Grice e Stella: la ragione conversazionale
dell’ iustum/iussum, o la causa dell’anormale come l’ implicatura d’Honorè – la scuola di Sernaglia -- filosofia veneta -- filosofia
italiana – Luigi Speranza (Sernaglia).
Filosofo vento.
Filosofo italiano. Sernaglia, Treviso, Veneto. Grice: “What is it with Italian
philosoophers that they are all into what at Oxford we would call
jurisprudence?” Grice: “It seems like all Italian philosophers are like Italian
versions of H. L. A. Hart!”. Studia
a Treviso e Milano, sotto CRESPI. Insegna a Catania e Milano. I suoi saggi si
diregeno su alcune tipologie di reati, successivamente sugl’elementi
strutturali del reato. Il suo contributo
filosofico più noto, presso gl’operatori del diritto penale e la comunità
accademica, è “La spiegazione causale dell’azione umana” (Milano), in cui ricostruisce il problema del nesso di
causalità prospettando il criterio della sussunzione sotto una *legge* come
strumento per la soluzione di casi dubbi. Solo mediante una legge di copertura,
atta a spiegare il rapport causale fra la condotta dell’attore ed il effetto e possibile
formulare un giudizio sulla responsabilità dell’attore. Ad es., solo dopo aver
dimostrato, sulla base di una legge, che l'ingestione di un determinato farmaco
determina casualmente malformazioni del feto, e possibile imputare alla ditta
produttrice il reato di lesioni gravissime, colpose o dolose. In difetto di questa
spiegazione causale non puo formularsi alcuna responsabilità a regola di
giudizio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio" trovasse applicazione
anche in un processo. Il principio venne accolto in tema di nesso causale dalla
corte suprema di cassazione, anche a sezioni unite. Oggi è norma codicistica.
Dirige riviste giuridiche di diritto penale ed è fra i curatori di raccolte
normative di largo successo presso la comunità forense. S’interessa anche nella
teoria generale del diritto e la filosofia del diritto, mediante saggi maggiormente
agili rispetto ai saggi penalistici. Esercita la professione di avvocato,
partecipa in qualità di difensore d’alcuni imputati, al processo del petrolchimico
di Porto Marghera, dove fa applicazione, dal principio della spiegazione
causale. Altri saggi: “L'alterazione di stato mediante falsità” (Milano); “La descrizione dell'evento” (Milano); “Giustizia”
(Milano); “Dei giudici” (Milano); “ll giudice corpuscolariano” (Milano); “Le ingiustizie”
(Bologna); “il galantumo del diritto”, Corriere della Sera. Grice’s
implicature: ‘only abnormal cases require a cause’ (Teoria causale della
percezione). Federico Stella. Stella. Keywords: Grice, implicature della
descrizione d’azione umana, H. L. A. Hart, Honoré, J. L. Austin, responsibity,
aspets of reason, alethic reason. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Stella”.
Grice e Stellini: la ragione conversazionale
dell’ortu morum – filosofia friulese -- la
scuola di Cividale – filosofia friulana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Cividale). Filosofo italiano. Cividale, Udine,
Friuli-Venezia Giulia. La sua fama è dovuta soprattutto al “Saggio dell’origine
e del progresso de’ costume e delle opinion a’ medesimi pertinenti – con quale
ordine si sviluppassero le facolta degl’uomini, ed appetite ne uscissero loro connaturali”
(Siena, Porri). La sua concezione morale è di stampo liceale -- e sotto alcuni
aspetti può essere considerato uno dei precursori della sociologia. A lui è
stato dedicato il liceo classico di Udine e che nella sua biblioteca contiene
gli scritti autografi. Enciclopedia Treccani, su treccani. Dizionario
biografico friulano, su friul. SAGGIO
so PK A L'ORIGINE ED IL
PROGRESSO DE’ COSTUMI, DELLE OPINIONI
A’ MEDESIMI PERTINENTI DI giagopo stellini VOLGARIZZATO DA
Lodovico valeriani. 2lfeum
sempcr jadlcmm omnia nostros aiti
iwenwe per se sapientius quam GreBcos , aut aecepta ab illts ^ccisse meliora . Cecrroj^e TascuL lib* i* r. MILANO . MDGCGVI, Presso Pi ROTTA e Maspero
Stampatori-Librai in S. Margherita* ragionamento OEL traduttore. CHIARISSIMO SI MONE ST RAT ICO LODOVICO VALERIANI. ^ ■ QQiene Amico Veneratissimo , Cill Opere di cert'* -Ingegni ciò che avveniva nel Paganesimo a" boschi sagrati a qualche Divinità . Si o/zo- ravano , si rispettavano ^ se ne di¬ cevano maraviglie ; ma ninno usa- appressarvisi , ninno era vago di venerarvi per sè medesimo la r
t % \
IV moesfft soUtana de’ loro Da .
Co Sé U.Ù i prodi,!, C. ne rc,aoo per il ^ol,o , non ^rano cU „cn-.0inc di alquanti pn noaelhe- ri, /.none piuttosto a * ragione umana al cospetto ro- mulgassero anch* essi nell* idioma de* Pajnnìani e de* Cesari : nù gli ern certo di freno V esser dig^ aià questa lingua jiress' ogni j'io- polo spenta nella memoria del vol¬ go . Perchè a tenere le genti nella unità delle massime bastava farla comune a quelli, che in ogni Stato governano la mente e il cuore del popolo; e s* era ad essi già resa ^ non solo amabile, ma necessaria « •
VIJ con tutti i mezzi ^ che
possono e lusingarne e costring,erne il
sentu mento, altronde tal generale
igno* ranza felicemente contrihuwa
a coprir gli oracoli di quelle
tenebre, dentro le quali fnchè sien
chiusi gli oggetti del culto pubblico
ser- bano sempre inconcussa V
autorità senza pericolo di mai scemare
nella comune opinione di riverenza.
As~ sunta di questa forma ad intera prete del Santuario e del Foro j qual maraviglia che fosse ancora trascelta per dirozzare e diffondere le scienze e V arti ^ che piu cimen¬ tano la riflessione, ed impegnano la estimazione degli uomini ? Piace agV ingegni estesa celebrità ; nè pia¬ ce meno di vivere per fama splen¬ dida nella memoria de" posteri, che di fiorire per sentimento onorevole nella opinione de" coetanei . Quan¬ do ella pure non fosse stata per se medesima commendabile su quan- vnj te oTìdcivciTìO ITI tanta pertUThazio ne di popoli rusticamente abozzan- dosi 3 e quando ancora le fosse venula meno la digfiltà conferitale dal Sacerdozio, valeva a render^ la degna di preferenza^ nelle più nobili discipline la facoltà di ra¬ pire l nomi degli Scrittori dulie strettezze di una provìncia o di un regno f>er farli chiari iti ogni angolo deW universo . iVé finche Jìoma tenne tranquilla il jmimato nel Cristianesimo tale opinione invi^ lì . Ma non s) tosto si ruppero le Cermanie j che il primo impegno de’ Voratori, doi inique spirit o di libertà religiosa insinuò, fu di ri¬ togliere i Libri sacri alla iiiterpre- iazione (le* j> 0 (hi addetti a*
misteri, e nudi esporli ne’ jiopola ri
diai etti alla moltitudine , cui semjire
igno^ tu è l’oggetto di riti arcani .
/71 Inghilterra intanto alle
tiranniche rinnovazioni di culto
successero le IX feroci rivalità di governo ; e la pre* mura involgere nelle contese di Stato il popolo strinse a discutere neW idioma del popolo ogni ragie- ne di Stato. E questo accadde mentre la Francia , piena di Gre¬ ca e di Latina eloquenza ^ spinge¬ va il secolo di Luigi ad emulare la gloria de'piu distinti per gen¬ tilezza di lettere ; talché ben presto per tutta Europa si sparsero volu¬ mi ogni argomento, nativamente scritti da que^ due popoli ^ arbìtri già del commercio delle nazioni. Correano allora per noi qué' gior¬ ni , che guasta la poesia , conta¬ minato ogni genere di eloquenza ^ pareva poco agV ingegni di segna¬ larsi per frenesia di concetti , se non rendevali ancor piu stolti la insania delV espressioni ; cosicché trattine pochi e spezialmente de* trattatori di fisiche proprietà . era comune il delirio di travagliare a X
corrompere con mostruose arditezze
la dignità della patria letteratura.^
Nel maggior impeto appunto di
€piel farnetico fu presa Italia da
quel dispetto per le civili dottrine.,
che presto degenerò e in colpevole
dimenticanza per gli anlenaù ,, che
avevanle sujìcriormente illustrate., e
in esecrabile indifferenza pe^ succes¬
sori , che allo spuntare di miglior
secolo arditamente prendevano a
ristorarle . Rinacque allor vera~
mente con la purezza delle manie¬
re il desiderio e C amore di quelle
scienze ., che nostre parvero , e so¬
no j per evidente cortforinila di ca¬
rattere ; ma ricevutesi, ed apprez¬
zatesi come straniere , incomincia¬
rono ancora come straniere /a trat¬
tarsi . Quindi la stima sLifyerstlzio-
sa pe* libri d^ altre naziorii; quin¬
di la nausea per ogni cosa ^ mo¬
derna o antica f che fosse nostra;
(pùndi la smania di conformare la mente e il cuore j, come le mense e le vesti cC costumi altrui ; di qui naque alfine per quanto io stimo doversene ar fomentar e ^ che mentre in altre nazioni Vinvilimen- to della Romana crebbe decoro e vaghezza alla propria lingua , tra noi col pregio scemato a quella venne il languore , il fastìdio ^ e finalmente la corruzione, e lo stra¬ zio deir Italiana, F* ebbero sempre dé^ Grandi, che V una e V altra onorarono; perchè in Italia si può sopire ne* più , ma non estinguere in tutti il senso della verace gran¬ dezza patria ; nè volse tempo così infelice per noi , che non brillasse d* un raggio della primiera maestà. Ma le concordi querele di questi Grandi sul depravato carattere del* la nazione fanno argomento , che Fuso, arbitro delle lingue e de^ costumi de'* popoli , già insolentiva per modi barbari nelV obbiezione d'ogni nativa eloquenza, XIJ
Erano certo rpieste sciae ba¬
stantemente già grapi per sè me¬
desime , se non cfte resele ancor
più. gravi, ciò eh'è di estrema de-
j/rara zinne argomento , V esser si fat¬
ta per esse vana ed infrutfuosa a’
jffogressi de* nostd ingegni nelle
utili faroìtà la estimazione serbata
pure incorrotta a fjne* sommi uo-
miìù^ che più tra r/ffi le illustraro¬
no, J^oichò non basta che s*ahhian
essi la debita celebrità , perchè la
gloria de* trapassati divenga sti¬
molo di virtù j)er ar(tendere la c-
mulazione de* jiosteri. Conviene sia
noto il titolo ; se ne conosca il ca¬
rattere^ la rjnaiità , V estensioneche non solo aveste patria 'comune- con lui, ma suo Collega pur foste nello splen¬ dore di antica Università; lui per lungh^ anni congiunto ancora co* vincoli della più ferma ed mge- uUfa benevolenza. Quando pur fosse la sua dottrina di tenebroso oarat- ter e per ingegni ritrosi ad alte speculazioni > avrebbe potuto egli non acquistarsi la stima cZe* più volgari intelletti? Urb Uomo d?ab- bietta . e\ misera condizione j che nella infanzia stessa muove la ma¬ raviglia di un Istituto piamente inteso alla pubblica utilità ; che ammesso a tale Istituto j splendido già per carattere di sapienza;, fas- sene tosto raro e pregiato orna¬ mento ; che il primo aringo ten¬ tato in sua giovinezza è di sfor¬ zare la patria lira a render libera i sensi della Tehana y cercando h
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adentro e chiarendo V arcano spU
rito d^un Poeta , che i>aTve , ai-
dire d^illustre Critico, altro di se
non volesse svelare asti uomini,
che quanto loro bastava per am-
mìrarln senza permettere di cono-'
scerlo ; che non contento do co-
irlier fiori d'agni vaghezza nella
tolgar poesia, tratta anche i nu¬
meri latini e greci ; c/te in ogni
nohìLe estranea lingua niostra pe¬
rizia e valore eguale che nella pa¬
tria ; che in età giovane ancora
vedesi assunto aW incarico , dovun¬
que arduo, m.a somiTiamente gel(f-
so in oligarchia 3 di ammaestrare
i figli del più distinto Patrizio
della sua Patria, c del Ministro
più benemerito e caro alla sua
Repubblica; che dall' onore di tal
privata istruzione viene di pub¬
blica aìitorità destinatoad espor
la scienza, come la più necessaria
al bene delie nazioni e degli uo^
r m mìni j co5Ì la più malagepole
per lo contrasto implacabile de^ costu¬ mi e delle opinioni^ in quella Città che ricorda e Galileo e Santorio ^ ammira e Luzzarini e Morgagni ^ a cui / affrettano già di succe¬ dere un Cesarotti ^ un Toaldo, nè la modestia vostra se ne quereli 5 uno Stratico ; che per interi sei lustri così la espone^ che non più solida o più benefica la propose nè V Accademia , nè il Portico ^ nè il Liceo ; che ne* riposi pur 7 nostrasi qual ne* cimenti gV in¬ gegni meglio addestrati ^ perocché sono suoi passatempi eruditi e li¬ berare Euclide dalle censure de* matematici j e vendicar dalla sfer¬ za dello Scaligero Giorgio di Tre- bisonda ed Ermogene, chiarire Ari¬ stide Quintiliano^ proteggere dalle aggressioni di Meìbomio Epicuro , purgar Platone dalle bruttezze ap¬ postegli da traduttori ed interpreti^ ■XX
pili mloroii nella grammatica che
nella greca filosofia y svolgere i sensi
creduti già inestricabili di Aristo¬
tile , crearsi in fine tal credito di
universale intelletto^ che a Zui il-
corrano scienziati d ogni maniera ^
quale a maestro e ad oracolo ; che
mentre illustra e feconda e con
precetti e con opere ogni arte e
scienza profana e sacra ^ medita e
compie V ardito proponimento di
stringer tutte le cognizioni in si¬
stema i emulo di Bacone j di Cìiarrl-
hers ^ di Diderotto; un Uomo di
tal carattere per quanto veli sè
stesso agli uomini ^ non è possibile
che non tpeuminài una lucc'^ che
ìjfmwof i cuori più stupidi a ripe-
penza . E come poi lo sarebbe ^ se
a tarile doti di spirito le piu soa¬
vi^ si unissero prerogative del cito-^
re? Parlo di quelle virlit morali,^
che parvero così belle al Giovine
Plinio in Eufrate Filosofo ; virtù > xxj
che rendono V uomo caro agli
uomini _j e cjie rendeva nello Stel¬
iini più luminose ed amahili quella
natica modestia rara ^ per cui pa¬
reva lui solo non aver cuore per
apprezzare se stesso . JVon p’ ha
carattere ^ che non si pieghi bene¬
volo a C 05 Ì. nobile immagine di vir¬
tù, I sommi ingegni compìaccionsi
di ravvisare in lei,, come in cristallo
purissimo, senza macola quella ec¬
cellenza di spirito j,' che li sublima
dai vó lgo : i piccioli vi si affisano ^
come a Sole ^ Il qual riscalda ed
illumina senza offendere : pur que¬
gli stessi j che tanto un* ombra di
scienza in sè stessi onorano quanto
ne ahborrono ogni sostanza in al¬
trui y timidi sempre che il merito
possa decidere della fortuna y que¬
sti medesimi non ricusano di rive¬
rir e ^un Filosofo, che sempre chiuso in sè stesso non si dà briga
per niuho di quegli eventi, che
romo- XXIJ t'Bggiano 6 pOiSsoiTio* I*^iufio stupoìc adunque ^ che lo Stelliiii ^ vissuto nella benevolenza , morisse nella ve¬ nerazione degli uomini : niuno stu¬ pore 5 che ne sonassero elogj per tutta Italia^ ed uomini sapientis- simi si consagrassero per anni in¬ teri a raccogliere quanto di gran¬ de lasciò morendo senza curare che fosse per sop)ravvivergli : niuno stu¬ pore alfine^ che così viva la sua memoria nel sentimento di quanti personalmente ammirarono la sua virtù ^ che il nome vadane ancora di lìngua in lingua ^ siccome d^iio- mo sempre mai degno di pubblica ricordanza .
Può questa dirsi e parere in vero
assai splendida celebrità. Per
dichiarirne il merito consideriamo¬
ne la sostanza. Pochi v’han certo ^
che nominando Steliini non lo ri¬
cordino.} come il decoro di Padova
pe^l suo mirabile magistero. Gioiti XXIJ]
pur sono y che si compiacciono di
replicarne il giudizio datone dalV
Algarotti y che non vi fosse arte o
scienza y ne^ cui segreti non pene¬
trasse y talché potesse in un anno
spiegare in tutte carattere di mae¬
stro y siccome appunto quel Mimo,
di Lucianoy che in una danza con¬
traffaceva tutti gli Dei. dorranno
alcuni sino convincervi e persua¬
dervi y ch^ egli ebbe forme e carat¬
tere pressoché simili a Socrate .
jVoii vi sarà finalmente chi non
lo esalti siccome un gran metafi-
ficOy senza neppure permettervi di
riflettere che vaglia il suono in¬
distinto di un tal vocabolo . Qual
è frattanto generalmente il suo
credito sopra le Scienze Morali ?
Dico generalmente y perche sicco¬ me da pochi mal s^ argomenta il costume y cosi mal cercasi in po¬ chi il giudizio pubblico, Non egli è impresa di poche pagine strin% xxiv
gere in hreoe argomento V Etica,
intera dello Steliini . Pure non è
difficile con lievi tratti, che ne di-
stinguan lo spirito, mostrarla lale^
quale non mai s* adombrò . Fu
della Veneta Signoria sapientissi¬
ma istituzione tra le dottrine da
esporsi a’ giovani collocar quella ^
che tutte le perfeziona indirizzan¬
dole tutte alla pubblica felicita
la scienza della ragione e de
co¬ stumi degli uomini. Perchè qual cosa più stolta , siccome aweite piacevolmente il dottissimo Fonte- nelle, che rilegar la filosofia nel cielo a calcolarvi oziosa i dìopì- menti degli astri , ovver condurla raminga sopra la- terra a vagheg¬ giar quanto s* offre dalla natura alV mnana curiosità ^ senza per^ metterle che mai s* approssimi all* uomo per trarne leggi di vita cor- rispondeìiti ah carattere delle'‘ sue splendide attribuzioni F Socrate fu XXV per r uso di coiai proi^^ida peritò detto il più 5 apio degli uomini . JJegno fu pure di tanto senno in^^ stituire a maestro di questa scien¬ za Aristotile t Imperocché di quanti presero in Grecia a distinguersi nella dottrina messa in onore da Socrate solo Aristotile seppe accon¬ ciarla al carattere delle abitudini umane . Chi trasse V uomo a tale felicità , quale da pochi appena si può raggiungere ^ e che raggiunta niun bene arreca alla società vo¬ luta dalla natura tra gli uomini; perciocché pochi son quelli ^ che di¬ staccandosi affatto da quelle cose^ di cui si allegrano i sensi, trag- gansi dietro ad oggetti , che solo possono attingersi con V intelletto j perdendo V animo in vane con¬ templazioni . Chi ne forrrpò tale immagine ^ che non potesse lusin¬ gar V uomo se non rinchiuso in sè stesso 5 talché per ogni contatto di c
xxvj cosa estranea s*
inamarisse, can- giando Vuomo in un
essere inerte e timido i che si tenesse
beato qiian^ do si fosse condotto a
credere d’es¬ sersi fatto insensibile ad
ogni uma¬ na COSI straniera che propria
ne¬ cessità . Ohi tutto il volle ne
sensi immerso, ammaestrandolo a non curare che quanto stimola il cor¬ po per disputare a'bruti una feli¬ cità ^ la quale > appena toccati ^ fugge da quegli oggetti ^ che più fan mostra alV istinto di posse¬ derla . Chi finalmente non trovò meglio per V uomo, quanto di¬ struggergli in cuore ogni regola di certezza^ ed infoscargli nelV in¬ telletto ogni luce di veri!à ^ perchè, non più da speranza o da paura condotto, si abbandonasse senza con¬ siglio alV impulso di quegli eventi ^ cZe’ quali, mai non osando esplorar le cause^ mai non sapesse nè tempe¬ rare;, nè rompere le conseguenze ^ 1 xxvt] Sempre guardingo Aristotile dalle insidie della immaginazione e de^ sensi ^ mentre dagli altri si apriva alV uomo un cammino ^ non prati- cabile che a ritroso della ragione o del cuore ^ egli svolgendone le at¬ tribuzioni e le primarie spiandone facoltà , lo trasse dove ciascuno ^ che umano vivere non abborra, dee pur conoscere e consentire doversi affrettar chiunque abbiasi fior in¬ telletto, Imperocché cercò egli quel¬ la felicità ^ che il meno si allon¬ tanasse dal comun senso degli uo¬ mini ; che r uomo intero > quanto e qual fosse ^ abbracciasse ; che lo rendesse geloso amico di sè mede¬ simo , e cittadino benefico ed ope¬ roso ; che lo impegnasse in som¬ ma y non a dibattersi vanamente per farsi libero,, ma per giovarsi utilmente di quelle cose y tolte le quali è pur forza che si disciol¬ gano i vincoli d* ogni civile e do- XXVJÌj
mestica società . Mostrò ^ che il
senso non dweniva inimico della
ragione , che quando già- la ra-
gione pià rì,on curava se stessa y
che ninna cosa esteriore corrompe
i sensi, od* essi stessi non prenda-^
no ad alterare il carattere delle
cose , disordinando le relazioni ,
che uniscon V uomo ad ogni eS"
sere deir universo ; che tra lo spi^
rito e il cuore v^ ha di natura
tale corrispondenza y che quando
questo sia retto y quello non può
suW ordine della vita essere mai
tenebroso ; che le virtù morali sono
di tale carattere y che rimanersi
non possono y dovunque allignino ,
infruttuose ; che in conseguenza
può ciascheduno egualmente cori»
darsi a tale felicità che altrui si
renda benefico nel provvedere a se
stesso. Meritamente adunque fu
tal Morale distinta per ogni 56 *
colo , come la più civile che pre- • xxix 5en£a55e alV umanità la greca fi-’ lo sofia : meritamente da’ saQj d’o- « gni nazione fu sempre ornata in maniera di affezionarle gV inge¬ gni j eh’ amano instituirsi prwata- mente con arti buone al possesso di una virtù non difficile a con¬ servarsi , e procacciarle nel tempo stesso il favore de’magistrati s che aspirano a stabilire la pubblica fe¬ licità sopra leggi > che guidino con dodi freno i costumi sempre va¬ riàbili e sempre varii degli uomini, Talmentechè que’ Sapienti^ che nel risorgere delle scienze si argomen¬ tarono a svolgere la morale secon- dochè da filosofi d'altro carattere fu composta, furono pochi e ri¬ vali rimpetto a molti e concordi s ebbero fama d’ingegno più che fre¬ quenza di scuola ) soti chiari in fine per merito di erudizione , fna non in grido egualmente per ma¬ gistero di umana felicità * Lad- doQe f caduta ancora la signoria che tenne ferma Aristotile su le scienze sinché le scienze furono schiave di tali , che più temevano la ragione che non i vizj degli uomini ; quando ancor pure si nau~ seava per moda ciò che per moda in prima divini zzavasi ; e il Precet- tor di Alessandro si ricordava per giuoco sino in que^ circoli ^ ne^ quali i nomi de^ grandi ingegni ^ pur pronunziati con riverenza , si disonorano ; furono e V Etica e la Politica Aristotelica sempre ono¬ rate ed accette^ siccome quelle che illustrano ed avvalorano ^ non vi-^ zìan V uomo o V insultano , e in luogo di provvedere a pochi con la disperazione dei più mostransi pronte a’ bisogni j e Ze speranzè sostengono delle nazioni . Bastava dunque ^ per essere ve¬ racemente utile e grande j che si attenesse Stellini alV ordine di Ari- * xxxj stotìle ; hastam certo^ che Verme sue ricalcando , non 5’ impegnasse che a svolgerne i sensi astrusi ^ a* renderne più luminosi i prìncipi , a costruirne più solidi gli argo* nienti, ad ampliarne le conseguen^ ze j, ad estenderne le istruzioni ^ perchè amoreooli e facili si pre^ stassero alle occorrenze e al ca¬ rattere delle variate abitudini y si prevalesse in somma della infinita sua erudizione per illustrare di nuova luce le massime del Peripa~ io 3 con la eloquenza esponendole 3 che in lui fi.oriva spontanea, ed era di tal carattere 3 che mentre con il calar delle iminagini agitava la fantasia 3 con il vigore de* sen¬ timenti sforzava il cuore, e sì trae¬ va despotica Vintelletto. Ma non contento di correre gloriosamente un aringo già segnalato da molti 3 volle egli aprirsi una strada 3 per cui potfssse così distinguersi 3 che 3 h
xxxij * TìlCTltr6 pOjTCVOi iìltCìltO ^ SB^IMT altrui fi riuscisse dove chiunque hra^ masse pure di spiri, ger si ad e guai mela dovesse jmr confessare non rimanergli che seguitare lui stesso. Il primo impegno fu dunque dare alle cose morali quella certezza, sommo argomento di verità ^ ^ cui negò loro ÀristoLile ^ e che 2 ora maso d'Jquino stesso nel suo Com-^ mento aW Etica Aristotèlica non seppe loro concedere j e la qual mentre diceva Loche non esser loi o impossibile di sostenere fi si dimo¬ strava da Vico SI bene ad esse ac¬ conciar si fi siccome a cose^ che han di natura tal regolare andamento fi qual si conviene a sostanze j, che hanno attributi e forme e relazio¬ ni i iwariahili non altrimenti che qualunqu- essere organico deW uni¬ verso, Ma Vico non guardò V uomo individuo j che per librarlo operante in massa con gli altri uomini ; i XXX iij suoi riguardi non si fissarono so¬ pra gli umani caratteri costituenti Iq> spezie umana j, che per isQolge^ re e misurare e conchiudere V in-' tero corso costante e certo nella sostanza quantunque incerto nelle apparenze e volubiledelle umane generazioni. Steliini adunque ìnsU stendo su que^ principi, ch^avea già Vico proposti siccome base d^ ogni morale argomento, principi ingenu ti j che rivelati una volta non pos-> sono non rimanersi eternamente uni per tutti ^ prese a discuter Z’uo- TUO individualmente per avverare quali dalla spiegata natura sua regole uscissero e forme di umana felicità . Ei conosceva assai bene quanto contribuisse a mettere in luce e in forza ogni ragione di verità la via tenuta .nel rintrac¬ ciarla per consentire filosofando alla massima di Bacone, che quel¬ la forma di ragionare , la qual d
XXXIV da" fird, cui s^è
proposto V Autore della natura, intende
scoprir U leggi particolari degli
esseri, vuoisi considerare, come una
vergine a Dìo votata e in feconda .
