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Monday, October 28, 2024

GRICE ITALO A/Z G GRI

 

Grice e Griffero: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale dell’inter-soggetivo – filosofia piemontese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Asti). Filosofo Italiano. Asti, Piemonte. Grice: “I like Griffero; for one, he has a taste for neologisms, like his atmospherelogy – He has understood that aesthesis, qua sensatio, is the basis for aesthetics, and he has explored the philosophies of Tarso, Spranger, and Schelling!” Insegna a Roma. Studia a Torino sotto Vattimo su“L’ermeneutica.” Studia Betti (“Interpretare. La teoria di Betti e il suo contesto” – Rosemberg,Torino) ed il concetto di spirito e forma di vita. La filosofia della cultura (Angeli, Milano). Si dedica al rapporto tra arte e mito, scrivendo poi Senso e immagine. Simbolo e mito (Guerini, Milano), Cosmo Arte Natura. Itinerari  (Cuem, Milano), nel quale si concentra sulle caratteristiche del real-idealismo, e infine una ricostruzione dell'apporto dato da questo autore all'estetica filosofica (Estetica -- Laterza, Roma).  La nozione d’immaginazione transitiva è invece affrontata in Immagini Attive: beve storia dell'immaginazione transitiva, Monnier, Firenze. Ricostruisce la storia della credenza secondo cui una fantasia particolarmente forte sarebbe in grado di agire, cambiando o addirittura generando la realtà esterna.  In Realismo e Idealismo, Nike, Segrate, analizza il Pietismo Speculativo. La corporeità spirituale è il "fine ultimo delle opere di Dio. L'ampia storia del concetto e esposta in Il corpo spirituale. Ontologie sottili" (Mimesis, Milano).  La ricerca sulla fenomenologia del corpo e della percezione e l'estetica delle atmosfere è affrontata in “Atmosferologia. Estetica degli spazi emozionali (Laterza, Roma). Nel libro Quasi-cose. La realtà dei sentimenti (Mondadori, Milano ) indica e analizza sulla scorta dei un'estetica neo-fenomenologica i sentimenti atmosferici, il dolore, la vergogna, lo sguardo, il crepuscono, il corpo vissuto come quasi-cose, entità aggressive e decisive per la nostra esistenza senza essere riducibili al paradigma cosale tipico della tradizione occidentale   Il pensiero dei sensi. Atmosfere ed estetica patica (Guerini, Milano) delinea, a partire dalla nozione estetico-fenomenologica d’atmosfera, i contorni di un'estetica orientata non allo gnosico ma al patico, che non tematizza un oggetto come una espressione speciali come le opere d'arte ma il modo in cui ci si sente quando ci si espone, soprattutto involontariamente, ai sentimenti presenti nell'ambiente circostante.  Il tema è sviluppato, esteso a considerazioni sull'atmosfericità del linguaggio, sulla presenza e la inter-soggettività re-interpretate in chiave fenomenologica. Altre opera: Storia dell'estetica (Nuova Cultura, Roma). Quali atmosfere per quali spazi? Dicendo, con precisione tutt’altro che metaforica (cfr. G.) che, ad esempio, l’aria si è fatta pesante e il suono opprimente, l’odore penetrante e il silenzio solenne, ci si riferisce non certo allo spazio locale ma allo spazio assoluto e predimensionale (più o meno transitorio) delle “isole” leiblich. Ne viene – ed è ciò che ovviamente più interessa nel nostro più generale progetto atmosferologico (cfr. Böhme, G. e G. – che lo spazio non locale del sentimento (Gefühlsraum), permeato cioè da sentimenti o tonalità emotive (Gefühle o Stimmungen) (cfr. Schmitz), intesi ora come atmosfere, come quasi-cose caratterizzate (quanto meno nella loro forma 12 Una spazialità a rigore non solo non tridimensionale, ma neppure bidimensionale (superficie), monodimensionale (retta) o non-dimensionale (nel senso in cui lo è il punto). L’abitare è per Schmitz, propriamente, cultura-coltivazione dei sentimenti in uno spazio recintato. La tesi secondo cui «i sentimenti sono spazialmente estesi [sarebbe inconcepibile o addirittura comica se si riferisse allo spazio locale», giacché in tal caso «un sentimento sarebbe forse una sorta di sfera o un triangolo nel ventre o in prossimità della testa» (Schmitz). SpazioFilosofico prototipica e cioè oggettivo-distonica) da direzioni abissali, costituisce l’apriori di ogni nostra esperienza, specialmente involontaria. Come le valenze espressive delle singole cose e persone possono invitarci a fare o respingere qualcosa, così le affordances dello spazio del sentimento, irriducibili all’assetto ottico e agli effetti solo pragmatici cui pensa Gibson, portano infatti in luce l’articolazione decisamente anisotropa atmosferica della nostra Lebenswelt. Ma, se avvertire un’atmosfera significa avvertire la qualità affettiva e leiblich “espressa” (un termine da non concepire, in una radicale Erscheinungswissenschaft, nel senso dell’estroflessione di un interno) dai nostri intorni, occorre da ultimo interrogarsi sulle atmosfere specifiche dei tre livelli di spazialità menzionati. Allo spazio della vastità c) corrispondono le atmosfere letteralmente s-confinate delle Stimmungen pure, come tali alla base dell’intero edificio della vita emozionale. Troviamo qui da un lato l’estensione piena della soddisfazione, concepibile non come gioia ma come quieto equilibrio (nel senso, ad esempio, dell’intimità famigliare), e dall’altro l’estensione vuota della disperazione, concepibile più come la medioevale acedia o l’ennui (nel senso, ad esempio, della lieve noia che ci coglie nelle stazioni o al cospetto del graduale impallidire serale delle cose) che non come un cruccio opprimente. Allo spazio direzionale b) corrispondono, invece, tre forme di atmosfere vettoriali. Anzitutto b1) le Erregungen pure, vale a dire emozioni strutturate e tuttavia diffuse e prive di un vero tema specifico (per questo abgründig per Schmitz), le quali, contrariamente alle fondamentali direzioni leiblich, possono essere anche centripete, aggredirci ab extra pur in assenza di una fonte precisa (cosa o quasi-cosa che sia) e quindi di una “ragione”. E poi b2) le emozioni centrate, le cui terminazioni e condensazioni in un oggetto (quando la Sehnsucht, ad esempio, si precisa come amore), in quanto tali responsabili della (secondo Schmitz fuorviante) teoria dell’intenzionalità dei sentimenti15, possono essere unilaterali (esaltanti o deprimenti), onnilaterali, centrifughe (come la Sehnsucht), centripete (come la paura e la sfiducia indeterminate), ma anche indecise, come nel caso del presentimento. Allo spazio locale a), infine, corrispondono16 le atmosfere generate dagli oggetti e dalla loro collocazione, relativa fin che si vuole nella spazialità locale eppure su di noi intensamente attiva, ad esempio in virtù di qualità espressive che, eccedendo di gran lunga l’ufficio delle proprietà − in linea di principio accidentali e parassitarie rispetto a un substrato sostanziale (nei sentimenti atmosferici assente in linea di principio) −, fungono da vere e proprie “estasi” (cfr. Böhme). Quasi fossero i “punti di vista” con cui le cose in un certo senso escono da se stesse (cfr. G.) e che appaiono inspiegabili come mera espressione di un interno (qui propriamente inesistente), le atmosfere o estasi delle cose paiono analoghe a potenze 15 I presunti sentimenti intenzionali – l’ira, ad esempio − sarebbero meglio spiegabili, come sentimenti atmosferici centrati, chiamando in causa una dissociazione tra punto di ancoraggio (lo stato di cose che suscita l’ira) e zona di condensazione (l’uomo o l’oggetto con cui si è adirati): due elementi di solito poco connessi sotto il profilo causale o logico (gestalticamente: figura/sfondo), visto che – ed è forse illogico ma adattivamente funzionale! – si teme, ad esempio, più la persona che potrebbe ucciderci (condensazione) che non la morte come tale (cfr. Schmitz). Ma Schmitz qui obietterebbe che, le atmosfere non essendo per lui intenzionalmente producibili e riducibili a cose singole (giusta una più generale campagna contro la forma mentis singolaristica su cui non possiamo qui fermarci), le impressioni suscitate dalle cose non sarebbero autentiche atmosfere demoniche (numinose) indipendenti dalla nostra volontà. Sono, in altri termini, qualità espressive (inviti, affordances), nella cui manifestazione in certo qual modo le cose si esauriscono, esattamente come il vento coincide col proprio soffiare (cfr. Griffero). Sono modi-di-essere pervasivi (cfr. Metzger) che, generando lo spazio affettivo cui il soggetto accede, danno vita a una co-presenza (proprio-corporea, anzitutto, ma anche sociale e simbolica) di soggetto e oggetto, a un tra, un tema caro a Böhme, anteriore alla distinzione soggetto/oggetto, a una relazione che paradossalmente (per la logica ordinaria, s’intende) dev’essere anteriore ai suoi relati, pena una ricaduta nel dualismo aborrito.Tonino Griffero. Griffero. Keywords: l’inter-soggetivo, Betti, ermeneutica, fenomenologia, Vico, il circolo dell’implicatura, implicatura ammosferica-- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Griffero” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Grimaldi: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale anti-peripatetica – filosofia campanese – scuola di Salerno -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Cava de’ Tirreni). Filosofo Italiano. Cava de’ tirreni, Salerno, Campania. Grice: “I have spoken of ‘magic’ – “two kinds of magic’ – actually, for Grimaldi there are THREE: ‘black magic,’ ‘artificial magic,’ and my favourite, ‘natural magic’!” Nacque da nobile famiglia locale di origini genovesi. Compì i suoi studi avvicinandosi a Cartesio, di cui fu seguace e fece parte del gruppo chiamato degli epigoni dell'Accademia degli Investiganti. Consigliere Regio. Scrive numerose opere, raccolte poi in "Istoria dei libri di don Costantino Grimaldi, scritta da lui medesimo". Tra quelle più note si possono elencare le “Considerazioni intorno alle rendite ecclesiastiche del Regno di Napoli” (Napoli), le “Discussioni filosofiche” (Lucca), la “Dissertazione sulle tre magie, naturale, artificiale e diabolica (Roma). Il figlio gli dedicò "Ragioni genealogiche a' favore della Famiglia Grimaldi del Sig. Cons. D. Costantino Grimaldi. Colli signori Grimaldi di Seminara, e con quelli patrizj di Catanzaro" F. A. Meschini, nel Dizionario Biografico degli Italiani, indica Napoli come città natale. Memorie di un anticurialista del Settecento. Testo, introduzione note V.I. Comparato. Firenze, Olschki, Biblioteca dell'«Archivio storico italiano»,  Franco Aurelio Meschini, Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana  Anticurialismo.  GRIMALDI, Costantino. – Nasce a Napoli. Ha come maestro per le belle lettere e l'oratoria Taurini. Spinto dallo zio, sacerdote secolare, a frequentare le Scuole pie di largo dello Spirito Santo, vi strinse amicizia con il padre Tommaso d’AQUINO, dal quale apprese la filosofia aristotelica. Dopo l'anno di logica, al termine del quale sostenne alcune pubbliche conclusioni, proseguì gli studi non di metafisica, come avrebbe voluto, bensì, per volere paterno, di legge, sotto Radesca e Lellis. Lesse poi, per proprio conto, Tesauro, Piccolomini e, per i casi di coscienza, la summa di Diana e l'opera di Bonacina. Otenne la laurea.  Prese quindi a frequentare il foro, senza tralasciare, tuttavia, lo studio delle belle lettere sotto la guida del leccese Giordano che lo avviò alla lettura dei moderni: Capua, Cornelio, Boyle, Gassendi, e Cartesio. Non trascura i classici, CICERONE e Quintiliano sopra tutti, studia il francese, i rudimenti della geometria su Euclide e la medicina sotto la guida di Donzelli. Di lì a poco prese a frequentare il circolo di Valletta e strinse amicizia con diversi personaggi illustri: Billio, Anastasio, Lucina, Grazini, Greco, Monforte, Cristofaro, Capasso, Cirillo, Egizio, Vitagliano, Danio, Stocchetti.  È di questi anni l'idea, cara all'ambiente vallettiano, di una storia universale della filosofia, che il G. concepì in contrapposizione a Benedictis. Questi, sotto lo pseudonimo di Benedetto Aletino, aveva dato alle stampe a Napoli le Lettere apologetiche in difesa della teologia scolastica e della filosofia peripatetica: cinque lettere indirizzate a personaggi fittizi (ma facilmente identificabili) e reali dell'ambiente investigante. La necessità di una risposta al gesuita fu immediata; lo stesso G. fornisce l'elenco di quanti risposero o manifestarono l'intenzione di rispondere: Lucina, Filippo Anastasio, Andrea, Greco e Magrino. Da parte sua il G. in un primo momento (è lui stesso a ricordarlo) pensò di rispondere indirettamente, compilando la sopra ricordata storia, che avrebbe dovuto seguire lo sviluppo della filosofia nelle singole nazioni, soprattutto nel suo sorgere presso i Greci, nel passaggio ai Romani, quindi agli Arabi e infine ai moderni.  Quando apparve chiaro che le risposte attese o annunciate non avevano raggiunto lo scopo o che addirittura erano destinate a restare allo stato di progetto, mentre peraltro l'Aletino e i suoi sostenitori continuavano nell'offensiva contro i moderni, il G. si accinse a rispondere al gesuita.  Le tre risposte di G. videro la luce. Nella prima (Risposta alla lettera apologetica in difesa della teologia scolastica di Aletino. Opera nella quale si dimostra esser quanto necessaria ed utile la teologia dogmatica e metodica, tanto inutile, e vana la volgar teologia scolastica, stampata a Ginevra per l'interessamento di Musitano, presso Tournes, ma datata da Colonia presso Hecht), pubblicata anonima, il G. muove dalla distinzione (già in Valletta) tra una buona e una cattiva (volgare) scolastica: la prima che non si discosta dalla Sacra Scrittura, dalla tradizione, dai Padri, dai concili, dall'autorità, la seconda che, al contrario, non fa debitamente ricorso alla tradizione e pretende di provare le verità di fede con la sola ragione umana, muovendo dalla filosofia. Cartesio, che secondo uno schema consueto ai novatoresnapoletani viene accomunato spesso a Gassendi, è presentato come estremamente rispettoso nei confronti della sacra dottrina, in contrapposizione a quei filosofi che dialettizzavano la teologia.  