Grice e Spadaro: all’isola – la ragione
conversazionale e la conversazione coll’angelo – la scuola di Messina -- filosofia
siciliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Messina), Filosofo siciliano. Filosofo italiano. Messina,
Sicilia. Laureato a Messina, entra subito dopo nel noviziato della compagnia di
Gesù. Insegna lettere a Roma. Riceve l'ordinazione presbiterale e pronuncia i
voti solenni nella compagnia di Gesù. Consegue la licenza in Teologia, il
diploma in comunicazioni sociali, il dottorato di ricerca in teologia presso la
pontificia università gregoriana di Roma. Completa la sua formazione negli stati
uniti d’America, nella Provincia dei gesuiti di Chicago. Comincia a scrivere
per la rivista “La Civiltà Cattolica” e entra a far parte in maniera stabile
della redazione. Si occupa soprattutto di teoria della letteratura e di critica
letteraria, in particolare legata ad autori contemporanei italiani (tra questi,
PAVESE, BASSANI, LUZI, TONDELLI. Tra le materie che tratta vi sono anche la
musica, l'arte contemporanea, il cinema e le nuove tecnologie della
comunicazione e il loro impatto sul modo di vivere e pensare (in particolare su,
Second Life, sulla lettura digitale, sui vari social networks, sulla filosofia
hacker o sulla cyberteologia). Ha
fondato Bomba Carta, un progetto culturale che coordina iniziative di scrittura
creativa, produzione video e lettura anche su internet. È curatore della
collana di poesia L'Oblò delle edizioni Ancora. Insegna presso il centro inter-disciplinare
di comunicazione sociale della pontificia università gregoriana -- è a capo del comitato scientifico "La
sfida e l'esperienza" che raccoglie docenti e manager interessati ai temi
della spiritualità e dell'innovazione. Viene incaricato di co-ordinare le
attività culturali della compagnia di Gesù in Italia. -- è il relatore
principale al primo evento organizzato dai Gesuiti sulla musica rock nel quale
riabilita la dignità musicale (non liturgica) del genere nel suo complesso,
limitandone la condanna alla valutazione di rari e singoli casi. Diviene
Rettore della Comunità dei gesuiti de La Civiltà Cattolica. -- è annunciata la
sua nomina a direttore della rivista. Nel numero del 1º ottobre della rivista è apparso il suo articolo di
presentazione nella nuova veste di direttore.
La sua attività in Rete è legata, oltre alla presenza nei social
network, anche allun sito personale e di due blog: uno dedicato alla
CyberTeologia e uno dedicato a O'Connor. Benedetto XVI lo nomina consultore del
Pontificio Consiglio della Cultura e anche consultore del pontificio consiglio
delle comunicazioni sociali. Riceve a Caserta il prestigioso premio "Le
Buone Notizie Civitas Casertana", uno dei più importanti premi di
giornalismo italiani, unico nel suo genere a livello internazionale. Incontra
più volte papa Francesco per conto de La Civiltà Cattolica e di altre 15
riviste della Compagnia di Gesù. Il contenuto delle conversazioni è stato
pubblicato sotto forma di intervista a settembre ed ampiamente ripreso dalla stampa
internazionale. Dedicato un articolo all’utopia.
L'articolo analizza il significato di utopia
nel contesto culturale italiano, ne analizza la storia, e ne mette in evidenza
pregi e limiti. La sua conclusione è che
dalla descrizione e dalle valutazioni compiute comprendiamo bene come rappresenti un sogno illuminista di
descrivere il mondo, che però si scontra con le difficoltà di accreditarsi come
compendio di sapere credibile, mantenendo nel contempo anonimato, flessibilità
e continua apertura a nuovi collaboratori. Nello stesso tempo questa utopia
rovescia il sogno dell'enciclopedia tradizionale, intesa come costruzione
autorevole, organica e integrata del sapere. Infatti è come un organismo vivente: cresce (al ritmo
del 7% ogni mese), si ammala, è sottoposta a composizioni e scomposizioni
interne, ad accrescimenti e riduzioni continue. Ma soprattutto nasconde un'altra utopia, a suo modo, ambigua.
La democrazia assoluta del sapere e la collaborazione delle intelligenze
molteplici che dà vita a una sorta di intelligenza collettiva. Questa utopia
potrebbe nascondere una nuova forma di torre di Babele, che ha il suo tallone
di Achille non solo nell'inaffidabilità, ma anche nel relativismo. Concede
un'intervista a Wikinotizie, Intervista
al gesuita 2.0, nella quale commenta l'articolo e spazia sulle tematiche
inerenti e il mondo della rete internet.
Altri saggi: “Tracce profonde. Il viaggio tra il reale e l'immaginario” (Roma,
Città Nuova); “Radio on. Tra le colonne sonore
(Napoli, Giannini); “Lo sguardo presente. Una lettura teologica dell’amore”
(Rimini, Guaraldi); “Attraversare l'attesa” (Reggio Emilia, Diabasis);
“Laboratorio″. La nuova narrativa italiana (Reggio Emilia, Diabasis); “Un'acuta
sensazione d'attesa” (Padova, Messaggero di Sant'Antonio); “A che cosa «serve»
la letteratura?” Leumann (To)-Roma, Elle Di Ci La Civiltà Cattolica, Premio Capri per la sezione Letteratura e
Premio Crotone sezione Giovane critici italiani); “Lontano dentro se stessi.
L'attesa di salvezza” (Milano, Jaca). Connessioni. Nuove forme della cultura al
tempo di internet” (Bologna, Pardes); “La grazia della parola. La poesia,
Milano, Jaca); Nella melodia della terra” (Milano, Jaca); “Abitare nella
possibilità. L'esperienza della letteratura” (Milano, Jaca), “L'altro fuoco.
L'esperienza della letteratura” (Milano, Jaca); Alla ricerca del lupo. Genio,
tensioni, vanità (Bologna, Pardes); “Nell'ombra accesa. Breviario poetico di
Natale (Milano, Ancora); Web 2.0 Reti di relazione, Milano, Paoline,. “Svolta
di respiro. Spiritualità della vita” (Milano, Vita & Pensiero). Cyberteologia.
Pensare il cristianesimo al tempo della rete, Milano, Vita & Pensiero); “Lasciami
correre via, Padova, Messaggero); “Traversate di un credente, Milano, Jaca); “La
dodicesima notte (Milano, Ancora); La freschezza più cara. Poesie (Milano,
Rizzoli); Canto una vita immense (Milano, Ancora); “Un Dio sempre più grande.
Pregare” (Milano, Ancora). obio, su laciviltacattolica. Saggi su "La
Civiltà Cattolica", su antoniospadaro.net. Antonio Spadaro, BombaCarta, su
bombacarta.com. accesso=16 agosto. Antonio
Spadaro, L'OblòAncora, su ancoralibri. Orazio La Rocca, I gesuiti benedicono il
rock: "La musica di Springsteen & Co parla all'anima",
Repubblica. cogliere pienamente la sfida digitale. Cyberteologia, Nomina di
consultori del Pontificio Consiglio della Cultura, Rinunce e nomine, su
Bollettino della Santa Sede, Bollettino della Santa Sede. Su La Civiltà Cattolica la mia intervista a
Papa Francesco, su cyberteologia, Intervista a papa Francesco. Cyberteologia,
sul RAI Filosofia, su filosofia.rai. Antonio
Spadaro. Keywords: conversazione coll’angelo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Spadaro” – The Swimming-Pool Library. Spadaro.
Grice e Sparti: la ragione conversazionale e il
ri-conoscimento – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo romano. Filosofo lazio. Filosofo
italiano. Roma, Lazio. Insegna a Siena, Pisa, Milano e Bologna. Fonda “Studi
culturali. Collabora a "Iride", "Paradigmi", "Rivista
di estetica", "Rassegna italiana di sociologia", ed "Intersezioni".
Concentra la sua attenzione sull'estetica dell'improvvisazione. Saggi: Se un leone potesse parlare. Indagine
sul comprendere e lo spiegare” (Firenze, Sansoni); Sopprimere la lontananza
uccide” “Interpretazione” (Firenze, Nuova Italia) “Epistemologia delle scienze
sociali” (Roma, Nuova Italia); “Soggetti al tempo. Identità personale fra
analisi filosofica e costruzione sociale” (Milano, Feltrinelli); “Identità e coscienza”
(Bologna, Mulino); “Wittgenstein politico” (Milano, Feltrinelli); “Epistemologia
delle scienze sociali” (Bologna, Mulino); “L'importanza di essere umani: etica
del ri-conoscimento” (Milano, Feltrinelli); “Suoni inauditi. L'improvvisazione
nel jazz e nella vita quotidiana” (Bologna, Il Mulino); “Musica in nero. Il
campo discorsivo del jazz” (Torino, Bollati); “Il corpo sonoro: oralità e
scrittura nel jazz” (Bologna, Il Mulino); “L'identità incompiuta: paradossi dell'improvvisazione
musicale” (Bologna, Mulino); “Sul tango: l'improvvisazione intima” (Bologna,
Mulino). Davide Sparti. Sparti. Keywords: identita personale, interpretare,
improvvisare nella vita. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Sparti” – The
Swimming-Pool Library.
Grice e Spaventa: la ragione conversazionale e l’origine
italico dello spirito filosofico – la scuola di Bomba -- filosofia italiana -- Luigi
Speranza (Bomba). Filosofo abruzzese.
Filosofo italiano. Bomba, Chieti, Abruzzo. Nasce da un'agiata famiglia borghese.
Sua madre èpro-zia di CROCE. Studia a Chieti. Ottenuto l'incarico di docente di
matematica, si trasfere a Montecassino. La sua formazione continua a Napoli. Studia i filosofi
tedesci in tedesco – Grice: “Which is the right thing to do – and which Ryle,
or Strawson, for that matter – are unable to!” Si
avvicina ai circoli liberali e a pensatori come COLECCHI e TARI. Fonda una
scuola di filosofia. Inoltre partecipa
alla redazione de “ Il Nazionale”. Dopo l'abrogazione della costituzione da
parte di Ferdinando II, e costretto a lasciare Napoli. Si trasferire prima a
Firenze, quindi a Torino. Divenne giornalista scrivendo su Il Progresso, Il
Cimento, Il Piemonte, Rivista Contemporanea. Si avvicina al pensiero di Hegel.
Polemizza con La civiltà cattolica, rifiutando l'idea del sacro come passo
necessario per lo sviluppo umano. In tal modo condivise con altri esuli
napoletani gli stessi fermenti patriottici e liberali che avevano
nell'idealismo hegeliano il loro motivo ispiratore. In Napoli la filosofia
di Hegel penetra nelle menti de' cultori della scienza, i quali mossi come da
santo amore si affratellavano e la predicano. Né i sospetti già desti della
polizia, né le minacce e le persecuzioni valsero ad infievolire la fede in
questi arditi difensori della indipendenza del pensiero. I numerosi studenti
raccolti da tutti i punti del Regno nella grande capitale disertano le cattedre,
ed accorrevano in folla ad ascoltare la nuova parola. Era un bisogno
irresistibile ed universale, che li spinge ad un ignoto e splendido avvenire,
all'unità organica dei diversi rami della cognizione umana. I filosofi,
partecipavano al general movimento, ed ambivano soprattutto, come gl’antichi
italiani, di essere veri filosofi. Chi può ridire la gioia, le
speranze, l’entusiasmo di quel tempo? Chi può ridire l’affetto col quale
si amano i maestri e gli allievi, e insieme procedeno alla ricerca della
verità? E un culto, una religione ideale, nella quale si mostrano degni nepoti
dell'infelice Nolano. BRUNO (si veda). “Studii sopra la filosofia di Hegel” (Torino)
«Rivista Italiana». Insegna a Modena, Bologna e Napoli. Vuole liberare la
cultura filosofica italiana dal suo provincialismo, attraverso la diffusione
nella penisola dell'idealismo di Hegel. Sostene una politica laica e legata ad
un forte senso di un stato unitario, considerato come sorgente dei princìpi e
dei valori ispiratori di un armonioso sviluppo di civilita, da cui la comunità dei
cittadini devono trarre l'alimento necessario per una crescita ordinata e
corretta. Circola l’idealismo, che dimostra il percorso dinamico della
filosofia e il suo ritorno in Italia dove ha origine. Riforma la dialettica
hegeliana per salvare l'identità di essere e pensiero escludendo ogni
presupposto oggettivo esterno al pensare. Recupera l'aspetto pratico nel
processo conoscitivo che evita la caduta in un astratto idealismo. La filosofia
italiana del Rinascimento, connotata dal naturalismo e dall'immanentismo, ha
precorso la filosofia, giungendo attraverso Spinoza agli idealisti tedeschi
Fichte, Schelling, Hegel. il ritorno in Italia della filosofia con la terza
Roma e con la riappropriazione dei
filoni spiritualistici europei da parte di ROSMINI e GIOBERTI. Mentre per la
critica tradizionale la filosofia italiana e caratterizzata dalla sua
ininterrotta fedeltà alla linea platonica, S. cerca di dimostrare, con gli
studi dedicati al umanesimo rinascimentale che la filosofia, laica e
idealistica, generalmente associata alla riforma in realtà e nata in Italia. Interpreta
con chiave di lettura hegeliana questo progressivo passaggio dello spirito
filosofico italiano e il suo ritorno, sottolineando la continuità del
razionalismo di Cartesio col principio innatistico di CAMPANELLA della cognitio
abdita, dell'empirismo di Locke con la campanelliana cognitio illata o nozione
acquisita, dell'immanentismo Spinoza col panteismo di BRUNO, del criticismo con
la metafisica della mente di VICO. Poi GALLUPPI e ROSMINI si sarebbero
riappropriati inconsciamente di quello stesso spirito permeato dal kantismo,
come GIOBERTI di quello dell'idealismo. Ripigliare il sacro filo della nostra
tradizione filosofica italiana, ravvivare la coscienza del nostro libero
pensiero nello studio dei nostri maggiori filosofi, ricercare nelle filosofie
delle altre nazioni i germi ricevuti dai primi padri della nostra filosofia
italiana e poi ritornati fra noi in forma nuova e più spiegata di sistema,
comprendere questa circolazione del pensiero italiano, della quale in gran
parte noi avevamo smarrito il sentimento, riconoscere questo ritorno del nostro
pensiero a sé stesso nel grande intuito speculativo del nostro ultimo filosofo
Hegel, sapere insomma che cosa noi fummo, che cosa siamo e che cosa
dobbiamo essere nel movimento della filosofìa, non come membri isolati e
scissi dalla vita universale del popolo, nè come avvinti al carro trionfale
d'un popolo particolare, ma come nazione libera ed eguale nella comunità universale.
Tale, o signori, è stato sempre il desiderio e l'occupazione della mia vita. Prolusione
alle lezioni di Storia della filosofia a Bologna (Modena, Tipografia
Governativa) Uno dei suoi propositi, giustificato dalla stessa tesi della
circolazione della filosofia italiana, e il tentativo di far uscire gli
intellettuali italiani dal provincialismo stagnante in cui versavano,
apportando loro gli elementi più innovativi del pensiero idealistico
d'oltralpe, per dare un fondamento filosofico-culturale al processo rivoluzionario
dell'unificazione nazionale. La rivoluzione storica da attuare non e il
programma neo-guelfo del primato morale e civile di GIBERTI che ripudia in
blocco la filosofia moderna, ma anda intesa hegelianamente come sttoria della
libertà, nella quale lo spiritualismo non significa un'involuzione, bensì un
riallineamento alle nazioni più avanzate. Son molti ancora in Italia i
quali tacciano di astratta e oscura la filosofia alemanna e, reputandola
contraria alla natura speculativa dell'ingegno italiano, si accontentano di una
maniera di sapere che non ha nessuna connessione con la nostra tradizione
filosofica -- è un perpetuo oltraggio alla memoria de' nostri sommi ed infelici
pensatori, e la principal cagione del decadimento della scienza tra noi.
Costoro dimenticano la storia della filosofia italiana, della quale furono gli
eroi e martiri i nostri filosofi. Non ricordano i roghi di BRUNO e di VANINI,
la lunga prigionia di CAMPANELLA, e l'umile pietra che, nel tempio de'
Gerolomini in Napoli, ricopre le ceneri di VICO, luce del nostro mondo
intellettuale. Non i nostri filosofi degli ultimi duecento anni, ma Spinoza,
Kant, Fichte, Schelling ed Hegel, sono stati i veri discepoli di BRUNO, di
VANINI, di CAMPANELLA, di VICO, ed altri illustri. – “Principii di Filosofia”. Non
si limita a recepire passivamente l'hegelismo, ma da avvio ad una sua profonda revision.
Introduce temi originali che cerca di riprendere dalla tradizione autoctona italiana.
In particolare, cerca di rispondere alle critiche di Trendelenburg, il quale
non vede come dal primo momento della logica hegeliana, quello dell'essere puro
e indeterminato, puo scaturire il divenire dialettico dello spirito, se non
tramite un'indebita intromissione dal di fuori. Per dimostrare l'identità
dell'essere col spirito, e quindi che l'Idea è intrinseca alla realtà storica,
avente come scopo la libertà, sostenne l'esigenza di mentalizzare o
kantianizzare» la logica di Hegel, unificando quest'ultima con la fenomenologia,
cioè col percorso conoscitivo del singolo individuo umano, che diventa
progressivamente auto-cosciente di avere in se stesso, nello proprio spirito,
tutta la realtà assoluta logicamente articolata. Riforma così la
dialettica hegeliana nell'ottica di Kant e Fichte, ritenendo prevalente l'atto
soggettivo (no inter-soggetivo) della coscienza trascendentale rispetto ad ogni
presupposto oggettivistico o inter-soggettivistico), valorizzando inoltre il
momento finale dello spirito rispetto alle fasi precedenti della logica e della
natura, situate fuori dall'auto-coscienza. È lo spirito la protagonista di ogni
originaria produzione. In maniera simile a Fischer, infatti, la deduzione
hegeliana, che dalla contrapposizione di essere e nulla faceva scaturire il divenire,
venne intesa in senso kantiano e fichtiano dando il primato alla sintesi
unificatrice del divenire: è lo spirito, nel suo perenne fluire, che dà luogo
all'essere, il quale, originariamente indeterminato e perciò in-concevibile, si
rivela un non-essere, essendo posto all'interno dello spirito stesso. Per
questo primato assegnato all'atto del concivere, fa da apripista all'idealismo
attuale di GENTILE. Per contrastare l'avanzata del positivismo che e penetrato
in Italia dopo la raggiunta unità nazionale, di fronte all'esaurirsi delle
spinte ideali che caratterizzano il Risorgimento, si impegna nella
valorizzazione dell'aspetto pratico del processo spirituale, per evitare la
caduta in un «stratto idealismo, che non cura né pregia lo sperimento. In
particolare riprende da VICO una concezione pratica e storica della metafisica
dell'assoluto, intendendo l'auto-coscienza hegeliana (quale Begierde, cioè
appetizione) come umanità, ovvero impeto che agisce nel soggetto
umano. Analogamente puo sostenere, nel tracciare LA STORIA DELLO SPIRITO
ITALIANO che è il soggetto umano a dare concretezza e coscienza di sè al
processo storico. La Riforma della modernità che abolisce i vecchi principi
della filosofia scolastica si basa per l'appunto sull'immanenza di Dio e sulla
capacità della coscienza umana di auto-determinarsi e di accedere direttamente
all'Infinito, come enunciano BRUNO e CAMPANELLA. Il riconoscimento del valore
infinito dell'uomo ha ripercussioni anche sulla concezione etico-politica, stimolando
studi e interessi sulla filosofia hegeliana del diritto. Permase una viva
concezione etica dello stato italiano, che lo indusse a rinvenire
nell'idealismo hegeliano la sintesi tra la corrente post-illuministica, basata
sull'arbitrio individuale soggetivo e su una concezione meramente
contrattualistica dello stato, ed il cattolicesimo liberale, fondato viceversa
sull'arbitrio divino e sull'aderenza dogmatico-confessionale al principio
d'autorità. Il suo liberalismo rigetta l'individualismo o soggetivismo che
privilegia l'interesse del singolo portandolo a servirsi dell'organismo
universale per i propri fini, distruggendo la società. Allo stato italiano
spetta dunque la funzione pedagogica di promuovere gli interessi DI TUTTI, di
ogni italiano, tutelando la famiglia, in cui si forma l'individuo o soggeto, e
al contempo la società civile. La famiglia e la società civile hanno la
loro verità nello stato. Dove lo stato italiano non è altro che famiglia (lo stato
patriarcale italiano), o una istituzione di pubblica sicurezza (polizia
italiana), non solo lo stato italiano non è il vero stato, ma né la famiglia né
la società civile esistono nella loro vera forma. Lo stato italiano è l'unità
del principio della famiglia e del principio della società civile (della
naturalità umana e del libero volere, del diritto e della moralità). Non è una
semplice associazione fondata mediante il libero arbitrio soggetivo, o il patto
inter-soggetivo etc, né una associazione puramente naturale. È tutto ciò
insieme. È assoluta soggettività etica dei individui.. Assoluta, perché è
sostanza; soggettività, perché è saputa e voluta dagli individui liberamente
come la loro stessa essenza etica e universalità. Dove manca tale sapere e
volere, lo stato italiano non è libera soggettività, e l'individuo non ha vero
valore (individualismo moderno). In altri termini, è la sostanza nazionale,
conscia veramente e realmente di se medesima; lo spirito del popolo (come tale,
come spirito etico) nella sua vera e perfetta esistenza – “Studi sull'etica
hegeliana”. Poiché il potere stesso dello stato italiano può essere utilizzato
da un individuo o da una classe in vista dei suoi interessi di parte, accetta
il modello costituzionale, sebbene non privo di conflitti tra particolarità e
universalità, nel quale la personalità dello stato italiano e elevata sopra la
lotta sociale. Ripudiando l'astratto cosmopolitismo, lo stato italiano va dunque
inteso come l'immanenza di dio, dell'universalità dello spirito italiano calato
nella concretezza della nazionalità del popolo italiano, tutti uguali, ratelli dell'umana
famiglia. È con Spaventa soprattutto che la filosofia in Italia cessa d'essere
esercitazione accademica e vacua speculazione, si avvia a diventare organica
visione del mondo, da cui derivi e consegua una morale, si avvia cioè a
diventare religione laica, dando inizio a quel largo movimento di distacco di
intellettuali dalla chiesa cattolica. -- Arfé, L'hegelismo napoletano e S., in
«Società», Firenze. E uno dei maggiori teorici che si sforzarono dare un
un'impronta ideale e spirituale al percorso risorgimentale verso l'unità
d'Italia, non limitata all'ambito filosofico, come riconobbero in seguito
storici e studiosi del Risorgimento. Con lui e SANCTIS e giunta al culmine
quella motivazione politica della nazione italiana che e la caratteristica in
forza della quale il movimento sorto a Napoli supera i limiti di un episodio
regionale. Da noi, gl’italiani, al contrario che in Inghilterra e in Francia, l'hegelismo
non è stato solo una filosofia ma un elemento della vita civile della nazione italiana
nel momento culminante del suo Risorgimento. Landucci, L'hegelismo in Italia
nell'età del Risorgimento, Studi storici, Roma. Influsce profondamente, attraverso
la mediazione di JAJA, anche l'idealismo italiano di GENTILE, il quale porta a
termine il lavoro di kantianizzazione o mentalizzazione di Hegel avviato da lui,
trasformando la sua dottrina in un compiuto attualismo o filosofia dell'atto,
basata cioè sul perenne dinamismo dell'atto del pensiero. GENTILE cura
inoltre la pubblicazione della spaventiana prolusione e introduzione alle
lezioni di filosofia a Napoli, ri-nominandola significativamente La filosofia
italiana, ritenendola un saggio di carattere non solamente storiografico, ma
soprattutto fenomenologico, in cui cioè lo spirito della filosofia italiana
esprime la sua ritrovata coscienza di sè. GENTILE si confronta ampiamente con
lui nella propria riforma della dialettica hegeliana, oltre a raccogliere e
sistemare alcuni suoi scritti inediti, tra cui un frammento giudicato uno snodo
importante verso la genesi del proprio attualismo, contribuendo alla riscoperta
e alla rinascita degli studi intorno alla dottrina spaventiana. Anche
l'idealista CROCE, che dopo la morte dei genitori anda a vivere da S., segue le
sue lezioni, apprezzandone soprattutto lo spirito profondamente liberale. Altri
di suoi scolari, o allievi sono FIORENTINO, MATURI, JAJA, MASCI, TOCCO,
LABRIOLA, ed ALFONSO. Nuovi studi sono sorti in occasione del bi-centenario
della nascita di S. e SANCTIS. Altri saggi: La filosofia di Kant e la sua
relazione colla filosofia italiana, Tipografica, Torino; Principii di filosofia,
Ghio, Napoli; Studi sull'etica di Hegel, Università, Napoli; La filosofia di GIOBERTI,
Tasso, Napoli; Saggi critici di filosofia, politica e religione, Bruno, Roma, La
dottrina della conoscenza di BRUNO, Università, Napoli; Principi d’etica” (Pierro,
Napoli); “La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea” GENTILE,
Laterza, Bari. “Logica e metafisica” Gentile, Laterza, Bari. Opere, Gentile,
raccolte e aggiornate da Cubeddu e Giannantoni, Classici della Filosofia,
Sansoni, Firenze. Opere, saggio introduttivo, prefazioni, note e apparati di
Valagussa, postfazione di Vitiello, Bompiani, Milano. Articoli sulla filosofia
tedesca (Kant, Fichte, Schelling, Hegel), Petrone, Il Prato, Edizione critica delle Opere psicologiche
inedite Orsi, Lezioni di antropologia, Psiche e metafisica Elementi di psicologia speculativa, Sulle
psicopatie in generale. Cit. in Spaventa, Antologia degli scritti, Vacca, Bari,
Laterza. Gentile: la filosofia italiana tra idealismo e anti-idealismo, Angeli,
Gentile e Spaventa, su treccani. Il
contributo italiano alla storia del pensiero, su treccani. Nel tempo che gl’ustriaci
— ‘i tedeschi’ dicemo generalmente in Italia — dimorano non solo nelle contrade
lombarde e venete, ma anche in Toscana, io non ho il coraggio di dire:
filosofia tedesca. (nota di S.). Principii
di Filosofia, Napoli, Ghio. Le tradizioni filosofiche nell'Italia unita, di Rota.
Perone, Ferretti, Ciancio, Storia del pensiero filosofico, Torino, SEI, Cit. di Gentile in Della vita e
degli scritti di Spaventa, Scritti filosofici” (Napoli, Morano). Altri saggi: “Sulle
psicopatie in generale, o La legge del
più forte, in cui si confronta tra l'altro col darwinismo. Studi sull'etica hegeliana, Napoli, R.
Università, Il concetto di nazione (nazionalità) segna in lui un superamento
della filosofia hegeliana della storia basata sul susseguirsi di popoli-guida
(cfr. Carratelli, Storia e civiltà della Campania (Napoli, Electa); Studii sopra
la filosofia di Hegel; Unificazione nazionale ed egemonia culturale, Vacca (Bari,
Laterza); Garin, La fortuna nella filosofia italiana, in L'opera e l’eredità di Hegel, Bari, Laterza; Cubeddu,
Da S. a Gentile: Kant e l’idealismo, in La tradizione kantiana in Italia, convegno
della Società filosofica italiana, Messina, G. B. M.; La raccolta gentiliana
delle sue opere venne riedita e curate da Cubeddu e Giannantoni, e ri-stampata
da Valagussa e Vitiello. Coscienza nazionale, treccani. Gentile, S. (Firenze,
Vallecchi); Vacca, Politica e filosofia (Bari, Laterza); Bartot, L'hegelismo di
S. Firenze, Olschki; Cubeddu, Edizioni e studi (Firenze, Sansoni); Serra, Etica
e politica (Roma, Bulzoni); Franchini, Dalla scienza della logica alla logica
della scienza” (Napoli, Pironti); Garin, Filosofia e politica, Tognon, Napoli,
Bibliopolis; Garin, Napoli, Bibliopolis, Gentile, Coscienza nazionale, Chieti,
Noubs; Origo, Perpetuazione e difesa della filosofia italica (Roma,
Bibliosofica); Savorelli, Il contributo italiano alla storia del Pensiero
Filosofia (Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana); Attualismo Hegelismo
Idealismo italiano Idealismo tedesco Treccani. Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario di storia, Dizionario biografico
degl’italiani, Fusaro, “S.: Il far intendere Hegel all'Italia, vorrebbe dire ri-fare
l'Italia”. Gentile e S., su treccani.
Scritti filosofici. Gentile. Gli hegeliani di Napoli e il Risorgimento. SAGGI
DI S. SAGGI PUBBLICATI DA S. Sulla quantità considerata nella sua espressione,
Giornale abruzzese, Napoli]. Allo stato attuale delle ricerche, è il primo saggio
pubblicato da S. Un manoscritto dell’articolo — datato: Montecassino, e
firmato: B. De Laurentiis — è conservato nella Biblioteca civica di Bergamo. Il
saggio non sviluppa argomenti di carattere filosofico; tratta dell'oggetto e
dei metodi dell’analisi matematica, richiamando l’attenzione del lettore sulla
cosiddetta “serie di Taylor”, introdotta dal matematico Brook Taylor nello
scritto Metbodus incrementorum diretta et inversa. Il saggio Sulla quantità è
stato ristampato da Orsi nella raccolta degli Scritti inediti e rari di S.
Pensieri sull'insegnamento della filosofia, Il Costituzionale, Firenze. È il
primo scritto di S., fin quI conosciuto, che tratti di un argomento filosofico.
E scoperto da GENTILE dopo la pubblicazione del suo S., sicché non comparve
nella riordinata e accresciuta bibliografia inserita nella monografia
gentiliana. I Pensieri indicano nella filosofia della storia la dottrina capace
di introdurre i giovani ad una retta comprensione della filosofia hegeliana; e
costituiscono un documento importante per la ricostruzione del primo
“programma” filosofico di S. Sono stati ristampati da Gentile nel Giornale
critico della filosofia italiana”, Opere. II Socialismo e il Comunismo -- supplemento
alla storia del secolo per Stein Professore in Kiel. Prima versione
dell'originale tedesco di S., Il Nazionale, Firenze, Rivista italiana, Torino. È
un avviso scritto da S. allo scopo di raccogliere sottoscrizioni per la sua
traduzione — forse mai pubblicata — della nota opera di L. von Stein, Der
Socialismus und Communismus des heutigen Frankreichs (ampliata e ripubblicata
nel 1850 col titolo: Geschichte der sozialen Bewegung in Frankreich vom 1789
bis auf unsere Tage). Il testo dell’avviso pubblicato nel “Nazionale” di
Firenze è stato rintracciato e ristampato da Sergio Landucci, nel saggio S. fra
hegelismo e socialismo; quello apparso nella “Rivista italiana” di Torino, è
stata, ripubblicato da Orsi, nella sua edizione degli Scritti inediti e rari di
S. Studi sopra la filosofia di Hegel, Torino. In questo estratto sono raccolti
due saggi apparsi sulla “Rivista italiana” [Torino], nuova serie, novembre e
dicembre 1850. Sono firmati: Bertrando Spaventa; non sono stati mai ristampati
integralmente. Gli Studi sono un documento di primaria importanza per intendere
la direzione in cui si muovono le idee filosofiche di S. Offrono al lettore,
nella prima parte, una “idea generale” del sistema hegeliano, costruita
attraverso brevi riassunti delle opere di Hegel; nella parte seconda,
propongono una traduzione — che è una parafrasi, e, sia pure in modesta misura,
un commento — della Vorrede alla Fenomenologia dello spirito. La rivoluzione e
l’Italia: Diritto della rivoluzione -- I filosofi -- Le conquiste della
rivoluzione, in “Il Progresso” [Torino]. Con questa serie di articoli si apre
la collaborazione di S. al giornali torinese “Il Progresso”, un foglio di
sinistra, del cui consiglio di direzione faceva parte Agostino Depretis. Un
primo, importante gruppo di scritti ali S. dedicati alla polemica sulla libertà
di insegnamento in Piemonte, e pubblicati sullo stesso giornale, è stato
identificato e ristampato da Gentile nel volume La lbertà di insegnamento;
nello stesso anno, Gentile ristampava nella rivista “La Critica” le False
accuse contro l hegelismo, due articoli del “Progresso” dei quali l’a. aveva
annunziato la ristampa, con quel titolo, nella raccolta dei suoi Saggi di
critica, interrotta dopo il primo volume. A questi scritti rintracciati da
Gentile (il quale, nel 1924, scriveva che molti altri articoli anonimi dello S.
sono nello stesso giornale [“Progresso”], facili a identificare per la materia
e per la forma”), si aggiungono ora, con La rivoluzione e l’Italia, altri
articoli identificati da I. Cubeddu, che rende conto del suo lavoro nello
scritto Bertrando Spaventa pubblicista (giugno-dicembre 1851) [275]. Nello
stesso articolo (p. 52 sg., nota) sono elencati alcuni scritti del “Progresso”
che, per il contenuto e per lo stile, potrebbero attribuirsi a S., ma per i
quali non è stato possibile trovare ragioni più persuasive della loro
paternità. Gli articoli scritti per il “Progresso” costituiscono il documento
più interessante delle convinzioni etico-politiche del filosofo; in quelli
identificati da Cubeddu sono più evidenti le tracce della lettura del libro di
Stein, Der Socialismus und Communismus, che S. si propose di tradurre. Oltre
quella gentiliana, già citata, degli scritti sulla libertà di insegnamento e delle
False accuse, si veda, in “Giornale critico della filosofia italiana”, XLII
(1963), pp. 66 sgg., la ristampa, con il titolo Rivoluzione e utopia, della
serie La rivoluzione e l’Italia, della serie Le utopie [12], e dell’artiilo
Rousseau, Hegel, Gioberti. L’Armonia e l’Assemblée Nationale: I. L'idea, ILL
L’uomo, in “Il Progresso” [Torino], II, nn. 137 e 138, 11 e 18 giugno 1851.
Scritti in polemica con il quotidiano cattolico torinese “L’Armonia”, questi
due articoli sono apparsi anonimi, e non sono stati fin qui ristampati. Il
sedicente partito cattolico, in “Il Progresso” [Torino]. Articolo non firmato;
non è stato mai ristampato L'Accademia di filosofia italica, in “Il Progresso”
[Torino], II, n. 147, 24 giugno 1851. Articolo identificato da Gentile nel suo
Bertrando Spaventa [204], p. 38 sg. nota (= Opere, I, pp. 32 sg. n. 2), ma non
incluso poi da lui nella biblioorafia degli scritti di S. Non è stato mai
ristampato; ma cfr. n. 9. Una riunione dell’Accademia di filosofia italica, in
“Il Progresso” [Torino], II, n. 150, 27 giugno 1851. Seguito dell’articolo
precedente. Lo scritto è stato ristampato da Gentile nel volume La libertà di
insegnamento [108], pp. 135-138 (Opere). La libertà di insegnamento. Gli
scritti raccolti sotto questo titolo furono identificati dal Gentile, e da lui
ristampati. Sono tredici articoli, tutti dedicati alla polemica sulla libertà
di insegnamento in Piemonte, che apparvero nel “Progresso. I primi cinque
portano le date: 27 e 31 luglio, 7, 20 e 24 agosto; altri due articoli,
destinati Az corzpilatori della “Croce di Savoia”, sono del 3 e 12 settembre;
gli ultimi sei, scritti in polemica col giornale “Risorgimento” (Filosofia
politico-offaciale), sono del 5, 8, 11 e 30 novembre, e del 3 e 11 dicembre.
Sono probabilmente di S. altri tre articoli che riguardano la stessa materia, e
che apparvero sul “Progresso” (Ura
lezione ai fautori della libertà di insegnamento), il 4 ottobre (La lbertà di
insegnamento e il ministro della Pubblica istruzione) e il 28 ottobre (La
lbertà dei gesuiti) dello stesso anno. Cfr. I Cubeddu, Bertrando S. pubblicista,
nota. False accuse contro l’hegelismo [1851]. È il titolo sotto il quale S.
intendeva raccogliere e ristampare, nei Saggi di critica, gli articoli:
L’hegelismo messo in croce, in “Il Progresso” [Torino], II, n. 204, 29 agosto
1851. Lettere filosofiche. Lettera prima, in “Il Progresso” [Torino], 11, n.
239, 9 ottobre 1851. I due articoli, firmati: Uro studente di filosofia,
enunciano o riprendono questioni discusse da S. dalle colonne del giornale
torinese: la distinzione di socialismo, comunismo e hegelismo; il problema del
rapporto tra il cosiddetto “panteismo” hegeliano e la libertà dell’individuo;
quello del rapporto di religione e filosofia; l’idea della filosofia “come
principio di rigenerazione nazionale”, ecc. Sono interessanti anche perché
contengono molti riferimenti a testi di Hegel, di Schelling, di Giordano Bruno,
di Karl L. Michelet, ecc. Il primo articolo è una risposta allo scritto di D.
Berti: I/ diritto individuale e il panteismo in politica, apparso nel giornale
“La Croce di Savoia”, di ispirazione cavouriana. S. non giunse a ristampare
questi articoli, che furono ripubblicati dal Gentile nel 1920, con il titolo
voluto dall’autore. Le utopie, in “Il Progresso, Torino. Si tratta di sei
articoli non firmati che, riprendendo da L. Stein la distinzione di “utopie” e
“idee storiche”, discutono il significato delle lotte politiche e sociali degli
ultimi sessant’anni. La serie è stata ripubblicata nel “Giornale critico della
filosofia italiana”, La scienza de’ fratelli della dottrina cristiana, in “Il
Progresso” [Torino], II, n. 298, 17 dicembre 1851. Anonimo, mai ristampato
[cfr. n. 275]. Rousseau, Hegel, GIOBERTI, in “Il Progresso” [Torino], II, n.
305, 26 dicembre 1851. Pubblicato anonimo, questo articolo è dedicato alla
discussione del rapporto che si istituisce tra “libertà oggettiva” e “libertà
soggettiva” nelle dottrine di Rousseau, di Hegel e di Gioberti; e contiene
interessanti riferimenti, oltre che a testi hegeliani, al Rinzovamento civile
d'Italia. Le argomentazioni di S. si sviluppano secondo una linea identica a
quella con cui lo stesso tema è introdotto nei precedenti Studi sopra la
filosofia di Hegel [4]; lo stesso discorso svolgerà S. nel 1855, in un articolo
di risposta al Tommaseo. Lo scritto Rousseau, Hegel, Gioberti è ristampato nel
“Giornale critico della filosofia italiana”, Principii della filosofia pratica
di Giordano Bruno, in Saggi di filosofia civile, tolti dagli Atti
dell’Accademia di filosofia italica, Genova. S. aveva dato pubblica lettura di
questo saggio a Torino, la sera del 24 giugno 1851, nel corso di una riunione
dell’Accademia di filosofia italica, fondata da T. Mamiani. Il lavoro su Bruno
- ispirato alle idee di rinnovamento politico e sociale, che S. sosteneva negli
articoli pubblicati dal “Progresso” — è stato ristampato dall’a. nei suoi Saggi
di critica Una lunga recensione dei
Princìpî è apparsa nell’Appendice alla filosofia delle scuole italiane
di A. Franchi, Genova (la recensione è ricordata da G. Vacca, 141 bis, p. 10).
Si legge a p. 217 sg. (e cfr. p. 234 sg.): “il discorso di Spaventa, l’unico in
cui la filosofia apparisca trattata da un filosofo, l’unico di cui avrebbero
potuto gloriarsi gli At d’un’Accademia, diventa la censura più severa, per non
dire la satira più acerba, dell’Accademia italica e della sua filosofia; poiché
le dottrine dell’ardito discepolo di Bruno distruggono ad una ad una le teorie
monche, zoppe, tisicuzze, eunuche di Mamiani e Boncompagni”. Ma v. anche pp.
235 sgg., dove si nega l'esattezza “storica” del giudizio per il quale
principio del cristia nesimo sarebbe l'identità di natura divina e natura
umana; Franchi vuol sottolineare la totale divergenza di cristianesimo e
“razionalismo”, l’abisso che separa le dottrine teoriche, morali, sociali del
cristianesimo e la “democrazia moderna”, figlia della Rivoluzione dell’89 e
della filosofia. Frammenti di studii sulla filosofia italiana del secolo XVI,
in “Monitore bibliografico” [Torino] Nella sua bibliografia delle opere di S.
[204], Gentile segnala che lo scritto era preceduto dalla seguente avvertenza:
“L'importante articolo che pubblichiamo è parte di un lavoro dell’egregio
filosofo sig. B. Spaventa sopra la filosofia del secolo XVI, particolarmente su
quella di Giordano Bruno”. Lo scritto non è stato mai ristampato; ad esso
accenna lo stesso S., citandone qualche brano, nella prefazione ai Principi di
filosofia. La filosofia neo-cristiana e il razionalismo in Alemagna, in “Il
Cimento” [Torino] È il primo scritto di rilievo [ma cfr. n. 35] stampato nel
periodico “Il Cimento”, rivista di scienze, lettere e arti diretta da Zenocrate
Cesari e pubblicata a Torino fino alla fusione con la “Rivista contemporanea”,
diretta da Luigi Chiala. Del “Cimento” S. fu assiduo collaboratore: vi stampò,
oltre a numerose recensioni, e a polemiche assai note (come quella con la
“Civiltà cattolica”), studi di ampio respiro sulla filosofia italiana del
Rinascimento. Il saggio La filosofia neo-cristiana e il razionalismo in
Alemagna, firmato con la sigla D. L. [De Laurentiis], fu scritto in occasione
della traduzione italiana, a cura di Pietro Torre, della Storia della filosofia
del diritto di Fr. J. Stahl (Torino); è importante per il rapporto che S.
istituisce tra il pensiero di Gioberti e — attraverso Stahl — gli sviluppi
della filosofia classica tedesca. Il saggio è stato ristampato da Gentile in Da
Socrate a Hegel [98], pp. 213-245 (= Opere, II, pp. 207-236). Recensione: Studi
sopra Gans relativi al DIRITTO ROMANO, di A. Tarchiarulo Napoli; in “Il
Cimento” [Torino], 31 marzo 1854, Recensione anonima, non segnalata da Gentile,
e attribuita a S. da A. Plebe. Campanella. [Recensione delle] Opere di
Campanella, precedute da un discorso sulla vita e le dottrine dell'autore per
Alessandro D'Ancona, Torino 1854; in “Il Cimento” [Torino], Recensione, non
firmata, dell’edizione D'Ancona delle Opere di Campanella. Nell’indice del
fascicolo l’autore della recensione è indicato con la sigla B. S. Lo scritto è
stato ristampato da S. nei suoi Saggi di critica, come introduzione agli altri
studi campanelliani, raccolti nello stesso volume. Congratulazioni e quistioni
alla “Civiltà cattolica”, in “Il Cimento” [Torino. Articolo, non firmato, con
il quale si apre la serie degli scritti polemici contro la “Civiltà cattolica”.
È stato ristampato da Gentile nel volume La politica dei gesuiti, (= Opere,
Campanella. Teoria della cognizione, in “Il Cimento” [Torino], Dopo la recensione
al D'Ancona [19], che intendeva inquadrare la personalità di Campanella nella
storia del pensiero moderno, questi saggi sulla gnoseologia campanelliana —
apparsi nel “Cimento” con la firma: Bertrando Spaventa — offrono un raffronto
della dottrina del pensatore italiano con gli sviluppi della nuova filosofia
(in particolare, Cartesio, Kant, Fichte, e Hegel). Lo scritto è stato
ristampato da S. nei Saggi di critica [77], pp.33-101. Schelling, in “Il
Cimento” [Torino], 15 ottobre 1854, pp. 521-532. Articolo non firmato, scritto
in occasione della morte del filosofo tedesco. È interessante come documento
delle letture che S. andava utilizzando in questi anni (tra l’altro, lo Hegels
Leben [1844] di K. Rosenkranz), e per i riferimenti ai motivi “rivoluzionari”
presenti nella filosofia del giovane Hegel e del primo Schelling; infine per il
giudizio — negativo - sugli ultimi sviluppi del pensiero schellinghiano. Larghi
brani dell’articolo sono citati da Sergio Landucci, Il giovane Spaventa tra
begelismo e socialismo [282], pp. 684- 686, 688-690; il saggio è ora ristampato
per intero, a cura di D. D’Orsi, negli Scritti inediti e rari di S. Recensioni:
De immacolato Deiparae semper Vitginis Concepiti Caroli Passaglia e Societ.
Jes. Commentarius Pars I, Romae; (Della concezione immacolata di Maria Vergine
ecc.); Elementi di filosofia del prof. Pier Antonio Corte, vol. Etica e storia
della filosofia, Torino, Tip. Favale e Comp., 1854; Che cosa è il Diritto,
ossia Introd. alla scienza della filosofia del diritto per Antonio Bartoli
Avveduti, Firenze 1854. Dispensa 1; in “Il Cimento” [Torino. Scritti non
firmati, ristampati in parte (con esclusione del discorso sugli Elementi di
filosofia di P. A. Corte) in La politica dei gesuiti [101], pp. 219-239 (=
Opere, Nuove congratulazioni e quistioni alla “Civiltà cattolica”, in “Il
Cimento” [Torino], 16 novembre 1854, pp. 689-704. Articolo firmato con la
sigla: S.; ristampato in La politica dei gesuiti, (= Opere, pp. 763-796).
Recensioni: Proposta di alcune difficoltà, che si oppongono alla definizione
della immacolata concezione della B. Vergine Maria, Torino, Tipografia del
Progresso, 1854; Lettera di un sacerdote cattolico ai Vescovi della Chiesa di
Dio per rappresentar loro, che la sentenza dell’immacolata concezione della B.
Vergine Maria non può essere definita dottrina di fede cattolica, Torino,
Tipografia del Progresso, 1854; in “Il Cimento” [Torino], 16 novembre 1854, pp.
763-768. Le recensioni sono firmate: SS.; e sono state ristampate dal Gentile
in La politica dei gesuiti [101], pp. 241-252 (= Opere, II, pp. 964-975).
Recensione: L’origine e l’ufficio della filosofia dimostrati col fatto da
Epifanio Fagnani, Torino 1854, Pelazza, tipografia Subalpina; in “Il Cimento”
[Torino], 30 novembre 1854, pp. 866-871. Recensione firmata con la sigla: SS.;
non è stata mai ristampata. Recensioni: Questioni di Stato del conte Clemente
Solaro della Margarita..., Torino, tipografia Speirani e Tortone, 1854; Della
responsabilità dello scrittore, orazione recitata nella ... Università di
Torino al 3 novembre 1854 dall'avvocato D. Pier Alessandro Paravia..., Torino,
Stamperia Reale, 1854; in “Il Cimento” [Torino], 16 dicembre 1854, pp. 986-996.
Queste recensioni, firmate: SS., sono precedute da una breve nota intitolata:
Le rostre riviste e la “Civiltà cattolica”. La recensione del libro del Solaro
è stata ristampata da Gentile in La politica dei gesuiti [101], pp. 253-267 (=
Opere, Il, pp. 976-988); sull'argomento della seconda recensione S. ritorna in
un numero successivo del “Cimento” [34]. I Sabbati de’ Gesuiti. Si tratta di
articoli stampati — anonimi — dallo S. nell’appendice del giornale “Il
Piemonte”, quotidiano politico diretto da Luigi Carlo Farini, in due serie, tra
il 16 gennaio 1855 e il 28 marzo 1856 (il 30 marzo dello stesso anno, “Il
Piemonte” cessava le pubblicazioni). I primi tre Sabbati sono stati ristampati
dal Gentile in La politica dei gesuiti (Opere); ma l’intera raccolta degli
articoli si può leggere ora negli Scritti inediti e rari di S. a cura di D.
D’Orsi [123], pp. 213-489. Ci limitiamo qui a riprodurre le date degli
articoli: “II Piemonte”, Prospetto filosofico della storia del mondo umano di
Cesare della Valle, duca di Ventignano, Napoli, Alberto Detken libraio editore,
1854; in “Il Cimento” [Torino], 16 gennaio 1855, pp. 66-70. La recensione è
firmata con la sigla: SS.; è stata ristampata in Da Socrate a Hegel [98], pp.
277-286 (= Opere, II, pp. 265-273). Del principio della riforma religiosa,
politica e filosofica, in “Il Cimento” [Torino], 31 gennaio 1855, pp. 97-112;
15 marzo 1855, pp. 369-384; 15 ottobre 1859, pp. 568-577. È un ampio studio,
che apparve, firmato, nel “Cimento”, e che l’a. ristampò nei suoi Saggi di
critica, con la data: Torino. II saggio, che riprende e sviluppa il tema della
genesi del pensiero moderno nell’età del Rinascimento, appare interrotto con la
terza puntata; nel ristamparlo, S. osservò che esso può considerarsi ancora
valido come introduzione alla “moderna filosofia italiana”, e che se ne debbono
considerare prosecuzione e compimento le lezioni napoletane del 1861 [68]. Una
nota della “Civiltà cattolica” contro “Il Cimento”, in “Il Cimento” [Torino],
31 gennaio 1855, pp. 144-146. Articolo firmato con la sigla: S.; è stato
ristampato dal Gentile in La politica dei gesuiti [101], pp. 55-61, con il
titolo: Lazzenti della “Civiltà cattolica” (= Opere, II, pp. 797- 803).
Principi elementari di filosofia morale ad uso delle scuole secondarie, 2a
edizione, Torino, tip. Paravia e comp., 1854; in “Il Cimento” [Torino], 31
gennaio 1855, pp. 158-164. La recensione, firmata: SS., non è stata mai
ristampata. Del sistema della Curia romana opposto all'autonomia dello stato,
in “Il Cimento” [Torino]. L’articolo, firmato SS., fu scritto in occasione
della stampa della A/locuzione della Santità di Nostro Signore Pio IX del 22
gennaio 1855, seguita da una esposizione corredata di documenti, ecc., Torino,
tipografia Franco, 1855. È stato ristampato dal Gentile in La politica dei
gesuiti (Opere). Ancora dell’orazione sulla Responsabilità ecc. del prof.
Paravia; Maria Teresa e Maria Adelaide. Squarci di lezioni del prof. Paravia,
Torino, tip. Marietti, 1855; Il governo di Piemonte e la corte di Roma, per
Massimo d’Azeglio, Torino, Tip. Franco, 1855; in “Il Cimento” [Torino], 28
febbraio 1855, pp. 336-344. Recensioni firmate: SS. Per la prima, cfr. n. 27.
La recensione al D'Azeglio è ristampata in La politica dei gesuiti (Opere). La
nostra polemica con la “Civiltà cattolica”, in “Il Cimento” [Torino], 15 marzo
1855, pp. 438-445. L’articolo — firmato con la sigla: S. — appartiene alla
serie dedicata alla polemica con la “Civiltà cattolica”. Non fu segnalato da
Gentile: lo ha identificato e ristampato Domenico D’Orsi, nella raccolta degli
Scritti inediti e rari di S. Al D’Orsi (op. cit., pp. 181 sgg.) sembra che il
contenuto di questo articolo (e quello di uno scritto successivo, anche questo
da lui identificato: cfr. n. Presenti una sostanziale affinità con l’argomento
di una “lettera” pubblicata dalla rivista torinese nel 1852 (A/ direttore del
giornale “Il Cimento”. Frammento di una lettera sulla “Civiltà cattolica”, “Il
Cimento”, I, 1852, pp. 334-338), lettera della quale dovrebbe essere
considerato autore lo stesso Spaventa. Corso d’estetica, letto nell'Università
di Padova nell'anno 1844-45 dal prof. Vincenzo De Castro, seconda edizione,
Milano, Borroni e Scotti, 1855, vol. I; in “Il Cimento” [Torino]. La
recensione, firmata con la sigla: SS., non è stata mai ristampata. Opere
complete di Emm. Kant tradotte in francese da G. Barni, con introduzioni
analitiche e critiche. 1. Critica della ragione pratica ecc. 2. Elementi
metafisici della dottrina del diritto, Parigi, 1848-1854; G. Barni (Esposizione
critica della filosofia pratica di Kant); in “Il Cimento” [Torino], 16 e 30
aprile 1855, pp. 653-659, 746-752. Recensione, firmata SS., delle traduzioni kantiane di
Jules Barni, e dell’ Exazzen des Fondements de la métaphysique des moeurs et de
la Critique de la raison pratique dello stesso Barni (Parigi). Lo scritto è stato ristampato da Gentile nella
raccolta Da Socrate a Hegel [98], pp. 123-150, con il titolo: La filosofia
pratica di Kant e Jules Barni (= Opere. Alcune considerazioni intorno alla
separazione dello Stato dalla Chiesa, del sacerdote Giacomo Margotti, dottore
in teologia, Torino, tip. Deagostini, 1854; in “Il Cimento” [Torino], 16 maggio
1855, pp. 849-855. Recensione firmata con la sigla: SS.; ristampata da Gentile
in La politica dei gesuiti [101], pp. 287-300 (= Opere, Gli scolastici
immaginarii della “Civiltà cattolica”, in “Il Cimento” [Torino] Breve risposta
alla “Civiltà cattolica” — firmata con la sigla: S. — a proposito della
interpretazione delle dottrine politiche di Suàrez e di Mariana. Lo scritto
segue immediatamente, nelle pagine del “Cimento”, alla recensione del libro del
Margotti. Non è stato segnalato da Gentile; lo ha ristampato D. D’Orsi negli
Scritti inediti e rari di S. [123], pp. 205-206. Hegel confutato da Rosmini.
Saggio primo, in “Il Cimento” [Torino] L’articolo — firmato: B. Spaventa —
denuncia i fraintendimenti sostanziali che stanno alla base di alcune critiche
di Rosmini alla filosofia di Hegel. La seconda parte del saggio, che avrebbe
dovuto illustrare la soluzione — dal punto di vista hegeliano — delle
difficoltà sollevate da Rosmini, non fu mai pubblicata. Ma la critica di S.
ebbe un seguito in un articolo contro il Tommaseo. Lo scritto su Rosmini è
stato ristampato da Gentile in Da Socrate a Hegel [98], pp. 151-191 (= Opere,
Storia di uno studente di filosofia, di Giuseppe Piola, Milano, tip. G.
Bernardoni, 1855; in “Il Cimento. Torino. Recensione firmata con la sigla: SS.;
è stata ristampata da Gentile in Da Socrate a Hegel (Opere). Lo scritto ha suscitato di recente
qualche interesse, per i severi rilievi di S. alle acritiche osservazioni del
Piola sul socialismo (cfr. ad es. i saggi di Berti e di Landucci. L'Accademia di filosofia italica e Terenzio
Mamiani. [Recensione dei] Saggi di filosofia civile tolti dagli atti
dell’Accademia di filosofia italica, Genova, Grondona, 1855, vol. 2; in “Il
Cimento” [Torino. Articolo firmato: B. S.. Contiene, in fondo, un indice dei
lavori pubblicati dall'Accademia, che non compare nella ristampa della
recensione, inserita dall’a. nei suoi Saggi di critica. Dell’importanza civile
del teatro drammatico, in “Il Cimento” [Torino] Il saggio è attribuito a S. da
Domenico D’Orsi, che ristampa l’articolo nella sua raccolta degli Scritti
inediti e rari del filosofo. Alla base dell’attribuzione sta il fatto che
l’articolo è firmato con una sigla (= S.), che l’autore soleva apporre ad
alcuni scritti pubblicati nel “Cimento”. Il saggio sembra peraltro presentarsi
come stravagante, per dir così, nella produzione spaventiana di questo periodo:
non tanto per l'argomento trattato, quanto per le idee che vi sono espresse (e,
più che espresse, insinuate) e per la forma in cui tali idee vengono offerte al
lettore. Il tema non è, di per sé, sconcertante: l’autore vuol sostenere il valore
del teatro drammatico come strumento di educazione intellettuale, morale e
sociale, in quanto esso è capace di presentare in veste sensibile l “idea”, di
avvicinare il “popolo minuto” al mondo del sapere. Ma l’autore, nel
giustificare la funzione mediatrice della letteratura drammatica, sembra
inclinare verso una convinzione che mi appare alquanto distante dalle tesi
difese altrove dallo S., in questi stessi anni: finisce infatti col suggerire
la superiorità della “fantasia” e del “sentimento”, del “cuore” e della “fede”,
sulla “ragione” e sull’ “intelletto”. E, similmente, il beneficio che la
letteratura drammatica può arrecare alla società, vien fatto derivare dalla sua
naturale capacità di insegnare le “vedute medie”, di additare una via che è
egualmente distante da ogni estremismo. Corso sommario di filosofia razionale,
del P. Vittorio Mazzini. Filosofia speculativa e filosofia morale, vol. due,
Genova La scienza della lingua di Guglielmo di Humboldt e la filosofia
hegeliana, per Enrico Steinthal, Berlino; in “Il Cimento” [Torino] Recensioni
firmate con la sigla: SS. Non sono state mai ristampate. Metodo della “Civiltà
cattolica” nel rispondere al “Cimento”, in “Il Cimento” [Torino] Articolo
firmato con la sigla: SS., e ristampato da Gentile in La politica dei gesuiti
[101], pp. 63-78 (= Opere, II, pp. Campanella. III. Metafisica, in “Il Cimento,
Torino. L'articolo, che fa seguito alla recensione al D'Ancona e al saggio
sulla gnoseologia di Campanella], è firmato: B. S.; è stato ristampato
dall’autore nei Saggi di critica È un esame della metafisica campanelliana,
della quale S. intende cogliere e sceverare gli elementi nuovi, attraverso un
raffronto con gli ultimi sviluppi del pensiero moderno. L'analisi viene spinta
fino al tentativo di un confronto con il problema della logica e della
fenomenologia di Hegel. L’articolo doveva essere seguito da un saggio sulla
Teoria della volontà; ma l’ultima parte di questi studi campanelliani non fu
mai pubblicata (cfr. Saggi di critica, p. 135 nota). La nostra polemica con la “Civiltà
cattolica”. La teocrazia, in “Il Cimento” [Torino. Articolo firmato con la
sigla: SS.; ristampato da Gentile in La politica dei gesuiti [101], pp. 79-96
(= Opere, La logica o il problema della scienza nuovamente proposto all'Italia
da Paolo Morello, in “Il Cimento” [Torino] Recensione del libro del Morello (La
logica ecc.), pubblicato a Firenze (Barbera, Bianchi e Comp.). È firmata: B. S.;
è stata ristampata da Gentile in Da Socrate a Hegel [98], pp. 299-321 (= Opere,
Una diversa redazione della recensione è stata rintracciata da P. C. Masini;
cfr. Ur “pamphlet” antidemocratica...I trionfi dei gesuiti, in “Il Cimento”
[Torino], 30 settembre 1855, pp. 494-500. Articolo firmato con la sigla: AA. È
ristampato in La politica dei gesuiti
(Opere, II, pp. 837- 848). La nostra polemica con la “Civiltà
cattolica”. Gli Scolastici, in “Il Cimento, Torino. Articolo firmato con la
sigla: SS. Ristampato parzialmente (manca una breve parte introduttiva) in La
politica dei gesuiti [Joi], pp. 111-28 (= Opere, II, pp. 849-864). Sopra alcuni
giudizi di N. Tommaseo, in “Il Cimento, Torino. L’occasione a questa risposta
di S. venne offerta dalla commemorazione di Rosmini, che Tommaseo aveva
pubblicato nel 1855, in più puntate, nella “Rivista contemporanea” di Torino
(cfr. ad es., nel fascicolo di settembre, pp. 25 sg., una chiara allusione alle
argomentazioni sviluppate da S. in Hegel confutato da Rosmini [40]). L’articolo
— che è firmato: B. Spaventa — è importante anche perché ribadisce il raffronto
tra Hegel e Gioberti — già proposto dalle colonne del “Progresso” — a proposito
dei concetti di legge, volontà generale, ecc. [Rousseau, Hegel, Gioberti: 14];
e perché riprende il motivo dell’accostamento Gioberti-Stahl. Lo scritto è
ristampato in Da Socrate a Hegel (Opere). Gli Scolastici. Suarez, in “Il
Cimento” [Torino], Articoli firmati con la sigla: SS., e ristampati in La
politica dei gesuiti (Opere). Gli Scolastici. Concetto e metodo della dottrina
tomistica, in “Il Cimento, Torino. È l’ultimo degli articoli di S., apparsi sul
“Cimento”, dedicati alla interpretazione delle teorie politiche dei gesuiti del
XVI secolo, in polemica con la “Civiltà cattolica”. Gentile lo aveva ristampato
già nel 1905, in Da Socrate a Hegel [98], pp. 51-64 (con il titolo: Concetto e
metodo della dottrina tomistica del diritto = Opere), prima ancora di
raccogliere gli altri scritti di S. sull'argomento nel volume La politica dei
gesuîti. Dell’amore dell'eterno e del divino di G. Bruno, in “Rivista
enciclopedica italiana” [Torino] dispensa prima, Il saggio è dedicato alla
esposizione del contenuto degli Eroici furori. È stato ristampato dall’a. nei
Saggi di critica La “Civiltà cattolica” e la “Rivista contemporanea”, in “Il
Piemonte” [Torino]. L’articolo è stato ristampato dal Gentile nell’appendice
(Le tribolazioni di B. Spaventa giornalista, pp. 183-193: dove sono riprodotti
alcuni documenti delle vicende capitate allo S. in seguito alla fusione del
“Cimento” con la “Rivista contemporanea” di Luigi Chiala) del suo Bertrando
Spaventa [204], pp. 189-193 (= Opere, Della filosofia dopo Kant, ragionamenti
di Michele Baldacchini, Napoli 1854; in “Il Cimento” [Torino] Recensione
firmata con la sigla: SS.; è stata ristampata da Gentile in Da Socrate a
Hegel (Opere), La filosofia dopo Kant
secondo Baldacchini. Saggi sulla filosofia del Mamiani (Critica dell’infinità
dell’attributo), in “Il Cimento” [Torino]. Nell’articolo S. critica
l’interpretazione proposta da T. Mamiani — nella prefazione alla traduzione
italiana del Bruno di Schelling, a cura di M. Florenzi Waddington [1844] —
della dottrina spinoziana della relazione sostanza- attributi. È da collegare
agli studi che S. andava svolgendo in questi anni sulla filosofia di Spinoza, e
di Giordano Bruno. L’articolo è stato ristampato dall’a. nei Saggi di critica
[771], pp. 367-403. La Enciclopedia scientifica, per T. Mora e F. Lavarino,
Torino 1856; in “Il Cimento” [Torino], febbraio 1856, pp. 212-220; e in “Il
Piemonte” [Torino], II, n. 51, 28 febbraio 1856. Recensione, firmata con la
sigla: SS., e pubblicata nell'ultimo fascicolo del “Cimento”, che quindi fu
assorbito nella “Rivista contemporanea”. Nel “Piemonte”, lo scritto è firmato
con la sigla: Z. Non è stato mai ristampato. Il SENSUALISMO, Recensione di]
Études morales sur le temps présent, par E. Caro, prof. ecc. (Paris 1856, Hachette éditeur); in “Rivista
contemporanea” [Torino], maggio 1856, anno III, vol. VI, pp. 780-793.
Recensione firmata con la sigla: S.; è stata ristampata da Gentile in Da
Socrate a Hegel [98], pp. 247-273 (= Opere, Compendio di logica, secondo
l’ultimo programma, ecc., del prof. Giuseppe Tesio (Torino, Tip. scolastica di
Sebastiano Franco e Comp., 1856); in “Rivista contemporanea, Torino. Recensione
firmata con la sigla: S. Non è stata mai ristampata. Philosophie sensualiste au
dix-buitième siècle par M. Victor Cousin (troisiîme éd. revue et corrigée,
Parigi 1856); in “Rivista contemporanea, Torino. La recensione è firmata con la sigla: S. È stata
ristampata da Gentile in Da Socrate a Hegel (Opere, Considerazioni sulla
dottrina di Socrate del prof. G. M. Bertini (estratte dalle “Memorie della R.
Accademia delle scienze” di Torino, serie II, torno XVI); in “Rivista
contemporanea, Torino. Lo scritto, come molte altre recensioni di S., è in
realtà un ampio studio; e tratta del pensiero di Socrate secondo i principi
dell’hegelismo. A questo articolo — che è firmato: B. Spaventa — doveva
seguirne un secondo, mai pubblicato: cfr. le notizie di Gentile premesse alla
ristampa del saggio, da lui ripubblicato in Da Socrate a Hegel; La dottrina di
Socrate (Opere). Logique, par A. Gratry
Paris); in “Rivista contemporanea” [Torino] La recensione è firmata:
Bertrando Spaventa; non è stata mai ristampata. Della logica o della teoria della
scienza, libri tre di Vincenzo Garelli, Oneglia, Tip. Tasso, 1856; in “Rivista
contemporanea” Torino.. È l’ultimo scritto pubblicato da S. nella “Rivista
contemporanea”. Non stato mai ristampato. Articoli per la Nuova enciclopedia
popolare. L’'editore Pomba prepara una nuova edizione — che cominciò a
pubblicarsi in quell’anno, ed ebbe diverse ristampe — della sua Erciclopedia
popolare, Torino. A proposito della collaborazione di S. a questa iniziativa,
riassumiamo in breve le notizie fornite da Gentile nella bibliografia degli
scritti del filosofo inserita nel suo Bertrando S. Quando, con lettera del 7
dicembre 1858, Francesco Predari, direttore dell’opera, propose a S. di
collaborare all’Enciclopedia, si stava preparando il materiale relativo alla
lettera E. Il primo articolo fornito da S. fu: Ellenismo; l’ultimo — a quanto pare
— fu l’importante scritto su Kant. S. collaborò all’Enciclopedia fino ai primi
mesi del 1860. Sul verso della lettera d’invito del Predari, S. ha annotato le
“voci” — articoli interamente rifatti, oppure corretti sul testo della prima
edizione dell’opera — via via consegnate all'editore. Ecco l’elenco delle voci
annotate: E/leziszo, Empirismo, Ente supremo, Epicuro, Epitteto, Facoltà
dell'anima, Fanatismo, Fantasma, Fatalismo, Fede, Felicità, Fenomeno, Ferecide,
Fichte, Ficino, Filosofia, Galluppi (un brano di questo articolo si può leggere
in G. Gentile, Bertrando Spaventa [204], pp. 95 sg. = Opere, Ig pp. 83 sg.),
Germanica filosofia, Giamblico, Gioberti (corrisponde in parte al capitolo su
Gioberti delle lezioni napoletane), Giudizio. È probabile, scrive Gentile, che
S. abbia anche provveduto alla stesura di qualche altro articolo, compreso tra
gli esponenti Giudizio e Kant. Come risulta dalla stessa lettera del Predari,
S. avrebbe dovuto compilare anche gli articoli: Italica filosofia, Ermeneutica,
Errore, Esegesi, Esistenza, Esoterico, Esperienza, Essenza, Essere,
Eudemonismo, Evidenza. Gentile dà notizia, infine, di una lettera di Luigi
Pomba allo S. del 2 gennaio 1861, che conteneva un invito a continuare la sua
opera per l’Enciclopedia; e di una lettera di Antonio Tari del 28 luglio 1861,
che proponeva a S. di trattare per una eventuale sua collaborazione alla stessa
opera. La filosofia di Kant e la sua relazione colla filosofia italiana,
estratto dalla Nuova enciclopedia popolare, Torino 1860, pp. 72. Cfr. n.
precedente. L’articolo, che si ispira largamente all’interpretazione hegeliana
di Kant, contiene un ampio raffronto, assai articolato, degli sviluppi del
criticismo in Germania e in Italia. Era stato scritto da S. già nel 1856, come
risulta da una sua lettera del 10 dicembre di quell’anno al fratello Silvio
(Silvio S.); ma probabilmente, prima di darlo alla stampa, il filosofo ebbe
modo di integrarlo e correggerlo. È stato ristampato da Gentile negli Scritti
filosofici di S. [96], pp. 1-79 (= Opere, I, pp. 173-255); il saggio è composto
di una breve introduzione, e di tre parti, intitolate rispettivamente: I)
Principio speculativo della filosofia di Kant; 2) Il kantismo in Italia
(Galluppi e Rosmini); Il CHITICISINO. Carattere e sviluppo della filosofia
italiana, prolusione alle lezioni di storia della filosofia nell'Università di
Bologna, Modena 1860, pp.39. È la nota prolusione in cui viene proposta la tesi
della “circolazione del pensiero italiano” nel pensiero europeo, e vengono
offerti i primi risultati dei nuovi studi sulla filosofia contemporanea in
Italia, collegati ai lavori torinesi su Bruno e Campanella, e integrati da una
nuova valutazione della dottrina di Giambattista Vico. Il discorso di S. è
ristampato negli Scritti filosofici (Opere).Prolusione e introduzione alle
lezioni di filosofia nella Università di Napoli. È il testo che raccoglie i
risultati fondamentali delle ricerche di S. intorno al “carattere” e allo
“sviluppo” della filosofia italiana dall’età del Rinascimento fino al Gioberti.
