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Monday, October 28, 2024

GRICE E GUASTELLA 1

 Grice e Guastella:  all’isola -- la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale della conoscenza – filosofia siciliana – filosofia italiana -- Luigi Speranza  (Misilmeri). Filosofo italiano. Misilmeri, Palermo, Sicilia. Grice: “Guastella is an interesting philosopher. A system-builder! He wrote on epistemology and metaphyusics in a clear style.” Cosmo Guastella (Misilmeri), filosofo. Figlio di Vincenzo farmacista e da Marianna Piazza, uno dei quattro figli della coppia, ancorché di famiglia borghese non ebbe un'infanzia agiata. Sudia con l'ausilio di borse di studio fino a laurearsi a Palermo. È ritenuto il capostipite del fenomenismo. Insegna a Palermo. Opere: “La conoscenza”; “Metafisica”; e  “Il fenomenismo”. Fonda la Biblioteca filosofica. Dizionario Biografico degli Italiani, Dizionario di filosofia. Cause empiriche: e cause metaempiriche. La causa nel senso scientifico. Distinzione tra la causa nel senso metafisico (causa efficiente) e la causa nel senso scientifico. I filosofi hanno ammesso generalmente questa distinzione. Impossibilità di provare la dottrina di Comte sulle cause efficienti. L’ANTROPOMORFISMO. La  Filosofia  teologica.  La filosofia teologica nel periodo prescientifico. Funzioni della divinità come principio esplicativo dei fenomeni. La divinità come principio motore. La divinitàcomeprincipiodiunaspiegazione teleologica dei fenomeni. Le prove dell'esistenza  della  divinità. I concetti della teologia trascendentale. Immutabilità ed extra-temporalità di Dio. Dio come l'Infinito o l'Assoluto. Il dualismo e il panteismo nella filosofìa antica e nella moderna. Il valore delle prove dell'esistenza della divinità  dipende da quello del concetto   di causa efficiente. L'animismo come spiegazione dei fenomeni  biologici. Osservazioni  generali  suU'animismo  come   ipotesi  biologica. La  spiegazione animista dei fenomeni biologici. Estensione del dominio della coscienza in conseguenza  dei  principii  dell'animismo. Spiegazione intellettualista  dell'istinto. L'ilozoismo. Osservazioni  generali  sull'ilozoismo. L' ilozoismo nella filosofia antica e moderna. L'ilozoismo  nella filosofia contemporanea. Il panpsichismo. Osservazioni generali sul panpsichismo. La monadologia di Leibnitz. I panpsichìsti moderni. L'idealismo. Osservazioni generali sull'idealismo. L'idealiijino  di  Kant L'idealismo assoluto, dei successori di Kant. Il concetto di causalità dell’antropomorfismo. Le oda volizionale della causazione e teorie affini. Osservazioni su queste teorie. La filosofia meccanica o impulsionista.   Della filosofia meccanica o impulsionista in generale. Il  principio,  su  cui  è  fondata  la  filosofia  meccanica,  in  Cartesio  e  i  cartesiani,  in  Hobbes,  in  Spinoza,  in  Newton, nei  primi  newtoniani,  in  Locke,  in  Leibnitz,  in  Clarke, in Huygens, Bernouilli, Eulero, d'Alembert, Hume, Reid, Dugald-Stewart, Hamilton, GALLUPPI, SERBATI,  Cuvier, nei  fisici  e  filosofi  contemporanei. La proposizione che l’azione a distanza è inconcepibile, assurda e  contraddittoria. Origine e sviluppo  dell'idea  di  causa efficiente.  Le causazioni più familiari ci sembrano spiegarsi da se stesse e potere  spiegare tutte le altre. Proposizioni di filosofi che hanno riconoscinto questo fenomeno psicoloco (di Bacone, Stuart-Mill, Bain,  GiiffopA,  Pag.Stallo). L' idea  di  causa  efficiente  deriva,  dall' «et  sperienza  delle  causazioni  più  famlliani. Le causazioni  più  familiari  non  sembrano,  misteriose  che  nella  riflessione  scientifica. Perchè l’azione volontaria diventa misteriosa Perchè diventa misteriosa,  in generale, l'azionem utua tra  lo  spirito e  il  corpo. Perchè  diventa  misteriosa  1'  attività  interiore dello  spirito Perchè diventano misteriose IMnipulsione e le altre azioni fisiche  più familiari. Conclusione  sulle  ragioni  per  cui  le  causazioni più  familiari perdono la loro  intelligibilità. La tendenza naturale a spiegare le sequenze non familiari riconducendole alle familiari, e quindi il principio di causalità efficiente nella sua forma primitiva e spontanea, non possono avere alcun valore obbiettivo Forma secondaria del principio  di causalità efficiente. Il principio di causalità efficiente è un'induzione incosciente dalle causazioni più familiari. Origine comune e differenziazione prògressiva dei concetti fisico e metafisico i' deWsL causalità. La dottrina dbll'inconoscibilb b l'idea di CAUSA EFFICIENTE. La dottrina dell'inconoscibile come appliéàzìone del principio di causalità efficiente 'tiella sua forma secondaria. La proposizione che non conosciamo l'essenzal disile cose il fondamento principale della teoria  dell'ÌDCon<6scibìl'e è il principio di causalità efficiènte. Questo fóndamente non può pretendere ad alcun calore obbiettivo. Ciò è provato più chiaramente dalTesame dell'inferenza incosciente di cui è la conclusion. Noi conosciamo o possiamo conoscere l'essenza delle cose e il modo essenziale della produzione dei fenomeniLa Forza nel senso metafisico. La  filosofia  apriorista.  