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Friday, December 20, 2024

GRICE E SARPI

 

Grice e Sarpi: la ragione conversazionale della meta-fisica del fenice, o l’arte del bien conversar – filosofia veneta – la scuola di Venezia – filosofia veneziana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Venezia). Filosofo veneziano. Filosofo veneto. Filosofo italiano. Venezia, Veneto. Very important Italian philosopher. Definito d’Acquapendente come oracolo, autore della celebre Istoria del Concilio tridentino, subito messa all'indice. Fermo oppositore del centralismo monarchico di Roma, difendendo le prerogative della repubblica veneziana, colpita dall'interdetto emanato da Paolo V. Rifiuta di presentarsi di fronte all'inquisizione romana che intende processarlo e sube un grave attentato che si sospetta sta organizzato dalla curia romana, "agnosco stilum Curiae romanae", che nega tuttavia ogni responsabilità.  L'infanzia e una ritiratezza in sé medesimo, un sembiante sempre penseroso, e più tosto malinconico che serio, un silenzio quasi continuato anco co' coetanei, una quiete totale, senza alcun di quei giuochi, a' quali pare che la natura stessa ineschi i fanciulli, acciò che col moto corroborino la complessione: cosa notabile che mai fosse veduto in alcuno. Poi, così serve in tutta la sua vita, et all'occasioni dice non poter capir il gusto e trattenimento di chi giuoca, se non fosse affetto d'avarizia. Un'alienazione da ogni gusto, nissuna avidità de' cibi, de' quali si nutre così poco, che restava meraviglia come stasse vivo. Nell'anno in cui proseguivano le sedute del Concilio di Trento, Carlo V e in guerra con i prìncipi protestanti tedeschi e il Parlamento inglese adotta un Libro di preghiere d'ispirazione luterana. Figlio di Francesco di Pietro S., di famiglia di lontane origini friulane -- precisamente di San Vito al Tagliamento -- e mercante a Venezia eppure, scrive Micanzio, per la sua indole violenta più dedito all'armi ch'alla mercatura. La madre, veneziana, d'aspetto umile e mite e Isabella Morelli. Rimasta vedova, fu accolta con il suo figlio e l'altra figlia Elisabetta nella casa del fratello A. Morelli, prete della collegiata di Sant'Ermagora.  Con lo zio, uomo d'antica severità di costumi, molto erudito nelle lettere d'umanità addottrinando nella grammatica e retorica molti fanciulli della nobiltà, fa i primi studi, imparando presto e con facilità. A dodici anni, nell’anno dell'istituzione, dopo la chiusura del Concilio, dell'Indice dei libri proibititra i tanti, vi finirono il Talmud e il Corano, il De Monarchia di Dante e le opere di Rabelais, Folengo, TELESIO, MACHIAVELLI, ed Erasmo, passa alla scuola di Capella, dell'Ordine dei Servi di Maria, seguace delle dottrine di Scoto. Capella gli insegna logica, filosofia e teologia, finché il ragazzo fece così rapidi progressi che il maestro istesso confessa non aver più che insegnargli. Con altri maestri veneziani apprese la matematica, la lingua greca e l'ebraica. Con la familiarità e co' studii entra Panco in desiderio di ricevere l'abito de' servi, o perché gli paresse vita conforme alla sua inclinazione ritirata e contemplativa, o perché vi fosse allettato dal suo maestro, malgrado l'opposizione della madre e dello zio che lo voleva prete nella sua chiesa, entra nel monastero veneziano dei servi di Maria. Continua ancora a studiare con il Capella, rimanendo alieno dalle distrazioni proprie della sua età finché in occasione della riunione a Mantova del capitolo generale dell'Ordine servita,  mandato in quella città «ad onorar il congresso e far vedere che gl'ordini non sono oziosi, ma spendono il tempo in sante e lodevoli operazioni, difendendo 318 delle più difficili proposizioni della filosofia naturale. Il qual carico con che felicità lo sostenesse e con che giubilo e stupore di quella venerabile corona, si può dall'evento argomentare. Essersi così distinto agli valse la nomina a teologo da parte del duca di Mantova. Prencipe di grandissimo ingegno, così profondamente erudito nello scienze, che difficilmente si discerne qual fosse maggiore, o la prudenza di governare, o l'erudizione di tutte le scienze et arti, sino nella musica, mentre il Boldrino gli affida la cattedra. Stabilito nel convento di San Barnaba, perfeziona la conoscenza della lingua ebraica e inizia, col puntiglio consueto, ad applicarsi agli studi storici. E certo a motivo di quest'interesse che a Mantova frequenta Olivo, già segretario di Gonzaga, cardinale e legato pontificio nelle ultime sessioni del concilio di Trento, la cui caduta in disgrazia presso Pio IV coinvolse anche l'Olivo che fu dagl’inquisitori molto travagliato, col tenerlo longamente in carcere dopo la morte del cardinale suo signore, ma che ora, dopo la morte del pontefice, vive privatamente in Mantova. Il gusto principale che riceva in conversare con lui e perché lo trovava d'una moderazione singolare, erudito, e che, per esser stato col cardinale a Trento, ha gran maneggio in quelle azioni e sa tutte le particolarità de' negozii più secreti, et ha anco molte memorie, nell'intendere le quali riceve molto piacere. Sono gli anni in cui in Italia continua con vigore la repressione inquisitoriale di Pio V. P. CARNESECCHI venne decapitato. Gl’brei sono espulsi dallo stato pontificio tranne che da Roma e da Ancona, nei ghetti delle quali vennero costretti a risiederee. E impiccato l'umanista A. Paleario. Il papa scomunica Elisabetta d'Inghilterra, oorganizzò la Lega contro i turchi, ottenendo la vittoria navale di Lepanto e a Parigi, a migliaia di ugonotti sono massacrati. Fa la sua professione, entrando ufficialmente nell'Ordine servita. Anche di lui l'Inquisizione si occupa seguito della denuncia di un confratello che lo accusa di sostenere che dal primo capitolo del Genesi non si può ricavare l'articolo di fede della trinità. Ma, poiché effettivamente di trinità divina non vi è traccia nel vecchio testamento, l'inquisizione gli diede ragione, archiviando il caso. Dopo aver ricevuto nel convento mantovano il titolo di baccelliere, e invitato a Milano da Borromeo il quale, dopo aver ottenuto dalle autorità contro la volontà del Senato, il riconoscimento del tribunale e della polizia diocesana, avvia un processo di riforma del clero. Ottenne di essere trasferito nel convento dell'Ordine servita di Venezia, dove e incaricato dell'insegnamento della FILOSOFIA e continua i suoi studi scientifici. Nella grande epidemia di peste, che imperversa a Venezia,  facendo 50.000 vittime tra le quali Tiziano frimase immune dal contagio. Dopo essersi addottorato a Padova, e nominato reggente del convento di Venezia e priore della provincia veneta. Durante il Capitolo a Parma, nel quale venne rieletto priore G. Tavanti, tenne una dissertazione di fronte ai cardinali protettori dell'Ordine, Farnese e Santori. Uno dei tre saggi, insieme con Franco e Giani, incaricati di preparare una riforma della regola. Il carico suo speziale e d'accommodare quella parte che tocca i sacri canoni, le riforme del concilio di Trento, allora nuove, e la forma de' giudizii quella parte tutta ove si tratta de' giudizii accommodatamente allo stato claustrale. Lascia in questo carico in Roma fama di gran sapere e di molta prudenza, non solo nelle corti de' due cardinali suddetti, co' quali, per ordine contenuto in un breve apostolico di Gregorio XIII, conviene conferire ogni legge che si fa, ma anco e necessario molte volte trattar col pontefice medesimo. Sbrigato da quale peso ritorna al suo governo. Si tenne a Bologna il nuovo Capitolo dell'Ordine servita e viene eletto procuratore generale, la suprema dignità di quell'ordine dopo il generale il carico porta seco di difender in Roma tutte le liti e controversie che vengono promosse in tutta la religione. Dove pertanto trasferirsi a Roma dove conobbe e prende strettissima familiarità col padre Bellarmino poi cardinale, e dura l'amicizia sin al fine della vita, grazie al quale forse puo prendere visione di diversa documentazione relativa alle istruzioni date ai legati pontifici durante il Concilio di Trento. Conosce anche il dottor Navarro, teologo difensore dell'arcivescovo di Toledo, B. Carranza, accusato di eresia, il gesuita Bobadilla e il cardinale Castagna, poi Urbano VII. Ha occasione di passare a Napoli per presiedere Capitoli e conversare con quel famoso ingegno Porta, il quale, anco nelle sue opere mandate in luce, fa onorata menzione del padre Paolo come di non ordinario personaggio. Scaduto il periodo di carica a procuratore generale dell'Ordine servita, ritorna a Venezia, frequentandovi i circoli intellettuali che si riunivano nella bottega di Sechini e nella casa del nobile veneziano A. Morosini, dove conobbe anche BRUNO. A Padova frequenta la casa di Pinelli, il ricetto delle muse e l'academia di tutte le virtù in quei tempi, dove iincontrare Galileo e Bruno, il quale s'intrattenne a Padova più di tre mesi, poco prima di essere arrestato a Venezia.  Si dove scegliere il generale dell'Ordine servita, e fra i due principali candidati, Baglioni e Dardano, si espresse a favore del primo. Il rancore spinse Dardano a denunciarlo al Sant'Uffizio, accusandolo di negare efficacia allo Spirito Santo, di avere rapporti sospetti con ebrei e allegando una lettera che fgli scrive da Roma, nella quale sono contenute alcune parole in discredito della corte, come che in quella si viene alle dignità con male arti, e di tenerne esso poco conto, anzi abominarla. Senza nemmeno essere chiamato a Roma per discolparsi, e subito prosciolto da ogni accusa. Ma il cardinale di Santa Severina, G. Santori, protettore dell'Ordine e capo del S. Uffizio, mostrò però implacabile indignazione autilizzando tutta la sua autorità per escludere gli amici dalli gradi et onori con maniere così strane e fini così bassi, ch'io non ardisco poner i casi che mi sono stati dati in nota, perché troppo gran scandalo arrecherebbono al mondo. Continua i suoi studi mentre non cessano le rivalità nell'Ordine servita, del quale venne eletto priore,  Montorsoli, che morì tre anni dopo, succedendogli così, Dardano, accanito avversario del S.. Questi, deciso a uscire dall'Ordine per sottrarsi all'inimicizia dalla quale si sentiva circondato, cerca di ottenere un vescovato, prima a Caorle e poi a Nona, in Dalmazia, che però gli vengono rifiutati a causa delle negative informazioni che di lui il Dardano e Gagliardi, preposito della casa veneziana dei gesuiti, diedero al papa. Esse ssente mormorare alle volte che egli con alcuni facci una scoletta piena d'errori. Non solo: nel Capitolo,  Dardano l’accusa di portare una berretta in capo contra una forma che sino sotto Gregorio XIV disse esser proscritta; che portasse le pianelle incavate alla francese, allegando falsamente esserci decreto contrario, con privazioni divote; che nel fine della messa non recita lo Salve Regina. E assolto anche da queste accuse. La Repubblica veneziana, stretta a nord dall'Impero, in Italia dalla prevalenza spagnola e papale, in Oriente dalla potenza turca, e ormai avviata a quel lungo declino politico ed economico che a la sua sanzione. Alla prudente politica dei patrizi, rasseglla compromissione con l'Impero e il papato, si sostituì quella degli innovatori, i cosiddetti «Giovani», decisi a sottrarre la Serenissima all'invadenza ecclesiastica nell'interno e a rilanciarne le fortune commerciali nell'Adriatico, compromesse dal controllo dei porti esercitato dallo Stato pontificio e dalle azioni degli Uscocchi, i pirati cristiani croati appoggiati dall'Impero. Iil Senato veneziano proibì la fondazione di ospedali gestiti da ecclesiastici, di monasteri, chiese e altri luoghi di culto senza autorizzazione preventiva della Signoria. Un'altra legge proibiva l'alienazione di beni immobili dai laici agli ecclesiastici, già proprietari, pur essendo solo un centesimo della popolazione, di quasi la metà dei beni fondiari della Repubblica, e limita le competenze del foro ecclesiastico, prevedendo il deferimento ai tribunali civili degli ecclesiastici responsabili di reati di particolare gravità. Avvenne che il canonico vicentino S. Saraceno, colpevole di molestie a una nobile parente, e l'aristocratico abate di Nervesa, Brandolini, reo di omicidi e di stupri, sono incarcerati. Paolo V emana due brevi richiedenti l'abrogazione delle due leggi e la consegna al nunzio pontificio dei due ecclesiastici, affinché secondo il diritto canonico fossero giudicati da un tribunale ecclesiastico.  Il nuovo doge Donà fece esaminare i due brevi da giuristi e teologi, fra i quali S., affinché trovassero modo di controbattere alle richieste della Santa Sede. Venne nominato teologo canonista proprio S. e lo stesso giorno il suo scritto: Consiglio in difesa di due ordinazioni della Serenissima Repubblica, venne inviato al Papa. Difese le ragioni della Repubblica con numerosi saggi. Sono di questi mesi la scrittura sopra la forza e validità delle scomuniche, il consiglio sul giudicar le colpe di persone ecclesiastiche, la scrittura intorno all'appellazione al concilio, la scrittura sull'alienazione dei beni laici agli ecclesiastici e altri ancora, poi raccolti nella sua successiva “Istoria dell'interdetto”. In quell saggio è contenuta anche un saggio sulla validità della scomunica, attaccato da BELLARMINO, al quale rispose allora con l'Apologia per le opposizioni do Bellarmino. Mentre Micanziosuo inizia a collaborare dopo che Paolo V scomunica il consiglio veneziano e fulminato con l'interdetto lo Ssato veneto, pubblica il protesto del monitorio del pontefice, nel quale il breve papale Superioribus mensibus è definito nullo e di nessun valore, mentre impede la pubblicazione della bolla pontificia. Obbedendo alle disposizioni del papa, i gesuiti rifiutano di celebrare le messe a Venezia e la Repubblica reage espellendoli insieme con cappuccini e teatini. Parteno la sera alle doi di notte, ciascuno con un Cristo al collo, per mostrare che Cristo parte con loro. Concorse moltitudine di populo e quando il preposto, che ultimo entra in barca, dimanda la benedizione al vicario patriarcale si leva una voce in tutto il populo, che in lingua veneziana grida loro dicendo "Andé in malora!". A Roma si spera che l'interdetto provocasse una sollevazione contro i governanti veneziani ma i gesuiti scacciati, li cappuccini e teatini licenziati, nissun altro ordine parteno, li divini uffizi sono celebrati secondo il consueto il senato e unitissimo nelle deliberazioni e le città e populi si conservano quietissimi nell'obbedienza. Venezia era alleata, in funzione anti-spagnola, con la Francia, ed era in buoni rapporti con l'Inghilterra e con la Turchia. Fingendosi veneziani, soldati spagnoli, per provocare la rottura delle relazioni turco-veneziane, sbarcano Durazzo, saccheggiandola, ma la provocazione e facilmente scoperta e i turchi offreno a Venezia l'appoggio della loro flotta contro il papa. L'Inquisizione l’intima di presentarsi a Roma per giustificare le molte cose temerarie, calunniose, scandalose, sediziose, scismatiche, erronee ed eretiche contenute nei suoi saggi ma naturalmente si rifiuta. Invano il papa che scomunica Sarpi e Micanziosi dichiara favorevole a portare guerra a Venezia. La sua unica alleata, la Spagna, minacciata da Francia, Inghilterra e Turchia, non puo sostenerla in quest'impresa e si giunse così alle trattative diplomatiche, favorite dalla mediazione del cardinale Joyeuse. Venezia rilascia i due ecclesiastici incarcerati e ritira il suo protesto al papa in cambio della revoca dell'interdetto, mentre le leggi promulgate dal Senato veneziano restarono in vigore e i gesuiti non possono rientrare nella Repubblica. Riceve Schoppe, molto intimo dei segreti affari della curia romana, il quale gli confide che il papa, come gran prencipe, ha longhe le mani, e che per tenersi da lui gravemente offeso non puo succedergli se non male, e che se sino a quell'ora avesse voluto farlo ammazzare, non gli mancavano mezzi. Ma che il pensiero del papa e averlo vivo nelle mani e farlo levare sin a Venezia e condurlo a Roma, offerendosi egli, quando volesse, di trattare la sua riconciliazione, e con qual onore avesse saputo desiderare. Asserendo d'aver in carico anco molte trattazioni co' prencipi alemanni protestanti e la loro conversione». Schoppe, ambiguo provocatore, intende convincerlo  a mettersi nelle mani dell'inquisizione come miglior partito che puo prendere, tanto parvero strane le due proposte di far ammazzare o prender vivo il padre. I disegni omicidi sono reali. Circa le 23 ore, ritornando al suo convento di San Marco a Santa Fosca, nel calare la parte del ponte verso le fondamenta, e assaltato da V assassini, parte facendo scorta e parte l'essecuzione, e resta l'innocente  ferito di tre stilettate, due nel collo et una nella faccia, ch'entrava all'orecchia destra et usciva per apunto a quella vallicella ch'è tra il naso e la destra guancia, non avendo potuto l'assassino cavar fuori lo stillo per aver passato l'osso, il quale restò piantato e molto storto. I sicari, fuggendo, trovano rifugio nella casa del nunzio pontificio e la sera s'imbarcano per Ravenna, da dove proseguirono per Ancona e di qui raggiunsero Roma. Si conoscono i loro nomi: l'esecutore materiale dell'attentato e Poma, già mercante veneziano, poi trasferitosi a Napoli e di qui a Roma, dove divenne intimo del cardinale segretario di Stato S. Caffarelli-Borghese e dello stesso Paolo V. E co-adiuvato da tre uomini d'arme, tali A. Parrasio, Giovanni da Firenze e Bitonto, mentre «a spia, o guida e Viti, solito offiziare in S. Trinità di Venezia, che non lascia dubitare quanti mesi precedessero questo bel effetto prima che fosse mandato alla luce. Poi che Viti la quadragesima antecedente, sotto specie d'aver gusto delle predicazioni del padre maestro Fulgenzio, anda ogni mattina in convento de' servi alla porta del pulpito, che risponde alla parte di dentro, e cortesemente tratta con lui, ricercandolo anco di qualche dubbio di coscienza. E continua di poi sempre a salutarlo et anco andar in convento a visitarlo, parlandogli sempre di cose spettanti all'anima. Il pugnale non ha tuttavia leso organi vitali e riusce a sopravvivere. Il chirurgo Acquapendente, che l'opera, dice di non aver mai medicato una ferita più strana, rispondendo allora con la famosa espressione. Eppure il mondo vuole che sia data stilo Romanae Curiae. Le conseguenze furono la rottura della mascella e vistose cicatrici nel volto. Il Senato, dichiarandolo persona di prestante dottrina, di gran valore e virtù gli concede una casa in piazza San Marco ove possa risiedere con il Micanzio e altri frati, e una sovvenzione affinché possa acquistare una barca e provvedere alla sua sicurezza personale. Rifiuta la casa ma si servì da allora di una barca che gli evita si pericolosi tragitti a piedi per le calli veneziane. Poco più di un anno dopo, e sventato un secondo attentato, ordito, sembra su mandato di Margotti, d’Antonio da Viterbo, i quali, fatta una copia della chiave della sua camera vuoleno secretamente introdurre nel monasterio due o più sicarii e la notte trucidare l'innocente. Inizia a corrispondere con personalità soprattutto di fede calvinista o gallicana. Fra questi ultimi, Leschassier e Gillot, che pubblica gli Actes du concile de Trente, dimostrando le pressioni papali sui vescovi riuniti a concilio, e fra gli altri l'italiano  Castrino, i francesi Villiers, Casaubon, Thou, Mornay, i tedeschi Achatius e Dohna. Attraverso il dialogo diretto con gli intellettuali  acquiesce quella straordinaria ampiezza di orizzonti e di interessi, quella solida conoscenza dei problemi dello stato che gli permite di arricchire la sua cultura storica, giuridica e scientifica e lo conduce a incidere sulla sua posizione filosofica, ad approfondirne la crisi, risolvendola poi con l'accoglimento di nuove prospettive e di nuove idealità; spalancandogli un mondo nuovo, che gli fac sentire più soffocante, più viziata, la vita italiana. Incontra a Venezia Bedell, che rifere di lui e del Micanzio come essi sono completamente dalla nostra parte nella sostanza della religione e, Dohna inviato da Cristiano I di Anhalt-Bernburg, e Diodati, per valutare la possibilità di introdurre a Venezia la Riforma. La traduzione in lingua italiana del nuovo testamento, viene diffusa a Venezia proprio in questo periodo.  Altre polemiche suscitano, le prediche quaresimali di Micanzio che vengono interpretate a Roma come un attacco alla fede cattolica. -- è anche preoccupato per la tregua stipulata tra la Spagna e i Paesi Bassi, perché vede in essa un indebolimento di questi ultimi che, o prima o dopo, resteranno sopraffatti dalle arti spagnole, mentre gli spagnoli ne potrebbero trarre beneficio anche in vista del loro dominio in Italia. Spera in un'alleanza generale di Francia, Inghilterra, principi protestanti, Paesi Bassi, Savoia e Venezia che portasse alla guerra contro l'Impero cattolico ispano-tedesco e cancellasse il dominio papale e spagnolo in Italia. Se sarà guerra in Italia, va bene per la religione; e questo Roma teme. L’inquisizione cessa e l'Evangelio ha corso. E ha bene anche per le libertà civili di Venezia: qui, anche se il giogo ecclesiastico è assai più mite che nel rimanente d'Italia, in quella parte nondimeno che tocca la stampa è l'istesso appunto che negli altri luoghi. Nessuna cosa si può stampare se non veduta e approvata dall'Inquisizione. Dove si ragiona di alcun papa, non permettono che si dica alcuna di disonore, se bene vera e notoria. Non permettono che alcuno separato dalla Chiesa romana sia lodato di qualsivoglia virtù, né nominato se non con vituperio. Secondo la versione ufficiale, sebbene sfinito, volle alzarsi per il mattutino, come al solito, e celebrare la Messa. Fatto chiamare il priore del convento, lo prega che lo raccomandasse alle preghiere dei confratelli e che gli portasse il Viatico. Gli consegna tutte le cose concesse a suo uso. Si fa vestire, si confessa e passò il resto del mattino facendosi leggere da fra Fulgenzio e da Fra Marco i Salmi e la Passione di Cristo narrata dagli Evangelisti. Gli e quindi amministrato dal priore, alla presenza della Comunità, il Viatico. E visitato dal medico che gli dice che ha poche ore di vita. Sorridendo, rispose: Sia benedetto Dio. A me piace ciò che a Lui piace. Col suo aiuto faremo bene anche quest'ultima azione -- quella di morire. E udito ripetere più volte, con soddisfazione: Orsù, andiamo dove Dio ci chiama. Secondo alcuni le sue ultime parole sarebbero state. Esto perpetua, riferendosi a Venezia (v. Bianchi-Giovini, Esistono tuttavia altre versioni della sua morte che lo fanno apparire più vicino al culto protestante. Figura assai complessa di filosofo, occupa indubbiamente un posto di primo piano nella storia della filosofia italiana. Fu uno dei più grandi filosofi. La sua prosa è una delle più maschie ed efficaci di tutta la filosofia nostra, che non conosce lenocini né fronzoli, che scolpisce le figure con raro risalto, che ha un magnifico potere ri-evocatore allorché descrive dispute e contrasti, ch'è impareggiabile nel sarcasmo, tutto contenuto in un'unica espressione, tre o quattro parole. G. Papini, parlando della Istoria del Concilio di Trento, la define un modello di lucidità narrative e di prosa semplice, esatta e rapida. Lascia orme indelebili nella filosofia, nella matematica, nell'ottica, nell'astronomia, nella medicina ecc. Galilei e suo grande amico, e non disdegna di appellarlo: Mio Maestro. Dinanzi al primo avvertimento a Galilei, lui, che non visse abbastanza a lungo per assistere alla condanna scrive. Verrà il giorno, e ne sono quasi certo, che gl’uomini, da studi resi migliori, deploreranno la disgrazia di Galileo e l'ingiustizia resa a sì grande uomo. Scopre la dilatabilità della pupilla sotto l'azione della luce e le valvole delle vene. I suoi biografi parlano anche di scoperte nel campo dell'anatomia, dell'ottica, ecc. L'invenzione del telescopio dice Bianchi-Giovini il Galilei la dovette per certo ai lumi somministratigli da lui, se pure questi non ne fu il primo inventore, come pensano alcuni. Sopra la sua sapienza matematica si cita l'autorevole giudizio di Galilei. Galilei non esita a dire della ‘fenice’: del quale posso senza iperbole alcuna affermare che niuno l'avanza in Italia in cognizione di queste scienze matematiche contro alle calunnie ed imposture diCapra, in ediz. naz., Firenze, La teoria di GALILEI delle maree, successivamente dimostratasi erronea, riprende le sue idee, esposte nei Pensieri naturali, metafisici e matematici. Porta, dopo aver dichiarato di avere appreso alcune cose da lui, lo proclama splendore ed ornamento non solo della città di Venezia e dell'Italia, ma di tutto il mondo. (Magia naturalis).  Passionei gli define dottissimo oltre ogni espressione. In uno studio il cui intento era quello di misurare il Q.I. di 300 personaggi famosi. si posiziona al quinto posto, al pari del più noto matematico Pascal. Alla grande intelligenza unì anchecome riconosciutagli da tuttiun'esemplare integrità di vita.  Jemolo, dopo essersi rivolto varie domande intorno alla sua ortodossia, da questa risposta. Gli elementi ci mancano per una risposta perentoria: noi non possiamo dissipare l'alone di mistero che lo circonda. Questo non c'impedisce di ammirare l'uomo e l'opera. Fondamentalmente lo scontro con la Curia romana e legato ad un progetto politico volto a contenere il potere di Roma in ambito esclusivamente spirituale e a pro-muovere un'alleanza tra Venezia e la Francia in un'ottica anti-imperiale. Per questo intrattenne contatti con i riformati. Inoltre la sua visione di Roma e un vago ritorno verso la chiesa primitive. Egli quindi e indotto a condannare il potere temporale, il processo di mondanizzazione del clero, la superiorità del papa sul Concilio. Stringe amicizia con Dominis, arcivescovo di Spalato, che tende all'apostasia. La sua Istoria del Concilio Tridentino costituisce il suo capolavoro storico ed offre la prima imponente ricostruzione del Concilio di Trento. L’opera e ondannata dalla Congregazione dell'Indice e quindi posta all'Indice dei libri proibiti. Sono intercettate dal nunzio pontificio a Parigi Ubaldini compromettenti carteggi di lui con l'ambasciatore veneziano Foscarini e con l'ugonotto Castrino; carteggi ben presto inviati a Roma per essere messi a disposizione del Sant'Uffizio, ma anche da utilizzare per far ammettere una buona volta al governo veneziano quanto da tempo da Roma si viene denunciando, che lui che si proclamava più cattolico del Papa e come tale difeso ufficialmente dai responsabili politici veneziani. Altri non era che un protestante, al servizio delle forze ereticali europee. Dunque infedele e ipocrita. Una taccia di ipocrisia che non da tregua alla sua figura lungo i secoli, come stanno a provare innumerevoli esempi, da Aleandro, che ricevuta da Peiresc la sua Istoria dell'Interdetto appena edita risponde all'illustre erudito francese con fare perentorio che lui e nero ministro del diavolo che si dice esser padre delle menzogna, se ben egli veramente non credeva né nel diavolo né in Dio,  al prelato friulano G. Fontanini con la sua velenosa Storia arcana della sua vita a Passionei, che crede di avere le carte per dimostrare che l'idea del furfante e di introdurre il calvinismo in Venezia, come ancora ricorda A. Mercati. Un parere analogo si trova anche nella recente Storia della Chiesa di Hertling e Bulla, dove viene definite un ipocrita che fino all'ultimo fa la parte del religioso, sebbene nel suo intimo si fosse da tempo allontanato dalla Chiesa. Saggi: “Trattato dell'interdetto di Paolo V nel quale si dimostra che non è legittimamente pubblicato”; “Apologia per le opposizioni fatte da Bellarmino ai trattati et risolutioni di G. Gersone sopra la validità delle scomuniche; Considerationi sopra le censure della santità di Paolo V contra la Serenissima Repubblica di Venezia, Istoria del Concilio Tridentino,  Il trattato dell'immunità delle chiese (De iure asylorum), Discorso dell'origine, forma, leggi ed uso dell'Uffizio dell'Inquisizione nella città e dominio di Venezia, Trattato delle materie beneficiarie, Opinione di Servita, come debba governarsi la Repubblica Veneziana per havere il perpetuo dominio, Venezia, La storiografia recente attribuisce lo scritto al patriziato veneziano medesimo. Scritti giurisdizionalistici, Istoria del Concilio Tridentino (Geneua, Aubert); Pagnoni Editore, Milano, Gambarin, Scrittori d'Italia, Bari, Laterza, G. Gambarin, IScrittori d'Italia, Bari, Laterza, Gambarin, Scrittori d'Italia Bari, Laterza, Istoria del Concilio Tridentino, testo critico di Giovanni Gambarin, introduzione di Pecchioli, Collana Biblioteca, Sansoni, Firenze, Lettere a Simone Contarini ambasciatore veneto in Roma, pubblicate dagli autografi, Monumenti storici pubblicati dalla R. Deputazione veneta di storia patria. Miscellanea, Venezia, Fratelli Visentini, Pagine scelte, Arturo Carlo Jemolo, Vallecchi, Firenze, Lettere ai protestanti, Scrittori d'Italia, 1, Bari, Laterza,  Lettere ai protestanti, Scrittori d'Italia, Bari, Laterza, Antologia degli scritti politici e storici. Roffarè, MILANI, Padova, “Istoria dell'Interdetto e altri scritti editi e inedita” (Scrittori d'Italia Bari, Laterza); Amerio, “Scritti filosofici e teologici” (Scrittori d'Italia, Bari, Laterza); “Pensieri naturali, metafisici e matematici. anoscritto dell'iride e del calore; Arte di ben pensare, Pensieri medico-morali, Pensieri sulla religione, Fabula e Massime e altri scritti. Edizione integrale commentate, L. Sosio, Ricciardi, Milano-Napoli, Scritti giurisdizionalistici” (Scrittori d'Italia, Bari, Laterza); “Lettere ai Gallicani, B/ Ulianich, Wiesbaden, F. Steiner,  La Repubblica di Venezia la casa d'Austria e gli Uscocchi, Bari, Laterza, Scritti scelti: Istoria dell'Interdetto, Consulti, Lettere, Pozzo, Collezione di Classici Italiani, POMBA, Torino); Storici, Politici, e Moralisti, G. Cozzi, Collana La Letteratura Italiana. Storia e Testi,  Milano-Napoli, Ricciardi, Istoria del Concilio Tridentino seguita dalla Vita, Corrado Vivanti, Collana NUE Einaudi, Torino, Collana Piccola Biblioteca. Einaudi, Torino, “Pensieri” Gaetano e Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Torino, “Considerazioni sopra le censure di Paolo V contro la Repubblica di Venezia e altri scritti sull'Interdetto”, G. Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Einaudi, Torino, “Lettere a Gallicani e Protestanti, Relazione dello Stato della Relazione, Trattato delle Materie Beneficiarie. Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Einaudi, Torino, Gli ultimi consulti. G. Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Einaudi, Torino, Dai Consulti, il carteggio con l'ambasciatore inglese Carleston. Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Einaudi, Torino, Dal Trattato di pace et accomodamento e altri scritti sulla pace d'Italia. Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Einaudi, Torino, Consulti, Corrado Pin, Pisa, Poligrafici, Letteratura e vita civile. Collana I Classici del Pensiero Italiano; Della potestà de' prencipi; Collana I Giorni, Marsilio, Venezia, Scritti filosofici inedita, tratti da un manoscritto della Marciana”; Papini, Collana Cultura dell'anima, R. Carabba, Lanciano, Manoscritti Consulti: in Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Fondo manoscritti, Ceretti, Cinque pugnali non bastano a troncare la sua parola, in Historia, Touring club italiano, F. Micanzio, Vita,  in «Istoria del Concilio tridentino, Torino F. Micanzio. Scrive tra l'altro nella lettera. E che volete ch'io speri in Roma, ove li soli ruffiani, cenedi et altri ministri di piaceri o di guadagni hanno ventura? I cenedi sono gl’uomini che si prostituiscono. Micanzio, cit. G, Cozzi, Sarpi, F. Micanzio, Istoria dell'interdetto e altri scritti editi e inediti, F. Micanzio, dove stilo può significare sia stile che stiletto  Ivi  Cozzi, Lettere a Groslot de l'Isle, in «Lettere ai protestanti», Lettera a Francesco Castrino, Lettere ai protestanti, Citato in C. Rizza, Peiresc e l'Italia, Torino, Giappichelli, Pin, Senza maschera: l'avvio della lotta politica dopo l'Interdetto; L. Hertling e A. Bulla, Storia della seconda Roma La penetrazione dello spazio umano ad opera del cristianesimo” (Città Nuova, Borgna Romain, Lucien, Micanzio, Vita,  dell'ordine de' Servi e theologo della serenissima republ. di Venetia, Leida, in “Istoria del Concilio tridentino” (Torino, Einaudi); Griselini, “Memorie anedote spettanti alla vita ed agli studj del sommo filosofo e giureconsulto” (Losanna, Bousquet); Griselini, “Del suo genio in ogni facolta scientifica e nelle dottrine ortodosse tendenti alla difesa dell'originario diritto de' sovrani né loro rispettivi dominj ad intento che colle leggi dell'ordine vi rifiorisca la pubblica prosperita” (Venezia, Basaglia); Zerletti, “Storia arcana della vita servita da Fontanini  in partibus e documenti relative (Venezia); “Cassani, Le scienze matematiche naturali” (Venezia; Bianchi-Giovini, Basilea, Morghen, Getto, Firenze, Olschki; Gliozzi Relazioni scientifiche con Porta, Cozzi, Tra Venezia e l'Europa” (Collana Piccola Biblioteca, Torino, Einaudi); Frajese, “Scettico. Stato e Chiesa a Venezia, Bologna, Il Mulino); Cacciavillani, I consulti sulla Vangadizza, Padova, MILANI, Cacciavillani, Venezia, Fiore, Cacciavillani,  S.. La guerre delle scritture de la nascita della nuova Europa, Venezia, Fiore, Cacciavillani, S. giurista, Padova, Pin, Ri-pensando S., Venezia, Ateneo veneto, Concilio di Trento, Micanzio. Dizionario di storia, Dizionario biografico degl’italiani. OPERE VARIE   DEL MOLTO REVERENDO PADRE   F. PAOLO SARPI   DELL’ORDINE DE’SERVI DI MARIA   TEOLOGO CONSULTORE   DELLA SERENISSIMA REPUBBLICA   DI VENEZIA   DIVISE IN DUE TOMI.   TOMO SECONDO.      1    HELMSTAT  Per Jacopo' Mulleri.  MDCCXXXXX.     Digitized by Coogle      TAVOLA   DELLE OPERE CONTENUTE IN QUESTO   SECONDO TOMO.   T rattato delle Materie Benefiziarie cx)l-  le annotazioni del Signor D. Amelot, tra-  dotte dalla lingua Francefe.   De jure Afylorum.   Storia degli Ufcocchi,   Allegazione del Frangipane.   Dominio del Mare Adriatica della Sereniflima Re-  pubblica di Venezia.   Dominio del Mare Adiiaticp , e fue ragioni pel  Jus belli.   Indice dei Libri proibiti dell’anno ijpd.   Il Concordato...      Digitized by Google      . . > • •    Digitized by Google    I    TRATTATO   DELLE   MATERIE   BENEFICIARIE   D I   FRA PAOLO SARPI,   nel quale fi narra , col fondamento delle Storie^ come  fi difpenfajfero le limofme de' Fedeli nella  primitiva Chicfa .   reddito il fervor antico della caritk  , che non folo moveva i Principi , e  a donar alle Chiefe copiofamentc ric-  mporali , ma ancora fnduceva i Mini-  (ìartici a difpenfarle faniamente in ca-  m è-maraviglia , fc al prefente pare  mancati i fedeli difpcnlatori , c fuc-  luogo loro altri diligenti folo in ritc-  ac almeno a tollerabile moderazione . I difetti che ci  par di vedere al giorno d i oggi non fono entraci nell’ Ordine Chc-  ricale tutti infieme , nè cos^ eccellivi in un ifteflb tratto di tem-  po ; ma da una fomma , anzi divina perfezione per gradi fono di-  Icefi air imperfezione che ora è manifcfta a tutti y c confeflara da-  gli fteffi Ecclefiaffici , e da alcuni tenuta per irremediabile . Con  tutto ciò , piacendo a Dio N. Signore di donar a’ Fedeli fuoi tanta  grazia,, quanta donò a’noftri Maggiori, non dobbiamo perdere lafpe-  ranza di vedetele medefime maraviglie anche ne’ noftrifecoli: è bennecef-   làrio che, ficcomepergradifiamopcrvenutiaqucftaprolbnditkdimifcria,   Tomo //. A cos^     1 TRATTATO DELLE   coc\ per gli ilefì ci «ndumo ahEando | prr ritornare ve^o quella ioiQ'  mit^ di perfezione nella quale fu la Chiefa Santa t- Il che non po-  tendofi fare , fé non conofccndo qual folTe dapprincipio V ammini*  ftrazione delle cofc temporali ; e come fia mancato quel buon governo ;  a parte a parte è neceffario , innanzi ogni altra cola , dire come la  Chiefa di tempo in tempo ha acquiftate le ricchezze temporali ; e  come in ciafeuna mutazione deputaHc i Minidri per difpenfarle , o  pofledcrie : il che ci Icoprirh gl’ impedimenti che in quelli tempi at*  traverfano una buona riformazione ; ^ moftrerli le maniere di lupe-  farli; c quello è il mio proponimento nel prefciue dilcorf^ delia ma-»  teria Benefiziale tanto ampia. a      Tu il printipio de* beni Ecclelìallic! mentre ancora converfava in  quello Mondo N. Signore Gesù Grillo ; ed il fondo loro non era al-  tro, che le obblazioni delle perfone pie, c divote, le quali eranocon-  fervale da un Minillro, e diflribuite in due opere lolamente : Una  per le nccelHth di N. Signore, c degli Appoftoii Predicatori del Van-  gelo; c l’altra per far limofina a* poveri , Tutto ciò fi vede chiaro  in San Giovanni , dove dice il Vangelilla, che Giuda era quello che  portava la tafea, o borfa, (rf) dove erano ripolli i danari prclcntati  al Signore; c che il medelìnio andava fpendendo, c comprando le co-  fe nccelTarie a loro , ovvero dillribucndo a’ poveri, (b) conforme a  quanto il Signore alla giornata comandava* Confiderà S. AgoUinoche,  avendo Grillo il miniflero degli Angeli che lo fervivano , non era in  nccelTith di confcrvar danari; con tutto ciò volle aver borfa, per dar  ( ^efa di q uello ch’ella doveva fare; e per ciò Icmprc  intefe la Cnicik   fofle ìllituita la forma del danaro Ecclefìallìco *  dovclTe cavare, c in che cofa fi dovclic fpendere. È fc nc^em^ro-  Ari non veggiamo oflcrvato qucAo fanto iilituto , dobbiamo conlìdc-  rare che , per noftro ammaeAramemo, c per noHra conioiazione' ,  racconta la Scrittura divina che all' ora anche Giuda era un ladro ,  (c) c ufurpava per sò i beni comuni al Collegio ApfpAoUco; e ven-  ne a tanto colmo d’avarizia, che, non parendogli aÙai quelle thè rub-  bava, per far maggior lomma di danari, pal^ li e elTcr comune della Chiefa , e de’ poveri , pafTì cosf  innanzi, che venda anche, per far danari, le cole facre, c le grazie  fpirituali, non dovremo riferir ciò a particolar mUeria dc’noAri,o d’  alcuni tempi y ma afcriverlo a pcrrailTione divina , per efcrcizio de’   buoni    (4) Loculo* hibent , a qu« miuebintur por.  ubit. cip. >>•   LÌkuIo* lubcbtc )o«ias , qnoJ auiflét  ci jefus : Eme cu , opui &nt nohts sJ   aiem Icllum , U( c^cnii ui tliqtiUi direi .  (ip, ij. quM de egeo» pertinebut ad cum, cip.    II. ftT(hi tr* U funtìmi dtl fut m'mi-   Loculot > ti th* fi tbism/t   Sftdsli il In0go -dovi (! rr/a«r dS d»’   (f> Fur erat. »p. u. ciuto.    Digitized by GoogU    MATER. BENEFIC. 3   buoni; ^nfìderando che il principio della Chiefa nafccnte fu fogget-  10 alle mcdefime imperfezioni: ben dovr^ ciafcuna fecondo il grado,  e la vocazione Tua, proccurar il rimedio / chi non può altrimenti,  colle orazioni; e chi può impedire il male, con ovviare, e opporfi  agli abuft ; confiderando che , febben Giuda non fu umanamente pu-  nito, pcrchò erano complici dcTuoi delitti quelli che dovevano ,galli-  garlo; modrò nondimeno la divina Provvidenza qual pena meritalTe;  c dil^le ch’egli ftelTo fofle Tefecutorc in sèmedefimo, per documen-  to di quello che dovcflcro fare quelli che la Macftìi fua avrebbe ne*  tempi Icgucnti dati per tutori , c difenfori della fua Chiela .    1 1 .   Dappoiché Crifto N. Signore Cili al Ciclo, i Santi Apposoli Ic-  guirono nella Chiefa di Gerufalemme lo HelTo ìnituto, d'aver il da-  iuro Ecciefìaflico per Itdue effetti fopraddetti, cioè, perii bifogno de*  Miniftri del Vangelo, c per le limoline de’ poveri.- e il fondo di quello  danaro era fìmilmente le obblazioni de’ Fedeli, i quali anche, met-  tendo ogni loro avere in comune, vendevano le loro polTelfioni, per  far danari a quell’ effetto; ficchè non era dipinto il comune della  Chiefa dai particolare di ciafeun fedele, {a) come fi ulà ancora in  alcune Religioni che fervano i primi iHituci. Erano molto pronti i  CriHiani in quei primi tempi a fpogliariì de’beni temporali, per im-  piegarli in limoGne, perche afpettavano prolTimo il fine del Mondo;  {ù) avendoli Crillo N. Signor lafciati incerti.- e quantunque f(^c per  durare quanto fi volcflc, non 1 ’ avevano per confiderabilc più, chefe  fofle all’ora per finire; tenendo per fermo che la figura di quello  mondo, cioè, lo fiato della vita prcfentc trapalfa; (c) per lo che  ancora le obblazioni fempre più $’ aumentavano. Il cofiume però di  non aver cofa alcuna di proprio, ma »l «utt© ùi comune, fioche non  vi folfe alcuno povero, o ricco, ma tutti ugualmente vivefiero, non  ufei fuori di Gerufalemme; anzi nelle altre Chiefe che i Santi Ap-  pofioli edificarono non fu ifiituico; nè in Gerufalemme durò molto  lungamente: imperocché zò. anni dopo la morte di Crillo fi legge  che il pubblico era didimo dal privato, conolcendo ciafeun il fuo, ra  elTendovi anche il danaro fondato nelle obblazioni, le quali, polle in  comune, fcrvivapo per li foli Minifiri, e perii poveri; nè era lecito  viver di quel della Cliiefa a chi aveva del Tuo: laonde S. Paolo or-  dina che le vedove, le quali hanno parenti, fieno fpefate da’ loro  proprj, acciocché i beni Ecclcfiafiici posano badar a quelle che fono  veramente Vedove, c povere. ( ) ,   III.   La cura di quelli beni che N. Signore , mentre fu in vita morta-  le , diede a Giuda , dopo V Afeenfìone gli Apposoli per pochiiTimo  tempo r ammtnìArarono eglino IfelTi; ma poi vedendo che , per la  diAribuzione , nalccvano tra i fedeli mormorii, c fedizioni , ( ^ ) pa-  rendo ad alcuni di non participare quanto avrebbono voluto del co-  mune , e credendo che altri avelTero più del dovere ; ficcome il ma-  le è comune in tutti i tempi nella diipenta de’ beni della Chiefa, co-  nobbero gli Apposoli che non potevano attendere a quello perfetta-  mente , ed inficme alla predicazione delta parola di Dio ; c determi-  narono di ritener ( c ) per se il minillero di predicare, e infegnare;  ( ) ordinando per quelV uffizio di tener cura delle cofe temporali un   altra Torta di Miniffri j ( ^ ) tutto al contrario di quello che veggiamo  fare nc’ tempi noftri , quando al governo delle cofe temporali atten-  dono i principali Prelati della Chiela; e l’uffizio del predicare, e infe-  gnare la parola di pio, eia dottrina del Vangelo, è lafciato a* Frati,  o. ad alcuni poveri Preti iniimi nella Chiefa. Maque* nuovi Miniffri  che i fanti Appoffoli iffituirono per governo delle cofe temporali , fi  chiamarono Diaconi; c cosi da tutto il corpo de* Fedeli fu fatta elezio-  ne di d. a quell’ effetto, i quali gli Appoffoli ordinarono a tal miniffe-  rio; e dovunque effi fondarono Chiela, ordinarono anche Diaconi nell*  ifteffa maniera, come anche ordinavano i Vcicovi, e Preti, e altri Mi-  niffri Eccleliallici; cioè, precedendo digiuni , e orazioni, fulfeguendo f  elezione comune de’ Fedeli; (/) fcrvando inviolabilmente quell’ ordine,  di non deputare m al wiiwi* -carica- Fxclcllallico perlAna, la quale pri-  ma non fofTe eletta dall’ univerlaie della Chiela, cioè, da tutti i Fede-  li infteme. Quell' ufo continuò nella Chida in tal maniera circa zoo.  anni, foftentandofi co’ beni pubblici i Miniffri Ecclcfiaftici, ci pove-  ri ancora; nè eflendovi altro fondo, falvo che le ubbUztoni eh* erano  fatte da’ Fedeli nella Chiela, le quali però erano abbondantiflìme, per-  chè ciafeuno, per fervore di caritìi , offeriva tutto quello che poteva  fecondo il proprio avere; ficchè , quando le facoltìi de’ Fedeli d’ una  Cittk erano abbondanti per lupplire a* bilogni della propria Chiela,  fi facevano collette anche per 1’ altre Chicle povere : per lo che an-  che S. Jacopo, S. Pietro, e S. Giovanni, quando riconobbero per con-  forti e compagni nel Vangelo S. Paolo , e S. Barnaba , raccomanda-  rono loro quell’ opera, di raccogliere qualche limofìna per la povera  Cliiela di Gerufalemme, per la quale (g) anche narra $. Paolo aver   fatte   («) Per untm Sibòati , étt*, unuf^utrqa*   \cltruni apiui (e fepuaAl , n«np4enf quoi ci  bene plottiem . i.Cor. cap. ultimo.   ( i ) faAum rft umrmur ijrccutuin adver-  fui Hehrjtoi , co cne s’ingannò quel Principe, credendo che i tefori folTero ammalTati,  c confcrvati ; perche quel fanto Diacono , acconofi della rapacità del  Tiranno, e prevedpndo la perfccuzione imminente , difpensò il tutto in  ima volta, com’erano teliti di fare , foprafiando fimili pericoli.* e la mag-  gior parte delle perfecuzioni fatte alla Chiefa dopo la morte di C^  modo furono per quefia caufa , cioè, perchè i Principi , o i Prefet-  ti , ritrovandofi in firettezza di danari , per quella via volevano im-  padronirfi di quelli della Chiefa Crìfiiana •    IV.    Dappoiché le Chiefe furono fatte ricche, anche i Cherici cominciarono  a vivere con maggiori comodità; e alcuni, non contentandofi di quel  vito comune della Chiefa quotidiano, vollero viver feparatamente nella  propria caia, e dalla Chiefa aver la loro porzione feparatamente in danari  ogni giorno, 0 per un mefe continuo, c ancora per un lunpo tempo :  cola, che, febben declinava dalla prima perfezione , nondimeno era  tollerata da’ Padri - Non fi fermò però in qucfto fiato il difordine;;  ma incominciarono i Vefeovi a mancare delle folite Jimofine a* pove-  ri , c a ritener per se quello che doveva clTcr diftribuito ,• e co’ be-  ni della Chiefa comuni fatti ricchi , facendo anche delle ul'ure , per  accrefcerli; e lafciando la cura dell’ infegnare la dottrina di Crifio ,  tatti fi occupavàno nell’ avarizia / le quali cofe S. Cipriano (à) pian-  ge che nel fuo tempo folTero ufitate ; e conchiude che , per purgare   la Tua    . /   («1 rrnhitrrunr MAceJonia . Se Achij* coll».  iMMlcm sliqvtm licere in puiperei S^ndorum ,  qttt fuM m Jerufilem .... Cuoi confainnuvc*  rot Se iUtgiuvcm ei« fruótun hune , protit ikar  in Roin. if.   (A) De o(iauoiùs qux-  iluoCc nundinu sBcapari de Lapfis.     6 TRATTATO DELLE   U fua Chielii da qucfti errori , Dio permettefle quella gran pcrfccu-  zionc che fu fotto 1’ Imperio di Decio, perchè fempre la Maclli di-  vina ha riformata la fua Chiefa, o foavemente col mezzo de' legit-  timi Magiftrati; o, quando gli eccefli fono paflaci troppo oltre, collo  ftrumento delle pctfecuzioni. Ma febben la Chielà polTedeva tante ric-  chezze, non ebbe però in quelli tempi beni (labili ; prima , perchè  non fe nc curavano per la ragione luddetta , che (limavano il fine  prolCmo, e tutte le cofe mondane efler tranfìtorie , e di grave pefo  a chi tende al Ciclo : poi ancora perche a neflun Collegio , o Comu-  nità, (^) o corpo, fecondo le leggi Romane, poteva cfTcr donato, o  lafciato per tedamenro ; nè quello per qualfìvoglia caufa poteva pol-  feder beni immobili , le non era approvato dal Senato , o dal Princi-  pe : nc ciò ft può metter in dubbio , febben vanno attorno alcune Pi-  llole fotte nome di Papi vecchi, che rendono ragione perche gli Ap-  podoli vendelTcro le pofTellioni in Giudea, c ìCridiani leguenti le con-  IcrvalTero, con dire che ciò fu, perchè prevedevano gli Appoftoli che  la Chiefa Cridiana non doveva rimaner in Giudea , ma bensì fra le  Genti; quafi che nel Vangelo la caufa del vendere non Qa mollrata  efprdl'amentc , quando Grido dide alla fua Chiefa : Nom temete , 9  piccioU compagnia : vendete quello che pojfedere , e fatte limojìna’^ (è)  e quafichè , febben Gerufalemme fu diltructa, alla fua riedificazione  non avede una quantità di Cridiani, e anche non fieno date didrut-  te delle Città dove le Chicle fra* Gentili avevano pofledìoni . Ma c  fuperfluo travagliarfi a modrarc queda falfìtà, elTendo cofa certa che  quelle Pidole iono fuppode ^ c date formate circa 1’ Soo. da quelli  che aniepofcro , come fi fa anche al prefeme , le ricchezze , e le  pompe alla moderazione Appodoiica, idiruita, e comandata da Grido:  ma nella confiifionc che fu nell’ Imperio molto continuata dopo la pri-  gionia di V ulw l wu poc o in olTervanza le leggi > madimc in   Affrica, in Francia, c in Italia^ alcuni lafciarono, ovverodonarono anche  degli Stabili alle Chiefe, i quali 1’ anno 302. furono tutti confifeati  da Diocleziano, e MalTimiano; febbene in Francia , per la bontà di  Codanzo Cloro Ccfarc che la governava , il decreto degl’ Impcrado-  ri non fi efegui .* ma avendo quedi Principi rinunziato Y Impcrb ,  Madenzio otto anni dopo reditul tutte le ponfedioni alla Chiefa Ro-  mana ; e poco dopo CoiUmino, (r) e Licinio, conceda la libertà di  Religione a* Cridiani, e approvati i CoUegj Ecclefìadici, che con vo-  ce Greca chiamavano Chicle, concelTe generalmente per tutto 1’ Im-  perio che potedero acquidare beni (labili, cos'i per donazione , come  per tcdamenco, efentando ancora i Chcrici dalie fazioni' perfonali pub-  bliche , acciò poteiTero attendere più comodamente al lervizio della  Religione.   V.    Cnl}e{iuni , fì nullo fpeciali pnviregio  fiiboiKum (ìt , tùredirarciu capere non pofle  dubiuai non ed. Lt.C.dc hzretiib. infiu leivlit .   i bili r«, iu4, slh Chitfìi m.t farMi fiuti miglithi   omnino nutneribuscxeurentur, ne iàerìle. tivtffe iiuutt mtnn ìmftrurhì ttglm» »' prt'r»  Ro vigere efef , pr  acmus boa* non folum coritn Dco , feU etum  corjm botninibuf. *. Ctr. i.    *c pnpillamm ilmuoi non aileiat, feti  publicif ezeemunentar jadicm , ti coi *i1>ne*e*>  min. vel propinqui pirtimint deleren tot . Cen*  fèinu* etùm ur mraiorari nthil ii« e|ui malie-  m , cui fe privituo l’ub prxtexru reJiRÌonu aJ-  junxcrinc , Uberxlince «ucuinque . vel cxirc-  ino judicio potlint adipiici   leant aliquid vel donaiione, vel teAamento per-  cipere . t. io. C. Thtid. de Seti.   C 4 ) Ifli dite ehi ihEctlefixfiiti del fiulrm  fi c«r/«](Ì4t'4a* a i ItUxmtrhi M«4Xir-   «i44« fattuali i a l'xtiéJI’axMna /ìfia M artfmtxriara  V «n«4/Jerint inJigere prartìJio ,  erigunrur in fuperbinn i tn , t» «» I dalle fma lettere .   ( 4 ) Ipli tanrum przdioratn riiaram redimi  ronrequantr de quibua féi-vandi , abalienandi ,  dnaandt . dillrahendi , relinquendi , vcl quead  fupereil . rei , cuin in ^ta conce.Ìit , 0e libera  ei voluntat eft , inre^ Itt petelUt . Nihil de  monilibuc , òc fiip«llev)ili i nihil de auro , ar-  gento , czietifque dare dotoui infignibui fab  reJigiontt defciiHone contutrur ( fed anivtrra in-  tegra in libftòt, prazìnm , vel in quoteumque  allo* arbinii liii cziftiimrione mnfcrilMt . Ac &  quando diem objerii . nullam Eeddìam , auU  lun Cierkttm, nullum pauperem knbat hzre-  dea. l- a/- Cad. Thtad, Àmm.   ( f ) TvCTid. in vita Au^A. taf. aq.    Dìgitized by Google    MATER. BENEFIC. 9   anche rifiuti delle ereditai lafcìate alla Chiefa Aia, dicendo apertamente  che ’l miniAero Ecclcfiaflico non ifUva in diftribuire molto, ma in di-  ilfibuire bene. Anzi riprendeva un nuovo modo d* acquiftare alle Chicle  trovato in que* tempi AelTi; e queAo fu comperando (labili coll' avan*   20 che fi faceva dell' entrate: il qual modo da quel Santo fu fcm>  pre abborrito ; nè mai egli io volle permettere nella fua Chiefa .* an-  zi diceva nelle pubbliche prediche, eh' egli avrebbe piuttoflo voluto  vivere delle obblazioni, e collette, come (i foleva lare ne’ primitem-  pi della Chiefa , che aver cura di poflèlfioni/ il che gli era grave,  e gl’ impediva 1 * attendere interamente al carico principale del Vefeo-  vo; cioè, delle cofe fpirituali; aggiungendo eh’ era preurato a rinun-  ziare le poircffioni , purché a’ Servi di Dìo, e a' Miniftii folTe provve-  duto il vivere, come nel vecchio Teftamento , (a) per via di deci-  me, o di altre obblazioni, fenza che dovelTero e(Ter foggecii alla didra-  zione che portava (eco 1' aver cura di cofe terrene.   Ma con tutti i freni podi da* fanti Padri colle buone efortazioni ,  e da’Principi colle buone leggi, non fi potè però fare che i beniEc-  cledadici non crefccflero fopra il dovere/ redava pur il modo del go-  vernarli , e difpenfarli antico, il quale durò fino al 420. fenza nota-  bile alterazione: ancora tutte le obblazioni , e altre entrate Ecclefia-  iliche fi cavavano da' Diaconi ; e in ajuco loro da’ Suddiaconi , e aU  tri Economi ; ed erano didhbuite per mantenimento de' Minidri £c-  clefiadici, e de’ poveri: il Collegio de* Preti, c il Vclcovo principal-  mente erano fopraintendenci ; e fi faceva in fomma ulta entrata , e  una fpefa di tutto : ficchè il Vefeovo difponeva d' ogni cofa, i Dia-  coni efeguivano, e tutti iCherici vivevano di quel della Chiela , leb-  bene non tutti amminidravano. Fa menzione S. Gian Grifodomo che  la Chiefa d’ Antiochia in que’ tempi a fpefe pubbliche nodriva più di   3000. perfonc t £*an rk' i dtir MHH* f*  tke fmt0’ mf$ n* i/titmtt ttmf» ^rim»   éi hit . (^Lxtuer lutrm , tun de rtiiitu , qium  de obtarione fideliom » prout ruiuslibet Ercfe-  lis ficoltiiei tdmotit , fin» diklBin »tioAaU-  liter cA decretum, ronvrmr fieri ponienes > qua-  rum fii u /. I. C*d.TW. d4 Mft/t. ZuUJhsmm-    9 * Ué. Tarn SanfthuietB , quitn dudure in«r  ruHle pcriiibetnim , & voa , & mancìpu vcllra  nallut novia cotratioi^bus robiigavic , Ad Mré-  none faiadebiài . pTJtiete* neq«e horpitea  pierii: de fialiqui de vobit alimoAÌc cauià  natidaein cM»et* ««luot , tmauRiMate p*ticiv  tur . S. Ctrtlmme jrtd» ttntr» ffivtìttf ,   Negodatorem Ctenewn , dite , de ex innpe tflvi.  tem , ex tgnobilt glorinfum, quali qmmdunpc-   iUm fiige Cui nundinxr , fiìt* plicent,   de plarex , ac Medicorans ubeteix. a. *d   (• )Vidt    Digitized by Google    MATER. BENEFIC. 1 1   tre de’ Vcfcovi vicitii col confenfo di cflo , c degli altri alTenti : e  dappoiché molte Provincie, per miglior forma di governo, furono po-  (le lotto un Primate, nell’ Ordinazione fu ricercato anche ti conlcn-  fo di quello. I Preti poi, c i Diaconi, c gli altri Cherici erano prclcn-  tati dal popolo , e ordinati dal Velcovo ; ovvero nominati dal Ve-  feovo , e col confenfo della plebe ordinati da lui . Un incognU  to mai non era ricevuto ; nc il Vefeovo mai ordinava chi non  era approvato , e lodato , anzi propoOo dal popolo : e tanto era  giudicato neceiTario il confenfo , c la prclcnz» ( »» ) del pispolo ,  che San Leone I. , Pontefice , alla lunga tratta , non poter ef-  fcr valida , nè legittima 1’ ordinazione d‘ «« Velcovo che dal po-  polo non fofle richieflo , e approva»® .■ il che anche dicono tutti i  Santi di que’ tempi; e S. Gregorio riputò che non potclTc clTcr con-  fccrato Velcovo di Milano Collanzo eletto da’ Cherici, (e non con-  fentivano i Cittadini*, i quali, fuggiti per le incurfioni, s’ erano riti-  rati a Genova ; e operò che fi mandaffe prima ad intender la loro  volontà : cola degna da elTer notata per li tempi noftri , quando fi  predica per illcgitima , e nulla ( i ) quella elezione dove il popolo  volelTc la parte fua : cosi le cole fono mutate , che lono palTatc in  ufanza al tutto contraria *, chiamandofi legittimo quello che all’ ora  fi diceva empio; e iniquo quello che allora era riputato lanto . Al-  cune volte il Vefeovo, fatto vecchio, fi nominava egli il luccclfi>re :  cosi S. Agofiino nominò Eradio : ma quella nominazione non era  approvata dal popolo : le quali cofe tutte è neceiTario tener in me-  moria , per confrontarle co’ modi che ,fi vedranno ulati nc tempi  fulTegucnti.    vili.   Ora è neceirarlo lar tm pneo digjclTionc per una nuova caufa,  la qual ha apportato aumento grandilfimo a’ beni Ecciefìaflici , e  nacque in quelli fieflì tempi circa il 500. e quella fu un’altra Tor-  ta di Collegi Religiofi, chiamati Monalleri. 11 Monacato nacque inEgit-  to circa l'anno 300.(1) fu formato nella maniera che ancora conti-  nua in que’ paefi. Ma in Italia circa il 350. fu portato a Roma da  Atanafio, dove ebbe poco feguito, e appiaulo in quella Citt^, c ne*  Tomo II. B 2 luo-   ( « ) Cnm de Smnmi SeccrJwi» elezio-  ne treÀibimr , ille enmibut prxpnnitur quem  Clerici , plcbildfle coafen&it roncoiditer poilu-  lene , tu ut , (1 in eliam forte perfonam ur.  tium divifonnc , Metropolitani fodicio it «iteti  ptxforatur  quim convenent, cui non licue-  nt hati«re quem voluit . Ifjf-   oachorum namine ceniérenmr , qui ficut a bea-  TX meoiorùt Evangclilla Marco, quiprìmoa Ale-    nupdrìnx Urbi Pontife» prxtuie, nontvm folte-  pere «ivcndi , Atc M. a. dt mfiitMt. Cai- ^ c«p.  ). N« nu Etclelia Olle mter ii’l*' Fvenr.cUipna-  tipi! B. Marrum , B. Petti Apoiloli diinpulum .  in omnibua ouque doftoris lui magitten» coiv-  fontmem KiUm fondatoretn , o-c. Lt* MégAAt  tf. fT> *f‘ 4- V- Mfiji- IO- *d Viemn. fAf.   0. S. Anttni» /« tl ftim* eln fitt vivtrf i Uà-  »Ati in CcmnniiÀ s fnvs tht In Ctimfimiti  Htn difirmffj In ftlituÀinei cmm t» di-   mcfitA d d' OffÀt A mn AiiAtt dt' Fé-   gliAAti, Vb Ktl^itft, die' igli, (ht inttrvitnt a’  inAttntini, ti Agli Altri n^t-firdiAAti , td imfiigA  il TimAiuntt dii gitrim ndlt findu, t in Anslthr  AltfA tmtfiA tttufAXi»A4 , ) ftlUAtu «nxe .   t'iftu Dtftrt» ì d CéNvento. Ql* A»t$tht, tkìA*  mAnd« d Cenwnre Cxnobium , t i  luch'», hAnn» fAita tbiAtAimAft vtdrrt tht m  U fUMìs C«flMiii4rie.     iz TRATTATO DELLE   juoghi vicini fino al tempo ^1 500. quando S. Equizio, e S. Be«  nedeitó gli diedero forma {labile, e lo diffufcro; {ebbene rillituzione  di Sf Equizio poco fi flefe, e preflo mancò; e quella di S. Bencdct*  to fi allargò per tutta T Italia ^ e pafsò anche oltra i monti. 1 Monaci  in que’ tempi, e per lungo fpazio dopo, non erano Cherici, ma fecolari,  t ne’ Monaileh (i) che avevano fuori della Citili vivevano delle loro  proprie fatiche d’ agricoltura, c di altri ariifizj, e inficme di alcune  obbiazioni fatte loro da’Fedeli; il che tutto era governato dall’Abba*  te.* ma nelle Citt^ vivevano delle loro opere; e oltra di ciò, di  quello che loro era coilituito a fpefe pubbliche dalla Chicfa t Quelli  ritennero la difciplina antica molto più lungamente.' i Cherici , dopo  divifi i beni della Chiefa, percUttcro afiài duella divozione del Popolo;  onde erano pochi che donalTero, o lafciafT«rd più beni a loro; 0 per-  ciò farebbe fiato il fine degli acquifii della Chiefa; ma i Monaci, con-  tinuando il viver in comune, e le opere pie, furono caula che non  fi efiinfe nel popolo la liberalità; ma, lafciati i Cherici, fi voltò  Verfo di loro , i quali furono firumento grande di accrefcer le ric-  chezze Ecciefìafiiche ; e in progrelTo di tempo crebbero grandemen-  te iri poflefiioni, e in entrate donate loro, e lafciate per tefiamento;  effendo ben fpele all' ora da elfi in mantenimento di molto numero  di Monaci, in ofpitalitH, in educazione , in Icuole di giovani, c inalcre  opere pie^ Fa conto T Abbate Tritemio (1) che i Monafteri de’ Monaci  Benedettini erano fino al numero di 15000. oltra le Frepofiture, c i  Conventi minori. I Monaci ftefli fi eleggevano 1 ’ Abbate, che gli  governava fpiritualmente, e che reggeva anche i'beni, cosi gli of-  ferti dalla carità de’ Fedeli, come anche quelli che fi guadagnavano  colle opere, e coeI* anifiizj dc’Monaci; c in progreflTo quelli ancora  tho fi cavavano dagli fiabili.     Ma i Vefeovi ne* tempi che feguirono nel 500. clTendo fatti aflb-  luti difpcnfatori della quarta parte de beni della Chiefa, cominciarono  anche a penlar un poco più alle cofe temporali, e a farli feguiio nelle  Città; onde le elezioni fi trattavano non piùjcon fine di fervizio divi-  no, ma con pratiche; paflando bene fpefib dalle pratiche alle violenze  pubbliche : perlochè i Principi ^ che fino a quell’ ora non avevano  avuto molto penfiero intorno a chi folTe eletto a quel Minifiero,  incominciarono a penfarvi; effendo avvertiti da’ fanti uomini di quei  tempi che IDDIO aveva commefià alla protezione loro la Chiefa, e però   etano    (l> jtltni tffn MtMsea, die»   Mitra a^tra Cbtrua. Aiu Monacbonim eft cm(ì»  ilii CTcnfonim. / C/arrieàfana * fMjtari, ad »  Jda»*ri fatta la pteara. Ctencip«&unt tivesi Ego  paftor; rp. ad Hdiod. Ms /« vie»   idttamJheM faft •fatta deferratt dalia fiata St-  tUfiafika, alla ara fari mn grada fra faina al  Claaruàta. Sk vìve, dir’igti ad «n Ùamaea, ut  Cleritaj effe ire>t i»vtv*   d*l frimnft, t‘   ffnffMmtmUMHalttterm di Déig»^rt9Ti(itit» ntlU  mtd$fimts vie» di S. Drfidtn» tn enmiitii   Juit» Civium peiitimem nortran» quoiju« con*  cor nomine perfimiiir,  Se Pontificali benKiifiinne fublimstu*, peonobir,  8e prouniveritsOr«linibusBccleGx Jebeat exorare,  ftaccepiabilesDeoholliM fiudeat otferre a. »d Brumule.Ui,   f. tf. Il-, tom. I. Centi/. GaU. ef. %r. md  llttederit. (J. Tbtedtitrt, lei. 7* '/• i>4* t«**   I, C*Atil. CaII. ef. st.   (« ) Siene iriiu me Pater , Se Ego mitco   VOt. JtAA. IO,    r>:.,;i; >ùz) by GoOglc     MATER. BENEFIC. 15   che ras toccò loro niente , ma rutto iii divifo tra il Vefcovo , e i  Cherici : anzi ancora dove la divifione fu fatta con dehtta propor-  zione , reflando tuttavia in mano d^li EcclefiaSici 1' ammioillrazio-  ne della fabbrica , e della parte de’ poveri , a poco a poco quelle  fi diminuivano , accrelcendofi le altre due : e di quello ne lì fede  il vedere che in pochiflìmi luoghi la fabbrica ha proprie entrate; e  per li poveri non rollano , fe non gli Spedali; i quali però tutti fo-  no di non antica illituzione . La parte de’ Cherici nel principio non  fu tra loro divifa; anzi il Vefeovo aveva cura di tratiare ciafeuno  fecondo i meriti: ma poi i Cherici alTunfero il carico di dividere ,  efclufo il Vefeovo : e poichò ebbero la loco parte , dove nò il Ve-  feovo, nè altri aveva che fare, cfli ancora fi divilèro fra loro , fic-  chè ogni particolare incominciò a conofeer il fuo, e fi lafciò di vi-  vere in comune . Ma febbene le rendite erano cosi divile , rellava-  no però i fondi tutti in un corpo governati da’ Diaconi , e Suddia-  coni, e le rendite rifcolTe da quelli, e confegnate al Vefeovo , e a  ciafeuno de’ Cherici fecondo la pteporzione delie loro parti ; e in  quelli tempi in Italia le polfelTioni delle Chiefe erano chiamate pa-  trimonj.' il che ho voluto rammemorare qui, acciò nelTuno penG che  quefto nome GgniGchi qualche dominio lupremo , o qualche giuri-  Idizione della Chiefa Romana, o del PonteGce. Le polfelTioni di qua-  lunque famiglia , che venivano da’ loro Maggiori ne’ tempi de’ qua-  li parliamo, fi chiamavano il patrimonio di quella ; e chiamavaG  anche patrimonio del Principe A fondo eh’ egli pofledeva in proprie-  A; e per dillinguerlo da’ patrimonj de’ privati, G nominawa SarriM»  Pturimoniiim , come in mtdte leggi del Itbro u- del Codjc» fi .lqg'  ge; fi diede poi per le illefli ragioni il aeme di  lèffioni di ciafeuna Chiefa : Gveggono nelle pilMe di S- Gregorio no-  minati noB foln i parrimcuii ChtcU n.uui.uia, ma anebe il pa-  trimonio della Chiefa di Rimini, il patrimonio della Chiefa >dir Mi-  lano, il patrimonio della Chiefa di Ravenna. Alle Chiefe poGe in  Citik di abitatori di fortune mediocri non erano lalcute pgfléirtqpi  fuori del loro diflreiio; ma a quelle delle CitA Imperiali, ctmreRo-  ma , Ravenna, Milano, dove abitavano Senatori, e altre fetloM.jir  lullri , erano lafciaie in diverfe parti del Mondo . pa meniorc S.  Gregorio del patrimoni» della Chiela di Ravenna in Sicilia, n d’,HP  aluo patrimonio ùi Sicilia della Chiela di Milano.' la.jC|gì|fe:jf^|g%-  na avea patrimoni in più pani del^ando: fifa menaione^ì 'patri,  monio, di Francia, d’ Affrica, di Sicilia^ delle AlpiCozie, e dimoiti  altri luoghi : anzi in tempo dell' iftelTo S. Gregorip vi fu littitialui,  e il Velavo di Ravenna perii patrimonj di amendqe le CMAèjiphe  C accomodò anche per tranlazione. Per far anche rifpettare le pof-  fcGioni della Chiefa maggiormente , folcvano dar loro il nome del  Santo che quella Chiefa aveva in ifpcciale venerazione : coiì UChic-  fa di Kàvenoa nominava le poITcGloni fue di SantoApollinare; i^quel-  la di Milano di Santo Ambrogio ; e la Romana diceva il patrimònio  di San Pietro in Abruzzo ; il patrimonio di San Pietro di Sicilia , &c.  al modo che a Venezia le pubbliche entrate G chiamano di S. Marco.  Ne' patrimoni del Principe ( quando non erano alTcgnati a’ foldati)   era    Digitized by Google     i6 TRATTATO DELLE   era pofto un Governatore (i) con giurifdizione nelle caufe che a queU  la profe{Tione fpertavano. Alcuni Ecclefiailici della Chiefa Romana  tentarono d’ nfurpare rimili ragioni ne’ patrimoni quella Chiefa ,  volendo far ragione da sè ftefii, e non ricorrere al pubblico giudi*  zio; la qual introduzione S. Gregorio riprefe , e condannò, e proibì  fotto pena di fcomunica che non fi faceife . Pagavano le poirelTioni  Ecclefiafliche tributi a! Principe , come manifeltamente appare dal  Canone 5# tribnt$tm , (#)ch’è di S. Ambrogio; ed è chiaro che Coflan*  lino, il barbuto, nel 6 %i. conceHè efenzione da' tributi che laChie>  ia Romana pagava wl patrimonio di Sicilia , e Calabria ; e Giufli-  nìano il giovane (a) nel ^87. rimifc il tributo che pagavano i pa-  trimonj di Abruzzo, e della Baniicata . Non riceveva la ChiefaRo-  mana tanto grandi entrate da’ patrimoni Tuoi quanto alcuno crede ^  imperocché, narrando le Storie che Leone Ifaurico nel 732. confi*  fcò i patrimoni di Calabria, e di Sicilia , fanno menzione che ren*  devano d’ entrata tra tutti tre talenti d’ argento , e mezzo d' oro ,  che fanno in nollra moneta, per non far m imito conto fopra la ve*  rith delle opinioni quanto precifameme rifponda ad un talento ,  fomma non maggiore di 1500. feudi; e il patrimonio di Sicilia mol-  to ampio non pagava più di 2100. feudi.   X   Non è fuori del foggetto di cut parliamo faper quefli particolari  che occorfero , mentre le poflefriont della Cht^a recarono tutte in  un corpo , e fotto un governo fteflb , febbenc le rendite erano divife .*  il che non potè durare lungamente, per le contefe che nafeevanc tra  quelli a’ quali appar teneva i’amminiftrazione, c gK altri che ftavanoal*  la loro difcrezione/ UmiCj; iì^duìon^., cìiftwi* Minidro   incominciò a ritener per sè le obblazioni eh' erano fatte nei fuo Tem*  pio , le quali gtk fi folovano portar al Vefeovo, acciò le dividelTe; ma,  per ricogniuone della fuperiortt^ Epifcopale, ciafeuno dava la terza par-  te al Vefeovo , e qualcne cofa di più per onore , che fu poi chia*  mato il Cattedratico (^), perchè era dato per riverenza della Catte-  dra Epifcopale. Divifero anche i fondi, e alfegnarono a ciafeunò la  fua porzione. Quelle mutazioni però non furono fatte in tutti i luo-  ghi infieme , nè con un pubblico decreto; ma, come avviene a tutti  gli ufi , che principiano in qualche luogo , e fi comunicano fuccelTi*  vamente agli altri , mafllmc i cattivi , che hanno corfo più veloce,  e meno impedito.   In que’ tempi , quando le cofe Eedefiafiiche furono ridotte a que*   ^ fio    S tÌNtamMVM Cornei  munì _MivÉnmm, ptt di/hmmrtU dal Cornei  Sucri Pimcnonii . Si fari* di ammdmt *A  friwm Ut* d*t Ctditf. «de! frimt att fitti* JJ.  * (iti fttfd* »*i titoU |r>   («) Si iribotum pem Impcritor, non ne(;i>  mH. , a^ri Eccktu( (olvant tributsmt $i egm«  ilelìderit Imperator, poretUreoi hiMi Ten. t. if.   (O traGi^^/lm^aH*, /*t*»d*/[lm*U 4   C^aafiH* il iariat*.   ) Cathedratirumeriimnon i«ipIioi, quim  venAi mr>tit effi conAitcrit ^ ab loci Pte>  ibytcro norerit exigendum . Ctlafimi Faliaa*  MfiTtéf* ama* 4fii.Caa, i.f. Camfa lo.lUoJ te  voUimurmodiianiùUiicuiiadirc^e^i Epiicofo-  nitnSicilis de |»arochiis ad te pertinentibosno-  (Bìm Cathedratici aoiplius, quam duoi folidotj  prvfunant accipere. aaa* fto. Cam.i,   Caafé I».    Digiiized by Goògle     MATER. BENEFIC. 17   Ud flato, erano di/lribuiti Ja’ Principi agli uomini militari i fondi pub-  blici , con carico a chi di cuflodire i confini ; a chi di fcrvire il Prin-  cipe ne’ governi civili ; a chi di feguirlo «dia milizia ; a chi di cullodire  le Ci cù, o Fortezze; e quelli, che con vocabolo Franco, e Longobar-  do, fi chiamavano Feudi, nella lingua Latina, che ancora non era total-  mente eilinta , fi chiamavano Beneficia , come donati per beneficenza  dal Principe : ( 1 ) pel qual rifpetto anco alle porzioni de' fondi Ecclefia-  ftici, ovvero al ]us di poflèderli , fu dato il nome di benefizj > perchè  erano donati dal Principe, come i Vefeovati; o dal Vefeoro di fuo comen-  lo, e concefiione, come gli altri ; e anche perchè i Cherici Ibno Sol-  dati fpirituali,e fanno guardie , ed efcrciuno milizie facrc. Le Badie  di Ik da’ monti erano ormai fatte molto ampi» , e ricche ; per lo che  i Maefiri di Palazzo alTunfero in sè T autorità di fare l’Abbate; e ciò  con ragione affai apparente; perchè i Monaci all* ora, come fi è det-  to, erano laici, lenza alcun ordine Ecclefiaflico * Vero è che non Tem-  pre lo davano elfi, ma anche alle volte concedevano per grazia a' Mo-  naci che le lo elegelTero. Ma in Italia, non elTendovi Monafieri mol-  to riguardevoii in ricchezze fino al fuddetto tempo del 750. i Re Goti,  poi gl’lmperadori , ei Re Longobardi non ne fecero gran conto; on-  de la elezione refiò a* Monaci colla fola fopraintendenza del Vefeo-  vo . Ma i Vefeovi alle volte, intenti ad aggrandirfi, erano troppo mo-  lefii a* Monafieri; perlochè gli Abbati, e i Monaci, dcfideroli di libe-  jarfi da quella foggezione, trovarono il modo , ricorrendo al Pontefice  Koiiiano, che li piglialTe fotto la fua immediata protezione , e gliefen-  talTe dair autorità de’ Vefeovi . Fu ciò lacilmente confemito da’ Papi ;  fervendo loro, e per avere nelle Cittk d’ altri perfone immediatamente  dipendenti da loro*, e per amplificare la podeili loro fopra i Vefeovi ;  importando molto che un membro cos^ notabile, come i Monaci , che  in quei tempi quali foli attendevano alle lettere, dipendefiè toulmence  dalia Sede Romana .    XL   Dato principio a quella efenzione, in brevilfimo tempo tutti i Mo-  naficri reilarono congiunti colla Sede Romana , e feparati da’ loro Ve-    Icovi . ( 1 )   Timo IL   cirearam, vel undenim.  «pie ad prz#.  ^rhfHtt Im f'ttnjtm* di S. Pittri m mmunrm .tkt  M*u i*frr» fiù fi** mlUSMMtm Sidt. iit-   etm* fii rwndMMM m vmutmffi» driU Certi di  Ktmm , mtttf* rie feel/i rie •trrugtmi frivileif  tmnu* imurtjfedidiffudert F mmtirifm diihilitiu-  €idr. M/l il Pmf» mdff) Viirutieri mllm Urt fufflJ-  tu , S- Btrnmrd* , dettjfmud* uevitm , fttt   «edere » fmfm Eufrm» HI. tb’ trm uu irmud*  eiiuu' Aibmti riemfmff* d' ulhiim mi fmm  Vtfavt, * •/ Viftrvi mi fu» Mttrtfihtmn* : rie tm  Ciò m M«l^«ii/e devrvm rtiilmifi fui mmdilU detU  trtemfmmti , dm ma' Au^tl* tua bm mmi detti: Io    C In Fran-    non voglio eflcrealdi ibeto deir Arcangelo .  rè# mvreH* mmi detti ifmifi* trmm Smnt» , fi ftfft  vijfmti in mltmu* d* Settli fufijmtnii ì S. Birmmr.  d» , dice mvvtjmmril Meumei , e Ztlmm-   ej^«e ftr tm fmntm Stde, trmdmmmmvm mltmunutt  ^ufJF iftHtitmi i M^«rri> ifturmri %U AUmti  dmllm {lurifditient di' l^tftevi rie tefm ir», due-  vm iflt, fi meli emmmmdmrUri Im rìMliauì £ mm  erm mmm difermiti A mifiiHtfm mi i»rf* dilla  Cbtifm r umirt mimdimtmimimti «« CafitiU , t  mmm Mmdim mllm fmmtm Sedi , litm uil re^ «mm.  m» l’MJiire mmdit* mllm ttfim f Beli i hntefftrvmrt  difmjfm^i* ibi ^mijlm ifemùem* ffiritmmU entri ftr  Im fertm dell' tfim.iini dm'dirttu ttmfirmlì e*Hti.  dmtm Itr» dm' mtdtfmi Vefetvi . Titnc cibi liciiuna  cenlcat lùit Ecelefiat nmiilare raembrit . confunde-  K ordinem, perturbare termmoi, quoa poAieninc  Pacm niif Monftrum £icii, G, manui (ùbmoven*  digitum, (uii pendere de cwite , fiiperiorem  naaai, bciduo coilaKralcm.Taleed» fiiaChri*     ,8 TRATTATO DELLE   In Francia ì Vcfcovi fatti dal Re, c molto più i fatti da' Mac*  (Iri di Palazzo, iminuita ('autorità Regia, fì diedero tutti ade cole  temporali; il che anche fecero gli Abbati, che coniributvAnu Suida*  ti al Re, e andavano in periona alla guerra, non come Religiofi ,  per quivi far uHhzj di Minjllri di Grillo, ma armati, combattendo  anche colle loro mani; perlochè(i) anche non furono contenti deU  la quarta pane de’ beni, ma li tirarono timi a loro; onde i poveri  Preti, che nelle Chicle amminiftravano a’Popoli la parola di Dio, e  i Sacramenti, recavano lenza aver di che vivere; perlochè i popoli  per loro divozione contribuivano loro parte dell’ aver proprio: il che  facendoli in alcuni luoghi più largamente, in altri più parcamente,  ne nafeevano alle volte querimonie; perlochè, irattandofì Ipeilo quan-  to folTc quello che fi dovellc dare al fuo Piovano, palsò in comune  opinione, clTcr conveniente, ad efempio della legge divina nel vec-  chio tefiamento, il dare la decima ; la qual efiendo comandata da  Dio a quel popolo, fu facil cola rappreientare (tf) come debita an-  cora folto il Vangelo di Grillo; febbene da efib N. Signore, c da San  Paolo altro non è {b) detto, le non che al Mipifiro fi dee dal po-  polo il fofientamento (c) necclTario; che il MiniUro , o operajo , e  degno della fua mercede; c chi ferve aU'Altare deve vivere deif Al-  tare, (d) * fenza prcfcriverc la quantità determinata; perchè in al-  cun calo la decima farebbe poco ; e in altro calo la cemefima ba-  fterebbe ma perchè quella è cola chiara, e di lotto avremo bilogno  di trattarla più diffufamente , non dirò altro per ora, le non che in  quel tempo, e per qualche fecoio Icguentc, i Icrmoni che erano fat-  ti nella Chiefa, iaiciate le materie della fede, non verlavano in al-  tro, che in pruovc, cd elortazioni a pagare le decime: cola ch'era-  no sforzati i Gurati a fare, c pel bilogno, c per T utilità; c nell’  amplificare oratoriamente, come occorre, fpelTo palTavano tanto in-  nanzi, che paicfa mtta.lu, perfezione nel paga-   re le decime (a); delle quali anche non contenti, nè parendo aliai  le prediali, cominciarono a portare per necefiarie anche le pcrlonali,  cioè, di quello che l’uomo guadagna colla lua fatica, e indullria, della  faccia, di ogni artifizio, e anche dello lìipcndio militare.   Di que-   C^l «luri delfrviuflt, cnm sicari fxriuù  pane .... DotTM'iii tainivit iù, qui Evanj^rlium  «onuncisnc , 4e Evsngelta vime i. Ctrmih. y.  * Vedi V drtttete   (») U» PrtdMétfre mi f.mfe di Ctrl» fredù   tst’St (bt m*m fiUmmtt «r* nueffMne d$ f-i/.ir  le Drtim* «’ ^rrfi , m» njjiadi* dt ftrtsr’.e ufft  Un O/». Nec e:ic «ptasre  k Clerici «111 decun» vobu rtquusnt, leJ d*  triti tbt prtdtcàiM ttif. siitfp, ttmtrs il fmlt  Aln dentiiaruin  elabori qu'S novetit tniina ApolUitrc pietaus  lade nucneiwit efl, donec trtiiat, convalelcar, *t  roboretar ad Kceptionem lUltdi cibi . (^iii im.  ponemlum eli fugum cervkibnt idiorrem, quod  n«c|cie noi , nei]uc fratrea Uullri lufre-rr {vnue-  lune ? £^iyf. i.éfud ìdAlilleif tim. 4.    Ai torpore membra sliter torta , cjutm ciirpoiuit   fplc Sicuc Sc'tfhire , 0 c Cberubim ,   tc c^eri quiepe ufquead Annloj, & A’rhtngcto*  ordinanrur lub uoo capite Deoi lu hic quoque  fob uno fummo Pont ibee prinìatei , rei Parriirr hx ,  Arrhiepircopi, Epiicnpi, prabyicri, velAiibaici,   & re'iipii in bone modum Quod lì dicat   tp Cupui.'NQloellélubArrhiepircopui tur Abbtsi  Nolo obedire Epifccqo, hoc de Cxlo 000 eAj  ailìcurone Angciorum quempum dicenrem audi-  Hi? Nell fui Artk*»irt“ *jf*, ^ . dt Ctnfid,  hi. }.   iini lUtum taluberriffiii fiaerK. a mcisbrM Ec>  deitz ooini tempore (èpareior. Cnm. f. m fin» .   (o,   (]) , « fmrldT froftuurnnut , ajjnjara,   tfdtftfHt, ) ttnfflMHldt».       ilz veilrz falubrt debeamu dirpoGtionc fÌKcitr-  me t de ideo leiundiire deSdenum vefirum,   fratrem , 8c Coepitropiun oodnim euju!   Eceleiìa eli ab noAiaui occupata, Cardinelnn  «eftrz Ecclcltz, ficutperiftia , lonAituimui Sacer-  dorena» quitenua vot de propitio, At ordinando,  de vigilando (óllìeitc Audrai gubcrnarc. cui de*  dimuiinmandatif, nemu{U3m ordinationet przfu*  inac Uticiua. Uitr. Dinrnm Smmm. I^unif. tir.  II. c*p. 1*   (c) Hzc vox, diti Ontpto Ptnifint mtUm fn*  iattrprttd*Jt*r dt' mnmu IrrltS^nfit*i , (vrquent ed  in tegiliro D. Otrgoni, & Epiftoiis PontiScum  R'munoruin, & decrrtalUMU , qutbutÌ! Cardinali!  dicitUT Preibyter, vel Oiaconua, qui certz aliciri  Ecciti , vel Diaeoeuz propria! , de adcMrtiaJicujau  tituli ,Ave Eccieliz miniAeriunordinatu», inferiot ,  atuiexui , de , ut iplc loqaitur , meardtnatm cA . Naia  S. Gregorio idem eA Cardìnalcm conAituere in all-  quorituio, vel ficclcAa, quod incardinare alleai Ec*  (Idìz , vel io altqua Ecckita cardinare . Idem rriam  drEpilcopit dirà, quod de tua EecleAa ad alìani.  ncccATratii caufa , tramUtni^ EpitcopeM etoidem  ficcieiàc fijz, iUius vero ad quana uaatUùlìuiri    zo TRATTATO DELLE   tu, eh* erano le principali, più ricclie, e con più carichi, e rainifte-  ri, ricorrendo per lo più cjuelli eh’ erano fcacciati da’ propr) luoghi ;  e quelle Chiefe , come più ricche, e abbondati, ricevevano più di  quefti foreftieri, e però avevano più Cardinali: il che anche era ri-  cevuto dalle fuddette Chide, perche con quella via acquiUavano da  ogni luogo i più infigni uomini; ficcome al tempo preicnce fifa*, e  però poche volte ordinavano de’ loro, ma [penilTimo incardinavano  foreftieri’, onde in quelle due Chicle rcllò che tutti fi chiamalfero  Cardinali . In quella di Roma dura ancora il nome *, in quella di  Ravenna durò fino al 1543. quando Paolo III. con una lua Bolla  annullò il nome de’ Cardinali nella Chiclà di Ravenna : cos'ì il no-  me di Cardinali, che moflrava infermiti, mutata fignificazione , è  fatto nome di maggior digniù, e viene detto che fieno Cardinali,  cioè, Cardines Orbis tcrtaTum\ Ti) e quello che non fu nc grado,  nè ordine della Chiefa, ma indotto per accidente, è ialito alla gran-  dezza, e dignità nella quale oggi fi trova. Ma chi guarderà i Con-  cili fatti in Roma , dove fono intervenuti Vclcovi Italiani , e Preti  Cardinali Romani, vedrù che Tempre i Cardinali hanno fottoicritto  dopo i Vefeovi *, nc alcun Vefeovo era fatto Prete Cardinale anche  ne’ tempi polleriori. I primi Vefeovi fatti Cardinali furono alcuni  principali fcacciati dalle loro Chicle , come Corrado Magontino ,  (cacciato per ribello da Federigo I. Imperadore , fu abbracciato   da Aleflandro III., c fatto Cardinale Sabinenfe. Non avevano nem-  meno i Cardinali Romani alcun abito, o infegna dìfiinta fino ad In-  nocenzio IV., che nel 1244. la Vigilia di Natale diede loro il  Capello ( 2 ) rolTo , a cui Paolo 1 1 . aggiunfe anche la Berretta   rofla, (3) eccettuati i Regolari / ma Gregorio XIV. nel noftro tempo  la conche ancora loro. £’ fiata necefiaria quefia poca narrazione,  poiché verrà Ji§nir\ che al prelcnic è primaria nella Chic-   fa, e alla quale pare non trovarfi titoli fufricicntf . (4) Il Pontefice  prefente, Urbano Vili, ha per Bolla propria conceduta loro 1 ' Emi-  nenza. (3)   XIII.   Suenlotes , Uve Pamificct Cardinal«y vac» t t»44. Iug^uni,.in Concitio gm«ra!i la. Csr*   i/«v‘ ) fin ft' incarJifure aliqocm S. dioslibui virii ctcelIeneinÌRn^ cr   n»ìi. S*ft* frtmv.du* pur lìium , li opu* efliet, prò I-ccJeiuilira libertà.   ifU, i CHTMti dt Rimi ri/iJvtffiri dt freadiriit te tuenda , gladio ofiène deberej & prxfettint  tinti di Cirdunii, fif I* mm co rempore quo Romana Etdctu a federilo H.   tkt «ttfMi** d'iffm i fi" vHimi mtmijhi atfifi, Imperaeore vcheioenter oppugnabumr ,   « ÀI firtieifitt dtU* Jm» iUimhiì ■ tJtUitmm' fanvM.  fifta i ijmali gita tattiilgl- ta d'efftn agginan alii nijtn aaniritiiai, par     cnu* ! due lagiait ly. ita Tapcr hot Sede* Apo- grmmditi ni Un muta, fi lUnarima dalia Un  jloliea , touuf Ecclefur oftium , quiciùl , Ac iiu. dipraienia.   ilencatur, (J) ^tjh "Itimi panie feaa finn ageimn   (a) Hic in vigilia lutai» Domini anno aiP OtfiaaU Jialiaai , a da' Cifijh , • dagli    Digilized by Google    1    MATER. BENEFIC.    ZI    XIII.   Dal principio fino poco innanzi il 500. come li è detto , ogni  Chierico era ordinato a qualche uffizio, c viveva a fpcfc comuni;  dopo fatti i Benefizi, l'idefla cofa era ordinarlo, e alTegnargli Tuffi-  zio da efcrcitarc, e il benefìzio dove cavar il vivere; nè lenza Be-  nefizio fi ordinava alcuno ; ma in progrcflb di tempo , comparendo  qualche foggetto atto al Chcricato, febbcnc non vi era luogo, c be-  nefizio vacuo, per non perdere quella pcrlòna, i Vefeovi T ordinava-  no fenza certo uffizio, 0 titolo; c però anche fenza benefizio, per  afpettare che alcuno nc vacafle; « quelli ordinati fenza titolo aiuta-  vano i Benefiziar), da* quali loro era dato trattenimento : ma in pro-  grefTo di tempo crebbe a cosi ecceffivo numero quella fona di Che-  rict ordinati lenza titolo, 0 benefizio, e fi diminuì tanto la cariik  ne’ Benefiziar) a dar loro foftentamento, che , naicendone infinite in-  decenze, e Icandali, bilognò provvedervi con legge, c coftringere i  Vefeovi, che ordinavano fenza titolo, a fomminillrar il vitto agli Or-  dinandi ; ( V» ) c quelle provvifioni nel principio che furono Itatuice  fopirono alquanto il difordine; il quale però non flette molto a ri-  forgcrc ; e più volte repreflb , è fempre ritornato : al che due cote  hanno data caufa infieme : Tuna, il defiJerio di molti di farli £c-  clefiaflici, per goder Tefenzioni, e liberarfi dalla foggezione de’ Prin-  cipi : T altra, T ambizione de’ Prelati, di aver loggctti molti a’ quali  poter comandare ; nè ancora è provveduto bene a quello dilordi-  ne, ficchè per tal caufa non fuccedano in diverfi Regni molte inde-  cenze, che fono cagioni dì far perder al popolo il rilpetto della Re-  ligione.   X I V.    Nemmeno è fiato efentc da quello inconveniente T Ordine Epifeo-  palc, ficchc non fieno fiati ordinati Vefeovi chiamati titolari, 0 con  voce deriforia : Nulla tenenti : ( i ) non fono però così volgarmente  trattati, come gli altri Cherici non benefiziati; imperocché, febbene  fi ordinano Preti, Diaconi, e altri Minifiri inferiori fenza carico, nè  in fatti, nc in nome, non fi è però collumato fino al prelcntc d’or-  dinar    i fraintrtimfjlt h.t9H0 frtf»   Hit' 0ita*tst.i9iit fatta nrl maf^iat ftr maa tam-  tianaueat dttnjft; tatfatttthì F.e.ttU framtr-  t» iHnaat.1 V tfaltauMl al di U^*   ^«>1# Vili-   Epiifoput, fi alivnec {  nifi lalit oraioamt de Tua paterna hzreditste ,  Val alta, boncitsMi caufa, fubruliutn polite ha-  bete. CauMt i dtl C»ntiii* lattraHtHjì   fm» AÌt^amdn III. , t fi trava ntl taf. 4. tg.  tra ir fréhtnda.   (i> yJaVrft*^'* ntICmfilt* dìTrta-   ta difia, ehf ti Vtftavata rtetrra una Diattfi, a  tk* ti Vifeava, a la Ckitfa fatta rarrtlattvt , tth  wta il hiariia , a ta hlagiu ia maniera , tha f*    una Mb fu» fiat ftnta Faltra’. tbr dì ^ntfiaar-  à:nazJam man fi vedeva fata un vafiigia in tmi-  tn F Antitiiktìk, in rati i Vtftavi , tha aiianda-  navama i lata nftavatt, a (he n'arana frnau ,  ntn arana fià témfiderati ftr (alt i in fatila {ai-  fa affante, thè Ma* \Jemaa, al faale fia eeeana  la JUtf/ir, fià ii tn viem rm fidarata »er Uarira,  Refltti nn Vtftava Italiana, thè i Weftavi' titela-  ri, avende félamtntt la fedtfia dtU'Ordine , uan  era nettfiaTia che mvefitfa ana Chìtfa t ebe fa  una valta nen fi erdméva altun Vefeapa, fan-  za afftinar{lirat nnai rA derivava, ferrhi ntm  fi ardmavana ne' Preti , ne' Diatam fenta tua-  ia: thè feftia era fiata rieantfuuta ^tr t^aum-  fati ante al fervitia di Itia, thè vi fafitTa Preti  fenta titeia , ed in tenfremenza Vtftavi fiuta  Dtattfi. Fra Paaia hh.t. del CentUea di Trentat  * Ftdi FArtitala la.    zx TRATTATO DELLE   dinar Vefcovo fenza Dioccfi dalla quale (ì denomini ; perlochè fé gli  aflegna una Ci[t^ poflcduta al nrdènte dagl' Infedeli , dalla quale  prenda il nome; dove non cHcndo alcun Criftiano , TOrdinato refta  col folo nome, fcnza popolo; e vive fervendo qualche Vclcovo gran-  de, il quale non polla , o reputi cofa inferior a sè , 1' efercitarc per  se Hcdò le funzioni Epifcopali. Di tali Vefeovi titolari ve n' era gran  numero innanzi il Concilio di Trento ; ma al prclente è molto ri-  flretto. Ma perche adeflb i Padri Gefuiti propongono queffioni, fc il  Papa poflfa ordinar Vclcovi fenza titolo alcuno, nè vero, nè finto,  Jìccome fi ordinano Preti, e Diaconi, e decidono che pofia; piaccia  a Dio che quella potenza non fi riduca in atto , e fia perduta la ri-  verenza anche a quell’ Ordine, la quale gi^ era grande vcrlb tutti  ^li Ordini Ecclefiafiici , quando non era ordinato, Ì^e non chi era in-  iìeme defiinato ad un’Uffizio, come lì è detto.* per la qual cagione  tutti riledevano al loro carico, perchè non fi poteva latciar vacuo;  c non vi era chi potefle fupplirc, clTendo tutti occupati nel proprio*,  onde era incognito il difordine di non rifedere .* fimilmcmc era inco-  gnita la difiinzione di benefìzio che ricerca rcfidenza, e che non la  ricerca*, e, o ricco, o povero che fofle il benefizio; o di molto, o  di legger carico, conveniva che il poirclTore fcrvifle perfonalmente :  ma dappoiché s’ .incominciò ad ordinare feoza titolo, avendo i Tito-  lari chi mettere in luogo loro, lalciavano il carico ad uno, che at-  tendeva con qualche poca provvifione*, ed elfi attendevano ad altro.  Così i Vefeovi in Francia Icrvivano alla Corte % come pure i Par-  rochi, fofiituito qualche povero Prete. S’incominciò a provveder al  dilordine, non con legge, o con collituzioni , ma con gafiighi di  cenfure, e privazioni in maniera, che ne’ tempi de’ quali parliamo,  cioè, ne’ prolfimi innanzi P 800. con quelli gallighi erano tenuti in  freno: ma co^ >> a>MÌfìr>ge dc’bcnefizj, come anche rordinazionc di  non titolari, e le provvifioni per la rclìdenza, non pafiavano fcnza  qualche diverfit^ da un luogo all’ altro*, c anche nella ficlTa Chiela  non paflavano fcnza qualche variazione, caufata sì per li diverfi pcn-  fieri de’ Vefeovi che lucccdcvano, come anche per lo divcrfe provvifioni  fatte di tempo in tempo da’Principi, per ovviare a* dilòrdini cagiona-  ti dal troppo volere di qualche Ecclefiaflico , o dall’ impazienza di  qualche popolare, che non fi poteva veder efclufo totalmente dalle  cofe Ecclefialliehe,   XV,    Molta variazione pafsò fino a Carlo Magno, il quale, ridotta fot-  te la fua ubbidienza l’Italia, la Francia, e la Germania, riformò  anche le cofe Ecclefialliche, riducendolc ad uniformità, le quali in  diverfi luoghi erano divcrfamcntc illituite; rinnovando molti de’ vec-  chi Canoni Concitiarj andati in difluctudine*, facendo egli divcrfe leg-  gi Ecclefialliche per la dìRribuzionc de’ benefizj fecondo rdìgenze dt  quei tempi : reftituì in parte a’ Parrochi le poflclfioni che i Vefeo-  vi, come fi è detto, avevano tirate a sè, ordinando ad ogni Prete  Curato ne fofle aflegnata una della quantità che in quel tempo chia-  mava-    Digitized by Google     MATER. BENEFIC. x3    mavafi Mcnfa . (i) Pafsò allora in Italia il coflume di dare la de-  cima alla Ghiera Parrocchiale, che gili molto innanzi era introdotto  in Francia. Aggiunlc però Carlo di nuovo, che il Vclcovo, come  Sopraincendente, e Pallore generale, potefle dare quell' ordine lopra  la didribuzione delle decime , (a) che parefle a lui; pcrlochè i Vc-  l'covi, dove erano molte, c graffe, ne dil^lero in diverte maniere:  ne attribuirono parte a sè llcffi, parte a’Preti della loro Cattedrale;  c ne aOegnarono anche qualche parte a’Monafteri, con carico che cfli  mctteOcro un Vicario alla cura, dandogli la porzione conveniente: c,  oltre airaffegnazione del Vefeovo, alle volte le Chiefe non Parroc-  chiali fc ne appropriavano qualche parte, che in progreffo dì tempo  poi difendevano colla preferizione . I Princìpi ancora ne applicarono  alle Chicle verfo le quali avevano maggior divozione. Rcllitui Car-  lo la libertà a’ Popoli di eleggere i Velcovi , concedendo che il Cle-  ro, e il popolo doveffe elegger uno della propria Diocefi , il quale  folte prefentato al Principe; e quando da quello foffe approvato, e in-  vertito, dandogli il Partorale> e TAncUo, doveffe efler conlccrato da’Vc-  feovi vicini. Kcrtitui anche a’ Monaci la facoltà di elegger l’Abbate  del loro proprio Monartero : {if) rtaiuì ancora che i Vefeovi doveffero  ordinar Preti quelli che foffero prefentati da’ Popoli delle Parrocchie,  Stabili anche Carlo 1' elezione del Pontefice Romano in fimil ma-    niera, ficcome era anche irtituita , quando gl’ Imperadori Orientali  dominavano Roma; cioè, che foffe il Papa eletto dal Clero e dal  Popolo, e il decreto della elezione foffe mandato all’ Imperadore , il  quale fe approvaflc (c) l’Eletto, foffe conlccrato. Vero è che, mot-  to Carlo, quando gl’ Imperadori della Tua porterità fono ffati deboli  di forze, o di cervello, i Papi eletti dal popolo fi fono fatti confc-  crare fenza afpettar il decreto dell' Imperadore : cosà fece Pafqualc  con Lodovico, figliuolo di Carlo; febbene manJà poi a Icufarfi con  elfo lui, che non era ciò proceduto per Tua volontà, ma per forza  del popolo, che cosà aveva voluto. Sono ben alcuni i quali dicono  Lodovico aver rinunziata la facoltà di confermar il Papa ; e perciò  allegano il C. Ego Ludovicui^ ( * ) quale altri uomini di molta    0) fwL ri) HUfffMrié ftrvivtrt,   t»mt ntr* 5 .Cr^iav# nell» vit» dt S.Ltfstié d*  Arili . Ouncc omnn «l> iffo eflènt redempri co  tTgento mo AaterriW ejui Conici Eccirlìa  Menfa rcin^ucnt. HitU nM/rrw ftmdaU mn c|  firviMm» munr» dtll» farti» Urnf».   ( .« ) Uc Derimz in pcreJkste Epiftopi Hnt ,  qiuiibét a PresEycerìi dilpcnientur . t»f.i4i.lti.  1. CsfirmUr.   (i; Monichorum (ìipiiiiein caufam ,   Deo ojmuUiite, «■ pane liilporueninui. Ac cuo>  modo ex (é ipfu libi eligendi Uccntiam deaeri*  tcui , Ac qualiter cjuiete vivere , propolitunique  indetefli cutV/dire valerent ordinaxenmui , in  •lu libcdula diligenter idnotari feamuit At ut  Bpud Suceellorei nofkr» ratum fbret , Ac invio-  Ubiliter coniervarctur, conErmavimui . t*f, lt>  iii. t- CtfitmUr.   (r) i U fimr*mtiir» tir* fm dal Clrrt ,   « dad fafaU XMMa» frràata « il traigli»,   •d a Lttaru fu» fi'UmtU 1’ »n»» «14. Proemno  ego Uk per Deuni t^nmipotenreir , Ac per iUa  qusruor Evangelia, Ac per bone Cnicem Domi-  ni aoliri Jrfu Chndi, Ac per corpus BearilTìmi  Petti, prinuj'ii ApoAolonim, quoo ab hoc die  in lidtlu ere Dorainis nollr» Imperato*    dot tri-   ribus, Hludovico,Ac Hloario, dicbui vitjrnie«,  }usr4 vim, Ac imelleòum meum, fine fi^ude,  atqae malo ingemo. Ulva fide, quam rrprninifi  Domino Apo^iicoi Ac quod non conlentiam ut  alitcr in hsc Sede Romana fisi elegie Pontili*  (is, nifi ciaonue , Se julle, fctundum virci, Se  intclledum meum, Ac iile qui elechii fiierh ,  me conUatiente , conlécvirui Poimiex non fiar,  priurqu.''in tale làrtan>er.tuni U^iar in prskmia  milG Doaùnici Smperaions, Ac populi rum pa*  ramento, quale Dominus Eagcoiui Papa Ip n-  te, prò coniérvaiione «^nnitun, Uftutri bibet per  firiptum: nmai. CafiimUr. fag. «47 yid» Tb»-  gaa. ad aaaam tiy. ferduravit hxc confiietu*  do, dir* Onifri», ufque ad BenediAum II., cu-  jui fanfìiraie petmorus ConUmcmus Iniperator,  Heradii pronepm, et'.i&o tuo julTit ut deincepc,  quem ui, pnpululque Rotnanua Pontificcm  aekgiQent, », nulla ampliui Imperatom con-  fitnucmrtc expéò-.ia, more vcmiiifiimo, Aatim  ab Epilirop» orduuretur* Aa»»t. ad m/am fr-  laga Jf.   l*) D Jtiaff. éj. Vidr Tltrmm dr rltHitnitMi  i» fm tfrram Agttardt. taf. 6 , fag. i{t. ,  rAi Balnuam. /tdt ttiam Tbtran. ad oao.liO.,   & *17.     f    i   I    Z4 TRATTATO DELLE   dottrina mf più ragioni meflrano fatfo, e 6nto : (i) nel che è fu*  per6uo aflaticarfì, perchè certo è che Lotario, Figliuolo di Lodovi*  co, c Lodovico iecondo, tuo Nipote, confermarono tutti i Papi elct*  ti nelle loro etli.   In quelli tempi, ne* precedenti, e fulTeguenti, quando, per afpct-  lare la confermazione del Principe affenre, alcune volte paOava qual-  che mele innanzi che l’Eletto foife confermato, e poi coniccraio ,  egli innanzi la conlecrazione non il portava da Papa, nè ammini*  ilrava, lalvo che qualche cofa particolare, a cui urgente necclTit^  collringefle di provvedere fui fatto; nè vi fbflc altri che vi attcndd-  fe; come avvenne a San Gregorio; nè fi chiamava Epifeopus, ma  EltBus, Anzi nemmeno teneva il primo luogo, ma lo teneva 1 * Ar-  ciprete ; il quale anche fi dava quello titolo , cioè : Servaas locnm  Seda Apojìol'tc^: ma dappoiché i Principi furono elcliifi , co-  me al fuo luogo fi dir^, pafiava Icmpre poco tempo dall’ elezione  alla confecrazione*, nè per quello fi diceva che 1' elezione fola deffe  il Papato, ma la conlecrazione : perlochc , le alcun Eletto moriva  innanzi d’effere conkerato, non era pollo nel catalogo, e numero de*  Pontefici*, come avvenne ad un Stefano eletto dopo la morte di Zac-  cheria nel 752. che non fu conlccrato; c però non fu pollo nel ca-  talogo. Papa Niccolò II., (nufei fTriru'-, Hi"C ob ri(creiu, quoi ab hti vi too^ui rflet  ^Aiifioutn irunitt nbì'e . Acirpu bsc tàmfa-  éionf, Lalovicui ‘«'pò i.Ui Clero,   Irta)u;uRi ipiìini», St pitia M«v8ne drinrrp* ouieftiTnR laelc eni : tu x/itu  fuf.bulit miti»- ^U4nt» *gli Auttri fbt b^m-  m* ftriitt rbt Lut^i, il btn/^u» , uxtfit rmmu-  ti dtrittt di rtufiruurt t t'*ti»9t d*t fu-  ftfiuii rr’trr tbt uufft ftrft d*li' uxtf ttufu-  ft (bt Hutiu» Ttftnftt util» mtitfimu vii«|  tbt il H bli0tHuru Aatfiugi» , itti, il CuuctHu-  rt drHm feere Wr, rutttmt» tb* taduvii» dtt-  dt M fu/ifiMU f tturr» fdtfià d' titfgm i |V    fini , a* f •«/ Ptm*ifi-tm ft^ului fiatim  eriafiit , fNi tmia dir Ptaiiftatmi fm , dumrtt  dtmtjhcas diffcnttt uttifit , mtrb» àfifitxt» rrr-  rrfiut tnttrmt.    Dìgiiiied by Google    MATER. BENEFIC. ^5   Papa riceva tutta V autorità : e perciò i Scrittori   mi fmt mi ntlU fmm Cnmìcm Jt’PMfi.   F » ftiammn mtmxMm Ji /ni in itrmm.   Ante qnein tioxn Siephtnut qui«-  U fdf»^ fidi» Sttfdm Ili. f» V dltr» ftfu fidi»  fdfd iftttiv» , I rietmfrtiu» t ìi rkt damjh»  tln dU*r» tfftr Elcàuf n»m trm ifiir Epilcopui,  « fdfivd drvtntdr F.pili«* nel fm* Ltxitm,  in Cenfitrohoiubiu Imperatorits , enniverlétiam  pearitatiooem , colUuòaetii , de prcAeaooem fi*    !    i  nefizj molto ricchi, fi creavano Vclcovi i principali della Cone, c  della Cittì, a* quali il Principe ancora commetteva molta parte del  governo politico, prima llraordinariamente; cpoi, vendcndofi che riu*  Iciva bene, anche ordinariainenie; non perh in tutte le Cittì a!!'iflef-  |b modo, ma lecondo le occorrenze del luogo, e il valore, o la boctì  del Vefeovo; e anche Iccondo la poca attitudine del Conte alle volte,  al quale fi luppiiva col rimetter ai Velcovo.* il che fu caufa che poi,  degenerando la poflcritì di Carlo, che bnalmente fi affogò nel prcton*  do dell’ignoranza, i Vefeovi penlarono cITer meglio per loro non rl.‘him (redo bsc oppertuni-  f(ce Htdriinum. tjuod CftTOius, {quejh tr» C«r-  I* it rnffirì Iinpcraeor , sb ImIU cum «nrcitu  diicMtiu, in Noroujinot rebeliintn moverat .  Stiu vftM d' AdrUn» U. dtl mrdtfimtt PUi$ms  fi 4 i R»m*MÌ, ftr   mtier »» P»nt>firMt9   ftmx,' sffttfri l* (»nftrmst.iem* dilT  féiU , /*>r« etti i vttifimiU tb* AdrUtu IH, mì-  U i'tftUdtrt P ìmftrmd»-   r4 dtl P»f»-   (4) Vidi PVitKhmd fég. tt. mtam. to. Omnia,  dtrr ii d‘ Agmtfy»»» , &unini* deben-   ror PantiKibiu, 8c non C'boi^ilcopir ,    nula f»rt» Cbtltiahrta rmane Ckmi , quod lum failTc . cum )Un eo devemJtent Ecriclialìici,  «tuh> (ine perratonis t^ualtlet dMtunùc.rc tem- ut, non cnadi. ut aniea, Icd ffKjnte, ^ laigi.   pori* de Erciedx rmuiBcraAonr pofTederint cum nonibuarootifiiium nmnutobuent Rea (>ef-   '^aucioriuie Klonotìtlimi Ptincipia nollti , in |ui finii «xempli, cum pndea ('ere (einper ferrata bare  propnctarium praeCciiptione tempotit non vncen. conliictud» (il, ut a^priorum Pontifimin fe.p(en.  tur, dummodo pateac Ercidix rem fuifTe; Nevi, tea aut infrinf^erent , aut omnino inlle*enr . R# .  deaiuiu eiiam Eprfiupi admimaraitonu prtjlizx, Manal./rra éStcfsMaVl. rii thi Sttfan* *vav*  «ut precatortaa, cuni «rdinici funi, faceredcbotC fAtia a tarmafa. Steptuni PonitHch Jerreta , Ae  le , aut diu lentit Ecclefie ficultaTei prnpristati «tU ibtim tmprobat . abro^acque . dire iV R/«rin«  fux polle tr»nfuiderat buie «tati ut hotninum indullru in rnitnonc inutilaiui turpuer, alupundia vitam Ju.   quovU cenere vittutia (oafeodlertc , nuliii calca* zie, cum ob inhoitelia vulnera i frababilmeata  libui aunibim, quibu» hmuinuiu ingeniaad lau' ftr tfitr^ii fiata tafliata il nafa, a la erieibu )  dein eiuiirentur. piodire in puliblitum mibcKcrct . Plaiina in   (/JStimphaDUtVI.dirr il Flaiina malia fna vi. vita,  ta, tanto odio pcrfecuttis cd Formoli Homcn , ut    Digitized by Google     MATER. BENEFIC.    anni Giovanni XL ch’era figliuolo (4) baluardo d’ un altro Papa (h)  morto 18 . anni prima’, e tanti inconvenienti nacquero in quelli an-  ni, che gli Scrittori dicono in qiie’ tempi non cflervi flati Pontefici,  ma Mollri . 11 Cardinal (c) Baronio , non fapendo Icufar alcuno di  que’dilordini , dice che la Chiefa allora per Io più (lette lenza Ponte-  fice, non però lenza capo; rellando il fuo capo Ipiricuale Grillo in Cie-  lo, che non T abbandona: ed ò ben cola certa che Grillo non ha mai  ialciato, nè lalcierh mai la Chiela Tua, ne può mancare alla Tua divi-  na promelfa , eh’ egli lar^ con lei fino al fine del Mondo: (d) e in  quello ogni Crilliano dee ientire, e credere quello che il Baronio dice,  penfando anche che quello, che all’ora avvenne, fia avvenuto altre  volte; c ficcorac in que’ tempi la fola alTiflenza di Grillo confervò la  Chiefa, cosi l’ha confervata, e la conferverh in tutti i fimili acciden-  ti in quel medefimo modo, con tutto che non vi folTe minillero di  Papa, (i)   Può ciafeuno da sè fleffo giudicare come folTero trattate le altre Ghie-  fe d’Italia, confiderando qual’ è lo flato di tutte le membra nelle gra-  vi indilpofizioni del capo. («) Non flavano però meglio fuori d' Italia,  dove i Grandi davano i Vefeovati a’ioro foldati , e ancora a’ fanciulli  in età fanciullefca . Eriberto, Conte, Zio di Ugo Capeto, fece il fuo Fi-  gliuolo di etk di anni 5 . Arcivefeovo ( a ) di Rems ; Papa Giovanni  X. confermò quella elezione. In que’ tempi nefTuno riccorreva a Roma  per divozione; ma Tempre chi di&gnava alcuna cofa contra i Canoni,  e ufi Ecclefiaflict, fe non trovava nel fuo paefe chi 1 ’ approvaife, ricor-  reva    (m) ^ejl* fini* ) riftrif* i» mtl   lArè frutto mi t»p» i J. Onofrio ?mmvitto itti tbt  Ì**fio Psfn moH n» di Pof* Srrgto IH.   tomo mfierms PUtiM .   (^) Di Sorgio III., c di Unroxj* , figìiuolA  dtlis Mtrfttitt ToodorA, Ia tfmAle profiimivA U  f"* *’ . Joinnei XI. dir* pAmvimi .   S^gii l'apx. Se aIsickix notuUilimr inter Rmiu>  nof fiéminx {tlU n* vtdovA di 0»ido ÀtArrbfft  d* T^trtnA"^ filius, vutri*, qux cune in urbepo-  teouirima erat, uiàoriuc?, & ttudio rucceflìt.;..  poli Leuneni VI. 9c Steptunum VII. Pltuiti» U  tbìAms CiovMMMiXll. patria Romanui, pane Ser-  gio Ponriike &c.   (r) Wi fMin ifS* tpAmt , «fìea PlacÌBa nelii  vita di BeneJetio IV. tAfrivir* ttfit EìcUSa Dti,  vttfir tfM! cnitorAtu a ftutritAt* *d lAftivurm,  ffprrit Atiu tAutA lirtHtiA fttcAAdi b*tportt»tA,  A ATAiniitn* , & UtguioAt , fAitOiJimA P*^   $ri ftdti nrnfAtA tfi forimi . feffrffA . Bm~   voiu* rbiAAtA imefii PAfi ftdu AfofioUt* mvAfnri,  itom AfofiAitoi, frd Af^Atirot, a 4 Aaitmm pot.  Jta Pool* (a muA pmdttjoffiiimA imior-   Ito 0I dtftrditu dtll'ttrtnmi ai ami itmfo. Sitf*-  pu, dx' *gli ìm kha dtlft fu* Itttrrt, u h»  irnAto Arfomtnfo fori* it provi tbt Ia   fioTÌA dtllÀ PofiffA CttVAAAA f*A VTr«i tott iitm-  PHn* bo ttovAto TàifioAi AblofiAntA hmont tbt  n* mtfiuAo Ia fAÌfitÀi tilde, p*r pArUr fiaertA-  mtmtt , io f/mdt a trmnlA ftr fAljA , pia non pi  ftr firAVAtAntt i poirkh i» fMaa«i X.)ulutptitiin, in execnplmn cito rtan>  fiic aliorum, ut cumplures hujus Ixculi Princt.  fibi tinguine con^nftm adolclcencutos ia  unaaC-aUicdraituravaim ^nvinovendos ad aem.  paf.    30 TRATTATO DELLE   a Roma, dove fi davano difpenfe d'ogni cofa/ e Fambìzione, o F  avarizia fi copriva con dilpenlazione Appdlolica. 1 Papi, eifcndo qua*  li abbiamo detto di lopra, non Facevano didinzione di quello che po-  teffero; iiimando aumento delia lorp grandezza ogni cola che folTe ib-  ftenuca da qualche potente : quelli, per loro iinerefle, difendevano quel-  lo che impetravano. Il popolo, parte per la lua lemplicitk, parte pel  terrore de’ potenti, approvava quello che non poteva impedire; onde  fi fiabill un’opinione, che di qualunque cofa, lubito che aveflc la con*  fermazione da Roma, ogni errore paflato folle coperto.   XX,    Alcuno crederebbe che la poca cura che aveva V ordine Ecclcfial^ico  delle cofe Ipirituali avclTe fatto rafl'reddar il fervore de’lecolari a donar  alle Chiefe, ed avelTc pollo line agli acquilU nuovi degli EcclefiaAici;  nondimeno non fu cos'i*, imperocché, quanto era diminuita ne’ Prelati  la cura Fpirituale, tanto più erano intenti a confervare j beni tempo-  rali, e avevano convertite le armi Ipirituali della Icomunica , che fi  ufava folo per la correzione de'peccarori , a difela delle poflelTioni tem-  porali, e per ricuperarle anche, Fe per calo la poca cura de’ PreccF-  (bri le avelfe lalciate perdere.* e nel popolo tanto era il terrore delle  cenfure, che nefluna colà, metteva maggior (pavento; e colà mirabile  era, che i foldati, e i Capitani, fenza alcun timor di Dio, che ufur-  pavano quello del prolTimo Fenza alcun riguardo d’ offendere S. D.M.,  gutrdavano con gran rilpetio, per timor delle cenfure, le cofe della  Chiefa: da quello molB molti di poco potere, dclìderofi d'afltcurar il  filo dalle violenze, ne facevano donazione alla Chtdà con condizione  che ella ^lielo^ delTe in feudo con una leggiera ricognizione. Quello af-  Heurava i beni, che da* Potenti non erano toccati, come quelli, il  dominio diretto de’ quali era della Chiela. Mancando poi la luccefllo-  ne mafcolina de* Feudarar)-, ctTmc- per iè Frequenti guer-  re, e fedizioni popolari, i beni cadevano nella ChieU.   XXI,   QUISTIONE I.   Poiché (ino al prefente abbiamo detto in qual maniera fieno fiati  acqiiifiati i beni Ecclcfiafiici fiabili, c la ragione di decimare quelli  de’ Laici, quello luogo perfuadc che fi tratti, c rifolva, prima chcpal-  far innanzi, la quifiione trattata ne' nofiri tempi*, cioè, le i beni £c-  clefiafiici fieno pofleduti /urc divino^ o humano'^ echi ne abbia il domi-  nio. la comune opinione difiingue le poireifioni lafciatc alle Chiefe per  teftamento, o per donazione dc'Fedeli, o in altra maniera da elTe acqui-  fiate, dallc{ decime , primizie, e alire obblazioni. £ quanto alle pol-  Fefiioni, tutti concordano che fi debbano chiamare beni temporali, e  che fono polTcduti dalla Chiefa jura kumano : imperocché cena cofa  è, come di Ibpra fi è narrato, che, elfendo proibito a qualfivoglia Col-  legio r acquifiare ft.ibili, la Chiefa, prima con permiflìonc degl’ Impe-  radori ebbe facoltà d’ acquiftarc*, e apprefib vi c il Canone : j«r^.   d.S., do-    Digitized by Google    MATER. BENEFIC. 31   d. 8., dove fi afferma che col folo Fondamento delle leggi umane fi  dice: quella poffeflìone èrnia: quello Fervo è mio: c che, levate Je leg-  gi de’ Principi, nè la ChieFa,nè altri potrebbe dire che cola alcuna Foffe  lua. ( 4 ) Neffuno può dubitare che la divifione delle ponTcffioni non fia  per legge civile*, e parimente i modi di trasferire i dominj dall'uno all*  altro, la donazione, il teflamento , e tutti i contratti, e tutte le di-  Fpofizìonì non fieno leggi umane. Sono flati nel mondo Repubbuche, e  Regni, dove il tellamento era incognito.* Jure Romano al iolo Cittadi-  no Romano era conccflb di far teflamento: non c pofiibile che il modo  di acquiflare fia per ragione umana, e la continuazione dcU’acquiflo fia  per divina.’ quando alcuna cofa è donata, o legata alla Chiela, effen-  dovi difficoltà, fc quei titolo fia valido, fi giudica con leggi umane*,  c tenendo legittima ragione, fi mette al poffeffo fecondo quelle.* adun-  que anche in virtò di quelle, e non altrimenti, continua nel dominio, e  nella poffeffione : ma poiché in quello ogn'uno concorda, non pafferò piò  innanzi: lolo aggiungerò, come per corollario, che da quello fi rifolvc  chiaramente, e fenza difficoltà, fe T elenzioni, che hanno le poffeffio-  ni Ecclefiailiche , fono de jwc diviHo , ovvero bumano *, poiché il poffedere ,  ed il modo di poffedere, vengono femprc daU’ifleffa legge*, e i Giure-  confulti dicono che dall’ illeffa viene la fervitù, o libertà de’ fondi, da*  quali anche viene il dominio. Sarebbe gran contraddizione dire che la  Chiefa aveffe una poffeffione jure Veneto , la qual aveffe una libertà  alio jure.   Ma quanto alle decime, fono due opinioni: una de* Canonifli*, 1*  altra de’ Teologi, e Canonifli, che flndiano infieme la facra Scrittura,  e la legge. Dicono i Canoailli che le decime fono /miv divino, (*) per-  chè nel Teflamento vecchio Dio diede a’ Levili la decima, come {b)  la Scrittura divina racconta.* e non è maraviglia che dicano cos), per-  chè non fono vcrlati nelle lezioni de’ Libri facri , non effendo la  loro profcillone d’intendere i nìifieri della Religione Crifliana, cioè,  che Dio per Mosè diede al popolo Ebreo la legge, la quale, quan-  to alle oofe cerimoniali , t giudiziali , fofse propria di quella na-  zione fino alla venuta di Criflo, il qual’ era per levarle la virtù ob-  bligatoria.- (r) ficchè la legge delle decime è ben legge divina Mofai-  ca, ma non legge divina naturale, nè Crifliana*, ed obbligava quel  popolo folo di allora*, adeffo non obbliga alcuno. Può bene chi regge  una Repubblica far leggi fimill a quelle *, ma non obbligheranno come  divine*, nè fi dovranno chiamare uli*, ma bens'i leggi civili del Prin-  cipe che le coflicuifce . Fu una legge divina Mofaieache il beflemmia-  tore fofse uccifo.* quella adeffo non ci obbliga; nè chi non l’uccide pec-  ca; e potrebbe il Principe imporre per la ^flemmia pena capiule;  e farebbe giuda, e fi dovrebbe fervale; non però fi direbbe legge di-  vina.    («) Jure Kumano dkitar i h»c vilU mea cft:  hcc dofnus mea ■- bit fervut renu eà . )ura au>  «m hunana, jura Imperatoram (uDt. Tolte )ura  Imperatorum , 9t quii aud« dicere : mea eft ì0a  Tiili, auc mnu eli itie fervui, aut dounii h«c  IRM cft}   *) Ctv»rmvi» »a» J d» ftmimtnt». Vt-   il il it, iti Itkn frtmt variarum refolutio-  euin.   H ) Filiii Lavi dedi omnes devimas Kraelii    in pofleftìoneTn t>ro ininlfteTio quo ftrviunt mihi  in tabamaculo nderis.... Decimarum nblatiem  contenti, qiaas in uiùi eonim, de nereftàna  Tnnilato Saoerdotio, necefle eft ut & le.  il rranilatio fiat . Reprobano fit prxcedentif man-  B(i proptet iofinnitaccm c;iti , & inuniitatoui .  Htèr.7.    31 TRATTATO DELLE   vina, febben Dio gi^ la dicale al popolo Ebreo *, (rf) ma legge del Prin-  cipe politico. In quelle, c in molte altre occorrenze, dove allegano  quelli uomini la Scrittura vecchia a loro interciTi, e loggiungono ch\  è de jure divino^ bilògna diflinguer loro l’equivocazione, che quei eh  è de jure divini) naturale, o Cnltiano, d obliga; ma quello eh’ è de  jure divino Molaico non ci obbliga; e fc chi ha un governo fa uno  flaiuto fìmile a quello, egli è de jure bttmano.   Non poflb relìar di dire che non, per ignoranza, cosi trattano qucfla  materia; mt per ingannare gl’incauti, c per convalidare le cole loro col  nome di/nr divma, e mctterfi in credito: ma fi potranno convincere qui,  e far tacere . In quell’ iltefib tefio della Scrittura Dio comanda ezian-  dio che non pollano pofl’cder terreno, e fi contentino delle decime.- (^) fé  per quello precetto il popolo è de jmre divino obbligato a dar loro le  decime, efii laranno obbligati a non aver polTclIioni. Ma apprelTo : Dio  comandò le decime foio de* frutti della terra, (r) e le leggi canoniche  dicono che fi paghino ancora della milizia, della caccia, e di qualun*  que opera umana per la quale fi guadagni. Se Dio comandò ai popo-  lo Ebreo le loia decima prediale, lono sforzati a dire che la pcrlonale  non fia comandata, le non per legge umana. 1 Teologi, de’ quali io  non nomino alcuno in particolare , perchè ndfuno è cldufo ; e molti  Canonilli con loro dicono concordemente , clTer precetto della legge di-  vina naturale, che il minifiro della Religione viva del fuo uffizio che  prefia, fervendo .al popolo nelle cofe divine; ed elTere Ipeaiai precetto di  Grillo N. Sigli, nel Vangelo, che al mìnillro, il qual lerve al popolo nel-  la predicazione della parola di Dio, e nel minillero Ecclefiatli-o, ila lom-  minillrato il vivere: in che quantità non è determinato, perchè lecondo  il numero delle perlone, la condizione dc’luoghi» c dc'tempi quei eh era  molto una volta farebbe poco un’airra; ficch.' il far parte al Minutro dt Cri-  ^0 è de Jure divino* Che quella parte fia una decima, o una ventèlima,  o una maggiore, o c_llatutiro per legge moana « o per   confuctudinc; che vagliono rilttflb. E quando fi legge in ai^unc De-  p-ciah che Dio ha illituita la decima, o j^e U decima è de jure divi^  no^ $' intende (ff) la parte determinata per una indeterminata*, intenden-  do decima, cioè, quella pane che è debita, c neceflaria*, ovvero che  i)io ha iitituiu la decima nel Vecchio Teftamemo, ca lua fimilitudine  la Ugge ha i^ituiio lo (leflb nel nuovo. Pcrlochc generalmente poffia-  mo dire che i beni Ecclefullici, di qualunque Iona fieno, lono lotto  il dominio di chi nè padrone, e poflèduti per leggi umane. Nè al-  cuno muova dubbio fopra quella parte indeterminata che è debita per  legge divina naturale^ e Vangelica; perchè, come ben narrano i Leg-   gittij   (;) Ortinem meJutlani atei, viui, fra*  me I I iiln ileJi, '/•fe Die *d A*r$ tn uni>erÉi  hu^utn imrUf ()iih E*K''** ^ Dunituo   deportintur, cedcni ii\ aAit iuta.   (dy (ilitt Levi, étti T)i* , deiì aman drcimn  f€o uiiolUerio quo femiuit milu m uberoetulo  IcJeri*. Nnm. >1.   («) Dominili ordiittvtt iù qui gfiofcliun to-  nuncumt de Eviitgelw vivere, i. Or. i  , elt^ lipoe   e^ritelii vettra iDerimu»? Uni beoe |n«iuoi  VrotiyteTi duplici honore difini hsbeinnir, m».  jMice qui loborant in verbo. Ac d''i£iiiu «U «periTMf mercede Tua- i-T-fUi.I.      PI ler cuni |v>pu!ui unive**ut, de iJ liliov Ifnel  loqueru ; Hntu», qui blalphemaiem D'imen !>>•  mini, OMrte nii>riAtari UptUibui e^lprmiet cuui  mrme muliHud'', Zrwr. a,.   Dixit O’unjnu. sd Aaron: in te rt eorum  mhi! p>(T> c' itii, iKc habebuis piriem inier co*:  fi sltnst r$ar dt Nihil «l'ud pnili.!ebtini,   dcrtouium ^!«none (unteixi. A'ana.il. Nontu>  bebuni Saeerd.ne», & Levirit psreem. de h«re  ertem eem rrliqno Itraci, quia bcrifiria D'xtunt,  & oblatuinet eMi corpc-’^nr . V uim! aliud aeri,  pieat de pofldliooe Irinumliiorum. Unii. ra/. il.    Digitized by Google     MATER. BENEFIC 33   gilli, altro i che una cofa Ca debita; altro i che fé ne abbia domi-  nio : la cola di cui li ha dominio C pud dimandare drittamente in giu-  dizio , come fi dice , Mont rei wneleesmnh ; ni fi foddisfa con dargli  r equivalente ; ma il creditore pud folo per azione perlonale dimandar  il debiiOt efièndo il debitore obbligato a dargli tanto, ma non pid  quello, chequello. Da quella rifoluzione rella anche con faciliti decito,  le i benefizi lono ite /m* Rivinti , e Je /ere pofit 'mù ; imperocchi, elfen-  do i (labili, e le decime poflèduti ite /ere èemme, anche i benefizj  fondati (opra quelli avranno la forza deirilteiTa ragione: olirà che dal-  le cole iuddette fi potrb pid agevolmente certificarfi di ciò; perchè,  fe la Chiela è (lata tanti anni con beni (labili goduti in comune, e  non divili in benefizj, come di fopn è fiato narrato, chiara cola è  che i benefici tono (lati creati dagli uomini in progrelTo; e perciò in  quello tutti concordano- Non mi ellenderd pid in lungo.- folo dirò che,  Icbbcn quelle conlìderazioni pajono aliai lottili , tono però neccOarie ,  come le cole feguenti mofircranno.   Q.U I S T I O N E II.   Dalla rifoluzione della prima quifiione farebbe facile rifponder alla fr'  conda, cbi abbia il dominio de' beni Ecclefiaftici ; ( degli (labili fi parla,  poiché de'Irutti fati il fuo luogo nel quarto quefiio) (l) imperocché, fe  tono polTeduti per legge umana , non iella le non vedere a chi la leg-  ge gli abbia conceSl. Alcuni dicono che quelli beni fono di Dio; e  lenza dubbio dicono il vero; perché la Scrittura divina apertamente  dice che della Maellh fua divina é tutta laterta, («) e qualunque co-  là é foilentata da quella: ma in quella maniera ogni cola é di Dio-,  e non pid quelli beni, che tutti gli altri: una fona di dominio uni-  verlàle é il divino/ un' altro dominio ha ogni Principe fupreno nel  filo Stato, il quale, fecondo Seneca, fi può chiamare dominio d'impe-  rio, (é^ ovvero, fecondo 1* dottrina de'Gìureconfiilii, dominio dì pro-  tezione, e di giurìfdizione : (r) Un'altro n'ha ciatcun privato, che é  il dominio di proprietà, dei quale parliamo, e del quale cerchiamo  adeflb: né fi pud dire che Dio abbia l'unìverlàle dominio di tutto,  ma che abbia infieme la proprietà di que'beni come il Re ha l'univcrlale  in ratto il Regno, e nondimeno poQiede in privato, e ha la proprie-  tà di quella porzione che é di caufz fua. Imperciocché al dominio uni-  vcriàle del Principe fi pud far aggiunu col partfoolare della proprietà,  per la quale crefoe, e fi aumenta; ma il divino di Dio ha una uni-  veriàlità cosi eccellente, e infinita, cin non pud ricever aggiunta , e al-  b quale ripugna I’ «fière particolarizzat^ ficcome anche ripugna che  £a comunicata a qualfivoglia creatura; p^oà^ neffuno pud dire, ef-  Cendo Dio padrone di quem beni, io, che ho J'iAalE> tribunale, T ifief-  fi) confifloto, e rifieflà Corte con lui, fon io ancun fi^lrone . Egllé  non meno fervo di qualfivoglia Uomo minimo.   Teme li. E Peid   l«t mprkm. fMb r. Cbìm eli,   ttm9, U ^aiA^oiaefl omflÌMif «un&nt   ita t m   4- Domiu cft wm, picaitado  oÀù (cncnun , li unià-edi qui htbiwBC ta  co. ffttim,   (   noi» iwMa funi f;ti» . vi  mini. poflc^Torii , i. %. 100. «rr. 1. rrff,   «U Ui*S.7‘   tr) rtpv rwo fed ciilV«nrater   p«iun.« ■' pt doiiiinus, feiJi.  fpeaCitwr, (èquitui quod de p!e ipiii ed do>  minai quìa don^iortM a«ii «litnant. trvmfetur^  >»ra loft tu rapunf .aut Pr^.(v«n, fc.i i« Zccie*  lìim Kctnananij ve 1 ialem. (tv/j r ttitadio tttf  / «a/ 4 r 1 f sdra-  iti, t ftmnfrmt luu d far Ur* Is frnsrrtm   Ncc pum , il , ^ojnetaa quod IV   Pi hibec plnuiudmcm pdtcftnl? Ecctettimcx ,Db  bóc podlt de SottuZiLldis dtipi^eic^ fMt pqoelk  Érclelia; quoiM.ini ‘pleniiudo p|itelUlii EiMletitlti-  t* mcciligttur in fptriuiahbos Onmnt .  a 4. y «rr. 4 J. .   (1) # unsCtafrÀteraits in i’mtgJ», d*\* tmtt  ir Cta^sitrait* fi (iusmsm* dra«l«.   \.i)L'A»t*rt dutdt'Frsn, tk'i li uem* ft» (ai  S (ìtuum» .olare,  o universale, a favore di cui la donazione, o il legato fu fatto. Perlo-  chè dovrebbe anche ogni Rettore di Chiela veder con diligenza le ob-  bligazioni lafciaregli, per eleguirle; e fe altritnenti fi fa, biiogna im-  putare all* impertezione umana : nè può alcuno perluaderfì che, per la  lunghezza del tempo, pofla clTervi prclcriziunc; imperocché quella lup->  pone la buona fede, la quale non è mai m alcuno; lapcndo   ognuno in lua colcienza che quei beni non lono Aati Jakiati, acciò li  faceta quello che fi fa.    Q. U I S T I O N E HE.    Ma chi avrk il dominio di quei beni Ecclefiallici de' quali non fi fa  rillituzionc? la legge naturale, c civile è, che in qucfli a’quali è man-  cato totalmente li padrone privato lucccda la Comunità: adunque di  quelli rcllerìi padrona la Chiela. In modo cKc in poche parole i Bc-'  nefiztarj lono dii penlatori de beni dei betttftzio, ma padrone ne è quello  a favore di cui è Hata fatta la donazione^ ovvero il tefiamento / t  quando non fi lappia, relìa padrona la Ghiefa»   Non olla a quello che vi fieno leggi de’ Principi, ed Ecclefiaftichc ,  che proibilciino Valienazione; imperocché il pupillo è vero padrone del  fuo, c pur non può alienare : il dominio è un jus di fare della cola  quello che fi vuole, quando la legge permette; la qual legge obbliga  alcune Ione di perlonc che baono bilogno di governo alieno : tafè 1*  Univcrfitk, o Comuniii.   Non fi dovr^ maravigliare alcuno, fe tanti moderni Scrittori in fi-  mili quiltioni, come in quella, che fa il Pontefice padrone alToluto di  Tomo IJ, £ 1 tutti    Digitized by Google     36 TRATTATO DELLE    jtutti i Btnefìzj, nini i beni EcclcGaRìci, difendendo opinioni con-  trarie ali’ Antichiù, c a quelle ittkuzioni che ebbero origine eia’ me*  dcGmi Af>polioli, e uamku Appoltolici, perche, come con gran fenti*  mento n doleva S. Opriano , è una dette umane imperfezioni che ,  dove i colHimi fi dovrebbono conformare alle buone dourine, eleggi,  per lo contrario le dottrine degli uomini intereffati s' accomodano a’ co*  fiumi; e fi potrb offervare io tutto il corlo di tanti fecolt, non eflcrfi  introdotte novith, eziandio concernenti alla Religione, che immediata*  mente non abbiano incontrati difcnlori , Che maraviglia fark che ciò  avvenga in quelle noviù , e introduzioni che icrvono a ricchezze ,  comodi, e umani incerefiì a'quali molti poiTano afpirare?   La confufione che fu ui Italia nelle cofe politiche , per tanti che  furono in quei tempi fatti Ré, c Imperadon, cagionò anche nelle altre  Cictà^ efiremo dilordme nelle cole Eccicfiafiichc; elTendo i Vefeovi, egli  Abbati ora fatti da' Principi, ora imrufi dalla potenza propria; e gii altri  Miniliri Ecclefialtici fìmilmente fatti, ora da quelli che dominavano  nelle Citù, e ora da'Veicovi; e alcune votte i benefizj anche occupa*  ti da chi aveva- potenza, o favor popolare.   Nell' anno p&i- venne in Italia Ottone di Safibnia coll’ armi, (*) e  fc ne impadronì ; e per dar forma al governo , congregato un pio  ck)l Concilio di Veicovi , privò Papa Giovanni XII., febben della  maggior Nobiiù Romana, e di gran icguito in quella Citù, il quale,  fatto Papa in ctk minore di anni diecioito^ viveva nel Pontificato con  eicrcicar adulteri, Ipergiuri, e altre maniere poco rcligiofc : fi fece ri*  mmatar Ottone: dal popolo, (a) e da Papa Leone Vili, creato da lui  in luogo di Giovanni, ramonù di creare il Papa,  (^) e gli altri Wfeo*  vii in Italia^; la quale ritenne efib, c il Figliuolo, e il Nipote fuo ,  dello fiefib nonir, fino ai looi. per gd. anni; c del numero di dode*  ù Papi che furono in quei rompo, due ne furono creati dal Principe  quietamente, gH* «W* ùk.£edizioni/ periochè anche li primo. Ottone(i)  TìC menò uno prigione in Germania; e Ottone III. ne menò un’altro.'  uno fu lUangolato ( 2 ) da quello che volle effer fatto in luogo fuo;  uno fuggì, (r) rubbaio il telerò degli ornamenti della Chiefa; e un’al-  tro fi rmiò a voionurio cliiia; (d) di modo che anche in quefii an*   ni in-    StfnjH tr^Omnr, , jSgUtuJv litiP   ftpfrtMMmo i ÙcctUmcrt.   flmrin* inlutf dì XÌI.  XÒmMMit- AloWK» pai^u f^atì-   aufuiB occu^tti ho*» An« onsubus {tfoom , u  turpnuOifM conMiintuti «cfritionibus maj.f , C  (rapo ' 19 a Itàndiniliw rup*rt-iv  noni a mUm»» dtft i P tli^McutUuia lU.   n ciritKfu. Con .1 ina inJitit,  -  fid* Cjt^. I • .   (1) D mt J mt» V. •ìfttt ft d in Mf ttm n H d»lU /*   jùoat, » d»l fMT*Mt»d» a/Oi^i*««rXl( Cuiu li».   peraor. du* il fUun», haAc clcàioMin omui.    IWam prol’tKt. UoBtA'x compulit , putto Brne-  Jiixo, vel diiàum  ipluni duiit, qui oon iptilto poi) dolore animi  «pud HamUirgum rooricur, um (elcgitm e»t .   rtdi ImitfrMndt II.   (OJMVfiitr/rrr/. • fi» ttfit , ferendo  Stntdffii y. f»i(bì fmtlU di »«mt, tkt f»   tfrtt» dulU jAtJmt di Cnvuniii Xtll. rra A»:i>  jMf*. p** thttt Tivrodr Irm» Vili.   Itfittimémtn/e lìttté . UcMciiifhic Vi- diti il fUtin»,  a CiJinoltooiaoocive pra-pote(M «aptiH. in Omfti  iKon inctuditur, eoOaiuque in loco noo  niuUo polt Araneulacur.   (f> oonffeiui vii- diri UyUtim», rcUnqueie  «rbem coodut. pwiolìiCnu qujcque e Balìlira Te-  tri (ubtrahent. ConAaRonopolitn ronfucic . ubi  landw fubihm, quuad, diveoditu qu« ucriteio  abitulerae. imgnain viin pecunùmim cooparallet.   l'ontite Romanus Ijcrorum Picer, 9cKcx,   Ocra iplii hirto abftuliti & qui vindicari Acrile-  gij deWerat, taiiu OtriUg)! fiOus eA au>%or.   liAui, dit» ilPìnùn* ntU* fm» vite,  Joaiinì Aiehipreihytero S. Vanim ad po i^m La-  imam, qui polle» Gregoriui VI- appeitaius eli,  Ponuficium irnnai, ut quidam a.lìrmant , vendi-  diti td nl(M »4 T/gt dtfn; Dunt »nnn «lecexn per  infciraU» Sedein l'etn occu^'allet , tandem mori-  tur. Nec vataflé rum fedet dici poteft, curoPoo-  tificafum vendiderit.   (f) Vide Otbun Frifing. ad ann. 1040. lib. 6.  C.3».   (f) Hu ob rei, diet *t Plmin* ntU* vitn di  CriftritVl. Henrteo li. ni ranca difli Attmnwmi  i fama III. nitrimtntt dnt» JitnVa il Nrrt , in  lialtam tum magno exercim vemei», habii# Sy-  nodo, eum bencdidum IX. Silvrfimtn IIJ. Gre-  gorium Vi tinquam tria ier«TÌin» monftra abd»-    38 TRATTATO DELLE   Papa' (a) c fece c^li tre Papi fuccefTivamcnte, tutti Tedefchi di nazia*  nc ; i quali, eletti, dall* Impcradore afTunfero Tlnlegne, e l'abito  Pontificale fenza altro : il terzo, che fu Brunonc , Vdcovo di Tul , aven-  do afTumo per la deputazione deli* Imperadore l’abito in Frcefingen,  (i) e fatto con quello viaggio fino a Ctugn’l, Ildebrando Monaco, al-  lievo della Chiefa di San Pietro di Roma, uomo di fingolar accortez-  za , voile con arte reftituire reiezione a’ Romani*, c configli^ Bruno-  nc, che, vefiito d’abito Pontificale, fi chamava LconIX. a vcflirfi da  pellegrino, centrar in Roma (^) cosi, che farebbe fiato piu grato al  popolo Romano. Acconfenti Leone, cd entrò in Roma vefiito da Pel-  legrino*, c dal Popolo, a fuggefiione d'ildcbrando, fu acclamato Pon-  tefice Romano.* ma quell’ arie non impedì che, morto Leone, Tlmpc-  rador in Magonza non cleggelTe Geberardo Elchfiat, che immediatemen-  tc mife l’abito, e fi chiamò Vettor II. (c) L’ Imperador allora non  folo donava i benefizj, ma fece anche Cofiituzioni contra quelli che  gli ottenevano perfimonia; perdonando gli errori commcflTi fino a quel  tempo; ma imponendo pene per l’avvenire.   XXIII.   Mori Enrico, il Nero, ( 2 ) lafciato P Imperio al figliuolo Enrico  IV,, che gli fuccefle in ctb puerile; durando la minoriiii del quale,  febbene i Papi erano creati col conIcJìfo de’ Tutori dell’ Imperadore, c   i Vc-   rtre Se maglAiaiu Ascgliìtt, SviJegenmi, Eim- >i»m fcfti, jifrfttafere ttt, Jtpolìro l^ontificsli or-  b*r^«nrefi) fpifcopum, a due.   ùu luii, Puotificcm trtat. rem Hcnnrum nuUatn (reandi pontifieu ootelU-   m amtrUVI. U ùtnt fntmf lem • Deu habere, fei ad acnim . populuinque   / Itfnitm*, dktnd» thè wtH ft$ ilett» , fe ut» /ra4}iur. Al vero Ronuauì denat , futdenacHil.  r«* def» «wr fc»ttt»to Si'tf^reTn.. Siì*mmW. auuiidruu Ikun**neiH in Pcuuàhrem eligir,   itr» Tifitmn* iiPuirefifMftx dite, probo- co hbenttua, «)us7 oinucfu aunuritaceia eltgendo-   rutn hommeni precibuf , fteerdtiitrum fuvrum jw- rum l’i ;uiAevin ab lmpara(jte ad CicTUin traa.  rtcedcniibu^ , aiaartui fiiAcébut cA Josnim Grecia- tUcliflec . flatiM i« \>its .   jiui, An.hipre»bjrccr S.Joanni* ami poiiam Lati- (r) Vjòor II. -iut Qmtfri» mila faa Crtmua  barn, Grrgortut VI. \o ab Imp. Hentko IH. tele- Calbeniii. Epifcop. EicAatculU. Henrici III. lai.  cacai fiicrat , nioftuui eA . Amttti ad vir4« Or». ucratom Confilianns * pcop liiquu* , creami ab  j(«rH Vi. t fi [futa amara ftm rkiaramtatt mtla HemicoIII. Mogumlc, coronami Komx idib.  fma Cramta dt'Pafì. Culti fponieabdicalTet , dèe' Aprii, loid.   ajb farlanda dt BtmdttiaVlU. ehiaokUaìX. dal (») llPtatmadìet th'tta fiati tletiePfèftradtrt  tlafiea, in ejui Jocum fa Vcccor 11 Ma Zana IV. m»   fueieta Cutà dtl J*4rrjiio»jH» di 4- htirt m Trft i- avtva lafìsaid'ifiir tinti da lidtiraada , ftrfmt-  114 , ab Imp.Hcorcco 111. toogregjtn , abdicavit ttdtrt alVlmftm, d ^»al ita aUtra rrrd«r4rà» :  anno 1046 . & ad MoaaAeriuDi ClUDÌare»rc relè- Cxfam. diti tìtUafit m rtft. fr» Imfent, t. 1 *.  gatui, ibidéoi Mulo poli obiit , & lepulcus ciì . ulque sJ Heniitum V. legitinia fucteAluRe Im>   jr É«, fruna di aemaart Citmrmt U.  P imferadtr E»-   jutiu Imperarorit id faccrv cogeremur. PUtiaaim na li. ftr dnaanta Cinte di Bamitrta, Orco.   ■vita Clrmmtu il. HI. fobrina» , hxreditario fibi Jure impenttm   ( I ) Città di Baxitra fitti l' Artiytftnate di deberi coatta Coloncenlèin lonwndeta* . Lamfad.  Saltabiars. Jltif. Rtmam . Ctrinaaua p4rr.|.r.4. Z frr altri,   (i) Cui Ronum Pontificio habitu petenti , Ab- « attaccarifì anche ad una par-  te de’ Tutori , che vennero , per loro , a diflerenza , e fecero fa«.  zioni .* onde Niccolò 1 1 . fece una Cofhtuzione intorno ali’ elezione  del Papa, ordinando che pairafTe prima per li Vefeovi Cardinali; in  fecondo luogo per i Cardinali Chcrici ; in terzo luogo pel Clero , c  Popolo*, c in quarto luogo fi ricercalTe il confenfo dell’ Imperadorc :  nel qual modo (4) eflendo fiato eletto Aleflantlro II., fuo Siicceflbrc,  ITmperadore non volle confermarlo, nè accertare la feufa che i Cardi-  nali mandarono a fare coirambafceria di uno di loro, dicendo che ciò  foffe fatto, per fuggire un afpra diflenfionc civile *, e il tutto con gran  rifpctto deir Imperadorc , clTcndo TEletto fuo amico*, ed clefle ITmpe-  radorc per Papali Vclcovo di Parma (i) ad ifianza di Gerardo di (2)  Parma, fuo Cancelliere. Ma tre anni dopo, mutate le cofe nella Cor-  te Imperiale, c depofio Gerardo Cancelliere, fu infieme depofio il Ve-  feovo di Parma dal Papato, e accettato Alefiandro, (j) il quale nel  1071. eflendo fiata fatta in Germania congiura da’Bavari, e SalToni  centra Tlmpcradore, fi congiunle con loro, e entrò nella lega; e P  anno fèguente citò rimperadore a Roma, come imputato di nmonia ,  (^) per aver conferiri Vefeovati per danari. Fu fazione Pontificia molto  maravigliola , non eflendo mai alcun Pontefice paflato taiit’ oltre; ma pre-  fio andò in filenzio, per la morte del Papa*, dopo il quale pervenne al  Pontificato Gregorio VII., Scnefe , Monaco, che fu Ildebrando (4)  di fopra nominato dall’lmperadore.' ma nel 107^. eflendo fiato 3. anni  nel Pontificato, ritrovandofi f Imperadorc ancora giovine, e con molti  moti in Germania, deliberò di voler efcluderlo in tutto dalf elezioni  de’Vefcovi, e degli Abbati*, e gli fece un monitorio, che non dovefle  per favvenire ingerìrfene. (5) Fece gran refifienza l lRiperadore; onde il  Papa Io fcomunicò, aflblfc i Ridditi dal giuramento di fcdclù , (r) c   lo fo-    Jmferéd*rt, aufioriticc J.ecariooif, rsmt diti U  , fluii* ti Pmft mrdtfimo »viVé  fédtfiài Muu rtlniaii é*l f*f* tiifmdn* JaUs  timftrmjitUBI étir In^eradirt J   ( « ) Occeruioiut , arque H^tuìnH» ur , obeuote  blinda Rornaiu; Bcclelìjr Poniificc, in f nmii Car.  dinalea J^itcopi .limul iIcclecuoaerraCuiHet, mox  ChniÙ Clerìcn Carelì , crtcr.iqtae  Roaoiillii uiagfli cincndaiusee purgaiMìt , tiipcr  qciibui Rotbc erat delstui. Krama, bili. Sixon.  pg. lod. Ac Abbai Ur(a di  Siaaa , fkeuia Citta di Tiftaaa fHta ì' Aietvi-  /(•tiatt.di Sitma. regta Comi.  uUu Pitiluiu. deSossK. Mon^chm tc prioreiua  CluiuaccntU- la Chn-a.V*»f. Rum.   tc ) il ì'iatiaa Axt tht (irifarw gU pretvt fai*,  menti di veaairt i i'iftivati , i i itàffiu ft*n fa-  ma della tm/ari kfiiijlajhilit , aiUa mila diliii-   gmi VII.   (a) li Platina tif*T/ftt la farmiAal/a f/ommnir»  d'£mrifo IV..MI tjurjh marni. R«aie Petre , A*  poiluloram Priiuiq>'', «mIjiu, atam itiaa,   tc me lèrruni tuuiu callidi. n in te fde  odetunt. Se peiiccuti funt. fateer ego imbt  graiu, Aoa mertiit mcii. populi Cbriftuaicuram  dnioodamn eCc. «oflceBiinque ligandi . Ac bl-  vendi pocdUteni . Hac itaque fiducu Imi» , o-  mnipotentu Dei nomme. Pairii, l-iltit&Sptrttus  Sanai, Hcnrìcua Rc|cm, Henna quoùdam In-  peutorii lilium, qui atiiaUei nimium & uinera-    40 TRATTATO DELLE    Io rofpefe dairamminHlrazione del Regno d’Italia, t di Germania: fco-  mimicò anche i Velcovi Cuoi Mininh*, fi coUegò co'fiioi ribeiU % con-  citò U Madre pcopria deirimperapre centra il Figliuolo*, e nel tem-  po in cui pafsò fino al 1085., quando il Papa mori efuJe in Salerno,  komunicò Tlmperadoic 4. volte, e fece un decreto generale, clic, ie  alcun Cherico riceverà Vefeovato, o Badia da mano laica, non fia te-  nuto per ClierJco da alcuno, e fia privato dall'entrar in Chicla*, c il  fimile a chi riceverà altri bendìzj: alb qual pena foggiaccia anche T  Imperadorc, Re, Duca, Marchelc, c Conte, c ogni Podcft^i, o perfo-  na fccolare, che ardiri di dare invelliture di benefizj. (^)   Solienne la fua catifa V Imperadore colf armi centra i Collegati col  Pontefice/ e fu ff^uito dalla isaggior parte de’ Vefeovì; onde il Pon-  tefice fu in grevifUmo pericolo: ma egli, che gi^ aveva fcomunicati i  Normanni come ufurpatorì de’ Regni dì Sicilia, e Puglia, fi voltò all*  ajuto loro; lor confenti tutto quello per cui li perfeguìtava; e gli af-  foUe dalU fiuimunica.* e fe per quella caufa Roberto (i) Re di Napoli,  e di Sicilia; che per innanzi era perlècutore del Papa*, non fi fofic vol>  tato a Tua dtfeia, per far contrappelo aU* Imperadore , egli avrebbe  iofientata la Tua caula con intera vittoria.* (a) ma per gli ajuti di Rober-  to, il Pontefice, febben efiile, fi fomentò; e morto quello, porgli aju-  ti ifiellì. e di tre Rugìerì dell’ ifiefla famiglia, continuò l’ tficna con-  tefa anche co’ due Succ^Ibri di Gregorio, amendue Monaci deli’ ifief-  fo Ordine: f ultimo de’ quali, che fu Urbano II., in premio de’  fervizj prdUti da’ Normanni, diede ad un di loro la Bolla della Mo-  narchia di Sicilia, (3) concedendogli in iatco maggior maneggio nelle  cofe Ecclefiaftiche di quello che voleva levar alf Imperadore .* perlo-  chò, olcf» le &omuniche che più volte replicò colf Imperadore, e le   ribel-    rie m EccIrGam eaun «nsiius igjecit , tmperàiorié  Kegitwe *manim|'«rio fi ì jm m jn iiii n a n illi •VMiamu  ftdeot vexii R^ibut prsftarc confueverunt . AMm  ritti nut, tb* t»» tfutjf» fttmmiMM i  fdfi bsMit ttmautmlt » ftmutrt it gm« dtii' im-  firstUri, 4t’ fiuti tTAtn PsfftiUn t ti* tb'i  fi», md mfumtrt il diritti di tmar U Crru* »  tfuillt tbi fttafrt tnHtm U féiifià di   dtptrU, ftumd» àtlF timtiriià fntiifi-   t*h.   ( 4 ) A«Aorita« omnipotenrii Dei decernttntu ut  «ii« m’ùn , t m’l»n Hm*pfr%'.   nofinuhì i! din cb* , fertbi i nftim tngmi no  biìfimpaPimh , tbifpttPtmgmt^iuÀtni ffirittnh  full* Im *rnti4 , ! p#rr«M no mlli im diti ,  per mipiMn ilt b*»Hi eimtrirti mirriminié til-  Ì4 lin ebufm , porr ibt i i*ri»(ipi xigiimmi mgt-  ttrfi di d»n U p^*mi,MffiritMAltcii« »*« b4n»4 ,    > m»m mftrfrtt»t.ii9i fifPira, tkitmfmdiil firn’  pirati dal biaifitii, imdi il friatifi ba la diffifi  arimi, eeim frani Prifrittérii, irifgnfmUanti la  fuftma tir ffaH, reW» f funmatt , ib^_mim ì ria-  vmti , fi Mia rWi’iH^i^MNr dilli mam di tiliri  ibi tenfaeraac iVtfrivi. C«e/orroaM*e, fbt firii-  h imititi, I dtrfirii, fi l’imvejhtma dii fri»-  tifi naftrtfi P aaiiriià ffimmale .   ^0 X>«/e Caifrhard, ttii, l'a/hiti,   Cij // MittbiivtUi all libri arrove drU* faa  Stmia di Ftrtmai diti rht dalli eiattfi di guifii  tmievadiri n'Pafiaaffairi U fatiimi di*Cmtlp, •  drCbibtUiaii i pròni di’ f mah temrvami il Pierri'  ti dii Fifa, ifli altri faitU diU’ ìmf traditi .   