Quindi ei non mosse dalla dichiarazione
del foie per poi discendere alla
gene¬ razione delle virtù ed’alla
forma degli abiti, qualificando le
azioni umane più dal soggetto
parziale che le dispone , che dal
principio universale che V anima
rispetto al fine che le necessita •
jyia, tutto inteso a discerner V uomo
per il carattere delle distinte sue
attribu¬ zioni, da cui può ,solo
evidente’^ mente raccogliersi a qual
ragione di vivere sia condotto , fecesi
egli primieramente a considerare
quelle facoltà umane, che dalle
umane attribuzioni si avvivano, e che
pur tutte, benché non tutte in un
gta- do, sensibilmente negli uomini
si manifestano; gli usi, ne" quali
co- xxxv ynunemente sogliono adoperarsi da- gli uomini ; gli effetti in fine^ che al par io ed agitato lor vipere ne risultano , Conosciuto di questa guisa non solamente il carattere ^ ma la estensione ancora di ciasche¬ duna y ed avvisato per conseguenza come tra loro son élleno di forze molto ineguali y tali però da po¬ ter si. accordare insieme per attuarsi accordate insieme ad un termine y dal contrapposto delle diverse lor indoli spiegò gli uffizj di ciaschedu¬ na y segnando i limiti a tutte da contenersi y affinchè y ognuna contri¬ buendo (ù bisogni umani sol quan¬ to lei sì conviene si avvalorassero insiemey non / implicassero, nè so¬ perchiandosi smodatamente si ri¬ duce ssej'O ad essere scambievolmen¬ te disutili. risto però che uomo non solamente nascevasi dal con¬ sorzio y ma nel consorzio ancora di altri uomini y e cK era tale consor- XXXV j
zio disposto in t zarà col
crescere » in ciascun uomo guisa da rlnfor" , chiarì tal essere il carattere delie parziali sue facoltà, che non sol queste si sviluppassero in comunw- ne con altri uomini, ma che da tal comunione principalmente pulso e lena prendessero a svilup¬ parsi. Quindi ei si accinse a mo¬ strare il segno, insino al juale dee V uso loro dagl’ individui di¬ stendersi, non altrimenti rispetto a sè che ad altrui, chiarificando comè tal uso per dirsi retto consiste nel provvedere alla vita individuale gio¬ vandosi de* soccorsi, che appresta all* uomo la comunione degli uo¬ mini : soccorsi certo maggiori di quanti altronde ne possa attende¬ re ; ma che si perdono , anzi in rovina si volgono per qualunqu* uo¬ mo si attenti a vivere senza rispet¬ to ad esseri, che similissimi a lui son come lui provveduti delle me-' XXXV ij desime facoltà. Così fu tratto dal fine stesso della Worale a connet¬ tere essenzialmente con essa ^ e in conseguenza a discutere la sostane za i le relazioni e il carattere di quella prima società umana ^ sen¬ za di cui nè giammai stata sarebbe fumana stirpe^, nè mai sarebbe per conseri^arsi e per essere. Parlo del¬ la famiglia y della doìnestica so¬ cietà parlo y la quale è tale y che^ qualunqu^ altra ragion di vwere si pongan gli uomini amplificati a popolazioni) non può non essere il fondamento e il vincolo di tutto il pivere umano* Tale carattere Steliini in lei ravvisò ; ne investigò la sostanza in modo y che ciasche¬ duno vi contemplasse y noti contraf¬ fatta dalle opinioni degli uomini) l'opera stessa della naturay traen- dola dalla caligine y ove giacea per antica rivalità di sistemi ; C 05 Ì
fi"" nalmente esposela y che
si mostras- XXXV11J se legata in guisa con il parziale^ ben essere 3, che solaìnénf e da lei nascessero 3 e solo in forza di lei si rannodasser que vincoli 3 che stringer debbono gli uomini in quel-’ lo stato 3 in cui pur dopo le agi¬ tazioni domestiche 3 e per il bene deW individuo e per la utilità del¬ la spezie 3 son violento ti a comporsi dalla natura . Di questa forma pesando V originale carattere di questo stato 3 avverandone i fonda- menti 3 chiarificandone le naturali sue relazioni 3 sempre rispetto al principio della individuale prospe¬ rità raccolto dalle individuali fa¬ coltà umane 3 condusse VEtica si¬ no a quél punto 3 oé ella deve ar¬ restarsi per non turbar le ragioni della Politica 3 cui si convien dal¬ la essenza della Città desumerne le varie forme per congegnarle in modo 3 che sempre a* voti rispon¬ dano della natura e degli uomini* XXXJX E questo fu V altro assunto ^ per cui Steliini cercò distinguersi trcd maestri della maral facoltà. Im¬ perocché gli è pero ^ che fu la scienza morale introdotta in Gre¬ cia per soi?P€nire alV indole delle cibili occorrenze ; gli è pero ancora ^ siccome ho già divisato j che il più fra quanti accinsero a segnalarsi neir arte nobilitata da Socrate fu certamente Aristotile^ che la vestis¬ se di umana forma perchè gui¬ dasse benefica le inclinazioni de-- gli uomini. Ma svolgere cosi Vuo- tno j che le medesime facoltà sue palesassero V insufficienza propria di svilupparsi utilmente senza il commercio degli altri uomini j cosi discutere gli usi loro 3 che si ap¬ prendesse per essi come sia d*uopo accordarle utilmente insieme ; di¬ saminarne così gli effetti eh* essi medesimi suggerissero a quali re¬ gole convenga attendersi per ben xl
giocarsi degli uomini^ mostrare in
somma nel virtuoso .operare nx>n
solameàtè la^ perfezione . del fio-e
preposto' àlV uomo y» d \mezzo
ancora essenziale d'abilUm^fO'rag¬
giunger e 'un colai fine ; e -in i. con ^ seguenza verificare e propor le basi d^ 'Ogni sociale rallori di n^ere ^ non solo come illazioni > a cui deb¬ ba andarsi dopo la istituzione d^or- gni moral carattere per abbellirlo ^ ma quali temi così connessi con V argomento della parziale felici-- tà , che separare non se ne posso^ no senza corrompere la istituzioni delV uomo stesso ; fu questa im¬ presa onorevole di Steliini . Ope¬ ra sua. fu pure ^ che le morali proposisioTbt -SI conducessero, ikii f
or¬ ma ^ che ciascheduno per
accertar- nè^ la 'verità xrrxm avesse clw
a rin¬ tracciarne i principi tacila
coscien¬ za^ à 6 doGunienti attenderne
dal¬ la esperiénzà di sè medesimo* Nè .
t vuol tacersi y di' ei
veramente per non viziarne V essenza la
tenne ferma a quel fine y che le
prescris¬ se Aristotile y e che Tommaso
(TA^ quino stesso interpretando
Aristoti¬ le le assegnò y di procurare
alVuo- rao tale felicità y quale può
solo nel corso di questa vita
raggiun-- gersi. Non però volle siccome
il greco Filosofo ridurla a tale da trasandare negli uomini y se non forsbanco distruggere y ogni speran¬ za di perfezione avvenire y dal che può sorger neWuom.Oy temporalmen¬ te anche preso y un turbamento ini¬ mico della terrena stessa felicità. Ma senza mescervi estranee cose y COSI gli attributi umani considerò y che mentre il retto esercizio loro mostrasse a tutti la via del tempo¬ rale ben essere y mettesse pure vigo¬ re ed animo a quelli j che s^ indi¬ rizzano a miglior fine con vie. mi¬ gliori speranze. Quindi quelle qui- xlij
stìoni, che in altre opere di mo-
vale, o si dibattono con uno zeta
inimico della morale e degli uo¬
mini , oppur vi sono siccome a
pompa dHngegno senza un legame
che le congiunga alla umana Je-
licitày nella Morale dello Stellmi
discendono dal carattere della mo¬
rale medesima i mostrano vivo l im¬
pegno di provvedere a tutta la^ spe¬
zie umana, pesano solo alV em-
pio 5 nè intimidiscono che lo stolto.
Si aggiunga a ciò la maniera ^
ond^ egli prese ad esporla , Impe¬
rocché attenendosi nelV ordinare la
tela de' suoi pensieri severamente
al carattere dii /éristotile ^ che pre¬
feriva al pomposo pensare il solido ^
€ procedeva negli argomenti per vie
spedite a convincere V intelletto ^
volle nel presentarli imitar Plato¬
ne, il quale offrì colorito ai sensi
^anto potevasi astrattamente dall
animo concepire p non risparmiando xliij grazia e vigore immagini ^ nè vezzo o numero di parole per im¬ pegnare a convincere la ragione la stessa iimnaginazione degli uomi¬ ni, iVè lo Steliini era tale di fan¬ tasia j, che irresoluta e timida gli si prestasse aW incarico . Imperoc¬ ché^ oltre alV essere vivace ardita e feconda per sé medesima ren- densi ognora più vigorosa e pron¬ ta con la consuetudine de’ poeti ^ de’ quali usava non solamente a ristoro delV intelletto , ma per av¬ verare in 65^1 principalmente il ca¬ rattere delle opinioni e degli usi predominanti de’ secoli ^ siccome in quelli f che le impressioni più vi¬ vamente ne soffrono s più se ne ir¬ ritano 5 e quindi con più calore ne avvertono , e con più senso re’ espri¬ mono V andamento , Da ciò pur venne eh’ ei così scrisse latinamen¬ te j, che mal direttesi a qual lati¬ no esemplare si conformasse j per- xìiv che da tutti cogliendo il fiore cosi trattò questa lingua^ quasi^ pur fosse nativa in lui e fattasi in lui domestica o ne^ Comizj agitando il popolo j o colloquiando aneli ei di filosofia negli ozj del Tusculano . Se dunque fosse tal Etica ve¬ nuta a luce quando V Italia pre¬ giava Cantica lìngua come reiag- gio non tenue di antica gloria ^ ne aveva appreso agli estranei a sprez¬ zare i suoi col farsi bella di non conoscerli o non curarli essa stes¬ sa ^ avrebbe certo incontrata tale celebrità ^ che nè splendore di com¬ mentari f nè copia di traduzioni j nè tipografici adornamenti niun le sarebbe restato in somma a de¬ siderare di quegli onori ^ onde si videro illustri né* tempi andati o- pere nostre dibassai minore impor¬ tanza. Ma lo Stellini fiorì nel tempo f che intiepidito generalmen¬ te il fervore di segnalarsi nelV i- xlv dioìna, lutino ^ leggi nè forti à reg^ gere piìi i costuìni y nè sagge al~ meno di concordarli con gV inte^^ ressi degli uomini y perseuerai^ano CI riguardare come sacrilega qua~ lunque lingua y che avesse arditó d^ esporre giovani con altre for~ mole y che latine y le facoltà neces¬ sarie a svolgere V ingegno umano. La scienza astrusa per sè medesi¬ ma j il nuovo aspetto da riguar¬ darla y V impegno di presentarla in relazione immediata co’ fondamen¬ ti sempre agitati deWuman vivere y la rigidezza delV ordine per soste¬ nerla in tale argomento y V erudi¬ zione recondita nel dichiararla y una latinità finalmente y cpianto nervosa e florida y tanto più scabra ed ardua y erano in vero cagione y che lo Stellini sì udisse dalla sua cattedra con maggiore curiosità y che frutto y e accagionato pur fos¬ se di oscurità y come attestane il ■li SUO- discepolo e splendidissimo lo- dator suo Carondli, prima per de¬ bolezza dagli uditori 3 quindi^ per interesse dal volgo de"" letterati
> al¬ fine poi per invidia dagli
scienziati medesimi. Nè miglior sorte
potea succederle^ quando per onera al¬ trui tal Etica si pubblicò : peroc¬ ché gli usi f già guasti , non pro¬ mettevano ancora miglior fortuna. Da questo avviene, che ancor fio¬ rendo la fama di tanto ingegno scodano molti 3 chiari eziandìo per lettere j nel noverar gli argomenti e i titoli di gloria patria dolersi ninno aver noi che ne agguagli nélla dottrina della morale agli estranei ; i quali in vero non so in quaV arte voglian maggiore V Ita¬ lia ^ se quelle a lei non concedono^ che per giudizio degli stranieri me¬ desimi sue sempre furono ^ e che per tanti scrittori di chiaro meri¬ to ^ mancandole pur tal Etica j le xlvij si appartengono . E come infatti potrebbe altrimenti credersi ^ quan¬ do lo Storico nostro della filosofia^ yiel punto stesso di accingersi a conservare aW Italia la primazia nelle morali dottrine ^ trascelti al¬ cuni ^ che benché sommi non erano i più opportuni al bisogno, nomi¬ na appena Stellinì in truppa con altri nomi y non egualmente onore¬ voli a ricordarsi ? Quindi non è maraviglia , se nella Istoria sua de^ sistemi il Signore Degerandò non colloca tra gV istorici della jilosojia lo Steliini ^ che tale isto¬ ria della morale adornò, quale non altra d^altra dottrina può superio¬ re aspettarsi , dimenticandolo af¬ fatto con Genovesi e con Fico ^ i quali se fra gV inorici della filo¬ sofia non han luogo ^ non saprei quale più degno ne resti a lei se¬ condo i grandi caratteri di Ba¬ cone , Ma chi disprezza sè stesso xlvilj
mn,^-diritto alla stima altrui;
'^''hu.ésta per qualche tempo fu no¬
stra calamità* Per altro come stu¬
pirsi^ che V opere di Stellini venu¬
te a luce, lui morto, sì poco gri¬
do muovessero tra gli stranieri ^ e
tra' suoi j, se quella pure che vivo
lui si 2>rodusse j anzi eh' egli mede¬ simo nel fiore espose dell'età sua^ quasi ad esperimento del suo valore^ nel magistero che apparecchiavasi ad intraprendere tale fortuna in¬ contrò 3 che fu quasi generalmente dimsniicata. Io non ignoro eh' essa formo la delizia di Peccaria; che pAlgarotti la predicava eguale aZ- la Dis’^crtrCzione del metodo di Car¬ tesio c il ^o&tì'Q illustre FrateU i 'sómmo per, eloquenza non me¬ no che per-d'ól’vfirialà "Estimò
de- gnq> di meritar le sue cure per
es¬ ser fatta 3 di .lìngua arkcorag
ita¬ liana.r- E cosu^')Ure fosse
piaciuto alla sua modestia di non
inandare xlix perduta almeno quest* opera con Valtre molte) non tali certo da to¬ gliersi al desiderio della posterità) coinè tal Saggio or avrebbe si in no¬ stra lìngua quale potea recarcelo chi seppe usarla con tanta pompa ad onore de* trapassati^ Ma tal pro¬ posito stesso ) penato in lui non cer¬ tamente d'altronde che dalVardore di propagare la fama di tanto sen¬ no ) basta sol esso a convincerne ) che fu tal* opera) quale per altr* indlzj noto è che fosse ) non solo ignota alla moltitudine pur disadatta ad intenderla ) ma neppur messa coni* era debito in pregio da que* mede¬ simi che più doveano onorarla. Va¬ rie cagioni concorsero a coiai esi¬ to ma somma fu V esser ella di tenebroso carattere sopra ogni al¬ tra ) che lo Steliini imprendesse a scripere nella medesima lingua ♦ La rese tale primieramente la sua .maniera di esprìmersi . Il preseri- f
1 tare con i colorii de^ sensi
allOi magmatica i concetti deW
intellet¬ to y perchè discendano piu
dolci e facili al cuore , è ardua
impresa per ogni lingua y w.a
spezialmente per quella, che mancò
alVuso de¬ gli uomini primachè loro^ si
ofiris¬ serò e nuovi oggetti a
discutersi, e nuove immagini a
disegnarsi . Grandi maestri seppero
certo adat¬ tarla a ciò; ma non è
agevole a tutti di poi discernere speditamenn te sotto il velame di antiche forme pensieri e cose di fresca origine, principalmente ove sieno di non volgare carattere, La quale diffi¬ coltà vieppiù sHncontra in taV Ope¬ ra, perchè Stellini, impegnato a stringere in poche pagine ciocch e- ra pure argomento di piu volumi, così raccolse i concetti, che si po¬ tessero per così dire agguagliare al numero delle parole ; e di tal guisa intrecciandoli, che gravi e Ij
CLTinonici sostenessero la maestà del-^
V oratorio andamento. Uarduità
del subbicito inoltre crebbe durezza
d^ intelligenza allo stile. Imperoc^
chè non intese ad altro ^ che a di-^
mostrarci spiegata dinanzi agli oc¬
chi la vera istoria del cuore e dello
spirito umano, dalV età prima alla
nostra^ storia che in quel volume sol
potea leggersi i in cui sì bene Vico
avverò i principi delle civili catcì-
' strofi y nella natura cioè delVuomo
in relazione con Verdine delVuni¬
verso . Talmentechè rinchiudendo ^
siccome in germe ^ in , tal Saggio
quanV ha e può avere corrisponden¬
za con il morale ben essere ^ non
solamente insegnò come tracciare e
svolgere e le opinioni e i costumi
de^ tempi andati ^ ma come ancora
distinguere e governare il carattere
delle correnti abitudini ^ e prepa¬
rarle a que^ cangiamenti ^ quali
senza consiglio andrehbono^ con il
lij disegno di renderli, se non
propizjj non tanto molesti almeno alla
pace delle nazioni. Così rwelando
alV uomo V origine e il fondamento d’ ogni moralità mostrò a’ rettori degli uomini le sorgenti della pe- ì'ace utilità pubblica^ e dimostrando filologi quale filosofia si conpe- nlsse aW istoria diede il modello a filosofi come condur la storia d o- gnifilosofià. Tale è il carattere di questo Saggio j e tale essendo gli e forza inarapigliarsi non meritasse altr^ onore dal chiaro Degerandò ^ cN essere con altr^ opere nudamente rammemorato ^ alcune pur delle quali poco alV Italia dorrebbe in pero che andassero dimenticate. E a rendere le dwisate due qua- lità pieppià disposte a pelare il nervo de’ sentimenti altra ragione aggiunse. Era Steliini di massi¬ ma^ come dichiarasi nel Proemio che non si debbono tutte ^ o che tdmen sempre non dehbonsij in
pie^ na luce mostrare agli uomini
le verità . Quindi si dee ripetere V
a~ bitudìne di presentar molte idee
con forme poco sensibili; di preferir
le *
maniere non usuali agli autori stes^
si delV aurea latinità ^ traendole
ancor talvolta da^ primi suoi for^-
matori ; di usare in fine vocaboli,
frequentemente di equìvoco, e talor
pure di opposto significato* E avea
ben egli onde credere , che proce¬
dendo altrimenti , con le piu rette
intenzioni ancora, correa pericolo
di molto nuocere a se poco giovan¬
do ad altrui . Poich^ egli volle di¬
scuter V uomo secondo che la ra¬
gione , senz^ altra luce che quella
del naturale intelletto , potea di¬
scernerlo; che anzi, com^egli stes¬
so esprimesi, prese le cose morali
a svolgere, come Neutono le fisi¬
che ; poste cioè alcune leggi, per
esperienza note, dedurne le conse- liv
guenze^ senza nè inpesf igare j nè la
ragione determinare delle medesime
leggìi S'egli è f e fu sempre , come
pur sempre sarà bisogno di tutt i
popoli i che pipan gli uomini oì le¬
stamente ^ se il conf ori are a condui si ad onesto vipere è il fine ingenuo della morale' dee certo dirsi ono¬ rata impresa trarne le regole da relazioni ^ che tutti sentono esiste¬ re in sè medesimi e a tutti posso¬ no dimostrarsi purché abbian senso di esistere y piuLtostochè da princi- pj ^ Tie’ quali sgraziatamente tutti non possono o PogHono consentire j e che infoscaii una volta nelV in¬ telletto o per imbecillità di mente o per nequizia di cuore debbono ancor offuscare in esso il carattere della morale, ove non voglia per¬ mettersi di formarlo da cosiffatti principi indìpisam.ente. Nè punto può nuocer questo alla stessa vera¬ cità de^ principi • P^^^oechè , sendo Iv
primaria attribuzione del pero che
sia mai sempre concorde a sè ^ gua~
lunque parte dipisamenfe se ne di*
mostri non può stenuar la forza o la chiarezza delV.altre ^ ma col riu¬ scir necessariamente ciascuna allo stesso termine si presteranno a pi- cenda chiarezza, e forza, altron¬ de il bene sensibile^ che frutta al genere umano V onesta vita degli Uomini ) e le miserie ^ di cui lo ag¬ grava sensibilmente 02;ni vipere hru- tale o stolto ^ sono argomenti op¬ portuni alV uopo delle nazioni per tener gli uomini concordi e docili nelle regole di una morale soli¬ damente benefica . A questo mirò Platone né suoi Colloquj sulla re¬ pubblica j ne^ quali Socrate non già disegna la forma d* un^ ideale città f per farsi giuoco degli uo¬ mini siccome credesi volgarmente ^ ma insegna agli uomini V impor¬ tanza della giustizia per il ben essere d^o^ni città, mostrando^ d quali fortune onorata meni e gV in-^ dioidui e i governi , vilipesa . E la innocenza^ di que¬ sto metodo fu rispettata m manie¬ ra per lunga età, che Aristotile, il qual restrinse più già d ogd al¬ tro filosofo la morale a regger Vuomo nel corso di questa vita non olire certo all’acquisto della civile felicità, ebbe il primato fra quanti antichi s" ebbero in essa a maestri, e per consenso d interpreti e per numero di settarj, nella eminenza medesima del Cristianesimo. Prese a combattersi con asprezza , dap¬ poiché l urto di alcune massime mise m impegno chi le guardava per argomento di regno di opporsi all impeto via via crescente col di¬ mostrare fatale agli uomini qua¬ lunque genere d^ istruzione che non mirasse a consolidare quella unità di credenza sopra gli affari del Ivij cielo y che già costala tanti delit^ tij, e tanto sangue e vergogna all* iiTìianità . JE tal politica inferocì, fonando Bayle spiegò V audacia di credere potersi giusta repubblica stabilire senza nozione di Dio, La quale temerità ^ quantunque avesse Plutarco già molto prima inségna^ to doversi così ricevere come il de~ lino di un sognatore ^ che si van^ tasse posseder Varie di costruire e consolidare una città fra le nuvo¬ le ^ e in conseguenza comhattere non con altt* arma che qual s* im¬ piega a correggere una follia ma¬ nifesta ^ pure non fece che raddop¬ piar le ferocie centra ogni sforzo della ragione, irritò dunque lo zelo in quella classe di uomini y che si potrebbero ben propriamente chiamare y com^ altra razza molesta d’ uomini da Cicerone si nominò uccellatori di sìllabe y i quali cosi notavan gli accenti de* ragionanti ^ §
Iviij come que" delatori di
Tacito i volti de\ virtuosi^ per
accusare colpevoli di vilipesa deità chi
più cercava Onorarla con la ragione ^
siccome quelli a rovina degV innocenti
pone- van fieri V accusa di violata
maC’- sta. Da questo io credo
avvenisse che la sentenza da Grazio già
senza scandalo intesa, esservi tale
intrin¬ seca moralità nelle azioni da
strina- s;er gli uomini ancora neganti
Id¬ dio , fu con tanf ira ascoltata da Fuffendorfio . erano in vero con i costumi alquanto pur le opinioni appiacevolite, quando Steliini illu¬ strava V Dùca ; non però a segno O^TÌTB ^ %Th ItCL—^ Ha , sicurtà piena di ragionare . jV’ è chiara prova egli stesso , Im¬ perocché nè gli valse la circospetta maniera di presentare un tal Sag¬ gio ; nè gli giovò presentarlo al Pubblico dopo di averne deliberato con uomini di timorosa pietà; nè lix
fu schermo in fine un curai ter e
di religione austerissima. Villane
e perfide accuse di SpinonUmo e
Obbesismo V ojfeser vwo, nè rispar-
miaronlo morto. Che se non giun¬
sero ad intristirlo fu che il suo vi¬
vere sì poco ambiva il romor del
mondo, che non turbava le prati¬
che dei zelatori del cielo ^ ed ebbe
sempre cuor saldo come la sua vir¬
tù* Fu però stretto ad usare di
apologie con amici postisi a lite
per lui. Così quesf Opera ^ tale da
spingere oltre ogni credere alla
civil perfezione governi e popoli
e per la propjria sua luce ^ e per
maggiore ^ che avrebbe dovuto ac¬
cenderne y fu pe^ suoi pregi mede¬
simi e di argomento e di lingua,^
generalmente dimenticata. Quanto
sia poco il favore , che aspettar possa
dà* dotti conoscitori delle due lingue
il mìo volgarizza¬ mento ^ da niuno
certo minore ac- ix: coglienza attende y Amico Venera* tissimo, che da Foi. Perciocché guanto sia grande la bontà vostra in accogliere le cose mie per la benevolenza di cui solete onorarmi^ pur è mestieri ^ che avendo viva nelV animo la maniera onde fu re¬ so italiano questo latino esemplare dal vostro illustre Fratello j, Voi vi dogliate di tanta disparità ^ quan¬ ta è forza che tra noi due s^ in^ terponga. Io certamente nulla in¬ termisi f pìerchò perdendosi nella mia copia le grazie ^ che rendon vago V originale ) serbasse almeno non alterato lo spirito de^ concetti. Quindi curaV ho sempre di non ampliarne o restringerne V espres¬ sioni 3 fuori di casi rarissimi j in cui la giunta di qualche voce esi- gevasi dalla chiarezza , senza la quale è di peso la fedeltà . E ciò con tal diligenza ^ che avendo io preso a recare in versi s quando noTè ]xj
fossB ancof fatto^ od a me dato
non fosse di prevalermene ^ qua nto
Stellini de* Greci o Latini Poeti
adduce , ho jìreferito esprimerlo co-
m"* ei presentalo, ove altrimenti pa* resse nuocere alVargomento. Perciò, studiandomi a volgere altre sen¬ tenze in modo più consenziente agli originali che alle versioni recatene, volli seguirlo nel presentare unita la diceria di Prometeo, la quale in Lschilo viene interrotta dal Co¬ ro , sostituendo pwrciò una poco /e* dele e languida traduzione alV ot¬ tima di Giacomelli, ed alla egual¬ mente chiara di Cesarotti. Mi venne poi tal proposito dall* impegno, che da qualch*anno mi stringe, di prov¬ vedere alla istruzione civile di flori¬ da gioventù . Imperocché avvisando quanto da meno fossero al carico le mie forze, mi sono sempre stu¬ diato di soddisfarvi con ajutarla di que* Maestri, cui seguitando an- Isij
drehhe sicuramente a bene^ simile a
chi colendo, ma non avendo onde
spegnere V altrui sete, si affretta
almeno a mostrare sof'genti pure e
ahbondevoli per ogni brama Primo
a trascegliersi non poteva sicura^
mente non essere da ine Stellini^ e
perchè sommo in tal genere d^ istitu¬
zioni j e perchè nostro di patria
potendo i nostri destare in noi mag¬
gior fiamma di emulazione ^ per
esser massimi nella dottrina affi¬
datami a senno ancora degli este¬
ri^ e per offrirci uni^ immagine del¬
la primiera virtù . Se dunque lai
fu Vimpegno che a ciò mi trasse^
V oi non dovete maravigliarvi j se in
questo ragionamento io presi a di¬
scorrer cose j che mi sarebbe stato
assai meglio da Voi conoscere co¬
me 50720 j che palesarvi quali io
presumo doversi congetturare che
sieno . E necessario ^ mostrando un
fine alla gioventù^ metterle innan- 1 » * « XJ]j
zi le cause ^ le quali o spensero
o indebolirono i mezzi da conse-^
guirlo ; nè tali cause possono me¬
glio indicarsi quanto swlgendo il
carattere delle incende, che prece¬
dettero o accompagnarono il cam¬
biamento delle opinioni . Di que¬
sta forma o si pongono veramente,
lo che non penso aver fatto ^ o 5 ?
cimentano migliori ingegni a pro¬
porle f come io pretesi di fare .
