tenitor», il
quale è fuperiore a quello' del privato, ed inferiore a quetlo- del Principe. Quefto lì llende lopra
certe cofe comuni, le quali benché ad
ufo' fieno di ciafcliedun privato'/ da ninno però polfono ef> fete appropriate, ed ufupaie perfefolo,^ ma
reflano in comune della Citth. Il Mare:
non puh cadere in Dominio dei privato; perchè non po- tendo per la fua inflabilitìi efler
divifo,non può parimente il priva- to
occupare in parte,,e circondarla,, e cullodirla per fé foto; eccet- to che dove folTe qualche recedo che potelTe
edcr ferrato co’ pali, e cosV fatto
proprio. Ma perchè il Mare profiimo alla Terra può ben edere ulaio continuamente dagli Uomini
della Città ora da uno, ora da un altro
per tranfitarc con barche, ovvero per padarvi; per tanto vi è oltre il Dominio del Principe
fopra il Mare , anche quella che
ciafeheduna Città ha fopra la parte contigua a fé. Cercano i Giureconfulti quanta parte del
Mare appartenga a ciaf- cheduna Città r
ed alcuni d'edì hanno detto cento miglia; ma par- lando propriamente ella è tanto grande,
quanto può ad operare a fuo ufo, lenza
ingiuria de'vicini; perchè una grande, e popolata Cit- tà fui Mare, la quale abbondi di lìti
terrcllri, dove cavi il fuovit- 10 ,
avrà pochi, che vogliano fare il melliere di Pefeatore, e fi va- leià di poco Mare, dove una picciola Città
con un poco di comodità in Terra
attenderà a cavare iivittodalMare, e li vaierà di gran Mrte d'edb; e non altrimente hanno voluta intendete i
Giurcconfolti de'cento mi- glia/ ponendo
un numero determinato per un incerto; cioè le Città fono Padrone di tanta parte di Mare , di
quanta hanno bifogno di valerli fenza
ingiuria d’altri, fe folfero ben cento miglia.
Quelli forra di Dominio, che le Città hanno nelle parti vicine a loro , non ripugna a quello , che ha fopra fe
flelTo un Padrone di tut- to il Mare;
imperocché non fi Rendono alle medefime ragioni . Quel- lo del Principe llà nella cuRodia, difela, protezione,
e giurifdizione ; e quello dePaCittà è
nel valerfi dell’ acque a benefizio comune de’po- poli. V’è dilferenza, fe quelli fieno Sudditi
deiriReifo Principe, opu- re d’uà altro;
ma ficcome del Dominio, che ha la Sereni&ma Re- pabblica in tutto il Mare, ne hanno la parte
forale Città di IRria e di Dalmazia
fuddiie, così anche he hanno leCittà diRomagna, e della Marca non fuddite; ma nè queRe, nè
quelle per poter culla- dire la detta
parte coll'armi, mafolamente per poter valertene a’ loro ufi. ElTendo rifoluio, che il Dominio del Mare fi
Renda anche a tut- te le pani di quello,
rcRa a vedere con che fotta d'azione s’efcrci-
ta quello nel Mare Adriatico, e nel Territorio di Venezia, dove ha quella RelTa podcRà, che ciafehedun Principe
ha nel Ino Territorio; per lo che ha da
efeteitare in Mare quelle azioni , che fono elèrcita- le . da’Principi nelle terre di loro
foggezione. 11 Signor del Territo- rio
per rirtò della fua giurifdizione ha podeRà di dar legge a tutti gli Uomini, che fi ritrovano in quello, di
punirei delitti fatti contrale leg- gi,
ed’imporre contribuzioni, e gravezze per foRenete i pefi, e lefpele di chi ha della fua cuRodia, e protezione
bifogno; adunque per la ragione della
giurifidiaione , e ciModia del Mare, la Sereniilìma Re- pubblica può metter leggi a' Navigami,
gaRigare i delitti commelli in Mate, ed
efigere Daz), ed altri diritti.
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ADRIATICO. '547 Che poITi far leggi a’
Naviganti , fecondo che giudica nece
fili che II poflà Mettere in diffieolth, è coCa decifa per
univetfal latrina di. tnate ie.«enii,
cmfiennata anche per la Dottrina di S.
Fa^ nella PiOola. f Kenuni; e quella i, .che Dio ha polii i Prin, cipi, e Potentati per proteaioira i’buoni, e
gaftigo de’caitivi , e per, che fon»
Miniftri di DI» in quello; per tanto ipiotetci fono inob- hligo di pagare i irihutà, e le gabelle,
lìcoame al .Principe., che ha cultodia ,
f guardia I della Xcira, per conlervazieoe della ppbblica iranqqilhtlit quelli, che ne godono, debbono
contribuirà alle tpele, cbc; fi
.fiiinnn,. e non folo- i luddhi, ma anche gli alieni, (he tran, filando per la Regione godono la ficurezza
del cammino, fono ob, bjigati a pagar
paflàggi, e pedagi; cosi tutti quelli, che ,tranfiuno pel Marci a Mrtanto godono la ficurezza
daCorfati, e Ladri cagio, nata dalk
Ctwiditt arraata- dei Betnìnante, la 'quale non fi può te- nere fenzz difpendio, fono obbligati e per
ricognizione di quella prò- MaioBe, e
per oontrjbnire altafpelà, a pagar l'impoCaione, eziandio, a ohe noti toccafiero Terre del Padrone del
Mate per cagione di quel- la enfiodia,,
che li rende ficuri. 5 tanto d da
dubitare, fe ;i Naviganti fieno obbligati a contri- buire per la igufiodia dd Mate, quanta i da
dubitare, fe nel tran- filo terreflre
chi pafla per lo llrade d’un Dominio fenza toccar le Citth lia obbligato a pagar dizip. Di quello
nefiitno debita ma cgnfelTa , che dee
Wonolcere quello, ehe gli tiene la riva ficura’, cosi nell’al- to Mare per la llelli ragione ha da
riconofeere, chi glielo tiene fi- euro :
e quella v«rith i fiata praticata pir li tempi paffati nel Mare Adriatico ; onde refia memoria nelle Storie,
che nel laag. il Duce Tie- polo meltelTe
un Dazio a qualunque Navigante pel Mare ; la qual impo- fiaione però non fi dee credere, che foOè la
prima, ma che fofiefem- pre in tfib pel
tempo innanzi, dappoiebi fu prefa la protezione, e cu. Ilodia del Colfo. A quella impofizione hanno
accotuemiio i Princi- pi ppfielfori del
Continente intorno al Golfo, i quali volendo tiafporur robe per Mare da un luogo all'altro ,
eziandio efiendo ambedue fatto illoto .
Domi. Digitized by Google MAR: ADRIATICO. 349 Dominio, hanno xiohitfta lictnza, il ,. Rè
di Napoli, Pottmati , « Commiflarj della Marca d’Ancuna, e 4* Rodjagna, Duchi di Ferrara, «d altri
Potentati, che r»IUm> leglttraK ne'
libri pubblici „,oqde , ho latta 'ntenaicae |neùa firiina Scotiura. .l'i I 1 i Dc’Oatj impolU dalla SereniSina Repubblica
'particoUrnieate fo- ra le Mcrci^ de' Ma
vif^Mui: per l'Adriatico tratcano. i Giuieceniiilci pa me veduti Baldo, Angelo da Perugia,
^tolomneo Saliceto, Ciò: 4’Anania,
figndommoo CepoUa, Martino LaudchTe,. Giulio Fofec- Co, Gio: ficctachino, Egidio BalTo, c tutti
approvano tal fotta d' ùnporiaipni nome
legiiime , ed alcuni d'elB dicono che tanto la Se- renilBma Repubblica ha auaorilb d'imporre
Qaaj nel Mare, e con- hfeare i
ooncrabbandi, .quanto nella medeCnia Ciltb iii Veneaia. -1 le gravezze, quando, lóno. antiche, ed
ulàte .pare che non Geno da'.po^li.
malp^volmente Capponate quando di nuovo s'impongono; • dilulàte,làac: rinnovate, yengono riputate
gravami: e Gccooie la Sereniilima
Repubblica è- ftata coofueta per h tenapi pallàti a rnett lere irapoGzioni’ lepra. i Naviganti, q
coRringeili a làr fcala in Ve. zia; così
potrebbe in avvenire tornar la. Acfla ixceflitb , fe roGèrvan* aa fari Hata neglena, e i'efazwnn dìGtfata;
il Nmetcerla farli una dificnUb, e..maU
fodditCwione; il iche. avendo però legge antica, ed eiegaita, fark con giulUzia > ed vtiliik
prefente e futura il continua- re colla
GcGa equitk, e modetaziune .nfléryata coti neU'mdituzipoe) come neU'cfecuziofii p^zie. f n Quelli, che per lo paflato hanno, voluto
metter >. dilScoltk al gin* fto, e
leghimo Dominio della Seteni/Snu: Repubblica (òpra il Ma, perchè il Mare di tua natura e libero, e comune; la feconda,
perchè la SereniiGma Repubblica ha
convenzioni con diverfi Principi, che la navigazione del Mare rdlaGè libera a' loro. Aiddiù; la
terza è una Capwplaato, ne,, che dicono.
eGèr contratta con Papa Giulio. U, . j-n
Per la prima ragione diconq, che nelle Leggi fpeQb G ritrova, che il Mare non è d’ alcuno, ch'è comune di
Iva natura, ch’è pub- blico per ragione
delle genti, che non pub edèr occupato, perchè
non può cG :e la SereniSima Repubblica, e per col», leguènza anche olliiitb verfo i Sudditi, ed
impèdimeuoal tranlitar, e negoziar
ne’paefi dell’ uno, e dell’ altro cosi, per terra, come m mare; e nella pace levandofi l’ollilitb tib
Prìncipi, per un capa ^e- ziale,
conforme all’ufo degli altri PaeC, è datala Geurezza lÙ tran, filare, e negoziare per tctra^ è per mare.
Sintenderà dunqub ti na> vigar
ficuro, e liberamcRia nel Golfi» Adriatico, fervate le òrdìna; znni di quella .navigazione.: ' Potar fare imaioofa noa Uberdi, e Scurezza
non vaol dire arbh trarìamente, e
fecondo rappetllo irragionevole dì tialicheduno; ma vuol dire Gcuramente, e libcraOlcnte, fervate
però le leggi.. Quan- do fi dice, che
cìafcheduno può liberamente fiù' tetUniento , non a’ intende però', che k> polla fare inuifizi
oro, ed impertinente; ma che dee fervar
le leggi tcllametarie ; e chi può far viaggiò Ubera- mente, e ficuramenie non può navigare, le non
fervale le leggi di chi domina il Mare,
che fona di far fcala a’iuoghi determinati, no»
portar cole proibite, pagare i Dazj, c diritti llatuiti. £ che cosi fi debba intendete lo dichiarano
le medeCme parole, le quali dicono, che
i Sudditi deH’altro Prìncipe pollano tranfitory
c mercantare cosi per terra, come per mare rwC, & iétri-, ma le per terra non poiibna mctcahure, falvo, che
fervale (eleggi, e pa- gati i Dazj;
dunque nè pure per Mare Io pollano fare, le non còn- lucic le iuddctie condizioni. Ciò fi
Confatma, perchè non è di ra- gione, che
i Sudditi del Principe amico Ceno maggiormente privi- legiati, che i propri; dunque (e i proprj
fono fimgetti alle proìbi-. ziooi, ed a’
Dazj; debbono eflcre cosi anche gli flranieri. Oltre di ciò dimofirano lo lleflb chiaramente le
parole del medefimo Capìto- lo, il quale
dopo aver detto , che pollano negoziare per terra , e per mare, tati,
neralmentc a fare ogni altra opportuna operazione circa le predet- te cole.
Gli Ambafeiadori andati a Roma negoziarono; ma per (labilire il Ne- goziato il Pontefice non contento della
Proccura, ne ricercò un’altra più ampia.
Per lo che lotto il giorno degli 1 1. Decembre fulTeguen- te fu fatto un altro Mandato di ^Ueflo tenore
.* che volendo il Papa trattare alcune
cofe cogli Ambafeiadori , fe bene perciò
fu fatto loro Mandato anaptillìmo fotto il giorno de’ 31. Lu- glio, nondimeno di nuovo conlUtuifcono gli
(lem fei Nobili Proccu- ratori della
Repubblica a trattar, e conchiuder col Papa, o co‘De- purati di lui qualunque cofa, quantunque fodè
di quelle, che ricer- cano Mandato
fpeziale , unto come fodero efpreflc iliigolarmente, pro- mettendo dr T0tùy &c. La Negoziazione fegu'i lino al
Febbralofudeguentejedovendoncoo-
chiudere , il Papa non lì contentò de’due Mandati ; ma colla fevc- verii^ dei tuo animo avendo (labilito il
giorno de’ 14. di quel Me- fe, ch’era la
feconda Domenica di Quatefima per giorno di trionfa- re a dare pubblicamente ralfoluzione , fermò
una modula , o minu- ta dell'Idrumento,
che voleva, che fode fatto in quell'azione, con* tenente i Capitoli, che ricercava gli fodero
accordati.* volle, chela Serenidìma
Repubblica iacefse un'altra Proccura, inferendo di parola in parola quella Minuta . La proccura fu
fatta fono il giorno de* 15. Febbrajo, e
vi fu inferca la Modula dciridrumenio, che il Pa- pa voleva dabilire, e data autorità agli
Ambafeiadori di convenire con que’
Capìtoli. Qiied’Idrucnento è quello,
che fi produce, ed a nome di Capi-
tolazione, fatta eoo Papa Giulio li. Se abbiamo qued’lUrumento au- tenticato, o nò, io non lo sò; ma dato, che
fofsc in forma appro- vante bada Iblo
per modrarc, che per quello è data autoritli agli Ambafeiadori, ma non appare, ch’eifi Tabbiano
efeguica. Oltre que- llo Mandato fi
ricerca necefsariamente , che gli Ambafeiadori innan- zi il Nocajo in- Roma modrafsero queda loro
Proccura prenarrau, e pregafsero il
Notajo a fare un Indrumenro, com'edi per autorità data loro dalla Repubblica promettevano le
tali, e tali cole al Proccu- ratore del
Papa, o ad alcuft fuo MiniRro, o ad eflb Notajo, che riceveva la Pniccura, di che era pregato da
ambe le parti a fare ridnimento. Queda
farebbe la dipulazione , la quale fe fofse fatta io non lo sò; ma veggo certamente, che i
Romani non la poftono produrre; ed in
luc^o di quella producono il Proccuracorìo coliamo- Digìtìzed by Google 35»
DOMINIO DEL i 3 nU fteUsat che non
ferve; perché come s'ì detto, ft ben la furrau-
U vi é dentro inferta , altra cofa però é il Mandato Procuratorio,
al- tro é la Convenzione ftipulata. 11
Proccuratorio da podelllt di con-
venire, ma non fa che Ua convenuto; né mai prova, che la cofa fia fatta. Innumerabili volle occorre, che
làrh data autorità ad un Froccuratore di
contrattare una cofa, che non viene poi contratuta- per qiulche rifpetto ; anzi quello , che piò
importa , fi trovano Man- dati autentici,
ed Inllmmcmi (leifi,ma non flipulati per qualche oc cafione nata pofcia full' elécuzione. Ebbero
i Proccaratori autorità della
Sereniflìma Repubblica di convenir col Pontefice in que' Capi- toli folto il giorno de’ij. Febbrajo in nove
giorni , che paflàrono fino pi giorno
de'24. che fu quello dell' allbluzione , in tempo che tut- ta riulia era in armi. Infinite cofe poffono
elTere occorfe , che abbiano fatto
aggiuenere, fminiiire, od alterar i Capitoli .
Bifogna però mollrare non quello, che folle commetTo di fare, ma quello che fia fiato fatto , e fiipulato; il
che cfli non mofirano né autentico, né
non autentico. A’Proccuratori fidò autoriib di contrat- tare, ed cK fui fatto veggono quello, che
occorre; non poflbnotm- paflàre il
Mandato, ma cercar d’cSieguirlo totalmente, ovvero ufarlolimita- mente a favore del loco Principale. Chi vuol
fapere, che dalla Se- renifltma
Repubblica non folle data linfiruzionc agli Ambafeiadori di confeniire a que’Capiioli, fe non con
qualche condizione dal can- to del Papa,
la quale non cgnfentita da lui gli Ambafeiadori folle- rò refiati di concludere la Capitolazione
nella formula data’ Infom- tua Mandalo
di capitolare non é d'aver per capitolato.- e fe la Re- pubblica veduta la Modula mandata da Rtyna
folle fiau rifoluia, t che fi avelie per
conclulb in quella forma, poteva fare rifinimento del filo Confenfo qui in Venezia, c non dare
autorìtò, che folle fat- to a Roma;
tanto che non é buona confeguenza dal vedere l'auto- ritli di capitolare , dire dunque fi é
capitolato . Quando penfavano i Romani
di valerfi di quello Proccuratorio in luogo di Capitolazio- ne fiipulato con Launlio Nocajo ilella
Camera, fi aegiunié una no- ta
fotio,allefendo, che la Capitolazione fu fatta, ed i Proccuratori promifero , e giurarono i Capitoli; e quella
natta fu fatta dopo la morte di Giulio;
il che apparifee; perché in ella é chiamalo piò
volte falicii moritaiimh^ titolo, che fi dà a' Papi morti. Non ha il Noiajo pollo il tempo quando l'ba notata;
ina fi congh lettura , che folle 15. ed
anche 20. anni dopo. In quella fórma Papa Gre-
gorio XIII. diede l'ailetta Capitolazione agli Ambafciadpri del 157?. adì 17. Settembre. Di quella nota non é da
tener conto alcuno, poiché le Scritture
di Notajo non fanno fede, le non fatte per de-
creto del Giudice , (e non Giudiziali ; e le fono contratti , fimi
in prefeoza de' Tefiimon) , e delle
parli con rogito d'elle. £ qui un
Notajo molti anni dopo 1 ’ allerte pani fcrille quello, che fuccellc, e con parole anche piene
d'ambiguità; perché chiama quella fua
Scrittura Trtnjimta, e dice d’averla collazionata coll'Oti- gmale lenza dire che Originale fia quello, e
da chi fatto. Quelli difetti furono
fuperati da'Confultori di V. $. il che venne
a notizia della Corte Romana, onde nel lioé. per occalione dc’me- ti pailati ftamparono 1 ' afierta
Capitolazione colla fede dello ildla
1-anti- Digitized by
Google MAR ADRIATICO. 359 I^urilio; m« corretta non iniitolaniÌQ pib
Giulio di felice memoria, e mettendovi
il teqapo fieOo dellafToIuzione 14. Febbraja ij 2^. Ma non avendo ardire di dire, che foflè rogata dagli
Ambafeiadori , fotio- fcrillè non come
Noujo, che facea Inftrumento trh le Parti contrae enti ; ma come quello, che icriveva un
Decreto giudiziale , dicen- do Jc Mmdut
ftiferiffi ^ onde fuggendo un inconyeni^te (tanno da- to ia un ina^^te, ( Ma vi i chw liacamciua, che queU'aano 105;,
Laurilio nonem Notajo di Camera; perchè
nell'alTeTta Capitolazione fono nominaci
tutti i Notai di Camera per nome proprio, e quello non i in^el numero. Tra diverle pretenfioni Romane
apparifeono molte alTor- dith ; ma
nelTuna ha tante oppofiaioni , come quella , delia quale quando in avvenire venilfe parlato dagli
Eccleliallici il mio riveren- te parere
è che,fe ralleghetanno folamente,(ia loro rifpollo, che da pochi anni in quk s’è dato principio a
nominarla; nè però mai è nato veduto nè
l’autentico, nè l'efemplare di quella Capitolazione; perchè cosi veramente è. £ fe produrranno
quella, che dal Papa Gregorio fu dau,
ovvero la Rampata, fia riljiollo, che quella è un Mandato Proccuratorio per Capitolare. ReRa,
che moftrino, che la ftipulazione fia
fatta, e fe voranno venire con argomento, dicendo, che trovandoli il Procctiratorio,.C dee
prefupporre la flipulazione. Ila
replicato, che tutto è contrario per le molte,, ragioni efplicaie dì fopra. -
Dalle cofe moRrate in quella Scrittura apparifee chiara, che le difiicolth promoRé fopra il Dominio di V.S.
nel Golfo hanno vera, e facile
nfoluzìone, ch'è quanto col mìa riverentiflìmo Zelo ho là- puw ritrovare, rimettendolo perb come mio
umilinimo parere alla prudenza di V. V.
EE. G R A Z' I A. » O M I-
Digitized by Googic 360 DOMINIO
DEI, MARE ADRIATICO E SUE RAGIONI PEL JUS BELLI DELLA
serenissima repubblica DI
VENEZIA Drfcrino dal P, RPAOLO SARPI Suo Confultore d’ordine pubblico. v»:” — ' - 4 . " * r ■' ‘ ■■■■■ • n 1
^1 —w», SERENISSIMO PRINCIPE. Orna molto, a propoGto nelle Oufe forenG ,
com« uifegD^ i IXattori, ualafciar le
diTpute fopi^ le ragioni GeirAvverTario
quando fono tanto for- ti, e gagliarde,
che non G poGbno didru^e-. k; però G Gioie
parlar fuor di propoGto tiran- do fa
Cauta fuor del fuo alveo , per tira- re
il Giudice fuor di buon (lato, che non at-
tenda alle buone ragioni , e (accia fentenza in-, giufta. QueG’ artiGzio viene uiàto da
alcuni Dottori melG sii non da alt» ,
che da diaboGco fpirito a far no- vità
per turbazione della pubblica quiete , con far venir Vafcelli foreGieri in queGo Golfo, in futura petnizie
del comun commerzio, e della Gcurezza
delle Città marittime, contra l’antiche , a legali ragioni, che ne ha quella SereniIGma
Repubblica inveterate, appio, vate, ed
acconfentite da tutto il Mondo, da’Grandi, e da’ piccioli, da’ Principi e da tutti gli Ordini Gno agli
ultimi plcbbei, con prc. fcrizione di
Secoli, che vi aveva poGo Glenzio,- Operazione percer- 10 diabolica per mettere alle mani i
Principi, che non abbiano a goder la
pace, la quale il Signor noGro in miniGero,e tutela ha loro la- iciata- Segno di queGo è, che nel priucìpio
cominciano a fcrivera Dig ■ 'Hd by
Googlt •MAR ADRIATICO. 361 contri rautorii'i del Papa, ch't il primo
alTalto de’NovaCori , i quali il Diavolo
mette in battaglia per rovinare il Mondo, e come aque. fta difgufla fi titano , fingono che i
Signori Veneziani fondino le loro
ragioni fopra privilegj di Papa Aleflando, e deU’Imperadore; e per diltruggerli fuori di propofito li mutano
contri lauiorith loro, e li mefchiano
come fodero le Carte dei Tarocchi, che al fine fo- no pazaie, bagattelle, e giuochi di mano,
trattando materia di tan- ta importanza
con forme non degne nè del nome di Dottore, nè
di Crifliano ; cosi infamano le fteffi, ed in certo modo i Miniftri de' Principi , come a bella polla vadano ad
incontrar briga , per ef- fére
adoperati, e mettere di le medeCmi neceffitb a'Principi loro in ali maneggi malHmamente nel Regno di Napoli,
dov'è fama, che le contenzioni fono
fiate maggiormente nutricate per confentimen- to de'Rè. ( Gicc. I. ). Cari. iji. ) Non è
vero altrimenti , che i Veneziani ,
fondino le loro ragioni del Dominio del Golfo fopra privilegio di Papa, o d'Iroperadore; che fé
ciò foffe, forfè per cer- te ragioni non
tornerebbe conto aprir bocca, però quelli Dottori fondano la loro difputa sò cosi sfacciato e
vano mendacio , fanno al- le pugna,
danno dei calci a lovefcio, e cambationo lenza incontro , come i Tori, che hanno perdita la Vacca,
dicendo, che nè pur fono fognate dalla
Repubblica di Venezia, ed anifìziofamente lafoia- no quelle, che pubblicamente fi leggono
fcritte da Marc’Antonio Pellegrini nel
libro ottavo de Jote Fifii, da Angelo Macacio nel li- bro primo....... da Giambatiila Leoni nel
libro delle Confidenzioni del
Guicciardini, da Augullo Treo nel fuo Panegirico , da Jacopo Chizzuola nel fuo Confìglio, ed allegazione
pubblicata nel fupple- mento della
Storia degli Dirocchi, e da Prorperu Urbani nella nife-. Ca fatta centra Emanuello. Tertoviglia Spagnuoto. Gli Amichi Ginreconfulti, non avendo trovato
chi abbia fcritto, o detto in contrario
del Dominio, che ha V. SereniiU lopra il Gol-
fo, dìfsero, che aveva prefcrizione immemorabile, volendo dire non efservi bifogno di mollrare altro titolo,
facendo quelVeffotto la pre- fcrizione
tanto antica, che fi abbia a credere il maggiore, e'I piò laido, e forte, che poflà mantenere tal
polfelTo; conira i quali non conviene
llraparlare, dicendo, che fono ignoranti delle Storie, ben- ché abbiano acquiftato come di prudenti , e
da loro fi governi il Mondo . Quelli,
che forivono per la Repubblica gli allegano, e fe ne fervo- no come diteflimonj, elTcndoflati in tempo
della preterizione non mai imerrota a’
loro tempi. A quelli gli Avverlar} oppongono tellimonj di Storici, che riferilcono diverfi Rè in
divelli tempi elfer venuti in Golfo con
Legni armati; e però aver interotta fa preferizione ; nel qual calo fecondo i termini legali,
bifognerebbe , che cercaflero d’
accordar tali tellimon j , come facilmente fi propone , quando fi dè- ce, che que'Rè fieno venuti con aver ottenuta
licenza dalla Sete- niflima Repubblica;
perchè i fuoi Confultori Marc’Antonio Pellegrini, e Jacopo Chizzuola nella dilpua fatta ,
prefenti i Commelhirj Im- periali,
adducono Principi, che vi fono venuti, ed hanno dimanda- ta la licenza ; dove biiogna dire ^md
folinmeji fieri, frefuminr feSum . Quel
ch'è folito a farli , fi prelume fatto ;edè benefpiegato ed ellegete
dìCora. Conl.z87.num.i i. voi.p.fapradi
cheiContraddittori fi riducono adire che
bifognerebbe mollraie, che almeno due volte ne avelTo lata
refifienzaj Temo li, ^ Zz ma 36 ^ DOMINIO DEL ma dille cefe fegocnti lo intenderemo^ oltre
molte altre rifpoflc le* gali) che ù
pofsono dare a tale inllanza; ma perchè centra G grati legge della prdcrizione fi ardil'ce di
parlare) cos^ fi dee rendercon- to dì
titolo di COSI amico pofTefib per ovviar per via di ragione,fe fi può) a quel malC) che potrebbe nafeere per
mala ed ingannevo* le perfuafiooe di
cofioro» Se ne parivi altrove) ma per oi^nitk.