Lo sforzo di ricostruire la realtà a priori è una delle tendenze più generali della speculazione metafisica. La filosofìa apriorista è sovratutto un'applicazione del principio di causalità  efficiente  La  filosofìa  apriorista  in  Cartesio, in Malebranche 4 (ìy-in  Spinoza in Leibnitz, in  Locke, in Condillac, in  d'Alembert, in Hume, in Kant, in Fichte, Schelling, Hegel, in Reid, Ehigald-Stewart, GALLUPPI, SERBATI, GIOBERTI, ROVERE, in Taine e Spencer e in  Hartmann. Le pretese dimostrazioni  dei  principii  della  meccanica. La filosofia apriorista  al  di  fuori  della  ricerca della causa efficiente. Dottrine della filosofia apriorista sulla essenza e la definizione. Dottrine di Aristotile e di  Platone  in  particolare. Dottrine  analoghe e particolarmente  quella di Cuvier della correlazione  organica. Spiegazioni della filosofia apriorista della costituzione del cosmos (e particolarmente quelle  di  Platone e  di  Aristotile). L'argomento ontologico come applicazione della spiegazione apriorista. IL REALISMO DIALETTICO. Perchè si realizzano le astrazioni. Spiegazioni correnti e precisasione della  qaistione. Il realismo, in quanto  è una  spiegazione del  mondo (realismo dialettico),  ha Io scopo di  identificare  il  rapporto  logico  tra  il  principio  e  la  conseguenza  al'  rapporto  ontologic tra la causa efficiente  e l’effetto. Origine del realismo degti scolantici. Il sistema di Hegel. Il sisttema di Taine. Realismo (realizzazione dei concetti) del Taine. Il suo metodo dialettico (cioè di dedurre i concetti realizzati). L'idea fondamentale di questo sistema è l’dentificazione del rapporto tra il principio e la conseguenza a quello tra la causa efficiente e l’effetto. Il sistema di Platone. Cenni generali sulla filosofia di Platone. Apriorismo di Platone. Suo metodo puramente  deduttivo. Importanza  capitale  attribuita  al  metodo;  universalità della filosofia e sua sìstemftticìtà. Affinità del metodo dialettico col metodo matematico.C aratteri prepri del metodo dialettico, per cui differisce dal matematico. Tutte le altre Idee si deducono da quella del Bene. L'Idea del Bene non è solo il principio logico ma anche il principio ontologico (la  causa  produttrice)  delle  altreldee, enonne è il principio ontologico che in quanto ne è  il principio logico. La deduzione progressiva delle Idee le une dalle altre é una derivazione reale delle Idee che si deducono da quelle da cui si deducono.  L'Idea del Bene è la più generale di tutte. Contenuto di quest'Idea. Metodo di divisione e gerarchia delle Idee. Teoria della definizione.La dieresi è una deduzione in cui l’Idea divisa funge da principio, e le Idee in cui si divide da conseguenza. Come  la  dieresi  è  una  deduzione,  e  come si trovino in essa 1 caratteri distintivi del metodo dialettico. Il metodo indiretto di PARMENIDE DI VELIA. É con questo metodo che deve dimostrarsi il primo principio (cioè l'Idea del Bene). Un'Idea generale non è solo il principio logico ma anche ontologico (la causa), clelle Idee più particolari in cui si divide. L'obbiettivazione dei concetti e il metodo dialettico hanno per Iacopo l’identiflcazione del rapporto tra il princìpio e la conseguenza a quello tra la causa efficiente e l’effetto. n  iftiema. Idea generale della filosofia di Spinoza.Il  concetto del parallelismo psico-fisico e suoi sviluppi. Metodo puramente deduttivo. Identità dello sviluppo logico e dello sviluppo ontologico. Le cose considerale sua specie aetemitatis. L’essere, secondo Spinoza, è una serie di astrazioni realizzate che  derivano logicamente e ontologicamente le une dalle altre, in modo che il rapporto tra il principio e la conseguenza é identico con quello tra la causa (efficiente) e l’efi'etto. Difi'erenze e omologia fra tutti questi sistemi. Come il realismo dialettico deriva dalla tendenza naturale del nostro spìrito da cui derivano tutti gli altri concetti metafisici. NIHIL ORITUR, NIHIL INTERIT. Tendenza naturale a supporre che il reale nella sua essenza é immutabile. I fisici greci in generale. Dottrine di Empedocle e di Anassagora. Il sistema degli atomisti. Dottrine dei fisici che ammettevano una sostanza unica. Dottrina d’Eraclito dell’identità dei contrari  Dottrina degl’Eleati. Spiegazioni meccaniche dei fisici in generale. Dottrine dei filosofi indiani. Dottrine di BRUNO e di TELESIO.  La teoria meccanica  (cioè  laridnrione di tutti i fenomeni a quelli meccanici) nella scienza moderna. Applicazione della teoria alla costituzione della materia. Ancora della teoria meccanica. Applicazione ai fenomeni psichici. Spiegazione meccanica dei fenomeni  della vita. Il principio della persistenza delle cose nelle stesse proprietà nell'atomismo metafisico, nei sistemi monisti,  nel realismo, nel criticismo. Dottrine di Herbart e di CORLEO Dottrina  dell’identità della causa e dell'efletto. IL CONCETTO DELL'ANIMA. L'animismo (sostantificazione dell’anima) è il  prodotto d'una tendenza naturale dello spirito umano. Le prove della sostanzialità dell’anima. Materialiià dell’anima Della forma primitiva dell’anìmismo. L'animismo è anch'esso un'applicazione del principio deirimmutabilità dell'essenza delle cose. Le concezioni moniste si fondano su questo principio egualmente che le dualiste. È per esso che deve spiegarsi anche Tanimismo del'uomo primitive. Il concetto dell'immortalità dell'anima e quello della sua immaterialità sono degli sviluppi naturali della teoria animista. Il substratum, supposto indisponsabile j dei fenomeni psichici non è che il fantasma del corpo La terza forma dell'animismo, cioè la dottrina che la sostanza dello spirito è un fatto psichico permanente che è il substratum di tutti gli