Grice ed Sclavione: il lizio di Padova – la scuola d’Abano -- filosofia
veneta -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Abano). Filosofo veneto. Filosofo italiano. Abano, Veneto. Grice:
“I like Abano; he is from my wife’s favourite part of Italy – Veneto – actually
provincial di Padova – which has Gaspirated p!” – Grice: “My favourite Abano is
the logician or philosopher of the lingo – Grice: “As a classicist, I can
expand on Lycaeum – the weirdest word I ever came across – We don’t call them
peripatetics at Oxford: we call them members of that gentlemen’s club – the
Lycaeum – neutre. What does it stand for – it stands for a statue, of a seated
god – Apollo --. The Italian evolution of the sound ‘lyc-’ is lizio. At Oxford,
it has become a code word for “Aritotelian” – without the fallacy ad
hominem! Melodramma. Filosofo, insegnante di filosofia e a
Parigi e Padova. Inoltre è considerato il primo rappresentante dell LIZIO
padovano. Amico di Marco Polo, vive a lungo a Costantinopoli per imparare il
greco, studiando in originale i testi di Galeno. È autore anche di varie
traduzioni di saggi filosofici greci in latino: i “Problemata” di Aristotele --
ai quali aggiunse un commentario, l’ “Expositio Problematum Aristotelis”), i
Problemata di Alessandro di Afrodisia, vari scritti di Galeno e Dioscoride. Si
guadagna una grande fama come autore Conciliator Differentiarum, quæ inter
Philosophos et Medicos Versantur. S. ispira a Giotto il complesso – e per molti
versi misterioso – ciclo pittorico che orna il palazzo della ragione di Padova,
andato perso in un incendio e rifatto da alcuni pittori minori seguendo lo
stesso schema iconografico. Il ciclo di affreschi è suddiviso in CCC riquadri, si
svolge su III fasce sovrapposte, ed è uno dei rarissimi cicli astrologici. È
considerato uno dei più colti ingegni, la sua dottrina lo fa passare per un
negromante. Accusato III volte dal
tribunale dell'inquisizione di magia, eresia e ateismo è prosciolto le prime II
volte. L'ultima volta muore in prigione a causa delle torture subite. A seguito
della condanna il suo cadavere è dissotterrato per essere arso sul rogo. Ad A. esplicitamente si rifa, per alcuni
argomenti, come l'embriologia, il filosofo Forlì [si veda]. Nel Conciliator
Differentiarum, quæ inter Philosophos et Medicos Versantur A. rifere di avere
parlato con Marco Polo di quello che ha osservato nella volta celeste durante i
suoi viaggi. Marco racconta che durante il suo viaggio di ritorno nel mar
cinese avvista quella che descrive in un disegno come una stella a forma di
sacco – “ut saccoc”, on una grande coda – “magna habet caudam.” A. interpreta
questa informazione come una conferma della sua teoria secondo cui
nell'emisfero sud si puo osservare una stella analoga alla stella polare, ma si
tratta con ogni probabilità di una cometa. Gl’astronomi sono concordi
nell'affermare che non ci furono comete avvistate in Europa, ma ci sono
testimonianze che una cometa venne avvistata in Cina. Questa circostanza non
compare nel Milione. A. conserva il disegno nel suo “Conciliator differentiarum
quæ inter philosophos et medicos versantur.” Sempre nello stesso saggio, si
riporta la descrizione di un animale di grossa stazza con un corno sul muso,
identificato con il rinoceronte. A. non riferisce un nome particolare assegnato
da Marco a questo animale. Si pensa invece che è Rustichello a identificarlo
con l'unicorno nel Milione. Questa testimonianza è stata ripresa da Jensen,
quando venne messa pesantemente in dubbio la veridicità del Milione di Marco
Polo. Sempre nel Conciliator
Differentiarum, A. menziona la spedizione d’Ugolino e Vadino Vivaldi genovesi
verso le Indie per via mare. "Parum
ante ista tempora Januenses II paravere omnibus necessariis munitas galeas, qui
per Gades Herculis in fine Hispania situatas transiere. Quid autem illis contigerit, jam
spatio fère XXX ignoratur anno. Transitus tamen nunc patens est per magnos Tartaros eundo
versus aquilonem, deinde se in orientem et meridiem congirando. Riconoscimenti Il Teatro Congressi di Abano
Terme -- già "Cinema Teatro delle Terme" -- è a lui dedicato, come
pure l'IPSSAR A. (Istituto Professionale di Stato per i Servizi Alberghieri e
della Ristorazione) poco distante, e altrettanto il Centro Studi Termali A.,
ente di ricerca del territorio Euganeo. È rappresentato a Padova in una delle
LXXVIII statue di Prato della Valle e nell'alto-rilievo al di sopra di una
delle IV porte d'entrata di palazzo della ragione. Ad Abano Terme a lui sono
dedicati una statua nell'omonima piazza e il bassorilievo sul lato Est dello
gnomone della meridiana monumentale in piazza del Sole e della Pace. Dizionario
di filosofia. M. Guidi, Caratteri e modi della cultura araba, Real Accademia
d'Italia. A Padova, specialmente, ferve lo studio degl’arabi, poiché A. – il
quale si è servito non solo del greco, ma anche dell'arabo che è andato a
studiare a Costantinopoli per poter rettificare gl’inevitabili errori delle
versioni del tempo – fa della sua scuola il centro di quello che fu poi detto
l'«Arabismo medico».». Ventura, Translating, commenting, re-translating: some considerations on
the Latin translations of the Pseudo-Aristotelian Problemata and their readers,
in Goyens, Leemans e A. Smets, Science Translated: Latin and Vernacular
Translations of Scientific Treatises in Medieval Europe, Leuven; A., su galeno
latino. Vico, Per una storia
dell'embriologia, Guerini, Napoli, Jensen, The World's most diligent observer,
Asiatische Studien, Bottin, A., Marco Polo e Giovanni da Montecorvino, in
Medicina nei Secoli, Tiraboschi, Storia della letteratura italiana” (Firenze,
Molini e Landi); “Conciliator differentiarum philosophorum et precipue
medicorum.” Pazzini, A., in Dizionario Letterario” (Milano, Bompiani); Cadden,
"Sciences/silences: the nature and languages of sodomy in A.'s problemata
commentary,” in Lochrie, McCracken e Schultz, “Constructing sexualities”
(University of Minnesota press, Minneapolis & London); “Médicine,
astrologie et magie: autour de A.”, Boudet, Collard e Weill-Parot (Firenze,
Sismel - Edizioni del Galluzzo, Società internazionale per lo studio del
medio-evo latino); Trattati di Astronomia, Lucidator dubitabilium astronomiae,
De motu octavae sphaerae e altre opere, cur. Vescovini, Padova: Editoriale
Programma, Loris Premuda, «Pietro d'Abano». In:
Dizionario critico della letteratura italiana, Torino: POMBA L. Norpoth,
Zur Bio-Bibliographie und Wissenschaftslehre des Pietro d'Abano, Mediziners,
Philosophen und Astronomen in Padua, Kyklos, Lynn Thorndike, A history of magic
and experimental science, Vol. II: During the first thirteen centuries of our
era. New York: Columbia university press, Sante Ferrari, I tempi, la vita, le
dottrine di S.: saggio storico-filosofico, Genova: Tipografia R. Istituto
Sordomuti, Pietro d'Abano, Conciliator differentiarum philosophorum et precipue
medicorum, Gregorio Piaia, Pietro d'Abano. Filosofo medico e astrologo europeo,
Milano, FrancoAngeli, Francesco Aldo Barcaro, L'eretico Pietro d'Abano (medico
o mago?), Nuova Grafica, Vigorovea (Sant'Angelo di Piove di Sacco, PD), Voci
correlate Storia della scienza Aristotelismo Taddeo Alderotti Mondino dei
Liuzzi Sefer Raziel HaMalakh. Treccani – Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana.Guido Calogero, Pietro d'Abano, in Enciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Pietro d'Abano, su Enciclopedia
Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.Iolanda Ventura, Pietro d'Abano, in
Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Opere
di Pietro d'Abano, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.(FR) Bibliografia su S.