ijì ibi il dtrkiarava Ligati dell» Saura Sedi,  I nmt tali, U ttpitaiva Gimiin dilli Ca^i Et-  ilifiajlubi- Awigmaihi amt/la nmet^imi fia afi-  trifa, t al riodrti'v dieltxjimim dmìafitti JaU  fa, il Rt di Sfagma prH . f i Cali Jdàayf ri ia Si-  citia mi» laftiami di primalirfimi tim rmrti W ri-  giri, fimi a (iimamifan i Prati, i Frati, gli Ab-  biti, i Viftimi ,td taiaaàu i CardinaUtbi rifia-  diai mi JUgmi , t ad attribmirfi il tifili di Sam-  tifiim Padri. Kiiramai USb. ilCùm/tglii distati  di Sieilia, il fmalt frrmdi altrui ia fmahtà di  Saffi Ciihgii, fabbliti mm libri imiitAati la Me.  fiatrhia, ftr aimritjtan fmifiafnraaìrÀ /^ritma-  le . Il Cardimat Sarimii vi ma firitti tmira mili’  mnduiimi lami de* fan Ammali : ma rami i hm-  tam tb'igli firn rimftiti «» ri) rbt frttimdema , tbt  amrj i Vfit pi diKafili, i di Sieilia, i il Omar-  malm di ttifami prri^rma fari Filmimi, mm af  tiliandi imai i limt^ti ibi il Càrdmali mi fin  eia Itti tre al Re d: Sft^am , Fìliffi IH-      y   Digitized by Google    f   MATER. BENEFIC. 41   ribellioni che gli eccitò centra, gli fece anche ribellare il fiio Primo*  genito *,j(x) e col mezzo di quello efclufe T Imperadore quali d* Ita-  lia: ma morto quello, il Pontefice che fuccelTe , (2) replicate le feo-  muniche concra l'imperadore, e fufeitate molte ribelliont , fece anche  ribellare T altro Figliuolo *, co! quale venuto il Padre a guerra, una  volta vinto, e l'altra victoriofo , finalmente venne a condizioni d’ac-  cordo, nelle quali fu ingannato, e ridotto in vita privata, lafciato V  Imperio al Figlio, che pur Enrico fi chiamava. (3)   Morto Enrico IV., Palquale, che così fi chiamava il Pontefice (4)  quarto era quelli che, incominciando da Gregorio VII., combatterono  con Icomnniche , c armi fpirituali , per levare T invefiiturc de Vefeo-  vati, e delle Badie all’ Imperadore •, fece Concilio in Guadalla , (*) e  poi a Trojà di Francia*, e rinnovò in ambiduc i Concilj i decreti di  Gregorio VII., e di Urbano II., che neflun Laico fi potelTe ingerire nelle  collazioni de* benefìzj. (5) In Francia non fu accertato il decreto dal  Re; anzi egli continuò fecondo il cofiume; e anche Tlmperador Enri-  co V. fi oppofe; il quale finalmente nei ino. venne in Italia armato  per la Corona dell’ Imperio : al che elTcndofi il Papa oppofio per le  controverfie vertenti tra loro, convennero che Enrico andalTe a Roma  per la Corona, meffa in filenzio la coniroverfia delle invefiiturc, delle  quali nè l'una, nè Taltra parte dovelTe prlare. Andò Enrico a Roma,  dove il Pontefice Palquale, parendogli elfer fuperiore di forze, non fian-  do fermo alle condizioni, voleva che rinunziafie le invefiiturc; e Enri-  co, confidato nelle forze Aie, ardi, in contraccambio, di proporre che  il Papa rivocafie il decreto; dicendo di non voler efiér inferiore a Carlo  Magno, Lodovico il pio, e ad altri Impcradori, che quietamente , e pa-  cificamente avevano date le invefiiturc: (*) onde, crelcendo le con-  tefe, l’ Imperadore fece prigione il Papa, e la maggior parte de’Car-  dinali; e con loro fi allontanò dalla Citt^ : fi trattò l’accordo; e final-  mente convenne al Papa incoronarlo, lafciargli la collazione dc’bencfizj,  (tf) e non ifcomunìcarlo; c perciò fu giurata roflcrvazione dell’accordo :  Tomo 11 . f il Pon-    ti) Ctffti*. tht frtft il tU$lt di Rj d* ItMlim,  t fi fttt €»Mp^r»rt * indi /^ììa fyhi»-   Is d$ R«-  am titin Kpifcopii , Caruvabo.  Et do veram pscem Caiifto. Cinftx Komaax £c-  clelìar. 0c ocnnibui (|ui in parte iptìuifiint, vet Eie*  runti flcini^ibas banfta Romana Enletla aaiiliam  poftulavcrit tidclKer juiabo. Ur/^ffn/ìi imCirM,  «Jrna 1 1 ss.   iium,  elcAU . maelKmtatn virgx, Se annali cwnterati  pni) invellitionem vero, canonice conferranonrm  iccipianr ab Epifropo ad quem pertmuerii.  ifremi is CirMÌia ■■». iiu. aifmt yrff*ri*m~  fit f»i*m mmn» .   (a) ConErmaito parit inter ApoRotinim , &  tmperarorem , dum in eelcbratiotie mittx irade*  m ei Corpus de Sanguinem D. N. lefii Chri*  Di: Domine Impentor , hoc Corpus Domini natum  ex Maria Vitgine , paflum in truce, damus tih) in  cuiibrmacionens vere pacit inter me Jx ce . Stge*  bertiu in Chron.anno cit. Vide Juret. in nodi si  ep. %ì6. Yvonts Carnm. pag. ipf.   ( ' ) §l""»i* V limftrMÌ*Ti fi lamini* dilla /i#>  muinita fulminata ràdi i Cmalta: al iti larù» l*-  tevarniican thi^meila fumumitatra ma fattidtl-  la fiifa t'af^mali , pttrM Ta^vva tenfermatm teìta  tivaatitni dilli imfitnihi itati fu-   ttndini ih* gli 4/r> Heiiritu» , Dei grana    Digitized by Google     MATER. BENEFIC. 43   dovrebbe tener per invalido i[ confenfo predato dall' Imperadore , per  timore di tante fcomuniche, e anatemi, di tante ribellioni, e mac*  chinazioni . Perchè caula è (bctopodo a redituzione quello eh’ è facto  per timore di prigionia, e non quello eh’ è fatto per timore d’anate-  mi, e per paura di veder tutto il (uo Suto, e popolo in confufione ,  e guerra civile? Ufavano alcuni in Concilio alla prdenza di Paf  lenendo il Re la fua autorità, e difendendo l’Arcivelcovo coU'(2 ) a;u-  to del Papa la fua oppofizione. Credette il Re di poter perfuadere quel-  lo che riputava giudo al Papa; e gli mandò perciò un’ Ambafeiadore*,  il qual ebbe dal Pontefice cosi dure riipode, e minacce , che , per rin-  tuzzarle, r AmbalcUdore fu necediiaco a «Urglì che il Re non voleva  cedere la fua autoriili, fe avefle dovuto perdere il Regno .• al che ar-  ditamente replicò il Papa , che non lo voleva permettere , fc dovefle  perdere il capo. (^) Stette il Re collante*, e ad Anlèlmo convenne  Tomo IL Fi.. 1 parti»    Abbt, UrpergctiJit in Chron. ftnioiii&.   ( I ) Is ìtfft JrvmmHMtmralt fi 0 tf-   f» Ìmm , ti immutmMt , t tttMitis e*f*  tmmtntt metffarit sii» frrtti, jttsnis S.   i irmsndsrmnti iìDit MItgsm sf*l»-  xsmtHtti il rirt ss» /smMo i etmsnismttti itil»  Chirfs , i , nem »rii»*»it rffr sffolutstmntt  ttterff’sru sii» fàlttU, fsffitm» s\tri ^nsltbt imfi.  titimst» tht difftsji islV ^trosrlt.   (*) VHe OolTnxl Vindocin. rrift. 1. & 4.   4*} Vide Ivoo. Ornot. ep. 60 \   Endcm anno ( oij. ^ Aaiétma* Cintua-  yieofii Epirco,‘a- hibcre le rewuni opjKimmum , Epircopomm libi  min L^alaiu, tu PsUiio Regu. prfluicnic Ar> relUtui invcAinirti, quw ib ejuCicm prcdecefloie  chiipifirepo AuiÙmo, cui innuit Rei Hetukus» Inip.Hciuico per qvuiìdoi libom RmiuiuEccU*  6t lUiuit u{ ab co (emport mtciiqnum nunquam iU vnulicant . Exjpave&entibut Ratnanh Rcgii po>  per donationcBt bànlipuAoralia, vclaAsali, quiC nnnani, munim k oppniùit Abbai fanflui . Au>  quam de Epil'copMu , vel Abbaiia per Rcgem, dadei CQlm rclìiteni Regi, verbaoi oulignum mi-  vel qutmlibcf Ijicam manuBi inTefliretur in An. ra libertace redarguii, min auftoruate cotnpercuii:  glia, concedente Archieptkopo ut nullui ad pr«. iitil* fuA vù» é» Aìm» , Vtfen» d' A m»   lattonem eteCiiu, prò nutntgiu «)ttad Regi lare- Ktrm, tMf.it.   rei, conkcratMne lukrpti huootu privaretur .Afa* (c) Mtltdù, din Tacito , ftr fuM rifmriirtt  il Mtttfi» t il** fttfn»- Am. y   m$9t* n«M »rs, cbt di/rr>w*j; im- (d) E0ij adbucvìfliaviresi ambiguta, fijelibera-   ftfteM làifrt/lMMmMggié t diftMdtÀMt- nati aerei, (ì delperifleiu; vidoriiiu conEliu, de   Im ftrffMM mìU ^»mU k prr/oi msiU vii» di tf- latione pcrEci . uìfi.i.  iiffM AMt»ft». (*) Abbai Urlpergcniìt, anno usi.   ( I ^ ri auslt, ftt*»d* OM^rta , f» ftiMit m*l (a) Zn 9itg»U» »»n dar» ftiamtat» fiaa mlU  jierna mtdifmiM i» i*> f» rran/a lamoteMtJi IJ, tuauMmi iti Satctfftrt , m» fa ti'ifli »Sh» fri-  # ttam U fidi» fiut »»•* , a nava mtfi . J». fiali W ainrnaaan/a di ftitU» »l Xa, td mìAi» ae-  BMitmtM f» ilitt» d» >r) colla privazione del  Re, e colla conceflione del Regno ad Alberto Imperadore, fe l’avcfTe  acquillato, fu pollo in gran pericolo, (i) Nel principio, quando s’af-  fenti da quelli a’quali tornò conto in conceflione Appollolica di confer-  varfi quello ch’era proprio del Principe, non fu ben penfato che i Pon-  tefici pretendono poi di poter rivocare i privilegi concefli da’ Predecef-  fori , anche fenza caufa •, febben mai non mancano pretelli , Kr finger  caule', e chiunque poflcde per titolo proprio, e fi contenta di ricono-  fcere per grazia altrui, è come chi, lalciando il proprio fondo, va a làb-  bricare nell’alieno.   Ma all’ incontro, quando alcun Principe, rotta la pazienza, conferi-  va qualche benefizio principale; il che i Re d'Inghilterra, e di Sicilia  facevano Ipefle fiate; i Papi, per non attaccare contefe, non dicevano  altro al Principe : ma , per non lafciarfi pregiudicare , colle pratiche per  mezzo de’ Monaci operavano che 1 ’ Eletto rinunzialfe in mano del Papa ;  (i) promettendogli che farebbe dal Papa invellito , e cosi avrebbe quie-  tamente quello a cui, fe non fi fofle contentato, il Papa fi farebbe op-  pollo, e gli avrebbe meflb tutto in difficoltìi. Di quella pratica ufata  all' ora frequentemente da’ Pontefici ne fanno lunga menzione Florenzio  Wingerinenfe, e Ivone Camotenfe, Scrittori di que’tempi, (*) come di  cofa ordinariamente fatta in Germania, e in Francia con quella forma  di parole, che i Pontefici con una mano pigliavano, e coll'altra ren-  devano. Quello partito era facilmente accettato, come quello che fa-  ceva ufeire di travaglio; e il medefimo Re, fc lo veniva a rifapere  dopo, lo tollerava, come cofa ehe non faceva mutazione in effetto,  fenza confiderare quello che importalfe per l’avvenire: del qual modo  fi vogliono anche adeffo contro i Vefeovi Cattolici di Germania che  non ubbidifeono alle loro rifervazioni , come a fuo luogo fi dirh. (')   In Spagna la natura quieta , e prudente della Nazione infieme col  buon governo di quei Re furono caufa che in un moto cosi univerfitle   efli    («) Miflb io Fnnci*lR Ar(bi 4 ixoAoNirbonen-  (ì , Philippum «me ( Booibciui ) qaid Ha( Tatiooe, atque ordine PoniificatDs Ca.  (tiedruD feandere coadùa, qntdem, flc emn  otuiu hzfitatione confralic, propter eontcntiostaa    iUam qux «rae inter Regnum , Se SacerJerìum  ’»c*are , Ebiqite vindicare plus zquo imebacur  Impetialit auMritas . Rur^t autcoi vciebatur ,  flon iìne Diriaicatii Doeu, jun terno (ibi auteni  Epiicopatum , «oinque, (i tertio repudiarci , pofle  in ipfem competere ilU (cmentiam; Noluit benc-  di&ooeni, Se elongabitur ab eo . (mcr hai igicQC  aagultiis poiims, qued «iwm bluure eiilUinabat,  ad SaudjtSe Apo(iolic« fedU auzilium eoit&ig«re  decrevit . In ipro igitur Artieulo, adhuc in Aula  Imperatoriieflet, wmm tm/Kmp/tvit DriRr*#, mo.  fuam ft im nifi tanfim.   titntt, ^ ftflmlmnl* Etdtfin f»n, Faniiieh  U*xi»imétni , {^ftnftffari, ^ invtjUturnm e*n-  ft^mi wnTtrttmr. Ananym. io viuS. Ottoo» anoo  1 ioa.   (•> EpiRipo. ipt. Sca»}.   » t'»nni%'-\7- inno   fìstmurn eli Rome i Dumino Papi , Ce frnribu,  CiTdinilibcs, qui vigittnter flit letnp 'ralla prò.  corant commoda, 9c emnluinen» , slie.ia non  ramei , ut qatlibet. qui la Abhaiem exem['4UiQ  ex tUBc cligereiar, RgnuMmCurt'.in adirei coiv-  Sruundut, & bcneZiceudiu . in HmritiiM.    Digitized by Google     MATER. BENEFIC. 47   TA dirpofizionc Epifcopak. Rcflava tl Pontificato Romano, che, efdu>  lo il Principe, pareva doveffe ritornar alla libera eiezione del popolo:  ma nel ii45> venuto Innocenzio li. a dilferenza co' Romani, ed dTeD*  do da loro tcacciato dalla Citili, egli, in contraccambio, privò lorodel*  la podeltk d'eleggere il Papa, (a) Nelle turbolenze che lucceltero, per  le caule fuddeiie, molte Ciiik lollevate da'Velcovi confederati col Pa-  pa fi ribellarono dairimperadore, e i Vefcovi le ne fecero capi, onde  ottennero anche le pubbliche entrate, e le ragioni Regie: e quando le  differenze fi compolero, (i) avevano prefo cosi fermo- poflefiTo, che fu  necefiìcato il Principe a concedere loro in feudo quello che di fatto ave-  vano ulurpato*, (z^ onde anche acquifiarono i titoli di Duchi, Marche-  fi, Conti, come molti ne lono in Germania, che reltano anche tali,  e in nome, e in fatti, e in Italia di nome I0I0.* il che fece Ecclefia-  Rici gran quantitli di ^nifecoiari; e fu aumento molto notabile, non  folo nelle turbolenze delie quali abbiamo parlato, ma in quelle ancora  che feguirono folto gflmperadori Svevi.   XXVI.   I Monaci in queRo tempo s' erano imromefli grandemente a favorire  rimprete de' Pontefici contra i Prìncipi; (3) perlochè anche perderono  affai della riputazione di fantiù anzi fi perdette anche ia vehth mol-  to della dilciplìna, e ofiervanza regolare ne' Monafieri, poiché s’tntro-  mifiero ne’negoz) di Stato, e di guerra; onde anche celarono gliacqui-  fii loro , le non in alcune picciole Congregazioni ifiituiie nuovamen-  mcnte in Tolcana , le quali non s' intromilero in quelli moti, e coiv  fcrvarono la dilciplina ; (4) e però, continuando la divozione del po-  polo verlo loro, furono Itrumcnti per acquifiare nuovi beni, ma non  molti parò, eflendo eifi pochi.    XXVII.    Ma un'altra occafione pafsò, la quale fece fare grandi acquifii ne’ fe-  coli de'quali fi è parlato, e fu la milizia di Terra lama. Fu allora  cosi intenfo il fervore d'andar, c contribuire a quell' acquillo , che le   pcrlo-    («) l»nM*ns.ì» tl.iUtOtufnt, quiptcfm, ^nì*Zì } eh* U Karnma^   v$ltv» UutttT* ii (Uff di’Prni, $ rifiékUiT$ f  *mu* itvtrnt In qutbui rant'ovcr.   fin po^lat Ronunot, quod pontifici rebelli* tC  (et , aimheinaie nttrinit, tunc primuni a rnntifitm  comxiii onmjno ezclufineii, dca .1 (nIoaCarZiniles  poaiilkn eleOio putlatim. Cleri etbm primoribua  ooinine eac’utu , revlaUs. P’itrur porro, fine ol-  io popoli inteircnru , Papa creanti eli. inutiuo  Innoceniioll. Czlctlinui ( 1 . A»n$t. aiwtém l»-  **e.   (1) Tn€it» dUt tk'ì 1/ ftlt» d^it mf»TfstwTÌ t  MH lmai§ , td tnpufi» fir mm ritWe   ùgutumi Regi! Apioni>t|trr mialcrani. diiitjnic{ue luentia. Se mforia .  ujli jore. ft Jc«fao nitebancur. /en. 14. / Gre».  I '■«»« me/u *d ffrtfrutffi />»&» /ir*-   r» tht Ut ttr»» hn.    A régUa* dì futdi, melti Vtfervi, 0   AlfT"0>i»f , 0 FfSHfr/i, 070/00 0t4hf0/l » f 0 rt»rfi  a» mUm 0 U 0 ft 0 .   --Ve) Utxjray di(0 tbì , in rtc«i«»iN'*/4 d*'ftrvìgi  nel tempa dtUt cea/e/V d0ll» fdnt»  StJf etgf lr»ftrsd0TÌ , 1 f»f> Mer4.fiM f^i Akhati  friniifaìi dtfb frnnmiali Efift 0 faU , (mÌ , dilln  Uut» . d/IU T/hu/H», dignmnu, dt'SnndnUt 0  fH dt! f»fl 0 TmU ! nella nta Zi tiiippo Au.utló.   (4) t- fa0l0 Ud» tMii/smn/é POrdint mt'Str~  vi , U tni 0Ùit0 f0rrsvMi imffT0hqìulinrxli par  tuum (e-ixerat.Quod ia laudibui D.Vir^inn raa*  tandU adìdue occuparentur . . . . a vulgo tunc Stnd  B. Mmti0 vocati , onde ad ooa fuccclTorea do-  men.    48 TRATTATO DELLE   perfonc, non tenendo conto delle robe, delle Mogli, e de* Figliuoli, fi  mettevano in nen> coueiUin«i>,  & domot. & ftmiliaa , sti^ue orniti» bnn» enrunt   10 b. I^ri, Oh Roma/ix firdclic (ìroMOtOBC. lì-  cu( » Ormino noAro Pipi Urb«no tUtuiutn hiit,  tufitpimu*. Ijuiiumque rrgo ciaulrahcfei veiig-  terre, qjeitidiu in vu ili» mor.-.rinir , prae&mplc.  nnc, eKooMitunKiuoni» uluone pieitannir . Ctir.   Csìixi» tl. 't»i. cxf. n. yrJt   11 fitand* C«ai«*« dtl di ChisrsxMtttt, t U   4$0iutsi.uMi del JjjMr di, ) 4 *r (0 , Ivemt di Chtr-  tra. ntlU fi. 4 'y/. xÌMfMm» Artivtft»-   ve dt Tir# ntl /Ore pum» e»p. «f (irnslulau di  Sen^MfS n*l IH.}. Knitfr» Utvvtdr» aìU   U*rtn fArti mill'Mnx» Oiiem di   Fiijiagim di itfu Ffiàtrtri fep.Jf. *IU pi-   fi»U \97. d' ÌHHoteatM III- »tl lil >*4 15. S»0,  pmfsmd», tht i'Auivtfttv» di Tir» dirt ebt mtlfi  GtBliliiemuu fitte* ftùmentt il Mitigi* di Tter»  $4040 , per effAtéra dml ptfsre i Ite* dtii/i al  th fi rifteifee U leils IX. Si   S t vero pioStitrtiuiuai liluc, du' ^'VJVJR« 4 *fna-    tipi d'smlMrfi { rirfmev4Bt il fiiprtm» *»   •fmtgU « / i.iiiri wM dt'lM* i t fi TtvdlX4.   44 I» tm» mule i Spatri di imiti iCrteimin 4»m  fpjamtm/e ptrihi m'tfiirvAB» uUiduntA, rm  ptriht h premdrvmmt felte Im l*rt prtitKxhr fi»*  4 I Ur» eiier»*:lt f»»ìi ttft era»* ie»at Ittieri di  Star*, fbt jifptmdnan» pmalfifia tfumxttue tivtle,  4 tnmnaU . Nell» tiu ..i I tiippo Augulio.   (^> TempUrionim tmlitbm Ordo inftiiutus an-  M Mi*. Jernlblnmt ab Hugne de Pagana , Ac  Gaafredo de S. Aldeniaro : n>irunim>e a.1 làlu*  tein pe'cgtmoram contea Ucrnnufa & incurlàn*  tiuni iRlidut prò viribuicoiktervarciu. Cumautem  n >eot annit peli corum tniliiuitoneni in habiiu  fuiflcnt lèculan , ini oncilio Trccenli data (iuit eia  regub, Ac habitut alTignicus albut, vtdeliret, de  mandato Hononi l'ipat. Ac Stcphani jctorulùiiita'  m PatruTchx: poilmixiuin tetu fub Eugenio Pa.  pa crucci de panno rubeo, ut intct ccieroi eflent  noiabiliùrei , zlTuereccEperui't , tamEquiies, cjiunt  eorum fiaim infcnotcì, ,um militei , quacn al(er:iii condiiionit,  ut in ea, relinu parcrtibut, Ac p-opriii patrimn*  fliii, regularicer tivereat .ncitavit, actraait. Ac il*  lene I i;uorum qui.iiia Holpiuloiii , (ìvc {ratrei    Digiiized by Google     MATER. BENEFIC. 49   battere contra i Saraceni ; la qual cola , fcbbcn nuova ^ che folTero  irtituite Religioni , per fpargcr fanguc , fu però ricevuta con tan-  to fervore , che in brevUTimo tempo acquiftarono ricchezze grandi :  tutte quelle maniere portarono grande aumento alle ricchezze Ecdefia-  Aiche.    XXVIII.    Fu anche un modo di dar accrcfcimento affai notabile a’ beni Eccle-  fiaffici il riveder bene la materia delle decime; c dove non erano pa-  gate procedere con cenfure, che fi pagaffero non folo le prediali de  frutti della terra, ma le mifte ancora, cioè, de’ frutti degli animali,  e ancora le pcrfonali deirinduftria, c fatica umana. Alle decime aggiuo-  fero le primizie ancora , le quali furono primieramente iftitnite da  Aleffandro II.; iraiwndo in ciò là legge Mofaka, nella quale furono  comandate a quel popolo.* la quanriih di clic da Mosè non fu Aabilita,  ma lafciata in arbitro deli’offerente: ì Rabbini pofeia, come S. Gerolamo  teAifica, determinarono la quantità , che non folsc minore della fcfsa-  gefima, nc maggiore della quarantèiima; il che fu ben imitato da'no-  ilri nel piò profittevole modo, avendo Aatuito la quarantefima , che  ne’tcmpi noAri fi chiama il quartefe. Determinò Alcllàndro III. circa  il 1170. che fi procedefse con Icomuniche, per far pagar interamente  le decime de’Mulini, Pefchicrc, fieno, lana, (i) e delle api ; cchc(2)  la decima foffe d'ogni cola pagata prima che fofsero detratte le fpele fatte  nel raccogliere i fruttile (?) CclcAinoIII. nel 1275. Aatu'tchc fi procc-  ilefse con Icomuniche, per far pagar le decime non folo del Vino, dc’Gra-  ni, Frutti degli Alberi, Pecore, Orti, e Mercanzie, ma ancora dello Ai-  pendio de’ l'oldati , della caccia, (4)6 ancora demulini a vento: (5) tutte  qucAe cofe fono elprclw nelle E)ecrctali de* Pontefici Romani: ma i  CanoniAi fono ben pafsati più oltre, dicendo che il povero è obbliga-  to a pagar decima di quello che trova per Umofìna , mendicando alle  Porte; e che la meretrice è tenuta a pagar decima del guadagno mere-  tricio; e altrettali cofe, che il mondo non ha mai potuto ricever in ufo.   Le decime erano pagate a'Curati pel fervizio che preAavano al 'po-  polo nell’ infegnare la parola di Dio, amminiArare i Sacramenti, e fa-  re le altre funzioni EcclefiaAicbe*, onde per queAi miniAeh non fi pa-  T om 9 IJ, G gava    ItafpitAlU S.Ja3Ani*i ahi, frarrci nulitic templi^  «In, fratte» HoIpiiahfSar^ IttjrixTeutonicotam  IO lerufUem nuntupoomr . Jm 0Ì dt Ktrist» tsf.   l'Ordmt d*'TtfMt»r'i, i Uro hmi fmrono  doti ifU SptdsUtri : il tho ) n/tritt diffitUmetni  d*i CfUtUmolOTi Vrfftrjtnfii it.   ( I ) Miniimus eaiitperte]JÌ. Volumut  ergo, flcdiilrifte prxcipirnui.quatenu» dccimatEc-  clelìii CUOI iiKegntate ddbita pctiblvatti . tini. t.  ta.   (f ) Quia fidelii homo de ornnibui, quv Ikiie  poieA ficquircre , dceimis erogare cenetur i Maiv-  damuN. (Maeenm H* miJitem ad tblutionem deci-  maium de hit. qux de inokndiiio ad ventutn  provemunt. (ine diminurioDcaliqua. comptUatii.  UfJ.f.i.    5Q I RATTATO DELLE   ^ava cofa alcuna: qualche perfona pia, e ricca donava, fe le piaceva^  per la lepulrura de’luoi, o nei ricever i Sacramenti, qualche cofa*, c  palsò COSI innanr.i l’ulo, che la cortefia fu convertita in debito*, e s*  imrodufTc anche in conluctudine il quanto fi doveffe pagare*, c fi ven-  ne alle controverfie, negando i S'ccolari di voler pagare cola alcuna pel  miniftero de’ Sagramenti , pcr#hè per ciò pagavano le decime*, c gli  EcdcfiafUci negando di voler far le funzioni , le non fì dava loro qiieh   10 eh’ era in uiànza. Rimediò a quello dilordinc Innocenzio III. circa   11 1200. proibendo veramente a' Chetici di pattuire cola alcuna pel  imnidero; e di negarlo a chi non voleva pagarli; c comandò che lenza  altro faceflero le funzioni* ma dopo quelle -lòflero i Secolari con cen-  lure sforzati a fcrvarc la lodevole conluctudine (così dice il Papa) di  pagar quello eh* era (olito; (i ) mettendo molta ditierenza tra lo sfor-  zare innanzi per patto, e sforzare dopo con cenlure; approvando que«  fto per cola legimraap proibendo quello come fimoniaco. (2)   XXIX,    Ifn altra novità ancora fo introdotta centra 1 Canoni vecchi , la qua*  le fece molto per 1 ’ acquido : era proibito per i Canoni di ricever alcu-  na cofa per donazione, o per tedamemo , da diverlc forte di pubblici  peccatorf; da fagrileghi ; da chi redava in diicordia col proprio Fratel-  lo; dalle meretrìci, e altrettali perfone: (4) furono levati affatto quedi  rilpetti, c ricevuto indifferentemente da tutti.* anzi appunto i maggiori,  c piò frequenti legati, c donativi fono di meretrici, c diperlone, (3)  che, per difgudi co* lor parenti, lafciano , o donano alla Chtefà.  Così i Pontefici Romani ufavano gran diligenza, per ajurare gli acqui-  fti , quanto anche per confcrvarc la podeM di didribuire gf acquilli ;  la quale, come fi c detto, era con tanta opera, e tanto fanguc cava-  ta di mano de’Principi, c ridotta nel Clero. A ciò, per proprio intereffe,  tutto r ordine Scctefìadìi» «Ma £olo acconfentì , ma fi ajutò colle pre-  dica-      fanftjin EtcleOun iDiroduàam niiumor idrin-  gere. Qut propter pr«vu «uàionn 6en prohibe*  niuj, de pis« confuetudinn pweipimut obfervvi,  enefiziarfì nel loro Regno, iiebbcn erano beirignameh*  te ricevute, ed eleguite da’Vdcovi, i quali, attenti loio ad clciiidcre  i Principi f non penlavano mai che altri , col privar clH , potelìe al  trronim, ft pIftNinqftediKmttMi, ac benefirù it*.  tabiluarc perionit cuniciuaiiir iMWcutit.ft iran  probdm, ia oifiicin b«ti«C(Jii uon fedìent i  ticque aultui ftbi roauiuili nonaRooteuM.  IjnRutm altquaod» a»» iaicfliauetr qmn tiimw.  taiatram cura ncglcóa , \eiat mmaaarii»^  htxmiMiio TcmpoMla locra . Praevu   Prarinancr Saad. p»g. $a. l’aaarm. av*%»atk't  tt altana, fi ìatatatm altra\ di qatfPéktlft. Effer,  dù'aiti, vsidc boatHum, ft Intcauwrum, ut qoiT.  qoc in Puria fua ben«fium me feci. Lon|;e-eft iflud a te. Nam  par iniqòitsran filionm boAitDam, qaonuin ia  t«c«npen tUa fu taamilata dal fua PmIm Mjar a f  fLaimauéa di fmmaftrt , Oatutmtaaa , dd rfi b  mitrati tkitm»t» 1* Caapilasiaa*. di    Digitized by Google     MATER. BENEFIC. 55   I vecchi Collettori dc*Canoni, Graziano parricolarmcncc, raccolfe tut-  to quello che (limò proprio alla grandezza Pontifìcia^ eziandio non fenza  mutazioni, alterazioni, e anche falfifìcazioni de'luoghi onde cavava le len-  tenze; (i) e credette d’aver innalzata qucirautoruh al fommo dove po  tefTc afccndcre; e per quei tempi non s’ingannò.- ma, mutate le cole,  quella compilazione non fu a propofito, ma al Tuo chiamato Decreto  (2) (uccefle quella Decretale, che poi anche non ha lodJisfatro : ma,  fecondo che di tempo in tempo i Pontefici fi lono andati avanzando  in autorità, fono (late formate nuove regole; onde nella materia bene-  fiziale particolarmente non hanno più luogo, nè il Decreto, nè la Decre-  tale, nè il Sedo, (3) ma altre regole, come fi dirk.   XXXII.   I! modo grande di beneficare della Corte Romana col donare tanti  benefizi tirava Ih ogni lotta diChcrici; quelli che non avevano bene-  fizi, per acquillarnc; quelli che' ne avevano, per afpirar a maggiori, o  migliori; onde, oltre alle caule vecchie, s’ag^iiinfc anche quella a fare  che molti non rilcdelTcro. La Corre non potè dilTimularlo, perchè ogni  Diocefi fi doleva che le Chiefe fodero fenza governo ; c del male ne  dava la caufa a chi veramente l’aveva.* perlochè fu rifoluco di farvi  qualche provvifionc. Non parve però a’Pontcfici di quelli fecoli che fof-  le bene procedere, come il dilordine era troppo comune; come anche  perchè quello era un modo di mandare fuori di Roma tutti : il che  quando fodc dato fatto, la Corte redava vota; c ogn’uno avrebbe at-  teib ad acquillare i benefizi dal fuo Vefeovo predo al quale perlonal-  mente fode dato, più todo che mandare ioidi, c medi a Roma, per  acquidare alpcitativc : fi trovò per tanto un temperamento, che fu, far  leggi che comandadero la refìdenza a quella lorta di Beneficiati che  poco potevano afpcttare dalla Corte, non parlando niente degli altri:  (4) cosi Alcdandro III. nel 1 i7p. coman^lò la rcrulenza a tutti i Bene-  fiziati che avevano cura d’anime: (*) furono poi aggiunti anche tutti  quelli che avevano dignith, amminidrazione, 0 Canonicato: d'altri Be-  nefiziati inferiori non m mai detto che non fodero obbligati a rcfidcnza;  non fu però nè meno comandato loro che riiededero; perlochè a poco  a poco fi riputarono non obbligaci in modo, che anche nacque una di-  dinzione di benefìzi che ricercano refideiua, e d’altri lemplici, che non   obbli-    do. £’ thisimitM , Extra, m téfìtBt tk'tU  l» i imi Dttrot tmnfilttù iaUrBttMB*-,   t l*eattcvtieaa , ftrrhi trntrrm4 Uiri t/frffi   Am Aifiu$:Ti\idtx , Judiciarti, Cleriu, Spon.   en : Harc tik>i ddìgnant quid quinqnc  volumina li^nam. £llm md tffirt in nfr   B*t ixji. Grti»*i 0 IX. trm nifut d'InmmrwiiMUl.  td nmtndmt deHm fmmijii» d*'Cmnti, arffdì   «n-t dtUt ifMmttn fbt ftrimn* il nttlt di Uarooi  Romani .   ( I ) U» GìMTttmafnìtm Trmnttft diti (ht il IV-  ttttg , * it OttrtimU fuftt compiUtiOACt, ac lar-  raginn tatn bunanini,, rum privarum r«'uni, in-  cnitdite a‘trtt», tmmt mffrrv»  tUrtÙ it PUtmm Mrl medrfim Imm^m   (1) liU > mn Mrm rari fhumfm, ftrfbi ftrva  di fMffirmratt m’ nm^ut libri dtUt tìttritmii . Fm  pmbblKAtm dm BmnifmtMWill. layH.   de i deamminmtc Codrx BonilMiinitt.   (4) iiUnttm, diublii.e cumplcinnir.  ài ftmp U di RriiHàiu , jfmttrt iti itrtm»   fm»U, mt! taf» mK. ItirafrimpàttlM (»• rst-  ttlt» C$re* r»r* dciU Vetrmt —f f_   diti tbt n»n fmrpn* »réiM»te, fi *m kiU'akm  loyi. Anno Di>mtni lopf. Urhanut Pa|M,tn  OalliK venieaa, Gregom l^px d«crm rcnovat,  ti confInnK . . . . Claromoa'c, in Arveraia Con  cilium te^elnat, meofe Novembri hoc anno (écjaen-  u, in qno Ihmtum cil, ut Horx Beate Mane  c^yotiilic Jicantur , otfitiumque eiut, diebui Sabba-  li fiat. Jm Ckrmui, taftt. tr.   (ONt'^rinNeMipi, dieeF.Poolo, i ^radULnUfis-  fitti »étt iTMH» dignità , «e’Mvri , timi futa d* uni-  ti fettfi , m» tstubt, t mntfhn , tbt S. ì'nalt  ehmtnn tftri, t fmntitai, i tìifi Grifi» Oftrni.  Opus fac EvangelilUr. minillenuni tuuin imple.  a. Tinvx, 4. Si (|uit bmU  auinopus dtlìdctat. i. t. Wma quulem multa, ope-  rarli tuiem )«auei. Man- 9. & Luc.ie.> im m^nier*  tbt *U»rM »piiv  pTomorcntut .    Digilized by Google    MATER. BENEFIC. 57   il Parroco è impedito kgittimamente, egli può deputar un Vicario che  lèrva per lui, dandogli conveniente mercede: fi ritrovò che fipotefle,  coll'autorità del Papa però, crear un Vicario perpetuo, ( i ) alTegnatagU  una porzione badante, e lafciando il rimanente al Rettore; obbligando  quel Vicario alla refidenza, febben il Rettore tira la maggior parte  deir entrate, redando libero; della porzione del quale è fatto un. Bene-  fizio, come femplice, e quella del Vicario feda per la provvifionc del  Curato. £ ficcome fu incognito alla Chiefa antica che alcun Benefìzio  fode dato, falvo che per luffìzio, e affinchè ciafeuno fode obbligato a  fervire nel Tuo carico perfonalmcnte; cos^ non fu mai deputato uno a  due carichi, non folo per efler impodìbile, quando s’hanno da cferci-  tare in diverfi luoghi; ma anche perchè reputavano quei fanti uomini  che non folTe poco il fame uno bene; e vi fono molti Canoni, dove fi  riferifeono le idiruzioni antiche , che uno non pofla clTcr ordinato a ti-  toli, nc fcrvirc in dueChiefe. (4)   XXXIII.    In quedt tempi, quando fi didtnfero i Benefìzj in quelli che hanno  annefla la refidenza, ed in quelli che non l’hanno, confeguentemente  fi pafsò a dire che di quelli, dove non era neceflarìo in perfona pro-  pria fervire, fi poteva averne ph't d’uno; (*) e nacque la didinzione  de' Benefìzi compatibili, e incompatibili: quelli che vogliono refidenza  fono tra loro incompatibili; non potendo l’uomo dividerfì in due luo-  ghi; ma quedi cogli altri, e clTi tra loro, poiché non è neceflarìo fer-  vire perfonalmcnte, fono compatibili.   Nel principio però fu proceduto in queda materia con gran rìfpct-  to, e non fi paCÀ piò oltre, che a dire folamente, quando un Bene-  fizio non fofle fufficicncq, per far vivere il Cherico, le ne potefle aver  un'altro compatibile; ma non ardirono di paflàr al terzo mai; nè me-  no al fecondo, fc il primo foflc dato badarne. Al Vclcovo non fu dela  mai rautoriù più oltre, ma al Papa fu aggiunto che avefle autorità  di concederne anche più di due, quando i uuc non badaflero per vi-  vere; (2) e queda fufficienza per vivere da’ Canonidi è tagliata mol-  Tom» //. H to lar-    ( I ) Ttimp n dtilji SttrUdì   tt9 fjìrù, th* Vmft di tjmrJH nesristi etm/Mcii  d*ir iKfbUnrré p tfmnUht ttmfo frtmM dtl CtmedU  LétttMMmf» f»it» jiltffMKdr» III. Ptrni i trtfti-  , Extra de Officio Victrii , ft»o tmdi-  ritiéti •'Vtfrn/id'h^ftUttrrA. Vedi ritlwuadcip.  I. bxira, de Odìcio Vicirii* « Ttmméfi VvAlfiit^  17^.   (4) in ilio titolo perfeTereat « *d quem  confetnii funt, ifìiut nulinm de altetiiu tmxlo  I>rabiteniin , aot Diaconatn , &(ciperc przfliout.  CotKil. Csichuicoié . ann.7>7. cjp, «. Coor. Re-  tuenle aon.li}. up. te. Conr. Mctenfe, ann.sn.  On.|. Cui. 1. peni;, t. difìiod. 10. ex Ceacilio  Utbaiii li. (ubilo riicentijc finw lopf. 8c C&n.  1. CauE XI, qn. t. ex f, Syiiodo , cxp. if. ano.  fi7> Prtffi m'titMhli »ntfA i Pnti tr*Ma  ti mUm T*j!dn$tA . QuorJsiB exilix , dk* Srntt4  «juofdxm (xcerdotix uno loco tcnetu . Oc irxn>  ouiUiute vite. Virus eft libi quis, iitt ma *Itr»  Gamtilt, xd firraunennun tempii Nepnini ruent  ahigitos «fi;; £idui di CKerdfosNeptuAÌ: opottc.    bit enito ipfiun infÓMnbiIen elTeCicerdoieni.'Ar.  ttmidor . Iib.f. de tomnionim evcatibui , Ibmnio  t. Vide Ulpianom in 1^. x. if de in jus re*  cxndoi &tcg. pea.ir.de Vicit.dc excude. Muaer.   (* ) Vide Caput, dudum. 54. exerx de eie.  Alone , Se ibi glolT. & Girciam de Benef. pene  underinu tip. (. p«rag.x. & y   (O L’Autore coù rarcontt Torigine delle piu*  rtlità de* Benefizi nel libro fecondo delle fux  Storia del Concilio di Tremo. Sktatm, dir' egli,  aatv» gli ttniithi Cexani , t»(i u  Citrita VM fatava ^rt dmt titaii, »> im ttafi-  [uant.» dtta Bttuft.)'. raminàmnda « iùeMiiMr-.  fi la rtadiit, a ftr U firagi dtlU gmarra, a ftr l*  inandatkaiti, fi taaftrivm »» BamfixJa » tjasltUt  Cherka il amala ma fafftdtva già mma, fmrtUì  tifii atraadtrt ad amamdtta ; il tUt fi fraaki fa-  f(ia , ma» già im favara dal Stn^Uàaia , «4 da!-  U Ckiafa , m^mtb^ , ma» fattida fremdtrt m»  iiimifira farikalara, far mamtant.» d'm»a raadù  ta Jmffiaknta » aumttmttla , alla m» laftuaffa  d‘ afera firait» : ma tal fraifia, tha w inafiztm    58 TRATTATO DELLE   to larga , (*) perchè nc’femplìci Preti dicono «he comprenda il vivere  non lolo del Benefiziato, ma per la iua famiglia, de’ Parenti, e per tre  Servitori, e un Cavallo, ed anche per ricever fordlicri; (i) ma quan-  do il benefiziato folTc nobile, o letterato, («) olcra quello, tanto più,  che fi uguaglialTe alla lua nobiltà. Per un Vclcovo poi è maraviglia   3 ueIlo che dicono; (a) che de’ Cardinali (*) baili il detto comune  ella Corte: JEquiparantur Regibtts . (3) Ma tutto quello procedendo co’  termini ordinar), e per dilpenla, ogni Canonilla tiene che il Papa polU  conceder ad uno di tener Benefizj fino a che numero gli piace ; e in  fatti le difpenle della pluralità de'Bencfìzj paflarono tanto oltre , che  circa il 1310. le rivocò tutte, rillringendo le diipenlc a due ioli bene-  fizj: {b) il che elTcndo fatto con rilcrvare a sè la dilpofizione degli  altri, (come, parlando delle rilcrvc, (*) fi diri) non fu creduto all*  ora che folle fatto, per levare l’abufo; ma pel guadagno, mafiima-  mente perchè quel Pontefice fu lottil inventore de’ modi, per accrelccr  l’erario : e ne fece fede il tempo; imperocché fi tornò non lòlo alla  pluraliti di prima, ma ancora a maggiore; e fino a’ tempi nofiri ab-  biamo veduto, e veggiamo dilpenfe lenza mifura » Concordano tutti i  Canonilli, e Cafifii, che tali dilpcnle debbano efier anche date per  caulà legittima; e che pecchi il Papa, fc lenza quella le conceda/ ma  fe chi fi vale della dilpenla lenza legittima caufa concefia fia feuiato,  non fono d'accordo: (*) altri dicono che quella lulfraghi innanzi agli  uomini; altri , che ferva, per fuggire le pene delle leggi Canoniche,  e che in cofeienza , e prefib a Dio non vaglia punto . Quello parere  ^ feguito dalle perlone pie. (r) li primo è più grato alla Corte, alla  " quale    nt» ftr , th* nìum^   {Mrftm li t»TU0, fi fftfi il fsrtitQ di d^tnt nw/-  ti sd H» ftU, SMitrthì ti0 ara fnnta   MnfSdrié fti ftrvmm dtiU Cbt^u 0 « f0 fafiaaa tffe  re malti fia tara, e tagli altri.   (*)Cloflà td On. Ctericat . l. CmC ii.   qu. I.   (O i» tftimmavaaa in ^mefia rmada Ir taft, t»i  fariHaaa al /• d’mi fim freti, tbt Laùi ; td i  ^imafi » 0 » fartilaaa , fa maa $ Caudatari dt*  fafi . Tatti ì Camaaifii frri Barn fiat dt qarjla  fiwiimata. Vide Oomei de expe^t. num. 1&7.  llioùn. I‘am de rdtgn. beneC lib.5. qu. 4. num.  lj>. Asor. p. 1. Iil> 4. »p. le. qu. I. {fc PvMe>  noch. de Arbitrar, iìb. ». cafu N^rarr. Mi-   kellen. 61. de Orif. dt ClotH »d cap. 5. citi» de  petulio Clericonim .   (a) Vide cap. de molta al. ia fine, extra de  prxbcadii.   t a) fatila tha aaaQurmeatt farfrtndi ì il vr-  dart il fata eaaaa rha la Carta di Kaaaa fa da't'i-  feavi italiaai dalla Stata Zalrfiajhtt, i ^ati nam  falaaaaata fiamma ia fiadi alla frafaata da' Cardi-  aaii , aia aatara aaa fiiaaaaa difaaara il fatvirli  a tavaUi (aait il Vaftava di Ciafaa Cbia/a, Atra-  fimfiiadart dalT iaftradara al Ciatilia di Trtmta ,    la rirpfrantra al Vefiava di Mirti ia piana Ca^r»  faziaaa : fra Paolii, lib. tf. della Tua Sicria del  Contili». Oleta di fki , i lata Viftavaii fama tai-  rmnit taiuki dt ftnfiaai , tht fi npmtartbbaaafali-  ti^mì , fa il Papa valafia raaetder tara il  rapar *‘*ere, aha i Caatnifii afi^mana a'/ampiuà  Prati .   (*) Vide Nicol, de Clemangit de comipteEc»  cleux Uaiu cip.it. dt Pet. «ieAlliico de reliorni.  tapiti», ieu ilatus I^palù, de lue Rooi. Cutis,  dt Cardioalium.   ( } ) Damdr atnthimiana , dìc’ egli ibidem , rbt  aajfmaa ramdita i frappa grandi pir tara, fa naa  ì faprahhaadamta ptr gli fit$ Rii 1 ptrtA il Papa  ha tenetdata lata il frivilapia d' axar aa apemm  ad omnia beneficiai dai, ìù pater gadtrt apti fat-  ta di irnafiz), a fataUrt , a rtgaUri.   (^4) fai>,parhfia dalla Diaetfe di Caari tnFriifl.  tia. figitaala d'ma pevere Ciahattina.   ih) Noi omnn, & lìngulu difpenlatiofld lit-  per receptione, aut reteitnoAC plurium digniu-  tvui, aut beneficierum , dee. quinis cura anima-  runa Ut annexa .... cuieuntpte perlóaz con-  cellas, (Cardinaiibui ramen cxcepm J duiimuita-  htcf moderando, qood per nttMeraioefl .noiìruin  clinnatam nliuni beneficioruni nmltnudinem re.  Irertemui. Siatuipiu itaque quod obuncntn piu*   raliMtnn hujurmodi beneficiorum unum   tantum ex bencfliiii , quibui cura unmmcc ani-  marucn, aim beneficio Itnecura, quod haberenu-  hiennc , polTint licite rcttaere. Zxtrav- tit. da  prahtndU, tap. Emarrahtlit ,   (*) Fedi r attirala 37. a ramattazieaa terza.   Vide OloQiun a.1 capii. pi' CÌo*  Tanni di Verdun 1 Bencdinino, Franccfe. dille  molto di?erÌBiDeiRe il (ùo parere . Ki leggi um*-    nt, difi*egli, f*nt ft’Srtt* *U* dif^nf*, » rafie*  n* dtir ìmnirfttMi del Ltfitlntirt, il mm*U nin  fui frevidm tutti i tufi f*rtit*l*rt t£* dimun-  d*n» mnìietn.i*ni ; m* deve Oia 1 i7 Leiitlntin , tj*  l*H* ^ fent.* eteiniimit ferrh* tuffnnn *tfs hm f-  tui» * Im nnftmdrrfì. Chi difnenf* n»m fu* m*i  dtf*Uti(*ri U firfin* th'i eUlig*t* , uà UftUr  »Ulig*t» »ll* foalt **i* ingiu/Umunt* l*   dtffenf* : à un rrnr fefiinrt tl rrtdtri th* il di-  fftnfnr* fi* fnrt nn» gruu*, pàthi U iiffmf* i  un *tt* di pmjliti» diJhUmtiv» , ft tu n* fu  limmmeli * feer* thi n*n U d* *IU ftrfini nlU  quali ì dtvut* . L» Cbi^u u*m ì un* Jtrv* , ni  il Puf* i il fmtPudran*. T*et* *l P*f*, ilqu*‘  U nt» à , rii* ri firvidtrt di thi th» frtfijl» sii»  Tumigli* Crifiiun» , U d*rt * tiufthtdun* l»  f»* fr»fri* mffur*, ei*ii , quella th* gh ì devu-  t*. Quem confliruirDoininiu &per familiam fitam,  ut det illia in lempcte tritici mnifuram. Lnczia.  L* àfffeufm M  tigliezza umana, volendo dare due Benefizj incompatibili ad una perlò*  na, unirne uno all’altro, durante la vita di quella ( i ) in maniera,  che, dandole il principale, era dato in conleguenza anche Tunito; di  modo che fi Ulva va benifiimo la legge di non aver pjù, che un Be*  nefizio in apparenza; ma in efifienza non era, fe non oflcrvanza delle   S arole con iralgrcnione del fenio; la chiamano i Giureconfulti fraudo  ella legge, (a) Quello fervi ancora per poter dare un Benefizio Cura-  to ad un fanciullo; o ad altra perlona fenza lettere, e lenza obbligo di  ricevere gli Ordini facri : unendo il Benefizio Curato ad un lemplice ,  durante la vita; e coHlerendo il iemplice in titolo, rellava il Benefi-  ziario padrone anche di quello Curato; e le parole della legge erano  bcnilTimo olTcrvate. Ma il poter unire Benenzj ad vitam non fu mai  concelTo a'Velcovi per caufa alcuna, anzi rilervaco ai folo Pontefice Ro-  mano. Alcuni Leggilti la chiamano unione in nome, ma in fatti è ri-  lalfazione della legge; e l'hanno per dannabile: (3) perlochè anche in  qualche Regno è Itata proibita. Fi; lungamente utata dalla Corte Ro-  mana.* adelìb non è più in ulo ; (4) come nè anche molte altre cau-  tele^ per non le chiamar fraudi, come quelle, che parlano troppo le?  galmemc, per le caule che fi diranno, venendo a'noitri tempi.    XXXV,    Anche la Commenda ebbe una buona ifiltuzione antica ; imperoc*  ché, vacando un Benefizio elettivo, un Velcovato, una Badia, ovvero un  Benefizio che fofic julpatronato, al quale l’Ordinario per qualche ri-  fpctto non poiclTe provvedere immediatcmente , la cura di quello era  raccomandara «M- nnal r.hg losectto degno, (*) fintantoché   la provyifionc fi facefle*, il quale peri non ivéVa racoiift' dl valcrfi dell’  entrate, ma foto di governarle*, c a quello fi pigliava perfona eccel-  lente, e perciò d'ordinario era un Benefiziato, al quale la Cura com-  mendata era di pelo, perchè |>ilognava che la prendefle per lolo ler-  vizio delia Chiela. Quelli non fi poteva dir avere il Benefizio com-  mendatogli, le non molto impropriamente; c perciò in realtà non ave-  va due benefizj: («) con tutto ciò, per non far diificolt^ di parlare,  nacque una maflìma tra’Canonìlli, che uno poteva avere due Benefi-  zj, uno in titolo, l’altro in commenda (*)• Non durava la Commen*   etra ptionltt defit «noli. Yfl lUqaid deCt cq* Ctrtt. Quid da aniooibaf bcflcficioniiii ,4 tìcub  t» fslioru. Immt.Wl. tf- fa. /mk. a. unmi, tf , nt, dilicct, obAct iDa bent»   fttxunfrm. fifiontm pleralitsa ad obnnenda lacompstìbilU »    d ftmf» dtfrmmdmt» , fHthi ilCtmm9»dmtmti» isvi.  (cm CommcDdim, ut przmtmtur, ntc (ifhinde* tm n*» trm diftrnut im vrrm» reati dmlTùmlmrt:  cbrjBmt ultn femeAm temporit fpscium non da- tijlimnié mt Jm fa^a fmmmU d*lU Mit dtUm  rsrei lUtuenrct «juiccjaid iecui de Cotnmcadu Ec. Ctt mum dm i Curim mofMAern. tc tegicnen, de  deiìanim {Mrceciilium adiun Aieht eiTe irrirum «dminillritìoDent libi m rpirtcualibus , de retnpo-  ip(b jar«. Ca/ÌA  Ctmatrmis. Ma i fApt, fAttwiefi fuptrttri aUa  U^ t , pr$luaiATAt%t i tirmiu* itllt CAAvuatit , •  AAmetdttrtr* Mmtf it' frutti 0^1, ArnuumprA-  ttrii ÌAÌi fAg Attua fini a itnurt — ■ i   it ia vi/4 ttm tutti It lari rtuitlt | étp* di tbt  muturiut uUrtJÌ It Jlilt dtilt Un MU, iumdf  ti rvconuiiduaio «yuclU Cbielà, uKachi tu  poiTi (ulleanre ii tuo iUio ) DtlU FauuiIia Fiifeki, it’ Cauti ii La-  VàfnA, liuti ««Ì114J* ikiAmAti il pAifl  uimifii .   (i) Circe idein tempm milìc dommtu aovut  I*epe quemdpRi nomm in Angliam pecunie ee>  torlotem. Megittrum, videlieec. Meninuin aaten.  tkum pipale delìrteniem. de habentem poteiUtcìn  eecommunicendi , fialpeBdeadi , de multipliciter vu.  lunati fii2 refiilenrn punieadi. Idem. £' do if-  ferVAtfi, tké i Ao/i priuàmua uum A grAuii au-  tpriiA r«/r /«fbilrrrro i» virtù à'uu uutua diru-  ti fiuuAti JulU d«e4e.i4«e di Cifiumiiui, par ttd  tutti l’//«lr, par nutUt tkt pritiuiavAut , uppur-  tiuavAui uliu Ckufu JUaioAo . Ad precei meu il*  loUn Regi Angloram Henneo II. cooeellit, da  dedite Haarianui)Hiberniun fare bicrediterio poC  (idendain. Nem omne» infiilx, de jgrc anoipw ,  tx dooecKine Confbnrini, qui eun bindevM • d(  dotavit, dicuntur ad Rotneaun EcclefUm petti*  nere . Joaaods Surobcticniii |ib. 4. MetèlB|ici ,  «p. 4»*    Digitized by Google     MATER. BENEFIC 63    ta del Re, cioè, doooo. marche. Propofe (i) il Re di ciò querele nel  Concilio di Lione, lamentandofi de' fuddetti aggravj.* al che rifpofe il  Papa, che ij Concilio non era congregato per ciò, e non (1) era tem*  po di attendervi. Nella flelTa Cirù di Lione, al tempo del Concilio,  il Papa volle dar alcune prebende di quelle Chiefe a’iuoi Parenti; di ,  che fu moto grande nella Citt^, e fu il Papa avvertito che fareb^ro  flati gettaci nel Rodano; (a) perlochè il Pontefice li fece occultamente  partire.   Non reftò per quello la Corte dalle fuc imprefe; (*) anzi nel 1153*  riftefib Papa comandò a Roberto Vefeovo Lincolienfe , uomo in quei  tempi celebre in dottrina, e bonù, che confcriflc certo Benefìzio ad  un Genovefe contra i Canoni.' il che parendo al Vefeovo inconveniente,  c ingiuHo, rifpofe al Papa, che onorava i comandamenti AppolloUci,  conforme alla dottrina Appoftolica; ma che quel abftam'tbu% era un  diluvio d' incollanza , un mancamento di fede, una perturbazione della  tranquilliti del Crifiianefimo*, ch’era grave peccato defraudare le pecore  del loro pafcolo*, che la Sede AppoHolica aveva ogni podelli in edifica-  zione, nelTuna in dillruzione. (^) Ricevuta quella rifpolla, il Papa fi fde-  gnò grandemente.- (c) ma il Cardinal Egidio, Spagnuolo, uomo pruden-  te, ten-    (i ) Il mdtfimt Sttrir» diti tfn Ì0 rtmdìtM dt'  aràqiftM/i UmUmì fi»ktlitt in  dm» » fii di 70. imt» manh* d'*rgtntii t tht   tv. »vn» fi» imfmrrita l» Ckitf» di  Jh$ , dt tht »vtv *»4 jfattp tufri $ V»fi d»-   S.fittn. Epifcoout Kobenus Liflcolnienl» fi-  cit A io'u Clertcis ailigemer cooipumi Alienoram  pmeann in An^lù, Bc invennim rft. Se vert-    caniibua qao£lam alicfugenas ronfàoguineoa , vel  affìnea fiiM, inconEiho Capitulo, iocrudere, re.  fiitcrunt « in brie Canonici Lagdunenfès. coot'  ffitaaiiTcì, Se eum juramentoobteltintei, qood*, iì  tiki ipud LugduBucn apparerenr, non pòilét eoi  velArchiepilcopuf, vel Canonici , pro(c|;^re,  Mat. Vvtfiaaaafiar.   Oroflet «ft.   (S) Mandatu ApoAolicit, du'aili valla fa» ti-  fpafla al Fapa , aSedioue filiali devou Se reveren.  ter oMio : hit qno^ qiaae nuodatia ApoAoìiria  adrcrtiintur, paternum xclani honorem , adverìor  Scobftoi ad Drmmque enitn teneorei dirtnomn.  dato.,» Non «là igitor Itterz renor Afoftolica  fimAitati cxmibniu, r«l abionua pluràmutn Se di»  icort. Priioo,  luparbo animo  aitr Quia eft ifte fenex delirua , furdua, St ab-  lurdua, qui fii^ mudar, imo tetnerariua judiear}  Chi atai di ^aafii daa vaatfriav» , il Papa , akt  walava i Caaaai, a Lineala , rlta li. difandtvaì  Cki di ^aafii daa tra fardat tÀaaala , r*« «■/«».  dava Jt iaat la vaca dal Sigaara , a laaartatia »  aUa aam vaiava aftaltar gatlla d'm» Variata Ap-  pa^aìtta, tkt rl'^agnava il far davart ì Per Pe-  tratti , Se PauTuma yi. giarava par Saa Piatta, a  Saa Parla marre Listtain , tha gli fatava aliar»  l» settdafim» eaTrtt.iaaa tha Sa» Patir avtva fat-  ta a Saa Pittra , quia repreniibilii erat , Se non  fede itnbulabn ad \erttatem Evangeliii Galat.x.  la xsatt i' imitata le» PUtra, il qaala prtfiul sii  grufi» earrttàaati nKì moveret noa innata inge-  nuitaa, iplàim in lanrain conliilìancm przcipiti-  r«m , ut coti munds bbula loret Se exemplum .  Ihtdtm.    Digitìzed by Google     64 TRATTATO DELLE   t«, tentò di mitigarlo, moflrandoglt che il procedere contri un uomo  cosi riputato, per fiuia tanto abborrita dal mondo, non poteva parto*  rir buon effetto. (4) Ma mentre il Papa penfava al modo di rilcmir-  n, s'ammalò Roberto; e in fine della vita tenne gli ftefli ragionamene  ti: (^) Mori con opinione di fanritli, e fu fama che facelTe miracoli.  Il Papa, udirà la morte, fece formar un proceffo al Re, che il mor-  to fodè difotterrato *, ma la notte feguente ebbe il Papa in vifione, o  in fogno, Rcberto veflito in Pontificale , che lo ripreie della pcrlecu-  zione alla memoria fiia, e lo percolTe in un fianco col calcio dei pafio-  rale ; (c) fi dcflò il Papa con ccccflivo dolore in quel luogo che lo col-  pi fino alla mone; la quale {d) fcgul indi a pochi mefi nel 1^58.  Alcffandro IV. fuo fucceifore, (*) fcomunicò TArcivefcovo di Jorck per  una caulà fimilc; il quale, perfcverando nella fua deliberazione, foppor-  tò la pcrlècuzionc con molta pazienza; (/) c avvicinato alla morte, IcrifTc  • al Pa-    tti) Nt^n ctpcdim , Donrin* , ut altqaid da-  ruin contri i|>tum epifc(i«in ^'ini«rctna>{ utenim  vera fateainur , vera Ciat cmx duit • noo poC  fnntui cum condemam . CaiholKUi eft , nno  Ik (mdiCriotiii , eol>U religiufìor , nobù (in-  dlior, eice{Ìenùor, de ecccHeRnorti ritz ita , ut  non credatur inter oenno l'rckioj inajorem, imo  noe parem habert . NoTÌt bnc GiUicaiu , Se An-  glicana CUn Univerlìiaij noan nou przvalem  coniradiAio. Hojuftnodi epillslx vtritas, quzjam  torte muUis innocuità muicoi centra no* poterit  cominovere. Kzc difcrunt Dominut iEgi-Uut •  Hifpanut Cardinalif , dr atu. coniUium diucei Div  mino Pape, ut oninu hzc conaivearibui oculit  fub dilTimulatton* ttontire pcrmitieret, ne fuper  hoc tamuiiuf eiritamur. Ui^- ^t//«   «/ ir/ mtdtjimt Psris , tra m»   fran ptrftaafs*»' carCD*. iu' t^U , coluntRa  in Curia Komartn veriutn Se iuftiar. & mune-  Tum aTperaaiar, qux ngernii «quirarh fleAere   uL /w r.T,! ..   PrivilMia (kadonim pomibcuBi Romane.  rum prxdKcIwum fuorum Pipa impudenter in.  nulisrc per hoc rrpagulum, m«* tSfiaatt, noo  •rubefeit: qaod non b( line corum prz/udKÌe , &  incuria rmniielia / /k cniru reprobat , & dirute  quod unti) St tot (anAi xdificarunt . Nonne di.  cu Papa de fu» plerilque PratJerclToribu* , iìU,  vai tUt fu rttirdaritai* PraJtttftr ntfitr , tc fz*  p«: adhartam fanUi ^Tadtttfftrn aa/ht vtftuiis ,  Sei. (^are ergo, quz lecenint, duuant iunda-  menta qui lequuniur/ Nonne pluiti, divina gra-  ta klirati, majotet funt uno fi>lo adhuc perieli.   tanK? Uode ergo hre injuriok lemeritss,   prmlegia laiiquorum Sartftorum multcrrum in ir*  rituni levonre ? Ciaè i il Pafa aaa ta rtfftri di  aafart, a d’aaaaUar* cmm* Nonobtlance la Ce»-  atfiami, a {U atti dt'fmai fanti Aattctffari , fiata  tta^trar il sarta, a‘l difaaara rlt'tfli fa alla li-  ra mimaria . gaitaada a urta tutta tl lata tdtfetta  fairianaU. j/hj^amda ài Pafa farla nalla ftta Balla  d' aitami ddjiai Aatrttffar$ , ma dita il nolìro An*  icce/lotc N. di Dia memotia? volen-   do (egujr le TeftigM del oofiro Ciaio Antecc/To-  rtf Pttik!*dma^na*aaiuart i faadamemti fa/t dagl'  altri ì ideili Pafi, i gmah, ftr la Dia gratta,  fama arrivati ftUtamanta u» Mrre, nam iuamamag-  giar tradita, t^a ama fata, il gnal ì mmtara im ft-  rirala dt far naafragiaì Damda maftt dmagaa tka  Jmaatantia vaala tan una uaaaritd ftifmaliufa rai-  mavart i friviltgi aamtadmti da tanti Saati Pamtt-  fui Bamant t Paria nella BKdefima TÌri .    (c) Hoc anno (ttf4-) D'tniinut Papa, dum,  imut fnpra modum, vellrt oQa Epi£:ofH Lincot-  aicniis exua Ecclelìam mojkere..... Juint taleni  litenm fcribi Domino Regi Angliz tranfinirren-  dam; fcieni quod ipr# Rex libentcr dcCrvirei in  ipfucDtMiprracri&è , fir fatila tbiditi il aa/lra Sta-  rila fai, a futi fagina immamti , ila^rre tra Do.  mini Papi, de Rzgii redargutor nuaifellui.)Seil  no^ léqucnii appiruit CI idem Epilcoput LtiiroU  nieotU , pontiScaitbua redimiti» i ac voce icrri.  bili tpÉim Papam in ledo fìoe quiete quiekecu  rem aggredUur, Se aAiiurt pungenv iplum in la-  teff iUu impetuofo cufpide bacuLi fi» palloialit:  Et «liait et: Simbnldo , Papa miièrriiM , propoTui.  iUoe oda mea extra E.  mneni , 8c molclUin . J^d .   (e) Ftrfa il fina diU'anna iaj4> » awdrjCew  Matita Pari* nfcrua tha lanatiatia, travaadafi uà  fama di marie, « vrdtada fugatri i faai f èrtati g  iar Jiffa t Quid piangiti! , milen I Nonne voe  otnnea divitrv relinquol quid ampliiia exigitia t  id eli: faribf mai fiagaitt, a ftmfluiì ia vi ta-  ftia talli rtecbij tht vaia a di fitti   ( * ) J^l‘ ara di Cafa Canti , tama Xatatiatia  III-, * Urigaria IX-   (/) Anno ix{p. aggravxvic manum luam Do-  minus Papa in ArchicoikopQm Eboraccniètn , pif.  fitqoc eum ijnoiriinioie nimii in tota Anglu ex*  ronunurucari . Ipk lauwn Archiep. excmplo B.  TiMuz Durtim, nec non B. RoIkiu Epilc. Lin.  colnienlis, fidelitata «rudkua , ^ lolatio csdcaa  mirtendo minime dclpeiDvit, oennem ppalem ry>  rannideiB piuenier lullinendo: t atta fagut dtfai  Remili genuaSeUere Baal , & indignis berbarii opi-  ma beneficia Eccidìc lux, quafi margaritai por.  eia, imo rpurcia^ diHribueie . IbuUn ,   iero dichiararfì affoluti Padroni in tutte le collazioni de' benefìzj per tut-  to il mondo ; e levarG dal bifogno di trovar Tempre modi , e arti ,  per tirare le collazioni a Roma; e fece una Bolla la quale non con-  chiude altro, l'alvo che la .rifcrvazionc de’ vacanti in Curia; dicendo  che le collazione di quelli per antica confuetudine è rìfervaca al Papa; e  però ch'egli approva quella confuetudìitc, e vuole che Aa olTcrvata : ma,  per conchiudere folo quello , intanto fa un proemio ipotetico , dicen-  do: benché la plenaria dilpoAzione di tutti i BeneAz) appartenga al  PontcAce Romano, Acchè non folo può conferirli quando vacano; ma  anche può, innanzi la vacanza, conceder ragione per acquillarli ; nondi-  meno lantica confuetudine più fpezialmenie ha rifervati i vacanti in Cu-  ria: perlochè noi approviamo tal confuetudine. (^) Se il Papa avelTe fatto  un editto conchiudente che la difpoAzione di tutti i BeneAzj toccava a  lui, il mondo A làrebbe melTo in moto; e, cosi gli Ecdenaflici, cornei  Principi, e gli altri Patroni Laici avrebbero detto le loro ragioni/ ma que-  lla propoAzione meffa in una condizionale, fenza conchiufìone, pafsò fa-  cilmente lenza che foflè avvertito quanto imporiaCTe . Anzi due anni  dopo, cioè nel iz6$, fenza aver alcun rifpctto a quella Bolla, S.Lodo-  vico. Re di Francia, vedendo che le provvifioni fatte dalla Regina fua  Madre Reggente, mentre durò la fua minoriili, c TalTcnza in Terra (anta,  non giovavano, per levar le confuAoni introdotte nella materia bencAzia-  le, fece la fua celebre prammaticha, (*) dove comandò che ieChiefe Catte-  Tomo Ih I dralt    tri, 0 tinijMt P0tÌ0* dtf0t N« «enfi» prartereon.  dum qaod B. Hdmandus, Le^r in TheologuO-  XODiali , t ^ Arrhrrfr»V0 i* C»Mttrifty , et dire*  re roofticeK i O Servale» fWjfd rr* H rum* di  Artrvtfttx^ di /erlc , nutt/r ab hoc Ixotio  tnnlinterabU| kao» vel làltem gravibut , St in*  Càperabilibut in muodo tribnietionibiu impemits ,  He trucidami. ì^itm »d & tifi.   (4) In anurt(sdi/.e amiu« fctipùtl'apz, esem.   I loRobeni Liocolnientif Epiùopi pntvo.uua» do-  !M ioconlbUixliter quott camraauifirmicertplum  fttigarat , co quod iacxpcrioi » de ltngu« AaglKa-  nx igxan» renate accepure» nane tulbentieoda,  nane tb iiedetìa eliminando , nuoc Craeem aa-  krendn, dee. U pnii't 0I ftu frtm> Umùfi’   ntttr dt f 0 rt 4 rgU ù Crtrt  po.  teli de ^re mnrerre» Tcnim eium juj in ipTrt  tnbuere vacatami colUrionem carnea Bccldia.  tum» dignittnim» de beneficiontni » «pud Sedem  ApotlolKim vartunuin » ^cialiin cxterii antiqua  oon^uctudo Ronunii Poatititìbui rdervavu .  itaque laudabilcm reputante* hojuftnoii cojkòeta*  diiieiii, de eam auclònuie apoUolica approbanrei»  ac niltilominiu volentet ipkin innolabiter obkr.  vari, ead^ auAoritare ftaruimus ut beneficia qux  apod Sedem iptàm dcinccpi vacare conrigrnt ali.  quia» OTxter Romanutn Pcimifi^m, coninre ali-  Oli . icu afiquibai , non prefunut . Sarti Owrar.  m.j. tu. dt praitBdit. taf. a,   (*) Si dmku» tmité tbt ^ut/ta framxtatitx  ffa di Sa» Ltd0vtt0, ma» m* farUmda im eamta  vtfitMt gli Sfrittari r«reiM#r«»n : altra di tha  »t» fi vaia tkt il Pafa , il ^xalt Tignava alt»,  ra , aUia avuta altn» dtffartrt ea» fati Ut ; il  tbt fariUi ttrtaaaatt» attadmta, fa da la» fafa  vernata una tal ardatatiaat. diBamr-   itìlUt tht la rigHta «al ttxafa dt tadbanr# XI.    /    66 TRATTATO DELLE   jdrali aveflero reiezioni libere, e i Monaderi fìmilmente, e che gli altri Ber  neiizj tutti folTcro dati lecondo la dilpolizione della legge, c non potelTc  eflèr levata alcuna impofìzione dalla Corte Romana Topra i Benefìzi fenr  za confenfo fuo, e della Chiefa del Tuo Regno, (a) L’andata del Tanto Re  in Affrica contea i Mori; la Tua morte, che TucceTTe nel iZ7o’, il biTo-  gno che la CaTa d’ Angiò ebbe del lavare Pontifìcio , per idabilire il Tuo  Regno in Napoli, e ricuperare quello di Sicilia, e la Tacoltb che il Papa  concelTe al Re d' impor decime Torto pretedo della guerra di Terra Tan-  ta, fecero che i Francefi facilmente lafciarono racquidare alla Corte 1 '  idefla autorità', onde nel 1398. Bonifazio Vili. poTe la Codituzione  di Clemente nelle Decretali, e fece che quello ch’era ipotetico, e in-  cidentemente detto, folle il principale: e, per darle maggior autorità,  la poTe fotta nome di Clemente, lafciando in ambiguo. Te follé il quar-  to, o il terzo", onde adedb in alcuni cTemplari fi legge in altri   quario-, (*) perlochè all’ora fu dato principio a creder queda prowjfizio-  ne, cioè, che la plenaria diTpofizione di tutti i Benefizi Ecdefiadici ap  particne al Papa ", il che pretendefi intendere in TenTo non affatto perver-  to, cioè, che il Papa abbia piena podedb, ma regolata perb dalle leggi,  p della ragione, (f) Clemente V. indi a poco fece ceflàre ogni buona  intelligenza , con dire che 11 Papa abbia non fola piena podedb , ma anche  libera Topra tutti i benefizi S W 1 ^ liberà ì intende da’ Canonidi  piente da ogni legge e ragione: ficchè egli può, non odante la ragione ,  o l’interelfe di qual fi voglia ChieTa, o particolar perlona, eziandio  Padrone Laico, farne tutto quello che gii piace. Queda propofizione con  ogni occafione fi pone nelle Bolle", e non è Canonida che non la palli  per cliiara, anzi per articolo di fede, dicendo che il Papa nella col-  lazione di qualfivoglia Benefìzio può concorrere coirOrdinario , e anche  prevenirlo ", e , piacendagli cosi , dar anche autoritli a chi gli piace  di poter fimilmente concorrere coll’Ordinario, e prevenirlo, ficcome  hanno poi data queda facoltà a' Legati con una Codituzione gene-  rale,   NelTu-    te» »» Uhth iutìieUt» t Dc&n(brium CoiKortlA*  toruffi iiucr Seitm ApoflolKun , & R«^ni tnn-  cùr Ludovicum XI, tht Àu» th'*** ■*** ^   di S. LnUviee , it ni psrli* i» ttrmÌMi t   Quod BUtsm etdem afcrioinir fecill« pragnurKAio,  |«r qutiR quuiun juAi&cafe nituatur PraKiTutt-  cim per Scicaifi. Principem Ctroiiua Rc{[cni  (VII.) donÌAi aoflri Lttduvici genKorem «ditam,  Ot per «(undcin dominum naliruin Liidovkuin «•  tboike aiiscr •bro^tMoi, nlhìl prtxietit cis , tie«  qui prodenè fi tttendAnnir fingaU verbi   ejufdeni benfli iùb tenore bnjas aferipue libi Prtg*  punea   bcani, & uoicuique faa jurildidio lérvetur ....  Item prouMiioAca, MiUiionei, proTÌfiono, jlcdi*  fpofìtionea prxlaturaxujB , digaitatam , St alioruin  ouoraowiUDque bencficiontoi « & OtlUiorum fec-  (Wiaftk.aTuu Regni ootlri , (écutidum ddpofitio-  oetn , orduucioneis , Oc determinadtiacm juria  (ooifuUAu, Sactorum Conci lionim ficclelùe Dei,    ttqae infittutonia anitquorum Sarklnnitn rarruot,  fieri ToJuatui, & ordinanu». Iretn eu^onct,&  onera gravillìnu pccumarum per Cunam Roau>  oam Ecdefiat regni noflri impollta , tei impofirato  quibu* eiitcrabiltcer regnutn ooltrum depaupera-  rum enitk; lìveeuam un^toneiub», vel inipocven.  da, ievtfi. ast rolligi iwIIìucrui votiimut, nifi  dumtucac prò rationabili, pia, &ura[e.’uiflìma cau  li*, il quale è con proibire ogni torta d’alienazione*, cole per diame«  tro contraria a quello che la primitiva Chiela olfervava. Imperocché,  febben le Chiefe, quando fu lecito per le leggi de’Principi lacquiilare  (labili, ritenevano quelli eh’ erano donati, o lalciati*, era però in liber>   del Velcovo non lolo di valerfì dell’ entrate, ma di vendere anche  i fondi fle(H , per fare le fpele necclTarie nel mantenere i Minillri ,  e i poveri*, (*) c anche di donare, (ccondo l'efìgenza ■, e T autoritli  di difpenfatore concelTa al Velcovo non fi llendcva lolo (opra i frut>  ai, come adelTo, ma anche (opra i fondi llcin, e altri capitoli.' il che  da principio era amminillrato con fìncertt^ , lìcchè però non ne  nafeevano inconvenienti*, e durò anche lungamente nelle Chiefe po-  vere*, dove, per elTervi pochi beni, e i Vdcovt di non grande autoi*  ritV ) non yi era materia di traigrellione : ma nelle Chicle ricche , e  grandi, dove la riputazione dava ardire a* Velcovi di tentare quello  che ad ogn’uno non larebbe (lato permeflb; e l’abbondanza dava ma>  teria di poter vaicrfi di qualche parte ad arbitrio , i Velcovi comin-  ciarono ad eccedere i termini della modedia , dal difpcnlarc pafTando  al didìpare; onde fu neceffario provvedervi; nè la provviGonc venne  dagli Écclefìadici , ma da’ Secolari , in pregiudizio de’ quali era : im*  perocché , diminuenJoG i beni pubblici della Chiela , non pativano t  Cherìci, eh' erano i primi a cavare il loro vitto, ma i poveri, che  fella vano nell’ ultimo luogo. (*)   Nelle principalilTimc Chiefe, ch’erano Roma, e CoflantinopoU, la  provviGonc fu anche primieramente ncceG*aria; perloc he Leone Imperado-  re con una fua legge del 470. (i) proibì ogni-aliehazione alla Chiela di  Codantinopoli e nel 4S31. PrAfetto Pretorio del Re Odoa-   ere in Ronta, (2) vacante la Sede di Simplicio, con un Decreto fatto  nella Chiefa ordinò che non poteffero elTcr alienati i beni della Chiela  llomana; il che da tre PonteGci Icguenti non fu trovato Urano: (3)  nel 502. Simmaco Papa, effendo gili morto Odoacre, e Gnita ogni  fua potenza, congregò (4) un Concilio di tutta Italia, dove propolc,  come per grande ilravaganza, che un Laico avelTc fatte Colticuzioni  nella Chiefa; e con affento del Concilio le dichiarò nulle: ma, per non  parer che ciò facelTe per vbler feguire nel dilordine, fu nel Concilio  fatto decreto, che il Ponte Gce Romano, e gli altri MiniGrì di quel-  la Chiefa non potelTero alienare; (5) Ipccifi cando che il decreto non  obbligalTe altra Chiefa, che la Romana lolamenre.   1 tempi feguenti moGrarono che vi era bifogno della GcHa legge in  ^utee le Chiefe; perlochè AtutGagio Gele la legge di Leone a tutte le   Chiefe    (•) ViJe C»n- 1 }. ac I®. C4jt* *»•   (*) Vidi Ititi r. $ 9.   IO Sl»tfi* i U Ufi* 14. Co 4 Sact«CiD{^.  £(Ueil»> tk'ì di Lttf*, • di  (») dio; iJ MuchÙTcHi. tmfmdrtnifé-   fi dtll' hmffTM , dtft mtmr mmm»tXJU0 Ortfi* , t  imff» in j"i» AngmJhU , fm* , Ufti» il   pH i'Jmftrsdtrt, * fi fnt tbimpur* JU di Ktau,    Urna tamtiafft tù^, tMH Hb-   ». dtlU fnm Sttfi* di Timtt.   ( } ) F flirt IL * ftrtndp altri III. Qtlafit I. «   Jlnafiélit IL   (4} ^ Jtivrm*.   O) Qmtdt CiiHtmt > riftritt dMGr*iMB*CsMf.  t ». f w. ». Cm. ut» M.    Digitized by Google       MATER. BENEFIC. 69   Chiefe foggette al Patriarca Coilantinopolitano, (i) alle quali tutte  proibì il poter alienare. Ma Giuftiniano Imperadore nel 535. fece una  Coftituzione generale a tutte le Chicle di Oriente, di Occidente, c di  Affrica, c anche a rutti ì luoghi pii, con proibizione che non pote(Te>  ro alienare ; eccettuato Colo per nutrir poveri in cafo di fame RraordU  naria, e di rifeattar (2) prigioni, gli concelfe ralienazione, confórme  air antico coRume del quale S.Ambrogio fa menzione, che non lolo le  polTenioni, ma anche i vaA fi vendevano per quelle caufe. (4) La leg>  ge di GiuRiniano fu olfervata ne* tempi feguenti nell’Occidente, (3) li-  no che Roma rellò fotto l'Imperio Orientale; e vi fono molte pillole  dì S. Gregorio che fanno menzione de' beni alienati per rifeatto degli  Schiavi, Anzi da’tempi di Pdagio II. fino ad Adriano I. (4) per an* ^  ni 200. fu incredibile la fpefa che faceva la Chiefa Romana , per  ricomperarfi da’ longobardi, così acciò levalTero gli alfedj, come acciò  non molefiafTero il Contado : e S. Gregorio ne rende buon tefiimonio  del fuo tempo. Non aveva credito all’ora la dottrina che corre al pre-  fente, che da’birogni comuni (5) fieno efenii ì beni Ecdefiafiici ; an-  zi tutto il contrario, quelli erano ì primi ad elTere fpefi, innanzi che  fi venifle a porre contribuzioni fopra le cofe private. Nè meno fareb-  be venuto in penfiero di porre in controverfia lautorìt^ de’Principi nel  fare le leggi, perchè, oltra la perpetua olfervanza, vi era il lodo fon-  damento, che quelli erano beni delle Chiefe, cioè, del comune, e del-  la congregazione de' Fedeli; (d) onde toccava al Principe procurarne la  confervazione •   Dappoiché fu fiabilito l’ Imperio in Carlo Magno, reflando le leggi  Romane fenza autorità, tornò l’abufo; onde furono fatte diverfe proi-  bizioni da diverfi Concilj, (7) in Francia malfime, dove la dilfipazio-  ne era maggiore. (8) dappoiché ì Pontehei Romani aflunfcro piò  parte nel governo dell’ altre Chiefe, vedendo che la proibizione untver-  iale faceva poco efiètto, non mancando preteRi a’ Prelati , per eccet-  tuare    17. Cod. de Sacro&oftù   Ecclcfiu .   (t) la Unitila 7 .eaf.l. tir. l. telLi,   Pro redemptione Capeirumui. Jut S.Ttat’  maft , Se aliis n«ceirir«cibus ptuperam , vaTa cuU  nii divino dieau duinhunrai', it AinWoiìu» di*  eie >• l. itf. mrr.7. m rtff. a 4 J. Vtde-   Tur. itet iìGatiami JMn», r « Ramat CardriM-  U Rcgibut zquipirantuT ) duiimu* taliter mode-  nndit, qood per cnodenmen noftmm eftrcnatain  riUum beseiictoniia muintudmem refreneoMis ,  ipdque impeiramet tru^ dif^nrationutnhuiulino-  di toulittr non AuArentur. btatuiv.uu itaqueqaod  obtinencet nunc ei di^nUtione leginma plurali-   tatem huiul'inodi beaeheionim unum tantum   ex bencEcna, quibui cara imininet antnurum ,  culli dinirite, vei beacEcìo line cura, quod h*-  bere nuluerint. poflìac licite rvtiurre: t mna  (i«a dtf*. Qac omnia ScEngula beneEcia vacam-  ra. rei diiruUi, noArc, 3t Sedi Apoft. dirpofino-  m reCervaimu: inhibenen ne quia, prcrer Ram.  l>ontifieem , de hu^finodi benefciii difponere ,  vel circa illa per viam permiiutionit. vel alias .  innovare quoquomodo praduoiat. ZjcrraMg. tit.  dt frtk. t*f. ZxtttMhHt,    (t'i a fHsU immidiMtsmmtf gli fnettf* -   f]) Speculiter fiurdcgaleniem Erclefuni . 8c  Moniilrrm— Cni*.i> Buidegalentìi , C>di.   eie UnCìi Henedidi Et generaliur Patria^   ctulea . Archi^'^.tcopalei » Epilcopale^ Ecclefias .  MonaAeria, Priurttui nec non Cinonicicat , Prz-  bendai. EcrIetUs nia cura, velgna cura. Se aUa  quziibet beoetìcia BcrleSalìica, qu« apud Sedea  ApoAolicim vacare a itoiaiur ad prz^cu . & que  toto aoliri potniEranu tempore vacare conticerK  in Eirurum, pravitiofii, collationi , li difpofitio.  ni nollrR , 8c Sedia c)urjem , lue vice aucioriate  Apollolica relèrviimui . Extrsvtg. CummiB. 3. rù>  df f^éttmdit, mp 3>   C 4 ) Adeo rcboi oorìi fluduit . ditt U ?Uth  M tuli» fu» wtm, ut Se timpticea Epitcnpami bi«  iàruin diTitèric , ac dtvìfoi in unum rcdcgcrti .  & Abbaiiw in Epikowruv, 8t Epifeopami inAb*  baciai vinflim mnihilenc. Novat quoque digoi-  tatet, nova collegii in Eededìt cooiluuit, &c.  tgU dìvtf* gmtlU d$ T»Uf» i» rnifiw. rrgtmjUU  M Artivtferauté , t duuJpgli ftr l§   ^»ttr$ Cirri eh’tgU fmtmh»v» d*ll» fu» ’>w»*  U»9f»mSu», L»vu»r , fUtug , * Ltmii» .  Gli uSrgiù aai-tadie Eumett. . tkt BmifuMà» Vili.  uvtv» mtft f»tt» NArhtnu, di euìAUt , «S fwir-  d$-Tt">itrt divtmutr» fuffAtunù et» mw "utvu  ttezitut . Stmmifi Cuftrtt i»l nfetvtt» d'AUi^  S»i»tf»»r d»lU Cbir/ nrts U ^rnspiitm dtlU  ms, uuutftkt rht ptrtUtmtltilpàttfsisrt il v*—  ufism dtlls mdfint n) nrts ts msmitrs , ftrtki  ■M dttrrtUt fi mtm mtl fmt itlV enne. K   Paole nel iib.t. del uo CoocUio di Trcnte.    Digitized by Google    MATER. BENEFIC. 73   na; e tanto più per grave, quanto quella opera è congiunta con fpe>  ic di Bolle, difpenl'c, c prefenti precedenti; che tutte levano il dana-  ro, eh’ è il nervo delle forze, il quale non torna mai, come fa per  via dell’altre mercanzie.   Quando quella novicù fu introdotta dal Pontefice, le perfone ordina-  rie non feppero vedere che differenza fofle tra quello pagamento , e  quello che fu cosi biafimato ne’ tempi in cui i Principi davano i Be-  Hzj . Ma gli uomini letterati in que’ primi renapi univerlalmente la  dannavano come cofa fimoniaca . ( o ) In progreflb di tempo alcuni  iludiarono modi di giuili6carla in maniera, che lì divifero ; altri ri-  prendendola come cofa illegittima, fimoniaca , e proibita dalle leg-  gi divine , e umane ; altri lodandola come cofa lecita , anzi ne-  cclTaria, e debiu al PontcBce Romano; pollando quelli innanzi li-  no al difendere che il Papa, non fulo polla dimandar un’annata, ma  anche più , come quegli che c aflbluto padrone eziandio di tutti 1  frutti , Bon che d’ una parte .* e dicono che per qualunque contrat-  to che il Papa faccia nella collazione de* Benenzj, non può commet-  tere limonia ; e certamente, (^) fe egli folTe padrone, come dico-  no , la confeguenza rollerebbe chiara ; perchè ogni perfona può con-  trattar il filo in quella maniera che più le piace, fenza far torto ad  alcuno : ma nè Dio, nò il mondo pare che vi acconfentano . Quello  Pontefice fU cosi intento a cavar danari (fogni cofa, che in 20. an-  ni di Pontiiicato congregò incredibile teforo .* certo è che nello fpen-  dcrc, c donare non fu più riftretto , che i fuoi PrcdecelTori ; e pu-  le lafciò alla Tua morte 25. milioni. Racconta Giovanni Villano che  ad un fuo Fratello dal Collegio de’Cardinali dopo la morte del Papa  fu dato carico d’inventariar il danaro, e che trovò iS. milioni in  monca coniata, e 7. milioni in vali, e verghe da lui pefati . (1^  L'annata nella fua illituzione da Papa Giovanni XXII. non fi Re-  fe , falvo che a’ Benefìzi che fì conferivano , e pagavalt nella fpedi-  zione (ielle Bolle : cofa , che continuò Ano a quel tempo ; ma pò-  feia fu anche impoRo obbliga di pagar 1 * annata ogni quindici  Tomo Ut IC a pnj    C«} Separ qiurlltum eft, diti md frs»  tiufulté, ui iure poffit eirip, Ac l»c Icre Tiira-  logarum eft opiiuo, Junlque l*QncilicM Coatilca.  THm, Roimnum Poniiticcin irge (imonitet  bitiu, ut c«(erm Epiliopof, tencr^ fi prò Sicrit  mimàeriis {KCriaum accipiat. Not. la »p. 1. de  Simon. Nam , pnrter ònon«t . tbf U frimrifmU i iAtm fm mri . tpmt mfitna  t Tmmtff MtU'Mrunl» iht ha diati. A jMrftm  riftfimi ma MfimfMiri Mrrro m» Mitra, U ^umI  i, tht l» Chitfa CslUtMMM mam ì miai fiata  firn MfnMvatM , «> fiù ifif* mi"/"” dtritri tire»  la iU’kintfit.1 , fmanta da'fafi Traati^   fii t nt famta tifiimmiMin.a h talli di CltMunte  IV. Ciemtnra V. a Giavanni XXII. rifirita dall*  Amtara, a eit iitvarajf dui dì Cltmnta VII. ?«•  fa d’AvknMM*. Sm paffaaa, dk'cgH nella vita di  Carle Vi. ratimtarfi fnta fdifaa tutta t* rfati«'  ni, a la vMimia tht fi tamattuavana [afra ilcta-  ra, J trantafn CardinaU d’Aìainmt nana tanti  TirMiuat • Sfalla avtvana fer tutta Vraumratati  eam natia ii* abitativa , tha raffmxaaa tutti i  hm^tU fi* Claufirali, la Caumniide; ri-   ftuavana i mifliari far ù mtdtfimi , a vndavana  gh altri, 0 gli mfatmvana. Cltmmta firfa , altre  tha %'imfadranìva daile f^lu di tutu i V^eavi ,  a di tutti gli Attuti età luanvana, e fttndn.M  iim' annata dalla nudità da' tanafit) ad agni wu.  tMtjaui di Titalare, a futftdife ftr varauta , far  nfegna, a far ftrmuta , .malmnava la Chiifa  CalUtama tan Urna guantità iufmua d' tfinfiani,  a di tanfi (traariinaria .   t«) l'rofiTcrea quod bcaeficia Onira Iiujufnmdi  «itipliue vacare noi» fpenretur , 6c eainde CauK-  ra, & Oscilla Sedit Apoil. «lenuneAfum non  modicum MieteiKur .   (*) Vam il taf, 4. « $. de Aonam in de*  (rcrtl.   (I ) Virfa 1470.    (a) Jata^ fmaia, Mmata deirOrdima dfirr-  tienfa, uatiiia dalla iÙatifi àt Pamirt, in Linama-  data. tUtta utU’anna 1334. addì la Ditemfn.   (i) Genmiu in n'illrit dendenh, ut tlebni'us,  ejand per QQl\ra diligentix iludium ad cjui un>ii-  de klpnadenoTuin r^innna .  alu beneficia eccleiuàira viri sllumantur ubmei.    AoruiD, d( thclàurcriorum . . . . nane vacauiia, & in  antea vacanira , nbicumquediSoiLcptot, vclNuo.  riot , leu leclom, aui cheiàurariae , antec^uten ad  Rncn.CuHam redierint« leu venenoc, rebus eiimi  contipr’'i( ab hamanu. Nec non ouoriialibet prò  quibuiiuincpic negorìit aJ Rom. Curiim veuien*  tiom, léa cTiam rcteJentìun ab cadcm.fi in lo*  cii a dida Curia ultra d»as durus legulei non  di&antibui, cio^ in InagUi tha uam fitaa piiir diina  tuanagmaatalantam da Rane . jam |ir>i&n obierint.  vel eu in antea tramite icuitigcrtr de hac lu.c .. .  Nec non enim Bituzione , che incomincia .* Paftoralis ^ la quale al  prefente non fi trova*, ma di elTa fanno menzione motti celebri Cano-  nici : e l’iBelTo è avvenuto di unte altre, per le quali farebbono pa-  lefi gli abuiì, e le ufurpazioni*, come anche dalle etolfe fu levato nu-  lo CIÒ che non favoriva la Corte : ma peggio rooftrano gl* Indici fpur-  gatori ( 3 ) fatti da*Dotcorì, per accomowU agrimereOt di Roma, pri-  ma ai lafctarli iilcire alla Campa. *    Tom» II.   acionua coliuorum , a toBfamdomm inp»  Acram , Mine « flc in aneti vteamra ,   àiffofnom , provilìosi noftrs , dnaec aiifera*  tinan dtvìMt dcatntia noe nnimiali* Eeckfic  TtgMÙni prsAatre emeeSatir , nfinvanus , acc.  émnt$ > irf mtfi di CesMje dtlFMUt   (0) Qes fnvh, atijae tneoleranda, féd imccC  Cui* arrooniin eicu&ca, criam in pace nuBiere,  étti T»eit« fitf. a. ria! : Vifttim «rane ftmfmtt  Mm»   tiffima; e i benefiz; {b) fi vendevano alla libera, e A levavano di ma-  no degli Ordinar; quanto A poteva.   Sino a queAo tempo non A era fcopcrta la Corte Romana aperta-  mente, che non fi miralfe ad altro, che al foldo : di tutte le cole che  A facevano A rendeva la canfa eoa qualche apparenza, o di provvede-  re alle Chiefe meglio che gli'-Ordinar; non facevano; ovvero di prov-  veder di Benefizio qualche perlona meritevole, (e) Ma Urbano VI. A  dichiarò, perchè s’ incromcctcflc nc' benefìzj, ordinando che non valei-  fe r impetrazione, le non era fatta menzione del valore del benefi-   lào .*    £ i 4 coTTÌgendum occurrit, pagi donati, ,  au( addili), cmendari poHc \ideaiur , fd Corre-  dueei tancndum curent> lilii Biinut, oninina de-  Iciciir. Df ttrriài»** Mtvfmm, f*r mrt-   nrt Mi «Mttinua egli, ftutttt, ft   ff/h i/t jiÀ ftt AMiM fiUmt»/* , t p»   , e da 70 . ««nirj»   fit«t Jt Sert/ttri Mn fi tri/vt-   r* tuaM^ Jaitrum f»v*rn/»l* Mmtafitm  rsU , rèi l’b» Icvmt* i (t fi trtvrtb jia*   vart>*U />rr TfLtthfi^itA , rkrt' 0 n   t 0 Tf^fis$ td i» f$mm» papmma ijir ttrH di «m  fvtr itira sUwté fimttfa.   M Mi dam /«/.   ti k pnftfftS*'** f*** tmirlinwltfWTyèma^  mmauà , 0 U iimifd$tjm0 ; 0 elf fi   AratnSUfà ;«//# tkt «•;ar /»4 f 0 Ìttt*   tirsMte», fi 0 lfi 4 mmt 0 thtrmmtM itiiualnu Rnrtfn  di SUU0. Expurgiod* (iiat propoiltiones quxUnc  , deluntur. Sm %»0fi0 {0idMmimt0 miti 0  triMcifi /wM tiraami, imfi'arcLì, ftr * T 0 ~   hgiéfi ibf firma, tmrri bm a 4 |(éa« «1 r/ 4 -   fai * /rou dH> 0 at di Stait ««» vi fmrtb-   Ì0 fnr MB0 rht f0t0fi0 mamtamarfi i*'   fimat Ì0iit*i*n* dittiti. Onda F. fa0Ì0 ka tutta la  raii0U0 di dira ut ma Imait dtl libra ftfia dii [ma  Cmtiiia dt Tftnta, ibi U Carta di Ramm niu uà-  wmaimm ftinta ftr imiafiardirt, a futt-   ti,Ì0 ftr far Jivntmr brfitt ilt \J animi, tamtt ami-  la di »fiV 4 rii dilla (ffBittama tba lata imifi/aria  ftr dtjtadtrfi dalia fut mfmrfa t Mm, Cbt fmtiadarÀ  dmn^me , fa i mafin kUnfirati tt^muana a (af-  friri tha fu ZccìaJUfim fraibJtttfU i bmami Mrit  il Drttata, ibi £a mafia U imi* dii CameiUa di  Tram/a da F- FaaU mal Catubga rde'Zi^ri perdi//  Mtl ibif, Ì 4 fir/a svmta «a li^ x«/«i ma i /ri  mvwdmti dii tk^ma di frMttié hamaa detta ebeit  fma tala maa ara fitamda la frmata } t tba m» Bi-  bliatHétta davrtbbt mamlta tatandarfi i» matana di  flint a malli amaaraduanaebt, frrfianda mm iman    farvigia alla Cyte di Hama , ma ha fnfiéta «■ faf-  fima a rjmtlla a»   C*) PViif Nauticr. in Cfiroiricn, voi. %, gener.  46,61 Albert. Knukta. in Hin^.Suon. Ub-iu. cap.  4. & ia Hill. Viiidal. lib. p. caf.6.& Gigum. li».  f. capti, ilt CamUVl.   (4> riverì ia Romano Pootifirani alter.  cit|o mali» itKotiimefs Ap>!t!ic« debtri  Komini cnniendunt. Ctaium. fed.g. eaf.i- la Ca-  ratavi- Vide Nie- de C^uMngis de comipto bc-  clclì/e flnu, ctunÌ3/n otTereniìbu. «la.  tentur. ^k^uc|er. ia Cliron. voLu gener.4p.anu.  IjSp.   {t) Elli, diti Ctaaeata V. in temporaliiun di.  Ifolitionc bonorupi hsbcaJa fit diIrreiicHi» caute-  u, precipue ut ea digne, 5 c iuuiabiliter dirpo*  nantuti in btclclUftivli tunen rebus BiuUofornu»  iovigthre iiotìra debet intamio, ut peHboi*  rum conditionei de Aami, ad  (ìm dequibes his fiisntpro-  >ifum , T«J coAcefliim , aut minittucn providerì ,  vct«s anaaitt valor» per mare» argenn, aut iter»  lingonini, vel libra* taroncniìam parvocuin , (m  flonnoa «urf, ant ducara» vcl anicat aan , leu  iliam monetam , fimindum communem arlbmad^  oem exprinacor , nifi porfoos przdidc beneficia ,  qiuB luoc obtinueriat i aut in tjaibur» vel adquc  fui eii compeiit» juita ip&rum ohligarioiiei , aur  tbaa diniitrere teneanrur : atioqmn entir prs4i-  tìjt film ullz. Jtfrfflt d* UrS«»a > di-   mm» CanttlUris , tdi !» dtU   l» nifi» itUa Ca'*ttl{nta fadUttutt   d* Imnoteniit V- Vulc RebuL ail Rubric. de Ao-  natii in ‘ConcsrJam, Se feitn. ad caper Ad am-  nt S. no. 4. barn de Refiriptii .   (t) Ci) fifa tanpMiUi fer aiilìgar tbt   'MW rhanna * fmdtrt dtUt frtvvi^   firn» firn tan dtilt ffènm, frr apeararfi ad ttmé-  fiM tatfttrat». Ch* dirM* diMfw ag^i jutlSaik-  t» Vtfnv» di Tamr 'aai , il tfaaìa, tbitdtad» ad u»  fa» amin dtl danat», ftt taaiftrart dtl fmatia,  a$a di tafrir la fa» Qkitfa , ali fcrivrva is ama-  jft uraUa* I Rogamuf, Se peiimus, ui alit^id de  bcaevoiU , ac benefica liberaliate vellra Dgbsinnc*    tiiU, quo plumbuin euumur, nonRomanutn» litd  AdcUcuiii i quoniani Anglico pluu^ teguntur  Ecclefìz, mJimur Romano. Ztrjkan. Twmattafit  ad Valdtmxfam,   ( * ) le tatti i frnuipi Crifiiaai avtjfrra fatta  U fitffa, ftata iadart a dumjlrart fartialitm far  ama dilli farti, ^mifta frifam, tha dm^ ria^attat*  amai, nan avfMa a»aj fatata darart tiaaaaata  frttitaaa* ; im f mik tU fw* fafi mtm /tfartÙaaa  afiiaati a Wrr £t\wiadm   favata »> atiU, lù aaan. Ciàfrhtdaaa  pt u kttfn tfett» tht kaan» fradatta la liittfa di  fttfPkU^ tht il Ri di ka faHluatt t*   mnt HuMCCBtiiu Papa Legarnm fiiamEn*  Ccopum CalnitfMn prò (ùoGdio Camerz.» Scae*  dir CI poiellacMi^tMMoCmdi cam ClerìcU ad be>  neficia ninti , vai Bnerura, ad dignitiiet , aot  elTtcM» qux tniRut tanonicehaberenc» aur fuifliant  aJq^i , cum fructibua inde perrept». Enne ibi  ciitm Saltarne, & Bm'izDu ci, vocavjtque Io.  pertror Icgatum, Se au Adde Paralipdincna rentoi nemoè^  liuffl CtatoBìi Mylii an. ti7f. Se Chxoaictui Gmv  ( naiu Mtttu ao. 1 3S0.    78 TRATTATO DELLE   gualche parte alla Camera : ma dovendo per tal caufa ufeire molto  danaro di Germania, Carlo IV. Imperadore H oppole, e proibì letiraF  zione , dicendo che bilo^nava riformare i coflnmi del Clero, non le  borie . Tutte queièe confufìoni crebbero maggiormente quando fi ag*  giunte il terzo Papa nel I407. (1) al quale tebbene ì Trancefì aderi>  Tono , e rendettero ubbidienza, nondimeno tennero fermo un editto  del Re (t) fatto Tre anni innanzi, (*) con cui proibivano le rìferva*  zioni, e altre dazioni della Corte, Hnchò da un Concilio Generale  legittimo foITe provveduto. Non era il Re molto capace del gover-  no, ma Lodovico Uuca d’ Orleans, che lo governava, era autore di  tutti gli editti : perlochè, occiio quello, (3) fu facile a Papa Gio-  vanni XXIII. racquiflar l’autoritìi di conferire i Benebzj in Francia ,  dando nominazione al Re, e alla Regina, e al Delfino, (4) e alla  Cala di Borgogna per tutti i loro Servitori ; valendoli poi egli del  rimanente.* il che U Corte conlervò fino alla mone dì quel Re; im-  perocché Carlo VII. Tuo Figliuolo, che gli fuccedecte , rinnovò gli  editti, (j)   In Italia ancora furono fatte varie provvifioni da diverfi Stati di-  verlamcme, le quali tutte tendevano a levare gii abufi. Teftifica BaU  do, che fino i fiolognefi fecero provvifioni benefiziali ; e in particola-  re ordinarono che non folTcro conferite, lalvo che a’ nativi di quella  Città, e fuo Contado; nè i Papi erano molto Rimati all' ora; anzi,  clfcndo Giovanni XXIlI. in Firenze colla iua Corte, nacque certo ui-  lordine nella collazione di un Benefizio, perlochè quella Repubblica lo  privò della podellk di conferir Benefizj nello Stato per cinque an»  ni. (i)   In quelli tempi s' inventarono claufule ineflricabili da metter nelle  Bolle , come mettendo difTerenja tra le fupplichc lottukiriiie per  cmcejfnm, e quelle che fono lottofcritte ptr fita; ( 5 ) tra le (pCf  (lite con cla^fot. Mmh proprio « e le altre con cLnilula tmrtftrri , ( 6 )   Ù    1 1 ^ V. tUnt 4»* C 0 rÌi»Mfi, Cru-   tmrt dtp'éUri dmtt (• «ir/» JtlU ftttrmuw tht  U CrMrt/>» di hi» irdim mÌ ffrmfit di  tr» fi»t» fmttM I» TrMmti» .   lt> ÌlQ»rdm»t dtTmr), JkeM«nrtreI«, *a«v  re roAtemporine i , /S Ètrri » a * 4   enfili», * rUnivttfitk, rt» ftrmttttfftf*»   Jllrjf»»dr 0 , d4 fftrr f*rt m»ff !$rt tf»*j»»i f»il»  Ckirf» TtéiKiff, I U fmpflK» »«* lU f»   ftrtii dtir Vbìvìt/Ìi» éili'tPfMtr*  r# f*T tmtt» l» dittsClHtl» , •Utr»ttT0 M»' Mut»  in /» iti fierue d«'i}. Afd» 14- ». ed i ryVft/#  nella CeafeTmta delie ardtaatetmi lei. I. tu. f.  pert. ». fataf.i.   (il rtorc.inni , proDter uairiun akifitm • P*s  ft loatmillBin in ronwrerkio unirp Abb:nun &•  um iB eoninr ditione , privavcrunt loannem ZXIIL  Wpun , in «orun civitaie tuoi dn;Mtati. pur«.  fiate rAn^erervdi beiveficia io enrom dnioM fit»  ulque ad oumquennium . fdeUaeui i» aatii adSét  maiat teaf»ltmm r«-  fa mette fiat ut peiimr, ì , eàt fatila teatrdam  fempre fualdet fratta , e feae feetefttitte dt marna  prep'ta del Papa cella prima Uttera dtl fa» aaata  di iatttfim» fra la fauhca , e le tlamfale i tad-  deve l'aitre ma» fame fettefeture , tkt dal metai/ha  dtl Coocefiufi r«« fatfia fermata • CooceiTun ue  petitur in pecientia Damini noRri nap« taUa pri-  ma lettera dei fae aame , e del fna eefmeema fra la  fapplua, e le Àmafale ^ e CuAuffitn a late della  tlaafmU talir dae lettere raatiali ile' fmat aam •  Vedi la rtfeia }*- di CeaeilUria ,   16 ) ratte furfie rndrjri# rNW»ri«r#w fette II  Pentifitatr de Rea tfatte IX. Rapa di Amm , e fetta  faellt di Stmtdut* XtU. Pa*» d' Avìfmaat. Pe«c*    Digilized by Google     MATER. BENEFIC. 79   che (i migliore la condizione; dalle quali invènzioni nafceva ch^ più  Bolle erano impetrate fopra T ìflefTo Benefìzio , e oltre alle maggiori  annate pagate, nalccvano anche liti, che bifognava poi trattare a Ro>  ma con benefìzio della Corte. Si aggiunfe il cofHtuir un’altro licigan*  tC) fe uno moriva, acciò col Tuo 6ne non foffe il fine della lite; ma  dalla morte di quello fi cavava un'altra annata, e la continuazione  della lite, la qual anche moltiplicando, furono trovate le claufuIe:S'>  fiiteri : Si neutri : Si nulli ; per le quali fi dava anche il Benefìzio ad  un terzo , durante pure la lite tra i due primi : il che coftrinfe i Prin-  cipi, per levare le confufìoni, il difordine, e le liti tra i loro fuddi-  ti , a ripigliare nel foro fecolare la cognizione del poflcflorio de* Bene-  fizi.- cola, che, (ebbene legittima, era fiata per connivenza de’Principi  levata da'Magifirati Secolari, e alTunta dal Foro Ecclefiafiico. (i)  Dalle provvifioni eh’ erano fatte da qualche Principe, per ritener il  corfo delle introduzioni nuove nella materia benefiziale ne’ loro Stati ,  pigliava la Corte occafione di trovarne dell'aftre, xosi per fare gli fief-  (i eliciti lotto altri preiefii, come per moltiplicare modi dove poteva-  no; e con quelli lupplire a quanto non fi poteva lare, dove era gilt  provveduto.   XL.   «   In qucfti tempi fi trovarono le rifegnaziont , non le buone, e lode-  voli, che quefte fono antichiflìme; ma cene altre, delle quali il Mon-  do al prefente non fi loda. Non fu mai lecito a chi era pofio in U14  carico Ecclefiafiico di lafciarlo di propria autorith; ed era ben conve-  niente che chi s’era dedicato ad un lervizio, e ne aveva ricevuta la  mercede, ch’era il Benefizio, pcrlevcrafic fervendo: nondimeno, (2)  perche qualche legittima caufa poteva occorrere, per la quale foffe nc-  ceffàrio , o almeno utiliih pubblica , o privata , che alcuno fe ne fpo-  gliaflc, fu introdotto per cofiume, che fi pocchc con autorith del Su-  periore, (3) per qualche caufa legittima, rinunziare.* e le caufe cheli  praticavano erano, fe per infermirh di mente, o di corpo, o vecchiez-  za, foffe fatto inabile; (4) fe, per inimicizia d’uomini potenti nel  luogo, non poteflè fenza pericolo fare la refidenza . Quando la rinun-  zia era ricevuu dal Vefeovo , il Benefizio era tenuto per vacan-  te.    XIII. ditt Csrlt M Htlim ntUt fui «»»»•  fmU'HUtl» fmtn l’émm» 1 40*. r»ntrm  zmm* MIm   fil.a. Se    (1 ) /I f0rlMmt»t» difmrigi, tr»infari   tt di Ctnfigliart Gnriei , malto   mlU dimutmxjom* drlf aHtortti Àt'Qiuàui £rrfr^-  Jfjrt . Icem Junldidio tecnporali» per rpirimalem  non debet impediti 1 &, u contralìat, Curiaprc*  ìtni coDfuevit compellrre fpirìtaslem ad reato*  vendum impedinicnn talia per captionem Ttue  temporaliram. Ita dinnm luit per Arteilum Co«  ri« in l’irlantento anni i|tf. contra Epifcopuoi  Khemenlnii prò Capiralo di^EccleCs. Cup.apw  pMuitl. filli Cane farlsm.   ( a ) Cari, fì nui vero ■ (l'an. li quii preibf-  ter. Se Cau. E^ihrt>pani f. an. 1, Ctn. Cleticut  ai.qo.i.Can.Sannonun^o. dift. Et YvoUe. «or.  ep. i » I .   (}) Vide rap. 4. estri de renannsrione.   ( 4 ) Vide cap. io. extra de rcauntutioac .    So TRATTATO DELLE   «€, (é) c 4 Collatore a cui apparteneva, Io conferiva cogli ftcIG mo-  di, come fc fofle vacato per morte, S'imrodufTc in quefti tempi il ri*  ounziare, non per alcuna caufa urgente, ma folo ad effetto che il Be-  nefìzio fofle ccnferico ad uno nominato dal Rinunziante: (ò) e come a  cofa nuova convenne anche dar nome nuovo, e chiamarla : Rejignatio  ad favorente imperocché è fatta fòlo per favorir il Rifegnatario, accioc-  ché abbia il Benefizio : c bcns'i in liberà del Superiore ricever, 0 no,  la rinunzia/ ma non la può ricevere, fc non dando il Benefizio al no-  minato.   Quello ,‘ febben fu un modo d’introdur fucceflìone ereditaria ne’Bcnc-  fizj, c perciò dannolo alfOrdine Ecclefiallico, riufci utile alla Corte,  in quanto più frequentemente fi conferiva il Benefizio, e ella ne rice-  veva maggiori annate. L’avarizia, e gli altri affetti mondani infegna-  rono anche a molti d'impetrare, e ricevere Benefiz;, non con animo di  perfeverar in quelli , ma con penfiero di goderli finché nc orrcneffero di  migliori, ovvero finche mettcflcro a fegno qualche dilegno di matrimo-  nio, o d'altro genere di vita: o pur finché qualche fanciullo pcrvenil-  fe all'etk, al quale ppi potcfTcro rinunziare :coia, che dagli uomini pii  non fu mai Icuiata; e fi tiene per comune opinione, che chiunque ri-  ceve un Benefizio con diiegno di rinunziarlo, non pofla con buona co-  feienza ricevere i frutti : il che alcuni di più larga cofeienza non vo-  gliono dire cos^ ecneralmenie di tutt^, ma di quelli foli che lo fanno  con diiegno d'abbandonare l'Ordine Chericate . Per le rinunzie ad fa-  wrem riulccndonc emolumenti a chi le riceve, la Corte, acciò il frut-  to fofle tutto Igo, proibì a’Vefeovi di ricevere tali rinunzie, e rifer-  fiò che il lolp Pontefice BLpmano le poieffe fare (l). £ perché molti  Benefiziarii, quando fi fentivano vicini a morte, per tal via rifaceva-  no un lucceflore, fu ordinato per regola di Cancellerìa, che non va-  iefle la rinunzia fatta dal Beneficiato infermo a favore d’uno, le il ri-  punziante non fopraviveva venti giorni dopo preflato il conlenlo. (r)   XLI,   In quelli tempi pareva feemato il fonte delle obblazioni de’ Fedeli :  pa mentre durò U guerra in Terra Santa, e durò per qualche anno,   mentre      Zignooi, «cl quu> ie indignua rehttamio judjcs-  VII, conatur altendcre, hoc fraterniraa nir re*  ^udeo, quia jullum eXl ui in judicio, quod de  K judietvit, permaneat , 0c fpoaUm quam rrpu-  diavit, rivcnie iratre qui ei leeitime ipcardittaiia  eli, adultemc nonprztumu. YvoCarnot.ep.iri.  .Vide cap. ). ettr. de renuntiat.   (t) Bmlftmotu fulCamtmt jb, Apf*/Mi , di-  ti thf avtnd» W*/« «»• Vtftrvt amu* nftfna-  rt il fmt l'rfttvat» ad ma fmt amira , V  di’ Vtftavi »am valli aamu/iiri la /ma rifiraa ,  ^7 pafft nadiifi i» latim» , U^maU(itama  jUtafim diri iffm di malia tanfidrratiami . Tu au>  tem dìcquod, etiamfi non ad Uun (i«oatum Ept-  feopuj Epitcopanlm traormilèrii , iéd ad aiteuum,  idcmCTÌT • F.piicopM enitnaSyRodii fiendecreium  eft . Et ideo ctiom vita fun^i lile urhia Phihppi Me.  iropoUtanui itujiùtuu ^ lìiz Metropoli iiib bar cop>    diiiotic renoRtians, fi cju Occenoainin nrtniPki*  lippi Metropolitaouin prò ie ipio iiiafta SyaodM  comthiuerct , non edeiaudinui Mtiadiiiquod, fi  rciquai polì cleàMnrin ea Ecelefi* «edinbiM acqeà*  rtt , non potrAdare, vel ed quo» volt tnnlinute*  re, inulto m^uEpilVopanun. VideCan. ja. Cotte.  Caribag.Se aj. Antioih.di Can. i,. Cwt.y.qn.)*   ( I ) ìteamda é Camami/h , am ifitadavi aditi,  ehi il Vafa, tha fifa efimtari dalla fimimia ■ Ve'  di la Ulàfa ai taf. 4. racra de pa^i, verbo iUt*   8c poAea  inlra vinnti din, a die per iptun reUfnamcm  {n^vdandi (onknlut cocnpoiandoa , de tptii infima  laie dcceflcTji , ac ipium beneficrain coolìrrarur per  relìgoertoneiB fic fadam, coILmio hapifinodi nulla  fil , iplumque brnrficiuni per obiiujn vacare ceo>  firrtur. Vidi Malia, ad hmnt tei. aa.h^    Digilized by Googli    MATER. BENEFIC. 8r   mentre vi fu fperanza, per quella caufa mole' oro perveniva all’Ordi-  ne Ecclefiaftico; ma, perduta ogni fperanza, fi fermarono le obblazio-  ni ■' fu nondimeno prclo efempio da quell’ opera , e fu introdotto il  dar rindulgcnze, remilHoni, e conceflioni a chi porgelTe, e conrribuillè  per qualche opera pia; c cotidianamente s’ idituivano nuove opere per  ciafeuna Citch, per le quali era data Indulgenza da Roma; partoren-  do quello molto frutto all’Ordine Chericale, e alla Corte, che ne par-  tecipava ; e ciò tanto innanzi pafsò, che nel 1517- nacque in Germa-  nia la novith che ciafeuno fa . ( 1 ) Papa Pio V. all’etli noflra provvi-  de con una codituzione, con cui annullò tutte l’ Indulgenze concede  colla claufula delle mani adjutrici, (a) cioè, con obbligo d’ofierir da-  nari ; cola che non ha ancora fermato il corfo di queda raccolu- Im-  perocché, febbene le Indulgenze ora fi danno fenaa quella condizione,  indimene nelle Chiefe fono mefie fuori le cadette, e il popolo crede  di non ottener il perdono, fe non offerifee.   XLII.    Ma tornando a quedi anni della feifma, per quanto tocca all’acqui-  ftar di nuovo entrate, e beni dabili alle Chiefe, pareva che fède af-  fatto perduta la fperanza. Giò i Monaci non avevano più credito di  fantith ; il fervore della milizia facra era non folo intiepidito , ma edin-  to; i Frati mendicanti, che tutti furono idituiti dopo il 1200. perciò  avevano credito, perche s’erano Ipogliati adatto della podeflò d’;acqui-  dar dabili, e avevano fatto voto di vivere di fole oblazioni , e limo-  fine ; onde pareva che qui dovcilc icrmarfi l’aumento de’ bòli dabi-  li : Iti però trovata una buona via , la quale fu il concedere per pri-  vilegio della Sede Appodolica a' Frati mendicanti il poter acquidare  dabili; il che per voto, e idituzione loto era proibito. Molte per-  fone loro devote erano prontidime ad arricchirli; nè redava fe non il  modo ; quello trovato , lubiio i Conventi de’ Mendicanti furono in  Italia, in Spagna, e in altri Regni, fatti in breve tempo affai comodi  di dabili : lolo i Francefi s’oppolero alla novità, dicendo che Cccome  erano entrati nel Regno con quelle idituzioni di povertà, conveniva  che con quelle perfeveralfero : nè mai lino al prelénte hanno vo-  luto permettere che at^uidino; ( 3 ) dove in alcuni altri luoghi gli  acquilli loro fono dati affai notabili , madime ne’ tempi dello Ici-  fma; quando tutto il rimandate dell’ Ordine Chericale era in poco  credito.   Tomt II. L Fu le-    iì") Li frifmd ZMtm.   (») Omne* fc Tinnlai induT^ntiu, «tiamrer-   ftniM qu>HranufM Ko«um« Pootibc*   noAm, *c «um mm, fiib  cHBMde tenoribui, tc Satmis, ac cum  cUuiuIii, tt decrtfU, ac ex ^mbaTm mia or.  {cnnOimia canfii, ctiaiR caufa radoi^ionis capti,  xerem, 0c alùa qimnoiiolibct coaceflaai prò qui.  bai coofaqutadit laac purrigendu sdfmtri.   ttt. Oc quu quftuadi facatrarem qunmode libet  coatiftcm.... auAarktit apoAoIka , teoert pr».  fauiium, ptrpcao rwocaimu , eairooos , irUTsinas,  6c aanulbuRM, ae vtribaa facaàRHH. VII. Dtrt-  rif. tf.   C|) fsrummtt di Parigi,    Ì 4 ÌU fma St0ri* dei Ctntilié dì Tmu » , um  previTM il dterH0 eh* jtrmttit MgCOrdini mnUh.  tmati di f*S*dwr h*m /fmhtU , diend* eh * , tftmd*  pmi futi il/ netymti 1» Trsnei* t*m mm'i/k-  ime» etmrmtit, wu trm etfm gimfl* iln**-   ^trU »l*rim*»t*i * td« ^mlU trm mnmntfitii*   U Ctrl» di Btmm, per tirmrt m li i hni dt’fm»  Urti im pi r t e ehì fmtilm Ctrtt Imftim primtrmmiemtt  mt^Mìfimr trtdu» «'frati raa fur/a vtit /f**^t  di ftvrrtà, ^ li fà tnfdtrmr* emme ftrftni ebt  Ma hm»m» «iru* ÌMttrtS», » fmMmt tmit» per  rudi t fri, fa wd * fi ftwt ftmhiUii n etmtttt ,  tUm li mifimfm imi Itrt vttt , per dtr Urt U mt~  dt d'mrrieet^fi. Vedi U Cmifernim deil* trdtnit^  Miti W. t. tif.j. pmrt.t. pmrmg.f.    8x TRATTATO DELLE   Fu levato lo fcifma nel Coacilio di Coflanza, avendo uno de* Papi  rinunziato, (i) ed eifendo (lati gli altri due (a) privati; e nel 1417*  fu eletto in Concilio Martino V. (j) Speravano tutti che dal Conci*  lio, e dal Papa fofle polla regola a tanti difordini della materia be*  nehziale ; e di fatto il Concilio propofe al Papa gli articoli da rifor-  mar le riferve, annate, grazie, afpetrative, commende, e collazioni :  ma ddìderando il nuovo Papa, e la Corte (4) di tornar a cala; ed  eifendo anche rutti i Padri del Concilio Aanchi, per la lungha a 0 en*  za dalle cafe loro, fu facilmente rimelTo il trattar materia cosi ardua,  e che ricercava tanto tempo, al futuro Concilio , ch’era intimato per  celebrarfi in Pavia cinque anni dopo : il che molfe i Francefi a non  voler alpettare nuovo Concilio; onde fu per arredo del Parlamento or-  dinato che non fi predaife ubbidienza al Papa, fe prima non fofle in-  timato, e accettato da lui Teditto regio, (5) che Jevava le riicrvazio-  ni, e ledrazioni de* danari / perlochc, avendo Martino mandato Nun-  zio, per dar conto al Re della lua elezione, rilpole il Re che l’avreb-  be accettato con condizione che i Beneflzj elettivi fofsero conferiti per  elezione, e le riferve, e afpertative levate. Il Papa fi contentò per  all’ora; ma nel 1422», acquidati alcuni deirUniverfitlt a fuo favore ,  tentò di far ricevere le rilervazioni con tutto ciò non potè ottener  rintcnto; anzi fu proceduto contra i luoi fautori con prigione, (d)  11 Pontehee mite l’ interdetto in LionC, e il Parlamento ordinò che  noti folse Icrvato; (7) e durò la contela fino al 1424- quando il Re  fi compofe col Papa, che Sua Samii^ avelTe per legittime le collazio-  ni fatte fino all'ora, e per l’avvenire foflfero accettati tutti i iuoi co-  mandamenti: ma il Proccuratore , e Avvocato Generale con molti Si-  gnori fi oppofero airefecuzione; e rapprelentato al Re il danno dei  Regno, fecero andar in fumo l’accordo fatto col Re*    In quedo mentre fi fece il Concilio di Pavia, (8) il quale, appena  principiato, fu trasferito a Siena, (p) e fpedito con gran celerità ;  (10) non eifendo data in elfo trattata cofa di momento, ma iolo da-  ta jperanza che nel Concilio da celebrarfi indi a fette anni in Bafi-  lea lì farebbe riformato il tutto : nel line de'quali lette anni mori  Martino , e lègul nel Pontificato Eugenio IV. (11) lotto il quale  nel Concilio ^filenfe J431. fu (12) fatta la provvifìone tanto ne*  ceflaria , e tanto defìderau a* difordini della materia benefiziale : fu-  rono    (1) CittMUiì XXIII. Jgf* tjfrr  fili*, $ def* ijfrtii fi*t» ftttmiuta fjT   (») Crum* Xll> • Btntd*tt*^f^h   l}) 0/r«M CéUmm^ ert*t* éUS.M**’   tm*i • tntii fftf* fm*l a«mi-   ( 4 ) t'I * l» f"* CM* tfit é lm n t* t*-  tk» M Ctluilt* f' m awi/f t 0 ft , *   m*m Itiftgrtii im* dimuHAia»»*   U. Il fm tkimf* *idi la. Afttlt dtlV *••   w l4i>. 4 wr àmtM* irt sm* * miM.9*.   O) D*l ttrmà d*Uj. Wfdi UC*m-   ftnkt* étti* OrdiMSM**mi j    (« ) // JU/rtr* dtU’ V»rvrrJj/4t , 4)1.    Digitized by Google     MATER. BENEFIC. 8 3   rono proibite le rifervazioni, eccetto de' vacanti in Curia*, furono an*  che proibite iafpettaiive, le annate, e tutte l'altre efaziont della Cor>  te. 11 Pontefice, vedendo che gli fi riUringevano la podell^, e le ric-  chezze, non potè fopportarc; fi oppoiè al Concilio. Tentò prima di tra-  sferirlo altrove, in luogo dove potefTc maneggiare i Prelati: (i) il  che, ripugnando e(Ti, non gli potò riufeire, e palTarono molte contefe  tra il Papa, c il Concilio; alle quali alla giornata gli uomini pii, in-  rerponendofi, trovarono temperamento: finalmente cITcndo il O)ncilio  rilòluto di provvedere airellcrfioni de’ danari, e il Papa di confervarc  Tautoriik, e comoditi fua, vennero a rottura irreconciliabile. Il Pa-  pa ( 2 ) annullò il Concilio; e il Concilio privò il Papa, e n* elelTe  un’altro*, (3) onde nacque feifma nella Chiefa. Fu accettato quel  Concilio in Francia, e in Germania*, e nel 143^. fu pubblicata in  Francia la prammatica tanto famofa, (4) per cui fi refiituirono reie-  zioni a’ Capitoli, e le collazioni agli Ordinar) *, e fi proibirono le ri-  fervaziont come nel Concilio Baftlienfe.   XLIV,    In Italia quel Concilio non fu ricevuto, e tutti aderirono al Papa.,  onde le rifervazioni prefero piede : anzi ciafeun Pontefice le rinnova  lenza difficoltk, e introduce ancora nuovi aggravj nella collazione be-  nefiziale*, nefiun de’ quali mai fi modera, fe non quando fi trova  modo di fare lo (le 0 b effetto per via piò facile . IntrodulTero Giu-  lio II., e Leon X. le rifervazioni mentali, che cos\ le chiamavano,  e con un altro nome , rifervazioni in pecore *, ( 5 ) le quali non  fi pubblicavano come le altre., nè fi facevano : fe non che , vacan-  do un Benefizio, fe T Ordinario lo conferiva, o alcuno andava per  impetrarlo , rifpondeva il Datario che il Papa l’aveva in fua men-  te rtfervato : modo , che { 6 ) durò qualche anno , ma poi fi di-  fusò, (7) perchè tornava incomodo anche alla medefima Corre di  Roma. ( 8 J Gli altri modi pa(Tar«no tutti in eccenb *, imperocché  circa le rilegnaziont in favorem gik introdotte , e praticate , s* ag-  giunfe il rifegnare folo il titolo del Benefìzio, rifervando a sé tuct*  Tomo li. La i frutti       Ut» vi fu m»i, dice MeiCrjy ,  tM ftrfttf fr» imi, ! i fmdu di putita Smnt*  AjtmèUMi imftrmtrki , ft d*i Un tmmtt i fmdti  ftttr$ ftmferr» tét vltvsm» f*r frtm* stU fm*  mmtmtà, ft/hntmd$ hrnmtMtt pttirémtttm  Is , tht 1/ C*mciUt e ti { tfU   ^rimtmtt » Ritmai*, ftr   farfi Frtmua, td abbamdn^ fmtt il fm» trema,  ftr tffer f»f* • f" aitila mill'aan» 1 43^ « rua-  maftimra dalia framtia, dall' Aitmaarma a dalia  jiMQwr farle deli'Oftidemii fi»» aita maiitd’£m>  Siate ( dafa la ifmale efemde/S nvaiti i friatìfi dal-  la farle di SuiaU V. , fm aUligat» fané tea  frirkiere, fané tan mimane ad attaafemiiri mila  rtmmtaae della Cbiefa, tiamaajaad» al Pamtifiiaief  li tht feti nel 1447. nel Centiii» tb' ili    tf^tjfameaie iratferita da BaSlaa alamfama aag'i  Svttjari, IXifa da ibe i Padri lanfermaraa» l'eia-  AtMf di HiteaU fatta dma anni utaamii a Rea»  da'Cardtaali dal fartit* iT Smseait Amedea , eh»  aveva fref» il marne di Feiin V.   f4) Mexerty U cbiaau tl rifar» dalla Cbiefa  Gallitama .   (O Ciri ternate i* futa.   (tf) Giavaaai Smarei., Veftava di Cambra ha  fartiallt, fartamd» mel Camelli» di Tremi» mtaraa  alla rifirve mentali , U tbiamb fmrn \ a dift tba  fattUe fiata mnlta lafnart al Fafa U eaJlatiana  di tatti i btaifiti, ì» vaeedi faffartart eb'ishdif-  fe fatta ad mm ftmfirr» mtm rammairala, maa fai-  Hirai» , a fatava fimfiaamte eredarfi aaa ejfrr ve-  anta al Taf a, fa aa» defa la fmetefa vmeaata .  faaU fiar. dtl Carne, iti. t.  tri La riferva fkrtat frtibit» dal CtaeiUt di  Trtat». Caf.t^ Itila Rifatma . feff'.%4,   . {t) La faale davava faffartart egmttlara» eaa-  irarietà, U effafiaitm dalla farle ae’CalUtari  erdiaai ) .    84 TRATTATO DELLE   ì frutti d’efTo; il che in eHIicnza non era altro, fé non reflar padrone  del Benefizio appunto come prima che folTe rinunziato, ma colìituen'  dofi loio un lucceiFore, il quale folTe ben in nome di titolare innanzi  la morte del riminziante, ma in fatti non avdfe ragione alcun^.- c ao  ciò il nuovo liiolare, volendo raccoglier egli i frutti, e aflfegnarli al  Kinunziantc, non fi potdfe far padrone di qualche colà, fu aggiunto  anche che a! Rinunziante non iole fo/Tero niervati tutti i frutti, ma  ancora egli porelTc efìgerli con propria autorità. Non reOava al Rile-  gnante altro che lo facelTe diHcrcnte dal total padrone, le non che,  le il Titolare folTc morto prima di lui, egli beni! relbva con tutti i  frutti del Benefizio, ma non poteva più crearli un fuccclTorc; c il ti-  tolo poteva elTer dal Collatore dato a chi piaceva a lui che dopo la  morte del Rinunziante folfc liicceduto. Non mancò alla Corte ottimo  rimedio anche per quello, il quale fu il regreflb. (i)   XLV»    Ne’ tempi primi della Chiefa era un fanto, e lodevol ufo, che chi  era ordinato ad una Chicla , mai in lua vita non iat eiava il carico ,  per aver Benefizio di maggior rendita, o di maggior {a) onore : pa-  reva a cialcuno aOai fare T uffizio fuo al meglio .* per ncccfUt^ alle  volte il Superiore, che non aveva periona atta a qualche gran carico,  ne pigliava una occupata in altro minore, (*) e per ubbidienza U tra-  sferiva al maggiore: cola che poi fu per maggior comodo, ovvero uti-  le, ricercata da alcuni; onde la traslazione (a) inufitata fi fece ufita-  tijfima: e tanta era la follecitudine di ciaicuno di crelcer in grado,  che IpefTe volte, lafciato il pofleduto, e impetratone un altro, riufccn-  / .. do r impetrazione viziola, rdlava privato d'ambidue ; il che cflèndo in-   conveniente, l’ufo ottenne che, fc rimpctrazioue del fecondo luogo  non poteva aver ritornafl'c lenza altro al primo;   (/») c quello fi chiamava regrefio. À TTriUTitudlnc d1ci6tu inventato di  conceder al Rifegname una facoltà, che qualunque volta il Riiegnata-  rio morilTe, o rinunziaflè il titolo, egli poieffe lenza altro riiornar al  benefizio rilegnato, e con propria automi prender di nuovo la pofTcf-  fione, e farlo luo, come le mai favcirc rinunziato : e quando anche  non avefic ricevuta la pofTcffione priiiia deda rinunzia, (nei qual calo  il regrcHo non può aver luogo ) potefle per accclTo , c ingrelTo ( 3 )  prender la poflcllionc fimilmeiuc di propria autorità, lenza altro mini-   llero   H) Intclkitmut, C.Caaonioo retereiK* , ouoj  tuoi tpiè L  n (MilTeDt Eccldùiltta bcncEcù pernuj» r ,  ut taoieo lii»p>icniti ve.tu tnbiunif , mandanuii   a uaiciiu) coaUueiu prxiavium O. uUier ‘uilfe  eicf^unit amotu a prtebeiula Tua crtnLingUineo  ipliua L. vei qoijlibet alto illicito deientore, e-in  ledicui &CUU1 eiticin. Cip. >. ulta de tctiun  perimit.   (j) Cit^, eiur allei a. IcJ oicbie & propria^ ut ncc iJ*  p-ò che, quando fi faceffe che il Coadiutore anche fuccedef*  fc, ne nalccrebbc maggior bene: prima egli farebbe più diligente, ma*  neggiando cola che doveva cfTcr fua; gli altri ramerebbero, e ripute-  rebbero più come proprio, che come alieno; onde fi fece il Coadiu-  tore con futura fucceffione : cofa eh’ ebbe difenfori, c oppugnatori. Si  oppugnava con dire che ogni fuccelfione nel Benefìzio Écclefiallico è  dannabile; porge occafione di proccurar, o defìderar la morte altrui.  Si difendeva col celebre efempio di S. Agoflino, che da Valerio, fuo  antecefsore , fu fatto Coadiutore con futura fucceffione: il qual efempio  non ferve troppo bene, perchè S. Agoliino flefso poi lo biafimò, e non  volle imitarlo; e non fi vergognò di dire che da lui, e dall’Antecefsorc  ciò fu fatto per ignoranza. (^) Ma i tempi, de’ quali parliamo, non  folo davano i Coadiutori con futura fucceffione a’ Prelati, z altri che  tengono amminiflrazionc; ma ancora ne’ Benefizi fempHci, dove non vi è  a chi ajutarfi, in maniera che il Coadiutore reila col puro nome , e non  vi e di reale, fe non la futura fucceffione; ch'è la cola cosi abborrira  da’ Canoni .    ( Dsl Cémntit, C*uf.T- U > H   /r/jfw Vtf{» r fi tirdt tki   CÀtdiMttfi m*M *r*i*«, ft ptrfém* fiiftndiMtt,  ttucr Ac Coc(4fro||'ut Joinnei. ab hoc, nt  oectflkrù cumpeccaii «lirponeiuc IÌKÌinJuufuut  ..... vien«iue prclenti vobtt juiTioflc prsi ipimut  Uf, lervsn priuxi in loco KpttVopo mcBiutato re>  voren» , quieti w» convenit inculpibilucr cobi,  bere, prbext» obcJientum ConlLtufo coDipccen*  tnn, in nullo dif)«fitionti)ui ejua rpiritu conni*  nuci rrfulianteii immo commenti vq;ihtiti« ve*  ihr (luJio c(uie prò EcclclMllifa utilitste gerencU  Conflitumt- otonueric adimplenin i ut , hit iia  dirprrntia, At etm/ttttm vt^ìJ JfiftudÌA minifirtnimr.  Ac qujtcuinque in pixfaccfectdùe patruuonio, vel    Si ufa-   de rebus ad cani perrinenrtbut repeten.:» tunc ne*  celTari* conipleaniur . i fermtifiMJM   quMleht vtllq s' Vtfltvt. di dlflt»»ri fHtfli C*»-  tmiér* ftt Ut» fqutfftriì t. ntlPHlMìtt  flA ^tAXiA n* AfutTA TértfitmA, Vidi tl  \T. O.Ce»/.?. I.   S.Vé»Un» dkt Ut ttrmini ftrptaVt,  firn fon» di C*Ad)mt»ris rr» aSat firandinat»* i  Noa auiein, da t»!i, ranmiu line icribitnm gra*  tdbndvm , quod Epircnpatiim Augudinut acce*  per», (èJ qiod Kanc Dei turato uirruerìt Afri-  caiiT rrcleuc, ut verbe teleilu AiguRjni ore  perciperenc, qui ad wiJortQi Ocunìniei muiient  gramin ntvt mtrt pro«ftu*, ita ronfecracos eJ>,  uc non futeedem in Cacbeiri Ei'ilc'ipo^ léd ac*  téderrc. Nam incolumi Valerio Hipponedit Ec-  rtefìr Coepitcoput Auguìhnus cA.ep.s7. num. a.  Ae Cin. t so. r. qu. 1 .    86 TRATTATO DELLE    Si tifava in quelli tempi da qualunque Benefiziano , che voleva farfi  un fuccelTore indifferentemente, fecondo il divcrfo gullo, o fare un  Coadiutore con futura (ucccifione, o rilegnar in favore di quello, ri-  fervandoli i frutti , e con regreffo : ma peri quello era rifervato al fo-  to Pontefice, e per neffuna maniera conceffo ad altri Collatori.   In Germania il Concilio di Bafilea fu da alcun ricevuto, e da altri  no; e per ciò diverfamente erano intefe le caule benefiziali. Per prov-  vedere alle diverlitk, e diffenfioni, nel 1448. fu concordato tra Nicco-  lò V. e Federigo Imperadore in quella guila : (i) che i benefizj va-  canti in Curia foffero rilervati al Papa, e nel rimanente degli eletti-  vi fi procedeffe per elezione quanto a gli altri i vacanti, in lei me-  fi foffero del Papa, negli altri lei foffero dillribuiti dagli ordinar] Col-  latori; aggiunto anche, che, fe il Papa non aveffe in termine di tre  inefi conferiti gli fpettanti a sè, ne cadeffe(z) la collazione negli Or-  dinar]. Non fu per tutta Germania ricevuto il concordato; e alcune  Diocefi fino dal 1518. fervano il Concilio Balìlienfe, che annulla tut-  te le riferve . Ma in prc^reffo di tempo anche chi ricevette il concor-  dato nel principio, reltò poi d'offervarlo, e G difendeva, dicendo che  il concordato non fu ricevuto generalmente, ed ha perduto il vigore  per la diffuetudine in maniera, che (non trattiamo di quelle Citth do-  ve i Velcovi, e i Capitoli fi fono divifi dalla Chiefa Romana) anche  nelle Chicle, che rellano l'otto l’ubbidienza, poco, o niente era olTer-  vato. Clemente VII. nel 1534- fece una leverà Bolla,- ma ebbe poco  effetto : un’altra ne fece Gregorio Vili, nel fenza miglior fuc-   ceffo.     E»m»  y» ,ffj afart, » far/ai d» gt.'efi* tr»/r, fiver» jta  aaert, ,n iaefki d,fi*au feiameif' dm puaate àt  tammiae , e\i f^ij?dtti»i»lala   re mette f at» f.^e ti huge delia tén étdì^^^  tauame f t fartmm* tatii i Seiufiai firmari, •   gelati, thè ufedatfamte^temf» delia Irte f rum  ae ifmelii ebt tem ftema^ alte dignità ta-   I narrali, Artiefìfti^U , ed £fiftofali et» varan  fi, > tilt vae^rénat per i* 4 Vtr»*er«.   Utile ciiefe ìdetr^alitaat, e CattrdraU , aia  feetette èm me diat umn it alla Sede Appidthea , i  Mftdeaa/hri ebt vi f»»a imnt.haiameate fe^tut ,  i' eUtitai fi faranae Uitrameste , e fai feraitanpet'  tate alla dell» sede , eUe Uiea^iemer», fe fataant  i»itaicit. £ et' àù^jteri tif ,ie» fine lev»»-    diatameaie faggettì, ed altri Benifia.] ngrUri, ftt  h guai* nam fi fati! ruarrtre alla faataSede, gli  Utili aa» /branma aUligati avtmra a Raau perita  lrra.tamftrmat.iana, a prev9tfiame\ aUrp ditpigiiii'  fii lentjin ma» laderanni futa tafptuatne , nè»  hinfit.f dilla Uanaebe mam efeati fati* l» difpafium  ma éa» Umfm «   Qgaata arti ahrilantfit.) feealari, arnatarinaa  eamprefi niile uftrve effriffi di fefra , ma* im-  ptdirtau eh* hitramemii aaa nt fi»   Caliatati ardinarl, fmaada vailùraiiHa ae'mtfi a»  febbrai», ^rile, Gimgae, Agafia , Qet^rt, at>t-  timbri, t m*(i di Gaamapa, Mara.», idaeei», Lm»  gtu, btiitmbii, e Nnembre, faraana rifttbaii al  fapa ; ma fe fmteedarà tba i aim^ai , eba vatbm  raaa» f» ^mefii mefi , man fiea» fiati tamfenti dal  Vapa mi‘i**m*fi , eamiaeiaada dal giama della va^  r«u« fepma atl larga del itaefitua, U CallaKÌa-  ai niaraarà , a ad igni altra al fma-   le fprttird la difpt'fieiomt .   Ma awd» gaefia ahima lameifìaitt aperta Fa-  dna a malte Ini tbe aafervama di giara» im gur-  a» fra fatili elee UVapa avena ueirntdiuiimaaa-  et tl termnae ffirata di tre mefi, e ameilitbeav»’  vaa» alienata la tallagdaae dagUOrdiaarf, ipim*  U teaftrivaaa i bi»rjfz.t dal gura» im tm fpirava-  aa 1 tre uefi, per ^r«vritir« leprattvifieaitìeeelP*'  pa pattfie aver fatte verfa 1 / fiat del termaan Or^  garie X(ll. fiee ama fiali» m data del prema di  Ha vtm br* ij/6. tea tm iuftiarì eie ìd Camtefie-  me di Papa Pftttal» V. aaa dava altmm Imàgf  Oreiear), «> agli altri Cellatari di difparrt  forati i tre mefi de' beaefiat ama vetta teweprep  fette fmefià brttifa teneijiami ( m» attriti thè fn  V awtnaire gutUì, tbe il Papa avrà prevnednti  di tfnrfit benefi».}, faranm» ttnmti a a fifaifitatelm  lira impetranene a'CelLiteri atti» fpazia di tre  mefi, fimianaada dal riama dtllav*eamKa fepnt»  nr! h"« dtl lr-'f%ìT , o n p^nil.ttrln im fuiiffi    /   Digitized by f ■>    MATER. BENEFIC. 87   cefib. Nella Dieta di Ratisbona de! 1 ^ 94 . il Cardinal Madruedo, fi)  Legato di Papa Clemente Vili, fece gran querimonie per nome del  Papa fopra di quello; nè apparve frutto. Al prefentc rella ridcfsa va-  rietà 9 e confuftone. La Corte Romana non ba^ le non due rimedj .*  uno per mezzo delie ConfelTioni de’Gefuiti, i quali operano per ter*  mine di cofeienza che i Benefiziar) provveduti da gli Ordinar) lì con-  tentino di pigliare le Bolle da Roma; e alcuni lo fanno: l'altro rime-  dio ufato dalla; Corte, ma ne’Benefiz) importanti, e con perfone in  parte dipendenti da loro, è, che, fatta una eiezione , o collazione cen-  tra il concordato, la Corte l’ annulla, ma conferifee poi elìà il Benefi-  zio alla llcfia perfona : rimedio in altre occalioni ancora gi^ molto  ulato; non perchè giovi neiriHelTo tempo; ma perchè, fervando quel-  le Scritture, le ne vagliene poi a’tempi feguenti, per mollrare che  avelTcro ubbidienza, come tante altre Decretali, che non ebbero effet-  to: lono però ne’ Libri Decfetali per lo ftelTo difegno.    XLVII.   In Francia la prammatica > ebbe rigidi combatrimgpti da Pio IL, (2)  acquali s’oppolero collantemente il Clero Francele, c rUnivcrfii^ di Pa-  rigi ; perlochè il Papa fi voltò al Re Luigi XI,, e gli mollrò comò era  dildicevole a lui che nel Tuo Regno fi lervalfero i Decreti del Conci-  lio Bafilienie, contra il quale egli, eflendo primogenito regio, (*) c  partito dal Padre per dilgulli, andò con arme, ricevuti danari da Pa-  pa Eugenio IV. per dillurbar il Concilio: alle quali ragioni il Re Lui-  gi nel 14Ò1. cefie, e rivocò la prammatica: (3) ma feguendo oppofi-  zioni deinjniverfitk, e rimollranze del Parlamento, le quali ancora fi  ritrovano, nelle quali rapprclcntavano al Re gli aggravj del Regno,  c deir Ordine Ecclellallico con conto fatto minutamente, che in tre  anni erano andati (4) per caule benefiziali a Roma 4. milioni / dopo  tre anni la prammatica fu daU’illcilo Re rellituita. Se le oppofc poi  Siilo IV- c fece un concordato per diftruggcrla, il quale fi ritrova an-  cora; ma quello non fu ricevuto, e la prammatica reftò. Innoccnzio  Vili. Aicflindro VI., c. Giulio II. fecero ogni sforzo, per levarla/fg)  nè mai poterono ottenerlo, .    fi» n/t mtd/fm Im/fé d/i i di-   ihin/*ndo mmlU, t di nimns f/rZM, t VMÌ*rt tut-  tt t* àifftjiùeni, • fr/vvifi/iti fsit/ dn'fnddetii  CfUdttn dif» t»l » fmUlitntjdnt ;   t fej^ndtndn U t«U*t/»nt di tmtu i , ed   mjftf s ftuii iCeildferi rht Mrdirdnned’infrsnge-  re t* fi»* duki*rdti»ni fin (he ne Minae thitfie  ftrdene *11* f*at* Sede,   ^tufi* téli* di GrtftrU XIII. iimtjh* tbt $   taf* ertJenó femfrt di fétte annutUre j Ceneer-  d*U , e [li Mitéimdamenti (he fanne te' trintifi .  fer non f**mdé le frtttmfitni dell» Carte di   Atm* , (he fer fre^tSene , e ftt mm rertt temfe ,  fin (he féff*»* ferviefi del lare diritta ta» intia it  rym.   (t > Zadewa, Nifete di Crifitfera Madrnfria ,  C*r/ìn*lt yiftava di Trtnta, a fma fnettfiera tm  Viftevata.   (!) Etti [Tidmv* gmirr* , gntrr* , iil({ue ad «•  filloa.    xLvm.    (*) toQuif**-’ 9 p«rtl(o dal Psdn per di%s.  fti; it tha né* f* niente mt frefefite.    L'nmma 1461. »«/ [matta narft dat fma iU-  ima.   (4> ?a»Ulì. U [H*U fmtttfit *Ha, mandi al  ta Gìavanmi Gwfftdi ^ CmràirnaU, V^eave dAldi,  fer fatili vtr^ara la riveeauamt dilla prmnma-  tka. Ha faffatm [mefia ri^aaitna nelCa/klUt-  ta, [nefia CardiaaU travi nel Parlamenta Già-  vanni di S.Rammna, frattutatar lemaraU , thè vi  fece e^fitàaae-, e ntermata a tafa, PVmnerfità,-  tha pi nnifiti U fna affaUmmiana al futura  oÌM, t fai mudi m farla regi/hari maiCafitUeum  Vtdi t'aediMag,tme di Ladevka XI. dtl parmii^itf  Srtttmdre >464. mtUa Cemfemza dilla OadpeanJn-  mi bh.i. tit.f.far.i.farng.i.   (S*) Imfiratfhi avevmma mm pamdigllmi limmei  (belli altri Prtarifi Criiiami, ad delia   Stantia, mm femfafftra m far fttm ali,' amteritd  Pafata tam fimli frammatuht .    V    Digitized by Google    88    TRATTATO DELLE    XLViir.    Fiiulmente Leon X fece un concordato col Re Francefco I. per cui  fu annullata la prammatica, e fu lUtuito che a’ Capitoli delle Chiefe  Cattedrali, e Conventuali fofle affatto levau la podeflk d'elegger il Ve>  fcovo, e l’Abbate; ma, vacando ì Vefcovati, e le Badie, il Re nomi*  nalTe perfona idonea, alla quale fofle dal Papa conferito il Benefizio.  Che il Pontefice Romano non potefle dar alpettative , nè far riferve  generali , o fpeziali ; ma che i Bcnefizj vacanti in quattro meli deU’an*  no foflero conferiti dagli Ordinar] a' Graduaci delle Univerfirìi; e i va-  cami negli altri otto mefi foflero da efli Ordinar] conferiti liberamen-  te ; che folamence ogni Papa nella Tua vita potefle aggravar qualunque  Collatore de’Benefiz], fe ne avefle a conferire tra io. e 50. a confe-  rirne uno fecondo la dirpofizione di fua S^tith/ e fe ne avefle 50. o  più , a conferirne due : ( i ) e febbene neU'accettare il concordato vi fu-  rono molte diffìcolth, e TUniverfith appellò al futuro Concilio legitti-  mo, vinfc nondimeno Tautorità, e utiliih del Re Francefco; e il con-  cordato fu pubblicato in Francia, e pollo in efecuzione. (a) In ma-  niera che, dappoiché canti Pontefici dal 107^. fino al 1150. combat-  terono con fcomuniche d'infinite perfone, morte d’ innuraerabili , (3)  per levar a’ Principi il conferire i Vefcovati, e dare reiezione a’ Capi-  toli ; per lo contrario Pio IL, e cinque de'fuoi Succeflbri (4) hanno  combattuto, per levar a’CapitoU di Francia l'elezione, e darla al Re;  e finalmente Leon X. l'ha ottenuto: cosi la mutazione degrinterefll  porta feco mutazione, e contrarietà di dottrina. Hanno llimato gli Spe-  colativi la ragione di ciò eflere, perchè l'efempio che il Vefeovo, e'I  Clero conferilca, tiene viva la pratica, e dottrina univerfaliflìma della  Chiefa, contraria alla moderna : altri perchè fia più facile levarla an-  cora d^e niMii d’ua Re, che fofle o di fpirito debole, 0 in bifogno  del Pontefice, che da’Vefeovi, e dal Ocro.   Il Re Francefco fece molte leggi ancora, per regolare il poflèlTorio  de Benefiz]; e il concordato fu fervato da lui: ma dal Figliuolo En-  rico IL quando fu in guerra con Papa Giulio III. per caufa di Par-  ma, fu interrotta l’cfecuzionc per qualche anno; (5) imperocché nel   i55 // etere di Freéné , dice il medrlìmo ia  un «Uro lu(^, le Umverfiie, i Pérlememet, e  tétte ie ptr/eme dsHtee vi fi tfpefi'e tem iémté-    tif rèm^ééte, pretifietiemi, éffellét.'eéi el fu-  tmte Ceétilie. Tmttévié i« téfe e ime eent fm  éK^érèe di tedtre siFéMerìti mfeimte , e di te-  lifitéte 4 tenteedàte mel Fertééiemre.   1)1 Dm armerie VII. fime mi IheeeeniJe I V.  ttei , rnelie fimeee di deigmte mméi feme flèti fet-  te tmfermderi feemmmùmti , tiei , FétueW.Eérke  V. Fedente I. FUiffe 1. Otteme IV. Fedetifell. e  Cerrmde f,   (4) P4«I*II. SiJhlV. léMettMàJe Vili. AJ^mm-  dreVl. e Gmliell,   il Dme* di Fmréem ere ftifimee fette U fre-  ttfeeme deUm Ftétteim , fer fetet itfknierfi temtrm  Fhmptrmdere , fme fmettre, 4 fémlt Vetevm imfé-  dremttfi di fwi Dmtete , teme mvev* fette il  Viettéà» , Il fepm eite 4 Dmei e Reme , e fei l»  dukimri riFnle , per mem tftrvifi prtfenimte . L*  léepermdert, U f»«/« 4vrtr« nfveelìet» le  fé, prife i» lè le fmmfm /r/Pii/4, e'I EediTtmé-  firn fmèllé del Dite tentrm 4 Pepe, e F Impptp-  dere.    Dìgitized by Google    MATER. BENEFIC. 89   1550. il Re proibì che fi riccvcffe alcuna provvifione de’ Benefizi  pjpa; e comandò che tutti folTero conferiti dagli Ordinar} ,• (1) ma,  fatta la pace, il tutto lì compofe, e tornò Tofiervanza del concordato .  Ma nel 14Ò0. furono tenuti gli Stati in Orleans nella minoriti di Car-  lo IX. dove furono regolate le collazioni de' Benefizi, e levate molte  delle cofe contenute nel Concordato. (2) Succeffero le gran confufiom,  e guerre nel Regno; e fu mandato il Cardinal di Ferrara (3) Legato  in Francia, il quale ottenne che fi foprafedefie nelle Ordinazioni d’Or-  lc.ins , ( 4 ) con promeffa , che il Papa avrebbe provveduto efib a gli  abufi , per li quali le ordinazioni erano fatte : del che poi non fi fece  altro; onde al prefente il concordato refla : cosi fono paiTate le cofe in  Germania, ed m Francia.    XLIX.    Ma lo fiato d’Italia, che ultimamente abbiamo deferitto, fi è muta-  to in gran parte, per la celebrazione del Concilio di Trento, il quale  fece molti decreti in quefia materia, per provvedere a gli abufi foprad-  detti che dominavano/ e febbene dal Tuo principio, che fu nel 1547. in-  cominciò ad attendere a quelle correzioni, e fece molti decreti , non  furono però polli in efecuzione, falvo che dopo il fine , che fu nel 15^3.  perloche fi può dire che tutte le provvifioni fi riferifeano a quello  tempo. Fu intenzione di quel Concilio rimediare a tre cofe : prima  alla pluralità de'Benefizj; Iccondo alla liicceflìone ereditaria; terzo all’  aflenza de’Benefiziati : c, per proibire ogni pluralità, ordinò che uno,  eziandio che fofle Cardinale, non potelTe aver piò d'un Benefizio: e fe  quello fofsc cosi tenue, che non ballafse per le Ipefe del Benefiziato,  potefse averne anche un altro, che folsc però fenza cura d' anime.* (5)  proibì le commende de'Benefizj di Curati advifam^ per efser un.i coperta  di farne aver due : (rf) ordinò ancora che i Monafieri per l’avvenire non  Tomo li. M folsc-    (i> dirns »*i fm$ eéifr», tktM*»  fi» thr l* ftmminiftrrnfft dmnmr» si   ftr fsrmt l» gmtTTM m'frtsetfi; eh» enfrf,Mt».  t* fruhivM sjftlMtsme»/» di f»rr»r »r» , m* sr-  M R»im» , 9 m saslfifi» altr» lu»g« eh» fifi»  fini» l'mdhiduatm d*l P.tfs , ftf dtfpenf»,   • altre grai.it , fette pna di t»m/if{ai.ttni^ agL £ ) /« ^aefit Stati il deputate del Cl»r» dìfie ,  eh' era fiat» èfitmat», eh» /' Eeefia di Lmter» era  mata meli» fitf» ann» dii Ceuterdat».   ig) tpfelii» fEfit della tafa de' Daehi di Fer-  rara , Ntpeet di Papa ^trfandreVl,   (4) una delle guati prtthva di pagare le Aa-  nate, e di mandare danare altane a Rema » per  htnefiny , e per difptnf» .   (f) Quoouin muUi « ,r->  chiilct ( rr eii.ts obtiitenc , tog:^n(ur ott-oinu, qui-  buftuitique frimnibut , c t>uin Icx u^nlium aimitrcre,  A( line o.ltnlenuitic», ac in t)«iibu|ue iterfjnja, ct^oi  C d'àiKai-tu^ Inm-i'e rulKentiuu>. Invitm h.leit ^  ]n 04 Ì)«.‘«>^iilqaoque eum futura ,i‘W^ 14 *. rd / frimi thè ritmmriareH»  m r^veghart gii feriti la yreffitt fureae   tÌMi D«mrr.iV4«i ifaruitali, BarulemmeeCaraKia,    e Drmnue Sete, i ijttali frexarema feritmcai» eia  l'all.' g» dt rtf diit è ór jure d vino. Ofi>iieHe tha  il C.rediaal(jaetane, fariunate DemmUaHe, ara-  vi ftfirnuia aleam mani frinai la ^nalt fi dna  eh' egh mHie ^uande fi Vifteve, aeagieat thè a*»  fi fa>t» atai a! fue f'.fravate.   Nel teli" li'tro della (iia Storia del Con.  tilni egli dite (he i L>‘ati Jeif'e lig-rre in mas  lieagregatieee eea.rAle uà» /fritte, aea fui i !*•-  dri tran» fregali a riCfeudtre teli* fila f*fela  ptirtt, q phter, fi fi éerfirarafe la rf^ldtm-  jt,a de jiite ditiiia4 e fh'iffiade Jtarr raeedte U  rati, 6(. f arena di pia ex, de aea phtct. ij.  di plj«jii' >■■■ ii».  llro, c >7, di non pia et, iw.t p .us ccAt-ito S-  D.N. j' g.''n >7 dif’cr.ie-redt! . iT.ftr ^hA-   It ibe Ji’unr, ^avJH/ I* ai'L.i-atue'tt ce jjre de-  vntef laJde-.t le i-, uja la l'./rvjw >a turte,  me w Hirettiari^-tai, ft il T,ifa fi ei-'teiiuva ,  £ ex-vfg-iaial ‘jae/.e d:!hax>eai /•atrè afin meta-  fifi'hr, le 1 ,t e le >j.nea lafiiava»* di ferieggiar  egii.ilrmeate bear il Pafa.   (6) l'soto Giov.c», diceoto il (uo pi-ere nel  C««ipcF-  jff, »•»•« velia u, evale, teli « tVrew rr*e.’-J :'«•  vrei-'eae nJ-ferata teme mae ffmd- temtra il fa-  fa, quandi eie avrffe tinti a fti>vta , ftr rei,att  leale delle lera atieai, e della Ì»re D.tiriaa , em-  me aveva fatta ma Arrivefiev* dii plana eeatra  l'aele HI. th'tgh temeva aeelie thè aitaat Vefeard  aea xe'.iffiit tei favere del )U» Divinuni fetttarfi  dall' mhbtdientA del l'afa, da teu daiadevm Vie-  miaat della Chtefa , ma thè velevm aeae dir lare  (he ^mefie fartiit ma tfamf'V thè dareidiina 4*C*>  rat! , fer fitmelrre ilgieg* l^iftefait 4 feribl, ejftade  ì'ajlpri uamtdiatì , freUmdertLlmaa, thè U late  greggia fftUafie fih ad rfì, ehi al lere Veftevei  endt fai la Oer4ri.« atila i.htfa ira^nmerelrhe  ta Aaattkia. Stcìia «.et ConciUo lib. C7.    Digitized by Google     MATER. BENEFIC. 91   tmbe le parti foflenuta lopinione con grande ardire. Lacofapafsò al-  le pratiche; onde dopa 14. mefi fi comandò bensì la refidcnza , ma  non fi dichiarò però quo jure il Curato folTc obbligato : folo furono ag-  giunte pene a* non refidenti; (i) nel rimanente furono le cote lafciate  nello flato di prima. Quelli però che fi trovarono nel Concilio, e  hanno lafciate opere fpezialmence di Teologia , hanno foficntata la  refidcnza de jure Divlno^y pafiando tant’olrre, che raffermar il contrario  l'hanno Rimato un deludere la facra Scrittura, e la ragione Refia na-  turale, (a) c tutta r Antichitk.’ ma, per non irritarli la Corte cen-  tra, hanno ritrovate delle eccezioni, per le quali il Papa polTa farvi  delle difpenfe.   Delle rifervazioni, punto principaliffimo , le quali erano crefeiu te fo-  pra modo, il Concilio non parlò, perchè toccavano la pnmria perfona  del Papa; perlochè anche rcRarono, anzi furono poi accrefeiure. (*)   L.    Pareva che con aver levate le unioni, e commende etdvìtamy ì re-  grefiì, e le Coadjutorie, folfe in gran parte provveduto, fe non al tut-  to, almeno a gran parte. 'Fu però trovato dubito un rimedio, che non  folo fece lo RelTo, anzi ne fece un maggiore de’ quattro fuddetti ; e  queRo fu la penfione. E’olTervazione delle perfone pie, che in queRi  tempi mai la Corte non fi lalciafie indurre che venifie annullato , e  corretto un abufo lucrolo, che non ne aveflc preparato un maggiore,  e più utile ; ma in queRo è ben certo effere cosi : è però da fapere  che non è cola folo di queRi noRri tempi il metter penfione fopra i  Benefiz); folo è nuovo il modo, e la frequenza c propria de'noRri tem-  pi. Quando i Beni EcclefiaRici erano in comune, il nome fu inaudi-  to; dopo fatti in Benefizj,- la Regola, o il Canone praticato da tutti  era, che i Benefizj fofTero interamente, e fenza diminuzione conferiti.  Dappoiché i Chetici diedero principio a litigare , quando U caufa era  dubbiofa, cedendo una parte fe ragioni (ue, le le concedeva una parte  deir entrate con nome di penfione: ( *) ancora di due Benefizj quando  l’entrace non erano uguali, fi rifarciva quello che lafciava il più ric-  co con una penfione* (T) Apprefib ancora, quando alcuno hlegnava  IJ* M 2 con    rut a (KroCinàx Sywlt meoee a-  hmo* trahancur . . . . Jalarat làcTolanàa SynoJua  aannei Patrurchatibni , PrinwiaUbua , Meirofoli-  unii . ac Catheinlibua Bcdcfì»   che lenza caufa alcuna il Papa può dare pendone lopra qualfivoglia  benefizio a qualunque perfona che gli pare*, e colui che riceve ezian-  dio fenza caufa veruna, ma !per fola volontà del Papa, in cofeienza è  ficuro. Una volta fi teneva due benefìz) Curati*, uno in titolo, l’altro  in Commenda*, ovvero fi univano ad vitam*, e il Benefiziato era co*  (fretto a ftipendiare chi ferviva in uno d' elh : al prefente il Benefizia-  to fa dare a quello il titolo, e a sè la pendone ch'egli ne cava*, la qual  cofa è di maggior fuo vantaggiò*, perchè una volta era (oggetto a dar  conto degli errori che il fuo Softituto faceva, e aveva pur qualche nc*  ceftìtb di penfarci *, clic cosi niente ripofa fopra lui , e l'utilith è fiftef-  fa. Similrnente chi faceva un Coadiutore, 0 rinunziava con regrelTo ,  doveva aver qualche penderò del bcncdzio di cui aveva parte*, e po-  teva tornare tutto fuo*, ma rinunziando, rifervaiafi una pendone, re-  fta libero d’ogni cura, d'ogni penderò*, e fe il Rjfegnatario muore, o  cede, a lui non importa, U quale la fua pendone Ubera, c lenza  faftidio.   Ancora è molto piu utile aver pendone, che benefizio. Prima mol-  ti Benefizi ricercano TOrdinc (acro, e l'ctb di poterlo ricevere; per  la pendone bafta la prima tonlura, e Teth di fette anni. Anzi le pen-  doni fi danno a’ Laici* come per Tordìnario a’ Cavalieri di S.   Pietro, iftituiti da Leone X. c a quelli di S. Paolo iftìtuiti da Paolo  in. a’CavaUeri Pii, iftituiti da Pio IV. e a quelli di Loreto, iftituiti  da Sifto V., i quali podono avere, chi 150., chi zoo. feudi di penfio-  ne; e a tutti quelli a’quaU vuoi darle il Pontefice. De’ Benefizi, an-  che ne’ tempi che fe ne teneva più d’uno, vi era fempre che dire :  era necelTaria la difpenfa, che pur faceva fpcndere : con tutto ciò i  Dottori mettevano in dubbio, ;le chi 1 * aveva ottenuta era ficuro in  cofeienza. Delle pcnfioni fc ne poflbno avere fenza fcrupolo in ogni  numero; e non vi è penfione incompatibile. Si può dare la pendone  con autorità di trasferirla in un’altro a proprio beneplacito; cofa che  non fi può fare ne’ Benefizi fenza paftare per li termini, e per le  cerimonie delle rinunzie; c le rinunzie non vagliono, fc non foprav-  vive il Rifegnatario zo. giorni: la pendone fi può trasferire anche in  punto di morte.   Quello    (•) vide C«p. ex parte it. ex»* , de ofCcio  )udkit ileSeg. & ibi FcJio. oiim. i.Felin. ad Cip.  »d audiemiam. num. i. extra de refenpe».   (^) Vide RcbuC traó. de paciticu oudi. mo.  DuareD. de Bene&c. Itb. 6. top. 4. Coni (acerd.    paraph. i. cap.,. num. la. & Joau. Davean de  penltooib. beuefic. psg. SI.   Cap. per tu»i, «irra, de doiuitonibux.   (* ) Cap. ce multa, in fine . extra, de prs>  beodu. DÙveun de renfiunib. p.l^.    Digitized by Google    MATER. BENEFIC. 93   Quello che foprattuto importa è, che la penlione fi può ellingucre ;  il che in Italiano vuol dire farne pecunia numerata; e ogni contratto  fatto nel Benefizio fi reputa fimoniaco. Eftinguere la penfione non vuol  dir altro, che ricever una quantità di danari, per lilxrar il Benefizia-  rlo dal pagarla; la qual quantità fi tafla per accordo , fecondo la mag-  giore, o minor età del Penfionario. Non vi era gfa innanzi 1 * età no-  lira modo di fare d’ un Benefizio danari con un ti ; ciò farebbe fiato con  affefa infinita di Dio, e degli uomini: adelTo fi fa lecitamente, lo ho  un Benefizia di aoo. feudi; lo rinunzio ad Antonio, rilervandomi una  penfione di loo. la quale , immediate ricevuu , con 700. feudi io efiin-  guo', ciò è la rinunzia', e così ho del mio Benefizio fatti doo. feu-  di contanti lenza peccato . Sono alcuni poco penetranti, a' quali pa-  re che quefto circuito non fia rifieflb, come fe vendefli il mio Benefi-  zio per 700. feudi ma mofirano ben d’ avere groHb giudizio . Mal-  te altre cole fono nelle quali i molto piò comoda la penfione , come  fi ulà adefib nelle unioni. Commende, Coadjutorie, e regreflì. Alcu-  ni , magnificando la comodità di far danari che il Papa ha per li bifo-  gni della Sede Appofiolica, dicano che, fe aprifle i regreflì, cavereb-  be quanto voleflc; e mofirano di non intendere la materia benefizia-  le. Non avrebbe per quefto quattrino.- (1) i molto piò utile, e co-  moda la penfione perciò fu facile efeguir il Concilio , perchi tornò  anche comodo ; ma il levare le Commende da'Monafierj, (2) che pa-  rimente il Concilio comandò, non è fiato pollo in efecuzione fino al  prelente ', (3) anzi molti, che erano in titolo, fono fiati di nuovo  commendati', non elTendofi trovato modo di farlo con comodo. La  penfione non può efser impofta da alcuno , falvo che dal Papa ; cofa di  grande emolumento alla Corte Romana.   Quella mutazione ha fatto in Italia il Concilia di Trento-, il quale,  non avendo trattato delle nfeivazioni, ed eflendo quelle anche crefeiu-  te', e ogni giorno crefeendo , reftano bene cinque felli de’ Benefizj d’  Italia alla dilpofizione del Papa, con buona fperanza che il fedo che  rimane fia per compire l’intero.   Per le regole di Cancelleria fono rifervati al Papa tutti i Benefizj che  fi rifervarono (*) Giovanni XXII. e Benedetto XII.; e in appreflò fono  rifervati tutti gli ottenuti da qualunque perfona , efsendo Minifiro di  Corte, febben dopo folte ulcito dell' Uffizio. Sono ancora rifervati tut-  ti i Patriarchati , Arcivelcovati , Vefeovati, e Monafieri di uomini, eh’  eccedono il valore di dugento fiorini d’oro-, (») e ancora tutti i Bene-  fizi che fpettano alla collazione di chi fi fia, e vacano per la ceflione,  privazione , o morte del Collatore , finché il Succeflore avrà pigliato  pacifico poflelTo .- ancora le dignità maggiori dopo le Pontificali nelle  Chiefe Canedrali -, e le dignità principali nelle Chiefe Collegiate-, (ò)   i Prio-   (I ) In^trtffliì gufili, i jm/ì gli «f/rrrri^Mw, rt i» C*mmmd», fétrwuu tffrrxi   BM /t >t* fDtrtiitmt ftTMÌrt, M Imfttsti. Or» i* pi» à» ttnt' »m»i i   dt'ytftivt, t dt’ i ftpTMttmttt im «vrvM* mtfi ì»tii j BtmtjUf iw   i dm it FstUmiMt di t»rigi h* ftw^é C»mmtad» , tth im tln «m   impidit§ di ricrvrrti, »veff*rt «vari lid dmt, « tf» CtmmmdjttMr) i td   (t) Ntt r»p.tt. d*lU rifttm* dt'Rr*»ÌMfÌ d*lU i» tpuft^unt* fi trmtv» €b'tr»»»   XXV. fitétt »tlU MMttMfdnu dtU'srtuti* fritti »d tfftrt ta Ctamiad » .  aattitdtiitt . (’*) Vidi l» R^ri» di ,C»a€tUtria d’IaimtwaJà   ( 3 ) Jmftréttti la Ciati di Rama , fiacri f*ltù Riitla i.  le i» difiiaùaaì, di dhi^hinfa ibi fa   ro; o perchè fieno partiti; o perchè il Cardinale fia morto: ancora  tutti i BeneBzj de’ Collettori, e Sottocollettori; tutti i Benefìzj de’ Cor-  tigiani Romani che muojono in viaggio, quando la Corte cammina;  lutti i Benefizi dc’Camerieri, Curfori .* (a) olirà tatti quelli Benefìzj,  che comprendono tutti i principali, e una gran parte degli altri , It  riferva il Pontefice tutti i Benefìzj di qualunque lotta che vacano in  otto meli (h) dclfanno, lafciandone a gli altri quattro raefi folamen-  te; e ciò quanto a gli altri Benefìzj non nominati di fopra * Oltre a  quelli ancora lòno rilérvati per Collituzione di Papa Pio V. tutti i Be-  nefizi vacanti per caufa d’erefia (i), o per confidenza ; (2) c tutti  quelli che non faranno conferiti fecondo il decreto del Concilio di (3)  Trento. Chi metterà infieme tutte quelle rifervazioni , [ritroverà che  almeno cinque felli fono del Papa, e un fello di tutti gli altri Colla-  lori inlìeme.   Per render le lodi a chi fono debite, non è da tralafciarc la dili-  genza ufata da’ Pontefici Romani, per non lafciare che i Vefeovi , e  altri Collatori de’fienefìzj, delfero luogo ad alcun abufo. Mai non han-  no permeflò loro il poter unire Benefìzj aà vham\ nè parimente il  commendarne ad vitam : non hanno permelTo che potefièro difpenfare  fopra la pluralità degl’incompatibili; nè concedere regrelli, o Coadju-  toric con futura luccelfìone : e ufando l’ ideffa diligenza adelTo, non  concedono che pollano imporre penfione, eziandio minima, fopra il Be-  nefìzio : medefimamente non ammettono che poflano ricevere le ril'e-  gnazioni ad favorem : anzi ancho nel ricevere le rifegnazioni aflblute ,  che (ono date antichildmamence nella Chiefa ufate. Papa Pio V. nel   1508.    (a) Rigti» ••‘t»..   (*) 9.   (t)Omma Se iln^U beneiUia Eecl«(uftici.  