Grice e Griffero: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale dell’inter-soggetivo – filosofia piemontese -- filosofia
italiana – Luigi Speranza (Asti).
Filosofo Italiano.
Asti, Piemonte. Grice: “I like Griffero; for one, he has a taste for
neologisms, like his atmospherelogy – He has understood that aesthesis, qua
sensatio, is the basis for aesthetics, and he has explored the philosophies of
Tarso, Spranger, and Schelling!” Insegna
a Roma. Studia a Torino sotto Vattimo su“L’ermeneutica.” Studia Betti (“Interpretare.
La teoria di Betti e il suo contesto” – Rosemberg,Torino) ed il concetto di spirito
e forma di vita. La filosofia della cultura (Angeli, Milano). Si dedica al
rapporto tra arte e mito, scrivendo poi Senso e immagine. Simbolo e mito (Guerini,
Milano), Cosmo Arte Natura. Itinerari
(Cuem, Milano), nel quale si concentra sulle caratteristiche del
real-idealismo, e infine una ricostruzione dell'apporto dato da questo autore
all'estetica filosofica (Estetica -- Laterza, Roma). La nozione d’immaginazione
transitiva è invece affrontata in Immagini Attive: beve storia
dell'immaginazione transitiva, Monnier, Firenze. Ricostruisce la storia della
credenza secondo cui una fantasia particolarmente forte sarebbe in grado di
agire, cambiando o addirittura generando la realtà esterna. In Realismo e
Idealismo, Nike, Segrate, analizza il Pietismo Speculativo. La corporeità
spirituale è il "fine ultimo delle opere di Dio. L'ampia storia del
concetto e esposta in Il corpo spirituale. Ontologie sottili" (Mimesis,
Milano). La ricerca sulla fenomenologia del corpo e della percezione e
l'estetica delle atmosfere è affrontata in “Atmosferologia. Estetica degli
spazi emozionali (Laterza, Roma). Nel libro Quasi-cose. La realtà dei
sentimenti (Mondadori, Milano ) indica e analizza sulla scorta dei un'estetica
neo-fenomenologica i sentimenti atmosferici, il dolore, la vergogna, lo
sguardo, il crepuscono, il corpo vissuto come quasi-cose, entità aggressive e
decisive per la nostra esistenza senza essere riducibili al paradigma cosale
tipico della tradizione occidentale
Il pensiero dei sensi. Atmosfere ed estetica patica (Guerini, Milano)
delinea, a partire dalla nozione estetico-fenomenologica d’atmosfera, i
contorni di un'estetica orientata non allo gnosico ma al patico, che non
tematizza un oggetto come una espressione speciali come le opere d'arte ma il
modo in cui ci si sente quando ci si espone, soprattutto involontariamente, ai
sentimenti presenti nell'ambiente circostante. Il tema è sviluppato,
esteso a considerazioni sull'atmosfericità del linguaggio, sulla presenza e la inter-soggettività
re-interpretate in chiave fenomenologica. Altre opera: Storia dell'estetica
(Nuova Cultura, Roma). Quali atmosfere per quali spazi? Dicendo, con precisione
tutt’altro che metaforica (cfr. G.) che, ad esempio, l’aria si è fatta pesante
e il suono opprimente, l’odore penetrante e il silenzio solenne, ci si
riferisce non certo allo spazio locale ma allo spazio assoluto e
predimensionale (più o meno transitorio) delle “isole” leiblich. Ne viene – ed
è ciò che ovviamente più interessa nel nostro più generale progetto
atmosferologico (cfr. Böhme, G. e G. – che lo spazio non locale del sentimento
(Gefühlsraum), permeato cioè da sentimenti o tonalità emotive (Gefühle o
Stimmungen) (cfr. Schmitz), intesi ora come atmosfere, come quasi-cose
caratterizzate (quanto meno nella loro forma 12 Una spazialità a rigore non
solo non tridimensionale, ma neppure bidimensionale (superficie),
monodimensionale (retta) o non-dimensionale (nel senso in cui lo è il punto).
L’abitare è per Schmitz, propriamente, cultura-coltivazione dei sentimenti in
uno spazio recintato. La tesi secondo cui «i sentimenti sono spazialmente
estesi [sarebbe inconcepibile o addirittura comica se si riferisse allo spazio
locale», giacché in tal caso «un sentimento sarebbe forse una sorta di sfera o
un triangolo nel ventre o in prossimità della testa» (Schmitz). SpazioFilosofico
prototipica e cioè oggettivo-distonica) da direzioni abissali, costituisce
l’apriori di ogni nostra esperienza, specialmente involontaria. Come le valenze
espressive delle singole cose e persone possono invitarci a fare o respingere
qualcosa, così le affordances dello spazio del sentimento, irriducibili
all’assetto ottico e agli effetti solo pragmatici cui pensa Gibson, portano
infatti in luce l’articolazione decisamente anisotropa atmosferica della nostra
Lebenswelt. Ma, se avvertire un’atmosfera significa avvertire la qualità
affettiva e leiblich “espressa” (un termine da non concepire, in una radicale
Erscheinungswissenschaft, nel senso dell’estroflessione di un interno) dai
nostri intorni, occorre da ultimo interrogarsi sulle atmosfere specifiche dei
tre livelli di spazialità menzionati. Allo spazio della vastità c)
corrispondono le atmosfere letteralmente s-confinate delle Stimmungen pure,
come tali alla base dell’intero edificio della vita emozionale. Troviamo qui da
un lato l’estensione piena della soddisfazione, concepibile non come gioia ma
come quieto equilibrio (nel senso, ad esempio, dell’intimità famigliare), e
dall’altro l’estensione vuota della disperazione, concepibile più come la
medioevale acedia o l’ennui (nel senso, ad esempio, della lieve noia che ci
coglie nelle stazioni o al cospetto del graduale impallidire serale delle cose)
che non come un cruccio opprimente. Allo spazio direzionale b) corrispondono,
invece, tre forme di atmosfere vettoriali. Anzitutto b1) le Erregungen pure,
vale a dire emozioni strutturate e tuttavia diffuse e prive di un vero tema
specifico (per questo abgründig per Schmitz), le quali, contrariamente alle
fondamentali direzioni leiblich, possono essere anche centripete, aggredirci ab
extra pur in assenza di una fonte precisa (cosa o quasi-cosa che sia) e quindi
di una “ragione”. E poi b2) le emozioni centrate, le cui terminazioni e
condensazioni in un oggetto (quando la Sehnsucht, ad esempio, si precisa come
amore), in quanto tali responsabili della (secondo Schmitz fuorviante) teoria
dell’intenzionalità dei sentimenti15, possono essere unilaterali (esaltanti o
deprimenti), onnilaterali, centrifughe (come la Sehnsucht), centripete (come la
paura e la sfiducia indeterminate), ma anche indecise, come nel caso del
presentimento. Allo spazio locale a), infine, corrispondono16 le atmosfere
generate dagli oggetti e dalla loro collocazione, relativa fin che si vuole
nella spazialità locale eppure su di noi intensamente attiva, ad esempio in
virtù di qualità espressive che, eccedendo di gran lunga l’ufficio delle
proprietà − in linea di principio accidentali e parassitarie rispetto a un
substrato sostanziale (nei sentimenti atmosferici assente in linea di principio)
−, fungono da vere e proprie “estasi” (cfr. Böhme). Quasi fossero i “punti di
vista” con cui le cose in un certo senso escono da se stesse (cfr. G.) e che
appaiono inspiegabili come mera espressione di un interno (qui propriamente
inesistente), le atmosfere o estasi delle cose paiono analoghe a potenze 15 I
presunti sentimenti intenzionali – l’ira, ad esempio − sarebbero meglio
spiegabili, come sentimenti atmosferici centrati, chiamando in causa una
dissociazione tra punto di ancoraggio (lo stato di cose che suscita l’ira) e
zona di condensazione (l’uomo o l’oggetto con cui si è adirati): due elementi
di solito poco connessi sotto il profilo causale o logico (gestalticamente:
figura/sfondo), visto che – ed è forse illogico ma adattivamente funzionale! –
si teme, ad esempio, più la persona che potrebbe ucciderci (condensazione) che
non la morte come tale (cfr. Schmitz). Ma Schmitz qui obietterebbe che, le
atmosfere non essendo per lui intenzionalmente producibili e riducibili a cose
singole (giusta una più generale campagna contro la forma mentis singolaristica
su cui non possiamo qui fermarci), le impressioni suscitate dalle cose non
sarebbero autentiche atmosfere demoniche (numinose) indipendenti dalla nostra
volontà. Sono, in altri termini, qualità espressive (inviti, affordances),
nella cui manifestazione in certo qual modo le cose si esauriscono, esattamente
come il vento coincide col proprio soffiare (cfr. Griffero). Sono
modi-di-essere pervasivi (cfr. Metzger) che, generando lo spazio affettivo cui
il soggetto accede, danno vita a una co-presenza (proprio-corporea, anzitutto,
ma anche sociale e simbolica) di soggetto e oggetto, a un tra, un tema caro a
Böhme, anteriore alla distinzione soggetto/oggetto, a una relazione che
paradossalmente (per la logica ordinaria, s’intende) dev’essere anteriore ai
suoi relati, pena una ricaduta nel dualismo aborrito.Tonino Griffero. Griffero.
Keywords: l’inter-soggetivo, Betti, ermeneutica, fenomenologia, Vico, il
circolo dell’implicatura, implicatura ammosferica-- Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Griffero” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Grimaldi: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale anti-peripatetica – filosofia campanese – scuola di Salerno -- filosofia
italiana – Luigi Speranza (Cava
de’ Tirreni). Filosofo Italiano.
Cava de’ tirreni, Salerno, Campania. Grice: “I have spoken of ‘magic’ – “two
kinds of magic’ – actually, for Grimaldi there are THREE: ‘black magic,’
‘artificial magic,’ and my favourite, ‘natural magic’!” Nacque da nobile famiglia locale di origini genovesi.
Compì i suoi studi avvicinandosi a Cartesio, di cui fu seguace e fece parte del
gruppo chiamato degli epigoni dell'Accademia degli Investiganti. Consigliere
Regio. Scrive numerose opere, raccolte poi in "Istoria dei libri di don
Costantino Grimaldi, scritta da lui medesimo". Tra quelle più note si
possono elencare le “Considerazioni intorno alle rendite ecclesiastiche del
Regno di Napoli” (Napoli), le “Discussioni filosofiche” (Lucca), la “Dissertazione
sulle tre magie, naturale, artificiale e diabolica (Roma). Il figlio gli dedicò
"Ragioni genealogiche a' favore della Famiglia Grimaldi del Sig. Cons. D.
Costantino Grimaldi. Colli signori Grimaldi di Seminara, e con quelli patrizj
di Catanzaro" F. A. Meschini, nel Dizionario Biografico degli Italiani, indica
Napoli come città natale. Memorie di un anticurialista del Settecento. Testo,
introduzione note V.I. Comparato. Firenze, Olschki, Biblioteca dell'«Archivio
storico italiano», Franco Aurelio Meschini,
Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Anticurialismo. GRIMALDI, Costantino. –
Nasce a Napoli. Ha come maestro per le belle lettere e l'oratoria Taurini.
Spinto dallo zio, sacerdote secolare, a frequentare le Scuole pie di largo
dello Spirito Santo, vi strinse amicizia con il padre Tommaso d’AQUINO, dal
quale apprese la filosofia aristotelica. Dopo l'anno di logica, al termine del
quale sostenne alcune pubbliche conclusioni, proseguì gli studi non di
metafisica, come avrebbe voluto, bensì, per volere paterno, di legge, sotto
Radesca e Lellis. Lesse poi, per proprio conto, Tesauro, Piccolomini e, per i
casi di coscienza, la summa di Diana e l'opera di Bonacina. Otenne la laurea.
Prese quindi a frequentare il foro, senza tralasciare, tuttavia, lo studio
delle belle lettere sotto la guida del leccese Giordano che lo avviò alla
lettura dei moderni: Capua, Cornelio, Boyle, Gassendi, e Cartesio. Non trascura
i classici, CICERONE e Quintiliano sopra tutti, studia il francese, i rudimenti
della geometria su Euclide e la medicina sotto la guida di Donzelli. Di lì a
poco prese a frequentare il circolo di Valletta e strinse amicizia con diversi
personaggi illustri: Billio, Anastasio, Lucina, Grazini, Greco, Monforte,
Cristofaro, Capasso, Cirillo, Egizio, Vitagliano, Danio, Stocchetti. È di
questi anni l'idea, cara all'ambiente vallettiano, di una storia universale
della filosofia, che il G. concepì in contrapposizione a Benedictis. Questi,
sotto lo pseudonimo di Benedetto Aletino, aveva dato alle stampe a Napoli le
Lettere apologetiche in difesa della teologia scolastica e della filosofia
peripatetica: cinque lettere indirizzate a personaggi fittizi (ma facilmente
identificabili) e reali dell'ambiente investigante. La necessità di una
risposta al gesuita fu immediata; lo stesso G. fornisce l'elenco di quanti
risposero o manifestarono l'intenzione di rispondere: Lucina, Filippo
Anastasio, Andrea, Greco e Magrino. Da parte sua il G. in un primo momento (è
lui stesso a ricordarlo) pensò di rispondere indirettamente, compilando la
sopra ricordata storia, che avrebbe dovuto seguire lo sviluppo della filosofia
nelle singole nazioni, soprattutto nel suo sorgere presso i Greci, nel
passaggio ai Romani, quindi agli Arabi e infine ai moderni. Quando
apparve chiaro che le risposte attese o annunciate non avevano raggiunto lo
scopo o che addirittura erano destinate a restare allo stato di progetto,
mentre peraltro l'Aletino e i suoi sostenitori continuavano nell'offensiva
contro i moderni, il G. si accinse a rispondere al gesuita. Le tre
risposte di G. videro la luce. Nella prima (Risposta alla lettera apologetica
in difesa della teologia scolastica di Aletino. Opera nella quale si dimostra
esser quanto necessaria ed utile la teologia dogmatica e metodica, tanto
inutile, e vana la volgar teologia scolastica, stampata a Ginevra per
l'interessamento di Musitano, presso Tournes, ma datata da Colonia presso
Hecht), pubblicata anonima, il G. muove dalla distinzione (già in Valletta) tra
una buona e una cattiva (volgare) scolastica: la prima che non si discosta
dalla Sacra Scrittura, dalla tradizione, dai Padri, dai concili, dall'autorità,
la seconda che, al contrario, non fa debitamente ricorso alla tradizione e
pretende di provare le verità di fede con la sola ragione umana, muovendo dalla
filosofia. Cartesio, che secondo uno schema consueto ai novatoresnapoletani
viene accomunato spesso a Gassendi, è presentato come estremamente rispettoso
nei confronti della sacra dottrina, in contrapposizione a quei filosofi che
dialettizzavano la teologia. La Risposta, di cui ben presto si conosce il
nome dell'autore, procura a G. notevole fama e apprezzamento anche fuori del
Regno e lo mise in contatto con letterati illustri, tra cui Gravina, Muratori,
Magliabechi, e Mabillon. Nella seconda risposta (Risposta alla seconda lettera
apologetica di Benedetto Aletino. Opera utilissima a' professori della FILOSOFIA,
in cui fassi vedere quanto manchevole sia la peripatetica dottrina), non più
anonima, data la favorevole accoglienza della prima, e stampata realmente a
Colonia "perché trovò le stamperie occupate in Ginevra", sono
affrontati più direttamente i problemi della filosofia aristotelica e del suo
rapporto con la fede e con la dottrina cristiana. Con abile mossa il G.
trasforma questa seconda risposta in un serrato attacco ad Aristotele, proprio
sul terreno più caro all'Aletino, l'affidabilità teologica dello Stagirita.