La prefazione è datata: Napoli, ottobre 1862. Il volume contiene: I) la prolusione
Della nazionalità nella filosofia (con una appendice sulla filosofia indiana);
2) le dieci lezioni sulla storia del pensiero italiano, dai filosofi del XVI
secolo ai contemporanei; 3) lo Schizzo di una storia della logica, che rende
conto dello sviluppo “della filosofia occidentale” (i.e. della filosofia
tedesca) considerato “dal punto di vista logico” (sono protagonisti di questa
storia Kant, Fichte, Schelling e Hegel). Una nota allo Schizzo contiene un
breve scritto su Spizoza e Cartesio, che riprende alcuni temi dei primi studi
torinesi su Spinoza (l’interpretazione di Mamiani, la controversia
Erdmann-Fischer sul concetto di attributo, ecc.). Per il “manifesto” che
annunziava la pubblicazione dell’opera, proponendone la vendita per
sottoscrizione, cfr. n. 69. Il volume è stato ristampato da Gentile nel 1908 e,
in terza edizione, nel 1926, sempre con il titolo: La filosofia italiana nelle
sue relazioni con la filosofia europea (99 = Opere, IL pp. 405 sgg.). La
filosofia di Gioberti, Napoli Alla prima parte dell’ampio studio, considerato
da molti critici a partire dal Gentile, che lo definì il “capolavoro” di S.)
l’opera maggiore del filosofo, doveva seguire un secondo volume, che non fu mai
pubblicato. Questo “primo” volume è diviso in quattro libri, che sottopongono a
critica: 4) la dottrina della conoscenza di Gioberti; 5) il carattere dogmatico
della costruzione della formula ideale: l’ente crea l’esistente; c) il
contenuto della formula, identico al contenuto del panteismo (Gioberti =
Spinoza); d) il tentativo di Gioberti di ricorrere alla “rappresentazione”
religiosa, per scongiurare l'esito panteistico della dottrina. Un quinto libro,
che avrebbe occupato l’intero secondo volume, doveva dimostrare il passaggio
dell’ultimo Gioberti (soprattutto dell'autore delle Postuzze) all’idealismo.
Nella prefazione dell’opera, datata: Napoli, ottobre 1863, l’a. dichiara che i
risultati dello studio su Gioberti costituiscono il presupposto e il fondamento
delle tesi esposte nelle prime lezioni napoletane [cfr. n. precedente], e che
il seguito del suo lavoro sarebbe stato costruito attraverso un raffronto minuzioso
tra la dottrina di Gioberti e quella di Ilegel. Della Filosofia di Gioberti
usciva, nel 1870, una curiosa “edizione”: Bernardo [sic] S., La filosofia di
Gioberti, volume unico, Napoli, Tipografia del Tasso (le copie del 1863
recavano l’indicazione: Napoli, Stab. tipogr. F. Vitale). Ma in questa
“edizione” appare cambiato solo il frontespizio; e lo stesso deve dirsi della
“seconda edizione”, Napoli, Domenico Morano, 1886. Come la Prolusione e
introduzione, e insieme ad essa, la Filosofia di Gioberti fu pubblicata per
sottoscrizione, e annunziata con un manifesto, che riproduciamo qui dalla
bibliografia gentiliana del 1924 [204], pp. 206-208: “I. La Prolusione tratta
della Nazionalità della Filosofia. — Sono possibili, dopo il medio evo e ne’
tempi moderni, tante filosofie nazionali, quanti sono i popoli civili di
Europa? O invece quelle che si dicono filosofie nazionali non sono altro che
momenti particolari dello sviluppo comune della filosofia moderna nelle diverse
nazioni? Si può dire, p. e., che ci sia una filosofia italiana essenzialmente
diversa da una filosofia francese, inglese, tedesca, come si dice che ci è
stata una filosofia greca essenzialmente diversa da una filosofia indiana? E in
generale, il genio proprio originario d’una nazione, il quale si specchia e
riconosce così nettamente nella lingua, nella letteratura e nell’arte in
generale, e ne’ costumi, deve e può discernersi anche — oggigiorno e in Europa
— in quella forma e attività universale dello spirito, che si chiama filosofia?
E discernersi in essa, non già come differenza e carattere naturale, letterario
o artistico, ma come intuizione universale o pensiero della realtà delle cose:
come problema, indirizzo, soluzione? “L’autore, compendiando gli ultimi
risultati della storia della filosofia, ed esponendo la differenza essenziale
della nazionalità moderna dall’antica, mostra che — se è vero che la filosofia
indiana e la greca sono, più o meno, intimamente nazionali — comune, invece, ed
unico è il carattere, lo sviluppo e l'indirizzo generale della filosofia ne’
popoli moderni; che, se ci ha una differenza tra il genio filosofico italiano e
quello delle altre nazioni, o in altre parole se esso ha o almeno ebbe un
privilegio sopra gli altri popoli — questo fu solo l’aver precorso due volte i
due principali periodi della filosofia moderna: cioè il cartesiano ne’ filosofi
del Risorgimento e specialmente in Bruno e Campanella, e il kantiano in Vico; e
val quanto dire il nuovo Nazuralismo e il nuovo Spiritualismo; e che se noi
vogliamo ancora e possiamo avere un privilegio, questo è quello di precorrere
ed effettuare un nuovo e più largo indirizzo, una nuova e più ampia soluzione
del problema dello spirito. Ma ciò a un patto; e questo è di non rigettare
tutto quel che si è fatto da un gran pezzo fuori d’Italia o meglio che in
Italia, ma studiarlo, comprenderlo, appropriarcelo; e solo così, entrati in più
largo orizzonte, conosciuto meglio noi medesimi e ritemperata la nostra vita
nella perpetua corrente della vita universale, fare un gran passo innanzi, non
nel vuoto, ma colla piena coscienza delle nostre forze, del nostro cémpito, del
compito comune. “E posto anche, che ci sia stata o ci sia una filosofia propria
italiana, distinta essenzialmente o opposta a quelle delle altre nazioni, quale
è e dove si trova ella mai? Si sa, che di libertà filosofica in Italia ce n'è
stata sempre poca o niente, e chi se l’ha presa, gli è costato assai caro.
Dov'è dunque la filosofia italiana, ne’ libri delle vittime o in quelli de’
persecutori? Il problema più difficile per noi — quello senza la cui soluzione
noi non possiamo fare e progredire davvero — è il riconoscere qual sia e dove
sia il vero pensiero italiano. Finché non si fa ciò — e il farlo non è cosa
così agevole — il gridare nazionalità in ogni cosa servirà bene a eccitare e
intorbidare il sentimento e talvolta anche le passioni, ma non produrrà niente
di serio nella scienza. “La Introduzione è lo sviluppo e la dimostrazione della
intenzione principale della Pro/ustone. L'autore espone il carattere e il progresso
del pensiero italiano nei maggiori nostri filosofi dal secolo XVI sino al
nostro tempo: Campanella, Bruno, Vico, Galluppi, Rosmini, Gioberti; e dimostra
come questo pensiero non solo non si oppone al pensiero europeo, ma concorda
schiettamente con esso; che Campanella e Bruno sono i precursori di Cartesio e
Spinoza (e in parte di Locke e Leibniz); che Vico, esigendo una nuova
Metafisica e fondando la filosofia della storia, anticipa il nuovo
antropologismo, quello che il Gioberti chiama trascendente e identico al vero
ontologismo; che Galluppi, Rosmini e Gioberti rappresentano in Italia questo
nuovo indirizzo; e che Gioberti specialmente non è, come si crede, l’antitesi
di tutta la filosofia moderna, ma differisce dall’ultimo gran filosofo europeo
in tutt'altro che nel vero principio, metodo e risultato della sua filosofia.
“IL Questa breve storia del pensiero italiano, considerato in sé stesso e nella
sua intima connessione col pensiero europeo, è come una naturale introduzione
alla seconda opera di maggior mole: la Filosofia di Gioberti. “Quest'opera è
divisa in cinque parti; la prima delle quali concerne la teorica giobertiana
della conoscenza, e le altre quattro il sistema propriamente detto. “Nella
prima parte l’autore espone gli elementi del conoscere secondo Gioberti:
intuito, riflessione (psicologica e ontologica), parola, sovrintelligenza; e
dimostra come il concetto di questi elementi e della loro relazione (del
conoscere) cangi e si sviluppi nella mente del Gioberti di maniera, che la teorica
sembri una continua contradizione. E pure ciò che pare contradizione non è
altro nel Gioberti, che una determinazione sempre più schietta e profonda del
proprio pensiero. “Secondo l’autore, ci è nel Gioberti davvero una
contradizione, radice di tutte le altre, la quale si manifesta chiaramente
nella prima forma del sistema; e tutto il progresso della speculazione del
nostro filosofo consiste nel risolverla. Così quel che pare contradizione e non
è, è appunto la soluzione della vera contradizione. “Conforme a un tal concetto
l’autore espone nelle tre altre parti questa contradizione, e considera il
sistema nella sua prima forma. L'ultima parte comprende la soluzione più o meno
reale della contradizione, e la seconda forma del sistema. “Tutta questa esposizione
— così della teorica della conoscenza come del sistema — è fatta di maniera,
che la vera e nuova forma della filosofia giobertiana apparisca come il
risultato necessario della critica della prima: come una nuova posizione, che
deriva per una dialettica necessaria dall’antica. Quel che nella storia della
filosofia si vede comunemente solo nella successione de’ filosofi, cioè che
l'uno compia l’altro risolvendo le contradizioni del suo predecessore, qui si
vede in uno stesso filosofo: Gioberti nella seconda forma non fa che compiere e
quasi ricreare sé stesso. Tutta l’opera è corredata di documenti, specialmente
dove l’interpretazione e la critica possono parere arbitrarie e forse troppo
lontane dal modo comunemente ricevuto d’intendere il Gioberti”. 70. Le prime
categorie della logica di Hegel, in “Atti della Accademia di scienze morali e
politiche” di Napoli. È il testo che racchiude il primo — e assai noto —
tentativo spaventiano di interpretazione delle prime categorie della logica
hegeliana [cfr., per gli altri scritti di S. sull'argomento, i nn. 76, 93,
103]. Suscitò già qualche interesse in ambiente hegeliano [cfr. n. 1441; doveva
essere discusso più tardi da Gentile come documento della nascita del “nuovo
idealismo” [cfr. in particolare il n. 103]. Il saggio, preceduto da una breve
introduzione, si divide in tre parti: i) Esposizione de’ concetti: essere, non
essere, divenire, esserci; 2) Obbiezioni e risposte; 3) Il movimento come primo
(Trendelenbnrg). Fu letto all'Accademia napoletana in tre sedute, il 16 agosto,
e il 6 e 30 settembre 1863. Un riassunto della memoria fu pubblicato nella
“Rivista napoletana di politica, letteratura e scienze”. Lo scritto si può
leggere ora nella raccolta gentiliana degli Scritti filosofici di S. (Opere,
Spazio e tempo nella prima forma del sistema di Gioberti, in “Rendiconto delle
tornate e dei lavori della Accademia di scienze morali e politiche” di Napoli.
Nella concezione giobertiana dello spazio e del tempo appaiono manifeste le
difficoltà e le contraddizioni della formula ideale, e, quindi, dell’intero
sistema. È questo il tema della “nota”, letta all'Accademia di Napoli il 7
agosto 1864, e ristampata più tardi negli Scritti filosofici, (= Opere). La dottrina della conoscenza di
Giordano Bruno, in “Atti dell’Accademia di scienze morali e politiche” di
Napoli, II (1865), pp. 293-348. Ristampato dall’a. nei suoi Saggi di critica.
Tema centrale dello scritto è l’analisi del concetto di “mente” in G. Bruno: S.
si propone di mostrare che non è legittimo identificare l’intuito intellettuale
di Bruno con un atto di fede, o con una forma di apprensione nondiscorsiva,
mistica, dell’assoluto. Ma il saggio è noto anche perché contiene una
importante e assai discussa digressione sul tema della separazione dello stato
della chiesa. Il concetto dell’infinità
in Bruno, in “Rendiconto delle tornate e dei lavori dell’Accademia di scienze
morali e politiche” di Napoli, V (1866), pp. 155-164. Sul concetto di infinito
in Bruno e Spinoza (e Hegel). L’avvio al discorso di S. è dato da una
osservazione contenuta nella Storia della filosofia moderna di H. Ritter: in
Bruno vi sarebbe confusione di infinito e indeterminato. Lo scritto di S.
risale certamente, nel suo nucleo originario, al periodo torinese: nel
ristamparlo nei Saggi di critica [77], pp. 256-267, l’a. vi appose la data:
“Torino 1853. Napoli 1866”. 74. Il concetto dell’opposizione e lo spinozismo,
in “Rendiconto delle tornate e dei lavori dell’Accademia di scienze morali e
politiche” di Napoli, VI (1867), pp. 89- 98. In Spinoza è già presente
l’esigenza di attribuire alla sostanza una negatività interna, che consenta di
superare gravi difficoltà della dottrina (il parallelismo degli attributi).
Questa esigenza è soddisfatta dalla logica hegeliana, con il concetto di
opposizione; il tema è, per l’a., ancora attuale, e viene riferito alle
discussioni sul metodo delle scienze comparate. Il saggio fu letto
all'Accademia napoletana il 7 luglio 1867; lo ha ristampato Gentile negli
Scritti filosofici (Opere). La
Scolastica e Cartesio, in “Rendiconto delle tornate e dei lavori della
Accademia di scienze morali e politiche” di Napoli. È una nota letta
all'Accademia di Napoli il 18 agosto 1867. L’autore l’ha ripubblicata nei Saggi
di critica, in appendice alla ristampa del saggio Del principio della riforma.,
come “chiarimento” tratto dalle lezioni bolognesi di storia della filosofia
(1860- 61), e dalle lezioni napoletane del 1864-65. Principii di filosofia,
vol. I, Napoli L’opera, che si pubblicava a dispense, è rimasta interrotta.
Comprende una prima sezione (La conoscenza) che riassume parzialmente il
contenuto della Feromzenologia (è caduta tutta la parte cosiddetta “storica”
del testo hegeliano), e una seconda sezione (La logica), che riproduce
liberamente il contenuto della Wisserschaft der Logik, fino alla prima parte
della logica dell’essenza (capitolo secondo della prima sezione: la
differenza). L'esposizione della logica hegeliana accoglie i risultati del
saggio sulle Prizze categorie [70], e si appoggia spesso ai manuali più noti,
circolanti in ambiente hegeliano (Kuno Fischer, Karl Rosenkranz ecc.). Nelle
“aggiunte” che S. introduce nel corso dell’esposizione sono frequenti i
riferimenti e i confronti con i filosofi italiani, anche contemporanei. S.
aveva esposto, e continuò ad esporre più volte la Logica di Hegel nei suoi
corsi napoletani: secondo una testimonianza di Maturi, raccolta da Gentile. In
base a un manoscritto affidatogli da Maturi, Gentile poté pubblicare
l'esposizione completa della logica di Hegel fatta dallo S. (Opere).
Interessante — e assai nota — la prefazione dei Principi; nella quale l’a. rifà
la storia del proprio cammino, e ribadisce le ragioni del suo idealismo, in un
clima filosofico ormai mutato o prossimo a mutare radicalmente. 77. Saggi di
critica filosofica, politica e religiosa, vol. I, Napoli. L’a. cominciò a
raccogliere e a ristampare i suoi scritti in questo primo volume di Saggi,
rimasto poi unico. Una “seconda edizione” della raccolta porta la data del
1886; ma anche in questo caso, come per la Filosofia di Gioberti [69], è mutata
solo l’indicazione dell’editore (Morano, anziché: Stab. tip. Ghio), e quindi il
frontespizio. Nel volume sono ripubblicati Campanella), Bruno, Del principio
della riforma, Mamiani) di questa bibliografia. L’a. ci offre un elenco
generale dei saggi che si proponeva di ristampare nei prossimi volumi. Oltre a
quelli già compresi in questo primo, avrebbero dovuto essere ripubblicati —
raggruppati, anch’essi, sotto diversi titoli — gli scritti che in questa
bibliografia compaiono Roswzini, Kant, Gioberti, Hegel, Socrate, Carattere e
sviluppo ecc. Scorse bibliografiche). Un ultimo gruppo di saggi, sotto il
titolo: Polerzica con la “Civiltà cattolica”, comprende una scelta degli
articoli pubblicati nel Cimento; ma i titoli forniti in questo elenco non
corrispondono sempre a quelli originali. L’elenco dei saggi compilato da S.
fornì a Gentile un valido strumento per rintracciare molti scritti del
filosofo, ed un primo criterio generale per la sua edizione delle opere del
maestro [96]. La raccolta spaventiana dei Saggi di critica è stata ristampata
con il titolo: Rinascimento, Riforma, Controriforma. Paolottismo, positivismo,
razionalismo, lettera a Meis, in “Rivista bolognese di scienze e lettere. La
“lettera”, che porta la data: 8 maggio 1868, è una chiara testimonianza dell’
“umanismo” di S.;} ed è anche un attacco violento rivolto contro certe alleanze
strette in quegli anni tra cattolici e positivisti. Ricca di “sarcasmo
heiniano”, come notò il Gentile, ha conservato gran parte della sua freschezza,
ed è uno dei documenti che più hanno attirato l’attenzione dei critici. È
ristampata negli Scritti filosofici (Opere), con una serie di note che ne
chiariscono la genesi e i numerosi riferimenti. 79. Studi sull’etica hegeliana.
L’assoluto, il relativo e la relavione assoluta, in “Rivista bolognese di
scienze e lettere. È il “proemio” agli Studi sull’etica hegeliana [cfr. n.
seg.], del quale l’a. ha anticipato qui la pubblicazione. Il proemio ha, del
resto, una sua autonomia: è destinato ai sostenitori del positivismo, per
mostrar loro che nell’idealismo hegeliano sono già accolte, anzi soddisfatte,
le esigenze fondamentali della filosofia positiva. 80. Studi sull’etica
hegeliana, in “Atti della Accademia di scienze morali e politiche” di Napoli. Cfr.
n. precedente. Libera esposizione dell’etica hegeliana, che ripercorre i motivi
centrali della Filosofia del diritto. Occasione esterna dello scritto fu un
rilievo di T. Mamiani, il quale osservò che la filosofia di Hegel comporta la negazione
della vita morale. L’esposizione di S. si apre con un esame dei presupposti
metafisici dell’etica; e contiene, nel suo sviluppo, interessanti riferimenti a
questioni attuali (alle polemiche sulla pena di morte, per esempio, e alle
difficoltà interne alla monarchia costituzionale). Lo scritto è stato
ristampato da Gentile nel 1904 (Opere). 81. De’ limiti della cognizione, in
“Rendiconto delle tornate e dei lavori della Accademia di scienze morali e
politiche” di Napoli; e in “Giornale napoletano di filosofia e lettere”,
diretto da B. Spaventa, F. Fiorentino e V. Imbriani, 1872, vol. II, pp. 43-56.
Nel “Giornale napoletano” alla ristampa, col titolo Su limiti della cognizione,
della nota del 1871 (pp. 43-47) è aggiunta la discussione di un’opera del
Savarese del 1856 (pp. 47-56). L’intero saggio è ristampato negli Scritti
filosofici (Opere). 82. Recensione: La vita di Giordano Bruno, scritta da D.
Berti, Torino Giornale napoletano di filosofia e lettere”, diretto da B.
Spaventa, F. Fiorentino e V. Imbriani, 1872, vol. I, pp. 1-25. Severa
recensione dell’opera del Berti; ripubblicata da Gentile in Da Socrate a Hegel
[98], pp. 65-102 (= Opere, II, pp. 71-105). 83. Sulle psicopatie in generale,
in “Giornale napoletano di filosofia e lettere”, diretto da B. Spaventa, F.
Fiorentino e V. Imbriani. A proposito di
una lezione di Salvatore Tommasi Sulle psicopatie, il cui testo fu pubblicato
nel “Morgagni, Napoli. Con questa serie di articoli S. interviene anche nella
polemica nata dalle osservazioni di Luigi De Crecchio (pubblicate dallo stesso
“Morgagni”), alle quali rispose Tommasi in due lettere che replicano ad
altrettanti scritti polemici del De Crecchio. La lezione Sulle psicopatie e le
due risposte si possono leggere in S. Tommasi, I/ naturalismo moderno, scritti
vari a cura di A. Anile, Bari. La discussione sulla natura delle psicopatie è
ripresa da S. sul piano di un discorso che abbraccia il problema generale del
rapporto tra fatti organici e funzioni psichiche; il filosofo vuoi mostrare che
l’idealismo hegeliano ha già superato le difficoltà “metafisiche” che sembrano
rinascere sul piano della scienza. L’anima si distingue certo dal corpo, non
però in virtù di una distinzione reale, sostanziale, ma come “funzione” e
“processo” psichico, come “senso di sé” irriducibile ad una somma di elementi
fisici o chimici: in questo senso le psicopatie non possono ridursi ad una
semplice alterazione fisica o chimica dell’organismo. Gli articoli di S. sono
ristampati in Da Socrate a Hegel [98], pp. 339-430 (= Opere, II, pp. 321-404).
La citata raccolta di scritti del Tommasi contiene in appendice un saggio di G.
Gentile, La filosofia di Salvatore Tommasi (pp. 273-298), in cui sono accostate
la prolusione del medico-filosofo: Il naturalismo moderno (del 15 novembre 1866),
e alcune pagine dei Principi di filosofia di S4 [76]: 84. Note sulla metafisica
dopo Kant, in “Rendiconto delle tornate e dei lavori della Accademia di scienze
morali e politiche” di Napoli. È una nota che riprende l'argomento già
introdotto nel proemio agli Studi sull’etica begeliana [79], e che fu letta all
Accademia napoletana il 17 ‘agosto 1873; è stata ristampata da Gentile nella
raccolta degli Scritti filosofici [96], pp. 333-338 (= Opere, I, pp. 523-529).
85. La legge del più forte, in “Rendiconto delle tornate e dei lavori della
Accademia di scienze morali e politiche” di Napoli. Saggio breve, ma
importante, che discute dal punto di vista idealistico la dottrina di Darwin.
Fu letto all'Accademia napoletana il 3 settembre 1874; lo ha ristampato Gentile
nella raccolta degli Scritti felosofici [96], pp. 339-352 (= Opere, I, pp.
531-544). 86. Idealismo o realismo? Nota sulla teoria della conoscenza: Kant,
Herbart, Hegel, in “Rendiconto delle tornate e dei lavori della Accademia di
scienze morali e politiche” di Napoli. La nota, letta all’Accademia di Napoli
il 6 settembre 1874, è stata ristampata negli Scritti filosofici [96], pp.
353-366 (= Opere, I, pp. 545-559). 86 bis. Una delle principali difficoltà
della Fenomenologia dello spirito, in “Rendiconto delle tornate e dei lavori
della Accademia di scienze morali e politiche” di Napoli, XV (1876), pp. 10-14.
Riproduce, con lievi modifiche, alcune riflessioni che si leggono in una
lettera al fratello Silvio dell’ottobre 1857 (cfr. Silvio Spaventa, . Gli
spaventiani spaventati, in “Fanfulla” [Roma], 26 marzo 1876. È uno scritto
satirico, in forma di lettera, documento della polemica nata dalle critiche di
F. Acri allo scritto di F. Fiorentino: Considerazioni sul movimento della
filosofia in Italia dopo l’ultima rivoluzione del 1860 (1874). La lettera si
può leggere in F. Fiorentino, La filosofia contemporanea in Italia [158], pp.
467-471. 88. Kant e l’empirismo, in “Atti della Accademia di scienze morali e
politiche” di Napoli. È un ampio studio (ristampato da Gentile negli Scritti
filosofici [96], pp. 81-114 = Opere, nel quale si intrecciano motivi tratti da
antiche riflessioni, rinnovate a contatto o in polemica con gli sviluppi del
“nuovo” empirismo, nato in Germania come revisione o come critica radicale dei
risultati della filosofia di Kant. Il saggio anticipa una serie di
argomentazioni e di conclusioni che saranno elaborate in un manoscritto del
1881, edito nel 1915 dal Gentile con il titolo: Introduzione alla critica della
psicologia empirica. Osservavi ioni del socio Spaventa sulla interpretazione
letta dal socio Bonghi di un luogo di Platone (Repubblica, X, 611a), in “Atti
della Accademia di scienze morali e politiche” di Napoli, XVI (1881), pp. 7. Le
Osservazioni sono ristampate in Scritti filosofici [96], pp. 367-376 (= Opere,
I, pp. 561-569). Nella ristampa, Gentile fornisce chiarimenti sulla discussione
sorta attorno alla memoria del Bonghi: Una prova dell'immortalità dell'anima
nella “Repubblica” di Platone (pubblicata nello stesso volume degli “Atti”).
90. La sintesi a priori e il nesso causale, in “Rendiconto delle tornate e dei
lavori della Accademia di scienze morali e politiche” di Napoli, XXI
(luglio-agosto 1882), pp. 14-16; e in “Giornale napoletano della domenica”, I,
n. 18, 30 aprile 1882. È il sunto di una memoria letta all’Accademia di Napoli
il 2 aprile 1882. È ristampato negli Scritti filosofici [96], pp. 379-382 (=
Opere, L pp. 573-576); nel pubblicarlo, Gentile osserva che il sunto anticipa
in forma contratta gli argomenti sviluppati nel secondo capitolo di Esperienza
e metafisica [94], sicché la memoria intera si identifica con quel capitolo
dell’opera di S. pubblicata postuma, nel 1888. 91. Un luogo di Galilei, in
“Rendiconto delle tornate e dei lavori della Accademia di scienze morali e
politiche” di Napoli, XXI (luglio-agosto 1882), pp. 5-8. Sunto di una memoria
letta all’ Accademia napoletana il 3 luglio 1882; è ristampato in Scritti
filosofici (Opere). Cfr. le notizie date da Gentile intorno a questo breve
scritto: il luogo di Galilei riguarda il rapporto tra intelletto divino e
intelletto umano, ed è tratto dalla Giornata prima, in fine, dei Dialoghi sui
massimi sistemi; il sunto (e quindi la memoria) ha una evidente relazione con
il capitolo XII di Esperienza e metafisica [94]. 92. Un fatto logico e un
problema metafisico, in “Rendiconto delle tornate e dei lavori della Accademia
di scienze morali e politiche” di Napoli, XXI (settembre 1882), pp. 3-10. La
logica formale ci insegna che da ogni determinazione del pensiero è possibile
derivare sempre una nuova (anche solo formalmente) determinazione; ma è
incapace di attingere il principio di questa “generazione”, di cogliere quella
“produttività più alta e originaria” che sembra identificarsi con la
“produttività del pensiero in generale”: così conclude S. questa nota letta
all’ Accademia di Napoli il 4 settembre 1882, e ristampata poi dal Gentile
negli Scritti filosofici [96], (Opere). Esame di un’obbieione di Teichmiiller
alla dialettica di Hegel, in “Atti della Accademia di scienze morali e
politiche” di Napoli. Questa memoria apparve negli Atti dell’Accademia
napoletana dopo la morte di S., ma era già uscita in estratto — riferisce
Gentile, ristampandola negli Scritti filosofici (Opere) — l’anno stesso della
scomparsa del filosofo; il quale ne aveva letto un sunto il io dicembre 1882,
che fu pubblicato nel “Rendiconto delle tornate e dei lavori dell’Accademia di
scienze morali e politiche” di Napoli, XXI (novembre- dicembre 1882), pp.
23-24. La memoria riprende il problema della interpretazione della logica
hegeliana, già impostato nel saggio sulle Prize categorie, ampliandone e in
parte rinnovandone la discussione sotto lo stimolo delle riflessioni, maturate
negli ultimi anni, sui progressi delle scienze naturali e della nuova psicologia.
L’obbiezione alla dialettica di Hegel, a cui S. si riferisce, è nello scritto
Die wirkliche und scheinbare Welt, 1882, dell’herbartiano G. Teichmiller; il
quale ricorda lo scritto e la figura dello S. nella sua Religronsphilosophie. SAGGO
PUBBLICATI DALLA SCUOLA. Esperienza e metafisica. Dottrina della cognizione,
Torino. Importante lavoro, pubblicato postumo a cura di Jaja, il quale rende
conto dei criteri adottati per l'edizione nella prefazione indirizzata a Silvio
Spaventa. Jaja accenna agli ultimi studi di S., che, a partire dal 1870, si
interessò esclusivamente della nuova filosofia dell’esperienza (p. VII), e vide
e volle mettere in chiaro il concetto di una “nuova” metafisica, che non è
quella avversata dai positivisti. Su questa idea e sul problema della nuova
metafisica Jaja ritornerà, con un riferimento diretto a S., nella sua
prefazione agli Scritti filosofici [96] curati da Gentile. Il manoscritto di
Esperienza e metafisica fu elaborato da S. tra il 29 novembre 1881 e i primi di
dicembre del 1882; rifluiscono in esso alcuni brevi scritti dati alle stampe in
precedenza [cfr. nn. 90, 91]. Nel volume è ristampato, in appendice, l’abbozzo
di un saggio su Protagora del giugno- luglio 1880, che ha una evidente
relazione, per la data della composizione e per il contenuto, con il frammento
sulla dialettica hegeliana edito da Gentile. L’introduzione dell’a. all'opera,
per la quale sembra avesse scelto egli stesso il titolo con il quale fu poi
pubblicata, è un interessante bilancio della storia della filosofia negli
ultimi vent'anni. La domanda, che presenta in forma semplificata il problema
implicito in tutte le discussioni e in tutte le polemiche più recenti, riguarda
la possibilità di una metafisica, dopo la critica kantiana. Il tema è trattato
da S. attraverso una serie di riferimenti a Kant, in primo luogo, poi alla
Ferorzenologia e ai problemi della logica hegeliana, a Darwin, a Spencer, a
Stuart Mill, e, in generale, alle correnti e alle dottrine che confluiscono nel
cosiddetto positivismo; il lavoro appare interrotto in quelle pagine nelle
quali l’a. riprende il tema già abbozzato in Ur luogo di Galilei. Una legione
di S. pubblicata da Maturi, Napoli. Sul
rapporto tra scienza (= scienze particolari) e filosofia (“quella sola che
realizza l’umanità del sapere”). La lezione non è stata mal ristampata. SAGGI EDITI
DA GENTILE. Scritti filosofici, raccolti e pubblicati con note e con un
Discorso sulla vita e sulle opere dell'autore da Giovanni Gentile e preceduti
da una prefazione di Donato Jaja, Napoli. Nella raccolta sono ristampati (=
Opere) gli scritti di S. ordinati in questa bibliografia.La breve prefazione di
Jaja (pp. VII-XVII) condensa in poche pagine una decisa — e chiara, nella sua
tematica semplificata — interpretazione della filosofia di S., interpretazione
che costituìù per lo stesso Jaja un presupposto del proprio pensiero, e che era
destinata a passare nella rielaborazione attualistica della problematica
spaventiana. Il punto di partenza della nuova filosofia è nell’idealismo
kantiano (preparato da Vico: secondo la “scoperta” di S.); è, chiarisce Jaja,
nel tentativo di “spiegazione o intellezione, prima che degli avvenimenti che
la storia registra, del grande, unico, perenne e perpetuo avvenimento, che è
l’atto stesso dell’intellezione, l’atto del conoscere, il conoscere. Questa è
l’eredità, questo il problema dell’idealismo “nuovo” (o post-kantiano o
assoluto). La filosofia si riduce all’analisi della “potenza conoscitiva”;
analisi iniziata da Kant, completata, nelle linee essenziali, da Hegel, ma
“aperta sempre al pensiero speculativo”, giacché “per la difficoltà sua e per
la nuova soluzione che prepara a tutti i problemi della vita, deve essere un
farsi e rifarsi perenne nella umana coscienza”. Conclude Jaja: “Se analisi è
luce, non poca è la luce di cui si ha bisogno, perché la potenza conoscitiva,
così varia e complessa nei suoi elementi e nella costituzione sua, e nondimeno
una sempre e identica a se stessa in tutti i periodi di sua storica esistenza,
in tutta la sua sterminata esistenza, passi dallo stato iniziale dell’esser suo
al suo stadio finale, non sopprimendo alcuno dei suoi interni stimoli, ma dando
a tutti una più ordinata e sana e compiuta soddisfazione. Di quest’analisi
splendono gli scritti, che in questo volume si ripubblicano, di B. Spaventa, e
tutti gli altri suoi”. Il “discorso” di Gentile Della vita e degli scritti di
B. S. (ristampato con integrazioni e modifiche nel 1924, cfr. 204), che si
conclude con la prima bibliografia delle opere del filosofo, è diviso in sette
paragrafi. Il primo raccoglie le notizie intorno agli studi e alle vicende di
S. fino al 1850; va notato l’accenno all’influsso esercitato da O. Colecchi, il
rilievo dato alla figura di S. Cusani (e alla sua “retta” interpretazione del
concetto kantiano di categoria), infine l’assunzione delle idee espresse da
Silvio S. sul “Nazionale” (“un giornale... politico filosofico arieggiante in
qualche modo quelli della sinistra hegeliana tedesca) come documento delle
prime convinzioni etico-politiche di S. Il secondo paragrafo (pp. XXXV sgg.)
tratta degli esordi di S. scrittore a Torino (Studi sopra la filosofia di
Hegel, primi lavori su Bruno, ecc.), con qualche riser va sul carattere “tra
l’enfatico e il declamatorio” di questi scritti. Agli articoli contro la
“Civiltà cattolica” è dedicato il terzo paragrafo: fornisce le notizie
essenziali intorno alla polemica, e ai periodici “Il Cimento” e “Il Piemonte”,
che l’ospitarono; e qualche indicazione sulle rassegne e sulle recensioni
apparse sul “Cimento” e sulla “Rivista contemporanea”, nel decennio torinese di
S. G. sottolinea il pregio anche letterario degli scritti polemici di S., nei
quali l’a., “ingegno satirico”, Si serve con bravura dell’ “ironia”: un’ironia
che coincide con la stessa “ironia della storia”, che veniva “ineluttabilmente
trionfando degli antichi pregiudizi e interessi” della “vecchia reazione”
contrapposta alle “nuove libertà. Il quarto paragrafo, il più ampio di tutti
(pp. LV-XC), è dedicato alla teoria della “circolazione del pensiero italiano”:
che è — giudica ora G. — “il maggior titolo” di S. storico e filosofo, un’
“intuizione geniale”, “che è, ripeto, la parte più originale dell’opera sua. G.
distingue due parti o momenti nella costruzione della teoria, analizzandone
minutamente l’elaborazione: gli studi sul Rinascimento (Bruno, Campanella, e il
loro rapporto con Cartesio e Spinoza), poi quelli su Galluppi, Rosmini e
Gioberti (con particolare attenzione al volume del 1863) e la posizione del
rapporto Vico-Kant (che, malgrado Jacobi, non ha veri precedenti, e resta una
“scoperta” autentica di S.). G. ricorda le vicende relative alla chiamata di S.
a Napoli, introduce una rapida, netta caratterizzazione dell'ambiente
napoletano (sono rimaste le pagine su “il tipo del giobertiano di Napoli”: pp.
XCIII sgg.), riassume la polemica con L. Palmieri sulla “nazionalità” della
filosofia. Passa quindi a trattare dei corsi di S. e dei suoi studi hegeliani,
in primo luogo della memoria su Le prize categorie “dove si agita e risolve in
maniera originale il problema fondamentale della dialettica hegeliana, che è
pure il problema fondamentale di tutta la filosofia di Hegel. Lo studio di S.,
qui riassunto, è giudicato “assai rilevante”; G. ne richiama i precedenti (K.
Werder, K. Fischer), lamentandosi — con Labriola — della scarsa attenzione che
questi lavori hanno destato fuori d’Italia. Si occupa poi dei Prizcipi di
filosofia e degli Studi sull’etica hegeliana, battendo sul carattere non
dommatico dell’idealismo di S. (“non si chiuse mai in quell’astratto idealismo,
che non cura né pregia il sapere sperimentale”, p. CVII), ricordando
l'affermazione — contenuta nei Principi — del carattere pratico del sapere (“la
chiave d’oro della nuova gnoseologia dopo Kant”, già individuata da Marx, e
ancora da sviluppare convenientemente, p. CVIII sg.), e riferendo estesamente
le discussioni sulla pena di morte e la posizione assunta da S., diversa da
quella del Vera (distinto da S., secondo uno schema ormai corrente, come
campione dell’ “ortodossia”). Ricorda, G., il corso di antropologia del
1863-64, e conclude: “Di tal fatta erano tutti i suoi corsi. L’anima
ispiratrice era sempre l’hegelismo; ma la sentenza hegeliana riceveva il
conforto della storia ed era posta a cimento con le più recenti dottrine;
infine raffrontata sempre a quelle dei nostri filosofi e come italianizzata e
fatta nostra” (p. CXIII). Con le notizie intorno alla fondazione del “Giornale
napoletano di filosofia e lettere” e alla lotta contro il “paolottismo”
fiorentino si apre il sesto paragrafo; che discute ampiamente lo scritto sulle
psicopatie, l’interpretazione del darwinismo (“e anche in questa accettazione
del trasformismo naturale il Nostro opponevasi agli insegnamenti di Hegel”),
infine Esperienza e metafisica (con i testi connessi), analizzando la tematica
della “nuova metafisica” (il concetto di apriori, del trascendentale, ecc.;
interessante la saldatura tra questi studi e il saggio sulle Prizze categorie:
“Questa sintesi [i.e. la sintesi apriori “presupposta” da Kant] da Hegel è
rintracciata nella sua prima origine, nella forma più astratta, indeterminata:
nel concetto del divenire dell'essere che è non essere, in quanto è pensiero,
come l’autore aveva dimostrato nella memoria sulle Prizze categorie”). Un paragrafo
tratta dello scritto contro Teichmuller sulla dialettica hegeliana, e si chiude
con un “ritratto” del filosofo (G. si richiama anche alla commemorazione di
Fiorentino: cfr. n. 163) e con una dedica “ai giovani” del volume: che imposta
«i problemi fondamentali del pensiero moderno” e offre un sicuro orientamento
per il futuro sviluppo degli studi filosofici, riassumendo l’opera di S. “le
nostre tradizioni genuine, donde bisogna trarre gli auspici”. Dopo la
bibliografia degli scritti di S. — che G. ripresenterà, corretta anch’essa e
accresciuta, nella monografia del 1924: cfr. n. 204 — il curatore introduce una
breve nota per chiarire i criteri della raccolta, tracciando anche il piano dei
prossimi volumi. Gl Scritti filosofici raccolgono per ora i saggi più
rilevanti, e “originali”, dell’a., dispersi in atti accademici e riviste non
facilmente reperibili. L’elenco dei saggi spaventiani, introdotto dal filosofo
nella raccolta del 1867 [cfr. n. 77] costituì per G., oltre che una guida per
la ricerca, un criterio di scelta (G. rispetta l’esclusione dalla ristampa
degli Studi sopra la filosofia di Hegel, e dei Frammenti del 1852); e un
criterio, infine, per l'ordinamento degli scritti. 97. Principi di etica,
Napoli. Ristampa degli Studi sull’etica hegeliana (80 = Opere, I, pp. 595
sgg.). Alle pp. 173-181, G. inserisce due brani tolti dai Principi di
filosofia: dalle pp. 94-97 (Concetto della filosofia. Relazione della filosofia
con l’esperienza) (Il processo dell’autocoscienza riconoscitiva). Nella
prefazione (ristampata in G. Gentile, Saggi critici, serie prima, Napoli), dopo
aver difeso lo stile e il linguaggio filosofico di S., G. si sofferma su due
punti di qualche importanza; il rapporto tra diritto e moralità in Hegel (e in
S.), il concetto e la collocazione del “sopramondo” (arte, religione,
filosofia) nel sistema. Particolarmente interessante l’intervento sulla prima
questione: la precedenza — ideale — del diritto (del diritto “astratto”, che
non va confuso col diritto positivo, col diritto come legge) rispetto alla
morale, come suo elemento costitutivo, non autorizza l’identificazione della
dottrina hegeliana con quella “associazionistica”, che fa del sentimento del
dovere un semplice effetto della sanzione. La discussione di questo punto
consente a G. di toccare la questione dello “stato etico”, e di respingere
l’interpretazione secondo la quale Hegel fa dipendere la morale dallo stato. È
lo stato, anzi, che si fonda sulla morale; “né può dirsi, che Hegel torni col
suo ideale dello stato al concetto pagano, per cui l’uomo esisteva per lo stato,
e non lo stato per l’uomo... [perché] uomo e stato sono unu et idem” (p. XIX =
Opere, I, p. 607). G. risponde così, senza nominare l’autore, a un rilievo di
F. Masci (“Kant aveva considerato lo stato come mezzo, Hegel lo concepì come
fine. Retrocesse così fino al concetto pagano, che l’uomo esiste per lo stato,
non lo stato per l’uomo...”: La libertà nel diritto e nella storia secondo Kant
e Hegel, Napoli 1903, p. 43). 98. Da Socrate a Hegel, nuovi saggi di critica
filosofica, Bari 1905, pp. XVI-430. Ristampa (cfr. ora Opere, II, pp. 1-104)
degli scritti ordinati in questa bibliografia. La prefazione di G. (ripubblicata in G.G.,
Saggi critici, serie prima, Napoli 1921, pp. 167-175) spiega, in primo luogo,
il sottotitolo (“nuovi saggi”): la raccolta viene presentata come “compimento”
del “disegno dell’autore”, parzialmente realizzato con i Saggi del 1867 [77].
Un volume a sé costituiranno gli articoli ristampati poi sotto il titolo La
politica dei gesuiti [101]; altri scritti (le False accuse contro l’hegelismo,
11) non sono stati ancora rintracciati dal curatore; G. dà notizia, infine,
della scoperta dello studio Sulla quantità [I]. Non era prevista da S. la
ristampa de La filosofia neocristiana e il razionalismo in Alemagna, ma il
curatore ha voluto includere l’articolo, per il suo pregio intrinseco, e per la
diffusione che ebbe in Italia la filosofia del diritto di J. Stahl, criticata
qui da S. Concludono la prefazione alcune osservazioni sulla “forma
clandestina” che ebbe l’attività letteraria del filosofo, e l'invito a
riannodare, attraverso S., il “filo prezioso” della tradizione filosofica
italiana; degna di rilievo la proposta — già introdotta, in forma diversa, nel
Discorso del 1900 — di un parallelo S. — De Sanctis: “quello che furono per la
letteratura i Saggi critici del De Sanctis, furono per la filosofia i Saggi di
critica dello Spaventa” (p. XIV = Opere, II, p. 8). Tra le recensioni, va
ricordata quella, positiva, di M. Losacco (Pagine sparse di B. S., “Fanfulla
della domenica”, 20 maggio 1906; poi in M. L., Educazione e pensiero, Pistoia
1911, pp. 195-201), che sottolinea l’importanza degli articoli sulle psicopatie
(de La frlosofia neocristiana e il razionalismo inAlemagna e di altri scritti
spaventiani dedicati a Schelling discorre M. Losacco nella rassegna: La
filosofia dello Schelling in Italia, in “La cultura contemporanea, [Roma. Una
stroncatura di Giuliano il Sofista [= Giuseppe Prezzolini], in “Leonardo”, III
(1905), ottobre-dicembre, pp. 204-209, denuncia il “profondo e fondamentale
misticismo, accompagnato da forme teologiche e da espressioni religiose”, della
dottrina di Hegel e di Spaventa. La filosofia italiana nelle sue relazioni con
la filosofia europea, nuova edizione con note e appendice di documenti, Bari
1908, pp. XXII-307; terza edizione, Bari 1926, pp. XXIII-307. Ristampa, con il
titolo cambiato dal curatore “in quello più determinato che era suggerito dallo
stesso argomento del libro”, della Prolusione e introduzione del 1861-62 (68 =
Opere, II, pp. 405-719); con l’aggiunta, in appendice, delle lettere (anch’esse
del 1861-62) tratte dal carteggio tra Silvio e Bertrando S., e già pubblicate
da G. nel 1901 [127]. La prefazione di G. (ristampata con il titolo La
filosofia italiana e B.S. in G. G., Saggi critici, serie seconda, Firenze 1927,
pp. 197-208) è particolarmente importante, per due motivi. Primo, perché G.
ribadisce la continuità tra il programma spaventiano del1862 e il compito
attuale della filosofia (sua giustificazione come “sapere assoluto”). La
ricostruzione dei momenti attraverso i quali S. conquistò per sé, in queste
lezioni, l’unità del punto di vista storico e del punto di vista scientifico
(“il libro pare una polemica, ed è una ricerca; pare una mera storia, ed è una
fenomenologia dello spirito, cioè vera e propria filosofia”) introduce G. alla
discussione (allargata attraverso un rinvio esplicito allo scritto del 1907 I/
circolo della filosofia e della storia della filosofia) del secondo punto:
identità di filosofia e storia della filosofia (grande storico è chi realizza,
come S., la legge dell’identità di filosofia e storia della filosofia),
identità e distinzione di storia delle idee e storia biografica, di storia
delle idee e storia della civiltà. Se una riserva si può avanzare contro questa
“storia” di S., essa riguarda la denuncia della responsabilità della chiesa
cattolica, che avrebbe impedito il libero sviluppo del pensiero italiano del
Rinascimento, e determinato il “vuoto” tra Campanella e Vico, tra Vico e
Galluppi. Ma la prospettiva storiografica di S. resta, agli occhi di G., salda
e valida tuttora. L’edizione del 1926 si avvale di un accurato raffronto con il
testo del 1862 e scioglie e rende espliciti molti riferimenti di S. ai filosofi
del Rinascimento. Tra le edizioni scolastiche della Filosofia italiana, va
ricordata, in primo luogo, quella curata dallo stesso Gentile per la casa
editrice Sansoni, Firenze 1937; poi un'edizione a cura di G. Tarozzi, Torino
1937; una a cura di E. Vigorita, Napoli 1938; una a cura di G. Ponzano, Padova
1941; e quella più recente curata da B. Widmar, Roma 1955. 100. Due frammenti
di uno scritto inedito di B. Spaventa contro il positivismo (I. La relatività
della conoscenza secondo E. Littré; II. La smaterializzazione del cervello), in
“La Critica.. Si tratta di due frammenti dell’Introduzione alla critica della
psicologia empirica, pubblicata per intero nel 1915 [105]. La politica dei
gesuiti nel secolo XVI e nel XIX. Polemica con la “Civiltà cattolica”
(1814-T1), Milano- Roma-Napoli 1911, pp. XXXIV-312. Sono ripubblicati qui,
nell’ordine, gli articoli e le recensioni contrassegnate in questa bibliografia
(ctr. Opere, II, pp. 721-1020). Molto
importante la prefazione (si può leggere anche in G. G,, Saggi critici, serie
seconda, Firenze 1927, pp. 173- 196, dov'è ristampata con il titolo Gt scritti
politici di B. S.) anche come documento della presa di posizione di Gentile, in
questi anni, sulla questione dei rapporti tra lo stato e la chiesa. La
prefazione si può dividere in due parti. La prima contiene una analisi delle opposte
ragioni che si scontrano nelle polemiche sulla separazione della chiesa dallo
stato, in Piemonte, nel decennio di preparazione. Sono due logiche che si
oppongono; quella dei gesuiti, più stringente, ma 2456 formale (la logica
“della morte”), e quella della politica di Cavour, la logica “della vita”, una
logica forse “zoppicante”, ma conforme alla realtà, che “non è così
impeccabilmente logica, come la vorrebbe la logica dei gesuiti; e si contenta,
anzi vive di contraddizioni che è atta essa stessa a risolvere” (p. XI = Opere,
II, p. 727). La vera religione dello Statuto era quella consentita dalla
eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, la religione dello stato “che
non riconosce se non se stesso, e nel cittadino non vuole se non il cittadino: la
religione immanente al luogo della cattolica apostolica romana” (Opere). Nella
seconda parte, G. chiarisce le occasioni delle polemiche di S., ricostruisce il
programma del “Cimento”, traccia un profilo dei suoi collaboratori, e riconosce
a S. un gran merito: “B. S. con la sua filosofia diede alla politica cavouriana
la coscienza della logica che vi era immanente: che non era propriamente la
logica della separazione della chiesa dallo stato, ma della negazione (e
conservazione) della chiesa nello stato” (pp. XXIX sg. = Opere). La fede nella
immanenza del divino in tutte le forme della vita, e quindi nello stato, in
quanto tale, consentì a S. di muovere, fin dal 1854-55, “in soccorso della
politica emancipatrice dello stato”; la lotta non ebbe allora pieno successo,
ma dagli scritti di S. è possibile trarre ancora serie indicazioni. “E poiché
la lotta non è terminata e c’è sempre una chiesa, in Italia, contro lo stato, e
questo ha sempre bisogno di acquistare la coscienza distinta della propria
laicità, che è la infinità stessa, di cui parlava S., quel che la sua opera
politica non ottenne nel decennio, l’otterrà senza dubbio, senza fretta, lungo
il cammino della nostra democrazia nella libertà” (Opere). Da La politica dei
gesuiti edita da Gentile dipendono due edizioni più recenti di questi articoli
di S.: la scelta a cura di 2457 F. Fergnani (B. S., Polemiche coi gesuiti,
Milano), e quella curata da F. Alderisio (B. S., Lo stato moderno e la libertà
di insegnamento, Firenze 1962 [cfr. n. 272]). Agli studi di S. sulle dottrine
dei gesuiti, anticipatori, nel secolo XVI, di Rousseau e della sovranità
popolare, si riferisce in più luoghi G. Saitta, La scolastica del secolo XVI e
la politica dei gesuiti, Torino 1911, pp. XI-311, soprattutto nella seconda
parte (pp. 113 sgg.), in cui sono esaminate le dottrine di Suàrez, Bellarmino,
Mariana. Va segnalato infine un articolo pubblicato sull’ “Avvenire d’Italia”
del 28 febbraio 1935 (I/ domina dell’immacolata e B.S.) che contiene un aspro
attacco contro il filosofo (ma anche grossolani errori a proposito del testo
spaventiano; cfr. La leggenda dell’idealismo, “Giornale critico della filosofia
italiana”, XVI, 1935, pp. 426 sg... 102. Logica e metafisica, nuova edizione
con l’aggiunta di parti inedite, Bari 1911, pp. XI-456. Ristampa dei Principi
di filosofia (76 = Opere, III, pp. 1- 429) con l’aggiunta dell’ultima parte,
rimasta fin qui inedita. Maturi — che ebbe modo di ascoltare più volte, tra il
1862 e il 1869, il corso di logica di S. — fornì a G. una copia dell'intero
testo spaventiano. “Così abbiamo finalmente in Italia una esposizione completa
di questa logica, e una esposizione magistrale, che viene incontro al bisogno
sempre più vivo e sempre più largamente sentito, di essere guidati a penetrare
nel segreto processo di questa nuova intuizione del mondo (ancora da
conquistare nella sua integrità), che è risoluzione assoluta della natura nello
spirito, della realtà nella sua coscienza, dell'esperienza nella logica pura”
(p. X = Opere, III, p. 6). 2458 Gentile ha curato anche una edizione scolastica
di Logsca e metafisica, Firenze 1933; un’altra edizione per le scuole è quella
a cura di E. Vigorita, Torino 1940. 103. Frammento inedito, in G. GENTILE, La
riforma della dialettica begeliana, Messina; ora in G. G., Opere, a cura della
Fondazione Giovanni Gentile per gli studi filosofici. Il frammento, come ha
stabilito Gentile, risale al 1880- 1881. Riprende, e conclude — anche
attraverso riferimenti polemici alla Logigue de Hegel di A. Vera — la
discussione sulle Prizze categorie, del 1863-64 [70], correggendo la prima
interpretazione o “riforma” della dialettica hegeliana (“prima non appariva
bene che il pensare è, per dir così, l’essere stesso dell’essere; appariva
quasi come una funzione meramente soggettiva”, Opere) e richiamando nel
discorso altri studi (più recenti, come lo scritto sulle psicopatie [83], pp.
52 sg., e La legge del più forte [85], p. 53; ma anche l’analisi della
distinzione giobertiana di riflessione psicologica e riflessione ontologica,
pp. 54 sgg). Il testo spaventiano (ora in Opere, III, pp. 431-462) è stato
pubblicato da G. in appendice al primo scritto (La riforma della dialettica
hegeliana e B. S., con appendice; porta la data: 1912) della raccolta, che da
quel famoso studio prese il titolo generale; e viene presentato come il
documento che giustifica lo schema di derivazione: Hegel- Spaventa-Gentile. Il
frammento presenta una impostazione del problema della dialettica hegeliana
molto prossima alla soluzione attualistica (anche nella espressione verbale:
“In altri termini, lo spettatore è anco attore. O, come dice Hegel in generale:
la categoria non è soltanto essenza o semplice unità dell'ente, ma è tale unità
solo in quanto è attualità 2459 mentale. E attualità vuoi dire atto: l’essere è
essenzialmente atto del pensare”, pp. 47 sg.; cfr. pp. 55, 60 sg.); nei
paragrafi settimo e ottavo del suo studio, G. ripercorre l’intero sviluppo
della riflessione di S. sull’argomento, dallo scritto del 1863-64 (dove la
soluzione del filosofo sarebbe identica a quella di Fischer) alla risposta a
Teichmiiller [93], e, finalmente, a questo inedito che, pur vicino
all’attualismo, è gravato ancora da oscurità (cfr. p. 39: “Ebbe lo Spaventa
consapevolezza della portata di questa sua scoperta? L’oscurità stessa della sua
esposizione fa pensare di no...”). 104. La materia della sensazione, Palermo. È
un breve frammento dell’Introdugione 4/la critica della psicologia empirica
[105], pubblicato in un opuscolo nuziale. 105. Introduzione alla critica della
psicologia empirica, estratto dagli “Annali delle Università toscane”, Pisa. È
il testo - completo — di un manoscritto che, secondo G., fu composto da S.
nell’estate del 1881: come primo abbozzo di Esperienza e metafisica [94], e
come sviluppo delle indagini già avviate nella memoria Kant e l’empirismo [88].
Gentile ne aveva già pubblicati alcuni frammenti nel 1909-10 [100] e nel 1913
[104]. Interessante il giudizio di G. su questa — pur non completamente svolta
— critica dell’empirismo; nella quale è documentabile l'accostamento dell’a.
“alla concezione del formalismo assoluto, ossia dell’impossibilità di postulare
una materia fuori dell’atto o forma del conoscere” e quindi l'intenzione sua di
“risolvere... la matura, l’antico presupposto dello spirito, nell’atto
spirituale... Così gli 2460 ultimi capitoli di questi frammenti cessano
evidentemente di essere una polemica, e mostrano come per necessità la
psicologia empirica, attraverso la teoria della conoscenza, vada a finire nella
metafisica dell'anima come atto” (p. VI; cfr. ora Opere, e, per il luogo cit.
della presentazione di Gentile, p. 469). 106. L’anima e l'organismo, in
“Giornale critico della filosofia italiana.. È il testo delle prime lezioni di
un corso di antropologia, tenuto da S. nell’anno 1863-64. Per l’esposizione dell’antropologia hegeliana —
riferisce Gentile — S. teneva conto anche di sviluppi posteriori della dottrina;
in particolare della Psychologie dell’hegeliano J. Schaller. Cfr. n. 115 e v.
Opere, III, pp. 591-608. 107. False accuse contro l’begelismo, in “La Critica. Ristampa
dei due articoli ordinati in questa bibliografia con il n. 11. Nella breve
introduzione, Gentile pubblica anche una lettera di S. a Eugenio Camerini,
dell’11 febbraio 1860; lettera che ha consentito di rintracciare questi
articoli nel quotidiano torinese “Il Progresso” (cfr. ora Opere, III, pp.
609-637). 108. La libertà d'insegnamento. Una polemica di settant'anni fa,
Firenze 1920, pp. 187. Alle pp. 41-131 sono ristampati (e in Opere) gli
articoli ordinati in questa bibliografia con il n. lo. Nell’appendice, pp.
135-138, si può leggere l’articolo già 2461 indicato qui con il n. 9; altri
documenti della polemica, in gran parte articoli di Domenico Berti, apparsi sui
giornali “La Croce di Savoia” e “Il Risorgimento”, sono ristampati alle pp. 139
sgg. I documenti essenziali che servono a ricostruire le polemiche sulla
libertà di insegnamento in Italia, dal 1840 fino a questi interventi di S.,
sono raccolti e illustrati nell'ampia prefazione di Gentile (pp. 7-40 = Opere,
III, , il quale dà anche importanti notizie sul programma e sui col-laboratori
del giornale torinese “Il Progresso”. Una edizione più recente dei tredici
articoli sulla libertà di insegnamento ha curato nel 1962 F. Alderisio [272].
109. Pensieri sull’insegnamento della filosofia e lettere inedite, in “Giornale
critico della filosofia italiana”, VI (1925), pp. 91-105. Ristampa (pp. 91-99)
dell’articolo ordinato in questa bibliografia col n. 2. Seguono (pp. 99 sgg.)
sei lettere o frammenti di lettere di S. a De Meis (cfr. n. 126 e Opere, III,
pp. 831-855). D. SAGGI PUBBLICATI DA ALTRI AUTORI Una prolusione inedita di
Bertrando Spaventa a un corso di diritto pubblico, a cura di A. Guzzo, in
“Giornale critico della filosofia italiana”, V (1924), pp. 280-296. È il testo
della prolusione di Modena del 25 novembre 1859. Alle pp. 293-296 è riprodotto
uno schema delle lezioni modenesi, tratto da un altro manoscritto di S. Cfr. n.
122, 2462 111. Lezioni inedite di B. Spaventa, a cura di A. Guzzo, in “Giornale
critico della filosofia italiana”, VI (19295), pp. 198-222, 291-295, 360-369.
Il primo gruppo di questi inediti è costituito dagli appunti — di mano “di uno
o più scolari modenesi” — relativi a cinque lezioni sulla filosofia greca
dettate da S. per la parte storica del suo corso del 1859-60 (v. lo schema
pubblicato da Guzzo nel 1924: cfr. n. precedente). Il secondo gruppo (pp.
360-369) raccoglie gli abbozzi, di mano dello S., di tre lezioni tenute
nell'università di Bologna il 10 maggio e il 16 dicembre 1860, e 11 marzo 1861.
112. Rinascimento, Riforma, Controriforma e altri saggi critici, Venezia 1928,
pp. 363. Ristampa dei Saggi di critica del 1867 [77] nella collana “Storici
antichi e moderni” della Nuova Italia} con l’aggiunta di un indice dei nomi.
113. Uno scritto inedito di Bertrando Spaventa sul problema della cognizione e
in generale dello spirito (1858), a cur. ALDERISIO, in “Rendiconti
dell’Accademia dei Lincei. Classe di scienze morali, storiche e filologiche”,
serie VI, vol. IX, fasc. 7-10, luglio- ottobre 1933, pp. 564-667. . Alderisio
descrive e commenta (pp. 564-583) l'importante inedito da lui scoperto in una
delle buste dei manoscritti di S. conservati presso la Biblioteca Nazionale di
Napoli, identificandolo con l’abbozzo in “parentesi” scritto 2463 tra il
gennaio e il marzo del 1858, di cui S. dà notizia al fratello Silvio in una
lettera dell’8 febbraio dello stesso anno (cfr. S. Spaventa, Dal 1848 al 1861
[125], 19232, pp. 248 sgg.). Una più recente edizione dell’inedito a cura dello
stesso Alderisio è: B.S., Sul problema della cognizione e in generale dello
spirito, Torino 1958, pp. XLIII-156 [cfr. n. 266]. 114. Rime satiriche di B.
Spaventa sul connubio Sella- Nicotera, in “Rinascita”, XI (1954), p. 32. Queste
“rime” sono conservate nel fondo Spaventa della Società napoletana di storia
patria. 115. E. GARIN, Felice Tocco alla scuola di Bertrando Spaventa, in
“Giornale critico della filosofia italiana”, XXXIV (1955), PP. 489-495. Si
tratta di alcuni estratti di F. Tocco, relativi a lezioni sulla filosofia della
natura di Hegel, tenute da S. nel 1863 (i primi appunti sono del 1° gennaio).
E. Garin, nel pubblicare questi estratti da lui scoperti, discute anche dei
rapporti di Tocco con il maestro. Gli estratti sono stati poi ripubblicati in
E. Garin, La cultura italiana tra ‘800 e ‘900, Bari 1962, pp. 67-76. Cfr. anche
n. 106. . Un “pamphlet” antidemocratico inedito di Bertrando Spaventa (1880), a
cura di P. C. MASINI, in “Rivista storica del socialismo”, II (1959), pp.
304-326. Alle pp. 316-326 è riprodotto — con l’aggiunta di note 2464
esplicative — il testo di un pamphlet scritto da S. nell’agosto 1880 contro
Pietro Siciliani; è intitolato: Le conferenze pedagogiche a Firenze. Lettera a
Fanfulla di Minchione Chiappanuvole maestro elementare inferiore a Peretola.
L’opuscolo, già pronto per la stampa, come risulta dalle bozze corrette
rinvenute (insieme al manoscritto originale) nella Biblioteca comunale “Angelo
Mai” di Bergamo, doveva essere pubblicato anonimo; rimase inedito per una
“indiscrezione dello stampatore’, come attesta una dichiarazione sul
frontespizio del figlio di S., Camillo. Presentando il testo spaventiano, che
contiene aspre invettive non solo contro Siciliani, ma anche contro De Sanctis,
P. C. Masini propone un riesame della collocazione politica di S., “difensore
del vecchio ordine culturale e politico di stampo moderat”. Il pamphlet
contribuirebbe a rivedere la proposta della “linea” S.-Labriola-Gramsci,
lanciata a partire dal 1952, e a smentire il rilievo di una evoluzione
dell’ultimo S. verso il positivismo o il materialismo . La scoperta
dell’opuscolo del 1880 è il frutto di una esplorazione delle carte spaventiane
conservate presso la Biblioteca comunale di Bergamo; alle pp. 304-310 sono
riportate notizie su manoscritti editi e inediti del filosofo, dei quali M.
fornisce un primo inventario. V. su questo l’introduzione premessa a questa
bibliografia, pp. 863 sg. Sul lavoro di M. cfr. E. Garin, Un ‘pamphlet’
antidemocratico inedito di B. Spaventa, “Giornale critico della filosofia
italiana”, XXXVII (1959), pp. 572-574. Discutendo del testo di S. e della
interpretazione di M., Garin rende noto l’annuncio di una traduzione
spaventiana dell’opera di L. Stein, Der Socialismus und Communismus 2465 des
heutigen Frankreichs, diffuso nel 1850 da una “Stamperia degli artisti
tipografi” di Torino [cfr. n. 3]. Interessanti anche i rilievi di Garin sui
rapporti di S. con i positivisti (in particolare con P. Siciliani). Il lavoro e
le macchine, a cura di D. D'ORSI, in “Sophia”, XXXI (1963), n. 3-4, pp.
254-259; e in “Dialoghi”, XI (1963), n. 3-5, pp. 191-197. Cfr. n. 123. 118.
Rivoluzione e utopia, a cura di I CUBEDDU, in “Giornale critico della filosofia
italiana. Ristampa di articoli, pubblicati nel 1851 nel giornale “Il Progresso”
di Torino, e elencati in questa bibliografia. L'essenza metempirica del
filosofare, a cura di D. D’ORSI, in “Dialoghi”, XII (1964), n. 1-3 (gennaio- ),
pp. 39-50. Cfr. n. 123. 120. II Socialismo e il Comunismo in Francia —
supplemento alla storia del secolo per L. Stein Professore in Kiel. Prima
versione dall'originale tedesco di Bertrando Spaventa, a cura di S. LANDUCCI,
in “Annali dell'Istituto Giangiacomo Feltrinell”, VI (1963), Milano. Ristampa
del n. 3 di questa bibliografia. Cfr. n. 282. 121. Uno scritto ignorato e una
lettera inedita di B. 2466 Spaventa, a cura di D. D’ORSI, in “Rivista abruzzese,
Lanciano, n. I, pp. 4-19. Contiene: un annuncio della traduzione di Stein [3],
e una lettera di S. a Villari. Della libertà e nazionalità dei popoli, a cura
di D. D’ORSI, in “Rivista abruzzese, Lanciano. Edizione critica della
prolusione di Modena. Scritti inediti e rari, con prefazione e note a cura di
D. D’ORSI, Padova 1966, pp. XVI-590. Questa raccolta di testi editi e inediti
di S. si divide in tre parti, più un’appendice di documenti. La prima parte
(Scritti rari o ignorati o inediti, pp. 1-88) comprende la ristampa dello
scritto Su/la quantità [1], un annuncio della traduzione dell’opera di Stein
sul socialismo e il comunismo in Francia (3; pubblicato dal D’Orsi anche nella
“Rivista abruzzese”, 1965 [cfr. n. 121]), il frammento I/ lavoro e le macchine
(già pubblicato dal curatore nel 1963; cfr. n. 117), scritto sotto lo stimolo
della lettura di Stein, l'articolo su Schelling del 1854 [22], e finalmente un
articolo sul teatro drammatico apparso anonimo nel “Cimento” [43] e qui
attribuito a S. Nella seconda parte sono raccolti tre scritti filosofici
inediti: una Fenomenologia; pubblicata contemporaneamente in “Sophia”; e v.
sopra, p. 864), uno scritto del 1880, Esperienza e coscienza (pp. 157-162), e
uno del dicembre 2467 dello stesso anno, L'essenza metempirica del filosofare,
tratti entrambi dalle carte Spaventa della Biblioteca Nazionale di Napoli (le
prefazioni del curatore a questi tre inediti erano state già pubblicate nel
1965 [285], il testo dell’ultimo inedito nel 1964 [119]). La parte terza
(Scritti polemici ignorati e rari) raccoglie: due articoli pubblicati nel
“Cimento”, e i ventinove articoli della serie I Sabbati dei gesuiti, pubblicati
nel “Piemonte” [cfr. n. 28]. Nell’appendice (pp. 491 sgg.) sono riportate
trentasette lettere di S. [cfr. n. 141]. Delle singole prefazioni ai testi
spaventiani, è da vedere in particolare quella dedicata alla Ferorzerologia, un
testo che, secondo D’Orsi, “finirà col modificare il tradizionale canone
esegetico, invalso dal Gentile, secondo cui la lettura dell’ultimo Gioberti
avrebbe indotto lo Spaventa a mutare o estinguere i suoi più radicati e
appassionati interessi per la Ferorzenologia di Hegel e per le conseguenti
interpretazioni via via formulate dagli esegeti tedeschi della destra
hegeliana” (p. 95; sull'importanza che il curatore attribuisce al testo
spaventiano, cfr. anche pp. 99 sg.). Nella prefazione generale alla raccolta,
D’Orsi anticipa le linee di una sua lettura di S., molto distante dalle
interpretazioni più recenti, e dalla stessa interpretazione di Gentile (si può
qui segnalare l'utilizzazione di testi spaventiani nel volume di D’Orsi Lo
spirito come atto puro in Giovanni Gentile, Padova. Il curatore intende rivalutare una
fondamentale dimensione “spiritualistica” del pensiero di S., il quale
risulterebbe, nell'intero arco della sua attività, un “moderato”, sia in
politica che in filosofia. Nelle polemiche contro i gesuiti, S. combatte le
“esagerazioni pratiche” dell’ortodossia (dommatismo, fanatismo), non il
principio cattolico (p. XII sg.); la suapolemicapuòdefinirsi “anticlericale”,
ma “non antireligiosa o, peggio, ateistica; per i Sabbati, cfr. p. 208: essi
“stimolano la riflessione sui problemi della Politica e della Religione e
assicurano come un duplice antidoto agli opposti inconvenienti della fragile
fede e dell’intransi genza dommatica”; cfr. inoltre la prefazione alla terza
parte della raccolta, pp. 181 sgg.). Nella prefazione a I/ lavoro e le
macchine, pp. 33 sg., dichiarando la dipendenza dello scritto dall’opera di
Stein, D’Orsi parla di un “chiaro atteggiamento etico-politico che, per
equilibrio e serietà d’indagine, può ritenersi, nell’ambito della vexatissima
questione sociale, ‘una voce di ragione tra tante grida”” (con questo titolo
apparvero sul “Lucifero” di Napoli, nell’aprile-maggio 1848, alcuni articoli
firmati con la sigla: Sp., che il D’Orsi attribuisce senz’altro a S.; sul
“Lucifero”, giornale moderato e giobertiano prima del 15 maggio 1848, e, in
seguito, conservatore, cfr. A. Zazo, I/ giornalismo politico napoletano nel
1848-9, “Archivio storico delle province napoletane. Orsi rende nota (p. XVI)
la sua intenzione di portare a compimento una edizione critica di tutte le
opere, edite e inedite, di S., a cui seguirà la pubblicazione di una monografia
sul filosofo napoletano. A p. 88 n. è annunciata intanto la prossima
pubblicazione di un volume che raccoglie le Lezioni inedite di Filosofia del
diritto (1859- 1860). Su questi Scritti inediti e rari curati dal D’Orsi, cfr.