rum (Ora, & due tura, recularit, te qunnimvit  Or(Ìmum, ctiam S. J  niiraln ma)ore$, rulia, prioratus, pi»,  potininr, prcpofiunti, dignitites, euam ronven*  nMJo, vef oiHcia eciam ciaullralia. ac hafpttaha,  le pr jcceptorLc , ordiiuuioni ScdilpeaiàuoQiAOllrjr,  At lèdU Apoftui. bac perpetuo valicari(on0itutto-  ne. audontaie apojtolica. tennre prarientium, re>  ierramut s Dcclsranrei emnet Ac quafeamque im-  peCTitior.et de beneikiii, quomodocumque quabii-  c&m, in iumrutn iàcieudas Ac obnneiidat, beneli*  (ia buiufinodi, propier iurreiltn vacaniia , At in fu*  furtim vatitura. non eomprcheodere , niiì fpeeiaii.  ter vacuionu mndui propter crmxn hsrelìt ex*  prciTui fueric. Oteretul. iet,?. rir.ii.   )U Ctfittut**»* ) dii mtft di   (a> Ad siires noftru perventt ut nonnuliiaon  vereanrur . . . . beneficia CècuUria, Ac regularia in  cMijUrn/MD» . qaam liinonuciin pravitaccm fapere   ignorant. accepure. Ac retinere . Nm ne   • burnì , ,vel potila deiiAum tupiftnodt ukenui    pr ny Jiawi , ceUrì mneJio pfoviJere ro!eafrt $  ptooinunnn omnium cognkioi>nn oubiii Ai Sue*  ccfToribu» nnAra Rom. Pontificibut refervaDtef , o*  mnn Ac iijiguJa r««>tdrfirijr«M bafulKiodìcauùs.  per no» (ùmmarie. limplkiter. Ac de plano ad*  «tiendat. toguofcendis , decidendai . Ac totaiiter  eaequendas, ad noi avocamuii decifìoniqucAc ter*  mifutinni per boi ftipcr illts fiactendx lUndum ,  accjutei'cendum , Ac odidÌdo porenduen & obedien*  tium tbre. lUtuiinui, Ac otaiinamii . DKfit.7-tit.  IO. cap.io.   rj) Noe, ad quorum nonriara pervenir, noo-  nnJlof ex venrr. Irarribui aoilrii , ArchiepiCcopis.  Al F-pircoptt . oceurrenre racatione paroebialUuta  Ectletianim. «s ouljo, aut djiaui rite (ervato .  cxtmine, prcl'eniui lUÓ qood per coacurfoin fieri  debet, CI OmciJio Trideitrifto. veUuam riceter^  veto , neribnii ininui dicnii . camilititis . aut  ahum liuirunx palTìonif a^*'tuni . non rationiiiu.  deciunt fequente» , cuniitUAct volcntei bujurmodi^  flc rtiam iunuii periculU octurrere. auOoritate a*  pofiolita, tenore orgifcniium . emnet Ac fingulai  collaxtonct, proviuonct, inlliiunonei . Ac quafva  dirpofitioneti parochieliam Ecclefiaram ab eirdem  Epifcupii, Ac Archtcptlcopis , acquibufirìseliKCoU  iuurilma , prarter, Àc contra iurnum ab eodem  Concilio Tndemino ptjrkriptsm, iaOai , aat in*  fiiturum fiictcnilaa, Bullai . irnrM , ac nulliua ro*  bori» {ore. Ac ei)«, dcternimut. Se detUramui .  ealqiie crRines fix cecantn nortri;, Se Sedia Apc^  flohee dilpo^inni rctcrvaiuua. ì^idm re/.a*    Digitized by Google     MATER. BENEFIC. 95   15^8. proibì fotto gnviflìme pene a tutti gli Ordinar;, che, ricevuta  la rilegua d*uu Benefizio, non potefTero conferirlo ad alcun confangui*  neo, alfine, o familiare del Rilegnanre* avvertendo che nè con paro-  le, nè con cenni, o altri fegni folle loro dimoArata altra perfona a  cui il Rifcgname defideralTe che foffe fatta la collazione del Benefì*  zio. (l)   LI.    Si afferma coftantementc da tutti i Canon irti , c Cafifli, che ogni  patto in materia benefiziaic è firooniaco, rjuando fu fatto fenza parti-  cipazione del Papa; ma con Tuo conlenfo ogni cola lìa legittima; aven-  do per coffame quella univcrlale propufizione , cioè: il Papa in mate-  ria benefiziale non può commettere fimonia*, la quale non ai troppo  buona edificazione al mondo*, Icbbene i più modelli Canonìffi la limi-  tano, diffinguendo effere alcuna Iona di Emonia proibirà per legge di-  vina, c altra per legge umana*, aggiungendo che il Pontefice è elente  folo dal commettere la fimonia proibita per legge umana /( 2 ) ma con  tutto ciò inciampano nelle medcfime difficoltà*, perchè quello che non  è male di lua natura, nè proibito da Dio, non merita quello nome*,  ed è fuperduo far una legge umana, per non offervarU*, e chi mire-  rà Tinterno, c non fi farà prcielio colle parole, vedrà che tutto è  proibito da Dio.* c certamente non fi può dire che in quella parte,  di tenere gli altri Vefeovi in Uffizio, il Pontefice abbia mancato*, cd  è (lata grazia divina molto grande fatta a'Pontefici, che abbiano po-  tuto tener fincero da fimonia il rimanente UeiU Chiela ^ Icbhcnc nofv  hanno potuto Rendere quello bene a sè meciefimi, nè alU loro Corte:  c le un giorno, come vi è Ipcranza, ( 3) entrerà penfiero in alcun buon  Pontefice di riformare la Corte, larà cola facilillima il farlo, col Io-  le ricevere anche per sè quelle leggi che fono date agli altri Velicovi*,  c potremmo afpettare in breve una coA utile nformazionc, quando f  adii, azione non la tencP'e lontana, col metter innanzi a’PonccDci, che,  effeado eglino in pofleffo, almeno in lulia, c in altri pochi luoghi , di  non dar loggetti a regola alcuna, non è bene che le ne privino, (4)  e facciano quello pregiudìzio alla Sede AppoRolica; eh* è il contrario   appun*    (O Cav«»nr tpire>'{ii, ìtecmjue o«tin« tffSa-  m, PrxreiiMìgrci. Oc Ì*jirr  CKiin.t, ne ip!ì bpfcoi'i, aut aUiCollatoce» , de  bcscfiuis, Se o;1iui« te^fnanJiv, sut fui», aurjd-  mtnentium enpUn^ineu, eilìmbat , vel fiUDÌlia-  nbu», etùm per lillà. em riminum inuliiphrata»  rum in eztrsneof cullatifìnum, auCcnt providete  ...... .i(iijne, camdiu.fiili'cnfi remaiteant,  dvMX *e*tii(liofle:n ■ K(Hn.roDtittrit»U ì tn'dMim   dii 4' itfriUlfòt,    ( ») ) Is dtìUCUf» ptlrMfi   rum p-idem 4 . vetb», llltcns, e*»ni de pacrt,  U i figiit* d.t tulli gi$ o/rr4XfM/««i.Kt-   d$ F«/ia.3(l eap.ea patte t». lum. 1 . extra, de oC  fino jaditi» dckg'ti.    mini mn, td n fami marra ni Stimdi t  Mibi Mufkiu» CruLilìzu» cA, MjiiJo, Gm-   Ut. m't.   14) tmfrriffht Im Carli di Kimm kt 0JÌiHt»  ptr faad.imrmtmU , iln il mm i il   hdriu , na fjUmtmie il Drffitmiii dt'.l'uHlirih  tÀ Pnt-,ftm’i, ! lU im tinfi;"t’>t.i mam fmì , •>  Ittiimminti, me vilidmmmte ttdirmi ftr ^mmlf^  TUgiimt virmm diruti.    96 TRATTATO DELLE   àppunto d^Ia dottrina profdTata dagli antichi Santi Pontefici, e Dot-  tori. Ma dalie cofe di lopra dette è molto ben chiaro, fé il Pontefice  Romano abbia pieniflima autorìtk fopra i beni, e fìeneifizj EcclefiaUici^  ficchè non fu (oggetto ad alcuna regola nel maneggiarli; imperocché,  procedendo con ragione, fe la Chiefa di ciafcun luogo è padrona de*  beni che poiTede, perchè il dominio è fiato trasferito in lei da chi n*  era padrone, prima colla permifllone del Principe, il quale colla legge  le ha concedo T acquifiare; refia che i beni medefimt debbano edere  nel governo, e nella aiuminifirazione di quelli che lono deputati a tal  carico, prima fecondo la difpofìzione della legge; poi lecondo le con-  dizioni che hanno preferitto il Donatore, e Tefiatore, anteriore padro-  ne; e finalmente lecondo che la Chiela, latta padrona, ha concedo;  non però contrariando alla difpofìzione di quelli da* quali ella ha cau-  ia .* e quefio è tanto chiaro , ed evidente , che non può edere medb in  dubbio, fe non da chi o non ha lenlo comune; ovvero nel trattare,  e parlare, non fegua quello che interiormente fente. I Cherici fono fat-  ti amminifiraiori di quefii beni per leggi che hanno concedo a'CoHegj  Criftiani il poter acquifiare fiabili; e per lì tefiamenri, e per le dona-  zioni di quelli che hanno lafciati i beni loro ; e per 1’ autorità che la  Chiefa ha data ad efli Cherici ne* Canoni: adunque cfli fono .obbligati  a governare, e dilpenlare que*beni fecondo le leggi, dilpofìzioni , dona-  zioni, e dìlpofìzioni tefiamentarie, e fecondo i Canoni; e quello, che  in contrario fofle fatto, non fi può chiamare, le non ingiufiizia, in-  giuria, e ufurpazione.   Dicono i Canonifit, che il Papa fopra i beni, e Benefizi Ecclefiafii-  ci ha pienifiima autorità, ficchè può congiungerli , fminuirli, iltituime  de' nuovi, darli ad ttutum^ conferirli innanzi che vachino, impor loro  « fervitù, gravezza, e penfioni; (i) e univerfalmente che nelle cofe be-   nefiziati la volontà del Papa è in luogo di ragione. Non balla quefio,  ma* aggiungono che il Papa può permutare in altre opere Ì ( 2 ) lega-  ti ài pitts Càufes ’ e *pnC) *kcorBr« le dtfpofizioni de' Tc datori, applican-  do ad altro quello eh’ elfi avranno ordinato ad un o(>era pia : e non (i  può negare cW quefia fia la pratica che ha mutato tutto il governo,  c tutti grifiituti vecchi: ma refia lempre in dubbio chi faccia male,  e (e errino gli Antichi, o i Moderni, le pure vi cade dubbio.   Martino Navarro con alcuni de'Canonifii piò moderati limita quefia  propofizione, che il Papa po0*a commutare T ultime volontà, rifirìngen-   dolo ,   «•/«/ tìft , $ 4»l t ft mtr*»t Jitt iW /«   Tfli iti* tht il Tuf* «»■ i , tk* il {fi* natmraU ) ibi dà ttt» \»Urt . fi ri»   fruKtfU tifftitfélirf, 1 rè* U tiMiim ì mmm r*m th* ftr uffmm» fU vi   diu»»* MfféimtAMnn rutmfiM *t difftifsrtrt ^ bc- ÌMa»* AVtf$ mt»» d' f«tikìn*»   cletuliK''rum bonoruoì, dit'nli, fjrÌMnd» dr y*- vt b» , fe »»» U \ emaft il   /rni, fr* i ^mslt ttmfmdt tl \mfm mtdefmt , dm ifutfiA Itfgt , ^tund» e%h aUia mwolw dt f*r»  iuQt dir['cnÌs(Oiei . tei prof unrores. . . . aJ té . O^a , ftttnd» S Pé»l« , i Xliaifiri di (Jtii Cr S»   fatnreni autem rcuuifkur bona iù'e,.. .. «m hsmM aUia AmmnAifiTAx»«i*4 , f* mtm ^mAl*   ite. ATt 7 Or4 lA Umiià, » /f ad DUtuni . /*«« Qfitfruru, Àit» tà ftf. qu In Ec-   clcfinnun mm. 44 . Eim de ConiUcuctnmb. n-  ipecht benc6cioriuii (U poteftu Pipar,   mn reljpeftu bonoram ip6ruin ficdefiinun tecni.  Unire non PO smttrs fìi   èà$$, 4* €Ui k* uittt im, fhi mm nvr«M« «A    tuaA » tmnt tu mìl* lei», « fr'mn.   u, ft Rj fU ftgtu tmfrriti r DitUtmrmmimé  ì'h» U#*» tk* mmi ni dtlU t^im* tk*  (f.z ni Ji fmitim tkt hm mUmmémmrm ,   fff d*Bt»t,Ìx.ii * fht f'» fh mkn m$ uff.   dt U4t ds Im si CtUsnu m mm*   ^cu» dt fkfktff». i ,t   ( 4 % l.Csmn^, mm ttmttmti di dmrt e/ pmfm  •t*s ftfr» tutti fUUmmm, t'ìmn-   ^ M* sfU Amitit. Vtdi Ftitmt u   quell’ autorith, qual’è la cagione per cui i fuoi Antcccflori di mille, e  piò anni, non l'hanno mai efcrcitata; nè alcun antico Dottore, nè Con-  cilio, nè Storico, nè Padre, nè Canone, ne ha pur fàtta menzione?  Non fi può attribuir ciò all’ elfervi più bifogno adelTo , che in quei  tempi, imperocché ne’fecoli che pacarono dall’Soo- fino al Iioo. per  30a anni i difordini furono cosi grandi per tutta Europa , che , in com-  parazione di quelli, i prcfenti Ibno tollerabili; e pure neffun Pontefice  dintromife m^am daU’altre Chiefe, eli quali avevano tanto bifogno d’  rifere governati. E ancora dappoicHt i n cuml i icim ii w i Papi ad intro-  metterfi in qualche parte, ncfluno prcfe mai, fino a Clemente IV., co-  si ampia,' e alToluta podefili anzi lo fielTo Clemente non ha diretta-  mente pubblicata tanta podefiì; ma trattando altro, e quaC incidente-  mente.- (*) modo, che non fuole far intera pruova, poiché le cofe in-  cidentemente dette in un modo, diretumente confiderate, ed efamina-  te, bene ipelTo fono in altra maniera efpreffe. Nè meno fi può dire  che ^uefi’ autoritk ferva a bene; imperocché per quello pare che fieno  fiati introdotti quali mtti gli abul! . Di qua fono venute le Commen-  de, le penfioni, i regrelfi, le unioni, le rifegnazioni, le afpettative, le   riferya-    I* tb* bmmtt9 imfitmt tutti iS*MÌ. Ma^eftì dù‘  tflt, ittàQritw Hfipa. (]utfn S*nA»nun.   ftr vuétn (•fru fin «fmtd*t» Im prttmfitintht  iu.it fufut éiijiltt UPudmt» ài tuttu /• terr»,  l*fiir*UC«mm$ittMrmà'Ìm u ef m *M IV. ftfrm il  Cuf t. kitn de voto, devoti rodempt.iM umtjl»  ftttnfimt i ii mfi tm fmfmtmt» du Ftfmuuiu K»«  /futi libai. Cdotromf. iUHA.ctp.hi. « àuGfttJ»  tut }. d$i fu» Mire iibcrum.   («) Tibi date, dira O'aii- Cnjfc a S, Fittr»,  tUves regni csloruni i Et quodcunvjtie ligaveni  tHper cctnsi, ern liganiai & in c«lu. Maer.ié.    ($•1*. Quorum rcmlfentu peccata « ramituiiiar  all & quonitn minuerina , menta lóm . Jaamd  ao. ^tr U citavi dtt Eejor dt'CitI*  fa imtiadtrt a $ ^trrrr, eia mn gh dà fl mammut  pmnfduàam ffiritmala , attafa ria il fa* Wagaa i   C amamtt ffirttmak. Regnum memn non «A d«  Mniido. Juan. 1 1. ti tata luipta MWi è MtitpCH   ralc.   C*) ArtiraUta. gmaft.ì.   (*) Vedi Partitala jf. r taDHratata di  tt malta ammatautai .    (   I   Digitìzed by Google     MATER. BENEFIC. 99   lifervazioni, le annate, i quindennj, e altri modi, che nelTuno difende,  fe non il'cufàndolì colla corruttela generale de’ tempi.   Reità ancora una terza dubitazione non meno confìderabile in quC'  ita materia, ed è, che di quella autorità cosi aifoluca, dappoiché i  Pontefici hanno principiato a valcrfene, i Regni CriHiani Tempre ft To-  no doluti, e loro hanno fatta qualche oppofizione, come nella Storia  di Topra fì è narrato; ficchè i Pontefici lono (lati necelTitati a mode-  rarli. £ la moderazione non è fiata condeTcendendo elll a laTciare d’e-  Tcrcitare l'autorità prctelà, ma per modo di tranlazione, ufaro nelle ra-  Vioni non chiare; concordando co’ Regni, e per forma di contratto rk  ìolvendo fino a che termine la podeflli loro fi flendeire : cola che non  s aVrebbe potuta fare in pregiudizio de’Succeflbri, quando foflfe nel Pon-  tificato oueU’aurorit^ cosi lil^ra. Papa Leone X., per levare la pram-  matica,» il concordato*, e cos'l egli fleiro Io chiama nella Bolla . Non  concorda chi (i) ha una pienilTima autorità, ma tratta co’Sudditi co-  me Superiore, e per modo di conceflìone . Non To forza fulla voce, ma  Topra tutta la cola ftelTa. Non Iblo Leone la dimanda Concordia y (a)  ma dice ancora ; Iliant veri contraHuSy Ù" obligaeìonis inter Nos , & Se-  der» Apojiolicam pradidant ex unoy Ò" prefatam Regem ex altera partibus le-  girime initi- Dimanderà alcuno che ciò fia dichiarato; Eflendo il Pon-  tificato Romano in differenza col Regno di Francia , pretendendo il  Pontefice d’avere affoluta autorità Topra i Benefizj, per rifcrvarfcgli &c.,  e pretendendo il Regno, che l'autorità ila de’ loro Prelati, foraiano  due parti litiganti; e per impor fine alla controverfia , fanno un con-  tratto legittimo di obbligazione, con cui dichiarano qual debba efTere 1’  autorità dell' una, e quale dell’ altra: come potrà dir alcuno che la pre-  tenfione del Pontefice fia legittima, e chiara? Non pofTo dire di Taper  riipondere ad alcuna di quelle difficoltà; e rimetto al giudizio de’Savj,  fe vi fia qualche riljpofia: dirò bens^ che, lervando quello che per più  di mille anni è flato lervato, che i beni Ecclefiallici fieno amminiflra-  ti in ciateuna Diocefi da’Mintflri proprj, fi fugge ogni difficoltà; e Te  gli elempj ci debbono iflruire, laranno meglio, e più fruttuoTamentc  diTpenlaci, che ora non Tono. (*)    Q U I S T I O N E IV.    Nelle tre QuiTlioni (*) prime fi è trattato de' fondi, e beni ftabili  Ecclcfiaftici : ora rcfla la quarta, dove fegue il trattare de’ frutti , o  delle rendite , ed entrate di quelli. 1 Santi Padri, che hanno Icritto  innanzi la divifione de’ beni in quattro parti, tutti concordemente han-  no detto, ì beni Ecclcfiaftici efler beni de’ poveri; c il Miniftro Eccle-  fiaftico non aver altro potere in quelli, falvo che di governarli , c di-  Tpenlarli fecondo i biiogni di quelli; dichiarando non Tolo per ladri, ma  anche per lagrileghi quei Miniftri che fc ne vaìeirero per altri ufi , fuo-  ri della loro iilituzione. Non maneggiavano tutti gli Ecclefiallici i be-  T omo II- N z ni ; c    (t> > ftfft M  guita la divifione, S. Gregorio, che fu poco piu di 100. anni dopo, e  S. Bernardo, che fu quali mille anni dopo, efclamano gravilTimamente  centra quelli che fpcndono in mali ufi l’entrate de’ Benefìzi, come con.  tra perfone ufurpatrict de'beni comuni, e uccifori de'poveri,i quali do-  vrebbero eflcr follcntati da quelli, {a) Cosi fcriflero tutti i Dottori fi-  no al 1250., quando s'incominciarono a trattare le cofe piò fotcilmen-  te: e tenendo per cofa ferma, come da tutti i Vecchi era fiato detto,  ch’era peccato IpendcTC malamente quello che fopra vanza al moderato  bifogno del Chcrico, fu ricercato fe i Benefiziaci , non fpendendo ne-  gli ufi debiti quello che fopra il bifogno loro avanza, pecchino fola-  piente come chi fpcnde male il fuo, o pure fe anche, oltra il pecca-  to, fieno obbligati alla refiituzione, come chi malamente confuma quel  d’altri: le efii fono padroni de'frutti de’Benefìzj, o, come le leggi dico-  no, ulufruttuarj, quantunque pecchino mal amminifirando , però non  fanno ingiufiizia contra alcuno, nè fono tenuti a rifarcirc alcuno, poi-  ché non hanno mal governato quel d’altri, ma il loro propria / ma fe  elfi fono dilpeufatori con fola podefik di ricevere i loro bìiogni, che la  legge chiama ufuarj, (^) quando non «U^mioao.rettamente, refiano con  ' obbli.    ( I ) ijfraia U Ctitf* iivntut» riee» ìm Cafi-  tsUi ut fffradB i t i Vtfttvi dijtraiti   ialU r«r4 dtlSt ttft f» •rimato dal   CaBùlia Caittdantnft , ih* i Vtfttvi ifiitmjtr» a*  2t*nam» , faniò tura dtllt rndiit dtUt   laro Ckieft. Quomiin, diet  in noBouli» Bccleiiii Eplfcopi abfque Occonora»  tnéUfiT rn EtddladKU, pltcuit ooinctn Ecc(«-  Jìitn Epiftopum habeotem «x propjio CJero Of.  conomum qut!eo ret  cius liilfipemur. Se ptubruin, ac dedetuf Cucrdo-  tio iniiramr: fi ameni hoc non fecerit , eom di*  viob niam Cononibua fiibiict. VideCan.ii*Cnn*  ctU Nit^ni u GU £ù traat thiamati Vice*  diMnini, tono* fi vtdf dat Caaoiù Volonuii a. &  Diaconum J. difi. *9. i ^uali ftnt tavati da $.  Grtftria. KircdxMMi dt'nftovi, duo la V*rromia-  ma, fi thiamavaaa tmt Stgmari è ituali tra»» Vf-  tar) it'Vtfttvt ntUa ttmftraluà àPlara V^tavan ,  ■M Sknari dtll» ttrra .   l*; Vide Nooiocan. rhotti, tit. la cap. i. 8t  ibi fialzamon.   (a) 0» thiama^afi il CW/ijò if'Prrti, r do'    Dlatami. Tatti iFafari p fartavaao a f» C*f>'  Uri», affiuilt} fU ijAmmaHf , t fei m jaeifit la  [ma Ttlavtnt allaÌ,»afTr^aiMa* giatraU, tUì , a  tutta la dt'Ftdtli.   ( 4 ) Cuoi BOSf diti S.Gr»i»ri» A4, j. dtUa faa  fafi. amm. aa. neced'arU indif^niib”'intnillraiMut,  luailUireddiimu, jui'(jirqucp«iiitdd>itum, quatu  miièriciRdÙE opta, implemot. Cm^ 94-:.^* mai  dtaaté il ntdrimtnt» afmri, nei rrmdiam.* Ura  tà dt Uro, i facriama fia tifi» ma' tptra di  pmfiitia , fhr ma aftra di «i^r«ri/Ì4 ■ Perciò  dietro Cantore dice rbc i Stmefiuau a*» [anma  lata Uatefima , frfiamda lor» afifimta, arttfótbi  rii ehi donamo »«a > di Itr», ma di Gita Cri-  fi» , il rmi fstrimamta aoamiffian» im 9 « 4/  netur Epifcopui duan nuanai ad miniu diftrìbae-  re ia pau[ unomembro. fciijcer, Clero,  a uli coaununiq^, quia jaai tubet propnas pr»>    bendat loro fux poninnii , reminem bona epifio«  palla cooimunta reliquia trtbua tu, quod p;itiperi>  tma remaneat debita quaru portio, de Eecldùeit-  bricc fimiliier lua quatta pórttn . Camamat. a. a.  }«. ilf. art, 7. ia raff. ad qaafitanam l. Sì aurem,  aU'tgii mila ttf^a alla fttanda faifi. redirua  Epifeopi untureti, ut rationabilitcr amareat quod  non quali prebenda fibi refpondetr, led quia pa*  ter di paupenim, iRÌnit ranta bona lux funi fi.  dei romnimt, ut diflribuenda ..... ita quod £pi«  (icopui taiU male dirpenfaiu, de illi od quot hxe  perveniunt, teivei^tur ad reilituuonem orni urnil.  In^m f)ti« puuicnbut, vcl Ectlefij* dcbemur.R*.  tiotubiie lUtem videtur quud, fi abuitdanter redi,  tut ex eccl«nafiici( dRÌm», aut poflcfitonibuiroR.  ftant , «ommilla line Erilcopii, ut pitribut paupe*  rum.... PofleSìoaei aurem lepre, aatdonatx Ec.  clcfix caibedfìtU in ranu abundanria , proculoubio  tTcdendum eli quoti ut patri piupermn Epifcopo  treditx fiiDcideo enim Epilcop» datx funr, quia  occutara fide perlpjciebiiiif eoi effit pitres uupe.   (*) Neepum, dit’tfli, propterea quod Papa ha.  bet picnitudincm oorellatit Ecclefiaftir* , ^boe  poflit de bonia Ecclefix dirpqnerej quoniam pleni-  tudo potcHatit Ecciefiailica; intelliKìmr in ^frinii,  libi» uiitum .... Unde ita tcnentur ad reniiutio.  nem qui a Papa bona Ectlefix fra lihita fafa ha.  buerunt, ut ditcotur, exaltennir , de magnifircn.  cur , Cià tarea fUramaatt il Iftfatifmta , ataadaama  faraaalaatata la Dattriaa dt'Qaaanifii , i ^mati dira»  uà eha il Fafa fai dart i Bemfit) ad nurum, «  a. fu. a. dUa tba papa p«c.  rat monaliter, fi vult rei Eeclefialticas confiimere  in turpe* ufiu, vel dare Contàniuineii , ut eoa  dìvttes prz aliit vel ut ipfi con&nuoc p*.*    lOZ    TRATTATO DELLE   Io erodo che lenza una Cottile difputazione fi poITano risolvere tutti  I dubbj occorrenti in quclU materia: e primieramente, per parlar a  parte di quell’ entrate che per li teflamenti, o altre loro originarie iHi-  tuzioni lòno dedicate, e ordinate a qualche opera pia, io credo che  fieno cosi obbligate a quella, che lo appropriarle a sè, o ad altri ufi  mondani, po0a efier chiamato liberamente ufurpazione di quel di al-  tri : e Ce alcuno de'Bcncfiziati Ecclefiallici refia di efeguire le ifiituzio*  ni delle quali ha cura, applicando a sè, o ad altri quell’entrare, non  credo che pofTa Cotto pretelle " t ,•   di non elTcr in pari grado ad  a se quello eh’ è laCciato dal  il quale non ingannerà sè Ilei  altro canto il debito vuole, che chi è Cervito paghi la mercede all’o-  pcraio, il quale polla fame quello che a lui piace : nè può efler dub-  bio, che il Cantore, l' Organica, e altri uli che fervono la Chiefa»  non fieno padroni della mercede che perciò hanno. Non è incovenien-  tc dire che anche i Preti, c altri Chcrici, per li fcrvizj che preflano  alla ChieCa, debbano avere la loro mercede, della quale fieno padroni:  e quando un Benefizio e ifiiruito con un particolar obbligo di lervirc  in determinata coCa alla ChieCa, come fono molti Canonicati, manfio-  narie, ( 4 ) Prebende Teologali, e altri tali Benefiz; , non è inconve*  niente dire che fia mercede di quell’ opera.   Sono cos^ antichi i Benefiz), ch’è perduta la memoria della loro ifii*  tuzione; e però non fi fa, Ce aveitero obbligo alcuno, ovvero no: ma  anche l’uomo di coCcienza Car^ ben certificato, quando confiderei^ la  quantità dell’ entrate, e il fcrvizio ch’egli prefta alla ChieCa; perchè,  le quelli due fi bilanciano, può credere che il Benefizio fia un luo fa*  J.irio; ma Ce l’entrate avanzano di molto, non potrà mai in sè ftcITo  fingerfi cosi lemplice, che creda tante entrate cllergli fiate Ufc late per  fame quello che vuole; c non Cappia clCer nccclfario che riftituzione  portalfe Veco qoftlche obbligo; non elTcndo veriCimile che per lui lolo  tanto folTe aflcgnaio. (è) La conirovcrfla tra ì Donori; ch’è difficile,  dilputando in univerfale, da riColvcrc; è faciliflìma, e Cenza difficoltà,  dilcendendo a particolari; c la coCcienza, a chi non l’ha per propria  malizia foffogata, (i) fui panicolare rilolvc facilmente tutte le diffi-  coltà ; (e) imperocché Dio non ha lafciato incertezza ad alcuno che  voglia camminare fecondo i luoÌ conundamcnci. (d)    ì di quaiiivogua icuia , o colia , ictiiam  ogni elecutore di tefiamento che applica  Tefiatore ad altri : e reputo che ogn uno,  [fo. avrà per collante quella verità. Dall*    LUI.    (f ) Minfjonjnu», Ourfrit HtlU fus imttr-  }t*t*u*m* it'nmn titiffimpin , difilli tft orti».  * (onterraior acdium EccUfiiftkanim , te»pl^   inni , «c »lf«riuin . l«»n . & domeftì*   tu» • mtnfinne . Hodi* in nmltii Etflcnis Mwnt.  curitnquf pÉilmodi* , fi «luriuBi hsbene / OmJ*  il r»fi*m$[liM m»ii» *1 .   ) Iniqua, iùt il cHn In decima*   nm in novo TdUuicRto , fi ultra hooorabilc fii*  pcndiiun MiniArorum Dei, fuica lenun aEAaeflón    uni depueirerur cam ditnno rotiiu populi. aifiae  patri poupcnim ■ CMMwu/.a.a. «mr.   M uff. »d ».   (* ) Ck' > (!• tkt S. rirtmfft l*   vrnra nr/rtMjmjfiun , ventoiem Dei in injulUiin  detinent. X*». i>   (e) Intcllcfiai ben» ocnnibui fi^ientibui eum.  P/u/.tio.   (d> Deui «nim iUit nuniieiUTÌc IUin.i.    Dìgitized by Google    MATER. BENEFIC. 105    LUI.   Quanto a gli acquifti nuovi , ogni perfona prudente avrebbe penfa.  io che foflero al fine, ovvero almeno che poco più, e aflai lentamen-  te fi potelic acquiftare. I Cherici, i Monaci, e le Milizie non hanno  più petfona che porti loro divozione: i Mendicanti, che gii hanno a-  vuta facoltli di acquiftare, non poflbno fperare d'efeguirla dove non 1 ’  hanno potato fare fin ora; e dove hanno acquiftato, fe infieme non  hanno perduta la divozione, poflbno fMrar ancora qualche aumento,  ma molto leggiero : quegli altri, che fi fono fatti deludere dal privi-  legio che il Concilio di Trento ha conceffo a tutti, dell’acquiftare , co-  me 1 Cappuccini , coniérvano la buona opinione per caufa della loro  povertà: laonde, fubito che mutaflèro in minima parte il loro iftituto,  non acquifterebbeto ftabili, e perderebbero le limole. Adunque pare  ebe non redi modo d’andar più innanzi. Chi vorrà iftimir Ordine con  facoìtb di acquiftare, non avri credito: chi lo fari con vera mendicità,  non può fperar acquifto, durante quella; nè 'credito, fe la muterà. Ma  con tutto ciò non è mancato anche modo proprio, e fingolare al no-  ftro fecolo, c non inferiore a tutti i paflàti; e quefto è fiato l'Iftitutp  de’ Gefuiti, il quale, profeflando una miftura di poverrà, e di abbondan-  za, colla poverrà acquUla il credito, e la divozione ; .,e ha 1 altra ma-  no capace di pofledere, la quale riceve quello che la Compagnia acqui-  fta. Hanno iftituite le Cafe Profefle (l) con proibizione di poter pof-  federe ftabili; ma i Collegi con facoltà di acquiftare, e pofledere. (z)  Dicono , e bene , che neflun governo femplice nel mondo è perfetto ,  ma che la miftura è utile ad ogni cofa: che lo flato di poverrà Evan-  gelica pigliato da' Mendicanti ha quello mancamento, che npn fi pof-.  fimo reggere con quello , fe non i giù incamminati il numero ' de  quali non può effer grande : ma effi ne’ Collegi ricevono , e iftrui-  icono la Gioventù , e la rendono atta , dopo 1’ acquifto delle virtù , a  / vivere nella poverrà Vangelica ; pcrlochè U poverrà è bene lo (copo ,  e il fine loro effenziale , ma accidentalmente ricevono le pofleflloni :  con tutto ciò è meglio fermare la credulitì fopra quello che Q ve.  de in effetto, che iopra quanto lì predica in parole. Sino al pre-  fente fcrivono elfi d’ aver Cafe Profefle zi. c Collegi zpj. dalla  proporzione del qual numero ogn' uno potrb conchiudere , quello  che ila loro effenziale , e accidentale . Certo è che gli acquifti fat-  ti da loro fono grandilfimi, e che camminano ancora verfb l'aumen-  to. ( 3 )   Siccome il temporale tutto’, che la Chiefa poflede , viene da limofi-  ae, e obblazioni de’ Fedeli, cosi parimente la fàbbrica dell’antico San-  • tuaiìo    ( I ) NtlU fmali U Cm»-   JUmit . ttm éiktv* uG*mtrMlL*ì»*t.   (s) Ifmdt fim$i ÌmàM% f«t «MMfwr* wutti  fmdmm.   l'htM tgtrvm fw MttUtmtélmtntt , tSt*  t. tJuU ùdiév» mkt» i Gtfmùi, * e*mt imt» Vt-  mftrmtk'i /un ftn» «Mi jf«ri »m*ti »  Vmnxi»t $ (tm   ft (In il Urt I/Httut , ,    fi» autmfmtkiìt etti*   MUMM . t f» MM itìU firn ftrti r»timù  ìIh »U*ii il Ehi* 0 #M/« mI C*ritM»l   Jì Git)^0j il yiM/r fMteitsv» il Ur» r 'utrm» um  «M ttetfiv» frtmmrs mtir»m»* 1607.   « (à eh* U b* fti ffirit* , « dtfitfni.   mtMt di tkt fi \»»U I» mm G«v#pm ,   vt tute* fs tmief! , *d » etti imftrt» per etrt»  editai di Stmto, eii* i Ireti, i twtuif » i ftfUi    104 TRATTATO DELLE   tuario nel vecchio Tellainento fu fatta di UmoGne , e di obblazioni .  All'ora quando fu offerto dal popolo quanto ballava, e tuttavia le ob-  blazioni continuavano, i Ibpraflanti alla fabbrica ebbero ricorfo a  Mosè, dicendo : il popolo porta troppo per raperà che il Signore ha  comandato.- e Mosd fece un bando, che neffuno faccffe pià offerta al  Santuario, perchè era flato offerta quanto ballava, e di piùtonde (d)  fi vede che Iddio non vuole il fuperduo nel fuo Tempio; e fe nel  Tellamenco vecchio , ch'era mondano, non volle tutto per li fuoi Mi-  nillri, meno lo vuole nel nuovo. Ma dove hanno da terminare quelli  acquilli’ Quando s'ha da dire tra noi; il popolo ha offerto più di quel-  lo che balla è Alf ora che i Minillri del Tempio erano la 13. pane  del popolo avevano la decima, e non era lecito di paffare 1 (r) adefe  lo, che non fono la centefima, hanno forfè più della quarta pane.  Non è conveniente che Taumento de' beni Eccfefiallici fia inlìiiito, e lìa  ridotto tutto il Mopdo ad effere afiìttuaie. Le leggi umane tra'Crillia.  ni non hanno determinata la quantità de'beni ad alcuna , perchè chi  oggi acquilla, dimani aliena : £' molto Cngolare uno flato perpetuo di  perfone che fempre polfono acquillare fenza mai poter alienare. ( i )  A'Leviti nel Vecchio Tellamento erano date le decime, perchè erano  l'eredità di Dio; (d) e per ciò era proibito loro aver altra parte; (e)  cofa, che conviene a chi vuol valerli de' privilegi loto, pigliandoli tut-  ti , e non quel fo|o che conviene al proprio profitto, (a)    LIV.   I   E' flato abbondantemente detto come fieno flati aoquillati i beni Ec-  clefiallici/ a chi foffe commeffa là loro cura; e come foffero difpenfa-  ti. Non fi è parlato niente di quello che £ faceffe, quando alla mor-  te del Benefiziano fi ritrovano alcuni de' frutti non ancora difpoili, fe  egli per tellamenco ne difponeva , 0 fe «è inttfttn pafiàvano in altre  - - - ■ ... petto.    $ 4vvitif(tn» vhs lUtntié/t , t BiW f   rsmtM.   (») Obt^tfnint meme prnffip*tffnu «qtte de-  vota firimitÌA» Domino, ad facie^idum ofui ial>er.  fàacuh ««ftimaiiit t ^ntcquel «id raltom netedi-  tttim «rat «tri cun nialieribiif pr»buct/rMa M mifmrs eh* il Ckr* fm\  KtddCsni fui Traicaco della Politica di Trao»  eia.   id) Ariff , dir* Di* ad Arem , da hù tfuar  ànttiàuumir, ét oblau iunt Dotruno .... Ooioia  obiniio, &   ehi, dk'e^li, m mtdtjumt f*mt U trntft r utm, •  U tmm nZlirÀ. It>l. emmf.tm. fw.i.    Dìgitized by Google    io6 TRATTATO DELLE   con fiJcnuQ , lènza che vi folTe alcun ordine , o legge che ci& con-  cedcfTe ; ma fempic con qualche mormorio , cosi degli eredi del Pre-  te morto , come anche delle altre perfone , per le lèvere eftorTioni  che ^cevano i Collettori , e $otiocollettori , i quali mettevano in  conio di fpo^tie eziandio gli ornamenti delle Cbiefe, c davano molta  molellia a gli eredi, anche fopra i beni acquillati con induftria, oca-  vati dal patrimonio; tentando di farli apparire come cavati da’ Bene-  6 zj; e io dubbio di qual qualità foflcro , fentenziando che appartenef-  fero alla Camera; e travagliando chi loro fi o^oneva con Icomuni-  che, e cenfure.   In Francia l’ulb aveva introdotto che le fpoglie de’Vefcovi, e de-  gli Abbati lì applicalTero al Papa : ma nell’ anno 1385. (*) Carlo  VI. Iq proibì, ordinando che gli eredi fuccedcflèro, cosi in eflè , co-  me ne’ beni patrimoniali > ( i J In molte Regioni fa l’ ufo introdot-  to , e continuato lino a quello lècolo ; quando per 1 ’ eUorfìoni de’ Col-  lettori crebbe cosi la querimonia di molti, che alcuni ebbero ardire di  opporfi apertamente, e negate che le fpoglie de’ Chetici morti toc-  caflèro alla Camera del Papa : Perlochi nel 1341. Paolo III. fu  il ^rìmo che fopra quella maceria fece qpa Bolla, dicendo che al-  cum curìoli , ( a ) per ufurparfi 1 ; ragioni della Camera Appollolica ,  e defraudarla , mettevano in dubbio fe i beni de’ Prelati , e di al-  me perfone Ecclelìadiche , chiamati, Sfoglie, appartengano alla Ca-  mera , per non eRèrvi alcuna Coflituzione Appollolica che glieli ap-  plichi : febben dall’ aver mandati Collettori in diverli luoghi appari-  fee chiaramente cOcro fiata mente della Sede Appollolica di rìfervar-  li , e appropriarli alla fua Camera : per tanto dichiara , e ordina ,  e collituilce , che alla Camera Pontincia ( 3 ^ appartengano le 1 ^   glie    é. Otltitt..   Ó.) OrJùisuétu > riftriis »IU iifiaf*   fart. ). luI.farlun'.TH. ar. tdm fittifm tlU t /«»•  fkMms , ft/'t i/h^riu fmtln «• Jl éU4   Jtll* iJltrSni, $ d*lf4 tfif^fertsàUì rW   TMifutmtt. ^od iptcwnabik, & ir-  rauopabilc exiftit, Ikci deiure.ufa, Accoofuetu-  .dine, Ac rommunt obrervantia notorie obferritii.  £piln>pÌ5 re^i noftri teftari iicest, Ae in IbU re-  ftamentu ft^utore» ordinarv i qnt prediAi ex*-  cutorv*> kìtrm ipforuen Epi-  dujB (afiu ereniunt, per iudicei i Ac  ntEriarioi noilroe cocBpelluBiur, A( cocnpelli con-  l^aeruat. Et cam ita Est, zdiÉc» , le poJTclKo-  nea didonim adiEcieoim Epiftopaliiun in Qain  non dcloniu pennanebuat » onni ruins carvnen.  Anatm. bboc> ^un Bpifeopum in recno noltro  ab lufc migrare contingir , Cotleaaroi , sut  ^bet^ledoret uumni Pontiiina tn provinciù, qui*  bui iub&Qt hujnfiaodi Epiiropt , ipuiu fiimmt Pon-  riiitie auAonute, bona moWia, tnmobtlit, «x  ^ceiTu talium ^iftoponun relìAa, ctiain illaoii*  j«r fuiot induQrum quaiìeraK • que aoipliiu  ipfbnim EpiEopo un ncquecanfeanir , iéd ad (boa  bereder, aiu comcn «aecutota rpcàaói, capiunt.  .... Notum i|itur kcimut, Acc.   ( a ) Km i ^rfi titt/» emrùfitm , *mmuU fi Lt  « fart fM frntnpmi trttfivaf   Carta di Sjms à* prattft tamta taft , rie fimsi-  mtnta ì fimta tmtfisna dma»darU U /rrrU. X#  imtrapTifa da* /«pi kmmffaffa ftfimui trimaipi    « pmdar Taratj, r %U UanNor datti m fmndat la  ptaaa , far liufiifitart l'armi .   Cuoi a aonnuUir nimìum curìofìs, qui |u*  *•- OmiiiM Apafiilw uiiarpara , ac Caineium pr«*  fiuam illta detraudare vdleni, in dubiom reniga,  tur, an rei. Ac bona, nur-ntpata. Prelato-  rum, catcraronqoe perióoarum Erclefiadica’ucu ,  iècuIariiLm, Ac rcgularìum, Mmpore obhua iptò-,  rum rananentia, ex to quod Rom. Pontifici , Ac  Camere prsteu rciervaii fore, aliqoa gencraJi  i^ftolica cooftituriooc fbrfin non caveatur, a4  Camcnin predi Aam jure Iwititno tMftare Aeper-  linerc debétne. Noi, età wu evidcatcr conibrc  Ac appareat , prsdetsBonun noftronim Romao,  ponnneum , Ac nollram indubiaro intentionem Ac  voljtuatem faaper fuifle, ut haidaKiiti aa  diebun Camerarn CpeAnreocAc ^rrinereiK, Acquod  prò eadem Camera eiigcrcntur , Ac mqperaikm  cur, mai Pnrrdeeenbm pnciiii divcrCa difiortim  fpolioruu, ut ad Csmerapt rpcAanrìum Ac perti-  ncimuin, Coltedom, Ac Exa&orci in variu prò-  vincili Ac loctt depataverint Ac rooiiituerinc , Ae  noe depatavertmut Ac conlbnierinuis t ac (ftnper  de tlUs diài PrndeceiTotei per picrai'que liter» ,  lantnam de rebua adCanMram pemneoribut, dc^  naoM, vel craoilgendodifMAieriu, Ac noe di^o*  faerioiga.., . dubrua huiolinodi enucleare, ac ia  pt«  que qatlitat», de ejaamitam exiftentu, aciaqni*  bufrii regionibui, de regnii , ae doenìniù , uni  citta, quain oltra montei , de maria coadQeotia^  per quotTÙ Clericet, tam (ècatarei, qoatn tega,  larei, dee. ex negonaiioae tlticita, aut aliai con*  tra (icrot caooaei quomodoiibetacquifìta, ad eam*  dem CaiDcram , de non aliot, etom 10 quiboC  vis CathedraJibiu , etiam Metropolicanif, de Col*  legiitit, ac aliii EetleGit, Monaftcriii, holpitali*  boi, itvìIkì», dee. racceflbret fpeAare, ac fób no.  mine rpeliorum veaire, ii!sqae oti ff^s ad Ca-  meram pertinentia , perpetuo eolligi potuiffè, poC  (tf oc debarc. tft vtm . 1560. iM. taf. mltim.     o8 TRAT.DEL.MAT.BENEF    do, e pagato quanto fi h convenuto, ogguno dice che del rimanente  fia aflbluto, e lo poflà lecitamente tener come fuo, perchè il Papa è,  come fi è detto , o padrone , o amminiflratore univeifale / e quello  chiamano compo^ colla Camera Appoilolica : il che viene anche lle-  fo molto ampiamente, ficchè quelli che o fanno in cofcienza, o dubi-  ttno almeno di avere cofa che loro non appartenga, onon fanno a chi  reftituirb, fanno la compofizione i     109    DE J U R E   ASYLORUM   LIBER SINGULARIS   RETRI SARPI   J. c.    AUGERIUS FRIKELBURGIUS  I- G.   GERARDO MALDECHEMIO   S. D.   I NcidIt tiuper iti manus neas Itali cnjufiam traSatus De  Jure Ajylorum , quo cuuSa qua hoc de re in memem w-  nirt pojfum non perpenduntur , «Ir examinantur nodo ; fed  & definiuntur ex legum prefcripto clara profe3o -, doSaque^  (y perfacili methodo . Oper^ me pretium faSurum exijlimavi , fi ,  utcunque pojfem , Latine facercm qua nagnus vir Italice confivi-  pfit , tum ut ekgontijjimum opus ab iis etiom , qui Italico nefciunt,  legi , dr intelligi pojjit ; tum etiam ut tu ipfi , mi Gerarde , tui-  que fimiles, pietate aliquanto plus quam aMSit cogmfiere pi^  tis quid Itali-, nationum omnium religiofijfim -, hoc de re fentiant-,  dum Ecclefiarum quidem immunitatem non filum tuentur., atque  fartam teSam conjervant; fed au&am, &• ampl'ficatam quam ma-  xime volunt . JuJUtian vero qua delilla pleSuntur , ó" publica  quies-, eb* tranquillitas maxime fufinetur-, tantum abeft ut oppri-  mani , ut etiam ubique adniniftrari , atque exerceri decernant . Quo  egregio umperamento non Ecclefia minus , quam Forum , dy Tri-  bunalia, fitum jus retinere ptffint . Vale.    INSTI.    Digitized by Google     I IO    INSTITUTUM  O P E R I S,   ET S U M M A.   Criptorum in Jurifprudentia gregcs, atque  adeo rem quamlibet facilem 8c cxpcdìtam obruunu  & abfcondunt, ut per mihi mirum videri non poU  iìt, fi EcdeGanim, quam vocanc, immunius,tot  Poniificum dccrctis* ftatuiifquc legibus clara, Do-  dorum adverfis opinionibus acqua fcntcntils mirum  quantum di(ba£la, ac dilaniata, vix fpeciem re-  terai fui; fitque fxpius in esula , ut intcr Eccle^  fiaUicos, dcLaicos Magiftratus, muli* & mago*,  immo vero inexplicabiles coatcntìoncs oriamur. Quam ob rem frequen-  ter in mcntem venit quam re£le, & ex ufu publico faccret is qui rem  tanti ponderis ac momenti , dilputationibus qu« vcritatem bue Uluc  trahcrc lolcnc omiflìs, fine fpe, Scambitionc, gravitcr, & accurate tra-  ftarct. Sed quo niagis id optabam- fieri, eo quoque impenfius a fcriptione  abhorrebac animus. Modo vero, cum mas accepi licteras , Prsful fan-  {lUIime, quibus me diu repugnantem, & inviium ad fcribendum hac de  re lumma qua poUes au^orliate compellis potius, quam invitas, & aU  lids; tuo quidem imperio, prout maxime dccet, obtempcrarc decrevi;  fcd brevi, ccrtaque methodo, ut  1. Quid leges Principum,   Quid EcclcfislHo» iuca. Aatuant primo videamus:   3. Rationes deinde, e quibus tot Scriptorum opiniones incer fe re-  pugnames originem traxerunt , afieramus in medium ; ut de-  roum   3. Quid in judiciis, 5 c praxi oiimìno Hatuendum fic  a quolibet cognofei polTic; nec valeant in pofterum nonnulli e dupon-  dio Turifconfulti, aut verius, numeris omnibus abloluti aHentatores, tam  preclare imponere, & fucum facere judicantibus»   CAP. r.   De Princl^ ìegìbas^ EcdeJiaJÌkif(jue eonJlU  iutìonihus,   T Otis quingentis annis poti Chriilum Jefum natum, nujlus cft Ec-  clefialticus Canon qui de hac iromunitate decemat. Imperatorumi  tantummodo legibus Gatuitur; quarum fex a JulUniano in Juris Civilis  corpus rciat* mnt. Harum primam Arcadius & Honorius, Augufti ,  anno poli Chriftum natura CCGXCVII. ftatucninc, qui   reatu    de Ut , qui ad Eccitf.     Digiti-etì by Google      A S y L O R U M. Ili   no» diqm), vel ieihù fotigéti , fimdant fe CImJHau legi vtHt no-  jMgi, M, ai Ecclefua (mfiàgientn, evitate fojftnt crimma ^vel paniera ie-  bitanm, aneti debire; nec ante fafcipi, quam ieiita varuttfa reiiiieritit^  vel fnerint, innecentia iemoaftrata, purgati.   Poli hanc iMem idem Honorius cum Theodofio anno CDXIV. gene-  ratiin fanxiCy Netnini licere ai facrefaaSas Ecciejias confugientas abin.  cere , ea condjtìone ^ ut ^ Ji quifquam cantra barn legem venire tentajfet ^  fchet fe Majtjiatis ctirnine effe retinenium.   At anno CDXXXII. Tbeodofius ipfe una cum Vaientiniano leg«m  tuUt, ut ( A ) fermi, fi in Ecclefiatn , altariave armatut trruarit, exinia  prMinns abfirabatur , vel caniinuo Damine iniicetur, eUtmque max abflraien.  ài capia nan negetnr ; imrao vero, fi armerunt fiducia refifienii anhuum  canceperit, abripienJi, extraeniique quibut ii parafi efficert viribut, atqua  pugnanda impune accidendi, Eadem lege Domino fàcultatem facic. Mar-  lianus vero Imperator anno COLI, edita tege, {c) feditianet amnes ,  canctamarianei , tumultum, & impetum in facrafanSii Ecclefiit, & aliisve-  nerabitibus lacis, in quibut vara campetit celebrati , omnino vetuii ; ultmù  fupplicii poena propoliu.   Et anno CDLXVI. Leo Imperator (d) lege decrevit per amnia laca  valitura, excepta urbe Regia, in qua degem ipfe, quatiet ufiu exigeret ,  preUntanea eanftituta prafiaret ; nullas penitut de facrafandis Ecclefiit ex-  pelli, aut trabi, vel,panabi canfigat, nec pra bis Epifcapas exigi qua ab  ipfis debeantur- iis, qui bec maìiri at^s juerint, capitali, & ultimi fuppli-  cii animadverjtane pleStendis : fed , ipju Jervata lacis reverentia , vadati paf-  fint^ r^uga , (5* Judicum, quibut fuojacent , feneentiit maneri, atque earum  arbitria, fiate per fe, five infiruRa felemniter pracuratare, in ejus judicis ,  cujus pulfatur fententiit, examine refpandere ■. Multis conftitutis tuiflioni-  bus, ut credilores folvi pofTint a debitoribus ad Ecclefiam confugicnci*  bus : Servar autem, 0* Calanas, ftmiliaret, five libertas, 0* alias amtefii-  cat perfanes , vel canditiani fubditas, fi ad faerafanSa fe laca contulerint ,  uhi remijfiane, venia , & ftcramenti interventiane fecuri fine, ad lacum fia-  tumque praprium reverri aebere. ^   Juftinianus deniijue ipfe anno DXXXVI. vcluti non minus jullam &  reélam, quam ufu receptam, fanaionem refert, & conftituit; (e) Ne-  qua, bamicidis , ncque adulteris , ncque Virginum raptaribus delmquentibui  terminaram caueelam cufiadiendam; imma extrabandas, & fupplicium tis in.  ferendumt Cum templarum cautela, nan nacentibus, fed detur 4 lege'.  ir nata fa pajfibile , utrumque neri cautela facrmum lacarum & 1^-  tem, & lafum. Fiuta fune notabilia, qua: ex hifee legibus manifefte  conlUnt.'   L Ecclefiallicos Prsefules iis tempo^fana ne cogitaffe quidem ad ofii-  cium iuum pertinere ut leges, aut conllitutioaes conderent de Eccle.  Carum immunitate; immo vero, cum certo Isiceot Principis eflè id (la-  tore, ab eo leges accepilTe. Huc accedit quod aiuto CCX^XCIX. Con-  cilium, ut vocant, generate Africanum mifit &ugonium , i(. Viocen-  ^m, Epifeopos, ad Honoriust Csdàsem, qui i^^liciter petetent ut  m qui ad Ecclelias AIricanas confiigecent , licer deli^ pcrpettaOént  ab iis non extraberentur.   IL De   ( a ) Sai. I. rUclH . { b ) Ead. t. Si fcrvut . (c) Eoi. I. Dauaàamai .   (.a) Ead. LVrt^l . ( e ) .aut/x Ite nuui frinc. tal/, ,    Digitizod by Google     I IX    DE J U R E   II. De hac Ecclefìarum immunitatc ne vcrbum quidem faflum fuif-  fC) non modo dum Romani Imperatorcs Idolorum culrores fuerunt; fed  ctiam centum annos poflquam fibi Chriftianam religionem ìnduerunc ,  nuUam omnino ejufdem immunitatis mentionem effe fa6lam; cum nul-  la hac de re lex repcriatur ConlUntini, aut alionim Imperatorum ,  ufque ad Arcadmm. Hujus autem rei ccrtilTima caufTa haud longe quz-  renda eli. Etcnim, fi Chrifli fideles ea temperare, prouc omnibus con-  fpicuum ed) nulla ratione in Ecclefiis admictebant eos qui cujulvis ge-  neris deli ab Ecclejie  'Atriit, vel Pomo Epifcopi reos abfirahcre omnmo non liceat; JeUna al-  teri coa/lgnare, nifi, ad Evangelia datis facramentis, de morte, p- tlcvili-  tate, O- Omni panaram genere fint fecari: ita tamcn »f ri, coi «*/ f"*  niinlfttS fiterit, da fatitfaHione conveniat : Servas etiim qai ad Ecriejiam  confugerit prò qualibet culpa, fi a B m im. odtnifia colpa facramentim   Mcepertt,fiatim ad fervitiam Domini fai rcdirt cogatae.   ' Hifce in Conftituiionibus mulu funt animadverCone dignillima."   Primo non effe in iuris Canonici corpus redaflas , temporis habita  ratinw VTearum primam effe llerdcnfis Concil.i, Anno DVII.  ouam Hifpaniz a Romano Imperio le fubtraxerant : qw faaum eft ut  Episcopi il, qui certo fciebant quantum lua fe extenderet auilorius ,  EccleCallicis tantum viris imperarent; citeris non iiem; ut ex iploitiet  Canone clariflimum, & cuique obvium eft. (g) Sed cenwm an-  nis ut Laicos etiam includerent, Reges rogarunt, ut ad EcclefiM con-  fuEientes, ob lacrt loci revercntiam. Regi* lolum   committerentur : tandemque anno DCLXXM. in ea Conftitutione qu«  decima eff ex iis qu* fupta adduil* fuetunt, omnibus commune dwre-  tum fanxemnt; fcd Regis coiffenlu ^hibito : qu^ in tpt Conulu li-  bris particularitet expreffum eft hu ipfit verbtsr Confenttcnie glortofijfi.  no Domino Nofiro Eringio Rege, hoc fanaam Ceuciliam defintwt ;^ce(   (1.) yr.Eod. Co mctuentei . ( b ) ^//. Eoi C- ifxar. ( c ) W/A C. miUui .   (d) JX. £-iit,C.fi (e^X.Sod.CoiÌefir.m]to   ({) Xo'o £od. Co ccrfiitmmuf o (g) meeo6.caf.tio    Dìgitizediby Google     — - *r    A S Y L O R U M. 115   in corporc Concilionim fcriptum fit folummodo, DcJfjiww C»»-  «//e  ut, fcilicet, reo avulfo ab Ecclefia, fit Ulico qui eum  dirà devotus, & Chrirti-fidclium commumone privatus. Sed lunt O-  Mnes. ut vocant, ferendo /e«eW; ut, poftquam reus exiraaus fiie-  At (ùbeat Prxlatus monete; & nifi fuerit reftitutus, aut ,ufta det.nen-  di caufa aliata, lune demum polfit ad cnemnmnicatmm fententiam le-   rendam accedere. . ,, . i-   Quatto confiderandum eft, Epiftolam Auguftmi nomine aUatam, ep.l-  dero cene non effe; ficut etiam 15. alix qux Sanai Ulius nomine fe-  runtnr ad Bonifacium Comitem conlctiptx, «c Bonifacii ad Auguftmum ,  eujulvis potius, quam eorum, effe poflunt. Id vero cum ipfa  rauo latis fuperque demonfttat; tum multo magis verbo illa, SpeH.»f-  il & Magnifici, honoris caufa Corniti tributa, abepis tempeftatis con-  fuetudine ionge remota, n« ab ipfomet Auguftmo uni^uam adhibita iis  in literis quas ad eumdem Comitem ipfe Mrfctipfit ; m quibus etum  quammaxima Divus ille vir agit cum modeftia, non autem fuperbe, &  arroganter, atque imperiofe, prout Sycophanta, quifquis ille, fcribere  voluti . Quod vero multo magis earura falfitatem yel coeco demon-  ftrat, Bonifacius Comes nunquam Hipponam incoiali Divi Augiiftini   V«*>» Ji- ^   (a)lii.i.tjifl.S.    Digilized by Google    1    j'i6 DE J U R E   civitaiem; ut fieri omnino nor  luti fucfiiJi;, tìullibct eorum , prout fibi, atquc fcgionibiis fuis condu-  ccrc vìtuin Canones confijtuit. Cum iiaquc varias rcgion« diverfas  ctiaui Icgcs itquirercot, prout homìncs plus, minufve ad dclffla pro-  penfì crant,^ uftufquifque proprias leger ad regionis lux nores adapta-  vit. Hi vero Canones omnesante annum a Crìilo nato MCC> promuU.  gati funf;^ deinceps vero Romanorum Pontificuin Decretales, quas vo-  cant, rc. uregorim autem, ejufdem norninis {b) Nonus, Pontifex, declaravìt  Ecclejia y in qua divina myjìeria celebrantuTy licet adéuc non extiterit con^  ftcra/My nullo jure priviiegium immxnhatis adhnii '   Idcmque addiditf cum nonnulliy tmpunitatem fuerum exceffman per de-  Eccle/U obtinerè f perente^ y bomtcidiay tT mutilationet menu  Trm-m fpjU Etcfejih y vai amum atme^eriìs. coipmiteere non veremtm f  quey njji fer Ecclcjìamy ad quam refugfunty crederent fe defendi y^ nutìtu  tenui fuerent commiffu/fy rales non debere gaudere privilegio quo faehuie  fe indfgnos» ^ \   Hifce' Joannes, 'ejus norninis XXII., Pontifex Romanus, adjunxit etiam,  (d) Hereticos fefe Ecclejiis tueri non poffe, .   Nec alic in medium afierri poflunc ieges quibus Ecclefiarum kÉmu*  nitas inniratur. Hz vero omnes adco clarz lunt, adcoque faciles, ut.,  fi in judiciis, aique Eraxi fincere, & prout verba exprimunt, adhibe*  / ^enfur,^^' nihii oranino difficulratis fupereircr. At cum Jurikonfultorum  òpinionU)US, & interpretationibus ad diverfa protrahantur, de his etiam,  capOrque unde tot Scriptonim fententiz originem duxere , fingillatiiii  diccndum eli.    CAP.    hnmmìtatm .   ( d) Exnavag.    DigitiztxJ by Googic     A S Y L O R U M.    117    C A P. li.   De variis Scripeertm epiniomika órca Eniefimm •   * mmunitafem^ Ó" tanm caujk, . .   T Anta profeto eft fententiamm vxrietas intet Jurìrperitos qui de  Ecclefìarum immunitate hai^cnus fcriprenuit, iildemque Ugìbus  innituntur, ut line dubio lAirmarì poHlt nullam omnino hac de re  quz(tk>ncm proponi, aut Cafum accidere, in quibus in utramque par-  tem res terminari non valeat , atque adeo Doélorem aliquem tefiem ,  & aufìorem laudare. Ex iis tamen non pauci funt qui non modo fx-  cufationem promereri, fed commiferationera etiam tommovere debent/  librifque vulgatis, non Auftoribus, nota quzlibct inurcnda . Etenim fi-  cuti 'in rebus aHis quz Ecdefiafticam , aut fccuiarcm juriididionem at-  tingunt, fic etiam in hac ipla, nov^ims imprefliones cum antiquis  non convenHint* led quscnnque Principum jus, & audoriutera {M'onxv  verent, ablata fuerunt; & fzpius negativa particula, ut Grammatici lo^  qnuntur, addita, ve! delcta, mifcellos libros, vd invitos, & centra Seri-  ptoris mentetn, prò ConTflem arbitrio loqui cocgcrunt . Id vero non  modo ex librorum ipforum variis impreflxonibus invicem collarìs mani-  fcfto deprehenditur; fed W/cifair folummodo £x/>argarorw infpedis, qui-  bus facile fingala quz immutau funt uno afpedu v:deri po^funt. Qiia-  te, ut in re tam dubia rc£lam, tutamque viam amplefli iiceac, Ila-  tuendum eft ante omnia, quafnam rcjicere dcbeamus,,quarve icqui Do-  dorum interpretationes, Id vero fàcillime cognoTci poteri^ , li vcratn  illam, 3c germaham caufam, ex qua opinionucn varietas exona c(^, a-  nimadvcrtcrimos. Hac vero eft, quia noluerunt Doélorcs intra iegum  ipfarum, 3t canonum verba luas opiniones , & dida contincre; immo  vero amplifìcationibus, 8n exceptianibus, quas fslkHtiat dicunt, eas ada-  ptarunr, prom aquitati convenire exiftimaverunt. Qua de caufa in nuU  lam debent reppehenlioném incurrere.* omnes enim nihil anciquius habue-  runt, qu.im ut communem iUam, aique difpatatìonibus cundis necefta-  riam, Reguiam jurk fervatene, qua ftatuitur.* fi juris ipfm difpofitio be-  ne finum alferius^ prsmiumve refpiaat, fififue favorMis^ l^um verba y lì.  cet prejfa , atque Jìr 't^a , ampl'tjìejntda , atqut entcndenda ejje } fi vero ptz-  naruTrty atque rìaerU rationem babet y fitque invidio fa y quam odio/am appef  hm y voces eafdcm quanhìis latmty Ò" uberius loquanfuty prejfe ta-   mtn y firi^imquey quatet^us jus patituty expiicattdas effe».   • Qj 2 certe regala nanira maxime conlona. coovenienfque apparet.Et  enim, ficut rerum hitmanarum fapientes coofìderant,, adiones omnes  flint fìngulares; nec ulla ratione fieri poteft ut due qualibet ex parte  fine inter fe fimilcs, atque omnino pares.* quo fit ut fingufis propria  indiecant regola: lex vero, quz mi segula quxdam univerfalis omoino  conftituenda eft, necelario ob id ipfutn, quod untverialis eft» manca  quodainmodo fint, & imperfeda, aut comprehendens quas excipere, auc  CTcipiens quz comprehendere deberec . Qnamobrem neceflàrìa omnino  videcur benigna quzdam interpreutb, quz legem.dirigat, & ad zqui.  tatem reducar. Hinc vero prolìcifciiv ut, fi zquius amplior. videtur ,  quam legis verba, hzc debeanc amplificari quamum «quicas ipTa po-   ftulat.    Digitizad by Google    Ii8 D E y>U R E   Enlat. Ae fi lex eadem verbis extra «quluris fines, 8c limites egredia»  tur, aequunt maxime eA ut interprecationibus intra eos coerceatur: Ut  n lege lata pana impofita fueric iis qui Dei optimi maxiroi nomea  yanfiiflìmum maledif^is, probrifque prolcindant, cum res ìpfa de qua  decernitur, pietas, fcilicec, in Deum, maxime favorabilis exìAat; juAa  intcrpretatione a nomen etiam facratiiTima! Virginis, epis matris, at«  que SanBorum omnium extendicur» Quod fi lex altera excipiat , qui  motu quodam animi violento percitus, atque ira prsceps furens, ver*  ba promleric igoominiolà in^eum ipfum; hoc invidiolum eA, nec de  quavis ira intelligendum/ fed juAa interprctafione ad eam tantummodo  rcdigendura qua celeri, atque inevitabili impetu fenur , mentifque &  ratiunis uium ita impcdit, ut quid homo Abi velit, quidve dicat» aut  fadat, omnino nefcire poRit«   Quod vero IpeBat ad EccleAarum immunitatem, NonnulIi,cum ani*  madverterent eam non alia ratione conAitutam effe, quam ob revereiv  riam in locum Deo facrum, & ex co ad ipfius Dei maximi honorem,  & cultum pertinere; bu)us przcipue rationem babueruni; idque veluii  zquitatis regulam lìatuentes, cui legum verba adaptari debeani , este-  ra cunBa fulque, deque daxerunt. Cumque nullus omnino reperiri pof-  fic honor quo multo major Deo tribui non debcai, interpretati lunt  eamdem pariter rcvcrentiam tribuendam efle non folum Deo l'acris lo-  ck,*fed omnibus etiam qus iis adhsreant; iifque cunBif habendam ef-  te quantam maximam animus capere poieA, vel jultiùa ipla Aias fibi  res habete juAa; atque, ut ajimt , quibulcumque pravorum hominum  oppreflionibas tokraiis, ut iramunitatts honos iis omnibus tocis religio-  le concedatur qus Ecclefiarum fpecicm aliquam quomodolibet referre  poHìnc. Hifce vero, quafi fundamemis, pofìtis, leges , & Canones omnes  de Ecclefiis decememes, ad ea cunBa protulemnt qus Coemccefia, Mo-  naAeria, Oratoria, Sacella, Holpitalia vocam, feu quovis alio nomine  cenfeamur, ea in quibus pictatis opus gliquod peragi videatur« Ubi ve-  ro leges i|^x, le Canones Ecclefiis immuniiatcm concdTerunc iis tan-  tum in rebus qus vel comimfenMìoaem movere, ve! ^Aa defendi ex-  culatione poAint; idque honeAis, ac tolerabilibus conditionibus ; Urdem  amplìAcarc, atque dilatare rem totam ita voluerunt, ut cnormia quae.  que, & graviffima facinora comprehenderent / quod A, ragione coaBi ,  aliquid exccperini, jnlHiis tamen, atque judicibus ipAs eas impoluerunc  condiriones, ut, iis obiervatis , Aeri nuaquam omnino poAìc ut debi-  fum juAitia Anem obtinere, vixque nomen Atum, aut ne vix quidem  rctincre poAit : quodque caput eA , non modo perpetrata facinora , at*  que 4Bi^, EeeltAaruffl immunitate inulta, impunitaque remanerenr ;  Icd novis etiam, iifdemque enormibus criminibus aditus tuiìAimus ape»  ritur; ut qui jam oommiAlTcnt, fecuri in utramvis aurem dormire £a»  Cile podent; 3t qui admitterc vellent, facilitate aìleBi, & lecurirace in»  vitati, nihil prorlus tutum, aut a crimine vacuum relinquerent, Id enini  imcr estera DoBores aflìrmarc auA funt, Principes ncque fententia da»  fonare, ncque habere ^tisAionem poAecontra eos qui ad EcclcAam con»  fugeruAt, ncque dum tnibi pcrmaneanc, nec poAquam ab ca difeefle»  hot / quodque rifum nagis, 8c Aomachum moveat, flatoerunt Ecclc»  fiam i^m teneri ad alimenta feeleAis homimbus prcAanda, dum ad  eam cònfagientes ibi reAdent.    Digitized by Google     A S Y L O R U M. 119   Alii Do£lores contri ei^inurunt iuflitum , atque deIi£lonitn pce>  lum , publicarque tnnquulitatis confcrvationem magis cITc Dea maxi-  ma graiam , quam EccIcGarum immunitatem : idque velati zquitatis  fundamentum inrpicientes , legum verbis, ut iplà rem quamquc nount,  aeceptù, non petmittunt ut leges, & canone: ad alia loca pcrtrahan-  tur przter ea quorum rigillatim mentio fa^ fuerity EcclePus, fcilicet,  ipfas , quz reapfe , non autem nomine tantum , Ecclefiz funt . His  enim temporibus tanta eli ubique locorum frequentia quz piotati  alicui mancipata vìdentur , ut , C omnia comprehenderentur , jam  quzcumque incolimus Ecclefiallicz immuniutis privilegio donau ef-  lent.   Et quoniam gravium deli£lorum exceptio , in quibus nulb conceditur  imminitas , fpectare jullitiam videtur quam zquitatis regulam llatue-  nint , exceptiones illas aut ufdcm rationibus, aut etiam firmioribus , k  validioribus ad alia facinorum genera extenderunt quz a legibus , Se  canonibus minime nominantur: idque tam ampie, ut nihil immunitas  meri polGt, nifi ea quz mifcricordiam merentur , prout etiam anti-  quorum fuilTe videtur fitntentia. FaSlum eli etiam ut Doflores aliqui ,  cum, velati juris. Se zquitatis regulam, modo hanc, modo illam ex  iis quz diximus fumpfilTent , varie loquuti fint , atque a femetipfis non  femel del'civerint; alii vero, nelcientes cuinam precipue ex iiliem re-  giilis adhzreicere debeant, adeo confule. Se obicure pcrfcrlprcrini, ut  nihil omnino ex eorum fcriptis elici poflit ; alii vero do^rinam fibi-  met repugnanicm habere viC fuerint, ex eo quod ii qui eorum libros,  prout ipfis conducere vifum eli, interpolarunr, non mutaverint omnia :  quamobrem alibi Cncerz, atque germanz Scriptorum opùiionis vcftigia  permanent ; alibi vero eorum verba , Se fenientiz dumtaxat apparent  qui Auflomm mentem detorquere prave voluerunt ; ut Dollores fz-  pius fibimetipfis contrarii. Se inconflantes, atqde volubilcs aliorum cul-  pa exillimentur.   Igitur qui velie ex Do£lorum leflione fruSlum colligere, facileque  ftatuere quid ipfe judicare debeat , atque adeo in praxi executioni  mandare, nccefie eli ut ante omnia certo fcìat quznam ex iis duabus  regulis norma effe debeat , qua opinione: examinare , Se afliones inlli-  mere, ac dirigere valeat. Id vero cum tanti ponderi:, atque momen-  ti exillat , quanti unulijuifque facillime cognolcere pote|l, operz prcr  tium eli ut exafle de ipfo trailemus.   C A P. III.   ^asnam tqmtatis norma in juJicìù, tf prJxi  /equendn J!t,   XTOmines cunflos ad honorem. Se gloriam Dei Optimi Maximi non  orane: modo, fed etiam languinem , Se vium profundere de-  bere, adeo notum, naturzquc legibus in omnium animi: infcriptum  eli, ut nihil magis; nobis autem Chrillifidelibus ipb quoque fide, ac  Religione certiflìmum; ficuti paritcr clarum eli nobii , ac minime ani-  bigmim , duo effe honorum genera quz Deo tribuuntur : Alterum  eadem ipfii ratione aibuitur quam Deus ipfe nobis conllituit , quam-   qu« a    Digitized by Google    I^o DE J U R E   que a nobis fé cxìgere dedaravit : Airerum ^vero ea forma qua nos  Ipfi honorem habendum exiftimamus. Scatuit igitur facrofanéla Ecclefìa  linumquemque utrifque teneri ; fed primis , Àvinis , fcUicec , praxe*  ptis, multo magis : quod fi aliquando evenirec, prout rerum humana>  rum conditi© fcrt, ut non poflemus utraque fimul integre praeftare, iis  exa6le parere dcbemus quae Deus manda vit, omiiTis iis quz pendent a  nofira voiuntate, fi impedimento fint quominus divina prxcepta exe*  qui poflìmus . Cum enim divinura przceptum foret Mofaica lege fìr*  matum, Parentibus opem ferendam; cumque ex hominum pietate fpon*  te induAum fuiflet , Tempio maxima dona elargiri y Chrifius jefus y  Deus nofler, reprehcndit acerrime Fharifxos qui tempio munera olfer-  re, quam Genitoribus auxilium ferre, atque fubvenire, impenfius lau*  dabant : eamque divino ilio, atque fanétilTimo ore caufam adduxit,  quod, fcilicet, hoc divinum, illud vero humanum przceptum elTet ;  luofque docuit fideles nulla efic ratione laudanda munera quz tempio  tribuuntur , fi impedimento fint quominus Parentibus auxiliari pofiì*  mus , prout Deus ipfe przcepit . Id vero ad ea quz nunc agimus  mirum in modum conducere, atque accommodari pofle manifefio con-  fiat. Exploratum fiquidem efi jufiitiam diferte, atque exprefie a Deo  przcipi , eaque Deum fummum honorem fibi haberi declarafle: quz  fi jufiitia defit , Principibus ipfis , ob id , atque Regibus regna , &  imperia auferenda, atque in alios transferenda docce : cujus doflrinz  innumeros polTem facrarum litterarum locos tefies laudare. Cercum pa-  riter efi Ecclefiarum immunitatem ob innocentium fecuritatem , & eo-  rum qui jufiam aliquam erroris excufationem afierre poflent , infiìtu-  tam fuiiTe Principum legibus , & Ecclefiafiicis confiitutionibus fanci-  tam, ob reverentiam qua profequi decet locum illum Deo lacnim ',  non ut Ecclefiz ex orarionis domihusy fcclerum omnium rcceptacula ,  & Utronum fpclunca fierent. Ex his omnibus confequens efi necefla-  rio ut jufiitiz habenda ratio, eaque veluti norma, & regula fpeflan-  da fit, qua legum omnium de Écclefiafiica immunitate fententiz, &  verba tanquam tratii»» ponderanda fint; legefque omnes, & conftitu-  tiones ita interpretentur, ut nulla ratìone Jufiitiz obdTc, aut impe*  dimento quomodolibec effe pofiint. Quoniam jufiitia, ut diximus, ho*  nor efi in Deum , ab ipfo Deo nobis przcepius , & procul dubio fem-  per optimus ; Ecclefiarum vero immunitas honor efi quem homines  Iponte, ac fine ulla divina przeeptione , Deo tribuunt ; quique, nifi,  prout maxime decet adhibeacur, Ecclefiam ipfam non honore , (ed  ignominia quam maxima afficit , la$ronumfuc fpcìuncam reddit , & fee*  leftorum homimim infiune Alylum . Hzc vero cun£U clarius often-  dit quod ait jeremias Propheta, dum populura reprehcndit, qui ex-  ternis hifee revcrentiz fignificatìonibus erga Dei templum plus zqu«  fidebat ; eumque monet , ne hac fiducia niteretur , fed in Deo  fpem poneret , qui in genus hominum quodlibec jufiitiam exercc-  •rct .   Quam ob rem rationi maxime confentaneum , tutum, atque optimis  innixum fundamentis efi eorum confilium, atque fentenria, qui lacro*  rum Jocorum immunitatem tuentur quidem , fed intra ccrtos limi-  tes, ne jufiitia pereat, adeo necefiaria ad publicam tranquillitatem con*  fervandam , tolleifdafque injurìas , & dethmenu quz prìvatis infih   ntntur.    Digitized by Google     A S ¥ OOIR .17 M. i««    ninnr. X( in quotilxt -«vtiini jiMcrk fanc ««i» fivi,* &ChrttùuHM j»  dex, fr ccntrarias jaiit-^nfaliorani a^ioiM* 'àri^crit, M la frót  iacMadnm ftaiiien quod Eccldlanim ihioMninwlavnt, n tanna ntio-  ne, B« jaftiiiam ap[irimn. • • J   Quilitiet auKcn, t]u( aenm actem inwpdeK t ^ la arit, dare cogndcet  hanc éfle rationem qua cunda tolii poICnt oftenfiones , 8c mala qtn »  riginem craxeruM aa ipia vilrittaia aon opniònant’ laaxn, gnem pri>  vatarum rationum . ut qaivis bcitios po8w ' palpicene y aiTeram   quid hac in Te Jtirta..€oiaài(i ftatubadan cenloerinc, qaodqua kì opii-  niz juTta, atque neceflanlB titilioncm ‘atiqaan »/hrte pofiìa* Ubi^veia  ciitiÀi in eamden opiaionem non cdavemcac, AuAarum noauaav qoi  lentcntiam ^uioMni’ paobaverìnt « adfcnbam ; 'ta i am qae tantaamuàia  rocncìanem. t'aciam qui jhxioria, Bc cclebriarir fait aMoina, fc exiAV  marionù : Seplua ' SpH'capuan Covaiùviaai M(le«a kiidaba, nim quia  Pnrfbl Hil'pahua eft, qui ThdencàtatCaacilio i an a ^ ; tuia eAam- quia  dodrina, probiure, 8i pietaK minime datus ab omnibua, fi ctadpi-  cuut habctur : Sapinc Prolpemm Faaaaciiaai, qili diu Rena *nit , Ad-  voeatus prima, max Audiioris /.untai m aaiw , ft'Fifoi deniquc PatnHit»,  etiam iiib hoc ipfo Patito V. Pontifiet. Ad atam-wero cairanaiB It-  bri, Bt Do/h Viri Traufetlpini tnlciìt, loca ad n a t a hr i, ur, fiqaia oGÓn-  liliariis tuis, 6c Jurii-CatiUiltis inWe^A^are cupiat, Àcilidi cua/Va &i».  venire, Se imdtigere pqffit. -Otania autem hac dilqailìtio facilliiaa ad  cria capita ledigi potorie : m , .   Primum ; Qnzmun fiat ea (acni lata qua ad fr aonfugiema Meati-  tur . . • j   Seenndum': Qinenaai pcf(ó«aMai toaditia, tt qaodnaoi deliéKi gc-  nus loco facro pr»tegi,^aut ma paoxegi pOSit. ' ,■ .1   Teraium ; Quanaan ratioae a (acria locis eatrahi dafaeaat ii qui eiliiA  tagi idvctios jullitiam non poflìiat,.. ,'u . ■ ^.i t   . • . . ' , ■ . /■ _■ ■ ■ ■ , .r .. Ul   CAP. IV. • .1   I - . . ^ . .1    { ftet* Ik 4 td'fi amfiipmm ntmuwr. ’ • . - ~-comprehendi; Ecclcfiamj- fcilieótiQmdEcdefix adhkrent, leu  folum fuarit adificiia omnibus vacuum, Mi domibus tedhtm; ^ Xlwpaf-  iiium Ipatibm, fi Ecdeha MetropoliiaBa fiicrit ; XXX. vero, fi co tinllo  iiifignita Mn fit; Et Epifeopi domum. Nfee alind eli de quo raen-tio iis  in legibut, A Canonibtts ftfia fit. *   Ecclefix nomine Haiuunt unanimea Dodores omnes Oranriu non cora-  prehendi ^ quanv^m in où aliquando rct (aera fiat ; aut ea qnc in  privatomm doatibos, & in GoU^iìs hicorum , quas vulgo confntcnii-  tates vocant, zdilicantur, quafque domini diruere, atque mutare prò  votnntatii arÙtrio fàcile pofTunt. Ncque omini debet , immo attenta  cura animadverti, quod EpiTcopus Covaruvias hac de re diflerit, (a)  Hifce, videlicet, temporibus occurrendum maxime effe eorum temcriuti  qui, Ecdefiarum immunitate confili, quodeunqua ddiflum perpetrare  Tom» il. Q audent. •    (3) fovaiwiar /. i. var. r. io.    by CiOOgk'    i    I1LA .D ;r joU' H ?E/   WI(Ì 4 M« coin «M! wwtowi» M W f w i h B i itnaiftmum Buciwriaia itcrMMacMi   lubcnt. Ubi umen Prxiutcs hac juiU modowioM "ooii Ec   ci«(ì«r«M iMfnin* «Mtemir ^«uKuii^e ùim «erto, ac pxe|x:f«w divino  «litui dÌMMC-A nen lintiv n .   uiPt dM sui «dbatet Eukfia Xt> (tu XXXi pi£>un fp*tio« ajuUnn  àmaanitatrm Ecairrisàii 91M1. (dnt Mua Ctviiaiia, vd^Catorun-moe-  Olia., iwuil convwirai^actifiiciaa Has enin 4 c.ie-.Ca«on ex-   frede-ftamia, D a ft a r ar oanianitcMH nec .atla pottft ho-   mi /èaUaatio; iauMi aero noa daiuiu i)ui id oiaat cuoi Urboi oouii-  m Mteoi» CIMI diaMK.eàtl«Mdi^jus ni sudtiiani ulu obtiiuUfe, ^  dine amlucBidinv, ik^u» fuac, danagaiuiD dk. Cauta me, cur nei-  MiiaierconclitdaM'dnMM ipMMn iUiid niiUana. pradua habere immiui-  Miam^ilicH al>rMaM«aM iaafoa- aautem ,  cum «lio Canone  Muntimi il qui tacMÀ hao paecat, eum laatj’-cujaajibeci laca immu-  focaia dafopfore ie J«nd pafla,-ridM|. & XI^ fadaun tpatuM focnin  afot, ifov-iàciatn aliqnad in co ^mpetrarant, éideai ouliifei, ab Eccla-  Earna». {requantiaoi, Jcl» imaH«MaiaMcn pi^r. Sad ^ ea «un-  qiie fuerit canfa , parvi rrfert , cune illud cxpfomuini omniao fic in  Cdfoan'ihaif & Calw buUmh anpina hujniceMÉdi. ffatiii immuoitaKin  concedi,   i-Htac- etiaai cafoUftiur, qwid Manfoi)iiiir aadde» , An.-fohcat li-  florej polTmt cura qui ad Ba:OViPtm, dura de Ecclefiarara traaiiiniuie apiau-, foe  àia ^c||À« tfoinm tvmo cft qux extra Civicirà, & Caltronn* m#.  ma poCuit inHOUilitatcìii _adj^ pafUmm ipatium portiguiit^    . Quod qfro atcinet.ad.E^ra^i im>m, non canveniust iatfrtiDo-  dfoe«s{ rasici pamqqt. ex aaroni uimmo animadvcrcuni alia Caaont Un-  ^iu»>aflà.fo Bpfoopm doraaira hum .£c«lefic ( e > proeimatn, de ad-  hxremem hibcat. Quare neceforio intra XC pafitwai t)uiium efltt ■ k  .jfto certo «ondiiuuoi Kpdcafo ’domnra , fi loogius ab E«laAi dtjcc,  rauiiam qsiniuq iqimumtiiteni obtiaeM. Cura ncro EL. [foruum fo cà-  viiaubua, & qaftria qqn babeat kicura, conlaqindls ed ut Jfifdcapi do-  mila raiUóra panici Munamcaiera babera potEm . -- ,   . -c - iV* ... -V De eie-   , '.ìu*' - •••'• ‘ tajAx.   fi) (pr»f   ia. a,*.™’ ^Ux*rat\/,ilr. f*. TW a i«. /. ria K to.' iy# •- *> .   ihyCmhmHr.ir.ttem de ìmm- a^e . (c) 0 i./r 4 rf.«*|C yy. Clnf.e.   CUnf. jo. DC(Uk. lìb, 6 . e.zy. 5. 14- Farfn. / .jS. fetw. yauUue,ioit:»s»      A S Y L O R U M. 1X3   De coemeteriis vero, Hofpiulibus, 8c ConcUvibut, ubi Fiatres doi-  miun[,-ae verbum quidem lex ulla fedi. Canoniitz taniummodo, qu«  ignoramia f»pe, aut ambitio tranfverlbs rapir, Ecclefiarum nomcn am-  plificare, acque ad hJK eiiam pcrtrahcre voluerunt; plurimis tan-.en  condiiionibus, iifdemque adeo variis, ac itucr fe repagnaniibus, ut vix  duo conventant. Ex corum auiem lenccntiis confuetudo diverfa induda  eft, prone iUi plus, minufve audoritatis habuerunt, & hujuicemodi lo-  corum,iaal etiam deliftorum numerus exigere videbatur. Quo fit ut,  ficuti ddiit locis nihil omnmo legibus làncitum eft, led conliietudine  tanium, atque interpretationc eorum immunitas inirodufla , ita ubi con-  traria eft confuetudo, eadem a quocumque judice fervati debeat, citta  uUam ertandi formidinem . i i - ,   ‘ C A P. V.   Perfbnarum condì fio ^ & quodnam deìi9i  genus loco jnero frotegi, mt non •   pniregi po£it.   E st omnium certilCma fententia, qui in loco facro deliquerit , («)  licei leve delidum, nec atrox fadnus fuerit, eum tamen facro  eodem loco non defendi; iitimo vero & ibidem, & quocumque alio fa-  tto loco fifti a lifloribus, k in carcerem trudi polfe .■ Cum aquum nul-  lo modo fit ut Ecclefia eos tueatur qui, in ea peccames, injurias ei-  dem intnlcrant; (i) nec Ecclefia: ca:tera! defendant ejufmodi teum, cum  omnes unum, ideraque fint, ob earum in Chrilluro . Jefum conjunflio-  nem. Quod ita clarum, atque certum eft, ut fupetvacaneum omnino  iiierit pluribus confirmare.   Hinc etiam illud confequitur, ut eadem Ecclefiarum immunitas nul-  lo modo protegat eum qui verità legibus arma in Ecclefiam detulerit,-  ea naroque deferre peccatum eft quique ca in Ecclefiam defert , in  Ecclefia peccar: quo fit ut in ea a lifloribus vinciti poflit, 8c in quo-  libet alio facro loco. Quod ob publicam tranquiilitatem judicarunt Do-  aores fingillatim monendum, & animadvertendum effe.   Fnres etiam, qui aut in Ecclefia furtum fecerint, aut cum re abla-  ta in ipfam confugerint, ex eo quod in Ecclefia peccant, ab eadem  divelli queunt.   . Poffunt . itidem ii a facris locis abftrahi qui in Ecclefia crimina tra-  aare audent, quz fponfionum vocant, aut quodvis aliud negotii genus  legibus prohibitum, ex eo quod in ipfa delinquunt. De fponfionibus  vero przeipue adeft etiam Xyfti V. Pont. Max. dcclaracio, buie ratio-  ni, veluti fundamento, innixa.   Nec differt an deliflum totum in Ecclefia perpetratum fit, an quod  extra Ecclefiam initium babuerit, in ipfa finem, vel etiam contra . Pa-  riter namque Ecclefia nec eum tegit qui , Hans in /acro loco , aut  extra cum, bominem in Ecclefia exiftentem interficit.- nec eum qui.  Tomo II. Q. * CUOI   (a) C.imnuaUotem. De trnmmiìtate . (b) Olìltnf.c.fm. de Inm. Eecì. .Aldus ìbitU TeUf.  dec.^is. Faróueap.iS. Jitait. 66. Cler. ept.jo.Coceriev. Fsr.Ub. i. cap.io. p.  iS. Iunior. Deciso, i. 6. e. x6. 0.1. HÒflieo.infum. Jo- de Fìf ct.de m.p.6s.  Coofer. Con.io.FoUer. prioe.e.mUe iut.jO. feuuc.e.iS. ««. 154 . Cox’ar. Fsr.l.tA.io.f.tS.    Digitìzed by Google    1X4 D E J U R E   nim Ct ipfe in EccIcRa, auc bellico tomenta, aut fagitta, aut mifli>  lìbus aliis alienim inceriicic qui extra lacrum locum fuerit. Hac igitur  certa, atque clariflim^t enunciaiione , abllrahendi a qua vis Ecclciia, &  iacro loco cu|u(vis generis reos , quamplurimse dubitaciones e medio  ablacx videmur. Etenim qui diligentìus attendere voluerit, cogoofeet &•  carios omnes, qui ad Ecclefias confugiunc, arma fecum ferre, atque  hahere, legibus etiam vetita, ut adverl'us juOitiam iplàm , fi ras ita  ferat, fefe tucri podìnt. Quare ii omnes EccIeCarum immuniute uà  nequeunt, & in quolibet facro loco prachendi pofTunt, lieet alia ratio-  Aes non concurrercnt in id ipfutn.   Statutum etiam exprellìs verbis Canonis ed, eot immunitatis privi-  legio protegi minime pofle (a) qui delizia commiferint ca fpe, atque  confilio, ut facro le loco tueantur. Siquidem Ecclcliarum auxilio uri  debemus, ut peccatorum veniam confequamur qua jam admifimus; non  ut nova facinora perpetrare turo valeamus: quod etiam nullam habet  omnino difficultatem .   Verum enim vero, cum hominum mentes, atque co nfilia fint ab ocu-  lis omnium remota, atque penitus abdiu, non polTumus, nifi conieéha-  ris decernere, an reus deliflum admiferit (i) fpe excitatus ad Eccle-  fiam confugiendi. Doflores vero dicunt, qui, llatim ut làcinus perpe-  travit, ad Ècclefiam fugit, eumdem eo confilio perpetrallé, ut co con-  fugeret, datuendum elle. Et certe qui jam datutum, atque decretum  habet ut facinus committat, necelfario ftatuendum videtur, eumdem  etiam cogitalfe , non folum quanam ratione ìllud polfit admittere; fed  multo magis, quonam fugete debeat, ut lefe tueatur : Skut etiam qui  de improvifo in errorem incidii, ficut nunquam antea de fàcinore co-  gitavit, ita quoque alfirmandum ed ne de refugio quidem cogitalfe .  Quare , quotiefciimque confilium , atque deliberatio deliSum preverterit,  & reus ad Ecclelìam confugerit, id coniulto iàdlum; ideoque loci lacri  immuniate defendi non pulfe certiflimi juris ed. At quoniam de con*  jedluris agitur, uirum impeto quodxm, fc perrarbaiiiMie; an potiuscon-  fulto, & cogiato perpetratum delidium fuerit, Judicem ipfum pniden-  ter, atque ex animi fententia cognofccre oportebit.   Hac autem immuniatis exceptio, qua reum cxcludit, cogitato , &  confulto ad Ecclelìas & facra loca confugientem , quodeumque delidit  genus ampledlitur gencratim.   Quod vero dngillatim ad homicidia pertinet, frequ entius deliAi ge*  BUS, eum non tegi ab Ecclelìa qui alfadinium , ut vocant, commifit ,  ceniflimi juris ed; nec Scriptor ed qui didèntiat. Etenim juda Cano-  nis leveriate in (r) Lugduncnfi generali Concilio idiplum fuit diferte  decretum. Veritas tamen eli ance CCCLXXVI. circiter annos, cura  Canon ille latus fuit, aflaflìnos extitilfe quoldam Mahomecana perlua*  Ikmis populos qui fìcarios le ptolicebantur; atque eorum caufa Canoa  datutus fuit . Podca vero , cum Dodlorum omnium interpretatioBe,  tura etiam ufu, atque adeo communi omnium locorum praxi , Alfaf-  Gnorum nomine delignaacuT hodie quicunque , padlo pretio & mer-  cede ,   (a > C. ÌMminiifate. lìe ìmm. EctUf.   (b) ./rlWar.prrff. B. i6. Meno. pra/. IO./. iC. jliictf‘Ponf.Ocf.;4.Cltr.4H.io.far.c.r8.f.ti.C>' t. Far,   f.io. J. i.j.(c)0/*j'.f'inr.s4. l.i.CjJfM. TrrcI'Salde Jrclì.c.f.  de inju$ y ìgncv.$ TiÀoj. Bc«Mlii.'fgHardb>>J«« dclicluia-inpiiàa  elfet, aquuBl viikn «•« pottA W £celeCa cat lanMuf qui  toM, iSc batta) >Raipuhlic»f cum nulla omniMLilea OivUib, mila •Ca-  nonica, Ucaaniin im>ima MBaluaiuM itafcaiH ^uui-^iom laatoKia  cUmnavii; led eiK 'iamuBHiraio 9U«ii%julli«a iata|intaur| antc^ttn- Icn-  temum fwci Eaal :)«■»■ jam.ilaaMaoB «A, Jn-.d«ÌMa opeta, a«]ue  nulki4c'i>i>) v*uiae éuesringradùiKainaMa, praaar ìAcuìib catffa «ai-  I» mnlftatm eli, gr i mH cóam ddifliia hunnari vero ad uiraaMi, C.- dh p wn tt.mqBcanapaaber ■pdeAacum  iamnnicatt defendi ,  atque ledcam ad. .paa-  Mmpianna ab e« qua. diaiOMa, «aaatfaai 4 >bhmu lb(riat;riS«abru ve-  ra non damnans qiudem , •Acd.aoi aaatummodc^ii^ «MliMa itàtem»  laiiidum damnati faB, «aecàipofliH «ci«B>A||iwldlmMHà' ad ,iaan-  Ara pape («dilicia.-làraiacdMbdMut/ilPadcgibuci, aiyi'tcìinnBibus (id'aiui ad  Ecclcfiam confugicnies non polTunc Domini imperiiim excuier«;.Al.di>-  tuna-' ibMnanKateni a lu piaa a aijuttaa , vitate ■ladùic.'ad iocviiio,. fau-   ci admodom bac de ae-BuflorcK^-diribuot, cmi id cara ,. de «te eiifi  nantiiai) in Civitatibuc, qua L&uinicai amiare tgteK, 'accidat.-;«a va-  ra (Muadfime liint. m al i tewiua Gramaui naa ialam’ m ca-   tioni conteain in mediura attect; (mL Miim ali ufii caed^tuai y dbde-  ge^in Luiitania làacitiim, qood.aaaoi prafaat Vinccaduc f'>  Multa cctub qiua lìngillatiin baqtMnicr. ialeai accidere, utaB -Juga.   neratim colligi pottii laacoraa fa facorura r~r~iif) cardcfàBdte osa   putte qui quzvìt alia gravia tc enonaia deliba comai^mf drente ,  aut iildem, aut mcfarfaiis oiiam dtv eaulis, quu liipra leeenfainiu»,  quodeunque alind gnve.delttea cotapfafbaitur. Hac autam coaclidip  in univerlite prolataraaura , (cilieaf, cupifais atroeis facinacic, A èd  facra loca oonfugerit, ULproicgi haud potte| ima» a fattitia liaeMBi-  pli violatione extrahi fas «dày probatia a Jacate Ravamts-^ Cyte  Piftonenic, Petra Bellapeitica, ) n am « Igneo, Antonio a Buariai,.|facro  Ancarano, Alphonlb Aivarea, Petta.Cetgorio Tofatano, Tibatefi^tcit-  ' ■» ...lu *■-. néy Ab>   ( b ) Cam, dcf.^6, Fratr. ctefai jo. OUra, *   (c) ytw./.i.r.* O^/.' /« mr.c.U-   ver* Dt Imm. f. iS. yintàr. codem . ^Izdre^ I» thef, t.i j. «. jo. Syittaj. l. j j, c.\ x. De-  rÌ4E./.  nut mOud omnino EcoMiam Rofliz hu ai» imouinma;* ied .pudica  ip4n tÌMuiora rat» a ^iW»« Ecclefi» vi «Mtiahi ) nh cw p ywd a iW  tiic«>Manmo perantaenr, ae jalMiia’ priauniwr iJ>«snim diòtac ncUTamiai jndica-  luf. fa^-Quacc Pnip«r Faritiacnifran«  ulìaa ftcBia recepcuai, afirmat Bcoiofearim ipa uma ii in oai, cun ftaiu-  fa inen» ab ddiSs qua' aalto coa61ào,,fcd impaa» quodim fiant. Siti  rdugam» milòranim, non dcbei» KccleCas latnauw tpolaaca& c^cK ,  & «ornai ricapnculaa qui aooaia facàtera pcrpsir«\ c>iac ; aieaqnO  talk,’ tap^rqua efloy iì Judkies miinoria >bibl«llii , qui Itvidia 4elii^  juilkant eam ' obloroeiu led OM^roi jndicni in aarooocibai ;ba non le-  ncri; prave oiiam Veneti 1 k» logr contUtueiam ilL Noa.> Aprili»  Md>CX. ■ Mii . . '•io»l . .W.Ì   Qnanam vero dtliAa aeibcianm luxnÌM otnfeaanr, peatar ùlqaeil  ipfum delifli gcnui prafefert, k » ic^bn». impafita fack «dtipi   poteA; dnbet JtiMck tiomemia oagnoKly baiiiu aaiioBe flatus, comlkio-  niique, BM «jus qui inpriam iirfiae, lam «jua ctiam qui cam paflia  fuity aVaMniBi ^i^ oanla, ccrapork, qua, fciUctt, de caufa, «by &  quando, onaamifluaa fueric delkluni ; roran etiam qua ob id evena>  runt, perflirbaeionisi, kfleniionisy tt aliafwn, qas ém majos angeni pct-  peinoim làciau», iacmnique ut mugn, inagil^t in odio kabeaur ab  oauMbnt. •« ’uU leu i-   ribus de eaufis, qa« iingni* fluir pon eflent, in enormu atqueatrocia  facHioca evadunt. Cun» ver» iannnlaaabiies rmt.aalas qui flepius accido-  IV |Mnva»  vas aliquot opiniones habeant, baptiffiiatis tamen chara^ere infigniti ,  Chrifium Jclum aliqua faltem ratione venerantur, quem infideics aver-  fantur, atque execrantur.    Teme //. R CAP.   «     STO-    Digitized by Google     137   STORIA   DEGLI   USCOCCHI   SCRITTA DA    MINUCIO MINUCCI,   ARCIVESCOVO DI ZAKA,   Co' progre/Ji di qoelU gty»o, rnirìiauta fino alt anno   MDcxri.    DAL P. M.     PAOLO DE’SERVI»   della Serenijpma Rept$bbiica    Vènn^a,   JON mi pongo a fcriverc la Stona degli Ufcocchi  per far celebre il nome di gente tale preiTo a quel*  li ebe la leggeranno; nemmeno per foddisfar l'em-  plicemcnce alla curiofìt^ di chi fi perfuaderli forfè  di aver a vedere in quelli fcritti varj accidenti  feguiti in molti anni nelle fcorreric di terra, edi  mare, colle quali quella razza di ladroni ha fpo'  gliati ì mercanti innocenti, e dilettate le Provin-  cie, turbato il commercio, e cimentati in perico-  lofe guerre i maggiori -Principi dei Mondo con dubbio di maggior tur-  bolenza nella Cridianitk, fe raltrui prudenza, e autoritlt non avelTe fem-  pre attefo a divertirle. Non è quello il mio fine, nè per quello vor-  rei io perdere il tempo, che polfo, e fono obbligato a fpendere in pili  giovevoli eferciz) fecondo lo dato, e la condizione nella qual verfo, con  obbligo piuttodo di operare, che di fcrìvere.* ma penfo che fta fervizio  di Sua Divina Maed^ , e utile a’ Principi Cridiani, che fi fappia onde fie*  no derivate le ragioni, *che in fettanta anni non fi fia mai, potuto ri-  mediare alle rubberie degli Ufcocehi; e come fi fia ritrovato il modo di  farlo in quedi ultimi tempi, quando Tinfolenza loro era arrivata a ta-  le, che non erapih pofiibile il folferìrla; ma dinecelTitk fi aveva a re-  primerla, o ad adpettare un'aperta guerra fuor di tempo, colla Cafa d*  Audria, e la Repubblica di Venezia.   Il difeoprimemo di quede faccende cred* io che tanto pofia fervìre  a* buoni Principi, per tener T occhio alla mano, e agrinterefii de* ma-  Tomo II, S li Mi-      ;    Digitized by Google    13 » STORIA   li Mipiflri in qaefta, o in altre limili occorrenze^ biffine di non U-  fciarG ingannare in pregiudizio della fama, e dello llato proprio, quan fogliano tener celau la verità altrui ,  preferendo ringiufliOìnio guadagno alla riputazione, e al buon fervizio  de’ loro Padroni; ficcome anche una tal notizia far^ atta a far conofce-  re al Mphdo (he, quan^p i Principi dicqno,' e fennò daddovero , e fi  fervono di flrumChto fecale, c valoròG), non pnffono. aver tempo i la>  droni che inquietano, e danneggiano i vicini; e fono fpeiTo cagione di  pericolofìflìme guerre. Quefli lono adunque tutti gli (limoli che mi han  tevano agli fpetracoli luUe Forche, cominciarono per vendetta, o per  rapacità, ad ammazzare, depredare, e ipogliare anche i Valcelli, le Vil-  le, c le Terre, e i fudditi Veneti; onde Gnalmente fu coflfetta la Re-  pubblica anche di perfeguitarli non folo lui mare , come aveva fatto  per innanzi, ma anche nelle Terre, Caflella, c Città ove fi ricovera-  vano, fenza mirare a’ padroni de' quali erano; e lenza altro riipecto ,  che di levar dal mondo gli affailini, che ogni giorno diventavano più  fieri, più barbari, c più ianguinarj : il che minacciava una manifeila  guerra tra’Principi Cnfliani, le Papa Clemente Vili,, vedendo il peri-  colo, non vi aveffe a tempo incerpolla la lua autorità con graviflìmi  configli , acciò , mentre fi guerreggiava in Unghcru contra il Tur-  co con tante difficoltà, quelli nuovi femi di comefe non rocrceGero i  Crifliani in maggior rilchio .* onde ne feguà in fine il defidcrato ac-  comodamento, che farà anche il termine al quale ha da arrivare con  l’ajuio di Dio quefla delchzione per l’ordine divifaio.    (    /    Digitized by Google     DEGLI USCOCCHI. 139   Gli Ufcocchi fono gente Diltnatinà, dallo Stato di iln Principe, o .  per delitti commeni, o per impazienza del giogo tirannico, fuggiti ai  Dominj di Principe vicino; e ciò fi dimoftra dall' ilielTa voce fioco,  che in latino fi direbbe transfuga . Quello nome , lenza titolo però  d’infamia, cominciò ad acquillar grido, non fono ancora cento anni,  in quel tempo in cui l’arme Turchelche , eflendofi dillefe per 1 ’ Un-  gheria , e per la Grecia , nella Bulghcria , nella Servia , e nella  Rafcia, travagliavano i confini della Croazia, e delta Dalmazia; per-  chè all' ora molti Uomini valorofi , non potendo viver fotto la tiran-  nide Turchefea, ricordandoli di elTer nati nella vera Fede dei Van-  gelo , partendo dal paefe gib foggiogato da’ nemici , fi ritiravano a  qualche luogo forte de’ Criiliani ; e di Ib, flimolati dal dolore delle  cofe perdute , e della patria foggiogau , con molta ferocia ajuuta  dalla notizia de i palli, e dalle legrete intelligenze de’ parenti, e de-  gli amici , corfeggiavano ogni gbmo , e portavano a’ Turchi molti  danni.   La prima, e piò faraofa piazza che fi cl^gelTero gli Ufcocclii , co-  me piò opportuna a quelli loro furtivi alulti , fu quella di Clilfa ,  Fortezza polla fopra Spalatro, poco difcolla dalle antiche rovine di  Salona , in fito fortillimo , ove fi apre un fenticro flretto , e pel qua-  le foto fi cala dalle vicine montagne della Morlacca verfo il mare ;  ove portandoli diverfe mercanzie , chi è padrone del luogo ne cava  anche dazio importante. Era all’ora Signor di Clilfa Pietro Crofichio,  come feudatario della Corona di Ungheria, il quale, fidandoli nella  qualitb del fito , che pareva inefpugnabile , dava volentieri nccrto agli  Ufcocchi , giudicando incautamente di poter colf opra loro render piò  ficure le cole proprie , e forfè dilatare i confini , e arricchire di fpo-  glie . Ma gli fucccCfe tutto il contrario; perchè, prov9cati i Turchi  da’ continui danni , voltarono il penfiero alla efpugnazione di Clilfa  nell’anno 1537. al che forfè non avrebbero afpirato mai per la diffi-  coltb dell’ imprefa, fe il Crofichio fi folfe contentato di mantenere le  cofe fue lenza fluzzicare il verpajo, come fi dice : il efie può fervi-  re di avvenimento ad altri piccloU Signori, di non provocar l’ira del  maggiore, confidandofi , 0 in forze, o in appt^gio ^ altri Potentati;  per^è Umili fperanze rìelbono per ordinario fallui. Vedendo adunque  il Crofichio la rovina che gli veniva addoflb, fu af tempo d’invocare,  c ricevere gli ajuti di Papa Paolo 111 . e di Ferdinando Imperadore ,  co’ quali elfendofi pollo a dillruggere due forti che fi fabbricavano da’ne-  mici, a fine di llrignere Clilfa con alfedio lungo, fu con improvrifo af-  falto rotto da’Turchi, e uccifo; onde, mollrando la fua tella a’Clilfa-  ni, mifero unto Ipavcnto, che tollo rilolfero di arrenderfi , diffidandoli  di poterli piò mantenere.   Nell’ alfedio di Clilfa, che durò piò di un anno, occorfe un fatto me-  morabile, del quale non cifendo (lata fatta menzione da altri, non mi  è paruto fuor di propofito il riferirlo in quello luogo : pafiò egli dun-  que in quella maniera.   Nel campo di fuori fi trovava un Turco nominato Bagora , di na-  tura grande , e di forze tremende , il quale , come un nuovo Go-  lia, sfidava ogni giorno quei di dentro a fingolar batuglia, rimprove-  rando loro la viltb , e la chiufura della muraglia : arroflivano i Crillia-  Tomo !!• S z ni di    140 ’ STORIA   fii di vergogna; nu ritenuti forfè dalla prudenza del Capitano, e for«  fé anche da ragionevol timore, non ulcivano da* ripari : quando un gio-  vinetto, nominato Miloflb, il quale ferviva al Crofìchio di paggio, (t  fece innanzi al padrone, diman^ndo il combattimento contra Bagora :  ma riprefo come troppo audace , e dilugaule à tanto nemico , f^giun*  le ch’egli confidava in Dio di doverlo vincere.- c (c pur rimancfle per-  ditore, farebbe poco danno, c poco dilonore de’Criftiani, che un Tur-  co di tanto creato foire recato fupcriore ad un garzone : in fomma  queOo era (laro detto da Dio, come un nuovo David contra Golia,  a- domare la luperbU orgogliola di Bagora. Ufei egli adunque accom-  pagnato da divote orazioni dc’Fedeti CrifUani, c con un colpo di fei-  mitarra, che fu forlc il primo, tagliò netta una gamba al nemico; il  quale, f^ermatofi nondimeno falla colcia manca, tutto rabbiofo fi anda-  va girando con tanta furia, che l’ardito giovane, febben gli laltellava  intorno, per venire a fine della vittoria, non poteva però avvidnarfe-  gli per far alcun colpo; ma aveva che fare alTai a fchifar quelli dell*  infuriato nimico, il quale nemmeno con tanto empito, che, Icaniando-   10 il CrilUano coll’ agilità della perfona, non potè il Turco reggerfx lui-  la gamba tronca, o lulla lana, ma cadde boccone, c nel medeGmo  tempo gli cadde di mano la feimitarra; febben altri riferifeono che U  gittò via fpontaneameme, con dire a MilolTo, che lo feriva di lonta-  no con-fain, che non lo volciTè uccider come cane , ma come Uo-  mo di guerra; o ooù colf arma propria gli fu troncata la tefla , la  quale fu portata con allegre grida dentro a ClifTa; ma eirendoll ei-   11 poco dappoi perdura*, non potè eifer lunga Taltegrczza di cosi nobil  fatto.   Venuta* Cliilà> ia mano de' Turchi, rellò loro libero il pafTo, per fare  feorrerk in tutta la Dalmazia, e Croazia, lenza impedimento; e lì a-  jirirono il primo adito nel Contado di Zara , dfendofi loro io quei me-  defìmi gioni renduto anclic per tradimento Nadino, Camello importan-  re, poAo nel bellico del medefimo territorio di Zara: ma gli Ufcocchi  a^'anzati alla infelice battaglia lì ricovenron» tu Segna, Citch polla in  un'intimo rcccflb del icno Flanonico, oggi detto corrotumente Quarna-  To, o Carnaro, da’ monti di Gamia che l’inquietano con tempere con-  tinue, di rincontro allTlola di Veglia; giudicandola opportuna a’ difegni  loro, per; la fortezza del fìto naturale , ajutaio anche aìTai con'arteiper-  chè per la via di terra, rilpetto a’bolchi, c monti, non vi fi poteva  accoftarc cfcrcito, ne condurvi la cavalleria, non che le vettovaglie ,  o i arriglieria; e per mare non vi era porto capace , nè anche di poca  Armata; c il tenerfi fu quel canale era perìcolofo eziandio in mezzo al-  la State, pel vento di ^rea che vi lòffia fpelliflìmo, c che, per co-  mune opinione, (febben par favola il dirlo) li può concitare a voglia   Perciò gli Ufcocchi  tanto piò volentieri fi ridulTcro in quel ricetto , condotti anche con o-  norati liipendj militari dalfimperadore, perchè, eflendo ellt uomini fe-  roci, e ufi non folo a camminare, ma anche a correre con piedi fal-  di per bofehi, e per balze, pensò, mediante l’opera loro, di tener lon-  tani t Turchi da tutti quei confini, c far difabicare la Lica , e la Cor-  bavia, dalle quali Provincie foprallavano 1 piu vicini pericoli. Nè gli  riufe^ all'ora male il difegno, mentre gli Ulcocchì attefero con gaglia-  di ftratageromi, e con repentine lòrtite a battere il nimico: ma tolto  cominciarono a convertire le onorare imprefe militari in latrocini , e  rubbamenti de'Criltiani, onde fi rendettero odiofi a tutti i vicini. Li  medefìmo MilolTo, che fottoClilTa nell' ammazzamento di Bagora ave-  va acquifiato tanto onore, corrotto in Segna col mal’ ufo delle ingiu-  fle depredazioni , dappoiché era diventato Uomo di maravigliofa for-  tezza di corpo, contaminò la lua fama, e fìnt poi la vita in Zara con  un capefiro. Gli altri, valcndofi della comoditi del Mare, e de'recefll  fallaci, ne’ quali difficilmente potevano elTer feguiri, avevano introdotto  rcfercizio di alcune Barche vclociffime, colle quali coiteggiavano le  marine, e afficuravano le prede che facevano in terra da qualunque  improvvifa furia de’Turchi; coftumando di nafconderlc ne’cefpugli, c  anche di fommergerlc fotto l’acqua, per cavarle poi negli urgenti bi-  fogni. Colle medefime barche affairavano anche! Vaiceli! de’Mercanti,  o dentro i poni , o in altri luoghi opportuni con infidie notturne ;  profelfando però dapprincipio di non voler toccare nè le robe , nè le  pcrlonc dc’Crilliani, ma Iblo de’ Giudei, e de’Turchi; Icbben fpeflb  trattavano tutti ugualmente. Onde la navigazione veniva impedita, e  il commercio interrotto; c in Coftantinopoli fi facevano lamentazioni,  c minacce contra i Veneziani, come quelli, a’quali, per le condizioni^  della pace, toccava di tenere netto il golfo Adriatico, e libera la na-  vigazione per i Mercanti, e Sudditi Turchefehi,* onde Solimano fi la-'  feiava intendere liberamente di voler mandar l’Armata propria alla eftir-  pazione degli Ufcocchi, e afficurazione del Golfo; cfib nei capellri, e nelle catene.   In quelli tempi l’Ilole di Veglia, d’Arbc, di Pago, cogli Scogli di  ^ara patirono tanti danni, che ne fegui poco meno che la defolazione :  molte Ville fi abbandonarono, i greggi, c gli armenti, che erano nu-  merofi, fi dilpcricro; c le genri, per difperazione , ftavano per abban-  donar il paeie : quelli che erano atti alle arme, e alle fatiche, corfe-  ro tanto più prontamente ad alcrivcrfi fu le barche lunghe, che fino al  numero di trenta s'andavano armando dalia Repubblica, come piò at-  te d’ogni altro Valceilo a Icguitar i ladroni per li ftretti canali, e per  le Ipiaggie di poco fondo, colle quali ft veniva anche a metter gli U-  fcocchi in maggior, dilperazione, a’ quali in Segna non fi pagavano gli  ilipend) dalla Corte Cefarca; anzi di Ib proccuravaoo di addolTar qual-  che carico all’ Arciduca di Grata, per eflTcr Segna Frontiera particolare  de’ fuoi Stati, lébben apparteneza del Regno d’Ungheria : e dall’ altro  canto il pacle non dava comodità alcuna di agricoltura, o di altra in-  duftria; le Icorrcrie di terra rilucivano di molto pericolo, c di poco  frutto; c quelle di ntare, per le caule accennate , conducevano ben fpef-  fo alla forca, e non fempre alla preda: onde di pura rabbia gli Ulcoc-  chi, non potendo faziar la fame col cibo, la sfogavano col languc, e  colle uccifionì piene di crudeltà.   J)a tutte quelle infolenze degli Ufcocchi, oltra il danno che riceve-  v.ano i fudditi della ScrcnilTima Repubblica, e le continue lamentazio-  ni che portavano a Venezia elli, e 1 Mercanti che fpcflb erano fvali-  giati, venivano ad irriiarfi maggiormente (come fi è giU detto) i Tur-  chi- onde il gran Signore, c i Batà ne facevano in Collantinopoli con-  tinui rifentimcnii con protellazioni che , non provvedendovi la Repub-  blica, «fiì vi. provvederebbono da sè llcfli. I Veneziani all’ incontro,  procèdendo colla iblita loro propria ^denza, olt^ la iòllecitudine che  ufavano fempre maggiore di pcricguitar i ladri, e gafiigarli , facevano  anche continui uffizj colf Imperadore', che non tolleraffe né' fuoi Stati   una    Digitized by Googic     DEGLI USCOCCHI. 145   uni tana ingiufiizia; nè permctteOè contri quello che apparteneva al-  la dignità fui , e alla perpetua fama dell’ integrità della Cafa d'Au-  ftria , che ne gli Stati fuoi fi deOe ricetto ad Uomini fcelleratilfi-  mi , e a pubblici corfari congiungevano gli ufhzj a quello medefimo  fine i Papi , moOi parte dal pubblico fcrvizio della Crifiianità , e dal  peticolo di qualche guerra tra’ Principi fedeli ; vedendofi bene che  a lungo andare non avrebbono potuta i Veneziani dar faldi a tan-  ta ingiuria ; parte anche fpintì da' proprii intetelC loro , perchè nè  anche fi portava rifpetto a' Mercanti d’ Ancona , e di altre Città  della Marca , e della Romagna ; e veniva ad impedirli il commer-  zio , e il traffico con danno delle gabelle , e con rovina de’ Suddi-  ti , Le quali tagioni movevano anche i Re di Spagna a concorre-  re nel medeCmo defiderio , e nelle medefime illanze per quello  che pativano gli abiranti del Regno di Napoli , foliti a portar vi-  ni , grani , mandole , e altre preziofe merci a Venezia ; le quali  medefimamente erano mal licure dalla rapacità di quella canaglia :  oltra che il Re Rimava fua vergogna grande , che il mondo vedef-  fe elTer ricettati , e alTicurati nelli Suti di Cafa d'Audria i pubblj^  ci ladroni , oramai infami per le loro infolenze in tuta Europa, ?  luori d’ Europa.   Ma un’altro detrimento confiderabile moveva il Papa, come il Re  Cattolico , a defiderare che foflc melTo freno a tante rubberie,* per-  chè , impiegandoli le Galee Veneziane nella perfecuzione di quelli  ribaldi , non potevano elle a'tempi debiti ( come erano folite) feor-  rere U marine Pontificie, e Regie, per aflicurarle da’Cotfari, i qua-  li , fatti perciò più arditi, volavano ciafeun anno di Barbaria , e di  Grecia nella llagione delle Fiere , e ne riportavano fempre ricchif-  fime prede con numera grande di Schiavi, quafi a mano falva, non  potcndofi tener netti quei mari con altri Vafcclli , parte per non  elTere frequentati i porti ; parte anche per antico Dominio fempre  lafciato libero a’ Veneziani di tutto il Golfo ; fotto il qual nome fi  comptende quello fpazio di mare che fi rinchiude tra Otranto, e la  Vallona , feorrendo verfo Ponente fino a Venezia .   Tutte (quelle conliderazioni , e inierelli rapprefentati a Cefare con  anta autorità della Sede AppoRolica , e della Corona di Spagna ,  non facevano altro effetto , che di Ipeziofe promeffe , e apparente  indignazione , dichiarandofi di volervi provvedere in ogni modo; ma  nel fegreto li vedeva che a’ Minillri corrotti piaceva il diflurbo che  fi dava a’ Veneziani ; e forfè più la parte che loro perveniva -•  delle prede . Si mandarono però alcune volte a quello effetto Com-  nicffarj a Segna con ordine di regolare quella milizia , o mafnada  di ladroni ; fe n’ impiccò ul vola qualch’ uno , forfè de’ meno col-  pevoli ; fi reflituirono alcuni Vafcelli , e alcune merci di minor  prezzo ; fi diedero ordini divulgati al Capitano di Segna , di non  lafciar ufeire gli Ufeocchi per mare , e di non ricettarli dopo le  lubberie : dopo i quali rimedj fi procedeva per alcuni mefi con  qualche maggior modellia.- ma indi a poco, come ave llerò a rifar-  C del tempo perduto , fi faceva peggio , che prima . E febben , ar-  rivando i malandoni con qualche groffii preda, il Capitano, per mo-  firarfi efecutore degli ordini, tal volta usò di chiuder loro le porte in fac-  Tomo II, T eia, e     146 STORIA   eia, e di fparar anche loro ianiglieria contra, (ma fenza danno per&)  molìrando di non ammetterli , acciocché di tal Tua rifoluzione nati*  dafle ravvilo all’ Ifole Venete, e da quelle poi all’ armata, e a Ve-  nezia ; nondimeno di notte s' [introducevano gl' Uomini , e le prede/  la maggior parte delle quali era del Capitano > c i predatori ne  riportavano lode , e ciò che badava a trionfare colie loro famiglie  per alcuni pochi giorni ; dopo i quali conveniva trionfare alla bu-  Ica , o morire di fame ; perché tanto contribuivano i mefehini in  faziare l’ ingordigia del loro Capitano , e di qualche altro che co»  mandava al Capitano ; c in mantcnerfi i favori d' alcuni Miniftri  nella Corte Celarca , c dell’ Arciduca di Gratz, (che dovevano ef-  fer di quelli i quali , per mancamento di fede , fi curavano poco  delta Bolla in Cccna Domini , o d’ altre cenfure ) che picciola parte  ne rimaneva loro , come fi può argomentar facilmente dalia pover-  tà , e milcria colla quale fono fempre vifTuti ; né mai fi è intcTo  che alcuno fia divenuto ricco .■ anzi fi è fentito dir di un Ulcocco  vecchio , fìorpiato , che , dando lèmpre a giacere in Ietto dedituto  ^ ogni ajuto , confedava di efrerft ritrovato ne* fuoi d'i a tante pre-  ac , che le porzioni toccate a lui per certi conti tenuti cos'i di grof*.  fo pafiavano ottanta mila ducaci; nondimeno era miferabilc, e mendi-  co, cosi permettendo la divina eiudizia.   £ fu detto piu volte, che alcuni mercanti fvaligiati , efifendo ri-  corfi alle Corti Audriache, per lamcncarfi, c per ottenere qualche re-  integrazione de’ loro danni , avevano riconolciute intorno alle mogli  de’ principali Minidri i giojelli , c altre cole prcziolé tolte loro. Co-  si i Principi ottimi, e d’ imegriii, e giudizia incomparabile, vengo-  no fpelTo ingannaci da’ mali configli, abulando della bontk, c clemen-  za loro, con denigrazione » della* fama • c nel mondo fi celebra per  gran gloria della Cafa d’ AudrU , che , dominando gìH 300. c più  anni , cost lungo Impero , c cosi potenti Regni , abbia però rarif-  fime volte , o non mai gadigato per qualunque fallo minidro alcu-  no , o nella vita, o nella roba mal acquidata : ma forfè merita-  no maggior nome di prudenza quelli che , ficcome fono liberali nel  premialo i meritevoli , cosi gadigano .con feverii^ i mancatori : nè  farò alcuno che polTa biafimar Rodolfo Imperadore della ientenza che  fece contra Giorgio Popel , per nobiliò , c ricchezza tra' principali  Cavalieri di Boemia , fc furono vere le colpe fiie , privandolo della  libertò , e della facoltò : piò todo fi poteva dedderare che al mc-  defimo rigore arrivane la giudizia contra altri due minidri che ul-  timamente fi fcacciarono di Corte , i quali forfè predo alla Maedù  Cefarea furono autori di piu dannofi configli.' non fi è però anco  ra pubblicato , fe edì fieno veramente dati anche fomentatori de*  rubbimcnti degli Ulcocchi.* ma fc un giorno fi pubblicheranno i  procedi che s* intende eder fiati fatti da’ Generali Veneti , cavando  da diverfi cofiituti di rei condannati a morte t nomi de’ loro par>  ticolari fautori ; e con quali , e con quanti prclenti le li lenedcro  amici ; forfè fi feopriranBo cofe che daranno cagione di arroflire a  molli ; e apriranno maggior lume a’ Principi di conolcere le frau-  di colle quali è fiata per tanti anni tradita . la fama , e il fervi-  zio loro.   Con    Digilized by Googic     DEGLI USCOCCHI. 147   Con qncfti mezzi fi foftenevino adunque gli Ufcocchi ; e reftando fru-  ftatori tutti gl’ufliz; che fi facevano, per reprimere le loro infolenze ,  foddisfacendofi folo agl’ intereflati in parte con certe apparenti dimoftra-  zioni nel redo fi adducevano per ilcole l’ordinaria natura de’ confini,  che produce lempre uomini di mal’ affare; e che in quello di Segna,  tanto importante, che difendeva lunghe frontiere contra il Turco, non  fi potevano cos'l vedere tutte le cole per minuto, nè gaftigar con ri-  gor di giuftizia ogni misfatto, per non diftruggere gli Uommi forti,  Lceffari a quella difefa: fi allegava l’efempio de’Cofachi, i quali, abi-  tando alcune ifole forti, e inacceflibili del Borillene; effendo effi colle-  gati de’Pollachi, e Mofcoviti, e de’ Tartari, danneggiano per mare , e  ìtr terra fpezialmente le Citt'a, e i Vafcelli de Turchi; ne bafta dili-  «nza alcuna ad eftirparli: e lebben efft dipendono particolarmente da  Pollachi, e da quel Re fono loliti di ricevere il Capitano al quale ub-  bidifcono, nondimeno, quando da Coftantinopoli, o dalla T«taria Pre-  copenfe vengono querele delle depredazioni, e degli incendjloro, che  fanno affai fpeffo verfo Moncaftro, e l’altre marittime terre della Mol-  davia che fi tengono con prefidj dal gran Signore, e fono mercati ce-  lebri’ il Re di Pollonia luole Tempre Icufarfi, che non è in lua mano  di raffrenarli, dando nel rello buone fperanze, e parole.   I Colachi, per aggiungere quello, (poiché fiamo venuti in propcn-  to delle condizioni loro) abitano, come abbiamo detto di fopra, I ito-  le del Boriitene, che, febben’è fiume ncchiffimo d acqua, non fi navi-  ga però per effer rapidifiimo, e pieno di Icogli , e di falfi eminenti;  ma i Cofachi lo paffano parte con picciole barchette, o d’un fol legno  durilfimo Icavato, o di cuojo cotto, acciò, urtando impetuolamente ne-  gli fcogli, non fi Ipezzino; pane s’ajutano co ’l nuoto; neaqueUi, che  non fono ben pratici, è ficuro accollarfi alle loro tane, dove provvilli  che fono di vettovaglie, non temono furia, o potenza di qualunque  nemico- neirilole cullodilcono le mogli, e i figliuoli in mal compolle  capanne- e quando elfi efeono, lafciano lempre alla guardia qualche  pane della milizia. Sogliono effere intorno a 5000. combattenti in ere-  dito di tanta virtù militare, e di tanta giullizia nella dillribuzione del-  le prede che alcuni nobili Pollacchi hanno quella per buona Icuola ,  ove n’allevino i figliuoli loro nelle arti della militar difciplina . quelli  daMi Scrittori Pollacchi fono chiamati Niforj; perchè il Borillene, che  da’vicini popoli è chiamato Nieper, da efli è detto Nis ; e Niforj fi  nominano, come abitatori del Borirtene, effendo il nome de’ Cofachi m  Pollonia più generale , col quale intendono la cavalleria leggiera . Ora  i Cofachi o Nilotj, in tempo di guerra crelcono maravigliolamente di  numero, 'perchè molti s’accollano volentieri alle b^e loro, o per la  fama del loro valore militare, o per la fperanza della preda; onde fi  unifeono anche de’medefimi Sudditi Turchelchi, non lolo Moldavi, e  Vallachi, ma anche Tartari; delU qual nazione lono in gran parte  gli abitatori delle circonvicine riviere del mar maggiore, fpezialmente  di Orzunia, e di Balograd. . - ,, , . «   Ma tornando al nollro propofito, Cccome gl Impenah moftravano  coll’efempio de’ Cofachi che ne’ luoghi de’ confini era neceflario tollera-  re anche le genti rapaci , e predatrici ; e che efli coll opera degli  Ufcocchi difendevano queUe importantilfime frontiere, arte qu^, per  Tom. II. T a lafprez- ,    148 STORIA   lUfprezza de’ monti, niun’ altra Torta di gente farebbe ftau egualmente  jitta ; così promettevano nondimeno di azi ordine tale al Capitano di  &gna, che ptpibifle, e gaftigaflc quelli che danneggiaflTero > confini Ve-  neti, o in alerà modo deflero molelHa a’ Cridiani .* ma U Capitano (ì  fculava poi di non poterlo fare, per la tardanza, e pel mancamento  de gli fUpendj, fenza i quali era impolfibile trattener quei prefìdj, ne*  quali ordinariamente fi fpendevano venti mila Ducati all'anno; e niu-  no rilblfe di metter qualche fermo aflegnamento per quella poca fom-  ma, onde cenfalfero le querele, e le feufe: anzi quando l'Arciduca Car-  lo rìfiedeva in Gratz, e poi l’Arciduca Ferdinando, Tuo figliuolo, mof-  fi, o dagli interein de'loro Sudditi, o dall'onor della cafa d'Aullria, o  dalla propria cofeienza, (come fono itati quei Principi dotati dì una  ingoiar virtù, e zelo) facevano iflaoza alla Corte Cefarea che non fi  tplieraflero i latrocin) infami, e che fi mandafiero a tempo le paghe,  per levar quella feufa a' ladroni, e per metter loro il freno; fi nlpon-  deva che elfi, come più vicini, pìglUfTero la cura di pagar detti ih-  pendj, e poi regolalTero le cofe a modo loro.* ma gli Arciduchi fi Icu-  lavano, che Seg-na non era dello Stato loro, ma appartenenza del Re-  gno d'Ungheria; e che a quella Corona toccava la cura,* die elTi pe-  rò non potevano addofiarfi quella fpefa di più, avendo da guardar tan-  te altre Piazze centra il comun nemico. Con quelli trattaci, e con  quelli fviamenii s’andava prolungando il rimedio, che con onore non  fi poteva negare; ma, per altri rirpétti, non li penfava di applicare.   Sopportavano nondimeno i Veneziani con una prudente pazienza tan-  ti aggravi, e tanti pregiudizi, rifoluti di tentare ogni cola primacchè  venire ad una manilefla guerra, la quale abborrivano per tre cagioni.*  prima perchè vedevano che la rovina cafchercbbc Ibpra grinnoccnti Sud-  diti degli Arciduchi, alla maggior parte de’quali lapevano fermamente  difpiacerc le fcelleraggini degli Ulcocchi, ormai abl^miuaii da tutto il  mondo ; nè fi poteva andar contra Segna, che ì primi a fentire le mi-  ferie della guerra non folTcro i vicini Fiumani, quelli di Lovrana , e di  Novi, e altri non principali nella colpa. La lècoada caul'a, e più im-  portante, era, che, movendofì i Veneziani per mare contra di Segna,  i Turchi fi offerivano di movcrfi liibito per terra; nè clTi volevano in  quel modo aprire la porta a’ Turchi da penetrare nelle viteere d'Italia,  per non effer rei dinanzi a Dio, e nel colpetto degli Uomini, di aver  voluto vendicare le private ingiurie con damo uiiiverfale di tutta la  Crillianitk . Moveva gli Uomini prudentilTimi una terza ragione piti  profonda, fondata nel loro panicolar lervizio; perchè, elTendo loro ri-  mafie in Dalmazia, dopo l’ultima guerra de’ Turchi, le fole Citta ma-  rittime colle gengive di pochilfimi territori, dubitavano che i Turchi,  gih invaghiti della bellezza e fertilità del paele, non s’ annidalTcro con  villaggi, e palazzi fin fugU occhi delle lor Cittì»; con che i Sudditi fa-  rebbono fiati elclufì da tutto l’efercizio dell’ agricoltura, e le Cittù (à-  rebbono fiate fogeettc a continue infidie della gente di quella regione  barbara, prelTo alfa quale non viene fiimata ragione alcuna di pace, di  patti, o di leggi. Quefie furono adunque le confiderazioni, c le ragio-  ni, per le quali s’andò portando innanzi il negozio, e proccurando il  rimedio con pazienza, fenza prorompere in una aperta guerra; perchè  in fomroa fi defiderava di vedere moderate le feorrerie degli Ulcocchi,   ma non    Digitized by Googic    DEGLI USCOCCHI. 149   ma non di vedere t buoni eftinti ; e fì aveva riguardo di non facilita-  re la firada alle maggiori rovine d’ Italia , e della Criflianit^ ; nè It  veniva volentieri a partito di far patir a gl’ innocenti la pena de’ falli  altrui .* onde da’ Sommi Pontefici, che Capevano U fegreto, fu grande-  mente lodata la pieù, e la prudenza del Senato Veneto, colla quale ve>  niva anche moderato l’ardir di quelli che avevano Tarme in mano, e  reggevano Tarmata; i qu^li', fecondo la loro natura militare, i più im-  pazienti non potevano lòpportar tanti oltraggi .   Ma era necelTario che tanti peccati di gente ribalda, tanti faccheg-  giamenti, e ammazzamenti di poveri, tante lagrime di miferi affUcd  movelTero Tira delT eterno Dio, acciò, fé in terra andavano impuniti si  gran delitti, ne moflrafTe vendetta il Cielo.* onde venne in penfieroad  AfOm Bafsh della Bellina, regno che confina colla Dalmazia , di np>  prefentare alla Porta le molefiie, i danni, e le rovine continue che pa-  tivano i Sudditi del Gran Signore da quello poco numero di ladroni; e  che con grandifilma indegnità d’un si grande Imperio, e di una tal po-  tenza era il tollerarlo : che egli, fé gli foflfe data autorità, colle forze  del fuo governo avrebbe non folo dillrutti gli Ufcocchi, ma allargati i  confini per le reliquie del r^no diCrovazia, e de’ vicini Stati Aullrìaci  fino a Segna, e piò innanzi folto i felici aufpicj Ottomani . Era Af-  fan per vigore di corpo, e prudenza d’animo affai inclinato alTarte del-  la guerra; nè contento degli onori, a’ quali da debole principio cosi ol-  irà il corfo di mondana profperic^ era arrivato, che afpirava di farli  flrada celle fatiche militari a primi gradi di quel barbaro Imperio: pe-  rò difcorlè del negozio in maniera, che eli fu facile il periuaderlo al-  la Porta, ove fi defiderava grandemente di galligare la temerità degli  Ufcocchi, ed erano inalpriti gli animi dalle continue lamentazioni de'  Sudditi, i quali deferivevano in modo la crudeltà dc’iadroni, ei flrazj  che pativano i fchiavi i quali capitavano in mano loro, che ormai fi-  no in Cbllantinopoli , e nelle vicine provincie Europee , quando fi vo-  leva pregare ad alcuno che non cadeffe in cllrema mileria , fe gli di-  ceva cosi.* Dìo ti guardi dalle mani de’Segnani. Però furono volentie-  ri afcoltaci dai gran Signore, e da i Bafsh i configli, e le proferte di  Afian; onde gli fu data commilfione, che rómpelTe la guerra, la quale  per tal caufa cominciofii Tanno 15572. e durò fino a quello del 1602,  con variati luccelTi, ne’quali hanno avute continue occafioni i Crifiiani  di riconofeere la particolare protezione dell’onnipotente Dìo, il quale,  febben mollrò dapprincipio di volerli gallìgare, non ha però permeiTo  che fin ora fieno affatto caipcflaii da’ nemici del fuo tanto Nome.   £ quantunque ad Affan vcniiì'cro profperi i principj della guerra, poi-  ché lenza molta difiicoltH s’impadronì di Sifacn, eBichiach, quefio fui  fiume Una, e l'altro sò la Cupa, come oggidì lo nominano i paeiani;  ambi luoghi opportuni a’fuoi difegni, a’ quali fi credea poterli dilficil-  menre far conveniente refiflcnza colle forze dell’Ungheria, che s’ erano  debilitate , per eflerfi colla fperanza della lunga guerra che avevano  avuta i Turchi in Perfia diimelTo nel regno Tufo dell' arme ; ed erano  annichilati i prelidj di cavalleria, e di Isteria, che per djfela delle  frontiere fi folevano ne’ confini mamene;*e nuracrofiinmì colle contribu-  zioni dclT Imperio; le quali, parendo che gih ceiralfero ì pericoli, fi coo-  vertivano in alui ufi.    Ma    /    150 STORIA   Ma quando cominciò la guerra, fi accofTcro tutti quanto farebbe Ila*  to utUe l’aver in tal occafione alla mano un corpo di milizia tale , ve^  terana, ed cfercitata; c fi vedeva che lalpctcar foccorfo da’Principi dell*  Imperio, o da altri Potentati più lontani, era colà lontana, e incerta;  ORoc fi temeva ragionevolmente che non andafie la Crovazia, e TUn-  ghcrìa tutta in poter del nimico t però fi maledicevano UÌcocchi,e  fi (kfiinavano loro gli ultimi lupplizj, come ad Uomini icelleraiiffimi,  c autori di tutte le rovine. Ma ne’ maggiori mancamenti di forze, c  di configli, volle la divina miiericordia loccorere i Crifiiani in modo,  che tutti conofeefiero efler ugualmente facile a lei il vincer con pochi,  o con molti: perchè, circndofi l'anno leguente condotto Afian collcfcr-  cito vittoriofo, c invigorito da i profperi luccefiì, vcrioSifach, c paf-  fata la Cupa con dilegno di calate poi verfo il fiume ,^e per quella via  farli la lirada alia prcla di Segna, c all’ertirpazione degli Ulcoccht, e  ad altri più valli progrefii, fu Icopcrto da alcune compagnie di cavai*  li, che*^ fi erano meflc infiemc de’ vicini prefidj Audriaci, con fine d’of-  fervare gli andamenti del nemico, c di fargli alcun contrado in qual-  che anguilia dc’paffi, o d' impedirgli le vettovaglie, più tofto che di  far teda, e di combattere a bandiere fpiegate in tanta dtiugiiaglianza  di numero, efiendo i Turchi più dÌ40ooo., e iCrilliani intorno 4000.  ma edendo quelli tnafpettatamciue avvicinati alla Cupa, e avuto l’av-  vilo che il nemico giù cominciava a paiTare, fi leniirono infiammare da  un’inlolito ardore, che fi vide poi cnere miracolofo dono del Cielo;  perchè , ove alla prima nuova della vicinanza deli’cfcrcito Turchefeo ,  tutti gli animi fi vedevano volti alla fuga con dubbio che nè anche  quella fervide allo Icampo; ad una loia parola pronunziata dal Capi-  tano , che meglio era combattere con quella parte che era giù paca-  ta il ponte, e che le ne poteva Ipcrare qualche gloriofa vittoria, il  gridar di tutti, che fi vciiilfe alla battaglia, e il marciare in dretea or-  dinanza arditamente contra il nemico. Tu tutto uno; ove T affalto im-  provvilo miie a’ Turchi tanto tpavenco, che, lenza far un colpo di lan-  cia, o d’archibufo, fi mifero m una dilperata fuga : c perchè giù era-  no padati quali tutti per un pome non molto largo, (edendo il fiume  crclciuto d'acque, che non fi lalciava gu^zare ) pei medelimo ponte  conveniva ritomariene; il qual non era capace dì più di due cavalli al  paro; e perniile Dio, per maggior dragc de’ nemici del Tuo l'auto Nome,  che nel mezzo del ponte cadellè un cavallo ferito, che chiule il padb  a gli altri; nè riirovandofi in tanta fretta chi fi pigliad'e cura di farlo  rilevare, o di farlo cader nel fiume, fu cagione della morte di molti.*  perchè inanimiti dalla jnalpetraia fdicitù, attendevano co-   archibufi, e colle Ipade a farne drage; onde i Turchi fi i>ittavano  prccipirofamente nel fiume. Le rive erano alte; l’acqua groda; il tu-  multo grande; la mano di Dio Idegnata; onde di tanto numero po-  chidlmi fi lalvarono; poohì morirono di ferite rìlpctto a quelli che fi an-  negarono; fi penderono ìt bagaglio tutte, e i cavalli; rimale morto, tra  gli altri, Adùn con un fuo Iraicllo; c i Cridiani, allegri d* una si me-  morabile vittoria fcAza pur una minima perdita, carichi di preda, ricu-  perarono indi a poco Silach, c cominciarono fperar meglio di tutta la  guerra, la quale ha portato in quedo fpazio di dieci anni varj avveni-  menti certo , mù nondimeno uli , che ciafeuno è tenuto di confelftre ,   edeili    Digilized by Google     DEGLI USCOCCHI. 151.   «iTer(I manifeftamente fcoperti fegni evidenti della protezione deironoipo-  lente Dio verfo i Crìdiani, perchè fono date efpugnatc le Cità xeaii,  rotti gli efercìti formati, meifo in fuga il proprio gran Signore : nò fi può  che nella pre-  là di Cliffa confifleffe la diffruzione de’Turchi; nè credevano altro, fé  non che il Papa foffe per pigliarla per sè, e per quella via mandar efercitt  Crifliant nella Boffina, e far follevare tutte le Provincie con fperanza di li-  berti: ma i difegni del Papa erano quelli che fono llaii accenn.ui di fopra;  nè fi giudicava conveniente fcoprìrli per fola Cliffa; nè meno il manìfeflare  a gente mal cauta la caufa della tardanza .però s’andavano trattenendo, con  induUria afcoltando in tanto le pretenfioni eforbicanti colle quali ogni  giorno fi facevano innanzi/ e l'Arcidiacono di Spalatro , fratello di Giovan-  ni Alberti, diceva che la nazione Schiavona non voleva mettere mano in  quella faccenda, fe non fi faceva un Cardinale della lua lingua ; e penfava  che doveffe toccar a lui , o ad un Aio fratello Dottore . Era anche venuto  per quello effetto Gaudenzio Canonico; ma più importuno de gli altri era  il Cavalier Bertucci, uomo arrogante, e di pochiffima levatura, il quale  dimandava il governo perpetuo di Cliffa con groffi Hìpendj; e già fi fa-  ceva padrone lolo del negozio; parendogli di meritar molto, (ebbene ne  aveva pochiflima parte, perchè nè a lui, nè a gli altri fi rivelava il fegre-  tò; ma le generalità del trattato erano in bocca, per la poca avvertenza di  coloro, di tutti i Dalmatini che fi trovavano in Roma; onde pareva im-  pQfiìbile che non ne arrivaffe il fentore a'Turchi; e che non faceffero le de-  bite provvifioni per afllcurar la Piazza.   Tutta quella gente negoziava col Segretario Minuzio; il quale, men-  tre afpetrava la maturità degli altri più importanti difegni, loffriva que-  lle impertinenze al meglio che poteva.* ma infallidito dalie contìnue mo-  Icllie del Cavalier Bertucci, come egli era tenuto per natura, per la  moltitudine delle occupazioni, e per la poca laniià, collerico, e impa-  ziente, fe lo levò dinanzi, accufandolo di prefuniuofo, e dicendogli che  forte il governo di Cliffa fi darebbe ad uomo di più merito di uii ., c  che non conveniva innanzi tempo pattuire della pelle deU’Orfo non an-  cor prefo . Il Bertucci, il cui camino s’empiva di fumo con poco fuo-  co, fi voltò fubito verfo il Barone diNorad, all’ora Ambafciadorc dell*  Imperadore in Roma, e gli efpofe tutto l’ordine della trattazione, mo-  tirando che ella era già matura; ma che il Minuzio, come fuddito del-  la Repubblica di Venezia, la impediva co’fuoi configli. L'Ambafciado-  re fenz altro predò fede a quello gli fi diceva ; matfime che , per al-  tre cagioni, era fofpetta a gli Imperiali la perfona del Minuzio, cosà  per effer egli nato fuddito de’ Veneziani , come per effer dipendente  da' Duchi ai Baviera, tra i quali, e la Cafa d'Auflria correvano all'  ora alcuni difpareri ; onde egli abbracciò il negozio , e fubito fup-  plicò il Papa, che fi conccntaffe di lafciar andar il Bertucci alla Cor-  te Cefarea , e che 1' imprelà di ClUIà fi tentaffe a nome di fua  Tome if. V Maeflà:     ,54 STORIA   .* il che non fii diflidle da ottenere, eifendo ormai infìilìidict  fua, Beatitudine della prefunzione del Bertucci, e delle impertinenze  di altri partecipi di quel maneggio.   , Il Segretario Minuzio, quando vide dalla pazzia d un'Uomo impedir*  fi U pubblico fervizio, e i concerti ben ordinati, cercò di divertire il  mal configiio; e trattandone con Tua Santità^ fi sforzò di perfuadere che  fi defie il Bertucci al Commendator Pucci, Generale delle galee Ponti*  ficie, il quale all'ora fi trovava in Roma, acciò lo cufiodifie lopra la  ^alea, ove non potefie metter lòtto fopra materia di tanta importanza : tut*  to fu indarno, perchè, follecitando TÀmbafciadore da una banda, e il Ber*  tucci daH’altra, egli fu Tpediio fegretanaence in fretu verfo la Corte ; nè  fi perde tempo, che indi a poco fu forprela Clifia in nome di Cefare, fen*  za aver prima penfato al modo di provvederla di vecovaglie, e di munir-  la contrale forze Turchefche. Vi entrò dentro Giovanni Alberti, fecon*   Qiiello fucceflb di Clifia elaccrbò gli animi de gli Aullriaci, e de’lo-   ro Miniliri contra j Veneziani, verlò i qualli non parevano nè anche ben  difpolli, parte per grinierclfi de’ confini, e per lunghi contraili frù dt loro;  parte ancora per la mala inclinazione naturale che , portano i Principi  alle Repubbliche ; ora pareva loro che i Veneziani avrebbono potuto  provvedere CUllà di vettovaglie, o chiuder gli occhi, mentre i ludditi   loro ,    Digilized by Google      DEGLI USCOCCHI. 155   loro, affezionati alla cauta, le provvedevano; ma chi fi trovava fuor  d'interelfe, ben vedeva, fc era pofiibile farlo: oltracchè , la vicinanza  degli Ufcocchi farebbe fiata loro incomparibilmcme più molefia, e pià  travagliofa di quella de’Turchi, co quali in tempo di pace fi vivequie*  tamente con libero commerzio.   Nel medefimo tempo, per la ifteffa cauta, crebbe anche la rabbia*,  e il numero degli Ulcocchi : la rabbia, per la tagliata ricevuta folto  ClifTa, e per non eficre fiati favoriti, come forte pareva loro di meri-  tare, da’ Veneziani : il numero, perchè i fudditi Turchetchi che ave-  vano avuto mano nel trattato, alcuni de’ quali erano propriamente di  Clifla, altri di Polizza, temendo di gaftigo, fc ne fuggirono a Segna:  il che fecero ancora non pochi fudditi della Repubblica, che imprudente-  mente fi erano ingeriti in quel negozio , e dubitavano però de’ cafi lo-  ro. Le quali faccende la Veneta prudenza non giudicò però doverfi an-  dar più Ibttilmentc inveftigando, per non moltiplicar diffidenza, e dif-  pcrazioni, e non aumentar di vantaggio il feguito agli Ufcocchi, i qua-  li, dopo quefii avvenimenti, parte per isfogar Tedio conceputo, parte  per certa opinione di far cofa grata a’ loro Superiori, da’ quali forfè an-  che venivano infiigati, fenza alcun riguardo fi diedero a danneggiare i  fudditi Veneziani, Ivaligiando i Vafcelli de’proprj Dalmatinì , ove non  poteva effer pretefto dei Turchi, o dei Giudei; levando dall’ Itole gli  ammali, i vini, e ciò che vi era, e ammazzando anche gli uomini per  qualunque minima refifienza, per caprìccio: onde fi vedeva che avreb-  iMno in breve dilolata la Dalmazia rutta, fe fi differivano le neceffa-  ric provvitioni , la cura delle quali fu comn^effa in Venezia ad Ermolao  Ticpolo con titolo di provveditor Generale, e con libera podefi^.   Il Tiepolo fino da fanciullo sera efercitato fui mare, e aveva in di-  verfi carichi fatte cote maravigtìote contra Cortari, ed era grandemen-  te temuto dagli Ufcocchi, perche era folito di fame irremiffibilmente  impiccare quanti gli nc capitavano in mano; onde fi giudicava che fof-  le ora per far molto peggio. Si tapeva in oltre che era di parere che  fi dovelfcro aflalire con aperta guerra i nidi de’ malandrini , e difirug-  gerli con ferro, e fuoco, c ne aveva dato principio, battendo Scriffa,  terriccivola che gli Auftrfaci chiamavano Carlo Iwgo, porta fui canale  della Morlaca, dirimpetto all’ Itola di Pago, la quale poiché ebbe pre-  fa a furia di artiglieria, fece lubito impiccare quanti nè trovò dentro,  cominciando dal Capitano, e Luogotenente con venti altri di quella  ftirpe; e moftrava di dover feguitar nell’ ifteffa maniera in tutti i ri-  cetti de’mafnadieri, fe dalla Repubblica non folfcro fiate temperate le  ritoluzloni fue troppo ardenti, la qual era moda, dalle ragioni toccate  di fopra a non correre ancora , tirata dalla neceffitli, in una manife-  jla guerra: ma ora aveva una confiderazione di più, che, effendo gi^  acccla la guerra tt\ T Imperadorc , e il Turco , non pareva convc^  nire alla pietk, e prudenza della Repubblica, fe aveffe nel medefimo  tempo moffe le armi contra la cafa d’Aufiria; la quale fe in tanto foffe  fiata afirecta da altri rifpetti, come grandemente fi temeva, di con-  chiuder la pace co’Turchi, eziandio con patti difavvantaggiofì, la colpa ne  farebbe fiata rovefeiata tutta fopra i Veneziani ; onde efll prudentifiima-  mente fi aftenevano dalTapcrta guerra, febbene le fpcte, e le forze erano  tali , che avrebbono potuto bafiare a farla , mentre i più prudenti volevano  Tonu //, V 2 pur    Digilized by Google     1^6 STORIA   por vedere fe la dilìruzione dt Scrifla pofefta ballare a metter pende'  fo kd altri d’ovviare a maggiori pericoli; al che adoperava Papa Cle*  mente tutta T autorità de' Tuoi configli; c vi s'impiegava anche il Rè  Cattolico per zelo di giulhzia, e per riputazione della Tua cafa. Ma men-  tre che i Minillri di Tua Samitk cosi prafifo a Celare > come prelTo agli  Arciduchi accufavano le rapine, ed i misfatti degli Ufccochi, efTì, per  difcotparfi in qualche parte, avevano mandato a Roma il Padre Cipria-  no Guidi, Lucchefe, deU'Ordine di S. Domenico, uomo di qualche dot-  trina, ma di più audacia, di molle ciancie, e di gran vaniti, il qua-  le e in voce, e con lunghe fcritture pretendeva di giudificar nel Mon-  do le azioni degli Ulcocchi, efaltandoli come tanti Maccabei, e actrì-  .buendo loro la falute d'Italia, è la difefa di quei conhni .* diceva che  le depredazioni dc’Vafcelli di Levante erano idituite per zelo della fe-  de, Up  meme in «iw.fan»di ladaa fawodo upuione, efapata»   vano aaiaanafi l'im falò», ni aliai potevano avanzare alcim di b>M.  qnelb ara la fada na’p n bW ir i maneggi, c Belle aaminillcaaiaat del pafa  biKO danaro.- ad ok» owlbaRino tempre ebe pili ia^rafie laro l’uiil»  dei^ Patria, che le paiefte comodià; e tàiltir vera la doiniaa di IVh  cidide, efie era magli» efiàr poveao Cictadiae in rioca Repubblica, eh»  rioco Ctnadino i» paàeca Rcpubblica^Médema» gnelli mediocri làaa)-  tb, baftami però a fafiamaM onoramaeme le Ifato cndkario da gU An-  tca»ei/ e cen «jnelle vivevano modaniamete, fanza aadar con ^ aa>  fiatb ocrcaad» quegli avanzamenti di factuaa che ia qaeftì u lt i mi Ma»  pi hanno rnarinnitn pah n dafiderarfi in Venezia , per eflére erdeàna  pib il lafln', e la pampa aaaoa i lodevolil&iiii coftarai de gli An-  tiche.   Oia non patendo, per altre ocanaaaiatil, sbrigaifi à «aA» li ■»»»»  da Vnnezia,-ad cftD^ d ai m a n di Bembo dalte-fae iadi%ofaiaai a ■-  totaarvi fubiaa, fa per deetea» .dal 9bnaa» eommAà ia ttam tuo* 1»  cute dèi nagazio ad Anma i o Gii iftin iaaa, Cavaliere, C a p i ta a o dalM*  fo, che, dopo eflèrC pebaatfo di iepa anni eootiau» eletcicaia oaaa».  lamcat» in diverfi «pNcfci maaMmi falle Galea, fa aa taraava allBP»-  tra eoa gialia Iptt ml aa di maggiati aneti. U ^ftiaiajro era gbviaa^  e nvMNio vaduie fn dbaa le pih canuta talk fona agella faerigMìCaao  nagaaio degli Ufooaahà, pcoo atl av a .eaa aaolm ai r aalp ea ioae, ma aon ima  inifafa- ddigenaa» latpmlagli letvt pai coahere fapta l' Itoli di Ikav»  niM*,'pregtnlifa«atc dd  bada,, iaeiaat al numero di t^, pofia ia hmgo pabhiioa, diadan gmm  daime iMtiaceU a gli oocbi. di gidlli ebe taaaivana ogai giafaoir t*a  vidi delle nefande opemzieai di qalblU mala gente nd iè ri 1 11 É mm  tTavarna vedute in thrt tempi mma in una \ml(»r‘ onde ibtmata ‘dal  Ghifiiniano veniva ia Venenia alnaw fa|>ta le IbcHe; e parmra abdfa  Ibn Wioiib poteflè pnrmr anche gunkbe iMg^ bene, pafcbb‘b>ga4  gfarni a' era aperta la (bada a% nranaaiooe d’aaaomodanmmo di tuoa  il negotio. -   Perebi, avendo i’Aicivtfoovo di Zara ptapofti ab Papa dhreti! modi  di Ttrminaelov ^ Santnb.gli c o m m dt chce’abaceaflà oel VdcBvadbSa.  gna ' che faa loro vedifaio dt i nri ma pn are H mgnaioa qnalcha via di«oi>  Sellane, per poterla praporte a gTfamc eff aii aa« nRipn fandaaiadco.  n Vcleovo di Segaa àMitai» daU'Areivetehvo pw n Zatay 1 fii fora fi  maaciD dirwle coafarnuc per plbigforni, la gadfLdI maao in maao fi  eomumeavano al fopeaddetto Gin fii aiana. Per nadir la facili* della fa»  faba y- M fiaa 4 delibati eba II IMòafa anddfc afa Ora di 4fcua,  «‘ dì'dPtaga, per panar di fa gaalahe «onuneCaM famm iella rtffai  xieac di'partiti, fafamma de’-gadi tra» che ipMHa amltitadiat # aa-  afan rapaai non fi dfafadfe tataa-mMa in fiagna, aia fa maggia»-]*».  « fi omiddaefie a gaaidia.fa mrnf e -^aal».pacevaaa afiàe pifi alili *1.  U fifiefa de’ coafiai , a amna atfa afle ■eabbama fi an fama  da emgofa XbtI. par bene de’tlbagulei , i oaif il gnale ricusH 4’andarvi, # fg privato deibilttpcudio: per kicbe  lùarrtò a Segua, ove viveva luetavb, «a meidiiinos e carico di. iigli-  ualà, fcnia credito, e mezzo fcenip. di ccVvella,   Ma tornando ah ptopofiio noAio, à Vaibovo di Sogna , arrivato aGratz,  tiDvò in quella Com agni cofa beo ddpoAa, e unedbecra incUnazione all'  acoooodamenro,' perchè il Priocipe, ottinio, t gioMfimo, era modo aon  lob dalla -diminnzioac delb proprie gabelb, a dal pctimemo de'ludditi,  w gl'interrotti con f erai, e per rimpedna vettovagUa; ma moim più  palla prapiia caicicnta, e dall' intcìelb datb ripotaziasie della Cala d'Au-  . liru, che, onorata nel mondo per «ami imperadori, e tanti Re, veni-   va ora htad'xtia di fi>mentare nc'&ioi Stati pubblici Itdroat, crudalUi-  aw, miai imbranati di langtie Criiinno : ma perghi aon dipendeva rac-  comodamento daU' AicidiKa, il Vebovo 111 canfigliaio da lui di trasfe-  rirli olla Corte Celareai c lìi aecoorpagna» a quaU'sBciio con lettere a  ' peopolito. Ma in Praga la dtfiicolih ota'era all'ora di veder la bccia delllm-  poradofc, eoo che di negoziare Icco, c il mal animo d'alcuni principali Mi-  nifiri, i quali godevano di vedere cos'l travagliala la Repubblica di Venezia,  o' perchè avevano altra canb di bvorir le rapine degli Ulcocchi , fece  perdere il tempo al Vcliavo, chi noe ne e^rh, le non buone parale ,  c dilcoifi di rmieiici tutta lo biKenda. oli' Arcidnea .   In tanto era nllr‘"T'‘‘ Venezia il Genezal Uooato, e datb una occhia-  la al pacb y coniidefamfa i ptlTi per. h quali gli Ulcocchi potevano ufeire  dal-Caneb di Segnlbforrerc pop I» IMmatia, riloile con pruden;ifli«no  «anfiglÌÉ di cisiuderne con Foni oppartnni, e muniii dt geme, e di oriiglie-  rin, l'tmqnell'Udla «NVeglb el canafeiefelb MorUgea, ove è  I «panguAa hoese ,.per la quale erano tolih-gli Ufeooahi di patfaroìèrequcMe-   benu. Qnelli Rccoam erano t più coowdi pofli a chi voleva ulcira, ed ea-  iatie.&nmmcnce,-«aai erano piu Acili a temi* per l'anguOia del fieove  fehhene rimanevano o'hdrooi alcune altre pocboutcMc kherc, nopdimt-  no, quandafi davo fero b caccio nei ritomoy .-      D    DEGLI USCOCCHI. 163   grantliflinio rifchio : però fi vide daircffetco che quel pmdentiflimo con.  figlio mife i ribaldi in efirema difpcrazionc, malTimc che col primo forte  di S. Marco s’impedì a’Segnani il commerzio di Fiume, donde erano fo.  liti cavare le vettovaglie, e provvederfi de gli altri bifogni : con che fi  può dire che fi toglicirero loro gli alimenti; però fi riduflero tofio all’e.  flrcma necediih di tut^c le cote.* e come un'impecuofo torrente, a cui fia  pollo innanzi un gagliardo riparo, è forza che sbocchi colla fua furia  in altra parte; così cofioro, (limolati dalla fame, ne potendo più ufeire  per mare fenza manifeilo jsericolo; vedendo che quanti di loro veniva-  no alle mani a' Veneziani ( c ne venivano molti ) tutti s’ impiccavano  verfo i confini de' Turchi; (dfendo giìt, come fi è detto, dilettata la  Licca, e Ja Corbavia) non rcllando loro ipcranza, fc non di mii'eric ,  e diffìciiilTime prede, fi voltarono temerariamente, e rabbiofillìmameme  (non mirando quanto importava tirar una nuova guerra addoflb alla Ca-  ia d’Auilria, come ?rano fiati foli autori deli’ altra co’Turchi ) fopra  rifiria, e con terrore dì manifefia guerra, non che di rubberic, e lac-  comani, entrarono ne'iuoghi murati, e anifièro fiendardi imperiali; iac-  cheggiarono le terre, c le Caftclla, c fecero fino de’ prigioni ; onde fu  ammirata la difcrczione, c fapien za Veneta, di iaper divorar oltraggi ta-  li, e non venire, per le cagioni narrate di fopra, a manifefia rottura.,  Provvide ella bensì con fubtti foccorfi alla ficurezza de'fuoi fuddici, in-  viando quel numero di cavalli, e fanti che pareva necclTario al bifogno.*  il governo della qual gente, e di tutto il maneggio deli'imprefa fu dato  a Francefeo Cornare, Gentiluomo giovine, ma che nel carico di Prov-  veditor della Cavalleria di Dalmazia aveva dati legni chiari di maturo giu-  dizio, e di una incorrotta fede nel negozio de' danari pubblici*, le quali  virtù l’avevano fenduto maravigliofamcnce grato al General Donato, il  quale lo predicava con continue lodi, ovunque occorreva : c inficmc colia  commelfionc di provvedere alla ficurezza delie terre dell’ Ififia , e di quei,  popoli, gli fu dato il comando di non afialtar però i luoghi dcU’Arciduca iu  s^uei confine, ma di gafitgar i malfattori, di vendicar ringiiirie, c di ri-  farcire i danni, 0 pubblici, o privati a mifura colma: Il che egli andò  efeguendo con tanta vigilanza, c con sì accorta maniera, che, feJgU  Ulcocchi trionfavano di qualche preda, tofio ne piangevano i fudditi Arci-  ducali, c maledicevano chi n’era caufa*, accorgendofi dì dover in breve  (fe non fi accelerava il rimedio) rimaner tutti diftrutti; perchè non in-  dovinavano che Tarmi Venete s'aveflcro fempre ad adoperare con quel-  la rilcrva, e quella dilcrczione la quale negli fieUì lagrimofi danni ve-  niva lodata, c ammirata da chi non s’internava neli’iiìternc caule d’im  tal procedere. Quelle faccende fi maneggiavano in Ifiria col configlioj  e coir autoriih del Capitano di Ralpo , ch’era ^rnardo Contarini ,  Sonator gravifilroo d’anni, e di prudenza, folendofi dar quel carico,  benché di luogo piccolo, ad uomini tali , e benemeriti della Repub-  blica , alfine di rilàrcirli delle fpefe fatte in fervizto della Patria coll'  utile importante che fe ne cava*, onde s’ era trovato nei medefimo  Magiftraro il Ticpolo, quando egli fu creato Generale contra gli Uf-  cocchi: ma il Contarmi, alla fomma degli affari,^ e delle fatiche mon  potendo refificre Perù fua, che palTava giù 80. anni, chiamò Giulio,  luo figliuolo, che ne lo follevalfe in qualche parte; il quale, elTcndo  d’ ottimo giudizio , e molto rifoluto ne gl’ importantidìmi negozj ,  Tpjw* il X a c con-    i 64 storia   f congiunrifTiino in amore col Cornaro, ebbe la mira Tempre a portar  (juella nuova, e infolita forma di guerra a quei fini che lono flati de-  Icritti con maniera molto accorra, e lodata.   Ora mentre che in Iflria cos^ s'andavano bilanciando le cofe , c fì  temeva che non riufcilTcro finalmente in una manifcfla guerra, il Do-  nato aveva gili fatto Taccheggiar da' Tuoi l'oldati la Terriciuola di Lou-  rana, non lontana da Fiume, con maniera tale, che ben fi vedeva ef-  fer lua intenzione, piuttollo di pizzicare, che di ferire, a finche altri  fi rilvcgliaflcro al rimedio, c dopo aver con diligenza finiti i due forti  fuddetti, e dopo averli provveduti cos^ di milizia, come d’ogni altra  cofa necelTaria, e vedendo andar a lungo raccomodamento, il quale tut-  tavia fi trattava, aveva in animo di palTar ^ qualche maggiore progreffo.  