Ora quefii tra gli altri fìngono di parlare fopra il ]us belli ^
che ha la Signoria Screniffiiaa ) il
qual titolo toccano, come parlano
appunto. Non fanno, ma faper dovrebbono, quandola guerra ègiu- ila queir eflere il piò faldo titolo che
pofla aver una Repubblica, e qualunque
altro Pnneipe deVuoi Stati; perchè quello vince il Jusna^ furJcy e mette fervirtù, dove la Natura , non
che il Jut genrium ha melTa liberti, e
comunione; onde fi vede quanto ridicolo riefee
il di(pmare,cbeneirun Potentato EcclcGallico, o Secolare polsa
farleg* gì, dar termini , o conceder
cola in pregiudizio della legge natu-
rale, t con quello gli altri inicG, vogliono, che riefeano bagattelle. Vuole il belli y o Jus gemhtmy che vinto il
Nemico, tutto quel* )o« ch’egli pofiede
s'intenda del Vincitore. Il primo premio, che
zia, dove Baldo dice, effe re come dar della teda nel Muro/ inque- do. oKiza . bifogna mantenere il poflellb a
chi lo tiene. Al Cecondo fi. ciCponde,
che quando la Repubblica fbndaffè le fue
ragioni. fbpra..puMlogj le baderebbe la faìna dèfTi;CosÌ conclude
Ma- riaoo Cpccina nc Cuoi Conigli ; come
fa la Sede Appodoiica trat- tando la
^a^ooc de'iuoi Stati, che non L’è necciTario naodrare alcun lo- dcuoiemo JeTcoiacquidi. Sarebbe error grave
tnodrairli per farli legge- re,
diffidando della fàma. £ quando la Repubblica aveflìr a moAraregl* Idxiuscnù ripofU. nella Segreta ,ic le
prederebbe pienifCma fede ? A que- do
proposto, dicono i Giureconfulti non elTcr lecUodire, ne menopenfà- re, che laiRepubblicadicelTe una fallici,
benché delfuocomodofitratci; cost
aliega'ilCardinalTofco ne'Cuoi Volumi delle Capitolaziom praticabili. Àltcrzofìrirponde; cheCe il Papa aveCse
conccCso tal privilegio, fen- za la
libci^ ve^ontV, quando ritornò in Roma lo avrebbe rivocato, come fece PalqualIL de'privilegj concedi ad
Enrico IV. Imperadore, quando esa nelle
lue mani/ il queir fcibko giunto a Roma in pub-
blico Concifloro li rivocò, come editti in dato, dove non era indio potere di negare; e fé durano i titoli
privilegiane* Rè di Napoli con-* celila
Guifeardo da Leon IX.. quandolofecero prigione eo’Cardinali nel- la guerra di Benevento y perchè non li
rivocò* quando tornò a Roma, mcglia
avrebbe a durar quedo fàttO' da Papa,, che non fu mai prigione in Venezia ,ie fe avelie voUmo U Repubblica
edorquere tal privilegio , ed altri
titoli,, gllavrebbc avuti mdto prima dallo llefroLeoo IX. quando venne a Venezia., del qual anche la
Repubblica aveva prefa la dif'ela. Al
quarto fi rllponde, che Papa Àledandro, quando dille HocMa- wl ipfum Mare ha* detto di qbedo Golfo, il
quale comincia da queda parte, ed
intero, (enea mutar nome, fi donde fino a Corfb; nè manco più oltre vogliamo , che ptflì « òsi
fi ha intefo da tanto tempoinquà, che
non v’è memoria in contrario, chefinal prefente
ft chiamatGolfcr di Venezia. Ben> ir DottopìNapoliiani aivevano
impara- to nciUdifputa tra’ Francefi ,.
eSpagnuoU per caufa de’ Confini dei Ca-
pitaniato, le fodé deif Abruzzo,, o della Puglia*, dove fio tenuta
concili- fione pergliSpagnuoli , che
nella difierenab de nomi, e de* Confini dél-
IcProvincic, fi debba^attenden fempre alfulo prefenter. Fu
confemiaca qucda> ragione colie armi
contra> i Francefi; pCTÒ nemcnte
quando fi À il mireflb d'nn podere, balla una gleba d'ef- fo; cosi per hoc Mare lì e intefo tatto T
Adriatico, dove fi ebbe la vittòria,
ch'era avanti gli occhiti ut: n Ma
quclladifpau i friulratoria, o perdimento di tentpoi, che la Re- pubblica non dice d’elTerPadrona del Mare,
perehè il Papa le abbia còti- ceflb
privilegia, nè il Pape in quella parte fa conceflìone; ma dichiara^ • aiODe, e coDcefrione, ebe làRepubblica
fiaSignora del Marò Jkre talli, ebe
qucHoTha de Jurt gaathm; e di tal dkniaràaione fe n’è compia- ciuta la Repubblica, ad imitazione di Nollro
Signore, le cui azioni fo- no
inftruziòni noftre ; ilquale ficompiacque della confellìoiw, chePie- uo fece qualtncme era Figliuolo di Dio;
quando non fi voglia, che il Papa, d
qual è nel pofiéflo prenatrato anche di maggior autorità , non abbini fiuta tal dichiarazione; queflo
non leva alla Repubblica il Do- mintojm
talli acquillaio, per aver vinti non foiamente i Rè di Sici- lia, ma i Saraceni, ed altri Infedeli, e
perfecutori di Santa Chiefa; nel quat
cefo dicorm i Giurcconfulti , che lènza- altra dichiarazione, oConcefiCoite Pontificia fi acquifia piena
ragione negli Stati conquilla- ti di
mano d’efii. Ne daimo efempio de’ Rè di Spagna Aeiracquifto di qtie’Hegni filori delle mani di uli
nemici, c pètA ivi nen rico- nolce
fuperiore flmpefadore, inquanto gli abbia a comdtidare ; Con- i eludendo lopra quelli quattro capi anche a
modo degli avverfarp ; che il Papa non
abbia dette quelle parole , e fe dette le ha, non abbia avuta aumriib di dirle / confidcrino
bÓMy e vedranno con qual azione aveb
potuto dirle il Papa. -> A chi vince
i Nemici in Mare, ebe occilpavaiio, fi dee J tare talli flmperio del Mare; LaRepubblicadi Venezia
havifiti ìNemiciinMa-' re, che
occupavano; adunque a' Veneziani fi dee ima talli l'Imperio del Mare. Si provala maggiore per li
Giurcconfulti , i quali dicono^ che la
Vittoria db in mano del Vincitore tutte le cofe, e di quello, che alcuno ha prefo in guerra ne ha il
Dominio : ed aliti Dottori di* cono, che
finite le guerre i popoli vincitori , tutte le terre, dalle quali hannofcacciati i Vincitori pubblicamente, ed
atiiverTalmentc dicono loro Territorio
•,SicFtac.daCa»iit.Agt. frf. Bap. ^jnn.ila Allimianitut Cap.iy. m. 9, /iè. II. E ne’tcTffliai dcIMain, che fi
faccia Territorio , e pol- Icflione di
chi vittoriofamenfe vi ha combattuti , e vinti i Nemici diremo, come allega ancoraGioiFrancefco da
Ponte dnadeDottoriav. vetfarj nel fuo
lib. de PattHata Prafrii eap.ìj^ Uti Re» fama coner* tojiam a»mE*areia», iti efiTcrrhartum Ragia ,
& aala Ttrritariam di- ainr a
potaftata tanamis, ÌT Jiaua dkitwr Cataefis prima; Spiritu Do- mini faratarna fiapat aquas , Jia famr fapar
Mate paaaftaa éatanris Jn- rifdiSianam.
Cioè dove ilRè va con efercito contea iNemici, ivi è il Territorio del Rè, perchè Territorio è detto
dalla ^ellb del tenere, ficcarne fi dice
nel primo del Gencfi ; Lo Mrito del Signore fi tras- feriva fopra Tacque, cosi fi trasferifee la
Ginrifdizione Ibpaa il Ma- re a chi n'è
reliato Padhme. Perloabè t Romani lotto
Scipiane, vinti i Cartagineli, dice Polibio
nel lib. yuikviSK iaflitm Impari» Maria fojiai fiata ; ciò! vinti
iCar- tagmefi, tolat.le loro Navi,
emefli i rollrtnellelororeftò flmperio del
Mare a'Rommilip iMtadaa.i, lib. 4. Satalt.diS.^lit.^. Gli Atenieft potimun tc dopo la- vktoria di
Salamina contra i Fani con- Dic;
: i;y Google 366 DOMINIO DEL «onfeguirono, dice Lcuda, rimperio del Mare.
Qui anche fa a prò- poCto il cafQ
allegato da^i Avverfar), che Ferrando figliuolo del Rà Ferrante con 53. Galee paisà tutto
rAdriatico, e fugò la numeroia Ar« mata
de'Veneziani fino a villa del lor Generale Marcello ; didrufle la Dalmazia con tanto terrore de"Veneziani,die
dice il Sabeliico diél. 4. Iib« 2,
Eififtinunttt flHum effe àe Imperio Marit\ perchè da quello ficavapari- mente, che chi fuga e vince Tarmate nemiche
nelMare,togliendoad altri riiien per fé
Tlmperio del Mare divenuto Tuo Territorio dai tener fuorii Ne- mici , di modo che TAdciatico farebbealiora
divenuto tutto Tehttorìo de* Rè di
Napoli ) ma v| lalciano il piu bello da narrare . Del vincer , e del perde- re nella guerra fifa contoin fine ; difopra
abbiamo Bellis bakitis dove quello
avviene, conte negli altri giuochi; chechinel principiovince, alfi- ne dirperataraence
perde/xomeavvenneaPompeonellagucrra centra Ce-
rare; nel principiogloriaodoC di certa vittoria, come appunto ora
fan- no gli Avverlar); non fanno
fcrivere di ceno poco dtfordine accidentale;
onde perchè la narrazione di quel fatto abbia a galligare i Milantatori
de*pri* mi lucceiTi nelle guerre, e
perchè torna a propofuo per provare la fuddetra
nollra minor propofizione flendcremo il luogo del Sabeliico, che Io
narra. Federigo
ArrigodiFerdinandofigliuotopiagiovanecon43. Galee, eFu* fUencròneIportodi.M,,Diedequelloaflàia temere
al Sonato; edera veri- Amile, che il
Nemico ivifermandofipotelTc contcnderea Venezia il Mare. Tutta U Citik aveva gli occhi rivolti al
Marcello , cadauno a lui , ed alla fua
Armata guardava ) credutoaver perduta SignoriadelMare, quando non fofle cacciato a forza il Nemico di quel
luogo , il che era mantfcAo non po-
terfì fare fenza grave confiùto, Stava adunque laCitthin
afpettazione, che Marcello, ilqualera a
Geldra, o ardefle TArmaca, che aveva nel
Porto Anconitano, fopravvenendovi alTimprovUb, ovvero la conducete olfattod'armi, elalcaccialfedi 1^;
mafrateanto, ch’^lifupplifce a'bi-
fipgni delle Navi condotte dal Pò , mentre fi apparecchia la vettovaglia
, ed ogni altra cola bilogne vale , il
Nemico non fi tenendo Acuto io quel luogo ,
fatta vela, fi part'i d’Ancona, prima, che vi venineTArmata Veneziana. Panar» tal cola grand* odio centra il
Marcello fpezialraente del Volgo, ù
quale mifura il tuuodalT avvenimento; e giudicò, che non fofTc (iato ar- dito d'andare contrai! Nemico venuto in alto
Marc per mofirare dinon ef- iere venuto
in vano, alTaltando alTimproviloLUlairela della Dalmazia., qiiafi tutta con ferro, e fuoco la difertò. Cosi parlailTefiimonioallegato dagli
Avverfarj, dov’è prima da no- tare,
cheTArmaia Aragonefenonfugò lanofira. Secondo, non vi enar- rato il tanto tremore de* Veneziani. Terzo fi
vede, che non i Veneziani, ma l’Armata
di Napoli era alquanto tremante; imperocché dice, che il Nemico, non fi tenendo ftcuro in quel luogo,
fece vela , ma vediamo piò ol- tre, chi
ebbe il tanto tremore, perchè 1 Autore di quella Scrittura non ha inietto il Sabeliico. Si vede dall’
eiroie, che prende circa il nome di
Fernando BgliuoIodiFcrranteconM.Galee, in vece di Federigo figliuo. lodi Ferdinando COD43. Galee, eFuAe , ^ice
ilSabeltico; adunqueque- Ai dopo aver
meffa LiÀà a ferro , ed a fuoco andò ad aflalire Corfò , Pietro GiuAinian, e Niccolò Bigan, dicono Curzola,
dove da principio furono fi terribili
gii alfalti, che ad un tempo vi pofero le Scale alle mura, ondo avevano fpaventaii i Terrazzani, Giorgio
Viaro ivi Capitano, diffidane dodel poco
numero de’ fuot , hfpettoaquc! de'Nemici, per intimorirli fece fparger voce per la Terra > che rArmata
Veneziana lo veniva a foc-
correre, Digitized by
Google y MAR ’ ADRIATICO. 367 correre, efecerUrealIc Campane per tutto, e
levar dalle mura un lieto grido, che
gàvenilTe l’Armata. I Nemici dalla paura del pcridsio agita- ti, perduti circa aoo. fi ritirarono inMare
comeOmbre, e Ipiriti tene- brofi di
procelle , anzicomeComacchie, che fuggono il (uono delle Cam- pane de' Campanili, dove fi aggirano. Vibannoanchelaiciatodidire,
cherArmataVenezianaandò a pren- dere a
forza Gallipoli in Regno , dove li llende la Colonna in confine dell’ Adriatico , e Ionio; e che Trento Terra
de’Tolemini, Rudis, ed
altrevicineTerreim^ientidelcal'adiGallipali,fi arrenderono, oltre
di ciò hanno lalciato, cneFerdinando
vedendo fi grave rotta in cafa fua,
pensòalla pace, ^guerra fu la sfortuna di tutti i Principi d'Italia
con- giurati cantra i Venezianiper
caufadella guerradiFertara , dellaquale
(crivc il Giovio nel principio delle Storie, ed il Guicciardini nclLibro
ot- tavo nel principio, dovelìlegge,
cornei Veneziantconfe^uirono la pace
onorevolmente per fe, e vittuperofamente pel rello d’Italia, che con
fen- limentotantogrande, e nel tempo che
fioriva di ricchezze, d'armi, e virtù
s'era unita tutta contra. Per concluderla vi fu lafciato tutto il Pole- fene di Rovigo , ed i Rè di Napoli per la
fuga, fe pur avellerò avuta qual- che
ragione nel Marc Adriatico ravret^apo perduta.
Vi farebbe anche per provar la minore la fuga dell’armata di
Federi- go II. ImperadoreRèdiSicilia, e
Napoli recitata da PandolfoCoUeru- vio
nel libro 4. delle Storie di Napoli , oltre di ciò la rotta data da
Ruggie- ro Rè diSicilia, ilquale
infeftando l’ImperioGreco aveva prefoCorlò,
dove fatto un Arfcnale, dominava tutto il Mare . La Repubblica ,
che aveva giulfamentela protezione di
quell’ Imperio, fe gli mollè centra
conArmata, loincontrò, c ruppe dice Tommafo.Gazzilio Siciliano
Scrit- toredellaStoriaSiciliana
Ub.p.dec. z. Commijfo prttio ex fuisTriremi-
ha, undevìpnli amijps , fxinUTfifqut yRugeriui vilha rwn Juueis
dijjì- pttiiSicilimi profughi &
pojit» bello fe fuitraxh . Cioè lucceSà una
fanguinofa battaglia Ruggiero perdette, e fommerfeip. delle fue Galee, con poche , e diifipate vinto fe ne fuggi in
Sicilia , e poi Rette ritirato
fuorde'travaglidellagufrra. Parliamo adunque, ficcome abbiamo de- liberato centra Federigo Imperadore, come
quello, che abbiamo detto elfer chiamalo
DeminmA&odi, ed è quello, che i Dottori dicono, che il Mare fi pofla far proprio , quello
concederfi , e fe egli vinto ha ceffo al
Vincitore il luogo, fiamo nella regola Finro vineentem. La Repubbli- ca ne aveva il Dominio exiiujhii ad omnes ,
quella dunque farò per finita pruova
della minore.. Edin
rifpoRadelquintoArgomento degli Avverfarj, col quale parla- no, come dicemmo a propofito, ma vanamente in
riguardo allave- ritò dellaStoria, come
a quello invigilano tutti i Regnicoli eccetto
il Collanzo autore, e tellimonio degli.Awerfarj, l’Auior
degliAnnali Ecclefiallici parte per
emenda , c parte per rifacimento di guanto
ha fetitto contea la Monarchia di Sicilia , li è melfo a quell’
unprc- fa , ci ha prodotto per apparenza
di tellimonio uno Straccia fcritto da
penna d un altro Regnicolo, ed un'altro Apocrifo fenza nome , trovati folamenie a quello tempo tutti due a
bufi leggere difuccelC di
quattrocent’anni, vogliono anteporli a' Scrittori pubblici di quel tempo, a tante memorie antiche di Marmi, e
pitture antiche non mai contraddette .
Se Romoaldo Arcivefeovo di Salerno , del quale di- cono elfer uno degli Stracci prodotti, non fa
menzione di quella vit- toria, Digitized by Googlr 368 DOMINIO DEL MAR,ec. torit, non va la confcguenza, che pon
fiafuccefla; poflbno enervi mille caofe
d* una tal ommUTione , o per invidia , o per fcoprire U mancamento , e Timpotenu del Kè di Sicilia
fuo Signore, o per non confeirare il
Dominio di Volita Sereniti, o che non ha Icritto, • che gli è (lato levato, e fìmili. Si
adducono anche altri , che non ne
parlano punto; a* niche, e Pitture
palefano. 11 Padre }acopo Cordano
Gefuita in una fua Cronologia fcrìtta in quei
Ila materia feguita per fuo Autore il Compoficor degli Annali, ma non nega quella vittoria, ed i PadrìGefuiti,
chehanno mandato fuori in Colonia un
libro intitolato Dtfenfiones Ànnatium Ectlejiaftkorum . non la negano ; però per pruova della minore
, e per rirpolla del 2.. c. 63. dove
introduce il Cardinal di Mono- poli a
dire al medefìmo Pontifìce dell^ltalia, come la liia liberti , e grandezza rìfiede nelle Lagune del Mar
Adriatico; e come fi deb. bono
bilanciare t fervig; della Repubblica antica, e moderna fatti a Santa CKiefa, ed a tutta la CrìAÌMÙt^
parimente; (ìccomc ampiamen- te fi
leggono in molte Scorie i validi ajuti dati per 1 * acquifio di Terra Santa, e le vittorie ottenute centra
Infedeli, f ubbidienza ver- lo la Santa
Sede, ed i Tuoi Sommi Pontefici ne* più urgenti bifogni; ficcome ad AlelfaRctro III. fugato, e
fcacciato dall’ Imperadore Fede- rigo
Fnobarbo, per la cui li^rt^ , ed onore prodigo fu il Principe Ziani, e quel Senato delle facolcli, e della
vita tu acquiilare quella famofa
vittoria in Ifiria al Capo di Salbore con cattiviti d* Ottone figliuolo dell’ Imperadore , e non effendo
mcn liberale ne* tempi di Leon X. , ed
altri Pontefici ec. Onde gli Avverfarj non offendono la Repubblica, ma i loro Principi, mentre
vogliono indurre i Mi- niflri non folo a
far guerra , ma a commettere infame latrocinio , dicendo S. Agoflino nel lib*4.c.4. e ò.
deCivitate Dei. Remora Jufti- tia quid
fum Regna , nifi magna latrocinia ? e piu oltre muover guerra a’ vicini, e procedere ad altre
confeguenze, e per cupidità di Regno
affliggere, c foperchiare i popoli, che non danno impaccio, che altro fi dee chiamare, che gran
latrocinio? Penfo d’aver adem^ piuto a
ciò, che per tal materia brevemente fi abbia potuto dire, GRAZIA.
I N- Digitized by Google 369
I N P E 5^ L I B R O R U M PROHIBITORUM
, Pum R?§uii^ pqpftfli* p^r P^trcs a Tridentina Synodo dclcAos. ' AWCTORITATE PII IV, PRIM^M EDITUS. ■ 1 -i .
f»Jìe* vtra ^ S/nt» ofiiu
jht Et KUNS p«MVMS.p. n, ' c'x- E M E N T I S ^ P A P ^ Vni, ' Jitffu rtu^iùtia , ^ paUictun. INSTRUCTIONE adiecta, {V mjuniét fnhUmmh , itfiù Jbictri
tmeniaitdi , ^ CLEMEN5 PAPA VIIE Ad perpetuam rei memorfam . ' tacaosaNCTUN acho. Uem Mii éqNfinMii fise ^ PcopUccRi Mtcter- tìitfì iàUiKin confc^tu ne- mini Ikxt > ut Ciivua in Ecclefla Dei perpetuò eoo* (tfvaresur » p^rifque iovioUrutn crade aercitanm, ut haoc fideà catbo^ìca; dpr firnwfM ioGigrkttem t (»Unm » incorna pcam^'ie òi Mcidila Dei reciaarent, A* poAokci animi magnitudine» prò muro domuv Ifraei, advcrAis einrdeni fidei
ho* Aes»^ fciproa oppooentei, ne iAoram
do- Hi, 8c infidiia imprudenter>
&limplick> aiit vctcres ex infcm
excitanecr ficn riiu: Noi. ranl eandcm Pjì pndeceiToris Tri^ntitu Synodba» pefVileijceiB ooxicv- Conllitu^eoem»
&]iiclicen>y acReguias« TUO
libroTuo copivm , qoc plbs. nitpio ^uonim q^iam. tenorer haberi voiutous cxercventr coerceiet auferre èu> cxpiemh
^uam hxc ip^ p'iens prìnram quìdem
dò^iflìmos alì- ta> prour ìnKrms dcfcrìpt# Aific oronui quoc vnosnfetl^iei qu^de
d^T||hgila»i|in^oi^araAp^ft^fi^^ tenore
^norceti^,;fc,der^r 4 ^tt''.*’
pcrmota» ad ipfxm Apoftblicam l^deni» gurarìbui peribnis ubiqiie loconmr
exi- uucgram rem défertndara Aan]tc»-Itaqpe
Itentibua» Aib ufdem p in did^aPìì fel.
ree, Pius. Papa qitamìs przdeceflbr, ConnjtDCrone COTcentis» obiérvari
prvei- noAcr, qat hcofcTw xpbrrpacV J
de; (fiadamut^rQ^ «ovai faci- fa
fedebat, Przbcis qui&atàam doé^rina» Itas negqtuim» cùm prombìrionìSf
rum &
prudentiaprxlUntibusy^adbibirxar.^DK^exputjacioais, de imprcfConia libromm dìeem librorum prohibitofun) » À Re^*
pcragamr» eas omnci £acalcate mein. Fias
firevi^, proinulgavic ì de c/ufmodi noxìo- Qiintus. MagiAro facriPalatii
primum > rum
Itbronmrdetrimcncisdicpcitcnn^» op- dcipdeGrcgoriin dccimas rcrtius > 9c
Stx- fortunè- pfOTìdìt, CarteruTn ,
Ticct illa tur qumtusi CardinaTibosCongregarionir prò rempfìrtii raiionc prudenter ruqrinc
predi^z concelRrtinc « quornm tcnores
rune conAiruca j rameó'^ -Icum Sarimiz me vofaraus haberi proexprefliSi
conAr- afhuia» in bujufniodi librorum
edhione mamus* Se qiucenus opmeA innovamus.
finva ili dfi^t mala ( nam.polV in- bis ornniros, qu;r addiùi in bne
In- ìUlhI tempi» afit erùm libri
pcrnicioA dice» noti adverfantur, volumurqric pro- partim cqnfcripri , atqiie «dici. parcim>
prcreai ac dccemimus > ut fi q;;x inpo-
qui fcriplfì e^aKc» de antèa JcTicùerthti' Atrum dubìtaironet
aùttóntfoverfix circa in medium prodiere
i ic mem. Sixtns Papa Quinta» przdccef- aliomio» qut prò tempore fiiper
Iiunce òr noftcr,|mildt ilIaArari««
acque àd hu;iifa)odi deputati fherinv» rd'eraneur i l’cgoUi a^iMs neceflàrif» rebus » liianda*
& ex fencemia eonindeih* Cardinalium
y vie » nr nonuutli alii ejufdear generis (i- nobisi aur fuccefioribus
noAris > fi rei bri V eidem* Indici
ad^ereptiu; . Vei^m gravita» id poAulaverit» conrultis>decla- curo: idem Sixeus I rè minimé abfoluca » ^
rencur» & decidantur, quorum audorì-
humani* ezcefcrìtJ Noe la fw fqi»» fai^ fuem » cuir pennittcndtt » tum
prohi- ti quantuiTP CQQT Doniìoò'
poiAnnez con- bendii ex{àirgandis » 6c 'imprimeniis 4ì- fiilcntes» quodjampridentiiuliccrarpcoior
brit , airifqoe ad eam rem pcrcìncnribos
9c a mulcis- dia defideratunr cratr hoc expiicandìs» volaouis efie
przeipuam, ar- tempore oronino perficiendum
» atqw in ^ èra mandaimts ab oomibiis venerabi-
locem edcnditm duxtaui-- Venerabiliigi- libus Aatribos
noArisPatriarchis, Arcbie- tur fratrr
noAro Marco Amooio Epìl^ pifcopii» EpKcopis» aliifque locorumOr- po PreneAino de Colamela dilt^is
dinariist «uroque gradò»» ordini»» aoc
diruti»» Oc Marie Angelorairr intbensi»^
Borro* cam EccìefiaAicis rccnlatibas» vcl regu-
meo, Fratinlco SanOcMaric Tran^n* laribu»» quiro laici»,
quocunanebonore, tiuc Tcd'eto r
titulorum Presbyteris» nec*^ ve! digicitare prediti», ioviolabicerobAi» non Afeanio SaoOe Narie in CoAixdio vari. Non
obAamibos ApoAoIùis» acin de Columoa
diacooo» Cardinalibu»r fu- tmivcHaUbo», Provinctalibm» & Synodar per hnjufmodi Indice per no» depinari», fibus
Concilii», editi» generalibu» » vd
aliifque pit»« ficcruditis» viri» in colIfi•^
fpecialihusConAitationibut» drordiiurio-
liom adhibici», ca omoia, ac fingala» nibo»/ ac qnibufri» Aatml», 2c
coornetit- qoe a Suro quinto» oc fupra
dixtistt»» dioìbus» etuni fitramento confirmatione ìnAicuta ennt, diligcmer exiroimnda»
ApoAoKca» vcl quavi» firmitace alia ro-
«ommilinm»» que cum magno Audio vÌp> bomis privilegi» qooqoc
indcllds» fieli- ter» Digilized by Google PROHIBITORUM. 371 teris Apoftolìclst rubquìbiircunque
teno> ribusj &- formis in
cor^crarium pnrmif- forura conccflif t
confirnoarh , approbacis, &
innovatisi Qjtibus otnnibus. Oc fìngii*
lì etiamfì prò ìTlonun fufficienci dtroga- tfone
fpeciaUs, rpecìflca» Oc ad verbum in(«r*
ta mcntio kabenda cCkci tenores hujul*
modi przfenribns prò expreilis habentes,
hac vice dnnraxat, rpecialicer» &exprcr> iè derogamus *. czccriiqne conrrariis qui* bufcunqiK . ^cemenccs camndcm prz- fentium cxemplis, cciafn imprefljs, No* tarli publicì manu fubfcriptis» Oc figìtlo Trslati a!icu/us Bccldtafticì
obfìgnatis» car^m haberi fidem > qux
hibcrerur ip- Hs prxfentibus, iì forenr
exhibitSi vd oiicnfx. Dar. if’urculi,
fnb Atmulo Pif* ratoris . Die
decimafeptìnia OOobris , MiHenmo
quingenrefìmo nonageiìrao- ^ninto ,
Pontilìcarus Noftri , Anno Q^no M,
f^ìus Bibrianusy PIUS PAPA IV. Ad perpetuam r?i meraor jam . OMINICI ^egis cuftodix > Domino dil^nente» pr^po* fìci ) vigilili n>ore paftoris* non dciìAimusx ipAgrcgi ab immineniibuspcricuh's ,quan> ta maxima pofsomus cura, &
diligencia rrcavcrc, ne propter
negiigenclam no- um peream ovcs , qnz
prction/Cmo Domini Noftri Jcfn Chrifti
fanguine , fune rcdcmpcx* Eifì autem,
qua adAdeì vesitacem parefacicndain ,
& ad horum temporum hareics
confutandas pcrtine* bant, in
orcuraenico, Oc generali^ concK Ho
Tridentino, SanÀi Spiritus aflìfteiK ce
gratta, nupcr adeò enucleata, ac de-
finka fueriint, ut facile jam fit tmÌcui-> que fanaro catholicamque dodrinam , a falia, adulterataque intemoTcere ;
ta-. men cam libronim abharericis ediroram iefiio, non modo Cmpliciores hnminet corrumpere folent, verura fcpd etiamdo- ùoi, cruditorque in variot crrorcs, Oc a veritate Adci cathoticx alienas
opinionet inductre, buie quoque rei effe
diximus providenduno Cum auietn aptiiBmum
et inalo remedium c0e feirerDus, A
compo* neretnr , atque ederceur Index ,
Ave ca* talogus librorum, qui vel
hzretici fìnt, vel deb?tciica gravitate
fufpcfli , vel ctr» xè ptoribua, Oc
pktaù ooccanc; idnego» Tvm ìk tfum ad facram Tridentinam SjrnodBna rejeceramus . Ea vero ex tanta Epifeop». rum, Oc aliorum dodiflimorum virortim copia delegit , ad eum conAcicndum in*» diccm, multos cum doéVrma, tum judi* ciò in/ìgnes Pralatos, ex omnibus fere nacionibus, qui quidem non Anc maai'* mo hbore, phirimifqua vigilits euro
ii>^ diccm tandem , Deojuvante,
perfccenmt» adhibitis etiaro in conAlium
Ic^iflimi* quibufdain Teologis. Prraé^lo
aatcroCon* dlio, cum ex iplìus Synodi
decreto, is Index nobis oblacus fuifict,
nt ne anrc ederetur, quam a nobis
approbaius fuit* fee, nos doAiffìmis
quibuldam, probacìf- AmifquePralatis
eunaccurati0ìnrk Icgen- dum ,
examinandumque tradidimus, & ipit
edam Cumigkur cmn ma- gno Audio, acri
judicio, diuturna cura confefhim. Oc
praterca commodiflimèdi> geAum e(W
cognovertmus ,* Nos falutiani-
marumconfnlcre, camqueob caufampro*.
videre cupicntes, nc libri , & fcripcacu^ iufeunque generis , qua in
cd-*improbai>* tur, fìve ut harccìca.