La Risposta, di cui ben presto si conosce il nome dell'autore, procura a G. notevole fama e apprezzamento anche fuori del Regno e lo mise in contatto con letterati illustri, tra cui Gravina, Muratori, Magliabechi, e Mabillon. Nella seconda risposta (Risposta alla seconda lettera apologetica di Benedetto Aletino. Opera utilissima a' professori della FILOSOFIA, in cui fassi vedere quanto manchevole sia la peripatetica dottrina), non più anonima, data la favorevole accoglienza della prima, e stampata realmente a Colonia "perché trovò le stamperie occupate in Ginevra", sono affrontati più direttamente i problemi della filosofia aristotelica e del suo rapporto con la fede e con la dottrina cristiana.  Con abile mossa il G. trasforma questa seconda risposta in un serrato attacco ad Aristotele, proprio sul terreno più caro all'Aletino, l'affidabilità teologica dello Stagirita. Sulla base di un sapiente incastro di testi (Patrizi, Ramo, Gassendi, ma anche gesuiti come Maldonado, Possevino, Elizade o domenicani come Cano) e di abili argomentazioni, G. dimostra come alla luce dei principî aristotelici diventino insostenibili i cardini della fede cristiana: la provvidenza, la creazione, l'immortalità dell'anima; e, sul versante della scienza, la corruttibilità dei cieli. Diversamente, i moderni, Cartesio sopra tutti, hanno professato dottrine non in contrasto con le Scritture: ne è esempio l'impegno del filosofo francese per conciliare la dottrina eucaristica con la sua concezione della res extensa.  Alla terza risposta (Risposta alla terza lettera apologetica contra il Cartesio creduto da più d'Aristotele d’Aletino. Opera in cui dimostrasi quanto salda e pia sia la filosofia di Renato delle Carte e perché questa si debba stimare più d'Aristotele), stampata questa volta in Napoli da Rosselli, ma sempre con l'indicazione di Colonia (perché senza la licenza dell'arcivescovo), è affidata la difesa di Descartes dagli attacchi dell'Aletino.  Questa risposta, più ancora delle prime due, rappresenta uno fra i più importanti documenti nella diffusione del pensiero e delle opere di Descartes in ambiente napoletano. G. appare, anzi, come uno dei più attenti, se non il più attento interprete partenopeo del filosofo francese, sia per la conoscenza pressoché integrale del corpuscartesiano allora disponibile, comprese le lettere e gli Opuscula postuma, sia per l'acume interpretativo. Descartes, "il miglior filosofante di ogni tempo", viene visto soprattutto muovendo dalla sua metafisica: "È ben noto che non solamente il metafisico sistema cartesiano s'aggiri tutto intorno alla cognizione d'Iddio ma il sistema ancor fisico tutto quanto è, suppone necessariamente per fabro, e regolatore il supremo facitore" sicché "togliendosi per ipotesi il darsi Iddio, caderebbe e si ridurrebbe a nulla la macchina del Cartesiano sistema. Questa piegatura metafisica, nuova rispetto a pensatori come Valletta e D'Andrea e più in generale all'ambiente investigante e a quello dell'Accademia di Medina Coeli, permise a G. di allontanare da Descartes la pericolosa accusa di collusione con l'atomismo antico, e di inserirlo nell'alveo della tradizione di Platone e di Agostino, di cui, in particolare, Cartesio è detto fido seguace. Tutti i temi e i testi della metafisica cartesiana, in un discorso che è al tempo stesso giustificazione e ricostruzione del moto rinnovatore napoletano che da quei testi aveva tratto alimento, sono passati in rassegna: il dubbio, il cogito ergo sum, il criterio dell'evidenza (ove grande importanza è data al momento dell'intuitus, il "guardo"), le dimostrazioni dell'esistenza del divino. Esaminata e così difesa la metafisica, la fisica cartesiana, di cui G. discute il ruolo delle ipotesi (diverse dalle supposizioni dei poeti e degli astronomi, spesso impossibili), appare se non più agevole, certo più sicura. G., che difende al tempo stesso Descartes e CAPUA (si veda), polemizza non solo con Aletino ma anche con talune sue fonti come Daniel e soprattutto l'astronomo Petit, che Aletino aveva indicato come propria guida. Vengono così discusse, cogliendone precisamente i nessi, le principali concezioni fisiche del filosofo francese: il corpuscolarismo legato al rifiuto delle forme sostanziali (concetto applicabile solo all'anima "ragionevole"); la riduzione della materia a estensione e negazione del vuoto; l'universo indefinito (non infinito come gli attribuiva l'Aletino), costituito dal moto che il divino ha impresso alla materia; l'accettazione del principio inerziale, da cui discende che il cosmo è retto dalle leggi del moto e liberato da ogni visione antropomorfica e finalistica. Con questo cosmo materiale l'uomo, non più centro dell'universo, intrattiene un rapporto grazie alle sensazioni e alle passioni, che sono in vista della conservazione e della salvaguardia del composto anima e corpo.  Usce una replica dell'Aletino alla risposta di G., la difesa della scolastica teologia, ed ebbe inizio anche lo scambio di accuse tra i due presso il sant'uffizio, che diede il via a una serie di relazioni e controrelazioni. Nonostante ciò, G. trova a Roma un clima non del tutto sfavorevole, soprattutto tra i prelati filogiansenisti, e l'opera poté liberamente circolare; anzi, grazie soprattutto all'interessamento di Magliabechi (cfr. lettera del G. a Magliabechi, Firenze, Biblioteca nazionale, Magl.), ebbe una notevole diffusione in Italia e fuori. G. abbozza le risposte contro la IV e la lettera del gesuita. Venne colto da un colpo apoplettico e l'anno dopo l'Aletino (insinuando che Ignazio avesse colpito G. perché aveva osato malmenar la sua compagnia) intervenne nuovamente con una Difesa della terza lettera apologetica di ALETINO (si veda). La morte del gesuita -- G. non manca qualche anno più tardi di vendicarsi delle insinuazioni d’Aletino, collegando la sua morte a una punizione celeste -- la sua stessa malattia, la denuncia alla congregazione romana delle tre risposte, il fatto che altri avessero risposto alla replica dell'Aletino (Filippo Anastasio diede fuori uno scritto, che non venne pubblicato, ma G. ebbe modo di leggerlo), sono tra i motivi per cui G. non volle dar seguito allora alla polemica; nello stesso periodo, tuttavia, mise mano a un'Analisi del modo di teologare, il cui bersaglio era pur sempre la teologia scolastica, che l'autore non portò a termine perché chiamato (direttamente dalla corte di Barcellona, su consiglio di Caravita) a difendere gli editti regi in materia di benefici ecclesiastici nel Regno di Napoli contro la Curia romana.  G., che aveva già ricoperto cariche in seno all'amministrazione (governatore dell'arrendamento dei ferri in Terra di Lavoro e deputato dell'arrendamento del tabacco), venne chiamato a questo incarico. La pretesa di Carlo d'Asburgo, espressa negli editti, di conferire benefici ecclesiastici solo a regnicoli, contro la pretesa della curia romana, venne dunque sostenuta da G. nelle Considerazioni teologico-politiche fatte a pro degli editti di s. maestà cattolica intorno alle rendite ecclesiastiche del regno di Napoli, che furono recensite nel supplemento degl’acta eruditorum. La risposta di Roma non si fa attendere. La Curia emana una bolla che colpe, con le opere di Riccardi ed Argento, la prima parte del trattato delle considerazioni teologico-politiche, mentre la seconda parte venne raggiunta dalla censura neppure un mese dopo. G., che è nominato consigliere straordinario del tribunale di S. Chiara (divenne ordinario piu tardi), prepara contro il testo della censura (la cui stesura si doveva al benedettino tedeschi) un avviso critico et apologetico intorno alla bolla, et alla censura fatta a’ saggi intitulati Considerazioni teologico-politche, che circola manoscritto negli ambienti anticuriali napoletani.  Morto l'Aletino, la polemica con i gesuiti non cessa. In un processo che li riguarda essi ricusarono G. come giudice, facendo leva sulla passata polemica con il loro confratello e ottennero poi, con l'appoggio del reggente Biscardi, l'esclusione di G. da tutti i processi in cui fosse coinvolta la Compagnia, con una sentenza del Collaterale. G., che cerca inutilmente di ottenere la revoca del decreto (facendo anche intervenire Muratori presso il vice-ré Arese, di cui l'abate modenese era amico), ha tuttavia dalla sua parte Argento e il reggente Rubini. Numerosi consulti negli anni successivi testimoniano la sua attività di consigliere. In questi stessi anni G. riprende in mano le risposte all'Aletino con l'intenzione di pubblicarne una nuova edizione. Le controverse vicende della stampa sono documentate dal G. stesso nelle sue Memorie, ora pubblicate, a cura di Comparato, con il titolo Memorie di un anticurialista, Firenze. Terminata la stesura dell'opera G. chiese la licenza di stampa al Collaterale (non all'arcivescovo, precisa lo stesso G., per l'illegittimità, a suo avviso, della licenza ecclesiastica); si rivolse quindi allo stampatore Parrino, che, iniziata la stampa, la sospese di lì a poco su pressione di ambienti curiali. A questo punto G., secondo una prassi invalsa, ottenuti dallo stesso Parrino i caratteri, continuò la stampa in casa propria. Gli ostacoli e gli equivoci erano, tuttavia, ben lungi dall'essere superati: il cardinale Pignatelli, arcivescovo di Napoli, cercò, infatti, di far interrompere la stampa, senza però riuscirci; d'altro canto il viceré, cardinale Althan, che in un primo momento aveva fatto intendere che avrebbe gradito che l'opera gli fosse dedicata - cosa che G. fa - solleva mille difficoltà, cui G. risponde punto per punto, finché "vidde, ed odorò che il signor viceré non facea più da viceré, le cui parti altre certamente sarebbero state, ma da ministro di Roma, e da esecutore delle voglie altrui, non ascoltando altro che gl'impulsi venutigli da colà. I volumi, già stampati, vennero sequestrati, salvo quelli che il G. aveva fatto circolare tra gli amici. Tre copie vennero inviate a Roma per il tramite del cardinale Àlvaro Cienfuegos, ministro plenipotenziario austriaco. Una di queste venne fatta pervenire direttamente al pontefice. Arriva la condanna della congregazione dell'Indice, che colpiva sia la prima sia la seconda edizione delle Risposte. Il G. affidò la sua difesa a un memoriale in cui rivendicava il fatto che la prima edizione delle Risposte fosse passata immune per ben tre volte all'esame del Sant'Uffizio.  La nuova edizione, intitolata Discussioni istoriche, teologiche, e filosofiche di G. fatte per occasione della risposta alle lettere apologetiche di Benedetto Aletino (Lucca), contiene, in realtà, alcune importanti aggiunte, che danno conto soprattutto delle letture che in quegli anni G. andava facendo e di nuovi legami maturati anche al di fuori dell'ambiente napoletano: in particolare Mabillon e Muratori, Jean Le Clerc e Noël Alexandre. Gli interventi più significativi sono nella prima risposta, con una più convinta difesa del giansenismo, che è al tempo stesso presa di posizione per un cristianesimo nutrito delle sacre scritture. Ciò significa anche, nel momento in cui veniva tolta alla ragione la giurisdizione sulla fede, liberare il campo della filosofia dalle intrusioni teologiche e difendere quella libertas philosophandi che era stata e continuava a essere la bandiera dei novatores. Le risposte alla quarta e alla quinta lettera, rimaste manoscritte e ora conservate presso la Biblioteca nazionale di Napoli, furono redatte in un lasso di tempo che presumibilmente va dagli anni immediatamente successivi alla pubblicazione della terza risposta a dopo il 1724. Nella quarta risposta G. attinge a filosofi come Bayle e Simon, a libertini come Vayer e Naudé, alla cultura investigante, sempre a Descartes, ma anche a Malebranche. E, tuttavia, è soprattutto Muratori, con le sue Riflessioni sopra il buon gusto, a rappresentare in questa fase, in cui la polemica con l'Aletino è ormai piuttosto un pretesto, un punto di riferimento. La scolastica è attaccata sia nel suo interprete più ortodosso, AQUINO (si veda), la cui valorizzazione di Aristotele non può servire ai sostenitori del filosofo greco perché filologicamente non sorretta dalla conoscenza del greco, sia nel suo ispiratore principe e cioè Aristotele stesso, di cui G. passa in rassegna gli errori nelle varie scienze. A essi, tuttavia, G. non contrappone un nuovo corpus dottrinale, bensì, con un atteggiamento caro ai moderni, il metodo, aprendosi a una vera e propria apologia della ricerca.  Non mancano altresì affermazioni che nella sostanza suonano anti-cartesiane, soprattutto nella direzione di un certo vitalismo della tradizione naturalistica meridionale. Nella quinta risposta, Per la scelta d'Aristotele in maestro contro a' libertini ed atomisti, G. affronta il tema dell'ateo virtuoso e, per spezzare la relazione tra atomismo e ateismo, cavallo di battaglia dell'Aletino, ribalta l'accusa di ateismo su Aristotele, che per di più è giunto in Occidente attraverso la mediazione irreligiosa di Averroè ed è all'origine sia degl’errori di POMPONAZZI (si veda) sia, ancor più, di Spinoza. La fortuna della filosofia aristotelica, d'altro canto, era nata, secondo G., dalla crisi della cultura nel Medio Evo e ora era in declino proprio per l'avanzamento della verità, grazie, soprattutto, alle scienze sperimentali.  L'opera, che si conclude con un'apologia della ragione e dell'esperienza, contiene anche i germi di quel riformismo cattolico che troverà in Muratori più compiuta maturazione: diminuzione delle feste religiose, superamento della condanna sull'usura, rifiuto del magico e del diabolico. Rinnovamento che passa - ciò è una costante nelle opere del G. - attraverso la comprensione critica della storia ecclesiastica, meglio, attraverso la storia ecclesiastica quale strumento critico della disciplina se non della dottrina.  Dall'uscita di scena del viceré d'Althan all'avvento degli Austriaci, G. trascorse uno dei periodi più tranquilli della sua vita e al tempo stesso più intensi per la sua attività politica. Insieme con Garofalo compila la lista delle proposizioni ingiuriose alla potestà de' principi nelle Riflessioni morali e teologiche, scritte da Sanfelice contro Giannone, prende parte al progetto di riforma dell'Università di Napoli, appoggiò la candidatura di Garofalo a teologo del Collaterale e di Galiani alla cappellania maggiore del Regno. Il ritorno a Napoli degli Spagnoli con l'avvento di Carlo di Borbone segna una nuova svolta negativa nella vita di G., nei cui confronti venne aperta un'inchiesta, ancora una volta in base alle accuse della corte di Roma e dei gesuiti, in seguito alla quale perse la carica di consigliere, non senza, tuttavia, che il re riconoscesse il suo valore: gli venne, infatti, concesso "l'onor della toga e l'intiero soldo".  