Grice ed Iacono –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Girgenti). Filosofo italiano. Grice:
“I love Iacono; for one, he has taken Marx’s chapter on cooperation in Das
Kapital seriously; but as he notes, Marx subverts the order, the symbolic
interaction becomes a super-structure! Iacono recognises the perplexities of
shared intentionality, and finds ways to deal with them conceptually –Insegna a
Pisa. Fra i filosofi che si sono interessati ai rapporti storici e teorici
della filosofia con l’antropologia e la politica. Si occupa di epistemologia
della complessità (“L'evento e l'osservatore”, Bergamo). Fonda “Ichnos,” Laboratorio
filosofico sulla complessità. La sua ricerca mostra un costante confronto con
la filosofia antica: al riguardo, si dedica all’analisi di nozioni quali
feticismo, paura e meraviglia, e all'indagine epistemologica sul tema
dell'osservatore. Tali ricerche gravitano attorno ad una riflessione sul tema
dell'”altro” nelle relazioni storico-sociali e politiche: da qui i saggi sulle
triadi concettuali autonomia, potere, minorità e storia, verità,
finzione. Ne “Il borghese e il selvaggio” analizza l'influenza la figura
di Robinson Crusoe nei paradigmi filosofico-economici di Turgot e Adam Smith
rilevando gli elementi di antropologia occidentalista là dove la
rappresentazione teorica della società e della storia si mostrava nei suoi
aspetti apparentemente semplici, ovvi e trasparenti tali da nascondere con
l'evidenza i presupposti del punto di vista coloniale. In “Il feticismo” (Milano)
studia la genealogia del concetto dalla sua origine nell'illuminista Charles de
Brosses fino a Marx, a Freud e al pensiero contemporaneo, ha contribuito, sul
piano metodologico, all'idea di una storia della filosofia interpretata
attraverso concetti e, sul piano interpretativo, alla messa in evidenza dei mutamenti
semantici del concetto di “fetice”, di origine coloniale che si è trasformato
con Marx e con Freud in due modi di operare, rispettivamente sul mondo
storico-sociale e sul mondo della psiche, basati sulla pratica teorica di
un'antropologia dall'interno. Le fétichisme. In “Paura e meraviglia: storie
filosofiche” (Catanzaro) i temi storiografici dell'illuminismo e del fetice vengono
ripresi e ridiscussi alla luce del pensiero contemporaneo. Il problema
filosofico e politico dell'antropologia dall'interno è stato sviluppato
attraverso la questione epistemologica dell'osservatore. Influenzato da Marx,
ma anche da Foucault e da Bateson, analizza le teorie della storia di Bossuet,
Vico e Droysen attraverso il tema del ruolo dell'osservatore che interpreta gli
eventi sociali e naturali nella loro storicità. Interessato alle teorie
contemporanee dell'”auto-organizzazione” biologica (Atlan, Maturana, Varela), cercato
di reinterpretare il senso epistemologico della storia, la parzialità dei punti
di vista impliciti dell'osservatore e delle sue visioni del mondo, la questione
dell'altro, il rapporto tra scienze storico-sociali e scienze naturali, alla
luce del concetto di complessità. In questa chiave, in “Tra individui e cose”
(Roma) raccoglie i risultati di ricerche che, all'interno dei rapporti fra
filosofia, antropologia e politica, si interrogava attraverso Bateson sull'idea
del ‘pensare per storie' come momento metodologico e critico di un'antropologia
dall'interno in una società come quella occidentale moderna dove le cose si
sostituiscono feticisticamente agli uomini e il conformismo si mostra
incessantemente e paradossalmente come l'irrompere del nuovo. Il problema
della critica sociale e dell'autonomia individuale come decisivo in una società
occidentale che domina il mondo dichiarandosi libera e democratica è al centro
di “Autonomia, potere, minorità” (Milano). Partendo dallo scritto di Kant “Che
cos'è l'Illuminismo?, Iacono si chiede perché in una società istituzionalmente
‘libera' e ‘democratica', all'indomani della fine dei regimi socialisti, il
desiderio di uscire dallo stato di minorità non riesce a vincere il
contrastante desiderio di rimanere nello stato di minorità, perché in sostanza
è così forte la paura di essere autonomi. La questione dell'autonomia lo
ha portato a interessarsi ai temi della verità, dell'illusione e dell'inganno.
Per un'antropologia dall'interno occorre vedere con altri occhi e per vedere
con altri occhi è necessario acquisire uno sguardo d'altrove. I temi
dell'universalismo e della questione dell'altro sono discussi in quest'ottica
in “Storia, verità, finzione” (Roma). La meraviglia che connota il tono emotivo
della conoscenza filosofica deve passare attraverso lo straniamento: essere
straniero a te stesso affinché l'altro non sia straniero a te. L'autonomia può
realizzarsi soltanto nella relazione con l'altro e non, come se l'è immaginato
il pensiero moderno, recidendo ogni legame per poi andarlo a costituire da
padroni. Ma un'antropologia dall'interno è continuamente in tensione con un
senso comune che, conservando le verità condivise ovvero i pregiudizi, tende a
mostrarle come ovvie, naturali, eterne, uniche, a renderle dunque salde e
indiscutibili. Ci si dimentica allora che viviamo in molti mondi, in mondi
intermedi (“Mondi intermedi e complessità” -- Pisa), e che siamo capaci, con la
coda dell'occhio, di percepire sempre un mondo altro da quello in cui siamo
immersi. Perdendo questa percezione perdiamo la nostra capacità di uscire da
noi stessi e dunque la facoltà di essere autonomi. L'illusione, attraverso cui
ci si approssima alla verità, che è consapevolezza critica di un'illusione
stessa (Nietzsche, Pirandello), si trasforma in inganno e in auto-inganno,
sulle cui basi si produce il rischio della costituzione delle regole del
consenso, in una società libera ma senza autonomia. Un'altra direzione di studi
riguarda le genealogie dell'immagine della finestra e del concetto
di illusione nella storia del pensiero occidentale. In quest'ambito di
riflessione Iacono realizza Con altri occhi. Iacono dirige il bimestrale
di politica e cultura Il Grandevetro. Ha collaborato per anni al quotidiano il
manifesto. Fa parte del Comitato scientifico della Scuola di formazione e
ricerca sui conflitti Polemos. Fa parte del comitato scientifico della
Fondazione Collegio San Carlo di Modena. Ha laureato molti studenti al
polo universitario universitario penitenziario della casa circondariale Don
Bosco di Pisa e tuttora collabora a progetti e iniziative per un'effettiva
opera di recupero del detenuto che sconta la pena. Saggi: “L'illusione e
il sostituto. Riprodurre, imitare, rappresentare” (Mondadori, Milano); “Il
sogno di una copia. Del doppio, del dubbio, della malinconia” (Guerini,
Milano); “Storie di mondi intermedi” (ETS, Pisa); “Marx. La cooperazione,
l'individuo sociale, le merci” (ETS, Pisa); Filosofia alle elementari”; “Le
domande sono ciliegie, Manifestolibri, Roma, Per mari aperti. Viaggi tra
filosofia e poesia nelle scuole elementary (Roma); Filosofia alle scuole superiori”;
“La giustizia è l'utile del più forte? Incontro con gli studenti del Liceo
classico «Empedocle» di Agrigento, Pisa; Ra Racconti L'accelerato, in Favolare
Antonia Casini e Giovanni Vannozzi, MdS editore, Pisa, La scelta, in Gabbie, Michele Bulzomì,
Antonia Casini, Giovanni Vannozzi, MdS editore, Pisa PSYCHOMEDIA JOURNAL OF EUROPEAN
PSYCHOANALYSIS. Alfonso Maurizio Iacono Studi su Karl Marx La
cooperazione, l’individuo sociale e le merci vai alla scheda del Edizioni
ETS Piazza Carrara Pisa Promozione Bologna
La notizia dei braccialetti che l’ingegner Cohn ha brevettato per il controllo
dei lavoratori di Amazon (più educatamente e ipocritamen- te, per migliorare
l’efficienza del lavoro) merita, al di là delle polemi- che contingenti,
qualche riflessione su un mondo nascosto e dimenti- cato che tuttavia esiste su
questo pianeta e non si vede: il mondo dello sfruttamento sul lavoro e la
lesione della dignità di chi lavora. Mi serve un libro, vado su Amazon, lo
cerco, lo trovo. C’è anche la versione ebook. Non è la stessa cosa del libro
fisico, ma ha due vantaggi. Costa molto meno e, cosa importantissima, dopo
avere pagato, lo ottieni in Kindle con un semplice click. Non è la stessa cosa
del libro fisico per un’altra ragione. L’impaginazione è diversa e non corrisponde
affatto a quella del libro. Questo complica le cose non tanto al lettore di un
romanzo giallo, per esempio, o di racconti in generale, quanto allo studioso o,
più in generale, a colui che ha bisogno del documento ori- ginale. Mettiamo
comunque che voglia e trovi il libro fisico e lo ordini, magari con un sistema
veloce che pago in sovrapprezzo. Devo supe- rare una frustrazione. Non posso
averlo subito. Non ce l’ho lì davanti sullo scaffale di una libreria. Vedo la
copertina online. Devo aspettare uno o qualche giorno. Peggio se lo acquisto
nel week end. Una piccola frustrazione, senza dubbio, ma nel nostro pianeta,
che è un’immensa raccolta di merci fisiche e virtuali, siamo ormai abituati ad
avere tutto e subito, e aspettare non è facile. Ogni nostro desiderio è un
ordine che il mercato può eseguire per soddisfarlo, e poter girare fra le
merci, libri o divani o qualunque altra cosa, in modo virtuale, da un lato ti
dà un senso di straordinaria, gioiosa potenza, dall’altro però ti produce una
sensazione di mancanza. Vuoi mettere andare al negozio e provare la giacca,
anzi peggio ancora le scarpe o i pantaloni per vedere se ti stanno? Certo,
online risparmi. Inoltre, a ovviare a quella sensazione di mancanza derivata
dal fatto che il desiderio dell’acquirente non si può soddisfare
immediatamente, vi è la precisione rigorosa nella con- segna. Tutto sembra
perfetto, ma a quale prezzo? Al prezzo dello sfruttamento di chi la merce la
deve impacchettare, spostare, consegnare. Un prezzo che il cliente non vede. Non
è una novità. Il braccialetto dell’ingegner Cohn è l’ultimo ritrovato di una
lunga storia del lavoro. Karl Marx aveva fatto vedere bene come stavano
realmente le cose nei processi di produzione delle merci. Quel genio che era
Charlot aveva rappresentato una straordinaria parodia del sistema di
sfruttamento del lavoro dell’operaio nel famoso film Tempi moderni, dove il
lavorato- re doveva adattarsi alla velocità del sistema automatico di
produzione. In epoca più recente ricordo che perfino zio Paperone cercò di
usare le scimmie per il lavoro a catena, ma fallì perché perfino esse non
riusci- vano ad adattarsi. Negli anni ’70 Michel Foucault scrisse Sorvegliare e
punire, un’analisi cruda dell’organizzazione di un carcere, il cui sistema di
controllo era simile a quello elettronico rappresentato dai braccia- letti. Lo
sfruttamento del lavoro e la lesione della dignità dei lavoratori, checché se
ne dica, non sono diminuiti negli anni, anzi, nonostante le leggi, sono
probabilmente aumentati. Dietro la concorrenza e la libertà di mercato, dietro
le luci dei supermercati reali o virtuali, dentro quelle nuove caverne di
Platone che sono i centri commerciali di Los Angeles, Dubai, Shanghai, Milano e
al di là della finestra dei nostri computer o tablet da cui acquistiamo online,
vi è ancora il lato oscuro, materiale e psicologico, del dispotismo sul lavoro
che oggi nessuno vuol vedere, talvolta nemmeno chi lo subisce. Fino a quando
qualcuno di sabato sera, nel suo tempo libero, si siede al bar e chiede di
bere, vi sarà sem- pre qualcun altro che dovrà preparare il cocktail e un altro
ancora, magari extracomunitario, che lo porterà con un vassoio. Il tempo li-
bero di uno è il tempo di lavoro di altri. L’idea che il lavoro sparisca e in
particolare sparisca il lavoro manuale mi pare sinceramente, questa sì, una
bubbola neoliberista. Meno si vede il lavoro sfruttato e meglio è per il
neoliberismo. La tecnologia espelle il lavoro e toglie l’occupa- zione, ma non
lo fa sparire. Lo disloca altrove e non lo concentra più in grandi spazi
chiusi. Ed è questo che ha messo in totale confusione la sinistra nel mondo.