Ave ut de hzretifa pravicate fufpcffa,
Ave ut pietati, acmo* rum hoocAatt
inutilia» aut aliqua corre» fHone faltem
Indigeniia , poAhac a Chri« Ai Adelibus
tegamur : mfum ittdiccm, nnacuro Rcgulis
et prarppfitis, anAorirate^ ApoQoItea
tenore prafenrìum approbamus impriroique
ac divulgar! , & ab omnibus
UnivcrArafibus cathoNcis , ac quibufeun^
qne aliit, ubique. fufeìpi , eafque Regulas obfervari mandamus, atque dcccmimiis; Inhibcntes omnibus , Oc Anguh's, ram EccleAaAicis pcrronis,SarcnIaribDS, fir
Re*, gularibus, cu/ufeunque gradui,
ordinis,& dìgniiaiis 6nt , quim
Laicis, quocimque honorc,ac digniiate
praditistne qiits cen- tra earum
Regularum pr^rcriptum, au( ipAus
prohibicionem Indicis, fibros uUos
legere , babenve audaas . $i quù autena
adverfus eas Regulas , prohibirionemque
Acerit, isquidem, qui hxrericorum li-
bros, vel cujnfvis auaorisfcripta propter hzrcAm, vel falA dogmatis lufpicioncm damnata, atque prohibitalegerir, habue- ritve , ipfo ;ure in. excommunìcationis pGcnam incìdac, eamque ob canfam in eum , tamquam de harefì rurpcdiiin in- quiri, Oc procedi liceaa.' przter
aliaspor. nas fuper hoc, ab ApoAolica
Sede, f»- crifque canonìbtis conAitmas-
Quiautem Hbros a|Ì4 de cau/a prohibitos
Icgerit, habucritve , prxter peccati
morcalìs rea- turo, Epifeoporum arbitrio
feverd fé no- verte punienduflD , non
obAanrfbus con- Ainitionibus , Oc
ordinarionibus ApoAoli* (is contrariis
quibufeunque, aut A quÌ-« Aaa i bus. 37 i INDEX LIBRORUM I)Ri comfTiunirer, vel dìvirim, ab eadcm
tadm faumlMMipt^dìmunanT'Jcllbe-, /ic
Sede indulcum , nc cxeoinirxinicari raiiowmt wncruRi, ut jiulUartnt nUùi ir:
‘;7- pf>(Tìnt; per Iitera$
‘Apo^olicas, non fa- us fitti poffe% tfttàm fi F^itutniu ÌUe cientes pcrnam»& expre(ram> ac de ver*
forum ^.'^rruriati Index , aò tn^uifitorìouf
^ a^yerbum,de indulto .hiijurinodi menr tM pofiremò nnfediuf
^pa^lelftanllm dttr.pùs, (ipnem. Ut h«c
aucem ad omnium nO; «ifae erùm addiiìst Teùneretur s ^nippe neve quìs excufaritv cum ma^r.a mAturitate 2
mulfis virif doÙU pe ignorationis uti
pofGc» voItiiDUS> & cempofiiuj , piurlmot compre(:endat au8oft$, mandamuijUt hz licere per aliquos Cu- «if«e
/a erdinem fatU commdum diiefifu tf- ri»
noflr* Curforef in Balilica Vatica- fe ^idcatur. rii PiÌBcipis ApoAoiorunij & io
Eccle- lia Laterancnil cune , aitn in
eis popu- lui» ucrmirarnmfolcmnibus
inccrni> con- gregari folce» palam»
& cUra voce reci« lemuri &
poflquam recitate fuerint ad valvas
earutn Ecclefìarum » itcìnque Can- cdl 4
ri» Apoftolic» » & in loco folito
Campi Flore afligancur: ibique ut Icgi»
& omnibus innotefeere poflìnr» aliquarv tifper rclinquamur* Cuin autem inde a- movebuntur» earurn excmpla in iiidem tocis affixa remancant. Nos enim per rccicationcm hanc» publicationcm »
&a£- Bxionen)» omnes» & lingutos
» qui bis liccris comprehen^tur» poft
tres menfes» a die pubiicationis» A
affixionis earum» numcrandos» volumus
perinde aAri£Ios» 9c obiiqatos effe» ac
ù ipAfmcc ille edi- te» Ic^equc
fuiflent. Tranfumptis quo- que carum,
que manu alicujus publici Notarli
fcripta» fabfcriptavc » A figlilo» ac
rubfcripcione alicu/iis pcrfonz in di-
gnitate Ecclefiaftica conftùute » munirà
hKrint» fidem fine ulla dubitationc ha-
bcri inandamus» acque deràmimus. Dar.
Rome apud S. Pctrum fub Annulo Ti-
fearoris, die xxiiii. Marcii» M.D.LXlllI. Pontifica cm Noftri Anno Qjiinco. »^Rimus FioTeìfelUt Laxellìnut* IN I N D I C E M LIBRORUM
P R O H I B I T O R U M.
Confe£Iuin a deputatione Tridentine Sy-
nodi R. P. F. Francifei Forsrii » OriL
Fratrum Pred. S. T. Profcflbris. A c-
jufdcm Depucationis Sccrcurii-
UM SanSd ttamunuA TfldeutU «4
Sytf»dMt ÙV roimììfus Addita #.t g4j
fjfcc « fecnuU fefioaU De- creio Jub
BeajlUimo Tio Qjfario Toni. Max.
txplicatj Ju» , c«i- fmffet » «r Tarrer
Ali^uct » ex ctmibui feri nstlonihuf
deU8i$ de Ubrorum etnfurif ^uld
Mutuendum tfjet » di/ij;e>ttcr coptaiiatus , in j^oniaw vero ìiuelli^ebAnt t propiere*
In alì^Uibui 'PrttLìiuus , oc loels haSenus
eum fndìcem rteeptum non tffe^ i^«odÌ»
eo ifuldam ìlbri prol/ibereatur t quorum
leOione viri da~ Bi pTivari
^magnoincommodo afficerniur » At- que
animo advtrttntts etMin» in eo effe non-
mUa forum expticati pafitUf qua interpreiO' tlone indl^eretìt j re, multum diuque
delibera' tionibur abitata, ac vÌtìs
etiam ex ornai no- tiene, Tixoitt^ica
facuìtatls fcìentifjimìs , in coafilium
adinbUìf » fuhieQoi Ryguiat compo-
ncndas ;ndir4rmr» ut quoad tjus fieri pofjtt, dìBorum homlnum eommodht &" Jìudiii
fai- i'4 vtrhaie, oc reli^icne,
frojpUeretur. Jllud i^itur in prtmìe aà
fervore oporiet, utumquamque peni
aipiìobeti literam , tret hobtre
ciajjet, Ja primA non tam libri, quòm
Ubrorum fcripiorct, eoiuaientier, qui
aut haraici, aut nota Ifartfit fnJpeBi
fuerunt ; horum enim Ca~ toìof^um fieri
i^riuìt., m omw ìmeUi^ant, eorum fcripta
, non edita folum , fed tdenda etìoM,
Orohibìta effe. Sed iitni etum
aifimadverrendna^» quod lieet muliì
pratcrtA fini , qui jufiiffmìs de cort-
fis in Imuic ilaffem refern pourani , Tairibus temoi non is fult animui , aut ad cerum
per- tÌKcbat ii|^ii«rj 0 ii » ut eot ad
unum ferquirCm nnt, fed Ut pene contenti
fuere, qui in mano Catalt^o dtftripti
funi, de aliìf veri ejufdem green'/
auBoribus , idem ab trèno- rìU, &
biquifitoribuf fiaiuendum effe exifli-
marmt. Ih fecundam Clafjm ron
auBortt , fed li- bri futa r fiati , qui
propier doBrinam quòm tontlnent, non
fanam, aut fufpeBatu , aut qua
tffenfionem etltm in morìbut untum fideiimit aficrre potefi , re/ieiuttur , etiam fi
auBorts , a quìbut prodiere ^ ab
Eetìefia Tjaiquam de- feherunt Tenia vero & ultima claffis, eot llbrot compleBìiur, qui fine fertpiopt nomine
exìe- ruttt la vulpts , & tam
doBrlnam emtlnent , quam H^ntana
£eelefia tzmquam eathoUea fi- del , aut
morum IntexTÌtail contrariam , rtfi^
tanibm ae repci/endraii effe defrrrtif . >(on enlni om^es llbrot , qui Komen
auBo- rjt nonpraferunt, damnandot
putarunt : quan- doquldem fapè virot
doBot , ae SanBos novi- niii » M Cbrlfiìana
quldem Ppfp, ex eorum vi- giliir DIgitized by Google PROHIBITORDM. 373 lìiiU etpent » ^ ivr^ ìnstiem rUm fvìiarau , ùkru ofnimoi /ine nemne
edi^ àlffe , ftd tos taravm » ftu ent
lujiiìdo prtvtm 1 «•w diibUm fidel
doSTtnamy /Ìi« BMnA*a fcr- uienfém
ecniìnpu • vero /mf hujnfmodl , aiit
tales omnino prohi- beneur,
AUorum. autem. bxreticorttni libri » qui
de religione quidem ex profeflb trapani » omnino damnancur . Qui vero de religione non crafUnr » a Thedogii catholicis, iulTu Epircopomm|_ & Inquifitorum exairinati» U approbari
» permitrunrur. Libri eriam cathoUcé confcripti» cani •b ini*» qui Qoftea in hxrcfìm lapH
Ainr» quaiD ab illis» qui poti lapfum ad
Eccle- uz gremium rediere» approbari a
faculca-. tc Theoiogica allcujus
UniverfiratU ca- cholics» vel ab.
Inquinrione generali» per«. mirti
poterunc. R E G U L A III. V Erfìone* fcriptonim.^iam EcdeHa-. Ricorum. quz haf^nui edita fune a damiutis Au^Voribu*, modo ni- hil conrra fanare do^rina cootineant » permiccunmr. Librornm autem vetcris teRamenri verr fìonet» viri* tantum doOis » Se pii*
Sudi- cio Epifeopi concedi poterunc;
modo hu» jui^mondi vcrilonibu* tamquam
elucidatici nibtt* vulgatx cdicionis» ad
intelligcndam facram Scripturam» non
autem tamquam (acro texcUf utanmr. Verfiones vero novi ceRamcnci , ab auOoribu* prime cladis huju* Indici* fa- neraini coneeJantur » quia utilità- ti* parum»periculi vero pluritnum lefto- ribn* ex earum lefUone manate folet. Si qui vero annorationcs cum huiuf* roodii^ qua permictunnir vernonibus» vet cum vulgata editione circumferunrur» ex pun^is loci* fafpcftì* a facultatc Theoio- gica alicujus Univerfitacis catMicc» auc Inquiruione generali tpcrmicti eifdempo- terunt » quih^ Se vcrnones. * Qu^ibu* conditionibus tocum volumen Bi« bliorum, quod vulgo fiiblia Vatabli
dici- tur , auc parte* eju*» concedi
viri* piis»& do£li* poterunc. Ex Bibfii* vero Ifidori Clarii Brixiant prologus & prologomeru przcidanrur
e- ju* vero cexrum» nemo tex. vulgata
edi-« ^ionis ciTc exiRimet. R E G U L A IV. C Um expcrimcnto maniféRnm fìr» (t Sacra Bibtia vulgari lingua , palÉm (ine diferimine pcrmittaniur» plut inde, ob hominum temerirarem» detri- menti qiiam ucilitatis otiri» hicin
parte jndicio Epifeopi » aut Inquifuoris
Recur » tic cum conltlio Parochi vel
Confedarii » fiibliorutn, acatbolicis
AuOonbus verfo- rum» leAionem in vulgari
lìngua ci* con- cedere poRìnt} quo*
inccllexerinr» ex hu. jufmodi lefiione
non damnum» fed (idei, acque pieracis
argumentum capere pofTe; quain
facnirarem in fcripti* habeant» Qui
amem» abfque cali facultate ea le- gete
» fen habere przrampferit» nifi pria*
Biblii* Ordinario redditi* » peccatorum ab- folutionem pcrcìpere non pofEc. Bibliopola veròqui prxdidam faculcarem non habenc » Bìblia idiomgte volgari
con- fcripra vendidèrint» vel alio
quovi* modo concerserint» librorum pretium»
in uTu* piosabEpifcopoconvcrtcndum,
amitrant; aliifqoe perni) prodeliAi
qualicace eiurdem Epifeopi arbitrio
fubìaccant. Rcgulare* vero » non nifi
facuirate 1 Prelaris fui habica» ea
iegere» aut eroe- (e pcdCnc. RE-
374 INDEX LIBRORUM R E G U L A
V, L ibri il!i} qui hcrcciconun
Auélonim opera, Imcrdum prodeuac , in
quibus nulla j lut pauca de Tuo
appoiiunc» icdaliorum
di£iacolligunc>cu/uraK)diruiic Lcxica
> Concordancix , Apophiegmara i Si->
railifudincit Indice», Se hujuftnodi , fi quz ne admixea, quzexpui^atione geam * illi», Epifeopi, &
Inquifitoris,una curo Theologorum
caibolicorum confilio ^bJacii»
eaMndaci», perraùrantur, R £ G U L A
VI, L ibri vulgati idiomare de
conrrover» fiiss inier carholicos , Se
bareticos noAri tempori», difiercmcf ,
non palGm i^rmìttancur , fed idem de iis
fer> veotur, quod de Bibliis vu^ari
lingua Jcrjptis , flatutam eft , Qui vero de ratione bend vivondi , comemplandi , confitendt , ac fimìlibus argumemis volgare r«m»onc confcripti iiiiu , fi fanam do^rinam coiuiiieanc , non cA cur prohibcantur , ficuc nec
lìcr- mone» populares, volgari lingua
babiti. Quod d ha£lemi» , inaliquo
regno, vel provincia , aliqnt libri funt
prohibiri , 2 'iiod ivooQuUa
coiuùterentiqua fine dcle> ;u ab
omnibo» legi non expediat , fico, fum
aufloret cacKolici fum poAquam cmm Chiroman-
tix, Necromantir, five in quibus concia,
nentur fonikgia , veneficia , at^ria »
auTpicia , incantariooe» arti» magicz ,
prorfus rejiciantur. Epifeopi
vero , diligcnccr provideant, nc
AArologix /udkiaric libri, trapani», in-
dice» Icgantur, vel habeantur, qui de fu- turi» concingencibus , fucceffibus ,
fortui- cifve cafibus , aut iis
afiionibus quz ab humaiu vohintate
pendenc, cerco aliquid evcnn irum
affirmare audene . Permiiruorur auccm
judicia Se natura- ks obrervationes ,
quz navigationes , agri- colturz, five
medicz artis juvandz gra- cia,
confcripea fune. REGOLA X. I N libronim, aliammve fcripnirarum , imprefilo nefervetur, quod in Coucì- lio Lateranenfi fub Leone X. feffione decima Ratutum eft, Qgasè fi in alma urbe Roma , liber aliqui» fic imprimcndm » per Vicarium Sununi Pont, de {acri Paiatti
Magifiruin, vel perfonas a SerenifiCmo
Dominio No* Aro deputaiula», prius
cxamincntuF . In alii» vero locis ad
Epifeopum, vel aliiim habentem fcicntiam
libri , vel feri* prurz impriinendz , ab
eodem Epifeopo de- pucartdum, ac
Inquifiiorem hzrcticz pra* vitati», e;us
civitatis,veldÌGrccfis, ioqua iinpreflìo
fiet,e)usapprobacio, Se examen pertineat
, Se per eorum manum propria
rubfcriptione gratis, & fine dilatione im- ponendam, fub perni» , Se cenfuris in eo- dem decreto contenti», approbecur, hac lege, de conditiorte addita, ut
exempluas libri iraprimersdi
autheniicuai, de manu autori»
mbfcripaim, apud Examìnatorem
rcmaocat. Hot vcrò, qui
libellos.manDfcrìptos vol- gane, nifi
ante axaminati,probaiiquc fue- rint,
jirdemp^nitfubiicidebcrc )udicarunt
Patres depurati , quibus iniprclTorcs , & qui co» habuerinc , de Icgcrint , nifi
aurore» prodidcrint, prò aufloribus
habeantur. Ipfa vero huiufinodi
librorum ptobarlo in fcriptis detur lA
in fronte libri vcl feripei , xel
impreffi authcnticc appareat , proba-
tioque de examen, ac czteragratis nanr,
pQt DIgitized PROHIBITORUM. 375
Pmirct, in fiiagatis cfVitatibaB > le Ckteniin nomìtUt ctzm Hbronim «
^ur 4i«cefi&(tt4 doonuyvet
toei>,«bi an im* t Pasnbus «lepucac» porgati funt , tura pretfotiL termnir » 8c bìMìothcat 1ibr» maiur
defcripca» San£UiEmi Domiiu No- ie hcreeiÈfc
praricacis» oc nihM commi ftri. ìaiTa. tmdidit.. ■ ’ * quK pfoiUbaxur» ant imprioiacuri auc. Ad c
xa t ma re verò- oranibot fidbMm*
wdttnr» aòl hdieamr.. ■' prccipinir» ne qaìv aodeac eoocra hanim Oranea ««t6. librarìi » fle qucunqne 1 n>
Rcgnlamaó pm(crìptu{D« luchiijui Indie»
bcoQim. ecadéco res ^hab^c io 6iis bibiiou pn&biuoocm a. libro»
aliqoos legem » ibedi» ifidkxaadibaMnm
mp^um» aufbabere. . habenc» cum
Tnbiccipcìone di^bruen per- - H qni> - libro» kat«rieofumv v# Ibnarum, » aJip»viiproaL habeant » auc
oipiìvìi Au^r» feripea > ob h«rentai''>cl
vendanoli ib? qujCBAqole adbnecridaoci ob £alfi A»mii» rufpietonem
damnaca» line lieencia corundem depucandoram
» i^ue prohiDiéa, Inerir, live habucric»iU miniRri publici ejtlT'lo- ci»i predifì» peifonis fignsfieenr »
libro» 4 ^e addu£b».. - « ^ . Nono veto aadear • iifarara » qo^ jpft , «aitati» io cÌTÙateiB mtrodoxie» alwai lefeodutt tradem » mi aliqna fa» tiona atnaare » «ar commolam » nifi o» Aenfo pnnt libro » bi bab^ Ueaocia a hane
ìmpnfBonem » & edìtioneni de nòvo
pec&fiis depucandi» » ant -oifr nocoeid. trlbui ^culcaiem Epireopis»
veMnquifito* «oofiei »> librasi jam
c& otuùbux per- ribu»» toc Regutarium Sc^rìoribu^i con- tini ia caconunicacionis Iracenciam
iiw tiiKrac. ’ - Qui verò libro» > alio Domine intetdi- £lo»Wgecic » aut haboerìt, pretcr pecca- ti morrai» rea tura quo aftcituri
/ndicio Epifcoponim fcvcrd puuiantr. OBSER. VAt IO. Ckra qmtrtam - 1 . ■ — ■
A NImadVertendtim eft «Irta fapraraw
pcamqdattain r^hiiD Indici» felic.^
recòrd/ Pii Pape XV. nulfam per
mefiurn • ideici qooqne (ervetur
» sd Ksrediba» ». le eicèquiicoribui
oldmaniin vt^uwaioro» m libro* a
defooftì» rolidh»» firo corub
iodicea>»ìllia peiWi» dqpgcanditoéGmnc • & ab ii» lieeMiam obcìneaoc »
prìorqnaa ei» ucasuur » aot in alias
perfonat qu^ cuDqoe rariooe eos
traufiecaor. cedendi nbenciam emendi »
iegendi t àul retinendr fiibliavulgari
lingua mira «cura ha£lenot mandato, le
nfu Sanf^e Roma- ne le univerfali»
loqui/ìcionis fublaca ei» fiierìc
fiicaicas oeocedendìluilDfmódilicen-
tias l^endi» vcl rctinendi fiibìlia vtilga- ria» auc aliai (acre Scriptnrc cara i^vi qndm veteri» tcRamcnti parte» qoaviaVdl- Jn hi» a^fo oranibui» le fiagul»» pf- ^ri
lingua edia»; ac infopcr ruraraaifa sa
ftaraaror» vel amiffianù Ubr^iBiVei le compendia eciam hiAoriea coruodcra alia. arbirrìA corudera £pi£ooponira» vd
Bibliorum^ feu librortuo (Kie fcripcnrci
Inquifitoram» proqoalitatq «oocnniaels». quocuoque vulvari idiocoace
conlcripu c vel dclidi-. * quod quidem
inviolati (ervandam eA. Circa verd
libros» qooi ^tma deputa» -ti. aut
examraanmr. aui expo^runc » Crrni. «nmm
auc eirptireando» cradideriioc « ant cerei» _ condittonwoi.ocntrfa» excudueneirtcofi-
^^Trci Rmdam ìx. aiddem Xndicti »
ccfi*e^t» mìdcpiid ilio» Aatmiiflé confti- 1. abEpifropt»,
IclaquificoribusChri- cerit y cara
bibliopolc » quim. esteri ob^ fiifi^le» fedulò adinonendi fune » £rrveiit. quòd in legente»* auc rerineote»
concra Liberum taraen fic Epiicopii*
aot tiv r^Iam banc» libros huiufooodi Aftrolo-
quifitoribus generalìbu» » fecnidum &cui- gis |odiciarÌs
divinarionum le fortìfegio. tatem quam
hatency eosecUm libroiyqut rum» rercmiqtte aliaramin eadem Reguia hi» Regulis perroitti videiirur » prt^ibcre»
«xprefiaruaiy procedi poteft, non raodò
fi hoc in fui» tvffi» aut proviociit» vcl per ìpfos EptTcopoiy A
Ordinariosi fed dioNcfibus expeiure
iròicaverine . eciam per Inquificores loconim ex conAi- tutio-
9 Digitized by Google 37« INDEX UBRORUM tutioM feU ree* |jxti Pap» C^mn con- tea .exercentes A(bplogÌx judicùrùe ar- tem* & alia qocnwtpic «livuutioattm ge- nera » UbroCque de cn kgences t ac
ceoen- t«s» protnulgaeat Tub Damai Roniz
aptid &an£^un Pcfmm I anno.
locamationixDo^ ininicz M. D.JkXXXV^
Noni». Jannarii » Pc«(ilkatu« (lù
aDi¥> primo t Px Ttéhi^ k &
lìkth Uthémm , Q Uimvìs in tenia c1a0é
lodkiia p*v» di^i Pii ffapz IV. Itfb
licera Thabmid Hcbwocuia » epiTigue gioite k anoocatiojies i iacarpMUtioacs
» £c cxpofiiiooes. onmes pmlubnitmr i
^ quòd Q abTque ooaiiiie Thilaisd g
& ne iDjuriis , Oc calumniis in
Religiooem ChriftiaDam abquaodo
prodiiiTena * lOk- xareiuur: quia tamen
Saa£Uil$iniu Domi- 90S NolUr Domiqp*^
Clemens FapaVlIL Mr Tuam eoaRitutìoneio
concra inapia uripea & libro»
Hebrroram » fub Datum Rorpe * 0 ^
Sartfbiux Paniai anno Incar- sacioais
Doffiiniac M.D.LXXXU. prbtie Kal. Marcii
Pontificar, fui , anno lecun-
licioQÌb«s. pcnaicegp- » auc
co^randi i fed ^ialicer & ex* prefie
Aacqic Oc vuki u; ^/uf^niodi impti
ThaUnpdici , CabalilUci ,, aliiqpe ne4im. Hcbrsonim libri omnino Canati Aepro- bibiti manche & ^nfcaocnr f ^tqoe fo* per eis > de. ali/T librii hujufiooìU >
pr»- 4iAa cooAicutia perpetua j Oc
iqTÌpUbi:^ U(ce Qbfcrvcrar., ^ lUfn
A d bee (citnt Epifeopit OrdiBOni».
& lj>qwiricore» locorom 1 libmna
Magazor HebraeormB t qui eoocU
net pariem oUcioram, fic ocrimoniamm.
ipforum t 6c ^ynag^z * Luficaoica > Hi* ipanica t Gallica » Germanica > Italica
». auc quavù alia rulgari lingua i prater- quam Hebraca » edimm * iamdiii ex fpe- (iali decreto, racionabilirer,
prohibìtum c(Te. Idcirco provideanc
illuni nuMarenns pennitri auc tederari
debesEL > oiR Hq- braica lingua
pr«U{^a. De iihrìs Jeewy/ 3edùu. C Um in Appendice » fecundz clafEl iub lirera L dicami ( Joaqoit Bo* (lini Andegavenfit DcmocKimania omnino prohibeenr» liber ueiò de Repo* blica » Oc Methodus ad £icikm HiRoria- ram cognttiooem tamdib prohibói fint* qaotdque ab AufVore expurgata » com approMtione Magifiri (acri Palaiii prò* ^riot • X Id widem per eirocem forcaf* fe librani fauum credicnr r nam liber de RepuUica einfdena JoacnÌB Bodini • primùm die xv. Mentii Odcb*M.DJfCII« detnde liber Demonomanùt dio priioo Menfit Septembris. M> D. XCIV* eo* dem Sao£lUSmo Domino onftroPapa firn* ^iciter damnati funcf ac proiode ueerque daiimanu Oc probihitai aideodm cft* INSTRUCTIO,
Eomm» qui librii turo prohibeodùi com
expurgandis> turo eciaro iropriroendisa diligcntiam» ac fidcleiQ ( ut par eft 2. operam fune daturi« A P fHà CéiMkit canfenmomm t nm fmtt « fai MMM ex jm ectJtit !/•% Ont dxmau USìtaU iu t n ( fited Jadite , per Patttr a fOicMii T^Uemàu Sponde dUeSot^ fréuìpai Jrnrìnm (fl tufi iiiui etiém
ra* veuur • M vai iiém deene poiiidair
IHrrì't vd fm^ olii emetxmt t &
pn^mtir • mù iaeuutMt fideiium^mmtes
«ante vateca u^cÙBtet • iiifiu , ét
«erica dcMorùiee de* jxi/iidwaiaxt
_i (A ^rfm , fuìemtpie pefi hit fìu
vetem, fot naeù Uhi edmur » MÒm m*xlmi
furi « ^ MB À «r pta «( pdmi , ^oaai qoa
ad 9 um ftrUmt hemumìaaii extfioMt i
foad efiva ma i wnm Ubnrim imndì^ouem •
ad 40/ fmùtu aèoieuio/t um ab Epifeapùi
^ jifiq^tMciio/ i fodoi a camli » «nenon
ad ti tu MaeUfia pei fiudum miere % ^
enfia* rito/ perdi ; preperr e« fna
TVidexlMenoie ‘PornoM ^oùr jMpraMSù *
decreta fmt ) ftiUUa miluM exigat ,
(ofuJbits i^/ra fcfh di t dUìgeutim
jbwùor » tifdemw JtamtW t M «Miiae io
«nf ak Ufidem /rtftV » &
lu^tfitcìribtu , aliìf^ i o» pM)tr- Not
f tu loaienww. ii&rorna» ÌN/exdifi>eoe » & éboÙtme • tm a CcnrefieriW c InJev weric
publi- cants ) eocum juriCiifìionì
(ubje- f ad ipfoi defcripca Angillatim
dc&- renc noaiuia librorum omnium
iTugu- lumm > spui (c in codcm
Indice prokibitos» qniique
rcperiet« Ad hujuimodi vero libros fic
lignifi- candos » infri certujn cempus
ab Epifco» pOi
vcllnquifìtoreprxrcribcndunii omnes
cuiiifcunque gradua» &condicionìs excite- rinc > fub gravi porua » corun)
arbtcrant inAIgenda» tcneancnr. Homx vero hac omnia certo a &• piopo> ficis edi4tii » prafcriberulo tempore »
prz- ilari curabic Sacri Palaci i
MagiAer^ S. 11. S I qui crune * qui libnun unum * aut plorer » ex prohibids!» qui ad prx- fenpeum Regulanim pennini poAunc » certa aJiqua ex cau£a poteAatem Abì re- tincndii aur legendi &ri» anc&
expurga- tionem defiJereoc t concedendz
faojutis extra Urbem » cric pcndr
Epifeopam » atic Inquifiiorena# Romei
penés ^cri Paiaca. Qju quidem >. gratis eam » & foripco
naa- iw liu lubAgnaco uibuent » de
triennio in triennìum renovaniatsi ea in
primis adhi- bicaconrideratioae» ut
noonifi viris dignìs» tc piccare » 8t
do£Vrina confpicuis » cuna de* le£iu (
ejufmodi licenriam largiantur » iii
aiKom in primis, quorum Audia, militaci
pubUcx» &(anéW Cackolicx EcclcA* ufuè cAe, compercura hahuerins. Q^i inrer l^ndum > quaecvnqne repe* rerinc ani>rcdvcr(;one digna , nocads
ca> piiibi:, Afbliis, AgniAcare
Epifeopo , vel InquiAtori
tencanrur. IL IH- I LIud etiam Catholirx fidet confervan* Jz neceflìcas extra Italiani, maximè cùm ab Epifeopts, & Inquintoribus, cùm a publicisUniverAtaribus, Omni
do> £Vrinx laude AorentibuspoAulat»
uceorutn librorum Indicem connei , &
publicari curcnt; qui percorum regna ,
acque pro- vincias » harctica labe , ac
bonis motibui concrarii vaganiur » Ave
ÌIU J iroprta nacionit» Ave aliena
lingua con- cripti fuerinr. Utque ab corum leflione , feu reren- tione » ceciis poenis » ab eifdeni
EpifcO> pi$ , dt InqtùAioribus
propoAds » eorun- dem regnoruia » gc
provindaruoi homi» nca , arceanc . Tom ik
Ad qttod exequendum, ApoAolicc Se-
dif Niinriì » & Legati extra Italtam » cordem Epifeopos » Inquìtìcores , he UnW verArates» feduJò excitare debebnnc. 1 IV»
1 Idem ApoAoIici extra ItaliamNuncii A-
ve Legali » ncc non in Italia Epifeopi,
he InquiAcores, cani curatn furcipientaic Angulisannis, cacalogum diligencer
colle- £lum librorum in iuis partibus
impreAb- nim, qui aur prohibici Am!, aut
expurga* tione indigeant , ad fao^m
Sedere Apo* Aolicam, vcl Congregatìonem
iDdicii, ab illa depucatam» cnn^ictaoc
■ s. V. E Pifeopi , he Inquiiicores , feu ab
iif- dem fubdelegaci » he depuucj ,
tam io Italia, quitti extra, pends
fé habeaut AnguJarum nationure
Indices,ut librorum, qui ap^ tUas
damnati, ac prò* hibiti fune •
ct^nitioncra babcnces , raci« litts
profpiccre poflìnt, an cciaoi , a Aiz
>utildi£liuQÌ& terris « eofdere recognitos , arcere, vel retincre debeanc* S. VI.