Mao Vuno o V altro che facciasi
ne siegue sempre tal frutto a gio¬
vani j che non più dubbio rimane
il fine ove intendere. Vorrete dun¬
que permettermi j che mentre in se¬
gno della mia stima altissima io
P’ offro cosa ) che appartenendo ad
Uomo per tanti titoli caro a voi
non può non essere a voi carissi¬
ma ^ mi valga pur della stessa au¬
torità vostra per infiammare la gio^
pentii ad apprezzarla . Io certa¬
mente non dubito ^ op ella sia me-
Ixiv ditata 3 che basti sola ad
amrnae* sfrarla a che ne meni il
disprezzo de* nostri patrii idiomi: Vuno
de* quali} come nativo ancora ^ può darci proprio carattere ; V altro ^ siccome frutto della romana gran-^ dezza ^ può dare a tale carattere parte d*antica maestà. Ma soprat¬ tutto le mostrerà^ che la stima pres¬ si ata a massimi ingegni per cono^ scenza di merito, quanto è di loro, più degna, tanto più frutta alla patria di utilità. SI avranno allo¬ ra come que* Genj benefici che, ve¬ nerandosi pel carattere delle azio¬ ni , a belle azioni infiammavano, diversi affitto da quelli che si go¬ devano una diylnifà usurpata nella opinion-e del volgo senza neppure ì mpegnare i sensi con qualche dol¬ ce prestigio a patrocinarla . SAGGIO SOPRA
t* ORIGINE ED lE PROGRESSO DE’ COSTUMI. £
DELLE OPINIONI A’ MEDESIMI PERTINENTI.
PROEMIO Q- Quantunque le istituzioni e le ordinanze de’ popoli sovente alie¬ ne dalla onestà 5 e le discordi fra loro opinioni e massime de’ filosofi estenuare la forza di quelle leggi non possano, cui la natura am¬ maestrane dover sol reggere in vita ed in società umana gene¬ razione; pure un cotal miscuglio di costumanze e di regole in tan¬ te tenebre avviluppò la ragione, di tanto sozze lordure il vivere contaminò, che malamente po- I
r ‘f- f
t r r
t r 2 , trebbesi restituir la nativa sua luce a quella , ravvivar questo alla pristina semplicità. Laonde perchè non troppo ^lle sentenze degli uomini e agli usi delle na¬ zioni concedasi da coloro, a’ qua¬ li, per istimare e magnificare al¬ cuna cosa per retta , basta il ve¬ derla in riverenza e in pratica fra gli antichi, o sostenuta anco¬ ra dai credito di Scrittore fattosi commendevole per opinion di sa¬ pienza ; e perchè pure gli sciope¬ rati semplici non sieno illusi da quelli , che quali disperatissimi cittadini possono solo nello scom¬ piglio e nel guasto della repub¬ blica la potestà procacciarsi d’im¬ punemente osar tutto; venni in proposito di nuovamente ritrai* la cosa dal primo suo nascirnent®, ed i suoi gradi e quasi procedi¬ menti ordinatamente raccogliere. Imperocché , ristrettane in brevi linee la immagine,
agevolmente ciasCLino comprenderà, da
quali fonti sgorgassero ed opinioni e
co¬ stumi di tante forme ; come, al frequente scoppiare di nuove usan¬ ze 5 le antiche o dissipate ne an¬ dassero , o sì ne fossero modifica¬ te, che fune all’altre annestan¬ dosi, benché dissimili di qualità, pure insieme prosperamente fio¬ rissero ; donde avvenisse in fine, che trascorrendo tali costumi am¬ pie terre , non solamente allignas¬ sero tra fiorentissime genti, ma v’impetrassero ancor l’onore de’ simulacri e de’ templi, sino a pa¬ rere non trapelativi furtivamen¬ te, ma di consiglio invitativi, nel¬ la città ricevuti con l’approvazion degl’iddìi e degli uomini, e fe¬ licissimamente co’ sacri riti me¬ desimi incorporati. Perchè ciò possa più chiaramen¬ te conoscersi, dee primamente av- 4
ver tirsi con quale ordine secon¬
do il vario spiegarsi delle facoltà
umane 5 datasi loro gradatam.ente
occasione , si sviluppasser gli aifet-
ti, ed opinioni conformi a" distri¬
gatisi affetti sopranna scessero ; di
poi con quale tenore e modo, am¬
pliatasi appoco appoco la vigoria
dell’ingegno, si usasse esporre ed
insinuare tali opinioni agli altri;
e da qua’ capi diversamente si
deducessero, secondochè ciaschedun
potè con la osservazione assidua
esplorar le leggi, che tutta reg¬
gono la natura, o indovinarle o
fìngerle ardi secondo quella dot-*
trina, che più gli fosse autorevole
e familiare . Imperocché o le ne¬
cessità della vita, o un animo in¬
sofferente di posa, o l’alterazione
di quello stato, ove a ciascuno è
aggradevole di rimanersi, quelle
facoltà spingon fuori, che sieno a
rompere più disposte, e più ne
5 apprestino insieme di utilità.
Le sviluppate facoltà poi spiegano
e svolgono cupidità a sè adatte e corrispondenti . Poiché ciascuno ordinariamente tanto desidera ed. osa , quanto per vizio ingenito delPuman cuore stimasi valido a prendere e a conseguire. Appena poi che prorompono gli appe- ^-iti 5 checché pur loro s’acconcia pongono in conto di beni, e tutto debito estimansi di pien diritto. Avvegnaché ciascuno perversamen- te reputi, essergli stato dalla na¬ tura ed assegnato e concesso quan¬ to gli sia pur data dalla natura medesima facoltà di acquistare. IVTa perciocché quelle cose, alle quali può dietro spingersi un ap¬ petito ardente di tutte brame 5 né senza contraddizione altrui pro¬ cacciare 5 né conservar procacciate senza fatica si possono, quindi a. pensarsi occorsero alcune regole^ 6
le quali o corroborassero, ed a
buon fine gli stimoli dell’appetito
indri..assero, o con prudente av¬
viso in certi e giusti confini i
contenessero. Conciossiachè le re¬
gole allora principalmente conven¬
gono, quando le cose non d^ un
tenore procedono, ma soglion es¬
sere disturbate dalle altrui brame
sopravvegnenti, o veramente im¬
pedite dalle discordi fra loro^ in¬
clinazioni degli uomini . Cotali le—
gole poi, siccome furono varie per
la natura de’ tempi e la qualità
delle spiegate affezioni, cosi vesti-
ronsi ad ora ad ora di varie for¬
me e da più fonti s’ attinsero , se¬
condo la cognizione molti pi ice del¬
le cose , per cui l’energia dell’ ani¬
mo e dell’ingegno più largamente
si dilatava. Perchè però IMntel-
letto massimamente di ciò si pia¬
ce, che sia talmente continuato e
disposto, che benché unito di mol-
7 te cose e tra sè dissimili,
pure si possa in una stessa ragione e
for¬ ma come una sola comprendere ; quindi 5 qualunque ohbietto gli sia proposto ad investigarsi jed a svolgersi 5 lo paragona con quello, eh’ ei penetrò più adentro e con più cura studiò, esplorane le so¬ miglianze, e l’uno adatta con Tai- tro e lega. Ora la conoscenza no¬ stra, nata di quelle cose, che ognuno sente in sè stesso occorrere o da’ suoi simili avvisa farsi, a quelle prima inoltrò ^ che il più negli altri animali avvengonsi, e per le mosse e qualità varie, per cui lo stato di quelle mutasi trat¬ to tratto, più vivamente coramuo- von gli occhi e gli spiriti ad os¬ servarle ; cresciuta poi di vigore tutta spiò la natura; allora dalla materia appoco appoco staccando¬ si , svolte le convenienze delle grandezze e de’ numeri ed appli- 8
catele alF armonia moti ur-»
tanti le orecchie e aggirantisi in»*
nanzì agli occhi , scioltasi affatto
da® sensi spiccossi a ciò finalmen¬
te, che veramente è , e che di
natura sua ogni composto ahhor-
l’e 5 e in esso lui s’arrestò. Con
progressione eguale gradatamente
si trassero le iustruzioni per go¬
vernar la vita da’ fatti stessi de¬
gli nomini, dalle leggi della na^
tura spiegate negli animali e ne¬
gli esseri inanimati j dair astrono¬
mia musica aritmetica geometria
metafisica j Sendone a guida i sensi
la fantasia T intelletto, e loro pro¬
curatrici le immagini delle cose
0 vere o fantasticate. Da tal descrizione che intra¬ prendiamo, benché a misura dell^ argomento lievemente adombrata, rilucerà lo svolgersi delle facoltà umane ; la nascita ed i progressi delle opinioni e degli appetiti. /
9 che il più convengano con
alcuna facoltà svoltasi divisamente
dall’ altre ; la causa in fine perchè i costumi, 1 quali dalle opinioni e dagli appetiti si propagarono , gli uni degli altri sìeno più antichi e durevoli. Imperocché siccome spiegasi e vige il senso mentrechè anneghittisce quasi assonnata in carcere la ragione, e sono i sensi più pronti ed alacri a muoversi che r intelletto ; così più ratto si schiudono, e più altamente s’im¬ primono que’costumi, che più dal corpo s’informano che dall’ ani¬ mo . Ma la ragione o non può fio¬ rire nel tempo dato dalla natura, quasi germoglio in terreno ingom¬ bro d’erbe selvagge e maligne, o perchè suole corrompersi, quasi inzuppata di quell’ umore cadu¬ tole esteriormente vicino di cui si pascono i sensi ; o benché invigo¬ risca , e splenda libera e pura IO
d’ogn’infezione corporea, pure è
mestieri che ad arte appannisi e
velisi affinchè agli occhi del vulgo
non sia di noja, nè rigettata dal
corso delle ordinarie abitudini .
Conciossiachè qualunqu’ uomo, va¬
lendo assai di ragione, voglia che
tutto a norma della ragione adem¬
piasi, nè si conceda punto a’ co¬
stumi signoreggianti, se costui re¬
chisi di società in solitudine, e
distaccatosi dagli affari s’addica
tutto agli studj della sapienza,
abbandonato dagli altri uomini
sarà sapiente soltanto a sè ; ove
operoso mischiisi tra la turba, ri¬
butterà per odiosa ritrosia tutti
gli altri; se di favore prevalga e
d’autorità, susciterà tempeste im¬
portune. Laonde per pravità
dicata nella natura avvenne, che
la ragione potesse apporre a’co¬
stumi faccia e color di onestà, non
però loro infondere dell’ onestà la 11 sostanza e quasi il sangue incor¬ rotto ; e che allor pure che la virtù pregiavasi 5 e aveva agli uo¬ mini intelligenti spiegata tutta la sua potenza ed il suo splendore, fossero annoverati fra gli ottimi quelli, che larve ostentassero di virtù, più lontani da’ vizj popo¬ lareschi, che di verace e reai vir¬ tù possessori. Nè quegli eroi, di¬ ce Tullio * , Marco Catone, e Cajo Lelio, i quali si reputarono e no¬ mi naron sapienti, sapienti furonoj neppur que^ sette; ma di sapienti, pel frequentar de’ mezzani ufRzj, certa sembianza ed immagine so¬ stenevano .
* Cicerone degli offi&j l^’ 3- cap, 4’ I2i
CAPITOLO PRIMO Con quale ordine si sviluppassero Le facoltà degli uomini ^ ed appetiti ne uscissero loro connaturali. I." u io che osserviamo accadere singolarmente agii uomini nel bre¬ ve tratto di vita a ciascheduno segnato dalla natura, deesi pur dire avvenisse in più largo giro di età alle nazioni medesime. Av¬ vegnaché, per valermi delle pa¬ role di Tullio 5 come ha cia¬ scuno in principio tale confusa ed incerta costituzione, che mira solo a curar sé stesso, ma non intende nè ciocch'e’ siasi, nè ciocch’ e’pos¬ sa, nè finalmente che la sua stessa natura sia ; quindi avanzatosi al- ^ Cicerone de’ Fini Uh, 5. cap. g. i 3 guanto, e fattosi ad avvertire si¬ no a qual segno ciascuna cosa lo scuota e attengagli, comincia al¬ lora insensibilmente a spandersi, ed a conoscere sè medesimo, ed a comprendere donde in lui muova quel vivo ardore di posseder quan¬ to sente alla natura acconciargli- si : cosi pur anco 1 Muterò vulgo, di cui dapprima formaronsi le na¬ zioni 5 soleva reggere e governar tutto il vivere con quella prima oscura ed incerta raccomandazio¬ ne 5 che ne vien fatta dalla natu¬ ra di noi medesimi, e con quel primo animale istinto, il quale anela soltanto a procacciarne sal¬ vezza ed integrità ; coll’ inoltrar poi de’ tempi appoco appoco, o tardamente più tosto, prese a di¬ scernere quale pur fosse il vigore della natura e delle parti indivi¬ duali, ed a sentire che fosse al¬ fine una mente partecipe della ra- gione, ed a spronarsi
all’acquisto di quegli oggetti^ cui
ciaschedu¬ no è pur nato. INel quale
discor¬ rimento molte incontrandosi
quasi pause e molte sinuosità ,
sogliono gli uomini da varie dimore
esse¬ re 5 chi qua ohi là, trattenuti,
e da varj declinamenti, qual più qual meno, isviati. Imperocché, siccome avverte Plotino * , usan¬ do noi prima i sensi che V intel¬ letto, e necessariamente applican¬ do Tanirno a quanto vellica il sen¬ so, per questo alcuni si restano a sensuali argomenti, e reputando* le prime ed ultime ad agognarsi ripongono ogni sapienza nelP ab¬ bondar parziale di quelle cose, che al corpo destan piacevoli sen¬ sazioni ; non altrimenti costituiti, che quali i più corpulenti uccel¬ li, che soperchiati dal grave ca- * Plotino Ennead, 5 . h 9 . i 5
rico di terra tolto non posson al¬
to elevarsi, benché di penne guer-
niti dalla natura. Ma certi, cui
dal piacere spinge all’ onesto ed
al bello un più gagliardo vigor di
spirito, levansi alquanto in vero
da queste cose inferiori, ma non
potendo affisarsi in alto per non
aver dove affiggersi, col nome
stesso della virtù ricadono ad oc¬
cuparsi ed a pascersi di quegli og¬
getti, da cui sforzavansi in prima
di sublimarsi. La terza, maniera
in fine è di uomini, che provve¬
duti di più robusto ed acuto in¬
gegno, possono sostenere la viva
luce del cielo, e sollevatisi di gran
tratto sopra le nebbie delle ter-
fene caducità, quai cittadini re¬
stituiti da lunghi pellegrinaggi
alla patria, godonsi la regione ov’
abita la verità, e eh’è la sede
nativa degl’intelletti . Tra cosif¬
fatti gradi, ne’ quali o l’animo
i6 interamente al corpo, o il
corpo all’ animo serve, o l’uno e 1 ^ 1
" tro con bell’ accordo fra sè le
veci del comandare e del servire
com- partonsì, altri assai gradi
frap- pongoiisi, i quali 5 secondochè
sie- no schiuse le facoltà del corpo e dell’animo, e tutte pronte le co¬ se attevoli a metterle in eserci¬ zio , tra loro in varie maniere in¬ sieme e pressoché inestricabili s’in¬ viluppano .
E in quella età , in cui la
energia dell’animo quasi era stu¬
pida per torpore, nè presenta va n-
si a’ sensi che pochi obbietti, da
cui riscosse le incarcerate e sepol¬
te voglie si alimentassero, ogni ap¬
petito shramavasi con parco e ri¬
gido vitto e con que’ piace-ri, cui
la natura stessa , non irritata ol¬
tre il debito da niun’ estranea li¬
bidine, dimandava, per ampliar di
forze ed accorrere alla per-
17 petuità dell’ umaiia generazione. Rozzi palati di rozzi cibi appa- gavansi ; nè prevenivano la na¬ tura per obbedire a piaceri in¬ gordi, nè l’aggravavano di sover¬ chio per satollar piaceri insazia¬ bili. Lie produzioni spontanee si re¬ putavano sufficientissime ad ogni necessità della vita j perche non era ordinata ancora nè manife¬ sta la maestria dell’ agricoltura e dell' altre arti, le cjuali, meii- trechè aumentano la varietà ed insegnano le utilità delle cose sog¬ gette a’ sensi, e in certo modo si fan la stessa natura schiava sfor¬ zandola a conformarsi obbediente a’ bisogni umani ^ aizzano intanto e irritano gli appetiti, e avviva¬ no la lussuria 5 eh’è vivo sprone a sè stessa e coll’ ingegno fran¬ cheggia i vizj, siccome fu con la favola di Prometeo e Pandora egregiamente significato. Iniperoc- 2i
eh’è Prometeo la immagine di
coloro, i quali con l’invenzione
dell’arti sembrano avere ottima¬
mente giovato l’umanità. Pando¬
ra poi simboleggia P arti medesi¬
me e gli appetiti, cui Parti quasi
con porger loro esca moltiplice e
varia accesero , e soprapposer ti¬
ranni alP umana stirpe 5 insinallo-
ra ignorante affatto di tutte mal¬
vagità , Poiché in tal guisa Pro¬
meteo confitto al Caucaso glorio¬
samente millantasi appresso Eschi-
lo : * Io trassi il fuoco dalle
sfere, io 1 diedi Di tutt’ arti maestro
all’ uomo in dono. Sasso stupido egli
era ; io gl’ ispirai Vita, e gl’ infusi
intelligenza. Invano Erravan gli occhi
per le cose; invano EscMlo Prometeo
legato. I>ì (juesta mia versione de’
tratti d'Eschilo ristretti e recati in
prosa latina dallo Steliini, veggasi la mia
Lettera proemiale al chiarissimo StraticQ., ^9
A’ suoni lor s’apHan le orecchie : muta
Era natura, perchè sorda e cieca
Degli uomini la mente, e quale ì sogni
Confusamente immagini mescea
D’ogni sembianza; e lunga età tal sogno
Fu la vita mortale. Alzar di pietre
Non sapeasi una casa ; era all’ uom casa
Grotta incognita al sole, e avea l’Istinto Della vita il governo. I nascimenti De’pianeti e i tramonti io gli mostrai; L’ arte scoprii de’ numeri, dell’ arti Luminosa rema , ed II vocale Delle lettere accordo, e la memoria Operatrice d’ogni cosa. Io primo Strinsi al giogo le fiere, e le
addestrai A sottentrar ne’ gravi
incarchi all’ uomo. Io primo al cocchio
sottoposi , e dolce Resi il freno a’
cavalli, orgoglio e pompa Dello
splendido lusso. Altri non seppe
Spronar, che me, de’ marina] gli alati
Veicoli a lottar con l’onde e i venti.
Chi ’l rame e ’l ferro, e chi l'argento e l’oro, Della vita conforti, estrar dal seno Della terra s’ardì, pria eh' i’ le
cieche Viscere ne cercassi ? Io sono, io
padre D’ogui arte all’ uom, che il viver
suo fa belìo. ao Esiodo ^ poi, per espor vive agli occhi le conseguenze di cosiffatte invenzioni^ formò tal Donna ^ nella qual fossero unite insieme di tutte Tarti le qualità e gli ornamenti. Poiché Minerva nel lanifìcio l am¬ maestrò ; le sparse Venere al capo di leggiadria ; le Grazie e Suade- la il corpo d’aurei monili fascia- ronìe; le bionde ore la coronaron di fiori di primavera ; Mercurio aggi unse le in fìne impudente ani¬ mo , tratti insidiosi, e parola. Il qual presente appena che fatto agli uomini fu dagli uomini ricevuto^ mentre se ne deliziano, riman- gon presi da tristi affetti e da cure divoratrici, dovechè prima traevan vita scevera di fatiche ^ d'affanni:, e d’infermità apporta¬ trici della vecchiezza . Poiché la Donna, dischiuso il vaso recato I Esiodo I laoorì e le giornate Uh* 2
. ax in mano, ver^onne fuora tra gli nomini ogni maniera di voglie, e cotal piena infinita di tutti i ma¬ li, che terre e mari per ogni do¬ ve occnpai'ono , senza offrir loro speranza di liberarsene ; la quale speranza, essendo già per volar¬ sene via del vaso , postovi sopra il coperchio fuvvi respinta dentro, e sola dentro restò. Tale stagio¬ ne, come d’industria così sfornita d’ogni strumento di voluttà, au¬ rea fu detta e mirabilmente no- hilitata da quelli, a’quali o ven- ► nero a noja le umane cose, o cui ^ da sè la fortuna, che a’diligenti [; e operosi prodigamente donasi , f- come infingardi e torpidi ributtò. ^ Viveano tutti nella maggiore egua- ^ glianza ; perchè mancava occasio- ^ ne d’usare ingegno e fatica, onde jr l’un l’altro avanzasse. Si dice y che la giustizia albergasse in ter- ^ ra, perocché in tanta tenuità di T 2 ^ 3 , cose e sonnolenza d’affetti non V* era luogo ad ingiuria. Vita si¬ cura e libera si godevano; perchè non eravi incitamento a voglie e gare inimiche, nè a fomentarle e irmasprirle argomento si presenta¬ va. Parca soavissimo quanto a ven¬ tura V inculto suolo e selvaggio offriva ; perchè neppure potevasi conìetturare quali soavità di frut¬ ta si ritraessero da un terreno messo a travaglio e in appresto per generare. Si dilettavano final¬ mente di beni tali, quali e la inerzia e la infìnga rdezza, non eccitata da niun' ardenza interio¬ re, nè da veruna impulsione estra¬ nea 5 poteva porgere in tenuissime cose, apparecchiate dalla ignoran¬ za di più eccellenti ; di beni in somma, quali da Pindaro s’ at^ (i) Pindaro Pition. io . Lo StelUni
riferisce questi versi di Pindaro
secondo la versione tribuiscono
alienazioni iperboree: Cinta di lauro
almofrondoso esulta A lieti deschi
banchettando : sacra Stirpe beata ! in
lei morso non puote Di letal malattia ;
vecchiezza in lei Fior di vita non
strugge. Affanni e doglia Son con la
guerra e la fatica in bando. Nè teme il
cor, puro di colpe, il rio Flagello
della Dea delle vendette. 3 .® Ma prestamente
cotale igna¬ via fu scossa, e via
rapitane quel¬ la felicità, che più
nella mancan¬ za de’ mali, che nel
possesso de’ beni si comprendeva .
Imperocché con asprissimo e frugalissimo
vitto s’ingenerava nel corpo fermezza
e lena infinita; e il cuore, non
ad¬ dolcito per ninna cultura ed
ar¬ te , irrequieto ed indomito
ribol¬ liva . Avvegnaché di rozza
fruga- fattane in metro Oraziano dal
celebre Sudo“ fio. lo nel recarli in
Ttaliano ho avuto cura di conformarmi
più. alT originale, che alla traduzione
recatane dallo Stellinì *
a4 lità son compagne sanità
vegeta ^ e smisurata audacissima
gagliar- dia. Per lo che reputa Luciano
* 5 doversi il vivej'e di alcuni
popo¬ li, tratto air estrema vecchiezza
5 attribuire all’ uso di un vitto
so¬ brio ed agreste ; e Dicearco
ap¬ presso Porfirio ^ dice, non
darsi miglior consiglio, nè ad
incorrot¬ ta e durevole sanità più
confor¬ me, quanto il rimuovere le
ridon¬ danze dal corpo. Imperocché
il soperchio rompe le forze, o dal salutare impegno di tener viva la vita e fioiida in ogni membro svagale a logorarsi per alleviarla e purgarla d’ogni malignità. A membra poi di gran nerbo una brutale ferocità s'accoppia, se la coltura non ammansisca Panimo,6 non comprima il rigoglio soprab- I Luciano ?ìe* Macrobj. 3 Forfirio Ub. 4- astinenza. a5
fondante d’iina scoppiante energia.
