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Friday, December 20, 2024

GRICE ITALO A/Z S ST

 

Grice e Stella: la ragione conversazionale dell’ iustum/iussum, o la causa dell’anormale come l’ implicatura d’Honorè – la  scuola di Sernaglia -- filosofia veneta -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Sernaglia). Filosofo vento. Filosofo italiano. Sernaglia, Treviso, Veneto. Grice: “What is it with Italian philosoophers that they are all into what at Oxford we would call jurisprudence?” Grice: “It seems like all Italian philosophers are like Italian versions of H. L. A. Hart!”. Studia a Treviso e Milano, sotto CRESPI. Insegna a Catania e Milano. I suoi saggi si diregeno su alcune tipologie di reati, successivamente sugl’elementi strutturali del reato.  Il suo contributo filosofico più noto, presso gl’operatori del diritto penale e la comunità accademica, è “La spiegazione causale dell’azione umana” (Milano), in cui  ricostruisce il problema del nesso di causalità prospettando il criterio della sussunzione sotto una *legge* come strumento per la soluzione di casi dubbi. Solo mediante una legge di copertura, atta a spiegare il rapport causale fra la condotta dell’attore ed il effetto e possibile formulare un giudizio sulla responsabilità dell’attore. Ad es., solo dopo aver dimostrato, sulla base di una legge, che l'ingestione di un determinato farmaco determina casualmente malformazioni del feto, e possibile imputare alla ditta produttrice il reato di lesioni gravissime, colpose o dolose. In difetto di questa spiegazione causale non puo formularsi alcuna responsabilità a regola di giudizio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio" trovasse applicazione anche in un processo. Il principio venne accolto in tema di nesso causale dalla corte suprema di cassazione, anche a sezioni unite. Oggi è norma codicistica. Dirige riviste giuridiche di diritto penale ed è fra i curatori di raccolte normative di largo successo presso la comunità forense. S’interessa anche nella teoria generale del diritto e la filosofia del diritto, mediante saggi maggiormente agili rispetto ai saggi penalistici. Esercita la professione di avvocato, partecipa in qualità di difensore d’alcuni imputati, al processo del petrolchimico di Porto Marghera, dove fa applicazione, dal principio della spiegazione causale. Altri saggi: “L'alterazione di stato mediante falsità” (Milano);  “La descrizione dell'evento” (Milano); “Giustizia” (Milano); “Dei giudici” (Milano); “ll giudice corpuscolariano” (Milano); “Le ingiustizie” (Bologna); “il galantumo del diritto”, Corriere della Sera. Grice’s implicature: ‘only abnormal cases require a cause’ (Teoria causale della percezione). Federico Stella. Stella. Keywords: Grice, implicature della descrizione d’azione umana, H. L. A. Hart, Honoré, J. L. Austin, responsibity, aspets of reason, alethic reason. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Stella”.

 