Sulla base di un sapiente incastro di testi (Patrizi, Ramo, Gassendi, ma anche
gesuiti come Maldonado, Possevino, Elizade o domenicani come Cano) e di abili
argomentazioni, G. dimostra come alla luce dei principî aristotelici diventino
insostenibili i cardini della fede cristiana: la provvidenza, la creazione,
l'immortalità dell'anima; e, sul versante della scienza, la corruttibilità dei
cieli. Diversamente, i moderni, Cartesio sopra tutti, hanno professato dottrine
non in contrasto con le Scritture: ne è esempio l'impegno del filosofo francese
per conciliare la dottrina eucaristica con la sua concezione della res
extensa. Alla terza risposta (Risposta alla terza lettera apologetica
contra il Cartesio creduto da più d'Aristotele d’Aletino. Opera in cui
dimostrasi quanto salda e pia sia la filosofia di Renato delle Carte e perché
questa si debba stimare più d'Aristotele), stampata questa volta in Napoli da
Rosselli, ma sempre con l'indicazione di Colonia (perché senza la licenza dell'arcivescovo),
è affidata la difesa di Descartes dagli attacchi dell'Aletino. Questa
risposta, più ancora delle prime due, rappresenta uno fra i più importanti
documenti nella diffusione del pensiero e delle opere di Descartes in ambiente
napoletano. G. appare, anzi, come uno dei più attenti, se non il più attento
interprete partenopeo del filosofo francese, sia per la conoscenza pressoché
integrale del corpuscartesiano allora disponibile, comprese le lettere e gli
Opuscula postuma, sia per l'acume interpretativo. Descartes, "il miglior
filosofante di ogni tempo", viene visto soprattutto muovendo dalla sua
metafisica: "È ben noto che non solamente il metafisico sistema cartesiano
s'aggiri tutto intorno alla cognizione d'Iddio ma il sistema ancor fisico tutto
quanto è, suppone necessariamente per fabro, e regolatore il supremo
facitore" sicché "togliendosi per ipotesi il darsi Iddio, caderebbe e
si ridurrebbe a nulla la macchina del Cartesiano sistema. Questa piegatura
metafisica, nuova rispetto a pensatori come Valletta e D'Andrea e più in
generale all'ambiente investigante e a quello dell'Accademia di Medina Coeli,
permise a G. di allontanare da Descartes la pericolosa accusa di collusione con
l'atomismo antico, e di inserirlo nell'alveo della tradizione di Platone e di
Agostino, di cui, in particolare, Cartesio è detto fido seguace. Tutti i temi e
i testi della metafisica cartesiana, in un discorso che è al tempo stesso
giustificazione e ricostruzione del moto rinnovatore napoletano che da quei
testi aveva tratto alimento, sono passati in rassegna: il dubbio, il cogito
ergo sum, il criterio dell'evidenza (ove grande importanza è data al momento
dell'intuitus, il "guardo"), le dimostrazioni dell'esistenza del
divino. Esaminata e così difesa la metafisica, la fisica cartesiana, di cui G.
discute il ruolo delle ipotesi (diverse dalle supposizioni dei poeti e degli
astronomi, spesso impossibili), appare se non più agevole, certo più sicura.
G., che difende al tempo stesso Descartes e CAPUA (si veda), polemizza non solo
con Aletino ma anche con talune sue fonti come Daniel e soprattutto l'astronomo
Petit, che Aletino aveva indicato come propria guida. Vengono così discusse,
cogliendone precisamente i nessi, le principali concezioni fisiche del filosofo
francese: il corpuscolarismo legato al rifiuto delle forme sostanziali (concetto
applicabile solo all'anima "ragionevole"); la riduzione della materia
a estensione e negazione del vuoto; l'universo indefinito (non infinito come
gli attribuiva l'Aletino), costituito dal moto che il divino ha impresso alla
materia; l'accettazione del principio inerziale, da cui discende che il cosmo è
retto dalle leggi del moto e liberato da ogni visione antropomorfica e
finalistica. Con questo cosmo materiale l'uomo, non più centro dell'universo,
intrattiene un rapporto grazie alle sensazioni e alle passioni, che sono in
vista della conservazione e della salvaguardia del composto anima e
corpo. Usce una replica dell'Aletino alla risposta di G., la difesa della
scolastica teologia, ed ebbe inizio anche lo scambio di accuse tra i due presso
il sant'uffizio, che diede il via a una serie di relazioni e controrelazioni.
Nonostante ciò, G. trova a Roma un clima non del tutto sfavorevole, soprattutto
tra i prelati filogiansenisti, e l'opera poté liberamente circolare; anzi,
grazie soprattutto all'interessamento di Magliabechi (cfr. lettera del G. a
Magliabechi, Firenze, Biblioteca nazionale, Magl.), ebbe una notevole
diffusione in Italia e fuori. G. abbozza le risposte contro la IV e la lettera
del gesuita. Venne colto da un colpo apoplettico e l'anno dopo l'Aletino
(insinuando che Ignazio avesse colpito G. perché aveva osato malmenar la sua compagnia)
intervenne nuovamente con una Difesa della terza lettera apologetica di ALETINO
(si veda). La morte del gesuita -- G. non manca qualche anno più tardi di
vendicarsi delle insinuazioni d’Aletino, collegando la sua morte a una
punizione celeste -- la sua stessa malattia, la denuncia alla congregazione
romana delle tre risposte, il fatto che altri avessero risposto alla replica
dell'Aletino (Filippo Anastasio diede fuori uno scritto, che non venne
pubblicato, ma G. ebbe modo di leggerlo), sono tra i motivi per cui G. non
volle dar seguito allora alla polemica; nello stesso periodo, tuttavia, mise
mano a un'Analisi del modo di teologare, il cui bersaglio era pur sempre la
teologia scolastica, che l'autore non portò a termine perché chiamato
(direttamente dalla corte di Barcellona, su consiglio di Caravita) a difendere
gli editti regi in materia di benefici ecclesiastici nel Regno di Napoli contro
la Curia romana. G., che aveva già ricoperto cariche in seno
all'amministrazione (governatore dell'arrendamento dei ferri in Terra di Lavoro
e deputato dell'arrendamento del tabacco), venne chiamato a questo incarico. La
pretesa di Carlo d'Asburgo, espressa negli editti, di conferire benefici
ecclesiastici solo a regnicoli, contro la pretesa della curia romana, venne
dunque sostenuta da G. nelle Considerazioni teologico-politiche fatte a pro
degli editti di s. maestà cattolica intorno alle rendite ecclesiastiche del regno
di Napoli, che furono recensite nel supplemento degl’acta eruditorum. La
risposta di Roma non si fa attendere. La Curia emana una bolla che colpe, con
le opere di Riccardi ed Argento, la prima parte del trattato delle
considerazioni teologico-politiche, mentre la seconda parte venne raggiunta
dalla censura neppure un mese dopo. G., che è nominato consigliere
straordinario del tribunale di S. Chiara (divenne ordinario piu tardi), prepara
contro il testo della censura (la cui stesura si doveva al benedettino tedeschi)
un avviso critico et apologetico intorno alla bolla, et alla censura fatta a’
saggi intitulati Considerazioni teologico-politche, che circola manoscritto
negli ambienti anticuriali napoletani. Morto l'Aletino, la polemica con i
gesuiti non cessa. In un processo che li riguarda essi ricusarono G. come
giudice, facendo leva sulla passata polemica con il loro confratello e
ottennero poi, con l'appoggio del reggente Biscardi, l'esclusione di G. da
tutti i processi in cui fosse coinvolta la Compagnia, con una sentenza del
Collaterale. G., che cerca inutilmente di ottenere la revoca del decreto
(facendo anche intervenire Muratori presso il vice-ré Arese, di cui l'abate
modenese era amico), ha tuttavia dalla sua parte Argento e il reggente Rubini.
Numerosi consulti negli anni successivi testimoniano la sua attività di
consigliere. In questi stessi anni G. riprende in mano le risposte all'Aletino
con l'intenzione di pubblicarne una nuova edizione. Le controverse vicende
della stampa sono documentate dal G. stesso nelle sue Memorie, ora pubblicate,
a cura di Comparato, con il titolo Memorie di un anticurialista, Firenze. Terminata
la stesura dell'opera G. chiese la licenza di stampa al Collaterale (non
all'arcivescovo, precisa lo stesso G., per l'illegittimità, a suo avviso, della
licenza ecclesiastica); si rivolse quindi allo stampatore Parrino, che,
iniziata la stampa, la sospese di lì a poco su pressione di ambienti curiali. A
questo punto G., secondo una prassi invalsa, ottenuti dallo stesso Parrino i
caratteri, continuò la stampa in casa propria. Gli ostacoli e gli equivoci
erano, tuttavia, ben lungi dall'essere superati: il cardinale Pignatelli,
arcivescovo di Napoli, cercò, infatti, di far interrompere la stampa, senza
però riuscirci; d'altro canto il viceré, cardinale Althan, che in un primo
momento aveva fatto intendere che avrebbe gradito che l'opera gli fosse
dedicata - cosa che G. fa - solleva mille difficoltà, cui G. risponde punto per
punto, finché "vidde, ed odorò che il signor viceré non facea più da
viceré, le cui parti altre certamente sarebbero state, ma da ministro di Roma,
e da esecutore delle voglie altrui, non ascoltando altro che gl'impulsi
venutigli da colà. I volumi, già stampati, vennero sequestrati, salvo quelli
che il G. aveva fatto circolare tra gli amici. Tre copie vennero inviate a Roma
per il tramite del cardinale Àlvaro Cienfuegos, ministro plenipotenziario
austriaco. Una di queste venne fatta pervenire direttamente al pontefice. Arriva
la condanna della congregazione dell'Indice, che colpiva sia la prima sia la
seconda edizione delle Risposte. Il G. affidò la sua difesa a un memoriale in
cui rivendicava il fatto che la prima edizione delle Risposte fosse passata
immune per ben tre volte all'esame del Sant'Uffizio. La nuova edizione,
intitolata Discussioni istoriche, teologiche, e filosofiche di G. fatte per
occasione della risposta alle lettere apologetiche di Benedetto Aletino
(Lucca), contiene, in realtà, alcune importanti aggiunte, che danno conto
soprattutto delle letture che in quegli anni G. andava facendo e di nuovi
legami maturati anche al di fuori dell'ambiente napoletano: in particolare
Mabillon e Muratori, Jean Le Clerc e Noël Alexandre. Gli interventi più
significativi sono nella prima risposta, con una più convinta difesa del
giansenismo, che è al tempo stesso presa di posizione per un cristianesimo
nutrito delle sacre scritture. Ciò significa anche, nel momento in cui veniva
tolta alla ragione la giurisdizione sulla fede, liberare il campo della
filosofia dalle intrusioni teologiche e difendere quella libertas philosophandi
che era stata e continuava a essere la bandiera dei novatores. Le risposte alla
quarta e alla quinta lettera, rimaste manoscritte e ora conservate presso la
Biblioteca nazionale di Napoli, furono redatte in un lasso di tempo che
presumibilmente va dagli anni immediatamente successivi alla pubblicazione
della terza risposta a dopo il 1724. Nella quarta risposta G. attinge a filosofi
come Bayle e Simon, a libertini come Vayer e Naudé, alla cultura investigante,
sempre a Descartes, ma anche a Malebranche. E, tuttavia, è soprattutto
Muratori, con le sue Riflessioni sopra il buon gusto, a rappresentare in questa
fase, in cui la polemica con l'Aletino è ormai piuttosto un pretesto, un punto
di riferimento. La scolastica è attaccata sia nel suo interprete più ortodosso,
AQUINO (si veda), la cui valorizzazione di Aristotele non può servire ai
sostenitori del filosofo greco perché filologicamente non sorretta dalla conoscenza
del greco, sia nel suo ispiratore principe e cioè Aristotele stesso, di cui G.
passa in rassegna gli errori nelle varie scienze. A essi, tuttavia, G. non
contrappone un nuovo corpus dottrinale, bensì, con un atteggiamento caro ai
moderni, il metodo, aprendosi a una vera e propria apologia della
ricerca. Non mancano altresì affermazioni che nella sostanza suonano anti-cartesiane,
soprattutto nella direzione di un certo vitalismo della tradizione
naturalistica meridionale. Nella quinta risposta, Per la scelta d'Aristotele in
maestro contro a' libertini ed atomisti, G. affronta il tema dell'ateo virtuoso
e, per spezzare la relazione tra atomismo e ateismo, cavallo di battaglia
dell'Aletino, ribalta l'accusa di ateismo su Aristotele, che per di più è
giunto in Occidente attraverso la mediazione irreligiosa di Averroè ed è
all'origine sia degl’errori di POMPONAZZI (si veda) sia, ancor più, di Spinoza.