altri. DOTTRINA DI ROSMINI SULLA SOSTANZA  DELL'ANIMA  carte. IMMANENZA DELLE IDEE PLATONICHE.Prove di qoeatimmanetiixa. I termini designanti le Idee in generale. I  termini  designanti  ciascen'Idea.  carte Il  concetto e la conoscenza generale si  riferiscono  airidea» La definizione e la dieresi, che hanno per oggetto le Idee, si riferiscono alle cose considerate d'una maniera generale ed astratta L'idea  è l’universale, ciò che è lo steiso in tutti gl'individui del genere.VLa  napouoCa, la  (léBe^i^ e le altre espressioni dell'inerenza nelle Idee nelle  cose. Contenenza reciproca tra le Idee generiche e le Idee specifiche. Gl’elementi dell’dee sono anche gl’elementi delle cose. Tutto il reale si risolve nelle Idee. L'essere non 6 fuori del divenire, ma nel divenire stesso. BlMeuMione degli argomenti contro l’immanenza  La sostanzialità delle Idee. La distinzione fra l’Idee e le cose interpretata come una separazione. ni. Le Idee considerate come esemplari a cui le cose non si conformano che approssimativamente. Le allegorie del Fedro e del Timeo. La  testimonianza d'Aristotile. IL PITAGORISMO PLATONICO. Cenni snlle dottrine del Pitagorici  e  sul pitagorismo di Platone In generale. I namert ideali  carte  I due elementi. La forma e la materia delle Idee. La forma e la materia delle cose. Le entlUi  matematiche  (come intermediarie fra le Idee e le cose. Il pitagorismo nel Timeo e nel Filebo. Motivi deireTolnzione di Platone verso il pitagorismo. II pitagorismo nel Timeo (Carattere simbolico della cosmogonia del Timeo e suo significato). La dottrina della setta di CROTONE nel Timeo (il limite e l’illimitato di questo dialogo). Il pitagorismo nel discepoli di Platone. Le tre dottrine dei platonici sui numeri carta. La dottrina di Xenocrate carte La dottrina di Speusippo. DOTTRINE DI PLATONE SULL'ANIMA E LA DIVINITÀ NEL LORO RAPPORTO COL SISTEMA DELLE IDEE. L'anima e suo rapporto eon le Idee e eoi fenomeni (l’anima individuale carte l’anima cosmica carte L'interpretaslone teistica del sistema dell’Idee (che l’Idee sono i pensieri della divinità creatrice) liO idee e il pensiero (Interpretazione di Hegel e di Teichmùller dell'immortalità dell'anima e altre dottrine connesse. Platone non ammette l’identità dell'essere e del pensiero, e la sua idea è un’entità puramente obbiettiva. Saggi sulla  teoria  della  conooccnr.a. Palermo       D.  v    \~  l'  ^ Contenta Sui   limiti    e  l'oggetto   della  conoscenza  a priori Filocofia  della  r--^nfir-ica  ])t  1-!^ 1  'i^f^fì^rT","  ■^^'^Eondict^^dolln  parto  prima ->-♦'•).)  U.)  Palermo, SAGGI SULLA Teoria  della  Conoscenza. Sui  limiti  e  l'oggetto  della conoseenza  a  priori PALERMO REMO   SANDRON 4<Blm«l..illh....«„...„.riilim<;)i,i(|||„ ..lÉiiillniill). ■■.,illi..rili„illi'.' iir'iirtiii— ■• ''iff''iiii'iiiii"'— "■• mt''mi'siii" <T|f<ii;i'i|)|i"-""-<»"»<«tgi4q «u..iiiii..iiii,.,iii„..^i,~7,«„*i,.iii(„iiji,.^ 'v Ud L'ipotesi  (lei  coneetti. i'\ G/. V   ' I no. Uno  degli  aspetti  più  caratteristici  del  modo  di pensare  metafisico  é  lo  sforzo  di  conoscere  il  reale  a  priori, di  costruirlo  ;  anzi  possiamo  dire,  d  una  maniera  generale,' che  a  priorismo   è  il  sinonimo  di  metafìsica,  come   empirismo è  il  sinonimo  di  positivismo -almeno  del  vero  positivismo,  cioè  quello  che  non  ammette,  rigorosamente,  che i  tatti,  ì fenomeni,  e  le  loro  relazioni.  —  Noi  vedrenio  in effetto  nel  8^  Saggio  che,  mentre  il  presupposto  su  cui  si fonda  il  modo  .positivo  di  pensare,  è  che  non  dobbiamo ammettere  alcuna  proposizione  senza  prova,  non  essendovi altra  prova  che  la  sperimentale,  cioè  Tinduzione,  la  generalizzazione dei  casi  osservati,  e,  se  la  proposizione  è  particolare, la  deduzione  (il  sillogismo)  fondata  sovra  un^induzione  antecedente;  il  modo  metafisico  si  fonda  invece,  consapevolmente o  inconsapevolmente,  sul  presupposto'  contrario, cioè  che  vi  hanno  dei  principii  che  noi  dobbiamo ammettere  per  la  loro  evidenza  intrinseca,  senza  prova,  e per  conseguenza  indipendentemente  dalf  esperienza  e  dall’induzione,  in  altri  termini,  a  priori.  Non  vi  ha  dunque quistione  più  importante  per  la  teoria  della  conoscenza,  che  quella  sulla  possi]:>ilità  e  sui  limiti  della  conoscenza a  priori.  E  siccome  la  metafisica  si  propone  di  stabilire resistenza  delle  cose  e  il  come  di  quest'esistenza  —  non  i loro  rapporti  nascenti  da  una  veduta  della  mente  che  le com[)ara  le  une  con  le  altre  —  cosi  questa  quistione  può circoscriversi  per  noi  dentro  confini  più  determinati  :  possiamo noi  acquistare  delle  conoscenze  a/)r/or/ suiresistenza delle  cose  ?  o  in  altre  parole  :  questa  esistenza  può  formare Toggetto  di  giudizi  a  priori  ?  L'oggetto  di  questo  prima Saggio  sarà  di  dare  una  risposta  a  (jucsta  domanda.  Perciò noi  non  ricercheremo  innnediatamente  se  le  conoscenze o  pretese  conoscenze  a  priori  che  oltrepassano  il  mondo deiresperienza,  siano  o  no  legittime:  il  nostro  esame  si restringerà,  al  contrario,  nel  dominio  delle  conoscenze  positive, fenomenali;  il  lettore  potrà  fare  da  se  stesso  le  sue inferenze  su  (luelle  che  stanno  al  di  là  di  questo  dominio. Ora  un  pò  di  riflessione  mostrerà  che  la  nostra  quistione,. cioè  se  noi  possiamo  formare  dei  giudizii  a  priori  concernenti resistenza  delle  cose,  non  si  può  risolvere  senza prima  esaminare  la  natura  del  giudizio  e  la  sua  classificazione. Ma  gli  elementi  del  giudizio  sono  le  idee ,  e  si avrà  necessariamente  una  o  un  altra  teorica  del  giudizio, se  per  elementi  di  esso  si  daranno  le  idee  astratte,  come fanno  le  dottrine  da  lungo  tempo  dominanti ,  oppure  le idee  concrete.  