In quella maniera certo, siccome
avvertesi da Platone ’ , che un
cuore disanimato dalla vergogna e
dair onta , e privo di risoluzio¬ ne e
d’audacia, appoco appoco si fa più vile,
e tutto alfine, quasi rappreso da una
tal quale stupi¬ dità, intorpidisce;
così per l’op¬ posto un animo commosso e
vivi¬ do, se con acconcio
temperamento non sia represso ed a
giustizia ri¬ dotto dalla onestà,
primieramen¬ te, quasi robusto in
radice, e di vigore e di spiriti
lussureggia , poi finalmente rompesi
tutto in insania. Laonde appunto
dannò Aristotile le istituzioni
spartane, perchè indurati oltre il
debito alle fatiche calle asprezze gli
uo¬ mini inferocivano. ^ 4.® L’ animo dunque , pieno di * Platone della PepaUblica, * Aristotile de' Got^erni lib, 8. capi
4* 2.6 fiere e d'orrende for^e, e pronto ad ire precipitose e implacabili s'avventò prima con tutto l'im¬ peto Contro alle bestie feroci, da cui potesse temersi oltraggio alla vita, o cibo trarsene e vestimen¬ to; poi contr'agli uomini stessi si scatenò, ove pure incontrasse osta¬ colo il ventre inquieto e la im¬ portuna libidine, ch'avea già pre¬ so a sforzare i limiti apposti dal¬ la natura. Per la qual cosa, ve¬ nendo spesso afferrata e data oc- casion di risse rapine e stragi, fa da tal uso ogni senso di umanità sopraffatto; nè conoscendosi cosa di maggior pregio nell’ uomo quan¬ to la vigoria del corpo messa in furore da non so quale veemenza d’animo, si cominciò a reputar© sovrana cosa, e degna d’ uomo da numi nato e destinato ad essere egli medesimo un dio , qualun¬ que azione ripiena di bestialissi- a7 nia atrocità. Imperocché se tala¬ mo, come riflette Polibio % in¬ contri a caso contrasto all’ efFre- nata libidine, non avvi cosa ne¬ fanda e barbara ch^ egli non sia per commettei’e 5 e a vanto recasi ed a virtù lo sbaragliato ardimen¬ to. Ma come da guel rancore, che nasce e sopravviene nell’ ani¬ mo di chi respinge e di chi muo¬ ve l’ingiuria, vieppiù l’audacia innasprivasi ed il furore infiam- mavasi di coloro, a’quali in ner¬ vose membra feroce indole a idea; così gli spiriti più mansueti e de¬ boli s’infervoravano a svolgere e palesare V idea del giusto e del buono, solo rifugio degl’impoten¬ ti ; e chi prestasse conforto ne’ casi miseri, oppure astrettovi lo ricusasse, porse con l’utile pro¬ curato o con l’apprestato danno * Polibio Istoria Ub. j. a8
occasione, che sì traesse da’na¬
scondigli deir ànimo e a piena
luce venisse il valore dell’ one¬
stà, la quale è principio e fine
della giustizia , e si fondasse un
concetto di convenienza e turpez¬
za, come Polibio osservò. * 5 .°
Ma impadronitasi d’ogni co¬ sa tenne la
forza il mondo con aspra dominazione,
gran tratto in¬ nanzi che la equità
potesse trova¬ re asilo fra gli uomini ;
e la fe¬ rocia esercitò Inngamente
signo¬ ria barbara, prima che
s’accor¬ dasse imperio giusto e
legittimo alla ragione, Conciossiachè
richie¬ dendo questa animo dolce e
tran¬ quillo, perchè sì possa distintamen¬ te e ordinatamente spiegare un senso comune di umanità; quella per lo contrario piacendosi d’al¬ lignare in selvaggio fiero alterato I Polibio Istoria Uè. 6, spirito, gli uomini
robustissimi, resi più baldi dalle
frequenti risse e,da’fatti prosperamente
operati, ^lon si poteano reprimere dal
mac¬ chinar novità per arricchirsi
di i>uove spoglie, e scapriccire il
ta¬ lento, cui maggior fiamma
agita¬ va, che mai potesse per brama
di alcun riposo acquetarsi. La
quale o avidità di preda, o frenesia
di cuore efferato, non avendo per
lo più spazio abbastanza vasto da in¬ solentire tra’suoi, contro l’altrui sì scagliava. Onde ogni cosa fu guasto di ruberie, ad ora ad ora cambiaronsi le abitazioni, nè più soggiorno fisso ad alcuno restò. Imperocché se taluno si ricovras- se in luogo, che desse pure negli occhi per ubertà di frutti o per altra comodità, o ch’egli andava¬ ne a sacco per rovinoso scarico d’assassini, o espulso di sua di¬ mora veniv’ astretto a cercar men- dico alla raminga vita altro
cie¬ lo . Nè quella forza 5 la quale
con cieco impeto prorompeva ovunque la veemenza e l’ardore della pas¬ sione la trasportasse, era a delit¬ to e ad infamia ; rna, come già da’poeti antichi inferi Tucidide % anche ad onore si attribuiva . Per¬ ciocché fanno tali poeti interrogar quelli, che innanzi e indietro cor¬ seggiano la marina , da quelli a’ cui lidi approdano, se sien ladro¬ ni colà venuti a predare . E nè coloro, che son di ciò dimandati, il niegano qual opra indegna; nè que’, cui preme di saper ciò j come di cosa obbrobriosa ne li ripren¬ dono. Per lo che, dice a Telema¬ co Nestore e a’ suoi compagni % * Tucidide Istòria Uh. i. 2 Omero Odissea Uh, 3. secondo la
versione elegantissima recentemente
datane dal chiar* Soave . 3i
.Onde le acquose vie Gite
scorrendo ? per alcuno affare ? O alla
ventura, quai corsali erranti, Che
espongon Talma e recan danno altrui?
Chè veramente un* indole impe¬
tuosa ed indomita non crede ope¬
rar cosa più grande, nè quindi
reputa darsi cosa più degna di cuor
sublime e magnanimo, quan¬ to fornire
imprese piene di sten¬ to fatica e
rischio ; e se la im¬ presa difficile
arrechi ancora splen¬ dide utilità,
coloro, a’quali nella energia de nervi
sta la ragion d’ogni cosa, non credon
già d'ol¬ traggiare chi a torto
assaltano, ma d’essern’ anzi
oltraggiati, sep¬ pure ardiscasi di
resistere e con¬ trariare al più forte.
Per il qual vizio dell* unian cuore,
agi¬ tato da un turbolento fervor
di sangue , avvenne che si appo¬ nesse alla violenza carattere di ragion somma ,6 dal potere si 3 a misurasse iu ciascuno ^ il giusto ? nè alcun dovesse spogliar»! ^ tro, che quanto forza e necessita ne rapisse. E questa legge nata dalla barbarie, avendo insensibil¬ mente preso carattere di grandez¬ za e d/autorità, si propagò dalla prima salvatichezza per sino al tempo, che la ragione pareva con giuste leggi signoreggiasse ; e man¬ suefatta la crudeltà sinallora da lei mostrata, valendo l’animo ap¬ pena ad altro che a rendei gli ■uomini più perniciosi tra loro delle medesime fiere, conservò pur que¬ sta legge la gagliardezza e la for¬ za, la quale non come prima traeasi ad atto per voglie tumultuarie, ma con la utilità governa vasi pru¬ dentemente avvisata, e solca strin¬ gersi o rallargarsi secocidochè pa- rean chiedere le cose e i tempi, a cui doveasi adattare , Per la qual cosa gli Ambasciadori Ate- 33
niesi nell’ Assemblea Spartana as¬
serirono francamente , esser di na¬
turale ragione eterna prescritto,
che serva il debole al forte, nè
stato uomo giammai, eh’ ove ab¬
bondasse di forze e d’armi per
eejuità si frenasse dal crescere si¬
gnoria ; e se taluno conducasi più
doverosa e modestamente, che dell’
imperio la vastità non comporti,
muoverlo solo necessità di tem¬
prarsi all’ ingegno umano, e di tener
più sicuro gli altrui voleri obbedienti
*. Ma tale moderazio¬ ne 5 messa nel
cuore da un senno prudentemente inteso
all’ utilità, non conosceasi a
que’tempi, ne’ quali tutto a furore si
governa¬ va . Ond’ è 5 che agli animi
imbe¬ stialiti dalla barbarie e di fero¬ cia esultanti, per non andare sbra¬ nati vivi o dilaniati morti dagli * Tucidide Istòria lib, i. 3 34 avoltoj e da’ cani, indarno i mi¬ seri la pietà della religione, in¬ darno della comune umanità la forza i tribolati opponevano . Fol¬ le , il Ciclope *, Folle ben sei, rispose, o di ben lunge A me ne vieni tu, che a me proponi Di riverire e paventar gli Dei . Conto di Giove o degli Dei non fanno Punto i Ciclopi assai dì lor più forti. Nè per tema di Giove a’ tuoi compagni O a te Eia cbe perdoni, ov’ io noi
voglia. E Achille ad E-ttore, che
nelle strette di morte lo scongiurava a non frodargli il cadavere di se¬ poltura , intima averlo già desti¬ nato pasto alle fiere, e la viltà maledice dei suo dolore, che a membro a membro noi stracci, e gli stracciati marciosi brani non si divori *.
1 Omero Odissea Uh. g. secondo la detta
versione, 2 Omero jUade Uh.
aa, 35 6 .® Laonde traendo i deboli as¬ sai meschino conlbrto dalla giu¬ stizia, tanto per guarentirsi, quan¬ to per togliersi dalle ingiurie, cui bestialmente gl’ impetuosi spi¬ riti si scatenavano , saltò fuori scossa dalle sciagure tal forza in¬ genita 5 onde schernire le violenze de^ cuori privi di umanità . Per¬ ciocché l’animo per ogni parte compresso sprigionò tale destrezza e sagacità, che affinandosi come il poteva in que’tempi, in cui tant’era l’ingegno umano imbe¬ cille e rozzo quanto addestrato e indurato il corpo, immaginò stra¬ tagemmi, sortite, astuzie, ripa¬ ri; cosicché quelli, che non pote¬ vano di robustezza agguagliarsi, con una certa callidità respinges¬ sero od allentassero ogni nemica irruzione. La qual furberia vera¬ mente, sendo ''argomento di un cuo¬ re non animoso ad esporsi palese- 36
mente e timido di sè medesimo,
era odiosissima a quelli che solo
al vanto anelavano di robustezza
invitta, nè ad altro inteso avean
ranimo, che a non mostrare poca
di sè fidanza, nulla curanza d al¬
trui. 11 perchè queirAjace, che
appresso Omero ^ protestasi non te¬
mer niuno, nel Filottete di So¬
focle rabbuffa Ulisse, che sugge¬
riva a sottrar con fraudo quell'
armi, che non poteansi rapire a
forza j perche ciò fosse a buon no™
mo vituperevole. Chè buoni al¬
lora appellavansi que’che di for¬
ze e dispiriti soprastassero. Aven¬
do poi, tralignato alquanto da sè,
consentito alla scaltra volpe, ri¬
prende tosto il natio carattere, e
si ricusa all! impresa per non ces¬
sare, mentre di saggio briga ce¬
lebrità, d'esser buono. Poiché sic-
t Omero Iliade Ub^ ^
$7 come diceasi buono chi a niun
pe¬ ricolo impallidisse; cosi di
saggio ebbe nome chi astutamente
tra¬ masse inganni aU’occasione
oppor¬ tuni . Onde Minerva , eh’ è
quasi il simbolo della sapienza, sè con Ulisse paragonando gli dice * .Entrambi al pari Siam nelle frodi esperti: ogni mortale Tu nel consiglio e ne’ raggiri avanzi ; Io per senno ed astuzie ho il primo
vanto Su tutti i Numi. 7.° Quantunque però la forza sdegnasse in prima d’accompagnar¬ si all’astuzia 5 l’ utilità nondimeno di mano in mano pacihcolle, e spesso insieme le collegò. Onde l’astuzia fu assunta anch’essa al governo de’ fatti umani, e repu¬ tandosi per lo innanzi vituperoso checché la forza non operasse 9 * Omero Odìssm Hi. i3. secondo la delta versione. 38
prese ad aversi anche in onore
ringegno; perchè sebbene rompa
gli stimoli e afFreni Timpeto del
vigore, spiana ciò non ostante ed
assicura la strada alte difficili im¬
prese . Che anzi venendo spesso
costretto V animo dalla necessità
a rivolgersi per ogni lato 5 e le
facoltà sue messe in campo espres¬
samente mostrando 5 esser meschi¬
na 5 come diceva Euripide ", la ro¬
bustezza umana,ove affrontisi con
doppia e cupa sagacità, la qual
doma quanto mai l’aria la terra e
il mare alimentano ; quindi te- neasi
per uom compiuto e per¬ fetto chi fosse
insieme di mani ar¬ migero e poderoso
d’ingegno ^ . Sebbene poi l’astutezza
contribuis¬ se assaissimo ad ispedir
grandi im¬ prese, pregiavasi tuttavia
più di 1 Euripide appresso Plutarco della
sagacità degli Animali t 2 Omero Odissea Itb, i6. necessità che per nativa
eccellen¬ za y ed ove non affettasse
temeri¬ tà era per sè medesima di
vitu¬ perio e di scherno. Per la qual cosa 5 dopo che la violenza per astutezza degli uomini si fece in¬ dustria , chi non avesse principal¬ mente sortito dalla natura una statura Orionèa non defraudavasi della debita estimazione 5 se gran vigore a maggior cuore accoppian¬ do si procacciasse dalla sagacita quegli ajuti, che gli negavano i polsi e i nervi, e mentrechè, co¬ me si esprime Pindaro % simiglia¬ va nell’ ardimento il lione fero¬ cemente rugghiante nella fatica , contraffacesse con la scaltrezza la volpe, la qual pontata la schie¬ na scompiglia e rompe la violenza dell’ aquila. Ma spezialmente a quelli 5 che soprastando per digni- T Pindaro htmA Ode 4* 4 o
tà fiorissero di potenza , a mag¬
gior onta ascrivevasi usare speziosa
fraude ^ che aperta forza ; sendo-
chè questa si reputasse intentar¬
si, come non nega Brasida presso
Tucidide * ^ per il diritto di quel
potere, che ne donò la fortuna ;
quella procedere dalle trame d’in¬
giusto proponimento : quasi equità
pur fosse tollerar quanto l’altrui
libidine sostenuta da pari forza
ne scarica, e sì dall’esterne forze
compiasi la potenza ^ che nulla
possa un variato e pronto intellet¬
to aggiugi>erle. Ma queir
astuzia, che bra¬ veggiava armata sinché
le forze vegete per età soperchiavano,
fat¬ ta più mansueta nello sfiorire
de¬ gli anni degenerava in quella
sa- gacità, eh’ è prudenza, ed ha
tem¬ perato ingegno, e prende forza e I
* Tucidide Js$oria lib,
4i carattere dalla ragione.
Percioc¬ ché avendo preso a calmarsi
Pani- mo, che per T innanzi qua e
là furioso agitavasi, e pel mancare degli appetiti, che con il sangue e la vita si raffreddavano, essen¬ do messo in balia, di stringere nel suo pensiero più cose, paragonan¬ do insieme i turbolenti moti delle ostilità e delle risse con quel be¬ nigno e tranquillo vivere, di cui la età declinante muoveva alcun desiderio, poteva intendere di leg¬ gieri, queir ira essere commenda¬ bile , che ne apprestasse pace si¬ cura ed onesta ; quell’ ira poi, che discordie battaglie stragi sovverti¬ menti perpetuasse, essere abhomi- nevole e al naturale diritto oppo¬ sta ; sendo la prima quasi un co¬ tale boiler di sangue purgantesi d’ogni contratta malignità; l’al¬ tra poi come un’insania d’uomo in frenesia per febbre già soper- 4 ^
chiarite le forze della natura .
Per lo che gli uomini di canuto di- scernimento appUcaronsi a persua¬ der quelle massime, che da^ fe¬ rini usi e da’ mortiferi odj ritrai' potessero a mansuetudine e ad a- inicizia l’umanità. Ma ne i cal¬ mati i>;vvisi di Nestore, dalla cui bocca sentenze usciano assai piu dolci che mele , potean d’Achille disacerbare il furioso animo ^ nè l’eloquenza di Ulisse, il qual ver¬ sava parole simili a neve d’inver¬ no, iusinuaiitesi lieve lieve nell* animo esulcerato ne potea svolgere la fitta collera, sicché ammollito si aprisse pure una volta a qual¬ che benignità Imperocché grac¬ chia al vento chiunque affannasi a persuadere, doversi in petto fre¬ nare gli alteri spiriti per essere 1 Omero Iliade Uh, i. 3 Omero Iliade lib, 3. 43 assai migliore Pumanità, a que*, eh’ essendo poderosissimi e di nes¬ sun paventando, stimano indegno egualmente di vigoroso e grand’ a- nimo cedere al senno dì consigiier prudentissimo, che al fiero scon¬ tro d’un inimico soccombere. 9.® Quanto però non poteva ope¬ rare ancora il consiglio e l’auto¬ rità di quelli, che di prudenza e per età sopra stavano, lo effet¬ tuarono alfine gli evenimentì me¬ desimi delle cose 3 i quali insen¬ sibilmente volsero gl’ imbestialiti costumi ad umanità , e da un’ in¬ festa e tumultuosa ragion di vi¬ vere ad una li trasportarono, la quale colla giustizia e col senno, più che con l’appetito e con le ardenti passioni, si governasse. Imperocché 0 spossati da risse eter¬ ne cadeano loro di mano l’armi spontaneamente ; o più e più volte respinti dalle uguagliate forze 44 erano astretti a cessare la vana impresa; o fracassati a segno 5^ che lena e onore mancasse da liten tar la fortuna , abbandonavano ogni ragione divina e umana all arbitrio df^l vincitore per non so¬ spingersi con resistenze inutili ad un totale esterminio . Onde, sot¬ tratta ogni oagion di combattere , cestrinser gli animi alteri e disiosi di vincere ad usar cfualche ripo¬ so, e mentrechè si quotavano le turbolenze tutti effondendosi , o per impulso di sentimento , o per consiglio ispirato dalla necessità, ad ossequiar coloro, cui preve¬ devano già non potere per alte¬ rigia tenersi a lungo nell’ozio, ed ammassando su d’essi a gara per ogni parte tutti que’ fregi, co’quali può venerarsi e placarsi una preeminenza e potestà segna¬ lata, ottennesi finalmente che da siffatte lusinghe quasi, addormito 45
S'illanguidisse il furor di quelli5
© piegasse l’animo a quelle arti,
le quali in fiore mettessero con
opportuno coltivamento le signo-
l’ie procacciate , perchè quel frut¬
to non isvanisse che ne potevano
somministrare. Perciocché l’ani-
uio 5 innanzi rìgido, pe’ conseguiti
onori allentandosi e rallargandosì
nel riposo, apriva alcuni inter¬
valli , per cui potevano insinuarsi
ad agio le ammonizioni de’ savj
per ottenere , che si frenassero con
le leggi le agitazioni intestine, e
gli uomini gareggiassero ad oh-
hligarsi l’un l’altro con iscam-
hievoli offizj. Del quale accordo
e consenso di sentimenti compre¬
sa la utilità, cominciò pure ad
amarsi da que’ medesimi, da’ cui
invecchiati costumi più discorda¬
va . Imperocché la esperienza e il
medesimo interior senso manife¬
starono , sebbene avesse taciuto
46 pur la ragione, essere piu
giocon¬ da e sicura cosa e più dicevo e ad uomo esser da’ suoi per coscien¬ za dì benefizi adorato 5 che a ingiuriati cuori temuto ; e sopra¬ stare ad uomini spontaneamente ojeferenti ogni pompa di maestà, che tirannescamente signoreggiare a riottosi, e col timore costrin¬ gerli ad ogni via disperata per non servir laidamente , o inven¬ dicati morire . Que’ poi che fos¬ sero di più benigno temperamen¬ to , e usciti fosser di tanto scom¬ piglio illesi, qual cosa mai po- tean credere e a disiarsi piu cara, e a conservarsi gelosanaente più degna , che il menar vita scarica di paure; da niun assalto improv¬ viso di malfattori esser cacciati dì nido ; per niuna civil tempesta essere dagli studj e costumi suoi distornati? Allora quasi rammor¬ bidita quella durezza, che per 47
l’innanzi ostentava brutal carat-
tere, si modelìò tale immagine di
fortezza , quale ad umani co¬ stumi
avviensi. La giustizia allora, che
oppressa dal tempestoso me¬ scersi delle
cose teneasi ancora nascosta, e cacciata
dalla violen¬ za si tramenava raminga ed
esu¬ le per ogni dove, liberamente alzò il capo, e incominciò ad ag¬ girarsi pubblicaìmente fra gli uo-' mini, e a posseder finalmente su¬ premo grado ed autorità . Allora certo si dirozzaron gP ingegni , trassersi a luce le arti e le disci¬ pline , da cui io spirito avvivasi, e sogliono amplificarsi le utilità della vita , le forze della repub¬ blica , e gli ornamenti della maestà, IO.® Ma intantochè con le leg¬ gi e con i giudizj si fortifican le ragioni del retto e del convene¬ vole, dall’altra parte le proprie¬ tà delle cose e la industria, messa 45
in ardore dalle utilità concorren¬
ti, spingono dentro allo Stato to può scuotere i cardini ^ ^ giustizia, e fomentar le primarie nemiche sue, discoi'dia e gara tu multuaria d’affetti. Imperocché d’ordinario avviene, che vada con la tran Cornelio Nepote nella vita di
Alcibiade . maniera dMngegni,
con naturali lusinglio adescano gli
animi ar¬ denti di cupidigie; con una
postic¬ cia indole di virtù gli austeri
e gravi guddagnansi; tengon poi
pie* si di stupida maraviglia i
popolari intelletti. Ma Uavarizia di
quelli, cui son di traffico i splendidi
vizj altrui, s^ alimenta dalla
lussuria de’ ricchi e dalla boria de’
prepo¬ tenti, e si corrobora dalla teme¬ rità de’ facinorosi, che non han seco speranza uè cosa buona ; al primo genere de’ quali uomini giova che nulla sia ne’ costumi d’intatto, alTaltro che a guasto mettasi ed a rovina ogni cosa. Poiché chiunque brigasi d’arric¬ chire con deferenze turpi e con prave arti, quanto più il vivere sia scapestrato 5 tanto più larga e spedita via credesi aperta al gua¬ dagno, ed afferrando occasion di sacco da’ rovinati costumi altrui 53
stima suo grande interesse, chea
ciascheduno sia lecito sbizzarrire
e disbrigliarsi a talento, per aver
mezzi rnoltiplici da secondarli.
Per lo che in Plauto quell’ im¬
pudico dice ' : .gii uomini
onesti Riduconmi *n miseria , gli
sciaurali Mi danno da mangiare, e qu
e'perduti M’Ingrandlscon l’entrate. I
cittadini Di vaglia a me mi son di
danno, e la Canaglia è quella, che mi è
di guadagno. A chi però non ha molto nè
che sperare, nè che poter
conseguire in fermo e solido stato,
giova che rompasi dalla licenza ogni
freno, perchè non manchi occasione da macchinar novità ; nè tali uomi¬ ni altro più agognano ardentemen¬ te, quanto che v’abbia molti, che tr.avagliati dalla vergogna dalla 1 Plauto nel Trappola secondo la
vaghis¬ sima versione dell’ Angello Atto
4' ‘Scen® 7- 54 miseria da^ debiti, non abbian onde saziare le ingorde voglie, e a temerario colpo sia pronto un capo, nella cui guardia chiusi, c congiurati di forze e di volontà spronino arditi l’impresa. Per la qual cosa apportando i voluttuo¬ si alla dissoluzione dell’ordine le libidini, i barattieri e’ famelici deir altrui le usure ed i ruifSane- simi, gli ambiziosi fazioni e cor» rompimenti, gli ardimentosi ed i poverissimi violenza e disperazio¬ ne, avviene insensibilmente che i be’ costumi attaccati per ogni par¬ te, e tutti sì delle leggi che de’ gìudizj spezzati i vincoli, l’inte¬ ro stato precipiti finalmente nel più sfrenato disordine. 11° I mutamenti adunque delle vicende umane per questi gradi trascorrono, promovendoli quella potenza dell’animo, che sviluppa¬ tasi il più di tutta quanta la vita 55
s’impadroni. Da un’ aspra e dura
ragion di vivere, da cui si nutre
la gagliardezza, a quella vita con-
duconsi le nazioni, in cui l’astu¬
zia e la ferocità si combattono, ed
ogni cosa governano la violenza e
la insidia da prepotente furore con¬
validata . Da questo ferino stato,
in cui sogliono i principati occu¬
parsi, a quello poi si trasportano,
che alla fortezza e prudenza at-
tiensi, ed è opportuno a curare
gli acquisti fatti, ed a comporre
in bell’ ordine le signorie turbo¬
lente . A questa di poi sottentra
quella perfetta costituzion di cit¬
tà, che reggesi dalla giustizia, e
vincolata conservasi dalle leggi;
ma che per essere piena d’ ozio e
di grandi mezzi, onde accrescere
le ricchezze e coltivare le arti,
è perciò sommamente propria a
gustare tutte le morbidezze e gio¬
condità della vita . Ma dall* asso-
¥ 56
dato ozio, dalle fortune ingran¬
dite, e dagli agj e da’ piaceri del
vivere moltiplicati fatto più in¬
gordo il talento, si sforza a scio¬
gliere i vincoli delle leggi, e così
batte e dirompe gli argini della
ragione e del giusto , che gli e-
stuanti appetiti più contenere non
possono. Omero, il quale come
ri¬ trasse ne’ versi suoi la natura,
che sempre simile a sè medesima equa¬ bilmente discorre ; così raccolse e restrinse in nn tempo solo tutti ì costumi gradatamente variabili d’ogni età, perchè dall’urto di tante forme disparatissime eveni- menti riuscissero più ammirabili ; ne’ persoraggi primarj espresse le progressioni della natura umana r dalla natia barbarie sino all’estre¬ ma dissolutezza , e i succedevoli gradi meschiati insieme distinse e in una immagine sola rappre- /
57 sentò. Imperocché, trasandati
do la efferatezza, eh’è tutta propria
de’ bruti , in Polifemo adombrata , Achilie è forma della fortezza in¬ vitta e del coraggio indomabile ; Ulisse della scaltrezza forte di braccio e di cuore ; Nestore della prudenza corroborata dalla fortez¬ za dell’ animo ; Ettore della for¬ tezza e della giustizia ; Antenore della giustìzia e della imbelle pru¬ denza ; Paride finalmente d’ una licenza si rotta, che nulla stima interdetto alla sua libidine. Gli altri Capitani e Magnati empiono i gradi interposti, da’ quali come da tante aneli a intermedie sono intrecciati insieme quelli che spic¬ cano il più.
i 3 .° Ma tali stati, secondo la
varia indole così de’ luoghi come
degli uomini, posson per varie ac¬
cidentalità intraversantisi in mille
guise alterarsi e mescersi confu- 58
samente : ed i costumi e le leggi
delle nazioni, che di lor nacque¬
ro, e debbon loro apportar fer¬
mezza ed accrescimento, sogliono
correre le mutazioni medesime ch e
gli stati. Perciocché agli uomini
dì scarso avere, di pingue inge¬
gno, e di valida corporatura, per
lungo tempo l’asprezza appiccasi
delle maniere e del vivere, che
seco menasi d’ordinario costumi
duri e selvatici. Con quelli poi,
che son di cuore più ardenti e di
pieghevole e vivo ingegno, a lun¬
go quella fierezza allignasi, che
si trae dietro la fraudolenza, e
che spossata dalla fatica prende
alternatamente ristoro e total sol¬
lievo nel seno della mollezza ; tal¬
ché quell’ animo, che più a’ pe¬
ricoli indura, suole nell’ ozio con
più veemenza diffondersi ad ogn'
invito e lusinga di voluttà. Que’
finalmente, i quali siffatta d’ani- mo costituzione sortirono, che
sieri lontani egualmente dalle virtù
su¬ bì imi e da’ vizj più
impetuosi, sviluppando essi più
prestamente la ragion loro dalle
passioni tumul¬ tuose posson le cose più
quetamen¬ te fra loro paragonare , e più
dili¬ gentemente nel valor vero
apprez¬ zarle . Laonde fiorisce in essi
e la prudenza e la scienza delle
mal¬ vage ed oneste cose, cui fida
ac¬ coppiasi la giustizia, e la
verace grandezza ed altezza d’animo.