Accade con il lavoro quello che accade con la merce. La compri ma non ti
accorgi della quantità di lavoro sociale che ci è voluto per produrla e poi
metterla sul mercato. Ti bevi il cocktail ma non vedi nemmeno in faccia il
cameriere che te lo porta e che sta lavorando mentre tu ti riposi e a cui forse
lascerai una mancia. Il primato del tempo libero è un buon modo per soggiacere
al neoliberismo. Potremmo davvero vivere in ozio permanente nel tempo libero? È
questo a cui aspiriamo? E perché allora, occupati, disoccupati, precari, siamo
tutti depressi? Certo il lavoro troppo spesso è odioso, ma allora il
problema è l’odiosità del lavoro, il suo sfruttamento, non la sua fine. Dietro
l’ordine online che facciamo su Amazon vi sono la- voratori che con la testa e
con le mani portano, impacchettano, spedi- scono, trasportano e ai quali si
vuole mettere il braccialetto elettronico di controllo. Non credo che con tutta
la tecnologia li si possa sostituire con dei robot, ma credo che con tutta la
tecnologia li si possa usare schiavisticamente come dei robot. Una cosa è
lottare per riappropriarsi del lavoro e della sua qualità, altra cosa è
rifiutarlo. È nella chiave della riappropriazione del lavoro che è ancora
valido, a mio parere, il vecchio slogan “lavorare meno, lavorare tutti”, così
come la gratuità della forma- zione scolastica e universitaria. In uno scritto
recentissimamente pubblicato in Italia, Realismo capitalista (Nero, Roma 2018),
ma uscito in lingua inglese nel 2009, nel bel mezzo dell’esplodere della crisi
economica, Mark Fisher, scrittore, filosofo, critico musicale britannico, morto
suicida lo scorso anno, ha cercato di rispondere alla famosa affermazione della
Signora Marga- ret Thatcher secondo cui al sistema in cui viviamo non c’è
alternativa. Un’affermazione vincente che, togliendo al futuro ogni possibilità
di accompagnare la politica, lo fece a suon di licenziamenti e ristruttu-
razioni aziendali che sarebbero diventati un modello per tutto il capi- talismo
occidentale. A sinistra cominciarono i laburisti con il pentito Blair a fare
propria la visione thatcheriana, e il modello neoliberista si diffuse quasi
ovunque con l’accentuarsi vistoso e potente delle di- seguaglianze e attraverso
l’ideologia oggi ancora dominante secondo cui tutto il mondo deve essere
modellato come un’azienda. Ideologia che oggi paradossalmente trova quasi più
critiche a destra che non a sinistra. Avere tolto ogni alternativa futura ha di
fatto azzerato le si- nistre. Il loro ruolo è spesso diventato quello un po’
servile di tampo- nare più o meno malamente gli effetti collaterali del
neoliberismo, del dominio della privatizzazione, dello sperpero del bene
comune, della devastazione ambientale, senza neanche riuscirci. Scrive Mark
Fisher: “Qualsiasi posizione ideologica non può affermare di avere raggiunto il
suo traguardo finché non viene per così dire naturalizzata, e non può dirsi
naturalizzata fino a quando viene recepita in termini di principio anziché come
fatto compiuto”. Le sinistre non potrebbero accettare il neoliberismo come
principio, ma se viene naturalizzato come un fatto compiuto allora è diverso.
In fondo i dirigenti politici sono tutto som- mato abbastanza ben pagati e sufficientemente
fragili culturalmente per scomodarsi a mettere in discussione ciò che è dato
come naturale e scontato. “Nel corso di più di trent’anni, continua Fisher, il
realismo capitalista ha imposto con successo una specie di ontologia
imprendi- toriale per la quale è semplicemente ovvio che tutto, dalla salute
all’e- ducazione, andrebbe gestito come un’azienda”. Oggi l’aziendalismo è un
vero delirio ideologico. I lavoratori sono imprenditori di se stessi, così
costano meno alle aziende e possono essere meglio sfruttati, le scuole e le
università e gli ospedali invece di pensare alle loro rispettive missioni,
affogano penosamente nell’ansia generalizzata della competi- tion, versione
metropolitana e neoliberista della giungla. Benvenuti nel realismo capitalista!
Questo libro raccoglie studi su Marx che ho portavo avanti a par- tire dagli
anni ’70 sui temi della cooperazione e della sua ambivalenza, sul suo metodo,
sulle sue concezioni antropologiche. Nonostante siano accadute molte cose nel
corso del tempo, dalla fine dell’era industriale alla caduta del muro di
Berlino, dalla crisi irreversibile dei partiti operai al trionfo del
neoliberismo, alcuni punti, che molti, troppo spesso ab- bacinati dal mantra
conservatore del nuovo e del cambiamento, hanno abbandonato, a mio parere,
restano fermi. Primo fra tutti il lavoro e in particolare il lavoro
cooperativo, grazie a cui, come sostiene Marx, gli uomini si spogliano dei loro
limiti individuali e sviluppano la facoltà della loro specie e a causa del
quale, nello stesso tempo, essi, dopo aver subito il dispotismo e il
disciplinamento di fabbrica, introiettano oggi il dispotismo e il controllo
della produzione. E ciò mentre vivono la condizione illusoria di essere
imprenditori di se stessi, dopo che dal comprensibile desiderio della
flessibilità si ritrovano nella miseria mate- riale e psicologica della
precarietà del lavoro. Non hanno più né tempo né possibilità di progettare il
futuro e, del resto, è proprio il futuro che è stato tolto, perché esso oggi si
mostra al massimo e quasi soltanto come mantenimento dell’esistente, quando non
come una devastazione catastrofica del presente. Nessuno ha il coraggio di
guardare altrove, là oltre l’orizzonte, dove poter immaginare una vita diversa
dalla libera, depressiva solitudine degli iperconnessi che convive con
naturalezza insieme alla schiavitù del lavoro nella gran parte del mondo.
Eppure è proprio quello che serve. In un libro di alcuni anni fa1 avevo cercato
di affrontare il tema dell’autonomia individuale consapevole della lacuna che
vi era e cioè del fatto che il tema dell’autonomia si deve porre dentro le
condizioni della natura dell’uomo in quanto animale sociale e dunque
all’interno delle relazioni sociali. Non vi può essere autonomia in senso
proprio (1 A.M. Iacono, Autonomia, potere, minorità, Feltrinelli, Milano) senza
eguaglianza delle relazioni sociali. Forse, riprendendo l’argomen- to della
facoltà cooperativa degli uomini e del fatto che essi devono riappropriarsene a
partire dal lavoro, si potrebbe ripercorrere una stra- da che nel corso tempo
ha cambiato il suo tracciato e il cui manto è attualmente pieno di buche.
Desidero ringraziare Silvia Baglini, Giacomo Brucciani, Enrico Campo, Francesco
Marchesi, Luca Mori, Giovanni Paoletti. Dedico questo libro alla memoria di
Nicola Badaloni, Marco, che mi introdusse agli studi su Marx. Versione
largamente rivista di Divisione del lavoro e sviluppo della facoltà della
specie umana in Marx, originariamente pubblicato in «Critica marxista», Sull’ambivalenza
della cooperazione, in Ecologia, Esistenza, Lavoro, (Officine Filosofiche), a
cura di M. Iofrida, Mucchi, Bologna 2015, pp. 33-50. Capitolo Terzo Versione
modificata del saggio apparso originariamente con il titolo Sul concet- to di
‘trasparenza’. Un’immagine di asssociazione di uomini liberi nel ‘Capitale’ di
Marx, in «Metamorfosi», Rapporti economici e rapporti sociali in Marx, in
«Prassi e teoria», Versione modificata del saggio originariamente pubblicato in
«Annali della Scuola Normale Superiore» (relazione al seminario dedicato a
Bachofen tenuto alla Scuola Normale Superiore e coordinato da Arnaldo
Momigliano). Capitolo Sesto Versione modificata di Sul concetto di feticismo,
in «Studi Storici», Concezione antropologica e concezione storica in Marx. Il
caso particolare del ‘feticcio della merce’, in aa.VV., Antropologia, prassi,
eman- cipazione. Problemi del marxismo, a cura di G. Labica, D. Losurdo, J.