Vi  ha  dunque,  prima  di  tutto,  una  quistione preliminare  che  ci  s  impone  :  esistono  o  no  delle  idee  astratte,  dei  concetti  ì  Sarà  questo  Targomento  di  questo primo  capitolo. Tutti  i  termini,  se  si  eccettuino  i  nomi  propri, sono  generali  ;  vale  a  dire  essi  si  applicano ,  non  ad  un solo  oggetto  particolare,  ma  a  qualsisia  di  tutti  gli  oggetti appartenenti  ad  una  classe.  Ora  le  parole  essendo  segni delle  idee,  si  domanda  quaU  siano  le  idee  significate  dai nomi  generali.  Non  vi  hanno  che  due  risposte  ;  Tuna  è  : Un  termine  generale  non  significa  che  delle  idee  particolari,  cioè  delle  idee  di  oggetti  individuali  e  concreti  ;  solamente, mentre  un  nome  proprio  non  suggerisce  allo  spirito che  una  sola  idea  particolare,  un  nome  generale  può suggerire  ugualmente  una  o  un  altra  delle  idee  degli  oggetti particolari  appartenenti  ad  una  classe.  Cosi IL SIGNIFICATO di  questi  nomi  non  è  generale  che  potenzialmente, in  quanto  possono  richiamarci  questo  o  quello  degli  oggetti della  classe  ;  ma  il  loro  significato  attuale,  appartar propriamente,  è  sempre  particolare,  in  quanto  non  ci  richiamano effettivamente  che  un  solo  o  alcuni  di  questi oggetti.  Questa  teoria  si  chiama  nominahsta.  Ma  secondo l'altra  teoria,  che  chiameremo  concettuahsta,  a  un  termine generale  corrisponde,  non  delle  rappresentazioni  particolari, ma  una  nozione  generale  o  idea  astratta,  che  è  come la  rappresentazione  di  ciò  che  gl'individui  di  una  classe hanno  di  comune,  negligendo  i  tratti  particolari  che  sono propri  a  ciascuno.  La  grande  maggioranza  dei  filosofi  hanno adottato  la  teoria  concettualista  :  alcuni,  tra  cui  lo  stesso Mill ,  quantunque  si  siano  professati  nominalisti , pure  in  fondo  hanno  ammesso  il  concettualismo,  o  almeno spesso  hanno  esposto  le  operazioni  del  pensiero  in  termini ■che  implicano  quest'ultima  dottrina  (1).  Cosi  non  esitiamo [Mill non  ammette  che  noi  possiamo  formarci  delle idee  separate  delle  proprietà  astratte  delle  cose;  egli  non  accorda allo  spirito  che  delle  rappresentazioni  concrete  e  particolari  :  ma «econdo  lui  noi  abbiamo  il  potere  di  prendere  per  oggetto  della nostra  attenzione  una  parte  o  un  elemento  astratto  della  rappresentazione concreta,  quantunque  ci  sia  impossibile  di  separarlo  completamente (V.  §  5.)  Non  è  evidentemente  che  un'altra  forma  del concettualismo. Bain  intende  per  idea  astratta  un  caso  tipico  o  uno  specimen, cioè  un  individuo  particolare,  il  quale  rappresenta  per  noi  tutti  i  casi o  individui  della  classe  ;  ovvero  un  simbolo  verbale  applicato alla  classe  (Dei  sensi  e  deW intelligenza,  parte  2.  e.  2.  V.)  Qui  egli sembra  parlare  perfettamente  da  nominalista  ;  ma  altrove  (w  Logica, Introduzione,  9)  egli  ammette,  come  il  Mill,  che  lo  spirito ad  asserire  che  i  tatti  deirintelligenza  non  sono  mai  stati studiati  ad  un  punto  di  vista  rigorosamente  nominalista  ; per  cui,  accingendoci  a  dare  una  classificazione  del   giudizio fondata  esclusivamente  su  questo  punto  di  vista,  siamo obbligati  a  discutere  il  concettualismo  d  una  maniera  più larga^clie  non  abbiano  latto  fin  qui  gli  autori  nominalisti. Fra  i  pensatori  moderni  è  Berkeley  che  ha  dato  i  colpi più  forti  alla  teoria  dei  concetti;  ecco  che  cosa  dice  in  sostanza questo  filosofo.  Noi  vediamo  un  oggetto  esteso,  colorato e  in  movimento:  tutti  ammettono  che  queste  tre  qualità non  esistono  ciascuna  per  se  stessa,  ciascuna  distinta  e separata  dalle  altre  ;  ma,  secondo  i  filosofi  concettualisti,  lo spirito  può  considerare  isolatamente  ciascuna  di  queste qualità,  e  astratta  dalle  altre  due,   il   che  si  chiama  formarsi un^dea  astratta.   Cosi  lo  spirito  può  formarsi  la idea  di  colore  air  esclusione  di  quella  di  estensione,  e  Tidea di  movimento  air  esclusione  al  tempo  stesso  di  quelle  di colore  e  d'estensione.  Inoltre,  osservando  che  tutte  le  estensioni particolari  percepite  dai  sensi  hanno  questa  proprietà comune  o  questo  punto  di  somiglianza,  di  essere  estese. nbbia  il  potere  di  accordare  la  preferenza  della  sua  attenzione  all'uno o  all'altro  dej^H  attril)uti  d'un  oggetto  concrelo  (p.  e.  uno scellino  o  una  ruota  ;  noi  possiamo,  egli  dice,  dare  più  attenzione alla  rotondità  e  meno  alla  grandezza,  ma  è  imi)0ssibiie  che  noi pensiamo  alla  rotondità,  senza  pensare  a  una  certa  grandezza  o a  un  certo  colore).  , Spencer,  ammettendo  che  gli  elementi  dello  spunto  non  sono^ che  le  sensazioni  e  i  rapporti  fra  le  sensazioni,  non  potrebbe  ammettere le  idee  astratte  :  tuttavia  egli  atterma  che  i  temimi  del pensiero  possono  essere  anche,  non  delle  cose  particolari  e  delle azioni  particolari  compiute  da  esse,  ma  i  caratteri  generali  delle co^e  e  delle  classi  di  cose,  considerati  separatamente  dalle  cose ste'^^^e  (V  p.  e.  PrinclpU  di  psf colorila,  §  487).  Cosi  la  sua  opmione. sembra  i>ure,  al  fondo,  la  stessa  che  (luella  di  Stu.\rt-Mill. Questo  semi-concettualismo  è  comune  a  tanti   altri  filosoll  inglesi. ma  differiscono  perchè  questo  ha  una  certa  figura,  quello un'altra,  questo  una  grandezza,  quello  un'altra,  lo  spirito  si forma  Fidea  astratta  di  estensione,  senza  una  figura  o  una grandezza  determinata.  Cosi  può  formarsi  pure  l'idea  del colore  in  astratto ,  che  non  è  né  il  rosso  né  V  azzuro  né il  bianco  nò  alcun  altro  colore  determinato.  Ma  il  fatto, dice  Berkeley,  non  va  cosi.  Noi  possiamo  formarci  Tidea d'un  uomo  avente  una  grandezza,  una  figura,  un  colore determinato;  ma  non  quella  d'un  uomo  astratto,  che  non sia  né  Ijianco  né  nero  né  bruno  né  di  un  altro  colore  qualunque, né  piccolo  né  grande  né  di  statura  media.  Noi  non possiamo,  per  qualunque  sforzo  di  pensiero,  concepire  quest'idea astratta.  Noi  possiamo  considerare  la  mano,  l'occhio, il  naso,  l'uno  dopo  l'altro,  separati  dal  resto  del  corpo.  Ma (jualunque  sia  la  mano  o  qualunque  sia  l'occhio  a  cui  pen- siamo, Ijisogna  ch'essi  abbiano  una  forma,  un  colore  par- ticolari. Cosi  noi  possiamo  rappresentarci  un  colore  parti- colare e  con  una  gradazione  determinata;  ma  non  ci  é  pos- sibile di  formarci  l'idea  del  colore  astratto.  Ci  é  ugualmente impossibile  di  formarci  l'idea  astratta  di  movimento,  di- stinto dal  corpo  che  si  muove,  e  che  non  sia  né  rapido né  lento,  né  curvihneo,  né  rettilineo,  ecc.;  e  lo  stesso  deve dirsi  di  tutte  le  idee  generali  o  astratte  (Priticlpil  della conoscenza  umana,  Indrodazione), Il  ragionamento  di  Berkeley  non  é  che  un  appello  di- retto alla  coscienza  :  ci  é  impossibile,  esaminando  noi  stessi, di  sorprenderci  nell'  atto  di  avere  un'  idea  astratta.  Noi possiam  o  astrarre  in  un  senso,  in  quanto  possiamo  pen- sare separatamente  delle  cose  o  dei  fenomeni  che  nella  realtà sono  inseparabili.  Cosi  possiamo  considerare  isolatamente una  parte  di  un  oggetto,  quantunque  l'esperienza  non  ce la  mostri  mai  isolata,  ma  sempre  accompagnata  dalle  altre parti.  Della  stessa  maniera,  possiamo  concepire  isolata- mente un  avvenimento,  quantunque  nella  realtà  esso  sia sempre  preceduto,  seguito  e  accompagnato  da  altri  avvenimenti  determinati.  In  una  parola,  tutto  ciò  che  ha  un'esi- stenza distinta  e  una  posizione  separata  nel  tempo  e  nello spazio,  noi  possiamo  concepirlo  separatamente.  Inoltre,  ed è  quello  che  ha  più  somiglianza  con  ciò  che  i  filosofi  chia- mano un'idea  astratta,  noi  possiamo  concepire  isolatamente delle  proprietà  d'uno  stesso  oggetto,  ma  che  noi  percepiamo per  dei  sensi  differenti:  il  colore  d'un  oggetto  a  parte  della temperatura,  del  sapore,  dell'odore,  ecc.,  quantunque  nella realtà  queste  qualità  non  si  trovino  separate.  Ma  tutto ciò  che  noi  possiamo  concepire— sia  una  semplice  qualità sensibile  o  un  oggetto  conosciuto  per  un  complesso  di  qualità sensibili,  sia  un  oggetto  intero  ovvero  una  parte,  sia un  fenomeno  che  duri  un  istante  indivisibile  e  che  occupi un  posto  appena  percettibile  nello  spazio,  ovvero  un  gruppo di  fenomeni  successivi  e  simultanei— deve  sempre  essere un  oggetto  o  un  fenomeno  assolutamente  determinato,  deve avere  la  tinta  particolare  e,  per  dir  cosi,  la  fisonomia  di qualche  cosa  d'individuale. Tuttavia,  questo  appello  all'osservazione  interiore,  in  cui consiste  l'argomentazione  di  Berkeley,  quantunque  trattandosi d'un  fatto  della  coscienza,  non  possa  esservi  una prova  migliore ,  può  nondimeno  lasciare  qualche  dubbio. Infatti  l'osservazione  interiore,  per  consenso  dei  migliori fra  i  psicologi  moderni ,  è  un  metodo  fallace  o  almeno insufficiente;  e  per  quanto  riguarda  i  fatti  più  semplici del  pensiero,  la  coscienza  non  è  capace  di  rivelarcene chiaramente  alcuni  la  cui  esistenza  è  pure  indubitabile. Nessuno  dei  psicologi  contemporanei  seguirà  Condillac , il  quale  riduceva  tutti  i  fatti  mentaU  a  sensazioni  attuali e  riproduzioni  di  sensazioni  passate:  tutti  ammettono  invece che  vi  ha  inoltre  nell'intelligenza  un  altro  ordine  di  fatti cioè  la  percezione  dei  rapporti  che  lo  spirito  scopre  tra i  fenomeni  paragonandoli  fra  loro.  Ebbene  !  tutti  sappiamo in  che  consista  un  rapporto  di  somiglianza  tra  due  cose; ma  chi  potrebbe  rappresentarsi  il  fatto  interiore,  in  cui consiste  la  percezione  d'un  rapporto  di  somiglianza? Ma  se  l'argomento  dell'osservazione  interiore  non  basta a  convincere  di  falsità  la  teoria  concettualista,esso  ci  mostra almeno  quale  sia  la  natura  di  questa  teoria  :  il  concetto non  è  che  un'ipotesi,  non  è  un  fatto  di  coscienza,  non  è qualche  cosa  che  bisogni  ammettere  perché  sia  mai  caduto sotto  le  prese  dell'osservazione.  