Per¬ ciocché quelli, in cui ragiona
buon senno e guida il senso e lo
spirito di lor natura già placidi,
agevol¬ mente posseggono virtù reali;
ma tutti gli altri o innocenti sono per ignoranza di vizj, o incitati da un cieco ardore dell’ animo pro- ducon larve ed immagini di virtù. Conciossiachè nella prima dell© due spezie d’uomini sopra esposte la temperanza non è che la sa- 6o
zietà de* naturali appetiti, che
son pochissimi, dal senso stesso in¬
dicata 5 la fortezza alle sole fope
del corpo attiensi; altra giustizia
che quella appena conoscesi, la
qual sedate le rozze voglie tolle¬
ra eh’ altri s* abbia quanto è di¬
sutile a sè; appena poi la pru¬
denza ha luogo per la rarità de’
successi in tenuissime cose ed in
selvaggi appetiti : dove nell* altra
spezie è temperanza astenersi da
que* piaceri , i quali allignar non
|xtnno in un animo, che raramente
è padrone di sè medesimo; fortezza
tentare imprese, ch’abbian feroce
carattere; giustizia non rapir Ta-
nima a quelli cui già strappasti
le facoltà, oppur se legge di sogge¬
zione durissima non ricusino strin¬
gerli a giogo men aspro , e far che
quanto non togli loro sia loro a
prezzo di servitù ; prudenza alfine
snervar con fraudi ed insidie quanti 6i
Jion puoi con la forza . Ma dell*
ultima spezie d’ uomini il tempe¬
rante è quegli, che svaga Tanimo
da quegli affetti, i quali con la
ragione e col pregio della natura
umana mal si confanno; forte è
colui, che dalle cose altamente
labili , e sottoposte all’ arbitrio
della fortuna, prenda vigore e
baldanza , nè per le avversità si
fiacchi, nè follemente si gonfj per
le prosperità; giusto chi nìun of¬
fenda e voglia a tutti concesso
ciocché gl’ ingeniti diritti umani
e le leggi da tai diritti ordinate
vollero proprio a ciascuno ; pru¬
dente è quei finalmente, che ve¬
glia il corso dubbioso de’ casi u-
mani, e s’apparecchia e fornisce
providamente di tutto ciò, per cui
possano o prevenirsi o correggersi.
Poiché però delle cose spettanti al
vivere ciascuno giudica secondo sia
passionato (chè le opinioni dell’
6ì2 animo sogiion per cosi dire
im¬ prontarsi delle affezioni del
cuore) quindi ciò ^ che fortezjza
nominali quelli cui la ragione consiglia
, bassezza d’animo chiamasi da co¬ loro, che non iscossero ancor dal petto la ferità; i costumi ordina¬ ti ad umanità languidi e molli s’appellano ; le fraudolenti ed in¬ giuste opere siccome azioni sì en¬ comiano di vasto animo, a som¬ me cose anelante, e di sapiènza fornito pari alla sua vastità, Ma quando poi gli appetiti, ammae¬ strati alle tresche d’ogni dissolu¬ tezza, s’impossessaron d’un animo voto di retti pensieri e di affe¬ zioni onorate , e lo invasarono di petulanti opinioni loro connatu¬ rali 5 allora, come Platone dice *, la verecondia, la temperanza, la regolarità delle spese sogliono dirsi * Alatone neWct Jìepuhhlicek Uh, 8. 63
sciocchezza, ignavia, rozzezza, il¬
liberalità ; la petulanza al contra¬
rio s’ acquista nome d’indole in¬
genua liberalmente educata; la
sfienatezza , di libertà ; la prodi¬
galità, di magnificenza; di ma¬
gnanimità , l’arroganza, ii4*
bla tali fonti quella effu- sion di
costumi si rovesciò, la qual vizio la
ragione, e corruppe o spense i germogli
quasi in lei chiusi della virtù; poi
successivamente per altri ed altri
sopraccresciuta, qua¬ le torrente
rigonfio d’aoque ingor- gantisi, contro
la vita e le fortu¬ ne degli uomini, e
contro ad ogn’ istituto e legge senza
ritegno in¬ furiò. Ma quale aver può mai
peso ed autorità, che la natura
umana per lei si debba apprezzare, e
giu¬ dicar per lei debbasi delle cose
de¬ siderabili , e degne dell’
eccellenza della ragione e dell’ animo ?
Per¬ ciocché allora sgorgò tal piena,
che 64 la ragione quasi da sonno era pre¬ ga , 0 vaneggiava qua e là distratta dalle passioni, di un animo tempe¬ stoso, o stemperata dalle lascivie de’ sensi si macerava . Ma tosto- cbè si diè campo alla ragione o di scuotersi o di raccogliersi o di ria¬ versi , coloro eh’ erano vaghi di que’costumi, ne’quali s erano ca¬ sualmente imbattuti, o a quelli sperano conformati, placato siderio di migliorare dall’ abitu¬ dine 5 o soffocato da que terrori che sono sempre alle spalle de tramatori di novità nemiche alle comuni maniere, stretti dalla gran¬ dezza delle contrarietà comprese¬ ro, che sì dovevano e riprovare e abolire le instituzioni usitate. Im¬ perocché, siccome non avvertiamo co’ sensi la gravità dell’ aria, in mezzo a cui siam pur nati, men¬ tre ne siam d’ ogn’ intorno equa¬ bilmente compressi j ma se coni- 65
mossa da moti insoliti crolli le
cose più solide, e attortigliata in
turbine quasi avviluppi con le sue
spire e diradichi quanto scontrasi,
colla esperienza apprendiamo al¬
lora qual forza eli® abbiasi, e qual
Be possa recare oltraggio ; così co¬
loro, che generati e cresciuti fos¬
sero fra costumi dalla ragione di¬
scordi , non presentandosene jni-
gliori quali paragonarli, svagati
da Ile usuali pratiche forse a Ila
loro malvagità non attendono ; ri¬
scossi poi dalla varia perturbazion
delle cose, la quale aumentasi con
i costumi degeneranti dall’onestà,
son presi allor finalmente dalla va¬
ghezza d’instituzioni, che poss;rQ
togliere siffatti danni, e preveg¬
gono essere vieppiù nobile e salu¬
tare l’imperio della ragione, che
la despotica signoria degli affetti.
Per lo che i Cirenesi rovinati dal
lusso chiesero nuova legislazione a
5 66 Piatone celebratissimo per opinion di sapienza ^ ; e gli Ateniesi com¬ misero il sommo imperio a Solo- ne, perchè ordinasse i rozzi ed in¬ fieriti costumi della citta . Che veramente il carattere delle cose disconvenienti dalla natura è ta¬ le 5 che finalmente danni gravis¬ simi accusano quella mentita im¬ magine di utilità, con cui sedas¬ sero rappetito : checché poi tiensi alle regole dell’ onesto e del con¬ venevole , quanto più opponsi al senso, tanto più sano e giovevole con la esperienza continua si ma¬ nifesta .
i 5 .® Ma non perchè alcuni usi
disconvenevoli tra le nazioni pre¬
valsero , deesi però immaginare
che fossero ovunque e sempre di
I Plutarco mi Libro che un Principe bisogna esser dotto,
* Eliano Ist. Var, lib, 8, cap. io.
pari stima onorati. Poiché non
tutti egualmente alle medesime
cose inclinano ; nè se i legislatori
dissimularono, o veramente pre¬
scrissero alcuna pratica , deesi già
credere eh’ eglino la commendas¬
sero , o la stimassero tale da pre¬
ferirsi per sé medesima . Concios-
siachè tollerarono alcuni usi, per¬
chè ajOTrettato medicamento non
inasprasse un morbo insofferente
di medicina ; accarezzarono quelli,
cui prevedeano più duri a svel¬
lersi, perchè si potesser altri più
facilmente estirpare; misero cer¬
ti in onore, affinchè gli uomini
da* contrarj, a’ quali fosser per
indole più inchinevoli, si ritraes¬
sero ; non poterono affatto sfor¬
zarne alcuni 5 perchè interpostasi
ne li cacciava la religione diver¬
samente, giusta la varia deprava¬
zione degli animi, deformata. Era
a’ Germani lecito mettere a ruba 68
i vicini, perchè tenendosi viva
la gioventù non marcisse d infin¬
gardaggine *. Le leggi degli Spar¬
tani non apponevano pena al la¬
dro, sì bene al ladro colto nel
furto, affinchè fossero piu. vigi¬
lanti a prevenire le insidie, più
scaltri ad apparecchiarle, e d’ogni
strazio e dolore pio. sofferenti *.
In Egitto, non si potendo affatto
sbandare i furti, travagliò solo
il legislatore a far sì che ad un
Erodoto Istoria Uh, r. cap. 199. Stratone, lìb. i6.
2 Arriano delle Cose Indiane.
7a davano di calzari *, Mogli
comu- ni, quali nella repubblica di
Pia¬ tone , dagli Agatirsi e
Limirnj usavansi ; perchè meschiati di
san¬ gue e di affinità, come
racconta Erodoto % non si rendessero
scam¬ bievolmente odiosi, nè con
invi¬ die reciproche si lacerassero .
Que’ finalmente, che pe’selvaggi
costu- jjiì ^ o per soverchia alterezza
nep¬ pure han gli altri per uomini,
nè cosa alcuna comune con essi vo¬ gliono ( la quale per testimonio di Erodoto ^ fu de’ Persiani arro¬ ganza , che riputavan sè ottimi, e tutti gli altri tanto più vUi ed abbietti quanto più loro lontani), tratti da cieca passione, o da in¬ solente disprezzo dell’ uman gene- 1 Sesto Emp. Ip- Pir, Uh, i. cap. r4*
iVic. Damasceno appresso Stoheo Serm.
44» 2 Erodòto Istoria Uh, 4 - cap. 104. 3 Erodoto Istoria Uh. i, cap. i34* re rompono in empie nozze
queir istrumento, per cui potrebbe più largamente diffondersi l’affratel- lanza degli uomini. 11 perchè Eo¬ lo appresso Omero le figlie a’ figli accoppiava ' ; ed a’ Persiani Cam- bise ne fece l’uso autorevole col proprio esempio * . Anzi tra gli Arabi la figliuola d’un certo Re lu dal fratello imputata di vitu¬ perio, perchè credeva si avesse da¬ to r accesso ad uomo d’altro IP gnaggio, cui disdiceva si d"
entrare a lei con il segnale de posto,
ed era certo l’imputatore niun
altro dentro aver seco de’suoi
fratelli i 6 .® Essendoché tali cause
della malvagità de’ costumi sien
cosi varie, e così pure tra lor connes¬ se e ravviluppate, per quanto pos¬ sano variamente e con forze varia * Omero Odissect liÒ^ lii* ^ Erodoto Istoria Uh* l* cap^ 3r. 3 Stratone Ut. i6* 74 le facoltà dell’ animo svilupparsi « ed
essere in consonanza o in con¬ trasto
fra loro stesse, mal pren¬ derebbe a
patrocinare la pravità e la ignoranza
connaturale alT uomo chi sostenesse non
darsi co¬ stituzione alcuna, e quasi
ottima conformazione di simili facoltà
5 ma ciascheduno doversi tenere a quella , cui per ventura sortì fra’ suoi; tutto condursi dirittamente secondo i patri! statuti ed usi ; nè mai potere ordinarsi ragione alcu¬ na di vivere solida e impermuta¬ bile; perciocché gli uomini, tra¬ mutandosi con le cose , varj costu¬ mi addomandano . Avvegnaché il bisogno, che in armonia si concor¬ dino le facoltà, in armonìa risul¬ tante dalla reciproca loro corri¬ spondenza, si manifesta principal¬ mente da quel tumulto ch’arde neir animo, quando passioni tra lor nemiche senza consiglio e pro- /
posito si tramischiano, e eh’ è da
Dion Prusense, nella sua quarta
orazion del regno, adombrato.
Poiché Dione, avendo principah
niente partito in tre gli stati del
vivere, a’quali avvengonsi gli uo¬
mini ^ tratti più dair istinto e dal
caso che da matui’a saga cita, vo¬
luttuoso, avaro, e ambizioso; e
avendo accuratamente, ad uso e
stil de’ Poeti, una dall’ altra divi¬
samente dipinto le cupidigie ^ cui
Genj appella di ciascheduno e a
ciascheduno stato assegna per con¬
dottieri ; sovente, die’egli , due
o tutt’ insieme que’Genj, uno con¬
trario all’ altro , uno stesa’ uomo
sortirono, e ognun di loro con la
minaccia di un qualche massimo
danno a favor suo spaventandolo,
se riverenza nieghigìi per compia¬
cere ad alcuno de’ suoi rivali. Il
Genio voluttuoso tutto comanda¬
gli di profondere su quelle cose.
76 che un qualche senso
piacevolmen¬ te lusingano ; il Genio
avaro all’ incontro ne lo ritiene , e
minac¬ cia di macerarlo di fame sete
e miseria, se presti a quello obbe¬ dienza. Di nuovo il Genio ambi¬ zioso lo preme e stimola, perchè all’onore e alla gloria sostanze e vita sagrifìchi; dall’ altra parte quel Genio stesso, tenace ed avi¬ do di guadagno ^ con forte braccio ghermitolo ne U ritrae. IN è già tra loro il cupido di piaceri e il bramoso dì gloria accordansi. Per¬ ciocché è quegli disprezzator d’ o- gni lode, e reputa accattar baje chiunque briga onorificenze, e gli tien sempre la morte agli occhi, che con la vita ne invola il senso d’ogni giocondità; P altro poi da piaceri e da lussurie frastornalo con la paura, fittagli viva in cuo¬ re, della ignominia e del biasi¬ mo. J\on sapendo egli che farsi 77 o a qual partito appigliarsi, fu¬ rasi ad ora ad ora al cospetto uma¬ no 5 e fra le tenebre appartasi per isfogar tutto solo la sua libidine, ma P ambizione lo trae di tana, e nella pubbica luce lo risospinge. Gli è forza dunque che un animo qua e là rapito e distratto, e sem¬ pre in guerra con sè medesimo, sia finalmente del tutto misero. Perchè siccome è difficile e peri¬ gliosa la cura di malattie compli¬ cate , e d’inimico carattere ; così pur Panimo, ove contrarj affet¬ ti casualmente commischiarisi, e chiusi in petto ferocemente bat¬ tagliano, è da gravissima angoscia e da infermità, difficilmente sana¬ bile, travagliato. Chi poi le no¬ stre facoltà reputa potersi in Bella e perfetta armonia comporre per i costumi del popolo, che non son ope¬ ra, a detto dell’allegato autore*. I Dione Orazione 76 . 78
d’alcun sapiente, ma della vita e
del tempo; e’ non intende certo, nulla
potersi attendere di regola¬ re e
immutabile denti’O incon¬ cussi limiti
da consuetudine aku- na. Imperoccliè la
consuetudine, come lo stesso scrittore
osserva *, da niun periodo si vincola e
cir¬ coscrive. Per la qual cosa
ogni giorno di nuova giunta
aumentan¬ dosi, cresce ed avanza
insensibil¬ mente, come cert’ulceri
appunto^ che via via si profondano e si
di¬ latano. Avvegnaché forza è
dire, essere a* sapientissimi
legislatori avvenuto ciò che di sé
protesta candidamente Solone, che
inter¬ rogato j se agli Ateniesi
ottime leggi imponesse , P ottime,
disse, di quante fossero per
sopportare Perchè temeva lo scaltro ed
assen- * .Dione Orazione Rhod, 3 Plutarco nella oita di Salone. 79
nato filosofo non esser valido a rin¬
novar dalle basi ricomponendo in
bell* ordine la repubblica j se tutta
quanta 1 * avesse confusa e volta :
ma bene si argomentò , debita¬
mente accordate insieme giustizia
e forza 5 ad operar quelle cose, le
quali egli o esortando, o usando
tale violenza quale potevano com¬
portare , affidavasi di conseguire ;
prendendo 1 * uomo espertissimo più
sano avviso, ed agli umani costu¬
mi più convenevole, che Platone
uso ad immagini perfettissime, il
quale, chiesto dagli Arcadi e da*
Tebani per impor leggi alla nuo¬
va istituita città, fu a quelle
genti scortese dì tanto bene, per¬
chè avvisatele ricalcitranti alla
equabile ripartizione delle sostan¬
ze ^ Qiie* finalmente, che temono
di non parere, seppur volessero
I Diogene Laerzio Uh, 3i part, i, n. 3* 8 o
sottomettere Tuman genere a’ dog-
ani della ragione immutabili, quasi
tenere un Prometeo con insol ubil
catena confìtto al Caucaso , men¬
tre non pongono alcuna regola cer¬
ta, ma tutto estimano da commeK
tersi alla temerità de’ casuali ac¬
cidenti, un quasi Proteo introdu¬
cono, che sappia regger la scena,
e cessi d’essere tratto tratto ciò
che già fu, ed oggi ignori che e’
siasi per divenire domani, oche domani a
sè buono giudicherà. Coloro, certo, che
solo agognano rendersi presso chiunque
si vivano graditissimi, potranno credere
un mostro di bella e rara natura quell’ Alcibiade , cui parve aitarsi ogni forma, siccome quegli, che gli Ateniesi più splendidi, stando in Atene, con la lautezza ed ele¬ ganza del vivere superò ; in Tebe nella fatica e nella forza del cor¬ po avanzò i Beozj applicati più 1 8i alla gagliardia delle membra5 che alla sagacità dell’iDgegnoj a Spar¬ ta vinse tutti i Lacedemooj, giu¬ sta il costume de’ quali nella pa¬ zienza ponevasì la virtù somma, nella frugalità del vestito e del vitto ; in tresche e in crapole sor¬ passò i Traci servi del vino e del ventre ; così emulò de’ Persiani 1 © costumanze, appo i quali era il cacciare e vivere lussuriosamente gran lode, che in tali cose mosse persino a stupore la Persia stessa Ma quella indifferenza , onde na¬ sce che alcuna cosa si reputi one¬ sta o sconcia , secondochè n’ è di peso o di utilità, se oltre il do¬ vere estendasi, e giunga sino alle stesse regole y che prime prime germogliano dalla ragione, e span¬ te quasi in moltiplici ramoscelli arrivano a quelle minime cose, le I Cornelio Nepote nelloi vita di AlclHade
>' 6 8a
quali possono dirittamente o tor¬
tamente operarsi, cangiasi Tuomo
in tal mostro, del quale ninno più
orribile ne creò la fantasia sfrena¬
tissima de’ poeti. Imperocché se
ad un uomo quanto mai 1 ’ avari¬
zia, la crudeltà, la lussuria, e
r ambizione produssero si appro¬
priasse; e ad uso pur de’ poeti,
che in una immagine sola più cose
unirono per alcuna conformità con¬
senzienti , e fabbricarono Giove
Prometeo Ercole , si compendiasse
tutta la umana stirpe in un uo¬
mo, ed in tal uomo i costumi di
tutte Pindoli, regioni, età si am¬
massassero ; che mostruosa , che
sregolata, di che discordi e fra
loro contraddittorj caratteri com¬
posta immagine sorgerebbe \ Quan¬
to v^ha nelle favole di portentoso
accozzato dalle diverse affezioni
degli animali, se unito quasi con
più grappelii ai costringesse a te- 63
nersì appiccato insieme, non of¬
frirebbe un mostro di così turpe
ed orrendo aspetto, qual la na¬
tura umana sopra west ita di co¬
stumanze cotanto sozze e cosi ma¬
le augurate. Le quali cose essen¬
doché sieno aliene dalla eccellenza
dell’ intelletto e dal perfetto ca¬
rattere della ragione, la qual n’è
data per guida e governo all uo¬
mo , si con vie n pure che v’ abbia
un che immutabile e semplice, al
cui modello la mente regoli ed i
eonsiglj e i costumi. Laon¬ de benché le
cose, che di mate¬ ria costano, sien
tutte labili, e r uomo stesso, per ciò
che tiene di corpo, soggiaccia ogni
attimo a mutamento, e, come dice
Epi- carmo *, ciascuno cangi natura
, né fermo tengasi in un sol
essere, ma già io stesso tntt’ altro
facciasi X MpicHiTtno nell0 Rcùccolta
di Gr’ozio^ ■V dall’ uomo ch^ ora passò ; pur la ragione, per cui difFerisce 1’uomo da li* altre cose, è costante, ed i dettami del vivere, che ne proce¬ dono, perpetui sono, uniformi, e sempre a lei consentanei. Può la ragion veramente spesso nascon¬ dersi e rilasciarsi. Ma se produ¬ casi, e chiesta sia di consiglio, ri¬ sponde sempre il medesimo a chi la interroga, e pone le stesse mas¬ sime. Imperocché la ragione uma¬ na , che della vita e del vivere tutta s*occupa, fu generata dalla ragione di Dio, la quale * È dì beir arte creatrice , a tutti Compagna sì, cKe a ciascheduno insegna A còr deir oprar suo frutti onorati. Che non dell’arte istitutor fu Tuomo; Ma Dio la trae di sua ragione, e il
cieco De’ mortali intelletto e cuor ne
avviva. * Questa sentenza di Epicarmo
, che io reco gwì in t>ersi Italiani^
si riferisce dallo Stellini, secondochè
trovasi nelVallegata Kaccolta posta in
metro Latino da Groaìo.