P. Piovani in “Giornale critico della filosofia italiana”, XLVI (1967), pp.
160-161. 124. Un articolo inedito di B. Spaventa circa l’unità organica della
filosofia di Bruno e circa l’attinenza di questa con la filosofia di Spinoa, a
cura di F. ALDERISIO, in “Giornale critico della filosofia italiana. Alle pp.
222-224 è riprodotto il testo fin qui inedito dell’ “avvertenza” di S. a un suo
articolo su Giordano Bruno, mai pubblicato. Il manoscritto dell'articolo non è
stato rintracciato. Secondo A., 1’ “avvertenza” è del 1870-1872; insieme
all’articolo, avrebbe costituito l’ultimo lavoro di S. dedicato a Bruno,
scritto, probabilmente, per il “Giornale napoletano di filosofia e lettere”.
CARTEGGIO S. S. Lettere scritti
documenti pubblicati da B. CROCE, Napoli 1898, pp. TX-314:; Bari. I rinvii alle
pagine si riferiscono alla seconda edizione. Fondamentale raccolta di materiali
— lettere, articoli, frammenti di studi ecc. — che illuminano le vicende
personali e la biografia politica e intellettuale dei fratelli S. I documenti
sono collegati da brevi narrazioni, chiarimenti e giudizi di Croce, che spesso
riguardano da vicino anche B. S. Una aggiunta all’avvertenza del curatore nella
seconda edizione — notevolmente accresciuta — porta la data: agosto 1917, Di B.
S. sono riprodotte nel volume: quarantadue lettere al fratello, la prima del 22
dicembre 1847, l’ultima del 16 dicembre 1861 (p. 361, nota 2); una lettera al
ministro sardo Cristoforo Mameli; una lettera a Mamiani; una lettera al padre;
due lettere alla moglie. A p.5, n. I, 2470 si legge un brano di una
“confessione” del filosofo, a proposito della sua ordinazione sacerdotale. Le
lettere di Silvio al fratello sono più di ottanta. Si segnalano in particolare
le lettere “filosofiche” (sul pensiero italiano del Rinascimento, su Rosmini,
Gioberti, sulla Ferorzenologia di Hegel, ecc.) che i fratelli si scambiarono.
La raccolta comprende anche: una lettera di P. Villari a B. S., dell’ottobre
1850 (p. 77 sg., nota); due lettere allo stesso di Antonio Ciccone; due lettere
a B. S. di A. C. De Meis, del 23 luglio e del 10 novembre 1860, pp. 346 sg.,
355 sg. Ovidio presentò il libro di Croce all Accademia di scienze morali e
politiche di Napoli il 26 giugno 1898, con un discorso che è ristampato alle
pp. 86- 96 della raccolta intitolata: Rirzpianti, Milano-Palermo- Napoli 1903,
pp. XVI-464. Dal discorso di D’Ovidio si può ricavare qualche aneddoto o
qualche coloritura diversa di notizie riguardanti la biografia di B., oltre che
di Silvio, e i rapporti tra i due fratelli. Ma sul libro di D’Ovidio v. B.
Croce, “La Critica. Lettere di A. Camillo De Meis a B. Spaventa, pubblicate da
G. GENTILE, Napoli 1901, pp. 32. Quattro lettere, del 9 febbraio e 4 giugno
1868, del 22 gennaio e 6 aprile 1869. Ristampate in G. Gentile, A/bori della
nuova Italia, varietà e documenti, parte seconda, Lanciano. GENTILE, Per la
storia aneddota della filosofia italiana nel secolo XIX, in Raccolta di studi
critici dedicati 2471 aAncona, Firenze 1901, pp. 335-358. Quattordici lettere
del 1861-62, tratte dal carteggio dei fratelli S. Le lettere di B. sono undici:
del 27 novembre, dell’8, 17 e 28 dicembre 1861, dell’8, lo, 21, 22 febbraio,
del 22 marzo, del 16 giugno e I luglio 1862. Vedile anche ristampate in
appendice a B. S., La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia
europea (99; e in Opere, II, pp. 679-719). Cfr. anche n. 139. 128. Documenti
inediti sull’hegelismo napoletano. (Dal carteggio di Bertrando Spaventa), a
cura di CROCE, in “Ia Critica.. Lettere a S. — corredate di notizie e
schiarimenti — di F. Hoffmann (12 ottobre 1865: tentativo di promuovere in
Italia la divulgazione della filosofia di F. v. Baader), di A. Angiulli (15
dicembre 1862), di H. F. Amiel, di K. L. Michelet (6 agosto 1870), di A.
Labriola, di R. Hamerling, di T. v. Varnbiiler (17 maggio 1879), di G.
Teichmiller (9 agosto 1882). 129. Documenti inediti sull’hegelismo napoletano.
(Dal carteggio di Bertrando S.), a cura di G. GENTILE, in “La Critica, PP.
397-410, 483-496. Nella prima parte, una lettera a S. di F. del Zio, lettere e
brani di lettere allo stesso di M. Florenzi Waddington, una lettera di S. a De
Meis del 13 luglio 1880. Nella seconda parte, lettere e brani di lettere di F.
Fiorentino allo S., scritte tra il 1863 e il 1871. Con notizie e 2472
schiarimenti del curatore. I Documenti sono ristampati, con aggiunte, in G.
Gentile, Frammenti di storia della filosofia, serie prima, Lanciano CROCE,
Ricerche e documenti desanctisiani, VII, Dal carteggio inedito di Francesco De
Sanctis (5865- 28(9), puntata quarta, pp. 32; IX, Dal carteggio inedito di A.
C. De Mess, pp. 36; in “Atti dell’Accademia Pontaniana” di Napoli, XLV(1915).
Nel primo fascicolo sono pubblicate, in appendice (pp. 29-32), tre lettere di
S. a De Meis, del zo novembre [cfr. n. 133] e del 16 dicembre 1851, del 5
agosto 1855. Nel carteggio inedito di De Meis si leggono (pp. 1-16) dodici
lettere di S. allo stesso. ZAGARIA, Per la biografia di Pasquale Villari, in
“La Rassegna” [già “Rassegna bibliografica della letteratura italiana”, fondata
da A. D'Ancona], serie III, vol. V, n. 6, dicembre 1920, pp. 333-379. Riporta
(pp. 343-355) tredici lettere di Villari a S., le prime dodici scritte tra il
1861 e il 1869, l’ultima del 1881. Cfr. n. 140. 132. G. GENTILE, Bertrando
Spaventa, Firenze s. d. Cfr. n. 204. Nell’appendice (= Opere) sono pubblicate:
una lettera di S. a Meis, una lettera di L. Chiala a S., due lettere di S. a T.
Mamiani (13 luglio e 10 ottobre 1854), due di Mamiani a S. (3 giugno 1852, 12
ottobre 1854). Nel testo: a pp. 55 sg. (= Opere, I, pp. 48 sg.) si legge una
lettera di B. al fratello Silvio sull’abolizione delle facoltà di teologia, del
io febbraio 1876; a pp. 94 sg., nota 2 (= Opere, I, p. 83) una lettera di De
Meis a S. del 2 marzo 1863; alle pp. 162 sgg. (= Opere, I, pp. 140 sgg.) la
lettera di S. a De Meis del 13 luglio 1880 [cfr. n. 129], e due lettere di De
Ivleis a S.: la prima, s. d., in risposta alla precedente. Due lettere allo S.,
di L. Pomba (2 gennaio 1861) e di A. Tari sono segnalate nella bibliografia. B.
S., Pensieri sull’insegnamento della filosofia e lettere inedite, a cura di G.
GENTILE, in “Giornale critico della filosofia italiana”, VI (1925), pp. 91-105.
Cfr. nn. 2, 109. Alle pp. 99-109, sei lettere o frammenti di lettere di S. a De
Meis: del 30 marzo 1850, s. d., del zo novembre 1851 ma cfr. n. 130], del 16
dicembre 1852, del 14 dicembre 1872, del maggio 1880 (= Opere, III, pp.
847-855). 134. S. SPAVENTA, Lettere politiche, edite da CASTELLANO, Bari. Continuazione
del carteggio pubblicato da B. Croce. Il nucleo più importante è costituito da
lettere o brani di lettere di Silvio a B. S.; contengono interessanti ragguagli
e giudizi, oltre che sulle vicende e sugli uomini politici del periodo, su
alcuni casi più minuti della vita dei due fratelli (reazioni ai tumulti
nell'Università di Napoli, del1862; rapporti col giovane Labriola, nel 1863;
ecc.). Sono anche riprodotte dieci lettere di B. S. al fratello. Interessante
la lettera-prefazione (datata: giugno 1925) di B. Croce al curatore, pubblicata
anche su “La Critica. Croce dissocia gli ideali politici di Silvio dal
“concetto speculativo dello stato” elaborato dal fratello “senza particolare
esperienza e intelligenza della materia, estraendo e compendiando la Filosofia
del diritto dello Hegel” (p. 7). E intende soprattutto respingere, così, il
recente tentativo di “presentare Silvio Spaventa come luomo e il pensatore
politico al quale dottrinalmente risalgono la teoria e la pratica del partito
ora dominante in Italia. ROMANO, La vita culturale italiana dopo il 1860 dal
car teggio degli hegeliani meridionali, I. Un isolato: Vittorio Imbriani, in
“Civiltà moderna. Da un complesso di settantanove tra lettere e biglietti, 2475
scritti dall’Imbriani a S., l'a. sceglie e riproduce brani che contengono notizie
sull'ambiente hegeliano. Le lettere riportate vanno dal dicembre 1871 al
dicembre 1879. 136. B. CROCE, Voci da un ergastolo politico. Lettere inedite di
Silvio S., in “Quaderni della Critica”, Il (1946), quad. 4, pp. 99-109. Undici
lettere di Silvio al fratello, ritrovate fortunosamente dal Croce; integrano la
raccolta. Lettere inedite di Labriola a Bertrando S. a cura di G. BERTI, in
“Rinascita, supplemento, supplemento al n.,pp.65-87. La prima lettera è del
1870-71, l'ultima del 6 gennaio 1883. Importante l’introduzione del curatore:
le lettere, che contribuiscono a chiarire i modi e i tempi del passaggio di L.
al socialismo, sono la testimonianza di un che corrisponde perfettamente, sul
piano delle relazioni personali e private, a un rapporto di “filiazione
spirituale”. Gli originali sono conservati nel fondo S. della Biblioteca della
Società di storia patria di Napoli. 138. Carteggi di Vittorio Imbriani. Gli
hegeliani di , a cura di N. COPPOLA, Roma. Sono pubblicate qui lettere di S. a
V. Imbriani, e lettere o biglietti di Imbriani a S., spesso non datati, ma
scritti anch'essi a partire dal 1869. Si leggono anche qui, indirizzate allo
stesso S., una lettera di F. Tocco, una lettera di D. Jaja, e una di D. Marvasi
del 9 gennaio 1875 (p. 143). Le altre lettere indirizzate all’Imbriani sono di
Silvio Spaventa, A. Vera, G. B. Passerini, A. C. De Meis, P. Siciliani,
Tocco, Fiorentino, Marvasi, Tari e Toscano. Le lettere qui raccolte
fanno parte di un blocco di autografi scoperti da C. nel 1935, e la cui pubblicazione
era stata già iniziata in “Accademie e biblioteche d’Italia.. Per diversi
riferimenti ai fratelli S. cfr. anche Vittorio Imbriani intimo. Lettere
familiari e diari inediti, a cura di N. Coppola, Roma 1963, pp. 402. Cfr. n.
135. 139. Lettere inedite di Bertrando a Silvio Spaventa, a cura di V.
MASEL-LIS, in “Critica storica”, IV (1965), pp. 691-710. Da un fondo
spaventiano conservato presso l’archivio provinciale De Gemmis di Bari sono
tratte le lettere qui pubblicate. Sono da collegare soprattutto alla raccolta,
curata da Gentile, e pubblicata. VACCA, Nuove testimoniane sull’hegelismo
napoletano, in “Atti dell’Accademia di scienze morali e politiche della Società
nazionale di scienze, lettere e arti inNapoli. La memoria è divisa in due
parti. Nella prima sono riprodotte circa cinquanta lettere o brani di lettere —
la maggior parte inedite, o pubblicate solo parzialmente da precedenti editori,
soprattutto da Croce — di S. al fratello
Silvio. Le lettere contengono giudizi e informazioni politiche, notizie
relative alla attività didattica di S. (soprattutto a Modena), ai rapporti del
filosofo con P. Villari (lettere di Villari a S.; e cfr. n. 131), a un
intervento di A. Tari in favore di Labriola (v. una lettera di Taxi a S.), ecc.
Nella seconda parte del lavoro sono riprodotte lettere o brani o citazioni
tratte da lettere a S. di P. Siciliani, di F. Masci, di F. D’Ovidio, di
Labanca, di F. Del Zio. 140 bis. Dodici lettere inedite di Antonio Labriola a
Bertrando S., a cura di VACCA, in “Studi storici. Sono lettere sritrovate
nell'Archivio De Gemmis di Bari. B. S., Scuitti inediti e rari, con prefazione
e note a cura di ORSI, Padova. Chin: 123; Nell’appendice di documenti sono
pubblicate trentasette lettere di S.: a) a Villari; b) a Monnier); a Camerini;
d) a Gubernatis; e) a Imbriani; alcune date coincidono con quelle di lettere
già pubblicate da N. Coppola: cfr. n. 138); a Mamiani. A p. 170, n. 6, è
riportato un frammento di lettera “ad un amico”, del quale non è indicato il
nome. 141 bis. VACCA, Gli hegeliani di Napoli nella politica e nella scuola.
Carteggi, estratto dagli “Annali della Facoltà di Giurisprudenza
dell’Università di Bari. Le lettere qui pubblicate sono state ritrovate nella
biblioteca provinciale De Gemmis di Bari. La raccolta comprende: otto lettere
di Bertrando al fratello Silvio, sei del 1850-54, una del 1859, una del 1862;
due spezzoni di lettere del filosofo a Labriola; una lettera dello stesso a D.
Tartaglia, del 1861; una lettera di S. alla moglie. Inoltre: lettere allo S. di
Mamiani, di P. Villari, di F. Selmi, di D. Marvasi, di A. Ciccone, di Tommasi,
di Tartaglia, di Labriola [cfr. 140 bis], di P. Acri, di V. Imbriani, di F.
Masci, di F. Tocco, di L. Miraglia, di L. Barbera, di P. Siciliani, di F.
Fiorentino, di D. Jaja. Infine, lettere di P. Villari a D. Marvasi, di L.
Settembrini a Silvio S., di Silvio S. a E. Pessina, di F. Selmi e C. Monzani a
Silvio S., di L. Barbera a R. De Cesare, di F. Tocco a F. Fiorentino, di P.
DelGiudice a L. Miraglia, di F. Fiorentino a Silvio Spaventa. 142. Trenta
lettere inedite di Bertrando Spaventa al fratello Silvio, a cura di G. VACCA,
in “Atti dell’Accademia di scienze morali e politiche della Società nazionale
di scienze, lettere e arti in Napoli. Le lettere qui pubblicate sono tratte da
copie di mano di Beltrani, conservate nella biblioteca comunale Giovanni Bovio
di Trani. Vanno dal gennaio 1850 all’aprile 1861; il nucleo più importante è
del 1854-56, sicché la raccolta integra soprattutto il carteggio “filosofico”
dei fratelli S., noto attraverso l’edizione curata da Croce. Le lettere offrono
nuovi dati sull’attività di S. nel periodo torinese, indicazioni sugli studi,
su lavori inediti e sull'attività giornalistica del filosofo, e contengono
giudizi su avvenimenti e uomini politici. I documenti più interessanti sono
analizzati dal curatore; importanti i chiarimenti di Vacca sulla complessa
vicenda dell'archivio epistolare del filosofo, venduto dal figlio Camillo e
solo in parte recuperato da Croce [cfr. anche 136]. 2480 PARTE SECONDA SCRITTI SU
BERTRANDO S. LUCIANI, Del libro di B. Spaventa intitolato “La filosofia di
Gioberti”. Considerazioni, Napoli 1864, pp.21. Non è un’analisi minuziosa del
libro di S., né vuole esserlo (p. 44); per affrontarla, l’a. aspetta la
pubblicazione del secondo volume. Ma intanto, secondo L., va segnalata subito
la minaccia di “intedeschimento”. S. accoglie da Hegel gli strumenti della sua
critica e finisce col travisare completamente il pensiero di Gioberti. Non ha
capito, soprattutto, il significato e la funzione dell’ “intuito”, perché vuol
risolvere tutto nel “soggetto”; sicché gli sfugge il senso delle “formula
ideale”, e vede dappertutto contraddizioni. MICHELET, Spaventa uber Hegel in
der Akademie zu Neapel, in “Der Gedanke” [Berlino]. Recensione del saggio: Le
prime categorie della logica di Hegel [70], condotta sul testo del sunto
pubblicato dalla “Rivista napoletana di politica, letteratura e scienze”,
novembre-dicembre 1863. Nel corso dell’esposizione M. introduce due rilievi
particolari. Afferma che è sbagliato attribuire a Hegel, come fa Trendelenburg
(e S. seguendo Trendelenburg), l'intenzione di ricavare l'identità di essere e
nulla dalla loro indeterminatezza (l’essere è il nulla = l’indeterminato è
l’indeterminato); e rimanda, per questo punto, ad un suo intervento pubblicato
nella stessa rivista). Osserva ancora che Hegel ha già posto in rilievo quella
“differenza” nella indeterminatezza o identità di essere e nulla, di cui S. è
andato in cerca nel suo saggio. Eccellente sembra tuttavia a M. la confutazione
di Trendelenburg fatta da S. (da un “non hegeliano”); ma il recensore non
capisce a quali rappresentanti della scuola alluda il filosofo napoletano,
quando afferma che alcuni hegeliani pretenderebbero che l’essere si muova da
sé, senza il pensare. La memoria di S. è giudicata assai acuta, e ingegnosa; se
tondo M., S. si muoverebbe, in questa sua interpretazione e apologia di Hegel,
verso conclusioni simili a quelle raggiunte da K. F. Solger nei suoi Gespriche
tber Sein, Nichtsein und Erkennen. SALVIA], La più bella questione surta non ha
guari dalla Università di Napoli, in “Il Campo dei filosofi italiani” [Napoli.
L’articolo non è firmato, ma il nome dell’autore si ricava dall’intervento
successivo di Tuddone. La “più bella questione” è quella della “nazionalità”
della filosofia. Le prime pagine riproducono i tratti essenziali della
prolusione di L. Palmieri del 16 novembre 1861, e una prima parte della
prolusione spaventiana Della nazionalità nella filosofia [68]; le pp. 323-328
sono dedicate ancora alla esposizione del discorso di S.; nelle puntate
successive, sono svolte le considerazioni dell’a. sulle due
prolusioni.Sostenerela“nazionalità”dellafilosofia (come fa Palmieri) è
questione di logica o di dialettica? Sembra che non ci possa essere “nazional
filosofia” con le regole del ragionare, ma solo con quelle del disputare. L’a.
vuole evidentemente salvare le argomentazioni di Palmieri, 2482 correggendole
tuttavia e riproponendole sul piano della scienza: “Mi viene dunque in mente di
cangiare, se io potessi, l'espediente dialettico in argomentazione scientifica,
trovando in certa guisa il passaggio dagli argomenti suoi [= di Palmieri],
presi 44 borzinerm, e senza più individuati, agli argomenti che vi
corrispondono in uso non pur della logica ma della scienza, che val sicuramente
generali. E corregge il discorso di Palmieri distinguendo “tre capi”
dell’argomentazione: 1° “impronta” e l' “indole nazionale”, le “tradizioni”, e
l “atteggiamento non servile” delle arti e delle scienze. Ora, per quel che ci
riguarda, l’ “impronta” e l “indole” sono “cattoliche” entrambe. La
“tradizione” è quella antichissima “delle ripruove e delle discussioni” (la
tradizione degli eleatici). Quanto all’ “atteggiamento non servile”, che nasce
dalla piena adesione della coscienza, anche per questo motivo l’hegelismo non
può essere importato tra noi (come può Hegel aver detto in coscienza che
l’essere è il nulla, il bene male, e il sì no? STRAETER, Briefe tber die
italienische Philosophie, in “Der Gedanke” [Berlino. Sono, in tutto, nove
lettere scritte da Napoli. La prima offre un ritratto dell'ambiente
universitario napoletano (si parla anche di F. Tocco, che disserta in sede di
esame sulle prime categorie della logica di Hegel). L’a. esprime la convinzione
che la filosofia moderna può trovare nuova vita solo a Napoli; indica poi nella
teoria della “circolazione” di S. lo strumento più efficace per eliminare dalla
coscienza degli italiani i residui di cattolicesimo medievale, e per 2483
favorire la costruzione di uno stato moderno. La seconda lettera (1865, fasc.
1), tratta del Volksgeist napoletano (avverso per sua natura ad ogni forma di
assurda e fantastica trascendenza)eparla della prolusione spaventiana del 1861;
si conclude con un ritratto del filosofo: “Er ist dabei eine màachtige,
imposante Persònlichkeit, gross und stark gebaut und von jenem phlegmatisch
kraftigen Temperament, dem Hegel bekanntlich die gròsste Energie und
Griindlichkeit vindicirt” (p. 76). Nella terza, quarta e quinta lettera, l’a.
ritorna ancora sull'ambiente napoletano (Vera, S.-Vera, ecc.), e ricorda la
prolusione bolognese di S. È nella terza lettera che Strter introduce un
raffronto fra Vera e S. (e Tari), assai fortunato (Gentile lo cita nel Discorso
del 1900; Croce lo ricorda nel suo panorama della vita letteraria a Napoli dopo
il 1860; ecc.): S. e Tari rappresentano a Napoli quella corrente a cui
appartengono in Germania K. Fischer e i suoi scolari, e che si orienta verso
una revisione della dialettica hegeliana su basi kantiane; Vera è la copia
dignitosa, italo-francese, del “vecchio hegeliano” tedesco, degli “ortodossi”
di stretta osservanza (p. 123). La sesta lettera (1869, fasc. 3) riassume la
“circolazione” del pensiero italiano, loda il saggio sulle Prime categorie, e
espone l’interpretazione spaventiana di Gioberti. Le lettere settima, ottava e
nona (1865, fasc. 4), sono dedicate agli scritti di S. su Bruno e Campanella.
LUCIANI, Gioberti e la filosofia nuova italiana, 3 voll., Napoli. Tutti gli
scritti di Gioberti — le opere “essoteriche” (miranti “più a rinverdire il
passato, che a gittare i semi 2484 dell'avvenire”; che riguardano la pratica
piuttosto che la teoria, e oppongono il “nazionale” al “forestiere”) e le opere
“acroamatiche” (le opere postume: hanno “carattere più scientifico che
pratico”; riguardano l “avvenire” della filosofia, della religione, della
civiltà, e mirano a “scoprire il nuovo aspetto della scienza e del
cattolicismo, la nuova forma civile d’Italia, la dialettica del secolo
ventesimo”) — appaiono composti secondo un disegno ben preciso e trovano una
collocazione esatta entro un edificio armonico, perfettamente coerente. Negando
che vi sia contraddizione, in Gioberti, tra filosofia essoterica (esposta e
analizzata da L. nei primi due volumi) e filosofia acroamatica (studiata nel
terzo volume), l’a. intendetogliere alla ricostruzione critica resa pubblica da
S. nel 1863 [69] il suo fondamento: non è vero che Gioberti si è arrestato a
metà strada, lungo la via che porta a Hegel (di qui deriverebbero le
contraddizioni — in realtà, inesistenti — denunciate da S.), ma, anzi, è andato
“oltre” Hegel. Se si perde di vista il carattere unitario e armonico del
pensiero di Gioberti, se ci si arresta al Gioberti “essoterico” (al Gioberti in
apparenza “clericale”, “regressivo”, ecc.) si favorisce lo sviluppo
dell’hegelismo in Italia. Se si coglie il vero senso delle Postuzze, si capirà
che Gioberti è coerente, non solo, ma supera Hegel nella dottrina di Dio,
dell'uomo e dell’universo; e v. per un
confronto Hegel-Gioberti, che va tutto a vantaggio del secondo; così come è
superiore il “moto civile” italiano a quello tedesco). S. ha giudicato Gioberti
dall’alto di alcuni presupposti hegeliani (identità di pensiero divino e
pensiero umano; dottrina del sensibile e dell’intelligibile, e del loro
rapporto, ecc.) e si è preclusa la via al retto intendimento del pensiero
giobertiano; S. non capisce la soluzione “platonica” di Gioberti, non capisce
la dottrina dell’ “intuito”, capace di superare lo psicologismo inaugurato da
Cartesio e “concluso” da Hegel, travisa — da psicologista — la distinzione
giobertiana di psicologismo e ontologismo, attribuisce falsamente a Gioberti
un’oscillazione tra due diversi concetti di intuito e di riflessione, non
intende l’affermazione di Gioberti: l’ente è concreto, non intende il concetto
di creazione, non riesce a capire quale posto occupi la Protologia nel sistema,
stravolge la teoria giobertiana dell’intelligibile. Queste le critiche
principali mosse dall’a. a S.; su di esse, e sul giobertismo di L., v. ora G.
De Crescenzo, La fortuna di Vincenzo Gioberti nel mezzogiorno d'Italia, Brescia
(la prima parte del volume, Luciani e il giobertitmo meridionale, è un
rifacimento e approfondimento di uno studio pubblicato a Napoli nel 1960, con
il titolo Pietro Luciani e il giobertismo). Si legge qui qualche riserva sul
tentativo di confutare“speculativamente” Hegel in base al Gioberti; ma “... i
lavori storiografici di Pietro Luciani
sul Gioberti costituiscono il validissimo precedente, purtroppo ignorato, di
tutta quella odierna storiografia filosofica che ha reagito opportunamente alla
artificiosa interpretazione idealistica del Gioberti, la quale, iniziatasi con
Bertrando S., si è poi continuata col Fiorentino, col Gentile, col Saitta, con
l’Anzilotti e col Caramella. La questione della nostra Università superiormente
lasciata a mezzo che si ripiglia qui e si termina da TUDDONE, in “Il Campo dei
filosofi italiani, Napoli. L’autore del
precedente intervento è G. Salvia. Bisogna dargli un seguito, perché “quello che
rende monca finoggi la trattazione, e bisognevole di un supplimento, si riduce
a chiosare e discutere in simil guisa, per la logica un poco ma più per la
dialettica le cose replicate in contrario [a Palmieri] da S. Per far questo
l’a. divide la prolusione di S. in tre parti: “’’esordio con la proposizione”
(concetto di filosofia nazionale), la “confermazione” (le prove storiche), la
“conclusione” (la vera filosofia attuale è europea). La discussione è molto
faticosa, ma la conclusione è chiara: “questo discorso sulla nazionalità della
filosofia nostra è un cavalletto ben tormentoso per l’autore; il quale avria
certo preferito ad essa ogni altro tema, mettendosi al sicuro dai
divincolamenti, che gli convenne sopportare, e più o meno nascondere, questa prima
volta che ascendea in cattedra. Per l’hegeliano S., è impossibile accettare
l’idea di una filosofia “nazionale” italiana. MARIANO, La pbilosophie
contemporaine en Italie. Essai de philosophie hégélienne, Parigi. Si occupa di Galluppi, Rosmini, Gioberti, A.
Franchi, e, nella conclusione, di A.Vera. Ma nell’introduzione discute (pp.
13-22) la questione della filosofia “nazionale” e la tesi spaventiana della
“circolazione” del pensiero italiano, per rigettarla; v. in particolare la
lunga nota alle pp. 14-20. S. subordina — falsamente — l’oggetto della
filosofia allo spirito nazionale, costruisce un’assurda equazione:
Gioberti=Hegel, introducendo un elemento di confusione; 2487 travisa Hegel, non
solo, ma la storia della filosofia e la stessa filosofia. A_p. 20 qualche riga
sui Princìpi di filosofia [76], appena pubblicati: quello di S. è un linguaggio
tortuoso e ambiguo, un hegelismo che non è hegelismo, una logica che vuol
essere nuova, ma lo è in modo pericoloso: genera l'equivoco, la confusione e
l’indisciplina delle menti. Molti anni dopo, nel vol. X degli Scritti vari
(Dall’idealismo nuovo a quello di Hegel, Firenze) M. accenna a S. come
responsabile dei nuovi sviluppi dell’idealismo in Italia (cfr. la recensione di
B. Croce, in “La Critica. Un tono diverso nei giudizi di M. si coglieva nelle
pagine di Uorzini e idee (vol. VII degli Scritti vari), Firenze 1905. A p. 16
sg., S. è elogiato per gli studi su Bruno; alle pp. 313 sgg. (nel “saggio
biografico” su A. Vera [Napoli 1887], qui ristampato) si legge che S. è stato
“un logico e un metafisico di prima grandezza”, sordo alle tentazioni
positivistiche, scettiche o neokantiane. La sua figura è inseparabile da quella
del Vera; ma non riconobbe lo S., col Vera, il carattere solo universale della
filosofia; se è vero che il pensiero moderno nasce col Rinascimento,
l’interpretazione di Gioberti è tuttavia audace. Di Uomini e idee scrisse F.
Tocco (Fra biografie e quadri storici, “Il Marzocco”, Firenze, 25 giugno 1905),
cogliendo l’occasione per discutere dei rapporti di S. col Vera, e per
ricordare l’insegnamento del maestro: v. l'introduzione di questa bibliografia.
MORGOTT, Hegel in Italia, in “Il Campo dei filosofi italiani” [Torino. Si
ricava da una nota che l’a., allora professore di filosofia a Bichstadt, in
Baviera, stava lavorando a una storia della 2488 fortuna di Hegel in Italia, da
pubblicare in tedesco. La traduzione dell’articolo è del prof. F. Rossi. La
prima parte è un’esposizione del pensiero di Vera (pp. 68 sgg) e di S.; per S.
l’a. si serve — e lo dichiara — dei Briefe di Straeter [146]. M. si rammarica
che ci siano in Italia filosofi che hanno abbandonato la tradizione,
abbracciando una filosofia straniera. Segnala tuttavia con o cimento — nella
seconda parte — il vasto moto di reazione all’idrillilnto liano guidato da V.
De Grazia, da M. Liberatore, dalle riviste “La scienza e la fede” e “Civiltà
cattolica”, e, ancora, da T. Mamiani, da N. Toni da V. Di Giovanni, da G.
Allievo e A. Galasso, da A. Conti. SICILIANI, GX begeliani in Italia, in “Rivista
bolognese di scienze e lettere. È
un’ampia rassegna, in cui si discorre dei Principi di filosofia di S., del
libro di De Meis: Dopo la laurea, del saggio sull’immortalità dell'anima di M.
Florenzi Waddington, del Pietro Pomponazzi di F. Fiorentino, A proposito della
“circolazione”, pur respingendo, almeno in soluzioni di S. (la relazione
Gioberti-Hegel è estrinseca), l’a. loda l’ “accortezza” e la “prudenza” del
filosofo, che ha saputo introdurre l’idealismo assoluto in Italia presentandolo
come il frutto della nostra più autentica tradizione. Nel saggio sulle Prizze
categorie [70], S. ha certo contribuito a rendere più “logico” il sistema di
Hegel, ma non l’ha reso,perquesto, più vero; l’a. si dichiara suo conto
incapace di penetrare quel buio dell’ “indeterminato”, da viti vrebbe
svilupparsi la logica. Sulle Prize categorie, Siciliani ritorna anche nel libro
Su/ 2489 rinnovamento della filosofia positiva in Italia, Firenze 1871, pp.
XVII-542, nel quale propone “via di mezzo” tra i due estremi rappresentati
dall’hegelismo e dal positivismo, appellandosi a Vico (v., ad es., pp. Il, 31).
Per le Prize categorie, cfr. pp. 396 sgg.: quando S. risponde a Trendelenburg,
“giusto nel momento che s’hanno a decidere le sorti della logica obbiettiva,
giusto nell’istante supremo in cui la logica dee poter rivestire natura e
valore di metafisica, egli cangia bruscamente posizione, e invoca il pensiero,
invoca l’astraente, invoca l’astrazione, e così dileguatasi a un tratto
l’obbiettività, ci fa divagare nel mondo delle pure forme, ed eccoci di bel
nuovo ricacciati e ravviluppati per entro alle fitte maglie della tela di
ragno! Il libro è da vedere anche per
molti altri riferimenti a S.: nell’avvertenza, sul tema del “rinnovamento”
della filosofia italiana, è discussa, accanto a quelle di Mamiani, Rosmini e
Gioberti, la posizione di S. (specialmente della Filosofia di Gioberti. Si
discute l’interpretazione spaventiana di Vico; sul rapporto Vera-Spaventa, v..
pp, 126 sgg.; sulla “circolazione”, pp. 189 sgg., 194 sgg.;
sull’interpretazione di Rosmini 368 sgg. Siciliani fa comparire S. tra gli
interlocutori della “giornata sesta de La critica nella filosofia zoologica del
XIX secolo. Dialoghi, Napoli. Il dialogo si svolge tra rappresentanti,
sostenitori e critici di tre scuole: quella dei cuvieristi, quella dei
trasformisti e quella degli idealisti. Nel dialogo si colgono allusioni
all’intervento di S. nella polemica sulle psicopatie [83], e alla sua
discussione sul metodo delle scienze comparate [74]; ma la conversazione investe
soprattutto le teorie esposte da De Meis ne I tipi animali; e, più in 2490
generale, il valore metodologico della dialettica hegeliana. TAGLIAFERRI, Ur
saggio della modestia e serietà filosopra dei nostri filosofi hegelisti, in “Il
Campo dei filosofi italiani” Torino; e in A. T., Saggi di critica filosofica e
religiosa, vol. I, Firenze 1882, pp. 1-28. Lo scritto di T. è una pronta
replica alla “lettera” Paolottismo, positivismo, razionalismo [78]. Il tono è
indignato e predicatorio; l’a. definisce “indegno” di un filosofo lo scritto di
S., respinge l’aggettivo “paolotto”, denuncia l’altezzosità di S. nei confronti
di Mamiani, accetta — ma a disdoro dell’hegelismo — la continuità (anzi, per
T., l'identità) tra materialismo del Settecento eFiosofiahegeliana, condanna
l’adorazione del Dio-stato. Respinge, ancora, il nesso Vico-Kant stabilito da
S. (Vico distingueva tra intelletto divino e intelleno umano, e il verumz ipsum
factum non è accettabile fuori di quella distinzione), e si duole delle “nebbie
teutoniche” trapiantate in Italia. Nelle ultime pagine, si scusa della
“vivacità” del proprio intervento, provocata del resto dal tono “beffardo” di
S.; e dichiara di riconoscere la parte di vero che c’è in Hegel:
“l'universalità e la comprensione del concepire” (ma l’universalità è
dall’armonia del cosmo, non dall’unità di Dio e mondo) e la “presenzialità” del
divino nel mondo e nell’uomo (che non va intesa, tuttavia, né come assoluta
immedesimazione né come assoluta separazione). MEIS, Deus creavit, in “Rivista
bolognese di scienze e lettere. È un dialogo, in cui si discute il problema
studiato da S. nelle Prize categorie della logica di Hegel; uno degli
interlocutori (Giorgio) espone e soomene la soluzione spaventiana. Gentile
interpreta il Deus creavit — nelle sue Origini della filosofia contemporanea in
Italia (v. nell'edizione e nel volume
citato più avanti le pp. 61 sgg.) — come una disputa ideale tra i due filosofi;
per A. Del Vecchio Veneziani (La vita e l’opera di Angelo Camillo de Meis,
Bologna) il dialogo è nato probabilmente da una conversazione realmente
avvenuta. Il volume della Del Vecchio Veneziani è utile per seguire alcune
vicende di S. attraverso la biografia dell’amico (e, per un confronto tra S. e
De Meis). Due pagine dell’opera di De Meis Dopo la laurea (2 voll., Bologna)
sono dedicate a un elogio di S.; del De Meis si veda anche il discorso tenuto a
Bologna per l’inaugurazione dell’anno accademico, Darwin e la scienza moderna
(Bologna), in cui l’a. aderisce alla nota tesi spaventiana secondo la quale
l’idealismo hegeliano è la “profezia”, cioè l’ “organismo” e la “correzione”
anticipata dalla scienza moderna. Cfr. FERRI, Essaz sur l’histoire de la philosophie en
Italie au dix-neuvième siècle, 2 voll, Parigi 1869, pp. IX- 496, 359. S. ha ragione come filosofo, quando cerca
di trovare nell’ultimo Gioberti un punto d’incontro con la filosofia 2492
tedesca: questo punto d’incontro, di fatto, c'è (F. ne tiene conto: la
discussione dell’ultimo Gioberti fa da introduzione all'esposizione dell’idealisimo
italiano; il libro quinto, dedicato ai filosofi idealisti, si intitola:
Derrière philosophie de Gioberti). Ma ha torto come storico, perché, come
Hegel, procede del tutto apriori; la storia è, per lui, una generazione o
genealogia di sistemi; S. predilige le ipotesi e ignora i fatti, l’osservazione
dei fatti: di qui la debolezza della teoria della circolazione e della
ricostruzione storica proposta nelle prime lezioni napoletane. Nella Filosofia
di Gioberti [69] S. non discute le dottrine del filosofo tenendo conto del loro
sviluppo storico; le diverse fasi del pensiero giobertiano sono per lui
compresenti, e S. ha buon gioco nel moltiplicare le contraddizioni del sistema.
A S. sono dedicate in particolare le pp. 193-206 del secondo volume (capitolo terzo
del libro quinto). SICILIANI, Su/ rinnovamento della filosofia positiva in
Italia, Firenze. Choi. TAGLIAFERRI, I/ materialismo plebeo e il materialismo
aristocratico; in A. T., Saggi di critica filosofica e religiosa, vol. I,
Firenz. L’articolo è datato: agosto 1872; ma non ho rintracciato indicazioni
relative alla prima pubblicazione. È un’analisi della polemica sulle
psicopatie. Tra l’idealismo di S., il “semi-materialismo” di Tommasi e il “puro
materialismo” di De Crecchio, le differenze sono solo accidentali (quello di De
Crecchio è, semmai, un materialismo “plebeo” o “schietto”; il materialismo di
S. è “aristocratico” e “ipocrita”). Gli
autori della polemica sono concordi nel riconoscere che l’anima senza il corpo
non è, e riducono l’uomo alla sua pura “esistenza fenomenica”: tanto basta a
qualificarli. S. critica, e con validi argomenti, il materialismo volgare; ma
il suo idealismo non gli fornisce un principio capace di scongiurarne le
conseguenze morali, religiose, e sociali (l’a. accenna anche ai “comunisti” di
Parigi, che hanno senz'altro ragione, se si nega l’al di là). L'hegelismo ha
una parte vera e buona [cfr. n. 152], ma è viziato alla base dalla
identificazione di Dio e mondo. Per avvalorare il rilievo della insufficienza
della morale idealistica, T. esamina, nelle ultime pagine, la recensione di S.
a La vita di G. Bruno scritta da D. Berti. E conclude: “Nel vostro
aristocratico materialismo, non vi lasciate vincere di lealtà e sincerità da’
materialisti plebei, che voi combattete, ma che pur sono i vostri fratelli
carnali”. Dei Saggi di T. v. la recensione di B. Labanca in “La filosofia delle
scuole italiane. ACRI, Critica di alcune critiche di Spaventa, Fiorentino,
Imbriani su i nostri filosofi moderni. Lettera... al prof. Fiorentino, Bologna.
FIORENTINO, La filosofia contemporanea in Italia. Risposta... al professore F.
Acri, Napoli. Nel volume è ristampato, alle pp. 1-89, il testo italiano di uno
scritto di F. del 1874: Considerazioni sul movimento della filosofia in Italia
dopo l’ultima rivoluzione del 7860, 2494 già pubblicato in tedesco nel secondo
volume del periodico Italia edito da K. Hillebrand (un estratto dell’articolo che
era probabilmente posseduto dallo S., è conservato presso la Biblioteca civica
A. Mai di Bergamo: F. F., Die philosophische Bewegung Italiens seit 1860,
Separatabdruck aus K. Hillebrands Italia, Bd. II, Lipsia, s. d., pp. 56). Alla
Philosophische Bewegung Italiens replicò F. Acri con una Critica di alcune
critiche... [v. oltre; e cfr. n. 157]; a cui F. fa seguire ora, alle pp. 91-
464 de La filosofia contemporanea in Italia, una Risposta al prof. F. Acri. La
polemica ebbe ancora un seguito con la pubblicazione dell’opuscolo di F. Acri I
critici della critica... [v. oltre; e cfr. n. 159]; Acri ristamperà tutti i suoi
interventi nella vicenda, in una raccolta intitolata Dialettica turbata [186].
Nelle Considerazioni sul movimento della filosofia in Italia pubblicate anche
in F. Fiorentino, Scritti vari di letteratura, filosofia e critica, Napoli
1876, pp. 1-75), l'a. ricorda che la ricostruzione di tutta la storia della
filosofia italiana, dal Rinascimento a oggi, è opera di B. S., il cui lavoro
“sta a capo di tutto quel movimento storico e critico, che dura tuttavia, e che
è il carattere precipuo della nostra filosofia presente” (p. 12). Parla del
gruppo dei primi hegeliani, e riassume i risultati dei lavori storici di S.,
soffermandosi sugli studi bruniani, sulla Filosofia di Kant, del 1860 (“il
miglior modello di critica filosofica, che vanti l’Italia contemporane”, p.
23), e sull’interpretazione di Galluppi, Rosmini e Gioberti; la critica di S. a
Gioberti è la più ampia e la “più profonda” tra quelle elaborate dal maestro.
S. non è un ripetitore di Hegel, ma ne ha compreso lo spirito;l’a.accenna
all’originalità delle Prime categorie (p. 31), alla valutazione positiva della
scuola di Herbart, per la psicologia (p. 32), e al riconoscimento della
“ragionevole 2495 esigenza” del positivismo “per lo studio dei fatti storici”
(ivi). S., ribadisce Fiorentino, non è un hegeliano ortodosso, e crede in una
“nuova” metafisica, i cui caratteri sono delineati nella lettera del 1868
Paolottismo, positivismo, razionalismo. Alle pp. 33 sgg., F. tratta di Vera (e
dei suoi rapporti con S.), di Mariano, di Franchi, di Mamiani (e del “mamianista”
L. Ferri; l'a. coglie l’occasione per ribattere le obbiezioni a S. contenute
nell’ Essai del 1869 [cfr. n. 154]), del Fornari, ecc. Il giudizio decisamente
negativo espresso, nelle Considerazioni, sul Fornari (già attaccato da V.
Imbriani per la sua “estetica”), e, più ancora, l'adesione incondizionata alle
tesi storiografiche di S., provocarono la prima reazione di F. Acri. Nella
Critica di alcune critiche (il libro è stato recensito favorevolmente da T.
Mamiani in “La filosofia delle scuole italiane; v. la ristampa della recensione
in Dialettica turbata), Acri sostiene che il panorama delineato da Fiorentino è
altrettanto sbagliato quanto lo è la ricostruzione spaventiana della filosofia
moderna: l’interpretazione di Galluppi, l'interpretazione di Rosmini (pp.
40-68) e quella di Gioberti (pp. 68-113). Acri cerca di mostrare l'infondatezza
delle conclusioni di S., contrapponendo ad affermazione negazione e a negazione
affermazione (come dice lo stesso a.). Va segnalato anche, in queste pagine, il
tentativo dell’Acri di provare che la “lettura” spaventiana di Spinoza discende
direttamente dalle pagine della Geschichte der neuern Philosophie di K. Fischer
(sull'argomento Acri ritornerà in uno scritto del 1877 edito a Firenze: Una
nuova esposizione del sistema di Spinoza, ristampato; vedine la recensione in
“La filosofia delle scuole italiane. Alle pp. 135 sgg. della Critica, Acri si
occupa 2496 dello scritto di Imbriani su V. Fornari estetico, apparso nel
“Giornale napoletano” del 1872. Nella Risposta di Fiorentino al prof. Acri (La
filosofia contemporanea..., pp. 91 sgg.) sono ribattuteuna per una le
obbiezioni di Acri a S. S. non intervenne direttamente in questa polemica
contro Acri; cfr., nella Filosofia contemporanea, una sua lettera a Fiorentino del
10 marzo 1876 (pp. IX-XV; a p. XVI, una lettera allo stesso di V. Imbriani).
Nello stesso volume, è ristampato tuttavia l’articolo scritto da S. contro
Fornari e pubblicato nel 1876 dal “Fanfulla” di Roma [87]. Dell’opuscolo di
Acri in risposta alla risposta di Fiorentino [cfr. n. 159]va detto che l’a.
racconta, nella prima parte, un sogno, in cui S., Fiorentino e Imbriani
compaiono in veste di filosofi che bisticciano (il caposcuola rampogna i
discepoli per l’imprudenza dei loro attacchi); nella seconda parte l'argomento
è continuato sotto forma di dialogo tra l’a. e un amico. La polemica tra gli
hegeliani e F. Acri è ricordata da diversi autori (v. sopra, introd., pp. 871
sg.); ma v. le pagine di Croce ne La vita letteraria a Napoli dal 1860 al 1900
[cfr. n. 185] e, soprattutto, il volume di L. Russo su F. De Sanctis. ACRI, I
critici della critica di alcune critiche, cioè i professori Spaventa,
Fiorentino e Imbriani apparsi in sogno al professore Acri, Bologna 1876, pp.
44. Cfr. n. 158. 160. P. SICILIANI, La critica nella filosofia zoologica 2497
del XIX secolo. Dialoghi, Napoli. Christi. dl CESARE, Bertrando Spaventa, in
“Fanfulla della domenica” [Roma], V (1883), n. 9, 4 marzo; ristampato da G.
Gentile in “Giornale critico della filosofia italiana”, VII (1926), pp.
378-382, con il titolo: Una notizia biografica di B. Spaventa. Necrologio del
filosofo. De Cesare afferma, tra l’altro, che B. collaborò con articoli al
giornale di Silvio, il “Nazionale”. Nel ristampare il breve profilo biografico
di S., Gentile segnala l’importanza di quella indicazione, ma anche alcune
inesattezze dell’a. (p. 382). Qualche anno dopo, Gentile renderà nota la fonte
dell’articolo (e delle inesattezze): il testo di alcuni appunti di De Meis,
consegnati a De Cesare per la pubblicazione del necrologio (A. C. De Meis,
Ricordi di B. Spaventa, in “Giornale critico della filosofia italiana. MEIS,
Bertrando Spaventa, in “Gazzettadell'Emilia”,XXIX, 23 febbraio 1883. Il testo
di questo necrologio è riprodotto a p. XVII n. I della bibliografia degli
scritti di De Meis raccolta nel volume di A. Del Vecchio Veneziani. FIORENTINO,
Commemorazione di B. Spaventa, letta nell'aula magna dell’Università di Napoli
il 22 aprile 1883, in “Rendiconto delle tornate e dei lavori dell’Accademia di
scienze morali e politiche” di Napoli. È il primo ampio saggio biografico su
S.; citato come fonte dal Gentile nel suo Discorso. F. ricorda, oltre alle
vicende del filosofo, le sue opere principali, delineando in breve anche la
tesi dello scritto, ancora inedito, Esperienza e metafisica [94]. Tratto
fondamentale del filosofo, l’ “ingegno critico”, e l'indipendenza del pensiero;
doti che ben corrispondono alla fermezza del carattere, alla severità,
all’austerità e alla franchezza, talvolta “ruvida”, dell’uomo. La commemorazione
è pubblicata anche nel “Giornale napoletano di filosofia e lettere”, “Atti”
dell’Accademia di Napoli, con una bibliografia e indicazioni su lavori inediti
di S.), nelle Onoranze funebri a Bertrando S. Vedila ora in Fiorentino,
Ritratti storici e saggi critici, Firenze. Onoranze funebri a Bertrando S.,
Napoli. Contiene: una premessa di D. Jaja, il testo dei discorsi pronunciati da
A. Vera, da E. Pessina, da R. Bonghi, da L. Miraglia, da D. Jaja, da G.
Abignente, da R. Cotugno, da O. Testa. A p. 27, il frammento di un discorso di
F. D’Ovidio; la ristampa della commemorazione di F. Fiorentino [WERNER, Die
ttalienische Philosophie des neunzehbnten fabrbunderts, Vienna. La seconda
parte (Die pantbeistischhe Transformation des Ontologismus im italienischen
Hegelianismus, del terzo volume (Die kritische Zersetzunr, und speculative
Umbildung des Ontologismus) è dedicata agli hegeliani. L’a., ricorda le tesi
delle prime lezioni napoletane di S.,eillustra i caratteri che distinguono le
due principali correnti dell’hegelismo, rappresentate da Vera e S. (Vera
ortodosso; S. media Hegel con la tradizione idealistica italiana, e con le
esigenze del realismo contemporaneo, antiidealistico). A_S. sono dedicate in
particolare le pp. 264-287; per esporne la filosofia, W. riassume gli Studi
sull’etica hegeliana. MASCI, Relazione per la proposta di un monumento a
Bertrando Spaventa, s. 1., s. d. Napoli. Ribadisce un giudizio sul quale
concordano gli scolari di S.: il filosofo napoletano fu soprattutto un
ricercatore, uno spirito critico, che non trasmise dogmi ai suoi discepoli, ma
volle e seppe sviluppare in loro l’attitudine alla ricerca. S. ebbe il merito
di far conoscere all’Italia la filosofia di Kant, e l’idealismo assoluto; agli
occhi dell’a., quest'ultimo appare come un semplice momento, certo necessario,
ma ormai superato dal “ritorno” a Kant e della “vigorosa ripresa
dell’empirismo. Una recensione dello scritto di M. si legge nella “Filosofia
delle scuole italiane. KERBAKER, Per l'inaugurazione dei monumenti a L.
Settembrini e B. S., Napoli. Nel discorso di K., Settembrini e S. sono
riavvicinati e elogiati: a) per l’ “indipendenza” del loro pensiero (pp. 5
sgg.; in S. “la libera attività del pensiero era più inquisitiva che
ermeneutica”; l’a. sottolinea il temperamento socratico, la capacità critica
del filosofo; il miglior frutto di questa virtù è rappresentato dalle lezioni
sulla filosofia italiana: “comprese pel primo lo Spaventa l’importanza del
problema storico, quello cioè di scoprire le vere e genuine tradizioni
filosofiche del genio italiano e quindi la sua propria attitudine e vocazione
scientifica); b), per “il senno moderato e moderatore, il senso della giusta
misura nel giudicare i fatti del mondo reale e trarne le norme regolatrici
della civil convivenza.: S. “non credeva che il riscatto morale del popolo
italiano fosse compiuto pel sol fatto della sua emancipazione civile e
politica. Scorgeva invece e predicava la necessità che si rifacessero
faticosamente i materiali dell’edificio, si sostituisse cioè a poco a poco, nella
coscienza pubblica, il concetto dello stato organico, operaio, intraprendente a
quello dello stato meccanico, stazionario, pacifico”). LAUREANI, Giordano Bruno e Bertrando Spaventa,
Lanciano. Sembra promettere, all’inizio, un discorso sulle interpretazioni
spaventiane di Bruno; ma si esaurisce in un generico profilo del pensiero di S.
FERRI, Ur Zibro postumo di Bertrando Spaventa. La dottrina della cognizione
nell’Heghelianismo, in “Rivista italiana di filosofia; Il problema della
coscienza divina in un libro postumo di Bertrando Spaventa, in “Rivista
italiana di filosofia. Due saggi su Esperienza e metafisica. Nel primo, F.
dichiara di accogliere la critica spaventiana del realismo ingenuo, ma di dover
rigettare la concezione idealistica della “natura del vero, ossia della
relazione del pensiero con l'essere. S. difende contro i kantiani il concetto
dell’ “assoluto metodologico inseparabile dall'andamento del pensiero in quanto
esso è guidato... [dalla]... presunta e dimostrabile unità” di “assoluto
naturale, dialettico e religioso; respinge l’idea spenceriana dell’inconoscibile, il concetto
di “posizione assoluta” di Herbart, e la soluzione darwinistica, che poggia
“sopra fatti esteriori e dati empirici. Crede di aver dimostrato che l’uomo è
“capace di pareggiare col pensiero l'essere”, che è capace di “conseguire il
pensiero assoluto, l'assoluto sapere. Ma il timore del dualismo spinge S. “a
diminuire da una parte l’ingerenza dell'esterno, e accrescere talmente quella
dell'interno nella funzione conoscitiva, che alla fine la seconda rimane sola”
(cfr. tutta la discussione di pp. 151 sgg., dove si denuncia l’indebita
identificazione idealistica di processi della coscienza e processi della
conoscenza, che conduce all'affermazione della presenza dell'essere infinito
nell'uomo: F. pensa che si debba mantenere un concetto “ben circoscritto” dell’
“immanenza divina, per salvare sia la personalità divina, sia quella umana.).
Per F. si deve continuare a riconoscere la presenza di dati irriducibili
all’attività psichica; la relatività della conoscenzanonva intesa semplicemente
in relazione alla sua estensione, giacché si fonda sulla “materia” stessa del
conoscere. Nel secondo saggio, riprendendo il tema, già affrontato nella prima
parte, del rapporto tra pensiero divino (“inconscio”, secondo S.) e pensiero
umano (nel quale soltanto si realizzerebbe il sapere come coscienza), F.
difende contro S. le ragioni del teismo. S. S., Lettere scritti documenti
pubblicati da Croce, Napoli; Bari. GENTILE, Della vita e degli scritti di
Bertrando S., in B. S., Scritti filosofici, raccolti e pubblicati... da G.
Gentile, Napoli. JAJA, Prefazione a B.
S., Scritti filosofici, raccolti e pubblicati... da G. Gentile, Napoli. VARISCO,
Razionalismo e empirismo, in “Rivista di filosofia, pedagogia e scienze affini.
L’a. si propone di “esporre e di criticare i concetti fondamentali del
razionalismo kantiano e dell’hegeliano; e di dimostrare la possibilità d’un
empirismo, soddisfacente alle esigenze, che queste due dottrine hanno avuto il
merito di mettere in luce”. Nella sua ricerca, V. tiene presenti i saggi
spaventiani raccolti negli Scritti filosofici. L’a. riconosce a S. il merito di
aver sostenuto le ragioni del “meccanismo”, di averne ammessa la necessità per
la conoscenza dei fenomeni psichici. Ma al di là di alcuni parziali
riconoscimenti, va detto che è fallita la “correzione” di Kant, tentata da
Hegel e da S. L'esigenza di salvare l’oggettività del conoscere non può
ritenersi soddisfatta attraverso la “prova” dell'identità di essere e pensiero,
escogitata da S. nelle Prizze categorie. E la radice della difficoltà va
ritrovata, in fondo, nello stesso Kant, che ha considerato la sensazione come
un fatto soltanto soggettivo, e non come un dato che si “impone” a noi.
All’articolo di V. replica prontamente Gentile, rivendicando a sé il diritto di
rispondere in nome di S., e ribadendo, tra l’altro, la necessità di riprendere
la tradizione rappresentata dal filosofo napoletano. La risposta alle
difficoltà di V. è già contenuta nel saggio sulle Prize categorie. Il critico
fraintende S.(eHegel), perché confonde fenomenologia e logica, confonde una
questione di ordine gnoseologico con una questione di ordine logico ©
metafisico. Un argomento, su cui Gentile insiste per avvalorare questa sua
osservazione, consiste nel rilievo della impossibilità di richiamarsi al
principio di contraddizione, nella discussione del rapporto essere-nulla:
impossibilità ben nota, oltre che allo S., allo stesso Trendelenburg, ma non
intesa da Varisco. Alla risposta di Gentile, V. replica con lo scritto: Per /a
critica, sulla stessa rivista, nel fascicolo di ottobre del medesimo anno.
Gentile chiude la discussione con: Polemica hegeliana, Napoli. I due scritti di
Gentile vedili anche ristampati in Saggi critici, serie prima, Napoli. GENTILE,
Filosofia e empirismo, in “Rivista di 2504 filosofia, pedagogia e scienze
affini. PIANO, L’begelismo a Napoli, Potenza. Nel saggio sono indicate le
ragioni — politiche e religiose, oltre che filosofiche — della fioritura
dell’hegelismo a Napoli, e quelle del suo arresto o della sua “mancata
diffusione”. Il secondo tema è trattato — tra l’altro — attraverso il ricorso a
note argomentazioni (cfr. p. 68: “Alla mente italiana, dotata da natura di
forme troppo originali per soffrire qualunque maniera d’imitazione; al pensiero
italiano, naturalmente bisognoso di realtà e di vita, mal si convengono le
astrazioni, spesse volte, troppo vuote dei Tedeschi”); ma proprio questo taglio
del discorso consente all’a. di lodare in S. la figura del mediatore (v. il
paragrafo, Ragioni del maggior credito e fama dello Spaventa rispetto agli
altri begeliani; e cfr. p. 69: “Ha seguito Hegel non da noioso ripetitore, né
da fedele e servile interprete, ma se ne è assimilato lo spirito più che le
formule e le parole. È l’anello di congiunzione tra l’idealismo di Gioberti e
quello di Hegel; è un moderatore o meglio il termine medio tra la filosofia
esclusivamente nazionale e l’hegelismo puro. Nei paragrafi decimo e undicesimo
l’a, riassume Ia storia della filosofia italiana elaborata da S., la sua
interpretazione delle prime categorie della logica di Hegel, e le tesi di
Esperienza e metafisica; in alcuni punti (v. ad es. p. 55, per il parallelo
S.-Marx) il saggio sembra riflettere — ma senza espliciti riferimenti — qualche
indicazione contenuta nel discorso premesso da Gentile all’edizione degli
Scritti filosofici di S. GENTILE, Prefazione a B. S., Principi di etica, Napoli.
SCHIAVONI, Silvio e Bertrando Spaventa, lettera a Crisafulli; in Onoranze al
prof. Vincenzo Lilla, Messina. È un “ricordo” dei fratelli S.; ma riguarda
soprattutto Silvio. GENTILE, Prefazione a B. S., Da Socrate a Hegel, Bari. MARIANO,
Uorzini e idee (Scritti vari), Firenze. TOCCO, Fra biografie e quadri storici,
in “Il Marzocco, Firenze. CROCE, Giovanni Bovio e la poesia della filosofia,
parte prima, in “La Critica. Contiene alcune pagine su Vito Fornari e B. S.,
ristampate più tardi in B. C., La letteratura della nuova Italia. Saggi
critici, qui le citazioni sono tratte dalla seconda edizione del primo volume
(lo scritto: V. Fornari-B. S.. Fornari viene incontrato da C. in “una visita di
congedo, se non proprio di riverenza, alla prosa italiana del buon vecchio
tempo, con le sue avvizzite graziette e moine. S. Si schierò contro la
tradizione dei “linguai e frasaioli, in forza del suo atteggiamento critico
(anche rispetto a Hegel), e della sua attenzione alle nuove forme di pensiero.
È un merito che gli va riconosciuto, “quale che sia il giudizio che si porti
sulla sua filosofia. A Fornari S. oppone l’ “asciuttezza del discorso, che
aborre la divagazione e la chiacchiera, e una eloquenza, che è tuttavia
“virilmente semplice”. Croce ricorda il vigore polemico del vecchio hegeliano,
precisando che il “suo temperamento lo portava non all’ironia, ma al sarcasmo e
alla rappresentazione grottesca”. Di questo tratto del carattere di S.
costituisce un documento la lettera contro Fornari, G/ spaventiani spaventati
BARZELLOTTI, Due filosofi italiani, Augusto Conti e Carlo Cantoni, in “Nuova
Antologia”e in G. B., L’opera storica della filosofia, Milano. Nelle ultime
pagine dell’articolo, B. muove alcune obbiezioni al “programma” degli hegeliani
di Napoli — e, in particolare, di S. — che provocarono una risposta di Gentile.
GENTILE, Per la sincerità della critica e per l'esattezza storica. Risposta al
prof. Barzellotti, in “La Critica”; e in G. G., Saggi critici, serie seconda,
Firenze, con il titolo: False accuse contro lo Spaventa. Risposta...). La
risposta di G. all’articolo di B. è una difesa della tesi della “circolazione”
e un richiamo a una più corretta lettura degli scritti di S. Secondo B., S.
avrebbe voluto trapiantare in Italia il sistema di Hegel, questo prodotto
“nazionale” della Germania, senzatenerconto delle differenze specifiche dei due
linguaggi e delle due mentalità, italiana e tedesca; avrebbe mostrato, ancora,
di mancare affatto di “senso storico” nella sua interpretazione di Rosmini e di
Gioberti, e con la sua affermazione del carattere “solamente europeo” della filosofia
moderna. Nella sua risposta, G. mostra che le accuse di B. si fondano su di una
interpretazione affrettata de La filosofia italiana; e che, in particolare,
l’attribuzione a S. del giudizio: la filosofia è solamente europea, nasce da un
errore materiale di lettura. GENTILE, prefazione a B. S., La filosofia italiana
nelle sue relazioni con la filosofia europea, Bari 1908; terza edizione, Bari. MARIANO,
Dall’idealismo nuovo a quello di Hegel (Scritti vari), Firenze. CROCE, La vita
letteraria a Napoli, in “La Critica. Ampio panorama (ristampato in B. C., La
letteratura della nuova Italia. Saggi critici; qui si cita la sesta edizione,
Bari, della cultura universitaria e extrauniversitaria di Napoli nella seconda
metà dell'Ottocento; con indicazioni ancora preziose sulla vita delle accademie
e delle biblioteche, sulle riviste, sul teatro e sul giornalismo; sulla Società
di storia patria, ecc. Il nome di S. vi compare più volte, e subito (S. rappresentò “nel modo più visibile” la
“trionfante rivoluzione intellettuale”); qui il filosofo è legato al Sanctis (e
al Tari e al Settembrini) con un giudizio (erano, più che insegnanti,
“educatori ed eccitatori di tutte le forze morali) che sarà poi ripreso e
variamente accentuato da altri studiosi. Le pp. 271 sgg. offrono un quadro
assai particolareggiato delle reazioni all’hegelismo di S. da parte dei
giobertiani, dei seguaci di V. Fornari, e di alcuni “ultraprogressisti” in
filosofia e politica (più o meno influenzati dal Mazzini). Degli scolari di S.
(ma la sua scuola fu tutt'altro che una “chiesa. Oltre alle pagine (con
richiami alle testimonianze degli stranieri: di T. Straeter, di Monnier, di I.
Taine, ecc.) sulla vita dell’università napoletana, e sulla sua
decadenzadopoil1, sono da vedere in particolare quelle dedicate alle riviste,
che contengono le indicazioni essenziali sugli scritti polemici di hegeliani e
antihegeliani (polemiche di Fiorentino, Imbriani, S., con V. Fornari, F. Acri,
ecc.). ACRI, Dialettica turbata, Bologna. Nella prefazione l’a. dichiara i
sentimenti (assai delicati, e malinconici) che prova nel ristampare i documenti
della disputa. Ripubblica qui: 1) con il titolo La disputa con Fiorentino e S. e
l’Imbriani, la Critica di alcune critiche; col titolo Un sogno di B. S., la lettera
di S. Gl spaventiani spaventati, con commenti in parentesi; 3) col titolo:
Sogno di F. Acri, e Un dialogo dopo il sogno, lo scritto del 1876: I critici
della critica, la recensione di Mamiani alla Critica; alle pp. 133-243, la
Nuova interpretazione dello Spinoza, seguita da: I/ Fiorentino e lo spirito
dello Spinoza celato entro una fiammella. GENTILE, prefazione a B. S., La
politica dei gesuiti. Polemica con la “Civiltà cattolica, Milano-Roma-Napoli. GENTILE,
prefazione a B. S., Logica e metafisica, nuova edizione con l’aggiunta di parti
inedite, Bari. CROCE, Noterelle di critica hegeliana. I. Il “primo” o il
“cominciamento”, in “La Critica”, La
nota (ad essa si può collegare, per un riferimento esplicito a S., la
discussione dello studio di A. Moni, La dialettica positiva ossia il concetto
del divenire, Teramo, apparsa nella stessa annata della “Critica”; i due
scritti di C. sono stati poi raccolti nel Saggio sullo Hegel, Bari, più volte
ristampato) precisa in termini chiari e definitivi la distanza che l’a. volle
frapporre fra sé e il vecchio hegeliano (per altri giudizi di C. su S.,
formulati per lo più incidentalmente in pagine non dedicate al filosofo, v.
l’introduzione di questa bibliografia). C. non attribuisce dignità di problema
alla questione del “primo scientifico” o del “cominciamento”, e rifiuta come
vana ogni esercitazione, per ingegnosa che sia, sul tema delle prime categorie
della logica di Hegel. Dando credito alla richiesta di una “prova” per il
principio della scienza, S. ha finito con l’escogitare una soluzione davvero
insostenibile: quella che fa nascere la filosofia da un dato immediato epperò
non provato (il “primo” della fenomenologia), e che indica poi nell’ “idea”,
assunta come maximum di intelligibilità (il “più che intelligibile”), il
risultato ultimo del suo processo; sicché può dirsi che S. si muove sul piano
di un duplice empirismo, “un empirismo del fenomeno e un empirismo del
soprafenomeno o misticismo”. L’errore sta nel continuare a mantenere — pur dopo
aver negato l’esistenza di una verità esterna al pensiero — la distinzione
empirica o didascalica della fenomenologia dalla logica, e del non filosofo dal
filosofo; distinzione che appare, ancora, indebitamente presupposta, quando S.
indica nella “risoluzione” del ZIL1 soggetto la possibilità di un cominciamento
necessario per la filosofia. RUGGIERO, La filosofia contemporanea, Bari. Sullo
S., (nella quinta edizione in due
volumi, Bari. Qui il giudizio di De Ruggiero è positivo, in linea con
l’interpretazione di Gentile. Nelle Prime categorie S. svolge, attraverso
Hegel, tutta la ricchezza del cogito cartesiano; della logica di Hegel conserva
“lo scheletro”, sviluppandone il significato “più profondo”, intendendola cioè
nel suo “motivo storico”, come preparazione dell’ “assoluto psicologismo” o
“assoluto empirismo”. S. mantiene, certo, la partizione del sistema, distingue
ancora la fenomenologia dalla logica, i.e. la verità “per noi” dalla verità “in
sé”, e Si mostra, in questo senso, “platonico”, al di qua del “nuovo” idealismo.