È in questo momento che il G. pose mano all'Istoria de' libri di Costantino Grimaldi scritta da lui medesimo, con l'intento di difendere il suo operato; fonte preziosa che permette di seguire la genesi delle sue opere e delle polemiche in cui fu impegnato. Per ottenere il passaggio delle sue opere censurate dalla prima alla seconda categoria dell'Indicedovette adoperarsi con tutte le forze, ricorrendo agli amici, facendo appello a tutta la Curia romana e giungendo, infine, a una ritrattazione che, a sua insaputa e con suo disappunto, venne pubblicata l'anno successivo nelle Novelle letterarie di Venezia.  Negli anni successivi visse appartato, continuando a intrattenere rapporti epistolari con vari rappresentanti della repubblica letteraria, in particolare G.M. Mazzuchelli. A questo invierà l'Elogium che gli aveva dedicato il padre Casto Innocente Ansaldi, insieme con le Discussioni storiche e una versione abbreviata dell'Istoria de' libri cui aggiunse le notizie relative agli anni successivi e cenni sulla sua giovinezza, materiali questi che Mazzuchelli utilizzerà per le Notizie storiche e critiche intorno alla vita e agli scritti di C. G., pubblicate l'anno dopo della morte del G. nella Raccolta d'opuscoli scientifici e filologici di A. Calogerà.  G. E ARRESTATO con l'accusa di intrattenere corrispondenza con gli Austriaci. G. resta in carcere quaranta giorni (Vat. lat.). Dello stesso anno è una Lettera apologetica indirizzata a Paoli sull'involuzione della liturgia nel Medioevo (tema ripreso in due lettere a Mazzuchelli). Polemiche attardate, come quella durante la crisi napoletana del Sant'Uffizio allorché  G. compose il trattato Sciagura maggiore, rimasto manoscritto, in cui ripropone la lotta anticuriale a favore del sovrano e CONTRO L’INTRUSIONE DEL POTERE DI ROMA. L'ultimo scritto di G., pubblicato postumo (Roma, Milano) a cura del figlio, è una Dissertazione in cui si investiga quali sieno le operazioni che dependono dalla magia diabolica e quali quelle che derivano dalle magie artificiale e naturale. G. muore a Napoli. Dei tredici figli gli sopravvissero Gregorio e Ginesio, Bernardo, chierico e abate di S. Maria della Misericordia a Itri, Aniceto e Teodosio, monaci olivetani. G. intrattenne un'ampia corrispondenza: in particolare le sue lettere al Magliabechi sono conservate nella Biblioteca di Firenze, quelle al Muratori nell'Archivio Muratoriano di Modena, quelle al Bottari, infine, presso la Biblioteca Corsiniana di Roma.  Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat.: Viri clarissimi G. senatoris Neapolitani elogium authore P. C.I. A. O.P. [Ansaldi]; G., Lettera di Claristo Licenteo [Licunteo] scritta a Grandini, in cui si essaminan due luoghi del signor Francesco Maradei in persona del regio consiglier d. C. G.; Lettere dal Regno a  Magliabechi, a cura di A. Quondam - M. Rak, Napoli; Scarfò, Opuscoli, III, Napoli; Mazzuchelli, Notizie storiche e critiche intorno a G., in Calogerà, Raccolta d'opuscoli scientifici e filologici, Venezia; Index librorum prohibitorum, Roma; Delfico-CIVITELLA, Elogio di C. G., Napoli; Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, III, Napoli; Schipa, Il Muratori e la coltura napoletana, Arch. stor. per la provincie napoletane; Sposato, Le "Lettere provinciali" di Pascal e la loro diffusione a Napoli durante la rivoluzione filosofica, Tivoli; Badaloni, Introduzione a VICO, Milano; Boscherini Giancotti, Nota sulla diffusione della filosofia di Spinoza in Italia, Giorn. critico della filosofia italiana; Ajello, Il pre-illuminismo giuridico, Napoli; Comparato, Ragione e fede nelle discussioni istoriche, teologiche e filosofiche di G., Saggi e ricerche, Napoli; Giovanni, "De nostri temporis studiorum ratione" nella cultura napoletana, in Corsano et al., Omaggio a VICO, Napoli; Giovanni, Il ceto intellettuale a Napoli e la restaurazione del Regno, Napoli; Venturi, Settecento riformatore. Da Muratori a Beccaria, Torino; Comparato, Valletta e le sue opere. Un intellettuale napoletano, Napoli; Ricuperati, L'esperienza civile e religiosa di Giannone, Milano-Napoli; Lauro, Il giurisdizionalismo pre-giannoniano nel Regno di Napoli. Problema e bibliografia, Roma; Osbat, L'Inquisizione a Napoli: il processo agli ateisti; Roma; Ricuperati, G., Nota introduttiva, in Dal Muratori al Cesarotti. Politici ed economisti, Milano-Napoli, Garin, STORIA DELLA FILOSOFIA ITALIANA, Torino; Ferrone, Scienza natura religione. Mondo newtoniano e cultura italiana, Napoli; Torrini, La discussione sullo statuto della scienza, in GALILEI a Napoli, a cura di Lomonaco - Torrini, Napoli, Cacciapuoti, Il processo agl’ateisti: dalle discussioni teologiche al gius-naturalismo, in Dalla scienza mirabile alla scienza nuova. Cartesio e Napoli, Napoli, Belgioioso, La variata immagine di Descartes. Gli itinerari della metafisica tra Parigi e Napoli, Lecce; Lojacono, Immagini di Descartes a Napoli: da Valletta a G., II, in Nouvelles de la république des lettres.  Grice: “There is something to be said about what Italians, in connection with Grimaldi, call ‘anti-curialismo,’ as opposed to the more general, and more revolutionary, ‘anti-clericalismo.’ My father being a non-conformist, would love Grimaldi on both counts!” -- Costantino Grimaldi. Grimaldi. Keywords: magica naturale, magica artificiale, magica diabolica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Grimaldi: implicatura peripatetica”– The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Grimaldi: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale dell’inter-azione – filosofia calabrese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Seminara). Filosofo Italiano. Seminara, Reggio CGrice italiano: “Grimaldi for some reason did some deep research on cynicism – a wonderful etymology, too!” -- Esponente dell'illuminismo. Fratello minore di Domenico Grimaldi, filosofo. Nato in una famiglia aristocratica che faceva risalire le proprie origini alla nota famiglia di Genova, dei principi di Monaco, ricevette la prima educazione dal padre, il marchese Pio Grimaldi, un uomo colto che aveva cominciato a introdurre criteri di conduzione innovativi nelle sue proprietà terriere (peraltro non molto estese). Inviato a Napoli, conosce Genovesi. Comincia a interessarsi alle vicende culturali e politiche della Repubblica di Genova: volle anch'egli essere iscritto fra i patrizi di Genova, esprimendo la convinzione che l'aristocrazia genovese avrebbe dovuto riprendere la funzione, svolta nei secoli precedenti, di classe dirigente della Repubblica. Studia il diritto testamentario romano. Fu pertanto fautore del “fedecommesso” istituzione risalente a Roma antica e prediletta dalla classe aristocratica.  Maestro venerabile della loggia massonica di Genova. Partendo dalla filosofia romana, cerca di analizzare l’interazione umana. Al di fuori della società l'uomo, in balia dei "sentimenti fisici", diventerebbe “un vero bruto” – “como Romolo” --. Tali riflessioni saranno approfondite nel "Saggio sull'ineguaglianza umana”. Sostenne che, in natura, gli uomini non sono uguali e che le differenze, sia fisiche che morali, ha origini soprattutto ambientali, per es., il clima, la diffusione delle malattie. La inter-azione  non e uno stato di corruzione, ma lo stato naturale dell'uomo. La struttura gerarchica dell'Ancien Régime è giustificata dall'ineguaglianza degli uomini. L’educazione non sarebbe riuscita ad appianare tale disuguaglianza. Scrive gli Annali del Regno di Napoli. Fa una Descrizione de' tremuoti accaduti nella Calabria. Altre saggi: De successionibus legitimis in urbe Neapolitana systema. Pars prima in qua ius Graecum Neapolitanum vetus, et ius omne Romanum a 12 tabulis ad Iustinianum vsque absolutissime expenditurm Napoli: Simoniana; Lettera sopra la musica all'eccellentissimo signore Agostino Lomellini già doge della serenissima repubblica di Genova Napoli; “La vita di Ansaldo G. patrizio genovese, illustrata con riflessioni politiche, e morali, e con una brieve narrazione del governo politico della Repubblica di Genova dalla sua origine” (Napoli: Raimondi); La vita di Diogene Cinicom Napoli: Vocola; Riflessioni sopra l'ineguaglianza fra gli uominim Napoli: Vocola). (Franco Crispini, Vibo Valentia: Sistema Bibliotecario Vibonese, Annali del Regno di Napoli dedicati a Ferdinando IV. re delle Due Sicilie. Dal primo anno dell'edificazione di Roma, Napoli: Porcelli); “Annali del Regno di Napoli, Napoli: Porcelli; “Descrizione de' tremuoti accaduti nelle Calabriem Napoli: Porcelli. (Saverio Napolitano, Bordighera: Manago. La vita di Ansaldo G. patrizio Genovese Napoli: Raimondiana; “De successionibus legitimis in urbe Neapolitana” (Napoli: Simoniana); “Nico Perrone, La Loggia della Philantropia. Un religioso danese a Napoli prima della rivoluzione. Con la corrispondenza massonica e altri documenti, Palermo, Sellerio); Tessitore, G. e l'ineguaglianzam Nuovi contributi alla storia e alla teoria dello storicismo, Roma: Edizioni di storia e letteratura, Tallarico, CESTARI Cestaro. In Roma: Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Crispini, Appartenenze illuministiche: i calabresi Salfi e G., Cosenza: Klipper, Dizionario Biografico degl’Italiani, Roma: Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Boccanera, «G. In: E.Tipaldo, Biografia degl’italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti, e de' contemporanei, compilata da letterati italiani di ogni provincia e pubblicata per cura di Tipaldo” (Venezia, Alvisopoli)’ CIVITELLA, Elogio di G., dei signori di MESSIMERI, patrizio di Genova e assessore di Guerra e Marina, Napoli: Orsino (in Opere complete di CIVITELLA, a cura dei Pannella e Savorini,  Teramo: Fabbri. Ubbidiente, Il pensiero e l'opera dei G.. Tesi di Laurea in Filosofia italiana. Salerno. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dell’ineguaglianza degl’esseri organici. Dell ineguagliang? del [effe , 9 deir età degli ejferf organici . Della dissimilitudine fisica che vi è traglt nominile gl’altri esseri organici, Dell' ineguaglianga fisica tra gl’uomini . Dell' ineguaglianza della senfìbìlità 3S» degli esseri organici. Dell’ineguaglianza della senfibilittà tra gl’uomini . Dell ineguaglianza delle facoltà intellettuali; Dell'ineguaglianza delle pajjio; Dell’ineguaglianza della volontà; Principio generale intrinseco dell' ine- * , gli uomini Si sono ritrovati dopo della generale inondavo- Uh cietà familiari; delle tribù de’selvaggi; delle nazioni barbare; delle nazioni civili; dello Sviluppo delle facoltà intellettuali nelle Nazioni civili relativamente all’arti, ed al. /e fetente; Dello sviluppo delle pajjioni de- uomini ctvilt; Della maniera come dicare dell’ homo morale nella civile società .  U"T^XEl? ineguaglianza naturale; Della libertà e della serviti civile; De Governi; Della legge di Natura; Del diritto delle Genti; Del Diritto Civile; Della maniera come fi giudica da noi; L’ineguaglianza politica de’ diritti e dell’obbligazioni degli uomini; Questa breve ricordatila dell’ illustre cittadino, questo semplice monumento alla memoria d’un Uomo celebre nella Repubblica delle Lettere, questo esempio «i« • l*» ttttmalv m »!tX4 «m ITlUvl/1C ifflHllU tato dalla sincera e disinteressata amidkia. Possa egli contribui- re ad alleviare il dolore d’ una perdita nazionale , servire per ricordo di gratitudine a’ concittadini, per motivo d’imitazione agli Uomini di Lettere, e somministrare un modello a coloro che bramano di conservar nel loro cuore i più rispettabili sentimenti, che istillar possono concordi la Natura e l’ Educazione. Nascita , Grimaldi t 4*4 vi 44 ed 'TT'L nome Grimaldi contemporanco alla Storia Moderna d’ Europa stat0 scmPrc SECONDO d’ Eroi. Un ramo di questa illustre Famiglia si trova da più secoli trapiantato in estraneo suolo, cioè, nella Città di Scminara in Calabria (<z) . Ivi da Pio Grimaldi e Porzia Grimaldi nacque Francescan- tonìo; Le emigrazioni delle famiglie da uno stato all'altro in Italia furono frequentissime quando per la debolezza delle Costituzioni de’ Governi non regnavano le leggi ma i partiti. Genova soffre forse più lungamente che qualunque altra Città d’Italia queste politiche concussioni. I G. Guelfi di partito, hanno de' tempi di disdetta; ma non e ni per disgrazia ni per delitto che Bartolomeo G. si spatrio. Figlio sccotiAoeenìio di Ranieri, PRINCIPE DI MONACO, venne colle sue galee in ajuto del Re Roberto a ri-acquistar la Sicilia, e forma il ramo de’ Grimaldi Signori di Messirneri. Per più d' un secolo, ciol , fino ai tempi di Giovanna II. essi si conservarono in grande stato; ma le non insolitejiccnde di famiglia, più frequenti ancora sotto quel Regno, ridussero i G. in più umile grado di fortune. Perdute le grandi ricchezze,' e ridottisi -in urta - Città- di Provincia, conobbero chi vi può sere una grandezza nella virtù che forse frequenta più le private abitazioni che quelle de' grandi. Piccola consolazione nel Cinsuperabile ineguaglianzal » -~-4» ionio (a) , che ha accresciuto nuovo lustro agli allori -de' suoi maggiori. L’onestà, la virtù, e le lettere, che avevano fatto sempre la principal caratteristica di questa famiglia, fecero l'educazione di colui che abbiamo per duco. 11 di lui savio genitore, memore di partecipare all’autorità suprema d’ una republica illustre, non conserva solo nel suo cuore le comuni doti d’ordine degne d’un membro di senato aristocratico t ma nato in una libera monarchia riconosce altre più vere idee della virtù, che sa imprimere nell’animo di quelli a’quali aveva dato l’esistenza. Conosce egli che la severità della virtù passa agevolmente in difetto quando non è accompagnata da quei sentimenti d’umanità che devono costituire il benefico carattere dell’uonjo sociale; e che questo perfezionamento della virtù non si acquista che coltivando lo spirito, e perfezionando la ragione. Per