Les Archives de littérature du Moyen Âge.Marta Cristiani, Pietro d'Abano, in
Enciclopedia dantesca, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Pietro d'Abano, in
Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. He is possibly the first
alphabetical philosopher. But there are more! Important Italian philosopher.
From Abano-Terme. “If Occam is called Occam, I should be called
Harborne.”Grice. “He was an exacting editor, if ever there was onebut he failed
at one thing, “Problemata physica” was never written by Aristotle!”Grice. S. nasce nella città italiana da cui prende il
nome, ora Abano Terme. Guadagna la fama scrivendo "Conciliatore
Differentiarum, quae tra Philosophos et Medicos Versantur." Finalmente è
stato accusato di eresia e l'ateismo, ed è venuto prima della Inquisizione.
Muore in carcere prima della fine del suo processo. Vive in Grecia per un
periodo di tempo prima che si è trasferito e ha iniziato i suoi studi a lungo a
Costantinopoli. Si trasferisce a Parigi, dove è stato promosso ai gradi di
dottore in filosofia, nella pratica di cui era un grande successo, ma i suoi
costi sono notevolmente alta. A Parigi divenne noto come "il grande
lombarda". Si stabilì a Padov ed è stato accusato di praticare la magia:
le accuse specifiche è che è tornato, con l'aiuto del diavolo, tutti i soldi
che ha pagato di distanza, e che possede la pietra filosofale. Naudé, nel suo
"antiquitate scholae Medicae Parisiensis," dà il seguente resoconto
di lui. "Cerchiamo di prossima produciamo S. chiamato il riconciliatore, a
causa del famoso saggio che ha pubblicato durante il suo soggiorno nella vostra
università. E 'certo che fisica laici sepolto in Italia, scarsa noto a nessuno,
incolto e disadorno, fino alla sua genio tutelare, un abitante del villaggio di
Apona-Terme, destinata a liberare l'Italia dalla sua barbarie e l'ignoranza,
come Camillo volta liberato Roma dall'assedio del Galli, ha fatto un'indagine
diligente in quale parte del mondo della letteratura cortese è stato
felicemente coltivata, la filosofia più astuzia gestito, e fisico ha insegnato
con la massima solidità e la purezza; e di essere certi che sola Parigi
rivendicò questo onore, là vola attualmente; dando se stesso interamente alla
sua tutela, si applicò con diligenza per i misteri della filosofia e della
medicina; ottenuto un grado e l'alloro in entrambi; e poi entrambi insegnato
con grande applauso: e dopo un soggiorno di molti anni, loaden con la ricchezza
acquisita in mezzo a voi, e, dopo essere stato il più famoso filosofo del suo
tempo, torna al suo paese, dove, a giudizio del giudizioso Scardeon, è stato il
primo restauratore della vera filosofia. Gratitudine, quindi, invita a
riconoscere i vostri obblighi a causa di Blondus, di Roma, che nell'ultimo impegno secolo di
pubblicare il Conciliationes Physiognomicæ del proprio Aponensian, e trovando
erano state composte a Parigi, e nella vostra università, ha scelto di
pubblicarli nel nome, e con il patrocinio, della vostra società. Portava le sue indagini finora nelle scienze
occulte della natura astruso e nascosta, che, dopo aver dato più ampie prove,
dai suoi scritti in materia di fisionomia, geomanzia, e chiromanzia, si è
trasferito sulla allo studio della filosofia; che studi hanno dimostrato in
modo vantaggioso per lui, che, per non parlare dei due prima, che lo presentò a
tutti i papi del suo tempo, e lo ha acquisito una reputazione tra i dotti, è
certo che era un grande maestro in quest'ultimo, che appare non solo dalle
cifre astronomiche che aveva dipinto nella grande sala del palazzo di Padova, e
le traduzioni fece dei libri del rabbino dottissimo Abraham Aben Ezra, aggiunto
a quelli che si ricompose nei giorni critici, e il miglioramento di astronomia,
ma dalla testimonianza del celebre matematico Regiomontano, che ha fatto un bel
panegirico su di lui, in qualità di un astrologo, nell'orazione ha pronunciato
pubblicamente a Padova quando ha spiegato c'è il libro di Alfragano.