Che  ciascuno  faccia  attenzione a  se  stesso  nell'atto  di  pensare  :  egli  non  scoprirà che  delle  immagini  di  cose  particolari ,  e  s'  egli  pensa  a qualche  argomento  astratto,  non  si  accorgerà  di  più  che delle  rappresentazioni  di  alcuni  segni  o  termini  generali, che  non  sono  essi  stessi  se  non  delle  immagini  particolari di  un  certo  ordine  di  sensazioni.  Che  alcuno  dimostri, p.  e.,  un  teorema  sul  triangolo  :  non  è  al  triangolo  astratto che  egli  penserà,  ma  a  un  triangolo  concreto  e  determinato, sia  tracciato  sulla  carta ,  sia  rappresentato  nell'im- maginazione. E  s'egli  non  avrà  in  mente  alcuno  di  questi triangoli  concreti,  vorrà  dire  che  tutto  il  suo  ragiona- mento si  ridurrà  ad  un'  operazione  meccanica ,  in  cui  i segni  delle  idee  terranno  il  posto  delle  idee  medesime. Prendiamo  dunque  la  teoria  dei  concetti  per  quello  che è,  per  un'ipotesi  destinata  a  dar  conto  delle  operazioni del  pensiero,  ed  esaminiamo  il  valore  di  quest'ipotesi,  in se  stessa  e  nelle  sue  conseguenze,  e  alla  stregua  dei  fatti e  delle  leggi  conosciute  dello  spirito  umano. In  primo  luogo  bisogna  far  attenzione  al  rap- porto che  noi  naturalmente  stabiliamo  tra  il  pensiero  e la  cosa  pensata.  Quantunque  l'oggetto  immediato  del  nostro pensiero  non  sia  che  un'idea,  cioè  una  modificazione  o uno  stato  di  noi  stessi,  un  fatto  puramente  interiore  che non  esiste  altrove  che  nella  nostra  coscienza  né  in  un altro  tempo  che  nel  momento  in  cui  pensiamo;  pure  ciò che  noi  intendiamo  di  pensare ,  ciò  che  rammentiamo  o prevediamo  o  immaginiamo ,  ciò  di  cui ,  in  una  parola  , affermiamo  1'  esistenza  ,  non  ò  già  il  nostro  pensiero stessO;.  ma  è  un  oggetto  o  un  avvenimento  già  passato  o futuro ,   una  cosa  o  un  tatto  per  lo  più  esteric^re  ,  o ,  se interiore ,    un  latto  almeno  sempre  distinto  dal  fatto  at- tuale di  coscienza  con   cui    lo  pensiamo.    Ora  in   che consiste  questo  legame  del  pensiero  con  un  oggetto  fuo- ri del  pensiero  stesso  ?   Si  dirà  che  noi  abbiamo  la  co- scienza  che  il   pensiero  rappresenta  un  oggetto  esterio- re ?   ciò  equivale  a  dire  che  noi   abbiamo,   oltre  al  pen- siero, la  coscienza  d'un  oggetto  esteriore  che  corrisponde al  pensiero  ;   ma  la  coscienza  di  quest'oggetto   esteriore non    i)Otendo   essere   che   un'  idea ,   la  quistione    non  lia fatto  un  passo  con  (juesta  supposizione ,    e  resta  ancora a  spiegare  come  quest'idea  si  riferisca  ad  un  oggetto  este- riore. La  difficoltà  non  può  avere,  io  credo,  che  una  so- luzione. Per  un'  illusione   naturale  e  primitiva,  senza  di cui  non  si  pu(')  immaginare   come  il   pensiero   potrebbe avere  i)er  noi  un  valore   obbiettivo  ,   avviene  che  1'  idea s'identifica  per  noi  con  la  cosa   pensata,  e  che    nell'  atto del  pensare,  noi  non  crediamo  già  di  aver  presenti  alla mente  delle  mere  rappresentazioni,  ma   d'involgere  e  di penetrare  le  cose  stesse.    Ciò  è    tanto   vero  che  Reid,  il (luale   intendeva  di   ritornare   alle  credenze   naturah  del genere  umano,  soppresse  le  idee  come   rappresentazioni^ e  r^etese  cJie  lo  si)irito  ha  (Urettamente   coscienza  delle cose  esteriori.  E  che  questa  sia  veramente  una  credenza, naturale ,  ciascuno  può   farne   l' esperienza  in  se  stesso  : se  io  j)enso,   per  esempio,   al  mio  amico  il  tale,    è   cer- to che  io  credo  di  avere  d'innanzi  alla  mente  il  mio  ami- co  stesso,  e  non  un'immagine  di  lui.  Nel  pensiero  av- viene dunfjue  come   nella  sensazione  :   le  nostre  rappre- sentazioni si   staccano   dall'  aggregato   fisico  —  psichico che  si  chiama  io,  di  cui  realmente  fanno  parte,  ci  appari- scono obbiettive,  e  prendono  jìer  noi  il  posto  delle  cose  stes- se. A  noi  non  importa  per  ava  di  spiegare  quest'  illusio- ne naturale  — lo   faremo   nel   secondo   Saggio  (parte  2^) —.•(lucilo  che  c'importa  è  di  domandarci  se  questo  fatto gencu^ale  della  nostra  intelligenza  sia  compatibile  o  no  con l'esistenza  delle  idee  astratte.  Ora  è  evidente  che  non  lo è.  Se  nell'atto  del  pensare  noi  crediamo  di  essere  coscienti^ non  dell'idea,  ma  dell'oggetto  che  l'idea  rappresenta;  se l'idea  si  confonde  per  noi  e  si  scambia  con  la  realtà  ;  in altre  parole ,  se  noi  oljbiettiviamo  e  realizziamo  le  nostre idee  ;  non  potremo  quindi  pensare  un'idea  astratta  senza realizzarla ,  senza  credere  di  pensare ,  non  ad  un'  idea astratta,  ma  ad  un  oggetto  astratto.  Platone  aveva  dun- ({ue  ragione  di  pretendere  che,  se  vi  hanno  delle  nozioni astratte  e  universali,  vi  saranno  degli  esseri  astratti  e  uni- versali —  è  a  ciò  che  si  riduce  in  sostanza  quasi  tutta  la sua  argomentazione  per  dimostrare  l'esistenza  delle  Idee  (1) — :ma  la  conscienza  smentisce  la  sua  dottrina,  mostrando che  se  la  conseguenza  è  giusta,  il  principio  è  falso  ;  poi- ché se  vi  fossero  le  idee  astratte,  1'  esistenza  degli  esseri astratti  dovrebbe  essere,  non  una  teoria  laboriosamente costruita  da  un  metafisico,  ma  una  credenza  naturale  del genere  umano. Noi  arriviamo  ad  un  risultato  analogo,  se  ricer- chiamo quale  potreblje  essere  T  origine  di  queste  pretese idee  astratte.  