Ma c’è anche lo S.immanentista, lo S. della lettera Paolottismo, positivismo,
razionalismo, e dell’introduzione ai Principi di etica, che raggiunge
l'identità di pensiero in sé e di pensiero in noi, di conoscenza e scienza, e
che afferma la coincidenza dell’e eterna soluzione” con l “eterno problema”: un
motto, che è “linsegna della nostra vita speculativa”. Da confrontare anche
l’articolo di De Ruggiero: Echi platonici nella filosofia italiana
contemporanea (in “La Voce”), che accetta la linea di sviluppo: Rosmini-
Gioberti-Spaventa. A S. sono dedicate le ultime pagine di G. De Ruggiero, I/
pensiero politico meridionale, Bari. Quello di S. (e di De Meis) è “uno stato
liberale secondo ragione”, che differisce dalla concezione che ne ebbe il
“classico” liberalismo europeo, fondato sui diritti e la libertà
dell’individuo. Ma Y “astratto razionalismo” di S. e De Meis “venne in buon
punto incontro alla prassi politica dei ‘patrioti’ e formò la filosofia della
Destra liberale italiana. Una dottrina che deduceva l’autorità e la legge dalla
libertà, celando in un nembo la dea generatrice, doveva esser propizia
all’azione storica di quelle minoranze che compirono l’unificazione ed a cui
solo una finzione razionalistica poteva attribuire un titolo di rappresentanza
universale. L’energica affermazione dell'autorità dello stato, dedotta dai
principi stessi dell’autocoscienza, corrispondeva alla pratica
dell’accentramento e della burocratizzazione; il legalismo e il
costituzionalismo come criteri superiori per dirimere tutti i conflitti degli
interessi particolari, erano le armi appropriate a un ceto di proprietari,
cosiddetti liberali, una volta pervenuti al potere. Sicché “la dottrina
filosofica ribadiva un complesso d’interessi conservatori e, in certa misura,
reazionari”; la “grandezza storica” (compimento dell’unità) della Destra appare
“quasi del tutto estranea a ciò che le ha conferito la qualifica liberale”. Nel
volume della sua Storia della filosofia moderna dedicato a Hegel (Bari 1948),
De Ruggiero ricorda S. solo per affermare che la sua opera è affatto inutile in
un “riesame storico-critico del sistema hegeliano”. S. conserva “L’intonazione
teologica” di Hegel, e non importa che il suoteologismoassuma i toni di un
teologismo “laico”. La critica moderna rompe l’involucro del sistema hegeliano,
per coglierne e svolgerne l’interna ricchezza; S. si muove nella direzione
opposta, “verso l’involuzione del sistema. FAZIO ALLMAYER, I/ compito della
filosofia italiana, in “La Voce. L'articolo di F. A. è il primo di una serie di
scritti su La filosofia contemporanea in Italia, tema a cui è dedicato questo
numero de “La Voce” (gli altri contributi sono di G. Gentile, F. Momigliano, A.
Carlini, G. Natoli, L. Salvatorelli, G. Lombardo-Radice, Croce, Parodi, Ruggiero,
Saitta). L’impianto dell’articolo — scritto con indubbia decisione e chiarezza
— riflette le —linee’essenziali del programma spaventianogentiliano (e
dell’ultimo Gioberti), accentuando una tematica (necessità di riassorbire la
filosofia della natura e la logica nella fenomenologia dello spirito) che l'a.
ha sviluppato per suo conto nell’elaborazione del proprio idealismo. Con S. e
Gentile, F. A. legge nell’autentica tradizione italiana “la più forte tendenza
verso l’immanenza e la libertà”; “noi siamo avviati alla concezione della
logica come storia, sviluppo dello spirito umano concreto, e quindi al
rifacimento della Feromzenologia dello spirito in cui, oltrepassato il
dispiegamento della coscienza particolare riferentesi all'oggetto naturale,
mostrata l'identità di coscienza ed autocoscienza fin nel primo atto dello
spirito, si abbia il dispiegamento della coscienza umana come atto concreativo
della storia umana, del mondo umano, quindi come storia e logica allo stesso
tempo. Così riporteremo ai concreti problemi della vita e della storia
quell’idealismo che altrove svapora nel misticismo o si deposita nel
naturalismo”. Per questo articolo, l’a. fu chiamato in causa nel corso della
polemica Boine-Prezzolini; e intervenne con una breve risposta ne “La Voce. Il
compito della filosofia italiana apre la raccolta degli studi ristampati nel
volume di F. A. Ricerche hegeliane, con prefazione di G. Saitta, Firenze; il
saggio è qui pubblicato con un titolo diverso, (Spaventa e l’hegelismo) e “con
alcune lievi modifiche dove era invecchiato per la contingenza di certe
affermazioni”. Nelle Ricerche è ristampato anche, con il titolo Genzile e la
riforma della dialettica hegeliana, pp. 20-42, uno studio già apparso nel
“Giornale critico della filosofia italiana: la riforma gentiliana non si trova
già in S., il quale “è ancora legato alla partizione della Enciclopedia
hegeliana e ciò a cui è arrivato è che non ci è categoria senza pensare
(mentalità) oggettivo, e che il pensiero oggettivo è presente al pensiero
soggettivo, senza di che questo non è pensiero. Si potrà ancora sostenere
perciò che per lui c’è una esigenza realistica [qui l’a. introduce un
riferimento agli studi spaventiani di F. Alderisio], la quale invece è superata
dal Gentile per cui tutta la realtà si identifica con quella vita del soggetto,
in cui il mondo vive, e rivive; e rivivere è vivere. RODOLAN, Ieri e oggi.
Bertrando e Silvio Spaventa, in “La Nazione” [Firenze], 7 aprile 1912. Sulle
ragioni che hanno portato lo S. al sacerdozio, e sulla riconoscenza di Silvio
per l’ “olocausto” del fratello. GENTILE, La riforma della dialettica hegeliana
e B. Spaventa, con appendice (1912), in G. G., La riforma della dialettica
hegeliana, Messina 1913, pp. 1-71; ora in G. G., Opere, a cura della Fondazione
Giovanni Gentile per gli studi filosofici, Cfr. GENTILE, La filosofia in Italia
dopo il 1850. Gli hegeliani. V. La riforma dello hegelismo (Bertrando S.), in
“La Critica. Dei saggi gentiliani sulla filosofia italiana della seconda metà
dell’Ottocento, raccolti poi dall’a. sotto il titolo: Le origini della
filosofia contemporanea in Italia, viene tenuta presente in questa bibliografia
l’ultima e definitiva edizione (nelle Opere complete di G. G. a cura della
Fondazione Giovanni Gentile per gli studi filosofici) costruita attraverso il
confronto delle edizioni (migliorate
nello stile, ma mutilate di molti riferimenti ai testi e delle bibliografie)
con il testo apparso ne “La Critica. Il saggio su S. è ristampato nelle Opere
complete; ma sono da vedere anche i volumi precedenti: per alcuni riferimenti
ai rapporti tra Mamiani (e il mamianista Ferri) e S., il XXXII, che contiene,
nelle pagine sul Tommasi, indicazioni sulla polemica intorno alle psicopatie, e
notizie sui rapporti di Angiull i e Siciliani con lo S.; infine, nel vol.
XXXIII, sono da vedere il capitolo su F. Fiorentino, le pagine su F. Masci e le
pagine che introducono alla storia degli hegeliani di Napoli. Il saggio su S.
del 1913-14, scritto quando erano oramai acquisiti (soprattutto con la
pubblicazione del Framzzzento sulla dialettica) i documenti fondamentali su cui
si basa l’analisi di G., fissa in termini conclusivi l’interpretazione avviata
nel Discorso del 1900 [96]. Le pagine su Bertrando Spaventa e la riforma
dell’hegelismo sono precedute da due capitoli, intitolati: Ceretti e la
corruzione dell’hegelismo (con paragrafi dedicati a P. D’Ercole, A. Tari, e
alla Florenzi Waddington) e: Mess e la filosofia della natura (sono da vedere
le pp. 59 sgg., sui rapporti De Meis-S., dove si ragiona come e perché il primo
non intese “il motivo segreto e le conseguenze” degli studi spaventiani sulla
logica hegeliana); e precedono l’ultimo capitolo delle Origizi, dedicato agli
Scolari di Bertrando Spaventa, S. Maturi e D. Jaja, da vedere anch'esso, per il
rapporto istituito tra maestro e discepoli: Maturi subisce l’influsso anche di
Vera, e dà un peso eguale alle due posizioni, distinte anzi opposte nella
interpretazione corrente; Jaja “s’afferra al filo che già aveva porto lo
Spaventa per uscire da quel labirinto del congegno della logica hegeliana,
determinato dal rapporto delle prime categorie” e lavora all’elaborazione della
metafisica della mente (p. 208). L’ultimo paragrafo dello scritto su
S.riprendeeconclude il giudizio avanzato nella dedica degli Scritti del 1900 [961:
la filosofia di S. accoglie e compone “tutte le esigenze varie ed opposte che
s’eran venute agitando nel pensiero italiano nella seconda metà del secolo
XIX”, dando ad esse “legittima soddisfazione e additando la via dell'ulteriore
progresso. La ricostruzione del “punto di vista spiritualistico raggiunto dallo
Spaventa” (p. 186) è preparata, in primo luogo, da una breve presentazione
della figura del filosofo, lodato come “uomo di parte” orientato “verso la
concretezza” storica, e opposto, così, all’ortodosso Vera (sui diversi
interessi — per la filosofia della natura e della religione in Vera, per la
logica e la teoria della conoscenza in S. — dei due filosofi, e per la
presentazione della loro opposizione secondo lo schema: metafisica
dell’ente-metafisica della mente) e ai mistici Tari e Ceretti; in secondo
luogo, da una riesposizione degli studi e scritti spaventiani sul Rinascimento,
su Spinoza e sulla filosofia italiana contemporanea: soprattutto della
Fy/osofia di Gioberti, qui giudicata il “capolavoro” di S. Nel corso di questa
riesposizione, e già a proposito dei primi studi bruniani di S., G. osserva che
“questa sua storia della filosofia, che qui si viene studiando, non è che una
prima immagine della sua filosofia; richiama cioè un problema affrontato nella
prefazione a La filosofia italiana già dato per risolto, in quella stessa
prefazione, attraverso la costruzione teorica della identità di filosofia e
storia della filosofia. Nelle Origzzi, questa teorizzazione riaffiora in più
punti, e soprattutto dove si parla della “perfetta fusione di trattazione
storica e filosofica” che solo può realizzare chi, come S., ha interesse di
“intendere tutto il processo, come il processo genetico del risultato. Ora,
approfondito e conosciuto veramente il “risultato” (e cioè “rivalutata” via via
la filosofia di Galluppi, Rosmini, Gioberti), è abbandonato da S. l’astratto
appello al sistema di Hegel: il problema non era più quello “dei rapporti tra i
filosofi del secolo XVI e la posteriore filosofia europea” (i.e. l’enciclopedia
di Hegel), bensì “quello dei rapporti degli ultimi tre filosofi italiani... con
la filosofia tedesca da Kant a Hegel”. La teoria della “circolazione del
pensiero” nasce quando il processo della filosofia moderna appare a S. non più
“rettilineo e centrifugo, rispetto a noi”, ma anzi “come un moto circolare, che
ritorna al suo punto di partenza. Ora, l'abbandono o la correzione del
programma era reso possibile — sottolinea G. — dall’atteggiamento indipendente
assunto da S. nei confronti dello stesso Hegel; “Spaventa, avendo fatto suo
succo e sangue la sostanza del pensiero hegeliano, non pensava né scriveva col
modello innanzi, né si faceva dei paragrafi dell’Erciclopedia la regola del
proprio giudizio; e G. si compiace di additare almeno un luogo della Filosofia
di Gioberti in cui S. mostra di avere, del pensiero, “un concetto conforme
bensì alla Ferorzenologia hegeliana, ma non forse alla Enciclopedia, in cui il
pensiero nostro, libero, personale, presuppone la logica in sé, nella stessa
relazione che la riflessione giobertiana ha con l’intuito come sua base
autorevole.. Il vero significato della “circolazione” sta allora nella critica
o meglio “autocritica” del processo storico del pensiero italiano che in S. si
compie: “la vera importanza della critica dello Spaventa sul Galluppi, sul
Rosmini e sul Gioberti è di rappresentare il progresso del pensiero italiano
dopo Gioberti. Con questo riconoscimento — e qui G. si discosta dai suoi
precedenti studi, e approfondisce un’obbiezione avanzata nella prefazione a La
filosofia italiana — cade tuttavia lo stesso concetto della “circolazione”:
“concetto, diciamolo pure, alquanto fantastico, implicando quello di una
nazionalità come una sfera chiusa di vita spirituale: che, a sua volta, è
concetto non sostenibile né storicamente, néfilosoficamente, fondato su una
rappresentazione fantastica della nazione, come qualche cosa di esistente in
sé, in conseguenza di certi dati naturali. Certo, lo schema “rigido” della
“circolazione” fu reso da S. più flessibile con la “scoperta” del nesso
Vico-Kant, anche se il filosofo non riuscì a individuare la vera origine
storica della dottrina vichiana (gli sfuggì l “aspetto incontestabilmente
kantiano del Deantiquissima) e della esigenza metafisica che pure ad essa
riconobbe. Tuttavia, l’obbiezione di G. all'idea spaventiana del “circolo”
resta: e viene giustificata, a) sul piano storico, attraverso numerosi
riferimenti che mostrano come la “circolazione” sia stata “continua, e h) sul
piano filosofico, in virtù dell’equazione: nazione=spirito=universale (“e se la
concretezza dell’universale importa le differenze, queste non cancellano mai
quello: e la varietà della storia non è che l’eterna variazione dell'uno e
l'eterna unificazione del vario). La “circolazione”, per G., è “continua”,
perché coincide col dialettismo del pensiero in atto. Le pagine, già
richiamate, che chiariscono il rapporto Vera-S. avviano G. allo intelligenza”
dell’hegelismo spaventiano. Unico problema di S. quello della logica o teoria
del conoscere, sviluppato nella linea della sinistra hegeliana così come
l’intende G., nella linea cioè di una ricerca volta all’ “affermazione
dell’essere come mente” contro le concezioni imperniate sulla rappresentazione
religiosa del logo. Ma il “problema della mente” come problema del conoscere
diventa centrale in S. non attraverso una mera “riduzione” della filosofia a
gnoseologia; è, infatti, sul piano storico — sul piano di quel reale processo
storico che va da Kant a Hegel — che la critica del conoscere si è rivelata a
S. nel suo valore: non pura gnoseologia, ma metafisica. G. ripercorre allora le
pagine dello Schizzo di una storia della logica [68] dedicate allo svolgimento
del problema della conoscenza in Kant, Fichte, Schelling, Hegel; insistendo per
suo conto — ma con l’indubbio conforto dei testi — sull'importanza della
lettura spaventiana di Kant (della Critica della ragion pura, non della Critica
della ragion pratica né della Critica del giudizio; e, all’interno della prima
Critica, dell’Analitica piuttosto che della Dialettica), che offrì al vecchio
maestro un criterio fondamentale per orientare la sua ricerca teoretica e la
stessa sua interpretazione di Hegel. Il Kant di S., il Kant “inteso a dovere”
(i. e. il Kant della “vera sintesi a priori”, “unità del senso e
dell’intelletto, in cui consiste l’atto deiconoscere), “rimase per lui sempre
la vera pietra di paragone dello stesso hegelismo” (p. 151), e di ogni altro
idealismo; il cui problema, come è noto, è presentato, nello Schizzo, secondo
questo semplice schema di sviluppo: l’unità (di senso e intelletto, di essere e
pensiero) richiesta da Kant, “pensata” da Fichte (ma solo “pensata”, come
processo formale) e intuita da Schelling (ma solo intuita) come processo reale,
fu “provata” da Hegel. O meglio: Hegel si accinse alla “prova” (a “pensare il
pensiero come l’in sé della realtà”, p. 159); S., sottolinea G., non ci appare
mai persuaso che Hegel fosse riuscito nell’intento attribuitogli, così come non
ci appare mai convinto di essere riuscito a condurre a termine la “prova”
richiesta. G. può procedere ormai alla individuazione del “vero” hegelismo di
S., il quale accenna in più luoghi — e a volte dà inizio — ad un reale
progresso da compiere rispetto a Hegel, spesso restando impigliato in
difficoltà delle quali gli rimase per lo più ignota la radice. Un primo tipo di
difficoltà si rende manifesto già nell’ambito delle riflessioni emergenti nello
Schizzo, e sviluppate in Logica e metafisica, intorno al tema del “primo
scientifico”. La “prova dell’identità” si scinde in S. (come già in Hegel) in
due prove, quella della fenomenologia (la “mente” non è semplice soggettività,
ma è processo reale, è mente assoluta) e quella della logica (il processo della
mente è logico; il logo non è oggetto d’intuito). La distinzione delle due
prove comporta la separazione della logica dalla fenomenologia, e rende
necessario l'abbandono del pensiero fenomenologico per attingere il pensiero
logico, l’ “in sé della natura e dello spirito, destinato a non coincidere mai
col “per sé” o col “per noi” (p. 165). S. volle certo affermate l’ “unità
originaria” di fenomenologia e logica (pp. 166 sg.), e questo è un merito che
gli va riconosciuto; ma la particolare soluzione da lui ora proposta (il
principio della scienza — il “primo scientifico”, immediato in quanto primo — è
mediato, provato, in quanto si identifica con l’ultimo grado della
fenomenologia) appare “illusoria” e accolta solo “per effetto d’una mera
abitudine scolastica”(p. 163; si ricordi un’obbiezione simile di Croce, che
definisce “didascalica” la distinzione accolta da S. Il rilievo di G., che
individua, senza appesantirne le conseguenze, l'accettazione da parte di S. del
sistema hegeliano nella sua architettura fondamentale (implicante perciò
l'esclusione della Fezorzenologia come semplice “propedeutica”), sembra confortato
da un’osservazione precedente, in cui si parla delle “difficoltà insormontabili
che [S.] incontrava sempre nel concetto della natura che non è per lui, come il
logo, reale soltanto nel pensiero (ossia, analogamente, nel concetto della
natura) ma in se stessa, benché non per se stessa. Su questo punto però, G. si
affretta a ricorrere ai testi, in particolare alla lettera Paolottismo, per
documentare l’avversione del filosofo al teismo e al naturalismo, egualmente
travolti “dalla sua tendenza al più schietto e assoluto idealismo spiritualistico
e umanistico. E a gettare una miglior luce su quelle riflessioni di S. intorno
al rapporto di pensiero logico e pensiero fenomenologico, interviene l’analisi
degli studi sulle prime categorie della logica hegeliana: lo scritto, preparato
dalla critica di Gioberti, e, soprattutto, il Frazzzzento inedito del 1880-81
[103], dove l'essere è finalmente colto come “atto del pensare”; con questa
“nuova soluzione lo Spaventa toccava il più alto segno a cui era indirizzata
fin da principio la speculazione dell’idealismo trascendentale; e iniziava una
radicale riforma dello hegelismo, ricollocando la logica al suo natural posto,
al fastigio della fenomenologia, ma nella stessa fenomenologia; scrollando
dalle fondamenta la nuova fortezza in cui con Hegel s’era andato a chiudere il
vecchio ente — il trascendente — sotto nome di logo, sovrastante alla natura e
allospirito. Un altro gruppo di paragrafi, che prepara la conclusione del
saggio, è dedicato da G. agli studi di S. sul positivismo, o sul “nuovo
empirismo”: l’ultima fatica del filosofo. G. vuoi giustificare la “affinità
sorprendente” dell’idealismo spaventiano con l’empirismo “raccomandato” dai
positivisti; ci ricorda che lo stesso filosofo nella prefazione ai Principi del
1867 si dichiarò positivista, e volle essere riconosciuto come tale, in forza
di una concezione dell’uomo (l’ “uomo è essenzialmente storia”) che ha il suo
sviluppo più conseguente negli Studi sull’etica hegeliana, del 1869: dove S.
oppone alle anime sensibili — a chi si compiace di separare il dover essere
dall’essere, la legge dal fatto, e così via — una concezione “rigorosamente
immanentista”, che si presenta con un “aspetto pauroso di cruda storicità,
ossia di schietto naturalismo. In che senso si muove la critica di S. al
positivismo, se il suo idealismo immanentistico toglie l'opposizione di
assoluto e relativo, apriori e aposteriori ecc.; se può apparite, come apparve
ai difensori della tradizione, una sorta di “materialismo aristocratico”? Dove
s’era dunque cacciato lo spirito coi suoi imprescrittibili diritti”? Alla
domanda, osserva G., si può rispondere solo se si sappiano collocare i concetti
filosofici nel contesto del loro ptocesso storico: materialismo, naturalismo e
empirismo sono momenti dell’idealismo “vero”, “storico”, introdotto da Kant
come “sviluppo” dell’empirismo di Locke e di Hume (e già, per quanto riguarda
S., va rilevato che la sua critica dell’intuito fatta nella Filosofia di
Gioberti “è, per indiretto, la celebrazione dell’empirismo lockiano).
L’empirismo avversato da S. è quello che non riconosce la propria origine
storica (e quindi la propria giustificazione speculativa) nello sviluppo
dell’idealismo cartesiano, come critica dei “residui platonizzanti e
scolastici” di quella filosofia; è l’empirismo che non riconosce più la propria
funzione nella critica dell'esperienza, contro la vecchia metafisica dell'ente.
S. ha contribuito (soprattutto in Kant e lempirismo, e negli scritti postumi
Esperienza e metafisica [94] e Introduzione alla critica della psicologia
empirica) a svelare l'equivoco (astrazione dal processo storico) per cui si
contrapponevano ancora, dai contemporanei, idealismo e positivismo; tenendo
fede, per suo conto, a quel “principio della certezza del vero o della
storicità dell’eterno, che era stato il primo motivo della filosofia cartesiana
e l’idea madre del Saggio di Locke. Di qui l’interpretazione spaventiana di
Galileo, ripresa in Esperienza e metafisica, nel contesto della sua critica
dell’ “ontismo: della filosofia che concepisce la realtà come ente o enti
(materia o idea)”; di qui l’affermazione di un “fenomenismo” assoluto (la
realtà è “fenomeno a se stessa, fenomenizzarsi eterno”, p. 184), che accoglie e
legittima le esigenze del vero idealismo e del vero positivismo. Il “nuovo
fenomenismo” di S., conclude G. M), fu “annunziato”, più che “svolto”,
nell'opera pubblicata postuma nel 1888; ma qui il vecchio maestro giunse a
rivendicare l’ “essenza spirituale del mondo, meccanizzatasi nell’astratto
spiritualismo platonico e cartesiano. Agli occhi di G., S. raggiunse proprio in
queste pagine quel “punto di vista spiritualistico” che l’attualismo era
destinato a svolgere, sviluppandone coerentemente il principio. Il
“preattualismo” di S. è disegnato con estrema chiarezza e decisione: per il
“nuovo” fenomenismo, “gli enti son negati nella loro astrattezza, dove non è
dato scorgerne se non l’ombra fissa e fallace: ma riaffermati nella vita
concreta che essi vivono in seno alla realtà spirituale, come saldi momenti del
pensiero. La storia è la teofania di questa filosofia: ma questa storia non è
la dura storia che l’uomo si trova innanzi, già realizzata e diventata una
necessità che allo spirito simponga come limite naturale; è invece la storia
che l’uomo non trova mai innanzi a sé, come un passato, ma che egli realizza,
creandola. Tutto quello che è già, è ente. E l'ente come tale nasce dalla
riflessione e dall’analisi della vera realtà, che non è, ma diviene, facendosi
da sé. MISSIROLI, La monarchia socialista. Estrema destra, Bari. Della
Monarchia socialista v. anche la seconda edizione, Bologna. Su S. Si veda
specialmente il quinto capitolo (I/ pensiero della Destra, prima edizione;
seconda edizione, pp. 71-79), che ricorda gli scritti sul problema del rapporto
dello stato con la chiesa, quello contro Tommaseo sul tema:
Rousseau-Hegel-Gioberti [51], ecc. La tesi è riassunta in modo chiaro nella
prefazione alla seconda edizione: “lo stato moderno, inteso come stato etico,
non è realizzabile, se non nelle nazioni, che abbiano superato l’idea cattolica
mediante la Riforma protestante”. S., e con lui De Meis e Gioberti,
nell’alternativa: ritorno al puro cattolicesimo e rinuncia alla rivoluzione,
oppure riforma religiosa, ha scelto la
seconda via. Cfr. la recensione di G. Gentile alla prima edizione della
Monarchia socialista in “La Critica”, XII (1914), pp. 234 sg. 195. Un giudizio
di Bovio su B. Spaventa, in A. CARLINI, La mente di Giovanni Bovio, Bari.
Ristampa di uno scritto (Augusto Vera) pubblicato nel 1885 sul “Giordano Bruno”
di Napoli. S. è elogiato da Bovio, come il filosofo che seppe rendere esplicito
il “lato nuovo” di Hegel. Il “giudizio” offre nelle prime righe una nuova
presentazione del rapporto Vera-Spaventa: “Spaventa, geometra; Vera, dotto...”
(nello stesso volume, p. 185, Si legge il testo di un’epigrafe dettata da Bovio
per lo Sl. GENTILE, Prefazione a B. S., Introduzione alla critica della
psicologia empirica, estratto dagli “Annali delle Università toscane “, Pisa.
Cfr. n. 105. 197. C. CIPRIANI, La psicologia di B. Spaventa, Bologna. Rapida
esposizione e analisi delle vedute di S. intorno alle origini della percezione,
ai rapporti tra fisiologia e psicologia, ecc.; il saggio segue il testo della
Introduzione alla critica della psicologia empirica, pubblicato dal Gentile. FAZIO
ALLMAYER, I/ problema della nazionalità nella filosofia di B. Spaventa, in
“Giornale critico della filosofia italiana. Ricostruisce, con numerose
citazioni dalle opere di S. e molti riferimenti e raffronti con le dottrine dei
suoi contemporanei (Gioberti, in particolare, e Mamiani, Luigi Ferri, ecc.), la
genesi e lo sviluppo dell’idea di nazionalità in S.: dalla primitiva negazione
(contrapposta alla “boriosa” affermazione dei sostenitori di una tradizione
propria, perché esclusiva, del pensiero italiano), al riconoscimento della
necessità di una filosofia italiana nella lotta per l’unità nazionale; infine,
al pieno superamento del concetto naturalistico di nazione (la nazione come “destino”)
nell’idea dello “spirito che si crea in una forma determinata”. Un momento
decisivo in questo itinerario di S. è rappresentato dalla elaborazione di un
nuovo concetto di universale-concreto, che supera ad un tempo le posizioni di
Gioberti e di Hegel; Hegel pensava “che il mondo germanico dovesse assorbire la
nazionalità in quanto rappresentante della verità, e non intendeva lo spirito
degli altri popoli né [la] personalità autonoma di ciascuno di essi”. Sono
“indizi luminosi” di questo processo di superamento la riforma della dialettica
hegeliana, le “lunghe meditazioni sulla Fenomenologia”, il rifiuto della
filosofia della natura, la criticadelrealismo e del positivismo in funzione di
un idealismo “che è storia, vivezza di problemi, vera ricerca dell’identità del
reale col razionale e del razionale col reale. L’articolo è ristampato in
V.F.A., Il problema morale come problema della costituzione del soggetto e
altri saggi, Firenze. GENTILE, prefazione a B. S., La libertà d'insegnamento.
Una polemica di settant'anni fa, Firenze. Cfr. VENEZIANI, La vita e l’opera di
Angelo Camillo De Meis, Bologna. CARAMELLA, Il liberalismo hegeliano del
Mezzogiorno. I. Bertrando Spaventa, in “La Rivoluzione liberale. Il saggio,
completato con due articoli su De Meis e Silvio Spaventa già pubblicati nello
stesso periodic, è ristampato nel volume: La filosofia dello stato nel
Risorgimento, Napoli.. Come si conciliano la sovranità dell'idea e l’autonomia
dell’individuo? Qual è, cioè, “la libertà propria dello stato liberale?”.
Questo il problema di S., problema che investe “la legittimità del
liberalismo”. Per Hegel resta incerto se lo stato integra o disindividua il
singolo. La richiesta spaventiana di una “mediazione tra il singolo e
l’universale, tra la storia e l'assoluto” è studiata attraverso la lettura
delle polemiche coi gesuiti [101], della Libertà d'insegnamento e dei Principi
di etica (97; e C. attribuisce senz'altro a S. un articolo del “Nazionale” del
5 marzo 1848). S. non riesce a conciliare i due termini, e resta fermo alla
2528 conclusione “che l’individuo trova nello stato valori più alti del suo
spirito pratico, e nel suo aderire allo stato riconosce in esso raturaliter il
suo più vero sé. Si son fatti molti passi innanzi e chiarite molte relazioni:
ma la domanda non ha avuto né avrà pià da Spaventa una risposta diretta. Lo
stesso conflitto tra libertà e tradizione, stato di diritto e stato di fatto,
viene risolto senza nessun riguardo all’individuo (che invece lo sente più che
mai), ma solo in rapporto allo stato per sé preso”. Ma S. è anche il critico
del costituzionalismo; e quando afferma che la costituzione non è uno schema
astratto che sisovrappone alla vita dello stato storico, positivo in quanto
storico, indica una via che sarà seguita “con più coerenza” dal fratello
Silvio. “L'opposizione del singolo e della collettività, della coscienza e
dell’autorità, rimasta impigliata nelle maglie della dialettica in Bertrando
Spaventa, troncata imperiosamente a favore del secondo termine dal De Meis,
appare nel nostro [= Silvio] meno ardua perché storica...”. 202. G. DE
RUGGIERO, Il pensiero politico meridionale, Bari. Cfr. CURCIO, I/ pensiero
politico di Bertrando Spaventa, Napoli. È una rapida ricostruzione e, per lo
pè, nella stessa intenzione dell’a., una parafrasi delle tesi esposte da S. nei
Principi di etica, nella Politica dei gesuiti, nella Libertà d'insegnamento,
ecc., a sostegno di un ideale di stato liberale, che il C. ripropone in questa
forma “per mostrare... quale sia il pensiero di un liberale autentico... del
cui nome si son fatto scudo molti e molti per dire cose assai diverse, nonché
tra loro, da quello che fu lo spirito del filosofo meridionale”. 204. G.
GENTILE, Bertrando Spaventa, Firenze. Nuova presentazione del Discorso premesso
agli Scritti filosofici di S. (cfr. n. 96 = Opere). G. dichiara nella
prefazione di ristampare il saggio del 1900 “con nuove cure e parecchie
aggiunte, ma senza mutare una linea a quello che una volta dissi, o sapevo
dire” (p. 9 = Opere, I, p. 7). L'aggiunta piè rilevante è costituita da un
nuovo capitolo (Contro la nuova corruzione italiana, = Opere), costruito con la riproduzione di
una lettera di S. a De Meis, e di due lettere dello stesso De Meis a S.: tre
denunce amare — e, a giudizio di G. ( = Opere), parziali — del “positivismo”
ormai imperante nella vita politica italiana, dopo l’avvento della Sinistra al
potere. Va segnalata inoltre, nell’Appendice (= Opere), la pubblicazione —
sotto il titolo Le tribolazioni di B. S. giornalista —di documenti relativi
alla collaborazione di S. alla “Rivista contemporanea” (una lettera a De Meis
del 23 febbraio 1856, un promemoria di S., una lettera a S. di L. Chiala,
infine la ristampa dell’articolo di S. La Civiltà cattolica e la Rivista
contemporanea, apparso sul “Piemonte” del 16 gennaio 1856; su queste
“tribolazioni” di S. giornalista vanno confrontate ora le integrazioni e
precisazioni di S. Landucci, De Sanctis e Tommaseo. Lettere inedite,
“Belfagor”); e, sotto il titolo B.S. e l’Accaderzia di filosofia italica, la
pubblicazione di due lettere di Mamiani a S., e di due lettere di S. a Mamiani.
La Bibliografia degli scritti di B. S., accresciuta e corretta. Le “nuove cure”
e le aggiunte minori (o le variazioni introdotte nel testo del 1900) sono
dovute alla pubblicazione di nuovi documenti (come le Ricerche e documenti
desanctisiani [cfr. n. 130] di Croce), e alla scoperta dei nuovi testi
spaventiani editi dallo stesso G. tra il 1900 e il 1920 (il Framziento inedito
sulla dialettica, l’Introduzione alla critica della psicologia empirica, ecc.).
Così, si legge ora che la teoria della “circolazione” del pensiero italiano è
“uno dei maggiori titoli scientifici del nostro filosofo” (p. 63, e cfr. p. 102
= Opere) e non più, senz'altro, il maggiore (com’era detto nel testo); appare
modificato il giudizio sulle Prize categorie (tentativo di soluzione, rispetto
al Framzzzento); e così via. Degna di rilievo è infine la prefazione della
monografia (= Opere; per la ripresa dell’accostamento S.-De Sanctis (già
sottolineato nella prefazione a Da Socrate a Hegel), che si specifica ora nel
senso di una preminenza del primo sul secondo (“lo Spaventa, dalla parte sua,
ridusse a concetto filosofico quello che in De Sanctis fu intuito largo,
comprensivo, luminoso, ma non sempre coerente e fermo”); perle riserve
mantenute a proposito della teoria della “circolazione” (cfr. allora i rilievi
nelle Origini della filosofia contemporanea in Italia: n. 193; e, prima ancora,
i rilievi della prefazione a La filosofia italiana); per il compiacimento, infine,
con cui G. può annunciare, dopo venti anni, il “successo” della lezione
spaventiana. PICCOLI, Storia della filosofia italiana, Torino. Su S. cfr. in
particolare alcune pagine del ventisettesimo capitolo (La lotta delle
tendenze.). Malgrado alcuni riconoscimenti parziali, è respinta la
ricostruzione spaventiana della storia della nostra filosofia, il cui carattere
fondamentale va ritrovato, afferma l’a., nell’ “esigenza di un
trascendentalismo che è, necessariamente, antihegeliano” (p. 282). Il nome di
S. è ricordato nel primo capitolo (La tradizione filosofica nazionale); anche
qui si leggono analoghi rilievi, che interessano soltanto come documento della
più ampia discussione sul problema della tradizione del pensiero italiano.
CROCE, Documenti di vita italiana. V. Silvio Spaventa, in “La Critica. È la
prefazione di C. alle Lettere politiche di S. Spaventa, a cura di G. Castellano.
LICITRA, La storiografia idealistica. Dal “programma” di B. Spaventa alla
scuola di G. Gentile, Roma. Nel primo capitolo (I/ programma di Bertrando S.),
la. ribadisce che lo schema delle lezioni napoletane di S. è ancora valido come
“programma di tutta l’attività storiografica e filosofica del nostro secolo”
(p. 26); si tratta tuttavia di uno schema, che nasconde in forma contratta i
suoi possibili sviluppi. Si veda allora il terzo capitolo (La filosofia
italiana attraverso gli studi di Gentile), in cui si mostra come Gentile abbia
ZII portato a compimento il disegno del maestro, superandone le residue
incertezze (e, per l'impostazione teorica del discorso dell’a., cfr. il quinto
capitolo, Criteri storiografici dell’idealismo assoluto. SAITTA, Bertrando
Spaventa, in “Il Giornale della cultura italiana” [Bologna]. Scritto dopo la
pubblicazione della monografia gentiliana, l’articolo mette in rilievo la
solidità e la “serietà” del pensiero di S., e l'attualità delle opere del
filosofo meridionale. GENTILE, Una notizia biografica di B. Spaventa, in
“Giornale critico della filosofia italiana, Cfr. RUSSO, Francesco De Sanctis e
la cultura napoletana, Venezia. Lavoro fondamentale per la ricostruzione
dell'ambiente, degli schieramenti, delle polemiche, delle varie relazioni —
scontri, alleanze— tra le diverse “culture” che si incontrano nello sviluppo
della cultura nazionale italiana. Dell’opera viene qui seguita la terza
edizione, Firenze. Sono da vedere le pagine della prefazione alla seconda
edizione — qui riprodotte, pp. XI-XIV — dove sono indicati i motivi ispiratori
e le conclusioni generali della ricerca, in termini suggestivi e ancora stimolanti
(De Sanctis riformatore “di uomini, cioè di indirizzi mentali e spirituali”;
con lui la “cultura dell’Italia in esilio”, maturatasi, trionfa a Napoli;
collocazione della cultura napoletana nella geografia culturale d’Italia;
contributo di Napoli alla formazione di una “cultura nazionale”; ragioni del
successo della cultura vichiana napoletana nel Novecento; ecc.). Nel primo
capitolo (La decadenza dell’Università borbonica e la riforma del De Sanctis),
alle pp. 30 sgg., sono rievocate le sommosse studentesche contro la nuova
università, che toccarono da vicino lo S. Sul carattere dell’insegnamento e
sull’ “antiaccademismo filosofico” di S. si veda il capitolo La nuova cultura e
gli hegeliani; di seguito, alle pp. 202 sgg., è ripreso il tema dell’antitesi
Vera-S. Nel sesto capitolo (Gli scienziati e la reazione alla metafisica) è
ricostruita la polemica sulle psicopatie, tra il Tommasi e S. (accostati, poi:
l’ “unità scientifica” promossa da Tommasi “poteva dirsi analoga a quell’altra
che lo Spaventa realizzava nel campo della filosofia”). S., De Sanctis, De Meis
sono riavvicinati fra loro, pp. 197 sg. (nel capitolo: La cultura
extrauniversitaria), in virtù del più avveduto e critico “positivismo” (“essi,
che agli ebbri gerarchi del nuovo movimento, parevano già filosofi
oltrepassati, ‘metafisici estetici’, ‘idealisti’, forse restavano ancora i più
illuminati veggenti e teorizzatori e interpreti della nuova filosofia, maestri
che, nella coscienza dei limiti di quella, precorrevano già alla sua correzione
e al suo svolgimento”); dopo aver ricordato i difficili rapporti degli
hegeliani con il “transfuga dell’idealismo”, P. Villari (pp. 214 sgg.), sono
ribadite da R. le ragioni “morali” dell’avversione (condivisa dall’a..) di S.
al “facile” positivismo, alleato ai paolotti (pp. 217 sgg.). Il capitolo ottavo
(Conflitti tra il vecchio e il nuovo) è in gran parte dedicato alla battaglia
degli hegeliani contro V. Fornari, e alle polemiche con F. Acri. I capitoli
nono (Polerziche politiche), decimo (Silvio Spaventa e il liberalismo di
Destra), undicesimo (L'educazione nazionale e il pensiero dei napoletani) e
dodicesimo (I/ De Sanctis educatore politico) sono dedicati alla ricostruzione
delle posizioni assunte dagli esponenti della cultura napoletana sul terreno
dei conflitti etico-politici; sono pagine che tendono a concludersi con un
elogio di quella “medietas” politica che De Sanctis seppe dimostrare, e il cui
senso mancò agli altri hegeliani, fatta eccezione per Silvio S. (“il solo
napoletano che possa stare accanto a De Sanctis” per l’ampiezza delle vedute
politiche). Silvio S. è del resto salvato dall’accusa di statolatria, e lodato
(come fece già Croce) per la sua battaglia intesa “a frenare l'eccessiva
ingerenza autoritaria dello stato. Sul De Meis, e su B. S., per le opinioni
espresse da loro sul tema dell'educazione religiosa e del rapporto dello stato
con la chiesa, cade un pesante giudizio di “astrattezza” e un’accusa di
“confusione”. S. “dialettizzava le relazioni tra la chiesa e lo stato, come
fossero due concetti puri, e si trattava invece di due istituzioni storiche; e
la separazione giuridica egli interpretava come separazione dialettica.. S. non
vedeva “il pericolo dello stato etico” da lui teorizzato: “intesa la dottrina
dello stato etico, come s'intende per lo più, come uno stato che dirige, che
insegna, che moralizza, che ordina culti, avremmo uno stato pedantesco e
autoritario e, in fatto di religione, avremmo lo stato teologo, lo stato
calvinista, o, per rimanere nell’ambito della tradizione italiana, una specie
di potere temporale, in laico ammanto” (e mazziniani, democratici e
neoriformatori avrebbero ragione di considerare loro maestri lo S. e il Meis).
Il “senso etico” nello stato moderno appare meglio salvaguardato dai politici
che adottarono la formula cavouriana, intuendo (come intuì Silvio S.) che “la
migliore soluzione del conflitto” era la “perpetuazione del conflitto stesso”,
garanzia a un tempo della libertà religiosa e della libertà di pensiero. Il
nome di S. torna ancora nelle pagine conclusive (Napoli e la cultura nazionale,
che riassumono i caratteri generali della cultura napoletana, “lontana e comune
genitrice della nostra presente cultura nazionale. E vi torna in ogni
paragrafo: sia che si tratti di ribadire la “tendenza antiletteraria e
antiaccademica” di quellacultura(tendenza condivisa da S. nella sua concezione
della filosofia come “consapevolezza”, “riflessione di vita”); sia che si
tratti di sottolinearne l'esigenza “cosmopolitica” (ma in senso nuovo, e
moderno; la scienza e la filosofia diventano veramente nazionali “per la
mediazione di una coscienza europea”) o la “tendenza critica e razionalistica”;
sia che si tratti infine di lodare 1’ “antiteocratismo” dei vecchi maestri —
fondato su una nuova fede religiosa, immanentistica — o il loro “animus
critico” (come “senso storico dei problemi”: la “riforma del sistema hegeliano
avviene allora più che per trasmutati sillogismi, per energica espressione
della sua sostanza storica). Tra le recensioni, si ricorda qui quella di A. Omodeo,
in “La Critica” ristampata in A. O., Difesa dei Risorgimento, Torino). Omodeo
raccoglie e ripete le obbiezioni allo “stato etico”, che può rovesciarsi in
stato autoritario; la moralità è, kantianamente, “forma”, che vive nella
coscienza dell’individuo. MAZZANTINI, Lo begelismo in Italia, in Hegel nel
centenario della sua morte, supplemento speciale della “Rivista di filosofia
neoscolastica”, Nello sviluppo interno del pensiero di S. è prefigurato
l’intero svolgimento dell’hegelismo in Italia; di quel movimento che, nato con
un orientamento umanistico- storicistico, sembra destinato a rovesciarsi in un
positivismo integrale. Come attestano i più recenti sviluppi del neohegelismo:
malgrado le resistenze dei maestri (di Croce, con la sua distinzione di teoria
e pratica, e di Gentile, con la distinzione di io empirico e io
trascendentale), gli ultimi seguaci della dottrina tendono verso un fenomenismo
puro o assoluto positivismo. A S. sono dedicate specialmente le pp. M. richiama
i motivi centrali del suo pensiero (la storia della filosofia italiana — che
viene respinta, soprattutto l’interpretazione di Rosmini —, la dottrina svolta
nelle Prizzze categorie, ecc.), e pone in rilievo la naturale convergenza dell’
“umanismo” di S. col positivismo. S. sperò di poter costruire un “positivismo
idealistico assoluto su basi hegeliane”; ma ci sono, per l’a., antitesi
inconciliabili tra idealismo e positivismo, anche se appaiono facili e
suggestive certe concordanze (carattere “mondano” del filosofare, ecc.). 211 bis.
D. CANTIMORI, Sulla storia del concetto di Rinascimento, in “Annali della
Scuola Normale Superiore di Pisa”, Su S. vedi in particolare il paragrafo sesto
(La circolazione del pensiero italiano e l’importanza del Rinascimento per la
filosofia europea); e per un raffronto col De Sanctis, il paragrafo successivo.
Scrive l’a. che per S. la filosofia del Rinascimento “non è soltanto | ‘aurora’
della Riforma religiosa, vero sole meridiano della civiltà e della filosofia,
ma costituisce di per sé la ‘riforma filosofica. L’unilateralità schematica e
sistematica dello 2538 Hegel e del Brucker è superata. La valutazione positiva
della Riforma infatti è mantenuta, in quanto il Rinascimento acquista il suo
valore dal paragone con essa, edèconsiderato come un altro aspetto storico di
quella ‘rivoluzione degli spiriti’, che si manifestò come protesta e come
Riforma in altri paesi. Così il concetto di ‘Riforma’ è allargato, ed il suo
valore non è più derivato dalla sua significazione per la storia ecclesiastica,
ma dalla sua importanza per la storia del pensiero. Anche se permangono qua e
là, in S., suggestioni hegeliane (il Rinascimento come “germe indistinto e
incosciente”, “torbido e inconsapevole”), il filosofo italiano ha colto, meglio
di Hegel, l'intimo nesso di riforma religiosa e rivoluzione filosofica; nella
storia della filosofia il pensiero del Rinascimento è “equivalente” — e non
“subordinato” — alla Riforma: due aspetti di un'unica “rivoluzione spirituale”.
Nello stesso paragrafo, utili indicazioni sui riflessi di questa prospettiva e
“scoperta” spaventiana nella teoria della “circolazione”, e in tutta la
ricostruzione storica del pensiero italiano elaborata dall’hegeliano di Napoli.
GUASTALLA, Gioberti nella critica di B. Spaventa, in “Archivio di storia della
filosofia italiana”. Ricostruisce con accuratezza i termini in cui si esprime
la critica di S. alla filosofia di Gioberti. Si tratta della nota
interpretazione che, dopo aver denunciato la contraddizione tra il principio o
contenuto (lo spirito) e la forma o metodo (l’intuito) della metafisica
giobertiana, ritrova, nelle Postume, i germi del superamento idealistico del
dualismo di ente e esistente, Dio e mondo. A questa interpretazione vengono
mossi dall’autrice due rilievi. In primo luogo, S. sopravvaluta le opere
postume, che sono un complesso di appunti frammentari, di materiali
disorganici. In secondo luogo S., chiuso come è in una sua “visione unitaria” e
semplificatrice dei problemi, perde di vistatutta la ricchezza e la vitalità di
quel dualismo, che è certo presente in Gioberti. “Lo Spaventa non intende ‘il
fuori’ dello spirito umano, e gli sfugge quell’elemento che si oppone allo
schematico dottrinarismo ed è senso naturale e spontaneo, per cui l’Uno si
moltiplica ed ha due lati, l'oscuro e sovrintelligibile ed il chiaro e
intelligibile: quello oggetto di fede; questo, di ragione. L’idealismo di
Gioberti non ha mai abbandonato del tutto “il suo carattere
ontologico-obbiettivo”, il riferimento all’essere immutabile, “principio
fondamentale del teismo, base della distinzione sostanziale di Dio e mondo”. Il
motivo profondo che si esprime nella doppia formula giobertiana è
l'affermazione del valore e della necessità dell'’immanentismo e del
trascendentismo, al di là di ogni tentativo di concludere per la sola
trascendenza o per la sola immanenza. CARAMELLA, Urnzversalità e nazionalità
nella storia della filosofia italiana, in S. C., Senso comune, teoria e
pratica, Bari. Il saggio era stato già pubblicato negli “Annali dell’Istituto
superiore di Magistero di Messina. La teoria della “circolazione” è viziata
dalla “concezionedella storia della filosofia come concatenazione dialettica di
sistemi fondati sul problema della conoscenza e come derivazione di essi e dei
loro problemi l’uno dall’altro”. L’a. si dimostra molto sobrio nel porre in
rilievo le forzature e gli squilibri cui il disegno storiografico di S. ha dato
luogo, e preoccupato piuttosto di sottolineare la necessità, che da 2540 quella
critica risulta, di allargare le maglie dello schema spaventiano, tra l’altro
rinsanguando la storiografia filosofica con quella politica e culturale; il che
consentirebbe di presentare in forma nuova il problema spaventiano del rapporto
di nazionalità e filosofia, e di prospettare una più ampia continuità tra
Rinascimento e Risorgimento, individuando i caratteri distintivi della
tradizione italiana nella storia del pensiero europeo (umanismo e laicismo, ma
non antiteologismo, cioè conciliazione, “nel contrasto”, di filosofia e
religione; storicismo, coscienza dei valori storici, piuttosto che scientismo,
ecc. GENTILE, Hegel e il pensiero italiano, in “Leonardo”; e in Verbandlungen
des dritten Hegelkongresses in Rom, a cura di B. Wigersma, Tùbingen-Haarlem
1934, pp. 9-20. È il discorso inaugurale del terzo congresso hegeliano (Roma);
vedilo anche ristampato in G. G., Merzorie italiane e problemi della filosofia
e della vita, Firenze. L’a. vuol chiarire in che senso noi italiani siamo
hegeliani, “a modo nostro”. E si appoggia alla ricostruzione storica fatta da
S. nelle lezioni napoletane del 1861 (la “prima storia della filosofia
italiana”), ne ripete le grandi linee, e loda la scoperta di Vico, e la nuova
concezione della dialettica introdotta da S. Interessante la presentazione del
parallelo S. — De Sanctis, che offre alcune varianti rispetto a precedenti
formulazioni del G. “Entrambi hegeliani, sebbene il De Sanctis, ingegno più
geniale e robusto, dopo i primi passi si muovesse poi sempre con maggiore
originalità e franchezza; ma entrambi sollevati dallo studio di Hegel al concetto
della 2541 vita, che fu il nerbo di tutto il loro pensiero. Uno scritto inedito
di Bertrando Spaventa sul problema della cognizione e in generale dello spirito
(1858), a cura di ALDERISIO, in “Rendiconti dell’Accademia dei Lincei. Classe
di scienze morali, storiche e filologiche. Cfr. BARTOLOMEI, Bertrando S., in
“Acta Pontificiae Academiae Romanae S. Thomae. Per S. l’uomo “è l’assoluto,
l’unico e vero spirito, miscuglio d’eternità e di tempo, d’istantaneo e di
successivo, d’intuito e di discorso. È questo il cavallo di battaglia di tutti
i panteisti, ma anche il lato debole del loro sistema” (p. 100). Il lato debole
consiste nell’ “accozzaglia di attributi contraddittori” (finito-infinito, atto
potenziale-atto puro, ecc.). Gliidealisti moderni propongono, sia pure in forma
rinnovata, gli stessi argomenti già in uso presso i neoplatonici, presso i
panteisti indiani ecc.; e cadono sotto le stesse obbiezioni e la stessa
condanna. Alle pp. 105 segg., si legge una critica di S. storico della filosofia.
217. S. CONTRI, Per una nuova interpretazione della storia dell’hegelianesimo
in Italia, in “Sophia”. L’a, ricerca le ragioni, storiche e no,
dell’atteggiamento 2542 negativo assunto dal neoidealismo italiano nei
confronti del problema della costituzione della scienza, per confortare una sua
tesi, qui accennata, che concilia e accorda la scienza con la filosofia (i. e.
con la metafisica aristotelico-tomistica). In Hegel il problema si presenta
come difficoltà del rapporto fenomenologia-logica; di fronte alla soluzione
“arbitraria”, “dogmatica” dell’Hegel della maturità (autofondazione della
logica o metafisica), S. scelse una posizione di “centro”, quella per cui si
cerca di dimostrare la derivazione della logica dalla fenomenologia, ovvero la
“coordinazione in ordine sistematico di gnoseologia e metafisica”. Ma
l'esigenza rimase insoddisfatta (Logica e metafisica è una mera ripetizione
della logica di Hegel). Gli epigoni imboccarono la strada della “sinistra”:
“soppressione della logica a profittodella gnoseologia” (mentre la
“destra”insiste nella presentazione “dommatica” della logica). Se è vero lo
schema, l’a. spera di aver indicato “il senso di una nuova linea
d’interpretazione della storia delle correnti idealiste in Italia. GENTILE,
Bertrando Spaventa nel primo cinquantenario della sua morte, in “Annali della
Scuola Normale Superiore di Pisa. È il testo di un discorso letto nell'aula
magna dell’Università di Torino (vedilo
anche in G. G., Memorie italiane e problemi della filosofia e della vita,
Firenze. Il discorso ripropone e chiarisce i “concetti originali” introdotti
dallo S. nella filosofia italiana: la teoria della “circolazione del pensiero”,
la riforma della dialettica hegeliana e il nuovo concetto dell'esperienza come
“esperienza attiva”, raggiunto attraverso il superamento del positivismo e
dell’empirismo e naturalismo posthegeliani. GUASTALLA, La fortuna di Bertrando
Spaventa nell’idealismo attualistico, in “Archivio di storia della filosofia
italiana”, Richiama i temi e i motivi che giustificano lo sviluppo della linea:
Hegel-Spaventa-Jaja-Gentile. Ma l’autrice vuole soprattutto mostrare la
necessità di abbandonare l’idealismo mistico o dogmatico per riguadagnare il
senso di una problematicità più ricca e articolata (l’a. sembra rifarsi ad alcune
indicazioni di A. Banfi, del quale v. l’articolo Lineamenti della tradizione
speculativa italiana, in “Archivio di storia della filosofia italiana. La
lettura attenta e diretta delle opere dello Hegel ci mette di fronte ad una
implicita problematicità del reale, che scompare del tutto nello Hegel dello
Spaventa, ma è appunto a quella implicita problematicità dello Hegelchedobbiamo
volgere l’occhio attento. PASTORE, Sulla “Parentesi” inedita di Bertrando
Spaventa, in “Archivio di storia della filosofia italiana; e in A. P., Scritti
di varia filosofia, Milano. A proposito della recente pubblicazione della
“parentesi” [cfr. Le riflessioni spaventiane del ‘58, posteriori alla prima
edizione della Protologia, costituiscono il primo documento fondamentale della scoperta
del vero Gioberti da parte di S. Ma questa scoperta, secondo P., si deve
interpretare nel senso che fu proprio la Protologia ad 2544 “aprire la nuova
via ai pensiero di Spaventa, destandolo dal suo anti-giobertismo che era un
equivoco e sostanzialmente portandolo a prendere maggiore e migliore notizia di
sé”. L’a. rivendica la necessità di guardare al pensiero giobertiano come a un
tutto unitario; non ci sono due Gioberti, il vecchio, e quello delle Postuzze,
ma uno solo: ed è quello che S. cominciò a scoprire nel 1858, scoprendo se
stesso. ALDERISIO, L'esigenza realistica nell’idealismo di B. Spaventa, in
“Archivio di storia della filosofia italiana. L’autore riprende e sviluppa
alcuni temi, da lui già introdotti nella presentazione della Parentesi, e che
ora vengono approfonditi attraverso l'esame delle ultime opere di S.,
soprattutto l’Introduzione alla critica della psicologia empirica e Esperienza
e metafisica [94]. Nei suoi ultimi lavori, S. si domanda in che senso il
pensiero possa ammettersi come causa delle cose. E la risposta è complessa: ci
sono per S. “due fasi dell’essere (le mezze cose, e la vera realtà attinta
dall’essere rel pensiero e co/ pensiero)”; e c'è anche “un duplice porre la
realtà da parte del pensiero (prima inconsapevole enaturaleepoicosciente:
sintesi apriori primitiva e sintesi secondaria. L’attualismo ha avuto il torto
di assolutizzare — peccando così di unilateralità — l’ “esatto e
importantissimo senso spirituale e idealistico” della soluzione spaventiana;
amputandola della affermazione realistica, del riconoscimento della realtà
delle “cose”, che S. non avrebbe mai negato, perché riteneva di non poter
sacrificare “la innegabile diversità della realtà (il che di essa) dal
pensiero”, da quel pensiero che ne ricerca e afferma il cos'è, e che in tal
modo trae il reale alla sua verità. S., secondo Alderisio, sarebbe più vicino a
Hegel di quanto non faccia pensare la lettura gentiliana: questa convinzione
verrà ribadita dall’a. in un più ampio lavoro del 1940 [232] nel quale è
ristampato anche il presente articolo. FIORENTINO, Ritratti storici e saggi
critici, raccolti da Giovanni Gentile, Firenze. Cfr. BRUERS, Pensatori antichi
e moderni, Roma. Contiene la ristampa di uno scritto nel quale si contesta la
soluzione data da S. al problema della nazionalità della filosofia. Il “genio
italiano”, dichiara B., è “sintetico”, ed ha una “tradizione specifica” che si
esprime nella “formula” del “trascendentalismo”; nell’affermazione cioè della
trascendenza come “legame potenziatore di tutte le dottrine e attività umane. ALDERISIO,
Revisioni e orientamenti idealistici, in “Archivio di storia della filosofia
italiana. Sono i primi due capitoli di un lavoro, che l’a. continuò a
pubblicare nella stessa rivista, e che ristampò poi in un volume del 1940:
l’Esazze della riforma attualistica dell’idealismo in rapporto a S. e a Hegel. CARABELLESE,
L’idealismo italiano. Saggio 2546 storico-critico, Napoli; Roma. Tesi centrale
del saggio: l’Italia “ha una sua originalità speculativa”, che si manifesta
soprattutto nel nostro “idealismo storico”; si tratta di un idealismo
“oggettivo” (affermazione dell’ “immanenza dell’Oggetto vero nei soggetti
certi”), che si deve distinguere e opporre all’idealismo soggettivo, così come
è lecito distinguere e opporre, storicamente, il Rinascimento alla Riforma e
Rosmini a Fichte e a Hegel. Per S. va tenuto presente, allora, il capitolo
sesto (Caratteri dell’idealismo storico italiano) e, in particolare, il
paragrafo: L’idealismo italiano nella filosofia europea: inversione e
integrazione delle tesi di Spaventa. S. ha voluto dimostrare il carattere
europeo della filosofia italiana, e si trattava di fare proprio il contrario,
di commisurare la filosofia straniera a quellaitaliana; di affermare la
“vitalità” del nostro pensiero nel pensiero filosofico moderno, non la
“circolazione” del pensiero italiano in quello tedesco. Annotazioni particolari
contro S.: non è vero che dalla Controriforma in poi non ci sia stata libertà
filosofica in Italia), a (S. e Gentile
hanno costruito una interpretazione sbagliata di Vico: il vero Vico sta nel De
antiquissima), (sul rapporto
S.-Gentile-Croce: nei primi due è presente almeno l’esigenza dell’oggettività,
a Croce sfugge persino il senso del problema), sul rapporto S.-Gentile; per C.
tra i due filosofi c'è una linea di sviluppo perfettamente coerente). DONATI,
L'insegnamento della Filosofia del diritto e l’attività didattica di Bertrando
Spaventa alla Università di Modena, in “Rivista internazionale di filosofia del
diritto. L'articolo è, in gran parte, frutto di ricerche di archivio. Sono
raccolti qui e illustrati i dati relativi al conferimento, a S., della cattedra
di Filosofia del diritto nell’università di Modena, al programma del corso e
all’attività didattica del filosofo, al suo trasferimento a Bologna e
all’insegnamento “interinale” a Modena, in relazione alla nomina del fratello
Silvio. Importante l’analisi del discorso, e il rilievo della sua autonomia
rispetto alle altre prolusioni di S.: il discorso di Modena è il tentativo di
costruire e di sostituire la “biografia della nazione” a quella delle grandi
personalità. PELLEGRINI, Nazionalità e universalità della filosofia nel
pensiero di B. Spaventa, Firenze 1938, pp. 45. Due modi di intendere lo
svolgimento storico della filosofia: Hegel e Vico. “In Hegel, la preoccupazione
che nella sua filosofia sistematica si esprime col concetto dello spirito
obbiettivo dà luogo alla tipizzazione di gradi o momenti o atteggiamenti dello
spirito in singole e diverse nazioni. Nel Vico la sistematicità delle forme
acquista una sua concretezza nella vita di ciascun popolo. Nel concetto della
“circolazione” del pensiero S. fa rivivere la prospettiva vichiana, che sola
offre la possibilità di conciliare
l’universalità della filosofia con la sua “nazionalità”. Ma in S. è
presente anche (per motivi polemici, e di “accondiscendenza storica”, p. 45) la
visione hegeliana; e i due motivi non giungono a fondersi. “In lui c’è la salda
preoccupazione di affermare l’elemento universale come costitutivo della
filosofia e, nello stesso tempo, lo sforzo di rendere giustizia alla esigenza
storicistica che è nel concetto, si potrebbe dire, nazionalistico della
filosofia. Non si può dire che agli abbia potuto dare la vera risoluzione del
problema, la quale avrebbe trasceso i limiti generali entro cui è contenuta
tutta la speculazione spaventiana. La vera risoluzione suppone una filosofia
dello spirito che faccia consapevolmente centro lo spirito come atto, e che in
questo veda il determinarsi delle forme che sono della storia effettiva” (p. 42
sg.). La “realtà” della nazione va cioè, attualisticamente, “dedotta” dal
pensiero, che solo può presentarla come “fatto necessario”. Sull’opuscolo v.
una nota del “Giornale critico della filosofia italiana, che richiama in breve
i termini della discussione del problema dal punto di vista dell’attualismo.
VIGORITA, Bertrando Spaventa, Napoli
Di22 Cfr. VIGORITA, Gerovesi, Galluppi, Spaventa, Napoli. A S. sono
dedicate le pp. 87-173. Lo scritto vuol soddisfare una duplice esigenza: a)
quella di “delineare lo svolgimento e illustrare le conclusioni” — “con maggior
chiarezza e ampiezza che non si sia fatto fin qui dagli studiosi del filosofo
abruzzese” — delle ricerche che condussero alla tesi della “circolazione”; b)
quella di mostrare che, se S. non giunse a dare unità sistematica al suo
pensiero, ci sono tuttavia nella sua opera “motivi originali” o “originalmente
elaborati” che sono ancora da mettere in luce (p. 134). Quanto al primo punto,
l’a. trascrive 2549 diligentemente dalle lezioni sulla filosofia italiana,
dagli studi su Bruno e Campanella. Per il secondo punto, riassume accuratamente
Logica e metafisica, le Prime categorie, il frammento sulla dialettica, i
Principi di etica. Ne vien fuori l’immagine di uno S. che non si discosta molto
da quello presentato da Gentile, sia nella valutazione della teoria della
“circolazione” (equilibrio di “universalismo” e “nazionalità”), sia nel
giudizio complessivo sull’hegelismo del filosofo napoletano. S. si mostra indipendente
da Hegel almeno in quattro punti: 1) rielaborazione in senso attuali neo della
dialettica hegeliana; 2) concetto dell’apriori come “attività immanente allo
spirito”, i. e. come “potenza umana”; 3) riconoscimento del valore
dell’attività pratica dello spirito nel costituirsi della conoscenza; 4)
risoluzione del dualismo di logica e fenomenologia sul piano di un «empirismo
assoluto”: l'identità di pensiero edessere non è meramente logica, ma “viene ad
identificarsi con lo stesso processo genetico della coscienza. Il testo di un
opuscolo di V. (Bertrando S., Napoli presenta in forma abbreviata il contenuto
dei primi tre paragrafi del saggio su S. pubblicato nel Gerovesi, Galluppi, S.
BECCARI, Nazionalità e circolazione della filosofia italiana, in “Atti della
Società italiana per il progresso delle scienze”, Cfr. MONTALTO, Carattere
nazionale della filosofia italiana nel pensiero filosofico di B. Spaventa, in
“Atti della Società italiana per il progresso delle scienze. È il testo di una
relazione presentata nella ventisettesima riunione della Società italiana per
il progresso delle scienze, Bologna. S. avrebbe scoperto che “il genio italico
è precursore’; l’a. sviluppa questa tesi riferendosi direttamente alla situazione
politica italiana del momento (qualche richiamo a S. anche nel libro di
Montalto L’intuizione e la verità di fatto, Roma, specialmente nel terzo
capitolo). Nello stesso fascicolo è pubblicata una relazione di A. Beccari
(Nazionalità e circolazione della filosofia italiana), nella quale si afferma
che S. non appare libero da pregiudizi universalistici, e dal “fanatismo per
gli oltremontani” (oggi “l’esperienza storica... ci ha abituati a rifiutare
simili intimità universali con nazioni con le quali preferiamo non
identificarci”). S. ebbe anche il torto di affermare che la religione cattolica
ha ostacolato il progresso del sapere. ALDERISIO, Esazze della riforma
attualistica dell’idealismo in rapporto a Spaventa e a Hegel, Todi; seconda
edizione accresciuta, Napoli. Nella prima edizione — che viene tenuta presente
qui — è ristampato il saggio del 1935: L'esigenza realistica.. L’a. si domanda
se S. sia soltanto un precorritore dell’attualismo, oppure se il suo pensiero
“possa e debba... essere rivendicato a se stesso”, come “riviviscenza” — non
come ripetizione — dell’hegelismo, del quale il filosofo corregge qualche
punto, ma intende tuttavia e fa suo e conserva “il motore dialettico. Quello di
S. è “il miglior punto di vista filosofico” guadagnato dal pensiero italiano;
ma venne frainteso, oltre che da Gentile e dai gentiliani, da Benedetto Croce, del
quale l’a. respinge i giudizi negativi (capitoli primo e secondo). Neppure gli
attualisti hanno colto l’esatto senso del rapporto S.-Gentile, e cioè il
carattere tutt'altro che lineare e pacifico dello “svolgimento” prospettato in
quel rapporto. Solo A. Carlini ne ha tentato una revisione, accentuando il peso
della trasformazione del pensiero di S. operata da Gentile, ma in un senso per
cui il nesso viene pur sempre riaffermato come passaggio “da attualismo ad
attualismo. L’analisi delle pagine dedicate da Gentile all’interpretazione di
S. conferma, secondo l’a., che ci fu un “rivolgimento del pensiero del
Gentile”, che rimane oscuro, ma che non è, in ogni caso, imputabile a S.,
proprio perché consiste nella trasformazione dell’originario idealismo
realistico, hegeliano e spaventiano, a cui Gentile rimane ancora fedele nel
discorso La rinascita dell’idealismo, in un idealismo empirico o
soggettivistico di stampo berkeleyano. Lo scritto di A. prosegue con un esame
della Interpretazione e critica del Gentile al dialettismo hegeliano delle
prime categorie; qui si osserva che il “pensare”, in S. e in Hegel, ha un
significato “cosmico, prespirituale e presoggettivo”, che Gentile volle poi
negare), passa allo studio della Interpretazione gentiliana del dialettismo del
Fischer (quarto capitolo, pp. 51 sgg.), poi alla discussione della
Interpretazione gentiliana del dialettismo di Bertrando S. L’a. osserva che Gentile ha “isolato” le
pagine di S. da lui analizzate nella Riforzza della dialettica hegeliana
sciogliendole dai testi ai quali sono di fatto ZIIR collegate, da Esperienga e
metafisica e dall’Introduzione alla critica della psicologia empirica, due
scritti nei quali risulta evidente l’esigenza realistica dell'autore. Segue un
capitolo sul Frazzzzento (capitolo sesto, pp. 80 sgg.). L'ultimo capitolo si
intitola: Senso e valore della memoria su le prime categorie. La
“dichiarazione” finale di Spaventa in Esperienzae metafisica. Nella
“dichiarazione finale” S. riesce a correggere il carattere soggettivistico
della soluzione, mostrando “una intelligenza acutissima ed una rielaborazione e
ripresentazione, insieme personale e fedele, del punto di vista della logica di
Hegel. Nell’epilogo, A. indica le prospettive che vengono aperte da questa
nuova interpretazione di S., che ne afferma il “real-idealismo”, e che lascia
prosperare tutta la ricchezza del pensiero del filosofo napoletano e di Hegel:
l'abbandono dell’equivoca critica alla tripartizione del sistema hegeliano, e
la ripresa o la rielaborazione di tutte le “categorie logiche, naturali,
spirituali” in funzione della possibile “fondazione razionale di una dottrina
tanto della filosofia che della scienza. Nella seconda edizione sono aggiunti:
un “discorso preliminare, nel quale l’a. ripercorre la storia dei suoi studi
spaventiani, e una “postilla” all’epilogo, che discute testi crociani. MEIS,
Ricordi di B. S., in “Giornale critico della filosofia italiana. GRILLI, The Nazionality of
Philosophy and Bertrando S., in “Journal of the History of Ideas. Contro le posteriori distorsioni
“ultranazionalistiche” dell'idea di filofia nazionale, l’a. avvia qui un
tentativo di chiarificazione, seguendo gli sviluppi del concetto di nazionalità
della filosofia nel pensiero italiano del Risorgimento, e, in particolare,
negli scritti di S. L'articolo riassume le posizioni dei protagonisti della
nota discussione (Mamiani, Gioberti, Rosmini, Vera, Silvio Spaventa
[riferendosi allo scritto del 1844, reso noto da Croce], Stanislao Gatti, e,
infine, Bertrando S.), dopo averne individuato i motivi ispiratori in Herder,
Fichte, Hegel (concetto di Vo/ksgeist e sua necessaria relazione al Weltgeist).