La fortuna della filosofia aristotelica, d'altro canto, era nata, secondo G.,
dalla crisi della cultura nel Medio Evo e ora era in declino proprio per
l'avanzamento della verità, grazie, soprattutto, alle scienze
sperimentali. L'opera, che si conclude con un'apologia della ragione e
dell'esperienza, contiene anche i germi di quel riformismo cattolico che
troverà in Muratori più compiuta maturazione: diminuzione delle feste
religiose, superamento della condanna sull'usura, rifiuto del magico e del
diabolico. Rinnovamento che passa - ciò è una costante nelle opere del G. -
attraverso la comprensione critica della storia ecclesiastica, meglio,
attraverso la storia ecclesiastica quale strumento critico della disciplina se
non della dottrina. Dall'uscita di scena del viceré d'Althan all'avvento
degli Austriaci, G. trascorse uno dei periodi più tranquilli della sua vita e
al tempo stesso più intensi per la sua attività politica. Insieme con Garofalo
compila la lista delle proposizioni ingiuriose alla potestà de' principi nelle
Riflessioni morali e teologiche, scritte da Sanfelice contro Giannone, prende
parte al progetto di riforma dell'Università di Napoli, appoggiò la candidatura
di Garofalo a teologo del Collaterale e di Galiani alla cappellania maggiore
del Regno. Il ritorno a Napoli degli Spagnoli con l'avvento di Carlo di Borbone
segna una nuova svolta negativa nella vita di G., nei cui confronti venne
aperta un'inchiesta, ancora una volta in base alle accuse della corte di Roma e
dei gesuiti, in seguito alla quale perse la carica di consigliere, non senza,
tuttavia, che il re riconoscesse il suo valore: gli venne, infatti, concesso
"l'onor della toga e l'intiero soldo". È in questo momento che
il G. pose mano all'Istoria de' libri di Costantino Grimaldi scritta da lui
medesimo, con l'intento di difendere il suo operato; fonte preziosa che permette
di seguire la genesi delle sue opere e delle polemiche in cui fu impegnato. Per
ottenere il passaggio delle sue opere censurate dalla prima alla seconda
categoria dell'Indicedovette adoperarsi con tutte le forze, ricorrendo agli
amici, facendo appello a tutta la Curia romana e giungendo, infine, a una
ritrattazione che, a sua insaputa e con suo disappunto, venne pubblicata l'anno
successivo nelle Novelle letterarie di Venezia. Negli anni successivi
visse appartato, continuando a intrattenere rapporti epistolari con vari
rappresentanti della repubblica letteraria, in particolare G.M. Mazzuchelli. A
questo invierà l'Elogium che gli aveva dedicato il padre Casto Innocente
Ansaldi, insieme con le Discussioni storiche e una versione abbreviata
dell'Istoria de' libri cui aggiunse le notizie relative agli anni successivi e
cenni sulla sua giovinezza, materiali questi che Mazzuchelli utilizzerà per le
Notizie storiche e critiche intorno alla vita e agli scritti di C. G.,
pubblicate l'anno dopo della morte del G. nella Raccolta d'opuscoli scientifici
e filologici di A. Calogerà. G. E ARRESTATO con l'accusa di intrattenere
corrispondenza con gli Austriaci. G. resta in carcere quaranta giorni (Vat.
lat.). Dello stesso anno è una Lettera apologetica indirizzata a Paoli
sull'involuzione della liturgia nel Medioevo (tema ripreso in due lettere a
Mazzuchelli). Polemiche attardate, come quella durante la crisi napoletana del
Sant'Uffizio allorché G. compose il
trattato Sciagura maggiore, rimasto manoscritto, in cui ripropone la lotta
anticuriale a favore del sovrano e CONTRO L’INTRUSIONE DEL POTERE DI ROMA. L'ultimo
scritto di G., pubblicato postumo (Roma, Milano) a cura del figlio, è una
Dissertazione in cui si investiga quali sieno le operazioni che dependono dalla
magia diabolica e quali quelle che derivano dalle magie artificiale e
naturale. G. muore a Napoli. Dei tredici figli gli sopravvissero Gregorio
e Ginesio, Bernardo, chierico e abate di S. Maria della Misericordia a Itri,
Aniceto e Teodosio, monaci olivetani. G. intrattenne un'ampia corrispondenza:
in particolare le sue lettere al Magliabechi sono conservate nella Biblioteca
di Firenze, quelle al Muratori nell'Archivio Muratoriano di Modena, quelle al
Bottari, infine, presso la Biblioteca Corsiniana di Roma. Biblioteca
apost. Vaticana, Vat. lat.: Viri clarissimi G. senatoris Neapolitani elogium
authore P. C.I. A. O.P. [Ansaldi]; G., Lettera di Claristo Licenteo [Licunteo] scritta
a Grandini, in cui si essaminan due luoghi del signor Francesco Maradei in
persona del regio consiglier d. C. G.; Lettere dal Regno a Magliabechi, a cura di A. Quondam - M. Rak,
Napoli; Scarfò, Opuscoli, III, Napoli; Mazzuchelli, Notizie storiche e critiche
intorno a G., in Calogerà, Raccolta d'opuscoli scientifici e filologici,
Venezia; Index librorum prohibitorum, Roma; Delfico-CIVITELLA, Elogio di C. G.,
Napoli; Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di
Napoli, III, Napoli; Schipa, Il Muratori e la coltura napoletana, Arch. stor.
per la provincie napoletane; Sposato, Le "Lettere provinciali" di
Pascal e la loro diffusione a Napoli durante la rivoluzione filosofica, Tivoli;
Badaloni, Introduzione a VICO, Milano; Boscherini Giancotti, Nota sulla
diffusione della filosofia di Spinoza in Italia, Giorn. critico della filosofia
italiana; Ajello, Il pre-illuminismo giuridico, Napoli; Comparato, Ragione e
fede nelle discussioni istoriche, teologiche e filosofiche di G., Saggi e
ricerche, Napoli; Giovanni, "De nostri temporis studiorum ratione"
nella cultura napoletana, in Corsano et al., Omaggio a VICO, Napoli; Giovanni,
Il ceto intellettuale a Napoli e la restaurazione del Regno, Napoli; Venturi,
Settecento riformatore. Da Muratori a Beccaria, Torino; Comparato, Valletta e
le sue opere. Un intellettuale napoletano, Napoli; Ricuperati, L'esperienza
civile e religiosa di Giannone, Milano-Napoli; Lauro, Il giurisdizionalismo pre-giannoniano
nel Regno di Napoli. Problema e bibliografia, Roma; Osbat, L'Inquisizione a
Napoli: il processo agli ateisti; Roma; Ricuperati, G., Nota introduttiva, in
Dal Muratori al Cesarotti. Politici ed economisti, Milano-Napoli, Garin, STORIA
DELLA FILOSOFIA ITALIANA, Torino; Ferrone, Scienza natura religione. Mondo
newtoniano e cultura italiana, Napoli; Torrini, La discussione sullo statuto
della scienza, in GALILEI a Napoli, a cura di Lomonaco - Torrini, Napoli, Cacciapuoti,
Il processo agl’ateisti: dalle discussioni teologiche al gius-naturalismo, in
Dalla scienza mirabile alla scienza nuova. Cartesio e Napoli, Napoli, Belgioioso,
La variata immagine di Descartes. Gli itinerari della metafisica tra Parigi e
Napoli, Lecce; Lojacono, Immagini di Descartes a Napoli: da Valletta a G., II,
in Nouvelles de la république des lettres. Grice: “There is something to be said about what
Italians, in connection with Grimaldi, call ‘anti-curialismo,’ as opposed to
the more general, and more revolutionary, ‘anti-clericalismo.’ My father being
a non-conformist, would love Grimaldi on both counts!” -- Costantino Grimaldi. Grimaldi. Keywords: magica naturale, magica
artificiale, magica diabolica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Grimaldi:
implicatura peripatetica”– The Swimming-Pool Library.
Grice e Grimaldi: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale dell’inter-azione – filosofia calabrese -- filosofia italiana –
Luigi Speranza (Seminara).
Filosofo Italiano. Seminara, Reggio CGrice italiano: “Grimaldi for some reason
did some deep research on cynicism – a wonderful etymology, too!” -- Esponente
dell'illuminismo. Fratello minore di Domenico Grimaldi, filosofo. Nato in una
famiglia aristocratica che faceva risalire le proprie origini alla nota
famiglia di Genova, dei principi di Monaco, ricevette la prima educazione dal
padre, il marchese Pio Grimaldi, un uomo colto che aveva cominciato a
introdurre criteri di conduzione innovativi nelle sue proprietà terriere
(peraltro non molto estese). Inviato a Napoli, conosce Genovesi. Comincia a
interessarsi alle vicende culturali e politiche della Repubblica di Genova:
volle anch'egli essere iscritto fra i patrizi di Genova, esprimendo la
convinzione che l'aristocrazia genovese avrebbe dovuto riprendere la funzione,
svolta nei secoli precedenti, di classe dirigente della Repubblica. Studia il
diritto testamentario romano. Fu pertanto fautore del “fedecommesso”
istituzione risalente a Roma antica e prediletta dalla classe
aristocratica. Maestro venerabile della
loggia massonica di Genova. Partendo dalla filosofia romana, cerca di
analizzare l’interazione umana. Al di fuori della società l'uomo, in balia dei
"sentimenti fisici", diventerebbe “un vero bruto” – “como Romolo” --.
Tali riflessioni saranno approfondite nel "Saggio sull'ineguaglianza
umana”. Sostenne che, in natura, gli uomini non sono uguali e che le
differenze, sia fisiche che morali, ha origini soprattutto ambientali, per es.,
il clima, la diffusione delle malattie. La inter-azione non e uno stato di corruzione, ma lo stato
naturale dell'uomo. La struttura gerarchica dell'Ancien Régime è giustificata
dall'ineguaglianza degli uomini. L’educazione non sarebbe riuscita ad appianare
tale disuguaglianza. Scrive gli Annali del Regno di Napoli. Fa una Descrizione
de' tremuoti accaduti nella Calabria. Altre saggi: De successionibus legitimis
in urbe Neapolitana systema. Pars prima in qua ius Graecum Neapolitanum vetus, et
ius omne Romanum a 12 tabulis ad Iustinianum vsque absolutissime expenditurm Napoli:
Simoniana; Lettera sopra la musica all'eccellentissimo signore Agostino
Lomellini già doge della serenissima repubblica di Genova Napoli; “La vita di
Ansaldo G. patrizio genovese, illustrata con riflessioni politiche, e morali, e
con una brieve narrazione del governo politico della Repubblica di Genova dalla
sua origine” (Napoli: Raimondi); La vita di Diogene Cinicom Napoli: Vocola; Riflessioni
sopra l'ineguaglianza fra gli uominim Napoli: Vocola). (Franco Crispini, Vibo
Valentia: Sistema Bibliotecario Vibonese, Annali del Regno di Napoli dedicati a
Ferdinando IV. re delle Due Sicilie. Dal primo anno dell'edificazione di Roma, Napoli:
Porcelli); “Annali del Regno di Napoli, Napoli: Porcelli; “Descrizione de'
tremuoti accaduti nelle Calabriem Napoli: Porcelli. (Saverio Napolitano,
Bordighera: Manago. La vita di Ansaldo G. patrizio Genovese Napoli: Raimondiana;
“De successionibus legitimis in urbe Neapolitana” (Napoli: Simoniana); “Nico
Perrone, La Loggia della Philantropia. Un religioso danese a Napoli prima della
rivoluzione. Con la corrispondenza massonica e altri documenti, Palermo,
Sellerio); Tessitore, G. e l'ineguaglianzam Nuovi contributi alla storia e alla
teoria dello storicismo, Roma: Edizioni di storia e letteratura, Tallarico,
CESTARI Cestaro. In Roma: Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Crispini,
Appartenenze illuministiche: i calabresi Salfi e G., Cosenza: Klipper, Dizionario
Biografico degl’Italiani, Roma: Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Boccanera,
«G. In: E.Tipaldo, Biografia degl’italiani illustri nelle scienze, lettere ed
arti, e de' contemporanei, compilata da letterati italiani di ogni provincia e
pubblicata per cura di Tipaldo” (Venezia, Alvisopoli)’ CIVITELLA, Elogio di G.,
dei signori di MESSIMERI, patrizio di Genova e assessore di Guerra e Marina,
Napoli: Orsino (in Opere complete di CIVITELLA, a cura dei Pannella e
Savorini, Teramo: Fabbri. Ubbidiente, Il
pensiero e l'opera dei G.. Tesi di Laurea in Filosofia italiana. Salerno. Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dell’ineguaglianza
degl’esseri organici. Dell ineguagliang? del [effe , 9 deir età degli ejferf
organici . Della dissimilitudine fisica che vi è traglt nominile gl’altri esseri
organici, Dell' ineguaglianga fisica tra gl’uomini . Dell' ineguaglianza della senfìbìlità
3S» degli esseri organici. Dell’ineguaglianza della senfibilittà tra gl’uomini
. Dell ineguaglianza delle facoltà intellettuali; Dell'ineguaglianza delle
pajjio; Dell’ineguaglianza della volontà; Principio generale intrinseco dell'
ine- * , gli uomini Si sono ritrovati dopo della generale inondavo- Uh cietà
familiari; delle tribù de’selvaggi; delle nazioni barbare; delle nazioni civili;
dello Sviluppo delle facoltà intellettuali nelle Nazioni civili relativamente
all’arti, ed al. /e fetente; Dello sviluppo delle pajjioni de- uomini ctvilt; Della
maniera come dicare dell’ homo morale nella civile società . U"T^XEl? ineguaglianza naturale; Della
libertà e della serviti civile; De Governi; Della legge di Natura; Del diritto
delle Genti; Del Diritto Civile; Della maniera come fi giudica da noi; L’ineguaglianza
politica de’ diritti e dell’obbligazioni degli uomini; Questa breve ricordatila
dell’ illustre cittadino, questo semplice monumento alla memoria d’un Uomo
celebre nella Repubblica delle Lettere, questo esempio «i« • l*» ttttmalv m
»!tX4 «m ITlUvl/1C ifflHllU tato dalla sincera e disinteressata amidkia. Possa
egli contribui- re ad alleviare il dolore d’ una perdita nazionale , servire
per ricordo di gratitudine a’ concittadini, per motivo d’imitazione agli Uomini
di Lettere, e somministrare un modello a coloro che bramano di conservar nel
loro cuore i più rispettabili sentimenti, che istillar possono concordi la
Natura e l’ Educazione. Nascita , Grimaldi t 4*4 vi 44 ed 'TT'L nome Grimaldi
contemporanco alla Storia Moderna d’ Europa stat0 scmPrc SECONDO d’ Eroi. Un
ramo di questa illustre Famiglia si trova da più secoli trapiantato in estraneo
suolo, cioè, nella Città di Scminara in Calabria (<z) . Ivi da Pio Grimaldi
e Porzia Grimaldi nacque Francescan- tonìo; Le emigrazioni delle famiglie da
uno stato all'altro in Italia furono frequentissime quando per la debolezza
delle Costituzioni de’ Governi non regnavano le leggi ma i partiti. Genova
soffre forse più lungamente che qualunque altra Città d’Italia queste politiche
concussioni. I G. Guelfi di partito, hanno de' tempi di disdetta; ma non e ni
per disgrazia ni per delitto che Bartolomeo G. si spatrio. Figlio
sccotiAoeenìio di Ranieri, PRINCIPE DI MONACO, venne colle sue galee in ajuto
del Re Roberto a ri-acquistar la Sicilia, e forma il ramo de’ Grimaldi Signori
di Messirneri. Per più d' un secolo, ciol , fino ai tempi di Giovanna II. essi
si conservarono in grande stato; ma le non insolitejiccnde di famiglia, più
frequenti ancora sotto quel Regno, ridussero i G. in più umile grado di fortune.