Steepto scritti Conciliatore differentiarum philosophorum et
precipue medicorum Nei suoi scritti egli espone e difende i sistemi medici e
filosofici di Averroè, Avicenna, ed altri scrittori. I suoi saggi più noti sono
il Conciliatore differentiarum quae tra philosophos et medicos versantur e De
venenis eorumque remediis, entrambi i quali sono ancora esistente in decine di
manoscritti e varie edizioni a stampa. Il primo tentativo di riconciliare
apparenti contraddizioni tra teoria medica e la filosofia del LIZIO, ed è stato
considerato autorevole in ritardo quanto XVI secolo. E 'stato affermato che
S. anche scrive un saggio di magia
chiamato "Heptameron," un manuale conciso di riti magici rituali che
si occupano di evocare gli angeli specifici per i VI giorni della settimana --
da qui il titolo. Egli è anche accreditato con la scrittura De venenis eorumque
remediis, che ha esposto sulle teorie arabi in materia di superstizioni, veleni
e contagi. l'Inquisizione Generico ritratto di Petr [noi] da Abano
conciliatore, xilografia dalla Cronaca
di Norimberga, E 'stato due volte portato in giudizio da parte
dell'Inquisizione; per la prima volta è stato assolto, e muore prima che il
secondo processo è stato completato. E 'stato trovato colpevole, però, e il suo
corpo è stato ordinato di essere riesumato e bruciato; ma un amico aveva
segretamente rimosso, e l'Inquisizione doveva quindi accontentarsi con la
proclamazione pubblica della sua frase e la combustione di S. in effigie. Secondo Naude: L'opinione generale di quasi tutti gli autori
è, che e il più grande mago del suo tempo; che per mezzo di sette spiriti,
familiari, che tenne chiuso dell'articolo in chrystal, ha acquisito la
conoscenza delle VII arti liberali, e che ha l'arte di causare il denaro che
aveva fatto uso di tornare ancora in tasca. È accusato di magia e muore prima
che il suo processo e finito. E stato condannato, come riporta Castellan, al
fuoco; e che un fascio di paglia o vimini, che rappresenta la sua persona, è
stata pubblicamente bruciato a Padova; che così rigoroso un esempio, e dalla
paura di incorrere in una sanzione, come, potrebbero sopprimere la lettura dei
tre saggi che ha composto su questo argomento: il primo dei quali è la nota
Heptameron, o elementi magici di S, filosofo, ora esistente, e stampato alla
fine di Agrippa opere s'; il secondo, quello che Trithemius chiama Elucidarium
Necromanticum Petri da Abano; e un terzo, chiamato dallo stesso autore Liber
experimentorum mirabilium de Annulis secundem, 28 Mansiom Lunae. Abside con il
suo sarcofago. Barrett si riferisce al parere che non era sul punteggio di
magia che l'Inquisizione ha condannato Pietro d'Abano-Terme a morte, ma perché
ha cercato di spiegare i meravigliosi effetti nella natura dalle influenze dei
corpi celesti, non attribuendole agli angeli o demoni; in modo che l'eresia,
piuttosto che la magia, sotto forma di opposizione alla dottrina degli esseri
spirituali, sembra aver portato alla sua persecuzione. Per citare Barrett: Il
suo corpo, prese privatamente dalla sua tomba dai suoi amici, sfuggito alla
vigilanza degli inquisitori, che avrebbero condannato a essere bruciato. E
'stato rimosso da un luogo all'altro, e finalmente depositato nella Chiesa di
St. Augustin, senza epitaffio, o qualsiasi altro segno di onore. I suoi
accusatori attribuiti opinioni incoerenti a lui; lo accusato di essere un mago,
e tuttavia con negare l'esistenza degli spiriti. Aveva una tale antipatia per
il latte, che vedendo chiunque prendere lo faceva vomitare.Altro lettura
Francis Barrett, The Magus, J. Cadden, "Scienze / silenzi: la natura e le
lingue di" sodomia "in Pietro d'Abano Problemata Commento". In:
K. Lochrie e McCracken & J. Schultz, Costruire sessualità medievali,
University of Minnesota Press, Minneapolis & London; L. Premuda, Dizionario
della biografia scientifica. New York:
Charles Scribner Sons. L’Heptameron. IONI APOLLO Ni Giuseppe
PIETRO R ADANO
MELODRAMMA SERIO IN
3 ATTI PER
MUSICA ESPRESSAMENTE COMPOSTO maestro da rappresentarsi SULLE SCENE
DEL GRAN TEATRO LA FENICE
mIIcu iene» t)i/
Gauwv. e. a
te perdoni Iddio
La colpa inaudita (un rumore la atterrisce) SCENA. Pietro d’Abàno
venendo da parie
opposta a quella
ove si finge
la casa e Detta. Lui. padre mio. Benedici alla
figlia. . ( confusa e piangendo
si pròstra a
lui d' innanzi) a
che di. pianto
Cospersa è la
tua got?... ahi
I ben comprendo! La
miserànda prole Di tal se’
tu, cui l’ire
sanguinose PlET. 9
Perseguono dell’ idra,
Che umanità si
appella: ecco il
mio premio De
lunghi studi, onde
al supremo fato
Vorrei fosse involato
Ogni mortale! o povera
infelice, Per la mia destra
Iddio ti benedice.
Ma l’aura imbruna,
e al prego
consueto Appo la
dolce madre io
già t’attendo Fra
poco (parte) SCENA
Luisa sola. Lui. ciel, che
intendo 1 Come soave
all’anima Scese il
paterno accento, A quai
dilette immagini. Rapita ancor
mi sento. Mai non
verrà che profuga
Dal patrio foco
io mova; % E
Dio, che in me
rinnova Di figlia
il santo amor. ( move alla volta della
casa in questo punto
di lontano si
leva una melanconica
canzone Luisa quale estatica
si ferma.) 7 oce
lontana. Di cupo
oceano m’agita l’onda. Sola è una vela che
tragge a sponda,
E sola un’oasi che
in rio cammino Dal
sol difende me
peregrino. Deserto, oceano son
la mia vita,
Sei tu la vela,
l’oasi romita; Sei
tu il bell’angelo che ni* innamora, Te solo
il core, te solo
adora! Lui. (fremendo) Ogni fibra
il suo flebile
sospiro Dolce e fatai
m’ investe; Oh rio martiro!
oh voluttà celeste! (la
canzone a poco a poco andrà
morendo, e se
ne sperderà dolcemente
la eco per V
aure della notte
Luisa prorompe) l
Vieni, il rimorso
orribile Spegni deH’alma
mia, De' baci tuoi
s’innebrii Quest’ empia a
te fedel. Vieni,
o diletto, involami;
Sparsa è di fior la via, Pel cui profumo
gli angeli Farien
deserto il ciel.