85 Chè dalla mente divina certo
Re¬ tarne leggi contengonsi delle
co¬ se, le quali estendonsi a tutti
gli esseri; ma la nostra, portando
in un certo modo quasi improntata quella porzione di esse leggi, che delle facoltà umane l’onesto uso risguarda e stendesi ad ogni cosa che può dall’ uomo operarsi, men¬ tre si affisa in questa e i suoi progressi, datalesì occasione, inten^ tamente considera, nell’offerirsele partito a scegliere conosce quale consiglio avvengasi ad ogni neces¬ sità. Talvolta pure interviene, che appunto come le vene, che propagate dal cuore per tutto il corpo si spandono, furansi per la troppa finezza al guardo tosto che per le estremità si diramano; cosi ove giungasi a quelle azioni, che son di lieve importanza, v’ha perspicacia di mente appena, che possa chiaro i precetti delia ra- 86 gione là pervenuta discernere. Ma deesi pure concedere alla fralet.- za del nostro spirito, che impu¬ nemente possano le tenuissime co¬ se o trascurarsi imprudentemen¬ te 5 0 temerariamente operarsi; avvegnaché non sien esse di tal valore, che sommamente all’ u- mana società importi non vadano vilipese. Che anzi essendo ogni co¬ sa pieno dì seduzioni, molte le strade all’ errore aperte , molte all’inganno le guide pronte, molte le cupidigie rovinatrici e lacera- trici dell’ animo, alquanto pure a’ costumi donisi, donisi alla na¬ tia debolezza dell’ intelletto , a quella dolcezza donisi di umani¬ tà, di cui gli uomini si compiac¬ ciono , e chi la rifiuti estimano essere in ira agli Dei; purché co¬ loro, che punto all’appetito ac¬ cordassero , si persuadano abbiso¬ gnar d’ una scusa qualunque pos- 87 sano; ma non ardiscano protestarsi così operato5 perchè sia lecito. Confessino averlo fatto per conni¬ venza , non per assenso della ra¬ gione , la qual tenendosi unita alla verità, di tutti i boni, siccome dice Platone *, ed agl’ iddìi ed agli nomini operatrice, ha la sua stessa stabilità, ed è separata da ogni leggerezza, incostanza, temerità, sedizione dì affetti, opinioni, ed usi; nè apprezzar può cosa alcu¬ na , che alla equabilità e costan¬ za di un moderato e diritto ani¬ mo sia ripugnante. * Fiatone dellt ^ ss
CAPITOLO SECONDO Con quale
tenore e modo nascessero le opinioni
sopra le cose speitànti al i>ivere
. I ® Come dalle spiegate facoltà umane varj appetiti per ordine germogliarono, così egualmente sopra le cose appetibili vennero fnora opinioni agli appetiti me¬ desimi convenienti ; e quale di co¬ stumanze , tale di errori , per molti continuati e gli uni agli altri intrecciantisi, una infìnìta serie si congegnò. Poiché i giudi- zj, che formansi delle cose, dal¬ le affezioni dell’animo di ciasche¬ duno emergono, e dalle cospira- trici affezioni degli altri uomini, fra’ quali trovasi a vivere , si rinforzano. Conciossiachè ciascuno così delle cose giudichi secondo- chè siane affetto; ma (jue
giudi- zj •, niuna per sè medesimi
avendo solidità 5 scorrono e sfumano
age¬ volmente 5 se dagli altrui
giudizj tendenti tutti al medesimo
non si contengano. Se però molti
con¬ sentano, e simulacri esprimano
di una medesima stampa 9 ad uno ad uno fra sè lor sogni paragonando, dalla conformità che tra quelli si raffigura argomentano 9 niun apparenza vana sicuramente de¬ luderli , ma in que’ fantasmi ri¬ mirar eglino veracemente espres¬ sa di una reale e sincera cosa la immagine. Donde avviene primie¬ ramente, che gli uomini princi¬ palissime estimino quelle cose, le quali pensano che seco più si con- vegnano di ragione e di qualità. Imperocché ciascuno quasiché d’o- gni cosa 9 come Protagora * ^ si fa * Platone nel Cratilo, 90
misura j cosicché tali realmente
sieno , quali da ciascheduno singo¬
larmente s’* apprendono. Laonde
credendo T uomo ^ che tutte quan«
te misurar debba osi da sé mede¬
simo^ pone ogni cosa vie maggior
essere j, quanto si scosta meno da
quella cb*ei può grandissima con¬
cepire. Tostochè poi abbiasi alcu¬
no acquistato, o con presunzione
stolta aversi acquistato estimi
quanto sbramar può sua voglia,
non però tienseiie soddisfatto s* e-
gli sol abbialo in conto, ma si
argomenta e si sforza perchè pur
gli altri lo tengano d’inestimabi¬
le dignità. Perciocché quanto più
gli altri ammirano e onorano quel¬
le cose, che in suo potere eì già
trasse, tanto più scorge dovern’e-
gli essere necessariamente apprez¬
zato . a.® Niun uomo adunque,
per giudicar di sé e delle cose
este- 91 riori, ricerca se in sè medesimo, ma in quelle immagini vane, che d’Ogni parte l’attorniano j e in «jue^ giiidizj rimirasi, che gii al¬ tri, involti delle medesime larve , portan di lui ricoperto di quella estranea sembianza, la qual con luce fallace e torbida inganna ^ per dir così, gli stravolti e
cispo&i occhi deir animo. Laonde a
quel¬ li , che da’ prestigi di tal manie¬ ra son guasti, e situati fra uomi¬ ni contaminati da que prestigi medesimi, gli è certo forza che accada ciò, che sarebbe per av¬ venire a colui, che d occhi scon¬ ci e malsani si collocasse nel mez¬ zo di un gabinetto per ogni par¬ te di specchi a vari colori e for¬ me incrostato . Imperocché ovun^ que si rivolgesse, vedrebhes egli configurato di membra a mano a mano variarti colore, forma, at titirdine. Egli sarebbe in un at- 9^1
timo rincagnatoj orecchiuto, di
fronte e capo Bformato, guercio,
rattorto, strambo, e gli si aiFac-
cerebbe una efbgie, ora oltremo-
do stravolta, or anche in bella e
vaga armonia di membri atteg¬
giata. Ma distraendo ei gli occhi
dalle sembianze di mostruosa ap¬
parenza, in quelle estatico affise-
rebbesi, che di bellissimi linea¬
menti sparsi di grazia e dolcezza
ridono ; e spezialmente se molti
specchi la vaga forma concordi
gli presentassero, con tanto mag¬
gior fidanza e* la si appropriereb¬
be , e da quella giudicherebbe se
stesso; Taltre figure poi, benché
in alcuna di loro la effigie sua
raffrontasse , rigetterebbe ostina¬
tamente come non sue, e quale
affascinamento degli occhi disprez¬
zerebbe . Così colui spezialmente,
che alla veduta di molti è posto,
e sopra il volgo signorilmente
9D grandeggia, è d’ogni parte
stipa¬ to di cotal gente, che lo
disegna e colora secondo i tratti e le
tin¬ te 5 cui le affezioni e il
carattere di ciascheduno sogliono
sommini¬ strare , Ma fra i giudizj
perversi e buoni, eh’ e’ sopra sè vede
far¬ si 5 quelli ei disprezza i quali
no’l favoreggiano ; veri all’ opposto
re¬ puta quelli, a quelli stupido
ap¬ pigliasi 5 che sommamente
ingran¬ discono la opinione concetta
già di sè stesso, e sè da questi
misu¬ ra e dall’ altre cose, che
soprap¬ postegli e aggiuntegli
esteriormen¬ te gli accrescon luce e
maestà. Perciocché quel Comandante,
il qual co ’l nervo e lo spirito
de’ suoi guerrieri, mossi dalla
ragione presenza e fortuna sua ,
guastò campi 5 sbaragliò fior di nemici
, agghiacciò popoli di spavento,
sfor¬ zò città, e i popolani suoi
con prede terre e malia di gloria
si 94 affezionò s qualunque volta a sè pensa non guarda sol tanto a sè; ma per crearsi una itnmagine di sè medesimo 5 ravviva e pinge nel¬ la sua mente le schiere pronte al comando, le debellate guerre, i fiumi travalicati , le terre corse colle vittorie , le messe provineie al giogo, i munimenti, i doni, i trionfi ^ o la intora postoritE con gli occhi e il cuore a’volumi del¬ le sue gesta. Le quali azioni, men¬ tre gli si raggirano entro il pen- siere romoreggianti per lo fragor delle trombe, lo strepito de’ sol¬ dati, e gli applausi de’ cittadini, si scorda già d’esser uomo ; nè più considera , benché col capo solle¬ visi tra le nuvole e colla parte miglior di sè dal popolo sia divi¬ so, di star co’ piedi alla terra, e d’ essere per tal parte confuso an- ch’ esso col popolo . Chi ha poi po¬ chissime cose., che da vicino gli 95 facciali mostra e riflettanglì porn- posamente illustrata la propria immagine, drizza lo sguardo a lontanissimi oggetti, e si diletta di quella esangue e sparuta effi¬ gie, che può da cose squallide per la muffa rendersi a lui di lontano. Ciò fanno quelli princi¬ palmente, che lo splendore si ap¬ propriano degli antenati j e credo¬ no poter di quello ampiamente senz’altra luce risplendere; quan¬ tunque il lustro delle fumose im¬ magini , se punto in essi ne può trasfondersi , per tanta distanza appannisi, e per le interposte om¬ bre talmente annegrisi , che non si possa ueppur discernere, e sfug¬ ga sino lo sguardo. Se finalmente sia privo alcuno d’ogni esterior sostegno, e tutto quanto restrin* gasi in sè medesimo, ei, quale i bachi, si fabbrica un inviluppo, cui poscia quasi eoa nuove tinte 96
vernica 6 liscia 5 e dentro a (juel
si vagheggia. Benché però 1 opi¬
nione di sé medesimo a suo talen¬
to adornata sia scema affatto di
quel valore, che dall’approvazio¬
ne e consenso altrui suole apporsi,
e’ tuttavia vi si attiene, e ferma
e solida la considera ; spaccia poi
tutti gli altri o stolti, che giu-
dicar sanamente per ignoranza non
possano, ovveramente invidiosi, che
per lividezza d’ animo , guardando
tutte le cose con occhi torti , ne
falsin quante ne affisano. Sino a
tal segno da’popolari costumi pro¬
scritta fu quella massima di Chi-
Ione conosciti ; nella qual massi¬
ma Platone insegna nel suo File-
ho racchiudersi tre precetti, cioè,
che ognuno conosca sé, le sue co¬
se, e checché ad esse appartiene;
o, come spiega appresso Stobeo
Porfirio ' ^ 1 ’ uomo interiore pri-
I Stobeo Serm, ai*
97 mìeramente e immortale;
poscia il fugace uomo esteriore ; in
fine tutte le cose, che all’uno e
all’ altro si riferiscono ; cioè, la
men¬ te , in cui sta propriamente
ciò che si dice uomo; cotesto corpo soggetto a’ sensi, ch^ è solamente ombra ed immagine di ciascuno ; le cose in ultimo poste d'intorno al corpo, le facoltà delle quali gli è pur mestieri conoscere, per¬ chè alla parte mortale la dignità non appongasi dell’ immortale , o air immortale i vantaggi della mortale non si trasportino. 3 .° Ma i più degli uomini con incredìbile accordo quella porzioa di sè stessi migliore estimano, la qual de’ sensi è stromento ; per¬ chè è la prima a spiegarsi, d’uso continuo è nel vivere, e ne siam tutti commossi gagliardamente : quella per lo contrario, che di ragione partecipa e d* intelletto, 7
9 ® quasi confondesi con que’
vanissimi simulacri, cui già Epicuro
sognò disvoìgersi ed esalare da’
corpi. Imperocché quantunque sia que¬ sta parte interiore attaccata a noi, ed abbia virtù e natura si¬ curamente celeste, ci è pero men famigliare, più tarda svolgesi, e son più vividi i movimenti de’ sensi che del pensiero. Reputan poi delle cose esterne quelle esse¬ re più eccellenti, le quali soglio¬ no più vivamente commuoverli; quelle più grandi, che rigonfiate per cosi dire da un cieco ardore deir animo, occupan quasi un più vasto spazio nel cuore, siccome acqua per sottoposte vampe so- prabhollente. Per lo che, omesse le cose, guardiam concordi le loro immagini, le abbracciamo, le va¬ gheggiamo, definiamo secondo que¬ ste le qualità de’ beni , li com¬ partiamo in ispezie, li disponia-» 99
mo ^ ed a ciascuna d’esse potenza
ed essere attribuiamo. Ciò stabi¬
lito, qualunque volta avvengane
ad aver punto a decidere su beni
©’ mali, ci conduciamo precisa-
mente come una volta certi filo¬
sofi usavano, ove il ragionamento
ad obbietti fisici si traesse. Con-
ciossiachè come questi, creati al¬
cuni vocaboli universali, a quali
determinarono doversi già riferire
quanto della natura può chiederai
delle cose, interrogati esponevano
il lor giudizio secondo questi vo¬
caboli, secondo questi vocaboli ar¬
gomentavano , e tolta inquisi¬
zione della natura circoscrivevano
l’intera scienza ad una comoda ed
ingegnosa disposizion di paro¬ le, che
surrogate alle cose pote¬ vano
agiatamente trattarsi; cosi disegnati i
beni ed i loro gradi secondo que’
simulacri, che aboz- zati da’ sensi
perlezionaroiisi ed 100 abhellironsi dalla immaginazione, ove ne occorre a deliberare qual cosa mai più si debba bramare o scegliere , non si considera già quella congruenza, che tra le co¬ se e noi s’interpone, ma solamen¬ te indagasi con qual ragione sieno fra loro composte quelle fantasi- me, che sottentrarono a tener vece di noi e delle cose medesime. 4.° La Principal cosa poi ^ cui statuirono i più dover ciascuno ago¬ gnare, è di saziar l’appetito sen¬ za che ostacolo si frapponga. Im¬ perocché sin d’allora, che addor¬ mentate r altre potenze languono o cela risi inviluppate , fiorisce vi¬ vido il senso, per cui senza pur niun’ avvertenza nostra suole il piacere nell’ anima insìnuarcisi. Ma o son gli ostacoli nell’ uomo stesso, o sono fuori de Ih uomo. Nell’ uomo stesso è la imperfezione e la fralezza de’ sensi: fuori di lui la lOI
penuria di quelle cose, donde si
trae diletto, e la violenza degli
uomini, che lo circondano, all’uso
delle medesime ripugnante. Laon¬
de, quali ministre, al piacere ag-
giungonsi la integrità de’ sensi, la
copia soprabbondante di quelle
cose le quali a’ sensi conforrnansi,
e il pieno arbitrio di usarle, cia¬
scuno a sua volontà : la prima cer¬
to perchè non manchi il sub biot¬
to, da cui le cose cagionatrici dì
voluttà si ricevano; l’altra perchè
la materia, che dee riceversi, non
venga meno; la terza in fine per¬
chè sijflPatto ricevimento non s’im¬
pedisca . 5 .® Ma perchè più per
la priva¬ zione che pe’I possesso
avvertiamo quanto ne sien giovevoli
quelle cose, che per alcun sentimento
ci affezionarono ( sendo noi tali,
che il desiderio di un qualche bene in¬ termesso j perchè niun voto ci re- r
t t. r ioa sti in cuore, più a lungo infìara- mane ^ che non ci gonfj il soave dell’allegrezza, la qual coll’uso insensibilmente languisce); e per¬ chè più d’ordinario a noi manca¬ no gli ajuti estrinseci del piacere, che i sensi stessi, la sazietà de quali ^ benché in ciascheduno va- riino di potenza, da quella capa¬ cità misurasi, cui da principio cia¬ scun sortì ; perciò più spesso spri¬ gionasi, e più vivamente scoppia la brama di libertà e di ricchez¬ za, che di fiorita e vegeta sanità. La qual brama in vero quanta più vìvida cresce, tanto più este¬ nua e consuma ancora la cupidi¬ gia di quel piacere, per lo cui stimolo s’infervorò; e avviene in¬ sensibilmente che tutta sola ella domini, e alle ricchezze la volut¬ tà dia luogo, e servan esse ric¬ chezze alla libertà. 6 .° Ma succedendo assai volte. io5 che moìti egualmente anelino alla medesime cose , e ciò dovendo tan¬ to più spesso avvenire, quanto pa loro più simili e più contigui sieri gli uomini ( poiché arde in tutti la stessa brama di esercitai le me desime facoltà), nè cosa alcuna di circoscritta grandezza realmen¬ te siavi per quanto vasta, la qua le in tutti distribuita la cupidi¬ gia insaziabile ne satolli; quindi, se tutti di forza pari valessero, chi pur volesse alcuna cosa appro priarsi divisamente dagli altri, verrebbe da tutti gli altri, aspi¬ ranti a quell’oggetto medesimo, ributtato. Per la qual cosa la li¬ bertà j che fondasi nelle forze equilibrate di tutti, potendo solo serbarsi illesa tra quelli, che o son del tutto infìngardi e vivonsi eternamente torpidi, o tutto l a nimo volsero a quelle cose, che nulla di comune hanno con quan- io4
te allettano i sensi ; per questo in
quanti e di forze e di cuore ab-
Londano alla vaghezza di libertà
F appetito di signoria sopranna-
sce 3 ed a gran bene ascrivesi il
soprastare agli altri di potestà, ed
alla stessa ragione ponesi qualun¬
que obbietto, ch’abbia sembian¬
za di principato, o che in qual¬
che modo possa al medesimo con¬ tribuire. 7.*^ Tale potenza poi dee con le forze acquistarsi o proprie, o d’al¬ tri alle proprie unite, ed insieme ad uno scopo medesimo cospiranti. Le forze proprie di ciascheduno consistono nella energia delle mem¬ bra 3 nella penetrazione e sagacità dello spirito, ed in un impeto ar¬ dente di quegli affetti, che so¬ gliono più vivamente infiammarci ad imprese ardue, e sospingerci ad intentati, difficili, precipitosi ardimenti. Perciocché ognuno tan- io 5
to più vale, quanto maggiore vee»
menza incitalo a cavar fuori sue
facoltà, e quanto maggiori sono queste facoltà sue : cioè con quan- to più vivo sforzo può ciaschedu¬ no affrontare qualunque appostasi difficoltà e con quanta maggiore callidità può guardarsene. Per lo che molti una volta furono dalla gagliardia delie membra nobili¬ tati; e coltivati con somma cura, furono in onoranza tutti quegli esercizj che lena accrescono e agi¬ lità 5 ed assuefanno gli animi a non curare i dolori, ed a mirar con disprezzo tutte le cose terri¬ bili, Ma successivamente la per¬ spicace o prudenza o sagacità, con cui sogliono, comunque possano, o procurarsi gli ajuti per intra¬ prendere, o dissiparsene gl’ impedi¬ menti, talmente fu riputata, che quanti più se ne ornassero si giu¬ dicavano prossimi agl’Iddii stessi, io6
e si credevano ammessi alF inti¬
ma familiarità de’ naedesimi. 8
.® Ma non potendosi che te¬ nuissima
stimar la forza , per quanto grande ella
siasi, di cui ciascuno è fornito, se con
le for¬ ze congiunte, che posson
muover¬ le impaccio, si paragoni;
perciò non puossi potenza niuna
acqui¬ star mai grande, nè mai
durevole conservare da chi non sia già
da molti fatto signore ed arbitro de* loro affetti. Ciò poi, che suole or¬ dinariamente stimolar gli uomini a cospirare di forza con esso noi, è o la paura di un qualche scon¬ cio , o la speranza di un utile, o la opinione di una eminente vir¬ tù , la quale abbagli con luce straordinaria, e prometta vantag¬ gi grandi ed a molti. Reputiam dunque esserci bene avvenuto , ove ci teme assai gente, o ci ama, o sommamente ci estima ; e ne 107
solleticai! tutti, e tutti illustri nc
pajono quegli argomenti, qua¬ li
sogliono gli altri significarci alta
opinione di noi ; e questo infiam¬
maci in petto violente brame di
gloria, onore, ed autorità. 9.°
Ed a creare negli altri ti¬ mor di noi
contribuiscono quelle cose, che noi
dicemmo costituire la for2a di
ciascheduno, indole ardita a cimentar
tutto, sagace e scaltro vigor di mente,
anima e corpo indomabili dalla fatica ;
e quelle cose, che a queste
necessa¬ riamente conseguono, temerità
mi¬ nacciosa, vanto arrogante,
furia precipitosa e infrenabile. A. tali uomini certamente gli animi dol¬ ci e di soavi costumi, impauriti dall’apprension delle ingiurie, non osano contrapporsi; e qualche vol¬ ta , per trarsi con lieve danno da somme calamità, li secondano: ma que’ eh’ hann’ indole impetuosa e io8
feroce si uiiiscon loro spontanea¬
mente, incitati dalla speranza di
maturare imprese, che ripugnando
quelli sarebbero pericolose a ten¬
tarsi . Imperocché quelle cose, che
sommamente mimiche nocciono, se
per ventura a noi leghinsi d’ami¬
stà giovano sommamente. Tutti
amiam poi spezialmente quelli che
agevolmente potendo essere altrui di
molestia, sono da certa bontà di cuore
impegnati ad obbli¬ garsi moltissimi co’
benetìzj piut- tostochè con la forza 5 e
ci credia¬ mo di apparecchiare e di
assicura¬ re un certo asilo a noi
stessi, ove ingrandiamo e ravvaloriamo
di tut¬ to sforzo quegli uomini, l quali
ric¬ chi di facoltà non le usan già
per opprimere le fortune o la
libertà de’ più deboli, ma pronte
l’han¬ no e disposte o a conforto de’
cit¬ tadini afflitti, o ad onore de’
cit¬ tadini fiorenti, 0 a crear
pubbli- lOQ ea ilarità nel teatro e negli spet¬ tacoli. Siam usi in ultimo di ve¬ nerar coloro , ch^ hanno in dileg¬ gio e a vile quanto mai temesi o bramasi avidamente dal volgo, e i quali 5 sia che concedano, o sia che apprestino e guarentiscano agli altri cose che arrecano alcun diletto o vantaggio, niun altro me¬ rito de* lor travagli sembrano at¬ tendere 5 f'uorichè onore e cele¬ brità . Dalla qual gloria veggen- dosi il più degli uomini assai lon¬ tani per la mancanza di quegli ajuti 5 che debbono sostentarla, o rinunziandola spontaneamente per¬ chè impediti da que* mestieri, co* quali essa non può congiungersi, non solo altrui non invidiano tal capitale infruttuoso per sè, ma lo¬ ro grande interesse estimano che attribuiscasi a quelli, e si conso¬ lidi in quelli a perpetuità. Impe¬ rocché qual uomo pur non vor- I IO
rebbe rinfieritare quegli agj, da
quali non può senza molestia aste¬
nersi, con quella cosa, la qual da
lui trasferita in altri non lascia
alcun desiderio di sè medesima ?
E chi sdegnerebbe mai di pro¬
muovere quelle virtù, da cui span-
donsi a larga vena que’ beni tut-^
ti, che della vita stessa gli son
più cari ? . T IO.® Di questi
mezzi , i quali vaglion moltissimo a
far potenza e fortuna, il timore abbassa
gli animi altrui sino alla stupida con¬ discendenza ; r ammirazione con l’abitudine delle profuse lodi ge¬ nera 1 * adulazione, eh e il genere di servitù più deforme, la speran¬ za de' comodi all’ amicìzia allet¬ ta , annoda le clientele, e stringe le affinità. Le qttali cose, accre¬ scendo 1 ’ autorità senz’ adoprare violcaza, sogUon perciò spezial¬ mente esser pregiate assaissimo ^ il £ ed avendo una certa immagine di grandezza e di gravità possono an¬ cora tenersi grandi per sè mede¬ sime , Ma perchè quanto più an¬ tiche sono sifFatte cose^ denno aver messo radici tanto più vaste e pro¬ fonde ; però crediamo esser pur eccellente cosa l’antichità del li- gnaggio nobilitata da’ gesti di as¬ sai remoti antenati ; e tanto più strettamente a tale antichità ci attenghiamop in quanto i lontani oggetti non sottostanno all’invidia, e tanto più favoreggiasi quella ec¬ cellenza di stato, con la qual vo¬ glia taluno su tutti gli altri ri¬ splendere , se comparisca involta da un’ apparenza di antichità ; pe¬ rocché allora ne sembra non usur¬ pata certo , o rapita altrui mali¬ ziosamente 5 ma in certo modo concessa dalla natura medesima . Conciossiachè come gli uomiin por- tan invidia a’ presenti, così subii- jEnan gli assai lontani molti precetti del quale5 dice Plu¬ tarco * , non variar molto da’ ge¬ roglifici Egizj. Poiché somigliano a quegli oracoli, i quali appunto potean mostrare predetto innac*;i qualunque caso avvenire , peroc¬ ché nulla di certo e chiaro signi¬ ficando lor s’accordavan benissimo tutti i sensi, quantunque più di¬ scordanti . Scelsero poi tali enigmi o maliziosamente per guadagnarsi P ammirazione del popolo, e far¬ gli credere in certo modo aver dal consiglio di Giove attinto quanto sovente spacciassero di più volga¬ re; o perchè il volgo, che d’ordi¬ nario più ammira cose che meno ^ PlhìttarQù nel Libro di Iside e di
Isiride^ i i48 intende continuamente d’inter¬ prete abbisognasse; o perchè aven¬ do essi contezza piena di poche co¬ se 5 paragonarono tra loro quelle, che per niun modo potevano con¬ sentire. Imperocché bisogna, che ne sien certe e manifeste moltis¬ sime, perchè si possano trasceglier quelle, che più tra loro conven¬ gano , affinchè ninna quasi a ri¬ troso del suo'carattere sostituisca¬ si a ir altra; e ninna avendo per così dire un aspetto solo, ma innu- merahili uno velato dalP altro, convien che sieno con accortezza ammirabile svelate tutte le qua¬ lità , che in ciascheduna si celano; perchè si possa perfettamente di¬ scerner quella, che r una all’al¬ tra concorda. Quindi Aristotile dice * essere impresa di prode in- I ArUtoUle delia Rettorica Uh, 3. cap,
Jl. « delia Poetica cap. a a. \ i49 gegno, ed accorto a drizzar sua niii'a 5 veder somiglianze in esseri, che più tra loro discordano. 7.° Come poi gli uomini dì acu¬ to ingegno , e gli ambiziosi anco¬ ra 5 dalle figure a’ proverbj e a tenebrosi enigmi sì trasportarono j cosi gli spiriti più mansueti, i quali più compiacevansi della dol¬ cezza che della mordacità del par¬ lare fecero passo agli apologhi ; e mentre quelli involgevano gli udi¬ tori fra la caligine di sensi arca¬ ni , questi con novellette ornate a schiette maniere li trattenevano piacevolmente sponendo loro le con¬ ferenze e i colloqui, non pur de bruti, ma delie piante eziandio. Con la qual arte sicuramente ot¬ tennero, che quanto all’uomo fos¬ se increscevole e duro mirare in sè e ne’ suoi simili, placido e ad occhio fermo ragguardi in esseri di assai diverso carattere, e mentre i 5 o
5 n oggetti, che non gl* irritano ii
cuore per essergli assai dissimili,
gli esempj osserva della demenza
e della cupidità, apprenda intan¬
to, a tutt’altro inteso, ciò che gli
giovi a ben vivere. Così lo sparvie¬
re in Esiodo ^ , nel dileggiar Tusi¬
gnolo , perch’e’ su lui, benché sia¬
si dolce soave gorghegglatore , ab¬
bia ragione di vita e morte, am¬
maestrane, essere imprudentissimo
chiunque prenda a cozjsare co’ pre¬
potenti, sendogìi forza, oltre lo
scorno, inghiottire qualunque stra¬
zio ed acerbità, Oltracchè sono
sijffatti modi più acconci, essendo
pur malagevole, siccome osserva
Aristotile ^, ritrovar simili cose
realmente operate , agevolissimo
poi jfigurarle finte a chi pur sap¬
pia discernere le qualità delle si-
* £siod,o i Tj^votì 6 Is GioviicttG *
2 Aristotile della Rettorica libé a. cap* ao. \ i5i tnili , abilitandone a ciò la filo¬ sofia. Hari di più tale comodi¬ tà 5 che sendo odioso il nome di precettore V acerbità de’ precetti si raddolcisce con la giocondità della favola; talché quegli nomi¬ ni, i quali rigetterebbero una pa¬ lese ammonizion pedantesca, I ab- braccian quasi spontaneamente nata, ove si occulti il maestro, o 1 ’ a man pure qual parto del pro¬ prio ingegno, siccome osserva TVIas- simo Tirio * , quasi di se medesi¬ mi la traessero. Onde quel I^rigio novellatore ^ il quale , al dire di Gellio non gravemente, non au¬ torevolmente spose e chiari quan¬ to fosse degno di avviso e consi¬ glio, ma chiuso in giocondi apo¬ loghi negl’intelletti e ne cuoii lo insinuò con vezzo lusingatore * Maòsìmo Tirio Serm, 09 a A, Gelilo Notti Attiche Uh, a cajp.
ag. degli animi 5 non solo
agli altri poeti si preferia da
Apollonio pres¬ so Filostrato , perocché
quelli le orecchie degli uditori
corrompo¬ no, e con lo stimolo di
grandi esempi spingono gli animi a
scel¬ lerati amori e a brama d’oro
e di regno, dovechè Esopo favoleg¬ giando mostra che farsi o lasciar¬ si debba, e chiaramente additane qual verità sotto bella menzogna ascondasi; ma si ammirava scolpi¬ to ancor da Lisippo innanzi a’ set¬ te che furon detti sapienti: lo che espressamente lodasi da Agatia ^ j perchè quelli severamente ed aspra¬ mente ammoniscono, questi scher¬ zando giocosamente gravissime co¬ se insegna, e raddolcendo con blan¬ de parole il cuore l’empie di sani consigli.