Una distinzione preliminare guida l’analisi dell’a.: quella che oppone le
vedute dei negatori della nazionalità della filosofia (“the universalists”,
Vera) alle ragioni dei nazionalisti di stampo giobertiano, e che da entrambe
dissocia “the cosmopolitan view”, affermazione della “traducibilità” delle idee
pur nel riconoscimento della varietà della loro applicazione nei diversi paesi.
L’a. ripercorre le fasi della formazione del pensiero di S. sull'argomento,
soffermandosi sulla prolusione bolognese e, soprattutto, sulle prime lezioni
napoletane. Il filosofo, sottolinea G., non fa cadere l’accento sulle
differenze delle filosofie nazionali, ma cerca di individuare “la speciale
funzione assegnata a ciascuna di esse nel contesto del pensiero europeo: la via
di S. è quella del cosmopolitismo. “From the national to the international and back again
— in the resolution of this dialectical antithesis — Spaventa, the Hegelian,
sees the development of philosophy”. Era una prospettiva destinata al successo, efficace; al di là dei limiti
in cui si restringe il programma di Mamiani, al di là dell’ “esagerato”
patriottismo di Gioberti e della “sterilità” di Rosmini, S. “dared to propose a
clear-cut program of thoroughgoing reorganization for the future of philosophic
studies in Italy. E nella linea indicata da questo programma si muoveranno
Gentile e Croce, consapevoli degli errori di un vacuo universalismo, ma anche
della necessità di partecipare al più largo moto della filosofia mondiale. MUELLER, La pensée
contemporaine en Italie et l’influence de Hegel, Ginevra. La prima parte del libro (La tradition hegélienne en
Italie è dedicata agli hegeliani dell'Ottocento (S., Vera, De Sanctis,
Labriola). La seconda e la terza parte, rispettivamente, a Croce e a Gentile;
l’ultima (Philosopbie et culture en Italie) alle scuole di Croce e Gentile, e
alle relazioni del neoidealismo con la vita politica e sociale italiana. Su S.
si vedano in particolare i capitoli primo (La philosophie è Naples et le
Risorgimento), secondo (B. S. interprète de la philosophie italienne, e terzo
(S. contre le posttivisme) della parte prima; che contengono, nell’ordine, una
rapida presentazione del filosofo e delle sue vicende, una esposizione delle
tesi de La filosofia italiana (che l’a. non intende discutere singolarmente e
in modo specifico), e finalmente un riassunto degli studi sulla dialettica
hegeliana; qui l’a. consente nel giudicare la soluzione di S. come
una“véritableébauche” dell’attualismo. Le opere di S. sono il frutto di uno
spirito critico, più che di un pensiero veramente costruttivo; l'originalità
del filosofo si manifesta soprattutto nella 2399 ricostruzione della storia
della filosofia italiana. A distanza di anni, S. ci appare come un vero
precursore, il cui programma risulta pienamente giustificato e confermato dalla
rinascita e dal successo del nuovo idealismo, nei primi anni del nostro secolo.
SCIACCA, La filosofia italiana, Milano 1941, pp. 150. Cfr. in particolare i
capitoli secondo (La filosofia italiana secondo B. Spaventa e G. Gentile) e
terzo (Critica della tesi Spaventa-Gentile), pp. 9-37. Per l’a. “non bisogna commisurare
la filosofia italiana a quella europea, ma la filosofia europea a quella
italiana, perché siano messi in luce e fissati nei loro momenti inconfondibili
e precisi il carattere e il valore del nostro pensiero, la perenne e potente
vitalità di esso entro il pensiero filosofico europeo” -- è discussa la tesi di
P. Carabellese. Il rifiuto degli schemi artificiosi di S. (e di Gentile) e il
rilievo dell’antitesii tradizione italiana (anti immanentistica, cristiana) —
idealismo tedesco, acquistano un significato più specifico nelle pagine
dedicate dall’a, a Rosmini (cfr. p. es.: La filosofia morale di A. Rosmini,
Roma 1938, pp. 165; Antonio Rostrini nella storiografia italiana, in AA. V V.,,
Studi rosminiani, Milano), che respingono l’interpretazione soggettivistica
sostenuta da S.- Gentile. Cfr. anche n. ALLINEY, I pensatori della seconda metà
del secolo XIX, Milano 1942, pp. 423. Nel capitolo terzo (GL hegeliani) della
seconda parte (Gt oncologi) sono dedicati a S. (e al rapporto S.-Gentile) tre
paragrafi. Il paragrafo settimo (Bertrando Spaventa) espone gli studi del
filosofo napoletano su Kant e sulla filosofia italiana, su Gioberti e sulle
prime categorie della logica di Hegel (i saggi sulla dialettica hegeliana
documentano, secondo l’a., la persistenza di un’oscillazione tra fichtismo
[dialettica del pensare] e hegelismo [“magia” del sistema]). L’ottavo paragrafo
(Spaventa e Gentile) richiama le difficoltà — per l’a., insuperabili — intorno
a cui si affaticano invano gli epigoni di Hegel: la “condanna” dell’idealismo
sta nella perdita dell’ “oggetto. Nel paragrafo nono (Urzanismo dello Spaventa)
è respinta la teoria della “circolazione” e, con essa, il giudizio per cui S.
riassumerebbe in sé tutta la problematica filosofica del secolo scorso; l’a.
richiama i tratti dell’ “umanismo” di S. (il suo crudo storicismo, la sua fede
immanentistica) e accentua il rilievo della sua vicinanza alle posizioni dei
positivisti. Collocata una bibliografia degli scritti di e su S., che non
aggiorna completamente la bibliografia gentiliana. BERTI], Materiali in
preparazione del centenario di Antonio Labriola, in “Stato operaio” [New York. L’a.
cominciò a pubblicare questi Mazerzali nel fascicolo di “Stato operaio” (la
stampa dei Materiali si arresta col numero del dicembre 1943). Qui sono
indicati i fascicoli in cui si discute di S., e del rapporto S.-De Sanctis e
S.-Labriola, in una prospettiva che anticipa il disegno dell’ampio studio
pubblicato dal B., 2091 nel 1954, sulla rivista “Società. BUCCELLATO, Di un
saggio sulla dottrina di Socrate di B. Spaventa, in “Sophia”, Analisi del
saggio pubblicato da S. a proposito delle Considerazioni sulla dottrina di
Socrate di G. M. Bertini [62]. L’a. sostiene che lo scritto di S. non fornisce
nessun contributo originale, giacché dipende direttamente e passivamente dalle
pagine di Hegel e, soprattutto, di Zeller (un accenno alla nessuna originalità
di S. storico della filosofia si trova nello stesso fascicolo di “Sophia”, in
un noto articolo di A. Tilgher sulle fonti dell’attualismo. GUZZO, Maturi,
Brescia. PAPA, La storiografia filosofica hegeliana in Italia nella seconda
metà del secolo XIX, in “Rivista di storia della filosofia” [in seguito:
“Rivista critica di storia della filosofia. Gli autori studiati nell’articolo
sono: S., F. Fiorentino, F. Tocco. All’interno della stessa scuola hegeliana si
è determinata una reazione ai canoni
storiografici dell’idealismo, con l’abbandono delle esigenze e preoccupazioni
speculative che caratterizzano la posizione di S., e con il maturarsi di una
“tendenza filologica” che affiora già in Fiorentino e appare ulteriormente
sviluppata da F. Tocco. CARAMELLA, La filosofia dello stato nel Risorgimento,
Napoli. Cfr. FAZIO ALLMAYER, La riforma della dialettica hegeliana, in
“Giornale critico della filosofia italiana. Cfr. GARIN, Storia dei generi
letterari italiani. La filosofia, Milano Cfr. RUGGIERO, Hegel, Bari. SCIACCA,
La filosofia nell'età del Risorgimento, Milano 1948; seconda edizione con il
titolo: Il pensiero italiano nell’età del Risorgimento, Milano. Su S. v. in
particolare le pp. L’a. Ripete i rilievi contro l’interpretazione “tendenziosa”
di Rosmini, di Gioberti, e, in generale, contro gli schemi della ricostruzione
della storia della filosofia italiana proposta da S. Acuta e sottile, ma
discutibile, è giudicata l’analisi spaventiana della sintesi apriori; incerta,
la riforma della dialettica tentata nelle Prize categorie [70]. Il filosofo
2999 continua a oscillare tra soluzione soggettivistica e soluzione realistica,
tra la riduzione della logica a psicologia e il riconoscimento dei diritti
della metafisica. BATTAGLIA, L'insegnamento di Bertrando Spaventa a Bologna, in
“Giornale critico della filosofia italiana. Chiarisce e precisa, in base a
documenti d’archivio, le vicende del passaggio di S. da Modena a Bologna, e
illustra la sua attività nell’ateneo bolognese; soffermandosi tra l’altro sulla
nota prolusione del 1860 [67], che nonfu letta, qui si dimostra come è stato
detto per una confusione col discorso proemiale alle lezioni di storia della
filosofia. GAETANO, Machiavelli e alcuni discepoli della scuola idealistica. La
politica e lo stato dei fratelli Spaventa, in “Italica” [The Quarterly Bulletin
of the American Association of Teachers of Italian, Menasha, Wisconsin. Si
vedano le pp., per un raffronto tra le teorie politiche di Bertrando S. e
quelle di Machiavelli, un autore mai discusso negli scritti del filosofo
meridionale. Le conclusioni si leggono a p. 218: “Quanto ai fini, non vi sono
divergenze per lo Spaventa e il Machiavelli. Entrambi vogliono uno Stato forte
e libero dal clero. I mezzi possono essere anche gli stessi, e Spaventa cerca
di giustificarli. Le disparità si riscontrano nel confrontare due concetti
diversi della verità, cioè il concetto della verità razionale dello Spaventa
col concetto della verità effettuale del Machiavelli”. FERGNANI, L’opera e
l'eredità di Bertrando Spaventa, in B. S., Polemiche coi gesuiti, Milano. Cfr.
n. 101. L'introduzione di Fergnani è divisa in due parti. Nella prima (La posizione
filosofica), l’autore indica la necessità di allargare l’ “angolo visuale
piuttosto ristretto” con cui Gentile guardò al filosofo hegeliano, lasciando
“in ombra” la relazione Spaventa-Labriola. S. ci appare sempre orientato verso
la “concretezza”, sia quando si tratti di cogliere il nesso di riflessione
teorica e situazione storica, sia quando si tratti di considerare lo sviluppo
storico della filosofia, o di impostare il problema del rapporto: filosofia
nazionale-filosofia europea. Tanto basterebbe per comprendere perché
“linsegnamento dello Spaventa sia entrato quale importante coefficiente nella
elaborazione del materialismo storico compiuta da Antonio Labriola”. Ma cisono
punti di contatto più specifici. Risentono della lezione spaventiana l’ispirazione
“strettamente monastica della concezione labriolana della storia”, le critiche
di Labriola a E. v. Hartmann e a Spencer, e ancora l'affermazione dell'identità
di lavoro e di storia, di teoria e prassi. Nella formulazione dell’identità di
“conoscere e fare, e nella critica dell’Assoluto trascendente che lascia fuori
di sé il relativo, sono, certo, i motivi più vitali dell’insegnamento dello
Spaventa passati nel Labriola e confluiti poi nel ripensamento gramsciano della
filosofia della prassi. Solo che S. sembra restaurare nell’ “al di qua” quella
trascendenza che la vecchia metafisica aveva collocato in un mondo
soprannaturale e sovrintelligibile: è questo il limite dell’ “immanentismo
idealistico” di S. Nella seconda parte (La concezione politica, l’autore
afferma la profonda unità e continuità tra opere teoriche e opere polemiche di
S., e il carattere progressivo della sua concezione dello stato e del rapporto
stato-chiesa, politica- filosofia. Per aver innestato “la concezione dello
stato etico nelle sue esperienze e convinzioni di liberale del Risorgimento
italiano, S. sembra anche in grado di superare i limiti
“burocratico-corporativi” della filosofiastatuale di Hegel. La dottrina della
eticità dello stato prospetta, naturalmente, una inversione mistificata del
rapporto società civile-stato; una inversione che va rovesciata e che sarà
rovesciata solo da un movimento “radicalmente innovatore”. Ma allora si
renderanno plausibili ed effettivamente operanti le istanze di immanentismo e
laicismo assoluto, di organicità ed unitarietà del convivere umano, che sono
implicite nella concezione degli S. Nelle ultime pagine, l’autore segnala la
profonda attualità delle polemiche spaventiane: oggi, dopo la “capitolazione
ideologica della borghesia”, la solidarietà dell'ordine borghese con la chiesa
cattolica può essere denunciata con le stesse accuse che S. rivolgeva contro la
collusione di ancien régime e gesuiti, di chiesa romana e movimenti reazionari.
ARFÈ, L’begelisno napoletano e Bertrando Spaventa, in “Società. Gentile ha
deformato la figura di S., lasciando sullo sfondo o travisando il ruolo svolto
dal filosofo nella cultura italiana del secolo scorso. La prospettiva
gentiliana va rovesciata: l’originalità del filosofo “non è grande”, la sua
opera teorica “di secondo piano”, ma importante è la battaglia
politico-culturale condotta dal vecchio hegeliano, che ebbe “alta e sicura fede
nella libertà”, fu animato da una “profonda religiosità laica”, e combatté per
l’affermazione di un ideale giacobino dello stato, concepito come strumento per
la realizzazione delle più moderne e progredite forme di vita sociale. “In
Spaventa le formulazioni teoriche restano confuse, ma gli atteggiamenti pratici
affermati con appassionata decisione. Se la posizione teorica di S. è ambigua,
lo è anche nel senso che poteva dar luogo a sviluppi diversi: Labriola fu
«spaventiano di sinistra. Gli hbegelianid’Italia. Vera, Spaventa, Jaja, Maturi,
Gentile, a cura di A. Guzzo e A. PLEBE, Torino Antologia di testi di Vera, S.
(pp. 39-72; da Logica e metafisica), Jaja, Maturi, Gentile. La scelta dei testi
è curata da A. Plebe, autore anche dei brevi profili di Vera, di S., di Jaja,
di Gentile. Guzzo ha firmato la presentazione di Maturi, la prefazione e la
prima parte dell’introduzione, conclusa da Plebe. Il volume è completato da una
rapida nota bibliografica. L’antologia è costruita con l’intento di mostrare i
tratti originali — e, complessivamente, poco “hegeliani” — dell’hegelismo
italiano dell'Ottocento, fino a Gentile. Guzzo ricorda una conferenza di
Gentile, “che purtroppo egli non scrisse” (cfr. l’introduzione alla raccolta La
filosofia italiana fra Ottocento e Novecento, scritti di Tarozzi, Alemanni,
Carlini, Marasca, Scatturin, Plebe, Torino; cfr. inoltre A. Guzzo,
Cinquant'anni di esperienga idealistica in Italia, Padova 1964, pp. 203: il
libro è utile anche per diversi accenni a S., e ai suoi rapporti con i
discepoli), e nella quale fu espressa forse la valutazione più serena di quei
pensatori, e della loro importanza per il pensiero italiano: “gli hegeliani
nell’ultimo ventennio dell’Ottocento raccolsero dai loro maestri e trasmisero
ai loro discepoli alcuni concetti delicati e difficili che, estranei alla
mentalità positivistica trionfante, sarebbero andati perduti se essi non li avessero
affermati così a lungo da riuscire a dar la mano ai giovani che contribuirono
alla rinascita dell’idealismo nel primo decennio del Novecento”. Tra questi
concetti, in primo luogo, quello del “trascendentale” (per igiudizidiGuzzo su
S.). Plebe individua due caratteri specifici dell’hegelismo italiano: “il
desiderio di studiare Hegel per ‘riformarlo’; l'interesse limitato ad alcuni
problemi, che fa sorgere un'immagine convenzionale di Hegel, propria degli
interpreti italiani; e cfr.: abbandono dei “grandi problemi della metafisica
hegeliana” — con qualche eccezione in Vera —, attenzione esclusiva per alcuni
temi della logica, ecc.). Con questo programma e con questa eredità si spiega
la scarsa o nessuna incidenza, nell’Italia del primo Novecento, degli studi di
Dilthey, di Lasson, ecc. Nella presentazione di S., Plebe accenna alla
discussione di alcuni temi (accettazione, da parte di S., dello schema: Kant-
Fichte-Schelling-Hegel; impianto fenomenologico- gnoseologico della logica,
ecc.) che sono sviluppati in uno scritto dello stesso anno. Plebe attira
l’attenzione del lettore su una caratteristica oscillazione del vecchio
maestro, che si presenta ora come riformatore, ora come ripetitore di Hegel; e
sottolinea il forte interesse di S. per il positivismo. Sui rapporti degli
hegeliani fra loro, sono da vedere in particolare le pp. 4 sg. (Vera e S.),
(Jaja più vicino al gnoseologismo spaventiano), (Gentile erede di S. e
dell’hegelismo italiano dell'Ottocento). Le pagine di Guzzo su Maturi ricordano
l’evoluzione del filosofo dal gnoseologismo spaventiano a un idealismo non del
tutto concorde con la lettura attualistica di S. e di Hegel. Su questo punto si
veda anche il volume di Guzzo Maturi, Brescia; in particolare dove è impostato
il problema del rapporto tra Maturi e S., nel quadro di un più ampio discorso
che chiama in causa Hegel e Vera, e che è svolto in funzione di una
“possibilità di sviluppo critico” del pensiero del Maturi. PLEBE, Bertrando
Spaventa a Torino, in “Filosofia. Spaventa a Napoli, in “Filosofia. Il saggio è
stato ripubblicato dall’a. nel volume Spaventa e Vera, Torino (aggiuntovi uno
studio su Vera, a cui si accenna più avanti); e nella raccolta: La filosofia
italiana fra Ottocento e Novecento. In queste pagine, P. ha voluto “delineare
la figura di Spaventa come hegeliano e come filosofo”, muovendosi al di fuori
dello “schema di derivazione” Hegel-S.-Gentile, “che è uno dei non pochi
preconcetti inesatti che ancora dominano la storia della filosofia. In base ai
risultati raggiunti dall’a., lo “schema di derivazione” appare meno
giustificato nella prima parte (l’hegelismo di S. è assai distante dalle
intenzioni e dai testi di Hegel) che nella seconda: motivi spaventiani passano
senz’altro in Gentile. Ma S. non sta tutto nel Frazzzento inedito, né si può
dire che Gentile “abbia ereditato lo spirito e l’anima di Spaventa. Spaventa fu
un logico, Gentile un’anima intimamente religiosa; Spaventa amava guardare il
positivo, mentre Gentile amava guardare lo spirito puro, e cfr.: Gentile
“preferirà ignorare” quegli aspetti del pensiero dell’ultimo S., che
documentano il suo orientamentoversouna forma di “idealismo positivo”, che
trovò la sua migliore espressione nell'opera di D. Jaja Sentire e pensare). Le
conclusioni di P. sono raggiunte attraverso vari confronti, spesso dettagliati,
di scritti di S. con pagine di Hegel, o con pagine di note esposizioni o
rielaborazioni del sistema hegeliano. Si tratta di raffronti operati
successivamente all’interno di diverse fasi di sviluppo del pensiero di S., e
che tendono pertanto a misurare la persistenza di alcuni fraintendimenti,
passati definitivamente nel disegno di un idealismo soggettivistico o
gnoseologistico, più fichtiano che hegeliano. Il saggio Bertrando Spaventa a
Torino si apre con un'analisi degli Studi. Dalla lettura della Vorrede della
Feromenologia (la sola opera di Hegel che, secondo P., il filosofo mostra di
conoscere direttamente, in questi anni) S. ricava già un’idea assai personale
delle intenzioni dell'autore: l’opera di Hegel sta tutta nella polemica
antikantiana e antischellinghiana della Vorrede, e la logicahegeliana è, o
sarà, un semplice sviluppo della fenomenologia. Le False accuse del 1851
documentano il persistere e il radicarsi di un’idea mai abbandonata da S.:
l’idea “della soggettività dell’essere logico hegeliano”; e registrano ancora,
come già gli Studi, l'accettazione convinta dello schema di derivazione:
Kant-Fichte-Schelling-Hegel. L'articolo su Schelling mostra un notevole
arricchimento delle letture spaventiane, e segna anche l’inizio di un
“caratteristico ondeggiamento per cui Spaventa, da una parte, vuol riformare
Hegel, dall’altra si mostra come suo docile e fedele espositore. In una
recensione, non segnalata da Gentile, S. manifesta la sua “fiducia illimitata”
in Gans e negli altri hegeliani tedeschi. Nello Hegel confutato da Rosmini, S.
appare ormai padrone della Scienza della logica edell’Erciclopedia, ma la
distinzione di Denken e Gedanke, da lui sostenuta, è ancora ispirata da
preoccupazioni gnoseologistiche che non possono trovare giustificazione in
Hegel. E il gnoseologismo di S. diventa sempre più dominante nella recensione
al Barni; “Sin da ora egli è convinto della continuità di sviluppo da Kant a
Hegel. Che questa sia un'idea molto suggestiva è dimostrato dal successo che
ebbe non solo in Italia, ma anche in Inghilterra, ad opera dello Stirling [The
secret of Hegel]; ma che essa sia una via molto pericolosa, che può portare ad
un completo fraintendimento di Hegel, è stato mostrato da cinquant'anni in qua,
attraverso la pubblicazione degli scritti inediti hegeliani) e, in generale,
nelle pagine e negli studi di S. dedicati a Kant. Degli influssi degli
hegeliani tedeschi P. tratta diffusamente; segnalando le citazioni da Werder,
da Erdmann, da Weissenborn, Rosenkranz, ecc., le probabili suggestioni
esercitate da Karl Philipp Fischer (autore della Speculative Charakteristik und
Kritik des Hegelschen Systeras, e dei Crundgtige des Systems der Philosophie),
e, infine, la utilizzazione, da parte di S., della Logik und Metaphysik di
Fischer, citata ben diciotto volte in Logica e metafisica, e seguita anche in
pagine che semplificano eccessivamente o addirittura travisano la Scienza della
logica (P. riporta alcuni esempi, tratti dall’esposizione della dialettica
della parvenza, e della dialettica delle forme del giudizio). Di Fischer, S.
condivide l'entusiasmo per Kant, e da Fischer accoglie le “forzature” del testo
hegeliano che tendono ad attenuare o addirittura a mutare in lode la polemica
antikantiana di Hegel. È nota poi l’affermazione di Fischer, secondo la quale
la logica “comincia” con il Willensakt des Denkens: qui S. trova una conferma
per il proprio soggettivismo, e qui siamo anche alle origini dell’attualismo
gentiliano. A conforto della interpretazione soggettivistica della logica
hegeliana, S. trae dai suoi studi sui filosofi italiani (soprattutto
Campanella) quella idea della “mente” o “mentalità” che passerà senz'altro
nella caratterizzazione spaventiana del problema della filosofia moderna. La
seconda parte del saggio (Bertrando Spaventa a Napoli) è dedicata, in primo
luogo, all'esame della riforma dell’hegelismo tentata da S.; al tentativo cioè
di “chiarire e sviluppare un hegelismo di tipo italiano (cioè di tipo
gnoseologico-soggettivistico), sistemandolo con più rigore di quel che fece
Gioberti. Persiste anche ora l’oscillazione tra lo S. riformatore e lo S.
ripetitore di Hegel, una oscillazione forse inspiegabile, ma che non impedisce,
in ogni modo, di ricostruire con chiarezza le linee della singolare impresa di
S. L'analisi delle Prize categorie è preparata: 4) da un paragrafo, in cui P.
mostra la fedeltà di S. alla “logica del giudizio” (la critica che S. muove a
Kant — necessità del passaggio dal giudizio al sillogismo — “non esce essa
stessa dalla mentalità diadica ed è una critica rivolta da un punto di vista
non meno soggettivistico di quello kantiano”, perché “quel che importa a S., a
differenza di Hegel, non è già la circolarità logica, bensì l’attività dello
spirito”, p. 603); b), da alcune pagine sull’interpretazione spaventiana della
logica dell'essenza, che occupano una posizione centrale nel saggio di P.; qui
si rende manifesta, nella sua intera misura e nelle sue gravi conseguenze, la
distanza che separa la logica di S. da quella di Hegel. Il movimento che
conduce dall'essere all’essenza è visto da S. come un processo gnoseologico, e
qui è l'origine del fraintendimento radicale: “se ... come voleva Hegel,
Spaventa avesse visto il passaggio dall’essere all’essenza come processo di
auto-internamento, di auto-giustificazione dell'essere, il problema delle prime
categorie sarebbe passato in secondo piano di fronte a quelli della logica
dell'essenza, che ne sono il fondamento. Coerente con questo fraintendimento è
l’introduzione dell’attualità mentale nella logica dell’essenza, ravvisabile,
secondo P., nelle pagine di S. dedicate al concetto di “esser-posto», alla
discussione dell’ “identità” e del “fondamento. La fedeltà alla logica del
giudizio, l’ “incomprensione” della logica dell’essenza, e l’assunzione dell’
“identità” come “atto” illuminano il significato delle Prize categorie, che
confermano il carattere soggettivistico e gnoscologistico della logica
spaventiana, di quella logica per la quale il filosofo ha richiesto, fin dal
1850, una fondazione gnoseologica. Le ultime pagine dell’articolo sono dedicate
ai rapporti di S. col positivismo (pp. 616 sgg.) e, soprattutto, a Esperienza e
metafisica. Due convinzioni sempre più radicate nella mente di S., e già rese
pubbliche negli scritti polemici: “l’affermazione dell’assoluta immanenza della
ragione (e quindi la sua identificazione con la mente umana), e
l’affermazionedella naturalità del principio di ogni cosa, preparano il
maturarsi di un orientamento assai favorevole al positivismo, o almeno a quella
forma di “idealismo positivo” che fu poi condiviso da Jaja. Anche questa
evoluzione è spiegabile con il particolare impianto dell’interpretazione di
Hegel: il kantismo (o neokantismo) e il “fenomenologismo gnoseologico” che
stanno a fondamento di Esperienza e metafisica hanno un’origine assai lontana.
E l “aporia fondamentale” dell’ultimo scritto di S. (come può giustificarsi una
metafisica che deve “stare” al “dato”?) coincide con quella
dell’interpretazione spaventiana di Hegel (come è possibile fondare la logica
sulla fenomenologia, “lassoluto sul relativo, l’unità sul dualismo”? . Se
questi rilievi sono esatti, Esperienza e metafisica costituisce il vero
“testamento spirituale” di S.; il Frazzzzento sulla dialettica non aggiunge
nulla, secondo P., alla riforma, anzi oscura in più punti quella soluzione. Che
è stata una soluzione feconda, per un certo aspetto (per lo sviluppo
dell’attualismo), ma anche piena di pericoli: “Spaventa, identificando l’essere
con l’atto del pensare, rende impossibile (senza accorgersene) il consistere
delle determinatezze, che vengono tutte affogate nell’unità dell’atto. Dell’a.
si veda anche il saggio: AugustoVera,filosofodella mediazione, in “Filosofia. Vera
accoglie da Hegel il problema di una mediazione “metafisica” di reale e razionale,
che in S. vive solo nella forma ristretta della mediazione “concettuale”; il
saggio è ristampato in A. P., Spaventa e Vera, cit.). P. accenna ancora a S. (e
a Esperienza e meta-fisica) nello scritto: L’empirismo come filosofia e come
antifilosofia, in “Giornale critico della filosofia italiana. Cfr. inoltre di
Plebe la voce “Spaventa” in Enciclopedia filosofica, vol. IV, Venezia-Roma. ALDERISIO,
Cownoscenza scientifica e conoscenza filosofica, Napoli. Del libro esiste una
seconda edizione riveduta e accresciuta, Napoli. Per S. è da vedere soprattutto
il capitolo settimo (La gnoseologia vichiana e galileiana nella rivalutazione
critica di B. Spaventa, prima edizione, pp. 85-100). L’a. discute in
particolare: la “lettera” Paolottismo, positivismo, razionalismo; Un luogo di
Galilei; Esperienza e metafisica. In questi scritti spaventiani, e specialmente
nell’ultimo, “risultano vigorosamente illustrati non solo il vero significato
del collegamento gnoseologico tra il Vico e il Galilei, ma anche la verità e il
senso più alto che si possa dare all’altro rapporto... tra la gnoseologia e
metafisica del Vico e quelle tedesche del periodo da Kant a Hegel. ARFÈ,
Labriola e Spaventa, in “Mondo operaio. È riprodotta qui in breve la tesi già
prospettata dall’a. in un articolo precedente. BERTI, Bertrando S., Labriola e
l’hegelismo napoletano, in “Società. La tesi centrale dello scritto di B. si
lascia riassumere agevolmente: da S. (“la mente filosofica dirigente
dell’hegelisrno napoletano) al Labriola si delinea uno sviluppo dello
storicismo italiano — certo complesso, ma coerente nel suo interno svolgimento,
e conforme alle tendenze già dominanti negli hegeliani più avanzati — che trova
il suo naturale punto di arrivo nella prima elaborazione del marxismo, in
Italia. Gli intellettuali che si raccolsero attorno a S. e a De Sanctis
costituirono un gruppo omogeneo, legato da tre caratteristiche: “lo stretto
legame con la vita, con la lotta politica, con la storia”; l’avversione per l’
“idealismo dommatico, ortodosso...”; infine “il tentativo, nel gruppo a tutti
comune, di un superamento dell’hegelismo che avveniva in tutti in una ZIFA
analoga direzione: dall’astratto al concreto, dalla metafisica delle idee a un
tentativo di filosofia dell'esperienza, di filosofia del reale. Nella prima
parte del lavoro, B. studia soprattutto le riflessioni di S. sulla “grande
questione della filosofia: materialismo-idealismo. Sono riflessioni in cui si
rispecchia lo sforzo di comprendere la necessità del passaggio dal “vecchio” al
“nuovo” (v. Esperienza e metafisica), anzi lo sforzo di favorire questo
passaggio, pur tra incertezze che finirono per arrestare il cammino di S. (e di
Sanctis: sull'indirizzo e sui limiti comuni al De Sanctis e allo S. Il discorso
sui “limiti” di S. non è mai abbandonato dall’a. “Dare un giudizio d’insieme su
B. Spaventa non è semplice” (p. 428), proprio per le “contraddizioni” che
permangono nella sua opera. E come è giusto sottolineare “la contraddizione tra
il drastico radicalismo del suo pensiero e il suo moderato liberalismo, così è
necessario respingere l’idea di una evoluzione chiara ed esplicita di S.
dall’idealismo al materialismo. Tuttavia i limiti di S. si collocano ai confini
estremi di una posizione già prossima al suo rovesciamento. Allo S.
“giacobino”, rappresentante di un “Illuminismo sui gezeris”, di un “illuminismo
dopo Hegel”, bastava avvertire “che il prius doveva consistere non nella
educazione della plebe e nella sua elevazione a popolo, ma nel cambiamento dei
rapporti sociali (che avrebbe esso di conseguenza portato a questa
elevazione)”, per trovarsi nella posizione che fu poi di Labriola, e, per il
“cauto” atteggiamento di S. nei confronti dell'illuminismo francese. Allo
stesso modo, S. appare assai prossimo al materialismo nella polemica col
Tommasi: “è nello studio Sulle psicopatie in generale che Spaventa arrivò alla
formulazione ultima della sua filosofia, allorquando, ZITZ criticando
radicalmente la definizione spiritualistica della psicopatia del Tommasi,
combattendo il concetto di una esistenzasostanziale dell'anima, affermò che lo
spirito era ‘nulla senza la materia’, gli parve cioè, lo spirito, materia e
nient'altro che materia, ma materia che nega e supera se stessa, ‘ed è quella
che è solo in quanto la supera. Lo scritto Si colloca nel punto estremo di “un
momento decisivo” della evoluzione di S., che ha inizio nel 1864. In questi
anni, guidando Labriola, S. “riprese a considerate Feuerbach” (p. 422; e B.
ritorna spesso sulle tracce di un incontro Spaventa-Feuerbach, che gioverebbe,
tra l’altro, a spiegare le ragioni di un rifiuto, l’identificazione di tutto il
materialismo con il materialismo settecentesco). Anche qui, B. nega di voler
“puramente e semplicemente instaurare un parallelo storico-filosofico tra
Spaventa e Feuerbach”; suggerisce tuttavia che un tale parallelo “sarebbe...
forte di molte solide ragioni. In nessun modo, comunque, sarebbe possibile
negare l’energica tendenza del filosofo “a non lasciarsi incasellare...
nell’una scuola o nell’altra, sotto l'una o l’altra denominazione. In lui, in
altri termini, l'assoluto non era più lo spirito come in Hegel... e ... nemmeno
la materia ...: l'assoluto, per lui, era il divenire — ma profondamente
differenziato — dell’ ‘una e unica sostanza’. Qui non regge più il paragone con
gli hegeliani spiritualisti o con Feuerbach. Qui è S.. La seconda parte del
saggio è dedicata alla interpretazione neoidealistica di S. L’a. discute in
breve i giudizi incerti — e viziati, in ultima analisi, “da una antipatia
preconcetta” — di Croce, per affrontare partitamente i tre temi — teoria della
“circolazione”, riforma della dialettica, “tentativo di una filosofia
dell’esperienza come esperienza attiva” — su cui si sofferma l’interpretazione
di Gentile. Quanto al primo punto: Gentile tendearovesciare la prospettiva
spaventiana, attribuendo alla “circolazione” quella priorità che spetta invece
al “nesso dialettico vita sociale-pensiero-storia”; sicché l’idea di S. diventa
“una banale teoria dei vasi comunicanti” (pp. 589- 591). Secondo punto. La riforma
della dialettica tentata da S. si costruisce in due momenti ben precisi: a)
riconoscimento che “il processo dialettico avviene interamente nella natura”,
dando luogo al differenziarsi di spirito e materia come forme distinte di
un’unica sostanza; b) su questa base, ma solo su questa base, affermazione
dell'autonomia del pensiero e trascrizione “logica” delle leggi del divenire
naturale. Dato l’impianto del suo discorso, S. non avrebbe mai potuto
concludere, come Gentile, che il divenire è solo divenire del pensare (e, per
un confronto S.-Engels). Infine: nel concetto di “esperienza attiva” Gentile
vede anticipata la costruzione attualistica della identità di teoria e prassi.
Ma la forte accentuazione spaventiana del “lato attivo” dell’uomo va interpretata
tenendo presenti le indicazioni di Esperienza e meta-fisica: l’esperienza è
storia, ed è storia in quanto è lavoro; qui s'incontrano S. e Labriola.
Nell'ultima parte del saggio, B. richiama, in primo luogo, l’attenzione del
lettore sulle dimensioni politiche delle polemiche sostenute da S. negli anni
dell’esilio torinese. Sono vicende non trascrivibili interamente sul piano di
una storia delle idee; non si intendono appieno, se non si ha presente il
quadro dell’ “accerchiamento ideologico e politico”, il quadro delle “generali
e minacciose ostilità che colpirono gli hegeliani meridionali, a Torino. B.
ricorda soprattutto l’attacco di Gioberti ai giovani hegeliani (democratici,
quindi socialisti, comunisti) dalle pagine del Rinnovamento. La risposta di S.
(nell’articolo contro Tommaseo) è “abile”, se si vuole; ma va notato che mai il
filosofo si difende dissociandosi dagli hegeliani di sinistra, e sottoscrivendo
una professione di “fede moderata. Un’altra importante testimonianza di questo
atteggiamento è offerta dalla recensione alla Storia di uno studente di
filosofia di Piola. Sono fatti che trovano la loro giusta interpretazione in
Gramsci, e che indicano una diversa collocazione politica degli intellettuali
meridionali, rispetto a quella dei liberali piemontesi e lombardi. Da “Hegel
gli hegeliani napoletani avevano elaborata tutta una dottrina sulla funzione
degli intellettuali ai quali sarebbe spettato il compito di elevare la plebe a
popolo e di creare, quindi, le condizioni pregiudiziali per una futura
democrazia: che essi vedevano possibile soltanto proiettata in un lontano
avvenire. Sarà, anche questo, un limite del loro democratismo; ma intanto sta a
indicare la presenza di una ispirazione democratica, che B. trova confermata
nel programma politico degli hegeliani (“utopistico, ma non certo
conservatore”) e nelle prime formulazioni dello “stato etico. Le originarie
convinzioni progressiste di un De Meis non si oscureranno mai del tutto,
neppure nel Sovrano; e i Princìpi di etica di S. confermeranno, ancora, la
presenza vitale di un disegno rivoluzionario (e sia pure di una “rivoluzione
intellettuale”). Bertrando più di Silvio sentì la necessità di conservare al
liberalismo il suo slancio rivoluzionario, il suo momento di rottura col
passato” (p. 780). E mantenne una pur “inconfessata collaborazione” con i
positivisti più avanzati, lungo una strada percorsa anche dal Labriola, che
seppe distinguerci positivismo da positivismo. Anche su questo piano Labriola
si incontra col vecchio maestro, e meglio di ogni altro scolaro di S. Le ZITI
ultime pagine dello studio di B. fissano le tappe del progressivo distacco di
Labriola dallo illuminismo posthegeliano” dello S. e dalla concezione dello
stato etico. In una lettera B. individua il momento in cui, agli occhi di
Labriola, appare ormai “rovesciata”, con la subordinazione della rivoluzione
intellettuale alla rivoluzione sociale, la posizione del maestro. Negli anni in
cui Labriola veniva via via precisando il suo orientamento verso il socialismo,
non venne mai meno tuttavia l’amicizia per il vecchio hegeliano (come non venne
meno, più tardi, l'amicizia per Silvio). Anche questo dato esterno conferma in
qualche modo i risultati di tutta la ricerca. Sui rapporti personali di
Labriola e S., cfr. le lettere pubblicate a cura di B. Per alcune pagine dello stesso autore che
anticipano il discorso. La filosofia italiana fra Ottocento e Novecento,
scritti di TAROZZI, ALEMANNI, CARLINI, MARESCA, SCATTURIN, PLEBE, Torino. Contiene
la ristampa, col titolo S. hegeliano e filosofo, del saggio pubblicato da A.
Plebe in “Filosofia. Accennano variamente a S. i saggi qui raccolti (e
anch'essi già pubblicati nella rivista “Filosofia”) di V. Alemanni (Ceretti),
di A. Carlini (Acri), di M. Maresca (I/ pensiero filosofico di Nasci. SALVUCCI,
Di alcuni recenti interessi per i neohegeliani italiani dell'’800, in “Studi
Urbinati. La rassegna è dedicata all’antologia a cura di A. Guzzo e A. Plebe
[251], ai saggi di A. Plebe, all’articolo di Arfè, allo scritto di Battaglia. TOGLIATTI,
Per una giusta comprensione del pensiero di A. Labriola, in “Rinascita”. Per
S., si veda il quarto paragrafo (Movimento e crisi del pensiero italiano
dell'Ottocento. L’a. rileva gli aspetti
“contraddittori” della posizione del filosofo (S. afferma che la filosofia
nasce dalla storia, ma tenta poi una deduzione logica del processo storico; ci
offre una corretta valutazione del naturalismo, e di Darwin, ma resta
imbrigliato nell’interpretazione “kantiana” di Hegel e precorre, nelle Prize
categorie, l’attualismo, ecc.); ma conclude segnalando quelle pagine
spaventiane (in particolare, la p. 138 di Esperienza e metafisica, dove è
affermata l’identità di storia e lavoro) che ci consentono di comprendere come
dalla scuola del “più grande dei filosofi hegeliani d’Italia” sia potuto uscire
Antonio Labriola. ALDERISIO, R:presa spaventiana, in “Il Saggiatore. Il saggio
di A. (vedilo anche ristampato in volume: Ripresa spaventiana. Considerazioni
sull'idealismo assoluto, sul materialismo evoluzionistico e sul materialismo
storico,Napoli; in questa edizione “riveduta e ZIaccresciuta” l’aggiunta più
notevole è lo scritto: Ri/lessioni di A. Gramsci sul concetto della finalità
nella filosofia della prassi) è una rassegna assai minuziosa di recenti studi
spaventiani. Nella prima parte, dopo un breve accenno al giudizio negativo sul
filosofo napoletano espresso da G. De Ruggiero nel suo Hegel, l'a. ripropone le
linee della propria interpretazione di S., costruita in una serie di scritti
ordinati in questa bibliografia. S., secondo A., non fu, né volle essere, un
“riformatore” della dialettica hegeliana, nel senso voluto dall’attualismo;
intese semmai proporre una migliore interpretazione della deduzione delle prime
categorie della Scienza della logica. Gentile costruì il proprio idealismo
attuale indipendentemente da S.; la sua lettura del Frammento inedito è sostanzialmente sbagliata, e costituisce,
in ogni caso, un riconoscimento post festum. A. discute due scritti: quello di
Berti, e il saggio di Togliatti. A. respinge la tesi di una evoluzione di S.
verso il materialismo, anche nella sua formulazione più cauta (S. avrebbe
“vissuto” la contraddizione di idealismo e materialismo). Ma è giusto poi,
secondo l’a., rivalutare, nell’opera di S., gli aspetti di un orientamento
politico progressista; lo stesso Gentile, individuando nel riconoscimento
spaventiano della natura “pratica” dell’autocoscienza la “chiave d’oro” della
“nuova” gnoseologia, di Marx e di S., ha fornito una prima indicazione sul
carattere “progressivo” di questi sviluppi paralleli di pensiero, nati da una
comune ispirazione hegeliana. Su questo punto, l'a. si sofferma nel paragrafo
intitolato: Breve indagine sul pensiero etico politico di Spaventa riguardante
lo sviluppo storico della coscienza sociale. La terza parte della Ripresa è
dedicata allo studio di Plebe: un saggio, a giudizio dell’a., “troppo denso e
forse scarsamente elaborato”, che si riassume “in una critica negativa ed
acerba”. Contro le stesse intenzioni del suo a. (rottura dello schema:
Hegel-S.-Gentile), lo scritto di Plebe finisce per dar credito
all’interpretazione gentiliana di S., solo rovesciando il giudizio di valore
sui motivi dell’apprezzamento di Gentile per il vecchio maestro. A. discute e
respinge via via le conclusioni di Plebe, difendendo l’autentico hegelismo di
S., la sua corretta lettura dei testi e la sua interpretazione del sistema, per
nulla ispirata dal proposito di una vistosa “riforma”. Né sembra giustificato,
per A., assumere Esperienza e metafisica come il testo di un “idealismo
positivistico”. La revisione delle analisi di Plebe, condotta attraverso una
ricostruzione diversa ma altrettanto particolareggiata dei testi in
discussione, e qui non riproducibile nel dettaglio, si conclude con la
riaffermazione della “profonda hegelianità” del filosofo napoletano. BADALONI,
La filosofia di Giordano Bruno, Firenze. Si veda soprattutto il capitolo quinto
(Intorzo alla fama del Bruno), nel quale sono ricordati gli studi spaventiani
sull’argomento. Gli scritti di S. sono accostati a quelli di Labriola e di De
Sanctis (i quali seppero cogliere il “messaggio di liberazione umana” racchiuso
nelle pagine del filosofo); ma all’a. sembrano poi viziati da un’analisi svolta
in termini speculativi, e sorda alla comprensione del “fondo materialistico” del
pensierobruniano. Si vedano anche sull’interpretazione, in S., del mito di
Atteone) e sulla ricostruzione spaventiana della morale e della politica di
Bruno. CUBEDDU, Interpretazioni di Bertrando Spaventa, in “Rassegna di
filosofia”. Resoconto degli scritti di Arfè, di Berti; limitato alle prime due
parti del saggio], e di A. Plebe. GARIN, Cronache di filosofia italiana, Bari;
ristampa in due voll., Bari. Cfr. GARIN, Felice Tocco alla scuola di Bertrando
Spaventa, in “Giornale critico della filosofia italiana. Cfr. FICHERA, Il
problema del cominciamento logico e la categoria del divenire in Hegel e nei
suoi critici, Catania. I critici di Hegel studiati dall’autore sono K. Fischer,
S. e Gentile. Sullo S., v. in particolare il capitolo quarto, L’interpretazione
spaventiana, che discute le Prime categorie e il Frammento inedito. Tesi
centrale: nell’impostazione del problema del cominciamento c’è, in Hegel, un
vizio di fondo, che riaffiora e permane nel discorso degli interpreti. Si
vedano le pagine in cui l’autore conclude su S.: “la soluzione spaventiana
vale, a nostro avviso, solo a chiarire l’insolubilità del problema del
cominciamento logico e l’inconcepibilità dell'Essere, del Nulla e del Divenire
come categorie, nella cui determinazione è implicito l'equivoco hegeliano di
isolare i momenti strutturali della dialettica’ del pensiero (l’affermazione,
la negazione, il superamento), per farne altrettante determinazioni categoriali
che, come tali, presuppongono e non pongono il farsi o il dialettizzarsi del pensiero
logico. Ecco perché Spaventa, allorché vuol mantenere la posizione hegeliana
circa il problema del cominciamento, e parte dall’Essere come il puro
Immediato, si avvolge nelle medesime aporie hegeliane di presupporre al
processo del pensiero ciò che dovrebbe essere invece un suo prodotto. E quando
[= nel Framzzento inedito] chiarisce l'equivoco, assumendo l’Essere come
pensiero, deve sostanzialmente abbandonare il problema della deduzione del
divenire: il divenire non può essere dedotto, ma è se mai implicito
nell’autoriflessione dell'Essere, come pensare, essendo il pensare T'Essere
stesso dell’Essere. Sviluppi dello begelismo in Italia. Sanctis, Tommasi,
Labriola. Una antologia dagli scritti a cura di M. Rossi, Torino. A S. sono
dedicate in particolare l’introduzione di Rossi, precedute da una ricostruzione
dell'ambiente napoletano del 1840-48, in cui sono indicate le ragioni del
prevalente interesse dei primi hegeliani per i problemi teoretico-gnoseologici,
e quindi per l’interpretazione fischeriana del pensiero tedesco. All’a. la
“circolazione del pensiero” appare una veduta “ingenua, semplicistica e
unilaterale”, che ha avuto tuttavia il merito di sprovincializzare la nostra
cultura, ponendola a contatto col pensiero europeo. Manca però in S. una reale
esperienza e quindi una giusta valutazione dell’illuminismo. La riforma della
dialettica hegeliana proposta da S. costituisce senz'altro la premessa da cui
discende l’attualismo di Gentile. L’a. osserva che “il tentativo estremo di
eliminare ogni residuo ontologico oggettivo, per quanto possa sembrare
legittimo in quanto si operi sul vuoto e astratto primum che è l’essere”, si
allarga fatalmente ad ogni determinatezza. Il tentativo può sembrare
giustificato rispetto a Hegel, perché in Hegel c’è, appunto, anche questo
aspetto; ma c’è anche l’altro, per cui la dialettica deve provarsi con il
contenuto determinato delle scienze, della natura e della storia.
Dall’attenzione per il lato formale nasce l’attualismo, dall’attenzione per i
contenuti la nuova dialettica, della sinistra hegeliana e di Marx. S. anticipa,
dunque, Gentile. Ma non trae tutte le conclusioni della sua riforma, e lascia
vivere il sistema. Questa contraddizione, “positiva”, dal punto di vista di R.,
è il riflesso di un’altra contraddizione: tra lo S. prcattualista e lo S.
liberale, l’esule, l’antigesuita, il filosofo attento all’evoluzionismo e al
positivismo. L’accoglimento di Hegel corrispondeva alla volontà di uscire dal
marasma intellettuale di Napoli. Ma S. “cercava la libertà e incontrò la
monotriade dialettica”; “i suoi interessi etici di liberale procedettero
paralleli ai suoi interessi teoretici, vi rimasero giustapposti, e con essi non
s'incontrarono mai”. Tant'è vero, che nei Principi di etica S. lascia cadere la
deduzione della monarchia ereditaria e ignora tutte le pagine reazionarie della
Filosofia del diritto: “liberalizza” Hegel sopprimendo — semplicemente — il
reazionario (a p. LIX cfr. anche un’annotazione particolare a proposito della
polemica sulle psicopatie: S. ci offre una “stranissima soluzione”. che
“contamina” il realismo herbartiano con la dottrina hegeliana
dell’autocoscienza). Dalla linea S.-Gentile divergela linea De Sanctis-
Tommasi-Labriola, la linea “umanistica” dell’hegelismo italiano già proposta da
F. Lombardi nel suo Ludovico Feuerbacb e ribadita in scritti posteriori. Degli
Sviluppi dell’hegelismo cfr. la recensione di N. Merher, in “Società”; e, per
un successivo dibattito: G. Mastroianni, M. Rossi, N. Mediar, A proposito di
alcuni studi recenti sul Labriola, in “Società. ALDERISIO, Introduzione a B.
S., Sul problema della cognizione e in generale dello spirito, Torino. Nuova
presentazione dell’introduzione al testo spaventiano, qui ritoccata e adattata
a “finalità didattiche”. L’a. riafferma la “piena e congeniale aderenza” dello
scritto di S. “col principio e senso fondamentale dell’assoluto razionalismo di
Hegel. FAZIO ALLMAYER, Ricerche hegeliane, con prefazione di G. Saitta, Firenze.
Cfr. MARCIANO, Storia della filosofia italiana, Romza. A S. sono dedicate le
ultime pagine dell’ottavo capitolo, che espone il pensiero italiano
dell'Ottocento (cfr. in particolare le pp. 334-337). Ma il nome del filosofo è
citato spesso nell’introduzione, che riprende e dibatte la questione della
“filosofia nazionale”, e quindi del “carattere” della filosofia italiana. La
tesi di S. (e di Gentile) vien fatta reagire con quelle di M. F. Sciacca [cfr.
nn. 236, 246], di P. Carabellese, e con le vedute di F. De Sarto, che l’a. è
incline ad accettate (la filosofia italiana è filosofia dell'esperienza, è
sperimentalismo, ha carattere realistico, ecc.). 269. Un “pamphlet”
antidemocratico inedito di Bertrando S., a cura di P. C. MASINI, ir “Rivista
storica del socialismo”, Cfr. GARIN, Ur “pamphlet” antidemocratico inedito di
B. Spaventa, in “Giornale critico della filosofia italiana”. Cfr. BERTONDINI, Irtorno al “Socrate” di Labriola
e Spaventa, in “Studi Urbinati. Dalla lettura dello scritto di Labriola su
Socrate è possibile far affiorare il rifiuto della impostazione speculativa che
caratterizza l’analisi spaventiana [62] delle Considerazioni di G. M. Bertini.
ALDERISIO, Introduzione a B. S., Lo stato moderno e la libertà d'insegnamento,
Firenze. L'’introduzione contiene utili indicazioni per favorire una prima
lettura delle due polemiche di S., i cui testi — si legge nella “postilla”— ben
si prestavano, per la loro “affinità” e “complementarità”, per la “comune
ispirazione filosofica ed ideologica,tuttaprotesa verso l'ammodernamento della
cultura e dell'educazione e verso il rinnovamento più profondo della filosofia
e della vita politica in Italia”, ad essere presentati in un’unica raccolta
antologica (tra le recensioni dell’antologia cfr. S. C. Landucci in “Critica
storica”; e L. Pinto, in “Il Baretti”, MAZZILLI, L’hegelismo in Italia, in
“Cynthia”. È l'undicesima puntata di un lavoro, che ha come sottotitolo
costante: La problematicità. Qui sono avanzate esplicite riserve contro la
teoria della circolazione e contro l’interpretazione spaventiana di Hegel (cfr.
il saggio precedente, intitolato I/ divenire Iriadico: non è vero che Hegel
volle “provare l'identità”, come pretende S.; ma v. anche le pagine dedicate a
L’attualismo: è vero che S. ebbe una concezione intellettualistica dell’“atto”,
ne vide l'impotenza ad autodeterminarsi; questo, che a Gentile apparve un
limite, è per l’a. un pregio della posizione di S., il quale sembra offrirci
una confutazione anticipata dell’attualismo). ZAMBELLI, Tradizione nazionale
italiana e sovranità etica razionale nel’ideologia degli hegeliani di Napoli,
in Problemi dell’unità d'Italia, atti del secondo convegno di studi gramsciani,
Roma. Contiene una minuziosa analisi e ricostruzione — con ricchi riferimenti
bibliografici - del pensiero etico-politico di S.: dai primi documenti
(Pensieri sull’insegnamento della filosofia; l’a. tocca con la dovuta cautela
la questione della collaborazione di S. al “Nazionale” del fratello Silvio) ai
Principi di elica. La posizione di S. appare all’a. assai “avanzata”, pur nei
limiti suggeriti dalla lettura delle pagine dedicateda Gramsci al Risorgimento
italiano. Muovendo da una primitiva avversione al Cousin, e dai suggerimenti
del fratello Silvio, S. sviluppò il disegno di una storiografia fortemente
critica, ispirata da una corretta concezione del nesso che collega la filosofia
con il processo storico (va riconosciuto, del resto, che “per la provincia
filosofica italiana lo ‘storicismo’ hegeliano non trovò superatori fino al
primo saggio di Labriola); altrettanto progressive appaiono le vedute di S. sul
problema della “nazionalità” della filosofia. Se è lecito riconoscere la
disinvoltura “speculativa” dell'equazione: Gioberti = Hegel, assai più
importante è individuare e ribadire il valore pratico, efficace,
dell’operazione compiuta da S. Nella Libertà d'insegnamento è disegnato il
concetto della moralità autonoma dello stato, i. e. il concetto dello
stato-guida, che prepara il momento della libertà, difendendo e promuovendo gli
interessi dei cittadini; ci muoviamo qui su di un piano ben diverso da quello
su cui Gentile affermerà il suo ideale dello “Stato forte” (cfr. p. 568: appare
equivoca all’a. l'annessione di S. all’attualismo fascista; ai principi di S.
si è potuto richiamare il gruppo liberale borghese più avanzato, rappresentato
da Gobetti). L'analisi dei Principi di etica consente di concludere che nella
prospettiva di S. “i problemi della tradizione nazionale e della autonomia
razionale e etica dello stato vengono a convergere con un'impostazione che (se
mantiene ovviamente il limite di classe di tutte le ideologie borghesi, che non
prendono in considerazione le classi subalterne ed i loro specifici problemi,
fittiziamente ridotti e dissolti nell'unità nazionale) pur rappresenta la
raggiunta maturità della ideologia liberale in Italia; essa venne condivisa da
tutto il gruppo d’opinione che faceva capo ai due Spaventa, a De Meis e a
Francesco Fiorentino. Negli scritti della maturità non tornano più le
rivendicazioni democratiche (l’appello alla “ragione”, che si identifica con la
richiesta del suffragio universale e della gestione repubblicana dello stato);
ma resta e si afferma ancora l’idea dell’ “evoluzione progressiva delle
costituzioni. S. Si muoverà certo entro prospettive “borghesi”, e nutrirà forse
eccessiva fiducia negli “espedienti” costituzionali; ma vi sono, nel suo
pensiero, spunti e riconoscimenti che meriteranno di passare negli scritti e
nell’opera del suo allievo Labriola. Nello studio della Z. si dà notizia di una
lettera inedita di S. a G. Del Re, del 12 ottobre 1850, che costituisce un
altro documento relativo al progetto di traduzione del volume di L. Stein sul
socialismo e il comunismo in Francia. CUBEDDU, Bertrando S. pubblicista, in
“Giornale critico della filosofia italiana”, Lo scritto presenta la ristampa
dei testi ordinati in questa bibliografia. L’autore rende note le ragioni che
consentono di attribuirne la paternità allo S.; riproduce i titoli di altri
articoli pubblicati sul “Progresso” di Torino e attribuibili anch'essi, ma con
qualche dubbio residuo, al filosofo; indica nello scritto di L. Stein Der
Socialismus und Communismus des beutigen Frankreichs la fonte di alcuni
articoli spaventiani L'autore conclude (pp. 62 sgg.) con una cauta valutazione
di questi testi “democratici” di Spaventa, nei quali il filosofo esprime
convinzioni successivamente attenuate o abbandonate. LANDUCCI, Di un celebre
paragone tra Rivolnione francese e filosofia classica tedesca, in “Belfagor”. Analisi
della formulazione spaventiana del nesso: Rivoluzione francese-pensiero tedesco
(in Paolottismo, positivismo, razionalismo, 78), estesa dall’a. all'esame della
presentazione del paragone nel discorso di De Meis Darwin e la scienza moderna.
L’a. conclude per la derivazione da Heine (fonte anche del Carducci) del
paragone spaventiano; e ne individua, attraverso le varianti introdotte da S.,
gli elementi di originalità. Si legge che S. — con Meis — volle prospettare e
sostenere un “idealismo filosofico” che è “il corrispettivo teoretico delle
possibilità pratiche di razionalizzazione dcl mondo, di umanizzazione della
realtà, potentemente messe in luce dalla Rivoluzione francese. TESSITORE, Crisi
e trasformazioni dello stato, Napoli. Si veda in particolare, nel primo
capitolo (I compiti dello stato), il quinto paragrafo (I/ significato dello
stato per Silvio e Bertrando S., che contiene un raffronto delle posizioni di
Silvio e di B. sul concetto dello stato libetale e sul problema delle garanzie
costituzionali (e cfr., per B., un’osservazione.: lo S. “trascurava, quasi
subito, l'interesse generoso di Hegel, che pur a tratti lo attirava, per le
manifestazioni ‘oggettive’ del diritto, della moralità, dell’ethos, e
seguiva... la via meno certa, meno hegeliana: quella di formulazioni nell’intimo neogiusnaturalistiche, che
ritrovano un’assonanza, certo non fortuita, con lo statalismo di Fichte. CUBEDDU,
Berztrando Spaventa, Firenze. Il libro si divide in quattro capitoli. Nei primi
due (La nazione vivente; Ragione e libertà) sono studiati gli scritti
spaventiani, dal programma degli Studi sopra la filosofia di Hegel e dei
Pensieri sull'insegnamento della filosofia, al frammento sulla riforma
filosofica, politica e religiosa nel XVI secolo; attraverso gli articoli
pubblicati sul “Progresso” (è ripreso qui., il tema del rapporto S.- Stein), le
polemiche con la “Civiltà cattolica”, gli scritti sulla libertà di
insegnamento, i saggi su Bruno e Campanella. Un riepilogo di questa prima parte
discute l “ampiezza e la struttura specifica... della problematica nella quale
si compongono e prendono rilievo gli interessi più vivi del filosofo”, in
quegli anni; si allarga “alla considerazione del rapporto di Spaventa a Hegel e
agli hegeliani, del significato che è possibile attribuire agli studi sul
Rinascimento, e all’atteggiamento genericamente negativo nei confronti dei filosofi
italiani contemporanei”; e si conclude “con qualche osservazione sugli
orientamenti pratici e politici del giovane filosofo. Quantoalprimopunto,l’a.indica
in che senso e entro quali limiti le prime riflessioni e polemiche di S.
presentino “uno sviluppo affine alle grandi linee della polemica di Hegel
contro Schelling, contro l’empirismo e contro le filosofie della riflessione in
genere.. Nei saggi sul Rinascimento, viene messo in rilievo un “duplice
orientamento” del filosofo, il quale, per un verso, tenta di rielaborare in
modo autonomo i temi speculativi individuati in Bruno e Campanella, per un
altro verso impegna quegli autori in un confronto esplicito con gli sviluppi
dell’idealismo tedesco; con risultati non del tutto convincenti, o non ancora convincenti,
prima che S. abbia raccolto i frutti degli studi su Spinoza e Jacobi, e della
nuova lettura di Gioberti. I lavori sui Rinascimento vanno ricondotti tuttavia
alla “più estesa prospettiva nella quale si inquadrano le esigenze e le
convinzioni etico-politiche del giovane Spaventa”, che tenta di cogliere e di
elaborare i primi germi di una concezione “organica” della società, nella quale
sia dato finalmente “al’uomo di conciliare la propria individualità, la
soggettività dei suoi impulsi e dei suoi bisogni, con la necessità della legge.
In quella prospettiva appaiono all’a. semplicemente riaccostati elementi
attinti da diverse matrici (come per es. la critica di Rousseau, che
coesisteconlapienaaffermazione della sovranità popolare). All’a. non sembra
dubbio, tuttavia, che le formulazioni di S. “non costituiscono né vogliono
costituire un vero e proprio programma politico chiaramente e concretamente
articolato, e quindi valutabile e criticabile in quanto tale. Il quadro programmatico di quelle dichiarazioni va
trasposto e interpretato su quello stesso terreno sul quale fermentano i
propositi di una rigenerazione morale e intellettuale del popolo, che deve
attuarsi attraverso una totale rivoluzione filosofica. Se è possibile ascrivere
alla concezione di S. un limite, “che deriva dal carattere parziale della
prospettiva in cui si muove il filosofo”, non sarebbe giustificato “svalutare i
contributi particolari che Spaventa ha voluto apportare nella discussione di
problemi concreti e attuali, come è risultato dall'esame delle polemiche
sostenute in questi anni dalle colonne dei periodici piemontesi. Il terzo
capitolo (Fede e sapere) esamina gli scritti spaventiani Tra i lavori studiati
in queste pagine vanno segnalati, oltre ai primi saggi su Bruno e Spinoza,
l'importante articolo su La filosofia di Kant e la sua relazione con la
filosofia italiana, un manoscritto inedito intitolato a Jacobi e qui datato:
(per l’analisi dell’inedito), e la cosiddetta “parentesi, pubblicata da
Alderisio e qui discussa. L’ultimo capitolo (La metafisica perplessa) è
dedicato all'esame delle prime lezioni napoletane e della Filosofia di
Gioberti, il “capolavoro” di S., minuziosamente ricostruito dall’a.; segue un
ampio paragrafo dedicato agli scritti sulla logica e sull’etica di Hegel;
dedicate a Esperienza e metafisica, e agli scritti sulla psicologia empirica.
Un riepilogo (pp. 290 sgg.), che discute tra l’altro lo scritto: Kart e
l’empirismo , chiude anche questa seconda parte del lavoro. Per una
presentazione sintetica delle conclusioni, si vedano le pp. 290-291: “Se
volessimo indicare in breve, trasponendo queste considerazioni sul piano di un
bilancio complessivo, quale sia il limite che ci sembra risultare dall’analisi
della produzione scientifica di S., dovremmo parlare di una riflessione critica
che ha spunti e accenti fortemente originali, che abbiamo visto maturarsi sul
terreno di una sostanziale armonia con gli interessi e con le esigenze espresse
nel programma, ma che non è riuscita a tradursi — e a placarsi — nella elaborazione
di una dottrina altrettanto autonoma e originale. Nel corso dell’ultimo
capitolo abbiamo sottolineato di volta in volta quali siano le oscillazioni, le
suggestioni, e soprattutto le esitazioni che è legittimo porre in rilievo
attraverso la lettura delle opere più fortunate ed anche più mature di S. La
considerazione non ci dispensa dal compito di giustificare, almeno in forma
sintetica, il titolo che abbiamo voluto dare all’ultima parte di questo lavoro.
In esso si esprime la convinzione che l’interpretazione di Spaventa data da
Gentile sia sostanzialmente aderente ai motivi fondamentali e alle esigenze
autentiche del pensiero del maestro. Accentuando il tema della perplessità,
abbiamo inteso indicare quali e quanti tributi il filosofo ha voluto pagare
all’enciclopedia hegeliana, pur continuando a prospettarsi la necessità di
prolungarne e di rielaborarne, in forma originale, i risultati e
l'insegnamento. Non ci è sembrato proficuo ricercare minuziosamente quali
fraintendimenti si frappongano fra l’analisi di S. e il testo di Hegel.
L’adesione del filosofo al programma della prefazione alla Ferorzenologia e,
più in generale, alle pagine nelle quali Hegel sviluppa con maggiore asprezza
la sua critica dei filosofi contemporanei, avrebbe dovuto consentire al maestro
— tale era l'intenzione di S. — la ricostruzione della vera ‘enciclopedia
giobettiana. Ma il filosofo, a nostro avviso, si è dimostrato consapevole, e
fin nelle sue ultime pagine, che questo programma non era giunto al suo
perfetto compimento”. I risultati ultimi della ricerca sono resi anche più
espliciti nella prefazione: “il proposito di ricondurre a unità l'insieme dei
motivi che si innestano nella speculazione di Spaventa, di ricostruirne la
fisionomia complessiva e di riprodurne la problematica in un linguaggio non
troppo distante dalla nostra sensibilità, riesce a raggiungere il proprio scopo
— è una conclusione certamentenonnuova, della quale intendiamo tuttavia
assumerci la nostra parte di responsabilità — soltanto accogliendo la critica
spaventiana di Gioberti come l’unico strumento che ci consenta di penetrare
agevolmente il senso riposto fin nelle pagine più disperse e frammentarie del
filosofo, e più lontane, fra loro, nel tempo, dai primi scritti torinesi del
1850 alle ultime polemiche contro il positivismo. Svuotata dei toni e degli
accenti ormai estranei al nostro gusto e ai nostri interessi, liberata dalle
incrostazioni che costituiscono l’inevitabile residuo nella produzione di un
autore dotato di una personalità per molti versi fortemente recettiva, la
critica di Spaventa, largamente imperniata sulla polemica con il giobertismo, è
in grado di restituirci l’esatta misura dello hegelismo di cui si nutrì il
filosofo; il quale seppe mostrarsi hegeliano, per quel tanto che riuscì a tenere
insieme le innegabili doti e tentazioni sistematiche con una polemica aderente
al “carattere” e allo “sviluppo” proprio del pensiero moderno, italiano e
europeo. Questo convincimento implica che si ritenga ancora esatto e
accettabile, nelle sue linee essenziali, il giudizio che sull’opera di Spaventa
volle dare Giovanni Gentile; il che non significa, ovviamente, accogliere anche
le conclusioni teoriche dell’attualismo, ma, più semplicemente, attribuire a
Spaventa il merito o la responsabilità di aver avviato — tra incertezze e
perplessità che sono pure messe in luce in queste pagine — un’interpretazione
di Hegel alla cui storia il suo nome ci appare tuttora indissolubilmente
legato”. CRESCENZO, La fortuna di Vincenzo Gioberti nel mezzogiorno d’Italia, Brescia.
Cfr. GUZZO, Cinquant'anni di esperienza idealistica in Italia, Padova. Cfr. LANDUCCI, Cultura e ideologia in Francesco De
Sanctis, Milano. Cfr. LANDUCCI, S. fra
hegelismo e socialismo, in “Annali dell'Istituto Giangiacomo Feltrinelli”, Milano.