(cava un piego
si¬ gillato, e
lo reca entro
alla capanna.) SCENA
Passano varii istanti
— poi sì
vede approdare alla
porta diroccata della
mura una navicella,
da cui scende
una persona chiusa
in bujo mantello,
e dalla riva
entra neir orto è
Arnoldo indi Luisa. ArX.
(chiamando a voce
sommessa) Luisa! fili,
(uscendo agitala dalla
capanna, fra sè)
o ciel m’aita!
Arn. anima mia,
Presto fuggiamo: entrambo
ne poiria Perdere
un solo istante
: ornai la
queta Onda rischiara
il placido pianeta
Amico degli amanti,
e spira amore Tutto d’intorno.
Lui. ah!
taci, (esitando, e con voce
Ove a’ sublimi studi il
genitore tremante) li
Intende, or lì
nella capanna io
fui, E, qual
m’attorniasse Un àer di loco
santo, M’ebbi un prego sul
labbro, al ciglio il
pianto. I padri miei
lasciar no, non
poss’io. ABX (con disperazione) Ho
udito il ver?!
Eoi. perdona, idolo
mio! (si gena nelle
di lui braccia
gli amanti rimangono
atteggiali in amplesso,
e piangendo silenziosi
alcun tempo, indi
:) Ar\. Quando
il tuo labbro
angelico A me giurava amore
Estinto ogni altro palpito Io ti credeva in core; Ma de’ tuoi padri il bacio All’
amor mio preponi; Tu,
cruda, or m’abbandoni. D’ angoscia io
morirò. Lui. (fra
sè) Ab !
dal suo labbro
angelico Qual mai
traspira amore, 0 cielo,
ed incolpevole Vuoi
d’una donna il
core?! Miei padri, addio!! trafiggenti L’idea
del vostro pianto. Ma
l’alma a tale
incanto Resistere non
può. (e risoluta
soggiunge:) Or eh’io
li segua vuol
la mia sorte,
Ar\. IVemmen dividerci
potrà la morte,
Lui. (con amoroso
delirio ) Se ancora estinta
esser dovrei, Al
tuo lamento risorgerei. Arv. Giuralo,
o cara. Lui.
Pel nostro amor!! Arx.
E tale è
il voto di
questo cor. A due.
Vieni, foggiani, beU’angelo,
Nel più deserto
loco, Ove a’ mortali
incognito Avvampi il
nostro foco. Per noi
l’Eliso appresta Un
antro, una foresta,
Delle procelle il
fremito Dolce armonia
sarà, Se a te d’accanto vivere i \i Il
tuo r- ' (montano
sulla navicella La tua 6
6 P°tia' e
fungono rapidamente.) SCENA. Comparisce indi
sulla riva del fiume una squadra di Scherani, i quali circospetti
s’internano iteli orto. Coro (sommessamente) Ben fu saggio il
comando supremo) Qui protetti dall’ ombre
notturne Sul maliardo
piombare or dovremo
Come spettri evocati
dall’ urne. Di tumulto
scintilla saria Trarlo
in ferri alla
luce del sol,
Che dell’empio rapito
in balia Va
un fanatico e
giovine stuol. (s' odono
in distanza suoni
e voci festive)
Qual concento! ALCUNI ScHER.
( uscendo alla riva) dall’
una all’altra sponda
Tutta di barche
ricoperta è l’onda, Ver qui son
volte. Gli altri (che
sono nell’orlo) Zitti,
del maliardo Si
schiude la magion. Tutti
d’ognuno al guardo
Per or si
fugga, e ascosi
dalle fronde Non
veduti osserviam. (si appiattano
fra le macchie
e le ruine
della mura.) SCENA Pietro
cì'A bàno, Maria, Lucio,
e fa migliori con
lumi. PlET. (chiamando)
figlia? risponde L ‘eco soltanto,
e dove è
mai?... (rimarca aperta la
capanna entra.) Mar.
nel core Arcano
un senso io provo
di terrore! PlET.
(esce pallido in voltoet
tiene fra mani
il piego che
fu lasciato da
Luisa, e con
voce tremante favella
alla moglie) Aprire
or deggio? un orrido
velame. Dischiudo io forse . ( frange con
mano convulsa il
sigillo del foglio,
e leggendo al
chiarore d'una face ,
esclama) Ella fuggia! l’ infame Pietade
implora... ahi!, sorte
inesorata, Qual mai
strale, qual onta
è a noi
serbata! ( prorompe in
un sordo gemito,
e cade come
tramortito Maria e
gli altri rimangono
atteggiati del più
amaro cordoglio. In questo
punto dalla parte del
fumé si alza un
allegro preludio di
musica, e la
seguente) Serenata: Coro
Come l’opale prezioso.
Che ha dell’iride
i color, Fra le rupi sei nascoso,
0 bell’angelo d’amor. Per segreta via
profonda Ti scendesse
almeno in cor, Serpeggiando al par di un’onda La canzone dell'amor.
Mar. Lue. Qual
mai cantica giuliva Or che sangue geme il cor?! PlET.
(scuotendosi, e come
trasogìiato con istrazio:)
E per lei,
che fuggitiva Si
diè in braccio
a turpe amor. (ricade in letargo
il duolo ammutisce
i circostanti.) La
serenata continua :
Ma T Eliso,
ove t’ ascondi, A
scoprir ne guida
Amor; Dal profumo
che diffondi Sei
tradito, o vergili
fior. Se di
Gerico in fragranza
È la rosa
a te minor, Di qual giglio mai
t’avanza, 0 bell’angelo, il candor? PlBT.^ (rinvenendo, come
sopra) Quali accenti!
oh truce scherno
Pel tradito genitori Empia figlia,
dell’Eterno Ti persegua
l’ira ognor. (il
Coro della serenata
andrà allontanandosi , e
sempre col ritornello
0 bell’iride d’amor,
0 bel giglio
di candor. Piet. Mar.
Ah! quell’iri di speranza Più non brilla a questo cor.