tal modo quel tavil>«tUirJatJ»***-!r «<* *mi ri no que’ semi virtuosi, che vennero poi vigorosamente a germogliare. L’esempio stesso della di lui vita fu per esso una continua lezione di que’ doveri che accompagnano l’uomo ne’suoi varj rapporti e situazioni. Qual raro e piacevole spettacolo è in latti, il vedere un amico genitore occuparsi gradatamente a perfezionare l’instabile e balbettante lingua de’ suoi fanciulli e condurli quindi alla conoscenza e varietà de’ linguaggi; mostrar  «M vili H» Strar. loro ora l’ indole degl’idiomi, ora le bellezze dello stile t ora la verità de’ fatti ed ora quelle della ragione! Questa e la vera e rara educazione , che G. ha la sorte di godere. Il solo padre e il suo istitutore. Nato con una costituzione vigorosa, sana, e di sanguigno temperamento, ajutato da una educazione corrispondente sviluppa prematuramente un carattere capace del grande. E siccome sono le circostanze che determinano 1’attività nostra a tale o tal’altra direzione, così le sue forze incapaci d’ un’inerzia vergognosa, presto si determinarono al laborioso miglioramento delle facoltà intellettuali, che duplicano quasi la nostra esistenza, facendo sviluppare lo spirito e sublimando la ragione. Ciò che si chiama Corso di Stud) no» fu per esso, come co* illunemente esser suole , una serie di lezioni consuetudinarie, che invoco di mijlioi—• I— ,p!n»A non famin rVm deteriorarlo. Egli studia le scienze con quella vera attenzione, che meditando su le idee e verità conosciute vede sbucciarne delle nuova, e richiamando per i varj e necessarj rapporti mol te idee a quella che principalmente si medita, fa quasi sorgere  crea nuove verità , che altrimenti resterebbero in dubbio retaggio ai secoli futuri. Un’anima cosi elevata da moltiplicità di cognizioni erra qualche tempo nell’immenso campo delle idee, ora seguitandone arditamente una serie, ora poggiando su le adire per sentirle quasi più da vicino j ma noa SÌ stabilisce finalmente e riposa che sopra quelle , che sono d’ un vantaggio dichiarato per t* nomo. La Morale scientifica e prattica no , non è per nostra sverrà tura un affar comune e volgare. £' il risultato di meditazioni profonde, di cognizioni moltiplici , di quantità di paragoni, che dopo d’averne quasi formato un corso d'esperienze, ritorna alle cagioni e ne stabilisce i principj . E' la scienza dell» Felicità publica e privata: fi chiunque non è nuovo nelle scienze converrà facilmente che questa parte della FILOSOFIA è egualmente grande per l’ importar»»» •»»  p»r hi sue sublimità. Questa fu , non dirò la prescelta dal nostro G., ma quella verso della quale egli e trasportato dalla forza del suo intendimento combinata con quella del suo cuore. I primi saggi infatti del di lui spiritOi anche indirettamente, fecero subito riconoscerc quésta naturale inclinazione» Un* -11°— " ra o nell’ immenso caos delle sensazioni i principj di quell’armonia generale che donò il gusto del Bello ma fra le Belle Arti la Musica é forse la più vicina e la più dipendente da codesti principj non ancora interamente rivelati dalla Natura. Perciò allor quando il cuore è più sensibile e l’anima più armonica è facile il trasporto al gusto musicale . 11 di lui savio educatore fin dalla prima infanzia profitta di questo stato precoce della sensibilità del suo allievo. Quindi seppe insinuargli fc fargli nascere il più sicuro senso dell’ordine, della proporzione, e dell'armouia, coll’isiruirlo nei principj del Disegno, della a Pittura e della Musica. Non vedeva egli ancora qua! parta avessero queste istruzioni nell’ istituzione della virtù: onde seguitò lo studio della Musica per trasporto piuttosto che per ragione. Ma allorché le altre cognizioni cominciarono ad accu»snidarsi nel di lui spirito - quando cominciò a travedere ( che la Musica non è solamente un’ arte , ma parte ancora delle scienze sublimi quando riconobbe gli effetti sicuri e necessar}, della Musica, e che i principi dell' armonia sono immediatamente dettati della Natura , non si ritenne più su la semplice esecuzione , nè Sì contentò della sola parte imitatrice, ma volle esprimere le proprie idee , ie mflhagini, i sentimenti; e ’l suo istromento rispose perfettamente alle domande. I suoi progress* furono in breve meravigliosi , giacché il gusto, 1’esattezza e i’ espressione vi si ravvisavano tanto nell inventare che neU’eseguire. Per la perfezione meccanica dell’ arte si richiede un esercìzio abituale C Continuo di , ma un taT-nt/. «OH fattO pCt rimanersi alle porte del tempio della gloria prende delle Belle Arti quella parte che serve al miglioramento della sensibilità , c trapassa ad altri più utili oggetti. Egli nondimeno, trasportato k veder tutto per un lato morale, avendo osservato colla scorta degli Antichi che la Musica ha tante influenza sul cuore e sul costume, cioè sulla creazione di quei sentimenti fondamen- ti' , che caratterizzano gl’ individui e le nazioni, volle comnunicare al pubblico le sue osservazioni, *i-»•«-*«...j j>*•t ** Sono secssoesaeeMieMfleM —* . > Ono esse contenute nella Lettera sopra la Musica alt Lo- Lettera sopt4 ^ HSK*> cruentissimo LOMELLINI (si veda). A quest' uo* no degno d’ eterna ricordanza volle G. indrizzare I» sue idee , non solo perchè n’ era un giudice competentissimo ì ma per attestargli parzialmente quella stima, della quale L’Europa tutta r onorava E‘ meraviglioso il vedere come G. in questa operici ciuola abbia potuto combinare tanta abbondanza d’erudizione è di ricerche, tante fona di wgtwaiMBta. Egli vede la musica come una parte sublime dalla FILOSOFIA } che ha contribuito all’espansione della virtù , alla regolarità de' Governi, alla conservazione del costumem alla sublimazione de’sentimenti più convenienti per 1’uomo. Vede che in altri tempi questa ch’era stata la miglioratrice degli animi, concorsi poi jJIk-Wo t» «rwwf! r i- eroe»a- j zioni dèlia sua sensibilità , attenuò quasi «1 indebolì finanche la fisica di lui costituzione. Tutti questi varj fenomeni sono dimostrativamente provati dalla Storia amica , e dalle memorie cd osservazioni de’ filosofi. La diversità degli e£* fotti pruova quelle delle cagioni, che il filosofò ricerca, Eglg incomincia dal distinguere la Musica sotto tre forme: la prima [Napoli] l! vx B2 * che chiama Naturale, la «*rr>nda Armoniea voluttuosa, e la terza Armonica Filosofica. Per quanto siamo lontani dalla prima esistenza della specie ì pure siamo in istato di giudicare della sua musica primitiva t perchè tuttavia esistente. Le impressioni delle passioni sull’organo vocale, la nascita degli accenti, la diversa prolusione di essi, la successione ora più stretta ora più larga degli stessi tuoni, o di pochi di essi; ecco la prima Musica naturale e vocale. L' imitazione dei rumori fece nascere l’ istromentale ; e una e 1’altra semplice e monotona, 1’una e l’altra conservata, nel civ Aizzamento della Società e nel perfezionamento della Musica, con questa differenza che quella restò sola presso le Nazioni barbare , ma nelle Nazioni culte restò quasi per la parte barbara della Nazione. Quindi è che le cantilene volgari portano quasi dappertutto questo carattere primitivo, La Musica Armonica voluttuosa pare «V»* non H.-hha essct distinta dall’ altra detta Filosofica, che per la qualità degli effetti , poiché l’una e l'altra ànno bisogno di Filosofia nella com- posizione. Ma la prima sembra diretta a soddisfare più 1’organo ecfj&itare le emozioni voluttuose , quanto 1’altra lo è a far nascere de’ sentimenti cooperatori della virtù , affinando la sensibilità non per una più estesa facilitazione di semplici piaceri corporali, ma per rendere la macchina e l’anima stessa armonica , onde sentire agevolmente 1’Ordine, che deve essere la base delle virtù politiche ed il sostegno degli stati. La Filosofia dunque della Musica dovrebbe consistere non solo nello stabilire una qualità di Musica assoluta, i cui effetti fossero» necessar e costanti, ma anche una relativa secondo il caratte- j re de’ popoli , che o si vogliono richiamare dalla corruzione, o avviare alla perfettibilità, e secondo l'indole o lo stato deità sensibilità lora Esaminando però U Storia, «cmlura-ch# qnesta Musica Filoso- fica abbia albergato poco sul Globo te più culte ne inno fatto più un oggetto di voluttà , che di costume. Questo però non toglie , che vi sia una verità di prit> cip), che si palesa negli Atti. Lm virtù e i sentimenti che le producono, possono avere un’espressione degna di esse : ecco la MUSICA FILOSOFICA. Questa forse era quella, «olla quale si can- tavano le antiche leggi, e le gesta degli Eroi ; questa, che det- tava i principi Morale, questa, che eccitava, i cuori all» gloria, e che nudriva 1’ amor sociale. Ecco perchè i più illustri fondaifijà delllumanitfc.|pci.Tl^., Al^nrio . oaio. Cadmo, Chirone furono tutti stimati inventori della Musica, non solo .perchè la Musica è l’emblema dell'armonia sociale, ma perchè ne è la conservatrice. Ecco perchè ancora, i filosofi di primi ordine o fecero della Musica una parte della Filosofia, o la caratterizzarono come uno dc^ più veri principi dell’ordine socia- le, che solo può conservare il costume e la costituzione degli Stati; ed ecco infine perchè il nostro Autore si duole che in tanto gTado di miglioramento morale non si richiamila Musica ai suoi principi, e non si feccia del piacere una strada alla virtù. Che se lasciasi ancora d’adoperarla con vista immediata al pubblico ... b«»e» j giacchi tutte le Nazioni Vita £Ansaldo G.. <H xiv H» mesacenomessat> cs>08e»OB <-B>ogs>ocr>opge>saeg>«o«"»aag*»a tene, può frattanto essere di grandissimo utile agli individui * giacché non manca in parte di quegli effetti , che decisamente migliorano la nostra sensibilità. Cosi egli, ad esempio de’ Filosofi antichi , moralizzò quest' Oggetto, seguendo con ciò la più utile determinazione del suo spirito <e la migliore applicazione delle proprie cognizioni. L gradimento dell’illustre Tìxdoge LOMELLINI (si veda) è grandissimo: Ie maggiore anche il piacer di vedere , che il nome Gri- maldi fuori del patrio suolo prometteva nuovo splendore alla Patria ed alla famiglia. La Republica di Genova già ammira i talenti del nostro G., quando dovett’essere più contenta nel vedere impegnata la di luì penna a dimostrar anche da lontano il più vero spirito patriotico , solo retaggio rimastogli dai tuoi antenati . Fu certamente 1’ effetto di questo sentimento che 1’impegnò a pubblicaro 1» Vita -4n**IJ* CrtrrutUi ^4) I Eroe della Patria e della famiglia. Chi legge questo libro par che non lo trovi corrispondente alla prima idea che dal titolo ne viene eccitata ; perchè poco vi si parla della vita d’Ansaldo. Sembrami però che due sono le mire principali dell'Autore, che ben rettificano la sua intenzione. La prima di rilevare quelle qualità d' Ansaldo, che gli fanno meritare il titolo di grande; la seconda, di rischiarare diversi [in Napoli   «H xv W versi punti importantissimi delia Storia politica di Genova e di segnare il carattere della sua vera Costituzione ed i principj veri e regolari della sua sussistenza. Quest' oggetto rientra tutto nella Storia d’Ansaldo, non solo perchè esso fu il Restitutore della libertà e del decoro ma perchè in quel tempo si scossero più possentemente i cardini della Republkana libertà e si stabill la insino allora di Stato è indivisa da quella dello Stato istesso . Non mancò dunque 1’Autore se non tenne dietro a quelle particolarità che occupano ordinaria J. rwna <Wi Biografi, ma pensa d’essere più utile col sostituire riflessioni s ed alle personalità, donde poi provenivano quelle vicende, che tenevano lo Stato in continua rivoluzione; e per quale suecessione di disordini si giunse finalmente all’ordine, che tuttora vi regna. E codesta, che interpolatamente contiene le gesta dell’Eroe, fa la parte principale dell’Opera. Ma siccome la Storia delle Republiche è stata sempre la vera miniera delle poli- tiche e morali osservazioni, cosi il nostro Autore non potè evitare quelle riflessioni che il corso della Storia naturalmente gli presentava. Esse sono opportunamente collocate , e formano quasi una «rie di tanti saggi Politici e Morali, ne’quali benché vacillante Aristocrazia. La storia dell' uomo interessanti a fatti di poco momento. Egli cosi ha divisa quest’Opera quasi in due parti . Nel Testo si fa come' un quadro animato della Storia Politica di Genova scritta da vero filosofo cagioni agli effetti. Fa veder come la mancanza di Costituzioni e **88* 1.10 . metraggio , cioè, ravvicinando le  thè r uomo non sia risparmiato , poiché viene mostrato qual' è schiavo delle passioni c delle circostanze, G. non lascia d’ indicare nel tempo stesso quei doveri, che in. ogni circostanza •ono le leggi vere della condotta e della vita • Bisogna assolutamente leggere quest’opera, che sotto semplice titolo contiene tante nobili idee , e che è impossibile di dettagliare in un cir- coscritto discorso . Torno per tanto all’oggetto principale, cioè, al Grande Ansaldo. Il titolo di Grande, che dall’ adulazione è stato consacrato ai distruttori dell’umanità, non si deve che ai^uoi Benefattori- La prima qualità per esser Grande è la Beneficenza. Ansaldo generoso, benefico, illuminato, coraggioso, sensibile meritò dunque questo titolo d'onore. Non ignoro che la grandezza consista nella quantità dell’azione, e nell’effètto: ed ecco ciocché si realizza in Ansaldo. Come uomo di Stato egli sostenne la Patria col vigore de’ suoi consigli, rolla sublimità de’ suoi talenti, colle ric- chezze ammassate dalla sua temperanza. Come semplice Cittadino, fu il benefattore di quanti potevano essere oggetti d’una illuminata beneficenza, cui non si contentò di esercitare nel ristretto tempo della sua durata , ma volle estendere all'avvenire e che ancora persiste. Non solo vivendo fece codest’uomo il miglior uso delle sue ricchezze, ma fece che la sua volontà restasse perpe- tuamente benefica nella serie de’secoli. Incomincia egli dal con- tribuirc i mezzi che perfezionando la Ragione perfezionano si- milmente la Morale, cioè , dal fare assegnamenti per la publica istruzione , e stabili non solo delle Cattedre di Scienze, ma som-   4-i xvii somministrò anche soccorsi a coloro che v’attendevano'. Egli non trascurò moderatamente i luoghi religiosi , gli ospedali ed altre fondazioni di pubblica pietà . Egli pensò da uomo libero e non da Aristocratico : volle che tutti partecipassero della sua beneficenza ; quindi non solo ebbe in mira le opere dan- neggiate dalle passate guerre , come la darsina, il porto, le mura, i ponti e i mulini , ma lasciò altre somme considerabili per le ordinarie spese della Republica; libera dai debiti Je gabelle che già troppo aggravavano il popolo genovese nè gli stessi agricoltori furono obbUacì nelle sue liberalità e beneficenze. La pubblica beneficenza non gli chiuse però il cuore ad una più propria e particolare del suo nome e della sua famiglia . Le risoluzioni domestiche, si osservano più facilmente nel tempo che quelle degli Stati. Ansaldo lo vide ; e considerò che della sorte . Quindi da gran politico pensando che, nelle Aristocrazie specialmente, dalla povertà de’Nobili incomincia la corruzione , volle, per quanto potè, prevenire questi tristi rovesci della fortuna, formando nella sua Casa una quantità di beni , che potesse decorosamente mantenerla, e stabilendo per tutta la famiglia un Albergo che fosse atto a sostenere senza avvilimento Io splendor del cognome Fece de’ legati particolarmente per i Grimaldi che attendessero alle lettere, con pensione che durava per anni otto: volle che le donzelle Grimaldi avessero nella loro collocazione un conveniente soccorso; e nelle aeoaeeseueaaysa   4 xviu >4* le annue liberalità che per i poveri stabili , volle che non fos- sero obbliati quelli del suo nome, che una rivoluzione sventurata poteva in questa classe collocare Una cosi estesa e perpetua generosità, un uso cosi giusto delle ricche, una liberalità, che si propagava fino all'ultimo Cittadino riunite a tutte le altre qualità che gareggiavano ad ornarlo fece dunque bea meritare ad Ansaldo il’ titolo di Grande: e più lo merita a’ giorni nostri quando un lusso distruggi- tore à estinto negli animi ogni sentimento di beneficenza. Ma se dall’antica veneranda tomba alzasse il capo il Grande Ansaldo forse esclamerebbe: O Patria, ingrata Patria, o Posteri più ingrati alla mia memoria ed ai miei sentimenti ! Io non feci delle mie ricchezze un banco di commercio, ma di beneficenza Come l’amministraste voi verso quella famiglia , che per virtù e per le circostanze diveniva la prediletta nella mia intenzione ? Voi negaste al vostro sangue , al vostro nome stesso quei soccorsi che lo Spirito di Patria, d' Umanità, di famiglia mi detta contro i dispettosi rovesci della Fortuna. Ah! un nome illustre non ì che un tormento se è accompagnato dal bisogno L Ma sento da un cupo oscuro Chiostra ì teneri ed acuti accenti di cinque mie figlie, che rivolte all’antica patria ridamano i diritti di quel sangue che loro scorre nelle vene. Possano queste voci giugnere ai vostri cuori , ed onorarvi di meritata riconoscenza ! Genova , G., calmate l’ombra del vostro Benefattore -1 Il nostro G. MESSIMERI è veramente desiderato molto dalla Republica per onorarlo personalmente e promuoverlo alle su-- iy pren>£  «H x*x preme Magistrature ben meritate da’ suoi talenti e dalla sua virtù; ma lé circostanze Napoletano non gli permisero d’accettare il meritato invito si contentò di farsi più denza colla Filosofìa, e l’esercizio di essa con quello della virtù. ta la Filosofìa par che debba zione, cioè in tutti i rapporti degli individui fra loro e verso, di famiglia e I» applicazione al Foro e desiderare, dando a conoscere con diversi Responsi ch’egli sa combinare la sublime Giurispru- yjjpRapassera intanto leggiermente su questa professione, eh* per qualche tempo ei volle esercitare. Chi considera in1 Avvoca^a - Trattato Le- * astratto la qualità di Cù,reconsulto una migliore applicazione de’talenti , per che non possa vedere nella Società dove vive. Tut- servire a questo primo oggetto sociale. La conoscenza del Giusto in tutta ì immensa sua esten- tutti gli oggetti coi quali sono in relazione , è I’ apice delle umano ragiuuom_ 1-oaàc—o» .do!-«wo- Adwry, applicarvi le verità di dritto è la più nobile operazione come ritrovar più i principj d’ una tranquilla della Ragione. Ma multuose bolge del nostro Foro, ed in no? Quasi ognuno conviene della deficienza delle nostre leggi della Giustizia, e della perniciosa mancanza d una vera Approvazione nei Giusdicenti e dei difetti esistenti nell* amministrazione nei Giureconsulti; e, per un effetto di vera dono di questi mali c gli altri ne profittano. Quindi si moltiplicano all’infinito gli attori di questa scena tragica per la società e per la Morale; e questo malore contribuisce sempre più alla C a dete. ragione fra le tu- quel vertiginoso frastuo- corruzione, i più ri- .  «H xx deteriorazione del costume ed all’ affogamento de’ talenti, che nella loro freschezza rivolgono facilmente , come le piante, le radici a quella parte ove più abbondantemente possono succiare gli umori nutritivi G. MESSIMERI cautamente portò il piede su le sponde di codeito baratro pericoloso. Senza immergevi nel bujo , vedeva dal- la circonferenza a quali limiti bisognava rimancrfe. Non cupido d’una gloria efimera e fugace, non avido di que’ lucri, che di rado sono il premio della virtù e del valore , egli si contentò dell’ approvazione della Ragione piuttosto che di quella del volgo ammiratore Se alcuno volesse dubitare, che si ritenesse in tali limiti per mancanza di convenevoli talenti, l'Opera legale che egli ancor giovine molto dettò , potrebbe facilmente sincerarlo . Publica il saggio Dt Succ(s- sionihus legitimis in urhr Nfapolir.ina (a) - Qual differenza fra questa e tante altre Opere legali uscite dal nostro Foro, che I opprimono il buon senso ed oscurano la Ragione! Tutte le cognizioni antecedenti, necessarie a formare non dirò un Giureconsulto ma un Legislatore, nonmancavanogià a G.. La Storia e la Filosofia sono cosi amalgamate nel di lui spirito, che la conoscenza prattica e teorica dell’Uomo e delle società gli era sempre presente per conoscere [lo Napoli] le le cause delle sue idee e de* suoi movimenti, e per ravvisare quali fossero i piti convenevoli alla sua destinazione. Egli dunque vide la materia delle successioni legittime come proveniente dai primi dritti della Natura realizzati nelle società collo stabilimeuto della proprietà e dei dominj. Dimostra come lo staro della legislazione civile d' una nazione siegua la sua politica costituzione; e quindi in uno stesso popolo la differente maniera di considerare gli stessi oggetti, secondocchè i rapporti si alteravano. Venendo al suo oggetto, cercò rapidamente 1’origine deile Consuetudini N«potetene' te rapporto alle successioni nell’antico stato Uepublicano di questa Città, nell’ analogia di governo colle altre Greche Republiche, e con una felice e nuova applicazione ne trovò la filiazione nelle leggi dì Solone. L’erudizione sparsa in queste ricerche è ampia, ma non lussureggiante; e cosi procede nel resto dell'esame, cioè nel mostrare quale fu quecta pwrt* «talli cibilo JcgreUxione net 'SUCCOSsivi cambiamenti della Romana Repubiica. L’aristocrazia espressa tutta nella legislazione decemvirale fissò le agnazioni, e l’esclu- sione delle donne, avendo in mira la conservazione e perpetui- tà delle famiglie Aristocratiche . I progressi alla Democrazia, necessario frutto dell interno vigore dello Stato, che liberò i beni dalla schiavitù , che sciolse gli individui dalla dipendenza dell’opinione e della servitù personale; che strappò il codice arbitrario dalle mani sacerdotali, cangiò anche questa parte di legislazione: e le donne furono riguardate come parte della specie e della Società. Tutto cangiò coi cangiamento del ogverno; e si   serbarono i nomi mentre le cose non erano più. Le forinole e le solennità de’Giudiy, che costituiscono fino ad un certo termine la libertà civile, cederono a quelli detti impropriamente di Buonafede, che sembrano più convenienti ad’un Governo meno complicato, facendo strada a quell’arbitraggio che è la morte della civile libertà. Le alterazioni in questa parte della legislazione si fecero insensibilmente sotto gl'imperadori fino a quelli, che con nuova Religione portarono nuove leggi sul Tronno. Ma qui non è luogo di seguire 1’Autore in tutta la serifc. istruttiva delle tante idee utili e nuove, che s’ incontrano ad ogni passo della sua Opera. Tocca ai profondi Giureconsulti il giudicarne con dettaglio e far vedere qual precisione e chiarezza egli seppe portare nel pii oscuro legale labirinto, quante cognizioni seppe nobilmente combinare alla dilucidazione del suo oggetto, e quale vera utilità debba produrre la di lui Opera non solo nel giudicare , ma nel riformare questa importante parte delle nostra legislazione* Ascia nondimeno G. MESSIMERI immergersi nelle cure del gene. JSL*Foro, nonriguardandolocomeoggetto, chedovessein- tieramente assorbire il prezioso tempo delle sue applicazioni , ed assoggettare il fervore de’ suoi tajpnti e la forza del suo spirito attirato da oggetti più sublimi e più generali. Resta egli per alcuni anni nel silenzio, ma non nel riposo , poiché l’ attitudine formatasi allo studio ed alla meditazione tira il stato di piacere iella sua anima vigorosa, che quindi sentiva il più vero bisogno di Vita di Dio- ‘TìT   •H XXXIII K- di pascersi e nudassi d’ idee e sentimenti analoghi al stio carattere deciso. Questo vigore di sensibilità, che sempre accom- pagna i talenti superiori perchè li crea , non permette che lo spirito resti confinato dalla stretta circonferenza delle idee e delle virtù comuni • Sorse quindi quel sentimento di perfezione unico scopo del Genio e della Virtù, che fermentando nelle anime sublimi tenta tutte le vie per aprirsi la strada all’ utile gloria ed alla verità. V" Nella vecchia STORIA DELLA FILOSOFIA cioè de’ progressi della Ragione e degli errori, vide I! G. i grandi sforzi degli amichi filosofi, che non più contenti d'una Morale di proverbj, parabole e sentenze, si studiarono di ridurla a princlpj generali che potessero condurre 1’uomo In tutto 1’uso della vita. Ma esaminando particolarmente la dottrina e condotta loro, vide quanto è difficile una lunga Epoca della Ragione. Trova nondimeno fra quegl» antichi Istitutori e maèstri dBTMorale un FILOSOFO che fissa tutta la sua attenzione; e questi fu Diogene del quale volle scrivere la vita. (<r) k Credè alcuno , eh’ egli imprendesse quasi per giuoco, si, fatto assunto t ma chi ha letto questo nobile opuscolo , può giudicare della verità della sua intenzione. Egli fece vede- re in Diogene non quel Cinico descrittoci da Laerzio, non quell' impudente che ci dipinsero gli altri, nè quello stravagante • '^''•'' _,i (a) in Napoli, le che corrimunemente è creduto; ma prova ad evidenza che quel FILOSOFO fu il più conscguente r giacché le azioni .corrispo- sero sempre alla sua dottrina: e codesta era la più vera, la più utile , la più giusta che è dettata insind allora. Sinope, Corinto ed altre Città ono la memoria di quell’ illustre uomo coi bronzi e con 1 marmi, ma non poterono salvar la di lui fama presso l’invida posterità . G. nel Secolo XVIII. rinnalza Diogene su i monumenti erettigli da' suoi compatrioti e diviene il Restitutore della di lui fama, e della di lui virtù. La Morale di Socrate era divenuta puramente nominale, quando a Diogene sorse il talento di reintegrarla ad uso dell’ umanità . 1! principio della Morale prattica par che consista nella facilitazione della Virtù. Non basta il dipingerne le bellezIezze, l’ indicarle attrattive , ravvivarne il quadro col più vago colorito, se pei ci sì mostra divisa ed isolata dall' insor- montabile vallo del dolore. Diogene volle dimostrare , che questo divisorio è d'invenzione umana, è creato nella Società, e che bisogna perciò ravvicinarsi alla Natura. Questa vera osservazione gl’ indicò la Temperanza per un principio fondamentale della Virtù. La Temperanza non è un’ dea assoluta: essa ha una gradazione dì beni da un estremo ali’ altro della 'sua lùtea. L’uomo, questo animale privilegiato, che può vivere in tutti i climi e nudarsi di tutti gli alimenti, ha più facilità alla sussistenza. E dunque un effetto dell’Educazione quello che gli dà quantità di bispgjù, che non vengono dalla Natura. L’ uomo diviene cosi un aggregato di bisogni 6 di desìdeij, che accrescono m ragion diretta la sua sensibilità al dolore, senta proporzione relativa al piacere ed alla felicità. Se questo spiacevole accrescimento di sensibilità è effetto dell’ educazione, esso è opera dell’uomo, è di creazione sociale; vi è dunque tutta la possibilità d’ abolirlo. Si può essere decentemente coperto d’un Pallio senza infelicitarsi per non avere in dosso le gemme ed i preziosi metalli; si può vivere bene e sano senza esser velato dalle leggerissime spoglie dell' Oriente o soffogato sotto i rarissimi velli del Settentrione: e, se dell’aria comune la più respirabile è la più libera, si può vivere, e meglio, senta le stanze ermeticamente chiuse, senza che sieno riccamente foderate, e senza richiamar tutte le arti e tutti i climi ad estenuarci ed estinguerci nella mollezza Tutte le eccedenti ricchezze s'acquistarono forse alle spese della virtù; aveva dunque egli regione di veder I» Temperanza come la base principale di essa- Ma se per la Vmù è necessaria quella tal disposizione abi- tuale dell’animo che si chiama Tranquillità, questa è simil- mente figlia della Temperanza: L’animo distratto dalle passioni disanaloghe alla natura dell’ uomo, cioè non tranquillo , non può essere virtuoso. Diogene non diceva: fatti del dolore la strada alla virtù tristo comando alla Natura umana. Non dice: divieni apato ed insensibile, altro precetto peggiore e non conducente alla perfezione morale. Dice solo: sii temperante che sarai tranquillo , ed essendo l’uno, e l’altro puoi essere virtuoso. Finché 1’uomo è distratto da sensazioni vaghe immerso ne’ desiderj, lacerato dalle passioni non sentirà che se stesso; ma quando nè i bisogni , nè le idee, nè le immaginazioni tumultuarie Io tormentano , egli deve essere necessariamente benefico, cioè, virtuoso. Se le ricchezze fossero sempre necessarie all’esercizio della beneficenza, la virtù sarebbe solo riposta nell’uso de’ metalli, ed il non ricco non puo essere giammai Virtuoso. La virtù, nel sistema di Diogene, non dove essere Un fantasma dell’immaginazione, un’ astrazione per alimentare le dispute de’moralisti; ma bensì il partaggio dell’ Umanità» il vero sistema della beneficenza universale. Se la virtù è nell’azione, e quest’azione dev’ essere facile , equabile, pronta Diogene voleva render l’uomo libero dagli inutili ceppi fabbricati a se stesso, per renderlo attivo, benefico, virtuoso. Uno aguardo anche passaggiero su la Morale esistente prova la verità e la profondità delle Ciniche osservazioni Qual era diuresi la serie ragionata e conseguente delle idee morali di Diogene? Temperanza, indipendenza, libertà, tranquillità, beneficenza; virtù tutte nascenti 1’una dall’altra tutte conducenti per la più agevole strada alla meta della Morale. La Vita di Diogene non ismentì i di lui principj. Egli visse libero , tranquillo e contento , cioè virtuoso e felice. Apostolo della vtréi e della virtù, egli non fece che predicarle . Un Re «d un llot^ erano eguali agli occhi di lui : la verità e la virtù fa egualmente il loro bisogno. Diogene rispetta le leggi e la pubblica Autorità da vero Filosofo, cioè, approvando quelle che erano dirette al pubblico bene, ed indiziando quelle che mancavano di questo fine. Venera la Religione; ma ne abominava l’intolleranza e l’abuso, che conduce sempre alia superstizione. Ride di quei tanti Impostori, che anche ia q-v «empi sotto vario manto e varie regole dividevansi il culto e le sostanze de’ divoti . Si vuole che dissuadesse e disapprova il vincolo conjugale; ma come fargliene un delitto? Che altro vedeva egli nelle Società de’ suoi tempi che la trista alternativa di nobili , e plebei, di ricchi e miserabili, di tiranni e di schiavi? Un FILOSOFO non può amare la moltiplicazione e la riproduzione di queste razze degenerate dallo stato pteseritto loro dalla Natura. Diogene non morì, come Socrate, martire della Verità e della Virtù: egli ritorna nel seno della Natura così spontaneamente come n’ era uscito. La distruzione e la riproduzione dei corpi organizzati è nelle sue immutabili e costami leggi, che non «paventano il Filosofo , il contemplatore della Natura, l’amico della Ragione. La vita di Diogene rettificata da una etilica imparziale c» mostra un modello di vera vita virtuosa in tutte le circostanze e situazioni . Non fu dunque nè per giuoco, nè per gloria per vanità che G. MESSIMERI imprese a dettagliarne le azioni e la dottrina, ma per rendere un giusto tributo a quel Filosofo cui ayeva cercato d’ imitare > o per partecipare al pubblico un vero D a fiJCh, nè xxvm ^ tJtis»oe«cM» eé<Jsae« ^Qee=»oeH=>ee ^eg=aem^->gceg»oogrg>r'e) gac modello di filosofica virtù. Egli si dichiara in più luoghi della sua Opera , che Io stato attuale delle Società non comporta una vita esteriore come quella di Diogene propone come un modello, al quale quanto più l’uomo s’accosta, più s’avvicina alla perfezione. Non altrimenti fa G.. Le virtù di Diogene sono le sue. Ne chiamo in testimonio gli amici, che lo anno veduto in tutti i punti della sua vita. La temperanza de’ suoi desideri, la tranquillità dell’ animo suo , la verità e la sincerità de’ suoi sentimenti, la libertà del suo spirito, il coraggio e l’amore per la verità, la tolleranza de’mali, 1’armor della pubblica beneficenza, il sentimento costante de' doveri, e tutto condito ed addolcito da una sensibilità purificata, lo resero rispettabile come Diogene, ma più amabile, perchè seppe combinare i principj e 1’uso della virtù, con tutta la decenza della vita sociale, e coll'esercizio di quelle funzioni e doveri, che formavano la sua civile esistenza Riflessioni so- FOn sono certamente le idee astratte e le sublimi nozioni, pra rIneguaglianza. che possono far meritare il titolo rispettabile di Filosofa . Se la virtù non è posta in azione, se le grandi idee non diventano di qualche uso, se la fiaccola s’ asconde sotto il moggio, non solo si è in colpa, ma si è reo di lesa umanità. colpa che meriterebbe maggior castigo chel disprezzo e i’obblio. Sente G. MESSIMERI nel più vivo dell’animo questa verità, e perciò veggiamo come la sua vita fu ima continua serie di me- ditazioni e d’azioni tutte coordinate allo stesso fine di migliorarse; ma che egli lo  se stesso, e di essere utile agli altri Quindi i suoi non interrotti srudj e le continue meditazioni lo condussero alle più estese cognizioni e alle più utili che si possano acquistare Or quando lo spirito è abbondantemente nudrito d’ idee e di cognizioni varie, quando è gu lungamente abituato al difficile esercizio di molti e conseguenti raziocinj, quando codesti sono specialmente diretti verso qualche oggetto particolare, che perciò divicu dominante: l’animo prova una certa inquietezza e quasi un’ oppressione da questa folla di pensieri , e par che sia costretto a liberarsene . Chiunque ha scritto sopra qualche oggetto particolare e lungamente meditato, ha dovuto provare in se questo sentimento penoso. Quindi la volgare espressione dà chiamare le opere parti dello tpirin, non manca di una ve- rità nella sua origine; ma non tutti i parti sono regolari . Ho indicato antecedentemente la predilezione che il Grimaldi ebbe sempre per le idee morali, e la facilità che aveva di richiamarle ai principi pid sublimi, e di renderle più attive e feconde: ma dopo d’avere per più lungo tempo estese le sue applicazioni su tali oggetti li vide in tutta 1’ampiezza della quale sono capaci, e fra tanti fenomeni Morali che presenta la Socìtà, è specialmente colpito da quello, che stende il suo dominio su tutti i punti dall’esistenza, dico della Morale Ine guagliania A tutti sono note le riflessioni che l’eloquente Giancomo porta su questo punto; ma la ragione trasportata dall’entusiasmo lasciò de’gran ruoti fra le idee principali, balza agl’estremi obbliando le idee intermedie e necessarie, guarda 1'oggetto lateralmente e quindi fra molte vere e nobili osservazioni ci presentò de’paradossi in luogo di tranquilli ragionamenti ed utili risultati. Vide intanto G. di quale utile è il ritornare solidamente a quest’ oggetto che è quasi la base della Morale e della Politica. Prescélse quindi un campestre ed isolato soggiorno; e lungi da ogni distrazione, irapenetrabile anche agli amici ed alla famiglia, concentrato lo spirito in questa idea principale, impetrava dalla Natura la rivelazione delle verità più utili all’uomo. In codesto stato egli delineò il piano delle sue Riflessioni sopra l’Ineguaglianza tra gl’uomini. Le sue prime considerazioni gli scoprirono, che la base dell’ineguaglianza è nella Natura. L’Ineguaglianza fisica la generatrice delle altre: è dunque legata ad un ordine: è per conseguenza una legge immutabile ed eterna. Le stesse ricerche preliminari, che fa su questo punto, portano f espresso carattere della novità. Colla più seria attenzione poi assottiglia il suo Sguardo per penetrare nei più complicati recessi di quest’ Essere sublimemente organizzato , che si chiama Uomo - I più tenui rapporti non sono negletti; e combina una maravigliosa mol- tiplichi di cognizioni per farsi strada all’ oggetto. La Fisica la Fisiologia, la Storia Naturale, quella particolare dell’ uomo 00 In Napoli 1779-80. è perciò e delle Società, tutto è da esso ordinatamente richiamato a dare il risultato, che si era proposto, cioè, a far conoscere 1’essenza reale di questo composto meraviglioso. Incominciando dal punto principale, cioè, dall’Ineguaglianza generale degli esseri organizzati, passa all’esame particolare della Ineguaglianza che nasce dalla diversa destinazione degl'ìnr dividui della stessa specie. Osserva, che la differenza sessuale si va distinguendo a poco a poco dagli esseri più semplici e meno complicati fino ai più composti e perfetti. Che questa differenza porta per necessiti di natura una Ineguaglianza distintissima nel temperamento, nella forza, nel carattere, nelle passioni, ed in tutto ciò che si chiama meccanismo e sensibiliti. .., _tv-:• Si trattiene poi ad osservare la dissomiglianza in ge^qfgjp» degli esseri organizzati; e riducendo questo paragonerai ferenza che vf ha fra IV m+eeanlSrtto delTwnno <fJ»!f$..rR|ljl'* altri corpi organici, rileva qual sia l’essenza fisica pbitós’' aefc. la spezie umana. Si apre quindi la strada ad esaminéft  geograficamente le differenze, e quindi 1’ Ineguag(^|5- de’ P|po- li e delle Nazioni. Egli scorre con abbondante." -ed adatyy^fcrvp. . dizione la superficie tutta del Globo , indicando le cagioni principali e le concause, che rendono gli esseri delIiL stessa specie tanto dissimili gli uni dagli altri , e come questa dissomigliati? za fìsica porti nel tempo la morale. Ha riflettuto e dimostra^', che la sola differenza di climi non poteva-produrre questo tv* levantissimo effetto, ma che la situazione locale, la quali$ -delP^- ’-;' ’,aria,   xxxii >4 •ria > le maniere diverse di vivere , di nudrirsi , d' abiure vi concorrono necessariamente, e sono forse cause ed effetti nel tempo stesso. La Natura ha prescritto dappertutto la legge dell* Ineguaglianza. Gl’uomini sono ineguali, come le piante della stessa spezie in diverso dima ed in diverso suolo, e come differenti sqno ancora gli alberi della stessa selva. Le cagioni sono qualche volta impercettibili, ma gli effetti ne manifestano resi- stenza. Da questa Ineguaglianza più apparente , par che divenga una conseguenza necessaria quella della Sensibilità . Nel tempo stereo che 1’Autore sbandisce la Metafisica delle Scuole, tratta i più malagevoli e spinosi punti della Psicologia, e combattendo ora i sistemi ora le ipotesi e le sottigliezze , si fa strada alla Realità. Per una lunga serie di osservazioni egli gradatamente giunge a stabilire ; Chi la sensibilità negli esseri organici siegue i gradi dfl loro meccanismo; e che la differenza che vi è fra il tertiro dell' uomo e quello degli altri animali cossituisce la catatteristica essenziale della nostra seusibiihd paragonata colla ion Che che ne sia della sensibilità assolutaci sono de’corpi più meno conduttori, ma il più d’ogni altro è 1’uomo. L’esame particolare degli organi de’ nostri sensi, paragonati con quelli degli altri esseri sensibili, ne compruova maggiormente 1' assunto , che anche più resta dilucidato colla dichiarazione di ciòche si chiama Senso interno , punto centrale della sensibilità e he par che segua la gradazione dd meccanismo e della sensibieoofesamj wegW BesaoexeBui-^BeSeeeaeeeaaetja sibiliti istessa. Ciocché 1’Autore ha ridotto nella prima Parte basterebbe per fare un’Opera illustre. L’esame che egli fa della sensibilità, riducendola quasi agli elementi primitivi che la formano e la generano , dimostra che essa non può essere eguale fra gli uomini; e rileva la dispia-» cevole verità , che il tuono fondamentale della sensibilità è il dolore: tristo partaggio di quest’ essere, di cui divien principio di moto, e di sviluppo d’ attività in tutu 1’estensione. 1 Alla sensibilità sicgue l’intelligenza come l’effetto alla causa e che per conseguenza deve portar 1’istesso carattere della sua genitrice. Questa è forse l' Ineguaglianza la piò espressa fra gli uomini; ma a dir vero la meno fastidiosa. I piaceri dell’intelligenza sublime non s’acquistano forse che alle spese dell' esistenza e della vita. Ne fu un esempio funesto il nostro G. MESSIMERI medesimo Dalla sensibilità e dall’ intelligenza risultano le passioni e no portano il carattere . Chi non ne vede continuamente l' Ineguaglianza? Due illustri moralisti, due nomi immortali per i progressi dalla FILOSOFIA, Montesquieu ed Helvetius, sostennero le cause uniche delle differenze generali fra gli uomini, 1’ uno rapportando tutto alle cause fisiche, l’altro alle morali; ma l’amor del Sistema nascose alla loro vista la chiara verità che rivela la Natura. Se la sensibilità e 1’intelligenza fanno nascere le passioni sono queste che determinano la volontà. Tutto dunque è Inegua- xxxiv eoaeeje Beasees aeesoee Beeaaeaoiyaeo >aiicjaL<ju< quagliatila; dai primi composti fisici fino ai più sublimi risultati morali, tutto siegue questa legge eterna ed inevitabile della llatura. Lo stato d’ineguaglianza morale, cioè dell' uomo come essere pensante, è estesamente sviluppato nel secondo Tomo di codest’Opera, dimostrandovisi che questa Ineguaglianza è in ragion composta delle facoltà intellettuali dipendenti dai meccanismo particolare degl'individui, e dalle cause esteriori, che più o meno si combinano o si coordinano a svilupparla. L’Uomo è in relazione con tutti gli esseri che lo circondano. Ogni sensazione o piacevole o dolorosa fa una parte della sua vita o della sua esistenza; e questo è nell’ ordine eterno della Natura , perchè i rapporti degli oggetti fra di essi e con f Uomo sono figli di quella Essenza delle cose , che forse la Natura ci ha velata per sempre; ma sono quindi necessari come la loro stessa esistenza. La sensibilità è il mezzo che lega V uomo agli altri esseri. Questa facoltà che si estende, si nobilita, si sublima, à dunque varj gradi relativi a se stessa ed agli effetti che la percuo- tono . Quindi la diversità de’bisogni e quindi delle percezioni delle idee c dei sentimenti, che colle necessarie attenzioni sviluppano le intellettuali facoltà. Ora essendo riconosciuta l’ineguaglianza della sensibilità dipendente dalla differenza del particolar meccanismo, zie siegue necessariamente, che le impressioni degl’oggetti esteriori non sieno neppur simili ed eguali negli individui. Ed ecco come la diversità di bisogni e di desiderj, che forma l'ineguaglianza morale fra gli uomini contemporaneamente questo principio d’ineguaglianza nella Natura stessa, cioè, nei bisogni relativi alla sensibilità di ciascun individuo. Chiunque non vede altro nell’Uomo in ultima analisi che il Sentimento e l’Espressione ravviserà in un colpo la verità di fatto delle idee dell' Autore. Stabiliti tali principi, egli rileva primamente colle più giuste osservazioni che l’indicazione dell’Uomo Naturale è un’invenzione gratuita ed erronea è sempre lo stesso, e allorché diversifica per le circostanze, sono anche codeste naturali, cioè, nell’ordine della Natura che l’Uo- ; rao non à un carattere ase, maquellocheè lo è per la situazione relativa alle circostanze giacché in esso vi è altro, che la sensibilità modificabile dalle cahse esterne , e circoscritta dalla forza del meccanismo di ciascun indiviuo. Che quia- di Io