Grice e Stellini: la ragione conversazionale dell’ortu morum – filosofia friulese --  la scuola di Cividale – filosofia friulana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Cividale). Filosofo italiano. Cividale, Udine, Friuli-Venezia Giulia. La sua fama è dovuta soprattutto al “Saggio dell’origine e del progresso de’ costume e delle opinion a’ medesimi pertinenti – con quale ordine si sviluppassero le facolta degl’uomini, ed appetite ne uscissero loro connaturali” (Siena, Porri). La sua concezione morale è di stampo liceale -- e sotto alcuni aspetti può essere considerato uno dei precursori della sociologia. A lui è stato dedicato il liceo classico di Udine e che nella sua biblioteca contiene gli scritti autografi. Enciclopedia Treccani, su treccani. Dizionario biografico friulano, su friul. SAGGIO   so PK A   L'ORIGINE ED IL PROGRESSO DE’ COSTUMI,    DELLE OPINIONI A’ MEDESIMI PERTINENTI   DI   giagopo stellini   VOLGARIZZATO   DA   Lodovico valeriani.    2lfeum sempcr jadlcmm omnia nostros aiti   iwenwe per se sapientius quam GreBcos , aut  aecepta ab illts ^ccisse meliora .   Cecrroj^e TascuL lib* i* r.    MILANO . MDGCGVI,   Presso Pi ROTTA e Maspero Stampatori-Librai  in S. Margherita*                           ragionamento   OEL traduttore.     CHIARISSIMO   SI MONE ST RAT ICO    LODOVICO VALERIANI.      ^ ■ QQiene Amico Veneratissimo ,  Cill Opere di cert'* -Ingegni ciò che  avveniva nel Paganesimo a" boschi  sagrati a qualche Divinità . Si o/zo-  ravano , si rispettavano ^ se ne di¬  cevano maraviglie ; ma ninno usa-  appressarvisi , ninno era vago  di venerarvi per sè medesimo la    r       t     %     \      IV   moesfft soUtana de’ loro Da . Co  Sé U.Ù i prodi,!, C. ne  rc,aoo per il ^ol,o , non ^rano cU  „cn-.0inc di alquanti pn noaelhe-  ri, /.none piuttosto a *   ragione umana al cospetto ro-  mulgassero anch* essi nell* idioma  de* Pajnnìani e de* Cesari : nù  gli ern certo di freno V esser dig^  aià questa lingua jiress' ogni j'io-  polo spenta nella memoria del vol¬  go . Perchè a tenere le genti nella  unità delle massime bastava farla  comune a quelli, che in ogni Stato  governano la mente e il cuore del  popolo; e s* era ad essi già resa ^  non solo amabile, ma necessaria       « •   VIJ   con tutti i mezzi ^ che possono e  lusingarne e costring,erne il sentu  mento, altronde tal generale igno*  ranza felicemente contrihuwa a  coprir gli oracoli di quelle tenebre,  dentro le quali fnchè sien chiusi  gli oggetti del culto pubblico ser-  bano sempre inconcussa V autorità  senza pericolo di mai scemare nella  comune opinione di riverenza. As~  sunta di questa forma ad intera  prete del Santuario e del Foro j  qual maraviglia che fosse ancora  trascelta per dirozzare e diffondere  le scienze e V arti ^ che piu cimen¬  tano la riflessione, ed impegnano la  estimazione degli uomini ? Piace  agV ingegni estesa celebrità ; nè pia¬  ce meno di vivere per fama splen¬  dida nella memoria de" posteri, che  di fiorire per sentimento onorevole  nella opinione de" coetanei . Quan¬  do ella pure non fosse stata per  se medesima commendabile su quan-            vnj   te oTìdcivciTìO ITI tanta pertUThazio  ne di popoli rusticamente abozzan-  dosi 3 e quando ancora le fosse  venula meno la digfiltà conferitale  dal Sacerdozio, valeva a render^  la degna di preferenza^ nelle più  nobili discipline la facoltà di ra¬  pire l nomi degli Scrittori dulie  strettezze di una provìncia o di  un regno f>er farli chiari iti ogni  angolo deW universo . iVé finche  Jìoma tenne tranquilla il jmimato  nel Cristianesimo tale opinione invi^  lì . Ma non s) tosto si ruppero le  Cermanie j che il primo impegno  de’ Voratori, doi inique spirit o di  libertà religiosa insinuò, fu di ri¬  togliere i Libri sacri alla iiiterpre-  iazione (le* j> 0 (hi addetti a* misteri,  e nudi esporli ne’ jiopola ri diai etti  alla moltitudine , cui semjire igno^  tu è l’oggetto di riti arcani . /71  Inghilterra intanto alle tiranniche  rinnovazioni di culto successero le              IX    feroci rivalità di governo ; e la pre*  mura involgere nelle contese di  Stato il popolo strinse a discutere  neW idioma del popolo ogni ragie-  ne di Stato. E questo accadde  mentre la Francia , piena di Gre¬  ca e di Latina eloquenza ^ spinge¬  va il secolo di Luigi ad emulare  la gloria de'piu distinti per gen¬  tilezza di lettere ; talché ben presto  per tutta Europa si sparsero volu¬  mi ogni argomento, nativamente  scritti da que^ due popoli ^ arbìtri  già del commercio delle nazioni.  Correano allora per noi qué' gior¬  ni , che guasta la poesia , conta¬  minato ogni genere di eloquenza ^  pareva poco agV ingegni di segna¬  larsi per frenesia di concetti , se  non rendevali ancor piu stolti la  insania delV espressioni ; cosicché  trattine pochi e spezialmente de*  trattatori di fisiche proprietà . era  comune il delirio di travagliare a        X   corrompere con mostruose arditezze  la dignità della patria letteratura.^  Nel maggior impeto appunto di  €piel farnetico fu presa Italia da  quel dispetto per le civili dottrine.,  che presto degenerò e in colpevole  dimenticanza per gli anlenaù ,, che  avevanle sujìcriormente illustrate., e  in esecrabile indifferenza pe^ succes¬  sori , che allo spuntare di miglior  secolo arditamente prendevano a  ristorarle . Rinacque allor vera~  mente con la purezza delle manie¬  re il desiderio e C amore di quelle  scienze ., che nostre parvero , e so¬  no j per evidente cortforinila di ca¬  rattere ; ma ricevutesi, ed apprez¬  zatesi come straniere , incomincia¬  rono ancora come straniere /a trat¬  tarsi . Quindi la stima sLifyerstlzio-  sa pe* libri d^ altre naziorii; quin¬  di la nausea per ogni cosa ^ mo¬  derna o antica f che fosse nostra;  (pùndi la smania di conformare la          mente e il cuore j, come le mense  e le vesti cC costumi altrui ; di  qui naque alfine per quanto io  stimo doversene ar fomentar e ^ che  mentre in altre nazioni Vinvilimen-  to della Romana crebbe decoro e  vaghezza alla propria lingua , tra  noi col pregio scemato a quella  venne il languore , il fastìdio ^ e  finalmente la corruzione, e lo stra¬  zio deir Italiana, F* ebbero sempre  dé^ Grandi, che V una e V altra  onorarono; perchè in Italia si può  sopire ne* più , ma non estinguere  in tutti il senso della verace gran¬  dezza patria ; nè volse tempo così  infelice per noi , che non brillasse  d* un raggio della primiera maestà.  Ma le concordi querele di questi  Grandi sul depravato carattere del*  la nazione fanno argomento , che  Fuso, arbitro delle lingue e de^  costumi de'* popoli , già insolentiva  per modi barbari nelV obbiezione  d'ogni nativa eloquenza,         XIJ   Erano certo rpieste sciae ba¬  stantemente già grapi per sè me¬  desime , se non cfte resele ancor  più. gravi, ciò eh'è di estrema de-  j/rara zinne argomento , V esser si fat¬  ta per esse vana ed infrutfuosa a’  jffogressi de* nostd ingegni nelle  utili faroìtà la estimazione serbata  pure incorrotta a fjne* sommi uo-  miìù^ che più tra r/ffi le illustraro¬  no, J^oichò non basta che s*ahhian  essi la debita celebrità , perchè la  gloria de* trapassati divenga sti¬  molo di virtù j)er ar(tendere la c-  mulazione de* jiosteri. Conviene sia  noto il titolo ; se ne conosca il ca¬  rattere^ la rjnaiità , V estensioneche non solo  aveste patria 'comune- con lui, ma  suo Collega pur foste nello splen¬  dore di antica Università; lui per  lungh^ anni congiunto ancora co*  vincoli della più ferma ed mge-  uUfa benevolenza. Quando pur fosse  la sua dottrina di tenebroso oarat-  ter e per ingegni ritrosi ad alte  speculazioni > avrebbe potuto egli  non acquistarsi la stima cZe* più  volgari intelletti? Urb Uomo d?ab-  bietta . e\ misera condizione j che  nella infanzia stessa muove la ma¬  raviglia di un Istituto piamente  inteso alla pubblica utilità ; che  ammesso a tale Istituto j splendido  già per carattere di sapienza;, fas-  sene tosto raro e pregiato orna¬  mento ; che il primo aringo ten¬  tato in sua giovinezza è di sfor¬  zare la patria lira a render libera  i sensi della Tehana y cercando   h    (   f   1   r    §      ¥   r    .ir   r         l •    \    XVHJ   adentro e chiarendo V arcano spU  rito d^un Poeta , che i>aTve , ai-  dire d^illustre Critico, altro di se  non volesse svelare asti uomini,  che quanto loro bastava per am-  mìrarln senza permettere di cono-'  scerlo ; che non contento do co-  irlier fiori d'agni vaghezza nella  tolgar poesia, tratta anche i nu¬  meri latini e greci ; c/te in ogni  nohìLe estranea lingua niostra pe¬  rizia e valore eguale che nella pa¬  tria ; che in età giovane ancora  vedesi assunto aW incarico , dovun¬  que arduo, m.a somiTiamente gel(f-  so in oligarchia 3 di ammaestrare  i figli del più distinto Patrizio  della sua Patria, c del Ministro  più benemerito e caro alla sua  Repubblica; che dall' onore di tal  privata istruzione viene di pub¬  blica aìitorità destinatoad espor  la scienza, come la più necessaria  al bene delie nazioni e degli uo^    r   m          mìni j co5Ì la più malagepole per  lo contrasto implacabile de^ costu¬  mi e delle opinioni^ in quella Città  che ricorda e Galileo e Santorio ^  ammira e Luzzarini e Morgagni ^  a cui / affrettano già di succe¬  dere un Cesarotti ^ un Toaldo, nè  la modestia vostra se ne quereli 5  uno Stratico ; che per interi sei  lustri così la espone^ che non più  solida o più benefica la propose  nè V Accademia , nè il Portico ^  nè il Liceo ; che ne* riposi pur  7 nostrasi qual ne* cimenti gV in¬  gegni meglio addestrati ^ perocché  sono suoi passatempi eruditi e li¬  berare Euclide dalle censure de*  matematici j e vendicar dalla sfer¬  za dello Scaligero Giorgio di Tre-  bisonda ed Ermogene, chiarire Ari¬  stide Quintiliano^ proteggere dalle  aggressioni di Meìbomio Epicuro ,  purgar Platone dalle bruttezze ap¬  postegli da traduttori ed interpreti^       ■XX   pili mloroii nella grammatica che  nella greca filosofia y svolgere i sensi  creduti già inestricabili di Aristo¬  tile , crearsi in fine tal credito di  universale intelletto^ che a Zui il-  corrano scienziati d ogni maniera ^  quale a maestro e ad oracolo ; che  mentre illustra e feconda e con  precetti e con opere ogni arte e  scienza profana e sacra ^ medita e  compie V ardito proponimento di  stringer tutte le cognizioni in si¬  stema i emulo di Bacone j di Cìiarrl-  hers ^ di Diderotto; un Uomo di  tal carattere per quanto veli sè  stesso agli uomini ^ non è possibile  che non tpeuminài una lucc'^ che  ìjfmwof i cuori più stupidi a ripe-  penza . E come poi lo sarebbe ^ se  a tarile doti di spirito le piu soa¬  vi^ si unissero prerogative del cito-^  re? Parlo di quelle virlit morali,^  che parvero così belle al Giovine  Plinio in Eufrate Filosofo ; virtù >        xxj   che rendono V uomo caro agli  uomini _j e cjie rendeva nello Stel¬  iini più luminose ed amahili quella  natica modestia rara ^ per cui pa¬  reva lui solo non aver cuore per  apprezzare se stesso . JVon p’ ha  carattere ^ che non si pieghi bene¬  volo a C 05 Ì. nobile immagine di vir¬  tù, I sommi ingegni compìaccionsi  di ravvisare in lei,, come in cristallo  purissimo, senza macola quella ec¬  cellenza di spirito j,' che li sublima  dai vó lgo : i piccioli vi si affisano ^  come a Sole ^ Il qual riscalda ed  illumina senza offendere : pur que¬  gli stessi j che tanto un* ombra di  scienza in sè stessi onorano quanto  ne ahborrono ogni sostanza in al¬  trui y timidi sempre che il merito  possa decidere della fortuna y que¬  sti medesimi non ricusano di rive¬  rir e ^un Filosofo, che sempre chiuso in sè stesso non si dà briga per  niuho di quegli eventi, che romo-         XXIJ   t'Bggiano 6 pOiSsoiTio* I*^iufio stupoìc  adunque ^ che lo Stelliiii ^ vissuto  nella benevolenza , morisse nella ve¬  nerazione degli uomini : niuno stu¬  pore 5 che ne sonassero elogj per  tutta Italia^ ed uomini sapientis-  simi si consagrassero per anni in¬  teri a raccogliere quanto di gran¬  de lasciò morendo senza curare che  fosse per sop)ravvivergli : niuno stu¬  pore alfine^ che così viva la sua  memoria nel sentimento di quanti  personalmente ammirarono la sua  virtù ^ che il nome vadane ancora  di lìngua in lingua ^ siccome d^iio-  mo sempre mai degno di pubblica  ricordanza .   Può questa dirsi e parere in  vero assai splendida celebrità. Per  dichiarirne il merito consideriamo¬  ne la sostanza. Pochi v’han certo ^  che nominando Steliini non lo ri¬  cordino.} come il decoro di Padova  pe^l suo mirabile magistero. Gioiti        XXIJ]   pur sono y che si compiacciono di  replicarne il giudizio datone dalV  Algarotti y che non vi fosse arte o  scienza y ne^ cui segreti non pene¬  trasse y talché potesse in un anno  spiegare in tutte carattere di mae¬  stro y siccome appunto quel Mimo,  di Lucianoy che in una danza con¬  traffaceva tutti gli Dei. dorranno  alcuni sino convincervi e persua¬  dervi y ch^ egli ebbe forme e carat¬  tere pressoché simili a Socrate .  jVoii vi sarà finalmente chi non  lo esalti siccome un gran metafi-  ficOy senza neppure permettervi di  riflettere che vaglia il suono in¬  distinto di un tal vocabolo . Qual  è frattanto generalmente il suo  credito sopra le Scienze Morali ?  Dico generalmente y perche sicco¬  me da pochi mal s^ argomenta il  costume y cosi mal cercasi in po¬  chi il giudizio pubblico, Non egli  è impresa di poche pagine strin%        xxiv   gere in hreoe argomento V Etica,  intera dello Steliini . Pure non è  difficile con lievi tratti, che ne di-  stinguan lo spirito, mostrarla lale^  quale non mai s* adombrò . Fu  della Veneta Signoria sapientissi¬  ma istituzione tra le dottrine da  esporsi a’ giovani collocar quella ^  che tutte le perfeziona indirizzan¬  dole tutte alla pubblica felicita   la scienza della ragione e de co¬  stumi degli uomini. Perchè qual  cosa più stolta , siccome aweite  piacevolmente il dottissimo Fonte-  nelle, che rilegar la filosofia nel  cielo a calcolarvi oziosa i dìopì-  menti degli astri , ovver condurla  raminga sopra la- terra a vagheg¬  giar quanto s* offre dalla natura  alV mnana curiosità ^ senza per^  metterle che mai s* approssimi all*  uomo per trarne leggi di vita cor-  rispondeìiti ah carattere delle'‘ sue  splendide attribuzioni F Socrate fu         XXV    per r uso di coiai proi^^ida peritò  detto il più 5 apio degli uomini .  JJegno fu pure di tanto senno in^^  stituire a maestro di questa scien¬  za Aristotile t Imperocché di quanti  presero in Grecia a distinguersi  nella dottrina messa in onore da  Socrate solo Aristotile seppe accon¬  ciarla al carattere delle abitudini  umane . Chi trasse V uomo a tale  felicità , quale da pochi appena si  può raggiungere ^ e che raggiunta  niun bene arreca alla società vo¬  luta dalla natura tra gli uomini;  perciocché pochi son quelli ^ che di¬  staccandosi affatto da quelle cose^  di cui si allegrano i sensi, trag-  gansi dietro ad oggetti , che solo  possono attingersi con V intelletto j  perdendo V animo in vane con¬  templazioni . Chi ne forrrpò tale  immagine ^ che non potesse lusin¬  gar V uomo se non rinchiuso in sè  stesso 5 talché per ogni contatto di   c     xxvj   cosa estranea s* inamarisse, can-  giando Vuomo in un essere inerte  e timido i che si tenesse beato qiian^  do si fosse condotto a credere d’es¬  sersi fatto insensibile ad ogni uma¬  na COSI straniera che propria ne¬  cessità . Ohi tutto il volle ne sensi  immerso, ammaestrandolo a non  curare che quanto stimola il cor¬  po per disputare a'bruti una feli¬  cità ^ la quale > appena toccati ^  fugge da quegli oggetti ^ che più  fan mostra alV istinto di posse¬  derla . Chi finalmente non trovò  meglio per V uomo, quanto di¬  struggergli in cuore ogni regola  di certezza^ ed infoscargli nelV in¬  telletto ogni luce di veri!à ^ perchè,  non più da speranza o da paura  condotto, si abbandonasse senza con¬  siglio alV impulso di quegli eventi ^  cZe’ quali, mai non osando esplorar  le cause^ mai non sapesse nè tempe¬  rare;, nè rompere le conseguenze ^    1                 xxvt]   Sempre guardingo Aristotile dalle  insidie della immaginazione e de^  sensi ^ mentre dagli altri si apriva  alV uomo un cammino ^ non prati-  cabile che a ritroso della ragione  o del cuore ^ egli svolgendone le at¬  tribuzioni e le primarie spiandone  facoltà , lo trasse dove ciascuno ^  che umano vivere non abborra, dee  pur conoscere e consentire doversi  affrettar chiunque abbiasi fior in¬  telletto, Imperocché cercò egli quel¬  la felicità ^ che il meno si allon¬  tanasse dal comun senso degli uo¬  mini ; che r uomo intero > quanto  e qual fosse ^ abbracciasse ; che lo  rendesse geloso amico di sè mede¬  simo , e cittadino benefico ed ope¬  roso ; che lo impegnasse in som¬  ma y non a dibattersi vanamente  per farsi libero,, ma per giovarsi  utilmente di quelle cose y tolte le  quali è pur forza che si disciol¬  gano i vincoli d* ogni civile e do-      XXVJÌj   mestica società . Mostrò ^ che il  senso non dweniva inimico della  ragione , che quando già- la ra-  gione pià rì,on curava se stessa y  che ninna cosa esteriore corrompe  i sensi, od* essi stessi non prenda-^  no ad alterare il carattere delle  cose , disordinando le relazioni ,  che uniscon V uomo ad ogni eS"  sere deir universo ; che tra lo spi^  rito e il cuore v^ ha di natura  tale corrispondenza y che quando  questo sia retto y quello non può  suW ordine della vita essere mai  tenebroso ; che le virtù morali sono  di tale carattere y che rimanersi  non possono y dovunque allignino ,  infruttuose ; che in conseguenza  può ciascheduno egualmente cori»  darsi a tale felicità che altrui si  renda benefico nel provvedere a se  stesso. Meritamente adunque fu  tal Morale distinta per ogni 56 *  colo , come la più civile che pre-          • xxix   5en£a55e alV umanità la greca fi-’   lo sofia : meritamente da’ saQj d’o-   «   gni nazione fu sempre ornata in  maniera di affezionarle gV inge¬  gni j eh’ amano instituirsi prwata-  mente con arti buone al possesso  di una virtù non difficile a con¬  servarsi , e procacciarle nel tempo  stesso il favore de’magistrati s che  aspirano a stabilire la pubblica fe¬  licità sopra leggi > che guidino con  dodi freno i costumi sempre va¬  riàbili e sempre varii degli uomini,  Talmentechè que’ Sapienti^ che nel  risorgere delle scienze si argomen¬  tarono a svolgere la morale secon-  dochè da filosofi d'altro carattere  fu composta, furono pochi e ri¬  vali rimpetto a molti e concordi s  ebbero fama d’ingegno più che fre¬  quenza di scuola ) soti chiari in  fine per merito di erudizione , fna  non in grido egualmente per ma¬  gistero di umana felicità * Lad-       doQe f caduta ancora la signoria  che tenne ferma Aristotile su le  scienze sinché le scienze furono  schiave di tali , che più temevano  la ragione che non i vizj degli  uomini ; quando ancor pure si nau~  seava per moda ciò che per moda  in prima divini zzavasi ; e il Precet-  tor di Alessandro si ricordava per  giuoco sino in que^ circoli ^ ne^  quali i nomi de^ grandi ingegni ^  pur pronunziati con riverenza , si  disonorano ; furono e V Etica e  la Politica Aristotelica sempre ono¬  rate ed accette^ siccome quelle che  illustrano ed avvalorano ^ non vi-^  zìan V uomo o V insultano , e in  luogo di provvedere a pochi con  la disperazione dei più mostransi  pronte a’ bisogni j e Ze speranzè  sostengono delle nazioni .   Bastava dunque ^ per essere ve¬  racemente utile e grande j che si  attenesse Stellini alV ordine di Ari-           * xxxj   stotìle ; hastam certo^ che Verme  sue ricalcando , non 5’ impegnasse  che a svolgerne i sensi astrusi ^ a*  renderne più luminosi i prìncipi ,  a costruirne più solidi gli argo*  nienti, ad ampliarne le conseguen^  ze j, ad estenderne le istruzioni ^  perchè amoreooli e facili si pre^  stassero alle occorrenze e al ca¬  rattere delle variate abitudini y si  prevalesse in somma della infinita  sua erudizione per illustrare di  nuova luce le massime del Peripa~  io 3 con la eloquenza esponendole 3  che in lui fi.oriva spontanea, ed  era di tal carattere 3 che mentre  con il calar delle iminagini agitava  la fantasia 3 con il vigore de* sen¬  timenti sforzava il cuore, e sì trae¬  va despotica Vintelletto. Ma non  contento di correre gloriosamente  un aringo già segnalato da molti 3  volle egli aprirsi una strada 3 per  cui potfssse così distinguersi 3 che 3        h    xxxij   *   TìlCTltr6 pOjTCVOi iìltCìltO ^ SB^IMT  altrui fi riuscisse dove chiunque hra^  masse pure di spiri, ger si ad e guai  mela dovesse jmr confessare non  rimanergli che seguitare lui stesso.  Il primo impegno fu dunque dare  alle cose morali quella certezza,  sommo argomento di verità ^ ^ cui  negò loro ÀristoLile ^ e che 2 ora  maso d'Jquino stesso nel suo Com-^  mento aW Etica Aristotèlica non  seppe loro concedere j e la qual  mentre diceva Loche non esser loi o  impossibile di sostenere fi si dimo¬  strava da Vico SI bene ad esse ac¬  conciar si fi siccome a cose^ che han   di natura tal regolare andamento fi   qual si conviene a sostanze j, che  hanno attributi e forme e relazio¬  ni i iwariahili non altrimenti che  qualunqu- essere organico deW uni¬  verso, Ma Vico non guardò V uomo  individuo j che per librarlo operante  in massa con gli altri uomini ; i             XXX iij   suoi riguardi non si fissarono so¬  pra gli umani caratteri costituenti  Iq> spezie umana j, che per isQolge^  re e misurare e conchiudere V in-'  tero corso costante e certo nella  sostanza quantunque incerto nelle  apparenze e volubiledelle umane  generazioni. Steliini adunque ìnsU  stendo su que^ principi, ch^avea già  Vico proposti siccome base d^ ogni  morale argomento, principi ingenu  ti j che rivelati una volta non pos->  sono non rimanersi eternamente  uni per tutti ^ prese a discuter Z’uo-  TUO individualmente per avverare  quali dalla spiegata natura sua  regole uscissero e forme di umana  felicità . Ei conosceva assai bene  quanto contribuisse a mettere in  luce e in forza ogni ragione di  verità la via tenuta .nel rintrac¬  ciarla per consentire filosofando  alla massima di Bacone, che quel¬  la forma di ragionare , la qual   d        XXXIV    da" fird, cui s^è proposto V Autore  della natura, intende scoprir U  leggi particolari degli esseri, vuoisi  considerare, come una vergine a  Dìo votata e in feconda . Quindi ei  non mosse dalla dichiarazione del  foie per poi discendere alla gene¬  razione delle virtù ed’alla forma  degli abiti, qualificando le azioni  umane più dal soggetto parziale  che le dispone , che dal principio  universale che V anima rispetto al  fine che le necessita • jyia, tutto  inteso a discerner V uomo per il  carattere delle distinte sue attribu¬  zioni, da cui può ,solo evidente’^  mente raccogliersi a qual ragione  di vivere sia condotto , fecesi egli  primieramente a considerare quelle  facoltà umane, che dalle umane  attribuzioni si avvivano, e che pur  tutte, benché non tutte in un gta-  do, sensibilmente negli uomini si  manifestano; gli usi, ne" quali co-         xxxv    ynunemente sogliono adoperarsi da-  gli uomini ; gli effetti in fine^ che  al par io ed agitato lor vipere ne  risultano , Conosciuto di questa  guisa non solamente il carattere ^  ma la estensione ancora di ciasche¬  duna y ed avvisato per conseguenza  come tra loro son élleno di forze  molto ineguali y tali però da po¬  ter si. accordare insieme per attuarsi  accordate insieme ad un termine y  dal contrapposto delle diverse lor  indoli spiegò gli uffizj di ciaschedu¬  na y segnando i limiti a tutte da  contenersi y affinchè y ognuna contri¬  buendo (ù bisogni umani sol quan¬  to lei sì conviene si avvalorassero  insiemey non / implicassero, nè so¬  perchiandosi smodatamente si ri¬  duce ssej'O ad essere scambievolmen¬  te disutili. risto però che uomo  non solamente nascevasi dal con¬  sorzio y ma nel consorzio ancora di  altri uomini y e cK era tale consor-       XXXV j    zio disposto in t  zarà col crescere »  in ciascun uomo    guisa da rlnfor"  , chiarì tal essere  il carattere delie    parziali sue facoltà, che non sol  queste si sviluppassero in comunw-  ne con altri uomini, ma che da   tal comunione principalmente   pulso e lena prendessero a svilup¬  parsi. Quindi ei si accinse a mo¬  strare il segno, insino al juale  dee V uso loro dagl’ individui di¬  stendersi, non altrimenti rispetto a  sè che ad altrui, chiarificando comè  tal uso per dirsi retto consiste nel  provvedere alla vita individuale gio¬  vandosi de* soccorsi, che appresta  all* uomo la comunione degli uo¬  mini : soccorsi certo maggiori di  quanti altronde ne possa attende¬  re ; ma che si perdono , anzi in  rovina si volgono per qualunqu* uo¬  mo si attenti a vivere senza rispet¬  to ad esseri, che similissimi a lui  son come lui provveduti delle me-'        XXXV ij   desime facoltà. Così fu tratto dal  fine stesso della Worale a connet¬  tere essenzialmente con essa ^ e in  conseguenza a discutere la sostane  za i le relazioni e il carattere di  quella prima società umana ^ sen¬  za di cui nè giammai stata sarebbe  fumana stirpe^, nè mai sarebbe per  conseri^arsi e per essere. Parlo del¬  la famiglia y della doìnestica so¬  cietà parlo y la quale è tale y che^  qualunqu^ altra ragion di vwere si  pongan gli uomini amplificati a  popolazioni) non può non essere il  fondamento e il vincolo di tutto  il pivere umano* Tale carattere  Steliini in lei ravvisò ; ne investigò  la sostanza in modo y che ciasche¬  duno vi contemplasse y noti contraf¬  fatta dalle opinioni degli uomini)  l'opera stessa della naturay traen-  dola dalla caligine y ove giacea per  antica rivalità di sistemi ; C 05 Ì fi""  nalmente esposela y che si mostras-       XXXV11J   se legata in guisa con il parziale^  ben essere 3, che solaìnénf e da lei  nascessero 3 e solo in forza di lei  si rannodasser que vincoli 3 che  stringer debbono gli uomini in quel-’  lo stato 3 in cui pur dopo le agi¬  tazioni domestiche 3 e per il bene  deW individuo e per la utilità del¬  la spezie 3 son violento ti a comporsi  dalla natura . Di questa forma  pesando V originale carattere di  questo stato 3 avverandone i fonda-  menti 3 chiarificandone le naturali  sue relazioni 3 sempre rispetto al  principio della individuale prospe¬  rità raccolto dalle individuali fa¬  coltà umane 3 condusse VEtica si¬  no a quél punto 3 oé ella deve ar¬  restarsi per non turbar le ragioni  della Politica 3 cui si convien dal¬  la essenza della Città desumerne  le varie forme per congegnarle in  modo 3 che sempre a* voti rispon¬  dano della natura e degli uomini*               XXXJX   E questo fu V altro assunto ^ per  cui Steliini cercò distinguersi trcd  maestri della maral facoltà. Im¬  perocché gli è pero ^ che fu la  scienza morale introdotta in Gre¬  cia per soi?P€nire alV indole delle  cibili occorrenze ; gli è pero ancora ^  siccome ho già divisato j che il più  fra quanti accinsero a segnalarsi  neir arte nobilitata da Socrate fu  certamente Aristotile^ che la vestis¬  se di umana forma perchè gui¬  dasse benefica le inclinazioni de--  gli uomini. Ma svolgere cosi Vuo-  tno j che le medesime facoltà sue  palesassero V insufficienza propria  di svilupparsi utilmente senza il  commercio degli altri uomini j cosi  discutere gli usi loro 3 che si ap¬  prendesse per essi come sia d*uopo  accordarle utilmente insieme ; di¬  saminarne così gli effetti eh* essi  medesimi suggerissero a quali re¬  gole convenga attendersi per ben           xl   giocarsi degli uomini^ mostrare in   somma nel virtuoso .operare nx>n  solameàtè la^ perfezione . del fio-e  preposto' àlV uomo y» d \mezzo  ancora essenziale d'abilUm^fO'rag¬  giunger e 'un colai fine ; e -in i. con ^  seguenza verificare e propor le basi  d^ 'Ogni sociale rallori di n^ere ^  non solo come illazioni > a cui deb¬  ba andarsi dopo la istituzione d^or-  gni moral carattere per abbellirlo ^  ma quali temi così connessi con  V argomento della parziale felici--  tà , che separare non se ne posso^  no senza corrompere la istituzioni  delV uomo stesso ; fu questa im¬  presa onorevole di Steliini . Ope¬  ra sua. fu pure ^ che le morali  proposisioTbt -SI conducessero, ikii f or¬  ma ^ che ciascheduno per accertar-  nè^ la 'verità xrrxm avesse clw a rin¬  tracciarne i principi tacila coscien¬  za^ à 6 doGunienti attenderne dal¬  la esperiénzà di sè medesimo* Nè    .      t           vuol tacersi y di' ei veramente per  non viziarne V essenza la tenne  ferma a quel fine y che le prescris¬  se Aristotile y e che Tommaso (TA^   quino stesso interpretando Aristoti¬  le le assegnò y di procurare alVuo-  rao tale felicità y quale può solo  nel corso di questa vita raggiun--  gersi. Non però volle siccome il  greco Filosofo ridurla a tale da  trasandare negli uomini y se non  forsbanco distruggere y ogni speran¬  za di perfezione avvenire y dal che  può sorger neWuom.Oy temporalmen¬  te anche preso y un turbamento ini¬  mico della terrena stessa felicità.  Ma senza mescervi estranee cose y  COSI gli attributi umani considerò y  che mentre il retto esercizio loro  mostrasse a tutti la via del tempo¬  rale ben essere y mettesse pure vigo¬  re ed animo a quelli j che s^ indi¬  rizzano a miglior fine con vie. mi¬  gliori speranze. Quindi quelle qui-        xlij   stìoni, che in altre opere di mo-  vale, o si dibattono con uno zeta  inimico della morale e degli uo¬  mini , oppur vi sono siccome a  pompa dHngegno senza un legame  che le congiunga alla umana Je-  licitày nella Morale dello Stellmi  discendono dal carattere della mo¬  rale medesima i mostrano vivo l im¬  pegno di provvedere a tutta la^ spe¬  zie umana, pesano solo alV em-  pio 5 nè intimidiscono che lo stolto.  Si aggiunga a ciò la maniera ^  ond^ egli prese ad esporla , Impe¬  rocché attenendosi nelV ordinare la  tela de' suoi pensieri severamente  al carattere dii /éristotile ^ che pre¬  feriva al pomposo pensare il solido ^  € procedeva negli argomenti per vie  spedite a convincere V intelletto ^  volle nel presentarli imitar Plato¬  ne, il quale offrì colorito ai sensi  ^anto potevasi astrattamente dall  animo concepire p non risparmiando               xliij   grazia e vigore immagini ^ nè  vezzo o numero di parole per im¬  pegnare a convincere la ragione la  stessa iimnaginazione degli uomi¬  ni, iVè lo Steliini era tale di fan¬  tasia j, che irresoluta e timida gli  si prestasse aW incarico . Imperoc¬  ché^ oltre alV essere vivace ardita  e feconda per sé medesima ren-  densi ognora più vigorosa e pron¬  ta con la consuetudine de’ poeti ^  de’ quali usava non solamente a  ristoro delV intelletto , ma per av¬  verare in 65^1 principalmente il ca¬  rattere delle opinioni e degli usi  predominanti de’ secoli ^ siccome in  quelli f che le impressioni più vi¬  vamente ne soffrono s più se ne ir¬  ritano 5 e quindi con più calore ne  avvertono , e con più senso re’ espri¬  mono V andamento , Da ciò pur  venne eh’ ei così scrisse latinamen¬  te j, che mal direttesi a qual lati¬  no esemplare si conformasse j per-                xìiv   che da tutti cogliendo il fiore cosi  trattò questa lingua^ quasi^ pur  fosse nativa in lui e fattasi in lui  domestica o ne^ Comizj agitando il  popolo j o colloquiando aneli ei di  filosofia negli ozj del Tusculano .   Se dunque fosse tal Etica ve¬  nuta a luce quando V Italia pre¬  giava Cantica lìngua come reiag-  gio non tenue di antica gloria ^ ne  aveva appreso agli estranei a sprez¬  zare i suoi col farsi bella di non  conoscerli o non curarli essa stes¬  sa ^ avrebbe certo incontrata tale  celebrità ^ che nè splendore di com¬  mentari f nè copia di traduzioni j  nè tipografici adornamenti niun  le sarebbe restato in somma a de¬  siderare di quegli onori ^ onde si  videro illustri né* tempi andati o-  pere nostre dibassai minore impor¬  tanza. Ma lo Stellini fiorì nel  tempo f che intiepidito generalmen¬  te il fervore di segnalarsi nelV i-             xlv   dioìna, lutino ^ leggi nè forti à reg^  gere piìi i costuìni y nè sagge al~  meno di concordarli con gV inte^^  ressi degli uomini y perseuerai^ano  CI riguardare come sacrilega qua~  lunque lingua y che avesse arditó  d^ esporre giovani con altre for~  mole y che latine y le facoltà neces¬  sarie a svolgere V ingegno umano.  La scienza astrusa per sè medesi¬  ma j il nuovo aspetto da riguar¬  darla y V impegno di presentarla in  relazione immediata co’ fondamen¬  ti sempre agitati deWuman vivere y  la rigidezza delV ordine per soste¬  nerla in tale argomento y V erudi¬  zione recondita nel dichiararla y  una latinità finalmente y cpianto  nervosa e florida y tanto più scabra  ed ardua y erano in vero cagione y  che lo Stellini sì udisse dalla sua  cattedra con maggiore curiosità y  che frutto y e accagionato pur fos¬  se di oscurità y come attestane il               ■li    SUO- discepolo e splendidissimo lo-  dator suo Carondli, prima per de¬  bolezza dagli uditori 3 quindi^ per  interesse dal volgo de"" letterati > al¬  fine poi per invidia dagli scienziati  medesimi. Nè miglior sorte potea  succederle^ quando per onera al¬  trui tal Etica si pubblicò : peroc¬  ché gli usi f già guasti , non pro¬  mettevano ancora miglior fortuna.  Da questo avviene, che ancor fio¬  rendo la fama di tanto ingegno  scodano molti 3 chiari eziandìo per  lettere j nel noverar gli argomenti  e i titoli di gloria patria dolersi  ninno aver noi che ne agguagli  nélla dottrina della morale agli  estranei ; i quali in vero non so in  quaV arte voglian maggiore V Ita¬  lia ^ se quelle a lei non concedono^  che per giudizio degli stranieri me¬  desimi sue sempre furono ^ e che  per tanti scrittori di chiaro meri¬  to ^ mancandole pur tal Etica j le          xlvij   si appartengono . E come infatti  potrebbe altrimenti credersi ^ quan¬  do lo Storico nostro della filosofia^  yiel punto stesso di accingersi a  conservare aW Italia la primazia  nelle morali dottrine ^ trascelti al¬  cuni ^ che benché sommi non erano  i più opportuni al bisogno, nomi¬  na appena Stellinì in truppa con  altri nomi y non egualmente onore¬  voli a ricordarsi ? Quindi non è  maraviglia , se nella Istoria sua  de^ sistemi il Signore Degerandò  non colloca tra gV istorici della  jilosojia lo Steliini ^ che tale isto¬  ria della morale adornò, quale non  altra d^altra dottrina può superio¬  re aspettarsi , dimenticandolo af¬  fatto con Genovesi e con Fico ^ i  quali se fra gV inorici della filo¬  sofia non han luogo ^ non saprei  quale più degno ne resti a lei se¬  condo i grandi caratteri di Ba¬  cone , Ma chi disprezza sè stesso     xlvilj   mn,^-diritto alla stima altrui;  '^''hu.ésta per qualche tempo fu no¬  stra calamità* Per altro come stu¬  pirsi^ che V opere di Stellini venu¬  te a luce, lui morto, sì poco gri¬  do muovessero tra gli stranieri ^ e  tra' suoi j, se quella pure che vivo  lui si 2>rodusse j anzi eh' egli mede¬  simo nel fiore espose dell'età sua^  quasi ad esperimento del suo valore^  nel magistero che apparecchiavasi  ad intraprendere tale fortuna in¬  contrò 3 che fu quasi generalmente  dimsniicata. Io non ignoro eh' essa  formo la delizia di Peccaria; che  pAlgarotti la predicava eguale aZ-  la Dis’^crtrCzione del metodo di Car¬  tesio c il ^o&tì'Q illustre FrateU  i 'sómmo per, eloquenza non me¬  no che per-d'ól’vfirialà "Estimò de-  gnq> di meritar le sue cure per es¬  ser fatta 3 di .lìngua arkcorag ita¬  liana.r- E cosu^')Ure fosse piaciuto  alla sua modestia di non inandare           xlix   perduta almeno quest* opera con  Valtre molte) non tali certo da to¬  gliersi al desiderio della posterità)  coinè tal Saggio or avrebbe si in no¬  stra lìngua quale potea recarcelo  chi seppe usarla con tanta pompa  ad onore de* trapassati^ Ma tal pro¬  posito stesso ) penato in lui non cer¬  tamente d'altronde che dalVardore  di propagare la fama di tanto sen¬  no ) basta sol esso a convincerne ) che  fu tal* opera) quale per altr* indlzj  noto è che fosse ) non solo ignota  alla moltitudine pur disadatta ad  intenderla ) ma neppur messa coni*  era debito in pregio da que* mede¬  simi che più doveano onorarla. Va¬  rie cagioni concorsero a coiai esi¬  to ma somma fu V esser ella di  tenebroso carattere sopra ogni al¬  tra ) che lo Steliini imprendesse a  scripere nella medesima lingua ♦  La rese tale primieramente la sua  .maniera di esprìmersi . Il preseri-   f            1   tare con i colorii de^ sensi allOi  magmatica i concetti deW intellet¬  to y perchè discendano piu dolci e  facili al cuore , è ardua impresa  per ogni lingua y w.a spezialmente  per quella, che mancò alVuso de¬  gli uomini primachè loro^ si ofiris¬  serò e nuovi oggetti a discutersi,  e nuove immagini a disegnarsi .  Grandi maestri seppero certo adat¬  tarla a ciò; ma non è agevole a  tutti di poi discernere speditamenn  te sotto il velame di antiche forme  pensieri e cose di fresca origine,  principalmente ove sieno di non  volgare carattere, La quale diffi¬  coltà vieppiù sHncontra in taV Ope¬  ra, perchè Stellini, impegnato a  stringere in poche pagine ciocch e-  ra pure argomento di piu volumi,  così raccolse i concetti, che si po¬  tessero per così dire agguagliare  al numero delle parole ; e di tal  guisa intrecciandoli, che gravi e          Ij   CLTinonici sostenessero la maestà del-^   V oratorio andamento. Uarduità  del subbicito inoltre crebbe durezza  d^ intelligenza allo stile. Imperoc^  chè non intese ad altro ^ che a di-^  mostrarci spiegata dinanzi agli oc¬  chi la vera istoria del cuore e dello  spirito umano, dalV età prima alla  nostra^ storia che in quel volume sol  potea leggersi i in cui sì bene Vico  avverò i principi delle civili catcì-  ' strofi y nella natura cioè delVuomo  in relazione con Verdine delVuni¬  verso . Talmentechè rinchiudendo ^  siccome in germe ^ in , tal Saggio  quanV ha e può avere corrisponden¬  za con il morale ben essere ^ non  solamente insegnò come tracciare e  svolgere e le opinioni e i costumi  de^ tempi andati ^ ma come ancora  distinguere e governare il carattere  delle correnti abitudini ^ e prepa¬  rarle a que^ cangiamenti ^ quali  senza consiglio andrehbono^ con il        lij   disegno di renderli, se non propizjj  non tanto molesti almeno alla pace  delle nazioni. Così rwelando alV  uomo V origine e il fondamento  d’ ogni moralità mostrò a’ rettori  degli uomini le sorgenti della pe-  ì'ace utilità pubblica^ e dimostrando  filologi quale filosofia si conpe-  nlsse aW istoria diede il modello a  filosofi come condur la storia d o-  gnifilosofià. Tale è il carattere di  questo Saggio j e tale essendo gli e  forza inarapigliarsi non meritasse  altr^ onore dal chiaro Degerandò ^  cN essere con altr^ opere nudamente  rammemorato ^ alcune pur delle  quali poco alV Italia dorrebbe in  pero che andassero dimenticate.   E a rendere le dwisate due qua-  lità pieppià disposte a pelare il  nervo de’ sentimenti altra ragione  aggiunse. Era Steliini di massi¬  ma^ come dichiarasi nel Proemio  che non si debbono tutte ^ o che         tdmen sempre non dehbonsij in pie^   na luce mostrare agli uomini le   verità . Quindi si dee ripetere V a~   bitudìne di presentar molte idee con   forme poco sensibili; di preferir le  *   maniere non usuali agli autori stes^  si delV aurea latinità ^ traendole  ancor talvolta da^ primi suoi for^-  matori ; di usare in fine vocaboli,  frequentemente di equìvoco, e talor  pure di opposto significato* E avea  ben egli onde credere , che proce¬  dendo altrimenti , con le piu rette  intenzioni ancora, correa pericolo  di molto nuocere a se poco giovan¬  do ad altrui . Poich^ egli volle di¬  scuter V uomo secondo che la ra¬  gione , senz^ altra luce che quella  del naturale intelletto , potea di¬  scernerlo; che anzi, com^egli stes¬  so esprimesi, prese le cose morali  a svolgere, come Neutono le fisi¬  che ; poste cioè alcune leggi, per  esperienza note, dedurne le conse-          liv   guenze^ senza nè inpesf igare j nè la  ragione determinare delle medesime  leggìi S'egli è f e fu sempre , come  pur sempre sarà bisogno di tutt i  popoli i che pipan gli uomini oì le¬  stamente ^ se il conf ori are a condui si  ad onesto vipere è il fine ingenuo  della morale' dee certo dirsi ono¬  rata impresa trarne le regole da  relazioni ^ che tutti sentono esiste¬  re in sè medesimi e a tutti posso¬  no dimostrarsi purché abbian senso  di esistere y piuLtostochè da princi-  pj ^ Tie’ quali sgraziatamente tutti  non possono o PogHono consentire j  e che infoscaii una volta nelV in¬  telletto o per imbecillità di mente  o per nequizia di cuore debbono  ancor offuscare in esso il carattere  della morale, ove non voglia per¬  mettersi di formarlo da cosiffatti  principi indìpisam.ente. Nè punto  può nuocer questo alla stessa vera¬  cità de^ principi • P^^^oechè , sendo        Iv   primaria attribuzione del pero che  sia mai sempre concorde a sè ^ gua~  lunque parte dipisamenfe se ne di*  mostri non può stenuar la forza o  la chiarezza delV.altre ^ ma col riu¬  scir necessariamente ciascuna allo  stesso termine si presteranno a pi-  cenda chiarezza, e forza, altron¬  de il bene sensibile^ che frutta al  genere umano V onesta vita degli  Uomini ) e le miserie ^ di cui lo ag¬  grava sensibilmente 02;ni vipere hru-  tale o stolto ^ sono argomenti op¬  portuni alV uopo delle nazioni per  tener gli uomini concordi e docili  nelle regole di una morale soli¬  damente benefica . A questo mirò  Platone né suoi Colloquj sulla re¬  pubblica j ne^ quali Socrate non  già disegna la forma d* un^ ideale  città f per farsi giuoco degli uo¬  mini siccome credesi volgarmente ^  ma insegna agli uomini V impor¬  tanza della giustizia per il ben        essere d^o^ni città, mostrando^ d  quali fortune onorata meni e gV in-^   dioidui e i governi ,  vilipesa . E la innocenza^ di que¬  sto metodo fu rispettata m manie¬  ra per lunga età, che Aristotile,  il qual restrinse più già d ogd al¬  tro filosofo la morale a regger  Vuomo nel corso di questa vita non  olire certo all’acquisto della civile  felicità, ebbe il primato fra quanti  antichi s" ebbero in essa a maestri,  e per consenso d interpreti e per  numero di settarj, nella eminenza  medesima del Cristianesimo. Prese  a combattersi con asprezza , dap¬  poiché l urto di alcune massime  mise m impegno chi le guardava  per argomento di regno di opporsi  all impeto via via crescente col di¬  mostrare fatale agli uomini qua¬  lunque genere d^ istruzione che non  mirasse a consolidare quella unità  di credenza sopra gli affari del              Ivij   cielo y che già costala tanti delit^  tij, e tanto sangue e vergogna all*  iiTìianità . JE tal politica inferocì,  fonando Bayle spiegò V audacia di  credere potersi giusta repubblica  stabilire senza nozione di Dio, La  quale temerità ^ quantunque avesse  Plutarco già molto prima inségna^  to doversi così ricevere come il de~  lino di un sognatore ^ che si van^  tasse posseder Varie di costruire e  consolidare una città fra le nuvo¬  le ^ e in conseguenza comhattere  non con altt* arma che qual s* im¬  piega a correggere una follia ma¬  nifesta ^ pure non fece che raddop¬  piar le ferocie centra ogni sforzo  della ragione, irritò dunque lo  zelo in quella classe di uomini y  che si potrebbero ben propriamente  chiamare y com^ altra razza molesta  d’ uomini da Cicerone si nominò  uccellatori di sìllabe y i quali cosi  notavan gli accenti de* ragionanti ^   §         Iviij   come que" delatori di Tacito i volti  de\ virtuosi^ per accusare colpevoli  di vilipesa deità chi più cercava  Onorarla con la ragione ^ siccome  quelli a rovina degV innocenti pone-  van fieri V accusa di violata maC’-  sta. Da questo io credo avvenisse  che la sentenza da Grazio già senza  scandalo intesa, esservi tale intrin¬  seca moralità nelle azioni da strina-  s;er gli uomini ancora neganti Id¬  dio , fu con tanf ira ascoltata da  Fuffendorfio . erano in vero con  i costumi alquanto pur le opinioni  appiacevolite, quando Steliini illu¬  strava V Dùca ; non però a segno  O^TÌTB ^ %Th ItCL—^   Ha , sicurtà piena di ragionare .  jV’ è chiara prova egli stesso , Im¬  perocché nè gli valse la circospetta  maniera di presentare un tal Sag¬  gio ; nè gli giovò presentarlo al  Pubblico dopo di averne deliberato  con uomini di timorosa pietà; nè         lix   fu schermo in fine un curai ter e  di religione austerissima. Villane  e perfide accuse di SpinonUmo e  Obbesismo V ojfeser vwo, nè rispar-  miaronlo morto. Che se non giun¬  sero ad intristirlo fu che il suo vi¬  vere sì poco ambiva il romor del  mondo, che non turbava le prati¬  che dei zelatori del cielo ^ ed ebbe  sempre cuor saldo come la sua vir¬  tù* Fu però stretto ad usare di  apologie con amici postisi a lite  per lui. Così quesf Opera ^ tale da  spingere oltre ogni credere alla  civil perfezione governi e popoli  e per la propjria sua luce ^ e per  maggiore ^ che avrebbe dovuto ac¬  cenderne y fu pe^ suoi pregi mede¬  simi e di argomento e di lingua,^  generalmente dimenticata.   Quanto sia poco il favore , che  aspettar possa dà* dotti conoscitori  delle due lingue il mìo volgarizza¬  mento ^ da niuno certo minore ac-        ix:   coglienza attende y Amico Venera*  tissimo, che da Foi. Perciocché  guanto sia grande la bontà vostra  in accogliere le cose mie per la  benevolenza di cui solete onorarmi^  pur è mestieri ^ che avendo viva  nelV animo la maniera onde fu re¬  so italiano questo latino esemplare  dal vostro illustre Fratello j, Voi vi  dogliate di tanta disparità ^ quan¬  ta è forza che tra noi due s^ in^  terponga. Io certamente nulla in¬  termisi f pìerchò perdendosi nella  mia copia le grazie ^ che rendon  vago V originale ) serbasse almeno  non alterato lo spirito de^ concetti.  