Texier, Quattroventi, Urbino DIVISIONE DEL LAVORO E SVILUPPO DELLA FACOLTÀ
DELLA SPECIE UMANA IN MARX. In un luogo del capitolo sulla cooperazione, Marx
afferma. Nella co-operazione pianificata con altri l’operaio si spoglia dei
suoi limiti individuali e sviluppa la facoltà della specie”1. La facoltà della
specie umana consiste nella capacità che hanno gli operai riuniti insie- me e
combinati secondo le figure della cooperazione di produrre una quantità di
oggetti superiore a quella che lo stesso numero di operai sarebbe in grado di
produrre se ciascuno di essi lavorasse isolatamente. Questa idea è già in Adam
Smith, attraverso il famoso esempio del- la fabbrica di spilli, come ragione di
superiorità del modo capitalistico di produzione, basato essenzialmente sulla
manifattura, sui precedenti modi di produzione2. Sappiamo che, per Marx, la
cooperazione è “la forma fondamentale del modo di produzione capitalistico”3 e
precisa- mente è la forma che attraverso le sue figure tende a svuotare le
facoltà individuali degli operai e a trasferirle ai mezzi di lavoro. Nella
figura più complessa di cooperazione capitalistica, quella del macchinismo,
questo trasferimento si realizza completamente. La storia del passaggio dalla
cooperazione semplice, alla manifattura, alle macchine, può essere letta come
la storia della perdita delle facoltà individuali lavorative degli operai
singoli in ragione dello sfruttamento derivante dallo sviluppo tecnico del
processo capitalistico di produzione. Già in A. Smith, nel Libro V della
Indagine ecc., si ritrova la descrizione della perdita delle facoltà degli
operai sottoposti alla divisione del lavoro nella manifattu- ra. Questa perdita
di facoltà è posta come ragione di inferiorità della classe operaia nei
confronti dei popoli selvaggi, dove non sussiste la divi- sione del lavoro:
rispetto ai selvaggi, lo sviluppo delle facoltà individuali degli operai appare
in ragione inversa della crescita della quantità di 1 K. Marx, Il capitale, I,
trad. D. Cantimori, Editori Riuniti, Roma Smith, Indagine sulla natura e le
cause della ricchezza delle nazioni, ISEDI, Milano Smith, La ricchezza delle
nazioni. Abbozzo, trad. V. Parlato, Editori Riuniti, Roma 1969. 3 K. Marx, Il
capitale, cAMBIVALENZA DELLA COOPERAZIONE Il ritorno dell’uomo come animale
sociale Dopo anni di elogio dell’individualismo nel bel mezzo della glo-
balizzazione, mentre ritornava in un modo piuttosto primitivo l’abusa- ta
metafora della mano invisibile, qualcosa è cambiato. Dopo l’euforia degli anni
’80, un po’ di attenzione si è spostata da una filosofia inge- nua (ma
estremamente vantaggiosa per alcuni) dell’individuo verso la facoltà
collaborativa e cooperativa degli uomini. In un certo senso è tornata, se non
proprio al centro, almeno lateralmente, l’immagine ari- stotelica dell’uomo
come zòon politikón, dell’uomo cioè, come ebbero a tradurre Seneca e Tommaso
d’Aquino, come animale sociale. L’elemen- to sociale è tornato a essere
considerato come costitutivo della forma- zione dell’individuo sul piano etico,
politico e cognitivo. Recentemente il sociologo Richard Sennett ha pubblicato
un libro che significativa- mente ha per titolo Insieme ed è un’indagine sulla
facoltà cooperativa degli uomini esplicitamente influenzata dalle teorie di
Amartya Sen e Martha Nussbaum. “Le idee di Amartya Sen e Martha Nussbaum, egli
scrive, sono state per me fonte di ispirazione e costituiscono il tema di fondo
che orienta questo libro: le capacità di collaborazione delle per- sone sono di
gran lunga maggiori e più complesse di quanto la società non dia loro spazio di
esprimere”1. In sostanza la facoltà cooperativa degli uomini, nel nostro
sistema sociale, non riesce ad esprimersi ap- pieno e in particolare non
assicura la piena realizzazione delle capacità emotive e cognitive umane. Lo
scenario che emerge da questa tesi è dunque in primo luogo che la società non
riesce a realizzare la facoltà cooperativa umana e in secondo luogo che tale
facoltà si realizza grazie alle capacità emotive e cognitive e viceversa, nel
senso che, queste, a loro volta, si realizzano appieno soprattutto nella
collaborazione e nella cooperazione. 1 R. Sennett, Insieme. Rituali, piaceri e
politiche della collaborazione, Feltrinel- li, Milano DIETRO C’È SEMPRE
QUALCOS’ALTRO Un’immagine di associazione di uomini liberi e l’idea di
trasparenza La trasparenza nasconde sempre qualcosa. Più precisamente na-
sconde ciò che viene tolto per far sì che l’immagine renda trasparenti i
rapporti che si vogliono rappresentare. Nell’economia politica, quel- le che
Marx chiamava “robinsonate”avevano un importante significato epistemologico:
semplificare e rendere per l’appunto trasparenti i rap- porti economici
complessi del modo di produzione capitalistico. Que- sto processo di
semplificazione presupponeva sempre una scelta in ciò che si voleva
rappresentare o, in altri termini, un taglio nel quadro rap- presentativo che
presupponeva un privilegiamento di una determinata struttura visiva invece di
un’altra. Nell’immagine di Robinson ciò che Defoe vuol far vedere è il rap-
porto tra il protagonista del suo romanzo e lo spazio naturale che egli deve
trasformare per renderlo utile alla sua sopravvivenza. Il comporta- mento di
Robinson è il comportamento del borghese nel suo rapporto con la natura
attraverso il lavoro. Ed in effetti, da questo punto di vista, il rapporto tra
Crusoe e le cose è chiaro e trasparente: “Il suo inventario dice Marx contiene
un elenco degli oggetti d’uso che possiede, delle diverse operazioni richieste
per la loro produzione, e infine del tempo di lavoro che gli costano in media
determinate quantità di questi diversi prodotti”1. L’effetto di trasparenza
appare dato da alcune condizioni complesse che già decidono i contorni
dell’immagine e dunque la par- zialità di una rappresentazione semplificata del
comportamento di un individuo alle prese col proprio lavoro. Baudrillard ha
osservato che la trasparenza della relazione di Robinson con le cose è
truccata2, ma la chiave del trucco è rintracciabile già nella stessa immagine
descritta da 1 K. Marx, Il capitale, cit., p. 109. 2 L. baudrIllard, Per una
critica dell’economia politica del segno, Mazzotta, Milano IL METODO DI MARX E
L’USO DELL’ASTRAZIONE 1. A più riprese Marx ha sottolineato che il porre l’uomo
isola- to all’origine dello sviluppo sociale e del processo storico è un assur-
do. Nelle Forme che precedono la produzione capitalistica, egli osserva come
sia semplice raffigurarsi che un uomo potente possa servirsi di un altro uomo
“come di una condizione naturale preesistente della sua riproduzione”1, e fare
dell’esercizio del dominio il suo specifico lavoro allo scopo di far lavorare
altri uomini per lui; presupporre cioè una divisione del lavoro tra signore e
servo prima che siano state poste le condizioni originarie, comunitarie per la
riproduzione della vita de- gli uomini. “Ma una simile idea è assurda – per
quanto possa essere giusta dal punto di vista di certe organizzazioni tribali o
collettività – in quanto essa parte dallo sviluppo di uomini isolati. L’uomo si
isola soltanto attraverso il processo storico”2. La questione posta da Marx non
è, ovviamente, nuova. Ferguson, per esempio, aveva già sostenuto la necessità
di considerare la specie umana in gruppi e di condurre l’indagine
storico-sociale avendo come oggetto la società intera e non gli uomini
separatamente presi3. In generale tutta la cosiddetta “scuola storica scozzese”
aveva posto il problema di uno studio della storia umana a partire dagli uomini
riuniti in società ed aveva sottolineato che il fattore chiave per comprendere
lo sviluppo delle diverse società era il “modo di sussistenza”4, da cui si
potevano spiegare costumi, leg- gi, forme di governo. È stato sostenuto, a
questo proposito, che Marx 1 2 3 Bari 1999, 4 K. Marx, Lineamenti fondamentali
della critica dell’economia politica, II, cit., p. 123. Ibidem. A. FerguSon,
Saggio sulla storia della società civile (1767), Laterza, Roma Robertson,
History of America (1777), in Works, Hill, Edinburgh V, p. 111; e J. MIllar,
The Origin of the Ranks (1771), ristampato in W.C. 1818, vol. lehMann, John
Millar of Glasgow, Cambridge University Press, Cambridge Millar, Osservazioni
sull’origine delle distinzioni di rango nella società, Fran- coAngeli, Milano
1989). BACHOFEN, ENGELS, MARX La pubblicazione ad opera di Krader degli
estratti etnologici, l’ultimo lavoro di Marx, rimasto incompiuto, impone di
discutere del ruolo di Bachofen nell’Origine della famiglia di Engels, che
segnò la fortuna del Mutterrecht nel marxismo, tenendo conto di questo labora-
torio. La ragione è semplice: il libro di Engels è basato su tali appunti, e
certamente, comparando lo scritto di Marx con quello di Engels, balza subito
agli occhi il ben diverso peso che Bachofen ha nei due casi. D’altra parte la
frammentarietà degli appunti marxiani non rende sem- plice il lavoro, ma non ci
si può accontentare di segnalare le differenze di Marx e di Engels su Bachofen
senza fare almeno un tentativo di interpretare il senso della ricerca di Marx
al momento della sua morte. Si tratta di provare a capire, se è possibile,
quale significato abbia la grande presenza di Bachofen nell’opera di Engels, laddove
la cosa non è affatto riscontrabile nel Marx che sta lavorando su quel Morgan
che, a sua volta, sarà la base dell’Origine della famiglia. Ma, data appunto la
frammentarietà del testo di Marx, l’unica via praticabile sembra quella di
considerare in primo luogo il contesto teorico entro cui Marx stava operando e
riflettendo. 1. Il laboratorio di Marx L’Origine della famiglia, la cui prima
edizione è del 1884, fu pre- sentata da Engels come l’“esecuzione di un
lascito”1. Marx, morto un anno prima, aveva lasciato ad uno stadio rudimentale
il suo lavoro su Morgan, Phear, Maine, Lubbock, Kovalevskij2. Si trattava in
gran parte 1 F. engelS, L’origine della famiglia, Editori Riuniti, Roma 1963,
p. 33. 2 The Ethnological Notebooks of Karl Marx (Studies of Morgan, Phear,
Maine, Lubbock), cit.; L. krader, The Asiatic Mode of Production. Sources,
Development and Critique in the Writings of Karl Marx, Van Gorcum, Assen 1975
pp. 343-412: K. Marx, Excerpts from M.M. Kovalevslcij. Sugli appunti di Marx;
cfr. inoltre, L. achenza, Sui Taccuini etnologici di Marx, in «ASNP», S. III,
XIV, 1984, pp. 1385-1416; P. greMIgnI, SUL CONCETTO DI «FETICISMO» IN MARX
Il concetto marxiano di feticismo delle merci è stato analizzato da due punti
di vista: quello del suo rapporto con il concetto di alienazione e l’altro
della sua connessione con la teoria del valore. È possibile tut- tavia
affrontare il problema in modo diverso, forse più ovvio: a partire cioè dalla
fonte usata da Marx per la formazione di questo concetto. Si tratta dell’opera
di Charles de Brosses, Du Culte des Dieux fétiches, pub- blicata anonima a
Parigi nel 1760, che Marx aveva studiato a Bonn nel 1842 in una traduzione
tedesca di Pistorius del 1785, e di cui aveva fatto degli estratti1, come del
resto di altri testi, tra i quali quello di Meiners sulle religioni2 che
riprende il tema brossiano. Considerato il problema da questo angolo visuale,
si potrà vedere che il concetto marxiano di feticismo, che diventerà
successivamente il concetto di feticismo delle merci, è carico di implicazioni
che forse consentono di precisare alcune questioni teoriche ad esso connesse.
1. Il concetto di feticismo ripropone, come è noto, il problema delle
apparenze, cioè dello scarto esistente tra l’essere sociale e le im- magini
“nebulose e fantastiche” attraverso cui l’essere sociale è visto e concepito
dagli uomini. Un tema che percorre la riflessione di Marx nel corso di tutta la
sua biografia intellettuale, ma che nel feticismo delle merci assume un valore
specifico. Ed è proprio per questo che appa- re necessario percorrere
specificamente la strada dello sviluppo di tale concetto, anche perché,
inoltre, in esso si possono rilevare due momen- ti importanti del procedimento
teorico di Marx, certamente carichi di 1 K. Marx, Fetischismus, MEGA 2, vol.
IV/1, Dietz, Berlin 1976. 2 C. MeInerS, Allgemeine kritische Geschichte der
Religionen, 2 voll., Hannover 1806-1807. Su Meiners come volgarizzatore di de
Brosses, cfr. M. daVId, La notion de fétichisme chez Auguste Comte et l’oeuvre
du présidente de Brosses ‘Du culte des dieux fétiches’, in «Revue de l’Histoire
des Religions», t. CLXXI (1967), n. 2, e S. landuccI, I filosofi e i selvaggi,
Einaudi, Torino ANTROPOLOGIA E STORIA IN MARX. IL CASO PARTICOLARE DEL
«FETICCIO DELLA MERCE» La nozione di carattere di feticcio della merce
costituisce un momen- to particolare e privilegiato per un’analisi del rapporto
fra concezione antropologica e concezione storica in Marx. Le ragioni di questa
parti- colarità e di tale privilegio risiedono principalmente nei seguenti
fatto- ri: a) nell’uso stesso del concetto di «feticcio» mutuato dalla
tradizione etnologica e storico-religiosa a partire dal colonialismo; b) nella
torsione teorica che il concetto di feticcio e la nozione di «feticismo»
giocano nel corso dello sviluppo del pensiero di Marx; c) nel fatto che il
«carattere di feticcio della merce» costituisce un aspetto molto specifico e
comples- so dell’idea di rovesciamento provocato dalla coscienza ideologica nei
confronti della realtà; d) nel fatto, infine, che la nozione di «feticcio» ap-
plicata alla merce viene a definite la funzione simbolica dell’oggetto eco-
nomico-sociale e, all’inverso, la funzione economico-sociale dell’oggetto
simbolico. Di questi quattro fattori, lo svolgimento dei primi due con- sente
di capire come l’applicazione del concetto di «feticcio» alla merce
capitalistica significhi, almeno per quel che riguarda questo punto, un
radicale mutamento strategico e teorico del concetto stesso rispetto alla sua
storia e all’accezione fino ad allora comune e dominante in campo filosofico,
etnologico e storico-religioso. E lo sviluppo del pensiero di Marx conferma, a
mio parere, il senso di tale mutamento. I secondi due fattori aprono molte
questioni interpretative, in particolare riguardo al rapporto fra condizioni
reali della forma di vita sociale e forme della coscienza e dell’ideologia,
alla specificità ed eccezionalità storica del si- stema capitalistico, al
problema dell’osservatore che si trova ad operare e interpretare in quel
groviglio che è il sopraddetto rapporto fra condizioni della vita sociale e
ordine simbolico e culturale. Ma, soprattutto, possono forse aiutare a
comprendere il senso della separazione fra la struttura ca- pitalistica delle
relazioni fra gli uomini e gli individui in quanto tali; cioè del modo
particolare in cui le relazioni si autonomizzano dagli individui, e la
«comunità», originariamente concreta, deposita i rapporti nelle cose, andando a
costituire un astratto sistema di vincoli sociali. INDICE Prefazione 5
Riferimenti bibliografici 11 1. Divisione del lavoro e sviluppo della facoltà
della specie umana in Marx 13 2. Ambivalenza della cooperazione 35 3. Dietro
c’è sempre qualcos’altro 55 4. Il metodo di Marx e l’uso dell’astrazione 67 5.