Nondimeno il Papa, il quale aveva per quello accomodamento già mol-  ti mefi 'contuinui in Corte CeTarca Flaminio Delfino, che non cavava  rifoluzione alcuna, bens'i Tempre fperanze buone, e promefTe , fui  fondamento di quelle continuava a pregare i Veneziani a procedere co’  foliii riguardi, lenza venire a guerra aperta, con rutto che parelTe lo-  ro grave la fpda, c ormai foflcro infafliditi dalle lunghe, c vane fpc-  ranze; poiché efTì confumavano teforo tale, che avrebbe potuto balla-  re per una giufta guerra, ove almeno avrebbono potuto pretendere non  folo di render danno per danno, ma di ridorarfi con qualche acquido  dc’gravi patimenti. Ma elTendofi in qiieda congiuntura accampato l’c-  fercito Ottomano guidato da Abram Bals^, Cognato del gran Signore,  fotto CanilTa, Piazza non lontana dalle Frontiere della Crovazia, e dell*  Idria, parve piucchè mai necelTaria la pazienza, acciocché, fuccedendo  qualche finidro accidente, il Mondo non nc dede la colpa alla Repub-  blica, che avede in tempo d’un tanto bifogno tenute occupate altrove  le forze Aullriache; onde non farebbe mancato chi 1' avede calunniata  d’hueiligenza co’ Turchi. Per quedo il Donato attefe a regolar le mi-  lizie, ordinandole in modo, che un numero minore potedè predar il  medefimo fervizio, e cosi fi diminuiffero Icfpcfc. Erano neH'armata di-  ftribuite parte lopra le Galee, parte fopra le barche lunghe quattro di-  vcrle nazioni, unte valorole, c acccfc di una onorata emulazione di  virtù, Italiani, Cord, Dalmatini, e Albancfi, co’quali era opinione dì  molti Capitani pratici, che s’avrebbe potuto tentare, c condurre a fi-  ne ogni ardua imprcià; madimc comandando loro il Donato, che era  mirabilmente ubbidito da tutti, perchè, oltracchè li pagava a’tempi de-  biti di moneta con vantaggio, ufava di trattenere i Capitani di tutte  le dette nazioni, coridlemente ammettendoli di continuo alla fua tavo-  la, nella quale, febbene non voleva il ludo, biafimato in quelle d’al-  tri, fi vedeva però un’ordinaria fplendidczza; c Tcbbene nel volto, e  nelle parole lue fi feorgeva natura inclinata anzi a fcvcric^, che a pia-  cevolcza, nondimeno fapeva temperarla in modo, che riufeiva grato z  tutti.* ma principalmente i popoli di Dalmazia lo benedivano, per l’in-  corotta fua giulìitia; c i Magillraii inferiori lo temevano, per Topinio-  ne d' inviolabile integriti.   Dilpoflc adunque le cofe nel modo che fi è detto di fopra, il Dona-  to con buona licenza del Senato fe ne tornò alla Patria , edendofi in  fuo luogo (con un giudizio univcrìale, non di Venezia loia, che lo  elede, ma deU’armata inficme, c di tutte le Cittì» marittime , che mol-  to pri-    Digilized by Googic     DEGLI USCOCCHI. 165   ro prima Io prcdifTcro) commclTa la fafHdiofa cura degli Ufcocchi a Fi-  lippo Pafqualigp, ch'era all'ora Provveditore dell’ armata, ed era palTa-  to, fi può dire, per tutti i carichi che comandano fui mare, nel qua-  le aveva menata la maggior parte della Tua vita fìno dal tempo in cui  dall' armata CriOiana fu rotta la Turchefca a Curzolari ; ed era flato  riputato Capitano valorofo, vigilante, e rifoluto, mafTÌBie contra i Cor-  fari, de' quali fi faceva conto, cha avea prefo fìno a quell’ ora gran nu-  mero di Vafcelli armati; onde tutti andavano indovinando che per ma-  no lua dovefTero anche reflare domati finalmente gli Ufcocchi, contrai  quali egli, conforme all' ordine ricevuto, fe n'andò colla Tua Galea vec-  chia, e veloce: ove fi vide toflo ch’era per camminar dietro a gli an-  tichi configli, col perfeguitar i ladri, e impiccarli ovunque gli avefse  colti; e con rifarfì de’ danni de’fuddìti fopra chi gli inferivano , fofsc-  ro chi fì voleffero: nella qual imprefa entrò, oltra gli ordini pubblici,  con gagliarda rifoluzione propria, con si fatto fpa vento de’ malfatto-  ri, e con tanta fperanza dc’popoli afflitti, che la Dalmazia, e Tlflria  cominciò fubito a credere che fofTero toflo per finire i loro lunghi tra-  vagli. Tenne egli bene cufloditi ì luoghi fortificati dal Donato, e or-  dinò le guardie a gli altri paffì di mc^o, che ogni ufeita fo(Te agli U-  Icocchi pericolofa; e perchè il porto di S. Pietro di Nembo neH’llola d*  Oflcro era ordinario ricetto di molti vafcelli , t quali o dalle oppofle  rive d’Italia paffavano in Dalmazia, o di Dalmazia navigando verfo  quelle parti, o verfo Venezia, quivi fì fermavano, per afpettare tempo  opportuno al loro paflaggio, onde gli Ufcocchi erano ficuri di trovarvi  lempre occafìone di preda, quando potevano tirarfi fin 1^; Ì1 che face-  vano tal volta cacciati dalla fame, e dalla difperazione ne’ tempi piò  fortunevoli di borea, quando nè le galee, nè le barche armate poteva-  no reggerfi alla furia del ventosi! Pafqualigo, per toglier a’Iadri quella  comoditi, e per aflìcurare a naviganti quella danza, fì fervi prima d’  una Chiefa vecchia, e derelitta, per collocarvi dentro a quello fine un  prefidio di foldati; c poi vi fabbricò un forte in fito opportuno , con  comoditi anche d’alloggio per qualche pafTcggiero che vi capitafle ; c  ridorò la Chidà, provedendola delle cole necelTarie, con ordine che vi  rifiedenc fempre un Cappellano, acciò a quei foldati nè anche mancaf-  fero le confolazioni fpirituali : il che tutto l’efpericnza fin qui modra  clTerfi latto con prudcntifllmo configlio. Con quede diligenze redò, (i  può dir, aflicurata tutta la Dalmazia; e i ladri, fuor di qualche ben  repentina fortita fopra Tllola di Arbè, e di Pago, ove depredavano  qualche animale, poco ardivano di folcare piò i canali di Dalmazia; e  per ogni poco danno che facevano a' fudditi Veneti , ne pagavano U  ho, o cfli, o altri fudditi Arciducali con ufura; perchè il Pafqualigo  faccheggiò primieramente Ledenici, poi Mofehenizze, c Terzato , c Be-  lai , tutte Cadella del Contado di àgna : fpogliò altri vicini luoghi di  animali, e di abitatori di maniera, che ogni cofa era piena di pianto,  e di fpavento, nè alcuno fi teneva ficuro, fe non ben lontano dalle ma-  rine, 0 in fortiflìmi ricetti: gfinnocenti maledicevano i malfattori, che  erano cagione della rovina loro; e i colpevoli reflavano confufì , confi-  derando a quanto incendio avelTero elfi data occafione »   In quello mentre co’medefimi paffi camminavano le cofe d’iflria,  ove i ladroni, vedendofi ormai chiufe le firade in Dalmazia , cercavano   di ri-    #    \    I    Digitized by Google     i66 STORIA   di rimediare alle loro neceflitìi : ma il Cornar© vigilamiffimo, ficcome  roetteva cura di non clTer il primo all’ ingiurie, e a i danni, cosi non  era pigro di vendicare ogni minima ini'olenza; e gi^ aveva empiute  \ timo quelle frontiere* di terrore, c arricchiti i loldati colle prede, col-  le quali s' erano anche rUiorati molti danni de’ poveri ludditi , e quelli  di Marc'Anionio Canale, che, mandando le lue bagaglie a Zara, ove  era desinato Conte, ne era Oato ipogliato da’ maledetti Uicocchi nel  cammino: Onde i ludditi Arciducali di quei contorni, afflitti da si fat-  ti danni, e temendo lempre di peggio, dopo il primo ricorfo che fe-  cero all’Arciduca Ferdinando, che gli liberafle da tante oppreflioni, c  provvedelTe che gli Uicocchi nqn fon'cro cauia delta dillruzionc di tut-  to il paefe; nel qual tempo era flato loro rilpoflo con termini gene-  rali, che non fi prometteva fc nop tardo rimedio, c incerto; ma fi con-  fortava alla pazienza ; rinnovarono poi Tinflanza con concetti piti ve-  ementi, moflrando che non era pu'i pofllbilc fofferir tante rovine per  colpa di pochi Matpadìeri; e che elfi làrebbpno sforzati a metter alle  cofe loro altro compenfo, fc fi differiva la provvifione: c pareva vera-  mente che, andando le faccende più in lungo, fc ne potefle temere  qualche rivolta; però, eflendofi già per le molnpiiqate iflanze del Pa-  pa, c per le replicate propofte dell' Ambafciadorc, deliberato in Corre  Celarea di commettere con un'affoluta autorità tutto il negozio all'Ar-  ciduca, fpediti furono finalmente i difpacci, dappoiché Celare s'aveva  levati d’ attorno quelli che erano creduti ^iflu^hatori di buon confi-  glio.   L’Arciduca, fenza perdervi più tempo, avendo fempre dcfidcrato di  liberar la lua Cala da un tanto obbrobrio, volle fra tutti i Miniflri  fnoi Giufeppe Kabatta fuo Configliere, e Vicedomino nel Ducato di  Camicia, di cui fi fece menzione di Ibpra; c centra l'iflituto della Ca-  fa d’Auftria, lo deputò folo, c unico Commeflario, con libera podeflH  all’ accomodamento degl’ invecchiati contraili « ai gafligo degli aflaflìnì;  con ordine di dar ioddisfazione tale alla Repubblica di Venezia, che  z' ormai fi ccflafl'c da’danni, cos\ nciriflria, come nella Dalmazia; fi le-   ' vaffero gli affedj delle Citt'a marittime, e fi rcfliiuiflc il commerzio a’   fudditi con fìciira navigazione. S* induflc f Arciduca a preferir quello  foggetto a gli altri, conofccndolo Cavaliere d’ottima fede verlo Dio,  e verlò il Principe, come l’aveva efpcrimcntato nell’ eflirpazione dell’  erefie per la C.arniola; nel qual negozio aveva Ipcffo moltrato di flimar  poco i pericoli della vita, putehe adempifle compitamente i’iiflìzio fùo:  cos'i fi ipcrava ch'egli folle per far anche in quello, il quale importa-  va alla buona fama de’ Principi, alla lalure de* ludditi, e alla gloria di  Dio, in cui ditonore facevano uomini Icclteraiiffimi patir tanti poveri  innocenti, e perir tante povere anime. Il Kabatta era di languc Ita-  liano, e i progenitori lùoi con carichi di guerra erano di Tofeana ve-  runi al lervizio dell Imperador Carlo V-, lotto il quale colla virtù acqui-  flarono onori, e ricchezze.* nè egli degenerava punto dal valore de ’luoi  Maggiori: però, volendo corritpondere all'opinione dell’Arciduca, c al  giudizio che fi faceva della pcrtona lua, fi mife con tutto lo fpirito al  maneggio impoflogli; e prima dogai altra cola deliberò dì abboccarfl  col Cornar©; c per allicurar di poter anche levar da quei confini alcu-  ni foldaii, c che in tanto non fi avclfc a proceder in quella parte con   termi-    Digitized by Google    DEGLI USGOGCMI. 167   icrmùù d'oAilitì, ove il Coriuro mollrò che, purché non iolTm cUn-  neggiati i luddiii della Repubblica, egli Aon fi moverebbe di ui pel-  io , eflèlido tali gli ordini fiioi , e avendo caiqoiioWb fin eli’ ore -con  qiiella diicmione che i Minifiri Auftriaci dovevano lodare: poiohi, Éeb-  benc aveva forze confiderabili foliemue con molu ^la , colle queU  avrebbe potuto far infiniti mali in pacié poco (am, e poco prowifto,  nundlnneno non s'era mofirato nemico; k neo ^ade l’infialeBxn degli  Ulcocchi, e la difela, o follevameiuo de’propr) fàddiii l’ avevano indot-  ta! perb provvedeflc pur U Rabatia ^e dal canto fuo non fi rinno-  vaifero l'ingiurie, che egli, tenendo le vecchie per ben veadican, a'a-  licrrebbe v^eniien da ogni altra oStfa. Il Rabana redi conteonfiinKi  della riletta deldCniMio; e fi aaarayi|li& di vedeee un giovine coti  valorolo peli' armi, ooai pendente ae’ configli, e caci accorto nelle rifpo-  {le; nè dubitò che potowc elTergli maBcato da ijaeila parte, vedendo  che fi ptycedeva finceraoMOte : potò, avendo abbaftanaa prawifto che  con nuove rubberie non fodero provocate quell' acme , levò ficuramen-  te la gente di quella perù «he parve neccllària a' Cuoi fini, e coadfii,  e con altra raccolta' in altre pani, fé ne venne verib Segna armato in  modo di jntet ilbrzar afi'ubbidieoza quelli che voloncariamence non vi  c' inehinailero . Giunto adunque il Commeirano nella tetta di Fiume con  ul apparecchio; e fapaado che, per le molte pnwve, i Veneziani. h-  vrebbono potalo afpetiare poco ^ttO| della fua commedieoe ; poiché  tutti glà.altri venuti in altri tcn^d cbn .fimil calicò avevano avuto po-  co penfiero di medicale il male della radice, ma s' erano oonteneati di  dame un'apparente loddbfazione , non accomodamanio ; non coaando che  poco dopo la partenza loro le facceuda risadpITaaa :oef^adoCau dilbrdi-  oi; elferiio nwluta 4 é-drizar la paaunn.alU.via d’un reale, e fodoae-  comodamento, il quale conycoiva alMl . dignità db' fiioi Principi, e alla  ficurezza de'fuddfti, pensò eder necedàrid di levar primieramenM fot»-  bw, e i fofpetti, che potedeio aver, contrarii, e poco iinceri dilegni i  Veneziani ; onde procciwò con lenere coufidenia predo at Generale Pa-  Iqualigo; che, per piti facilitare la trattazione , fi era trasferito con paiv  re dcH'aamaia lopn Pifida di Veglia,, ove db da -Calici- Mufebào mi-  ra con p04n anicrvallo le .-vicine riviere de gli Auflriacia i   Qpivi dunque fi portò il Vèicnvfli di Segna per oediae del CommU-  fario al Generale, per alficuraria-che fi faceva da davero; e par pre-  cario a cornfjpoodere dal canto fuo olla buona vnloacb degli Autteqtci,-  dove il Vclcovo riferi che i punti dé^ corameflione erano veramciur  di galligare i ladroni fecondo i merici;>(a non tutti , almaio i capi ;  difcacciar di Segna, e da tacco quel cragta> IduUjpi Veu^i sbandici,  fuggitivi, e fallili, dalle Galee con perpetua peoihnMa di ano ricettar-  li per r avvenire; e, quplU che piò importa, dà levar gli ilfigocchà da  Segna, e da' vicini luoghi marittimi, tralporunduli mdi.ulcuni .CallvUi  fn terra, non raeim oppornini ajla difela de' confiìfi^ -eha .-dtaie àcsu-  nudati alle rapine del mare;, e in fine. di proibire a quelli che nmt-  .nefiÌHo in o in altri luoghi mnrireimi, -ogni ule di bauahat-aa-   onare (VàevaMo l'autofitli anche aà Capitnnla.di Segna di far limili Ipe-  diniiaàp R I A   imi • voiwo rirolvu-e; * f>rii bene, poiché fiams vewKi ia    pnipofld), che qui li ne difeorra bravcoienlc la caràne.   ’MoAcaThno i MùùAri Imperiali d'aver gran geloCa delia &ctena di  Segna, • KrI'uadcvano i Principi, che, levando gli Ulcocchi da quel  pnlidio, (quafi che altri non /olièra atti alla difcla) o i Turchi l’oc-  cuperebbene, q t Veneziani, che gik podèdevano tutte l'liòle, e le par-  ti marittime della Daloizain, fi iatebbono tetto padroni anche di quel  pone, e che alla digiiitè della Cala d'Auttria, c della Corona d' Un-  gheria , impoKaea rnelto conlcrvaz quelle picciole reliquie di dominio  marittimo, si per dipender da quelle la conlcrvazione d'altri Suti, co-  me mobe percÀè mi giomo avrehbono potuto eflèr oppoRimc alla ri-  cupe-nuimte deU'altre co/e preiqfè; poicÙ cop eA Ièlle fi imaeerrebbe  l ' mo della navigaziom per (didnatiao .. Qwttì, erano gli argementi ap-  parenti co'quali fi andava divenmdo ogni innmmiione ne gli affitti di  Segna , c per coniegnenza lotteuendo’ l’ io^natih da’ delitti i^li Ulcoc-  chi: imehè in iàtio non latebbe mancata altra nazione molto pih atta  aUa dileià di quella Piazza, la quale in mano- de' ladroni era anzi ma-  Ufiimo ficum, 'panc .per la loro inlèdelih, e per elTere la maggior par.  te amefii a'iiimiti de'Tnrebi, e qmlla cittadinanza lenza alcun riguar-  do; cade facilmeatt avrebbono potuto entrarvi de' traditori ; pane per.  che fpeSe volte FaaKir della prùda, e delle rapine /aceva iaiciac vota  attimo la Piazza , ulcendo tutti , or per terra , or par mare , alla bn-  icaf Bai qual calò rìmaneTa la Eiaaaa c/potta a i repeatini allkiti , e  all'ii^die de'aemici.' eitre a che, le mbberic continue degli Ufcocchi  anzi acctclcevano i pqticoli, irrimado caci i Turchi, come i Venaai»-  ni a tcacaiarli filari .di qaa^ iofimii nidi.- onde più volte avevano i  Turchi ièna iftaaea a'VeBeziani, O'cke etti •’ impadioiiilièro di Segna,  e permeitclièio kno di venir coU’ armata per mate, e pon> eli mii i di  «cin aU'cfiirpiuioBc de gli allèilHii, comuni Bo a n ci. Ma i Ycaevaot ,  coafideianrio ^ pmiòadamcBte t’ùàaarfaBaa'di tal neg eai b ^ avevaao  (emprc aolla toro pradona dtvartM iHilt B*ni|^ , taiaa pammiifi, bob  fido alta Cafa d’Aufirià, ma n taro itieiiefimi,.c a tutta /Italia ‘liifie-  ma; aè per sè ttcttb potrebbe crcdeie alcun iwmo bivio eh’ alpirattèn  mai i Veneziani al daininio di Sopra, jxrchè con etto t'addottèrebboaa  una grotta Ipeta, -c ua centhuiO rame di contraili /enza guadagno, o  utile otauao , o cantbdiih Verona di roomeato per tempi di guerra , o  di pace t nè è venfimilc che » Minittri Aullnaci non fofe» affiti bea  note tutte la rag ioni a ma con quei fimi lòlpatii coprivano altre loco  imerac pattanr, le qnali in alcuni pochi derivavano da un vii intgrefi  le detta pamnpaatataa delle prede; e in miti da ua comune mal-MHa  vcrlo il Baine VÒSiano, geneedio dalie amiche guerre , nelle qiuuoa>  àcrano in oumo dc'Vcaeziani molte colè che pfi altri pracemkaaiio tt-  ièr di loro ragiaae ; d ita Mei naturali ttimuli che rcndoiw fenipre a-  diidè le fteanbUiclatini^ £aó tetti da un iolo, e loipcRi i Principi  Manarebi a' fa^Fcaai-dr tnplùtudiaè ; fé pure di quelle avverta inclino-  aiou non vàgleBaro ^ ta alla divetfitb deUe naaioai ,   eba, doennfMiaaafiMM èowana, lotto ioliaa a aoo miraifi con basm  ocebéa, ara m». lan fcmpae i còKibbì dillihna^d'qgttb. mipànoato-  vnimno piglia baabta. o« lag ta naw tai, «prtMÉtéMaU cfitatrtalim^  aiaii, ed attiaaa la voimnb; M che fivpofièbboao adthace tabetai   efempj,    Digilized by GoogU;    DEGLI USCOCCHI. 169   cfempj, cos'i dc’noftri, come di altri tempi.* ma non facendo più che  tanto apropofìto, li tralafcieremo . Il Kabatta a quelle ragioni ne ag-  giungeva un'altra piena di malvagità, e di fellonia, la quale nondime-  no egli teneva per la più reale, dicendo che i Miniftri eretici, Ipezial-  mente di Grata, impedivano lo accomodamento cogli Ulcocchi, pcn-  landò che per quella via avefle il Principe loro ad intrigarfì in guerra  anche co’ Veneziani; e che, immerfo in tante occupazioni, avclTc fi-  nalmente a defUIere dalla riforina della religione, nella quale con ve-  ro zelo di Principe Crìiliano, e Cattolico egli procedeva, non olUnte  i pericoli della guerra Turchefea. Veggafi di qua quanto importi va-  lerfi di Miniilri di mala fede verfo Dio, i quali fono anche per ordi-  nario infedeli verfo i loro Principi.   Ma torniamo ormai alla Storia nodra, per dire come finalmente i  Princip i, adretti dalle accennate ncccHitH, e follecitati da’continui uffizj  del Papa, c inficme del Re Cattolico, non oiando i Configlieri cattivi  contrapporfi alle neceffarie riloliizioni, deliberarono di rimediare leve-  ramente alla malvagità degl' Ulcocchi, e di dar ordine il Commilfa-  rio Rabatta, che dopo il gadtgo de' capi riformane gli altri alle Ca-  dclla fraterra, nè UrcialTe alle marine, fé non quelli da'qujli p')ceire  promeiterf» più moderate azioni j c a’ mcdefimi impedifle ogni elcr-  cizio di corto, acciò tutto il dellderio, che avdfcro di preda, andadè asfo-  garfi fopra 1 Turchi . Col ledimonio di quede commedioni avendo il Com-  meffario data fperanza al Generai Veneto che le cofe centra la prima  credenza fodero per palfar felicemente , e che egli per la pane fua  rincamminerebbe con t^ni finceriih, ottenne all'incontro ficurezza, che  in tanto nè in Idria, nè in Dalmazia l’arme Venete ofiènderebbero i  fudditi Audriaci, e che a lui, alle genti fue , e alle munizioni, e  vettovaglie, che d condiiceflcro in Segna, farebbero liberi i partì lenza  alcuna molcdia: e con queda Ambalciata ritornò il Vefeovo di Segna  a Fiume, dove tiittavra lì tratteneva il Commeflàrio, actenJijndo a*  necertarl apparecchi, e a prender quelle nccelfarie informazioni elio pò-  levano ertcrgli di bitogno nel progrelTo del negozio; follecitamio iopra  tutto copia di vettovaglie, delle quali fapeva dfer in Segna grandif-  ftma penuria; la qitale fi farebbe accrclciura colla gente d'arnie che fi  doveva introdurvi, c-di gi^ aveva cominciato ad entrarvi: c con que-  fto mezzo fece anche fegretamente trattato 'con fua Eccellenza, che volefi  fc con qualche deliro uffizio provvedere che gli Ulcocchi, che fuggif-  fero dagli Stati Arciducali per timor de’ iupplizj, non avclTero ricetto  prelTo a'I'urchi; parendo che così convcnifse, non tolo acciò non fiiggilsero  il meritato galtigo, ma anche acciò i medefimi rifuggili in quella occafio-  ne non fcrvificro poi colla pratica de’ fui, c colla notizia tic’ parti a’ me-  defimi Turchi nella guerra contra i Cridiani.* il qual uffizio confermò mag-  gior opinione che il Commiflario forte per camminare di buon parto.   Del qual animo fi videro indi a pochi giorni fegni più certi; perchè  non folo a richicrta del Generale fece rertituir un grippo di Licfina che,  carico di lardelle, era fiato prefo poco prima da’ ladri, e condotto a Ter-  lato; ma avendo il medcftmo Generale fatta ifianza che fc gli dcfl'ero in  mano alcuni luddui Veneti, fuggiti' per misfatti, c annidati in Segna;  egli, vedendo efler nuovo rclempio, c inlolito tra’Principi, e die a tanto  non arrivavano forfè le fuecommirtioni, prefe parcitodi fcrivcrc al General di  Tomo il. Y Crova-     170 STORTA   Crovazia, mo(\rando che fcnza cjueflo farebbe come imponìbile Tacco*  moiiamcnto ; c che perciò egli andava penlando di dar a’ Veneziani una  tale foddisfazionC) poiché in ogni modo pareva miglior condglio il darla  coTudditi loro, riiparmiando quanto piu potelfe t proprj. Di queAa let-  tera mandò anche copia alla Corte di Gratz con penfiero che il filen-  zio gli icrvilTe per licenza, per cosi elèguire; lapendo bene che, chieden-  dola, mai non l'avrebbe ottenuta; e fu partito di accortilTimo minillro :  e quando mafìàme s’ha da far con Principe di carda riioluzione / per-  chè cosi dalla tacitumitk fi prefuppone conlènfo, nè fi mette in di-  fputa quello che maggiormente importa alla conchiufione depili iunpor-  tanci negozj.   Dopo quelle preparazioni, il Commeflario rilolle di trasferirli in Se*  gna, dove aveva già fatto intimare che tutti gli uomini della Città,  c delle milizie dovclTcro ritrovarfi prclcnti alla fua venuta fotto gravi  pene; i quali, ricordandoli che gli altri Commillarj ancora avevano dato  principio a* loro uliìzj con certa apparenza di terrore, e con molta vet-  nicnza; credendo che quefta volta dovclTe fucccdcre il mcJcfimo , e fi-  dandofi de’buoni amici che avevano nelle Corti, non cominciavano an*  cora a dubitare de* cafi proprj ; e pare che peniafTero che fi avelie  ad impiccarne alcuno in («^disfazione degli altri.* onde i meno fccllera-  ti fi confòlavano colla fperanza, che fi dovelTe cominciare da’ più ri-  baldi: e quelli, avendo coi più grofll bottini avuta comodità di farfi  maggiori amici, e di acquiUare più credito, credevano pur di poter  fuggire in qualche modo il laccio, almeno colla fedirione , c col tumul-  to: pcrlochc ordivano trame di lìar tutti uniti alla comune difefa, e  di tenerfi in piedi colle minacce, o d’abbandonar i conhni, o di tra-  dirli: colè che in fimili cafi aveva loro altre volte giovato a feanfar  pene capitali: con tutto ciò fcntcndofi avvicinare il tempo della venu-  ta del CommclTario, e rilèrcndo quelli che avevano trattato feco in  Fiume, c altrove, ch’egli era Cavaliere molto rtloluto, c fevcro, al-  cuni Himavano miglior partito TeiTcr uccelli di bolco, che di gabbia,  e fi aflentarono fino a do. fpcrando di potere, palTate le prime furie,  feufar poi in qualche modo la dilubbidienza.* fu creduto che Daniello  Barbo, Capitano di Segna, fautor degli Ulcocchi , e poco affezionato  al Rabatta, li configliaire ad «feire; almeno è chiara cofa, che, aven-  do potuto, e dovuto proibir la loro partenza, non Io fece: onde fi ca-  vò certo argomento, come poi fc n’ebbero de’ più chiari, della ina  mala volontà.- lebben in quello egli venne a facilitar i difegni del  Commiffario .   Quelli, elfcndo indi a poco entrato in Segna con 1500, archibuficri,  trovò che la partenza di pochi aveva impauriti gli altri, che non era-  no più di 300.; i quali maggiormente fi sbigottirono, quando videro  perduta ogni fperanza di fuggire dalla Città, per la cudodia llrcttifli-  ma delle porte; e udirono i rigorofi bandi che commettevano , lutto  pena della vita, che ciafeuno deponefie Tarmi, nè fi laicialTc trovar  con eflé nè di giorno, né di notte: che quando alcuno folfe chiamato al  Caflello, dovdfc pretcntarfi fubito: che in termine di due giorni dovef-  lero tutti unirfì a darfi in nota dinanzi al Commiffario, fc volevano  fedelmente, e modeflamente fcrvjre alla Cafa d’Auflria: e che quelli,  che fi ritrovavano confape voli di gravi delitti, veniifero fpoouncameme   a chie-    Digitized by Google     DEGLI USGOCCHI. 171   » chiedere pentono de’loro falli, per efperimentar la clemenza, la quale  non fi IhKbbc negata a chi con opdre valorofe avefle prima prellaco,  o foflo dHpollo di predare nell’ avvenire ntil» fervizio alla Patria:  ma chiunque arj^aAé che la giuftizia gli metteflè la mino, indarno  griderebbe poi mifericotdia, perchè fi procederebbe concia tutti coneilremo  rigore. Quefte cosi gagliarde determinazioni attcrirono gK animi affatto;  nè cofa alcuna pareva più «rana, che il depor l’arme, non effendofi  quello mai più veduto in Segna.   M f-'*pùano della Cictù, che di gih fccmrfva più chiaramente   idifegni del Commifiiario, cominciò a' diflUaderlo dall'imprefa con apparen-  za di gravi pericoli, e di mille fpaventi ■ dicendo che rederebbono abban-  donati i confini ; e che quella gente ardita , e pratica del paefe fi potreb-  be unir co’Turchi, e apportar a’ Principi qualche nocabH danno: onde  egli non foto biafimava il configlio, ma protedava di non volerne  parte in modo aienno. II Commillìirio, come quello chd conofeeva 1’  umore interno, non fi mode però punto dal luo propofito; anzi ve-  duto un’Ufcocco in Chiefa con nna accetta in mano, gli fece una gran  paura di tagliarlo fubiio -in pezzi, fé non foli: dato il rifpetto del luo-  go' facro, onde tutti rimafero sbigottiti , e facevano idanza, che fi lio-  minìdrero i delinquenti dedinati al gadigo, acciò gli altri poteflcro ufeir  di tema, e viver ficuri.   ' Ma dfcndofi quel me^imo giorno cominciato a fiir la deferizione, e dar  in nota quelli che fi 4trivano di viver modedamence, e di fervir fe-  delmente alla Cafa d’Audria; pel qual effetto comparivano in Cadello  difarnlati, e umili; il Commiffario fece ritener prigioni Martino Conce  di Poflidaria, che sera' latto capo de gli afiàffini, per l’aviditi delle  prede, centra quello che richiedeva la nobiltk dei fuo lingue, e la  virtù de'fuoi Maggiori; e iniìeme Marco Marchetich, che era Vaivo.  da, o Capitano di Ledenizze, Cadello delle appartenenze di Segna:  aveva dUegnato d'imprigionare nel medelimo tempo anche Giorgio  Maliarda, Ragufeo, più Icellerato, e facinorofo de gli altri: ma egli  nel delcriverfi era pallàto con nome fuppodo; nÒ il Commdfario lo  riconofeeva di faccia: ma quando feppe la ftaude, mandò a chiamar-  lo , effondo gik intorno a due ore dt notte, oèe egli, che fi l'entiva  reo di mille inauditi misfatti ; fpezialmente d' avere dopo lo iValigia-  mento della fregata colle fuppellettili delCanale, Conte diZara, confinati   i macinai lotto le coperte, e alzando la vela, fpinta la barca in mare  lenza governo, e, fenza cudodia/, a difcrezione dell’onde, e deVenti»  latto veramente barbaro, e orribile a raccontare; s'apparecchiava colla  feimitarra alla refidenza: ma fu prevenuto da Odoardo Locatello, Ca-  pitano delle' milizie di Gorizia, ohe gli cacciò uno docco ne’ fianchi  col quale lo pafsò da banda' a banda, lafciando poi che i fuoi foldatt  lo faceffero in pezzi. Era il Maslarda fra i capi de’ladroni uno de’più  Rimati e di maggior fegnito: nè la fua mone farebbe per avventura da-  la lenza qualche tumulto del popolo, fe gii non fi foffero trùvau gli  animi ingombrati da draordinario fpavento. °   Il che intendendo prudentemente il Commiffario, per acerefeer terrore  fopra terrore , fece la medefima notte appiccar alle mura del Odello il  Puffidaria, e il Marchetich; il qual fpetiacolo la mattina fini d’atterrire  la Citti retta; nè alcuno fi teneva più ficuro della vita, herebè ninno era  Twio //. Y a che    17 ?- ‘S ’T O .^R I A I   che in propri*, cofùcozz non. Q conotccIT^ reo di loone ; k porte Aavano  chiufe, k (Inde goard 4 te d* miìi»k ibrelUcre, oy* niuno aveva ardi-  re d( ufcii di cau, ni di dormir ia notte netta propria ftaqea r però  il CommilTario, per lakiar ad alcuni quaUlK fpecanza di, vita., fece  loro intendere cbq, quando gli fòdero dati in mano alcuni capi, e re-  Rituito tutto il bottino che s en ultimamente fatto in alcuni va6cUi  dello Stato Eccleftajlico; di che il Papa faceva grandURmo romoit,' atta  fi farebbe a tutti chiufa la ftrada del perdono ■ Con tal artifiaio ebbe  in mano il Moretto, (araolò*(iapo di ladri, con un fuo compagne,- che  furono con inganno prefi' da gl» altri , « prefenuii con certa l'peranza  che 1( tcRe loco poteficro Xalyar -da vita a atolli.' nondimeno co' mede-  fimi che fi^o f impala fu tifato con tqolu (evecià , lafciaadoH piò  toRo t'n dubbio della morte, che ficari della viu; con tanto rigpre fi  procedeva al uRigo,. de’ ribaldi, >   Aveva il Commìflàrio al Rio piiaio arrivo a S^na ricercato il Ce-  nerai Veneto a mandar qualche perfonaggki che rifiedefle preflò iR .iui,  conte teRlmonio-, e Ipfttaiore di cjò $he fi faceva fincerameme , e rilb-  luiamente, per. àcconodamento RablWv-q reale del, negozio ; .e acciò  proppnede ancora ili mano in mano quello che gli par efle opportuno a  tal fine. II. Generale deputi a quello .carico Veitor Barbaro , fno Se-  gretario , come ben pratico di tali afiàiri, è cosi pet natura, come per  elperienza prudente, e atrifiìmo a fimili maneggi.' ma fu in ^i gior-  ni, come Ipcflb interveniva in quei canali, dS S^an furia di Becca,  che il Segrcurio non. potò accoRarfi cosi predo, come defiderava: onde  arrivò quando appunto i era dato cosi notabil principio alla faccenda,  e nel medefimo tempo in co», fi conducevano -alU forca il.'Mnrettq, e  Niccolò. ivo compagno;.! quali furano gratillimo fpeuacolo a gli Albo-  nefi, che- avevano condotta, colle loro Mtche armare il SegRtario; nò  poterono contcnerfi, c)^ verio la fera non troncalTero k loro tede ;  parte per faziar l'odio particolare della nazione; parte anche per por-  tarle con dio loro, affine di JcndCr ad altri tedimonio reale di tal ef-  fetto. U Barbato s'abboccò la prima volta col CommilTario alla prefen-  za del -Vcrcovo di Segna, che aveva in quei giorni appunto pigliata il  poflefTo della fuz Chielà, e col cui configlio s'indirizzavana tutte k co,  fa, per efler Furiato ebe nelle Scuok -de' Padri della Compagnia di G*.  sò aveva acquidaic feienze profónde, che, accompagnate còli' rio delk  cefe del mondo, T avevano reoduio grato a' -Principi Audriaci, e al  medefimo Rabatut; ficcome,, per elTer della Fam^ia de Oominis, no-  bile d'Arbò; ma piò p» euerfi modrato bene affetto al negozio, ed  cfférC per ben pubblico, e della patria fua molta affaticato intorno; e  per cOer anche confidente dc'Vcoeziaoi, In quel primo colloquio il Er-  bato, paflati i Coliti termini di cortefia, feuiau In la fortuna del mare  la tarda venuta, rapprefentò la fpcranza che ^ en conceputa dai Ge-  nerai Pafqualigo, c da. altri, di veder ormai gadigate k fceltcratezze  degli VHcoccha, poiebf s' en dato cosi buon principio; e , oomiticiando  a dire gli afTaffinamenii, k trucidazioni d* uomini innocenri, le crudel-  tà di fiir. drazio de'corpi morti, « rii fiere il liuigue, di icorricarli, per  far dringhe deUe ,priH, li dnpri,. k rapine di .donzelle, e k infinite  rubberk colle. quadi.t' era turfiata la quiete del mare, e della terra ,  modrò con malta eloquenza^ ed efficacia, eh' era -bidono di rimedia  • celere.    DiyT'- — 1 -y    > 8 '    DEGLI aSCOCCHI. 175   cckfe, e gagliarcki; e eonchiufe, che Tperava di vederlo appiicito op-  pertQnameate da mano cosi perita , e valorola .   Il Commiflarìo andh nella rilnlb' fcufando in parte gli eccedi aecen-  ■ati t come aggranditi dalia paffione de gli uontini, o c^ionati dall ar-  mata Veneta , che , quando anche non fi ofièndevano I fini fiid£ti ,  ara foiia di cercar gb Uicoahi a morte, e di tiior loro le prede fin-  te nella giiifta guerra conira i Turchi; « finalmente commelB da altri,  e poiqutribuiii a gb Ulcocchi; à quali confiifaiva però degni di gra-  viamo gal^, coma turbatori dalia pubblica pace; e che peiciò egli  ne aveva 'gib- tolti di via cinque de' principali, che aveva potuto aver  nelle nani; lenderido in tanto le rea a gli altri, che ('erano polti al-  le Iclwi, 0 davano nafcodi nella Citth : nel che aveva fatto chiaramen-  K-conoKerc la fua diligenza. £ qmndi, come Cavaliere'di natura li-  bera', e apena, incominciò ad aprir 'il foglio delle Commiffioni; e de'  difegai fnoi; dicendo che teneva ordine primieramente di edertninar  aflàtto i .capi de'ladri, e i priocipaU mafitadieri avvezzi a corfeggiar nel  mare ; foeondariamente difcacciar di Segna tutti t Dalmatini o altri  fiiddiii della Repubblica, chiudendo loro per fempre le fperanze di ri-  covrarfi in quel alido : poi 'di lafciar Iblo in Segha cento di queib na-  zione de' pih quieti , condiicendo tutti gli ahji piò addentro fra terra in  altre Piazze di frontieia per difela de' confini; e uliiiqamentc di ridrin-  ger r nlb delie barche armate, che non poflàno ufeire lènza clpredà  licenza del General di Crdvazia-. -   Il precario, al quale erano piaciuti gli altri pttnti, còme quelb da  i quaU veramente dipendeva ogni Ccurezza del defidemo componimen-  to, ripigliando pih di propofiio l'ultimo delle barche armate, difse che  iperava che l’uto loro firirebbe dato proibito affatto, poiché la Repub-  blica non era por confentim in modo alcuno che con l^nza del Ge-  nerale di.Crovazia, né feaaa, tranriafsero limili valcelli ndte apparte-  nenze della bre incera, e invaiata giurifdizione . Il CommilTario replicò  che quedo 'era incerelse non folo del Regno d'Ungheria, e di Crova-  zia, ma anche della Sede Appofiolica, e del Re di Spagna; però che  a lui fob non- toccava di decidere controrcrfia cosi imponame , né di    za pubblici larrocin;, e abboipinevoli aflà0ÌMamenti, era hfoluco dì con-  tiniiare dctenninatameare il rimedio, i-. .   .. Per quello il Barbaro, quaniQ più vcdci^ infervorato il CommiflTario,  unto più Io ifqportuqava , nè ^ mai moflrava di conrenurft di quello  che fi faccvai aè di vederlo liooiikorcere come fatto in eompiacimento  della. Repubblica, ma come a lervizio di necelfaria giuiUzia, e gallico  4e‘ privati delitti; dicendo ^e il Moslarda era fiato facto morire, per  opwfto coll'arme a .chi.lp chiamava; il Pofiidaria per concetti  fedixiofi iparfi da lui, quando fi ricercava T opera della milita, per  ritrovare i colpevoli nalcofii frale cafe^ e il Marchetick perchè aveva  abbandonato Ledcmzze, dove egli era Capitano, c aveva data oecafiooe  che il luogo foflfè laccheggiato dal General Pafqualigo: ficcome ellèndo*  gli fiati confcgnaii ■ nove Iùdditi Veneti, di molti, e molti che erano  dimandati, parte nominatamente, c pane con termini Onerali di mrti  i Iùdditi, fi doleva che fe gli defiero Iblapienre poveri artigiani, e che  a' maUatcori fi laicialse Ipazio di fuggire: febea in vero il Commcira*  rio alava ogni diligenza per poterli avere tutti in mano; ma elfi ic  PC Ila vano alla montagna, provviftì fcgrctamcnte da’ parenti, amici, e da  quei medefimi, che fi mandavano a pcrfeguiiarli, delle cole ncceiTarie;  nè era poffibile a rimediare a quello difordine, le non fi voleva difirug-«  fiere tutta quella milizia: il che certo farebbe fiato cantra il pubblico  lervizio della Cafa d' Auftria, anzi di juiia la Crifiianiti. Dolevafi pe-  rò il Commefiario di non poter loJdisfare con tutta la fua lollccitudine;  e fi rararharicava principalmente che erano fuggiti dalla^ Citik cinque  Dalmatini, de più crifti, c de’ più defiderati dal Generale; onde tene-  va che refiafle forpetta la fua fioceriib; c fu per far appiccar due Capi-  tani, alla neglkenza, e edeienza da’ quali s' imputava quella foga: nè a-  vreb^ lafciato aefiguirjo, fc i parenti non gii aveflcro promcITo di por-  targli ovivo, o morto 9 kuno di quelli che fiavano alla montagna; come  fobiio fo facto: perchè un fratello d’ uno di quei Capitani, ufeito con  altri alla caccia, prefe up famòib de’ richiefii dal PafqtMligo, e lo con-  dulTe in Segna ferito d' archjbugiata nel capo,d 9 vefu fobico impiccato  lemivivo, egli fu data la teila; come indi a poco gli forqno conlègnati  vivi quattro altri, acciò vedefle pure che fi faceva, daddovero.   In Venezia quelle operazioni erano intelé con. grandilTmio gufio; e  molti Senatori, nc paalavaqo con dolcezza col Rofii Segretario refidepte  in queli^ Cictb ^pcr la Maefi^ Cefarea, dando lodi al Commefiario, e gra-  zie a’Prmciu, che finalmente avevano leriamente rilolto di gafiigar i  ladroni., II Commefiario avvifato dì ciò dal Rofl» lo riferì al Barbaro,  Umenìandofi che tutti gli altri mofiraflero d’ efler contemì ideile opera-  zioni fue, fuor che egli folo; pregandolo a confidcrare la importanza  delU difelà di quei confiti anche per particoiar intcrefie deila Repub-  blica di Venezia; onde non conveniva annichilare «mua quella milizia,  la quale, ridotta orp^i a difperazione , avrebbe potuto prendere qual-  che danoofo configlio^ Giudicando i medefimi>Segiij|iii che per gli ufiì-  zj del Segretar io crefccfie il rigore dèi Rabatta ,, A' almeno aìmpedìfie  il miiigamento fpcrato, riTolfcro di placarlo con uafcamune ambalcerìa,   > faccn-    Digitized by Coogic     DEGLI USCOCCHI. 175   facendo capo il Vcfcovo medefimOf il quale accomp^nato da* più vecchi  entrò nelle fìanze di cHo Segretario, recando gii altri lu la piazza;  e quivi con molta umiltà, e lolpiri lo pregarono a contenrarH del  fangue fparib, e di tanti condotti alle galee, e d’intercedere per un  pcidono generale, riduceodogli alia memoria i Icrvizj che nelle paHatc  guerre avevano i medefimi Ulcocchi latti alla Repubblica, e offerendo  in altre occafioni di fpendere per T ifleffa cauta le vite che ora fì con*  fcrvaflcro loro: in fine del qual ragionamento gli offerirono in dono  due tappeti fini, non teffuii gi^ in Segna, nè comperati. 11 Segretario  con brevi parole mofirò che egli, come lemplice minifiro, non poteva  preterire i termini della fua commellione : nondimeno che averebbe  giovato loro in quello che aveffe potuto: fiimò che foife mezzo afiron-  to r obblazione de' tappeti ; nè al Velcovo fu di lode T efiere fiato  ilfromento; febbene Icusò l'ufo del paefe, che non tollera acceffo dell’  inferiore al fupcriore fenza prelènte: cofiuine appunto da barbari, e  che fra’ Turchi rare volte A tralalcia, ma che agli Ufcocchi era forfè  fiato inlcgnato altrove.   IDopo ciò il Segretario rifolfe però di procedere con qualche più di  foaviti, anche perchè in quei tempi fu avvertito da Venezia di dover  COSI fare: onde piacevano molto gli andamenti del Commiffario; e fi  giudicava che non mettelTe conto tanto aflbitigliamento, per non met>  cerfi a rifehio di romperla; e che egli anzi, procedendo cos^ chetamente,  meritaffe corrifpondenza di uguale finccrìtli: dall’ altro canto tornavano  gli Ulcocchi a liipplicare il Rabatta che li levatfe di fpavento, e fi  dichiarane, fc altri di loro erano defiinati alla morte; o lo in fine ave*  vano da rimaner tutti efiinci; perchè il vivere con tale angolcia era  peggio, che la morte fieffa. Quelli uffizj, e i continui pianti delle  donne, molTero a compafiione il CommilTario ; onde rallencandofi dall'al*  ero canto, per le caufe accennare , l'ardore del Segretario Veneto, ne fece  proclamar venti de’ più colpevoli , lafciando cos'i fperanza di perdono a  gli altri, e afiègnando a quelli un 'breve termine; dopo il quale cadef*  fero in bando capitale con taglia, e con grazia di poterli aiutare l’uno  colla tefia dell’ altro.   Poi, per venire al rimedio più fodo, più ficuro, e più atto ad im*  pedire i corfeggtamenti, e i lacrocinj di mare, deliberò il CommilTarìo,  di tutta quella milizia non lafciare in Segna più di cento fiipendiati,  e con loro cento molchettieri Alemanni, e di trasferire il rimanente ad  altre Piazze più fra terra , volendo a quefio fine che ufeiflero non foJo  gli fiipendiati, ma anche dei proprj Cittadini tutti quelli che foffero  conofeiuti aderenti nelle prede, e volonterofi di continuarle: pel   Icro oafcere/ ma che avrebbe ben egli colla Tua autorità dato ordine  che n iaiciaifero pafTarc liberamente tutte le barche non armate , fen-  21 pih rìconolcerle, o cercar dove andalTero, nè d’onde vcniflero , 0 cib  che portaikro: e ciò doveva ballare alia lil^nU della navigazione, e  del commerzto amichevole tra 1 luddici dell' una, c dell' altra parte;  tra' quali, e ara'Principi raedefimi pareva che doveffe Correre ndiawe*  nire migliore intelligenza, perchè V accomodamento epa piaciuto unto  ^ a’ Veneziani, quanto agli Arciduchi : di che può addurli quello cerco   argomento, che, dopo ravvilo che n'ebbero i Principi AuHriaci; quan-  tunque lìa trerifimile che il Barbo avefle rapprcfencaiò gli avvenimen*  ti lecondo la Tua propria palTtone; nondimeno fu al CommiiTario rinnova-  ta laucoriik.; ^giungendoli alTolucanientc il Capicaniaro di Segna, del qua-  le era gih fpogliato il Barbo, acciò tanto piò comodamente egli potef-  te perfezionare il negozio, e levar affatto l' infamia di cosh nefandi la-  trocinj dadi Stati della Olla d'AuHria. Onde fu chiaro l’error di quel-  li che ardivaho d-impucar a Principi così religiofi, gialli, e benigni, il  confeqtimtnto di sì fatte iceileracezze, le quali li dovevano piucuillo at-  fribuire a gli inganni de’ mali roinilln Eretici, che nò temevano Dio, nè  miravano aU’ooor de’padroni, o all'onor prozio; i quali co’loro artiBzj da-  vano ad ìmendere che foflè ùnpolhbile rimediare a quef diJbrdìni ; e li dipin-  gevano dinanzi a’Prìncipi come trafgrefioniordinarie, e neccBarìcde’conbni.   Ma ficcome quelli tali rimafero cqpfufi nella loro malizia, e privi degl’  ingiulli emolumenti che ne folevano cavare i così arfero maggiormente  di Idegno^ « invidia contra la virtù del Rabatu, vedendolo in difpregio  loro colmo di gloria, e di premj da ogni parte: perchè anche i Venezia-  ni , conforme all’ordinario loro collume di corteCa, io avevano facto re-  galare d una grolla catena dì cinque, o fei miladucìiti; i quali egli però non  volle accettare fenza dame prima conto a’ Padroni, con offerta d’ impie-  garla in pubblico fervizio, come aveva fatto di fonitna maggiore de’ fuot  proprj danari nella tardanza delle prowifìoni, feufabile, per le più gravi  urgenze delia guerra Turchelca: oltra di ciò li fabbricava in Venezia una  barca di piacere, e da viaggio, per donarla al medefimo Rabatu, fornica  di dtverfe comoditi, che a lui nel governo di Segna farebbe Hata di molto  (èrvizio nell’andare innanzi, e indietro per quei canali, e per le vicine Ifo-  Ic. Tutte quelle cortefio, benché Ic^icrc, c difuguah a’ meriti di sì buon.  Cavaliere, tervivano di materia a gU emoli ftx>i, per lacerarlo, c aecter-  lo in dtlgrazia de’ Principi: perchè li Bvtp, irovando nella Corte dìGratz  accefi i cuori di molti Miniltri, fpexialmcnk Eretici, illrumenii reali del  Demonio, c Rimici della pubblica quiete, cominciò ad acculare l'opero del  Eabatta, affermando che egli, corrotto da’Veaeaani, non aveva avuto  altro fine, che di lóddisfàrU in pregiudizio di Ctfkte, della Corona d'  Ungheria, e della Cala d'Auflria; onde a fola riebiefta loro avevai^'fttio   a iccare uomini valorofi, c benemeriti, dandone altri contra ogni onotJtu  ime de' Principi in mano loro; e raettendoU in neceffith di volaaifi a  fervile- negli «ferciti Turchefehi, con manifello pericnio che, perla noti-  zia che elh avevano paele, e delle Piazze, av^ a cader ratto quel  confine in mano de' nemici. k n   Di i,ueft II- Z intcn-    Digìtized by Google     173 s. ’tT or n': T A. ’   intenzione, vero imitatore della vinti di Carlo fuo Padre, c Ferdioan-  do Impcradorc ììk) Avo, crede del nome; ma, per Tei^, non ancora  cipaxto deile fraudi cortigiaoelche, c degl' intcrefìì de’ mali Miniftri, feb*  beo per Datura, e per religione, nemicillìmo de gJi Eretici. Movevafi  ffdunqur con tali artifìzj inganneroli Tanitno del Principe, ma più queU  io dfif ArciduchelTa Tua madre, la quale più veniva combattuta da quel-  li che lapevano come elTa poco prima era rimafla difguflaia , per aver  egli cercato d’ impedire il maritaggio dell' Arciduca colla Figliuola del  Duca, di baviera, la quale era nipote delia medeOma ArciducheOa; pel  quale .iinpcdimcnto fì dice che il Rabatta divulgalTc m Venezia che la  luddetia Spola fofle macchiata di lebbra; il che lì trovò poi falfo, c  Icguirono le nozze; nè al Rabatta fu facile a purgarfi dell’ imputazio-  ne; c gli convenne adoprarvi molti intcrce0bri; lopra la qual cicatri-  ce' ieppefo beo dimenar 1* unghie i luci cnuilt : ónde gli accefero con-  tra i'aniiTib della Madre, e del, Figliuolo in male maniere^ appoggian-  do tutte le loro macchine alle maligne relazioni del Barbo. Fu il Com*  mtflario avviìato da gli amici di   rezze fi raccordafìfero delle lamentazioni, e de' gemiti dc'Ioro poveri lud*  diti deinUria, e della Libnrvia; i quali, per le colpe di pochi ladro*  ni, venivano Taccheggiati, e rovinati, ed erano (lati a termine, per  pura difperazione, di vacillar nella Fede, perchè i Veneziani avevano  gik prefa una riloluta forma intorno a quelle feorrerie, ch’era, di non  rompere in mamfella guerra, per non iirarfi addolTo la malà fama nel  Mondo d’aver molli) le armi centra i Principi CriJUani, mentre gucr-  reggiavano contra i Turchi; ma rifarfi d’ogni oltraggio, o danno che  rlccvelTero i loro fudditi fopra i ludditi della Cala d’ Aulirla a buona  mìfura : onde il fomentar le rapine de' ribaldi non era altro, che di*  llruggcr, c dìfabitarc le proprie terre delle loro Altezze, e neccflltar i  Varialli a pigliar altri partiti : che cosi s’ intefe il negozio , quando a  lui ne fu data commiflionc; c ch’egli, nell’ averla fapiita efegutre in  quella maniera, pretendeva anzi merito, e mercede: che non bilogna*  va dar orecchie a gli Eretici, i quali, vedendo procederfi contra con  si gagliarde, c pie rifoluzioni, c che i bilo^ni della guerra Turchefea  non badavano ad impedir Panimo zelante del Principe per rellcrmina*  zioiic loro, volevano anche vederlo intrigato di più in nuova guerra  colla Repubblica di Venezia , acciò folTe necelTìtato ad abbandonare V  imprcla contra di loro; c ch'era ormai conolciuta per tutta ‘Alcma*  gna, e per tutta Europa la malizia fcellerata de’fettarj, i quali, per  mantenerli nelle falfe opinioni, non fi guardavano di tradire i proprj  Principi, e la Patria; e che di qua era forfè derivata la perdita di  Giavarino, c poi di Canilfa .* che le loro Altezze foiTero certe, o che  bìTognava reprimere la rapacità degli Ufcocchi per la via comincia-  ta, ovvero didruggere, e dcrolare tutti i luoghi di marina, e gli al-  tri de’ confini; perchè egli aveva affai bene penetrato che i Venezia-  ni erano rifoluti di vendicar in quel modo le ingiurie degli Ufcocchi ;  ovvero, fc in fine bifognaffe, pigliar con effo lóro un aperta guerra: \  la qual cofa in niun tempo poteva metter conto alle cofe delle loro  Altezze; ma ora meno che mai, per li travagli maggiori ne’ quali (ì  trovavano col Turco.* che a quedo fine i Veneziani avevano giudifi-  cata la caula preffo al Papa, e predò agli altri Principi Crilllani , a*  quali tutti pareva drano che fi voleffero fomentare nc'proprj Stati pub-  blici, c infami Corfari a danno de’ vicini.* che in cau> tale non s'a-  vrebbe da far fondamento negli ajuti del Re di Spagna, il quale, ol-  irà i’effcr occupato in tante altre parti, e altre molte difficolà di pò-  ter mandar armata in quelle bande , dimerebbe fua vergogna , per la  pict^, e giudizi! fua, il favorire caufa tale .'il che fi poteva anche ar-  gomentare dairefiio deir uffìzio che a fuggedione del mcdefimo Rabat-  ta fece in Venezia Don Inico di Mendozza, Ambafeiador Cattolico, mi-  nacciando le arme del Tuo Re, fe non fi liberava dallo drccto affedio  Tricde, c Fiume.- di che fi dimò affrontato il Re; e per fame chia-  ra la Repubblica, e il Mondo, levò todo il Mendozza da quell’ Am-  bafecria .* che quanto a t pericoli che gli Eretici malignamente met-  levano innanzi di perderfi Segna , foffero certe le loro Altezze che  Temo II. Z % meglio    i    i8o STORIA   meglio era afiìcurata quella con poche genti quiete, e fedeli,   che col numero maggiore di ladri; i quali, olrra il continuo irraiamen*  IO de’ncmki, erano loHii rpcffiHimo di abbandonar la Cicih, per atten-  der alle rubbcric; onde non vi rimanevano per molti giorni, fé non le  donne, e le genti inutili; co’ quali mancamenti s’ èrano a’ Veneziani  aperte mille occafioni di lorprcndcrla , le v’ alpiraflcro : ma cfler cofa  iroppo notoria tri gli uomini prudenti, che i Veneziani Jafeieranno  Icmpre volentieri a fpefe, e carico di altri la difefa di quelle frontiere,  eh' e/n mede/ìmi, confinando con loro paciBcamente , ajuterebbono  Tempre, pel proprio intcrelTe, almeno fotte mano a difenderle. Onde non  potendo i Turchi per terra avvicinarli a Segna, ne condurre artiglie ria; nè clTendo mai i Veneziani per conl'cntire ch’ivi s’ accodino per  mare, fi poteva tener fenz' altro la Piazza per ficura , purché gli U-  fcocchi colle loro rapine non ncccfiira/Tcro i Veneziani ad accorJarfi  per la dillruzione di quel nido co’ Turchi, che oe avevano più volte  promoisa la pnitica; o elfi llcffi non la tradi/Tcro in mano de’ Turchi,  de' quali lòno per la maggior parte fudditi,e molti hanno fotto di loro  i padri, le madri, i fratelli, le foreile, e altri parenti: che in quefto  confillcva il pericolo di qualche gran perdita, non nelle vane inven-  zioni de gli Eretici. Aggiunte il Kabatia, che, per maggiormente affi-  curare quei confini, e per la ipcranza di poterli allargare a danno  de' Turchi, larcbbe /lato utilifTimo il compartimento latto da lui di  quelle milizie a i luoghi (oprannominaii di Otiolfaz, Brigne, Profor,  e Bortog, mediante i quali fi metterebbero in ficuro fpazio di terreni  fruttiferi, onde la gente potrebbe con giufie fatiche iofientar la vita  lenza illecite rapine; conchiudendo, ch'egli avrebbe poi mofirato il mo-  do di ridurre ì detti quattro luoghi in lìcura difcla lenza che fé n'ag-  gravaflTero le Oincrc di Sua Maefi^ Cefarea, o delle loro Altezze.   Furono alcoltate quelle ragioni, portate con molta eloquenza, e  grand’efficacia, attcntiffimameme; e to/lo fi accoriero i Principi che  fuor d’ ogni Tuo merito veniva loro mefso in diicredito un tanto Mini-  erò, pieno di prudenza, e di fede; onde lo reintegrarono collo nella  pri/lina grazia: e per darne fegno in faccia di quelli emuli fuoi, eief-  ièro luì medefimo con amplilfinia autoritli che andalse a ricevere a'con-  fini Gian Francefeo Aldobrandinì , Nipote di Papa Clemente, che in  quei giorni doveva sbarcare alle marine di Tricitc, e di Fiume con  dicci mila fanti Italiani pagati da fua Santitli, e D. Gian de’ Medici,  che ne conduceva due mila, pagati dal Gran Duca, iuo fratello, in  fervizio della guerra contra il Turco; la qual gente della marina do-  veva guidarli a Zagabria, defiinara per Piazza della mofira, donde  poi per acqua aveva a trasferirfi, come fece felicemente, airafscdio di  Onilsa. Amminiflrò quel carico il Rabatta con intera loddisfazione, e  de’ Principi, e de' Capi della gente Italiana; e sbrigatofi di III, non  vide l’ora di tornar a Segna, per dar compimento a quelle faccende;  nelle quali non pareva che rimanelse più difikoltìi alcuna ; poiché da*  Principi Aullriaci erano fiate approvate tutte le fue azioni, e tutti i  partiti prefi per rimedio del male; e pareva che f autorità Tolse accrc-  Iciuta tanto, ch’egli dovcfsc lofio elscr elaltato a più lublimi carichi, defii-  nandotegU gib il Generalato di Crovazia.   Ma dopo la lua partenza, la malizia diabolica de gli Eretici s' afsor-   ligliò    Digilized by Google     DEGLI USCOCCHI. i8i   figliò ranto più a* Janni di Ini, e fi sfoderarono nuove calunnie, le  quali, fe pure non erano afcohate da* Principi, almeno non erano ribui>  tate con quella fermezza che pareva convenirfi a’ meriti di un tal Ca>  valiere. Le cole arrivarono ad un tale lUco, che giù fi mormorava per  le Corti che fi formerebbero procefli contro di lui, fpezialmente per  dimandargli conto della morte del Conte di Poflidaria / nella quale  $* interefiiavano forte con poco onor loro alcuni principali , mofirandofi  parziali d' un pubblico alsalUno, indegno d' elsere ufeito di quella nobile  famiglia. Sentivano quelle voci, e quelli grandi roraori gli Ulcocchi,  che per cauta loro veriavano nelle Corti; ne mancava chi loro feminalfe  nell' orecchie che il Rabatta era in difgrazia de'Priiicipi, a* quali non era  piaciuto il fangue di tanti foldatt valorofi ipario da lui furiolamente  a compiacenza di altri . Qitdli ragionamenti fi rapportavano poi in  Segna, c fervivano a dimmuir l’ ubbidenza al Commifsario; il quale,  rrovandofi fearfo di danari, era anche llato sforzato a fpogliarfi di quei  prefidj che I* avevano fino all’ ora renduto tremendo in Segna.   Accadde in quei giorni che da’ Principi ebbe il comando di mandar  al campo fotto Oinitsa quel maggior numero di gente che potefse ; col>  la qual occafionc pensò anche di Icvarfi dinanzi il retlo de* più inquieti,  e più ingordi, per lalciar poi gli afl’ari di Segna meglio regolati/ rac  llrema cura le Galee, e le barche armate, lenza impedir però il corto  delle vettovaglie a Segna, per non metter la geme in maggior difpe-  razionc ma vedendo per alcuni mefi che niuno fi moveva, c che fi  olTervavano i patti, e che piU in Segna fi rendeva agli Aufiriaci la fo-  lita ubbidienza, e che i Principi erano rifoluti di mantenere gli accor-  di, e d’impedir l' ingioile rapine, ottenuu la licenza dal Principe, fe  , ne ritornò a Venezist, gloriofo, per aver mcllk T ultima mano a così  collol'o travaglio coll’ autorità, e colla prudenza fua; e tutto il Mondo  s’avvide che in mano de’Principi Aufiriaci flava il raffrenar quei la- /   droni, con tutto che i mali MiniUri gli aveffero per tanti anni dato a  credere altrimenti: onde non pareva verifimile che doveflero acconicn-  tire mai più ad una tale infamia ; malTime avendo anche imparato i  Veneziani il modo di far ad altri celiar caro il danno che fi dii allo-  ro fudditi.   Cqn tutto ciò molti uomini pratici dubitavano che, llando gli Ufcoc-  qIiì in quel luogo fenza altro follentamento, folTe quali impofiìbtle che  fi follentalTero fenza danno de’vicini; malTimc cficodo gli llipendj leg-  gieri, e difiicilmcnte pagati; nè participando di elTi tutta la gente. Per  li quali rifpetti fu prudentemente confidcrato che T unico rimedio con-  filleirc nella traslazione di quella gente a’ luoghi dilcofii dalle naarine ,  come Ibno i foprannominati, opportuni alle tcorreric comra i Turchi,  e capaci di qualche agricoltura; ne' quali ancora fi dice elTcre alcune  veo# di ferro, nelle quali potrebbono efcrcitarfi, e nodrire le loro fa-  miglie con utile induima quelli che eleggedero di preferire un'onello ,  e legittimo modo di vivere alle maledette, e Icomunicate rapite, cal-  le forche, nelle quali, o prefio, o tardi, inciampavano poi tutti .   Ma perchè di fopra fi fece menzione d’ un partito propello dal Ra-  batta all''Arciduca, fU fortificare alcuni luoghi di Frontiera fenza dì-  fpendio delle camera Ai'Ctducali ; e perchè nel punto della traslazione  delle milizie Segnine a’Cafielli fra terra, e in quello che fi accenna ,  gli uomini vertati nel negozio hanno creduto (cnipre che coniìfietTe la  certa fperanza di reprimere i latrocin; degli Uicocchi, e ovviare a’ pe-  ricoli che ^ l^tteUi venivano minacciati, (àrX bene, prima di metter  fine a quefU. anche quella materia fi dichiari qui co*   iiioi /o^amentf. .j. ^ •1*"*   ^ da fapere che il Vefeovo ^ Segna, Prelato ornato di pro«   'dotjrma, pratico del paele, e pmidenre, propofe che fi facefle un*  appalto co’ Veneziani d’alcuni bokhi vicini a Segna, abbondami tanto  di per arbori , e antenne di qualunque genere di VafcelU ,   quanto anebe di faggi, del qual folo legno fi fanno i remi per le galee;  e cbn proccuraflc di avere da loro un’anticipato sborlb di 50000. du-  cati, i quali fervirebbono abbafianza al difegno di fortificar i luoghi  dc^ confini nominati di fopra. Il configlio era molto opportuno, perche  i boTchi veramente abbondano di materia attifllma a’ bilogni luddctii ,   e fono    \    Digitized by Coogic     DEGLI USCOCCHI. 185   e fono cos'i vicini al mare, che con poca fatica, o fpefa, per fenticri  declivi, ufati anche in altri tempi, fi poflbno condurre all’ imbarco; la  qual copia , e comoditi efagerandofi un giorno in Segna dal Commiflà-  rio col Segretario Barbaro, e dicendo egli che quello era veramente  un teforo, l’altro rifpole cos\ eOcr in effetto; ma teloro di metallo, o  di moneu tale, che non avrebbe mai fpaccio altrove , che in Venezia;  la qual prudente rifpofta fe foffe Hata ben confiderata da gli Auftriaci,  non fi farebbono frappoffe nella conchiufione di un utililfimo partito tan-  te difficoltà; ma mentre l’Arciduca fu collretto di darne parte alllmpe-  radore, primieramente fi dubitò che quel taglio poteffe agevolar la (Ira-  da a’ Turchi d’ infeffare i confini: ma chiamato alla Corte Cefàrea, per  queffo effetto, il Vefeovo di Segna, con ordine di portar feco ddegni  reali di tutto il paefe, egli colla Ina prefeaza, e con vive ragioni levò  quel dubbio; onde gl'imperiali cominciarono poi a pretendere piò grof-  la fomma, e dimandavano sborfo anticipato di joo. mila feum, lenza  penfiero forfè di fpendeme parte alcuna in fortiheaziune di quel conG-  ne; non ponderando effi che i Veneziani, febbene poffono ricever qual-  che comoditìt da que’ legnami, non hanno però piò che tanta neceffitò ,  perchi non mancano loro felve che fomminiflrano materia fufficiente  per le loro ordinarie, e flraordinarie armate. £’ vero che la condotta  de' remi, che ft ugliano principalmente ne’bofchi d’Alpago, e di Can-  cerio, fi fa con dil^ndio, e con gravezza de’fudditi, a' quali li aifpar-  mierebbe volentieri quel travaglio; nel retto la materia i inefaufla,  tanto per remi, quanto per ogni altro bifogno di piò numerofe arma-  te: è però verifimile che anche per folo rilpetio della fortificazione de’  luoghi tante volte nominati i Veneziani farebbono condefcefi allo sborfo  di qualche mediocre lumma a coojp di detti legnami, per interefle  proprio di veder ordinato in que'jconfini piò mimeroft, e gagliardi rite-  gni contea i Barbari che penlaffitro mai per quella Brada d’infettar 1’  Italia, come hanno fatto in altri tempi.   \Ma il maggiore, e piò certo lérvizip , che fi farebbe cavato da quell’  accordo, conullcva nell’ occupare la gente di quel paefe nei taglio, e  nella condotta ; che cosò ella fi lardffie avvezzata a vivere delle lue fa-  tiche , nè avrebbe avuta feufa , ohe la fame , e la neceffitò fpingelfe  in torlo • perchè que'bolèbi avrebbono data póftetua materia , non fo-  lo di foltentarfi , ma anche di arricchirli; perchè, oltra i legnami op-  portuni per le armate, fe ne làidlbBno tagliati infiniti per ogni altro  bifogno di fàbbriche; la comoditti portar le travi, e le tavole per  mare verfo Venezia, o agli oppolti lidi della Romagna , e della Mar-  ca, ove fono cariffirae , avrebbe iltituito un traffico di molta ricchez-  za; ove ora i bofehi Hanno inutili, e la gente oziolà ; elfendofi , perle caule accennate, dilmeffa già la pratica; ed effendo infieme, come fi  diffe di Copra, ritornati gli Ufcocchi alla vecchia tana di Segna . In  quelli due punti gli uomini prudenti, e pratici giudicavano c& confi-  lleffe la llabilità de gli accordi, e del ripofo.   Però è molto da temere che in breve tempo non fi rinnovino le mi-  ferie (febben farà Tempre in p oter de’ Principi il rimediarvi) a 'mag-  gior danno della Criflianità ; perchè febben anche gli Ufcocchi s’ alle-  neffero per Tempre di non toccare le terre, i Vafcelli, o i fudditi de’  Veneziani, nondimeno le continue fortite che fanno verfo Obruazzo,  Teme II, Aa ove     •V    Digiiized by Google    i86 STORIA   pvt tcrmin* il canale della Morlapa, far^ fina lmente aprir gli occhi a’  Turchi , ^rr provvedere a’ fatti loro con un cpnfiglio non diflkile da  cfeguire, che ritornerà in notabii {iregiudizio , e della Cafa d'Aullria ,  e d’altri; il quale non infegnerò gih io in quella parte, ma egli era  ben intcfo dal Rabatta ; che pereti fi mollrava rifoluto di proibite che  quel canale con barche armate non fi navigale pib oltre , che da Se-  ^a a Scrillà, accib l’ingordigia di picciola preda di pochi animali, o  pochi fchiavi, non Tenifié una vola a pagarli con amare lagrime , e  colla perdita d’ infinite anime Crifiiane ; il che piaccia a Dio che non  fegua, e che i Principi CtiUiani cohofeano a tempo, e attendano a  divertite i pericoli, acci^ ad altri non relli campo di fcriveie pih do-  lorofe, e lagrimevoli Storie; dove qnella finifee con un’ incera fperan-  aa di non ^ fondaa quicw; la quale piaccia a Sua Divina Maeltk di  rendere (labile colla Aia lana grazia , p  terpreuzionc a cola che li polTa ricever per buona; e fon licuro che,  -leggendo quelli fncceffi, ogn'uno fi c#tificheri che nei diiordini civili,  noQ aliripemi che nei morbi naturali, i rimqdj lenitivi, lcb|iÀ pare  che di pRfen^ giovino, ènafpidlcono nondimepo il male, e lo' rendano  a 1 remp feguetlti più fiero, è atroce; e che, quando coH'nfeldc'iwidi  e appropriati rimedj, il male è guarito, conviene per lungo tempo aver  loipttto di recidiva, e governare il cor^, non meno il civile, che il  naturale f non colle regole de’lani, ma con quelle degl'infermi; e Ibprat-  tuito appa^rù chiaro, che' il buon'ordine in maceria fluttuante non può  elTcr incedono , le avA ì£ cura di proaurarlo thi dal dilofdinc cava  profitto ,   E per bene incamAinare la narrazione, mi i neccirarioriferiFe tutti  infieme gl'ntaieoli (iabilici tra il Rabat», -e il Palqnaligo, che'dall’Arci-  vclcoto furono commemorati Iporlamcncc, acciò fi vegga in che, e guanto  Intono oRervaii, o inìmrediti; d'onde ebbero origine le qaeAte feguite.  Conteneva quell' accori»to lei capitoli, »•   Che gli Ufcocchi non poteflcro' navigare, fe non nel canale dell»  Morlaca, tra Segna, e Serdfa, con altro nome detta Carlobago.   Che non poteflono accoftatfi all' Ifole della Repubblica, nè sbarcar fo>  pra i territori di quella,   Che a gl’ altri luddiii Aollriaci folTe Ubera la navigazione con VafelU  difarmati, e il commerzio per tutto aperto, come per l’innanzi.   Che non foficro riconofciuii, paflàndo innanzi il Forte di San Marer cuardia, col fcguitarli , 'ioapodi*  vano loro f efecoaióné de'dilegni , avevano però trovato un   lociit modo di fatvar sé fteflì, e le barche .proprie, ion aver far&> nel  fbruio-'di ÉÌaicu^ un forame, il quale 'renevanotucato eoa una grap  fpina; e,vedth  leo le pcffiÉie, indi , po0ato il pericolo, ricuperavano le barche» Il  Denaro, che im quei tempi fu rimandato in Dalmazia Generale per di-  veric prowifioni, vedendo ripullulare i troncati inconvenienti, fece trac-  rar col Capitano di Segna, e fargli apertamente intendere che, ficco-  erte concedeva molto cortefemente il libero t&mfito alle barche per vtag-  e mercanzie, cos\ non era per confemire che gli Ulcocchi [tranfi*  ralfcro armari, come pareva che s’aveflcro arrogala facoltà dì fare nc*c-  gh emergenti che nacquero da quefte occorrenze, e come ebbero fine, non  fa hilogno dirne di più; non avendo altra conncflTione colle cofe degli  Ulcocchi, fc non che efiì allora, come Cavalli lenza freno, corlcro co-  me per gradì & maggiori latrocini, eofi'cfb; fi diedero prima a fvaligia*  re le Caravane de’Morlachi, che conducevano vettovaglie, t mercan-  zie alle Città della Repubblica. Per miglior Comodo, fi ridncevano col-  le barche ne i porti delia Repubblica, opportuni per Icvarfi di là , e  andar al bditino ip Narerfta, Obroazzo, c altri luoghi de’ Turchi : irw  troduflero di corleft'iar anche nel Canale di Cattare; cofa da loro non  più tenrara, fervendoli* altresì per forza dcllè barche de’ luddici Veneri  per caricar ^l’animali, -e gli khkvi predati nel parie de’Tuixhi/ fi fer-  mavano nelle Ilole Venete a partir le prede, c a dar rifeatto a’ prigio-  ni con tanta libertà, e ardire, come le le operazioni loro foflcro di Icr-  vizio alla Repubblica, c di benefizio a’iuddiii di lei, c ne ntcritaflero  commendazione. Aggianfero a 'ciò il levar le mercanzie, c t dinari  agli Ebrei, e à’Turchi naviganti per Venezia, e far prigioni anche le  j«crlunc; nè fedivano d’inferir qualche danno ancora lopra le Ilole di   Pago,    Digitized by GoOgL     DEGLI USCOCCHI. 191   Pago, c d' Arbi.’ c acciò non rìmanelTc alcuno de ■ capitoli accordati  al quale non contravvcnillero, ricettarono nel loro conlorzio i banditi  Dalmatini, e i fuggitivi di Galea ; onde il numero degli Ufcoccht creb-  be grandemente; e i nuovi aggiunti, o per dcGderio di vendetta, a  per modrarfi non meno fcellerati, lervivano a gl' altri d'incitamento  a moltiplicar le olTele. Non racconterò in particolare le rapine, e vio-  lenze in quefto tempo occorfe, cosi per effer troppo in eran numero,  come per non infallidire chi leggeri colla fimilitudine degl’ accidenti ;  il che oflerverò anche all' avvenire , fc non quand o qualche fingolare  qualità mi collringerh a farne particolar menzione ; e febben io fo  thè le leggi della Storia ricercherebbono che folTero tralafciati molti  de i particolari che fono per narrare, e che i narrati anche folTero  più fuccintamente riferiti, per non caufare fazieth, e tedio; con tutto  ciò fcrivendo io non per la poderitù , ma principalmente per notizia di  quei che al prefente defiderano minuta cognizione ancora per altri ri-  Ipetti, che pel frutto che fi cava dalla lezione ;delle Storie, ho giudi-  cato di dover trapanare i termini dello Storico, e più rodo allargarmi  a far T uffizio di chi informa in controverfia giudiziale, affinchè ila pro-  nunziata lineerà, e giuda fentenza.   Le tante temerità, e cos'i ingiuriofe , codrinfero Andrea Gabrielli ,  all'ora Provveditor Generale in Dalmazia, a rimandare fuificiente cu-  dodia in quelle acque , per levar a'malandrini il comodo di corfeggiarc ,  con feguitarli dovunque s’ incamminavano, e impedire T alfaltar barche  in Mare, e lo sbarcar in qual fi voglia luogo in terra: cofa che all’  ora a i ladri non fu difeara , valendolene per pretedo di prevenire predo  l' loro Principi , figurando loro di non effer dati i primi ad’ offendere ;  e qiierelandofi che folTero a corco perfeguicati, e mal trattati, mentre  andavano per li fatti loro fenza far danno ad' altri, che a’ Turchi; e  alcrivendo a necelTaria difefa, ovvero a giuda vendetta gli fpogli, e  le altre tngiurie inferite a i naviganti, e fudditi della Repubblica in  mare, e in terra. E per le confeffioni d' alcuni di loro, che pofeia  capitarono in mano de' Veneziani; fi ebbe per cofa ceru, che defideta-  vano, e proccuravano di edere non folo impediti, e feguitaii, ma an-  cora provocati con qualche afsalto, per poter con più gindificato colo-  re impetrarne da i loro Principi licenza, e darli liberamente a faziare  le ingordifiime voglie in qualunque modo. Nè è da tralafciar di dire  che alcuni Pugliefi colla iiberth del tranlito incrcdulsero di andar a  Segna per comperare la cole predace, c a quedi vendevano i Morlachi,  e le Morlache Cridiane, predati nel paefe de'Turchi, accertandoli che  non erano battezzatti, de' quali era facu pubblica mercanzia, come fe  fofsero dati infedeli . Al principio di quede predazioni non è certo che  il Capitana predafse conlenfo efprefso; ma bensù, dappoiché Giovanni  Vularco, famofo capo degli Ulcocchi, ritornato da una gro^ preda  infieme con Pietro Rofantich , gli donarono 1500. Tolleri , e un Ca-  vallo di prezzo, fornito, fi moltiò aperto protettore del corfo. Mandò  in qualunque ufeita generale un fuo famigliare infieme con loro alla  preda, al ritorno participando la fua porzione del bottino: e pafsò tan-  to innanzi, che fi mife egli defso capo nella compagnia loto: la qual  cofa anche un giorno gli ebbe a fucceder male; perchè, avendo con-  gregati non folo gli Ulcocchi di Segna, ma tutti quelli del Vinadoli,   e aven-    Digilized by Google    I9^ S’ TORI A   e avendoli fatti fcorrete nella I.icca, non foto reflò defraudato del di-  fegno, ma gli convenne anche fuggire con qualche pericolo,- perchè ■  Turchi, avvifati, lo perfeguitarono; altri coriero ad alTaltar Segna, la-  (ciata lenza guardia fuflìcienre, che con difficolih fi difefe.   Di tante ingiurie, e inlolenze a’ tempi opportuni furono dall’ Amba-  Iciadore della Repubblica fatti lamenti alla Cone Imperiale, e furono  riportale fempre gran dimollrazioni dall' Imperadore, e da quei Mini-  Uri, di léntirne difpiacere, e promelse di rimedj.- ma efsendo occorfa  nel idoj. la prefa di una Fregata della Brezza nel Porto Cigalz , fo-  pra la quale erano diverfi Mercanti con alcuni groppi di Zecchini, e  altra buona quantità nelle borie, e flati Ivaligiati tutti con mal trattamen- gralirt fmontati alfaltarono Scardona, Città de'  Turchi , c riulci loro lenza alcuna difficoltli I’ imprefa , avendovi  trovata quella gente lenza nefiuna guardia; e uccifi quelli che, eccita-  ti, fi oppolero, depredarono la terra, fecero grolTo bottino di merci ,  e robe, e prefero 300. Ichiavi, e accelo il fuoco nelle cafe da piò par-  ti, partirono, e all'aurora predo arrivarono al Canale,- e quello jiatTa-  ro colle barche proprie, e con quelle dc’Sebcnzani, ( le quali poi ado-  perate forarono, e milero a fondo) inviati per terra quelli che non ca-  pivano nelle barche molto caricate, gli altri per mare fe ne ritornaro-  no colla preda.   I Turchi imputarono i Sebenzatii per complici , e fecero querele a  Collantinopoli; perlochè fu anche mandato un CiTiaus, e con molte dif-  ficoltà la cola fi pofe in negozio; c con maggior opera, e fatica, e  fon lunghezza di tempo fu fatto conolcere che gli b'cardonefi , per la  loro negligenza in guardarfi, furono principaliOima caufa del danno; «  che i Sel^Dzani non ebbero alcuna parte.   Gl'Ufcocchi, e i Minidri Audriaci difendono queda forte di azioni  con dire che i Turchi fono nemici della religione Cridiana, e de’ loro  Principi, e giudamente polTono offenderli, nè con ragione da altri pof-  fono effere impediti; e fi lamentano che fieno impediti da' Veneziani.  Ma elfi dall’altra parte rifpondono, che non appartiene in alcun conto  loro attendere, o doleifi, le i Turchi fono danneggiati da' nemici loro:  e ficcome non attendono a quello che facciano i Perfiani , ovvero gli  Ungheri centra i Turchi, cos'i non attenderebbono a quello che gli U-  fcocchi tentaffero dove co' Turchi confinano : ma quello che loro tocca,  e che loro importa, è il tranfito pff^li loro territori, o pct le loro  acque; non tanto perchè cos'i vieiM jioiata la giurildizione, quanto per-  chè i Turchi pretendono di elfer rifatti, come queda volta ; ovvero pi-  j;liano di fatto il rifacimento fopra i Ridditi Veneti, come in altri tem-  pi è avvenuto; imputando loro che tengano mano, 0 fieno complici,  o almeno che fieno tenuti ad ovviare, e nonlo facciano. Se vi e tan-  to zelo di religione, c di perfeguitar i nemici della fede , vadano per  li loro confini, che fono larghi, e fpazioC, e là efercitino il loro zelo,  e va ore. Che, per offendere i nemici della fede, entrar violentemente in ca-  la dell'amico, violarla, e metter le cole di quello in pericolo, e in danno,  non è uffizio, ma pretcflo di religione, contrario g i fanti precetti di queda.   Il Ba-    Digitized by Google      di Pifino per li» lìcdrciaii, promife con lue lettere al Genera!  iRTo che avtehbe ifancenuca la fua roldaéelca in difciplifia , fìcdKc ncf-  Ibno avrebbe occafibne di querelarli . Diedè -principifi ili’ informazlonè  per mandar alla CArce, e delle cofe predate ricijperb tre mila 'zecchi-  ni dc'gropii, perchè quelli erano capitali in ftunò de' priocipali'/ ^r  qdellh 'dhe Tbccava la robe',* ficcoma per li tempi palTati 11' mandaf per  informazione ilon pdrrorl Inai ahrd efrecn>,~fe non tfllazione', accioccU  il rubbaro poteffe eflTer trafugato con comoAj; e TIldfi, per non fSV la  rHRtiizione, ne facelTero parte a chi poteflé'prdl^crli; cds’i nelTocc*-  finne preftnte refe la ricoperzzSsne impoflibile . Imped'i il Baronè agli  Ufebethi Pufeir allS peda; e ^1 tempó'di fei raefi, che dimorò in Se-  gòa, le cofe panarono afiài Quiete Parti all’ improwflb pr Spagna, per  la ’lffórte di un fuo -fratello , e lalc^ le trfè in cdhMone; e de 1 tre  mila ‘zecchini de’groppì Hcòperari non li lepp mai che cofa ivvenilTe .  Von Mterono i pdroni'Vitrame parte alcuna, quantunque, ajutati da-  gli nmaj de’Minilirr della RepaWiea, JafèlRro continuate iHanze in Se-  ^af e aXìratt pef rtlHtuzfShe/ jdeW Ih line, ftanchi , non tor-  nardfr piò loro il cifnlò di profeguire, ihbandonarom 1è loro ragioni.  Fu un’ arcano ufato in tutti i tefpi da chi comanda agli Ufcoccnl^ di  deibdere gli uffizj de" Minillri * della Repubblica, e If private iltanze',  llancaido gf in tereffati colle diUèfimi, e nhtrehdo 1 pubblici MiniDri di  fpranze d*^tera rèWruzIonc dei tolto, e galligo de’ifelinquenti, fili tanl  tq che, fitccedehdo uh altro rubbamento, e dopo Quello un’altro, il par-  lare de’liiècelli frefcfii faccia porre prima in lilenzto, e poi in obblivio-  ne i primi .■ e fi può ftire generalmente che fempre hanno pollo in fi-  knzio, e coperto ogni 'fiìblnmenro con un'altro nuovo.   Per la partenza del Barone, gli Ufcocchi, reflati liberi, fi avanzaro-  no nelle iniblenze con dtqni di ‘tutti i generi di fopi^ raccontati ; e in-  traprefero -di più tih tentativo chO ne'feguenti tempi ogn’anno tentaro-  no di metter ih effciro. E’ pollo in ufo che da "Venezia parte una Ga.  le,! , che chiamano della mercanzia , per Dalmazia , donde leva le mer-  ci che fono portate aquella fotta.’ Gii Ufixcbhi penfanno che, venen-  do loro iicto di poterla una volta fpoglldfe, foiebbe (lato un' grofiìlfi-  mo boKìno per loro, c gran fervizio a’Ioto Governatori, fe quel com-  merziO' foffe ftatn'- imcirotto ; però ile’ tempi dell'andata, e del 'iitomq  maraviglia è quante. infidie*s'ingegnarono''di porle; ma non hanno mai  potuto colòrir il difegnb, perche h Galea, per fila ficureiza, fempre i  fiata da Galee, o barche armate accompagnata ; ma quantunque la mi-   andaflè fallace, ^on rdlavano di (jdiptrè in altro, Icbben non di tan-  to fratto, perdiè ,- mentre fi attendeva alla cullòdia ’ della Calcai, con-  veniva in qualche luogo rallentare l^'guardie; e reftava qualche parte  del mare non cullodita , e loto aperto il luogo datwtcr far de'mali pa-  ri a i loprannominati.- A queili Igginnferu apprefliptn nuovo , e lira-  no ufo di violenza dove era ^nalche figliuola da marito di buon paren-  tado neU’Ifole, 0 Terre marittime (tf -Dalmazia; andati improwifamen-  te,‘o di notte, o in ^Itfi tempi più opportuni, con inforzar lecafe,Ia  rapivano in matrimonio di alcuno di loro; e poi co’congiuuti .(che al  male palfato non potevano rimediar^’) iratiando {bee, e feofando il fat-  loj pròecuravano d’ indurli a ficonoftérli per. parenti, e favorire le cofe  Tomo li. Bb z loto    -i :.y CVtJOgU    ig6 STORIA   loro eoa intelligenze, zvyifi, e zltri zjaii- Pochi ne poteyzno periiia-  dcrc, |>er le gran pene cb'cleguiva la giullizia contri chi era trovato  aver parte con lofi; ma citi contra qoclli che liculàvano oftilmentc  procedendo, valendoli di preteOo della dote della moglie , tenevano in  continua venazione le perlbne, c gli averi loro fin tanto che lioflcco  eoodotii a mileria efttcma.   Alle violenze, arrapine ovviava ,Giam • Battifia Conntii^, Generale  Veneto, guanto «jr’foflibile a chi non voleva ulare i mezzi proprj di  alidar a i nidi dp’iadroni, per non difpiacer a' Principi confinanti; ma  Iblo* difendere le cole proprie: il che riufeiva difficile, avendo a guar*  una Riviera di joo. miglia con unte Itole, e fcogli, cooira gente  ardita, veloce, e temeraria, che, fingendo andare in un luogo, paflàva  ad nn altro, e con ellrema preftezza fi Ipcdiva da quello, c ririravaC  in licuro. Occorfe nel (idod. che, ritrovandoli .nel porto di Veftria,  rreCò a Rovigno in Ifiria, una Fregata Catearina , la quale portava  Icttere del Principe, c. lei mila ducati di danari pubblici, e altra fom-  ma ge' privati di circa quatira mila, con mercanzie, e robe di valore,  te barche di quelli fccilcraii raffidtarono, e In lQ|p>gÌiorona di tutte le  robe, e de' danari j, e, quello che peggio di luitoifu, afponate k pub-  hliche Iettare , e partendo di li, con maggior  crudeltà Ihccheggiarano  altri navilj ritrovati in altri porti della Rcpubhbca, levando a' ^dan-  ti, ,o a' Marinai ic camicie, e le fearpe; e 1 capi, dopo aver prefo per  sd (Icifi una grofià porzione della preda, il rimanente del botiino divife,  IO in i$o., che tanto era il numero. 11 Coniarini , che fin allora fi era  contentato di ftar loia alla difela, ed impedire ilenuiivi , cqnofcendo  che per tal via era impolfibile conseguirne il fine, vedendo giornalmen.  te crefccrc gl’ inconvenienti, coofidcniado il danno per la preti della  Fregata, e, quc|ia che più filmava, il pubblico altronio per le lettere  interceite , giudicò neceifario lerrar i palli a Fiume, Bttcari, e Segna ,  e impedire rufdca, e andata di ogni t>ru di valceUb a quei luoghi,  acciò quegli abitanti folfero cofiretti a defiftere dal ricettare, e fitvoriK  i predoni, ovvero trovar modo di conrenerli m uffizio. la fola perle,  dizione de'ladroni nel mzre non può aver rimerò cilctto di reprimer*  li; imperocché, riduceqtlofi elfi, per dividere le prede, fono là monta,  gna della Morlaca, fito fortifiimo, e molto comodo, per la moUipUci-  ib dclté valli, e. de' porci, e per la proffimiib dcircmiiunae, d'onde col-  le ^ardie fcuoprono da lontano, ktuvano la maggior parte de' perico-  lì . Per tanto i Veneziani , ammaeftrati dall' efpcrìenza , hanno fiabilica  una mafiima, che fia di poco frutto, cosi il pcrfeguitarli , come impe-  dir loro l'ufcua; ma folo giovi l' impedire il ricetto che hanno |nellc  terre, fon gafligarle, levando loro il commerzio. I^r quella caiÀ il  Generale pybhlicò un leverò bandAv ohe nefiqno de j fumiti poteffic a-  vere commerzio con quelle terre; e neffun Vafcello di qualunque luo-  go vi fi potelTe aaA^are; e per aggiunger la forza a' precetti , accreb-  oc il numero delle bapchp frmaie ; a&ldaia molta gente Albancfe ,  chiamò altre Galee, e fece cosi potente annata, ^che fuor della fua in-  lenzione diede gelofia agli Arciducali di aver animo di efpugnar le For-  tezze,   Per quello timore Gian Jacopo de Leo, Vice-capitano (che il Capù  rane Francol era allèntc) per, nome proprio, e della Citth, fi purgò   con    Digitized by Google    DEGLI DSCOCCHI. 197   con lettere predò al Ceotarini, mollrando dirpiacere di quello che al-  cuni pochi ribaldi centra il voler fuo, e della Ciiih, avevano operato;  o&rendo foddisfazinne.- e il Baron di Khisii, Gcncnl di Crovazia, ca-  lò a Segna in diligenza , per rimedinte : fubito fece imprigionar quat-  tro, i ^ calpevoli, e con léveri bandi & diede a ricuperar quanto po-  teva del bottino, fiteendo intendere al Contarini di aver ricuperata gran  parte de' danari, e delle robe; e che attenderebbe alla ricuperazione del  rimanente ; che darebbe il gaftigo a' colpevoli ; reftituireìdie i danari  pubblici a ehi folTe mandato per riceverli; e i privati a' padroni che  andalTcro con iuficienii giultificaziooi : léce ìmjMCcare un Albanefe , e  uno di Segna, i due più colpevoli de' quattro prigioni. Al Segretario  del General Veneto , che a tal efictto fu mandato a Segna , rellitu'i  7500. ducati, e la porzione di robe allora ricuperate, oiTerendoli di ri-  cuperare il rimanente; che quanto a' danari non arrivava a 3000. du-  cati; rellando però ancora buona quantità di roba ; il che per eSèttua-  re', fece intendete a 150. che s' erano ritirati , che perdonerebbe loro ,  tellicuendo cufcuoo compitainente la parte toccata toro ; avvertendoli  che lenza quello non av^bbono trovato perdono ’, e f ece pubblicar un  fevero bando da tutti gli Sud di S. M., e di S. A. in pena della vita ,  e con taglia contea lèi aifentad de' molto colpevoli, ordtnando cheli dif-  ferilTe a procedere contea gl’ altri, fe però refiituHTero,   Ciò fatto, il Baron ricercò per corrifpondenza la rilaflàzione delle  barche trattenute, la livoeazionc de’bAidi pubblicati, e la liberazione  del commerzio. Il Contarini, quantunque teneflè per impoflibile, più to-  lto che diAcile , che dopo 1' aOédio levato lì dovcBe parlar più di ri-  cuperar il rimanente, reputò nondimeno di dover contenmrfi della pro-  meflà; foggiuogendo che ferebbe reltato laddisbcto, quando gli foBno  coiifesnati i due prigioni intervennti nel mitfatto, che orano ludditi Ve.  neti banditi; e folientava la fua dimanda, per efler loro flato dato ri.  certo contea i Capimli eoncordad col Rabatta . II Baron non-poteva fen-  tir a parlare di quello. Diceva che il ferlo era cola da sbirro ; ohe pre-  tendeva r accordo in quella parte nullo ; riprendeva il Rabatta , che in  ciò non fi foflè portato da Cfavalicie : e replicando le iflanze il Conta-  rmi, ed egli le teufe, i Cittadini, anfiofi per aver il commerzio Klie-  ro, fecero iflanze cflìcaciflime, acciocchò per due fcellerati canti aferi noti  patilTero ; e quei di Bucati, e di Fiume, intendendo la difficoltà, man-  darono i principali de’ loro ad unire le preghiere cogl’ altri. Il Barone,  prclQ un partito, di fare la giufliaia, e infieme di loddistàre sè fleflò ,  clevar il modo al Contarini di far maggiori iflanze, una 'mattina,  nella quale fi afpeitava il Segretario Veneto, innanzi la fua venuta fe-  ce atuccar amendne ad una forca. Non piacque al Contarini rdfer de-  fraudato della fila iflanza, la quale repuuva giufta, e neccITaria , -per  contener i fuoi in uffizio; tuttavia, non eflendo alcun rimedio a colà  làia, mollrò di contentarli. Fu dì nuovo confermalo da ambe le par-  ti che farebbono fermati i Capitoli concordati dol Rabatta ; c promife  il Barone che innanzi la fua panenza avrebbe lafciaii ali comanda-  menti, e ordini dì procedere col rigor della giuAizia , che più non fi  feniirebhono inconvenienti. Quello fuocefib lUede maggior Iperanza di  vederi nerpetuau la quipte, che l’opOTto dal Rabatta; perchè, eden-  do queffli flato uccdiP, pareva che gli oiduti da lui polli reflaflero fen-   za prò-    *98 s T O .R' I A   zz protettore, e che quell' el'empio dovclTa ipaventar ognuno mandato  per p{ov vedere. Ma rcflando m vita, e nel carioo/  lòtto la. fede ad abboccarli eoa loro, conduccndo leco i prigioni; dove,  avendo loro dato rilcaiio per quello che poterono avere, fiabilirono una  fer«ni0ima amicizia co* Torchi, avendo mangiato, e bevuto con loro, e  fatte aliegreize, e fefle lolcnniUime per la riconciliazipneé-il   Il Radich alla Corte Cclarea avendo inoltrato, elfcr’ impoffibtle che gli  Uioocc|ii^reflairero in Segna lenza le prede, quando loro non' folTc dato  ahro.modo di vivere, e mameneiTi; e avendo ritrovato ncllTinpcradore,  non maniunientodi volontà^ ma di forza per poter far aflcgnamenio pervie  paghe , fu|^licò che gli folTero cence^Ko k eonthbuuoni che da molti  Yiikiggi de MorUchi di quel pack tnaù rifeo^ dal Gecerale 41 Crova-  m; modrando non eire(e neod&ria la fopraimqntkRza di querGéoem-   fcv. le, che    Digilized by Google    DEGLI USCOCCHI. 199   le, che con quegli alfcgnamenti li faceva ricchiHìnio fenza predar alcun  lervizio a Sua Maefth ; ma che quelle con )wca cofa apprcITo làrcbbono  badate per pagare la Guarnigione dì Segna , e per mantener un Ca-  pitano (opra tutto il paefe : al che fu predato orecchio dal Configlio  Cefareo, e trovato buono di alTegnare le contribuzioni al pagamento  della milizia : dì che il Radich fu molto contento, fperando di cavare  dagli affegnamenti tanto utile, che fi potelTe fodentar il prefidio. E  oiienute diverfe efenzioni per tutto quello che portadèro fuori, o den-  tro della regione , parti molto foddisfatto , con deliberazione di far ogni  sforza, per racquidare la grazia della Repubblica; avendolo per cofa fa-  cile, quando fode adìcurata di non fentire moledìc da quella gente; di-  fegnando, tralafciato il corfo, e accomodate le didcrenze, far ben i fat-  ti Tuoi con mercanzie di legnami,   Quedo era certamente un ottimo, e perfetto penderò per benefizia di tutti quegli abitanti, molto più riufctbìle, che l' introdurre negozio  di quella mercanzia tra’ Principi ; al quale, per li rifpetti , e fofpetti ,  è impedibile trovare forma che non abbia infiniti contrarj; che tra pri-  vati l'introdurlo non averebbe difficolti alcuna; s’incamminerebbe a po-  co a poco ; e da sè dedb per le vie che gl’ accidenti giornalmente  fomniinidralfero ; non vi farebbe bifogno di Ipedizione di CommilTarj,  n^ di altre lunghezze, e fpefe fuperdue/ ma il mal codume di tjuegli  abitanti , e la maggior dolcezza che porta il viver di quello d’ altri  più todo, che delle fatiche proprie , non lafciava loro metter in efecu-  zione un canto buon penderò.   Partito codui dalla Corte, e rifaputafi la deliberazione Imperiale a  Gratz, dal Generale di Crovazia fu podo impedimento all’ eiccuzione  del deliberato, perchè veniva levato un grand’ emolumento al carico  di quel Generalato, che fi dava per rimeritare un l'erviiorc di Sua Al-  tezza; nè gli Ufeocchi di ciò fecero rifentimento , attefo che, dfendo  interrotta la trattazione delle tregue co’Turchi, per aver clli dato titolo Regio a Valentino Umonaj in Ungheria; e per confeguenza cedata  la cauli della proibizione di predare, gli Uicocchi (tanto può la mala  inclinazione aggiunta ad una coniuetudìne pcrverfa ) ebbero più cara la  liberti de i foliti ladronecci, che 1’ alTegnamcnto delle paghe; onde ri-  tornati all’ infame corfo , e ad infedar la navigazione , e le Ilble , co-  drinfero i Veneziani a prefeguitarli in mare, e a metter impedimenti  all’ufcita loro. Dalle quali provvifioni febben era prevenuta gran parte  del male che lenza que’ rimedj (irebbe fucceduta, non erano però luffi.'  cienci di fare che i ladroni non pizzicalTero le Ifole, e che qualche  Vafcello non capitaffe loro in mano. Il Generale Veneto, per ovviare  interamente al male, fi voltò a inidi, dove fi falvavano colla preda,  e proibì il commerzio a tutte le terre Audriache dove fi ricoveravano ;  onde, riufeendo maggiore il danno de gl’altri abitanti, che de i mede-  fimi Uicocchi, concorrevano perciò continuamente in Gratz le querele,  e le efclamazioni de’ Citadini contro di loro, eleidanze, che finalmen-  te una volta folle daddovero rimediato in modo, che non patilfcro ogn’  anno un’ affedio : e mentre a quella Corte moltipicarono i lamenti  dei fudditi, quei Minidri opportunamente ebbero indizio, che i princi-  pali Ùfcocchì, 0 difgudati per la proibizione di non ufeir alla preda, -  ovvero intimoriti che non folfe rinnovata , rifpetto al trattata di tregua ,   eh’ erg    ■LOO    S T ORI A   ch’era rimenb in negozio; o per loro maligna, t inquieta natura, ave>  vano contratta qualche i'egreca intelligenza coi Turchi , e iemintvano  pernizion, e fcdizioG concetti negli Ufcocchi minuti: per le quali cau«  le unite inficmc fu deliberato in quel Configlio di mandare CommUTa-  rj di tutta la Crovazia Lodovico Baron Diatriliain, e Giorgio Andrea  Khazian; i quali, fatta inquifizione de’ colpevoli, c ritrovato vero più    Jore di quattro mila ducati, fi ritirarono in Campagna prelTo a Segna,  dove divifero la preda; e le loro donne, ufeite di Segna, come per an»  «Ur a veder i mariti, e parenti, la portarono in quella Città. Quei di  Segna, per timore che il commerzio non folte loro levato, mandarono  a far lamenti di quello fatto con Gian* Jacopo Zane, Generale, che  poco innanzi era luccelTo al Contarini, e a mofirar d' cirer in quello  lenza colpa; poic^^ t malfattori erano banditi, e ribelli. Dallaltra par»  te Rimavano i Veneziani quelli tutti artifici; anzi avevano qualche dub*  bio che i bamii tufferò finti; poiché permettevano che le donne abitaf*  lero io Segna, e i Fuorukiti praiicaficro vicino alla Città, ^ forte an-  che dciiiro occultamente; e fe non davano ricetto a’ Predatori, lo da-  vano nondimeno alle prede : però giudicò il Generale che l’aver rice-  vuto le donne colla preda folse cai^ fuBìciente per rilentirfi centra di  loro. Foie l’armata in guardia alle bocche di Segna, che dava loro  grand'incomodità; dal che nafeendo mancamento di vettovaglie, grida-  rono centra gl’ Ulcocchi, e vennero anche alle mani i Cittadini co' gl*  Utcocchi; e tra' SegnaniJ, e Fiumani nacquero grandiilime difeord/e ,   perche    Digitized by Google     DEGLI USCOCCHI. xor   perché que(K pativano effi ancora , e dicevaao «iiifr de’ Segnani .  Il bilbgno fece ulcir furiivamenit in una barca ad. Ufcocchi , i t^uali  temen£> il Capitano di Segna che col far nuovi danni foITcro caufa di  far rillringere maggiamente la Cittb ; e avendo avute comandamento  di guardare che non fofféro fatti danni a i Turchi , acciò non foHe  dato impedimenm alla tregua, eh’ era tornata in trattazione ; fece Ca-  per alle barche de’ Veneziani che fi guardafleco ; onde gl’Ulcocchi fu-  rono perfeguitati , e combattuti, e ne refiarono i(. morti , prigio-'  ni , e 3. falvati. Di ciò gli Ufcocchi entrarono in gran contefa col  Capitano , il quale fi feusò con dire di aveva avuto ordine dalla Cor-  te di coc\ fare ; e che qualunque volta ufeiranno lenza Ina licenza ,  lo farh intendere o con avvilì, o con tiro d'aniglieria , ficchè non fa-  ranno ficuri. Il che fe fofle fiato olTervato , era una via di fnidare i  malvagi, 0 contenerli nei debiti termini.- non feguì più efempio tale,  o perchè i comandamenti foflero mandati per apparenza; o perchè a i  Minifiri bafiaife mofirare di dar loro efecuzione con ofiervarÙ una vol-  ta , 0 quanto meno folTe poffibilc ; '   I Segnani, per liberarfi totalmente dagl’ incomodi che fofienet-ario  per l’impedito commeizio, vennero in riloluzione di congregar quello  che poterono avere del bottino, e far andar a Segna Girolamo Barbo,  Cittadino di Fola, per convenire con lui della rellituzione . Il General  Veneto fece rifolnzione di fiat a vedere fe quelle dimoftrazioni erano  reali, o pur de’foliti artifizj, per addormentare; e l’evento dimolirò che  tali erano; perchè al Barbo non fu renduta fe non una poca pane di  quello ch’era fiato tolto di fua ragione; quanto al rimanente ricercava-  no tante ginftificazioni, che fi vedeva chiaro che non volevano far- al-  tro .- il che fece anche dubitare fe aveflero qualche intelligenza con  GiurilTa, fe ben bandito, la 1 1 1 . '   Ma fe'i bandi fodero veri, o finti, non fi può affermare.- certo è  bene, che innanzi il fine di fei mefi dalla pubblicazione d’eflì, Giurif-  fa', e Vulatee con tutta la compagnia furono ricevuti in grazia dal Ge-  tKrale di Crovazia, e rimefli le colpe, ritornarono in Segna ; e Giil-  rilla fu anche nel medefimo grado di comando. Ma non fi venne gih  ad alcun’effetto della rellituzione.- anzi a quei di Fola, alcuno delqoali  andò per ricuperar il fuo, rifpondevano di voler relhtuire a perfona  pubblica ; fe il Generale diceva di mandare per ricevere, rifpondevano  effere neccITarie le giufiificazioni de’ privati; anrochè i poveri Polani ,  fianchi , celfarono dalle ifianze . . -u   Stettero quieti gl’ Ufcocchi alcuni pochi mefi , edendo conchiufe le  tregue co’ Turchi, c pubblicate in Segna infierire con una proibizione in   r na della vita, che nedu'no andade a’ioro danni , nè ufeide per qual  voglia caufa in corfo per Mare, con ammonizione di contentarfi del-  le paghe; e a chi non paredero badanti, o non bafiade l’animo di vi-  vere fenza predare , fode libertk di portirfi . Non fu alcuno di loro che  reftade contento ; perchè , aOiiefetti a vivere con abbondanza di botti-  ni, fi conofeevano inabili a poterli foAenure, malfime non feorrendj le  paghe; ma, attefa la liberth conceda di partire, utM parte di loto die-  de orecchie a perfona capitau a Segna , che trattava di condurli al  fcrvizio del Gran Duca di Tofeana. Un’altra parte, ch’era de’ foldati  vecchi , a i qbali non piaceva mutar paefe , e ufeire di D.ilmazia ,  Temo //. Cc tratta-     ^o^    STORIA   tniMrono di condurfi ^ liprvizÌ9 delU Repubblic*. Mandi rano per ciì  Viaccnzo Sp^derich o trattarne per nome loro col Generale, oiièrendo-  lì di fervile o nelle barche, 0 nell? tene, o tutti tenuti, odiviC, co-  me (’ Principi lòde piaciitto ; ed cflcndo ftau oppolU loro la profeffio-  ne del corfo tanto odiato dalla Repubblica, ritpofero cbiaraiDcnte |ch'  erano andati in corfo (piando chi loro comandava voleva che così £i-  cedèro; e ch'emendo in fervizio d’altro Signote che loro comandaliè il  vivere quieto, e ftare ne’ loro termini, ubbidirebbeno puntualmente. Si  offerivano che, quando ben abitaflèro divilì, avrebbono fatta licurtb 1’  uno per l'altro, e tutti per cialcuno di qualunque male follé flato com-  meffot I-e parole certo erano molto belle, e meriuvano che foffero lo-  ro aperte le orecchie,- ma le operazioni di chi le urtava le chiudeva-  no aJffatto ; e farebbe flato moltq femplicc chi avelfe creduto che uomi-  ni, vifTuti Tempre fcellerati, in un momento potefleio farfi buoni,- pe-  rò il Generale non diede loro fperanza alcuna nò meno li lafciò in di-  fperazione, che non poteffero ai'pettare colla mutazione delle operazioni  qualche grazia, La condotta dal gran Duca fu maneggiata quali un’an-  no, della quale qual foffe la conchiufione al fuo luogo fi diÀ afflìtti i fudditi della Repubblica per U frequenza de’dan*  ni, c intimoriti per rafpcttazione de’ peggiori, indufTero Marc’ Antonio  Veniero, Generale Veneto, ch’era lucceflo al Zane, a farne querimonia  col Capitano, che contra le promefTc tante volte replicate, agii Ulcoc>  chi foflc permeiTo il dannificarc i vicini ; c che i proprj Governatori  delle terre, in luogo di mortificare l’ardire loro, lo fomentaiTero con  permetter loro di fabbricar barche contra la promelTa, c l'ordinazione  dì Sua Macfl^ . Qiìefli lamenti non riufeendo di alcun giovamento ,  perchè il Capitano foddisfaceva Tempre colla medefima rilpolla , che  non iifcivano con lua laputa, ma contra gl’ ordini di Tua Altezza.* eh*  egli non aveva forze per far loro impedimento, ma bensì che a(ipet>  riva 500. Alemanni per regolare quella milizia , la quale confcUava  ch'era trafcorla troppo, e pih che mai che per lo paflaco. 11 Genera-  le, certificato che tutte erano parole, c lufinghc, ricorfe al folito ri-  medio dì otturare le bocche di Segna, e di altri luoghi Audriaci.   Un calo avvenne, che codrinlc gl’ Arciducali a porgere rimedio; per-  chè VuUteo, ufeito di Segna con grofia mano d’ Ulcocchi , alTaltò un  Galeoncino partito d’Ancona, per pafTar a Raglili, carico di panni di  feta, e lana, di valore dì 15. mila feudi; la maggior parte roba di Crt-  diani; la qual tutta depredarono, fatti prigioni quattro Turchi , e quat-  tro Ebrei che erano (opra il Valcetlo; al rittiedio della qual cofa, pel   f rave lamento del Nunzio di Gracz, da quella Corte furono fpediti  raimo Dìatridain, e Feliciano Rogato Commiffar;; i quali, giunti,  prefero informazione delle qualiù di cialcuno de capi, e delle male o-  perazioni commenb da alcuni anni fino allora, e ritolfcro di tornar a  Graiz, per dar conto del tutto, e trasferirii di nusvo a Segna con for-  zc, per poter clcguire quello che giudicavano neccllàrio; avendo ordi-  nato al Capitano che fino al loro ritorno non latciafTe ufeir alcun U-  fcoccho di Segna. Fecero anche ridurre inficme tutte le barche da cor-  fo, per mandarle a Fiume; affinchè foffero in quella terra abbruciate.  E’ fama, che all’ arrivo di quedi Signori in Segna foHc loro prclcntato  in dono una porzione della preda, c che da effi foiìc riculata con mor-  morio dc’ladri, che l’alcrivcvano al voler coftringerli, quando ritorna-  ti fofTcro, a farne loro parte maggiore; aggiimgcndo effer co%\ avvenu-  to ne tempi pafTati ; e qualche volta aver convenuto donare tutto il  bottino.   Non cosi predo furono i Commiflarj partiti, che gli Ufcocchi, ec-  citata fedizione , contra la voiontk dei Capitano ( che dopo l’ aver  tenuto le porte tre giorni ferrate, fu codretto, temendo della Tua vita,  o fingendo di temere, ad aprirle) ulcirono di Segna, e andati a Fiu-  me, levate violentemente le barche ch’erano ridotte in terra, per c0cr  abbruciate, c occupatene molte altre dc’Dalmatinì, che fi trovarono in  quel porto , fi pofero in mare ; c lenza alcuna didinzione de luo-  ghi depredarono nell’ldria il Territorio di Barbana ; c poi rivolti veiv  lo le Ifole, e fatti molti danni, in Bue diedero anche fupra il paefe  dc’Turchi : non riufeirono però loro profpcramcntc tutti i tentativi,  ficchc poceflcro gloriarli d’ aver piò avanzato , che perduto . Incon-  trarono a cafo tre delle loro barche ben armate il Capitano di Gol-  fo , dal quale lèguiti , furono codretti a combattere , e morti buon  numero di loro^ gl’ altri , dati in terra, fi ùtvarono, abbandonare le   barche,    ^o6 STORIA   turche, che furono abbnitiate; e liberati quindici Vafcelli , che da lo-  ro erano flati arredati nelle acque di Premoniore: un'altra bacca fu in-  contrata dagli Albanefì, c combattuta, dalla quale fu rkuperan buona  preda fatta fopra una Fregata de'Padrovicchi,   Il ritorno de' Commiffar; fi differì quafi un' anno ; durante l' affenza  de'quali, erano frequenti le ufeite degli Ufcocchi alla preda, e in grof-  fo numero, fino di 400. Con molte barche faceva dimodrazionc il Ca-  pitano, quando era nella Ciitb, 0 il Tuo Vicecapitano , quando egli era  fuori, di refidcre : ma non i cola facile da perluadcre che refidclfcro  daddovcro all'ufcita di quelli che al ritorno ammettevano nella Cittb  fcnxa difficolth alcuna : che le avedéro avuti per contumaci quelli che  lontra il loro volere ufeivano, con facilicb avrebbono potuto tenerli fuo-  ri al ritorno; o almeno punirli nelle cafe, e nelle robe che lafciavano  nella Citib; ovvero far avvUare le guardie Veneziane, e in quella ma-  niera vendicare gli fprezzatori dell'ordine del Principe, e dell' autoritli  loro. In molte ulcitc di quel tempo non fecero prede di gran momen-  to, per gl' impedimenti che l'armata della Repubblica loro attraverià-  va,' nè occorfero cafi memorandi, falvo che uno ridicolofo, e due elem-  plari . Il primo fu , phe , avendo prefb un valccUo da Lanciano carica  per Venezia, penfando d'aver fatto graa bottino, fi ritirarono predo 4  Segna, per dividerlo; e trovarono il carica tutto di mele con molto nu-  mero di Icattole di manna, della quale, parte per fdegno di eifer in-  gannati dalla Iperanza, e parte per appetito, credendo che folfe con-  fezione, ne dtvurarunu quantitli grande : il che inte fo dal loro Medico  in Segna , ebbe opinione di doverli avete tutti ammalati di fluflo : re-  dò nondimeno l'arte dclufa, e ncOun di loto ebbe pur minimo moto di  ventre. Ma degli accidenti confiderabiii uno fu, che, avendo prefa una  Fregata, ed effeudo dati lopraggiunti da tre Galee Veneziane, fi die-  dero alla fuga, e li ritirarono verlo Buccari, terra del Conte di Sdri-  no, dove dalla Fortezza fn tirato un pezzo di ficurczza alle Galee; di  che quelle fidandofi, fmoniati, e gli Ufcocchi fuggendo , le Galee an-  cora pofero foldati in terra; e non mefcolandofi m conto alcuno quei  'della fortezza, redando folamente alla guardia delle fue mura , furono  combattuli, e uccifi parte de'ladri; il redo fi falvb con difordinata fu-  ga ne'bolchi; c dalle Galeefu condotta via la Fregata, e la barca de'  ladri col bottino, che però non eccedeva il valore di 400. ducati , e  fu venduto a' padroni. Se dalia Cittb di Segna, e dalle altre terre do-  ve gli Ufcocchi fono dati ricevuti, e lai vati , foffe dato ulaio quello  jnedcfimo debito, per edirjMakine de' ladronecci, che fu quella volta u-  iato da quei (li Buccari , u male non avrebbe fatto pragreflb , ma fa-  rebbe da^ rimedialo nella fu» origine .   L'altro accidente fu, che, fatta un' ufciia generale, avendo penetra-  to nella Licca, per rubbare, furono adaiiti da'Turchi , c Morlachi in  gran numero; e rimanendo uccifi molti di loro de' pih principali, e pili  arditi, e numera maggiere feriti, rellarono gl'aliri aldini molto, e con  gran penfiero di vendicarfi wr la morte de' compagni . Sarebbono lue-  ceffi molti mali edetti, fc u ritorno de'Commilfarj non avelie coftretti  i Malandrini di peulare ad altro : i quali Commeflàrj , giunti in Se-  gna, avendo fan» impiccare ad un merlo del Caltello Purilfa, uno de’  Capi molto infolonte , pofero tanto leriore , che molti fi ritirarono fuori   colle    Digitized by Google     DEGLI USCOCCHI. xo7   colle bmiglie, pane nelle altre terre del Vinadol, c i più colpevoli  alla monugna> Alcuni di cffi entrarono nel Callell o di Malvicino, non  guardato, con penfiero di fortificarn dentro, e tenerfi finché paflallé 1'  impeto della giullizia; né lo poterono elèguire, perchè in quell' illeflo  tempo pallando di Ci la Galea Morofina, gli alEtltò colla miliaia polla  in terra; e da mare eoa l'aniglicria, e li cofirioTe a ritirarfi alla mon-  tagna, efiendo rellati morti alcuni di loro. Mandarono i Conamifiari  oidinii, e bandi per tutte le terre, che ao. nominaci da loto foliero  prefi vivi, o morti. Quelli principi diedero fperanza di qualche buona  provvifione : ma durò poco, e non ebbe efietti dillimili dagli occoifi  altre volte. Imperocché i Commelsarj, lalciaci feverì ordini, e proibi-  aùni del coriéggiare, e predare, e latta una compofizione per l e paghe  decorfe , con promefsa che in breve làrebbono fiati mandaci i danari ,  e che per l' avvenire le paghe làrebbono fiate a' loro tempi sborùte ,  partirono.   Ma lenza riTpecto di quelle provvifioni, indi a poco tutti gli Urcoe-  chi tornarono in Segna, e a vivere lecondo rufato; c di paghe decor-  fe, o correnti non fi parlò più ; ma al coriéggiare fi actefe, coma  fe mai non fofse fiata ratta proibizione; non Colo non vietandolo- il Ca-  pitano di Segna, ma dando anche molti légni che vi acconfentifse : an-  zi la terra di Fiume col Capitano Tuo non prefiava loro minori favo,  ri , che Segna , ricettando le prede , e fmaitendole di là per diver-  fi luoghi ; e pareva appunto che la provvifione foibe lana momentanea  di concerto; poiché , paniti i Commifsar;, le cofe peggiorarono con  danni maggiori del folicq a' naviganti, e agli abitatori delle Ifole. MoU  tiplicando le ingiurie, non falò 1' armata Veneta accrebbe [la diligen-  za , per impedir quanto fi poteva i ladri , c perfeguitarli , quando  funivameme ulcivano ', ma il Veniero ancora ebbe in confidenzio.  oc che, conforme a quanto da’fiioi Ancecebori era fiato più volte fat-  to in fimili occafioni , era necefsario levare il vivere a t luoghi do-  ve fi ritrovavano, e che li fomentavano : per lo che pubblicò nn bando,  che neiruno de’ fudditi avellé ardire di portar robe, vettovaglie, o mer-  ci, né di avere commerzio, trafiìco, o pratica colle terre Arciducali,  dw fono da Fianoaa nell' Ifliia fino incontro allo filetto di Gliuba fa-  fa il Canale della Moriaca; e ordinò che faflé ritenuto ogni Vafcello  che partilTe da quelle rive, o che cranfitaffe da luogo a luogo, ovvero  d' alcrondc folTe inviato a quelle terre. Per quelle prowifiom reilavano  impediti i ladroni dal fare tutto il male che in animo avevano; ma non  era che alcuno de i tentativi non riulcillé loro; imperocché il Maro  è come un Bofeo, impofilbile ad elTer cufiodito rotto , mafiime in quel-  la tenone abbondate di ante Ifole, . e feogU; né le bocche fono coti  angufie, come I difegni le Ggumno. L’ ofcuriià della notte ancora, e i  tempi cattivi, c bnrrafcofi, prefiano comodo di fcanlàre le guardie,  aaaflime a chi Ila attenta, come gUUfizicchi, ad afpettarli con pazioa-  za: nu bei) al certo ne fegui che a molti nuli fu ovviato; c quei,  che non fi poterono impedire , furono vendicati, quanto le occafioni  comporurono: e chi leggerò, che tante volte fieno fiati i ladri peife-  guiuti, e fia fiata loro impedita l'ufcita, e il commerzio alle terre  proibite, e infieme vedrà narrato che, con tutto ciò, fàcefléro grandi,  c freqoroti danni, pòn dovrò credere che fia eoa lepagnaiiza nda nar-   mio-    zoS SI T O R I A   razk>ne, ma che la condizione di quei tempi, e luoghi pm-taflc che  queflir rimcdj baftaflero per fminuire , non per oftirpare gi’ inoove-  nienti.   Fra gl' incontri in quefto tempo avvenuti uno dee efler narrato, per  aver data caula a molti inconvenienti feguiti poi, che al loro tempo  faranno narrati. Le barche Albaneh raggtunfero due degli Ufcocchi, e  fi azzufTarono infieme; nè potendo gli Ufcocchi Ibflenere il valore, e  maggior numero degli Albanefi , di^ero io terra, e abbandonarono le  barche, e reftò in queffa zuffa prigione Giorgio Miianficich, Capicanio  del Caffeilo di Brigne, uomo fagace, e di teguito; uno de i pih vec*  ehi, e meglio apparentati Ufcocchi di Segna; il quale, febtm, per  gli innumerabili misfatti commeOì nel corJo, e per le molte ingiurie  inferite, era meritevole di mille morti, nondimeno per molti degni ri-  fpetti fu rifervato in vita, e lotto cullodia. Da quello uomo fopratcucto  dcfiderolò di liberti, e comoditi, ch'era confapevole di tutte le cofe  più fcgrcte, s’ebbero informazioni molto importanti per dilucidazione  de’ dilegni e palTati, e futuri; e la prigionia lùa fu a glt Ufcocchi ora  freno, ora ipronc al far male; imperocché, quando fperavano di poter  con trattazione ricuperarla perfbna fua, in buona parte lì contenet^no  in uffìzio, e sì allenevano dalle ingiurie; e quando la fperanza fi fee-  mava, facevano alla peggio, acceft allo (degno, e alla vendeKa. *■   Ne* quattro anni precedenti non fu parlato degli Ufcocchi alla Corte  Cclarea, per caufa delle diffìcoitb che fi maneggiavano tra i Principi  della Cala di Aulirla, che non lafciavano dilccrnere con chi convenille  trattare; delle quali non è ncceflario al prelente propofito far relazio-  ne, poiché non evvt perfona che tanto poco ne fappia, alla quale non  fìa notiflìmo che T importanza di quelle non permetteva che colla  Maeltà Imperiale, o con alcuno de gl' Arciduchi fi pronaovefle altro ne-  gozio : nè merto entrato l’anno del idii. fi aprì congiuntura* di farlo:  anzi’ che al contrario, elTendo nel principio d’eflb hiccefib il tranfito a  miglior vita deirimperador Rodolfo, per caufa del qoale quei priaci-  pi reliaioao molto più occupari nelle occoivcnao che quella Corce^porfh  in cOnleguenza ; vi era poca probabilità che per* più mefi avofiero po-  tuto prcliar orecchie ad altro negozio : perciò i Veneziani , non el^-  dovi Ipcranza di rimedio per via di trattazione, tanto prik giudicarono  Dcceisaria quella dell' operazione.   £ per la ilelsa caufa prelero anche animo ^KUfcocchi di far H peg-  gio, non temendo che potofsero, lecondo il lolito, andar Gommefrar)  ad impedir loro le ulcitc, ovvero ad alportar loro, come aitrt volte  era luccelso ,' la maggior parte della preda : e per ordinarfi a far im-  prefa, e fuperare gl' impedimenti oppolli da’ Veneziani, follecitmnente  preparavano materia in Fiume per la firuttura di molte barche; e die-  dero principio alla fabbrica di una di grandezza inufitata , divulgando  che Sua Altezza era fiata concci» licenza di fabbricarne fei, (btm  ^hrt pretefii afsai lontani dalla verifimilitudine. Comunicato il oohfiglio  infieme da quelli dr€egna ad altri di Novi, Ledenizxe, e Brì^e , e  prefi in compagnia alcuni fiKlditi Turchi, chiamati Garpoti, ovo-  lo Carpochéani, che, nuovamente partiti colle famiglie dal loro paefe,  invican dalla dolcécfea del vivere di latrocinj , Crino pafsatt ad abimr  in quella ^>Marinf; iiomhù allevati dalla fanciuUetza duramente, atti a  i** foppor-    Digitized by Google     DEGLI USCOCCHI. 109   fopportare ogni diiagio ; facili ad efporfi a qualiìvoglia manifeiìo peri-  colo, e gran Iprezzatori della vita; fecero divcrfe uicìte. Nè le prov-  vilìoni del Generale Veneziano furono badami ad impedir loro in tutto»  perchè, eflendo molti ì pa(& da guardare, e t tempi molto contrarj al  pocervifi fermar in guardia, e elTi in coù groITo numero, che potevano  tentar in un tempo AelTo diverfi palTt, e con riioluzione, maflìme de*  Garpoci, di efporfi ad ogni 'pericolo; quello che un giorno loro non  riufeiva, fuccedeva T altro; e T impedimento che rifeontravano in im  luogo, non lo trovavano nell' altro. Si riducevano ora in uno, ora in  un'altro de i porci Veneti, che trovavano non eulloditi, come in quel-  le Ifole ve ne fono molti (dlirarj; di Ik partendofi a far li bottini, paf-  -fando ora per lo drettodi Novegradi , ora per li territori della Dalma-  zia cos'i all* im|>rovviro, che non potevano eflère prevenuti: inferirono  molti danni a -1 Turchi, e fudditi loro CriOiani, con rapir loro gli ani-  mali; e, aiceli 1’ odinaztone che li conduceva, avrebbono fatte gran  cole, fe le nevi, che furono quell'anno altiflime, e gl’ impetuofìfnmi»  e continui venti boreali non avelTero combattuto centra di loro. Certa  cofa è, che nella feconda ufcica, quantunque fieno corpi atti, e aflue-  facti al patire. Tei di loro redarono morti per li dilagi; e nel ritorno  quaranta furono condotti cosi dal freddo maltratuti, che poca fperan-  za avevano di ric^perarfi. Il maggior bottino fu nell* apertura de* tem«  pi, quando, fmomati in terra nella giuhldizione di Selenico, od inter-  natili in quella de' Turchi, depredarono la terra di Gracevaz, uccid  dieci Turchi, fktti molti prigioni, e carichi di robe, conducendo anco-  ra 400. animali grolTi, e aooo. minuti, parte per terra, e parte pel  Canale della Morlaca, ritomarono a Segna»   Alle rapine aggìunfero in quedo tempo un* altra offefa , che per tut-  ti i luoghi dello Stato Veneto, dove tranhtarono, c dovunque in quei  de* Turchi fecero preda, lafciarono infieme fama d* aver intelligenza  co* Minidri Veneziani a* danni de* Turchi; facendo correr voce che con  loro confenfo, anzi convenzione contratta, erano ufeiti a predare: e  fomentando, e confermando la voce, modravano patenti falle col no-  me loro con fìnti fìgillt, 0 fotiofcrizioni. Il che da* Turchi fu facil*  mente creduto, cavandone argomento, per edere alcuni mefì prima,  come fuol’ avvenire tra’ confinanti, luccefle divcrfe prede, c rifacimenti  fra le parti a quei confini, per li quali anche s’ inlanguinarono gl* uni  contra graltri, fenza però che i pubblici Minidri de i Principi ne avef-  fero dato conlènfo; i quali, febb^n fecero ogni sforzo, per reprimere  ciafeuno de' fudditi loro, e riconciliarli; non rinlcl però fenza diflicoltk,  e col rimanere gl’ animi alterati, e pronti ad eccitarfì per ogni minimo  foljpetto. £ non tanto t Turchi, quanto anche il numero maggiore degl’  Ulcocchi lo credeva, ingannati da t capi, i quali, congregati nella pub-  blica Piazza di Segna in numero di circa mille, affermando loro di ave-  re parola da* Veneziani di andar liberamente a* danni de* Turchi per  Mare, cforundoli a corrifpondere verfo loro in corcefia; e portato in  quel luogo un Crocifìflb, fecero loro predar un folenne giuramento, di  non offender in parte alcuna i luoghi, e i fudditi Veneziani; nè meno  in Mare i Turchi, e gli Ebrei che fopra vafcellì Veneti tranfitaffero  con mercanzie ; e di perfeguitar i contrafìacicori, quantunque foffem  congiunti di parentado, e con ogni altro vincolo. £ ^ tutto ciò fecero  /A Dd iludio*     Z IO    S T O R •! A   liudioramcntc andar la nuova per la Licca , e per le altre regioni vici-   ne in modo, che anche il Baisi di quei confini ne prefe Ibfpetto, e ne  fece acerbe querele col Generale Veneto con elprcffionc di concetti mol-  to rifentiti; e ne diede conto alla Porta in Collantinopoli.   Per le congiunture di quei tempi, quando era incerto dove fofiero  per voltarfi quell'anno le arme de'Turchi, a i Veneziani pareva di do-  ver tenere grandilTimo conto di quelli tentativi ; (limando la fama dif-  feminata, le falle patenti, e il finto giuramento, elfer inviati tutti ad  un medefimo fine di provocare farmi dei Turchi contra la Repubbli-  ca; e fi perfuadevano che gli Ufcocchi, nè foli, nè principali follerò  autori di quei configli, perchè il giuramento pubblico in Piazza, la fab-  brica delle barche a Fiume, patrimonio di Sua Altezza, facevano pa-  lefe che il primo moto proveniva da chi aveva il governo in mano ;  maflime per la fama fparfa, che tra gl' arcani de’ configli de' Miiiillri  Aullriaci una maflima folle (labilità, di far ogni cofa, per inviluppare  la Repubblica in guerra co’Turchi, per quei fini che ad ogn’ uno pof-  lono clser molto ben noti.   Ma gli Ufcocchi, fidatili che quelle apparenze ingannafsero i' Dal-  maiini, e che da loro non dovefsero aver alcun impedimento, anzi di-  verlì favori , fecero come una ferma dazione ne i contorni d' Almilfa ,  di l!i frequentemente palfando a’ danni dei Turchi. Quelli avendo man-  dato prima a protcllarc a gli Almilfani vendetta, e danni fopra le vi-  gne, terreni, cale, e anime loro, non tralafciando la prima occafione  che fi porfe loro innanzi, prefero per ragione di rapprelàglia nella ter-  ra loro di Macarfea do. fudditi Veneti, andati fa per negozj della Braz-  za, Lefina, Almilfa, e Pago; laonde in fine avvenne .quello che più  volte anche era accaduto nei palTati tempi, che il danno lellò, non a  gf infedeli inferito, ma (òpra i Cridiani caduto. Partorì nondimeno que-  llo di buono, che, giunti i comandamenti venuti da Codantinopoli , fi  compofero interamente le differenze tra' confinanti : e gli Ufcocchi, Ve-  dendo di non poter più peniate che i fudditi Veneti li unilfero con lo-  ro, nè fi rompelfe la guerra tra la Repubblica, e i Turchi, depofero la  jnafchera; e, non odante il folenne giuramento, corfeggiando intorno  all' nòie, Ipogliarono una barca che da Venezia conduceva mercanzia  per la fiera di Cherfo, e un Grippo Ragufeo carico per Venezia di  merci di ragione d' alcuni Armeni Cridiani ; a parte de^quali tagliarono  la teda, e fecero altri prigioni; e ridotiifi con 14. barche all'Ifola di  Onia, prima che Agodino Canale, luccelfo Generale in luogo del Ve-  niero , avvifato , potelTe mandare per ifcacciarli , fpogliarono tutte le bar-  che de’ viandanti , eziandio quelle dove non era da fare preda, fef non  di vedimemi, e drumenti da navigare, non perdonando a'pefcatori, e  Uomini dell'Ifole, che per loro affari tranfitavano. Scacciati di lù , e  ora in uno, ora in un’altro luogo ritirati, non celfavano dalle mole-  die', le quali lungo, c tediolb larebbe raccontare: ficcomc , per la def-  fa caufa, è bene tralafciar di dire come, feguiti, più volte furoiv) co-  dretli ad abbandonar la preda, e le barche, e falvarfi ne’ bofehi con  difficoltli', e altri ribaldi ancora fono nome loro non mancavano di com-  jnetter ogni fona di fcelleraggine. Un certo Giovanni Uibich, nativo di  Gliuba, commife in quei giorni in territorio della Repubblica un’impor-  tante , e violentinijna latrocinio con diverfe male qualità*,: peclocbè il   I&OVVC-    Digitized by Coogle     DEGLI USCOCCHI. xn   Provveditor Generale giudici neccBario di averlo in mano; e intenden-  do ch'era nelia viila di Artina, appartenente a Gliuba, mandi a quel-  la il Govemator Paolo Gbini con loo. Aibanefi per prenderlo, come  gli fuccefle.   Ma mentre perfeguitava quello, vedendo un altro fuggire, giudican-  do qualche male di lui, lo fece feguire, e fermare. Quelli notifici al  Governatore d' eflcre Uicocco, e che con lui erano nella terra llefsa  cinque altri Ufcocchi. Il Governatore, avendoli per complici, deliberi  di pigliarli; ma elTi, ritiratifi in certe cafe, in iito avvantaggiofo , lì  prepararono a combattere. Il Governatore, che poteva o col fuoco far-  li ufeire, o alTaltandoli con numero unto maggiore, eollringerli , per-  donando ailc abitazioni, e al fangue loro, o per qual fi voglia altra  cauta, gli accetti con quella condizione, che non riceverehbono offelà;  e fe il Provveditore non avefse approvata la fua promefsa, gli avrebbe  ritornati nel luogo ficfso, e nello llefso flato, per combatterli . Il Prov-  veditore fece efeguir quello ch’era di giullizia contra il Libieh. Quan-  to a i cinque Ulcocchi, nè approvi, ni riprovi la promefsa del Go-  vernatore, ma diifer'i la Tifpolla'^ e ordinò che frattanto fufsero cu-,  floditi.   Per quello ac/'id.itiv .citarono quel tU multo efacerbati / e feb-   ben da loro erano fiati ufati per lo innanzi tutti gli artilizj , c fatte  promefse, per liberar il Milanficich, e riporuta tempre o poca fpe-  ranza, o la negativa; aggiungendo quello alla prefe de’ cinque, manda-  rono a far ifianza per la rilalsazione di tutti fei,* e mifero in opera il  Vicecapitano di Leo , e i Giudici della Cittb per Intercefsori , a’qtiali non  fu nè data, nè levata la f^ranza ; fu folo uu intenzione di dovervi  far confiderazione, e gratificare dove fofse fiato conveniente. Ma gli U-  fcocchi, non definendo per tanto dalle rapine, e da i latrocinj, fe erano  impediti loro i grolTi bottini, non s'allenevano da i leggieri, e dal mol-  tiplicare Pofiefe, che, non porundo loro militi confidcrabile , caufava.  no fofpctti di difegni piò dd folico pemiziofi. Quelli movevano il Ca-  nale a continuare con piò diligenza ne’rimedj, conducendo numero mag-  giore di foldati , e accrefeendo l’ armata de' Vafcelii con rinforzo di gen-  te ; onde le terre , elsendo ferrate gii piò raefi , fenza commerzio , e  con ftrettezza di vivere, allora maggiormente riftrerte, refiarono quali  private totalmente. Mandarono perciò aH’Arciduca a rapprefentare i lo-  ro patimenti, a far cl'clamazioni, amplificandoli piò del vero, e richie.  dendo protezione, e follevamento .   Era in quello tempo felicemente fucceduta la nuova elezione di Re  de' Romani; onde l’Arciduca, follevato da quel grave penlìero , porfe  orecchie ai lamenti de’fuoi piò volte replicati. Pensò prima dimandar-  come altre volte, Commifsarj a Segna, che facefsero qualche dimofira-  zione , e ponefsero qualche freno , tenendo che , ficcomc per lo pafsa-  to, allora fimilmente da’Veneziani gli farebbe corrifpofio . Ma da’ fuoì  fu fconfigliato, acciò non parefse che, cofiretto, per timor delle forze  loro, facefse la provvifione ; laonde prefe partito di mandar a Venezia  Stefano della Rovere, Capitano di Fiume; il quale fpedito, mentre fa-  ceva il fuo viaggio, quantunque fofse di mezza fiate, una tempellofa,  e grave fortuna apri l’adito agli Ufcocchi di ufeire con i6, barche, e  con rifoluzione di cfporfi ad ogni pericolo, non folo per bottinare tan-  Tima li. Dd I to, che     ila    STORIA   tP, che fi rifaccfsero del perduto per grirapedimenti pafsati; ma anco,  ra per prendere qualche perfona infigne, col rifeatto della quale pocef.  fero aver alcuno de’ prigioni. Loro fu dato in ifpia che Girolamo Mo.  lino in una Fregata ritornava da Cataro, dove era fiato Rettore di  quella Citth. Furono allegri lòprammodo, cosi per l’occafione del bot-  tino delle robe, come per la perfona, penfaudo di dovere certamente  riavere il Milanficicb, e tutti gl’ altri uol cambio di un Magifirato Ve-  neto, Volarono per la via dove furono indrizzati; rifeontrarono la Fre-  gata, e l’afialirono , Non vi trovarono altro, che le robe, elfendo il  Provveditore per buona fortuna prima fraonuto in terra, NelTuna cofa  affligge più l’animo, che il vederfi defraudata d’una fperanza tenuta per  certa, Quei ribaldi tanto certamente credevano di dover far prigione  quel perfonaggio , che , non avendola travato , pareva loro che piit  torto folTe lor fuggito, che non dato loro in mano, E tanto fu l’aido-  re d’ aver nelle mani un pubblica Minifiro Veneziano , che eccitatili  l’un l’altro come a furore, immediate voltati, palTarono verfo Rovigno  ;iell’Iftria, per far prigione il Podefth di quella terra; il quale non po.  tendo avere, perchè fi falvè, alTalirono i Valcelli che nel porto fiava-  no afptitando vento per Venezia, e li fpogliarono , uccifi i Mercanti,  C i Marina] che Inm .wOa— — , rifpetto ad alcu-   no, nè a grandi, nè a piccoli.- e più infervorati, perchè anche il fe-  condo tentativo f©nè loro riulcìto vano, ritornati con celerità , palTaro*  no fopra l’Ilola di Veglia, dove ritrovandofi Girolamo Marcello, Prov.  veditore ^ell’lfola iq vifita di Befca, terra deU’Ilola medefima , lo fe-  cero prigione infieme co’fuoi miniftri, e l'ervidoti, e lo conduflcro eoa  vilipendio, e indigniti grande in certe grotte vicino a Segna, tramu-  tandolo fpelTo da una all’ altra , Nè è da tralafciar quella particolare,  che la barca , colla qual fu condotto prigione il Provveditore , fu quel-  la fabbricata in Fiume, della quale è fiata fatta menzione,   Infieme coll’awifo di quello misfatto il Capitano di Fiume arrivi wì  Venezia. Non poteva giunger in peggioe congiuntura, attefo che le ot.  fole degli incocchi mai non furono cosi frequenti, come in quell’ an.  no-, né meno cosi rilevanti, e malTime l’ultima-, la qual, intefa dal  Capitano, poi giunto, lo fece reftare molto prerpleffo , fe doveva dar  immediate principio alla negoziazione, ovvero alpettare fe da Grata,  pel nuovo accidente, gli foflero mutate le iftruzioni; e fe doveva fama  menzione eflb, o tralafciare di parlarne. In line, prefa rifoluzione, die-  de principio coll’afliftenza dell’ Àmbafciadorc della Maefià Cattolica al  fuQ negoziato, incominciando dalla buona mente del Sercnillimo Arci-  duca, dall’ottima difpofizionc fua verlò i Principi confinanti, e la Re-  pubblica malfime ; loggiungendo che perciò 1’ aveva mandata con am-  pliflima autorità, per pigliare fpedientp di foddisfazione di ciafeuno , e  tranquillità de’ludditi; e aggiunta un’ affettuofa condoglienza del fuccef-  fo di Veglia, con afiicurare che nè l’Arciduca, nè alcuno de'luoi Mi-  piftri, nè maggiori, nè inferiori, vi avelTero conlenfo , e participazio-  ne ; ma forte fiato motivo di quei di Segna difubbidienti a Sua Altez-  za,- dilcefe al fuo negozio, e per nome dell’Arciduca fi dolfe di tre  particolari ; Che certi Mercanti , andati alla fiera in Albona fotto la  pubblica fede, fortero fiati fpogliati delle merci da loro portate.- Che  pofeia fatto in Segna da tutti gli Ufcocchi un giuramento tanto folennf   di non    Digitized by Google     DEGLI USCOCCHI. xij   di non offender I* cofe della Repubblica, cinque di loro, fudditidiSui  Aueaza, fodero (lati preG, e tenuti prigioni contra la fede loro data :  Che un Frate foffe flato porto prigione, e gli foflè flato tolto l’abito  per pagamento delle fpefe; c con lunghe ampliflcazioni aeeravati que-  fli tre accidenti, ne richiefe foddisfazione.   Quella forma di trattare da alcuni fu tenuta prudente/ perchi, quan-  tunque dall’atra parte vi folTero da contrapporre non tre querele, ma  trecento, nelTuno però è in obbligo di dire, falvo che le ragioni pro-  prie. Ad altri pareva che quello non avefle luogo, fe non quando le  ragioni di ambe le parti folTero del pari/ ma in quella occorrenza pa-  reva, attefe le molte male operazioni degli Ufeocebi, che lo flato del-  le cofe - comportalTe più d’ufare feufa per lo paffato, e promelTa di ri-  medio per 1 avvenire, paflando poi a richieda di corrifpondenza ne’par-  ncolari deliderati , Ma lafciando di ciò il giudizio a gli uomini lavi, per  intera cognizione di quella che fi trattava, è necelurio narrare i parti-  colari di Albona, e del Frate, che non fono flati raccontati a’ loro tem- pi, come non appartenenti agli Ufcocchi, e in foftanza leggieri.   11 latto in Albona pa6ò in quello modo. Dovendofi fare la fiera in  quella terra il penultimo di Giugno, fecondo il confueto, i Mercanti di  j I o j ni'’ P'"'“tvi le loro mercanzie licore, ottennero paten-  n dal Podelti del luogo,- portate le merci in fiera, i Dazieri preiefero  contrabbando, non per ragione deUe perfone de i Meicanti, ma peri»  qua ta delle merci, e vi pofero mano fopra. Il Segretario Celareo in  ' ®’'Vifato, ne fece querimonia, dimandando la reftimzioiic ; ed   ebbe rdpolla , che s avrebl^ fcritto p« , e fatto quello ,   ncercafle il giullo. Cosi fu efeguito immediate , con aver dato ordino  di più, che le mercanzie li confervaflero tutte interamente; e di tanta  , Segretario per all'ora, afpettando giullizia , venuu cho   foffe r informazione ; nè aluimenti fi doveva procedere in negozio cho  non fu tentativo di oflèfa, ma pretenlìone d’ordine dì mercanzìa e fo-  lito tra’ confinanti avvenire giornalmente fenza turbazione della 'buona  intelligenza; effendo frequentiljime, e cotidiane le differenze fra’ Dazie-  ri, e mercanti non folo foggetti a diverfi Principi, ma ancora quando  ambe le parti fono del medefimo Suto, c anche delU medelima Cic-  ti. Il Segretario avrebbe voluto che, prima di replicare alcuna cofaia  quello negozio, fi aveffe afpettato che ferviffe il tempo di venire lari,  fpolla.- nondimeno al Capitano, o perchè avelie quello particolare in  commiflione, o per proporre maggior numero di querele , o per altra  caufa, parve di non afpettare. L’evento mofltò buono il parer del Se-  gretario, perchè al fuo tempo la informazione tichiefla venne, e il ne,  gozio ebbe fine con intera rertituzione delle mercanzie.   Il cafo del Frate fu in quella maniera. Fra Antonio da Fiume , dell*  Ordine de i Minori Offervanti, fi pofe fopra una barca d i làrina cari-  cata in quella terra per Segna.: quella fq feoperta dal Forte chiamato  di San Marco, c arredata, in efecuzione de i bandi del Generale di  fopra racomaii. Il Frate diffe la farina effer fua, e portarla al Conven-  to di Ipitir Ordine in Segna/ ma i Barcaruoli parlarono dlveriàmente •  nominarono il Mercante di cui la farina era, e che il Frate era im-  barcato per paffar in paefe de’ Turchi. In quel tempo s’era feoperta cer-  ta macchinazione di quelle alle quali viene preflato orecchie folto pre.     ii4 STORIA   tcfto di pieiV, (he terminano in fine calla morte dc’poveri Criftiani che  fi lafciano follevare : perlochè il Frate, non rendendo buon conto del  iuo viaggio, trovato in varie contraddizioni, fu filmato fpia, e tratte-  nuto in quel Caftello, dove mentre dimorò, leggendo con quei foldati  ne i libri fciolti che elfi fono foliti a fiudiare, vi lafciò qualche dana-  ro, ed alcune robiccivole che aveva. Non fi trovarono fermi rifeontri  per convincerlo, o per la fua fagaciii, o perchè non fofle fpia: fu ri-  fafeiato, e condotto da una Fregata in Venezia, yeftito da frate; e co-  comparve innanzi al Principe, richiedendo refiituzione del perduto  nella Fortezza; allegando che. come Religiofo, non fe gli poteva gua-  dagnate. Fu rimefib ad attender alla fua profelfione, e altro non fuc-  cene in quello cafo, » . .   La querimonia de i prigioni fu ftudiofamente dagli Aufiriact pubbli-  cata per tutto, e la foflentavano con quelle ragioni : Che quelli erano  fudditi di Sua Altezza, e fotto la protezione fua; ebe non poteva con  fua riputazione abbandonare la loro dlfefa: eh’ erano fiati ritenuti con-  tra la fede, fiante la quale, fi dovevano lafciare liberi; e fe quel Go.  vernatore la diede, non avendo facoltà, eflervi obbligo, fecondo la ra-  gione delle genti, di mettere lui in mano di Sua Altezza. Per lo con-  trario fi difeorreva, che gii tra il Rabatta, e il Pafqualigo fi era con-  venuto che gli U fiocchi ufiiti in corfo non folfero licuri, nè protetti:  che Matteo Tomiz, fervitorc di Giurifla, nativo di Zara vecchia, uno  de' cinque, fu bandito l'anno innanzi da tutto il dominio per omicidio  commeflb nella perfona di Tommafii Malfiifich; però nè come bandito,'  tiè come fuddito fuggitivo ooteva capitare nello Stato : che gli altri due  èrano di nuovo venuti dal paefe de’ Turchi ad abiur in Segna; gl’altri  t>cn nativi di quella Cittì, ma eSi ancora Ufcocchi , ufati al corfo :  E quando, neffuna di quelle cofe fofiè, che la fede non fu loro data ,  fe non di ritornarli neinfielfo luogo, e fiato, e combatterli, fe il Ge-  nerale non avefic voluto lafciarli liberi.