Quindi curaV ho sempre di non  ampliarne o restringerne V espres¬  sioni 3 fuori di casi rarissimi j in  cui la giunta di qualche voce esi-  gevasi dalla chiarezza , senza la  quale è di peso la fedeltà . E ciò  con tal diligenza ^ che avendo io  preso a recare in versi s quando noTè         ]xj   fossB ancof fatto^ od a me dato  non fosse di prevalermene ^ qua nto  Stellini de* Greci o Latini Poeti  adduce , ho jìreferito esprimerlo co-  m"* ei presentalo, ove altrimenti pa*  resse nuocere alVargomento. Perciò,  studiandomi a volgere altre sen¬  tenze in modo più consenziente agli  originali che alle versioni recatene,  volli seguirlo nel presentare unita  la diceria di Prometeo, la quale  in Lschilo viene interrotta dal Co¬  ro , sostituendo pwrciò una poco /e*  dele e languida traduzione alV ot¬  tima di Giacomelli, ed alla egual¬  mente chiara di Cesarotti. Mi venne  poi tal proposito dall* impegno, che  da qualch*anno mi stringe, di prov¬  vedere alla istruzione civile di flori¬  da gioventù . Imperocché avvisando  quanto da meno fossero al carico  le mie forze, mi sono sempre stu¬  diato di soddisfarvi con ajutarla di  que* Maestri, cui seguitando an-     Isij   drehhe sicuramente a bene^ simile a  chi colendo, ma non avendo onde  spegnere V altrui sete, si affretta  almeno a mostrare sof'genti pure e  ahbondevoli per ogni brama Primo  a trascegliersi non poteva sicura^  mente non essere da ine Stellini^ e  perchè sommo in tal genere d^ istitu¬  zioni j e perchè nostro di patria  potendo i nostri destare in noi mag¬  gior fiamma di emulazione ^ per  esser massimi nella dottrina affi¬  datami a senno ancora degli este¬  ri^ e per offrirci uni^ immagine del¬  la primiera virtù . Se dunque lai  fu Vimpegno che a ciò mi trasse^  V oi non dovete maravigliarvi j se in  questo ragionamento io presi a di¬  scorrer cose j che mi sarebbe stato  assai meglio da Voi conoscere co¬  me 50720 j che palesarvi quali io  presumo doversi congetturare che  sieno . E necessario ^ mostrando un  fine alla gioventù^ metterle innan-        1 » * «   XJ]j   zi le cause ^ le quali o spensero  o indebolirono i mezzi da conse-^  guirlo ; nè tali cause possono me¬  glio indicarsi quanto swlgendo il  carattere delle incende, che prece¬  dettero o accompagnarono il cam¬  biamento delle opinioni . Di que¬  sta forma o si pongono veramente,  lo che non penso aver fatto ^ o 5 ?  cimentano migliori ingegni a pro¬  porle f come io pretesi di fare .  Mao Vuno o V altro che facciasi  ne siegue sempre tal frutto a gio¬  vani j che non più dubbio rimane  il fine ove intendere. Vorrete dun¬  que permettermi j che mentre in se¬  gno della mia stima altissima io  P’ offro cosa ) che appartenendo ad  Uomo per tanti titoli caro a voi  non può non essere a voi carissi¬  ma ^ mi valga pur della stessa au¬  torità vostra per infiammare la gio^  pentii ad apprezzarla . Io certa¬  mente non dubito ^ op ella sia me-       Ixiv   ditata 3 che basti sola ad amrnae*  sfrarla a che ne meni il disprezzo  de* nostri patrii idiomi: Vuno de*  quali} come nativo ancora ^ può  darci proprio carattere ; V altro ^  siccome frutto della romana gran-^  dezza ^ può dare a tale carattere  parte d*antica maestà. Ma soprat¬  tutto le mostrerà^ che la stima pres¬  si ata a massimi ingegni per cono^  scenza di merito, quanto è di loro,  più degna, tanto più frutta alla  patria di utilità. SI avranno allo¬  ra come que* Genj benefici che, ve¬  nerandosi pel carattere delle azio¬  ni , a belle azioni infiammavano,  diversi affitto da quelli che si go¬  devano una diylnifà usurpata nella  opinion-e del volgo senza neppure  ì mpegnare i sensi con qualche dol¬  ce prestigio a patrocinarla .           SAGGIO    SOPRA    t* ORIGINE ED lE PROGRESSO DE’ COSTUMI.    £    DELLE OPINIONI A’ MEDESIMI PERTINENTI.    PROEMIO    Q-    Quantunque le istituzioni e le  ordinanze de’ popoli sovente alie¬  ne dalla onestà 5 e le discordi fra  loro opinioni e massime de’ filosofi  estenuare la forza di quelle leggi  non possano, cui la natura am¬  maestrane dover sol reggere in  vita ed in società umana gene¬  razione; pure un cotal miscuglio  di costumanze e di regole in tan¬  te tenebre avviluppò la ragione,  di tanto sozze lordure il vivere  contaminò, che malamente po-   I          r      ‘f-   f    t    r    r    t   r              2 ,   trebbesi restituir la nativa sua  luce a quella , ravvivar questo  alla pristina semplicità. Laonde  perchè non troppo ^lle sentenze  degli uomini e agli usi delle na¬  zioni concedasi da coloro, a’ qua¬  li, per istimare e magnificare al¬  cuna cosa per retta , basta il ve¬  derla in riverenza e in pratica  fra gli antichi, o sostenuta anco¬  ra dai credito di Scrittore fattosi  commendevole per opinion di sa¬  pienza ; e perchè pure gli sciope¬  rati semplici non sieno illusi da  quelli , che quali disperatissimi  cittadini possono solo nello scom¬  piglio e nel guasto della repub¬  blica la potestà procacciarsi d’im¬  punemente osar tutto; venni in  proposito di nuovamente ritrai* la  cosa dal primo suo nascirnent®,  ed i suoi gradi e quasi procedi¬  menti ordinatamente raccogliere.  Imperocché , ristrettane in brevi              linee la immagine, agevolmente  ciasCLino comprenderà, da quali  fonti sgorgassero ed opinioni e co¬  stumi di tante forme ; come, al  frequente scoppiare di nuove usan¬  ze 5 le antiche o dissipate ne an¬  dassero , o sì ne fossero modifica¬  te, che fune all’altre annestan¬  dosi, benché dissimili di qualità,  pure insieme prosperamente fio¬  rissero ; donde avvenisse in fine,  che trascorrendo tali costumi am¬  pie terre , non solamente allignas¬  sero tra fiorentissime genti, ma  v’impetrassero ancor l’onore de’  simulacri e de’ templi, sino a pa¬  rere non trapelativi furtivamen¬  te, ma di consiglio invitativi, nel¬  la città ricevuti con l’approvazion  degl’iddìi e degli uomini, e fe¬  licissimamente co’ sacri riti me¬  desimi incorporati.   Perchè ciò possa più chiaramen¬  te conoscersi, dee primamente av-            4   ver tirsi con quale ordine secon¬  do il vario spiegarsi delle facoltà  umane 5 datasi loro gradatam.ente  occasione , si sviluppasser gli aifet-  ti, ed opinioni conformi a" distri¬  gatisi affetti sopranna scessero ; di  poi con quale tenore e modo, am¬  pliatasi appoco appoco la vigoria  dell’ingegno, si usasse esporre ed  insinuare tali opinioni agli altri;  e da qua’ capi diversamente si  deducessero, secondochè ciaschedun  potè con la osservazione assidua  esplorar le leggi, che tutta reg¬  gono la natura, o indovinarle o  fìngerle ardi secondo quella dot-*  trina, che più gli fosse autorevole  e familiare . Imperocché o le ne¬  cessità della vita, o un animo in¬  sofferente di posa, o l’alterazione  di quello stato, ove a ciascuno è  aggradevole di rimanersi, quelle  facoltà spingon fuori, che sieno a  rompere più disposte, e più ne          5   apprestino insieme di utilità. Le  sviluppate facoltà poi spiegano e  svolgono cupidità a sè adatte e  corrispondenti . Poiché ciascuno  ordinariamente tanto desidera ed.  osa , quanto per vizio ingenito  delPuman cuore stimasi valido a  prendere e a conseguire. Appena  poi che prorompono gli appe-  ^-iti 5 checché pur loro s’acconcia  pongono in conto di beni, e tutto  debito estimansi di pien diritto.  Avvegnaché ciascuno perversamen-  te reputi, essergli stato dalla na¬  tura ed assegnato e concesso quan¬  to gli sia pur data dalla natura  medesima facoltà di acquistare.  IVTa perciocché quelle cose, alle  quali può dietro spingersi un ap¬  petito ardente di tutte brame 5 né  senza contraddizione altrui pro¬  cacciare 5 né conservar procacciate  senza fatica si possono, quindi a.  pensarsi occorsero alcune regole^        6   le quali o corroborassero, ed a  buon fine gli stimoli dell’appetito  indri..assero, o con prudente av¬  viso in certi e giusti confini i   contenessero. Conciossiachè le re¬  gole allora principalmente conven¬  gono, quando le cose non d^ un  tenore procedono, ma soglion es¬  sere disturbate dalle altrui brame   sopravvegnenti, o veramente im¬  pedite dalle discordi fra loro^ in¬  clinazioni degli uomini . Cotali le—  gole poi, siccome furono varie per  la natura de’ tempi e la qualità  delle spiegate affezioni, cosi vesti-  ronsi ad ora ad ora di varie for¬  me e da più fonti s’ attinsero , se¬  condo la cognizione molti pi ice del¬  le cose , per cui l’energia dell’ ani¬  mo e dell’ingegno più largamente  si dilatava. Perchè però IMntel-  letto massimamente di ciò si pia¬  ce, che sia talmente continuato e  disposto, che benché unito di mol-       7   te cose e tra sè dissimili, pure si  possa in una stessa ragione e for¬  ma come una sola comprendere ;  quindi 5 qualunque ohbietto gli  sia proposto ad investigarsi jed a  svolgersi 5 lo paragona con quello,  eh’ ei penetrò più adentro e con  più cura studiò, esplorane le so¬  miglianze, e l’uno adatta con Tai-  tro e lega. Ora la conoscenza no¬  stra, nata di quelle cose, che  ognuno sente in sè stesso occorrere  o da’ suoi simili avvisa farsi, a  quelle prima inoltrò ^ che il più  negli altri animali avvengonsi, e  per le mosse e qualità varie, per  cui lo stato di quelle mutasi trat¬  to tratto, più vivamente coramuo-  von gli occhi e gli spiriti ad os¬  servarle ; cresciuta poi di vigore  tutta spiò la natura; allora dalla  materia appoco appoco staccando¬  si , svolte le convenienze delle  grandezze e de’ numeri ed appli-           8   catele alF armonia moti ur-»  tanti le orecchie e aggirantisi in»*  nanzì agli occhi , scioltasi affatto  da® sensi spiccossi a ciò finalmen¬  te, che veramente è , e che di  natura sua ogni composto ahhor-  l’e 5 e in esso lui s’arrestò. Con  progressione eguale gradatamente  si trassero le iustruzioni per go¬  vernar la vita da’ fatti stessi de¬  gli nomini, dalle leggi della na^  tura spiegate negli animali e ne¬  gli esseri inanimati j dair astrono¬  mia musica aritmetica geometria  metafisica j Sendone a guida i sensi  la fantasia T intelletto, e loro pro¬  curatrici le immagini delle cose  0 vere o fantasticate.   Da tal descrizione che intra¬  prendiamo, benché a misura dell^  argomento lievemente adombrata,  rilucerà lo svolgersi delle facoltà  umane ; la nascita ed i progressi  delle opinioni e degli appetiti.     /          9   che il più convengano con alcuna  facoltà svoltasi divisamente dall’  altre ; la causa in fine perchè i  costumi, 1 quali dalle opinioni e  dagli appetiti si propagarono , gli  uni degli altri sìeno più antichi  e durevoli. Imperocché siccome  spiegasi e vige il senso mentrechè  anneghittisce quasi assonnata in  carcere la ragione, e sono i sensi  più pronti ed alacri a muoversi  che r intelletto ; così più ratto si  schiudono, e più altamente s’im¬  primono que’costumi, che più dal  corpo s’informano che dall’ ani¬  mo . Ma la ragione o non può fio¬  rire nel tempo dato dalla natura,  quasi germoglio in terreno ingom¬  bro d’erbe selvagge e maligne, o  perchè suole corrompersi, quasi  inzuppata di quell’ umore cadu¬  tole esteriormente vicino di cui si  pascono i sensi ; o benché invigo¬  risca , e splenda libera e pura       IO    d’ogn’infezione corporea, pure è  mestieri che ad arte appannisi e  velisi affinchè agli occhi del vulgo  non sia di noja, nè rigettata dal  corso delle ordinarie abitudini .  Conciossiachè qualunqu’ uomo, va¬  lendo assai di ragione, voglia che  tutto a norma della ragione adem¬  piasi, nè si conceda punto a’ co¬  stumi signoreggianti, se costui re¬  chisi di società in solitudine, e  distaccatosi dagli affari s’addica  tutto agli studj della sapienza,  abbandonato dagli altri uomini  sarà sapiente soltanto a sè ; ove  operoso mischiisi tra la turba, ri¬  butterà per odiosa ritrosia tutti  gli altri; se di favore prevalga e  d’autorità, susciterà tempeste im¬  portune. Laonde per pravità  dicata nella natura avvenne, che  la ragione potesse apporre a’co¬  stumi faccia e color di onestà, non  però loro infondere dell’ onestà la               11   sostanza e quasi il sangue incor¬  rotto ; e che allor pure che la  virtù pregiavasi 5 e aveva agli uo¬  mini intelligenti spiegata tutta la  sua potenza ed il suo splendore,  fossero annoverati fra gli ottimi  quelli, che larve ostentassero di  virtù, più lontani da’ vizj popo¬  lareschi, che di verace e reai vir¬  tù possessori. Nè quegli eroi, di¬  ce Tullio * , Marco Catone, e Cajo  Lelio, i quali si reputarono e no¬  mi naron sapienti, sapienti furonoj  neppur que^ sette; ma di sapienti,  pel frequentar de’ mezzani ufRzj,  certa sembianza ed immagine so¬  stenevano .    * Cicerone degli offi&j l^’ 3- cap, 4’        I2i    CAPITOLO PRIMO   Con quale ordine si sviluppassero Le  facoltà degli uomini ^ ed appetiti  ne uscissero loro connaturali.    I." u io che osserviamo accadere  singolarmente agii uomini nel bre¬  ve tratto di vita a ciascheduno  segnato dalla natura, deesi pur  dire avvenisse in più largo giro  di età alle nazioni medesime. Av¬  vegnaché, per valermi delle pa¬  role di Tullio 5 come ha cia¬  scuno in principio tale confusa ed  incerta costituzione, che mira solo  a curar sé stesso, ma non intende  nè ciocch'e’ siasi, nè ciocch’ e’pos¬  sa, nè finalmente che la sua stessa  natura sia ; quindi avanzatosi al-    ^ Cicerone de’ Fini Uh, 5. cap. g.            i 3   guanto, e fattosi ad avvertire si¬  no a qual segno ciascuna cosa lo  scuota e attengagli, comincia al¬  lora insensibilmente a spandersi,  ed a conoscere sè medesimo, ed a  comprendere donde in lui muova  quel vivo ardore di posseder quan¬  to sente alla natura acconciargli-  si : cosi pur anco 1 Muterò vulgo,  di cui dapprima formaronsi le na¬  zioni 5 soleva reggere e governar  tutto il vivere con quella prima  oscura ed incerta raccomandazio¬  ne 5 che ne vien fatta dalla natu¬  ra di noi medesimi, e con quel  primo animale istinto, il quale  anela soltanto a procacciarne sal¬  vezza ed integrità ; coll’ inoltrar  poi de’ tempi appoco appoco, o  tardamente più tosto, prese a di¬  scernere quale pur fosse il vigore  della natura e delle parti indivi¬  duali, ed a sentire che fosse al¬  fine una mente partecipe della ra-              gione, ed a spronarsi all’acquisto  di quegli oggetti^ cui ciaschedu¬  no è pur nato. INel quale discor¬  rimento molte incontrandosi quasi  pause e molte sinuosità , sogliono  gli uomini da varie dimore esse¬  re 5 chi qua ohi là, trattenuti, e  da varj declinamenti, qual più  qual meno, isviati. Imperocché,  siccome avverte Plotino * , usan¬  do noi prima i sensi che V intel¬  letto, e necessariamente applican¬  do Tanirno a quanto vellica il sen¬  so, per questo alcuni si restano a  sensuali argomenti, e reputando*  le prime ed ultime ad agognarsi  ripongono ogni sapienza nelP ab¬  bondar parziale di quelle cose,  che al corpo destan piacevoli sen¬  sazioni ; non altrimenti costituiti,  che quali i più corpulenti uccel¬  li, che soperchiati dal grave ca-    * Plotino Ennead, 5 . h 9 .       i 5   rico di terra tolto non posson al¬  to elevarsi, benché di penne guer-  niti dalla natura. Ma certi, cui  dal piacere spinge all’ onesto ed  al bello un più gagliardo vigor di  spirito, levansi alquanto in vero  da queste cose inferiori, ma non  potendo affisarsi in alto per non  aver dove affiggersi, col nome  stesso della virtù ricadono ad oc¬  cuparsi ed a pascersi di quegli og¬  getti, da cui sforzavansi in prima  di sublimarsi. La terza, maniera  in fine è di uomini, che provve¬  duti di più robusto ed acuto in¬  gegno, possono sostenere la viva  luce del cielo, e sollevatisi di gran  tratto sopra le nebbie delle ter-  fene caducità, quai cittadini re¬  stituiti da lunghi pellegrinaggi  alla patria, godonsi la regione ov’  abita la verità, e eh’è la sede  nativa degl’intelletti . Tra cosif¬  fatti gradi, ne’ quali o l’animo      i6   interamente al corpo, o il corpo  all’ animo serve, o l’uno e 1 ^ 1 "  tro con bell’ accordo fra sè le veci  del comandare e del servire com-  partonsì, altri assai gradi frap-  pongoiisi, i quali 5 secondochè sie-  no schiuse le facoltà del corpo e  dell’animo, e tutte pronte le co¬  se attevoli a metterle in eserci¬  zio , tra loro in varie maniere in¬  sieme e pressoché inestricabili s’in¬  viluppano .   E in quella età , in cui la  energia dell’animo quasi era stu¬  pida per torpore, nè presenta va n-  si a’ sensi che pochi obbietti, da  cui riscosse le incarcerate e sepol¬  te voglie si alimentassero, ogni ap¬  petito shramavasi con parco e ri¬  gido vitto e con que’ piace-ri, cui  la natura stessa , non irritata ol¬  tre il debito da niun’ estranea li¬  bidine, dimandava, per ampliar  di forze ed accorrere alla per-           17   petuità dell’ umaiia generazione.  Rozzi palati di rozzi cibi appa-  gavansi ; nè prevenivano la na¬  tura per obbedire a piaceri in¬  gordi, nè l’aggravavano di sover¬  chio per satollar piaceri insazia¬  bili. Lie produzioni spontanee si re¬  putavano sufficientissime ad ogni  necessità della vita j perche non  era ordinata ancora nè manife¬  sta la maestria dell’ agricoltura  e dell' altre arti, le cjuali, meii-  trechè aumentano la varietà ed  insegnano le utilità delle cose sog¬  gette a’ sensi, e in certo modo si  fan la stessa natura schiava sfor¬  zandola a conformarsi obbediente  a’ bisogni umani ^ aizzano intanto  e irritano gli appetiti, e avviva¬  no la lussuria 5 eh’è vivo sprone  a sè stessa e coll’ ingegno fran¬  cheggia i vizj, siccome fu con  la favola di Prometeo e Pandora  egregiamente significato. Iniperoc-   2i        eh’è Prometeo la immagine di  coloro, i quali con l’invenzione  dell’arti sembrano avere ottima¬  mente giovato l’umanità. Pando¬  ra poi simboleggia P arti medesi¬  me e gli appetiti, cui Parti quasi  con porger loro esca moltiplice e  varia accesero , e soprapposer ti¬  ranni alP umana stirpe 5 insinallo-  ra ignorante affatto di tutte mal¬  vagità , Poiché in tal guisa Pro¬  meteo confitto al Caucaso glorio¬  samente millantasi appresso Eschi-  lo : *   Io trassi il fuoco dalle sfere, io 1 diedi  Di tutt’ arti maestro all’ uomo in dono.  Sasso stupido egli era ; io gl’ ispirai  Vita, e gl’ infusi intelligenza. Invano  Erravan gli occhi per le cose; invano    EscMlo Prometeo legato. I>ì (juesta mia  versione de’ tratti d'Eschilo ristretti e recati  in prosa latina dallo Steliini, veggasi la mia  Lettera proemiale al chiarissimo StraticQ.,           ^9   A’ suoni lor s’apHan le orecchie : muta  Era natura, perchè sorda e cieca  Degli uomini la mente, e quale ì sogni  Confusamente immagini mescea  D’ogni sembianza; e lunga età tal sogno  Fu la vita mortale. Alzar di pietre  Non sapeasi una casa ; era all’ uom casa  Grotta incognita al sole, e avea l’Istinto  Della vita il governo. I nascimenti  De’pianeti e i tramonti io gli mostrai;   L’ arte scoprii de’ numeri, dell’ arti  Luminosa rema , ed II vocale  Delle lettere accordo, e la memoria  Operatrice d’ogni cosa. Io primo  Strinsi al giogo le fiere, e le addestrai  A sottentrar ne’ gravi incarchi all’ uomo.   Io primo al cocchio sottoposi , e dolce  Resi il freno a’ cavalli, orgoglio e pompa  Dello splendido lusso. Altri non seppe  Spronar, che me, de’ marina] gli alati  Veicoli a lottar con l’onde e i venti.   Chi ’l rame e ’l ferro, e chi l'argento e l’oro,  Della vita conforti, estrar dal seno  Della terra s’ardì, pria eh' i’ le cieche  Viscere ne cercassi ? Io sono, io padre  D’ogui arte all’ uom, che il viver suo fa belìo.      ao   Esiodo ^ poi, per espor vive agli  occhi le conseguenze di cosiffatte  invenzioni^ formò tal Donna ^ nella  qual fossero unite insieme di tutte  Tarti le qualità e gli ornamenti.  Poiché Minerva nel lanifìcio l am¬  maestrò ; le sparse Venere al capo  di leggiadria ; le Grazie e Suade-  la il corpo d’aurei monili fascia-  ronìe; le bionde ore la coronaron  di fiori di primavera ; Mercurio  aggi unse le in fìne impudente ani¬  mo , tratti insidiosi, e parola. Il  qual presente appena che fatto agli  uomini fu dagli uomini ricevuto^  mentre se ne deliziano, riman-  gon presi da tristi affetti e da  cure divoratrici, dovechè prima  traevan vita scevera di fatiche ^  d'affanni:, e d’infermità apporta¬  trici della vecchiezza . Poiché la  Donna, dischiuso il vaso recato    I Esiodo I laoorì e le giornate Uh* 2 .         ax   in mano, ver^onne fuora tra gli  nomini ogni maniera di voglie, e  cotal piena infinita di tutti i ma¬  li, che terre e mari per ogni do¬  ve occnpai'ono , senza offrir loro  speranza di liberarsene ; la quale  speranza, essendo già per volar¬  sene via del vaso , postovi sopra  il coperchio fuvvi respinta dentro,  e sola dentro restò. Tale stagio¬  ne, come d’industria così sfornita  d’ogni strumento di voluttà, au¬     rea fu detta e mirabilmente no-   hilitata da quelli, a’quali o ven- ►   nero a noja le umane cose, o cui ^    da sè la fortuna, che a’diligenti [;   e operosi prodigamente donasi , f-   come infingardi e torpidi ributtò. ^   Viveano tutti nella maggiore egua- ^   glianza ; perchè mancava occasio- ^   ne d’usare ingegno e fatica, onde jr   l’un l’altro avanzasse. Si dice y   che la giustizia albergasse in ter- ^   ra, perocché in tanta tenuità di T               2 ^ 3 ,   cose e sonnolenza d’affetti non  V* era luogo ad ingiuria. Vita si¬  cura e libera si godevano; perchè  non eravi incitamento a voglie e  gare inimiche, nè a fomentarle e  irmasprirle argomento si presenta¬  va. Parca soavissimo quanto a ven¬  tura V inculto suolo e selvaggio  offriva ; perchè neppure potevasi  conìetturare quali soavità di frut¬  ta si ritraessero da un terreno  messo a travaglio e in appresto  per generare. Si dilettavano final¬  mente di beni tali, quali e la  inerzia e la infìnga rdezza, non  eccitata da niun' ardenza interio¬  re, nè da veruna impulsione estra¬  nea 5 poteva porgere in tenuissime  cose, apparecchiate dalla ignoran¬  za di più eccellenti ; di beni in  somma, quali da Pindaro s’ at^    (i) Pindaro Pition. io . Lo StelUni riferisce  questi versi di Pindaro secondo la versione           tribuiscono alienazioni iperboree:   Cinta di lauro almofrondoso esulta  A lieti deschi banchettando : sacra  Stirpe beata ! in lei morso non puote  Di letal malattia ; vecchiezza in lei  Fior di vita non strugge. Affanni e doglia  Son con la guerra e la fatica in bando.   Nè teme il cor, puro di colpe, il rio  Flagello della Dea delle vendette.   3 .® Ma prestamente cotale igna¬  via fu scossa, e via rapitane quel¬  la felicità, che più nella mancan¬  za de’ mali, che nel possesso de’  beni si comprendeva . Imperocché  con asprissimo e frugalissimo vitto  s’ingenerava nel corpo fermezza e  lena infinita; e il cuore, non ad¬  dolcito per ninna cultura ed ar¬  te , irrequieto ed indomito ribol¬  liva . Avvegnaché di rozza fruga-   fattane in metro Oraziano dal celebre Sudo“  fio. lo nel recarli in Ttaliano ho avuto cura  di conformarmi più. alT originale, che alla  traduzione recatane dallo Stellinì *          a4   lità son compagne sanità vegeta ^  e smisurata audacissima gagliar-  dia. Per lo che reputa Luciano * 5  doversi il vivej'e di alcuni popo¬  li, tratto air estrema vecchiezza 5  attribuire all’ uso di un vitto so¬  brio ed agreste ; e Dicearco ap¬  presso Porfirio ^ dice, non darsi  miglior consiglio, nè ad incorrot¬  ta e durevole sanità più confor¬  me, quanto il rimuovere le ridon¬  danze dal corpo. Imperocché il  soperchio rompe le forze, o dal  salutare impegno di tener viva  la vita e fioiida in ogni membro  svagale a logorarsi per alleviarla  e purgarla d’ogni malignità. A  membra poi di gran nerbo una  brutale ferocità s'accoppia, se la  coltura non ammansisca Panimo,6  non comprima il rigoglio soprab-    I Luciano ?ìe* Macrobj.   3 Forfirio Ub. 4- astinenza.          a5   fondante d’iina scoppiante energia.  In quella maniera certo, siccome  avvertesi da Platone ’ , che un  cuore disanimato dalla vergogna  e dair onta , e privo di risoluzio¬  ne e d’audacia, appoco appoco si  fa più vile, e tutto alfine, quasi  rappreso da una tal quale stupi¬  dità, intorpidisce; così per l’op¬  posto un animo commosso e vivi¬  do, se con acconcio temperamento  non sia represso ed a giustizia ri¬  dotto dalla onestà, primieramen¬  te, quasi robusto in radice, e di  vigore e di spiriti lussureggia ,  poi finalmente rompesi tutto in  insania. Laonde appunto dannò  Aristotile le istituzioni spartane,  perchè indurati oltre il debito  alle fatiche calle asprezze gli uo¬  mini inferocivano. ^   4.® L’ animo dunque , pieno di    * Platone della PepaUblica,   * Aristotile de' Got^erni lib, 8. capi 4*            2.6   fiere e d'orrende for^e, e pronto  ad ire precipitose e implacabili  s'avventò prima con tutto l'im¬  peto Contro alle bestie feroci, da  cui potesse temersi oltraggio alla  vita, o cibo trarsene e vestimen¬  to; poi contr'agli uomini stessi si  scatenò, ove pure incontrasse osta¬  colo il ventre inquieto e la im¬  portuna libidine, ch'avea già pre¬  so a sforzare i limiti apposti dal¬  la natura. Per la qual cosa, ve¬  nendo spesso afferrata e data oc-  casion di risse rapine e stragi, fa  da tal uso ogni senso di umanità  sopraffatto; nè conoscendosi cosa  di maggior pregio nell’ uomo quan¬  to la vigoria del corpo messa in  furore da non so quale veemenza  d’animo, si cominciò a reputar©  sovrana cosa, e degna d’ uomo da  numi nato e destinato ad essere  egli medesimo un dio , qualun¬  que azione ripiena di bestialissi-               a7   nia atrocità. Imperocché se tala¬  mo, come riflette Polibio % in¬  contri a caso contrasto all’ efFre-  nata libidine, non avvi cosa ne¬  fanda e barbara ch^ egli non sia  per commettei’e 5 e a vanto recasi  ed a virtù lo sbaragliato ardimen¬  to. Ma come da guel rancore,  che nasce e sopravviene nell’ ani¬  mo di chi respinge e di chi muo¬  ve l’ingiuria, vieppiù l’audacia  innasprivasi ed il furore infiam-  mavasi di coloro, a’quali in ner¬  vose membra feroce indole a idea;  così gli spiriti più mansueti e de¬  boli s’infervoravano a svolgere e  palesare V idea del giusto e del  buono, solo rifugio degl’impoten¬  ti ; e chi prestasse conforto ne’  casi miseri, oppure astrettovi lo  ricusasse, porse con l’utile pro¬  curato o con l’apprestato danno    * Polibio Istoria Ub. j.            a8   occasione, che sì traesse da’na¬  scondigli deir ànimo e a piena  luce venisse il valore dell’ one¬  stà, la quale è principio e fine  della giustizia , e si fondasse un  concetto di convenienza e turpez¬  za, come Polibio osservò. *   5 .° Ma impadronitasi d’ogni co¬  sa tenne la forza il mondo con  aspra dominazione, gran tratto in¬  nanzi che la equità potesse trova¬  re asilo fra gli uomini ; e la fe¬  rocia esercitò Inngamente signo¬  ria barbara, prima che s’accor¬  dasse imperio giusto e legittimo  alla ragione, Conciossiachè richie¬  dendo questa animo dolce e tran¬  quillo, perchè sì possa distintamen¬  te e ordinatamente spiegare un  senso comune di umanità; quella  per lo contrario piacendosi d’al¬  lignare in selvaggio fiero alterato    I Polibio Istoria Uè. 6,           spirito, gli uomini robustissimi,  resi più baldi dalle frequenti risse  e,da’fatti prosperamente operati,  ^lon si poteano reprimere dal mac¬  chinar novità per arricchirsi di  i>uove spoglie, e scapriccire il ta¬  lento, cui maggior fiamma agita¬  va, che mai potesse per brama di  alcun riposo acquetarsi. La quale  o avidità di preda, o frenesia di  cuore efferato, non avendo per lo  più spazio abbastanza vasto da in¬  solentire tra’suoi, contro l’altrui  sì scagliava. Onde ogni cosa fu  guasto di ruberie, ad ora ad ora  cambiaronsi le abitazioni, nè più  soggiorno fisso ad alcuno restò.  Imperocché se taluno si ricovras-  se in luogo, che desse pure negli  occhi per ubertà di frutti o per  altra comodità, o ch’egli andava¬  ne a sacco per rovinoso scarico  d’assassini, o espulso di sua di¬  mora veniv’ astretto a cercar men-              dico alla raminga vita altro cie¬  lo . Nè quella forza 5 la quale con  cieco impeto prorompeva ovunque  la veemenza e l’ardore della pas¬  sione la trasportasse, era a delit¬  to e ad infamia ; rna, come già  da’poeti antichi inferi Tucidide %  anche ad onore si attribuiva . Per¬  ciocché fanno tali poeti interrogar  quelli, che innanzi e indietro cor¬  seggiano la marina , da quelli a’  cui lidi approdano, se sien ladro¬  ni colà venuti a predare . E nè  coloro, che son di ciò dimandati,  il niegano qual opra indegna; nè  que’, cui preme di saper ciò j come  di cosa obbrobriosa ne li ripren¬  dono. Per lo che, dice a Telema¬  co Nestore e a’ suoi compagni %    * Tucidide Istòria Uh. i.   2 Omero Odissea Uh, 3. secondo la versione  elegantissima recentemente datane dal chiar*  Soave .         3i   .Onde le acquose vie   Gite scorrendo ? per alcuno affare ?   O alla ventura, quai corsali erranti,   Che espongon Talma e recan danno altrui?   Chè veramente un* indole impe¬  tuosa ed indomita non crede ope¬  rar cosa più grande, nè quindi  reputa darsi cosa più degna di  cuor sublime e magnanimo, quan¬  to fornire imprese piene di sten¬  to fatica e rischio ; e se la im¬  presa difficile arrechi ancora splen¬  dide utilità, coloro, a’quali nella  energia de nervi sta la ragion  d’ogni cosa, non credon già d'ol¬  traggiare chi a torto assaltano,  ma d’essern’ anzi oltraggiati, sep¬  pure ardiscasi di resistere e con¬  trariare al più forte. Per il  qual vizio dell* unian cuore, agi¬  tato da un turbolento fervor di  sangue , avvenne che si appo¬  nesse alla violenza carattere di  ragion somma ,6 dal potere si             3 a   misurasse iu ciascuno ^ il giusto ?  nè alcun dovesse spogliar»! ^  tro, che quanto forza e necessita  ne rapisse. E questa legge nata  dalla barbarie, avendo insensibil¬  mente preso carattere di grandez¬  za e d/autorità, si propagò dalla  prima salvatichezza per sino al  tempo, che la ragione pareva con  giuste leggi signoreggiasse ; e man¬  suefatta la crudeltà sinallora da  lei mostrata, valendo l’animo ap¬  pena ad altro che a rendei gli  ■uomini più perniciosi tra loro delle  medesime fiere, conservò pur que¬  sta legge la gagliardezza e la for¬  za, la quale non come prima traeasi  ad atto per voglie tumultuarie,  ma con la utilità governa vasi pru¬  dentemente avvisata, e solca strin¬  gersi o rallargarsi secocidochè pa-  rean chiedere le cose e i tempi,  a cui doveasi adattare , Per la  qual cosa gli Ambasciadori Ate-          33   niesi nell’ Assemblea Spartana as¬  serirono francamente , esser di na¬  turale ragione eterna prescritto,  che serva il debole al forte, nè  stato uomo giammai, eh’ ove ab¬  bondasse di forze e d’armi per  eejuità si frenasse dal crescere si¬  gnoria ; e se taluno conducasi più  doverosa e modestamente, che dell’  imperio la vastità non comporti,  muoverlo solo necessità di tem¬  prarsi all’ ingegno umano, e di  tener più sicuro gli altrui voleri  obbedienti *. Ma tale moderazio¬  ne 5 messa nel cuore da un senno  prudentemente inteso all’ utilità,  non conosceasi a que’tempi, ne’  quali tutto a furore si governa¬  va . Ond’ è 5 che agli animi imbe¬  stialiti dalla barbarie e di fero¬  cia esultanti, per non andare sbra¬  nati vivi o dilaniati morti dagli    * Tucidide Istòria lib, i.   3              34   avoltoj e da’ cani, indarno i mi¬  seri la pietà della religione, in¬  darno della comune umanità la  forza i tribolati opponevano . Fol¬  le , il Ciclope *,   Folle ben sei, rispose, o di ben lunge  A me ne vieni tu, che a me proponi  Di riverire e paventar gli Dei .   Conto di Giove o degli Dei non fanno  Punto i Ciclopi assai dì lor più forti.   Nè per tema di Giove a’ tuoi compagni  O a te Eia cbe perdoni, ov’ io noi voglia.   E Achille ad E-ttore, che nelle  strette di morte lo scongiurava a  non frodargli il cadavere di se¬  poltura , intima averlo già desti¬  nato pasto alle fiere, e la viltà  maledice dei suo dolore, che a  membro a membro noi stracci, e  gli stracciati marciosi brani non  si divori *.   1 Omero Odissea Uh. g. secondo la detta  versione,   2 Omero jUade Uh. aa,        35   6 .® Laonde traendo i deboli as¬  sai meschino conlbrto dalla giu¬  stizia, tanto per guarentirsi, quan¬  to per togliersi dalle ingiurie,  cui bestialmente gl’ impetuosi spi¬  riti si scatenavano , saltò fuori  scossa dalle sciagure tal forza in¬  genita 5 onde schernire le violenze  de^ cuori privi di umanità . Per¬  ciocché l’animo per ogni parte  compresso sprigionò tale destrezza  e sagacità, che affinandosi come  il poteva in que’tempi, in cui  tant’era l’ingegno umano imbe¬  cille e rozzo quanto addestrato e  indurato il corpo, immaginò stra¬  tagemmi, sortite, astuzie, ripa¬  ri; cosicché quelli, che non pote¬  vano di robustezza agguagliarsi,  con una certa callidità respinges¬  sero od allentassero ogni nemica  irruzione. La qual furberia vera¬  mente, sendo ''argomento di un cuo¬  re non animoso ad esporsi palese-         36   mente e timido di sè medesimo,  era odiosissima a quelli che solo  al vanto anelavano di robustezza  invitta, nè ad altro inteso avean  ranimo, che a non mostrare poca  di sè fidanza, nulla curanza d al¬  trui. 11 perchè queirAjace, che  appresso Omero ^ protestasi non te¬  mer niuno, nel Filottete di So¬  focle rabbuffa Ulisse, che sugge¬  riva a sottrar con fraudo quell'  armi, che non poteansi rapire a  forza j perche ciò fosse a buon no™  mo vituperevole. Chè buoni al¬  lora appellavansi que’che di for¬  ze e dispiriti soprastassero. Aven¬  do poi, tralignato alquanto da sè,  consentito alla scaltra volpe, ri¬  prende tosto il natio carattere, e  si ricusa all! impresa per non ces¬  sare, mentre di saggio briga ce¬  lebrità, d'esser buono. Poiché sic-    t Omero Iliade Ub^ ^          $7   come diceasi buono chi a niun pe¬  ricolo impallidisse; cosi di saggio  ebbe nome chi astutamente tra¬  masse inganni aU’occasione oppor¬  tuni . Onde Minerva , eh’ è quasi  il simbolo della sapienza, sè con  Ulisse paragonando gli dice *   .Entrambi al pari   Siam nelle frodi esperti: ogni mortale  Tu nel consiglio e ne’ raggiri avanzi ;   Io per senno ed astuzie ho il primo vanto  Su tutti i Numi.   7.° Quantunque però la forza  sdegnasse in prima d’accompagnar¬  si all’astuzia 5 l’ utilità nondimeno  di mano in mano pacihcolle, e  spesso insieme le collegò. Onde  l’astuzia fu assunta anch’essa al  governo de’ fatti umani, e repu¬  tandosi per lo innanzi vituperoso  checché la forza non operasse 9   * Omero Odìssm Hi. i3. secondo la delta  versione.          38   prese ad aversi anche in onore  ringegno; perchè sebbene rompa  gli stimoli e afFreni Timpeto del  vigore, spiana ciò non ostante ed  assicura la strada alte difficili im¬  prese . Che anzi venendo spesso  costretto V animo dalla necessità  a rivolgersi per ogni lato 5 e le  facoltà sue messe in campo espres¬  samente mostrando 5 esser meschi¬  na 5 come diceva Euripide ", la ro¬  bustezza umana,ove affrontisi con  doppia e cupa sagacità, la qual  doma quanto mai l’aria la terra  e il mare alimentano ; quindi te-  neasi per uom compiuto e per¬  fetto chi fosse insieme di mani ar¬  migero e poderoso d’ingegno ^ .  Sebbene poi l’astutezza contribuis¬  se assaissimo ad ispedir grandi im¬  prese, pregiavasi tuttavia più di   1 Euripide appresso Plutarco della sagacità  degli Animali t   2 Omero Odissea Itb, i6.               necessità che per nativa eccellen¬  za y ed ove non affettasse temeri¬  tà era per sè medesima di vitu¬  perio e di scherno. Per la qual  cosa 5 dopo che la violenza per  astutezza degli uomini si fece in¬  dustria , chi non avesse principal¬  mente sortito dalla natura una  statura Orionèa non defraudavasi  della debita estimazione 5 se gran  vigore a maggior cuore accoppian¬  do si procacciasse dalla sagacita  quegli ajuti, che gli negavano i  polsi e i nervi, e mentrechè, co¬  me si esprime Pindaro % simiglia¬  va nell’ ardimento il lione fero¬  cemente rugghiante nella fatica ,  contraffacesse con la scaltrezza la  volpe, la qual pontata la schie¬  na scompiglia e rompe la violenza  dell’ aquila. Ma spezialmente a  quelli 5 che soprastando per digni-   T Pindaro htmA Ode 4*          4 o   tà fiorissero di potenza , a mag¬  gior onta ascrivevasi usare speziosa  fraude ^ che aperta forza ; sendo-  chè questa si reputasse intentar¬  si, come non nega Brasida presso  Tucidide * ^ per il diritto di quel  potere, che ne donò la fortuna ;  quella procedere dalle trame d’in¬  giusto proponimento : quasi equità  pur fosse tollerar quanto l’altrui  libidine sostenuta da pari forza  ne scarica, e sì dall’esterne forze  compiasi la potenza ^ che nulla  possa un variato e pronto intellet¬  to aggiugi>erle.   Ma queir astuzia, che bra¬  veggiava armata sinché le forze  vegete per età soperchiavano, fat¬  ta più mansueta nello sfiorire de¬  gli anni degenerava in quella sa-  gacità, eh’ è prudenza, ed ha tem¬  perato ingegno, e prende forza e    I    * Tucidide Js$oria lib,      4i   carattere dalla ragione. Percioc¬  ché avendo preso a calmarsi Pani-  mo, che per T innanzi qua e là  furioso agitavasi, e pel mancare  degli appetiti, che con il sangue  e la vita si raffreddavano, essen¬  do messo in balia, di stringere nel  suo pensiero più cose, paragonan¬  do insieme i turbolenti moti delle  ostilità e delle risse con quel be¬  nigno e tranquillo vivere, di cui  la età declinante muoveva alcun  desiderio, poteva intendere di leg¬  gieri, queir ira essere commenda¬  bile , che ne apprestasse pace si¬  cura ed onesta ; quell’ ira poi, che  discordie battaglie stragi sovverti¬  menti perpetuasse, essere abhomi-  nevole e al naturale diritto oppo¬  sta ; sendo la prima quasi un co¬  tale boiler di sangue purgantesi  d’ogni contratta malignità; l’al¬  tra poi come un’insania d’uomo  in frenesia per febbre già soper-        4 ^   chiarite le forze della natura . Per  lo che gli uomini di canuto di-  scernimento appUcaronsi a persua¬  der quelle massime, che da^ fe¬  rini usi e da’ mortiferi odj ritrai'  potessero a mansuetudine e ad a-  inicizia l’umanità. Ma ne i cal¬  mati i>;vvisi di Nestore, dalla cui  bocca sentenze usciano assai piu  dolci che mele , potean d’Achille  disacerbare il furioso animo ^ nè  l’eloquenza di Ulisse, il qual ver¬  sava parole simili a neve d’inver¬  no, iusinuaiitesi lieve lieve nell*  animo esulcerato ne potea svolgere  la fitta collera, sicché ammollito  si aprisse pure una volta a qual¬  che benignità Imperocché grac¬  chia al vento chiunque affannasi  a persuadere, doversi in petto fre¬  nare gli alteri spiriti per essere    1 Omero Iliade Uh, i.  3 Omero Iliade lib, 3.              43   assai migliore Pumanità, a que*,  eh’ essendo poderosissimi e di nes¬  sun paventando, stimano indegno  egualmente di vigoroso e grand’ a-  nimo cedere al senno dì consigiier  prudentissimo, che al fiero scon¬  tro d’un inimico soccombere.   9.® Quanto però non poteva ope¬  rare ancora il consiglio e l’auto¬  rità di quelli, che di prudenza  e per età sopra stavano, lo effet¬  tuarono alfine gli evenimentì me¬  desimi delle cose 3 i quali insen¬  sibilmente volsero gl’ imbestialiti  costumi ad umanità , e da un’ in¬  festa e tumultuosa ragion di vi¬  vere ad una li trasportarono, la  quale colla giustizia e col senno,  più che con l’appetito e con le  ardenti passioni, si governasse.  Imperocché 0 spossati da risse eter¬  ne cadeano loro di mano l’armi  spontaneamente ; o più e più volte  respinti dalle uguagliate forze             44   erano astretti a cessare la vana  impresa; o fracassati a segno 5^ che  lena e onore mancasse da liten  tar la fortuna , abbandonavano  ogni ragione divina e umana all  arbitrio df^l vincitore per non so¬  spingersi con resistenze inutili ad  un totale esterminio . Onde, sot¬  tratta ogni oagion di combattere ,  cestrinser gli animi alteri e disiosi  di vincere ad usar cfualche ripo¬  so, e mentrechè si quotavano le  turbolenze tutti effondendosi , o  per impulso di sentimento , o per  consiglio ispirato dalla necessità,  ad ossequiar coloro, cui preve¬  devano già non potere per alte¬  rigia tenersi a lungo nell’ozio,  ed ammassando su d’essi a gara  per ogni parte tutti que’ fregi,  co’quali può venerarsi e placarsi  una preeminenza e potestà segna¬  lata, ottennesi finalmente che da  siffatte lusinghe quasi, addormito    45   S'illanguidisse il furor di quelli5  © piegasse l’animo a quelle arti,  le quali in fiore mettessero con  opportuno coltivamento le signo-  l’ie procacciate , perchè quel frut¬  to non isvanisse che ne potevano  somministrare. Perciocché l’ani-  uio 5 innanzi rìgido, pe’ conseguiti  onori allentandosi e rallargandosì  nel riposo, apriva alcuni inter¬  valli , per cui potevano insinuarsi  ad agio le ammonizioni de’ savj  per ottenere , che si frenassero con  le leggi le agitazioni intestine, e  gli uomini gareggiassero ad oh-  hligarsi l’un l’altro con iscam-  hievoli offizj. Del quale accordo  e consenso di sentimenti compre¬  sa la utilità, cominciò pure ad  amarsi da que’ medesimi, da’ cui  invecchiati costumi più discorda¬  va . Imperocché la esperienza e il  medesimo interior senso manife¬  starono , sebbene avesse taciuto          46   pur la ragione, essere piu giocon¬  da e sicura cosa e più dicevo e  ad uomo esser da’ suoi per coscien¬  za dì benefizi adorato 5 che a  ingiuriati cuori temuto ; e sopra¬  stare ad uomini spontaneamente  ojeferenti ogni pompa di maestà,  che tirannescamente signoreggiare  a riottosi, e col timore costrin¬  gerli ad ogni via disperata per  non servir laidamente , o inven¬  dicati morire . Que’ poi che fos¬  sero di più benigno temperamen¬  to , e usciti fosser di tanto scom¬  piglio illesi, qual cosa mai po-  tean credere e a disiarsi piu cara,  e a conservarsi gelosanaente più  degna , che il menar vita scarica  di paure; da niun assalto improv¬  viso di malfattori esser cacciati  dì nido ; per niuna civil tempesta  essere dagli studj e costumi suoi  distornati? Allora quasi rammor¬  bidita quella durezza, che per           47   l’innanzi ostentava brutal carat-  tere, si modelìò tale immagine  di fortezza , quale ad umani co¬  stumi avviensi. La giustizia allora,  che oppressa dal tempestoso me¬  scersi delle cose teneasi ancora  nascosta, e cacciata dalla violen¬  za si tramenava raminga ed esu¬  le per ogni dove, liberamente  alzò il capo, e incominciò ad ag¬  girarsi pubblicaìmente fra gli uo-'  mini, e a posseder finalmente su¬  premo grado ed autorità . Allora  certo si dirozzaron gP ingegni ,  trassersi a luce le arti e le disci¬  pline , da cui io spirito avvivasi,  e sogliono amplificarsi le utilità  della vita , le forze della repub¬  blica , e gli ornamenti della maestà,  IO.® Ma intantochè con le leg¬  gi e con i giudizj si fortifican le  ragioni del retto e del convene¬  vole, dall’altra parte le proprie¬  tà delle cose e la industria, messa            45   in ardore dalle utilità concorren¬  ti, spingono dentro allo Stato   to può scuotere i cardini ^ ^  giustizia, e fomentar le primarie  nemiche sue, discoi'dia e gara tu  multuaria d’affetti. Imperocché  d’ordinario avviene, che vada con  la tran Cornelio Nepote nella vita di Alcibiade .          maniera dMngegni, con naturali  lusinglio adescano gli animi ar¬  denti di cupidigie; con una postic¬  cia indole di virtù gli austeri e  gravi guddagnansi; tengon poi pie*  si di stupida maraviglia i popolari  intelletti. Ma Uavarizia di quelli,  cui son di traffico i splendidi vizj  altrui, s^ alimenta dalla lussuria  de’ ricchi e dalla boria de’ prepo¬  tenti, e si corrobora dalla teme¬  rità de’ facinorosi, che non han  seco speranza uè cosa buona ; al  primo genere de’ quali uomini  giova che nulla sia ne’ costumi  d’intatto, alTaltro che a guasto  mettasi ed a rovina ogni cosa.  Poiché chiunque brigasi d’arric¬  chire con deferenze turpi e con  prave arti, quanto più il vivere  sia scapestrato 5 tanto più larga e  spedita via credesi aperta al gua¬  dagno, ed afferrando occasion di  sacco da’ rovinati costumi altrui      53   stima suo grande interesse, chea  ciascheduno sia lecito sbizzarrire  e disbrigliarsi a talento, per aver  mezzi rnoltiplici da secondarli.  Per lo che in Plauto quell’ im¬  pudico dice ' :   .gii uomini onesti   Riduconmi *n miseria , gli sciaurali  Mi danno da mangiare, e qu e'perduti  M’Ingrandlscon l’entrate. I cittadini  Di vaglia a me mi son di danno, e la  Canaglia è quella, che mi è di guadagno.   A chi però non ha molto nè che  sperare, nè che poter conseguire  in fermo e solido stato, giova che  rompasi dalla licenza ogni freno,  perchè non manchi occasione da  macchinar novità ; nè tali uomi¬  ni altro più agognano ardentemen¬  te, quanto che v’abbia molti, che  tr.avagliati dalla vergogna dalla   1 Plauto nel Trappola secondo la vaghis¬  sima versione dell’ Angello Atto 4' ‘Scen® 7-         54   miseria da^ debiti, non abbian  onde saziare le ingorde voglie, e  a temerario colpo sia pronto un  capo, nella cui guardia chiusi, c  congiurati di forze e di volontà  spronino arditi l’impresa. Per la  qual cosa apportando i voluttuo¬  si alla dissoluzione dell’ordine le  libidini, i barattieri e’ famelici  deir altrui le usure ed i ruifSane-  simi, gli ambiziosi fazioni e cor»  rompimenti, gli ardimentosi ed i  poverissimi violenza e disperazio¬  ne, avviene insensibilmente che i  be’ costumi attaccati per ogni par¬  te, e tutti sì delle leggi che de’  gìudizj spezzati i vincoli, l’inte¬  ro stato precipiti finalmente nel  più sfrenato disordine.   11° I mutamenti adunque delle  vicende umane per questi gradi  trascorrono, promovendoli quella  potenza dell’animo, che sviluppa¬  tasi il più di tutta quanta la vita       55   s’impadroni. Da un’ aspra e dura  ragion di vivere, da cui si nutre  la gagliardezza, a quella vita con-  duconsi le nazioni, in cui l’astu¬  zia e la ferocità si combattono, ed  ogni cosa governano la violenza e  la insidia da prepotente furore con¬  validata . Da questo ferino stato,  in cui sogliono i principati occu¬  parsi, a quello poi si trasportano,  che alla fortezza e prudenza at-  tiensi, ed è opportuno a curare  gli acquisti fatti, ed a comporre  in bell’ ordine le signorie turbo¬  lente . A questa di poi sottentra  quella perfetta costituzion di cit¬  tà, che reggesi dalla giustizia, e  vincolata conservasi dalle leggi;  ma che per essere piena d’ ozio e  di grandi mezzi, onde accrescere  le ricchezze e coltivare le arti,  è perciò sommamente propria a  gustare tutte le morbidezze e gio¬  condità della vita . Ma dall* asso-           ¥    56   dato ozio, dalle fortune ingran¬  dite, e dagli agj e da’ piaceri del  vivere moltiplicati fatto più in¬  gordo il talento, si sforza a scio¬  gliere i vincoli delle leggi, e così  batte e dirompe gli argini della  ragione e del giusto , che gli e-  stuanti appetiti più contenere non  possono.   