Bachofen, Engels, Marx 85 6. Sul concetto di «feticismo» in Marx 101 7.
Antropologia e storia in Marx. Il caso particolare del «feticcio della merce»
111 Indice dei nomi 119 philosophica L’elenco completo delle
pubblicazioni è consultabile sul sito www.edizioniets.com alla pagina http://www.edizioniets.com/view-Collana.
asp?Col=philosophica Pubblicazioni recenti 208. Alfonso Maurizio Iacono,
Studi su Karl Marx. La cooperazione, l’individuo sociale e le merci, 2018, pp.
124. 207. Imre Toth, Le sorgenti speculative dell’irrazionale matematico nei
dialoghi di Platone, a cura di Romano Romani e Paolo Pagli, prefazione di
Romano Romani. In preparazione. 206. Alessandra Fussi, Per una teoria della
vergogna, 2018, pp. 164, ill. 205. Alberto Pirni, La sfida della convivenza.
Per un’etica interculturale, 2018, pp. 308. 204. Matteo Galletti,
Reciprocamente responsabili. La responsabilità morale tra naturalismo e
normativismo, Bertelli, L’utopia nell’estetico. Tempo e narrazione in Ernst
Bloch, Pleșu, Pittoresco e malinconia. Un’analisi del sentimento della natura
nella cultu- ra europea, traduzione e cura di Anita Paolicchi, prefazione di
Victor I. Stoichita, 2018, pp. XII-216. 201. Danilo Manca, La disputa su
ispirazione e composizione. Valéry fra Poe e Borges, 2018, pp. 176. 200. Russo
Maria Teresa, Esperienza ed esemplarità morale. Rileggere Le due fonti della
mora- le e della religione di Henri Bergson, Filieri Luigi, Vero Marta [a cura
di], L’estetica tedesca da Kant a Hegel, Prefazione di Leonardo Amoroso, 2017,
pp. 176. 198. Flamigni Gabriele, Presi per incantamento. Teoria della
persuasione socratica, Prefazione di Maria Michela Sassi, Edizioni ETS Piazza
Carrara, Pisa edizioniets.com edizioniets.com Finito di stampare nel mese di
maggio 2018. Di consequenza, e la cooperazione, cosi come di dispiega nella
conversazione, a determinare que moni intermedi che presuppongon non un io ma
un noi. Alfonso Maurizio Iacono. Iacono. Keyword: feticismo conversazionale. Il
Vico di Iacono. Il Pirandello di Iacono, la cooperazione. Imitare, imago,
imaginario collettivo di Jung -- Luigi
Speranza, “Grice ed Iacono: l’implicatura dell’intermezzo” – The Swimming-Pool
Library.
Grice ed Iccio – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma).
Filosofo italiano. Iccio was a friend of Orazio. He appears to have studied
under the Porch, as in one of his odes, Orazio depict him constantly looking
out for works by Panezio. Orazio berates Iccio for neglecting his philosophical
studies for ‘totally trivial pursuits.’
Grice ed Icco – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Taranto).
Filosofo italiano. A Pythagorean according to the “Vita di Pitagora” by
Giamblico di Calcide. He was a celebrated sportsman, a victor in the penthatlon
at the Olympic Games. He was admired by Plato in Laws for his self-discipline.
Grice ed Iceta – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Siracusa).
Filosofo italiano. Pythagorean. He was interested in astronomy and speculates
the movement of the earth relative to the rest of the universe.
Grice ed Ierace – Roma – filosofia italiana -- Luigi Speranza – (Roma).
Filosofo italiano. Silvano Doroteo Ierace was the proud possessor of a
certificate confirming that he was a philosopher.
Grice ed Ieroteo – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza
(Roma). Filosofo italiano. convinced Giuliano to pave the floor of Hagia Sophia
with silver.
Grice ed Illuminati –
il filosofo all’opera – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo
italiano. Grice: “I like Illuminati,
especially his essay on Rousseau, between solipsism and conversation!” -- La
città e il desiderio. Viene meno un modo di fare in cui la soggettività potente
si appropria il mondo subordinando le altre potenze soggettive e realizza la
sua essenza destinale mediante adeguati meccanismi di rappresentazione e
manipolazione tecnica. (108-109) Come utilizzare regole pubblicamente valide
senza colpevolizzare e controllare dall'altro le forme di vita degli uomini è
precisamente l'antinomia della cittadinanza. La politicizzazione di sfere
inabituali va insieme alla diserzione di istituzioni sclerotiche. Una ricaduta
pratica ne è l'integrazione delle strutture rappresentative con nuove lobbies o
la richiesta di quote per minoranze Nel lasciar-essere che si contrappone alla
tracotanza istituzionale convivono cosi l'ancora-non-rappresentato che cerca
lobbisticamente rappresentazione, e rifiuto radicare di rappresentazione. Professore
associato di storia della filosofia politica, dall'anno accademico ha assunto
la cattedra di storia della filosofia, dove è stato chiamato come
straordinario. Insegna a Urbino. Fa parte anche del Collegio dei docenti del
Dottorato di ricerca in antropologia filosofica e fondamenti delle scienze e
del Collegio dei docenti del Dottorato di Ricerca in Filosofia Moderna e
contemporanea (Bari-Ferrara-Urbino). E' inoltre presidente del Corso di laurea
in filosofia. Ha scritto: Sociologia e classi sociali, ed. Einaudi,
Torino); “Kant politico, ed. La Nuova Italia, Firenze); Società e progresso
nell'illuminismo francese, ed. Argalia, Urbino); Jean-Jacques Rousseau, ed. La
Nuova Italia, Firenze); J.-J. Rousseau e
la fondazione dei valori borghesi, ed. il Saggiatore, Milano); Antologia con
introduzione (pp. V-XXX) e note) di J.-J. Rousseau, Il contratto sociale, ed.
La Nuova Italia, Firenze); Gli inganni di Sarastro, ed. Einaudi, Torino); Il potere "disseminato", in Aa.Vv.,
Lavoro Scienza Potere, ed. Feltrinelli, Milano); Winterreise, ed. Dedalo,
Bari); Racconti morali, ed. Liguori, Napoli); Sentimenti dell'aldiqua (in
collaborazione con Aa.Vv.), ed. Theoria, Roma-Napoli); La città e il desiderio,
ed. manifestolibri, Roma); Aa.Vv., Democrazia difficile, Roma, ed. il
Passaggio); Nuove servitù (in
collaborazione con Aa.Vv.), ed. manifestolibri, Roma); Introduzione a P. Nizan,
Aden Arabia, ed. Fahrenheit, Rom);
Esercizi politici —quattro sguardi su Hannah Arendt, ed. manifestolibri,
Roma); Averroè e l'intelletto pubblico –antologia di scritti di Ibn Rushd
sull'anima, introduzione (e cura, ed. manifestolibri, Roma); Il teatro
dell'amicizia –metafore dell'agire politico, ed. manifestolibri, Roma); Quasi una fantasia. Funzioni cognitive
dell'immaginazione nei commentatori di Aristotele in Aa.Vv., Imago in phantasia
depicta. Studi sulla teoria dell’immaginazione, a cura di Lia Formigari,
Giorgio Casertano, Italo Cubeddu, ed. Carocci, Roma, Quasi una fantasia.
Funzioni cognitive dell'immaginazione nei commentatori di Aristotele, in
Materiali per una storia e teoria dell’immaginazione, “Quaderni dell’Istituto di
Filosofia-Urbino” Il filosofo all'Opera, -- Bellini, Verdi -- ed.
manifestolibri, Roma); Completa beatitudo: l'intelletto felice. Tre opuscoli
sulla. congiunzione con l'Intelligenza Agente. Ed. l'Orecchio di van Gogh,
Chiaravalle); Del comune -cronache del general intellect, Roma,
manifestolibri, Bandiere. Dalla militanza all'attivismo, Roma,
DeriveApprodi. Grice: “I enjoyed Illuminati’s treatment of Rousseau’s myth of
the social contract, since I made use of it!” – ‘Imagine is a good thing, but
is there such a thing as co-imagine?” -- Augusto Illuminati. Illuminati. Keywords:
il filosofo all’opera. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Illuminati” – The
Swimming-Pool Library.
Grice
ed Imerio – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo
italiano. friend of Giuliano.
Grice ed Incardona –
Questo è l’uomo – filosofia italiana – filosofia siciliana – gl’inferi del
principio -- Luigi Speranza (Palermo). Filosofo italiano. Grice: “I like
Incardona; for one, he gave seminars on ‘la costanza dell’io,’ as I did!
Second, he used Greek freely, as I do! Third, he is slightly incomprehensible,
as I am SAID to be!” Insegna a Palermo. Studia nel Liceo classico Ruggero
Settimo. Direttore del Giornale di Metafisica, fondato da Sciacca. La tematica
fondamentale di Incardona è la "filosofia del principio", un percorso
nella storia della filosofia sul volto all'interrogazione riguardo al
fondamento e all'archè. Le due categorie concettuali attraverso cui legge la
storia della filosofia sono l'arcaicità, identificata con Aristotele, e
l'arcaismo, identificato con Hegel. Aristotele ed Hegel sono infatti nella
filosofia del principio le due porte, l'inizio e la fine, l'elemento e il
compimento della filosofia. Il percorso della filosofia e un percorso
aporetico, in cui la dialettica assume l'aspetto di un dialogo senza soluzione
fra tensione naturale alla conoscenza e fallimento destinale dell'impresa
conoscitiva. Ha influenza che nel campo dell'ermeneutica. Il suo contributo determinante
è stata la sua riflessione non scettica ma aporetica sull'archè. La questione
aristotelica del ‘principio’ (ontologico ed epistemologico, di non
contraddizione e teologico come Dio) viene colta ed elevata da questione logica
a questione esistenziale. Compagni di strada naturali, sebbene fortemente criticati
da Incardona, sono, in questa sorta di teologia negativa, Derrida e Heidegger.
In essi è infatti rintracciabile la tematica privativa e mistico-antirazionale
del rapporto con l'assoluto. L'unica cosa che si può dire dell'assoluto è che
esso non è alla nostra portata, esso nasconde al filosofo il volto come
all'esule è nascosta la patria. Sebbene veda nella filosofia post-hegeliana una
sorta di "pleonasmo" che non ha più alcuna utilità nella società
contemporanea (antifilosofia), sembra che le sue intuizioni più originali e più
feconde nascano proprio da una rielaborazione personale delle tematiche
ermeneutiche di Heidegger. Saggi: “Idealismo della filosofia ed esperienza
storica” (Epos, Palermo); “Idealismo tedesco ed italiano” (Epos, Palermo); “Gl’inferi
del principio. Interrogazione e invocazione” (Epos, Palermo); “Karpòs” (Epos,
Palermo); “Meditatio in curriculo
mortis” (Epos, Palermo); “Kéntron” (Epos, Palermo); "L'inclusione dell’altro.
Profilo di Giuseppe Nicolaci", Epekeina. International Journal of
Ontology, History and Critics. Grice: “I used to use ‘principle’ very freely
until I met Incardona. My conversational principle of cooperativeness became an
‘imperative’ – the conversational imperative – ‘let’s cooperate!’ – under which
the different conversational maxims fall. Incardona says that talk of
‘principle’ usually leads you to an aporia, or to hell! “l’inferi del
principio’!” Nunzio Incardona. Incardona.
Keyword: Questo è l’uomo, principio,
principio conversazionale, arcaismo, arcaico, arcaita – principium – imperative
– Kant – Hegel – Aristotle -. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Incardona” – The
Swimming-Pool Library.