1 M UDiverfuiD aurerede tnalis , &per- nicioAs librts id declararur , acque Atrairur, uc qui certa aliqita lingua initio edili , ac deinde prohibici , ac
da- mnati a Sede ApoAohea fune i
eofdem quoque, io. quarecunque poAea
txrtamur linguam» ccnieri, ab cadere
Sede , ubi- geaeium , fub. eifcleoi
poenis interdi- , he damoatos*^ DE CORRECTIDNE LIBRORUM.. S- L
H Abeant Epiicopt , & InquiAcores
con;unLlim facultatem quofeun-
que libros, ;uxta przfcrìpcum hu*
jus Indicts , expurgandi , eciam in Jocis cxenipcis , de nullius, ubi vero. nuUi
fune InquiAcores, Epifeopi foli*. Librorum verò expurgatio, nonniA vi- ris eruditione, he piente inAeiiibus
com* mittacur, iìque Ant tres, niA forté
con- Aderaro. genere libri , aut
eruditione co* rum , qui ad‘ id
dfligcncur , plurcs , vel pauciores
ksdicentur cxpedtrc . Ubi emendacio
conferà cric , notacis capicibns,
paragraphis , he foli» , manu illìus ,
vel illoruru, qui expuigaverinc ,
fubfcripca, reddatur , eifdem Epifet^is , & loquìAtoribus , ut przfertur t qui A etnendacionem af^robaverioc , cune iibet pertniccacur. fbb s-n.. 378
INDEX LIBRORUM : s- u. Q ui ncgotiitm. fiifeeperit corrigendi ac. ^
moia », flcaicemé. norare deber» non
Colum» que in curfu opcris» manifeftd k
otferunr » Ted » Ci qtuc in IchoIiLs ». in rtrnnni- tii4 », in (nar^inidut >Jn indicibiu
librorufn » in prdacioQibus»
aut.epHlolisdedicatoriis» unquim in
inftdm».dcliterctinr.. ~ aurem
correflione » aroue txpur^ gacìonc
indigene. » ferd hxc fune , qux
iequunrar^ PropoHrionef
hxreticx». erronex-» hxre« firn,
fapiences » fcandaloTx », pianim aurium
odénfìvx».rerDerarix» & rchifmaci» > tliciorx» biafpheinx^ Qtó centra Sacramcncoruni ritus , & cxrcmòniaf » coorrac^uc recepnim ufiim » flb cofiruecudinem Tan^be Komanz Ecde- lix».novitatem aiiqnam indnettnt . Profattx eciam novitates vocum abhx-. rccicis exeogitatx j, ic ad falicndum
in», uoduflz Verba dubia & ambigua » gux
legcntiiim animo$».a rc£Io» eatholicoque
feniu>» ad nciarias opinioncs
adducerc poiTunt*. Verba Sacrx Scripturx
, non fùfelirer pro- iara » vcl d pravisrizretieoruinvcrrionibus. deprompta » nifi forte aflcrcnmr » ad
eofdem hxrccicos irnpiigiundot , de
proprtis. celia, jugulandos» de convincendoti Expungi etiam oporrcc vcrba.Scnpturx Sacrx , quxeunque ad profannm ufum
ienpiè accormnoiantur »’ rum qux ad
fcnfnn) detor- . queneur abhorrenrem a
CathoUcorum Pa» trutn» atquc Dofioruin
nnaninii fenccn-. tia .. Ircmquc epithera Konorìfìca» Si omnìx in laudcm hxrcticorum » dcleatitur.. Ad hxc re/iciuntar omnia» qux fupcrflU tioncf * fortiicgia ». aedìvinatiooes
Capiunt. Item quxeunque faco^» auc
fallacibus lì- gntv»- auc echn l'ex
fonuRx, haitiani acbicrii libertatem
fub/iciunr» oblirercnnir.. Ea quoque
aboleamur » qux paganif- mum redoJcnc
•' itemqux famx proxiiQonim , &
przfer* tim eccleiiaAtconim» de
Prìncipum detra- hunt > booifqiic
morjhps de ChriAianx di> fciplinz
fune contraria » expui^cmur Expurgandx
funt etiam prop^icioncf » qux lune
ccmtra libercacem » immunita- tem» de
jurildiflionem Hcclcfìafticam . Irem
qux ex gemiiium placitis » mo- ribus »
cxcmpli» t}Tain)icam policiam fo- veoc»
de quam falco vocanr rationemfta- tui
> ab Evangelica »- & Chriiliana Icge
abhorrcntem inducunr» delcancur»
Explodantur exempta » qux Bccleiia-
fìicos rìtus». religiofomm ordines » fta> rum » digniutem » ac perfonai ixdunc Se violane..
Facccix etiam , auc difteria in per-
nictem»auc f^xiudicium famx, de exifti.
macionis .aliorum ja£Uca» repudientur.
DcniqtK lafciva» quxbnnot raorescor>
rumpere poHant > ddcaniur..
Et fi qux obfccna imarinc» , pf.vii^is
libri expurgandit iniprcfTx» auc
extenc » eciam in liceris grandi •
quas inirio lìbrorum , vclcapicum impri-
mi morii. efii hujus geoeris oiania pcni« tuf obliterentur^ S. in.
r i libris autem catholtconim recentio.
rum» quodpoftannum Cheifiianz Ca«
lutii. M. D.. XV..ooiilcrip s-
ly- I N libris autem catholicomm,
vetertmi mhii mutare fas fic» nifi» ubi
auc - fraude bxreticorum » auc
typographt in caria» laanifeftus errar
irreplcrii. Si quid autem majoris
momenti» Se animadverfiooc dignum
occurrcrit» liceac in novis cditionibus
». vcl ad margincs» vei in fcholiis
adnocare; ea m primis adhibica.
dili^entia» an ex do^Irjru» lo» ciique
collaris» ejufdein aufloris rcntcntìa
difficilior illufirari» ac mens ejus planiut. expticari 'pofièt .. 5.V..
P pfiquam codex expurgatorius con»
«fefrus erit, ac mandacoEpifcopi.de
Inquificoris imprclTus ; qui libros
cxpurgandoihabcbunc» potcrtinr de corun-
dem Itcencia juxta formain in codice cra- diraiD eos corrigere» ac purgare.. DE IMPRESSIONE lìbrorum*.
5- L N t.Mlus libcr in pofiemm
excudarur» qu)
noninfronten»nomcn»cr^no> men, Se
pacriam prxferac Auéìoris. Qiiòd fi de
aufìore non confiec» aut jufiam aliquam
ob caufam » tacito e;us nomine»
Epifeopo» Se Inquifirori Uber edi pofTe
viJcacur» nomea iliius ononino
defenbatur » qui libnim exaroinaveric »
arque approbaveric. In hit verò
generibus librorum» qui ex vacionim
frriptorum di£Iis » aut e» zcmplis» auc
vocibus » compilali folcnc» is Diglllzad by Google PROHIBITORUM. 379 is ^ui laborem coHigendl» &
compilaQdi rufceperic» pra auf^ore
habcatur*. R EguIvc^t preter Epilcopj,
^ Irv qui/ìtoris licentiamCde
quaregula (Kcinu dìàum cft )
meiniaerinc» ceneri k (acri Conciliì
Tridencini decreto* opcris in Incem
eiendì faculcaccoi * aPra^- lato cui
fubiacent, obrinere. Utramque ^em concefiCooem > que appareac* ad principiqui operiti Etcianc •
S III. C Urent^pifeopi* &
Inqui(3tores* p3> nis etiam
propoHci^* ne impreiTo riam arrem
excrceiu«s*obrccnas iro^* gioet ,
tarperve * etiam in grandìufcuUs literii
imprimiconfuetat * in librorutodc-
ìnctpf impreiCone apponanr. Ad
libros vero» qui de rebus eccledafti*
cis I auc (pìriciulibus couferipei fune* ne charaderibus grandioribus utafimr « in quibcu exprei^ appareat aUaijut rei prò- phans, nedara rurpis obfcena fpecies. Qui etiam invigilabunt furafflofarp.ut ^ (inguldenm impreffione librorum >
no> 9 K 0 lmprc(Toris* locui
icnprefConia* 6c annui* quo liber
imptelTus e(^* in prin- cipio e)a$ *
acque in iìne anno retar . s. IV, Q ui opcris alicu^ edicioftem inccfmm eins exemplar cxbibeac Epilmpo» vel Inquincori; id ubi feoo(novtrioc,probavcrintqoepcoes fe te- sineaai i qnod Roma qaidem in Archivio Magiftri (Icti Palatii* extra Urbem vero in mo idoneo* quem Epiicc^uts mk In» quifìtor ciprie* referveatar. Poftqnim aiwem liber impr^ns eci»* non liceat cuiqtiani veoakro in vulgua, proponete * auc quoquomodo publicare* anrequàm is* ad qnem hcccura pertinec» illuni cum manurcripto apud fe rereneo » diligciucrcontuleric* Ucencìamqne ctveivt di» publicarique poffit* concelferir. Idque rum demum fiaciendum* cum ex- pIorMMu habebicur* sppoeraphum (ideli- Mr fe in fuo manece geiSnè « ncque ab exemphrì manoTcripco » vel minimum di- fcciSée «
Qpi contrafacere toTus (uerit, graviccr
& feverd puniacur. 5 .
V. C UrentEpifeopi*
atInqmncores«QUO- rum munerit cric
faculcatem libros imprifiiendi » concedere*
ut eis. c- xaminandts* fpe^Uaeptecatis*
& do^iqc viros adhibeanc* de
quorumfide« & inte- Xmw Ik grirarci (ibi polliccri ^anr; nihi!
eos gracia daruros* oihii ouio* fed omni
hu- mano afTe^ poUhabito * Dei dumraxac gloriam fpeAatuto&i ic fideU
popuIiaiiU- urem . Talmm antem vironim approbacio » una cum iicentia Epifctqpi, &
Jnquifito* rìs» ance initium opcris*
imprimatur, s. VI. T Ypogtaphi, 6c BibKojioln » coram Hpifcopo* auc Inqui (icore* 6c Ilo- ma, coram Magi(tro Sacri Palarii * jurc/urando fpondeanc* fc munus fnum * cachohcè , (Incerè * ac fidclicer
cxequuru- roS| hu)ufq(ie Indicis»
decrecis* ac regu- lis* Epifeoporumque*
ficlnquifìtorum edi- £lis, quatenus
corum artei attingunt, ob- temperaruros
, ncque ad fita anis minifte- rium
quemquam l'ciemer adiniduros» qui
barerica laM fìt inquinacus.
Quodd inter illos* inTignes, ae^ eroditi
nonnulli repertantur, 6dem etiam cachot-
licam, ;xta fbrmam a Pio IV. fcl. ree.
praferipeam* corundem Superioruoi arbi-
trio > pro(iccri tcneancur ..
S- VIL L iber an£loHs damnati,
qui ad praferU peum Regularnm expiiigari
permic- cicur* poftquam accurate
rec^nirus» de puigams , legitiméque
perroiflus lite- rit» u denuo ftt
imprimendus, praferat rinilo
inreripturonoroenau^ris* ^um no- ta
dampationis * ut qnamvis , quoad ahqoa
liber rteipi * audlor tamen repudiar! in- telligarur.
Inejufdcm quoque libri principio, rum
veteris prohibitionis * tum recencis emen- ditÌocHX*acperminionis mencio (ut *exem- pii gratia , Bibiiotheca a Courado Gef- nero Tigurino, damnato au^re, dim edita* ac prolubita* nunc jnlfii
Supcrio- rum expurgaca* & permida
. INDEX AUCTORUM
ET EIBRORUM PROHIBITORUM. AUCTORES PRIM>£ CLASStS. A A
Bydentts Corallus* alias Huldricut
Huttenm , AcJuUes Pyrminius
Gadarus.* Bbb i AdoI- 380 INDEX LIBRORUM Adolphns Clarembach . Aibercut Bran CaroIoAadius.'’ Andreas Cratauder. ^ Andréas Dieihcrus.- Andreas Fabritios» Chemniccnits.- Andrcas Fricius , Modrevius . Andreas Hyperius. Andreas Knopen . Andreas Miifailits. Andreas Ofiander. > Andreas Poach • Angelus Odonns.’* Anronias Alieust vcl Halieus. Antohùis Anglus • au^or libri tU orìgine Antonius Bruccfolus, » ■ Antonius Corvini». ' Antonius Otho. Arccit» Felinus, & Marttnus Buceni^ Antoldus Montami . Arfatius Schoflcr. Amints Briranmis.. Auguftinus Mainardus Pedemonfanus.- appendix.
r:.v| r*.v fi t icj-. A Bdias
Libcrinus * vel Liberinus.' ' Ahdias L •
^ . Abdiav Pratoritrt.*’-'*^
" Abrahamus a Munsholt,
Aniucrpienfis? Abrahatmts Mufculus. ■ .
^ Achatius Brandeburgenfìs. Adansus Hoppitis’; ~ Adamus Fafìoris.'- • ‘ Adaiuus Schmìdt. vcl Schuberts. AdaTfuis Sjbcnjs:-”'""~' ' Aciiiiliujn .portw, FMncjffi filius.* Albertus Htrdtfjt»bcyius.‘'‘ A Al^rtus I.yttichius. AJceus Antij^iusX) T D Ij ì. Alexander Novcllus. Alcian4« iFcOfa^. t -r T Apòftata iCTipm bnno '^'^41. Alexius Alcxa^tf l-ipfcofi?» . Alphonfus Còffaditis; vei Conradi»; Ainbrofiys Uhvu^i&r., Ambrofìus féiidcljins. Ainbtofìus VvolfiuSj Vcl Vvolfius. Andreas Cclichigs, , , AAdrcas Corvimis. ’ /^ Andreas Crithis, Polomjt. Andteas Ell^cri». ' ’ Andreas Freyhnb.- Andreas Fulda. Andreas de Gorlitz» ProfelTor
Liprenfìs* Andreas Gomitius. • Andreas Hondorffius . Andreas Jacobi Gojjingenlt. Andreas Krcuch. Andreas Lang. Andreas Muncems. Andreas Oiho, Hcrtzbergenfìs • Andreas Pancracius. Andreas Petrhis. Andreas Poucheraias. Andreas ScofRus, vcl Scoppius* Andreas Volanns. ^ Andreas SKcvvc. ^ Antonius Ccvalterins» Antonius Cooke. Ancmiius Corramis. Anttwius Fayus. Antonius Gelbiu»* Linconicn/ìi.' Antonius Herfortus. ' Antonius Mocherus. Antonius Pafquius. Antonius Probus. Antonius Sadecl. Antoniin Schoms» Anglos. Antonius Palcarius. Augnftinus Marloratnr* Cetcrorum AuftorunXr-'^ Libri prohibtiii ' * ) Auguftinl de Roma Naaarc.. ) ni Epifeopi , traiUtui de ) - facramenco Divinitau* Jc-i) fu Chrifti, 3c Ecclcfir; ) Donce’; item rraflatus' dc Chrifto ) cxpufge»^ ■'capire» & c^usùulico priiH >
tur cipatu : ) ''Itern tradlanis de charitatè Chifti» circa elcfìos,- ) ‘ A de e)us infinito amore. ) ' A P^P H Di 3C- -, 1
I>fiartiBar)andi; libcr fcteéUsTJnJ
dam Bpiftotas EraTmi Rotcrodat
concinciu. ■ Alber- Digilized by Google PROHIBITORUM.' 381 Alberti Artfcntinenfii ) Cronichon,edkioBaJiieeiu ) (is. )
Alberti Krantii Hareborgen» )
Nifioorrì- /i* ) gantur . HiAori», Au Cbroni» ) edicz Franconfurci . ) Alphonft ErtAt^d», xlcfenfio|>ro Erafmo
1 conrra Eduardum Lzum, &contra
U> niref’fitatem Parifrenfcm . f Amati Liifìtani Centurixi donec e«{»u|- gentuf .
Ambrofii Carharinì Politi > quxArotìe> duz, deverbis, quibusChriftusfanOKfi- mum Eochariftiz Sacnmenrumeonfécit. Afvlrcz Corri, libcr de Chyromantia. Andrcz Mafìì, Comcntaria , fupcr Jofuc, □fqtie emendentur. Annali gcnth Silcfiz, )oachimo Curco aurore «
AnnotatiorK^ fupcr Inftir. Joannis Schc-
ncKdfvuini ,nift cmciuientur*
Antiochi Tiberttj libcr de Chyromantia.
Anronii Bonhmi , Commentarla de pudin;
A Cca Noribergz ., vìddicec» OHaiv.
drifmu». Ada Synodi
ìkmenAv. Adionc» dtix Sccrctarii
Ponrificu. Admonitio MiniArorutn verbi
Argemi- nenCdiD • ' i > Aenuitatis difeuf^o, fupcr (^onAlìo
delc- dorum Cardinalium. - Alchimia Purgatorii. .--r Alchoranu» Francifeanorum . . Alchoranus Mahomcti , Bafiléz. imprcL Acnilcs cum ScholiiS} & impiit Annotacionibu», & Pncfatinntbui. Item in vulgati lingua, non nifi ex
con* ecAìone Inquilìrorum haberi polBr
. Alphaberum ChriAianum. Amica, &hnmilis, &: devota
admonitio. Anatomia cxcuAa Marpurgi ,
per Eucha- rium Ccrvicofnum • Anatomia della McAa. Annotaiione» in Ada
CoitciliiTridenrini. Annoratione» inChronica
Abbati» Urfpcr- genfis. Anonymi cniufdam, Libcr de Repugnantia Dodrinz ChriAianz. Apologia ConleAioni» AugnAanz. Apologia de Dodrini Vvaldenfimn . Apologia contra Henricuin Ducem. Apologia Grzeorum , de Igne Purgato- rii , &c. Argyrc^hylaci», fen Thefaurarii EpìAbli. Artiaili AnabatiAaruin Moravix. Arciculi AnabatiAarum Saxoniz. Articuli» a facuiratc Thcologica Parifienfi dcterininait , fupcr matcrii» Fide)
noArz hodie controver fi» , cnm
Antidoto, Ali- dore ut ereditar,
Calvino. Articuli novorum Vvonnatiz
EvangcIiAa- rum . Articuli quadraginta feptem » plebi» Francfofdicnfi» . AagufianzConfcAìonis Ecclèfiarum caufz, qiure ampicxz fine» & rctinendam du* cane fuam Dodrinaró *'*’“ ''* i .VI
A P P E N D I X. ' A Cadeniiarum
Lipfenfis, A Vvireber- genfi» , rcpctido
Ofthodoxz Con- f^cAioitt». j Ada, & Scripta Tbébfóem Vrirebt^ gcflfium A ParViaiWif'iCoftA'anrinr^h cani, D. Hieremiz, Aci quz de Angunina Confeflìoivùuerfemifcrunt i.Grzcd, A: Latine ab eifdem Thcologis edita» Adiones , A monumenta Martyrum co- rum, quia VViclcAb , & HuA. ad^ii Aram hanczcatcmrn Germania , G;d!lil, Britannia . & i^dcmumHilpania, ve- ricacem Evitn^rfeam , fanguìnc foo con- Aanter obfignaveotht . Agenda, feu forrbula; Officia Hx. rcticorum; quacunquC tiogiia confcripta- Analyfi» rcfolucio Dialcdica , quaiuor
Li. bronim InAitutionum
IibpcriaUum. Annatz
TaxationeiEcclefiarum , & Mona-
Acriomm , per imiverfum Orbcm , ab
Hzreticis depravatz. , ;nris ,
quòd In approbandi» Pontificìbits
Imperatori» habenc. Apologia Anglicana ,
feu Ecclefiz Angli* canz, five Apologia
Anglorum* ' Apo* 38 X INDEX LIBRORUM; . Apologia Catholica » advcrfi^s IribelK^
» declaration'S)
&cOQruUatiof>e■ minus Fratcì
unicus Regìa » vixa fui^ fhta eft 1 per
E. D. L. L C. Parifica > 4pud
Jacobiim Peciichov. i5S 9 c PatrecK
nia diverforuni Au^orum » intcr quoa
cR unus Philippus Melanchthoo.
AUCTORES PRIMAE CtASS^S, B B àlcbalar Hiebnaa)er« BalthaCir Pacìrpootami). Laptifta Lardcrmiut. Bartholonazua Bernardi . Ba^tholomxus Conformi i^aribolonifut Roiinua, ÈartholQmzui Vvcfthcroerus. Baltliat Groeningenlia aliai Vvcffelut, Balìlips Joannes Heroiet Acropoiica^ Bciiedi^us MorgenRcrn* Bcnedi£Iu$ Schurmeginus » Bcrengariiu Diaconua Andegnavenns. Bemardinus Ochinus t vcl Onichipm , ScncnHiv
Bcrn^rdos Rotmanua* Rernardus
Zieglerus. Bertholdus HaUerua^ Bilibaldua Pirkaymerua. EUkaQi» TheobaldiKv Blaurcfu» An^rofuu.. Bocerus Martiom- ’*■ Bullingerus Uenricua. Bu^genhagiua Porucranna y feti Joanock BH^n£|cuvius. Bemandus Loquam* Baquimn Pernii. Brentiniu» vei Proncia». Bruno Qpinos * Builingaiims Anglus«. Certorum Auftorum Libri prohibiti, B Aptiftx CreroenGs opeca omfiU t quatndip emcQdata« non prodierinc^ Banholomxi Janoeit de Advencu An- tichriRi .
Beati Rhenani Scolia in Tertnllianuin .
Benonis Liber» de Vita Hildebrandi.
Bctcrami Liberi qui inicribitur dq Cor*
pore, A Santino Chrifti..
Boccacii Decade! five Novella c«niiD>
quamdiu expuigatx non prodierinc .
fininonis Heidclii QMrBtrdràfìs $ Pocnaa* cum Libri fepceio,. appendi»..
B Artbolomxi Canfxi opera omnia.
Barcholomxi Caran» , MirandetK
dti Catheehifmui . Bartholoroxi
Coclitis Anaftadt * Chyro* mamixi &
Phyfiooomix. Bar(holomci FerraricodSi
de Chrifto Je, fu abrcoodiio « Libri fcx
quoofqoe ex-* pureeocar. Beati Bhetunì Epiftola t de Primaca Pe- cri ubicunouereperiauir» five feorfum» five libro decimo Opcris ad Fridericum, Naufearo ..
Bcmamin Cantabri* kinerartum*
Bcrhardi Lotii Hadanurii * feu Cerardi
Lorichii AJamarii • Col!c£Iio trium Li^
bronim RaceourìonumBrnnonis Scillif
de Mi(Ta publica prorogtnda. Bcrrurdini Telelìi i. de Na.
) cura retum^ ) Itcm de fomno. ) Donecept. item quod animai Univer- ) purgennir. film ab iTpica animx fub- ) Aantia gubcrnarur. ) Bemardini Tomicani t Bxpofitio in Mar- tlurum ..
Bononia , five de Lìbris facris coover^p^ di* 1 in Vcmaculam Linguatn » Ubij. duo 1
Aii^^orc Friderico Furio Cario- lane
Valentino. Inqcrtorum Au^ìorum. Libri pnhibiti. Elial» five de Confolacione Peccalo* rum.
Beneficmm CbriAi.' Ber- Digitized by Google PROHIBITORUM. 383 Bemcn/t5. DiTpuratio*. Bcmenfii.Keformacio conrra Minam.. Brevji , Se compendiosa lollruAio de Religione ChriAiana. Brevis, TraOatus ad omnes in ChriAia- nam libercaeera. malevolo!. . \ Brevi! PaAonim. Jfagogz. A P P E. N D I X. B ^.(ilien(iam MiniAroruro refponTio.t. scontra Millam. Biblia Hzrecicoram , opera ). impreifa , vel eomnÌJcro ) Annotationibus * Argu. ) mentis» SummariÌs,Scho- ) liis» & Indicibus referta» ) omnino prohibenrur. ) Bibliocheca ConAancinopoH-, ) tana. )
Biblioibeca Sanflorum Pa- ) trum.
Farifiisedita» Se per ). Margarinum de
la Bignè in ) Donec ex* unum coUcfla . )
purgentur. Biblioiheca Srudii Thoolo-
) ChriAophorus Hoflmano . ChriAophorus Mclhoverus. ChriApphorus Rheiter* ChriAophonis Trafibulus. Claudiu! Scnarclamus. Claudius Taurinenfìs» ^ fettffa de ìum» ginìbur .
Clemens Maror* Conradus
Claiiferm . Conradus Cordarus. Conradus Dafypodiin. CcMiradus Gemems. Conradus C (bel us > vel Crebellit» Tigu- rinus.