Omero, il quale come ri¬  trasse ne’ versi suoi la natura, che  sempre simile a sè medesima equa¬  bilmente discorre ; così raccolse e  restrinse in nn tempo solo tutti  ì costumi gradatamente variabili  d’ogni età, perchè dall’urto di  tante forme disparatissime eveni-  menti riuscissero più ammirabili ;  ne’ persoraggi primarj espresse le  progressioni della natura umana  r dalla natia barbarie sino all’estre¬  ma dissolutezza , e i succedevoli  gradi meschiati insieme distinse  e in una immagine sola rappre-    /           57   sentò. Imperocché, trasandati do la  efferatezza, eh’è tutta propria de’  bruti , in Polifemo adombrata ,  Achilie è forma della fortezza in¬  vitta e del coraggio indomabile ;  Ulisse della scaltrezza forte di  braccio e di cuore ; Nestore della  prudenza corroborata dalla fortez¬  za dell’ animo ; Ettore della for¬  tezza e della giustizia ; Antenore  della giustìzia e della imbelle pru¬  denza ; Paride finalmente d’ una  licenza si rotta, che nulla stima  interdetto alla sua libidine. Gli  altri Capitani e Magnati empiono  i gradi interposti, da’ quali come  da tante aneli a intermedie sono  intrecciati insieme quelli che spic¬  cano il più.   i 3 .° Ma tali stati, secondo la  varia indole così de’ luoghi come  degli uomini, posson per varie ac¬  cidentalità intraversantisi in mille  guise alterarsi e mescersi confu-           58   samente : ed i costumi e le leggi  delle nazioni, che di lor nacque¬  ro, e debbon loro apportar fer¬  mezza ed accrescimento, sogliono  correre le mutazioni medesime ch e  gli stati. Perciocché agli uomini  dì scarso avere, di pingue inge¬  gno, e di valida corporatura, per  lungo tempo l’asprezza appiccasi  delle maniere e del vivere, che  seco menasi d’ordinario costumi  duri e selvatici. Con quelli poi,  che son di cuore più ardenti e di  pieghevole e vivo ingegno, a lun¬  go quella fierezza allignasi, che  si trae dietro la fraudolenza, e  che spossata dalla fatica prende  alternatamente ristoro e total sol¬  lievo nel seno della mollezza ; tal¬  ché quell’ animo, che più a’ pe¬  ricoli indura, suole nell’ ozio con  più veemenza diffondersi ad ogn'  invito e lusinga di voluttà. Que’  finalmente, i quali siffatta d’ani-         mo costituzione sortirono, che sieri  lontani egualmente dalle virtù su¬  bì imi e da’ vizj più impetuosi,  sviluppando essi più prestamente  la ragion loro dalle passioni tumul¬  tuose posson le cose più quetamen¬  te fra loro paragonare , e più dili¬  gentemente nel valor vero apprez¬  zarle . Laonde fiorisce in essi e la  prudenza e la scienza delle mal¬  vage ed oneste cose, cui fida ac¬  coppiasi la giustizia, e la verace  grandezza ed altezza d’animo. Per¬  ciocché quelli, in cui ragiona buon  senno e guida il senso e lo spirito  di lor natura già placidi, agevol¬  mente posseggono virtù reali; ma  tutti gli altri o innocenti sono per  ignoranza di vizj, o incitati da  un cieco ardore dell’ animo pro-  ducon larve ed immagini di virtù.  Conciossiachè nella prima dell©  due spezie d’uomini sopra esposte  la temperanza non è che la sa-            6o   zietà de* naturali appetiti, che  son pochissimi, dal senso stesso in¬  dicata 5 la fortezza alle sole fope  del corpo attiensi; altra giustizia  che quella appena conoscesi, la  qual sedate le rozze voglie tolle¬  ra eh’ altri s* abbia quanto è di¬  sutile a sè; appena poi la pru¬  denza ha luogo per la rarità de’  successi in tenuissime cose ed in  selvaggi appetiti : dove nell* altra  spezie è temperanza astenersi da  que* piaceri , i quali allignar non  |xtnno in un animo, che raramente  è padrone di sè medesimo; fortezza  tentare imprese, ch’abbian feroce  carattere; giustizia non rapir Ta-  nima a quelli cui già strappasti  le facoltà, oppur se legge di sogge¬  zione durissima non ricusino strin¬  gerli a giogo men aspro , e far che  quanto non togli loro sia loro a  prezzo di servitù ; prudenza alfine  snervar con fraudi ed insidie quanti           6i   Jion puoi con la forza . Ma dell*  ultima spezie d’ uomini il tempe¬  rante è quegli, che svaga Tanimo  da quegli affetti, i quali con la  ragione e col pregio della natura  umana mal si confanno; forte è  colui, che dalle cose altamente  labili , e sottoposte all’ arbitrio  della fortuna, prenda vigore e  baldanza , nè per le avversità si  fiacchi, nè follemente si gonfj per  le prosperità; giusto chi nìun of¬  fenda e voglia a tutti concesso  ciocché gl’ ingeniti diritti umani  e le leggi da tai diritti ordinate  vollero proprio a ciascuno ; pru¬  dente è quei finalmente, che ve¬  glia il corso dubbioso de’ casi u-  mani, e s’apparecchia e fornisce  providamente di tutto ciò, per cui  possano o prevenirsi o correggersi.  Poiché però delle cose spettanti al  vivere ciascuno giudica secondo sia  passionato (chè le opinioni dell’        6ì2   animo sogiion per cosi dire im¬  prontarsi delle affezioni del cuore)  quindi ciò ^ che fortezjza nominali  quelli cui la ragione consiglia ,  bassezza d’animo chiamasi da co¬  loro, che non iscossero ancor dal  petto la ferità; i costumi ordina¬  ti ad umanità languidi e molli  s’appellano ; le fraudolenti ed in¬  giuste opere siccome azioni sì en¬  comiano di vasto animo, a som¬  me cose anelante, e di sapiènza  fornito pari alla sua vastità, Ma  quando poi gli appetiti, ammae¬  strati alle tresche d’ogni dissolu¬  tezza, s’impossessaron d’un animo  voto di retti pensieri e di affe¬  zioni onorate , e lo invasarono di  petulanti opinioni loro connatu¬  rali 5 allora, come Platone dice *,  la verecondia, la temperanza, la  regolarità delle spese sogliono dirsi    * Alatone neWct Jìepuhhlicek Uh, 8.         63   sciocchezza, ignavia, rozzezza, il¬  liberalità ; la petulanza al contra¬  rio s’ acquista nome d’indole in¬  genua liberalmente educata; la  sfienatezza , di libertà ; la prodi¬  galità, di magnificenza; di ma¬  gnanimità , l’arroganza,   ii4* bla tali fonti quella effu-  sion di costumi si rovesciò, la qual  vizio la ragione, e corruppe o  spense i germogli quasi in lei chiusi  della virtù; poi successivamente per  altri ed altri sopraccresciuta, qua¬  le torrente rigonfio d’aoque ingor-  gantisi, contro la vita e le fortu¬  ne degli uomini, e contro ad ogn’  istituto e legge senza ritegno in¬  furiò. Ma quale aver può mai peso  ed autorità, che la natura umana  per lei si debba apprezzare, e giu¬  dicar per lei debbasi delle cose de¬  siderabili , e degne dell’ eccellenza  della ragione e dell’ animo ? Per¬  ciocché allora sgorgò tal piena, che           64   la ragione quasi da sonno era pre¬  ga , 0 vaneggiava qua e là distratta  dalle passioni, di un animo tempe¬  stoso, o stemperata dalle lascivie  de’ sensi si macerava . Ma tosto-  cbè si diè campo alla ragione o di  scuotersi o di raccogliersi o di ria¬  versi , coloro eh’ erano vaghi di  que’costumi, ne’quali s erano ca¬  sualmente imbattuti, o a quelli  sperano conformati, placato  siderio di migliorare dall’ abitu¬  dine 5 o soffocato da que terrori  che sono sempre alle spalle de  tramatori di novità nemiche alle  comuni maniere, stretti dalla gran¬  dezza delle contrarietà comprese¬  ro, che sì dovevano e riprovare e  abolire le instituzioni usitate. Im¬  perocché, siccome non avvertiamo  co’ sensi la gravità dell’ aria, in  mezzo a cui siam pur nati, men¬  tre ne siam d’ ogn’ intorno equa¬  bilmente compressi j ma se coni-       65   mossa da moti insoliti crolli le  cose più solide, e attortigliata in  turbine quasi avviluppi con le sue  spire e diradichi quanto scontrasi,  colla esperienza apprendiamo al¬  lora qual forza eli® abbiasi, e qual  Be possa recare oltraggio ; così co¬  loro, che generati e cresciuti fos¬  sero fra costumi dalla ragione di¬  scordi , non presentandosene jni-  gliori quali paragonarli, svagati  da Ile usuali pratiche forse a Ila  loro malvagità non attendono ; ri¬  scossi poi dalla varia perturbazion  delle cose, la quale aumentasi con  i costumi degeneranti dall’onestà,  son presi allor finalmente dalla va¬  ghezza d’instituzioni, che poss;rQ  togliere siffatti danni, e preveg¬  gono essere vieppiù nobile e salu¬  tare l’imperio della ragione, che  la despotica signoria degli affetti.  Per lo che i Cirenesi rovinati dal  lusso chiesero nuova legislazione a   5              66   Piatone celebratissimo per opinion  di sapienza ^ ; e gli Ateniesi com¬  misero il sommo imperio a Solo-  ne, perchè ordinasse i rozzi ed in¬  fieriti costumi della citta . Che  veramente il carattere delle cose  disconvenienti dalla natura è ta¬  le 5 che finalmente danni gravis¬  simi accusano quella mentita im¬  magine di utilità, con cui sedas¬  sero rappetito : checché poi tiensi  alle regole dell’ onesto e del con¬  venevole , quanto più opponsi al  senso, tanto più sano e giovevole  con la esperienza continua si ma¬  nifesta .   i 5 .® Ma non perchè alcuni usi  disconvenevoli tra le nazioni pre¬  valsero , deesi però immaginare  che fossero ovunque e sempre di   I Plutarco mi Libro che un Principe bisogna  esser dotto,   * Eliano Ist. Var, lib, 8, cap. io.       pari stima onorati. Poiché non  tutti egualmente alle medesime  cose inclinano ; nè se i legislatori  dissimularono, o veramente pre¬  scrissero alcuna pratica , deesi già  credere eh’ eglino la commendas¬  sero , o la stimassero tale da pre¬  ferirsi per sé medesima . Concios-  siachè tollerarono alcuni usi, per¬  chè ajOTrettato medicamento non  inasprasse un morbo insofferente  di medicina ; accarezzarono quelli,  cui prevedeano più duri a svel¬  lersi, perchè si potesser altri più  facilmente estirpare; misero cer¬  ti in onore, affinchè gli uomini  da* contrarj, a’ quali fosser per  indole più inchinevoli, si ritraes¬  sero ; non poterono affatto sfor¬  zarne alcuni 5 perchè interpostasi  ne li cacciava la religione diver¬  samente, giusta la varia deprava¬  zione degli animi, deformata. Era  a’ Germani lecito mettere a ruba            68   i vicini, perchè tenendosi viva  la gioventù non marcisse d infin¬  gardaggine *. Le leggi degli Spar¬  tani non apponevano pena al la¬  dro, sì bene al ladro colto nel  furto, affinchè fossero piu. vigi¬  lanti a prevenire le insidie, più  scaltri ad apparecchiarle, e d’ogni  strazio e dolore pio. sofferenti *.  In Egitto, non si potendo affatto  sbandare i furti, travagliò solo  il legislatore a far sì che ad un   Erodoto Istoria Uh, r. cap. 199. Stratone,  lìb. i6.   2 Arriano delle Cose Indiane.       7a   davano di calzari *, Mogli comu-  ni, quali nella repubblica di Pia¬  tone , dagli Agatirsi e Limirnj  usavansi ; perchè meschiati di san¬  gue e di affinità, come racconta  Erodoto % non si rendessero scam¬  bievolmente odiosi, nè con invi¬  die reciproche si lacerassero . Que’  finalmente, che pe’selvaggi costu-  jjiì ^ o per soverchia alterezza nep¬  pure han gli altri per uomini, nè  cosa alcuna comune con essi vo¬  gliono ( la quale per testimonio  di Erodoto ^ fu de’ Persiani arro¬  ganza , che riputavan sè ottimi,  e tutti gli altri tanto più vUi ed  abbietti quanto più loro lontani),  tratti da cieca passione, o da in¬  solente disprezzo dell’ uman gene-    1 Sesto Emp. Ip- Pir, Uh, i. cap. r4* iVic.  Damasceno appresso Stoheo Serm. 44»   2 Erodòto Istoria Uh, 4 - cap. 104.   3 Erodoto Istoria Uh. i, cap. i34*                re rompono in empie nozze queir  istrumento, per cui potrebbe più  largamente diffondersi l’affratel-  lanza degli uomini. 11 perchè Eo¬  lo appresso Omero le figlie a’ figli  accoppiava ' ; ed a’ Persiani Cam-  bise ne fece l’uso autorevole col  proprio esempio * . Anzi tra gli  Arabi la figliuola d’un certo Re  lu dal fratello imputata di vitu¬  perio, perchè credeva si avesse da¬  to r accesso ad uomo d’altro IP  gnaggio, cui disdiceva si d" entrare  a lei con il segnale de posto, ed  era certo l’imputatore niun altro  dentro aver seco de’suoi fratelli  i 6 .® Essendoché tali cause della  malvagità de’ costumi sien cosi  varie, e così pure tra lor connes¬  se e ravviluppate, per quanto pos¬  sano variamente e con forze varia   * Omero Odissect liÒ^ lii*   ^ Erodoto Istoria Uh* l* cap^ 3r.   3 Stratone Ut. i6*               74   le facoltà dell’ animo svilupparsi   «   ed essere in consonanza o in con¬  trasto fra loro stesse, mal pren¬  derebbe a patrocinare la pravità  e la ignoranza connaturale alT  uomo chi sostenesse non darsi co¬  stituzione alcuna, e quasi ottima  conformazione di simili facoltà 5  ma ciascheduno doversi tenere a  quella , cui per ventura sortì fra’  suoi; tutto condursi dirittamente  secondo i patri! statuti ed usi ; nè  mai potere ordinarsi ragione alcu¬  na di vivere solida e impermuta¬  bile; perciocché gli uomini, tra¬  mutandosi con le cose , varj costu¬  mi addomandano . Avvegnaché il  bisogno, che in armonia si concor¬  dino le facoltà, in armonìa risul¬  tante dalla reciproca loro corri¬  spondenza, si manifesta principal¬  mente da quel tumulto ch’arde  neir animo, quando passioni tra  lor nemiche senza consiglio e pro-    /         posito si tramischiano, e eh’ è da  Dion Prusense, nella sua quarta  orazion del regno, adombrato.  Poiché Dione, avendo principah  niente partito in tre gli stati del  vivere, a’quali avvengonsi gli uo¬  mini ^ tratti più dair istinto e dal  caso che da matui’a saga cita, vo¬  luttuoso, avaro, e ambizioso; e  avendo accuratamente, ad uso e  stil de’ Poeti, una dall’ altra divi¬  samente dipinto le cupidigie ^ cui  Genj appella di ciascheduno e a  ciascheduno stato assegna per con¬  dottieri ; sovente, die’egli , due  o tutt’ insieme que’Genj, uno con¬  trario all’ altro , uno stesa’ uomo  sortirono, e ognun di loro con la  minaccia di un qualche massimo  danno a favor suo spaventandolo,  se riverenza nieghigìi per compia¬  cere ad alcuno de’ suoi rivali. Il  Genio voluttuoso tutto comanda¬  gli di profondere su quelle cose.        76   che un qualche senso piacevolmen¬  te lusingano ; il Genio avaro all’  incontro ne lo ritiene , e minac¬  cia di macerarlo di fame sete e  miseria, se presti a quello obbe¬  dienza. Di nuovo il Genio ambi¬  zioso lo preme e stimola, perchè  all’onore e alla gloria sostanze e  vita sagrifìchi; dall’ altra parte  quel Genio stesso, tenace ed avi¬  do di guadagno ^ con forte braccio  ghermitolo ne U ritrae. IN è già  tra loro il cupido di piaceri e il  bramoso dì gloria accordansi. Per¬  ciocché è quegli disprezzator d’ o-  gni lode, e reputa accattar baje  chiunque briga onorificenze, e gli  tien sempre la morte agli occhi,  che con la vita ne invola il senso  d’ogni giocondità; P altro poi da  piaceri e da lussurie frastornalo  con la paura, fittagli viva in cuo¬  re, della ignominia e del biasi¬  mo. J\on sapendo egli che farsi              77   o a qual partito appigliarsi, fu¬  rasi ad ora ad ora al cospetto uma¬  no 5 e fra le tenebre appartasi per  isfogar tutto solo la sua libidine,  ma P ambizione lo trae di tana,  e nella pubbica luce lo risospinge.  Gli è forza dunque che un animo  qua e là rapito e distratto, e sem¬  pre in guerra con sè medesimo,  sia finalmente del tutto misero.  Perchè siccome è difficile e peri¬  gliosa la cura di malattie compli¬  cate , e d’inimico carattere ; così  pur Panimo, ove contrarj affet¬  ti casualmente commischiarisi, e  chiusi in petto ferocemente bat¬  tagliano, è da gravissima angoscia  e da infermità, difficilmente sana¬  bile, travagliato. Chi poi le no¬  stre facoltà reputa potersi in Bella  e perfetta armonia comporre per i  costumi del popolo, che non son ope¬  ra, a detto dell’allegato autore*.      I Dione Orazione 76 .          78   d’alcun sapiente, ma della vita  e del tempo; e’ non intende certo,  nulla potersi attendere di regola¬  re e immutabile denti’O incon¬  cussi limiti da consuetudine aku-  na. Imperoccliè la consuetudine,  come lo stesso scrittore osserva *,  da niun periodo si vincola e cir¬  coscrive. Per la qual cosa ogni  giorno di nuova giunta aumentan¬  dosi, cresce ed avanza insensibil¬  mente, come cert’ulceri appunto^  che via via si profondano e si di¬  latano. Avvegnaché forza è dire,  essere a* sapientissimi legislatori  avvenuto ciò che di sé protesta  candidamente Solone, che inter¬  rogato j se agli Ateniesi ottime  leggi imponesse , P ottime, disse,  di quante fossero per sopportare  Perchè temeva lo scaltro ed assen-    * .Dione Orazione Rhod,   3 Plutarco nella oita di Salone.       79   nato filosofo non esser valido a rin¬  novar dalle basi ricomponendo in  bell* ordine la repubblica j se tutta  quanta 1 * avesse confusa e volta :  ma bene si argomentò , debita¬  mente accordate insieme giustizia  e forza 5 ad operar quelle cose, le  quali egli o esortando, o usando  tale violenza quale potevano com¬  portare , affidavasi di conseguire ;  prendendo 1 * uomo espertissimo più  sano avviso, ed agli umani costu¬  mi più convenevole, che Platone  uso ad immagini perfettissime, il  quale, chiesto dagli Arcadi e da*  Tebani per impor leggi alla nuo¬  va istituita città, fu a quelle  genti scortese dì tanto bene, per¬  chè avvisatele ricalcitranti alla  equabile ripartizione delle sostan¬  ze ^ Qiie* finalmente, che temono  di non parere, seppur volessero    I Diogene Laerzio Uh, 3i part, i, n. 3*        8 o   sottomettere Tuman genere a’ dog-  ani della ragione immutabili, quasi   tenere un Prometeo con insol ubil  catena confìtto al Caucaso , men¬  tre non pongono alcuna regola cer¬  ta, ma tutto estimano da commeK  tersi alla temerità de’ casuali ac¬  cidenti, un quasi Proteo introdu¬  cono, che sappia regger la scena,  e cessi d’essere tratto tratto ciò  che già fu, ed oggi ignori che  e’ siasi per divenire domani, oche  domani a sè buono giudicherà.  Coloro, certo, che solo agognano  rendersi presso chiunque si vivano  graditissimi, potranno credere un  mostro di bella e rara natura  quell’ Alcibiade , cui parve aitarsi  ogni forma, siccome quegli, che  gli Ateniesi più splendidi, stando  in Atene, con la lautezza ed ele¬  ganza del vivere superò ; in Tebe  nella fatica e nella forza del cor¬  po avanzò i Beozj applicati più    1                8i   alla gagliardia delle membra5 che  alla sagacità dell’iDgegnoj a Spar¬  ta vinse tutti i Lacedemooj, giu¬  sta il costume de’ quali nella pa¬  zienza ponevasì la virtù somma,  nella frugalità del vestito e del  vitto ; in tresche e in crapole sor¬  passò i Traci servi del vino e del  ventre ; così emulò de’ Persiani 1 ©  costumanze, appo i quali era il  cacciare e vivere lussuriosamente  gran lode, che in tali cose mosse  persino a stupore la Persia stessa  Ma quella indifferenza , onde na¬  sce che alcuna cosa si reputi one¬  sta o sconcia , secondochè n’ è di  peso o di utilità, se oltre il do¬  vere estendasi, e giunga sino alle  stesse regole y che prime prime  germogliano dalla ragione, e span¬  te quasi in moltiplici ramoscelli  arrivano a quelle minime cose, le    I Cornelio Nepote nelloi vita di AlclHade >'   6            8a   quali possono dirittamente o tor¬  tamente operarsi, cangiasi Tuomo  in tal mostro, del quale ninno più  orribile ne creò la fantasia sfrena¬  tissima de’ poeti. Imperocché se  ad un uomo quanto mai 1 ’ avari¬  zia, la crudeltà, la lussuria, e  r ambizione produssero si appro¬  priasse; e ad uso pur de’ poeti,  che in una immagine sola più cose  unirono per alcuna conformità con¬  senzienti , e fabbricarono Giove  Prometeo Ercole , si compendiasse  tutta la umana stirpe in un uo¬  mo, ed in tal uomo i costumi di  tutte Pindoli, regioni, età si am¬  massassero ; che mostruosa , che  sregolata, di che discordi e fra  loro contraddittorj caratteri com¬  posta immagine sorgerebbe \ Quan¬  to v^ha nelle favole di portentoso  accozzato dalle diverse affezioni  degli animali, se unito quasi con  più grappelii ai costringesse a te-        63   nersì appiccato insieme, non of¬  frirebbe un mostro di così turpe  ed orrendo aspetto, qual la na¬  tura umana sopra west ita di co¬  stumanze cotanto sozze e cosi ma¬  le augurate. Le quali cose essen¬  doché sieno aliene dalla eccellenza  dell’ intelletto e dal perfetto ca¬  rattere della ragione, la qual n’è  data per guida e governo all uo¬  mo , si con vie n pure che v’ abbia  un che immutabile e semplice,  al cui modello la mente regoli  ed i eonsiglj e i costumi. Laon¬  de benché le cose, che di mate¬  ria costano, sien tutte labili, e  r uomo stesso, per ciò che tiene  di corpo, soggiaccia ogni attimo  a mutamento, e, come dice Epi-  carmo *, ciascuno cangi natura ,  né fermo tengasi in un sol essere,  ma già io stesso tntt’ altro facciasi    X MpicHiTtno nell0 Rcùccolta di Gr’ozio^            ■V    dall’ uomo ch^ ora passò ; pur la  ragione, per cui difFerisce 1’uomo  da li* altre cose, è costante, ed i  dettami del vivere, che ne proce¬  dono, perpetui sono, uniformi, e  sempre a lei consentanei. Può la  ragion veramente spesso nascon¬  dersi e rilasciarsi. Ma se produ¬  casi, e chiesta sia di consiglio, ri¬  sponde sempre il medesimo a chi  la interroga, e pone le stesse mas¬  sime. Imperocché la ragione uma¬  na , che della vita e del vivere  tutta s*occupa, fu generata dalla  ragione di Dio, la quale *   È dì beir arte creatrice , a tutti  Compagna sì, cKe a ciascheduno insegna  A còr deir oprar suo frutti onorati.   Che non dell’arte istitutor fu Tuomo;   Ma Dio la trae di sua ragione, e il cieco  De’ mortali intelletto e cuor ne avviva.    * Questa sentenza di Epicarmo , che io reco  gwì in t>ersi Italiani^ si riferisce dallo Stellini,  secondochè trovasi nelVallegata Kaccolta posta  in metro Latino da Groaìo.             85   Chè dalla mente divina certo Re¬  tarne leggi contengonsi delle co¬  se, le quali estendonsi a tutti gli  esseri; ma la nostra, portando in  un certo modo quasi improntata  quella porzione di esse leggi, che  delle facoltà umane l’onesto uso  risguarda e stendesi ad ogni cosa  che può dall’ uomo operarsi, men¬  tre si affisa in questa e i suoi  progressi, datalesì occasione, inten^  tamente considera, nell’offerirsele  partito a scegliere conosce quale  consiglio avvengasi ad ogni neces¬  sità. Talvolta pure interviene,  che appunto come le vene, che  propagate dal cuore per tutto il  corpo si spandono, furansi per la  troppa finezza al guardo tosto che  per le estremità si diramano; cosi  ove giungasi a quelle azioni, che  son di lieve importanza, v’ha  perspicacia di mente appena, che  possa chiaro i precetti delia ra-               86   gione là pervenuta discernere. Ma  deesi pure concedere alla fralet.-  za del nostro spirito, che impu¬  nemente possano le tenuissime co¬  se o trascurarsi imprudentemen¬  te 5 0 temerariamente operarsi;  avvegnaché non sien esse di tal  valore, che sommamente all’ u-  mana società importi non vadano  vilipese. Che anzi essendo ogni co¬  sa pieno dì seduzioni, molte le  strade all’ errore aperte , molte  all’inganno le guide pronte, molte  le cupidigie rovinatrici e lacera-  trici dell’ animo, alquanto pure  a’ costumi donisi, donisi alla na¬  tia debolezza dell’ intelletto , a  quella dolcezza donisi di umani¬  tà, di cui gli uomini si compiac¬  ciono , e chi la rifiuti estimano  essere in ira agli Dei; purché co¬  loro, che punto all’appetito ac¬  cordassero , si persuadano abbiso¬  gnar d’ una scusa qualunque pos-              87   sano; ma non ardiscano protestarsi  così operato5 perchè sia lecito.  Confessino averlo fatto per conni¬  venza , non per assenso della ra¬  gione , la qual tenendosi unita alla  verità, di tutti i boni, siccome  dice Platone *, ed agl’ iddìi ed agli  nomini operatrice, ha la sua stessa  stabilità, ed è separata da ogni  leggerezza, incostanza, temerità,  sedizione dì affetti, opinioni, ed  usi; nè apprezzar può cosa alcu¬  na , che alla equabilità e costan¬  za di un moderato e diritto ani¬  mo sia ripugnante.    * Fiatone dellt ^           ss    CAPITOLO SECONDO   Con quale tenore e modo nascessero  le opinioni sopra le cose speitànti  al i>ivere .   I ® Come dalle spiegate facoltà  umane varj appetiti per ordine  germogliarono, così egualmente  sopra le cose appetibili vennero  fnora opinioni agli appetiti me¬  desimi convenienti ; e quale di co¬  stumanze , tale di errori , per  molti continuati e gli uni agli  altri intrecciantisi, una infìnìta  serie si congegnò. Poiché i giudi-  zj, che formansi delle cose, dal¬  le affezioni dell’animo di ciasche¬  duno emergono, e dalle cospira-  trici affezioni degli altri uomini,  fra’ quali trovasi a vivere , si  rinforzano. Conciossiachè ciascuno  così delle cose giudichi secondo-            chè siane affetto; ma (jue giudi-  zj •, niuna per sè medesimi avendo  solidità 5 scorrono e sfumano age¬  volmente 5 se dagli altrui giudizj  tendenti tutti al medesimo non  si contengano. Se però molti con¬  sentano, e simulacri esprimano di  una medesima stampa 9 ad uno ad  uno fra sè lor sogni paragonando,  dalla conformità che tra quelli  si raffigura argomentano 9 niun  apparenza vana sicuramente de¬  luderli , ma in que’ fantasmi ri¬  mirar eglino veracemente espres¬  sa di una reale e sincera cosa la   immagine. Donde avviene primie¬  ramente, che gli uomini princi¬  palissime estimino quelle cose, le  quali pensano che seco più si con-  vegnano di ragione e di qualità.  Imperocché ciascuno quasiché d’o-  gni cosa 9 come Protagora * ^ si fa    * Platone nel Cratilo,        90   misura j cosicché tali realmente  sieno , quali da ciascheduno singo¬  larmente s’* apprendono. Laonde  credendo T uomo ^ che tutte quan«  te misurar debba osi da sé mede¬  simo^ pone ogni cosa vie maggior  essere j, quanto si scosta meno da  quella cb*ei può grandissima con¬  cepire. Tostochè poi abbiasi alcu¬  no acquistato, o con presunzione  stolta aversi acquistato estimi  quanto sbramar può sua voglia,  non però tienseiie soddisfatto s* e-  gli sol abbialo in conto, ma si  argomenta e si sforza perchè pur  gli altri lo tengano d’inestimabi¬  le dignità. Perciocché quanto più  gli altri ammirano e onorano quel¬  le cose, che in suo potere eì già  trasse, tanto più scorge dovern’e-  gli essere necessariamente apprez¬  zato .   a.® Niun uomo adunque, per  giudicar di sé e delle cose este-           91   riori, ricerca se in sè medesimo,  ma in quelle immagini vane, che  d’Ogni parte l’attorniano j e in  «jue^ giiidizj rimirasi, che gii al¬  tri, involti delle medesime larve ,  portan di lui ricoperto di quella  estranea sembianza, la qual con  luce fallace e torbida inganna ^  per dir così, gli stravolti e cispo&i  occhi deir animo. Laonde a quel¬  li , che da’ prestigi di tal manie¬  ra son guasti, e situati fra uomi¬  ni contaminati da que prestigi  medesimi, gli è certo forza che  accada ciò, che sarebbe per av¬  venire a colui, che d occhi scon¬  ci e malsani si collocasse nel mez¬  zo di un gabinetto per ogni par¬  te di specchi a vari colori e for¬  me incrostato . Imperocché ovun^  que si rivolgesse, vedrebhes egli  configurato di membra a mano a  mano variarti colore, forma, at  titirdine. Egli sarebbe in un at-         9^1   timo rincagnatoj orecchiuto, di  fronte e capo Bformato, guercio,  rattorto, strambo, e gli si aiFac-  cerebbe una efbgie, ora oltremo-  do stravolta, or anche in bella e  vaga armonia di membri atteg¬  giata. Ma distraendo ei gli occhi  dalle sembianze di mostruosa ap¬  parenza, in quelle estatico affise-  rebbesi, che di bellissimi linea¬  menti sparsi di grazia e dolcezza  ridono ; e spezialmente se molti  specchi la vaga forma concordi  gli presentassero, con tanto mag¬  gior fidanza e* la si appropriereb¬  be , e da quella giudicherebbe se  stesso; Taltre figure poi, benché  in alcuna di loro la effigie sua  raffrontasse , rigetterebbe ostina¬  tamente come non sue, e quale  affascinamento degli occhi disprez¬  zerebbe . Così colui spezialmente,  che alla veduta di molti è posto,  e sopra il volgo signorilmente          9D   grandeggia, è d’ogni parte stipa¬  to di cotal gente, che lo disegna  e colora secondo i tratti e le tin¬  te 5 cui le affezioni e il carattere  di ciascheduno sogliono sommini¬  strare , Ma fra i giudizj perversi  e buoni, eh’ e’ sopra sè vede far¬  si 5 quelli ei disprezza i quali no’l  favoreggiano ; veri all’ opposto re¬  puta quelli, a quelli stupido ap¬  pigliasi 5 che sommamente ingran¬  discono la opinione concetta già  di sè stesso, e sè da questi misu¬  ra e dall’ altre cose, che soprap¬  postegli e aggiuntegli esteriormen¬  te gli accrescon luce e maestà.  Perciocché quel Comandante, il  qual co ’l nervo e lo spirito de’  suoi guerrieri, mossi dalla ragione  presenza e fortuna sua , guastò  campi 5 sbaragliò fior di nemici ,  agghiacciò popoli di spavento, sfor¬  zò città, e i popolani suoi con  prede terre e malia di gloria si           94   affezionò s qualunque volta a sè  pensa non guarda sol tanto a sè;  ma per crearsi una itnmagine di  sè medesimo 5 ravviva e pinge nel¬  la sua mente le schiere pronte al  comando, le debellate guerre, i  fiumi travalicati , le terre corse  colle vittorie , le messe provineie  al giogo, i munimenti, i doni, i  trionfi ^ o la intora postoritE con  gli occhi e il cuore a’volumi del¬  le sue gesta. Le quali azioni, men¬  tre gli si raggirano entro il pen-  siere romoreggianti per lo fragor  delle trombe, lo strepito de’ sol¬  dati, e gli applausi de’ cittadini,  si scorda già d’esser uomo ; nè più  considera , benché col capo solle¬  visi tra le nuvole e colla parte  miglior di sè dal popolo sia divi¬  so, di star co’ piedi alla terra, e  d’ essere per tal parte confuso an-  ch’ esso col popolo . Chi ha poi po¬  chissime cose., che da vicino gli                  95   facciali mostra e riflettanglì porn-  posamente illustrata la propria  immagine, drizza lo sguardo a  lontanissimi oggetti, e si diletta  di quella esangue e sparuta effi¬  gie, che può da cose squallide  per la muffa rendersi a lui di  lontano. Ciò fanno quelli princi¬  palmente, che lo splendore si ap¬  propriano degli antenati j e credo¬  no poter di quello ampiamente  senz’altra luce risplendere; quan¬  tunque il lustro delle fumose im¬  magini , se punto in essi ne può  trasfondersi , per tanta distanza  appannisi, e per le interposte om¬  bre talmente annegrisi , che non  si possa ueppur discernere, e sfug¬  ga sino lo sguardo. Se finalmente  sia privo alcuno d’ogni esterior  sostegno, e tutto quanto restrin*  gasi in sè medesimo, ei, quale i  bachi, si fabbrica un inviluppo,  cui poscia quasi eoa nuove tinte         96   vernica 6 liscia 5 e dentro a (juel  si vagheggia. Benché però 1 opi¬  nione di sé medesimo a suo talen¬  to adornata sia scema affatto di  quel valore, che dall’approvazio¬  ne e consenso altrui suole apporsi,  e’ tuttavia vi si attiene, e ferma  e solida la considera ; spaccia poi  tutti gli altri o stolti, che giu-  dicar sanamente per ignoranza non  possano, ovveramente invidiosi, che  per lividezza d’ animo , guardando  tutte le cose con occhi torti , ne  falsin quante ne affisano. Sino a  tal segno da’popolari costumi pro¬  scritta fu quella massima di Chi-  Ione conosciti ; nella qual massi¬  ma Platone insegna nel suo File-  ho racchiudersi tre precetti, cioè,  che ognuno conosca sé, le sue co¬  se, e checché ad esse appartiene;  o, come spiega appresso Stobeo  Porfirio ' ^ 1 ’ uomo interiore pri-    I Stobeo Serm, ai*          97   mìeramente e immortale; poscia  il fugace uomo esteriore ; in fine  tutte le cose, che all’uno e all’  altro si riferiscono ; cioè, la men¬  te , in cui sta propriamente ciò  che si dice uomo; cotesto corpo  soggetto a’ sensi, ch^ è solamente  ombra ed immagine di ciascuno ;  le cose in ultimo poste d'intorno  al corpo, le facoltà delle quali  gli è pur mestieri conoscere, per¬  chè alla parte mortale la dignità  non appongasi dell’ immortale , o  air immortale i vantaggi della  mortale non si trasportino.   3 .° Ma i più degli uomini con  incredìbile accordo quella porzioa  di sè stessi migliore estimano, la  qual de’ sensi è stromento ; per¬  chè è la prima a spiegarsi, d’uso  continuo è nel vivere, e ne siam  tutti commossi gagliardamente :  quella per lo contrario, che di  ragione partecipa e d* intelletto,   7          9 ®   quasi confondesi con que’ vanissimi  simulacri, cui già Epicuro sognò  disvoìgersi ed esalare da’ corpi.  Imperocché quantunque sia que¬  sta parte interiore attaccata a  noi, ed abbia virtù e natura si¬  curamente celeste, ci è pero men  famigliare, più tarda svolgesi, e  son più vividi i movimenti de’  sensi che del pensiero. Reputan  poi delle cose esterne quelle esse¬  re più eccellenti, le quali soglio¬  no più vivamente commuoverli;  quelle più grandi, che rigonfiate  per cosi dire da un cieco ardore  deir animo, occupan quasi un più  vasto spazio nel cuore, siccome  acqua per sottoposte vampe so-  prabhollente. Per lo che, omesse  le cose, guardiam concordi le loro  immagini, le abbracciamo, le va¬  gheggiamo, definiamo secondo que¬  ste le qualità de’ beni , li com¬  partiamo in ispezie, li disponia-»        99   mo ^ ed a ciascuna d’esse potenza  ed essere attribuiamo. Ciò stabi¬  lito, qualunque volta avvengane  ad aver punto a decidere su beni  ©’ mali, ci conduciamo precisa-  mente come una volta certi filo¬  sofi usavano, ove il ragionamento  ad obbietti fisici si traesse. Con-  ciossiachè come questi, creati al¬  cuni vocaboli universali, a quali  determinarono doversi già riferire  quanto della natura può chiederai  delle cose, interrogati esponevano  il lor giudizio secondo questi vo¬  caboli, secondo questi vocaboli ar¬  gomentavano , e tolta inquisi¬  zione della natura circoscrivevano  l’intera scienza ad una comoda  ed ingegnosa disposizion di paro¬  le, che surrogate alle cose pote¬  vano agiatamente trattarsi; cosi  disegnati i beni ed i loro gradi  secondo que’ simulacri, che aboz-  zati da’ sensi perlezionaroiisi ed         100    abhellironsi dalla immaginazione,  ove ne occorre a deliberare qual  cosa mai più si debba bramare o  scegliere , non si considera già  quella congruenza, che tra le co¬  se e noi s’interpone, ma solamen¬  te indagasi con qual ragione sieno  fra loro composte quelle fantasi-  me, che sottentrarono a tener vece  di noi e delle cose medesime.   4.° La Principal cosa poi ^ cui  statuirono i più dover ciascuno ago¬  gnare, è di saziar l’appetito sen¬  za che ostacolo si frapponga. Im¬  perocché sin d’allora, che addor¬  mentate r altre potenze languono  o cela risi inviluppate , fiorisce vi¬  vido il senso, per cui senza pur  niun’ avvertenza nostra suole il  piacere nell’ anima insìnuarcisi.  Ma o son gli ostacoli nell’ uomo  stesso, o sono fuori de Ih uomo. Nell’  uomo stesso è la imperfezione e la  fralezza de’ sensi: fuori di lui la        lOI   penuria di quelle cose, donde si  trae diletto, e la violenza degli  uomini, che lo circondano, all’uso  delle medesime ripugnante. Laon¬  de, quali ministre, al piacere ag-  giungonsi la integrità de’ sensi, la  copia soprabbondante di quelle  cose le quali a’ sensi conforrnansi,  e il pieno arbitrio di usarle, cia¬  scuno a sua volontà : la prima cer¬  to perchè non manchi il sub biot¬  to, da cui le cose cagionatrici dì  voluttà si ricevano; l’altra perchè  la materia, che dee riceversi, non  venga meno; la terza in fine per¬  chè sijflPatto ricevimento non s’im¬  pedisca .   5 .® Ma perchè più per la priva¬  zione che pe’I possesso avvertiamo  quanto ne sien giovevoli quelle  cose, che per alcun sentimento ci  affezionarono ( sendo noi tali, che  il desiderio di un qualche bene in¬  termesso j perchè niun voto ci re-       r    t   t.   r                ioa   sti in cuore, più a lungo infìara-  mane ^ che non ci gonfj il soave  dell’allegrezza, la qual coll’uso  insensibilmente languisce); e per¬  chè più d’ordinario a noi manca¬  no gli ajuti estrinseci del piacere,  che i sensi stessi, la sazietà de  quali ^ benché in ciascheduno va-  riino di potenza, da quella capa¬  cità misurasi, cui da principio cia¬  scun sortì ; perciò più spesso spri¬  gionasi, e più vivamente scoppia  la brama di libertà e di ricchez¬  za, che di fiorita e vegeta sanità.  La qual brama in vero quanta  più vìvida cresce, tanto più este¬  nua e consuma ancora la cupidi¬  gia di quel piacere, per lo cui  stimolo s’infervorò; e avviene in¬  sensibilmente che tutta sola ella  domini, e alle ricchezze la volut¬  tà dia luogo, e servan esse ric¬  chezze alla libertà.   6 .° Ma succedendo assai volte.                        io5   che moìti egualmente anelino alla  medesime cose , e ciò dovendo tan¬  to più spesso avvenire, quanto pa  loro più simili e più contigui sieri  gli uomini ( poiché arde in tutti  la stessa brama di esercitai le me  desime facoltà), nè cosa alcuna  di circoscritta grandezza realmen¬  te siavi per quanto vasta, la qua  le in tutti distribuita la cupidi¬  gia insaziabile ne satolli; quindi,  se tutti di forza pari valessero,  chi pur volesse alcuna cosa appro  priarsi divisamente dagli altri,  verrebbe da tutti gli altri, aspi¬  ranti a quell’oggetto medesimo,  ributtato. Per la qual cosa la li¬  bertà j che fondasi nelle forze  equilibrate di tutti, potendo solo  serbarsi illesa tra quelli, che o  son del tutto infìngardi e vivonsi  eternamente torpidi, o tutto l a  nimo volsero a quelle cose, che  nulla di comune hanno con quan-      io4   te allettano i sensi ; per questo in  quanti e di forze e di cuore ab-  Londano alla vaghezza di libertà  F appetito di signoria sopranna-  sce 3 ed a gran bene ascrivesi il  soprastare agli altri di potestà, ed  alla stessa ragione ponesi qualun¬  que obbietto, ch’abbia sembian¬  za di principato, o che in qual¬  che modo possa al medesimo con¬  tribuire.   7.*^ Tale potenza poi dee con le  forze acquistarsi o proprie, o d’al¬  tri alle proprie unite, ed insieme  ad uno scopo medesimo cospiranti.  Le forze proprie di ciascheduno  consistono nella energia delle mem¬  bra 3 nella penetrazione e sagacità  dello spirito, ed in un impeto ar¬  dente di quegli affetti, che so¬  gliono più vivamente infiammarci  ad imprese ardue, e sospingerci  ad intentati, difficili, precipitosi  ardimenti. Perciocché ognuno tan-      io 5   to più vale, quanto maggiore vee»  menza incitalo a cavar fuori sue  facoltà, e quanto maggiori sono  queste facoltà sue : cioè con quan-  to più vivo sforzo può ciaschedu¬  no affrontare qualunque appostasi  difficoltà e con quanta maggiore  callidità può guardarsene. Per lo  che molti una volta furono dalla  gagliardia delie membra nobili¬  tati; e coltivati con somma cura,  furono in onoranza tutti quegli  esercizj che lena accrescono e agi¬  lità 5 ed assuefanno gli animi a  non curare i dolori, ed a mirar  con disprezzo tutte le cose terri¬  bili, Ma successivamente la per¬  spicace o prudenza o sagacità, con  cui sogliono, comunque possano,  o procurarsi gli ajuti per intra¬  prendere, o dissiparsene gl’ impedi¬  menti, talmente fu riputata, che  quanti più se ne ornassero si giu¬  dicavano prossimi agl’Iddii stessi,        io6   e si credevano ammessi alF inti¬  ma familiarità de’ naedesimi.   8 .® Ma non potendosi che te¬  nuissima stimar la forza , per  quanto grande ella siasi, di cui  ciascuno è fornito, se con le for¬  ze congiunte, che posson muover¬  le impaccio, si paragoni; perciò  non puossi potenza niuna acqui¬  star mai grande, nè mai durevole  conservare da chi non sia già da  molti fatto signore ed arbitro de*  loro affetti. Ciò poi, che suole or¬  dinariamente stimolar gli uomini  a cospirare di forza con esso noi,  è o la paura di un qualche scon¬  cio , o la speranza di un utile, o  la opinione di una eminente vir¬  tù , la quale abbagli con luce  straordinaria, e prometta vantag¬  gi grandi ed a molti. Reputiam  dunque esserci bene avvenuto ,  ove ci teme assai gente, o ci ama,  o sommamente ci estima ; e ne           107   solleticai! tutti, e tutti illustri nc  pajono quegli argomenti, qua¬  li sogliono gli altri significarci alta  opinione di noi ; e questo infiam¬  maci in petto violente brame di  gloria, onore, ed autorità.   9.° Ed a creare negli altri ti¬  mor di noi contribuiscono quelle  cose, che noi dicemmo costituire  la for2a di ciascheduno, indole  ardita a cimentar tutto, sagace e  scaltro vigor di mente, anima e  corpo indomabili dalla fatica ; e  quelle cose, che a queste necessa¬  riamente conseguono, temerità mi¬  nacciosa, vanto arrogante, furia  precipitosa e infrenabile. A. tali  uomini certamente gli animi dol¬  ci e di soavi costumi, impauriti  dall’apprension delle ingiurie, non  osano contrapporsi; e qualche vol¬  ta , per trarsi con lieve danno da  somme calamità, li secondano: ma  que’ eh’ hann’ indole impetuosa e        io8   feroce si uiiiscon loro spontanea¬  mente, incitati dalla speranza di  maturare imprese, che ripugnando  quelli sarebbero pericolose a ten¬  tarsi . Imperocché quelle cose, che  sommamente mimiche nocciono, se  per ventura a noi leghinsi d’ami¬  stà giovano sommamente. Tutti  amiam poi spezialmente quelli  che agevolmente potendo essere  altrui di molestia, sono da certa  bontà di cuore impegnati ad obbli¬  garsi moltissimi co’ benetìzj piut-  tostochè con la forza 5 e ci credia¬  mo di apparecchiare e di assicura¬  re un certo asilo a noi stessi, ove  ingrandiamo e ravvaloriamo di tut¬  to sforzo quegli uomini, l quali ric¬  chi di facoltà non le usan già per  opprimere le fortune o la libertà  de’ più deboli, ma pronte l’han¬  no e disposte o a conforto de’ cit¬  tadini afflitti, o ad onore de’ cit¬  tadini fiorenti, 0 a crear pubbli-      lOQ   ea ilarità nel teatro e negli spet¬  tacoli. Siam usi in ultimo di ve¬  nerar coloro , ch^ hanno in dileg¬  gio e a vile quanto mai temesi  o bramasi avidamente dal volgo,  e i quali 5 sia che concedano, o  sia che apprestino e guarentiscano  agli altri cose che arrecano alcun  diletto o vantaggio, niun altro me¬  rito de* lor travagli sembrano at¬  tendere 5 f'uorichè onore e cele¬  brità . Dalla qual gloria veggen-  dosi il più degli uomini assai lon¬  tani per la mancanza di quegli  ajuti 5 che debbono sostentarla, o  rinunziandola spontaneamente per¬  chè impediti da que* mestieri, co*  quali essa non può congiungersi,  non solo altrui non invidiano tal  capitale infruttuoso per sè, ma lo¬  ro grande interesse estimano che  attribuiscasi a quelli, e si conso¬  lidi in quelli a perpetuità. Impe¬  rocché qual uomo pur non vor-        I IO   rebbe rinfieritare quegli agj, da  quali non può senza molestia aste¬  nersi, con quella cosa, la qual da  lui trasferita in altri non lascia  alcun desiderio di sè medesima ?  E chi sdegnerebbe mai di pro¬  muovere quelle virtù, da cui span-  donsi a larga vena que’ beni tut-^  ti, che della vita stessa gli son   più cari ? . T   IO.® Di questi mezzi , i quali   vaglion moltissimo a far potenza  e fortuna, il timore abbassa gli  animi altrui sino alla stupida con¬  discendenza ; r ammirazione con  l’abitudine delle profuse lodi ge¬  nera 1 * adulazione, eh e il genere  di servitù più deforme, la speran¬  za de' comodi all’ amicìzia allet¬  ta , annoda le clientele, e stringe  le affinità. Le qttali cose, accre¬  scendo 1 ’ autorità senz’ adoprare  violcaza, sogUon perciò spezial¬  mente esser pregiate assaissimo ^            il £   ed avendo una certa immagine di  grandezza e di gravità possono an¬  cora tenersi grandi per sè mede¬  sime , Ma perchè quanto più an¬  tiche sono sifFatte cose^ denno aver  messo radici tanto più vaste e pro¬  fonde ; però crediamo esser pur  eccellente cosa l’antichità del li-  gnaggio nobilitata da’ gesti di as¬  sai remoti antenati ; e tanto più  strettamente a tale antichità ci  attenghiamop in quanto i lontani  oggetti non sottostanno all’invidia,  e tanto più favoreggiasi quella ec¬  cellenza di stato, con la qual vo¬  glia taluno su tutti gli altri ri¬  splendere , se comparisca involta  da un’ apparenza di antichità ; pe¬  rocché allora ne sembra non usur¬  pata certo , o rapita altrui mali¬  ziosamente 5 ma in certo modo  concessa dalla natura medesima .  Conciossiachè come gli uomiin por-  tan invidia a’ presenti, così subii-      jEnan gli assai lontani   molti precetti del quale5 dice Plu¬  tarco * , non variar molto da’ ge¬  roglifici Egizj. Poiché somigliano  a quegli oracoli, i quali appunto  potean mostrare predetto innac*;i  qualunque caso avvenire , peroc¬  ché nulla di certo e chiaro signi¬  ficando lor s’accordavan benissimo  tutti i sensi, quantunque più di¬  scordanti . Scelsero poi tali enigmi  o maliziosamente per guadagnarsi  P ammirazione del popolo, e far¬  gli credere in certo modo aver dal  consiglio di Giove attinto quanto  sovente spacciassero di più volga¬  re; o perchè il volgo, che d’ordi¬  nario più ammira cose che meno    ^ PlhìttarQù nel Libro di Iside e di Isiride^    i             i48   intende continuamente d’inter¬  prete abbisognasse; o perchè aven¬  do essi contezza piena di poche co¬  se 5 paragonarono tra loro quelle,  che per niun modo potevano con¬  sentire. Imperocché bisogna, che  ne sien certe e manifeste moltis¬  sime, perchè si possano trasceglier  quelle, che più tra loro conven¬  gano , affinchè ninna quasi a ri¬  troso del suo'carattere sostituisca¬  si a ir altra; e ninna avendo per  così dire un aspetto solo, ma innu-  merahili uno velato dalP altro,  convien che sieno con accortezza  ammirabile svelate tutte le qua¬  lità , che in ciascheduna si celano;  perchè si possa perfettamente di¬  scerner quella, che r una all’al¬  tra concorda. Quindi Aristotile  dice * essere impresa di prode in-    I ArUtoUle delia Rettorica Uh, 3. cap, Jl.  « delia Poetica cap. a a.    \                  i49   gegno, ed accorto a drizzar sua  niii'a 5 veder somiglianze in esseri,  che più tra loro discordano.   7.° Come poi gli uomini dì acu¬  to ingegno , e gli ambiziosi anco¬  ra 5 dalle figure a’ proverbj e a  tenebrosi enigmi sì trasportarono j  cosi gli spiriti più mansueti, i  quali più compiacevansi della dol¬  cezza che della mordacità del par¬  lare fecero passo agli apologhi ; e  mentre quelli involgevano gli udi¬  tori fra la caligine di sensi arca¬  ni , questi con novellette ornate a  schiette maniere li trattenevano  piacevolmente sponendo loro le con¬  ferenze e i colloqui, non pur de  bruti, ma delie piante eziandio.  