Grice ed Infantino –
diada conversazionale – il rischio dei solidali -- filosofia italiana – Luigi
Speranza (Gioia
Tauro). Filosofo. Grice:
“I like Infantino: for one, he prefaced an essay on ‘the perils of solidarity,’
which is all my conversational pragmatics is about!” Insegna a Roma. La sua
filosofia si svolge infatti nel solco tracciato da Hayek che coniuga le acquisizioni di
Mandeville e dei moralisti scozzesi con quelle della Scuola Austriaca di
Economia. Cura Menger, Boehm-Bawerk, Mises e Hayek. Pubblica “L’ordine
senza piano: le ragioni dell’individualismo metodologico” (Roma, NIS) “Ignoranza
e libertà” (Soveria Manneli, Rubbetino); “Individualismo, mercato e storia
delle idee”; “Potere. La dimensione politica dell’azione umana” (Soveria
Manneli, Rubbettino). Vede nelle conseguenze inintenzionali delle azioni umane
intenzionali l’oggetto delle scienze sociali, che vengono in tal modo
affrancate da qualsiasi psicologismo. È il tema sollevato da Mandeville e dai
moralisti scozzesi, ripreso poi con forza da Menger e Hayek. Non sono le
intenzioni dei singoli (o quelli che sono stati infelicemente chiamati “spiriti
animali”) a spiegare i fenomeni sociali. Occorre piuttosto individuare le
condizioni che rendono possibile o impossibile un dato evento. Tale tradizione
di ricerca ha come suo presupposto il riconoscimento dell’ignoranza e della
fallibilità umane. Da cui discende l’abbattimento del mito del “Grande
Legislatore”, il cui posto viene occupato dal processo sociale, cioè dalla co-operazione
volontaria. Questa costituisce un procedimento di esplorazione dell’ignoto e di
correzione degli errori. Ed è su tale teoria della società che Infantino si
muove per spiegare il fenomeno del potere, da lui studiato come potere infra-sociale,
derivante cioè dall’inter-azione, e il potere pubblico, ossia il potere
d’intervento dello Stato nella vita sociale. La competizione minimizza il
potere infra-sociale, perché non c’è un unico agente che offre o un unico
agente che richiede. Il potere pubblico si minimizza o si limita, attribuendo
allo Stato un’esclusiva funzione di servizio nei confronti della cooperazione
sociale volontaria. Pubblicato “Cercatori di Libertà” (Soveria Mannelli, Rubbettino,
), in cui è ospitato un suo scritto che ha fatto da introduzione a “A proposito
di Rousseau”, dedicato da Hume alla rottura dei suoi rapporti con Rousseau. Gli
altri saggi della raccolta si occupano di Constant, Mises, Hayek (Luigi
Einaudi). Cubeddu e Reichlin hanno
curato “Individuo, liberta, e potere: studi in onore di Infantino” (Rubbettino
Editore) di scritti in suo onore, a cui hanno contribuito numerosi studiosi di
ispirazione liberale. Altre opera: Sociologia dell'imperialismo:
interpretazioni liberali, Milano, FrancoAngeli); “Dall'utopia al totalitarismo:
Marx, Dio e l'impossibile, Roma, Borla); “La societa aperta, Roma, Quaderni del
Centro di metodologia delle scienze socialiLUISS Guido Carli; “Metodo e
mercato, Soveria Mannelli, Rubbettino); “Destra: una parola ormai inutile” Soveria
Mannelli, Rubbettino); “Scuola austriaca di economia: album di famiglia, Soveria
Mannelli, Rubbettino); “Le ragioni degli sconfitti: nella lotta per la scuola
libera, Roma, Armando); “Le scienze sociali” (Soveria Mannelli, Rubbettino); “Individualismo,
mercato e storia delle idee, Soveria Mannelli, Rubbettino); “Idee di libertà.
Economia, diritto, società” (Soveria Mannelli, Rubbettino); Cercatori di
libertà, Soveria Mannelli, Rubbettino);Potere: la dimensione politica
dell'azione umana, Rubbettino, Soveria Mannelli.Grice: “Pure il nostgro piu
spontaneo desiderio di aiutare gli altri “esige un patto anticipato fra almeno
due persone”, chi propone e chi accetta. Come avviene in ogni altro rapport
intersoggetivo, amicia e amore compresi, c’e nella solidarieta uno ‘scambio,’
in cui devono essere presenti la disponibilita a dare e la disponsibilita a
ricevere. Étymol. et Hist. 1. 1584 dr. obligation solidaire (J. Duret,
Commentaire aux coustumes du duché de Bourbonnois, § 35, p. 274); 2. id. « se
dit des personnes liées par un acte solidaire » « se dit des personnes qui ont une communauté
d'intérêts ou de responsabilités » (Caylus, Œuvres badines, X, 41); 4. 1834 «
se dit des choses qui dépendent l'une de l'autre » (Béranger, Acad. et Cav. ds
Littré); 5.1861 mécan. « se dit des pièces d'un engrenage dont le
fonctionnement est lié » (M. Cournot, Traité de l'enchaînement des idées
fondamentales dans les sc. et dans l'hist., t. 1, p. 80). Dér. de solide*;
suff. -aire1*, pour rendre compte du lat. jur. in solidum « pour le tout », «
solidairement ». Fréq. abs. littér.: 436. Fréq. rel. littér.:xixes.: a)
358, b) 277; xxes.: a) 947, b) 829. Società di mutuo soccorso associazioni di
lavoratori sorte per sopperire alle carenze dello stato sociale Lingua Segui
Modifica Le Società operaie di mutuo soccorso (SOMS) sono associazioni,
nate in Italia intorno alla seconda metà dell'XIX secolo. Pozzo (1835 - 1898),
pioniere del mutualismo italiano Targa della SOMS sull'esterno della sede
ad Arquata Scrivia Le forme originarie videro la luce per sopperire alle
carenze dello stato sociale ed aiutare così i lavoratori a darsi un primo
apparato di difesa, trasferendo il rischio di eventi dannosi (come gli
incidenti sul lavoro, la malattia o la perdita del posto di lavoro).
StoriaModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio:
Storia dello stato sociale in Italia: l'età liberale (1861-1921). Le SOMS
nacquero come esperienze di associazionismo e mutualità, coeve alla
protoindustria, per rispondere alla necessità di forme di autodifesa del mondo
del lavoro. Dopo l'ondata rivoluzionaria del 1848 la loro diffusione subisce un
notevole incremento grazie alla concessione di costituzioni liberali negli
antichi Stati italiani. Prima di tale data la libertà di associazione era
fortemente limitata ed ostacolata dagli ordinamenti nati nel clima poliziesco
della Restaurazione.[1] Il funzionamento delle SOMS venne regolato con la legge.
Moricci, L'artigiano cieco e la sua famiglia, 1851[2] All'epoca della I
Internazionale (1864), erano già sorte le prime Società di Mutuo Soccorso o di
mutuo appoggio, nate con lo scopo di darsi solidarietà e/o chiedere aiuto ad
altri ceti sociali. L'"età d'oro" delle società di mutuo soccorso è
nei due decenni tra il 1860 e il 1880. In particolare, nel periodo dal 1871 al
1893, le Società si unirono tra loro nel Patto di fratellanza, di ispirazione
mazziniana e saffiana. Successivamente a questo tipo di esperienza che
alcuni (tra i quali Bakunin) consideravano paternalistica, si affiancarono
altri tipi di organizzazione di lavoratori che sostituirono alla concezione
mutualistica e solidaristica quella sindacale e partitica. Le società di mutuo
soccorso continuarono tuttavia ad espandersi sia come numero di associazioni
(che toccò il picco di 6722 nel 1894)[3]che di associati (il culmine è nel 1904
con 926.000 soci)[4]. Le società di mutuo soccorso svolgono un grande
ruolo agli esordi delle prime organizzazioni sindacali. Nel 1891 saranno le
SOMS a creare la Camera del Lavoro di Torino. A Milano il 2 e il 3 agosto 1891,
si radunarono i delegati di 450 Società Operaie di Mutuo Soccorso che decisero
di costituire sindacati di categoria riuniti in Camere del Lavoro.[7] Il
biennio 1898-99Modifica Il 1898 fu in Italia l'anno di una grave crisi politica
sfociata in una sommossa in molte città d'Italia, in particolare Milano. La
reazione governativa fu particolarmente pesante, furono sciolte molte
organizzazioni socialiste[8] e quelle cattoliche facenti capo all'Opera dei
congressi[9][10] Il clima di diffidenza investì anche le società operaie,
accusate di svolgere attività sindacale. Gli ambienti più aperti reagirono al
clima di pesante controllo da parte del governo presieduto da Luigi Pelloux
(che ricopriva anche l'incarico di ministro degli interni) sulle associazioni
di carattere sindacale e politico,[11] fondando nuove associazioni che
svolgevano compiti di aiuto economico ai piccoli imprenditori. In questo clima
nella frazione Ronchi San Bernardo fondarono una Società Agricola operaia. Per ribadire
il valore dell'associazionismo ripiegarono su attività sociali che non potevano
essere accusate di avere valenza politica. Le società
agricole-operaieModifica Il 1898 era anche un anno caratterizzato dalla grande
crisi agraria: le zone vinicole erano state devastate dalla fillossera e dalla
peronospora. La formula trovata dai settori più progressisti ed illuminati fu
quella del rilancio di strutture che assicurassero agli agricoltori la
fornitura dei mezzi di produzione (sementi, concimi, macchine agricole) a
prezzi calmierati e di buona qualità. Il governo, che non prendeva nessun altro
provvedimento a favore del mondo agricolo, dovette tollerare che iniziativa
come quella dei piccoli proprietari di Courgnè avevano intrapreso, sotto il
modello di fratellanza delle "società operaie" dopo aver chiarito che
l'oggetto sarebbe stato il sostegno alla produzione e non attività politica.
Pertanto fu chiarito che per essere ammesso come socio, occorreva dimostrare di
essere proprietario sia pure di un piccolo appezzamento di terreno
agricolo.[12] L'autorità di polizia aveva provveduto nel maggio 1898 allo
scioglimento di molte società di mutuo soccorso, al sequestro del loro
patrimonio, e da una interrogazione parlamentare dell'onorevole Bertesi, sappiamo
che nel dicembre successivo non era stato dissequestrato.[13]
L'eccezionalità della costituzione della Società Agricola Operaia Ronchi San
Bernardo di Courgnè è dato che persino nell'anno seguente il giornale La Stampa
segnalava che le Società operaie venivano chiuse senza che avessero dato alcun
pretesto Di altro esempio di costituzione di Società Agricola Operaia c'è
l'anno successivo a Trapani[15] Al fiorire delle iniziative sparse a
livello locale corrispose, poi, uno sforzo unificante. Il ruolo di acquisire i
mezzi di produzione agricola si spostò a livello provinciale nei Consorzi
agrari, coordinati a livello nazionale dalla Federconsorzi Le iniziative
locali, quando sopravvissero, ebbero solo la valenza di meri circoli che
gestivano il massimo centro di aggregazione delle piccole località rurali:
l'osteria, ma salvando a volte una valenza associativa.[16][17] La società di
Cuorgnè riuscì così a raggiungere i 120 anni, continuando a svolgere attività
di carattere sociale e filantropico Il NovecentoModifica Il 5 settembre 1900
nasce la Federazione italiana delle società di mutuo soccorso. L’articolo 1
dello Statuto di allora recitava così: “È costituita la Federazione Italiana
delle Società di Mutuo Soccorso al fine di provvedere alla tutela degli interessi
delle Società federate e contribuire a migliorare moralmente e materialmente la
condizione delle classi lavoratrici a mezzo della previdenza". Fin dalle
origini la Federazione fu al fianco del movimento cooperativo e del movimento
sindacale, formando un’alleanza allora fondamentale per l’affermazione dei
diritti dei lavoratori e della legislazione sociale. Con decreto
prefettizio, la Federazione italiana delle società di mutuo soccorso fu sciolta
nel periodo fascista insieme alle SOMS, anch'esse sciolte o incorporate in
organizzazioni fasciste. Nel 1948 la Federazione fu ricostituita e assunse la
denominazione di Federazione italiana della mutualità (Fim). La
sede della SOMS di Villa del Foro (Alessandria) durante il periodo fascista
Verso la fine degli anni cinquanta, quando le SOMS ripresero ad espandersi, la
società italiana era profondamente cambiata: i lavoratori avevano ottenuto
maggiori tutele, erano state introdotte le pensioni ed era stata estesa la
protezione nel campo sanitario(almeno per il lavoro dipendente), mentre scarsa
era la "copertura" per professionisti e lavoratori autonomi; nei loro
confronti si spostò quindi la maggior parte del lavoro svolto dalle SOMS.