- adunque non fi poteva per que-  lla ragione pretendere che folfero rilafeùti allblutamente, ma ritornati,  e combattuti.' E chi può dubitare che, ritornati con t oo. Albanefi at-  torno, non folfero refiati motti, anche fenza alcun danno degli alTali-  tori coll’ufo del fuoco; e non elfcre però alfolutamente, e univerfal-  mente vero, che il Principe fia protettore di tutti i luci fudditi che  fi ritrovano nel paefe del vicino, ma filo di quelli che vanno in cafa  dell’ amico per negozj, o per altro bene; non gii per far male, o per  accompagnar banditi, o dare fofpetto: che in quelli cafi , per ragione  de’ delitti, fono foggetti alla giuftizia del luogo; altrimenti per la ra-  gione loro i Magillrati Arciducali non potrebbono mai giudicar alcun  faddito Veneto colpevole, o indiziato di delitto, fe quelli colpevoli, e  indiziati non erano foggetti alla giufiizia Veneta. Altri fi maravigliava-  no della nuova forma di trattare, poiché gii molto tempo era divul-  gato che negli uffiz) fatti a i tempi palfati, per la refiituzione del com-  merzio levato alle terre percaufa degli Ufcocchi, i Principi, e i Mini-  ftri Aullriaci erano foliti a colorire la richiefia con dire che, fe la  Repubblica era oftefa da quella gente, la facelfe perfeguitare in mare,  la prendelfc, e la impiccalfe; ma non delfe molefiia alle terre per loro  calila' il che pareva molto repugnantc a querelarli all’ora, perchè fof.  feto prefi nelle 'erre deUa Repubblica,   Ma ri-    Digitized by Google    DEGLI USCOCCHI. xx5   ^ Mi ritonundo alla ferie delle cofc, T Arciduca, immediate imefa U  prigionia del Provveditore di Veglia, mandò Gian Jacopo Ccfglin Com*  midàrio EipreiTo a' Segnani, il quale con un leverò editto, pubblicato  in quella Citth, comandò che il Provveditore folTc condotto innanzi, a  lui; al quale ubbidirono gli Ufcocchi; c levatolo dalle Grotte, lo con-  dulicro in Segna al Commi/Tario; ed egli, ricevutolo co rtefemente, lo  liberò immediate, dicendogli che il Scrcniffimo Arciduca, intclà la fua  pattivitli, aveva Ipedito immediate lui in pulU lolo per metterlo in li*  bertb, e che larebbe feguitaio da altri CommilTarj, che venivano per  punire i colpevoli. La preflezza, c prontezza di Sua Altezza a rime*  diar immediate alla tralgrclTione de* Tuoi; la diligenza, e rifoluzlone  del Commiirario nell’ elecuzione; c l* ubbidienza pronta preiUra da gli  Ufcocchi, eziandio ritirati nelle Caverne delle montagne, ad uno che  fenza arme, e fenza alcuna forza andò a Segna col folo nome di Com>  lniffariQ Arciducale, ficcomc fono indizio della buona mente di quel  principe, e che Sua Alrezza ha Minidri che, fe vogliono, fanno efe*  guirla; c che gli Ulcocchi, Icbbcn nodriti in tutte le fccllcratczze,  non fono però ribelli, c cotumaci alloro Principe, quando cificaccmen*  le vuole circr ubbidito, o non modra contcntarfi d* effer difubbidito;  cosi dimodrano che colia medcfima faciUù con cui fu provveduto a  quel difordine, fi potrebbe, e ft avrebbe potuto provvedere a qualun*  que altro, quando gli interedì non avcflcro pr eponderato, c preponde-  radcro tuttavia al debito Cridiano, di lafciar ad ognuno il fuo, cd ef>  fere buon vicino. Nò da alcun’avvenimento più, che da quedo, fi  può meglio penetrare nel fondo del negozio, c veder al chiaro le cau-  fc de i mali padati; e conqfccrc con fondamento quale fu il vero, c  proprio rimedio di queda pede*   Dopo la prigionia del Provveditore, i Minidri Veneti non fì conten-  nero, come prima, nella fola difefa delle cofe della Repubblica, e nel-  cudodia de f paiTi; ma cercarono per ogni via, e modo il rifacimen*  to : ma (eguita la liberazione, fi farebbono contentati di dare fu le lo-  ro guardie, come prima facevano, fe le cofc fuccede, mentre quella du-  rò, non avedero tirato dietro altri accidenti; accadendo in quede oc-  correnze come avviene nel moto delle bilance, che, levate dall’ equili-  trio, trapadano pivi volte dall’uno, c dall’ altro canto, prima che pof-  {ano ritornarvi. Elfendo ancora il Provveditore ritenuto nelle Grotte,  alcuni foldati Veneti Imontarono otto miglia vicino a Segna, e diede-  ro il fuoco a certi Mulini di ufo di quella Cittù, per fare danno fpe-  ^ialmenie a Giorgio Danicich, padrone di parte di elTi, che fu princi-  pale nell’infulto di Veglia, e cuilodiva il Provveditore nelle grotte»  Dall’altro canto gli Ulcocchi, non potendo vcndicarft, e far male iti   2 uei contorni, per le grandi, e diligenti guardie, padaco con viaggio  i terra il Monte maggiore, ed entrati in Idria nelle Ville di Bergo-  dai, e Lanilchie, abbruciarono gran numero di Calali con fieni, e im-  jnenti, conducendo via molta preda di robe, animali grodì, e minuti:  dal qual accidente eccitate, e irritate le milizie Venete, che in Idria  erano, deliberarono di non camminare più per via di ripetizione, te-  nendo che dalla fperienza di tanti anni fode abbadanza dichiarata fu-  perdua; ma fecero rapprefaglie nel Cadello di Bugliou, e in altri luoghi  del Contado di Pidno; e dUendevanQ la loro azione , perché in quedo   occor-     zi6 STORIA   occorrenze la ripetizione caufa pemizie colla interpofizione del tempo,  aicefochè, fe poi, quando l'ofTclo fì vede delulo colla lunghezza delne-  gozio, viene al rifarcimcnto di rapprel'aglia , valendoli gli offenditori di  ogni vantaggio, e come le Toifela folTc dimenticata dal tempo interpo-  llo, danno al tifacimento nome di provocazione: la onde, atteft quelli  rifpetti, era commendata la celeriA nel rifarcitri, per evitare le mole-  Itie di dovere, oltra il danno, far anche una ditela.   Ma giunto a Venezia ravvilo della liberazione del Provveditore , co-  me le con quella loderò emendati tutti i lalli degli Ulcocchi , e lode-  rò cedate tutte le caule de i padati dilpareri, e i rilpetti di dare lul-  le guardie, il Capitano di Fiume colla medelima adiuenza dell’Amba-  Iciadore Cattolico, magnificata, come meritava, l’azione di Sua Altez-  za nel liberarlo , lece illanza che le lode corrilpodo colla liberazione  de gli Ulcocchi prigioni, e coll’apertura del commerzio; cosi meritan-  do la buona volontfi dell’Arciduca, e le azioni latte gi^ tanti anni in  foddislazione della Repubblica. D’Albona, e del Fiate più non parlò.  IMon è da tralalciare la narrazione de i concetti ulati da quedo Mini-  dro per tre meli che dimorò in Venezia, potendo da quelli prenderli  grande idruzione de i penfieri che nodrilcono quelli che hanno il gover-  no degli Ulcocchi, e delle mallime colle quali li reggono. Egli diceva di  richiedere i prigioni, e la redituzione del commerzio lolo per riputa-  zione del luo Signore, figurandolo defiderolo di rimediare alle male ope-  razioni degli Ulcocchi; ma impedito dal larlo, per non modrare di el-  ferne codretto per la prigionia de i luoi, e pel commerzio levato alle  terre; colla rediluzione dc’quali gli larebbe aperta la via, ptomettendo  per nome di Sua Altezza, che all’ora fi rimedierebbe si fattamente,  che mai più non fi femirebbe moledia alcuna. D^Ii Ulcocchi diceva,  che fono gente fiera, e indomita; che non fi podono gadigate ; che,  non fi polTono aver in mano, perchè fi ritirano a i Monti; onde elle-  re di bil^no con dolcezza mitigarli più, che reggerli con leveritll : chs  colla rilaOazione de i compagni, e r^tuaione del commerzio, fi la-  reb-bono addolciti ; dove colle durezze fi larcbbono renduti più contuma-  ci.- eh’ erano zooo. in numero, nati, allevati, e fortificati in qnei fili;  che a sforzarli vi larebbe bilogno di ze. mila foldati; che non larebbe  decoro di Sua Altezza, per leggiera caufa, far cos'i gran moto; nè me-i  no poterlo fare, non effendo Segna lua, ma del! Imperadore : e quan-^  do folle fui , r avrebbe fpianata , non cllendole le non di Ipela col man-  dare fpello Commiflarj, che le codavano dooo. feudi alla volta; e tan-i  te volte, che con quel danaro Segna farebbe due volte comperata ; che  farebbe la provvifione conveniente aU'autoritk che teneva di Governa-  tore.- ma volendo un rimedio totale, e durevole, fi doveva trattare C09  fua Maedù , eh’ era lupremo Signore . Che non però fi poteva cogli V-  fcocchi tutto quello die fi voleva; nè conveniva metterli in difperaz io-  ne, ellendo buoni Cridiani , e difendendo quella Citth, e quel paele da’  Turchi: che vi era bilogno di tempo, e opportunith; e conveniva fop-  portar qualche difetto , e alpettar quella provvifione che Sua Altezza fa-  rebbe, tubilo redimiti i prigioni, e il commerzio; e poi negoziar il di  più con Sua Maedìi . Colle quali forme di parole dava ceru fperanza d’  intera provvifione ; prometteva gran cofe ; ma infieme inferiva che non  ^rebbono cdctcuatc, mettendo al pari la caule , che fitrebbono ulate   P"    Digitized by Google     DEGLI USCOCCHI. xi7   per prerelti ad ifcufarc il ttuncamento delle promeflè : pareva ehe di-  inandane un puariglio, e tuttavia dimand-ava quello ch’era il tutto nel  negozio, cioè il commerzio; perchè col folo impedimento di quello era  pollo qualche freno alle operazioni nefande. Ma, olita il modo di trat-  tare luhrico, e in sè delio difeordante, la perfona ancora di quedo  Minidro non era ad alcuni molto accetta, per edere cob certa che  gran parte de' bottini li fmaltivano in Fiume, andando quei della Ter-  ra a pigliarli in Segna, per non lafciare che gli Ufcocchi medefimi vi  eompatilTero; e il meglio fi riponeva in Cadello, dove il rafo, e’I da-  mafeo era pagato mezzo tallero il braccio. Ed era anche fama, febben  non tanto certa, quanto quedo, che i panni alti, de' quali la cab fua  era fornita, fodero deUo Ipoglio fatto alb Fregata gb tre anni nel por-  to di Torcola, del quale s’ c parbto a fuo luogo.   Ma avendo quedo Minidro prefo per ragione di feufare la tolleran-  za, per non dir approvazione, di tanto male, il numero grande, e le  forze degl’ Ufcocchi, e il pericolo di perdere Segna, privandola delb  loro cudodia; argomento ubto altre volte con maggior amplificazione,  fino ad adermare che . fono un propugnacolo della CrilUanith ; e che  altra milizb non brebbe atta a difendete quei confini, e quella regio-  ne da’ Turchi; predicandoli per buoni, e veri Cridiani, partiti dalU  loggezione degl’ infedeli folo per blvare 1’ anima, e per educare b Po-  derità neUa l^ta religione,* che non è giudo fcaccbrli contra la lede  data, con pericolo che rinneghino, c altretuli fciocchezze; quedo luo-  go ricerca che da narrata il numero, la qualitli, e k imprefe loro in  queda etli; non potendofi trarne cognirione dalla notizia dello dato  loro nelle eb (uperiori, edèndo geme che, per b mobiliti, cosi dell’  animo, come del corpo, è foggetta a |varie mutazioni,* nè Colltnte in  altro, che in non voler guadagnar il vivere colb fatica, ma col l'an-  gue; e da quedo apparirà chiaro che nè per numero, nè per valore  fimo da brfi temere^ nè la cofeienza loro meritevole di dfere favorita,  ovvero dimata Cridiana; nè il loro fervuto utile alb oonferyaziooe di  quelle marine, . :   Sono tre forte d' Ufcocchi in Segna, cos'i didimi, e nominati nelb  Corte Arciducale.' Stipcndbti, Cafalini , e Venturieri. Caiàlini fon»   ? ueUi che, nativi, o gik abituati nella Citb, hanno da pih. fucceSioiu  èrmo domicilio in quella; i quali anche fi chiamano Ckadini, e fon»  al numero di loo. Altri zoo. fono con titolo, e narae pih rodo, che  in realb, di dipendiati, divill in quattro compagnie, a yx per cbfcu-  na, con quattro Capitani, da loro chbmati Vaivodi. Ma olm quelli  quattro (vi fono altri Capi di Ufcocchi, col qual nome tòno chiamati  tutti quelli che hanno ii modo di armar barche, per andar in corfo.  A quedi aderifeono, e fono compartiti, come in comitive,! vagabon-  di, c quelli che, nuovamente partiti di Turchb, o banditi, di Dalma-  zb, 0 di Fuglb, non hanno fermo domicilio in ^na; e tutti li Chia-  mano Venturieri , e danno all’ ubbidieaza di quei Capi mentre fon»  applicati alle barche codeqaali vanno, oca in poco , oca in maggior  numero, rubbando, e predando fopra i vicini. Ix oidiuarie bacche de-  gli Ufcoeahi bno capaci di 30. per una- Alb volte ne hanno bbbrica-  ta alcuna maggiore, capace lino 50. come quell’anno in Fiume. Fan-  no più fiate aie anno, fe non fono impediti, ulciu generab,* ma due  Tomo II. E e bno     S T O R I A  fono piCt ordinarie.- per PaTqua, e per Natale, aggregandoli loro anche  ^eUi che fono fparh nelle terre di Vinadol; e all' ora quei di Segna  votano cosi la Gitth, che reità culladita d>' pochilTimi vecchi, infermi,  dalle donne, e da’ fanciulli. Per le fpefe delle fpedizioni generali contri-  buifcono i Vaivodi, i foldati ricchi, anzi le'donnc ricche ancora, le V e-  dove, e i Preti, e Frati, facendo la loro parte delle fpefe, c participan-  do parimente la parte de' bottini. £' cofa notoria, che in quelli ultimi  anni le loro ufcite fono Hate con 15. in 10. barche al pih, in modo  che il numero, il quale ora è maggiore, ora è minore, fecondo che i  Venturieri più, e meno concorrono ; più; quando il Mare i aperto; me-  no quando è chiufo, e ferrato, è di doo. in 700. uomini da fazione :  ma volendo metter in conto i vecchi, fanciulli, e donne , fi potrìi dire  che afcendano a aooo. Il numero crebbe quando lì congiunfero con lo-  ro i Carampotani, altra gente ufcita di Turchia. Crelcerebbono fenza  dubbio giornalmente, fe il corfo non fofle loro contefo, e impedite;  perchè molti Morlachi, allcttati dalla dolcezza del vivere di quello ed -  gli altri, fi adunerebbono con loro; e può, ben ciafcuno penlare, fe,  accrefciuti di numero, farebbono darmi maggiori. I Veneziani fono fla-  ti coliretti a perfcguitarli , non tanto per li grandi , e frequenti danni  inferiti da loro, cosi a'naviganti in mare, come a'fudditi loro in ter-  ra; quanto per li maggiori imminenti che avrebbono inferito, quando, tol-  lerata quella licenza, folTero crefciuti a numero fpavcnievole, come fareb-  bono: c non v’ha dubbio, che, quando la R^bblica non avclTe rimedia-'  to giornalmente, come ha fatto, rillringendoli , e incomodandoli, le for-  ze loro fi farebbono fatte filmabili; i Turchi; farebbono fiati cofiretti  a rimediarvi da dovere , e per femore , come fogliono fare quando ri-  folvono : e fccome i ladronecci, eie incurfioni, che quella fona di  gente ofava giù 80. anni , abitando in maggior numero nella Licca  lotta il Conte Pietro Cmfiob vecchio , firono caofa che la Licca , e  la Corbavia follerò occupate da’ Turchi; e quella medeCma caufa fe-  ce perdere Clifia al Conte Pietro Crufich giovine; cosi a quell' iflelTa  fine farebbono ormai giunti i Contadi di Segna, Vinadol, e Fiumean-  cora, fe la Repubblica non fi folte colle forze oppofta al libero corfo  degl’ Ulcocchi . 11 che febben da lei è fiato fatto per difefa delle co-  te proprie, è nondimeno feguka da quello la confervazione di quei  Contadi alla Cala d’ Auftria , che da' Turchi fenza dubbio farebbono  fiati occupati. Sa ognuno, che per caula degli Ufcocchi fu mollà da’  Turchi la guerra nel 1593. che durò 14, anni , nella quale , oltre al-  la perdita d' innumerabili foldati Crilliani, la CrillianiA con tanto de-  trimento refiò privata d’Agria con gran pane dell’Ungheria fuperìo-  n , e di Canifla coi meglio della Grovazia ; e quelli tono i bàiefizj  che dagli Ufcocchi riceve.   Hanno aflài leggiera cognizione di quel paefe, e di quella gente ,  quelli che dicono eOere vadorola, c tener a freno i Turchi, e cufiodi-  re quelle marine, che fenza loro fi perderebbono ; non elìéndo veto  che mai dopo il 1540. abbiano tentato di fiu- ineurfione nel paefe  Turco , nè depredare le loro Terre, ovvero combattere con loro a i  confini del Contado di Segna, dove i Turchi fi guardano; ma contra  di loro fono fempte andati paflàndo funivamente per mare , e per li  tetritoi) Veneti , a i confini de' quali non compottandofi Icorrerie nè   dall’ una.    Digiiized by Google     DEGLI USCOCCHI. X19   ^runa, nè daU’altra parte, gli abitanti fbmno per rordinario non  cnllodici. Se hanno cosi gran defiderio, che fieno predati, e prò*  vocati i Turchi, hanno comodo di farlo aMoro proprj confini, e  non debbono palare pel paefe del vicino con pericolo, e danno dell'  amico contra ogni legge divina, e umana, fervendofi del territorio  di quello con detrimento di lui, avendo il proprio, e i proprii con-  fini , per dove più da vicino polTono fare lo fteflb . Ma gli U.  fcocchi non fono buoni di far imprefa fenza foperchiaria, nè per aU  tro fine, che per alTaiTinare; e i Minifiri Arciducali  non ricevereb-  bono benefizio alcuno, fe combatteflcro a’ loro confini, dove trove«  rebbono la refiftenza , e non comodo di rubbare . 11 valore degli  Ufcocchi è infidiare i deboli; uccidere, e fpogitare chi non fi d^  fende . Non fi potr^ mofirar mai un* azione fatta in campagna da  loro; nè che mai abbiano difefo un luogo afialito: ognun la con  qual vigliaccheria voltarono le fpalle neirafialco di Petrina; e qual  danno causò neirefercico Crifiiano la lor infame fuga . Non potrh  alcun dire che abbiano mai fatto una fcaramuccia ; non fanno che  cola fia fcaramucciare ; fe fono molto fiiperiori, danno la caccia; o  fe non fuperano di molto , la ricevono : mai non hanno impedita  una tncurfione de'Turchi: anzi è cofa meritevole da efiere laputa,'  che molt e volte i Turchi hanno fatte delle feorrerie fino a Segna,  e fatti de’ prigioni a villa della Cittb; e fempre in tempo, che  gli Ufcocchi erano fuori alle prede, avendo i Turchi a bello fiu.  dio elette fempre tali occafionì, che avrebbono dovuto indurre i  Govematori di quella Citth a ritenere la guardia dentro, c levare  r opportunità a* Turchi di feorrere fenza rifpetto , quando loro fofic  fiata più cara la difefadel paefe , che la porzione delle nibbe-  rìe. Mai loro protettori, quando trattano con perfone non informate,  dicono che gl’ Ufcocchi di Segna fono un propugnacolo della Crillia»  nit^; che difende la Caxintia, ITllxia, e Vltalia ancora da’Turchi;  febben la verith è incontrario, non facendo elfi fe non tirare i Tur*  chi in quelle regioni .* i quali molte volte fono corfi fino a Gor-  bonich; nè pofiboo eflèr impediti che non corrano anche nella Cla«  na, e Piuca, e più oltre ancora, fenza che da Segna pofla efiér  loro Jimpedito . reftano i Turchi per li pericoU nel ritirarfi ^  eflendo aflaliti dall’unione che in quelle occafioni fznoo le genti dì  Carlillot, e altri Crovacini del paefe; da’ quali alle volte fono fla-  ti rotti con grande uccifione: nè gli Ufcocchi fi fono mai trovati a  quelU latti, occupati foto nelle rapine, in modo, che fenza gli U-  fcocchi il paefe è ben cullodito : e da loro non fi^ha altro , che pro-  vocazioni. Ciò è raccontato affine di moflrare che, per difendere quei  luoghi a fervizio della Crillianith, non vi è bifogno di loro; anzi dii^  ficulcano efiì la difefa; febbene i fautori loro, come feci racconta A  fero favole d’india, dicono ch’efli difertano per fei giornate di paefe  Turco; che da quegl’ infedeli non può efler abitato; che, quando  effi non fodero, i Turchi abiterebbono quei terreni; e, fatti più vi-  cini , fi darebbono alle incurfioni : però il mendacio non è facile  da follenure in cofe permanenti , e vicine , che fi pofibno o-  gni giorno vedere. La Licca, e la Corbavla , regioni de’ Turchi  a quei confini, fono pienC) e abiiaciffime. DaOttoiàz, ultima terra ap-  Tttno IL £e 2 parte-    lio STORIA   parteiiente al Regno d’Ungheria, e lunghi 40. miglia da Segna, ad  entrar in Corbavia ncU'abitato da’Turchi fono io. miglia; c quelle  poche miglia lòno delle appartenenze d'Ottofaz; e non gl’Ufcocchi le  rendono inabitabili a’Turchi, ma i Turchi a' Criftianj, a’ confini de’  quali appartengono; che il proprio de’Turchi è tutto abitato', e pur  mai gli Ufcocchi non hanno ardito d’ entrare da quella parte in quel-  lo de^Turchi, ovvero far abitare il proprio confine, non che far a’  Turchi danno, falvo che paflando pel territorio Veneto, che non vo-  ■ gliono urtare , le non i dilarraati . Viene rapprefentata per cofa  prelente quella che una volta avvenne innanzi il 1 540. nel tempo  in cui gli Ufcocchi profelTavano la milizia, non i ladronecci, quan-  do per tre anni diedero molta raoleftia a’Turchi confinanti; ma con-  vertita la virtù in vizio, hanno pofeia foftenuto,e foflengono al pre-  lente gli ftefii incomodi da’Turchi eh’ elTt inferivano loro, quando  profelTavano di eflcre foldati, e non ladroni. Il corfo da loro è fia-  to efercitato con qualche profpcritù, non per valore, ma per la co-  moditi di tante Ifole, Icogli, e porti folitarj, de’ quali abbonda quel  mare, opportuni a tender infidie; nel che foUmente gli Ulcocchi va-  gliono. E il folo confiderare le armi che portano , farà certezza  che non fono foldati, nè abili per combattere. NefTuno di loro por-  ta fona alcuna di armi difcnfivc/ non mortone, 0 celata, non ar-  me in alla: portano folamente lin Archibufo a ruou, ben piccio-  lo, debole, e leggiero, come bifogna a chi confida più ne' piedi,  ehe nelle mani; c una picciola manna^. Alcuni di loro hanno di  più uno fiiletto, tutte armi, ficcome proprie per la profelTione del  rubbare, cos'i inette alla milizia, e per difendere nc'prcfidj, e per  otfendere in campagna.   Quelli particolari fono fiati efplicati cosi diffufamente, per levare  la malchera a quelli che feufano colla impoflibilirà del remedio quel  male eh' elfi fpontaheamente fomentano a proprio profitto. Se 1 ’ e-  feropio del Rabatta non fofle recente, folto gl' occhi di tutti fi po-  trebbe fingere, e palliare la verità; ma egli fenza ventimila jwrfo-  ne con una guardia di Tedcfchi, fece morire alquanti Capi di lo-  ro' diede in mano a i Miniftri Veneti i banditi dal loro dominio;  fcacciò molti indifciplinabili ; trafportò ad Ottofaz due terzi de i  rimanenti* ed era per mettere fine al tutto. Non fu uccifo quando  molti Ufcocchi erano in Segna , ma quando erano ridotti al fud-  detto poco numero; e le quei non folfero fiati fomentati da chi non  poteva vederfi privato dell’utile, con molta lode del Sereniffimo Ar-  ciduca fiabiliva quel negozio in modo, che con quiete de’fudditi la  buona intelligenza tra’ Principi non farebbe mai fiata feemata.   Ma poiché fono anche lodati gl’ Ufcocchi di buoni Crifiùni, C  ha da dire la verità .■ Non fono Luterani ; nè in Segna vi fono  altre Chiefe, che della Cattolica religione; ne fi può dire ch’efii  fieno miferedenti in alcuno di quegli articoli che fono controverfi  co’ Protefianti . Però la purità della nofira Religione non comporta  che fi pollano chiamare buoni Crifiiani quelli che non credono il  furto , le rapine , i latrocini elfcre peccati ; nè fi ha da dire che  lo credano quelli che, non per fragilità, non per ignoranza, non   per    Digitized by Google     DEGLI USCOCCHI.   per qualche tempo, ma per tutta la vita loro, e come per pro-  fclTionc , c di padre in figliuolo, e con pubblico cortame di tutta  h nazione, perle verano nel corfo, e latrocinio, non rertandone al-  cuno elclufo; poiché quelli, che non vanno in mare, vedove, vec-  chi, c Religiofi , come s’ è detto, fono alla parte; c le maritate  fono d* incitamento a gli uomini di provvedere le cafe di quello  d’altri a concorrenza: e, quello cb’c notabile, ciò fi efercita piò  ordinariamente al tempo delia Fafqua, e del Natale, per diroortra-  re ben chiaro, ch'efìfL tengono i iatrocinj, e le rapine nel luogo  che i Criftiani tengono le opere di penitenza. Nè fi polTono dir  gPUfcocchi più buoni Crirtiani, che i Zingani, che profertano il  furto: fe non che gl’Ufcocchi in tanto fono peggiori , che paffano  alle rapine, c alle uccifioni, dalle quali i Zingani s’artengono.   Ma tornando all’ordine della Storia, da cui il tertimonio della veri-  tà mi ha divertito, il Configlio di Gratz, vedendo che col negozio  di Venezia non fi poteva ottenere la refiituzìone del commerzio, fe  non fatta prima una provvifione durevole, che IcvalTe per fempre le  molertic; la quale, o non potevano fare, per mancamento de’danari  da pagare la milizia; o non volevano, per le private comoditìi, e for-  fè anche per mantenere la prctenfionc di poter corfeggiarc per l’ Adria-  tico; deliberò di voliarfi alla Corre Cefarea, e indurre quella Maertk  a congiungerfi allo rtclTo fine. Perciò mandarono a Vienna a far quere-  la degli aH^cidenti in Ifiria occorfi, e di fopra narrati, come fc i luo-  ghi di fua Altezza fofiero fiati non folo i primi, ma anche foli afia-  liti; c foli aveffero fortenuto danno; eccitando fua Maefib ad afiirterli,  così pel rifacimento, come per liberare i luoghi tuoi patrimoniali, e  gli appartenenti alla Corona d’Ungheria, tenuti rirtretti, c privati del  commerzio con indigniti di fua Altezza, e di fua Macllk, che n’è  fupremo Signore. Ma dall’ altra parte efiènJo fiata fua Maefiì i-iforv  mata dell’intiero; ed eflcndolc fiato mofirato Toriginc del male cflcrc  provenuta dalla pertinacia del prefidio fuo di Segna, ofiinato a volerli  arricchire colle facoliò de’ Mercanti, e popoli; c dalle terre così dcIP  Ungheria, come patrimoniali d’Aufiria, c da' Governatori di effe, che  fono fiati a parte della colpa; e che la Repubblica, non avendo altre  modo d’ovviare a i danni de’fudditi fuoi, operava a necciraria difefa;  che la cufiodia tenuta in quelle acque non era per pregiudicare alla  dignitìi di lua Macftò, ne di fua Altezza , ma per proteggere le cofe  proprie; c quanto alle cofe ultimamente feguite in Ifiria, che gl’ U-  Icocchi, non potendo ulcirc per mare a far danni, erano prima pafia-  ti in quella Provincia, e avevano abbruciati, faccheggiati , e dclolati  molti Calali; onde i foldati Veneti^, dopo i danni ricevuti, erano fiad  cofirctti,pcr kidcnniù dc’popoli, a rifarcirli con rapprelaglie; Sua Ma-  efPa refiò con loddisfazione, e fn molto bene conolciuto a quella Cor-  te che non era poflìbile far cefiare il moto, fe non fermando la pri-  ma caufa d’eflb: e fu rifoluio in quel Configlio, che fi trovafiè ri-  medio per via di trattazione; c che Cefare pigltafie in sè i’aiTunto di  fare le convenienti provvifioni; c che non fi doveva incominciar a par-  lare della reiUtuzione delcommerzio , ma folo fare che fi cefiaflc dalle  ofiilitk da ambe le parti, defifiendo da nuovi danni. Deliberò Tlmpe-  radore di mandar a Segna il Traumefiorf, perfonaggio di valore e ri*   puta-         STORIA   putazione, con danari, per rimediare fui fatto. Quefta deliberazione^  che farebl^ (tata un* ottimo principio, non fi mife in effetto^ perchè,  eOendo ciò fìgnificato all* Arciduca, per farlo dì fuo confenfo, non vi  alTenti ; ma fi offerì elfo di provvedere di perfona di comando, pra«  tica dei paefe, e del governo degli Ufcocchi, che farebbe ogni necef-  iaria provvifione.* il che fu appunto il contrario di quello che il buon  cfito del negozio ricercava, cioè, che gli Ulcocchi foffero per Tavve-  nire governati, non lecondo le pratiche, e i modi fino alfora ulati.*  ma ben fece chiaro in poded^ di chi foffe il rimedio; poiché imme-  diate dopo la rifpol^a dì lua Altezza, la rifoluzione dì quelb  quantunque pubblicata, e lodata, non ebbe luogo; anzi fi raffreddò an-  che l'ardore col quale il Configlio Celareo prele penOero di rcmedia^  re; e non fu più parlato che flmperadore affumeffe a sè il carico,  ma che l’Arciduca deffe principio all’ora per mezzo di perfona man-  dau efpreiramente; e l’ultima mano s’avrebbe applicau, quando fu»  Altezza foffe andata alla Corte.   Fu in un’iffcffo tempo pubblicato neU'armata Veneta , per comanda-  mento del Prìncipe, che, reffando i Vafcelli alle loro guardie, fenza pun-  to rallentarle, s’affeneffero da metter in terra, e fare danno ia luogo al-  cuno.* e nelle terre Auffriache per nome dcU’Arciduca fu comandato che  da'fuoi non folle inferito alcun danno a’fudditi della Repubblica. Deputò  anche Tua Altezza due Commidarj, come per lo più nelle occorrenze paf-  late s’ era fatto . Non affermerò gii, a quello fine; ma dirò bene, cho dal  numero di effi ne feguiva che Tefecuzione, per la varietà delle opi-  nioni, era divertirà, o almeno allungata tanto, che idannificatì, Ran-  chi , deffiReffero dalle iRanze . Si fpedirono anche i Commiffarj lenta-  mente pure, fecondo l'ufo ordinario, dal quale era fempre leguica   una pretenfione di tralafciare il mal paffato, come troppo vecchio, e  che mcrìtalfe effere poAo-in obblivìone.   Ma ne* tre mefi che feorfero, pubblicata la fofpenfione delle offefe,’  fino al line dell' anno, eziandio dappoiché i Commiflarj di fua Altez-  za giunfero in paefe, non ceffarono grUfcocchi, per quanto pote-  rono, fcanfate le guardie, d’ ufeire di Segna in picciol numero a  far danni , riportata fempre la preda nella Citiù; poi paffarono con  più groffe incurfioni fopra l’ilola di Pago^ ; e dappoiché fu prov-  veduto col ritirar ne i luoghi fìcuri le robe, e gli animali, ritor-   narono all’ Ifola d' Arbe , Veglia , molcllando , e rubbando in più  volte in divcrfi luoghi quantità d' animali , e di vini . Nel Ma-  re ancora preffo a Zara vecchia facheggiarono una Marciliana; e  nel Canale della Morlaca fpogliarono un Grippo , e una Fregata  con robe, e danari , levando loro anche gli finimenti nautici. £*  cofa degna di fpezial relazione , che , ritornando col bottino dt  una barca Chiozzou , e feguitati da una Galea, effendofi falvati nel  porto della Cittù , non furono ricevuti dentro per la porta del  mare, per dove era il folito entrare; ma., lafciate le barche in  porto , c circuita la Cittù , entrarono per la porta oppoRa di  terra , e poi partita la Galea , con comodo ricevettero b pre-  da bfeiata nelle barche, e b porurono nelb Citti, In tante rub-  berle ebbero fortuna di non incontrar , (alvo che due volte, nel-  le guardie, che li conRrinfero a lafciare la preda e le barche, e   falvar-    Digitized by Google     DEGLI USCOCCHI. iij   iilvarlì né’bofchi: e forfè maggiori incontri avrebono avuti, fe,  caiifa della infermitìi, e morte del General Canale, non foffe Hata ral-  lentata r riatta diligenza da lui ufata.   I Commilfarj Arciducali , giunti , fi fermarono in Fiume lungamente^  dove attelero a far procefli, per verificare la quantità de’danni da'fud-  diti Aullriaci patiti in Kiria/ i quali, fecondo il loro conto, facevano  afcendere a loo. mila feudi. Non farebbe alcuno che non fi molirafle  creditore di molto, quando non mettefle in bilancio i debiti fuoi. Se  i danni di quelli pochi anni inferiti dagli Ufcocchi, e non rifarciti, fof-  fero contrappolli , fi troverebbono afcendere al decuplo di quella fom-  mat ma i Comminàrj aggrandirono i danni ricevuti, e degli inferiti  ne lafciarono la cura ad altri. Quello fatto, chiamarono a sì il Ca^  tono di Segna, i Vaivodi degli Ufcocchi, e altri principali di quella  Città; intimarono loro comandamenti di fua Maellà, e di fua Altez-  za, che non doveflèro ufeire a' danni della Repubblica, fono pena del-  la vita, con grandi, e feveri minacciamenti : levarono il Capitano dal  carico, per aver avuta parte nelle turbazioni; quelle parole appunto  tifarono . ferivendo a Venezia al Capitano di Fiume , e dandogli con-  to dell'operato, conchiudenda che i capi degf Ufcocchi, e i primi  Cittadini avevano promelTo religiofamente di ollervare quei coman-  damenti; e ch'elTi Gommiflàrj avrebbono ufau ogni cura, che folTe-  ro ubbiditi ; aggiungendo che lellava fola il galtìgare feveramente  i malfattori per li delitti pallàti; ma lo differivano a quando folfe-  ro compolle le differenze colla Repubblica,- che cosi fua Altezza ave-  va loro comandato; e parimente farebbe flato all’ora punita il Ca-  pitano; che avevano mandato a richiedere danari per pagar il pre-  udio; e le cofe eflere tanto ben ordinate, che fenza dubbio gli Uf-  cocchi non farebbono pih danni. Perì la dilazione ad efeguire quel-  le deliberazioni fu cosi lunga, che mai fe ne vide effetto e po-  Icia fu rifaputo che il Capitano fu levato non fenza fuo confenfo ,  e pollo ad altro carico.   II Capitano di Fiume, fatta quella relazione in Venezia, e ottehuto  che Ibfle dato in commiflìone a Filippo Pafqualigo, che doveva andar  Generale in Dalmazia, che, quando avelfe veduto chiaramente prov-  vifioni che ballalfero per renderla ficuro di non poter ricevere danno,  potelfe rallentare le flrettezze delcommerzio, o auolutamente, o quan-  to gli parefle potere con ficurezza; e vedendo ch'era irimeflb a Vi-  enna il dar perfezione al negozio , fi parti ; e giunto in Fiume ,  riferì a i Commiliarj eflcrgli flato detto in Venezia nel licenziar-  li, che la mente delia Repubblica era, e farebbe fempre, d' eflér  buona vicina di fua Altezza , mentre folfe rimediato a gl' inconve-  nienti degli Ufcocchi ; cafo che no , avrebbe anche fuperata quells  difficoltà, come aveva (atto d'altre maggiori.   Ma il Pafqualigo, giunto al fuo carico , pratico del modo , co-  me doveva procedete in ul’aSue, volendo ular tutti i termini con-  venienti, in una lettera, ferita a i Commiflàr] a Fiume, fece intera  narrazione di tatti i danai inferiti cantra la parola daa alla Corte  Cefitrea, e in Venezia; e fece efficace ìllanza di provvifione per man-  tenimento dell» ripuazione loro. Rifpolero cortefemente i Commiflàr;,  aver intele con difpiacarc le male operazioni degl’ Ufcocchi, non fapu-   te da     ft»4 ' S ’T* O R. I A   te ^ Jbrp finp > quel tempo ; p che fr» quattro giorni farébbono m>  dati ;> Segna, pee gaftigue i colpevoli, e (arrendere le cole depreda*  te; inaOlme ie andalTerip neU’illeflp luogo grinterelTati per dar piiV chia-  ra, e minuta informazione. Ma lenza andar a Segna , il Baron Au-  fpergct; principal GomraeKario, ritornb alla Corte, dato compimento a  quello, perchè era venuto, cioè, di prender informazione de' danni in-  icciti, e in luogo fuo fi) mandato Daniello Gallo, il quale colf altro  Commeilàtio Ghetlin andarono a Segna accompagnati da t50. (bldati;  d’onde alla fama della loro andau erano gdi partiti Viccnzo Craglia-  oovich, e Giorgio Danifich con circa altri 40. Fecero i Commel^j  pubblicar un bando, che i Fugliefì, Dalmatini, e altri foreSierì, che  avevano prelb domicilio in. Segna, dovefero partire in termine di otto  giorni colle mogli, c famiglie; e crearono Capitano della Terra Nic-  coli Frangipane, Conte di Terlàtz, chiamato dagli Vfeocchi Micleo;  Terfatzi, Orppierc diijba Altezza.   La mutazione de’Capitani per li tempi addietro non causi fe non  peggiori efietii; non avendo portato i nuovi minare difpofizione, che  I rimuiS , a pariicipare de’ latrocini di quella gente ; ma bensì . fempre  entrati in governo meno (limati dc’preceflbri, e pii avidi di arricchire,'  con tutto cii di quella vi fu quiebe buona Ipetanza, clTendo giovane  ben nato, c Signore di Novi, Caftello poco da Segna difcofto, che  come inierclTato nella giurifdiziooe , faceva credere che dovefle regoU-  te il tutto bene; maflìme intendendofi che aveva penfìcri di far bene  il fatto iuo con alcuni bofehi; quantunque refler naturale del paefe,  e la maniera iua molto limile a quella degl’ altri Ulcucchi , rendelTe  il giudizio iorpelo, £ egli )cr la prima fua azione, congregati tutti nel-  la' Piazza, lue un pubblico ragionamento, preferivendo i modi del go-  verno che voleva ulare; particolarmente afi'ermando di non dover per-  mettere .l’andar a bottinare, nè far colà diverfa dall’ obbligo di buoni,  Crilliani; giurando di voler ehim ubbidienza, quando ben credefle d’  aver perciò a perdere la tclla; promettendo che all’avvenire farebbo-  no pagati ; olfereudufi , che , le non trevalTc danari da follentarli , fi la-  memallero folo di |ui. In efecuzione del bando de’CommiUàrj mandò  fiuiri di Segna too. Ufeocchi Venturieri colle mogli, e co’ figliuoli, i  quali fi riduficro nelle marine di Selze, e Cerquinizza, tra Buccari,e  Nuovi; che fu un cavar Colonie di ladroni dalla Metropoli de’ preda-  tori, e di ua nido fame molti, c dar maggior comodo al mal ope-  rare.   Poi egli infieme col Gallo, partito gih il Cheslin, congregati tutti  gl’Uloocchi ftipendiati nella Piazza a luono di tamburo, fecero in loro  pretensi pubblicare un lungo editto, o più tofto una diceria, con mol-  li capitali, che in lolianza proibivano le prede contra i Crifiiani, e  comra i 'Turchi, Efclamarono all’ora tumultuariamente, dolendoli co-  me avrebbonn potuto colla poca paga, che loro era data, vivere; eh’  «ano coàilaiti colla facoltà di poterli procacciare ; t che quella fofle lo-  co mantenuta, ovvero la paga accrefeiuta ad onefta qnantiih, Acquic-  uto alquanto il tumulto; rifpofe il Capitano, ehe la paga farebbe ba-  dante, c d’avvamaggio, quando s’aSenelIm dal. giuoco, e dall’imbria-  pirfi: che Totcndo l&e in Segna, conveniva che fi contentafleio; e chi  pon fentiva di poterlo fare, £ n’andaOè, che la porta era aperta. Il   turoul-    Digitized by Google     DEGL USCOCCH . iz^   tumulto fi fece maggiore , dicendo eh’ erano creditori di molte pa-  gbe, che i^he volte corrono; e anche quelle poche fono defrauda-  te , e diminuite; raccordarono che anche nel idod. fu fatto £mil  editto , che non fi andalTe alla preda , con proroeflà , e giuramen-  to di dar loro le paghe intere', nè però t'era mai elèguito. Bifo-  gnò, per la gran conhjfione, dar 6ne a queU’azione, acciò non ter-  minaffe in qualche finidro; e quella difciolta, i tumulmanti furono  facilmente acquetaci da iCapi, principalmente da Giorgio Danilìch più  volte di fopra nominato, il qual inCeme co’ compagni effendo ritorna-  to in S^na, ottenuto generai, perdono di tutti i falli commeflì, a'  adoperò più degl’ altri nel dar loro buona fperanza. Compolle le co-  fe in quelli termini, parfi anche il Commillàrio Gallo , lafciata fa-  ma che altri Commilur) farebbono venuti per raa^iori provvilioni;  nè della rellituzione, nè del galligo de i colpevoli ptomeflo in let-  tere al Pafqualigo fu detta altra colà . Quello fu il fucceffo della  cosi lungamente preparata , e canto bramerà venuta de' Commifl'arj  in Segna ; elTendoli tutta l’ opera loro rilblia in proibizioni, e mi-  nacce di gaftigo , e cSétti £ perdono ; non avendo efeguito una  minima pena centra alcuno ( che pur molti furono , e manifelli )  de’.Concrafacicorì a i loro tanto Teveri bandi; ma folo , col tene-  re le porte della Ciiib ferrate tre giorni , tentata d’ aver prigione  Andrea Ferletich, famofo Capo, e molto fceleraco , in maniera, che  rellò quali chiaro che aveffe avuto lo fcampo da chi ordinò la cat-  tura . Quelle cole lafciarono nell' animo delle perfone prudenti dub-  bio di vedere ridotto nell’ avvenire il negozio in peggion termini, co-  me per li tempi pollàci fecero le altre azioni «’Commillàrj, offen-  do il collume de’ malfattori, che innanzi le proibizioni, e prima de'  tentativi inefficaci di galligarìi, per timor di quelli, non làpendo i mo-  di, come efentarfi traila giullizia, camminano cautamente, e riienu-  tamente nel mal fare; ma dopo avere fpecimentato_che la giullizia  non può, o non vuole raffrenarli da dovere, rimoffo ogni rifpetto, e  certi dell’ impuniti, ardifeono quello a cui prima non avrebbono pen-  fato; è tanto più confidentemente, quanto più volte la giullizia tenta  fimulaiamente di proibirli, o galligarìi.   In quello fiato di cofe nel principio dell’anno idi;, arrivò il Se-  reniffimo Arciduca Ferdinando in Vienna alla Corte, accompagnato  dal Capitano di Fiume, daU’Echemberg, e da altri luoi C^nli^eri,  rifoluti ttb loro di non raffare più innanzi, che quanto fin all’ora era  fiato fatto da i Commiuàri in Segna, per dovere poi lafciargli ave-  re quel corfo che altre volte ebbe, quando fu ridotto nel termine  fteffo; a quello effetto vennero con due propofizioni non più- ptemeffe  nelle trattazioni di quell’affare; l’una, CM i danni fatti dalle milizie  Venete in Ifiria alle tene Arciducali foffeto pagati, e che degl’infe-  riti a i territor) della Repubblica non fi pariafiè; I’ altra , che a’fud-  diti loro folle concellà libera la navigazione. Quella feconda era ba-  llante, per portare la tratazione, non folo in lunghezza, ma anche  in diuturnità; poiché era pretenfione ritrovata dall’Impcradore Fer-  dinando, e a fua richiella trattau, e fatta conolcere poco fondata |  e poi rinnovata dall’ Arciduca Carlo, e maneggiata alla Corte di  Maffimigliano , e di Rodolfo collo fieffo fucceflò , Quanto alla pri-  Tanw i/. Ff ma,    ax(5 .STORIA   ognuno avrebbe per inverifimile che foffe (tata fatta propofla -di  hf^imemo per ima parte, elTcndovi parùK di ragioni da amcndue;  però non è da tacere qual foiìe la differenza che pretendevano. Di*  cevano i danni dati a ludditi della Repubblica effere venuti da priva*  te pcribne contri la pubblica volontà; ma gl’ inferiti da loro agl’Ar.  cidiicali, eflcrc con confcnlo de’ pubblici Miniffri; però qucfti dover  effère rifarci dal Pubblico immediate ; c (opra quelli dovcrfi prima in*  tendere le ragioni dcgl’interelTaii,   Ma nel Confìglio Imperiale, mafflme negli a/Tunti a quel carico da  fua Maeffk, non era riffeflo pcnOero; anzi una gran dilpofìzione dia*  (lopcrarG per compito affetramento; perchè, conbderando quante que*  relè erano (bee portate a fua Macff^, dappoiché a lua contemplazione  fu pubblicato da ambe le pani che fi fofpendeffero le offde, e gli Uf*  cocchi mai non ceffarono dalle rapine, e da i latrocinj, facendofi fen*  tire moleffiffimi, e infolentiinmi ogni giorno; e raccordandofi quante ne  udirono gflroperadori, Padre, e Fratello fuoì, giudicavano effere bene libc*  rarla in tutto delle moleffie con un compito affettamento.   In quello principio s'applicò fua Macffk, e il £uo Confìglicx per al*  curii giorni ad intendere le ragioni di Sua Altezza, querelandufi i Tuoi  Configlicri degl’ Ufcocchi ritenuti nella villa d’Arctina , che, pretenden-  do offela dagli Ufcocchi , aveffero penfato i Veneziani di rilarcirfì  Ibpra altri fudditi fiioi particolari, e aveffero invafi gli Stati proprj  d’efla, non appancnemi alla luogotenenza fuprema di Crovati, alla  qual ^gna appartiene; che per danni fatti da private peribne folTero  tenute afi'ediatc le terre. I^olcvanfi anche molto, che, avendo man-  dato a Venezia il Capitano di Fiume , non aveffe ricevuta foJdif-  fazione alcuna, con tutto che fua Altezza molte ne aveffe date ^  e tenendo perciò J' onore d’efla intereflàto , conchiudevano non po*  ter fare di più, fe la riputazione fua non folTe reintegrata, e per-  ciò richiedevano prima quattro cofe: che foffero riialciati i prigio-  ni t che foflc liberato il comracrzio alle terre; che a’ luoi ludditi   fbffc lafciaia libera la navigazione : che foffero rifarciti de’ danni ;   le quali cole elcquire; Sua Altezza avrebbe compito quello che ri-  maneva per rimedio totale. Veramente è degna di maraviglia Y  aflbluta promeffa di total rimedio, lenza parlar più, che foffe bifo-  gno della regia autorità dell’ Imperadore; nè che alcuna parte del rimedio  Ibfle rifervata alla Maeft^ fua, come Principe lupremo di Segna; il che  tutto l’anno innanzi era flato jl colore, col quale il Capitano di Fiume dt-  pinfc le provvifioni fatte da’Commcffarj tutto quello che fua Altezza  poteffe fare, effendo rilervato il foprappiù alla Maelb Cclarea ,   Dopo lunghe confultazioni , fua Maeffù fece intendere aU’Ambaf-  ctadorVeneto la buona volonb iua, che tutte le dilBcolb foffero ac-  comodate, e la prontezza d'imerporG come mediatore, e amichevole com-  poGtore, e metter Gne a tutte le differenze: che le erano flati elpoffi  tutti gli aggravj, e le richiede di fua Altezza; però defiderava d'in-  tendere anche la volontà della Repubblica. L’ Ambalciadore non voile fare  alcuna particolare querela di cofe paflaic , forfè perche, avendole per  manifede, la giudicalTe fuperdua; ma G riffrinfe alle richiede. Della navi-  gazione diffe, che quello cran^ozio altre volte trattato, del quale la Re-  pubblica non avrebbe rkufato di trattare di nuovo; ma non avendo alcuna  5 ■■ ■ • con*    Digilized by Google     DEGLI USCOCCHI. ^^7   connefTione cogli Ufcocchi, non era giuHo confondere infìeme materie di-  verfc ; del rifacimento rifpofe che conveniva fofle reciproco; fi conofce0e  chi aveva participato nei danni, e a refHtuire incominciaffe chi pri-  ma aveva inferito danno . Dimandò egli in fofianza che di Segna  folTero fcacciati affatto tutti i ladri , e la mala gente , che inquieta-  vano i vicini; e gli fcacciati non foffero più ricevuti, nè foffe dato ri-  capito a' banditi dalla Repubblica, e a* ribaldi; che in Segna folTe po-  llo prefidio d'altra nazione, e pagato ordinariamente; che fofle prov-  veduta per Governatore di perfona d’onore, e difintereflàta; che fof-  fero abbruciate tutte le barche dacorfo, e airavvcnire nè in Segna nè al-  trove in quei contorni ne foflero fabbricate , poiché non poflbno averne  bifogno perdifefa, non avendo moleflia alcuna in mare; e non fono più utù  li, anzi molto meno delle comuni, per portar vettovaglie, e mercanzie.   Dopo diverfe conferenze colf una, e coll’altra parte , lafciati i particola-  ri che non era opportuno di trattare, parve alla Maelfù Cefarea che le  difficoltà poieflero eflere compofie nella forma in cut di fotta fi dirh; e  mandò il Vicecancelliere a darne conto all’ Ambafeiadore con dirgli,  che r Arciduca aveva accecuci quafi tutti i Capitoli da lui propofli, «  aveva data parola a fua Maeflh Cefarea, che la Repubblica non avreb-  be più dtflurbo immaginabile, e che Tlmperadore era rifolutiflimo che  ciò reflafle efeguÀo; il quale dava parola che rutto paflarebbe con  quiete.* che mai non il era parlato cosi chiaramente; e che poteva  ilare ficuro che il negozio farebbe ben accomodato; foggiungendo che  anche dal canto della Repubblica conveniva corrifpondere con rimovere  TafTedio, e con rendere i prigioni. Gli efib^ il Vicecancelliere una fcrit-  tura , che conteneva le promefle di fua M. e di fua Altezza flela in  lingua Italiana, la forma della quale è qui polla in copia.   L'IlUflr. Sig. Vicecancelliere ha detto, per ordine di fua Maeflh  Cefarea, che il Sereniflìmo Arciduca Ferdinando si ha dichiarato fopra  i punti che cflb Illuflrils. Sig. Vicecancelliere fcrifle nel Configlio di  Stato; che fua Altezza promette a fua Maeflà, che il mare reflerh  netto, e libero da’ Pirati di Segna, e altri luoghi fotto il fuo coinan*  do; e che non nfeiranno di Segna , nè di quei contorni perfone per dan-  neggiare la navigazione, ne i vicini fotto pena dellaviu. I ribaldi fa-  ranno aflblutamente fcacciati di Segna. II Governatore gib è mutato,  cd è perfona di valore, e difintereflata .* che avendo fua Altezza dato prin-  cipio a rimettere in Segna prefidio Tedefeo aflbldato, ovvero pagato, conti-  nuerb anche ad ampliarlo; e che non lo fa ora puntualmente, perchè non  vuole moflrare di efleme affretta. Ma fua Maefli Cefarea procurerb aflblu-  tamente che ciò fegua , e che tutte le fopraddette cofe fieno interamente e-  feguite, quando la Serenifllma Repubblica rilafcierb i prigioni , e leverb 1'  aflraio da lei meffo, dovendo reflare la navigazione de’ commerci nel folito  termine, e mantenuta la buona vicinanza. Quanto alla libera navigazione  del mare, fua Altezza non meno, che TAmbafeiadore l'ha rimefle ad altra  trattazione.   La ccnchiufione prefa in Vienna fu fenza alcuna difficoltb ricevuta  in Venezia, e attendendo Toitìma volomh di fua Maeflh Cefarea, e  la buona rifbluzione alia provvifione, per corrifponder a lei, e al Sere-  niflimo Arciduca, e dimoflrare la (lima verfo laCafad’Auflria, fu ordinato  al Fafqualigo di ritirare le guardie da Segna, e da Fiume, e altri luoghi,  Tèmo II. Ff a c la-     STORIA   e lafcìar il conmerzio libero a’fuddici Aufbiaci, come era. innanzi gli  accidenti occorfi; e di far coniegnare a chi Tua Maeilh comanderebbe  i prigioni: fu anche commeflb airAinbafciadore, di darne conto del  autto alla Maeflk Imperiale. Arrivò l’ordine al Pafqualigo il fecondo  di Marzo, e quell’ iiìelTo giorno fu ei'eguito con molta allegrezza de*  fuddiri Arciducali, e rilcontrò, per buon accidente > che il medefi-  mo fu fatta Tambafciara alia MaeA^ Cefarea; alla quale rìufc^ tanto  più grata, qtiando alla Corte non fi fpctava che doveflero le condizio*  ni cilere accettate per iutheienci in Venezia, elTcndo in altre occafioni  pm volte Hate oflerte, nè mai vi era (lato acconfemito. Della grati’  rudine ne fece fua MacfUi dimodrazione non folamente con lodare la  deliberazione, e i’elècuzionc immediate data, ma con alTicurare fopra  la parola Celarea che da quella parte non si avrebbe avuto per l'av-  venire difgiido immaginabile. Fece del tutto dare avvifo a fua Altez*  za, ch’era già partita di Vienna, con una buona eforcazione all’ of-  krvanza delie cole promelTe. Comandò anche la Maefl^ fua al Conte  di Sdrin, (otto pena di perdere il feudo, che ne’luoghi fuoì del Vina«  dol non folle dato ricetto a’Piratì, o ladroni, e all' Ambaiciàdore fece  dire che intorno a’ prigioni s’era fcritto a Gratz, e che sì avrebbe  prefo ordine come riceverli, quando fofle venuta la rilpoda*   In confeguenza di ciò il Segretario Cefareo in Venezia per ordine  efprelìb dell' Arciduca diede conto delle provvifìoni gih fatte ^ e degl’  ordini dati in Segna, per rimediare a’ mali palTaii; e della rifoluzio-  ne fua deliberata a dare perfezione al rimanente per. intera oifervazio*  ne delie cole promelTe in Vienna; e dell' ottima volontk fua a perfer-  vcrarc in buona vicinanza; c del piacere, che fentiva, per clTcrc le  palTatc differenze accomodate.   Non farebbe facile diilinguere, fe i popoli di Dalmazia, gl’lfolani  malTime di quella regione , o pure t fudditi Auflrìacì confinanti fen-  tiffero maggior piacere di un’accomodamento così facilmente fucceifo  dopo le molte diflìculTa, dalle quali furono ambe le parti per tanti an*  ni travagliate, k non che dagli Aullriaci il frutto era goduto in re*  alt^, i quali con l’apertura del commerzio recarono liberati delle ìn>  comoditk che lentivano/ ma i fudditi Veneti non godevano fc non la  loia fperanza di quiete, la quale nè men ardivano di ben abbraccia*  re, e tenere per ferm a, afpertando di vedere prima qualche principio  di efecuzione che la confcrmalTe, o colTabbruciamento delle barche da  corfo; o collo (cacciare gli Ulcocchi Venturieri non folo fuori di Se-  lozione di non voler abbandonare il corfo.   In    Digitized by Google     DEGLI USCOCCHI. zss   In poco tempo ancora vide pian piano ritornare i fuggitivi a Se-  gna, ed elTere ricevuti in modo, che in termine di un mele furono  ritornati tutti.- del che non intendendo la vera caufa , ni penetran-  do, fe fofle con ordine di fua Altezza per adunarli, e fervirfì di loro  in altro luogo , rimafe in molta ambiguità dove il negozio dovefle ter-  minare t ma predo redò chiaro a tutti che l' accomodamento -fatto  non poteva fortir fine migliore degli altri in altri tempi conchiufi. Im-  perocché, avendo gli Ulcocchi la fettimana Tanta fatta deliberazione  di far un ufcita generale, e avendo, Iccondo il lolita, contribuito an-  che i vecchi, le vedove, e i religiofi, a metter infieme una munizio-  ne di polvere , e viveri , e danari per comperarne , quando quella  mancafle- ufeirono il di de' fette Aprile, giorno della Santidìma Refur-  rezione di nodro Signore, in numero di quattrocento in dieci barche;  e avendo navigata per ito. miglia, fmontarono a Crepano , giurifdizio-  ne di Sebenico, e per quel territorio padarono nel paefe deTurchi, fa-  cendo preda di uomini, animali, e robe;c ritornati pel medefimo ter.  ritorio , nelle marine di quello imbarcarono la preda , e la ridulfero in  Segna; avendo lafciata fparfa voce, ch’erano accordati co’Veneziani  di poter andar a' danni de’Turchi pel territorio Veneto , mentre non  oifendedero le perfone, e i luoghi per li quali palfadcro, e ne’ giorni  feguenti , palTando piu innanzi , all’ improvvifo fecero molti danni in  Macarfea, e Narenta ; e internatili piò oltre per le terre de'Ragu-  fei, depredarono la Villa di Trebigne, la migliore, e piò ricca che  fia ne’ contorni di Gadel Nuovo , con grodo bottino d’ animali , e  prigionia di uomini ; e nelle molto andate , e ritorni , fi ricovera-  vano ora in una , ora in un altra delle Ifole Venete dove intende-  vano non effervi armata; cosi per ripofare, come per provvedere i  viveri; i quali ora pigliavano con violenza, ora pagavano. Durò per  alquanti giorni quella imprefa, che tiufcf loro felicemente; perchè  la fama All’accordo llabìlìto, e la credenza certa di non avere piò  moledie dagli Ufcocchi, fecero redar i Turchi lènza guardarli, c quei  dell’ Ifole Venete fenza la diligenza eh’ erano foliti ufare ne’ tempi  de' pericoli. Ma i Turchi, podit in arme, e fatta calare moltitudi-  ne grande in ajuto, minacciavano di vendicarfi centra le terre del  Dominio Veneto confinanti ; e mandarono a protedare a’ Rettori  delle terre della Repubblica; e il Bafslt di Bodina, nuovamente venu-  to a quel governo, ne fece rifentimento gagliardo col Generale, ufan-  do quedo concetto alla Turchefea, che la complicità non fi poteva  negare, valendofi gli Ufcocchi della cafa della Repubblica , come della  propria ; minacciando di avvifar la Porca in Codantinopoli ; e che fa-  rebbe mandata armata; per guardare quelle marine.   Nel principio di quelli mfulci il Generale, non con fperanza di  provvifione, ma affine che i Minidri Audriaci non poteUcro nega-  re di averla faputo, mandò a Segna a dolerfi che centra la parola  daa, non elfendo ancora afeiutto finchiodro del decreto Cefareo, e  delle promilfioDi Arciducali, fi contravveailT* cosi manifedamente al-  le promede tanto confermate , violando le giurifdizioni col tranCto  di gente tnnau; provocando con quede azioni, e con falfe didènu-  nazioni, la flndctta de’Turchi fopra i fudditi innocenti. A quedi  lamenti Gioan Deleo, Vicecapitano di Segna, rifpofe, fentire   Tal»» //. Gg gran     154 STORIA   graiì difpiacerc di cos'i finlftri avvcnìmemi , c che il vale era pro-  venuto da perfone bandite da quella Cittk, alle quali egli non po-  teva comandare. Si fdegnò grandemente il Generale della rifpoda, co-  me che foffe riputato tanto femplice, che fi potefTe fargli credere,  quattrocento banditi eflèr entrati in una Cittlt; e valendoli delle bar-  che proprie di quella, elTcr ufeiti dal porto, e ritornati colla preda  più volte ; clTere i^aii Tempre ricevuti , e il tutto contra il volere  di chi governa* Più fi riputava offelo per le vettovaglie pagate nel-  Vlfolc, che per le rubbate, tenendo che foife cos"! latto, per met-  terlo alle mani co'Turchi* £ lebbcne in quella occorrenza era più  urgente bifogno jl guardarfi di non ricevere danno da'Turchi, che  r ovviare all’infolenze degli Ufcocchi , deliberò nondimeno di atten-  dere all’uno, e alfaltroy e a quciìo effetto ordinò che dodici bar-  che Albancfi fotto il Governatore Giovanni Dobracuich bene rinforza-  te di uomini trafeorreflero per tutto, con ordine erpreflb di non offen-  dere i luoghi, nè meno i fudditi Aaffriaci che foffero ritrovati in  barche da viaggio, o difarmate* irà folo ovviare alle rubberie degli  Ufcocchi, e perfcguitarli, ritrovandoli ne’ mari, o altri diff retti del-  la Repubblica. Ma gli Ufcocchi, che avevano fatti grpffiffimi botti-  ni, tnaffime di fchiavi, fra i quali vi erano anche perfone ricche, e  di conto, per cavare il frutto, levarono bandiera di rifeatto in Sabi-  oncello, territorio de‘Ragufet,> dove andando i Turchi per contrattare  con loro, effi ancora fpeffe volte tranfitavano trh Segna, e Sabioncel-  lo per le occorrenze che quella negoziazione portava,   Avvenne che la lèra del giorno degli otto Maggio ritrovandofi con  dodici barche armate da corfo, incontrarono a S, Giorgio, a capo  di Tielina ,'ialtrettante barche di Albanefi , e combatterono feroce-  mente inficme, attaccata una fanguinofa fazione, die durò Cnp alla  notte, la quale li divife; e in quel combattimento reffarono prete due  barche dt Ufcocchi con morte di feflanta perfone; e trh queffi Nic-  colò Craglianovich, capo principale di loro, t dal canto degli Alba-  nefi reffarono uccifi otto loldati ‘con dicianovc feriti, tra* quali il fi-  gliuolo del Governatore/ le altre dicci barche prefero la fuga, fal-  vandofi a Segna. Queffo conflitto fu dagli Ufcocchi, e dagl' Albane-  fi divetfamenic riferito. Quelli differo di efferc fiati aflìcuraiì dagli  Albanefi di poter entrar in porto; e dopo entrata due barche, queU  le efferc fiate affalitc, che le altre non potevano focorrerJe, e però  fi ritirarono * Quelli affermarono di aver combattuto con tutte le  dodici barche da buoni loldati, e di averne a buona guerra prefe due,  adduccndo, per confermazione, che fc dodici barche di loro con cin-  quecento uomini eh’ erano, aveffero affali to a tradimento due fole, non  larebbe refiaro morto, c ferito tanto numero di loro, Ma comunque  quello fi foffe, certo è bene che il conflitto non fucceffe in porto,  ma nel mare aperto tr^ ITlola diLiefcna, eia terra ferma* Gli Uf-  cocchi fuggiti per la vergogna, e per li compagni perduti, refiarono  pieni di rabbia, e di appetito di vendicarli; e più di tutti Vincenzo,  fi-atello di Niccolò Craglianovich, uccifo nella fazione.   La mala ventura s'accoi^ò colla rabbiofa maligniti loro a far fuc-  cedcrc un altro accidente di peffima confeguenza. In quel tempo fitf-  fo parfi d’Ififia, per andar all’ubbidienza del Generale, la Galea di   Criffo*    Digitized by Google     DEGLI USCOCCHI. 135   Cridoforo Veniero, ilquile, non avendo alcuna notizia del fucceflb occorfo a  San Giorgio, lenza alcun Ibrpetto facendo il fuo viaggio, cri giorni dopo quel  conflitto, capitò la fera nelportodi Mandre dell’Ifola di Pago. Gli Ufcocchi,  avutone l’avvifo da una fpia,in gran numero fmontarono in terra, e fipofero  occultamente fopra il monte che circonda il porto, in aguato,- e la mattina fet  barche d' elli, entrate in quello , aflaltarono la Galea, e quelli eh' erano in  terra, in molto numero con archibufate , e fafli uccidendo , e ferendo dalla  parte fuperiore, levarono il modo di pocerfi metter in difefa, fene impadro-  nirono; e preti ifoldati, e grUlBziali della Galea, ad unò ad uno, facendo-  li palfar alla fcaletta , gli accopparono crudelmente , e gettarono i corpi in  mare. Fucofadi gran compaflione, chea fangue freddo folTero cosi barbara-  mente uccife quaranta perfone innocenti ; fecero vogare la Galea pel Canale ver-  fo Segna , e nel viaggio cagliarono la teda colle mannaje a Lugrezio Gravile ,  Cavaliere, gentiluomo di Capo d’Idria, e al fratello, e nipote, ch’erano fo.  pra la Galea per paflTaggio ; e fpogliarono delle perle, monili, anelli, e ve-  di Paola Stralbldo , moglie del Cavaliere , colle fue donne , ch’erano in com-  pagnia del marito. Servarono vivo il Veniero folamente- Si conduflero lotto  la Morlaca, pocolonunoda Segna, e quivi difcefi in terra, per flgillo della  barbarie, fecero fmontare lui ancora, e gli troncarono il capo colla mannaia,  c fpogliato il corpo. Io gettarono in mare, e apparecchiato il deCnare, po-  terò il capo deir infelice Ibpra la menfa, dove dette mentre durò il convito.  Quede cofe tutte furono vedute dalle donne , e da'Galeotti redati fopra il Vaf.  cello; alcuni de quali afiermarono ancora che dimandò con molta pieth la con-  felUone, e gli fu negata. Altri diOero che gli mangialfero il cuore; altri che  folotingeflero il pane nel fangue, per certa fuperdizionetrìi lororadicau, che  il gudar inficme del fangue del nemico Ga un'arcano, e una Gretta obbliga-  zione di non abbandonarG mai , e correre la medefima fortuna . Finito il de-  linars , condulTcro la Galea a Segna , dove divifero le robe , e le munizioni di  quella; rilafciarono i Galeotti con minaccia, e obbligazione di non ritornare  nello Stato della Repubblica; e didefero l’artiglierìa fopra lemura della Cittk.   Andati gli avvifi di cosi atroci fatti a Gratz, da’ fautori degli Ufcocchi fu  perl'uafo l'Arciduca che tutto fatto dalarofofle con ragione; e alla provvifio-  ne fatta da’ Minidri della Repubblica fu data Anidra interpretazione , incitan-  do fua Altezza alla rottum, e guerra; cofa da loro glh molto tempo defidera-  ta , per una vecchia Iperanza di facilitò conceputa , che fua Altezza acquide-  zebbe, e aggrandirebbe, sò, e loro con quel mezzo : il che fu anche caufa,  che fcrilTelua Altezza a tutte le terre fue diconGne, che delTero fopra le guar-  die , e A fortìAcadcro , dal qual comandamento nacque che a Segna con gran  follecitudine portarono terra, e prepararono legname, per munire laFortez-  za. Il Capitano di Fiume ancora fece fpianare gli orti, le vigne, e gli u-  liri attorno le mura di quella terra , e in tutte le terre a’ conAni eziandio in  iflria A dava qualche fegno di preparazioni militari , il che diede gran fo-  fpetto a’ Veneziani che iblfe un’ apertura di guerra ; perchè , non paren-  w loro di vedere che, pel conflitto di S. Giorgio, caufato e riufeito in qual  modo A iblle , i Miniftri Arciducali avefléro caufa alcuna di dolerA , non  putendo, nè dovendo loro importare , fei violatori della giurìAUzione Vene-  ta, e contumaci del Principe loro proprio , che centra la volonth, di quella  erano andati in corfo , folfero flati ucciA fuori della fua giurifdizione in qual  A Aa modo , tenevano d aver ragione di credere che quei preparamenti folfero ,  non peraflieurarfL, non cflendo preceduta occaGone da generar fofpetto, ma  perdilegnodi mettetele cole loro in Acuro, e aflalure Io Stato della Repubblica.   Toma 11. Gg ^ Rice-    Digitized by Google     STORIA   Ricevettero un gran difgafto , avendo intefo per la confeDìone d’ un Ufcoeco prefo  vivo nel combattimenioa capo S. Giorgio, e di quattro altri prefi dopo in Arbe,  chel’urcita fu con partecipazione del Vicecapitano, il quale centribui anche la  fua parte; mcfirando chiaro l'evidenza del fatto che non potevano elTere ufciti  alla preda in tanto numero fenza Caputa de'Minillri Aullriaci ; e i’alfalto, eia  crudeltà commeflà contra la Galea, febben poteva eflère fatu fenza confenfo  loro , per rabbia e vendetta propria di que' ìcelerati , nondimeno non fu fenza  precedente caula, dau dalla pubbHca Autorità, col permettere l’ufcita al pre-  dare contra la promelTa del fuo Principe, tanto recente, e con fuccedente ap-  provazione, dimollrata nell'avere ricettati i malfattori , Se gli Ufcocchi , per  vendicare la morte de’ compagni , hanno ufata la crudeltà contra i foldati, e  padrone della Galea , quando bene ciò valeffe per feufa loro, non farebbe buo-  no per ifeufar il governo di Segna dal conceder loro la facoltà di predare; dal  riceverli colla Galea; dal portare le robe, e munizioni nella Città; dal difien-  dere le artiglierie Culle muraglie . Quelle opere non pofTono aver il primo mo.  to dagli Ufcocchi, ma da chi governa Segna; i quali, oltradi ciò, anche nel-  la prela della Galea , e morte de’foldati , e del ^praccomito , non fi polTono  feufare , di non aver parte , almeno in quanto hanno alficurato , e partecipato  con chi hà commelTe le fceleratezze.   Ma Niccolò Frangipane, Capitano di Segna, ch'era allora alla Corte, per a-  ver danari da pagare i foldati , pafsò immediate a Novi , fua terra, e rac-  colti cinquanta buoni uomini, con quelli accompagnato andò a Segna. Chia-  mò a fé in Cafiello Cotto la fede i principali intervenuti alla prefit della Galea  c da loro pigliò informazione del (ucceffo, e ne formò procelTo, il quale mandò  alla Corte di Gratz in diligenza. Vifitò anche l'artiglieria polla Còpra le mu-  raglie, non facendo dimofirazione alcuna di approvare, o non approvare il fau  to. Il Generale Veneto, per bene certificarli le il Colo Vicecapitano Dcleo trà  i Miniftri Coffe in colpa, udito l’arrivo del Frangipane , mandò in Segna per-  fona efpreffa con lettere lue , dimandando la refiituzione della Galea , e delle  robe , e CfKcialmente delle artiglierie , anela la buona intelligenza , e amicizia  tràiFrincipi,eraccordoultimamentcfeguito. Dal Capitano|fii rilpollo pel me-  defimo Meffo con lettere , le quali fono ancora in effere , dolcndofi del male fuccef-  fo con molte parole di cortefia; e quanto alla refiituzione della Galea rifponden-  do che già l’Arciduca fuo Padrone aveva ordinato che la Galea Coffe tenuta cosi;  però egli non poteva far altra dilix>fizione;maavrebbeavvifaio fua Altezza del-  la riebiefia fattagli, per efeguire ciò che da quella gli foffefiato comandato.   Dopo molti giorni il Capitano, per qual caufa fi Coffe, mandò al Generale una  caffetta colla tefiadel Venicro inclufa; egli feriffedi mandarla, per mofirare di  non cffergli nemico; einfiemefoggiunfe che in materia dalla Galea nonaveva  avuta riipofia alcuna; ma però mandò uno de'pczzi dell’ artiglieriadella Galea a  Novi , Fortezza propria lua ; dalle quali azioni fi certificò il Pafqualigodell’animo  fermoanonrefiituire; e giunto quello indizio alle frequenti ufcite,e a’paffaggi  degli Ufcocchi pel Canale della Morlaca con maggior numero di barche forni-  te, di fuochiartifiziati,eaItri apprefiamenti, e provvifioni non piò da loro ufate,  ebbe dubbio che vi poteffe effere qualche penfiero di fare un’occulu guerra alla  Repubblica Cotto nome degli Ufcocchi.- laonde giudicò neceffario aflieurarfidi  non ricevere qualche affronto maggiore; congregò le fue forze, per ferrar i palli,  je impedirei foccorfi di munizioni, e vettovaglie a Segna, afienendofi però di  sbarcare ,o d'inferire alcun danno alla terra ifolo proibii ad ogni Corta di Vafcel-  li,chenon ufeiffero, ni entrafTero;e a'fudditi ogni fona di commerzio con Se-  gna, ealtre Terre di quel Capitanato. La provvifisnenon fu di quel efficacia,   come    Digitized by Google     DEGLI USCOCCHI.   come altre volte era rìufcia ; percbi , eirendò Fiume Ubero , di IV andava per  terra vettovaglia , febben v’interveniva pib fpefa. Ma il Generale Veneto non  giudicò condecente operaralcuna cofacontra Fiume, perché dopo raccordato di  Vienna non l'aveva trovato in alcuna complicitV cogÙ Ufcocchi. Arrivò il Ge-  nerale di Crovazia a Fiume, e raunò deToldati in quella Terra con difegno di  paflàr a Segna, diceva egli, per dare rimedio a quegl' inconvenienti/ febbene  poi non relegut, Mr la urettezza del vivere cbe in quella CittV era, la quale  non comportava ette accrefcelTe numerodi gente; mV Tdegnatopel commer-  zio impedito, che la teneva in Urettezza , fece correr voce per tutto il paefe  che Sua Altezza aveva deliberato di non accommodarle differenze co'Venezia-  ni , fe non avendo libera la navigazione del Golfo, per andar a danni de’ Tur-  chi: cofa della quale gli Ufcocchi furono molto contenti, e pieni di fperanza  di dover vivere in felicitU. Da quello moflb il Ferletich, andò a Fiume, per  divilare fopra il modo d'idiluire un corfo formato per l'Adriatico. Ma dopo  diverfe trattazioni fu dal Capitano di Fiume, o di legreto ordine del Genera-  le, o di proprio moto, pollo prigione. Corfe Tubilo la moglie del carcerato a  Fiume ; portò in dono al Generale due pezze di panno d’oro , e un padiglione  di prezzo ; donò anche a Volfango Frangipane , fratello del Capitano di Segna,  una littiera di valore; i quali prefenti, uniti allalperanza d’averne de'maggio-  ri, ebbero forza di conciliar l'animo del Generale in tal maniera, cbe tentava  diverfe vie per levarlo di prigione.- al che non conlentendo il Capitano, oper  zelo di giuflizia, o perchè gli pareffe Urano che il Generale godclTc il frutto  dell’ opera Tua, palfarono uh loro gravi parole, e in 6ne il Capitano condannò  il prigione a morte, e il Generale lofpele la fentenza. Scrilfero ambidue alla  Corte, e venne rifpolla che foOc giudicato fecondo le leggidi Ungheria/ onde  nefeguiva,chc non fi poteva far il giudizio in Fiume, non appartenente a quel  Regno; e per non tornar a parlar piò né del prigione, né del Generale, dirò  folamente che, elfcndo quelli dimorato in Fiume fino alla partenza dalla Cor-  te Cefarea de'Commilfarj, de’ quali fi dirò a Tuo luogo, fenza far altro di piò,  che udir piò volte la moglie del prigione, fe ne parti, menandolo leco in Crovazia .   Mh nel mcdefimo tempo alla Corte Cclarea, fecondo chei difordini luccef-  (èro, furono rapprefentati a Sua Maellh dall’Ambafciadore Veneto con illanza  di provvifione ; e fi dolle Cefare degl’ inconvenienti occorfi , e maflìme della  morte crudele de’lóldati, eSopraccomiio della Galea con tanta atrocith/ epro-  mife di dare fodddUfazione, e rimediare daddovero. Fece dire per nome fuo  all’Ambafciadore da principale Minillro, che la Repubblica era in illatodi ra-  gione/ e cbe Sua Maellh aveva inclinazione a levar quella gente dalle marine  nel tempo delle palfate differenze ; ma incontrò divede opinioni de’Minillri,  che non la lafciaronofpuntare: cheDioaveva permeflbpolcia queigrandifean-  dali, per porvi quell’ ultima mano cheli doveva porre all'ora. Alle illanze  dell’ Ambafeiador Veneto s’aggiunfero quelle del Nunzio Pontificio ,Mrché  il P  gior amplifìcaztonelc querele contri il commerzio interdetto a Segna, conrap.  prefentarlo come una dimunizione di riputazione, e di ofiefa della dignità Im«  penale , e di tutta la Cafa d’Aullria , acciò l'uà MaelU fi dichiarane congiunta ne«  gl'intereni loro : ealcunide’ConfìglieriCerarei, da quelle propodc molli, entra-  Tono in alcuni pareri marziali , per compiacere ai defìderio degli Arciducali.   altri di loro ebbero per inverifimile che il Generale Veneto avelTe concedu-  ta licenza agli Ulcocchi di ufeire contri iTurchi, acciò elll aveflèrole prede, ei  fudditi le rovine; e pareva gran llravaganza, chegliaveire fatti combattere per  quelloche gli avclTe ali ora conceduto . Ma quei di loro, che fi raccordavano che  per ottanta anni continui i Veneziani s’ erano dichiarati di ricevere ugual dan-  no, e offefa, quando gli Ufcocchi paflavano a predar altri per li diUrctci della  Repubblica, come quando bottinavano i fudditi loro proprj; Tebberoper un’in-  venzione molto fctocca; e non pareva loro conveniente nè alla dignità , nèalla re-  ligione di tanto Principe, che movefle una guerra, per mantenimento di ladri in-  fami. S. M., alla rapprefentazione del commerzio levato a Segna, H commof-  fe alquanto, come che foflc airediata una.fua Terra; ma, certiheato che non  iì pretendeva di far offefa alla Citt^, ma folo di afncurarfi che nonfoflcro inferiti  nuovidanni, comegrufcocchi giornalmente tentavano, reilòquieta; eavendo  colla prudenza fua penetrato il vero, preflo conobbe che tutto il male era na-  to per rinolTcrvanza delle cofe prom effe ; e nel ConHglto fu conchìufo di mandare  CommifTarlpernomediCefarechc con fuprema autoritli metceflero la mano,eap-  plicaflcro il rimedio proporzionato al bifogoo corrente ; e furono nominati il Con-  te Altani,il Baron Bech , e il Sig. fiuonomo, a’quali furono date commiifioni molto  ampie, e chiare, di levare da Segna gli Ufcocchi, e mettervi prefìdioTedefeo, e-  gafligare pofeia i colpevoli degli ecceflì commeflì . Il Sig. Buonomo fu fpedho  immediate a Gratz , per conferire la rifoluzione prefa , e ricevere iflruzione anche  da fua Altezza. Ma avvenne quello che piò volte eraoccorfo, c regnante ITmp.  Rodolfo, che nel Confìglio Cefareo fu prefa rifoluzione, per rimediare al ma-  le, la quale in Gratz fu convertita fempre in quella forta di medicina che lo fa  peggiorare : cosi occorfe nell’occafìone prefente , che gli Arciducali diflero eflfe-  re cofa giuda il gadigare, e rimediare; ma, per farlo in modo che metta fine,  efrerneceflarìocheiCommiirarjs'informaffero, cractafleroco’Minidri Veneti, e  riferifTero a’ Serenifs. Imperadore , e Arciduca ; e non efeguiffero , fe prima da fua  Maed^ eda fua Altez. non foffe deliberato quello che fi dovede mettere in effetto.   In Venezia comeladeliberazionedegr Imperiali fu commendata di giudizia e  finceriik , cos'i fu immediate intefo dove mir^e f aggiunta degl’ Arciducali , cioè,  che, non potendo trovare pretedo di difobbligarfi dall’accordato di Vienna con al-  legare eccezione alcuna contra di quello , penlalTero difobbligarfi con idi mire una  nuova tratuzione,nella quale obbliquamente fodero introdotte le medcfime cofe,  e con qualche maniera , o hdrette , o glofate , fìcchè rimanedero fenza effetto: im-  perocché in altra maniera non vedevano pretedo , per dipartirfi dalle cole promef-  fc; poiché dall’altra parte era efeguito quello che le toccava, e in quelbche re^  dava far loro non potevano pretendere aggravio; non eflendo cola piò giuda,  quanto proibirci! corfo , e nelle guarnigioni tenere mfidio pagato ; ch’era la fo*  danza delia promefTa;né avendo probabilità,perinodrare d'edere dati in pane al-  cuna gabbati; poiché lafcritturafufonnata,e defa non, come è folito, da am-  bo le parti, ma dallaloro folamente , fenza che v'imervcnilfero i Venezia-  ni , da’    Digilized by Google     DEGLI USCOCCHI.   ni, da' quali poi fu accettato. Non fi venne in Senato a delibera*  zione di mandare perlona alcuna a trattare con quei Comminar] ,   0 per la ragione fopraddeita, o perchè era noto che il motivo non  veniva dagl' Imperiali, ma da'medefimi Arciducali; o forfè anche per*  chè volellero alpettare di vedere le prime operazioni de'Commifiarj in  efecuzioae delle cole promclTe, per regolarfi poi come quelle aveffero  infegnato«   Mentre i Commiflar) erano in viaggio, occorfe all’ Arciduca, per  li Tuoi negozj, vifitare la Maefi^ Imperiale in Lintz, dove, confor-  me a quanto prima da Gratz era fiato fcritto, furono replicate le feu-  fazioni degli Ulcocclii , e rinnovate le querele pel commerzio ,le-  vato alla Giuli; e propofio il progreflb che potrebbono fare le ar-  mi Imperiali in Ita^a colla fponda deirefercito che fi trovava am-  mafiàto in Milano; e furono anche fatti diverfi ulBzj , acciocché non  foife difarmaco prima che fi vedelTc l’efito delle cole di Segna. Ma   1 CommilTarj , giunti a Fiume , chiamarono a sè i Capi degli  Ufcocchi da Segna , i quali ricufarono di andarvi fenza falvocon-  dotto. Furono i Commiflar] cofiretei a concederlo, parendo loro ciò  minore Indignitk , che fe i chiamati foflero refiati contumaci. Col  falvocondouo andarono a Terfau , e di 111 mandarono a richieder-  ne un piò ampio, diffidando del primo; e ottenutolo, andarono a  Fiume, dove furono ricevuti con termini amorevoli, e correli . I Com-  fniflàri prefero da loro informazione del conflitto cogli Albanefi a Liefi-  na, 6 della prelà della Galea, e delle altre cole occorfe dopo il concor-  dato , e fubito li licenziarono , per ritornar a cafa ; o perchè da  loro altro non volelTero, o perchè, fiance il faivocondotto, non potelfe-  ra efeguire altro difegno. Dopo alcuni giorni mandarono il Segretario  loro a Segna a comandare che folfero confcgnaii i Turchi fatti prigio-  ni in Trebigne; e il Segretario non folo non fu ubbidito, ma git con-  venne partire fenza veder efletio alcuno degli ordini de' Commiflar]:  e quantunque ufafie minacce di feveriffimo gafiigo contra i contuma-  ci, nè meno gli fu data rifpofia per riportare a' Padroni.* le quali co-  fe dimofirarono in fatti quanto ditferente foflè la filma che da quei  ribaldi era fatta de Minifiri di Celare fupremo Signore , dal rifpetto,  e dalla ubbidienza che fu da' medefimt prefiata un' anno prima al  Cheslin Commiffario Arciducale; e diedero materia agli fpecolativi  di credere che, quando alcuna cofa da quei di Gratz èrimefla a quel-  la Maefià, come eccedente la podefià concefTa, ciò fia per forma di  apparenza, e coperta di Icufa*   Mentre che furono i Commiflar] in quel luogo, altro non fucceffe  di conftderabile , fe non che i Kagufei Ipedirono Achille Pozza a ri-  chiedere loro rimedio, per li danni degli Ulcocchi , e per li perìcoli  Turchefobi, ne' quali li gettavano , il quale non ottenne provvifione  alcuna. Avvenne anche che la Galea, o per fortuna, o per malizia,  andò a traverfo, efidifllpò in tal maniera, che fe ne vedevano le par-  ti nuotare per la riviera; e finalmente il corpo fi ruppe Cotto la tor-  re Saba : c quello eh' è di maggior confiderazione , fu gli oc-  chi de medefimi Commiflar] fette barche di Ufcocchi ufeirono di Se-  gna , camminando dietro terra lotto la Morlaca , e pizzicandt»  le Ifole quanto poterono ; il che fu poco , per la fquifita guardia  Ttmù IL Gg g, eh*     x3« STORIA   ch’era in quelle, rirtirono i Commiflari nn dopo l' altro, mandata a  Grata l’ informazione fenea aver fatta altra cofa che ibfle veduta, o  faputa; non mancando gli Arciducali in Fiume di luggerire, e impri-  mere, eflère paflàto con loro dilbnorc che non fóllè ttato mandato a  trattare foco ; e aggravando , con dire che altre volte fi era mandato a trat-  tare cogli Commiliari Arciducali tanto inferiori degl'imperiali. Della  dimora, e opera infruttuofa di tre perfone infigni fpiccate dalla Corte Im-  periale era attribuitala colpa diverfamente . Altri l'afcrivcvano a man-  camento del Senato Veneto, che non aveflc mandato alcuno per fu»  nome, allegando che, quamfe fi tratta caufa comune, come fono tut-  te quelle di (Ubilire una buona vicinanza, conviene che fia per Mi-  niftri da ambe le parte maneggiata, acciò riefea con reciproca fodditfazio-  ne: che i Cefarei non avellerò fatto colà alcuna, per elTere mandati,  non ad operare foli, ma uniumente co' Veneziani : e quando bene a-  velièro veduto foli applicare qualche rimedio, non avrebbero potuto lar-  k>, per eflèr incerti fe quello folTe poi piaciuto a'Veneziani, e gli a-  veflè renduti contenti; e però che con ragione dovevano eflèie feufati  gli Aoftriaci di ogni inconveniente che fol^ potuto fuccedere. Altri di-  cevano che alfora fi tratta per comuni Minillri, quando vi ò bifogno  di concordare diffèrenze; ma per efeguire le cofe concordate, ognuno  dee fare la fua parte da fe fteBb: che quando il Generale Veneto re-  fiàtul il comerzk), lo fece da sò, lènza alTiflenza di altri; che i prigioni  erano fiati liberamente offèrti a chi fua Mael& avelTe comandato fenza tra-  tare del modo di darli: che, quelle cofe fatte, i Veneziani non avevano al-  tro che fare, fe non afpettare corrifpondenza coll'oirervanza delle cofe prò-  meffe ; che il mandare la Repubblica Commiflàri , per trattare accomoda-  memo, non farebbe fiato altro, che rinunziare l'accordato di Vienna, nel  quale, poiché la parte Arciducale era fiata tanto avvantaggiata, ed era efe-  evito interamente tutto il vantaggio di quella, nel nuovo congrelfo non  n poteva propone, ni rilbivcre fe non qualche cofa di più per gl’Arv  ciducali, e qualche maggiore difavvantagio per la Repubblica.- lenza,  che fi poteva con cenezza prevedere che, non avendo avuto luogo  qoello che fi era fermato colla Maeftà Imperiale, e coll’Altezza dell’  Arciduca , molto meno fi avrebbe potuto fperare della trattazione  de’ Minillri, i quali fe erano andati per efeguire le cofe concorda-  te, neflìin impedimento fi può diré che aveflèro ritrovato, il qua-  le colla prefenza de’ Veneti poteficro fupetare.- ma fe con altro dife^  gno, che daU’alTenza de’ Veneti, folTe fiato difiurbato, non poteva  quello eflère fe non pregiudiziale alla Repubblica. Gl’intendenti del-  le cofe di governo dicevano di più, che occorre fpeflb trà i Principi  mandare Minillri per negoziare, ni mai quella fi fii altramente, che  avendo prima rifoluto l’uno, e l’altro, che il bifogno vi fia, e con-  cerrato quello che s’abbia a trattare, il luogo, e bene fpefia anche il  modo a tenere. Ma che uno fpedifea Minillri dove, e con quelle com-  miflìoni che a lui piace, e fenz’altro dire, afpetri che l’ altro mandi  a tratura con quelli, ficcome i cofa non mai ufata, cosi, quando  avveniflè, più rollo avrebbe ragràoe di dolerli rinvinro lenza precedente  concerto, che l’ invitante a cui non folTe corrifpofio.' non poterfi però  aferivere a mancamento di fapienta, e prudenza in Cefare, che non  fu autore di ut configlio , ma di chi T inventò, e aggiunfe in Gratz   oltra    Digitized by Googlc     DEGLI USCOCCHI. 137   oltra le commiflìoni Imperiali. Partiti i Commiflkn, refta^oBo i kdfi  alTicurati deli'impuiiiik per le cole facte^ e inanimiti a tenere ritafiTa  (lile alPavvenire. Non racconterò le pertico lari prede di barche, o re*  (celli, e le incurfioni fatte l'opra le Ifole con una, ò due barche, perchè moh  te furono; e futbbetedio, perl'uniibrmitb, commemorarle tutte.* nar>  retò folo una generai ufeita fatta mentre il rigor del vento doofteinfe  rallentar le guardie, nella quale prefero quante barche incontmroRò  alle riviere d’illria; e in Dalmazia i due grippi con mercanzie, e da»  nari; e alii fcogli di Zara tré marciliane cariche di pannina, renft,  c fpczicric; e una Nave che poruva drappi di feta, lana, zuccheri,  e altre merci di valore v Paflkrono dopo quelli Ipogii ad offefe non più  da loro ternate. Si ritrova in faccia di Zara uno Scoglio, nominato  di San Michiele, con un CalUllctto nella lòmmith , dove ne i tempi  de’fofpetti 0 tengono guardie, e lentinelle, per ilcoprir il mare; ne  i tempi tranquilli reità il luogo , come di leggier momento , lenza  guardia 4 Quelli uomini, con molto ardire ivi montaci, e munito il  luogo per quello che poterono repentinamente, pofero dentro guardia  della loro gente, per ben ifcoprire il mare, e non folo ìnGdiare la  navigazione, dando legni accompagni de* Valcelli di viaggio, ma an-  cora per awifarli di ichivar Tarmata chetrandea per guardia di quel-  le riviere; e ciò fatto, con incredibile audacia fi mifefo ìoGeme in forma  digtulla guerra, e in numero dÌ 40 o.con lèi iiilègnc sbarcarono a Ro»  iiaoze, vaia della medefìmaCitth, e predato in qirella quanto vi 0 ri»  trovò, pailatt innanzi ad Islan, luogode’Turchi, preferoanimali, don-  ne, e nnciudt; ritornali per la via Aefla , portarono tutto a Segna,  linfbrzata prima la guardia, e la munizione di S. Michele ;donde per dilcac’*  ciarli , eflèndo lo fcoglio forte di Geo, fu bifogno di congregare la foldate»  ica, e adunare molta gente, per paflare nello fcoglio, e alTaltarii : di che  elfi avvedutifi, la notte fuggirono . A tanti inconvenienti avendo con0*  dcrazione, il Generale Veneziano riputò neceflàrio ufare più potente ri»  medio, che T impedimento del commerzio a Segna, per confolazione  dc’fudditi, che, ritrovandofi danneggiati e afflitti, erano vicini alla  difperazione, e a gettarfi lotto la volontà degTUfcocchi. Era debole  il rimedio ufato contra Segna folamente, poiché quella gente, con ar«  rifchìarh ad ogni pericolo, luperava parte delle difficoltà; e col riee»  vere per via di terra fbccorfo da altri luoghi Arciducali, rendeva io»  fruttuola Topera impiegata nell’ incomodarli. Sino a qucRo tempo i’  era alìenuto di levar il commerzio all’ altre terre, per non diipiacere  a fua MaeOà, c a fua Altezza: all' ora, vinto dalla ncccffità, pensò  che quei (Principi colla prudenza avrebbono bene conofeimo che, quan*  do fi foflè riientico con tutte le terre loro polle a quella marina pel  favore preparo a cosà fceleraci ladri , non doveva cflère hcevuco per  ofièfa da chi fi difendeva da cosà gravi olt^gi , mà da chi lì cotn*  metteva fono T ombra loro; e perciò proibì ad ogni fona di perfone  di poter andare cofi vafcelli, .0 barche di mercanzie, vettovaglie, e  di ogn’ altra Ibrta diprovvifìoni a qualunque terra polla fopra il Quar.  ner, c fopra il Canale della Morfaca dì Bcfezfino a ScriUà. Ancorché  0no al tempo prefente non fia mai (lato applicato rimedio proprio ,  che abbia potuto ovviare pienamente alle fcorreriedegrufcoccni, que-  00 nondimeno é Rato in tutti i tempi il più efficace ; perché, oltre   al     x 38 storia   al levar a' ladri la comoditi di Ilare rutti uniti in uni uogo , pel  mancamento delle vettovaglie , gli altri ludditi Audriaci , che  per cauli loro pativano , fi Iòno concitati centra i ladri , ed efcla-  mando alle orecchie della Corte Arciducale, hanno collretti quei Mi-  niftri a fare qualche provvifione, per cllcre liberati dall’ incomodo per  all’ora. Cosi in quella occafionc le querele, e i lamenti de’fudditi an-  dati a Grata , giunti cogli lifliz) dall’ altro canto fatti da i Miniflri  della Repubblica alla Corte Cclarea, indulTero gl’ Imperiali apenlàr di  levare quella molellia a lua Maellb con rimedio perpetuo; e gli Arci-  ducali a peniate di portar il tempo innanzi, con dare qualche appa-  rente, 0 almeno leggiera loddisfazione : e communicati i configli infieme,  rimilèro a trattarne unitamente al leguente Agollo, pei qual tempo  avevano i Principi di Cala d’ Aulirla intimato un congrelTo dì tutti  loro, e de’ deputati delle Provincie foggette in Lintz, dove l’Impera-  dore fi ritrovava, per rilolvere negoz) importanti de’ loro Principati.  E per dar ingreflb a quella trattazione, fecero gl’Aullriaci per nome  di lua Altezza querela coll’ Ambalciadore della Repubblica, Refidentc  prcITo a lua Maellb, che il Generale in Dalmazia avelTe pubblicato un  bando, proibendo il commercio alle terre, c a’ ludditi tuoi di quelle  riviere; e con effetti avelie trattenuto diverfi valcelli che navigavano  a quei luoghi, per fomminillrar vettovaglie ; e ne avelie anche gettati  a fondo parte di elfi ; e che ciò folle non tanto con fua offefa , e dan-  no dc’fudditi, quanto ( il che piò loto importava ) a pregiudizio del-  la libera navigazione che pretendeva nel Mare.- al ch'era flato giullo,  e neceflario rimediare; che gib in Vienna fi erano ptomoHe parole di  quell’ ìflellà materia, e concordemente era fiata rimeflz ad altra tratta-  zione: che quello era il tempo, e luogo opportuniflimo di trattarla,  che facilmente non fi prelenterebbe una congiuntura ule, quando fof-  fero prefenti in una raunanza tanto frequente tutti i Principi di Cala  d’Aullria, e anche i Deputati degli Stati loro; deU’inicrelle de’quali  tutti fi trattava: e che, decifo quello capo, infieme fi avrebbe trova-  to rimedio alle cofe degli Ulcocchi.   A quella propofizione fu dall’ Ambafciadorc rifpollo in follanza.- che  in quella materia dì navigazione non era fncceduta novitk alcuna; ma  era fiata femjrfe libera ad ogni torta di perlonc lotto le leggi della  Repubblica, che fono neccllaric per conlervarla; e tale cllece la men-,  te di lei che fia mantenuta tempre. Elfere flato proibito nuovamente^  il commerzio alle terre, dove gli Ulcocchi erano ricettati, foccorfi,  e favoriti , appunto per ovviare alle infellazioni loro maritime princi-  palmento, e mantenere libera la navigazione, e a’ danni, e alle ollefe  che inferifeono in terra.- che mentre gli Ulcocchi avellerò ricetto in  quelle terre, nè elfi potrebbono allenerli da’ ladronecci, nè la Repub-  blica lafciare di perfeguitarli, e ribattere le offelc. Raccordò le pro-  melfe fatte in Vienna con parola di fua Maellk, c di fua Altezza in  ifcritto, e replicate molte volte in voce, che il Mare rollerebbe net-  to, e liberato da’Pirati di Segna; e che nè di la, nè da quei contor-  ni ufeirebbono perfone a danneggiare la navigazione, nè i vicini: e  recitate tutte le molcllie, e offelc dagli Ulcocchi inferite dopo il trat-  uto di Vienna fino a quel tempo, loggiunfe che per religione, gin-  ftizia, e riputazione de i Principi, erano obbligati ad efeguire le pro-   melfe;    Digitized by Coogle     jDEGLI USCOCCHI. 139   melTe, con che anche per corrifpondenz» farebbe retiduto il commer-  zio alle terre, ficcome fu renduio l'anno innanzi per rifpetco, e of-  fervanza verfo fua Maedb finceramcnte, fenza aver altra fìcurezza,  che la fola fua promcfsa, quantunque le ingiurie ricevute dagli Ufcoc-  chi fin’ all’ ora folTero da non fcordarfi facilmente; e che gli at;ticoU  da fua Maeflli, e da fua Altezza promefli all’ara non conteheiTero,  il total rimedio, e folTero flati conglciuti per molte fpertenze paflàte  infufficienti ; laonde, per debita corrjfpondenza , fe la ragione, l’one-  flb, e roITervanza della fede debbano aver luogo , fi dovrebbe ormai  vedere Teffetto delle promelTe: ch’egli afpettava che da quella rau-  nanza, fecondo la intenzione datagli, da Configlieli di Cefarc folfc  pollo fine a tjucllo fpinolb negozio. E perciò riulcirgli cofa molto in-  afpettata l'udire in luogo di qnello, che fi trattafie d’ implicarvi altri  negozj di lunga digeflione, che non potevano fervire ad altro, che a  portar in lungo Tefecuzione delle cole promelTe; che il negozio degli  Ufcocchi gik era in piedi, e fi ritrovava in tale flato, che non fi  vedeva adito, nè apertura di ravvilupparlo con pretenfione di libera  navigazione, ovvero con alcun’ altra fomigliante; ma bensì, termina-  to quella, che non aveva bifogno di trattazione, ma di efecuzione del-  la parola, e fede data , la Republica non farebbe fiata aliena di trat-  tare ogni altra difficoltb : anzi il metter fine alle moleflie degl’ Ufcoc-  chi farebbe flato un facilitare la tratuzione di navigazione; che la  Republica aveva fempre ricevute , e incontrate tutte le occafioni, per  metter fine a qualunque differenza colla Cala d’Aullria,- e che in Vien-  na erano fiate conofeiute le urgenti ragioni, per le quali non fi pote-  va trattare, nè di libera navigazione, nè d’altro negozio prima che  a quello degl’ Ufcocchi folTe rimediato; e perciò di comune confenlo  era Hata rimelTa ad altra occafione: e rellando le caule le medefime,  conveniva tener per decifo, che nelTuna opportunità di trattar altro  poteva venire, (e non era levato di mezzo quello impedimento, che  non concedeva T unire altra cola con lui. I Configlieri di Gratz per  quello non fi molTero dalla loro rifoluzione; ma fi fermarono collan-  temente in quello, che non occorreva parlare degli Ufcocchi, fe in-  fieme non fi parlava di quell’ altro punto; il quale tanto premeva a  fua Altezza, che fenza quello non avrebbe potuto afcoltare ragiona-  mento di altro; febben gl’imperiali non fecero fopra illanza alcuna.  Quelli che fludiano, per indagare i fini delle deliberazioni, credettero  lo feopo degli Arciducali non eflcre flato altro, che di fcanfare il par-  lare degli Ufcocchi; cofa molto abborrita da loro in ogni tempo; e  la mira de’Celarei elTere fiata di vedere prima rifoluto un altro pun-  to, che fu propollo, e rellò iniecifo nella raunanza, cioè, fe fi do-  veva attender alla guerra, o alla pace co’ Turchi, forfè a fine di ca-  var alcuna fomma di danari, quando fofle llau la guerra rifoluta,  con negoziare qualche cola d; Segna. Quello che in ciò fólTe di vero  non fi può affermare.   Ma poiché il negozio della libera navigazione Tanno precedente in  Vienna fu difgiumo da quello degli Ufcocchi, e rimelTo ad altra trat-  tazione, e a quello tempo in Lintz fu promollb dagli Auflriaci, per  riunirlo a quello degli Ufcocchi, e non fu trattato, avendo i Vene-  ziani perfeverato m tenerlo difgiunto; quello luogo ricerca un poco   di di-     X 40 STORIA   di digreflione , per efplicarc che cofa fi pretendeva colla richief^a dì  libera navigazione, e in che tempo ebbe origine la pretenfione; e qua^  li ragioni aironi ^fTero ufate da ambe le parti.   Dopo una lunghiflìma pace trli i progenitori di Mafllmigliano I.  Imperadore, e la {Repubblica dì Venezia nel 1508. ebbero principio  leggiere perturbazioni, le quali fecero progrclTo a notabili, e memoran-  de guerre ; e fu la Repubblica per zz. anni feguenti con quel Prin«  cipe, c colla pofteriib lua per varj rifpetriora in guerra, ora in pace,  e ora in tregua; nel fine de quali, l'anno 1528. furono compolle tut“  te le differenze, e conchiufa in Bologna una pace, la quale durò oltra  tutto quel fecolo con Carlo V. Imperadore, infìeme con Ferdinando  fuo fratello, Rè d’ Ungheria > e Arciduca d’AuRria, Perchè nella divì-  lìonc tra loro fratelli lette anni hmanzi fatta, tutte le Terre AuRria-  che conhnanti co' Veneziani erano toccate al Rè Ferdinando; \ confini  delle quali colle Terre della Repubblica erano molto intrigati ; per-  lochè molte difHcolt^ erano da decidere, parte per le ragioni pubbli-  che de' Principi, e parte per quelle de’fudditi privati, che non pote-  rono, per la moltiplicitb, e per la lunghezza della cognizione che ri*  cercavano, elTere terminate in quel trattato di pace. Fu aU'ora il tut«  to pollo in quiete con un capitolo, che dovefle elfer iRituito un tri.  banale arbitrario, per deciderle. II tribunale fu eretto in Tremo, dal  quale fu la Icntenza pronunziata nel 1535*) c tutte le differenze ( eh'  eccedevano il numero centenario ) difHnitivamente furono terminate.   Qui però non ebbero fine le diihcoltky imperocché, neU'eleguìre  la Temenza, altre si attraverfarono, e col progrclTo di tempo ebbero  origine da ambe le parti nuove querele; pretendendo ciafeuna che dal-  Taltra folTcro fatte varie innovazioni. Laonde, per metter fine a tut-  te le differenze, fu da Ferdinando, fuccelfo all’ Imperio per la cefllo-  ne del fratello , e della Repubblica dì concerto comune iRituiu in  Friuli nel 1503. una raunanza di cinque Commìflàri, un Proccurato-  rc, c tre Avvocati per parte, i quali trattalTcro le dilhcoltli, cosi an-  tiche, come nuove; e da’ Commilfarj folle poRo fine lotto la ratihea-  zione de’ Principi. QucRo cosi gran numero di giudici fu dall’ Impera-  dorè richieflo, per loddisfare a’fudditi fuoi di varie Provincie intcref-  fati in quelle caule . Per la parte Imperiale i Commillàrj furono , An-  drea Pcghcl, Barone in AiiRria, MalTimigliano Dorimbergli, EIcngero  da Gorizia, Stefano Sourz, Antonio Statemberg ; Procuratore Jacopo  Campana Cancellier di Gorizia.* Dottori, Andrea Rapizio, Qervafìo  Alberti, Gian-Maria Grazia-Dei « Per la Veneta CommiRàrj furono  SebaRian Veniero, Marino de'Cavalli, Pietro Sanudo, Gian BattiRa  Centanni, AgoRio Barbarigo: Procuratore Gian Antonio Novellò Se-  gretario.* Dottori, Marquardo Sufanna, Francefeo Graziano, Jacopo  Chizzola .   Nella Radunanza furono da ambe le parti efprefle IcrichieRe; e do-  po aver difputato, e parte compoRo, parte decifo le altre differenze  pubbliche, fu prefa in mano una richicRa del Procurator AuRriaco in  qucRa forma .* Ejufdem Ì/Iajejlatis nomine re^uiritur ut poft bac illm fub-  ditisy atque ei'tis in Jìnu Adriatico tuth navigare ^ ac negotiari liceat»  Jtem ut damna Tergejìitth Mcrcatoribus , atque aliis illata rejlituantw\ c  accompagnò il Rapizio Avvocato la dimanda con dire che quella non   era    Djgitized by Google    DEGLI USCOCCHI. ^4I   era caufa da trattare fotttlmente : effer cofa notininia, che la naviga-  zione doveva efler libera: con tutto ciò i Navilj de'fudditi di Tua Mae-  fìò erano alle volte fatti andar a Venezia, a pagar dazj; che di que-  Ao fua MaeA^ A doleva, e faceva idanza, che vi fì rimediafle.   A ciò rifpofe il Chizzola, Avvocato della Repubblica, elTer coÌk  chiara che la navigazione dee eflfer libera; ma a queAa libertà non  eflere ripugnante quello di cui fi dolevano; poiché ne i paefi liberìflU  mi chi domina rifcuote dazj, e ordina per qual via debbano tranfita-  re le mercanzie; e nelTuno fi può dolere, Tela Repubblica per li fuoi  rifpetti ufa quoAa facoltà nel Mare Adriatico, eh’ è fotto il fuo Do-  minio: e foggiunfe che, fe intendevano di difputar la loro richieda,  gli avvertiva che non poteva elfer introdotta tal caufa in quel giudi-  zio, idituito folo per elecuzione delle cofe fentenziate; elTendo cofa no-  tidima che la Repubblica, come Signora del Mare Adriatico, efercita-  va appunto c^uel dominio che da immemorabile tempo aveva fenza nef-  funa interruzione el'erciuto, cos^ nel rilcuoter dazj, come neU’adegnar  luogo per la efazione.* e che la protenfione propoda era nuova, e mai  piò da nedun antecefsore delflmperadore, nè come Rè d Ungheria, nè  come Arciduca d'Audria,e delle Provincie adiacenti, nè da fua Maedà  in tanti anni mai per innanzi permefsa. Interrogò ì Cefarei che dicef-  fcro quando mai piò era data pretefa tal cofa.* che non fu pretefa in-  nanzi la pace di Bologna, perchè la differenza farebbe data terminata  all' era, ovvero nmefsa al giudizio arbitrario: che in Trento furono  traratte piò di izo. controverfie, e di queda non fu fatta menzione: adun-  que fino a quel tempo non fu in piedi una tale pretenGone.* Mà s’era  nata all’ora per innovazione fuccefsa dopo la fentenza di Trento, dicef-  fero quale, e quando ebbe principio; perchè egli era pronto a modra-  re ogni cofa efsere di aniichidimo ufo, fenza una minima novità: però  non doveva elser udito chi veniva con dimando non originate , o dalla  fentenza, o dall* innovazione.   A ciò il Rapizio rifpofe che non intendeva far il fuo principale  fondamento fopra quello che a rutti è notiflìmo, cioè, che il Mare  è comune, e libero; e che però a nefsuno poteva proibirfi il navi-  gare per qualunque luogo gli parelse, e febbene alcuni Dottori di-  cono che la Repubblica hà preferitto il Dominio dell’ Adriatico col  lungo pofsefso, però non Io provano; e a* Dottori che affermano una  cofa di fatto non fì crede lenza pruova ; e perciò non voleva di-  morar in quedo, ma venir al principale, cioè, che, quando anche   la Repubblica folse padrona del Mare, i fudditi Imperiali potevano   navigare Uberamente per le capitolazioni che trà i Principi tono da-  bilìre; e però cfser appartenente a quella Radunanza la richieda pro-  Mda; alla quale, poiché cosi era da' Veneti richiedo, aggiungeva per  fondamento: ^ra libera navigaM mmris Adriatici cum Majejìatis fu€  Cefarex , tur» fttbditorum damno^ Ò" incommodo ab Jllujhijpmi Domi-  nii Veneti triremimn PrxfeBis impedita ftmit cantra capttula Vorma^  tixy Bononix^ Andeeaviy & Venetiis inita, £ qui portò U pafso  della capitolazione dì ^logna, la quale cosi dice: comune%   fuhdito tiberey tutOy & featre pojjjint in utriuftpue StatibuSy & Domi-   niis , tam terra , tjuam mari moran , negotimi non bonis fuh ; be-   neqke (T umamter tradenìur y ac Ji cjjcnt imoUy tT fnbditi iUius Prit^  Tomo li. Hh    X4X STORIA   r^ù, X Domlali, m/ui fratrias & imùaia rJihuu; pnvUexur^ ni  va , auf alitfua iajuria ulta de caufa iis inferatur > celeriterque fvt  adannijintar , Recitò anche i capitoli delle tregue d‘ Afigiers , e  de Vomies, e della pace di Venezia, che fu regidrata a’fuoi tetn>  pi , benché non folTe bifogno , per elTere dello fteflb tenore . Pon-  derò la parola libere , confìderando che libere è aggiunto al verbo  navigare ; perlochè fi dee intendere fecondo la legge comune , per  cui ognuno può navigar liberamente: e non farebbe libero chi fol-  lie corretto andar a Venezia. Aggiunfe di più che la parola libe-  re conveniva che non folfe fuperflua , ma bifognava che operalfe  alcuna cola di più, che le due parole iati, & fecare ; nè altro  poteva importare , falvo che , fenza impedimento , o molellia , o  pagamento di dazio : a ciò aggiunfe che vi erano più di 400.  ijucrele de’fudditi con vafcelli fatti andar a Venezia, e fatti pa-  gar dazj , per elTere capiuti ne i Porti per fortuna , o per altro .  Leflc una fentenza d’un Rettore di LieCna, che liberò una Nave ca-  pitata a quell' Ifola per fortuna; e narrò che alcune barche di fale  erano Rate lafciate andare dall’armata Veneu al loto viaggio fenza  mandarle a Venezia. Conchiufe che la fua richicRa fi Rendeva a que-  lli tre ponti.- Che i Ridditi AuRriaci poteflero navigare per tutto dove  loro piaceva.- Che per andare ne i Porti della Repubblica per tran-  Cto non pagaRero; E andando per mercantare in quelli non pagaflcro  più, che i ludditi del Dominio. Replicò il Chizzola promettendo di  rifolvere chiaramente le obbjezioni dall'altro introdotte, ficchè non  rcRcrebbe luogo a replica; e di moRrare con ragioni vere, ed elhca-  ci, che quanto veniva operato da’MiniRri della Repubblica nel Gol-  fo era fatto con legittima autorith . £ rifervandoR a parlare dei  Dominio del mare dopo , ma prcfupponendolo , nel prmcipio inco-  mmeiò dalle Capitolazioni, e difse prima che la parola libere non  Rava appoggiata, come il Rapizio diceva, al verbo Navigare; ma  a' verbi .- marari , tS" negaeiari tàm terra , qudm mari ; e però con-  veniva intendere libere come la legge comune intende, quando fi di-  mora, o negozia in cala d'altri; ch'è olfervando le leggi, e pagando  i diritti del paefe. So^iunfe poi che quelle capitolazioni trh la Cafa  d’AuRria e la Repub^ca erano ugualmente reciproche, e che non vi  ora convenzione più a favore degli AuRriaci nello Stato di Venezia,  che de’ Veneziani nello Stato degli AuRriac^ nè cRer paniita maggio-  re liherth nel mare, che nella terra; ed edere chiare le parole colle  quali fi dice che i Ridditi di ciafeuna delle due parti poRano (limo,  rare , negoziare e mercantare negli Stati dell’ altro , cosi in terra ,  come in mare, e fieno ben trattati. In modo che i Ridditi Veneti  non hanno d’avere minore liberih nelle terre AuRriache, che i Riddi-  ti AuRriaci ne’ mari di Venezia; e per virtù di quelle parole, quello che  Sua MaelHi vuole avere nello Stato della Repubblica, conviene che  lo conceda a lei nel Rio.- e fe Sua MaeRù Cefarea nello Sato Rio  di terra non concede a’fudditi della Repubblica fare la Rrada che  loro piace , ma li coRringe paRare per quei luoghi dove fono pa-  gati i dazj , non può dimandare che i fuoi poflàno andare pel  mare della Repubblica per tutto dove l»r» piace, ma ded contentarli  ohe vadano dovei rifpetti diRuelU che ne bù il dominio comportano.    Digitized by Google     DEGLI USCOCCHI. 143   Se Sua Maeft^ fa pagar dazj nella Aia terra , la Repubblica faccia  pagar nel Tuo mare. Gl'interrogò, fe pel capitolo volevano che foC»  ie levata, 0 riAretta la facoltà all’ Imperadore di efigere dazj? le nò,  perchè volevano che folTe levata, 0 rìAretta alla Repubblica per un  capitolo che parla di ambi i Potentati colle Aefle parole? MoArò  con narrazione particolare , che dalla pace Veneta del 1523. fino  allora V Imperaaore aveva crefeiuto dazio con aggravio de’ ludditi  Veneti alle vettovaglie , e mercanzie che palTano dall’ uno all* altro  Stato in maniera, che ciò che pagava uno era aumentato in alcune a  16. in altre a 20. In particolare narrò che il ferro già a quel tempo  aveva libero tranfito,| e non pagava cofa alcuna: che di nuovo Sua  Mae Ah aveva impoAo per dazio lire 18. per miglia)o, e aveva ordina-  ti i luoghi per dove fi paAalTc a pagarlo; fuori de’quali foAe contrabr  bando, dove prima il mercante poteva fare che Arada gli piaceva; che  fi pagava un carantano per manzo che fi conduceva per Venezia e l’a-  veva accrclciuto ad un ducato con danno delli Beccati di quella Città:  e fe Sua Maellà Aima lecito nello Stato Tuo fare quello che le piace,  fenza repugnar alle convenzioni, non può penfare che la Repubblica,  facendo quello che le torna bene nel proprio, le contravvenga: aggiun-  fe che in ogni pace Aabilita trà due Principi dopo una guerra, h con-  viene che i fudditi poflano dimorare, e negoziare liberamente, non ad  efclufione de’daz), ma bensì sì efcludono le violenze le oAiliià , e im-  pedimenti ch’erano ulatt prima, durante la guerra, e non fi leva, o rìArin-  ge l’autorità, nè dall’uno nè daU’altro Principe, nè in terra, ne in mare.   Alla clùarezza, e forza di queAo dilcorld rcAarono così lotpefi gli  AuAriaci mirandofi Tun Taltro, che il Chìzzola giudicando non else-  re ncccfsario fermarfi più in ciò, pafsò alla pruova del capo prefuppo-  fio che la Repubblica abbia il dominio del mare, e dìise; Efsere verif-  fima la propofizione che il mare è comune, e libero, ma non altri-  menti di quello che fi dice ie vie pubbliche elsere comuni, e libere:  il che s’intende, che non polsono etscr ufurpate da alcuni privati per loro  proprio fervizio, ma rcAino alfulo di cialcuno;non però libere sì, che  flon fieno lòtto la protezione, e l’ imperio del Principe; che ognuno pof-  ià far in quelle liberamente tutto quello che gli piace, a dritto, e a tor-  to; che tal licenza, e anarchia è abborrita da Dio, c dalla Natura, così in  Mare, come in terra: che la vera libertà del Mare non el'clude la protezio-  ne, c fupcriorità di chi lo nunticne in libertà; nè la foggezione alle leggi  di chi ne ha l’imperio; anzi ncccAariamenic le include; che tanto U Ma-  re, quato la terra è foggetto ad elser divifo trà gl' uomini, e appropriato  alle Città , a’ Potentati ; il che, già ordinato da Dio nel principio del ge-  nere umano come cola naturale , fu anche molto ben conofciuio da  AriAotile quando diAc che alle Città marittime il mare è territorio,  perchè da quello cavano l' alimento, e la difcla: cofa che non potrebbe  elTere, fe non fofle loro appropriata parte di effo, non altrimcnte che  al modo, come fi appropria la terra, la quale è divila trà le Città,  non in partì uguali, nè proporzionate alla loro grandezza, ma quanto  hanno potuto dominare, e guardare. Berna non è la maggior Città  deU’Elvczia, e pure hà tanto territorio, quanto le altre dodici inficme, c  la Città di Norimberga, molto grande, appena efee col territorio fuori delle  mura. La Città di Venezia molti anni è vifiìuta lènza punto dipofiènìone in  T0mo II, Hh 2 terra     144 STORIA   lena ferma. In mane parimente alcune Citt^ di molta fona, e vitti  hanno occupato molto mare; altre di poche forze fi fono contentate  delle proflime acque; nè Inno mancate di quelle che, (ebben maritti-  me, avendo alle fpalle terra fertile , fi lono contentate di quella,  fenza ulcir in mare; altre che, impedite da pii potenti, fono fiate  coftrette ad afienerlene,- per le quali due caule una Cittì, febben  marittima, può Aare fenza poOédcr mare.   Aggiunfe che Dio ha ifiituiti i Principati per mantenere la giufii-  zia ad militi del genere umano : che quelli fono nccelfarj cosi in ter-  ra, come in mare. Che San Paolo dille per quella cauta eflère debi-  te a’Principi le gabellee contribuzioni.- che larebbc una gran firavat  ganza lodare le terre guardate, regolate, e difefe, e biafimaie ciò nei  mari. Che fe qualche mare ^r la fua ampiezza, ed ellrema lontanan-  za dalla terra, non può eflere protetto, e governato, quella è pena  del genere umano, Cccome è anche, che vi fieno difetti cosi grandi  in terra, che neflimo pollà proteggerli, come nei fabbioni di Affrica,  e in molti luoghi immenfi dell' Atlante . E ficcome è dono di Dio che  una terra fia colle leggi, e colla forza pubblica retu, protetta, e go-  vernata, cosi il medefimo avviene in mare ; che furono ingannati danna  grolla equivocazione quelli che diisero , la terra per la fua llabilià  poter elser dominata, ma non il mare, per efser elemento inconllan-  te, ficcome nè anche l’aria; imperocché, fe pel mare, e per l’aria  intendono tutte le parti di quegli elementi fluidi, certa cofa è che non  polsooo eÈere dominate, perxJtè, mentre fi fervono gli uomini di una  parte, l’altra fcorre.- ma quello avviene anche a’Fiumi, che non pof-  lono elsere ritenuti. Quando fi dice dominar il mare, overo il fiu-  me, non s'intende l'elemento, ma il fito dove quelli fono polli . Scor-  re ben l’acqua dell’Adriatico, e non può efsere ritenuta tutta,- ma  il mare è l’illefso, ficcome il fiume; e quello è quello che flhfoggetto  alla proiezione de' Principi.   Interrogò gli Aullriaci, fc la pretenlione loro era che il mare fot  fe lafciaio fenza protezione , ficchè ognuno potelse lare in elso , e be-  ne, e male, corteggiarlo, depredarlo, e renderlo innavigabile? que-  llo efser tanto firavagante , ch’egli voleva per loro rifpondere che  nò.- adunque conchiufe che per necefsaria confeguenza la Maellh fua  voleva che fofse guardato, protetto, e 'governato da quelli a’ quali  toccava per dilpofizione divina: ma le cosi era, ricercò, fc loro pa-  reva ginfta cofa che quelli tali lo facelsero con fola loro fatica, loro  fangue, e loro fpefe; o pure che vi coniribuifsero quelli che ne go-  devano frutto? A quello anche rifpofe per loro, eh’ è troppo chiara  la dottrina di San Paolo, per non alleare la Gmrifprudcnza , che  tutti i governali, e protetti fono obbligati alle contribuzioni, e ga-  belle. Adunque conchiufe che, fe la Repubblica è quel Principe a  cui appartenga dominare, e prot^ere l’Adriatico, fegue neccefsaria-  mcnie che chi le navin debba Ilare foggetto alle fuc leggi, non al-  trimenti che a quelle «Ila rcgioiie ttrrellre chi tranCta per quella.   Pafsò allora a moflrare che quefio dominio da immemorabil tempo  era della Repubblica, e fece leggete da una raccolta i luoghi di tren-  ta Giureconfàlti , che dal ijoo. fino all’eth fua parlarono del domi-  nio della Repubblica fopia U mare, tome di cofa notilIima,e imme-   mora-    Digilized by Coogle    DEGLI USCOCCHI 145   morabile ne' loro tempi , difcendendo alcuni fino a dire che la Re-  pubblica hb dominio di eflb non meno che della Citth di Venezia;  dicendo altri che l’Adriatico i il territorio, d il diftretto di quella Cit-  tb, facendo menzione della legittima podeltti fua di lUtuire leggi alla  navigazione, e d’imporre dazj a’ naviganti; e foggiunlè ch'egli non fi  raccordava di aver veduta alcuno che diceflè in contrario; e rivoltoG  al Rapizio, dilTe che, s’egli non voleva credere a quegli Scrittori i  quali attcllavano, che il mare foOé de' Veneziani, poffeduto da imme-  morabile tempo, precedente la loro eth, perche non lo provavano,  non però poteva negare di riceverli per telUmonj di quello che nel  loro tempo vedevano; e averli per fuperiori ad ogni eccezione, efièn-  do uomini famofi, e che, da tanto tempo morti, non fono interelTa-  ti nelle cofe prefenti, e per 150. e più anni corrono dal più vecchio  degli allegati all'ultimo, teda per l’attellazione. loro provato che giù  più di unti anni la Repubblica hh dominato il mare, e per ciò non  poterli negare l’immemorabile poflelTo al prefente.   Indi rivolto a’ Giudici, li pregù che fopra le autorith allegate afcol-  talTera una fua breve coqfiderazione, la quale lafcierebbe Toro com-  piutamente impreflà la verith. Ponderò prima, che febbene alcuni de’  recluti luoghi parlano con parole generali, dicendo, il mare de’ Vene-  ziani, non efprimendo quale, e quanto quello fia, altri però lo Ijpeci-  ficano, ufando il nome di Golfo, e altri con termine più erpreluvo,  dicendo l’Adriatico, che fpecifica non loia il fito, ma anche la quan-  tità del mare poffeduto; e con quelli che parlano più cfprellàmente  modrò doverfi dichiarare quelli che in termini più generali fcrivono,  conforme al comune precetto, che co’luoghi chiari conviene illumina-  re gli ambigui. Confiderò apprefib che il varùi parlare di quei Dot-  tori, facendo derivare il dominio della Repubblica in mare, chi da  preferizione, altri da fervitù indotta, e alcuni da privilegio, è nato,  perchè, ficcome erano inrormaiiRlmi del poOeflb, ed efercizio di quel-  lo che vedevano, e udivano ellèrc dato l’ideflb da tempo immemora-  bile; cosi, fcrivendo in quella materia, non ad idanza d’ alcuno, ma  di proprio moto, e per forma di dottrina, ciafeuno giudicò erprimcre  meglio il titolo, chi con un termine, chi coll’altro, fenza curarli di  ufare il foln, vero, e proprio, come avrebbono fatto, dove fofl’ero  dati condotti a fcrivcre per interede di alcuno; nel qual cafo i Con-  fultori fono fempre conformi, ricevendo daU’intereffato la medefima  idruzione. Soggiunfc che però quella varictb non diminuifee punto la  fede, anzi faccrefee, come Sant’Agodino dice, parlando della diver-  fitli che trù i Santi Vangelidi s’odcrva; perchè dal modo diverfo,  ufato da que’ Scrittori, può redare ognuno certificato che nefliino di  elfi ha fcritto nè pagato, nè pregato; ne’ quali cafi non lì farebbono  partiti dall’tinico modo, dall’ interede loro preferitto.- anzi da chi ben  efitmina, vcderfi tiù quei Dottori una mirabile concordia in queda  unica, e lineerà veritù; e che dopo la declinazione dell’ Imperio Co-  daniinopolitano , ritrovandoli 1 ’ Adriatico per più anni abbandonato  ( come anche molte Ifole, e Cittù di quello Stato ) in modo, che  redava non cudodito, c lenza protezione, e governo di Principe al-  cuno, c fodit la giurifdizione di neduno, fu dalla Repubblica, per ri-  cevere il fuo vitto da quello, codretta a mantenerla netto, prelò fot-  ta la     ^^6 S T ORIA.   to* la fua protezione, acquiilatone governo, e dominio nel modo in  cui per diritto naturale, e delle genti le terre, i mari, e le altre co>  le che non fono lotto il dominio di alcuno, diventano di quello che  prima le occupa; colla qual ragione furono fondati i primi Imperj,  COSI in terra, come in mare; e alla giornata le ne formano de’nuo>  vi, quando alcuno, per la vecchiezza, e per li vizj, indebolito, man>  ca di forze, e cade. £ in quella cudodia, e in quel governo del ma-  re cos'i acquidato, la Repubblica s"è andata avanzando con potenti  e fempre maggiori armate; con fpefa di molti teforì, e con profufìo-  ne di molto languc de’ tuoi Cittadini, e fudditi, continuando lenza in-  terruzione in colpetto di tutto il Mondo rincominciato domìnio, e  cudodia, e fuperando, e rimovendo tutti gl' impedimenti che in prò-  grelTo, o da Pirati, o da Potentati, cos\ d’Italia, come dalfoproda  riviera, le furono in diverfi tempi eccitati. Soggiunfc che ì Profcflbri  del parlare con erquifui termini di gìurifprudcnza non codumano dire  acquidato per conluetudine, falvo che il poter valerfi di quello che  de jtrrc civili è pubblico ad alcun ufo privato, fenza impedimento  dcirunivcrlàle, come di pefcarc nel fiume fenza impedire la naviga-  zione; con tuttociò nem impropriamente fi dar^ anche titolo di con-  fiietudine, dove lark acquidato, e continuamente tenuto in protezio-  ne e dominio, un didretto, o terredre , o marittimo, abbandonato,  c da neduno pofleduto, come Bartolo, Baldo, Cadrò, e altri alTegna-  no. Ma bensì per virtù di prclcrizionc non poterfi dire propriamente  pofTcduto, fé non quello di cui colf ufo fia dato un’altro IpogUato; il  qua) titolo non cade in quedo luogo, poiché la Repubblica non hù  ipogliato alcun poflcflbre del mare, ma l’ha acquidato, ritrovandolo  abbandonato, e lenza Padrone, o podeffore; poterfi però dire in certo  modo prefcrizionc, come fe un Falcone, abbandonato dal Padrone, e  inlelvatichito, poi da un'altro prefo, fofle addomedicato, e per lungo  tempo nodrito; lebbene non propriaaittnce , però non inconvenicntemen-  te d*rebbc codui d’ averlo prelcritto. Similmente la proprietà di par-  lare non ammettere Tufo della voce, Servitù, fe non quando al pro-  prio territorio è acquidato alcun particolar ufo in quello del vicino,  il quale però redi Padrone del fuo: in quedo fenfo U Repubblica non  ha indotta fervitù nel mare alla lua Cittù, perche non vi ha acqui-  dato foio un ufo l'peztale, redando il dominio ad altro Padrone; ma  vi ha aflunto l’intero, c totale dominio di quello ch’era abbandonato,  nè da alcuno governato, o dominato.* poterfi nondimeno, per certa  projxirzionc , chiamare lervitù , in quanto la Repubblica è data codrct-  ta ad adlimcrc quel totale dominio, e governo per fervizio della fua  Citr\, che nè aveva bifogno. Qiianio a privilegio, ceru cofa edere  che qui non può avere luogo alcuno, poiché non vi era all’ ora chi  lo potefTe concedere. L’imperador Occidentale in nedun tempo mai  vi ha avuta podedk, nè autorità alcuna; nè i Principi in Occidente  vi hanno avuta alcuna giurildizionc, o lupcriorith, tanto meno pote-  vano darla ad altri. In Oriente queirimperadorc, per non avere for-  ze da tenerlo, gii l’aveva abbandonato, e perciò fpogliatofi di ogni  forta di podedi, c di quella podèdìone, che avvede potuto ritenere  coir animo, ne fece cedione nelle paci, etranfazioni fuccede pofeia tri  queir Imperio', c la Repubblica. Con tutto ciò i Giureconfulti Italia-    Digilized by Google    DEGLI USCOCCHL147   oi, come profeflbrì del jus CefareO) e giurati nelle parok di qudloi  dcvotiflìmi della Maedà Imperiale^ come fc ancora regnafle Augudo)  overo Antonino, G fono sforzati con ogni eftorGonc di verificar neU*  Imperador Occidentale quel detto.* Imperata tft Dimtinm Mtindi^ il  quale fino in quel tempo, quando Ga pronunziato, non era vero in ,   una centefima parte del Mondo, e al prefente non è in alcuna confi*  derabile proporzione/ e mentre vogliono far onore alflmpecidore, e  dargli con parole quello che nè bk, nè può avere, non fi guardano  dalla firavaganza di parlare: e ficcome diflero che neflun Rè pofiede  Stato alcuno legittimamente , fé non per concefiione Imperiale, diflero  ancora che la Repubblica pofledeva il mare per privilegio deirimpera-  dore. Mli ben apparifee in che fcnlb fu da loro detto, poiché neflu*  no di elfi vuole che vi fia intervenuta mai conceflìone; ma chi lo fi-  gura privilegio prefunto dalla immemorabile pofleflìone; chi interpre-  tativo dalla feienza, e pazienza deiflmperadore, che vuol dire tanto,  che fe diceflero che i Rè Crifiiani pofleggono i loro Regni, e la Re-  pubblica poQ'ede TAdriatico cosi legittimamente pel titolo del loro ac-  quifio, come fe que' Regni, e quel mare foflero fiati deirimperadore,  e da lui a quei Principi, c ad efla Repubblica conceduto. Cosi fi di-  latò il Chizzola rpaziofamence in parlare de'Giureconfulti, per eflèrc  campo di Tua proteflione; e conchiufe poter ognuno refiar certificato,  che cosi in fatto, come in ragione) coll' autorità di quei Dottori era-  no pofii fodi fondamenti alia caufa che difendeva.   Indi al tefiimonio de’Giureconfulti aggiunte gli Storici, i quali nar«  rano che la Repubblica già più di 300. anni rifcuoceva dazj da’ navi-  ganti, e teneva barche armate in guardia con ordine di far andar i  NavUj a Venezia; tefiificando che continuamente dopo fino al tempo  loro fi fcrvò i’ificflb; ma fopra le loro attefiazioni non fi fermò mol-  to, dicendo che ficcome fono buoni tefiimonj de i fucceflì occorrenti ,  cosi, quando fi tratta di provare le ragioni de'Principi, o de’privatt,  convien valerfi di fcritture autentiche, e ufar gli Storici con gran dii-  crezione; eflendone alcuni mofli, chi da amore, chi da odio, e da  fperanze ancora, che li cofiringono ad ufare adulazione, ovvero iper-  Mi, fopra le quali non fi può fare fodo fondamento. Portò ancora  l’atto del Concilio generale di Lione nel 1274. dove l’Abbate di Ner-  vefa, delegato dal Pontefice in una pretenfione degli Anconiuni, d«  avere libera navigazione, fencenziò che la dimanda fofle rigettata, e  che i Veneziani non foflèro molefiati nella difefa, e protezione dell*  Adriatico da’ Saraceni, e Pirati, ne foflero turbati nella pofleflìone loro  d’efigere i diritti delle gabelle, e de’noli.   Aggiunfe il Chizzola, non eflervi memoria quando primieramente  fbfle fiata creato in Venezia un Capiuno di Golfo, perchè nel 1230.  fi abbruciò la Cancellerìa colle memorie di tali elezioni: mà da quel  temp o fino al fuo fi poteva mofirare da’regifiri pubblici la continua  fucceflìone degl’ eletti fenza alcuna interruzione. Similmente aggiunfe  ancou che refiano i regifiri da quel tempo fino all’ora delle licenze  di tranfitare pel mare con legni armati, o con perfone, o con robe  per loro ufo, da diverfi Principi poflelfi}ri di riviere fopra l’Adriatico  xichieftc, da Pontefici Romani, Legati, Vicari, e Governatori, c Co-  munità delie terre di Romagna, e della Marca, da’ Rè di Napoli per   la Ph-     2.48 STORIA   ti Puglia; delle quali molte furono concefle, alcune negate, e alcune  anche in parte folamente concedute; mk elTere fuperfluo allegare i fat-  ti di quelli, i fuccefibri de'quali non promuovono dillìcoltk. Difcende-  rebbe allo ipeziale folo de’ PrecelTori di Sua Maeftk , come de’ Rè d’ Un-  gheria, e dell’Arciduca d’Auftria. Recitò un breve di Papa Urbano  Sello diretto al Doge Antonio Veniero folto la data in Lucca 14.  Giugno I j88. in cui gli rende grazie che colle fue Galee deputate al-  la cuRodia del Golfo fia Rata liberata Maria Regina d’Ungeria , rite-  nuta in prigione a CaRel nuovo; e due altri congratulatorj; uno alla  Regina fuddctta ; l'altrp al Rè Sigifmondo , che poi fu Imperadore ,  marito di quella, rallegrandofi parimente con loro deiriRcffa liberazio-  ne fatta per opera del Capiuno, c delle Galee Veneziane deputate al-  la cuRodia del Golfo.   Indi fece leggere un falvo condotto conceflb a richicRa di Rodolfo  Conte di Sala per nome di Ladislao Rè di Napoli, e di Guglielmo d’  AuRria del iì 99 - ta. Dicembre, che la forella del predetta Rè, fpo-  fata al foprannominato Arciduca , fi poteflc condurre per Mare dalla  Puglia alle riviere dello Spofo con Galee, e altri legni in tutto in nu-  mero circa di dodici, con condizione che, fopra quelli non folfe rice-  vuto alcan bandito da Venezia , o che avelfe operato contra il domi-  nio cofa per la quale meritalfe la mone ; del qual làlvocon^otto fi val-  fcro gli AuRriaci, che a TrieRe s’imbarcarono per Puglia a quel fine  COSI nell'andare, come nel ritorno. Non fu però la Spofa condotta ,  perchè avendo il Rè differito alquanto tempo la partenza della forella,  in quel mentre ella s’infermò, e pafsò all’altra vita.   Ancora portò due lettere dell’ Imperador Federigo al Doge Giovan-  ni Mocenigo, la prima in dau di Gratz l’anno 1478. 24. Settembre,  la feconda nel 147?. a. Aprile dal medefime luogo , nelle quali nar-  ra d’aver ordinato che fia portato di Puglia, e Abruzzo a’ fuoi CaRel-  li del Carfo, e dell’lRr», «srta quantitk di frumento, e richiedendo  permiflione che fia portata liberamente; chegli fark unpiacere il qua-  le riconofeerk colle maggiori grazie.   Soggiunfe una lettera di Beatrice Regina d’Ungheria a Giovanni  Mocenigo Doge nel 1.^1. ultimo Gennajo, dove narrato il fuo defiderio  d’avere per ufo proprio diverfe cole da’ luoghi d’Italia; le quali non  potendoli portare fenza permiflione della Repubblica, dimanda che per  li^ralitk, e amicizia le fia conceflb, che loriceverk percola grau, e  corrifponderk .   E un altra del Rè Mattia d’ Ungheria alTiReflb Doge nel 1482.  atf. Febbrajo, in cui dopo aver narrato che la Repubblica era folita  a concedere licenza ogn’anno a’Conti Frangipanni, padroni di Segna,  c altri luoghi marittimi, di portare dalla Puglia, c dalla Marca una  quantitk di vettovaglia, e dappoiché erano paflàti quei luoghi in ma-  no fua, s’era tralalciaio il farlo; pregava che folfe conceflb l’iReflb a  lui, e fofsero fpedite le lettere fopra di ciò, e date alla perfona man-  data efprefsamente per riceverle, che lo riconolccrcbbe in grazia e  corrifponderebbe .   E un’altra del medefimo Rè ad AgoRino Barbarigo Doge 1487.  18. Ottobre, nella quale, dopo aver narrato di avere bifogno di le-  gname, per riftaurar una Fortezza nella bocca di Narenu; prega di   poter    Dìgitized by Coogle     DEGLI USCOCCHI 149   poterlo condurre da Segna per mare, e che gli fieno fatte le lettere  patenti, ofierendofi a gratificarne anche incofe maggiore.   Aggiunfe aquefie una lettera di Anna, Regina d'Ungheria, nel 1502  30. Agofto, nella quale narrata la fterilith del paefe di Segna, pregat  dipoter farcondurre inquella Citth cerca vettovaglia di Puglia, e del-  la Marca, dando al portatore mandato erpreOamente la lettera della  licenza, offerendo di riceverlo in gran piacere.   Per ultimo portò una lettera del 1504. 3. Settembre, di Giovanni da  Dura, Capitano di Pifino, Minilfro deU’Imperador Maflìmigliano , il  quale ferivo al Doge Leonardo Lotedano, che Jacopo Croato, fiiddito  di SuaMaefih, partito da Fianona, entrò, nel mare il qual i fàtto-  pollo al dominio della Repubblica , per andar a Segna , e fu aflalito  da una barca armata di violatori del Mare in vilipendio della Signo-  ria; e fupplica che fia fatta qualche provvifione. ,   Sopra tutti quelli particolari ponderò quello che meritava di elfere  confidcraco, rifpetto a i tempi, alle pecione, e qnalich de’Principi: e  per maggior confermazione deU’aflcnfo loro, raccordò, l’anniverlària ce-  rimonia di fpofare il Mare in prefenza degli Ambafeiadori , e partico-  larmente di quello di fua Maeflh, e de’ tuoi Antecefibri, coile parale  tifate : Dcfpmfamia te Mere in Jigman veri , & perpetui àominii . La  qual cerimonia febben dagli Serheori è detto che avefle principia  alfendo Alelfandro III. in Venezia; dagli llefli nondimeno ò aggiun-  to che folfe illituita in legno del dominio acquillato innanzi jme  te! li.   Alle 400. querele , e alla fentenza di Liefìna rìfpofe , ringraziando  come di cofe portate a favor fuo, perché le querele prefiippongono  la proibizione; e le fentenze, o condennatorie , o alfolutorie , provano  la giurifdizione : e intorno alle barche di tale diffe che non furono  fatte andar a Venezia, come non fi fa mai andar alcuna, per elfere  proibito ch’entri in quella CitA l'ale forclliero; e fe non lu gettata  in Mare, fu cortefìa, che non dee effer imputata a pregiudizio . Con-  chiufe di avere dato il vero fenfo alle capitolazioni, eprovata la pof-  felfione immemorabile dell'Adriatico; che avrebbe potuto dire più co-  le; ma gli pareva fuperlluo , rollando chiaro per quelli due punti  che la pretenfione era nuova , e la richiella non poteva aver  luogo.   I Cefarei, dopo aver trattato infieme , vennero in rifoluzione di non.  perfeverare nella dimanda per giullizia; e il Barone del Suora aperta-  mente differo la Repubblica elfere Padrona del Golfo, e potere metter  i dac) che le piace; • che cos'i fentivano in loro cofeienza: ma infie-  me aa 'be erano di opinione che, per l’onellh, e per l’amicizia della  Cala H' Aulirla, dovefle farlo col minor incomode de’fudditi di quella  che fjf. ;ogibile. DilTero gli altri tre, che non era tempo di appro-  vare, nc «il contrailare il dominio del mare, ma bensì di ritrovare  per curtefia qualche temperamento: che la Repubblica riceveflé i fuoi  diritti da'UiJditi Aullriaci naviganti, e folfero levate quelle condizio-  ni che lOno d’ iiieomodo loro, e di nelfun utile a lei. Furono  efaminari diverfi partili, e fi conchiufe di riferire a’ Principi, ficcome  convenivjTf^erire ogni altra cof.v determinata; eflendo lacommilCone fotta  )aratilicaziomdiefli,elaraunanza ebbe fine. Ma la relazione arrivò in tempo  T om, It ‘ li che     t.50 STORIA   rherimperadore ,pcr gi«veinfennid,nonpoMviati«a animali, e grofli, e minuti.  Quefto accidente difpiacque molto a fua Altezaa, per le circoftanze  di efler occorfo nello Stato proprio , ej contra la fede daa da’fuoi  Miniftri; e con indizio anche molto violenta di complicithcosl attefo  il lungo viaggio fetto dagli Ufcocchi per la giurifdizione Arciducale  feima elTer mai fiati impediti, n- divertiti; come anche attefa la re*  fiituzione btu per ordine de’Magifttatia’fudditi.loro folaiqente, reftan-  do tutto il danno agli altri.   1 Miniftri della Repubblica riputarono che per li danni inferiti non  baftafle rifentirfi cantra gli Ufcocchi fojamente ; ma convenire appref  lo in tal accidente , per debito delia protezione dovuu a’fuoditi ,  che si adoperalfeto per zilàrcirli con appreiaglie : opera , che fu fata  da una, Galei che sbarcò veriò Fianona,emcoòvia , febben non ugua-  le numero di animali , quanti gli Ufcocchi avevano predato , quei  perù che fi poterono aver ne i luoghi vicini , i quali furono ìm*  mediate diftrihuiti a proporzione a dannificati per rifacimento .  Per quefto fetto gli Ardwali rimaUi alla Corte. Ceferea , dopo   la    Digitized by Google     DEGLI USCOCCHI   la jarienza del lor» padrone, fecero grave lamento, che fua Altezza foT-  (e fiata provocata da’Veneti nelle terre fue patrimoniali lenza nelTuna  olTela precedente dal canto fuo e de’fuoi fudditi; e rifpondendo a chi  loro opponeva la prenarrala , che non era con violazione della giuri-  fdizione Veneta; che toccava a liiaAlteaza rifentirlì come di malecom-  mellb nello Stato Tuo proprio ; e che prima del partir fuo da Lintz  aveva rifolnto di volerlo fare ; quefia rirpolla fece maravigliare cia-  fcun intendente delle leggi, e del diritto delle rapprefaglie, che appun-  to fi concedono , , perche quegli , cui tocca fare riTeniimento contra  i malfattori colla giuflizia ordinaria, non lo là.   Ma la Maefh Cefarea, acciò, moltiplicando le offeCe^ non nafceflè  qualche grave fcandalo , fcrifle lettere all’ Aroiduca , cfonandolo  efficacemente a mettere la mano, e provvedere . Mentre a Gtatz  fi configlia come foddisfare alla volonà della Maeflk fua, accollato-  fi il verno, quando alle guardie riefce dannofo lo Ilare lungamen-  te in mare , fecero gli Ufcoahi diverfe furtive ,] e improwife  ufcite .   Diedero fopra l'Ifoh d'Ofléro con generale preda delle due Ville di  Luffin , fpogliatt delle proprie vedi fino i fanciulli , e le donne ;  baflonati, e feriti quelli che fi dolevano , e pregavano di mifericor-  dia ; e fopra Pago fvaligiarono la Villa di 0>lune , e poi lo Sco-  glio di Proveechio appartinente all’ Ifola di Veglia . In mare non  perdonarono a Valbello di qualGvoglia fora , non fo!u rubbando ;  ma ritenendo i marinai più principali , e dando loro rl'-rtco. Tanti  inconvenienti , e le lettere della Maellh Cefarea m..ro.o finalmente  il Seteniffimo Arciduca a mandar a Segna il Signor Ha’:, Baron di  Echembeig , General di Crovazia , accompagnato i! a buon numero  di faldati, parte Tedefchi , parte del Contado di Gorizia, acciò potelTe  sforzare i contumaci , e regolare quella Cittb . Qucito Signore ,  giunto in Segna , con fcvero comandamento fece adunare il bottino^  delle teire di Luffin , e altre del dominio Veneto ultimamente fat-  to , e fece pagar lire quaranta per tclla a cinquanutrè Ufcocchi  che intervennero a quella preda , pel mancamento che fi poicf-  fe trovar in efla • Fece un bando , che io termine di quindici  giorni tutti i Venturieri fi prefentaflero a lui , altrimenti reflaf-  lero banditi colle loro famiglie; de’ quali una parte ubbidì, e un al-  tra fi ritirò alle montagne.   Dopo aver fata più volte la moflra , e rafiegna di tutti , im-  prowifamentc ne imprigionò noi CalleUo trenunove , nel qual nu-  mero furono i C^pi tutti , e alcuni anche di baffa lega , e degl’  infimi ; a’ quali tutti fece immediate fvaligiare le cafe da’ Tede-  fchi condotti ficco ; e per sé pigliò l'oro gli argenti , le fete, e altre  cofe di prezzo ; immediate fece tagliare il capo a quattro Ufcoc-  chi , ladri , ma uomini lenza feguito , di baffa condizione e de’  più miicrabili . Fu anche Autore che in Bucati foffero imprigio-  nati da quel Governatore due Ufcocchi fuggitivi da Segna ; e ne|  giorni feguenti imprigionò , e fvaligiò la cafà ad alquanti altri  ad uno ad uno ; fece correr voce di volere lafciar in Segna pez  guarnigione cento Tedefchi , e cento nativi di quella Citih lolamen-  tc, e trafponar* gli altri in Ottofàz ; ma indi a pochi giorni gl' int-  Tom, II. ' li I prt    Digilized by Google     a5^ STORIA   prigioiuti, eh’ erano al numero di trentarei, avendo dalle lorofacohì,  e dagli amici, trovato modo di ricompetarfi , pagando tutto quello che  poterono, furono liberati T Non ardf peri egli di liberare apertamente  Vincenzo Carlinovicli , capo, e autore d'innumcrabili mali, particolar-  mente del barbaro trucidamento di tutti i faldati, e pafleggicrì della  Galea, e dell’atroce, e hera uccifìone del Sapraccomito, febben donò  grolTamentc per cjuefla caula; ma lolo gli diede modo di fi'^ire.   Fatte queue elecuzioni, mandò il Conte Cefana a parlare col Ge-  nerale Veneto, e dargli parte delle caufe della fua miflìone, e richie-  dere che foITcro aperti i palli,- folTe reflituito il commerzio, offeren-  dogli, quando dcfiderafle alcuna foddisfazione particolare, far tutto il  poflìbile, acciò la ricevelTc. A quell' uffizio il Generale corrifpofe , nar.  rande la mente della Repubblica elfer tutta volta alla quiete, nò al-  tro efla defiderare, fe non l'cfecuzinne delie promelfe fattele.- che i  Venturieri toffero tutti fcacciati; non folfe dato ricetta a’banditi; e  foOero levati i ribaldi dal nido dove ricevono comodo di offender il  vicino: che, quelle cole fatte, egli troverebbe in tutti iMiniflri della  Repubblica una perfetta corrifpondenza di buona vicinanza.- mi non fa-  peva gik come perfuaderfi di vedere melfo in opera quello debito, men.  tre le reliquie della Galea erano nel porto di Segna, c Icartigliericfopra  le muraglie, e gl' imprigionati gittflamente per quello, e per altri midat-  ti, liberati, ^uell’ uflizio non ponò in confeguenza alcun buon'effetto;  anzi i Capi gl'; tmtti di prigione Aitoiio onorati, e favoriti, partico-  larmente Vincenzo Carlinovich Ji fopra nominato; il quale, dopo effer  fuggito, gli donò, oltra le cole dette , un prigion Turco, a cut era  fiata impolia una taglia di quattro mila ducati . Non loto egli fu  richiamato in Segna , ma gli fu dato uno de' quattro Capitanati ,  e fu pigliato tn protezione di- fua Altezza Fu. pgfta m -filenzio  la traslazione in Òttolaz ; i rifuggiti alla a poco   prefero annuo di ritornare / e il Generale, dopo tfere idtlBoylftin quel-  la Cittk circa cinquanta- giorni, parti ioicp ^   conto a fua Altezza delie cofe fatte, e ricever ordme mnllielle che  doveva fare, lafciata parte dei prefidio de’ Tedcldtt che feco aveva  condotto, e Iparla fama, che Ira due mefi farebbe ritornato . Pigliò  in compaoM fua Vincenzo Carlinovich, per condarlo alla Corte, e  fargli comennare il Capitanato. Candulfe feco dodici cavalli da foma,  due carichi tra danari, e argenti,- dicci carichi dipanni; e altri lavo-  ri di leta , tappeti prcziolì , e cùmbelioti cavati , parte da’ prigioni  che liberò, e ^rte dagl’altri cbe.