i Fìlostrato Uh. 5. nella i>ìta di Apollonio» * Antologia Uh, cap. 33. i5S 8 .® Ma mentrechè con apologhi velavan questi utilissime osserva¬ zioni j altri offuscarono le mede¬ sime con inviluppi allegorici, tes¬ suti non de’ costumi degli anima¬ li, ma sì delle proprietà d’ogni qual altro oggetto più conoscesse¬ ro ; o che una certa grandezza li seducesse 5 o che una qualche pau¬ ra li consigliasse. Poiché talvolta avveniva che f ardimento e la for¬ za di chi doveva ammonirsi to¬ gliesse ogni libertà di parlare. Co¬ sì non osando Alceo * palesemente lacerar Mirsilo, che travagliava i Mitilenesi con barbara signoria, simboleggiò il tiranno ed i citta¬ dini con la tempesta e una nave, e mentre deplora il legno già so¬ perchiato dall’ onde piagne la schia¬ vitù della patria , e lacera l’op- pressor della libertà. La qual ma- I J^raQÌide Pontico nelle allegorie di
Omero , i54 niera , forse dapprima inspirata dalla necessità, si usò dappoi per vaghezza , ed anche a pompa d’in¬ gegno . Ma dove imprima sotto la forma di alcuna cosa ordinaria così celava si la verità, che di leg¬ gieri 136 trasparisse ; incominciò appoco appoco, quasi incrostata di false immagini, ad occultarsi in guisa che gl’imperiti non sospet¬ tava n pure di oggetto ascoso in quella vana corteccia, e per la cosa prendeano il simbolo della medesima, e in esso lui s’arre¬ stavano, Al quale effetto concor¬ sero con ammirabile accordo il vulgo stesso, i filosofi, ed a’ filo¬ sofi i succeduti poeti , pe ’l tra¬ mezzarsi de’ quali gli osservatori e gli operatori si uniscono delle cose. Perciocché come le favole, per quanto Massimo Tirio affer¬ ma ^ 5 sono tramezzo alla scienza I ilfafiimo Tirio nel cit, Sermé 99. i55 ed alla ignoranza ; cosi coloro , che si applicarono con ogni cura a trattarle , debbono aversi come un legame comune de’ dotti e degl’imperiti ; essendo essi, che astrinsero la sapienza, i cui pe¬ netrali sono inaccessibili al volgo, a conversar mascherata nelle as¬ semblee degli uomini più nume¬ rose, e spesse volte a prodursi in abito di comediante sopra la scena. 9 .^ E veramente il volgo inet¬ tissimo a quegli oggetti , che per essere intesi vogliono mente astrat¬ ta da’ sensi, mirabilmente però di¬ sposto a quelli ch’abbian qualità proprie da porre i sensi in ardo¬ re j diede motivo di tratto in trat¬ to d’ immaginar cose nuove a que¬ gl’ ingegni che amassero brillare agli occhi del popolo, o trarlo ad usi migliori. Per lo che, presa baldanza dall’ imperizia e legge¬ rezza del volgo quanti brigava usi i56
credito di sapienza , qualunque
oggetto dovesse proporsi al volgo,
lo presentavano a lui vestito di
alcuna forma invievole per i sen¬
si. Furono poi molto utili ed op¬
portuni tai velamenti filosofi
per onestare quelle opinioni, che
immaginate s’erano della natura
universal delle cose. Imperocché
poiché alcuni forti d’ingegno mos-
ser dal nido con ali già vigorose,
e dalle immagini delle cose, che
aperte spiegansi al sensi, alla in¬
teriore ed astrusa natura loro in-
nalzaronsi, strani portenti si pre¬
sentarono a’sognatori sopra le cau¬
se, l’ordine, e la struttura dell*
universo. E prima, ciocché fu in
tanta oscurità facilissimo, in due
sostanze divisero la natura, talché
una fosse, per adoprar le parole
di Cicerone efficiente, l’altra
* CicsTOìiB j4ccad6ìuich$ 2t i# poi 5 quasi alla efficiente
prestan- tesi, effettuata . Nell’
efficiente cre- devan essere la potenza
; una ma¬ teria poi nell’ effettuato j
ma e questa e quella in entrambi;
che nè la materia stessa avria potuto accozzarsi senza una forza vinco- Jatrice , nè senza materia niuna esercitarsi la forza. Chiamavano dunque Iddio o V universo stesso, o una potenza oppur mente dif¬ fusa in tutte le cose, e sotto la varia immagine delle cose occul- tantesi. Da tale principio ritrasse Escliilo " quelle espressioni H terra ed aere e cielo e firmamento , E scaltro v’ha nell' universo , è
Giove; X io Steliini riferisce questa
sentenza di fischilo secondo la versione
poetica datane in Latino da Grazio nella
già citata Raccolta Groziana. Io nel
recarla in versi Italiani ho procurato
di adattarla più all’originale che alla
Ti-adazione. Di qui nasce la varietà,
ehe si può incontrare , nella espression de concetti. i58 io che alla prima sentenza accor¬ dasi e consuona con la seconda : Non confondere Iddìo con mortai cosa, Nè a lui caduca (jualitade apporre. Eì si cela al tuo sguardo : impetuoso Orribil fuoco ora si mostra , or veste Delle tenebre il velo, or d’acqua prende Sembianza ; talor ha di fiera aspetto , Di nuvola , dì turbine, dì vento , Dì saetta, di folgore, di tuono. Pensavan poi che una mente per ogni parte del mondo si diffondes¬ se, in quella maniera che giudi¬ cavano la nostr’anima sparsa per tutto il corpo, la qual per Fossa c pe’ nervi diramasi come abito, tiene al principio poi come mente. Perciocché presso Laerzio * cre- deasi da Possidouio, che F anima delF universo, o il purissimo etere si diffondesse col senso in quanto esiste nell’aria, negli animali, e * Diogene Laerzio lib, i, partiz* rSg, in tutte le piante ;
nella medesi¬ ma terra poi siccome
vitale abito s’internasse. E ad Epicarmo
pa¬ reva che avesse mente qualunque cosa vitale *. Pitagora gii;dicava partecipar della vita chi di ca¬ lore partecipasse ; e perciò essere le piante ancora animate * ; la qual fu pur di Democrito e di Platone sentenza ^ ; ed affermava¬ no Empedocle ed Anassagora, es¬ sere anch’ esse mosse dal senso, dall’appetito, dalla melanconia, dal piacere Anzi poi molti esti¬ mavano, come ne attesta Porfirio % che la ragion degl’ iddìi e degli uomini, siccome d’ogni animale, non differisse tra loro per la so- * JEpicarmo nella cit- Raccolta
Groziana. * Diogene Laerzio Uh. 8.
partiz. a8. 3 Plutarco nelle Qiiestioni
Platoniche, 4 Clemente Alessandrino
Strom. Uh. 8. , Arir Piotile delle
Piante Uh, i, 5 Porjirio delVAstinenza
Uh, 3. i6o stanza, ma solamente per certi gradi, talmentechè T una fosse in un medesimo genere più perfetta, F altra inferiore: dalla qual cosa avvenne, che strascinati da una catena d’idee statuirono T uomo essere quasi di tutte le cose un centro, in cui pur tutte o accre¬ sciute o diminuite potessero ter¬ minarsi. Per lo che la materia, per cui la potenza penetra con varj nomi appellata , essendo spin¬ ta da un movimento continuo, credean fra tali commovimenti della natura potersi tutto consecu¬ tivamente di tutto fare; pe’l qua¬ le oggetto nuli’ altro si richiede¬ va , se non che una cosa si disu¬ nisse da un’altra, ovveramente ad un’altra si approssimasse. Quinci ^ cavarono gli Dii dagli uomini, e gli uomini dagli Dii; e in bestie, in alberi, e in sassi questi mede¬ simi trasformarono. Quinci presso i6i Elia no * Einpedocle trasse alcuni esseri generati da due dissimili spezie p e in un sol corpo con dop¬ pia natura uniti. Quinci final¬ mente si propagò quella metempsi¬ cosi 5 cui tratta dalle immondezze Egiziane Pitagora nobilito Poi¬ ché asserivan gli Egizj I anima di Osiride esser passata in un .bove, dal quale poscia ne’ posteri si tras¬ fondesse, giusta la relazion di Dio¬ doro ; secondo poi la testimonianza di Eliano ^ , intanto gli Eliopollti odiavano il coccodrillo , perchè credevano che quella forma vesti¬ to avesse Tifone uccisor di Osiride. io.° Afferrarono avidamente ta¬ li opinioni i Poeti, e non altri¬ menti che di principj trasser di * JZUano Istoria degli Animali Uh* i6.
cffp. 39 - * Diodoro $lciL Istoria Uh. l. 5 EUano Istoria degli Animali lib, io.
cap. 3.S. I r lòii quelle quai corollarj le loro tras¬ formazioni, e le varie forme on¬ de vestiti gl’iddi! usavan cercare ogni angolo dell’ universo per ri¬ conoscere le virtù e’ vizj degli uomini, Perciocché quelle trasmu¬ tazioni di cose, che si credeano i filosofi a tempo certo uscir dell’ ordine eterno dell’universo a gra¬ do a grado spiega ntesi, a lor pia¬ cere i poeti nella natura mede¬ sima le intrometteano, qualor va¬ ghezza o bisogno li stimolasse j nel che nuir altro si conveniva far loro 5 se non che poste opportuna¬ mente apparissero quelle occasioni e cagioni, cui ciaschedun evento congiunto fosse di qualche neces¬ sità. Queste di vero si mendica¬ vano spesso da qualche alterazio¬ ne dell’ animo, o d’alcun vizio o virtù, perchè avevansi come i più proprj argomenti da ingenerare negli uomini spavento ed odio p"' i63 torti affetti, e riempierli di sen¬ timenti onorati. Ma temeraria¬ mente ammassando e spacciando importunamente trasformazioni di ogni maniera que’ che cercavan miracoli per mostrarsi più vene¬ rabili al volgo , tali prodigj per¬ de ron fede, e annoveraronsi tra que’ fantasmi, di cui si può la fantasia dilettare e ornare il mon¬ do poetico, variato poi coll’accre¬ scimento di azioni, di movimenti, e di forme.
ii.° Mentre però che questi di
larve tali coprivano la sapienza
per farla pvù ragguardevole al
popolo, altri qualche particola ne
dìvelsero, e chiusa in breve ed a-
cuta massima la proposero. Siffat¬
te massime, o perche tratte dal¬
la natura medesima delle cose per
una osservazione diuturna, o per¬
chè espresse con la meditazione
dalle nozioni serbate nell’in tei let-
i64 to 5 hanno grandissima
autorità, sì per la gravità ed il peso
delle parole che le ristringono, come per la loro fecondità e per lo age¬ vole e libero adattamento loro ad assai casi del vivere. La stretta brevità loro fa veramente, ch'el- ìeno apprese pur sieno dagl’im¬ periti e sfaccendati egualmente, e pronte accorrati ovunque ad o- gni cenno delf animo. Perlo che il volgo ignorante si vai dì loro frequentemente, e d’ordinario da quelle giudica il bene e il male. Se l’ebbe certo in tal conto l’an¬ tichità 5 che scoi piansi agl’ ingressi de’ santuarj, e adopravansi a pro¬ nunziare gli oracoli; o perciocché talvolta se ne ignorava per la vec- diiiezza l’autore , si noveravan tra que’principi, attingonsi dal¬ la natura medesima , e a cui dà peso il concorde assenso delle na¬ zioni e de’secoli. Onde i fanciulli i65 apparavanle per poi giovarsene in ferma età 5 siccome asserisce E- schine nell’arringa contro dì Te- sifonte .
ia.° Ma nulla s’ era sin qui con
certa ragione e regola sopra i co¬
stumi determinato , perchè non
era la mente per anco pari a tant
opera 5 o perchè quelli che avreb¬
bero principalmente potuto farlo
s’ eran»o agli esercìzj d’ altri me¬
stieri applicati ,60 ninna cura
essi posero sulla maniera del vi¬
vere , o se pur tolsero a meditar¬
la non presentarono che opinioni
espresse in forme allegoriche. Per
la qual cosa le regole de costu¬
mi non eran altro che o un indi-
gesta massa dì brevi e facili det¬
ti ; o corollari di naturale istoria
raffazzonata in ogni maniera ap¬
plicati alle costumanze; o gesta
illustri die’ trapassati, le quali o
rinchiuse in inni cantavansi fra le i66
mense, o propinavansi al popolo
ineschiate a’* riti divini, o contraf¬
fatte di favole si produceano a
spettacolo sulle scene. Comparve
Socrate finalmente, il qual s* ab¬
battè per sorte in que’ tempi,
che rovinati i costumi degli Ate¬
niesi dal lusso erano inzavardati
d’ ogni lordura : 1 ’ arroganza poi
de’ Sofisti, forte d’ inganni e le-
nocinj rettorìci, signoreggiava ; am¬
maestrava i giovani già corrotti
dagli ordinar] usi del vivere in
quelle arti, per cui potessero nel¬
la ignoranza massima delle cose
ammaliare il popolo in parlamen¬
to, e rinchiudeva tutta la scien¬
za in un girar di parole e di con¬
cetti splendidi comodamente adat¬
tabili ad ogni assunto, o di ven¬
tose speranze pasceano il cuore del
popolo. Per lo che Socrate, sic¬
come affermane Cicerone % pensò
* Cicerone Questioni Tuscularte Zi&, 3* 167 doversi distrar la filosofia dagli arcani gelosamente nascosti dalia natura medesima, ed applicarla al governo delia repubblica ; quin¬ di ei la trasse dal cielo, e la po¬ se nelle città ^ e la introdusse an¬ cor nelle case, e a meditar l’ob¬ bligò sopra la vita e i costumi e le buone e malvage cose : raccol¬ se in un certo ordine gli ammae¬ stramenti del vivere, che vagava¬ no dissipati; illustrò definendoli i tenebrosi caratteri delie virtù; i complicati e confusi sbrogliò par¬ tendoli e dichiari; investigò gl i- gnoti con la induzione de simili, e mise gli altri in cammino d’in¬ vestigarli . Quindi elegantemente dice Temistio * che, quale Atene da Teseo, fu in un sol luogo da lui raccolta la sparsamente abi¬ tante filosofia . ^ Temistio Orazione it* i68 i 3 .° Quanta ignoranza ^ qual Lnjo Ja scienza de’costumi ingom¬ brasse, chiaro è da ciò, che ne disputa nelle morali sue conferen¬ ze Platone. Poiché non crasi an¬ cora determinato qual fosse e la natura e il valore della virtù ; lo che si prende a rintracciare nel Mennone . ]Non s’ era ancor defi¬ nito per quai caratteri fra loro il giusto e Fingiusto si dipartissero5 le quali cose nel primo cerca usi e nel secondo colloquio su la Re¬ pubblica . Che innanzi a Socrate mai non si fosse indagato qual co¬ sa aversi per santa e pia , V ap¬ prendiamo dalPEutifrone. Per la quale ignoranza avvenne , che quelli che professavano d’insegnar tiitto, quantunque nulla assolu¬ tamente sapessero, poteano como¬ damente a vane ciance dar peso, ni un altro avendo così fornito l’ingegno da scompigliare le reti fragili de’
Sofisti. Nè già le cose ignoravano
solamente, ma ne fa chiari Platone stesso
che non sa- pesser neppure il tenore e
il mez¬ zo da conseguirne sicura e
limpi¬ da conoscenza. Imperocché, sicco¬ me afferma nel Fedro , niente può stringersi con l’intelletto, o svolgersi col discorso, ove le cose qua e là disperse in un ordine non sì raccolgano, affinchè possa una sola definizione abbracciarne quante fra loro per alcun modo concordano; e vicendevolmente ove le cose raccolte insieme gradata- mente non si di nielli brino in par¬ ti, perchè sì possa spiegare ognu¬ na distintamente. Ed oltracciò nel Filebo, poiché, dice Socrate, quelle cose, che sempre sono, so¬ no una e molte, ed hanno un cer¬ to naturai termine e insieme han corso infinito; per indagarle adun¬ que e insegnarle agli altri è me- lyo stìeri primieramente, che rintrac- ciarn quella forma, nella qual tutte contengonsì ; la qual trova¬ ta si denno poscia ricorrer tutte, perchè non solo sappiamo essere quelle insieme ed una e molte e infinite ; ma quante ancor quelle molte sieno ; nè ad esse molte Ti» dea deir infinito adattiamo pri- machè ci sia noto evidentemente il numero di tutte quelle, che fra runo e l’infinito frappongonsi. Lo che vuol dire, che essendo il genere uno , più poi le spezie al genere sottoposte, ed infiniti gli oggetti individuali che sottopon- gonsi a queste spezie, dehhesi pri¬ ma di scendere a’ singolari consi¬ derare gradatamente e percorrere tutte le spezie del genere investi¬ gato. Ma quelli, come pur ivi avvertesì, che allor brigavano cre¬ dito di sapienza, oltre saltando i frapposti oggetti, dall’ uno ratti I7I passavano all’ infinito ; raccoglie¬ vano in una forma 5 siccome s ha nel Politico, simili reputandole $ cose fra loro discordantissime ^ dovechè avrehhon dovuto strin¬ gere dentro un medesimo gene¬ re cose fra loro affini} dopo che avessero tutte esplorate le discre¬ panze } che fossero nelle parti, Per lo che chiaro affermasi nel Sofista , aver essi V ingegno e Fuso della divisione ignorato, on¬ de avvenne che fosser poveri di parole. Perciocché quanto più so¬ no ravviluppate le idee, vie me¬ no segni per ispiegarsi addoman- dano ; quanto più sono distinta¬ mente partite, tanto è mestieri che più s’ accresca la vena delle parole ^ perchè a ciascheduna idea proprio segnale s’apponga , per cui discernasi nell’annunziarla. Nul¬ la poteasi adunque sperar di sag¬ gio^ nulla di chiaro da quelli. 17^ che nè raggi unta avevano la veri¬ tà , nè conoscevano i mezzi da rin¬ tracciarla; e ridncevano l’arte del disputare e del dire j, onde cotan¬ to si pompeggiavano, a mere baje ed a vanissimo strepito di parole. Per intuzzare il fasto de’ quali uomini giudicò Socrate doversi quella sapienza , della quale era ei solo veracemente maestro , velar con quella sua celebre dissimula¬ zione , per non respingere da’ suoi colloqui quanti volea costrignere a confessare di nuli’affatto sape¬ re , prima che avessero a piena bocca versata tutta la scienza, nella qual più si fidavano, ed in¬ vescati dalle interrogazioni di un uomo, che sol bramasse istruirsi, ben comprendessero non esser ella che vanità. Perciò eloquentissimo essendo , e avendo insegnato il pri¬ mo , come ne attesta Laerzio, l’ar¬ te del ragionare 5 usava umile e / 173 disadorna orazione, seconclochè nel convito di Piatone afferma Alci- Liade, per animare coloro, di cui ■fingeasi discepolo, a cavar fuori più arditamente quella, di cui si boriavano , suppellettile di elo¬ quenza , e dopo avere sfoggiate tutte siffatte merci di belJa stra e di niun valore, a'’loro se¬ gni medesimi se ne svelasse la nul¬ lità . Perciocché nulla ad ducendo egli del proprio, ma rivolgendo per tutti i lati quanto ne avea concesso il contraddittore, appoco appoco inoltrandosi, colà pingeva- ló filialmente ove forz*eraglì di confessare non si poter già difen¬ dere quanto animosamente poco dinanzi asseriva. Ma raentrechè prestandosi alP occasione mettea più cura a distruggere le altrui maniere, che a rassodare le pro¬ prie ^ destò sospetto in alcuni , ©h’ ei ne insegnasse più tosto qua- 174 ie duL.bie2Sza chiudasi nelle cose, che quale s’ ahbian certezza e ve¬ racità , e dicrollasse, piuttostochè invigorisse, le fondamenta del con¬ veniente e del buono . Ciò ad Ari¬ stofane ^ diede appicco per accu¬ sarlo , quasi ponesse in dubbio quanto mai ha di più certo, e più ne importa sia vero, e que¬ stionasse che tanta sia probabilità in ogni cosa, quanta potesse ap- porlene una insidiosa allettatrice eloquenza. Per la qual cosa ma¬ lignamente chiamalo antesignano di quelli che si gloriavano di pos¬ sedere e r uno e 1 ’ altro parlare, che superiore e inferiore dicesi, il quale può veramente dare alle stesse cose eguale aspetto di vere come di false . Ma benché Socra¬ te , per non torcere dal suo pro¬ posito, nulla affermasse 5 pure col * Aristofane nelle ISfuvolei 175 disputare ed abbattere le opinio= ni alla ragion ripugnanti, faceva sì che ciascuno agevolmente infe¬ risse qual fosse il massimo bene , quali virtù, quali vizj alla natu¬ ra umana distribuita nelle facol¬ tà sue rispondessero. 14*'^ Ciò fatto, quasi la tromba sonato avesse, mirabilmente ecci¬ tò gli affetti degli uomini a col¬ tivar la filosofìa de’ costumi ; ma ciascheduno amando meglio parere autore di cose nuove, che appren¬ di to re delle scoperte , e perfezio¬ natore delle abozzate , misera¬ mente molti la deformarono, e la constrinsero di quando in quando a vestirsi di nuove forme. Percioc¬ ché ora mostravasi con increspata fronte 5 con barba squallida^ e in sordido niantellaccio , e spoglia d’ogni vergogna sfacciatamente lor¬ da vasi d'*ogni bruttura; ora splen¬ didamente e mollemente abbiglia- ’SZ niovea- 176
ta 5 ed odorosa d’unguenti si in
cerca di delicati conviti ^ nè riputa
vasi a scorno far viso e le¬ zio di
parassito ad uomini son¬ tuosi . Alcune
volte invaghita del¬ la piacevolezza
degli orticelli, e soddisfatta di
semplicissimo vitto, abbandona vasi
neghittosa alla soa¬ vità di un ozio
infingardo^ alcu¬ na volta ingolfa vasi
nelle civili tempeste , e arma vasi di
quante forze può mai natura e
fortuna somministrare , per
acquistarsi, prudentemente operandole,
tutti quegli agi che possono crear
di¬ letto nel vivere. Talvolta sopra
le cose umane di lungo volo innal¬ zandosi nelle divine affissavasi che sono eterne, e procurava di richia¬ mare la nostra mente, staccata affatto dalla materia, a quella mente , da cui credevasi derivata ; talvolta sprezzando uomini e dei, ed ogni cosa mettendo sotto di sè$ 177 con Giove stesso di libertà e d im¬ perio rivaleggiava ^ e prometteva ardita di crear essa monarchi e numi tutti coloro , che non pre¬ standosi ad altri sol tanto a lei s’ attaccassero . Alcuna volta agi* tavasi irresoluta, e vacillante cer¬ cava dove fermare il piede ; al¬ cun’ altra disperatissima di mai trovarlo 5 nè più curando soggior¬ no stabile e fermo ospizio lascia¬ va trarsi dagli accidenti secondo il corso incostante della fortuna . Ciascuno in somma di quella for¬ ma la rivestì, che più gli fosse in acconcio o a cuore. i 5 .° Imperocché Platone, sendo fornito di sommo ingegno, com¬ piuto in ogni dottrina , ed egual¬ mente grande, pregio serbato a pochi, si nella facoltà di scemerò quelle cose , che sgombre d ogni mortale impasto si svelan solo ad un’ anima tutta staccata dal sen¬ ta
178 so, come nelTaltra facoltà
di mo¬ strare , quasi dipinte e
illustrate pomposamente, sensi stessi
le cose, che dalla mente si
percepì- scono ; unendo insieme queste
fra loro discordantissime facoltà ,
creò tal genere di orazione dell’ una
e l’altra composto, che per lo
splen¬ dore delle parole, e la pittura
de’ sentimenti d’ogaì colore
imbelli¬ ta , frequentemente diletta più
, che non istruisca. E veramente fu spesso si stemperato in lisciar io stile, che non mancò solamente alia gravità di filosofo ; ma deesi dire che trascendesse la intempe¬ ranza medesima de’ poeti. Quin¬ di, siccome Longino attesta io censurarono alcuni, che quasi pre¬ so da frenesia si abbandonasse a traslati arditi e a tumidezze al¬ legoriche ; e Dionigi Alicarnassen- I Longino del Sublime cap, a8. 179 se * gli pone a colpa di avere, più che al valor deile cose5 mes¬ so l’ingegno ai frastagli delle pa¬ role . Per la qual cosa, mentre dagli argomenti sensibili agP in¬ sensibili 5 e dalle immagini eter¬ namente lubriche delle cose tra¬ sporta gli animi a* loro stessi e- semplari 5 che nè mai nascono, nè sono mai per perire, affinchè il lume del vero sgombri un errore contratto per la consuetudine di cosiffatte apparenze ; ei rivestendo ogni cosa di ailegorie ritira gii animi alle apparenze medesime, e di sì vivo splendore gli scuote e abbaglia, che stupefatti lasciali di maraviglia piu tosto che rischia¬ rati dalia evidenza. Perciocché avendo raccolto per ogni parte tutti i fioretti poetici ed i misteri 1 Dionigi d"Alicarnasso della Graokà
dell Orazion Demostenica . i8o de* numeri, e avendo cercato a- dentro il sistema adombrato sopra le idee da Epicarmo, congiunse insieme siffatte cose scambievol¬ mente impacci antisi 5 e ravvolgen¬ do gli animi per tortuosi argo¬ menti sparsi di tratto in tratto di favolose immagini, menali tutti sin dove ni uno più riconoscasi, ma resti assorto dalla medesima uni¬ versalità delle cose, e finalmente unitosi a quella mente, da cui cia¬ scheduno emana, si creda essere Iddio . Poiché, siccome si esprime Tullio giusta il parer di Platone \ è Dio chi vive, chi sente, chi si ricorda , chi prevede , chi questo corpo, ch’egli ha in governo, così conduce e amministra, come il sommo Iddio questo mondo ; tal¬ ché non debba sembrare maravi- glioso, che tanti uscisser di que- ì Cicerone nel Sogno di Scipione cap.
8. i8i sta setta fanatici ed invasati ; e che tanti concetti ornati di favo¬ lette poetiche si co^iessero da poeti cupidamente, e si garrissero sino alla sazietà . 16.® Aristotile per lo contrario, uomo egualmente di sommo acume e di gravissimo discernimento, può ^ « 1 • •
s^ttribuirc 3 - sè solo di suo diritto
ciò, che generalmente da Massi¬
mo Xirio affermasi de filosofi. 5
imperocché la sua mente rinvigo¬
rita e intollerante di enigmi cavò
la filosofia d^ogn’invoglio 5 de fre¬
gi suoi la spogliò ^ ed usò nude
maniere. Costrinse a legge deter¬
minate © chiarite per ogni parte
le argomentazioni ; da singolari,
avanza agli universali, che soli
possono produr la scienza, la pri¬
ma entrata de’ quali essendo già
1’ esperienza stessa , n’ è più. dirit- ^ MOtSSITUO TÌTW SbTTUì. 5 ^ 9 * i8ì2 ta e sicura la progressione; poiché ciascheduno è certo donde parti, qual via Batta , e dove gli è da sospingersi. E per toccare ciò che più vale al proposito , Platone avendo opinato j userò le parole di Cicerone ^ , che fosse V intero mondo una città comune degli uo¬ mini e degl’iddìi, ed esser gli uomini di generazione e di stirpe agl’iddìi congiunti; e avendo per¬ ciò abbracciato co’ suoi precetti tal vastità, quale da uomini, tutti occupati dei vivere, difficilmente si può comprendere; parve più co¬ modo ad Aristotile, che ciasche¬ duno si reputasse, non dell’intero mondo, ma solo d’una repubblica cittadino; ed a tal uomo acconciò la filosofia de’ costumi, perchè sti¬ mava vieppiù valevole a tener gli uomini nel dovere un’affinità più > Cicerone delle Leggi Uh. i. cap.