Tutti ( con gemito) E svanita la fragranza Di quel giglio
e il suo
candor! SCENA. Dal
ripostiglio escono gli
Scherani e detti
• i Coro
0 Pier d’Abano,
mago incolpat, Del tuo
arresto comando ne diè
La suprema Giustizia . Mar. Lue.
% Rio fato!...
Piet. Altre folgori
il cielo ha
per me?! (viene
trascinato dagli Scherani. Maria cade
tramortita nelle braccia
di Lucio.) SCENA. L’interno d’un
rustico casolare di poveri
montanari sull’Apenni no al
chiarore di lumicini
che pendono da un solajo
assidono raccolte a
veglia varie donne intente a filare sulla
rocca Montanari di
varie età, quali
occupati in lavori
d’intaglio, quali conversano
fra loro e colle donne.
S’ode al di
fuori lo scroscio
della piova e il sibilare
dei venti. Coro
Che diluvio! orrenda
serale Mugge irato
l’Aquilone! Ma che importa
una bufera, Se
la pace in
cor ne sta?
Forse accade più
sovente Che de’
cor sia la tenzone, Quando
il cielo è pur ridente,
Nelle splendide città.
(verranno bussati più
colpì all’uscio di strada) Parte
del Coro (con sorpresa)
Or chi è
là? Voci al di
fuori: pietosa gente,
Due vegliardi ricovrate, che del
turbine fremente Son
percossi dal furor. SCENA. I montanari
aprono, ed entrano coperti
di neve e
molli per la
pioggia i due
misteriosi in brune
cappe sono Pietro
da Reggio, e
Landò il suo
confidente. Detti. PlET. D. R.
PlET. PlET. D. R
(depongono Coro. Se di
canna offrirvi un
tetto Sol possiamo,
perdonate. Piet. d. R.
Landò. Sì il tugurio
è benedetto Che
una reggia dal
Signor, t mantelli, che vengono raccolti
dai montanari.) Ove
il giogo d’Apennino
E più sterile e
sublime Sol chi
cerchi, o peregrino,
Rinvenir da te
si può. Un Romito in
tali accenti 'avviava
a queste cime,
Ed un raggio
fra gli stenti
Di conforto a
me brillò. La
mia speme, il
voto mio Compia
alfin benigno Iddio, Che a sfidare gli elementi Per quel
voto mi chiamò. (e volgendo S: al Coro)
Dite, un giovane
albergato Qu iveniva? Sì,
da un anno. Mio nepote è
il disgraziato, Che una perfida
ammaliò. CORO (rimangono sorpresi e
soggiungono) Disperata ella s’è
uccisa, E lui strugge orrendo affanno. (
s’ode nelVinterno un
lamento) Ab! Coro I’udite?
Voce interna mia
Luisa! Coro La sua
mente il duol
turbò. PiET. D. R. (con dolore)
Che intendo! Arnoldo mio! (move
verso rinterno, chiamando ad
alta voce.) SCENA Si
spalanca di prospetto un
uscio, e comparisce Arnoldo pallido,
dimesso nelle vesti, e detti. Arn. Da quai labbra
nomato ora son
io? (nel ravvisare l'avo si atteggia di
estrema sorpresa.) Piet. D. R. Sì,
tu sei desso, ti rinvenni a Mi
ne, Ma in qual
misero stato! Arn. Vittima io son del più
tremendo fato. A me
ramingo ed orfano,
Affranto dal dolore, Una
beltade angelica Giurava
eterno amor, E
di cotale un
giubilo Quest’ anima
beò, che nell’ Empireo
un fremito Di
gelosia destò. Quando,
fatai memoria! Smarrita un
dì la mente,
Colei mi fugge
e affogasi IVell’acque
d’un torrente. (e ad
un tratto rasserenandosi, esclama
come in delirio) 1S
Ma all'amoroso palpito
Destarla io ben
saprò, Che al
pianto mio rivivere
Quell' angelo giurò.
PlET. I). R. E
in lui destò
sì orribile, Inverecondo
amore La figlia
di Pier d’Àbano. Lo. Un maliardo. Coro orrore! Un
reprobo, che ai
demoni Lo spirilo
donò?! Piet. d. R. Ma
sterminar quell1 empio Un
giorno io ben
saprò. Ovunque al
fiero eccidio moverai
Di quell’ uomo
infelice, Trema, o crudel, della
mia spada ultrice. Quel
vile accento sperdasi
Di sangue e
di vendetta, Fiamma
novella, indomita S’
accende nel mio
cor. Il padre tuo
difendere, Luisa, a me s’aspetta. Del brando
mio paventino [
barbari oppressor. JPiF/r.
b. E. Lo.
e Coro %
E folle, insano
il misero, Perverso è
ornai quel cor!! Piet.
d. R. Nel sangue di
Pier d’Abano Si
spenga il mio
furor! (Arnoldo
impetuosamente, indarno ratlenuto,
si spinge fuor i
dell'abituro — tutti
inorriditi lo inseguono.) Luogo solitario. Notte. in fondo
torreggia una città
da un lato
scalea, che mette
al vestibolo d'
un tempio, a cui
attiguo sorge di
prospetto antico edilizio
sostenuto da ampie
gotiche volte, da
cui a traverso
cancelli si vede
schiaralo fiocamente dalla
luna un campo
sacro ai defonti
Tutto è silenzio. Reagendosi a
stento inoltra una
donna pallida , emaciata ,
con vesti e
chiome discinte è
Luisa. Lui. Ecco Bologna!
le paterne mura
Vicine io scorgo
I o soglia
venerata, Varcare io
ti potrò?? la dispietata,
Che in abisso
d’ infamia e di sventura
Spigneva i padri
suoi, forse io
non sono?.. Pur
m’avviva una speme
di perdono. Va, mi
disse il pietoso
eremita, Che salvommi
dai gorghi dell’onda,
E tuo simbolo
l’agna smarrita, Che de’
padri s’attende alTovil.
Dio benigno, se
è vero che
il ciglio Or
di pianto sincero
mi gronda, Al
perdono del prodigo
figlio Deh! rinnova
portento simìl. E Arnoldo?! essere estinta
Deggio per lui!
solenne voto al
cielo Io ne sciogliea;
così l’orrendo crime
» Anco espiar
si possa, onde,
perduta » La
fè, la speme
del perdon di
Dio, » Pieci
dere io tentava
il viver mio. Tal
in’ impose il
vecchiardo eremita, Che salvommi
dai gorghi dell’onda; Or mio
simbolo è l’agna
smarrita, Che de’ padri
s’attende oìPovil. Dio pietoso,
se vero è
die il ciglio
Or di pianto
sincero ini gronda, Al
perdono del prodigo
figlio Deh !
rinnova portento simìl.