Perdute le grandi ricchezze,' e ridottisi -in urta - Città- di Provincia,
conobbero chi vi può sere una grandezza nella virtù che forse frequenta più le
private abitazioni che quelle de' grandi. Piccola consolazione nel
Cinsuperabile ineguaglianzal » -~-4» ionio (a) , che ha accresciuto nuovo
lustro agli allori -de' suoi maggiori. L’onestà, la virtù, e le lettere, che
avevano fatto sempre la principal caratteristica di questa famiglia, fecero
l'educazione di colui che abbiamo per duco. 11 di lui savio genitore, memore di
partecipare all’autorità suprema d’ una republica illustre, non conserva solo
nel suo cuore le comuni doti d’ordine degne d’un membro di senato aristocratico
t ma nato in una libera monarchia riconosce altre più vere idee della virtù,
che sa imprimere nell’animo di quelli a’quali aveva dato l’esistenza. Conosce
egli che la severità della virtù passa agevolmente in difetto quando non è
accompagnata da quei sentimenti d’umanità che devono costituire il benefico
carattere dell’uonjo sociale; e che questo perfezionamento della virtù non si
acquista che coltivando lo spirito, e perfezionando la ragione. Per tal modo
quel tavil>«tUirJatJ»***-!r «<* *mi ri no que’ semi virtuosi, che vennero
poi vigorosamente a germogliare. L’esempio stesso della di lui vita fu per esso
una continua lezione di que’ doveri che accompagnano l’uomo ne’suoi varj
rapporti e situazioni. Qual raro e piacevole spettacolo è in latti, il vedere
un amico genitore occuparsi gradatamente a perfezionare l’instabile e
balbettante lingua de’ suoi fanciulli e condurli quindi alla conoscenza e
varietà de’ linguaggi; mostrar «M vili
H» Strar. loro ora l’ indole degl’idiomi, ora le bellezze dello stile t ora la
verità de’ fatti ed ora quelle della ragione! Questa e la vera e rara
educazione , che G. ha la sorte di godere. Il solo padre e il suo istitutore. Nato
con una costituzione vigorosa, sana, e di sanguigno temperamento, ajutato da
una educazione corrispondente sviluppa prematuramente un carattere capace del
grande. E siccome sono le circostanze che determinano 1’attività nostra a tale
o tal’altra direzione, così le sue forze incapaci d’ un’inerzia vergognosa,
presto si determinarono al laborioso miglioramento delle facoltà intellettuali,
che duplicano quasi la nostra esistenza, facendo sviluppare lo spirito e
sublimando la ragione. Ciò che si chiama Corso di Stud) no» fu per esso, come
co* illunemente esser suole , una serie di lezioni consuetudinarie, che invoco
di mijlioi—• I— ,p!n»A non famin rVm deteriorarlo. Egli studia le scienze con
quella vera attenzione, che meditando su le idee e verità conosciute vede
sbucciarne delle nuova, e richiamando per i varj e necessarj rapporti mol te
idee a quella che principalmente si medita, fa quasi sorgere crea nuove verità , che altrimenti
resterebbero in dubbio retaggio ai secoli futuri. Un’anima cosi elevata da
moltiplicità di cognizioni erra qualche tempo nell’immenso campo delle idee,
ora seguitandone arditamente una serie, ora poggiando su le adire per sentirle
quasi più da vicino j ma noa SÌ stabilisce finalmente e riposa che sopra quelle
, che sono d’ un vantaggio dichiarato per t* nomo. La Morale scientifica e
prattica no , non è per nostra sverrà tura un affar comune e volgare. £' il
risultato di meditazioni profonde, di cognizioni moltiplici , di quantità di
paragoni, che dopo d’averne quasi formato un corso d'esperienze, ritorna alle
cagioni e ne stabilisce i principj . E' la scienza dell» Felicità publica e
privata: fi chiunque non è nuovo nelle scienze converrà facilmente che questa
parte della FILOSOFIA è egualmente grande per l’ importar»»» •»» p»r hi sue sublimità. Questa fu , non dirò la
prescelta dal nostro G., ma quella verso della quale egli e trasportato dalla
forza del suo intendimento combinata con quella del suo cuore. I primi saggi
infatti del di lui spiritOi anche indirettamente, fecero subito riconoscerc
quésta naturale inclinazione» Un* -11°— " ra o nell’ immenso caos delle
sensazioni i principj di quell’armonia generale che donò il gusto del Bello ma
fra le Belle Arti la Musica é forse la più vicina e la più dipendente da
codesti principj non ancora interamente rivelati dalla Natura. Perciò allor
quando il cuore è più sensibile e l’anima più armonica è facile il trasporto al
gusto musicale . 11 di lui savio educatore fin dalla prima infanzia profitta di
questo stato precoce della sensibilità del suo allievo. Quindi seppe
insinuargli fc fargli nascere il più sicuro senso dell’ordine, della
proporzione, e dell'armouia, coll’isiruirlo nei principj del Disegno, della a
Pittura e della Musica. Non vedeva egli ancora qua! parta avessero queste
istruzioni nell’ istituzione della virtù: onde seguitò lo studio della Musica
per trasporto piuttosto che per ragione. Ma allorché le altre cognizioni
cominciarono ad accu»snidarsi nel di lui spirito - quando cominciò a travedere
( che la Musica non è solamente un’ arte , ma parte ancora delle scienze
sublimi quando riconobbe gli effetti sicuri e necessar}, della Musica, e che i
principi dell' armonia sono immediatamente dettati della Natura , non si
ritenne più su la semplice esecuzione , nè Sì contentò della sola parte
imitatrice, ma volle esprimere le proprie idee , ie mflhagini, i sentimenti; e
’l suo istromento rispose perfettamente alle domande. I suoi progress* furono
in breve meravigliosi , giacché il gusto, 1’esattezza e i’ espressione vi si
ravvisavano tanto nell inventare che neU’eseguire. Per la perfezione meccanica
dell’ arte si richiede un esercìzio abituale C Continuo di , ma un taT-nt/. «OH
fattO pCt rimanersi alle porte del tempio della gloria prende delle Belle Arti
quella parte che serve al miglioramento della sensibilità , c trapassa ad altri
più utili oggetti. Egli nondimeno, trasportato k veder tutto per un lato
morale, avendo osservato colla scorta degli Antichi che la Musica ha tante
influenza sul cuore e sul costume, cioè sulla creazione di quei sentimenti
fondamen- ti' , che caratterizzano gl’ individui e le nazioni, volle
comnunicare al pubblico le sue osservazioni, *i-»•«-*«...j j>*•t ** Sono
secssoesaeeMieMfleM —* . > Ono esse contenute nella Lettera sopra la Musica
alt Lo- Lettera sopt4 ^ HSK*> cruentissimo LOMELLINI (si veda). A quest' uo*
no degno d’ eterna ricordanza volle G. indrizzare I» sue idee , non solo perchè
n’ era un giudice competentissimo ì ma per attestargli parzialmente quella stima,
della quale L’Europa tutta r onorava E‘ meraviglioso il vedere come G. in
questa operici ciuola abbia potuto combinare tanta abbondanza d’erudizione è di
ricerche, tante fona di wgtwaiMBta. Egli vede la musica come una parte sublime
dalla FILOSOFIA } che ha contribuito all’espansione della virtù , alla
regolarità de' Governi, alla conservazione del costumem alla sublimazione
de’sentimenti più convenienti per 1’uomo. Vede che in altri tempi questa ch’era
stata la miglioratrice degli animi, concorsi poi jJIk-Wo t» «rwwf! r i- eroe»a-
j zioni dèlia sua sensibilità , attenuò quasi «1 indebolì finanche la fisica di
lui costituzione. Tutti questi varj fenomeni sono dimostrativamente provati
dalla Storia amica , e dalle memorie cd osservazioni de’ filosofi. La diversità
degli e£* fotti pruova quelle delle cagioni, che il filosofò ricerca, Eglg
incomincia dal distinguere la Musica sotto tre forme: la prima [Napoli] l! vx
B2 * che chiama Naturale, la «*rr>nda Armoniea voluttuosa, e la terza
Armonica Filosofica. Per quanto siamo lontani dalla prima esistenza della
specie ì pure siamo in istato di giudicare della sua musica primitiva t perchè
tuttavia esistente. Le impressioni delle passioni sull’organo vocale, la
nascita degli accenti, la diversa prolusione di essi, la successione ora più
stretta ora più larga degli stessi tuoni, o di pochi di essi; ecco la prima
Musica naturale e vocale. L' imitazione dei rumori fece nascere l’ istromentale
; e una e 1’altra semplice e monotona, 1’una e l’altra conservata, nel civ Aizzamento
della Società e nel perfezionamento della Musica, con questa differenza che
quella restò sola presso le Nazioni barbare , ma nelle Nazioni culte restò
quasi per la parte barbara della Nazione. Quindi è che le cantilene volgari
portano quasi dappertutto questo carattere primitivo, La Musica Armonica
voluttuosa pare «V»* non H.-hha essct distinta dall’ altra detta Filosofica,
che per la qualità degli effetti , poiché l’una e l'altra ànno bisogno di
Filosofia nella com- posizione. Ma la prima sembra diretta a soddisfare più
1’organo ecfj&itare le emozioni voluttuose , quanto 1’altra lo è a far
nascere de’ sentimenti cooperatori della virtù , affinando la sensibilità non
per una più estesa facilitazione di semplici piaceri corporali, ma per rendere
la macchina e l’anima stessa armonica , onde sentire agevolmente 1’Ordine, che
deve essere la base delle virtù politiche ed il sostegno degli stati. La
Filosofia dunque della Musica dovrebbe consistere non solo nello stabilire una
qualità di Musica assoluta, i cui effetti fossero» necessar e costanti, ma
anche una relativa secondo il caratte- j re de’ popoli , che o si vogliono
richiamare dalla corruzione, o avviare alla perfettibilità, e secondo l'indole
o lo stato deità sensibilità lora Esaminando però U Storia, «cmlura-ch# qnesta
Musica Filoso- fica abbia albergato poco sul Globo te più culte ne inno fatto
più un oggetto di voluttà , che di costume. Questo però non toglie , che vi sia
una verità di prit> cip), che si palesa negli Atti. Lm virtù e i sentimenti
che le producono, possono avere un’espressione degna di esse : ecco la MUSICA
FILOSOFICA. Questa forse era quella, «olla quale si can- tavano le antiche
leggi, e le gesta degli Eroi ; questa, che det- tava i principi Morale, questa,
che eccitava, i cuori all» gloria, e che nudriva 1’ amor sociale. Ecco perchè i
più illustri fondaifijà delllumanitfc.|pci.Tl^., Al^nrio . oaio. Cadmo, Chirone
furono tutti stimati inventori della Musica, non solo .perchè la Musica è
l’emblema dell'armonia sociale, ma perchè ne è la conservatrice. Ecco perchè
ancora, i filosofi di primi ordine o fecero della Musica una parte della
Filosofia, o la caratterizzarono come uno dc^ più veri principi dell’ordine
socia- le, che solo può conservare il costume e la costituzione degli Stati; ed
ecco infine perchè il nostro Autore si duole che in tanto gTado di
miglioramento morale non si richiamila Musica ai suoi principi, e non si feccia
del piacere una strada alla virtù. Che se lasciasi ancora d’adoperarla con
vista immediata al pubblico ... b«»e» j giacchi tutte le Nazioni Vita
£Ansaldo G.. <H xiv H» mesacenomessat> cs>08e»OB <-B>ogs>ocr>opge>saeg>«o«"»aag*»a
tene, può frattanto essere di grandissimo utile agli individui * giacché non
manca in parte di quegli effetti , che decisamente migliorano la nostra
sensibilità. Cosi egli, ad esempio de’ Filosofi antichi , moralizzò quest'
Oggetto, seguendo con ciò la più utile determinazione del suo spirito <e la
migliore applicazione delle proprie cognizioni. L gradimento dell’illustre
Tìxdoge LOMELLINI (si veda) è grandissimo: Ie maggiore anche il piacer di
vedere , che il nome Gri- maldi fuori del patrio suolo prometteva nuovo
splendore alla Patria ed alla famiglia. La Republica di Genova già ammira i
talenti del nostro G., quando dovett’essere più contenta nel vedere impegnata
la di luì penna a dimostrar anche da lontano il più vero spirito patriotico ,
solo retaggio rimastogli dai tuoi antenati . Fu certamente 1’ effetto di questo
sentimento che 1’impegnò a pubblicaro 1» Vita -4n**IJ* CrtrrutUi ^4) I Eroe
della Patria e della famiglia. Chi legge questo libro par che non lo trovi
corrispondente alla prima idea che dal titolo ne viene eccitata ; perchè poco
vi si parla della vita d’Ansaldo. Sembrami però che due sono le mire principali
dell'Autore, che ben rettificano la sua intenzione. La prima di rilevare quelle
qualità d' Ansaldo, che gli fanno meritare il titolo di grande; la seconda, di
rischiarare diversi [in Napoli «H xv W versi punti importantissimi
delia Storia politica di Genova e di segnare il carattere della sua vera
Costituzione ed i principj veri e regolari della sua sussistenza. Quest'
oggetto rientra tutto nella Storia d’Ansaldo, non solo perchè esso fu il
Restitutore della libertà e del decoro ma perchè in quel tempo si scossero più
possentemente i cardini della Republkana libertà e si stabill la insino allora
di Stato è indivisa da quella dello Stato istesso . Non mancò dunque 1’Autore
se non tenne dietro a quelle particolarità che occupano ordinaria J. rwna <Wi
Biografi, ma pensa d’essere più utile col sostituire riflessioni s ed alle
personalità, donde poi provenivano quelle vicende, che tenevano lo Stato in
continua rivoluzione; e per quale suecessione di disordini si giunse finalmente
all’ordine, che tuttora vi regna. E codesta, che interpolatamente contiene le
gesta dell’Eroe, fa la parte principale dell’Opera. Ma siccome la Storia delle
Republiche è stata sempre la vera miniera delle poli- tiche e morali
osservazioni, cosi il nostro Autore non potè evitare quelle riflessioni che il
corso della Storia naturalmente gli presentava. Esse sono opportunamente
collocate , e formano quasi una «rie di tanti saggi Politici e Morali, ne’quali
benché vacillante Aristocrazia. La storia dell' uomo interessanti a fatti di
poco momento. Egli cosi ha divisa quest’Opera quasi in due parti . Nel Testo si
fa come' un quadro animato della Storia Politica di Genova scritta da vero filosofo
cagioni agli effetti. Fa veder come la mancanza di Costituzioni e **88* 1.10 .
metraggio , cioè, ravvicinando le thè r
uomo non sia risparmiato , poiché viene mostrato qual' è schiavo delle passioni
c delle circostanze, G. non lascia d’ indicare nel tempo stesso quei doveri,
che in. ogni circostanza •ono le leggi vere della condotta e della vita • Bisogna
assolutamente leggere quest’opera, che sotto semplice titolo contiene tante
nobili idee , e che è impossibile di dettagliare in un cir- coscritto discorso
. Torno per tanto all’oggetto principale, cioè, al Grande Ansaldo. Il titolo di
Grande, che dall’ adulazione è stato consacrato ai distruttori dell’umanità,
non si deve che ai^uoi Benefattori- La prima qualità per esser Grande è la
Beneficenza. Ansaldo generoso, benefico, illuminato, coraggioso, sensibile
meritò dunque questo titolo d'onore. Non ignoro che la grandezza consista nella
quantità dell’azione, e nell’effètto: ed ecco ciocché si realizza in Ansaldo.
Come uomo di Stato egli sostenne la Patria col vigore de’ suoi consigli, rolla
sublimità de’ suoi talenti, colle ric- chezze ammassate dalla sua temperanza.
Come semplice Cittadino, fu il benefattore di quanti potevano essere oggetti
d’una illuminata beneficenza, cui non si contentò di esercitare nel ristretto
tempo della sua durata , ma volle estendere all'avvenire e che ancora persiste.
Non solo vivendo fece codest’uomo il miglior uso delle sue ricchezze, ma fece
che la sua volontà restasse perpe- tuamente benefica nella serie de’secoli.