Conradus Lagus. Conradus
Lycofthenes. Conradus Pcllicanus# Conradus Perca • Conradus SchrecK. ^ Conradns Somius. Conradus Trewe de Fridesleren.. Comelius Agrippa* Craco Miiius. Cyprianus Lcovicius. gici»expperibu5SS.Hiero- ) nymi » AuguAini , A re- > r liquorumconA£Iai vel Sub >. , * alio.Ticulo* ) Bibliocheca Studii Theologi- ) ci,ex p.lerirqjDo£ioruinPri- ) fei fzcuU monumemis col- ) leOaiapud JoaanemCrifpi- ) num» Au alibi impreifa. ) Bnicum Fulmen Papz XìAì Quinci , ad- verfus Henricum , Rcgem Navarrz , & Henricum Bortenium » Principem Condenfem » una cum proceAatiooe ronlciplicis nuUicatis* AUCT.ORES PRIMAE CLASSIS., C C
\ElÌus Horatius Curio. Cztius Secundus Curio. Calvinos.
Capito Vuolphanghus Fabcicius*.
CaroloAadtus*. Carolus Molinzus. Cafpar Cniciger. Calpar Pcucerus» BudilGnos.. Caiparus Taubcrus. Caflatsde.' Brugeniis. Carieus Cc^dìus*. .ChriAianus Bcycr.
ChriAianus Locichins Hdfus.
ChriRophorus Clarius.
ChriAophorus Cornems ex Fagit*.
ChriAophoru! Frofcovenis.
ChriAophorus Hegendorphinas.
APPENDI X. C Arlus
ChriAo{^K>rus Be/erus. Carohis
Joovileus. Carolus Vvrenhovius. Cafiiodorut Kein\ius. ChriAianus Granimdr. ChrìRianus Hcfiìandcr. ChriAophorus Fifcher* vel Fifehems* ChriAophorus Godmannus. Chriilophoms Imlerus. ChriAophorus Ireyns Paifavienlls . ChriAophorus LalTus. ChriAophorus MarAallcr. ChriAophorus MoIhufenAs. ChriAophorus Obenhemus . ChriAophorus Ohenhin , Ochingenlìs . ChriAophorus PezcUus. ChriAophorus Ricardus. ChriAophorus, Spamgenbergius • ChiiAophonis Scolberg. ChriAophorus Stymmelius. Churrcrus Cpnradus . Clemens Schuberui. Ciementius Gulhielmus» Conradus Badius. Conradus Churrcrus . Conradus Brcberus. Conradus Hcrsbachjus*. Cooradui Laurcnbacl^» vel Lutenbac. Conradus MerchKalinus . Conradus Neander BergenAs . Conradus Porca. Cooradus Ulmerus. Cooradus VVolA. Piacz. Con*
384 INDEX LIBRORUM;
Conflancinus de la Fuontc» Hif|ianus^
Copics Balrha£ar. Coranos Antoniiis* Cyriacus Spanigcnbergius* Ccrtorum Auftorum, Libri prohibiù. C Aptìccì del Bonajo, Joannit Bapti-, 1^ Gclliii qiurodia emendatus noQ prodicrit»
C^aucDani Hliafpachii, de Tabemh Mon-
tanis» Chronologia, ex Sacris Litcris.
Cyri Theodori Padfomij.
Epigrimnjacav A P P E N D I Claudi! EImiiczI) Commen- ) taria, « cbHtinenria, 6c ) Nifi corri- in Epiftolam ad Timm . ) gantur. Cicmenris Scuberrì» Liber ) de Scn*puli$Chronologorum») Commcncaria Rabbi Salomoni?, A Chi» rni) & Rabbini Hierololyniitani) A nmiiium, fupcr Vecuj TcfUnjencum, tara fcrrpta Hcbraicè » qodtn Latiné translata, per Conradum, & Paulun) Fagiuin Hcreticos. Confilium Abbaiis Panorraitani proCon- cilto Bafileenfr. Con
De Subtiliute, ). De
ConTolatione* ) Nifi corri-»
Coromchtaria in Quadripar- ) gantur»
citura Ptolonutijde Cenim*)
ri»,& reliqua omnia, qua >
de Medicina non tramane. )
CafGani Cotiftancinopolirani , de Libero
arbitrio CollacioilU, quz Agano^im^-
prelTa eft» per Joanoero Sicerum 15x8.
Gbriftophori a Caoitc Fonciotoj LibrÀde
oeceflaria correzione ,
Tbeologic ScholaQics.. ). Omnloa
D$ Mìffs GhriRi ordine^ ) prohiben^
fi riru. ) tur*. Epitomar nov^
Illuftratio- > nis Chrii^ianff
Fidei*. > Reliqua vero ipCus opera
icem pvohL* bemur doncc
cxpurgcncur. Chronica T u re ica
collega a ). Phi'i'rpo Lonicero, cni
cft )Nificmcn- adjcitnni opiu quoddam )
dentur». Joaniris AvemmiHerecici, Ó in quo dcclaramur caufs ) mifcriarqm» Ac. ) ContinoatioTemporum Ger- ) mani aipildam» ab Anno )■ Salucisijij. ufqucadAn- ) num 1 y 49. Qu* folce addi )■ Chroflico Enfcbii» ab eo >Ninefnciv. loco nbì incipit, Nova ) denrur». Temporiim concimuiio, > &c. > Chionologit Gerard! Merca- ) coFÌs, qu« a Sleidano, & ) daranatis AuOorlbus fum-> pta cR • )
Claudi! Baduclis, Liber de ration( Vice
ftudioTx, & Ùterata in Maerknonio
collocandz. expurKntur. Coropxdia , fivc de Moribus , &
Vita VireinumSacrarum, Gafpare SryWino AuZore •.
Iixcertorum Auftorum Ijbri
ptohibirì. C Apice Fidei Chriflianx
centra Pa- pam, fi Porcas
Infcrorum. Capo Finto. Caronria, A Mercurii Dìalogi . Catalogus Pap*, & Moyfft. Cacalogttt ceRium veritaiis, ex Sandis Patribus.
Catechefis Pueroturo in Fide , Litcris »
& Moribus. Carechifmin
Ecclefìat Ai^nroratenfii* Cauchiùnus,
prò Ecclcfta VVitebcrgcnfi. Cathcb Ocus,
ani Titnluscft, Cathechif- rrus Major, A
Minor. Cathechirmus, cui Titulus. Qjial
manie, ca. Ac. CaihechifnfK) , ciod Formulario , per
i- Clniire , ed ammaeflrare i Fanciulli
* nella Religione GhrtRiana , farro
a modo di Dialogo . Cathcchifmus , five cxplicatio Symboli Apoflolict..
Cethcchirmas parvus , prò Pii»r« m
Scholis, nopcr au£lus.
Cathechiftuus fupcr Evangelium Marci.
Cathechifmus, Óve Symboli cxpofitio.’
Cathcchifmus Tubicenfis. Cauf*
, quarcSynedum indiftam aRoma. no Pont.
Paulo III. rccufarint Principe* Status,
ACivitates Lnperii» profiten- tes puram
, ACarholicam doitrinam. Centum
gravamitu, Ac. Cantoni , A C^atuordecim
Sententi* P> trum, de Officio
vcroftim Reélorum Eccidio . Chri-
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PROHIBITORUM. 385 Chnflhna inft
1 turia . Chriftianz juveocurìs
crcpunJìa*. APPENDIX. Chriftùna
R«fponfio MtniArorum Evan- gelii
Bafilc*: cur MifTani &c., ^^]AIvinianus Candor^ ChriAiar» Scholx , Epfgrammaram, Lì> C .
Cantica felef^a vcrerìs, Ije novi re*
bri duo, variis Poecis, excepii.
Civiraris Madcburgcnfìsipublicario Litera* rum ad omnes CbriAi Adc]es,annat;;p« Clavicula Salomonis» Collacio Oivinorura» & Papalium
cano* Dum t. CoJleflanea demonArationum ex Pro- pheiii, AooAotis, fleDoAoribus Eccle» fìz, quòd Spiricos Sanfhis a foto Pa- tte procedit • Colloquium Coelei « Ac Lutheri • Coiloquium Marpurgenfe. Colloquium VVorinatiz inAiracm», av no 1540.
Comedix fuper qaicAione » qnz cA ma-
jor confoUtio moriendis Acc.
Comedix, ^ Tragedie aliqtiot ex Veteri
Teftamento,colIeAore Toanne Oporino .
Conuneorarias de Angelo Melanchchonis .
Commencaria germanica» in Coroelium
Tacirarn . * Coromentarius In
pcioirm Thìmotzi epi- AÓlàa viro fumniz
pietaris confcrrpeus Concilium Pifanura
, quòd ver.iut Con- ^iliabulum
dicendtipi cA. Cc^iliabolumTh^ogicorutn»
adverfus bonarum literarum Autliolbs »
Acc. Coociones dedecemlprzceptnDominicii. Concordancix Principum ,*nationti vel Curtiranorum . Confeffio Ecclefìz Tigurinz. ConÀAio fidei AognAanz. ConfelCo Adei Baronum» Ac Nobilinm» Bohemi*.
ConAAio Saxnnica^ Confrflio
VVitebergenfi*. Coufuuuo
dctenninacionis DofVorum Pa-
fircnfium.confra Martinnm L’trherwm.
ConAicurio u;uiv> V vj'’irci Propol^tio nu:n> de diii'prenru. Legis»Ac Evan- gelii. ^
Congregar io, Ave coUe£iio ioAgnium co^
cordintiarum B*btix. CoaAglio
d.'ajcuni Vefeovi, congr^aù in Bologna
. Contra Regulam VCnoritaruro , Ac
ijnt- verfas peMitionis fedas. Conta San£h>s Zcylleyften. Conventos AuguftenAs . Copia 4 'unalectera fcrittaalli
^.diGei^' nare M. D. t. Coptis Chriftianui,. Cordigerx navU conflagratio DiaIogu$ « Cyntbalum Mundi*, rene JU
Aamenti ,cum hymni«,&colle^ts»
feu orationibuspurioribiis, qux iti or-
thodoxa, atqiieeatholica EcdeAa can-
tari foienr, addica dirpoAtione, Ac tàmiha- ri expe^tione Chriftophori Comeri. Carmina» Acepìftol* de coniugio
adl>l- videm Chycrxum hzrericum
. Carmina amicorum in honorem
nuprìa- nim . R. & viriute ,
dofirinaque Aancis viriSrephani Ifaaci,
verbi divi- ni apud Hcyibcrgenies
minìAri. Cache^cAs do^rinxChriiUatl*,
innfum fcbolarum Pomeranix. * CatheebeAs religionii ChriAi^n* » qux
tra bri duo. ) Circnlut chariratif dtvmx, ) Ave (ubatio rìtulo, circu.)NiAexpar- hi$ divìnitati»., - ) geatur* CoiieAio Agnrarumomnium ) facrx Scripturx . > Colloquium Altembuigeofe.. Colloqjiium Badenlè. Colloquium Bcrnenfe. Colloquium Clerici» A: Mititisv 1 Colloquinm Htrphordienfe . ' Colloquium lefuiticum. Colloquium Lypfenlè. Cplloqumm Marpnrgenfe*. Colloquium Parificnfc. Colloqtiium PnlB.'Cum. Colloquium Schmaldicum. Colloquium -Witcrbergen/c. Comedia Tragica SiUarmx, quandoque cuir nominc,qtiandoq;etiam Anc nomi- ne Au£)ons prodiir, urraque prohibetuf ^ Comedix, Se Tragedix» ex novo, le veteri Teftamento, imprcAx BaAlex 1 ^40. per Nicolaum BryUiogenim . C cc Co-
Digilized by Google 385 INDEX
LIBRORUM Comitia Spirac» &
Vvormati*.. Comencacium Biblioram. Commencanus captar Urbis dué^ore Bor- bonioadexqui/iium niodum Con^jendiupì ) five Breviariam cextus « A: gloffaematon > in otenes vccerh
In- ftrumet^ libros.. Compcndiutn oradoanm. imprcfTum Ve- neti >$), per jun£Varo , & alios,
docce czpargattun iuen’c.. Concordia pia r & unanimi
confearu»re* pecita comeiCo fìdei» 9 e
doAriuz ele- Qorum Prìncipum,
&or«Ìimim Impe- rli, atque eerundem
Thcologomm, Qui Augufianam confciSoocm
compie* «unrur. ConfclSo Anglicana* Confeflìo Antiierpieoiìs* ConfeCào Argentineniìs . ConfclBo do^Vrinx Saxonicartim Ecclc* fiarum» Synodo Trid. oblata« amto Domini 1551*
ConicniìoBdei, de EuebariAis Sacramen-
to, per Miiiìftros Ecclelìx Saxotucx.
Confc&o fvdei Minifirorum VViteber-
geiifium. Confeflìo Miniftronim
lefu CbriHi*
Conft;ffiopizdOu>rinx,qi7Z nomincChri- flophori Dncis VVirebergenfo, &Tc- ccniis Comitis &:c. fuit
propoHia.per legato» eius, die 14.
Menfls laauarii, anno ly/a. coogrc^auoni
Conc* Trid. Cpnfcnio rcligionis» feu
fidei ChriAianar facratiffimo
Im()eratori Carolo Qpinco » Cxfari
AuguAoiin Comttiis Auguflar an- no
Domini ijfo. per iegatoteiviracum
Argeiuoratt » ConAancix, I^nmogx >
- & Lìodagùt >^ib ift»..^. > .. .^Tonum* Cathechefis^ Ave pnma mflicutio, aut rudimenia religioni». ChriAianx, Kc- iTraicè, grxcd, latind explicata, Li^* duni Batavoium., ex nflìctna Plantinia^ na, apud Francifciim Rachclengium AUCTORES PRIM^ CLASSIS. , D D
Avid Geotgius ex Delphis*. David
Fettcrus Liptìui, vclPfcf- finger. David SchcAcr* Dydimus Faventinus^ui eA Melanihchon Dicthclmus Cellarius. DionyHus
Melander. Dommicus Caraminiut. Dominicus Melguitius. A P P E N D I X. D Aniel Bodembergius* Daniel Hofmanus* Daniel Toffaniis* David Chytrzus* David Parzus. David Stangius* David Thoner . David VVetterus. David VVithedus. David VVoitus* Doiuttts Gotuirus. Durandus de Baldach* Ccrtorum Au£\onim > litm prohibìti*. Ami» Monarchia-. . Davidi» Chytrxl ,!iberdeiu«orj-. tate* ccrtitudinc ChriAian* Dtv firinx, ac rationc dilccndi Thcolt^iam . Dendetii ErafmiRorcrodamì, Colloquio- rum liber. Moria» Lingua , ChriA^- ni Matrimooii inAinuio.dc intcrditto «fu carnium » ejufdcm ParaphrsAs in Matthxum, *1**® a Bernardino Toniita- no in Italicam lii^uaro convcA Cecera vero Opera ipAus, in quibu» de Religione naftat .tandiu prohibiw fine , quandi u a facultatc Thcologica Panficn. fis ve! LovanicnA» cxpurgaca non nierinr. Adagia vero ex cditionc, quam molitur Faulus Manuciu», permittenrur. Interim vcrò,qu®;ainedita funt,cxpun- tìi» loci»(ufpeftis,iudicio alicuiu»
facul- tatisTheologic* Univerfitati»
catholic®, vel InquiAtionis alicuju»
Generali* permiicantur . , A P P E N D I X- D Avìd de Porais Hibrci , de M^ dico Hxbrco enarrarlo Apolt^ti- ca»quamdiucmédaca non prodierie. Defideriì Erafmì Rotcrodaim adagia iampridem edita a Paulo Manutio» pcrmittumur*
Dialogm Petri Mochii de cmciatu » e-
xilioque cupidinis . Dialogus
Fontani Charon • Pldaci Steli*
Commentarla in Evang^ lium Lue*, m'A
fuerint fx ìmprelm ab Anno ij8i* Puareni, Liber de S* EcclcA» min^ms pcrmittitur, Atamcncotrcftus fucrii. Digitized by Google PROHIBITORUM. 387 Libellm vep6 ei^m adian^us» ab co for finus £atìu? , cui citulus cft , Pro li- bcrtatc Ecclclix Gallicanxadvcrfu» Ro« maium auUm , dclainoPadneons Cu- ri^t Lodovico Xl.CaJlorurn Regi»quotvt daiDoblaUi oimuno prohibetur « Auflorum incerti nqminis, libri prohibiti, D BcIaiatoria Jtibihci. Dcececurn Noribci^ctgeUe » odi- euro anno ifaj* t)cfÌEu\fìo prò Zvinglio. Peienfìo adverius axioma catholicum 1 ideft criminatiopem Roberti Episcopi Abriacon/컫
Piatc^ adverius loiortecn Edo'um.
Dialogì de Mercurio, & Charonte.
Dialogtts de I>o£lrioa CHriRiana.
Dialogus Karftans, & Rcgeilians.
Dialogm de mone julii II. Pape, fìve JoJìuh D ialogm Mumarus Leviathan . Dialo^s obreueonim virorum > ia ^uo rics colloquuntur Tbcologi . Diali^s Orar. Pooeificis Rornam^Rr
illius, qui cRFontiiki a
confaflÌDiubus. Diali^s paradozDs , quo
Romani PoocU^ iicisOratort una coq) eo
qui cft » flte. Difeorfi fbpra lì
fioretti di S. Fraqceico. Digrado
Badenfis. Di^caxio. ^emenfis. BilputacioCrociiccn. eum diiabuiepiftolii. Bifpucacio inter clericum » Se milicem , Aiper poceftate PoiUcis Eccleftc atqtie Principibus ternrum corpmjflà • alida fomnium viridatii* Dirputacio Lypfica- inter MoKÙinO). »
di Hitroaymum Em(etuiD^ Diìordine della Chieia. Diurnale Romanum > ìmpreffiim Eogdu- ni > in edibus Filibcni RoUeti » de Bartholomau Frtat. Do£lrÌna verilStaDa fumpea » a cap. ^ epift- ad Komaoost ut coufolentur ah fti£)a conl'ricntix*. Doéìrina vctui, de nova-. Dragale locorum communiunh Due difpuuc. Herfiordiana: Langi » de Nauclerii •
Due letrere d’im Cortigiano, nelle quali
fi dimoftra, che la me, ec*. A P
p E N D I X. D e au£^oritace » officio,
de potefta. te Paftorum Écclefiafticocum
• Declaratio i nifi corrigatui^* làmo V,
De dirciplinit poeronin » re^^ue for.
mandts eorum ftudiis, Se morlbus, ac
fimul ^ um parencura , quiro pnece^
prorum in eot'dCm , offiao doflomr^
virorum libelli vccò aurei. De
Scripeura CinÀe przftancia , dignitate ».
au£Voritacc, &c. * De
Chriftianiftimi Regts periculia , de aoca-
a qoadam, ad Sfiindrare, Pontifici» Ro-
mani licera» monicorùle», Frincofiirci,
apudMarcinum LechJeruro DialeOica
Legali» , edam ctua nomino Au£lod». Dialogi lucri , fine nomine i^^orì», qui
ca- men film Sebaftiani
Caftalionishérecici ^ Diljpatatio de
fcfto Corpori» CbriiU^ Di^catio de
peccato origini», pilpucado de
poeni». Difpueatio de i^iniOerio
verbi* Dolina /efiiiranim precipua
capirà , a do£li» quibuTdam . Thcole^s
retexta folidisrarionibus,
ceftitDonùiqoe Ikcra- rurn Scriptuearuiq
, de doé^orum vere- ri» Ecclcfia
confiitata. Tomi tre». AU cera editio
priore emendatior , co dia* pio major ,
de fub. ci (dem vel parum diverfi»
tirnlis, doghine ^fuicica, &&
Tomu» priiDus, Tomus ^undo» , ter J^4 ia /(- WfU ù.
Eraùsu» Sarecrius. Erafmu»
Snepfiu» . Eurititts Corda». Eutycbiua Mion, qui de Mofculii». Ccc a A P- 388 INDEX LIBRORUM A P P E N D I X. E Admiindu» Hilen Hordevolgiusj vel Nordovolcgius . • • Edmundas Gdl Anglus. l;dmut>dut Criiidìitts Anglus . EJmundus BunnìQs. iUgidtus Huntiius . Eichanon Pragenfts. Elias Palmgenim. Enochus Sar^cenos Gencvcnfis. Efartmis A!bcnn • Erafttis Thomas. ErhardiK Schnepfnn. Kmefhis Vogciin . Efaias HcinJfihich. Eufcbcus C!eU;rin. Ccrtprum. Auifìorum, Libri prohibiti . A P P E N D I X. Lereenta magica Petri de Abano. Enchiridioo doCtrinrChri- ) • Ibnx ConciiiiColoitieniis.) Enchirrdion loilitis Chriilianxi) aiiflore Ioanne lufto Lanfper>)
purgen- gioifcu Hne nomine auflorìs,)
tur. iinpre/bm Comphiu . ) Epitome omniutn opcrnm D. Aurclii I AugulUni • per loannem Pifeatortm » jllx (|iie itnpreft« fune per loannem Crirpmunti. »i Euicbii Candidi , ptaefus Lu£kiflcx
mortis. Examen ordinandorum lounnis Feri
» . oili Ht ex impreffis ab. anno
1987. Auftorum incerti nomlnis, libri prohibiti.. Lcmenra Chrìiliana, ad inAititcndos pucros.
Enarraiiones Epiflo!arufn)& Evan-
gcliormn • Enchiridion
CriAianirmi . Enchiridion piarum
prccaeìoitaro . * y Epigrammatum
ChriArana (e^x » (ibii duo^x
varìisChriAianis Poecis dccci^nrff
EpìAola Apoloccrica ad ftneerioresChri-
Aiaiu'rmi k^atores,pcr PhrjAam 0 >
riencaicm, &c. EpiAola
ChriAiaru» de Cona Domini. EpiAoIa
dircela ad Paupcrem, Se Men- dicam
Ecclenam Lucheranam. ' EpìAola de non
A^«oAoloci» qiiorundam moribus, qui in
ApoAoloruin fe, Sic, Spinola de
XlagiAris Lovanienilbus . EpiAo?^
MinìAri cu)ufdam Verbi Dei»ds EcclcAx
clavibuS} SacrametKÌs, vcra> que
MiniArorum Spirims clc£Iiooe. Epiftelz
piz> & ChriAianz. EpiltoUi &
Przfatio in Decalogura. EpìAola SanOo
Ulrico adferipea in E- piAolam ad
Thimothzuin Commenta- ria. Epitome Belli PapiAarum contraGermo* niam , atquc Patriam ■ ipfam» Czfare Carolo Qiiimo Duce. Epitome Dccem Przcepromm , pront qitcmqucChriAianumcognoicere decec. Epitome EcclcAz rcnovarz. Epitome RefponAonis ad Martinum Lo- rhcnim .
Efdrz lamcntariones Petri . Eipofìzìone dell'Orazione del Signore in volgare » compoAa per un Pa^ s non nominato.
Evangciicz Conciones. Evangelium
ztcrnum* Evangclium Pafalli. Exameron Dei opus^ Expofìtio Sympoli ApoAolorum t Ora- tionis Dominicz, & Przeeptorum» A P P E N D I X. E Legìz aliquocs de morte Conjugis, Si libcrorum» quz fune loahnisPi- Aorii Hzretici. Eqchiridion Man gale s Romz exciiAum » apud Thomam Membronium ( ut qui- • dem apparet in Fixmtifpitio ) tic vero in calce legirnry Trccis» nbì cimi li- bnrm excuoerat Francifciis TrumcAii . Enchiridion parvi Catcchifmi , Ioannis Brentii. > in Colloquia rcda£Iuin . Enchiridion aliiid} piarum przeationum , cum Kalendario, & Paflìonali ( ut
vo- cattir ) VVircrbcrgz, apud loannem LuA. anno trip. Eyichiridion Principis , A MagiAratus ChriAtanì , quod referrur ad Pctrum Egidium» Sl Comelium Scribonìum. Epigrammatum Flores, nifi corrigantur. EipiAoIa confolaroria ad Reverc'ndos Se graviffitnos Thcologos. EpiAola LiKÌfcri ad malos Principe», CbHAianns, > • BpiAokc cpnfolatoriz , collcfìz per Cy- rlacum Spangcnbetgium . EpiAolz Obfcurorom Virornm. Epitome Chronicorum,. & HiAoriarum Mundi, Velftt Index primz, & fecim- dz impreflìonis, in quo fimt impref- • fz, atque figiìratz Imperatorun^ Ìm«- gincs.
Epitome Figvrarum Sacrz Scripmrz.
Epiiomatz HiAoriz de Bello Religionis.
Kpi- Digitized by Google PROHIBITORUM.' 389 Epitome Hiilorànim Sacrarum, & lo*
Frìderìcus a Than. corum communium.
Fridolinus Broiubach* t Ethiex ChriAianx
Libri cres > .in ^ui- Fridolinus Lindovems.
biis &c. Evangelium Lzcum,
Regni Nundum» Excerpta quzdam capita ex
Scrrpturis) omnibus lidelibus
neccffaria. Exempla Virmeum.
Vicionim. Excmplarium Sanf^x Fidxi
Cacholicx» quocunque idiomare>
impTetTum. Excmplonim variortnn liber»
dcApoAo- iis, & Marryribus» Hve
feorrum » fìve conjundtus catalogo. S. Hieroayim
de EcclefiafticM ^riptoribta • Bxcrciratìo Vitx Spirhualis .) > Explicacio Symboii pcrDia*> Ic^os. )
Explicatio Primi.Tcrtii.Qoar- )■
tii j^Q^iinti cap.A^. Aj-oft. ) Sine no-
Expofìtio SccunJx EpiilolXy) mine au**
D. Ferri» 5c ludz. ), £^oram»&:
Expo/ìiio nominUIefatiinta) quocum-
mentem Hcbrzornm,Caba>) quc ìdio-
li(Urum»Grzcorumi ChaU) mare ina-
dzorum, Perfarum, & La-) prcffa*
tinorum ^ ). Expo/ìtio fuper
Cantica Can- ) ticoruin ^lomonis. ), tm
•> Expofitio in Epifìolas» Paoli ad
Roma* DOS, & ad Galatas» cujus
Przfatioirl Epiftolani adRomanoi
incipit; Variai narrationei » 6(C. Et in
expoikiooe prU mi Cap. ad Rocnanos» cuhM
inicium cft. Qnum ficatus ApoRoles
Roma* nis fcm>crc inAituiffet»
Sic. AUCTORES PRIMA C1AS51S. 4aoT^>- ' i F .Abricius Opiro VVOIf^ngus: ■'* Fabritius Montanus. Felle lanus de Civitclla. Felix Mallcolus Tigurinus. Felix Manfius. Firmianus Clorus, qxi & Viretiis.» Francifeus Betttts. ' XJ Francircus Burgardi. Francifeus Cotta . LembiBgiBs*^ ■ ' Francilcus Enzinas. • T Fraiicilcus Kolbius. f - i-qlw Fiancifcus Lambertus» Francifeus Lamperti • Francifeus Lifmaniniis. : -O
- % > Francìieps Niger
Baitanenfis. FrancHl^ Portiis Grxclti» ' Francifcib Stancarus. Fridcricus^a^irtheim . Fridericus
Fridericus Mycoiriw» A P P E N
O I X. F AuAtn Souinust Filli Pal}or io AuAria. Fiiis PaAor HtlberAadknAs» vet HalberAatcnfis. Forrunanis Creliius* 1 Francifei Zabarcllz . Liber de
SchiTma* te ) ai^» cjmtd^
P»£auQoei» '
Aigennrnrdfripvefie.'donecexpurgeaciir .
Friderici FruoAì tra£Vatns de Oratto*
oc, de juAincacione, de Fide, Se Ope-
nbtu* Se prefatioin EpiAolao) S&oiOi
Paiiii adRomanos,qui umen falsò
creditur adferiptu». 1 Friderici
Furi! CcriuUni Valentia! &>-
nonia; ftve de libris facris» in verna*k
Tcniam Unguam convcrccndis. a 1
... 1 ..L-ysril ■ . J rA« r . /Ótiv''- '••r' 1 xÌìjM - F Abricii» Liber o^aoBs
£piftolftiBm> ad Fridericom Naufeam»
qui cA Roberti a MofliaWv t Farrago Poemacum, LeodegariiaQuercu. Fiorei IQRoriarum» per Ma^•0 monia mondi t & Problema- ) ta Sacrar Scrìptiuar « > Fr^ncifei Gicciardini , Hiftorta ) larinè recita per Coeliìim ) dooec iècundum Curiooero* > expar- Franciki Irenici* Endingiacen- ) gcntuf* Cs Gcmnanjar. Exqgereos* vo*> lamina duodecim. ) Francifei Polvngrani aftrtio. ) nes quonujurs Ecdrlìae dog- > matum . X
francifei Patritii Nova de Vniverfi» phi- * ]o(bphia*nifì fueric ab Au^Iore corre- ÙXt 9t Rema cum approbaciòne R« Sacri PaUcii
Auftoium incerti nominis, Libri
ptohibiti* F ^mgo C^cordantiamm
inngbiaiQ;. (o^iut. Biblia • Faìctcttlt» RerufD.expetcndaniiQ*^^ iugiendamm-.