Con la qual arte sicuramente ot¬  tennero, che quanto all’uomo fos¬  se increscevole e duro mirare in  sè e ne’ suoi simili, placido e ad  occhio fermo ragguardi in esseri di  assai diverso carattere, e mentre        i 5 o   5 n oggetti, che non gl* irritano ii  cuore per essergli assai dissimili,  gli esempj osserva della demenza  e della cupidità, apprenda intan¬  to, a tutt’altro inteso, ciò che gli  giovi a ben vivere. Così lo sparvie¬  re in Esiodo ^ , nel dileggiar Tusi¬  gnolo , perch’e’ su lui, benché sia¬  si dolce soave gorghegglatore , ab¬  bia ragione di vita e morte, am¬  maestrane, essere imprudentissimo  chiunque prenda a cozjsare co’ pre¬  potenti, sendogìi forza, oltre lo  scorno, inghiottire qualunque stra¬  zio ed acerbità, Oltracchè sono  sijffatti modi più acconci, essendo  pur malagevole, siccome osserva  Aristotile ^, ritrovar simili cose  realmente operate , agevolissimo  poi jfigurarle finte a chi pur sap¬  pia discernere le qualità delle si-    * £siod,o i Tj^votì 6 Is GioviicttG *   2 Aristotile della Rettorica libé a. cap* ao.    \                i5i   tnili , abilitandone a ciò la filo¬  sofia. Hari di più tale comodi¬  tà 5 che sendo odioso il nome di  precettore V acerbità de’ precetti  si raddolcisce con la giocondità  della favola; talché quegli nomi¬  ni, i quali rigetterebbero una pa¬  lese ammonizion pedantesca, I ab-  braccian quasi spontaneamente  nata, ove si occulti il maestro, o  1 ’ a man pure qual parto del pro¬  prio ingegno, siccome osserva TVIas-  simo Tirio * , quasi di se medesi¬  mi la traessero. Onde quel I^rigio  novellatore ^ il quale , al dire di  Gellio non gravemente, non au¬  torevolmente spose e chiari quan¬  to fosse degno di avviso e consi¬  glio, ma chiuso in giocondi apo¬  loghi negl’intelletti e ne cuoii  lo insinuò con vezzo lusingatore    * Maòsìmo Tirio Serm, 09  a A, Gelilo Notti Attiche Uh, a cajp. ag.            degli animi 5 non solo agli altri  poeti si preferia da Apollonio pres¬  so Filostrato , perocché quelli le  orecchie degli uditori corrompo¬  no, e con lo stimolo di grandi  esempi spingono gli animi a scel¬  lerati amori e a brama d’oro e  di regno, dovechè Esopo favoleg¬  giando mostra che farsi o lasciar¬  si debba, e chiaramente additane  qual verità sotto bella menzogna  ascondasi; ma si ammirava scolpi¬  to ancor da Lisippo innanzi a’ set¬  te che furon detti sapienti: lo che  espressamente lodasi da Agatia ^ j  perchè quelli severamente ed aspra¬  mente ammoniscono, questi scher¬  zando giocosamente gravissime co¬  se insegna, e raddolcendo con blan¬  de parole il cuore l’empie di sani  consigli.    i Fìlostrato Uh. 5. nella i>ìta di Apollonio»  * Antologia Uh, cap. 33.                    i5S   8 .® Ma mentrechè con apologhi  velavan questi utilissime osserva¬  zioni j altri offuscarono le mede¬  sime con inviluppi allegorici, tes¬  suti non de’ costumi degli anima¬  li, ma sì delle proprietà d’ogni  qual altro oggetto più conoscesse¬  ro ; o che una certa grandezza li  seducesse 5 o che una qualche pau¬  ra li consigliasse. Poiché talvolta  avveniva che f ardimento e la for¬  za di chi doveva ammonirsi to¬  gliesse ogni libertà di parlare. Co¬  sì non osando Alceo * palesemente  lacerar Mirsilo, che travagliava  i Mitilenesi con barbara signoria,  simboleggiò il tiranno ed i citta¬  dini con la tempesta e una nave,  e mentre deplora il legno già so¬  perchiato dall’ onde piagne la schia¬  vitù della patria , e lacera l’op-  pressor della libertà. La qual ma-    I J^raQÌide Pontico nelle allegorie di Omero ,            i54   niera , forse dapprima inspirata  dalla necessità, si usò dappoi per  vaghezza , ed anche a pompa d’in¬  gegno . Ma dove imprima sotto la  forma di alcuna cosa ordinaria  così celava si la verità, che di leg¬  gieri 136 trasparisse ; incominciò  appoco appoco, quasi incrostata di  false immagini, ad occultarsi in  guisa che gl’imperiti non sospet¬  tava n pure di oggetto ascoso in  quella vana corteccia, e per la  cosa prendeano il simbolo della  medesima, e in esso lui s’arre¬  stavano, Al quale effetto concor¬  sero con ammirabile accordo il  vulgo stesso, i filosofi, ed a’ filo¬  sofi i succeduti poeti , pe ’l tra¬  mezzarsi de’ quali gli osservatori  e gli operatori si uniscono delle  cose. Perciocché come le favole,  per quanto Massimo Tirio affer¬  ma ^ 5 sono tramezzo alla scienza    I ilfafiimo Tirio nel cit, Sermé 99.               i55   ed alla ignoranza ; cosi coloro ,  che si applicarono con ogni cura  a trattarle , debbono aversi come  un legame comune de’ dotti e  degl’imperiti ; essendo essi, che  astrinsero la sapienza, i cui pe¬  netrali sono inaccessibili al volgo,  a conversar mascherata nelle as¬  semblee degli uomini più nume¬  rose, e spesse volte a prodursi in  abito di comediante sopra la scena.   9 .^ E veramente il volgo inet¬  tissimo a quegli oggetti , che per  essere intesi vogliono mente astrat¬  ta da’ sensi, mirabilmente però di¬  sposto a quelli ch’abbian qualità  proprie da porre i sensi in ardo¬  re j diede motivo di tratto in trat¬  to d’ immaginar cose nuove a que¬  gl’ ingegni che amassero brillare  agli occhi del popolo, o trarlo ad  usi migliori. Per lo che, presa  baldanza dall’ imperizia e legge¬  rezza del volgo quanti brigava usi          i56   credito di sapienza , qualunque  oggetto dovesse proporsi al volgo,  lo presentavano a lui vestito di  alcuna forma invievole per i sen¬  si. Furono poi molto utili ed op¬  portuni tai velamenti filosofi  per onestare quelle opinioni, che  immaginate s’erano della natura  universal delle cose. Imperocché  poiché alcuni forti d’ingegno mos-  ser dal nido con ali già vigorose,  e dalle immagini delle cose, che  aperte spiegansi al sensi, alla in¬  teriore ed astrusa natura loro in-  nalzaronsi, strani portenti si pre¬  sentarono a’sognatori sopra le cau¬  se, l’ordine, e la struttura dell*  universo. E prima, ciocché fu in  tanta oscurità facilissimo, in due  sostanze divisero la natura, talché  una fosse, per adoprar le parole  di Cicerone efficiente, l’altra    * CicsTOìiB j4ccad6ìuich$ 2t i#                 poi 5 quasi alla efficiente prestan-  tesi, effettuata . Nell’ efficiente cre-  devan essere la potenza ; una ma¬  teria poi nell’ effettuato j ma e  questa e quella in entrambi; che  nè la materia stessa avria potuto  accozzarsi senza una forza vinco-  Jatrice , nè senza materia niuna  esercitarsi la forza. Chiamavano  dunque Iddio o V universo stesso,  o una potenza oppur mente dif¬  fusa in tutte le cose, e sotto la  varia immagine delle cose occul-  tantesi. Da tale principio ritrasse  Escliilo " quelle espressioni   H terra ed aere e cielo e firmamento ,   E scaltro v’ha nell' universo , è Giove;   X io Steliini riferisce questa sentenza di  fischilo secondo la versione poetica datane in  Latino da Grazio nella già citata Raccolta  Groziana. Io nel recarla in versi Italiani ho  procurato di adattarla più all’originale che  alla Ti-adazione. Di qui nasce la varietà,  ehe si può incontrare , nella espression de  concetti.            i58   io che alla prima sentenza accor¬  dasi e consuona con la seconda :   Non confondere Iddìo con mortai cosa,  Nè a lui caduca (jualitade apporre.   Eì si cela al tuo sguardo : impetuoso  Orribil fuoco ora si mostra , or veste  Delle tenebre il velo, or d’acqua prende  Sembianza ; talor ha di fiera aspetto ,   Di nuvola , dì turbine, dì vento ,   Dì saetta, di folgore, di tuono.   Pensavan poi che una mente per  ogni parte del mondo si diffondes¬  se, in quella maniera che giudi¬  cavano la nostr’anima sparsa per  tutto il corpo, la qual per Fossa  c pe’ nervi diramasi come abito,  tiene al principio poi come mente.  Perciocché presso Laerzio * cre-  deasi da Possidouio, che F anima  delF universo, o il purissimo etere  si diffondesse col senso in quanto  esiste nell’aria, negli animali, e    * Diogene Laerzio lib, i, partiz* rSg,                           in tutte le piante ; nella medesi¬  ma terra poi siccome vitale abito  s’internasse. E ad Epicarmo pa¬  reva che avesse mente qualunque  cosa vitale *. Pitagora gii;dicava  partecipar della vita chi di ca¬  lore partecipasse ; e perciò essere  le piante ancora animate * ; la  qual fu pur di Democrito e di  Platone sentenza ^ ; ed affermava¬  no Empedocle ed Anassagora, es¬  sere anch’ esse mosse dal senso,  dall’appetito, dalla melanconia,  dal piacere Anzi poi molti esti¬  mavano, come ne attesta Porfirio %  che la ragion degl’ iddìi e degli  uomini, siccome d’ogni animale,  non differisse tra loro per la so-    * JEpicarmo nella cit- Raccolta Groziana.   * Diogene Laerzio Uh. 8. partiz. a8.   3 Plutarco nelle Qiiestioni Platoniche,   4 Clemente Alessandrino Strom. Uh. 8. , Arir  Piotile delle Piante Uh, i,   5 Porjirio delVAstinenza Uh, 3.                 i6o   stanza, ma solamente per certi  gradi, talmentechè T una fosse in  un medesimo genere più perfetta,  F altra inferiore: dalla qual cosa  avvenne, che strascinati da una  catena d’idee statuirono T uomo  essere quasi di tutte le cose un  centro, in cui pur tutte o accre¬  sciute o diminuite potessero ter¬  minarsi. Per lo che la materia,  per cui la potenza penetra con  varj nomi appellata , essendo spin¬  ta da un movimento continuo,  credean fra tali commovimenti  della natura potersi tutto consecu¬  tivamente di tutto fare; pe’l qua¬  le oggetto nuli’ altro si richiede¬  va , se non che una cosa si disu¬  nisse da un’altra, ovveramente ad  un’altra si approssimasse. Quinci  ^ cavarono gli Dii dagli uomini, e  gli uomini dagli Dii; e in bestie,  in alberi, e in sassi questi mede¬  simi trasformarono. Quinci presso                            i6i   Elia no * Einpedocle trasse alcuni  esseri generati da due dissimili  spezie p e in un sol corpo con dop¬  pia natura uniti. Quinci final¬  mente si propagò quella metempsi¬  cosi 5 cui tratta dalle immondezze  Egiziane Pitagora nobilito Poi¬  ché asserivan gli Egizj I anima di  Osiride esser passata in un .bove,  dal quale poscia ne’ posteri si tras¬  fondesse, giusta la relazion di Dio¬  doro ; secondo poi la testimonianza  di Eliano ^ , intanto gli Eliopollti  odiavano il coccodrillo , perchè  credevano che quella forma vesti¬  to avesse Tifone uccisor di Osiride.   io.° Afferrarono avidamente ta¬  li opinioni i Poeti, e non altri¬  menti che di principj trasser di    * JZUano Istoria degli Animali Uh* i6. cffp.  39 -   * Diodoro $lciL Istoria Uh. l.   5 EUano Istoria degli Animali lib, io. cap.   3.S.    I r              lòii   quelle quai corollarj le loro tras¬  formazioni, e le varie forme on¬  de vestiti gl’iddi! usavan cercare  ogni angolo dell’ universo per ri¬  conoscere le virtù e’ vizj degli  uomini, Perciocché quelle trasmu¬  tazioni di cose, che si credeano i  filosofi a tempo certo uscir dell’  ordine eterno dell’universo a gra¬  do a grado spiega ntesi, a lor pia¬  cere i poeti nella natura mede¬  sima le intrometteano, qualor va¬  ghezza o bisogno li stimolasse j nel  che nuir altro si conveniva far  loro 5 se non che poste opportuna¬  mente apparissero quelle occasioni  e cagioni, cui ciaschedun evento  congiunto fosse di qualche neces¬  sità. Queste di vero si mendica¬  vano spesso da qualche alterazio¬  ne dell’ animo, o d’alcun vizio o  virtù, perchè avevansi come i più  proprj argomenti da ingenerare  negli uomini spavento ed odio p"'                    i63   torti affetti, e riempierli di sen¬  timenti onorati. Ma temeraria¬  mente ammassando e spacciando  importunamente trasformazioni di  ogni maniera que’ che cercavan  miracoli per mostrarsi più vene¬  rabili al volgo , tali prodigj per¬  de ron fede, e annoveraronsi tra  que’ fantasmi, di cui si può la  fantasia dilettare e ornare il mon¬  do poetico, variato poi coll’accre¬  scimento di azioni, di movimenti,  e di forme.   ii.° Mentre però che questi di  larve tali coprivano la sapienza  per farla pvù ragguardevole al  popolo, altri qualche particola ne  dìvelsero, e chiusa in breve ed a-  cuta massima la proposero. Siffat¬  te massime, o perche tratte dal¬  la natura medesima delle cose per  una osservazione diuturna, o per¬  chè espresse con la meditazione  dalle nozioni serbate nell’in tei let-             i64   to 5 hanno grandissima autorità,  sì per la gravità ed il peso delle  parole che le ristringono, come  per la loro fecondità e per lo age¬  vole e libero adattamento loro ad  assai casi del vivere. La stretta  brevità loro fa veramente, ch'el-  ìeno apprese pur sieno dagl’im¬  periti e sfaccendati egualmente,  e pronte accorrati ovunque ad o-  gni cenno delf animo. Perlo che  il volgo ignorante si vai dì loro  frequentemente, e d’ordinario da  quelle giudica il bene e il male.  Se l’ebbe certo in tal conto l’an¬  tichità 5 che scoi piansi agl’ ingressi  de’ santuarj, e adopravansi a pro¬  nunziare gli oracoli; o perciocché  talvolta se ne ignorava per la vec-  diiiezza l’autore , si noveravan tra  que’principi, attingonsi dal¬  la natura medesima , e a cui dà  peso il concorde assenso delle na¬  zioni e de’secoli. Onde i fanciulli                           i65   apparavanle per poi giovarsene in  ferma età 5 siccome asserisce E-  schine nell’arringa contro dì Te-  sifonte .   ia.° Ma nulla s’ era sin qui con  certa ragione e regola sopra i co¬  stumi determinato , perchè non  era la mente per anco pari a tant  opera 5 o perchè quelli che avreb¬  bero principalmente potuto farlo  s’ eran»o agli esercìzj d’ altri me¬  stieri applicati ,60 ninna cura  essi posero sulla maniera del vi¬  vere , o se pur tolsero a meditar¬  la non presentarono che opinioni  espresse in forme allegoriche. Per  la qual cosa le regole de costu¬  mi non eran altro che o un indi-  gesta massa dì brevi e facili det¬  ti ; o corollari di naturale istoria  raffazzonata in ogni maniera ap¬  plicati alle costumanze; o gesta  illustri die’ trapassati, le quali o  rinchiuse in inni cantavansi fra le           i66   mense, o propinavansi al popolo  ineschiate a’* riti divini, o contraf¬  fatte di favole si produceano a  spettacolo sulle scene. Comparve  Socrate finalmente, il qual s* ab¬  battè per sorte in que’ tempi,  che rovinati i costumi degli Ate¬  niesi dal lusso erano inzavardati  d’ ogni lordura : 1 ’ arroganza poi  de’ Sofisti, forte d’ inganni e le-  nocinj rettorìci, signoreggiava ; am¬  maestrava i giovani già corrotti  dagli ordinar] usi del vivere in  quelle arti, per cui potessero nel¬  la ignoranza massima delle cose  ammaliare il popolo in parlamen¬  to, e rinchiudeva tutta la scien¬  za in un girar di parole e di con¬  cetti splendidi comodamente adat¬  tabili ad ogni assunto, o di ven¬  tose speranze pasceano il cuore del  popolo. Per lo che Socrate, sic¬  come affermane Cicerone % pensò   * Cicerone Questioni Tuscularte Zi&, 3*                                167   doversi distrar la filosofia dagli  arcani gelosamente nascosti dalia  natura medesima, ed applicarla  al governo delia repubblica ; quin¬  di ei la trasse dal cielo, e la po¬    se nelle città ^ e la introdusse an¬  cor nelle case, e a meditar l’ob¬  bligò sopra la vita e i costumi e  le buone e malvage cose : raccol¬  se in un certo ordine gli ammae¬  stramenti del vivere, che vagava¬    no dissipati; illustrò definendoli i  tenebrosi caratteri delie virtù; i    complicati e confusi sbrogliò par¬  tendoli e dichiari; investigò gl i-  gnoti con la induzione de simili,  e mise gli altri in cammino d’in¬  vestigarli . Quindi elegantemente  dice Temistio * che, quale Atene  da Teseo, fu in un sol luogo da  lui raccolta la sparsamente abi¬    tante filosofia .    ^ Temistio Orazione it*                 i68   i 3 .° Quanta ignoranza ^ qual  Lnjo Ja scienza de’costumi ingom¬  brasse, chiaro è da ciò, che ne  disputa nelle morali sue conferen¬  ze Platone. Poiché non crasi an¬  cora determinato qual fosse e la  natura e il valore della virtù ; lo  che si prende a rintracciare nel  Mennone . ]Non s’ era ancor defi¬  nito per quai caratteri fra loro il  giusto e Fingiusto si dipartissero5  le quali cose nel primo cerca usi  e nel secondo colloquio su la Re¬  pubblica . Che innanzi a Socrate  mai non si fosse indagato qual co¬  sa aversi per santa e pia , V ap¬  prendiamo dalPEutifrone. Per la  quale ignoranza avvenne , che  quelli che professavano d’insegnar  tiitto, quantunque nulla assolu¬  tamente sapessero, poteano como¬  damente a vane ciance dar peso,  ni un altro avendo così fornito  l’ingegno da scompigliare le reti                                  fragili de’ Sofisti. Nè già le cose  ignoravano solamente, ma ne fa  chiari Platone stesso che non sa-  pesser neppure il tenore e il mez¬  zo da conseguirne sicura e limpi¬  da conoscenza. Imperocché, sicco¬  me afferma nel Fedro , niente  può stringersi con l’intelletto, o  svolgersi col discorso, ove le cose  qua e là disperse in un ordine  non sì raccolgano, affinchè possa  una sola definizione abbracciarne  quante fra loro per alcun modo  concordano; e vicendevolmente ove  le cose raccolte insieme gradata-  mente non si di nielli brino in par¬  ti, perchè sì possa spiegare ognu¬  na distintamente. Ed oltracciò  nel Filebo, poiché, dice Socrate,  quelle cose, che sempre sono, so¬  no una e molte, ed hanno un cer¬  to naturai termine e insieme han  corso infinito; per indagarle adun¬  que e insegnarle agli altri è me-               lyo   stìeri primieramente, che rintrac-  ciarn quella forma, nella qual  tutte contengonsì ; la qual trova¬  ta si denno poscia ricorrer tutte,  perchè non solo sappiamo essere  quelle insieme ed una e molte e  infinite ; ma quante ancor quelle  molte sieno ; nè ad esse molte Ti»  dea deir infinito adattiamo pri-  machè ci sia noto evidentemente  il numero di tutte quelle, che  fra runo e l’infinito frappongonsi.  Lo che vuol dire, che essendo il  genere uno , più poi le spezie al  genere sottoposte, ed infiniti gli  oggetti individuali che sottopon-  gonsi a queste spezie, dehhesi pri¬  ma di scendere a’ singolari consi¬  derare gradatamente e percorrere  tutte le spezie del genere investi¬  gato. Ma quelli, come pur ivi  avvertesì, che allor brigavano cre¬  dito di sapienza, oltre saltando i  frapposti oggetti, dall’ uno ratti                         I7I   passavano all’ infinito ; raccoglie¬  vano in una forma 5 siccome s ha  nel Politico, simili reputandole $  cose fra loro discordantissime ^  dovechè avrehhon dovuto strin¬  gere dentro un medesimo gene¬  re cose fra loro affini} dopo che  avessero tutte esplorate le discre¬  panze } che fossero nelle parti,  Per lo che chiaro affermasi nel  Sofista , aver essi V ingegno e  Fuso della divisione ignorato, on¬  de avvenne che fosser poveri di  parole. Perciocché quanto più so¬  no ravviluppate le idee, vie me¬  no segni per ispiegarsi addoman-  dano ; quanto più sono distinta¬  mente partite, tanto è mestieri  che più s’ accresca la vena delle  parole ^ perchè a ciascheduna idea  proprio segnale s’apponga , per cui  discernasi nell’annunziarla. Nul¬  la poteasi adunque sperar di sag¬  gio^ nulla di chiaro da quelli.                17^   che nè raggi unta avevano la veri¬  tà , nè conoscevano i mezzi da rin¬  tracciarla; e ridncevano l’arte del  disputare e del dire j, onde cotan¬  to si pompeggiavano, a mere baje  ed a vanissimo strepito di parole.  Per intuzzare il fasto de’ quali  uomini giudicò Socrate doversi  quella sapienza , della quale era  ei solo veracemente maestro , velar  con quella sua celebre dissimula¬  zione , per non respingere da’ suoi  colloqui quanti volea costrignere  a confessare di nuli’affatto sape¬  re , prima che avessero a piena  bocca versata tutta la scienza,  nella qual più si fidavano, ed in¬  vescati dalle interrogazioni di un  uomo, che sol bramasse istruirsi,  ben comprendessero non esser ella  che vanità. Perciò eloquentissimo  essendo , e avendo insegnato il pri¬  mo , come ne attesta Laerzio, l’ar¬  te del ragionare 5 usava umile e    /                                 173   disadorna orazione, seconclochè nel  convito di Piatone afferma Alci-  Liade, per animare coloro, di cui  ■fingeasi discepolo, a cavar fuori  più arditamente quella, di cui si  boriavano , suppellettile di elo¬  quenza , e dopo avere sfoggiate  tutte siffatte merci di belJa  stra e di niun valore, a'’loro se¬  gni medesimi se ne svelasse la nul¬  lità . Perciocché nulla ad ducendo  egli del proprio, ma rivolgendo  per tutti i lati quanto ne avea  concesso il contraddittore, appoco  appoco inoltrandosi, colà pingeva-  ló filialmente ove forz*eraglì di  confessare non si poter già difen¬  dere quanto animosamente poco  dinanzi asseriva. Ma raentrechè  prestandosi alP occasione mettea  più cura a distruggere le altrui  maniere, che a rassodare le pro¬  prie ^ destò sospetto in alcuni ,  ©h’ ei ne insegnasse più tosto qua-                174   ie duL.bie2Sza chiudasi nelle cose,  che quale s’ ahbian certezza e ve¬  racità , e dicrollasse, piuttostochè  invigorisse, le fondamenta del con¬  veniente e del buono . Ciò ad Ari¬  stofane ^ diede appicco per accu¬  sarlo , quasi ponesse in dubbio  quanto mai ha di più certo, e  più ne importa sia vero, e que¬  stionasse che tanta sia probabilità  in ogni cosa, quanta potesse ap-  porlene una insidiosa allettatrice  eloquenza. Per la qual cosa ma¬  lignamente chiamalo antesignano  di quelli che si gloriavano di pos¬  sedere e r uno e 1 ’ altro parlare,  che superiore e inferiore dicesi,  il quale può veramente dare alle  stesse cose eguale aspetto di vere  come di false . Ma benché Socra¬  te , per non torcere dal suo pro¬  posito, nulla affermasse 5 pure col    * Aristofane nelle ISfuvolei                          175   disputare ed abbattere le opinio=  ni alla ragion ripugnanti, faceva  sì che ciascuno agevolmente infe¬  risse qual fosse il massimo bene ,  quali virtù, quali vizj alla natu¬  ra umana distribuita nelle facol¬  tà sue rispondessero.   14*'^ Ciò fatto, quasi la tromba  sonato avesse, mirabilmente ecci¬  tò gli affetti degli uomini a col¬  tivar la filosofìa de’ costumi ; ma  ciascheduno amando meglio parere  autore di cose nuove, che appren¬  di to re delle scoperte , e perfezio¬  natore delle abozzate , misera¬  mente molti la deformarono, e la  constrinsero di quando in quando  a vestirsi di nuove forme. Percioc¬  ché ora mostravasi con increspata  fronte 5 con barba squallida^ e in  sordido niantellaccio , e spoglia  d’ogni vergogna sfacciatamente lor¬  da vasi d'*ogni bruttura; ora splen¬  didamente e mollemente abbiglia-     ’SZ                 niovea-    176   ta 5 ed odorosa d’unguenti  si in cerca di delicati conviti ^ nè  riputa vasi a scorno far viso e le¬  zio di parassito ad uomini son¬  tuosi . Alcune volte invaghita del¬  la piacevolezza degli orticelli, e  soddisfatta di semplicissimo vitto,  abbandona vasi neghittosa alla soa¬  vità di un ozio infingardo^ alcu¬  na volta ingolfa vasi nelle civili  tempeste , e arma vasi di quante  forze può mai natura e fortuna  somministrare , per acquistarsi,  prudentemente operandole, tutti  quegli agi che possono crear di¬  letto nel vivere. Talvolta sopra le  cose umane di lungo volo innal¬  zandosi nelle divine affissavasi che  sono eterne, e procurava di richia¬  mare la nostra mente, staccata  affatto dalla materia, a quella  mente , da cui credevasi derivata ;  talvolta sprezzando uomini e dei,  ed ogni cosa mettendo sotto di sè$                      177   con Giove stesso di libertà e d im¬  perio rivaleggiava ^ e prometteva  ardita di crear essa monarchi e  numi tutti coloro , che non pre¬  standosi ad altri sol tanto a lei  s’ attaccassero . Alcuna volta agi*  tavasi irresoluta, e vacillante cer¬  cava dove fermare il piede ; al¬  cun’ altra disperatissima di mai  trovarlo 5 nè più curando soggior¬  no stabile e fermo ospizio lascia¬  va trarsi dagli accidenti secondo  il corso incostante della fortuna .  Ciascuno in somma di quella for¬  ma la rivestì, che più gli fosse  in acconcio o a cuore.   i 5 .° Imperocché Platone, sendo  fornito di sommo ingegno, com¬  piuto in ogni dottrina , ed egual¬  mente grande, pregio serbato a  pochi, si nella facoltà di scemerò  quelle cose , che sgombre d ogni  mortale impasto si svelan solo ad  un’ anima tutta staccata dal sen¬  ta             178   so, come nelTaltra facoltà di mo¬  strare , quasi dipinte e illustrate  pomposamente, sensi stessi le  cose, che dalla mente si percepì-  scono ; unendo insieme queste fra  loro discordantissime facoltà , creò  tal genere di orazione dell’ una e  l’altra composto, che per lo splen¬  dore delle parole, e la pittura de’  sentimenti d’ogaì colore imbelli¬  ta , frequentemente diletta più ,  che non istruisca. E veramente fu  spesso si stemperato in lisciar io  stile, che non mancò solamente  alia gravità di filosofo ; ma deesi  dire che trascendesse la intempe¬  ranza medesima de’ poeti. Quin¬  di, siccome Longino attesta io  censurarono alcuni, che quasi pre¬  so da frenesia si abbandonasse a  traslati arditi e a tumidezze al¬  legoriche ; e Dionigi Alicarnassen-    I Longino del Sublime cap, a8.                                      179   se * gli pone a colpa di avere,  più che al valor deile cose5 mes¬  so l’ingegno ai frastagli delle pa¬  role . Per la qual cosa, mentre  dagli argomenti sensibili agP in¬  sensibili 5 e dalle immagini eter¬  namente lubriche delle cose tra¬  sporta gli animi a* loro stessi e-  semplari 5 che nè mai nascono, nè  sono mai per perire, affinchè il  lume del vero sgombri un errore  contratto per la consuetudine di  cosiffatte apparenze ; ei rivestendo  ogni cosa di ailegorie ritira gii  animi alle apparenze medesime,  e di sì vivo splendore gli scuote  e abbaglia, che stupefatti lasciali  di maraviglia piu tosto che rischia¬  rati dalia evidenza. Perciocché  avendo raccolto per ogni parte  tutti i fioretti poetici ed i misteri    1 Dionigi d"Alicarnasso della Graokà dell  Orazion Demostenica .                     i8o   de* numeri, e avendo cercato a-  dentro il sistema adombrato sopra  le idee da Epicarmo, congiunse  insieme siffatte cose scambievol¬  mente impacci antisi 5 e ravvolgen¬  do gli animi per tortuosi argo¬  menti sparsi di tratto in tratto di  favolose immagini, menali tutti  sin dove ni uno più riconoscasi, ma  resti assorto dalla medesima uni¬  versalità delle cose, e finalmente  unitosi a quella mente, da cui cia¬  scheduno emana, si creda essere  Iddio . Poiché, siccome si esprime  Tullio giusta il parer di Platone \  è Dio chi vive, chi sente, chi si  ricorda , chi prevede , chi questo  corpo, ch’egli ha in governo, così  conduce e amministra, come il  sommo Iddio questo mondo ; tal¬  ché non debba sembrare maravi-  glioso, che tanti uscisser di que-    ì Cicerone nel Sogno di Scipione cap. 8.                         i8i   sta setta fanatici ed invasati ; e  che tanti concetti ornati di favo¬  lette poetiche si co^iessero da  poeti cupidamente, e si garrissero  sino alla sazietà .   16.® Aristotile per lo contrario,   uomo egualmente di sommo acume   e di gravissimo discernimento, può  ^ « 1 • •  s^ttribuirc 3 - sè solo di suo diritto   ciò, che generalmente da Massi¬  mo Xirio affermasi de filosofi. 5  imperocché la sua mente rinvigo¬  rita e intollerante di enigmi cavò  la filosofia d^ogn’invoglio 5 de fre¬  gi suoi la spogliò ^ ed usò nude  maniere. Costrinse a legge deter¬  minate © chiarite per ogni parte  le argomentazioni ; da singolari,  avanza agli universali, che soli  possono produr la scienza, la pri¬  ma entrata de’ quali essendo già  1’ esperienza stessa , n’ è più. dirit-    ^ MOtSSITUO TÌTW SbTTUì. 5 ^ 9 *              i8ì2   ta e sicura la progressione; poiché  ciascheduno è certo donde parti,  qual via Batta , e dove gli è da  sospingersi. E per toccare ciò che  più vale al proposito , Platone  avendo opinato j userò le parole  di Cicerone ^ , che fosse V intero  mondo una città comune degli uo¬  mini e degl’iddìi, ed esser gli  uomini di generazione e di stirpe  agl’iddìi congiunti; e avendo per¬  ciò abbracciato co’ suoi precetti  tal vastità, quale da uomini, tutti  occupati dei vivere, difficilmente  si può comprendere; parve più co¬  modo ad Aristotile, che ciasche¬  duno si reputasse, non dell’intero  mondo, ma solo d’una repubblica  cittadino; ed a tal uomo acconciò  la filosofia de’ costumi, perchè sti¬  mava vieppiù valevole a tener gli  uomini nel dovere un’affinità più    > Cicerone delle Leggi Uh. i. cap. 7.                       i83   ristretta © da scambievoli e chiarì  uffizj corroborata, che una la qua¬  le 3 -gguagìi in ampiezza la infi¬  nità della natura medesima, in¬  comprensibile affatto dalia comu¬  ne degli uomini, la qual si dee  provvedere d^ instituzioni, Laonde  mentre Platone con il soccorso dell  Aritmetica Geometria Astronomia  si sforza a sublimar gli uomini  dalle concrete alle cose intellet¬  tuali, da’ sensi alle astrazioni, e  insegna doversi 1’ animo scevra re  affatto dal corpo, trasse Aristotile  ciascun uomo là dove ognuno, che  meni vita civile , si lasceia facil  mente persuadere doversi aggiun¬  gere ; e quante cose vedeva^ si ca¬  re agli uomini da non soffi irne la  perdita, mostrò in qual modo va¬  lersene rettamente. Poiché qua  lunque co’ suoi precetti piovveda  a que’ solamente, cui basta a bea¬  tamente vivere la pura contem-                   i84   plazion delle cose intellettuali, e’  certo pensa, che o la più parte  deli’ unian genere sia dispregevole,  lo che è superba arroganza, o na¬  ta unicamente agli a£PannÌ, lo che  guanto è ridicola supposizione , è  altrettanto inumana ferocità. Quin¬  di Platone stesso, che argomentossi  a comporre una città, non di uo¬  mini, ma d’intelligenze scariche  d’ ogni corpo , e col lega ria con  P accomuna mento di quelle cose,  che sfuggono ad ogni forza di sen¬  so ; perchè nondimeno tale città  non sia ripudiata affatto dal po¬  polo , le accorda l’uso de’ sensi ©  delle cose esteriori, e pone esser©  le virtù, le quali civili appella,  in quella mediocrità , cui trattò  poscia profusamente Aristotile, e  il maggior numero de’ filosofi com¬  mendarono. Ma per fondare o per  figurare tale mediocrità trasse da  varie dottrine e scienze ciascuno                          i85   varj argomenti. Imperocché Pla¬  tone * dalle corrispondenze de^ suo¬  ni approvate dalla sagacità delle  orecchie cavò le leggi, onde i  massimi cittadini dispostamente  attemperati con gPinfimi, siccome  suoni dissimili ^ si concordino e  formin quasi pura e soave armo¬  nia j ed egli pure insegnò doversi  in ciaschedun uomo le tre facoltà  deir anima, appetitiva, irascibile,  e razionale, contempo rare secondo  quegP intervalli, con cui tra loro  si rispondevano la corda somma,  mezzana, ed infima nelle cetere.  Le quali cose spiegando crede Plu¬  tarco * , Platone aver la lagione  alla somma corda. Pira attribui¬  to alla media, alP infima P appe¬  tito; essendo tale il carattere della  ragione, che signoreggi; delP ira,    1 JPlat&ne de Ilei Mepuòbiiw 4'   2 jPlutdTCO nelle Queitioni J^iutoniche -                i86   che ajutatrice ed ancella della ra¬  gione governi e sia governata; dell’  appetito poi che interamente ob-  bedisca, siccome quello, che da  Platone estimasi d’ ogni ragione  incapace. Fu poi la cosa assai più  lungi portata da Tolomeo \ Poi¬  ché non solo costui pensò consen¬  tire la facoltà razionale con il dia¬  pason 5 la irascibile vicina a lei col  diapente, e la concupiscibile più  a lei discosta con il diatessaron;  ma tante qualità ancora ad ogni  facoltà attribuì, quante son pur  d’ ogni spezie le consonanze ; cioè  tre alla concupiscibile, alla ira¬  scibile quattro, sette alla razio¬  nale. Conciossiachè tre, dice, della  concupiscenza le virtù sono, come  del diatessaron le consonanze; la  temperanza nello sprezzare i pia¬  ceri; la continenza nel sopportare    * Tolomeo deWArmonia lib. 3 , cap» 5 .                                  187   il bisogno; la verecondia nello  sfuggire le turpitudini: quattro  irascibile ^ come le consonan¬  ze del diapente; cioè la mansue¬  tudine nel temperare la collera;  r intrepidezza nel solFocare i ter-  ji'ori delle pendenti calamita 5 la  fortezza nel dispregiare i pericoli;  e la tolleranza nel sostenere i tra¬  vagli : sette son finalmente le vir¬  tù della razionale , come già del  diapason le consonanze ; cioè V a-  cutezza, di cui è proprio muo¬  versi speditamente; T ingegno ^ a  cui si conviene dirittamente col¬  pire ; la perspicacia, onde le cose  discernonsi ; il giudizio , per cui  si estimano rettamente ; la sapien¬  za , che s’occupa nella contempla¬  zione ; la prudenza , che nell’ a-  zione raggirasi; e la perizia, che  versa nell’ esercizio . Di più aven¬  do partito i suoni in unisoni, con¬  sonanti , e concordi, ed appellato                i88   unisoni que^ che il diapason costi¬  tuiscono j consonanti quelli che  fondano il diapente, concordi in  fine quelli che sono tonici , e  quanti compongon mai la minima  delle consonanze; le cose, e’ dis¬  se, che spettano al retto uso dell’  intelletto e della l’agione agli u-  nisoni consomigliansi ; ai conso¬  nanti le cose, che al ragionevole  temperamento de’ sentimenti e del  corpo, alla fortezza e alla tempe¬  ranza si riferiscono ; ai concordi  poi quelle cose , che si rapporta¬  no ad una qualche affezione; fi¬  nalmente l’intera filosofia de’co¬  stumi risponde al pieno concerto  d’un’armonia perfettissima; tal¬  ché si debba e la virtù chiamare  una certa armonia degli animi ^  ed una certa virtù de’ suoni no¬  minar debbasi V armonia '. Prova    * JEudemo Uh, a. cap, i.                          189   però Aristotile * le virtù starsi in  un mezzo, così per V indole di  tutti quanti gli affetti, i quali  tanto per soprabbondanza corrom-  ponsi quanto per mancamento; co¬  me per la natura della quantità  o continua o discreta, nella qual  sempre si può raccogliere il pari,  il meno, ed il più. Ma tocca ge¬  neralmente siffatte cose Aristoti¬  le ; i Pitagorici poi, che s’eran  tutti applicati alla dottrina della  quantità discreta, ossia numerica,  minutamente le sposero. Poiché  !Nicoinaco Oeraseno , avendo nella  introduzione alla scienza de’ nu¬  meri esposta da Giamblico inse¬  gnato essere il numero ( il quale  per sé medesimo è pari e total¬  mente libero d’ogni affinità col  dìspari ) altro più che perfetto ;  altro mancante e contrario a quel-    1 Aristotile deir £!ti€c^ lib* si» 6 *                   190   Io ; altro perfetto e mezzano tra  l’uno e l’altro; uno cioè, la cui  somma è maggiore delle sue par¬  ti; uno, la cui somma è minore;  uno, a cui totalmente è pari la  somma stessa ; prese il numero per¬  fetto 5 che primo è dopo dell’ u-  3TÌtà il senario, a dimostrazione  delle virtù , le quali disse non es¬  sere alcuni estremi , siccome a  certi sembrò ; ma sol mezzi fra  la soprabbondanza e la deficienza;  e veramente il male al mal con¬  trapporsi ; e i’ uno e l’altro de’  mali opponersi al solo bene ; non  mai però il bene ai bene, ma i  due beni insieme ad entrambi i  mali; come all’audacia la timi¬  dità, alle quali è comune la in¬  fingardaggine ; r audacia poi e la  timidità alla fortezza . Pose al¬  tresì consistere la simiglianza del¬  la virtù e del vizio col numero  perfetto, e col soprabbondante o                                    igi   deficiente in ciò, che troverai i   im nitori soprai) Ijondtin ti 6 ma n—  chovo^lì esser© assai di più ©d in¬  finiti , qua e là disposti disordi¬  natamente e da ni un termine cer¬  to non ordinati ^ raro per lo con¬  trario ritroyerai i perfetti, e con  facilità numerabili ; essendo assai  pochi quelli, che sono con fermo  ordine procreati Imperocché la  rarità del numero perfetto, come  d’ un bene ^ non già del male va¬  rio e nioltipìice, n’offre per leg¬  ge di natura uno sol tanto ne’ nu¬  meri, che sono sotto della decina j  uno nelle decine, che sono sotto  del centinaio; un nelle centinaja,  che sono sotto al migliajo ; e così  poi in infinito.   117.® Ma in tantoché tai filosofi  da cosiffatte origini ripetevano i    * Boezio citato da 'Benullt all allegato passo  di iSlicornace ,                iga   londatiienti di una virtù conve¬  niente al consorzio umano, sicco¬  me quella che rende F uomo at-  tuoso ed abile ad operar quelle  cose , per la perfetta esecuzìon  delle quali tutti di tutti abbiso¬  gnano; altri d’altre sorgenti si  affaticarono a derivare una virtù  di tal foggia, che mentre credesi  che perfezioni ogni uomo divisa¬  mente , spezza in un certo modo  il primario vincolo di società. Im¬  perocché Zenone, il qual mosso  da innata severità tenne e nobilitò  la setta de’ Cinici, purgatene le  sordidezze e rasane la impudenza,  avendo tale opinione, che la nostr’  anima fosse una particella dell’  anima dell’universo, cioè del pu¬  rissimo etere penetrante tutte le  cose; la natura poi essere Dio me¬  desimo tramescolato col mondo j  ossia il fuoco partecipe della ra¬  gione e dell’ordine, e segnalato                                 i9B   ài varj nomi secondo la varietà  delie parti, cui variamente infor¬  ma nel penetrarle ; insegnò V ul¬  timo fine deli’ uomo essere unifor¬  marsi a Dio, o, alla natura con¬  formemente vivere, o a’ sentimen¬  ti attenersi di un fermo animo,  che sia discìolto da’ lacci del ma¬  teriale impasto, nè di godere im¬  pedito sua naturai perfezione. Poi¬  ché Dio essendo V animo di cia¬  scuno , essQ è perfetto per sè me¬  desimo j per la cjnal cosa dee cu^  rar solo a rimuovere quegli osta¬  coli, che il puro uso ed intero di  una perfetta natura potrebbero  frastornare. ^Nascono poi tali osta¬  coli dalle cose fuori di noi per  nullo consiglio umano variabili;  siccome quelle che giudicavan gli  Stoici si conducesser dal fato, cioè  da una potenza immutabile gover¬  nante ordinatamente questo uni¬  verso. Laonde estimò Zenone do-  \ 13              194   versi allontanar dal sapiente qnaT-  luncjLie cosa esteriore ; perchè , se  il sapiente creda che oggetti inori  di siJa balia gli appartengano, non  sia da pensieri arditi e da sediziosi  affetti agitato; di che nulla vi è  più contrario alla stabilità imper-  mntabile della natura . Gli è d''uo¬  po adunque, che l’animo in sè  medesimo si raccolga, riponga tut¬  to in sè stesso, e solo a sè stesso  basti, perchè del tutto sia libero.  Ma benché 1’ animo del sapiente  sia pur a neh’ esso implicato nel  se m pi t e r no ordine tl e11 e cose, non  però fiore di liberta gli si maco¬  la , perchè adempie ciò ch’ei me¬  desimo sceglierebbe, se ancor nes¬  suna fatale necessità il violentas¬  se j, e amministrando ed usando  tutto dì suo consiglio segue spon¬  taneo il lato , non è dai fato ra¬  pito forzata niente , come del ser¬  ve e iusensato volgo è costume.                                   iqS   18 .'^ Per io contrario Epìciiro  portando avviso ohe iì mondo fos-  se aggirato dal caso, e avendo  tolta ogni sapienza e costanza dall’  universo 5 e rotto l’ordine delie  cagioni, che da una prima spie-  gantisi nella medesima si rivolga¬  no, volle che 1 ’ uman genere fos¬  se una parte dell’universo stacca¬  ta affatto dall’ altre ^ e dall’ im¬  perio e dal timor degli deilo sciol¬  se, i quali, dilungi a noi rilega¬  tili, collocò oziosi negl’intermon '  dj , perchè nè eglino ci sien di  noja j, nè lor siarn noi di molestia,  donde la pace deli’ animo sì avve-  ienh Quanto poi può s’ argomen¬  ta a liberar gli uomini, a liber¬  tà redenti e tolti ad ogni governo  della possanza regolatrice dell’uni¬  verso 5 dalla tirannide ancora di  quelle cose, che ne riguardano e  stringono più dappresso. Imperoc¬  ché degli affetti, i quali ad esse                     19 6   ci attaccano e sottoinettono , vcg-  gendo alcuni eccitarsi dalla «a^  tura medesima , alcuni dalla opi¬  nione 5 la qual può essere cosi con¬  forme come discorde dalla natura 5  e però certi di questi affetti e na¬  turali essere e necessari ; natura¬  li , ina non necessari, molti; i  più veramente nè necessari , nè  naturali; prima stimò doversi di-  veglìer tutte le cupidigie super-  due ; impose poi di recìdere quel¬  le ancora , die non sovvengono all  indigenza, ma solamente formano  la varietà de^ piaceri ; onde non  s’abbia quindi a tnenare vita stra¬  ziata e carica di travagli. Zenone  adunque ed Epicuro, movendosi  da punti opposti, idscontransi in¬  sieme a credere , abbisognare il  sapiente di poche cose, e dojjo  quasi aver corso uniti per bteve  tratto tornano a dipartirsi , uno  a sfidare arditissimo tutta la forza                                        197   della natura, e a cimentarsi, pie¬  no di cuore è d.i sapienza, con  lei ; l’altro a schivarla avveduta-  mente e declinarne gli assalti ,  per non averla con <jualche dan—  no a combattere; ambedue liberi  di paura, quei perchè giudica es¬  sergli forza spontaneamente segui¬  tar r ordine dell’universo; questi,  perchè solò dì sè geloso reputa  nulla appartenergli tal ordine, dal  quale è affatto diviso.   19.° E a questi primarj capi ri-  dur si possono quanti sistemi i fi¬  losofi immaginarono su la ragione  del vivere. Imperocché o solleva¬  rono l’uomo a celesti idee, o alle  bisogne umane lo richiamarono;  e gli uni e gli altri principalmen¬  te diressero i loro ammaestramen¬  ti al vivere o solitario 0 civile.  Poiché sforzaronsi alcuni di subli¬  mare il sapiente loro alla contem¬  plazione di quelle forme che so-               19S   no eterne ; e perchè ognuna di  quelle abbraccia quante ve n’ha  dello stesso genere, con il soccorso  loro si argomentarono ad associare  insieme le menti portate via dal  sensibile al mondo intellettuale,  cui posson tutti egualmente par^  tecipare, altri educarono i citta^-  dini agli affa??!, e a coltivar qpe’  doveri, co’ qiiali scambievolmente  si confortassero in ogni necessità  della vita; altri estimando essere  ognuno parte del mondo perfetta  per sè medesima, si allontanavano  di lungo tratto dagli uomini, e  tutti scioglieano i vincoli, che a  comunanza di vivere ne costrìn¬  gono, per non iscuotersi punto dah  la concetta loro immutabilità, se  a quelli si accompagnassero, che  soglion essere dalle passioni diver¬  samente agitati. Conciossiachè il  sapiente fra loro di nulla miseri¬  cordia commovesi, a ni un fa gra-?                            199   ^ia j e giudica tutti gli altri essere  mentecatti, schiavi, ribaldi. Al¬  tri deliberarono finalmente dovere  ognuno curar sè stesso, nè mesco^  larsi in affari altrui per non ri¬  trarne gravezza o inamarirsi il pia-^  cere , se a caso scostisi d* un sol  dito, o metta fuori la testa de*  suoi orticelli. Tutti estimarcn poi  la virtù essere necessaria o a mon<-  dar r animo , perchè si dedichi  più pronto e libero alla contem¬  plazione , o a renderlo atto agli  affari, o a vestire quella fermezza,  per cui il sapiente j se fracassato  subissi il mondo , o eh’ ei sia po¬  sto nel toro ad ardere di Talari^  de , non crolli punto di sua paci¬  fica securtà: altri in fine, per ac¬  quistarsi pace e dolcezza di spiri¬  to senz* affanno. Mentre però i fi¬  losofi più che non deesi esaltano,  o indurano, o snervali gli uomi¬  ni , li rendono disadatti alle civili             SiOÒ   occorrenze ; o mentre cacciano i  riottosi per luoghi inospiti, o i  già pendenti sospingono giù per la  china, corrompono gli uni e gli  altri j e li distornano da que’ prin-  cipj, cui la natura gittò per base  di umana felicità.   ao.® Le quali massime essendosi  tutte originate dalle opinioni, che  gli uomini, forse mossi o dalla di¬  sposizione del proprio cuore, o da  una oscura ed equivoca analogia,  sulla natura forraaronsi delle co¬  se; ne avvenne che quelli princi¬  palmente sconciarono e intorbida¬  rono la ragione , che il più sem¬  bravano avere inteso a perfezio¬  narla. Imperocché d’ordinario chi  molto vale di ingegno, ed usalo  assiduamente j mentrechè sdegna  le cose facili e spia le arcane, in¬  torniato da quelle tenebre fra  cui sepolte si celano ^ egli mede¬  simo acconciasi fallaci immagini                             delie cose 5 © colora e irnhel-  lettale a suo talento; e ad uso  de’ sognatoli , non conlVontando  mai tali immagini con esse cose,  xieppuf s’ avvede esser nebbia ciò  cb’e’ si crede Giunone. E se per  caso destisi T animo finalmente, e  ad esse cose rivolgasi, già estenua¬  to da vane speculazioni non vale  a sostener quegli oggetti, de quali  percbè si possa ricevere l impres¬  sione havvi mestieri di un fondo  in certa guisa più solido. Laonde  quel eh’ è più grave trapela e  scorre, per cosi dire , per le fes¬  sure di un’anima attenuata e fo¬  rata per ogni parte; quel eh è  più lieve e di più volume v’è dal¬  la sua medesima leggerezza soprat¬  tenuto. Indarno adunque ricerche-  rebbonsi dalle massime de’ filosofi  le regole della vita ordinate dalla  natura e dalla sana ragione; es¬  sendo spesso inimica alia ingenua                  l    ragione e pura, più che i costumi,  inconsiderati del volgo ^ T arte di  alcuni ammaestratori: talmente-  chè non a torto si lagnò Seneca %  che la filosofìa sì trovasse non a  rimedio dell'animo , ma ad eser¬  cizio d’ingegno, e fosse a molti  Cagione già dì pericolo .    ' Smeca Epìstola io3.    F I ,N E.    /                                          flo3         INDICE    Hagtonameetto del Tràdcitto-  riE. . . . pag. iij   PROEMIO , . . , pag. I  CAPITOLO PRIMO   pon quale ordine sì sviluppasi  sero le facoltà degli uomi¬  ni , ed appetiti ne uscissero  loro connaturali , . pag. 12   CAPITOLO SECONDO   Con quale tenore e modo na¬  scessero le opinioni sopra le  cose spettanti al vivere, pag. 88                     CAPITOLO TERZO   Con qual tenore siensi propo¬  ste e da che fonti attinte le  instiiuzioni del pwere e de\  i^ostuTni . . » » “ pag. 1^’^                                                                                                                                                                                                            UNIVERSITÀ' D! PADOVA  Dipartimer^to di Storie e  Filosofìo del Diritto  e Diritto Cononico                              58   ed i costumi e le leggi         59   mo costituzione sortirono, che sien Stellini. Keywords: liceo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Stellini” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Stenida: la ragione conversazionale di Romolo, il primo re – Roma – la scuola di Locri – filosofia calabrese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Locri). Filosofo italiano. Locri, Reggio, Calabria. A Pythagorian, cited by Giamblico – sometimes as “Stenonida.” Stobeo preserves a fragment of a work on kingship attributed to him. Keywords: re, regno, principe, Romolo.