Incomincia egli dal con- tribuirc i mezzi che perfezionando la Ragione
perfezionano si- milmente la Morale, cioè , dal fare assegnamenti per la
publica istruzione , e stabili non solo delle Cattedre di Scienze, ma som- 4-i xvii somministrò anche soccorsi a
coloro che v’attendevano'. Egli non trascurò moderatamente i luoghi religiosi ,
gli ospedali ed altre fondazioni di pubblica pietà . Egli pensò da uomo libero
e non da Aristocratico : volle che tutti partecipassero della sua beneficenza ;
quindi non solo ebbe in mira le opere dan- neggiate dalle passate guerre , come
la darsina, il porto, le mura, i ponti e i mulini , ma lasciò altre somme
considerabili per le ordinarie spese della Republica; libera dai debiti Je
gabelle che già troppo aggravavano il popolo genovese nè gli stessi agricoltori
furono obbUacì nelle sue liberalità e beneficenze. La pubblica beneficenza non
gli chiuse però il cuore ad una più propria e particolare del suo nome e della
sua famiglia . Le risoluzioni domestiche, si osservano più facilmente nel tempo
che quelle degli Stati. Ansaldo lo vide ; e considerò che della sorte . Quindi
da gran politico pensando che, nelle Aristocrazie specialmente, dalla povertà
de’Nobili incomincia la corruzione , volle, per quanto potè, prevenire questi
tristi rovesci della fortuna, formando nella sua Casa una quantità di beni ,
che potesse decorosamente mantenerla, e stabilendo per tutta la famiglia un
Albergo che fosse atto a sostenere senza avvilimento Io splendor del cognome
Fece de’ legati particolarmente per i Grimaldi che attendessero alle lettere,
con pensione che durava per anni otto: volle che le donzelle Grimaldi avessero
nella loro collocazione un conveniente soccorso; e nelle aeoaeeseueaaysa
4 xviu >4* le annue liberalità che per i poveri stabili , volle che
non fos- sero obbliati quelli del suo nome, che una rivoluzione sventurata poteva
in questa classe collocare Una cosi estesa e perpetua generosità, un uso cosi
giusto delle ricche, una liberalità, che si propagava fino all'ultimo Cittadino
riunite a tutte le altre qualità che gareggiavano ad ornarlo fece dunque bea
meritare ad Ansaldo il’ titolo di Grande: e più lo merita a’ giorni nostri
quando un lusso distruggi- tore à estinto negli animi ogni sentimento di
beneficenza. Ma se dall’antica veneranda tomba alzasse il capo il Grande
Ansaldo forse esclamerebbe: O Patria, ingrata Patria, o Posteri più ingrati
alla mia memoria ed ai miei sentimenti ! Io non feci delle mie ricchezze un banco
di commercio, ma di beneficenza Come l’amministraste voi verso quella famiglia
, che per virtù e per le circostanze diveniva la prediletta nella mia
intenzione ? Voi negaste al vostro sangue , al vostro nome stesso quei soccorsi
che lo Spirito di Patria, d' Umanità, di famiglia mi detta contro i dispettosi
rovesci della Fortuna. Ah! un nome illustre non ì che un tormento se è
accompagnato dal bisogno L Ma sento da un cupo oscuro Chiostra ì teneri ed
acuti accenti di cinque mie figlie, che rivolte all’antica patria ridamano i
diritti di quel sangue che loro scorre nelle vene. Possano queste voci giugnere
ai vostri cuori , ed onorarvi di meritata riconoscenza ! Genova , G., calmate l’ombra
del vostro Benefattore -1 Il nostro G. MESSIMERI è veramente desiderato molto
dalla Republica per onorarlo personalmente e promuoverlo alle su-- iy pren>£
«H x*x preme Magistrature ben meritate da’ suoi talenti e dalla sua
virtù; ma lé circostanze Napoletano non gli permisero d’accettare il meritato
invito si contentò di farsi più denza colla Filosofìa, e l’esercizio di essa
con quello della virtù. ta la Filosofìa par che debba zione, cioè in tutti i
rapporti degli individui fra loro e verso, di famiglia e I» applicazione al
Foro e desiderare, dando a conoscere con diversi Responsi ch’egli sa combinare
la sublime Giurispru- yjjpRapassera intanto leggiermente su questa professione,
eh* per qualche tempo ei volle esercitare. Chi considera in1 Avvoca^a -
Trattato Le- * astratto la qualità di Cù,reconsulto una migliore applicazione
de’talenti , per che non possa vedere nella Società dove vive. Tut- servire a
questo primo oggetto sociale. La conoscenza del Giusto in tutta ì immensa sua
esten- tutti gli oggetti coi quali sono in relazione , è I’ apice delle umano
ragiuuom_ 1-oaàc—o» .do!-«wo- Adwry, applicarvi le verità di dritto è la più
nobile operazione come ritrovar più i principj d’ una tranquilla della Ragione.
Ma multuose bolge del nostro Foro, ed in no? Quasi ognuno conviene della
deficienza delle nostre leggi della Giustizia, e della perniciosa mancanza d
una vera Approvazione nei Giusdicenti e dei difetti esistenti nell*
amministrazione nei Giureconsulti; e, per un effetto di vera dono di questi
mali c gli altri ne profittano. Quindi si moltiplicano all’infinito gli attori
di questa scena tragica per la società e per la Morale; e questo malore
contribuisce sempre più alla C a dete. ragione fra le tu- quel vertiginoso frastuo-
corruzione, i più ri- . «H xx deteriorazione del costume ed all’
affogamento de’ talenti, che nella loro freschezza rivolgono facilmente , come
le piante, le radici a quella parte ove più abbondantemente possono succiare
gli umori nutritivi G. MESSIMERI cautamente portò il piede su le sponde di
codeito baratro pericoloso. Senza immergevi nel bujo , vedeva dal- la
circonferenza a quali limiti bisognava rimancrfe. Non cupido d’una gloria
efimera e fugace, non avido di que’ lucri, che di rado sono il premio della
virtù e del valore , egli si contentò dell’ approvazione della Ragione
piuttosto che di quella del volgo ammiratore Se alcuno volesse dubitare, che si
ritenesse in tali limiti per mancanza di convenevoli talenti, l'Opera legale
che egli ancor giovine molto dettò , potrebbe facilmente sincerarlo . Publica
il saggio Dt Succ(s- sionihus legitimis in urhr Nfapolir.ina (a) - Qual
differenza fra questa e tante altre Opere legali uscite dal nostro Foro, che I
opprimono il buon senso ed oscurano la Ragione! Tutte le cognizioni
antecedenti, necessarie a formare non dirò un Giureconsulto ma un Legislatore,
nonmancavanogià a G.. La Storia e la Filosofia sono cosi amalgamate nel di lui
spirito, che la conoscenza prattica e teorica dell’Uomo e delle società gli era
sempre presente per conoscere [lo Napoli] le le cause delle sue idee e de* suoi
movimenti, e per ravvisare quali fossero i piti convenevoli alla sua
destinazione. Egli dunque vide la materia delle successioni legittime come
proveniente dai primi dritti della Natura realizzati nelle società collo
stabilimeuto della proprietà e dei dominj. Dimostra come lo staro della
legislazione civile d' una nazione siegua la sua politica costituzione; e
quindi in uno stesso popolo la differente maniera di considerare gli stessi
oggetti, secondocchè i rapporti si alteravano. Venendo al suo oggetto, cercò
rapidamente 1’origine deile Consuetudini N«potetene' te rapporto alle
successioni nell’antico stato Uepublicano di questa Città, nell’ analogia di
governo colle altre Greche Republiche, e con una felice e nuova applicazione ne
trovò la filiazione nelle leggi dì Solone. L’erudizione sparsa in queste
ricerche è ampia, ma non lussureggiante; e cosi procede nel resto dell'esame,
cioè nel mostrare quale fu quecta pwrt* «talli cibilo JcgreUxione net
'SUCCOSsivi cambiamenti della Romana Repubiica. L’aristocrazia espressa tutta
nella legislazione decemvirale fissò le agnazioni, e l’esclu- sione delle
donne, avendo in mira la conservazione e perpetui- tà delle famiglie
Aristocratiche . I progressi alla Democrazia, necessario frutto dell interno
vigore dello Stato, che liberò i beni dalla schiavitù , che sciolse gli
individui dalla dipendenza dell’opinione e della servitù personale; che strappò
il codice arbitrario dalle mani sacerdotali, cangiò anche questa parte di
legislazione: e le donne furono riguardate come parte della specie e della
Società. Tutto cangiò coi cangiamento del ogverno; e si serbarono i
nomi mentre le cose non erano più. Le forinole e le solennità de’Giudiy, che
costituiscono fino ad un certo termine la libertà civile, cederono a quelli
detti impropriamente di Buonafede, che sembrano più convenienti ad’un Governo meno
complicato, facendo strada a quell’arbitraggio che è la morte della civile
libertà. Le alterazioni in questa parte della legislazione si fecero
insensibilmente sotto gl'imperadori fino a quelli, che con nuova Religione
portarono nuove leggi sul Tronno. Ma qui non è luogo di seguire 1’Autore in
tutta la serifc. istruttiva delle tante idee utili e nuove, che s’ incontrano
ad ogni passo della sua Opera. Tocca ai profondi Giureconsulti il giudicarne
con dettaglio e far vedere qual precisione e chiarezza egli seppe portare nel
pii oscuro legale labirinto, quante cognizioni seppe nobilmente combinare alla
dilucidazione del suo oggetto, e quale vera utilità debba produrre la di lui
Opera non solo nel giudicare , ma nel riformare questa importante parte delle
nostra legislazione* Ascia nondimeno G. MESSIMERI immergersi nelle cure del
gene. JSL*Foro, nonriguardandolocomeoggetto, chedovessein- tieramente assorbire
il prezioso tempo delle sue applicazioni , ed assoggettare il fervore de’ suoi
tajpnti e la forza del suo spirito attirato da oggetti più sublimi e più
generali. Resta egli per alcuni anni nel silenzio, ma non nel riposo , poiché
l’ attitudine formatasi allo studio ed alla meditazione tira il stato di
piacere iella sua anima vigorosa, che quindi sentiva il più vero bisogno di
Vita di Dio- ‘TìT •H XXXIII K- di pascersi e nudassi d’ idee e
sentimenti analoghi al stio carattere deciso. Questo vigore di sensibilità, che
sempre accom- pagna i talenti superiori perchè li crea , non permette che lo
spirito resti confinato dalla stretta circonferenza delle idee e delle virtù comuni
• Sorse quindi quel sentimento di perfezione unico scopo del Genio e della
Virtù, che fermentando nelle anime sublimi tenta tutte le vie per aprirsi la
strada all’ utile gloria ed alla verità. V" Nella vecchia STORIA DELLA
FILOSOFIA cioè de’ progressi della Ragione e degli errori, vide I! G. i grandi
sforzi degli amichi filosofi, che non più contenti d'una Morale di proverbj,
parabole e sentenze, si studiarono di ridurla a princlpj generali che potessero
condurre 1’uomo In tutto 1’uso della vita. Ma esaminando particolarmente la
dottrina e condotta loro, vide quanto è difficile una lunga Epoca della
Ragione. Trova nondimeno fra quegl» antichi Istitutori e maèstri dBTMorale un FILOSOFO
che fissa tutta la sua attenzione; e questi fu Diogene del quale volle scrivere
la vita. (<r) k Credè alcuno , eh’ egli imprendesse quasi per giuoco, si,
fatto assunto t ma chi ha letto questo nobile opuscolo , può giudicare della
verità della sua intenzione. Egli fece vede- re in Diogene non quel Cinico
descrittoci da Laerzio, non quell' impudente che ci dipinsero gli altri, nè
quello stravagante • '^''•'' _,i (a) in Napoli, le che corrimunemente è
creduto; ma prova ad evidenza che quel FILOSOFO fu il più conscguente r giacché
le azioni .corrispo- sero sempre alla sua dottrina: e codesta era la più vera,
la più utile , la più giusta che è dettata insind allora. Sinope, Corinto ed
altre Città ono la memoria di quell’ illustre uomo coi bronzi e con 1 marmi, ma
non poterono salvar la di lui fama presso l’invida posterità . G. nel Secolo
XVIII. rinnalza Diogene su i monumenti erettigli da' suoi compatrioti e diviene
il Restitutore della di lui fama, e della di lui virtù. La Morale di Socrate
era divenuta puramente nominale, quando a Diogene sorse il talento di
reintegrarla ad uso dell’ umanità . 1! principio della Morale prattica par che
consista nella facilitazione della Virtù. Non basta il dipingerne le
bellezIezze, l’ indicarle attrattive , ravvivarne il quadro col più vago
colorito, se pei ci sì mostra divisa ed isolata dall' insor- montabile vallo
del dolore. Diogene volle dimostrare , che questo divisorio è d'invenzione
umana, è creato nella Società, e che bisogna perciò ravvicinarsi alla Natura.
Questa vera osservazione gl’ indicò la Temperanza per un principio fondamentale
della Virtù. La Temperanza non è un’ dea assoluta: essa ha una gradazione dì
beni da un estremo ali’ altro della 'sua lùtea. L’uomo, questo animale
privilegiato, che può vivere in tutti i climi e nudarsi di tutti gli alimenti,
ha più facilità alla sussistenza. E dunque un effetto dell’Educazione quello
che gli dà quantità di bispgjù, che non vengono dalla Natura. L’ uomo diviene
cosi un aggregato di bisogni 6 di desìdeij, che accrescono m ragion diretta la
sua sensibilità al dolore, senta proporzione relativa al piacere ed alla
felicità. Se questo spiacevole accrescimento di sensibilità è effetto dell’
educazione, esso è opera dell’uomo, è di creazione sociale; vi è dunque tutta
la possibilità d’ abolirlo. Si può essere decentemente coperto d’un Pallio senza
infelicitarsi per non avere in dosso le gemme ed i preziosi metalli; si può
vivere bene e sano senza esser velato dalle leggerissime spoglie dell' Oriente
o soffogato sotto i rarissimi velli del Settentrione: e, se dell’aria comune la
più respirabile è la più libera, si può vivere, e meglio, senta le stanze
ermeticamente chiuse, senza che sieno riccamente foderate, e senza richiamar
tutte le arti e tutti i climi ad estenuarci ed estinguerci nella mollezza Tutte
le eccedenti ricchezze s'acquistarono forse alle spese della virtù; aveva
dunque egli regione di veder I» Temperanza come la base principale di essa- Ma
se per la Vmù è necessaria quella tal disposizione abi- tuale dell’animo che si
chiama Tranquillità, questa è simil- mente figlia della Temperanza: L’animo
distratto dalle passioni disanaloghe alla natura dell’ uomo, cioè non
tranquillo , non può essere virtuoso. Diogene non diceva: fatti del dolore la
strada alla virtù tristo comando alla Natura umana. Non dice: divieni apato ed
insensibile, altro precetto peggiore e non conducente alla perfezione morale. Dice
solo: sii temperante che sarai tranquillo , ed essendo l’uno, e l’altro puoi
essere virtuoso. Finché 1’uomo è distratto da sensazioni vaghe immerso ne’
desiderj, lacerato dalle passioni non sentirà che se stesso; ma quando nè i
bisogni , nè le idee, nè le immaginazioni tumultuarie Io tormentano , egli deve
essere necessariamente benefico, cioè, virtuoso. Se le ricchezze fossero sempre
necessarie all’esercizio della beneficenza, la virtù sarebbe solo riposta
nell’uso de’ metalli, ed il non ricco non puo essere giammai Virtuoso. La
virtù, nel sistema di Diogene, non dove essere Un fantasma dell’immaginazione,
un’ astrazione per alimentare le dispute de’moralisti; ma bensì il partaggio
dell’ Umanità» il vero sistema della beneficenza universale. Se la virtù è
nell’azione, e quest’azione dev’ essere facile , equabile, pronta Diogene
voleva render l’uomo libero dagli inutili ceppi fabbricati a se stesso, per
renderlo attivo, benefico, virtuoso. Uno aguardo anche passaggiero su la Morale
esistente prova la verità e la profondità delle Ciniche osservazioni Qual era
diuresi la serie ragionata e conseguente delle idee morali di Diogene?