^ «menda il medefuno, prevennero  la mata ./ortuna , avendo .reBdutaiquclla gente piò avida alle prede  coll'inpoveiirla, aggtula impalilo di chi, ellratto dalle giumente tutto  il latte , le manda. a PUtdo altrui , acc^ fi riempiano   delle foflumze di altri'. S' ceno che in danari portò via cento cin-  qoanta mila fiorini: di quanto prezzo iblfcro le altre cofe afporiate li  parlò variamente; c, quello eh' c notabile, appropriò anche a sè quel-  lo che,, raccolto aveva de’boitini fatti ultimamente a Lufiìn, e a Col-  lane. (   Immediate dopo la fua partenza ritornò in Segna il rimanente di  quelli «h’ èrano fuggiti alla . montagna , e iodi a pochi giorni parti la  Campagoiade’Teddchi, da lui lafciata^ per mancamento di viveri ; fe   però ciò    Digitized by Google    V.    /    DEGLI USCOCCHI   però ciò non fu piuttonopretefto, cheveritli; e quello fu il fine limi-  le in tutto a quello che le altre milfioni Je’ CommilTar j hanno cotife-  guito; fe non che quello eccede, avendo non participato, come gl’ al-  tri, ma prefo il tutto, e lafciati gli Ufcocchi dirguflatilTimi, che fi  querelavano al Cielo dell’ ellorlioni fatte all’aperta, e fenza alcun ri-  guardo; e a bocca aperta dicevano ch’egli aveva potuto operare con  confidenza tutto quello che gli tornava meglio, confidato nella poten-  za del fratello, uno de’ piò favoriti Minillri di fua Altezza. Il medefi-  liao Capitano Frangipane rellò tanto difgullato , che rinunziò il Capi-  tanato, e fi ritirò alla fua terra di Novi, feben la rinunzia alla Cor-  te non fu accettata.   Ma i Minillrà Ifeaeti, dopo il facco generale delle terre di LulTin,  di Collane, c di Porpecchio, gih preparati al rifacimento de’ danni de’  fudditi, intefo l’ordine dato da fua’ Maefiò , e poi la rllbluzione di  fua Altezza coll’attuale milfione deU’Echemberg, giudicarono bene fo-  pralTedere, e afpeturo le provvilioni che folTero da lui fatte: e quan-  do intefero ch’era raccolta quella preda per ordine fuo, tanto piò lì  confermarono che convenifle veder feCto . Ma udita la fua partenza  da Segna nel modo deferitto, irritati, maICme dall’ aver applicato a  sò il bottino fatto io quelle terre, vennero in rifoluzione di rilarcire  ì fudditi colle rapprefaglie, cosi per conlolazione loro, che, veduti i  finillri andamenti, s’alìliggevano, difperati di poter vedere folievamen-  to ; come ancora per gaitigo, e per metter freno a’ misfatti; e il Ca-   S itano del Golfo, pollato nella riviera di Valofca, e Lovrana, depre-  ò quelle urre. Ritrovò tra le altre cofe alcuni maggazzini con mol-  ta quamitò di frumento, biada, e farina, che raccolta dal Contado  di Pifino, era ivi polla in rilerva, per ellòre condotta a Segna; del-  la quale riputaudo necelTario privarne quella terra, ricatto de' ladri,  nè potendo afportarla, ordinò che felTe abbruciata; e palsò l’ incendio  oltra quello che fu creduta, parte per la vicinanza degli edifizj, e par-  te per gli eccein de’lolJati, in modo che rellarono molte cale abbro-  ciate; e fu maggiore il danno del fuoco, che delle robe tolte,* le qua-  li elfendodillribuite a' danneggiati, non ballarono per rifarcirti iKlIa me-  th. Non rellò oifefo alcuno nella perfona, e leChiefc rellarano intat-  te per efpreflo comandamento del Capitano; e quantunque la princi-  pale li rìtrovalfe piena di frumento, quello rimale lalvo per rìverenaa  del luogo.   Un’altro accidente fuccelTe nella fortezza di ScrilTa, con altra no-  me chiamato Carlobago , eh' è uno dc'fcUi degli Ufcocchi dirin^pet-  to, e tre miglia Iblamente lontana da Bagof Ctuata in luogo eminen-  te della Morlaca, che domina tutta quell' Ifoia, la quale dagli Ufcoc-  chi di quel prcfidio viene dannificata , non come gli altri luoghi, al-  le volte, c con intervallo, ma perpetuamente; avendo quelli della For-  tnza comoditb, come da luogo* fuperiore, di veder dove li facciano  le adunanze dì animali , andando appoftatamente a' luoghi , e fenza  fallóe. Gli Ufcocchi che guardavano quella Fortezza , ben confapevo-  li deV^difperazione degl' iTblani , e quanto fitrrebbono Rati pronti ad  attentaW|,ogm cola, per lìberarfi, penfando di ulare la miferia e fem-  plicitò dt poveri uomini per mezzo di acquilbr premj da i loro  Padroni, ouMuoaiono un trattata doppio. Negoziarono Con ogni for-   ta    Digilized by Google    Z54    STORIA    u di apparai u di rcaltii, e promirero al Conte di Pago, che ad ua  legno ravrcbbono introdotta nel Callello. Dall'altro canto mandarono  a Segna ad avvilàre il trattato, donde fu immediate fpedito fegreta-  mente Paolo Dianifi vich con 30. Ufcocchi. Al giorno deilinato il  Conte , prefa una parte di una Compagnia di foldati , ch’era alla guar-  dia ordinaria dell'Ifola, e buon numero d’ifolani, al fegno dato an-  dò; ed elTendogii aperte le porte, lenza ufare le canzioni debite, e  folite in fimili occorrenze, molto fcmplicemente entrò il primo, e fu  feguito da tutu la gente con molta confufione: furono immediate col-  le archibulate alTaliti dagli Ufcocchi, che ulcirono dalle infidie, onde  renarono morti il Conte, e il Capitano de' foldati, e alquanti de' pri-  mi; e degl' altri parte fuggirono, e altri circondati furono tagliati in  pezzi, e reliarono morti quaranta foldati, e altrettanti uomini dell*  Ilola , perduta la bandiera cosi degl’lfolani , come della compagnia de'  faldati, le quali dagli Autori del doppio trattato furano portate pri-  ma a Gratz alla Corte Arciducale, e poi anche aH'Imperiale, per ri-  cevere premio. Quello fecondo accidente fu fentito in Segna con pia-  cere; nè è maraviglia, poiché fu operazione degli Ul.occhi; ma è  ben maraviglia che fentUfera con gudo il fatto di Lovrana , quantun-  que folTero reftati privi della vettovaglia, (perando che per quello fof-  fe loro concefla aperta liberà di Icorrerie dal loro Principe,   1 Miniftri di fua Altezza fecero gran lamento alla Corte CeOirea  per tutti due quelli fuccelD, ehtgerando il primo per l'importanza del  unno, e il fecondo pel rilpetto della Fonezza; e aggravando, che,  per elTere terra della Corona di Ungheria, era flato tentato un’atta  odile contra la Maelà Cefarea principalmente. Ma quanto al fatto  di ScrilTa tre cofe dicevano i Veneziani.- Prima, per quello, che toc-  ca gli Autori del doppio trattato, che le infidie tele a quei poveri  innocenti furono effetto della perfida di quella gente, che tempre da  nell' inventare modi di feminare dilcordie tra i Principi, per confer-  varfi nella licenza del far male : poi per quello che appartiene al Con-  te, e a gl'lfolani di Pago, che il loro hne di liberarli dalle molcdie  degli Ufcocchi m qualunque modo fu buono, elfendo per necctfaria  di^; ma il difetto di prudenza, in non faper dtfeernere un tratta-  to finto, fu alfai pagato da loto colla vita. Ma per quanto tocca i  Principi; che il tentativo, quando fofTe anche riulcito, non avrebbe  avuto fine con ofiela della Maedi Celarea : e per fede di qtu-do , nar-  tavano che nel I5pz, avendo gli Ulcocchi di Scnlfa fatti danni no-  tabili in Pago, il General Veneto aflaitò la Fortezza, e la prefe; e  pochi giorni dopo mandò a lignificare a’Commcflài; Celarci, che al-  lora erano in Segna, non aver avuto altro fine, che di gailigare gli  Ufcocchi con ogni rilpetto allaMaedli deU’Imperadore ; però mandaf-  léro altri Soldati, che Ulcocchi, per guardarla, che l’avrebbe confe-  gnata: il che quando non aveffero fatto, egli però non intendeva di  tenerla, ma l'avrebbe fpianata, acciò i Turchi non fc ne impadronif-  fero,I CommelTarj mandarono nn Capitano Tedclco che con loro era,  al quale fu coniegnaca immediate ; ficchè l’Imperadore non udì prima  la piefa, che la confegnazione , e cosi fua Maellk , come 1 ' Arciduca  Ernello, che allora governava per la minor eih di Ferdinanda, iniele le  caute dd fuccelTo,nan riputarono che loffe coatta la buona intelligenza.   Ma    Digilized by Google    DEGLI USCOCCHI ^55     tm, cucilo che m yiieuQ» er* coavci^ito : e w u ui i»»** m  fe cob impofllbile^' e «he le «ofe opecue ae',mfnifto Veneti so» M-  fero i>er neceflitìi di fjcurexza , o per ^ullo riiarcu^to de duni dp  fudditi, ccene predicaveng / poifhe non era proceduto al,cim dannolg-  ro dagli Ufcocchi, ma eia uea pigvof^iaM, e dUwne di oneUcw  intacco della riputaaiooe di fua AIuim^ la |luaU> quando non joDe  reintegrata colla relUtuzione , e con laftiare libero il  naceva effer falvan, fe non colla guerra; non manundo chi loltenel-  le la parte de’ Veneziani, rifpondendo, non eflere biu^lp> di dilcono,  ma d’infpezioae g dimollrare, fe Taccordaito fofc (lato adempiuto, ve-  deodofi tutti gli Ufcoecbi ritorngti in ^   nazioni, e incurlioni non pib per intervalli di Wpu ,  continua ferie di oSéfe; non i Qipi, ma alcuni miferi, S'“'   lÙzìati per fola apparenza, eflere de’meno colpevoli ; che niente eia  dato operato dai Miniftti Veneti, fe no" 8^*" prvocazione : u  ìucccflo delle barche ptefe efler originato dalle prede, e da altre mgiuM  precedentemente latte : quello di tovrana elfete dato una giuda corri-  fpendenza per li gravi danni di Lufm^ C Collane; eia dilazione ^r a-  (pettare, le TCctiemberg avefle provveduto, non dover pregiudic^.;  f/t il tempo ÙKcrpofto ildanno, e'J riiarcimento, che non amvòa  tje meli, poteva date nome d’ illazione d’inporia a quello che tu ^  bcimento differito; mentre vi ea mgione d’afpettar® 1 *• •*   andava pubblicamente lettera del Vedovo m "S"*»   fu-itm ad un'altro Prelato alla CorteCeiàrea, la quale attribuiva all  Eehembere la caufa di ogn’ iuconvcnience , . • i.   la Maedh Cebrea, eccitata dalle moltiplicate querimonie ^ ambe  k P*^ti, oosi precedenti b mildone deU'Echemberg , come fmeguenti  la partenza dì gnello, deMftnla di metter fine a cmi moleuo oMO-  aio comandà m fuo Gonfiglio c!« vi applicaffe 1' apirao con maggior  ac^ratczza- e fu tifiJuto di tenere una confiiltazione , nella qi^  veniflè ancora l’Ambafcbdor Veneta , accib con difculjone di ambe If  parti più beilmente foffe trovato lo fpediente. Furònoanclie rn^rn-  u in ConfinUo l’ Ambafciador Cattolico, e il Fiorentino, Minidti di  Prìncipi cerumente colmi di bonth, e giudizb, c cosi «ingiunti cm  SereiiiBimo Arciduca Ferdinando, che per fangue, e ^nith, umpoi-  feno effer più prollimi. Non è certo fc foffero inv.tar^ per «Viatori  non parendo che nè delluna, nè dell’altra gualuh Vi toffe bilb to.   In^lU Raunaiua, dopo tango dihaKimento di tag^, *  fio», fu conchiulbche, affermando una Wtte di  condii, e negando 1’ altra , hifognava vederne U venb ; e perù cho  l’impcradorc fpeditehbe immediate Comminino a Segna, P« •j?’’  cuziow aUe cofe concordate, quando nttovaffe ™   efeeuita msiù fi eSèttuerebbe in termine di un mef; Che la EepabWica pm  irebbe manèbr Miniftti ivi, non per trattare, maperap^e >.f   afficutarfi cha in acfiun conto fofte .mancato; nmeirouJo P*”    /    Digilized by Googlc    z^6    STORIA    mandar, u non ^uUlfcre, come' meglio le foITe parato ; e fn tanto  da ambe le pari? fi fofpendcflero le oflefe. Fecero iftanea gli Arcidu-  caU. che folfe dichiarato dovcrfi imendcrc lotto nome di fofpende-  ofTcfe, il celTare di tenere le terre rifirctte ; inretelTando qtiiden^  tn f-tmpenidqre con dire, non elTere dignità di Celare operare cola  U'Rnubblica teneva la Ipada in mano minacciando,  tóme fe per foni .'\^i^e. cnftringete foa Maefià ; e tanto maggior,  mente, quanto elm ipcótnIiilMfva a far fatti colla milTione di Com-  milTario. Ma daU'ahta ^He era confiderato non potcrfi fperare che  'la Repubblica condifcendelTe ad allargar comodo a' ladri di faredam  ni ma^iori, avendo tante volte veduto che mainon erano flati aper-  ti i pam fenza quella confegnenza; e che larebbe difficile farla venir  a fatto cosi importante, non dando in cambio altro che. parole: im-  peroccl)^ la miluone innanzi che il Commiflàrio aveffie eleguito con-,  fiflcva in parole, e non i fatti; e che non teneva la Repubblica le  arme in mano per minacciar Principe alcuno , non che fua Mae-  flh , fcmpre olTervata , come metiu tanu dignità ; ma folo per difen-  dere lì flelTa, e i luoi fudditi.- che le continuate dimoflrazioni diper-  petua olTervanza della Repubblica verfo quella Maeflà non lalciereb-  tono entrare Cmili conce tti ; e la virtù dell’ Imperadore rendereb-  be certo ognuno che farebbe molto folo dal fuo religiolo animo, e  per puro zelo di giuflizia: anzi,pinttoflo che potelse el'ser alcritto a  timore di quello ch'era per debito di religione, e di promelsa, po-  trebbe dar a molti maraviglia la dilazione neU’eleguirlo - I Celarci con^  chiufero che alla Repubblica fofsc rimelso il levare, o non levare le  guardie ; e folo ballar loro che operalse in tal maniera , che il  Commilsario potelse ftar in quelle terre con dignità di Sua Maeflà .   Di quella riloluzione fu data parte all’ Arciduca con lettere Impe.  riali; c lua Maeflà ordinù al luo Segretario refidente in Venezia, il  quale accompagnò con fua fpezial lettera credenziale per quello par-  ticolare, d’ efporre, come anche, dopo aver prclentata Inietterà, ef-  pofe,cbe Sua Maeflà aveva rifoluto di mandare Commilsario a Segna,  per vedere, intender, e regolare tutto quel negozio, e fare quanto  conviene alla buona vicinanza: che pregava Sua Serenità a dare que.  gli ordini le parefsero concernenti pel .buon fuccefso, ed effetto, di quel-  la fptdizione- A quello uffizio, degno della religione, e giuflizia di  tanto Principe, iu corrifpofto con lignificare al Segreurio quanto fof-  .fe grata la comunicazione di mandare Commilsario a Segna; e con  quanto maggior contento si avrebbono intefi gli effetti; aggiungendo,  obblazionc di non tralalciarc cofa alcuna, per foddUlàre Sua Maeflà,  e per far ogni dichiarazione co’ fatti dell’animo fempre diipoflo.  a con-  tinuare in buona vicinanza: e con lettera di fpeziale creanza peri’  Ambafeiadore le fece dire lo fleflb- Fu gratiflìina a’Veneziani quella de-  liberazione dell' Imperadore, cosi per defiderio di veder il fine delle  moleftie; come per efsere chiaro teftimonio che Sua Maeflà medcfima  non feiuiva efsere flato mancato ad alcun debito di csnvenicnzaquaq-  do non fu maudato alcuno a trattar col Conte Aluni, e coi CoUe-  ghi a Fiume . Diedero immediate ordine al Generale di Dabnazia  che fofse fatto ogni onore, edita ogni comodità a quello che per nome  di Sua Maeflàandafse aSegna, einqualunquealtro luogo di quelle marine.   Deli-    'd by ( -■ >Oglb     DEGLI USCOCCHI a57   Deliberò Su* Maeft^ mandare per CommiBario Giovanni Prainer,  Governator di Giavarino, pcrfonaggio di gran qualità, reputato giu-  (lo, di valore, e con riroluzione; il quale lebben fi ritrovava allora  in Ternavia per negoziazione importante (opra le cofe diTranfilvania,  lo fece andar alla. Corte, e lo fpedi con iftruaione, dcU* if   capo principale fu di vedere fe il trattato di V^nn* *t* eieguito; c  fare quello che fofle neceflarip per total efie^uaione; con ordine che  andaflc prima a Gratz, conferifle l’iftruzione coll’ Arciduca, e im-  mediate paflàlTe a Segna per l’ cfecuzione ; tenendo per fermo che  avelTe Sua Altezza lo lleflb fine, e defiderio di una buona prov-  vifiione ; e folfe per coadiuvare ; aggiungendo alle iftruzioni im-  periali le fue maggiori faciliti, e la lua fermezza.   Andò il Prainer a Gratz , e dall’ Arciduca non gli fu ^rmeflò il  palTare piò oltre; ma rifpedito indietro nel fine di Luglio con ri-  fpolla in ifcritto alle cofe da Sua Maefti ordinate; la (oftanza della  quale fu ; che non poteva aifentire al levate gli Ufcocchi, e fare le  altre cofe ricercate dalla Repubblica , mentre quella (lava armata,  per non dare fegno che lo facefie fer forza, e violentato; ma, le-  vate le armi, (irebbe pronto a far il tutto: anzi che gii aveva in-  camminate le cofe ad ottima difpofizione , avendo ridotto quel pre-  fidio , che richiedeva due cento mila fiorini per le paghe (corfe ,  fe doveva partire, a cento mila, con ifp«anM di ridurlo a molto  meno : onde , levato lo fcrupolo di apparir violentato , metterebbe  mano all' opera - Siccome il veder partire dalla. Corte Celar ea cjucl  perfonaggio con tanta rifoluzione di Ccfare, del ConCglio. Imperiale,  e fua propria, di metter fine all’ imprefa, fece tenere quello travg-  gliofo negozio, per ridotto a buon yalTo; cosi la canfa, perchè fu  rimandato indietro, diede gran maraviglia; poiché avendo confidera-  tamente rifoluto la Maefti Celare*, Principe fupremo, e Padrone  della regione, che la miffione d’ un CommiOàrio fuo non derogava  alla fua dignità Imperiale, non pareva eOervi coperta di pretendere  che derogane alla riputazione Arciducale. Non mancava chi artri-  builfe il male a’Miniftri, che, non volendo il rimedio , nè per ter-  mine di buona vicinanza , nè di amicizia, nè di colcienza , nè in qualun-  que altro modo, non potendo addutrefcule apparenti, nonaveftèro rifpetto  di dare nelle ftravaganti, purché in qualche modo impedilfero l’effetto.   Il ritorno del Prainer non fu di gufto alla Corte Ccfarea, paren-  do che folfe con poca dignità di quella Maeftà , che una rilo-  iuzione prefa da lei confideratamente , con aflìftenza, e approvazio-  ne ancora di Ambalciadori di altri Principi, e di uno 'cosi grande,  come il Re Cattolico, c fignificata anche elprcltamente a Venezia,  folfe attraverfata fenza ufar almeno qualohe colore di riverenza; e  con chi ne parlava con loro non fapevano fcufarla, fe non con ri-  ftringere le fpalle, o divertire il ragionamento.- e ficcome a Venezia  riufcl molefta , privando della fperanza conceputa , cosi certificò  che , quando i Miniftri Arciducali rimettono qualche cola all‘  Impcradore , ‘lo fanno per futterfugio , ma tutto proviene da  loro .   In quello mentre gli Ufcocchi , che fono temerarj in ogni im-  prefa , e inconfiderati del fine che ne polla feguire , fecero molti  Tom.'JJ Kk tenta-     x 58 storia   tentativi; che, per la grande oppofizione, non poterono mandar ad ef-  fetto , le non in cofe leggiere, che non meritano di edere memorate  particolarmente; ma ben occorlc quello che luole partorire la lun-  ghezza de i negozj , quando ogni minima preparazione di arme fìa in  edere; imperocché le lòfpezioni che nalcono, e la inquietudine de*  foldati, le minacce che alle volte imprudentemente cleono di boc-  ca , aumentano le diffidenze ; e il lungo negoziare caula motivi  di ofiefe ,, e le nuove offde aUungano il negozio.   Avvenne che Niccolò Frangipane , gih nominato per Capitano di  Segna, e Signor di Novi, adunò in queffa lua terra, quindici mi-  glia lontana da Segna, molte vettovaglie, e altre provvidoni; con-  dulTe quivi le armi, e le munizioni, e tre pezzi di Artiglieria del-  la Galea Veniera; e li fece mettere fopra le muraglie; e vi con-  dufle numero maggiore di Uicocchì, che diede veemente lolpetto al Gene-  rale Veneto che avelfe in trattato qualche importante imprela; e fì  accrebbe Ve fbfpezione, perché, dopo efler (iato rimandato il Prainer  da Gratz, e pubblicato che fua Altezza non alTeniiva all' accomo-  damento, andò a Segna Groffredo Stodler, al quale davano titolo  di Prendente, con numero di foldati, e aveva in compagnia il Fran-  gipane. Quefh mandò a vedere la Fortezza di Scriffa; icorfe a Fiu-  me, e a Buccari, trartenendofi in quelle regioni quindici giorni; ne  ì quali furono molte andate, e ritorni di Ulcocchi da Segna, così  verfo Scrifla, come anche a Novi , che milèro in gran timore glilola-  ni di Veglia, {limando effì ciò cfTere fatto, o per qualche imprefa iopra di  loro;o perfermarvi dentro per ordinario una cosi numeroLa guarnigione di  Ufcocchijchefc^effata unacontimiadiftruzione deU'UoU. Ne fecero gran  lamenti col Generale, pregandolo di liberarli da quel pericolo . A  quello fi aggiunfe che 1* armata Veneziana , la quale (pedo tran-  ntava di là , vedendoli quell' artiglieria dinanzi agli occhi , fi  commofle talmente a fdegno, a vendetta, c a defidcrio di racquì-  flarla , che i Opitani, confìderata la facilità della ricuperazione ,  lo efqftarono all’ imprefa. Egli , per prevenire i mali desìi nola-  ni , non fenza cauià temuti*, e per rilarcimento della pubblica di-  gnità , le cui armi erano tenute come trofei degli Ulcocchi , ven-  ne in rifoluzione di alTaltar quella terra , e Imantellarla *, e diede  gli ordini necelTarj, non loto per effettuare 1* imprela con ficurez-  21 , ma ancora per farlo fenza danno degli abitanti » Fu la terra ,  che é iìtuata lopra il mare , affaiita una mattina con pettardo ,  e Icalata così ordinatamente, che non morirono in quell* adalto di  quei dentro le non venti che fecero olìinacamente refillcnza colle arme  in mano ; rellarono intatte le Chicle , e 1’ onore delle donne *,  fu ricuperata rartiglicria , e abbattuto il Torrione ; e le mura fu-  rono in divede parti aperte : ciò facto , il luogo fu abbandonato ,  e iafeiato in podelVà degli abitanti • La fama del lucceffo , come  fpeffo avviene, paffò a Gratz amplificata , effendovi flato aggiunto ,  che foffe fiata ulata crudeltà contragli abitanti, conculcazione di reli-  quie , incendj , e diffruzione di Qiiele : rumore che predo Iva-  ì\\ , cflinto dalla verità ; poiché fi videro reflatc le Chicle cogli  ornamenti loro nell’ effer iftcflb ; c nella terra non vi fu vefti-  gio di abbruciamento alcuno ,   Ma    Digilized by Google    DEGLI USCOCCHI 2-59   Ma da quella Corte, immediate doporavvifo, fu fpedito un Cor-  riera all'Imperadore, aggravando il fucceflb; e furono aggiunte alle  querele, per qucDo accidente , altre ancora, per un'ordine dato an-  tecedentemente dal Generale Veneto, col proibire il commerzio an-  che per terra; e una fama dagli Ufcocchi liudiofamente dilfeminata,  che Segna dovelTe eOere aOaliu. Ulàrono ogni arte, affine di perfua-  dera che la demolizione di Novi folTe una rottura di aperta guerra.  Alla Cone Cefarea non la tennero per tale ; piuttolio ebbero  opinione che a Venezia, veduta la milTione del Frainer con ampie  commillioni di rimediare, e come a mezzo viaggio era (lato riman-  dato indietro, fofle (lato giudicato necefsario fare qualche motivo,  non per rompere, ma per eccitar al rimedio che (i andava procra-  (linando; non parendo che l'aver aperta la Fortezza, e 1' averla ab-, bandonata , mentre ft avrebbe potuto ritenere fenza timore che fofse  ricuperau, folfe indizia di volere pafsare pid oltre.- anzi dicevano i  Veneziani quello efsere chiaro indizio che lei mcC prima il Conte di  Pago non ebbe penliero d' occupare Scrifsa, ma di levare folo a quel-  la il poter offendere la fua Ifola.   Ma lo Stodler, e il Frangipani, quelli, peldanno della fua ter-  ra, e ambedue forfè perchi folte prevenuto qualche loro difegno, fe-  cero uffizi cos'i efficaci, che fu da Grata daa libera licenza agli U-  feocchi di far tutto quel male che potefsero; e a loro data facoltà  di levare parte della milizia di Crovazia , per fare rifentimento : per  lo che immediate in Segna rilarcirooo, e armarono tutte le b arche  al numero di venticinque; unirono tutti gli Ufcocchi fparfi per I»  altre terre della regione/ fecero diverte ù^e, ora in. molto, ora  in poco numero.- non perb riulcl loro di poter metter in efietto dì-  fegno alcaao, perchi i Veneziani ancora erano beo preparaci , e  avevano accrefeiute le lOTOforze; e quandonon potevano impedire gli  incocchi daH'ufcire; ufeici. Li perlcguitavano fenza lafciarli fermar  in luogo alcuno. ,   Di tempo in tempo cha gli avvili degl' accidenti giunfero zGrat^  furono anche di Ut fpedite IlaRctte, per dar coniu all' Imperadore de'fuc-  ceffi , con interpretazione che fofscro oifele priucipalmence inferite  a fua Maella; e che a lei coccalse mentirli colle armi; portando di-  verfe perfuafioni, per indurla alla guerra. Con tutto ciò a quella  Corte non fi defilleva dal trattare negozio di accomodamento; •  tutta la differenza era da qual capo cominciare; iltando i Celare!,  conforme alla volonih dell'Àrciduca , che s' mcomincialse dall' apertu-  ra de'paffi; e i Veneziani dal levar gli Uliocchi dalle marine: quel-  li, comendando le opere fatte dall' Imperadore me la concordia,  che farebbe (eguiu ; fe da altri non foire fiata impedita ; e la  buona volontà di far il di piò che fi poiefse con lua dignità ; efor-  tavano a corrifpondergli con quella dimoflrazione di onore ; confidan-  do oeUa fua parola, acciò potelse proleguir innanzi, fenza far crede-  te al Mondo che lo tacelie sforzato ; e dall' altra pane a' Veneziani  pareva «(tc nefsuno fi potcfse dolete e di quello ch’era (lato fatto per  difela , ei;blicarc il bando contra  41 Peuzzo co’medefimi termini da lui ulàti. Ma mentre era olirà il  Itorrente della RoCanda, confine tra i territorj Arciducale di Tric-  Re, e Veneto di Muglia, in dalle genti di quei luoghi avvertito  «he in quelle marine erano certe faline del Pcuzzo fabbi icate , e che  alla bocca della Rofanda erano fiate da chi fi fofie riedificate alcune,  uhc già circa quarant’ anni di nuovo erette, furono in quel medeC-  noi tempo tUfirutie come quelle che fpingevano il torentc lopra ■  «onfiui del vicino con gravilfimo danno. Per quelle caule il Prov-  .veditort, non -parendogli avere iàttoalfai per reintegrazione dell’ono-  refuo cqiKra . if Petazzo ; e per levar le novità fitte a’ danni di quei  «onfioi, deliberò di andare alla devafiazionc : e mentre chiamava in  •jnio una Galea,, e congregava le barche che per l'opera erano ne-  cedàrie; difcele in quelle parti b geme che col Terlatz,e col Fran-  co! veniva alla quale s’erano aggiunti altri ancora per viaggio, mof-  fi dalb fperanza di rubbare : Andò il Frovvediiote con buon nume-  io di padani, per far l’opera, e co’foldaci, per guardarli, e difen-  derli. Il Petazzo s'aflaiieò per far loro impedimento,- ma non gli riu-  fcl. Mentre però quelli fi trattenevano nelb difiruzione degli argini,  b gente di ’Tcrfatz venne in loccorfo del Pcuzzo in numero di 3000.  dalb -quale allaltato il Provveditore nel ritornarfi, eflèndo fopr^tto    Digitized by Google     DEGLI USCOCCHI ^ 6 ^   il numero tanto maggiore, non eOendo -con lui fe non 800. perfo'  ne tra a piedi, e a cavallo, dopo aver combattuto, e fatto rcnUen.  za a (juella milizia, gli convenne cedere alla forza maggiore, e riti-  rarfi in Muglia. Durò il conflitto due ore, nel quale intervenne la  morte di 12». de’ tuoi con alcuni feriti, e dalla contraria con per-  diu di alquanti mentre il combattimento durò dal qual lucceflb ina-  nimiti gli Arciducali, eflendo loro anche fopraggiunto qualche nu-  mero maggiore di Cavalleria di Crovazia , fcorfero tutta l'illria ; met-  tendo ogni cofa a fèrro, e fuoco, e depredando, e fvaligiando tutto  il paefe. Reitarono tutte abbruciate le Ville di Ofpo', Abrovizza ,  Bettovizza, e Lonchi; e in quella, ch’era aflai ben abitata, fpoglia-  rono le Chiefe, guallarono le Immagini de’Santi, gettarono in ter-  ra il Santilfimo Sagramento, per afportare la pillide d’argento. Fece-  ro l’illcfl'o ancora nella terra di Marceniglia, e ne’territor; di Bar-  bane , e San Vicenzo ; Poche delle Ville non murate rellarono eienti dall’  incurfione di quella gente , c maflime dagli Ufcocchi , che ufarono  ogn’ immanità contra le perfone, e ogni rapacità comra le cofe di-  vine, e umane: il che loro fu ^cile, effondo la Provincia tutta a-  perta, ed efpolla alle fcorrerie. Per dodici giorni durarono gl’incendj,  ne’ quali rellarono abbruciate , oltre alle terre nominate di fopra ,  Xafe , Grimalda , Rofarolo , Figarolo , Recatovi , Valmorola ,  Craficchia, Sacemo,Cerncza, e Barato, le Ville del territorio di Di-  gnano, c molte di quello di Rovigno; e pareva quafi che tutto fol-  le fatto affine di devaftare tutta la regione, acciò, combattuti poi i  luoghi alquanto minuti, fblTe loro facile occuparli, e fortificali den-  tro. Tenurono a quello effetto l’oppugnazione del GaQello di Dra-   f uch, donde furono ributtati, e colli etti a ritirarfi , abbruciato il  orgoj. Avvenne l’IlelTo alCaflello diColmo. Indi in maggior nume-  ro, con maggior ordine a bandiere fpiegate affaltarcno Ducallelli,  come luogo- di confeguenza, dove diedero fcalata,e con tutte le for-  ze tentarono l’oppugnazione; la quale durò quattro ore con. morte  di molti degli aflaliiori, i quali in fine, coflretti a ritirarfi, polero  fuoco in tutte le Ville del contorno per dove palfarano: Ma etTen-  do giunta milizia di Corfi, e AibaneG, fpediti immediate che capi-  tò l’avvito delle prime devallazioni , furono coflretti gli Arciducali  ad abbandonar l’imprefa difegnata di occupar l’I Uria; la quale i Ve-  neziani, ai efa 1’ univerfale devaflazione del paefe tutto, e gli affal-  ti de' luoghi forti, tennero per principio di guerra formale; e fi coiw  fermarono poi per quello che legul pofeia immediate : imperocchi i  Capi Aiiflriaci, perduta la Iperanza d’ impradronirfi d’ alcun luogo  munito, lafciati in quella Provincia i Villani di PiCno, e ZiminofoD-  to Aianagij Callioti da Sogliaco, e alquanti Ufcocchi, e Tedefchi  per dilcia delie cofe proprie, col rimanente della gente paflàrono le  montagm del Carlo; epe! vallone di Vermigliano entrati nel terri-  torio di .Monfalcone, che folo i nel Dominio della Repubblica oltre  al Ulonzo, tra quel Fiume, e le radici del Carlo, e fvaligiace nuo-  ve Ville; e a fette di quelle dato il fuoco, colla llellà impieth ver-  fo le chiefe, non perdonando alle donne, a’ fanciulli, e alle altre  perfone innocenti; alTaltarono la Rocca per impadronirfene , e fermar-  fi quivi; fecero ogni sforzo per occuparla: il che veduto non effero    Digilized ta» Googli    2.64 STORIA   riufcibile, e fopravvenuti foldati dì Palma per foccorfo, fi ritirarono  nel Cario.   Quelli motivi, non più di rubberie degli Ufcocchi, ma di eccelli  militari dc'Capitani, e foldati Arciducali, collrinfcro i Minillri della  RepubbUca , per ficurezza de i confini loro , fare camminar a Fai*  ma le milizie del paefe, c quei numero di altri foldati che fi potè rac-  cogliere all' improvvifo quando ogni altra colà era afpettata , falvo  che fentirc guerra in iftria , e molto meno in Friuli . Ma capitato  l'awifo a Grata , eccitò maggior allegrezza della foUta in quella  Corte; la quale qualunque volta ne’ tempi palTati ha udito avvifo  che gl’ Ufcocchi avelTcro ufato qualche notabil infolenza, danno , o  ingiuria, non fi è allenuta con parole, e con altri modi di moltrar-  ne la giocondità interna, cosi pel benefizio che le veniva in parte ;  come per l' invidia verfo il nome Veneto ; e pel defiderio di veder  che fuccedeflero mali maggiori ; eccitando ì loro Principi a’medefimi  aifetti, e a tutto quello che potelTe caufar rottura.   Ma nella prefente occorrenza, parendo loro avere ottenuto colà  da tanto tempo defiderata, l’allegrezza fu fomma, divifàndofi vana- ‘  mente vittorie , e aumento di Stato, e ricchezze immenfe. Rivol-  ti però a’ configli della guerra , fu dato ordine alle genti del Conta-  do di Gorizia, e della giurisdizione di Gradifca, che fi mettelTero in  arme nelle cale proprie: Al Conce di Terfatz, e al Francol, che  paflaifero ad alloggiar in quelle parti: Alle milizie paefane di Carin-  tia, e di Stiria, che difeendefiero ne i luoghi medefimi. Conlìgliaro-  no ancora di levar fei mila Aiduchi , che fono Villani Ungheri ,  con una paga fola , che non farebbe coflau -più di dicci milla fiori-  ni; e pel Contado di Gorizia, e territorio di Aquilefa fpingerli in  Friuli, nel paefe della Repubblica, e farli vivere in quello; penfan-  do far anche cofa grata aH’Imperadore, al quale la partenza di Un-  gheria di quella geme fenza dtfciplina avrebbe fervito a levare gl’  impedimenti, per metter in efecuzione le cole convenute co’Turchi;  e liberarlo da molti pericoli di fedizione; e a Sua Altezza farebbe  flato di mollo utile, facendo la guerra fenza fpefa. Furono Icritte  lettere all’ Imperadore con difcollarfi maggiormente dal modo del  componimento trattato , e con avvifo eh era feguiio conflitto tra  ambe le parti; nel quale ■ fuoi erano reflati fuperiori; amplificando  molto il valore della fua milizia, e pregando S. M. di prendere la  difefa di S. A. colle armi; mollnndo facilità di aver una preda, e  intera vittoria.   Ma a’Capitani, e Minillri della Repubblica ridotti in Palma, per  prendere configlio fopra la difefa dc'fuoi confini, era data molta ma-  teria di conlultazione , e difficile, avuta la debita confiderazione fo-  pra il tentativo delle genti Arciducali di foriificarfi in Monfalcone;  e avvertiti del numero di milizia di Cariniia che già era giunto a  Tolmino; che il Conte di Terfatz, alloggiato a Profeto colle fuq  genti di Crovazia, e 'cogli Ulcocchi, fi ordinava per palfar innanzi;  e intendendo che quei di Gorizia offerivano laro contribuzione con  condizione che pafTaReco il Lifonzo; e che l’Arciduca aveva fpedite  patenti per far joo. Cavalli in Audriay e ne i confini di quella  Provincia fi congregavano di foldati a piedi i vagabondi', eponderato an-  - cora    Digitized by Google    DEGLI USCOCCHI z6s   ancon il difegne di levare ì lei mila Aiduchi^ molto facile da efTer-  tuare, e molto pericolofo, pofto in opera; e attefi i molti configli  di guerra tenuti in Grata, e che il Conte di Sdrin s'era offerto di  condurre Coliuhi , Cavalleria Unghera , lolita pure alle incurfìoni , c  per queOo erano ordinate preparazioni di alloggiamenti nel Contado di  Pifino; e che in Gorizia fi erano ridotti i Capitani Imperiali a con*  figlio, correndo da più parti voci, che, quando foffero accrcfciuti du-  ^nto Cavalli Valloni, ùtti dal Ferino in Vienna, e alcuni fanti rac*  colti a Gratz, che tutti erano in viaggio, larebbono palfati nel Friu*  li; e che eli abitami nel contado di Gorizia fi preparavano, per co-  adjjuvare; b videro in necelTith di prevenire tanti pericoli, e tanto  certamente} imminenti perlocbè,coDchiudendodienereiniHato di necefìTa-  ria difeia da una imminente, e certa incurfione, che, pereifereil Friuli  paelc piano, c aperto, farebbe liau dannofìflVma; perù deliberarono di  farfì innanzi ad occupare i podi Gtuati ne’confìni di quel Contado ac»  ciò qualunque geme venifTe fode codrecta a femurfi in quello, e non  potede far incurfìone nel Friuli; e il d\ xp. Dicembre fpinte le geiK  ti raccolte a Palma, che fino alfora erano date tenute folo per foc-  correre, e proibire le feorrerie dell' altra parte, furono occupati Me-  dea, Sagra, Cervignan, Cormon&, Merian, Porpeto, ed altri luoghi  aperti lenza violenza , nè ingiuria di perfona alcuna, mandati paciR*  cameme ad abitare in altri luoghi que foli che fii modravano mal  contenti di quella mutazione; c furono quei luoghi trincerati , e  vi fu pollo (dentro, prefidio fufiìciente per difenderli , e man^  tenerli.   Alcuni giorni dopo eflendo partita quella poca guardia Arciducale  ch'era in Maranuto, gli uomini della terra andarono fpontaneamcntei  a darli ; e i^j^uìleja col terrkoiio. ^o fi diede, da lè ali’ubbìdìenza ien*^  za contraddizione di alcuno..   La Corte di Gratz, avuto avvifo che le miliziè della Repubblica la  arano alloggiate nel Contado di Gorizia, prete di qui occafionc dà  dichiarare la guerra elTer aperta; e di ciò darne conto^ a tutti i fud-  diti Aullhaci , e a* Principi di Germania amici, cosi Ecclefiallici, ce»  me fecolari, con lettere contenenti in foRania, che avendo la Repub»  blica. di Venezia inferìte diverfe ingiurie, a danni- alle terre, e lud»  diti della Cafa d'AuHria fotto colore di rifarcirfi de danni dati dagl»  Dlcoccht, quantunque gli efagerafiè oltre al dovere, fua Altezza, per  levar ogni occafìone di difparere, aveva tempre ofata intera diligono  za, per dar ogni IbdJisfazione, cosi galtiganck) i colpevoli, come mef-  tendo buoni ordini, per impedire nuovi danni; ma che i Veneziana  non crauo fiati di alcuna cola concenti.* anzi, proleguendo nelle of*  feie, uliMiainente avevano invaio il Contado- di Gorizia, e gliene ave»  vano occupata pane lenza alcun fondamento di ragione; ma con dk  fegno, e dcRderio di ulurpare Palmiì, com'era tuo ordinano cotlu»  me, e icacciare la Caia d’Aufirja d'Italia; onde tua Altezza era ila*  ta coltretu a pigliare Tarmi per confervazione del luo Stato e della  riputazione propria.* Ricercava però da cialcuno alTillcnza , e ajuto ,  per onore della nazione, e favore della Giultizia.   1 Miniftrì prelcntatori delle lettere a^iunlero il loro uffizio , e-  {ponendo in panicoiare tutte le miffioni w Commifluj a Segna, e a  Tom^ II LI Fuk    1    Digit by C'- sogU    STORIA   Fiume òz alquanti anni in qtia ; narrando fpezialmeote ì gaflighi , e  gii ordini poAi da loro/ moUrando che da' Veneziani dovevano ciTer  nimati baiUnti, perchè lenza quelli avrebbono gli Uifeocchi fatti dan*  ni maggiori, pretendendo di elTere provocati da loro.* maebequei Si*   J mori non fi erano contentati degli onelU rioicdj, infillendo in quel  olo, che tutti gli Ulcocchi foflero levati da Segna; rimedio inuma-  no, imponibile, e contrario al bene della Criftianith ; propplto non per-  altro, a hne di trovar apparente preteso, per ect^iur una guerra  contra la Cala d’Auflria; gii Stati, e le giurildizioni della. quale han  no leinpre proccurato d’intaccare, com’ è manifedo per tante Citth»  e Terre che tengono, levate a quella Sereniflìma Caia, Qhe Ugitti-,  inamente le poiTedeva prima: e quantunque, per confervare la buo*  na vicinanza, deno date dabilite da cento anni in qua diverfe capi-  tolazioni in BrulTeUcs,in Vonnes, in Venezia, in Bologna, c in Tren-  to, non fono mai date da’Veneziani olTervate ; e Xpezialmente, ieb-  bene da ambe le parti fu promcITo che i fudditi dovdTero avere per  terra, e per cotnmerzio libero, come le fodero di un’tdedo do-  minio, edi avevano aggravati i luddiii della C^la d'Àudria che ne-  goziavano nel loro Stato con ogni iorta di novìth, con inufiuti da^  z): avevano impedito loro Tulo dei mare conira quel)’autoriilt che preten-  deva iua Altezza di avere, che i iuddixi Audriacipoiedero navigare, con-  trattare, e corleggiare per TAdriacico con ogni li^rik, lenza che alcuno  potede loro contraddire; e che i Veneziani non potedero adìcurare lopra  i loro valceUi , nè in loro cau , Turchi , Giudei , e Mori  dalle forze di fua Altezza , per li diritti , e ragioni che aveva in  quel mare . £ in terra ancora , violando le convenzioni , aveva-  Bo con falle pratiche , e aduzie ridotto lotto il loro dominio la For^  uzza di Marano*, e dnalmence edificata la Fortezza di Palma nel  Territorio altrui centra le protedazioni del le|ittimo Signore dH  Territorio t   Fu anche mandato Gian Criftkao Smidlino Amhafctadore agli Sviz«  zeri, per dar loro conto della guerra co* Veneziani aperta*, e richie-  dere a quella viaorola nazione il non permettere che alcuno fì con*  ducede al lervizio della Repubblica : dal quale Ambalciadorc fu pre-  fentaca in ileritto un'elpofizione, che per tutto fu pubblicata colle  querele, e precenfioni di lopra narrate.   E per pubblicar, e imprimere ì concetti delfi anche nelle menti  de i )K>poU, fu dampata in lingua Tedefca una relazione contenente  U mededme fcule de'Principi Audriaci, querele, e imputazioni nuo«  ve, e vecchie contra la Repubblica, con difefa delle azioni degli  Ulcocchi*, con particolare narrativa di divcrfi accidenti occorfi, acco-  modata però a’medenmi lenG con molta amplificazione. £ polcia an-  cora m lingua Spagnuola fu da pedona nominata con pubblica parti-  cipazione di quel Governo mandata in luce una arttfìziola narrazione  dclieiitcde cole, e ragioni co’medcdmi concetti del dominio del ma-  re, della facoltà di corleggiarlo , della fabbrica di Palma, e in di-  fela degli Ulcocchi.   Ma i Minidri Veneziani, uditi grufiìz) eh’ erano fatti contra i lo  ro Signori , elG ancora informarono i Principi prelTo a’ quali rifìde-  vano, e altri amei delia loro Repubblica , di quei lolo che alle co-   fc   l    Digitized by Google     DEQLI USCOCCHI z6^   fe allora profenti apparteneva*, giudicando che pienamente rcItafTe giu-  ftificata la lua caula, quando folTe dimollrato ch'ella avefle prefe le  armi per neceffaria ^fefà. Erpofero in foftanza che gli Ufcocchi han-  no per un corfo di molte decine di anni diliurbato il commerzio,  inquietata la navigazione, depredate le terre de’ vicini con cftrema  inlolenza, e con ofTefa delle pcrione, fenza rifpetto diqualfivoglia qualità,  fcnza rifguardoa’piibblici Rapprefentanti, e alle pubbliche lettere: Che  oltra le ingiurie pubbliche, e i danni inferiti a’fudditi col palTareper  li Territor) della Rpubblica a bottinare, hanno molTi i Turchi a ri-  farfi centra i Sudditi di quella, e le hanno eccitate diverfe difficolth  alla Porta di Collantinopoli : die da’ Miniltri Aull/iaci fono flati ri-  cettati, confentendo loro dividere le cofe rubbate, e venderle, e do-  narle a' loro Fautori.- che non fi i veduto contra i colpevoli dimo-  flrazione alcuna, nè provvilione effettiva, per ovviare a nuove offe-  le, quantunque piii volte l’uno, e l’altro rimedio fieno flati richie-  fli, e promeffi già dagflmperadari defunti, e ultimamente nel trat-  tato di Vienna ; anzi tutte le miffioy de’ Commiffarj aver partorito  contrario effetto, avendo coll’ efempio alGcurati i ladri, che mai i  bottini non farebbono reflituiti, nè i depredatori gafligati,- anzi aven-  doli fpogliati, e refili piCi bifognofi, e avidi alle prede: ch’è colà in-  degna, contra ogni ragione divina, e umana, il foftentare gente cosà  perverfa, e nimica della pace, e quiete: che da alquanti anni è flata  fatta alla Repubblica una occulta guerra col mezzo di quei ladri nel-  le fue acque, Ifole, e marine del Quamer, e della Dalmazia; nel-  b quale, oltral’effere fiata difertau la regione, e diflurbati i commer-  zj, il Pubblico ha fpefo ogni anno non meno di quello che fi fareb-  be fitto in una manifefla guerra.- e che finalmente, veduu la rifo-  luzione deUa Repubblica a volerfene liberare, U guerra occulta fi è  convertita in una iQoffa di arme manifefla con molte provocazioni,  e oflilith inferite prima nell’Iflrb, e poi nel Friuli: per le quali, e  per rifpetto delle molte prowiConi di arme ridotte in quei confini,  i fuoi Capi di guerra fono flati coftretii , per ficurezza dello Stato, e  per difefa dalle rubberie, e ìncurConi che loro erano minaccbte, e  preparate, fpingerfi innanzi, e alloggiarfi in polli Ccuri pih prefló al  Lifonzo. Non aver avuto la Repubblica in tutte le azioni fiie paflà^  te altra intenzione, fe non che le promeffe le faffero olfervatc; e k  foffe finalmente corrlfpofto nell’ offervare una buona vicinanza co'fat-  ti , e non con iole parole , per tanti anni efperimentate len-  za effetti; e le cofe fue reltaffero alficurate: il che quando foffe efà  fettuato in modo, che poteffe avere certezza di buona vicinanza , cor-  rifponderebbe interamente, ritornando le cofe nello flato di prima con  ogni fincerità. Fu anche divulgala una fcritimra in forma di manif»  fio con fuccinta relazione delle frequenti rubberie', ingiurie, e cru*  deità degli Ufcocchi , e del conlcnlo. , anzi della participazione de’  Mìnillrl Arciducali, e del mancamenia de’ Principi a porgere i debi-  ti, e ptomeffi rimed); e gli artifizj co’ quali tòno fiate delufe, anzi  derife le querimonie delU Repubblica e fu traitenuia dal provvedere  all' indenti^ fua colb forza. Per quelli mezzi reflarone divulgati per  r Europa iffi folo i motivi di guerra, ma lecaufe loro ancora colle  ragioni, e prcmtCpai delle pani; onde cufeono fecondo ' b pror  Ttm. Ù. LI a pria     r"    % 6 % SI T O R I A   pria pcrfuiftoné, è inclinazione afpetrava Tcfito, c difcorreva dell^  èiuftìzia, ' >.   A favore d’Auftrra, poiché gli Ufcocchi nòh potevano cITcr ftufa-  ti , le cólpe loro erano alleggerite con dire, che clTetido in padc ftcrilc,  e fenza paghe, non potevano altrimenti vivere, che dclìotuni; non peri  di quello poteva efler attribuito colpa a fua Altezza , che Icmpre gli ave^  va proibiti centra ’Criftuni; e che non poteva fare di piu, quando non  tveflè voluto tentare di fcacciarli tutti colle mogli, c co’figUuoli , e vec-,  chi ; che (arebbe (fato cola inumana: oltra che farebbe (lata impoifibile  mandare ad eflèito, clTendo quella gente fiera, c indomita, c in pae*  (e di accélTo difficile: e quando bene folTc riufeito lo fcacciarli, fa*  rebbe (lato con difervigio della Crillianit^, alla quale era utile che  fi conlcrvafTe queirantemurale contra gl’infedeli. Che a* Governato*,  ri, o Capitani di Segna non potevano effer imputate a colpa le u*  feite pcrmclTc loro nel mare, pferchè un capo della commilfione che  fua Altezza dava ad ognun Capitano era formato con oueffe precife  parole: Non pèrmetrfraì che JM fatto alcun pregiudezio alia ^iurtfdÌT^io-  he nojha nelin naitigaifone ai quel tnare. E poiché altri non cranq  che poteflero mantenere quella giurifdiziorie , fc non gli Ufcocchi,  fi poteva dire elTere in facoltà del Capitano proibir Tulcita.* fe  jpox ttfeendòv facevano dei (naie, la colpa era della rtiala confuctudi-  «e loro , non di chi fe ne valeva a bene : cosi avvenire in ogni luo-  dóve i foldati dannificaho i popoli; nè però aferiverfi a colpa  del Plihcipc, o del Capirano, collretti a valerfi dell* opera loro. Ma  ^chè parevano tjuéfle giuflificazioni aver bifogno di c(Ter appoggia*   «d altre di maggior apparènza 1 acciò folTcro portate s’i, enepotef*  fero ^effer approvate, le accompagnavano per loftcniatnento colle prc*  \enfiohi vcctÀic delle convenzioni non fcrvate , de* (udditi aggrava-  ti contra i mpatti , della navigazione libera non concelfa, delle tet-  te póflèdute dalla Re^bbUca^. ite erano d’Aultria, nominan-   do parte del Contado di *^Gorizia’,* C *Màftino, uliimamchte dopo le  convenzioni (òttoihd!^, e Palma nel diltreito Auffriaco edificata ;còi\  Quelle fortificando le proprie nella caula degli Ufcocchi, e che (ola  fi trattava, '   Ma per dìfefa de’ Veneziani difcorreva , che nel panicolate degli  yicocchi ti poteva dire Iquanto ognuno voleva per iteufa dc’Govcr-  tetori, c di altri, che fìnalm ente rutto fi rilolveva con urta fola pa-  òhe la caufa era di ladroni abbominevoli a Dio, e agl* nomi-  *%ii; ^He flon folo il proteggerli, ma anche il fopportarli, c il parlar  % faVófe Cosi di loro, come di chi li fomentava, è tollerava, era  \co(a it^egna ; e che la vcriA fi poteva tene palliare con àp*  |Ktrenza di parole -, ina in lóffanza fi vedeva ben chiaro la differen-  za elTcre, che unà parie dimandava di viver in pace, Taltra voleva  foffentare ladroni a fpefe altrui. Che al rimediare alle (celleraggini  loro coti levagli da quelle ma'rine non fi poteva dare titolo d’inuma*  flirti , eflèndo ufhanità grande verfb, ì miferi vicini, e i navigami,  Kht da lóro 'erano (pogliati , uccifi , e coh ogni barbara fierezza trar-  rti. Che il levar lóro la comodici, e l’occifiohe di rubbarc eraler*  vizio divino, c benefizio loro, cóftiii|gertdoti ad iftenerfi dall’ offende*  ^ lua divina Maeffb: bendt^ «fipckhb de’ loro figliuoli, togliendo^    Digilized by Google    DEGLI USCOCCHI 165   |()rq il comodo di allevarli nella itieddima {imfelinotie efccrandt; ^  levandogli dallo (lato di dannazione in cui fi Mantenevano effi, i 8,  gli, e le mogli, e ogni altro abitante di quella regione. Che non  fi poteva lenza ingiuria della verità dire che le donne, 0 glcuno dt  loro foirero fenza colpa, poiché quelle hon fapevanti che cofa fb/Te  ago, o conocchia, ed ergqo incitamento a' mariti di fornire cafa col  fangue alimi . Che gl’iftefli Religiofi nelle pubbiiche prediche efertavanq  alle mbberie ; che del rubbatq le Chiel'e ricevevano la decima . Che in  Segna, e iq rutta quella regione le pib onorate famiglie erano quel-  le che da pid difcoda eù traevamo Argine dg una continuata dircenden-;  za d’impiccati, ovvero uccifi nell’eferciziq del ladroneccio. Che alti-'  tolo d’ impoRìbilith era nuovamente inventato , e troppo' apparentemen-.  te alieno dalle cole vedute; perchè, fe iólse impolfibile,' non fareb-  be flato tante volte promelTo. da due Tmperadori defunti ultimamen-,  te .• perchè nella fcrittura del trattato di Vienna' non fi feusè Ina Al-  tezza, della dilazione di rimoverli tutti per impqflìbiHth, nè tampoco  per. difficoltà, ma diSè per non parere di farlo, coll retto. Chela pot  fibilith, e fàcilith, t r utilità anche fu, mofhata dal Habatta; il che  elTendo (lato da lui feoperto contra rintereffe di chi voleva mollrare  impoffibilith , gli coflò la vita. Se il levarli di Ih folTe di danno al  Crillianefimo , badava dire che, per cauta loro, veniva ogni giono  minacciato da’Turchi di fare cofa che avrebbe meda in pericolo.,  non foto la Dalmazia, ma la Puglia, la Romagna, e tutta l'Italia.  Che il confervare le pretenfioni del proprio Principato non era cbfa  riprenfibile , quando non fofliiro volontarie, avelièro, qualche aj^taiea^  za di giudizia; ma il volerne acquidarè, e mantenere le inmagiim.  rie a fpefe , e con danno del vicino amico , era cofa di chi reputava i pro-  pr; appetiti regola della ragione , e della Giudizia . Che del male fat-  to da^oldaci a'proprj, liidditi il Principe aveva da rendere conto a  Dio folo; ma di quello ch’era dato a’iudditi del vicino, era in debi-  to di renderne conto al danoificato; che poteva anche, feconlo il di-  ritto delle gemi, rifare con rapprefaglie . Che l’attribuire a diicem  di cacciare la Cala d’Audria d’Italia le azioni della Repùbblica , Sm-  te per Uberarfi dalle inginrie , e moledie di quei ladri renduti incor-  rigibili, e intollerabili, era contrario a tutto quello che aveva veda-  lo il Mondo da'fucceflt di più centinaja d’anni, in qua; neflano de’  quali aveva modrato nella Repubblica avidità di dominare; ma bea  rdbluto animo di mantenere quello che Dio le aveva donato. Non  mancavano ancora di quelli che difendevano le azioni de’- Veneziani  ne’ tempi palTati, fodentando che mai la Repi^lica non aveva mof-  la guerra ad alcun Principe Auftriaco, ma' folo. provocata prima,  era data codretta a difenderli . Che farebbe molto difficile da mante-  nere. che il Contado di Gorizia , apperfcnentelalla Repùbblica per 1»  motte dell’ ultimo di quella Cala, non fofre dato occupato lenza bu».  na ragione. Che Marano particolarmente, foprail quale facevano, rame  parole , era dato dal Re Francefeo Primo di Fnncia con ragione g>u*  da guerra occupato , e per più anni difelò. comra le forae di Culo  Imperadcd^, e di Ferdinardo Re de'Romani unite, nnici anche i fa-  vori della Hh^nbUma. Ma quando l' elpugnazione parve impoffibile,  e fucceflè pcrìedftelie cadeflc in mano di Principe, la cui vicinatnn   in    Digilized by Google    DEGLI USCOCCHI   gazione h reciproca, e debbono eflér trattati gli Aunriaci nello Stato  di Venezia come i fudditi Veneti negli Stati Auftriaci; ma ben ve>  dcrìì in quelli tempi in fatto, per non andare troppo lontano, che  nel fola dillretto di Trieile fono aggravati i Negozianti Veneti pib  de'fudditi AuHriaci incomparabilmente; poiché quelli per alcune mer-  ci 15. volte più , e per altre fino a ì 6 . volte tanto come quel-  li pagano, cosi nell’ afportarle, come nell' introdurle nel paefe. Ma  eh’ era ul'cir del cafo , e confelTare mancamento di ragione nella cau-  fa degli Ufcocchi, il paflàr in altre materie; e tanto più, quanto in  quelle non fi poteva dimandar efecuzionc di cofa decila, dove quella  degli incocchi era ponchiula con accordato, e promilTioni.   Ili quelle conirarietV di gSltri, e di dilcorfi a me non conviene  il dare fentenza , né da qual parte abbiano origine i motivi di gue-  ra, ni quale d> effe fomenti caufa giulla; ovvero nelle antiche oc-  correnze fi fia portata con mancamento, ma bensì, come aggiunto,  e lupplito alla Storia dell’ Arcivelcovo di Zara, affine di lommini-  ftrare materia, per ibrmaro (ano giudizio -fopra gl’ accidentu moder-  ni, oiiginaii dagli Ufcocchi; cosi mi .vedrei invitato dall’oppartani-  th, anzi dalla neceOìtì dèi mio Atie coftreito a-telTerc una: bitve, e  vera relazione delle guerre, e convenzioni, oflervanze , ed inolservan-  ze delle capitolazioni per li tempi palsati occorfe tra quelli duePo-  tentati; e in quella occafione rammemorarle , e rawiluppatle a colle  prefenii , fe la Iperanza di vedere ben prello rinnovata la pace , c  miona intelligenza tra i Principi , e la uanquilliih de'fudditi, non  pii fàceite credere che làrebbe opera fuperflua, e importuna.   I L F I N -E.       Digitized hy CìoogL    ALLEGAZIONE,   OVVERO   CONSIGLIO   l''N IURE   di Gl. Corndio Frangipane J. C.   ftr la 'uiueria navale contro Federigo J. Im^adi/re, eJ  Alto di Papa Alejfatidro III.    PROPOSTA DA aRILLO MICHELE    per Dominio i^Ia„Screniflìma Repub»  blica di Venèzia fopra   il fuo GOLFO,    CONTEA ALCUNE SCRFITURE  DE'NAPOUIANI.   {    Digitized hy    SOMMARIO.   1 TNtcnzion deirAutore di difender l’attcftazione che della Sto-  X ria di Papa Alcflandro fa la Sedia Appoltolica nella Sala Re-  gia, e la Repubblica in quella del maggior Coafiglio.   2 Autoritli che hanno gl’inferiori di buon zelo neirerror de’ Mag-   giori •   3 Dilcordia degli Storici circa la venuta di Papa Alcflandro a Ve-   nezia in che confìfla.   4 Modi Averli di provar una Storia*   I. ISCRIZIONE DE’ MARMI.   5 Stilografla deferive le Vittorie nelle colonne , e in altri marmi   pubblici.   Efempio di quelle di Augufto, di Irajano , ejdi Antonino , num.17.   4 Vittoria navale de Veneziani contra Federigodeferitta in un mar-  ino antico pubblico dove è intravenuta.   Opere pubbliche fondano le Storie.   7 Colonne , c pietre pubbliche fanno fede certa di quel che è   fcritro in elle.   8 Ifcrizioni pubbliche inducono il notorio , non eflendo contraddet-   te, num. 25.   5) Ifcrizioni pubbliche contraddette, num. i6.  rp Pratica di contraddir alle memorie pubbliche pregiudiziali im-  parata da’Greci.   ti llcrizioni nc’fepolcri non s’intendono pubbliche^ ma private *  nè fono affine di memoria pubblica y quando vi fono denuo 1  cadaveri.   12 Ifcrizioni deTepolai , fe non fanno prova certa, fono admini-  colo di pruova*.   (3 Maraviglia vana del Sabellico , perchè nel fepolcro del Doge  Ziani non fia fatta menzione delia vittoria navale contra Fede-  rigo .   Ragioni che ne’fepolcri de’ Principi , e Capitani non lì fuol far ,  menzione delle lor vittorie.   Sepolcro del Doge Andrea Dandolo fenza narrazion delle fue  imprefe.   14 Ulo de Dogi antichi, di non aver iferizione ne’lor fepolcri «   15 Sepolcro del Doge Andrea Contarini lènza menzion delle fue   imprele, cos^ di fuo ordine.   16 Mctid.'icio di Giorgio Merula neU'Epitaflo del Doge Ziam a S. Giorgio   maggiore.   H. PITTURE.   17 Stilografla che fa fede pubblica delle vittorie è anche la pittixra.  Vittorie degli Antichi ordinariamente defcriite in pittura.   18 Pittura è orazion che tace , ed è di maggior efficacia nel ri-   cordar, che la orazione.   Tomo il.    Mm    19 Pit-    1    \    2-74   ip Pitture pubbliche della Storia di Papa Aleflandro in Venezia ,  in Siena, in Germania, in Roma nclLatcrano, nella Sala Re-  gia del Vaticano di quanu efficace fede fieno da per loro.  (P^'Ilcrizione (otto la pittura del Vaticano.   IO Congrcgazion de' Cardinali ifiiinita da Pio IV, per canonizzar  la veriib di detta Storia avanti che fì dipingeflc nella Sala Re-  gia da Giiileppe Salviati,   at A’ Principi liberi fi dee creder, ne’ quali non cade mendacio,  aa Dio non lalcia, che la Chiefa s'inganni per le male confeguen-  ze, che luccedercbbono.   a3 Repubblica di Venezia , che dica falfith affermano i Giurecon-  fulti, che fia bellcmmia a peniate, non che a dire.   Z4 Conluetudine di creder alle fcritture della Repubblica dove fi  tratta anche del luo comodo, Autorità del Cardinal Tofco.   2 $ Pitture non contraddette dagl' intereffati inducono il notorio.  a 5 Contraddizione di Federigo alle pitture fatte far da Innoc. II.  nel Laterano.   27 Intelligenza del verfo d' Orazio fopra la licenza de' Pittori.   28 Effetto mirabile che operano le pitture a’ lifguardanti , autorità   del Conc. Nic. II. ‘   III. C R O N I e H   2p Croniche fanno fede di quel che narrano quando è folito , che  lor fi pretta fede.   30 Croniche che narrano la Storia di Papa AlelTandro conformi al-   le fuddette ttilografie.   Cronica Delfina, e Sanuta.   Cronica del Doge Dandolo allegata dal Cardinal Baronio.   Cronica Alexandri/ fuo Sommario a S. Ciriaco^ in Ancona , ed  a Parenzo,   Cronica amica ritrovara nel Monatterio delle Vergini, num. 33.  de' Ginonici di San Salvator, num. 75. Generale dell' ordine de’  Canonici Regolari, num. 32.   3 1 Epittola del Vefeovo Capitenfe fcritta al Doge Giovanni Delfino   già anni 300. in circa, che fa '1 tranfunto di detta Storia da  un libr   100 Libri fenza nome d’ Autore non ancora ricevuti fi chiamano  apocrifi, e non fi debbono leggere.   101 Libro fenza titolo è come uno Strumento, lenza nome del Noe  tajo, che lo ha fcritto, però non ha credito.   tea Autor quando non vuol fodentar le cole, che dice nel libro  lafciato fenza titolo , non può un altro fondarli sò detto libra  per foficntarle efib.   103 Vangeli co’l nome d’ alcuni difcepoli, che furono prefenti agli  atti di Grido rigettati come Apocrifi.   104 Libro di Romualdo prodotto dall’ Avyerfario ha molte, e gra-  vi oppofizioni.   105 Stnanenti imperfetti non hanno nome di Strumenti, e non fi  rilevano in pubblica forma.   lei Volumi del Cardinal Baronio quando fodero imperfetti non fi  potrebbono legger per le cofe, che dipoi tante volte muta, e  rimuta.   107 Romualdo Autor allegato dall’ Avverfario facendo menaion d’  ecclide del Sole nel legno della Vergine, che accadede ai tem-  po della pace con Federigo prende grave errore, che lo dóno  Ara poderior al Belluacenfc.   log Regola legale per accordar gli Storici quando difeordano in un  atto iterabile.   Autorith , e precetto di Sant’Agodino fopra i Vangelj quando pajo.  no dilcordi.   lep Storie che parlano della venuta di Papa AleOTandro a Venezia  incognito fcrivono, che ciò folfe avanti la vittoria fuccellà nel  ii7d.   Storici che fcrivono della venuta di Papa Aledandro trionfante,  per quanto allega lo deflb Avvcrlario, dicono, che folfe nel  1177.   L’ Avverfario per la regola legale aveva obbligo credendo a’ fuoi  Storici di dire, che due fodero date le venute di Papa Alef-  fandro .   Regola legale fopra gli atti iterabili in altre controverfie Pontifi-  cie gl. in cap. fi Petrus 8. q. i. 1 . j. C. de fum. Trin. Card.   Bellarm.      Digitized by Google    2-79   ^Ilarm. de Romano Pontifice lib. a. c. 6 , verf. non (amen  ral. dij.   XIII. VERISIMILEI.   fio. Argomento dal verilimile della venuta di Papa Aleflàndro a  Venezia per rifugio.   Ili Luoghi diverfi ricercati dal Papa per falvarfi .   Ili Venezia fatta da Dio Cittì di rifugia per ialvezza dell’Italia  ' contri ’l furor de' Barbari.   1 1 3 Venezia Paradifo di delizie dove i Papi ed altri Principi rifug-  ' giti non hanno piii defìderato ni il Principato perduto , nè 4   Patria.   114 Auioritì de’Giureconfulti fonllieri.   Autoritì del Petrarca, e d’altri.   ilj Veneziani difendono Papa Gregorio II. e la venerazion delle  facre Immagini contri Leon Imperador Iconomaco .   116 Cardinal Baronio in lode de’ Veneziani per la difefa del Papa,   ' e delle Immagini, e per la lor religione.   117 Chiefa di San Marco carica di fante Immagini come trionfan-  te contri rimperadore.   118 Certezza della Storia di Papa Gregario fa argomento verifmi-  le di quella di Papa Aleffandro.   XIV. VERISIMILE E SEGNO IL,   lip Papa Onorio onora i Veneziani con titolo di Repnbblica Cri-  ftianilTima per difender la Religione, per la qual fempre crebbe.   110 Trionfo della Chiefa per opera de’ Veneziani fopra Federigo la  vigilia di San Jacopo a’ 24. Luglio 1177.   Dall' ora in poi i Veneziani nel mefe di Luglio ebbero da Dio  fingolari grazie.   111 Mele di Luglio per avanti infaulio a’ Romani , ed all’Italia  per diverfi infortuni ^be occorrevano.   Circuito d’armonia di Platone, che in certi tempi altera le Re-  pubbliche come ne’ giorni decretar] , ed anni climaterici i cotw  pi umani.   Ili Romani rotti due volte nel di XVII., di Luglio; nel XIX. due  volte Roma abbruciata; oflervazione di Cornelio Tacito.   113 Due volte il Tempio di Getulalemme abbruciato nello ftelTo  giorno di Luglio , che ora cade nel d’i di San Jacopo; ofler-,  vazione de'facri Canoni, e di Giufeppe,   114 Chiefa di San Jacopo prima fondazion di Venezia per occafion  di voto per cflinguer un’incendio.   113 Allegrezze, e felici avvenimenti alla Repubblica dal 11-7. in  qui nel mefe di Luglio, nei quale indi ad anni 24. ella fe-  ce il primo acquifio di Coliantinopoli .   (id Argomento della vendetta della morte di Crifio dal tempo  mcdefimo, che intravenne f eccidio di Gerufalemme dopo anni  quaranta, ed altri efempj.   117 Pri-    Digìtized by Google    z8o   J27 Primo di Luglio celebrato da’ Veneziani per la fella di San  Marziale, nel qual ebbero diverfe vittorie.   128 Fella della Maddalena per Tacquiflo fatto nel concluder la  Capitolazione di pace co’ Genovefì ; della qual Angelo Aretino  nel conf. 2Sp.   I2p Fano d'arme del Taro adi 6. di Luglio, nei qual fi ccuninciÀ  a ricuperar T Italia dalla man de'Francefi, e la preda che da  efla gloriofi portavano via.   130 Prefa di Colfantinopoli la prima volta adì XVII. Luglio nel  giorno di Santa Marina.   131 Feda di Santa Marina celebrata, nel qiul giorno la Repub-  blica acquidò due volte Padova , e diè principio ad acquidar  il redo dello Stato occupatole dalla Lega di Gambrai.   Parole della parte di celebrar detta fedivith.   132 Prefa di Cadiglione, e Lodi dopo Tettava di Santa Marina ,  che cade nella vigilia di San Jacopo.   133 Capitolazion tra Collegati dove fi conferrnano gli Stati diTcr-  ra ferma alla Repubblica fatta adi 2p. Luglio 1523.   234 La Serenidima Signoria vifita folennemente la Chiefa del Re-  dentor la III. Domenica di Luglio , nella qual la Citt^ fu lù  berata da una orribile, ed inaudita pede.   135 Repubblica riceve vittorie, cd altre allegrezze da Dio nel me-  fé di Luglio in fegno di remunerazione d^l fetvizio predato a  fanta Chiefa in detto mele.   1^6 Domenico Memmo, Procurator di S. Marcp, uno de’Capitani  di galea che combattè nella giornata contra Federigo.   137 Filippo Memmo, Dottor, guidò Otton prefo nella giornata  navale al Padre, che lo fè venir 3 Venezia ad umiliarfi la vi-  gilia di San Jacopo,   138 Dio non ceda di dar premj a’difcendcnti difeendendo in edi   S er ragion ereditaria la virrii, e meriti de’Maggiori.   Sercnldimo M. Anronìo Mommo rapprcfcntantc ,i fuoi Mag-  giori col merito , e colle virtù cfercitate ne’ fupremi carichi  della Repubblica.   140 Creato Principe la vigilia di San Jacopo miracoloramente, nel-  la quale per opera de’ fuoi maggiori Papa Aleffandro pofe il  piè fui collo di Federigo.   141 Portato fuora il dì feguente dal luogo dove Papa AlefTandra  fece il detto atto trionfante a Ipargcr oro e argento con /in-  goiar applaufo di tutti gli ordini della Cittk.   142 Dio ha voluto dar fegno di raccordarfi del merito pel fervigio  di Santa Chiefa.   Efempio che di quanto ben fi opera fi crafmecta il merito an-^  che 3 i poderi ben lontani.    // del Sommario^    PER    Digitized by Google    ^8I   PER LA storia   DI PAPA   ALESSANDRO IIL   Pubblica nella Sala Regia a Roma , e nel  maggior Configlio a Venezia,   ALLEGAZIONE   DI CL. CORNELIO FRANGIPANE J. C.   Contrd h narraj^one contenuta nel Duodecimo Tomo degli  Annali Ecclejiaftici .   Deus aferiat labia mea ad veritateìi.   Leu NI penfano fottrarre alla Sereni/Tima Rc>  pubblica di Venezia il fondamento delle Tue  prerogative ) fé impugnano la veritk delia Sto>  ria di Papa Aleflandro III. venuto qui profu*.  go dalla perfecuzion di Federigo I. Impera-  tore, rimeflTo in Sedia, dopp la vittoria na-  vale centra quello ottenuta dal Doge Ziani .  Nel che quanto s*ingannino ognun potrb ve-  der , c coaolcer dalla noiira Allegazione del  Mar Ubero fcritta centra il Valquio , e Ugon Grotto , Auto-  re del libro intitolato : Mare liherum * e centra altri : tanto  ancora s'ingannano, negando quella Storia, dove, in vece dì acu*  tezza d’ingegno, cortezza, e ^arlitb ne mollrano • Alcuni con  femplicc narrazione diverfa, altri con alTai poco penetrar di pen-  na, ma a guila di Scorpione, la pungono; altri fcrivendo, non  mano, ma calcio par che adoprino, cosV l^n calpedano. Aperto  morte la impugna 1* Autor degli Annali Ecclefìadici , collante-  mente, intrepidamente tanto, che egli, come foldato gloriolb ,  avanti che combatta , Tuona la tromba , vantandoli di doverla  far conofeer una impodura ; quafì , per ingannar il mondo , Te  l’abbia fìnta; e dice di proporre una pietra Lidia da paragone ,  per conoicer la veritb dal mendacio. Ma fe fìa tale, o elitropia  del mugnone, efamineremo nella prelente Allegazione. Non re-  do però di compianger PAutor in molte parti de’ Tuoi volumi ,  che, ùtrovatafi una teda come di acciajo a tanta fatica di Icrit-  tura, Opera già grandemente defìderata ( come riferifee il Ca-  rio ) da’ Padri nel (acro Concilio di Trento; dovendofi impiega^v  re in avvivar' le memorie di fanu Chiela, e de' Tuoi Fedeli, e  Tomo IL Nn devoti,     Digitized by Googli    z8% ALLEGAZIONE   col raccontarle cofcfucccfle, come è oggetto de gli Scrit»  tori delle Storie; fi è affaticato in alcune fcriver contra il co  appiglia alla narrazione di due Autori uovati da nuovo , con-  temporanei ( com' egli dice ) del fucceflb ; 'uno i lenza nome , che  [crive i fatti di Papa Aleflàndro ; l'altro i un Romnaldo Arcive-  fcovo di Salerno, che fcrive le Cconicke del Mondo; i quali Au-  tori dice anche elfer Dati prefenti.- parò gli elàlta come tedimonj  maggiori di ogni eccezione, che lor non G pofla dir in contrario;  da’ quali cava che Federigo I. Impeindore l’anno precedente, che  fu del tipd., vinto con gran (Irage da’Milanefi, non Papa Alelfan-  dro , ma eUQ era che fuggiva ; e ili quel che mandò a dimandar  pace al Papa in Anania; e che il Papa, aifcntendo, non profugo,  .ma trionfante venifle a Venezia accompagnato da tredici galee dd  Rè di Sicilia , che lo conduBcro pel mar Adriatico in lllria , e  poi a San Niccolò del Udo, dove il Doge Ziani io andò a le-,  ^ar, e io condulTe dentro a Venezia: indi che andalfe a Ferrara,  e poi tornalTe, q che trattalTe coi Minillri Imperiali la pace ; vi  venifle l’ Imperadore , e che la vigilia di San Jacopo andafle alla  Chiefa di San Marco a baciar il piede al Papa; il quale il di fe-  guente a richieda dell’ Imperadore cantalfe la Meda , e fermo-  neggiade in un pulpito ; e le parole che Latine diceva , acciò,  r imperadore le intendede , un Prelato gli replicava in Tedefeo ;  e vi narra di mofebe, e zanzare , e di altri liroili particolari  accaduti , e la dimora , e la partita de’ detti Principi . Que-  di due libri vuol che fieno una pietra Lidia da conofeer la ve-  rich dal mendacio delle cofe che narrano le Storie Veneziane . Ma  quelle per principale , e in fodanza, dicono.- che Papa Alcdan-.  dro fuggidc incognito per fua compiuta ficurth a Venezia che  per lui , divotamente ricevuto , la Repubblica mandade Am-  Mfeiadori all’ Imperadore per uffizio di Pace : che non folo non  la conccdcde , ma che m andade un’ armata verfo Venezia , per-  chè gli fi dede nelle mani il Papa ■* che la Repubblica ar-  malTc , c gli mandade il Poge Ziani contra : che combattede ,  che vincede, c che menade cattiva l’armata con Otton Figliuolo  dell' Imperadore, che ne era Capitano, prigion a Venezia : e che  egli , mandata con compagnia di Senatori al Padre , fodc mez-  zo di coochiuder la Pace : che 1’ Imperador venide a Venezia a  geitarfi a’ piedi del Pontefice, il quale gli mettede il piede fui collo,  dicendo le parole del Salmo Super afpidem &c. che l’impeiadore gli  Tomo II, Nn z rifpon.    Digiiizeri l .y Google    ?.84 ALLEGAZIONE   f irppndefTe che ’l Papa gli replicafle, per la qual azione folTe  iHituita la folennick di Spofar ogn’anno il Mare. Narrano anche  la conccITtoD delie infegne che in cerimonia la Sereninima Signo-  ria porta, e delle Indulgenze: ma il lodo che vorrebbono elpu*  gnar è la vittoria ottenuta centra l’Imperadore; chelaltre circo-  Hanze poco rilevano, fe non in quanto che Ibno adminicolo del-  la prova principale.   4 £ perché a provar le vittorie li fbgliono allegar opere pubbli-  che de’marmi, o delle pitture , dove, lucccfle, dcfcriverfi fogliono,  o Croniche, o Storie, o felle pubbliche, ofatna, che, correndo,  e Tuonando, a guila di fiume, nella poHerith fi diffonde, e ne  perpetua la fede, e la memoria loro; benché una di quelle at*.  tellazioni ci ballerebbe, le addurremo tutte; così ben e fondata  la verità di quello iucceiro; e mollreremo che gli Autori i qua-  li pare che ferivano fin in contrario, ne prellano il confenfo, da-  to anche che fufTcro legali, e degni di tffer creduti.   5 La prima pruova fi chiamava iStilograha, che é, quando, fuc-  celfa la vittoria, fi delcrive in colonna, o altra pietra che fi  mette in pubblico. Quello titolo predò a'Settanu Interpreti ha  •1 quinto decimo Salmo, dove Teodoreto dice: Columna Vincen-   „ TiBUS quoque nigitur ceeUta Uttem nefcìentibus , viCiorism^ indi-  ,, ctmtibus • Come anche ordinò Augullo, che le fue imprefe fece  fcriver in colonne di mecalb avanti il Tuo Sacrario. Se ne veg-  ^ gono anche di altri Impcradori , e Re per tutto il mondo. La  vittoria contra Federigo l'abbiamo dcfcriira in una pietra a Salbo-  re affida alla Chiefa avanti la quale fucceffe la giornata: le let-  tere fono antiche ; e quando fu polla , 1 ’ Iflria era nel tempora-  le fotto il Patriarca d' Aquile)a .* in ella i feguenti verfì  leggono:   Hbus, porut. 1 , celebrate locum cìuem Tertius olim  Factor alexander donis coelbstibus auxit.*   Hoc ETENIM PELAGO VENRTAE VICTORIA CLASSI  DbSUPER ELUXIT, CECIDITQUB SVPBRBIA MACNf   Indvpbratoris Federici, rbddita sanctab  ECCLESIAB pax; TVMQVB FVIT IAM TEMPORA MILLE  Septvaginta dabat centvii, sbptemqve supernvs  Pacifbr advbniens ab origine carms amictab,   Quella pietra, a ragion di Scoglio, l’Autor degli Annali ha  fuggito di toccare, perchè certo, le ci avede ben penfato fopra,  non farebbe andato ramo oltre a fcriver come h^ prclunto; per-  ché quello folo ballerebbe per piena fede, c tcflimonio, quando  anche altro non ci fode: al che tutti gli uomini ragionevoli, e  legali fon tenuti a prcfiir compita fede, perché quelle fono vere  pietre Lidie da far conofeer laverith dal mendacio, fenza le qua-  li è ncceflaiia alcuna Storia ^ per atiellarci la verità , fecondo  „ Ciuleppe ad Apirne, che dice. Eo quod ab initio non fuerat jìu-  d'tum apud Gr^cos publicas de bis qua femper agunttsr proferre con-  ,, fcriptioneSy bec etenim praeiput (T erroremy poteflatem merendi  ^y pojìsris vetus aliquod volentibus fcfiptitare cencefpt\ però dicono le  „ Glofe, c ì Dottori.* Sì in aliquo Lapide, vel columna inveniatu   „fcripn.    Digitized by Google     DEL FRANGIPANE. ^85   ^ Jqriptyra ejì éàbihenéa, in c. fané in vcrb. dijiich 24^   q, 2, & in c, cum cavjja de probat. & ibi omnes Scribenres» Spe-  atl. de prober. •ùidendumy num. 12. taf. in l. fané, num. 26, ff.  fi cert. petat. Aret, infi. de eHion, §. psneles^ num. 2. H/ppol^r.  in l. prenatn, §, in rationibus. C. de felfisy Ù" de probar. num.   191. Hier. de Monte de finib. cap. 61. per totum. Mefeard. de prò-  bar. conci. 105. pofieaquam, nu. IO. Ù" conci. ^99. confineSy num.   5. & allegata per Cagnol. in I. 2. num. 6y. ff. de orig. jur. Ò*pcr  Potjfdorum Ripam obfervar. 6%, Craver.de antiq. tempor.par, l. verf.  oB/rva daruTy man. 13. traB. ro, vj. fol. 141. ) dove dicono U   8 ragion dcllcfficacia di tal prova. Talis fcriprura in Lapidibus^ aut  ^y cofumnis publice apparet y (T inducit nororium: ob id impuratfdum  yy viderur et de cujut jnajudicio agiruTy cùr non contradixerir y come  . fece lo ReiTo Fedengo, il qual contraddìlTe alla memoria, e iferi-   9 zione che fì trovava nel palazzo Laterancnlè ; tenendo egli,  roa centra ragione, che foffe pregiudiziale alllmperio.* di che lì  ragionerà più ^ ^Hb; e come è il cafo che narra il Coppola.   ( de fervir. urb. prted. c. 70. nu. 9. ) Quella pratica forfè fh ap-  io prefa da' Greci , come da quelli da^ quali fì hanno, imparate le   altre leggi; (A a. ^ de orig. /ur. T. Uvius dee. \. lib. 3. Dio.  Halicarnas. lib. io. } perciocché i Mantinei, avendo fatta giorna-  ta con i Tegeati preifo Laodicea convittoria incerta; ìTegeari, a che chi leggeva le ifcrìziont de'fepolcri  pcrdefse la memoria.* di che ne artefta Cicerone: ( de feneBurv  in princip. ) „ fepulcbra legens vereoTy quod ajunty ne perdam me-  moriam: onde di certa forta di memorie ne'lalfi vicn detto ap-   prdfo    Digilized by Google     ^86 ALLEGAZIONE   preflb Tacito* prò fcpulcèrh fpcmuntur ( lìb. 4. ) Con tutto ciò  non fono tanto prive di fede, che non diano adminicoio di pruo*  va; come, per provar il buon fucceflb del fano di arme delTa*  ro, dei qual fi parlerà infra al num. jip, il Guicciardini addace  la infcrizione del fepolcro di Melchiqr Trivifano qui nella Chic*  fa de’Frati Minori: per i’acquillo di Ceneda facto dalla Repub"  blica, oltra altre pruove, fi adduce i’epicafìo nella fcpoìcura de!  Doge Tommafo Mocenigo t S.S. Giovanni e Paolo . ( Mafcard,  (ie probat. con. conpnes aum.n. Guicciard. bijì. lib. z.   Onde, fe non li cava fe non tal qual pruova delle cofe dalle if-  crizioni de’lepolcri, non doveva il Sabellico, contrario a sé llcf^  fo di quanto ha ferite* nella Storia Veneziana , nella univer*  fai che fcrive ( lib. 5. Eneadc p. ) maravigliarn che nel fe-  polcro del Doge Ziani non li facefle alcuna menzione dì tal vit-  toria; perché loimlTione in fimilì luoghi può venir da diverfe  caule; o da umiltà, o da grandezza, che balli a dir il nome  del perlonaggio che fì rinchiude, come quel che, dettoli nome,  dice carera norunr Ù" Tagus, & Cnages, Scrive il Guicciardini  che Gian Jacopo Triulzio , tanto celebre Capitano, non avelTe al-  tro Icritto nel fuo fepolcro, le non, in quello eflb ripofTarfì chi  innanzi non s’era mai ripofato. (lib. pag.^po.) Può ancora av-  venir una tal ommilTione per non render ingrati i fepolcri a’vin*  ti, ed efporli alla loro ingiuria, col commemorar le vittorie oi'«  tenute: perlochè Ciro, Rè de'Per/l, nel fuo (epolcro, dove loit  „ narrate le fue gtandezze , vi fe in 6n aggionger : Jra^uc ne mi-  I, hi ob hoc monurnentum invideas rogo . A quello fin nel fepol*  ero del Doge Andrea Dandolo, che è nella cappella del BattiHe-  rk> di S. Marco, fu tralafciato l'Elogio fattogli dal Petrarca, che  £ l^ge nella pillola 25. foritia al Bcnimendi, Canccllier gran-  de, che ne lo aveva richiello dove commemorandoli le fue im'  prefe di Candia, del Tirolo, dciridrìa, di Zara, della rotta da-  ta a'Gcnovclì a Sardegna, fu tralalciato, e poHovi quel che al  prefente fi legge, dove non fì Hi menzione veruna di quelle im*  14 prefe. Oltreachò , è flato ufo de Dogi antichi ne’ lor fepolcri  non metter nè ornamento Ducale, nè anche il nome proprio,  come neirillefsa cappella fì vede quel del Dcge Soranzo. Il Do-  ge Andrea Concarini fepolto a San Stefano nel claullro non vi  aveva ornamento Ducale, nè veruna lettera; e pur fu quello che  liberò la Patria daÌi’alTedÌQ con vittoria cost fìneolaro, e al tutto  "^ifognofa centra i GenovefìaChioggia. Scritte da me le fuddetee  cofe, mi è venuto a mano il Libro della Repubblica del Cardi-  nal Contarini , il quale nel Libro primo in quello propofìto co-  si fcrive: „ Mk gli Antichi nollri tutti di uno in uno confenti-  ,, rono dì aggrandire la Repubblica fenza aver rifpetto dell' utilità pri-  ,, vata, e deironore. Da quello cialcun può far conghiettura, che  ,, nclTuna, o molto poche memorie di Antichi fono a Venezia, di  „ uomini per altro chiarilTimi in cafa, e fuori: dirò un’efempio fo-  „ lo, tra molli, di Andrea Contarini Doge, mio parente, Al lem-  ,, pQ della guerra Genovefe, importantilfìma , e pericolofìfìima di  „ tutte, con incredibU fapienza, e (ingoiar grandezza di animo,   „ lalvò    Digilized by Google    DEL FRANGIPANE. z 87   ,) falvò la Repubblica; e data loro un^ grandifllma rotta, fracafsò  yy i nemici gii vitioriofi, tutti, o ammazzati , o fatti prigioni .   Confervata la Patria , ordinò nel Tuo tcllamenio che alla IcpoU  yy tura fua , la qual ancora al «fi d* oggi fi vede a San Stefano ,  yy non fi mctteffero alcune infegne , nè armi della famiglia noUra;  yy ma che pur ivi non vedrai fcritto il nome di $j gran Doge .   Il nome, e adornamento, che ora fi vede, è per opera di Jaco-  po Contarmi, Senator di riverente memoria ^ il qual , tutte le  buone arti, e ogni virtù amando, ravvivarle fi affaticava : Egli  fù il promotor, coadjmor, e mantenitor del Bardi, che le la rac-  colta della Storia di Papa Aleffandro , alla qual però TAvverfa-  jdrio non fi ha fapuio acquetare . Qu'i non debbo ommettere lo  sfacciato mendacio che contra le predette cale dice Giorgio Me-  nila ( Uh, 6 , Ccograpb, Jivc anriq. Vicheom. ) che nell’ Epitafio  del Doge Ziani , dopo aver numerate le vittorie ottenute da al-  tri, di queffo fatto di Papa Aleffandro. non dica altro , fe non :  kinos conjunxir gladios : fc quello folle vero , forfè avrebbe qual-  che ragion effo. , e il Sabellico di dubitare. Ma la Icrittura è  molto diverfa; la qual, avanti che fi. perdeffe nella nuova fal>  brica della Chiefa di S. Gregorio Maggiore, il Sanfovino, tanto  benemerito di quella Citt^, nel dar conto delle fuc preclare co-  le memorande , l’ha regifirata nel libro quinto della fua Vene-  zia; non mi difpiacerb , qui fcrivendola , farla legger , per con-  vincer di tanto mendacio l’Autore, qualunque i verfi fiano,  f/ic Dhx egregiwr, fapicnSy dives cenerefeity  Vivir cum CbnJÌOy Mundo. fua famrn_ nhefeity  Sebafìianus vochatus in orbe ZianuSy  Cum Papay PrincepSy CleruSy ^tebs Jbunc rccolebaty  JnJìut^ purusy cajìusy mìfisy cutque placcbap.   Confitto poilcns , bona planrans , & mala tollens ,   Robur amicorumy patria luxy fpei mìferorum  Et flos cun^orumy Duk eteClus Venetorum ',   Binos eon/unxìt gtadioSy O' more rcfulfty  Etoquìum fenfus , bonitas. degnila cenfus ,  liti parebanty nulla •virtute cartbat.   Dove le parole : mundo fua fama nitefeh , cum Papa Prineeps  Jbunc rccokbat \ bona planrans y & mala tollens , robur amteorum , fpes  miferàrumy binos conjunxit gladios y non venendo a nomi partico-  lari, per li rifpetti gi^ detti, ma applicate al fatto tanto noto-  rio , come era allora , ed è al preleme , pur troppo ballano :  maflime che fotte di Ini non vi è da raccontar altre vittorie ,  nè fatti notabili, come afferifee i! Merula..   II. Seconda fiilografia è la pittura roeffa ne’ luoghi pubblici, dove  17 fi deferivono le vittorie ottenute ; come quelle marittime di  Agrippa , che le fè dipinger nel portico di Nettuno ; quella di  Gracco nel tempio della Concordia .• ne’ pubblici, trionfi ancora  fi poruvano .• di quella di Meffala , di L. Scipion , di Ollilio  Mancino Ch menzion Plinio ( lib. 30. cap. 4. ) : quelle di Tra-  mano , e di Antonino, lono defericte nelle loro colonne a Ro-  ina , ma con figure di mezzo rilievo in marmo , che ancora fi  V veggo-    x88 ALLEGAZIONE   vedono : quefla fk fede , come le lettere feoipire neTaHì , non  efl^do altro la pittura, che orazion che tace , c Torazion pit-  tura che parla* onde i Greci, non facendo differenza da Pittura  a Scrittura, come confìdera il Cardinal Paleotto , ambe le chia-  mano yp^m : anzi per memoria ^ piu efficace la Pittura, che  la narrazione in iferitto , come fi vede nell' uio della memoria  sSartifiziale, che per via d’immagini lì fupplilce alla naturale .*  fopra che dice Qiiintilliano : ( Uh. ii. cap, 3. ) pidura taccns  ,, aÙus y Ù" babhui femper cofdem Jic ìntemos penarat affehius , uf  „ ipjam vim dicendi nonnunquam fuperare videatur : „ dove i Padri  nel Concilio Niceno fecondo differo : „ major tft intano , quam  „ orario ; atque hoc providentia Dei conttgu propter idiotas bomiftes ,  perche fervono per lettere degli ignoranti. ( j^dion. 5. Concilior,  rom, 3. foi, 501. c. ptriatum de confecr. dijì. 3. D. Tbom. %. a.  q. P4. arr. 1. primum. CapcHa Tbolofan. q. 303. Ct* allegata per  Cardinalem Paleottum de Jacris imaginihusy & profan. lHt*l. cap.^»  Frane. Curt. de feud. par, j. in princ. num. i6. (T per Cepollpm  de fero. urh. prsd, c. in f. ( 5 * per Dod. in c, l. in prin. ae pace  Ijtenend. ) Dove l’Alvarotto, volendo addur teffimon; della verith  di detta Storia, dopo aver allegate fopra ciò le croniche , e gli  annali de' Pontefici, allega le pitture che la deferivono in Vene-  zia, e in Siena.* „ Ut de prxdidis pa/ee in aula folemni Civitatit  ,, Venetiarunìy uhi bac bifiorta mirabÙiter pida ejl. Fraterea dieta  ,, bijioria fatU diffufa in aula Civitatis Senarum , ex eo quoà àidut  „ Papa jilexander fuit nationc Senenfis. Così anche altri, come te-  ffimonio degno di fede, allegano dette pitture; Ermano Schedel  nella cronica ffampata in Norimberga , Giovanni Stella nelle vi-  te de'Pontebci fotto AlefTandro; Erancefeo Modello nel libro z.  della fua Venezia di Pietro McfTia nella vita di Federigo ; Re-  migio Pofliilator di Giovanni Villani , per fuppiir quel che ivi  manca { Uh. 5. c. 3. ): ma Francefeo Sanfovino nella Ina Vene-  zia vi aggiunge quelle di Roma coq le fue inlcrizioni : dice eh;  ve ne era una nel Palazzo Laterancnfe con alcuni verfi ; gli ul-  timi de’qnali dicevano:   Naw pRorucus Latet in VenetJs tandem manifejlus  Regi Romano pacifeatus abit.   La ifcrizione fotto la pittura del Vaticano nella Sala Regia co-  sì dice: „ Alexander Papa III. Federici I. Imp. iram , bt   ,, IMPBTUM FUGIENS, ABDIDIT SE VeNETIAS J COGNITOM, BT A  ,, SENATO I’ERHONORIFICE SUSCEPTUM , OtHONE ImP. Fìtto NA-  ,, VALI PROBLIO A VeNBTIS VICTO , CAPTOti. FeOERICUS PACB  „ FACTA SUPPLEX ADORAT, FlDfeM,ET 0BE9IENTIAM POLLICITUS.   5, ITA Pontifici sua dignitas Venet* Reip. beneficio re-  „ STITUTA. MCLXXVII.   ■2.0 B perchè non fi creda che ciò Ila flato capriccio del Pittore ,  come vuol inferir T Autor degli Annali , è da laper , prima che  detta Storia foffe dipinta , c col predetto Elogio fottofcritia , fu  da Pio IV. ordinata una congregazione di Cardinali , tr^ i quali  entrava 1 ' Illuflriflìmo Cardinal Sirletio di veneranda xnemotia .*  di che me ne diede conto Marc’ Antonio Gadaldino , luo fapula-   m, c    Digitized by Google    DEL FRANGIPANE. z8p   re, e gentil* uomo letteratiflimo : quefli fecero dìIigentUTimo pro>  ceffo degli Scrittori, e delle fcritture , come de’tcHimonj degni  di fede , in guifa che fi dovefle far una canonizzacione , e in  quella maniera che Dio non lafci fallar la Chiela nelle liie.aP  ferzioni : pervenuto il Pontefice in fondatiilima cognizione di ve-  rità, ordinò la pittura a Giufeppe Salviati , Maeflro celebre , e  ringoiare, che da Venezia fb chiamato, e di tal lavoro mi dilTe  aver avuto mille ducati , che non fi fpendono cosi in meri ca-  prieej de’ pittori* £ .perchè la pittura cosi ordinata dee far pnio>  va, e piena fede; Aleffandro VI. fè dipingere in una loggia dì  Cafiel Santo Angiolo rofTequio, e la riverenza di Carlo VIU. fer-  vente alla fua Meflà Pontificale, acciò tal cerimonia fi confervafle  nella memoria de'pofleri. ( Guicciard. lib. i. car. 35» )   21 Quelli fono lenimenti pubblici rogati db Principi iit^ri, e che  non co(^ofcono fuperiore; che la lor gloria , e grandezza è la li-  berti/ ne’ quali quando cadeffe mendacio, imbrattar il lo-   ro fplendore; perchè è qualitb quidditativa di chi è libero non  dir, fe non verità; come è qualità fervile dir il mendacio.   12 Però dicono t facri Canoni che Pio non lafci mentir la Chiefa  Romana, (e.srcHm, gi. m Z4. 1.) alla qual anche   fi convien quel che fi dice delle perfone pefate, e. gravi;   Nm éiirJ il fsljo effetti il fntdtntt.   Qui corre la fleffà ragione che cade , fe occorrefTe feoprir un men-  dace nelle làcre Icttercj delle quali dice Sant’ Agollino {inEpifl,  MdHi  lamente , non fuggitivo , non è da tralalciarc il tdlimonio di  Pietro dalle Vigne, il quale 6or'i in que’ tempi,, nè maneggi, c  negozi dell’Impcradore con Sanca Chidà ; nel principio delle Tue  piitolc , dove intieramente è regiArato il c. ad apojìoiico de te  jud. in 4 . dice! ,, fece ( Federico ) uri altro Papa ^ e pìife altri   „ Vejcovi nelle Chieje dell Imperio^ ma alla fine andh a ({inedia y ove   ,, il diritto Papa era FuciTO, e li fece fuo comandamento : “ la  qual autorità (i può -aggiunger a quello che di quello dice di  aver villo il Bardi; cioè, nella vita deU’Imperador che fcrive ,  fa menzion della prefa di Ottone. Con quella AclTa regola rela-  ^'tum cenfttur in referente fi poObno legger i Commentatori di  Dante, luoi fcolari, che furono gih trecento anni, nel commen-  to del I^ndino al canto i8. del purgatorio, i quali egli afferma  aver veduti , c ad unguem ferivo la detta Storia come i Venc-  . ziani la narrano e dipingono ; parte de' quali regìAra il Bardi  con molto numero di altri Storici che in conformità fcrivono ;   ^ al quale aggiungerò i feguenti da lui tralalciati colle confidera-  2Ìoni fopra alcuni che egli fimplicemente nomina : quanto agli  ^paltri, che egli allega, intendo, per corroborazione della verità,  che qui lì abbiano per rcpetiti. Benvenuto de’ Rambaldi, Autor  di trecento anni, nel iuo AuguAal , che irà le opere latine del  Petrarca fi legge lotto Federigo, Icgue detta Storia / e in fine  dice: „ Alexandram Papam perfecutuSy apud Veneros vitlusy “ (?*r.  40 che è (guanto piò difiiiiamente fcrive il beato Antonino nella ivia  'Storia; ( p. 2. tit, 17. c. i. io. in fi, fot, 214. ) „ Cum Fri-  yy deritut Imper, veniret ad Urbemy Alexander y timens ejus potentiamy  „ Fernet ias refugity ut manut e/us evaderet : fuper quo indignatus Jm~   „ perator y armavit cantra Venetot claffem , cui prafeùt Otbenem fi»   ,, iium fuum ; 0 “ ad repofeendum AlexandrurH Pontifkem mijit . Fe~ *  rum Otbo fUius Imper. primo concurfu navali prodio fuper atw J  yy Clajfc Fenetorum , qui juvabant partem E(cUf$te .SanSìx , Ù" Ale-  yy xanàri , captus , duéius ejì Fenetias . Anno autem fcqueuti , procu-  rante Otbone filio Imp. qui captus erat , ablata e(l dijjeafto inter  yy Papam , Imperatorem ; & faHa afì pax , indeque magnus ■ bonor   ,, & gloria fecuta funt Fenetos , quibus ad ptrpatuam tei memoriam  „ Pomifex Jummus quadam injignia perpetuò ferendo donavd, Miror  „ autem quhd nec Fincentìus in fpeculo bijìorialiy nec Joannes de Co.  yy li faciane mentionem. “ Dove è da notar che fcrive la fuga di  Papa Alclìàndro a Venezia; la vittoria avuta contra l'impera-  dore; e la prefa di Ottone fuo figliuolo. Si attenda ancora che  la battaglia fu un’anno avanti la pace fatta ; e che in quello  luogo non vi metta il calcar del piede del Papa fui collo dell’  Impcradorc; il che riferilcc poi in altra fcritiura , come diremo  ai luo luogo , ai num. 55. Oltra ciò , la maraviglia che fa ,  che Vincenzo , nè Giovanni di Coli , non abbiano tocca queAa  Storia. Confidcrafi poi la gravità dello Storico, che è Teologo,     \   ^96 ALLEGAZIONE   e verfati 01 ino in tutte le Storie , avendole fcrìtte dal principio  del Mondo fino a i fuói tempi.   41 Nello fiefib tempo Laonico Calcondila , Areniefe , nella fiia  Storia Greca al lib. 4. fcrive dello fiefiò fatto , come i Venezia-  ni hanno meno in Sedia Papa Alefiandro dopo la vittoria ottenu*  ta centra Federigo , il quale chiama Re barbaro , infinuando il  fuo cognome di BarbaroUa.   42 £ perchè gli Scrittori delle Storie dicono : lUud veritash   „ bijìoria Jifftum eertum effe y fi de iifdem tebus wmes confentiant :  „ ( Jofepk. cMtTM Apptenem lib. j. ) emnes fcilicer y ^ued a pluribus  yy dignieribus ( gl. in eap, de quibus. difiin. 20. r. in eanonicis. ^ fui*   dem de conjecr. difi. 1. Barbai, cmjtl. 12. illum num. 21. W. 4.)  Reciterò alcuni, olirà i predetti, che feguono la detta Storia fo*  relheri, e alfai interefiati per l'altra parte, che, non elTendo ve-  ra, dovrebbono piò lofio contraddire; e fono di tal graviti, che  il Mondo lor crMer fuole ; anzi alcuni dì efll come tali fovente  fono allegati dall’ Avveriario. Raffaello Volaterrano in due luo-  ghi ne fcrive, ( Urbanor. •commentar, lib, ^ & 27 , ) il quale è  da attender , come quel che aveva alle mani , e verlava i libri  della libreria Vaticana, come egli attefia nel lib. 3. nè fi è ptin-  to moflb dagli firaccioni de* libri , come ha fatto rAvverfario ,  fe pur vi eianoi al luo tempo : ha dedicata l’opera a Papa Giu-  lio li. in faccia del quale , e di tutto il Mondo nell’ arringo di  Roma fcrive detta Storia eOer fuccefia come la narrano i nofiri  43 Scrittori : così fono lo fieffo Giulio II. ha fatto Giovanni Stella  nelle vite di 230. Pontefici che fcrive. ]acopo Spigellio, Tede-  feo, parlando di Ottone dice : „ fttem cateri Scripteres y & e»*  ,, temi y ò" nofiri , ■ vi&um navali praiio a Venetis ajunt in caafit  „ fuijfe fuibd fiater ex diutina difeordia in Alexandri Papa gratiam  „ redierit . ^ ( >« Scbolm ad Gumermm lib. 1. de gefiU Fnderici )  Ertemano Schedel) Tedefeo , nel fuo volume De biflortis atatum  mtmdi fol,t%i. Rampato in Norimberga, fcrive parimente la pre-  fa di Ottone, e la pace feguita per opera de’ Veneziani . Alberto  Cranzio, Autor diligemiffimo delle cole idi Germania, che Icri-  ve, fpefib allegato dall’ Avverfario , fegue la detta Storia, e dice  ( Metrop, Saxon. lib, 6 . cap, 37. „ Annui erat feptuagefimus fe-  „ ptimnSy Ò" Eufebii contìnuator tradir , oSavus , ut AH nonni pofl  „ mille eentumy cum- Imperaror y capto Otbone fiUo , quem rlajfi prg*.  yy fecity Veneta classe intercefto, Vbnbtias , ubi erat fummus  yy Pontifex Alexander y ebeoucto, de pace , Ò" reeonciliatione tffira*   ,, citer cogitavit. Il Contìnuator di Eufebio dice lo fieffo tutto  di diretto contra quanto vuol affermar rAvverlario; come Mar-  tin Cromero nella Storia di Pollonia , ( lib, ii, p, 2. ) e gli al-  44legati dal Genebrardo nella Cronolt^ia. ( lib» 4. foL dii. ) Vi  fi aggiungono altri forefiieri, Giovacchimo Becichemo , Scodren-  fe, nel fuo panegirico; Gregorio Oldovino, Cremonefe, nella fua  Venezia al lib. 3. Orlando Malavolta nella Storia di Siena p. i,  lib. 3. car. 34. tien quefia narrazione per maggior verirh. Mo-  dernamente Giofeppe Bonfiglio , Cofianzo , Cavalier Meffinefe ,  nella Storia Siciliana p. i. lib. d. e p. 3. lib. 2. e per ultimo i   Padri    Digiti. by Googlc    DEL FRANGIPANE.   Padri Gefniti, nel cui feno ora unico refugio hanno tutte le fcien-  ze, dottrine, e buone arti ( minalecito, quando allego uno di cflt  che Icriva, allegarlo così in plurale; poiché i loro Icritti non cleo-  no, le non purgati, ed approvati dagli altri) dicono per cola chia-  ra, lenza veruna dubbierà, parlaiido de* Veneziani : „ licere Fi-  ,, itum F edntci Aembarbi Otbonem^ captumque ohulere AUx. Ul.Pon-  „ tifici^ ijui Vertetias Profug&rat. “ Marrmus del Rio diftfuijitio.   Ultimo, lalciando altri moderni , non la-  feierò di allegar anche i noltri Giureconfulti , i quali léguono la  detta Storia, effendo Autori di profcHione , dove fi tratta di ro-  ba, e di vita, che gli uomini pih cauti, ed accurati; e Mrò  degni di efler leguiti in quel che Icguono. Pietro Ancarano, IX}C-  ror antico, nelle lue letture canoniche {in c.i, nu.io. de conjìit.)  facendo mcnzion di Papa AlelTandro , dice tanto , quanto balla  per confcrmazion della Storia : „ prò quo Vr.NBTi arma fumpfere  ,, contro Imperatorem Federirum y Ò" ohinuerunt in beilo. ^ M. Anto-  nio Pellegrini de ;wre fijci nel tib.Z. ai titolo de mari num. i8. fìt  la iìefla narrazione. Camillo Borello nel volume fuo de RegisCa tboltci praftentiay al cap. ^6. num. a^4. allega , e iiegue Angelo  Mattiaccio de vta jurisy nel lib. i. cap. ^6. e gli allegati dal Dot-  tor Marta, i quali fìegue parimente (ri» Jlar.de /urifdiBione p.t.  cap. i8. num. 21. ) : i Dottori Francefi parimente la feguono :  Stefano Forcatulo J. C. { deCalUr.Jmper, fib. pag.q.ij.) yy Planb  ^ Duch {Venetiarwn) ematus didici non parum aMÌàilfe Alexandrum  „ III. Pontificem renmutrantem fcilicee Venetos y quiy SebapianoZia»  „ noy Federkum AemAarbum Imp. navali pralio profiigarunt . Gu-  glielmo Sodino nel luogo contra il quale fcriveremo infra al  num. 67- fegue la detta Storia , come egli dice : „ qua omnibus  ,, omnium feri biftoricorum fctiptis eonsinetur : e da alcune paro-   le ivi molila di non creder sì facilmente certe cole ; e pur cre-  de queOa. Crifioforo Sturcio, Dottor di legge , Tcdcico, nel luo  libro de Imperio Gtrmanorum cap. 4p. num. 17. inerendo alla det-  ta Storia, conferma la rotta dell' armata* di Federigo da' Vene-  ziani; e giuda la dottrina legale di accordar la dilcordia de* te-  dimonj in quel che dicono alcuni , che non Ottone, ma Arri-  go, phmogeniio di Federico, folle Capitano ; alTcrendo altri che   Ottone non avelTc et^ abile a quel carico , egli Icnve che vi   45folTcio due hgliudi. Ma io non mi contento di quello accordo,   perché non c é bilogno ; che punto non olla Tardilo argomento   del Sigonio centra la detta Storia , il qual ha tralatuaca di nar-  rare .* die* egli che Arrigo dei 117^. aveva anni undici ; onde  Otton terzo fratello allora non poteva aver ec^ abile a trattar  negoz; , pruova che Arrigo m quell* anno avvflc anni undici ,  perché di lopra ha riferito che ave/Tc anni cinque , quando fh  fatto Ré di Germania , che fb del 1170. le lue parole così  dicono .* ( de Oicident. Imper. lib.ì^ fub anno iiyó. fol. ^43.)  „ Hcnricus fuit Rex Germania y ut fupra diximus y qui cum annis zi.  „ ejfet natusy fatili quam atatem agere Federicus , Ù" Otbo pofì eum  ,, nati pofuerint , ìdefì , quam minhnè rebus agendis idoneam ,  „ vidersnt li , qui Otbonem ante bac tempora pralio navali eum  Tom IL Pp ,, Fade-     ipS ALLEGAZIONE   „ Faderatìs nnflixijfe fmpfcrmt, con quii pruova poi di fopn ab-  bia detto che Arrigo avelTe cinque anni quando fu latto Re , Dio  ve lo dica; perchè egli non dice altro, che cosi. „ Henricum fi-  „ /ivi» Minmim gu'mquc punm Refem Ccrrnmit legi , tvmdem^uc  „ per PhUippum CoUmieaJem jtrehiepifcepim Aqws currnit, “ Quello  e quanto il libro del Battefmo adduce, per provar la fua etìiy con  che intende aver a fcriver contri quella Storia contri le atte-  4$ dazioni di Roma, e di Venezia , e tante altre. £’ da notar  ancora, che egli non vuol che Otton , il qual, elTendo terzoge-  nito, poteva aver otto, o nove anni, ( al fuo conto ) non po-  tefle effer Capitano , ma fh che Arrigo di cinque anni Ca dato  fatto Re : al che non fi può rifponder altro , che un Regno  può aver un fanciullino per Rè , e poi elTer governato da fapien-  ti perfonaggi : perchè adunque un' elèrcito non può aver un fan-  ciullo per Capitano per infegna , per dover poi efler retto col  confìglio dei Veterani ; Mrlochè Caligola confidava ( come ave-  va in mente di fare ) di crear Confolo un fuo cavallo predilet-  ta, ( Suet. in Calig. pag. ioa. Die. Ut, 6p. ptg, 830. ) Pofeia-   chè anche egli cosi era dato condotto nell' elercito Romano ;   cosi anche i Rè di francia fono dati portati bambini . Non odan-   te la eth tenera di Corradino , i Guelfi di Tofeana non manca-  rono di far idanza per via di Ambafeiaduri in Alemagna di far-  lo venir contri Manfredo fuo Zio , che gli occupava il Regno  di Sicilia , e di Paglia .■ al che non acconfentendo la madre ,  forfè impauriu dal cafo di Ottone, fi fecero dar un fuo mantel-  lino, e lo portarono a’ Tuoi, che gran feda ne fecero; follmente  ^ aver pegno , ed infegna da moQrar contri i nemici ; acciò  fapelTero che fotto l' ombra dell' imperio combattevano ; venuto  poi Corradino a maggior eth, ma pur ancora fanciullo, non redò  d'andar contri Carlo. (PsuJns AemUius tifi. Sut. Edutrrdo.Jo, Pii.  luna! Ut. 6. cup.8ì. ' M.p. eup.%ì. ) C «1 Otton non farò dato  „ il primo, ut quem vet imperare jujjilìis., is Jiti Imperuterem etium  „ queret, fimut eliqutm i pepulo meniterem effitii fui; SaJluJi. de teli*  Jugureb. pag. no. } jdclla qual colà i nodri Giureconfulti dicono: ht-  fant petejl effe miteif Ò" Rex, (Bar. ini, l. in prine. C.de muner.&be-  ner.fii.io.O' allegat.per Hippet.de MarJU.in l. infans. nu.p.ff.ad l.Cem,  de Jicar.iT S/lvan. de feudi recegnieienem q. jd. ma». 7. ) Ma che Ot-  tone non poflà elTer dato abue a quel carico , fe cosi poca età  avelfe di otto , o nove anni , l'argomento è da retorquer con-  • tra '1 Sigonio , che , eflendo dato Capitano in quella fazione ,  foflc dato di età abile; da ehe fi potrebbe argomentare che Arri-  go avelfe molto piò anni, dopa che fi vuol argomentar la età di  un fratello all'altro,' maflime di Arrigo fi potrebbe , non avendo  altra pruova, che quella di fopra , la qual oltra che è leggerif-  fima , ha congettura che mollra certezza in contrario ; perchè  nella Cronica ai Otton Frigingenfe , (lit.j.cap.fi.) ed in altri  autori fi trova, che ad Arrigo nell'anno 1170. quando fìl coro-  47 nato il Padre , diede moglie Codanza , figliuola del Rè di Sici-  lia, di modo che in quellàmto , elfendo uomo da moglie, non po-  teva aver anni cinque . £fe il Sigonio fi feufa d’aver ieguito Gotti-   freddo    Digitized by Google    DEL FRANGIPANE. 199   freddo Viterbienfe , ilqual ferivo che tal matrimonio foguifTe del  tiSò. fi rilponde colle lue proprie parole ( lib, 15. de reg. hai*  yy f  to meno lo doveva fare, quanto che il numero di quegli anni con  corrilponde aU'indizione che vi mette i hcchè ragionevolmente li  può fofpettar effeme errore ; però del tempo di detto matrimo-  nio non h fidando il Nauclero , per la varietà degli Scrittoti , dice ;  yy Vides bic qubd Scriptotts fantpji non folum diverfa , fed adverfa ferh  yy pferunt. Utruu verius s(t Qbus novit. Qlcra ciò, fi lu un*  48 altro argomento contra ilSigonio, che Arrigo in quell’anno tiy6*  folfe molto maggior di età ; perciocché vi Hende l' illrumento della  pace (atta da Federigo col Pap a , e della triegua col Ke di Sici-  lia, e co’ Lombardi/ dove il Padre, e Arrigo Tuo figliuolo giurano  la manutenzion di dettò frumento: fe Arrigo adunque del 1176,   • folfe (lato minor in quella maniera di undici anni , non avrebbe  potuto giurar dante i capitoli dei Lombardi tranfunti ne’facri Ca*  noni, e feguiti dalla Chicla, e oflèrvati ne’ comuni giudicj;  (r,  vuli. e, pu^i* 22. ^.5. S. Thomas, 2.2. 8p. arhc. 10. in, corpotc,   (T allegata per AffitH. in cap> i. §• hem facramenta* mtnu 7, 8. de  pace ptranu firmand. Socin, conjil, j 3. vtfis copJUiis , num, 3. vo-  ium, I. ) perchè fpccialmente i Lombardi non avrebbero accetta-  to il Sagramento di un fanciullo di undici anni, fe fecero queri-  monia contra la legge promulgata da elfo Federigo, che i minori  codituiti in pubertà di anni quattordici potedero giurar, per va-  lidar i contratti ; per la qual querin^nia Arrigo era rifoluto ri-  vocarla; e non io avendo fatrq, ( percioochè 1^ da morte foprap-  prefo) molte Città di Lombardia le hanno derogato efpreflamen-  te ne'lor Statuti , come le predette cofe attedano. ( Jifjlt8us in  d, §. jin, nu, 8. Àtber. Fuìgof Paul, relat. per Igneum tn autben»  Sjtcram. pub. C. fi adver. ven* d'u* Qumer. ltb.%, de uftisFridersci  fot. 127. ) Avendo adunque i Lombardi accettato u giurameni»  di Arrigo, è conghicttura fondata, che egli non avelTe quella età  di undici anni; ma per aver fottoferitto, e giurato, fi dee cre-  der, e tener che folfe molto maggiore di quattordici anni. ( per  glo. in c. prttfentia de probat, allegat. per Alciat. de prxfumpt, reg.  2. prsfumpt. 14. nunu d. traS^. som* 4. foL 313. & per Mcnach.  ^^prtefumpt. 50. nitnu 22. Uh. 2, ) Onde il Sigonio , fondandoli  in cofa si dubbia , non folo non prova quel che intendeva di  provare, ma s’incende aver provato tutto il contrario per r^ion  legale , che dice : „ Dubia prchatio facn cantra prodttcentem .  „ ( f. in prafemia de probat. Ò* ibi Card, col, 2. Abb. num. 34.  „ Bero. nu. 138. Mafcard. concluf. ^71. Dubia res- num. 2. Sytag*com.  ,, mu». opin, Cod, fit, eod, num. & sìlegat. per Vincent, Annibat.  ,, m nddit. ad Albam confil. 244. dedu^um in fi. & per Cardin*  „ Ti^. pnabL conclufi in verbo probatio dubia conctuf. 766. num. 8.  voi. 6, fai' 5P4. )   Però, tornando ad Ottone , e recorqueodo , come dicemmo ,  l’argomento, cheOccone, cflendo dato Capitano deirarmaia^ave-  > va età abile a qoel carico: quedo fi conferma, perchè egli reggeva  Tomo II. Pp 2 la Bor-     300 ALLEGAZIONE   k Borgogna, e tutto quello Stato, fuccelTovi per eredik mater-i  na, del qual fcrive Guntero, Autor che feguiva la Corte di Fe>  dcrigo. ( lih* I. de gcfìis Friderici /. )   „ Òubium puer incfyte dici   ,, Resene y Come/ne veln\ vererum nant Rcgné PoTBNTER  ,, AUobregutn materna R e G I s , regntque decore  „ Dignns ab encelfo nomen deducit Otbone ,   51 Dice, dnbittm , &c. perchè fi legge eh? il Ducato di Borgot  gna per avanti folTc Regno, ma de’popoli fieri: ebbe Re piu di  cento trenta anni fin a Rodolfo ; il qual , non potendo pih lop-  portar le continue fedizioni di qucTudditi, rinanziò il Regno a  Corrado Impcradorc , che fh ridotto in Provincia , come era di  prima • ora è Ducato , ma con potenza , e prerogativa regia.  ^ r* vùìumvs. li. l* cap, cum Captila de privil. Cencil. Tridente  cap. II. fejf. 24. de reformar. Abb. conf. 62, in controverjia p. 2.  Cbejfan in princ. Juper confuet. Burgand, Ò" in catalog. p. l. con-  Jider. 44. Sigibert. in cbronico fub anno 1032. lare Frane. Gnì/ì-  man. de reb. Heluet.^ lib. 2. c. 8, (Sr 13, Jac. de Ardi?^n. l. f. i.  quibus mod. feud. amir. Petrus. Caiefat. de equeflr. dignitar, mmu  120. rraH. tom. 18. fot. 31. ) Ma il Sigonio dice che Ottone  non aveva ek abile a maneggiar negozio tale di combatter co*  Veneziani; e ciò dice , come gli Storici diceflero , che fi abbia  portato bene , e vinto ; c poteva penfare che quefia fofle fiata  fa caufa , che egli non avendo eth di fperienza forte rotto , c  prefo quafi dalla mek meno di numero di galee; fcrivendo Obon  Ravennate : pars Otbonem increpare , qui inesplorato es IJÌriee ora  foìvtjfer. Or lafciamo d’inveir piu oltre, come fi potrebbe, cen-  tra quell’ uomo in altro cosV benemerito delle buone lettere .  5iManco crror è quefto del Sigonio, che la sfacciataggine di Gior-  * gio Menila; il qual, icrivendo d# ansiquieare Viceeomitum al lib. ò.  per tirar ancor erto che la concilìazion con Papa Alelfandro fia  fiata per U vittoria de’ Milancfi , nega la vittoria navale de’ Ve-  neziani, c la preCa di Ottone ; procura diverfi argomenti vanif-  fimi, c frivolìflimi; fpccialmente nega che Federigo averte alcun  figliuolo nomato Ottone; e dice non aver letto che ne averte i'e  non due, Arrigo, e Filippo : adunque le la Storia non è vera  per lui , che non ha letto che averte altri , che i predetti due  figliuoli ; farà vera per gli altri che avranno letto , c tutuvia  leggono, che ne averte cinque, tra’quali il terzo genito era Ot-  tone , come abbiam veduto di fopra jper Guntero , Corti^ano dì  Federigo. L'Abbate Urlpergcnfc, viciniflSmo a quc'tempi, e for-,  fe contemporaneo, nella lua Cronica fotte l’anno nytf.dice : „ Jm*  „ pcrator quinque jam gcnucrar filioSy Enricum^ videlicet y quem defu  „ ^avir fieri Jmperatorem y Friderkum y quem effecir Ducem Sitevo^  ,, rum , ér Otbonem , qui poji modum babuir terram matris fine : “  poi tratta di Corrado , e Filippo : qui fi leggano tutti i l’ede-  Ichi , la Cronica di Suevia, la fpofizion , la Cofmografia della  Germania, il Teforo delle GeneaU^ie. Il Nauclero generat. 40.  fot. 2^6. ) oltre ciò nega che pqtcrtc aver annata , perche non  aveva erre marittime ; fopra di che dilcorreremo nella fecondi^   parte    Digitized by Coogle     DEL FRANGIPANE. 301   Mrte di quefb allegazione : il Bardi fopra ciò dice tanto che ba vi è quello connunaerato , che dice . „ Ante prin-  „ Cipem portam templi y inter angiporti ojìiay lapis ma^nus rubeus qua-  „ dratus tjìy in quo aris quadrata itidem lamina infixa foliis vefiitOy  „ in qua Alexander IH. Federici Imperatoris Collo pedem imponi  „ /wr; ubi propterea litterx incifas leguntur : Super Aspidem &c.I  ( Itinerarium Ital. p. i. pag, 34. F. Sanfovinus in deferìptione Ve-  net. lib. 1. pag. 34. Jofepb Bonfìl'tus Conjìantius in bijìoria SicuU  p. I. lib. 6. pag. 241. ) Egidio Bellamera, Prefule di Avignone,  vicino molto a quei tempi {in c. faerk de bis y qua vi metufque)  dice: ,, Alexander Papa y ponens pedem fuum fuper Cervi CEM  j, Imperatori , ipfum cenando (iixie : Super ofpìdejn , Ò“ Bajilifeum 0'c.   11 Cardinal Giacobazio nel fuo libro de Concilio ( lib. i. art. 18.  fol. ì6. col. I. ) „ Alexander III. pojìquam apud Claramontem  ( Federicitm ) Imperatorem damnaverat , & Venetik ante fores   S. Mor-    ii    3o^ ALLEGAZIONE   ^ S, Marci frQjhatttm collo caUover^ , QucfH fono PrcUti  gn^i^ e Canoiiifli dotcilTimi , e por lo credono , e rifcri-  fcono , come fanno gli allegati dal Dottor Marta ( frsB, de /»«  fifàid. p. a. e, antichi Qommentacori di Dance»   che fi leggono rifioriti dal X^ndino , nel iS. canto dei Purgato»  rio , per quel che dicemmo fopra al num. jS. riferifcono Io  ftcRb atto. Lo riferifce Giovan Villani» tutti quelli vicini aque*  tempi , ( hb» i* bifi* ^»p* 3^ ) Gennadio , Patriarca di Collanti'  nopoli ( de primatu Petri cap, i. fe 3 . 6 . ) COs!i dice. ,» Romano^  »» rum Jmpcrator Aioxandrc Papa inclinata cerwe » coUum ejus pedi  „ fubmijit^ arm dteeret'. SupiR afpidem ^ tT bajilifeum, &€. & ille  j» re/pondif : non (ibi » fed peno obediemiam exbibeo : (Sr Pontifen :  ^ Cjr mibi , & peno , “ Il B, Giovan Gerfone , fehben non loda  quello atto, non rella però di crederlo.- de ponft, pcclejiaft. p.U  conjiderat.^f» ) Il B. Antonino nell* orazion a Pio II. ( bi/ì.par,^,  fif. 11. cap, 17. §. I. col, 4. foL 185. ) dice: „ Alexander III,  „ ut juhar emicuit^ fridericum J, Imperatorem ut afpidcm ^ 0 ! baJUh,  „ feum perfecuforem Ecclefie proprio pedo concjtlcam» “ Quello è làn-  to , e iettcratilQmo Teologo , e CanoniUa , e ciò riferilce per  5d trionfo della Chiefa , tanto è lontano che fi fcandalezzì , corno  fa TAvverlario. Non fi fcandalezza manco l’Abbate Tritemio »  diligentifiimo io tutto quel che fcrive : dice che Chiliano , Ar-  cicancellier di Federigo, ilqual dalla Storia di Obon , e da altri  è mentovato eOer fiato prefente , abbia icricta un opera che in*  titola : Friderici Imper. gejia^ 0 vita ^ riferifce ( de feriptor. Ec*  clejié^. fub anflo xiòo- fol, p, ) ,, Alexander Papa IIL fedir in  „ Cattedra Peni annis uno , & viginti .• multas in/urias d Friderieo  », Imperatore fuftinuh ; ipfunufue Imperatorem tandem fuperans , in  „ SiGNUM suBtECT(ON(s e/US COLLUM pcde eonculcovìf , dieens :  I, fcriptum eft » Suptr a^idem , 0 e, Non fi fcandaleziano manca  i Greci, i quali, aderendo a quanto è fiato conchiufo nel Con-  cilio Fiorentino , che 1 Primato di Pietro continui ne’ Romani  ^7 Pontefici che di tempo in tempo fuccedono, nella cenfura Orien-  ule recitano la detta Storia per le parole che difle Federigo al  Pontefice : non tibiyfed Petroy efiendogli mefib il piede fui col-  lo ; unendo quelle a quelle di Cofiantino dette a S. Silvefiro :  ( Cenfura Orientai, cap. 13. pag. 334. ) Però i Moderni che Icri-  vono le Vite de i Pontefici recitano la detta Storia in quella di  Papa AlelTaodro^ ( Alpbonfus Ciaeonius fol, 470. } Lo recita me-  defimamente Lodovico DomenicKi nella Storia de’detti , e fatti  de’ Principi. ( lib, 6 , ear. 287. ) Non lo ha manco faputo negar  Giorgio Menila, dove nega il refio della veritb di quella Stona;  ( de antiq, Vkeeom,) il qual atto febben non è efpreflb cosi ben  dagli Autori, che dice rÀvverfario efier fiati prefenti, non va la  confeguenza , che non fia fiato vero : come non va la confe-  guenza di fopra al num. 48. il B. Antonino ^non lo riferilce ,  adunque non io ha faputo , nè creduto ; perchè lo riferifce por  ( come abbiam mefirato ) in un’altro libro : ma i detti Au»    Digitized by Googic     DEL FRANGIPANE. 303   5Stori rlferifcono la umiltazion dell’ Inperadore con certe circo*  Aaoze che non danno a creder che non fia vero il redo. L’Av-  verfarto riferifce che Romualdo Icriva: „ Cumque ad Papam ap-  n y traBus divino fphiiu y D E U w in Akxandro vcne~   „ ransy Imperiali dignitate poftpojua ^ rejeBo pallio y ad pedes Papa  ,, rotum fe extenfo torpore iaclinavir. “ ( fol, 450. ) Recita pari-  mente che l'Aucor degli atti d’Aleifandro dica : yy Depofito da-  ,, m/dcy proflrmjàt fe in terram y & deofculasis PontificiSy Tamquam  „ Principis Apostolorum , pedibus'y *•*" che è ^uei che gli altri  Storici raccontano elTer dato detto dall’ Imperadore : Hon eibi ,  fed Petto y di modo che quelle parole , tamquam , verranno ad  eder dell’Impcrador, e non dello Storico. Provata con tanti te-  5pflimonj quell’azione , fi prova la vittoria antecedente; perchè  metter il piè fui collo , 0 il giogo a i nemici , è ngiUo , e  confermazion delle vittorie : onde i Grammatici dicono dare  yy CoLLUM ejl BELLO viCTUM effe “ ( ejp Propertio ) ,• come fece-  ro i Milanefì, che, vinti da Federigo, fi gettarono a’ Tuoi piedi  co* coltelli al collo . ( Abbas Urfpergenjis in Chronieo fol, ipp. )  Scrivono di Marzian Imperadore , per modrar che vinfe i fuoi  nemici ,, omninmque inimicorum fuorum colla Domini virtute  yy CALCANS, fex annis y me^e y regnans y in pace quievit, “ ( /or*  nandes de Re^torum fuctejpone fd, 78. ) perchè il vinto , jnre  belli redando di ragion del vincitore con quell’atto fe ne toglie-  va il poflelTo; giuda quel che è fcritto nell’xi. del Deuteronomio :  ,, quem calcaverit Pet vqfter , erit : dal qual calcar de*   yy piedi è propriamente detta pjfejfioy quafi pedum pofirio,yy ( /. r.  & ibi ff. ff, de acqtùr, fo^ef, Ù" Axp* nnm, Pad, de Caftr,  nunu 5. Jaf. nwn. z, AffitB, decif. zpq, Rex nnm, 7. Facon, de^  dar. lib, 2. cap.^ 6 . poft medium. Tbolofanus in Jj/ntag. /uris Itb.Xy  cap. i3« num. q. ) In contrario di quede pruove 1 * Avverfario  dice che Papa Aieflandro non puè aver fatto qued’ atto , edendo  vergognofo , arrogante, e totalmente infoUto : cosi appunto egli  dice. „ Magie indeeorumy qno ajferitury Factum iliud arrocans,  ,, Cr FENiTUs iNSUETUM, quhd bumiliatmn ad pedes Pontificit caput  ,, Imperatorie pedo ipfe prefferity acque infultaverit verbis ilìit e Super  ,, afpidem Ù'c. Come arrogane tT injuetum ?" Si legge nelle lacre  di lettere che Giol'uè fì lece condur avanti i cinque Rè amili , e  tremanti, i quali , rotto il lor elercico , fi aveano nafeodi in  una fpelonca; ed ordinò a’fuoi Capitani: „ ItOy & ponite Pedes  „ SUPER colla Rbguu ijlorwn , " ( Jofue io. ) Virgilio induce  Turno a far qued* atto fopra Eumede vinto a mone. ( Aeneid.  lib.io.) yy Semìanimie lapjoque fupervenity Pedb Collo iMtR&ESO*  £* da creder qued' ulo eder continuato , e fe non fe ne fa men-  zion nelle Storie tal volta , fia per efler dato tanto ordinario ,  che, fenza dirlo, s’intenda; perchè fi legge a’ tempi piò moder-  ni queda dd& cerimonia col verfo del Salmo ; Super afpidem  ( ferivo .Otcon Friimingeilfe , il qual dicono edèr dato Nipote di  Federigo ) che fede mta da Giudiniano , ilqual , preib Tiberio  Apfimaro , avendofi concia lui fatto Imperadore infieme con  Leonzio , dice : „ Trberinm , Cr Leomium captat y ae in cateni^   „ pfuos    Digitized by Google     304 ALLEGAZIONE   „ pojttos per platees trabìy (JT pofiy univcrfo pepalo adamante y Su-  yy PER ASPiD^M & hejiiifcum y Ù'c. Ò*Pedibus COLLA corum CaLCANS.  ( Cbronic* tib» 5. cop. 174 ) La ftefla cerimonia ferivo Zonara di  Diogene Imperadore, quando fu prefo in battaglia da A(Tan Sol-  dano, condotto alia fua prefenza: „ Sdtanusy nomine Axan y ga-  yy vifus efi y ut natura fere , neque tamen fuperbia elatus y de cupu  yy moderetione y Ù" jujìitia multa memorantury addudus ( Diogene! )  „ ad pedet fiens fe projìravif* Tum ( Ananas ) quafi numine  j> ^ exiìtìt\ (T de MORE bumi jacentem calcavit :   „ deinde erexity atque amplexus ejl eum bujufmodi verbis: Noli mae-  yy rerCy hnperator'y ita enirn fune res bumantr. Ego verh te y non ut  yy captivumy fed ut hnperatoremy traSabo, Et Jtarhn ei tabernacula  ,, Imperatoria , menfafque adbibitum Juxta fe collocar y captivi! quot~  yy quot redditi!, ^ Qui è da notar che il metter il piè fui collo  del vinto , per umile che fi apprefenti y è de more, Jtem che  quefto è atto di poflefTo debito , non di Àiperbia ; perchè dice ,  ncque fuperbia elatus, Jtem che Alhm y avendo l’animo modera-  to, e volendo trattar Diogene da Imperadore , non reflò di cal-  carlo. Item che ciò fece come tnfpiraco da Dio, che dice : quafi  numine affata! ,   da Lo fieno fecero i Romani , perchè T. Quinzio Cincinnato ,  volendo rilafciar gli Equicoli da lui vinti , volle però che fotto*  metteffero il collo al giogo.* ,, ut exprimatur tandem confe/fio fub^  „ oHam domìtamque gentem fub jugum abituro! ) come fecero anche  I Sanniti a’ Romani : quoniam vidi, & y forrunam fate^   yy ri feirent. " ( T. Uvius lib, 3. Cf Itb. p, dee, i, ) In vece di  piè, con che dovevan calcar il collo a* vinti , era il giogo diriz-  zato con tre afte in forma del Fi Greco, che forca, come ora,  djfi chiamava. Era fatta quefta cerimonia, acciò non fi mettefle  in contefa , cerne fpeflb fi fa , la vittoria ; dicendo Ennio ( ex  Prifehmo hbro 4. )   vkit non eft viUory nifi vtdus fatetur,   Dionifio AUcarnaffeo nel libro io. vi aggiunge che quefta era  meda in cerimonia dì religione, dove, cosi pafl'andovi i nemici,  toccando l’afta, di fopra , chiamata tigillo , era far confeffione ,  come di fopra, e reftavano Uberi, ed aflbiri; forì'e fu ombra di  quel che, venuta la luce, fi vede nella Chiefa adoperato; come  tante altre cofe fimiU fi veggono . Nè manco quella è fpiegata  fempre dagli Scrittori, quando fanno menzion della confelTion de*  vinti. Efleodo vinte le navi diAntioco avanti il porto di Efefo,  non iferivono, fe non „ pofieaquam conftjjionem vidh fatti expref,  yy ferum, “ f T. Livius dee. 4. lib. 6 . inf, ) Vifto adunque che  quell’ atto è ordinario , che il vincitor , per modello che fia ,  fuol ufar,. togliendo il poirelTo del vinto, ne vk confeguenza^ che  fia preceda vittoria contra Federigo ; che non può elfer fiata ,  come fi dirV a baflb al nom. y 6 , , fe non la Navale de’ Vene-  ziani , dove fii prefo Ottone fuo figliuolo, Duca, anzi Rè' di  d4 Borgogna. Ora veggiamo fe era lecito a Papa AleflTandro di pre.   icrmctterlo : troveremo che no , dicendo i Giureconfulri : „ ij  „ quod confuetum eft fitti non dicitur aréitrariumy fed neeeffarium,   ( Bai    Digitized by Google     DEL FRANGIPANE. 305   Bill* if 9 /« qutatm^ue netnh, 4* Everard, in Topica /vrh y loco  facit gl, in c, ad yipojìolicie in vcrò. fadtfoHionemy de re /ttd.iné,  vide Novar. in terminis in c, inter verba, un. 47. 11. g. opewum  ìom,u fol,io. Late Cenehardus Cronaleg, lib,^, fot, 50^.) Ma Pa-  Aieflandro bilognavache lo facelTe in efecuzion del precetto di  Dio, per quel che è icritto nel 33. del Deuteronomio i „ Nega^  bunt te mimiri tui , (27* tu eorum Colla calcasis : ^ a nei Sai-  '1 roo 17. Cadent fubtus pedes meos , conforme al vedo che egli  difTe : Juper ajp 'idem , dove dice Eufebio : „ Dig^atem propbeti*  yy ci fpirhus contemplare , qua pronùjjionem ArosTOLiS Salvator fe»  ,, citi Ecce^ da vobis porejlatem oalCaNdi fuper ferpentes > & fior»  ,, piones y (y [uper omnem virtuten» inimici, ( Catena Barbati fu-  perPfal.ty,) Ónde anche A può conghietturar che forfè per pre»  66 rogativi di quelU promiOione i piedi del Pontefìce fi dicono  beati. Non far^ fuor della mia profelfion legale dir quello/ per*  chè i nofirì Dottori prendono argomento, come lor torna bene,  non (blo dalle voci delta lingua Ebrea, e Greca, ma anche dal*  la Caldea v gl. in rubr. ff, fol, matrhn, Efièndo adunque quello  un trionfo preordinato , • pronunaiato da Dio agli Apposoli ,  e alia dignità loro , Papa Aleflandro non lo doveva pretermee*  eere lotto pretello di modefiia, per mio parere ; perchè avrebbe  mancato , come Saul , il ^ual credè far meglio laJvar le pruni-  aie della preda pel lacrìfizio , e non le uccider, come Dio ave-  va comandato, (i.ileg. 15. r. fiiendumZ.q. i.) Gli Atcniefi , da*  quali i Romani, come dicemmo, hanno imparate le leggi , par  che anche eifi decidano quello punto come riferifee Tucidide .  y, Gli uomini, dice egli , dalla naturai ncceflìth fon modi a figno-  „ reggiare , ciafeun a colui il qual è fiato vinto da eflb. ^ Però  Papa Alelfandro, trovandoli in quello fiato , gli conveniva dir ,  e ollcrvarquel chefegue: „ itane autem hgem ncs ncque tuUmusy  „ nequCy ea latay primi ufi fumm\ fed jam reeeptam à Matoribui oc-  „ cepimus y O" ufarpemus , perpetuarti funtram reliHuri . ( T bweyd^   Itb.é, inf ) Onde fi v^ qual ragione abbia il Cerione nella fua  Cronica, il Bodino , e altri, benché Cattolici , a dannar quello  atto; tra’ quali danno maraviglia ilGerfon, quello Autor degli an-  nali, e Francefeo Duareno ; {de beneficih lib. i. cap, 3.) uomini di  caiua letteratura, a‘ quali lono da rii'ponder anche le coie (critte  da Giuiep)>e Stevano, leguace anche egli di quefia Storia: (deA-  doration. pedum Roman. Pont, cap. 5. col. 3« tr^^. tom, 1 3. p. 2. fot, 53.)  „ Alcitandri III, fa&umy quoé tantopsrCy ut tjvannicum ^ elevat Fran*  „ cifius Duarenus , commendare pottfì cum jure , meritoque in religia-  „ nisy Ù’ Ezclejue infenfiffimum bofìem Federicum Barbarujfam , non  „ ut in falem infatuatum^ quem jubet Cbriftus pedibus protereri , fed  „ potius in borrendam belbtam calcibus infultaverit , ^ Però Papa Alcf-  fandro non doveva mancar (h eiercitar il luo )u^ , per la vittoria  conceifagli da Dio colle felici arme di quella SerenilTima Repub-  blica; col qual atto ora ne vien a far foie al mondo a confu-  fion de’luoi contraddittori.   VI. L*Avvelario col Tuo argomento ci dk materia di far un'altra  dppruova di detta Storia. Se il calcar del piede è atto unto info-  Tomo II. Qq lente,     306 ALLEGAZIONE   lente) come egli dice „ uf gàb^ tanto hherc inàu^um Imperatortm y  yy- Jttfifiim to modo exnfperfitum faHis y & di^is iwtrban 'n tnnJU  „ taùsy dkrisy efptrisy ptr Pontificcm enacerbatum y cum a panìtentiee  yy tempio procul abfgcm. “ ( eod, fol. 456. ) Se adunque, facendo  detto atto, flmperador fe ne farebbe tornato addietro , e ritrat^  tata la penitenza di che era compunto , come egli fuppone , con-  flando chiaro per tanti tefUmon) che Papa Aleflandro lo fece ;ed  avendolo tollerato i’imperadpre luperbiHìmo, bifogna che la cau>  (a fta prima, perché il Pontefice efercitava quel che gli compe*  teva jure belli; fecondo, per ricuperar il figliuolo, il qual, non  feguendo la pace, (lava ne’ patti di refiar prigione. Cos\ allegano  i Dottori. „ ImperatOT FtdericMsBarbatubeay ut Kecupbraret ejus  „ jìitumy pajjus cjì Paptm Aiexandmm JIJ, calcajfe ptdìbus ejui ca>  „ fmt, ‘‘ ( allegata per DoU, Martam d. C4p.l8. nu.2l,) Nè fi per-  7ofuada rAvveriario, come facciamo ancor noi, che ri' umiliazione  deU’Imperador folle atto di vera interna penitenza, perciocché non  lo inoltrano tale le parole dette al Pontefice: „ non tibiyfedPe-  „ tro ; Itantechc petnitemU cogit pcecatorem omnia libenter fufferre ;  yy in tarde ejus conttitio , in ore ejus confejffo , in o^ere tota bwmlu  „ “ ( r. perfeiia dìft, de panie. ) comC: ne (ù 1 efempio il Van-   gelo nella Cananea, che, più che era fprezzata, ed ingiuriata,  più s’accendeva a dimandar la grazia della fanii^ per la figliuo-  la a Crifto. ( Mattè» 15. ) Si accorda ancora che non vi folle  7icontrizion nella lettera rhe poco avanti i’imperador fcrilTe al Pa-  pa-, piena di accufe , e di iir^properj , fenza ninna confcfnon del  iuo peaato ; della qual lettera , trovata a Roma nella Badia di  S. Gregorio, ne regiftra parte U Bardi a car. 151. dove tra le altre di-  ce.* yy Et quod manimwn eji y novijfme Vbnetos , 0“ Veneti a-  „ RUM ’Dmqs.vl adverfui nos dhrexijìi quorum ope y (T auxilio terre-  „ firn , Ù" maritimas noflfài copias in unum conera Mauros congrega-  yy tot y Uffa cum F I LIO . /^fito . y qmm vi y Ù" dolo Coepf.runt ,  „ difperdere volutjìiy \. 55.  Candinus in traila. moUf. fub ruèr^ qualiter Jit jidett, tortur, Ò" at^  togat, per lo. Baptifi, Bo/ard, in addition. ad Clar. ji, 64» nu,  pi. Ó" per Tiraq. in Jnrtef. icgis Ji mnquam. C. de revoc. donat, nu,  7. Ò' fequen, Bernaràm Scardonius. de motejiiis conjugatorum. lib.  4. eap. 14. ubi. ,, ^ippe nulla re parentet afficiuntur atrociui ,  „ qudm ntàloy & incommodis jilionmy ut qui /ape etiam ftviffimosfui  „ corporU cruciatui neglexerinty eorum tormenta nequiverint iene: re-  „ pertìque Junt quiy ut feryarent viram filiisy fe ipfos perdiderunty vh  „ ta ìaHura ìltis fuccunere non verentes. ) I Canoni Ai, da i caA fe*  guentt confermando.* Che Bater diligit ma^s filiumy qudm feipfumy  recitano un cafo imravenuto in Puglia fotto Carlo li. d’ un omi-  cidio, dove il Padre, dopo efler Aato coAamiflimo ne* tormenti,  trattandoA di liberare il figliuolo, confefsò aver egli commefib il  delitto, e cos^ ne andò all'ultimo fupplizio • ( Aod. Barbat, i"  c. atm in prefentia nu. 8l. de probat. alias eafus vide apud Dh.bifi.  tìb. 15. de Àqudio fioro pag. 88d. Valer. Maxim, li. 5. cap. 7.  Kavijiui Textor in officina, p.i. tit. amor parentum) Appreuo gli  efemp) che add&cono i predetti Autori A da aggiunger que*  Ao di Federigo, al qual non avendo potuto ammollir la ferocia  dciraniroo tlpfut ricuperar il figliùolo, abbia   ceffo, e A abbia umiliato a ricever gl* infoiti ordinar) che fanno  i vincitori a i vinti, ma ordinati da Dio a i fommi Pontifici.  Vili. Si dice per argomento^ legale :• La ciofa limitata produce  effetto limitato; on^ da tal efietto A conofee la caufa, dr è con-   77 verjo da tal caufa, l’ effetto. ( Bai. in rubr. ff, fi eert. pet. ver/*  Cr dÌBo de caufa,. Card, in 'c. cvm dilcBi verf. & nota argumen-  tum de accifat, Thatml. trBat. ctjfante caufa §. z.nu. 147. & al-  leg. per Affi, in confit. fi quìs ahquem q. 5. in fi. allég. Card.  Tufebum praB, concluf. in verb. effcBus regulatur conci. 47. & per  Menoc. confi ^16. hi eadem. nvm. 6. Capo, confi. 133. multa, nu.  31* ) Se la rotta data da*MilaneA a Federigo aveffe caufaca la   78 pace, e la umiliazione a’piedi del Pontefice, ciò avrebbe caufa*  to prima a’MilaneA.* e fe cAi ebbero appena fei annidi triegua,  bifognava che il Papa aveffe triegua di altrcttantitonde, effendoque-   ' Ai effetti diverfi, bifogna che nonfia una la caufa, ma dìverfa.Oltra  di ciò, non può Aar che chi ha vinto acquiAi manco beneficio di quel  77 che ha acqulAato chi non ha vinto; nafeerebbe una Aravaganza,  dicendo i Giureconfolti:,,^! vicit ahum tnneit propter ficy non propter  ,, aliumy ( jBtf/d. in l, fi d^un^us nu. 4. C. de fiuis Ò* le^thn. li-  P^- • ' ••vvr    Digitized by Google     DEL FRANGIPANE. 309   „ Atfr. & in A y? ^uis vtt Jt que, »«.i, C. Tertul, Cam. conf, vjx  „ ie ha nnltjiom m. 5. iW. 4. ) Altra era la conterà de’Milane..  fi, conte aUtiam deno, che era, per liberarli dal giogo de'nii-  oifiri imperiali; altra era quella di Papa Alcflandro, che era, di  eflér me&> in Sedia, erduii gli Antipapi ; però, combattendo i  hdilanefi,pcr fe dovevano vincer, ed ottenere il fine per cui com-  battevano; non erano come i Veneziani, che combatterono, c  vinfero, per metter in Sedia Papa AlelTandro. Però fe i Milane-  fi per la detta rotta aveflèro aftretto l’imperadore alla pace, ed  alla umiliazione a' piedi del Pontefice , e a conceder la triegua di  anni quindici ai Rè di Sicilia, avrebbono vinto per altri, e non  per fe , che non ebbero , fe non i fei anni di triegua : blfogna-  va ben dir loro ; per altri, e non per voi, avete arato, o buoi.-  Onde bea fi adagia la rotta che dietro con la triegua che otten-  nero, e la rou dell’armata, e prela del figliuola con la umilia-  zione, e pace col Pontefice. E fe fi vorrS trovar caufa, perchè,  gonel trattar la pace con Papa Alcflandro , fi trattaflè la triegua  co'Milanefi, e col Rè di Sicilia, fi trove^ che il Papa, favoren-  do i Milanclì, e le altre Citth confederate, e, vice verfa, cflè  favorendo il Papa, ma non per ragion di Lega, non doveva con-  eluder pace fenza la ficurth di elfi: il che è arto proprio della  Chiefa Romana, come ne fcrive Papa Innocenzio ( in diSo c,  jfpi^nlicn, n». 3. Cr Hi Jom, Monah. nu. 3. de re jude. in d.)  „ Nera fdeluetem Ecclefu Remmie , numjatm voluit hn-   ,, bere faem^ na pais /raèfanrm, niji prius exprimeret de pae ytfi  „ ndhnreniium , 6 " de perpetue feenritate emtm . “ Oltra di ciò, fe  i Veneziani, invigilando alla follevazione, e liberazione dcllltalia  fecero far efli la Lega delle Citth di Lombardia , per liberarle dal-  la mala amminiflrazion de’minillri Imperiali, ma con patto, che  oflervarfero la fede data aH’Imperadore; '( Blend. dee. 1. Hi. i.  Siun.de Regna Itel. Lii. 13. ftd. 518. 6" JIJ. Bare», d. rem. iz,  [tX. anno 1104. Jb/. jt^. ) è ben da creder che, trattandoli di  pace in Venezia coll'lmperadore, non abbandonaflero la caufa di  quelli che per opera loro erano fiati mclfi in guerra ; profelTando  la Repubblica di non aver mai mancato di fede ad alcuno; come  fegnalatamente narrano le Storie , ( Saiell. dee. i. li. i. c. 58.  Gniceierd, li. 3. c. pp. )   IX. La pruova della detta vittoria la fella che s’incomincia a lò-  lennizzar la vigilia dell' Afeenzione colla Indulgenza nella Chiefa  di San Marco, e colla cerimonia di fpofar il mare il di feguen-  te, pel trionfo che in effa Chiefa celebrò, il Papa per detta vit-  toria; fopra che dicono i facri Canoni:,, ( trnnkxrferie recordetio  „ repreefentet ^qnod elim foRum. efi^ & Jte not fait moveri^ tom^m  „ ’tèdeamus, “ ) e. femel. difi.^ 2. de confecr. ) Per lo fieflb effetto di  memoria de’ felici fuccelfi anche le genti infiituivano folennità di  felle.- nel qual propolito fcrive Amobio net lib. 5.,, Acne illem  „ ( bifìoriem ) vis tempority Ó" vetejlatis obfolejeeret ìongitudoy per.  „ petuitais honore mandafìis: perocché quella folennith di fpofar il  mare che fi faceflè col concorlb di tutti i popoli circonvicini,  gih tKcento anni ne la fede il Petrarca ( Senilium lii. 4. epi/le-     310 ALLEGAZIONE   ^ 4. ) A quV tempi, ne’ quali ancora il fatto era recente, ancor  feguiva a giubbilarne I* Italia ridotta in liberti l'uor del dorai*  nio de' Barbari per tal imprela, perchè per le vittorie acquillate  è flato coflume de’ Popoli, ed è meflb in obbligo dalle leggi, idi-  tuir un giorno fedivo , (che ferve come Stilografia deirallegrez»  za pubblica, e ferve per riconofeer il Sign. Dioche l'ha donata.  ( L I. C. ae pubiic. lath. tib. xa. CT ibi And* de Band, man* a.  Jo. de Platea in princip* lofepb. Moniard. verf nane tjuibttSy nnm.  • 2. ) dove fcrivono: „ oh viHeriam^ quam Jibi gloriofam imp. confc'  ,, curut fnijf^ì fa/li dtes celebrari confuevcrune ^ Jiqtt gentes fe iniùjìb  „ faOuToSy Ji Diis dies In perpetuum opthd rei gejìay Ò" nmneris  „ memoriam non dedicabunt: però conchiudono che della pace, che  fegu'i a S.Chiefa, ed a tutta la Lombardia, nominata la pace di  Codanza, che fu parto, e frutto della detu vittoria, le ne doveva  far allegrezza pubblica folenne. ( allegat* per lo* de Platea ibi  Refiaurus q. Ji. Cajlald, traHat* de Imp^at. ) Conforme a quelli  dice il Card. Earonio, per la pace feguita.* ( tom* eod. fol. 4^5.  B ) quis bac ,, tanta nondejiciae admtrando Imgua^verb viBorialem  „ occinat bj'mnum Cbrijìo FiHeri, etti Ù" erigat Jtmut de fuperatis bo‘  „ /iibuSj infuperabilibus inhnicis , tropbtea perpetM permanfura. Il che  non fi vede fatto, fe non a Venezia, perchè ivi è fuccefià la  vittoria, e la pace, effeodo fcritto neU’ApocalilTe. 2. Vincenti  dabo calculum candidum: dove dicono i Teologi: y^conjlat apud Ve»  ,, teres VlCTORlARUM DIES publieit fajiorum talfulis infcriptos confuc"  51 candido lapillo pranotari , a quo elarius a caterif diebus difeef   „ neretta', pofuit autem^ hoc loco calculum candidum^ quod ir nottts ef?  yy Jet bity qui in tbeatrisy oc Jìadih certabanty & Vincentibus tra»  „ debatur* ( Sixtus in bibliotbeca p. 1* Ìd>. 2. in •verb. calculus y fa-  eie glc. in l. i. in yerb. errorem, C.de error. calcidi*)SQ adunque  fi debbono celebrar le fede, fi debbono celebrar dal vincitore,  perchè cos\ è confuetudinc; cd il tedo dice .* ,, Vincenti dabo  ,, calculum candidum.^*- Ma della vittoria con tra Federigo, onde fe*   ? ;u'i la pace alla Chiefa ed a tutta la Lombardia, non fi celebra  eda altrove, che a Venezia, viene la confeguenza certa, che i  Veneziani abbiano ottenuta la vittoria, e non ^Itri: cos'i quelli  che combattono, debbono aver la corona, non quelli che danno  82 a vedere. Se muove qualche fcrupolo perchè la commemorazion  del trionfo intravvenuto 1 nella vigilia dì San Jacopo fi fia ridot-  ta all' Afeenzìone, fi può dir con buona ragione, che ciò fia,  acciocché in quel giorno nel giubbilo che la Chiefa colla me-  fn.oria deU'afcender di Cbrido in Cielo, efprimefTc anche quella  del Trionfo che ebbe fopr» la perfona del iuo perfccuiore ; per*  ciocché in quel giorno nella colletta de’ divini uffizj fi legge nel-  le lczioni(:.*„ , bumilia refpicit , Ò" alta a longe cognifcit : ilìa utex-  „ tollaty bete ut deprimati le quali parole fanno memoria di. quel  „ che l’imperador rifpofe aH'orazion del Papa, come riferifee il Ba-  „ ronio: ( to. 12. fub anno 1177. 45 ^ faHum efi qubd   yy *^^^y 0 *** bumilia refpicit y & alta a longe cognofeity patientiant no^  „ Jlram , ( 5 " adverfte partii bumilitatem confiàeram , more fuo potem de  ^ fede depofuity & bumiles exalavit* Oltre a ciò nella pidola alla   mcl-    Digitized by Google    DEL, FRANGIPANE. 51 r   meATa, e ne" refpoiiforj fi legge ,jifccn 4 ens in ahttm ceptiv*mi!u-  83x1/ captivitatcm ^ ch*é del Salmo ^7. nel qual avanci per canto  tempo dallo Spirito fanco h ^A^ta dclcritia rninutamcme qucAa  vittoria, come dime Areremo in altra carta; qui baAandoci dire  che, ficcome il verfetto.