A seguito della rinnovata attenzione alle forme di mutualità integrativa al
welfare pubblico, dopo il congresso del 1984, la Fim diventò Federazione
italiana della mutualità integrativa volontaria (Fimiv). Le SOMS hanno poi
rivolto la loro attenzione soprattutto verso l'assistenza sanitaria
integrativa. Alla fine del 2007 viene costituita la Società Generale di Mutuo
Soccorso Basis Assistance che nel 2012 incorpora per fusione prima Mutua 1886 e
poi Mutua Sarda, diventando la più grande mutua sanitaria italiana per numero
di assistiti. Il 25 ottobre del 2011 prende forma l'Associazione
Nazionale Sanità Integrativa (ANSI) nuova realtà capace di tutelare, aggregare
e sostenere le diverse forme mutualistiche operanti in Italia. L'ANSI è frutto
dell'unione di 8 tra fondi sanitari e società di mutuo soccorso, tra cui Mutua
Basis Assistance, fondo C.A.S.P.I.E., Cassa di Assistenza Basis Assistance,
Mutua Unica e Mutua Sarda. Nel 2015, il Fondo FASV – Fondo di Assistenza
Sanitaria Integrativa di Assolombarda – ha approvato il progetto di fusione per
incorporazione nella Società Generale di Mutuo Soccorso, Mutua Basis Assistance
che diviene effettivo il 1º gennaio del 2016. Nell'aprile del 2017
l'Associazione Nazionale di Sanità Integrativa cambia denominazione sociale,
trasformandosi in Associazione Nazionale Sanità Integrativa e Welfare, con
l'intento di dare voce a tutte quelle realtà che si affacciano al mondo del
welfare aziendale. Sono oltre 500 le società di mutuo soccorso
attualmente aderenti alla Fimiv, collegate direttamente o attraverso i
coordinamenti territoriali associati, per complessivi 953.000 tra soci e
assistiti, questi ultimi intesi come familiari dei soci e iscritti ai fondi
sanitari gestiti in mutualità mediata. Nel 2016 le società di mutuo soccorso
della Federazione hanno partecipato all’integrazione dell’assistenza sanitaria
pubblica mediante prestazioni e sussidi erogati ai soci e assistiti per un
valore di 95 milioni di euro, pari a oltre il 78% dei contributi raccolti. A
garanzia della capacità di copertura delle prestazioni, gli accantonamenti
complessivamente destinati dalle società di mutuo soccorso a riserva
indivisibile ammontano a oltre 100 milioni di euro.[21] La Fimiv svolge il
ruolo di rappresentanza, promozione, sviluppo e difesa delle società di mutuo
soccorso e degli enti mutualistici che vi aderiscono, fornendo loro assistenza
e servizi di sostegno e organizzando convegni ed eventi pubblici come la
Giornata nazionale della Mutualità giunta alla sua IX edizione. Si adopera per
la diffusione e la tutela dei principi della mutualità ed esige il rispetto del
Codice identitario della mutualità da parte delle sue associate. La Fimiv
Aderisce alla Lega nazionale delle cooperative e mutue, al Forum nazionale del
Terzo Settore e all’Associazione internazionale della mutualità (Aim). Nel 2001
è stata riconosciuta dal Ministero dell’interno quale Ente nazionale con
finalità assistenziali, ai sensi della legge n. 287/1991 e dei decreti del
Presidente della Repubblica n. 235/2001 e n. 640/1972. Lorenzo Infantino.
Keyword: co-operazione. Il diadismo metodologico, diadismo conversazionale,
statalismo, tottalitarismo, liberalism, partito liberale italiano,
collettivismo, cooperazione, competizione, solidale, solidario, solidarii,
solidali, le code francais, obligatio in solidum, oligatio in solidum and
solidarity, obbligazione in solidum e solidarieta, J.Vincent, L’extension en
jurisprudence de solidarite passive. I. Mazeaud, Obligation in solidum et
solidarite entre codebiteurs delictuels.’ Infantino. Keywords: diada
conversazionale. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Infantino: il diadismo
conversazionale” – The Swimming-Pool Library.
Grice ed Iorio – torna
a Sorrento – filosofia italiana – Luigi Speranza (Seravezza). Filosofo
italiano. Grice: “The line and the circle is what
Chomsky would call a NP, but there’s two books on it by Italian philosophers!
Oddly, I visited Sorrento on my way to Greece!” Si laurea a Pisa con Campioni.
Studia filosofia antica. Opere: La linea e il circolo” (Genova, Pantograf). Genesi,
critica, edizione; D'Iorio e N. Ferrand, Pisa. ffetto da numerosi
problemi di salute e da un disturbo agli occhi, nel suo viaggio verso il Sud
dell’Italia, da Napoli raggiunge Sorrento via mare, alloggiando nella pensione
Allemande-Villa Rubinacci, ospite di Malwida von Meisenburg, una ricca mecenate
delle arti. Ne rimase subito folgorato, tanto da restare per più di sei mesi. A
suo dire, questo soggiorno fu uno dei più felici della sua tormentata vita. The
influence of philosophical irrationalism upon Mussolini’s fascism is evident
from his readings and studies. Mussolini read avidly from the works of
Schopenhauer, Nietzsche, and Sorel. The works of Marx were also an influence on
Mussolini. One must remember from the outset that all of Mussolini's readings
serve only to enhance his own pragmatic theories, and that Mussolini values action
and experience more than doctrine; nevertheless, the trend of Mussolini's
thoughts and actions clearly shows that the greater part of whatever influence previous
philosophers had upon him falls within the realm of irrationalism. Christopher
Hibbert, II Duce (Boston, Toronto); Chester C. Maxey, Political Philosophies
(New York); Herman Finer, Mussolini's Italy (London)’ Benito Mussolini, My
Autobiography, translated by Richard Washburn Child (New York). Mussolini
derived from the pessimistic philosophy of Schopenhauer and the irrational
theories of Nietzsche and Sorel the basic idea that a human life as such has no
sacred value. This evaluation of human existence is expressed by the Fascist
theorist Giovanni Gentile, and Mussolini heartily concurred with his
spokesman.'* With this general attitude toward humanity, the more complex
doctrines of Fascism attained greater palatability for Mussolini and his
generation of Italians. The influence of Nietzsche on Mussolini is quite
obvious. Certain passages from the two men's writings are almost
interchangeable. Nietzsche's ideas are perverted by Mussolini, and the Italian
dictator uses Nietzsche's terminology more than he used the true essence of
Nietzsche's thoughts. However, the general influence of Nietzsche on Fascism
remains apparent. In general, Nietzsche's concepts of the transvaluation of
values, the eternal struggle for power, the moral value of violence, elitism,
and the supremacy of the super-man are the most important aspects of
Nietzsche's philosophy that influence Mussolini. William K. Stewert, "The
Mentors of Mussolini," American Political Science Review, XXII. In
general, Mussolini's thinking was greatly influenced by the wave of
irrationalism which had swept the European intelligentsia of the nineteenth and
early twentieth centuries. This fact is important in two respects. Primarily,
an understanding of philosophical irrationalism provides an opportunity for an
insight into Mussolini's thoughts. Many of the irrational concepts were
incorporated in toto into the Fascist ideology. In addition to this,
philosophical irrationalism in its several manifestations had imbued the post-World
War generation with a detestation of the values of the current European order,
and had originated new possibilities for trans-forming these values into
something more worthwhile. This gives Mussolini a whole generation of
dissatisfied and disillusioned Italians to mold into Fascists, and it also
affords him the advantage of speaking to this culture in terms which it already
understood and held faith in. The development of philosophical, irrationalism
in Continental Europe permeated philosophy and political thought in Italy.
Responsible Hegelianism represented in Italy by Croce is a polemical anathema
to any philosophy espousing myths and the blind struggle for power as
determinents in the course of history.^ Mussolini and his spokesmen used
Hegelian terminology as an ad hoc rationalization for totalitarian terror. The
irrational theories of action, elitism, and instinctual knowledge are more
philosophically congruent with Fascist thought, and that part of Italy's
intelligentsia which acknowledged this symmetry were at least on firmer ground
philosophically than the Fascist Hegelians. The segment of Italy's scholarly
community which contributes to the irrational doctrines of Fascism was
in-exorably linked in both thought and action to the politics of Benito
Mussolini. Several Italian men of letters owed a debt to philosophical
irrationalism, and some of these scholars' theories were woven into the
attitudes of Mussolini. This connection between the irrationalism of part of
Italy's intelligentsia and the career of II Duce represents yet another link in
the chain of thought reaching from philosophical irrationalism in Continental
Europe to the dictatorial terror of Italian Fascism. Reactionary
authoritarianism had been promoted by many Italian intellectuals around the
turn of the century. The Nationalist Party was founded by intellectuals of this
political posture. The Nationalist Party favored imperialism and opposed
democratic representative government. Among the members of this party were the
philosopher Alfredo Rocco and Annunzio. Rocco later became a prominent Fascist
spokesman. Annunzio was the most renowned literary figure in Italy. This
reactionary philosopher fed the Fascist myth with exaggerated expressions of
the glories of ancient Rome and incorrect racial doctrines concerning the
origin of the Italian people. in the growth of Italian extremism, and he was
joined by Mussolini in the loosely-knit Nationalistic movement which solidified
into the Fascist Party. Prior to his active participation in the Fascist drive
to power, Mussolini travels and studies in Switzerland. He attends lectures
given at Lausanne by the respected social economist Vilfredo Pareto. Pareto's
social theories had strong overtones of irrationalism, and his primary emphasis
is on the preponderance of irrational human behaviour within the political
process. This irrational conduct, according to Pareto, manifests itself in
various "residues" such as traditional mores, folkways, political
ideologies, and established social values. 13 ^S. William Halperin, Mussolini
and Italian Fascism (Princeton), William Bolitho, Italy under Mussolini {New
York). Annunzio became a popular
rabble-rouser . The course of events in any society is characterized by
constant conflict, and order is achieved only when an elite governing class
exercises control over the irresponsible masses. The elite gains control and
exercises power through a combination of force and the use of the
"residues," which adopt a mythological character. These theories of
Pareto were a strong influence on Mussolini. He was especially impressed by
Pareto's emphasis on the elite as the only body capable of restoring and
preserving the social order that incompetent administrators had allowed to
disintegrate. Pareto and Sorel shared the ideas of elitism, myths, and 19 the
use of force as integral parts of social existence. Mussolini's admitted
respect for Sorel as a teacher correlates with the avid interest of Mussolini
in the lectures of Pareto. The common irrational theories, especially those of
Pareto con- cerning the use of force for political purposes, made a lasting *0
impression on Mussolini. Pareto and Mussolini came to respect each other's
ideas in a reciprocal manner. Less than ten years after Mussolini attended
Pareto's lectures, the renowned social economist was writing articles which
lauded Fascism. Mussolini returned this common ideological admiration by
appointing Pareto to a seat in the Fascist Senate in 1923- active participant
in the totalitarian regime of Mussolini. Rocco's involvement in reactionary and
extremist political movements culminated in his role as an important Fascist
governmental official and spokesman. Rocco helps found the nationalistic
journal Politica. which published. The respected academician ended his days as
an serious scholarly articles by Nationalistic theorists. was named
Under-Secretary of the Treasury by Mussolini in the first Fascist government, '
and he eventually became the Fascist Minister of Justice. address expressing
the basic statement of doctrine formed Fascism. It was later reiterated and
expanded by II Duce and his other Fascist spokesmen. Rocco delivers an tenets
of Fascism. This initial the basis of the philosophy of Rocco's Fascist
Manifesto, entitled The Political Doctrine of Fascism, incorporates the
arbitrary ideas of the movement (Herbert W. Schneider and Shepard B. Clough.