Temperanza, indipendenza, libertà, tranquillità, beneficenza; virtù tutte
nascenti 1’una dall’altra tutte conducenti per la più agevole strada alla meta
della Morale. La Vita di Diogene non ismentì i di lui principj. Egli visse
libero , tranquillo e contento , cioè virtuoso e felice. Apostolo della vtréi e
della virtù, egli non fece che predicarle . Un Re «d un llot^ erano eguali agli
occhi di lui : la verità e la virtù fa egualmente il loro bisogno. Diogene
rispetta le leggi e la pubblica Autorità da vero Filosofo, cioè, approvando
quelle che erano dirette al pubblico bene, ed indiziando quelle che mancavano
di questo fine. Venera la Religione; ma ne abominava l’intolleranza e l’abuso,
che conduce sempre alia superstizione. Ride di quei tanti Impostori, che anche
ia q-v «empi sotto vario manto e varie regole dividevansi il culto e le
sostanze de’ divoti . Si vuole che dissuadesse e disapprova il vincolo
conjugale; ma come fargliene un delitto? Che altro vedeva egli nelle Società
de’ suoi tempi che la trista alternativa di nobili , e plebei, di ricchi e
miserabili, di tiranni e di schiavi? Un FILOSOFO non può amare la moltiplicazione
e la riproduzione di queste razze degenerate dallo stato pteseritto loro dalla
Natura. Diogene non morì, come Socrate, martire della Verità e della Virtù:
egli ritorna nel seno della Natura così spontaneamente come n’ era uscito. La
distruzione e la riproduzione dei corpi organizzati è nelle sue immutabili e
costami leggi, che non «paventano il Filosofo , il contemplatore della Natura,
l’amico della Ragione. La vita di Diogene rettificata da una etilica imparziale
c» mostra un modello di vera vita virtuosa in tutte le circostanze e situazioni
. Non fu dunque nè per giuoco, nè per gloria per vanità che G. MESSIMERI imprese
a dettagliarne le azioni e la dottrina, ma per rendere un giusto tributo a quel
Filosofo cui ayeva cercato d’ imitare > o per partecipare al pubblico un
vero D a fiJCh, nè xxvm ^ tJtis»oe«cM» eé<Jsae« ^Qee=»oeH=>ee ^eg=aem^->gceg»oogrg>r'e)
gac modello di filosofica virtù. Egli si dichiara in più luoghi della sua Opera
, che Io stato attuale delle Società non comporta una vita esteriore come
quella di Diogene propone come un modello, al quale quanto più l’uomo
s’accosta, più s’avvicina alla perfezione. Non altrimenti fa G.. Le virtù di
Diogene sono le sue. Ne chiamo in testimonio gli amici, che lo anno veduto in
tutti i punti della sua vita. La temperanza de’ suoi desideri, la tranquillità
dell’ animo suo , la verità e la sincerità de’ suoi sentimenti, la libertà del
suo spirito, il coraggio e l’amore per la verità, la tolleranza de’mali,
1’armor della pubblica beneficenza, il sentimento costante de' doveri, e tutto
condito ed addolcito da una sensibilità purificata, lo resero rispettabile come
Diogene, ma più amabile, perchè seppe combinare i principj e 1’uso della virtù,
con tutta la decenza della vita sociale, e coll'esercizio di quelle funzioni e
doveri, che formavano la sua civile esistenza Riflessioni so- FOn sono
certamente le idee astratte e le sublimi nozioni, pra rIneguaglianza. che
possono far meritare il titolo rispettabile di Filosofa . Se la virtù non è
posta in azione, se le grandi idee non diventano di qualche uso, se la fiaccola
s’ asconde sotto il moggio, non solo si è in colpa, ma si è reo di lesa
umanità. colpa che meriterebbe maggior castigo chel disprezzo e i’obblio. Sente
G. MESSIMERI nel più vivo dell’animo questa verità, e perciò veggiamo come la
sua vita fu ima continua serie di me- ditazioni e d’azioni tutte coordinate
allo stesso fine di migliorarse; ma che egli lo
se stesso, e di essere utile agli altri Quindi i suoi non interrotti
srudj e le continue meditazioni lo condussero alle più estese cognizioni e alle
più utili che si possano acquistare Or quando lo spirito è abbondantemente
nudrito d’ idee e di cognizioni varie, quando è gu lungamente abituato al
difficile esercizio di molti e conseguenti raziocinj, quando codesti sono
specialmente diretti verso qualche oggetto particolare, che perciò divicu
dominante: l’animo prova una certa inquietezza e quasi un’ oppressione da
questa folla di pensieri , e par che sia costretto a liberarsene . Chiunque ha
scritto sopra qualche oggetto particolare e lungamente meditato, ha dovuto
provare in se questo sentimento penoso. Quindi la volgare espressione dà
chiamare le opere parti dello tpirin, non manca di una ve- rità nella sua
origine; ma non tutti i parti sono regolari . Ho indicato antecedentemente la
predilezione che il Grimaldi ebbe sempre per le idee morali, e la facilità che
aveva di richiamarle ai principi pid sublimi, e di renderle più attive e
feconde: ma dopo d’avere per più lungo tempo estese le sue applicazioni su tali
oggetti li vide in tutta 1’ampiezza della quale sono capaci, e fra tanti
fenomeni Morali che presenta la Socìtà, è specialmente colpito da quello, che
stende il suo dominio su tutti i punti dall’esistenza, dico della Morale Ine
guagliania A tutti sono note le riflessioni che l’eloquente Giancomo porta su
questo punto; ma la ragione trasportata dall’entusiasmo lasciò de’gran ruoti
fra le idee principali, balza agl’estremi obbliando le idee intermedie e
necessarie, guarda 1'oggetto lateralmente e quindi fra molte vere e nobili
osservazioni ci presentò de’paradossi in luogo di tranquilli ragionamenti ed
utili risultati. Vide intanto G. di quale utile è il ritornare solidamente a
quest’ oggetto che è quasi la base della Morale e della Politica. Prescélse
quindi un campestre ed isolato soggiorno; e lungi da ogni distrazione,
irapenetrabile anche agli amici ed alla famiglia, concentrato lo spirito in questa
idea principale, impetrava dalla Natura la rivelazione delle verità più utili
all’uomo. In codesto stato egli delineò il piano delle sue Riflessioni sopra l’Ineguaglianza
tra gl’uomini. Le sue prime considerazioni gli scoprirono, che la base dell’ineguaglianza
è nella Natura. L’Ineguaglianza fisica la generatrice delle altre: è dunque
legata ad un ordine: è per conseguenza una legge immutabile ed eterna. Le
stesse ricerche preliminari, che fa su questo punto, portano f espresso
carattere della novità. Colla più seria attenzione poi assottiglia il suo
Sguardo per penetrare nei più complicati recessi di quest’ Essere sublimemente
organizzato , che si chiama Uomo - I più tenui rapporti non sono negletti; e
combina una maravigliosa mol- tiplichi di cognizioni per farsi strada all’
oggetto. La Fisica la Fisiologia, la Storia Naturale, quella particolare dell’
uomo 00 In Napoli 1779-80. è perciò e delle Società, tutto è da esso
ordinatamente richiamato a dare il risultato, che si era proposto, cioè, a far
conoscere 1’essenza reale di questo composto meraviglioso. Incominciando dal
punto principale, cioè, dall’Ineguaglianza generale degli esseri organizzati,
passa all’esame particolare della Ineguaglianza che nasce dalla diversa
destinazione degl'ìnr dividui della stessa specie. Osserva, che la differenza
sessuale si va distinguendo a poco a poco dagli esseri più semplici e meno
complicati fino ai più composti e perfetti. Che questa differenza porta per
necessiti di natura una Ineguaglianza distintissima nel temperamento, nella
forza, nel carattere, nelle passioni, ed in tutto ciò che si chiama meccanismo
e sensibiliti. .., _tv-:• Si trattiene poi ad osservare la dissomiglianza in
ge^qfgjp» degli esseri organizzati; e riducendo questo paragonerai ferenza che
vf ha fra IV m+eeanlSrtto delTwnno <fJ»!f$..rR|ljl'* altri corpi organici,
rileva qual sia l’essenza fisica pbitós’' aefc. la spezie umana. Si apre quindi
la strada ad esaminéft geograficamente
le differenze, e quindi 1’ Ineguag(^|5- de’ P|po- li e delle Nazioni. Egli
scorre con abbondante." -ed adatyy^fcrvp. . dizione la superficie tutta
del Globo , indicando le cagioni principali e le concause, che rendono gli
esseri delIiL stessa specie tanto dissimili gli uni dagli altri , e come questa
dissomigliati? za fìsica porti nel tempo la morale. Ha riflettuto e dimostra^',
che la sola differenza di climi non poteva-produrre questo tv* levantissimo
effetto, ma che la situazione locale, la quali$ -delP^- ’-;' ’,aria, xxxii >4 •ria > le maniere
diverse di vivere , di nudrirsi , d' abiure vi concorrono necessariamente, e
sono forse cause ed effetti nel tempo stesso. La Natura ha prescritto
dappertutto la legge dell* Ineguaglianza. Gl’uomini sono ineguali, come le
piante della stessa spezie in diverso dima ed in diverso suolo, e come
differenti sqno ancora gli alberi della stessa selva. Le cagioni sono qualche
volta impercettibili, ma gli effetti ne manifestano resi- stenza. Da questa
Ineguaglianza più apparente , par che divenga una conseguenza necessaria quella
della Sensibilità . Nel tempo stereo che 1’Autore sbandisce la Metafisica delle
Scuole, tratta i più malagevoli e spinosi punti della Psicologia, e combattendo
ora i sistemi ora le ipotesi e le sottigliezze , si fa strada alla Realità. Per
una lunga serie di osservazioni egli gradatamente giunge a stabilire ; Chi la
sensibilità negli esseri organici siegue i gradi dfl loro meccanismo; e che la
differenza che vi è fra il tertiro dell' uomo e quello degli altri animali
cossituisce la catatteristica essenziale della nostra seusibiihd paragonata
colla ion Che che ne sia della sensibilità assolutaci sono de’corpi più meno
conduttori, ma il più d’ogni altro è 1’uomo. L’esame particolare degli organi
de’ nostri sensi, paragonati con quelli degli altri esseri sensibili, ne compruova
maggiormente 1' assunto , che anche più resta dilucidato colla dichiarazione di
ciòche si chiama Senso interno , punto centrale della sensibilità e he par che
segua la gradazione dd meccanismo e della sensibieoofesamj wegW BesaoexeBui-^BeSeeeaeeeaaetja
sibiliti istessa. Ciocché 1’Autore ha ridotto nella prima Parte basterebbe per
fare un’Opera illustre. L’esame che egli fa della sensibilità, riducendola
quasi agli elementi primitivi che la formano e la generano , dimostra che essa
non può essere eguale fra gli uomini; e rileva la dispia-» cevole verità , che
il tuono fondamentale della sensibilità è il dolore: tristo partaggio di quest’
essere, di cui divien principio di moto, e di sviluppo d’ attività in tutu
1’estensione. 1 Alla sensibilità sicgue l’intelligenza come l’effetto alla
causa e che per conseguenza deve portar 1’istesso carattere della sua
genitrice. Questa è forse l' Ineguaglianza la piò espressa fra gli uomini; ma a
dir vero la meno fastidiosa. I piaceri dell’intelligenza sublime non s’acquistano
forse che alle spese dell' esistenza e della vita. Ne fu un esempio funesto il
nostro G. MESSIMERI medesimo Dalla sensibilità e dall’ intelligenza risultano
le passioni e no portano il carattere . Chi non ne vede continuamente l'
Ineguaglianza? Due illustri moralisti, due nomi immortali per i progressi dalla
FILOSOFIA, Montesquieu ed Helvetius, sostennero le cause uniche delle
differenze generali fra gli uomini, 1’ uno rapportando tutto alle cause
fisiche, l’altro alle morali; ma l’amor del Sistema nascose alla loro vista la
chiara verità che rivela la Natura. Se la sensibilità e 1’intelligenza fanno
nascere le passioni sono queste che determinano la volontà. Tutto dunque è
Inegua- xxxiv eoaeeje Beasees aeesoee Beeaaeaoiyaeo >aiicjaL<ju<
quagliatila; dai primi composti fisici fino ai più sublimi risultati morali,
tutto siegue questa legge eterna ed inevitabile della llatura. Lo stato d’ineguaglianza
morale, cioè dell' uomo come essere pensante, è estesamente sviluppato nel
secondo Tomo di codest’Opera, dimostrandovisi che questa Ineguaglianza è in
ragion composta delle facoltà intellettuali dipendenti dai meccanismo
particolare degl'individui, e dalle cause esteriori, che più o meno si
combinano o si coordinano a svilupparla. L’Uomo è in relazione con tutti gli
esseri che lo circondano. Ogni sensazione o piacevole o dolorosa fa una parte
della sua vita o della sua esistenza; e questo è nell’ ordine eterno della
Natura , perchè i rapporti degli oggetti fra di essi e con f Uomo sono figli di
quella Essenza delle cose , che forse la Natura ci ha velata per sempre; ma
sono quindi necessari come la loro stessa esistenza. La sensibilità è il mezzo
che lega V uomo agli altri esseri. Questa facoltà che si estende, si nobilita,
si sublima, à dunque varj gradi relativi a se stessa ed agli effetti che la
percuo- tono . Quindi la diversità de’bisogni e quindi delle percezioni delle
idee c dei sentimenti, che colle necessarie attenzioni sviluppano le
intellettuali facoltà. Ora essendo riconosciuta l’ineguaglianza della
sensibilità dipendente dalla differenza del particolar meccanismo, zie siegue
necessariamente, che le impressioni degl’oggetti esteriori non sieno neppur
simili ed eguali negli individui. Ed ecco come la diversità di bisogni e di
desiderj, che forma l'ineguaglianza morale fra gli uomini contemporaneamente
questo principio d’ineguaglianza nella Natura stessa, cioè, nei bisogni
relativi alla sensibilità di ciascun individuo. Chiunque non vede altro
nell’Uomo in ultima analisi che il Sentimento e l’Espressione ravviserà in un
colpo la verità di fatto delle idee dell' Autore. Stabiliti tali principi, egli
rileva primamente colle più giuste osservazioni che l’indicazione dell’Uomo
Naturale è un’invenzione gratuita ed erronea è sempre lo stesso, e allorché
diversifica per le circostanze, sono anche codeste naturali, cioè, nell’ordine
della Natura che l’Uo- ; rao non à un carattere ase, maquellocheè lo è per la situazione
relativa alle circostanze giacché in esso vi è altro, che la sensibilità
modificabile dalle cahse esterne , e circoscritta dalla forza del meccanismo di
ciascun indiviuo. Che quia- di Io stato morale di ciascun individuo i relativo
alle circo- stanze sociali combinate con quelle , che sorgono dalla propria sensibilità
Con questi principj si apre la strada all’ esame morale dell’uomo. Egli lo
sottopone all’esperienza , non come un semplice Fisico farebbe, ma come il chimico
più esperto e sensato, sottoponendolo all’operazione di diversi agenti ,
analizzandolo, ricomponendolo, e combinandolo, per vedere in quale stato possa
dare più felici risultati, risultati che caratterizzino la differenza e l’neguaglianza
morale degli uomini e delle Società. L’Uomo solitario è 1’ oggetto di queste
sperienze esposto alla E a sciti dei Filosofi; perchè l’uomo per Natura,
stabilisce ocsfleesaoejeeooo eaooesocsoc Booeaooeaoee'Mtoo semplice vista ; ma
nella Società egli è messo ad un vero cimento, giacché ivi siscuoprono i varj
gradi di rapporti, di affi- nità, di coesione Scc. su i quali si può misurare
la sua moralità. Dopo d’ aver considerato che i rapporti dell’ Uomo solitario
sono quasi negativi giacché sente appena i bisogni d’una sussistenza che non
conosce, per passare a considerarlo nello sta- to <Ii Società, riflette
primamente, che la sociabilità è un’qualità essenziale dell' uomo; cosa
dimostrabile per ragionamenti se non fosse una verità comune, continua e
coesistente colla stessa Umanità. Le Società anno intanto diversi gradi alla
perfezione. Il minimo par che lo conosciamo: ma il massimo, se vi può essere
per 1’uomo, è riserbato ad epoche più felici. Ma come tutti questi immaginabili
gradi di perfettibilità sociale mettono i componenti in 'rapporti e circostanze
diverse , cosi la sensibilità e la morale saranno del pari differenti. Gli
uomini posti vicino alle catastrofi del Globo dovettero avere de’ sentimenti
proprj ad essi, che nelle prime società di famiglia dovet- tero provare
cangiamento ed alterazione. Lo stesso dovè accadere quando le famiglie
cominciarono a moltiplicarsi , e la gran selva della Terra a popolarsi di
selvaggi, e poi per successivi e varj gradi prevenire allo stato di barbarie
ancor molto esteso e vergognoso per la specie. Tutti questi lenti passi dell’
umana perfettibilità sono partico- larmente osservati dall'Autore, sempre
riportando tutto ai suoi principi, e facendo vedere come naturalmente ne
discendano. La gradazione de’ bisogni porta quella delle idee e de’ rapporti,
dal- xxxvir .1 KiueBeteaaoe aeoeeaaoc ^>3frC-»o ccS3g>uce:!>o
ysra& dell affinamento della sensibilità , dello sviluppo delle facoltà in-
tellettuali. dell attività dello spirito, e finalmente della riflessione.