Il titolo non vuole indicare un’incertezza o un’oscillazione che sia da
addebitare al giovane S. democratico, collaboratore del “Progresso” e autore
degli Studi sopra la filosofia di Hegel. La ristampa degli articoli su La
rivoluzione e l’Italia e Le utopie, scritti negli stessi mesi in cui il
filosofo combatteva dalle colonne del giornale torinese la sua polemica sulla
libertà d’insegnamento, offre ormai — secondo L. — il materiale necessario per
ricostruire nella sua intera e coerente fisionomia un momento ben preciso della
biografia di S.; quel momento in cui si intrecciano, sostenendosi e
confermandosi a vicenda, un hegelismo “assai preciso e articolato” (anche se
“‘interpretato’ o fortemente sollecitato”, e una autentica fede democratica e
repubblicana, traducibile in termini di “démocratie sociale, alla francese; per
cui gli scritti spaventiani vanno a collocarsi “accanto alle opere dei
repubblicani non mazziniani fiorite in questi stessi anni e caratterizzate dal
continuo riferimento alle vicende francesi. Sullo stesso terreno in cui si
incontrano hegelismo, democrazia e socialismo, fermentano i propositi di
rigenerazione civile e intellettuale della società italiana, che caratterizzano
il primo “programma” di S.; alle discussioni di questo tema L. contribuisce
anche ripubblicando un “annuncio” della traduzione spaventiana di Stein,
rimasto finora ignoto. L’ampio saggio di L. offre al lettore,in sessanta
pagine, tante analisi, riflessioni, suggerimenti,non riproducibili qui nei
particolari. In generale, il discorso è sviluppato con la preoccupazione di
aderire alle varie utilizzazioni — da parte di S. — delle due fonti, Hegel e
Stein, nella specifica situazione politica e culturale di quegli anni; sicché
il rilievo di residue “astrattezze” non nasce da un impianto già “ideologico”
della lettura (cfr. p. es.: “tutte le rappresentazioni dell’hegelismo italiano
che partono da pregiudiziali equazioni ‘ideologiche’ (hegelismo = speculazione,
o hegelismo = conservatorismo, ecc.), talvolta non distinguendo sufficientemente
neppure tra Hegel e i vari ‘hegeliani’, non possono che fallire il bersaglio.
Nelle prime pagine del saggio, L. difende le convinzioni democratiche e
repubblicane di S. (anche contro le riserve di altri interpreti; e v. ancora,
per questi dissensi interpretativi, accettando la derivazione steiniana degli
articoli sul “Progresso, ma rivendicando l’autonomia della lettura spaventiana
in molti punti. Nel democratismo di S. cè un’ “indubbia precarietà”; c'è una
“astrattezza teorica” nella posizione del filosofo che comincia a orientarsi
verso un atteggiamento da ultimo conservatore-autoritario. Gioverà tener
presenti i due aspetti dell'ideologia di S. (e di molti hegeliani, con lui):
l’aspetto, appunto, “conservatore” dello stato etico, e quello giacobineggiante
e antidottrinario, che ha la sue radici nelle polemiche torinesi, e che
continuerà ad operare anche dopo. Ma c'è, poi, “astrattezza” e “astrattezza”;
c’è il socialismo “escatologico” e “universalistico” di La rivoluzione e Le
utopie, c'è il più corposo antidottrinarismo della polemica sulla libertà
d'insegnamento, in cui la prospettiva escatologica, a contatto con problemi
attuali e reali, si precisa come “tentativo di sollecitare da sinistra
un’evoluzione in senso più democratico della politica del Regno sardo. Gli
articoli sul socialismo hanno certo un “carattere tutto teorico, ideologico’:
“la formula democraticorepubblicana del popolo oppresso” non coglie gli effetti
specifici del “meccanismo del profitto industriale; ma da Stein S. mostra di
ricavare anche indicazioni sul rapporto tra das Gesellschaftliche e das
Wirtschaftliche. Nella ricerca delle dimensioni reali, storiche, che
strutturano gli orientamenti del giovane S., acquistano allora particolare
rilievo, per il L., le prime battaglie del filosofo: la sua critica della
religione; e cfr. sull’uso “non speculativo” della dialettica hegeliana dello
spirito assoluto), gli scritti sul problema della libertà d’insegnamento
(contro le tesi del “Risorgimento”, organo dei cavouriani), e la polemica
contro la “Civiltà cattolica”, e contro la critica cattolico-reazionaria
dell’hegelismo (matrice del socialismo, del comunismo ecc.). Se si tiene
presente il contesto storico (anche sotto il profilo della diffusione delle
idee) da cui emergono questi primi scritti di S., sarà possibile trovare una
collocazione reale per il socialismo “astratto” del loro autore; la prospettiva
“escatologica”, espressa in termini “ideologici”, “speculativi”, non si traduce
mai in mera esercitazione “retorica”: sicché non sarebbe giusto sommergere le
formulazioni spaventiane sotto il peso dell’Ideologia tedesca, né sarebbe
esatto, neppure filologicamente, rintracciarne i limiti nel peso esercitato
dagli schemi di una filosofia della storia già distorta in senso speculativo. Giacché
l’hegelismo del primo S. è tutt’altro che “accademico”; il rapporto filosofia
hegeliana-democrazia francese si costruisce, in S., attraverso il richiamo alle
pagine più “progressive” di Hegel (e alle pagine della Filosofia della storia,
prima ancora che a quelle della Filosofia del diritto): si vedano i rilievi di
L. a proposito della concezione della libertà come libertà “categoriale”, dell’
“assunzione estremamente seria, e praticizzata, dei concetti hegeliani di
Fresbeitsbewusstsein e di freie Personlichkeit”, della giustificazione delle
rivoluzioni in base allo “scarto” tra “ragione” e “esistente”, tra la realtà e
le (nuove) idee, tra la realtà e gli istituti giuridico-politici ormai superati.
Nella critica spaventiana di Rousseau — sviata, in certa misura, dagli equivoci
giudizi di Hegel — va dato rilievo all’ “intenzione giacobina, contro i criteri
formalistici di rispetto delle forme liberaldemocratiche. Nella critica degli
appelli alla natura va letto il rifiuto di quella “tipica commistione del
naturalismo biblico teologico con il naturalismo ideologico della moderna
economia politica” che è prospettata nel Rirzovamento di Gioberti. In queste
prese di posizioni, non si ha se non un’accentuazione estremamente progressiva
della concezione hegeliana della storia: è del tutto superata l’identità
settecentesca di ratura e ragione; tra i due termini è istituita una scissione
radicale, e quella razionalità reale che domina nella storia universale è
considerata foto coelo diversa e opposta alla immediata natura. Questo è il
grande acquisto intellettuale ormai raggiunto dallo Spaventa. È l'acquisto
“vichiano” e “hegeliano” di S., la scoperta del “lato attivo” dell’uomo, nel
suo rapporto con la natura; scoperta celebrata da Marx, e da Labriola. Tutto
questo implica l'abbandono del naturalismo illuministico, in una prospettiva
ancora illuministica “se per ‘illuminismo’ si vuoi semplicemente intendere,
categorizzando il termine, il particolare radicalismo di una critica
razionalistica dell’esistente storico. In che senso le pagine di Hegel riescano
a confortare questo orientamento di S. — che si sostiene, tra l’altro, in base
a numerosi richiami a Kant, e al Kant della Critica della ragione pratica —, L
. lo ricava da un’analisi (pp. 683-693) dell’articolo su Schelling, del 1854,
qui largamente riprodotto. Nel necrologio diSchellingvengono alla luce le
origini della riflessione di S., l’ispirazione rivoluzionaria, francese,
l'ispirazione della Filosofia della storia e la polemica contro l’intuizionismo
irrazionalistico, la rivendicazione della ragione e delle determinatezze in
contrasto col formalismo insieme intellettualistico e mistico’ (i. e.
l'ispirazione della Prefazione alla Fenomenologia): i due temi che strutturano
gli Studi sopra la filosofia di Hegel e che rappresentano i due aspetti di una
stessa polemica, contro Gioberti v. anche alcune osservazioni sulle radici del
parallelo Rivoluzione francese — filosofia tedesca in S. Nell’ultima parte del saggio. L. riproduce e
commenta l’ “annuncio” della traduzione di Stein, da lui 2598 scoperto; un
testo più “moderato” degli articoli del ‘51, ma che interviene anch’esso a
confermare il quadro delle “origini” del pensiero di S.: le — prime — fonti
hegeliane (Feromenologia e Filosofia della storia) confluiscono in una
Weltgeschichte, la cui prospettiva universalistica appare anche come il
riflesso del riconosciuto “carattere internazionale dei fenomeni economici e
dei problemi sociali in età moderna” (p. 698). A p. 696 si legge questa
osservazione: “In certo senso si potrebbe dire che la lettura dello Stein tenne
il luogo, per Spaventa, di quegli studi degli economisti moderni che lo Hegel
aveva compiuto in gioventù e dei quali il nostro autore poteva avere qualche
sentore solo attraverso la biografia del Rosenkranz”. Ora L. conclude: “Così,
attraverso questa presentazione [scil. l’ “annuncio], l'interesse di Spaventa
per lo Stein appare tutt'altro che estemporaneo nella biografia intellettuale
del filosofo: in qualche modo parallelo a quello per Hegel. Da un lato una
traduzione dal francese, dall’altro una traduzione dal tedesco; ma traduzioni
che volevano essere interpretazioni, non ‘calchi’. Non provincialismo, ma
neppure vacuo cosmopolitismo. Dunque queste “origini” forniscono indicazioni
concrete anche rispetto agli sviluppi posteriori del programma degli Stud::
alla teoria della “circolazione” e alle tesi sulla “nazionalità” della
filosofia. Resta il problema del passaggio di S. (e deglialtri hegeliani) dal
democratismo avanzato degli inizi al più tardo conservatorismo, “certo
illuminato ma anche assai chiuso e non di rado arcigno. Lo studio di L. si
chiude con un richiamo alle indicazioni di Gramsci sulle ragioni di “classe”
che determinarono l'assorbimento nelle file dei moderati di quegli intellettuali
democratici. OLDRINI, Gt begeliani di Napoli. Vera e la corrente ortodossa,
Milano. La figura di Augusto Vera merita “la più attenta considerazione e il
più attento esame” per “la complessa natura delle intersezioni della sua
filosofia con i problemi della società contemporanea lungo tutto l’arco del
Risorgimento europeo, in paesi chiave (Francia, Inghilterra, Italia) e in nodi
storici culminanti (il 1848, l’unificazione italiana, la Comune, i prodromi
dell’imperialismo. L'impostazione e il metodo della ricerca, che tiene conto
delvario e complesso intreccio di prospettive filosofiche e atteggiamenti
pratici, sotto la spinta degli eventi via via maturati nella storia italiana e
europea, consentono di offrire allo studioso di S. (e della sua scuola) nuove
prospettive: in primo luogo, la presentazione del rapporto S.-Vera (del
rapporto tra idealismo “critico” e idealismo “ortodosso”) al di fuori dello
schema tradizionale, che oppone i due filosofi come rappresentanti di due
diversi orientamenti speculativi, in ultima analisi come due diverse
“personalità” filosofiche. Interessa lo studioso di S. e della scuola
spaventiana soprattutto il secondo capitolo della parte seconda, intitolato: Le
lotte filosofiche interne del circolo di Napoli. L’unità apparente (e
necessariamente apparente, se si bada alle diverse “radici della formazione
hegeliana di Vera”, che “non sono le stesse di quelle del gruppo spaventiano
dei fuorusciti”; ma su questo punto, si veda tutta la prima parte del lavoro,
dedicata alla “genesi dell’hegelismo napoletano”, alla “formazione filosofica”
e alla svolta hegeliana di Vera) che caratterizza il “fronte hegeliano” di
Napoli, comincia a incrinarsi visibilmente nei primi scontri tra “ortodossi” e
“critici” sul problema della nazionalità della filosofia; la portata e le
ragioni del dissidio che contrappone l’uno all’altro i due orientamenti si
rendono più esplicite attraverso l’analisi delle divergenze rilevabili nella
presa di posizione di S. e di Vera sulla questione del rapporto fenomenologia-logica:
dal momento che S. nella fenomenologia “non sottolinea come Vera — o non
sottolinea accentuatamente come V era — il momento della denegazione del
processo di elevazione della coscienza a scienza in favore dello sbocco
nel‘sapereassoluto’, può anche mantenere nei confronti della riforma ‘auspicata
da Trendelenburg un atteggiamento molto più elastico e libero... può...
scorgere nel ‘movimento’ assunto come ‘primo’ ... il lato realmente attivo,
positivo, che lo assimila al ‘pensiero’, poiché anche il pensiero, in se
stesso, è movimento: movimento logico”). Il contrasto tra le due scuole si
approfondisce sotto la spinta di nuove tendenze (naturalismo, positivismo...)
che si impongono come riflesso del “progresso impetuoso dell’attività pratica,
e che contribuiscono alla formazione di una “terza scuola” (Siciliani;
Fiorentino, Tocco, poi Masci; ecc.), ancora in qualche modo controllata o
almeno ispirata da S.; la nuova scuola si presenta come “fronte unico” contro
l’ortodossia, e costringe gli ortodossi ad arroccarsi “in una strenua difesa a
qualunque costo della filosofia della natura di Hegel. La paura del positivismo
e del materialismo spinge sempre più decisamente Vera sulla strada che sbocca
nella presentazione della scienza e della metafisica “come rigidi estremi
contrapposti. Ma se il destino di Vera e degli ortodossi si consuma, attraverso
il progressivo “isolamento” del gruppo, nella totale autodissoluzione della
dottrina, il profilarsi di una “sinistra materialista” come espressione di una
spinta popolare sempre più minacciosa e temuta blocca gli intellettuali
borghesi meridionali più avanzati su posizioni di difesa. Per 2601 l’analisi
del fenomeno, allargata all’individuazione dei suoi fattori economici e
politici. Gli intellettuali borghesi meridionali si stabilizzano sulle proprie
posizioni egemoniche di classe, cessano di rappresentare, sia nei confronti
dell'evoluzione sociale del paese, sia nei confronti della classe borghese in
generale, una forza viva, attiva,storicamente progressiva, e preoccupati più di
non cedere terreno, di non farsi soverchiare dalla pressione popolare in
crescita, che di promuovere una spinta in avanti, perdono in capacità di
iniziativa, organizzazione, penetrazione. Matura così la formazione di una
“nuova destra” (Maturi, Jaja) nel circolo di Napoli. “Come le pericolose
oscillazioni della struttura quanto mai instabile della società spingono la
borghesia a puntare sulla dissoluzione dei vecchi partiti politici, così
altrettanto, in filosofia, la vecchia destra ‘ortodossa’ e la vecchia sinistra
‘critica’sono travolte e dissolte dal movimento della nuova generazione
intellettuale; e come gli ideologi borghesi giustificano l’operazione dell’
‘endosmosi istorica” e del ‘trasformismo’ col pretesto di sbarrare la via alla
marea montante del proletariato e di salvare in questo modo il patrimonio di
libertà e di civiltà faticosamente acquistato nei lunghi anni delle lotte
risorgimentali, così col pretesto di salvare tutt’intera l'eredità culturale
dei vecchi maestri del circolo, di Vera e di Spaventa, la tendenza
trasformistica del tardo idealismo filosofico napoletano giustifica il rilancio
del loro insegnamento in guisa volutamente così truccata... da presentarne
l’apporto in sostanza come identico, come due facce della stessa medaglia. Ma
né Spaventa né De Sanctis appaiono travolti in questo processo involutivo: si
vedano le pagine dedicate al loro “tentativo di un superamento ‘critico’
interno dello hegelismo, seguite da un paragrafo sulla “eredità spaventiana di
Antonio Labriola. Riprendendo, tra l’altro, la proposta di Berti, l’a. scrive:
“Contro la chiusura filosofica della ‘nuova destra’, contro l’involuzione
trasformistica, in politica, della Sinistra storica, De Sanctis e Spaventa
attuano in filosofia e in politica, per quanto riescono, rimedi lungo un arco
che va, politicamente, dalla fondazione di una ‘giovane sinistra’
costituzionale... alla lotta per la moralizzazione e la riforma dello ‘spirito
di consorteria prevalente nell’andazzo di una politica governativa che alimenta
discriminazioni e privilegi in favore delle classi agiate, e a una linea
programmatica di rinnovamento profondamente democratico del paese, di ricambio
dei quadri dirigenti, di irradiazione e diffusione della libertà, della
civiltà, della cultura, di una moderna concezione laica del mondo; e che ha
d’altra parte il suo correlativo, sul piano delle idee, in un forte movimento
di pressione per una svolta anche filosofica a sinistra, inaugurata proprio dal
tentativo di Spaventa e De Sanctis di un superamento ‘critico’ interno dello
hegelistno, che in loro avviene, come si è detto, nella stessa
direzione:dall’astratto al concreto, dalla metafisica delle idee a un
assorbimento della metafisica nella ‘filosofia del reale. Oltre ai rimanenti,
numerosi richiami a S., si veda il testo di una lettera inedita di Vera a S.
sul rapporto di politica e religione, lettera che è l’“unico documento
epistolare che ci resta” dei rapporti tra i due filosofi. Di Oldrini v. anche
La crisi della cultura filosofica napoletana sul declino dell'Ottocento, in
“Rivista critica di storia della filosofia. WIDMAR, Antonio Labriola, Napoli.
Viene citato qui soprattutto per il primo capitolo della seconda parte,
dedicata a Labriola e i suoi critici; il capitolo presenta un’ampia rassegna di
studi, fra i quali il saggio di Berti, lo scritto di Togliatti, gli articoli di
Plebe, la Ripresa spaventiana di F. Alderisio [259], gli Sviluppi
dell’hegelismo di M. Rossi, ecc. Per i rapporti S.-Labriola vedi anche il primo
capitolo della parte prima (La giovinezza di A. Labriola, . L’a. tende ad
attenuare il nesso S.-Labriola, rifiutando la tesi proposta da G. Berti (per il
rilievo dei limiti della posizione di S., cfr. anche l’introduzione di W.
All’edizione de La filosofia italiana, da lui curata. D'ORSI, Uxa scoperta di
notevole importanza; il testo inedito della “Fenomenologia” di Bertrando
Spaventa, in “Sophia”. GARIN, Antonio Labriola e i saggi sul materialismo
storico, introduzione a A. LABRIOLA, La concezione materialistica della storia,
Bari, LANDUCCI, L’hegelismo in Italia nell’età del Risorgimento, in “Studi
storici. Alcuni temi già individuati in precedenti analisi sono ripresi qui e
riproposti nel più ampio disegno di “un problema autentico nostro, di noi
italiani: un problema di “tradizione”, nei confronti di quell’hegelismo che
“non è stato solo un movimento accademico, di professori, ma è stato un
elemento della vita civile della nazione nel momento culminante del suo
Risorgimento. C'è una duplice “eredità teorica” dello S. La scoperta
delladimensione“pratica” dell’autocoscienza, nella rielaborazione della
Ferorzenologia; la rivalutazione del positivo umano; la reinterpretazione della
logica hegeliana nei termini di una metodologia imperniata sulla “definizione
genetica” e il disegno di una antropologia filosofica, non naturalistica:
questa è l'eredità ripresa da A. Labriola. C’è anche l'eredità dell’ultimo S.,
raccolta da Jaja e da Gentile: la “rivendicazione dell’apriori gnoseologico”,
che mette capo a “una forma di umanismo spiritualistico; l’ultimo S. lavora
alla “conservazione del sistema hegeliano con modificazioni al suo interno”;
sul “riformismo” di S. in sede di logica, e relativa nota). Più complesso
appare il discorso sullo S. politico. Per lui (come per De Sanctis, De Meis,
ecc.) si “fanno subito avanti problemi di sviluppo ideologico legati allo
sviluppo politico del nostro paese”; problemi che non si risolvono registrando
-— semplicemente — la “conversione” di alcuni intellettuali democratici a
posizioni di moderatismo variamente colorato, o rubricando, per S., le
polemiche contro la “Civiltà cattolica” e le riflessioni sul rapporto
stato-chiesa sotto la voce: “anticlericalismo” di moda. L’hegelismo italiano
acquistò un vigore civile” che non andò perduto. “Se nacque in provincia e finì
poi come fenomeno ‘europeo’, nel suo momento di maggior vigore l’hegelismo
italiano fu altro: un fatto nazionale — come interpretazione della rivoluzione
‘nazionale’ che s'andava compiendo e sollecitazione per uno sviluppo moderno,
avanzato, di essa; e come teoria, in una parola, della connotazione
eminentemente politica che avrebbe dovuto assumere il concetto di nazionalità.
Riaffiorano ora nel discorso di L. temi già emersi nello scritto su S. :
l’appello alla Filosofia della storia, il motivo hegeliano-illuministico della
ragione che “rovescia l'esistente”, il superamento del cosmopolitismo astratto
(Vera) e del cosmopolitismo reazionario, controriformistico (Gioberti), nelle
prime lezioni napoletane. Nella teoria della “circolazione”, al di là degli
schemi e delle forzature, va letto “l’avvertimento di un problema reale, e di
ungrande problema, anzi la prima esatta presa di coscienza di esso in senso
critico, il problema stesso al quale si ritroverà di fronte anche il Labriola
in rapporto al materialismo storico”: il problema della tradizione nazionale.
“Che l’hegelismo di Spaventa non sia stato solo teoria della rivoluzione
nazionale, ma anche, in connessione, posizione del problema stesso della
‘tradizione nazionale’, comporta di nuovo ch’esso non risulta chiuso nella sua
epoca storica, bensì lascia un’altra eredità che attraverso una linea precisa
torna a giungere a noi. Inoltre, della concreta ricostruzione spaventiana
rimangono indicazioni non più smentite: Bruno, Campanella, Vico. E restano la
battaglia contro il giobertismo, contro l’ “abito retorico” e la “mentalità
retrograda” dei secoli bui, resta la rivendicazione dell’Italia del “libero
pensiero” contro l’Italia “dei carnefici e degli oscurantisti. Le ultime pagine
(622 sgg.) ribadiscono il “carattere accentuatamente radicale” che l’hegelismo
di S. seppe mantenere anche negli ultimi scritti dedicati alla discussione di
questioni etico-politiche; i motivi ispiratori del “giovane” S. continuarono ad
operare nella difesa dello stato laico, che trae “la sua legalità dalla
sovranità popolare anziché dal diritto storico o da consacrazioni superiori”, e
nella delineazione di un ethos nuovo. Questa è l'eredità che rimane, malgrado
le formulazioni “ideologiche” di cui pur appare rivestita; “se una memoria
tragica si è storicamente interposta fra noi e la formula dello ‘stato etico’,
ben di qui si impone di riattingere nella sua genuinità il contenuto di
quell’eticità reale che allora rivendicarono, quando si costruiva una realtà
nuova, i nostri hegeliani. Dello stesso autore va segnalato anche il volume:
Cultura e ideologia in Francesco De Sanctis, Milano. Il nome di S. è avvicinato
più volte a quello del De Sanctis, per indicare i numerosi punti di contatto
tra i due autori, sul piano di un comune impegno culturale sviluppato in una
direzione “nazionale” e non astrattamente intellettualistica o
anacronisticamente cosmopolitica, con.
la piena consapevolezza del compito “politico-pedagogico” che spetta al lavoro
degli intellettuali. ALDERISIO, Ur articolo ineditodi B. Spaventa circa l’unità
organica della filosofia di Bruno e circa l’attinenga di questa con la
filosofia di Spinga, in “Giornale critico della filosofia italiana”. ORSI,
prefazione a B. S., Scritti inediti e rari, Padova. GARIN, Storia della
filosofia italiana, Torino. Da vedere l’ “avvertenza, per il raffronto tra
questa edizione e la precedente. La seconda edizione presenta integrazioni e
correzioni soprattutto nell’apparato delle note, “trasformato in un inizio di
bibliografia essenziale ma sistematica”, che rende conto di nuove e mutate
prospettive storico-critiche. Le pagine che riguardano direttamente S. appaiono
sostanzialmente identiche nelle due edizioni. Si vedano, dell’introduzione,
dedicate alle tesi delle prime lezioni napoletane di S. (con qualche riserva
sulla storiografia spaventiana “fatta di precorrimenti”, ma anche col
riconoscimento della sua fecondità), nel corso di una rassegna delle diverse
interpretazioni e valutazioni della tradizione filosofica italiana nella
storiografia illuministica e risorgimentale, fino a Croce e Gentile e agli
storici più recenti. Nel capitolo sugli hegeliani italiani, a S. sono dedicate
dieci pagine. L’itinerario di S. si snoda, secondo G., senza fratture lungo una
linea la cui coerenza risulta soprattutto se si tengono presenti il programma
di rinnovamento culturale e i bersagli polemici del maestro; le pagine sulla
nazionalità, la tesi della “circolazione”, la ricerca di un hegclismo
“autonomo” (S. “intendeva ascendere alla sua logica attraverso una sv4
fenomenologia”) si accordano bene con le ultime indagini sul “valore
dell’esperienza”, rivalutata appieno in nome di un “assoluto umanismo”, che è
“rigida aderenza all'attualità spirituale nella sua storica concretezza”. Un
“epilogo” (rinascita e tramonto dell’idealismo) aggiunto nella edizione del
1966, indica già nel titolo il taglio con cui è condotto il discorso sulla
filosofia italiana del Novecento. Si conclude accennando a una
“problematicanuova”, ispirata alla lezione di Gramsci; e si apre con un
richiamo alle reali, autentiche esigenze di S., filosofo “della rivoluzione”
negli anni giovanili, aperto più tardi a una problematica ‘positiva’, anche se
antipositivistica, mai chiuso entro “limiti provinciali”; interprete, sì, di Galluppi,
Rosmini e Gioberti, teorico certo della “circolazione”, ma “sotto la doppia
urgenza di un processo politico in atto, e di una presa di posizione polemica
all’interno di quel processo politico medesimo”. La figura di S. appare nella
sua giusta luce, più che nelle interpretazioni “speculative” dei suoi scritti,
nella lettura attenta delle sue pagine polemiche, contro la tradizione
platonizzante della filosofia italiana, contro il “rinnovamento” del Mamiani;
si disegna chiara nella «più sfumata discussione del positivismo: una
discussione, questa, ben consapevole dell’importanza dell’avversario”. Qui, S.
si incontra con De Sanctis. Questa insistenza sull’umanismo di S., sul
carattere “positivo”, “critico” del suo filosofare; questa nuova presentazione
del parallelo S.-De Sanctis (e del rapporto S.- Labriola), rimandano alla
lettura di altre pagine di G. Intanto, al primo capitolo delle Cronache di
filosofia italiana (nell'edizione [Bari].
Poi, allo scritto Antonio Labriola e i saggi sul materialismo storico,premesso
a Labriola, La concezione materialistica della storia, Bari. Sono da vedere,
qui, sull’insegnamento di S. e sul peso che ebbe, quell’insegnamento, nella
formazione di Labriola. Il “rapporto fra Labriola e S., così come l’hegelismo e
l’herbartismo coesistenti dialetticamente in Labriola, e il suo atteggiamento
tanto duramente polemico contro il positivismo, e poi il suo movimento verso il
marxismo, non si intendono se non si restituisce il suo volto al magistero
napoletano di S. dal ‘62 in poi, così poco hegeliano ‘ortodosso’, ma anche così
lontano dalle vie percorse, attraverso l’esperienza feuerbachiana, dai ‘giovani
hegeliani” tedeschi. L'incontro S.-Labriola ha avuto un significato decisivo,
che va ribadito, non certo “ai fini di più o meno artificiose genealogie
(Hegel-S.-Labriola) o di improponibili simmetrie (Hegel-S.-Labriola, corze
Hegel- Feuerbach-Marx). Quel che importa sottolineare è altro: è la
trascrizione della ‘circolazione’ operata da Labriola sul terreno storico, nel
senso che nell’Italia comunale si individua l’avvio della società borghese
(‘comincia prima che altrove... e poi si arresta’), ponendosi così il problema
dei motivi di quell’arresto, e l’esigenza di una consapevolezza, necessaria per
rientrare nel circolo del processo politico europeo. Non basta, però: c’è un
passaggio reale, un legame che resta, tra il rigore critico e scientifico del
maestro, e quello dello scolaro, avviatosi poi su altra strada. Da S., Labriola
eredita l’ “immagine della filosofia come ‘scienza’, come elaborazione di
concetti, come coscienza critica”, “contrapponendola alla ‘filosofia
scientifica”; con S., Labriola vede in Hegel “un punto fermo, ma non un sistema
definitivo”; più tardi, “vedrà analogamente in Marx una conquista in campi
determinati, una tappa necessaria, un’acquisizione metodica essenziale, non un’
‘onniscienza’, una enciclopedia da ripetere per sempre. In questa prospettiva
si può parlare di un nesso S.-Labriola, presentato qui in pagine che vogliono
servire a illuminare la figura e l’opera di entrambi i filosofi. RASCHINI,
Validità e limiti dell’interpretazione spaventiana del Rosmini e del Gioberti,
in “Giornaledi metafisica. S. afferma che la coscienza o unità originaria del
conoscere come puro conoscere, in quanto è sintesi, è relazione tra i termini
ad essa immanenti. In questo concetto fondamentale di relazione sta il problema
attraverso cui cercare l’incontro; esso è veramente il centro della
problematica post-kantiana e, per quel che ci interessa, spaventiana,
rosminiana, giobertiana”. Su questo piano, che fissa i limiti entro i quali è
autentico l’incontro di S. con Rosmini e Gioberti, può svilupparsi un discorso
che indica nel concetto di “relazione” proposto da S., e nella dialettica che
dovrebbe esprimerla, la “contrazione di una tesi più ampia”, di una più valida
“mediazione” che, in Rosmini e Gioberti (e sia pure con qualche differenza tra
i due autori), è aperta alla ricerca di una fondazione ontologica. VACCA,
Recenti studi sull’hegelismo napoletano,
in “Studi storici. L’ampia rassegna prende in esame tutti gli studi apparsi
nell’ultimo quindicennio, ma si richiama anche a lavori e prospettive meno
recenti (Croce, Gentile, L. Russo...) per presentare un preciso raffronto delle
diverse linee in cui si svolgono, convergendo o divergendo fra loro, le varie
interpretazioni. Il discorso critico di V. — sviluppato in forma autonoma nella
ricerca condotta dall’a. sul nesso di politica e filosofia nello S.— è ispirato
dalla esigenza di riconoscere nel momento etico-politico e politico-culturale
il filo conduttore di tutta l’opera del filosofo napoletano. Tra le opere
richiamate o esaminate dall’a. interessa qui segnalare: gli studi di Arfè,
Berti, Zambelli, I/ giovane Spaventa di S. Landucci; ma anche il lavoro su De
Sanctis e la relazione), lo S. e Vera di A. Plebe, i lavori di I. Cubeddu e di
Oldrini. AGRIMI, Bertrando Spaventa e l'eredità hegeliana, in “Trimestre. Ampia
nota, che prende l’avvio dal recente volume di Vacca, “un lavoro rigoroso e
certamente il più completo ad articolato sull'argomento, che inquadra
l’accurata informazione critica e la dettagliata e lucida ricostruzione dello
svolgimento del pensiero spaventiano in una più ampia prospettiva storiografica.
A proposito del libro di Vacca, l’a. conclude: “Una così energica rivalutazione
di Spaventa non può comunque non determinare un riesame della linea di
svolgimento del pensiero italiano contemporaneo: linea peraltro in più parti
indistinguibile o appena tratteggiata. Può muovere da Spaventa un filone di
pensiero in direzione di una filosofia della prassi? Non è facile ammetterlo, e
comunque si dovrebbe passare per mediazioni e recuperi molto difficili. Ma sono
ancora ammissibili ricerche di genealogie filosofiche ‘nazionali’, in cospetto
di eventi storici che ci costringono a ‘pensare mondialmente’? Gramsci, come si
sa, su questo terreno urtava non di rado in contraddizioni e incertezze. Per
l’a., resta aperto il problema di “stabilire le ragioni per cui, malgrado
l'appassionato sforzo spaventiano, l’hegelismo non riuscì a divenire
l’ideologia politica e culturale del nuovo Stato nazionale.: cfr.“lhegelismo
spaventiano esce dalle pagine del Vacca ricco di una carica innovatrice e
progressista, che non sembra però incidere sulla vita nazionale del tempo”).
Per qualche suggerimento offerto dall’a., si veda, tra l’altro, pp. 148. sg.:
la teoria spaventiana della circolazione, l'adattamento dell’hegelismo
“all’antica tradizione italiana” finisce col ricongiungersi — o comincia a
ricongiungersi — con le intenzioni di uno storicismo pacificatore, che ha
perduto il senso della lezione illuministica, il senso della “insopprimibile
distanza” e dello “scontro dialettico tra ‘razionale e reale’, tra ‘verità’ e
‘storia’, tra ‘pensiero’ e ‘realtà’, condizione indispensabile di una tensione
costruttiva e progressiva rivolta a trasformare la realtà.. ONUFRIO, Lo “stato
etico” e gli hegeliani di Napoli, in “Nuovi Quaderni del Meridione. Ampia
rassegna degli studi sul pensiero politico degli hegeliani napoletani,
pubblicati (l’a. esamina tra gli altri i
lavori di De Ruggicro, Caramella, Russo, il S/vz0 Spaventa di Romano [Alatri],
gli studi della Zambelli e di G. Berti, il volume di Oldrini su Vera. Onufrio
affronta un riesame degli articoli del “Nazionale” (anche in connessione con le
indicazioni di Vacca); e offre al lettore una analisi degli scritti politici di
S. — dagli articoli sul “Progresso” ai Principi di etica — che, pur accogliendo
diverse indicazioni dei più recenti studi sull'argomento, si conclude con il
rilievo dell’ispirazione sostanzialmente liberale della filosofia politica del
vecchio hegeliano. VACCA, Politica e filosofia in Bertrando S., Bari. Tutti gli
scritti di S. sono sorretti da “un’intenzione politico-culturale, risalente ad
una precisa’ visione dell’unificazione nazionale e della necessaria
ricostruzione culturale. La curvatura ideologica con cui S. visse i fatti e le
passioni del Risorgimento italiano, si delinea dunque come il filo rosso della
sua filosofia”. L'analisi, condotta attraverso il continuo riferimento al
terreno in cui si incontrano passione politica e riflessione teorica, restaura
la connessione “genetica” dell’ “intero impianto” della filosofia di S. e
consente la presentazione di uno S. “modernissimo e ‘europeo’, che andava
smarrito nella prospettiva attualistica. La monografia di V. è sviluppata nella
linea dei recenti studi, che tendono a recuperare la dimensione etico-politica
dell’opera di S. (per una discussione di questi scritti impostata dall’a. del
libro. V. disegna tuttavia con tratti più decisi la figura del primo S.
democratico, ricollegando gli scritti sul “Progresso”, anche quelli ristampati,
all’attività del “Nazionale”, e restaurando le linee di una “formazione
politica militante” dei due S.; e rimette in discussione l’opera dello S.
maturo, dello storico, del riformatore della dialettica e del critico del
positivismo, che nasconde “a livelli sempre nuovi e a volte estremi di
mediazione, senza però abbandonarla, l’ispirazione e le esigenze originarie
(l’ultimo capitolo si intitola: Storicismo e antropologia. La filosofia come
fondazione metafisica della prassi). Il primo capitolo (Il “Nazionale” e il ‘48
napoletano nella formazione degli S.) si conclude con un’importante appendice,
in cui l’a. affronta il problema della formazione di B., riprendendo l’ipotesi
della sua collaborazione attiva al “Nazionale” e alla rivista di Silvio. È
evidente lo stretto rapporto (identità di temi, e finanche di espressioni
letterali) che lega gli articoli di B. a quelli del “Nazionale”, attribuiti a
Silvio. Le origini delle convinzioni democratiche e repubblicane degli S., la
fonte — non libresca — del socialismo (si parla però di “una non ben precisa
forma di socialismo) di B., piuttosto che nella lettura del noto libro di L.
Stein sul socialismo e comunismo in Francia, vanno ritrovate nell’azione
politica dei due fratelli, nella loro appartenenza ad “uno schieramento politico
che concepiva la lotta per l'indipendenza strettamente intrecciata alla lotta
per l'emancipazione politica e costituzionale, senza ancora una precisa
subordinazione della seconda alla prima. Contro il vecchio giudizio di Croce,
V. parla dello schietto liberalismo democratico. (e non, semplicemente,
“progressista”) degli S.; i quali, quando cederanno all'iniziativa piemontese,
rimarranno tuttavia sempre fedeli alla loro concezione dello stato come
formazione storica destinata ad evolversi sotto la spinta di nuove idee e dì
nuovi bisogni. AI di là di una prima caratterizzazione degli schieramenti
politici e delle varie correnti compresenti, anche contraddittoriamente, nella
stessa redazione del “Nazionale”, la ricostruzione della linea seguita dagli S.
viene precisandosi attraverso la lettura del giornale di Silvio: V. documenta
le “simpatie repubblicane” del “Nazionale, ravvisa nei suoi articoli la difesa
di una democrazia “piena, politica e sociale’, contro il contrattualismo
giusnaturalistico, chiarisce il carattere “strumentale” dell’ “albertismo” di
Silvio e dell’accostamento al programma neoguelfo, distingue dall’ “unitarismo”
e dal “gradualismo” tattico un complesso di richieste illuminate da principi
più avanzati. E l’analisi si concentra su due temi che saranno costantemente
presenti nei primi scritti di B. a Torino: l’idea di nazione e di stato, e la
sovranità popolare. Quanto al primo: il rapporto fra Stato e nazione è
costruito secondo una dialettica idea-esperienza, dover essere-essere, che
comporta e mantiene una polarità, per cui giammai l'essere annichila il
dover-essere. E, per il secondo punto, V. spiega la coesistenza della difesa
della sovranità popolare con la critica della “volontà generale”, riadducendo
quest’ultima non ai paragrafi antigiacobini della Filosofia del diritto di
Hegel, ma alla convinzione che la legge del numero, meccanicamente intesa,
serve a contrabbandare una forma particolare di volontà, in luogo della volontà
del popolo. Emergono ancora, a chiusura del capitolo, tre punti importanti: il
rilievo di una prima critica del diritto di proprietà come diritto innato;
quello dell’apertura alle masse popolari, come sostegno indispensabile della
rivoluzione; infine, in connessione con il punto precedente, la “formulazione
di una teorica politico- pedagogica dello stato — che sarà compito degli
Spaventa maturi sviluppare —, nella quale è sempre più chiaramente visibile la
preoccupazione di accompagnare la fondazione del nuovo Stato alla fondazione di
una reale egemonia borghese. Il capitolo (Politica e filosofia nel primo S.),
studia gli scritti spaventiani, rilevando il carattere “pratico” dell’hegelismo
di S., accolto in origine come strumento di rottura dell’egemonia eclettica
operante nel liberalismo moderato napoletano. Questa genesi dell’idealismo
spaventiano va tenuta presente per una corretta lettura delle pagine
“hegeliane” di questi anni. La difesa, dalle colonne del “Progresso”, della
democrazia repubblicana e l'affermazione della necessità della “riforma
sociale”, condizione anch'essa della pacifica convivenza di libere nazioni,
vanno ricondotte ad un’autonoma concezione della storia, in cui è accentuato
“laspetto deontologico del principio della libertà e della razionalità del
reale. La funzione degli intellettuali così come è prospettata da S. richiama
l’immagine illuministica del philosophe, piuttosto che la figura dell’ “eroe”
hegeliano. La distinzione di “utopie” e “idee storiche”, e la critica delle
“utopie”, si sviluppa in virtù di “un criterio di discriminazione fra filosofie
teologiche e filosofie scientifiche”, conformemente al “principio di una
perfetta rispondenza, sempre, del pensiero con determinate posizioni della
vita. Quello di S. è uno “storicismo avanzato”; la realtà è storia in quanto
“opera umana”, “lavoro”; e 1° “assoluta mediazione” coincide col processo
infinito della prassi. La concezione politico- pedagogica dello stato, primo
nucleo dello “stato etico”, nasce da una critica degli stati liberali sorti
dalle rivoluzioni borghesi; nella polemica spaventiana sulla libertà
d'insegnamento è posto in primo piano il problema “dell’eguaglianza materiale
delle condizioni sociali dei destinatari dell’insegnamento. S. mira ad “una
egemonia ideale laica come portato e cemento di una moderna costruzione
pubblica dell’organizzazione della cultura; la richiesta si fonda sulla
“concezione della filosofia come coerenza e rigore di principi, come unità
logica del pensare e dell’operare degli uomini”: un “dato permanente del
‘carattere’ di S. La fedeltà a Hegel è apparente; nel processo di “adattamento
dell’hegelismo alle lotte rivoluzionarie del Risorgimento. Si determina una
elaborazione autonoma di temi hegeliani che tocca questioni di principio e di
metodo. L’a. torna ora sulla “caratterizzazione deontologica del nesso
reale-razionale”, che distingue la filosofia di S. dalle ricostruzioni
speculative del processo storico; l'identità di pensiero e essere affermata
negli Studi implica che la riflessione possa “spaziare fino ad identificarsi
con tutta la storia degli uomini, nel senso di costituirne e rivelarne l’unità,
l’intercompenetrazione e la conoscibilità da parte dell’uomo, come conseguenza
dell’essere quella opera sua. La riflessione non è abbandonata al gioco
dell’astrazione indeterminata; S. sa che la concretezza del nesso delle
determinazioni astratte (ma non, appunto, generiche) fissate dalla riflessione
non riposa su una mera “autoconsapevolezza dell’unità dell'esperienza, che
rifiuti, in ultima analisi, la differenza; lo sa “per un’originaria
intelligenza della dialettica come nesso del pensiero come riflessione con
l’essere come lavoro umano”, come mostrano proprio le sue pagine sul tema del
lavoro, visto sempre alla luce di rapporti e relazioni concrete. Le pagine
conclusive del capitolo offrono un primo quadro dei motivi che caratterizzano
l’autonomia dell’hegelismo spaventiano (uso determinato della astrazione,
consapevolezza del nesso storico di filosofia e vita, critica della metafisica
teologica, teorizzazione del primato del fare, rifiuto, in ultima analisi,
della “scissione hegeliana degli opposti. I mutamenti che affiorano nel
programma di S. sono studiati nel terzo capitolo (Etica e politica della
maturità), che si conclude con un’analisi degli Studi sull’etica hegeliana.
Negli anni in cui il filosofo dà la sua adesione alla politica ufficiale del
Piemonte, va registrato un atteggiamento più distaccato — ma sempre “oggettivo”
— nei confronti del socialismo. La democrazia difesa da S. perde molti contorni
specifici; il riferimento alle lotte sociali in Francia sembra abbandonato per
il richiamo a un liberalismo di tipo inglese. È cambiato, del resto, il
bersaglio della polemica: ora S. combatte i clericali, i fautori
dell’assolutismo, anche a difesa delle “grandi conquiste della civiltà
borghese”, ma “senza identificarsi”, sottolinea V., “specie sotto il profilo
delle matrici culturali — con i valori della civiltà liberale. S. si mostra del
resto ancora un giacobino nella nota discussione del rapporto
religione-filosofia, stato-chiesa (e qui V. respinge i rilievi di “astrattezza”
avanzati da Croce e da L. Russo. S. difende una “concezione dello stato ‘in
termini di egemonia’, destinata ad una resa dei conti critica con l'ideologia
liberale” e che “non ha nulla a che spartire con le successive ideologie totalitarie”
dello stato etico; è in questa prospettiva — di “critica dei limiti
formalistici della democrazia liberale — che vanno letti gli articoli sulla
politica dei gesuiti e il rifiuto della rousseauiana volontà generale. Ed è
ancora questa prospettiva che consente di far riaffiorare tutti i contorni del
“disegno politico” implicito negli studi sulla filosofia italiana e sulla
filosofia classica tedesca, disegno che presenta ormai in forma molto mediata,
ma non stravolta, l’originaria ispirazione democratica del suo autore.
“L’unificazione reale della società, che ancor il ‘51 era un compito politico,
per Bertrando, è divenuto, al momento dell’unità, un compito di i/luminazione
culturale e ideale. S. Si limita ora a “vagheggiare una missione pedagogicopolitica
della scienza in quanto tale” (p. 180); elabora temi e affina strumenti
“ideali” di unificazione (l’ “unità dello spirito”, della “mente”, 1’ “identità
di conoscere e fare”, l “autonomia del pensiero” e la sua “infinità”) che
valgono come premesse di una realtà ancora da costruire; ma abbandona, anche,
le analisi storiche in termini di dialettica delle “classi”, e accorda la sua
preferenza a categorie come “nazione”, “spirito nazionale”, ecc. Senza
riprodurre le numerose osservazioni che riguardano gli altri scritti
spaventiani (soprattutto le lezioni napoletane) vediamo come l’a. si serve di
questi rilievi per la lettura degli Studi sull’etica begeliana. La preferenza
accordata a certe categorie (la comunità nazionale, identificata senz'altro con
la comunità etica) può condurre e di fatto conduce S. ad un uso non corretto
della astrazione (assunzione di strutture particolari dello stato nazionale
moderno come contenuto “puro” dell’ethos). Un caso macroscopico è offerto dalla
deduzione della “eternità” delle classi e della divisione in classi in base
allo schema generico della divisione del lavoro. Tuttavia nelle riflessioni
sullo stato, ‘organoessenziale del disegno egemonico di S., Si assiste “ad una
più corretta combinazione del metodo dialettico. con. un uso relativamente
determinato dell’astrazione. Lo stato è la “mediazione vivente dei processi
storici che maturano nella società civile”, è l’unità-risultato “della più
ampia e libera partecipazione dei singoli a formare la volontà politica che
nello stato si fa soggetto. La concezione dello stato come funzioneverità della
società civile è costruita proprio attraverso la denuncia di una serie di
mediazioni mancate: come mostrano, p. es., le pagine sulla “costituzione”,
nelle quali si legge la condanna di chi vorrebbe mantenere lo stato al di sopra
delle lotte sociali, “mentre il problema è di fondare uno stato etico, capace
di interpretare e di tradurre in istituzioni, al limite sempre nuove, tutta
l’eticità di un popolo: i suoi bisogni materiali e spirituali, le sue ragioni,
le ragioni della sua storia. Certo, l'esigenza di un legame più stretto dello
stato con la società civile è in primo luogo, in questi anni, ricerca di un
“consenso ideale delle masse popolari italiane al nuovo stato”, su di un piano
“culturale; ma la critica del contrattualismo e della concezione
sostanzialistica dello stato, costruita in virtù di una logica che sa vedere la
matrice comune delle opposte teorie, liberale e assolutistica, corrisponde
ancora a una concezione democratica: purché con tale aggettivo si intenda non
già riferirsi alle esperienze storiche degli stati liberal-democratici”, ma ad
“una forma di stato, se si vuole originale, che abbia una funzione attiva e
motrice verso la società civile, nell’intento di superare la propria scissione
da essa, prodotta dalla civiltà borghese. L’ultimo capitolo è dedicato
all’interpretazione della “metafisica” di S., i. e. della sua filosofia della
“relazione” o “mediazione assoluta”, sviluppata attraverso una critica sempre
più approfondita di Hegel e nella prospettiva di una nuova impostazione del
rapporto teoriaprassi, scienza-filosofia. Sono anticipate le conclusioni
generali, attraverso un diretto riferimento ai risultati acquisiti nei capitoli
precedenti. La costruzione della filosofia come fondazione metafisica della
prassi avviene in varie tappe. La prima è individuata nella cosiddetta
“parentesi”, che studia il rapporto fenomenologia-logica, giungendo tuttavia a
un risultato ancora “idealistico” (nel senso dell’idealismo soggettivo: il
soggetto è, immediatamente, autocoscienza, e non viene superato il parallelismo
di natura e pensiero. Le riflessioni sullo stesso tema raccolte nelle prime
lezioni napoletane rappresentano un secondo momento della costruzione: qui S.
continua ad avvertire l’insufficienza dell'identità logica di essere e pensiero
(tutto è logico, ma la logica non è tutto) e cerca, invano, di uscire dallo
schema della mera pensabilità attraverso “il sistema della logica e della
fenomenologia, combinate”; invano, giacché la fenomenologia, che dovrebbe
fondare la logica, non riesce a fondare neppure se stessa, dato che la
coscienza è assunta originariamente come un fatto che non siprova. L'identità
(e l'opposizione) immediata — e quindi “inerte” — che si presenta nella coscienza,
come fenomeno, si riproduce come tale sulla soglia della logica; Trendelenburg
rischia di avere ragione. Tra le riflessioni e il saggio sulle Prize categorie
(quarta fase) si collocano le lezioni di antropologia, e la Filosofia di
Gioberti: in queste pagine V. rintraccia l'acquisizione di un punto di vista (è
il “vario sensibile” che “discrimina” l’esperienza del soggetto; il vero
immediato-mediato è la natura, non la coscienza; e il rapporto di materia e
idea è un rapporto di “continuità e compenetrazione dialettica”) che prepara la
soluzione delle Prize categorie. Qui S. afferma l’ “identità del puro
pensiero-essere con il puro pensiero-volere”: autocoscienza, certo, ma come
“risultato e espressione formale di quell’eterna mediazione con se stesso che è
il soggetto pratico-storico”, cioè come “il più alto attributo” dell’ “uomo
storico concreto”. Il pensiero dal quale non si esce, che nella massima
astrazione (l’astrazione da sé) ritrova se stesso e la conferma di sé, “non è
se non la prova della infinità e della processualità del pensiero come esserci,
esistenza, esperienza, la necessità, pensata, dell’infinita attività umana:
attività, i. e. “risoluzione”, “deliberazione”, “e non certo solo giudizio. Ai
due momenti immediatamente precedenti — che rappresentano la “fase più
acutamente evolutiva” degli studi hegeliani di S. — si ricollega Logica e metafisica: la
lettura del manuale conferma la analisi degli scritti sull’antropologia e sulle
Prizze categorie. “Le categorie che Spaventa deduce dialetticamente attraverso
tutta la logica, partendo dal puro essere, sono quelle delle scienze nei loro
diversi gradi e momenti. Tutte queste categorie culminano nella posizione della
diade logica per eccellenza: la posizione del soggetto e dell’oggetto; e una
volta posta questa, provano di dipendere da essa, che è la posizione del nesso
dialettico assoluto capace di comprenderle (produrle) tutte in quanto posizione
dell’uomo storico concreto. La logica prova allora la storicità di tutto il
sapere, nel duplice senso che esso dipende e riceve senso e valore dalla
posizione storica del soggetto umano. E la prassi umana, che è tutto il reale,
è veramente tale in quanto si conosce: si fa sistema, logismo, scienza
(certezza di sé)”. E questa è l “istanza umanistica” di S. “Il suo problema è
di costruire scientificamente la certezza umana del mondo in quanto mondo
naturale-umano. E tale disegno la sua filosofia esegue provando questa
certezza, in ultima analisi, in uno schema logico risultante dalla suprema
astrazione di cui il pensiero come tale è capace rispetto a se stesso in quanto
determinato. La filosofia come mediazione o “relazione assoluta” è
“intelligenza del contesto umano nel quale le scienze particolari ricevono
significato; non dissoluzione delle scienze, ma esigenza “di una loro
integrazione umanistica, presentata in maniera speculativa; non “sistema” come
“riduzione delmondo a filosofia” (= auto-coscienza), ma “sistema
dell’esperienza in ogni momento del suo farsi”, “critica della ragione storica
e scientifica. Come risulta dalla lettura di Esperienza e metafisica, e degli
scritti ad essa collegati, le riflessioni sul rapporto scienza-filosofia, che
caratterizzano l’ultima fase del pensiero di S., confermano i risultati fin qui
acquisiti: S. ricerca i “princìpi che presiedono all'elaborazione delle scienze
umane nella loro autonomia e distinzione dalle scienze naturali, sul piano di
una metafisica delle e idee che non rinnega la continuità-distinzione di physis
e psiche, ma solo colpisce le “rozze” metafisiche che vorrebbero ricondurre la
psicologia, dal terreno delle scienze storico sociali, su quello del
naturalismo meccanicistico. La polemica antipositivistica e antinaturalistica e
la critica a Hegel appaiono, del resto, complementari: si vedano (a proposito del
rapporto scienza- filosofia) le indicazioni. L'appello a Kant e la difesa del
“trascendentale” — in Esperienza e metafisica 6 non’ rappresentano una
“ricaduta nell’epistemologismo”, ma continuano a ribadire “la posizione della
conoscenza come assoluta produzione”. In che senso poi le ultime opere di S.
accentuino e specifichino la distanza che ormai separa il filosofo da Hegel, si
legge. Nello scritto contro Teichmiiller, la “negazione” è difesa come semplice
“ipotesi” dell’ “unità razionale” di una esperienza non defraudata dei suoi
nessi empiricoprammatici. Ancora: la nota critica a Hegel — che rifiutò
l’evoluzione naturale — investe uno dei caposaldi del sistema hegeliano: l’
“opposizione” di natura e spirito. Riflessioni altrettanto eterodosse si
leggono in Esperienza e metafisica, a proposito di Aufhebung e salto
qualitativo. Da queste pagine, e da quelle precedentemente esaminate, V. ricava
due osservazioni: l'accoglimento del meccanismo, che scongiura la
trasfigurazione dei processi naturali in processi ideali, “è la premessa di
quel definitivo ripudio della filosofia come sistema analizzato in Esperienza e
metafisica”. Ma è anche vero che S. non conclude senz’altro per la risoluzione
della filosofia nelle scienze, “senzaresidui”;e continua a mantenere
l’hegelismo come termine di confronto con le scienze. Le due osservazioni si
fondono e autorizzano una conclusione: “il problema filosofico di Spaventa è
sempre più chiaramente quello di provare l’unità razionale dell’esperienza e
l’unità critica del sapere. “Vi è perciò, in S., lo sforzo di esprimere nella
filosofia il senso della scienza moderna, di rendere esplicito, in quella,
l’interno problema di questa. S. ha scritto che la metafisica hegeliana è la
“profezia” della “scienza della moderna esperienza”. Ma Hegel “avrebbe certo
ricusato una tale lettura della sua filosofia. Tra le pubblicazioni apparse ci
limitiamo a segnalare qui: BORTOT, L’hbegelismo di Bertrando Spaventa, Firenze;
ONUFRIO, Vico maestro di S., in “Nuovi Quaderni del Meridione”; I/ primo
begelismo italiano, a cura di G. Oldrini, con prefazione di E. Garin,
Firenze (riproduce testi di Mazzoni,
Passerini, Cusani, Gatti, Sanctis, Vera e B. S.. Di S. sono ristampati i
Pensieri sull’insegnamento della filosofia e, in parte, gli Studi. Molto.
importante l'introduzione, che offre un quadro assai chiaro delle vicende
dell’hegelismo italiano; ricchissime le indicazioni bibliografiche); S.,
Unificazione nazionale ed egemonia culturale, a cura di G. Vacca, Bari (nell’antologia sono ristampati: un brano
degli Studi sopra la filosofia di Hegel, alcuni articoli apparsi sul
“Progresso”, lo scritto I/ lavoro e le macchine, una scelta dalla Politica dei
gesuiti, lo scritto Del principio della riforma, brani della corrispondenza tra
i fratelli S., la prolusione di Modena [no], lo scritto Paolottismo,
positivismo, razionalismo, una scelta dai Princìpi di etica. Seguono tre-dici
lettere inedite di Meis a B. S. e Ricciardi, già pubblicate in “Il pensiero
politico”; nella stessa annata della rivista, era già apparsa, con il titolo
Introduzione alla riflessione politica di B. S., l'introduzione all’antologia);
VACCA,Lo hegelismo a Napoli, in “Rinascita. Alcune Lettere inedite di B. S. a
Imbriani ha pubblicato A. Pellicani in «Realtà del mezzogiorno», Pagine di
Gentile sullo S. si leggono ora in GENTILE, Storia della filosofia italiana, a
cura di E. Garin, Firenze (con una
notevole introduzione, che discute tra l’altro della interpretazione gentiliana
dell’opera e delle tesi storiografiche di S.). Importanti, anche per seguire le
vicende della stampa degli Scritti filosofici, le lettere di Croce a Gentile
pubblicate nel “Giornale critico della filosofia italiana”; e i due volumi
delle lettere Gentile-Jaja (in GENTILE, Opere, a cura della Fondazione Gentile
per gli studi filosofici, Carteggio a cura di M. Sandirocco, Firenze). Si
ricordano infine i saggi di Garin, Problemi e polemiche dell’ begelismo
italiano, di V. A. Bellezza, La riforma spaventiano-gentiliana della dialettica
hegeliana, di I. Cubeddu, B. Spaventa riformatore di Hegel nella cultura
italiana del 900, raccolti nel volume Incidenza di Hegel (Napoli), a cura di F.
Tessitore -- v. anche, nella stessa opera, la bibliografia a cura di G.
Cacciatore Hegel in Italia e in italiano, pp. S., La filosofia italiana nelle
sue relazioni con la filosofia europea, MARCHESI (cur.), Minerva italica, ISTE:
Opere, CUBEDDU I. (a cura di), Sansoni, Firenze. Un frammento inedito di
Bertrando S. su Vico e Darwin, SAVORELLI A. (cur.), in “Bollettino del Centro
di studi vichiani. La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia
europea, OTTONELLO (cur.), Marzorati, Milano. Opere psicologiche inedite, in D.
D’ORSI, Contributi alla ricostruzione integrale del pensiero di B. Spaventa:
inediti, accertamenti filologici, nuovi itinerari e assetti critici, in “Le
ragioni critiche”. Lezioni di antropologia, ORSI (cur.), Casa editrice G.
D'Anna, Messina-Firenze. Psiche e metafisica, ORSI (cur.), Casa editrice G.
D'Anna, Messina-Firenze. Una lettera di Bertrando Spaventa a Pasquale
Villari, RASCAGLIA (cur.), Istituto
italiano per gli studi filosofici, Napoli. Lezioni inedite di Filosofia del
diritto. Modena. TOGNON (cur.), in “Archivio storico bergamasco. Esperienza e
metafisica, SAVORELLI (cur.), Morano, Napoli. Prolusione di B. S. al corso di
Filosofia del diritto (Modena), G. TOGNON (cur.), in GARIN, Filosofia e
politica in Bertrando Spaventa, Bibliopolis, Napoli. Testi di S., in
Rivoluzione, partiti politici e stato nazionale, ATTILIO (cur.), Giuffrè,
Milano. LOTZE, Elementi di psicologia speculativa, Traduzione italiana di
Bertrando S., ORSI (cur.), Casa Editrice G. D'Anna, Messina-Firenze. Epistolario,
RASCAGLIA M., (a cura di), Istituto poligrafico dello Stato, Roma. Lettera
sulla dottrina di Bruno: scritti inediti, SAVORELLI A e RASCAGLIA M. (cur.),
Bibliopolis, Napoli, Bruno [edizioni per la scuola], La città del Sole, Napoli.
Sulle Psicopatie in generale. Con appunti e frammenti inediti, D. D'ORSI (a
cura di), Cedam, Padova. Studi sopra la filosofia di Hegel. Prime
categoriedella logica di Hegel, E. COLOMBO (a cura di), CUSL, Firenze. Le
“Lezioni” sulla storia della filosofia italiana nell’anno accademico RIZZO (a
cura di), Siciliano, Messina, La filosofia italiana nelle sue relazioni con la
filosofia europea, SAVORELLI A. (cur.), Storia e letteratura, Roma. La
filosofia del Risorgimento: le prolusioni di Bertrando S., La scuola di
Pitagora, Napoli. Saggi di critica filosofica, critica e religiosa, DE GIOVANNI
B. (a cura di), La scuola di Pitagora, Napoli. SAGGI SU S. FRANCHINI, La
cultura a Napoli, in AAVV, Storia di Napoli, Napoli contemporanea, E.S.I.,
Napoli, ora anche in I/ diritto alla filosofia, SEN, Napoli. Nella prima parte
del saggio, dedicata alla cultura filosofica napoletana, si mostra grande
attenzione alla prolusione, con cui iniziò l'insegnamento napoletano di
Spaventa, sulla Nazionalità della filosofia. Oltre a ricordare le numerose
contestazioni subite da Spaventa orchestrate dall'abate Vito Fornari, da
Capocelatro, Mola e Crocchetti, si precisa che l’opposizione al pensiero del
filosofo abruzzese era assai forte persino nelle aule universitarie, citando il
caso di Tulelli, Professore di filosofia morale ed allievo di Galluppi e dallo
stesso Tari, benché legato a Spaventa da una amicizia di vecchia data, per
finire con il caso di Vera, hegeliano di prospettive radicalmente differenti da
quelle di S.. La superiorità di S. rispetto a questi suoi rivali si manifesta,
secondo, Franchini, se si tiene conto della discepolanza del filosofo di Bomba,
nella quale si possono annoverare personalità come Angiulli e Labriola,
quest’ultimo influenzato poi dalla corrente degli herbartiani. Franchini
ricorda anche l’altra figura di grande levatura della tradizione classica
napoletana, Sanctis, che però non viene mai posto in conflitto o in
contrapposizione rispetto a S.. Viene menzionata, inoltre, l’esperienza del
“Giornale Napoletano di filosofia e lettere”, diretto da Spaventa, Imbriani e
Fiorentino. Il saggio prosegue poi analizzando le altre fasi dello sviluppo
culturale della città di Napoli, affrontando la prima e la seconda scuola
crociata, oltre al tema della filosofia nell'Università. GARIN, La “fortuna”
nella filosofia italiana, in AAVV, L'eredità di Hegel dopo due secoli dalla
nascita, “Terzoprogramma”, Nell’intervento di Garin la “presenza” di Hegel
viene giudicata non neutrale né accademica e proprio per questa vittima di
alterne fortune. Se Romagnosi non esitava a definire nebulosa la nozione di
“spirito del mondo”, benché nemmeno Mazzini svalutasse a tal punto l’hegelismo,
S. e De Sanctis terranno una posizione diversa, se non addirittura opposta. A
ragione si precisa quale fosse l’importanza della Filosofia della storia nella
stesura per la penetrazione del pensiero hegeliano in Italia: da Passerini, che
ne curò la prefazione, a Cattaneo, molti intellettuali si accorserodelgenio del
filosofo di Stoccarda. All’Hegel rivoluzionario di Napoli, segue, nel percorso
spaventiano, una più attenta lettura della Fenomenologia, che lo porterà ad una
nuova interpretazione della filosofia italiana ed europea: Garin ripercorre con
puntualità le tappe di questa evoluzione, dai primi studi, fino alla prolusione
napoletana del °61, passando per le crisi e le svolte (comuni a S. e Sanctis.
L’autentica esigenza di creare una ideologia di supporto alla rivoluzione
italiana condusse all’interpretazione della filosofia hegeliana come
alternativa al neotomismo in Italia. Garin sostiene che ai tempi eroici dei
primi hegeliani si scivolò nell’aneddoto pittoresco: non solo Maturi, ma
nemmeno Jaja riuscì a recuperare la forza di S. o Sanctis. Soltanto grazie a
Croce e Gentile Hegel tornò ad essere studiato e commentato, dando vita poi nel
corso del Novecento alle correnti più disparato, citato a sostegno sia
dell’esistenzialismo, sia della teoria dello Stato etico. MALUSA, Bertrando S.
interprete della filosofia di Vico, in AAVV, Saggi e ricerche su Aristotele,
Marsilio da Padova, M. Eckhart, Rosmini, Spaventa [etc], Editrice Antenore,
Padova. La rilevanza di S. nel panorama culturale italiano si coglie anche
considerando la sua influenza sul modo di fare storia della filosofia. Il suo
scontro con Palmieri sul ruolo della scolastica all’interno della tradizione
italiana. Venendo all’analisi di Vico, si deve rilevare che l’indubbia affinità
con Vico sulle questioni relative alla distinzione del mondo in natura e
spirito trovano però un luogo di scontro a proposito del ruolo del cogito,
sostenuto da Spaventa e avversato dal filosofo napoletano. Avendo come
obiettivo quello di guadagnare grazie all’analisi del pensiero filosofico
italiano progressiva indipendenza dall’autorità della Chiesa, non stupisce che
Spaventa abbia svalutato il ruolo della grazia e della Provvidenza presente in
Vico. Se la linea Vico- Kant-Hegel divenne quasi un dogma della filosofia
neohegeliana italiana, ciò è dovuto indubbiamente all'influenza di Spaventa che
per primo percorse le tracce di questo rapporto. GARIN, Hegel nella storia
della filosofia italiana, in “De Homine. Garin rileva il che “il nome di Hegel è
indissolubilmente legato alla storia d’Italia, considerando non solo
l’hegelismo napoletano, ma anche i successivi sviluppi legati al fascismo.
Riferendosi a Orestano, Gentile e Gemelli, Garin mostra l’influenza della
filosofia hegeliana nel dibattito culturale italiano, accennando a quel
singolare destino per cui il filosofo di Stoccarda che aveva inteso la
filosofia come nottola di Minerva inaugurò quella stagione in cui la filosofia
contribuì ad influenzare direttamente gli eventi storici e non solo a comprenderli
ex post. Proprio su questo punto decisiva è la figura di Bertrando Spaventa,
che rivisitò il sistema hegeliano in chiave antigesuitica. Garin cita anche
Passerini come precursore e Villari come compagno dello Spaventa in questa
difficile operazione intellettuale: riportando un lungo intervento di S. Garin
vuole trasmettere il clima di entusiasmo che caratterizzò l'avvento
dell’hegelismo nella Napoli prequarantottesca. L'esigenza di un’ideologia del
Risorgimento, avvertita da Mamiani e Gioberti, fu soddisfatta proprio da S. con
l’immagine del “sacro filo della tradizione”, benché Garin rivaluti la
posizione di Rosmini e Gioberti rispetto al giudizio negativo di Spaventa, il
quale fu molto tentato—a giudizio di Garin — dalla soluzione dell’attualismo ed
del soggettivismo. L’articolo prosegue sottolineando l’atteggiamento sarcastico
assunto da Spaventa di fronte al tentativo di accostamento di Hegel a Comte:
proprio l’importanza del ruolo del positivo rendeva del tutto contraddittoria
la posizione del positivismo. L'intervento di Garin termina citando le
posizioni di Labriola, Gentile e Croce di fronte al sistema hegeliano. M.
QUARANTA, Posttivismo ed hegelismo in Italia, in GEYMONAT, Storia del pensiero
filosofico e scientifico, vol. VI, Dall’Ottocento al Novecento, Garzanti,
Milano. Le sezioni VII e VIII del saggio di Quaranta sono dedicate
rispettivamente alla vita e opere di Spaventa e al suo pensiero. Nella prima si
analizza la vita del pensatore abruzzese e si elencano gran parte delle sue
opere, nella seconda ci si concentra sui tre contributi essenziali: un riesame
della tradizione filosofica italiana, in particolar modo con la teoria della
circolazione; una reinterpretazione di Hegel tale da escludere qualsiasi
intento materialistico o teologico; la proposta di una serie di strumenti
concettuali contro il positivismo, attraverso la figura di Kant, al fine di
rivalutare umanesimo. CANTIMORI, La circolazione del pensiero italiano e
l’importanza del Rinascimento per la filosofia europea, in Storici e storia,
Einaudi, Torino. Il capitolo dedicato
all’interpretazione del Rinascimento di Bertrando Spaventa mostra il
tentativo di superamento della visione neoguelfa di Gioberti e di maggiore
profondità rispetto a quelle di Mazzini e Ferrari. In particolare si evidenzia
quanto stretto sia il nesso tra la teoria della circolazione ed il concetto di
nazionalità: se è vero da un lato che S. definisce la filosofia moderna come
europea, ciò non significa l’eliminazione del concetto di nazione, anzi,
proprio dal contributo delle diverse nazioni si può parlare della modernità
all’insegna dell'Europa. Naturalmente il Rinascimento italiano in quanto per
primo ha turbato l’uniformità di pensiero imposta dalla Scolastica. In tal
senso si rileva una dipendenza profonda da schemi illuministici più che dalle
tesi hegeliane, che continuano comunque ad essere il panorama di riferimento.