Secondo  la  massima  parte  dei  filosofi  che le  ammettono  (2),  un'idea  astratta  non  è  che  un'idea  par- ziale :  essa  nasce  (juando  noi  rivolgiamo  l' attenzione  a ({ualche  nota  o  elemento  comune  a  molte  rappresentazioni particolari.  Essendoci  noi  formate,  p.e.,  le  idee  di  più  og- getti particolari  che  tutti  appartengono  alla  stessa  specie^ (l)  V.  il  2.  Saggio,  parte  1.  il  Supplemento  sulla  imiiuincnza  delle Idee  platoniche. (2;V.  Loi.KE Saoglo  JllosoficosalVintenr^ùnento  umano  1.  2.  c.ll §  0,  1.3.  ('.3.  ^6-0;  WOLE  Psicologìa  empirica  s  40,  40,  282,283.  ecc.; Galluppi  Saggio  filosofico  sulla  critica  (iella  conoscenza  1. 1.  §    29, t.  3.  }^  23;  Rosmini  Nuoro  Saggio  sulV origine  delle  idee  §43,  58,  03, 489-493,  509,  519,  521;  ecc. 12 t  ascummo  tutte  le  particolarità  clie  fanno  di  ciascuna di  queste  Idee  lidea  d'un  in,lividuo  particolare  e  diverso dag  1  altri,  e  non  riteniamo  cl.e  le  note  o  elementi  comuni a   utti,  ed  e  cosi  secondo  questi  filosofi,  clie  ci  formiamo lidea  generale  della  specie.  Quest'nltima  idea  non  é  cosi secondo  essi ,  che  una  parte  della  rappresentazione  del- 1  oggetto  concreto  ;  e  l'astrazione  non  altro  che  una  sepa- razione 0  una  decomposizione.  Essa  trae  un'idea  univer- sale da  un'idea  particolare,  fissando  la  nostra  attenzione sovra  uno  dei  suoi  elementi:  quindi  ta  osservare  quest'ele- mento (1  elemento  comune  a  molte  idee  particolari),  non lo  genera.  Questo  elemento  preesisteva  dunque ,  secondo 1  concettualisti,  ed  era  già  contenuto  nelle  idee  particolari- ed  una  rappresentazione  concreta  non  é  che  un  fascio' una  somma  di  tali  elementi  astratti.  Ciascuno  di  questi elementi,  ripetiamolo,  esisteva  già  per  se  stesso  e  a  parte nella  rappresentazione  totale;  l'astrazione  non  fece  che iso  arlo  dagli  altri ,  farlo  riconoscere  come  un  elemento distinto  e  separato.  Ora  la  rappresentazione  totale  o  con- creta  non  é  die  una  copia  esatta  dell'  oggetto  reale  ,  in quanto  almeno  noi  siamo  capaci  di  conoscere  gli  oo-c^etti reali  :  gli  elementi  astratti  non  potrebbero  dunque  stare nella  rappresentazione  concreta ,  a  meno  che  nell'  orioi- naie,  cioè  nell'oggetto  reale,  non  si  trovassero  gli  elementi corrispondenti  ;  in  altri  termini,  un  oggetto  reale  indivi- duale non  sarà ,  come  la  sua  rappresentazione ,  che  un lascio  o  una  somma  di  elementi  astratti  (1).  E  se  noi  vo- (1)  Il  Sergi  I.a  ammesso  esplicitamente  questa  conseguenza Ln  immagme  sensazionale ,  un  individuo  in  <iuanto  cailc'  sotto  i sens.  o  sotto  la  rappresentazione,  è  per  lui  un  composto  cosSuo almeno  da  due  elementi,  l'universale  e  il  proprio,     quaUes  stono ^ano'  enar^r""":-  '",'""  f  ""^  ^''"^  ^''"^^''''^  .lùanfun,p"nonlo pr^ciroTiSS;.  '"■  """"'""  '"■  ''^''"''"'  '  ""-  '  -  ^>  ^^ gliamo  attenerci  alla  credenza  naturale ,  secondo  cui  l'og- getto immediato  del  pensiero  sono,  non  delle  idee  rappre- sentative, ma  le  cose  stesse,  la  conseguenza  sarà  ancora la  stessa ,  anzi  risulterà  d'  una  maniera  più  immediata» Eccoci  dunque  arrivati  un'altra  volta  alla  realizzazione delle  astrazioni  :  a  una  nuova  forma  di  realismo,  che  non é,  come  quello  d'un  Platone  o  d'un  Hegel,  un  serio  sforzo per  acquistare  una  conoscenza  superiore  alla  empirica^ ma  un'ipotesi  gratuita  e  senza  genialità,  come  quello  de- gli scolastici. Diranno  i  concenttualisti  che  non  è  questa  l'origine delle  idee  astratte  ?  negheranno  che  un'  idea  astratta  sia una  rappresentazione  parziale,  cioè  una  parte  della  rap- presentazione d'un  oggetto  concreto  ?  No,  essi  non  lo  po- trebbero, senza  andare  incontro  ad  altre  difficoltà  egual- mente insolubili.  Noi  non  possiamo  concepire  altrimenti la  possibihtà  del  pensiero,  se  non  vedendo  nelle  nostre idee  delle  rappresentazioni,  delle  copie  esatte,  delle  cose stesse  :  se  il  pensiero  non  rispecchiasse  le  cose  stesse,  in che  potrebbe  consistere  la  verità,  questa  conformità  tra. il  pensiero  e  le  cose  ?  Le  idee  astratte  non  potrebbero  es- sere dunque  che  delle  rappresentazioni  o  delle  immagini; e  non  essendovi  che  degli  oggetti  concreti,  non  potrebbero che  essere  delle  rappresentazioni  degli  oggetti  concreti. Ma  non  delle  rappresentazioni  totali  o  intere,  perchè  in questo  caso  sarebbero  idee  concrete;  dunque  rappresen- tazioni parziali,  cioè  parti  o  elementi  di  rappresentazioni concrete. Noi  osserveremo  di  passaggio  che  questa  rappresentar zione  delle  cose  nel  pensiero  non  ha  niente  di  misterioso, secondo  i  più  certi  risultati  della  psicologia  moderna.  