stato morale di ciascun individuo i relativo alle circo- stanze sociali combinate con quelle , che sorgono dalla propria sensibilità Con questi principj si apre la strada all’ esame morale dell’uomo. Egli lo sottopone all’esperienza , non come un semplice Fisico farebbe, ma come il chimico più esperto e sensato, sottoponendolo all’operazione di diversi agenti , analizzandolo, ricomponendolo, e combinandolo, per vedere in quale stato possa dare più felici risultati, risultati che caratterizzino la differenza e l’neguaglianza morale degli uomini e delle Società. L’Uomo solitario è 1’ oggetto di queste sperienze esposto alla E a sciti dei Filosofi; perchè l’uomo per Natura, stabilisce ocsfleesaoejeeooo eaooesocsoc Booeaooeaoee'Mtoo semplice vista ; ma nella Società egli è messo ad un vero cimento, giacché ivi siscuoprono i varj gradi di rapporti, di affi- nità, di coesione Scc. su i quali si può misurare la sua moralità. Dopo d’ aver considerato che i rapporti dell’ Uomo solitario sono quasi negativi giacché sente appena i bisogni d’una sussistenza che non conosce, per passare a considerarlo nello sta- to <Ii Società, riflette primamente, che la sociabilità è un’qualità essenziale dell' uomo; cosa dimostrabile per ragionamenti se non fosse una verità comune, continua e coesistente colla stessa Umanità. Le Società anno intanto diversi gradi alla perfezione. Il minimo par che lo conosciamo: ma il massimo, se vi può essere per 1’uomo, è riserbato ad epoche più felici. Ma come tutti questi immaginabili gradi di perfettibilità sociale mettono i componenti in 'rapporti e circostanze diverse , cosi la sensibilità e la morale saranno del pari differenti. Gli uomini posti vicino alle catastrofi del Globo dovettero avere de’ sentimenti proprj ad essi, che nelle prime società di famiglia dovet- tero provare cangiamento ed alterazione. Lo stesso dovè accadere quando le famiglie cominciarono a moltiplicarsi , e la gran selva della Terra a popolarsi di selvaggi, e poi per successivi e varj gradi prevenire allo stato di barbarie ancor molto esteso e vergognoso per la specie. Tutti questi lenti passi dell’ umana perfettibilità sono partico- larmente osservati dall'Autore, sempre riportando tutto ai suoi principi, e facendo vedere come naturalmente ne discendano. La gradazione de’ bisogni porta quella delle idee e de’ rapporti, dal-  xxxvir .1 KiueBeteaaoe aeoeeaaoc ^>3frC-»o ccS3g>uce:!>o ysra& dell affinamento della sensibilità , dello sviluppo delle facoltà in- tellettuali. dell attività dello spirito, e finalmente della riflessione. figlia necessaria di quell'olio, che susseguendo ai bisogni soddisfatti ne vede o immagina gradatamente de' nuovi . In qnesy varj stati, per i quali passa 1'uomo, egli (à vedere come nascano l' indipendenza e la libertà, come si alterino e si perdano, e come i sentimenti morali cangino d’aspetto al cambiarsi dei rapporti e delle circostanze. In somma egli fa la Storia morale della specie, se non comprovata da documenti che devono mancare, almeno qual doveva essere per necessità di Natura. Scorsa cosi la Storia oscura dell Umanità, dove sempre l'ineguaglianza domina e campeggia, perviene finalmente allo stato di luce, all’ epoca della Società civilizzata ed ingentilita. E’ permesso al Poeta ed all' Uomo fortemente appassionato di risospirare le selve al centro del vortice sodale, come è loro per- messo di evocar le Ombre e le Furie , che io guidino nel perpetuo albergo dell’obblio. Ma il tranquillo FILOSOFO, compassionando gli eccessi della sensibilità e della immaginazione, richiama l’uomo ai suoi doveri rimostrandogli le beneficenze della vita sociale. Quando si considerano le Società civilizzate, e la perfettibilità della quale sono capaci, bisogna aver lo spirito falso per abborrirle, o per preferire ad esse uno stato naturale, che non esistè giammai in Natura. Nelle Società solamente si sviluppano le facoltà morali ed intellettuali dell’uomo: è dunque in esse che si purifica o si perfeziona la specie. Diogene voleva ravvicinar l’Uomo alla Natura , non col degradarlo minorando la sua esistenza, ma colla virtù accrescendola e migliorandola ; e questa non è anch’ essa il più nobile ramo dell albero sociale? E’ vero che nella Società si sviluppa e manifesta maggiormente l’inegu3gliania morale; ma in che altro consiste essa che nei gradi di miglioramento del carattere e dei sentimenti degl individui ! E se anche le circostanze sociali portano delle cattive abitudini, che altrimenti non esisterebbero, codeste sono mo- derate e ritenute dalle leggi conservatrici. Ma questo rientra nell’esame dell’ineguaglianza politica, che 6 l’oggetto della Terza Parte. Qual infinita differenza fra 1 selvaggio e 1 uomo civile! E' la crisalide trasformata in farfalla. Questa metamorfosi, eh’ è un miracolo agli occhi volgari, non è che un naturale svilup- po a quelli dell' attento Naturalista. Tale è l’uomo sodale per chi medita la Natura umana. Ma qual differenza ancora nel seno stesso della Società! Nel massimo della civilitazione si trova spesso lo stolto selvaggio ed il barbaro feroce, l’uomo di genio e lo stupido, il virtuoso filosofo, 1 imbecille superstizioso, l’opulenza ed i cenci; il Frate ed il Militare esistono nella stessa società e sotto lo stesso Governo. Ma fra i Governi ancora quai triste differenze ? "Lo stupido Despota da un trono invisibile sacrifica milioni di schiavi ; mentre un Rè vive da amico col popolo che lo adora . Un Senato Aristocratico a pas- si lenti e regolari calpesta un popolo che crede degradato per Natura, e che lo è spesso per sentimento ; mentre una Democrazia, sragionando quasi sempre nelle sue risoluzioni opprime, «M-xxxix h* sooooeaaecaje e tiranneggia gli altri popoli che le appartengono La tumultuaria libertà è al centro la schiavitù, e l’oppressione alle circonferenze. Che strani misti ancora possono sostenersi , senza un contrasto di forze resistenti l E quali specie di sentimenti nascono ancora sotto queste varia- te forme! L opinione sostenuta tà il vessillo dei ineguaglianza; e le leggi, sempre deboli contro quella dominatrice dell’Universo, la vedono spesso lor malgrado de' varj Governi, che non dal potere innalbera in mezzo alla Socie- trionfare. Ognuno si sforza per avvicinarsi revole; e se tutti gli sforzi non sono egualmente felici, cosi nondimeno si scuote l’inerzia fondamentale dell'uomo, così esso di’ viene un essere attivo, così si sublima a un grado superiore a tutti gli altri esseri senzienti. Le circostanze che s’incontrano, ael corso della vita, determinano gli uomini diversamente in ragione della loro sensibilità; e quindi nella riunione delle azioni formano un tutto, non di parti similari, ma differenti e dissimili, che fermentando necessariamente rigenerano il moto e danno origine a nuove trasformazioni Senza l’ineguaglianza le Società non sussisterebbero. Non possono codeste distruggerla, ma non per questo essa porta un carattere intrinseco di male: e quando siam persuasi che le idee mo- rali sono tutte relative , e che esse traggono la loro sorgente dai rapporti immediati dell'uomo, ci bisogna esser conseguenti iti riconoscere il bene che fa la Società col moderare e rintuzza, a quell' insegna favo- 4 XL te i disgustosi eccessi dell’ ineguaglianza che viene dalla Natu- ra . Nelle Società sono nate le leggi protettrici della debolezza e direttrici della forza e della Ragione ; e se le Società non danno sempre quegli effetti che dovrebbero per loro natura, non parmi che sia per intimo difetto della cosa, ma della Natura umana finora incapace d’ un sublime grado di perfezione Se nondimeno la ragione, la sperienza e la Storia ci mostrano, che 1'uomo in società è sempre determinato dalle cagioni e dalle circostanze ; e che queste sono in gran parte in mano del legislatore e del Governo , basta far nascere queste circostanze, per far prendere agl’individui quella determinazione , eh è più atta fare la loro felicità relativa Alfonso 1. ama le lettere, è !’ amico de' valentuomini, li premia, li onora, e durarono iìno al tempo de’suoi brevi successori La legislazione moderna d'Europa manca ancora dima parte, cioè, del premio alla virtù. Quindi ritieguaglianza divien più dolorosa, e le leggi non communicano un moto sufficiente verso la beneficenza. Chi a caso s' avvia per questa strada, vi si vede quasi isolato; e non potendo giugnere all’insegna dell’opinione per la gran folla pervenutavi per istrade più brevi, si contenta d’un piccolo tugurio su la via percorsa, e colà vive da eremita. Bisogna assolutamente leggere i suoi saggi per avere le più giuste e vere idee della Legge di Natura, del Dritto delle Genti e del Civile. J principj fattizj d’alcuni Filosofi visono modestamente esaminati, col mostrareche essi non s’adattano all’uso dell’umanità, e per conseguenza non sono tratti da quei rapporti coesistenti colla specie, e che non si cangiano, che nei diversi punti della naturale progressione. Le prime leggi di natura sono comprese nella teoria della sensibilità tanto bene sviluppata dall'autore. Tutti i dritti dell'uomo, in qualunque stato, sono una emanazione di quella qualità inerente alla sua esistenza, e su di essa si devono misurare. Quindi dimostra infine che non bisogna giudicare delle azioni morali col rapportarle all’ idea di utile, perchè saremo sempre ingiusti; c clic l’archetipo al quale si devono riferire è la Giustizia, che vale a dire, l’espressione perpetua ed eterna della morale verità Ecco il secco scheletro d'un’ Opera pienissima, fatto solo col ravvicinare il più che per me si è potuto le idee principali dell’autore relative al suo titolo  titolo che forse per sola modestia volte Imporle; poiché*i -parer mìo, è il più completo corso di naturale filosofia, essendo tratta dalla vera natura dell’uomo, ed il più utile, perchè applicabile a tutta la pratica della morale ed alla teoria della Legislazione. Qual giustezza, qual vastità di spirito, qual’estensione di cognizioni e quale su- blimità di genio abbiano avuto parte à quest’opera non può rilevarsi in un estratto. I Giornali d'Europa fecero eco in celebrarla: e questa e quella di FILANGIERI (si veda), facendo molto onore alla Nazione, eccitarono le più lusinghiere speranze di veder presto in un nuoyo Codice gir'effetti di questi lumi e di quella libertà che non si scompagna giammai dalla ragione e dalla virtù. Una tale opera che sarebbe stata sufficiente per fare la celebrità d'un uomo, che poteva farne nascere delle altre utilissime, che non pecca d’ altro che d’abbondanza d’ idee e profondità di pensieri , avrebbe dovuto fare riposare lo spirito dell’Autore , se avesse travagliato pel solo desiderio della gloria. Ma questo sentimento lo tormentava cosi poco, che non potè calmare l’attività dello spirito sempre sollecito d; pensieri utili ed interessanti, e lo diresse ad altr’oggetto, che doveva eternare la sua memoria colla gratitudine della Nazione. Annali del TTL sentimento di Patria, soggetto ad estinguersi sotto’1 di- Regno JlL, spotismo, ricomparisce nello spirito e nel cuore sotto di- versi aspetti ne' Governi moderati. li desiderio della Gloria e del Pubblico bene accompagna costantemente questo sentimento nel- ie anime ben nate ; e ciascuno brama nel suo interno , che, la sua Nazione sia la più rinomata e la più felice. La nostra Nazione è come una illustre antica famiglia della quale si contano tanti eroi nella storia e le cui glorie sono coeve del tempo htcsso s ma ridotta in più povera fortuna ed umile stato, riclama solo per suo vanto le imprese c le gesta de’ suoi maggiori. Vide G. MESSIMERI che nella folla de' nostri Storici Scrittori si era mancato sempre a quella vista che l' ottimo Storico deve avere, 1' utile cioè dell'umanità e della Nazione in particolare per la quale si scrive. Vide che uu nudo racconto di fatti non sarebbe stato che una inutile rapsodia atta ad occupare il tempo degli oziosi e degli annojati. Vide che la Storia non è altro, che la vita morale delle nazioni. Vide che i fatti che formano il materiale d' ogni Storia, non sono che fenomeni, che devono avere delle cagioni. Vide finalmente che la Storia doveva essere d’ un utile presente . Ecco ciocché gli fece nascere l’ idea di compilare gl’annali del regno. L’apparato delle difficolti da scoraggiare qualunque spirito non fecero arretrare il suo. Quel vigore di sentimento e quella costanza ch'ei portava in tutte le sue intraprese, lo accompagnarono similmente in questa pur troppo malagevole e difficoltosa. Egl’incomincia dalla geografia, non col far una secca nomenclatura o una nojosa discussione critica su i veri nomi a situazioni delle antiche Città e popoli : ma col dare nettamente in risultato quello che vi era di piò verificato e che più importa di sapere. Un FILOSOFO vede con occhio differente dal filologo gl;antichi fatti ed i superstiti monumenti. Così egli non si fermava sn i fatti isolati, ma combinandoli e riducendoli li richiamava quasi a nuova vita, e per tal modo con .molta fatica ci ha dato la Storia de’ tempi quasi del tutto ignoti alla Storia, stessa. Egli ha descritto Io stato barbaro del Regno prima che le Colonie d' oltremare venissero a civilizzarlo : à fatto vedere l’azione reciproca d qua.’ popoli fra loco, e per effetto delle j varie leggi, l’avanzamento degli uni e la decadenza e di$truzione degli altri; i progressi della perfettibilità Fi non sociale j Inforza teMPOeeOaaoa Boeeesoeieeae BOiuo^eeaooo» non sempre accompagnata dalle ricchezze: la popolazione o le coltura crescer col commercio e colle arti e poi divenir preda d’altri popoli più guerrieri. Egli discese fino alla particolarità di quelle costumanze che allora si chiamavano Religione, feroce o lieta secondo lo stato e carattere della Nazione. Lo stesso Governo economico e politico non è stato trascurato, mostrando come questi popoli liberi e divisi sapessero poi formare un unità ed una forza concorde , che formasse di tanti voleri un so- lo, cioè , quella volontà generale , che è la legge eterna delle nazioni. Le arti, l’agricoltura, le Scienze anno anche meritato la sua particolare attenzione: e sebbene sembri eh' abbia rab- bassati troppo i popoli autottoni d’ITALIA, pure chi considera: attentamente, troverà, che si è egli voluto attenere più alla verità