Il pensiero di S. viene dunque definito come quella consapevolezza di sé che
era mancata al pensiero italiano al suo primo sorgere e che fu assunta dal
pensiero tedesco grazie alla Riforma protestante. Problema di Spaventa non era
solo quello di superare Rosmini e Gioberti, bensì di assegnare un senso e uno
scopo alla tradizione filosofica italiana. La rivendicazione dell’Italia come
nazione e come tradizione filosofica mirava ad un inserimento all’interno del
contesto europeo. TARALLI, Bertrando Spaventa tra Stato etico e democrazia, in
“Trimestre. Il grande problema del rapporto tra nazionalità e libertà, già
posto da Mazzini, tormenta anche il pensiero di Spaventa, con l'aggravante di
una piena consapevolezza della debolezza delle istituzioni democratiche,
elemento che rese assai difficile il governo della Destra storica. Taralli
esponecomechiaveinterpretativa forte l’acattolicesimo spaventiano, derivante
senz’altro dalla mondanizzazione dello spirito di matrice hegeliana: le aporie
presenti nel pensiero spaventiano dipenderebbero in tal senso dalle tensioni
irrisolte tra Illuminismo ed hegelismo; se da un lato è vero che la ragione
storica avrebbe dovuto assicurare una risoluzione delle contraddizioni, il
conflitto tra Spaventa e la corrente socialista testimonia una tensione
irrisolta tra Stato e società, tra governo e rivoluzione. E. GARIN, Rassegna di
studi spaventiani, in “Rivista critica di storia della filosofia”. In questo
intervento Garin sottolinea l’importanza dell’interpretazione del pensiero di S.
proposta da autori quali Battaglia, Cubeddu, Landucci e Masini, per concludere
citando i due volumi del Vacca.. ONUFRIO, Lo “Stato etico” e gli hegeliani di
Napoli, Celebes, Milano. Il testo ripropone gli interventi di Onufrio apparsi
sui “Nuovi quaderni del Meridione e sulla “Rassegna di Politica e storia, già
parzialmente presenti nella bibliografia di Italo Cubeddu. Il primo capitolo
riepiloga lo status quaestionis, mediante una rassegna delle tesi di De
Ruggiero, Santino Caramella, Russo e Tagliacozzo. Il secondo capitolo è
dedicato alla storiografia marxista e al tentativo di sostituire a Gentile la
figura di Labriola come autentico discepolo ed erede di Spaventa. Il terzo
capitolo si concentra sugli sviluppi della concezione dello Stato in Spaventa
dall’attività giornalistica piemontese ai Principi di Etica. Il capitolo quarto
prende in considerazione il tema dello Stato etico nelle riflessioni della
Destra storica. L’ultimo capitolo esamina il rapporto tra Stato e nazionalismo
oltre alle reazioni della Destra storica dopo l'avvento della Sinistra storica
al potere. Il libro si conclude con tre appendici: Vico e il liberalismo
moderato; Vico maestro di Spaventa; Unificazione nazionale ed egemonia
nazionale (commento al testo di Vacca). I. CUBEDDU, Bibliografia in B. S.,
Opere, Sansoni, Firenze. L’amplissimo
studio di Cubeddu è suddiviso in duesezioni, la prima è dedicata alle opere
edite di Spaventa, la seconda elenca le opere scritte sul pensiero del filosofo
abruzzese; si compone di un’ampia introduzione, una prima parte sugli scritti
di Bertrando Spaventa ed una seconda parte relativa ai saggi e gli studi sulla
figura del pensatore abruzzese. TESSITORE, La cultura filosofica tra due rivoluzioni,
in Storia di Napoli, vol. IX, Dalla restaurazione al crollo del Reame, E.S.I.,
Napoli. Il saggio di Tessitore si articola in quattro sezioni, la prima
dedicata all’eco vichiana in Cuoco, Salfi, Jannelli e Delfico, all'insegna di
quella umanologia che tenta di recuperare l’ “uomo intero”, secondo differenti
prospettive; alla trattazione dell’eclettismo napoletano legato ai nomi di
Manna, Piccolini, Borrelli e Bozzelli, segue una rapida presentazione di
Galluppi e del suo rivale Collecchi. La terza sezione si concentra sul
passaggio dall’eclettismo all’hegelismo e affronta le figure di Cusani e Gatti,
precisando l'influenza francese nella scoperta dell’idealismo tedesco in
Italia. L’ultima parte del lavoro è esplicitamente legata all’hegelismo e allo
storicismo: un ruolo di primo piano è svolto da De Sanctis, di cui si
sottolinea l’esigenza di purismo e la tensione verso la semplicità della
lingua, atteggiamenti che lo portarono a respingere, sulla scorta della lezione
vichiana, l’apriorismo del sistema ed il panteismo hegeliano. Alcuni brevi
cenni alle teorie del Gioberti (che ricevettero la benedizione di Papa Pio IX)
introducono la personalità di Bertrando Spaventa, fiero sostenitore di Hegel,
tanto da considerarlo una sorta di demiurgo del mondo, in polemica con il
Palmieri. CUMIS, Herbart e Herbartiani alla scuola di Bertrando S., in
“Giornale Critico della Filosofia italiana. De Cumis non vuole solo mostrare
l’ormai indiscutibile legame, confermato da più parti, tra Spaventa e Herbart,
ma in particolare anche l’attenzione di cui questi è oggetto anche da parte del
Fiorentino e del Labriola, fino a suggerire l'ipotesi che Spaventa sia stato un
caposaldo nella formazione del Labriola proprio per averlo introdotto allo
studio del filosofo tedesco, quasi vi fosse una “curvatura herbartiana dello
hegelimso nel Labriola”. La stessa contrapposizione tra Spaventa e Herbart
vorrebbe essere se non attenuata per lo meno sfumata e a sostegno di queste
tesi De Cumis indica un’ampia raccolta di luoghi nei quali Spaventa parla
esplicitamente delle tesi herbartiane, per sottolineare l’accordo tra i due per
lo meno su alcune istanze dell’hegelismo. E. GARIN, Noterella spaventiana, in
“Rivista critica di storia della filosofia. Il testo appare quasi come una
recensione delle Opere di Spaventa curate da Cubeddu, sottolineandone anche
alcune carenze, come ad esempio il mancato inserimento del testo Esperienza e
metafisica. A questo proposito si sviluppa il tema del rapporto tra Spaventa e
le nuove scoperte scientifiche del suo tempo, prima tra tutte la teoria della
selezione naturale. Per rafforzare la sensazione della problematicità del
rapporto si cita un frammento. Obiettivo di Garin è mostrare che in Spaventa
non si accetta il meccanicismo, ma vi si vuole contrapporre l’idea di disegno,
di teleologia, senza con questo dover ammettere l'intervento soprannaturale. G.
OLDRINI, La cultura filosofica napoletana dell'Ottocento, Laterza, Bari. Nel
volume di Oldrini il nome di S. risulta il più citato dopo quello del De
Sanctis. Alcune sezioni del testo, che tuttavia affronta un tema assai vasto,
sono dedicate specificamente al filosofo, ad esempio come modello paradigmatico
di intellettuale fuoriuscito da Napoli che contribuisce ad alimentare focolai
rivoluzionari e liberali nel Piemonte. Si segnala anche il peso dell’autore
nell’evitare qualsiasi compromesso tra hegelismo ed ideologie, nella ricerca di
una terza via tra realismo e idealismo. PIOVANI, I/ pensiero idealistico, in
AAVV., Storia d’Italia, I documenti, Einaudi, Torino. La figura di S. viene
posta in risalto soprattutto in relazione al primo punto della trattazione,
dedicato alla predicazione dell’idea hegeliana e nel terzo, in cui si mostrano
i tentativi di superare l’hegelismo in nome del realismo, anche per contrastare
lo strapotere del positivismo. Da ultimo, nel quinto punto, si evidenzia la
differenza di interpretazione del pensiero spaventiano proposta da Croce e
Gentile. BROCCOLINI, Finamore e le origini dell’hegelismo in Italia, in “De
Homine”. Per evitare di conformarsi alla vecchia interpretazione dell’idealismo
napoletano secondo cui all’ortodossia di Vera si contrappone il criticismo di
Spaventa, si deve tentare, secondo Broccolini, di leggere l'evoluzione della
cultura filosofica napoletana indipendentemente dai suoi sviluppi economici e
sociali. Broccolini sostiene l’analogia tra la legittimazione hegeliana dello
Jurkertum prussiano e quella napoletana della nuova classe egemone; il
parallelismo prosegue individuando in De Sanctis, Tommasi, Villari e Labriola
gli Strass, Bauer, Feuerbach e Marx napoletani. Il retroterra da cui emerge
l’hegelismo napoletano deve essere comunque ricercato nelle vicissitudini:
l’intelligentia partenopea sfrutterà Hegel per “patinare di nuovo l'antico”. Non
sono risparmiate le critiche alla conoscenza frammentaria di Hegel da parte di
Spaventa, di contro alla conoscenza integrale che poteva vantare Vera.
L’analisi della Napoli prequarantottesca attraversa le figure di Colecchi,
Cubani e Gatti, rispetto ai quali le elaborazioni di Spaventa sono giudicate
“tardive”. Finamore sl inserisce in questa rassegna e si ascrive immediatamente
a questa figura la paternità della teoria della circolazione del pensiero e
dell’analisi della logica hegeliana, al fine di mostrare quanti e quali punti
oscuri si possono ancora rintracciare nello studio dell’hegelismo italiano.
SERRA, Oltre la lettura idealistica di S., in “Giornale critico della Filosofia
italiana. La possibilità di un superamento dell’interpretazione idealistica di
Spaventa si basa, secondo Teresa Serra, su una rivalutazione
storicisticadell'autore.L'ombra nella quale rimase Spaventa anche rispetto a
Rosmini e Gioberti non si può spiegare soltanto con la clandestinità della sua
attività di pubblicista peraltro giustamente segnalata da Gentile: se è vero
che il legame Spaventa Hegel non può essere radicalizzato, d’altra parte non
può nemmeno svaporare, eliminando il carattere sistemico e logico del pensiero
spaventiano. La versatilità di Spaventa ne fa un precursore dell’attualismo Gentiliano
da un lato e un anticipatore del Labriola dall’altro: certamente sottolineare
la forte laicità, il rigore scientifico ed il vigore storicistico consente a
Teresa Serra di mostrare come il pensiero del filosofo di Bomba si presti a
diverse interpretazioni. Spaventa supera l’astratto coscienzialismo, ma senza
giungere alle conseguenze che la Serra definisce antispeculative, di Feurbach e
Marx. Persino l’ultima fase, legata alla polemica con il positivismo, mira a
riproporre l’istanza e la concretezza del sistema. OTTONELLO, Introduzione a S.,
La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea, Marzorati,
Milano 1974. Nella breve presentazione vengono sottolineati i caratteri
salienti del programma di riabilitazione della filosofia italiana agli occhi
del dibattito filosofico europeo: mostrare l'originaria presenza di temi
filosofici tipici della modernità europea nel pensiero rinascimentale voleva
produrre il duplice effetto di rivalutare la filosofia italiana e di
aggiornarla al dibattito europeo. A. SAVORELLI, Ux frammento inedito di S. su
Vico e Darwin, in “Bollettino del Centro di Studi vichiani. Il frammento,
recuperato nella Biblioteca civica “A. Mai” di Bergamo, testimonia gli intensi
studi spaventiani degli anni ’70 attorno a Vico e al problema dellascienza. È
Savorelli a segnalare che Spaventa, come ogni buon hegeliano, esclude
l’intervento soprannaturale, ma senza con ciò cedere ad una mera dimensione
evoluzionistica, da inserire in quella totalità spirituale di cui le scienze naturali
fanno parte. Duro è l’attacco verso la critica tradizionalista a Darwin, legata
a Vera e alla sua scuola. Del manoscritto di diciotto pagine è riportata
soltanto la seconda parte. CAMILLERI, Problemi inediti dell'ultimo Spaventa,
Scuola salesiana del libro, Catania. Il primo ed il secondo capitolo del libro
sono dedicati rispettivamente alla biografia e alla bibliografia dell’autore,
mentre il terzo si dedica all’analisi di Esperienza e metafisica all’interno
della parabola del pensiero spaventiano, ricordando il silenzio editoriale e la
polemica con i positivisti che caratterizzerà i suoi ultimi dieci anni di vita.
La rivalutazione del ruolo dello spirito, come attività che ricrea l’oggetto
rappresenta l'elemento essenziale del pensiero spaventiano, capace di
conciliare, in tal modo, teoretica e pratica. Obiettivo centrale della polemica
sono teismo e materialismo, analizzati nel quarto capitolo in relazione alla
nuova teoria dell’evoluzionismo: è nota la volontà di conciliare dialettica
hegeliana e darwinismo, superando da un lato il dualismo proposto dal teismo,
dall’altro l’insano monismo su cui si basa la concezione materialistica. Il
problema della conoscenza trova nel quinto capitolo un’ampia trattazione,
grazie alla quale si evidenzia l’affinità di Spaventa con la filosofia
idealistica ed il suo rifiuto dell’origine biologica e psicologica del
pensiero: tale tema impone di ritornare sul rapporto tra darwinismo e
metafisica, già nel capitolo successivo. Attraverso un uso abbondante di
citazioni da Esperienza e Metafisica Camilleri ripercorre l'itinerario di S.,
disposto ad accogliere quanto vi sia di valido anche nella posizione
dell’avversario, senza alcun pregiudizio di carattere teoretico. Oltre alla
figura di Darwin, obiettivo della critica spaventiana è il positivismo di
Spencer, colpevole di concepire l Assoluto come separato dalla realtà e quindi
totalmente inconoscibile: il capitolo settimo mostra l’inconciliabilità di
questa posizione con l’hegelismo di Spaventa. La prospettiva si allarga sulla
critica dell’empirismo in generale, dove emerge la crescente influenza della
filosofia kantiana sul pensiero dell’ultimo Spaventa: si tratta quasi di un
prologo al capitolo nono in cui si affronta il problema della coscienza e della
conoscenza, da intendere all'insegna del processo come attività assoluta. Le
considerazioni critiche finali sono precedute da una introduzione al
manoscritto inedito dal titolo Che cos'èè il materialismo, riportato al termine
del I. CUBEDDU, Bertrando S.. Edizioni e studi, Sansoni, Firenze. Il testo
ripropone per intero la bibliografia curata da Cubeddu per l'edizione Sansoni
delle Opere di S. Si mantengono le stesse scansioni: un’ampia introduzione,
seguita da una prima parte sugli scritti di spaventa e una seconda sui testi scritti
sulla figura di Spaventa. Si deve aggiungere, inoltre, una appendice dedicata a
Spaventa come riformatore di Hegel nella cultura italiana del Novecento, in cui
sono presentate le differenti interpretazioni, da quella di Gentile a quella di
Vacca, passando per Berti, Garin e Landucci. T. SERRA, Bertrando Spaventa.
Etica e politica, Bulzoni Editore, Roma. Il volume, introdotto da una breve
presentazione di Negri nella quale si sottolinea l’immanentismo dinamico di
Spaventa, mira a ridimensionare il durogiudiziodi Benedetto Croce secondo il
quale l’autore abruzzese sarebbe stato soltanto un purus logicus, concentrando
l’attenzione sul rapporto conoscere-fare. Innanzitutto un tratto essenziale
viene individuato nell’attenzione al
religioso, benché assunto nell’immanenza del divino: per questo la visione
logico-metafisica della mente viene valutata senza perdere la ricchezza
dell'orizzonte storico. Si vuole rimarcare l’idealismo di Spaventa, avverso ad
ogni degenerazione materialista e determinista, senza dimenticare però la sua
attenzione per la scienza e la storia. Se troppo spesso il logicismo hegeliano
viene interpretato come foriero di una insuperabile staticità del reale,
l’interpretazione spaventiana mostra l’insostenibilità di tale tesi. Eterno è
il dualismo che genera e assicura una continua evoluzione sul piano storico,
scientifico e politico: in questo senso il dualismo dell’autore è contrapposto
al monismo del suo più grande divulgatore e allievo (benché indiretto) Gentile.
La seconda parte del testo è dedicata specificamente a problemi di carattere
politico, legati soprattutto alla contraddizione tra Stato etico ed purzanitas:
il tentativo di divinizzare lo Stato da parte del filosofo di Bomba non giunge
mai ad un profetismo metafisico; si mantiene sempre un atteggiamento di grande
umiltà nei confronti della storia. Opere psicologiche inedite, in ORSI,
Contributi alla ricostruzione integrale del pensiero di B. Spaventa: inediti,
accertamenti filologici, nuovi itinerari e assetti critici, in “Le ragioni
critiche. Il primo articolo si apre con una presentazione di D’Orsi nella quale
si rivendica il profilo antidogmatico del pensiero spaventiano, fortemente
debitore nei confronti dell’hegelismo; si evidenzia la discontinuità tra il
corso sulla Filosofia della natura rispetto a quello sull’antropologia, che
raccoglieva una serie di appunti e di riflessioni cui l’autore non aveva mai
dato una forma sistematica. Elemento essenziale del corso, secondo D’Orsi è la
distinzione tra la meccanica ripetitività dell'animale e la possibilità di
mutazioni da parte dello spirito. Citando un passo di Gentile, dove si presenta
S. come uomo dal pensiero tormentato sino agli ultimi giorni di vita, si
sottolinea che l’inesausto tentativo di conciliare analisi e critica concerne
non solo il suo ruolo di filosofo e di storico della filosofia, bensì anche
quello di pensatore che si interroga di fronte ai progressi del pensiero
scientifico. Il primo articolo prosegue riportando la prima parte del testo
originale di Spaventa dal titolo L’arnzzza universale; i due articoli
successivi, riportano il secondo capitolo Animali e uomo, e il capitolo terzo
intitolato Dall’universalità alla particolarità dell'anima. ROSA, La cultura,
in AAVV., Storia d'Italia, IV, 2. Dall’Unità ad oggi, Einaudi, Tornino. S.
viene citato, insieme a Villari, come uno dei maggiori responsabili della
rinascita di Campanella e Bruno. Rosa presenta anche un breve estratto di
Spaventa tratto dagli Studi sopra la filosofia di Hegel, ma il tema cardine
rimane l'influenza dell’autore abruzzese nel dibattito sull’hegelismo
all’interno della Destra storica: alla sintesi speculativa per un certo verso
raggiunta tra il sistema hegeliano e il liberalismo di sicuro non seguì una
attuazione pratica e politica. RASCHINI, L’idealismo anglosassone, francese e
italiano, in Grande antologia filosofica, vol. XXII, Il pensiero contemporaneo,
Milano 1975, pp. 607-614. Spaventa è qui presentato come autore di grande
vigore, all’insegna della continuità tra Kant e Hegel, a differenza di Vera.
L’opera di Spaventa viene giudicata come fenomenismo che tuttavia non riuscì né
a rinnovare il sistema hegeliano, né ad instaurare un proficuo dialogo con il
positivismo. GENTILE, La Scolastica, Cartesio e S., Filosofia. Dal parallelismo
tra Cartesio e S., entrambi contestatori della scolastica, ma altresì allievi
dei Gesuiti, Gentile individua proprio nel dualismo intelletto-verità il luogo
di dissidio tra Spaventa e la filosofia scolastica. Rivendicando il ruolo
attivo del soggetto e l’immanenza del reale, Spaventa critica aspramente la
prova ontologica di Anselmo preferendovi quella cartesiana, benché anche
quest’ultima risulti imperfetta. Gentile tende a rilevare che il punto di vista
dal quale Spaventa polemizza contro la Scolastica prima e Cartesio poi, può
inficiare la validità stessa della critica, dal momento che l’idea di Dio come
mediazione assoluta non sarebbe accettata da nessuno dei due avversari.
CAVALLO, Note sulla cultura filosofica napoletana dell'Ottocento, in
“Protagora”. Il saggio di Cavallo tratteggia per sommi capi il panorama
culturale napoletano, all'insegna di una rivisitazione del ruolo e della figura
del Sanctis, mediante la quale si rivaluta anche S., Meis, Vera, Imbriani e
Villari. Concentrandosi sul libro di Oldrini, del quale si sottolinea la
visione organica che evita di proporre trattazioni isolate dei diversi autori,
un ruolo di primo piano viene ravvisato nell’analisi dell’arretratezza culturale
di Napoli nell’ultima parte del XVIII secolo, dovuta alla mancanza di
personalità di spicco e ad una ripresa dell’autorità religiosa
appoggiatadaiBorboni per evitare il dilagare di movimenti rivoluzionari.
Cavallo cita due passaggi di Spaventa sul tema della rivoluzione proprio per
rilevarne la stretta relazione con la filosofia hegeliana, e affermata
definitivamente solo negli anni ’60. L’articolo si conclude sottolineando la
reinterpretazione in chiave speculativa del darwinismo offerta da Spaventa. D.
D'ORSI, Introduzione a S., Lezioni di antropologia, Casa editrice G. D'Anna,
Messina-Firenze. Per avvalorare l’immenso lavoro filologico svolto sulle carte
S. al fine di correggere in alcuni tratti la versione gentiliana, D’Orsi
ricorre ad una vera e propria comparazione dei luoghi in cui sono poste le
differenze più significative, con l’intento di rilevare che la tensione al
vero, anche in un senso filologico, contribuisce a mantenere aperto il sistema
spaventiano. Oltre all’analisi di alcune interpretazioni storiche offerte da S.,
l’attenzione si concentra sugli effetti che il materialismo provocava nel
filosofo abruzzese, sempre impegnato nell’affermare una discontinuità tra
natura e spirito, non certo nell’ottica di una separazione tra le due sfere, ma
nella consapevolezza che la nascita della coscienza non potesse essere spiegata
in soluzione di continuità rispetto alla natura animale. S. LANDUCCI, Hegelismo
e positivismo in Italia, in AAVV., Storia della filosofia contemporanea, vol.
IX, Vallardi, Milano L’intervento di Lancucci si apre con una rassegna della
traduzione spiritualistica, cui segue la trattazione dell’hegelismo napoletano,
capitolo nel quale si nominano oltre a Passerini, S., De Meis e Vera, anche gli
eredi di quella tradizione come Jaja e Gentile. Un'attenzione particolare è
dedicata a S. e al suo primo corsonapoletano nel quale viene presentata in
forma compiuta la teoria della circolazione. Gli inizi della ripresa del
pensiero scientifico sono affrontati proprio attraverso la figura di Spaventa
che nel ’67 individua proprio il positivismo ed il materialismo quali nuovi
avversari dell’idealismo al posto dello spiritualismo. Si accenna ‘anche alla
polemica sull’eredita di Galilei, nominando la figura di Villari e Gabelli. Le
sezioni successive sono dedicate al pensiero di Ardigò in connessione alla
morale dei positivisti, alla psicologia e all'evoluzione cosmica. Sergio
Landucci conclude con la presentazione della cultura positivistica e con il
marxismo di Antonio Labriola, di cui si ricorda l'appartenenza alla scuola spaventiana. VILLA, Bertrando S. in Piemonte, in “Studi
piemontesi. La rassegna del clima culturale del Piemonte degli anni ‘40, in cui
si evidenzia la censura di giornali e libri, le difficoltà di Gioberti, il
domino incontrastato di Rosmini, contribuisce a mostrare perché l’attività di
Spaventa si stata particolarmente tormentata durante il decennio torinese. Lo
scontro con il teismo di Bertini farà di S. il campione della nuova filosofia
hegeliana, sui principi della quale giungerà a proporre persino una modifica
dello Statuto, in nome dell’istanza nazionale. Il filosofo abruzzese studia le
relazioni tra Risorgimento italiano e idealismo tedesco; individuando nella
libertà assoluta il principio della modernità, S. potrà avvalorare la tesi di
un pensiero italiano costretto in catene nel XV secolo e rinato in Germania nel
XIX secolo. In questa ottica sono collocate le dispute contro la logica di
Rosmini, il teismo di Schelling e la disputa con i Gesuiti. MALUSA, La
storiografia filosofica italiana nellaseconda metà dell'Ottocento, I Tra
positivismo e neokantismo, Marzorati, Milano. Il volume di Malusa contiene una
prima parte interamente dedicata alla scuola di S. e a Fiorentino. Di S. si
parla già nell’Introduzione, individuando nella sua opera uno dei maggiori
contributi all'elaborazione dell’hegelismo. Degno di nota è il fatto che,
insieme a Gentile e Fiorentino, S. è l’autore più citato nel testo di Malusa. I
primi due capitoli della prima parte, esplicitamente incentrati su S., lo
presentano come il maggior pensatore del Meridione della seconda metà
dell'Ottocento: indubbi restano i meriti per aver elaborato la tesi della
circolazione del pensiero italiano. Il compito di aggiornare il dibattito e la
cultura della penisola per dare vita ad una unità autentica viene considerato
sia un impegno speculativo, sia una missione civile. Spaventa, che combatteva
senza posa il dilettantismo e ogni tendenza divinatoria, non pretese mai di
aver concluso la scienza, ma si sforzava sempre di sviluppare una critica
capace di riaprire il sistema. Se è vero che nessun allievo seguì Spaventa
sulla via troppo ardua di una storiografia speculativa, si deve ammettere che
la serietà speculativa dei suoi discepoli, pur allontanando i consensi,
mantenne vivo il suo pensiero, ancorché in un circolo assai ristretto di
pensatori. PICCONE,
From S. to Gramsci, in Telos. A Quarterly Journal of Radical Thought. Nel tentativo di far risalire le influenze
esercitate sul pensiero di Gramsci non più soltanto ad Antonio Labriola, ma
all’hegelismo napoletano della seconda metà del XIX secolo, l’autore mostra
quale peso abbiano avuto le speculazioni di S. sullo storicismo assoluto di
Gramsci, poco incline alle grandi astrazioni, incapaci di cogliere la
multidimensionalità della vita reale. Dopo una rapida panoramica sulla
ricezione di Hegel in Europa, ad esempio in Gran Bretagna grazie ai lavori di
James, Stirling e Green, si sottolinea come in Italia l’hegelismo abbia avuto
un impatto non solo accademico, ma socio politico assai profondo. Per
sottolineare il legame S.- Gramsci si cita la famosa lettera dell’8 ottobre del
1851 in cui dice di temere di più le idee e l'influenza del papato che non i
cannoni austriaci. Il pensiero hegeliano, giunto in Italia grazie alla
mediazione francese (viene citato naturalmente il nome di Victor Cousin) fu
bollato subito come pensiero della Rivoluzione francese, precursore
dell’ateismo e del socialismo: contro questa tesi si è battuto Spaventa,
cercando di mostrare la continuità tra il Rinascimento italiano e l’idealismo tedesco.
Se è vero che il nazionalismo spaventiano verrà poi strumentalizzato da Gentile
e dal fascismo, è anche vero che la tesi della circolazione del pensiero era
l’unico modo per non presentare Hegel come pensatore straniero “piovuto dal
cielo”, come afferma Piccone. Il parallelismo Spaventa- Gramsci viene ribadito
sottolineando che entrambi hanno vissuto il fallimento di una rivoluzione,
hanno cercato di interpretare la sconfitta in senso concettuale negli anni
successivi, e sono stati apprezzati soltanto due decenni dopo la morte.
L'articolo si conclude sottolineando la differenza tra hegelismo ortodosso di
Vera e hegelismo critico di Spaventa, continuato idealmente da Gramsci.
SAVORELLI, Da Darwin a Vaihinger; scienza e filosofia nell'ultimo Spaventa,
“Atti dell’Accademia di scienze morali”, Napoli. Tema di fondo dell’articolo è
la volontà spaventiana di garantire alla metafisica una funzione all’interno
dello studio scientifico. Nonostante la fase sistematica si fosse già conclusa,
sarebbe errato interpretare il cedennio successivo se non alla luce di una
esigenza di sistematicità. Lo stesso antipositivismo cui si ispira da principio
il “Giornale napoletano di filosofia e lettere” non mirava alla rigida
contrapposizione, bensì a mostrare lo sviluppo interdipendente di filosofia e
scienza. Savorelli sottolineacome gli appunti di Spaventa testimonino la
lettura di Leclair, Schuppe, Goring, Bagehot e Vaihinger, quest’ultimo in
particolare criticato proprio perché le sue categorie empiristiche potevano essere
ottenute mediante un procedimento dialettico. L’esigenza del fenomenismo di
Vaihinger di trovare la legge fondamentale della realtà contraddiceva, secondo
S., l’idea della sensazione come posizione assoluta. La rivisitazione persino
dell’evoluzionismo in chiave hegeliana mostra un intento preciso: eliminata la
trascendenza, si doveva recuperare una prospettiva teleologica per non cedere
al mero determinismo meccanicistico. Savorelli segnala come l’attenzione alla
scienza verrà segnalata anche dal Gentile, per il quale però soprattutto certe
tematiche non costituiscono più motivo di interesse. CESA, Hegel in Italien.
Positionen im Streit um die Interpretation der
Hegelschen Rechtsphilosophie, in
“Allgemeine Zeitschrift fur Philosophie. A differenza che in Francia, in Italia
lo studio dell’hegelismo fu recepito solo all’insegna del rinnovamento della
nazione e dell'idea di Sato. La prima traduzione italiana di Hegel apparve in
Svizzera e i Lineamenti di filosofia del
diritto furono tradotti a Napoli, città simbolo degli studi hegeliani in
Italia. Dopo aver rilevato che in S. e Meis la perspicacia speculativa si univa
ad una incapacità pratica (ovviamente diverso è il giudizio su Sanctis), Cesa
mostra a quali opere si deve la diffusione del pensiero politico di Hegel. Si
sottolinea la l’attività giornalistica di Silvio S., anche al fine di
dimostrare la differenza di opinione dei due fratelli sul concetto di
Rivoluzione. Dopo aver analizzato l'influsso e la diffusione del pensiero
hegeliano sulla prima generazione (significativi in tal senso gli accenni al
pensiero di Vera), ci si concentra sulla seconda generazione, in particolare su
Croce e Gentile. D. ORSI, Introduzione a B. S., Psiche e metafisica, Editrice
G. D'Anna, Messina-Firenze. Nell’introduzione al volume D’Orsi sottolinea le
significative variazioni al testo spaventiano in seguito al suo lavoro
filologico, anche attraverso una valutazione comparata con i testi editati dal
Gentileeutilizzati poi da Cubeddu. Si sottolinea la sfortuna delle vicende
editoriali di S., benché in chiave filosofica si possa interpretare questo
fenomeno come tensione che anche a livello filologico e non solo contenutistico
contribuisce a mantenere aperto il sistema. Venendo specificamente al testo,
Spaventa appariva turbato dal materialismo, a motivo del fatto che l’anima
doveva essere mantenuta come garante dell'unità organica e sistemica del mondo
spirituale. La continuità scimmia-uomo era un elemento inaccettabile per
l’autore abruzzese, sempre preoccupato di opporre al mero meccanicismo l’idea
di una unità viva, tipica della concezione organicistica. TESSITORE, S. e il
“Giornale napoletano di filosofia e lettere”, Bibliopolis, Napoli. Presentando
le vicissitudini dell’organizzazione si un giornale filosofico a Napoli,
tentativo più volte fallito e più volte tenacemente ripetuto fino alla sua
definitiva riuscita, soprattutto in risposta alla “Nuova Antologia” nata a
Firenze, Tessitore si concentra sulle polemiche suscitate dall’articolo
piuttosto polemico di S. sulla Vita di Bruno scritta dal Berti. Elemento
essenziale per comprendere il senso e l’intento con cui venne fondato il
“Giornale napoletano di filosofia e lettere” è comprendere l’espressione di
Spaventa secondo il quale si rendeva necessario “ripigliare il sacro filo della
nostra tradizione filosofica”. Al termine del volume sono inserite sei lettere
di Spaventa (Carte Fiorentino) e quattro lettere di VImbriani (Carte
Filosofiche, busta. BRESCIA, Editori e autori dell’idealismo. LL S. postumo nel
carteggio del fratello Silvio, Donato Jaja e Benedetto Croce, in “Rivista di
studi crociani”. L’articolo rileva come alla complicata vicenda della stesura
degli appunti da parte di S., che secondo Gentile scrupolosamente scriveva i
suoi testi senza mai pubblicarli, sia seguita una seria problematica anche
nell’editarli. Il Loscher fu editore soltanto di nome, perché l'onere della
pubblicazione dei manoscritti di Spaventa fu assunta dal Vecchi di Trani, con
il quale si avviò una fitta corrispondenza da parte di Silvio S., Jaja e Croce.
Il travaglio editoriale angustierà Spaventa e Croce, anche a motivo dello
smarrimento della pagina ventuno del manoscritto nella tipografia del Vecchi,
puntualmente ricordata da Brescia. FRANCHINI, La storiografia filosofica da
Spaventa a Gentile, in “Nord e Sud, I/ diritto alla filosofia, SEN, Napoli. La
“Rivista di filosofia” avviata da Silvio S. viene considerata da Franchini come
anticipazione della teoria della circolazione che sarà poi affermata con ben
altro tenore dal fratello Bertrando quasi vent'anni dopo. Anche Silvio, non
solo Bertrando, vedeva una strettissima
connessione tra la rinascita della tradizione filosofica e la rinascita
nazionale. Introdurre Hegel all’interno del dibattito filosofico italiano
rappresentava un azzardo, a causa delle forti resistenze del neoguelfismo e del
neotomismo; l’unico modo per inserire l’idealismo tedesco in Italia, rendendolo
accettabile senza farlo percepire come elemento straniero, consisteva nel
rivalutare il pensiero rinascimentale italiano come anticipatore degli sviluppi
della filosofia moderna. In particolare Bruno come antesignano di Spinoza ed
Hegel da una parte e Vico come precursore di Kant dall’altra. Si ricorda anche
lo sfortunato episodio del rifiuto dell'editore Le Monnier di pubblicare
l’opera di Spaventa su Bruno, nonostante l’influenza e l’insistenza del
Villari. Nazionalità e precorrimento sono i tratti tipici del pensiero di
Spaventa secondo Franchini. La seconda parte dell'intervento riguarda Gentile e
la sua assimilazione del concetto di storia della filosofia mutuato da S., che
tuttavia non viene mai citato esplicitamente: Gentile attribuirà piuttosto
molto peso all’influenza di Windelband. Il saggio si trasforma poi in una
valutazione del pensiero stesso di Gentile, il cui errore principale, secondo
Franchini, sarebbe stato quello di non aver distinto tra teoretica e pratica,
tentando di mostrarne la profonda identità. MICHELI, Scienza e filosofia da
Vico ad oggi, in Storia d’Italia-Annali, 3. Scienza e tecnica nella cultura e
nella società dal Rinascimento ad oggi, Einaudi, Torino. Alla figura di S. sono
dedicate alcune pagine in cui si tratta la sua critica ai principi della
filosofia vichiana sulla scorta del pensiero hegeliano. Si accenna anche alla
sua teoria della nazionalità della filosofia, rimasta in Gentile. Forse un po’
troppo sbrigativamente si annovera il pensatore abruzzese tra coloro che
adattarono il pensiero kantiano ed hegeliano alla cultura napoletana, in parte
tradendone gli effettivi contenuti. Brevi cenni sull’attività di Spaventa sono
presente anche nella trattazione del rapporto tra Illuminismo e positivismo.
SAVORELLI, Le carte S. della biblioteca nazionale di Napoli, Bibliopolis, Napoli.
Il preziosissimo lavoro di catalogazione delle carte Spaventa eseguito da
Savorelli trova una testimonianza editoriale in questo volume nel quale
l’autore lamenta l’incompiutezza del lavoro fino a quel momento eseguito sulle
carte ed in generale mostra il livello di dispersione dei lavori del filosofo
abruzzese, dovuto non tanto, come voleva il Gentile, alla sua attività
pubblicistica su giornali e alla mancata pubblicazione in vita dei suoi studi,
quanto piuttosto ai litigi occorsi tra il fratello Silvio e il figlio Camillo.
Un secondo momento di dispersione riguarda il periodo successivo alla morte del
Maturi. Si accenna anche al ritrovamento di alcune carte presso la Biblioteca
civica “A. Mai” di Bergamo da parte di Masini. Sicuramente, però, la situazione
più complessa è legata alla Biblioteca Nazionale di Napoli. Se si tiene conto
del lavoro filologico di Jaja, Masci e Maturi, oltre a quello di Gentile (che
sicuramente occupa un posto di eccezione nella riscoperta del pensiero di S.) e
quello di Orsi nel dopoguerra, risulta frustrante che vi siano ancora delle
notevoli lacune nello studio dell’autore: soprattutto per quanto riguarda il
primo periodo di Torino. GUZZO, Hegel in Italia, in “Filosofia. Nell’articolo
l’importanza del Cousin per la diffusione di Hegel in Italia viene avvalorata
dall’interesse del Galluppi per l’intellettuale francese. Non si dimentica la
lettura di Hegel da parte di Rosmini e Gioberti, ma ci si concentra soprattutto
sullo studio dell’autore tedesco, approfondito a più riprese, da parte di S.:
da Torino, a Modena, a Napoli. Guzzo collega la lettura di S. alla nuova
corrente europea inaugurata dallo Zeller con la formula “Zurick zu Kant”; in
dialogo ed in polemica con questa tesi, Spaventa non accentuò mai le
differenze, quanto piuttosto la continuità tra Kant ed il movimento
dell’idealismo tedesco. Nella seconda parte dell’articolo l’attenzione si
concentra su Gentile e Croce (di cui Guzzo riporta l’incontro con Nyman e
Martinetti): le divergenze di pensiero tra i due non intaccheranno la solida
amicizia, compromessa solo dopo il delitto Matteotti e la presa di posizione di
Gentile a favore del fascismo. G. LANDUCCI, Scienza, cultura e ideologia nello
stato unitario, in Storia della società italiana, Milano. Fin dalle premesse
emerge il contributo portato da Spaventa alla riforma dell’università avviata
da De Sanctis, precisando l’importanza della prolusione e l’opposizione al
darwinismo, appoggiata dall’amico Meis. Due fattori sono individuati come
caratteri imprescindibili del pensatore abruzzese: il riferimento alla
nazionalità e la strenue lotta contro ogni forma di materialismo. Al
positivismo dilagante De Sanctis e S. opposero la validità della critica e
della dialettica come metodo del conoscere. La presentazione della riforma
intellettuale avviata dal De Sanctis precede una disamina dello scritto postumo
Esperienza e metafisica, nel quale si ribadiva il rifiuto ad ogni concezione
che affermasse l’inconoscibilità o peggio l'assenza dell’assoluto. Spaventa al
termine è definito “l’intelletto filosofico più dignitoso che l’Italia unita
aveva avuto. SAVORELLI, Alla vigilia di un centenario dieci anni di studi su S.,
Cultura e società. Nel suo breve articolo Savorelli ripercorre le linee guida
della diffusione del pensiero di Spaventa, dominata per tutta la metà del XX
secolo dalle tesi gentiliane, criticate soltanto nel secondo dopoguerra da
interventi militanti, con l’intento di recuperare la linea
Spaventa-Labriola-Gramsci. Il lavoro di Teresa Serra del ’74 mostra già
l’infondatezza delle interpretazioni marxiste, mentre la lettura di Oldrini è
ricordata a proposito della distinzione tra hegelismo ortodosso di Augusto Vera
ed hegelismo critico di Bertrando Spaventa. Si accenna all’articolo di Cumis
sui rapporti tra S. ed Herbart e alle Lezioni di Antropologia curate da D’Orsi.
Al termine Savorelli propone la tesi secondo cui l’originalità ed insieme il
limite di Spaventa sarebbe stato quello della rinuncia all’eclettismo in favore
di un sistema che tenesse insieme le differenze. OLDRINI., L’hegelismo italiano
tra Napoli e Torino, in “Filosofia. Volontà dichiarata di Oldrini è mostrare la
linea di continuità tra il periodo napoletano prequarantottesco e gli sviluppi
torinesi, soprattutto in virtù dello stretto rapporto tra la scientificità come
metodologia filosofica e la cultura dell’Italia unita, nel senso che si
reputava necessaria una trattazione scientifica del pensiero per farne emergere
la nazionalità. Oldrini individua nel coscienzialismo di Galluppi e
nell’eclettismo di Cousin il retroterra dello sviluppo dell’hegelismo a Napoli;
dopo l’esperienza del “Museo di letteratura e filosofia” di Gatti e Cubani, il
tenore culturale della città subì, se non un tracollo, per lo meno una drastica
involuzione. Il processo di sviluppo dell’hegelismo continuò a Torino,
soprattutto grazie all’apporto degli esuli meridionali tra i quali spiccano
Spaventa e De Sanctis. TOGNON, S. Lezioni inedite di filosofia del diritto.
Modena e in “Archivio storico bergamasco. L’articolo di Tognon illustra le
disavventure della biblioteca dei fratelli Spaventa, trasferita a Bergamo,
divisa tra Silvio e il figlio di Bertrando, Camillo, con riferimento alle carte
recuperate da Croce e donate alla Biblioteca di Napoli. Si elogia il lavoro di
riordino e catalogazione di Savorelli. Si riporta poi il testo parziale delle
lezioni di “Filosofia del diritto” e di “Storia della filosofia” tenuti a
Modena e Bologna. Alla difficoltà nel ricostruite il calendario delle lezioni
supplisce una notevole chiarezza del progetto steso da Spaventa all’inizio dei
corsi. Si riporta il manoscritto per i primi sei fogli. TOGNON, Bertrando
Spaventa. Lezioni inedite di filosofia del diritto. Modena, Archivio storico
bergamasco”. L’introduzione di Tognon ribadisce l’influenza di Hegel sulle
lezioni di Spaventa, in particolare l’Hegel della Fenomenologia e dei corsi
sulla Filosofia della storia. Spaventa coglie l'occasione per sottolineare che
in Italia manca completamente la coscienza del diritto. Secondo Tognon “mai
filosofo straniero divenne più italiano di quanto lo fu lo Hegel dello Spaventa”.
Segue lo scritto di Spaventa che completa la pubblicazione. SAVORELLI, Note sul
Vico di Bertrando S., in “Bollettino del Centro Studi Vichiani. Vico
costituisce un caso quasi unico di riscoperte e abbandoni continui da parte
degli studiosi, ed è in questo senso che Gentile poteva parlare di storia a
doppia faccia, di sporadici omaggi in uno sfondo di completa dimenticanza.
Merito di Spaventa è quello di aver rivalutato la figura di Vico agganciandola
al panorama europeo, in quanto precursore dell’idealismo. Savorelli tende
comunque a ridimensionare l’importanza della lettura spaventiana di Vico, in
quanto si appoggia in larga misura a canoni e modelli di critica vichiana
ottocentesca; la stessa lezione del corso dedicata a Vico, sembra inserita di
getto in uno schema completamente indipendente ed autonomo. Savorelli
riconosce, d’altra parte, il ruolo essenziale che la lettura di Vico ebbe nello
sgretolamento delle teorie hegeliane sulla filosofia della storia: nel
frammento del 1875 Spaventa giunge a considerare addirittura Vico e non Hegel
come filosofo della storia. La crisi dell’idealismo cui Spaventa assiste
nell’ultimo decennio della sua vita lo portò a rivalutare Vico, ma non come
radicale critica dello Hegel, bensì piuttosto come interpretazione alternativa
della filosofia della storia che tuttavia mantiene imprescindibile la
distinzione tra mondo della natura e mondo dello spirito. M. BISCIONE,
Rinascimento, Riforma, Restaurazione cattolica nel pensiero di Bertrando S.,
Clio. A partire dalla scarsa diffusione all’estero come tratto che accomuna
l’opera di De Sanctis e di S., Biscione tenta una messa a fuoco del personaggio
in quanto storico della filosofia, anche per smarcarlo dall’interpretazione in
chiave esclusivamente idealistica proposta da Gentile e dominante almeno per
tutta la prima metà del Novecento. Se da un lato hanno un valido fondamento le
critiche del Croce relative ad una trascuratezza da parte di Spaventa verso i
dettagli storici in favore della prospettiva teoretica, bisogna precisare che
non si tratta di puro razionalismo, bensì piuttosto di una fede moderna nella
storia. Benché si tenda ad accentuare l’influenza di Michelet e di Mazzini, non
si può negare una larga concessione nei confronti delle suggestioni hegeliane.
La filosofia della storia proposta da S. coincide, in sostanza, con la teoria
della circolazione del pensiero italiano: ruolo principale è svolto dalla
figura di Campanella, senz'altro tra le più studiate da Spaventa, insieme a
quella di Bruno. L’interpretazione che S. propone del Rinascimento e della
restaurazione cattolica assume una notevole distanza rispetto alle teorie
hegeliane, anzi, per certi versi le sue tesi sulla soggettività liberata
anticipano di qualche anno le tesi di Burckhardt. Dal lavoro di Campanella del
1854, che l’autore definisce poco più che una osservazione supportata da alacre
speranza, furono necessari anni di studio prima di giungere alla teoria della
circolazione intesa come autentica metafisica della storia. GARIN, Filosofia e politica in Bertrando S.,
Bibliopolis, Napoli. Il testo di Garin si apre con la citazione di una lettera
del Labriola che informa Engels della connessione trovata da Spaventa tra
hegelismo e darwinismo. Se è vero che negli sviluppi successivi della
tradizione hegeliana la nottola lascia il posto alla talpa che trasforma il
terreno lavorando nel sottosuolo, risulta inefficace l’idea di Passerini
secondo la quale la filosofia della storia di Hegel non tiene conto del futuro:
piuttosto lo spirito che si diffonde nel mondo mostra il potere del concetto
che vuole ricreare la realtà. Garin precisa che Spaventa non tradì mai il suo
autentico maestro, lo Hegel, a differenza di quanto accadde per il De Sanctis,
cui Hegel aveva seccata l’anima: l’interpretazione originale del pensiero
hegeliano, mai allinsegna di una mera ripetizione meccanica, portò Spaventa ad
utilizzare gli strumenti della dialettica per ribadire l’importanza dei due
soli (Rinascimento italiano e Idealismo tedesco) e per legittimare l’intima
affinità tra i due, accomunati da una intrinseca avversione a qualsiasi forma
di dogmatismo. In appendice è riportato un intervento di Tognon, la prolusione
bolognese, di cui si sottolinea una correzione e infine una lettera di Bertando
Spaventa al fratello Silvio. OLDRINI, U/tizzi contributi alla storia della
cultura filosofica napoletana dell'Ottocento, in “Rivista critica di storia
della filosofia”, XXXVIII, 1983, pp. 325-357. Mostrando l’interconnessione tra
la storia della vita reale e la storia della cultura nella Napoli
dell'Ottocento, Oldrini si sofferma sul centralismo della classe dirigente
italiana e sulla malformazione dello sviluppo del meridione come fattori della
crisi della città negli anni ’30. Oldrini lamenta numerose lacune della
storiografia sulla pubblicistica e sul vichismo napoletano, contestando la tesi
di Broccolini, secondo cui Spaventa sarebbe un epigono di Finamore. Veri snodi
critici sono i legami tra hegelismo e Destra storica da un lato e
ridimensionamento dell’hegelismo e del vichismo in favore del positivismo
dall’altro. Per questi motivi si apprezza il monumentale lavoro di Malusa,
dedicato al positivismo e al neokantismo, benché alcuni limiti siano
rintracciati per esempio nell’eccesso di analisi espositive e in alcuni difetti
di interpretazione sul pensiero del Fiorentino. FRANCHINI, Cozze riscoprire
Bertrando Spaventa, Il Tempo, Roma. Di contro all’interpretazione comune di
Bertrando Spaventa come bieco immanentista, Franchini rivendica tutto il
criticismo del filosofo abruzzese, sottolineando che “non credette mai
all’unicità e alla definitività della costruzione hegeliana”; oltre allo
straordinario sforzo di chirificazione del pensiero di Hegel, si deve
aggiungere la capacità di elevare il dibattito italiano ai livelli di quello
europeo, tratto che dovrebbe delegittimare ogni tentativo di interpretare la
sua esperienza filosofica all’insegna del provincialismo. Alla base del
pensiero spaventiano Franchini individua l’unità del sapere, esposta nella
prolusione. MARTANO, Bertrando S. e la filosofia del Rinascimento, in “Discorsi.
La nomina di S. a Professore di Logica e Metafisica a Napoli, voluta da
Sanctis, scandalizza il resto del corpo docente, a causa dell’elogio del
panteismo germanico proposto dal filosofo abruzzese: suo autentico obiettivo,
d’altro canto, era mostrare l’intima affinità tra il pensiero idealistico
tedesco e quello rinascimentale italiano. L’assunzione della realtà soltanto
nel suo essere pensata costituiva il nucleo dell’insegnamento spaventiano, per
cui Cusano, Valla, Pomponazzi, Telesio e lo stesso Leonardo con il suo richiamo
alla sperienza dovevano essere visti quali precursori di Kant ed Hegel.
Privilegiato fu il rapporto con Bruno e Spinoza, che Spaventa associò tra loro,
ma non sulla base di interpretazioni teologizzanti. Da ultimo Campanella viene
certamente considerato come filosofo della Restaurazione cattolica, ma non di
può dimenticare il suo senzzr di sentire, l’importanza del ruolo della
soggettività, benché ancora compromesso da un residuo naturalistico. Il
carattere precursore di Vico rispetto all’idealismo tedesco è dichiarato da
Spaventa con il preciso intento di mostrarne le affinità nella trattazione del
materiale storico. Tutto questo percorso deve essere valutato alla luce della
profonda fede che Spaventa nutriva verso il progresso, alimentato da costanti e
continui sforzi umani. P. DI ATTILIO, Rivoluzione, partiti politici e stato
nazionale. Nuovi testi di Bertrando S., Giuffrè, Milano. Analizza la formazione
del giovane Spaventa, riferendosi all’influenza di padre Testi al monastero di
Montecassino; proprio in quegli anni emerge già una vocazione più pratica del
fratello Silvio rispetto all'anima teoretica di Bertrando. Il capitolo secondo
si concentra sulla prolusione di Modena del 1859, dove si mostrava la nuova
scienza storica in contrapposizione al puro arbitrio della libertà da un lato e
alla bieca necessità meccanicistica dall'altro. Nella disamina degli articoli
pubblicati sul “Progresso”, all’interno del capitolo terzo, si sottolinea l’importanza
e la superiorità delle idee nel creare l’unità, laddove al Dio Cannone veniva
contrapposta la Dea Ragione. A. SAVORELLI, Riforma della dialettica, riforma
del sistema: crisi e trasformazioni dell’'hegelismo in S., in B. S., Esperienza
e metafisica, Napoli, Morano. Savorelli sottolinea che la prima fase degli anni
’60 è legata ad un utilizzo della filosofia hegeliana nel senso di una
filosofia della storia che attraverso la teoria della circolazione del pensiero
italiano consolida su basi metafisiche l'indipendenza e l’unità d’Italia,
mentre invece S. dove affrontare la cosiddetta crisi dell’idealismo (già un
quegli anni Zeller si faceva promotore dell’esigenza di ritorno a Kant). I temi
sollevati dalle teorie di Darwin e dal positivismo imponevano un serio
confronto con il sistema della dialettica: il progressivo sgretolamento del
sistema comportò per Spaventa non un abbandono del pensiero hegeliano, quanto
piuttosto il consolidamento di un nucleo originario di verità metafisiche
idealistiche, non certo nel senso di una rigidità dogmatica, quanto piuttosto
di apertura del sistema a nuovi sviluppi che tuttavia, lungi dallo smentire,
contribuivano a confermare la logica dialettica correttamente interpretata. M.
LEOTTA, La filosofia di Tari, Istituto italiano per gli studi storici, Napoli.
L’opera, che analizza il pensiero di Tari secondo una triplice scansione, ossia
Metafisica, Estetica e Filosofia della natura, prevede un’ampia Introduzione
dove si presenta una biografia molto dettagliata dell’autore: in queste pagine
il riferimento a Spaventa è assai frequente. Si ricorda la passione per la
matematica che accomunava i due pensatori, l'amicizia nata nel soggiorno a
Montecassino nel soggiorno durante il quale Tari insegna a S. i rudimenti della
lingua tedesca ed infine la collaborazione all’Università di Napoli dopo la
riforma avviata da De Sanctis. Nell’introduzione sono anche riportate due
lettere di Tari a S., nelle quali si ringrazia il filosofo abruzzese per
l’aiuto offerto in occasione della nomina di Tari rispettivamente a Professore
straordinario e la ben più sofferta ed attesa nomina del ‘73 a Professore
ordinario. Nell’ultima parte dell’Introduzione si riportano anche alcune parti
della lettera con cui Tari raccomandava a Spaventa Antonio Labriola, allora
giovane studente di filosofia notato da Tari per la sua vivacità intellettuale.
ORSI, Introduzione a LOTZE, Elementi di psicologia speculativa, Casa Editrice
G. D'Anna, Messina- Firenze. La prefazione di Negri elogia Orsi come il più
fedele studioso di Bertrando Spaventa. L’Introduzione di D’Orsi interpreta il
binomio Lotze-S. come anticipazione di quella collaborazione tra filosofo e
psicologo tanto comune nel Novecento. Di entrambi si sottolinea
l’anticonformismo rispetto al positivismo e al materialismo imperanti. Lotze in
Germania e Maine de Biran in Francia adottano una visione non riduzionistica
della mente umana, privilegiando l’impenetrabilità dell’intimità dell'anima. Il
recupero di un'ottica speculativa e metafisica, precisa Orsi, implica una ripresa
della prospettiva teleologica ed una esaltazione della valenza critica della
soggettività. L’affinità elettiva e speculativa tra Bertrando Spaventa e Lotze
è dovuta al medesimo atteggiamento di rifiuto della trascendenza e insieme di
rifiuto del mero materialismo; nel caso di Spaventa D’Orsi sottolinea quanto la
vicenda personale di Spaventa, che è stato prete per circa un decennio prima
dell’esilio torinese. Questa psicologia speculativa — secondo D’Orsi — appare
quale autentico gioiello speculativo. All’Introduzione segue la traduzione di
Bertrando S. degli Elementi di psicologia, preceduta da una serie di appunti e
preliminari che costituiscono il materiale preparatorio. R. ROMEO, Cavour e il
suo tempo, Laterza, Bari. Nell’ampio studio di Romeo sulla figura di Cavour,
articolato in tre libri, alcune pagine dedicate esplicitamente a Spaventa si
trovano nell’ultimo volume, dove lo si presenta come autore di una nuova
interpretazione di Hegel come filosofo dell’innovazione, contro le tesi che
circolavano a Napoli prima del ’48 per cui il filosofo tedesco era considerato
filosofo del fatto compiuto. Altri cenni sporadici a Spaventa riguardano la sua
attività di scrittore su “Il Cimento”, assieme a De Sanctis ed il suo giudizio
negativo sulla situazione piemontese espresso in una lettera al fratello Silvio.
BARONE, S. e il positivismo, in “Libro aperto”, Barone ricorda di aver
attraversato il pensiero di Spaventa nei suoi studi sul positivismo,
riferendosi in particolare alle opere psicologiche edite dal Gentile. Prendendo
spunto dalla famosa lettera del Labriola ad Engels in cui Spaventa viene
presentato come conciliatore tra Darwin e Hegel, Barone concorda con l’opinione
di Gentile secondo la quale Spaventa fece sempre i conti onestamente con il
positivismo, benché lo stesso Gentile svaluti troppo il ruolo ed il peso della
scienza nel suo sistema: certamente il gran valore assegnato alle riflessioni
politiche e metafisiche contribuisce a porre in secondo piano il rapporto di
Spaventa con la scienza. L’elemento che ogni autore tende a sottolineare, da
Cubeddu a D’Orsi passando per Vacca, è la volontà di evitare ogni riduzionismo
fisiologico a proposito della psichicità, rivendicando la superiorità dell’atto
rispetto al fatto da cui prende avvio ogni analisi scientifica. Barone non
risparmia critiche all’interpretazione
superficiale dell’evoluzionismo darwiniano proposta da Spaventa, ma concorda
sull'efficacia e l’attualità delle analisi critiche di Spaventa ai concetti
utilizzati dalla fisiologia. L'articolo confluirà poi nel volume Dalla scienza
della logica alla logica della scienza. FOCHER, Spaventa di fronte al
positivismo, Criterio. Dopo aver presentato Spaventa come uno di quegli
intellettuali convinti che la propria epoca coincidesse con la piena
manifestazione del regno dello Spirito, Focher precisa che le riflessioni del
filosofo abruzzese, nel tentativo di rendere popolare Hegel e non volgare, come
scrisse al Villari, risultano ancora assai attuali sul piano politico, molto
meno su quello scientifico, a causa delle grandi novità della scienza del XX
secolo. Per recuperare il valore della critica spaventiana al positivismo, si
deve quindi porre in risalto il valore che assume l’uomo nel contesto storico:
la storia è positivismo, è l'assoluto fare umano. In questa chiave è possibile
vedere in Spaventa un elemento di stringente attualità in quanto esalta l’uomo
in quanto essere libero e assoluto. L’articolo di Focher sarà inserito tra gli
interventi che compongono il libro Dalla scienza della logica alla logica della
scienza. SAVORELLI, Hegel e Gioberti:
Prime reinterpretazioni e revisioni in Bertrando S., Annali della Scuola
Normale Superiore di Pisa. Il rapporto tra S. e Gioberti ha subito numerose
modifiche nel corso degli anni: Savorelli rileva che al superamento di una
lettura e di una comprensione generica dell’hegelismo segue una rivalutazione
da parte di Spaventa del pensiero italiano ed in particolare di Gioberti. Se è
vero che nel ‘49 Gioberti viene denigrato da S., già nel ’55 si assiste ad una
parziali rivalutazione del suo pensiero, in quanto conciliatore della nuova
visione del mondo hegeliana con il cattolicesimo. Nel ’57, tuttavia, Gioberti è
di nuovo “un fanfarone” e soltanto negli anni ’60 ‘anche per consolidare la
tesi di circolazione del pensiero italiano Gioberti viene definitivamente
rivalutato. Savorelli, tuttavia, non accetta l’idea che l'apprezzamento per il
teorico del neoguelfismo sia dovuto solo ad una esigenza del momento, ma tende
piuttosto ad inserirlo all’interno di una più vasta operazione di aggiornamento
del dibattito filosofico italiano. Gioberti verrebbe rivalutato anche come
risposta ad Hegel: la stessa riforma della dialettica mira ad un superamento
della dicotomia arbitrio/necessità all’interno della filosofia della storia. A
questo proposito Savorelli avanza l'ipotesi che anche lo Schelling sia stato
utilizzato da Spaventa non tanto per confutare, quanto piuttosto per integrare
e consolidare le tesi hegeliane. La medesima integrazione e difesa di Hegel
avviene sul campo politico: Savorelli tende a precisare che la soluzione
individuata da Spaventa in questo campo è il calco di quella attuata sul piano
logico e metafisico. AAVV., S. Dalla scienza della logica alla logica della
scienza, Pironti, Napoli. Il volume raccoglie una serie di saggi ed è
introdotto da Franchini con un analisi sui caratteri del pensiero spaventiano
in rapporto al tema della nazionalità. Il saggio di Francesco Valentini
riguarda il rapporto Hegel-Spaventa in relazione alla Scienza della logica.
L'intervento di Italo Cubeddu si concentra sul binomio Gentile-Spaventa e
sull'importanza della circolazione a proposito della riforma della dialettica
hegeliana. Vittorio Stella contribuisce a mostrare l'influenza di Spaventa sul
pensiero di Gentile e di Croce, pur nella diversità delle loro interpretazioni
sulla vicenda del filosofo abruzzese. Martano presenta Spaventa storico della
filosofia, la cui teoria della circolazione si muove all’insegna della fede nel
progresso della storia (articolo apparso in “Discorsi”, 1983, vedi sopra).
Mentre Verra approfondisce i nessi tra Spaventa ed il trio di logici tedeschi
Trendelenburg- Werder-Fischer, Tessitore si occupa del nesso
decadenza-rinascenza, evidenziando due linee di continuità, Machiavelli-Lutero
e Cartesio-Lutero, nella quale si inserisce anche la figura di Galileo. D’Orsi
si sofferma sui criteri ecdotici nella ricostruzione filologica del pensiero di
S.. Barone e Focher specificano il rapporto tra Spaventa e la scienza della
seconda metà dell'Ottocento (rispettivamente in “Libro aperto” e Criterio. Cotroneo
distingue all’interno della scuola spaventiana la direttrice Maturi-Jaja da
quella di Tocco e Masci. Roehssen esamina la figura del fratello di Bertrando
Spaventa. A questi saggi si aggiungono interventi di Pasquale Socco, Attilio,
Savorelli, Reda e Brescia. Al termine del volume è presentata una bibliografia
di testi scritti su Bertrando S., curata da Savorelli, Rascaglia e Reda, come
prosecuzione della bibliografia ragionata di Italo Cubeddu. CUBEDDU, Da
Spaventa a Gentile: Kant e il neotdealismo, in La tradizione kantiana in
Italia, Atti del convegno della Società filosofica italiana (Messina Edizioni
G. B. M., Messina. Secondo Cubeddu l’interpretazione del pensiero kantiano
offerta da Spaventa dipende nelle sue linee essenziali dalle critiche presenti
in Fede e sapere, benché il difetto del dualismo e della “tenerezza per le cose
del mondo” non impedisca al pensatore di Bomba di ammirare l’idea dell’unità
della coscienza e della sintesi a priori. Assai apprezzato risulta il
capolavoro su Gioberti, nel quale Kant, pur non essendo un protagonista
assoluto, non è mai relegato al ruolo di semplice comprimario. Passando al
Novecento, Cubeddu si sofferma sulla posizione gentiliana che aveva proposto un
ritorno da Kant a Hegel, ravvisando nell’intrascendibilità del pensare il
guadagno comune di entrambi. A tal proposito si cita il saggio sulla Riforzza
della dialettica, dove si tenta di correggere la posizione kantiana mediante
l’hegelismo, corretto esso stesso nel Sistema di logica, nel quale si propone
una categoria unica del pensare. Cubeddu precisa come Spaventa non abbia mai
compiuto quella riforma neohegeliana di Kant, in quanto non considerò la
conoscenza come pura unità analitica della mente. MARCHI, S. e Popper, in
“Criterio. Molti sono i preamboli necessari a Marchi per introdurre questo
insolito parallelismo: nonostante la diversa, per non dire opposta,
interpretazione che i due autori offrono di Hegel e dell’idealismo tedesco in
generale, l’elemento comune ai due pensatori è il rifiuto di qualsiasi
prospettiva riduzionistica. Non è certo necessario precisare quanto Spaventa
sia sensibile alle sollecitazioni delle scienze del proprio tempo, senza però
mai rinunciare all'importanza dell’analisi critica, possibile solo tramite il
pensiero filosofico: le sue tesi contrarie ad ogni riduzionismo dell'anima (del
pensiero) al semplice cervello o ad un insieme di elementi materiali sono ben
note. A partire da un percorso intellettuale decisamente differente, anche
Popper si oppone alla “chiusura del mondo fisico”, dimostrandosi non molto
lontano, su questo punto, dallo S. di Psiche e Metafisica. Popper,
particolarmente, rinvia all'esistenza di tre mondi, quello materiale, quello
della coscienza e quello della cultura, interagenti tra di loro, ma di certo
non riducibili al primo. Infine, mediante alcune citazioni dall'opera di Popper
Lio e #/ suo cervello, si tende a sottolineare come l’autore sia convinto che
l’io possieda il cervello e non viceversa, avvicinandosi molto in tal senso
alle tesi spaventiane del “senso di sé” come nucleo profondo del pensare. Gli
begeliani di Napoli e la costruzione dello stato unitario, Istituto italiano
per gli studi filosofici, Napoli Già nell’Introduzione al volume il ruolo
svolto dai fratelli S. assume un'importanza centrale nella costruzione teorica
e pratica dello stato unitario. Se il lungo intervento di Croce si riferisce
spesso alla figura di Bertrando S., nella lettera di Strater, pubblicata per
intero nel volume, appare evidente l'ammirazione nei confronti del filosofo di
Bomba per aver posto in relazione pensiero italiano e pensiero europeo. La
prima parte dell’opera, curata da Saverio Ricci, sottolinea il declino
culturale di Napoli causato dalle emigrazioni degli intellettuali nel ’99 e nel
’21; altro elemento cruciale è la sostanziale inefficacia del tentativo di
educazione delle masse che portò alla repressione. La seconda sezione, di Maria
Rascaglia, mostra quale fosse l’arretratezza del Piemonte in campo culturale
rispetto a Napoli e quindi le difficoltà di De Sanctis e Spaventa, costretti
all’attività di giornalisti. Ben diversa la situazione al ritorno a Napoli dove
ai due protagonisti si aggiunge anche la figura di Vera. La terza parte è
dedicata alla scuola di Bertrando S., in particolare a Fiorentino e Labriola.
Una quarta sezione è dedicata al fratello Silvio. Il volume si conclude con due
appendici di Giampiero Griffo e Piera Russo. SAVORELLI, S. e Galileo, in
Galileo a Napoli (LOMONACO e TORRINI cur.), Guida, Napoli. L’intervento di
Savorelli tende a precisare che le letture spaventiane e le sue tesi sui
precorrimenti, benché segnate da forti deformazioni e distorsioni,
rappresentano un contributo originale e sempre innovatore rispetto al dibattito
storico-filosofico dell'Ottocento. Galileo non solo non è un autore classico
della trattazione spaventiana, anzi, viene citato raramente nei suoi lavori e
viene studiato in maniera specifica. Spesso Spaventa attenuò il lato di
modernità attribuito dalla critica a Galileo, che fu pertanto escluso dalla
ricostruzione del pensiero italiano, in quanto considerato un uomo di scienza
piuttosto che un intelletto speculativo; ben nota è la ritrattazione a pochi
mesi dalla morte. Essenziale, secondo Savorelli, l’influenza di Natorp nella
riscoperta di un Gelileo criticista e non semplice empirista: sotto questa luce
Galileo fu assimilato forse troppo frettolosamente da Spaventa alla linea Kant-
Hegel, accentuandone alcuni tratti, come ad esempio lo studio dell'a priori che
lo distingueva dall’ingenuità dei positivisti della seconda metà
dell'Ottocento. Forse eccessive sono le tesi di un Galileo precursore di Kant,
anche perché lo studio di S. assume un taglio speculativo più che storico,
avendo come obiettivo la confutazione di alcune tesi di Vaihinger. G. OLDRINI,
Filosofia e coscienza nazionale in Bertando Spaventa, Quattroventi, Urbino. L’idea
che l’assoluto avesse definitivamente perso il proprio carattere trascendente
non deve condannare al determinismo immanentista, bensì aprire la strada
all’idea della ragione come autentica creatrice di storia. Le due anime che si
mostrano in S., ossia il demone speculativo da un lato e la necessità di una
diffusione di Hegel sul piano filosofico e politico, determinano il contrasto con
il neotomismo che in quegli anni voleva proporsi, grazie al sostegno di
Corinaldi e Liberatore, come autentico erede della tradizione filosofica
italiana. Oldrini non manifesta particolare entusiasmo per le continue
alterazioni del testo spaventiano dovute a ricerche filologiche proposte da
D’Orsi e sottolinea che il cuore del discorso dell’abruzzese era l’affermazione
dell’hegelismo di contro al cattolicesimo neotomista. Nel volume sono presenti
interventi di Alessandro Savorelli, Franco Ottonello, Luciano Malusa, Oldrini,
Tognon, Mastroianni e Racinaro. TESSITORE, M:nghetti, Spaventa De Sanctis: le
trasformazioni del liberalismo, in AAV., Marco Minghetti statista e pensatore
politico dalla realtà italiana alla dimensione europea, GHERARDI e MATTEUCCI (a
cura di), Il Mulino, Bologna. Nella triade citata il nome Spaventa si riferisce
al fratello Silvio, ma la perspicacia di alcune analisi lasciano intravedere un
pensamento profondo della forma Stato, nel quale non si può non ravvisare
l’influenza del pensiero del fratello Bertrando. La posizione di Silvio è
riassunta mediante alcune citazioni sull'unità di Italia e la necessità di una
forte attività amministrativa, che si conciliava non molto bene con le tesi di
Minghetti di restringimento dei compiti dello Stato. Tessitore assegna a De
Sanctis il maggior rigore nel trattare la contraddizione tra libertà e governo,
nella quale si ravvisa il pericolo della decadenza della cultura e dello
spirito d’iniziativa della neonata nazione italiana. OTTONELLO, Pasquale
Galluppi nell’ “infedele” interpretazione di Bertrando Spaventa, in “Rivista
Rosminiana di Filosofia e Cultura.. L'infedeltà dello S., “senza cui non si
viene a capo di nulla”, è presente anche nel commento alla filosofia del
Galluppi, che il filosofo di Bomba strappò dall’oblio in cui era piombato. La
critica alla teoria dell’oggettività della sensazione è fondata
sull’impossibilità di percepire una esistenza esterna, benché in senso
hegeliano si debba parlare di un “oggetto dell’atto chiamato coscienza”. Nella
presenza di una sostanza esterna da percepire Spaventa vede ripresentarsi il
fantasma del noumeno kantiano: proprio estremizzando i tratti del Galluppi,
però, Spaventa riesce a trarne i germi di uno sviluppo futuro; non ripetendo
mai in modo meccanico il pensiero altrui, Spaventa riesce a valorizzare le
tematiche trattate, come ad esempio nel caso del famoso “luogo d’oro”. A.