Da una  parte  una  cosa,  in  quanto  noi  la  conosciamo,  non  è che  un  fascio  di  apparenze  sensibili,  successive  e  simul- •tanee,  in  ultima  analisi,  di  sensazioni,  reali  o  possìbili (le  possibilità  di  sensazioni  di  Stuart-Mill);  e  d'altra  parte j u SAriGIO   PlflMO SUI  LIMITI  E  l/OGRETTO  DELLA  CONOSCENZA  A  PUIOUI 15 le  nostre  rappresentazioni  delle  cose  non  sono  esse  stes- se che  sensazioni,   riprodotte  a  uno  stato  più  debole  (1). Cosi  fra  realtà  (({uale  noi  la  percepiamo)  e  rappresenta- zione o  pensiero  non  vi  ha  altra  ditlerenza  che  tra  torte e  debole ,  più  intenso  e  meno  intenso.  Per  conseguenza pensiero,  rappresentazione,  immagine,  sono  dei  termini equivalenti;  e  nò  un'idea  astratta  potrebbe  essere  altro  che una  rappresentazione  parziale  ossia  una  parte  o  elemento di  una  ra[)presentazione  concreta ,  né  una  ra[)presenta- zione  concreta  potrebbe  avere  elementi  astratti,  senza  che  ^ gli  stessi  elementi  si  trovassero  nelFoggetto  rappresentato. La  dottrina  dei  concetti   adunque  conduce  inevitabil- mente alla  realizzazione  delle  astrazioni.  Ma  vi  ha  di  più; un  concetto  astratto  non  è  esso  stesso  che  una  sorta  di astrazione  reaUzzata.  Io  voglio  dire  che  le  stesse  assur- dità inerenti  all'  esistenza  di  un'  astrazione  realizzata  si trovano  ugualmente  nell'esistenza  d'un'idea  astratta.  Qual è  intatti  la  grande  inconcepibilità  di  un'astrazione  realiz- zata ?  È  di  supporre  alcun  che  di  reale  che  non  è  una  cdeterminata— mentre  tutto  ciò  che  esiste  noi  non  possia- mo concepii'lo  che  come  assolutamente  determinato— d'/zo- mo  in  sé  che  non  è  né  bianco  né  nero,  né  grande  né  pic- colo, né  bello  né  brutto,  né  in  un  luogo  né  in  un  altro,  ecc.; ovvero  Yanlmale  in  sé  che  non  é  né  bipede  né  quadrupede né  senza  piedi,  né  vertebrato  né  invertebrato,  ec3.  Ma cosa  può  essere  un'idea  astratta  se  non  (jualche  cosa  di egualmente  indeterminato,  come  sarel)l)e  appunto  l'imma- gine deW ctonio  in  se  e  deWaniniale  in  sé  ì  Se  t'osse  alcun che  di  determinato,  sarei )be  una  rappresentazione  deter- (1)  V.  Taine  J/  intcUiffcnza  y  parte  1.  l.  2.  e.  1;  I^ain.  /  sen^'.  e V  intvHìfìenza  ,  2.  parte  e.  1.  H  e  Appendice  D;  Spencer  Prinripa di  psf'rofoffia  ,  luìra.arati  4*),  (iO,  73,  OO  -110,  450-471.  eoe:;  WuNnT, Elementi  di  /ts/roloffia  ffsiolof)ica,  e.  VII.  2,  e.  XVII.  2  e  4,  e.  XIX. 1,  e<*r-::  Hine'I'  P<ivologia  del  irxgionainento,  e.  2:  «m'c:. minata;  e  una  rappresentazione  determinata  non  potrebbe rappresentare  clie  un  oggetto  determinato,  cioè  una  cosa concreta  e  particolare.  Di  qui  ^i  vede  anche  come  vadano fuori  della  quistione  alcuni  psicologi  contemporarei,  i  quali ammettono  che  l'idea  astratta  sia  qualche  cosa  di  simile ai  rittratti  di  famiglia  di  Galton ,  eh'  egli  chiama  ancora ritratti  generici  (1).  Un  ritratto,  un'immagine,  potrà  ben somigliai'e  a  una  pluralità  d' individui  reali  senza  ripro- durre esattamente  le  sembianze  di  alcuno,  ed  essere  come la  media  di  tutti  (juesti  individui  ;  sarà  sem[)re  con  tutto ciò  un'immagine,  un  ritratto,  individuale  (benclié  l'indivi- duo rapi)resentato  non  esista  nella  realtà),  poiclié  l'insieme dei  suoi  tratti  e  ciascuno  di  essi  non  potrà  non  essere  un che  di  determinato,  e,  per  conseguenza,  d'individuale. ^  5.  Passiamo  ora  ad  un  altro  ordine  (U  difficoltà.  Ab- biamo già  notato  che  V  osservazione  interna  non  trova altro  nel  soggetto  jjensante  se  non  che  delle  immagini di  cose  particolari  e  dei  nomi:  é  certo  cosi  che  senza  rai> presentazioni  particolari  e  senza  nomi  non  vi  ha  pensiero. Questo  fatto  é  stato  ammesso  da  quasi  tutti  i  concettua- listi, a  cominciare  da  Aristotele.  L'anima,  dice  questo  filo- sofo, non  intende  mai  senza  immagini:  gl'intelligibili  non sono  immagini,  ma  non  sono  senza  immagini  (2).  Ora perché  un  concetto  non  si  troverebbe  mai  puro,  ma  sem])re congiunto  a  un'immagine  particolare  o  ad  un  nome  ?  Questa difficoltà  se  la  é  proposta  già  I.  Stuart-Mill.  A  questo  emi- nente pensatore  può  tarsilo  stesso  rimprovero  ch'egli  ha  fat- to ad  Hamitton,  di  \o\qv  tenere,  cioè,  un  piede  nel  nominali- (1)  V.  Galton  Le  immagini  generiche,  nella  Beoue  scienUjìque 6  sett.  1879  (2.  serie  1. 17);  Huxley  D.  Marne  ,  sua  rifa,  sua  filosq/ia, traduzione  francese  pag.  129;  Delboeuf//  sonno  e  i  sogni ^  \>ag.'m; Binet  Psicologia  del  ragionamento,  pag.  107;  ecc. {:!)  De  Anima  1.  3.,  e.  VII,  3:  5;  e.  VHI,  3.  De  memoria  et  remini- scentia  e.  1,  ediz.  Didot  t.  3.  pag.  494. 16 PniMO  SAGGIO smo  e  un  altro  nel  concettualismo  :  pure  egli  é  al  fondo  (e ciò  parrà  incredibile  a  un  lettore  disattento)  un  vero  con- cettualista. Secondo  il  Mill,  noi  non  abbiamo  presenti  nel- la mente  gli  attributi  che  costituiscono  un  concetto,  se  non come  formanti,  per  la  loro  unione  con  altri  attributi,  l'idea d'un  oggetto  particolare.  Solamente,  noi  abbiamo  il  potere di  fissare  la  nostra  attenzione  sugli   attributi  costituenti il  concetto,  negligendo  gli  altri  attributi 

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