 

Grice e Sterlich: la ragione conversazionale dei georgofili – la scuola di Chieti – filosofia abruzzese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Chieti). Filosofo abruzzese. Filosofo italiano. Chieti, Abruzzo. Studia a Napoli nel collegio dei nobili, gestito dalla compagnia di Gesù. È proprio questa esperienza che lo porta a concepire la sua profonda ostilità verso i gesuiti, che è uno dei tratti caratteristici della sua filosofia. La cura dei beni ereditati dal padre, di cui era l'unico figlio maschio, lo portano a dover compromettere le sue aspirazioni letterarie. Ma la filosofia rimase sempre la sua prima passione e per superare l'isolamento culturale che gli venne imposto dal dover vivere a Chieti, comincia a costituire la sua biblioteca. Questa cresce in misura esponenziale di anno in anno, divenendo così una delle migliori biblioteche del regno. Il suo intento e di mettere la stessa a disposizione di Chieti per la sua crescita culturale. Sfortunatamente il suo desiderio è reso vano dall'incuria di chi gestì la stessa dopo la sua morte. Cospicue parti della biblioteca sono stati individuate in tutta Italia: nelle biblioteche di Pescara, Chieti, Napoli, etc. Aggiornatissimo sui dibattiti filosofici e commentarista di Montesquieu, Rousseau, Voltaire, e di altr’illuministi. Di questa partecipazione all’illuminismo  è testimonianza un copioso scambio di lettere con GENOVESI, BATTARRA, LAMI, BIANCHI, e TORRES. Questo carteggio è un documento prezioso per delineare l’illuminismo. Lascia anche alcune testimonianze della sua filosofia anche in due dialoghi di fra' Cipolla e la nanna. In essi trova largo spazio la sua antipatia per i gesuiti. Tramite la solida amicizia con LAMI, e membro della crusca e uno dei georgofili. L'illuminismo nell'epistolario (Sestante, Bergamo). Dei marchesi di Cermignano. Romualdo de Sterlich. Sterlich. Keywords: illuminismo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Sterlich” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Stertinio: la ragione conversazionale del tutore di filosofia – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Portico. Tutore di Damasippo. Keywords: Damasippo.