Forma delle Orazioni Ecclefoftiche .. ed
il traodo di ammiiiiflrare i Sacrameoci*
c di celebrare il Santo Matrimonio*
Àu£Ior credkuz efle Calvinm.
Francilci No^nu. apparicio»
Fandamóncuni malòruiBi de booomm o>. pcrum.
A,p P E N D I X. F .KrcìaiUw
Mirra , Ccnevx imprei^. fu». - Pidei.l^l^ftianz c^icF* conerapa^ F^S» i^rvi fubiiw inKyefr ren^ponfo , una curo crroruin & eahtmniaruin .. Flore» epigramma-) turo* >
Flore» Romani ) Flores
San£bocum..).ubieanq>*& ^aacwn-
ÉkVe» VinunvD. ) qne lingua imprelG»
Foni Vit* . > donec coKigantur .
Formala MifTx Unitebergenfis.
Formule Precaro *. feo agenda * aat Of.
fteia Hanecieomm* Olona » ^uacanqitc ;
lingua confcripea . AUCTORE&
PRIMA CLASSB. G Alalitts Zwmglit *
defenfor » vcl Nicolaos Galalìus *
Olivini de* fenfor. Gafpar Brurchias Egranua* Carpar Charreras. Gafpar Cruciger. Galjpar Grctteris. Galrar Hedio. Galpar Heldelinus. Gaf^r Kubertinus. Gafpar Megander TigurillDS^ Gafpar Rodulphìus . Gafpar Swcacfcldius « Geòrgia» £milius MansfeIdeoNotgreiui»v Gorcìniamit * Gregoan» Brnck* Gregorìu» Cafelius*. Gregofius Giraldo»* 2{an ìilc
Ptrrsntff^ ^ dlcìUIT LÌfÌHS . Grinsn» Sinv^. Gualieriu» Tignino» ■. Gulieloui» Aurifcx- Guliclmo» Guaphxu» Hagien-, Gulìelmu» Pofttllu»»Barenrorio$-. Giilic'mu» Sartori». Guliclmu» Tayloii», Angla»., Gu'Krou» Tin^lus. A P B E N. D i Xa G Afpir Adeler.. Ga^r Braummilkr-. Gal^r Elogia». Ga^r Eurioacbea *. vel Eurymschnra^. Garoar Faber. Olroir Gooderoan.^ Garoar Canea. Gi^r Gómbe^ias. Galpar M^cer* vel Micras.. GalMi MetUlnder. Gawt Morthvru» SemansildenB» ^ Oal^K Olevianu». Gafpar Peucerus Budifiìniu. Gafpar Scolihagios... Gafpar Taoberu»* Geo^
) PROHIBITORUM. 391 Gcorgtus Autumnu». Gcorgius Blaruirara* vel Blao^acraj* Georgius Brin fìve Novipiagijs ^ Germanus Peyer. Gothardus, qui & Cpnradtv* Gregorius Paoli. Cr^orms Pcrlidus LubcqepTis» Gregorius Voerier. Gulicimus Barloupe . 1 Guliclmus Bidembachius. , Gulielmus Charcus. . Cutielmus Cpius* Gulielmus Fuhureìus» vef Paquerius • Gulielmus Fulcus. Guliclmus Htcron. * Guliclmus BÒdigiius yaiTw* -. Guliclmus Sarccrius» Gulielmus Turacrus. t* Gulielmus Tumerus* , ^ Gulielmus Vdalus. , . ’ Gulielmus VvitakeAs. ^ 4 Culiclnius Vvidephus* Gulielmus Vvirte» Gidielmui YvictinganDua.. Gulicltous Kilandcr. . • . t.. , . ..H , : . ■ Certorum Auflorum, Libri prohibici. G Aufridi de Monte cicalo , Ti*Oa« rus fupea materia Coocilii Bali- lcenf)s«
Georgi CafTandri» Hymni EccIefialUci.
Gracia Dei de Monte
Satino , Epiilolc pix, Se
Chrillian*. Gripbit Pr^cationes
Dominici. Gutielmi
Occhamit^snonagintadierum. Icem Dial(^i
• & Icripia omnia, coocra Joannem
Vigcftmum iecundum. A P P E N D I X.
G Afparis Caballini Tra
é\atuscommercioniro, )
&ufuraru I reddituum- ) que pecunia
conftiimomm , j Se monetarum . > E;ofdcm traftatus deeoqoad ) nifi
ctncii* intereft. Etdedividuo» Se )
decur. individuo ; qua onenes font )
' Caroli Molinai morato ) tantum aufìoris nomipe . ) , ■ { Gaijparii Scibitni Corqpadia . •• i , i Caudentii Mrrulc, MemorabiUm» lij^s nifi emeodetur# ^ Georgi! Nicrini Concioocs. j Georgii Viaorii Poemau. Gulieìmi Grattarolc opeaa 1 quasidiu mendaca non prodierint . . i l't ' '
Auftorum incerti nominis, Libri
prohibiti. G Eographia UmVef/àlii. Gerreanicae Nationii Lamenti^tù^ fws,
Giuditio (opra le Lettere di tredici Uo,
mini ftampate l’anno M. D. L. V. il
qual fi cooofee eficr del Vergerio.
APPENDI X. ' G Hnefis cum
Catholica expofitiooe .
Ecclefiafiica. Geofnaneic libri omnes
• Gefta Komanorum . GloiTa Ordinaria Genevenfis « Gioite ordìnariz rpccirneo.. Craiianus Anrijefoita , ìdefi cai^num ei feripeis Au£lorum Theologonun , a Gradano in ilfod volumcn ( quod Do- crenim af^llatur) collcflorum, &do- ftrin* /cmitiec ex .vadis.. iftius nu- per fefì* MaKologdmiQ fcriptii -fxo^ pw * collacie I 4 quodato vericatii ;tEofo inftituta , Se ounc priiman m l^eip edita*
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390 INDEX Trancifci Gcoi^ii
Vcacti ,Har- > monia oiundti &
Probicma- ) ta Sacre Scriptarx .
> Francifei Gicciardint , Hiftorìa
> htinè réddita per Coelium )
dooec fecundum Cortonem. > expar }
gcntuf* (n Germantz, Ex^efeos* vo-) hiiDÌna duodecim» ) Franeifci PoJvngrani afRrrdo» ) oe$
macum . > Francifei Patritii
Nova de Vniverfi»phi- ' lorophia , nifi
fueric ab Auflore corre- di, Se Rems cum
approbacione R« Magiari Sacri Palatii
imprefla. Auftorum incerti
nominis, Ubii pfghibin* Arrago OM^dantiamm inng&iaiB; todus. Bibliz. Fakic^iK Reru{D eKpetcndanmi>a( fugiendanim.. Forma delle Orazioni RceUfoRiehe ..ed il modo di ammjniftrare i Sacramenti* e; di celebrare il Santo Matrimoi^'o *, Àu^Ior creditus eflè Calvioos . Franci/ci Noibima tpparitio. Fondamencure maloruis* & bonoEum o«. pcrum.
’ A.PPENDIX. Afcieuliia Mirre ,
Gene^ imprtft. fus . ■ ' Fidei/^^Uanz capita-, coovaPa- F^dSit fervi fubdito infidcli mnfpónÉó una CIMO erronun &calumDÌar«Dnjua- aundam examine , cjuz conrinentur. in feptera libris, de vifìbiti EccleTix Mo- narchia, a. Nicolio> Sandero conferì- pta>«.
Flore» Epigramma-) tnm. ) Flores Romani ) Flores San£kotucn. }-ubi donco corrìgantur
. Fonnyla Miflie Unhebergcnfis . FormulK Precnm %. fen agenda , aat («» ^ dicitur tUius- Cnnxu» Simot}. Guaherius Tigminus» Culielnuis Aurifex. Gultelmos Ouaphea» Hagien- Golielmus PoftelUis,Bareotoria»^ Galic^mus Sartori». Gulichno» Taylous, Anglus.. Goliemu» Tinoalus. A P B E N. D I, X G .Afpar Adeler. Ga^r Braammiller*. Galpar Elogio». Gaipar EuriouclKa i. vcl Euryoachxra... Ga(^ Faber.
Gal^r GondelBaa^. Ga^r
Ganez. Ga^r Gòmbtrgitts- Galpar Màccr, vcl Macrus.. Gafpac Melilander. Gamac MottKzru» ScmaJkaldenfi» ^ Gal^c Olevianus. Gafpar Peucerus Budi/Bnus. Gafpar Siolshagiu»... Gafpar Taoberos* Gfoa-
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PROHIBITORUM. 391 Gcorgfus
Aurumnus. Gcorgiin Blandran, ve!
BJaotUtrai. Gcorgìiu Brinderus. Gcorgius Bochanani^s Scotus> Ctorgitis Ca(fander Bru§enn$f fìve Ve- ranius UodeAus Pacitnomaout. Gcorgius Codonigs. Gcorgiuf CooftantÌDUs Aoglus. Gcorgius David. Gcorgius Dieterichus. Gcorgius EboufT. Gcorgius Eckarc. Gcorgius Edclmai\n. Gcorgius Fladorius. Qcofgius Grynaut Bo 4 icetius* Gcorgius Hanfcldt . Gcorgius Hcnninges. Gcorgius Toye ^diòrdicons* Gcorgius Kupelich. Gcorgius Lyàeoiua Gcorgius Mcckart , Gcorgius Mylius. Gcorgius Niger. Gcorgius Nigrtnus. Gcorgius Princeps Aiultioos. Gcorgius Raudat • Gcorgius Schmàlczing « Gcorgius Scholrz. Gcorgius Shoo . Gcorgius Silbcrfchalg. Gcorgius Sohnius. Gcorgius Spintleru). Gcorgius Tilenus. Gcorgius Vvatihenu. Gcrardus Ncomagus « live NovimagHt s Gcrroanus Peyer. Gothardust qui & Cptiradoi. Gregorius Pauli. Cx^oritts PcrUrius LubeqciiBs* Gregorius Voerfer. Culicimns Barloupe. Gulicloius Bidcmbachius • , Guliclmus Charcus. Culielpius CqIus. Guliclmus Fuhurcius» vcl' Fuqueriui* Guliclmus fukus. . j Guliclmus Hìcron. ^ ' Guliclmus Bódiigmts |lafini. Guliclmus Sarccrins. Guiielmus Turaems. T T Gulieitnm Tumerus* ; GiiUclmus Vdalus. Gulicloius VvùakcAs. ^ . -! Guiielmus Vvidephus* Guliclmus Vvitre. Gidieimm Vvirringamus» Gulielmtis Kilandcr. ' t
. I . '.’H . Certorum
Auflorum, Libri prohibiti . G Aufridi de Monte cleflo t TnlOa- cus fupsi saarcria Concilii Bafi- IccnHc •
Georgi CaiTandri , Hymni Eccleftaftici .
Gratia Dei de Monte San£ko , Epiftol*
piaCt ^ Chrillianx. Gripbii
Prfcationes Dominica. Gulielmi
Occhimi 8c (cripta omnia, coiKra Joannem Vigeiimum Cccuodum* A P P E N D I X. G Afparis Caballini Tra- > £tatus commerciomm, > &ufurarù , reddituum- ) que pecunia conftieuionun , } & monctarum. ) BiuTdem traf^atus deeoqnod > niii
ciixih incercA. Etdedividuo, & )
dotar • individuo i qua orsnes Àiot
} Caroli Molinzi mutato ) tantum au£lorisnon)io«. J { Gafpatis Stiblini Coropaedia . 1. ! Caudeniii Mcfultr» McmorabilioiD
lihó>s nifi emenderur. . ^ Ceorgii Nigrini Conciqnea, ..a Georgii Vi^orii Poeinata. Gulielmi Grattarolc opeaa quamdiu e- mendaca non prodierinc- ;; -t .0:,' ‘d
Au£Vorum incerti nominis, Libri
prohjbiti. ' Eographia
Univetralis. Germanicx Nacionii
Lamentaciqs ncs • . , Giuditio (opra le Lettere di tredici
Uor mini Aampace l’anno M- D. L. V.
il qual fi conofee cfTcr del
Vergerio* APPENpIX. ' G Enefis cnm Catholica eapofitiooc . EcclcfiaAica. Geopiantia libri omnes* GcAa Romanorum . GloiTa Ordinaria Geneyenfis. ^ Gioita ordinaria (pccimea. Cratianus AnriJeliiica , tdefi canonum ei Ccriptis Au^orum Thcologorum , a Graciano in illud volumcn (quodD^- cretuffl appcllatur) co1lc£k)rum, &
do- ttrina Jelmtica ex .vaxiis/ iAius
nu- per fe£ù Ma^logòmm rcripciifKc^ pta, coUatio, a quodam veritatft^- . «boto inAituta * & muw pnimiin Tb bice^ edita.
AU- Digìtized by Googlc 39^ INDEX LIBRORUM , AUCTORES prima gLASS^S. H H
Adrumu Junius. Harrminnas Beyer >. ^ HarcmAimas PaUcinus h C. Hebcrns.
Hedio Cafpar. Heitas» vel Helin*
Eobanas Heflns., Helìas Pandochcus»
> Henricin Lapulu». Henricus Pancatcon . Henricus Scoms. Henricns Srollit». Henricus Surphanus. Henricus Vvelf^ii» Lingcn«, Henricus Uringenis. Hermanus Bodiiit.
Herroanus Bonnus. Hermamu
Burchiut Pa^hilm*^ > Hermanus Heflùs
■ Hermanus Itali» . Hermanus Kìdvuch. Hcrmama Luiciis. ^ Hetxenis.
Hicrooymus Baflanns. Gicroi\^^s
Cam PHaurio)*, - Kieronyraus Galatharus
. , Hieionymus'Kiuf(hcrv ' Hieronymus Mar*u»: Hleron^jus Maiurius* %
Hicronymus de Praga, i\ J
Hicronymos Sabir de $ai\flo Gallp,,
Hieronymu} Savonen. Hieronjmius
Schiurptf. ‘ Hitronjmius Vicellerms
Friburgeii.. Hieronymus Viiolphigs» Hiob Gaft . ' A Hippinus.
Hortenfis Tranquiftos, aliis Hicremias^. aliis Landus. , , Hugo Latimcrus . Hudricus Bnchau/lius . HulJrici» Htmenoi, five de Uttcn.. ' Hnldricns Mutins Hiiguraldus.. Huldricus Zvvingiltis Toggius. A P P E N D 1 X. H Mlerus Barcholdiis. Hamefus Godoffredos . Harrmannus Scopenis, Novofefenfis. ^pricus .
Hclias Ho^en9* Helias
Palingcnius* Helìas Scadzus. Hetningius NicohttS4 Henricus Boethios* Henricus Brinkelous » ^ eiUtt fiorar Ab nmiiu BfldtrUi Morfii» Henricus Ètfbrhen» vcl ESorden* Henricus Enberg. Henrù;us Harcopcnt. Henricus Hufanus. Henricus Mylius.^ Henricus Modec* Henricus Mollerov, Henricus Nicolata , five ìibri mrat n- fitfutl-
Henricus Petreus^ Henricus
Rhodut , vel Rodnu* Henricus
Senenlìs. Henricus Stbenius Mimderpi* Henricus Scephanos. Henricus Tbylo . Henricus Tbolofanus .. Menricus VVolphins. Hermanus Pigofus* Hemunns Hamehnannus,. Hermanus Pacilkus . • Hieremias BaiUi^ius. Uierooymus Hambol^us , vel Hauboldus Ratisbonenfis . Ijieronyinus Hennit^s*^ Hieronymus Maocelius. Hieronymus Panchus. Hieronymus PcrUhrìss. Hieronymus Pumekius. * Hieronymus Valler . Hicronymu» Vchus* Hieronymus Vuatenis. Hieronymus VuihlcmbergiusAurimÓtanDs, Hieronymus Zanchius vel Pancus.. Himmanucl TremcMus . Hovardps.
Hugo Hugaldus . Hugo Sureaov
cognomine Rodere.. Ccrtorum
Auftorum, Libn ptobibiti. H Enrìci Bebcblii JuRiagen/ts , Facc« liz, ioRicucìo pucrorum , (cium« phus Vcncris. Hlcronymi Gebiulcri, liberdefacrilcgio4 item exhortacio ad lacram Comma» nionem . * ' * Hicrooymi Melfi Pifcn r fi i s , Proverbia^ & Prognoliica. ’ Hicronymi Savonarola Fcrraricnih Ser- mones , qui olim in Romano Indice prohibiti mere , noo leganmr* donec iuitu
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PROHIBITORUM. 393 ;uxra
cenTuraf Tacrum Dcpiicacorum cmencUri
prcJcanr, & funr hi. In cxodum
fermo primuj tncipicns Dornine (]uid
mu1tip(icati , &c. Ircm S •u’s Chriftìani . Ha-iriau' l>am nacGandavcnl^s liber iftfcripms Imnerii ac Sacerdoeii ornacus
. DiverCaram itemgentiuin peculiaris
ve- ftitus, cure Commcncarìolo Cocfanim
, Pontifìcum, ac Sacerdotum. Henrici Decimarons Gifiìiomenns, fyl- va voeabuforum , A phralìum , cum folucx, rum ligai« oracionis, dee. t)i rum, permittìcur. Henrici Harphii Theologia millica ,
nifi repurcata fuerìc ad exemplar
illius, quz mie impretfa Romx anno
Domi- ni D,LXXX\\ Hieronymi Serrz Lutheranorum Se£lz in fcrvumarbirrium liber, nifi prius, corrigacur, 1 Hiftoriz Magdeburgicz '^ab lllyrico,
& complicibus coaccrvatz. Hifiona de Schifmare Theodorici Ne- mienfis.
Huldarìco Epifeopo Anguftano epifiola
adfirripta, adverfu^ Nicolaum Papam.
Hyporypofeon Martini Martinet Canu-
pecrenfis liber, nifi fucrint ex impref-
fis ab anno 3581. Auflorum ,
incetti nominis , Libri prohibiti . Enfici Quarti Ofaris vita* Hifioriade Germanoniro orìgine. Hilloriadc
iis quzjnanni HuÌT.in in Conftanricnii
Concilio everte ntnt. HiAoria demone Joannis Daaii
Hifpani » quem fratcr ejus germanus
incer;ccic . AP P E N D I X. H iEbrea,Chaldzai 8c Latina i-'ter- precario Bibliornm , cum Indice Robenì Stephaui « Hetvecìz graculatioad Gal'iam, dcHen- ricohujui noiDÌnis Orario Galluruaa, & Navarrz Rege . Hcidelbergeiifis jTheologia , de Cotoa Domìni •
Hilloriarum, 8c Chroniconim Epitome,
velut ludex ufque ad annum {4.
Hilloriarum > & Chronìcorum cocius , mun- di , Epitome, imprelT. Bafilcz. HìAoria Belgica* HiAoria Cermaniz , Fran- I cofurti edita 1584. ) donec ex- Hilloria Graciz , nuper odi- )
purgeotur* ta. ) HIAoria Scotorum, nuper ) edita . )
Hiftoria HulCtarum . ) HiAoria
vera, de rebus Martini Buceri, PauH
Fagli A Chatcrinz Vermilyz, Pe- tti
Mar(iri>Uxorì$, vcl rubaliotitulo
Hidoria de vira, obicu, & icpulrura,
&c. Martini Buceri, A Paul! Fagli,
qua intra annos duodccim tn Angliz
Regno accidie. Ddd Hor,
394 INDEX LIBRORUM Hortulus
aniipi, ni/i corrigamr. Hortnhis
Pa/Eonii in ara Aitarti fiori dus.
* loanncs Coman«fcr» Ioanncs Colmius. Hjrdroniinti* artis. Opera omnia* AUCTORES PHIM^ CLASSIS 1 J
Acoou! Bcdrotuj, Pludcntinus* la^bui a
Burgundia , Hit Acropolica* loanncs Hcrvagius. loanncs HefFus. loanncs Homburgius . loanncs Hopcrus, Anghis. loanncs Holpinianas, Sceinamis* loanncs Hofl. loanncs Huichinus. loanncs HulT. loanncs Huflcrus. loanncs HuccìcHìuSé loanncs de Indagine» 7^"« ioannes ZuicKius. ' lobGeft. 3 : Joannes Avicioi lodocbot Coch, fivc Cocusj mi & /«k J
vel Co» CUI . luftus MenioS} Kènacen» A P P £ N P I X. I Acobus Acoocius. lacobus Anetius» vel Aenetios. lacobus Andre». lacobus Andreas ShihìdellinoS} vel la- cobus Shmìddiinuse lacobus Arrifon* lacobus* Brocardus . lacobus BninicenCs. lacobus Cornerns. lacobus Eifcmbcrg* lacobus Frindaogus. lacobus Grynsus. lacobus Heerbrandus . lacobus lufti. lacobus Kiincndociuso- lacobus Koich . lacobus Linfìor . lacobus LachKem. - lacobus Palieologiis. lacobus Pcregrinus. lacobus Ruogius . . lacobus Scoppenis . j lacobus Sobius . lercmias Piflorius. lercmias Horabergcrlui I loanncs Acrocianus . ” Ioannes Avenarius, vel Habermarm. i Ioannes Avicinius^ loduchus, yvUlichiut. lonai, qui. ^/Jpdochu^Coojs^ lonat Philologtti. Tm» li*
Ioannes Belizìus • Ioannes
Bocenis, Li^ccnfìs. Ioannes
BortAyus. loaooes Bradibrdui . Digitized by Google 39 Ulajcnis. loanncs Crifpinus. loanncs Cronerus, vd Crumerm^ loanncs Cimo. loanncs Darriiis. ** loanncs DauTus, vd Douiar Ioannes Fcidc . Ioannes Fcrinarius^ loanncs Filpotus. loanncs Gallits «• loanncs Garczus.^ Joanucs Gamcrìus» loanncs Gcorgius CodelmaniA •• loanncs Griffin. loanncs Gtilicimus Soickiosf
Tigutinus.- loanncs Harrungus. loanncs Hctlcricus. loanncs Hedierus. loanncs Hcidcnreich . Ioannes Hcrzbcrg. , loanncs Hugo. loanncs lac^us Gryn«|U. Ioannes lederusi Scaphufiinus# loanncs Irenxus. ioannes Index. Ioannes Ivellust Angltis^ Joannes Kenerus tamdiu prohibira iìnr » quamdiu ab alicuius Untvxrfìca- tis catholtoE facaltatc Theolc^ìca» vel ju infetìptas
Imperatonim • tc CTfantm vita , cum
imaginibus ad vivam effigìem expref*
n$y donec corrigatur. Ioannis
Fabriciì Montani» Pocmacom ber» Ioannis Cerrophìi > Recriminacio
adver- fus Eduardum Lzum Ai)gium. ^ Ioannis Lubicenits » de Antichrifti ad- ventu » & de Media lud^onrm . - ^ Ioannis Pici Carthadenfìs > Para|dirafes
» & Annotatioocs in Pfalmos» Ioannis Reuchlini» rpeculum oculare »
de verbo mirifico» ars Cabalidica» Ioannis Soccri liber » iive epigrammata
» ex variis auAoribus collcaa v Ioannis Surei » de rerribili excidio
Hie> rofolyrnirarum . Ioannis Vnnfchelbui^enl>s > de fìgnis
& miracttlis falfìs » & de
fupcrftioni- bus. lalianiCoIen»
de cercirodine grati» Dei» & làlucis
Dodr» craélaius» A P P E N D I X. J Acobi a Burgnndia > Apologia ad Ca- rolum Cxiarem . lacobi Scbecii liber» de una perfona^ Se duabus naenris in Chrifto • lannoccius de Mannectis Florencinos d^ digoicace , & cxcellencia hominis ,
do- neC emendemr. Ioachimus fuper citulum iT. de ;are;u- rande.
Ioannis Baptid» Folengii CommencarU
fuper Epidolas Canonicas San£fi Pe-
m> Se San^i lacobi, Se fuper primaiq
Epiftolam Sanali Ioannis.
Ioannis Bodini Andegavenfìs » Demono-
mauia omnit» prohibetur , Liber ve-
ro de Uvfntblica , A: Methodus ad fe-
cileni liiftoriarum cc^nirionern, randiu
prohibita finr , qnoufiijuc ab Anafore
exporgata, cum appiobatione Magiflri
Sacri Palatii piodicn'nt.
Ioannis Cafì Splixra Civita- )
tis , hoc elt Rctpubltc» ) rciVc
T ac pie fccundu-u ) Icgcs adminidntnd»
ratio- ) Ioannis Corafìi 'liber, de )
donec emen- nniverfa brardotum ma- )
dentar, teria. ; i--. ) Ioannis Drudi opera. ) Ioannis Feri opera omnia. ) Excipittnmr tancn , cjufileii) Feri, Annotationes » Se Coromentaria in S. Macih»i , Se S* Ioannis Evaiuclia , ac in ejufdem S. Ioannis Epimlain primam, Rom» recognica, & iropreda. loanni Fifeherìo liber (liso adferiptus , de fiducia I Se mifericorJia Dei. Ioannis Forfleri , Difiiona-) rmm hxbraìcum . ) Ioannis Lalamancii Medici,) exrerarum fere omoiom, ) Se przeipuarnm gcntinm») nifi corri- anni rario, de cum Ro* > gantur. mano collatio . > Ioannis Mahufii Aldemadenn.) Epitome annocationam E- ) rafmi in novum teflamen- ) cum . )
Ioannis Mattkci Tofeani » Pfalmi Da-
vidis. Ioannis Mevìxatit
Afteofìs. I. C* Silva nuptialis, donec
emendecur, Ioannis Pauli Donati libeOus
de referva- cione cafuum. Ioannis Peregrini Pcrroreilani , liber
con- vivilium iennonum . , Ioannis de Roa , de Avila , Apologia de iuribas principalibus , defendeous,
& raoderandis jnhè. Ioannis Rutbeni , r^l» lo-) coronsioomiinimum utriuf^i) leflanenti . } Ioannis ScapuI» » Lexicon ) nifi corri- Grxcolatinum . ) gantor. Ioannis Scbenekdevuini fuper) Inftit* Commentaria , feu) - annotationes . ) Ioannis Wierii Medici, libri qutnque de przfiigiìs damonuro , incancationi- bus, Se vencficiis. lulii Cafaris Scaligeri >Coin- ) mentarii in Theophrafhim,) donec e--' & Poemaca. > roendétur. lofeph Scaligeri liber de e-) mendatiooe cemporuro . ) luliani Tabaocii de quadrimlici Monar- chia.
Inlii Ccifiì (Xrj/iV) vera» Chrifiùmaque
Philofophia comprobatoris » a^oe e-
muli, quinq; Antichrìfii do^rinamfe-
^uirar per contenrionena , compari
, uocemqoe deferiptio.
Incer- 398 INDEX
LIBRORUM Incertomm Auftorum, Ubri prohibiu * I Mperatorumi 8c CxtaruiQ- vit». Jndru^io vi/ìutiofiis Sayonicz. Intcrpreurio oomiuam Cbaldxomm. lorrodu^io pucrorum, lulii» Dùlogus, aliis AqU. A P P B N p I X. Jnc?rtorum Auflorum, ^^brl prohibiù. A P P £ N D 1 X. K Alcndaria omnia ab hxreticìs. con» fleéU, io quibus aomioa hxrctico^ rum poountur. AUCTQRES PRIbLE CLAS5IS* I Magitiet CDortis > cum roedkìM
ini« IT)X . Index biblicMom imprefi» Colonie , icv edibcu Qgenteliaais « Index re rum omnium» qnz in novp« ac veccri ccftarDcnco habetunr locupleti!- fimus» no» cum hebrxorum» duldeo- turni, ac loUDoruizi nominom incerprc- latiottCì &c. Vencuis ad figoom fpei
. Index utriufque ceftamenti * penè
fimilis Indici Bibiiomm Roberti
Scephani. InAinici.ones Graromatke >
& aliarono Artium , niil repu^nens » Infticncio Principù. loAiturio religionis ChriRiancj
impreilà Vvitebergz» an. InAruflio, qua vitam zcemaHi obeinebU mu|.