* AfcewUf io altunty Icritto da David per  una uittoria, che [doveva luecedcr, è ridotto dall'ApoAolo; e  dalla Cbiefa airAfccnfìon dì CriAo, cosi al giorno di eAa c ri-  dotta la celebrazion di detta vintala colla Aefla colletta^ che fer-  ve aU’ur^a, ed k ali’ altra-   X. Perchè tutto l’ argomento dell’ Avverfario verfa fopra queAo,  84che gli Autori da cito trovati dicono che Papa AlelTandro fia ve-  nuto a Venezia accopipagnato da tredici galee mandategli dal Rè  di Sicilia; che par Aa totalmente contrario a quei che noi alTc-  rimmo, che veniAc incognito in abito di Cuoco, e A accomodaf-  fe nel MonaAero della Caritk; par di averci convinti di falfo in  tutto; avendo per coAantc che qucAo Aa fallo: però ci reAa un’  altra pruoya, ch’è la indulgenza della Caritk, dove ogni anno  concorre tutto il popolo a riceverla con queAo concetto ^ che Pa-  pa AleAandro la lafciaAe, per quando fconolciuto ivi capitò per  refugio, come ne fa memoria e fede la Cronica di que'Padri me-  morata di fopra. Il Popolo concorre parimente alla porta della  Chiefa di San Salvatore, dove. ha. per coAante, che il detto Pa-  pa, giunto la prima notte a Venenfa, vi dontniAe fotto la coppo-  la che vi era.’ la qual memoria è regiArata in una Cronica di  que’Padri, A trova copiata nella Cronica Sanuta, che cqsV dice:  Alexanàcr III. Pontifex^ „ dum morem trsèerer tl^tnifiisy confecra-  „ vh AtMTf S. SAvaioris , prasjentc Federico Imptfatote , fuper cjftod  „ etiam Mijfam ceUbravit anno 1177. die 2p. Augujìi, Ù" Ecclejiam  „ dedicavit ù" multas indulgenttes conCeJJit i Ù“ in fc/ìo Transfigura^  „ tionisy 0“ omnibus tranfeuntibus per porticaU^ fub quo ipfe dotmierat  „ prima noQcy quando Vcncnas applìcuit erat Prior D. Vivìanus^ qA  „ pojìea anno 1180. menfe Martii fui$ eonfecratus Epi/copof Em«s»  8 5 QucAa continuata amica memoria di un Popolo A tiene per pruo-  va di verità infallibile; fopra di che, come teAimonio ordinato  da Dio lenza altr^ fcrittura, è fermo nel Salmo 77. ,, ^anra  mandavit paìribus nojìris noia facere eafiliis fuis^ ue cognofeas s^ene-  „ ratio Aia, Filii qui nafccntuTy 0 exurgenty 0 narrabunt filiis Juis,  Per qcAa via i Principi mandavano i raccordi importanti a’ loro  PaAori, come faceva Antigono;, qui pracepijje fiJis diceretury ut 0  „ ipji meminijfcnty 0 ita pofieris prederant,^ ( T. Livius dcc. 3. /zè-  lo p, 505. ) Però dicono i Giureconlulti: Longa^ 0 tenax Po-’  » putì, Jeu Republicae memoria prò vernate] bAetur „ ( BAd, conf,  „ 48. ses. probibita, num. 2. vol.i.frquitur Ttraquel de prK pri,  ma parte nu. 2 treB, tom. 17, fA 141. ) perchè dicono:,. Raro  fi fAfum invenitur quod Universi dkunt\ però danno il precetto di  Catone, che doveva cAcr oHcrvato dall’ Avverlario .* yy Judicium  /•opULl nunquam contempferis unus. ( Alex, confi, 53. profpcHis  num, IO. vA. 4. Barbato, in c, tertio loco num. 3Ò. de probat, Af-  jiiH. de pace tenend, quarto notabili num, 22. ) 11 che ferve per   U     3IX ALLEGAZIONE   il redo detto di fopra^eflTendo anche di quella tenace, e continua*  ta memoria appreflo tutto il Popolo.   3 C 1 . Seguendo ancor io l'antica memoria della Repubblica, e di  Sd tutto il Popolo, ricevuta ancora da quelli che non fcrìvono pun>  to della vittoria centra Tlmperadore; i quali dicono che Papa  AlelTandro concede le infegne le quali porta la SerenifUma Signo*  ria in cerimonia; dico eder ringoiar argomento di quanto i Ve>  nezianì hanno operato per lui, e per la Sedia Apodolica; perchè  quelle infegne fono le itede che portavano gli Inmeradori Orien-  tali, come fi può veder nel Curopalata, ( de official'thus Palatii  Cenft. ] come altrove pienamente abbiamo dimodrato . Quedo di*  chiara che la Repubblica predaiTe l’uffizio d’Imperadore nel difen*  der Santa Chiefa; che è proprio di chi ottien l* Imperio di effer  fuo Avvocato, c difenfore. f c. vmerahileM^ , tm. é, fot. }ó 6 . ) onde dicono mem» nudi-  far i Ttgulis. j»TÌS,,   Qiuncp all'ofinion di Giovan Andrea, sii che gli altri (i fon-  dano, l’addizipna. l’Abba^ nel. detto capitolo aun inflmtis, e dice  „ Std ofonte , io, jladrets femit oppa/imm, dnm dkit Regem  „ frtmit ex frivilfgia jifeflolm mw» pojfe McemnmKrori 4 borni-  „ »e, mn à cmooxe^^ Scrivono di pib i Dottori Francefi efleie ftato  pi^, dichiarato , che ta\ pivilegio li elienda ancor uli Uflìziali, five  Magiftrari delKegno; perchè il privilegio cancello al Padrone com-  prende anche la ina famiglia.- ( r. ecdtfìa i%. p. a. glof. in c,  etniconun 1 1. tf. I. re/»», lo, Rerctd. de /'«r. Cf prèvi/, Reg. Frane,  m. p. Cero!. Degroffal. Regalium Francia d. verf. marna /»» §.  hmc ejiy & fcemdo (T allegata per Prohan in addit. ad lo. Monacò,  in c._ ne aiiqm de pnvil. in 6 . ) \e quali cofe s'intendono qui in-  trodotte remiffive con tutte le loro oppolizioni, eccezioni, c in-  telletti^ ^ «flèndo Hata bm una   tal concdCone fuori delle tegole (di ragione , fi cavi argomen-  to y efler giandillitno il merito ^Ua Kepnbhlica/ che vicino a  ^ue' tempi fu combatter, e vincer in difela della Sede Appollq-  IjEa.   Mi refian certi altri argomenti, i quali lin fin del prefente  difeorfo^ pe-r finiilo in ricreazione, ho deliberaro riferbare; e di-  rò le (eguenti cofe, traponcndole come intercalari.   Abbiamo vide tante pruove tratte da memorie pubbliche di  marmi, di pitture, da Croniche, da Storie fcritte dagli Autori di  quei tempo, e da’ vicini, e da tanti altri poderi, che han lor  creduto.- oltra di ciò, da tanti altri argomenti neceUàrf, ficchè a  Roma, nella fala Regia fc ne è filtra pubblica atteftazione. Non  è però da prender maraviglia, che vi fieno così arditi, che la  vogliono impugnare,' perche iìnahè vi farh Sannaflb al mondo,  vi faranno miriti di 'contraddizione, che a vele piene urteranno , ed  opporrano alla vcrià, come le tenebre s'agitano alla luce . Chi a  P7CÌÒ guardafle, non leggerebbe mai Storia , fe non a ragion di Ro-  manzi . Volendo il mondo anche neHe azioni palfiite de'miferl mor-  tali aver mano con innalzarle, abbaflarle,ed a fuo arbitrio anche  annoiarle, e come alle cofe future, non lafciarvi verith determi-  nata. „ aidee mìnima ( dice Tacito IH, j. ) „ tfanfue amiigaa  funt , dam ali/ quoque, ntode audiea pre corrtpertis baione/ ali/ vera  ,, «I! eentrarium vertunt, & gUfeit utnmque pmfieritaee. Cicerone nel  Bruto imbrutta tutte le Storie Romane, dove dice.' ,, multa feri-  j, pta funt in eh quafaSa non funt ; fatji triumpbi plures confulatus  ,, genera ttìam falf‘y   Arar beinngegnoj vpol moArar Dion Grildftomo, che Troia non  lìa lUta iprela , contra la fama impennata da tahtt Scrittori , e  anche dalle noAre leggi: {Lverbum in fi, ff, deverb,fign,Bórbat,m  t rubr.deptobat.»u,29,) yoXgzxvttA'^cìst il detto'dì Paufania, e di  > Licofìone, che Penelope non fìa fiata pudica': -   -1 • • I i che ferfe non fi pub legge*  re, dicendo di quelli libri i facri Canoni.- „JùigfJari ctuelt intRtr  „ mau Enlejia «m Icguntiir, emm qi$i firiffirttìouitiA PeNiTua  IcNoaANTUa.^ c, fanH» ^ item gefla fanHorum diji, 15. ) dove  la gioia , e l’Arcidiacono dichiarano, che apocrifo fia quei libro  nt/M mmen >gnm»r*r, I libti che non hanno il titolo del .nome  loi dell’ Autore non hanno credito, perchè pub avvenire che l'AB-  tòre lo abbia lafciato, per non aver obbligo di difender )• cofe  che vi narra ; cosi fcrive S. Girolamo in una fua pillola ( t4 Evo-  pnm 1x1, j, fui, jg. cosi fcrivono i Canonilli ( /e. jiaJr. ia  Diut. Iti. 6. max, a}, vaf, qumui quando id agii, ) Titolo, fe-  condo i Grammatici, vien detto a tiùndc; onde un libro lenza ti-  tolo viene a dir lenza difelà, che ne abbia a far l’Autore, tol-  to il traslato da’foldati, che fi chiamano Thuiiy quafi nndi , quad  fatriam auartntur: ( Feflus, & Bhmdus mumfbanth Rema Hi. 6,  a* Ulpiam { ait ) da militari teftamtn. ) ed è pallàto in comun  parlare, che, riptovandofi un libro, febben fi sh l'autore, non ne  avendo il nome, fi dice, che è fenza titolo, e cosi fenza auto-  rità. ( Aueraet Hi, 4, phffic, nmm, 15. Baccachu in quarta ditta  Decameranis in princ. ^ allegra in liiro nofiro; da aiuSoritattf Ò"  Judic'tB paitorum tit, da liiris legati! . ) Dove un’Autore non vo-  lendo loilentar le cofe ch’egli nana, cab non pub lare un’altro;  loacome quando uno rinunzia ad una lite occorla ibpra la fede di  fuo illrumento , il qual fi prefume che abbia confellàto che poflà  eflèr fallo, non può egli, nè altri mai ularlo: ( t. peftaquam liti  C, da pad, (T t. }. C. da fide injhrum, Barèat. eanf iz. illud ifi-  ftram nu. g. voi. 4. ) di modo che, fe l’ Autor non ha voluto  metter il nome, per non aver obbligo a foUentare le cofe che  dice de i fatti di Papa Aleflàndro, per la incertezza che ne ha  di effe, manco lo può far l’Avverlàrio.   Le Oeffe oppofizioni ha Romualdo, perchè, ora ufeendo in luce,  non ha ufo di effergli creduto; e non ha opera pubblica, come  a’ è detto, che (t gli confórmi; nè farh che fe gli creda, febben  dica effer flato prefente; perche chi finge un mendacio di un li-  bro, finge anche il nome di Autore che fia flato prefente; lo  conferma lo fleffoAvvertarìo in altra materia; Falieas oanas fiarent  „ impofloret, fi e* falfo tantum fuper pafite titula quad cupereut fra-  „ batum iaberent { tam. iz. fui anna ligi. fai. 535. ) Però non fi  103 legge il Vangelo di Nicodemo, nè gli altri con nome di quelli  che fono flati prefenti, di Taddeo, Tommafo, Barnaba, &uto-  lommeo, Andrea; perchè, non fi avendo certezza che fieno fla-  ti feticci da elfi, come apocrifi,  non hanno acquiflato fede; anzi  fon rigettati da fama Chiefà. ( O. jbgufiin. da confenfu Evange-  lifl. Ili. t. cap, I. & d. cap. Romana. §, item Cbranicam. Candì.  Trident. feff. 4. in prineip. cum cancardantis iU. Cardia. Bateaius  tam, I, fui anno 44. fai, Z34. ) E fe il libro è di Romualdo,  dove è fede che fedelmente Ila flato copiato; che non vi fia fla-  104 to aggiunto, o diverfificatoè Ma come fminuito fia, lo ftefio Av-  verfario il conferma; che di due copie, una trovau, dice, nella  Libreria Vaticana, l’ altra a Salerno, ( fai. 444. nwr. iz, ) » in.   Cadi-     3i8 allegazione   Ctniice LMgobarào Sakmhano ^ ubi àtfinit ,, Impbrfectb , ftcut  ^ tùem idem S. Pem-codex eft Imperfectus : cd altrove ( eod,  » fol. 7^0. ) collarus cum codice S* Peni in Vaticano Haud inte*  GRÒ, SBD FiKE CARENTE* Abbiamo in jure che le cofe im-  perfette fi hanno per nulle/ ( /. cum Sillejanum, C. de iis quibus  pt indign, per Canones concordantes ibi, Cravet. de antiqu. tem~  'fot, p. 3* wr[, vidimuf . num.Ji. troBat, ìom.i'p, fol. iqp. Menocb,  confai, /uris num. 13.) pcrlochè concludono. „ Imperia autem  ,, infirwnenta inflrumentorum nomen non retinent ob id in publicam  ,, Jormam bevati ^ Ù" redigi non poffunt ! onde fe quello libro era  1053! tempo del Volaterano nella Ebrerìa Vaticana da lui , come  afferma, maneggiata, meritamente, e fanamente ha fatto a non  hCr tener alcun conto , avendo ferino in altra forma , come lo  abbiamo allegato fopra , al numero 42. Non ne hanno manco  tenuto conio i Cardinali della Congregazione lotto Pio IV. che  non abbiano perfaafo il Papa a far la iferizione di tale Storia  nella Sala Regia; còme non hanno tenuto conto del libro degli  Atti di Papa AlefTandro.   loò Sb bene il Cardinal Baronio come riufeirebbono i Tuoi volu-  mi de gli Annali , fe vi mancadè il fine di alcuni tomi , dove  tante volte con appendici muta , e rimuta , aggiunge , e ridice  quanto per avanti aveva detto, ed ingenuamente confeflTa Ter-  rore. „ A priore fententìa recedere^ ^ & qm firmiter pabiliijfe vi-  „ debaty re&aHare minimi diffidam. £ pih oltre. ,, Re autem vi-  » gdantiffimo fiudio exaBius pervefiigatay atque attentius difqui/tta a  „ priore fententia volensj tibenfque difeendens ^ in eam potius vento ,  „ quam verteas perfnadet. ^ (Annoi, tom.j. fol. Sé.) Se il libro non  ioffe Siterò, e vi mancafle quella pane, e quella delle appen-  dici, fi direbbe che T Autore aveflc una opùiiono, k qual aven-  dola retrattata, non ebbe per vera.   107 Nel margine che vi è meffó al teAo di Romualdo citato da-ll*  Avverkrìo ( fol. 444. ) fi dice „ incìpiendo ab illh verbis’. in hoc  ,, eapitulo Fodericus Jmporator^ ò'c. ufque ad illa verbo; Eccl/fationes  „ Solit. f. in figao Virginisì ^ le quali parole però fi è Icordato di  porm; o che fi è Icordato di levar dal margine; non avendole  polle nel tallo / forfè per non levar la fede all’ Autore , il qual  pare attefii che fia in quel tempo fucceduto Eccliffi del Sole nel  legno della Vergine; il che è fallo; perchè per quanto fi ha dal  Calcola Allronomico non fon fuccefii tali Ecclifli , nè fucceder  potevano , non fervendo alcun dei nodi a quel fogno . Secondo i  Compuùlli del 1 177. furono due Ecclifiì della Luna ^ il primo  fu nel di 2Ò. d’ Aprile, T altro a’ tp. d’ Ottobre : Ecclifli del So-  le non fu fe non del iiSo. a’aS. di Gennajo , c del 1181. a*  1 3.' di Loglio ; nel qual tempo il Sol non poteva elTer in Ver-  gine : di che TAvverfario , forfè avvifato , non ha polle le pa-  role del teflo promefle nel margine. £* vero che fcritte le fud-  decte cole , mi è occorfo veder d'un EcclifG accaduto in quell*  anno 1177* nel di 8. Settembre, prdfo Vincenzo Belvacenfe nel-  lo Speculo lllorkie lib. 2p. cap. ar* ma quello appunto ci pone  il fofpetto , che il detto Autor Romualdo, feguendo l'error del   Belva-    Digilized by Google     DEL FRANGIPANE. 319   ' Selvtcenfc in queftn Tua Cranici, fìa autor |»fteriore al 1144.  Ca dove ó:rifle il Bcivacenfe , e non prefente al fucceOb del 1177.  come vuoi r Avverlario, Della ^ual falfià di Ecclillì non aven-  do veduto il tello di Romualdo , le non quanto fcrive l’ Avver-  brio nel margine non fò alKduiamente fondamento fino che non  lo vegga.   Ora quelli Autori dicoaa che Papa Aleflàndra venilTe trion-  fante con tredici galee mandategli dal Rè di Sicilia , cosi nega-  no che avefle bifogno dell'.ajuto de' Veneziani, per vincer Federi-  go, che gih era vinto, e ne ricluedefié la pace ; e vogliono far  . mentir gli altri, che venilTo. profugo, e di nafcoHo; che fcoper-  to poi , la Repubblica toglieflè la Tua difefa , e ne feguiflero le  cofe prenarrate. Qui laicio di confideiar le flat^ite, che dicono  in numero aflai dove, dato che detti Autori fodero ftnza quelle  mende che li modrano mendaci , e fenza credito , è in obbligo  chi vuol por loro penderò, e tener conto d’adopnr le regole le-  loSgali, che infegnano quello G ha a bre , quando vi' fono tefti-  . monj difeordi , per fuggir la bIGth di efli , per rifolverd come G  abbi a credere . Se trattano di atti iterabili , la contrarietà fa  che ft abbia a prefumere eder lùccedi più d' una volta.- ( ri t»»  ( 14 . de ttflH, & lèi glaf. 0 ~ omnes ScrHe4U(i & m cap. m prafen-  (ia de proiat. Bar. (rriit, de ta/tii, coi, 1. jirtr, m fi 4»ima in  p, Ittliu. dt efl». Ancbm. cm[, J35. /iree primt , imm. t, Frane,  Care. tir. eod. p. 7. nam. 1^6. varf. ftcmi& rtdncrauar. Fot, Ant.  pietra de fideicammifi. 4. ta. Nkelatts Lejènt, de ttjì 'ti, verf. een-  fequttuer traS. rem.4. fol. Z37. dove G dico in torminis : Conetr.  datar ficnt Bvangelifta , juiM quei dkitnr difihtgue ttntptra , &  rencardaiis Scrtpttlras^ ite tttagii ahfervandttt» tttea dherfitatem Hi-  fiericomm Ctrtmograpiemm . Quella Dottrina Circa gl' Evangelìdi  infegnb Sant'Agodino molto avanti , de Certfenfu EvartgeUftarttm  IH. a. cap. 50. oper. Toiei. 4. fot. 153. Sk nii fintile invenittr fa-  tìttm a Dwnioe , qnaà in aliqne alteri Evongellfia ita eepttgrtare  videtmr, ttt emnhii pdvi tiett pefftty triiil alind intelligittir, quam  utrttmqtte faÉhm ejftj & alittd ab alio eonotterrteratttrH ^e. Cosi G  dee far degl' altri Storici ; cosi doveva far l'Avverfario nel cafo  di Papa AlelTandn) : il che non avendo egli fatto , lo faranno  gl' altri , dando loro ampia materia , e teftìmonio i proprj Av-  vefarj .   lop I Nollri affermano che Papa Alelfandro. venilTe incognito a  Venezia avanti la Vittoria, la qual fia fuccedà del ityó. e Tan-  no feguente feguide la pace ; cosi lo atteftano anche i Foreflieri  Beat. Anton. Hiftorico par. 2. eie. 17. Cap. i. §. io. Polater. IH. az.  /e/. 234. Coritts par.i. fot. 51. La venuta poi, dicono, colle Galee  del Rè di Sicilia fu del 1177. cioè nell'anno che fi fece h pace-  cosi per li fuoi Autori Tanefta T Avverfario l. D. Tiem. 12. pH  anno 1177. Jot. 430. Gli Storici dunque, parlando di due anni di-  llinti, danno all' Avverbrio obbligo di dire che due Geno fiate le  venate del Pontefice; una quando venne incognito , dove dimo-  raffe finché la Vittoria Giccelfe contro Federigo , ed il trattamen-  to, e la conclufion delb Pace lo aflìcuralfe cb potefie andar libe-   lamente    Digitized by Google     3ZO ALLEGAZIONE   ninente dove pI 2 ì gli piacefle, poi dovendo venir Federigo ad  umtliarA a’ Tuoi piedi a Venezia, il Papa venire la feconda volu  trionfante con tredici Galee del Rè di Sicilia.* non oftante dun*  Gue r improperio, e la oppofizione che hanno gli Storici addotti  dall' Avverfario, concedendo ancora che integri fieno, punto non  contraddirebbero alli nodri, quando l’Avverlìario ha un obbligo  di credere, e dire, cóme infegna Sant'AgoiUno, Ihrumqut faHum  ffffy Cr aytud alio omijfum. Stante le quali cofe , febbene all*  ora per opera de' Veneziani fu levato quel fcifma, e conoiciuto il  vece Pontefice, ed ottenuta la pace, ben farebbe conveniente ^n•  cera che da qui folle levato Io fcifma trb gli Storici, e fermata  concordia trb e0i; fofle conofeiuta la veritb certa di quanto ap-  prclTo la Sede Appoftolica nella Sala Regia, e nella Regia del  Maggior Conlìglio in Venezia è confermato.   Alle predette cofe s'aggiunge per argomento più rìfervato, che  fi cava dal veribmile, prova efficace, cera, econcludentene'Giudizj  con che f( fanno le X^^i> e fi dlfinilcono i Litìgj, come fi ten«  ga per vero quel che e verifimile. jfUcgtt. per lìipolit, im tvè.  dt pnéét» num* lo8. & fea, Tiraq, in ptxfat, /. fi unquam «m.  37* & ftqq. C. de revoc» aonats 0 “ Mafcard, de pnbar, eencl. 1402.  verijimiiie$tdù in prinàp, 0 nu^ 22. 0 feq, Parfan, de probat. lib,  I, Cép. 8. 20. 0 fca* Mandof. in - regul. Camelb, in prafat»   per $ 9 fum lat^ Card, Tufil, pad. Cenci, in verb, verifimHe quid fit  9 M. 0 feq. tom^ 8. fel, 375.   Chi dià che un Vafcello travagliato da grave tempefia di Ma-  re, o da perfecuzion de'Corlàrì, non fi fia ridotto in Porto ficu-  IO, che gli fia vicino ogn* altra pendice, minacciando cattivici, e  storte? £ dove Papa Aleflaodro, per afficurarfi andò? prima rac-  contano: Pimijffe Lateranenji Pélatio^ ad tutor domet ìb^ngipanas  ad Ciftemam Neronis , m qua latuit Nna fi*giem Rotnanos infe-  quentes metu ab Urbe fugam , medhantem Cuglielmui Rea fuis Trf  temibuky e Terracina in Franciam deduxit^ poftea Francia y 0 An*  glia Regum Conjtlio Remam. Ex, Ottene Fringenfi de rebus geflis  F rider, lib. X. cap, 66 . Tbom, Favelli de rebus Skulis dee. 2. Uh.  7. fot. 410. 0 ex olieg. per Baren, D. Tbom. li. fd. 342. Di  modo che è verifimile, e coti fi dee tener por vero quel che feri-  ve Obon Ravennate.- Defperaiis rebus Vtltelmiy ad tamos Friderki  Exercitus vires imbccillas fuadebanty ne illi falutem fuam facile ere-  derefy PrefeBionem in Cahiam ut rnanimumy 0 qui prater fuga di^  verrkulumy nibil ei adverfus Friderkum praft intra effe damnabaty  Venetam Chitatem liberam y 0 oh id minimi fufpeBam , quam  ifem amicam potius , 0 fuarum partiunt fuifse cognoverat maxuni  ad eumdum probabat.   Chi può dunque in quella difperazidn di cofe non credere eh*  egli fi lift ridotto a Venezia, la qual Iddio, in vece delle Ciith  di rifugio concefib al fuo popolo, ha fatta riforger per falvezza  l'Italia contra il furor de’Barbari? Per lo che Leon IX. fuo Pre-  decelTore, vi fi trasferì perfeguitato da* Greci, e da' Normanni,  dove fono cacciati tanti altri Principi da' loro fiati iòccorfi, e ne  hanno ricevuta tanta confoUiiooe nelle efireme loro miferte, che   han-    Digilized by Google     DEL FRANGIPANE. 311   tanno confelTaro non aver più defìderio nè della Pairia, nè del per-  duto Principiato SM. dee. 3. li. i. pag. 152. ne fuona la Tromba  per tutto il Mondo.   I nodri Giurc-Confulti , benché efteri, di lei dicono ; Urie prtela-  riffima, deevs. fplnidm eeiius Italia, v'trntihts, divitiis, ac Religione  ornata, Paradifus delitiarum'. Bald. conf. 41 1. qu'tdam man. 2. voi. 4.  Carnati, conf. 72. de fare Col. }. Menoei. conf. 75. tac /am dici nam. yS.  Jaf in l. fi Infalam nam. y. ff. de veri, oiligat. Gomef. li. ft faerat  tnjlit. de aHion. Kevii^n. Iti. 5. nam. jy, Catelian. Crfia Memorai,  in Veri. Fenetis. Tomai Deplovat. in Mditio ad Cepoltam de fervit.  raflic. prad, e. 16. Mandof reg. 1 3. qu. 6. in fine Pietro Antonio Petra  de Principe Cap. 3. qa. 4. nam. 34, Ai quali fi aggiunge Pietro Bel-  lino Configlicr del Serenilfimo Emanuello Duca di Savoja nel fuo  trattato de re milit. lit. 5. i» princ. traCl. tom. tS. fol. 335. Il quale  cosi dice, Urne Uriem Novam Romam dixie Falgofas, & Commanem  Patriam vocat Cama, eamque, & noi non immeriii calme n , & decui  Italia dieemas, ehm fola, nel exorieni conira Bariaricaa Gemei, & ra-  pin.ti, er vifiationei tatiffimam praiuerit llalii refitgium, folaqae te-  dia halicam liiereatem, tr dignhatem confervet, & taeaiar. Il Petrar-  ca che godeva lo ftefeo rifugio. Seniliam, hi. 4. Epiti. 4. Aaga-  flilfitma Fenelianim (Iris, qaa ana todie liiettatii, ac pacii , & tifii-  Ha Domai e fi, anam ioaorum refugiam, ama Portai, qaem IM vi-  vere capientiam, tjirannitii andiqaeiellicii tempefiaiiim ipuafia rate: pe-  lane, Urli, aari divei, fed ditior pradentia, poiens opiiai, fid vina-  te poteniior; folidii fandata marmor Hai, fed filidiori eiiam fand.imento  Civili! concordia fiaiilita, falfit einSa fiaàiiat, fed falfioriita tata  Confila! tee. Onde Sabba Calliglionc ne’fuoi ricordi num. 114. di-  ce, Fenexia bonor , repataxion, ed ornamento dell afflitta, e fconfolata  IiÀia : per la Cai confcrvaxione ogni iaon Italiano dovreiie pregar no-  ftro Signor Iddio . E certo a me pare mirabile b continua conlervazione  della prima liberti fino a’prefenti tempi, e per Mar, e per Ter-  ra, in Levante, e Ponente, col Senno, e colle Mani valorofamen-  te confervata, mantenuta, e direfa, cosi poITiamo fperare in Dio  che fi confervi per l’avvenire di bene in meglio per la vera Giu.  flizia, per la Religione, pel cattolico Culto di Dio, e per le ope-  re pie, e fante, ch’in queUa abbondano ad onor e fervizio di no-  ftro Signor GESIT CRISTO; Onde in modo di profezia è intro-  dotto a parlar l’Angelo neU'Italia ìibettu da Gin; Giorgio Trifin. Hi. y.  Mira qaetla Cini, ci' a mexpep alt acque  Sorge tri'l Sde, t Adige, e la Brenta  I^uella è Fenexia gloria del Terrena  Italico, e Rifagio delle genti  Dalla Sevi-gia' Barbara percoffe .   $mfla Regina è di late' il Mare  Specchio di liberti. Madre di fede.   Albergo di Giuflixia, e di qaiere.   Le cui virtìt fempre faranno eccelfe.   Ed ampie in ogni fan futura etade.   Però la fama che con fimili Trombe fuona poteva invitar Papa  Aleffandro ad aver quel ricorfo, coU'cfcmpio de’ fuoi Predcceffori , cb’  Tomo II. Ss eb-    Szz ALLEGAZIONE   ebbero foccorfo, e difesa coatra i Perfeemorì loro, e di Santa  Chìcla-   Lo dovea fpcztalmente inanimar il cafo di CregorÌ0 //. qoaB fìmi*  quando JUcn Impttudort^ eiTendofi meflTo aD’imprcfa di diflrugge-  f« tucte k Santi Immagini della CriHianit^ far ciò oOinatamente ne lo  richiele; qual villo che il Papa non volle, come non poteva ubbidirlo,  richiefe il PuceOrfo, cd i| Popolo di Venezia, o a dargli in man il Pon*  tefìce, 0 che Tainmazzairero; arditamente gli rifpolero quel che è re*  giurato da Bernardo Giudiniano nella Tua Storia al Libro X. Refponftan  iis magno animo advertero po$utJfc quanto femper fiudio^ & bonort omnU  bus ttmporibui Imptraroriam enolZcrcMa/eJlatem : maximb ramtn nowjji*  ma Ravenna Urbis retfptione ^ non verim in corum gratiam Regem ami-  Ò" ficderatitm belìo ìacefeere : efse tamen ita a Majoribns injìitur  rum, Ht ubi de facrofanbia agatnr Religiotte Romanee Ecclejùe /aiuti y  Cr bonari mtllo modo dejint , rum omnipottnti DeOy porìus quam tdli  mortaliwn fit partndum, Jraqtte Romanum Pontificem non daferturos»  Ma farh meglio feguitar il fatto con quel che regi&ra, e diceda  fe per meraviglia il Cardinal Baroinio. Sub amo 7 ad. num. 37. tom,  p. fol, 18. perrmti Venetiarum Esttreitus jujjioni Impcratorit re-   Jiituerunt \ Ijla ingenti prsjìantique animo Veneti Tkef terra y marique  protrimi ejsenf Imperatori , a quo deieri timere ponti ffettt , fi adbuc viri-  bus y adeò fortes prò Ponti/ce certamen èrme adveìfia ipfum atiquo mo-  do prafumerenty fed ubi de Religione feient effe certamen y eun 3 a ei  pojì babenda nterith cen/uerunt.   Indi ne ebbero tal gloria che contrariando^ airimpieib deU’Impe*  radere, ne riportarono trionfo, ch*ad onta fua hanno fabbricata la  Chiefa di San Marco carica di Santi Immagini didentro, e di fuori  ùi (cultura di Marmo, d’oro, e d’ Argento, di Bronzo, di Molaico,  nel letto, nelle Pareti, nelle Colonne (ino nel Pavimento, ma prò*  por7Ìonatamefite collocandone. £d ivi contro la Pazza erefta deH'lm*  perador Iconomaco, che alTeriva ciò effèr Idolatria , fcrifle in Molaici  verfo la Canonica. Nam Deus efi quod Imago docety non Deus ipfa-  Hanc videaSy fed mente calasyquod cernii in ipfa.   Chi è quello dunque, che avvuta un ardentilTtroa, e mortale feb*  bre, fie tic rìlànato per opera d’un fuo valorolo Medico amorevole,  cd affezionato, che trovandofi con gli flefli fegni, e parofilmi, non  torni allo deflb Medico come certo di liberarfi. Però la Chiefa cd il Pa-  pa liberato dalla pcrlecntion d'un empio Imperadore per opera de*  Veneziani; chi dir^, che tornatagli li lleflì travagli non Ha ricorfo  alli HelTi, 0 incognito per llar Ccuro; o feoperto per efler difefo? Cer-  to il vcrillìmilc, c la prelunzione è per raffermativa ; perche dalle  cofe pallate, ft conofeono le prefenti, C. mandata C.Scriban, de prO'  fumpt, Menocb. eod. lib, i. prafump. 24. ir». 8. La Storta dt Papa  Gregorio certamente vera lo fcrive il Bibliotecario allegato, e feguito  dal Cardinal Baronio è regillrata nel Pontibcal Tom. i.conf. 410. è Icrit*  ta parimenti da Paolo Diacono nella Storia de’ Longobardi nel Libro  6 . Cap. 4p. Se quella di Papa AIclTandro non foffe fiata vera, nè la  Sede Apollolica 1 avrebbe fatta dipingere, nè i Veneziani lafciando  quella ^ Gregorio vera, e^ tanta gloria; Ufquequb gravi cor-  dcy ut quid iiligitis vanitatemy & quaritis mendaciumì Pfalm. 4. perchè   giu.    Digitized by Coogle     DEL • FRANGIPANE . 313   giufla il proverbio, ]!le   matici in favor di Papa Onorio, dice, cbe acquiilarono dal Papa  titolo di Repubblica. CrilHaninima, e di Dominio ampio per Terra, e  per Mare, perchè Nallum kommt mtpouneratum Tom, 5. fub tmM  6^0, n, 17. fol. 6i%, to, p. fub an. yi6, ». 37. fui. 58, quedo fi  vede conlcguito fobico dopo la vittoria conF^erigo, e meìlb in fe>  dia Papa Ai^lTandro , perchè oiiracolofamente la Repubblica colle*  gata co’Francefi, fece l'acquida dell'Imperio d’Oriente, che di fo>  pra al numer. 78. abbiamo narrato, e poi fempre piò crebbe. i   Il trionfo, e fine quando il Papa milè il piè fui collo di Federi'  go, e figillò la pace, fu adì 24. Luglio la ;VigiLia di San Jacopo  come dicemmo del 1177. dall’ ora in poi il Signor Iddio G è com*  piaciuto di donare diverfe grazie, ed allegrezze immenfe alla Repub*  blica fino ad oggi giorno nel detto Mefe, che ben d^ fegno in rì-  compenia di quanto merito 6a.   Per avanti il Mefe di Luglio era infaudo a’ Romani, ed aH’Ita*  lia per li sfortunati avvenimenti , cbe loro intervenivano , e par che  ave^e principio da peccato di Religione; per lo che alcuni Politici,  e Qiure^Ionfulti , pcrGufi della Dottrina di Platone ofTervato che  certi cafi G trovavano iterati quafi all'idefib tempo, differo, che era  un Orcuito di proportion armonica cbe girava, e giunto alle corde  dello deflb numero iterade lo deffo tener di cole, come nel Corpo  umano, quando è infermo per lo perìodo degli umori fi fanno le  crifi nelli giorni decretor), e l’altre alterazioni negli anni climateri*  ci, allegar, per Valentin. Forjlerum de hifi, /ut, civiUs, ì. i. in prin^  cip, frati, tom. 1 fol. 25.   AUi II. di Luglio i Romani ebbero due rotte d’Eferciti in di*  verfi tempi cioè f Alienfcy c la Gremercnfey però quel di fu chia-  mato ni j^uJÌOy ni infauflo Corm Tacir. tib, 18. Tir, Uvitn dee. r.  Uh, 6, Macrob. Satttrnal. l, I. c, 16. alti II. Nacque Giulio Cefare  che diè nome al Mefe prodigiofamente ufeito a guifà diferpe, tagliato  il ventre della Madre, e ne fegui con tanta uccifione ledinzion del-  la liberti della Patria, della qual ben dide il Voicì. ^ Socerque y Gener,  que perdidijii omnia. Succederò poi a dominarla i Tiberjy i Cajy i Ne-  reaiy e tanti altri ferpi. AUi ip» cominciò Tincendio in Roma, co*  mandato come alcuni vogliono da Nerone che tutta Tarfe.’ nel qual  giorno per avanti da Calli Senoni fu prefa, & abbruciata. Tacitò  Tib. 15 ,   AUi X. Tito, non valfe ad impedire che a fuo difpetto i fuoi  Soldati non abbruciadero il Tempio di GeruQUcoime, abbruciato la prì*  ma volta da Nabucodonofor nelb dedb giorno, che fu il decimo  del Mele quinto, che appredb i Latini è il LugUo, però detto  tilcy ma comandofi perKaIende,che retrocedendo, principiano a'feoici,  fi chiama Agodo, il qual giorno per^edi incend) Giufeppo chiama  Tomo il. Ss 2 fa-     3^4 ALLEGAZIONE   &ulc, e cadetcbbc a'i5> Coà lì Calva quel che dice San Girolamo  Copra Zaccheria S. Tt/mfumpùvi i» r. jciimmm àifi. Jcfcpbo Je  itilo Juào'uo Hi. 7> e. e dove in. tal giorno per meilizia era  inftiruto U diurno.   In contrario qu^ lì celebta la feda di San JacopO in Rialto, quel-  la Chiefa la qual la Cùtìi volle che foflc prima Pietra, e fondame-  to della dia foodazionequando ottenne grazia Cubito Catto voto, che  li eflingueflè rincendio appiccato, che di giìi abbruciate 14, Cale  era per abbruciaala tutta; così avendo colle Cue Celici armi ottenu-  to che d edinguelCe l' incendio di tanta guerra con Federigo che af-  fligeva la Chiefa, e cenCumava tutta l’Italia.   Quel MeCe dall’ora in quh Dio condituì che folTe tempo di dar  la paga a' tuoi Soldati benemeriti, perchi in elfo Ce che la Repub-  Uica conùnciaOc a far il predetto aoquido, prima col romper l’ar-  mata dell’ fmptsadore nello AelTo Areno di Collaniinopoli, e dopo af-  fediata, e prcià la Citth, fugato il Tiranno AlelTio, col rimetter in  ie^ liàccio, ed AleOio, fuo h^Iiuolo, i quali Cubito uccili da Mar-  cilo occupò, la feconda volta V Imperio , dico la Città , e l' Im-  pcrio ; non ancora partito 1’ Efercito nè 1’ armata dalle mu-  ra, uccifo Marcirò , a lui rimafe la Grecia; del qual primo acqui-  flo , fcrive Niceta . Aniwlium Lii. 3. Col. i a. fri, 177. ABom toc  tfi Menfe JuHo onno lyii. che rifponde all’anno del Signore izol.  cioè anni 24. dopo la detta imprela; l’anno feguente fu poi il to-  tal acquiAo : la qual’imprefa ora^i man di Jacopo Palma rendè fplen-  dida la fua arte colla Pittura nella Sàia del maggior Configlio a di-  rimpetto deH'imprefa fatta per Papa Alefiandro, quafi due partite  de’ libri de Conti aU’incontro di dare, e d’avere.   Dalla Morte di CriAo lino aU’imprefa, e diAruzione di Gerufa-  lemme, che fcgu'i per vendetta, pallarono anni quaranta, e qui 24.  Coli, volendo il Signor eAer affai piò preAo alla rimunerazione, eh’  alla pena, dove Eufebio In Cronico confiderando il tempo della PaC-  qua, nel quale per quella imprefa fei cento mila Ebrei furono uo-  cifi, ne cava argomento che ciò Iblfe per divina vendetta dal fegno  del tempo , come intendiamo ora di far ancora noi , e dice , Opor-  tliif onim iifilcm ditha Pojcbtt coi mterfei in quihn Solvotorem cru-  tifxcnmt.   Però nel Mefedi Luglio la Città feAeggia per diverfi altri felicif-  fiini avvenimenti, come per avanti forfè per altre fimili caufe lein-  teivenivano il dì di San Pietro. Nel primo celebra la feAa di San  Marziale per tre Vittorie da lei in diverfi tempi in detto giorno  ottenute; Al che fi aggiunge che nello Aeffo giorno il Doge An-  drea Contarini fi refe a Chiozza trionfiinte per la vittoria contra  Genovefi narrata di fopra al num. 15.   Contra gli Aefli alli 22. fi conclufe la Capitolazione, e pace con  tanto onore, ed acquiAo della Repubblica, che ancor fi celebra per  memoria di allegrezza pubblica la fella di Santa Maria Maddalena.   Alli 6. fucceffe il fatto d'arme al Taro, nel quale il Rèdi Fran-  cia ricevè così buon accordo, che fuggito per voto, come riferifee  il Guicciardini Hi. z. cor. jg. e sbigottito da queir angofeia , gli  feappò la voglia di fapct dove piò fbAe l'Italia, intento all'ora folamente   al    Digitized by Google     DEL FRANGIPANE. 32^   ai pafTàr avanti nonvolendo^mtender più pratica alcuna, con celeri*  tk fegultanda il Tuo cammino, levandofi aguifa di vinto fcnzafaonar  la Tromba* Gmcciard. lib, 3. car^ 5p. e 6 p. ed ivi queirifteflb gior*  no cominciò a ceder forzatamente i luoghi che teneva confederati  della Repubblica richiel^ill dalli Provediiori Veneti nella rifpofU da-  ta al fuo Araldo quando richiefe U paiTo, Bentbus Hb. 2. cor. 44.  j 4 lexanà, in diario ejuuUm belli y Jov/uilib» 2. car. 8^ per-   chè all’ ora angoTciato a difender la propria perfona più colla fero-  cia del fuo Cavallo, e colle orazioni,che da* fuoi eHèndo. anche eflì  occupati nel difender la Tua,, cosi che io avevano abbandonato, non  potè mandar come doveva la gente fui Genovefe,. però ufcita Tar-  mata di Genova,, prefo fenza difllcoltk il Borgo di Rapallo col pre-  fidio de* Francelì che lo teneva, e prefa l'Armata loro che ritirata  in quel Golfo di li a poco il Rè Ferdinando ricuperò il Regno di  Napoli , ed il Duca di Milano Novara : pel qual fine la  Repubblica s’armò e combattè, ed avendolo ottenuto da Dio, ne  vicn aver avuta la vittoria all’ora felice per T Italia, colla ricupe-  razione della ricca, e gro 0 a preda, che dalla mifera Italia, fpoglìa-  ta in Francia gloriofi riportavano.   Allt 17. che fi fece appunto U primo acquilo di CofianttnopoU y  come di fopra al num. I20. fi fcfieggia la memoria di Sanu Mari*  na, perchè in quel giorno fcrive il Bembo, fi fece Tacquifio diPa*  dova due volte, ma la feconda Dio fece, che ficcome era d^ di San*  ta Marina foflc luce di Stella Marina per ralTèrenar le tenebre della  Repubblica, in mezzo della fiera tempefia della Lega di Cambra;,  fopra che dice la Parte prefa nel Sereninimo Senato per folennizza-  re detta Fella 1712. Die XXK Junij fide prhtcipiam Uberationis a  eonventu maiignanìium y CT a fmcibus inimìcontm nojlrcrmn y Civi^  fas Padiue non bumana opv, aut ConJUtOy fed^ Divino auxilio fiiir  cuperatay t per dame qualche argomento, e fcgnodicc, In cuyasetimt  T'empio tppcnfn ClavesÒ" Sigillo Civitatit fitb feptdcro Serenifs. Dtteis D.Mi-  ibaei ’hSfeno in monwmntum prim^ %pfiu% acquifmonis , Quello giorno fu  principio tale, che da indila Repubblica ricuperò tutto il fuo Stato, cho  aveva perduto, c ciò con tanta gloria., che il Guicciardini dice /i^.4*  r. 327. Con ejini Icp^ieriy e poco dwrabili fi terminarono i movirnertm  ti dell armi fen- 3 ^ utilità y ma non ferrea ignominia del nome di Cefo*  re , e con accrtfeimento della riputatone de' yenezi^*** 9 ^be a ff aitati  dagli Eferciti di CefarCy e del Rè di Francia mantenejjero alla fine  le medefimt forze , ed il medefimo Dominio,   Indi alTottava, che è la Vigilia di San Jacopo. Renzg da Ceri  ufcico da Crema prefe Cafiiglione , e menò prigione Ì 1 Capitano,  che Io teneva, e iubito prete Lodiy c confegnollo a’ Collegati. Ale-  man. Tinus in Hifi, Erement, lib, 8.   AlU 2p. di Luglio del 1523. fu fatta la Capitolazione della pace,  colla confermazione di quanto pofledeva la Repubblica in Terra  ferma •   La Signoria vifìta folennemente la Chiefa del Redentore la ter*  2a Domenica di Luglio , nella qual fu liberau la Citta da una  gran pelle.   Cof^ il Mefe, temperai per avanci degli Infortunj , è divenuto   (Ragion    Digilized by Google     3zo Raven. fih. 8. Bard^  cor. 24.   FiJi(q>o Memo Dottor andò ad accompagnar Ottone, che fu pre-  fo all’ Imperator Tuo Padre, Crontcs Samtìa M. S, fai. 84. ed ambi  ebbero in tal fatto merito, uno per la Vittoria, l’altro per la con»  clufion della pace col ridur T Impecadore a* piedi del Pontefice nel  jnunesazione io quel giorno, e celcbrandofi 1* annuale dell’Afcenfione  ravvivar la gloria della Repubblica con ravvivar la memo^  ria del trionfo, confeguito contra i Perfecutori di Sama Chiefa ,  c fpiegaic elempio a’prcfentt) ebe abbino a perfeverare, e non ef-  fere , degeneri a* luoi Progenitori , dovendo per le proprie  confeguirne premio Gngolare in perpetuo, e trafmettere il merito  anche a’ pofleri, per lo che ogn’uno dee defiderare, e pregare con  devoto Inno di Policromo, che il Signor Iddio faccia perpetua quella  bnta, gloriola, ed a lui gradita REPUBBLICA, che fia cuBodita  flagl’ Angioli^ Grazia-.    DOMI-    Digitized by Google     D O M r N l’*Ò   DEL   MAR ADRIATICO   DELLA   SERENISSIMA REPUBBLICA   DI VENEZIA    SERENISSIMO PRINCIPE.     t L Dommio della Serenedima Repubblica fopra  il Mar Adriatico i cos» celebre, e famofo ,  che forfè non fi troverà akan’ altro, del qua-  le dopo la declinazione dell’Imperio Romana  più Storici, eGiureconfulii abbiano fatta menzio-  ne, ed approvato di comune confcntimento per le.  gicimo, e giuflii&mo; nel che elTendo tutti con   ^ cordi,fifone però trovati differenti neiraflegnar*   vi l'origine, e varj'nell’allegar il tellimonio , fondandolo , chi lopra  privilegio conceffo dal Papa, chi fopra privilegio, e conceflione dell*  impcradore, ed alcuni fopra la prucrizione, altri ancora fopra anti-  ca confuetudine.   L’opinione, e ragioni de’ quali avendo io confrontato con le Puh.  blice Scritture, che per comandamento di 'Voftra Serenità mi fono  Ihte mollrate per dover metter infieme un'iniera relazione, ed in-  formazione delle ragioni di quella antichiffima, e nobililfima giurif-  dizione, confiderato il tutto accuratamente, ho creduto che que-  lla materia poffa effer ben dducidata, ponendola in cinque confi-  dcrazioni .   La prima tratterà il vero tellimonio, e poffeflione, de’quali que-  llo Dominio colla, mollrandolo non acquillato, ma anche infieme  con la Repubblica confervato , ed aumentato con la virtù dell’  armi , e fiabiìito con la conluetudine eh’ eccede ogni memoria .   La feconda larà in mollrare non effer vero , ni utile il dire , che  la fercniffima Repubblica abbia il Dominio del Marc per privile-  gio del Papa , o dell’ Impcradore, ni meno per preferizione .   La terza confiderazione farà vedere fe il Dominio del Mare  comprenda i Seni, Porti, & altri ridotti, ed inclufi i Lidi ancora,  e le quella giurifdizione s'^llenda a llatuire, ed imponer Leggi a’ Na-  viganti, facendo quell'otbuùzioni , che ricerca la pubblica utilità, ed   a pe-    Digilized b, - ìoogle    3z8 DOMNIO del   a punire i delitti commeflì in Mare ^ e ^ imporre gravezze a  quelli, che fi vaglino dell’ ufo di elfo. .   quarta far^ in efplicare , e rifolverc ropinioni d’ alcuni che  vengono fatte in contrario. ^   Nella quinta metterò infleme le ragioni particolari , c proprie  della Sava di Goro^ ed in quelle ^coofid^zioni non mi vaierò fe  non di cofe » chq fi poffono moftrare per le Scritture pubbliche ,  ed "autentiche di Voffra Sereniti, ovvero per tefiimonj, ma degli  Storici, c Giurcconfulti approvati^   Il vero Tefiimonio, pel quale la Serenifiima Repubblica ha il  Dominio del Mare è quell’ ifieflO) pel quale ella ha la fua liberti,  fi che al piiqcipio del fuo nafeimento per una IWfia caufa ella nac*  que libera^ ed ebbe rimpcrio maritimo , e quella caufa fu reffer  edificata, e cofirutt^ in Mare, il quale all’ora non era fono il Do-  minio d’aìcuno.   E’ termine indubitato appreffo i Giurcconfulti effcrc de ]ttre Gett^  ri»m, che ognìCiti^fia libera s’ è fondau nel fuo, ficcome le Cincin  luogo dominato fono dal fuo nascimento Soggette al Dominante;  quelle, che naicendo in Terra non foggetea ad altri , nafeono libere  per quella ragione, che fono libere per la Slcflà fono Padrone della  Terra dove hanno il loro principio.   Co$‘( quella inclita Citt b nata nel Mare, del quale non eia alcun  Padrone, è nata libera, e per rifielTa r:tgione Padrona dell’acqua do-  ve ebbe il fuo principio; per Io che tanto è il ricercare rimpcrio  Maritimo di Venezia, quanto ricercare roriginc della liberti fua,  ovvero la fua fondazione. >   A quello non olla, che ne* tempi precedenti la Repubblica Ro^  roana abbia fignoreggiato rillefib Mare; ùpperocchè non fi ricerca  per l’edificazione ad una libera Cittì, che il luogo mai in alcun  tempo fia ftato dominato da altri, elTendo che per ifiabiliiì dello  cofe mondane, non v’è ragione,che non fia fiata loggetta ad innu-  merabiii mutazioni, ma bens'i ricerca , che nel tempo deiredilicazio*  ne il luogo non fblTc fo^getto ad alcuno.   L’Imperio di tutto rAdriaiico per molti fecoli innanzi il nafei-  inento di Venezia, fu deirimperio Romano, ma nè Dominj de'Po-  poli avviene quello ftcITo che net Privati; cioè che cìafcheduno per  tanto tempo è Padrone della fiia cifa per quanto la tiene in pro>  prietì Sua , nel qual tempo non gli può eflcre legata lenza ing^-  llizia; ma s* egli l’abbandona, o non ne tiene il polTeflb , o irait  ne può piò tener conto , quella difoccupata può elTere privile-  giata per propria dì qual fi voglia , che primo le mettcrii la ma-  no fopra. Così le Cittì, che foggette ad un Principe, non poflbno  eflérgii levate fenza IngiulHzia, ma s’egli abbandonerà la loro cu-  ftodia, c non la govcrnerì, o perchè non voglia, o perche le for-  ze glie fieno tanto mancate, che non poffa , faranno di quello,  che prima ne piglierà il governo, c protezione ; c per legge divi-  na, ed umana dovranno fiare fotto di quello, mentre egli cominue-  A a reggerle .   Anzi il Dominio così acquifiato anderì prendendo fcropre maggio-  ri radici, e confermandofi per quanto nuggior tempo durerà, in mo-   do    Digitized by Coogic     MAR ADRIATICO, szg   do che avendo continualo in cosi lungo Tpazio d’anni, che non vi  fu memoria d'uomini in contrario, fata perfcMamente llabilito,e&  poirh dire acquillaio per confuetudine.   Certa cola i, ehe innanzi l'anno 400. dalla Nafcita di nodro  gnore , gl'imperatori pollédevano Tacque del Mar Adriatico, partW  colarmente le Lagune dove quella inclita Citth i fondata, ma ef.  fendo dedicata la forza dell'Imperio in Occidente per Toccupazione  di gran pane dell'Iialia da' Barbari, quelle acque furono dagl’Impe-  radori abbauJcnate; onde redando fenza Dominante, per legge Di*  vina, ed umana, poterono i Popoli, che fi ritirarono per l’inonda.  alone de’ Barbari , indituire in qued'acque una Repubblica libera, e  per virtù della fila Nativith Padrona del luogo , abbandonato da  chi prima lo dominava era all' ora fenza Padrone , e difoccupato.   Ma mentre dico, che il Dominio del Mare fia naturale a quella  Repubblica, e nato infieme con lei, non voglio intendere, che tut-  to in un tempo abbia ac^nidata la padronanza di tutto TAdrfatico,  perchè le forzo nel principio non erano tante di poterlo cudodire,  e guardare tutto; ma nel fuo principio ebbe Dominio di quel tan-  to, che con la virtù delle lue forze poteva cudodire, e proteggere,  che fu il tratto contenuto trk Ravenna, ed Acquileja; redando il  rimanente fenza Padrone come abbandonato dalTImperadore, e non  dominato da’ Barbari, che s'impadronirono d’Italia lenza forze mari-  time, fintato che Giudiniano mandò per la ricuperazione d’Italia E*  fercito terredre , ed Armata di Marc, e fcacciati i Barbari , ripigliò  il Dominio, e cadodia dell'Adriatico,* nel che avendo avuti favore-  voli i Popoli di Venezia, non toccò, ma lalciò nella fua liberti la  parte, che è da Ravenna in qiù , come polTeduta legitimamcme  dalla Screnilfima Repubblica, contentandoli di quell'altea parte ch’ò  oltre Ravenna : ficchi ilSerenifilmo Dominio della Repubblica in Mare  fn di quella fola parte di edb, che è prollima a queda inclita Citch.   Ma in progreflo di tempo fatti gTImperalori un’altea volta debo-  'lì, ceflaronu di mandare Arma» in Ravenna, ed abbandonala quel-  la parte, che è dal fiume di Tronto in quh fi ritirarono nella Pu-  glia, il che mife in ncceflìtii queda Repubblica, la quale era cref-  ciuia anche di forze a pigliar cudodia piò ampia del Mare, e tener-  lo netto da'Cotlari per mantener Scura la navigazione, incominciando  dalla Riviera della Marca Anconitana, e dal Quarner fino a Venezia: il  che lecoftava ogn’anno moltoifangue dc'fuoi Cittadini, e molto tefoio.   Seguile le cole per alcun tempo in queda maniera, fu moda guer-  ra da’.Normani aU'imperadorCodaatinopolicano nella Puglia, il qua-  le non elTcndo badante a difenderfi per fe IlelTo in quella regione  ricercò Tajuto della Serenifiiina Repubblica, il che fu uccafioneche  ella palTafle con le file armi anche nella Riviera di Puglia. Molte  fazioni Icguirono, nelle quali avendo AleOio Comneno Imperadoco  fodenuta la gueira piò con Tajuto Veneto, che con le forze proprio  per tré anni in circa, il quarto abbandonò Timprela, ne mai piò  mandò Tarmata neU'Adtiatico - per lo che redò la Puglia occupata  da' Normani , i quali elTcndo fcaz'arme maritime, il Golfo da quel-  la parte fino a capo d'Octanto, abbandonato deUTmperadore, non  poteva elTer , protetto , e cudodito , falvo che dalla ScreoiOima  Tomo IL T t Re-     3 30 DOMNIQ DEL   Repubblica.; oiide per neceflitìt di. render Scura la navigazione aTuoi  Sudditi^ eOi. che gib. aveva con la forza acquiftato, quel Mare, con-  • tìnuò. a cudodirlo, e difenderlo da’ Corfari, e da altri turbatori, e   oc acquiSb. il Dominio come di cofa abbandonata, e non poCTeduta  da alcuno. Per lo. che ficcome s'i detto, ch'il Dominio del Mare  d: naturale alla Repubblica, principiato inficmc con lei nelle parti  proflimeaquell’inclitaCittk,cosV anche infìeme fi dee dire, chefiaam-  plificato fuqceflivamente neiraltre parti di elfo Mare, che fono ab- bandonate da quelli, che le pofledevano. prima, e prefe in prote-  zione, c cuSodia dalla Repubblica fin tanto ch’ella s’è fatta Padro-  na. di tutto il Golfo, e perchè cib eccede fei centinaja d’anni, fu-  pera , e di giìi, molta ha fuperato ogni memoria , ficchc è conferma-  to con la confuetudine immemorabile.   Di tal confuetudine convien fare ogni capitale , perchd la legge  la ptefuppone tempre buona, ragionevole, e lodevole, e che fia in-  tervenuto tutto, quello, ch’era neecITario a làr cofa legitima , che  fia equivalemeadogni contratto, e convenzione. Per dottrina de’Giu-  rtconlulti a (labilir una giurifdizione per conluctudine irrevocabile fi ri-  cercano , che fieno fiati fatti atti giurildizionali continuamente da tem-  po. che non vi fia memoria in contrario, e che altri non abbiano  elercitato. atto alcuno , fe non con licenza del Polfellbre : c che  da. quello, fe alcuno, ha tentato, di farlo, gli fia fiato proibito ,  tutto ciò non occultamente , ma con faputa , e tolleranza di  quelli , che avrebbero potuto pretendere altramente , le quali  cole tutte fono intervenute nella continuata; polTel&one di quello  Mare,   Da tempo che non vi ò memoria in contrario è fiato eletto con-  tinuamente un Capitano di Golfo, fono fiate tenute Galee, ed al-  tri Legni armati per cafiodia ordinaria, continuamente è fiato proi-  bito efiicacemente , o con tutta tratuzione, o con forze a qualun-  que altroPotentato il tenervi Legni armati; ed i Pontefici, Imp'cradori,  ed altri Principi hanno aflcnciio a quella giurifdizione, o col confef-  farla in parole, ovvero per effetti , ricorrendo , implorando l’a)uto,e  quando hanno voluto trafportar|Vettovaglie , od altre cofe pel Mare  ricercando licenza , ricevendo le Patenti della conceflione ; e alle vol-  te anche fono le licenze fiate negate , ovvero concedute limitatamen-  * te, e non quanto la loro dimanda richiedeva.   A’ Naviganti fono fempre fiate date le Leggi fopra la navigazione,  coti quanoo al luogo, dove dovevano far la Icala, come alla quali-  tà delle merci; Li Conaabbandi fono fiati confilcati, e fono fiate  impofte dazioni de’ Dazj, azioni tutte di giurifdizioni , e fupreme  Dominio.   Non v’ò memoria quando avelTe principio l’elezione d’un Capita,  no di Golfo, ma ben nel ijp;. fi vede una lettera dell’Eccellentif-  iimo Senato ferina al Capitano dì quel tempo con precetto , che feo-  refle la Riviera della Marca Anconitana , e la Puglia fino b Capo d’  Otranto, e dal tcnor di quella lettera appare che il carico di Capita-  no non comincialTc all’ora . E' notoria la cufiodia tenuta continuamen-  te con Galee, e Vafcelli armati per difenderlo da’ Corfari, e Ladri mari-  timi, «dopporfi a quelli, che voleficro impadronirfene;efisbinficme   quante    Digitized by Google     MAR ADRIATICO. 551     civefeovo di Magonza Vicario imperiale in Italia con la Sercnil&ma  Repubblica nel 1174. che Ancona fodeadaltata con l’Armi Imperia*  li per Terra, e con quelle della Repubblica per Mare, ficcome fu  anche pugnau, ed elpugnati.   Fu-.ancora un’cfprcflb confenfo del Papa, e dell'Imperadore Fede-  rigo infieme l’anno 1177. imperocché avendo il Pontefice Alcflàndro  Terzo implorate le pie Armi della Repubblica per difefa Tua, t  della Sede Appodolica dalllmperadorc Combattuta, ed avendo Tlmpc-  radore dopo la rotta della Tua Armata acconfentito di venir a Ve-  nezia, Tuno, e l’altro confeflarooo in quede lue azioni legicimo il  di lei Dominio Maritimo; e fé bene alcuni pochi Storici non fanno  menzione di battaglia, e vittoria marìtl ma , attedano non di meno  che il Principe Ziani incontrò prima il Papa, e poi Tlroperadore con  potentidlma Armata, con TideHa li condude nella Marca Anconita.  na, ed. aggiungono, che fu eletta la Citù di Venezia da ambe le  parti, come quella che non foggetti ad alcuno aveva forze d’impe-  dire, che dall’uno non foffe fatta violenza all’altro di quei Principi  Valendofidel Dominio maritimo della Repubblica, come loconfeifarono.   A qufda s’aggiunge, che il medefimo Federigo Imperadore quan-  do' i’anno xi88. fi mife in viaggio per Terra £inta, Icrìvendo una  lettera comminatoria al Palatino, e magificando le forze del Cridia.  nefimo, oberano in fuo ajuto, mife frh le principali aver in lega,  e compagnia la Repubblica di Venezia, encrau a fua difefa ad in-  danza,, e preghiere del Pontefice Romano, lafciato ben gorvenato,  e cudodito il Mare.* il che tutto modra non folo ralTenfo di elfi  Pontefici, ma anche quanto fofle loro grato per fervizio pubblico  della Cridianith, che la Repubblica av^e forze non foto da pro-  tegere il Mare Adriatico, ma da mandare anche in Paefe lontano.   Celebri furono ira le altre le fpedizioni £ute ad indanza d'Urba.  no Secondo, e nei 1111. a preghiere diCalido Secondo; ma foprar-  tutto è notabile la fpedizionc fatta h Coftantinopoli l’anno 1202. con    Digitizod by Google     MAR ADRIATICO. 333   il potente Arnuu , che inlìene con la Nobiltà Fraticefe , che vi  era lopra fu fufficiente di reftituire in Coftantinopoli l'Impeiadore  I fcacciato il Tiranno , e dopo la morte di elfo Imperadore acquila*  re il Dominio della Citth, e delflmperio, lafciando peri tanta Ar-  mata in Golfo, che fu fufficiente a guardarlo, ed a ricuperar Zara,  che all’ora fi ribellò fenza muover le forze ch’erano in Coliantino-  poli. Forfè la più notabil memoria ò, che nel ia7}. avendo con-  giurata quali tutta la Riviera della Romagna, e Marca Anconitana  per ufurparC il Dominio di quei Mari, turbando la poireffione del-  la Serenilfima Repubblica, fu nundata potentiifima Armau per re-  primerli; e dopo alcune Batuglie, fu fatu pace con quei di Roma-  gna, de’ quali erano Capi i Bolognefi 4 convenuto, che la SerenilE-  ma Repubblica continuaflè nella poflefCone fua dicufiodire, e dominar  quel Mare; Per lo che quelli della Marca, refiati foli, non poten-  do far rcfiflenza, fecero ricorfo al Pontefice Romano Gregorio De-  cimo, il quale tentò di far comandamento al Duce di quel tempo  di defifiere, al che avendo egli rifpofio, che il Dominio del Mare  era della Repubblica, e che voleva in ogni modo difenderlo, e proi-  bire a tutti il tener Legni, e Galee armate, e trattar da nemici  quelli, che avelfero pretefo di tenerli, il negozio fu poitato dallo  flelTo Pontefice nel Concilio Generale di Lione, dove fu commeflà la  caufa degli Anconitani all’Abate Naverfa , il quale udite le loro ra-  gioni folamcme perchè la Serenillìnia Repubblica non confenfi di  mettere in litigio quello, che da tanto tempo poffedeva , conobbe  il Giudice, che gli Anconitani non avevano fondamento alcuno; on-  de furono coftretti d’ acquietarli, e cedere. Fece parimente guerra  la Serenilfima Repubblica col Rè d’Ungheria, tth le altre caule, an-  che pel Dominio del Mare dirimpetto alla Dalmazia, ed in fine fi  fece la pace in Tarino nel ijSt. dove fu convenuto, che la giu-  rifdizione di quell' acque rellalfe alla Repubblica. Di quella ulnma  guerra, e pace fono le Scritture pubbliche in Segreteria; le altre co-  te narrate di fopra fono tratte dagli Storici, eDendo cofe fuccelfé  innanzi l’anno izji. quando furono abbruciate tutte le Scritture  pubbliche . ‘   Più efficace prova ancora fi cava da’ricorfi fatti -da diverfe Citth,  e Principi polli fopra il Mare Adriatico, i quali avendo ricevute irt‘  giurie nel Mare da’Corlàri, ovvero altri Ladri maritimi, fono ri-  corfi a quella Principe, dimandando ragione, e giulliziz.   Per le Scritture pubbliche appare, che nel 1377. gli Anconitani  prefero ardire di far diverfe novitb in Mare contro i Mercanti di  Fermo, eÌAfcoli. (^elli di Fermo fecero ricorfo a Venezia, e dal  Principe fu mandato in Ancona a ricercarli della Conveniente emen.  da , ed a dolerli delle novit b da loro fatte in Mare, la cui guar-  dia era acquifiata con tanto fangue: al che avendo elfi finillramen-  te rifpollo, e non celfando di velare il Mare, fu perciò mandata  una potente Armata per reprimérli; nel che volendo interponerfi il  Pontefice Papa Gregorio Undccimo, al qual-efiètto mandò un’Am-  hafeiadore a Venezia, gli ih rifpoflo eoo aperte parole, non elTervi  altra maniera d’accomodamento, fe non celfimdo gli Anconitani di  molcllare i Naviganti, perchè la cullodia del Mare en llau dalla    Digitized by Google     334 DOMNIO DEL   Repubblica icquillata con fuodori, e fangue da tanto tempo, cht  non vi è memoria in contrario, come i ben noto; e perciò faceva-  no intendere a Sua Santità, e cosi erano per dire a tutto il Mon-  do, che volevano foli culfodire il Mare, e proibir^ ad ogn'uno l’of-  fendere in elfo chi fi fia.   Furono coftretii in fine gli Anconitani a deri(lere,ed a ftxldisfare  ancora a danni dati nel Mare a quelli di Fermo, e di Afcoli,   Ebbero ancora ricorfo quelli di Spoleti airEccellentiflime Senato  nel iì 9 ì- per elTcre ftau prefa una loro Barca fopra la Spiaggia di  Rccanaii, onde fu comincio al Proveditore d'andare in Ancona, o  sforzare gli Anconitani alla rcllituzione come di cofa prefa indebi-  tamente nel Golfo di giurifdizione della Repubblica ac^uiftau eoa  indori, fangue, e fpefa.   £ nel 1408. corteggiando intorno alla punta d'Italia alcuni Ge-  novcC con una Nave, una Caravella, ad una FuRa facendo danni  particolarmente a Sudditi dal Principe di Taranto, egli fcrifle una  lettera al Duce, avvilando i danni ricevuti, c ft^iuitgendo, che la  forze fue farebbero Baie baflanti per rifarcirli de’ danni de'fuoi Sud-  diti; con tutto ciò aveva voluto prima darne notizia a Sua Sereni-  tb, fperando, che vi rimedicrli, ficchò non fatò nOceflario per altra  via provedere all' immunità de’fuoi Sudditi.   L'illeflb anno eflendo fuggite due Galee al Rò Ferdinando di Si-  cilia di quà dal Faro, ed entrante net Golfo Adriatico, quel Rò  non giudicò gli fo 0 c lecito il léguitarle, ma mandò a pregare il Se-  reniflimo Dominio , eh’ effendo enitate nel Mar fuo, voìeflie perfeguà.  farle, e prenderle.   In quegli (lem tempi del nti, eflendo fatte diverfe novità, e pre-  de da' Golfari nelle acque della Marca, ficchè anche il viaggio al-  la divozione della Madonna di Loreto era impedito, quei della Ri.  vieia mandarono a Cgnilìcarlo al Principe, avvifandioio della viola-  zione della giurifdizione del fuo Mare , e che le prede fatte in quel-  lo erano con danno, e vergogna fna, pregandolo a prevedere con  la fua potenza, e giulliaia, maflitee per heureeza di quelli, che do-  vevano andare alla Madonna di Loreto.   L'illeflia illasza fu fatta nel 141(4. dall' Ambafeiadore dello Beflò  Ri Feidinando per le Riviere della Puglia.   Nel 1483. eflendo Baie predate da un Corfaro alcune robe del  Ri d'Ungheria, i fnoi Miniflri ebbero ricorfo al Principe Cgoifican-  doli, che le offefe erano fatte a lui eflendo occorlé nel fuo Marc,  c dimandando provinone, acciò la Navigazione fofle libera.   E quello che i di maggior momento nel i48d. avendo i Turchi  fatta una incurliene ikIU Marca Anconitana, predando uomini,e  robe, Rapa Innoccnzio Ottavo con un fuo Breve, che ancora G ve.  da, ordinò al fuo Nunzio AppoQolioo di fare doglianze con l'Eccel-  lentiiGiao Senato, e GgniGcarli, che all'onor fuo conveniva, che il  Mar Adriatico faflc tenuto libera' da' Coefari, t far anche efficaci  inflanze acciò raflrenafl'e l'ardire di quei l'urchi, che corleggiavano  il Mare con vergogna, e fprczzo della Sereniflima Repubblica, ag-  giungendo, che cosi facendo farebbero opera gloriofa, e gratiffima  alla Sede AppoRolica.   In    Digitized by Google    mar.: ADRIATICO. 335   quelli ultimi tempi attenta nel 1577. Papa Gregaria Decimo-  Wnio fece pregare rEcc^llentiflimo Senato di liberare il Golfo dall’  infedazione di una Galea del Marchefe di Vico, dicendo, che alla  SerenilEaia K,cpubb.lica fpettava la coliodia d'elTo Golfo. Non i da  tralalciare una lòtta d'ai^ellazione de'Pontefici Romani, che ii Do-  minio di quello. Mare fpetti alla Repubblica, alla quale hanno fat-  to alcuni d’elTi nel conceder le Pecime particolarmeule per le fpeGc  della guardia del Qolfo^.Viè un Breve d’Adriano Sello noi  un'altro di clemente Settimo nel ijzd. uno di Paolo Terzo nel  ijjS, ed uno di Pio Qaaito nel 1504. che ciò dicono erpreOànien-  te, e forfè chi ricercaOc piò minuumente ne’ tempi innanzi , e  dopo ne troverebbe degl’ altri dello flelTo tenore.   Similmente manifeliilTimo confenfo degl’Imperadori fono le Sei  Bolle Imperiali d’Enrico Quarto, Lotario Secondo, Federigo Primo,  Enrico Sedo, Ottone Quarto, e Federigo Secondo, refemplare de'  quali ò nella Segreteria , dove ciafeheduno d’efli pattuifee, che i Sud-  diti Veneti pol&no liberamante tranfiiare per le Terre, e Fiumi del-  i' Imperio, ed i Sudditi Imperiali pel Mare, e Fiumi di Venezia.   Non fi dee tralalciare trb le dichiarazioni Imperiali la pace con  Carlo Quinto, ed Ferdinando Secondo nel i5Zp. nella quale vi ò un  Capitola, dovei! contiene, che i Sudditi polTano negoziare in Terra,  ed in Mare, che è ben una chiara canfclTione, che la Repubblica  ha il Dominio del Mare. Ma che quedo Mate fi debba intendere  tutto l’Adriatico, Io moflra un’altro Capitolo dove dice, che la Se-  TcnilEma Repubblica continui a poircdere,come in quel tempo pode-  deva Terre, Fiumi, Laghi, ed Acque; il che non fi può intendere  fe non dell’ acque del Mare, avendo prima detto Fiumi, Laghi, ed  Acque; ma all’ora polTedcva tutto l’Adriatico, (wrehè ella in qud  tempo y’ aveva l’armau dentro: Adunque quei Principi acconfentiro-  no ìa poiTcuione dell Adriatico.   La cerimonia ancora di fpofiir il Mare, che annualmente fi fa in  prefenza degli Ambafeiadori, e Miniftri del Papa, e dell’ Imperado-  re, che non è data mai interrotta,è un’indizio deU’attedazione di  quei Principi .   Modrano ancora il confenfo di molti Principi, e Potentati le li-  cenze chiede da loro per tranfirare con vettovaglie nel Mare.   Ve ne fono innumcrabili concedè ai Marchefi di Ferrara, alla  Cittì di Cefena , ai Signori di Ravenna , ai Malateda Signori di  Rimini , ai Rè d’Ungheria , ai Ragufei , ai Rè di Napoli, ed  all’ Imperadore deifoj ed al Pontefice ancora, che farebbe troppo  lungo riferirle tutte. Io ne ho da’ Libri pubblici raccolte trenta na-  ve, e fono certo, che ve ne fono dell' altre. '   Fra quelli fono notabili per la grandezza de’ Principi , Che le han.  no richiede le concedioni fatte a petizione ;del Pontefice , e de’  fuoi Minidri, come nel ladp. all’Arcivefcavo di Spalatro Governa-  tore della Marca, e Patriarca Antiocheno Governatore della Roma-  gna di poter condur grano dalla Marca, e nel 1477. il Pontefice  Sido Quarto per un luo Breve ricercò di poter trasferire grano dal-  la Marca in Cefena, e nel 1505. Giulio II. per un fuo Breve chie-  fe licenza di portar {rumenta dalla Marca a Roma.    Si-     33 che nel 1 3pp. efRtndo con*  tratto matrimonio erb Guglielmo Arciduca d’Auflria, e la Sorella di  Ladislao di Napoli, la quale volendo il Fratteilo, ed il Marito  condur per Marc di l^glìa alla Riviera di Dalmazia con la. Va-  feelli, tré Galee, e Navigli, dimandarono falvocondottp per li legni,  c per le |>crfone^ ed il lalvocondotto fu concelfo a compiacenza di  que’ Principi , a tutte le perlone, eccetto quelle, che fofTero bandU  te da Venezia per delitto di Maeflh ofTelà, o per omicidio; col qual  falvo condotto la Spola palsò con tutta la fua Compagnia; pniova  noubiliinma della luperiorith del Mare; poiché i Banditi da Vene*  zia tono banditi dall’Adriatico, come da Territorio fuo, e non è  loro permeflb il femplice paffaggio, tranficando di Terre aliene in  Terra aliena , ed in compagnia di gran Principi , Aggiungerò con  qued’occafìone, non efler leggiera pniova di giuriidizioac in tutto il  Mare il colhime antichidimo di bandir da’ Navigli armati, e dilar-  mati, che fi vede efegmto caiandy) ne* Navigli d’altri Principi, co*  me neiroccafioni narrate* ^ f   Dell’ aver ftatuite leggi, ed ordinazioni fopra fa navigatone, e  deU’efazione de'Dazj, urh il luogo dì dilccNTcre à|l particolare nella  terza Scrittura, ficcome anche il ledknonio de’Gìdreconlulti (i rife>  ridi nella feconda, come in luogo proprio. Per compimento di que>  ùo teda folo raccogliere con bwiÀme parola tutte infìemo le con«  chiiìoni propode,^ o per dir meglio provate*   Ogni Dominio conda di titolo, e pofleflb « 11 titolo del Dominio  dalla Sereniifima Repubblka fopra il Golfo contiene quattro condì»  zbni edenzialt^ La prima, che non é in modo alcuno acquidato,  ma nato ìnfìeme colla Repubblica, a colla liberti fua in acque li*  beiQ, non foggette allora a ;giuriidnions d' alcuno.* la feconda che  fi é- aumentato, c dUaiak» per occafioni fopra le acque/   dappoiché furono abbandonate da chi le podedeva, e redavano fen*  za Padrone, che vi avelie giurildizione ; la terza, eh.' è conlervato  colla forza deir armi, con fpargimenta di langue, profufione di ce*  fori, o. tutto a cagione di rendere più ficura la navigazione; la  quarta^ eh’ è- confermato pec una lunghidlma confuecudine, il prin*  cipio della quale fupera ogni memoria*   Ma oltre quede quattro condizioni intrìnfeche, ed eifenziali, s‘  agghusgono altre tre, che febbene noa apponano ragione, lervono  a maggior decoro , c manifedazione della veriii , e lono quede*  La prima, raflènlo di molti Pcincipi coli’ implorar gli ajuti ma*  rìtimi , o chieder licenza di) iralportare robe o con pace, o con*  venzione; la feconda il tedimonio degli Storici; la terza 1 ' atte-  dazione, ed approvazione de'Giureconluici, la poflelTionc continuata  attuale, e veduta in tutti i tempi, e fi vode ancora al prelenre da  tutti per quattro .continuati, e non mai intcrxotti cfercizj di Do*  minio.   Il primo per la continuata elezbne de’ Magidrati, ch’elercUana  il Governo panicolaie pel Capitano di Golfo.   W    Digitized by Google     MAR ADRIATICO. 337   Il fecondo per b cuRodia armata continuamente tenuta, con proi.  birc ad ogn'uno if entrarvi armato, j  11 terzo per le leggi ogni tempo Ratuite fopra la navigazione, ed  efeguite con pena centra i trafgrefsori .   Il quarto per refazìoni impoRe, c rifeofle in c^ni tempo; le qua-  li cofe eflèndo tutte notorie, non può queRo Dominio eÓcr dedotto  in controvetlia, nè dilputato; ma reRa falò il continuar la polléflio-  ne cott’efercizio de'medefimi atti giurisdizionali, opponendo la forza  a tentativi, che foflero fatti in contrario; perchè ficceme le ragio-  ni, ed i titoli de’ privati fono cadaveri fenz’ anima, quando non fie-  no vivificati dalla forza della legge e del giudizio, che danno il vi-  gore; cosi la ragione, ed il titolo del Principe fono cadaveri, quando  non fieno animati dalla forza, ed ufo di quella, dalla quale ricevo-  no la vita. 1   I Principi tengono vive coll' efercizio , e coll’efecuzione le proprie  ragioni, per uno di queRi tré rifpetii, o perchè portino dignità, e  utile; o; per efler necefiàrie alla converfazione del Governo.   Si vede con quanta accuratezza i Regni di Francia, c di Spa-  gAa. IbReptano le loro pretenfioni dì precedenza , dove non vi è pun.  to d’utilit'a, fenz’aver rifguardo a' difguRi, che perciò fi danno 1'  uno all’altro; ed agrìmpedìmenti, che portano alle negoziazioni; E  queRo folaroentc per confcrvare l' onorcvolezza . Delle ragioni, che  portano utile non occorre parlar più innanzi , elfendo certo che  gli Stati non fi mantengono fenza fpefe, e la fpefa non fi fa como-  damente fe non fi cava l’ utilità : dove la ncceflith interviene , ella ha  ranta forza, che non permetre dubbio, nè lungo configlìo; ma fpi-  gne immediaramente all’efeCDzione.   . . Ma la giurìfdizione di queRa Repubblica fopra il Mare ha le due pri-  me qualii'a, la dignità; eflendo un titolo molto fpeziofo, ed onore-  vaie l’elfcr chiamato Signore di tutto l'Adriatico. Che fe i Rè dì  Portogallo ebbero per titolo d’onorevoiczza il chianurfi Padroni d’  un Commerzio dclflndie Orientali, che s'intitolavano nelle loro pub-  bliche lettere ; molto maggior dignità fi dee fare 1’ elfer detti Si'I  gnori non del Commerzio raaritimo, ma del Mare fldfo. ,   L’ utilità è manifeRa; poiché oltre il benefizio de’Dazj, riduce il  Commerzb in Venezia, accrefee il negozio della Citti, e. quella fi  fa più ricca , ed abbondante; dacché il Principe può cavare maggior  frutto pubblico; ma all'utilità, e dignlth s’aggiugne la ncccRiih an-  cora; poiché la vita di quell' inclita Citth Rànci Mare, efuoCom-  merzio, con quel fole è ridotta a queRa grandezza ; fe quello è di-  minuito , bifogna ancora , che queRa indebolifca , onde per confcrvar-  la é neceflario mantenerlo, e s'è diminuito, teRituirlo come prima;  e dove fono congiunte tutte qucRe tré ragioni infieme, non fi può  aggiugnere eccitamento maggiore .   £ qucR’é quello, che ho giudicato rapprcfentarc a V. S. per cf-  plicazìone del vero titolo, e poflcRione tua fopra il Golfo; il che  apparirà maggiormente neceRàrio, quando nell'altra Scrittura trat-  terò gl’ inconvenienti , che feguirebbono, valendofi d'altro titolo.    Tomo //.    V u SCRIT-    Digitized by Googlc     538 DOMINIO DEL    SCRITTURA SECONDA.   A vendo, efplicato. nella prima Scrittura ,, eh» il titolo di V. S.   fopra il Dominio, del Golfo non t in. alcan Modo, acquiftato,  ma nato, colla liberti deiJa Repubblica , aumentato c confervata col-  la Tirtbi delibarmi, e fpefe di lefort, e confetvaio. per immemocabils  confuetudin* conleguita neceffiinameme^ che preferizìone, o privilegia  Boa vi abbiano, luogo - ne (irebbe bilogno conftderara gtlncovenienù di  quelli ckoli, quando riifarli non blTe di pregiudizio.   Non b Iblo opinione tuia , che fia cofa pregiudiziale allegar privi,  legi in quella matetn, ma alcuni ancora de’ ■  ane ediGcare un’ediGaio fopra fuolo alieno.   AppreGb di ciò è cofa cena, che ninne può concedere Dominio  ad adtri di cofa, che non Ga fua; ed infieme è ceno, che nè il Pa-  pa, nè rimperadore da Carlo Magno in qui, dal quale viene l’ori-  gine di queG’Imperio, nui hanno avuto Dominio, ne cuGodia di quefto  Mare; nè. mai hanno tenuta Amata in cGb ; adunque non ^nno  mai poiuth concederlo ad altri; laonde fe V. S. che tiene quello  Dominio da fc GeGà, diceffe d' averlo avuto dal PontcGce^ o* dall’  Imperadore, G priverebbe di quello, ch’è fuo; e darebbe loro quel-  lo, che non hanno, nè mai hanno avuto.   A quello G aggiugne, che chiunque afferifee di poGédere per pri-  vilegio alcuna cola , oltre l'obbligo di confeflare , che il Conce-  dente fia legitimo Padrone, e fuo Superiore quanto a quella, è  tenuto anche a moftraic la conceflione , fe fu fatta in tempo ,  del quale vi Ga memoria; il che non è neceGàrio, fe è da tempo  immemorabile; noi qual cafo bada la fama, ed opinion com^   che il privilegio vi Ga, e hafta allegarlo; ma oltre di ciò è oh-  hligato chi l’allega a rifpmdere a quelli, che voleffero provare  che non Ga vero; E gli EccleGaGici fi fono dichiarati di voler  eombattcre la verith della .Srorii |d’ Aieffanòro terzo , quanto fpetta  alla vittoria avuta dal Principe Ziani conera il Gglìoolo dcH’Impe-  tadore; e potò hanno fatto lérivcre al Bironio un lungo difeortd  nel Tomo fecondo in contrario, dove G sforza con molti arteGz^  e con grande aflètiaaione di molfrare, che allora il Papa era  al di fopra, e che non ebbe infogna d’ajuto nè v’imervennero le  forze della Repubblica ; e naolte cofe dice , abbaffando anche, e  vilipendendo quanto può il Governo , e la potenza della GeGà Re-  pubblica in quel tempo; il qaal difcorfo, fe ben è impreGb da  lui con proicGa di vetith, e Gncerith,' non afconde però affat-  to G vero Gne Romano, ch’è di GabUire due pretenGont loro-  una, che il Mare debba effere riconofeiut» da Roma; l'altra, ch’i  per pura, e mera grazia, e non ricompenfa d'ajuti pieGati. Lo  icopo di tolta l'Onta del Baronio non è altro, le non moGrare,  che tutti i Principati hanno dipendenaa dal Papa, ed ora tocca que-  Go, ora quello. Nell’ XI. Tomo fcrive centra' U Monarchia di  Sicilia, Gccome nel XII. concia la Storia d’Aleffandro; ed il Sere-  niGimo Rè Cattolico, con tutto che parrebbe, che la fua potenza  lo doveffe nodere illefo da tutte le macchinazioni , che poteffero ef-  fer fatte, con Sciitiute, t libri, nondimeno vi ha fatta riGeffione fopra,   , Temo II. V u a e l’ha     340 DOMINIO DEL   ( rii9 Annatx coTi dx non fprczzare, ed i venuti quella Macflì in  riiblpzione,. non folo di proibir quella parte d'opera del detto Cai-  dioale io tutti t fuoi Stati con pene graviilime a chi la ponalTe, a  htenelle appreCTo di fé- ma ancora con fuo Editto pubblico per tut-  ti i liiaii Stati pronanziò una fcvcriiriuia Centura cantra il Cardina-  le, il qual eferepio mollra, che' quett'altro- tentativo del Baronio cir-  ca la Storia d'Aleflàndro Terzo inerita, che dalla Sereniti Voiln  vi fia avuta (opra la debita confìderazione, acciò in progtelTo di  tempo non partorilca qualche Icandalo ; ma perchè quaG tutti i  Ciureconlulti atteilano quello Dominio del Mare, e rattribuifcono a  privilegio,, alcuni pochi dicono del Papa , altri in gran numero di-  cono dciriinpcradore,èneccirario fcoprire la cagione del loro errore,  per aver che rilpondere a chi rallegaflè.   Quelli, che l'attribuiJcono a privilegio Papale fono i Fautori del-  le prccenfioni Romane, che hanno tentato di fottopone con varie  invenzioni tutti gUStati ai Ponieiici piòvecchi, innanzi che le forze  maritime della Repubblica Ci Gendelfero a' luoghi lontani ; >' arreda-  no però per noa aver vcrifimilitudine; ma Teircr fatta in Venezia  con tanta iblennith la pace trli Papa Alellàndro, e l’Imperador Fe-  derigo preda loro probabiliih, come fe folTe dato per allegrezza del  buon lucceflo, come volgarmente li dice per buona mano. La falli'  tb fi convince, elfendo quafi cent'anni innanzi liiccellé tante fpedi-  zioni in Terra Santa, che fecero fentire a tutto il Mondo le forze,  che la Repubblica contibul, oltre le altre guerre latte in Dalma-  zia, ed in Puglia; e dall'altra parte non avendo mai quel Pontefi-  ce avito in Mare un Legno armato, e nella Riviera di Romagna,  non avendo come nella Marca fe non qualche ben generale ricogni-  zione ; onde fecondo quafi , che non aveva niente a che fare in Ma.-  re, lo concede a chi prima lo polfedeva. Credo bene, che alcuni  abbiano equivocato, e preio lo Ipofare del Mare in luogo di domi-  narlo, e cuftodirlo. Che io fpofare veniffe da Aledandro Terzo,efe  tie fa menzione in alcuni libri antichi, de' quali v'j copia nella Se-  gretaria, perché le Icritture di que' tempi s'abbruciarono dopo. In  quella Copia fi fa menzione, che al ritorno del Duce, dopo otte-  nuta la vittoria, il Pontefice le falutò Dominator del Mare ; per  tanto gli concede fpofare il Mare, ficcome il Marito fpofa la Mo-  glie nelle dita- Non v'é parola alcuna, che concedede Dominio d'  autorità,' cofa che non farebbe data taciuta, come più importante  dà chi fece menzione della Cerimonia ; la quale chi conudereiù,  avvertendo quanto rEcclefialtico v'iniervenga, e quanto fia ringoia-  le e fenza efempio,fi tenderh facile a credete che poteva eflére in-  flituità dal Papa. Primieramente il nome di fpofare é quell' idedo,  che fi ufa nel parlare del Sagramertto del Matrimonio ; v' intervie-  ne benedizione; tutte cofe, che niun Principe temporale avrebbe ar-  dito d'indituire da fe medelimo, ma dime in que'tempi, quando i  Principi, e Monarèlti dipendevano tutti da'femplici cenni del Papa,  If quali ben confiderate fervono a levar l'equivocazione, e modra-  tc, donde ha avuta origine queda falla fama.   Più abbiamo da penlare a que’Giurecoafulti Legidi, i quali fo-  dengono, che qualunque Fomentato podeda Mare de /aS» l'abbia per   con-    Digitized by Google     t    MAR ADRIATICO. 341   concdliane Cefaru ; ma aocorach! non po!Ta «Ocre itgicimzmenie  da alcimo' tenuto fe non per privilegio deU'Impeiadore, e fono-molu e  £unoll, che diTcendcndo. a. tal particolare ancora dicono, che ^  privil^io. Imperiale la ScceoilTiaria Repubblica tiene il Mare Ad^  tico, ed ogni altro li»' Dominio,, e la liberti fua medefima; edAt  bcrico da Rofates antico Giurecónfulto attelU d’ aver veduto  fteflb il privilegio Imperiale autentico boUato con bolli d'oro ed i  Dottori feguentt, fccoiKlo ch'è loro coRumedi citarfi Tun l’altro {an-  no menzione del fuo tcRiraonio occulto, e lo feguono; anzi il Dot-  tor Marta configlia la Repubblica, à guardarli dal dine di dominare  il Mare per altro titolo, che per privilegio Imperiale, perché ogni  altro farebbe ufurpativo, e tanto peggiore , quanto più antico. Ifoo-  damenti loto tono, che il Mare I del Principe, e del Popolo Ro-  mano, perchè da niuno può eiretepoireduto,nè occupato, nè ufurpato;  onde fé alcuno lo poDede, conviene, che ciò abbia avuu origine da  conccOione Imperiale , della quale le la memoria non refla, C de*  prefuporre, che per l’antichiii fia perduta, perchè altrimente il prin-  cipio larebbe viziolà-   Ma queRi Eccellcntiflimi Dottori foliti a Rudiare nelle antiche leg-  gi Romane, e quando con veriti -que'Principi fi chiamavano Padro-  ni del Mare Mediterraneo, e de’Golfi di quello, e fpellb anche IV  droni del Mondo, intendendo però del Mondo praticato da' Romani,  hanno penfato, che ficcome gl’Inaperadori di quelli Secoli fuccedo-  BO a quelli in nome, cosi fuccedono in ragione, ed in podeRà, e  che tutto fia di queRi quello, che fu di quelli; ed ancora in que.  Ri temj» vi fono de'LegiRi che fcrivon», che 1' Impeiadore è Pa-  drone di Francia, e di Spagna de jm fe bene me de feSe.   Ma rimperadore è Rato Padrone del Mondo Romano, menireha  avute fora* terreRri da dominarlo , e del Mare, mentre ha avute forzo  maricime per difenderlo, e cuRodirlo; e quando non ha avute for-  ze con che tenere , e guardate il Mare, quello è leflato fenz*  Padrone, e paflàto poi nel Dominio di chi. avendo forze ha prefo  a cuRodirlo, e, proteggerlo.. E' veriflimo, che le cole pubbliche dej  Principe non pslfono eOère appetiate da alcuno; ma. s'intende con  due limitazioni; runa da niun privato; perchè da m‘un. altro.- Principe  poObno eflér vinte con guerra, e l’altra limiuzione è , che s’inteiw  de mentr’ elio le cuR^ce, e protegge; perchè fe le abbandona affat-  to reRano di chi prima colla fua protezione le occupa ; onde le leg-  gi, le quali dicono, che il Mare è del Popolo Romano,' o dell’Iin-  peradore, s'intendono, mentre il[Popolo Romano lo cuRodiva; e pro-  te«eva colla fua Armata, e non pel tem^. presente , quando non  retta deila Repubblica Romana altro, che il nome.   E quando dicono, che la confueiudine immemorabile preRippone  privilegio, conviene intendere cosi quando fi tratta del fupremo Prin-  cipe al fuo fitddito, il quale pt^eda alcuna giurisdizione che fpet. '  alfe gà pet l' addietro al Principe, fi dee prefuporre privilegio, per-  chè per nelTùn altro titolo la giurisdizione può paffar dal Principe  al privato, liilvo che per concelCone; ma quando fi trata tA due  Principi fupreini, ed uno tiene da tempo immemorabile Territorio,  o ginritdizione,chel'altrQ aveffe prima, non fi bada pitfupporre privi-   legio;    Digilized by Google    34^ DOMINIO DEL   legio; imperocché non cade tri i fupremi: ma kens^una dcU'altrc ragioni,  coUe quali iDominj paflano da Principe a Principe, che fono ragioni  di guerra, convenzioni, patti, ovvero mancamenti di forze; onde a-  vendo la Sereniflima Repubblica da tempo immemorabile il Domi-  nio del Mare, che gii fu del Popolo Romano, fc per le Storie non fi  fapeflc , come fia {Htlfats in lei , fi dovrebbe prelupporre uno de'fud-  deiti titoli; il che non occorre trattare alternatamente; effendo cer-  to, che v’intervcnifle la debolezza di quello a poterlo pih tenere, e  le forze della Repubblica a cuRodirIp; e fe palsb qualche Scrittura ,  che quella folfe una confelliozic di legitimo titolo gii acquifiato.Ed  in fatti è cosi ; perché nella fegreta di V. S. vi fono lettere di lei  Imperadori Enrico Quinto, Lotario Secondo. Federigo Primo, Enri-  co Sedo. OttoneQuarto, FedcrigoSecondo, che durarono pili di cent'  anni, incominciando dal un. fino ai izio. nelle quali fimo def-  critic le convenzioni, ed i patti loro colla Sereniflima Repubblica,  ed é fpecificatamente convenuto, che fia amicizia trh i popoli fud-  diti dell'Imperio in Italia, cd i fuddiii delta ftelfa Repubblica, e fat-  ta nominatamente menzione di quelli, e di quelli; fòggiugnendo,che  i fudditi di Venezia poffano andare per le terre, e Fiumi deU'im-  petio , ed i fudditi dell’ Imperio , poOano andare pel Mare , e Fiu-  mi di Venezia ; dalle quali convenzioni fi veggono tre cofs  chiaie .   L' una che rimperadore non aveva Dominio d' alcun Mare.   L’altra che la Repubblica aveva Mare dominato da lei, e non  concelTole da loto.   La terza, che fi convenne del pari tra la Repubblica, e 1’ Im-  peradore, che i fudditi dcU’uno fieno ficuri per li luoghi dell' altro.  Al prefente le convenzioni tea' Principi fi fanno per un Infiru-  mento, che poi è ratificato da loro. In que’tempi la grandezza dclF  Imperio non cofiumava di fare IiUlmmenro; ma le contrattazioni  fi fpedivano folamentc per Bolla Imperiale; appunto come collu.  mano di fare al prefente i Turchi nel trattare con Principi Cri-  ftiani .   Ma di quelle. Bolle Imperiali o alcuna non farh fiata veduta da  Alberico , o egli pel troppo aSetto, che i LegiRi in paeticolaro por.  uvano ail’antoriih Impeciale, che perniò fii anche in poca grazia  della Corte Romana, e fegui Lodovico Imperadorc comra PapaGio-  vanni XXII., c per onorar piò rimperadore 'avrò voluto chiamarla  ptiviIegio.,ovvcTO avrò veduta la Bolla col figlilo in oro, c letto il  nome dcU'Imperadore, e non pafihnd» più oltre, avrò per conghiet.  pire imefo. il ioggetto, ed avtù dato quel nome , che larh Rato ca.  sione dell'errore degli altri, che lenza efóminace piò oltre hanno le-  rotto il fuo tcRimonio.   ° Seno altri Giureconfulti , che aRérifeon» il Dominio del Mare al-  la Repubblica per titolo di prelchzioae, il quale non fi può, réfi  dee in iciodo alcuno ufare; principalmente perchè non è vera; poi  ancora, perché mette in campò molte diHìcolth. :   Si dice acquiRata per ptelcrizionc quella cola , la quale effendo  veramente id'un altro, tifando per lungo tempo |con buona fède co-  me propria, per virtò del lungo ufo muea Padrone, e palla dal pri-  . i ma di    Digitized by Google     MAR ADRIATICO. 343   rao di chi ai ai fiKoodo," che l’ha ufaik ia modo che pce ciwiodj  prefciizionc non li pofledonio fe non cofe d'altri.   La natura della ptdctiztone d qucliav che linfa accompagnaiodal-  k bnona fede' lena la cagione, e ’l titola,. che un altro ha, e trasferì,  fce il. Dominio, in chi ha poflèdiua ultitoamente.k cola . . Hifittifcona  i Dottori, che dilborrona dà giuriadiuone, che il Marc fi>nè. delllmr  pnadotc di Geonania, • che: la Repobhto ufandplo per lup^ilE.  mo tempo, del principio del quale i»n v Memoria , fenaa.ch’  efc Impcradote' fi Isa appofl», ne ha acquillato il Domàiio.   A quella dottrina divcrfe oppofizioni fi fanno , una che il Ma-,  re Adriatico non fa mai dell’ImperadaK Germanico, lìcchà pglkef-  fere preferino cantio di luii, raltra, che k pKfcriziooe i ooia odio*  hy pigliando a  Ho, e legitimo.   Quelli fono Alberico di Roface, Bartolo, Baldo, Angelo Bonarb,.  Bartolonmieo Saliceto, Selino Sardco, Paolo da Ca Uro, Angelo Are-,  tino, Gialone, Bartolormmco Cepolk, Lorenzo Colca, Gtoranoi da  Imola. Carlo..... E^o Balco, Giulio Folcilo, Giovanni Beitachr-  no. Benvenuto Inaccia, Martin Laudeirfe, Fiaocefco Balbo, Nicolò  Triftavio, Angelo MuÀ)', Gio.- Jacopo Marta, e'I Collegio d’Ingol-  llad, de’ quali fi pone k fola conclufione, che la RcpubUàca di Ve-  nezia ha il Dominio deirAdriaeico, lenza (Blcendcre ad cfpUcare il  titolo ; otto r alcrivoro a privilegio , quattro a prefcrizione .   Ma i più celebri, che fono èrtolo. Baldo, Saliceto, Paolo da  Cadrò, c Franccteo Balbo, tengono il fondamento, ch'è k fokpofi  feffionc peramichitliditeinpe,'eiunghiffimaconfùetudine immemorabi-  le; al quale io aggiunga, anzi mando innanzi quello d’ rifer nato  inficine colla Repubblica, aumcniaKi, e mantenuta con virtù fem-  pre con fangue, e f^k; e vi aggiunga pofeia il confenló degli al.   tri     344 DOMINIO DEL   tn Pilitcipi, il tefbmonio degli Storici, e 1 ' apptavaziaoe de' Giure-  confulfi, quantunque non debbano elTcre ricevuti quelli, che G va-  gliono'di privilegio, o confuetudinc recita, ovvero efprefla, o prefun-  u; nè quelli, che G ibndano in preferiaione- Quanto a quella ra-  gione, dove fanno il fondamento, dobbiaina -però valerci della loro  autoriilt , in quanto tengono il Dominio della Repubblica fopra il  Mare per giuGo , e legitimo , ed in quanto rendono chiaro teìlimo-  nio,'cbe gìk 300. anni a tutta l'Italia em noto, che il Mare Gpof-  fedeva gii canto tempo, che allora non vi em memoria del prin-  cipio. ' r   E (è alcuna diceflìc, che -non è lecito di valcrG di. parte nel detto  d'un Teftimonio, fe non ricevendolo ‘ tutto , rifponderemo ciè effer  vero- nelle cofe dt fa(h , che il TeGimonio dice di propria icicn-  za ma non di quello’, ch’egli conghiettura fopra, ovv«o difeorre ef-  fer de falUy. - - • . i: ,   QueGo Hi de fede , che nè tempi de ij. GiureconGtlti foprad-  detti era notorio il Dominio della Serenifllma Repubblica (apra il  Mare, e che del principio d'cfTo allora non v’era memoria; maqual  ioGe il titolo di qucGo Dominio , non apparteneva ad alcuno il dir-  lo per conghiettura; ma folo a chi iblTero Rate moGratc le ragioni  pubbliche: onde con buone ragioni G riceve il loro lefiimoniodi quello^  che hanno per licenza in fedo, e C riprovano le loro conghietture  in Jure , Dal che G avn come rifponderc a quelli , che hanno  introdotti falQ titoli di privilegio, o prclcrizione , o fecondo il mio  riverente patere, il quale rimetto al giudizio di VV. ££. G ufer^il  vero, e’I p*Dprio tante volte replicato. Grazia.   •' .1   SCRITTURA TERZA.   i   O Ltre hi conCderazionfe: del Dominio del Mare in generale rcAa  il terzo capo propello, cioè particolarmencc parlare de* Porti,  Ridotti, e Seni, lion per que’ luoghi, dove lo (leflb Principe è Pa-  drone del Mare, e deitaiTerra, come in Idria, e Dalmazia, ma rìf-  petto a quelli, dove il Mare è lòtto la giuriidtzione d’un altro, eia  Terra lotto quella d' un’altro, come occorre in Puglia, Rom;^na,cd  altre pani deirAdriatico: la qual diveifit^ di Dominj può far naice-  xe difputa , (è le acqtie vicine a ter/a debbano feguire le condizio-  ni dellaltro Mare, cd effere fono la giurildizionc della Signoria d'  eflb, ovvero quella del Continente, llando foggette al Signore della  Terra; c vi e apparenza, che non G dovelTe aver riguardo al Ma-  re; perchè Tacque de'feni tono cosi poco profoflde, che piuttoHo G  polTono dimandar Terre; appreflb ciò G può allegare Tautoritb di  molti Dottori, i quali dicono, che ogni CitiX è Padrona del Mare  vicino a fe; e maggiormente de* Porti , i quali alcune Cittk han-  no edificati di nuova , ferrandoli con Moli, o con altri EdiGzj ,  che farebbe grande inconveniente volerli fottoporre ad altri.   Ma in contrario è l'opinione univ^rfaJe de’Gìurcconfulci, che de*  Seni, e de’Poni ( degli aperti parlando, che deTerrati G diri a Tuo  Uiogo ) abbia il Dominio quello Geflb, ch’è Padrone del Mare, e  nofninacamente delTAdriatico. Que’ Dottori, che attcGano il Domi-   nio *    Digilized by Google     MAR ADRIATICO. 345   DÌO della SerenUStna Repubblica, cfplicando, ch'eflèndo a' Seni, e  Ridoni, eh’ e&t chbmaao ftaaioni, ed a’ Foca, adducono per ragio>  oc , che quelle acque che fono continuale a quelle del Mare, fi  che frh loro non fi pub metter termne, che le divida; iti fi pub  trovare un confine, dove l'uoe fòmilca, e l’altio principj, non ^  tendo, eflére fctio il governo di due, ledano alla confiderazione del  Mare^ del quale fono i Porci, non mettendo difTerenza tra acqua pro-  fonda, e non proionda,' poiché può anche elTere in qualche luogo  vicino a terra maggior profondià, che in un altro molto lontano.   Ma la, formai ragione , per la quale tutte le acque marine debbo-  no cITerc fottopode a chi fignoreggia il Mare, i pcrchò il Dominb  del Mare fi dice protezione, e cudodia per ficurezza de'Naviganti,  ed i Seni, Ridotti, e Porti hanno maggior bifogno di queda prò.  lezione e difefa, come luoghi, dove i 0>tfari, e Ladroni maritti-  mi hanno maggior comodo di fax ruberie/ adunque lupra quedi il  Signore del Mare ha da efercitare la Tua cudodia, e protezione, co-  me nell'alto Mare ò più eflèndo. il bifogno maggiore:   S’aggiunge, che vana farebbe la difeia dell'alto Mare, quando i  Violatori di quello fof&ro bivi ne’Seni, e Porti, potendo edi dopo  aver fatta la preda loro) aver dove ritirare , fenza timore d'alcun ,  il che riufeirebbe anche a danno delle CittV vicine , le quali non han-  no forze marittime da reprimerli, fe non foOero raflrcnati da chi  domina il Mare , fiuebbero le prede fenz’alcim impedimento: per la  qual 'ragione la giurifdizione del Marre fi dende anche a’ Lidi, che  hanno bifogno della defla cudodia , e protezione : e buona par-  te de'Giureconfulti ateedano. nominatamente, che b Setenidìma Re-  pubblica abbb anche la giurifdizione ne' lidi ; e fi può provare con  una legge, la quale dice, che ilPadrone delMareha infieme Domi-  nio di tutte le cofe, che il Mare non lafcia altri tifi, come il fuo.  fondo, che col dufo,e rifludb ordinarìaihente copre, e difcopre,fu  eoa molta, o poca acqua, e quella poca arena appena, che copre  nelle fue eferefeenze, fe ben d’ordinario non ò coiidianamente coperta.   E’ ben necedario metter didcRoia tih i Seni, Ridotti, e Porti  aperti a' Porri ferrati, perrifblvere queU’inconveniente, che feguircbbe,fit.  le Citth non fodera Padrone de’ Porti edificaci irò bro. I ferrali, Ire-  come fono cudoditi da Terra, cosi appartengono ad ed'a, e non al  Mare, e fono folto la giurìfdizbne dd Padrone della Terra/ perla  che il Dominator dd Mare non ne ha ragione, dove non i Signo-  re anche della Terra; ma gli ^rti, non elTendo cudoditi da Ter»  ra, ma folo da Mare, e colle forze- marittime, fanno un'deda giu-  ritdizione coll’alto Mare.   Il detto d’alcuni Giureconfulti , che ogni Citth marittima podeda  la pane del Mare vicina a fe non. conclude, che il folo Mar alto  fia fono il Dominio dd Principe, ed il prodimo a Tetra, appartenga  alb Cint, fc farù iniefo il beo veto fenfo il qual è, che il Do*  minb univcrbie del Prmeipe fopra tutto, il Territorio fb infieme  con un altro fpcziair, che cufeun privato ha fopra una parte d’  eflb b qual poflede, e non s'oppugna l’un l’altro., anzi per b con-  trario uno fenza l'altro ceda impenetlo. .   £ dove il Principe ha la giurifdizione, c più d’una Citth viòuo,  Tomi X X ter-     34« DOMINIO DEL   terzo Dominio , intermedie, che cUrcheduna Citth ha fopra il fuo'  Tenitor», il quale è fuperiore a quello' del privato, ed inferiore a  quetlo- del Principe. Quefto lì llende lopra certe cofe comuni, le quali  benché ad ufo' fieno di ciafcliedun privato'/ da ninno però polfono ef>  fete appropriate, ed ufupaie perfefolo,^ ma reflano in comune della Citth.   Il Mare: non puh cadere in Dominio dei privato; perchè non po-  tendo per la fua inflabilitìi efler divifo,non può parimente il priva-  to occupare in parte,,e circondarla,, e cullodirla per fé foto; eccet-  to che dove folTe qualche recedo che potelTe edcr ferrato co’ pali,  e cosV fatto proprio. Ma perchè il Mare profiimo alla Terra può  ben edere ulaio continuamente dagli Uomini della Città ora da uno,  ora da un altro per tranfitarc con barche, ovvero per padarvi; per  tanto vi è oltre il Dominio del Principe fopra il Mare , anche quella  che ciafeheduna Città ha fopra la parte contigua a fé.   Cercano i Giureconfulti quanta parte del Mare appartenga a ciaf-  cheduna Città r ed alcuni d'edì hanno detto cento miglia; ma par-  lando propriamente ella è tanto grande, quanto può ad operare a  fuo ufo, lenza ingiuria de'vicini; perchè una grande, e popolata Cit-  tà fui Mare, la quale abbondi di lìti terrcllri, dove cavi il fuovit-  10 , avrà pochi, che vogliano fare il melliere di Pefeatore, e fi va-  leià di poco Mare, dove una picciola Città con un poco di comodità in  Terra attenderà a cavare iivittodalMare, e li vaierà di gran Mrte d'edb;  e non altrimente hanno voluta intendete i Giurcconfolti de'cento mi-  glia/ ponendo un numero determinato per un incerto; cioè le Città  fono Padrone di tanta parte di Mare , di quanta hanno bifogno di  valerli fenza ingiuria d’altri, fe folfero ben cento miglia.   Quelli forra di Dominio, che le Città hanno nelle parti vicine a  loro , non ripugna a quello , che ha fopra fe flelTo un Padrone di tut-  to il Mare; imperocché non fi Rendono alle medefime ragioni . Quel-  lo del Principe llà nella cuRodia, difela, protezione, e giurifdizione ;  e quello dePaCittà è nel valerfi dell’ acque a benefizio comune de’po-  poli. V’è dilferenza, fe quelli fieno Sudditi deiriReifo Principe, opu-  re d’uà altro; ma ficcome del Dominio, che ha la Sereni&ma Re-  pabblica in tutto il Mare, ne hanno la parte forale Città di IRria  e di Dalmazia fuddiie, così anche he hanno leCittà diRomagna, e  della Marca non fuddite; ma nè queRe, nè quelle per poter culla-  dire la detta parte coll'armi, mafolamente per poter valertene a’ loro ufi.   ElTendo rifoluio, che il Dominio del Mare fi Renda anche a tut-  te le pani di quello, rcRa a vedere con che fotta d'azione s’efcrci-  ta quello nel Mare Adriatico, e nel Territorio di Venezia, dove ha  quella RelTa podcRà, che ciafehedun Principe ha nel Ino Territorio;  per lo che ha da efeteitare in Mare quelle azioni , che fono elèrcita-  le . da’Principi nelle terre di loro foggezione. 11 Signor del Territo-  rio per rirtò della fua giurifdizione ha podeRà di dar legge a tutti gli  Uomini, che fi ritrovano in quello, di punirei delitti fatti contrale leg-  gi, ed’imporre contribuzioni, e gravezze per foRenete i pefi, e lefpele  di chi ha della fua cuRodia, e protezione bifogno; adunque per la  ragione della giurifidiaione , e ciModia del Mare, la Sereniilìma Re-  pubblica può metter leggi a' Navigami, gaRigare i delitti commelli  in Mate, ed efigere Daz), ed altri diritti.    Digitized by Google    MAR ADRIATICO. '547   Che poITi far leggi a’ Naviganti , fecondo che giudica nece  fili che II poflà Mettere in diffieolth, è coCa decifa per univetfal  latrina di. tnate ie.«enii, cmfiennata anche per la Dottrina di S.  Fa^ nella PiOola. f Kenuni; e quella i, .che Dio ha polii i Prin,  cipi, e Potentati per proteaioira i’buoni, e gaftigo de’caitivi , e per,  che fon» Miniftri di DI» in quello; per tanto ipiotetci fono inob-  hligo di pagare i irihutà, e le gabelle, lìcoame al .Principe., che ha  cultodia , f guardia I della Xcira, per conlervazieoe della ppbblica  iranqqilhtlit quelli, che ne godono, debbono contribuirà alle tpele,  cbc; fi .fiiinnn,. e non folo- i luddhi, ma anche gli alieni, (he tran,  filando per la Regione godono la ficurezza del cammino, fono ob,  bjigati a pagar paflàggi, e pedagi; cosi tutti quelli, che ,tranfiuno  pel Marci a Mrtanto godono la ficurezza daCorfati, e Ladri cagio,  nata dalk Ctwiditt arraata- dei Betnìnante, la 'quale non fi può te-  nere fenzz difpendio, fono obbligati e per ricognizione di quella prò-  MaioBe, e per oontrjbnire altafpelà, a pagar l'impoCaione, eziandio, a  ohe noti toccafiero Terre del Padrone del Mate per cagione di quel-  la enfiodia,, che li rende ficuri.   5 tanto d da dubitare, fe ;i Naviganti fieno obbligati a contri-  buire per la igufiodia dd Mate, quanta i da dubitare, fe nel tran-  filo terreflre chi pafla per lo llrade d’un Dominio fenza toccar le  Citth lia obbligato a pagar dizip. Di quello nefiitno debita ma cgnfelTa ,  che dee Wonolcere quello, ehe gli tiene la riva ficura’, cosi nell’al-  to Mare per la llelli ragione ha da riconofeere, chi glielo tiene fi-  euro : e quella v«rith i fiata praticata pir li tempi paffati nel Mare  Adriatico ; onde refia memoria nelle Storie, che nel laag. il Duce Tie-  polo meltelTe un Dazio a qualunque Navigante pel Mare ; la qual impo-  fiaione però non fi dee credere, che foOè la prima, ma che fofiefem-  pre in tfib pel tempo innanzi, dappoiebi fu prefa la protezione, e cu.  Ilodia del Colfo. A quella impofizione hanno accotuemiio i Princi-  pi ppfielfori del Continente intorno al Golfo, i quali volendo tiafporur  robe per Mare da un luogo all'altro , eziandio efiendo ambedue fatto illoto  . Domi.    Digitized by Google     MAR: ADRIATICO. 349   Dominio, hanno xiohitfta lictnza, il ,. Rè di Napoli, Pottmati , « Commiflarj della Marca d’Ancuna,  e 4* Rodjagna, Duchi di Ferrara, «d altri Potentati, che r»IUm>  leglttraK ne' libri pubblici „,oqde , ho latta 'ntenaicae |neùa firiina  Scotiura. .l'i I 1 i   Dc’Oatj impolU dalla SereniSina Repubblica 'particoUrnieate fo-  ra le Mcrci^ de' Ma vif^Mui: per l'Adriatico tratcano. i Giuieceniiilci  pa me veduti Baldo, Angelo da Perugia, ^tolomneo Saliceto, Ciò:   4’Anania, figndommoo CepoUa, Martino LaudchTe,. Giulio Fofec-  Co, Gio: ficctachino, Egidio BalTo, c tutti approvano tal fotta d'  ùnporiaipni nome legiiime , ed alcuni d'elB dicono che tanto la Se-  renilBma Repubblica ha auaorilb d'imporre Qaaj nel Mare, e con-  hfeare i ooncrabbandi, .quanto nella medeCnia Ciltb iii Veneaia.   -1 le gravezze, quando, lóno. antiche, ed ulàte .pare che non Geno  da'.po^li. malp^volmente Capponate quando di nuovo s'impongono;   • dilulàte,làac: rinnovate, yengono riputate gravami: e Gccooie la  Sereniilima Repubblica è- ftata coofueta per h tenapi pallàti a rnett  lere irapoGzioni’ lepra. i Naviganti, q coRringeili a làr fcala in Ve.  zia; così potrebbe in avvenire tornar la. Acfla ixceflitb , fe roGèrvan*  aa fari Hata neglena, e i'efazwnn dìGtfata; il Nmetcerla farli una  dificnUb, e..maU fodditCwione; il iche. avendo però legge antica, ed  eiegaita, fark con giulUzia > ed vtiliik prefente e futura il continua-  re colla GcGa equitk, e modetaziune .nfléryata coti neU'mdituzipoe)  come neU'cfecuziofii p^zie. f n   Quelli, che per lo paflato hanno, voluto metter >. dilScoltk al gin*  fto, e leghimo Dominio della Seteni/Snu: Repubblica (òpra il Ma,  perchè il Mare di  tua natura e libero, e comune; la feconda, perchè la SereniiGma  Repubblica ha convenzioni con diverfi Principi, che la navigazione  del Mare rdlaGè libera a' loro. Aiddiù; la terza è una Capwplaato,  ne,, che dicono. eGèr contratta con Papa Giulio. U, . j-n  Per la prima ragione diconq, che nelle Leggi fpeQb G ritrova,  che il Mare non è d’ alcuno, ch'è comune di Iva natura, ch’è pub-  blico per ragione delle genti, che non pub edèr occupato, perchè  non può cG :e la SereniSima Repubblica, e per col»,  leguènza anche olliiitb verfo i Sudditi, ed impèdimeuoal tranlitar,  e negoziar ne’paefi dell’ uno, e dell’ altro cosi, per terra, come m  mare; e nella pace levandofi l’ollilitb tib Prìncipi, per un capa ^e-  ziale, conforme all’ufo degli altri PaeC, è datala Geurezza lÙ tran,  filare, e negoziare per tctra^ è per mare. Sintenderà dunqub ti na>  vigar ficuro, e liberamcRia nel Golfi» Adriatico, fervate le òrdìna;  znni di quella .navigazione.:   ' Potar fare imaioofa noa Uberdi, e Scurezza non vaol dire arbh  trarìamente, e fecondo rappetllo irragionevole dì tialicheduno; ma  vuol dire Gcuramente, e libcraOlcnte, fervate però le leggi.. Quan-  do fi dice, che cìafcheduno può liberamente fiù' tetUniento , non a’  intende però', che k> polla fare inuifizi oro, ed impertinente; ma  che dee fervar le leggi tcllametarie ; e chi può far viaggiò Ubera-  mente, e ficuramenie non può navigare, le non fervale le leggi di  chi domina il Mare, che fona di far fcala a’iuoghi determinati, no»  portar cole proibite, pagare i Dazj, c diritti llatuiti.   £ che cosi fi debba intendete lo dichiarano le medeCme parole,  le quali dicono, che i Sudditi deH’altro Prìncipe pollano tranfitory  c mercantare cosi per terra, come per mare rwC, & iétri-, ma le  per terra non poiibna mctcahure, falvo, che fervale (eleggi, e pa-  gati i Dazj; dunque nè pure per Mare Io pollano fare, le non còn-  lucic le iuddctie condizioni. Ciò fi Confatma, perchè non è di ra-  gione, che i Sudditi del Principe amico Ceno maggiormente privi-  legiati, che i propri; dunque (e i proprj fono fimgetti alle proìbi-.  ziooi, ed a’ Dazj; debbono eflcre cosi anche gli flranieri. Oltre di  ciò dimofirano lo lleflb chiaramente le parole del medefimo Capìto-  lo, il quale dopo aver detto , che pollano negoziare per terra , e per  mare, tati,   neralmentc a fare ogni altra opportuna operazione circa le predet-  te cole.   Gli Ambafeiadori andati a Roma negoziarono; ma per (labilire il Ne-  goziato il Pontefice non contento della Proccura, ne ricercò un’altra  più ampia. Per lo che lotto il giorno degli 1 1. Decembre fulTeguen-  te fu fatto un altro Mandato di ^Ueflo tenore .* che volendo il  Papa trattare alcune cofe cogli Ambafeiadori , fe bene perciò  fu fatto loro Mandato anaptillìmo fotto il giorno de’ 31. Lu-  glio, nondimeno di nuovo conlUtuifcono gli (lem fei Nobili Proccu-  ratori della Repubblica a trattar, e conchiuder col Papa, o co‘De-  purati di lui qualunque cofa, quantunque fodè di quelle, che ricer-  cano Mandato fpeziale , unto come fodero efpreflc iliigolarmente, pro-  mettendo dr T0tùy &c.   La Negoziazione fegu'i lino al Febbralofudeguentejedovendoncoo-  chiudere , il Papa non lì contentò de’due Mandati ; ma colla fevc-  verii^ dei tuo animo avendo (labilito il giorno de’ 14. di quel Me-  fe, ch’era la feconda Domenica di Quatefima per giorno di trionfa-  re a dare pubblicamente ralfoluzione , fermò una modula , o minu-  ta dell'Idrumento, che voleva, che fode fatto in quell'azione, con*  tenente i Capitoli, che ricercava gli fodero accordati.* volle, chela  Serenidìma Repubblica iacefse un'altra Proccura, inferendo di parola  in parola quella Minuta . La proccura fu fatta fono il giorno de*  15. Febbrajo, e vi fu inferca la Modula dciridrumenio, che il Pa-  pa voleva dabilire, e data autorità agli Ambafeiadori di convenire  con que’ Capìtoli.   Qiied’Idrucnento è quello, che fi produce, ed a nome di Capi-  tolazione, fatta eoo Papa Giulio li. Se abbiamo qued’lUrumento au-  tenticato, o nò, io non lo sò; ma dato, che fofsc in forma appro-  vante bada Iblo per modrarc, che per quello è data autoritli agli  Ambafeiadori, ma non appare, ch’eifi Tabbiano efeguica. Oltre que-  llo Mandato fi ricerca necefsariamente , che gli Ambafeiadori innan-  zi il Nocajo in- Roma modrafsero queda loro Proccura prenarrau,  e pregafsero il Notajo a fare un Indrumenro, com'edi per autorità  data loro dalla Repubblica promettevano le tali, e tali cole al Proccu-  ratore del Papa, o ad alcuft fuo MiniRro, o ad eflb Notajo, che  riceveva la Pniccura, di che era pregato da ambe le parti a fare  ridnimento. Queda farebbe la dipulazione , la quale fe fofse fatta  io non lo sò; ma veggo certamente, che i Romani non la poftono  produrre; ed in luc^o di quella producono il Proccuracorìo coliamo-    Digìtìzed by Google     35» DOMINIO DEL   i 3 nU fteUsat che non ferve; perché come s'ì detto, ft ben la furrau-  U vi é dentro inferta , altra cofa però é il Mandato Procuratorio, al-  tro é la Convenzione ftipulata. 11 Proccuratorio da podelllt di con-  venire, ma non fa che Ua convenuto; né mai prova, che la cofa  fia fatta. Innumerabili volle occorre, che làrh data autorità ad un  Froccuratore di contrattare una cofa, che non viene poi contratuta-  per qiulche rifpetto ; anzi quello , che piò importa , fi trovano Man-  dati autentici, ed Inllmmcmi (leifi,ma non flipulati per qualche oc  cafione nata pofcia full' elécuzione. Ebbero i Proccaratori autorità  della Sereniflìma Repubblica di convenir col Pontefice in que' Capi-  toli folto il giorno de’ij. Febbrajo in nove giorni , che paflàrono fino  pi giorno de'24. che fu quello dell' allbluzione , in tempo che tut-  ta riulia era in armi. Infinite cofe poffono elTere occorfe , che  abbiano fatto aggiuenere, fminiiire, od alterar i Capitoli .   Bifogna però mollrare non quello, che folle commetTo di fare, ma  quello che fia fiato fatto , e fiipulato; il che cfli non mofirano né  autentico, né non autentico. A’Proccuratori fidò autoriib di contrat-  tare, ed cK fui fatto veggono quello, che occorre; non poflbnotm-  paflàre il Mandato, ma cercar d’cSieguirlo totalmente, ovvero ufarlolimita-  mente a favore del loco Principale. Chi vuol fapere, che dalla Se-  renifltma Repubblica non folle data linfiruzionc agli Ambafeiadori  di confeniire a que’Capiioli, fe non con qualche condizione dal can-  to del Papa, la quale non cgnfentita da lui gli Ambafeiadori folle-  rò refiati di concludere la Capitolazione nella formula data’ Infom-  tua Mandalo di capitolare non é d'aver per capitolato.- e fe la Re-  pubblica veduta la Modula mandata da Rtyna folle fiau rifoluia, t  che fi avelie per conclulb in quella forma, poteva fare rifinimento  del filo Confenfo qui in Venezia, c non dare autorìtò, che folle fat-  to a Roma; tanto che non é buona confeguenza dal vedere l'auto-  ritli di capitolare , dire dunque fi é capitolato . Quando penfavano  i Romani di valerfi di quello Proccuratorio in luogo di Capitolazio-  ne fiipulato con Launlio Nocajo ilella Camera, fi aegiunié una no-  ta fotio,allefendo, che la Capitolazione fu fatta, ed i Proccuratori  promifero , e giurarono i Capitoli; e quella natta fu fatta dopo la  morte di Giulio; il che apparifee; perché in ella é chiamalo piò  volte falicii moritaiimh^ titolo, che fi dà a' Papi morti. Non ha  il Noiajo pollo il tempo quando l'ba notata; ina fi congh lettura ,  che folle 15. ed anche 20. anni dopo. In quella fórma Papa Gre-  gorio XIII. diede l'ailetta Capitolazione agli Ambafciadpri del 157?.  adì 17. Settembre. Di quella nota non é da tener conto alcuno,  poiché le Scritture di Notajo non fanno fede, le non fatte per de-  creto del Giudice , (e non Giudiziali ; e le fono contratti , fimi in  prefeoza de' Tefiimon) , e delle parli con rogito d'elle.   £ qui un Notajo molti anni dopo 1 ’ allerte pani fcrille quello,  che fuccellc, e con parole anche piene d'ambiguità; perché chiama  quella fua Scrittura Trtnjimta, e dice d’averla collazionata coll'Oti-  gmale lenza dire che Originale fia quello, e da chi fatto.   Quelli difetti furono fuperati da'Confultori di V. $. il che venne  a notizia della Corte Romana, onde nel lioé. per occalione dc’me-  ti pailati ftamparono 1 ' afierta Capitolazione colla fede dello ildla   1-anti-    Digitized by Google     MAR ADRIATICO. 359   I^urilio; m« corretta non iniitolaniÌQ pib Giulio di felice memoria, e  mettendovi il teqapo fieOo dellafToIuzione 14. Febbraja ij 2^. Ma non  avendo ardire di dire, che foflè rogata dagli Ambafeiadori , fotio-  fcrillè non come Noujo, che facea Inftrumento trh le Parti contrae  enti ; ma come quello, che icriveva un Decreto giudiziale , dicen-  do Jc Mmdut ftiferiffi ^ onde fuggendo un inconyeni^te (tanno da-  to ia un ina^^te, (   Ma vi i chw liacamciua, che queU'aano 105;, Laurilio nonem  Notajo di Camera; perchè nell'alTeTta Capitolazione fono nominaci  tutti i Notai di Camera per nome proprio, e quello non i in^el  numero. Tra diverle pretenfioni Romane apparifeono molte alTor-  dith ; ma nelTuna ha tante oppofiaioni , come quella , delia quale  quando in avvenire venilfe parlato dagli Eccleliallici il mio riveren-  te parere è che,fe ralleghetanno folamente,(ia loro rifpollo, che da  pochi anni in quk s’è dato principio a nominarla; nè però mai è  nato veduto nè l’autentico, nè l'efemplare di quella Capitolazione;  perchè cosi veramente è. £ fe produrranno quella, che dal Papa  Gregorio fu dau, ovvero la Rampata, fia riljiollo, che quella è un  Mandato Proccuratorio per Capitolare. ReRa, che moftrino, che la  ftipulazione fia fatta, e fe voranno venire con argomento, dicendo,  che trovandoli il Procctiratorio,.C dee prefupporre la flipulazione.  Ila replicato, che tutto è contrario per le molte,, ragioni efplicaie  dì fopra. -   Dalle cofe moRrate in quella Scrittura apparifee chiara, che le  difiicolth promoRé fopra il Dominio di V.S. nel Golfo hanno vera,  e facile nfoluzìone, ch'è quanto col mìa riverentiflìmo Zelo ho là-  puw ritrovare, rimettendolo perb come mio umilinimo parere alla  prudenza di V. V. EE.    G R A Z' I A.     » O M I-    Digitized by Googic     360   DOMINIO   DEI,   MARE ADRIATICO   E SUE RAGIONI PEL JUS BELLI   DELLA   serenissima repubblica   DI VENEZIA   Drfcrino dal P,   RPAOLO SARPI   Suo Confultore d’ordine pubblico.   v»:” — ' - 4 . " * r ■' ‘ ■■■■■ • n 1 ^1 —w»,   SERENISSIMO PRINCIPE.     Orna molto, a propoGto nelle Oufe forenG , com«  uifegD^ i IXattori, ualafciar le diTpute fopi^  le ragioni GeirAvverTario quando fono tanto for-  ti, e gagliarde, che non G poGbno didru^e-.  k; però G Gioie parlar fuor di propoGto tiran-  do fa Cauta fuor del fuo alveo , per tira-  re il Giudice fuor di buon (lato, che non at-  tenda alle buone ragioni , e (accia fentenza in-,  giufta. QueG’ artiGzio viene uiàto da alcuni  Dottori melG sii non da alt» , che da diaboGco fpirito a far no-  vità per turbazione della pubblica quiete , con far venir Vafcelli  foreGieri in queGo Golfo, in futura petnizie del comun commerzio,  e della Gcurezza delle Città marittime, contra l’antiche , a legali  ragioni, che ne ha quella SereniIGma Repubblica inveterate, appio,  vate, ed acconfentite da tutto il Mondo, da’Grandi, e da’ piccioli,  da’ Principi e da tutti gli Ordini Gno agli ultimi plcbbei, con prc.  fcrizione di Secoli, che vi aveva poGo Glenzio,- Operazione percer-  10 diabolica per mettere alle mani i Principi, che non abbiano a  goder la pace, la quale il Signor noGro in miniGero,e tutela ha loro la-  iciata- Segno di queGo è, che nel priucìpio cominciano a fcrivera    Dig ■ 'Hd by Googlt    •MAR ADRIATICO. 361   contri rautorii'i del Papa, ch't il primo alTalto de’NovaCori , i quali  il Diavolo mette in battaglia per rovinare il Mondo, e come aque.  fta difgufla fi titano , fingono che i Signori Veneziani fondino le  loro ragioni fopra privilegj di Papa Aleflando, e deU’Imperadore; e  per diltruggerli fuori di propofito li mutano contri lauiorith loro,  e li mefchiano come fodero le Carte dei Tarocchi, che al fine fo-  no pazaie, bagattelle, e giuochi di mano, trattando materia di tan-  ta importanza con forme non degne nè del nome di Dottore, nè  di Crifliano ; cosi infamano le fteffi, ed in certo modo i Miniftri  de' Principi , come a bella polla vadano ad incontrar briga , per ef-  fére adoperati, e mettere di le medeCmi neceffitb a'Principi loro in  ali maneggi malHmamente nel Regno di Napoli, dov'è fama, che  le contenzioni fono fiate maggiormente nutricate per confentimen-  to de'Rè. ( Gicc. I. ). Cari. iji. ) Non è vero altrimenti , che i  Veneziani , fondino le loro ragioni del Dominio del Golfo fopra  privilegio di Papa, o d'Iroperadore; che fé ciò foffe, forfè per cer-  te ragioni non tornerebbe conto aprir bocca, però quelli Dottori  fondano la loro difputa sò cosi sfacciato e vano mendacio , fanno al-  le pugna, danno dei calci a lovefcio, e cambationo lenza incontro ,  come i Tori, che hanno perdita la Vacca, dicendo, che nè pur  fono fognate dalla Repubblica di Venezia, ed anifìziofamente lafoia-  no quelle, che pubblicamente fi leggono fcritte da Marc’Antonio  Pellegrini nel libro ottavo de Jote Fifii, da Angelo Macacio nel li-  bro primo....... da Giambatiila Leoni nel libro delle Confidenzioni   del Guicciardini, da Augullo Treo nel fuo Panegirico , da Jacopo  Chizzuola nel fuo Confìglio, ed allegazione pubblicata nel fupple-  mento della Storia degli Dirocchi, e da Prorperu Urbani nella nife-.  Ca fatta centra Emanuello. Tertoviglia Spagnuoto.   Gli Amichi Ginreconfulti, non avendo trovato chi abbia fcritto,  o detto in contrario del Dominio, che ha V. SereniiU lopra il Gol-  fo, dìfsero, che aveva prefcrizione immemorabile, volendo dire non  efservi bifogno di mollrare altro titolo, facendo quelVeffotto la pre-  fcrizione tanto antica, che fi abbia a credere il maggiore, e'I piò  laido, e forte, che poflà mantenere tal polfelTo; conira i quali non  conviene llraparlare, dicendo, che fono ignoranti delle Storie, ben-  ché abbiano acquiftato come di prudenti , e da loro fi governi il Mondo .  Quelli, che forivono per la Repubblica gli allegano, e fe ne fervo-  no come diteflimonj, elTcndoflati in tempo della preterizione non mai  imerrota a’ loro tempi. A quelli gli Avverlar} oppongono tellimonj  di Storici, che riferilcono diverfi Rè in divelli tempi elfer venuti  in Golfo con Legni armati; e però aver interotta fa preferizione ;  nel qual calo fecondo i termini legali, bifognerebbe , che cercaflero  d’ accordar tali tellimon j , come facilmente fi propone , quando fi dè-  ce, che que'Rè fieno venuti con aver ottenuta licenza dalla Sete-  niflima Repubblica; perchè i fuoi Confultori Marc’Antonio Pellegrini,  e Jacopo Chizzuola nella dilpua fatta , prefenti i Commelhirj Im-  periali, adducono Principi, che vi fono venuti, ed hanno dimanda-  ta la licenza ; dove biiogna dire ^md folinmeji fieri, frefuminr feSum . Quel  ch'è folito a farli , fi prelume fatto ;edè benefpiegato ed ellegete dìCora.  Conl.z87.num.i i. voi.p.fapradi cheiContraddittori fi riducono adire che  bifognerebbe mollraie, che almeno due volte ne avelTo lata refifienzaj  Temo li, ^ Zz ma     36 ^ DOMINIO DEL   ma dille cefe fegocnti lo intenderemo^ oltre molte altre rifpoflc le*  gali) che ù pofsono dare a tale inllanza; ma perchè centra G grati  legge della prdcrizione fi ardil'ce di parlare) cos^ fi dee rendercon-  to dì titolo di COSI amico pofTefib per ovviar per via di ragione,fe  fi può) a quel malC) che potrebbe nafeere per mala ed ingannevo*  le perfuafiooe di cofioro» Se ne parivi altrove) ma per oi^nitk.   Ora quefii tra gli altri fìngono di parlare fopra il ]us belli ^ che  ha la Signoria Screniffiiaa ) il qual titolo toccano, come parlano  appunto. Non fanno, ma faper dovrebbono, quandola guerra ègiu-  ila queir eflere il piò faldo titolo che pofla aver una Repubblica, e  qualunque altro Pnneipe deVuoi Stati; perchè quello vince il Jusna^  furJcy e mette fervirtù, dove la Natura , non che il Jut genrium  ha melTa liberti, e comunione; onde fi vede quanto ridicolo riefee  il di(pmare,cbeneirun Potentato EcclcGallico, o Secolare polsa farleg*  gì, dar termini , o conceder cola in pregiudizio della legge natu-  rale, t con quello gli altri inicG, vogliono, che riefeano bagattelle.  Vuole il belli y o Jus gemhtmy che vinto il Nemico, tutto quel*  )o« ch’egli pofiede s'intenda del Vincitore. Il primo premio, che  zia, dove Baldo dice, effe re come dar della teda nel Muro/ inque-  do. oKiza . bifogna mantenere il poflellb a chi lo tiene.   Al Cecondo fi. ciCponde, che quando la Repubblica fbndaffè le fue  ragioni. fbpra..puMlogj le baderebbe la faìna dèfTi;CosÌ conclude Ma-  riaoo Cpccina nc Cuoi Conigli ; come fa la Sede Appodoiica trat-  tando la ^a^ooc de'iuoi Stati, che non L’è necciTario naodrare alcun lo-  dcuoiemo JeTcoiacquidi. Sarebbe error grave tnodrairli per farli legge-  re, diffidando della fàma. £ quando la Repubblica aveflìr a moAraregl*  Idxiuscnù ripofU. nella Segreta ,ic le prederebbe pienifCma fede ? A que-  do proposto, dicono i Giureconfulti non elTcr lecUodire, ne menopenfà-  re, che laiRepubblicadicelTe una fallici, benché delfuocomodofitratci;  cost aliega'ilCardinalTofco ne'Cuoi Volumi delle Capitolaziom praticabili.   Àltcrzofìrirponde; cheCe il Papa aveCse conccCso tal privilegio, fen-  za la libci^ ve^ontV, quando ritornò in Roma lo avrebbe rivocato,  come fece PalqualIL de'privilegj concedi ad Enrico IV. Imperadore,  quando esa nelle lue mani/ il queir fcibko giunto a Roma in pub-  blico Concifloro li rivocò, come editti in dato, dove non era indio  potere di negare; e fé durano i titoli privilegiane* Rè di Napoli con-*  celila Guifeardo da Leon IX.. quandolofecero prigione eo’Cardinali nel-  la guerra di Benevento y perchè non li rivocò* quando tornò a Roma,  mcglia avrebbe a durar quedo fàttO' da Papa,, che non fu mai prigione  in Venezia ,ie fe avelie voUmo U Repubblica edorquere tal privilegio ,  ed altri titoli,, gllavrebbc avuti mdto prima dallo llefroLeoo IX. quando  venne a Venezia., del qual anche la Repubblica aveva prefa la dif'ela.   Al quarto fi rllponde, che Papa Àledandro, quando dille HocMa-  wl ipfum Mare ha* detto di qbedo Golfo, il quale comincia da  queda parte, ed intero, (enea mutar nome, fi donde fino a Corfb;  nè manco più oltre vogliamo , che ptflì « òsi fi ha intefo da tanto  tempoinquà, che non v’è memoria in contrario, chefinal prefente  ft chiamatGolfcr di Venezia. Ben> ir DottopìNapoliiani aivevano impara-  to nciUdifputa tra’ Francefi ,. eSpagnuoU per caufa de’ Confini dei Ca-  pitaniato, le fodé deif Abruzzo,, o della Puglia*, dove fio tenuta concili-  fione pergliSpagnuoli , che nella difierenab de nomi, e de* Confini dél-  IcProvincic, fi debba^attenden fempre alfulo prefenter. Fu confemiaca  qucda> ragione colie armi contra> i Francefi; pCTÒ  nemcnte quando fi À il mireflb d'nn podere, balla una gleba d'ef-  fo; cosi per hoc Mare lì e intefo tatto T Adriatico, dove fi ebbe la  vittòria, ch'era avanti gli occhiti ut: n   Ma quclladifpau i friulratoria, o perdimento di tentpoi, che la Re-  pubblica non dice d’elTerPadrona del Mare, perehè il Papa le abbia còti-  ceflb privilegia, nè il Pape in quella parte fa conceflìone; ma dichiara^ •  aiODe, e coDcefrione, ebe làRepubblica fiaSignora del Marò Jkre talli,  ebe qucHoTha de Jurt gaathm; e di tal dkniaràaione fe n’è compia-  ciuta la Repubblica, ad imitazione di Nollro Signore, le cui azioni fo-  no inftruziòni noftre ; ilquale ficompiacque della confellìoiw, chePie-  uo fece qualtncme era Figliuolo di Dio; quando non fi voglia, che il  Papa, d qual è nel pofiéflo prenatrato anche di maggior autorità ,  non abbini fiuta tal dichiarazione; queflo non leva alla Repubblica il Do-  mintojm talli acquillaio, per aver vinti non foiamente i Rè di Sici-  lia, ma i Saraceni, ed altri Infedeli, e perfecutori di Santa Chiefa;  nel quat cefo dicorm i Giurcconfulti , che lènza- altra dichiarazione,  oConcefiCoite Pontificia fi acquifia piena ragione negli Stati conquilla-  ti di mano d’efii. Ne daimo efempio de’ Rè di Spagna Aeiracquifto  di qtie’Hegni filori delle mani di uli nemici, c pètA ivi nen rico-  nolce fuperiore flmpefadore, inquanto gli abbia a comdtidare ; Con- i  eludendo lopra quelli quattro capi anche a modo degli avverfarp ;  che il Papa non abbia dette quelle parole , e fe dette le ha, non  abbia avuta aumriib di dirle / confidcrino bÓMy e vedranno con qual  azione aveb potuto dirle il Papa. ->   A chi vince i Nemici in Mare, ebe occilpavaiio, fi dee J tare talli  flmperio del Mare; LaRepubblicadi Venezia havifiti ìNemiciinMa-'  re, che occupavano; adunque a' Veneziani fi dee ima talli l'Imperio  del Mare. Si provala maggiore per li Giurcconfulti , i quali dicono^  che la Vittoria db in mano del Vincitore tutte le cofe, e di quello,  che alcuno ha prefo in guerra ne ha il Dominio : ed aliti Dottori di*  cono, che finite le guerre i popoli vincitori , tutte le terre, dalle quali  hannofcacciati i Vincitori pubblicamente, ed atiiverTalmentc dicono loro  Territorio •,SicFtac.daCa»iit.Agt. frf. Bap. ^jnn.ila Allimianitut Cap.iy.  m. 9, /iè. II. E ne’tcTffliai dcIMain, che fi faccia Territorio , e pol-  Icflione di chi vittoriofamenfe vi ha combattuti , e vinti i Nemici  diremo, come allega ancoraGioiFrancefco da Ponte dnadeDottoriav.  vetfarj nel fuo lib. de PattHata Prafrii eap.ìj^ Uti Re» fama coner*  tojiam a»mE*areia», iti efiTcrrhartum Ragia , & aala Ttrritariam di-  ainr a potaftata tanamis, ÌT Jiaua dkitwr Cataefis prima; Spiritu Do-  mini faratarna fiapat aquas , Jia famr fapar Mate paaaftaa éatanris Jn-  rifdiSianam. Cioè dove ilRè va con efercito contea iNemici, ivi è il  Territorio del Rè, perchè Territorio è detto dalla ^ellb del tenere,  ficcarne fi dice nel primo del Gencfi ; Lo Mrito del Signore fi tras-  feriva fopra Tacque, cosi fi trasferifee la Ginrifdizione Ibpaa il Ma-  re a chi n'è reliato Padhme.   Perloabè t Romani lotto Scipiane, vinti i Cartagineli, dice Polibio  nel lib. yuikviSK iaflitm Impari» Maria fojiai fiata ; ciò! vinti iCar-  tagmefi, tolat.le loro Navi, emefli i rollrtnellelororeftò flmperio del  Mare a'Rommilip iMtadaa.i, lib. 4. Satalt.diS.^lit.^.   Gli Atenieft potimun tc dopo la- vktoria di Salamina contra i Fani   con-    Dic;    : i;y Google     366 DOMINIO DEL   «onfeguirono, dice Lcuda, rimperio del Mare. Qui anche fa a prò-  poCto il cafQ allegato da^i Avverfar), che Ferrando figliuolo del Rà  Ferrante con 53. Galee paisà tutto rAdriatico, e fugò la numeroia Ar«  mata de'Veneziani fino a villa del lor Generale Marcello ; didrufle la  Dalmazia con tanto terrore de"Veneziani,die dice il Sabeliico diél. 4. Iib«  2, Eififtinunttt flHum effe àe Imperio Marit\ perchè da quello ficavapari-  mente, che chi fuga e vince Tarmate nemiche nelMare,togliendoad altri  riiien per fé Tlmperio del Mare divenuto Tuo Territorio dai tener fuorii Ne-  mici , di modo che TAdciatico farebbealiora divenuto tutto Tehttorìo de*  Rè di Napoli ) ma v| lalciano il piu bello da narrare . Del vincer , e del perde-  re nella guerra fifa contoin fine ; difopra abbiamo Bellis bakitis dove   quello avviene, conte negli altri giuochi; chechinel principiovince, alfi-  ne dirperataraence perde/xomeavvenneaPompeonellagucrra centra Ce-  rare; nel principiogloriaodoC di certa vittoria, come appunto ora fan-   no gli Avverlar); non fanno fcrivere di ceno poco dtfordine accidentale;  onde perchè la narrazione di quel fatto abbia a galligare i Milantatori de*pri*  mi lucceiTi nelle guerre, e perchè torna a propofuo per provare la fuddetra  nollra minor propofizione flendcremo il luogo del Sabeliico, che Io narra.   Federigo ArrigodiFerdinandofigliuotopiagiovanecon43. Galee, eFu*  fUencròneIportodi.M,,Diedequelloaflàia temere al Sonato; edera veri-  Amile, che il Nemico ivifermandofipotelTc contcnderea Venezia il Mare.  Tutta U Citik aveva gli occhi rivolti al Marcello , cadauno a lui , ed alla fua  Armata guardava ) credutoaver perduta SignoriadelMare, quando non  fofle cacciato a forza il Nemico di quel luogo , il che era mantfcAo non po-  terfì fare fenza grave confiùto, Stava adunque laCitthin afpettazione,  che Marcello, ilqualera a Geldra, o ardefle TArmaca, che aveva nel  Porto Anconitano, fopravvenendovi alTimprovUb, ovvero la conducete  olfattod'armi, elalcaccialfedi 1^; mafrateanto, ch’^lifupplifce a'bi-  fipgni delle Navi condotte dal Pò , mentre fi apparecchia la vettovaglia , ed  ogni altra cola bilogne vale , il Nemico non fi tenendo Acuto io quel luogo ,  fatta vela, fi part'i d’Ancona, prima, che vi venineTArmata Veneziana.  Panar» tal cola grand* odio centra il Marcello fpezialraente del Volgo, ù  quale mifura il tuuodalT avvenimento; e giudicò, che non fofTc (iato ar-  dito d'andare contrai! Nemico venuto in alto Marc per mofirare dinon ef-  iere venuto in vano, alTaltando alTimproviloLUlairela della Dalmazia.,  qiiafi tutta con ferro, e fuoco la difertò.   Cosi parlailTefiimonioallegato dagli Avverfarj, dov’è prima da no-  tare, cheTArmaia Aragonefenonfugò lanofira. Secondo, non vi enar-  rato il tanto tremore de* Veneziani. Terzo fi vede, che non i Veneziani,  ma l’Armata di Napoli era alquanto tremante; imperocché dice, che il  Nemico, non fi tenendo ftcuro in quel luogo, fece vela , ma vediamo piò ol-  tre, chi ebbe il tanto tremore, perchè 1 Autore di quella Scrittura non  ha inietto il Sabeliico. Si vede dall’ eiroie, che prende circa il nome di  Fernando BgliuoIodiFcrranteconM.Galee, in vece di Federigo figliuo.  lodi Ferdinando COD43. Galee, eFuAe , ^ice ilSabeltico; adunqueque-  Ai dopo aver meffa LiÀà a ferro , ed a fuoco andò ad aflalire Corfò , Pietro  GiuAinian, e Niccolò Bigan, dicono Curzola, dove da principio furono  fi terribili gii alfalti, che ad un tempo vi pofero le Scale alle mura, ondo  avevano fpaventaii i Terrazzani, Giorgio Viaro ivi Capitano, diffidane  dodel poco numero de’ fuot , hfpettoaquc! de'Nemici, per intimorirli  fece fparger voce per la Terra > che rArmata Veneziana lo veniva a foc-   correre,    Digitized by Google    y     MAR ’ ADRIATICO. 367   correre, efecerUrealIc Campane per tutto, e levar dalle mura un lieto  grido, che gàvenilTe l’Armata. I Nemici dalla paura del pcridsio agita-  ti, perduti circa aoo. fi ritirarono inMare comeOmbre, e Ipiriti tene-  brofi di procelle , anzicomeComacchie, che fuggono il (uono delle Cam-  pane de' Campanili, dove fi aggirano.   Vibannoanchelaiciatodidire, cherArmataVenezianaandò a pren-  dere a forza Gallipoli in Regno , dove li llende la Colonna in confine  dell’ Adriatico , e Ionio; e che Trento Terra de’Tolemini, Rudis, ed  altrevicineTerreim^ientidelcal'adiGallipali,fi arrenderono, oltre di  ciò hanno lalciato, cneFerdinando vedendo fi grave rotta in cafa fua,  pensòalla pace, ^guerra fu la sfortuna di tutti i Principi d'Italia con-  giurati cantra i Venezianiper caufadella guerradiFertara , dellaquale  (crivc il Giovio nel principio delle Storie, ed il Guicciardini nclLibro ot-  tavo nel principio, dovelìlegge, cornei Veneziantconfe^uirono la pace  onorevolmente per fe, e vittuperofamente pel rello d’Italia, che con fen-  limentotantogrande, e nel tempo che fioriva di ricchezze, d'armi, e  virtù s'era unita tutta contra. Per concluderla vi fu lafciato tutto il Pole-  fene di Rovigo , ed i Rè di Napoli per la fuga, fe pur avellerò avuta qual-  che ragione nel Marc Adriatico ravret^apo perduta.   Vi farebbe anche per provar la minore la fuga dell’armata di Federi-  go II. ImperadoreRèdiSicilia, e Napoli recitata da PandolfoCoUeru-  vio nel libro 4. delle Storie di Napoli , oltre di ciò la rotta data da Ruggie-  ro Rè diSicilia, ilquale infeftando l’ImperioGreco aveva prefoCorlò,  dove fatto un Arfcnale, dominava tutto il Mare . La Repubblica , che  aveva giulfamentela protezione di quell’ Imperio, fe gli mollè centra  conArmata, loincontrò, c ruppe dice Tommafo.Gazzilio Siciliano Scrit-  toredellaStoriaSiciliana Ub.p.dec. z. Commijfo prttio ex fuisTriremi-  ha, undevìpnli amijps , fxinUTfifqut yRugeriui vilha rwn Juueis dijjì-  pttiiSicilimi profughi & pojit» bello fe fuitraxh . Cioè lucceSà una  fanguinofa battaglia Ruggiero perdette, e fommerfeip. delle fue Galee,  con poche , e diifipate vinto fe ne fuggi in Sicilia , e poi Rette ritirato  fuorde'travaglidellagufrra. Parliamo adunque, ficcome abbiamo de-  liberato centra Federigo Imperadore, come quello, che abbiamo detto  elfer chiamalo DeminmA&odi, ed è quello, che i Dottori dicono, che  il Mare fi pofla far proprio , quello concederfi , e fe egli vinto ha ceffo  al Vincitore il luogo, fiamo nella regola Finro vineentem. La Repubbli-  ca ne aveva il Dominio exiiujhii ad omnes , quella dunque farò per  finita pruova della minore..   Edin rifpoRadelquintoArgomento degli Avverfarj, col quale parla-  no, come dicemmo a propofito, ma vanamente in riguardo allave-  ritò dellaStoria, come a quello invigilano tutti i Regnicoli eccetto  il Collanzo autore, e tellimonio degli.Awerfarj, l’Auior degliAnnali  Ecclefiallici parte per emenda , c parte per rifacimento di guanto  ha fetitto contea la Monarchia di Sicilia , li è melfo a quell’ unprc-  fa , ci ha prodotto per apparenza di tellimonio uno Straccia fcritto  da penna d un altro Regnicolo, ed un'altro Apocrifo fenza nome ,  trovati folamenie a quello tempo tutti due a bufi leggere difuccelC  di quattrocent’anni, vogliono anteporli a' Scrittori pubblici di quel  tempo, a tante memorie antiche di Marmi, e pitture antiche non  mai contraddette . Se Romoaldo Arcivefeovo di Salerno , del quale di-  cono elfer uno degli Stracci prodotti, non fa menzione di quella vit-  toria,    Digitized by Googlr     368 DOMINIO DEL MAR,ec.   torit, non va la confcguenza, che pon fiafuccefla; poflbno enervi  mille caofe d* una tal ommUTione , o per invidia , o per fcoprire U  mancamento , e Timpotenu del Kè di Sicilia fuo Signore, o per  non confeirare il Dominio di Volita Sereniti, o che non ha Icritto,  • che gli è (lato levato, e fìmili. Si adducono anche altri , che  non ne parlano punto; a*  niche, e Pitture palefano.   11 Padre }acopo Cordano Gefuita in una fua Cronologia fcrìtta in quei  Ila materia feguita per fuo Autore il Compoficor degli Annali, ma  non nega quella vittoria, ed i PadrìGefuiti, chehanno mandato fuori  in Colonia un libro intitolato Dtfenfiones Ànnatium Ectlejiaftkorum .  non la negano ; però per pruova della minore , e per rirpolla del  2.. c. 63. dove introduce il Cardinal di Mono-  poli a dire al medefìmo Pontifìce dell^ltalia, come la liia liberti ,  e grandezza rìfiede nelle Lagune del Mar Adriatico; e come fi deb.  bono bilanciare t fervig; della Repubblica antica, e moderna fatti a  Santa CKiefa, ed a tutta la CrìAÌMÙt^ parimente; (ìccomc ampiamen-  te fi leggono in molte Scorie i validi ajuti dati per 1 * acquifio di  Terra Santa, e le vittorie ottenute centra Infedeli, f ubbidienza ver-  lo la Santa Sede, ed i Tuoi Sommi Pontefici ne* più urgenti bifogni;  ficcome ad AlelfaRctro III. fugato, e fcacciato dall’ Imperadore Fede-  rigo Fnobarbo, per la cui li^rt^ , ed onore prodigo fu il Principe  Ziani, e quel Senato delle facolcli, e della vita tu acquiilare quella  famofa vittoria in Ifiria al Capo di Salbore con cattiviti d* Ottone  figliuolo dell’ Imperadore , e non effendo mcn liberale ne* tempi di  Leon X. , ed altri Pontefici ec. Onde gli Avverfarj non offendono  la Repubblica, ma i loro Principi, mentre vogliono indurre i Mi-  niflri non folo a far guerra , ma a commettere infame latrocinio ,  dicendo S. Agoflino nel lib*4.c.4. e ò. deCivitate Dei. Remora Jufti-  tia quid fum Regna , nifi magna latrocinia ? e piu oltre muover  guerra a’ vicini, e procedere ad altre confeguenze, e per cupidità di  Regno affliggere, c foperchiare i popoli, che non danno impaccio,  che altro fi dee chiamare, che gran latrocinio? Penfo d’aver adem^  piuto a ciò, che per tal materia brevemente fi abbia potuto dire,   GRAZIA.    I N-    Digitized by Google    369    I N P E 5^   L I B R O R U M  PROHIBITORUM   , Pum R?§uii^ pqpftfli* p^r P^trcs a Tridentina  Synodo dclcAos.   ' AWCTORITATE PII IV, PRIM^M EDITUS.   ■ 1 -i .   f»Jìe* vtra ^ S/nt» ofiiu   jht   Et KUNS p«MVMS.p. n,   ' c'x- E M E N T I S ^ P A P ^ Vni,   ' Jitffu rtu^iùtia , ^ paUictun.   INSTRUCTIONE adiecta,   {V mjuniét fnhUmmh , itfiù Jbictri tmeniaitdi , ^    CLEMEN5 PAPA VIIE   Ad perpetuam rei memorfam . '     tacaosaNCTUN acho.  Uem Mii éqNfinMii fise   ^ PcopUccRi Mtcter-  tìitfì iàUiKin confc^tu ne-  mini Ikxt > ut Ciivua in  Ecclefla Dei perpetuò eoo*  (tfvaresur » p^rifque iovioUrutn crade  aercitanm, ut haoc fideà catbo^ìca; dpr    firnwfM ioGigrkttem t (»Unm » incorna  pcam^'ie òi Mcidila Dei reciaarent, A*  poAokci animi magnitudine» prò muro  domuv Ifraei, advcrAis einrdeni fidei ho*  Aes»^ fciproa oppooentei, ne iAoram do-  Hi, 8c infidiia imprudenter> &limplick>  aiit vctcres ex infcm excitanecr ficn riiu: Noi. ranl eandcm Pjì pndeceiToris  Tri^ntitu Synodba» pefVileijceiB ooxicv- Conllitu^eoem» &]iiclicen>y acReguias«  TUO libroTuo copivm , qoc plbs. nitpio ^uonim q^iam. tenorer haberi voiutous  cxercventr coerceiet auferre èu> cxpiemh ^uam hxc ip^   p'iens prìnram quìdem dò^iflìmos alì- ta> prour ìnKrms dcfcrìpt# Aific oronui  quoc vnosnfetl^iei qu^de d^T||hgila»i|in^oi^araAp^ft^fi^^ tenore   ^norceti^,;fc,der^r 4 ^tt''.*’  pcrmota» ad ipfxm Apoftblicam l^deni» gurarìbui peribnis ubiqiie loconmr exi-  uucgram rem défertndara Aan]tc»-Itaqpe Itentibua» Aib ufdem p in did^aPìì  fel. ree, Pius. Papa qitamìs przdeceflbr, ConnjtDCrone COTcentis» obiérvari prvei-  noAcr, qat hcofcTw xpbrrpacV J de; (fiadamut^rQ^ «ovai faci-   fa fedebat, Przbcis qui&atàam doé^rina» Itas negqtuim» cùm prombìrionìSf rum  & prudentiaprxlUntibusy^adbibirxar.^DK^exputjacioais, de imprcfConia libromm  dìeem librorum prohibitofun) » À Re^* pcragamr» eas omnci £acalcate mein. Fias  firevi^, proinulgavic ì de c/ufmodi noxìo- Qiintus. MagiAro facriPalatii primum >  rum Itbronmrdetrimcncisdicpcitcnn^» op- dcipdeGrcgoriin dccimas rcrtius > 9c Stx-  fortunè- pfOTìdìt, CarteruTn , Ticct illa tur qumtusi CardinaTibosCongregarionir  prò rempfìrtii raiionc prudenter ruqrinc predi^z concelRrtinc « quornm tcnores  rune conAiruca j rameó'^ -Icum Sarimiz me vofaraus haberi proexprefliSi conAr-  afhuia» in bujufniodi librorum edhione mamus* Se qiucenus opmeA innovamus.  