(s’inginocchia sui gradini
della scalea , e
trafelata cade in
sopore.) ì oci
confuse nel tempio:
Va, fuggi, t’ invola,
maliardo aborrito, Il
truce tuo viso
contamina il rito! S.
in cima
alla gradinala del
tempio, e detta. S. (con ira)
Anime inique, un’adorata
salma Ch’io posi
nell’avello a me
impedite?! Dalle soglie del
nume io son
rejetto. Un eretico or
sono, un maledetto?! Indarno adunque l’innocenza mia
Proclamò il vaticano?,
onde, l’orrendo Carcere a
me dischiuso, un più solenne
Trionfo io m’ebbi
che a Lutezia
un giorno! E Padoa
forse fra lo
stuol docente Me non
chiama suo figlio
sapiente? Come a spiaggia
desiata, sì il
mio spirto Anelando
veleggia A te,
natia cittade! eppur
ch’io deggia D’un
rio livor soccombervi
alla guerra Cupo,
fatai presagio il
cor mi serra!
(discende c intoppando
nella figlia) Chi
è là? una mendica. Ed.(si scuote,
lo ravvisa, c
con isgomento fra
sè) mio padre,
gran Dio!... Piet.
Chi se’ tu, infelice? Lei. (si
prostra, e con
voce tremola, e
piang.) tua t
fig|,*a son j0
(orrore, indignazione di
Pietro , c/ie Za
misura di un
guardo terribile, e
wia/e frenandosi simula
di non riconoscerla j» Lui.
Pentita ritorno non m’hai
ravvisata? PlET. (con
singulto) Non sei
tu mia prole! t’arretra, insensata! A
due poveretti per gli
anni languenti Rendea,
sì, una figlia
i giorni ridenti,
Fu lampo, fu
sogno del vergine fior
L’olezzo, e pel
fango ne sparve il
candor. De’ padri alle soglie non
mova l’indegna. Per essa
l’infamia, la morte vi
regna! Lui. (prorompe con
disperazione) 0 santo
eremita, l’ovile paterno
Ripudia la prole! Piet.
Va, mostro d’inferno! Lui. E in te
così muta 1’
umana pietà? Non cruda
cotanto la madre
sarà. (Luisa è
in atto di partire
Pietro l’arresta e mette
un sordo gemito in
questo punto nell’interno dell'edifizio s'ode una
lugubre salmodia, e
si vede attraversare
lentamente il funebre
campo uno stuolo
di anacoreti con
ceri, indi una
bara e popolo
a capo chino)
Coro Eterna requie
all’ anima Che
abbandonò la terra,
A cui del
vero giubilo La
speme or si
disserra; Del bacio
tuo santissimo Confortala,
o Signor, E nel perpetuo
secolo La irraggi
il tuo splendor. PlET. (trascinando
la figlia atterrila
ai cancelli.) Tetro baglior,
funereo Rischiara il
cimitero, Per chi
moria si mormora
Un cantico severo! Or
vedi tu quel
feretro? E lì tua
madre estinta, Che
venne al die
novissimo Da te,
o crudel, sospinta. Del
suo tremendo anatema
Per me ti
colga il ciel!
Dui. (con g rido
disperato, angoscioso) Gran dio! me
stessa invadere Possa
di morte il
gel! (cade tramortita. Pietro
rimane immobile insensato contemplando
la figlia , che
dopo vari istanti
rinvenendo esclama come
in delirio) 0
tu, che sei
fra gli angeli
Fuggito al duol
terreno, Scendi, o
materno spirito, Del
genitore in seno,
Per te fia
dato estinguere Del suo
corruccio il foco
(e stringendo al
padre le ginocchia,
e additandogli il
cielo) Per essa,
per queir angelo,
0 padre mio,
t’ invoco. Perdona,
e questa misera
Dal ciel perdono
avrà! Piet. (soggiunge e
quale forsennato va ripetendo) j\è
Iddio, nè il
padre, o reprobo,
Perdono a te
darai! ( momento di
terribile silenzio; riprenderà
internamente il salmeggiare
degli anacoreti:) Coro
Un cor contrito
ed umile Da
te non sia
rejetto, Su me
l’issopo aspergasi, O
nume benedetto, E
immacolato, niveo Lo
spirto mio sarà. Perdona, e
inspira agli uomini
Peli' ofìensor pietà. (tutto
ritorna in silenzio. S. avrà ascoltato
attentamente la salmodia
— contempla nuovamente
la figlia una
lagrima gli spunta
sul ciglio e
prostrandosi in atio
di preghiera, mal
suo grado :)
Piet. A che
mi commosse quel
flebile canto? Perchè
le mie ciglia
son molli di
pianto? Quai mistici
sensi or provo! Lui.
È il Signore, che
a te la
pietade infonde nel core...
PlET. (piangendo) 0
salmi pietosi, o
sacro concento! Lui. (con
anima crescente) Dall’urna
materna pur esce
un accento, Che
all’alma d’ un padre perdono
consiglia! Ascoltalo. Pi et. figlia.. Lui.
(c. s.) perdona. S. (schiudendole l'amplesso)
Mia figlia! Lui. Gran
dio, forse è
vero?! S. È spento
il furor. Qual io
ti perdono perdoni il
Signor! A DUE (
prostrati e con
espansione :) Oh! sia benedetto
pur sempre l’Eterno,
Che all’ uomo soccorre nel
dì del dolor.
sposa, 0|. |jeata
— ne] cje]0
superno madre, Ognor de’ tuoi
cari favella al Signor! S. (sorgendo esclama)
al volgo io derido
che un empio
mi crede, Non
più m’atterrisce dell’uomo il
furor, Se ancora una
figlia Iddio mi
concede, » E
un tempo m’aspetta di
gloria e splendor! SCENA. Padova, il Prato
della Valle baracche
d’ogni sorta da un
lato padiglione all’
ingresso di magnifico
recinto apparato per
un torneo —
accorre d’ognidove immensa
folla di popolo. CoRo.TTripudio e
baldoria! esultino i
cori! Sia gaja, sia
splendida la Festa
dei fiori! Dell’ aureo
carroccio la nobil
difesa, la giostra del
Satiro rammenta un'Impresa,
Che somma pei
secoli, ed inclita andrà
Ne’ fasti che
annovera 1’Euganea Città. (varii
banditori di storie
dispensano fra il
popolo delle pergamene
chi legge su
quelle, chi ascolta) Parte del
CORO (leggendo) Pel
Sire di Svevia
in Padoa regnava
Un Conte Pagano
un’ anima prava,
Di vampa amorosa lo
ardea Speronella, Ed esso, l’infame!, rapì
la donzella; Con
prodi seguaci allor Dalesmanno
Ritolse la figlia,
sconfisse il tiranno!