Introducilo admirabilium antiqua > 9c
moderna • feu Apologia iicla prò He-
rodotoi anno ludicium t &
Cenfura Eedefianun pti»> rum » de
dogmatc » in quibuldam Pro- vjneiis
Septentrionalibus» coopta taodam.
Trinitaictu.. Pomeranus*. Leo
ludai* Leooandus Culman* Leonardus Fuchfius. Leonardus lacobuti Norchu!iaout Leonardo» Srrobin. Leopoldo» Dickius» Lolla rdus.
Luca» Lofllu» Luca» Chrotek »
feu Schrotcyfen * Rti- beaqueniì» . Lucim HaCIeneusi vel Hedcctu*. Lucius Pifxus . Ludovico»» ab EbcrAain*; t Ludovico» HcAzer « Lutheru».
Lyfmaninus . A P P E N D 1 X, L Ambertu» Daoxus% Laooicu» AnxiAurmiu» > oeck.
a Sturine^ Laurentius Codmann
* Laurentius Ludovico» >
LeobocgcAn$ Leonardus PelUcanus»
RubeaqutnA$A Leonardus Schveiglinus.. Leonardus Stockclius. LcfOnardus VVannundus», Leonardus Werner . Lucas BackmeiAents* Luneburgeuns- Luca» Mainus. Luca» Ofiander. Lucas Steenbcr^i;) Moraws*. Ludo*
I Digitized by Google PROHIBITORUM. 399 Ludovicm BcrqQtnQS. Ludovicus Evans. Ludovictis Helmboldus. Ludovicus LevachcniS} vd Lavatcrius* Ludovicus Kabus. Ludovicus Villebois. Certcum Au£lorum, Libri prohibiti. Aorcntii Vili* in fcilCi Jolutione Conftantmì .
Itcm de libero arbitrio. Ircm de
voluptate* Lclil Capilupì , Cento ex
Virgilio non nifi cKpur 4 »aiit$
Icgutur. Lue* flcctinì libcr infcripttis , Oracolo della rcnovationc della CUiefa . Luciani Mantuani > annotationes in
Cor^ menrum . 1>. Joannis Chryfoftomi
in Epillolam ad Romanos. Luciani Samolatcnfis , Dialogì , videlicct
, mors Peregrini* & Philopatris. •Ludovici* feu Z.aonici Cbalcondylc
Aihe- nien.de origine* & rebus
geflis Turca- rum, libri dccem » Conrado
Cl^nerio interprece, cum
annorarionibus. Lodovici Pultii,
Focmaca, ncmpc,Od*, Sonetti , Canzoni
. A P P E N D I X, L Anrentii Vali* , annotatione» in novum Tefiamcnium * òc Ubcr de pcrfoiu * centra fioechium , nfTì corrigantur*
Laus Matrimonii , & congcftìo bonarum mulienim * ex diverfis biftoriis , M. Perri Lefvandcrt . Lclii Capilupi Ccntoncs ex Virgilio , Roinz anno Domini 1590 . iropreif* , |)crmittuntur. Levinii Lemnii Medici Zi- ) rizei * occulta nacur* mi* ) donec ex- raciila . ) purgentur. Lexicon S monis Schardii . ) Ludovici fiorbonii, Priocipis Condxi li- ter*.
LudoviciCarvajalì. Dulcora- }
tio amarulcntiarnm Eraf- > nifi prius
mie* refponfionw, ad A- ) repurgea*
pologiam ejafdem Ludo- ) tur .
vici Carvajali. > Ludovici
Caftelvecrii » ope- ) ra omnia. ) Ludovici Impetacoris nomine liber
fi£ìu$» contra facras imagines . Ludovici Vivo Valcmini , annmationct in $. Augufiinum, nifi expurgentur. ineertorum Auflorum, Libri prohibiti. Amentationes Petti , aufiorcs Ef- dra.
Lamentatio* A quarimonìa MifT*.
Libcr inl'criptus , de au£ioritatc , Of-
ficio > & potcllate PartorutD Ecclefia- fiicorum .
Libcr inicriptus > Anguftini , A Hicro- nymi Theologia. Libcr infcripius , alcuni importanti luo- ghi , tradotti fuori dcM' Epifiole
latine di M. Francefeo Petrarca , Ac.
con tre Sonetti funi , A xviii. ftanze
dd Bernia avanti il xx. canto* Ac. LibcHus aurcus quod fdola. Ac. Libcr infcriptu» Baniccnfis Ecclcfi* cur MilTam » Ac.
Liber infcripms. Bulla diaboli • A£.
Libcr infcripnis, capo finro.
Libcr infcriptus» de corna Dominica.
Libcr infcriptus , confilium de emendai^
da Ecclcna. Libcr infcriptus*
confilium PauSi III. da- tum Imperatori
in ficlgis cum Eufe- bii Pamphili pia
expUcarione • Lilier infcriptus delle
commìflioni , A facoltd che Papa Giulio
111. ha dato a M. Fatilo
Odcfchalco. Liber infen^us * de difciplìna
puerq* rum , rcetdque formandis eorum
Au- diis, A monbus. Liber infcriptus. Dottrina vcriffima tol- ta dal Capitolo quarto , a’ Romani , per confolare l’affiitte cónfcicuic* Libcr infcriptus , Cur Ecclefia qbanior Evangelia acceptavir. Libcr infcriptus , de emendatione , A corrc£h‘onc Aartis ChriAiani . Libcr infcriptus , de genuino Euchari- Aiz negotii inccllc£Iu, A ufu » ex ve- tuAiflìmis orthodoxorum Patrum li- bris , Ac. ^
Liber infcripnis, de falfa religione.
Liber infcriptm , de fatis Monarchi* Roma- nz, fomnium, vacicinium Efdr* , Ac. Liber infcriptus , la Forma delle pre- hiere EcclefiaAichc , con la maniera ’ammìniArar* i Sacramenti, A cele- brare il matrimonio. Liber infcrìpeus , de Gratia A libero ejus, vclociquc curfu. Libri Hcrmetii Magi ad AriAntelem * Libcr infcriptus , llluAriffimi A
potcn- liffimi Senarus populique Angli*
fen- cencia, de co confilio. Libcr quod Paulus Epifeopus Romantis, Ac.
Libcr i 400 INDEX LIBRORUM Liber infcrìptut. Miliraiuis, Occ. Liber micripcu» » Nicodcmus de paflìone Chridi ,
Liber in(cripiu$ 1 opus IHuflriffimi $c
ExcclJtnfiffimi , icii fpcftjbilis vy-i
Caroli Magni > &c. coocra lynodum , in partibus Grzcix 1 prò adoran* vis in'>agmibus Aoliddj five
atroganter gefta cA . Xibcr inlcriptus j in, orationem
Dominio cam, &c. 4 lbcr infcriptiu » in orarioncs
Dominio cas faluberrimx » &
lanf^inìrox medi» tariones « ex 1 U>.
oacholieorum Fa- trurn , &'c* Liber infcriprus « Lettera di N. ad uno Ambafeiatore di Papa Giulio HI. Liber infcriptus , Fauli IV. Papx Ronaa* ni ) EpiAoIa confolatoria 1 &
horcato. ria ad fuos dilcflos filios
. Liber inicriptus» Poiirificii
oratoris lega* tio I in coflvencu
Noribergeniì . Liber infcriptus , de
providentia Dei . Liber ioferipm , de
facerdociot Icgibtrt, & ^crificiis
PapXf &c. Liber infcriptus t delle
Aatuc 1 & itnagU ni I &c. Liber infcriptus » in Aaruì > &
digniraci ^clcliafticoruto t m;igis
conducati ai- flaictere rynodum
Nationalern * piam « flcliberam»
quamdecemere bello, &c. Liber
infcriptus» de vera dìAèrentia re- gie
poteftatii, 9 c EcclelTaAicx • Liber
iaferipnK » de vita juvencutis in*
Airuenda » reoribus , Se Audiis corri-
gendis , Liber inicrìpeu « de
unitale Ecclefia* ftica. Licanix Cermanorom. Loci coreiDunes , de boAli operibus ,
& de potcAare EccleAaAica. Loca inlìgnia . Loci infigniores. Loci omnium ferd capiruro Evangelio- rum «
Loci utriufque teftameari . LnÀi
ChriAiana . Ludus PyramiduiQ» appendi X.
L Exicorv Grxcum novnm » Genev*
imprciTum. Ljbellus A. P. C.
trai^ans rudiincn* r.t Kcligkmis. Liber
qui infcribicur.afla Conctlii Triden-
tini anno i5'4^. celebrati .una cum anno- rarinnibuspiis» & lcC>u
digniilimis. Liber Anonymt cuiufdam, de
repugnantia do^lrinx ChriALmx. Liber Infcriptus, Annatx, caxatlones
Ee- clefiarum , & Monafteriormn per
uni-, verfum orbem , ab hxrcticis
adverfut Anniras confcriprus. Liber contincns articulos reprobatos a faailrarc Parilìenn , conrra do^rinam S.I Tbomx.
Libri duo , de laira , Se vera unius
Dei Patria , & Fitti, & Spirimi
San^i co- gnitione , au£IorÌbus ininiAri
Eccle- narum confcnticittium in
Sanuacia»& Tranfìlvania. Libelius de Concordia Ecdelix. Liber de Convento Haganoen. Liber infcriptus, Crux ChriAiani, cuoi qtiibufdam annocationibus , in fandium Hilarium.
Libri dece CD annuloram » quaruor fpe*
^lorum , ihiaginum Thobix , imagi*
oum Ptolomxi vitgìnalis clavicola Sa-
lomonis . Liber infcriptus,
Dìalogi fieri. Libri infcripti , comra
diccam Imperia* lem Ratisbonen. Libclluf infcriptus, dedrgna
prxparatione ad Sacramcnniin
EuchariAix. Liber infcriptus , de
divinis Se Apoftoli- cis
tradttiontbus. Liber infcriptus, Genefìs, cum
catholid expofirione EcclcfìaAica ,
idcA, ex U. niverfìs probatis Theologìs
, quos Do- minut futs Eccleriit dedic •
excerpta l quodam verbi Dei ininiAro ,
diu, mul- nimque inThcoIt^ia verfatos,
live Bi«
bliothecicxpoI'tioniiraGencfeos, ìdcA,
expolìtio, ex probacis Thcologis, quoc-
quot io Genefim aliquid fcriplcrunt .
collcfla , & in unum corpus Angulan
artifìcio confata , Ac. Libelius
intitularus de Jefu ChrìAo Poo>
lifìce Maximo , A Re» fìdelium fum-
mo, regenre in Ecclcfìa fanflorum.
Liber qui infcribirur , IlluAriffimi Prìn- cipis, ac DD. Joannis Friderici feam- di Ducis Saxonix , Ac. fuo > ac
Fr> trum D. Joan. VVilhclioi» A D.
Joan. Friderici nani junioris» nomine,
lolida confutatio , A condemnatio
pnrapua- rnm corruprelarum , fe£Iariim»
A erro, rum, hoc tempore ad
inAaurationem, Ae. Liber qui infcribinjr, Interim, anno edirus.
Liber qui infcribiiur , Libelius ApoAolo. rum nationis Gallicanx cum conAicu- tione lacri Conctlii Baniecnfìs. Liber contincns doftrinam adminìAraeio- nem Sacramentouim , rirus Eccle/saAi- cos , formam ordinactonis conflAorii, viAtacionis fcholarum, in ditione Prin- ciputn, A Dominorum D. Joannis Al- berti ,
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PROHIBITORUM. 401 berti , ft n.
Hulderici Fratnim 1 Du- cum»
&:c cimr in dieCorpori»
Chriftì. Liber iorcriprwS» Ordo
baptizandì iuxta rirum fin^z Renunz
Eccicliz» Vene* tiis Apud Joaniwm
Guirifcuiii » & A>* cios» anno
157;* nHì corTÌ|atur. Liber infcriprcH
» de officio pii » & pa- blicc
cranqailliraiii verè amarnis viri, in
hoc religionit diffidiot fine auAo. hs
nomine» Se alias ab eo» quero fob Mdem
infcripeione compoTuic loannes Hefielz
DoQor Lovaruenfis. Liber iafcriptus>
de petfecutione Bar- barorum . Liber infcrìptus, prò libertattf
Ecclefiz» Callicanz» adverfus Romanam
auUm defenfio farifienfis curiz,
Ludovico XL Gallorum Regi quondam chiara
» qui circumicrrur cum rra^am Duarr ni de S. Ecclefizminiftcriis; ab eola- tinus
Liber infcriprus» de protrabenda vim ul-
tra vigintiquinqiie annos. Liber
Pfalmorun) Davidis, cum catho-
licaexpofirione EcclcfiaAica» iinprcfii^
per Hcnricum Srephanum» annoi^as.
Liwr inlcriptus» que regìa potefias» quo
debent aii-f^ore folemnes Ecclefiz Con-
ventus indici» cogique, &c.
Liber inlcriptus, de Regno ,Civitare. Se
domo !>j, ac Domini lefn Chrifti.
Liber in quod fit homiiii
moricnci Buxi- o)um foUiium. TbuK) lU
AUCTORES PRIME CLASSIS. M M Arcellus Palìngenins» Srellatus. Marcus Anconius Calvinus. Marcus AnroniasCorvinos. Marcus CordeJius» Torgeofis. Marcus Ephefinus . Marcus Tilemann. Heshufius. Marfilius de Padua . Martinus Ko» vel Martiniko. Martimis Borrhaus» Stugardian. Martinus Bucerus. Martinus Freflhus. Martinus Lurherus. Maninus Meglio. Martinus Oftermineherus. Ma. tinus VVolphius . Mitthzof Albems» vel Albertus; Matchzus Judex. Matthzui Phylaigyras . Macthzus, qui Se Afiarcius Scofier. Maithzus Zelius*, Keifefpergenfis » vel Kiferpergen.
Matthzus Zifer. Matthias Fhccus,
lliyricas» vel Flavios. Maturìnus
Corderìiis. Maximilianus Maurus. Melanchton . Melchior Ambachius. Mekhior Clinch» vel Mlinch. Melchior Hoftnanaus. Memnon Symwi. Meoardu^ Molchcms. '' Michael Celarios. Michael de Cxfena. Michael Kothingius. Michael SchuJ(hejs « Michael ScIIarius. Michael Servccus. Michael Toxica. Milo Coverdale» Eboracenfis. Morlinus.
Munccrjs, Murnerus. Munfteros.
Mufeuttts . Myconius
OTvaldiis; A P P E N D 1 X. fF Agdalena Aymairus. I^Y I Manfon Anglus»
*** Marcus Andreas Falkehenbergerus.
Marats Blcumlerus» Tigurinns. M.
Marcus Mennigos. Martinus Agricola
^ Martinns Crufius. Martinus Faber* Eeé
Mar- 402 . INDEX LIBRORUM Martious HcMingus. Mafluccìi Salernitani
> Novell*. Martinus Hofmann. . Martinm Kemnìcius», vei Chemnìtius. Marcinua Lochandrus» Gorliceniìs» Sile- >Iartiniia Mollems». , . Martinu» Morlin.. Martinus Salbach.. Martìnuv Schalincius ». Farens .. Matihaus Bcroaldos . ' Matthaus Chcmnicius., IMatthanis Colfebui^ias .. Mattharm * fca Matthias , fireflènis^ Matcharus Huttenus Macrhsus Ludtke. Matthzus Veghel. Matthzi» VVeflenWccìus., Matthias Bcrgius, Brunrvicenl!s «. Matthias Ebcrhart. Matthias ErbiuSi aor ErbeBUs» «cl
Hfi> beous*. Matthias Ludccus.. Matthias Ritter.u Matthias Schneider*. Matthiav Tinflorius.. Matthias Vebus. Melchior Bifcoft'. Melchior Ncofarius.. Melchior Socket. Melchior VVildiua- M. Mento..
Mcrterus. Mentrius adverfm BalearÌMm, Epìfccotm
Mercdirn Hanmerus. Michael
Aichlerus ». vet EychlerUs.. Michael
Czliits.. - Michael Dilerus. Michael DincUus. Mtcbael Hagenx» . Michael Hampclus . M. Michael Hcnnig». DreUenfis». Michaet HcrmaoBus.. Michael HimmeU Michael Mclllinus. Michael Neaoder». Soravienns. Michael Rennems, Michael Rcnn^crus, Anelus. Michael Scrmiua» Danii^anus.. Michael ITraniui. Mintts Cclfus. Moyfes Pclacheras- Ccrtorum Auflorum, Libri Prohibiti. M
Arci Pagani Carminum 1 iber»cuius
tituluv cR Tiionfo Angelico. Et
airer qui dictrar. Sonetti di- verfi di
Marco Pagano. Merlini Angli liber»
tobreurarum predi- fUonuxt] •. APPENDI X..
M Accaronicortira opus » Merlini
Coccaci» Poet* Manruani» nifi
reporgatum fuerir. Mahomcris
Saraccnorum Principis» c/uf- que fucccnòrum
virar, icem Alchoran» cum. przfatione
Mar- tini Lutberi. Martini Eifengrenii Traflarus A;h>Ic^.. ticus, de certifudine grati*, prò ca- none xiii,. fcfT. 6, Concilii Tridentini. Martini Martinez Cantapcrrenfis » Hy- pocjmoTcon* liber, ruTÌ fueric ex
ìti> prefiis, ab anno i;Sa«. Melchior Klingius, in praxipuos iccun- di libri Dccrctaliom Tir. 8c in ìnRU tmiones Juris Civilis. Michaelis Carranzz, annotano macina* lis, ad D. lldcfonfum» Au(ftorum incerti nominis. Libri prohibiti. M ^nicra di tenere ad infegnare i figliuoli Crifiianii Margarita Thcologica. MacrimoniodelliPreti» &. (ielle
Monache» Medieina anitn* » Meditaciones in Orarionem Domìnicarn. Meditationes, Se prccationes pi*, aJmo- modum uciics, Se ncceffari* , prò for- mandis» rum confcicniiis* cum mori- buftcleOonim. Mccaphrafcs Epifiolarum SaOi Palili » ad communein Eccicnarum concordia. Mcchodi facr* fcripturz » Thoini duo. Mcthodns» in przcipuos fcripturz divi- nz locos.
Microfynodus, Noribergenfis .
MiniRrorum Verbi Argeotmennum admo-
nitio, ad miruftroi Heivcticos.
Modo di tenere ncll'infcgnarc , e nel
predicare al principio della Religione
ChrlRiafea. Modo, e via breve di
confotire quelli, che Ranno in pericolo
di morve. Modus folemnis , Se authenticus ad in* ^uirendum, &c. AP.
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403 appendi X; appendix- M
“ArpaTÌtji Paftonim . Mcdfciiu
aniiDZt prò fantu fi* ‘ mul &
zgrotis indaote morrt^ Medicina anitoa
adjunfia ima^inibm nK>njs ^ Medicina animai cam hi» ^uam ()tti adverfa corporis valetudine prillici fune» |n moru a^ne, & ex- tremis bis periculonffimù cempocibusa roaxmè nece&ria quÌ-« bus Dominica paffioois myftcìiuni ex^. plicatur.
Methodica Juris uinur^ firadi(io.
Minbllis Libec^ MiiT.t
Hvangeh’ca. MifTa Latina, qua olim ance
Romanam circitcr annnm 700. crac, Modiu confitcTidi » & ipodiii oraodi
, prout impreffie Polccus*. Modus orandi . 6 c conficendi . Monumenta (^iorum Patrum » ortho. doxograpba , hoc eft « croTan£te, aciincerìorìs Mei Dc 2 h>res
, numero circiter ofloginta qiiinque
Ec> delia lumina, au£^ores partim
Oraci, patim Latini, BaTicIa 1 jtfp.
nifi enKA- dencur . Multi integn loci facra Do£hioa, vetq- ris, 6 t novi teftameoti, ex Hebraa , & Graca lingua, inLatimuo, &Ger* manurn lermone crauslati* AUCTORES PRIM^ CLASSIS. N Atalis Torneerai. Nathan Chythraui, Natbanacl Nc&kius, ideft Theo- donis Beai.
Nicolaus Bioccitis Ludima^ftei 1
denits. Nicolaus Bocerus,
Brugenfis. Nicolaus Cancerinos. Nicolaus Qoeltanitis. Nicolaua Collado. Nicolaus Erbenius. Nicolaus Florus. Nicolans Griroaldus, , — • • Nicolaus HemmiMim, v«l RewngiM.». Nicolaus Jagenteu^. Nicolaus Leflerus. Nicolaus Opton* Nicolaus Rndingenis». . Nicolaus Sfkcpi^tts. y» A
Cer forum Auflorum , Libri
prohibiti . N 'colli Clemingi». opera
illa oik rum modo permicti
pocenmt,qua .uxtt cenfnras Patrum
deputatorum , emendata excudentur. Nicolai,
Franci (Jacmina . conua Pecnim
Arecinum. Nicolai Rodingi
cahonitio ad Ccrmat niam . Itera Pradicationes carmineconfcripta. Nicolai VVinmanni Colymbcfcs , fivp de alte naundi , Dialogus . APPENDIX.
N icolaus Amldorfius* Nicolans
Balingius. >
MicotausBorbootus,Vandoferanus» Nicolaus
Bryl'ng. NicoUus de Cilibria. Nicolaus Caltilim. Nicolaus Galeats^ Nicolaus GaVus., Nicolaus Gcrbellifii. Nicolaus Herforde» Anglus* Nicolaus Krompach. Nicolaus Macchiavcllns. Nicolaus de Pclhrtimorv. . Nicolaus Qitodus. NicoUus Rhadivil, Palatimis VVilncfii Nicolaus Ridlaus. Nicolaus ^eubellius. Nicolans belnccccrusi vcl Sclneckerps
•. Nicolaus Scorckios. Ni^laus Udall, Angkiv. N Vtalis Bedc, liber confeffionìs. Nibulus ThclTalonicenlìs , contri PP. Aliis Illirico lupponcos. Incertorum Aui^orum, Libri prohibiti. N
Omendator infìgnium fcriptorum. Notoria
anis» opera omnia ^ Nera vera
Ecd»a. appendix. N \rtatio* eornm , qua conrigcrnoc io> Patria inferiori, anno Nccromanrìa opera , & fenpta omnia.
Nova gioita ordinaria , doncc metiora
Dominus , &c. fivc io Evangclium,
fecundum Matrhaum » Marcum , &
Ecc ^ Jàm Ik 404 INDEX UeRORUM Lucam. Commeruariij obicun^ue ixu. prtfli ferine ^oy* prccationc) I. ex optimis, quibuT* qu? Tcriptis» przcìpaorum noftri fzcu» 1 1 Thedogpruro . AUGTORES PRJMH CLASSIS., O O
EcoIompailius joannnes.^ Onholphus
Marolc, Frànnis, Olìandcr Andreas.^ Ofualdus Myconius.^ Orbo BrunsfclHiis. Oiho Cerbems Pabergen., Otho H?nricu5«. Otho Vfncriw. Otho, VVcrdmiiferus. pthoncllu^ Vida» A P P E^N D I X.^ O Siande? Lucas.^ Oiiuldus Betus.^ Otho Gryphius.Gparinas Cattin» Otho Wiflcnburgìusjfivc Luroburgenpa Otho Zander.
Q/cnus CuntCTUs.^ Certorum
Auftorum^ Libri prohibiti , O Gerii Dani Fabulz. In OviJii Mctitnorphofiros Jibrosi commcncaria , fivc cnarrationcs al. Icgoricx» veJ tropologie* A P E N. D I X. O Limpì* Fulvi* Morate, Dialogi, Epiilolx, & Carmina « ^ APENDIX.
k Prima ratio conponendxreligiocuii
I quz fict ' Opas magni
lapidispcrLocidariam^^ Orario
I^minica,. cum aliis quibofdam
Precatiunculis grxcc ctim latiua ver*
Hoae, è regione polita, quibus adiun-
^um cft Alphabetum Grzeum .
Orario Ecelenarum Germanie, ac BeU.
gix fub, &c. Orationet
Furtebres, & Epiccdia, per Tomos
diftinOum opus» Orationes Fimcbres. de
hxrccicis habire^ ccrtis romis
imprdre«i^ Ofdo Ecclcfiafticus , circa'
do£lrinam , Sacramenta, &
Ceremonias, in Du- ca ru
IjluftriffimiDucisBavarie Frideri*
dorus« Pcirus CUrke. Petrus Dathenus • Petrus Dilleras. Petrus Dc^inus. Petrus Qcdulcig, (ea Pati'em« Petrus GU(fet^ Petrus Hafiùius. Petrus LandsbergiuSf vel Liodemburgìus
« Pccruv Palladiusii. Perros Pateshul . t » Petrus. Panlas, Nochtefterus. Pernii Ramus* Petrus Kinavvs* Petrus Scatorius« Petrus Trevver, Petrus Vvaremborg, ab Alcenkircfiea. Pcims Vvartei, vel Vattcs, Pctrm VVirth* Philippus Deibrunerus. Philippui Dirixfon « qui fuot
^tukaptlf- m fmut ferlìiit lìuTÌs « T«
i>. Philippus FcKìqìus* Philippus Gcrrarde. Philippus Neibronnerus^ Philippus Kcifer. Philippus Lontcerut4 Philippus Marbachius. Philippus ie Marnix> Domlnut de 5*
Hd~ degMia , Philippus Merziliust Philippus Momrus, PlelTeui. Philippus NycoU Phili^TpQs Rufticns. Philippus VVagncnis, Pilkioionios Preudoepifeopus , Dunil- menfis .
Prinius Tuberus Carmqlanus.
Procopius Lupacius . Certorum
Auflorum, labri prohibiti* P AuU Dolfcit pralrerium» Grzeo cat- mine ver{uiD» cum prxiacione Phi- lippi Melanchthonis . Pccri Aretini, opera onmia* Petri Lignzi, Parabola. Tetri Mofcllani , Protegend , Pedalogia in puerorum ufutn confcripea. Petri de Virea, PercgriaatioHicnifalem* Philipp] Catti , liber adverfus Heaticum Bninrviiceni'em* Pogii Fiorentini, Facetiz* Polydori Virgilii, de invcnioribus rerum liber, qui ab hzrcùcis au£lus , &
de. pravatus eli. Rotopzii Barbz , liber
deSccrectsNaturz, APPENDI X* P AnopIia omnium il!iberalium , Me. chanicarum, auc Sedentariarum ar- tium,cucn imaginibiis «sudore Har- caman Scoppcro» NovofofCD/ì,Norico, Fran((qjti adMxnum ijdS. donec ex. purgetue,
Papyrii Madbnii, libri fex, de vitisEpi.
feoporum Urbis Rotnx, nifi hicrit ex
corrc^is, abaudore, cum approbatio-
nc Maeiftri Sacri Palacii .
Taraphraus Cornclii Chaidaica , ìa facta
Biblia . Tauli Diaconi hiAoria ,
impreca Badler nifi delcarur epifiola,
qux habe> tur in ejus principio , quz
clè , no^ probati Auaoris, Petri de Abano, opet^CeomaDtix,
&e)or. dcmdcQinnì genere
divirutionÌso}>era. Pccri Fcrmandca
de Villegas, Archidiaco* ni Burgenlìs ,
Flofculus Sandorum. Petri Gunchcri ,
Rhetorica, nifi expurgecur. Petrus
Pomponatius , de Incantacioitibus. Petri
Romani, Circulus Diviniiacis. Ferri de
Vineis , Querimonia Friderici Cecundi
Imperatpris« Polydori Virgilii, , de
invenroribus rerirni liber,
RoinzjulfuGreg.XIII. lyy^.ex. puigarus,
6c excufl'us, permittitur* Pofiillz
Draconitis, per annum^ Pradica Mufica ,
Hcrmanni Finehii . Przfaclo
JacobiHarcelii, in quìncjtuginra
Comicorurn rententiasGrzcolacinas.
PCUmi aliquoc Davidici , per Hcnriaim
Stephannm , & quofdam alios, Grzeo
carmine rradudi « Pfalcerium
Hebrai ant Apoftolic* Sedi ■
quoniodoc'jnque dctrabatur .
falquilliB prpfcriptua a
cibo. Pafqitil'n Scmirocta. PalquiUoruin . Toroi djiOc Pàiquim> ti Matphofii Hyninui in PaiW IniD III.