Making Fascists (Chicago)» Roy MacGregor-Hastle, The Day of the Lion (New
York), Rocco into a single body of thought. This document contains
numerous reverberations of philosophical irrationalism, and interwoven with
these reverberations are most of the concepts of Italian Fascism. The
relationship is so close that the two schools of thought are, in most cases,
indistinguishable from each other. Rocco proclaims the value of emotional and
instinctual action which is so reminiscent of Schopenhauer, Nietzsche, Bergson,
and Sorel. Fascism is, above all else, action and sentiment. Were it otherwise,
it could not keep up that immense driving force, that renovating power which it
now possesses. Only because it is feeling and sentiment, only because it is the
unconscious reawakening of our profound racial instinct, has,.it the force to
stir the soul of the people. The biological nature of man's participation in
society, a concept emphasized by Nietzsche, Bergson, and Sorel, is used by
Rocco as a justification for the subordination of human beings to the growth of
the Fascist state. He says that individual men and groups of men are given life
by the organic nation, and that the development of the nation results in a
greater collective life and growth that transcends the existence of mere
individuals. The individual existence has Rocco, excerpts from The Political
Doctrine of Fascism, reprinted in Communism. Fascism, and Democracy, edited by
Carl Cbhen (New York) value only in the contribution which it makes to the life
of the organic state. The valuation of man as an element that must contribute
to the growth of the state culminates in the justification and glorification of
war. The survival and improvement of the organic nation require a sacrifice
which may be inimical to the interests of an individual. The sacrifice and
destruction of individuals in war are necessary for the sustenance of the
nation. The negation of an individual's worth necessitates the existence of an
elite force to govern society. The masses are too involved in their own selfish
interests to be trusted with the reins of government. Only a chosen few are
capable of ignoring their own interests and devoting their lives to the greater
needs of the whole society. There exists in each culture a natural elite which,
because of its superior intelligence and cultural background, is capable of
administering the governmental functions of a nation. The most important gift
of this elite is its ability to decide matters of state through instinct and
intuition. almost identical to that found in the philosophies of Sorel and This
theory of elitism is Pareto, and the members of the theoretical elite bear a
striking resemblance to Nietzsche's superman and Schopenhauer's creative
genius. The collective life of the individual, according to Rocco, makes him an
active participant in the panorama of Italian history. The individual is
sustained by the myth of Imperial Rome. The authority of the state and the
primacy of its ends constitute the legacy of Rome. Rome is the greatest and
most powerful state in the history of the world, and it maintained its eminence
through the sacrifice of its citizens' blood and its citizens' lives. The myth
of Imperial Rome is rejuvenated and sustained by Fascism; Rocco admonished the
Italian people to honor their heritage. Fascism restores Italian thought in the
sphere of political doctrine to its own traditions which are the traditions of
Rome after the hour of sacrifice comes the hour of unyielding efforts. To our
work, then, fellow countrymen, for the glory of Italy. Rocco obviously took
heed of the theories of Sorel and Pareto on the necessity of a myth to inspire
a people. Rocco's The Political Doctrine of Fascism reflects the obvious
influence of philosophical irrationalism. In this Fascist document are echoes
of Schopenhauer, Nietzsche, Bergson, Sorel and Pareto. The concepts of blind,
struggling will as a sustainer of life, the biological nature of man, the value
of instinct over the intellect, elitism, and the myth are the same in
irrational theory and in Rocco's statement. The Political Doctrine of Fascism
is an excellent illustration of the debt which Fascist thought owes to philosophical
irrationalism and its primary spokesmen. The Fascist movement had no dearth of
gifted spokesmen for its doctrines. Gentile contributed to the theory and
practice of Mussolini's totalitarian ideology. Educated at the University of
Pisa, he taught at the universities of Palermo, Pisa, Naples, and.iRome.
Gentile served in several capacities within the Fascist regime, and he was
eventually appointed as Minister of Education. irrationalists, and his writings
reflect the use of these two philosophies for Fascist propaganda. His
Philosophic Basis of Fascism reflects the influence of philosophical
irrationalism on the Fascist ideology. In the Philosophic Basis of Fascism.
Gentile elaborates the Fascist concept of the relativity of values. Despite the
fact that a given Fascist program might be based on a specific idea or concept,
that idea would be abandoned as soon as the -- David Cooperman and E. V.
Walter, Power and Civilization (New York) -- Gentile was influenced by both
Hegel and the -- need arose. No idea is of lasting significance, and its value
is measured only by the degree to which it furthers the Fascist program. the
needs of the Fascist state demand it, according to Gentile. The value of
instinct is greater than that of reason, and this necessarily makes Fascism
anti-intellectual. Gentile expresses this anti-intellectualism by saying that
Fascism is hostile to all science and all philosophy which remain matters of
mere fancy or intelligence. By virtue of its repugnance for intellectualism,
Fascism prefers not to waste time constructing abstract theories about itself.
There is scant need for intellectualism in a system in which the dictator makes
all the decisions for the state on impulse. This is the function of II Duce. His
ideals consist of whatever arbitrary decision he makes at any given moment, and
his decisions made instinctively are the supreme law of the nation. The myth of
the nation's supremacy causes the individual to be of no value except in his
function as an appendage of the Fascist state. He realizes his existence only
through -- Gentile, excerpts from The Philosophic Basis of Fascism, reprinted
in Power and Civilization, edited by David Cooperman and E. V. Walter (New
York) -- The "transvaluation of values" is exercised when
the state, and he is only a consequence of the life and growth of the
state. The state controls him and decides for hirn the course of his life. The
individual has no freedom except in his role in the organic state. The state
binds him to this position, and in it he lives and dies. Gentile's Philosophic
Basis of Fascism contains the same irrational overtones found in other Fascist
documents. It seems, however, to express more fully the negation of the
individual. This negation of the individual became more pronounced as the
Fascist government entrenched itself in power, and the irrational base of its
ideology was expressed with increasing authority over the individual. Perhaps
the deepest exploration into Fascist ideology was attempted by the Italian
philosopher Mario Palmieri in The Philosophy of Fascism. This work, completed
when Italian Fascism had reached a certain degree of maturity, involves a
deeper insight into Fascism than most of the other works of Mussolini's
spokesmen. It contains, however, the same basic doctrines which bear the stamp
of philosophic irrationalism. Palmieri elaborates the values of the Roman
Empire in eloquent language. He says that the legacy of Rome is authority, law,
and order, and that Rome must again be the center of civilization which dispenses
morality and virtue to the rest of the world. This is th® historic aissioe @f
lapsrial Home, and it aust be fulfilled.3^ The masses, states Palmier!, are not
capable of governing themselves, this being due to the fact that they cannot
understand the ultimate reality of the universe which does not reveal itself
indiscriminately. This ultimate reality may only be understood by a superior
leader. Palmieri describes the leader in colorful language. The divine essence of
the hero, of the soul, is in a more direct, a more immediate relationship with
the fountain-head of all knowledge, all wisdom, all love. Man has wandered
astray for many centuries, and civilisation has seta darkness due to the lack
of authority, law, and order. Despite this disorientation of mankind, the ideas
and moral values of Rome have continued to exist. It is through dictatorial
Fascism that Imperial Rome will be reborn and end the woes of humanity; in
fact, Fascism may finally furnish man with the long sought solution to the riddle
of life (Mario Palmieri, excerpts from The Philosophy of Fascism, reprinted in
Communism. Fascism and Democracy. editeH~"by Carl Cohen (New York),
Palraieri carries the Roman myth to an extreme, ana within his romantic ideal
of Fascism the ideas which originated in Continental European irrationalism
take on the colour of a holy- crusade; however, Palroieri's work is merely
another contribution to the Fascist attempt to cloak violence with an aura of
respectability. The Philosophy of Fascism, extolling the same values which
wreaked havoc on a generation of Europeans, is a vivid documentation of the
influence of philosophical irrationalism upon Italian Fascism. While Italian
Fascism had numerous gifted spokesmen, the preponderance of responsibility for
the creation of its doctrines belongs necessarily to Benito Mussolini. History
points to II Duce as the most important individual man in the era of Italian
Fascism. Mussolini, as an agent of history, islargely responsible for the
propagation and ascendency to power of the Fascist movement. Throughout the
course of this ascent, Mussolini's political pronouncements, political
speeches, and his autobiography document his intellectual debt to Schopenhauer,
Nietzsche, Bergson, Sorel, Pareto, and the entire body of European
philosophical irrationalism. The expressions of the dictator's thoughts are
living proof of his debt to philosophical irrationalism. The influence of the
philosophies of eternal cosmic conflict is overtly evident in the writings and
speeches of Mussolini. The following passage is taken from a speech made while
Mussolini was still involved in the struggle for political power. The
words of this speech could almost be mistaken for an excerpt from Nietzsche's “Will
to Power”. Struggle is at the bottom of everything. Struggle will always be at
the root of human nature. It is a good thing that it is so. The day in which
all struggle will cease will be a day of melancholy, will mean the end of all
things, will mean ruin. Struggle and conflict, in the opinion of Mussolini, are
integral parts of human existence. The endless struggle for survival and power
is reflected in the vital biological nature of man's social and political
actions, according to Nietzsche, Bergson, and Sorel. This concept echoes
through the words of Mussolini, and is used to justify the individual's role as
biological necessity for the nation. In The Doctrine of Fascism, which is
Mussolini's written program of the aims of the Fascist movement, one of the
stated goals is to "make the people organically one with the nation so
that the state may use them to achieve its ends. Mussolini is constant in his
belief that the people must be used to nourish the state. They are, says
Mussolini in his autobiography, "the vital food needed to reach greatness. Individuals are the food and -- Benito
Mussolini, "The Tasks of Fascismo." Mussolini as Revealed in his
Political Speeches. translated and edited by Bernardo Q. di San Severino
(London and Toronto), Benito Mussolini, The Doctrine of Fascism (Firenze),Mussolini,
Autobiography -- blood of the body politic, and as such are entirely
dispensable to the process of the growth and sustenance of the organic state.
The organic state, which is nourished by the sacrifice of individuals, is
susceptible to infection like any living body. In the Fascist state controlled
by Mussolini, infection consists of any political dissent. II Duce had a cure
for this type of illness. Speaking of Fascist violence in his regime, Mussolini
said: It is necessary to cauterize the virulent wounds to have strength. It was
necessary to curb political dissent. The health of the organic state depended
on the constant vigilence of Fascism against political opposition. Fascism, writes
Mussolini, has to perform surgery—and major operation against succession”. Thus
Mussolini corrupts the theories of man's biological nature in order to justify
totalitarian terror. Nietzsche *s theory of the transvaluation of values which
he based in part on the nature of man within the eternal biological struggle in
a turbulent cosmos, influences Mussolini. This influence is evident throughout
Mussolini's writings and speeches. He constantly emphasized the need to abolish
traditional morality and replace it with the arbitrary values of his refine.