Tutti. Tripudio e
baldoria! esultino i cori!
Sia gaja, sia
splendida la Festa dei
fiori! Varii del popolo
(osservando all’interno) Oh come s’avanza leggiadro il Silvano, Fedele sembianza del Conte
Pagano! (intanto varie persone ammantellale si
ragunano fra loro ,
e guatando sdegnose
alla folla baccante ,
dicono sommessamente: Or
qui si tripudia, e
ali’ alba vegnente Fia
spento, fia cenere
di Padoa il
sapiente! Salvarlo, o l’
infamia di tale
empietà Col sangue
de’giudici scontar si
dovrà. (si disperdono) SCENA
Suono fragoroso di trombe
preceduti da alfieri
colle Insegne di
loro casato diffilano
i Cavalieri della
Marca splendidamente armati
indi viene il
carroccio sormontato da
un padiglione di
porpora con in
cima un’ antenna
riccamente guernita di
frange d’oro, e
avente l’arme della
Città (drago verde a
due teste) turbine di
fiori lanciati da
giovani nobili, che
figurano così 1’assalto
del carroccio, a cui
oppongono resistenza) con
armi eguali leggiadre
fanciulle, che ne stanno
alla difesa sotto
al padiglione paggi con ceste di fiori
da apprestarsi agli
assalitori continuamente dietro
il carro nuova
schiera di Cavalieri,
indi coll’Insegna del
Satiro una squadra
di armati in
nera assisa Scudieri,
valletti, giullari, popolo. Lieta
marcia, e Coro Tripudio, e
baldoria! esultino i
cori! Sia gaja,
sia splendida la Festa
dei fiori! Dell’ aureo
carroccio la nobil
difesa, La giostra
del Satiro rammenta un’Impresa,
Che somma pei
secoli ed inclita
andrà Ne’ fasti
che annovera 1'Euganea Città. (arrivato
lo splendido Corteo
all’ingresso dello steccato ,
tutti si fermano
discendono dal carroccio
ì due consoli
in ampio rob-
bone di velluto
rosso, e le dodici donzelle coronate di
gigli e di
rose. Terminato il Coro ,
si udrà nell’interno
la voce d'un
trovatore, che accompagnata
mestamente da un
liuto, canta) Di
cupo oceano m’agita
1’onda. Nessuna vela mi
tragge a sponda,
Non veggo un’
oasi, che in
rio cammino Dal
sol difenda me
peregrino; Cor. Qual
fiebil melodia Dell’ anima
ne infesta or
l’allegria? Voce interna Deserto,
oceano son la
mia vita, Perì
la vela, Y
oasi è svanita!
Ben crudo è
1’angelo che m’ innamora,
Se al giuramento infido è ancora!
SCENA. Il menestrello comparirà
cantando gli ultimi
versi esso è Arnoldo. Coro.
Sospendi, o menestrello, il tuo
lamento; In tal giorno
di giubilo e
contento Ali’ Antenoree sponde
il trovatore Sol
move a celebrar
virtude e amore. Ballata Arn.
Del trovador la
cetra è voluttuosa,
La sua canzone
è tenera, amorosa;
Che vai, se
a lui deserto
e afflitto il
core Gema per
sangue intanto e
per dolore? Con
un sorriso, che
il suo labbro
infiora, E ad
allegria ne finge il viso,
ognora Sull’ arpa ei
canterà: Beato il core. Cui solo
è vita il
palpito d’amore! E melodia
divina in ciel
rapita Quando la
donna al bacio
suo t’invita. E
pur supplizio Amor,
se avverso fato
Da te divide 1’angelo adorato! Ma
sia delizia Amore
o sia martiro,
Per la sua
vampa io sol
vivo, respiro, E
sempre canterò: beato
il core, Cui
solo è vita
il palpito d’
amore. Coro Ben
canti, o trovador,
felice il core, cui
solo è vita
il palpito d’amore.
Tutti Tripudio e
baldoria! esultino i
cori' Sia gaja,
sia splendida la
Festa dei fiori. ec.
ec. ec. POPOLO e
Giullari (scherzando attorno l’insegna del
Satiro) Oli! come
innamori, eggiadro Silvano. Fedele sembianza
del conte Pagano!
(tutti entrano nello
steccato intanto che la folla
va diradandosi, e
s’allontana il suono
della musica , le
persone ammantel¬ late
si ragunano di
nuovo, ec. s.)
Or qui si
tripudia e all’
alba vegnente Fia
spento, fia cenere
di Padoa il
sapiente! S tlvarlo!,
o l’infamia di tale
empietà Col sangue
de’ giudici scontar si
dovrà! (partono) SCENA. Cella solitaria le
pareti e la
volta ne son
piate di immagini
a fresco scarsa luce
di una lampada.
Racchiuso in ampia
Umica di colore
violetto s’ avanza
un vecchio è
Pietro da Reggio.
Piet. Nell’orgie ancor,
nel futile tripudio
Immersa è la
cittade ; indi
fra poco Insensata
del pari e
curiosa A ben altro
spettacolo La folla accorrerà:
di Pietro d’ Abano
Al supplizio. Di te
1’alta facondia Ove
ne andò, maliardo?.,
oh ben caduchi Fur gli
osceni trionfi, onde
più volte I
giudici hai schernito,
Sacrilego, aborrito!! Prepotente
un destili sull’
orme tue Mi
trasse ognora, e
giudice di morte
Essere a te
giurava allor eli’
io seppi Di
mio nepote infame
ammaliadrice La prole
tua; io ti
raggiunsi, il mio
Corruccio alfin ti
coglie al suol
natio! Laindo e detto.