Paffio Martini UthetJ , fccundinn Mar-,
celluin., ' Phalarifmu» c ' rhralca {acri Scriprai» . quandiu
eapn»-. gara non hictint atqtie ab
Inquilìto-. ribuJ Gencr.ilibui racojnlw. Pii, St Chriftiani Epiltoli ciiiuldam
fer- vi Jefij ChriiU , de file,
operibui, !c charitate. Pracationum aliquof , tc piaruin Medua- ciomim t Enchiridion ^ Pfccationit Biblici. Precationer Chriftiani , ad miitationet» Pfalmorum. ^
Precationcs Dominici, Griphn.
Precaiionn Pfalmomm , per )oanncni
Hombutgiuin latinirate donati .
PrteedenK all' Apologia della Cooteffio-
ne VVittcmbcrgenlc. Pioceirns
ConfiAorialia , Martini Joann.s Huls .
- pliltcriam ttanrlationia veteris ,
cum no. vq Pnfatione Maitiai Luthcri
. A P P E N‘Ì) I X- P Aralipomeno* .ómniam i^in me- inorabiliuin a Fridenco Secmido , ufquc ad CirolutnQuintnm, HiKo- tii Ahbatis UfpergcnIIa, per qncndara fiudiolutn. annexum. Patquilb «latici, feu nuper
icoalorcver- fi, JctebttS patrim fopena,
partim in- rer homin» . in Chriftiana
Rel.gione paffim hodie controvetlis ,
cnm Mat- phorio Colloquinm . pjqnilll iDinufcriptl , Santìwt aucSicrannciKJS» autCatholic* Ecclefiz 1 & fjui caltui » aut
Apoftolic* quoraoèxunqac de Todygncoo.. Ricardus VVick. Ról^rcus Anglas. Robenus Bonnes. Robertus Baus. Robcrtus a Moshaim • Robertus Stephanus. Rod NajaI •
Rodulphus GualceniSf Tigurinos.
A P P E N D I X, R Einerius
Rcìneccius, Sceinchenms • RcinhoMus
Marcaaus, VVcftpbav Ricardus Coxus
» Ricardus Fcums. Ricardus VVyfe. Robcnfonus Bangareufis. Robertus Crovuicyus . Robertus Hornus. Robertus Recordus. Robertus VVakefelde. Robertus VVarfwius. Rodulphus Hofpiniatms. Rodulphus Lemanus. Rodulphus Ladolif. Rodulphus Sncllius. Certorum Auflorum, Libri prohibitì. R Aymundi de Sabaude, prologus in Thedogiam naturalem. APPENDI X.
R leardi Dìnothi, de re- ) doneccor-
bus , ic faftìs inemo- ) rigannir .
rahibbus , loci com- ) munes
Hiftorici. ) Et eiuiilcm Adverfaria
Hiftorica. Roffcnll falfo adferiptus,
liber de fiducia j & mircricoriia
Dai. Inccrtorum Auflorutn , Libri prohibiti. R Aeio bcevìs , facrarum tramanda* nim Cancionum . Ratio , CUT • qui coafeflìoneiD At^iUnam proficenrar» &c. Ratio , Jc Methodus coniblandi perieli* losd decumbences , &c. Receptacio omnium figurarum focrx Scrì- prnrsr.
Reformacio Ecclefia; Coionienfis,
Regis , & Senarus Anglici fententia de Concilio , quod Paulits Epifeopus Ro. roanus Mantuz fiiturum fimulavit. Reftitucionum doftrtnar, &vit*Chriftia- n* libcr, per Monafterienfes Anabapri- ftls edicus.
APPENDI X. R Acìo } & forma
pt^lice onndi Deum, acque adminiftrandi
Sacra- menta in Anglofum Ecclcfia , qus Ceneya coHigirar. Rccanrario de inferno .
Rerum ìnGalUa ob religionemgefUru^n^
libri cres. AUTORES FRIM£
CLASSIS . S S \pidus Poeta. Sclaperus.
Schnepplus, vel Sehekias-
Scbaldus Hanrencius. Sebaldus
Hcyden . ’ SebaUianus CalUlion. *
• Sebaftianus Francus. Sebafiianus Frofchelius. SebaBianus Lcpufculus. Scbaflianus Meyer. Scbailianus MunAcrus. Servetus Hifpanus. Simon Grytmis. Simon Heilus. Simon Mufzus. Simon Saltzenis. Stephanus Dolecus . Syven Kfeidius. APPENDI X.
S \daeIIns Antonius « Samuel
Fifcher. Samuel Hebelus. Samuel Ncvuheiircr. Samuel Radrrpinner . Siwìct VVigormicnlis , PfeaJotpifcopu»
. Scamblcnis Pctroburgtniis ,
Pfeudoepifeo. pus . SebaAiaoat Figuhis. Sebafhanus Henriepetri. Sebafttamis Lupulus. Sebaftianqs Sperber . Seba-
t \ 408 INDEX UBRORUM Sebafliinus Spradler^* Sjc^irìdtii Saccus. Sigirnundus Suevui^ Sinicn Cn»iliccvus^ 5iincn Mej'er* SiiroQ Pauii» v(l Panhis STcrineofisi Shnon Sidenis* Slmnu Simoniiu. Simon Snc^derus. S»ni!> Wi. òatniciiK.« Sicpoanu-» Gerbchtuv Srrphtf-iut de Malefcot,. Srr; hanui Rcich». Stephaons Szcgcdimis*. |tc^’i-unus VVacker4 Ccrtorum Au^orum, Libri prohibiti. S Tgibcrtì libcr , centra Papam Gre- gorium t & centra Epiftolamr Pa- fchalii Papx. Scraphini Firmaiu Apologia» prò Bapti* Aa «ie Cremai (tephani VVindonieoAs Epifcopl > l lionec
rcpuigaca fuerìc. Scephani Lindii EpiAoU
». de Magù Arata» & MifTa*. Svidar Hiftoria » nuper Bafitec imprcHa
». ^uaiodiu annotarionci oMiginalcs »
& indicci» emendeatur. Incertorum Auflorum, Libii prohibiti. S Cholìa in EpiAohim Paoli 111. Pon> tiftcì* Maximi. Script! quxdam Papx, &Monarcha« rum > de Concilio Trideotiao &c. Sentenrix piieriles. Sernaones Convivalea. Sermoaes ite proviJcntia Dei . Similitudinnin , & DiAìtnilicudinum
libcr. Simplex» &' foccinOm oranJi
modus. SimplicifISnu» & brcviiTima
Cathechi(mi expofitio. Simulacri,
Iftorie, e Fignrc della Mone. Somnium,
& Vaticinium Efdrx , de £a- ti&
Monarchix Romat:.x . Spcculum exeorum ,
ad cognicionem E- vangclic*
vcriiatis^ Swermenica Doflrina. Somna totius Scriptur^. Sammarinm Scrìpturx» 8umro| in Smaragdum > Aipcr Erange. lia » &: EpiAolai totius ann> . ram
Ce- paratim» quiin nna » cuna ipfo
Au£lo> re impreifa. Snpplicacio quonmdam , apud Helvcrios EvangelìAarum » ad Epifeopum Coo» Aanticnfcm.
Supplica loerortazione, di nuovo mandata
ali'tfìvittiffimo CeCarc, Carlo Qpinco.
Suppucatìo aonorain Mundi.
Syncrama clariflrmoruin virorum ,
cugina* le pcccarum dcpuigentes»
Ac. Stateri PruJtmuiti • grracagcmaca Satbanx. Summa piuioris doflrinx »pcr M3 fes» adCallicarn EcclenatiuntiVa, ^c. Synodus Sait^ioruni Patrum *
c«>nvocara ad cognofccndam , &
dljodicandam controverAam » multos jam
annoi £c- cleAam ChiiAì gravilGmc
cxercemcm» de majcAate Corporis
ChriAi» AUCTOKES PRIMA CLASSIS. T T
HeobaldmCerrachius» Billicanui*
Theodorus Biblìander. Tbonui
Blaurems. Tho. Digitized by Google PROHIBITORUM. 409 Thomas CramnerM. homas ab Hofen . homas Munccrns. Thomas Nec^eorgius^ Thmnas Plaitcnis^ Thomas Vcnatorios, Thomas VVolphius. Titetmanus Heshu^us*
Timotbeus Neocorus* A P P E N D
I X. T Halounnos Beaedi6his. Thcodoricns Scheneppius . Thendoms Bcza^ VcxcUnS\ Thcodorus Ncc^eofgus . Thcoioras Sneppius. Thcodorus Zuvingerus* Theophilus Bfidanus. Theophilus Frcurelìus* TheopbraAus Paracclfus* Thobias brmon* Thomas Bcconus. Thomas Carcuvzightas ^ Thomas Copperos. Thomas CprbcM* Thomas E^nta . Thomas Eraftui. Thomas Gotctsf»nhi»«, Thomas Gybfooas p Thoous Leverus. Thomas Pavjpell. Thomas Scndbachiu» veL Seltbachliii é T homas Swinercon. ^ Thomas Thanhoinmi Thotms VViJfoflui, Thomas VViftadias. Thirootheus Kfrclmerus, TriAramus* RevcU^ Ccrtorum Aué^orum ^ libii ^rohibitt*, A P P EN D I T Argpm , hoc Paraphnfis C^-. oeTii Chaldaica* in facra Bibita ^ ùuc^cete». Paulo Eagio. Tbeacnim vitaebumanx» prlmunta Cou« ra^ LicoAhena: Ru^aqoepfi inchoa» deinda a. Theodoro Zvringero aUolucum» cuitifcnaqae fit iroprtìfio- ais» nifi corrigarur. Thcodorici Nemicnfisi vel' a Niemen Hiftoria de Cchiiinaie, The^nna lioeua Grece» ) Henricì Srej^ani . ) Thelaun»
Lingue Hebraice > ) San£h Pagnini »
aufVtts opera omnia « Incertorum Auftorum, Libri probibiti. T Halmud Hebreorym» eiulquc gl fumma sotius icripturevetcris,Se novi TcAamcod > altera vero de dccem Preoapiis^ Theologorum VVitebergenAum vera» 8 c folida rcfuaauo» duorum libellonim lefuiramm •
Threnodia Ecclcfie Catholiee» ad Chrì-
ftam ^ponfiimv fwim ^ Triumphi
Aoonmmcw»^ Ir jfde GhrtAi» in cotlum
afeendentta coilado. Turco grecic libri
ofio,Bafilee impre{« fi 1584. donec corriganrur.
• Turingtcoiiim exolun) rdponfio. Xotini Belgica > Urbium» Abbaciarum» CoUegk>rufu. divifio» ad opprimendum per novos Epiicopos Evan^iium» 8 k^ fine nomine Ao£mNs ccafiurc » impref> ipris». Se loci.. AUCTORES FRIhl£ CLASSIS., V V
Adianus )oachimtts- Valerìus Anfelmus
Ry 4 ' Valerius Philarcas. Vareroimdit» Loitholdus. Velcurio*
Vergerius^ Fffi Vi Digìtized by Googlc 410 INDEX LBR.ORUM Vi£loE di Bonkaaxi ve[ de Bordcns. . Vi^ormus.
Strigqlius. Vincentiut Obibp«t»« Virctus. Petras. Y i r i I iog4>Sjfìye Brenti us>. yito$, T^codorus.. . , Virt» Vvif«pin$v i ^ Vlricus, Scuderius ,, Yltictt* VeknuSf Minhomenft., ^ Virila* 4c Vvitera. ' | Vrbamn Rhegitti.. YVendelinusi ab Kdbach., VVcnriclaaJ Linck. - YVefelus» live Balilias CroeningenCs., VVcfphalus Ipa^imus*. VVig^us óro^er* VVilhidmus Hefenos. VVlIhieliròs Ibadcnlis. YVolphapgus FabrUius, Capito •. ’ VVolphangos Mater. ^VVolphangus Meufd » ; V Volphatigtts MuCcuIub VV olphangus Uuce#/ VVolpIungus Rupercus. VVolphangus VvaUaenn^
yVoIphan^ VvtlTcn^burgiis^ A P P
E N D 1 X.. ‘ -1 't i / V Alcntinos Eryihwus. VaknKinuv Frottdorfiuiv Vaicntimis. Cìreflérns^ . a Valentinus HeiLind^ r . Valcntijius Hefenenu^ .. f.. ‘ Valeatinos MecckcK* / / ••• Valcmious Schacbtiut^ Valentinus Shinidclenis. . » Valentinus Tro^cdorSus^ VakQtiiHUk
VaJenrintts VwinfchOTUsv Valarius
Fildl^rus\i'>--' Vcnis
C^at^amls^ Veitranos Pinfcrus^ . i Vinc^n.tios, Cmnchor^ Vinitos^ ■ J . T • Vjcui Bfcfchvucrtibach> Vùus MoUcfus-, Vhiaricu» RuppincoTtiK Vlricus. J.vuinglius.. Volradsis, Conjcs, Mansfcldcplii^ Vvahiclmits BiJcrtìbachius^ Vvilheilnjus, Clcbitius^ Vvilhichnus. Nolderus^ Vvilhielmus Sarcerius^ Y^ilichius Fikhcrus^ \ / Vv.olphangus AmliJi| •. ^ f Vvolphangus Ammonms • Vyolphaogus AmpelaAdatP\ Vvolphangus Audingus.. Vvolphangus Bisbachius. Vuolphangus Cam!inm« Vvolphangus Finckclnaus^ Vvolphangus Maler. Vvolphangus Martius*. Tvolphangus Ochelìus. V voi phangus FeriRerus x Vvolphangus Frisbach^u»^ I \volphius. Certorum
AuftoruniJ libri protlibiti^ i V iti Amcibichii. , A"tipari de
Officio pii viri traOatut» Vinccntii Ciconi* Vcfoni^nns , Enarra-. tiones in pralmos, nifi còrrigantur^. Vldarict* ad Paptm Nicolaum EpiRola; VIdarict Zafii , opera omniai donec C0C\ rigantur«, i
IncQttotum Au£lorumi (.ibri
prohibiti^ V Valdenfium conleffio x,
& Apologia fìdei, ad Uladislaum
Kcgcm Un^ gari*. Varia dotìorum, piorumquc virorum* de corrupto Ecclefia; Aacu > Poe- mata*
Yindarii* ^mbdìuio » de EotelUtePapcj^
de. Principum facitiartuniv
Vificacio Saxpnica*. Yitai &
gefta Hildebrandi^ Vi» Patrum,, cum
przfatipae Maftirii Lutberi ^ VitK Pont. Rom. VViteberg* iroprelt*- Un breve modo,, ^ual deve tener ciaf- cun Padre*.
Unia diffidentium. Tripartita*.
Vniverfitaiis VViiebcrKnfis , feria aflio», apud Principem FrldcricuQi*. A P P E KD. I X^ ^ Wa Juyennitis cum anoocationibosx \f feti aildittonibus ?hilippi Me* ^ lanchthonis x Vvitcbergica afta SynoJaUa> a
quodatn • COl-v Digilized by Google PROHIBITORUM , 411 ' collega & per Vvttcbei^icost
Jlieokv go» probara» concra ]Hyricanos« Vvormatienfes Arciculì. Urfuis Mnnfterlcrgenfìt Docidie
defenfia* no licenza, dall’ ondiuarioi
poRo in. una calTa iìcura nella CanccU
ovvero dali'In^uificore di pocerh tenere», laria Ducale per (ervirTene»
qnarJo fa- SECONDO . Se li Stampatori
foranno ri bifogno, nella oaa! calta fi tenghi,
rifiamj'« 4 e li (addetti Libri (pipefi.» Ala- un Inventario de* Libri,
che 1! ripone- raniro infianza per U
correzione» si cor- ranno: e ciò s’ incendi folamcnre de’ii- regeranno efpeditaroence in Venezia» e bri
novi, ed ancor de* Libri rofpcfi, che
nell’ altre Citti del Sraro Teoia ODandaili . fi corrtgeranao» e
riftamf^ranno. Nelle a Roma avendo
fufiicieBcc facolti per Cicti j>oi del Stato gU originali predecii il novo Indice gli Vefeovi infietoe con li fi
conlegncranno al Cancelliero del Cla-
Inquifirafi» e rifiampandofi corretti» fi riOìmo Capitanio, acciò li
tenghi net* vmdcranno liberamente a tutti.
modo predetto» q. fi confegnino focecfii-
TERZO. Uferanno diligenza gliScam* earocnre con .l' Inventario da
Canceliie- patori per confervaie oqi
migliar moda» ro 4 Gancelliero* nmezfc
Pff a Q.UAR. Digilized by Google 4iti
OyARTO.. Nel ftampar Libri 9 ^ terefticrl». 0 con &Ifc % t finte
licenza impriina a tergo del prinio
tV^lio la Ih Qampati * e rariflìme volrc fi dari il «enza folita deli Magifirato» nella quale
calo» nc fi fiiri fenza giullifliroa caufai
fiaoa cfprcflj li nomi di quelli » che a*n e con parcictpazione dei
Santo Officio, vranno rtvifio,cd
approvato detti Libri», ed incervemo di CiactiSmi Signori Af- (ome è dilpoita per le L^gi.. - fifiemi rantoin
Vcneziicome aelloStato. QUINTO.
Aveniranno li Stampatori», OTTAVO. La regola dgl giuramento da che r>e‘ Libri novi, che
fiamperanno«"ò, darfi a* Librari, e Stampatori npn.s’cf*. oc’ Vecchi che riftaropanero. non. tifino
tguìfea in quello Sercnils. Dominiò s
figure » che ripprefeniino acci difonefiiv NONO. Tutti gli eredi
doveranno dar ooit efjendo però
prohibitcle figure pros nota al Padre Inquifitorc de' Libri pro- fane. che non comenefsero dishoniftè- ibìti »
e fi>rpefi » che ritrovarsero nell*
SESTO*. Lt Librari dovecanno far T* erediti / e ouelU eredi » che non
fuf- Invcntario di- tutti li Libri >
cift, fi fero abili a aifcemérli > doveranno lo trovano per cfpurgari; in quello princi>.
ro, o Tuoi Cantori chiamar perfone m-
pio le Librarie da‘‘ Libri cfprefiamenre teliigenri che vifiiino tutta
la Libraria proibiti nel novo Indice » e
prefenrar» per cavarne nota delli proibiti , c iòf- lo al Padre Inquifitorc , e quello s’in-,
pefi) & prefencarla come dì fopra in
tenda per una volta folamenre v termine dì mefi tré dopo ebe V
avran- , SEPTIMO. Intorno la liberti »
che ho, avuti irt fuo potere * c fri tarn
/ vtcn conceda, all i Vefeovi, ed* Inquìfico- co non pofsano ufare. ni
in qualitnque i ri di poter proibire
altri Libri non cf- modo alienare i Libri proibiti , o rof- ^ ^refi rMiriiWice~» fi didilira. che t'ìn-.
pefi « c ciò fono |e pene • e aenfurq
tendi de.‘ Libri contrarj aM^ Religione ,, (latuiie^ Feo fede» e corroborazione di tutto» ciò. li
fuddetti Illuftrifljmi Cardina*, le
Patriarca». 3c Nunzio^ Infieme co' 1 Reverenda Padre Inquifitore di Venezia fottofcrivqranno le prclqnti . c le
affermeranno eoa proprj loro Sigi(li
coniinci|coda.|er Vautor/ih alatale *d» fua Beatitudine che inviolaWiécnte debbano «flervare le predette.
dichiarazioni tanto in Venezia» quanto
in tutte le altre Cittb » e Luoghi fudditi ai detta ScrcoilD'mò. lJominio; D aniello Barbo Capitano di Segna Faiitor degli ÙlcoccKi . 174 Daniello Francol Ifricilitip facce, de 4I KabattA nel Capit^niaeo. di ìk* gna. 187
Decime (e l^no de fure divino.
Decime prediali che eofa fieno. 18
Diaconi infitruùi dagli AppoftoK per go-
verno delle cole tcinpor^i. a
pifeorfo del Chiazola in propofito del
Dominio 4 el Mare della Reptibbllci.
pnpenfa é tm mso di giallitìa ^^ribu-
tiva > c pecca chi apn ht * perfo-
ne» alle quaK è dovuta» Doge
Ticpolo mette un dazio a quaUmque
Navigante p& TAdriatico. ^48
Pottori Napolitani ; loro opinion^ circa
ilPrmcipaco di tutto il Mgodo»
E MerìroGtierri vuole piutrofb abban-
donare il filo ArciveKOvaro , ebev^
der la fua ChieCa mclTa 4 Cacce da
ln;iocenzto IV. Pontefice»
^rìberto Conte Zio d'Ugo Caperò fii fuo
Figtioolo in eti d'ansi 7. Arciv^feovo
di Remi» c Papa Giovanni X. ne eoo.
ferma reiezione. api Rtmolao
Tiepolo ProveJitor in Dalma, zia con
iibera podeiti • temuto dagli Ufeocchi^
t}x F Anioni de'Gnelfi» e
Ghib^niquan». do oacqueto*. 40 Ferdinando Vefpio» fua opinione in. tomo al Mate.. 74> Filippo Pafqualigo Provedìtor Generale in 4^1m«iaconm gliUfcocchi. igf Francdco'Allegreiti Kc 4 >ilc Ragufeo
Ca> pirano dHina Calca P-ootificia .
17^ frati Mc^can^ quando ìdOìomiì. 8| G Fftiin» loro infeirato. 107 Giovanni XI. fatto Papa d’anni xo* figliuolo naturale di Sergio III. » e di Marozia figliuola della meretrice Tcodor^ * 4 quale proftituiva le fuc figlinole a’ Papi x xp Giovanni ^ (oti intento a cavar danari d’ogni cofa> che lalciòalla
fua inorte x^. milioni. 77 Giovanni Alberti dccapicaMda'Turchi in Gli A. 174.
Giovanni Bembo Provediior in Dalmazia
centra gli Ufeocehi. 177 Gio:
BattiAa ConraeÌDÌ Proveditov in Dal.
mazia contri gli Ufcocchi . 19S
Gio:Criftiano SmidHDoAmbafciador Ce>
fareo agli Svizzeri per dar loro conto deh la guerra aperta co* Veneziani . Gio: Taeopo pelco Vice.CapicaMxdi
Segna, ipd OicK Jacopo Zane Proveditor in Dalmazia contri gli Ufcocchi. xoo Ck>: Jacopo Cafglin Ipedito a Segna
dall* Afcidsca per liberare dalle mani
degli Ufcocchi il Proveditor di VecHa
Marcel- lo. X17 Ciroiaono MarcctIO’Provedùore di Veglia fatto prigione dagli Ufcocchi . x 1 a Governo di Santa Chiefa nel fua
principio ebbe fivioa Democratica.
17 Giuda aveva la boria dd’daaati prefencati a) Signore. a Giuramento de) Clero > e del popolo
Ro. mtao ferro all’ loperadore incocuo
air •fezione del Papa. X4 CiuriCdiaione EccleliaRica quando abbia avuto principio. x 179. fatto
Comnffciferro daH’Arciduca contragli
Ufcocchi. i 4 d. trucidato dagli
Ufcocchi • i8a CiuAinfeno ricuperando
I’ Italia da' Bar- bari lafciò il
Dominio intatto delia Repubblica fai
.Marc da Raveniu in qua. 7x9. fiu legge
circa aUenaie ni EcclefiaAici . Gradi EcclefiaAici ne’ primi tempi noo erano nd dignird» nè onori . come fo- no da molli Secoli » ma cariche « e miniAerJ. 7$
Guido Bacon di KùK General in Cr»
vaila fpedito dall’lmperator a Segna
per informarfi de’ mii^i d^Dicoc-
Digitized by Google / INDICE.
415 I J Acopo Coreana Gefufta in unA foz Cronol(^ia confdlà victoria della Repubblica nell,’ Adriatico « 1^9 Imperio dell' Adriatico innanzi il
nal’cU mento, di Venezia bx dell’
Imperio Ro> mano^ 5x8 Indulgenze quando incrodocce« 81 Inico di Mendozza Ambafeiador di Spa- gna a Venezia levato dall' Ambafceria con ftx) poco onore. i|$» Innocenzio IV. muore da nna percoflà datagli in fogno col calcio del PaAoralc da Roberto Vefeovo di Lineo! Uomo celebre in dottrina» e bontà. ^4 L Orenzo Diacono ritenuto da Pedo per levargli i, Telori Ecdefiafti- ci. , 5
M M Anfionario» che cofa na e
quando intro- dotta* pz Pietra Croltcchio Signor di Cliflà. ijp fia II. vuole armare dne FuRe in An. coni , e gli vien proibito dalla Re- pubblica* SP
Pontelice » che non era confermare ujlP
Jmpcradorr "o*» ^ «hltjtuvì Zfìjc^uf , ma dtfftu'. Z4, Pontefice dee pafeere non tofare le
peco> re. ^ pontefici pretendono > che gli atti Concili non fieno validi , fé noa in virtù della confermazione Papale. 41. proibifeono l’aver benefizio maffime di Curata a chi non imetide la lingua del pc^lo. 5ji Povero obbligato fecondo i CanoniAi a pagar la decima di quello» che trova per iimofina », mendicando alle por- tc*,
Preferizionc che cofa fia* ^41
Pragmatica pubblicata in Francia. 85
Principi chiedona licenza alla Repubbli-
I ca di pattare pel Golfo. 551
Proibizione fatta da' Veneziani a quelli
di Riminì» Ancona» Fermo, cdAfco-
U » che non navighino in Schiavonia. 547 R Egalia è un ;us del Ré di conferi- re tutti X ^ncfìzjlcmpUci vacan- ti dopo, la morte de'Vefcovi Rn. eh’ è acato il SuccdTore. 44 KccreCro che cola fìa* 84 Reudenza tenuta da molti, che fi trova- vano nel Concilio di Trento de Jare divino, 91
Rifervazioni , annate , afpetracive , c
tutte le altre etazicmi della Corte Ro-
mana» Digitized by Google V
416 I N D iDsna t proibite dal
Concìlio Balilen* fc. S S
Vnro» SantiiBmo, beato , beaciUìmo •lami
t che convenirano una volqi a tutti i
fedeli j che afpiravano. al* Sanciti j
ora particolari fmo del Son>* mo
Po«if:6cc. »7 Scrittura dclP Imperadore
s c deirArci-i dura io favore dcU^
Repubblica, ^on* tra gli UlcoccKi.
>17 Segna Citti de’ Conti Frangipani
. 1 49 Signor di Lenovicb Genqral di
Crova- aia . 1J4 Spoglie» che cofa fitop. 10; Stefano eletto Papa dopo la mprrc di * Zuccheri^ > perché non fii
conlàgra* to , non fu'pofto nel Catalogo
de* Papi
che non Ù lafcit^ mai vedere in
pubblico i fatto Pap^ «la Teodora
faraoTa Meretriae Roooa- ^ na • Stefano della Rovere Qapiuno (H Fiu* me ^Apita in Veneaia per trattar^ in propolìco degli VTCtxtbi « — — — a V U
Scocchi di che paefe fieno. loro
violerà?, e rapine. 141. I C E, no di tre forte > ftipendìati »
CafalU ni e Venturieri 1x7. loro
delcrizio* ne» 11® Veneaia fi fa Padrona di tutto il Col- fio . 510* proibi fee a nxt| dì tener
le* f ni armati nel Golfo» jt** non fon- a le file ragioni del Dominio del Ma* re fopra privilegi dì Papa* o d'Impe* radere . {^7. Signorn dell* Adriattep >irre feiìi. jdf Véfeovo anricamente era chetio dal Po polo» le. quando era morto fi por* Cava U fno anello » e ’l fuo Pafiorale all* Imperadore > affinché lo
conferiite ad un altro. $7 Veicovi titolari i gran numero vt n’era innanzi il Concilio di Trento» al pre* lente é molto ri^retco. a a Vefeovi Italiani dello Stfto Ecdefiafii* co non folamente fiam>o in piedi al* la prefenaa de' Cardinali { nu anco* ra noa Aiisano difboore fervirli a ta* vola. 5®
Vefeovi delle Chiefe ricche > e gr;:n- di fono pafTati dal dirpenQire » al diffiparc • Fu provedgto a dd d..' 5^ coleri.
Vector Barbaro Segretario fpedico dal
General Pafq04li|o al Coinmetririo
Rabatn per 1* iniereflè d^li .Ufeoe*
chi, ' 57^ FINE DEtt'
INDICE, A.A'Paolo Sarpi. Sarpi. Keywords: l’arte del bien pensar, Locke, impression,
reflection, metaphysics, Bibioteca Marciana, pensieri, pensiero, logica, bien
pensare, galilei, hobbes, metodo, sensismo, il fenice di Venezia, scritti
filosofici inedita. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Sarpi” – peri il Club
Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Sarpi.
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