figlia necessaria di quell'olio, che susseguendo ai bisogni soddisfatti ne vede
o immagina gradatamente de' nuovi . In qnesy varj stati, per i quali passa
1'uomo, egli (à vedere come nascano l' indipendenza e la libertà, come si
alterino e si perdano, e come i sentimenti morali cangino d’aspetto al
cambiarsi dei rapporti e delle circostanze. In somma egli fa la Storia morale
della specie, se non comprovata da documenti che devono mancare, almeno qual
doveva essere per necessità di Natura. Scorsa cosi la Storia oscura dell
Umanità, dove sempre l'ineguaglianza domina e campeggia, perviene finalmente
allo stato di luce, all’ epoca della Società civilizzata ed ingentilita. E’
permesso al Poeta ed all' Uomo fortemente appassionato di risospirare le selve
al centro del vortice sodale, come è loro per- messo di evocar le Ombre e le
Furie , che io guidino nel perpetuo albergo dell’obblio. Ma il tranquillo FILOSOFO,
compassionando gli eccessi della sensibilità e della immaginazione, richiama l’uomo
ai suoi doveri rimostrandogli le beneficenze della vita sociale. Quando si
considerano le Società civilizzate, e la perfettibilità della quale sono capaci,
bisogna aver lo spirito falso per abborrirle, o per preferire ad esse uno stato
naturale, che non esistè giammai in Natura. Nelle Società solamente si
sviluppano le facoltà morali ed intellettuali dell’uomo: è dunque in esse che
si purifica o si perfeziona la specie. Diogene voleva ravvicinar l’Uomo alla
Natura , non col degradarlo minorando la sua esistenza, ma colla virtù
accrescendola e migliorandola ; e questa non è anch’ essa il più nobile ramo
dell albero sociale? E’ vero che nella Società si sviluppa e manifesta
maggiormente l’inegu3gliania morale; ma in che altro consiste essa che nei
gradi di miglioramento del carattere e dei sentimenti degl individui ! E se
anche le circostanze sociali portano delle cattive abitudini, che altrimenti
non esisterebbero, codeste sono mo- derate e ritenute dalle leggi conservatrici.
Ma questo rientra nell’esame dell’ineguaglianza politica, che 6 l’oggetto della
Terza Parte. Qual infinita differenza fra 1 selvaggio e 1 uomo civile! E' la
crisalide trasformata in farfalla. Questa metamorfosi, eh’ è un miracolo agli
occhi volgari, non è che un naturale svilup- po a quelli dell' attento
Naturalista. Tale è l’uomo sodale per chi medita la Natura umana. Ma qual
differenza ancora nel seno stesso della Società! Nel massimo della
civilitazione si trova spesso lo stolto selvaggio ed il barbaro feroce, l’uomo
di genio e lo stupido, il virtuoso filosofo, 1 imbecille superstizioso, l’opulenza
ed i cenci; il Frate ed il Militare esistono nella stessa società e sotto lo
stesso Governo. Ma fra i Governi ancora quai triste differenze ? "Lo
stupido Despota da un trono invisibile sacrifica milioni di schiavi ; mentre un
Rè vive da amico col popolo che lo adora . Un Senato Aristocratico a pas- si
lenti e regolari calpesta un popolo che crede degradato per Natura, e che lo è
spesso per sentimento ; mentre una Democrazia, sragionando quasi sempre nelle
sue risoluzioni opprime, «M-xxxix h* sooooeaaecaje e tiranneggia gli altri
popoli che le appartengono La tumultuaria libertà è al centro la schiavitù, e
l’oppressione alle circonferenze. Che strani misti ancora possono sostenersi ,
senza un contrasto di forze resistenti l E quali specie di sentimenti nascono
ancora sotto queste varia- te forme! L opinione sostenuta tà il vessillo dei
ineguaglianza; e le leggi, sempre deboli contro quella dominatrice
dell’Universo, la vedono spesso lor malgrado de' varj Governi, che non dal
potere innalbera in mezzo alla Socie- trionfare. Ognuno si sforza per
avvicinarsi revole; e se tutti gli sforzi non sono egualmente felici, cosi
nondimeno si scuote l’inerzia fondamentale dell'uomo, così esso di’ viene un
essere attivo, così si sublima a un grado superiore a tutti gli altri esseri
senzienti. Le circostanze che s’incontrano, ael corso della vita, determinano
gli uomini diversamente in ragione della loro sensibilità; e quindi nella
riunione delle azioni formano un tutto, non di parti similari, ma differenti e
dissimili, che fermentando necessariamente rigenerano il moto e danno origine a
nuove trasformazioni Senza l’ineguaglianza le Società non sussisterebbero. Non
possono codeste distruggerla, ma non per questo essa porta un carattere
intrinseco di male: e quando siam persuasi che le idee mo- rali sono tutte
relative , e che esse traggono la loro sorgente dai rapporti immediati
dell'uomo, ci bisogna esser conseguenti iti riconoscere il bene che fa la
Società col moderare e rintuzza, a quell' insegna favo- 4 XL te i
disgustosi eccessi dell’ ineguaglianza che viene dalla Natu- ra . Nelle Società
sono nate le leggi protettrici della debolezza e direttrici della forza e della
Ragione ; e se le Società non danno sempre quegli effetti che dovrebbero per
loro natura, non parmi che sia per intimo difetto della cosa, ma della Natura
umana finora incapace d’ un sublime grado di perfezione Se nondimeno la
ragione, la sperienza e la Storia ci mostrano, che 1'uomo in società è sempre
determinato dalle cagioni e dalle circostanze ; e che queste sono in gran parte
in mano del legislatore e del Governo , basta far nascere queste circostanze,
per far prendere agl’individui quella determinazione , eh è più atta fare la
loro felicità relativa Alfonso 1. ama le lettere, è !’ amico de' valentuomini,
li premia, li onora, e durarono iìno al tempo de’suoi brevi successori La
legislazione moderna d'Europa manca ancora dima parte, cioè, del premio alla
virtù. Quindi ritieguaglianza divien più dolorosa, e le leggi non communicano
un moto sufficiente verso la beneficenza. Chi a caso s' avvia per questa
strada, vi si vede quasi isolato; e non potendo giugnere all’insegna
dell’opinione per la gran folla pervenutavi per istrade più brevi, si contenta
d’un piccolo tugurio su la via percorsa, e colà vive da eremita. Bisogna
assolutamente leggere i suoi saggi per avere le più giuste e vere idee della
Legge di Natura, del Dritto delle Genti e del Civile. J principj fattizj
d’alcuni Filosofi visono modestamente esaminati, col mostrareche essi non
s’adattano all’uso dell’umanità, e per conseguenza non sono tratti da quei
rapporti coesistenti colla specie, e che non si cangiano, che nei diversi punti
della naturale progressione. Le prime leggi di natura sono comprese nella
teoria della sensibilità tanto bene sviluppata dall'autore. Tutti i dritti
dell'uomo, in qualunque stato, sono una emanazione di quella qualità inerente
alla sua esistenza, e su di essa si devono misurare. Quindi dimostra infine che
non bisogna giudicare delle azioni morali col rapportarle all’ idea di utile,
perchè saremo sempre ingiusti; c clic l’archetipo al quale si devono riferire è
la Giustizia, che vale a dire, l’espressione perpetua ed eterna della morale
verità Ecco il secco scheletro d'un’ Opera pienissima, fatto solo col
ravvicinare il più che per me si è potuto le idee principali dell’autore
relative al suo titolo titolo che forse
per sola modestia volte Imporle; poiché*i -parer mìo, è il più completo corso
di naturale filosofia, essendo tratta dalla vera natura dell’uomo, ed il più
utile, perchè applicabile a tutta la pratica della morale ed alla teoria della
Legislazione. Qual giustezza, qual vastità di spirito, qual’estensione di
cognizioni e quale su- blimità di genio abbiano avuto parte à quest’opera non
può rilevarsi in un estratto. I Giornali d'Europa fecero eco in celebrarla: e
questa e quella di FILANGIERI (si veda), facendo molto onore alla Nazione,
eccitarono le più lusinghiere speranze di veder presto in un nuoyo Codice
gir'effetti di questi lumi e di quella libertà che non si scompagna giammai
dalla ragione e dalla virtù. Una tale opera che sarebbe stata sufficiente per
fare la celebrità d'un uomo, che poteva farne nascere delle altre utilissime,
che non pecca d’ altro che d’abbondanza d’ idee e profondità di pensieri ,
avrebbe dovuto fare riposare lo spirito dell’Autore , se avesse travagliato pel
solo desiderio della gloria. Ma questo sentimento lo tormentava cosi poco, che
non potè calmare l’attività dello spirito sempre sollecito d; pensieri utili ed
interessanti, e lo diresse ad altr’oggetto, che doveva eternare la sua memoria
colla gratitudine della Nazione. Annali del TTL sentimento di Patria, soggetto
ad estinguersi sotto’1 di- Regno JlL, spotismo, ricomparisce nello spirito e
nel cuore sotto di- versi aspetti ne' Governi moderati. li desiderio della
Gloria e del Pubblico bene accompagna costantemente questo sentimento nel- ie
anime ben nate ; e ciascuno brama nel suo interno , che, la sua Nazione sia la
più rinomata e la più felice. La nostra Nazione è come una illustre antica
famiglia della quale si contano tanti eroi nella storia e le cui glorie sono
coeve del tempo htcsso s ma ridotta in più povera fortuna ed umile stato,
riclama solo per suo vanto le imprese c le gesta de’ suoi maggiori. Vide G. MESSIMERI
che nella folla de' nostri Storici Scrittori si era mancato sempre a quella
vista che l' ottimo Storico deve avere, 1' utile cioè dell'umanità e della
Nazione in particolare per la quale si scrive. Vide che uu nudo racconto di
fatti non sarebbe stato che una inutile rapsodia atta ad occupare il tempo
degli oziosi e degli annojati. Vide che la Storia non è altro, che la vita
morale delle nazioni. Vide che i fatti che formano il materiale d' ogni Storia,
non sono che fenomeni, che devono avere delle cagioni. Vide finalmente che la
Storia doveva essere d’ un utile presente . Ecco ciocché gli fece nascere l’ idea
di compilare gl’annali del regno. L’apparato delle difficolti da scoraggiare
qualunque spirito non fecero arretrare il suo. Quel vigore di sentimento e
quella costanza ch'ei portava in tutte le sue intraprese, lo accompagnarono
similmente in questa pur troppo malagevole e difficoltosa. Egl’incomincia dalla
geografia, non col far una secca nomenclatura o una nojosa discussione critica
su i veri nomi a situazioni delle antiche Città e popoli : ma col dare
nettamente in risultato quello che vi era di piò verificato e che più importa di
sapere. Un FILOSOFO vede con occhio differente dal filologo gl;antichi fatti ed
i superstiti monumenti. Così egli non si fermava sn i fatti isolati, ma
combinandoli e riducendoli li richiamava quasi a nuova vita, e per tal modo con
.molta fatica ci ha dato la Storia de’ tempi quasi del tutto ignoti alla
Storia, stessa. Egli ha descritto Io stato barbaro del Regno prima che le
Colonie d' oltremare venissero a civilizzarlo : à fatto vedere l’azione
reciproca d qua.’ popoli fra loco, e per effetto delle j varie leggi, l’avanzamento
degli uni e la decadenza e di$truzione degli altri; i progressi della
perfettibilità Fi non sociale j Inforza teMPOeeOaaoa Boeeesoeieeae BOiuo^eeaooo»
non sempre accompagnata dalle ricchezze: la popolazione o le coltura crescer
col commercio e colle arti e poi divenir preda d’altri popoli più guerrieri.