storica, che alla vanità nazionale In tutto fi corso di questa Storia la di lui penna è sempre animata dal cuore. La tirannia, il vizio t la superstizione, che entrano pur troppo spesso nella Storia dell’ uomo, sono mostri che non si stanca mai di combattere, smascherandoli anche dove li uova coperti e velati , per far via più campeggiare la vera gloria e la virtù, sempre rara nel corso de’ secoli. La libertà, parola volgare, poco ancora intesa, dritto prezioso dell’uomo e più prezioso per la società, è sempre rilevata dall’ animo del vero FILOSOFO, che non può far a meno d’amarla. Su questo gusto egli tratta la Storia de’nostri progenitori. finché essi e l’ Italia tutta non perderotto la propria esistenza , per diventare nou sudditi ma schiavi di Roma.  4*^ la FORMA DEL GOVERNO cangia il carattere morale de popoli. Niente di grande , niente di generoso sema 1’amor della Patria e sema il sentimento di libertà. Un lusso distruggitore, il languore dell’inerzia, la schiavitù e la spopolazione corteggiano sempre il dispotismo. E questo è il quadro degl’antichi popoli sotto l' Impero de’ ROMANI i barbari distruggendo l’ITALIA la rigenerarono. Essa non puo rinascere che dalle sue ceneri: ma con qual progresso lento, con quali nuovi errori, con qual nuova strage dell’umanità riprendesse questo corso, tutto è attentamente rimarcato dall' Autore , a cui nulla sfugge di quanto deve far vergognar l’uomo delle sue pretensioni o consolarlo ed istruirlo . Ma è inutile di parlare più oltre di quest’Opera, che è nelle mani & ogni onesto cd illuminato cittadino. E' stata vera disgrazia della patria, che lautore sia rimasto a mezzo ’l corso della sua vita e del più utile prodotto, che potesse dare alla Nazione. Ecco con quali Opere Fr. A. G. rese immortale il suo nome. Ecco con quali mezzi cercò di essere un utile e benefico cittadina Ecco quali titoli abbiamo di celebrare e piangere la sua memoria. La di lui vita si può dire compresa tutta nelle Opere sue, non solo perchè le idee nuove e sublimi fanno quasi l’apice dell’ esistenza d’ un uomo di lettere e d’un vero Filosofo ; ma perchè nelle di lui opere morali souo espresse e manifestate quelle idee, e que’sentimenti ch'egli esercitò in tutto il corso del suo vivere. Tuttavolta il mio cuore sente ancora il bisogno di parlare, di qualche altra particolare circostanza. Si inno ordinariamente delle strane idee s» la sensibilità del cuore umano. Si dispensa e prodiga spesso il titolo di sensibile alle anime deboli o alterate , credendosi volgarmente che la sensibilità non possa esser compagna della virtù e della ragione. Bisognerebbe essere o stupido o affatto depravato per rimaner insensibile ai più lusinghieri e naturali sentimenti; ma questi per essere conformi alla loro destinazione) devono nascere da quella analogia d' idee, da quella uniformità di sentimenti e da quel- ( la consensibilità di cuore) che formano la base armonica dell' amore. Se un uomo sensibile resta indeterminato a questo sen- timento , non è certamente per mancanza di sensibilità fondamentale, ma dal non essersi ancora incontrato con un cuore v che possa combaciarsi e quasi amalgamarsi col suo. Rari incontri, ma possibili, per consolazione della spezie tonio G. fa abbastanza ragionevole e fortunato, per collocare gli onesti sentimenti del suo cuore in quello della Contessa tratteggiata dall' espressione della virtù c dei doveri, era poi quasi alluminata Aurora Barnal a. Una fisonomia felice, fortemente da più soavi e teneri sentimenti del cuore. La dolcezza delle -sue maniere , la facilità della sua ragione il gusto per la verità, la superiorità ai pregiudizj desiderj ( virtù rara nel sesso ) faceva parere che fussero trasfase nella di lei anima le virtù del suo compagno come spesso, il disinteresse, e la temperanza dei, una maschile fisonomia ei conosce in più delicato volto e prende la morbidezza e ’l carattere del sesso che investe- Con queste qualità fondamentali si potrebbe mai dubitare, se D. Aurora ! Francescan- 4*4 XLVII H ra facesse la feliciti della sua famiglia, se fosse la più teneri amica del marito, la più saggia madre delle sue figliuole, la più atta all’incarico delle domestiche cure? Non si conosceva interamente F. A. G. sema conoscere ancora qual donna egli s’ avesse assortita. Gli amici e confidenti di lui erano egualmente j suoi Lo spirito di ragione e ’l gusto ch’essa portava su varj oggetti, ne rendevano la compagnia egualmente piacevole ed interessante . la sua casa era quindi il punto di riunione di coloro che ai talenti accoppiavano le Non è questo il luogo di fare il catalogo dei molti amici del G. tutti conosciuti per merito e per probità; mi non posso trattenermi dal ricordar colui la cui memoria dovrà esser mai sempre cara alla nostra Nazione, dico di GENOVESI (si veda) m padre e creatore de’nostri ingegni. Quell’uomo egualmente di . cuore benefico e di spirito sublime aveva assai punti di rapporto per esser stretto amico del giovine G., che già in fresca età dava non dubbj segni d’esser destinato a divenirgli successore nella pubblica stima, e nella celebrità. G. MESSIMERI è un uomo che abbisognava d'amare per istinto; sincero e semplice nelle sue maniere come ne’ suoi sentimenti, il suo cuore non era chiuso nè dalla diffidenza nè dal disinganno. La libertà della sua ragione non era mossa nè dallo spirito di dispuu nè dal gusto di primeggiare: ma ha il giusto principio di richiamare tutte le idee allo scopo dì qualche utilità morale. Con questa maniera di pensare, oh quanto d’inutile si trova negli usi ordinar) della vita! Eppure essa dà il metodo più lodevoli qualità, del cuore- xlviii do più vantaggioso per giudicare del bene reale delle cose e delle azioni. I suoi più prediletti discorsi si raggirano su questo punto che tanto facilmente ricorre nelle Capitali. dove la grandetta della scena è proporzionata alla moltitudine degl’attori. Così quest’uomo nel tempo che si sottraeva alle necessa- rie applicazioni' non si distraeya in inutili trattenimenti, ma in compagnia d’eletti amici rilevava Io spirito con altre idee era, gionamenti d’un utilità più ordinaria e generale. Non solo i nazionali ma gli esteri ancora vollero avere il piacere di vedere dawicino quest’uomo illustre, e restavano sorpresi nel riconoscere in una somma semplicità di maniere quel filosofo, che in lontananza hanno altrimenti immaginato. Egli però poco desideroso di essere conosciuto, niente avida» di gloria letteraria, anzi pieno d’ una vera modestia che accresce il di lui merito reale, evitava. le nuove conoscenze, e cercava di tenersi chiuso eristretto fra’l numero di pochi amici, eh’ egli più che fraternamente amava. Pare che non esiste veramente fuori della sua famiglia. Cosa rara nel secolo! Le persone eccentriche ai sentimenti primitivi, che anno bisogno d’uria esistenza adjettizia, che unicamente vivono in società estranee ad essi, o dnno la disgrazia d’aver sonito circo- stanze infelici, o non esistono che per l’ambizione e per la vanità. La prima morale comincia, dai primi vincoli e rapporti che ci dà la Natura; e chi non sente questi non sentirà che in apparenza quelli della società che sono più lenti. Chi non trova i germi delia sua felicità nella prima società naturale, potrà difficil- jncu- euere39ee»au (^>jeeje Bg3eomjaoiie35e»^> <- c»iwieeao «ente rinvenirli altrove. Quindi egli menava il più che poteva la vita domestica , e poco si estrinsecava, anche per non indebolire i vincoli del cuore, che si spossano nelle troppo suddivise diramazioni. Non potè però celarsi allo sguardo di chi lo cercava senza conoscerlo. Il Generale Afton, desideroso d’avere al suo fianco un uomo, che all’estesa cognizione delle leggi riunisse non ordinarj talenti e le più preziose qualità del cuore, non altrove seppe porre il suo giusto sguardo e fermar la sua scelta che sopra G. MESSIMERI, già molto conosciuto per nome e per i suoi saggi in Europa. Egli lo rese noto alla maestà del sovrano che sempre amante dc'talenti dc’suoi sudditie voglioso di riconoscerne il merito, fece che restasse impiegato nelia delicata carica d’assessore de’ suoi reali eserciti, avendolo poi in mira per altre situazioni, dove più utilmente e più estesamente avrebbe impiegato la forza de’ suoi talenti, e l’attività del suo cuore. Io non devo estendermi sii! dìsiiBpegno particolare della sii carica. Pieno di talenti, della più vera rettitudine di cuore, ed esercitato alla virtù chi potrebbe dubitare se ben l’esercitasse è li publico ne ha fatto l'elogio, e lo ha fatto colle lagrime. Nel rimanente della sua vita privata era lo stesso cogli estranei e cogl’amicj. Ignoa sempre ciocché si chiama lingua e tuono del mondo, non essendo stato giammai Cortigiano, nè potendo esserlo pel suo carattere. La verità usce nuda e sincera dalla di lui bocca, e la espressione di essa gli era cosi naturale come il sentimento. Mai ricercato o ingegnoso, non isforzava lo spirito per mostrare d’ averne, e le sue maniere non erano modellate, L eCJlMSty sooe^fle^oe^e  ^nr^anp^sagsg^at x —v^' * s^ey— late sul gusto o sulla moda, ma spontanee, cordiali e vere, In tal guisa egli faceva la delizia di chi aveva la fortuna d' essergli vicino. In questi ultimi anni però era poco il tempo che poteva con- sacrare all’amicizia. Pieno di sentimenti di dovere pel suo impiego, ei s’occupa in gran parte di quello e compromesso; col pubblico e con se stesso per l’opera degl’annali, travaglia e medita assiduamente su quest’oggetto a lui caro. Ruba le ore necessarie al rinfranca delle perdite giornaliere della macchina per soddisfare alle intense brame del suo spirito. Ma questa combinazione eccessiva di fatiche alterò non poco la sua robusta e valida costituzione, Gli accessi del male che soffrì più volte, furono tanto ferali, che minacciarono la sua esistenza: ma fatto più per abbandonare se stesso, che disposto a trascurare in menoma parte i suoi doveri, non si diede mai un serio pansiere della propria conservazione. La sofferenza che si aveva acquistata per i mali fisici passava qualche volta in neghittosa noncuranza, nè voleva ricordarsi della pur troppo stretu dipendenza del no- stro essere dallo stato delf organizazioue. Le rimostranze che gli si facevano per questo, erano sufficienti per disturbarlo ; e se qualche volta si ridusse per le amicali violenze a temperare alquanto le sue applicazioni, e a prendere qualche cura della sua esistenza, ad ogni piccolo miglioramento ritornava inconta- nente ai modi usasi senza badare, quanto la machina, indebolita prende con faciliti le cattive abitudini, che ne portano la distruzione. Ma l’intemperanza nelle applicazioni dello spirito, è stata in ogni tempo il difetto comune ai grandi e sublimi talenti. In questo stato d’ assidue fatiche e di spossatezza, un colpo terribile gli fece risentire la catastrofe , che nel disastro della Calabria involse anche il luogo della sua nascita . Quel giorno di lutto comune della Nazione fu terribile per lui, che colla ma- dre perde cinque altri individui della sua virtuosa famìglia . La ragione non à fòrza di consolare il cuore destinato a sentire e non ad essere comandato; e In inaura dell» sensibilità so- no le più distruttive di questa nostra tenue e troppo complicata organizzazione. In mezzo al più vivo dolore G. non da soltanto sterili lagrime alla Patria. Egli per Sovrano commando è il primo descrittore di quella fatale sventura, il primo a suggerire le necessarie viste d’una ben intesa beneficenza, ed a sollecitare la sensibilità, del Trono per conservare gli avanzi di quel popolo infelice. Dalle di lui carte ne nacquero altre molte, che forse quanto inno di esattezza Io devono s quelle, eh’ egli per sua modestia non volle publicare Ma forse nè per quel violento attacco di sensibilità, nè in conseguenza delle nuove fatiche l’ arressimo immaturamente pianto, S® il più terribile e fatai colpo non l’avesse sopraffatto in questo sta'to di salute indebolita. Egli vedeva da più tempo la diletta compagna del suo cuore perdere quell’espressione.ti «alm*. r: -1—lieta una fisonomia. Tutte le attenzioni che trascurava per se medesimo, volle che fos- sero moltiplicate per lo sospirato ristabilimento della sua consorte 1 td amica- L’insinuante qualità del male, che già della di lei tersotia si era impadronita, dava luogo a frequenti alternative di speranze e di timori: ferite mortali nell'animo di chi ama. Chi è stato anche solo spettatore in si fatti casi conosce in qua- le stato d’ orgasmo sia un cuore sensibile, ed a quali lacerazioni sia in necessità di soggiacere. Il male che nel corso di circa due anni distrusse la vita di Darnaba, fece anche crollare quella cfel suo illustre consorte. Le anime sensibili e non infelici nel sacro nodo ronjugale possono forse sole immaginare qual profonda acerbissima ferita dovè farsi nel cuore superstite. Gl’amici, che gl’erano d’intorno, vedevano espressa su la di lui costretta fisonomia l’immensità del dolore e P indifferenza alla vita. Il solo amor paterno puo ancora rendergli non odiosa l’esistenza ; ma la macchina non resiste alla gravezza de’ mali dell'animo . ed O l’una o l’altro deve soccombere. Gl’incomodi, che prima l’hanno travagliato ad intervalli, divennero continui; le medele perdeno la loro attività; la macchina ora indebolita a segno, che un colpo solo tolse la più preziosa esistenza per l’amicizia e per la virtù. La perdita del Pubblico e degli amici è irreparabile; ma le cinque nobili ed afflitte pupille ànno trovato nei cuori di Ferdinando E Carolina la sensibilità e l’affetto dei loro genitori [cf. H. P. Grice, PROGRAMMA GENITORIALE] Possa «ampie hi BemeficenT» far I’ Elogio de’ nostri adorabili Sovrani! Questa è la vera riconoscenza eh’ essi possono testimoniare alle ceneri dell’ Illustre Cittadino, come queste poche pagine e questi sentimenti sono dopo le lagrime l' uniccr omaggio, che 1’amicizia puo consacrare ALLA MEMORIA ETERNA DI G. Francesco Antonio Grimaldi. Francesc’Antonio Grimaldi. Francescantonio Grimaldi. Marchese Grimaldi dei signori di Messimeri. Keywords: compassione, la compassione, Romolo bruto. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Grimaldi: implicatura ed inter-azione” – The Swimming-Pool Library.

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