 

Grice e Steuco: la ragione conversazionale della filosofia perenne di Pitagora, Cicerone, Ovidio, Virgilio, e Plinio – la scuola d Gubbio -- filosofia umbra -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Gubbio). Filosofo italiano. Gubbio, Perugia, Umbria. Acuto esegeta dei testi e profondo conoscitore della lingua romana, si oppone tenacemente alla riforma protestante e prende parte al concilio di Trento. Entra nella congregazione dell'ordine dei canonici agostiniani a Bologna, poi a Gubbio. Inviato a Venezia, dove, per l'ampia conoscenza della lingua romana e l'acume filologico, gli èaffidata la biblioteca di Grimani, della quale una buona parte del patrimonio librario è appartenuto a PICO (si veda). Pubblica saggi contro Lutero (come VIO – si veda) ed Erasmo, accusandoli di fomentare la rivolta contro la chiesa cattolica romana. Questi lavori rivelano il solido sostegno che dà alla tradizione della prima Roma. Parte della sua saggistica include un intenso lavoro filologico sull'antico testamento, culminato col “Veteris testamenti recognitio”, per il quale egli si basa su manoscritti della biblioteca Grimani, utili a correggere GEROLAMO (si veda). Nel revisionare e spiegare il testo, mai devia dal *significato letterale* e storico.  Contemporanea a quest’esegesi e la composizione di un saggio d'impianto enciclopedico, la “Cosmopœia”. La sua filosofia polemica ed esegetica destarono l'attenzione favoravole di Paolo III, e questi lo ordina  bibliotecario della collezione papale di manoscritti e stampe del vaticano. Si reca a Lucca con Paolo III e Carlo V. Adempe attivamente con scrupolo il suo ruolo di bibliotecario del vaticano. Nel frattempo a Roma redatta i commenti al vecchio Testamento riguardanti i salmi di Giacobbe, aiutando ad annotare e correggere i testi di parte della Vulgata alla luce degl’originali ebraici. A questo periodo risale la composizione del celeberrimo saggio, “De perenni philosophia” nella quale mostra che molte delle idee esposte dai filosofi italici antichi – l’orfismo italico, la scuola di Crotone, Parmenide e i velini della scuola di Velia, Plutarco, Numenio, gl’oracoli sibillini, i trattati ermetici e i frammenti teosofici -- e essenzialmente correto. Questo saggio contiene una polemica indiretta a margine, poiché elabora un numero di quest’argomenti per sostenere molte posizioni poste in questione in Italia da riformatori e critici. Come umanista ha un profondo interesse per le rovine di Roma, e nell'operare un rinnovamento urbano dell'urbe. A tal proposito, degne d'essere menzionate, sono una serie di brevi orazioni in cui raccomanda di ri-sistemare l'acquedotto Aqua Virgo, in modo da supplire adeguatamente il fabbisogno di acqua fresca per la città. Mandato da Paolo III a presenziare il concilio di Trento, che doveva celebrarsi a Bologna, affidandogli il compito di sostenere l'autorità e le prerogative papali. Muore a Venezia durante un periodo di sospensione del concilio. “De perenni philosophia” -- concilio di Trento Esegesi biblica ermetismo (filosofia) Teosofia. Treccani Dizionario biografico degl’italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Guido Steuchi.  Stucchi. Guido Steuco. Steuco. Keywords: Crotone, i velini – I crotonensi --. Cicerone, ovidio, Virgilio, plinio, roma, aqua virgo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Steuco” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Stilione: la ragione conversazionale del principe filosofo. – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Tutor to Severo Alessandro, the emperor.