Egli discese fino alla particolarità di quelle costumanze che allora si
chiamavano Religione, feroce o lieta secondo lo stato e carattere della
Nazione. Lo stesso Governo economico e politico non è stato trascurato,
mostrando come questi popoli liberi e divisi sapessero poi formare un unità ed
una forza concorde , che formasse di tanti voleri un so- lo, cioè , quella
volontà generale , che è la legge eterna delle nazioni. Le arti, l’agricoltura,
le Scienze anno anche meritato la sua particolare attenzione: e sebbene sembri
eh' abbia rab- bassati troppo i popoli autottoni d’ITALIA, pure chi considera:
attentamente, troverà, che si è egli voluto attenere più alla verità storica,
che alla vanità nazionale In tutto fi corso di questa Storia la di lui penna è
sempre animata dal cuore. La tirannia, il vizio t la superstizione, che entrano
pur troppo spesso nella Storia dell’ uomo, sono mostri che non si stanca mai di
combattere, smascherandoli anche dove li uova coperti e velati , per far via
più campeggiare la vera gloria e la virtù, sempre rara nel corso de’ secoli. La
libertà, parola volgare, poco ancora intesa, dritto prezioso dell’uomo e più
prezioso per la società, è sempre rilevata dall’ animo del vero FILOSOFO, che
non può far a meno d’amarla. Su questo gusto egli tratta la Storia de’nostri
progenitori. finché essi e l’ Italia tutta non perderotto la propria esistenza
, per diventare nou sudditi ma schiavi di Roma. 4*^ la FORMA DEL GOVERNO cangia
il carattere morale de popoli. Niente di grande , niente di generoso sema
1’amor della Patria e sema il sentimento di libertà. Un lusso distruggitore, il
languore dell’inerzia, la schiavitù e la spopolazione corteggiano sempre il
dispotismo. E questo è il quadro degl’antichi popoli sotto l' Impero de’ ROMANI
i barbari distruggendo l’ITALIA la rigenerarono. Essa non puo rinascere che
dalle sue ceneri: ma con qual progresso lento, con quali nuovi errori, con qual
nuova strage dell’umanità riprendesse questo corso, tutto è attentamente
rimarcato dall' Autore , a cui nulla sfugge di quanto deve far vergognar l’uomo
delle sue pretensioni o consolarlo ed istruirlo . Ma è inutile di parlare più
oltre di quest’Opera, che è nelle mani & ogni onesto cd illuminato
cittadino. E' stata vera disgrazia della patria, che lautore sia rimasto a
mezzo ’l corso della sua vita e del più utile prodotto, che potesse dare alla
Nazione. Ecco con quali Opere Fr. A. G. rese immortale il suo nome. Ecco con
quali mezzi cercò di essere un utile e benefico cittadina Ecco quali titoli abbiamo
di celebrare e piangere la sua memoria. La di lui vita si può dire compresa
tutta nelle Opere sue, non solo perchè le idee nuove e sublimi fanno quasi l’apice
dell’ esistenza d’ un uomo di lettere e d’un vero Filosofo ; ma perchè nelle di
lui opere morali souo espresse e manifestate quelle idee, e que’sentimenti
ch'egli esercitò in tutto il corso del suo vivere. Tuttavolta il mio cuore
sente ancora il bisogno di parlare, di qualche altra particolare circostanza.
Si inno ordinariamente delle strane idee s» la sensibilità del cuore umano. Si
dispensa e prodiga spesso il titolo di sensibile alle anime deboli o alterate ,
credendosi volgarmente che la sensibilità non possa esser compagna della virtù
e della ragione. Bisognerebbe essere o stupido o affatto depravato per rimaner
insensibile ai più lusinghieri e naturali sentimenti; ma questi per essere
conformi alla loro destinazione) devono nascere da quella analogia d' idee, da
quella uniformità di sentimenti e da quel- ( la consensibilità di cuore) che
formano la base armonica dell' amore. Se un uomo sensibile resta indeterminato
a questo sen- timento , non è certamente per mancanza di sensibilità
fondamentale, ma dal non essersi ancora incontrato con un cuore v che possa
combaciarsi e quasi amalgamarsi col suo. Rari incontri, ma possibili, per
consolazione della spezie tonio G. fa abbastanza ragionevole e fortunato, per
collocare gli onesti sentimenti del suo cuore in quello della Contessa
tratteggiata dall' espressione della virtù c dei doveri, era poi quasi
alluminata Aurora Barnal a. Una fisonomia felice, fortemente da più soavi e
teneri sentimenti del cuore. La dolcezza delle -sue maniere , la facilità della
sua ragione il gusto per la verità, la superiorità ai pregiudizj desiderj (
virtù rara nel sesso ) faceva parere che fussero trasfase nella di lei anima le
virtù del suo compagno come spesso, il disinteresse, e la temperanza dei, una
maschile fisonomia ei conosce in più delicato volto e prende la morbidezza e ’l
carattere del sesso che investe- Con queste qualità fondamentali si potrebbe
mai dubitare, se D. Aurora ! Francescan- 4*4 XLVII H ra facesse la feliciti
della sua famiglia, se fosse la più teneri amica del marito, la più saggia
madre delle sue figliuole, la più atta all’incarico delle domestiche cure? Non
si conosceva interamente F. A. G. sema conoscere ancora qual donna egli s’
avesse assortita. Gli amici e confidenti di lui erano egualmente j suoi Lo
spirito di ragione e ’l gusto ch’essa portava su varj oggetti, ne rendevano la
compagnia egualmente piacevole ed interessante . la sua casa era quindi il
punto di riunione di coloro che ai talenti accoppiavano le Non è questo il
luogo di fare il catalogo dei molti amici del G. tutti conosciuti per merito e
per probità; mi non posso trattenermi dal ricordar colui la cui memoria dovrà
esser mai sempre cara alla nostra Nazione, dico di GENOVESI (si veda) m padre e
creatore de’nostri ingegni. Quell’uomo egualmente di . cuore benefico e di
spirito sublime aveva assai punti di rapporto per esser stretto amico del
giovine G., che già in fresca età dava non dubbj segni d’esser destinato a divenirgli
successore nella pubblica stima, e nella celebrità. G. MESSIMERI è un uomo che
abbisognava d'amare per istinto; sincero e semplice nelle sue maniere come ne’
suoi sentimenti, il suo cuore non era chiuso nè dalla diffidenza nè dal
disinganno. La libertà della sua ragione non era mossa nè dallo spirito di
dispuu nè dal gusto di primeggiare: ma ha il giusto principio di richiamare
tutte le idee allo scopo dì qualche utilità morale. Con questa maniera di
pensare, oh quanto d’inutile si trova negli usi ordinar) della vita! Eppure
essa dà il metodo più lodevoli qualità, del cuore- xlviii do più vantaggioso
per giudicare del bene reale delle cose e delle azioni. I suoi più prediletti
discorsi si raggirano su questo punto che tanto facilmente ricorre nelle Capitali.
dove la grandetta della scena è proporzionata alla moltitudine degl’attori.
Così quest’uomo nel tempo che si sottraeva alle necessa- rie applicazioni' non
si distraeya in inutili trattenimenti, ma in compagnia d’eletti amici rilevava
Io spirito con altre idee era, gionamenti d’un utilità più ordinaria e
generale. Non solo i nazionali ma gli esteri ancora vollero avere il piacere di
vedere dawicino quest’uomo illustre, e restavano sorpresi nel riconoscere in
una somma semplicità di maniere quel filosofo, che in lontananza hanno
altrimenti immaginato. Egli però poco desideroso di essere conosciuto, niente
avida» di gloria letteraria, anzi pieno d’ una vera modestia che accresce il di
lui merito reale, evitava. le nuove conoscenze, e cercava di tenersi chiuso
eristretto fra’l numero di pochi amici, eh’ egli più che fraternamente amava.
Pare che non esiste veramente fuori della sua famiglia. Cosa rara nel secolo!
Le persone eccentriche ai sentimenti primitivi, che anno bisogno d’uria
esistenza adjettizia, che unicamente vivono in società estranee ad essi, o dnno
la disgrazia d’aver sonito circo- stanze infelici, o non esistono che per l’ambizione
e per la vanità. La prima morale comincia, dai primi vincoli e rapporti che ci
dà la Natura; e chi non sente questi non sentirà che in apparenza quelli della
società che sono più lenti. Chi non trova i germi delia sua felicità nella
prima società naturale, potrà difficil- jncu- euere39ee»au (^>jeeje Bg3eomjaoiie35e»^>
<- c»iwieeao «ente rinvenirli altrove. Quindi egli menava il più che poteva
la vita domestica , e poco si estrinsecava, anche per non indebolire i vincoli
del cuore, che si spossano nelle troppo suddivise diramazioni. Non potè però
celarsi allo sguardo di chi lo cercava senza conoscerlo. Il Generale Afton,
desideroso d’avere al suo fianco un uomo, che all’estesa cognizione delle leggi
riunisse non ordinarj talenti e le più preziose qualità del cuore, non altrove
seppe porre il suo giusto sguardo e fermar la sua scelta che sopra G. MESSIMERI,
già molto conosciuto per nome e per i suoi saggi in Europa. Egli lo rese noto
alla maestà del sovrano che sempre amante dc'talenti dc’suoi sudditie voglioso
di riconoscerne il merito, fece che restasse impiegato nelia delicata carica d’assessore
de’ suoi reali eserciti, avendolo poi in mira per altre situazioni, dove più
utilmente e più estesamente avrebbe impiegato la forza de’ suoi talenti, e
l’attività del suo cuore. Io non devo estendermi sii! dìsiiBpegno particolare
della sii carica. Pieno di talenti, della più vera rettitudine di cuore, ed
esercitato alla virtù chi potrebbe dubitare se ben l’esercitasse è li publico
ne ha fatto l'elogio, e lo ha fatto colle lagrime. Nel rimanente della sua vita
privata era lo stesso cogli estranei e cogl’amicj. Ignoa sempre ciocché si
chiama lingua e tuono del mondo, non essendo stato giammai Cortigiano, nè
potendo esserlo pel suo carattere. La verità usce nuda e sincera dalla di lui
bocca, e la espressione di essa gli era cosi naturale come il sentimento. Mai
ricercato o ingegnoso, non isforzava lo spirito per mostrare d’ averne, e le
sue maniere non erano modellate, L eCJlMSty sooe^fle^oe^e ^nr^anp^sagsg^at x —v^' * s^ey— late sul
gusto o sulla moda, ma spontanee, cordiali e vere, In tal guisa egli faceva la
delizia di chi aveva la fortuna d' essergli vicino. In questi ultimi anni però
era poco il tempo che poteva con- sacrare all’amicizia. Pieno di sentimenti di
dovere pel suo impiego, ei s’occupa in gran parte di quello e compromesso; col
pubblico e con se stesso per l’opera degl’annali, travaglia e medita
assiduamente su quest’oggetto a lui caro. Ruba le ore necessarie al rinfranca
delle perdite giornaliere della macchina per soddisfare alle intense brame del
suo spirito. Ma questa combinazione eccessiva di fatiche alterò non poco la sua
robusta e valida costituzione, Gli accessi del male che soffrì più volte,
furono tanto ferali, che minacciarono la sua esistenza: ma fatto più per
abbandonare se stesso, che disposto a trascurare in menoma parte i suoi doveri,
non si diede mai un serio pansiere della propria conservazione. La sofferenza
che si aveva acquistata per i mali fisici passava qualche volta in neghittosa
noncuranza, nè voleva ricordarsi della pur troppo stretu dipendenza del no-
stro essere dallo stato delf organizazioue. Le rimostranze che gli si facevano
per questo, erano sufficienti per disturbarlo ; e se qualche volta si ridusse
per le amicali violenze a temperare alquanto le sue applicazioni, e a prendere
qualche cura della sua esistenza, ad ogni piccolo miglioramento ritornava
inconta- nente ai modi usasi senza badare, quanto la machina, indebolita prende
con faciliti le cattive abitudini, che ne portano la distruzione. Ma l’intemperanza
nelle applicazioni dello spirito, è stata in ogni tempo il difetto comune ai
grandi e sublimi talenti. In questo stato d’ assidue fatiche e di spossatezza,
un colpo terribile gli fece risentire la catastrofe , che nel disastro della
Calabria involse anche il luogo della sua nascita . Quel giorno di lutto comune
della Nazione fu terribile per lui, che colla ma- dre perde cinque altri
individui della sua virtuosa famìglia . La ragione non à fòrza di consolare il
cuore destinato a sentire e non ad essere comandato; e In inaura dell»
sensibilità so- no le più distruttive di questa nostra tenue e troppo
complicata organizzazione. In mezzo al più vivo dolore G. non da soltanto
sterili lagrime alla Patria. Egli per Sovrano commando è il primo descrittore
di quella fatale sventura, il primo a suggerire le necessarie viste d’una ben
intesa beneficenza, ed a sollecitare la sensibilità, del Trono per conservare
gli avanzi di quel popolo infelice. Dalle di lui carte ne nacquero altre molte,
che forse quanto inno di esattezza Io devono s quelle, eh’ egli per sua
modestia non volle publicare Ma forse nè per quel violento attacco di
sensibilità, nè in conseguenza delle nuove fatiche l’ arressimo immaturamente
pianto, S® il più terribile e fatai colpo non l’avesse sopraffatto in questo
sta'to di salute indebolita. Egli vedeva da più tempo la diletta compagna del
suo cuore perdere quell’espressione.ti «alm*. r: -1—lieta una fisonomia. Tutte
le attenzioni che trascurava per se medesimo, volle che fos- sero moltiplicate
per lo sospirato ristabilimento della sua consorte 1 td amica- L’insinuante
qualità del male, che già della di lei tersotia si era impadronita, dava luogo
a frequenti alternative di speranze e di timori: ferite mortali nell'animo di
chi ama. Chi è stato anche solo spettatore in si fatti casi conosce in qua- le
stato d’ orgasmo sia un cuore sensibile, ed a quali lacerazioni sia in necessità
di soggiacere. Il male che nel corso di circa due anni distrusse la vita di Darnaba,
fece anche crollare quella cfel suo illustre consorte. Le anime sensibili e non
infelici nel sacro nodo ronjugale possono forse sole immaginare qual profonda
acerbissima ferita dovè farsi nel cuore superstite. Gl’amici, che gl’erano
d’intorno, vedevano espressa su la di lui costretta fisonomia l’immensità del
dolore e P indifferenza alla vita. Il solo amor paterno puo ancora rendergli
non odiosa l’esistenza ; ma la macchina non resiste alla gravezza de’ mali
dell'animo . ed O l’una o l’altro deve soccombere. Gl’incomodi, che prima l’hanno
travagliato ad intervalli, divennero continui; le medele perdeno la loro
attività; la macchina ora indebolita a segno, che un colpo solo tolse la più
preziosa esistenza per l’amicizia e per la virtù. La perdita del Pubblico e
degli amici è irreparabile; ma le cinque nobili ed afflitte pupille ànno
trovato nei cuori di Ferdinando E Carolina la sensibilità e l’affetto dei loro genitori
[cf. H. P. Grice, PROGRAMMA GENITORIALE] Possa «ampie hi BemeficenT» far I’
Elogio de’ nostri adorabili Sovrani! Questa è la vera riconoscenza eh’ essi
possono testimoniare alle ceneri dell’ Illustre Cittadino, come queste poche
pagine e questi sentimenti sono dopo le lagrime l' uniccr omaggio, che
1’amicizia puo consacrare ALLA MEMORIA ETERNA DI G. Francesco Antonio Grimaldi.
Francesc’Antonio Grimaldi. Francescantonio Grimaldi. Marchese Grimaldi dei
signori di Messimeri. Keywords: compassione, la compassione, Romolo bruto. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Grimaldi: implicatura ed inter-azione” – The
Swimming-Pool Library.
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