Piet. d. R. Che
rechi? Laiv. Arnoldo. Piet. d.
R. (con interesse)
R misero Ritrovo
alfin? Lan. L’indegno Sotto
sembianza in Padova
Giugnea di trovador. Piet. d. R. Che
parli! Lan. Pietro
d’Abano Salvare è
suo disegno. Piet. d. R. Stolto! Lain. Con lui cospirano Ben
altri. Piet. d. R.
Oh mio furor!
Maledetti, alla congiura
Qual delirio vi
trascina?! Non per essa
men secura La
vendetta mia sarà. Il
mio foco è
struggitore Come folgore
divina. Ben dei roghi
Io splendore Luce
e gloria a
me darà. Lan. Sì,
dei roghi lo
splendore Luce e gloria
a te darà. La
Piazza di Padova; è
il crepuscolo mattutino
al mesto rintocco
di lugubre campana
per varie bande
convengono i popolani
Squadre di armigeri
occupano lo sbocco di ogni
contrada. Di lì a qualche istante dal Palazzo della
Ragione, preceduto da
pietose fraternità, dallo
stuolo dei giudici,
circondato da sgherri
comparisce Pietro d’Abano, due
uomini vestiti a
bruno ne sorreggono
la persona affranta
per la tortura Pietro da Reggio
con a lato il suo
confidente è fra i giudici. Durante questa
funerea processione, che
move lentamente al
luogo del supplizio, che si figura nello interno, si anta il
seguente Coro: Pietà, Signor del misero,
che impenitente muore, che
sol devota a
Satana Ebbe la
mente e il
core; Pria che
del dì terribile
A lui si
squarci il vel. Converti a te quell’anima,
Possente re del
ciel! PiET. (arrivato nel
mezzo della piazza ,
si ferma e
con voce fievole,
ma secura) Qui
al cospetto degli
uomini, di Dio
Altamente proclamo iniqua
e stolta la mia condanna; agl’
invidi nemici Io
muoio perdonando; e
al mondo invoco
Un tempo illuminato,
ove s’apprenda Esser
divina l’anima dell’uomo, onde ai portenti per
la scienza mia
Sol giunsi, che
opra d’ infernal malia
Estima il volgo
folle ed insensato....
(la parola gli muore sul
labbro, lo copre un
pallore dì morte.) Egli
bestemmia! Coro. SCENA. Picchio
di spade al di fuori, voci tumultuose, confusione a un angolo della piazza.
Luisa come forsennata, facendosi largo tra la folla, arriva a suo padre. Lui. padre sventurato! 1
PlET. (apre languidamente gli
occhi, e a lei mesto
sorride) Ch’io ti
serri al mio sen pria di morire Iddio concede! Voci interne evviva
Pietro d’Abano!. PlET. (sorgendo) Viva il suo genio! (indi con voce
manchevole) i ferri
declinate, Per una salma or voi sol guerreggiate ( ricade Il
tumulto andrà cessando)
PlET. D. R. (con derisione) Repressa è la congiura. (e
osservando Pietro d’Abano morente) ma,
oh furore, Del
supplizio al dolore
Lui sottragge la
morte! Piet. sìj sentendo. I
funerei suoi vanni, ella
a me viene. Dolce
amica, il tuo boccio ed il sorriso. Di più. splendida vita. Impetuoso, con ispada
alla mano, indarno
rattenulo, Arnoldo s innoltra,
e scorgendo Luisa: Arw. (con grido
di gioia ) li
paradiso Si schiude?!
Lui. (sorpresa, e sgomentata
estremamente). Arnoldo!? Arn.
del tuo fido
al pianto Risorgi alfine ?
Piet. d. R. orrendo, novo
incanto. Questo è dell’
empio, un’ alma
trapassata. Ei rivoca! (orrore
generale). Lui. dai vortici
dell’ onde. Mi salvava un
Romito. Ar:v. Alfin ti
stringo. Ombra, o donna,
al mio seno. Ma tu
sei dessa parla a me
d’amore. Te mia sposa
consacri il genitore. Lui. (inorridita
lo respinge, e
accenna il padre
assorto in agonia) Tutti. Lui. In quest’ora
di morte tremenda Chiudi il
labbro all’accento d’amore, sul passato
un velame si
stenda, lunghi giorni il
mio viver non ha. Fra i
silenzi! di chiostra romita, ove
un giuro la
chiama al Signore, Or quest’orfana,
grama, pentita Per te all’ara pur supplice andrà. Arx. (disperato)
Va, de’morti la prece m’intuona Or
che spento hai
la fiamma d’
amore! Empia lei, che il suo fido abbandona. Mai la pace dell’anima avrà
11 Pur fra 1’ombre del claustro silente, Ove un Dio ti rapisce al mio
core, Del mio spirito l’ombra dolente, Le
tue gioie a
turbare verrà! PlET. (come
invaso da sublime
apparizione, raccogliendo tutte r
estreme sue forze,
e sorgendo atteggiato
di splendido sorriso) Del
mio genio sui
vanni rapita Sento io l’alma alle
sfere lucenti Ei Venezia... la
grande nv addita. Salve, salve immortale città! Poi Fiorenza, e in arcane
parole Mille e mille predice sapienti. Son
quei sommi, onde splender qual sole
Sovra... il mondo
la pa...tria dovrà! PlET.
D. R. (fra sè confuso) Qual mai lampo balena sul viso A quel gratide
nell’ora di morte? Oh! qual lampo; il mio spirto è conquiso Nella polve
piombare mi fa. Coro. Egli muore! dell’erebo ardente Si disserran le
orribili porte. Santo giudice, nume
clemente, Di quell’alma proterva pietà! (Pietro d'Abano è spirato
— Luisa volge un ultimo sguardo al cadavere del padre, e ad Arnoldo in atto di estremo congedo
uno stuolo di Suore velate a sè la
accoglie Pietro da Reggio trae seco il ncpote desolato. Stupore , atteggiamento di tristezza generale.). FINE.
Refs.: Luigi Speranza, “The reception of pseudo-Aristotle via Abano’s edition”.
Abano. Keywords: filosofia del linguaggio. Refs.: Luigi Speranza, "Grice
ed Abano," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa
Grice, Liguria, Italia. Grice ed Abano #Abano. Sclavione.
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