7. i83 ristretta © da scambievoli e chiarì uffizj corroborata, che una la qua¬ le 3 -gguagìi in ampiezza la infi¬ nità della natura medesima, in¬ comprensibile affatto dalia comu¬ ne degli uomini, la qual si dee provvedere d^ instituzioni, Laonde mentre Platone con il soccorso dell Aritmetica Geometria Astronomia si sforza a sublimar gli uomini dalle concrete alle cose intellet¬ tuali, da’ sensi alle astrazioni, e insegna doversi 1’ animo scevra re affatto dal corpo, trasse Aristotile ciascun uomo là dove ognuno, che meni vita civile , si lasceia facil mente persuadere doversi aggiun¬ gere ; e quante cose vedeva^ si ca¬ re agli uomini da non soffi irne la perdita, mostrò in qual modo va¬ lersene rettamente. Poiché qua lunque co’ suoi precetti piovveda a que’ solamente, cui basta a bea¬ tamente vivere la pura contem- i84 plazion delle cose intellettuali, e’ certo pensa, che o la più parte deli’ unian genere sia dispregevole, lo che è superba arroganza, o na¬ ta unicamente agli a£PannÌ, lo che guanto è ridicola supposizione , è altrettanto inumana ferocità. Quin¬ di Platone stesso, che argomentossi a comporre una città, non di uo¬ mini, ma d’intelligenze scariche d’ ogni corpo , e col lega ria con P accomuna mento di quelle cose, che sfuggono ad ogni forza di sen¬ so ; perchè nondimeno tale città non sia ripudiata affatto dal po¬ polo , le accorda l’uso de’ sensi © delle cose esteriori, e pone esser© le virtù, le quali civili appella, in quella mediocrità , cui trattò poscia profusamente Aristotile, e il maggior numero de’ filosofi com¬ mendarono. Ma per fondare o per figurare tale mediocrità trasse da varie dottrine e scienze ciascuno i85 varj argomenti. Imperocché Pla¬ tone * dalle corrispondenze de^ suo¬ ni approvate dalla sagacità delle orecchie cavò le leggi, onde i massimi cittadini dispostamente attemperati con gPinfimi, siccome suoni dissimili ^ si concordino e formin quasi pura e soave armo¬ nia j ed egli pure insegnò doversi in ciaschedun uomo le tre facoltà deir anima, appetitiva, irascibile, e razionale, contempo rare secondo quegP intervalli, con cui tra loro si rispondevano la corda somma, mezzana, ed infima nelle cetere. Le quali cose spiegando crede Plu¬ tarco * , Platone aver la lagione alla somma corda. Pira attribui¬ to alla media, alP infima P appe¬ tito; essendo tale il carattere della ragione, che signoreggi; delP ira, 1 JPlat&ne de Ilei Mepuòbiiw 4' 2 jPlutdTCO nelle Queitioni J^iutoniche
- i86 che ajutatrice ed ancella della ra¬ gione governi e sia governata; dell’ appetito poi che interamente ob- bedisca, siccome quello, che da Platone estimasi d’ ogni ragione incapace. Fu poi la cosa assai più lungi portata da Tolomeo \ Poi¬ ché non solo costui pensò consen¬ tire la facoltà razionale con il dia¬ pason 5 la irascibile vicina a lei col diapente, e la concupiscibile più a lei discosta con il diatessaron; ma tante qualità ancora ad ogni facoltà attribuì, quante son pur d’ ogni spezie le consonanze ; cioè tre alla concupiscibile, alla ira¬ scibile quattro, sette alla razio¬ nale. Conciossiachè tre, dice, della concupiscenza le virtù sono, come del diatessaron le consonanze; la temperanza nello sprezzare i pia¬ ceri; la continenza nel sopportare * Tolomeo deWArmonia lib. 3 , cap» 5 . 187 il bisogno; la verecondia nello sfuggire le turpitudini: quattro irascibile ^ come le consonan¬ ze del diapente; cioè la mansue¬ tudine nel temperare la collera; r intrepidezza nel solFocare i ter- ji'ori delle pendenti calamita 5 la fortezza nel dispregiare i pericoli; e la tolleranza nel sostenere i tra¬ vagli : sette son finalmente le vir¬ tù della razionale , come già del diapason le consonanze ; cioè V a- cutezza, di cui è proprio muo¬ versi speditamente; T ingegno ^ a cui si conviene dirittamente col¬ pire ; la perspicacia, onde le cose discernonsi ; il giudizio , per cui si estimano rettamente ; la sapien¬ za , che s’occupa nella contempla¬ zione ; la prudenza , che nell’ a- zione raggirasi; e la perizia, che versa nell’ esercizio . Di più aven¬ do partito i suoni in unisoni, con¬ sonanti , e concordi, ed appellato i88 unisoni que^ che il diapason costi¬ tuiscono j consonanti quelli che fondano il diapente, concordi in fine quelli che sono tonici , e quanti compongon mai la minima delle consonanze; le cose, e’ dis¬ se, che spettano al retto uso dell’ intelletto e della l’agione agli u- nisoni consomigliansi ; ai conso¬ nanti le cose, che al ragionevole temperamento de’ sentimenti e del corpo, alla fortezza e alla tempe¬ ranza si riferiscono ; ai concordi poi quelle cose , che si rapporta¬ no ad una qualche affezione; fi¬ nalmente l’intera filosofia de’co¬ stumi risponde al pieno concerto d’un’armonia perfettissima; tal¬ ché si debba e la virtù chiamare una certa armonia degli animi ^ ed una certa virtù de’ suoni no¬ minar debbasi V armonia '. Prova * JEudemo Uh, a. cap, i. 189 però Aristotile * le virtù starsi in un mezzo, così per V indole di tutti quanti gli affetti, i quali tanto per soprabbondanza corrom- ponsi quanto per mancamento; co¬ me per la natura della quantità o continua o discreta, nella qual sempre si può raccogliere il pari, il meno, ed il più. Ma tocca ge¬ neralmente siffatte cose Aristoti¬ le ; i Pitagorici poi, che s’eran tutti applicati alla dottrina della quantità discreta, ossia numerica, minutamente le sposero. Poiché !Nicoinaco Oeraseno , avendo nella introduzione alla scienza de’ nu¬ meri esposta da Giamblico inse¬ gnato essere il numero ( il quale per sé medesimo è pari e total¬ mente libero d’ogni affinità col dìspari ) altro più che perfetto ; altro mancante e contrario a quel- 1 Aristotile deir £!ti€c^ lib* si» 6 * 190 Io ; altro perfetto e mezzano tra l’uno e l’altro; uno cioè, la cui somma è maggiore delle sue par¬ ti; uno, la cui somma è minore; uno, a cui totalmente è pari la somma stessa ; prese il numero per¬ fetto 5 che primo è dopo dell’ u- 3TÌtà il senario, a dimostrazione delle virtù , le quali disse non es¬ sere alcuni estremi , siccome a certi sembrò ; ma sol mezzi fra la soprabbondanza e la deficienza; e veramente il male al mal con¬ trapporsi ; e i’ uno e l’altro de’ mali opponersi al solo bene ; non mai però il bene ai bene, ma i due beni insieme ad entrambi i mali; come all’audacia la timi¬ dità, alle quali è comune la in¬ fingardaggine ; r audacia poi e la timidità alla fortezza . Pose al¬ tresì consistere la simiglianza del¬ la virtù e del vizio col numero perfetto, e col soprabbondante o igi deficiente in ciò, che troverai i im nitori soprai) Ijondtin ti 6 ma n— chovo^lì esser© assai di più ©d in¬ finiti , qua e là disposti disordi¬ natamente e da ni un termine cer¬ to non ordinati ^ raro per lo con¬ trario ritroyerai i perfetti, e con facilità numerabili ; essendo assai pochi quelli, che sono con fermo ordine procreati Imperocché la rarità del numero perfetto, come d’ un bene ^ non già del male va¬ rio e nioltipìice, n’offre per leg¬ ge di natura uno sol tanto ne’ nu¬ meri, che sono sotto della decina j uno nelle decine, che sono sotto del centinaio; un nelle centinaja, che sono sotto al migliajo ; e così poi in infinito. 117.® Ma in tantoché tai filosofi da cosiffatte origini ripetevano i * Boezio citato da 'Benullt all allegato
passo di iSlicornace , iga londatiienti di una virtù conve¬ niente al consorzio umano, sicco¬ me quella che rende F uomo at- tuoso ed abile ad operar quelle cose , per la perfetta esecuzìon delle quali tutti di tutti abbiso¬ gnano; altri d’altre sorgenti si affaticarono a derivare una virtù di tal foggia, che mentre credesi che perfezioni ogni uomo divisa¬ mente , spezza in un certo modo il primario vincolo di società. Im¬ perocché Zenone, il qual mosso da innata severità tenne e nobilitò la setta de’ Cinici, purgatene le sordidezze e rasane la impudenza, avendo tale opinione, che la nostr’ anima fosse una particella dell’ anima dell’universo, cioè del pu¬ rissimo etere penetrante tutte le cose; la natura poi essere Dio me¬ desimo tramescolato col mondo j ossia il fuoco partecipe della ra¬ gione e dell’ordine, e segnalato i9B ài varj nomi secondo la varietà delie parti, cui variamente infor¬ ma nel penetrarle ; insegnò V ul¬ timo fine deli’ uomo essere unifor¬ marsi a Dio, o, alla natura con¬ formemente vivere, o a’ sentimen¬ ti attenersi di un fermo animo, che sia discìolto da’ lacci del ma¬ teriale impasto, nè di godere im¬ pedito sua naturai perfezione. Poi¬ ché Dio essendo V animo di cia¬ scuno , essQ è perfetto per sè me¬ desimo j per la cjnal cosa dee cu^ rar solo a rimuovere quegli osta¬ coli, che il puro uso ed intero di una perfetta natura potrebbero frastornare. ^Nascono poi tali osta¬ coli dalle cose fuori di noi per nullo consiglio umano variabili; siccome quelle che giudicavan gli Stoici si conducesser dal fato, cioè da una potenza immutabile gover¬ nante ordinatamente questo uni¬ verso. Laonde estimò Zenone do- \ 13 194 versi allontanar dal sapiente qnaT- luncjLie cosa esteriore ; perchè , se il sapiente creda che oggetti inori di siJa balia gli appartengano, non sia da pensieri arditi e da sediziosi affetti agitato; di che nulla vi è più contrario alla stabilità imper- mntabile della natura . Gli è d''uo¬ po adunque, che l’animo in sè medesimo si raccolga, riponga tut¬ to in sè stesso, e solo a sè stesso basti, perchè del tutto sia libero. Ma benché 1’ animo del sapiente sia pur a neh’ esso implicato nel se m pi t e r no ordine tl e11 e cose,
non però fiore di liberta gli si
maco¬ la , perchè adempie ciò ch’ei me¬ desimo sceglierebbe, se ancor nes¬ suna fatale necessità il violentas¬ se j, e amministrando ed usando tutto dì suo consiglio segue spon¬ taneo il lato , non è dai fato ra¬ pito forzata niente , come del ser¬ ve e iusensato volgo è costume. iqS 18 .'^ Per io contrario Epìciiro portando avviso ohe iì mondo fos- se aggirato dal caso, e avendo tolta ogni sapienza e costanza dall’ universo 5 e rotto l’ordine delie cagioni, che da una prima spie- gantisi nella medesima si rivolga¬ no, volle che 1 ’ uman genere fos¬ se una parte dell’universo stacca¬ ta affatto dall’ altre ^ e dall’ im¬ perio e dal timor degli deilo sciol¬ se, i quali, dilungi a noi rilega¬ tili, collocò oziosi negl’intermon ' dj , perchè nè eglino ci sien di noja j, nè lor siarn noi di molestia, donde la pace deli’ animo sì avve- ienh Quanto poi può s’ argomen¬ ta a liberar gli uomini, a liber¬ tà redenti e tolti ad ogni governo della possanza regolatrice dell’uni¬ verso 5 dalla tirannide ancora di quelle cose, che ne riguardano e stringono più dappresso. Imperoc¬ ché degli affetti, i quali ad esse 19 6 ci attaccano e sottoinettono , vcg- gendo alcuni eccitarsi dalla «a^ tura medesima , alcuni dalla opi¬ nione 5 la qual può essere cosi con¬ forme come discorde dalla natura 5 e però certi di questi affetti e na¬ turali essere e necessari ; natura¬ li , ina non necessari, molti; i più veramente nè necessari , nè naturali; prima stimò doversi di- veglìer tutte le cupidigie super- due ; impose poi di recìdere quel¬ le ancora , die non sovvengono all indigenza, ma solamente formano la varietà de^ piaceri ; onde non s’abbia quindi a tnenare vita stra¬ ziata e carica di travagli. Zenone adunque ed Epicuro, movendosi da punti opposti, idscontransi in¬ sieme a credere , abbisognare il sapiente di poche cose, e dojjo quasi aver corso uniti per bteve tratto tornano a dipartirsi , uno a sfidare arditissimo tutta la forza
197 della natura, e a
cimentarsi, pie¬ no di cuore è d.i
sapienza, con lei ; l’altro a schivarla
avveduta- mente e declinarne gli assalti
, per non averla con <jualche
dan— no a combattere; ambedue
liberi di paura, quei perchè giudica
es¬ sergli forza spontaneamente
segui¬ tar r ordine dell’universo;
questi, perchè solò dì sè geloso
reputa nulla appartenergli tal ordine,
dal quale è affatto diviso. 19.° E a questi primarj capi ri- dur si possono quanti sistemi i fi¬ losofi immaginarono su la ragione del vivere. Imperocché o solleva¬ rono l’uomo a celesti idee, o alle bisogne umane lo richiamarono; e gli uni e gli altri principalmen¬ te diressero i loro ammaestramen¬ ti al vivere o solitario 0 civile. Poiché sforzaronsi alcuni di subli¬ mare il sapiente loro alla contem¬ plazione di quelle forme che so- 19S no eterne ; e perchè ognuna di quelle abbraccia quante ve n’ha dello stesso genere, con il soccorso loro si argomentarono ad associare insieme le menti portate via dal sensibile al mondo intellettuale, cui posson tutti egualmente par^ tecipare, altri educarono i citta^- dini agli affa??!, e a coltivar qpe’ doveri, co’ qiiali scambievolmente si confortassero in ogni necessità della vita; altri estimando essere ognuno parte del mondo perfetta per sè medesima, si allontanavano di lungo tratto dagli uomini, e tutti scioglieano i vincoli, che a comunanza di vivere ne costrìn¬ gono, per non iscuotersi punto dah la concetta loro immutabilità, se a quelli si accompagnassero, che soglion essere dalle passioni diver¬ samente agitati. Conciossiachè il sapiente fra loro di nulla miseri¬ cordia commovesi, a ni un fa gra-? 199 ^ia j e giudica tutti gli altri essere mentecatti, schiavi, ribaldi. Al¬ tri deliberarono finalmente dovere ognuno curar sè stesso, nè mesco^ larsi in affari altrui per non ri¬ trarne gravezza o inamarirsi il pia-^ cere , se a caso scostisi d* un sol dito, o metta fuori la testa de* suoi orticelli. Tutti estimarcn poi la virtù essere necessaria o a mon<- dar r animo , perchè si dedichi più pronto e libero alla contem¬ plazione , o a renderlo atto agli affari, o a vestire quella fermezza, per cui il sapiente j se fracassato subissi il mondo , o eh’ ei sia po¬ sto nel toro ad ardere di Talari^ de , non crolli punto di sua paci¬ fica securtà: altri in fine, per ac¬ quistarsi pace e dolcezza di spiri¬ to senz* affanno. Mentre però i fi¬ losofi più che non deesi esaltano, o indurano, o snervali gli uomi¬ ni , li rendono disadatti alle civili SiOÒ occorrenze ; o mentre cacciano i riottosi per luoghi inospiti, o i già pendenti sospingono giù per la china, corrompono gli uni e gli altri j e li distornano da que’ prin- cipj, cui la natura gittò per base di umana felicità. ao.® Le quali massime essendosi tutte originate dalle opinioni, che gli uomini, forse mossi o dalla di¬ sposizione del proprio cuore, o da una oscura ed equivoca analogia, sulla natura forraaronsi delle co¬ se; ne avvenne che quelli princi¬ palmente sconciarono e intorbida¬ rono la ragione , che il più sem¬ bravano avere inteso a perfezio¬ narla. Imperocché d’ordinario chi molto vale di ingegno, ed usalo assiduamente j mentrechè sdegna le cose facili e spia le arcane, in¬ torniato da quelle tenebre fra cui sepolte si celano ^ egli mede¬ simo acconciasi fallaci immagini delie cose 5 ©
colora e irnhel- lettale a suo talento;
e ad uso de’ sognatoli , non
conlVontando mai tali immagini con esse
cose, xieppuf s’ avvede esser nebbia
ciò cb’e’ si crede Giunone. E se
per caso destisi T animo finalmente,
e ad esse cose rivolgasi, già
estenua¬ to da vane speculazioni non
vale a sostener quegli oggetti, de
quali percbè si possa ricevere l impres¬ sione havvi mestieri di un fondo in certa guisa più solido. Laonde quel eh’ è più grave trapela e scorre, per cosi dire , per le fes¬ sure di un’anima attenuata e fo¬ rata per ogni parte; quel eh è più lieve e di più volume v’è dal¬ la sua medesima leggerezza soprat¬ tenuto. Indarno adunque ricerche- rebbonsi dalle massime de’ filosofi le regole della vita ordinate dalla natura e dalla sana ragione; es¬ sendo spesso inimica alia ingenua l ragione e pura, più che i costumi, inconsiderati del volgo ^ T arte di alcuni ammaestratori: talmente- chè non a torto si lagnò Seneca % che la filosofìa sì trovasse non a rimedio dell'animo , ma ad eser¬ cizio d’ingegno, e fosse a molti Cagione già dì pericolo . ' Smeca Epìstola io3. F I ,N E.
/
flo3 INDICE Hagtonameetto del Tràdcitto- riE. . . . pag. iij PROEMIO , . . , pag. I CAPITOLO PRIMO pon quale ordine sì sviluppasi sero le facoltà degli uomi¬ ni , ed appetiti ne uscissero loro connaturali , . pag. 12 CAPITOLO SECONDO Con quale tenore e modo na¬ scessero le opinioni sopra le cose spettanti al vivere, pag. 88 CAPITOLO TERZO Con qual tenore siensi propo¬ ste e da che fonti attinte le instiiuzioni del pwere e de\ i^ostuTni . . » » “ pag. 1^’^
UNIVERSITÀ'
D! PADOVA Dipartimer^to di Storie e Filosofìo del Diritto e Diritto Cononico 58 ed i costumi e le leggi 59
mo costituzione sortirono, che sien Stellini. Keywords: liceo. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Stellini” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Stenida: la ragione conversazionale di Romolo, il primo re –
Roma – la scuola di Locri – filosofia calabrese -- filosofia italiana – Luigi
Speranza (Locri). Filosofo italiano. Locri, Reggio,
Calabria. A Pythagorian, cited by Giamblico – sometimes as “Stenonida.” Stobeo
preserves a fragment of a work on kingship attributed to him. Keywords: re, regno, principe, Romolo.
Grice e Sterlich: la ragione conversazionale dei
georgofili – la scuola di Chieti – filosofia abruzzese -- filosofia italiana –
Luigi Speranza (Chieti).
Filosofo abruzzese. Filosofo italiano. Chieti, Abruzzo. Studia a Napoli nel collegio
dei nobili, gestito dalla compagnia di Gesù. È proprio questa esperienza che lo
porta a concepire la sua profonda ostilità verso i gesuiti, che è uno dei
tratti caratteristici della sua filosofia. La cura dei beni ereditati dal padre,
di cui era l'unico figlio maschio, lo portano a dover compromettere le sue
aspirazioni letterarie. Ma la filosofia rimase sempre la sua prima passione e per
superare l'isolamento culturale che gli venne imposto dal dover vivere a
Chieti, comincia a costituire la sua biblioteca. Questa cresce in misura
esponenziale di anno in anno, divenendo così una delle migliori biblioteche del
regno. Il suo intento e di mettere la stessa a disposizione di Chieti per la
sua crescita culturale. Sfortunatamente il suo desiderio è reso vano
dall'incuria di chi gestì la stessa dopo la sua morte. Cospicue parti della biblioteca
sono stati individuate in tutta Italia: nelle biblioteche di Pescara, Chieti,
Napoli, etc. Aggiornatissimo sui dibattiti filosofici e commentarista di
Montesquieu, Rousseau, Voltaire, e di altr’illuministi. Di questa
partecipazione all’illuminismo è
testimonianza un copioso scambio di lettere con GENOVESI, BATTARRA, LAMI,
BIANCHI, e TORRES. Questo carteggio è un documento prezioso per delineare l’illuminismo.
Lascia anche alcune testimonianze della sua filosofia anche in due dialoghi di fra'
Cipolla e la nanna. In essi trova largo spazio la sua antipatia per i gesuiti.
Tramite la solida amicizia con LAMI, e membro della crusca e uno dei georgofili.
L'illuminismo nell'epistolario (Sestante, Bergamo). Dei marchesi di Cermignano.
Romualdo de Sterlich. Sterlich. Keywords: illuminismo. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Sterlich” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Stertinio: la ragione conversazionale del tutore di filosofia –
Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Portico. Tutore di Damasippo.
Keywords: Damasippo.
Grice e Steuco: la ragione conversazionale della
filosofia perenne di Pitagora, Cicerone, Ovidio, Virgilio, e Plinio – la scuola
d Gubbio -- filosofia umbra -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Gubbio). Filosofo italiano. Gubbio, Perugia,
Umbria. Acuto esegeta dei testi e profondo conoscitore della lingua romana, si
oppone tenacemente alla riforma protestante e prende parte al concilio di
Trento. Entra nella congregazione dell'ordine dei canonici agostiniani a
Bologna, poi a Gubbio. Inviato a Venezia, dove, per l'ampia conoscenza della
lingua romana e l'acume filologico, gli èaffidata la biblioteca di Grimani,
della quale una buona parte del patrimonio librario è appartenuto a PICO (si
veda). Pubblica saggi contro Lutero (come VIO – si veda) ed Erasmo, accusandoli
di fomentare la rivolta contro la chiesa cattolica romana. Questi lavori
rivelano il solido sostegno che dà alla tradizione della prima Roma. Parte
della sua saggistica include un intenso lavoro filologico sull'antico testamento,
culminato col “Veteris testamenti recognitio”, per il quale egli si basa su
manoscritti della biblioteca Grimani, utili a correggere GEROLAMO (si veda). Nel
revisionare e spiegare il testo, mai devia dal *significato letterale* e
storico. Contemporanea a quest’esegesi e
la composizione di un saggio d'impianto enciclopedico, la “Cosmopœia”. La sua
filosofia polemica ed esegetica destarono l'attenzione favoravole di Paolo III,
e questi lo ordina bibliotecario della
collezione papale di manoscritti e stampe del vaticano. Si reca a Lucca con
Paolo III e Carlo V. Adempe attivamente con scrupolo il suo ruolo di
bibliotecario del vaticano. Nel frattempo a Roma redatta i commenti al vecchio
Testamento riguardanti i salmi di Giacobbe, aiutando ad annotare e correggere i
testi di parte della Vulgata alla luce degl’originali ebraici. A questo periodo
risale la composizione del celeberrimo saggio, “De perenni philosophia” nella
quale mostra che molte delle idee esposte dai filosofi italici antichi – l’orfismo
italico, la scuola di Crotone, Parmenide e i velini della scuola di Velia, Plutarco,
Numenio, gl’oracoli sibillini, i trattati ermetici e i frammenti teosofici -- e
essenzialmente correto. Questo saggio contiene una polemica indiretta a
margine, poiché elabora un numero di quest’argomenti per sostenere molte
posizioni poste in questione in Italia da riformatori e critici. Come umanista ha
un profondo interesse per le rovine di Roma, e nell'operare un rinnovamento
urbano dell'urbe. A tal proposito, degne d'essere menzionate, sono una serie di
brevi orazioni in cui raccomanda di ri-sistemare l'acquedotto Aqua Virgo, in
modo da supplire adeguatamente il fabbisogno di acqua fresca per la città. Mandato
da Paolo III a presenziare il concilio di Trento, che doveva celebrarsi a
Bologna, affidandogli il compito di sostenere l'autorità e le prerogative
papali. Muore a Venezia durante un periodo di sospensione del concilio. “De
perenni philosophia” -- concilio di Trento Esegesi biblica ermetismo
(filosofia) Teosofia. Treccani Dizionario biografico degl’italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Guido
Steuchi. Stucchi. Guido Steuco. Steuco.
Keywords: Crotone, i velini – I crotonensi --. Cicerone, ovidio, Virgilio,
plinio, roma, aqua virgo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Steuco” – The
Swimming-Pool Library.
Grice e Stilione: la ragione conversazionale del principe filosofo. –
Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Tutor to Severo Alessandro,
the emperor.
Grice e Stilone: la ragione conversazionale del proloquio del cielo -- il
tutore di filosofia -- Roma antica – la scuola di Lanuvio – filosofia romana –
la scuola di Roma – filosofia lazia -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Lanuvio). Filosofo romano. Filosofo lazio.
Filosofo italiano. Lanuvio, Roma, Lazio. Appartenne all'ordine equestre. Segue
nell’esilio QUINTO METELLO (si veda) NUMIDICO. A Roma, è maestro e scrive
discorsi per altri. I suoi discepoli più insigni sono CICERONE e VARRONE. Conoscitore
sicuro della coltura latina, èil primo rappresentante notevole della scienza
grammaticale o grammatica filosofica. Saggi: "Interpretatio carminum
Saliorum"; "Index comœdiarum Plautinarum", "Commentarius de
pro-loquiis" -- uno studio sulla sintassi di impronta del Portico. Inoltre,
cura edizioni di saggi altrui. Gli è stata attribuita un’opera
glossografica. The
text of Svetonio (Gramm.) provides a list of the first Roman philosophers who more
or less exclusively are devoted to grammar. Instruxerunt auxeruntque ab omni
parte grammaticam L. Aelius Lanuvinus generque Aeli Ser. Clodius, uterque eques Romanus
multique ac vari et in doctrina et in re publica usus. The first refers to the philosopher
Elio Stilone, a native of Lanuvio, tutor of Cicerone and Varrone. From Gellius
it is possible to gather some information about his linguistic and philological
studies on PLAUTO, then resumed and developed by Varrone. In a proper
linguistic field, some fragments testify to an interest for archaism, investigated
both in the carmen Saliare and in the XII Tables, as well as in the ancient
Italic languages. GELLIO also reports the title of a ‘saggio’ by S.: “Commentarius
de proloquiis” in which, as GELLIO himself informs us, “pro-loquium” is used to
render the “axioma”, a technical term of the dialectics and philosophical
grammar of the Porch which indicates a simple sentence, complete in all its
parts. GELLIO adds that Varrone borrows ‘pro-loquium’ from his tutor and uses
it in the XXIV book of the “De lingua Latina.” Therefore, Varrone is indebted
to Stilo even with regard to the syntactic terminology. However, the
grammatical field in which the dependence of Varrone from S. is more widely
recognised is etymology. Dahlmann, recalling a hypothesis by Reitzenstein, suggests that in V-VII of “De
lingua Latina”, VARRONE largely makes use of a
Etymologicon, of the Porch, rendered into Latin by S. VARRONE himself
acknowledges his dependence on S., often quoting his master for the etymologies.
Out of CI certain fragments of Stilo's
collected by FUNAIOLI, IX are quoted by VARRONE. One being ‘cælum’ < ‘celare’
since its antonym is 'to reveal,’ which makes use of a method of S. --the
antiphrasis, by means of which the sense of an expression is explained by its
antonym. A teacher of Varrone. A highly accomplished scholar. He was the
philosophy tutor of both CICERONE and VARRONE, amongst others. Lucio Elio Stilone. Keywords: Varrone Quinto
Elio Stilone. Keywords: Portico, proloquium, axioma, Cicerone, Varro, Stilone,
Gellio, Svetonio.
Grice e Stobeo: la ragione conversazionale dell’anticuario della
filosofia – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Stobi). Filosofo italiano. Stobi, Peonia, Impero Romano. An
anthologist whose work is an invaluable resource for antiquarians. Giovanni Stobeo.
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