MARTONE, Lo scarto del linguaggio: eredità vichiane in Bertrando Spaventa, in
Furor verba ministrat. Eredità vichiane e Illuminismo in alcune teorie
linguistiche della cultura napoletana, Angeli, Milano. S. viene qui presentato
come pensatore intimamente legato a Vico, in quanto filosofo della storia,
nello sforzo di una riunificazione del sapere e persino nel tentativo di dotare
il pensiero filosofico italiano di una propria autonoma tradizione. Vico stesso
fu inserito da Spaventa nella sua teoria sulla circolazione del pensiero.
Rimane tuttavia una incolmabile distanza tra Vico e S., il quale sembra non
essere molto sensibile alla glottogonia vichiana. SAVORELLI, Bruno Tulliano’
nell’idealismo italiano dell'Ottocento (con un inedito di B. S.), “Giornale
critico della filosofia italiana. Savorelli ribadisce il merito di Bertrando S.
di aver dato impulso agli studi bruniani, seguito dai suoi discepoli Felice
Tocco e Francesco Fiorentino: lo spiacevole episodio con l’editore Le Monnier
testimonia, d’altra parte, l’arretratezza culturale in cui versava all’epoca
l’Italia, nella quale non riuscì a trovare spazio il primo studio scientifico
sulla figura del Nolano. L’inedito di S., infatti, rimane il primo saggio che
tenti di analizzare il pensiero bruniano in chiave sistematica. Proprio in
questo senso assume valore l’attenzione dedicata da Spaventa alle opere
cosiddette lulliane o mnemotecniche, che secondo Brucker e Buhle erano da
considerare la parte più oscura dei testi di Bruno. Il testo di S. si fonda su
una critica del Ritter e su un confronto costante con il pensiero di Lullo,
Cusano e Spinoza. Certamente di grande importanza è stata l'influenza di
Barholméss, la cui interpretazione indica in Bruno un anticipatore
dell’idealismo tedesco: è noto quanto questa tesi sia essenziale anche rispetto
alla teoria della circolazione del pensiero italiano. Savorelli precisa che
ogni tentativo di porre in luce il misticismo di Bruno è considerato vano ed
errato da parte del pensatore abruzzese, che dedica attenzione alle opere
lulliane proprio per mostrarne la relazione con la teoria della conoscenza
proposta da Bruno. Il carattere di precursore della modernità attribuito al
pensatore di Nola, tuttavia, subirà lungo l’itineratio spaventiano anche
drastiche limitazioni, dovute, per esempio, alla sua errata comprensione del
cristianesimo. Nella trattazione Bruno non è più lullista e l’ultimo vestigio
lulliano del saggio torinese è un breve saggio dei Principi di filosofia: le
differenze sono dovute ai diversi intenti interpretativi secondo Savorelli. Un
segno dei tempi è il progressivo disinteresse da parte di S. e De Sanctis nei
confronti di Bruno. Al termine dell'intervento di Savorelli si riporta una
sezione del Saggio inedito di B. S. su Bruno, Manoscritto conservato alla
Biblioteca nazionale di Napoli. MALUSA, L'idea di tradizione nazionale nella
storiografia filosofica italiana dell'Ottocento, Tilgher, Genova. La figura di S.
è presente in tutto il testo, dedicato nella prima parte all'idea di
“tradizione nazionale” nella storiografia filosofica e nella seconda ai
rapporti tra la tradizione filosofica italiana e la “Civiltà cattolica”: ben si
comprende come la personalità di Spaventa svolga un ruolo di primo piano in
entrambe. Nelle pagine centrali della prima parte si sottolinea il ruolo che
Spaventa attribuì al genio italico nella distruzione dell’immobilismo cui per
secoli la Scolastica aveva costretto il pensiero. Il “primato” della filosofia
tedesca nel panorama europeo dipendeva strettamente da quel criticismo che per
la prima volta trovò in Italia la propria espressione. Inutile ribadire quali
furono i risvolti politici di una tale prospettiva filosofica: il pensiero
spaventiano era in grado di assicurare l'immanenza del pensiero, superando le
istanze clericali, senza cadere nell’aridità dell'Illuminismo. Si citano le
ricostruzioni storiografiche di Garin e la progressiva appropriazione del
pensiero spaventiano sulla linea S.-Labriola-Gramsci (e Togliatti), che
consentì di sottrarre l’autore abruzzese all’esclusivismo dell’interpretazione
attualistica. Nella seconda parte si definisce S. autentica “bestia nera” del
periodico gesuita: la critica della filosofia hegeliana, principale obiettivo
della rivista, non poteva esimersi da ripetuti attacchi anche nei confronti del
pensatore abruzzese, quando ancora questi non aveva elaborato il proprio
pensiero in maniera sistematica. Non sfugge all'analisi che all'origine dello
scontro si poneva la convinzione che Tommaso d'Aquino e non Hegel dovesse
essere il modello della filosofia italiana. MOSSANO, S. e la psicologizzazione dell’a priori nel
neocriticismo italiano, Accademia di scienze morali e politiche, Napoli. L'intervento
di Mossano analizza la sostituzione dell’incantesimo idealistico mediante
l’incantesimo psicologico, ossia quella comprensione della critica kantiana che
scivola dall’appercezione trascendentale all’a priori come funzione ordinatrice
dell’esperienza. Se ancora in S. il problema critico è inteso come problema
della conoscenza sul piano trascendentale, nella generazione successiva molti
sono i tentativi di fornire interpretazioni differenti della tesi kantiana.
Mossano ricorda come S. avesse cercato ci riassorbire il positivismo
nell’hegelismo, dal momento che il soggetto è ciò che letteralmente “fa”,
costruisce il proprio oggetto. Dalle analisi del pensiero di Masci, tuttavia,
si deduce come già in Spaventa “le forme kantiane siano intese in senso
dinamico ed evolutivo, reale e non ideale. Questa tesi viene però corretta
attraverso una lunga citazione tratta da La filosofia di Kant e la sua
relazione colla filosofia europea grazie alla quale si vuole dimostrare come la
concezione di S. intenda il giudizio non soltanto come formativo, ma
costitutivo dell'oggetto. Mossano ricorda come Masci abbia apprezzato il
tentativo di sintesi del maestro tra hegelismo e darwinismo, soprattutto nelle
opere dell’ultimo decennio di attività. È importante sottolineare come il nuovo
empirismo proposto da Spaventa (fondato cioè sul superamento della
contrapposizione tra realismo e idealismo) non distrugga il lato attivo e
originario della soggettività, ma lo possa riconfermare, in una accezione in
cui Kant si incontra con Hegel. Ciò che deve essere tenuto fermo, secondo il
pensatore abruzzese, è il carattere non biologico, né psicologico del problema
della conoscenza, che è essenzialmente critico. Analizzando il dibattito
critico, Mossano individua in Tocco e Cantoni due assertori del limite
intrinseco della prima Critica legato alla mancanza di una psicologia
nell’architettura kantiana; diversamente Chiappelli tenta una mediazione,
cercando quale tendenza psicologica si conformi maggiormente al problema del
criticismo. Non mancano i riferimenti, in questo caso, alle tesi di Spencer,
contro il quale, però, più volte Spaventa si espresse negativamente. Al termine
si citano i giudizi del Gentile sulla errata interpretazione del criticismo offerta
dal Masci. In conclusione si torna a ribadire l’esigenza si stabilire una
radicale distinzione tra il lato empirico- evolutivo e quello trascendentale,
ricordando come solo dopo il 1945 a psicologia si sia affrancata dalla
filosofia. RASCAGLIA., Venti lettere inedite di Meis a S., Giornale Critico
della Filosofia italiana. Nella presentazione di questo nuovo, ennesimo impegno
di ricostruzione del carteggio spaventiano, Maria Rascaglia indica come preciso
intento la ricostruzione delle vicende biografiche di De Meis e Spaventa, in
relazione al ventennio coperto dalle venti lettere inedite. Molti sono i temi
trattati, dove autentico protagonista romane la figura di De Sanctis, oggetto
di continue polemiche sia sul piano politico sia sul piano del suo mestiere di
critico letterario. Si sottolinea anche la tormentata vicenda della
pubblicazione dell’articolo di Spaventa Paolottismo, positivismo, naturalismo:
nelle lettere De Meis giustifica le correzioni apportata prima della stampa per
ammorbidire almeno in parte i toni e la satira pungente dello Spaventa. Viene
posta in risalto dalla Rascaglia anche la lettera in cui Meis si difende dalla accusa
dell’Imbriani di “non far deduzione”. Sullo sfondo rimane una sfiducia nella
gestione politica dell’unità di Italia, soltanto a volte mitigata da un cauto
ottimismo, come in occasione del governo Minghetti. OLDRINI, Napoli e i suoi
filosofi. Protagonisti, prospettive, problemi del pensiero dell’Ottocento,
Angeli, Milano. Il volume raccoglie una serie di interventi di Oldrini sulla
cultura filosofia napoletana dell'Ottocento. Il ruolo di S. appare con grande
chiarezza nel VI capitolo, dedicato all’hegelismo italiano tra Napoli e Torino
(saggio apparso in “Filosofia” ) e nel capitolo sull’hegelismo ‘critico’ del
filosofo abruzzese. Il capitolo IX, sulle ragioni dello Stato etico, inedito,
confronta le posizioni di Vera con quella dei fratelli S., mostrando la loro
progressiva interpretazione dell’hegelismo da supporto alle teorie
rivoluzionarie a sfondo teorico del concetto di Stato etico, inteso come ciò
che dà direzione, unità e senso alla dimensione economico- sociale. V.
VITIELLO, S. e il problema del cominciamento, Guida, Napoli. Punto focale
dell’interpretazione di Vitiello è il dualismo di essere e pensare che Spaventa
eredita dalla tradizione filosofica. Acquisita la novità kantiana di una
conoscenza che non è più fatto, bensì attività, Spaventa mostra come Hegel sia
la sintesi tra il soggettivismo radicale di Fichte e l’oggettismo
schellinghiano. Punto focale proposto da Vitello è l’indeducibilità del pensare
dall’essere nella filosofia antica e l’indeducibilità del reale dal possibile
nella filosofia moderna: la filosofia hegeliana vuole dar ragione a Fichte
senza smentire Schelling; su questo punto l’interpretazione di S. raggiunge
un'intensità che verrà persa nei suoi eredi, persino in Gentile, che rimane
chiuso nella logica fichtiana. Il circolo Fenomenologia-Logica deve essere
intepretato alla luce della separazione del sapere dal suo contenuto come atto
di volontà: il puro essere che ne risulta, come pura relazione a sé del
pensare, dovrà mostrarsi capace di dedurre da sé l’intera ricchezza degli enti.
Di fronte al pensare si erge dunque un Essere che è prima e fuori del pensare
Qui si apre l'enigma della “genesi del No, dopo e nonostante il sì. CALABRÒ, La
concezione etica dello Stato in Bertrando S., in Silvio S. (S. RICCI a cura
di), Istituto italiano per gli studi filosofici, Napoli. L’intervento di
Calabrò riassume innanzitutto il contributo kantiano alla filosofia del
diritto, in particolare sul rapporto tra morale e diritto nella cornice dello
Stato. Il problema di Hegel, invece, riguarda proprio la conciliazione tra
diritto e Stato in ordine al tema della volontà libera del singolo individuo.
Spaventa rientra in questa trattazione, come scolaro di Hegel, definito
“tutt'altro che inerte”: le sue speculazioni acquistano uno spessore mai più
raggiunto dalla tradizione liberale. Spaventa sostiene che l’equilibrio di
ragione e storia si trova proprio nella prospettiva dello Stato nazionale,
anzi, sostiene esplicitamente che la pluralità degli Stati in quanto
espressione della naturalità dovrà essere risolta in una figura ulteriore che
non sarà lo Stato degli Stati, bensì è l’umanità, già attiva e perfettamente
concreta. Per Spaventa, ancor più esplicitamente che in Hegel lo Stato è
delimitato sia dall'alto che dal basso; centrale, sia in Spaventa che nel suo
maestro ideale rimane il problema del rapporto tra individuo e Stato. Se da un
lato il filosofo di Stoccarda mostra la concretezza della libertà nella
prospettiva etica universale, il pensatore abruzzese rimane ad un livello più
schematico e astratto, benché egli stesso avverta l'esigenza di una
conciliazione tra sovranità statale e libertà individuale. MORETTI, Savio S. e
Villari, in Silvio S. (S. RICCI a cura di), Istituto italiano per gli studi
filosofici, Napoli. L’intervento di Moretti individua le tappe salienti che
hanno caratterizzato il rapporto intellettuale e politico tra Silvio Spaventa e
Villari, di cui si hanno notizie dettagliate grazie al loro scambio epistolare.
Uno dei momenti di maggiore tensione tra i due si verifica dopo la lettera al
De Meis scritta da Bertrando S., tensione che verrà acuita in seguito al
progetto di far eleggere Bertrando nel collegio di Gesso Palena nel 1870. Le
frizioni tra Silvio S. e Villari rientreranno già verso la fine del 1870,
mentre il rapporto con Bertrando rimarrà in gran parte compromesso. Il testo
prosegue sottolineando le differenti prospettive dei due autori sul problema
meridionale, sul ruolo dell'educazione e sulla riforma universitaria. SERRA, S.
interprete di Galluppi, Studi galluppiani. Atti del convegno galluppiano di
Tropea, Brenner. Il kantismo del filosofo di Tropea viene individuato da Teresa
Serra quale autentico punto di riferimento dell’interpretazione spaventiana:
tenendo presente che Galluppi lavora in totale isolamento dal mondo, ritirato
nelle “nuvole filosofiche”, per approdare poi a Napoli nove anni prima
dell’arrivo dei fratelli Spaventa, non è difficile supporre una lettura dei
suoi testi da parte di Bertrando già prima dell’esillio torinese. La nota
ammirazione per il Colecchi porterà ad uno scontro con il filosofo di Tropea,
che pure aveva il merito di aver superato un certo provincialismo della
filosofia italiana. I giudizi su Galluppi non appaiono lusinghieri: l'influenza
hegeliana porta Spaventa ad una radicale svalutazione dovuta alla mancata
comprensione di Kant ed alla inaccettabile prossimità con Locke. Tale
prospettiva sarà sconfessata, nella prolusione in cui si annunciano Galluppi,
Rosmini e Gioberti quali autentici filosofi italiani, ma le radici di un tale
ripensamento devono essere rintracciate proprio nella svolta hegeliana del ’56,
che offrì la possibilità a S. di recuperare in una luce innovativa l’intero
percorso del pensiero europeo: Galluppi rientra così nella filosofia cristiana,
benché i tre autori dell'Ottocento non possiedano l’originalità del loro
precursore Vico, di cui rappresentano soltanto una maturazione. La riabilitazione
della sensibilità di Galluppi implica un suo riavvicinamento alle posizioni
kantiane: in questo consiste, secondo Teresa Serra, la novità dell’ottica
spaventiana, che non fu comunque immune da polemiche. CAPUTO, Prospettive
real-idealistiche per una nuova metafisica, Morano, Napoli. Il testo, suddiviso
in sei capitoli e una conclusione, si apre con il problema di rivalutare
l’umanesimo, superando il dualismo tra scienza e filosofia, non però in senso
fenomenologico, come è stato suggerito da più parti nel corso del Novecento, o
mediante teorie crociane, bensì alla ricerca di un umanesimo integrale che
riabiliti Vico e Hegel. Il secondo e terzo capitolo propongono una critica
serrata delle principali esegesi spaventiane: dal giudizio di Garin,
all’'errata comprensione del rapporto tra politica e teoresi proposta da Vacca;
non viene apprezzata né l’interpretazione dualistica di Spaventa offerta da
Teresa Serra, né quella di Vito Bellezza, dipendente dalla visione gentiliana.
Anche il volume di Cubeddu viene svalutato. Sui risultati dell’indagine
storiografica su S. si citano i lavori di Savorelli sulle riserve
antignoseologiche del filosofo abruzzese; le edizioni di alcune opere curate da
D’Orsi per mostrare il legame con il pensiero di Lotze, i mutamenti di
prospettiva di Cubeddu. Superate, nel quarto capitolo, le interpretazioni sul
teologismo di S. proposte da Croce e sul misticismo legate all’opera di De
Ruggiero, il capitolo quinto mostra come unica possibilità di intendere il pensiero
di Spaventa il real-idelismo di Felice Alderisio, che rivaluta l’unità di
realismo e idealismo soprattutto nell’ultima fase del suo pensiero, segnata dal
confronto con Kant. L’attualismo gentiliano, le tesi di Guzzo, Carabellese e
Calogero sono considerate deviazioni rispetto alla strada tracciata da S..
L’esame delle teorie di Berti sull’assoluto di Spaventa ed i vari tentativi di
interpretazione marxista da parte di Togliatti e Plebe si rivelano
insufficienti secondo Caputo, almeno tanto quanto le proposte di analisi
dell’hegelismo proposte da Kojève e Vitiello. La polemica contro l’indirizzo epistemologico di Barone, il
convenzionalismo di Geymonat, l’irrazionalismo di Abbagnano e l’antiidealismo
proposto da Filiasi-Carcano è affrontata nell'ultimo capitolo. La conclusione
propone un superamento di attualismo, marxismo e positivismo facendo
riferimento ai testi cardine del pensiero di Spaventa quali Logica e metafisica
da un lato ed Esperienza e metafisica dall’altro. LANDOLFI PETRONE, Un inedito
di S. sul Concetto di Filosofia, Studi filosofici. La breve presentazione dello
scritto Sopra Kant (Carte S.) di Petrone si concentra sulla novità assoluta
della trattazione spaventiana di Kant nel 1851-52, sottolineando che la linea
Kant-Hegel rafforza l’idea dell'impronta tedesca della filosofia europea. La
tematizzazione di Kant avviene circa tredici anni dopo la prima lettura della
Critica della ragion pura, primo testo filosofico cui l’autore si avvicinò. S.
rileva come la dialettica sia già in Kant il tratto centrale della riflessione
come insieme di identità e non identità. Petrone sottolinea anche il rilievo
dato da S. alla distinzione kantiana tra filosofia e senso comune. Alla
recensione segue poi il saggio spaventiano. BERTOLETTI, Dialettica del
cominciamento. Un saggio di Vincenzo Vitiello su S., in “Humanitas, Il commento
di Vitiello si concentra sul problema del Primo, diversamente interpretato a
seconda che ci si trovi in Fenomenologia o in Logica. Al di là delle singole
polemiche con Trendelenburg, nelle quali tuttavia Spaventa dimostra grande
padronanza della materia logico-metafisica, l’intervento di Vitiello risulta
interessante perché proietta il pensiero di S. oltre lo stesso Hegel, verso un
Essere che è prima e fuori dal pensiero. Lungi dall'essere la rivisitazione di
un presupposto realistico, Vitiello interpreta questa posizione collegandola
alla presenza di un limite del pensiero che è volontà. Esaltata la fecondità
del ripensamento di S. offerto da Vitiello, Bertoletti considera le prospettive
ermeneutiche che si aprono a partire da questa lettura, prospettando in
Spaventa un anticipatore di Wittgenstein e Adorno. F. M. DE SANCTIS, Lorenz von
Stein e il giovane Spaventa, in Dall’assolutismo alla democrazia, Giappichelli
editore. Il settimo capitolo del testo di De Sanctis mostra l’interesse di
Spaventa per il testo di von Stein I/ socialismo e il comunismo in Francia: la
petizione per la traduzione del testo in italiano fu sostenuta dall’abruzzese
in un articolo apparso sul “Nazionale” di Firenze. Si avanza l'ipotesi che i
nuclei teorici dello Stein siano lo sfondo concettuale di molti articoli
apparsi sul “Progresso”. E. GARIN, Tra due secoli. Socialismo e Filosofia în
Italia dopo l’unità, De Donato, Bari. Non molti nomi sono citati quanto quello
di Bertrando Spaventa, a dimostrazione dell'importanza e della rilevanza
dell'autore nel contesto italiano dopo l’unità. Soprattutto nella prima parte,
dedicata agli hegeliani dell’Ottocento, S. occupa un luogo centrale, anche per
l’influenza esercitata sul pensiero di Labriola. OLDRINI, La “Rinascita
dell’Idealismo” e il suo Retroterra Napoletano, in “Giornale Critico della
filosofia italiana. Oldrini comincia con il rilevare che il destino comune dei
due grandi leader della tradizione classica napoletana, De Sanctis e Spaventa,
fu quello di non avere una scuola in grado di continuare e diffondere i loro
insegnamenti. La rinascita dei due autori è dovuta, tra la fine del XIX secolo
e l’inizio del XX, all'operato, rispettivamente di Croce e Gentile. Di contro
all’atrofia culturale che imperava in quegli anni a Napoli, questi ultimi
rivendicano un ruolo decisivo all’idealismo storico, nonostante le differenze,
anche radicali, sui singoli temi: in questa ottica sono interpretati da Oldrini
anche gli attacchi ai letterati ed eruditi dell’epoca. L’involuzione della
cultura napoletana è intesa come conseguenza del parassitismo della classe
borghese e della boria accademica, cui l’idea di un idealismo storicistico
promossa da Gentile e Croce impresse certamente una svolta. TUOZZOLO, Schelling
e il “cominciamento” begeliano, Città del sole, Napoli. Significativo è il
fatto che i titoli di ben due capitoli su tre 2689 nel libro recano il nome di
Spaventa. Il punto di partenza è la valutazione della critica schellinghiana al
pensiero hegeliano: da qui si mostra il profondo legame Werder- Fischer-Spaventa,
in quanto linea di pensiero che recupera le critiche di Schelling. La tendenza
di autori come Spaventa consiste nell’identificare il primo della logica con il
Dio di Schelling: non vuoto e astratto cominciamento, bensì atto di volontà
pura. Si evidenzia anche
l’interpretazione spaventiana del passaggio dallo Spirito Assoluto
presente al termine della Ferorzenologia e l’Essere astratto da cui comincia la
Scienza della Logica: l’inizio della logica non è il depotenziamento del
risultato della Fezorzerologia, bensì l’essere già ricco di differenze, dalle
quali si può effettuare l’astrazione. Il problema concettuale ravvisato da
Tuozzolo in Spaventa è l'impossibilità di conciliare la dottrina creazionista
di Schelling con l’incrollabile caposaldo hegeliano della identità tra logica e
metafisica. Per questo l'operazione di molti studiosi di Hegel, tra cui anche
Spaventa, sarà quella di tentare una conciliazione ed integrazione del pensiero
di Hegel mediante le ultime speculazioni di Schelling. RASCAGLIA, Introduzione
a Epistolario, Istituto poligrafico dello Stato, Roma 1995. La premessa di
Oldrini è seguita da un intervento di Maria Rascaglia che include un apparato
bibliografico relativo alle fonti e alle prime edizioni dei carteggi.
Rivendicare l’importanza del patrimonio epistolare come punto di osservazione
privilegiato per comprendere la vita e l'evoluzione intellettuale dell'autore
assume senso soprattutto nel caso di Bertrando Spaventa, a causa della
dispersione editoriale subita dagli scritti. Se nei carteggi, in cui il
fratello Silvio rimane sempre un interlocutore privilegiato, si può recuperare
lo stile arguto e la vis polemica del filosofo, si deve aggiungere che emergono
anche una serie di nuovi progetti editoriali, mai portati a termine, oltre alla
ben nota traduzione dell’opera dello Stein. Nelle lettere rivolte al fratello
soprattutto è possibile specificare meglio lo stato d’animo di Spaventa nel
decennio piemontese e soprattutto le preoccupazioni dovute alle ristrettezze
economiche. Maria Rascaglia rivendica l’importanza di uno studio attento
dell’epistolario anche per comprendere il legame tra Spaventa e Fiorentino ad
esempio, sviluppato su due livelli: al rapporto maestro- allievo ormai
conosciuto, si aggiungono anche dettagli importanti sulla collaborazione in
campo pubblicistico. Oltre agli attacchi e all’ironia nei confronti della
“colonia romana” composta da Berti, Mamiani e Ferri, emergono anche le
considerazioni sulla situazione politica e amministrativa in cui Spaventa fu
coinvolto, prima come membro della Commissione di indagine del consiglio
superiore della Pubblica istruzione, poi come deputato dal "70 fino alla
caduta della Destra storica. In realtà molte sono le occasioni nelle quali si
possono rilevare atteggiamenti di sconforto e di sfiducia nell’attività
politica, rispetto alla quale il fratello Silvio diventa simbolo di una
battaglia anche morale. Sulla dispersione dell’epistolario hanno influito
certamente la morte prematura dello Spaventa e i diversi orientamenti assunti
dai principali allievi della scuola. SICILIANI DE CUMIS, Il “tecnico” e l’
“educativo” da Spaventa a Labriola, in Scuola e città. De Cumis affronta da
subito la vexata quaestio dei molti e diversi Spaventa proprio al fine di
valutare i nessi tra Spaventa e Labriola in rapporto alla “politica immanente”.
Evidenziare le conseguenze della lezione spaventiana, proprio a partire da
Labriola, di cui si riporta uno stralcio della famosa lettera del ’94
indirizzata a Engels, è essenziale per mostrare la relazione tra i due. La
prospettiva tecnica e meccanica in Spaventa si spiega soprattutto in rapporto
alla dimensione etico-sociale, che sarà decisiva anche per la dimensione educativa
del pensiero di Labriola. In realtà entrambi concordano sul carattere
antipositivistico dell'educazione e sulla necessità dell'incrocio di politica e
scienza. Pur sottolineando la diversità di esiti cui sarà condotto il Labriola
marxista, a motivo del materialismo, della mutata concezione della storia e
delle differenti concezioni metodologiche ed epistemologiche, De Cumis nota una
certa affinità tra le tesi di Labriola e quelle di Spaventa. Certamente non si
possono dimenticare le influenze del liberalismo sullo Spaventa giovane
giornalista de “Il Progresso”, rispetto al diverso orientamento assunto da
Labriola, per cui non si può liquidare quest’ultimo semplicemente come
“allievo”. Non solo Spaventa già aspira a quella universalità delle
intelligenze quale compito essenziale della filosofia politica, ma sul piano
etico-politico-pedagogico le sue affermazioni risultano addirittura più ardite
di quelle di Labriola: De Cumis precisa che anche Spaventa analizza la
dialettica servo-signore in chiave rivoluzionaria, rintracciando in questa
dinamica una lotta contro l’egoismo naturale, mentre Labriola si schiera già
nell’ottica di una maggiore passività nei confronti della storia, il cui ritmo
è già scandito da leggi universali ben individuate. LOSURDO, Da fratelli
Spaventa a Gramsci: per una storia politico sociale della fortuna di Hegel in
Italia, Città del sole, Napoli. Il testo si compone di sei capitoli nei quali
si analizza l’influenze della filosofia hegeliana sul pensiero politico europeo
ed in particolare su quello italiano, avendo sempre come riferimento la figura
dei fratelli Spaventa. Il primo capitolo si concentra sul declino della
filosofia hegeliana e sul suo totale fallimento registrato nel ‘48. Se è vero
che Hegel aveva trasmesso al mondo l’assoluta mondanità e politicità dell’uomo,
le vicende di Napoli saranno decisive per confutare l’interpretazione di Hegel
come filosofo dello status quo. Il fallimento porta ad un abbandono della
politica e ad un ritorno tra le braccia della natura, dal quale poi sarebbe
scaturito il positivismo. Il secondo capitolo è dedicato al rapporto tra
rivoluzione e nazione, di cui si seguono parallelamente il filone tedesco, con
Strauss e Vischer, quello francese di Thiers e Guizot, ed infine quello
italiano, proprio tramite i fratelli Spaventa, che mai accetteranno l’idea di
una scienza positiva, ma rintracceranno nella storia l’autentico fare positivo
dell’uomo, strettamente connesso alla sua nazionalità. Risultato di un tale
“nazionalismo” è la teoria della circolazione del pensiero, che da un lato
assume lo sfondo di filosofia della storia proposto da Hegel, dall’altro
anticipa i germi del moderno, rintracciandoli nel Rinascimento italiano, più
che nella Riforma,nonostante le resistenze di neoguelfi e mazziniani. Il terzo
capitolo mostra il recupero europeo in chiave politica della tradizione inglese
in contrapposizione allo stato etico hegeliano dopo le rivoluzioni del 48, cui
si contrappone in Italia un’esperienza liberale che invece ha in Hegel, più o
meno consapevolmente, il proprio teorico. Comincia in queste pagine il lavoro
di Losurdo teso a smantellare la linea Hegel- Spaventa-Gentile a favore della
linea Spaventa-Labriola- Gramsci. Nel quarto capitolo si riassumono i motivi
principali dell'opposizione della Chiesa alle tesi hegeliane, contro cui S.
dovrà lottare scrivendo numerosi articoli. Soprattutto nelle tesi di Rosmini è
rintracciata una teoria che, svalutando lo Stato in favore del ruolo della
Chiesa, ripropone le tesi liberiste dello Stato minimo, fieramente osteggiato
dai fratelli Spaventa. Il quinto capitolo si concentra sull’adesione di Gentile
al fascismo intesa come progressiva separazione proprio dalle idee di Bertrando
Spaventa, soprattutto rispetto all’idea del valore assoluto del singolo. Il
sesto capitolo contesta alcuni stereotipi secondo cui il pensiero tedesco
rappresenta una china che da Lutero giunge ad Hitler, mostrando come, più che
Gentile, Gramsci ed il suo “comunismo critico” accolgano l'eredità spaventiana.
A. SAVORELLI, S. e la via stretta tra Bruno e Hegel, in “Giornale critico della
filosofia italiana. Il confronto Bruno-Spinoza era un luogo privilegiato del
dibattito filosofico dell'Ottocento. Spaventa può associare i due sulla scorta
della lezione hegeliana, evidenziandone anche i rispettivi limiti, come ad
esempio l'eccessivo formalismo e l’assenza del ruolo del soggetto come fonte di
movimento della realtà. Anche Fischer influenzò le tesi di Spaventa che, contro
Hegel, vide in Spinoza il filosofo della differenza: Savorelli suggerisce di
legare questa differente interpretazione alla riforma della dialettica
hegeliana, benché rimanga alta la considerazione di Spinoza come superamento
del presupposto neoplatonico e naturalista. L’idealismo, rafforzato da questi
confronti tra Bruno e Spinoza, permette di affrontare con risultati migliori il
positivismo che si diffondeva in quegli anni. Anche Sigwart esprime opinioni
simili a quelle di Spaventa sul rapporto Bruno-Spinoza, benché il dibattito che
in quegli anni animava la Germania non avrebbe poi trovato altrettanta fortuna
in Italia, che pure avrebbe dovuto prestare verso tali autori un’attenzione
anche maggiore di quella tedesca. MALUSA, I filosofi e la genesi della
coscienza culturale della Nuova Italia. Stato delle ricerche e prospettive
dell’interpretazione, Istituto italiano per gli studi filosofici, Napoli.
Benché la figura di Spaventa sia presente in molti dei saggi di cui il libro è
costituito, sono essenzialmente due gli interventi dedicati esplicitamente al
pensatore abruzzese. Innanzitutto il testo di Oldrini S. e l'Europa, che
anticipa il saggio dal titolo L’idealismo italiano tra Napoli e l’Europa. Al
testo si deve aggiungere una breve postilla di Enrico Rambaldi. L'altro saggio
di Nicola Siciliani De Cumis riprende l'articolo apparso nel 1996 I/ “tecnico”
e | “educativo” da Spaventa a Labriola. M. FERRARI, I/ primo volume
dell’epistolario di Bertrando Spaventa, in “Giornale critico della filosofia
italiana”,Oltre a sottolineare l’indubbio merito di aver raccolto 181 lettere,
Ferrari si riferisce soprattutto alla lettera indirizzata al Villari, in cui
Spaventa ribadisce l’importanza dello studio del pensiero tedesco. Ferrari
sottolinea quale sia il vantaggio che l’epistolario può offrire per ricostruire
la vita dell’autore, soprattutto nel caso di una vita particolarmente
travagliata e sconosciuta come quella di Bertrando Spaventa. Il corpus
dell’epistolario sembrerebbe confermare l’ipotesi dei “molti Spaventa”.
OLDRINI, L’idealismo italiano tra Napoli e Europa, Guerini, Milano. La figura
di Spaventa è presente in quasi tutti i capitoli del libro: si ricorda
l'amicizia con De Meis, il rapporto col fratello Silvio, il confronto con il
positivismo (suo e del suo allievo Angiulli), l’ultimo capitolo ripropone
l’articolo del °94 La “rinascita dell’idealismo” e il suo retroterra
napoletano, apparso sul “Giornale critico di filosofia italiana”. In
particolare il capitolo quinto è dedicato alla figura di Bertrando Spaventa,
nel suo rapporto con l’idea di Europa. Oldrini introduce alcune premesse per
analizzare la figura del filosofo abruzzese: innanzitutto l’arretratezza
politica e sociale nella quale fiorisce l’hegelismo napoletano; la sfasatura
cronologica e il ritardo storico nell’assimilazione dell’idealismo; la
necessità di superare il ritardo culturale dell’Italia; l'esigenza di applicare
le categorie di Hegel al Risorgimento italiano; la lotta contro il
provincialismo ed il materialismo; il confronto polemico con il positivismo.
Oldrini critica molte delle interpretazioni del pensiero spaventiano proposte
da Gianni Micheli, Asor Rosa, Franchini, Marchi e Vitiello. L'intervento di
Oldrini si conclude con l’idea che l’indagine storiografica su Spaventa si
trovi in un periodo di stallo e si auspica un rilancio degli studi. M.
RASCAGLIA, Bruno nell’epistolario e nei
manoscritti di Bertrando Spaventa, in Brunus redivivus: momenti della fortuna
di Giordano Bruno nel XIX secolo, E. CANONE (a cura di), Istituti editoriali e
poligrafici internazionali, Pisa Roma 1998. Maria Rascaglia rintraccia negli
Studi sopra la filosofia di Hegel il primo nucleo embrionale della ben nota
tesi della circolazione del pensiero italiani, progetto confermato in una
lettera a Villari del ‘51: in quelle occasioni Bruno è presente come autore di
riferimento ed eroe della libertà del pensiero italiano nella fase
rinascimentale. L’idea di uno studio approfondito della figura del Nolano è
confermata dalla lettura di Bartholméss e Ritter, benché l’interpretazione
hegeliana sarebbe rimasta dominante. Rascaglia analizza in maniera approfondità
la relazione tra Spaventa e Mamiani, che comincerà a deteriorarsi proprio a
causa dei dissensi sul panteismo, finché Mamiani divenne uno dei bersagli
preferiti di Spaventa nelle sue polemiche. Rascaglia mostra come la lettura
stessa degli scritti di Bruno segua un preciso ordine logico: il confronto tra
Bruno e Spinoza obbliga Spaventa ad anticipare la lettura di De /a causa,
principio et uno e di De l'infinito, universo e mondi rispetto al De rzirim0,
De mondo e De immenso; tutte queste indicazioni sono essenziali se si tiene
conto che l'intento di Spaventa era proprio quello di ricostruire in maniera
sistematica il pensiero bruniano. Al progressivo interesse di Villari
corrisponde l’indifferenza di Mariani. Dopo aver citato il famoso tentennamento
di Spaventa ed il rifiuto di Le Monnier di pubblicare i tre studi su Bruno,
Rascaglia precisa che il primo studio sarà pubblicato a Napoli nel 1866, il
secondo su “Il Cimento” e l’ultimo sarebbe rimasto inedito. Se nel primo
quinquennio dell’esilio torinese la figura di Bruno sarà oggetto di attenzioni
sempre maggiori, negli ultimi anni il confronto con Gioberti, la parentesi
fenomenologica e la riscoperta di Kant e Vico allontaneranno Spaventa dal
filosofo di Nola, salvo una sua riscoperta nei primi anni ’60. All’intervento
di Rascaglia seguono circa sessanta pagine di analisi dei contributi allo
studio di Bruno presenti nei manoscritti di Spaventa, di cui si riportano
interi brani. CHIMIRRI, cur. La filosofia morale italiana tra neohegelismo, attualismo
e spiritualismo, Mimesis, Milano. Nella presentazione di Chimirri si fa
riferimento all’attualità dell’idealismo senza dimenticare la pluralità di
prospettive da cui l’idealismo può essere inteso e sviluppato; dopo aver
tematizzato i motivi di frizione tra l’idealismo e la scolastica, si mostra
quale sia il ruolo dell’etica nel pensiero dell’idealismo, per concludere con
alcune riflessioni critiche. Si riporta, proprio per esemplificare il rapporto
tra etica ed idealismo, un brano dai Principi di Etica. TUOZZOLO, Dialettica e
norma razionale, Giuffrè, Milano. Rispetto alle diverse polemiche sul presunto
monismo spaventiano, anticipatore in qualche modo delle tesi gentiliane sulla
dialettica hegeliana, Tuozzolo vuole ribadire insieme il carattere di un
“pensiero incapace di sfiducia in se stesso”, ma insieme la capacità di
Spaventa di non compiere mai il passo, di mantenersi nel guado, approfondendo
il nucleo problematico, consapevole che ogni soluzione torna ad essere
problema. Si presenta un’analisi dei principali scritti di logica di Spaventa,
il saggio su Le prize categorie della logica di Hegel e Logica e Metafisica,
per mostrare come progressivamente negli anni ‘70 torni la meditazione sulla
scienza e sul ruolo di Kant. La logica e la fenomenologia dell’ultimo Spaventa
seguono la linea di interpretazione di Alderisio, secondo cui, se è vero che
Spaventa eliminò progressivamente le differenze tra Denken e Nachdenken, non
giunse mai alla pura identificazione dei due, come accadde in Gentile. L’ultimo
capitolo è dedicato alla presenza di un ineffabile come dimensione precedente
al sistema della scienza. A SAVORELLI e M. RASCAGLIA, Introduzione, in S.,
Lettera sulla dottrina di Bruno. Scritti inediti, Bibliopolis, Napoli 2000. La
costruzione dell'immagine di Hegel come profeta del nuovo immanentismo è il
risultato di un lungo lavoro da parte di Spaventa. L'intenzione di trattare la
personalità di Bruno affiora già in una lettera al Villari, ma verrà iniziato
concretamente soltanto, grazie alla disponibilità da parte dell’editore Le
Monnier di pubblicare un’opera in tre tomi, di cui due dedicati ai testi del
Nolano ed uno all’interpretazione spaventiana del filosofo di Bruno. Quello che
sarebbe stato il primo studio italiano su Bruno e uno dei primi a livello
europeo verrà poi rifiutato dall'editore, e rimarrà sostanzialmente sconosciuto
persino alla filologia spinoziana tedesca, da sempre molto sensibile ai
precorrimenti bruniani. Le fonti principali di Spaventa furono il manuale del
Ritter e il testo Jordazo Bruno di Bartholmèss, ma certamente dominante è la
prospettiva hegeliana: obiettivi prioritari di Spaventa furono la ricostruzione
del pensiero di Bruno in chiave sistematica e anticipatrice della dialettica di
Hegel. In contrapposizione alla storiografia dominante che presentava Bruno
come un autore oscuro, Spaventa ne sottolinea i tratti di eroe e martire,
marcando le differenze rispetto alla figura di Nicola Cusano. Indugiando sul
rapporto Bruno-Spinoza, un classico filosofico dell’Ottocento, se ne rileva
l’affinità, di contro all’interpretazione corrente sostenuta da Hegel e Cousin.
Gli studi su Bruno si inseriranno poi nella teoria della circolazione, in cui
saranno tenute insieme da un lato la continuità del pensiero italiano con
quello europeo, dall'altro la valorizzazione della filosofia italiana del XIX
secolo, due linee che nell’introduzione, sono definite non sempre convergenti.
Da segnalare, infine, è l'evoluzione nel giudizio sulla figura di Bruno: gli
studi sulla Ferorzenologia ed il recupero di Kant non consentiranno più di
vedere nel filosofo di Nola una anticipazione, ma soltanto la preistoria della
dialettica, analisi sulla quale si verifica una significativa convergenza con
la filologia tedesca ed in particolare con Sigwart. Alla presentazione seguono
la Lettera sulla dottrina di Bruno e Della coincidenza degli opposti entrambi
presenti nella Biblioteca Nazionale di Napoli. L. GENTILE, Coscienza nazionale
e pensiero europeo in S., Edizioni Noubs, Chieti. Il libro si articola in
cinque capitoli, il primo dei quali mostra come filosofia e cultura non siano
mai disgiunte nel pensiero di Spaventa: la rigorosa riflessione di carattere
metafisico sul reale non è mai astratta dai concreti problemi storici e dalla
situazione politica. L'analisi del rapporto tra oggettività storica e
soggettività filosofica occupa l’intero secondo capitolo, nel quale si
tematizza uno dei problemi maggiori dello Spaventa, ossia l'armonizzazione tra
genio italiano e modernità europea. Il tentativo di rivalutare la tradizione
rinascimentale italiana come anticipatrice degli sviluppi europei fino all’idealismo
tedesco non poteva che sviluppare un’avversione nei confronti della scolastica.
A proposito della volontà di aggiornare il dibattito filosofico italiano, nel
terzo capitolo si mostra l’itinerario spaventiano, dagli studi sulla
fenomenologia dello Spirito ai rapporti con Gans e Michelet, per arrivare a
Darwin ed Herbart. Nel capitolo successivo si prendono in esame soprattutto le
influenze di Werder e Fischer sul pensiero spaventiano, al fine di contribuire
alla vexata quaestio sulla riforma della dialettica hegeliana. A conclusione si
evidenzia l’attenzione che l’autore nutriva per le nuove correnti come il
positivismo, lo scientismo, l’evoluzionismo, nello sforzo di reintrodurre un
principio teleologico dopo il definitivo abbandono di qualsiasi fattore
soprasensibile, carattere che accomuna tanto la scienza dell’apoca, quanto
l’hegelismo. D. D'ORSI, Introduzione a B. SPAVENTA, Sulle Psicopatie in
generale. Con appunti e frammenti inediti, Cedam, Padova 2001. L'introduzione
avvia una disamina del nuovo materiale ritrovato da D’Orsi, relativamente ai
cinque nuovi foglietti recuperati, alle voci dell’Erciclopedia Popolare
italiana ed altri contributi. Vi è anche spazio per una polemica con Tessitore
a proposito della misteriosa figura di Basilio Scalzi, che secondo D’Orsi altro
non era che uno pseudonimo di S., mentre per Tessitore si trattava di un
epigono della scuola di Spaventa. D’Orsi si occupa anche di stabilire un
possibile nesso tra gli studi di Bertrando sulle Psicopatologie e la
Psicopatologia generale di Jaspers, dal momento che entrambi si concentrano sul
problema dell'unità psichica come autentico problema di carattere filosofico.
Il testo include la riproduzione dei cinque foglietti stampati, le voci curate
da Spaventa per l’Enciclopedia, alcuni appunti autografi e la riproduzione dei
4 articoli sulla Gita a Montecassino. G. ORIGO, Crisi e trasformazione della
metafisica nel maturo Spaventa, Edizioni FERV, Roma. Tema centrale del libro è
il testo postumo Esperienza e Metafisica, nel quale Spaventa tenta non solo di
arginare la nuova ondata di scientismo che attraversava il suo tempo sotto il
nome di positivismo ed evoluzionismo, ma anche di confrontare queste due nuove
linee di pensiero con la dialettica e la riflessione speculativa. Origo sottolinea
che il tentativo di Spaventa non è arroccarsi nella fortezza della metafisica,
quanto piuttosto evidenziare l’ingenuità dei presupposti filosofici. da cui
queste nuove correnti dipendono. L’intrascendibilità del pensiero, quella
stessa che Spaventa ribattezzerà ‘metafisica della mente” costituisce il
patrimonio filosofico di cui l’autore abruzzese non è in alcun modo disposto a
privarsi. RIZZO, S. Le lezioni sulla storia della filosofia italiana,
Siciliano, Messina. Rizzo analizza la dipendenza dell’interpretazione del
pensiero di S. dalle figure di Gentile e Croce, autori delle principali
pubblicazioni con le quali l’autore abruzzese venne letteralmente riscoperto
tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento. Pur prendendo in
considerazione le critiche relative alla mancanza di valore storico della
teoria della circolazione, troppo legata ad un accanimento speculativo,
Francesca Rizzo rivendica la possibilità di sviluppare un europeismo più maturo
proprio a partire dalla inattualità del pensiero di Spaventa, ingiustamente
accusato di provincialismo e di eccessiva dipendenza dal sistema hegeliano. Il
capitolo secondo si apre con una contestualizzazione del clima culturale nel
quale spaventa tenne la sua prima lezione presso l’Università di Napoli: la
trasformazione di ogni nazione in una stazione del progresso dello spirito, il
cui agere non abita nessun luogo non comportano il rischio della fantasia al
potere, ma si presentano come l’unico modo per evitare di costruire la storia
della filosofia quasi fosse un inventario. Il capitolo terzo rifiuta l'accusa
di deduttivismo storico e ripercorre le prime lezioni del corso nel quale viene
stigmatizzata la dogmaticità del pensiero italiano, capace di soffocare i
grandi del Rinascimento. Il capitolo quarto ripercorre le lezioni su
Campanella, Bruno e Vico. Molto saggiamente il nome di Galileo è posto tra
parentesi, dal momento che Spaventa ne tratterà soltanto in Esperienza e
metafisica. Il capitolo quinto è dedicato all’ultima filosofia italiana, in particolare
le lezioni su Galluppi, Rosmini e Gioberti, fortemente svalutati rispetto alla
genialità delle intuizioni dell’idealismo. Essenziale novità per Spaventa
rimane il problema della conoscenza, tema principe della filosofia da Kant in
poi. Il testo prosegue con l’analisi delle interpretazioni del pensiero di Vico
proposte da Francesco Fiorentino e Giovanni Gentile e si conclude riportando il
testo della prima lezione del corso tenuto da
S. PORTA, Recensione a G. ORIGO, Crisi e trasformazione della metafisica
nel maturo Spaventa, Edizioni FERV, Roma, in “Rinascita della scuola. La
recensione tende a sottolineare il rapporto tra criticismo kantiano e
neoidealismo italiano. G. GENTILE, Bertrando Spaventa, V. A. BELLEZZA (a cura
di), Le lettere, Firenze. Il volume riporta quasi tutti i testi prodotti da
Gentile come commenti alle opere di Spaventa in occasione delle varie
pubblicazioni. La prima parte raccoglie tre complessi studi sulla figura del
filosofo abruzzese: il primo coincide con la biografia inserita anche nella
edizione delle Opere, il secondo riguarda la riforma dell’hegelismo, il terzo è
un bilancio a cinquant'anni dalla morte del filosofo. La seconda parte riprende
le prefazioni e le note di Gentile a diversi scritti spaventiani, per la maggior
parte inseriti già nelle Opere del ‘72. Al termine è inserita una Appendice che
raccoglie altri interventi di Gentile. Una breve nota di Vito Bellezza conclude
il testo. E. COLOMBO, Introduzione a B. SPAVENTA, Studi sopra la filosofia di
Hegel. Prime categorie della logica di Hegel, CUSL. Il saggio mostra i motivi
di scontro con le obiezioni di Trendelenburg che tendevano a mettere in
discussione la concretezza del sistema hegeliano. Anche con l’aiuto della
logica di Fischer, Spaventa vuole ribadire il nucleo centrale della sua visione
ossia che la logica è metafisica. L’autore sottolinea anche il ruolo essenziale
che nel pensiero di Spaventa svolge la Fenomenologia quale “ancilla scientiae
alla soglia del tempio”. A. SAVORELLI, Gentile editore e interprete di
Spaventa. L'ultimo volume delle “Opere”, in “Giornale Critico della filosofia
italiana. Savorelli attribuisce la riscoperta di S. a merito esclusivo del
Gentile, il quale costrinse gli italiani a cibarsene. La mancanza di una scuola
capace di sostenere e diffondere l'insegnamento di Spaventa contribuì ad un
inesorabile declino: la polemica tra Gentile e Croce contribuì quantomeno a
risollevare le sorti del filosofo abruzzese. È stato Gentile a interpretare in
chiave squisitamente filosofica la teoria della circolazione del pensiero,
benché la riforma avviata dallo Spaventa sia stata interpretata come inizio
dell’attualismo più che come crisi dell’hegelismo. Savorelli aggiunge una
appendice sul libro di Francesca Rizzo in cui spaventa è presentato come un
classico della cultura italiana dell’unità assieme a De Sanctis, Labriola e
Villari. P. DE LUCIA, Donato Jaja e il significato teoretico e storico della
filosofia rosminiana, in “Filosofia oggi. Il saggio propone una disamina del
rapporto tra lo spiritualismo rosminiani e l’attualismo gentiliano, anche con
l'intento di valutare la consistenza della tesi sul presunto carattere
cattolico del suo idealismo sottolineata già da Noce e Carabellese. Punto
focale della ricerca è mostrare la dipendenza degli studi jajani
dall’interpretazione spaventiana secondo la quale Rosmini sarebbe il Kant
italiano. Elemento centrale che accomuna i due pensatori è la cosiddetta
mentalizzazione del fondamento. S. riconobbe a Kant il merito di aver risolto
il problema della conoscenza in base ad un principio superiore (l’unità
sintetica originaria cui equivale il rosminiano sentimento fondamentale).
Spaventa denuncia poi l’imperfezione dualistica che caratterizza tanto Kant
quanto Rosmini, Jaja riprende nei suoi studi la critica spaventiana al Rosmini,
il quale non colse il superamento kantiano della concezione della estraneità
dello spirito rispetto alla realtà esterna. Bullia criticherà Jaja per non aver
tenuto conto, all’interno di questa sua valutazione, della dottrina della creazione
che svolge un ruolo essenziale nella teosofia rosminiana. Rimane dunque la
possibilità di istituire un parallelo tra i due sulla base del fatto che per
entrambi pensare equivale a giudicare, ma senza dimenticare le differenze nel
rapporto con la realtà esterna: il giudizio di Jaja e gi sviluppi gentiliani
hanno salde radici, dunque, nella lettura spaventiana. A. SAVORELLI,
Introduzione a S., La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia
europea, Storia e letteratura, Roma. Savorelli ricorda che il testo non solo è
il più discusso ed il più innovatore degli scritti di S., ma è anche l’unico
che l’autore abbia condotto a termine, date le disavventure editoriali di opere
quali Logica e Metafisica e la dispersione dei suoi saggi filosofici. La scelta
di Gentile di modificare il titolo originario nell’attuale tende a sottolineare
che l’interpretazione storica fornita da Spaventa è innanzitutto una operazione
filosofica, anzi, forse l’unica autentica storia della filosofia italiana.
Savorelli tenta di ricostruire le fonti cui Spaventa si è ispirato, dai testi
di Cattaneo alle tesi di Gatti e Cusani, dovendo però riconoscere che l'apporto
di Spaventa in termini di chiarezza e originalità è stato determinante,
soprattutto grazie alla conoscenza profonda dei testi hegeliani che i suoi
contemporanei non possedevano. Savorelli concentra la propria attenzione su
alcuni aspetti decisivi del contributo spaventiano come la capacità di
agganciare la filosofia italiana al pensiero europeo e di contrastare le
tendenze neoguelfe. Dopo aver messo in luce che l’eroe della Rinascenza
italiana è senz'altro Bruno, Savorelli chiarisce che l'elaborazione di una
nuova prospettiva storica mediante la quale comprendere il Rinascimento non
segue un percorso lineare, ma subisce una drastica rivoluzione dovuta
all’approfondimento del pensiero hegeliano. A motivo della sua sincera
ammirazione per l’idealismo tedesco S., benché rivaluti la filosofia italiana
dell'Ottocento a integrazione della sua teoria della circolazione, non smetterà
mai di evidenziarne le lacune. Savorelli conclude mostrando come Gentile abbia
manifestato un chiaro dissenso su diversi punti rispetto alle tesi spaventiane,
in alcuni casi fino a tradire le intenzioni del filosofo abruzzese: vero merito
di S. rimane in ogni caso quello di aver fornito all’Italia una chiave di
lettura della modernità, o meglio una alternativa al neoguelfismo da un lato e
all’empirismo dall’altro. VITIELLO, Hegel in Italia. Dalla storia alla logica.
Guerini, Milano.Vitiello individua l’hegelismo di fondo di Spaventa
nell’attenzione dedicata al problema della relazione. Hegel si pone, nel
pensiero del filosofo abruzzese quale risposta ad una domanda: come dare
ragione a Fiche senza smentire Schelling? Tale la questione filosofica che
coinvolge in realtà l’intero pensiero moderno. La risposta si trova nella
reciproca fondazione di Fenomenologia e Logica (benché in realtà profonda sia
la differenza tra il “primo” dell’una e dell’altra), fondazione rimasta
incompresa tanto da Gentile quanto da Croce. Servendosi anche dei contributi di
Fischer e Werder in quanto oppositori di Trendelenburg, Vitiello mostra quale
sia lo sfondo storico di quella identità tra pensiero e realtà che si trova
oltre la relazione medesima. Alla base della Logica si trova la volontà.
L'analisi della contraddizione intrinseca all'essere conduce alla
consapevolezza che l’Essere dell'inizio della logica non è interamente
riconducibile al pensiero. Qui si avverte l’intima prossimità di S. a quel
Prius di Schelling che non è pensiero, bensì volontà. Al fondo rimane l’enigma
della vita, senza ragione. ORIGO, S.. Interprete della circolazione filosofica
italiana, Edizioni FERV, Roma Obiettivo dichiarato di S. e quello di creare un
autentico spirito nazionale rifacendosi alla tradizione filosofica
rinascimentale e mostrandone il carattere precursore rispetto al pensiero
europeo moderno. Il pensiero moderno non è nazionale, ma innanzitutto europeo:
nel testo si sottolinea la distanza su questo punto tra Vico e Kant: benché alcune
riflessioni del filosofo napoletano possano essere lette come anticipazioni del
pensatore tedesco, rimane al fondo una differente consapevolezza, dal momento
che Kant è conscio di inserirsi in un dibattito europeo, non così Vico. La
dimensione europea del moderno non significa rinuncia, bensì valorizzazione
delle componenti nazionali: il carattere della circolazione filosofica italiana
è intrinsecamente hegeliano. Il progetto di una connessione tra Rinascimento e
idealismo matura progressivamente durante il periodo torinese, ma trova il suo
pieno e compiuto sviluppo soltanto nel periodo napoletano, anche grazie alla
posizione accademica dello Spaventa, prima costretto a brevi interventi
sottoforma di articoli di giornale. Oltre alla necessità di una rivalutazione
del pensiero di Rosmini e Gioberti al fine di portare a termine una sorta di
rivincita sul genio germanico, essenziale è individuare nelle meditazioni
spaventiane un problema di logica della storia per cui furono i fatti a
condannare Bruno. A. SAVORELLI, Croce e S., Giornale Critico della Filosofia
Italiana. Se già nel 1907, in occasione del confronto diretto con Hegel, Croce
“dovette riprendere in mano anche i testi dello zio Bertrando”, la sintonia si
deteriorerà progressivamente negli anni, benché secondo Savorelli Croce non
sarebbe mai giunto ad una rottura definitiva, né a pronunciare una condanna
senza appello. L’ambiguità dell’atteggiamento di Croce è legato da un lato alla
critica della dialettica hegeliana che dal 1912 investirà non solo Hegel, ma
anche Spaventa, dall’altro alla sostanziale accondiscendenza di Croce
all’interpretazione di Vico proposta da Bertrando S. S. è ancora un “gagliardo
tentativo di alta cultura”, ma si avrà,
secondo Savorelli, una accelerazione critica nei suoi confronti: sottolineando
le origini “clericali” e la statolatria (presupposto dell’adesione di Gentile
al Fascismo), Croce prenderà le distanze dal filosofo abruzzese, benché nel ’48
la rilettura di Hegel passasse nuovamente dagli scritti di Spaventa. A. SAVORELLI,
Croce e Spaventa, in A. SAVORELLI, L’aurea catena. Saggi sulla storiografia
filosofica dell’idealismo italiano, Le lettere, Firenze.Il testo riprende le
tesi dell’articolo apparso sul “Giornale critico della filosofia italiana”,
Ja-A23 La filosofia del Risorgimento. Le prolusioni di Bertrando S., La scuola
di Pitagora editrice, Napoli Il libro presenta la lezione proemiale al corso di
filosofia del diritto letta il 4 gennaio 1860 all’Università di Modena e le due
prolusioni alle lezioni rispettivamente al corso di storia della filosofia
tenuto all’Università di Bologna nel 1860 e al corso di filosofia teoretica
dello stesso anno, tenuto all’Università di Napoli, oltre alla “Nota alla
prolusione. Introduzione alla filosofia indiana”. I testi sono preceduti dal
già menzionato saggio di Garin Filosofia e politica in Bertrando Spaventa; al
termine sono riportati due brevi interventi di T. Stràter e di B. Croce. ROTA,
La circolazione del pensiero secondo S. Rivista di Storia della Filosofia. Gramsci,
che certo non stimava Spaventa, a motivo della sua provincialità e della
mancanza di stimoli da parte del suo tempo a pensare in maniera epocale,
attribuisce comunque al filosofo di Bomba una certa importanza in relazione
alla teoria della circolazione del pensiero. “Siamo arrivati tardi dopo essere
stati i primi” è una formula che riassume con incisività e concisione il
pensiero di Spaventa, che voleva superare la miseria delle gare di parte che
ancora caratterizzavano il dibattito italiano per elevarlo sulla scienza
europea. Per attualizzare Hegel in Italia non si poteva utilizzare la figura di
Lutero, destinato comunque sempre a rimanere un forestiero. La Chiesa cattolica
che per Hegel era ormai passiva nella storia, risultò per Spaventa una zavorra
estremamente attiva: abbandonato Lutero, dunque, si guarda a Bruno e Vico. Rota
accenna anche alla polemica con Mariano, secondo il quale il genio italico non
era un tema che potesse assumere rilievo scientifico. Rota conclude precisando
che, sebbene si debba a Gentile la riscoperta di Spaventa, questi non
condivideva la filosofizzazione della storia attuata dal suo maestro ideale su
due punti: Gentile non accettava la diagnosi di encefalogramma piatto
dell’Italia del XVI e XVII secolo, rifiutando altresì la concezione ancora
troppo naturalistica del concetto di nazione formulata dal filosofo abruzzese.
CAPUTO, S. e la sua scuola. Saggio storico-teoretico, Istituto italiano per gli
studi filosofici, Napoli. Il libro si divide in tre parti. La prima dedicata
alla delicata sintesi che Spaventa tentò di sviluppare tra hegelismo e
liberalismo, in cui si sottolinea l’importanza del Collecchi nella formazione
del filosofo abruzzese, l’importanza di una esegesi unitaria degli scritti
spaventiani, l’importanza dell’attività di pubblicista nel periodo torinese e
la parentesi sulla logica di Hegel. La seconda parte riguarda la linea mediana
tra realismo e idealismo che S. cerca, dove si segnala l’importanza di una
interpretazione originale della dialettica hegeliana anche rispetto al
confronto con le correnti scientiste dell’epoca, senza dimenticare l’intenso
studio sulla politica hegeliana e sul problema del sopramondo. L'ultima parte è
dedicata alla scuola di S., in particolare in riferimento alla crisi
dell’hegelismo e al binomio Croce-Gentile, cui l’autore contrappone il
real-idealismo diAlderisio. Si menzionano anche le interpretazine
materialistica di Labriola e l’hegelismo critico di Maturi, per concludere con
una disamina dell’idealismo di Jaja e dello spiritualismo critico di Masci. M.
RASCAGLIA, Paolottismo, positivismo, razionalismo (la stesura originaria di
Maria Rascaglia), in “Giornale Critico della Filosofia Italiana. Una brevissima
introduzione, dove si ricorda l’importanza del riordino dei materiali
scompigliati dai bombardamenti nella sede della Società Napoletana di Storia
Patria e l’importanza della figura di Meis nella corrispondenza dei fratelli S.,
accompagna il testo della lettera indirizzata prima a Fiorentino e poi in un
secondo tempo proprio al De Meis da S. Lettera nota poi con il titolo di
Paolottismo, positivismo, razionalismo. Oltre alla versione iniziale della
lettera, sono state inserite i passi della minuta che consentono di comprendere
il lavoro di revisione compiuto da S. G. ORIGO, Da Bruno a Spaventa.
Perpetuazione e difesa della filosofia italica, Bibliosofica, Roma. L’obiettivo
dichiarato di Origo è una rivalutazione della filosofia italica, mentre
nell’Introduzione si rivendica l’opera di ricomposizione della tradizione
italiana operata da S. di contro ad una arbitraria dissoluzione a causa della
quale si sorvola troppo spesso sui nessi che legano Bruno, Campanella, Galilei
e Vico. Innanzitutto mettere a fuoco il concetto di conato in Bacone e in Bruno
consente a Origo di evidenziare subito l’opera di disincantamento attuata da
Bruno nei confronti della teologia dogmatica che non compie alcuno sforzo
filologico: l’universo come articolarsi che trascende se stesso prepara la via
a Galilei, oggetto di studio del secondo capitolo del testo. La medesima
volontà di superare le visioni dogmatico- esaustive muove Galilei verso una
trasformazione epocale, di portata senz’altro europea: la ricostruzione dello
scienziato è sempre anche costruzione, anticipando così la lezione dello stesso
Vico; di nuovo l’articolazione discorsiva delle forze costituisce la chiave di
lettura del gran libro della natura, benché Origo tenga a precisare come
l'equilibrio tra lo scienziato ed il filosofo sia destinato a rimanere
precario. L'esigenza di scandagliare ancora più a fondo i contributi
scientifici del Rinascimento conduce Origo a esaminare nel terzo capitolo il
ruolo di Vico, Bacone e Grozio. Vico è citato non solo per l’idea di mutamento
che si realizza nelle tre età della storia, ma anche per la concezione della
pubblica giurisprudenza, in connessione con la figura di Grozio e con la sua
destabilizzazione ermeneutica che conduce ad una preponderanza del diritto
umano su quello naturale. A tali studi, come precisa Origo, si ricollegherà
Spaventa anche nella sua polemica con i Gesuiti, ulteriore occasione per
sostenere l’unità riflessiva di verocerto di contro al monismo scolastico.
Prima di affrontare, nel quarto capitolo, il rapporto tra storicismo vichiano e
spaventiano, Origo presenta alcune indicazioni per una ricostruzione
filologico-giuridica del rapporto Vico- Grozio. L’affinità tra Vico e Spaventa
implica sempre, tuttavia, il riconoscimento di una essenziale distanza, dovuta
all'influenza hegeliana: il progetto vichiano appare sotto molti aspetti
innovativo, ma rimane incompiuto. A conclusione si vuole rimarcare la capacità
della filosofia italica di scardinare la dogmatica scolastica di stampo
accademico. ORIGO, Bruno visto da S., Bibliosofica, Roma. Nella prospettiva di
Origo Spaventa incontra Bruno come l’allievo si imbatte nel vecchio Maestro,
ponendo in evidenza in particolare le categorie del precursionismo e
dell’eroicità del pensiero. Il parallelismo tra le due figure, non solo su un
piano intellettuale, bensì coinvolgendo anche quello biografico, percorre i
cinque capitoli in cui si snoda il testo. Essenziale è comprendere,
innanzitutto, la posizione di Bruno sulla posizione fede-ragione, laddove 1°
“intellego ut credam” è pensato come sforzo e tensione continua del pensiero
contro ogni pregiudizio alla ricerca di Dio: già in questa luce è possibile
individuare l’eroismo come tratto che caratterizza gli sforzi umani e la
vittoria della filosofia sulla teologia, nel senso preciso del dubbio che
inquieta il dogma. Il terreno dello scontro, attorno a cui ruota il secondo
capitolo, viene individuato nell’ambito accademico, che attraversava una forte
crisi in Italia già durante il XIV secolo, proprio a motivo dei contrasti tra
teologia e filosofia: di fronte alla rigidità istituzionale imposta dalla
Chiesa anche in ambito culturale, Origo vede in Bruno il nuovo “filologo”,
capace di analizzare la realtà partendo da punti di vista differenti;
inevitabile, anche in questo caso, come in quello della tolleranza accademica,
discusso nel terzo capitolo, la ripresa del parallelismo tra Bruno e S. Origo
pone addirittura un parallelismo esplicito tra l'università di Padova e quelle
di Torino, Bologna e Modena. Superare i limiti imposti dall’autoritarismo
accademico accomuna S. e Bruno, presentati come menti eroiche, di contro
all’intolleranza prevaricatrice di quei grammatici e pedanti che Bruno non
esita a chiamare asini, assuefatti ed abituati alla stabile quiete del reale,
perché incapaci di cogliere la coincidenza degli opposti. Il progresso
filosofico, reso possibile appunto da quegli sforzi eroici di pochi pensatori,
rivela, all’interno del quinto capitolo, il ruolo della magia come ricerca
sconfinata ed inesausta. GARIN, S., Bibliopolis, Napoli. Il testo si compone di
una serie di saggi. Oltre al già menzionato Filosofia e politica in Bertrando S.,
Noterella spaventiana e Rassegne di studi spaventiani è presente un intervento
dal titolo Da ur secolo all’altro, che si apre con la famosa lettera in cui si
associa Napoli alla filosofia, continuando poi citando l’altrettanto nota
lettera del Villari sull'importanza della filosofia per creare l’unità
d’Italia. Nel testo Felice Tocco alla scuola di S., l’alllevo è considerato
come il maggior storico della filosofia del suo secolo, non solo per la vastità
delle sue nozioni ma anche per l’approfondimento su questioni come la logica e
l’anima intesa come intimo fonte della conoscenza del reale. A questo
intervento si deve aggiungere Ur “pamphlet” antidemocratico inedito di S.,
incentrato sullo scritto destinato al “Fanfulla”. Di qui l'occasione per
approfondire il rapporto polemico tra Spaventa e molta parte della sinistra
hegeliana. Di argomento più vasto è lo scritto Filosofia a Bologna fra
Ottocento Novecento, dove si mostrano pregi e difetti dell’interpretazione del
Rinascimento proposta da S., anche in polemica con alcuni suoi contemporanei,
desiderosi di annunciare la definitiva liquidazione di ogni metafisica. Bertrando Spaventa. Spaventa.
Keywords: italianita, Englishry, Englishness, English nation, the English, the
English tongue, the tongue of the English, the tongue of the Anglians, the
English spirit, the English ghost. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Spaventa” – The
Swimming-Pool Library. Spaventa.
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