The Fascist state is endowed with a supreme will, and is therefore ethical unto
itself. The state must not clinc to traditional values lest its progress be
impaired. Brotherly love, humanitarianism, and symphatetic kindness are
inferior to other values of a higher nature. The higher values espoused by
Mussolini resemble the hearty, pagan values that Nietzsche advocated. These
values involve conflict, the shedding of blood, and dying, and they are morally
justifiable when done in the service of the Fascist nation. The concept of the
transvaluation of values contributes to Mussolini's doctrine the idea that
violence and bloodshed are not only morally justifiable but are the highest
virtues to which a people may aspire. The influence of the theories of Sorel
and Pareto in regard to the use of violence for political purposes is reflected
in the writings aid speeches of Mussolini. The -- Mussolini, Doctrine of
Fascism, Mussolini, "Either War or the End of Italy's Name as a Great
Power," Speeches, Mussolini, Autobiography -- Italian despot had found in
Nietzsche a moral justification for the use of violence. This enabled Mussolini
to claim that "violence has a deep moral significance.” In addition to
this moral justification, Mussolini also rationalizesthe use of violence as a
legitimate and even desirable expedient within the political process. His
mentors Sorel and Pareto had ascribed this role to violence in politics and
society. The excesses of Fascist terror were excused as being morally valuable
and of logical political necessity. In a speech a Milan MUSSOLINI described the
relationship between his party and its political opponents. The Fascisti have
gone forth to destroy with fire and sword the haunts of the cowardly Social-
Communist delinquents . This is violence of which I approve and uphold. It is necessary, when the moment
comes, to strike with the utmost decision and without pity. War is the ultimate
expression of bloodshed and violence, and Mussolini accordingly placed the
highest esteem upon war. It enabled him to gain "I an understanding of the essences «51 of
mankind."-^ n Duce's adoration of war became an integral part of the
theories of Fascism, and in the official Doctrine ^Mussolini, "The Fascisti Dawning of New
Italy," Speeches, Mussolini, Autobiography, p. T Fascism, Mussolini
expressed the hi/rh regard which Fascism has for war: war alone keys up all
human energies to their maximum tension and sets seal of nobility upon those-
peoples who have the courage to face it. All doctrines which postulate peace at
all costs are incompatible with Fascism. The conflagration v/hich visited
tragedy upon millions of Europeans was made more acceptable by Fascism's theory
of war, a theory which is the logical outcome of placing a moral and political
value on the shedding of human blood. The question comes to mind as to who may
decide the time and degree of the use of violence, and Mussolini's speech to
the citizens of Bologna in the spring of 1921 provides an answer. The moral and
politically expedient violence of the state, said Mussolini, "must have a
character and style of its own, definitely aristocratic. The
"aristocratic" bloodletting of the Mussolini regime was administered
by a group of "aristocrats" well suited to the task—"the
Fascist!, whom I considered and considerthe aristocracy of Italy. The Fascist
Party that Mussolini considered to be his own aristocracy (or elite) owed much
to the terrorist squads that 'Mussolini, Doctrine of Fascism, Mussolini,
"How Fascismo was Created," Speeches, Mussolini, Autobiography.aided
the party in its rise to power. Mussolini held these crude street fighters, the
"Black Shirts," in especially high esteem. After he had gained total
power in Italy, Mussolini refused to consider suggestions to the effect that he
disband his elite brawlers who had, as he stated, “a deep, blind, c, and
absolute devotion. Their intrinsic merit sprung from the fact that these
brawling hooligans through intuition and in r. . . their instinct were led not
only by strength 56 and courage, but by a sense of political virtue. . first
elite to be inspired by philosophical irrationalism were the Black Shirts of
Fascist Italy. MUSSOLINI’s elite possessed the hearty pagan values of
Nietzsche, and true to the theories of Pareto and Sorel, they used violence as
a political expedient to raise their party to power. Mussolini was brutally
frank in expressing the function of his elite. Their task, he wrote, was . that
of ruling 57 II Duce's elite began by using violence as a means to attain
power, and they continued to use it"to maintain themselves in power. This
development was not out of keeping with the concept of values which characterizes
the irrational doc- trines of Fascism. the nation by violence, for the conquest
of power." The The elite which rules by force must have a
sense of di- rection, even though its action is arbitrarily guided to the
attainment of divergent goals. Mussolini traced the pattern of this guidance in
describing how victory was achieved by the Fascisti. The group intuitively
realizes the necessity of violent action, and it readies itself to strike. When
the moment to attack has come, the instinct of the leader has al- ready made
victory inevitable. He has organized his men for battle and his intuition has
provided him with the proper strategy by which his forces may emerge
triumphant. Success through violence is achieved when the elite forces, led by
the instinct of their duce, crush the opposition. At this particular juncture
in the description of Mussolini's thought, a combination of several ideas
originat- ing in philosophical irrationalism may be observed. The superiority
of the instinct over the intellect, the effective- ness of the elite, the value
of the forceful pagan virtues, such as heroism and bloodshed, the use of force,
and the power of the leader are all component tenets of Mussolini's doctrine.
They culminate and are fused together in Mussolini's attitude toward himself as
the embodiment of the principles of power. Mussolini firmly believed in his own
indispensability to Fascism. In regard to the Party's debt to its leader,
Mussolini wrote: the party could not have existed and lived and could not be
triumphant except under my command, my guidance, my support and my spurs.59
Mussolini felt that the Party and the State were inexorably bound to him. He
believed himself to be the vessel of the 60 moral and spiritual powers of the
state. Mussolini's image of himself was developed under the influence of the
elitist theories and Nietzsche's concept of the superman. Mussolini shared with
Nietzsche a contempt for the European bourgeoisie, and Mussolini blamed the
philistine middle-class for all of the social problems which plagued European
society. Italy's deliverance from this situation had been contingent upon her
willingness to shed her blood, and the prospects for this occurring were
hampered by the cowardice of the middle-class bourgeoisie.^" Mussolini's
instinct told him that "Italy would be saved by one historic agency
righteous force . . The one in- dividual capable of guiding the nation in its
historic quest for power was, Mussolini knew, himself. The victory of his party
and the regeneration of Italy had been achieved, ac- Mussolini, Doctrine of
Fascism, Mussolini, Autobiography, cording to Mussolini, because "Violence
. . . had been controlled by my will." Mussolini solidified the
totalitarian Fascist regime by actualizing his irrational theories of
instinctive action, elitism, and violence. II Duce blended these various themes
together to create, true to his mentor Sorel, the myth of Imperial Rome. This myth
held that a violent reformation of civilization would be achieved through the
rebirth of Imperial Rome. In a speech in Trieste, Mussolini laid the groundwork
for his myth. He spoke of Rome's illustrious history as the leader of world
civilization, and stated that the task of Fascism must be to recreate this
Empire to fulfill the Italian destiny of world leadershipFascism alone could
fuse the values of ancient Rone with the reality of current political trends,
for "it is a-faith. It is one of those spiritual forces which renovates
the history of great and 6s enduring peoples." ' Mussolini continued to
dwell on the theme of Imperial restoration throughout the years in which he
held power. The creation of this Roman myth, a tactic reminiscent of the
theories of Sorel and Pareto, was used to sustain a people who were suffering
from the actualization of other less glorius irrational theories. Mussolini,
"The tasks of Fascismo," Speeches, Mussolini.Autobiography. While the
Imperial myth was an abstract and Romantic ideal, the concepts of syndicalism
and the corporate state bore some resemblance to Mussolini*s economic
dictatorship. II Duce acknowledged Sorel's ideas of the syndicalist myth as a
source of Italian syndicalism. In a statement made at the founding of the Fasci
di Combattimento. Mussolini ex- pressed the necessity of corporate syndicalism
as opposed to representative government. Democratic representation, he stated,
is less acceptable and effective than direct repre- 67 sentation of economic
interests before the Government. The idea of Italian syndicalism, while closer
to reality than the chauvinistic Imperial myth, was nevertheless another means
for perpetuating authoritarianism. Based on Sorel*s philosophy of the
irrational myth, it served as a facade for the dictatorial control of Italy*s
industries and unions. In retrospect, the influence of philosophical
irrational- sim on Italian Fascism in general and upon Mussolini in particular
is undeniably and overwhelmingly significant. A question exists as to what
extent Mussolini followed the doc- trines from which he drew, and to what
degree he used them for ad hoc rationalizations for totalitarian violence. An
answer may lie in the juxtaposition of two of the dictator's pro- nouncements
within the same year. On June 8th, 1923, Mussolini ^^Mussolini, Doctrine of
Fascism, made the following statement before the Italian Senate: The more I
know the Italian people, the more I bow before it. The more I come into deeper
touch with the Italian masses, the more I feel that they are really worthy of
the respect of all the representatives of the nation it would not matter if I
lost my life, and I should not consider it a greater sacrifice than is due. My
ambition isthis: IwishtomaketheItalianpeoplestrong, prosperous, great and free.
Eight months before this speech, Mussolini had said: The masses are a herd, and
as a herd they are at the mercy of primordial instincts and impulses. The
masses are without continuity. .They are, in short, matter, not spirit. We must
pull down his Holiness the Mob from the altars erected by the demos. "
Using the conduct of the Fascist Government as a yard- stick by which to
measure the sincerity of the public state- ments made by Mussolini, it is
feasible to conclude that the Italian Senate was treated to an enactment of
Mussolini's belief in the relativity of values in relation to the political
gain to be derived thereof. The second statement is quite in keeping with
Mussolini's adherence to elitism. Neither of his statements is out of keeping
with the doctrines which he promulgated. The fact that this paradoxical
situation is possible does not speak well for the theories upon which,
misinterpretations and rationalizations notwithstanding, Laura Fermi, Mussolini
(Chicago. 1961), p. 68 Mussolini, "The Internal Policy," Speeches,
Mussolini based his doctrines. Fascism is not far removed from philosophical
irrationalism, one of the dominant philos- ophies of the period. Mussolini may
be looked upon as an oppressor of the Italian people. II Duce's foreign and
domestic policies cer- tainly visited bloodshed and death to the masses of Italy
and other nations as well. One must remember, however, that Mussolini's
speeches advocating violence, elitism, and sub- servience to the state were
cheered by millions of Italians during his regime. Members of all the various
classes within Italy supported Mussolini's drive to power. This support is
quite understandable in view of the fact that their leader spoke to them in
terms which had permeated their intellectual milieu for almost a century.Iorio. Keywords: torna
a Sorrento, Villa Rubinacci, Malwida von Meisenburg. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice ed Iorio” – The Swimming-Pool Library.
Grice
ed Ipparchide – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Reggio). Filosofo
italiano. A Pythagorean according to Giamblico di Calcide (“Vita di Pitagora”).
Grice
ed Ipparco – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Metaponto). Filosofo
italiano. Ipparco is the recipient attributed to Lisi of Taranto, in which he
is reproached with revealing Pythagorean teachings to people who had not been
properly prepared to receive them. A work on tranquility is attributed to him.
Sometimes spelled Archippo di Taranto or Ippaso di Metaponto.
Grice
ed Ippaso – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Metaponto). Filosofo
italiano. Ippaso was one of the early followers of Pythagoras. He seems to have
been particularly interested in mathematics and musical theory. His name is
usually connected with the division of the Pythagoreans into two schools – the
akousmatikoi, or hearers, and the mathematikoi, or learners. The precise
difference between these two grous is unclear and disputed, but both claimed to
stay true to the teachings of Pythagoras. However, one interpretation of the
groups’s names is that the akousmatikoi kept strictly what what Pythagoras HAD
ACTUALLY SAID, whereas the mathematikoi sought to take his ideas further.
Another is that the akoustikoi were content with the practical side of the
sect’s teachings, while the mathematikoi were more inclined to theorise. In any
event, it seems Ippaso was a member of, and perhaps the first leader of, the
mathematikoi. It is said that he died at sea as a result of daring to reveal
secrets of Pythagorean geometry.
Grice
ed Ippaso – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Sibari). Filosofo
italiano. Giamblico. Pythagorean. Possibly the same as Ippaso from Metaponto.
Grice
ed Ippolito – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo
italiano. A leading theologian. His essay, “The refutation of all heresies” is
a valuable source of information on the Roman philosophy of his day. Ippolito
begins by setting out all the heresies and their philosophical theories in
detail – BEFORE accusing why whom he called the ‘heretics’ are being led astray
by these theories.
Grice
ed Ippostene – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Crotona). Filosofo
italiano. A Pythagorean, according to Giamblico di Calcide’s “Vita di Pitagora.”
Grice
ed Ippis – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Reggio). Filosofo
italiano. A Pythagorean, according to Giamblico di Calcide’s “Vita di
Pitagora.”
Grice
ed Irtio – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo
italiano. Aulo Irtio was a Gardener and correspondent of Cicerone, although
none of their letters survive.
Grice
ed Isidoro – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano.
A member of the Cinargo under the principate of Nerone. One one occasion,
Isidoro publicly harangued Nerone in the street. We do not hear from him after
that.
Grice
ed Itaneo – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Crotone). Filosofo
italiano. A Pythagorean, according to the “Vita di Pitagora” by Giamblico di
Calcide.
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