 

Grice e Stilone: la ragione conversazionale del proloquio del cielo -- il tutore di filosofia -- Roma antica – la scuola di Lanuvio – filosofia romana – la scuola di Roma – filosofia lazia -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Lanuvio). Filosofo romano. Filosofo lazio. Filosofo italiano. Lanuvio, Roma, Lazio. Appartenne all'ordine equestre. Segue nell’esilio QUINTO METELLO (si veda) NUMIDICO. A Roma, è maestro e scrive discorsi per altri. I suoi discepoli più insigni sono CICERONE e VARRONE. Conoscitore sicuro della coltura latina, èil primo rappresentante notevole della scienza grammaticale o grammatica filosofica. Saggi: "Interpretatio carminum Saliorum"; "Index comœdiarum Plautinarum", "Commentarius de pro-loquiis" -- uno studio sulla sintassi di impronta del Portico. Inoltre, cura edizioni di saggi altrui. Gli è stata attribuita un’opera glossografica. The text of Svetonio (Gramm.) provides a list of the first Roman philosophers who more or less exclusively are devoted to grammar. Instruxerunt auxeruntque ab omni parte grammaticam L. Aelius Lanuvinus generque Aeli Ser. Clodius, uterque eques Romanus multique ac vari et in doctrina et in re publica usus. The first refers to the philosopher Elio Stilone, a native of Lanuvio, tutor of Cicerone and Varrone. From Gellius it is possible to gather some information about his linguistic and philological studies on PLAUTO, then resumed and developed by Varrone. In a proper linguistic field, some fragments testify to an interest for archaism, investigated both in the carmen Saliare and in the XII Tables, as well as in the ancient Italic languages. GELLIO also reports the title of a ‘saggio’ by S.: “Commentarius de proloquiis” in which, as GELLIO himself informs us, “pro-loquium” is used to render the “axioma”, a technical term of the dialectics and philosophical grammar of the Porch which indicates a simple sentence, complete in all its parts. GELLIO adds that Varrone borrows ‘pro-loquium’ from his tutor and uses it in the XXIV book of the “De lingua Latina.” Therefore, Varrone is indebted to Stilo even with regard to the syntactic terminology. However, the grammatical field in which the dependence of Varrone from S. is more widely recognised is etymology. Dahlmann, recalling a hypothesis by  Reitzenstein, suggests that in V-VII of “De lingua Latina”, VARRONE largely makes use of a  Etymologicon, of the Porch, rendered into Latin by S. VARRONE himself acknowledges his dependence on S., often quoting his master for the etymologies. Out of  CI certain fragments of Stilo's collected by FUNAIOLI, IX are quoted by VARRONE. One being ‘cælum’ < ‘celare’ since its antonym is 'to reveal,’ which makes use of a method of S. --the antiphrasis, by means of which the sense of an expression is explained by its antonym. A teacher of Varrone. A highly accomplished scholar. He was the philosophy tutor of both CICERONE and VARRONE, amongst others. Lucio Elio Stilone. Keywords: Varrone Quinto Elio Stilone. Keywords: Portico, proloquium, axioma, Cicerone, Varro, Stilone, Gellio, Svetonio.

 

Grice e Stobeo: la ragione conversazionale dell’anticuario della filosofia – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Stobi). Filosofo italiano. Stobi, Peonia, Impero Romano. An anthologist whose work is an invaluable resource for antiquarians. Giovanni Stobeo.

 

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