finva ili dfi^t mala ( nam.polV in- bis ornniros, qu;r addiùi in bne In-   ìUlhI tempi» afit erùm libri pcrnicioA dice» noti adverfantur, volumurqric pro-  partim cqnfcripri , atqiie «dici. parcim> prcreai ac dccemimus > ut fi q;;x inpo-  qui fcriplfì e^aKc» de antèa JcTicùerthti' Atrum dubìtaironet aùttóntfoverfix circa  in medium prodiere i ic mem. Sixtns Papa Quinta» przdccef- aliomio» qut prò tempore fiiper Iiunce  òr noftcr,|mildt ilIaArari«« acque àd hu;iifa)odi deputati fherinv» rd'eraneur i  l’cgoUi a^iMs neceflàrif» rebus » liianda* & ex fencemia eonindeih* Cardinalium  y vie » nr nonuutli alii ejufdear generis (i- nobisi aur fuccefioribus noAris > fi rei   bri V eidem* Indici ad^ereptiu; . Vei^m gravita» id poAulaverit» conrultis>decla-  curo: idem Sixeus I rè minimé abfoluca » ^ rencur» & decidantur, quorum audorì-  humani* ezcefcrìtJ Noe la fw fqi»» fai^ fuem » cuir pennittcndtt » tum prohi-  ti quantuiTP CQQT Doniìoò' poiAnnez con- bendii ex{àirgandis » 6c 'imprimeniis 4ì-  fiilcntes» quodjampridentiiuliccrarpcoior brit , airifqoe ad eam rem pcrcìncnribos  9c a mulcis- dia defideratunr cratr hoc expiicandìs» volaouis efie przeipuam, ar-  tempore oronino perficiendum » atqw in ^ èra mandaimts ab oomibiis venerabi-  locem edcnditm duxtaui-- Venerabiliigi- libus Aatribos noArisPatriarchis, Arcbie-  tur fratrr noAro Marco Amooio Epìl^ pifcopii» EpKcopis» aliifque locorumOr-  po PreneAino de Colamela dilt^is dinariist  «uroque gradò»» ordini»» aoc diruti»»  Oc Marie Angelorairr intbensi»^ Borro* cam EccìefiaAicis rccnlatibas» vcl regu-  meo, Fratinlco SanOcMaric Tran^n* laribu»» quiro laici», quocunanebonore,  tiuc Tcd'eto r titulorum Presbyteris» nec*^ ve! digicitare prediti», ioviolabicerobAi»  non Afeanio SaoOe Narie in CoAixdio vari. Non obAamibos ApoAoIùis» acin  de Columoa diacooo» Cardinalibu»r fu- tmivcHaUbo», Provinctalibm» & Synodar  per hnjufmodi Indice per no» depinari», fibus Concilii», editi» generalibu» » vd  aliifque pit»« ficcruditis» viri» in colIfi•^ fpecialihusConAitationibut» drordiiurio-  liom adhibici», ca omoia, ac fingala» nibo»/ ac qnibufri» Aatml», 2c coornetit-  qoe a Suro quinto» oc fupra dixtistt»» dioìbus» etuni fitramento confirmatione  ìnAicuta ennt, diligcmer exiroimnda» ApoAoKca» vcl quavi» firmitace alia ro-  «ommilinm»» que cum magno Audio vÌp> bomis privilegi» qooqoc indcllds» fieli-   ter»    Digilized by Google    PROHIBITORUM. 371    teris Apoftolìclst rubquìbiircunque teno>  ribusj &- formis in cor^crarium pnrmif-  forura conccflif t confirnoarh , approbacis,  & innovatisi Qjtibus otnnibus. Oc fìngii*  lì etiamfì prò ìTlonun fufficienci dtroga-  tfone   fpeciaUs, rpecìflca» Oc ad verbum in(«r*  ta mcntio kabenda cCkci tenores hujul*  modi przfenribns prò expreilis habentes,  hac vice dnnraxat, rpecialicer» &exprcr>  iè derogamus *. czccriiqne conrrariis qui*  bufcunqiK . ^cemenccs camndcm prz-  fentium cxemplis, cciafn imprefljs, No*  tarli publicì manu fubfcriptis» Oc figìtlo  Trslati a!icu/us Bccldtafticì obfìgnatis»  car^m haberi fidem > qux hibcrerur ip-  Hs prxfentibus, iì forenr exhibitSi vd  oiicnfx. Dar. if’urculi, fnb Atmulo Pif*  ratoris . Die decimafeptìnia OOobris ,  MiHenmo quingenrefìmo nonageiìrao-  ^ninto , Pontilìcarus Noftri , Anno Q^no   M, f^ìus Bibrianusy   PIUS PAPA IV.  Ad perpetuam r?i meraor jam .   OMINICI ^egis cuftodix >  Domino dil^nente» pr^po*  fìci ) vigilili n>ore paftoris*  non dciìAimusx ipAgrcgi ab  immineniibuspcricuh's ,quan>  ta maxima pofsomus cura, & diligencia  rrcavcrc, ne propter negiigenclam no-  um peream ovcs , qnz prction/Cmo  Domini Noftri Jcfn Chrifti fanguine ,  fune rcdcmpcx* Eifì autem, qua adAdeì  vesitacem parefacicndain , & ad horum  temporum hareics confutandas pcrtine*  bant, in orcuraenico, Oc generali^ concK  Ho Tridentino, SanÀi Spiritus aflìfteiK  ce gratta, nupcr adeò enucleata, ac de-  finka fueriint, ut facile jam fit tmÌcui->  que fanaro catholicamque dodrinam ,  a falia, adulterataque intemoTcere ; ta-.  men cam libronim abharericis ediroram  iefiio, non modo Cmpliciores hnminet  corrumpere folent, verura fcpd etiamdo-  ùoi, cruditorque in variot crrorcs, Oc a  veritate Adci cathoticx alienas opinionet  inductre, buie quoque rei effe diximus  providenduno Cum auietn aptiiBmum et  inalo remedium c0e feirerDus, A compo*  neretnr , atque ederceur Index , Ave ca*  talogus librorum, qui vel hzretici fìnt,  vel deb?tciica gravitate fufpcfli , vel ctr»  xè ptoribua, Oc pktaù ooccanc; idnego»  Tvm ìk    tfum ad facram Tridentinam SjrnodBna  rejeceramus . Ea vero ex tanta Epifeop».  rum, Oc aliorum dodiflimorum virortim  copia delegit , ad eum conAcicndum in*»  diccm, multos cum doéVrma, tum judi*  ciò in/ìgnes Pralatos, ex omnibus fere  nacionibus, qui quidem non Anc maai'*  mo hbore, phirimifqua vigilits euro ii>^  diccm tandem , Deojuvante, perfccenmt»  adhibitis etiaro in conAlium Ic^iflimi*  quibufdain Teologis. Prraé^lo aatcroCon*  dlio, cum ex iplìus Synodi decreto, is  Index nobis oblacus fuifict, nt ne anrc  ederetur, quam a nobis approbaius fuit*  fee, nos doAiffìmis quibuldam, probacìf-  AmifquePralatis eunaccurati0ìnrk Icgen-  dum , examinandumque tradidimus, &  ipit edam Cumigkur cmn ma-   gno Audio, acri judicio, diuturna cura  confefhim. Oc praterca commodiflimèdi>  geAum e(W cognovertmus ,* Nos falutiani-  marumconfnlcre, camqueob caufampro*.  videre cupicntes, nc libri , & fcripcacu^  iufeunque generis , qua in cd-*improbai>*  tur, fìve ut harccìca. Ave ut de hzretifa  pravicate fufpcffa, Ave ut pietati, acmo*  rum hoocAatt inutilia» aut aliqua corre»  fHone faltem Indigeniia , poAhac a Chri«  Ai Adelibus tegamur : mfum ittdiccm,  nnacuro Rcgulis et prarppfitis, anAorirate^  ApoQoItea tenore prafenrìum approbamus  impriroique ac divulgar! , & ab omnibus  UnivcrArafibus cathoNcis , ac quibufeun^  qne aliit, ubique. fufeìpi , eafque Regulas  obfervari mandamus, atque dcccmimiis;  Inhibcntes omnibus , Oc Anguh's, ram  EccleAaAicis pcrronis,SarcnIaribDS, fir Re*,  gularibus, cu/ufeunque gradui, ordinis,&  dìgniiaiis 6nt , quim Laicis, quocimque  honorc,ac digniiate praditistne qiits cen-  tra earum Regularum pr^rcriptum, au(  ipAus prohibicionem Indicis, fibros uUos  legere , babenve audaas . $i quù autena  adverfus eas Regulas , prohibirionemque  Acerit, isquidem, qui hxrericorum li-  bros, vel cujnfvis auaorisfcripta propter  hzrcAm, vel falA dogmatis lufpicioncm  damnata, atque prohibitalegerir, habue-  ritve , ipfo ;ure in. excommunìcationis  pGcnam incìdac, eamque ob canfam in  eum , tamquam de harefì rurpcdiiin in-  quiri, Oc procedi liceaa.' przter aliaspor.  nas fuper hoc, ab ApoAolica Sede, f»-  crifque canonìbtis conAitmas- Quiautem  Hbros a|Ì4 de cau/a prohibitos Icgerit,  habucritve , prxter peccati morcalìs rea-  turo, Epifeoporum arbitrio feverd fé no-  verte punienduflD , non obAanrfbus con-  Ainitionibus , Oc ordinarionibus ApoAoli*  (is contrariis quibufeunque, aut A quÌ-«  Aaa i bus.     37 i INDEX LIBRORUM   I)Ri comfTiunirer, vel dìvirim, ab eadcm tadm faumlMMipt^dìmunanT'Jcllbe-,  /ic Sede indulcum , nc cxeoinirxinicari raiiowmt wncruRi, ut jiulUartnt nUùi ir: ‘;7-  pf>(Tìnt; per Iitera$ ‘Apo^olicas, non fa- us fitti poffe% tfttàm fi F^itutniu ÌUe  cientes pcrnam»& expre(ram> ac de ver* forum ^.'^rruriati Index , aò tn^uifitorìouf  ^ a^yerbum,de indulto .hiijurinodi menr tM pofiremò nnfediuf ^pa^lelftanllm dttr.pùs,  (ipnem. Ut h«c aucem ad omnium nO; «ifae erùm addiiìst Teùneretur s ^nippe  neve quìs excufaritv cum ma^r.a mAturitate 2 mulfis virif doÙU  pe ignorationis uti pofGc» voItiiDUS> & cempofiiuj , piurlmot compre(:endat au8oft$,  mandamuijUt hz licere per aliquos Cu- «if«e /a erdinem fatU commdum diiefifu tf-  ri» noflr* Curforef in Balilica Vatica- fe ^idcatur.    rii PiÌBcipis ApoAoiorunij & io Eccle-  lia Laterancnil cune , aitn in eis popu-  lui» ucrmirarnmfolcmnibus inccrni> con-  gregari folce» palam» & cUra voce reci«  lemuri & poflquam recitate fuerint ad  valvas earutn Ecclefìarum » itcìnque Can-  cdl 4 ri» Apoftolic» » & in loco folito  Campi Flore afligancur: ibique ut Icgi»  & omnibus innotefeere poflìnr» aliquarv  tifper rclinquamur* Cuin autem inde a-  movebuntur» earurn excmpla in iiidem  tocis affixa remancant. Nos enim per  rccicationcm hanc» publicationcm » &a£-  Bxionen)» omnes» & lingutos » qui bis  liccris comprehen^tur» poft tres menfes»  a die pubiicationis» A affixionis earum»  numcrandos» volumus perinde aAri£Ios»  9c obiiqatos effe» ac ù ipAfmcc ille edi-  te» Ic^equc fuiflent. Tranfumptis quo-  que carum, que manu alicujus publici  Notarli fcripta» fabfcriptavc » A figlilo»  ac rubfcripcione alicu/iis pcrfonz in di-  gnitate Ecclefiaftica conftùute » munirà  hKrint» fidem fine ulla dubitationc ha-  bcri inandamus» acque deràmimus. Dar.  Rome apud S. Pctrum fub Annulo Ti-  fearoris, die xxiiii. Marcii» M.D.LXlllI.  Pontifica cm Noftri Anno Qjiinco.   »^Rimus FioTeìfelUt Laxellìnut*   IN I N D I C E M   LIBRORUM   P R O H I B I T O R U M.   Confe£Iuin a deputatione Tridentine Sy-  nodi R. P. F. Francifei Forsrii » OriL  Fratrum Pred. S. T. Profcflbris. A c-  jufdcm Depucationis Sccrcurii-   UM SanSd ttamunuA TfldeutU  «4 Sytf»dMt ÙV roimììfus Addita  #.t g4j fjfcc « fecnuU fefioaU De-   creio Jub BeajlUimo Tio Qjfario  Toni. Max. txplicatj Ju» , c«i-  fmffet » «r Tarrer Ali^uct » ex ctmibui feri  nstlonihuf deU8i$ de Ubrorum etnfurif ^uld  Mutuendum tfjet » di/ij;e>ttcr coptaiiatus , in    j^oniaw vero ìiuelli^ebAnt t propiere* In  alì^Uibui 'PrttLìiuus , oc loels haSenus eum  fndìcem rteeptum non tffe^ i^«odÌ» eo ifuldam  ìlbri prol/ibereatur t quorum leOione viri da~  Bi pTivari ^magnoincommodo afficerniur » At-  que animo advtrttntts etMin» in eo effe non-  mUa forum expticati pafitUf qua interpreiO'  tlone indl^eretìt j re, multum diuque delibera'  tionibur abitata, ac vÌtìs etiam ex ornai no-  tiene, Tixoitt^ica facuìtatls fcìentifjimìs , in  coafilium adinbUìf » fuhieQoi Ryguiat compo-  ncndas ;ndir4rmr» ut quoad tjus fieri pofjtt,  dìBorum homlnum eommodht &" Jìudiii fai-  i'4 vtrhaie, oc reli^icne, frojpUeretur.   Jllud i^itur in prtmìe aà fervore oporiet,  utumquamque peni aipiìobeti literam , tret  hobtre ciajjet,   Ja primA non tam libri, quòm Ubrorum  fcripiorct, eoiuaientier, qui aut haraici, aut  nota Ifartfit fnJpeBi fuerunt ; horum enim Ca~  toìof^um fieri i^riuìt., m omw ìmeUi^ant,  eorum fcripta , non edita folum , fed tdenda  etìoM, Orohibìta effe.   Sed iitni etum aifimadverrendna^» quod  lieet muliì pratcrtA fini , qui jufiiffmìs de cort-  fis in Imuic ilaffem refern pourani , Tairibus  temoi non is fult animui , aut ad cerum per-  tÌKcbat ii|^ii«rj 0 ii » ut eot ad unum ferquirCm  nnt, fed Ut pene contenti fuere, qui in  mano Catalt^o dtftripti funi, de aliìf veri  ejufdem green'/ auBoribus , idem ab trèno-  rìU, & biquifitoribuf fiaiuendum effe exifli-  marmt.   Ih fecundam Clafjm ron auBortt , fed li-  bri futa r fiati , qui propier doBrinam quòm  tontlnent, non fanam, aut fufpeBatu , aut qua  tffenfionem etltm in morìbut untum fideiimit  aficrre potefi , re/ieiuttur , etiam fi auBorts ,  a quìbut prodiere ^ ab Eetìefia Tjaiquam de-  feherunt   Tenia vero & ultima claffis, eot llbrot  compleBìiur, qui fine fertpiopt nomine exìe-  ruttt la vulpts , & tam doBrlnam emtlnent ,  quam H^ntana £eelefia tzmquam eathoUea fi-  del , aut morum IntexTÌtail contrariam , rtfi^  tanibm ae repci/endraii effe defrrrtif .   >(on enlni om^es llbrot , qui Komen auBo-  rjt nonpraferunt, damnandot putarunt : quan-  doquldem fapè virot doBot , ae SanBos novi-  niii » M Cbrlfiìana quldem Ppfp, ex eorum vi-  giliir    DIgitized by Google    PROHIBITORDM. 373    lìiiU etpent » ^ ivr^ ìnstiem   rUm fvìiarau , ùkru ofnimoi /ine nemne edi^  àlffe , ftd tos taravm » ftu ent lujiiìdo prtvtm 1  «•w diibUm fidel doSTtnamy /Ìi« BMnA*a fcr-  uienfém ecniìnpu •   vero /mf hujnfmodl , aiit tales  omnino prohi-  beneur,   AUorum. autem. bxreticorttni libri » qui  de religione quidem ex profeflb trapani »  omnino damnancur .   Qui vero de religione non crafUnr » a  Thedogii catholicis, iulTu Epircopomm|_  & Inquifitorum exairinati» U approbari »  permitrunrur.   Libri eriam cathoUcé confcripti» cani  •b ini*» qui Qoftea in hxrcfìm lapH Ainr»  quaiD ab illis» qui poti lapfum ad Eccle-  uz gremium rediere» approbari a faculca-.  tc Theoiogica allcujus UniverfiratU ca-  cholics» vel ab. Inquinrione generali» per«.  mirti poterunc.   R E G U L A III.   V Erfìone* fcriptonim.^iam EcdeHa-.  Ricorum. quz haf^nui edita fune  a damiutis Au^Voribu*, modo ni-  hil conrra fanare do^rina cootineant »  permiccunmr.    Librornm autem vetcris teRamenri verr  fìonet» viri* tantum doOis » Se pii* Sudi-  cio Epifeopi concedi poterunc; modo hu»  jui^mondi vcrilonibu* tamquam elucidatici  nibtt* vulgatx cdicionis» ad intelligcndam  facram Scripturam» non autem tamquam  (acro texcUf utanmr.   Verfiones vero novi ceRamcnci , ab  auOoribu* prime cladis huju* Indici* fa-  neraini coneeJantur » quia utilità-  ti* parum»periculi vero pluritnum lefto-  ribn* ex earum lefUone manate folet.   Si qui vero annorationcs cum huiuf*  roodii^ qua permictunnir vernonibus» vet  cum vulgata editione circumferunrur» ex  pun^is loci* fafpcftì* a facultatc Theoio-  gica alicujus Univerfitacis catMicc» auc  Inquiruione generali tpcrmicti eifdempo-  terunt » quih^ Se vcrnones. *   Qu^ibu* conditionibus tocum volumen Bi«  bliorum, quod vulgo fiiblia Vatabli dici-  tur , auc parte* eju*» concedi viri* piis»&  do£li* poterunc.   Ex Bibfii* vero Ifidori Clarii Brixiant  prologus & prologomeru przcidanrur e-  ju* vero cexrum» nemo tex. vulgata edi-«  ^ionis ciTc exiRimet.   R E G U L A IV.   C Um expcrimcnto maniféRnm fìr» (t  Sacra Bibtia vulgari lingua , palÉm  (ine diferimine pcrmittaniur» plut  inde, ob hominum temerirarem» detri-  menti qiiam ucilitatis otiri» hicin parte  jndicio Epifeopi » aut Inquifuoris Recur »  tic cum conltlio Parochi vel Confedarii »  fiibliorutn, acatbolicis AuOonbus verfo-  rum» leAionem in vulgari lìngua ci* con-  cedere poRìnt} quo* inccllexerinr» ex hu.  jufmodi lefiione non damnum» fed (idei,  acque pieracis argumentum capere pofTe;  quain facnirarem in fcripti* habeant»   Qui amem» abfque cali facultate ea le-  gete » fen habere przrampferit» nifi pria*  Biblii* Ordinario redditi* » peccatorum ab-  folutionem pcrcìpere non pofEc.   Bibliopola veròqui prxdidam faculcarem  non habenc » Bìblia idiomgte volgari con-  fcripra vendidèrint» vel alio quovi* modo  concerserint» librorum pretium» in uTu*  piosabEpifcopoconvcrtcndum, amitrant;  aliifqoe perni) prodeliAi qualicace eiurdem  Epifeopi arbitrio fubìaccant.   Rcgulare* vero » non nifi facuirate 1  Prelaris fui habica» ea iegere» aut eroe-  (e pcdCnc.    RE-    374 INDEX LIBRORUM    R E G U L A V,   L ibri il!i} qui hcrcciconun Auélonim  opera, Imcrdum prodeuac , in quibus  nulla j lut pauca de Tuo appoiiunc»  icdaliorum di£iacolligunc>cu/uraK)diruiic  Lcxica > Concordancix , Apophiegmara i Si->  railifudincit Indice», Se hujuftnodi , fi quz  ne admixea, quzexpui^atione  geam * illi», Epifeopi, & Inquifitoris,una  curo Theologorum caibolicorum confilio  ^bJacii» eaMndaci», perraùrantur,   R £ G U L A VI,   L ibri vulgati idiomare de conrrover»  fiiss inier carholicos , Se bareticos  noAri tempori», difiercmcf , non  palGm i^rmìttancur , fed idem de iis fer>  veotur, quod de Bibliis vu^ari lingua  Jcrjptis , flatutam eft ,   Qui vero de ratione bend vivondi ,  comemplandi , confitendt , ac fimìlibus  argumemis volgare r«m»onc confcripti  iiiiu , fi fanam do^rinam coiuiiieanc ,  non cA cur prohibcantur , ficuc nec lìcr-  mone» populares, volgari lingua babiti.   Quod d ha£lemi» , inaliquo regno, vel  provincia , aliqnt libri funt prohibiri ,   2 'iiod ivooQuUa coiuùterentiqua fine dcle>  ;u ab omnibo» legi non expediat , fico,  fum aufloret cacKolici fum poAquam cmm Chiroman-  tix, Necromantir, five in quibus concia,  nentur fonikgia , veneficia , at^ria »  auTpicia , incantariooe» arti» magicz ,  prorfus rejiciantur.   Epifeopi vero , diligcnccr provideant, nc  AArologix /udkiaric libri, trapani», in-  dice» Icgantur, vel habeantur, qui de fu-  turi» concingencibus , fucceffibus , fortui-  cifve cafibus , aut iis afiionibus quz ab  humaiu vohintate pendenc, cerco aliquid  evcnn irum affirmare audene .   Permiiruorur auccm judicia Se natura-  ks obrervationes , quz navigationes , agri-  colturz, five medicz artis juvandz gra-  cia, confcripea fune.   REGOLA X.   I N libronim, aliammve fcripnirarum ,  imprefilo nefervetur, quod in Coucì-  lio Lateranenfi fub Leone X. feffione  decima Ratutum eft,   Qgasè fi in alma urbe Roma , liber  aliqui» fic imprimcndm » per Vicarium  Sununi Pont, de {acri Paiatti Magifiruin,  vel perfonas a SerenifiCmo Dominio No*  Aro deputaiula», prius cxamincntuF .   In alii» vero locis ad Epifeopum, vel  aliiim habentem fcicntiam libri , vel feri*  prurz impriinendz , ab eodem Epifeopo de-  pucartdum, ac Inquifiiorem hzrcticz pra*  vitati», e;us civitatis,veldÌGrccfis, ioqua  iinpreflìo fiet,e)usapprobacio, Se examen  pertineat , Se per eorum manum propria  rubfcriptione gratis, & fine dilatione im-  ponendam, fub perni» , Se cenfuris in eo-  dem decreto contenti», approbecur, hac  lege, de conditiorte addita, ut exempluas  libri iraprimersdi autheniicuai, de manu  autori» mbfcripaim, apud Examìnatorem  rcmaocat.   Hot vcrò, qui libellos.manDfcrìptos vol-  gane, nifi ante axaminati,probaiiquc fue-  rint, jirdemp^nitfubiicidebcrc )udicarunt  Patres depurati , quibus iniprclTorcs , &  qui co» habuerinc , de Icgcrint , nifi aurore»  prodidcrint, prò aufloribus habeantur.   Ipfa vero huiufinodi librorum ptobarlo  in fcriptis detur lA in fronte libri vcl feripei ,  xel impreffi authcnticc appareat , proba-  tioque de examen, ac czteragratis nanr,  pQt    DIgitized    PROHIBITORUM.    375    Pmirct, in fiiagatis cfVitatibaB > le Ckteniin nomìtUt ctzm Hbronim « ^ur  4i«cefi&(tt4 doonuyvet toei>,«bi an im* t Pasnbus «lepucac» porgati funt , tura  pretfotiL termnir » 8c bìMìothcat 1ibr» maiur defcripca» San£UiEmi Domiiu No-  ie hcreeiÈfc praricacis» oc nihM commi ftri. ìaiTa. tmdidit.. ■ ’ *   quK pfoiUbaxur» ant imprioiacuri auc. Ad c xa t ma re verò- oranibot fidbMm*  wdttnr» aòl hdieamr.. ■' prccipinir» ne qaìv aodeac eoocra hanim   Oranea ««t6. librarìi » fle qucunqne 1 n> Rcgnlamaó pm(crìptu{D« luchiijui Indie»  bcoQim. ecadéco res ^hab^c io 6iis bibiiou pn&biuoocm a. libro» aliqoos legem »  ibedi» ifidkxaadibaMnm mp^um» aufbabere. .   habenc» cum Tnbiccipcìone di^bruen per- - H qni> - libro» kat«rieofumv v#  Ibnarum, » aJip»viiproaL habeant » auc oipiìvìi Au^r» feripea > ob h«rentai''>cl  vendanoli ib? qujCBAqole adbnecridaoci ob £alfi A»mii» rufpietonem damnaca»  line lieencia corundem depucandoram » i^ue prohiDiéa, Inerir, live habucric»iU miniRri publici ejtlT'lo-  ci»i predifì» peifonis fignsfieenr » libro»   4 ^e addu£b».. - « ^ .   Nono veto aadear • iifarara » qo^  jpft , «aitati» io cÌTÙateiB mtrodoxie»  alwai lefeodutt tradem » mi aliqna fa»  tiona atnaare » «ar commolam » nifi o»   Aenfo pnnt libro » bi bab^ Ueaocia a hane ìmpnfBonem » & edìtioneni de nòvo  pec&fiis depucandi» » ant -oifr nocoeid. trlbui ^culcaiem Epireopis» veMnquifito*  «oofiei »> librasi jam c& otuùbux per- ribu»» toc Regutarium Sc^rìoribu^i con-    tini ia caconunicacionis Iracenciam iiw  tiiKrac. ’   - Qui verò libro» > alio Domine intetdi-  £lo»Wgecic » aut haboerìt, pretcr pecca-  ti morrai» rea tura quo aftcituri /ndicio  Epifcoponim fcvcrd puuiantr.   OBSER. VAt IO.   Ckra qmtrtam   - 1 . ■ — ■   A NImadVertendtim eft «Irta fapraraw  pcamqdattain r^hiiD Indici» felic.^  recòrd/ Pii Pape XV. nulfam per    mefiurn •   ideici qooqne (ervetur » sd Ksrediba» ».  le eicèquiicoribui oldmaniin vt^uwaioro»  m libro* a defooftì» rolidh»» firo corub  iodicea>»ìllia peiWi» dqpgcanditoéGmnc •  & ab ii» lieeMiam obcìneaoc » prìorqnaa  ei» ucasuur » aot in alias perfonat qu^  cuDqoe rariooe eos traufiecaor.    cedendi nbenciam emendi » iegendi t àul  retinendr fiibliavulgari lingua mira «cura  ha£lenot mandato, le nfu Sanf^e Roma-  ne le univerfali» loqui/ìcionis fublaca ei»  fiierìc fiicaicas oeocedendìluilDfmódilicen-  tias l^endi» vcl rctinendi fiibìlia vtilga-  ria» auc aliai (acre Scriptnrc cara i^vi  qndm veteri» tcRamcnti parte» qoaviaVdl-    Jn hi» a^fo oranibui» le fiagul»» pf- ^ri lingua edia»; ac infopcr ruraraaifa  sa ftaraaror» vel amiffianù Ubr^iBiVei le compendia eciam hiAoriea coruodcra  alia. arbirrìA corudera £pi£ooponira» vd Bibliorum^ feu librortuo (Kie fcripcnrci  Inquifitoram» proqoalitatq «oocnniaels». quocuoque vulvari idiocoace conlcripu c  vel dclidi-. * quod quidem inviolati (ervandam eA.   Circa verd libros» qooi ^tma deputa»   -ti. aut examraanmr. aui expo^runc » Crrni. «nmm   auc eirptireando» cradideriioc « ant cerei» _   condittonwoi.ocntrfa» excudueneirtcofi- ^^Trci Rmdam ìx. aiddem Xndicti »  ccfi*e^t» mìdcpiid ilio» Aatmiiflé confti- 1. abEpifropt», IclaquificoribusChri-  cerit y cara bibliopolc » quim. esteri ob^ fiifi^le» fedulò adinonendi fune »   £rrveiit. quòd in legente»* auc rerineote» concra   Liberum taraen fic Epiicopii* aot tiv r^Iam banc» libros huiufooodi Aftrolo-  quifitoribus generalìbu» » fecnidum &cui- gis |odiciarÌs divinarionum le fortìfegio.  tatem quam hatency eosecUm libroiyqut rum» rercmiqtte aliaramin eadem Reguia  hi» Regulis perroitti videiirur » prt^ibcre» «xprefiaruaiy procedi poteft, non raodò  fi hoc in fui» tvffi» aut proviociit» vcl per ìpfos EptTcopoiy A Ordinariosi fed  dioNcfibus expeiure iròicaverine . eciam per Inquificores loconim ex conAi-   tutio-    9    Digitized by Google      37« INDEX UBRORUM    tutioM feU ree* |jxti Pap» C^mn con-  tea .exercentes A(bplogÌx judicùrùe ar-  tem* & alia qocnwtpic «livuutioattm ge-  nera » UbroCque de cn kgences t ac ceoen-  t«s» protnulgaeat Tub Damai Roniz aptid  &an£^un Pcfmm I anno. locamationixDo^  ininicz M. D.JkXXXV^ Noni». Jannarii »  Pc«(ilkatu« (lù aDi¥> primo t   Px Ttéhi^ k & lìkth Uthémm ,   Q Uimvìs in tenia c1a0é lodkiia p*v»  di^i Pii ffapz IV. Itfb licera  Thabmid Hcbwocuia » epiTigue  gioite k anoocatiojies i iacarpMUtioacs »  £c cxpofiiiooes. onmes pmlubnitmr i ^  quòd Q abTque ooaiiiie Thilaisd g &  ne iDjuriis , Oc calumniis in Religiooem  ChriftiaDam abquaodo prodiiiTena * lOk-  xareiuur: quia tamen Saa£Uil$iniu Domi-  90S NolUr Domiqp*^ Clemens FapaVlIL  Mr Tuam eoaRitutìoneio concra inapia  uripea & libro» Hebrroram » fub Datum  Rorpe * 0 ^ Sartfbiux Paniai anno Incar-  sacioais Doffiiniac M.D.LXXXU. prbtie  Kal. Marcii Pontificar, fui , anno lecun-  licioQÌb«s. pcnaicegp-  » auc co^randi i fed ^ialicer & ex*  prefie Aacqic Oc vuki u; ^/uf^niodi impti  ThaUnpdici , CabalilUci ,, aliiqpe ne4im.  Hcbrsonim libri omnino Canati Aepro-  bibiti manche & ^nfcaocnr f ^tqoe fo*  per eis > de. ali/T librii hujufiooìU > pr»-  4iAa cooAicutia perpetua j Oc iqTÌpUbi:^  U(ce Qbfcrvcrar.,   ^ lUfn   A d bee (citnt Epifeopit OrdiBOni».  & lj>qwiricore» locorom 1 libmna  Magazor HebraeormB t qui eoocU  net pariem oUcioram, fic ocrimoniamm.  ipforum t 6c ^ynag^z * Luficaoica > Hi*  ipanica t Gallica » Germanica > Italica ».  auc quavù alia rulgari lingua i prater-  quam Hebraca » edimm * iamdiii ex fpe-  (iali decreto, racionabilirer, prohibìtum  c(Te. Idcirco provideanc illuni nuMarenns  pennitri auc tederari debesEL > oiR Hq-  braica lingua pr«U{^a.   De iihrìs Jeewy/ 3edùu.   C Um in Appendice » fecundz clafEl  iub lirera L dicami ( Joaqoit Bo*  (lini Andegavenfit DcmocKimania  omnino prohibeenr» liber ueiò de Repo*  blica » Oc Methodus ad £icikm HiRoria-    ram cognttiooem tamdib prohibói fint*  qaotdque ab AufVore expurgata » com  approMtione Magifiri (acri Palaiii prò*  ^riot • X Id widem per eirocem forcaf*  fe librani fauum credicnr r nam liber  de RepuUica einfdena JoacnÌB Bodini •  primùm die xv. Mentii Odcb*M.DJfCII«  detnde liber Demonomanùt dio priioo  Menfit Septembris. M> D. XCIV* eo*  dem Sao£lUSmo Domino onftroPapa firn*  ^iciter damnati funcf ac proiode ueerque  daiimanu Oc probihitai aideodm cft*   INSTRUCTIO,   Eomm» qui librii turo prohibeodùi com  expurgandis> turo eciaro iropriroendisa  diligcntiam» ac fidcleiQ ( ut par eft 2.  operam fune daturi«   A P fHà CéiMkit canfenmomm t nm  fmtt « fai MMM ex jm ectJtit !/•%  Ont dxmau USìtaU iu t  n ( fited Jadite , per   Patttr a fOicMii T^Uemàu Sponde dUeSot^  fréuìpai Jrnrìnm (fl tufi iiiui etiém ra*  veuur • M vai iiém deene poiiidair IHrrì't  vd fm^ olii emetxmt t & pn^mtir •  mù iaeuutMt fideiium^mmtes «ante vateca  u^cÙBtet • iiifiu , ét «erica dcMorùiee de*  jxi/iidwaiaxt _i   (A ^rfm , fuìemtpie pefi hit fìu vetem,  fot naeù Uhi edmur » MÒm m*xlmi furi «  ^ MB À «r pta «( pdmi , ^oaai qoa ad  9 um ftrUmt hemumìaaii extfioMt i foad  efiva ma i wnm Ubnrim imndì^ouem • ad  40/ fmùtu aèoieuio/t um ab Epifeapùi ^  jifiq^tMciio/ i fodoi a camli » «nenon ad  ti tu MaeUfia pei fiudum miere % ^ enfia*  rito/ perdi ; preperr e« fna TVidexlMenoie  ‘PornoM ^oùr jMpraMSù * decreta fmt )  ftiUUa miluM exigat , (ofuJbits i^/ra fcfh  di t dUìgeutim jbwùor » tifdemw JtamtW t  M «Miiae io «nf ak Ufidem   /rtftV » & lu^tfitcìribtu , aliìf^ i o» pM)tr-  Not f tu loaienww. ii&rorna» ÌN/exdifi>eoe » &  éboÙtme • tm a CcnrefieriW c InJev weric publi-  cants ) eocum juriCiifìionì (ubje-  f ad ipfoi defcripca Angillatim dc&-  renc noaiuia librorum omnium iTugu-  lumm > spui (c in codcm Indice   prokibitos» qniique rcperiet«   Ad hujuimodi vero libros fic lignifi-  candos » infri certujn cempus ab Epifco»  pOi vcllnquifìtoreprxrcribcndunii omnes  cuiiifcunque gradua» &condicionìs excite-  rinc > fub gravi porua » corun) arbtcrant  inAIgenda» tcneancnr.   Homx vero hac omnia certo a &• piopo>  ficis edi4tii » prafcriberulo tempore » prz-  ilari curabic Sacri Palaci i MagiAer^   S. 11.   S I qui crune * qui libnun unum * aut  plorer » ex prohibids!» qui ad prx-  fenpeum Regulanim pennini poAunc »  certa aJiqua ex cau£a poteAatem Abì re-  tincndii aur legendi &ri» anc& expurga-  tionem defiJereoc t concedendz faojutis  extra Urbem » cric pcndr Epifeopam »  atic Inquifiiorena# Romei penés  ^cri Paiaca.   Qju quidem >. gratis eam » & foripco naa-  iw liu lubAgnaco uibuent » de triennio in  triennìum renovaniatsi ea in primis adhi-  bicaconrideratioae» ut noonifi viris dignìs»  tc piccare » 8t do£Vrina confpicuis » cuna de*  le£iu ( ejufmodi licenriam largiantur » iii  aiKom in primis, quorum Audia, militaci  pubUcx» &(anéW Cackolicx EcclcA* ufuè  cAe, compercura hahuerins.   Q^i inrer l^ndum > quaecvnqne repe*  rerinc ani>rcdvcr(;one digna , nocads ca>  piiibi:, Afbliis, AgniAcare Epifeopo , vel  InquiAtori tencanrur.   IL IH-   I LIud etiam Catholirx fidet confervan*  Jz neceflìcas extra Italiani, maximè  cùm ab Epifeopts, & Inquintoribus,  cùm a publicisUniverAtaribus, Omni do>  £Vrinx laude AorentibuspoAulat» uceorutn  librorum Indicem connei , & publicari  curcnt; qui percorum regna , acque pro-  vincias » harctica labe , ac bonis   motibui concrarii vaganiur » Ave ÌIU   J iroprta nacionit» Ave aliena lingua con-  cripti fuerinr.   Utque ab corum leflione , feu reren-  tione » ceciis poenis » ab eifdeni EpifcO>  pi$ , dt InqtùAioribus propoAds » eorun-  dem regnoruia » gc provindaruoi homi»  nca , arceanc .   Tom ik    Ad qttod exequendum, ApoAolicc Se-  dif Niinriì » & Legati extra Italtam »  cordem Epifeopos » Inquìtìcores , he UnW  verArates» feduJò excitare debebnnc.   1 IV»   1 Idem ApoAoIici extra ItaliamNuncii A-  ve Legali » ncc non in Italia Epifeopi,  he InquiAcores, cani curatn furcipientaic  Angulisannis, cacalogum diligencer colle-  £lum librorum in iuis partibus impreAb-  nim, qui aur prohibici Am!, aut expurga*  tione indigeant , ad fao^m Sedere Apo*  Aolicam, vcl Congregatìonem iDdicii, ab  illa depucatam» cnn^ictaoc ■   s. V.   E Pifeopi , he Inquiiicores , feu ab iif-  dem fubdelegaci » he depuucj , tam  io Italia, quitti extra, pends fé  habeaut AnguJarum nationure Indices,ut  librorum, qui ap^ tUas damnati, ac prò*  hibiti fune • ct^nitioncra babcnces , raci«  litts profpiccre poflìnt, an cciaoi , a Aiz  >utildi£liuQÌ& terris « eofdere recognitos ,  arcere, vel retincre debeanc*   S. VI.   1 M UDiverfuiD aurerede tnalis , &per-  nicioAs librts id declararur , acque  Atrairur, uc qui certa aliqita lingua  initio edili , ac deinde prohibici , ac da-  mnati a Sede ApoAohea fune i eofdem  quoque, io. quarecunque poAea txrtamur  linguam» ccnieri, ab cadere Sede , ubi-  geaeium , fub. eifcleoi poenis interdi-  , he damoatos*^   DE CORRECTIDNE LIBRORUM..   S- L   H Abeant Epiicopt , & InquiAcores  con;unLlim facultatem quofeun-  que libros, ;uxta przfcrìpcum hu*  jus Indicts , expurgandi , eciam in Jocis  cxenipcis , de nullius, ubi vero. nuUi fune  InquiAcores, Epifeopi foli*.   Librorum verò expurgatio, nonniA vi-  ris eruditione, he piente inAeiiibus com*  mittacur, iìque Ant tres, niA forté con-  Aderaro. genere libri , aut eruditione co*  rum , qui ad‘ id dfligcncur , plurcs , vel  pauciores ksdicentur cxpedtrc .   Ubi emendacio conferà cric , notacis  capicibns, paragraphis , he foli» , manu  illìus , vel illoruru, qui expuigaverinc ,  fubfcripca, reddatur , eifdem Epifet^is ,  & loquìAtoribus , ut przfertur t qui A  etnendacionem af^robaverioc , cune iibet  pertniccacur.    fbb s-n..    378 INDEX LIBRORUM :    s- u.   Q ui ncgotiitm. fiifeeperit corrigendi  ac.  ^ moia », flcaicemé. norare deber» non  Colum» que in curfu opcris» manifeftd k  otferunr » Ted » Ci qtuc in IchoIiLs ». in rtrnnni-  tii4 », in (nar^inidut >Jn indicibiu librorufn »  in prdacioQibus» aut.epHlolisdedicatoriis»  unquim in inftdm».dcliterctinr.. ~  aurem correflione » aroue txpur^  gacìonc indigene. » ferd hxc fune , qux  iequunrar^   PropoHrionef hxreticx». erronex-» hxre«  firn, fapiences » fcandaloTx », pianim aurium  odénfìvx».rerDerarix» & rchifmaci» >  tliciorx» biafpheinx^   Qtó centra Sacramcncoruni ritus , &  cxrcmòniaf » coorrac^uc recepnim ufiim »  flb cofiruecudinem Tan^be Komanz Ecde-  lix».novitatem aiiqnam indnettnt .   Profattx eciam novitates vocum abhx-.  rccicis exeogitatx j, ic ad falicndum in»,  uoduflz   Verba dubia & ambigua » gux legcntiiim  animo$».a rc£Io» eatholicoque feniu>» ad  nciarias opinioncs adducerc poiTunt*.   Verba Sacrx Scripturx , non fùfelirer pro-  iara » vcl d pravisrizretieoruinvcrrionibus.  deprompta » nifi forte aflcrcnmr » ad eofdem  hxrccicos irnpiigiundot , de proprtis. celia,  jugulandos» de convincendoti   Expungi etiam oporrcc vcrba.Scnpturx  Sacrx , quxeunque ad profannm ufum ienpiè  accormnoiantur »’ rum qux ad fcnfnn) detor- .  queneur abhorrenrem a CathoUcorum Pa»  trutn» atquc Dofioruin nnaninii fenccn-.  tia ..   Ircmquc epithera Konorìfìca» Si omnìx  in laudcm hxrcticorum » dcleatitur..   Ad hxc re/iciuntar omnia» qux fupcrflU  tioncf * fortiicgia ». aedìvinatiooes Capiunt.   Item quxeunque faco^» auc fallacibus lì-  gntv»- auc echn l'ex fonuRx, haitiani acbicrii  libertatem fub/iciunr» oblirercnnir..   Ea quoque aboleamur » qux paganif-  mum redoJcnc •'   itemqux famx proxiiQonim , & przfer*  tim eccleiiaAtconim» de Prìncipum detra-  hunt > booifqiic morjhps de ChriAianx di>  fciplinz fune contraria » expui^cmur  Expurgandx funt etiam prop^icioncf »  qux lune ccmtra libercacem » immunita-  tem» de jurildiflionem Hcclcfìafticam .   Irem qux ex gemiiium placitis » mo-  ribus » cxcmpli» t}Tain)icam policiam fo-  veoc» de quam falco vocanr rationemfta-  tui > ab Evangelica »- & Chriiliana Icge  abhorrcntem inducunr» delcancur»   Explodantur exempta » qux Bccleiia-    fìicos rìtus». religiofomm ordines » fta>  rum » digniutem » ac perfonai ixdunc Se  violane..   Facccix etiam , auc difteria in per-  nictem»auc f^xiudicium famx, de exifti.  macionis .aliorum ja£Uca» repudientur.   DcniqtK lafciva» quxbnnot raorescor>  rumpere poHant > ddcaniur..   Et fi qux obfccna imarinc» , pf.vii^is  libri expurgandit iniprcfTx» auc  extenc » eciam in liceris grandi •  quas inirio lìbrorum , vclcapicum impri-  mi morii. efii hujus geoeris oiania pcni«  tuf obliterentur^   S. in.   r i libris autem catholtconim recentio.  rum» quodpoftannum Cheifiianz Ca«  lutii. M. D.. XV..ooiilcrip   s- ly-   I N libris autem catholicomm, vetertmi  mhii mutare fas fic» nifi» ubi auc  - fraude bxreticorum » auc typographt  in caria» laanifeftus errar irreplcrii.   Si quid autem majoris momenti» Se  animadverfiooc dignum occurrcrit» liceac  in novis cditionibus ». vcl ad margincs»  vei in fcholiis adnocare; ea m primis  adhibica. dili^entia» an ex do^Irjru» lo»  ciique collaris» ejufdein aufloris rcntcntìa  difficilior illufirari» ac mens ejus planiut.  expticari 'pofièt ..   5.V..   P pfiquam codex expurgatorius con»  «fefrus erit, ac mandacoEpifcopi.de  Inquificoris imprclTus ; qui libros  cxpurgandoihabcbunc» potcrtinr de corun-  dem Itcencia juxta formain in codice cra-  diraiD eos corrigere» ac purgare..   DE IMPRESSIONE   lìbrorum*.   5- L   N t.Mlus libcr in pofiemm excudarur»  qu) noninfronten»nomcn»cr^no>  men, Se pacriam prxferac Auéìoris.  Qiiòd fi de aufìore non confiec» aut  jufiam aliquam ob caufam » tacito e;us  nomine» Epifeopo» Se Inquifirori Uber  edi pofTe viJcacur» nomea iliius ononino  defenbatur » qui libnim exaroinaveric »  arque approbaveric.   In hit verò generibus librorum» qui  ex vacionim frriptorum di£Iis » aut e»  zcmplis» auc vocibus » compilali folcnc»  is    Diglllzad by Google    PROHIBITORUM. 379    is ^ui laborem coHigendl» & compilaQdi  rufceperic» pra auf^ore habcatur*.   R EguIvc^t preter Epilcopj, ^ Irv  qui/ìtoris licentiamCde quaregula  (Kcinu dìàum cft ) meiniaerinc»  ceneri k (acri Conciliì Tridencini decreto*  opcris in Incem eiendì faculcaccoi * aPra^-  lato cui fubiacent, obrinere.   Utramque ^em concefiCooem > que  appareac* ad principiqui operiti  Etcianc •   S III.   C Urent^pifeopi* & Inqui(3tores* p3>  nis etiam propoHci^* ne impreiTo  riam arrem excrceiu«s*obrccnas iro^*  gioet , tarperve * etiam in grandìufcuUs  literii imprimiconfuetat * in librorutodc-  ìnctpf impreiCone apponanr.   Ad libros vero» qui de rebus eccledafti*  cis I auc (pìriciulibus couferipei fune* ne  charaderibus grandioribus utafimr « in  quibcu exprei^ appareat aUaijut rei prò-  phans, nedara rurpis obfcena fpecies.   Qui etiam invigilabunt furafflofarp.ut  ^ (inguldenm impreffione librorum > no>  9 K 0 lmprc(Toris* locui icnprefConia* 6c  annui* quo liber imptelTus e(^* in prin-  cipio e)a$ * acque in iìne anno retar .   s. IV,   Q ui opcris alicu^ edicioftem   inccfmm eins exemplar cxbibeac  Epilmpo» vel Inquincori; id ubi  feoo(novtrioc,probavcrintqoepcoes fe te-  sineaai i qnod Roma qaidem in Archivio  Magiftri (Icti Palatii* extra Urbem vero  in mo idoneo* quem Epiicc^uts mk In»  quifìtor ciprie* referveatar.   Poftqnim aiwem liber impr^ns eci»*  non liceat cuiqtiani veoakro in vulgua,  proponete * auc quoquomodo publicare*  anrequàm is* ad qnem hcccura pertinec»  illuni cum manurcripto apud fe rereneo »  diligciucrcontuleric* Ucencìamqne ctveivt  di» publicarique poffit* concelferir.   Idque rum demum fiaciendum* cum ex-  pIorMMu habebicur* sppoeraphum (ideli-  Mr fe in fuo manece geiSnè « ncque ab  exemphrì manoTcripco » vel minimum di-  fcciSée «   Qpi contrafacere toTus (uerit, graviccr  & feverd puniacur.   5 . V.   C UrentEpifeopi* atInqmncores«QUO-  rum munerit cric faculcatem libros  imprifiiendi » concedere* ut eis. c-  xaminandts* fpe^Uaeptecatis* & do^iqc  viros adhibeanc* de quorumfide« & inte-  Xmw Ik    grirarci (ibi polliccri ^anr; nihi! eos  gracia daruros* oihii ouio* fed omni hu-  mano afTe^ poUhabito * Dei dumraxac  gloriam fpeAatuto&i ic fideU popuIiaiiU-  urem .   Talmm antem vironim approbacio »  una cum iicentia Epifctqpi, & Jnquifito*  rìs» ance initium opcris* imprimatur,  s. VI.   T Ypogtaphi, 6c BibKojioln » coram  Hpifcopo* auc Inqui (icore* 6c Ilo-  ma, coram Magi(tro Sacri Palarii *  jurc/urando fpondeanc* fc munus fnum *  cachohcè , (Incerè * ac fidclicer cxequuru-  roS| hu)ufq(ie Indicis» decrecis* ac regu-  lis* Epifeoporumque* ficlnquifìtorum edi-  £lis, quatenus corum artei attingunt, ob-  temperaruros , ncque ad fita anis minifte-  rium quemquam l'ciemer adiniduros» qui  barerica laM fìt inquinacus.   Quodd inter illos* inTignes, ae^ eroditi  nonnulli repertantur, 6dem etiam cachot-  licam, ;xta fbrmam a Pio IV. fcl. ree.  praferipeam* corundem Superioruoi arbi-  trio > pro(iccri tcneancur ..   S- VIL   L iber an£loHs damnati, qui ad praferU  peum Regularnm expiiigari permic-  cicur* poftquam accurate rec^nirus»  de puigams , legitiméque perroiflus lite-  rit» u denuo ftt imprimendus, praferat  rinilo inreripturonoroenau^ris* ^um no-  ta dampationis * ut qnamvis , quoad ahqoa  liber rteipi * audlor tamen repudiar! in-  telligarur.   Inejufdcm quoque libri principio, rum  veteris prohibitionis * tum recencis emen-  ditÌocHX*acperminionis mencio (ut *exem-  pii gratia , Bibiiotheca a Courado Gef-  nero Tigurino, damnato au^re, dim  edita* ac prolubita* nunc jnlfii Supcrio-  rum expurgaca* & permida .    INDEX   AUCTORUM   ET EIBRORUM   PROHIBITORUM.  AUCTORES PRIM>£ CLASStS.   A   A Bydentts Corallus* alias Huldricut  Huttenm ,   AcJuUes Pyrminius Gadarus.*   Bbb i AdoI-     380 INDEX LIBRORUM    Adolphns Clarembach .   Aibercut Bran CaroIoAadius.'’  Andreas Cratauder. ^   Andréas Dieihcrus.-  Andreas Fabritios» Chemniccnits.-  Andrcas Fricius , Modrevius .   Andreas Hyperius.   Andreas Knopen .   Andreas Miifailits.   Andreas Ofiander. >   Andreas Poach •   Angelus Odonns.’*   Anronias Alieust vcl Halieus.   Antohùis Anglus • au^or libri tU orìgine   Antonius Bruccfolus, » ■   Antonius Corvini». '   Antonius Otho.   Arccit» Felinus, & Marttnus Buceni^  Antoldus Montami .   Arfatius Schoflcr.    Amints Briranmis..    Auguftinus Mainardus Pedemonfanus.-   appendix.   r:.v| r*.v fi t icj-.   A Bdias Libcrinus * vel Liberinus.' '  Ahdias L • ^ .   Abdiav Pratoritrt.*’-'*^ "   Abrahamus a Munsholt, Aniucrpienfis?  Abrahatmts Mufculus. ■ . ^   Achatius Brandeburgenfìs.   Adansus Hoppitis’; ~   Adamus Fafìoris.'- • ‘   Adaiuus Schmìdt. vcl Schuberts.   AdaTfuis Sjbcnjs:-”'""~' '   Aciiiiliujn .portw, FMncjffi filius.*  Albertus Htrdtfjt»bcyius.‘'‘ A  Al^rtus I.yttichius.   AJceus Antij^iusX) T D Ij ì.  Alexander Novcllus.   Alcian4« iFcOfa^. t -r T   Apòftata iCTipm bnno '^'^41.   Alexius Alcxa^tf l-ipfcofi?» .  Alphonfus Còffaditis; vei Conradi»;  Ainbrofiys Uhvu^i&r.,   Ambrofìus féiidcljins.   Ainbtofìus VvolfiuSj Vcl Vvolfius.  Andreas Cclichigs, , ,   AAdrcas Corvimis. ’ /^   Andreas Crithis, Polomjt.   Andteas Ell^cri». ' ’    Andreas Freyhnb.-  Andreas Fulda.   Andreas de Gorlitz» ProfelTor Liprenfìs*  Andreas Gomitius. •   Andreas Hondorffius .   Andreas Jacobi Gojjingenlt.   Andreas Krcuch.   Andreas Lang.   Andreas Muncems.   Andreas Oiho, Hcrtzbergenfìs •   Andreas Pancracius.   Andreas Petrhis.   Andreas Poucheraias.   Andreas ScofRus, vcl Scoppius*   Andreas Volanns. ^   Andreas SKcvvc. ^   Antonius Ccvalterins»   Antonius Cooke.   Ancmiius Corramis.   Anttwius Fayus.   Antonius Gelbiu»* Linconicn/ìi.'   Antonius Herfortus. '   Antonius Mocherus.   Antonius Pafquius.   Antonius Probus.   Antonius Sadecl.   Antoniin Schoms» Anglos.   Antonius Palcarius.   Augnftinus Marloratnr*   Cetcrorum AuftorunXr-'^   Libri prohibtiii ' * )   Auguftinl de Roma Naaarc.. )  ni Epifeopi , traiUtui de )   - facramenco Divinitau* Jc-i)   fu Chrifti, 3c Ecclcfir; ) Donce’;  item rraflatus' dc Chrifto ) cxpufge»^  ■'capire» & c^usùulico priiH > tur  cipatu : )   ''Itern tradlanis de charitatè  Chifti» circa elcfìos,- ) ‘ A   de e)us infinito amore. )    ' A P^P H Di 3C-   -, 1   I>fiartiBar)andi; libcr fcteéUsTJnJ  dam Bpiftotas EraTmi Rotcrodat  concinciu.   ■ Alber-    Digilized by Google     PROHIBITORUM.' 381    Alberti Artfcntinenfii )   Cronichon,edkioBaJiieeiu )   (is. )   Alberti Krantii Hareborgen» ) Nifioorrì-  /i* ) gantur .   HiAori», Au Cbroni» )  edicz Franconfurci . )   Alphonft ErtAt^d», xlcfenfio|>ro Erafmo 1  conrra Eduardum Lzum, &contra U>  niref’fitatem Parifrenfcm . f   Amati Liifìtani Centurixi donec e«{»u|-  gentuf .   Ambrofii Carharinì Politi > quxArotìe>  duz, deverbis, quibusChriftusfanOKfi-  mum Eochariftiz Sacnmenrumeonfécit.  Afvlrcz Corri, libcr de Chyromantia.  Andrcz Mafìì, Comcntaria , fupcr Jofuc,  □fqtie emendentur.   Annali gcnth Silcfiz, )oachimo Curco  aurore «   AnnotatiorK^ fupcr Inftir. Joannis Schc-  ncKdfvuini ,nift cmciuientur*   Antiochi Tiberttj libcr de Chyromantia.  Anronii Bonhmi , Commentarla de pudin;   A Cca Noribergz ., vìddicec» OHaiv.  drifmu».   Ada Synodi ìkmenAv.   Adionc» dtix Sccrctarii Ponrificu.  Admonitio MiniArorutn verbi Argemi-  nenCdiD • ' i >   Aenuitatis difeuf^o, fupcr (^onAlìo delc-  dorum Cardinalium. -  Alchimia Purgatorii. .--r   Alchoranu» Francifeanorum . .   Alchoranus Mahomcti , Bafiléz. imprcL  Acnilcs cum ScholiiS} & impiit    Annotacionibu», & Pncfatinntbui.   Item in vulgati lingua, non nifi ex con*  ecAìone Inquilìrorum haberi polBr .  Alphaberum ChriAianum.   Amica, &hnmilis, &: devota admonitio.  Anatomia cxcuAa Marpurgi , per Eucha-  rium Ccrvicofnum •   Anatomia della McAa.   Annotaiione» in Ada CoitciliiTridenrini.  Annoratione» inChronica Abbati» Urfpcr-  genfis.   Anonymi cniufdam, Libcr de Repugnantia  Dodrinz ChriAianz.   Apologia ConleAioni» AugnAanz.  Apologia de Dodrini Vvaldenfimn .  Apologia contra Henricuin Ducem.  Apologia Grzeorum , de Igne Purgato-  rii , &c.   Argyrc^hylaci», fen Thefaurarii EpìAbli.  Artiaili AnabatiAaruin Moravix.   Arciculi AnabatiAarum Saxoniz.   Articuli» a facuiratc Thcologica Parifienfi  dcterininait , fupcr matcrii» Fide) noArz  hodie controver fi» , cnm Antidoto, Ali-  dore ut ereditar, Calvino.   Articuli novorum Vvonnatiz EvangcIiAa-  rum .   Articuli quadraginta feptem » plebi»  Francfofdicnfi» .   AagufianzConfcAìonis Ecclèfiarum caufz,  qiure ampicxz fine» & rctinendam du*  cane fuam Dodrinaró *'*’“ ''* i   .VI   A P P E N D I X. '   A Cadeniiarum Lipfenfis, A Vvireber-  genfi» , rcpctido Ofthodoxz Con-  f^cAioitt». j   Ada, & Scripta Tbébfóem Vrirebt^  gcflfium A ParViaiWif'iCoftA'anrinr^h  cani, D. Hieremiz, Aci quz de Angunina  Confeflìoivùuerfemifcrunt i.Grzcd, A:  Latine ab eifdem Thcologis edita»  Adiones , A monumenta Martyrum co-  rum, quia VViclcAb , & HuA. ad^ii  Aram hanczcatcmrn Germania , G;d!lil,  Britannia . & i^dcmumHilpania, ve-  ricacem Evitn^rfeam , fanguìnc foo con-  Aanter obfignaveotht .   Agenda, feu forrbula; Officia Hx.   rcticorum; quacunquC tiogiia confcripta-  Analyfi» rcfolucio Dialcdica , quaiuor Li.   bronim InAitutionum IibpcriaUum.  Annatz TaxationeiEcclefiarum , & Mona-  Acriomm , per imiverfum Orbcm , ab  Hzreticis depravatz.   , ;nris , quòd In approbandi»  Pontificìbits Imperatori» habenc.  Apologia Anglicana , feu Ecclefiz Angli*  canz, five Apologia Anglorum* '  Apo*     38 X INDEX LIBRORUM; .    Apologia Catholica » advcrfi^s IribelK^ »  declaration'S) &cOQruUatiof>e■  minus Fratcì unicus Regìa » vixa fui^  fhta eft 1 per E. D. L. L C. Parifica > 4pud  Jacobiim Peciichov. i5S 9 c PatrecK  nia diverforuni Au^orum » intcr quoa  cR unus Philippus Melanchthoo.   AUCTORES PRIMAE CtASS^S,   B   B àlcbalar Hiebnaa)er«   BalthaCir Pacìrpootami).   Laptifta Lardcrmiut.   Bartholonazua Bernardi .   Ba^tholomxus Conformi  i^aribolonifut Roiinua,   ÈartholQmzui Vvcfthcroerus.   Baltliat Groeningenlia aliai Vvcffelut,  Balìlips Joannes Heroiet Acropoiica^  Bciiedi^us MorgenRcrn*   Bcnedi£Iu$ Schurmeginus »   Bcrengariiu Diaconua Andegnavenns.  Bemardinus Ochinus t vcl Onichipm ,  ScncnHiv   Bcrn^rdos Rotmanua*   Rernardus Zieglerus.   Bertholdus HaUerua^   Bilibaldua Pirkaymerua.   EUkaQi» TheobaldiKv  Blaurcfu» An^rofuu..   Bocerus Martiom- ’*■   Bullingerus Uenricua.   Bu^genhagiua Porucranna y feti Joanock  BH^n£|cuvius.   Bemandus Loquam*    Baquimn Pernii.   Brentiniu» vei Proncia».   Bruno Qpinos *   Builingaiims Anglus«.   Certorum Auftorum   Libri prohibiti,   B Aptiftx CreroenGs opeca omfiU t  quatndip emcQdata« non prodierinc^  Banholomxi Janoeit de Advencu An-  tichriRi .   Beati Rhenani Scolia in Tertnllianuin .  Benonis Liber» de Vita Hildebrandi.  Bctcrami Liberi qui inicribitur dq Cor*  pore, A Santino Chrifti..   Boccacii Decade! five Novella c«niiD>  quamdiu expuigatx non prodierinc .  fininonis Heidclii QMrBtrdràfìs $ Pocnaa*  cum Libri fepceio,.   appendi»..   B Artbolomxi Canfxi opera omnia.  Barcholomxi Caran» , MirandetK  dti Catheehifmui .   Bartholoroxi Coclitis Anaftadt * Chyro*  mamixi & Phyfiooomix.   Bar(holomci FerraricodSi de Chrifto Je,  fu abrcoodiio « Libri fcx quoofqoe ex-*  pureeocar.   Beati Bhetunì Epiftola t de Primaca Pe-  cri ubicunouereperiauir» five feorfum»  five libro decimo Opcris ad Fridericum,  Naufearo ..   Bcmamin Cantabri* kinerartum*  Bcrhardi Lotii Hadanurii * feu Cerardi  Lorichii AJamarii • Col!c£Iio trium Li^  bronim RaceourìonumBrnnonis Scillif  de Mi(Ta publica prorogtnda.  Bcrrurdini Telelìi i. de Na. )  cura retum^ )   Itcm de fomno. ) Donecept.   item quod animai Univer- ) purgennir.  film ab iTpica animx fub- )   Aantia gubcrnarur. )   Bemardini Tomicani t Bxpofitio in Mar-  tlurum ..   Bononia , five de Lìbris facris coover^p^  di* 1 in Vcmaculam Linguatn » Ubij.  duo 1 Aii^^orc Friderico Furio Cario-  lane Valentino.   Inqcrtorum Au^ìorum.   Libri pnhibiti.   Elial» five de Confolacione Peccalo*  rum.   Beneficmm CbriAi.'   Ber-     Digitized by Google     PROHIBITORUM. 383    Bemcn/t5. DiTpuratio*.  Bcmenfii.Keformacio conrra Minam..  Brevji , Se compendiosa lollruAio de  Religione ChriAiana.   Brevis, TraOatus ad omnes in ChriAia-  nam libercaeera. malevolo!. . \   Brevi! PaAonim. Jfagogz.   A P P E. N D I X.   B ^.(ilien(iam MiniAroruro refponTio.t.   scontra Millam.   Biblia Hzrecicoram , opera ).  impreifa , vel eomnÌJcro )  Annotationibus * Argu. )  mentis» SummariÌs,Scho- )  liis» & Indicibus referta» )  omnino prohibenrur. )   Bibliocheca ConAancinopoH-, )  tana. )   Biblioibeca Sanflorum Pa- )  trum. Farifiisedita» Se per ).  Margarinum de la Bignè in ) Donec ex*  unum coUcfla . ) purgentur.   Biblioiheca Srudii Thoolo- )    ChriAophorus Hoflmano .   ChriAophorus Mclhoverus.   ChriApphorus Rheiter*   ChriAophonis Trafibulus.   Claudiu! Scnarclamus.   Claudius Taurinenfìs» ^ fettffa de ìum»  ginìbur .   Clemens Maror*   Conradus Claiiferm .   Conradus Cordarus.   Conradus Dafypodiin.   CcMiradus Gemems.   Conradus C (bel us > vel Crebellit» Tigu-  rinus.   Conradus Lagus.   Conradus Lycofthenes.   Conradus Pcllicanus#   Conradus Perca •   Conradus SchrecK. ^   Conradns Somius.   Conradus Trewe de Fridesleren..  Comelius Agrippa*   Craco Miiius.   Cyprianus Lcovicius.    gici»expperibu5SS.Hiero- )  nymi » AuguAini , A re- > r  liquorumconA£Iai vel Sub >. , *   alio.Ticulo* )   Bibliocheca Studii Theologi- )  ci,ex p.lerirqjDo£ioruinPri- )  fei fzcuU monumemis col- )  leOaiapud JoaanemCrifpi- )  num» Au alibi impreifa. )   Bnicum Fulmen Papz XìAì Quinci , ad-  verfus Henricum , Rcgem Navarrz ,  & Henricum Bortenium » Principem  Condenfem » una cum proceAatiooe  ronlciplicis nuUicatis*   AUCT.ORES PRIMAE CLASSIS.,   C   C \ElÌus Horatius Curio.   Cztius Secundus Curio.   Calvinos.   Capito Vuolphanghus Fabcicius*.  CaroloAadtus*.   Carolus Molinzus.   Cafpar Cniciger.   Calpar Pcucerus» BudilGnos..   Caiparus Taubcrus.   Caflatsde.' Brugeniis.   Carieus Cc^dìus*.   .ChriAianus Bcycr.   ChriAianus Locichins Hdfus.  ChriRophorus Clarius.   ChriAophorus Cornems ex Fagit*.  ChriAophoru! Frofcovenis.  ChriAophorus Hegendorphinas.    APPENDI X.   C Arlus ChriAo{^K>rus Be/erus.  Carohis Joovileus.   Carolus Vvrenhovius.  Cafiiodorut Kein\ius.   ChriAianus Granimdr.   ChrìRianus Hcfiìandcr.   ChriAophorus Fifcher* vel Fifehems*  ChriAophorus Godmannus.  Chriilophoms Imlerus.   ChriAophorus Ireyns Paifavienlls .  ChriAophorus LalTus.   ChriAophorus MarAallcr.  ChriAophorus MoIhufenAs.  ChriAophorus Obenhemus .  ChriAophorus Ohenhin , Ochingenlìs .  ChriAophorus PezcUus.   ChriAophorus Ricardus.  ChriAophorus, Spamgenbergius •  ChiiAophonis Scolberg.   ChriAophorus Stymmelius.   Churrcrus Cpnradus .   Clemens Schuberui.   Ciementius Gulhielmus»   Conradus Badius.   Conradus Churrcrus .   Conradus Brcberus.   Conradus Hcrsbachjus*.   Cooradui Laurcnbacl^» vel Lutenbac.  Conradus MerchKalinus .   Conradus Neander BergenAs .  Conradus Porca.   Cooradus Ulmerus.   Cooradus VVolA. Piacz.    Con*       384 INDEX LIBRORUM;    Conflancinus de la Fuontc» Hif|ianus^  Copics Balrha£ar.   Coranos Antoniiis*   Cyriacus Spanigcnbergius*   Ccrtorum Auftorum,  Libri prohibiù.   C Aptìccì del Bonajo, Joannit Bapti-,  1^ Gclliii qiurodia emendatus noQ  prodicrit»   C^aucDani Hliafpachii, de Tabemh Mon-  tanis» Chronologia, ex Sacris Litcris.  Cyri Theodori Padfomij. Epigrimnjacav   A P P E N D I    Claudi! EImiiczI) Commen- )   taria, « cbHtinenria, 6c ) Nifi corri-  in Epiftolam ad Timm . ) gantur.   Cicmenris Scuberrì» Liber )  de Scn*puli$Chronologorum»)   Commcncaria Rabbi Salomoni?, A Chi»  rni) & Rabbini Hierololyniitani) A  nmiiium, fupcr Vecuj TcfUnjencum,  tara fcrrpta Hcbraicè » qodtn Latiné  translata, per Conradum, & Paulun)  Fagiuin Hcreticos.   Confilium Abbaiis Panorraitani proCon-  cilto Bafileenfr.   Con   De Subtiliute, ).   De ConTolatione* ) Nifi corri-»   Coromchtaria in Quadripar- ) gantur»  citura Ptolonutijde Cenim*)  ri»,& reliqua omnia, qua >  de Medicina non tramane. )   CafGani Cotiftancinopolirani , de Libero  arbitrio CollacioilU, quz Agano^im^-  prelTa eft» per Joanoero Sicerum 15x8.  Gbriftophori a Caoitc Fonciotoj LibrÀde  oeceflaria correzione ,   Tbeologic ScholaQics.. ). Omnloa  D$ Mìffs GhriRi ordine^ ) prohiben^  fi riru. ) tur*.   Epitomar nov^ Illuftratio- >  nis Chrii^ianff Fidei*. >   Reliqua vero ipCus opera icem pvohL*  bemur doncc cxpurgcncur.   Chronica T u re ica collega a ).   Phi'i'rpo Lonicero, cni cft )Nificmcn-  adjcitnni opiu quoddam ) dentur».  Joaniris AvemmiHerecici, Ó  in quo dcclaramur caufs )  mifcriarqm» Ac. )   ContinoatioTemporum Ger- )  mani aipildam» ab Anno )■  Salucisijij. ufqucadAn- )  num 1 y 49. Qu* folce addi )■   Chroflico Enfcbii» ab eo >Ninefnciv.  loco nbì incipit, Nova ) denrur».  Temporiim concimuiio, >   &c. >   Chionologit Gerard! Merca- )  coFÌs, qu« a Sleidano, & )  daranatis AuOorlbus fum->  pta cR • )   Claudi! Baduclis, Liber de ration( Vice  ftudioTx, & Ùterata in Maerknonio  collocandz.    expurKntur.   Coropxdia , fivc de Moribus , & Vita  VireinumSacrarum, Gafpare SryWino  AuZore •.    Iixcertorum Auftorum  Ijbri ptohibirì.    C Apice Fidei Chriflianx centra Pa-  pam, fi Porcas Infcrorum.   Capo Finto.   Caronria, A Mercurii Dìalogi .   Catalogus Pap*, & Moyfft.   Cacalogttt ceRium veritaiis, ex Sandis  Patribus.   Catechefis Pueroturo in Fide , Litcris »  & Moribus.   Carechifmin Ecclefìat Ai^nroratenfii*  Cauchiùnus, prò Ecclcfta VVitebcrgcnfi.  Cathcb Ocus, ani Titnluscft, Cathechif-  rrus Major, A Minor.   Cathechirmus, cui Titulus. Qjial manie,  ca. Ac.   CaihechifnfK) , ciod Formulario , per i-  Clniire , ed ammaeflrare i Fanciulli *  nella Religione GhrtRiana , farro a  modo di Dialogo .   Cathcchifmus , five cxplicatio Symboli  Apoflolict..   Cethcchirmas parvus , prò Pii»r« m  Scholis, nopcr au£lus.   Cathechiftuus fupcr Evangelium Marci.  Cathechifmus, Óve Symboli cxpofitio.’  Cathcchifmus Tubicenfis.    Cauf* , quarcSynedum indiftam aRoma.  no Pont. Paulo III. rccufarint Principe*  Status, ACivitates Lnperii» profiten-  tes puram , ACarholicam doitrinam.   Centum gravamitu, Ac.   Cantoni , A C^atuordecim Sententi* P>  trum, de Officio vcroftim Reélorum    Eccidio .    Chri-    Digitized by Google    PROHIBITORUM. 385   Chnflhna inft 1 turia .   Chriftianz juveocurìs crcpunJìa*. APPENDIX.   Chriftùna R«fponfio MtniArorum Evan-   gelii Bafilc*: cur MifTani &c., ^^]AIvinianus Candor^   ChriAiar» Scholx , Epfgrammaram, Lì> C . Cantica felef^a vcrerìs, Ije novi re*    bri duo, variis Poecis, excepii.  Civiraris Madcburgcnfìsipublicario Litera*  rum ad omnes CbriAi Adc]es,annat;;p«  Clavicula Salomonis»   Collacio Oivinorura» & Papalium cano*  Dum t.   CoJleflanea demonArationum ex Pro-  pheiii, AooAotis, fleDoAoribus Eccle»  fìz, quòd Spiricos Sanfhis a foto Pa-  tte procedit •   Colloquium Coelei « Ac Lutheri •  Coiloquium Marpurgenfe.   Colloquium VVorinatiz inAiracm», av  no 1540.   Comedix fuper qaicAione » qnz cA ma-  jor confoUtio moriendis Acc.   Comedix, ^ Tragedie aliqtiot ex Veteri  Teftamento,colIeAore Toanne Oporino .  Conuneorarias de Angelo Melanchchonis .  Commencaria germanica» in Coroelium  Tacirarn . *   Coromentarius In pcioirm Thìmotzi epi-  AÓlàa viro fumniz pietaris confcrrpeus  Concilium Pifanura , quòd ver.iut Con-  ^iliabulum dicendtipi cA.  Cc^iliabolumTh^ogicorutn» adverfus  bonarum literarum Autliolbs » Acc.  Coociones dedecemlprzceptnDominicii.  Concordancix Principum ,*nationti   vel Curtiranorum .   Confeffio Ecclefìz Tigurinz.   ConÀAio fidei AognAanz.   ConfelCo Adei Baronum» Ac Nobilinm»  Bohemi*.   ConAAio Saxnnica^   Confrflio VVitebergenfi*.   Coufuuuo dctenninacionis DofVorum Pa-  fircnfium.confra Martinnm L’trherwm.  ConAicurio u;uiv> V vj'’irci Propol^tio  nu:n> de diii'prenru. Legis»Ac Evan-  gelii. ^   Congregar io, Ave coUe£iio ioAgnium co^  cordintiarum B*btix.   CoaAglio d.'ajcuni Vefeovi, congr^aù  in Bologna .   Contra Regulam VCnoritaruro , Ac ijnt-  verfas peMitionis fedas.   Conta San£h>s Zcylleyften.   Conventos AuguftenAs .   Copia 4 'unalectera fcrittaalli ^.diGei^'  nare M. D. t.   Coptis Chriftianui,.   Cordigerx navU conflagratio DiaIogu$ «  Cyntbalum Mundi*,  rene JU    Aamenti ,cum hymni«,&colle^ts»  feu orationibuspurioribiis, qux iti or-  thodoxa, atqiieeatholica EcdeAa can-  tari foienr, addica dirpoAtione, Ac tàmiha-  ri expe^tione Chriftophori Comeri.  Carmina» Acepìftol* de coniugio adl>l-  videm Chycrxum hzrericum .   Carmina amicorum in honorem nuprìa-  nim . R. & viriute , dofirinaque  Aancis viriSrephani Ifaaci, verbi divi-  ni apud Hcyibcrgenies minìAri.  Cache^cAs do^rinxChriiUatl*, innfum  fcbolarum Pomeranix. *   CatheebeAs religionii ChriAi^n* » qux tra  bri duo. )   Circnlut chariratif dtvmx, )   Ave (ubatio rìtulo, circu.)NiAexpar-  hi$ divìnitati»., - ) geatur*   CoiieAio Agnrarumomnium )  facrx Scripturx . >   Colloquium Altembuigeofe..   Colloqjiium Badenlè.   Colloquium Bcrnenfe.   Colloquium Clerici» A: Mititisv 1   Colloquinm Htrphordienfe . '   Colloquium lefuiticum.   Colloquium Lypfenlè.   Cplloqumm Marpnrgenfe*.   Colloquium Parificnfc.   Colloqtiium PnlB.'Cum.   Colloquium Schmaldicum.   Colloquium -Witcrbergen/c.   Comedia Tragica SiUarmx, quandoque  cuir nominc,qtiandoq;etiam Anc nomi-  ne Au£)ons prodiir, urraque prohibetuf ^  Comedix, Se Tragedix» ex novo, le  veteri Teftamento, imprcAx BaAlex  1 ^40. per Nicolaum BryUiogenim .   C cc Co-    Digilized by Google     385 INDEX LIBRORUM    Comitia Spirac» & Vvormati*..  Comencacium Biblioram.   Commencanus captar Urbis dué^ore Bor-  bonioadexqui/iium niodum  Con^jendiupì ) five Breviariam cextus «  A: gloffaematon > in otenes vccerh In-  ftrumet^ libros..   Compcndiutn oradoanm. imprcfTum Ve-  neti >$), per jun£Varo , & alios, docce  czpargattun iuen’c..   Concordia pia r & unanimi confearu»re*  pecita comeiCo fìdei» 9 e doAriuz ele-  Qorum Prìncipum, &or«Ìimim Impe-  rli, atque eerundem Thcologomm,  Qui Augufianam confciSoocm compie*  «unrur.   ConfclSo Anglicana*   Confeflìo Antiierpieoiìs*   ConfeCào Argentineniìs .   ConfclBo do^Vrinx Saxonicartim Ecclc*  fiarum» Synodo Trid. oblata« amto  Domini 1551*   ConicniìoBdei, de EuebariAis Sacramen-  to, per Miiiìftros Ecclelìx Saxotucx.  Confc&o fvdei Minifirorum VViteber-  geiifium.   Confeflìo Miniftronim lefu CbriHi*  Conft;ffiopizdOu>rinx,qi7Z nomincChri-  flophori Dncis VVirebergenfo, &Tc-  ccniis Comitis &:c. fuit propoHia.per  legato» eius, die 14. Menfls laauarii,  anno ly/a. coogrc^auoni Conc* Trid.  Cpnfcnio rcligionis» feu fidei ChriAianar  facratiffimo Im()eratori Carolo Qpinco »  Cxfari AuguAoiin Comttiis Auguflar an-  no Domini ijfo. per iegatoteiviracum  Argeiuoratt » ConAancix, I^nmogx >   - & Lìodagùt >^ib ift»..^. > .. .^Tonum*  Cathechefis^ Ave pnma mflicutio, aut  rudimenia religioni». ChriAianx, Kc-  iTraicè, grxcd, latind explicata, Li^*  duni Batavoium., ex nflìctna Plantinia^  na, apud Francifciim Rachclengium   AUCTORES PRIM^ CLASSIS. ,   D   D Avid Geotgius ex Delphis*.   David Fettcrus Liptìui, vclPfcf-  finger.   David SchcAcr*    Dydimus Faventinus^ui eA Melanihchon  Dicthclmus Cellarius.   DionyHus Melander.   Dommicus Caraminiut.   Dominicus Melguitius.   A P P E N D I X.   D Aniel Bodembergius*   Daniel Hofmanus*   Daniel Toffaniis*   David Chytrzus*   David Parzus.   David Stangius*   David Thoner .   David VVetterus.   David VVithedus.   David VVoitus*   Doiuttts Gotuirus.   Durandus de Baldach*   Ccrtorum Au£\onim >   litm prohibìti*.   Ami» Monarchia-. .   Davidi» Chytrxl ,!iberdeiu«orj-.  tate* ccrtitudinc ChriAian* Dtv  firinx, ac rationc dilccndi Thcolt^iam .   Dendetii ErafmiRorcrodamì, Colloquio-   rum liber. Moria» Lingua , ChriA^-  ni Matrimooii inAinuio.dc intcrditto  «fu carnium » ejufdcm ParaphrsAs in  Matthxum, *1**® a Bernardino Toniita-  no in Italicam lii^uaro convcA  Cecera vero Opera ipAus, in quibu» de  Religione naftat .tandiu prohibiw fine ,  quandi u a facultatc Thcologica Panficn.  fis ve! LovanicnA» cxpurgaca non nierinr.  Adagia vero ex cditionc, quam molitur  Faulus Manuciu», permittenrur.  Interim vcrò,qu®;ainedita funt,cxpun-  tìi» loci»(ufpeftis,iudicio alicuiu» facul-  tatisTheologic* Univerfitati» catholic®,  vel InquiAtionis alicuju» Generali*  permiicantur .   , A P P E N D I X-   D Avìd de Porais Hibrci , de M^  dico Hxbrco enarrarlo Apolt^ti-  ca»quamdiucmédaca non prodierie.  Defideriì Erafmì Rotcrodaim adagia  iampridem edita a Paulo Manutio»  pcrmittumur*   Dialogm Petri Mochii de cmciatu » e-  xilioque cupidinis .   Dialogus Fontani Charon •   Pldaci Steli* Commentarla in Evang^  lium Lue*, m'A fuerint fx ìmprelm  ab Anno ij8i*   Puareni, Liber de S* EcclcA» min^ms  pcrmittitur, Atamcncotrcftus fucrii.     Digitized by Google    PROHIBITORUM. 387    Libellm vep6 ei^m adian^us» ab co for  finus £atìu? , cui citulus cft , Pro li-  bcrtatc Ecclclix Gallicanxadvcrfu» Ro«  maium auUm , dclainoPadneons Cu-  ri^t Lodovico Xl.CaJlorurn Regi»quotvt  daiDoblaUi oimuno prohibetur «   Auflorum incerti nqminis,  libri prohibiti,   D BcIaiatoria Jtibihci.   Dcececurn Noribci^ctgeUe » odi-  euro anno ifaj*  t)cfÌEu\fìo prò Zvinglio.   Peienfìo adverius axioma catholicum 1  ideft criminatiopem Roberti Episcopi  Abriacon/컫   Piatc^ adverius loiortecn Edo'um.  Dialogì de Mercurio, & Charonte.  Dialogtts de I>o£lrioa CHriRiana.  Dialogus Karftans, & Rcgeilians.  Dialogm de mone julii II. Pape, fìve JoJìuh  D ialogm Mumarus Leviathan .   Dialo^s obreueonim virorum > ia ^uo  rics colloquuntur Tbcologi .   Diali^s Orar. Pooeificis Rornam^Rr illius,  qui cRFontiiki a confaflÌDiubus.  Diali^s paradozDs , quo Romani PoocU^  iicisOratort una coq) eo qui cft » flte.  Difeorfi fbpra lì fioretti di S. Fraqceico.  Digrado Badenfis.   Di^caxio. ^emenfis.  BilputacioCrociiccn. eum diiabuiepiftolii.  Bifpucacio inter clericum » Se milicem ,  Aiper poceftate PoiUcis Eccleftc atqtie  Principibus ternrum corpmjflà • alida  fomnium viridatii*   Dirputacio Lypfica- inter MoKÙinO). » di  Hitroaymum Em(etuiD^   Diìordine della Chieia.   Diurnale Romanum > ìmpreffiim Eogdu-  ni > in edibus Filibcni RoUeti » de  Bartholomau Frtat.   Do£lrÌna verilStaDa fumpea » a cap. ^  epift- ad Komaoost ut coufolentur ah  fti£)a conl'ricntix*.   Doéìrina vctui, de nova-.   Dragale locorum communiunh  Due difpuuc. Herfiordiana: Langi » de  Nauclerii •   Due letrere d’im Cortigiano, nelle quali  fi dimoftra, che la me, ec*.   A P p E N D I X.   D e au£^oritace » officio, de potefta.  te Paftorum Écclefiafticocum •  Declaratio i   nifi corrigatui^*  làmo V,    De dirciplinit poeronin » re^^ue for.  mandts eorum ftudiis, Se morlbus, ac  fimul ^ um parencura , quiro pnece^  prorum in eot'dCm , offiao doflomr^  virorum libelli vccò aurei.   De Scripeura CinÀe przftancia , dignitate ».   au£Voritacc, &c. *   De Chriftianiftimi Regts periculia , de aoca-  a qoadam, ad Sfiindrare, Pontifici» Ro-  mani licera» monicorùle», Frincofiirci,  apudMarcinum LechJeruro  DialeOica Legali» , edam ctua nomino  Au£lod».   Dialogi lucri , fine nomine i^^orì», qui ca-  men film Sebaftiani Caftalionishérecici ^  Diljpatatio de fcfto Corpori» CbriiU^  Di^catio de peccato origini»,  pilpucado de poeni».   Difpueatio de i^iniOerio verbi*   Dolina /efiiiranim precipua capirà , a  do£li» quibuTdam . Thcole^s retexta  folidisrarionibus, ceftitDonùiqoe Ikcra-  rurn Scriptuearuiq , de doé^orum vere-  ri» Ecclcfia confiitata. Tomi tre». AU  cera editio priore emendatior , co dia*  pio major , de fub. ci (dem vel parum  diverfi» tirnlis, doghine ^fuicica, &&  Tomu» priiDus, Tomus ^undo» , ter J^4 ia /(-   WfU ù.   Eraùsu» Sarecrius.   Erafmu» Snepfiu» .   Eurititts Corda».   Eutycbiua Mion, qui de Mofculii».   Ccc a A P-     388 INDEX LIBRORUM    A P P E N D I X.   E Admiindu» Hilen Hordevolgiusj vel  Nordovolcgius .   • • Edmundas Gdl Anglus.  l;dmut>dut Criiidìitts Anglus .   EJmundus BunnìQs.  iUgidtus Huntiius .   Eichanon Pragenfts.   Elias Palmgenim.   Enochus Sar^cenos Gencvcnfis.   Efartmis A!bcnn •   Erafttis Thomas.   ErhardiK Schnepfnn.   Kmefhis Vogciin .   Efaias HcinJfihich.   Eufcbcus C!eU;rin.   Ccrtprum. Auifìorum,   Libri prohibiti .   A P P E N D I X.   Lereenta magica Petri de Abano.  Enchiridioo doCtrinrChri- )   • Ibnx ConciiiiColoitieniis.)  Enchirrdion loilitis Chriilianxi)   aiiflore Ioanne lufto Lanfper>) purgen-  gioifcu Hne nomine auflorìs,) tur.  iinpre/bm Comphiu . )   Epitome omniutn opcrnm D. Aurclii  I AugulUni • per loannem Pifeatortm »  jllx (|iie itnpreft« fune per loannem  Crirpmunti. »i   Euicbii Candidi , ptaefus Lu£kiflcx mortis.  Examen ordinandorum lounnis Feri »   . oili Ht ex impreffis ab. anno 1987.   Auftorum incerti nomlnis,   libri prohibiti..   Lcmenra Chrìiliana, ad inAititcndos  pucros.   Enarraiiones Epiflo!arufn)& Evan-  gcliormn •   Enchiridion CriAianirmi .   Enchiridion piarum prccaeìoitaro . * y   Epigrammatum ChriArana (e^x » (ibii  duo^x varìisChriAianis Poecis dccci^nrff  EpìAola Apoloccrica ad ftneerioresChri-  Aiaiu'rmi k^atores,pcr PhrjAam 0 >  riencaicm, &c.   EpiAola ChriAiaru» de Cona Domini.  EpiAoIa dircela ad Paupcrem, Se Men-  dicam Ecclenam Lucheranam. '   EpìAola de non A^«oAoloci» qiiorundam  moribus, qui in ApoAoloruin fe, Sic,  Spinola de XlagiAris Lovanienilbus .    EpiAo?^ MinìAri cu)ufdam Verbi Dei»ds  EcclcAx clavibuS} SacrametKÌs, vcra>  que MiniArorum Spirims clc£Iiooe.  Epiftelz piz> & ChriAianz.   EpiltoUi & Przfatio in Decalogura.  EpìAola SanOo Ulrico adferipea in E-  piAolam ad Thimothzuin Commenta-  ria.   Epitome Belli PapiAarum contraGermo*  niam , atquc Patriam ■ ipfam» Czfare  Carolo Qiiimo Duce.   Epitome Dccem Przcepromm , pront  qitcmqucChriAianumcognoicere decec.  Epitome EcclcAz rcnovarz.   Epitome RefponAonis ad Martinum Lo-  rhcnim .   Efdrz lamcntariones Petri .   Eipofìzìone dell'Orazione del Signore in  volgare » compoAa per un Pa^ s non  nominato.   Evangciicz Conciones.   Evangelium ztcrnum*   Evangclium Pafalli.   Exameron Dei opus^   Expofìtio Sympoli ApoAolorum t Ora-  tionis Dominicz, & Przeeptorum»   A P P E N D I X.   E Legìz aliquocs de morte Conjugis,  Si libcrorum» quz fune loahnisPi-  Aorii Hzretici.   Eqchiridion Man gale s Romz exciiAum »  apud Thomam Membronium ( ut qui-  • dem apparet in Fixmtifpitio ) tic vero  in calce legirnry Trccis» nbì cimi li-  bnrm excuoerat Francifciis TrumcAii .  Enchiridion parvi Catcchifmi , Ioannis  Brentii. > in Colloquia rcda£Iuin .  Enchiridion aliiid} piarum przeationum ,  cum Kalendario, & Paflìonali ( ut vo-  cattir ) VVircrbcrgz, apud loannem  LuA. anno trip.   Eyichiridion Principis , A MagiAratus  ChriAtanì , quod referrur ad Pctrum  Egidium» Sl Comelium Scribonìum.  Epigrammatum Flores, nifi corrigantur.  EipiAoIa confolaroria ad Reverc'ndos Se  graviffitnos Thcologos.   EpiAola LiKÌfcri ad malos Principe»,  CbHAianns, > •   BpiAokc cpnfolatoriz , collcfìz per Cy-  rlacum Spangcnbetgium .   EpiAolz Obfcurorom Virornm.   Epitome Chronicorum,. & HiAoriarum  Mundi, Velftt Index primz, & fecim-  dz impreflìonis, in quo fimt impref-  • fz, atque figiìratz Imperatorun^ Ìm«-  gincs.   Epitome Figvrarum Sacrz Scripmrz.  Epiiomatz HiAoriz de Bello Religionis.   Kpi-      Digitized by Google    PROHIBITORUM.' 389    Epitome Hiilorànim Sacrarum, & lo* Frìderìcus a Than.   corum communium. Fridolinus Broiubach* t   Ethiex ChriAianx Libri cres > .in ^ui- Fridolinus Lindovems.  biis &c.    Evangelium Lzcum, Regni Nundum»  Excerpta quzdam capita ex Scrrpturis)  omnibus lidelibus neccffaria.   Exempla Virmeum. Vicionim.  Excmplarium Sanf^x Fidxi Cacholicx»  quocunque idiomare> impTetTum.  Excmplonim variortnn liber» dcApoAo-  iis, & Marryribus» Hve feorrum » fìve  conjundtus catalogo. S. Hieroayim de  EcclefiafticM ^riptoribta •   Bxcrciratìo Vitx Spirhualis .) >   Explicacio Symboii pcrDia*>   Ic^os. )   Explicatio Primi.Tcrtii.Qoar- )■  tii j^Q^iinti cap.A^. Aj-oft. ) Sine no-  Expofìtio SccunJx EpiilolXy) mine au**  D. Ferri» 5c ludz. ), £^oram»&:  Expo/ìiio nominUIefatiinta) quocum-  mentem Hcbrzornm,Caba>) quc ìdio-  li(Urum»Grzcorumi ChaU) mare ina-  dzorum, Perfarum, & La-) prcffa*  tinorum ^ ).   Expo/ìtio fuper Cantica Can- )   ticoruin ^lomonis. ), tm •>  Expofitio in Epifìolas» Paoli ad Roma*  DOS, & ad Galatas» cujus Przfatioirl  Epiftolani adRomanoi incipit; Variai  narrationei » 6(C. Et in expoikiooe prU  mi Cap. ad Rocnanos» cuhM inicium  cft. Qnum ficatus ApoRoles Roma*  nis fcm>crc inAituiffet» Sic.   AUCTORES PRIMA C1AS51S.    4aoT^>- ' i   F .Abricius Opiro VVOIf^ngus: ■'*  Fabritius Montanus.   Felle lanus de Civitclla.   Felix Mallcolus Tigurinus.   Felix Manfius.    Firmianus Clorus, qxi & Viretiis.»  Francifeus Betttts. ' XJ   Francircus Burgardi.   Francifeus Cotta . LembiBgiBs*^ ■ '  Francilcus Enzinas. • T    Fraiicilcus Kolbius. f - i-qlw    Fiancifcus Lambertus»    Francifeus Lamperti •  Francifeus Lifmaniniis.    : -O  - % >    Francìieps Niger Baitanenfis.  FrancHl^ Portiis Grxclti» '  Francifcib Stancarus.  Fridcricus^a^irtheim .  Fridericus   Fridericus Mycoiriw»    A P P E N O I X.    F AuAtn Souinust   Filli Pal}or io AuAria.   Fiiis PaAor HtlberAadknAs» vet  HalberAatcnfis.   Forrunanis Creliius* 1    Francifei Zabarcllz . Liber de SchiTma*  te ) ai^» cjmtd^ P»£auQoei»   ' Aigennrnrdfripvefie.'donecexpurgeaciir .  Friderici FruoAì tra£Vatns de Oratto*  oc, de juAincacione, de Fide, Se Ope-  nbtu* Se prefatioin EpiAolao) S&oiOi  Paiiii adRomanos,qui umen falsò  creditur adferiptu». 1   Friderici Furi! CcriuUni Valentia! &>-  nonia; ftve de libris facris» in verna*k  Tcniam Unguam convcrccndis. a 1  ... 1 ..L-ysril ■ . J   rA« r   . /Ótiv''- '••r' 1 xÌìjM -   F Abricii» Liber o^aoBs £piftolftiBm>  ad Fridericom Naufeam» qui cA  Roberti a MofliaWv t  Farrago Poemacum, LeodegariiaQuercu.  Fiorei IQRoriarum» per Ma^•0   monia mondi t & Problema- )  ta Sacrar Scrìptiuar « >   Fr^ncifei Gicciardini , Hiftorta )   larinè recita per Coeliìim ) dooec  iècundum Curiooero* > expar-   Franciki Irenici* Endingiacen- ) gcntuf*  Cs Gcmnanjar. Exqgereos* vo*>  lamina duodecim. )   Francifei Polvngrani aftrtio. )  nes quonujurs Ecdrlìae dog- >  matum . X   francifei Patritii Nova de Vniverfi» phi-  * ]o(bphia*nifì fueric ab Au^Iore corre-  ÙXt 9t Rema cum approbaciòne R«  Sacri PaUcii   Auftoium incerti nominis,  Libri ptohibiti*   F ^mgo C^cordantiamm inngbiaiQ;.  (o^iut. Biblia •   Faìctcttlt» RerufD.expetcndaniiQ*^^  iugiendamm-.   Forma delle Orazioni Ecclefoftiche .. ed  il traodo di ammiiiiflrare i Sacrameoci*  c di celebrare il Santo Matrimonio*  Àu£Ior credkuz efle Calvinm.  Francilci No^nu. apparicio»  Fandamóncuni malòruiBi de booomm o>.    pcrum.    A,p P E N D I X.    F .KrcìaiUw Mirra , Ccnevx imprei^.   fu». -   Pidei.l^l^ftianz c^icF* conerapa^   F^S» i^rvi fubiiw inKyefr ren^ponfo ,  una curo crroruin & eahtmniaruin ..   Flore» epigramma-)  turo* >   Flore» Romani )   Flores San£bocum..).ubieanq>*& ^aacwn-  ÉkVe» VinunvD. ) qne lingua imprelG»   Foni Vit* . > donec coKigantur .   Formala MifTx Unitebergenfis.   Formule Precaro *. feo agenda * aat Of.  fteia Hanecieomm* Olona » ^uacanqitc ;  lingua confcripea .   AUCTORE& PRIMA CLASSB.   G Alalitts Zwmglit * defenfor » vcl  Nicolaos Galalìus * Olivini de*  fenfor.    Gafpar Brurchias Egranua*   Carpar Charreras.   Gafpar Cruciger.   Galjpar Grctteris.   Galrar Hedio.   Galpar Heldelinus.   Gaf^r Kubertinus.   Gafpar Megander TigurillDS^   Gafpar Rodulphìus .   Gafpar Swcacfcldius «   Geòrgia» £milius MansfeIdeoNotgreiui»v  Gorcìniamit *   Gregoan» Brnck*   Gregorìu» Cafelius*.   Gregofius Giraldo»* 2{an ìilc Ptrrsntff^  ^ dlcìUIT LÌfÌHS .   Grinsn» Sinv^.   Gualieriu» Tignino» ■.   Gulieloui» Aurifcx-  Guliclmo» Guaphxu» Hagien-,   Gulìelmu» Pofttllu»»Barenrorio$-.  Giilic'mu» Sartori».   Guliclmu» Tayloii», Angla».,   Gu'Krou» Tin^lus.   A P B E N. D i Xa    G Afpir Adeler..   Ga^r Braummilkr-.   Gal^r Elogia».   Ga^r Eurioacbea *. vel Eurymschnra^.  Garoar Faber.   Olroir Gooderoan.^   Garoar Canea.   Gi^r Gómbe^ias.   Galpar M^cer* vel Micras..   GalMi MetUlnder.   Gawt Morthvru» SemansildenB» ^  Oal^K Olevianu».   Gafpar Peucerus Budifiìniu.   Gafpar Scolihagios...   Gafpar Taoberu»*    Geo^     )    PROHIBITORUM. 391    Gcorgtus Autumnu».   Gcorgius Blaruirara* vel Blao^acraj*  Georgius Brin fìve Novipiagijs ^  Germanus Peyer.   Gothardus, qui & Cpnradtv*   Gregorius Paoli.   Cr^orms Pcrlidus LubcqepTis»  Gregorius Voerier.   Gulicimus Barloupe . 1   Guliclmus Bidembachius. ,   Gulielmus Charcus. .   Cutielmus Cpius*   Gulielmus Fuhureìus» vef Paquerius •  Gulielmus Fulcus.   Guliclmus Htcron. *   Guliclmus BÒdigiius yaiTw* -.   Guliclmus Sarccrius»   Gulielmus Turacrus. t*   Gulielmus Tumerus* , ^   Gulielmus Vdalus. , . ’   Gulielmus VvitakeAs. ^ 4   Culiclnius Vvidephus*   Gulielmus Vvirte»   Gidielmui YvictinganDua..   Gulicltous Kilandcr.   . • . t.. , . ..H , : .    ■ Certorum Auflorum,   Libri prohibici.   G Aufridi de Monte cicalo , Ti*Oa«  rus fupea materia Coocilii Bali-  lcenf)s«   Georgi CafTandri» Hymni EccIefialUci.  Gracia Dei de Monte Satino , Epiilolc  pix, Se Chrillian*.   Gripbit Pr^cationes Dominici.   Gutielmi Occhamit^snonagintadierum.  Icem Dial(^i • & Icripia omnia, coocra  Joannem Vigcftmum iecundum.   A P P E N D I X.   G Afparis Caballini Tra  é\atuscommercioniro, )   &ufuraru I reddituum- )  que pecunia conftiimomm , j  Se monetarum . >   E;ofdcm traftatus deeoqoad ) nifi ctncii*  intereft. Etdedividuo» Se ) decur.  individuo ; qua onenes font ) '   Caroli Molinai morato )  tantum aufìoris nomipe . ) , ■ {   Gaijparii Scibitni Corqpadia . •• i , i   Caudentii Mrrulc, MemorabiUm» lij^s  nifi emeodetur# ^   Georgi! Nicrini Concioocs. j   Georgii Viaorii Poemau.   Gulieìmi Grattarolc opeaa 1 quasidiu  mendaca non prodierint . . i   l't ' '   Auftorum incerti nominis,   Libri prohibiti.   G Eographia UmVef/àlii.   Gerreanicae Nationii Lamenti^tù^  fws,   Giuditio (opra le Lettere di tredici Uo,  mini ftampate l’anno M. D. L. V. il  qual fi cooofee eficr del Vergerio.   APPENDI X. '   G Hnefis cum Catholica expofitiooe  . Ecclefiafiica.   Geofnaneic libri omnes •   Gefta Komanorum .   GloiTa Ordinaria Genevenfis «   Gioite ordìnariz rpccirneo..   Craiianus Anrijefoita , ìdefi cai^num  ei feripeis Au£lorum Theologonun , a  Gradano in ilfod volumcn ( quod Do-  crenim af^llatur) collcflorum, &do-  ftrin* /cmitiec ex .vadis.. iftius nu-  per fefì* MaKologdmiQ fcriptii -fxo^  pw * collacie I 4 quodato vericatii  ;tEofo inftituta , Se ounc priiman m  l^eip edita*   AU-    Digitized by Google     r    390 INDEX   Trancifci Gcoi^ii Vcacti ,Har- >  monia oiundti & Probicma- )  ta Sacre Scriptarx . >   Francifei Gicciardint , Hiftorìa >   htinè réddita per Coelium ) dooec  fecundum Cortonem. > expar } gcntuf*  (n Germantz, Ex^efeos* vo-)  hiiDÌna duodecim» )   Franeifci PoJvngrani afRrrdo» )  oe$   macum . >   Francifei Patritii Nova de Vniverfi»phi-  ' lorophia , nifi fueric ab Auflore corre-  di, Se Rems cum approbacione R«  Magiari Sacri Palatii imprefla.   Auftorum incerti nominis,  Ubii pfghibin*   Arrago OM^dantiamm inng&iaiB;   todus. Bibliz.   Fakic^iK Reru{D eKpetcndanmi>a(   fugiendanim..   Forma delle Orazioni RceUfoRiehe ..ed  il modo di ammjniftrare i Sacramenti*  e; di celebrare il Santo Matrimoi^'o *,  Àu^Ior creditus eflè Calvioos .  Franci/ci Noibima tpparitio.  Fondamencure maloruis* & bonoEum o«.   pcrum.   ’ A.PPENDIX.   Afcieuliia Mirre , Gene^ imprtft.  fus . ■ '   Fidei/^^Uanz capita-, coovaPa-   F^dSit fervi fubdito infidcli mnfpónÉó  una CIMO erronun &calumDÌar«Dnjua-  aundam examine , cjuz conrinentur. in  feptera libris, de vifìbiti EccleTix Mo-  narchia, a. Nicolio> Sandero conferì-  pta>«.   Flore» Epigramma-)  tnm. )   Flores Romani )   Flores San£kotucn. }-ubi donco corrìgantur .   Fonnyla Miflie Unhebergcnfis .   FormulK Precnm %. fen agenda , aat («»   ^ dicitur tUius-  Cnnxu» Simot}.   Guaherius Tigminus»   Culielnuis Aurifex.   Gultelmos Ouaphea» Hagien-  Golielmus PoftelUis,Bareotoria»^  Galic^mus Sartori».   Gulichno» Taylous, Anglus..   Goliemu» Tinoalus.   A P B E N. D I, X    G .Afpar Adeler.   Ga^r Braammiller*.   Galpar Elogio».   Gaipar EuriouclKa i. vcl Euryoachxra...  Ga(^ Faber.   Gal^r GondelBaa^.   Ga^r Ganez.   Ga^r Gòmbtrgitts-  Galpar Màccr, vcl Macrus..   Gafpac Melilander.   Gamac MottKzru» ScmaJkaldenfi» ^  Gal^c Olevianus.   Gafpar Peucerus Budi/Bnus.   Gafpar Siolshagiu»...   Gafpar Taoberos*   Gfoa-      Digitized by Google    PROHIBITORUM. 391    Gcorgfus Aurumnus.   Gcorgiin Blandran, ve! BJaotUtrai.  Gcorgìiu Brinderus.   Gcorgius Bochanani^s Scotus>   Ctorgitis Ca(fander Bru§enn$f fìve Ve-  ranius UodeAus Pacitnomaout.  Gcorgius Codonigs.   Gcorgiuf CooftantÌDUs Aoglus.   Gcorgius David.   Gcorgius Dieterichus.   Gcorgius EboufT.   Gcorgius Eckarc.   Gcorgius Edclmai\n.   Gcorgius Fladorius.   Qcofgius Grynaut Bo 4 icetius*   Gcorgius Hanfcldt .   Gcorgius Hcnninges.   Gcorgius Toye ^diòrdicons*   Gcorgius Kupelich.   Gcorgius Lyàeoiua  Gcorgius Mcckart ,   Gcorgius Mylius.   Gcorgius Niger.   Gcorgius Nigrtnus.   Gcorgius Princeps Aiultioos.   Gcorgius Raudat •   Gcorgius Schmàlczing «   Gcorgius Scholrz.   Gcorgius Shoo .   Gcorgius Silbcrfchalg.   Gcorgius Sohnius.   Gcorgius Spintleru).   Gcorgius Tilenus.   Gcorgius Vvatihenu.   Gcrardus Ncomagus « live NovimagHt s  Gcrroanus Peyer.   Gothardust qui & Cptiradoi.   Gregorius Pauli.   Cx^oritts PcrUrius LubeqciiBs*  Gregorius Voerfer.   Culicimns Barloupe.   Gulicloius Bidcmbachius • ,   Guliclmus Charcus.   Culielpius CqIus.   Guliclmus Fuhurcius» vcl' Fuqueriui*  Guliclmus fukus. . j   Guliclmus Hìcron. ^ '   Guliclmus Bódiigmts |lafini.   Guliclmus Sarccrins.   Guiielmus Turaems. T T   Gulieitnm Tumerus* ;   GiiUclmus Vdalus.   Gulicloius VvùakcAs. ^ . -!   Guiielmus Vvidephus*   Guliclmus Vvitre.   Gidieimm Vvirringamus»   Gulielmtis Kilandcr.   ' t   . I . '.’H .    Certorum Auflorum,   Libri prohibiti .   G Aufridi de Monte cleflo t TnlOa-  cus fupsi saarcria Concilii Bafi-  IccnHc •   Georgi CaiTandri , Hymni Eccleftaftici .  Gratia Dei de Monte San£ko , Epiftol*  piaCt ^ Chrillianx.   Gripbii Prfcationes Dominica.   Gulielmi Occhimi  8c (cripta omnia, coiKra  Joannem Vigeiimum Cccuodum*   A P P E N D I X.   G Afparis Caballini Tra- >   £tatus commerciomm, >   &ufurarù , reddituum- )  que pecunia conftieuionun , }   & monctarum. )   BiuTdem traf^atus deeoqnod > niii ciixih  incercA. Etdedividuo, & ) dotar •  individuo i qua orsnes Àiot }   Caroli Molinzi mutato )  tantum au£lorisnon)io«. J {   Gafpatis Stiblini Coropaedia . 1. !   Caudeniii Mcfultr» McmorabilioiD lihó>s  nifi emenderur. . ^   Ceorgii Nigrini Conciqnea, ..a   Georgii Vi^orii Poeinata.   Gulielmi Grattarolc opeaa quamdiu e-  mendaca non prodierinc- ;; -t   .0:,' ‘d   Au£Vorum incerti nominis,   Libri prohjbiti. '   Eographia Univetralis.   Germanicx Nacionii Lamentaciqs  ncs • . ,   Giuditio (opra le Lettere di tredici Uor  mini Aampace l’anno M- D. L. V. il  qual fi conofee cfTcr del Vergerio*   APPENpIX. '   G Enefis cnm Catholica eapofitiooc  . EcclcfiaAica.   Geopiantia libri omnes*   GcAa Romanorum .   GloiTa Ordinaria Geneyenfis. ^   Gioita ordinaria (pccimea.   Cratianus AnriJeliiica , tdefi canonum  ei Ccriptis Au^orum Thcologorum , a  Graciano in illud volumcn (quodD^-  cretuffl appcllatur) co1lc£k)rum, & do-  ttrina Jelmtica ex .vaxiis/ iAius nu-  per fe£ù Ma^logòmm rcripciifKc^  pta, coUatio, a quodam veritatft^-  . «boto inAituta * & muw pnimiin Tb  bice^ edita.   AU-     Digìtized by Googlc       39^ INDEX LIBRORUM ,    AUCTORES prima gLASS^S.   H   H Adrumu Junius.   Harrminnas Beyer >. ^   HarcmAimas PaUcinus h C.  Hebcrns.   Hedio Cafpar.   Heitas» vel Helin* Eobanas Heflns.,  Helìas Pandochcus» >  Henricin Lapulu».   Henricus Pancatcon .   Henricus Scoms.   Henricns Srollit».   Henricus Surphanus.   Henricus Vvelf^ii» Lingcn«,   Henricus Uringenis.   Hermanus Bodiiit.   Herroanus Bonnus.   Hermamu Burchiut Pa^hilm*^ >   Hermanus Heflùs ■   Hermanus Itali» .   Hermanus Kìdvuch.   Hcrmama Luiciis. ^   Hetxenis.   Hicrooymus Baflanns.   Gicroi\^^s Cam PHaurio)*, -  Kieronyraus Galatharus . ,   Hieionymus'Kiuf(hcrv '  Hieronymus Mar*u»: Hleron^jus   Maiurius* %   Hicronymus de Praga, i\ J   Hicronymos Sabir de $ai\flo Gallp,,  Hieronymu} Savonen.   Hieronjmius Schiurptf. ‘   Hitronjmius Vicellerms Friburgeii..  Hieronymus Viiolphigs»   Hiob Gaft . ' A   Hippinus.   Hortenfis Tranquiftos, aliis Hicremias^.   aliis Landus. , ,   Hugo Latimcrus .   Hudricus Bnchau/lius .   HulJrici» Htmenoi, five de Uttcn.. '  Hnldricns Mutins Hiiguraldus..   Huldricus Zvvingiltis Toggius.   A P P E N D 1 X.   H Mlerus Barcholdiis.   Hamefus Godoffredos .   Harrmannus Scopenis, Novofefenfis.  ^pricus .    Hclias Ho^en9*   Helias Palingcnius*   Helìas Scadzus.   Hetningius NicohttS4  Henricus Boethios*   Henricus Brinkelous » ^ eiUtt fiorar Ab  nmiiu BfldtrUi Morfii»   Henricus Ètfbrhen» vcl ESorden*  Henricus Enberg.   Henrù;us Harcopcnt.   Henricus Hufanus.   Henricus Mylius.^   Henricus Modec*   Henricus Mollerov,   Henricus Nicolata , five ìibri mrat  n- fitfutl-  Henricus Petreus^   Henricus Rhodut , vel Rodnu*   Henricus Senenlìs.   Henricus Stbenius Mimderpi*   Henricus Scephanos.   Henricus Tbylo .   Henricus Tbolofanus ..   Menricus VVolphins.   Hermanus Pigofus*   Hemunns Hamehnannus,.   Hermanus Pacilkus . •   Hieremias BaiUi^ius.   Uierooymus Hambol^us , vel Hauboldus  Ratisbonenfis .   Ijieronyinus Hennit^s*^   Hieronymus Maocelius.   Hieronymus Panchus.   Hieronymus PcrUhrìss.   Hieronymus Pumekius. *   Hieronymus Valler .   Hicronymu» Vchus*   Hieronymus Vuatenis.   Hieronymus VuihlcmbergiusAurimÓtanDs,  Hieronymus Zanchius vel Pancus..  Himmanucl TremcMus .   Hovardps.   Hugo Hugaldus .   Hugo Sureaov cognomine Rodere..   Ccrtorum Auftorum,   Libn ptobibiti.   H Enrìci Bebcblii JuRiagen/ts , Facc«  liz, ioRicucìo pucrorum , (cium«  phus Vcncris.   Hlcronymi Gebiulcri, liberdefacrilcgio4  item exhortacio ad lacram Comma»  nionem . * ' *   Hicrooymi Melfi Pifcn r fi i s , Proverbia^  & Prognoliica. ’   Hicronymi Savonarola Fcrraricnih Ser-  mones , qui olim in Romano Indice  prohibiti mere , noo leganmr* donec  iuitu    Digitized by Google     PROHIBITORUM. 393    ;uxra cenTuraf Tacrum Dcpiicacorum  cmencUri prcJcanr, & funr hi.   In cxodum fermo primuj tncipicns  Dornine (]uid mu1tip(icati , &c.   Ircm S  •u’s Chriftìani .   Ha-iriau' l>am nacGandavcnl^s liber  iftfcripms Imnerii ac Sacerdoeii ornacus .  DiverCaram itemgentiuin peculiaris ve-  ftitus, cure Commcncarìolo Cocfanim ,  Pontifìcum, ac Sacerdotum.   Henrici Decimarons Gifiìiomenns, fyl-  va voeabuforum , A phralìum , cum  folucx, rum ligai« oracionis, dee. t)i  rum, permittìcur.   Henrici Harphii Theologia millica , nifi  repurcata fuerìc ad exemplar illius,  quz mie impretfa Romx anno Domi-  ni D,LXXX\\   Hieronymi Serrz Lutheranorum Se£lz  in fcrvumarbirrium liber, nifi prius,  corrigacur, 1   Hiftoriz Magdeburgicz '^ab lllyrico, &  complicibus coaccrvatz.   Hifiona de Schifmare Theodorici Ne-  mienfis.   Huldarìco Epifeopo Anguftano epifiola  adfirripta, adverfu^ Nicolaum Papam.   Hyporypofeon Martini Martinet Canu-  pecrenfis liber, nifi fucrint ex impref-  fis ab anno 3581.   Auflorum , incetti nominis ,  Libri prohibiti .   Enfici Quarti Ofaris vita*  Hifioriade Germanoniro orìgine.  Hilloriadc iis quzjnanni HuÌT.in  in Conftanricnii Concilio everte ntnt.   HiAoria demone Joannis Daaii Hifpani »  quem fratcr ejus germanus incer;ccic .   AP P E N D I X.   H iEbrea,Chaldzai 8c Latina i-'ter-  precario Bibliornm , cum Indice  Robenì Stephaui «   Hetvecìz graculatioad Gal'iam, dcHen-  ricohujui noiDÌnis Orario Galluruaa,  & Navarrz Rege .   Hcidelbergeiifis jTheologia , de Cotoa  Domìni •   Hilloriarum, 8c Chroniconim Epitome,  velut ludex ufque ad annum {4.  Hilloriarum > & Chronìcorum cocius , mun-  di , Epitome, imprelT. Bafilcz.  HìAoria Belgica*   HiAoria Cermaniz , Fran- I  cofurti edita 1584. ) donec ex-   Hilloria Graciz , nuper odi- ) purgeotur*  ta. )   HIAoria Scotorum, nuper )  edita . )   Hiftoria HulCtarum . )   HiAoria vera, de rebus Martini Buceri,  PauH Fagli A Chatcrinz Vermilyz, Pe-  tti Mar(iri>Uxorì$, vcl rubaliotitulo  Hidoria de vira, obicu, & icpulrura,  &c. Martini Buceri, A Paul! Fagli,  qua intra annos duodccim tn Angliz  Regno accidie.   Ddd      Hor,     394 INDEX LIBRORUM    Hortulus aniipi, ni/i corrigamr.  Hortnhis Pa/Eonii in ara Aitarti fiori  dus. *    loanncs Coman«fcr»  Ioanncs Colmius.    Hjrdroniinti* artis. Opera omnia*    AUCTORES PHIM^ CLASSIS   1    J Acoou! Bcdrotuj, Pludcntinus*  la^bui a Burgundia , Hit  Acropolica*   loanncs Hcrvagius.   loanncs HefFus.   loanncs Homburgius .   loanncs Hopcrus, Anghis.   loanncs Holpinianas, Sceinamis*   loanncs Hofl.   loanncs Huichinus.   loanncs HulT.   loanncs Huflcrus.   loanncs HuccìcHìuSé   loanncs de Indagine» 7^"«   ioannes ZuicKius. '   lobGeft. 3 : Joannes Avicioi   lodocbot Coch, fivc Cocusj mi & /«k J vel Co»   CUI .   luftus MenioS} Kènacen»   A P P £ N P I X.   I Acobus Acoocius.   lacobus Anetius» vel Aenetios.  lacobus Andre».   lacobus Andreas ShihìdellinoS} vel la-  cobus Shmìddiinuse  lacobus Arrifon*  lacobus* Brocardus .  lacobus BninicenCs.  lacobus Cornerns.  lacobus Eifcmbcrg*  lacobus Frindaogus.  lacobus Grynsus.  lacobus Heerbrandus .  lacobus lufti.  lacobus Kiincndociuso-  lacobus Koich .  lacobus Linfìor .  lacobus LachKem.   - lacobus Palieologiis.  lacobus Pcregrinus.  lacobus Ruogius .   . lacobus Scoppenis . j   lacobus Sobius .  lercmias Piflorius.  lercmias Horabergcrlui    I loanncs Acrocianus .   ” Ioannes Avenarius, vel Habermarm. i  Ioannes Avicinius^    loduchus, yvUlichiut.   lonai, qui. ^/Jpdochu^Coojs^   lonat Philologtti.   Tm» li*    Ioannes Belizìus •   Ioannes Bocenis, Li^ccnfìs.  Ioannes BortAyus.  loaooes Bradibrdui .    Digitized by Google     39 Ulajcnis.  loanncs Crifpinus.  loanncs Cronerus, vd Crumerm^  loanncs Cimo.   loanncs Darriiis. **   loanncs DauTus, vd Douiar  Ioannes Fcidc .   Ioannes Fcrinarius^  loanncs Filpotus.  loanncs Gallits «•  loanncs Garczus.^   Joanucs Gamcrìus»   loanncs Gcorgius CodelmaniA ••   loanncs Griffin.   loanncs Gtilicimus Soickiosf Tigutinus.-  loanncs Harrungus.  loanncs Hctlcricus.  loanncs Hedierus.  loanncs Hcidcnreich .   Ioannes Hcrzbcrg. ,   loanncs Hugo.   loanncs lac^us Gryn«|U.   Ioannes lederusi Scaphufiinus#  loanncs Irenxus.  ioannes Index.   Ioannes Ivellust Angltis^   Joannes Kenerus tamdiu prohibira  iìnr » quamdiu ab alicuius Untvxrfìca-  tis catholtoE facaltatc Theolc^ìca» vel  ju infetìptas  Imperatonim • tc CTfantm vita , cum  imaginibus ad vivam effigìem expref*  n$y donec corrigatur.   Ioannis Fabriciì Montani» Pocmacom  ber»   Ioannis Cerrophìi > Recriminacio adver-  fus Eduardum Lzum Ai)gium. ^  Ioannis Lubicenits » de Antichrifti ad-  ventu » & de Media lud^onrm . - ^   Ioannis Pici Carthadenfìs > Para|dirafes »  & Annotatioocs in Pfalmos»   Ioannis Reuchlini» rpeculum oculare » de  verbo mirifico» ars Cabalidica»  Ioannis Soccri liber » iive epigrammata »  ex variis auAoribus collcaa v  Ioannis Surei » de rerribili excidio Hie>  rofolyrnirarum .   Ioannis Vnnfchelbui^enl>s > de fìgnis &  miracttlis falfìs » & de fupcrftioni-  bus.   lalianiCoIen» de cercirodine grati» Dei»  & làlucis Dodr» craélaius»   A P P E N D I X.   J Acobi a Burgnndia > Apologia ad Ca-  rolum Cxiarem .   lacobi Scbecii liber» de una perfona^  Se duabus naenris in Chrifto •  lannoccius de Mannectis Florencinos d^  digoicace , & cxcellencia hominis , do-  neC emendemr.   Ioachimus fuper citulum iT. de ;are;u-  rande.   Ioannis Baptid» Folengii CommencarU  fuper Epidolas Canonicas San£fi Pe-  m> Se San^i lacobi, Se fuper primaiq  Epiftolam Sanali Ioannis.   Ioannis Bodini Andegavenfìs » Demono-  mauia omnit» prohibetur , Liber ve-  ro de Uvfntblica , A: Methodus ad fe-  cileni liiftoriarum cc^nirionern, randiu  prohibita finr , qnoufiijuc ab Anafore  exporgata, cum appiobatione Magiflri  Sacri Palatii piodicn'nt.   Ioannis Cafì Splixra Civita- )  tis , hoc elt Rctpubltc» )  rciVc T ac pie fccundu-u )   Icgcs adminidntnd» ratio- )    Ioannis Corafìi 'liber, de ) donec emen-  nniverfa brardotum ma- ) dentar,  teria. ; i--. )   Ioannis Drudi opera. )   Ioannis Feri opera omnia. )   Excipittnmr tancn , cjufileii) Feri,  Annotationes » Se Coromentaria in S.  Macih»i , Se S* Ioannis Evaiuclia ,  ac in ejufdem S. Ioannis Epimlain  primam, Rom» recognica, & iropreda.  loanni Fifeherìo liber (liso adferiptus ,  de fiducia I Se mifericorJia Dei.  Ioannis Forfleri , Difiiona-)  rmm hxbraìcum . )   Ioannis Lalamancii Medici,)  exrerarum fere omoiom, )   Se przeipuarnm gcntinm») nifi corri-  anni rario, de cum Ro* > gantur.  mano collatio . >   Ioannis Mahufii Aldemadenn.)   Epitome annocationam E- )  rafmi in novum teflamen- )  cum . )   Ioannis Mattkci Tofeani » Pfalmi Da-  vidis.   Ioannis Mevìxatit Afteofìs. I. C* Silva  nuptialis, donec emendecur,   Ioannis Pauli Donati libeOus de referva-  cione cafuum.   Ioannis Peregrini Pcrroreilani , liber con-  vivilium iennonum . ,   Ioannis de Roa , de Avila , Apologia de  iuribas principalibus , defendeous, &  raoderandis jnhè.   Ioannis Rutbeni , r^l» lo-)  coronsioomiinimum utriuf^i)  leflanenti . }   Ioannis ScapuI» » Lexicon ) nifi corri-  Grxcolatinum . ) gantor.   Ioannis Scbenekdevuini fuper)   Inftit* Commentaria , feu) -  annotationes . )   Ioannis Wierii Medici, libri qutnque  de przfiigiìs damonuro , incancationi-  bus, Se vencficiis.  lulii Cafaris Scaligeri >Coin- )  mentarii in Theophrafhim,) donec e--'   & Poemaca. > roendétur.   lofeph Scaligeri liber de e-)  mendatiooe cemporuro . )  luliani Tabaocii de quadrimlici Monar-  chia.   Inlii Ccifiì (Xrj/iV) vera» Chrifiùmaque  Philofophia comprobatoris » a^oe e-  muli, quinq; Antichrìfii do^rinamfe-  ^uirar per contenrionena , compari  , uocemqoe deferiptio.    Incer-      398 INDEX LIBRORUM    Incertomm Auftorum,  Ubri prohibiu *   I Mperatorumi 8c CxtaruiQ- vit».  Jndru^io vi/ìutiofiis Sayonicz.  Intcrpreurio oomiuam Cbaldxomm.  lorrodu^io pucrorum,  lulii» Dùlogus, aliis AqU.   A P P B N p I X.    Jnc?rtorum Auflorum,   ^^brl prohibiù.   A P P £ N D 1 X.   K Alcndaria omnia ab hxreticìs. con»  fleéU, io quibus aomioa hxrctico^  rum poountur.   AUCTQRES PRIbLE CLAS5IS*    I Magitiet CDortis > cum roedkìM ini«   IT)X .   Index biblicMom imprefi» Colonie ,  icv edibcu Qgenteliaais «    Index re rum omnium» qnz in novp« ac  veccri ccftarDcnco habetunr locupleti!-  fimus» no» cum hebrxorum» duldeo-    turni, ac loUDoruizi nominom incerprc-  latiottCì &c. Vencuis ad figoom fpei .    Index utriufque ceftamenti * penè fimilis  Indici Bibiiomm Roberti Scephani.  InAinici.ones Graromatke > & aliarono  Artium , niil repu^nens »   Infticncio Principù.   loAiturio religionis ChriRiancj impreilà  Vvitebergz» an.   InAruflio, qua vitam zcemaHi obeinebU    mu|.   Introducilo admirabilium antiqua > 9c  moderna • feu Apologia iicla prò He-  rodotoi anno   ludicium t & Cenfura Eedefianun pti»>  rum » de dogmatc » in quibuldam Pro-  vjneiis Septentrionalibus» coopta  taodam. Trinitaictu.. Pomeranus*.   Leo ludai*   Leooandus Culman*   Leonardus Fuchfius.   Leonardus lacobuti Norchu!iaout  Leonardo» Srrobin.   Leopoldo» Dickius»   Lolla rdus.   Luca» Lofllu»   Luca» Chrotek » feu Schrotcyfen * Rti-  beaqueniì» .   Lucim HaCIeneusi vel Hedcctu*.   Lucius Pifxus .   Ludovico»» ab EbcrAain*; t   Ludovico» HcAzer «   Lutheru».   Lyfmaninus .    A P P E N D 1 X,   L Ambertu» Daoxus%   Laooicu» AnxiAurmiu» >  oeck.    a Sturine^    Laurentius Codmann *   Laurentius Ludovico» > LeobocgcAn$    Leonardus PelUcanus» RubeaqutnA$A  Leonardus Schveiglinus..   Leonardus Stockclius.    LcfOnardus VVannundus»,  Leonardus Werner .    Lucas BackmeiAents* Luneburgeuns-  Luca» Mainus.    Luca» Ofiander.   Lucas Steenbcr^i;) Moraws*.   Ludo*    I    Digitized by Google    PROHIBITORUM. 399    Ludovicm BcrqQtnQS.   Ludovicus Evans.   Ludovictis Helmboldus.   Ludovicus LevachcniS} vd Lavatcrius*  Ludovicus Kabus.   Ludovicus Villebois.   Certcum Au£lorum,   Libri prohibiti.   Aorcntii Vili* in fcilCi Jolutione  Conftantmì .   Itcm de libero arbitrio.   Ircm de voluptate*   Lclil Capilupì , Cento ex Virgilio non  nifi cKpur 4 »aiit$ Icgutur.   Lue* flcctinì libcr infcripttis , Oracolo  della rcnovationc della CUiefa .   Luciani Mantuani > annotationes in Cor^  menrum . 1>. Joannis Chryfoftomi in  Epillolam ad Romanos.   Luciani Samolatcnfis , Dialogì , videlicct ,  mors Peregrini* & Philopatris.  •Ludovici* feu Z.aonici Cbalcondylc Aihe-  nien.de origine* & rebus geflis Turca-  rum, libri dccem » Conrado Cl^nerio  interprece, cum annorarionibus.  Lodovici Pultii, Focmaca, ncmpc,Od*,  Sonetti , Canzoni .   A P P E N D I X,   L Anrentii Vali* , annotatione» in  novum Tefiamcnium * òc Ubcr de  pcrfoiu * centra fioechium , nfTì  corrigantur*   Laus Matrimonii , & congcftìo bonarum  mulienim * ex diverfis biftoriis , M.  Perri Lefvandcrt .   Lclii Capilupi Ccntoncs ex Virgilio ,  Roinz anno Domini 1590 . iropreif* ,  |)crmittuntur.   Levinii Lemnii Medici Zi- )   rizei * occulta nacur* mi* ) donec ex-  raciila . ) purgentur.   Lexicon S monis Schardii . )   Ludovici fiorbonii, Priocipis Condxi li-  ter*.   LudoviciCarvajalì. Dulcora- }   tio amarulcntiarnm Eraf- > nifi prius  mie* refponfionw, ad A- ) repurgea*  pologiam ejafdem Ludo- ) tur .  vici Carvajali. >   Ludovici Caftelvecrii » ope- )  ra omnia. )   Ludovici Impetacoris nomine liber fi£ìu$»  contra facras imagines .   Ludovici Vivo Valcmini , annmationct  in $. Augufiinum, nifi expurgentur.    ineertorum Auflorum,  Libri prohibiti.   Amentationes Petti , aufiorcs Ef-  dra.   Lamentatio* A quarimonìa MifT*.   Libcr inl'criptus , de au£ioritatc , Of-  ficio > & potcllate PartorutD Ecclefia-  fiicorum .   Libcr inicriptus > Anguftini , A Hicro-  nymi Theologia.   Libcr infcripius , alcuni importanti luo-  ghi , tradotti fuori dcM' Epifiole latine  di M. Francefeo Petrarca , Ac. con  tre Sonetti funi , A xviii. ftanze dd  Bernia avanti il xx. canto* Ac.   LibcHus aurcus quod fdola. Ac.   Libcr infcriptu» Baniccnfis Ecclcfi* cur  MilTam » Ac.   Liber infcripms. Bulla diaboli • A£.   Libcr infcripnis, capo finro.   Libcr infcriptus» de corna Dominica.   Libcr infcriptus , confilium de emendai^  da Ecclcna.   Libcr infcriptus* confilium PauSi III. da-  tum Imperatori in ficlgis cum Eufe-  bii Pamphili pia expUcarione •   Lilier infcriptus delle commìflioni , A  facoltd che Papa Giulio 111. ha dato  a M. Fatilo Odcfchalco.   Liber infen^us * de difciplìna puerq*  rum , rcetdque formandis eorum Au-  diis, A monbus.   Liber infcriptus. Dottrina vcriffima tol-  ta dal Capitolo quarto , a’ Romani ,  per confolare l’affiitte cónfcicuic*   Libcr infcriptus , Cur Ecclefia qbanior  Evangelia acceptavir.   Libcr infcriptus , de emendatione , A  corrc£h‘onc Aartis ChriAiani .   Libcr infcriptus , de genuino Euchari-  Aiz negotii inccllc£Iu, A ufu » ex ve-  tuAiflìmis orthodoxorum Patrum li-  bris , Ac. ^   Liber infcripnis, de falfa religione.   Liber infcriptm , de fatis Monarchi* Roma-  nz, fomnium, vacicinium Efdr* , Ac.   Liber infcriptus , la Forma delle pre-  hiere EcclefiaAichc , con la maniera  ’ammìniArar* i Sacramenti, A cele-  brare il matrimonio.   Liber infcrìpeus , de Gratia A libero  ejus, vclociquc curfu.   Libri Hcrmetii Magi ad AriAntelem *   Libcr infcriptus , llluAriffimi A potcn-  liffimi Senarus populique Angli* fen-  cencia, de co confilio.   Libcr quod Paulus Epifeopus Romantis,  Ac.      Libcr     i    400 INDEX LIBRORUM    Liber infcrìptut. Miliraiuis, Occ.   Liber micripcu» » Nicodcmus de paflìone  Chridi ,   Liber in(cripiu$ 1 opus IHuflriffimi $c  ExcclJtnfiffimi , icii fpcftjbilis vy-i  Caroli Magni > &c. coocra lynodum ,  in partibus Grzcix 1 prò adoran*  vis in'>agmibus Aoliddj five atroganter  gefta cA .   Xibcr inlcriptus j in, orationem Dominio  cam, &c.   4 lbcr infcriptiu » in orarioncs Dominio  cas faluberrimx » & lanf^inìrox medi»  tariones « ex 1 U>. oacholieorum Fa-  trurn , &'c*   Liber infcriprus « Lettera di N. ad uno  Ambafeiatore di Papa Giulio HI.   Liber infcriptus , Fauli IV. Papx Ronaa*  ni ) EpiAoIa confolatoria 1 & horcato.  ria ad fuos dilcflos filios .   Liber inicriptus» Poiirificii oratoris lega*  tio I in coflvencu Noribergeniì .   Liber infcriptus , de providentia Dei .   Liber ioferipm , de facerdociot Icgibtrt,  & ^crificiis PapXf &c.   Liber infcriptus t delle Aatuc 1 & itnagU  ni I &c.   Liber infcriptus » in Aaruì > & digniraci  ^clcliafticoruto t m;igis conducati ai-  flaictere rynodum Nationalern * piam «  flcliberam» quamdecemere bello, &c.   Liber infcriptus» de vera dìAèrentia re-  gie poteftatii, 9 c EcclelTaAicx •   Liber iaferipnK » de vita juvencutis in*  Airuenda » reoribus , Se Audiis corri-  gendis ,   Liber inicrìpeu « de unitale Ecclefia*  ftica.   Licanix Cermanorom.   Loci coreiDunes , de boAli operibus , &  de potcAare EccleAaAica.   Loca inlìgnia .   Loci infigniores.   Loci omnium ferd capiruro Evangelio-  rum «   Loci utriufque teftameari .   LnÀi ChriAiana .   Ludus PyramiduiQ»   appendi X.   L Exicorv Grxcum novnm » Genev*  imprciTum.   Ljbellus A. P. C. trai^ans rudiincn*  r.t Kcligkmis.   Liber qui infcribicur.afla Conctlii Triden-  tini anno i5'4^. celebrati .una cum anno-  rarinnibuspiis» & lcC>u digniilimis.  Liber Anonymt cuiufdam, de repugnantia  do^lrinx ChriALmx.    Liber Infcriptus, Annatx, caxatlones Ee-  clefiarum , & Monafteriormn per uni-,  verfum orbem , ab hxrcticis adverfut  Anniras confcriprus.   Liber contincns articulos reprobatos a  faailrarc Parilìenn , conrra do^rinam  S.I Tbomx.   Libri duo , de laira , Se vera unius Dei  Patria , & Fitti, & Spirimi San^i co-  gnitione , au£IorÌbus ininiAri Eccle-  narum confcnticittium in Sanuacia»&  Tranfìlvania.   Libelius de Concordia Ecdelix.   Liber de Convento Haganoen.   Liber infcriptus, Crux ChriAiani, cuoi  qtiibufdam annocationibus , in fandium  Hilarium.   Libri dece CD annuloram » quaruor fpe*  ^lorum , ihiaginum Thobix , imagi*  oum Ptolomxi vitgìnalis clavicola Sa-  lomonis .   Liber infcriptus, Dìalogi fieri.   Libri infcripti , comra diccam Imperia*  lem Ratisbonen.   Libclluf infcriptus, dedrgna prxparatione  ad Sacramcnniin EuchariAix.   Liber infcriptus , de divinis Se Apoftoli-  cis tradttiontbus.   Liber infcriptus, Genefìs, cum catholid  expofirione EcclcfìaAica , idcA, ex U.  niverfìs probatis Theologìs , quos Do-  minut futs Eccleriit dedic • excerpta l  quodam verbi Dei ininiAro , diu, mul-  nimque inThcoIt^ia verfatos, live Bi«  bliothecicxpoI'tioniiraGencfeos, ìdcA,  expolìtio, ex probacis Thcologis, quoc-  quot io Genefim aliquid fcriplcrunt .  collcfla , & in unum corpus Angulan  artifìcio confata , Ac.   Libelius intitularus de Jefu ChrìAo Poo>  lifìce Maximo , A Re» fìdelium fum-  mo, regenre in Ecclcfìa fanflorum.   Liber qui infcribirur , IlluAriffimi Prìn-  cipis, ac DD. Joannis Friderici feam-  di Ducis Saxonix , Ac. fuo > ac Fr>  trum D. Joan. VVilhclioi» A D. Joan.  Friderici nani junioris» nomine, lolida  confutatio , A condemnatio pnrapua-  rnm corruprelarum , fe£Iariim» A erro,  rum, hoc tempore ad inAaurationem, Ae.   Liber qui infcribinjr, Interim, anno  edirus.   Liber qui infcribiiur , Libelius ApoAolo.  rum nationis Gallicanx cum conAicu-  tione lacri Conctlii Baniecnfìs.   Liber contincns doftrinam adminìAraeio-  nem Sacramentouim , rirus Eccle/saAi-  cos , formam ordinactonis conflAorii,  viAtacionis fcholarum, in ditione Prin-  ciputn, A Dominorum D. Joannis Al-  berti ,    Digitized by Google     PROHIBITORUM. 401    berti , ft n. Hulderici Fratnim 1 Du-  cum» &:c  cimr in dieCorpori» Chriftì.   Liber iorcriprwS» Ordo baptizandì iuxta  rirum fin^z Renunz Eccicliz» Vene*  tiis Apud Joaniwm Guirifcuiii » & A>*  cios» anno 157;* nHì corTÌ|atur.   Liber infcriprcH » de officio pii » & pa-  blicc cranqailliraiii verè amarnis viri,  in hoc religionit diffidiot fine auAo.  hs nomine» Se alias ab eo» quero fob  Mdem infcripeione compoTuic loannes  Hefielz DoQor Lovaruenfis.   Liber iafcriptus> de petfecutione Bar-  barorum .   Liber infcrìptus, prò libertattf Ecclefiz»  Callicanz» adverfus Romanam auUm  defenfio farifienfis curiz, Ludovico  XL Gallorum Regi quondam chiara »  qui circumicrrur cum rra^am Duarr  ni de S. Ecclefizminiftcriis; ab eola-  tinus   Liber infcriprus» de protrabenda vim ul-  tra vigintiquinqiie annos.   Liber Pfalmorun) Davidis, cum catho-  licaexpofirione EcclcfiaAica» iinprcfii^  per Hcnricum Srephanum» annoi^as.   Liwr inlcriptus» que regìa potefias» quo  debent aii-f^ore folemnes Ecclefiz Con-  ventus indici» cogique, &c.   Liber inlcriptus, de Regno ,Civitare. Se  domo !>j, ac Domini lefn Chrifti.   Liber in  quod fit homiiii moricnci Buxi-  o)um foUiium.   TbuK) lU    AUCTORES PRIME CLASSIS.  M    M Arcellus Palìngenins» Srellatus.  Marcus Anconius Calvinus.  Marcus AnroniasCorvinos.  Marcus CordeJius» Torgeofis.   Marcus Ephefinus .   Marcus Tilemann. Heshufius.   Marfilius de Padua .   Martinus Ko» vel Martiniko.   Martimis Borrhaus» Stugardian.   Martinus Bucerus.   Martinus Freflhus.   Martinus Lurherus.   Maninus Meglio.   Martinus Oftermineherus.   Ma. tinus VVolphius .   Mitthzof Albems» vel Albertus;  Matchzus Judex.   Matthzui Phylaigyras .   Macthzus, qui Se Afiarcius Scofier.  Maithzus Zelius*, Keifefpergenfis » vel  Kiferpergen.   Matthzus Zifer.   Matthias Fhccus, lliyricas» vel Flavios.  Maturìnus Corderìiis.   Maximilianus Maurus.   Melanchton .   Melchior Ambachius.   Mekhior Clinch» vel Mlinch.   Melchior Hoftnanaus.   Memnon Symwi.   Meoardu^ Molchcms. ''   Michael Celarios.   Michael de Cxfena.   Michael Kothingius.   Michael SchuJ(hejs «   Michael ScIIarius.   Michael Servccus.   Michael Toxica.   Milo Coverdale» Eboracenfis.   Morlinus.   Munccrjs,   Murnerus.   Munfteros.   Mufeuttts .   Myconius OTvaldiis;   A P P E N D 1 X.    fF Agdalena Aymairus.   I^Y I Manfon Anglus»   *** Marcus Andreas Falkehenbergerus.  Marats Blcumlerus» Tigurinns.   M. Marcus Mennigos.   Martinus Agricola ^   Martinns Crufius.   Martinus Faber*    Eeé    Mar-     402 . INDEX LIBRORUM   Martious HcMingus. Mafluccìi Salernitani > Novell*.    Martinus Hofmann.   . Martinm Kemnìcius», vei Chemnìtius.  Marcinua Lochandrus» Gorliceniìs» Sile-   >Iartiniia Mollems». , .   Martinu» Morlin..   Martinus Salbach..   Martìnuv Schalincius ». Farens ..   Matihaus Bcroaldos . '   Matthaus Chcmnicius.,   IMatthanis Colfebui^ias ..   Mattharm * fca Matthias , fireflènis^  Matcharus Huttenus  Macrhsus Ludtke.   Matthzus Veghel.   Matthzi» VVeflenWccìus.,   Matthias Bcrgius, Brunrvicenl!s «.   Matthias Ebcrhart.   Matthias ErbiuSi aor ErbeBUs» «cl Hfi>  beous*.   Matthias Ludccus..   Matthias Ritter.u  Matthias Schneider*.   Matthiav Tinflorius..   Matthias Vebus.   Melchior Bifcoft'.   Melchior Ncofarius..   Melchior Socket.   Melchior VVildiua-  M. Mento..   Mcrterus. Mentrius adverfm BalearÌMm,  Epìfccotm   Mercdirn Hanmerus.   Michael Aichlerus ». vet EychlerUs..  Michael Czliits.. -  Michael Dilerus.   Michael DincUus.   Mtcbael Hagenx» .   Michael Hampclus .   M. Michael Hcnnig». DreUenfis».   Michaet HcrmaoBus..   Michael HimmeU  Michael Mclllinus.   Michael Neaoder». Soravienns.   Michael Rennems,   Michael Rcnn^crus, Anelus.   Michael Scrmiua» Danii^anus..   Michael ITraniui.   Mintts Cclfus.   Moyfes Pclacheras-   Ccrtorum Auflorum,   Libri Prohibiti.   M Arci Pagani Carminum 1 iber»cuius  tituluv cR Tiionfo Angelico.   Et airer qui dictrar. Sonetti di-  verfi di Marco Pagano.    Merlini Angli liber» tobreurarum predi-  fUonuxt] •.   APPENDI X..   M Accaronicortira opus » Merlini  Coccaci» Poet* Manruani» nifi  reporgatum fuerir.   Mahomcris Saraccnorum Principis» c/uf-  que fucccnòrum virar,  icem Alchoran» cum. przfatione Mar-  tini Lutberi.   Martini Eifengrenii Traflarus A;h>Ic^..  ticus, de certifudine grati*, prò ca-  none xiii,. fcfT. 6, Concilii Tridentini.  Martini Martinez Cantapcrrenfis » Hy-  pocjmoTcon* liber, ruTÌ fueric ex ìti>  prefiis, ab anno i;Sa«.   Melchior Klingius, in praxipuos iccun-  di libri Dccrctaliom Tir. 8c in ìnRU  tmiones Juris Civilis.   Michaelis Carranzz, annotano macina*  lis, ad D. lldcfonfum»   Au(ftorum incerti nominis.  Libri prohibiti.   M ^nicra di tenere ad infegnare i  figliuoli Crifiianii  Margarita Thcologica.  MacrimoniodelliPreti» &. (ielle Monache»  Medieina anitn* »   Meditaciones in Orarionem Domìnicarn.  Meditationes, Se prccationes pi*, aJmo-  modum uciics, Se ncceffari* , prò for-  mandis» rum confcicniiis* cum mori-  buftcleOonim.   Mccaphrafcs Epifiolarum SaOi Palili »  ad communein Eccicnarum concordia.  Mcchodi facr* fcripturz » Thoini duo.  Mcthodns» in przcipuos fcripturz divi-  nz locos.   Microfynodus, Noribergenfis .   MiniRrorum Verbi Argeotmennum admo-  nitio, ad miruftroi Heivcticos.   Modo di tenere ncll'infcgnarc , e nel  predicare al principio della Religione  ChrlRiafea.   Modo, e via breve di confotire quelli,  che Ranno in pericolo di morve.  Modus folemnis , Se authenticus ad in*  ^uirendum, &c.    AP.    Digitized by Google     PROHIBITORUM. 403   appendi X; appendix-    M    “ArpaTÌtji Paftonim .   Mcdfciiu aniiDZt prò fantu fi*   ‘ mul & zgrotis indaote morrt^   Medicina anitoa adjunfia ima^inibm  nK>njs ^   Medicina animai cam hi»   ^uam ()tti adverfa corporis valetudine  prillici fune» |n moru a^ne, & ex-  tremis bis periculonffimù cempocibusa  roaxmè nece&ria quÌ-«  bus Dominica paffioois myftcìiuni ex^.  plicatur.   Methodica Juris uinur^ firadi(io.   Minbllis Libec^   MiiT.t Hvangeh’ca.   MifTa Latina, qua olim ance Romanam  circitcr annnm 700. crac,   Modiu confitcTidi » & ipodiii oraodi ,  prout impreffie Polccus*.   Modus orandi . 6 c conficendi .   Monumenta (^iorum Patrum » ortho.  doxograpba , hoc eft «  croTan£te, aciincerìorìs Mei Dc 2 h>res ,  numero circiter ofloginta qiiinque Ec>  delia lumina, au£^ores partim Oraci,  patim Latini, BaTicIa 1 jtfp. nifi enKA-  dencur .   Multi integn loci facra Do£hioa, vetq-  ris, 6 t novi teftameoti, ex Hebraa ,  & Graca lingua, inLatimuo, &Ger*  manurn lermone crauslati*   AUCTORES PRIM^ CLASSIS.    N Atalis Torneerai.   Nathan Chythraui,   Natbanacl Nc&kius, ideft Theo-  donis Beai.   Nicolaus Bioccitis Ludima^ftei 1  denits.   Nicolaus Bocerus, Brugenfis.   Nicolaus Cancerinos.   Nicolaus Qoeltanitis.   Nicolaua Collado.   Nicolaus Erbenius.   Nicolaus Florus.   Nicolans Griroaldus, , — • •   Nicolaus HemmiMim, v«l RewngiM.».  Nicolaus Jagenteu^.   Nicolaus Leflerus.   Nicolaus Opton*   Nicolaus Rndingenis». .   Nicolaus Sfkcpi^tts.   y» A   Cer forum Auflorum ,  Libri prohibiti .   N 'colli Clemingi». opera illa oik  rum modo permicti pocenmt,qua  .uxtt cenfnras Patrum deputatorum ,  emendata excudentur.   Nicolai, Franci (Jacmina . conua Pecnim  Arecinum.   Nicolai Rodingi cahonitio ad Ccrmat  niam .   Itera Pradicationes carmineconfcripta.  Nicolai VVinmanni Colymbcfcs , fivp  de alte naundi , Dialogus .   APPENDIX.    N icolaus Amldorfius*   Nicolans Balingius.   > MicotausBorbootus,Vandoferanus»  Nicolaus Bryl'ng.   NicoUus de Cilibria.   Nicolaus Caltilim.   Nicolaus Galeats^   Nicolaus GaVus.,   Nicolaus Gcrbellifii.   Nicolaus Herforde» Anglus*   Nicolaus Krompach.   Nicolaus Macchiavcllns.   Nicolaus de Pclhrtimorv. .   Nicolaus Qitodus.   NicoUus Rhadivil, Palatimis VVilncfii  Nicolaus Ridlaus.   Nicolaus ^eubellius.   Nicolans belnccccrusi vcl Sclneckerps •.  Nicolaus Scorckios.   Ni^laus Udall, Angkiv.    N Vtalis Bedc, liber confeffionìs.   Nibulus ThclTalonicenlìs , contri  PP. Aliis Illirico lupponcos.   Incertorum Aui^orum,  Libri prohibiti.   N Omendator infìgnium fcriptorum.  Notoria anis» opera omnia ^  Nera vera Ecd»a.   appendix.   N \rtatio* eornm , qua conrigcrnoc  io> Patria inferiori, anno  Nccromanrìa opera , & fenpta  omnia.   Nova gioita ordinaria , doncc metiora  Dominus , &c. fivc io Evangclium,  fecundum Matrhaum » Marcum , &  Ecc ^    Jàm Ik    404 INDEX UeRORUM    Lucam. Commeruariij obicun^ue ixu.  prtfli ferine   ^oy* prccationc) I. ex optimis, quibuT*  qu? Tcriptis» przcìpaorum noftri fzcu»  1 1 Thedogpruro .   AUGTORES PRJMH CLASSIS.,   O   O EcoIompailius joannnes.^   Onholphus Marolc, Frànnis,  Olìandcr Andreas.^   Ofualdus Myconius.^   Orbo BrunsfclHiis.   Oiho Cerbems Pabergen.,   Otho H?nricu5«.   Otho Vfncriw.   Otho, VVcrdmiiferus.  pthoncllu^ Vida»   A P P E^N D I X.^   O Siande? Lucas.^   Oiiuldus Betus.^   Otho Gryphius.Gparinas Cattin»  Otho Wiflcnburgìusjfivc Luroburgenpa  Otho Zander.   Q/cnus CuntCTUs.^   Certorum Auftorum^   Libri prohibiti ,   O Gerii Dani Fabulz.   In OviJii Mctitnorphofiros Jibrosi  commcncaria , fivc cnarrationcs al.  Icgoricx» veJ tropologie*   A P E N. D I X.   O Limpì* Fulvi* Morate, Dialogi,  Epiilolx, & Carmina «    ^ APENDIX.   k Prima ratio conponendxreligiocuii  I quz fict   ' Opas magni lapidispcrLocidariam^^   Orario I^minica,. cum aliis quibofdam  Precatiunculis grxcc ctim latiua ver*  Hoae, è regione polita, quibus adiun-  ^um cft Alphabetum Grzeum .   Orario Ecelenarum Germanie, ac BeU.  gix fub, &c.   Orationet Furtebres, & Epiccdia, per  Tomos diftinOum opus»   Orationes Fimcbres. de hxrccicis habire^  ccrtis romis imprdre«i^   Ofdo Ecclcfiafticus , circa' do£lrinam ,  Sacramenta, & Ceremonias, in Du-  ca ru IjluftriffimiDucisBavarie Frideri*  dorus«   Pcirus CUrke.   Petrus Dathenus •   Petrus Dilleras.   Petrus Dc^inus.   Petrus Qcdulcig, (ea Pati'em«   Petrus GU(fet^   Petrus Hafiùius.   Petrus LandsbergiuSf vel Liodemburgìus «  Pccruv Palladiusii.   Perros Pateshul . t »   Petrus. Panlas, Nochtefterus.   Pernii Ramus*   Petrus Kinavvs*   Petrus Scatorius«   Petrus Trevver,   Petrus Vvaremborg, ab Alcenkircfiea.  Pcims Vvartei, vel Vattcs,   Pctrm VVirth*   Philippus Deibrunerus.   Philippui Dirixfon « qui fuot ^tukaptlf-  m fmut ferlìiit lìuTÌs « T« i>.   Philippus FcKìqìus*   Philippus Gcrrarde.   Philippus Neibronnerus^   Philippus Kcifer.   Philippus Lontcerut4  Philippus Marbachius.   Philippus ie Marnix> Domlnut de 5* Hd~  degMia ,   Philippus Merziliust  Philippus Momrus, PlelTeui.   Philippus NycoU  Phili^TpQs Rufticns.   Philippus VVagncnis,   Pilkioionios Preudoepifeopus , Dunil-  menfis .   Prinius Tuberus Carmqlanus.   Procopius Lupacius .    Certorum Auflorum,   labri prohibiti*   P AuU Dolfcit pralrerium» Grzeo cat-  mine ver{uiD» cum prxiacione Phi-  lippi Melanchthonis .   Pccri Aretini, opera onmia*   Petri Lignzi, Parabola.   Tetri Mofcllani , Protegend , Pedalogia  in puerorum ufutn confcripea.   Petri de Virea, PercgriaatioHicnifalem*  Philipp] Catti , liber adverfus Heaticum  Bninrviiceni'em*   Pogii Fiorentini, Facetiz*   Polydori Virgilii, de invcnioribus rerum  liber, qui ab hzrcùcis au£lus , & de.  pravatus eli.   Rotopzii Barbz , liber deSccrectsNaturz,   APPENDI X*   P AnopIia omnium il!iberalium , Me.  chanicarum, auc Sedentariarum ar-  tium,cucn imaginibiis «sudore Har-  caman Scoppcro» NovofofCD/ì,Norico,  Fran((qjti adMxnum ijdS. donec ex.  purgetue,   Papyrii Madbnii, libri fex, de vitisEpi.  feoporum Urbis Rotnx, nifi hicrit ex  corrc^is, abaudore, cum approbatio-  nc Maeiftri Sacri Palacii .   Taraphraus Cornclii Chaidaica , ìa facta  Biblia .   Tauli Diaconi hiAoria , impreca Badler  nifi delcarur epifiola, qux habe>  tur in ejus principio , quz clè , no^  probati Auaoris,   Petri de Abano, opet^CeomaDtix, &e)or.   dcmdcQinnì genere divirutionÌso}>era.  Pccri Fcrmandca de Villegas, Archidiaco*  ni Burgenlìs , Flofculus Sandorum.  Petri Gunchcri , Rhetorica, nifi expurgecur.  Petrus Pomponatius , de Incantacioitibus.  Petri Romani, Circulus Diviniiacis.   Ferri de Vineis , Querimonia Friderici  Cecundi Imperatpris«   Polydori Virgilii, , de invenroribus rerirni  liber, RoinzjulfuGreg.XIII. lyy^.ex.   puigarus, 6c excufl'us, permittitur*  Pofiillz Draconitis, per annum^   Pradica Mufica , Hcrmanni Finehii .  Przfaclo JacobiHarcelii, in quìncjtuginra  Comicorurn rententiasGrzcolacinas.  PCUmi aliquoc Davidici , per Hcnriaim  Stephannm , & quofdam alios, Grzeo  carmine rradudi «   Pfalcerium Hebrai ant Apoftolic* Sedi ■  quoniodoc'jnque dctrabatur .  falquilliB prpfcriptua a  cibo.   Pafqitil'n Scmirocta.   PalquiUoruin . Toroi djiOc  Pàiquim> ti Matphofii Hyninui in PaiW  IniD III.   Paffio Martini UthetJ , fccundinn Mar-,  celluin., '   Phalarifmu» c '   rhralca {acri Scriprai» . quandiu eapn»-.  gara non hictint atqtie ab Inquilìto-.  ribuJ Gencr.ilibui racojnlw.   Pii, St Chriftiani Epiltoli ciiiuldam fer-  vi Jefij ChriiU , de file, operibui, !c  charitate.   Pracationum aliquof , tc piaruin Medua-  ciomim t Enchiridion ^   Pfccationit Biblici.   Precationer Chriftiani , ad miitationet»  Pfalmorum. ^   Precationcs Dominici, Griphn.  Precaiionn Pfalmomm , per )oanncni  Hombutgiuin latinirate donati .  PrteedenK all' Apologia della Cooteffio-  ne VVittcmbcrgenlc.   Pioceirns ConfiAorialia , Martini Joann.s  Huls . -   pliltcriam ttanrlationia veteris , cum no.  vq Pnfatione Maitiai Luthcri .   A P P E N‘Ì) I X-   P Aralipomeno* .ómniam i^in me-  inorabiliuin a Fridenco Secmido ,  ufquc ad CirolutnQuintnm, HiKo-  tii Ahbatis UfpergcnIIa, per qncndara  fiudiolutn. annexum.   Patquilb «latici, feu nuper icoalorcver-  fi, JctebttS patrim fopena, partim in-  rer homin» . in Chriftiana Rel.gione  paffim hodie controvetlis , cnm Mat-  phorio Colloquinm .  pjqnilll iDinufcriptl ,   Santìwt aucSicrannciKJS» autCatholic*  Ecclefiz 1 & fjui caltui » aut Apoftolic*  quoraoèxunqac  de Todygncoo..  Ricardus VVick.   Ról^rcus Anglas.   Robenus Bonnes.   Robertus Baus.   Robcrtus a Moshaim •   Robertus Stephanus.   Rod NajaI •   Rodulphus GualceniSf Tigurinos.   A P P E N D I X,   R Einerius Rcìneccius, Sceinchenms •  RcinhoMus Marcaaus, VVcftpbav   Ricardus Coxus »   Ricardus Fcums.   Ricardus VVyfe.   Robcnfonus Bangareufis.   Robertus Crovuicyus .   Robertus Hornus.   Robertus Recordus.   Robertus VVakefelde.   Robertus VVarfwius.   Rodulphus Hofpiniatms.   Rodulphus Lemanus.   Rodulphus Ladolif.   Rodulphus Sncllius.   Certorum Auflorum,   Libri prohibitì.   R Aymundi de Sabaude, prologus in  Thedogiam naturalem.   APPENDI X.   R leardi Dìnothi, de re- ) doneccor-  bus , ic faftìs inemo- ) rigannir .  rahibbus , loci com- )  munes Hiftorici. )   Et eiuiilcm Adverfaria Hiftorica.  Roffcnll falfo adferiptus, liber de fiducia j  & mircricoriia Dai.   Inccrtorum Auflorutn ,  Libri prohibiti.   R Aeio bcevìs , facrarum tramanda*  nim Cancionum .   Ratio , CUT • qui coafeflìoneiD    At^iUnam proficenrar» &c.   Ratio , Jc Methodus coniblandi perieli*  losd decumbences , &c.   Receptacio omnium figurarum focrx Scrì-  prnrsr.   Reformacio Ecclefia; Coionienfis,   Regis , & Senarus Anglici fententia de  Concilio , quod Paulits Epifeopus Ro.  roanus Mantuz fiiturum fimulavit.  Reftitucionum doftrtnar, &vit*Chriftia-  n* libcr, per Monafterienfes Anabapri-  ftls edicus.   APPENDI X.   R Acìo } & forma pt^lice onndi  Deum, acque adminiftrandi Sacra-  menta in Anglofum Ecclcfia ,  qus Ceneya coHigirar.   Rccanrario de inferno .   Rerum ìnGalUa ob religionemgefUru^n^  libri cres.   AUTORES FRIM£ CLASSIS .   S   S \pidus Poeta.   Sclaperus.   Schnepplus, vel Sehekias-  Scbaldus Hanrencius.   Sebaldus Hcyden . ’   SebaUianus CalUlion. * •   Sebaftianus Francus.   Sebafiianus Frofchelius.   SebaBianus Lcpufculus.   Scbaflianus Meyer.   Scbailianus MunAcrus.   Servetus Hifpanus.   Simon Grytmis.   Simon Heilus.   Simon Mufzus.   Simon Saltzenis.   Stephanus Dolecus .   Syven Kfeidius.   APPENDI X.   S \daeIIns Antonius «   Samuel Fifcher.   Samuel Hebelus.   Samuel Ncvuheiircr.   Samuel Radrrpinner .   Siwìct VVigormicnlis , PfeaJotpifcopu» .  Scamblcnis Pctroburgtniis , Pfeudoepifeo.  pus .   SebaAiaoat Figuhis.   Sebafhanus Henriepetri.   Sebafttamis Lupulus.   Sebaftianqs Sperber .   Seba-     t    \    408 INDEX UBRORUM    Sebafliinus Spradler^*   Sjc^irìdtii Saccus.   Sigirnundus Suevui^   Sinicn Cn»iliccvus^   5iincn Mej'er*   SiiroQ Pauii» v(l Panhis STcrineofisi  Shnon Sidenis*   Slmnu Simoniiu.   Simon Snc^derus.   S»ni!> Wi. òatniciiK.«   Sicpoanu-» Gerbchtuv  Srrphtf-iut de Malefcot,.   Srr; hanui Rcich».   Stephaons Szcgcdimis*.   |tc^’i-unus VVacker4   Ccrtorum Au^orum,   Libri prohibiti.   S Tgibcrtì libcr , centra Papam Gre-  gorium t & centra Epiftolamr Pa-  fchalii Papx.   Scraphini Firmaiu Apologia» prò Bapti*  Aa «ie Cremai   (tephani VVindonieoAs Epifcopl > l lionec rcpuigaca fuerìc.  Scephani Lindii EpiAoU ». de Magù  Arata» & MifTa*.   Svidar Hiftoria » nuper Bafitec imprcHa ».  ^uaiodiu annotarionci oMiginalcs » &  indicci» emendeatur.   Incertorum Auflorum,  Libii prohibiti.   S Cholìa in EpiAohim Paoli 111. Pon>  tiftcì* Maximi.   Script! quxdam Papx, &Monarcha«  rum > de Concilio Trideotiao &c.  Sentenrix piieriles.   Sernaones Convivalea.   Sermoaes ite proviJcntia Dei .  Similitudinnin , & DiAìtnilicudinum libcr.  Simplex» &' foccinOm oranJi modus.  SimplicifISnu» & brcviiTima Cathechi(mi  expofitio.   Simulacri, Iftorie, e Fignrc della Mone.  Somnium, & Vaticinium Efdrx , de £a-  ti& Monarchix Romat:.x .   Spcculum exeorum , ad cognicionem E-  vangclic* vcriiatis^   Swermenica Doflrina.   Somna totius Scriptur^.    Sammarinm Scrìpturx»   8umro| in Smaragdum > Aipcr Erange.  lia » &: EpiAolai totius ann> . ram Ce-  paratim» quiin nna » cuna ipfo Au£lo>  re impreifa.   Snpplicacio quonmdam , apud Helvcrios  EvangelìAarum » ad Epifeopum Coo»  Aanticnfcm.   Supplica loerortazione, di nuovo mandata  ali'tfìvittiffimo CeCarc, Carlo Qpinco.  Suppucatìo aonorain Mundi.   Syncrama clariflrmoruin virorum ,  cugina*  le pcccarum dcpuigentes» Ac.   Stateri PruJtmuiti •  grracagcmaca Satbanx.   Summa piuioris doflrinx »pcr M3   fes» adCallicarn EcclenatiuntiVa, ^c.  Synodus Sait^ioruni Patrum * c«>nvocara  ad cognofccndam , & dljodicandam  controverAam » multos jam annoi £c-  cleAam ChiiAì gravilGmc cxercemcm»  de majcAate Corporis ChriAi»   AUCTOKES PRIMA CLASSIS.   T   T HeobaldmCerrachius» Billicanui*  Theodorus Biblìander.   Tbonui Blaurems.   Tho.    Digitized by Google     PROHIBITORUM. 409    Thomas CramnerM.  homas ab Hofen .  homas Munccrns.   Thomas Nec^eorgius^   Thmnas Plaitcnis^   Thomas Vcnatorios,   Thomas VVolphius.   Titetmanus Heshu^us*   Timotbeus Neocorus*   A P P E N D I X.   T Halounnos Beaedi6his.   Thcodoricns Scheneppius .  Thendoms Bcza^ VcxcUnS\  Thcodorus Ncc^eofgus .   Thcoioras Sneppius.   Thcodorus Zuvingerus*   Theophilus Bfidanus.   Theophilus Frcurelìus*   TheopbraAus Paracclfus*   Thobias brmon*   Thomas Bcconus.   Thomas Carcuvzightas ^   Thomas Copperos.   Thomas CprbcM*   Thomas E^nta .   Thomas Eraftui.   Thomas Gotctsf»nhi»«,   Thomas Gybfooas p  Thoous Leverus.   Thomas Pavjpell.   Thomas Scndbachiu» veL Seltbachliii é  T homas Swinercon. ^   Thomas Thanhoinmi  Thotms VViJfoflui,   Thomas VViftadias.   Thirootheus Kfrclmerus,   TriAramus* RevcU^   Ccrtorum Aué^orum ^   libii ^rohibitt*,   A P P EN D I   T Argpm , hoc Paraphnfis C^-.  oeTii Chaldaica* in facra Bibita ^  ùuc^cete». Paulo Eagio.  Tbeacnim vitaebumanx» prlmunta Cou«  ra^ LicoAhena: Ru^aqoepfi inchoa»  deinda a. Theodoro Zvringero  aUolucum» cuitifcnaqae fit iroprtìfio-  ais» nifi corrigarur.   Thcodorici Nemicnfisi vel' a Niemen  Hiftoria de Cchiiinaie,   The^nna lioeua Grece» )   Henricì Srej^ani . )   Thelaun» Lingue Hebraice > )   San£h Pagnini » aufVtts  opera omnia «   Incertorum Auftorum,   Libri probibiti.   T Halmud Hebreorym» eiulquc gl  fumma sotius icripturevetcris,Se  novi TcAamcod > altera vero de  dccem Preoapiis^   Theologorum VVitebergenAum vera» 8 c  folida rcfuaauo» duorum libellonim  lefuiramm •   Threnodia Ecclcfie Catholiee» ad Chrì-  ftam ^ponfiimv fwim ^   Triumphi Aoonmmcw»^ Ir jfde GhrtAi»  in cotlum afeendentta coilado.   Turco grecic libri ofio,Bafilee impre{«  fi 1584. donec corriganrur. •  Turingtcoiiim exolun) rdponfio.   Xotini Belgica > Urbium» Abbaciarum»  CoUegk>rufu. divifio» ad opprimendum  per novos Epiicopos Evan^iium» 8 k^  fine nomine Ao£mNs ccafiurc » impref>  ipris». Se loci..   AUCTORES FRIhl£ CLASSIS.,   V   V Adianus )oachimtts-   Valerìus Anfelmus Ry 4 '   Valerius Philarcas.   Vareroimdit» Loitholdus.   Velcurio*   Vergerius^   Fffi Vi    Digìtized by Googlc    410 INDEX LBR.ORUM    Vi£loE di Bonkaaxi ve[ de Bordcns. .  Vi^ormus. Strigqlius.   Vincentiut Obibp«t»«   Virctus. Petras.   Y i r i I iog4>Sjfìye Brenti us>.  yito$, T^codorus.. . ,   Virt» Vvif«pin$v i ^   Vlricus, Scuderius ,,   Yltictt* VeknuSf Minhomenft., ^  Virila* 4c Vvitera. ' |   Vrbamn Rhegitti..   YVendelinusi ab Kdbach.,   VVcnriclaaJ Linck. -   YVefelus» live Balilias CroeningenCs.,   VVcfphalus Ipa^imus*.   VVig^us óro^er*   VVilhidmus Hefenos.   VVlIhieliròs Ibadcnlis.   YVolphapgus FabrUius, Capito •. ’   VVolphangos Mater.   ^VVolphangus Meufd » ;   V Volphatigtts MuCcuIub  VV olphangus Uuce#/   VVolpIungus Rupercus.   VVolphangus VvaUaenn^  yVoIphan^ VvtlTcn^burgiis^   A P P E N D 1 X..   ‘ -1 't i /   V Alcntinos Eryihwus.   VaknKinuv Frottdorfiuiv  Vaicntimis. Cìreflérns^ . a   Valentinus HeiLind^ r .   Valcntijius Hefenenu^ .. f.. ‘   Valeatinos MecckcK* / / •••   Valcmious Schacbtiut^   Valentinus Shinidclenis. . »   Valentinus Tro^cdorSus^   VakQtiiHUk   VaJenrintts VwinfchOTUsv  Valarius Fildl^rus\i'>--'   Vcnis C^at^amls^   Veitranos Pinfcrus^ . i   Vinc^n.tios, Cmnchor^   Vinitos^ ■ J . T •   Vjcui Bfcfchvucrtibach>   Vùus MoUcfus-,   Vhiaricu» RuppincoTtiK  Vlricus. J.vuinglius..   Volradsis, Conjcs, Mansfcldcplii^  Vvahiclmits BiJcrtìbachius^   Vvilheilnjus, Clcbitius^   Vvilhichnus. Nolderus^   Vvilhielmus Sarcerius^   Y^ilichius Fikhcrus^ \ /   Vv.olphangus AmliJi| •. ^ f   Vvolphangus Ammonms •  Vyolphaogus AmpelaAdatP\   Vvolphangus Audingus..   Vvolphangus Bisbachius.    Vuolphangus Cam!inm«   Vvolphangus Finckclnaus^   Vvolphangus Maler.   Vvolphangus Martius*.   Tvolphangus Ochelìus.   V voi phangus FeriRerus x  Vvolphangus Frisbach^u»^   I \volphius.   Certorum AuftoruniJ  libri protlibiti^ i   V iti Amcibichii. , A"tipari de Officio  pii viri traOatut»   Vinccntii Ciconi* Vcfoni^nns , Enarra-.   tiones in pralmos, nifi còrrigantur^.  Vldarict* ad Paptm Nicolaum EpiRola;  VIdarict Zafii , opera omniai donec C0C\  rigantur«, i   IncQttotum Au£lorumi  (.ibri prohibiti^   V Valdenfium conleffio x, & Apologia  fìdei, ad Uladislaum Kcgcm Un^  gari*.   Varia dotìorum, piorumquc virorum*  de corrupto Ecclefia; Aacu > Poe-  mata*   Yindarii* ^mbdìuio » de EotelUtePapcj^  de. Principum facitiartuniv  Vificacio Saxpnica*.   Yitai & gefta Hildebrandi^   Vi» Patrum,, cum przfatipae Maftirii  Lutberi ^   VitK Pont. Rom. VViteberg* iroprelt*-  Un breve modo,, ^ual deve tener ciaf-  cun Padre*.   Unia diffidentium. Tripartita*.  Vniverfitaiis VViiebcrKnfis , feria aflio»,  apud Principem FrldcricuQi*.   A P P E KD. I X^   ^ Wa Juyennitis cum anoocationibosx  \f feti aildittonibus ?hilippi Me*  ^ lanchthonis x   Vvitcbergica afta SynoJaUa> a quodatn   • COl-v    Digilized by Google    PROHIBITORUM , 411    ' collega & per Vvttcbei^icost Jlieokv  go» probara» concra ]Hyricanos«  Vvormatienfes Arciculì.   Urfuis Mnnfterlcrgenfìt Docidie defenfia*    no licenza, dall’ ondiuarioi poRo in. una calTa iìcura nella CanccU  ovvero dali'In^uificore di pocerh tenere», laria Ducale per (ervirTene» qnarJo fa-  SECONDO . Se li Stampatori foranno ri bifogno, nella oaa! calta fi tenghi,  rifiamj'« 4 e li (addetti Libri (pipefi.» Ala- un Inventario de* Libri, che 1! ripone-  raniro infianza per U correzione» si cor- ranno: e ciò s’ incendi folamcnre de’ii-  regeranno efpeditaroence in Venezia» e bri novi, ed ancor de* Libri rofpcfi, che  nell’ altre Citti del Sraro Teoia ODandaili . fi corrtgeranao» e riftamf^ranno. Nelle  a Roma avendo fufiicieBcc facolti per Cicti j>oi del Stato gU originali predecii  il novo Indice gli Vefeovi infietoe con li fi conlegncranno al Cancelliero del Cla-  Inquifirafi» e rifiampandofi corretti» fi riOìmo Capitanio, acciò li tenghi net*  vmdcranno liberamente a tutti. modo predetto» q. fi confegnino focecfii-   TERZO. Uferanno diligenza gliScam* earocnre con .l' Inventario da Canceliie-  patori per confervaie oqi migliar moda» ro 4 Gancelliero*   nmezfc Pff a Q.UAR.     Digilized by Google     4iti   OyARTO.. Nel ftampar Libri 9 ^ terefticrl». 0 con &Ifc % t finte licenza  impriina a tergo del prinio tV^lio la Ih Qampati * e rariflìme volrc fi dari il  «enza folita deli Magifirato» nella quale calo» nc fi fiiri fenza giullifliroa caufai  fiaoa cfprcflj li nomi di quelli » che a*n e con parcictpazione dei Santo Officio,  vranno rtvifio,cd approvato detti Libri», ed incervemo di CiactiSmi Signori Af-  (ome è dilpoita per le L^gi.. - fifiemi rantoin Vcneziicome aelloStato.   QUINTO. Aveniranno li Stampatori», OTTAVO. La regola dgl giuramento da  che r>e‘ Libri novi, che fiamperanno«"ò, darfi a* Librari, e Stampatori npn.s’cf*.  oc’ Vecchi che riftaropanero. non. tifino tguìfea in quello Sercnils. Dominiò s  figure » che ripprefeniino acci difonefiiv NONO. Tutti gli eredi doveranno dar  ooit efjendo però prohibitcle figure pros nota al Padre Inquifitorc de' Libri pro-  fane. che non comenefsero dishoniftè- ibìti » e fi>rpefi » che ritrovarsero nell*  SESTO*. Lt Librari dovecanno far T* erediti / e ouelU eredi » che non fuf-  Invcntario di- tutti li Libri > cift, fi fero abili a aifcemérli > doveranno lo  trovano per cfpurgari; in quello princi>. ro, o Tuoi Cantori chiamar perfone m-  pio le Librarie da‘‘ Libri cfprefiamenre teliigenri che vifiiino tutta la Libraria  proibiti nel novo Indice » e prefenrar» per cavarne nota delli proibiti , c iòf-  lo al Padre Inquifitorc , e quello s’in-, pefi) & prefencarla come dì fopra in  tenda per una volta folamenre v termine dì mefi tré dopo ebe V avran-   , SEPTIMO. Intorno la liberti » che ho, avuti irt fuo potere * c fri tarn   / vtcn conceda, all i Vefeovi, ed* Inquìfico- co non pofsano ufare. ni in qualitnque   i ri di poter proibire altri Libri non cf- modo alienare i Libri proibiti , o rof-   ^ ^refi rMiriiWice~» fi didilira. che t'ìn-. pefi « c ciò fono |e pene • e aenfurq   tendi de.‘ Libri contrarj aM^ Religione ,, (latuiie^   Feo fede» e corroborazione di tutto» ciò. li fuddetti Illuftrifljmi Cardina*,  le Patriarca». 3c Nunzio^ Infieme co' 1 Reverenda Padre Inquifitore di  Venezia fottofcrivqranno le prclqnti . c le affermeranno eoa proprj  loro Sigi(li coniinci|coda.|er Vautor/ih alatale *d» fua Beatitudine che  inviolaWiécnte debbano «flervare le predette. dichiarazioni tanto in  Venezia» quanto in tutte le altre Cittb » e Luoghi fudditi ai detta  ScrcoilD'mò. lJominio;    D aniello Barbo Capitano di Segna  Faiitor degli ÙlcoccKi . 174   Daniello Francol Ifricilitip facce,  de 4I KabattA nel Capit^niaeo. di ìk*  gna. 187   Decime (e l^no de fure divino.   Decime prediali che eofa fieno. 18  Diaconi infitruùi dagli AppoftoK per go-  verno delle cole tcinpor^i. a   pifeorfo del Chiazola in propofito del  Dominio 4 el Mare della Reptibbllci.   pnpenfa é tm mso di giallitìa ^^ribu-  tiva > c pecca chi apn ht * perfo-  ne» alle quaK è dovuta»   Doge Ticpolo mette un dazio a quaUmque  Navigante p& TAdriatico. ^48   Pottori Napolitani ; loro opinion^ circa  ilPrmcipaco di tutto il Mgodo»    E MerìroGtierri vuole piutrofb abban-  donare il filo ArciveKOvaro , ebev^  der la fua ChieCa mclTa 4 Cacce da  ln;iocenzto IV. Pontefice»   ^rìberto Conte Zio d'Ugo Caperò fii fuo  Figtioolo in eti d'ansi 7. Arciv^feovo  di Remi» c Papa Giovanni X. ne eoo.  ferma reiezione. api   Rtmolao Tiepolo ProveJitor in Dalma,  zia con iibera podeiti • temuto dagli  Ufeocchi^ t}x    F Anioni de'Gnelfi» e Ghib^niquan».  do oacqueto*. 40   Ferdinando Vefpio» fua opinione in.  tomo al Mate.. 74>   Filippo Pafqualigo Provedìtor Generale  in 4^1m«iaconm gliUfcocchi. igf  Francdco'Allegreiti Kc 4 >ilc Ragufeo Ca>  pirano dHina Calca P-ootificia . 17^   frati Mc^can^ quando ìdOìomiì. 8|    G Fftiin» loro infeirato. 107   Giovanni XI. fatto Papa d’anni xo*  figliuolo naturale di Sergio III. » e  di Marozia figliuola della meretrice  Tcodor^ * 4 quale proftituiva le fuc  figlinole a’ Papi x xp   Giovanni ^ (oti intento a cavar   danari d’ogni cofa> che lalciòalla fua  inorte x^. milioni. 77   Giovanni Alberti dccapicaMda'Turchi in  Gli A. 174.   Giovanni Bembo Provediior in Dalmazia  centra gli Ufeocehi. 177   Gio: BattiAa ConraeÌDÌ Proveditov in Dal.   mazia contri gli Ufcocchi . 19S   Gio:Criftiano SmidHDoAmbafciador Ce>  fareo agli Svizzeri per dar loro conto deh  la guerra aperta co* Veneziani .   Gio: Taeopo pelco Vice.CapicaMxdi Segna,  ipd   OicK Jacopo Zane Proveditor in Dalmazia  contri gli Ufcocchi. xoo   Ck>: Jacopo Cafglin Ipedito a Segna dall*  Afcidsca per liberare dalle mani degli  Ufcocchi il Proveditor di VecHa Marcel-  lo. X17   Ciroiaono MarcctIO’Provedùore di Veglia  fatto prigione dagli Ufcocchi . x 1 a   Governo di Santa Chiefa nel fua principio  ebbe fivioa Democratica. 17   Giuda aveva la boria dd’daaati prefencati  a) Signore. a   Giuramento de) Clero > e del popolo Ro.  mtao ferro all’ loperadore incocuo air  •fezione del Papa. X4   CiuriCdiaione EccleliaRica quando abbia  avuto principio. x 179. fatto Comnffciferro  daH’Arciduca contragli Ufcocchi. i 4 d.  trucidato dagli Ufcocchi • i8a   CiuAinfeno ricuperando I’ Italia da' Bar-  bari lafciò il Dominio intatto delia  Repubblica fai .Marc da Raveniu in  qua. 7x9. fiu legge circa aUenaie  ni EcclefiaAici .   Gradi EcclefiaAici ne’ primi tempi noo  erano nd dignird» nè onori . come fo-  no da molli Secoli » ma cariche « e  miniAerJ. 7$   Guido Bacon di KùK General in Cr»  vaila fpedito dall’lmperator a Segna  per informarfi de’ mii^i d^Dicoc-    Digitized by Google    /    INDICE.    415    I    J Acopo Coreana Gefufta in unA foz  Cronol(^ia confdlà victoria della  Repubblica nell,’ Adriatico « 1^9   Imperio dell' Adriatico innanzi il nal’cU  mento, di Venezia bx dell’ Imperio Ro>  mano^ 5x8   Indulgenze quando incrodocce« 81  Inico di Mendozza Ambafeiador di Spa-  gna a Venezia levato dall' Ambafceria  con ftx) poco onore. i|$»   Innocenzio IV. muore da nna percoflà  datagli in fogno col calcio del PaAoralc  da Roberto Vefeovo di Lineo! Uomo  celebre in dottrina» e bontà. ^4    L Orenzo Diacono ritenuto da Pedo  per levargli i, Telori Ecdefiafti-   ci. , 5   M   M Anfionario» che cofa na e quando intro-  dotta* pz   Pietra Croltcchio Signor di Cliflà. ijp  fia II. vuole armare dne FuRe in An.  coni , e gli vien proibito dalla Re-  pubblica* SP   Pontelice » che non era confermare ujlP   Jmpcradorr "o*» ^ «hltjtuvì Zfìjc^uf ,   ma dtfftu'. Z4,   Pontefice dee pafeere non tofare le peco>  re. ^   pontefici pretendono > che gli atti  Concili non fieno validi , fé noa in  virtù della confermazione Papale. 41.  proibifeono l’aver benefizio maffime di  Curata a chi non imetide la lingua  del pc^lo. 5ji   Povero obbligato fecondo i CanoniAi a  pagar la decima di quello» che trova  per iimofina », mendicando alle por-  tc*,   Preferizionc che cofa fia* ^41   Pragmatica pubblicata in Francia. 85  Principi chiedona licenza alla Repubbli-  I ca di pattare pel Golfo. 551   Proibizione fatta da' Veneziani a quelli  di Riminì» Ancona» Fermo, cdAfco-  U » che non navighino in Schiavonia. 547    R Egalia è un ;us del Ré di conferi-  re tutti X ^ncfìzjlcmpUci vacan-  ti dopo, la morte de'Vefcovi Rn.  eh’ è acato il SuccdTore. 44   KccreCro che cola fìa* 84   Reudenza tenuta da molti, che fi trova-  vano nel Concilio di Trento de Jare  divino, 91   Rifervazioni , annate , afpetracive , c  tutte le altre etazicmi della Corte Ro-  mana»    Digitized by Google       V     416 I N D   iDsna t proibite dal Concìlio Balilen*   fc.   S   S Vnro» SantiiBmo, beato , beaciUìmo  •lami t che convenirano una volqi  a tutti i fedeli j che afpiravano. al*  Sanciti j ora particolari fmo del Son>*  mo Po«if:6cc. »7   Scrittura dclP Imperadore s c deirArci-i  dura io favore dcU^ Repubblica, ^on*  tra gli UlcoccKi. >17   Segna Citti de’ Conti Frangipani . 1 49   Signor di Lenovicb Genqral di Crova-  aia . 1J4   Spoglie» che cofa fitop. 10;   Stefano eletto Papa dopo la mprrc di  * Zuccheri^ > perché non fii conlàgra*  to , non fu'pofto nel Catalogo de*  Papi  che non Ù lafcit^  mai vedere in pubblico i fatto Pap^  «la Teodora faraoTa Meretriae Roooa-  ^ na •   Stefano della Rovere Qapiuno (H Fiu*  me ^Apita in Veneaia per trattar^ in  propolìco degli VTCtxtbi « — — — a   V   U Scocchi di che paefe fieno.  loro violerà?, e rapine. 141.    I C E,   no di tre forte > ftipendìati » CafalU  ni e Venturieri 1x7. loro delcrizio*  ne» 11®   Veneaia fi fa Padrona di tutto il Col-  fio . 510* proibi fee a nxt| dì tener le*   f ni armati nel Golfo» jt** non fon-  a le file ragioni del Dominio del Ma*  re fopra privilegi dì Papa* o d'Impe*  radere . {^7. Signorn dell* Adriattep  >irre feiìi. jdf   Véfeovo anricamente era chetio dal Po  polo» le. quando era morto fi por*  Cava U fno anello » e ’l fuo Pafiorale  all* Imperadore > affinché lo conferiite  ad un altro. $7   Veicovi titolari i gran numero vt n’era  innanzi il Concilio di Trento» al pre*  lente é molto ri^retco. a a   Vefeovi Italiani dello Stfto Ecdefiafii*  co non folamente fiam>o in piedi al*  la prefenaa de' Cardinali { nu anco*  ra noa Aiisano difboore fervirli a ta*  vola. 5®   Vefeovi delle Chiefe ricche > e gr;:n-  di fono pafTati dal dirpenQire » al  diffiparc • Fu provedgto a dd d..' 5^  coleri.   Vector Barbaro Segretario fpedico dal  General Pafq04li|o al Coinmetririo  Rabatn per 1* iniereflè d^li .Ufeoe*  chi, ' 57^    FINE DEtt' INDICE,    A.A'Paolo Sarpi. Sarpi. Keywords: l’arte del bien pensar, Locke, impression, reflection, metaphysics, Bibioteca Marciana, pensieri, pensiero, logica, bien pensare, galilei, hobbes, metodo, sensismo, il fenice di Venezia, scritti filosofici inedita.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Sarpi” –  peri il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Sarpi.

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